CENACOLO
DEI COGITANTI |
Il ministro La Russa va a
Herat: È mio dovere vedere tutto con i miei occhi
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ma poi c'è l'accelerazione delle
operazioni voluta da Obama. Sul campo si stanno schierando migliaia di marines.
Gli «insurgents», peraltro, sfuggono alla battaglia in campo aperto e
colpiscono dove e come possono. Così, andando verso Herat, il ministro non può
che enumerare i problemi. E sono tanti.
"Per gli alleati è
l'ora delle scelte coraggiose"
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama e Berlusconi, Italia e Usa
hanno una vasta agenda su cui lavorare assieme e le difficoltà di Obama sul
piano interno lasciano intendere che l'Amministrazione può aver maggior bisogno
del governo italiano». A che cosa si riferisce? «Al fatto che la popolarità di
Obama è in calo e che le resistenze che incontra a Washington nel far
progredire i suoi piani economici e di riforma
Bersagliato da sondaggi
d'opinione negativi, ostacolato da senatori democratici scettici sul pr...
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama appare per la prima
volta in affanno da quando, sei mesi fa, giurò come 44° presidente degli Stati
Uniti. Le difficoltà vengono anzitutto dal fronte dell'economia: i segnali di
ripresa sono deboli e non bastano a rassicurare una nazione con il 9,5 per
cento di disoccupati e il tasso record di case pignorate.
La grande notte del Boss
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama per il quale tanto ha
lottato, ma in questo «Working on a Dream Tour» sfodera un evidente
divertimento, una foga fanciullesca: gioca a fare un po' l'imbonitore, un po'
il fratellone maggiore di quelli che stanno sotto al palco. I quali, fieri del
loro nastrino rosso al polso, a metà spettacolo gli porgono cartelli di cartone
con sopra scritti titoli che vorrebbero ascoltare,
Labuan, ultimo rifugio dei
pirati della finanza ( da "Stampa,
La" del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: in palio i 52 mila nomi di evasori
statunitensi, che Obama vuole e Berna nega. Ma è anche il tempo della fioritura
di un paradiso emergente nell'isola malese di Labuan a
sulla sanità cade il
consenso di obama - vitttorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il caso Sulla sanità cade il
consenso di Obama VITTTORIO ZUCCONI E anche il cavallo di Barack Obama
s´impuntò davanti all´ostacolo storico che nessun presidente americano è mai
riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo
la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per
cento di approvazione e 37 di disapprovazione,
sanità, primo scivolone di
obama - angelo aquaro ( da "Repubblica,
La" del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: primo scivolone di Obama Il
Presidente cala nei sondaggi ma insiste: "Non sarà la mia Waterloo" I
repubblicani: "è una riforma socialista". La replica: "Bisogna
agire subito" ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Un sondaggio che
è un grido d´allarme, e una risposta che è un grido di battaglia.
e la mattina patrizia
disse a tarantini: ( da "Repubblica,
La" del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama sta per essere eletto alla
Casa Bianca. Berlusconi invita la D´Addario nel «lettone di Putin». SB: Questo
[libro?] l´ho disegnato io PD: L´hai fatto molto bene SB: L´altra volta ce
l´avevi? PD: Sì SB: C´eri già l´altra volta? PD: Sì SB: Ma tu pensa.
sulla sanità cade il
consenso di obama - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: CONSENSO DI OBAMA (SEGUE DALLA
PRIMA P
quando la medicina è nelle
mani della politica - francesco merlo
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: virus dunque si muta nel suo
contrario come Michael Jackson che sbiancava e come Obama che annerisce, ma
sempre per meglio colpire, per confondere e aggirare i vaccinatori e più
sapientemente farsi pandemia, quasi sapesse che la società degli uomini non si
dispera troppo finché la malattia colpisce i paesi già sofferenti, i poveri,
gli anonimi, i corpi già segnati dal sottosviluppo.
chapman, i sogni folk
dell'america nera - fulvio paloscia
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: il paese che vede in Obama la
speranza per riemergere dalla melma del pregiudizio e della crisi economica e
morale: Tracy Chapman sarà al Parco della Fortezza Medicea (ore 21, 12 euro) da
sola con la sua voce nera fin nel midollo e la sua chitarra per raccontare
storie di povertà in una terra sfacciatamente opulenta, la disperazione di chi
vive ai limiti della società.
premio a repubblicascuola,
il giornale online dei giovani - federico pace
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: La vittoria di Barack Obama, i
problemi di sicurezza nelle scuole e il crollo al liceo Darwin di Rivoli che ha
ucciso lo studente Vito Scafidi. La crisi economica e le ore trascorse in chat.
Il terremoto in Abruzzo. Il senso della vita di fronte alla vicenda di Eluana
Englaro.
TROPPI RITARDI SULLE
BANCHE ( da "Corriere
della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama, nel tradurre
le lezioni della crisi in nuove regole per le banche. Alle riforme si
preferiscono i richiami all'etica, quasi l'etica fosse un sostituto delle
leggi. Oppure si solletica la pruderie dei cittadini puntando il dito sui
compensi dei banchieri: certo, gli incentivi spesso sono stati mal congegnati,
con il Papa
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Corriere della Sera sezione: Esteri
data: 21/07/2009 - pag:
Argomenti:
Obama
Abstract: ha detto Obama. «Ed è per questo -
ha aggiunto - che le proposte di riforma delle regole finanziarie che abbiamo
avanzato sono così importanti». Obama ha presentato un piano di riforma del
modo in cui il governo Usa vigila sui mercati finanziari: tra le proposte,
maggiori poteri di supervisione alla Federal Reserve e all'esecutivo su aspetti
prima non regolamentati.
Soldi pubblici per gli
aborti nella riforma sanitaria Usa
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: assalto di Obama DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE NEW YORK Il presidente Obama parla bene e razzola male? In tema
d'aborto si direbbe di sì. «I soldi dei contribuenti saranno usati per pagare
gli aborti in America», scrive il New York Times , secondo cui la riforma
sanitaria che il presidente Usa vorrebbe varare prima della pausa estiva finirà
per elargire fondi federali pro-
Argomenti:
Obama
Abstract: Ma Alemanno lancia un ponte anche
al presidente Obama: «Sono rimasto entusiasmato dal suo richiamo ai valori
umani: lui sfugge alle nostre categorie di destra e sinistra. E a tutti noi
europei deve insegnare a riprendere la speranza, il cambiamento per darsi
grandi obiettivi comuni come finalità della politica».
Sanità, primo scivolone di
Obama "Ma non sarà la mia Waterloo"
( da "Repubblica.it"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: da Obama ma foriera, secondo molti,
di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento.
Ma la risposta del presidente non s'è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi
ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children
National Medical Center: "Anche se le famiglie americane sono state
colpite da una spirale crescente di costi,
E sulla sanità cade il
consenso ( da "Repubblica.it"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: di Barack Obama s'impuntò davanti
all'ostacolo storico che nessun presidente americano è mai riuscito a saltare:
la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo la Luna di
Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per cento di
approvazione e 37 di disapprovazione, sulla riforma della sanità negli Stati
Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo.
"La riforma della
Sanità è vicina" Ma il Congresso rallenta Obama
( da "Stampaweb, La"
del 21-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: americano Barack Obama ha detto che
l?America «è più vicina» ad una riforma sanitaria che estenderà la protezione a
milioni di cittadini che sono in questo momento scoperti. Obama, in una
dichiarazione alla casa Bianca, ha sollecitato il Congresso a non «cadere
vittima dei soliti giochi politici» lavorando invece per far passare «una
riforma di cui gli americani hanno molto bisogno»
La riforma impossibile
( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ma dopo la vittoria il massimo che
riuscì a fare fu ritoccare il «Medicare» di Johnson, aumentando medicine e cure
per i più anziani. Negli ultimi tre decenni il volto di Washington che più ha
tentato di vincere la «sfida impossibile» è stato il senatore del Massachusetts
Ted Kennedy, oggi a fianco di Obama ma fiaccato dalla grave malattia che lo ha
colpito. \
"Sanità universale,
abbiamo 3 settimane" ( da "Stampa,
La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: abbiamo 3 settimane" Professor
Marino, ce la farà Barack Obama a condurre in porto la riforma sanitaria? «Sì,
sono convinto di sì. Non è possibile che un paese che ha la forza economica di
mantenere in giro per il mondo più di mille basi militari non possa garantire a
quasi cinquanta milioni di suoi cittadini l'assistenza sanitaria.
L'opposizione si affida a
Bill Kristol, che nel '93 affossò la riforma di Bill e Hillary Clinton
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama si rivolge alla nazione dal
Giardino delle Rose della Casa Bianca per convincere il Congresso a rompere gli
indugi e approvare la riforma della sanità entro tre settimane. Obama si
riconosce nella bozza di legge varata dai leader democratici della Camera,
quell'«America's Affordable Health Choices Act» che promette la copertura
sanitaria per il 97 per cento dei cittadini entro
La base di Farah dove sono
barricati i soldati mandati dall'Italia a scrutare le aride montagne...
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ordinato da Barack Obama, cioè la
grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense
distanze dell'Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la campagna
elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori
confinano uno con l'altro, i contingenti si scambiano informazioni
quotidianamente,
Una sentenza cancella la
libertà di ricerca ( da "Stampa,
La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: di vietare la ricerca sulle
staminali embrionali non è diversa da quella di Obama, che non ha consentito di
finanziare con fondi federali la creazione a scopo sperimentale di embrioni e
la clonazione terapeutica. Argomento singolare: come se fosse la stessa cosa
togliere un divieto, lasciandone qualcuno già esistente, e introdurne uno senza
che vi sia una base giuridica per farlo.
harvard, polizia sotto
accusa "professore arrestato perché nero"
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, è una vicenda che richiama
allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una
celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto
tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa
nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: «L´incidente non deve essere
visto come nocivo della reputazione del
guantanamo, stop al piano
di obama - angelo aquaro ( da "Repubblica,
La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: stop al piano di Obama Rinviato il
rapporto della Casa Bianca: "Ancora troppi nodi da sciogliere" Dal
Senato l´unica nota positiva: depennata l´"inutile spesa" per 7 nuovi
F22 Il presidente aveva promesso che sarebbe stato chiuso entro il 22 gennaio
2010 ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - La strada per chiudere
Guantanamo si rivela più lunga del previsto per Barack Obama.
sorelle bush - angelo
aquaro new york ( da "Repubblica,
La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Come il papà cristiano rinato e
ri-sobrio, anche le due ragazze ormai sembrano avviate su una china più
tranquilla. Ed è proprio dall´alto della loro esperienza che hanno indirizzato
alle figlie di Obama pochi consigli sulla vita alla Casa Bianca. «Care Masha e
Malia, quando siamo entrate eravamo bambine come voi...». Papà Obama è
avvisato.
fed: l'economia migliora
tassi bassi per due anni - arturo zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: e Obama potrà confermarlo o
sostituirlo, ha anche evidenziato il rallentamento del declino economico, che
potrebbe essere incoraggiante se la disoccupazione non fosse in crescita
(l´allarme lavoro frena la corsa del dollaro passato di mano 1,4182 dollari,
dopo aver toccato un massimo da sei settimane a 1,
fondi italiani in crisi
pesa il doppio gioco delle nostre banche
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: obama abbatte i caccia invisibili]
NEW YORK - La Lockheed Martin si è affidata ai parlamentari delle zone di
produzione per mantenere in vita il programma degli F-22, i caccia invisibili
ai radar. Ma non c´è stato nulla da fare: con 58 voti contro 40, il Senato ha
approvato i tagli voluti da Obama e sostenuti persino dal suo ex-
al risveglio a palazzo
grazioli il cavaliere disse a patrizia "ora dammi il tuo cognome"
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama è il nuovo presidente Usa,
Silvio e Patrizia fanno colazione a Palazzo Grazioli. Patrizia D´Addario:
Scusami (ero in bagno) Silvio Berlusconi: Allora, come stai? PD: Io bene. Tu?
SB: Tranquillo. Allora, prendiamo il caffè o il tè? PD: Tè SB: Allora io vado
via, tu ti leggi il giornale PD: Che prendo?
la rivoluzione noir di
paco ignacio taibo ii ( da "Repubblica,
La" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama e gli Usa in testa ? che
dicono di mettere la fame e l´ambiente come priorità assolute, e poi proteggono
le banche e le industrie. Noi la rivoluzione la facciamo davvero. Partendo da
un libro, dalla lettura. Dalla cultura e della festa popolare.
Obama accusa le banche:
mancano di umiltà ( da "Corriere
della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: 2 Il presidente Usa Obama accusa le
banche: mancano di umiltà MILANO Il presidente americano Barack Obama prende
atto che «alcune delle maggiori banche» hanno rimborsato i prestiti pubblici,
ma sottolinea che «quello che non si è ancora visto è un cambio di cultura, una
certa umiltà che porti le persone a dire 'cielo, abbiamo fatto davvero danni'
Inchiesta Tarantini I pm
accelerano su escort e droga ( da "Corriere
della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ma anche dalle parole di Barbara
Montereale e Lucia Rossini che erano con lei la notte dell'elezione di Barack
Obama e la lasciarono nella camera da letto del premier. Il resto l'avrebbe
fatto Terry De Niccolò, che Gianpaolo Tarantini portò nella residenza romana a
metà settembre 2008, dunque poche settimane dopo aver conosciuto Silvio
Berlusconi a Villa Certosa.
Chi è il prossimo? Barack
Obama? ( da "Corriere
della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama? di BEPPE SEVERGNINI
Il prossimo sarà Barack Obama? Arrestare Henry Louis Gates jr s'è rivelato più
di un errore, peggio di un malinteso: è stato un mezzo disastro. Il professor
Gates è uno degli studiosi più stimati d'America, di certo il più celebre tra
gli afro-americani.
Arrestato il docente nero:
Argomenti:
Obama
Abstract: dopo la storica elezione di Barack
Obama, continua a guardare la realtà con le lenti deformate di un'intolleranza
impermeabile a cultura, status sociale o traguardi personali. Ed è certamente
singolare che sia accaduta a pochi isolati da Harvard Square, dove ha studiato
il primo presidente nero degli Stati Uniti che proprio qualche giorno fa aveva
messo in guardia il paese dal «
Rinviato il rapporto su
Guantanamo E la chiusura ora potrebbe slittare
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ma Obama lo sospese. Attualmente, i
detenuti a Guantanamo sono 229, dal suo ingresso alla Casa Bianca Obama è
riuscito a indurre altri Paesi, tra cui l'Italia, ad accettarne solo 16. Alle
elezioni, Obama si mostrò consapevole del problema di Guantanamo: «Sarà una
delle maggiori sfide della mia amministrazione».
I summit della Sec? Si
seguono sul web ( da "Corriere
della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: nominata a gennaio da Barack Obama.
Spetta al numero uno, è normale, aprire e chiudere le sedute, spiegare le
delibere della Sec. Meno scontato, almeno al di qua dell'Oceano, è che tutto
ciò avvenga «in diretta». Le riunioni della Security Exchange Commission sono
quasi tutte pubbliche, così pubbliche che possono essere seguite dal sito,
No R 48,5
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: it La domanda di oggi È giusto
concedere aiuti statali a cinema e teatro sottraendo la cultura alle leggi del
mercato? Sì R 51,5 No R 48,5 Pensate che al di là dell'immagine Obama stia
agendo in modo davvero diverso dai presidenti che lo hanno preceduto?
Foer:
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, l'autore di Ogni cosa è
illuminata ha lanciato con l'amico Jonathan Franzen «Air, land and sea»,
raccolta di fondi per associazioni ambientaliste e animaliste. E all'insegna
dell'impegno è la sua prossima fatica, ancora senza titolo. Un thriller
fantascientifico ambientato in un mondo parallelo: uno Stato totalitario dove
tutti sono ripresi in video e troupe cinematografiche
Nel fortino dei parà:
"Scaltro e invisibile il nemico è ovunque"
( da "Stampaweb, La"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il «surge» ordinato da Barack
Obama, cioè la grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le
immense distanze dell?Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la
campagna elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i
territori confinano uno con l?
Harvard, polizia sotto
accusa "Professore arrestato perché nero"
( da "Repubblica.it"
del 22-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, è una vicenda che richiama
allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una
celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto
tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa
nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: "L'incidente non deve
essere visto come nocivo della reputazione del
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti: Obama
Il ministro La Russa
va a Herat: «È mio dovere vedere tutto con i miei occhi» [FIRMA]FRANCESCO
GRIGNETTI ABU DHABI La fornace afghana l'attende. Il ministro della Difesa,
Ignazio La Russa, si precipita in Afghanistan, a Herat, qualche giorno dopo la
morte del caporale Di Lisio, accompagnato da quattro parlamentari (due del Pdl,
Paglia e Ravetto; due Pd, Del Vecchio e Pinotti) e da un gruppo di generali
dello Stato maggiore perché «voglio rendermi conto di persona della situazione.
A volte ci sono sfumature che nei rapporti non entrano. Penso che il ministro
abbia il dovere, e il diritto, di andare sul campo». E mentre parla, e nel suo
staff non si nasconde la preoccupazione per l'estate di bombe che si
approssima, s'intuisce l'ansia di un ministro che teme che il peggio non sia
ancora arrivato. Alle porte ci sono le presidenziali e già questo rischia di
arroventare la situazione; in Afghanistan, la campagna elettorale si fa a suon
di morti. I taleban hanno tutto l'interesse a sabotare il processo democratico
e la Nato aumenta gli organici. Gli italiani stanno spostando in zona 500 nuovi
soldati. Probabilmente resteranno fino all'autunno. Ma poi
c'è l'accelerazione delle operazioni voluta da Obama. Sul campo si stanno schierando migliaia di marines. Gli
«insurgents», peraltro, sfuggono alla battaglia in campo aperto e colpiscono
dove e come possono. Così, andando verso Herat, il ministro non può che
enumerare i problemi. E sono tanti. Primo, «sondare lo stato d'animo dei
soldati». Ma la sua presenza non vuole essere un'entrata a gamba tesa nel
lavoro dei generali. Piuttosto, vuole capire alcune questioni che proprio gli
stati maggiori gli hanno posto. L'adeguamento dei mezzi, ad esempio. «Non ci
voleva la sfera di cristallo - dice - per capire che la "ralla" delle
autoblindo era un problema. Sono settimane che insisto che bisogna fare
qualcosa per aumentare le protezioni all'uomo che sta col busto di fuori, alla
mitragliatrice. Ora sono in arrivo». Oppure certe sovrapposizioni tra alleati.
«Vado a verificare il livello di inter-operabilità», dice il ministro. Dietro
questo termine criptico, c'è un nodo diplomatico. Nella zona di Farah, a
competenza italiana, sono finiti alcuni battaglioni di marines che dipendono
dal comando Usa. «Non dico che ci sia un problema. Vado appunto a verificare
che non possano insorgerne. La sovrapposizione c'è. Forse sarebbe meglio
evitarla». E se dei cacciabombardieri Tornado il ministro ha già detto che
vorrebbe liberarli da troppi vincoli («Non dico bombardamenti, ma perché non
usare lo stesso cannoncino di bordo che pure facciamo usare agli elicotteri? E'
successo che dei nostri Tornado abbiano sorvolato un'area dove erano in corso
violenti combattimenti e non abbiano potuto fare altro che osservare
dall'alto»), in verità anche La Russa sogna la «exit strategy». Intanto si va
via da Kabul e ci si concentra a Ovest: in autunno, gli ultimi 500 italiani
lasceranno la capitale e apriranno una nuova base a metà strada tra Herat e
Farah. Poi, alla maniera irachena, si spera di costituire un esercito e una
polizia afghana. Ma questa forse è la partita più difficile. «Paradossalmente,
in Iraq, dove pure non è stato uno scherzo, è stato più facile. Intanto perché
l'Afghanistan è il primo produttore al mondo di oppio. E poi storicamente
perché è stato impossibile per chiunque, soldato straniero, governarlo. L'unica
è che si governino da sé. Ma finora i soldati afghani facevano tanto
addestramento e poi, quando si trattava di combattere... Mi dicono però che ora
stanno facendo grandi passi in avanti». Infine, il colpo di teatro di cui tanto
si parla: saranno possibili trattative con qualche taleban? Se persino Obama ci pensa, forse sta per giungere il momento che la
parola non sia affidata solo alle armi. «Su questo c'è una posizione italiana
di non preclusione ideologica. Né invitiamo, né osteggiamo. Se servisse, ben
venga».
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti: Obama
Intervista Gianni
Castellaneta "Per gli alleati è l'ora delle scelte coraggiose" DAL
CORRISPONDENTE DA NEW YORK Per l'Italia è il momento di fare scelte coraggiose,
anche sull'Afghanistan». Gianni Castellaneta, ambasciatore a Washington, parla di
«nuovo inizio» con gli Usa dopo il summit dell'Aquila. Che cosa è cambiato fra
Italia e Stati Uniti dopo il G8? «Si è aperta una nuova stagione fra Obama e Berlusconi, Italia e Usa hanno
una vasta agenda su cui lavorare assieme e le difficoltà di Obama sul piano interno lasciano
intendere che l'Amministrazione può aver maggior bisogno del governo italiano».
A che cosa si riferisce? «Al fatto che la popolarità di Obama è in calo e che le resistenze che
incontra a Washington nel far progredire i suoi piani economici e di riforma
assegnano maggiore importanza a temi internazionali come sicurezza alimentare,
non proliferazione, impegno in Afghanistan, difesa del clima, energia
rinnovabile,accordi di Doha e chiusura di Guantanamo sui quali l'Italia può
fare molto. A un patto però...». Quale? «Dobbiamo dimostrare di avere
coraggio». Anche sull'Afghanistan? «Ci troviamo all'inizio di un periodo
politico molto delicato a Washington, che si concluderà nel novembre 2010 con
le elezioni per il rinnovo del Congresso. E' in questo spazio di tempo che,
compiendo scelte coraggiose su terreni come la lotta al terrorismo e l'impegno
in Afghanistan, dove già facciamo molto, l'Italia potrà conquistare un ruolo di
primo piano agli occhi dell'Amministrazione. Penso alla sicurezza alimentare,
che è stata al centro del G8, sta a cuore di Obama e
vede l'Italia in una posizione-chiave, perché ospitiamo il polo alimentare Onu
a Roma». E contro la proliferazione nucleare? «L'Italia è presidente di turno
del G8 fino alla fine dell'anno. Al G20 di Pittsburgh potrebbe tornare a
riunirsi proprio il G8 per adottare le decisioni sull'Iran di cui Obama ha parlato al termine dei lavori dell'Aquila». Al
Senato sono iniziate le audizioni di David Thorne, nuovo ambasciatore Usa a
Roma. Che cosa dobbiamo aspettarci? «E' una persona molto dinamica. I suoi
interessi vertono in gran parte sull'economia, proprio come il suo predecessore
Ronald Spogli. E parla bene l'italiano, essendo vissuto nel nostro Paese da
bambino. Credo darà attenzione ai temi della crescita e dello sviluppo». Lei è
stato presente a tutti gli incontri di Obama durante
la visita in Italia. Che impressione ne ha tratto? «Obama
ascolta molto». E la sua famiglia? «Michelle e le figlie sono molto alla mano.
Quando sono andato a Pratica di Mare per salutarle alla partenza, Malia e Sasha
mi hanno detto di aver apprezzato molto il gelato a Roma». \
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti: Obama
Bersagliato da
sondaggi d'opinione negativi, ostacolato da senatori democratici scettici sul
progetto di riforma sanitaria «all'europea» e alle prese con la crisi del soldato
rapito dai taleban in Afghanistan, Barack Obama appare per la prima volta in
affanno da quando, sei mesi fa, giurò come 44° presidente degli Stati Uniti. Le
difficoltà vengono anzitutto dal fronte dell'economia: i segnali di ripresa
sono deboli e non bastano a rassicurare una nazione con il 9,5 per cento di
disoccupati e il tasso record di case pignorate. I 787 miliardi di
dollari pubblici di stimoli tardano a essere elargiti, sollevando denunce di
sprechi. In queste condizioni la percentuale di cittadini che si fida del
mega-progetto di riforma sanitaria scivola sotto il 50 per cento, per non
parlare della gestione del deficit federale, dove il presidente riscuote la
fiducia solo di 43 americani su 100. Ciò che fiacca il presidente, come svela
un sondaggio Washington-Abc, è l'affermarsi progressivo dell'idea che sia «un
democratico vecchio-stile-tassa-e-spendi» alla Jimmy Carter piuttosto che «il
nuovo leader» cui l'America diede il voto in novembre. Per tentare di risalire
la china, Obama va all'attacco con le armi che sa
usare meglio: una raffica di interviste tv sui dettagli della riforma sanitaria
per sostenere che «spenderemo di meno e non di più» e un discorso di dieci
minuti ai cittadini per accusare l'opposizione repubblicana di «perseverare nei
giochi politici» all'unico fine di «preservare lo status quo». Saranno le
prossime settimane a dire se tanto basterà per invertire una tendenza che -
secondo l'agenzia di sondaggi Rasmussen - lo obbligherebbe a un testa a testa
con il repubblicano Mitt Romney se si votasse oggi per la Casa Bianca. Di certo
la seconda metà dell'anno non si annuncia rosea per Barack. Verranno infatti al
pettine i nodi di politica estera che lui stesso ha creato con le sue scelte:
il collasso del dialogo con Teheran lo obbliga a cercare in settembre al G20 un
difficile accordo con Russia e Cina sulle nuove sanzioni contro il programma
nucleare; il rifiuto di Cina e India di tagliare le emissioni di gas inquinanti
rischia di far fallire la conferenza sul clima che l'Onu terrà in dicembre a
Copenhagen. (Maurizio Molinari)
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti: Obama
QUESTA SERA
SPRINGSTEEN ALL'OLIMPICO La grande notte del Boss Bruce Springsteen non finisce
mai di stupire. Quando pensi di averne scoperti anche i più reconditi risvolti
spettacolari, dopo averlo visto nei decenni su tutti i palchi d'Europa e
d'America, da solo o con varie band, te lo ritrovi davanti e ti accorgi, come
ora dopo il concerto di Roma e in attesa stasera di Torino, che ha fatto un
altro passo inaspettato, spiazzante, nella sua arte live. L'artista rigoroso,
duro e puro, che salirà allo Stadio Olimpico sull'avaro palco nero - dunque
autenticamente rock - dotato solo di tre maxischermi e di qualche fila di luci,
ha da una parte inglobato una maggiore leggerezza d'animo, e dall'altra ha
fatto un passo deciso verso una interpretazione più matura e compiuta. Sono due
aspetti contrapposti, ma convivono benissimo in un personaggio che merita
grande rispetto al di là dell'apprezzamento per la sua arte (càpita, per
esempio, che De Gregori non lo ami). Lo Springsteen di oggi è meno legato al
proprio ruolo di moderno bardo, si vive in modo meno sacrale. Sarà l'arrivo di Obama per il quale tanto ha lottato, ma
in questo «Working on a Dream Tour» sfodera un evidente divertimento, una foga
fanciullesca: gioca a fare un po' l'imbonitore, un po' il fratellone maggiore
di quelli che stanno sotto al palco. I quali, fieri del loro nastrino rosso al
polso, a metà spettacolo gli porgono cartelli di cartone con sopra scritti
titoli che vorrebbero ascoltare, della sua infinita produzione. Sono
momenti divertenti, per quel sorriso e le battute che gli fioriscono, per il
modo divertito con il quale raccoglie le richieste o fa cantare i due
bambinetti, figli di una coppia di Imola, che lo seguono dappertutto in questo
tour, come tanti altri pazzi per Bruce. All'improvviso, poi, lo vedi salire sul
pianoforte, come Elton John ai tempi d'oro, al suono di «Raise You Hand». Ma
mentre Elton ora si farebbe costruire un piccolo ascensore, lui (fra poco
sessantenne) sale e scende con un salto: il suo è anche uno spettacolo di prestazioni
fisiche, di un'energia che lascia sbalorditi. Pure per la potenza e la
precisione vocale. In questo, gli fa da contrappunto una E-Street Band un
pochino più provata: se Max Weinberg sembra rivitalizzato alla batteria (dopo
il passaggio al suo posto per alcune settimane del figlio Jay), Nils Logfren
deve fare i conti con una doppia operazione all'anca, e anche lo smisurato
Clarence Clemmons si è già operato una volta e dovrà ripetere dall'altra parte.
Noie del ritmo, e questo nulla toglie alla compattezza dell'insieme, ma il più
veloce è sempre Bruce: che a Roma ha mostrato, ballando all'una e mezza di
notte con mamma Adele sul palco con «American Land», di che pasta sono le
radici della sua forza. L'ultraottantenne indistruttibile signora sta facendo una
vacanza in Italia con la sorella, e non verrà a Torino a ballare ancora con il
figlio: che non ha bisogno di lei per il suo concerto di 3 ore e 5 minuti, dove
cambia scaletta ogni sera, mantenendo uno zoccolo duro di pezzi che partono da
«Badlands» e vanno a «Seeds» e «Johnny '99» o «Atlantic City» da «Nebraska»,
capolavori di canti sulla crisi economica, e risuonano contemporanei per noi
dato l'argomento; sempre presenti «The Rising» e l'amata «Born tu Run», finora.
Ma ogni sera accade l'imprevedibile, stasera potrebbe spuntare «Rosalita» e
scomparire la bollente «I'm on Fire» di domenica; si va a sorpresa anche con i
pezzi nuovi di «Working on a Dream», tranne per «Outlaw Pete», in arrangiamento
quasi sinfonico, che Bruce sempre interpreta, sfoderando un piglio accorato,
quasi recitativo, eccellente, sullo sfondo di un cielo infuocato che ricorda la
musica western dell'amato Morricone. E ci sono le cover: a Roma, nel finale,
«Twist&Shout», a Torino vedremo. Intanto, si fa un gran parlare sulla non-apparizione
di Patti Scialfa, la moglie, sul palco di questo tour. Artisticamente, è stata
rimpiazzata da due coriste, il che significa che non ci sarà mai una sua
presenza; sentimentalmente, dopo i gossip sui tradimenti del Boss, se ne
sentono di tutti i colori, e il matrimonio pare in pericolo, anche se Bruce
nella sua unica intervista italiana ha precisato che la moglie sta a casa per
occuparsi dei figli. In realtà, i due maschi Evan e Sam, 18 e 15 anni, sono
rimasti a Roma fino a domenica, quando sono ripartiti per raggiungere nel New
Jersey la mamma e la sorella Jessica.
( da "Stampa, La" del
21-07-2009)
Argomenti: Obama
LE BANCHE PIÙ ATTIVE
La storia Registrate 7 mila società offshore Labuan, ultimo rifugio dei pirati
della finanza Abn Amro, Barclays Citigroup e Bnp Paribas Nessun istituto
italiano Il nuovo paradiso fiscale nell'isola malese cara a Sandokan GLAUCO
MAGGI NEW YORK Da Guglielmo Tell alla Perla di Labuan. Il testimone della
foresta più gelosa dei propri segreti (bancari) passa dal cantone svizzero di
Uri all'isola porto-franco della Malesia. Sono i giorni carichi di tensione
dell'attacco americano alla fortezza della banca Ubs: in
palio i 52 mila nomi di evasori statunitensi, che Obama vuole e Berna nega. Ma è anche il tempo della fioritura di un
paradiso emergente nell'isola malese di Labuan a
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 1 - Prima
Pagina Il caso Sulla sanità cade il consenso di Obama VITTTORIO ZUCCONI E anche il
cavallo di Barack Obama
s´impuntò davanti all´ostacolo storico che nessun presidente americano è mai
riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende,
dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59
per cento di approvazione e 37 di disapprovazione, sulla riforma della
sanità negli Stati Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo. SEGUE A P
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 12 - Esteri
Sanità, primo scivolone di Obama Il Presidente cala nei sondaggi ma insiste: "Non sarà la
mia Waterloo" I repubblicani: "è una riforma socialista". La
replica: "Bisogna agire subito" ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW
YORK - Un sondaggio che è un grido d´allarme, e una risposta che è un grido di
battaglia. Ieri l´America ha mandato un segnale fortissimo al presidente
più amato, crollato nei sondaggi di sei punti in un solo mese, e il cui
gradimento è sceso per la prima volta sotto la soglia del 60 per cento, fermo
al 57. Una raffica di percentuali sparate da Abc e Washington Post ha fatto
tremare Washington: soprattutto sulla riforma sanitaria, la rivoluzione voluta
da Obama ma foriera, secondo molti, di nuove tasse, e
in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento. Ma la risposta del
presidente non s´è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi ancora grondanti ieri
Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children National Medical
Center: «Anche se le famiglie americane sono state colpite da una spirale
crescente di costi, le compagnie assicurative e i loro manager hanno continuato
a fare profitti». Un discorso durissimo. Con l´obiettivo ben chiaro: la riforma
deve passare in commissione alla Camera entro la fine dei lavori in agosto, per
approvare la legge entro l´autunno. «Anno dopo anno abbiamo continuato a fare
resistenza. Ma se non agiamo, e se non agiamo adesso, nulla potrà mai
cambiare». David Axelrod, il suo consigliere, l´aveva anticipato: quando la
situazione si fa dura, tocca al presidente mettersi in gioco. Ma il tempo
stringe. Dall´aprile scorso, quando è stata lanciato il primo progetto di
riforma, gli americani che lo sostengono sono passati dal 57 al 49 per cento.
Gli oppositori sono cresciuti in una proporzione ancora maggiore, dal 29 al 44,
confermando l´effetto negativo che la mobilitazione sul tema ha portato.
L´America, l´unico Paese sviluppato al mondo che non ha una copertura sanitaria
per tutti, teme che il piano finisca sulle spalle dei contribuenti. Il
presidente continua a sostenere che a pagare devono essere solo i ricchi. Il
New York Times racconta il mal di pancia dei senatori democratici che
provengono dalle zone più benestanti: con che faccia ci presentiamo agli
elettori? Scende in campo la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Gli aumenti
riguardano i redditi superiori ai 350mila dollari a famiglia? «Portiamo il
limite più in alto, pensiamo a un tetto da mezzo milione», dice in
un´intervista a ThePolitico, «facciamo capire che a pagare saranno soltanto gli
americani ricchi davvero». A sei mesi dall´elezione, la riforma sanitaria
rischia di trasformarsi nell´Obama test. Il Washington
Post, oltre a servirgli lo scherzo del sondaggio, ricorda che Bill Clinton
scivolò proprio sulla sua riforma sanitaria, un fallimento che provocò, nel 94,
l´inondazione
repubblicana. Michael Steele, chairman dei repubblicani, attacca: dice che la
riforma del presidente è «socialista», dice che l´idea di un´assicurazione
sanitaria statale che affianchi quelle private «è un esperimento rischioso, che
rischia di compromettere l´economia». Il più scatenato è Jim DeMint, il
senatore ultraconservatore che fu già fustiga-spese perfino sotto Bush:
«Dobbiamo fermarlo su questo, e se lo fermeremo su questo sarà la sua
Waterloo». Ma Obama non s´è tirato indietro di fronte
alla provocazione. E, tranquillo, ha ribadito in diretta tv: «Ho sentito dire
che questa dovrebbe diventare la mia Waterloo. Guardate, non è un problema del
presidente. è un problema politico. Il problema di un sistema sanitario che sta
distruggendo le famiglie americane».
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2 - Interni
"Silvio è affettuoso, ma non mi ha dato la busta" E la mattina
Patrizia disse a Tarantini: Non sembravo stanco, ho fatto un bellissimo
discorso... Io sto partendo per Mosca, ti chiamo quando torno. Ciao tesoro Gli
ho dato il mio numero, l´ha voluto stamattina, anche il mio cognome. Ha detto
che mi avrebbe aiutata sul cantiere E poi mi ha detto che vuole rivedermi con
un´amica perché in due... tutta la notte non abbiamo dormito Mi faccio una
doccia anch´io. E poi, e poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu?...
Quello di Putin Diceva la verità Patrizia D´Addario, quando raccontava ai
magistrati e ai giornali di essere stata due volte a palazzo Grazioli, sede
privata del presidente del Consiglio. La escort barese aveva detto di essere
stata a due feste in casa di Silvio Berlusconi e di aver registrato quegli
incontri. Ecco la trascrizione di quelle registrazioni che L´Espresso ha reso
disponibili sul suo sito. Dal primo incontro di metà ottobre 2008
all´appuntamento «nel letto grande di Putin» con il premier, la sera del 4
novembre, fino all´affettuoso «ciao tesoro» del giorno dopo con cui Berlusconi
saluta la D´Addario prima di partire per Mosca. La festa in nero Metà ottobre
2008. Patrizia D´Addario sta per entrare per la prima volta a Palazzo Grazioli.
Chiede a un accompagnatore come si deve comportare con Berlusconi. UOMO:. ..
Dietro sto. [...] PATRIZIA D´ADDARIO: Ma adesso ceniamo? Poi a che ora
diciamo... di solito... UOMO:. .. Non lo so io... perché... so che il
presidente è un po´ allegro... canta.... dice qualche barzelletta. PD: Pure noi
possiamo cantare? UOMO: ... e si fa un po´ più... però... non c´è problema.
Berlusconi si presenta alle ragazze. Tra battute e risate, inizia la festa VOCE
MASCHILE: Clarissa... SILVIO BERLUSCONI: Ciao, tutto bene? RAGAZZA:
Assolutamente SB: Ciao PD: Alessia SB: Ah che carine. .. complimenti PD: grazie
RAGAZZA: Tutte in nero! SB: Ahhh! VOCE MASCHILE: Tutte in nero! RAGAZZE: Tutte
in nero! SB: Io tra l´altro pensa... che per il nostro teatro ho ordinato 22
costumi, sai quei costumi... li hanno fatti VOCE MASCHILE: Dimentichi qualcosa?
SB: Allora... tu di dove sei? PD: Io sono di Milano [però vivo attualmente vivo
a Bari]... SB: Cosa fai? PD: Sto occupandomi di un´operazione immobiliare [...]
va un po´ male perché da sola è un po´ dura. "Aspettami nel lettone"
E´ il 4 novembre. Il giorno seguente il premier volerà a Mosca. Obama sta per essere eletto alla Casa
Bianca. Berlusconi invita la D´Addario nel «lettone di Putin». SB: Questo
[libro?] l´ho disegnato io PD: L´hai fatto molto bene SB: L´altra volta ce
l´avevi? PD: Sì SB: C´eri già l´altra volta? PD: Sì SB: Ma tu pensa... e
questa? prendi PD: No questa no SB: è la più bella PD: è bellissima questa SB:
Prenditi questa, la regali a qualcuno PD: No SB: No, sarebbe uno spreco PD:
Anche questa l´hai disegnata tu? SB: Questa è una mia idea ma non l´ho
disegnata io. ma guarda che roba... com´è fatta. Questo è un mio amico che me
l´ha fatta, che mi fa tutte le cose... io mi faccio una doccia anch´io... e
poi, poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu? PD: Quale lettone? Quello
di Putin? SB: Quello di Putin PD: Ah che carino... quello con le tende In
sottofondo due canzoni: Gente magnifica gente´ e Zoccole
zoccole´ di Sal da Vinci dal musical Scugnizzi´ La tartarughina E´ il 5
novembre. Patrizia commenta con Giampaolo Tarantini la nottata in bianco con il
premier. PD: Pronto buongiorno
GT: Buongiorno PD: Come stai? GT: Bene PD: Non abbiamo chiuso occhio stanotte
GT: Eh immagino, come è andata? PD: Bene, niente busta però GT: Veramente? PD:
Giuro. Come mai? Tu mi avevi detto che c´era una busta. Mi ha fatto un
regalino, non so, una tartarughina GT: Uhm PD: E poi mi ha fatto una promessa
GT: Cioè? PD: Che... va beh te lo posso dire, tanto tu sei la guardia di tutto,
mi ha detto che mi mandava gente sul cantiere, l´ha detto lui quindi ci devo
credere? GT: Si, e va beh se lo dice lui. Gli hai dato il tuo numero? PD: Si,
gli ho dato il mio numero, l´ha voluto stamattina anche il mio cognome e ha
detto che mi avrebbe aiutata sul cantiere mi mandava gente GT: E beh va beh oh
"Torna con un´altra" PD: E poi ha detto che vuole rivedermi con un´amica
perché... in due GT: Senti ma come? A che ora sei tornata? PD: Adesso, adesso
che ti sto chiamando GT: Ma dove stai, in albergo già? PD: Sì adesso GT: Ci
vediamo per un caffè PD: Sì, se vuoi noi siamo qui in albergo, non sappiamo
nemmeno a che ora dobbiamo partire GT: Amo´ ti ho mandato un messaggio ieri PD:
Ah, c´era scritto l´orario che dobbiam partire? Siccome Barbara ha detto,
appena sono arrivata ha detto "Hai avuto la busta, 5000 euro?". Ho
detto no, io non ho preso proprio niente GT: Ti volevo dire una cosa, di me ha
detto qualcosa no? PD: Mah, mi ha chiesto solo da quanto tempo ci conosciamo io
e te, ho detto da tantissimo tempo, ho fatto bene? GT: Brava, sì PD: Ho detto
che ci conosciamo da tanto tempo, Barbara è anche una mia amica ho detto, lui
ha detto che ha una sua amica e vuole farmi leccare da una sua amica GT:
Ahahahah PD: Ti giuro, così mi ha detto. Molto affettuoso, tutta la notte non
abbiamo dormito GT: E´ bravo comunque lui PD: E poi lui stesso mi ha chiesto
del cantiere, gli ho detto qua lo sto portando avanti da sola, però non è
facile giù al sud, una ragazza da sola, anche perché è una cosa abbastanza
grossa e lui mi ha detto ti manderò io qualcuno, mi auguro che sia vero
"Ciao Tesoro, vado a Mosca" Subito dopo, Berlusconi chiama Patrizia.
Commentano la serata, poi lui parte per Mosca PD: Pronto? SB: Come stai questa
mattina? PD: Come stai? SB: Questa mattina PD: Bene SB: Tutto bene? PD: Si...
tu? SB: Io si, ho lavorato tanto, questa mattina sono andato a inaugurare
questa mostra, ho fatto un bellissimo discorso, con applauso e non sembravo
stanco PD: Eh infatti come me, io non ho sonno, non ho dormito, è andata via
solo la mia voce SB: Beh come mai? Non abbiamo gridato PD: Eh eppure non ho
urlato, chissà perché è andata via la voce, sai perché? Perché ho fatto la
doccia, 10 volte con l´acqua ghiacciata perché avevo caldo SB: Va bene senti,
tutto bene? PD: Sì tutto bene SB: Hanno consumato, io sto partendo adesso per
Mosca PD: Va bene SB: Ti chiamo domani quando torno eh?! PD: Ok, un bacione
forte anche a te SB: Ciao PD: Ciao SB: Ciao tesoro DONNA: Ciao un bacio.
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 25 - Commenti
SULLA SANITà CADE IL CONSENSO DI OBAMA (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 32 - Cultura
Mutazioni Immunità Oggi il virus, come tutti nella civiltà globale, è un
artista della metamorfosi e a ogni contatto si trasforma. Così in Messico era
feroce e in Inghilterra è diventato gentile I popoli immuni dalla dittatura non
sono quelli che l´hanno sperimentata ma al contrario quelli che non l´hanno mai
provata come gli Stati Uniti e l´Inghilterra Quando la medicina è nelle mani
della politica Il virus dell´influenza suina provoca risposte diverse da parte
dei governi. E le possibili scelte sanitarie fanno discutere le opinioni
pubbliche FRANCESCO MERLO Smentendo Manzoni e riabilitando, almeno
parzialmente, la caccia all´untore, che non è mai soltanto una nevrosi plebea,
l´Inghilterra non vuole trasformare gli untori stranieri in vaccinatori muniti
di biglietto della British Airways. Non è insomma per via naturale, non è per
selezione dei ceppi spontaneamente sopravvissuti che l´Inghilterra vuole
arrivare al "vaccino suino", pasticcio di parole (vacca-maiale) e
veleno che solo ci potrebbe svelenire tutti se non fosse che anche i vaccini,
come le stagioni i sapori e pure i medici, non sono più quelli di una volta. E
infatti la virologia, che è la branca più incerta e traballante della Medicina,
rimpiange il tempo bello, il passato recente che già sa di antico dei
cacciatori di virus e degli scienziati d´azione come Edward Jenner (vaiolo),
Karl Johnson (ebola), Max Theiler (febbre gialla). La virologia insomma mal si
adatta al doctor House e alla sua fascinosa potenza neosensitiva, al bisogno di
spostare la realtà, anche quella della medicina, un po´ più in là della
ragione. Ma forse è davvero finita l´epoca d´oro dei vaccini, quando bastava
che dei medici disposti a tutto in nome della Scienza si facessero cavie di se
stessi come Albert Sabin (poliomielite), sacerdoti dell´inoculazione
illuminista che già era stata cantata dal Parini: «Erra chi dice / Che natura
ponesse all´uom confine». Oggi un vaccino, per renderci davvero inespugnabili,
dovrebbe essere transgender perché anche il morbo dell´influenza suina, da
bravo virus della civiltà globale, è un artista delle metamorfosi, e dunque ad
ogni contatto si trasforma. Al punto che, feroce in Messico, è diventato
"gentle-virus" in Inghilterra. Anche il virus
dunque si muta nel suo contrario come Michael Jackson che sbiancava e come Obama che annerisce, ma sempre per
meglio colpire, per confondere e aggirare i vaccinatori e più sapientemente
farsi pandemia, quasi sapesse che la società degli uomini non si dispera troppo
finché la malattia colpisce i paesi già sofferenti, i poveri, gli anonimi, i
corpi già segnati dal sottosviluppo. Al contrario, bisogna rendersi
gentili qualche
linea di febbre e un po´ di mal di testa , bisogna diventare
virus democratici e politicamente corretti per meglio affrontare e disarmare la
forza e la superbia vaccinatoria nel cuore della civiltà industriale. Tanto più
che il virus è suino come le salsicce e come il bacon, l´orgoglio insomma di una razza combattente
che è tale proprio perché si ciba di maiale, animale spazzino, a volte
antropofago, che incarna l´ingordigia smodata dell´Impero britannico, con una
bocca che, come l´insondabile Londra, è un abisso che ingoia tutto. Diversa
forma simbolica prenderebbe il vaccino contro il virus suino in Italia che è
una Circe in minigonna: qui maialona e porco sono simboli di eccessi sessuali,
modelli come si sa sempre più "alti", contro i quali
il vaccino può
risultare persino controproducente. E pensate, solo per fare un esempio di
vaccini svaccati, a Montanelli che diceva: «Berlusconi è una malattia che si
cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo
Chigi, Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al
Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L´immunità che si ottiene col vaccino».
Non è andata così e forse mai sapremo se abbiamo sbagliato le dosi che danno
identità di vaccino all´infezione. O se sia il vaccino che sta uscendo dall´est
modus in rebus, come sostiene la cosiddetta "medicina alternativa"
che sta producendo una densa letteratura contro i vaccini e a favore della
presunta perdita di quella misura appunto, che in realtà non esisterebbe se non
come ricerca. «Perché non esiste l´uomo vaccinato», l´Achille inespugnabile,
«ma esiste l´uomo avvelenato». Detto grossolanamente è infatti questo il
vaccino: un piccolo avvelenamento per creare o selezionare ceppi
immunologicamente resistenti al grande avvelenamento. E ovviamente il modo più
sbrigativo sarebbe ancora quello del generale Washington che, dopo l´epidemia
di Boston del 1776, contro gli untori inviati dai nemici inglesi decise di
infettare le proprie truppe. Il bilancio in vite umane fu terribile ma forse
non esisteva un´altra maniera di immunizzare gli americani e di vincere la
guerra. Dunque i medici alternativi scrivono e dicono che il vaccino «è una
risorsa solo per le industrie farmaceutiche» e che «i sempre più frequenti toni
apocalittici delle campagne antinfluenzali fanno parte di una strategia
economica fondata sul terrore». Secondo questi scienziati (ma lo sono?) il
vaccino finisce comunque per avvelenare molto più che svelenire. Di sicuro
arriva sempre ad allarme finito, pronto per
i magazzini. La sola
Germania, per esempio, ha accumulato scorte di antiaviaria per cinquanta
milioni di euro. Del resto a smentire l´efficacia dei vaccini ci si mette pure
la politica. I popoli immuni dalla dittatura non sono infatti quelli che l´hanno
sperimentata ma al
contrario quelli che mai l´hanno provata, come gli Stati Uniti e l´Inghilterra.
E anzi, proprio chi l´ha sperimentata, sia pure una volta, è soggetto a
ricadute, in genere mutanti, forse perché sa di potervi ricorrere come
soluzione magari d´emergenza ma comunque possibile, carta di riserva per i
momenti difficili. Insomma tutto complotta contro l´idea di vaccino, del morbo
che guarisce, del male assorbito ma addomesticato, del corpo che tiene a bada e
regola il traffico dei virus, governa un ingorgo di veleni, in un mondo
popolato di vecchi, intossicati da una medicina che sempre più giorni dà alla
vita ma sempre più vita toglie ai giorni.
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina XII - Firenze
Chapman, i sogni folk dell´America nera Il festival Oggi Benvegnù apre la
rassegna Domani la cantautrice Usa. Poi Bandabardò e Capossela. E tanto teatro
da Perrotta alla Guzzanti FULVIO PALOSCIA Dopo l´anteprima con il bel set
acustico di Patti Smith, domani il Play Art Festival di Arezzo entra nel vivo
ospitando un´altra voce femminile che racconta l´America ribelle, dei perdenti
senza più un sogno a cui aggrapparsi, il paese che vede in Obama la speranza per riemergere dalla
melma del pregiudizio e della crisi economica e morale: Tracy Chapman sarà al
Parco della Fortezza Medicea (ore 21, 12 euro) da sola con la sua voce nera fin
nel midollo e la sua chitarra per raccontare storie di povertà in una terra
sfacciatamente opulenta, la disperazione di chi vive ai limiti della società.
Nel 1988, anno di uscita del suo primo album, intitolato semplicemente Tracy
Chapman, canzoni come Revolution e Fast car la imposero come la più autorevole
voce di una nuova stagione del songwriting americano femminile, una piccola
erede della grande Odetta, accanto alla bianca Suzanne Vega; la strada seguita
oggi coniuga ancora denuncia sociale e folk, come testimonia l´ultimo cd Our
Bright Future. Il festival quest´anno dà spazio soprattutto alla musica
italiana: si parte stasera, sempre in Fortezza (ore 21, gratis) con i vincitori
del concorso Plug & Play: Sleeve, Bludrama, Fudo Satellite, Strawberry Overdrive,
Vandemars, Audiored, QuartaDeriva e Globage insieme all´ex Scisma Paolo
Benvegnù, cantaurocker appartato e ispiratissimo; giovedì 23 (15 euro) oltre
alla Bandabardò, reduce dal bagno di folla di Italia Wave, Roberto Angelini che
da teen idol e protagonista del gossip ai tempi di Gattomatto ha saputo tornare
alle origini di ottimo musicista stimatissimo nell´undergoround romano, svolta
contrassegnata prima da un devoto omaggio a Nick Drake, poi da un nuovo album,
La vista concessa. Sabato toccherà al mondo circense e vintage di Vinicio
Capossela; chiusura il 26 con lo ska dei Meganoidi seguito dal rock barricadero
dei Negrita. Ma Play Art non è solo musica. è cinema, presentazioni editoriali,
lezioni di cucina. E tanto teatro. In cartellone, al cortile teatro Pietro
Aretino, l´impegno civile di Mario Perrotta che si confronta col Misantropo di
Molière, di cui è regista e interprete (oggi, 21.30, 10 euro); il messaggio
animalista de Il mondo alla fine del mondo adattato per il palcoscenico dal
Teatro dell´Archivolto, regia di Giorgio Gallione, protagonista Giorgio
Scaramuzzino (23, 21.30, gratis) e il reading musicale Misterioso viaggio
intorno a Monk con Stefano Benni autore e fino dicitore, al pianoforte Umberto
Petrin (ore 19, 10 euro). Mentre il 24 luglio, nella «Notte rosa» dedicata alla
musica, al teatro, alla letteratura fatta da donne, spicca la satira graffiante
di Sabina Guzzanti in Vilipendio (23.30, Fortezza, gratis).
( da "Repubblica, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 - Cronaca
Per la World Association of Newspapers, l´associazione mondiale degli editori,
è la migliore proposta dell´anno per i teenager. è la prima volta che accade a
una testata italiana Premio a RepubblicaScuola, il giornale online dei giovani
Coinvolti oltre cinquemila istituti, quarantamila classi e ottocentomila
studenti FEDERICO PACE ROMA - Un archivio di migliaia di articoli che svela
l´universo dei giovani, le loro parole, i loro pensieri. Un tesoro che chiunque
può visitare sul web. RepubblicaScuola è un avveniristico esperimento di
giornale online realizzato dai ragazzi e ora premiato dalla World Association
of Newspapers, l´associazione mondiale degli editori, come migliore iniziativa
a favore dei teenager. è la prima volta che accade a una testata italiana. Il
progetto è stato scelto perché «offre agli studenti l´opportunità di essere
reporter e commentatori a stretto contatto con i giornalisti professionisti».
Quest´anno hanno partecipato all´iniziativa 5.289 istituti tra medie inferiori
e superiori, più di 40 mila classi e oltre 848 mila studenti. Giovani di tutte
le età. Tredicenni con la passione dei videogame e diciottenni affascinati
dalle elezioni americane. A novembre 2008 l´iniziativa, nata 9 anni fa, è stata
trasformata in un progetto esclusivamente online per dare maggiore voce agli
studenti. Da allora la redazione di Repubblica.it ha coinvolto i giovani
reporter sui principali avvenimenti. La vittoria di Barack Obama, i problemi di sicurezza nelle
scuole e il crollo al liceo Darwin di Rivoli che ha ucciso lo studente Vito
Scafidi. La crisi economica e le ore trascorse in chat. Il terremoto in
Abruzzo. Il senso della vita di fronte alla vicenda di Eluana Englaro. I
ragazzi sono passati dall´idea alla stesura del pezzo. Dalle correzioni delle
bozze alla pubblicazione. Tutti hanno trovato spazio sul portale. I migliori
articoli poi, ogni quindici giorni, sono stati pubblicati anche sulla home page
di Repubblica.it. Inoltre, tutti hanno potuto creare il proprio sito personale,
dal quale confluire nel sito della propria scuola fino al sito nazionale. A
metà giugno si è chiuso l´anno e sono stati proclamati i vincitori del
campionato legato all´iniziativa. I prescelti sono stati Alessandro Fabbrica e
Miriam Scalise. Il primo studia al Liceo Scientifico Cremona mentre la seconda
frequenta a Porto Empedocle la Ugolino e Vadino Vivaldi.
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 21/07/2009 - pag: 1 LA LEZIONE (INASCOLTATA) DELLA
CRISI TROPPI RITARDI SULLE BANCHE di FRANCESCO GIAVAZZI A l di là delle scaramucce
c'è oggi un solido intreccio di interessi fra i governi e le banche. Le banche
sanno che potrebbero aver di nuovo bisogno dell'aiuto dei governi. Questi a
loro volta devono convincere gli investitori ad acquistare una straordinaria
quantità di titoli pubblici: le banche non sono solo acquirenti importanti,
influenzano le scelte di risparmio delle famiglie. Non sorprende quindi la
cautela dei governi, in primis dell'amministrazione Obama, nel tradurre le lezioni della
crisi in nuove regole per le banche. Alle riforme si preferiscono i richiami
all'etica, quasi l'etica fosse un sostituto delle leggi. Oppure si solletica la
pruderie dei cittadini puntando il dito sui compensi dei banchieri: certo, gli
incentivi spesso sono stati mal congegnati, ma il compito di disegnare
un buon meccanismo di remunerazione dei manager spetta agli azionisti, non alla
legge. Le questioni davvero importanti rimangono invece nell'ombra, soprattutto
quelle che potrebbero limitare il raggio di azione delle banche e quindi i loro
profitti. Porterò due esempi. 1) La crisi ha reso evidente l'importanza della
liquidità. Perché un titolo sia liquido è necessario poterlo comprare e vendere
in un mercato trasparente, dove i prezzi sono noti a tutti, come accade
nell'Mts, il mercato telematico dei titoli di Stato. Così non accade per la
maggior parte degli altri titoli e anche per tutti gli strumenti derivati, che
si possono acquistare o vendere solo passando attraverso una banca. Creare
mercati in cui tutti i titoli, anche i derivati, possano essere scambiati in
modo trasparente è quindi la prima cosa da fare e lo si potrebbe fare domani:
basterebbe usare la piattaforma del Mts. Ma ciò significherebbe sottrarre alle
banche una delle loro maggiori fonti di reddito. 2) I risultati di alcune
grandi banche mostrano che la maggior parte dei profitti deriva dalla
compravendita di titoli. Ma da quei bilanci è impossibile capire quanti titoli
sono stati acquistati e venduti per i clienti, e quanti in proprio, impegnando
il capitale della banca, cioè agendo come un fondo hedge . La crisi ha mostrato
che le operazioni in proprio sono le più redditizie, ma anche le più rischiose.
Come ha spiegato Alberto Giovannini in un intervento sul Financial Times
(31/7/08), a una banca non dovrebbe essere permesso di esporsi ai rischi di un
hedge . Perché le banche sono stanze di compensazione per gli scambi: se una
fallisce, gli acquisti e le vendite che ha fatto per conto dei clienti
rischiano di essere cancellate, vi è cioè un rischio di contagio. Se un fondo
perde, il gestore ne sopporta i costi, sia direttamente (i gestori investono i
loro soldi nei fondi che amministrano) sia attraverso i riscatti dei clienti.
Questo in una banca non accade, e perciò le banche sono state, in genere, molto
meno caute dei fondi. Questi temi sono da mesi all'attenzione del Financ ial
stability board (Fsb) un organismo tecnico che ha il vantaggio di non essere
esposto ai conflitti che attanagliano i governi. In un rapporto di oltre un
anno fa l'Fsb ha avanzato proposte specifiche. Ma i tempi delle riforme sono
lentissimi. Aspettare significa rischiare di non farle mai. Più i mercati si
riprendono, meno le banche avranno bisogno dei governi. Non così i governi, che
per molti anni avranno bisogno dell'aiuto delle banche per collocare titoli
pubblici.
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 Il presidente degli Stati Uniti «Le
banche di Wall Street non si pentono per la crisi» WASHINGTON Le banche di Wall
Street non hanno imparato la «lezione» dopo la crisi finanziaria. Lo ha detto
ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in
un'intervista al programma «The Newshour» della tv americana Pbs : «Nonmi
sembra che la gente di Wall Street senta alcun rimorso per tutti quei rischi
che decisero di assumersi. Non si ha l'impressione che ci sia stato un
cambiamento nella loro cultura e nel comportamento dopo quello che è accaduto»,
ha detto Obama. «Ed è per questo - ha aggiunto - che le proposte di riforma
delle regole finanziarie che abbiamo avanzato sono così importanti». Obama ha presentato un piano di riforma
del modo in cui il governo Usa vigila sui mercati finanziari: tra le proposte,
maggiori poteri di supervisione alla Federal Reserve e all'esecutivo su aspetti
prima non regolamentati.
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 La polemica Per la prima volta il
sostegno al presidente sotto il 60 per cento Soldi pubblici per gli aborti
nella riforma sanitaria Usa E i repubblicani vanno all'assalto
di Obama DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE NEW YORK Il presidente Obama parla bene e razzola male? In tema d'aborto si direbbe di sì. «I
soldi dei contribuenti saranno usati per pagare gli aborti in America», scrive
il New York Times , secondo cui la riforma sanitaria che il presidente Usa
vorrebbe varare prima della pausa estiva finirà per elargire fondi federali pro-aborto
«sia agli enti pubblici che alle assicurazioni private». Si tratta di una
tematica a dir poco esplosiva, soprattutto perché giunge a pochi giorni dallo
storico incontro in Vaticano tra Obama e Benedetto
XVI, durante il quale il presidente americano ha promesso al pontefice di
«impegnarsi personalmente per ridurre il numero degli aborti negli Stati
Uniti». In tutt'altro senso sembra muoversi la nuova amministrazione. Nel
rispondere alla domanda di un giornalista, il direttore del bilancio per la Casa
Bianca Peter Orszag si è rifiutato di escludere che i soldi dei contribuenti
saranno utilizzati per effettuare aborti. «Non posso escludere tale ipotesi»,
ha spiegato Orszag, riconoscendo che «si tratta di una questione assai
controversa, al centro di un rovente dibattito». E' bastata questa frase per
scatenare il putiferio tra i conservatori. «Nonostante la sua promessa di voler
trovare un terreno comune tuona Bill Donohue, presidente della potente Catholic
League il presidente Obama non ha nessuna intenzione
di scendere a compromessi». In un'intervista alla Abc , il deputato
repubblicano del Kansas Todd Tiahrt ha attaccato «gli incentivi finanziari
offerti da Obama per incoraggiare le donne single che
vivono sotto il livello di povertà ad avere l'opportunità di un aborto gratis»,
spiegando che «se tale riforma fosse entrata in vigore cinquant'anni fa, lui
forse non sarebbe mai nato perché sua madre ne avrebbe usufruito». Ma a dar
filo da torcere ad Obama non sono solo i conservatori.
Un gruppo di venti Congressmen democratici antiabortisti hanno inviato una
lettera di fuoco ai leader democratici della Camera per avvertirli che «non
potremo mai sostenere alcun tipo di riforma sanitaria che non escluda
esplicitamente l'aborto dalle polizze sanitarie pubbliche e private». La strada
di Obama per far passare al Congresso la sua riforma
sanitaria appare insomma sempre più in salita. Per la prima volta il suo
livello di approvazione è sceso sotto il 60% in un sondaggio Washington Post/
Abc , con una caduta del 6% in poche settimane. Mentre in aprile il 57% degli
interpellati approvava come Obama stava conducendo la
battaglia per la riforma sanitaria, ora tale sostegno è sceso al 49%. Il
presidente ha due settimane di tempo per fare pressioni sul Congresso perché
approvi la legislazione prima della pausa estiva. Per bruciare il traguardo
ieri Obama ha concesso una raffica di interviste e per
mercoledì ha in programma una conferenza stampa dove cercherà di arringare il
Paese intorno al tema «adesso o mai più». Ma i conservatori sono decisi a
sbarrargli la strada. «Questa riforma sanitaria sarebbe la più grande
espansione dell'aborto dai tempi di Roe vs. Wade, che nel 1973 legalizzò
l'aborto», punta il dito Douglas Johnson, direttore della National Right to
Life Committee. Proprio la pressione di questi gruppi ha fatto sì che, dal 1976
ad oggi, il Congresso imponesse vaste restrizioni sull'uso di fondi federali
per gli aborti. L'Hyde Amendment, varato nel '76, proibisce al Medicaid il
programma federale sanitario per i più poveri di impiegare soldi federali nella
maggior parte dei casi. Manifestazioni Sostenitori del diritto alla vita
sfilano a Washington Alessandra Farkas
( da "Corriere della Sera"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Cronaca di Roma data: 21/07/2009 - pag:
( da "Repubblica.it"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
NEW YORK - Un sondaggio
che è un grido d'allarme, e una risposta che è un grido di battaglia. Ieri
l'America ha mandato un segnale fortissimo al presidente più amato, crollato
nei sondaggi di sei punti in un solo mese, e il cui gradimento è sceso per la
prima volta sotto la soglia del 60 per cento, fermo al 57. Una raffica di
percentuali sparate da Abc e Washington Post ha fatto tremare Washington:
soprattutto sulla riforma sanitaria, la rivoluzione voluta da
Obama ma foriera, secondo
molti, di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su
cento. Ma la risposta del presidente non s'è fatta attendere. Anzi. Con i
sondaggi ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al
Children National Medical Center: "Anche se le famiglie americane sono
state colpite da una spirale crescente di costi, le compagnie
assicurative e i loro manager hanno continuato a fare profitti". Un
discorso durissimo. Con l'obiettivo ben chiaro: la riforma deve passare in
commissione alla Camera entro la fine dei lavori in agosto, per approvare la
legge entro l'autunno. "Anno dopo anno abbiamo continuato a fare
resistenza. Ma se non agiamo, e se non agiamo adesso, nulla potrà mai
cambiare". David Axelrod, il suo consigliere, l'aveva anticipato: quando
la situazione si fa dura, tocca al presidente mettersi in gioco. Ma il tempo
stringe. Dall'aprile scorso, quando è stata lanciato il primo progetto di
riforma, gli americani che lo sostengono sono passati dal 57 al 49 per cento.
Gli oppositori sono cresciuti in una proporzione ancora maggiore, dal 29 al 44,
confermando l'effetto negativo che la mobilitazione sul tema ha portato.
OAS_RICH('Middle'); L'America, l'unico Paese sviluppato al mondo che non ha una
copertura sanitaria per tutti, teme che il piano finisca sulle spalle dei
contribuenti. Il presidente continua a sostenere che a pagare devono essere
solo i ricchi. Il New York Times racconta il mal di pancia dei senatori
democratici che provengono dalle zone più benestanti: con che faccia ci
presentiamo agli elettori? Scende in campo la speaker della Camera, Nancy
Pelosi. Gli aumenti riguardano i redditi superiori ai 350mila dollari a
famiglia? "Portiamo il limite più in alto, pensiamo a un tetto da mezzo
milione", dice in un'intervista a ThePolitico, "facciamo capire che a
pagare saranno soltanto gli americani ricchi davvero". A sei mesi
dall'elezione, la riforma sanitaria rischia di trasformarsi nell'Obama test. Il Washington Post, oltre a servirgli lo scherzo
del sondaggio, ricorda che Bill Clinton scivolò proprio sulla sua riforma
sanitaria, un fallimento che provocò, nel '
( da "Repubblica.it"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
E anche il cavallo di Barack Obama s'impuntò davanti all'ostacolo storico che nessun presidente
americano è mai riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua
popolarità scende, dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei
sondaggi (veri) con 59 per cento di approvazione e 37 di disapprovazione, sulla
riforma della sanità negli Stati Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo.
I due partiti di opinione pubblica sono vicinissimi, 49 per cento con lui, 44
per cento contro e questa è la prima, grande crisi di una Presidenza che
sembrava incantata e invulnerabile. L'enigma del perché gli Usa siano la sola
grande nazione civile a non avere una copertura sanitaria universale resta e si
ripropone decade dopo decade. Non importa neppure che i capi di governo, come
fece Truman 62 anni or sono, poi Clinton e pochi mesi addietro Obama, impostino sullo scandalo di quei cittadini americani
abbandonati alla fortuna, oggi 46 milioni, le loro campagne elettorali su
quella promessa e siano stati eletti. Nel momento di passare dall'idea generale
alla realizzazione, si alza il panico di trovarsi davanti a una sanità
razionata dal governo e alla morte del "miglior sistema sanitario del
mondo", come ripetono gli avversari, forti del fatto che l'americano medio
non conosce altri sistemi e pensa che oltre confine i pazienti siano curati da
sciamani e barbieri. Il film è tutto angosciosamente già visto, soltanto 15
anni or sono, quando Hillary Clinton marciò trionfante in Parlamento reggendo un
volume di 600 pagine con la nuova legge per la copertura universale e i
sorridenti "gatti e le volpi" del Congresso la mangiarono viva. Si
alzano le barricate di sempre, la lobby terrorizzata dalle grandi compagnie di
assicurazioni "for profit", che oggi razionano crudelmente
l'assistenza, offrendola ai sani e negandola ai malati, quelle che lasciarono
la madre di Obama morire di cancro al seno negandole
rimborsi e cure e vedono a rischio la ciclopica torta da 900 miliardi di
dollari oggi rappresentata dal costo della sanità privata. Si muovono gli
alfieri dell'ideologia, leggendo anche nella modesta proposta obamiana, che è
quella di offrire, non imporre, un'alternativa pubblica a chi si vede negata,
la polizza privata, il seme della "medicina socializzata" o peggio
"socialista". E recalcitrano i medici, timorosi di essere trasformati
in funzionari del governo, mentre rimangono esposti, a spese loro, alle querele
per errori professionali che devastano carriere e alzano i costi generali. Dove
non arrivano terrori e interessi, provvede lo spettro di nuove tasse per
finanziare questi programmi, calcolati in mille miliardi per dieci anni, ma che
tutti, proponenti e oppositori, sanno essere destinati a sforare i preventivi.
OAS_RICH('Middle'); Non sono dunque soltanto le ingorde lobby degli
assicuratori a erigere le barriere che spingono milioni di famiglie nei pronto
soccorso aperti per legge a tutti, anche per una bronchite o un mal di denti a
curarsi a spese - e questa è l'ironia - dei contribuenti. C'è un'avversione
culturale, istintiva, da parte della maggioranza dei cittadini assicurati
persuasi, senza osare dirlo, che anche la sanità sia parte essenziale del
"sogno americano", come la casa e l'auto, e che offrirla a chi non ha
i soldi per pagarla sia una negazione dello spirito nazionale, del "guai a
vinti" nella corsa dei topi. Come se garantire una stanza d'ospedale a
tutti violasse il darwinismo sociale che non chiede giustizia, ma la
sopravvivenza del più forte. I sondaggi fluttuano regolarmente nel tempo delle
presidenze e spesso distinguono fra il favore verso la persona, che può restare
alto come avenne per Jimmy Carter e il rifiuto delle sue politiche. Non sono
queste fluttuazioni che preoccupano la Casa Bianca, è il rialzarsi del muro
ideologico antiriforma sanitaria che il presidente stesso, attingendo alla
propria abilità di persuasore, ha cominciato ad attaccare con appelli diretti
alla nazione, secondo la formula Reagan. Saranno lanciati spot televisvi e
radiofonici, al grido di "It's time", è ora, è ora, è ora, di avere
finalmente quello che ogni cittadino europeo considera un diritto acquisito. La
strategia di Obama, quella di frustare il cavallo e
accelerare, di costringere la Camera ad approvare subito la sua proposta di
legge per creare un fatto compiuto da portare al Senato, per modifiche ed
emendamenti, secondo il famoso motto del grande ammiraglio Farragut che
incitava ad "avanzare senza curarsi dei siluri". Ma, come dicono i
sondaggi di mezza estate, egli sa bene che non saranno il Medio Oriente o Wall
Street, l'ambiente o le imprese automobilistiche a segnare il futuro della sua
presidenza, ma il mantenimento, o il tradimento, della promessa di saldare
questa tenace ingiustizia americana. La sanità è la New Orleans di Barack Obama: su quel terreno acquitrinoso e pieno di sabbie mobili
ha scelto di combattere, e su quel terreno vincerà o perderà la propria
battaglia per cambiare l'America. (21 luglio 2009
( da "Stampaweb, La"
del 21-07-2009)
Argomenti: Obama
Il presidente
americano Barack Obama ha detto che lAmerica
«è più vicina» ad una riforma sanitaria che estenderà la protezione a milioni di cittadini che sono
in questo momento scoperti. Obama, in una
dichiarazione alla casa Bianca, ha sollecitato il Congresso a non «cadere
vittima dei soliti giochi politici» lavorando invece per far passare «una
riforma di cui gli americani hanno molto bisogno». La legislazione sulla
riforma è rimasta impantanata in Congresso per la opposizione (attesa) dei
repubblicani ma anche per le obiezioni (meno scontate) dei democratici che sono
preoccupati per i costi della iniziativa e per la incidenza sul deficit
federale. I repubblicani, fiutato il momento favorevole, hanno quindi
intensificato gli attacchi cercando di presentare linquilino
della Casa Bianca come «il solito democratico tassa e spendi», unaccusa
che trova vulnerabili
soprattutto i membri del Congressi democratici chiamati a sostenere la sua
politica, che dovranno affrontare il prossimo anno il verdetto degli elettori.
Lo stallo in cui sembra piombato Obama nella difficile
battaglia si sta riflettendo anche sul livello di popolarità dei sondaggi: un
nuovo rilevamento pubblicato oggi dal quotidiano Usa Today vede una nuova
caduta, al 55 per cento, con una perdita di nove punti rispetto a gennaio. Il
presidente, che aveva sperato di convincere il Congresso ad approvare alla
Camera e al Senato i testi non coincidenti delle due legislazioni (da
riconciliare nella pausa estiva del Parlamento) prima del "tutti a
casa" del sette agosto, sembra adesso rassegnato a veder slittare allautunno
la ripresa della battaglia
legislativa.
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti: Obama
La riforma
impossibile Teodoro Roosevelt perse le elezioni del 1912, Lyndon Johnson colse
nel 1965 un risultato a metà, Hillary Clinton trascinò i democratici del marito
Bill alla sconfitta del 1994 e George W. Bush dopo la rielezione del 2004 non
mantenne le promesse fatte agli elettori. La battaglia per la riforma della sanità
è una costante per gli inquilini della Casa Bianca da oltre un secolo ma
chiunque ha tentato di andare oltre vaghi propositi è andato incontro ad amare
sconfitte, a causa del timore degli americani per l'aumento di tasse e per
l'invadenza dello Stato. All'inizio del Novecento Teodoro Roosevelt era il
«presidente innovatore» che piaceva alla nazione ma quando, nel 1912, tornò a
candidarsi facendo propria la battaglia dei progressisti dell'epoca per la
«sanità dei cittadini» subì nelle urne la sconfitta che pose fine ad una
luminosa carriera. Durante il New Deal Franklyn Delano Roosevelt preferì varare
il sistema della Social Security - la previdenza sociale - che rischiare sul
terreno della sanità. Per arrivare al primo concreto successo bisogna aspettare
il 1965 quando Lyndon Johnson guida i democratici al varo del programma
«Medicare» per garantire l'accesso a farmaci e medicine agli over-65. Ma è un
risultato parziale in una nazione che vanta il triste primato, fra ricchi del
Pianeta, della mortalità infantile. Johnson non riesce a spingere oltre il
Congresso e dopo gli anni dei repubblicani Nixon e Reagan è un altro
democratico, Bill Clinton, a prendere il testimone, promettendo nel 1992 la
«sanità universale», per tutti i cittadini. A vittoria acquisita assegna
l'incarico alla moglie Hillary, al fine di sottolineare l'importanza che
assegna alla sfida, ma la determinazione con cui la First Lady depone di fronte
al Congresso non basta per convincere i democratici a seguirla. Il suo «Plan»
prevede l'obbligo per i datori di lavoro di assicurare i dipendenti attraverso
un meccanismo di «gestione competitiva» fra differenti piani che i conservatori
hanno facilità ad affondare. Il boomerang per Bill Clinton è molto amaro perché
nel 1994 i repubblicani di Newt Gingrich espugnano il Congresso cavalcando
proprio l'ostilità al «piano di Hillary», accusato di voler «gestire
dall'America dall'alto in basso». Fra i repubblicani, a parte Teodoro
Roosevelt, il primo presidente ad affermare di voler aumentare l'impegno dello
Stato per curare i cittadini è stato George W. Bush che nel 2004 venne rieletto
inserendo la sanità nelle «grandi riforme» da compiere. Ma
dopo la vittoria il massimo che riuscì a fare fu ritoccare il «Medicare» di
Johnson, aumentando medicine e cure per i più anziani. Negli ultimi tre decenni
il volto di Washington che più ha tentato di vincere la «sfida impossibile» è
stato il senatore del Massachusetts Ted Kennedy, oggi a fianco di Obama ma fiaccato dalla grave malattia
che lo ha colpito. \
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti: Obama
"Sanità
universale, abbiamo 3 settimane" Professor Marino, ce
la farà Barack Obama a
condurre in porto la riforma sanitaria? «Sì, sono convinto di sì. Non è
possibile che un paese che ha la forza economica di mantenere in giro per il
mondo più di mille basi militari non possa garantire a quasi cinquanta milioni
di suoi cittadini l'assistenza sanitaria. Troppi americani vivono come
un'ingiustizia un sistema che dà cure mediche solo in base al reddito». Ignazio
Marino, senatore del Pd, candidato alla segreteria del partito, medico di fama,
il sistema sanitario americano lo conosce bene visto che per anni è stato
direttore del dipartimento di trapianti e chirurgia del fegato al Jefferson
medical college di Filadelfia e in quell'Università insegna tuttora. Professore
ma perchè è così difficile, negli Usa, pensare a un sistema sanitario per
tutti? «Perchè il diritto alla salute non è, come da noi, un diritto
costituzionalmente riconosciuto. È un diritto che si paga e come tale viene
accettato da tutti gli strati sociali. Un episodio può dimostrarlo più di tante
parole». Quale? «Circa quattro anni fa venne da me una donna, afroamericana,
single con quattro figli e incinta del quinto. Aveva un tumore al fegato.
Preparai tutto per l'intervento, d'accordo anche con collega di ginecologia, ma
il suo nome non compariva mai nella lista delle operazioni. Chiesi perchè.
"La sua assicurazione non basta per il nostro ospedale, l'abbiamo
dirottata altrove», mi venne risposto. Era una clinica distante
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti: Obama
L'opposizione si
affida a Bill Kristol, che nel '93 affossò la riforma di Bill e Hillary Clinton
[FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Basta scuse, facciamo
l'interesse degli americani»: per la seconda volta in 48 ore il presidente
Barack Obama si rivolge alla
nazione dal Giardino delle Rose della Casa Bianca per convincere il Congresso a
rompere gli indugi e approvare la riforma della sanità entro tre settimane. Obama si riconosce nella bozza di legge
varata dai leader democratici della Camera, quell'«America's Affordable Health
Choices Act» che promette la copertura sanitaria per il 97 per cento dei
cittadini entro il 2015 con una spesa di 1,5 trilioni di dollari. È la
«sanità universale» sulla quale sta lavorando sodo da quando è arrivato nello
Studio Ovale: la maratona di summit ha consentito di ottenere dalle
assicurazioni la promessa di ridurre i costi, dall'industria farmaceutica di
facilitare l'accesso ai medicinali, dagli ospedali di migliorare l'efficienza
dei servizi, da infermieri e dottori il sostegno a realizzare in fretta la
riforma. Ciò che manca è il via libera del Congresso. Il capo di gabinetto Rahm
Emanuel assicura che «non siamo mai stati tanto vicini a questo storico
traguardo» e sui calendari della West Wing campeggiano due date: il 31 luglio e
il 7 agosto, quando rispettivamente Camera e Senato sospenderanno i lavori per
la pausa estiva. Obama è convinto di farcela a
ottenere il passaggio della legge in tempo record ma a tal fine ha bisogno del
voto compatto della maggioranza democratica in entrambe le aule. I numeri
teoricamente ci sono ma tutto si complica perché sulla strada del presidente vi
sono i «Blue Dogs» - i «cani blu» - ovvero i democratici eletti in distretti a
maggioranza conservatrice dove a prevalere è l'opposizione all'aumento delle
tasse necessario per finanziare la riforma, soprattutto a scapito dei più
ricchi perché chi guadagna oltre 1 milione di dollari dovrà pagare una
super-imposta del 5,4 per cento. A motivare l'opposizione dei «Blue Dogs» sono
anche i timori per il deficit federale, già oberato da 787 miliardi di dollari
di stimolo per l'economia, e a complicare le cose c'è il calo di popolarità di Obama: per UsaToday-Gallup è sceso al 55 per cento ovvero al
terzultimo posto fra i presidenti del Dopoguerra. Lo smacco è di essere anche
dietro a George W. Bush che dopo sei mesi alla Casa Bianca era a quota 56 per
cento. I «cani blu» sono deputati come Baron Hill dell'Indiana, che chiede
«tempo per pensare», e Allen Boyd della Florida, secondo il quale «i voti non
ci sono», ma anche senatori come Max Baucus, titolare della commissione
Finanze, contrario a imporre ulteriori tasse dopo quelle contenute nella
recente legge sui tagli alle emissioni nocive. Nel tentativo di superare tali
dubbi Obama ha incontrato ieri sera nello Studio Ovale
la commissione Energia e Commercio della Camera che dovrebbe dare il primo
avallo alla bozza di legge, tornando in privato sui temi esposti dal Giardino
delle Rose: «C'è chi tenta di tardare l'azione per poter affondare la riforma,
ci sono gruppi di interesse che difendono lo status quo ma assieme possiamo
farcela e la Storia ricorderà i nomi dei membri del Congresso che voteranno a
favore». L'opposizione repubblicana gioca invece la carta dell'aumento della
tensione politica al fine di rafforzare i timori dei «Blue Dogs» di perdere
voti nei rispettivi collegi in vista delle elezioni del 2010. Michael Steele,
presidente dei repubblicani, taccia la bozza di legge di «socialismo» accusando
Obama di «non volerci coinvolgere nella discussione
imponendo alla nazione una fretta immotivata», il senatore Jim deMint vede la
possibilità di «spezzare Obama» condannandolo alla
«sua Waterloo» e Bill Kristol, editore del magazine «Weekly Standard» e già
protagonista della campagna che affondò il progetto di Hillary nel 1993,
assicura che «questa è la settimana in cui possiamo uccidere la riforma sulla
sanità» condannando l'amministrazione alla sua prima indiscutibile sconfitta.
Ma Obama va avanti e questa sera ha convocato una
conferenza stampa per appellarsi direttamente ai cittadini.
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti: Obama
La base di Farah
dove sono barricati i soldati mandati dall'Italia a scrutare le aride montagne
dell'Afghanistan occidentale, vista dall'aereo resta invisibile fino
all'ultimo. La polvere rovente del deserto ricopre tende, container, torrette,
camion, cannoni. E uomini. Gli italiani, quando hanno dovuto darle un nome,
l'hanno chiamata «El Alamein» e basta vederla per capire il perché. Base «El
Alamein» è al centro di una pietraia desolata, cinquanta gradi all'ombra, non un
arbusto a perdita d'occhio. Qui, dietro alte mura, protetti da bastioni di
cemento e sabbia, ci sono quasi quattrocento uomini, trecento paracadutisti
della «Folgore» e un centinaio delle forze speciali e da questa base, qualche
giorno fa era partito l'automezzo dell'esercito che è saltato su una mina
improvvisata. I giovani parà impettiti che ascoltano il discorso del ministro
Ignazio La Russa in visita, piangono ancora il loro amico Alessandro. «Siamo
orgogliosi di voi», dice il ministro. Che non si nega un briciolo di polemica
con i pacifisti che furono: «C'era chi invocava una pace unilaterale con
bandiere multicolori. Il nostro affetto va a chi per la pace opera sul serio,
con il tricolore, e il basco che portate con orgoglio». La guerra continua. E anzi
c'è da aspettarsi un aggravamento della situazione. Il generale Rosario
Castellano, comandante della «Folgore», è stato molto esplicito nel suo
briefing con il ministro: «Queste le previsioni per il mese prossimo, quando si
terranno le elezioni: se a luglio abbiamo avuto 134 attacchi, ce ne aspettiamo
179». Quattro al giorno. L'escalation non ha risparmiato la regione Ovest,
insomma, dove sono gli italiani. Sono raddoppiati gli attacchi (136 nell'ultimo
quadrimestre, erano stati
( da "Stampa, La" del
22-07-2009)
Argomenti: Obama
ANALISI Una sentenza
cancella la libertà di ricerca GILBERTO CORBELLINI UNIVERSITA' LA SAPIENZA -
ROMA Certo, la scelta di investire soldi in una direzione per alcune
applicazioni meno promettente sarebbe stata criticabile. Ma la decisione
sarebbe rientrata nelle prerogative del governo. Così, invece, il bando diventa
illegale, perché il governo non può introdurre una limitazione che non è
giustificata dalla legge in vigore, la 40. Questa legge, infatti, vieta la
distruzione di embrioni residui, ma non di fare ricerche in Italia con cellule
staminali embrionali già esistenti e ottenibili da laboratori internazionali.
Che infatti si fanno, a fatica, in molti laboratori italiani. Quindi, il
ministero e la Conferenza Stato-Regioni si sono assunti una prerogativa che non
spetta loro: per ora la Costituzione dice che il governo è ancora solo potere
esecutivo. Qualcuno, come la vice-viceministra Roccella, dice che il governo
può fare quello che vuole: ha scritto anche che la scelta di
vietare la ricerca sulle staminali embrionali non è diversa da quella di Obama, che non ha consentito di
finanziare con fondi federali la creazione a scopo sperimentale di embrioni e
la clonazione terapeutica. Argomento singolare: come se fosse la stessa cosa
togliere un divieto, lasciandone qualcuno già esistente, e introdurne uno senza
che vi sia una base giuridica per farlo. Il Tar del Lazio non poteva
giustificare la sua ordinanza basandosi sulla legge 40, anche se la cita a
sproposito, e quindi fonda il rifiuto affermando che non sono i ricercatori che
possono far ricorso, ma i destinatari istituzionali dei fondi. Questo significa
cancellare non solo la libertà di ricerca in un campo specifico, ma l'autonomia
del ricercatore tout court. Poiché si attribuisce, ingiustificatamente e contro
la Costituzione, ai dipartimenti, alle università e agli enti il potere di
esercitare un controllo preventivo sul tipo di studi, e forse anche di
insegnamenti, che il ricercatore o il docente possono intraprendere. Dovrebbe
essere chiaro che i bandi sono rivolti ai ricercatori e ai team sulla base
delle competenze e delle «facilities». Ma gli enti non possono entrare nel
merito degli obiettivi e dei metodi, altrimenti si configurerebbe una
limitazione dell'autonomia del ricercatore tutelata dall'articolo 33 della
Costituzione. Attenzione! Il significato di questa sentenza va al di là del
caso specifico. L'episodio si configura come una forma di controllo e censura
della ricerca. Qualcosa che è la norma nei regimi totalitari e teocratici, ma
che deve essere aborrito nelle democrazie.
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 13 - Esteri
Henry Louis Gates jr. stava entrando in casa sua. Rilasciato dopo
"l´equivoco" Harvard, polizia sotto accusa "Professore arrestato
perché nero" Il docente finito in manette per oltraggio è amico di molte
star afroamericane DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Fermato dalla polizia per aver
cercato di entrare in casa propria, il professor Henry Louis Gates jr, docente
di letteratura americana ad Harvard, aveva più di una ragione per protestare
con il sergente James Crowley del Police Department di Harvard, Massachussets.
Ma il professor Gates è un nero, e il sergente Cromley un bianco. Così, di
fronte al poliziotto che gli chiedeva di farsi riconoscere, il professore
inviperito ha incominciato a urlare: «Perché? Mi trattate così perché sono un
uomo nero». Ed è finito in manette per resistenza e oltraggio. L´ultima,
paradossale storia di razzismo, nell´America di Obama, è una vicenda che richiama allarme e disappunto. A fine serata,
la magistratura di Boston, con una celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le
accuse. E un comunicato congiunto tra il professore, la città di Cambrdige e il
dipartimento di polizia, come usa nelle diatribe internazionali, chiudeva il
caso: «L´incidente non deve essere visto come nocivo della reputazione del
professor Gates o della polizia di Cambridge. Tutte le parti concordano che
questa è la giusta risoluzione di una sfortunata serie di circostanze». Letto,
approvato e controfirmato. Lo strano caso del professore nero arrestato per
essere entrato a casa sua, insomma, è tutto un equivoco. O forse no. Gates,
amico del Nobel nigeriano Wole Sovinka ma anche di numerose star afroamericane,
da Tina Turner in giù, è un vero luminare ad Harvard, ha scritto di Shakespeare
e letteratura bantu, rap e basket. Forse l´unica colpa è davvero quella di non
essere molto pratico con le chiavi. Rientrando da un giro di lezioni in Cina,
l´altro giorno, ha cercato di forzare la porta evidentemente difettosa, della
sua nuova casa di Cambridge, prima di farsi aiutare dal suo più pratico
autista. Troppo tardi: Lucia Whalen, 77 anni, una di quelle signore che
contribuiscono ad abbassare la soglia del crimine in America, aveva già
chiamato il 911, insospettita da quei «due uomini neri che cercavano di
abbattere la porta, uno facendo anche forza con la spalla». Quando il sergente
Crowley è piombato sulla scena, ha trovato il professore sul divano di casa.
«Che ci fa qui, venga fuori?». «Che ci fa lei». «Documenti, prego». «Lei non sa
chi sono io». «Documenti, esca». «Ora chiamo subito il capo della polizia e lei
vede». Le versioni, prima del comunicato congiunto finale, ovviamente
discordano, il sergente dice che il professore gli ha dato del razzista ed è
andato in escandescenze, il professore che il sergente lo ha assalito. Soltanto
quando Gates, finalmente, ha seguito il poliziotto davanti all´uscio di casa,
quello gli ha rinfacciato: «Grazie per aver acconsentito alla mia prima
richiesta». E sono scattate le manette. Tutto finito? Ieri sera sulla Cnn, tv
non certo di destra, le news di Rick Sanchez rispolveravano la vicenda sulla
vera nazionalità di Obama: perché tanti continuano a
credere che non sia nato in America? Non avremo davvero un presidente nato in
Africa? No, certe storie da queste parti non finiscono mai. (a. aq.)
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 13 - Esteri
Guantanamo, stop al piano di Obama Rinviato il rapporto della Casa Bianca: "Ancora troppi nodi
da sciogliere" Dal Senato l´unica nota positiva: depennata l´"inutile
spesa" per 7 nuovi F22 Il presidente aveva promesso che sarebbe stato
chiuso entro il 22 gennaio 2010 ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - La
strada per chiudere Guantanamo si rivela più lunga del previsto per Barack Obama. Le conclusioni della
commissione che studiava una via d´uscita giudiziaria slittano di sei mesi:
«Dobbiamo prendere decisioni difficili, complicate e connesse tra loro». Gli
uomini della Casa Bianca non si espongono ma nessuno giura più sul 22 gennaio
2010, anniversario del discorso con cui il presidente, insediato da due giorni,
annunciava che la base della vergogna sarebbe stata chiusa in un anno. Lo stop
arriva nel giorno in cui Barack tenta il contrattacco sulla sanità, «la riforma
di cui l´America ha bisogno», ha detto ancora ieri. Insidiato da destra, con i
repubblicani che lo accusano di portare l´economia allo sfascio col suo
"socialismo", il presidente rischia ora di deludere a sinistra,
mentre un nuovo sondaggio, stavolta Usa Today-Gallup, lo bacchetta (un
americano su 2 scontento su economia e sanità). L´unica nota positiva sembra
arrivare dal Senato, che ieri ha depennato la spesa per 7 nuovi F22, i jet ad
alta tecnologia coccolati del Pentagono ma inutili nella guerra contro gli
insorti che gli Usa combattono in Afghanistan: Barack aveva minacciato il veto
contro l´«inutile spreco». Guantanamo resta un intrigo. Sulla vicenda sono al
lavoro due task force: una per rivedere la politica di detenzione dei
terroristi, l´altra le tecniche d´interrogatorio. Entrambe hanno mancato la
deadline di ieri, chiedendo di aggiornarsi tra altri sei e due mesi: uno
slittamento troppo pericolosamente vicino alla data di gennaio. Troppe
questione aperte. Basta con le "harsh tecniques" di Cheney e Bush: ma
come si interroga un terrorista? E poi: consentire o no la detenzione a tempo
indefinito per chi non può essere portato davanti a una corte? E ancora: i
tribunali militari continueranno ad applicarsi ai terroristi. Ma come
funzioneranno? Le domande si concretizzano nei numeri. Guantanamo raccoglieva
più di 800 detenuti. Dice Andrew Wander di Reprieve, un´organizzazione che
rappresenta più di 30 prigionieri: «Nei primi sei mesi di Obama,
solo 11 detenuti dei 242 ereditati dall´amministrazione Bush sono stati
liberati». Uno si è suicidato. Gli altri dovrebbero essere distribuiti in mezzo
mondo, dall´Europa (una sessantina, con l´Italia candidata ad ospitarne tre,
per il mal di pancia della Lega) a Palau, il paradiso che si sacrifica in
cambio di dollari. L´America deve ancora identificare le strutture per i
detenuti che andranno a processo. Scontro anche sulla pericolosità. "Uno
su 7 è recidivo", dice il New York Times citando fonti del Pengano.
"Molti meno, uno su 4", ribatte in una controinchiesta Peter Bergen,
Cnn, esperto di terrorismo. Per discutere ci sarà ancora tempo
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 32 - Esteri
Jenna e Barbara tra scandali e imbarazzi Un libro rivela i loro anni alla Casa
Bianca Sorelle Bush Sesso, alcol e risse le gemelle terribili incubo degli 007
Le foto scabrose in un hotel, le corse in ospedale ubriache. E la scorta
costretta a pedinarle ANGELO AQUARO NEW YORK dal nostro inviato «Anche noi
abbiamo visto la casa Bianca attraverso gli occhi innocenti e pieni di
ottimismo dei bambini». Ok. Ma con quali occhi l´hanno accarezzata l´ultima
volta? Sesso. Alcol. Violenza. E non sempre in quest´ordine. Benvenuti nel
magico mondo delle sorelle Bush, Jenna e Barbara, le ex first daughters di cui
l´America, adesso, scopre i segreti, grazie a un cronista come Ronald Kessler,
una vita tra Washington Post e New York Times. Il libro si chiama "In the
President´s Secret Service", racconta la vita quotidiana dei presidenti da
Kennedy in poi, e dentro ci sono spunti che solleticherebbero perfino una commissione
d´inchiesta, come la confessione di un agente sulla scorta ad Obama: «Un miracolo che non l´abbiano ammazzato almeno in
due occasioni». Ma alla vigilia dell´uscita, il 4 agosto, sono le rivelazioni
sulle Bush a tenere banco. Su Jenna, soprattutto, la più country delle sorelle,
studi all´Università di Austin, dietro all´ufficio da governatore di papà,
mentre Barbara svernava tra i lussi di Yale, a un passo dalle mille luci di New
York. Scrive Kessler che «la ragazza spesso cercava di perdere la protezione
della scorta, infilando un semaforo rosso o saltando in auto senza dire per
dove». Per gli uomini della sicurezza «un vero incubo». Tanto da dover far
mettere la sua auto sotto sorveglianza: unico modo per seguirla. Come un
delinquente qualsiasi. Scatenatissime gemelline. L´America ricorda ancora con
rabbia e un po´ di vergogna la cacciata dall´Argentina, con l´ambasciata
sudamericana, novembre 2006, costretta a suggerire il rientro anticipato. Le
due ragazze erano sprofondate nella pampa per celebrare il 25esimo compleanno,
divertendosi così tanto da inseguirsi nude nella hall dell´hotel: particolare
smentito dalla direzione solo dopo essere finito su tutti i tabloid. Fu
soprattutto Barbara a mettersi in luce. Nel giro di poche ore prima riuscì a farsi
rubare il telefonino della Casa Bianca mentre cenava placidamente
nell´affollato quartiere di San Telmo, poi a infilarsi, solitaria, tra i tifosi
del Boca Juniors, che non passano per dei gentiluomini. Forse per non esserle
da meno, Jenna pensò bene di rilanciare, facendosi beccare, ma stavolta in
casa, col suo allora fidanzato, Henry Chase Hager, studente non proprio
brillante di business ma in compenso assai portato per l´alcol: la scorta
dovette fare irruzione in un locale di Georgetown per separare il ragazzone e
la gemellina, oggi sposi, in una rissa disastrosa. E andò sempre meglio di
quella volta in cui dovettero accompagnarli all´ospedale, cotti com´erano nel
nome di Halloween. O, ancora, di quando Jenna fu incriminata per avere usato
una falsa carta d´identità per farsi dare da bere. Alcol passato. Come il papà cristiano rinato e ri-sobrio, anche le due ragazze
ormai sembrano avviate su una china più tranquilla. Ed è proprio dall´alto
della loro esperienza che hanno indirizzato alle figlie di Obama pochi consigli sulla vita alla
Casa Bianca. «Care Masha e Malia, quando siamo entrate eravamo bambine come
voi...». Papà Obama è
avvisato.
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 20 - Economia
Fed: l´economia migliora tassi bassi per due anni Spunta la legge Madoff: i
ricchi si paghino il carcere Bernanke: c´è la ripresa, ma troppi disoccupati. E
frenano sia il dollaro sia la Borsa di New York. Milano è in rialzo ARTURO ZAMPAGLIONE
NEW YORK - La Federal Reserve manterrà per lungo tempo i tassi di interesse «a
un livello eccezionalmente basso», per sostenere la ripresa e soprattutto
l´occupazione, e non teme contraccolpi inflazionistici. Lo ha detto ieri il
presidente della Fed Ben Bernanke illustrando al Congresso, durante l´udienza
semestrale stabilita per legge, la «exit strategy» della banca centrale per
evitare un aumento incontrollato dei prezzi. Da varie settimane, ormai, i
parlamentari di Washington sono preoccupati per questi rischi inflazionistici
legati all´esplosione delle misure anti-crisi e quindi del debito pubblico.
Timori sono stati espressi anche dal governo cinese che detiene montagne di
certificati del Tesoro americano. Bernanke ha cercato di tranquillizzare: da un
lato - ha spiegato - il board della Fed è convinto che il tasso di inflazione
nel 2009 sarà minore che negli anni recenti; da un altro lato la Fed dispone
ormai di uno strumento in più, rispetto al passato, per combattere
l´inflazione. E´ autorizzata a pagare degli interessi sui depositi ricevuti
dalle banche. E basterà alzarne il livello per portare a un aumento
generalizzato dei tassi in funzione anti-inflazionistica. Il presidente della
Fed, il cui mandato scadrà l´anno prossimo, e Obama potrà confermarlo o sostituirlo,
ha anche evidenziato il rallentamento del declino economico, che potrebbe
essere incoraggiante se la disoccupazione non fosse in crescita (l´allarme
lavoro frena la corsa del dollaro passato di mano 1,4182 dollari, dopo aver
toccato un massimo da sei settimane a 1,4277 dollari). Bernanke ha anche
difeso il ruolo della Fed nella tempesta finanziaria e la riforma suggerita dal
governo, che darebbe maggiori poteri alla banca centrale. In questo clima
ancora incerto, fatto di luci e ombre, arriva la notizia della presentazione al
Parlamento di New York della «legge Madoff». L´obiettivo: evitare che i
contribuenti paghino le spese carcerarie per i ricchi newyorkesi condannati per
frodi fiscali. Secondo Jim Tedisco, il parlamentare repubblicano che ha
presentato la proposta, ogni detenuto costa 80-90 dollari al giorno. Se la
legge venisse approvata, la spesa ricadrebbe su tutti i condannati con un
patrimonio superiore a 200mila dollari. Madoff era ben più ricco, anche se poi
ha ceduto tutti i suoi averi. Ora sconta la condanna a 150 anni nel carcere
Butner, Carolina del Nord. Infine il mercato azionario americano, dopo quasi
dieci giorni di rialzi netti, ha accusato una certa stanchezza ed è andato a
zig-zag per tutta la seduta di ieri. Pesa la riforma sanitaria voluta da Obama e ora al centro di un violento scontro politico. Ma
alla fine l´indice Dow Jones ha segnato un in rialzo dello 0,77%. Più forte la
crescita nelle piazze europee, con Milano più 1,61%, Londra più 1,01,
Francoforte più 1,27.
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 21 - Economia
Global market Fondi italiani in crisi pesa il doppio gioco delle nostre banche
Non ho mai detto che siamo interessati a Tiscali. Ho detto che se fosse in
vendita siamo disponibili a valutare questa opportunità MILANO - L´ultima indagine
dell´ufficio studi Mediobanca ci ricorda che l´industria dei fondi comuni in
Italia è malata. Il dato è evidente: dal 2000 i riscatti prevalgono sulle
sottoscrizioni (unica eccezione il 2003) e il patrimonio a fine 2008 risulta
quasi dimezzato rispetto al 2009. Le cause della malattia sono almeno tre: i
costi troppo alti, circa il doppio degli omologhi prodotti di matrice
anglosassone; un eccesso di rotazione dei titoli all´interno dei portafogli,
con costi di negoziazione a volte inutili; prodotti italiani poco investiti in
azioni: 12% contro la media europea del 30%. I gestori italiani rischiano meno
comprando più titoli di Stato ma questa politica penalizza il rendimento nel
medio periodo. Infine il peggiore dei mali: in Italia i fondi sono controllati dalle
banche che piazzano al cliente i prodotti sui quali guadagnano di più. Da tempo
Draghi ripete che il nodo è da sciogliere ma la crisi ha bloccato tutto: le
banche si tengono stretti i fondi scontentando se stesse e i risparmiatori.
Giovanni Pons [obama abbatte i caccia invisibili] NEW YORK
- La Lockheed Martin si è affidata ai parlamentari delle zone di produzione per
mantenere in vita il programma degli F-22, i caccia invisibili ai radar. Ma non
c´è stato nulla da fare: con 58 voti contro 40, il Senato ha approvato i tagli
voluti da Obama e sostenuti
persino dal suo ex-rivale John McCain. Il blocco della produzione degli
F-22 permetterà di risparmiare 1,75 miliardi di dollari sui 680 del bilancio
del Pentagono. Per giunta quel caccia non è mai stato usato né in Iraq né in
Afghanistan. In compenso il taglio è un brutto colpo sia per il colosso
aerospaziale Lockheed, le cui quotazioni hanno perso l´8,1%, sia per 95mila
lavoratori collegati con il programma F-22. Arturo Zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 6 - Interni
Un regalo se resti Senza protezione Amica, non escort In-su-pe-ra-bi-le Al
risveglio a Palazzo Grazioli il Cavaliere disse a Patrizia "Ora dammi il
tuo cognome" Le registrazioni Ti passa a prendere l´autista e andiamo lì.
Mille ora te li ho già dati. Poi se rimani con lui ti fa il regalo
"Vedi che lui non usa il preservativo". "Ma non esiste senza,
come faccio a fidarmi? Sai quanta gente è rimasta?" Tu puoi decidere ma
lui non ti prende come una escort, capito? Lui ti prende come un´amica mia, che
ho portato
Sono l´unico al mondo che ha presieduto il G8 due volte. Ora sono
in-su-pe-ra-bi-le. Tre volte! Un grande risultato serata A CASA DEL PREMIER
Ottobre 2008. Prima di andare a Palazzo Grazioli Gianpaolo Tarantini e Patrizia
si mettono d´accordo sulla serata a casa del premier. Gianpaolo Tarantini:
Allora... Patrizia D´Addario: Mi volevi parlare? GT: Non volevo parlare, volevo
dirti... che alle nove e un quarto vi passa a prendere l´autista e andiamo
lì... RAGAZZA: Andiamo lì... poi se lui decide rimani lì... PD: ... E mille per
la serata. GT: Mille ora già te li ho già dati... poi se rimani con lui... ti
fa il regalo solo lui... ah... vedi che lui non usa il preservativo... eh...
PD: Ma non esiste una cosa senza preservativo... come faccio a fidarmi? GT:
Ma... è Berlusconi... PD: Ma tu chi sei? Guarda che... sai quanta gente è
rimasta... GT: Sai quanti esami fa lui? PD: Lo so, ma... sai... per noi donne è
anche più bello... voglio dire... ma sentire una cosa del genere... GT: Tu puoi
decidere, però lui non ti prende come escort, capito? Lui ti prende come
un´amica mia, che ho portato... DIMMI COME TI CHIAMI E´ la mattina del 5
novembre. Obama è il nuovo
presidente Usa, Silvio e Patrizia fanno colazione a Palazzo Grazioli. Patrizia
D´Addario: Scusami (ero in bagno) Silvio Berlusconi: Allora, come stai? PD: Io
bene. Tu? SB: Tranquillo. Allora, prendiamo il caffè o il tè? PD: Tè SB: Allora
io vado via, tu ti leggi il giornale PD: Che prendo? SB: C´è di tutto di
più PD: E´ dolcissimo sai. E poi la tisana era superdolce SB: Ecco perché non
lo giro, perché mi fregano con questo fatto PD: Il miele non è zucchero PD: Che
dolore, all´inizio mi hai fatto un dolore pazzesco SB: Ma dai! Non è vero! PD:
Ti giuro, un dolore pazzesco all´inizio SB: Mi vuoi dare il cognome? PD: Si, è
un cognome famoso. C´è una grossa concessionaria che fa pubblicità, un grosso
dottore ginecologo SB: (legge un biglietto?) D´Addario? PD: Sì, non è tanto
comune.... SB: D´Addario... IL COMIZIO DI ECONOMIA E´ ottobre 2008. La Lehman
Brothers è fallita da poco. Berlusconi fa un comizio di economia davanti a
Patrizia D´Addario, Giampaolo Tarantini e gli altri ospiti. SB: Perché vado a
Berlino? Vado a Berlino per la riunione Europa Asia. Ma invece a partire dal
primo di gennaio sono il responsabile dell´organismo internazionale che
governerà l´economia del mondo VOCE FEMMINILE: Eeeehhh... SB: Che si chiama ora
G8, poi sarà G14 con dentro India, Cina, Sud Africa, Messico, Egitto, Brasile.
E poi G16... E io dovrò andare in tutti questi paesi e per un anno dare l´avvio
alla gestione dell´economia mondiale che non si è reso possibile... Io per
avventura... io sono l´unico al mondo che ha presieduto due volte nel 1994 e
nel 2002, non c´è nessun altro che ha presieduto due volte... Siccome si va a
sedici, uno deve stare lì, e si fa un anno ciascuno, ora sono
in-su-pe-ra-bi-le... tre volte! ed è un grande risultato per l´Italia... LE
CHIESE FINLANDESI Continua la festa a Palazzo Grazioli. Berlusconi parla con
Patrizia delle opere d´arte italiane. SB: Io sono andato in Finlandia... mi hanno
fatto vedere una cosa... una chiesa di legno, cadente... Noi qui abbiamo...
40mila parchi storici con tutti i tesori dentro, 3500 chiese, 2500 siti
archeologici, pari al 52% di tutte le opere d´arte catalogate al mondo e al 70
% di tutte le opere d´arte catalogate in Europa: questa è l´Italia. PDA: E
perché non vengono più?
( da "Repubblica, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 36 - Cultura
Si conclude a Gijon, nelle Asturie, il festival letterario "Semana
negra" Si conclude a Gijon, nelle Asturie, il festival letterario
"Semana negra" la rivoluzione noir di paco ignacio taibo II Nove
giorni e nove notti senza sosta dedicati a investigatori, crimini, assassini,
ma dove puoi trovare anche scienziati russi, amazzoni, morti viventi e
cavalieri crociati Gijon (asturie) n altro libro è possibile, parola di Paco
Ignacio Taibo II. Che chiude un poco envejecito un po´ invecchiato
ma raggiante la ventiduesima edizione della sua "Semana Negra", il
più imprevedibile dei festival letterari. Nove giorni e nove notti senza sosta,
in un assoluto ed organizzatissimo stato confusionale. Dove abbondano crimini,
assassini e
investigatori, come in ogni rassegna noir che si rispetti. Ma dove puoi trovare
anche scienziati russi e storici mediorientali, amazzoni e macchine a vapore,
morti viventi e cavalieri crociati, narcos, terroristi a fumetti, orchi
spaziali. Dove il libro un altro libro - è possibile, perché la
ricetta dello scrittore messicano funziona. Soprattutto sull´incandescente
spiaggia asturiana, tra ombrelloni e zucchero filato, tra ruote panoramiche e
salsicce alla brace. Al diavolo quelli col nasino all´insù: qui si fa la rivoluzione, compagno.
Come? "Coniugando cultura e festa popolare. Per dimostrare che si può
leggere con la mano sinistra, e con la destra addentare un panino. Leggere è
dividere il tempo rubato ai sogni. E´ utopia e cinismo allo stesso tempo. E´
pensare, ed è farlo in modi e mondi differenti". Paco 2, come lo chiamano
gli amici o Pit II, come preferisce firmarsi ha raccolto
centoventi autori internazionali, giunti via Madrid a bordo di un treno
rigorosamente "nero", e migliaia di visitatori entusiasti. Ha esordito con una
tavola rotonda dedicata agli zombies, e si è congedato con un concerto del
pittoresco Tonino Carotone. Ha presentato le nuove stelle della letteratura
latino-americana, ha dialogato con Luis SepÚlveda, ha denunciato la crisi della
socialdemocrazia europea con il pakistano Tariq Ali, ha preso atto della
freddezza professionale di Fred Vargas. E ha dedicato un affollatissimo
incontro a Napoli, tra "camorra, cultura e basura (spazzatura)", con
Bruno Arpaia che a sua volta si è dedicato a descrivere le straordinarie
contraddizioni di una città e di un paese, l´Italia, rispondendo
tra l´angosciato e il divertito - ad un´infinità di domande su Silvio
Berlusconi. "L´idea di raccontare la vera storia dell´immondizia
napoletana è nata in
maniera casuale, ma con lo spirito di sempre: impedire che i più forti ci
manipolino, rifiutando il rumore mediatico e la disinformazione. Perché qui la
parola è scritta. E sale dal basso. Come la rivoluzione. Come la voglia di un
futuro migliore. Di un presente migliore". Forse non è un caso
sostiene Taibo II, il direttore che la Semana Negra abbia avuto inizio
quando all´Aquila si chiudeva il G8. C´è un filo sottile, e nero, che lega gli
eventi. "Il paradosso è che noi facciamo sul serio, mica come gli Otto Grandi Obama e
gli Usa in testa che dicono di mettere la fame e l´ambiente
come priorità assolute, e poi proteggono le banche e le industrie. Noi la
rivoluzione la facciamo davvero. Partendo da un libro, dalla lettura. Dalla
cultura e della festa
popolare. I cosiddetti romanzi polizieschi sono letteratura minore, sostiene
qualcuno. Bene: io dico che questa è la letteratura. Nei polizieschi c´è la
magìa dell´evasione, la suggestione della fuga, il fascino del fuoco. C´è la
lotta di classe. E poi, a noi i minori sono sempre piaciuti. Ci restituiscono
l´orgoglio". Il "giallo", il noir, la novela negra: questo è
rimasto il tema centrale della rassegna. "Che non ha dimenticato lo
Sherlock Holmes di Conan Doyle, o il Dupin di Poe, o Wilkie Collins. Che ha
avuto sempre ben presente il «classismo» di Borges, secondo cui il colpevole
era sempre il maggiordomo. E il socialismo di Raymond Chandler, che dava la
colpa al sistema". Ma il rischio è la crisi dei generi, e il poliziesco
deve svoltare: parola di Taibo II, che ai suoi libri di investigazione
con l´improbabile detective guercio, Hector Belascoaràn deve molto. Ci
sono altri modi per scrivere un libro giallo, suggerisce il messicano. Uno dei
più affascinanti è quello delle rivisitazioni storiche. Una nuova "frontiera"
che in questi giorni la Semana Negra ha esplorato con autori come l´italiano
Alessandro Barbero, o il paleontologo russo Kyril Yeskov, o ancora il francese
David Camus, nipote di Albert. Il mistero e la storia - possono
essere quelli della
battaglia di Lepanto, vista dalla parte degli Ottomani. Le leggende di Tolkien
investigate scientificamente. L´enigma della scomparsa della Santa Croce,
risolto da un cavaliere convertitosi all´Islam e al servizio del Saladino.
Mischiati ai banchetti che offrivano grigliate e zuppa di pesce, i librai della
Semana Negra hanno venduto 55.000 volumi, ed è un piccolo, significativo
record. Il direttore, al suo primo giorno di meritato riposo, sorride felice.
Ma ammette che ogni anno si fa sempre più difficile. "Perché sembro un
militante giovanile della cultura, ma ho sessant´anni (anche se ne dimostro
quaranta, e morirò a centoventi). Perché è difficile resistere alle mode.
Perché le librerie oggi sono delle giungle dove non si vendono più libri, ma best-seller.
Però continuo, non abbiate paura. Perché un altro libro
e un altro mondo è possibile".
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 22/07/2009 - pag: 2 Il
presidente Usa Obama accusa
le banche: mancano di umiltà MILANO Il presidente americano Barack Obama prende atto che «alcune delle
maggiori banche» hanno rimborsato i prestiti pubblici, ma sottolinea che
«quello che non si è ancora visto è un cambio di cultura, una certa umiltà che
porti le persone a dire 'cielo, abbiamo fatto davvero danni'». Obama ha ammoniti ieri i leader della finanza Usa durante
un'intervista al programma «Today» della Nbc. Ed è tornato a puntare il dito
contro gli eccessivi bonus concessi ai manager del settore: «Dobbiamo essere
sicuri che l'industria finanziaria funzioni in modo più trasparente», ha detto.
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 22/07/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Paradossi Chi è il prossimo? Barack Obama?
di BEPPE SEVERGNINI Il prossimo sarà Barack Obama? Arrestare Henry Louis Gates jr s'è rivelato più di un errore,
peggio di un malinteso: è stato un mezzo disastro. Il professor Gates è uno
degli studiosi più stimati d'America, di certo il più celebre tra gli afro-americani.
Storico, direttore del W. E. B. Du Bois Institute for African and African
American Research presso Harvard University; conduttore, autore e ospite di
molti programmi televisivi, già nel 1997 veniva inserito dalla rivista Time tra
i «25 americani più influenti». Per essere sinceri: aprire a spallate la porta
di casa, quando ci s'accorge che le chiavi non funzionano, non è una cosa che
passa inosservata, nella compassata Cambridge, Massachusetts; e reagire
gridando ai poliziotti «You don't know who you're messing with!» («Non sapete
chi siete andati a stuzzicare!») ricorda da vicino l'italico «Lei non sa chi
sono io!». Ma l'errore, il malinteso e il disastro rimangono. E Henry Louis
Gates jr ha probabilmente ragione: a un bianco non sarebbe successo. Ironia
della sorte, il professore quest'estate sta realizzando il documentario «Facce
dell'America». La sua, evidentemente, non è piaciuta al poliziotto (bianco) che
gli ha messo le manette ai polsi, e lo ha portato in centrale. La foto
segnaletica è destinata a passare alla storia. Negli Usa, ovviamente, la
notizia apparsa per la prima volta sull'Harvard Crimson, il giornale degli
studenti ha fatto scalpore, e suscitato discussioni: si tratta di pregiudizio
razziale, oppure quel poliziotto stava semplicemente facendo il proprio dovere?
Lasciamo agli americani questa risposta, e chiediamoci invece: qui in Italia,
qualcosa del genere potrebbe accadere? Risposta facile: sì. Chiedete a chiunque
abbia una pelle diversa o un accento insolito, e vi racconterà una serie di
episodi che vanno dal comico al tragico: dal «tu» irrispettoso, buttato lì
dagli sciocchi; fino alle frasi che deve ascoltare per strada, di sera, una
bella ragazza nera: considerata una prostituta, fino a prova contraria. Gli
sguardi sospettosi, l'atteggiamento guardingo, i piccoli sgarbi provano che
siamo tutti razzisti? No, per fortuna; «ma rischiamo di diventarlo senza
accorgercene», come dice Mario Balotelli, uno che di queste cose purtroppo per
lui se ne intende. Cerchiamo di non essere ipocriti. Non c'è dubbio che, di
fronte al diverso e all'insolito, scattano riflessi automatici: la natura ci ha
equipaggiato così, nel Dna degli uomini sono nascosti antichi meccanismi di
allarme. Ma la natura si cambia con la cultura: dobbiamo imparare a usare il
ragionamento e non l'istinto. Sebbene alcune nazionalità oggi in Italia
commettano più reati di altre, non esiste un determinismo criminale. Le pessime
sorprese possono arrivare da chiunque. Anche quelle buone: e queste, per
fortuna, sono molto più numerose. www.corriere.it/italians
www.beppesevergnini.com
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Il caso Gates jr è uno dei più noti
studiosi afroamericani, inserito fra gli uomini più influenti negli Usa
Arrestato il docente nero: «Razzisti» Celebre professore di Harvard scambiato
per uno scassinatore DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK I poliziotti bianchi
che l'hanno arrestato evidentemente non guardano la tv pubblica per le élite
intellettuali PBS. Altrimenti saprebbero che il nero di mezza età, con occhiali
e bastone, che hanno trascinato in commissariato in un tranquillo pomeriggio
d'estate, strappandolo al salotto di casa sua con l'accusa di essere un
rapinatore, è la star di African American Lives, Henry Louis Gates. Nonché
luminare di Harvard, accademico afro-americano più autorevole d'America, e una
delle massime autorità negli studi sul razzismo grazie a classici quali
«Thirteen Ways of Looking at a Black Man» e «The Future of the Race». E' una
storia quasi surreale la sua, testimone di un razzismo che, sei mesi dopo la storica elezione di Barack Obama, continua a guardare la realtà con le lenti deformate di
un'intolleranza impermeabile a cultura, status sociale o traguardi personali.
Ed è certamente singolare che sia accaduta a pochi isolati da Harvard Square,
dove ha studiato il primo presidente nero degli Stati Uniti che proprio qualche
giorno fa aveva messo in guardia il paese dal «persistere delle barriere
razziali». Tutto inizia giovedì pomeriggio quando, rientrando nella sua villa a
due passi dal campus, dopo un viaggio di lavoro in Cina, Gates si accorge che
la serratura non funziona e chiede aiuto all'autista, anche lui nero, che l'ha
accompagnato in taxi dall'aeroporto. Dall'altro lato della strada, Lucia
Whalen, una vicina bianca di 40 anni, si insospettisce e telefona alla polizia.
«Due uomini di colore stanno prendendo a spallate la porta di una casa di
fronte», li avverte allarmata la donna che, guarda caso, lavora per la rivista
liberal del college Harvard Magazine. Da questo punto in poi gli eventi
prendono una piega alla Mississippi Burning . Quando gli agenti arrivano, il
professore, al telefono in salotto, cerca di spiegar loro l'accaduto. Ma gli
agenti non sentono ragione e gli intimano di uscire dalla sua casa. «Questo è
quello che succede ai neri d'America - protesta il docente che nel 1997 è stato
inserito da Time nella lista dei 25 americani più influenti - perché vi
comportate così, perché io sono nero e voi agenti bianchi? ». A questo punto, e
nonostante avesse mostrato agli agenti la patente e il tesserino di Harvard con
il suo indirizzo, Gates è ammanettato e portato in centrale, dove viene
trattenuto per quattro ore. «Ha alzato la voce accusandomi di essere un
razzista», si è giustificato il sergente di origine irlandese James Crowley
quando la notizia dell'arresto «per resistenza a pubblico ufficiale »
cominciava a fare il giro del web, scatenando un putiferio di proteste e
costringendo le autorità ad archiviare le accuse, dopo avergli chiesto
ufficialmente scusa. «Nonostante le scuse la macchia rimane e così l'umiliazione
», ha subito puntato il dito il reverendo Jesse Jackson, secondo il quale
«questi incidenti fanno parte di un trend nazionale sulla razza». Non è il
primo episodio di razzismo ad Harvard. Nel 2004, Allen Counter, da 25 anni
docente di neuroscienze, fu scambiato per un ladro da due agenti che
minacciarono di arrestarlo se non avesse subito mostrato i documenti.
«L'arresto di Gates non sarebbe avvenuto se fosse stato bianco», ha commentato
Counter, «quello che è accaduto è davvero inquietante per tutti gli
afroamericani che frequentano Harvard». Segnalato Foto segnaletiche del
professor Gates scattate nella centrale di polizia dove è stato condotto dopo
l'arresto Alessandra Farkas
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Le spine di Obama
Rinviato il rapporto su Guantanamo E la chiusura ora potrebbe slittare
WASHINGTON Il presidente Obama ha rinviato di sei mesi
la pubblicazione del rapporto sul campo di detenzione di Guantanamo a Cuba, un
rinvio che rischia di impedirne la chiusura entro il 22 gennaio prossimo, come
da lui promesso durante la campagna elettorale. Lo ha dovuto fare, hanno
ammesso i portavoce della Casa Bianca, per la complessità di numerosi casi, i
cui dossier «sono esaminati pagina per pagina», e per la lentezza con cui i
detenuti vengono trasferiti ad altri Paesi. Il presidente, tuttavia, ha
pubblicato un rapporto a interim sulle tre opzioni che gli si offrono: il
trasferimento dei detenuti all'estero, il loro processo davanti a un tribunale
ordinario, oppure davanti a un tribunale militare. Su questo ultimo punto, il
Congresso discute una riforma che garantisca ai detenuti maggiori diritti. Il
rinvio ha spinto i repubblicani a chiedere che Gitmo, come viene chiamato il
campo di Guantanamo, rimanga aperto: Mitch McConnell, il loro leader al Senato,
ha accusato il presidente di mettere a rischio la sicurezza dell'America «con
un piano confuso che non garantisce che venga fatta giustizia dei terroristi».
Ma secondo i portavoce, Obama lo chiuderà, sia pure in
ritardo, entro il 2010, e se qualche terrorista rimarrà in America finirà in
carceri di massima sicurezza. E' inaccettabile, hanno ribadito, che dopo 7 anni
quasi nessuno sia ancora stato processato. Nel 2008, il presidente Bush dette
il via al processo contro Khalid Mohammed, l'architetto della strage delle
Torri gemelle del 2001, e quattro complici, ma Obama lo sospese. Attualmente, i
detenuti a Guantanamo sono 229, dal suo ingresso alla Casa Bianca Obama è riuscito a indurre altri Paesi,
tra cui l'Italia, ad accettarne solo 16. Alle elezioni, Obama si mostrò consapevole del problema
di Guantanamo: «Sarà una delle maggiori sfide della mia amministrazione».
Da chiudere Il carcere di Guantanamo, con 229 detenuti Ennio Caretto
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 22/07/2009 - pag: 25 Authority di mercato e trasparenza
Via alle manovre per il riordino degli enti italiani I summit della Sec? Si
seguono sul web MILANO La web-cam inquadra l'auditorium e i commissari, poi
stringe su di lei, Mary L. Shapiro, presidente, la prima donna salita alla guida
della Vigilanza a Wall Street, nominata a gennaio da Barack
Obama. Spetta al numero
uno, è normale, aprire e chiudere le sedute, spiegare le delibere della Sec.
Meno scontato, almeno al di qua dell'Oceano, è che tutto ciò avvenga «in
diretta». Le riunioni della Security Exchange Commission sono quasi tutte
pubbliche, così pubbliche che possono essere seguite dal sito, nell'ampia
sezione «Sec News Digest». Caso unico, certo. E si può obiettare che le
stringenti regole di trasparenza non hanno messo al riparo il mercato da
alcunché, tantomeno dalla truffa Madoff. Però delle contromisure e delle nuove
iniziative regolatorie si può sapere qualcosa ogni giorno, posizioni
dialettiche comprese. In Italia abbiamo appreso con giorni di ritardo, da un
comunicato del governo, dello scontro sulla direttiva «Trasparency» nella
Consob e delle dimissioni-lampo del presidente Lamberto Cardia. Nella sua
relazione annuale Cardia ha sorvolato sulla vicenda, che pare ormai chiusa,
dedicandosi piuttosto a rilanciare il duplice tema del riordino delle Authority
in Italia e del coordinamento in Europa. Le due questioni sono state raccolte
dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nelle note di accompagnamento alla
stessa relazione Consob per il Parlamento. La discussione sulla possibile
riforma, scriveva in febbraio sul settimanale «Il Mondo» il commissario Consob
Luca Enriques «tende a concentrarsi sul numero e sulle competenze delle
autorità, lasciando in secondo piano i meccanismi organizzativi e i sistemi di
accountability necessari ad assicurare il perseguimento degli obiettivi di
vigilanza». E se «nessun modello di governance è di per sè una garanzia di
successo», per Enriques è comunque importante che la riflessione dedichi
attenzione ai diversi profili internazionali di governo. La vigilanza europea è
l'oggetto di un'indagine conoscitiva della Commissione Finanze della Camera,
presso la quale, tempi tecnici permettendo, a fine mese dovrebbero sfilare i
big: da Cardia, a Tremonti, dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi,
al presidente dell'Isvap, Giancarlo Giannini. Prevista anche l'audizione di
Rainer Masera, unico italiano nel «Gruppo de La Rosière», le cui
raccomandazioni sono state trasmesse in febbraio alla Commissione europea.
L'iniziativa parlamentare è di tutto rilievo, soprattutto dopo l'annunciochoc
dei conservatori inglesi che in caso di vittoria alle elezioni vorrebbero
abolire la Fsa per trasferire tutti i poteri alla Bank of England. Paola Pica
ppica@rcs.it
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Lettere al Corriere data: 22/07/2009 - pag: 33 SUL WEB Risposte alle
19 di ieri La tua opinione su corriere.it La domanda di
oggi È giusto concedere aiuti statali a cinema e teatro sottraendo la cultura
alle leggi del mercato? Sì R 51,5 No R 48,5 Pensate che al di là dell'immagine Obama stia agendo in modo davvero
diverso dai presidenti che lo hanno preceduto?
( da "Corriere della Sera"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Cultura data: 22/07/2009 - pag: 30 Incontri L'autore di «Ogni cosa è
illuminata» parla dei suoi progetti, dei suoi padri letterari e della nuova
passione vegetariana Foer: «Odio i racconti è un genere inutile» Sono come
relazioni brevi. Nessuno inizia un amore sperando finisca presto. Il «New
Yorker» è deludente dal nostro corrispondente ALESSANDRA FARKAS NEW YORK
Jonathan Foer come Michael Pollan e Carlo Petrini? Si direbbe di sì. Il suo nuovo
libro Eating Animals , (in uscita da Little Brown a novembre, in Italia sarà
pubblicato da Guanda in primavera) è una difesa del vegetarianismo che coniuga
memoir e giornalismo investigativo per rivisitare un tema già esplorato con
successo da Michael Pollan ( Il dilemma dell'onnivor o e In difesa del cibo ),
Eric Schlosser ( Fast Food Nation ) eMarion Nestle ( What to Eat ). «È il mio
primo lavoro di non fiction racconta il 32enne scrittore seduto nel suo ufficio
alla New York University dove insegna scrittura creativa . Non si tratta di una
denuncia politica contro l'industria alimentare, come quelli di Pollan e
Schlosser, ma piuttosto di una guida etica per l'individuo». Nel libro Foer
spiega come la carne sia per lui un problema sin dall'infanzia. «Il dilemma mi
si è ripresentato quando sono diventato padre e ho dovuto prendere decisioni
per i miei figli. Da allora precisa sono ossessionato dalla morte. Essere
genitore implica anche dover preparare i figli alla nostra morte». Il tempismo
di Eating Animals non avrebbe potuto essere migliore. «Oggi, nelle università
americane ci sono più vegetariani che cattolici. Il 20 per cento degli studenti
si definisce vegetariano». C'è da scommettere che a questi vegetariani, vegan e
seguaci della macrobiotica piacerà molto un libro che difende lo slow food e
gli attivisti del Peta («eccentrici che sanno attirare i riflettori del mondo»)
affermando che «il nemico sono le food corporation ». Anche lui è, a suo modo,
un attivista. Dopo essere stato tra i promotori di «Downtown for democracy»,
che ha mobilitato i massimi scrittori Usa contro Bush e per Obama, l'autore di Ogni cosa è illuminata ha lanciato con l'amico
Jonathan Franzen «Air, land and sea», raccolta di fondi per associazioni
ambientaliste e animaliste. E all'insegna dell'impegno è la sua prossima
fatica, ancora senza titolo. Un thriller fantascientifico ambientato in un
mondo parallelo: uno Stato totalitario dove tutti sono ripresi in video e
troupe cinematografiche filmano ogni attimo di vita di un'umanità ormai
senza più privacy. Safran Foer lo definisce un libro di stampo kafkiano: «Sono
circa a metà e in altri sei mesi dovrei completarlo, ma potrei anche non
finirlo mai». Di certo, non diventerà una short story . «Non penso che una
buona idea possa essere compressa in poche pagine teorizza . I racconti brevi
sono come le relazioni brevi: la maggior parte delle persone non comincia un
amore nella speranza che duri poco». L'invito a coltivare il genere, lanciato
da David Remnick del «New Yorker», lo lascia freddo: «La sua ultima short story
che mi è piaciuta è The Bees, part 1 di Aleksandar Hemon, uscita sul 'New
Yorker' nel 2002». Da alcuni anni Foer lavora ad un libro dal titolo Magical
Jews (« Ebrei magici»), che non intende pubblicare, e che parla dei suoi «padri
letterari», tra cui: Franz Kafka, Charlotte Salomon, Bruno Schulz, Yehuda
Amichai, Philip Guston, R.B. Kitaj. «L'ultimo è mio nonno. Non era un artista,
ma per me è la quintessenza dell'ebreo magico. È morto molto prima che io
nascessi e tutti questi artisti hanno in parte riempito il vuoto che lui mi
aveva lasciato: la funzione stessa dell'arte è di colmare un'assenza. In un
mondo felice e perfetto non ci sarebbero libri». Il suo ormai famoso viaggio in
Ucraina, che ha ispirato il bestseller Ogni cosa è illuminata e l'omonimo film
nascono proprio «dal desiderio di colmare il vuoto». Ma non tutte le voragini
affettive sono colmabili. «Troppe figure insostituibili ci stanno lasciando
riflette . Mi manca molto John Updike, uno scrittore ottimista e generosissimo
coi giovani. E David Foster Wallace, che credeva fermamente nel vegetarianismo,
ma non riusciva a fare a meno della carne. Gli avevo scritto a proposito di un
suo saggio bellissimo, Considera l'aragosta ». Altri, come Saul Bellow e Philip
Roth, non moriranno mai. «Hanno influenzato il lessico e la cultura della mia
famiglia e di tutti gli intellettuali americani ebrei di allora. I nostri ethos
, senso dell'umorismo, modo di vedere il mondo gli sono debitori». Sì perché la
letteratura, più che la religione ebraica, è il terreno culturale su cui è
cresciuto. «La mia identità ebraica si rispecchia nelle mie letture, nella mia
sensibilità, nell'ironia, nell'etica e nel-- l'estetica, nella mia psicologia,
nel mio essere allo stesso tempo pieno di speranze e senza speranze». L'ironia
della sorte ha voluto però che il suo primo editore fosse italiano. «Luigi
Brioschi di Guanda acquistò il mio libro nel 2001, prima ancora che venisse
pubblicato in America. È stato lui a scoprirmi». Il resto è storia. L'anno
scorso sia il «Guardian» sia il «New York Magazine» si sono chiesti in due
lunghi articoli «Perché Jonathan Safran Foer è lo scrittore più invidiato e
odiato d'America?» rispondendo che la colpa è del fatto di «essere diventato
ricco e famoso a 25 anni, sposando la troppo bella e brava scrittrice Nicole
Krauss», «Essere il bersaglio di gelosie è normale quando si ha successo
replica lui . Come disse Henry Kissinger parlando degli accademici 'si
pugnalano alle spalle perché la fama è un bene così scarso'». Ma la presunta
gelosia tra lui e i due fratelli scrittori, Franklin, direttore di «The New
Republic», e Joshua, che ha appena venduto a Penguin il suo primo romanzo,
Moonwalking with Einstein , sarebbe un'invenzione dei media: «Facciamo cose
molto diverse. Io gioisco dei loro successi più che dei miei». Foer dice di
leggere «solo le recensioni obbligatorie », come quelle del «New York Times » e
di non lavorare mai insieme alla moglie. «Mi piace oltrepassare la soglia di
casa e smettere di essere un autore. Joan Didion e John Gregory Dunne erano
collaboratori inseparabili e Paul Auster e sua moglie Siri Hustvedt parlano
continuamente di letteratura. Al contrario io e Nicole ignoriamo persino quale
libro stia scrivendo l'altro in un dato momento». Anche loro, come Auster e la
Hustvedt, vivono a Brooklyn. «Ha meno stimoli di Manhattan e ti permette di
dedicarti meglio alla tua vita interiore. E poi costa meno». La recessione,
inutile negarlo, ha toccato anche il suo mondo. «Purtroppo le istituzioni di
cui abbiamo più bisogno sono le più vulnerabili. Il 'Washington Post Book
World' è fallito all'inizio dell'anno perché la cultura alta soccombe prima di
quella bassa. Chi prenderà il suo posto quando la recessione sarà finita? Siamo
destinati a rimanere con un cumulo di spazzatura?». Tra questa lo scrittore
annovera il boom dei cosiddetti auto-editori. «Non mi stupisce che pubblichino
sei volte più delle case editrici tradizionali. È come dire che una prostituta
fa sesso sei volte più di una donna sposata. Se le paghi, pubblicano qualunque
cosa». Ciò non significa che le case editrici tradizionali siano infallibili
talent scout . «Kafka da vivo non ha mai ricevuto il riconoscimento che ha
avuto post mortem spiega . E anche il mio Ogni cosa è illuminata è stato rifiutato
ben nove volte».
( da "Stampaweb, La"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
FARAH (Afghanistan)
La base di Farah dove sono barricati i soldati mandati dallItalia
a scrutare le aride montagne dellAfghanistan occidentale, vista
dallaereo resta invisibile fino allultimo. La polvere rovente del
deserto ricopre tende, container, torrette, camion, cannoni. E uomini. Gli italiani, quando
hanno dovuto darle un nome, lhanno chiamata «El Alamein» e basta
vederla per capire il perché. Base «El Alamein» è al centro di una pietraia
desolata, cinquanta gradi allombra, non un arbusto a perdita
docchio. Qui, dietro
alte mura, protetti da bastioni di cemento e sabbia, ci sono quasi quattrocento
uomini, trecento paracadutisti della «Folgore» e un centinaio delle forze
speciali e da questa base, qualche giorno fa era partito lautomezzo
dellesercito che è saltato su una mina improvvisata. I giovani parà impettiti che
ascoltano il discorso del ministro Ignazio La Russa in visita, piangono ancora
il loro amico Alessandro. «Siamo orgogliosi di voi», dice il ministro. Che non
si nega un briciolo di polemica con i pacifisti che furono: «Cera
chi invocava una pace unilaterale con bandiere multicolori. Il nostro affetto
va a chi per la pace opera sul serio, con il tricolore, e il basco che portate
con orgoglio». La guerra continua. E anzi cè da aspettarsi un
aggravamento della
situazione. Il generale Rosario Castellano, comandante della «Folgore», è stato
molto esplicito nel suo briefing con il ministro: «Queste le previsioni per il
mese prossimo, quando si terranno le elezioni: se a luglio abbiamo avuto 134
attacchi, ce ne aspettiamo 179». Quattro al giorno. Lescalation
non ha risparmiato la regione Ovest, insomma, dove sono gli italiani. Sono
raddoppiati gli attacchi (136 nellultimo quadrimestre, erano stati 69
lanno scorso), gli ordigni esplosivi, i razzi lanciati contro le basi. Ma sarebbe offensivo
paragonare la base di Farah al Deserto dei Tartari. Qui i nemici ci sono,
eccome. «Solo che sono invisibili», spiega un baffuto maresciallo dei
carabinieri. «Tutto pare normale. Ma quando si esce di pattuglia può succedere
qualsiasi cosa». È quanto accaduto qualche giorno fa al caporale Di Lisio,
esperto artificiere. «Pensi che quei ragazzi da soli hanno disinnescato cinque
mine», si commuove padre Adriano, il cappellano militare. Forse proprio Di
Lisio si è accorto che qualcosa non andava. Lautoblindo Lince
sè fermata, ha fatto retromarcia per un metro e a quel punto è saltata in
aria. Un boato pazzesco: gli attentatori, alla maniera dei mafiosi di Capaci,
avevano scavato un tunnel sotto la strada e avevano piazzato settanta chili di esplosivo. Per
esplodere è bastato passarci sopra. Così lautomezzo di Di Lisio è
volato per aria; il tetto sè divelto; il mitragliere è rimasto
schiantato. «Ma noi non ci fermiamo e torniamo di pattuglia anche per lui»,
dice Fabio Barile, un altro
caporale che era in quel convoglio. Nemici invisibili, clima intollerabile,
pericolo costante. Questo è lAfghanistan di oggi.
DallOccidente arrivano truppe addestrate e bene armate, ma si trovano di
fronte una guerriglia furba, elastica, subdola. Gli «insurgens» possono essere
ovunque. I loro mezzi, banali. Gli esplosivi se li fanno in casa mescolando
fertilizzanti a gasolio e polvere di metallo. Gli inneschi sono ingegnose
rielaborazioni di molle, copertoni, pezzi di legno, bandoni di metallo. Alla fine,
larma migliore è luomo. «Le loro tecniche - racconta un
colonnello del genio artificieri - sono rudimentali, ma molto efficaci. Non
cè tecnologia che tenga contro un filo di ferro. Lunica
contromisura è un occhio addestrato. Bisogna scrutare il terreno, sospettare se cè
della terra smossa, o un cespuglio dove non dovrebbe, o mattoni impilati lungo
la carreggiata». E quindi ecco la vita quotidiana dei soldati. Pattuglie che
procedono lente per cercare di non cadere in trappola. Addestramento di truppe afghane sperando che un giorno
possano fare da soli. Intervento dal cielo con elicotteri da battaglia o
osservazione con droni senza pilota. Combattimento, in aree come Bala Murghab,
dove intere valli sono sotto controllo degli «insurgens». Spasmodica attività
di intelligence per monitorare ogni tensione tra clan, infiltrazione di taleban
o nervosismo di criminali vari. Dei duemilacinquecento soldati italiani che
sono da queste parti, con turni di sei mesi, cè chi da aprile
non è mai uscito dal cancello. Oppure chi esce di pattuglia ogni mattina e sfida la morte a ogni
curva. Il «surge» ordinato da Barack Obama, cioè la
grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense
distanze dellAfghanistan, sembra lontano. Preoccupa
piuttosto la campagna
elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori
confinano uno con laltro, i contingenti si scambiano
informazioni quotidianamente, i «nemici» sgusciano di qua e di là cercando di
assestare i loro colpi. «Lultima novità ci è stata segnalata dagli americani - dice ancora
il generale Castellano - e cioè aumentano le mine antiuomo». E ci sono
attentatori suicidi che fingono di essere pacifici contadini, si mostrano
ospitali e poi si fanno saltare quando una pattuglia è entrata in casa.
Purtroppo, le regole della guerra sono queste: Obama
ha ordinato ai suoi soldati di combattere casa per casa e gli «insurgens»
trasformano le case in trappole.
( da "Repubblica.it"
del 22-07-2009)
Argomenti: Obama
NEW YORK - Fermato
dalla polizia per aver cercato di entrare in casa propria, il professor Henry
Louis Gates jr, docente di letteratura americana ad Harvard, aveva più di una
ragione per protestare con il sergente James Crowley del Police Department di
Harvard, Massachussets. Ma il professor Gates è un nero, e il sergente Cromley
un bianco. Così, di fronte al poliziotto che gli chiedeva di farsi riconoscere,
il professore inviperito ha incominciato a urlare: "Perché? Mi trattate
così perché sono un uomo nero". Ed è finito in manette per resistenza e
oltraggio. L'ultima, paradossale storia di razzismo, nell'America di Obama, è una vicenda che richiama
allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una
celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto
tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa
nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: "L'incidente non deve
essere visto come nocivo della reputazione del professor Gates o della
polizia di Cambridge. Tutte le parti concordano che questa è la giusta
risoluzione di una sfortunata serie di circostanze". Letto, approvato e
controfirmato. Lo strano caso del professore nero arrestato per essere entrato
a casa sua, insomma, è tutto un equivoco. O forse no. Gates, amico del Nobel
nigeriano Wole Sovinka ma anche di numerose star afroamericane, da Tina Turner
in giù, è un vero luminare ad Harvard, ha scritto di Shakespeare e letteratura
bantu, rap e basket. Forse l'unica colpa è davvero quella di non essere molto
pratico con le chiavi. Rientrando da un giro di lezioni in Cina, l'altro
giorno, ha cercato di forzare la porta evidentemente difettosa, della sua nuova
casa di Cambridge, prima di farsi aiutare dal suo più pratico autista. Troppo
tardi: Lucia Whalen, 77 anni, una di quelle signore che contribuiscono ad
abbassare la soglia del crimine in America, aveva già chiamato il 911,
insospettita da quei "due uomini neri che cercavano di abbattere la porta,
uno facendo anche forza con la spalla". OAS_RICH('Middle'); Quando il
sergente Crowley è piombato sulla scena, ha trovato il professore sul divano di
casa. "Che ci fa qui, venga fuori?". "Che ci fa lei".
"Documenti, prego". "Lei non sa chi sono io".
"Documenti, esca". "Ora chiamo subito il capo della polizia e
lei vede". Le versioni, prima del comunicato congiunto finale, ovviamente
discordano, il sergente dice che il professore gli ha dato del razzista ed è
andato in escandescenze, il professore che il sergente lo ha assalito. Soltanto
quando Gates, finalmente, ha seguito il poliziotto davanti all'uscio di casa,
quello gli ha rinfacciato: "Grazie per aver acconsentito alla mia prima
richiesta". E sono scattate le manette. Tutto finito? Ieri sera sulla Cnn,
tv non certo di destra, le news di Rick Sanchez rispolveravano la vicenda sulla
vera nazionalità di Obama: perché tanti continuano a
credere che non sia nato in America? Non avremo davvero un presidente nato in
Africa? No, certe storie da queste parti non finiscono mai. (22 luglio 2009