CENACOLO
DEI COGITANTI |
Obama consegna il diploma
al figlio di McCain ( da "Stampa,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ad Annapolis Obama consegna il
diploma al figlio di McCain Barack Obama ieri ha consegnato i diplomi ai
cadetti della famosa Accademia Annapolis del Maryland, tra i quali John Sidney
McCain IV, figlio dell'ex-candidato repubblicano alla Casa Bianca. Il ragazzo,
abbracciato calorosamente dal presidente alla cerimonia (foto),
Due detenuti da Guantanamo
in Italia ( da "Stampa,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: con cui il presidente americano
Barack Obama - dopo avere rilanciato l'allarme per la minaccia di nuovi
attacchi di Al Qaeda, condiviso da Frattini - ha indicato il percorso
attraverso il quale arrivare alla chiusura di Guantanamo. Il carcere, ha detto
il presidente, sarà chiuso entro l'anno e il governo «non rimetterà in libertà
nessuno che possa minacciare la sicurezza nazionale»
"L'offerta Magna in
pole position" Germania spaccata
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama si starebbe preparando a
guidare il colosso dell'auto verso la bancarotta. Lo dice il Washington Post
secondo cui la casa automobilistica potrebbe ricevere un ulteriore prestito
federale di circa 30 miliardi di dollari dal Tesoro. Nonostante le smentite
provenienti da fonti di mercato, ad avvalorare l'ipotesi di un Chapter 11 è la
bocciatura da parte degli obbligazionisti di
Il gioco delle pipeline
dietro la guerra a Kabul ( da "Stampa,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: una nuova megabase per le truppe di
Obama. Il rivale di Tapi è l'Ipi - Iran-Pakistan-India -, il corridoio
osteggiato dagli americani che mal digeriscono l'idea che India e Pakistan
importino gas dal «malvagio» Iran. Teoricamente la costruzione del Tapi inizerà
nel 2010 e il gas comincerà a scorrere a partire dal 2015.
"Stop alle ideologie
e largo ai giovani" ( da "Stampa,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: a una specie di "green
revolution", simile a quella di Obama». Intanto, però, il tessile sta
agonizzando... «Certo, perché l'economia locale è stata protetta per anni in un
mondo globalizzato, non ha saputo investire sul futuro e ora non riesce più a
reggere sul mercato». Morale? «Bisogna puntare sulla ricerca, sullo sviluppo.
beirut, la sfida di biden
a hezbollah - alberto stabile ( da "Repubblica,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: dice candidamente il vice di Obama,
Joe Biden, appena arrivato in una Beirut immersa nell´atmosfera paranoica e
incandescente dello scontro elettorale. Ma poi lascia cadere dall´alto un
avvertimento chiarissimo: «Gli Stati Uniti valuteranno la forma del loro
programma di aiuti (al Libano) sulla base della composizione del nuovo governo
e delle politiche proposte»
guantanamo, obama
all'italia "accogliete due detenuti" - vincenzo nigro
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama all´Italia "Accogliete
due detenuti" Berlusconi andrà alla Casa Bianca il 15 giugno Sono
tunisini, Frattini ne discuterà venerdì col ministro della Giustizia Usa
VINCENZO NIGRO ROMA - Silvio Berlusconi non credeva potesse essere così
difficile: per incontrare Barack Obama il presidente del Consiglio italiano ha
dovuto aspettare 5 lunghi mesi,
l'ultima parola sarà della
casa bianca ( da "Repubblica,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama L´ultima parola sarà della
Casa Bianca Gli americani aspettano un pronunciamento della Merkel. Gm crolla
in Borsa TORINO - A giorni la decisione. Arriverà da Berlino o da Detroit con
la benedizione di Washington? In questo week end si capirà, anche se è
ragionevole ipotizzare che sui governatori e i borgomastri teutonici prevarrà
la parola di un signore chiamato Fritz Henderson,
gm sudamerica, peugeot o
bmw il lingotto studia il "piano b" - salvatore tropea
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: orologio alla sera del 30 aprile
quando Obama gli consegnò ufficialmente la Chrysler. Chi saranno questa volta i
suoi interlocutori? Cominciamo dall´Europa dove, sinora, gli altri grandi dell´auto
si sono limitati a stare alla finestra. Con i francesi di Psa, con i quali Fiat
ha da oltre vent´anni una collaborazione nel campo dei veicoli commerciali,
allarme oms:
"prepariamoci al peggio" e obama stanzia un miliardo di dollari -
elena dusi ( da "Repubblica,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Prepariamoci al peggio" e
Obama stanzia un miliardo di dollari Margaret Chan: speriamo nel vaccino entro
fine giugno Il dossier Allerta per i paesi poveri, ieri primo caso nella
Repubblica del Congo ELENA DUSI ROMA - Il virus della nuova influenza è «furbo
e subdolo» avverte la direttrice dell´Organizzazione mondiale della sanità.
mirafiori, la opel e il
modello renano - salvatore tropea
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: auto quel futuro sostenibile
tratteggiato di recente da Barack Obama per il salvataggio di Chrysler e Gm.
Naturalmente in una prospettiva concreta di difesa del tessuto occupazionale.
In fondo l´operazione Mirafiori, per dire il progetto realizzato quattro anni
fa di concerto tra la Fiat e le istituzioni locali, rappresenta un precedente
interessante.
negli stati uniti la prima
rabbina afro-americana ( da "Repubblica,
La" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: un cugino della first lady Michelle
Obama. Ma donne rabbino di colore, ancora non se n´erano viste. In realtà era
solo questione di tempo: "riformati" e "conservatori" sono
ormai la maggioranza degli ebrei d´America (il cui totale oscilla, a seconda
delle stime, tra i 5 e i 6 milioni), e gli ebrei afro-americani sono diverse
decine di migliaia.
usa, un sindaco di colore
nel feudo del ku klux klan - arturo zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama. Il Mississippi, tra i più
poveri degli Stati americani, è anche quello in cui le cariche elettive sono
ricoperte in proporzione dal maggior numero di neri: ma raramente sono espressi
da un elettorato bianco. A Philadelphia i bianchi sono il 56 per cento rispetto
al 40 per cento di neri: ciò non ha impedito a Young di battere martedì il suo
avversario nelle primarie democratiche,
Olimpiadi 2016, effetto
Obama per Chicago ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: i temi e le suggestioni che fecero
la fortuna di Obama '08, la campagna presidenziale perfetta: speranza,
rispetto, tolleranza e dialogo. La strategia sta già pagando dividendi
altissimi: «Senza Obama, Chicago non avrebbe avuto alcuna chance di vincere. Ma
la sua elezione e il suo coinvolgimento fanno pendere la bilancia fortemente in
favore della candidatura americana »
Comitato
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: consigliere di Obama, guida
l'offensiva diplomatica per Chicago 2016. Del gruppo non-profit che gestisce la
candidatura, fanno parte molti fedelissimi di Barack Obama. Presidente è Pat
Ryan; tesoriere John Rogers; membri del gruppo sono Penny Pritzker (foto),
l'ereditiera che è stata la mente finanziaria della campagna elettorale,
Così il made in Italy
ritesse i rapporti ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama. La Fiat di Marchionne non ha
questo tipo di problemi: non era legata alla vecchia amministrazione e non ha
avuto finora necessità di creare rapporti privilegiati con gli uomini di Obama
o i «congressmen». A Marchionne è bastato convincere gli esperti della «task
force» della Casa Bianca con la validità del suo piano industriale per Chrysler
e il suo modo di comportarsi ed
E Barack stringe la mano
al figlio di McCain ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Accademia E Barack stringe la mano
al figlio di McCain Il presidente statunitense Barack Obama (al centro) saluta
i diplomati all'Accademia Navale di Annapolis, al termine della cerimonia di
consegna dei diplomi. Qui a fianco, Obama stringe la mano a John McCain IV,
figlio del suo ex rivale alle presidenziali, il senatore repubblicano
dell'Arizona John McCain (Epa/Matthew Cavanaugh)
Il nuovo colosso
automobilistico ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Corriere della Sera sezione: Esteri
data: 23/05/2009 - pag: 17 Business e politica Il nuovo colosso automobilistico
Il 30 aprile scorso viene firmato l'accordo tra Fiat e Chrysler. Lo annuncia il
presidente Obama. Al Lingotto va il 20% e il 51% dal 2013
Argomenti:
Obama
Abstract: sì in un quadro europeo Verso un
incontro Obama-Berlusconi prima del G8 ROMA A oltre sei mesi dall'elezione del
nuovo presidente degli Stati Uniti e quattro mesi dopo il suo insediamento, la
prima visita di Silvio Berlusconi a Barack Obama si fa più vicina. La data al
momento più quotata per l'appuntamento alla Casa Bianca è lunedì 15 giugno,
Il governo Usa: satelliti
vecchi, Gps al collasso ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il vento della nuova
amministrazione Obama comincia soffiare anche sul fronte dello spazio militare
dopo le revisioni di vari programmi aeronautici usciti dai bilanci. Ma in
questo caso c'è la preoccupazione per il rischio portato a vari sistemi legati
ai Gps, dall'impiego dei missili alla posizione delle nostre automobili.
Aig cambia ancora
Argomenti:
Obama
Abstract: avrebbe dovuto fronteggiare
l'insofferenza del nuovo governo di Obama e gli insulti di molti parlamentari.
Fino all'assurdo del «processo» pubblico in diretta televisiva da parte di un
Congresso che lo ha criminalizzato per la scelta di rispettare impegni e
contratti assicurativi sottoscritti da Aig prima del suo arrivo.
Via libera alla riforma
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: pag: 35 Carte di credito Via libera
alla riforma Il presidente degli Usa, Barack Obama ( foto), ha firmato la nuova
legge sulle carte di credito. La riforma «farà una grande differenza per i
consumatori» ha affermato Obama, aggiungendo che non intende graziare «chi ha
utilizzato le carte di credito in modo irresponsabile».
COMMISSIONI MILITARI USA
PERCHÉ OBAMA LE CONSERVA ( da "Corriere
della Sera" del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: 41 Risponde Sergio Romano COMMISSIONI
MILITARI USA PERCHÉ OBAMA LE CONSERVA Ho letto la sua risposta al lettore che
le chiedeva se e quando l'operato di George W. Bush sarà rivalutato. Io penso
che la rivalutazione dell'ex presidente Usa sia già nei fatti. L'attuale
presidente Obama ha confermato i tribunali speciali militari per i carcerati di
Guantanamo.
Taxi to the Dark Side
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Vicenda reale di un taxista
prigioniero senza prove del sadismo yankee che parte da un reportage del New
York Times. Di questi inferni i papaveri della Casa Bianca dicevano di non
saper nulla, che se c'erano dormivano: a Obama il compito della Verità Nuovo
Orchidea
Un sindaco afro-americano
nel paese di
Argomenti:
Obama
Abstract: Ispirandosi al presidente Barack
Obama, il neoeletto sostiene di aver portato in città «la bomba atomica del
cambiamento », del si può fare anche in una regione come questa. Si rallegrano
della svolta ribattezzato «Mississippi Turning » anche coloro che sono stanchi
di essere ricordati solo per quello che avvenne nel luglio 1964.
Ho messo in rete il mio
Dna Solo così saremo in grado di capire le nostre differenze
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: WATSON Proprio come Barack Obama,
io stesso sono un prodotto di Chicagosud, essendo cresciuto in due camere e
cucina del quartiere di South Shore, dove i libri, gli uccelli e Franklin
Delano Roosevelt ci permettevano di guardare con fiducia al futuro. Da mio
padre e da mia madre ereditai i quattro valori familiari di base: la ricerca
della conoscenza,
fiat rilancia su opel,
offerta migliorata - paolo griseri
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama: sarà più forte Magna corre
ai ripari in Westfalia e tratta sui tagli allo stabilimento di Bochum Il
ministro Guttenberg: il Lingotto pronto a una quota più alta nel capitale PAOLO
GRISERI TORINO - A turbare la navigazione di Magna verso la Opel ci pensa il
ministro tedesco dell´Economia, zu Guttenberg,
il cavaliere non è più né
felice né contento - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ha capito fin dall´inizio
questa situazione ed ha infatti patrocinato l´ingresso di Fiat in Chrysler;
anche i sindacati e i creditori di Chrysler hanno capito ed hanno accettato i
necessari sacrifici. Ora tocca al governo e ai sindacati tedeschi e alla
General Motor decidere.
I PERDENTI CHE VIVONO DI
SCONFITTE ( da "Stampa,
La" del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: e il risparmio energetico voluto da
Obama lo attesta: ogni auto nuova deve avere un motore capace di fare
Il primo nero alla
direzione ( da "Stampa,
La" del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: La nomina, fatta dal presidente
Obama, dovrà essere confermata dal Senato, ma ha già riscosso il gradimento dei
dipendenti dell'agenzia spaziale. Bolden, il secondo astronauta a diventare
amministratore Nasa, sarà affiancato da Lori Garver, consigliere per lo spazio
di Obama.
Obama a Cuba
"Confronto sugli immigrati"
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama a Cuba "Confronto sugli
immigrati" [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Barack Obama chiede al
regime cubano di riprendere i colloqui sull'immigrazione legale e rilancia il
dialogo, iniziato con le timide aperture del vertice delle Americhe lo scorso
aprile a Trinidad ma subito rientrato dopo la decisione americana di mantenere
Cuba nella lista dei Paesi sponsor del terrorismo.
Franco Frattini
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il nuovo prestito è stato accordato
dal governo di Obama per far fronte alle crescenti esigenze di liquidità prima
della scadenza del primo giugno per la bancarotta controllata prevista dal
Chapter 11. La soluzione in tribunale appare ormai quasi certa anche nel caso
in cui il 100% dei creditori aderisse all'offerta di conversione del debito
entro la scadenza del 27 maggio.
emiliano show nella tana
di simeone - giuliano foschini ( da "Repubblica,
La" del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per fortuna non è come la mamma di
Fitto») per poi concludere citando Obama e ricordando che la sua
amministrazione, «sarà sempre quella della gente». «Il direzionale e la
metropolitana del San Paolo - ha detto - sono due gioielli: molte signore del
centro, prima, si lamentavano che le cameriere arrivassero in ritardo.
Tremonti-Prodi: sigari,
chiacchiere e anti-mercatismo ( da "Corriere
della Sera" del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: non cita Barack Obama, bensì Benito
Mussolini. O meglio, l'economista Pasquale Saraceno che gli riferisce un
colloquio tra Alberto Beneduce, fondatore dell'Iri, e il Duce: Mussolini, cosa
dobbiamo fare? La risposta è stata: fate qualcosa per le imprese. E Tremonti
corregge sorridendo: per le banche.
L'America di Obama in
pressing su Gm guarda al modello Fiat
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: America di Obama in pressing su Gm
guarda al modello Fiat DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Un po' c'entra lo stile
dell'uomo. I tedeschi sono abituati al «mettiamoci attorno a un tavolo e
troviamo una soluzione tutti insieme». Un interlocutore come Sergio Marchionne
che si sforza di essere diplomatico, ma nei cui occhi leggi un «levatevi di
torno e vi faccio vedere io come si fa»
Abstract: Sui siti dei giornali italiani spesso le notizie più cliccate sono quelle di gossip. Negli Stati Uniti è diverso? «Mentre Barack Obama annunciava lo smantellamento di Guantanamo, sui siti americani la notizia più cliccata riguardava la donna che aveva avuto due gemelli concepiti da due padri diversi». Dino Messina
Abstract: 24/05/2009 - pag: 13 Stati Uniti /1 Obama nomina il primo nero a capo della Nasa La Casa Bianca ha annunciato ieri la nomina dell'afro-americano Charles Bolden, 62 anni, come nuovo responsabile della Nasa. Ex generale dei marine, veterano del Vietnam e dello spazio, ha partecipato a quattro missioni della navetta shuttle.>
Il rilancio del ministro di Obama Abstract: atomo Il rilancio del ministro di Obama «Con l'Italia nel nuovo nucleare» Il sottosegretario Chu rinnova l'asse energetico con Roma ROMA - Asse Italia-Usa non solo sulle auto ma anche sul fronte dell'energia pulita, carbone e nucleare. Il sottosegretario americano per l'Energia e premio Nobel Steven Chu (di origine cinese ma nato a S.
Argomenti: Obama
Abstract: Vicenda reale di un taxista prigioniero senza prove del sadismo yankee che parte da un reportage del New York Times. Di questi inferni i papaveri della Casa Bianca dicevano di non saper nulla, che se c'erano dormivano: a Obama il compito della Verità Nuovo Orchidea>
nucleare, l'italia si
allea con gli usa - antonio cianciullo
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama gli ha dato l´incarico più
pesante: rimettere gli Stati Uniti in corsa sulle nuove energie investendo 150
miliardi di dollari in 10 anni. E lui ha già cominciato a spiegare quello che
si può fare. Ieri pomeriggio ha annunciato, assieme al ministro dello Sviluppo
Economico Claudio Scajola, una cooperazione tra Italia e Stati Uniti per il
sequestro dell´
Il Cavaliere non è più
felice né contento ( da "Repubblica.it"
del 24-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ha capito fin dall'inizio
questa situazione ed ha infatti patrocinato l'ingresso di Fiat in Chrysler;
anche i sindacati e i creditori di Chrysler hanno capito ed hanno accettato i
necessari sacrifici. Ora tocca al governo e ai sindacati tedeschi e alla General
Motor decidere.
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Obama
Ad
Annapolis Obama consegna il diploma al figlio di
McCain Barack Obama ieri ha consegnato i diplomi ai
cadetti della famosa Accademia Annapolis del Maryland, tra i quali John Sidney
McCain IV, figlio dell'ex-candidato repubblicano alla Casa Bianca. Il ragazzo,
abbracciato calorosamente dal presidente alla cerimonia (foto), è il quarto McCain a diplomarsi ad
Annapolis: il primo era stato il bisnonno. Obama ha
promesso ai cadetti che non manderà mai nessun militare Usa in guerra «se non
assolutamente necessario».
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Obama
In breve MA IL
LORO STATUS GIURIDICO È ANCORA TUTTO DA DEFINIRE Si tratta di prigionieri
indagati dalla procura di Milano nel 2007 per legami con Al Qaeda Due detenuti
da Guantanamo in Italia Dopo le elezioni India, Singh giura come primo ministro
Il primo ministro Manmohan Singh ha avviato ieri il suo secondo mandato alla
guida del governo indiano giurando a New Delhi fedeltà alla Costituzione nelle
mani della presidente Pratibha Patil, insieme a un gruppo di 19 ministri.
Singh, un economista di 76 anni, è considerato uno degli artefici della
vittoria del partito del Congresso nelle recenti legislative, insieme a Sonia
Gandhi e al figlio Rahul. Lo dice Hezbollah «Israele progetta di uccidere
Nasrallah» Il movimento sciita libanese Hezbollah crede che Israele stia
pianificando l'uccisione del suo segretario generale, Hasan Nasrallah. Lo ha
affermato l'esponente del Partito di Dio, Nawaf al-Mussawi, secondo il quale
della congiura fanno parte «molti Paesi complici», inclusi alcuni Stati arabi».
Quasi tutti civili Mogadiscio, 45 morti nella controffensiva Una strage ieri a
Mogadiscio: almeno 45 morti e oltre 128 feriti, in maggioranza civili. E' il
bilancio, senza precedenti per una sola giornata di scontri, della battaglia
innescata dal contrattacco lanciato all'alba dalle truppe governative somale
contro i ribelli islamici che da una decina di giorni controllano quasi tutta
la capitale. Una donna di 66 anni Prima eutanasia nello Stato di Washington Una
donna di 66 anni è la prima persona a morire nello Stato di Washington, nel
nordovest degli Stati Uniti, usufruendo della legge sul suicidio assistito
approvata lo scorso anno. Quello di Washington è uno dei soli due Stati degli
Usa (l'altro è l'Oregon), a permettere ai medici di prescrivere farmaci letali.
La donna si chiamava Linda Fleming e aveva un cancro al pancreas in fase
terminale. [FIRMA]EMANUELE NOVAZIO ROMA Gli Stati Uniti hanno chiesto
all'Italia di accogliere due dei 240 detenuti di Guantanamo: Moez Fezzani e
Riadh Nasri, due tunisini indagati nel 2007 dalla Procura di Milano perché
ritenuti punti di riferimento all'estero di una cellula italiana di Al Qaeda.
Roma non ha ancora dato il proprio consenso: ma il ministro degli Esteri Franco
Frattini, ieri sera, ha dichiarato che si tratta di una richiesta «da
considerare anzitutto con spirito positivo». Anche se, ha precisato il
ministro, bisognerà valutare «i singoli casi, che non conosciamo, sulla base di
un quadro europeo», perché in Europa «c'è un regime di libera circolazione
Schengen e quindi non possiamo prendere una persona e imprigionarla. Ci
dev'essere una regola che permette agli altri 26 Paesi di condividere i
principi». Frattini discuterà il caso venerdì prossimo con il ministro della
Giustizia americano Eric Holder. Washington non ha commentato ufficialmente la
notizia, filtrata in serata («non discutiamo i contatti diplomatici su questo
tema», si è limitato a dire un portavoce del Pentagono). Ma «l'assistenza della
comunità internazionale è vitale per permettere di chiudere il carcere», ha precisato
più tardi il portavoce del ministero della Giustizia, sottolineando che gli Usa
continuano a «lavorare in stretto contatto coi partner per ottenere questo
obiettivo». Secondo fonti diplomatiche, i due tunisini sarebbero stati
individuati durante la missione del ministro della Giustizia Alfano a
Washington, il mese scorso, come gli unici detenuti del super carcere che
potrebbero essere estradati nel nostro Paese. Ma nel recente passato non sono
mancate le polemiche, all'interno del centro destra: il presidente della Camera
Gianfranco Fini aveva assicurato, ricevendo la speaker del Congresso Nancy
Pelosi lo scorso febbraio, che la chiusura di Guantanamo non avrebbe «alcuna
conseguenza sull'Italia». Il ministro degli Interni Roberto Maroni era stato
netto: «Non li voglio, gli Usa sono grandi e possono spostarli altrove», aveva
reagito alla disponibilità manifestata da Silvio Berlusconi. Il ministro della
Difesa Ignazio La Russa si era invece detto «disponibile in linea di
principio». Lo stesso Frattini, intervenendo nel dibattito interno al governo,
aveva però precisato di «non immaginare la detenzione in Italia» per i
prigionieri di Guantanamo, «persone non processate nè processabili, perché
sarebbe contrario alla nostra Costituzione». Le persone che eventualmente
potrebbero essere ospitate non sarebbero «rinchiuse in galera, ma custodite e
protette, perché nei Paesi d'origine rischierebbero la tortura o la condanna a
morte». La notizia della richiesta americana arriva all'indomani del discorso con cui il presidente americano Barack Obama - dopo avere rilanciato l'allarme per la minaccia di nuovi
attacchi di Al Qaeda, condiviso da Frattini - ha indicato il percorso
attraverso il quale arrivare alla chiusura di Guantanamo. Il carcere, ha detto
il presidente, sarà chiuso entro l'anno e il governo «non rimetterà in libertà
nessuno che possa minacciare la sicurezza nazionale». La soluzione,
concordano Frattini e Maroni, dev'essere europea: in una recente riunione dei
27 è stato convenuto di affidare al Coreper - composto dai rappresentanti dei
Paesi Ue a Bruxelles - il compito di definire un sistema di scambio delle
informazioni sui detenuti di Guantanamo che Washington vorrebbe fossero accolti
dall'Europa. Le posizioni, per ora, divergono: solo la Gran Bretagna ne ha
accolto qualcuno, Portogallo e Lituania hanno deciso in senso positivo. Ieri il
Belgio si è detto disponibile. Francia e Germania sembrano orientate al sì.
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Obama
Il Washington
Post Retroscena I politici si dividono IL FRONTE DEL NO IL FRONTE DEL SÌ
"L'offerta Magna in pole position" Germania spaccata «General Motors
più vicina alla bancarotta» ALESSANDRO ALVIANI Sul tavolo 700 milioni di euro,
in parte garantiti dal governo tedesco, ma "Nessuno resta escluso" Il
Nord-Reno Vestfalia contro la cordata di Wolf «I tagli sono tutti qui» Il
governatore della regione che ospita la sede «Avanti con i canadesi» BERLINO
Sarà anche vero che non è stata presa ancora nessuna decisione, come assicura
il ministro tedesco dell'Economia Karl-Theodor zu Guttenberg, eppure nella
corsa al controllo di Opel gli equilibri sembrano spostarsi sempre più a favore
di Magna. Il fornitore austro-canadese è in testa nelle preferenze del governo federale
e dei Länder, hanno riferito ieri i governatori regionali di Assia, Turingia e
Renania-Palatinato al termine di un vertice convocato dall'esecutivo tedesco a
Berlino. Magna e il suo partner russo Sberbank Rossii hanno fatto un'offerta di
700 milioni di euro, l'investimento sarebbe in parte garantito dal governo
tedesco. La proprietà Opel sarebbe così ripartita: 35% General Motors, 35%
Sberbank, 20% Magna e 10% i dipendenti della casa di Ruesselsheim. Sostegno
trasversale In Germania Magna incassa un sostegno trasversale: la sua offerta è
«al momento quella più interessante», ha chiarito il cristiano-democratico
Roland Koch, governatore dell'Assia, il Land che ospita il quartier generale e
il maggior numero di dipendenti di Opel; le trattative vanno portate avanti con
tutti, ma «ponendo l'accento su Magna», gli ha fatto eco il socialdemocratico
Kurt Beck, capo del governo della Renania-Palatinato. A riassumere la posizione
di Berlino è stato il vicecancelliere e ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier:
tutti e tre i potenziali investitori che hanno inviato una manifestazione di
interesse per Opel - Magna, Fiat e il fondo Usa Ripplewood - sono ancora in
corsa, ma bisogna concentrarsi sugli austro-canadesi. La loro è un'offerta
«molto solida», ha aggiunto Steinmeier. Per la stampa tedesca anche General
Motors, attuale proprietario di Opel, propenderebbe per Magna, così come i
rappresentanti dei lavoratori in Germania. Paura a Kaiserslautern Il fronte
pro-Magna, comunque, è tutt'altro che compatto. Il governatore del
Nordreno-Vestfalia, Jürgen Rüttgers, ha infatti annunciato il suo no. Si tratta
di un'offerta «inaccettabile» in quanto prevede troppi tagli nello stabilimento
di Bochum, ha tuonato Rüttgers. E in effetti, stando a quanto riferito da Beck,
quello di Bochum sarebbe l'impianto più colpito nel caso di un successo di
Magna nella corsa ad Opel. Su circa 2.500 esuberi previsti in Germania dal
fornitore austro-canadese 2.200 riguarderebbero soltanto lo stabilimento del
Nordreno-Vestfalia, che ne uscirebbe quasi dimezzato. A Kaiserslautern - la
fabbrica della Renania-Palatinato considerata più a rischio nel caso di un
matrimonio tra Fiat ed Opel - ci sarebbero 280 tagli; gli impianti di
Rüsselsheim ed Eisenach non verrebbero quasi toccati. Ruettgers, comunque, non
ha chiuso tutte le porte. Anzi. Quello di Magna, ha puntualizzato, è un «buon
piano», ma è necessario equilibrare meglio gli oneri. Ora, insomma, si tratta
di sedersi a un tavolo per risolvere quelle che Steinmeier ha definito
«questioni ancora aperte». E farlo presto. La decisione a giorni Già la
prossima settimana dovrebbe arrivare una decisione di massima sull'acquisizione
di Opel, ha affermato il ministro dell'Economia zu Guttenberg. I tempi, del
resto, si fanno ogni giorno più stretti. General Motors rischia di dover
dichiarare insolvenza entro fine mese. E il governo tedesco punta a far
chiarezza prima di quel giorno, pur sapendo che alla fine sarà Gm a scegliere
il nome del compratore delle sue attività in Europa. Il governo: tagli necessari
Ieri a Berlino è arrivato anche il numero uno di Magna, Siegfried Wolf, per
illustrare i piani del consorzio guidato dalla sua società. L'obiettivo di
Magna, ha spiegato, è conquistare il 20% di Opel; il 35% andrebbe a due partner
russi, il costruttore automobilistico Gaz e l'istituto Sberbank; il 10%
dovrebbe finire nelle mani dei dipendenti del marchio tedesco, mentre a Gm
resterebbe il 35%. Il consorzio vuole investire dai 500 ai 700 milioni nella
nuova Opel, ha aggiunto Wolf. Intanto Fiat in una nota ha puntualizzato che la
notizia di 18.000 esuberi programmati nel caso di un'alleanza con Opel è
«totalmente falsa». «In realtà il piano Fiat prevede che la riduzione degli
organici, distribuita in tutta Europa e in maniera progressiva nel tempo, sarà
complessivamente inferiore a 10.000». Da Berlino zu Guttenberg ha già messo le
mani avanti: indipendentemente dall'investitore che sarà scelto, ci saranno non
pochi posti di lavoro a rischio in tutta Europa. Sembra sempre più vicino
l'approdo al tribunale fallimentare per General Motors. A una settimana dalla
scadenza per la consegna dei piani di ristrutturazione societaria,
l'amministrazione di Barack Obama
si starebbe preparando a guidare il colosso dell'auto verso la bancarotta. Lo
dice il Washington Post secondo cui la casa automobilistica potrebbe ricevere
un ulteriore prestito federale di circa 30 miliardi di dollari dal Tesoro.
Nonostante le smentite provenienti da fonti di mercato, ad avvalorare l'ipotesi
di un Chapter 11 è la bocciatura da parte degli obbligazionisti di Gm
della proposta di conversione del debito in azioni per il 10% del capitale
della società ristrutturata. Lo swap necessita del via libera del 90% dei
creditori, le cui istanze sono sostenute da alcuni deputati repubblicani, per
procedere alla ristrutturazione fuori dai tribunali. Intanto Detroit, dopo
l'accordo con Uaw, raggiunge l'intesa col sindacato canadese sul taglio dei
costi e il congelamento sino al 2015 dei benefit pensionistici. «L'accordo è
stato possibile grazie a un coinvolgimento dei governi canadesi e statunitensi
senza precedenti», spiega il presidente del Canadian Auto Workers, Ken Lewenza.
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Obama
Analisi La Guerra
Liquida dall'Iran al Pacifico Il gioco delle pipeline dietro la guerra a Kabul
Le strategie per tener fuori dai flussi energetici Mosca e Pechino PEPE ESCOBAR
Nel Grande Gioco, sempre mutevole, dell'Eurasia, una domanda fondamentale - perché
l'Afghanistan conta tanto? - negli Stati Uniti è semplicemente ignorata. Forse
l'idea che l'energia e l'Afghanistan possano avere qualcosa in comune è
«verboten», proibita. Eppure, statene certi, nulla di significativo avviene
nell'Eurasia senza un'implicazione energetica. Nel caso dell'Afghanistan
occorre poi ricordare che il Centro e il Sud dell'Asia sono stati considerati
dagli strateghi americani luoghi cruciali sui quali piantare la bandiera; e una
volta crollata l'Unione Sovietica, il controllo delle ex repubbliche ricche di
energia è subito stato visto come essenziale per il futuro della potenza
globale americana. Sarebbe stato lì che le basi militari Usa avrebbe
intersecato gas e oleodotti, mettendo Russia e Cina sulla difensiva. Pensate
l'Afghanistan, allora, come un trascurato intreccio secondario dell'attuale
Guerra Liquida che si combatte nel Pipelinestan, l'immenso campo della
battaglia energetica che va dall'Iran all'Oceano Pacifico. Dopo tutto, uno
degli obiettivi della politica estera americana sin dall'era Nixon nei primi
Anni 70 è stato quello di dividere Russia e Cina. La leadership della Sco - la
Shanghai Cooperative Organization, la risposta asiatica alla Nato - si è
concentrata su questo punto da quando il congresso americano votò la legge
della Strategia della Via della Seta, e proprio cinque giorni prima di iniziare
i bombardamenti sulla Serbia, nel marzo 1999. Quella legge identificava
chiaramente gli interessi geostrategici americani dal Mar Nero alla Cina
occidentale con la costruzione di un mosaico di protettorati americani
nell'Asia centrale e la militarizzazione del corridoio energetico eurasiatico.
L'Afghanistan si trova all'incrocio di qualunque Via della Seta che colleghi il
Caucaso con la Cina occidentale e quattro potenze nucleari (Cina, Russia,
Pakistan, India) stanno in agguato nelle vicinanze. «Perdere» l'Afghanistan e
la sua rete di basi militari Usa sarebbe, dal punto di vista del Pentagono, un
disastro, anche perché il Paese è molto più delle montagne dell'Hindu Kush e
degli immensi deserti: si ritiene sia ricco di giacimenti inesplorati di gas
naturale, petrolio, carbone, rame, cromo, talco, barite, zolfo, piombo, zinco e
minerali di ferro, oltre a pietre preziose e semipreziose. C'è poi qualcosa di
altamente tossico da aggiungere a questa miscela già letale: i cartelli globali
dell'eroina che impazzano in Afghanistan e lavorano solo in dollari Usa. Per la
Sco, la massima minaccia alla sicurezza in Afghanistan non sono i taleban ma il
business della droga. Lo zar dell'anti-droga russa, Viktor Ivanov, ha fatto
sapere che l'eroina afghana uccide ogni anno 30 mila russi, il doppio dei morti
per la jihad afghana antisovietica Anni 90. Poi, ovviamente, ci sono quei
corridoi energetici che, se mai verranno costruiti, escluderanno o includeranno
Iran e Russia. Nell'aprile 2008 Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India
hanno firmato un accordo per costruire un gasdotto da 7,6 miliardi di dollari -
acronimo Tapi - che fornirà il gas dal Turkmenistan a Pakistan e India senza coinvolgere
Iran e Russia. Tapi taglierebbe il cuore dell'Afghanistan occidentale, a Herat,
e punterebbe a Sud attraverso le popolosissime province di Nimruz e Helmand,
dove tra taleban, guerriglieri pashtun e rapinatori assortiti si raggiunge un
numero che supera di gran lunga le forze Usa e Nato. E dove - sorpresa! - gli
Usa stanno costruendo, a Saht-e-Margo («Il deserto della morte»), una nuova megabase per le truppe di Obama. Il rivale di Tapi è l'Ipi - Iran-Pakistan-India -, il corridoio
osteggiato dagli americani che mal digeriscono l'idea che India e Pakistan
importino gas dal «malvagio» Iran. Teoricamente la costruzione del Tapi inizerà
nel 2010 e il gas comincerà a scorrere a partire dal 2015. Il presidente
afghano Hamid Karzai - che a stento, e con l'aiuto delle forze internazionali,
riesce a garantire la sicurezza del centro di Kabul - l'anno scorso ha
assicurato che libererà il Paese dalle mine antiuomo sparse lungo il percorso
di Tapi e in qualche modo si sbarazzerà anche dei taleban. Caso mai ci fossero
investitori tanto deliranti da pompare i loro denari in un gasdotto di questo
genere, l'Afghanistan raccoglierebbe solo 160 milioni di dollari all'anno di
pedaggi, una bagatella, anche se rappresenta una bella fetta delle attuali
entrate annue di Karzai. La storia del Tapi incomincia a metà degli Anni
( da "Stampa, La" del
23-05-2009)
Argomenti: Obama
Intervista Nicolò
Sapellani ISPIRATI DA GRILLO RIVOLUZIONE VERDE "Niente autostrada, meglio
Internet gratis a tutti" GIUSEPPE BUFFA "Stop alle ideologie e largo
ai giovani" «La politica ha deluso molti Ora servono programmi più a misura
di cittadino» «No agli inceneritori e sì alle energie rinnovabili e ai negozi
del riciclo» BIELLA Nicolò Sapellani è nato a Biella il 16 agosto 1983. Dopo la
laurea di primo livello in Scienze politiche, sta prendendo quella
specialistica, e intanto collabora ad alcune testate come giornalista
pubblicista. Appassionato di snowboard, s'è cimentato anche con lo skate, ma
ora ha smesso perché dice di non avere più l'età. In passato ha fatto molto
sport, anche a livello agonistico: nuoto, basket, rugby e scherma. Il suo libro
preferito è un classico russo, «Il maestro e Margherita», di Michail Bulgakov.
Come film vota un altro classico: «Easy Rider», di Dennis Hopper. Ama molto il
repertorio di Fabrizio De Andrè, soprattutto «La canzone di Marinella». Luogo
del cuore: «La montagna, in particolare Bardonecchia e il Sestriere». Sogno nel
cassetto: «Diventare un giornalista».Il suo slogan è: «Vuoi fare qualcosa per i
giovani? Votali». E Nicolò Sapellani, dottore in Scienze politiche, coi suoi 25
anni è giovane davvero: la mascotte fra i candidati sindaci, capo della lista
«Biella a cinque stelle». Un po' grillina e un po' civica «pura». E,
soprattutto, con un'età media veramente bassa. Come vi siete messi insieme? «Ci
siamo trovati con altri ragazzi con cui avevamo fondato un'associazione
sportiva, per promuovere lo skate-park del Villaggio La Marmora. Poi il gruppo
s'è sciolto, ma è rimasta la voglia di pensare a idee nuove per Biella. E così
è nata la lista». Le formazioni «a cinque stelle» sono quelle che si ispirano a
Grillo, giusto? «Sicuramente condividiamo alcune interpretazioni di Beppe
Grillo: il degrado della nostra classe dirigente, l'idea che i cittadini
tornino a interessarsi della cosa pubblica senza essere legati a interessi
personali. Grillo dice tante cose, a volte ci azzecca e a volte no. Ma su
quelle che ho citato siamo d'accordo». Alcuni grillini biellesi, però, hanno
contestato la vostra lista, dicendo che non eravate «certificati», che non
garantivate «trasparenza»... «Hanno detto che il simbolo è registrato, ma non mi
risulta. E quanto alla certificazione, non c'è una scadenza precisa per farla.
Evidentemente, all'associazione di volontariato che ci accusa non basta la mia
dichiarazione sul fatto che siamo tutti incensurati e tutti apartitici.
Comunque faremo questa certificazione, così almeno dimostreremo anche ai più
increduli che siamo persone perbene». Ma lei è di destra o di sinistra? «Io ho
smesso di crederci. Mi sembra una classificazione un po' vecchia, e che
comunque, a livello locale, non ha alcun senso. Per noi contano solo i
programmi». E che cosa dicono i programmi? «Che bisogna rivalutare il
territorio, perché un circondario vivo rende più vivace anche la città. Biella
dovrebbe diventare un "angolo di paradiso" per chi fugge dalle
metropoli, e per questo sarebbe utile anche investire sulle fonti rinnovabili
(soprattutto il fotovoltaico) e sul recupero dei rifiuti. Pensiamo, insomma, a una specie di "green revolution", simile a quella di Obama». Intanto, però, il tessile sta
agonizzando... «Certo, perché l'economia locale è stata protetta per anni in un
mondo globalizzato, non ha saputo investire sul futuro e ora non riesce più a
reggere sul mercato». Morale? «Bisogna puntare sulla ricerca, sullo sviluppo.
E' più utile Internet che l'autostrada, ad esempio per il telelavoro. Una delle
nostre proposte è quella di concedere a tutti un collegamento gratuito al Web,
per eliminare code e burocrazia. Non ci vogliono molti soldi per fornire una
connessione a spese del Comune». Di sicuro siete contrari agli inceneritori.
«Non bisogna più bruciare rifiuti. Producono polveri sottili (Pm10) che
uccidono. Solo in Italia, le vittime vanno dalle 8 mila (secondo gli studi più
ottimistici) alle 35 mila. Noi con l'immondizia vogliamo produrre soldi, non
veleno. Siamo quindi per l'opzione "rifiuti zero" e pensiamo ai
"negozi del riciclo", dove portare bottiglie di plastica, vetro e
altro. Più roba si riesce a riusare, meglio è per tutti». La vostra sembra la
più «civica» delle liste, perché non avete avuto frequentazioni partitiche.
Come spiega questa allergia generale alla politica? «Ai nostri banchetti, più
della metà delle persone diceva: basta, della politica non ne possiamo più. La
classe dirigente è fumosa, da una parte come dall'altra. E le persone hanno
voglia di applicare programmi più vicini ai cittadini che ad altri tipi di
interessi». Se si andasse al ballottaggio, come vi schierereste? «Come dicevo
prima, non ci interessa il colore, ma il programma. Il Pd, in teoria, appoggia
molte delle iniziative in cui crediamo anche noi, ma è pure favorevole agli
inceneritori. Barazzotto, nel suo programma, punta molto sulle energie
rinnovabili, ma in questi 5 anni ha fatto ben poco in tal senso. Gentile,
invece, sposa il telelavoro, ma sembra più interessato all'autostrada. Entrambi
si contraddicono, insomma. Perciò è molto difficile scegliere fra una parte e
l'altra. Al limite, ci si tura il naso...». Beh, magari diventa sindaco lei...
«Non sono così illuso. Noi puntiamo decisamente più in basso. Per la nostra
lista sarebbe già una vittoria riuscire a far passare qualche punto del
programma. Ed avere un consigliere comunale che faccia da controllore,
soprattutto sulla trasparenza della spesa pubblica. Bisogna poter chiarire ai
cittadini come il Comune spende ogni euro, anche perché i bilanci non sono di
facile lettura, nemmeno per i consiglieri comunali». Perché la gente dovrebbe
votare «Biella a 5 stelle»? «Perché abbiamo idee di buonsenso, che possono
creare benessere. E poi perché siamo giovani, e non ancorati a ideologie del passato.
Ci proponiamo come il nuovo, e in effetti, nella nostra lista, solo 8 candidati
sono sopra i 40 anni. Gli altri 21 sono sotto i trenta».
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 17 -
Esteri Beirut, la sfida di Biden a Hezbollah Aiuti al Libano solo dopo le
elezioni. Il capo degli sciiti: "è un´ingerenza" Il Partito di Dio
potrebbe strappare il governo alla coalizione sunnita e filo occidentale
ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - «Non sono venuto a
sostenere alcun partito», dice candidamente il vice di Obama, Joe Biden, appena arrivato in una
Beirut immersa nell´atmosfera paranoica e incandescente dello scontro
elettorale. Ma poi lascia cadere dall´alto un avvertimento chiarissimo: «Gli
Stati Uniti valuteranno la forma del loro programma di aiuti (al Libano) sulla
base della composizione del nuovo governo e delle politiche proposte».
Il che ha spinto gli Hezbollah a denunciare la visita del vicepresidente americano
come una «aperta ingerenza» negli affari libanesi. Per gli amanti delle
statistiche, pare che un così alto esponente dell´amministrazione non mettesse
piede in Libano da più di 25 anni. Ma non occorre spulciare negli annali per
cercare la prova del rinnovato interesse americano verso il Libano e, in
generale, verso questa parte del mondo. Il viaggio di Biden, infatti, segue, ad
appena un mese di distanza, la visita del Segretario di Stato, Hillary Clinton.
Ma adesso mancano soltanto due settimane alle elezioni del 7 Giugno. Anche se
la campagna elettorale non ha finora riservato colpi di teatro, né drammatici,
né spettacolari, s´avverte l´importanza della posta in gioco. Riuscirà
l´Hezbollah, emanazione della gerarchia sciita iraniana e, di conseguenza,
alleato della Siria, grande nemico d´Israele e, di conseguenza, avverso agli
Stati Uniti, riuscirà il partito di Dio con i suoi alleati a vincere le
elezioni e a strappare la maggioranza dei seggi alla coalizione antisiriana e
filo americana, che in questi quattro anni, dall´uccisione di Rafik Hariri (14
Febbraio 2005) in poi ha cercato, tra mille difficoltà, di governare il paese?
Ora, che un´eventuale vittoria dello schieramento cosiddetto dell´8 Marzo
capeggiato dagli Hezbollah, con un alleato di scorta come il Generale Michele
Aoun, rappresenti per l´amministrazione americana un´ipotesi malaugurata,
traspare dalle stesse parole di Biden: «Esorto coloro che pensano di stare
accanto ai distruttori della pace a non perdere l´occasione di allontanarsi»,
ha detto. Anche se Obama ha deciso di tendere la mano
del dialogo all´Iran e di verificare concretamente la possibilità di concludere
il lungo periodo di gelo con la Siria, la scelta, per quanto riguarda il Libano
è di sostenere la sovranità della piccola repubblica libanese anche con
adeguati aiuti militari. Biden ha così scelto di incontrare interlocutori
istituzionali: il presidente Suleiman, un presidente «di consenso», eletto con
l´accordo di tutti ma del quale gli Hezbollah cominciano a diffidare; il
premier Sinora, che, anche se dovesse vincere l´attuale maggioranza, la
coalizione del 14 Marzo, guidata dal figlio di Rafik Hariri, Saad, non sarà più
della partita; il presidente del parlamento, l´inossidabile Nabi Berry. Ai
quali ha promesso l´appoggio americano ad un Libano «indipendente e sovrano».
Un Libano che tuttavia sembra dominato da agende diverse e contrastanti. Ieri,
per citare l´ultimo caso, gli Hezbollah hanno denunciato le prossime manovre
israeliane del cosiddetto Fronte interno (le manovre civili in caso di guerra)
come la prova che Israele voglia uccidere il loro leader Hassan Nasrallah, ed
in vista dell´eliminazione di Nasrallah, si prepari a fronteggiare la reazione
che inevitabilmente seguirà al delitto. Sinora ha detto, invece, di aver
ricevuto assicurazioni dalle forze di pace dislocate nel sud del Libano
(Unifil) che le manovre israeliane sono a scopo difensivo.
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 -
Esteri Guantanamo, Obama
all´Italia "Accogliete due detenuti" Berlusconi andrà alla Casa
Bianca il 15 giugno Sono tunisini, Frattini ne discuterà venerdì col ministro
della Giustizia Usa VINCENZO NIGRO ROMA - Silvio Berlusconi non credeva potesse
essere così difficile: per incontrare Barack Obama il presidente del Consiglio italiano ha dovuto aspettare 5
lunghi mesi, un faticoso Purgatorio in cui ha fatto di tutto per
richiamare l´attenzione del presidente americano che aveva definito «bello,
giovane e abbronzato». Le porte della Casa Bianca si apriranno al premier
italiano soltanto il 15 o il 16 di giugno, dopo mesi di insistenze per rompere
il freddo con cui l´amministrazione democratica aveva reagito ai segnali
negativi arrivati da Roma. «Stiamo negoziando i dettagli finali, ma il vertice
bilaterale dovrebbe esserci il 15 giugno», dice una fonte della diplomazia italiana.
Ultimo dopo Brown, Merkel, Sarkozy e dopo molti altri leader, Berlusconi paga
lo scotto innanzitutto di aver difeso la guerra di Putin in Georgia nel 2008,
affermando tra l´altro che «la Russia è stata provocata dagli Usa con l´idea di
allargare la Nato all´Ucraina, con lo scudo antimissile in Polonia, con il
sostegno alla Georgia». Ancora, durante la campagna elettorale americana, il
premier aveva appoggiato - scherzando, ma lo aveva fatto - la candidatura del
repubblicano John McCain. Segnali a cui prima il "transition team" di
Obama e poi gli uomini in carica della nuova
amministrazione avevano reagito in maniera semplice: facendo scendere
Berlusconi in fondo alla lista d´attesa per il un vertice bilaterale. A
riavvicinare i due governi ha lavorato anche il ministro degli Esteri Frattini,
che ha incontrato due volte la Clinton e ha aperto con gli Usa molti dossier di
interesse comune. L´ultimo tema è quello dei detenuti di Guantanamo che
l´Italia potrebbe accettare come segno di sostegno politico all´amministrazione
democratica. Frattini ha deciso di studiare e curare personalmente la pratica
sin dall´inizio: da buon Consigliere di Stato ha affrontato innanzitutto gli
aspetti legali di una decisione del genere. Una volta liberi i detenuti di
Guantanamo non avranno nessun capo di imputazione che possa esser fatto valere
in un tribunale italiano. E gli Usa non possono rimandarli nei paesi d´origine,
dove verrebbero castigati sommariamente per il solo fatto di essere stati
associati al nome di Al Qaeda. Ieri Frattini ha confermato che sta valutando
«positivamente» la possibilità di accoglierne in Italia qualcuno. I nomi che
girano sono quelli di due tunisini: Moez Fezzani e Riadh Nasri, indagati nel
2007 dalla procura di Milano perchè considerati punti di riferimento all´estero
di una cellula italiana del "Gruppo di combattimento salafita".
Formalmente i nomi non sono stati ancora fatti all´Italia: Frattini venerdì
incontrerà a Roma il ministro della Giustizia Usa Eric Holkder jr.
L´"attorney general" è un giovane avvocato che ha già conosciuto sia
il ministro degli Esteri che quello della Giustizia Angelino Alfano. Il buon
rapporto personale che ne è nato potrebbe aiutare a chiudere il dossier
Guantanamo, aiutando ad aprire le porte della Casa Bianca per Silvio
Berlusconi.
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2 -
Economia La decisione finale spetta al numero uno di General Motors che dovrà
avere il via libera da Obama
L´ultima parola sarà della Casa Bianca Gli americani aspettano un
pronunciamento della Merkel. Gm crolla in Borsa TORINO - A giorni la decisione.
Arriverà da Berlino o da Detroit con la benedizione di Washington? In questo
week end si capirà, anche se è ragionevole ipotizzare che sui governatori e i
borgomastri teutonici prevarrà la parola di un signore chiamato Fritz
Henderson, presidente della Gm. Il quale a sua volta dovrà rendere conto
a un altro signore chiamato Barack Obama che entro il
31 maggio aspetta dall´ex colosso di Detroit un piano per accordargli il
prestito della sopravvivenza. Il capitolo della Opel e dei suoi pretendenti di casa
a Torino e a Vienna è tutto qui. Ad accendere dunque la luce verde sarà la Casa
Bianca che, secondo quanto scrive il Washington Post, si sta preparando a
guidare la Gm (che ieri ha perso il 23% in Borsa) verso la bancarotta pilotata
già alla fine della settimana prossima. Nella speranza, sia della casa
automobilistica sia dell´amministrazione Obama, che i
tempi del Chapter 11 possano essere rapidi come per la Chrysler la quale a
giorni si appresta a chiudere il capitolo del fallimento e ad avviare nei fatti
la collaborazione con il Lingotto. Secondo i piani del Tesoro americano Gm
potrebbe ricevere altri 30 miliardi di dollari in prestito oltre i 15,4 già
incassati per potersi rimettere in rotta. Fonti americane vicine al dossier
assicurano che il processo attraverso il quale maturerà la scelta su Opel dovrà
essere concordato tra la Gm e il governo tedesco, senza che nessuno dei due
abbia il potere di imporsi sull´altro. E´ dunque una decisione comune quella
che dirà se la Opel passerà sotto l´ombrello Fiat, Magna o Ripplewood. Ciò fa
ritenere che Detroit e Berlino saranno costrette a trovare una linea comune. Al
momento le posizioni sono distanti e il superamento degli ostacoli sarà
possibile soltanto dopo che l´esecutivo di Angela Merkel avrà analizzato le
offerte. Cosa che ieri sera non aveva ancora fatto. A questo punto il
prestito-ponte che Berlino, con l´aiuto delle banche, potrebbe mettere a
disposizione della Opel allo scopo di garantire la continuità produttiva nelle
fabbriche, diventa un fattore decisivo. Posando sul tavolo una somma che,
secondo quanto si è appreso sinora, sarebbe tra i 5 e i 7 miliardi di euro,
Berlino contribuirebbe ad allentare la pressione finanziaria sulla casa madre e
con questo acquisirebbe un peso nella scelta finale che diversamente non
avrebbe. Sull´altra sponda dell´Atlantico però vogliono essere sicuri che
questo finanziamento-ponte ci sia realmente e che non si tratti di un
escamotage temporaneo oltre il quale i vertici di Gm si troverebbero ancora sul
groppone una Opel di cui da tempo si è capito che farebbero volentieri a meno.
Proprio per questo ancora ieri sera nessuno, tra Washington e Detroit, si è
sbilanciato a favore di Magna piuttosto che di Fiat. «Aspettiamo che sia Angela
Merkel a fare la prima mossa, poi diremo se a nostro parere va o meno nella
direzione giusta» ha fatto sapere un negoziatore di parte Gm. Lasciando
intendere in ogni caso che una parola definitiva sulla partita Opel dovrà
essere pronunciata prima che la casa madre possa entrare nel processo del
fallimento pilotato. Ovvero entro la fine di maggio. (p.g., s.t.)
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 3 -
Economia Gm Sudamerica, Peugeot o Bmw il Lingotto studia il "piano B"
L´alternativa di un nuovo alleato per recuperare due milioni di auto Torino è
numero uno in Brasile ma cerca più spazio in Venezuela e Argentina Destinata a
diventare più stretta la collaborazione con gli indiani di Tata SALVATORE
TROPEA TORINO - E se la scelta cadrà su Magna? Il Lingotto non ha mai
accantonato questo scenario. Anche nei momenti in cui la strada verso Berlino
sembrava più agevole, il team di Sergio Marchionne ha continuato a lavorare a
un piano B, che è stato sempre ufficialmente negato, per raggiungere la soglia
della sicurezza dei 6 milioni di auto prodotte all´anno. E chiaro che senza la
conquista della Opel verrebbero a mancare poco meno di 2 milioni di vetture. In
questo caso, come farà la Fiat a colmare il vuoto? Marchionne rimarrà nella
Vecchia Europa oppure riprenderà la strada che porta in Asia? O ancora penserà
di rimediare conquistando la ricca provincia di Gm Latino America? «L´Asia è un
posto complicato che richiede tempi lunghi» ha sempre ammesso l´ad del
Lingotto, facendo capire che sui tempi brevi, quelli necessari per sopravvivere
alla grande crisi, era preferibile la solidità dei mercati occidentali e la
comunanza di cultura con le aziende che operano in questi. Una propensione più
che naturale per un manager italo-canadese. Un fatto è certo: se fallisce il
colpo tedesco Marchionne deve pensare a una exit strategy riportando l´orologio alla sera del 30 aprile quando Obama gli consegnò ufficialmente la Chrysler. Chi saranno questa volta
i suoi interlocutori? Cominciamo dall´Europa dove, sinora, gli altri grandi
dell´auto si sono limitati a stare alla finestra. Con i francesi di Psa, con i
quali Fiat ha da oltre vent´anni una collaborazione nel campo dei veicoli
commerciali, i contatti non sono stati mai interrotti. Ma è noto che con
gli orgogliosi «cugini» d´Oltralpe, oltre al problema del ponte di comando in
bilico tra Torino e Parigi, si riproporrebbe l´ostacolo della sovrapposizione
di modelli. E già questo, come si sta constatando in Germania, allarma non poco
il fronte sindacale e politico. Paradossalmente un´altra strada potrebbe
portare la Fiat nel cuore della Baviera, ovvero in casa Bmw, che Marchionne ha
già frequentato quando ancora la prospettiva americana non sembrava a portata
di mano. Se il Lingotto dovesse riannodare il filo con la prestigiosa casa
tedesca, sicuramente non avrebbe problemi di sovrapposizione di modelli,
potendo integrare la gamma dei prodotti senza eccessivi rischi per l´occupazione.
Semmai qualche conflitto potrebbe insorgere al momento dello sbarco in America
di Alfa Romeo previsto dall´accordo con Chrysler. L´altra rotta di Marchionne
potrebbe portare in Asia dove un accordo, più corposo di quelli già esistenti,
con il gruppo che fa capo a Ratan Tata, potrebbe in tempi non lunghi creare la
massa critica necessaria al Lingotto. Già oggi Tata siede nel consiglio della
Fiat e con lui è noto che Marchionne riesce a intendersi meglio di quanto non
avvenga, ad esempio, con i cinesi. Proprio ieri, comunque, il Lingotto ha
chiuso un accordo con il gruppo Guangzhou per creare un nuovo stabilimento.
Resta in ogni caso l´incognita circa gli effetti della crisi sui mercati
asiatici e dunque la difficoltà a prevedere quale sarà in futuro il trend di
quei mercati. Un´uscita di Fiat dalla scena della Opel non comporta
automaticamente l´interruzione del dialogo che ancora in questi giorni è in
corso a Detroit per la conquista di Gm Latino America, provincia ricca che la
casa madre ha sempre cercato di tenere ben distinta dalla vicenda tedesca. Oggi
la Fiat è il numero uno sul mercato brasiliano, il più interessante del Cono
Sud, contendendo il primato alla Volkswagen. A livello continentale, ovvero dal
Venezuela all´Argentina, a fare la parte del leone è però la Gm. Se la Fiat
vincesse il round sudamericano, e sempre tenendo conto di Chrysler, potrebbe
avvicinarsi alla soglia dei 6 milioni o comunque assicurarsi le premesse per
farlo.
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 7 -
Cronaca Allarme Oms: "Prepariamoci al peggio" e Obama stanzia un miliardo di dollari
Margaret Chan: speriamo nel vaccino entro fine giugno Il dossier Allerta per i
paesi poveri, ieri primo caso nella Repubblica del Congo ELENA DUSI ROMA - Il
virus della nuova influenza è «furbo e subdolo» avverte la direttrice
dell´Organizzazione mondiale della sanità. «Non avverte prima del suo
arrivo, non segnala la sua presenza, riesce a mutare in modo inaspettato»
spiega Margaret Chan. Per questo l´Oms si mantiene pronta a innalzare il
livello del rischio pandemia da 5 (l´attuale) fino a 6 (il più alto,
equivalente a una pandemia conclamata). L´agenzia che ha sede a Ginevra
annuncia che la produzione del vaccino potrebbe iniziare alla fine di giugno,
mentre il Dipartimento per la salute americano ieri ha previsto lo stanziamento
di un miliardo di dollari per confinare i contagi, produrre un vaccino e
testarlo sulla popolazione. Gli Usa, con 6.552 casi, sono il paese maggiormente
colpito dal virus in termini di contagi, anche se registrano 9 vittime contro
le 75 del Messico. A preoccupare l´Oms, tuttavia, sono le aree del mondo più
povere. «Nei paesi in via di sviluppo - ha detto la Chan - la popolazione è più
vulnerabile e ci aspettiamo un numero di casi maggiore rispetto ai paesi già
colpiti finora». Finora le diagnosi sono avvenute nei laboratori più avanzati
del mondo. «Ma nelle aree povere ci aspettiamo un buco nero nei controlli»
avverte la direttrice dell´Oms. E a conferma delle sue parole, ieri è arrivata
la notizia del primo caso africano di contagio dal virus H1N1. Si tratta di un
minatore della provincia del Katanga, nella Repubblica democratica del Congo.
Altri malati sono stati registrati in Russia (un uomo da poco tornato da New
York, non è grave) e in Spagna, dove 11 cadetti di una scuola militare di Hoyo
de Manzanares, nel centro del paese, sono stati messi in quarantena con i
sintomi della nuova influenza. Le autorità sanitarie guardano con attenzione
anche ai paesi dell´emisfero australe, dove con l´arrivo dell´inverno il virus
dell´influenza stagionale si mescolerà a quello della febbre suina. Ma se è
vero che H1N1 ha raggiunto una diffusione mondiale, e l´Oms avrebbe
tecnicamente ragione a innalzare il livello di allerta fino a 6, le autorità
esitano a prendere una misura così drastica, che non aggiungerebbe nulla alle
misure di prevenzione ma spaventerebbe la popolazione. «La decisione di
dichiarare il grado massimo di allerta è una responsabilità che non prendiamo
sotto gamba» ha detto la Chan nel corso dell´assemblea annuale dell´agenzia a
Ginevra. Anche perché la nuova influenza si è dimostrata piuttosto lieve, con
86 decessi su 11.168 contagi in 42 paesi (l´influenza aviaria era letale in
circa il 50% dei casi). «Nel decidere il grado di allerta non dobbiamo guardare
solo alla diffusione geografica del virus - sostiene Keiji Fukuda, numero due
dell´Oms - ma anche alla gravità delle malattia, che per ora non appare alta,
per non correre il rischio di scatenare un panico ingiustificato».
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
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Torino Mirafiori, la Opel e il modello renano SALVATORE TROPEA Consegnata a un
passato che appare preistoria, l´epoca dei grandi comizi di piazza è del tutto
ignota ai giovani delle ultime generazioni: del resto, se riproposta,
risulterebbe anacronistica. Il "viaggio" tra la gente delle piazze,
dei mercati, dei locali, delle fabbriche, che era stato inaugurato con qualche
successo nella breve stagione della società civile, anche questo è stato
gettato alle ortiche. Sopravvivono solo quei lunari, soporiferi, bizzarri
dibattiti nelle tivù locali che l´augusta autorità del telecomando cancella in
una frazione di secondo senza che rimanga traccia. Eppure gli argomenti per
rimediare a tanto disinteresse non mancano. Tanto per non andare lontano e non
finire nel generico c´è il caso Fiat che, visto da Torino, non è roba da poco e
neppure qualcosa di cui si debbano preoccupare solo i lavoratori americani e
canadesi della Chrysler o quelli tedeschi della Opel. E´ un argomento servito
in casa e che non si esaurirà con le operazioni di ingegneria industriale e
societaria alle quali si sta dedicando Sergio Marchionne. Né l´ad del Lingotto
sembra pretendere questa esclusiva. Anzi tra una missione e l´altra, da Torino
a Washington e da Berlino a Detroit, non trascura di chiamare in causa i
governi, nazionali e locali, nel tentativo di coinvolgerli in un´impresa che
potrebbe fare di Torino il ponte di comando di un colosso mondiale dell´auto. E
con qualche incognita che il governo Berlusconi sinora non ha fatto nulla per
risolvere rinunciando a quel ruolo attivo che premier e ministri stanno
assolvendo in altri Paesi. E´ probabile che ragioni di urgenza e di
inquietudine abbiano indotto i governatori dei Lander tedeschi dove sono
dislocati impianti produttivi della Opel a scendere in campo per perorare la
causa dei lavoratori. E´ abbastanza scontato che a motivare il loro attivismo
ci siano anche interessi elettorali che curiosamente dovrebbero esserci anche
in Piemonte: con la differenza che lì la politica è scesa in campo mentre qui
preferisce parlar d´altro. Con un´eccezione che ripropone l´accostamento con la
Germania e, non solo per questo, meriterebbe maggiore attenzione. Ci riferiamo
all´iniziativa presa dal presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso che
tre giorni fa ha scritto una lettera ai dieci colleghi che governano
altrettante regioni in cui sono presenti impianti Fiat per invitarli a evitare
il rischio della guerra tra territori per la difesa di questo o quello
stabilimento e a trovare una linea d´azione comune. Su quali basi? La proposta
della signora Bresso è quella di «creare un fondo per promuovere la produzione
di un modello ecologico negli stabilimenti Fiat». In concreto questo fondo
dovrebbe ammontare a 1,2 miliardi, metà a carico delle Regioni interessate e
metà carico dello Stato. Quando e come si possa diventare operativo è cosa di
cui si potrà discutere. Adesso ciò che conta è il fatto che all´apatia del
governo qualcuno abbia pensato di contrapporre l´idea di un progetto. Che la
mossa sia partita dalla Regione Piemonte non è né casuale né solamente
riconducibile alla presenza sul suo territorio della roccaforte Fiat. Bresso ha
scelto di muoversi con l´autonomia e l´autorevolezza dei governatori dei Lander
tedeschi, ipotizzando un modello che, se non è quello renano inteso come
compartecipazione dei lavoratori alla società, intende quanto meno mettere in
piedi una sorta di collaborazione pubblico-privato che affaccia per l´industria
dell´auto quel futuro sostenibile tratteggiato di recente
da Barack Obama per il
salvataggio di Chrysler e Gm. Naturalmente in una prospettiva concreta di
difesa del tessuto occupazionale. In fondo l´operazione Mirafiori, per dire il
progetto realizzato quattro anni fa di concerto tra la Fiat e le istituzioni
locali, rappresenta un precedente interessante. La cui importanza non
sfugge a Marchionne quando rilancia l´idea di un intervento strutturato per
l´auto che coinvolga governi e amministrazioni locali. Esattamente come sta
avvenendo in Germania. Tutto questo non è fantapolitica ma quello che si
vorrebbe sentire in questi giorni nei comizi elettorali o in quelle
manifestazioni che li hanno sostituiti. Come fanno governatori e borgomastri
tedeschi in questi giorni. E forse un discorso sul mix modello renano e modello
Mirafiori avrebbe successo anche davanti ai cancelli della Fiat, nelle piazze,
nei circoli e ovunque rimbomba invece il silenzio della politica.
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 19 -
Esteri Negli Stati Uniti la prima rabbina afro-americana CLEVELAND - Alysa
Stanton, 45 anni, è cresciuta in una famiglia protestante. Abbandonata la
chiesa pentecostale in cui era stata allevata e convertitasi all´ebraismo, è
ora in procinto di diventare rabbino: la prima donna rabbino nera della storia.
La cerimonia di ordinazione avverrà il 6 giugno, un sabato, a Cincinnati, in
Ohio. Poi Alysa, assieme a sua figlia, si trasferirà a sud, in North Carolina,
dove assumerà la guida della locale sinagoga Bayt Shalom, Casa della Pace, che
raccoglie ebrei sia "riformati" che "conservatori": due
rami dell´ebraismo che - contrariamente agli ortodossi - consentono l´accesso
delle donne al rabbinato. Attualmente le donne rabbino sono poco meno di un
migliaio, la maggior parte delle quali negli Stati Uniti. E ormai da tempo,
sempre in America, sono diventati rabbini numerosi afro-americani. Tra questi
c´è anche Capers Funnye, un cugino della first lady
Michelle Obama. Ma donne
rabbino di colore, ancora non se n´erano viste. In realtà era solo questione di
tempo: "riformati" e "conservatori" sono ormai la
maggioranza degli ebrei d´America (il cui totale oscilla, a seconda delle
stime, tra i 5 e i 6 milioni), e gli ebrei afro-americani sono diverse decine
di migliaia. Prima di darsi agli studi religiosi, Alysa Stanton ha
lavorato a lungo come psicoterapeuta. Nel 1999 viveva a Denver, in Colorado,
quando fu chiamata a prestare i primi soccorsi nel liceo di Columbine, dove due
studenti uccisero a colpi d´arma da fuoco 12 loro compagni e un´insegnante.
( da "Repubblica, La"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
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Esteri Usa, un sindaco di colore nel feudo del Ku Klux Klan Storica elezione
nella città di "Mississippi burning" A Philadelphia nel 1964 furono
trucidati tre giovani attivisti dei diritti civili ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK
- Mezzo secolo fa, quando nel Sud degli Stati Uniti infuriavano le battaglie
contro la segregazione razziale, tre giovani militanti per i diritti civili
furono sequestrati da un gruppo di incappucciati del Ku Klux Klan, picchiati a
sangue e uccisi a colpi di pistola. La strage lasciò un marchio indelebile
nella coscienza americana, anche grazie a "Misssissippi burning", il
film del 1988 di Alan Parker, interpretato da Gene Hackman e premiato con sette
Oscar. Ma ora Philadelphia, la cittadina di poco più di 7mila abitanti,
soprattutto bianchi, che fu teatro dell´infame episodio, ha trovato il modo di
riscattarsi: per la prima volta nella sua storia ha infatti eletto un sindaco
nero, James Young, 53 anni, pastore pentecostale e funzionario della contea.
«Ancora mi ricordo quando gli uomini del Ku Klux Klan dettavano legge nei
nostri quartieri», dice Young quasi con le lacrime agli occhi per una vittoria
così carica di simbolismi. «Mio padre - continua - teneva sempre in soggiorno
una pistola pronta a sparare contro eventuali aggressori. E avevo undici anni
quando divenni il primo ragazzino nero iscritto nella scuola elementare Neshoba
dopo la fine della segregazione: i compagni bianchi mi lanciavano solo occhiate
gelide. Insomma, chi come me è cresciuto in quel clima non può non rallegrarsi
per la svolta». Il neosindaco non ne parla, forse per pudore, ma è chiaro che
la sua nomina è anche legata al nuovo capitolo apertosi negli Stati Uniti con
l´ascesa alla Casa Bianca di Barack Obama. Il Mississippi, tra i più poveri degli Stati americani, è anche
quello in cui le cariche elettive sono ricoperte in proporzione dal maggior
numero di neri: ma raramente sono espressi da un elettorato bianco. A
Philadelphia i bianchi sono il 56 per cento rispetto al 40 per cento di neri:
ciò non ha impedito a Young di battere martedì il suo avversario nelle primarie
democratiche, il bianco Raymond Waddell, e di aggiudicarsi così la
poltrona di sindaco, dal momento che non c´erano candidati repubblicani. «Un
traguardo importantissimo», osserva Joseph Crispino, storico della razza alla
Emory University di Atlanta. «Ed è il momento di cambiare pagina», aggiunge
Young. Come dire: è ora di smorzare le polemiche e la sete di vendetta che dal
giugno 1964 hanno tormentato la cittadina del Mississippi. In quella estate
Andrew Goodman e Michel Schwerner, due newyokersi poco più che ventenni
arrivarono a Philadephia assieme a un attivista afroamericano del Mississippi,
James Chaney, 21 anni. Il loro obiettivo: iscrivere nelle liste elettorali il
maggior numero di neri, per lo più discendenti di schiavi che vivevano nelle
aree rurali, in modo che potessero partecipare al voto (negli Stati Uniti
l´iscrizione non è automatica). Il 21 giugno la polizia arrestò i tre con un
pretesto e poi li liberò in mezzo alla notte, di fatto consegnandoli al Ku Klux
Klan. I cadaveri dei tre giovani furono fatti sparire, la cittadina si chiuse
dietro a un muro di omertà, le indagini vennero ostacolate in tutti i modi. E
anche se la strage finì su tutte le pagine dei quotidiani nazionali, di fatto
accelerando l´approvazione il 2 luglio 1964 della legge sui diritti civili che
mise al bando ogni forma di discriminazione razziale, fu difficile condannare i
responsabili. Un processo nel 1967 si concluse con pene leggere per sette dei
18 uomini accusati. E solo nel 2005 fu possibile condannare a 60 anni per
omicidio plurimo Edgar Ray Killen, un ex-dirigente del Ku Klux Kan che ora ha
84 anni e finirà i suoi giorni in prigione. Finora la cittadina di Philadelphia
non si era mai ripresa da quel trauma. Ma la campagna per l´elezione del
sindaco si è svolta in una atmosfera ben diversa. «Sulle porte delle case -
ricorda Young - molti cittadini, sapendo che sarei passato, avevano appeso un
cartello con la scritta "Welcome", benvenuto».
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Focus Vuota data: 23/05/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Focus Vuota data: 23/05/2009 - pag: 11 Comitato Valerie Jarrett (
foto qui sotto), consigliere di Obama, guida l'offensiva diplomatica per Chicago 2016. Del gruppo
non-profit che gestisce la candidatura, fanno parte molti fedelissimi di Barack
Obama. Presidente è Pat
Ryan; tesoriere John Rogers; membri del gruppo sono Penny Pritzker (foto),
l'ereditiera che è stata la mente finanziaria della campagna elettorale,
e Bill Daley, ex segretario al Commercio di Bill Clinton
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 23/05/2009 - pag: 17 La partita economica Fiat
avvantaggiata nelle relazioni industriali Così il made in Italy ritesse i
rapporti Eni e Finmeccanica si riposizionano con la nuova Amministrazione DAL
NOSTRO INVIATO NEW YORK Senza elicottero «italiano» per la Casa Bianca, i
rapporti delle nostre industrie con l'America di Obama
devono ricominciare dalle foto ingiallite della Fiat Ritmo rossa con la quale
il futuro presidente scorazzava nei «campus» universitari un quarto di secolo
fa. E anche dal confronto Usa-Russia per l'egemonia nella regione petrolifera
del Caspio, dove un ruolo rilevante lo giocano l'Eni e lo stesso Berlusconi,
per i suoi rapporti privilegiati con Putin. La Finmeccanica non ha subito danni
materiali dalla cancellazione del VH-
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
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Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 23/05/2009 - pag: 17 Accademia E
Barack stringe la mano al figlio di McCain Il presidente statunitense Barack Obama (al centro) saluta i diplomati
all'Accademia Navale di Annapolis, al termine della cerimonia di consegna dei
diplomi. Qui a fianco, Obama stringe la mano a John McCain IV, figlio del suo ex rivale alle
presidenziali, il senatore repubblicano dell'Arizona John McCain (Epa/Matthew
Cavanaugh)
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 23/05/2009 - pag: 17 Business e politica Il
nuovo colosso automobilistico Il 30 aprile scorso viene firmato l'accordo tra
Fiat e Chrysler. Lo annuncia il presidente Obama. Al
Lingotto va il 20% e il 51% dal 2013
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 23/05/2009 - pag: 17 Rapporti bilaterali La
questione terrorismo e le relazioni Italia-Usa «In Italia due di Guantánamo»
Frattini: sì in un quadro europeo Verso un incontro Obama-Berlusconi prima del G8 ROMA A
oltre sei mesi dall'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti e quattro
mesi dopo il suo insediamento, la prima visita di Silvio Berlusconi a Barack Obama si fa più vicina. La data al
momento più quotata per l'appuntamento alla Casa Bianca è lunedì 15 giugno,
ma non è escluso il 16 o un altro di giorno di quella settimana che non
coincida con il Consiglio europeo (18 e 19 giugno, a Bruxelles). Fino a poche
ore fa, per trovare l'occasione di un contatto la diplomazia guardava anche al
prossimo viaggio del primo presidente afro-americano degli Usa al di là
dell'Atlantico: il 4 giugno al Cairo, poi in Europa, però con tappe che
sembrano limitate a Francia e Germania. Da giorni a Palazzo Chigi si aspetta
con una certa ansia che la Casa Bianca dia comunicazione ufficiale che il
colloquio è in agenda. E la ragione c'è. Si sente che a Washington Berlusconi
non ha più l'amico George W. Bush. Una grana dagli Usa è arrivata in forma meno
vaga ieri. Per chiudere il carcere di Guantánamo aperto dalla precedente
Amministrazione repubblicana, all'Italia è stato chiesto di prendere sul suo
territorio due degli attuali prigionieri. Che prima o poi dovesse succedere si
sapeva, e forse i due saranno soltanto l'inizio. L'Ansa ha informato che si
tratterebbe dei tunisini Riadh Nasri e Moez Fezzani, già indagati a Milano con
l'accusa di agire per una cellula di integralisti islamici. Per avere buoni
rapporti con l'Amministrazione democratica, Palazzo Chigi e Farnesina avevano
messo nel conto un pegno del genere. Il fastidio, taciuto, sta nell'emergere
della sollecitazione prima delle elezioni europee del 6 giugno, mentre la Lega
e altri nella maggioranza non hanno certo interesse a festeggiare l'evento. Il
ministro degli Esteri Franco Frattini ha sostenuto che le richieste sui
detenuti saranno esaminate «con spirito positivo», tuttavia ci si atterrà alle
regole comuni europee. Lo dice da mesi, ed è anche un modo per prendere tempo.
Venerdì gli toccherà di ricevere a Roma il ministro della Giustizia americano
Eric Holder. Il presidente del Consiglio andrebbe alla Casa Bianca in qualità
di presidente di turno del G8 fissato per luglio, grazie alla consuetudine dei
viaggi in varie capitali previsti dall'incarico. Quella è la veste che gli
permetterà l'incontro. Quando Obama ha girato tra
Europa e Turchia in aprile, pur trovandoselo vicino nei vertici con più Paesi
Berlusconi è stato l'unico leader di Stato del G8 a non avere un colloquio
bilaterale con lui. «Perché dovrebbe occuparsi dell'Italia? Obama
ha altri problemi da gestire, e l'Italia non lo è», dice l'americano Joseph La
Palombara, politologo per anni a Yale e autore con Luigi Tivelli di un libro
appena pubblicato da Rubbettino, Stati uniti? Italia e Usa a confronto, che
analizza in parallelo l'America del nuovo corso obamiano e l'Italia del
Cavaliere. «Che nel 2008 Berlusconi abbia ripetuto di essere un caro amico del
presidente uscente non può non aver influito nella sua collocazione tra i capi
di governo ai quali dedicare tempo», osserva La Palombara. E uno dei motivi di
divergenza si intravedeva già con l'Amministrazione Bush, mai entusiasta della
tendenza italiana a rafforzare la dipendenza energetica dalla Russia di
Vladimir Putin. Maurizio Caprara
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Cronache data: 23/05/2009 - pag: 25 Navigatori Il governo accusa
l'Air Force Il governo Usa: satelliti vecchi, Gps al collasso MILANO Allarme
per i satelliti di navigazione americani Navstar/Gps: presto non sarebbero in
grado di fornire dati precisi sulla posizione tanto ai militari quanto ai
civili. Il preoccupato segnale è lanciato dall'US Government Accountability
Office, l'ufficio federale che controlla i conti pubblici, il quale critica con
toni aspri il Pentagono proprietario della costellazione spaziale, per i
ritardi nella sostituzione di alcuni satelliti ormai quasi in fin di vita,
quindi troppo vecchi e presto inaffidabili nelle loro trasmissioni. Il
problema, secondo l'Office, si presenterà entro un anno se non si interviene
prima. Nel prossimo novembre la Boeing sarebbe pronta a lanciare il Navstar
IIF, ma la data, ancora non garantita, ha già accumulato tre anni di ritardo.
Boeing si difende dicendo che è derivato dall'introduzione di migliorie capaci
di allungare la vita in orbita. Ciò non ha impedito all'Office di intervenire,
facendo notare che ciò potrebbe anche far slittare la partenza della successiva
nuova generazione di satelliti di navigazione costruiti invece dalla Lockheed
Martin (battezzata IIA) con una prima partenza fissata nel
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Economia data: 23/05/2009 - pag: 33 Il salvataggio Aig cambia
ancora «Accuse ingiuste», lascia anche Liddy DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK -
L'incredibile storia della crisi finanziaria che, partita due anni fa da Wall
Street, ha travolto l'economia del mondo intero, trabocca di gente che ha
combinato disastri (banchieri come Fuld e Prince), «pentiti» (l'ex capo della
Fed, Alan Greenspan), camaleonti (Larry Summers che oggi alla Casa Bianca fa
una politica pressoché opposta rispetto a quella seguita 10 anni fa, quando era
al fianco di Bill Clinton), furfanti (Madoff e dintorni), vittime (investitori
che hanno perso tutto, finanzieri suicidi). Fino a oggi mancava, però, la
figura dell'«eroe», quella alla quale gli americani sono più affezionati, nelle
vittorie come nelle disgrazie (vedi i pompieri di «Ground Zero»). Adesso anche
questo vuoto sta per essere colmato: lasciando la guida dell'Aig senza prendere
un soldo né come stipendio né come bonus, Edward Liddy si candida, infatti, a
divenire il primo eroe della faticosa operazione di salvataggio del sistema
creditizio americano. Un eroe incompreso i cui meriti verranno riconosciuti in
futuro. Liddy, ex capo delle assicurazioni Allstate, se ne stava
tranquillamente in pensione quando, otto mesi fa, un trafelato Henry Paulson,
ministro del Tesoro di Bush, lo chiamò chiedendogli - come patriota, più che
come manager - di prendere la guida di Aig: un gruppo assicurativo alla deriva,
fortemente esposto, al cui vertice si erano succeduti, in rapida successione,
tre amministratori delegati, ognuno dei quali aveva lasciato problemi più
grossi di quelli che aveva ereditato. Paulson lo avvertì che c'era da evitare una
bancarotta per insolvenza e che non avrebbe guadagnato praticamente nulla. E,
per decidere, gli lasciò meno di un giorno. Il manager accettò. Per spirito di
servizio o forse solo perché a casa si annoiava. Il ritorno ad un ruolo
visibile, la gratitudine degli americani. Mai avrebbe immaginato che, davanti
alla crescita esponenziale delle perdite di Aig, non solo per lui non ci
sarebbe stata riconoscenza, ma, addirittura, avrebbe dovuto
fronteggiare l'insofferenza del nuovo governo di Obama e gli insulti di molti parlamentari. Fino all'assurdo del
«processo» pubblico in diretta televisiva da parte di un Congresso che lo ha
criminalizzato per la scelta di rispettare impegni e contratti assicurativi
sottoscritti da Aig prima del suo arrivo. Certo, Aig è costata ai
contribuenti più di 180 miliardi di dollari e forse i suoi dirigenti non
meritavano i bonus erogati, ma Liddy cosa c'entrava? Alla fine il manager ha
deciso di tornarsene a Chicago, a godersi la pensione. Adesso tocca al governo
(ormai azionista di controllo di Aig) trovare un nuovo capo pronto a farsi
crocifiggere per uno stipendio di un dollaro. Massimo Gaggi Edward Liddy giura
prima di deporre al Congresso Usa
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Economia data: 23/05/2009 - pag: 35 Carte di
credito Via libera alla riforma Il presidente degli Usa, Barack Obama ( foto), ha firmato la nuova legge
sulle carte di credito. La riforma «farà una grande differenza per i
consumatori» ha affermato Obama, aggiungendo che non intende graziare «chi ha utilizzato le
carte di credito in modo irresponsabile».
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Lettere al Corriere data: 23/05/2009 - pag: 41
Risponde Sergio Romano COMMISSIONI MILITARI USA PERCHÉ OBAMA LE CONSERVA Ho
letto la sua risposta al lettore che le chiedeva se e quando l'operato di
George W. Bush sarà rivalutato. Io penso che la rivalutazione dell'ex
presidente Usa sia già nei fatti. L'attuale presidente Obama ha confermato i tribunali speciali
militari per i carcerati di Guantanamo. La guerra in Afghanistan
continua, l'Iraq è una nazione che procede, anche se a fatica, sulla strada
della democrazia ed è un grande richiamo per tutti i popoli della zona. Stefano
Gandolfi stefano.gandolfi@ italtrike.com Caro Gandolfi, N ella sua lettera,
troppo lunga per lo spazio di questa rubrica, lei elenca altre ragioni per cui
la presidenza di George W. Bush può essere considerata, complessivamente, un
successo. Sono temi di cui abbiamo già discusso più volte. Nuovo, invece, è
quello delle Commissioni militari (noi le chiameremmo corti marziali) di cui Obama ha ripristinato il funzionamento. Ne ha dunque
riconosciuto l'utilità? Gli osservatori benevoli sottolineano che il presidente
le ha rese meno arbitrarie con alcune riforme procedurali e che questi, per
l'appunto, erano gli impegni presi durante la campagna elettorale. A me sembra
che vi siano altre ragioni, più interessanti. Vi sono ancora a Guantanamo 241
prigionieri, ed è improbabile che gli alleati degli Stati Uniti li aiutino a
ridurre considerevolmente il loro numero ammettendone molti nel proprio
territorio. Prima o dopo, quindi, queste persone dovranno essere processate. Se
il processo avesse luogo in un tribunale ordinario le autorità americane
sarebbero costrette ad ammettere che alcune confessioni sono state ottenute con
la tortura e che molte prove sono state raccolte con operazioni inconfessabili
dei servizi segreti. Non sarebbe facile, per esempio, mantenere la segretezza
sulla rete di agenti, informatori e infiltrati di cui i servizi americani
dispongono in giro per il mondo. Le rivelazioni avrebbero alcuni effetti
negativi. Ridurrebbero l'efficacia dei servizi, demoralizzerebbero le forze
armate ed esporrebbero entrambi a un pericoloso tifone mediatico. Suppongo che
queste considerazioni siano state esposte al presidente e che Obama sia giunto alla conclusione di non potere rinunciare
alla fedeltà e alla funzionalità di due importanti corpi dello Stato. Lo stesso
è accaduto, per certi aspetti, quando fu deciso di pubblicare le istruzioni
segrete della Casa Bianca e del Pentagono sull'uso della tortura. La Cia cercò
di opporsi alla pubblicazione e Obama difese il
principio della trasparenza. Ma si affrettò a tranquillizzare gli agenti della
Cia e i militari dichiarando che chi aveva obbedito a ordini superiori non
sarebbe stato punito. Incidentalmente questo è lo stesso argomento con cui i
generali tedeschi si difesero nei processi di Norimberga, e dimostra quanto sia
avventato parlare di «giustizia internazionale». Nei rapporti fra gli Stati il
principio della eguaglianza di fronte alla legge non esiste. Non credo, per
concludere, che Obama potesse fare diversamente.
Quando è succeduto a Bush ha ereditato gli errori del suo predecessore e non
può sconfessarli tutti senza mettere in crisi le istituzioni da cui dipende la
sicurezza dello Stato.
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Tempo Libero data: 23/05/2009 - pag: 21 DOCUMENTARIO RRRR Taxi to
the Dark Side Il documentario di Alex Gibley, Oscar 2008, vuol rimuovere dalla
coscienza americana la peggior vergogna dell'era Bush le torture del carcere di
Bagram, Afghanistan, ripetute poi nei campi lager di Abu Ghraib, Guantanamo. Vicenda reale di un taxista prigioniero senza prove del sadismo
yankee che parte da un reportage del New York Times. Di questi inferni i
papaveri della Casa Bianca dicevano di non saper nulla, che se c'erano
dormivano: a Obama il
compito della Verità Nuovo Orchidea
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 23/05/2009 - pag: 18 La storia Nella cittadina di
Philadelphia eletto il reverendo James Young Un sindaco afro-americano nel
paese di «Mississippi Burning» Quarant'anni dopo i crimini del Ku Klux Klan
raccontati nel film di Parker WASHINGTON Quarant'anni fa Philadelphia, piccola
cittadina del Mississippi, non era un bel posto se avevi la pelle nera. E non
lo era neppure se eri un bianco che prendeva le difese degli afro-americani.
Rischiavi di essere linciato. Destino riservato, il 21 giugno 1964, ad Andrew
Goodman, Michael Schwerner e James Cheney. I primi due erano attivisti per i
diritti civili, il terzo un loro amico «negro». Vennero assassinati da una
banda di incappucciati del Ku Klux Klan, infuriati dalla campagna per la
registrazione del voto. Un episodio che è diventato un simbolo. Una dramma che
ha ispirato il film Mississippi Burning di Alan Parker. Ieri Philadelphia ha
forse davvero voltato pagina, con un altro avvenimento che diventerà storia: il
nuovo sindaco sarà un afro-americano. James A. Young, 53 anni, democratico, ha
sconfitto alle primarie l'avversario Rayburn Waddell. Un testa a testa marcato
da 1.021 voti contro 957. E non essendosi presentato alcun candidato
repubblicano, sulla poltrona di primo cittadino andrà Young, un esponente della
chiesa pentestocale e per anni responsabile del servizio di ambulanze. Un
risultato ancora più significativo vista la composizione della città: 56 per
cento bianchi, 40 per cento neri e un 2 per cento di nativi- americani. Per
vincere diffidenze e difficoltà economiche, il neosindaco ha puntato sulla
partecipazione e il coinvolgimento. Niente t-shirt da regalare, bottoni con gli
slogan e poster. Non c'erano soldi e non c'era bisogno date le dimensioni: solo
7.300 abitanti. Young ha battuto, strada per strada, la cittadina a bordo del
suo vecchio pick-up Ford del 1981. Strette di mano, chiacchierate con gli
avventori del fast food, paziente scambio di idee con chiunque volesse capire
il suo programma. Gli afro-americani lo hanno visto come l'uomo del riscatto,
qualche bianco forse lo ha votato, nessuno assicura gli ha sbattuto la porta in
faccia. Alla fine è stato premiato. Il sindaco riconosce che dovrà impegnarsi a
conquistare chi non ha creduto in lui, soprattutto quelli che la pensano come i
repubblicani. A Philadelphia ci sono ancora delle sacche di nostalgici, persone
che credono nel Sud ribelle e segregazionista. Un'esperienza che Young ha
vissuto in prima persona. Ricorda ancora i giorni del terrore, quando il padre
dormiva sul divano con il fucile accanto, pronto ad usarlo contro i possibili
assalitori. Il KKK non scherzava, non era qualcosa di coreografico. Poteva essere
letale e crudele. Poi c'era la vita di ogni giorno, con due mondi separati.
Young si commuove rammentando come fosse dura all'epoca: i bianchi da una
parte, i neri dell'altra. Guai a sgarrare. «Quando sei trattato in un certo
modo.», è la sua frase. Non aggiunge altro mentre il suo volto è rigato dalle
lacrime, segno di ferite interiori e prove personali. Lui è stato uno dei primi
ragazzi di colore ad essere «integrato» nella scuola. Momenti non facili, dove
il futuro sembrava inesistente. Ora per Young tutto è cambiato: «Finalmente è
arrivata la mia stagione». Ispirandosi al presidente Barack
Obama, il neoeletto
sostiene di aver portato in città «la bomba atomica del cambiamento », del si
può fare anche in una regione come questa. Si rallegrano della svolta
ribattezzato «Mississippi Turning » anche coloro che sono stanchi di essere
ricordati solo per quello che avvenne nel luglio 1964. Un'onta,
un'ombra, il simbolo della discriminazione violenta. Un passato che è difficile
da rimandare indietro e non solo in questa contea. L'Fbi, da oltre due anni, ha
ripreso a indagare su decine di delitti razziali. Vengono rilette le carte
delle inchieste, si confrontano le prove, si cercano nuove testimonianze,
spesso ignorate da giurie e sceriffi compiacenti o addirittura complici. È
quello che è accaduto con i responsabili del triplice delitto di Philadelphia.
Il primo processo nel 1967 condanna solo alcuni degli accusati mentre altri
sono lasciati liberi. Compreso Edgar Ray Killen, detto «il predicatore». Sarà solo
l'impegno di un giornalista, Jerry Mitchell, che con l'aiuto di alcuni
volontari porta alla riapertura del file su Killen, un uomo che non si è mai
pentito delle sue scelte. Il 21 giugno 2005, nell'anniversario del linciaggio,
il membro del KKK, ormai ottantenne, viene condannato a 60 anni di prigione. In
agosto lo rilasciano su cauzione. Killen cerca pietà giocando sull'età e
sostenendo di avere la parte destra del corpo paralizzata. È una finta.
Testimoni diversi lo vedono camminare, guidare l'auto e usare la mano destra.
Al giudice non rimane che riordinare l'arresto. Oggi il sindaco Young non ha
tempo di pensare a Killen, deve guardare avanti per non deludere chi lo ha
scelto. Anche se non nasconde l'attesa per quando assumerà l'incarico. «Avrò le
chiavi del posto dove ci rinchiudevano. Avrò accesso a luoghi che ci erano
proibiti. C'è forse qualcosa di meglio di questo? ». Guido Olimpio Pioniere
James Young, 53 anni, afroamericano e pastore pentecostale, è il primo sindaco
nero di Philadelphia. Ha vinto le primarie democratiche, diventando, in assenza
di candidati repubblicani, primo cittadino. Una svolta per l'ex fortino del
KKK, già ribattezzata Mississippi turning in riferimento al film di Alan Parker
(sopra la locandina)
( da "Corriere della Sera"
del 23-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Scienza data: 23/05/2009 - pag: 29 Un articolo del Premio Nobel:
lo studio del genoma sta cambiando il mondo Ho messo in rete il mio Dna Solo
così saremo in grado di capire le nostre differenze Watson: no a imposizioni,
la genetica resti libera Il Premio Nobel James D. Watson ha ricevuto il Premio
Capo d'Orlando assegnato a Vico Equense (Na) da un comitato scientifico guidato
dal Nobel Riccardo Giacconi. Pubblichiamo il testo scritto per l'occasione di
JAMES D. WATSON Proprio come Barack Obama, io stesso sono un prodotto di
Chicagosud, essendo cresciuto in due camere e cucina del quartiere di South
Shore, dove i libri, gli uccelli e Franklin Delano Roosevelt ci permettevano di
guardare con fiducia al futuro. Da mio padre e da mia madre ereditai i quattro
valori familiari di base: la ricerca della conoscenza, l'onestà, la
lealtà verso il prossimo e la responsabilità civile nei riguardi dei meno
fortunati. Solo venti minuti di macchina mi separavano dalla grande università
di Chicago. Lì, fra il 1943 e il
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 8 -
Economia Fiat rilancia su Opel, offerta migliorata Lo rivela il governo di
Berlino. Altri 4 miliardi a Gm. Obama: sarà più forte Magna corre ai ripari in Westfalia e tratta sui
tagli allo stabilimento di Bochum Il ministro Guttenberg: il Lingotto pronto a
una quota più alta nel capitale PAOLO GRISERI TORINO - A turbare la navigazione
di Magna verso la Opel ci pensa il ministro tedesco dell´Economia, zu
Guttenberg, con una dichiarazione di prima mattina: «La Fiat - annuncia
- ha portato dei miglioramenti al suo piano». Frase di sicuro impatto perché
viene dallo stesso ministro che 24 ore prima, pur dichiarando che il governo di
Berlino non aveva ancora scelto, definiva «interessante» l´offerta dei rivali
della Fiat. Che cosa è successo dunque nelle ultime ore? Secondo quanto
riferito da Guttenberg, Torino avrebbe «migliorato l´offerta facendosi carico
di un rischio maggiore, aumentando la propria quota nella futura società». Una
mossa che comincia a produrre effetti anche tra i governatori delle regioni
dove si trovano gli stabilimenti tedeschi del gruppo. Robert Koch, che governa
l´Assia, pur ripetendo anche ieri la sua preferenza per Magna, ha giudicato
«positivo il fatto che Fiat abbia migliorato la sua proposta», perché «il fatto
che diverse aziende si battano per contendersi la Opel significa che tutto
questo va a vantaggio dei lavoratori». La stessa Magna ha dovuto correre ai
ripari per controbattere al Lingotto. E ieri i dirigenti del gruppo
austro-canadese hanno fatto tappa in Westfalia per incontrare il governatore
Juergen Ruettgers che venerdì aveva definito l´offerta di Magna
«inaccettabile». In Westfalia si trova infatti lo stabilimento di Bochum, dove
il gruppo austriaco vorrebbe tagliare migliaia di posti di lavoro. L´unico che
sembra non avere dubbi sulla scelta è il numero due di Angela Merkel, il
socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier che ieri ha ripetuto al giornale
popolare Bild la sua preferenza per Magna. La battaglia, insomma, è entrata
nella fase calda. Con Marchionne che dichiara allo Spiegel di non voler
chiedere elemosine ai tedeschi e si lascia andare a qualche frecciata ironica:
«Vedo che anche la Magna ha scoperto la Russia dove noi siamo presenti da
decenni». Ottimista si dichiara Silvio Berlusconi: «La battaglia per la Opel -
ha detto il Presidente del Consiglio - non è ancora perduta e io sono fiducioso
perché so che il governo tedesco è imparziale di fronte alle diverse offerte».
La parola fine verrà detta, come tutti si attendono, dagli Usa. Ieri Barak Obama ha voluto ricordarlo dichiarando di lavorare «perché
Gm sia una compagnia più forte dopo la ristrutturazione». Il governo americano,
ha aggiunto il presidente «potrà tirarsi fuori dall´auto non appena ci sarà la
ripresa». La Casa Bianca ha così accordato altri 4 miliardi di credito alla Gm
facendo salire a 19 miliardi la somma totale erogata a Detroit. Nei prossimi
giorni dovrebbero recarsi oltreoceano sia i manager della Fiat sia il ministro
dell´economia tedesco. Zu Guttenberg dovrebbe annunciare qual è la scelta che
Berlino farà entro la fine della settimana tra i diversi piani giunti sul
tavolo di Angela Merkel.
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 33 -
Commenti il cavaliere non è più né felice né contento Non sembra esserci
un´impennata per il partito del premier. C´è da chiedersi perché Lo strapotere,
reale e ostentato, inizia a stancare una quota crescente di italiani (SEGUE
DALLA PRIMA P
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Obama
Barbara Spinelli
I PERDENTI CHE VIVONO DI SCONFITTE Hans Magnus Enzensberger, scrittore tedesco,
li chiama i perdenti radicali. Sono coloro che non si guardano intorno e non
cercano di capire come il mondo si disfa e si rifà, quando sono alle prese con
traumi sociali, ma vivono le calamità come una specie di giudizio universale
anticipato. Non hanno altra misura che se stessi: sono loro le uniche grandi
vittime, loro gli umiliati e gli offesi. La solidarietà con popoli o persone
che soffrono più di loro è inesistente. Potrebbero anche non essere perdenti in
modo radicale, potrebbero sforzarsi di vedere quel che in ogni crisi è
opportunità, mutazione. Ma la scelta che hanno fatto di essere perdenti ha
qualcosa di definitivo, di fatale. La realtà ha poco peso in quel che dicono e
che pretendono di vedere. C'era un po' di tutto questo nei tumulti della scorsa
settimana a Torino: prima al Lingotto, quando alcuni appartenenti ai Comitati
di base hanno contestato e malmenato il sindacalista Rinaldini, segretario della
Fiom; poi il 18 e 19 maggio, quando due-trecento violenti hanno rovinato la
manifestazione dell'Onda e scatenato, come avevano promesso, una guerriglia
urbana davanti al Castello del Valentino dove si svolgeva il G-8 dei rettori.
L'uso del nome G-8 è stato una provocazione stupida, certo: dopo gli eventi del
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Obama
Nasa Il primo
nero alla direzione Per la prima volta un afroamericano guiderà la Nasa. E'
Charles Bolden, (foto), 62 anni, generale della Marina in pensione, veterano
del Vietnam e dello spazio, dov'è stato quattro volte: due come pilota dello
shuttle, due come comandante. La nomina, fatta dal
presidente Obama, dovrà
essere confermata dal Senato, ma ha già riscosso il gradimento dei dipendenti
dell'agenzia spaziale. Bolden, il secondo astronauta a diventare amministratore
Nasa, sarà affiancato da Lori Garver, consigliere per lo spazio di Obama.
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Obama
I COLLOQUI ERANO
STATI FERMATI DA BUSH NEL 2005 Obama a Cuba "Confronto sugli immigrati" [FIRMA]FRANCESCO
SEMPRINI NEW YORK Barack Obama chiede al regime cubano di riprendere i colloqui
sull'immigrazione legale e rilancia il dialogo, iniziato con le timide aperture
del vertice delle Americhe lo scorso aprile a Trinidad ma subito rientrato dopo
la decisione americana di mantenere Cuba nella lista dei Paesi sponsor del
terrorismo. Questa nuova iniziativa, secondo il dipartimento di Stato,
ha l'obiettivo di «riavviare un confronto concreto e confermare l'impegno
reciproco per garantire flussi ordinati, sicuri e legali da Cuba verso gli
Usa». Il presidente Obama «vuole essere sicuro di fare
tutto il possibile per garantire ai cittadini cubani che vogliono vivere in
libertà il sostegno di cui hanno bisogno», spiega la portavoce del dipartimento
di Stato, Darla Jordan. L'iniziativa segue la revoca delle restrizioni ai
viaggi e alle rimesse per gli americani che hanno famiglia nell'isola, concessa
da Washington in aprile. L'amministrazione Obama vuole
riaprire il confronto sospeso oltre cinque anni fa da George W. Bush, in vista
dei lavori dell'Organizzazione degli Stati americani (Oas), dove si discuterà
il rientro di Cuba, che era stata esclusa nel 1962. Il segretario di Stato,
Hillary Clinton, ha però precisato che non sosterrà la riammissione dell'Avana
finché il presidente Raul Castro non avvierà le riforme democratiche e non
rilascerà i prigionieri politici. Il futuro delle relazioni Usa-Cuba e
l'eventuale revoca dell'embargo dipendono dunque dalle prossime mosse del
regime. Per ora Cuba non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali ma sembra che
stia valutando attentamente la proposta di Washington. Da Miami la Fondazione
nazionale dei cubano-americani, che rappresenta buona parte degli esuli, ha
accolto positivamente l'iniziativa americana, vista come «un'opportunità per
risolvere questioni di interesse nazionale per gli Usa stessi». Alcuni politici
repubblicani della Florida, originari di Cuba, parlano invece di «una
pericolosa concessione unilaterale di Obama alla
dittatura», e difendono la decisione di sospendere i colloqui che George W.
Bush prese per la sistematica violazione degli Accordi sulla migrazione del
1995. Il dialogo si interruppe bruscamente nel gennaio del 2004, dopo un duro
scambio di accuse. Gli Usa dissero che i cubani avevano fatto saltare un round
di colloqui all'ultimo momento «a causa del rifiuto di discutere le questioni
di fondo». L'Avana replicò che «l'unica responsabile della cancellazione
dell'incontro» era l'amministrazione Bush. Washington, per garantire
un'emigrazione «legale, ordinata e senza pericoli», aveva preparato un
memorandum in cinque punti, tra cui l'obbligo per Cuba di concedere visti
d'uscita a tutti gli emigrati con i requisiti per trasferirsi negli Usa e
l'autorizzazione al personale diplomatico americano di controllare il
trattamento riservato ai cubani rientrati in patria. Furono proprio le
violazioni di questi due punti a causare la rottura.
( da "Stampa, La" del
24-05-2009)
Argomenti: Obama
«L'offerta
avanzata da Torino è conveniente e importante» Franco Frattini Ministro degli
Esteri Fiat è «già preoccupata» per il «deterioramento del valore» degli asset
di Chrysler e chiede alla corte fallimentare di New York di impedire ogni forma
di ostruzionismo sulla vendita dei beni alla nuova società controllata per un
20% dal Lingotto. I timori del gruppo torinese emergono dai documenti
depositati presso il tribunale distrettuale della City secondo cui «ogni
eventuale ritardo nella vendita rischia di rivelarsi fatale per il rilancio di
Chrysler, lasciare senza lavoro centinaia di migliaia di persone e avere
ricadute devastanti su molte comunità in Canada e negli Usa». Il riferimento è
alla campagna avviata da tre fondi pensione dell'Indiana, che hanno chiesto al
tribunale di bloccare la ristrutturazione di Chrysler in quanto viola i loro
diritti legali, perché il governo «riserva un trattamento migliore a creditori
non di prima linea ed utilizza in modo non appropriato fondi che dovrebbero
essere destinati al salvataggio delle banche e non dell'azienda». Una minaccia
che arriva a pochi giorni dall'udienza per la vendita degli asset di Chrysler,
in programma il 27 maggio, mentre il governo ha fissato al 15 giugno la
scadenza massima per completare la vendita alla Nuova Chrysler. Il timore di
Fiat è che col passare del tempo aumenti il rischio di un deterioramento degli
asset, visto che la chiusura di impianti e stabilimenti ha ricadute sulla rete
di fornitori e concessionari. L'azienda di Auburn Hills da parte sua fa il
possibile per accelerare i tempi iniziando a pagare ad alcuni dei suoi
fornitori la metà dei debiti contratti prima di finire in amministrazione
controllata. Sul fronte General Motors invece la società incassa altri quattro
miliardi di dollari dal Tesoro facendo salire il totale degli aiuti pubblici
concessi da inizio anno a 19,4 miliardi, mentre per la fase successiva saranno
necessari altri 7,6 miliardi. Il nuovo prestito è stato
accordato dal governo di Obama per far fronte alle crescenti esigenze di liquidità prima della
scadenza del primo giugno per la bancarotta controllata prevista dal Chapter
11. La soluzione in tribunale appare ormai quasi certa anche nel caso in cui il
100% dei creditori aderisse all'offerta di conversione del debito entro la
scadenza del 27 maggio. Il piano prevederebbe l'iniezione di «decine di
miliardi di dollari» da parte del governo e stima nel prossimo autunno l'uscita
dalla bancarotta. Gm punterebbe a incassare il via libera per la cessione degli
asset buoni a una nuova società entro il 1 luglio. La vicenda rimbalza a
Capitol Hill dove un gruppo di repubblicani guidati dal deputato del Texas, Jeb
Hensarling, chiede una convocazione della task force, e accusa
l'amministrazione di aver usato i soldi Tarp per avvantaggiare i sindacati,
vicini al partito democratico «penalizzando invece i creditori». Dall'altra un
gruppo di 36 membri del Congresso, democratici e repubblicani, prendono le
difese di fornitori e rivenditori costretti a chiudere e temono che un nuovo
intervento federale per Gm possa costare troppo ai contribuenti.
( da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina V - Bari
Emiliano show nella tana di Simeone Comizio del primo cittadino nel Murattiano
a caccia dei voti moderati Accordo con la Dec: i box di corso Cavour spostati
fuori dal quadrilatero. Una parte del lungomare intitolato a Tatarella GIULIANO
FOSCHINI Nessun parcheggio in corso Cavour, «abbiamo un accordo con la Dec per
trasferire senza costi per l´amministrazione quel progetto in un´altra zona
della città, fuori dal centro». Un omaggio alla destra cittadina, partendo dal
ricordo di Pinuccio Tatarella, «perché non si può negare al sindaco di Bari di
omaggiarlo intitolandogli un lungomare». E poi, la svolta di Rosa Marina:
«Tutti i proprietari di case, ville, masserie sappiano che Simeone Di Cagno
Abbrescia e soprattutto l´uomo che gli dà ordini, Raffaele Fitto, vogliono
costruire una centrale nucleare lì accanto». Michele Emiliano ha provato così,
ieri sera in piazza San Ferdinando, ad andare alla caccia dei voti moderati del
Murattiano. Il sindaco ha deciso di inaugurare la sua campagna elettorale in
centro, l´unico quartiere dove secondo tutti i sondaggi è in vantaggio il sua
avversario, Simeone Di Cagno Abbrescia. Duemila persone ad ascoltarlo, sotto il
palco le bandiere di tutto lo schieramento, da Rifondazione ai Moderati per
Emiliano, da Sinistra e Libertà al Pd. «Chi vota Di Cagno - ha detto Emiliano -
non può non tenere conto che questo signore è un servo di Fitto: fa tutto
quello che gli viene ordinato. E soprattutto lo farà anche da sindaco».
Emiliano, però, è convinto di vincere. «I sondaggi ci danno sette punti sopra.
Ma dobbiamo farcela al primo turno». Un´ora e più di discorso, il suo, tra
rivendicazioni sul lavoro svolto anche in centro (il progetto di via Sparano,
per esempio) della sua amministrazione e duri attacchi sulla legalità: ha
parlato di «mercimonio di voti», accusato «chi, con il denaro, costringe la
gente a vendere la propria dignità», ricordato come «Bari non è più la città
della malavita e dei contrabbandieri, delinquenti che orientavano migliaia di
voti». A tratti non ha resistito al suo populismo, saltando per esempio sul
palco a ritmo di cori da stadio (il Parigino, il capoultras del Bari candidato,
era in prima fila). è poi scivolato su un paio di battute («mia madre, qui in
prima fila, mi dice di non gridare troppo. Per fortuna non
è come la mamma di Fitto») per poi concludere citando Obama e ricordando che la sua amministrazione, «sarà sempre quella
della gente». «Il direzionale e la metropolitana del San Paolo - ha detto -
sono due gioielli: molte signore del centro, prima, si lamentavano che le
cameriere arrivassero in ritardo. Scusateci, signore, ma non l´abbiamo
fatto per voi».
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 6 Due giorni «a braccetto»
Tremonti-Prodi: sigari, chiacchiere e anti-mercatismo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA Forse qualcuno dirà che anche questo nuovo sodalizio è, in fondo, un
po' figlio della crisi finanziaria. Ma vederli chiacchierare amabilmente sul
ponte del ferry che li porta a San Marco, seguirli mentre fumano il sigaro con il
banchiere «comune», ascoltarli mentre dirigono il dibattito su Stato e mercato
fra abbracci sul metodo e solo qualche lieve puntura accademica, ha reso la
ventisettesima edizione degli Aspen seminars for leaders un'esperienza inedita.
I veri protagonisti della due giorni che si è svolta a Venezia sono stati loro:
il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e l'ex presidente del Consiglio
Romano Prodi. O meglio, la loro sintonia, che ha colpito e forse contagiato un
po' tutta la «classe dirigente» chiamata a discutere a porte chiuse sull'isola
di San Clemente. Se si esclude un pacato disaccordo fra il ministro Tremonti e
l'ex primo ministro Giuliano Amato sull'opportunità di spingere la domanda
interna per contrastare la caduta dell'export, il dibattito è sembrato più un
incontro fra sensibilità comuni che un confronto fra chi oggi potrebbe stare
anche su «barricate» differenti. Come, per esempio, il leader della Cgil
Guglielmo Epifani. Il seminario lo hanno introdotto loro, Tremonti e Prodi, con
Amato e Mario Monti. E qui c'è stato subito il pizzicotto accademico. Inserito
però in una sorta di comune «disclaimer» di fondo: qui di «mercatisti» non c'è
ombra. Lo Stato deve regolare, ma la crisi ha fatto capire, soprattutto
all'estero, che la proprietà può diventare necessità e virtù. Prodi si
definisce un keynesiano da sempre, anche se non fanatico dello Stato. Ma per
far capire quanto in realtà il rapporto fra pubblico e mercato sia una
questione di pragmatismo, non cita Barack Obama, bensì Benito Mussolini. O meglio,
l'economista Pasquale Saraceno che gli riferisce un colloquio tra Alberto
Beneduce, fondatore dell'Iri, e il Duce: Mussolini, cosa dobbiamo fare? La
risposta è stata: fate qualcosa per le imprese. E Tremonti corregge sorridendo:
per le banche. Ma è il solo «buffetto», restituito da Prodi quando,
riprendendo un piccolo inciampo di Franco Bernabé sulle cariche di Tremonti,
chiama quest'ultimo «ministro dei ministri». Per il resto quasi stupisce
l'uno-due sul metodo degli ex nemici. Prodi dice: oggi tutti studiano
macroeconomia, ma chi se ne frega? La manifattura è il passato o il futuro?
Lui, il Professore, ha studiato la struttura industriale da Amburgo a Firenze.
Una dorsale europea. Mentre in Gran Bretagna oggi l'industria conta per il 12%
del pil. E anche la Francia è più debole di quanto si pensi. La nostra
struttura industriale è ben diversa. Parole che piacciono a Tremonti: apprezza
il «discorso sul metodo del Professor Prodi», che parte dai dati e non dai
pregiudizi, ed è anche disposto a riconoscere ai passati governi, compreso
quindi quello guidato dall'economista emiliano, «prudenza» nella gestione del
debito pubblico. Certo, poi aggiunge: oggi per la prima volta negli ultimi 10
anni la crescita del nostro deficit è inferiore alla media europea. Ma c'è una
linea di continuità. Rintracciabile anche nell'aneddoto che Tremonti racconta
quando il discorso si sposta sulla social card: il governo si aspettava 1,2
milioni di richieste e ne sono arrivate 770 mila, di cui 220 mila sbagliate o
false. Difficile «individuare» la povertà. Tremonti narra di sé in montagna
subito dopo la nomina a ministro. Una signora lo ringrazia perché il governo le
ha già consegnato un bonus sulla pensione. In realtà il bonus era di Prodi,
ammette Tremonti, ma non l'ho detto. E aggiunge: la signora aveva un gippone.
Sergio Bocconi
( da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 24/05/2009 - pag: 5 La scommessa di Washington
L'America di Obama in pressing su Gm guarda al modello Fiat DAL NOSTRO INVIATO NEW
YORK - Un po' c'entra lo stile dell'uomo. I tedeschi sono abituati al
«mettiamoci attorno a un tavolo e troviamo una soluzione tutti insieme». Un
interlocutore come Sergio Marchionne che si sforza di essere diplomatico, ma
nei cui occhi leggi un «levatevi di torno e vi faccio vedere io come si fa»,
a Berlino suscita diffidenza, mentre piace all'America che premia l'audacia,
che è affascinata dall'imprenditore che va controcorrente. Ed è proprio
mostrandosi audace (dall'alba al tramonto, ha scritto la stampa Usa, un
«player» europeo è diventato un titano mondiale) e andando controcorrente (il
gruppo torinese arriva nel mercato Usa quando l'era delle vacche grasse è
finita da un pezzo e affronta il mondo dei ciclopi con la «500») che la Fiat di
Marchionne ha fatto dimenticare agli americani le antiche diffidenze. Nessuno
parla più delle vetture che trent'anni fa davano grattacapi ai proprietari,
tanto da trasformare il nome della casa torinese nello scherzoso acronimo di
«Fix It Again Tony» (aggiustala di nuovo Tony, classico nome da meccanico)
perché oggi la Fiat torna sul suolo americano tuffandosi con coraggio in
un'impresa rifiutata da molti altri: ridare vita a una Chrysler agonizzante.
Con una sfida nella sfida: trasformare una Casa specializzata in mezzi pesanti
- soprattutto Suv, camioncini e minivan - in un produttore molto più orientato
verso piccole e medie vetture a basso consumo. Un progetto sostenuto
apertamente da Obama, che ha più volte espresso in
pubblico il suo apprezzamento per la Fiat e per Marchionne, e che gode di
rispetto e considerazione anche al Congresso (nessun intervento diretto, ma
l'esplicita simpatia di leader come Nancy Pelosi) mentre tutti i tentativi di
suscitare una reazione contro l'«invasore» straniero sono finiti nel nulla: un
po' perché l'italo-canadese Marchionne, anche quando assume atteggiamenti un
po' guasconi, agli americani fa venire in mente John Wayne a cavallo, non lo
stereotipo dell'italiano un po' sbruffone, e anche perché gli Usa sono già
pieni di impianti automobilistici giapponesi, tedeschi, coreani. E poi, come
detto, quello azzannato dalla Fiat non è un boccone prelibato, ma un osso già
molto spolpato. Un po' di polpa è attaccata a un altro osso: quella Opel che
Marchionne sta cercando di comprare dalla General Motors. Qui l'amministratore
delegato della Fiat si è trovato a dover fronteggiare l'ostilità dei tedeschi
(il cui ruolo è essenziale perché il piano di risanamento può funzionare solo
se adeguatamente finanziato dal governo di Berlino), ma anche a Detroit (Opel
è, comunque, proprietà di GM) la strada è in salita. Rispetto alla trattativa
Chrysler, la maggior durezza negoziale mostrata da Fritz Henderson nei
confronti della Casa italiana è stata attribuita ai rancori lasciati dal
divorzio di tre anni fa tra le due Case (costato a quella di Detroit un paio di
miliardi di dollari). Ma, tra quelli che seguono direttamente la trattativa,
c'è chi giura che il manager che ha sostituito Wagoner al vertice della General
Motors non sia affatto ostile alla Fiat: con la bancarotta alle porte non può
permettersi di essere umorale e sa che il governo Usa - di fatto, ormai,
azionista di maggioranza di GM - ha scommesso sulla Casa torinese. Oltretutto,
alla fine della ristrutturazione, la nuova società automobilistica alla quale
dovrebbe fare capo la galassia Fiat-Chrysler-Opel non sarà una società
italiana, ma una multinazionale nella quale, con la quota della famiglia
Agnelli destinata a ridursi, il primo azionista potrebbe anche essere
americano. Tutto il resto sono umori: lo stile e il «design» italiano piacciono
ovunque, in Germania come negli Stati Uniti, ai conservatori come ai
progressisti. Ma la promessa della Fiat di costruire negli Usa vetture economiche
e a basso consumo, basate sui pianali Punto e Bravo e con motori dotati di
un'ottima tecnologia di risparmio energetico, piace all'America giovane,
ambientalista e «liberal» che si identifica nella nuova presidenza Obama; molto meno all'America profonda delle campagne e
degli Stati dell'interno, che considera sacrilego rinunciare all' ortodossia
dei «macchinoni» d'acciaio, con un trionfo di pistoni e cilindri sotto il
cofano. Massimo Gaggi Il presidente Usa Barack Obama
(sotto) per il rilancio di Chrysler si affida alla scommessa sul successo delle
«piccole» della Fiat Da sinistra Fritz Henderson, Ceo di Gm, e Ron
Gettelfinger, leader del sindacato Uaw
(
da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Politica data: 24/05/2009 - pag: 10 Da Matrix Vinci: assurde le contestazioni a Confalonieri «No al gossip per screditare Ma c'è qualcosa da chiarire» MILANO Alessio Vinci, conduttore di «Matrix» su Canale 5, giornalista di grande esperienza internazionale - ha lavorato a lungo negli Stati Uniti prima di essere inviato per la Cnn nei posti caldi del mondo - dice di non aver difficoltà a condividere il giudizio di Massimo D'Alema sull'eccesso di pettegolezzo presente nei media italiani. Di gossip, ha detto ieri l'esponente del Pd a Bagnaia, «ce n'è così tanto che se ne può fare anche a meno». «Se ne può fare a meno commenta Vinci quando diventa un'arma per screditare questo o quel politico. E attorno a Noemi Letizia mi sembra è stata costruita una vicenda che può essere definita un caso di 'accanimento terapeutico' ». Il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri ieri ha detto che è stato «toccato il fondo». «A Confalonieri si contesta di essersi seduto al tavolo con Noemi Letizia e sua madre Anna Palumbo durante un galà del Milan cui hanno partecipato novecento persone. Non capisco dove sia la notizia, poiché lo stesso Silvio Berlusconi non ha mai negato di conoscere le due donne». I giornali americani sarebbero stati più o meno aggressivi? «Il giornalismo anglosassone è più aggressivo, vedi il caso di Monica Lewinsky e di Bill Clinton, dove si è insistito sui particolari più scabrosi. Qualche tempo dopo lo scandalo, un consigliere di Clinton, Lanny Davis, scrisse un libro, Truth to tell (verità da dire), che contiene un consiglio valido per tutti i politici: se avete qualcosa da dire, ditelo subito, ditelo tutto, ditelo voi stessi, così ammazzerete ogni gossip». Come paragona il caso Lewinsky al caso Noemi? «Sono completamente diversi, perché Monica Lewinsky, a differenza di Noemi Letizia, dichiarò di aver avuto un rapporto sessuale. Alla stampa seria americana non interessava del resto sapere se la Lewinsky e Clinton avessero fatto sesso. I giornali importanti si occuparono del caso poiché il presidente aveva mentito». Anche Silvio Berlusconi ha fatto affermazioni, che sono state smentite, sulla sua partecipazione alla festa di compleanno di Noemi. «Nella vicenda ci sono aspetti da chiarire. Berlusconi all'inizio disse una cosa che si è dimostrata non vera, cioè che aveva conosciuto il padre di Noemi ai tempi in cui faceva l'autista di Bettino Craxi ». A chi giova secondo lei il gossip? «Ai giornali che vogliono vendere più copie e alle televisioni in cerca di ascolti. È un calcolo cinico». Sui siti dei giornali italiani spesso le notizie più cliccate sono quelle di gossip. Negli Stati Uniti è diverso? «Mentre Barack Obama annunciava lo smantellamento di Guantanamo, sui siti americani la notizia più cliccata riguardava la donna che aveva avuto due gemelli concepiti da due padri diversi». Dino Messina
(
da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Economia data: 24/05/2009 - pag: 23 G8 Firmato con Scajola un accordo sul carbone pulito, a settembre quello sull'>atomo
Il rilancio del ministro di Obama «Con l'Italia nel nuovo nucleare» Il sottosegretario Chu rinnova
l'asse energetico con Roma ROMA - Asse Italia-Usa non solo sulle auto ma anche
sul fronte dell'energia pulita, carbone e nucleare. Il sottosegretario
americano per l'Energia e premio Nobel Steven Chu (di origine cinese ma nato a
S.Louis), nella sua prima visita in Italia, ha affermato che oltre
all'intesa di cooperazione firmata ieri sulle tecnologie di 'clean coal',
proseguirà la collaborazione per il rilancio del nucleare nel nostro Paese. «Naturalmente
con le centrali di nuova generazione più sicure e vantaggiose - ha detto ancora
Chu - anche gli Usa hanno in programma di costruirne 4 visto che gli ultimi
impianti risalgono alla fine degli anni Settanta». Il ministro dello Sviluppo
Claudio Scajola, che sotto i flash dei fotografi ha messo la sua firma accanto
a quella di Chu sul testo dell'accordo fatto di soli tre articoli, ha
anticipato che «entro settembre nascerà un gruppo di lavoro bilaterale di
collaborazione tecnologia e industriale per il nucleare ». Un passo importante
perché allontana i timori espressi dalla diplomazia italiana per un minor
interesse degli Usa dopo il recente accordo sul nucleare siglato con la
Francia. Lo stesso Steven Chu, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha
detto di auspicarsi «che gli Stati Uniti possano avere al più presto un simile
rapporto di collaborazione ». Una attenzione particolare verso l'Italia che si
spiega anche con l'interesse mostrato dal dipartimento dell'energia americano
nei confronti delle nostre «reti elettriche intelligenti» così definite dopo
l'installazione dei contatori digitali. L'Enel, in questi ultimi mesi
all'indomani della nuova amministrazione che ha capovolto la politica
energetica di Bush, è stata molto attiva per far conoscere le sue tecnologie.
Il G8 dell'energia, che si apre ufficialmente oggi per concludersi domani, è
atteso come un laboratorio globale per nuove intese sulle fonti energetiche
alternative e per un impegno sulla riduzione delle emissioni nocive. Il Summit è
stato allargato a 23 Paesi che rappresentano l'80% della produzione del consumo
di energia di tutto il Pianeta. Un impegno preso a questo livello geo-politico
può essere in grado di condizionare l'andamento del prezzo del petrolio, che
peraltro ha ricominciato a salire, la cui stabilizzazione «è determinante - ha
commentato il sottosegretario Chu - per non avere conseguenze negativa sulla
possibile ripresa economica a livello mondiale». In occasione di questo Summit
nasce a Roma anche il primo «G8 delle Authority» i cui lavori saranno allargati
ai regolatori di Brasile, Egitto, India, Messico, Arabia Saudita, Sud Africa,
Corea del Sud, Grecia e alle nove maggiori associazioni internazionali del
settore. L'obiettivo è quello di elaborare un documento comune che dovrebbe
essere approvato dal board - «G8 regulators energy statement» - come contributo
al superamento della crisi mondiale anche attraverso l'armonizzazione e il
coordinamento dei sistemi regolatori e di controllo per favorire gli
investimenti infrastrutturali e uno sviluppo della concorrenza a vantaggio dei
consumatori. Molto atteso anche l'intervento del ministro russo dell'energia
Sergei Shmatko che, all'indomani del sostanziale fallimento del vertice
bilaterale con Bruxelles per evitare un'altra guerra del gas, oggi potrebbe
fare qualche apertura per aderire alla Carta europea dell'energia che Mosca
fino ad oggi ha sempre criticato. Il ministro Scajola ha ricordato l'importanza
strategica di un altro summit che si svolge in contemporanea a Roma, quello
delle 20 più importanti compagnie energetiche del mondo che chiederanno ai
politici regole più semplici e più «stabili» per pianificare gli investimenti.
Roberto Bagnoli
(
da "Corriere della Sera"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Repubblica, La"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Repubblica.it"
del 24-05-2009)
Argomenti: Obama