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Report "Obama"  21-22 luglio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Il ministro La Russa va a Herat: È mio dovere vedere tutto con i miei occhi ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma poi c'è l'accelerazione delle operazioni voluta da Obama. Sul campo si stanno schierando migliaia di marines. Gli «insurgents», peraltro, sfuggono alla battaglia in campo aperto e colpiscono dove e come possono. Così, andando verso Herat, il ministro non può che enumerare i problemi. E sono tanti.

"Per gli alleati è l'ora delle scelte coraggiose" ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama e Berlusconi, Italia e Usa hanno una vasta agenda su cui lavorare assieme e le difficoltà di Obama sul piano interno lasciano intendere che l'Amministrazione può aver maggior bisogno del governo italiano». A che cosa si riferisce? «Al fatto che la popolarità di Obama è in calo e che le resistenze che incontra a Washington nel far progredire i suoi piani economici e di riforma

Bersagliato da sondaggi d'opinione negativi, ostacolato da senatori democratici scettici sul pr... ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama appare per la prima volta in affanno da quando, sei mesi fa, giurò come 44° presidente degli Stati Uniti. Le difficoltà vengono anzitutto dal fronte dell'economia: i segnali di ripresa sono deboli e non bastano a rassicurare una nazione con il 9,5 per cento di disoccupati e il tasso record di case pignorate.

La grande notte del Boss ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama per il quale tanto ha lottato, ma in questo «Working on a Dream Tour» sfodera un evidente divertimento, una foga fanciullesca: gioca a fare un po' l'imbonitore, un po' il fratellone maggiore di quelli che stanno sotto al palco. I quali, fieri del loro nastrino rosso al polso, a metà spettacolo gli porgono cartelli di cartone con sopra scritti titoli che vorrebbero ascoltare,

Labuan, ultimo rifugio dei pirati della finanza ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: in palio i 52 mila nomi di evasori statunitensi, che Obama vuole e Berna nega. Ma è anche il tempo della fioritura di un paradiso emergente nell'isola malese di Labuan a 8 chilometri dal Borneo. Il Tax Justice Network, ente no profit con base a Londra che si batte contro i paradisi fiscali, ne ha denunciato i forti progressi.

sulla sanità cade il consenso di obama - vitttorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il caso Sulla sanità cade il consenso di Obama VITTTORIO ZUCCONI E anche il cavallo di Barack Obama s´impuntò davanti all´ostacolo storico che nessun presidente americano è mai riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per cento di approvazione e 37 di disapprovazione,

sanità, primo scivolone di obama - angelo aquaro ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: primo scivolone di Obama Il Presidente cala nei sondaggi ma insiste: "Non sarà la mia Waterloo" I repubblicani: "è una riforma socialista". La replica: "Bisogna agire subito" ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Un sondaggio che è un grido d´allarme, e una risposta che è un grido di battaglia.

e la mattina patrizia disse a tarantini: ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama sta per essere eletto alla Casa Bianca. Berlusconi invita la D´Addario nel «lettone di Putin». SB: Questo [libro?] l´ho disegnato io PD: L´hai fatto molto bene SB: L´altra volta ce l´avevi? PD: Sì SB: C´eri già l´altra volta? PD: Sì SB: Ma tu pensa.

sulla sanità cade il consenso di obama - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: CONSENSO DI OBAMA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) I due partiti di opinione pubblica sono vicinissimi, 49 per cento con lui, 44 per cento contro e questa è la prima, grande crisi di una Presidenza che sembrava incantata e invulnerabile. L´enigma del perché gli Usa siano la sola grande nazione civile a non avere una copertura sanitaria universale resta e si ripropone decade dopo decade.

quando la medicina è nelle mani della politica - francesco merlo ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: virus dunque si muta nel suo contrario come Michael Jackson che sbiancava e come Obama che annerisce, ma sempre per meglio colpire, per confondere e aggirare i vaccinatori e più sapientemente farsi pandemia, quasi sapesse che la società degli uomini non si dispera troppo finché la malattia colpisce i paesi già sofferenti, i poveri, gli anonimi, i corpi già segnati dal sottosviluppo.

chapman, i sogni folk dell'america nera - fulvio paloscia ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il paese che vede in Obama la speranza per riemergere dalla melma del pregiudizio e della crisi economica e morale: Tracy Chapman sarà al Parco della Fortezza Medicea (ore 21, 12 euro) da sola con la sua voce nera fin nel midollo e la sua chitarra per raccontare storie di povertà in una terra sfacciatamente opulenta, la disperazione di chi vive ai limiti della società.

premio a repubblicascuola, il giornale online dei giovani - federico pace ( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La vittoria di Barack Obama, i problemi di sicurezza nelle scuole e il crollo al liceo Darwin di Rivoli che ha ucciso lo studente Vito Scafidi. La crisi economica e le ore trascorse in chat. Il terremoto in Abruzzo. Il senso della vita di fronte alla vicenda di Eluana Englaro.

TROPPI RITARDI SULLE BANCHE ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama, nel tradurre le lezioni della crisi in nuove regole per le banche. Alle riforme si preferiscono i richiami all'etica, quasi l'etica fosse un sostituto delle leggi. Oppure si solletica la pruderie dei cittadini puntando il dito sui compensi dei banchieri: certo, gli incentivi spesso sono stati mal congegnati,

con il Papa ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 L' «impegno» con il Papa Lo scorso 10 luglio Obama ha incontrato il Papa ( Ansa ). «Il presidente ha affermato il proprio impegno a ridurre il numero degli aborti», fece sapere il Vaticano dopo il colloquio

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha detto Obama. «Ed è per questo - ha aggiunto - che le proposte di riforma delle regole finanziarie che abbiamo avanzato sono così importanti». Obama ha presentato un piano di riforma del modo in cui il governo Usa vigila sui mercati finanziari: tra le proposte, maggiori poteri di supervisione alla Federal Reserve e all'esecutivo su aspetti prima non regolamentati.

Soldi pubblici per gli aborti nella riforma sanitaria Usa ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: assalto di Obama DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Il presidente Obama parla bene e razzola male? In tema d'aborto si direbbe di sì. «I soldi dei contribuenti saranno usati per pagare gli aborti in America», scrive il New York Times , secondo cui la riforma sanitaria che il presidente Usa vorrebbe varare prima della pausa estiva finirà per elargire fondi federali pro-

nelle zone calde della movida ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma Alemanno lancia un ponte anche al presidente Obama: «Sono rimasto entusiasmato dal suo richiamo ai valori umani: lui sfugge alle nostre categorie di destra e sinistra. E a tutti noi europei deve insegnare a riprendere la speranza, il cambiamento per darsi grandi obiettivi comuni come finalità della politica».

Sanità, primo scivolone di Obama "Ma non sarà la mia Waterloo" ( da "Repubblica.it" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: da Obama ma foriera, secondo molti, di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento. Ma la risposta del presidente non s'è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children National Medical Center: "Anche se le famiglie americane sono state colpite da una spirale crescente di costi,

E sulla sanità cade il consenso ( da "Repubblica.it" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di Barack Obama s'impuntò davanti all'ostacolo storico che nessun presidente americano è mai riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per cento di approvazione e 37 di disapprovazione, sulla riforma della sanità negli Stati Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo.

"La riforma della Sanità è vicina" Ma il Congresso rallenta Obama ( da "Stampaweb, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: americano Barack Obama ha detto che l?America «è più vicina» ad una riforma sanitaria che estenderà la protezione a milioni di cittadini che sono in questo momento scoperti. Obama, in una dichiarazione alla casa Bianca, ha sollecitato il Congresso a non «cadere vittima dei soliti giochi politici» lavorando invece per far passare «una riforma di cui gli americani hanno molto bisogno»

La riforma impossibile ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma dopo la vittoria il massimo che riuscì a fare fu ritoccare il «Medicare» di Johnson, aumentando medicine e cure per i più anziani. Negli ultimi tre decenni il volto di Washington che più ha tentato di vincere la «sfida impossibile» è stato il senatore del Massachusetts Ted Kennedy, oggi a fianco di Obama ma fiaccato dalla grave malattia che lo ha colpito. \

"Sanità universale, abbiamo 3 settimane" ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: abbiamo 3 settimane" Professor Marino, ce la farà Barack Obama a condurre in porto la riforma sanitaria? «Sì, sono convinto di sì. Non è possibile che un paese che ha la forza economica di mantenere in giro per il mondo più di mille basi militari non possa garantire a quasi cinquanta milioni di suoi cittadini l'assistenza sanitaria.

L'opposizione si affida a Bill Kristol, che nel '93 affossò la riforma di Bill e Hillary Clinton ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama si rivolge alla nazione dal Giardino delle Rose della Casa Bianca per convincere il Congresso a rompere gli indugi e approvare la riforma della sanità entro tre settimane. Obama si riconosce nella bozza di legge varata dai leader democratici della Camera, quell'«America's Affordable Health Choices Act» che promette la copertura sanitaria per il 97 per cento dei cittadini entro

La base di Farah dove sono barricati i soldati mandati dall'Italia a scrutare le aride montagne... ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ordinato da Barack Obama, cioè la grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense distanze dell'Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la campagna elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori confinano uno con l'altro, i contingenti si scambiano informazioni quotidianamente,

Una sentenza cancella la libertà di ricerca ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di vietare la ricerca sulle staminali embrionali non è diversa da quella di Obama, che non ha consentito di finanziare con fondi federali la creazione a scopo sperimentale di embrioni e la clonazione terapeutica. Argomento singolare: come se fosse la stessa cosa togliere un divieto, lasciandone qualcuno già esistente, e introdurne uno senza che vi sia una base giuridica per farlo.

harvard, polizia sotto accusa "professore arrestato perché nero" ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, è una vicenda che richiama allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: «L´incidente non deve essere visto come nocivo della reputazione del

guantanamo, stop al piano di obama - angelo aquaro ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: stop al piano di Obama Rinviato il rapporto della Casa Bianca: "Ancora troppi nodi da sciogliere" Dal Senato l´unica nota positiva: depennata l´"inutile spesa" per 7 nuovi F22 Il presidente aveva promesso che sarebbe stato chiuso entro il 22 gennaio 2010 ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - La strada per chiudere Guantanamo si rivela più lunga del previsto per Barack Obama.

sorelle bush - angelo aquaro new york ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Come il papà cristiano rinato e ri-sobrio, anche le due ragazze ormai sembrano avviate su una china più tranquilla. Ed è proprio dall´alto della loro esperienza che hanno indirizzato alle figlie di Obama pochi consigli sulla vita alla Casa Bianca. «Care Masha e Malia, quando siamo entrate eravamo bambine come voi...». Papà Obama è avvisato.

fed: l'economia migliora tassi bassi per due anni - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e Obama potrà confermarlo o sostituirlo, ha anche evidenziato il rallentamento del declino economico, che potrebbe essere incoraggiante se la disoccupazione non fosse in crescita (l´allarme lavoro frena la corsa del dollaro passato di mano 1,4182 dollari, dopo aver toccato un massimo da sei settimane a 1,

fondi italiani in crisi pesa il doppio gioco delle nostre banche ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: obama abbatte i caccia invisibili] NEW YORK - La Lockheed Martin si è affidata ai parlamentari delle zone di produzione per mantenere in vita il programma degli F-22, i caccia invisibili ai radar. Ma non c´è stato nulla da fare: con 58 voti contro 40, il Senato ha approvato i tagli voluti da Obama e sostenuti persino dal suo ex-

al risveglio a palazzo grazioli il cavaliere disse a patrizia "ora dammi il tuo cognome" ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama è il nuovo presidente Usa, Silvio e Patrizia fanno colazione a Palazzo Grazioli. Patrizia D´Addario: Scusami (ero in bagno) Silvio Berlusconi: Allora, come stai? PD: Io bene. Tu? SB: Tranquillo. Allora, prendiamo il caffè o il tè? PD: Tè SB: Allora io vado via, tu ti leggi il giornale PD: Che prendo?

la rivoluzione noir di paco ignacio taibo ii ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama e gli Usa in testa ? che dicono di mettere la fame e l´ambiente come priorità assolute, e poi proteggono le banche e le industrie. Noi la rivoluzione la facciamo davvero. Partendo da un libro, dalla lettura. Dalla cultura e della festa popolare.

Obama accusa le banche: mancano di umiltà ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 2 Il presidente Usa Obama accusa le banche: mancano di umiltà MILANO Il presidente americano Barack Obama prende atto che «alcune delle maggiori banche» hanno rimborsato i prestiti pubblici, ma sottolinea che «quello che non si è ancora visto è un cambio di cultura, una certa umiltà che porti le persone a dire 'cielo, abbiamo fatto davvero danni'

Inchiesta Tarantini I pm accelerano su escort e droga ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ma anche dalle parole di Barbara Montereale e Lucia Rossini che erano con lei la notte dell'elezione di Barack Obama e la lasciarono nella camera da letto del premier. Il resto l'avrebbe fatto Terry De Niccolò, che Gianpaolo Tarantini portò nella residenza romana a metà settembre 2008, dunque poche settimane dopo aver conosciuto Silvio Berlusconi a Villa Certosa.

Chi è il prossimo? Barack Obama? ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama? di BEPPE SEVERGNINI Il prossimo sarà Barack Obama? Arrestare Henry Louis Gates jr s'è rivelato più di un errore, peggio di un malinteso: è stato un mezzo disastro. Il professor Gates è uno degli studiosi più stimati d'America, di certo il più celebre tra gli afro-americani.

Arrestato il docente nero: ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: dopo la storica elezione di Barack Obama, continua a guardare la realtà con le lenti deformate di un'intolleranza impermeabile a cultura, status sociale o traguardi personali. Ed è certamente singolare che sia accaduta a pochi isolati da Harvard Square, dove ha studiato il primo presidente nero degli Stati Uniti che proprio qualche giorno fa aveva messo in guardia il paese dal «

Rinviato il rapporto su Guantanamo E la chiusura ora potrebbe slittare ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ma Obama lo sospese. Attualmente, i detenuti a Guantanamo sono 229, dal suo ingresso alla Casa Bianca Obama è riuscito a indurre altri Paesi, tra cui l'Italia, ad accettarne solo 16. Alle elezioni, Obama si mostrò consapevole del problema di Guantanamo: «Sarà una delle maggiori sfide della mia amministrazione».

I summit della Sec? Si seguono sul web ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: nominata a gennaio da Barack Obama. Spetta al numero uno, è normale, aprire e chiudere le sedute, spiegare le delibere della Sec. Meno scontato, almeno al di qua dell'Oceano, è che tutto ciò avvenga «in diretta». Le riunioni della Security Exchange Commission sono quasi tutte pubbliche, così pubbliche che possono essere seguite dal sito,

No R 48,5 ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: it La domanda di oggi È giusto concedere aiuti statali a cinema e teatro sottraendo la cultura alle leggi del mercato? Sì R 51,5 No R 48,5 Pensate che al di là dell'immagine Obama stia agendo in modo davvero diverso dai presidenti che lo hanno preceduto?

Foer: ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, l'autore di Ogni cosa è illuminata ha lanciato con l'amico Jonathan Franzen «Air, land and sea», raccolta di fondi per associazioni ambientaliste e animaliste. E all'insegna dell'impegno è la sua prossima fatica, ancora senza titolo. Un thriller fantascientifico ambientato in un mondo parallelo: uno Stato totalitario dove tutti sono ripresi in video e troupe cinematografiche

Nel fortino dei parà: "Scaltro e invisibile il nemico è ovunque" ( da "Stampaweb, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il «surge» ordinato da Barack Obama, cioè la grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense distanze dell?Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la campagna elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori confinano uno con l?

Harvard, polizia sotto accusa "Professore arrestato perché nero" ( da "Repubblica.it" del 22-07-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, è una vicenda che richiama allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: "L'incidente non deve essere visto come nocivo della reputazione del


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Il ministro La Russa va a Herat: È mio dovere vedere tutto con i miei occhi (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Il ministro La Russa va a Herat: «È mio dovere vedere tutto con i miei occhi» [FIRMA]FRANCESCO GRIGNETTI ABU DHABI La fornace afghana l'attende. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si precipita in Afghanistan, a Herat, qualche giorno dopo la morte del caporale Di Lisio, accompagnato da quattro parlamentari (due del Pdl, Paglia e Ravetto; due Pd, Del Vecchio e Pinotti) e da un gruppo di generali dello Stato maggiore perché «voglio rendermi conto di persona della situazione. A volte ci sono sfumature che nei rapporti non entrano. Penso che il ministro abbia il dovere, e il diritto, di andare sul campo». E mentre parla, e nel suo staff non si nasconde la preoccupazione per l'estate di bombe che si approssima, s'intuisce l'ansia di un ministro che teme che il peggio non sia ancora arrivato. Alle porte ci sono le presidenziali e già questo rischia di arroventare la situazione; in Afghanistan, la campagna elettorale si fa a suon di morti. I taleban hanno tutto l'interesse a sabotare il processo democratico e la Nato aumenta gli organici. Gli italiani stanno spostando in zona 500 nuovi soldati. Probabilmente resteranno fino all'autunno. Ma poi c'è l'accelerazione delle operazioni voluta da Obama. Sul campo si stanno schierando migliaia di marines. Gli «insurgents», peraltro, sfuggono alla battaglia in campo aperto e colpiscono dove e come possono. Così, andando verso Herat, il ministro non può che enumerare i problemi. E sono tanti. Primo, «sondare lo stato d'animo dei soldati». Ma la sua presenza non vuole essere un'entrata a gamba tesa nel lavoro dei generali. Piuttosto, vuole capire alcune questioni che proprio gli stati maggiori gli hanno posto. L'adeguamento dei mezzi, ad esempio. «Non ci voleva la sfera di cristallo - dice - per capire che la "ralla" delle autoblindo era un problema. Sono settimane che insisto che bisogna fare qualcosa per aumentare le protezioni all'uomo che sta col busto di fuori, alla mitragliatrice. Ora sono in arrivo». Oppure certe sovrapposizioni tra alleati. «Vado a verificare il livello di inter-operabilità», dice il ministro. Dietro questo termine criptico, c'è un nodo diplomatico. Nella zona di Farah, a competenza italiana, sono finiti alcuni battaglioni di marines che dipendono dal comando Usa. «Non dico che ci sia un problema. Vado appunto a verificare che non possano insorgerne. La sovrapposizione c'è. Forse sarebbe meglio evitarla». E se dei cacciabombardieri Tornado il ministro ha già detto che vorrebbe liberarli da troppi vincoli («Non dico bombardamenti, ma perché non usare lo stesso cannoncino di bordo che pure facciamo usare agli elicotteri? E' successo che dei nostri Tornado abbiano sorvolato un'area dove erano in corso violenti combattimenti e non abbiano potuto fare altro che osservare dall'alto»), in verità anche La Russa sogna la «exit strategy». Intanto si va via da Kabul e ci si concentra a Ovest: in autunno, gli ultimi 500 italiani lasceranno la capitale e apriranno una nuova base a metà strada tra Herat e Farah. Poi, alla maniera irachena, si spera di costituire un esercito e una polizia afghana. Ma questa forse è la partita più difficile. «Paradossalmente, in Iraq, dove pure non è stato uno scherzo, è stato più facile. Intanto perché l'Afghanistan è il primo produttore al mondo di oppio. E poi storicamente perché è stato impossibile per chiunque, soldato straniero, governarlo. L'unica è che si governino da sé. Ma finora i soldati afghani facevano tanto addestramento e poi, quando si trattava di combattere... Mi dicono però che ora stanno facendo grandi passi in avanti». Infine, il colpo di teatro di cui tanto si parla: saranno possibili trattative con qualche taleban? Se persino Obama ci pensa, forse sta per giungere il momento che la parola non sia affidata solo alle armi. «Su questo c'è una posizione italiana di non preclusione ideologica. Né invitiamo, né osteggiamo. Se servisse, ben venga».

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"Per gli alleati è l'ora delle scelte coraggiose" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Intervista Gianni Castellaneta "Per gli alleati è l'ora delle scelte coraggiose" DAL CORRISPONDENTE DA NEW YORK Per l'Italia è il momento di fare scelte coraggiose, anche sull'Afghanistan». Gianni Castellaneta, ambasciatore a Washington, parla di «nuovo inizio» con gli Usa dopo il summit dell'Aquila. Che cosa è cambiato fra Italia e Stati Uniti dopo il G8? «Si è aperta una nuova stagione fra Obama e Berlusconi, Italia e Usa hanno una vasta agenda su cui lavorare assieme e le difficoltà di Obama sul piano interno lasciano intendere che l'Amministrazione può aver maggior bisogno del governo italiano». A che cosa si riferisce? «Al fatto che la popolarità di Obama è in calo e che le resistenze che incontra a Washington nel far progredire i suoi piani economici e di riforma assegnano maggiore importanza a temi internazionali come sicurezza alimentare, non proliferazione, impegno in Afghanistan, difesa del clima, energia rinnovabile,accordi di Doha e chiusura di Guantanamo sui quali l'Italia può fare molto. A un patto però...». Quale? «Dobbiamo dimostrare di avere coraggio». Anche sull'Afghanistan? «Ci troviamo all'inizio di un periodo politico molto delicato a Washington, che si concluderà nel novembre 2010 con le elezioni per il rinnovo del Congresso. E' in questo spazio di tempo che, compiendo scelte coraggiose su terreni come la lotta al terrorismo e l'impegno in Afghanistan, dove già facciamo molto, l'Italia potrà conquistare un ruolo di primo piano agli occhi dell'Amministrazione. Penso alla sicurezza alimentare, che è stata al centro del G8, sta a cuore di Obama e vede l'Italia in una posizione-chiave, perché ospitiamo il polo alimentare Onu a Roma». E contro la proliferazione nucleare? «L'Italia è presidente di turno del G8 fino alla fine dell'anno. Al G20 di Pittsburgh potrebbe tornare a riunirsi proprio il G8 per adottare le decisioni sull'Iran di cui Obama ha parlato al termine dei lavori dell'Aquila». Al Senato sono iniziate le audizioni di David Thorne, nuovo ambasciatore Usa a Roma. Che cosa dobbiamo aspettarci? «E' una persona molto dinamica. I suoi interessi vertono in gran parte sull'economia, proprio come il suo predecessore Ronald Spogli. E parla bene l'italiano, essendo vissuto nel nostro Paese da bambino. Credo darà attenzione ai temi della crescita e dello sviluppo». Lei è stato presente a tutti gli incontri di Obama durante la visita in Italia. Che impressione ne ha tratto? «Obama ascolta molto». E la sua famiglia? «Michelle e le figlie sono molto alla mano. Quando sono andato a Pratica di Mare per salutarle alla partenza, Malia e Sasha mi hanno detto di aver apprezzato molto il gelato a Roma». \

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Bersagliato da sondaggi d'opinione negativi, ostacolato da senatori democratici scettici sul pr... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Bersagliato da sondaggi d'opinione negativi, ostacolato da senatori democratici scettici sul progetto di riforma sanitaria «all'europea» e alle prese con la crisi del soldato rapito dai taleban in Afghanistan, Barack Obama appare per la prima volta in affanno da quando, sei mesi fa, giurò come 44° presidente degli Stati Uniti. Le difficoltà vengono anzitutto dal fronte dell'economia: i segnali di ripresa sono deboli e non bastano a rassicurare una nazione con il 9,5 per cento di disoccupati e il tasso record di case pignorate. I 787 miliardi di dollari pubblici di stimoli tardano a essere elargiti, sollevando denunce di sprechi. In queste condizioni la percentuale di cittadini che si fida del mega-progetto di riforma sanitaria scivola sotto il 50 per cento, per non parlare della gestione del deficit federale, dove il presidente riscuote la fiducia solo di 43 americani su 100. Ciò che fiacca il presidente, come svela un sondaggio Washington-Abc, è l'affermarsi progressivo dell'idea che sia «un democratico vecchio-stile-tassa-e-spendi» alla Jimmy Carter piuttosto che «il nuovo leader» cui l'America diede il voto in novembre. Per tentare di risalire la china, Obama va all'attacco con le armi che sa usare meglio: una raffica di interviste tv sui dettagli della riforma sanitaria per sostenere che «spenderemo di meno e non di più» e un discorso di dieci minuti ai cittadini per accusare l'opposizione repubblicana di «perseverare nei giochi politici» all'unico fine di «preservare lo status quo». Saranno le prossime settimane a dire se tanto basterà per invertire una tendenza che - secondo l'agenzia di sondaggi Rasmussen - lo obbligherebbe a un testa a testa con il repubblicano Mitt Romney se si votasse oggi per la Casa Bianca. Di certo la seconda metà dell'anno non si annuncia rosea per Barack. Verranno infatti al pettine i nodi di politica estera che lui stesso ha creato con le sue scelte: il collasso del dialogo con Teheran lo obbliga a cercare in settembre al G20 un difficile accordo con Russia e Cina sulle nuove sanzioni contro il programma nucleare; il rifiuto di Cina e India di tagliare le emissioni di gas inquinanti rischia di far fallire la conferenza sul clima che l'Onu terrà in dicembre a Copenhagen. (Maurizio Molinari)

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La grande notte del Boss (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

QUESTA SERA SPRINGSTEEN ALL'OLIMPICO La grande notte del Boss Bruce Springsteen non finisce mai di stupire. Quando pensi di averne scoperti anche i più reconditi risvolti spettacolari, dopo averlo visto nei decenni su tutti i palchi d'Europa e d'America, da solo o con varie band, te lo ritrovi davanti e ti accorgi, come ora dopo il concerto di Roma e in attesa stasera di Torino, che ha fatto un altro passo inaspettato, spiazzante, nella sua arte live. L'artista rigoroso, duro e puro, che salirà allo Stadio Olimpico sull'avaro palco nero - dunque autenticamente rock - dotato solo di tre maxischermi e di qualche fila di luci, ha da una parte inglobato una maggiore leggerezza d'animo, e dall'altra ha fatto un passo deciso verso una interpretazione più matura e compiuta. Sono due aspetti contrapposti, ma convivono benissimo in un personaggio che merita grande rispetto al di là dell'apprezzamento per la sua arte (càpita, per esempio, che De Gregori non lo ami). Lo Springsteen di oggi è meno legato al proprio ruolo di moderno bardo, si vive in modo meno sacrale. Sarà l'arrivo di Obama per il quale tanto ha lottato, ma in questo «Working on a Dream Tour» sfodera un evidente divertimento, una foga fanciullesca: gioca a fare un po' l'imbonitore, un po' il fratellone maggiore di quelli che stanno sotto al palco. I quali, fieri del loro nastrino rosso al polso, a metà spettacolo gli porgono cartelli di cartone con sopra scritti titoli che vorrebbero ascoltare, della sua infinita produzione. Sono momenti divertenti, per quel sorriso e le battute che gli fioriscono, per il modo divertito con il quale raccoglie le richieste o fa cantare i due bambinetti, figli di una coppia di Imola, che lo seguono dappertutto in questo tour, come tanti altri pazzi per Bruce. All'improvviso, poi, lo vedi salire sul pianoforte, come Elton John ai tempi d'oro, al suono di «Raise You Hand». Ma mentre Elton ora si farebbe costruire un piccolo ascensore, lui (fra poco sessantenne) sale e scende con un salto: il suo è anche uno spettacolo di prestazioni fisiche, di un'energia che lascia sbalorditi. Pure per la potenza e la precisione vocale. In questo, gli fa da contrappunto una E-Street Band un pochino più provata: se Max Weinberg sembra rivitalizzato alla batteria (dopo il passaggio al suo posto per alcune settimane del figlio Jay), Nils Logfren deve fare i conti con una doppia operazione all'anca, e anche lo smisurato Clarence Clemmons si è già operato una volta e dovrà ripetere dall'altra parte. Noie del ritmo, e questo nulla toglie alla compattezza dell'insieme, ma il più veloce è sempre Bruce: che a Roma ha mostrato, ballando all'una e mezza di notte con mamma Adele sul palco con «American Land», di che pasta sono le radici della sua forza. L'ultraottantenne indistruttibile signora sta facendo una vacanza in Italia con la sorella, e non verrà a Torino a ballare ancora con il figlio: che non ha bisogno di lei per il suo concerto di 3 ore e 5 minuti, dove cambia scaletta ogni sera, mantenendo uno zoccolo duro di pezzi che partono da «Badlands» e vanno a «Seeds» e «Johnny '99» o «Atlantic City» da «Nebraska», capolavori di canti sulla crisi economica, e risuonano contemporanei per noi dato l'argomento; sempre presenti «The Rising» e l'amata «Born tu Run», finora. Ma ogni sera accade l'imprevedibile, stasera potrebbe spuntare «Rosalita» e scomparire la bollente «I'm on Fire» di domenica; si va a sorpresa anche con i pezzi nuovi di «Working on a Dream», tranne per «Outlaw Pete», in arrangiamento quasi sinfonico, che Bruce sempre interpreta, sfoderando un piglio accorato, quasi recitativo, eccellente, sullo sfondo di un cielo infuocato che ricorda la musica western dell'amato Morricone. E ci sono le cover: a Roma, nel finale, «Twist&Shout», a Torino vedremo. Intanto, si fa un gran parlare sulla non-apparizione di Patti Scialfa, la moglie, sul palco di questo tour. Artisticamente, è stata rimpiazzata da due coriste, il che significa che non ci sarà mai una sua presenza; sentimentalmente, dopo i gossip sui tradimenti del Boss, se ne sentono di tutti i colori, e il matrimonio pare in pericolo, anche se Bruce nella sua unica intervista italiana ha precisato che la moglie sta a casa per occuparsi dei figli. In realtà, i due maschi Evan e Sam, 18 e 15 anni, sono rimasti a Roma fino a domenica, quando sono ripartiti per raggiungere nel New Jersey la mamma e la sorella Jessica.

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Labuan, ultimo rifugio dei pirati della finanza (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

LE BANCHE PIÙ ATTIVE La storia Registrate 7 mila società offshore Labuan, ultimo rifugio dei pirati della finanza Abn Amro, Barclays Citigroup e Bnp Paribas Nessun istituto italiano Il nuovo paradiso fiscale nell'isola malese cara a Sandokan GLAUCO MAGGI NEW YORK Da Guglielmo Tell alla Perla di Labuan. Il testimone della foresta più gelosa dei propri segreti (bancari) passa dal cantone svizzero di Uri all'isola porto-franco della Malesia. Sono i giorni carichi di tensione dell'attacco americano alla fortezza della banca Ubs: in palio i 52 mila nomi di evasori statunitensi, che Obama vuole e Berna nega. Ma è anche il tempo della fioritura di un paradiso emergente nell'isola malese di Labuan a 8 chilometri dal Borneo. Il Tax Justice Network, ente no profit con base a Londra che si batte contro i paradisi fiscali, ne ha denunciato i forti progressi. Dal 2002 le autorità di Labuan tengono persino road show in Cina e Hong Kong, promuovendo servizi di assoluta riservatezza accompagnati da assenza di tasse sugli utili per le corporation in fuga dal fisco. La Malesia si sta specializzando nell'emissione di sukuks, bond che rispettano la legge islamica, e punta a essere leader di quel mercato. Ma nei corridoi della locale Associazione delle banche offshore (fondata da sei istituti, ne conta oggi 41 da tutto il mondo) non si fanno questioni di fede. I nomi? Tutti i più importanti, o quasi: Abn Amro, Bank of Tokyo Mitsubishi, Barclays, Bnp Paribas, Citibank, Credit Suisse, Deutsche Bank, Hsbc, Ing, Jp Morgan, Lloyds Tsb, Macquarie, Rabobank, Societe Generale, Royal Bank of Scotland, Standard Chartered, Sumitomo, Ubs, più altre banche di Medio Oriente e Asia (assenti le banche italiane). L'anno passato a Labuan hanno registrato la loro attività 6.868 compagnie offshore da 85 paesi, riporta la rivista Forbes, tre volte tanto le 2.211 che si erano iscritte dieci anni fa. Analizzando le sedi delle sussidiarie di 195 tra le maggiori multinazionali quotate di Usa, Gran Bretagna, Olanda e Francia, il Tax Justice Network ha scoperto che Labuan ospita ben 104 sedi distaccate. È un numero rilevante, poiché in pochi anni ha piazzato la "perla" fiscale davanti a Panama (che conta 85 sussidiarie) e all'Isola di Man (che ne ha 94). Nel mirino della Tigre malese sempre più affamata ci sono ora Guernsey, a quota 122, e le mitiche Bahamas, con 143. I circa 85 mila abitanti, per il 78% malesi-bumiputra, il 15,5% cinesi, l'1% indiani sono sparsi su 75 chilometri quadrati di terreno pianeggiante, ancora vergine e coperto da fitta vegetazione per oltre i tre quarti dell'isola. La storia di Labuan è stata segnata dal passaggio dal Sultano del Brunei agli inglesi, nel 1846, e da oltre un secolo di dominio di Sua Maestà, con una breve parentesi giapponese durante la seconda guerra mondiale. Riconquistata dagli australiani, Labuan è tornata sotto Londra ed è stata annessa alla federazione malese nel 1963: prima come parte della Stato di Sabah, e dal 1984 sotto il governo federale. La decisione di farne un porto franco è del 1990: Sandokan, la tigre di Mompracem dei romanzi di Emilio Salgari che s'innamora di Marianna, la "perla di Labuan", lascia il posto all'aggressività della nuova tigre finanziaria. Il G8 ha dichiarato guerra ai "rifugi" e l'Ocse nell'aprile scorso ha etichettato la Malesia-Labuan un «paradiso fiscale non cooperativo». Il governo malese ha accettato di collaborare nella caccia di chi truffa il fisco e Labuan è stata cancellata dalla lista nera. Ma che ciò possa portare all'abbandono del regime di segretezza dei conti bancari dell'isola è poco credibile. L'Ocse richiede le prove di crimini gravi per intervenire, e Labuan, mentre ha accettato di reprimere i casi indifendibili, ha migliorato l'operatività del porto franco. È stato abolito l'obbligo della presenza fisica nell'isola remota, e l'attività delle sussidiarie con base a Labuan può essere condotta dalla capitale Kuala Lumpur. Una bella casella postale nelle strade che furono teatro delle novelle di Salgari, e il sogno della perla di Labuan si perpetua.

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sulla sanità cade il consenso di obama - vitttorio zucconi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Il caso Sulla sanità cade il consenso di Obama VITTTORIO ZUCCONI E anche il cavallo di Barack Obama s´impuntò davanti all´ostacolo storico che nessun presidente americano è mai riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per cento di approvazione e 37 di disapprovazione, sulla riforma della sanità negli Stati Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo. SEGUE A PAGINA 25

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sanità, primo scivolone di obama - angelo aquaro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Esteri Sanità, primo scivolone di Obama Il Presidente cala nei sondaggi ma insiste: "Non sarà la mia Waterloo" I repubblicani: "è una riforma socialista". La replica: "Bisogna agire subito" ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Un sondaggio che è un grido d´allarme, e una risposta che è un grido di battaglia. Ieri l´America ha mandato un segnale fortissimo al presidente più amato, crollato nei sondaggi di sei punti in un solo mese, e il cui gradimento è sceso per la prima volta sotto la soglia del 60 per cento, fermo al 57. Una raffica di percentuali sparate da Abc e Washington Post ha fatto tremare Washington: soprattutto sulla riforma sanitaria, la rivoluzione voluta da Obama ma foriera, secondo molti, di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento. Ma la risposta del presidente non s´è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children National Medical Center: «Anche se le famiglie americane sono state colpite da una spirale crescente di costi, le compagnie assicurative e i loro manager hanno continuato a fare profitti». Un discorso durissimo. Con l´obiettivo ben chiaro: la riforma deve passare in commissione alla Camera entro la fine dei lavori in agosto, per approvare la legge entro l´autunno. «Anno dopo anno abbiamo continuato a fare resistenza. Ma se non agiamo, e se non agiamo adesso, nulla potrà mai cambiare». David Axelrod, il suo consigliere, l´aveva anticipato: quando la situazione si fa dura, tocca al presidente mettersi in gioco. Ma il tempo stringe. Dall´aprile scorso, quando è stata lanciato il primo progetto di riforma, gli americani che lo sostengono sono passati dal 57 al 49 per cento. Gli oppositori sono cresciuti in una proporzione ancora maggiore, dal 29 al 44, confermando l´effetto negativo che la mobilitazione sul tema ha portato. L´America, l´unico Paese sviluppato al mondo che non ha una copertura sanitaria per tutti, teme che il piano finisca sulle spalle dei contribuenti. Il presidente continua a sostenere che a pagare devono essere solo i ricchi. Il New York Times racconta il mal di pancia dei senatori democratici che provengono dalle zone più benestanti: con che faccia ci presentiamo agli elettori? Scende in campo la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Gli aumenti riguardano i redditi superiori ai 350mila dollari a famiglia? «Portiamo il limite più in alto, pensiamo a un tetto da mezzo milione», dice in un´intervista a ThePolitico, «facciamo capire che a pagare saranno soltanto gli americani ricchi davvero». A sei mesi dall´elezione, la riforma sanitaria rischia di trasformarsi nell´Obama test. Il Washington Post, oltre a servirgli lo scherzo del sondaggio, ricorda che Bill Clinton scivolò proprio sulla sua riforma sanitaria, un fallimento che provocò, nel ‘94, l´inondazione repubblicana. Michael Steele, chairman dei repubblicani, attacca: dice che la riforma del presidente è «socialista», dice che l´idea di un´assicurazione sanitaria statale che affianchi quelle private «è un esperimento rischioso, che rischia di compromettere l´economia». Il più scatenato è Jim DeMint, il senatore ultraconservatore che fu già fustiga-spese perfino sotto Bush: «Dobbiamo fermarlo su questo, e se lo fermeremo su questo sarà la sua Waterloo». Ma Obama non s´è tirato indietro di fronte alla provocazione. E, tranquillo, ha ribadito in diretta tv: «Ho sentito dire che questa dovrebbe diventare la mia Waterloo. Guardate, non è un problema del presidente. è un problema politico. Il problema di un sistema sanitario che sta distruggendo le famiglie americane».

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e la mattina patrizia disse a tarantini: (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Interni "Silvio è affettuoso, ma non mi ha dato la busta" E la mattina Patrizia disse a Tarantini: Non sembravo stanco, ho fatto un bellissimo discorso... Io sto partendo per Mosca, ti chiamo quando torno. Ciao tesoro Gli ho dato il mio numero, l´ha voluto stamattina, anche il mio cognome. Ha detto che mi avrebbe aiutata sul cantiere E poi mi ha detto che vuole rivedermi con un´amica perché in due... tutta la notte non abbiamo dormito Mi faccio una doccia anch´io. E poi, e poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu?... Quello di Putin Diceva la verità Patrizia D´Addario, quando raccontava ai magistrati e ai giornali di essere stata due volte a palazzo Grazioli, sede privata del presidente del Consiglio. La escort barese aveva detto di essere stata a due feste in casa di Silvio Berlusconi e di aver registrato quegli incontri. Ecco la trascrizione di quelle registrazioni che L´Espresso ha reso disponibili sul suo sito. Dal primo incontro di metà ottobre 2008 all´appuntamento «nel letto grande di Putin» con il premier, la sera del 4 novembre, fino all´affettuoso «ciao tesoro» del giorno dopo con cui Berlusconi saluta la D´Addario prima di partire per Mosca. La festa in nero Metà ottobre 2008. Patrizia D´Addario sta per entrare per la prima volta a Palazzo Grazioli. Chiede a un accompagnatore come si deve comportare con Berlusconi. UOMO:. .. Dietro sto. [...] PATRIZIA D´ADDARIO: Ma adesso ceniamo? Poi a che ora diciamo... di solito... UOMO:. .. Non lo so io... perché... so che il presidente è un po´ allegro... canta.... dice qualche barzelletta. PD: Pure noi possiamo cantare? UOMO: ... e si fa un po´ più... però... non c´è problema. Berlusconi si presenta alle ragazze. Tra battute e risate, inizia la festa VOCE MASCHILE: Clarissa... SILVIO BERLUSCONI: Ciao, tutto bene? RAGAZZA: Assolutamente SB: Ciao PD: Alessia SB: Ah che carine. .. complimenti PD: grazie RAGAZZA: Tutte in nero! SB: Ahhh! VOCE MASCHILE: Tutte in nero! RAGAZZE: Tutte in nero! SB: Io tra l´altro pensa... che per il nostro teatro ho ordinato 22 costumi, sai quei costumi... li hanno fatti VOCE MASCHILE: Dimentichi qualcosa? SB: Allora... tu di dove sei? PD: Io sono di Milano [però vivo attualmente vivo a Bari]... SB: Cosa fai? PD: Sto occupandomi di un´operazione immobiliare [...] va un po´ male perché da sola è un po´ dura. "Aspettami nel lettone" E´ il 4 novembre. Il giorno seguente il premier volerà a Mosca. Obama sta per essere eletto alla Casa Bianca. Berlusconi invita la D´Addario nel «lettone di Putin». SB: Questo [libro?] l´ho disegnato io PD: L´hai fatto molto bene SB: L´altra volta ce l´avevi? PD: Sì SB: C´eri già l´altra volta? PD: Sì SB: Ma tu pensa... e questa? prendi PD: No questa no SB: è la più bella PD: è bellissima questa SB: Prenditi questa, la regali a qualcuno PD: No SB: No, sarebbe uno spreco PD: Anche questa l´hai disegnata tu? SB: Questa è una mia idea ma non l´ho disegnata io. ma guarda che roba... com´è fatta. Questo è un mio amico che me l´ha fatta, che mi fa tutte le cose... io mi faccio una doccia anch´io... e poi, poi mi aspetti nel lettone se finisci prima tu? PD: Quale lettone? Quello di Putin? SB: Quello di Putin PD: Ah che carino... quello con le tende In sottofondo due canzoni: ‘Gente magnifica gente´ e ‘Zoccole zoccole´ di Sal da Vinci dal musical ‘Scugnizzi´ La tartarughina E´ il 5 novembre. Patrizia commenta con Giampaolo Tarantini la nottata in bianco con il premier. PD: Pronto buongiorno GT: Buongiorno PD: Come stai? GT: Bene PD: Non abbiamo chiuso occhio stanotte GT: Eh immagino, come è andata? PD: Bene, niente busta però GT: Veramente? PD: Giuro. Come mai? Tu mi avevi detto che c´era una busta. Mi ha fatto un regalino, non so, una tartarughina GT: Uhm PD: E poi mi ha fatto una promessa GT: Cioè? PD: Che... va beh te lo posso dire, tanto tu sei la guardia di tutto, mi ha detto che mi mandava gente sul cantiere, l´ha detto lui quindi ci devo credere? GT: Si, e va beh se lo dice lui. Gli hai dato il tuo numero? PD: Si, gli ho dato il mio numero, l´ha voluto stamattina anche il mio cognome e ha detto che mi avrebbe aiutata sul cantiere mi mandava gente GT: E beh va beh oh "Torna con un´altra" PD: E poi ha detto che vuole rivedermi con un´amica perché... in due GT: Senti ma come? A che ora sei tornata? PD: Adesso, adesso che ti sto chiamando GT: Ma dove stai, in albergo già? PD: Sì adesso GT: Ci vediamo per un caffè PD: Sì, se vuoi noi siamo qui in albergo, non sappiamo nemmeno a che ora dobbiamo partire GT: Amo´ ti ho mandato un messaggio ieri PD: Ah, c´era scritto l´orario che dobbiam partire? Siccome Barbara ha detto, appena sono arrivata ha detto "Hai avuto la busta, 5000 euro?". Ho detto no, io non ho preso proprio niente GT: Ti volevo dire una cosa, di me ha detto qualcosa no? PD: Mah, mi ha chiesto solo da quanto tempo ci conosciamo io e te, ho detto da tantissimo tempo, ho fatto bene? GT: Brava, sì PD: Ho detto che ci conosciamo da tanto tempo, Barbara è anche una mia amica ho detto, lui ha detto che ha una sua amica e vuole farmi leccare da una sua amica GT: Ahahahah PD: Ti giuro, così mi ha detto. Molto affettuoso, tutta la notte non abbiamo dormito GT: E´ bravo comunque lui PD: E poi lui stesso mi ha chiesto del cantiere, gli ho detto qua lo sto portando avanti da sola, però non è facile giù al sud, una ragazza da sola, anche perché è una cosa abbastanza grossa e lui mi ha detto ti manderò io qualcuno, mi auguro che sia vero "Ciao Tesoro, vado a Mosca" Subito dopo, Berlusconi chiama Patrizia. Commentano la serata, poi lui parte per Mosca PD: Pronto? SB: Come stai questa mattina? PD: Come stai? SB: Questa mattina PD: Bene SB: Tutto bene? PD: Si... tu? SB: Io si, ho lavorato tanto, questa mattina sono andato a inaugurare questa mostra, ho fatto un bellissimo discorso, con applauso e non sembravo stanco PD: Eh infatti come me, io non ho sonno, non ho dormito, è andata via solo la mia voce SB: Beh come mai? Non abbiamo gridato PD: Eh eppure non ho urlato, chissà perché è andata via la voce, sai perché? Perché ho fatto la doccia, 10 volte con l´acqua ghiacciata perché avevo caldo SB: Va bene senti, tutto bene? PD: Sì tutto bene SB: Hanno consumato, io sto partendo adesso per Mosca PD: Va bene SB: Ti chiamo domani quando torno eh?! PD: Ok, un bacione forte anche a te SB: Ciao PD: Ciao SB: Ciao tesoro DONNA: Ciao un bacio.

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sulla sanità cade il consenso di obama - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 25 - Commenti SULLA SANITà CADE IL CONSENSO DI OBAMA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) I due partiti di opinione pubblica sono vicinissimi, 49 per cento con lui, 44 per cento contro e questa è la prima, grande crisi di una Presidenza che sembrava incantata e invulnerabile. L´enigma del perché gli Usa siano la sola grande nazione civile a non avere una copertura sanitaria universale resta e si ripropone decade dopo decade. Non importa neppure che i capi di governo, come fece Truman 62 anni or sono, poi Clinton e pochi mesi addietro Obama, impostino sullo scandalo di quei cittadini americani abbandonati alla fortuna, oggi 46 milioni, le loro campagne elettorali su quella promessa e siano stati eletti. Nel momento di passare dall´idea generale alla realizzazione, si alza il panico di trovarsi davanti a una sanità razionata dal governo e alla morte del «miglior sistema sanitario del mondo», come ripetono gli avversari, forti del fatto che l´americano medio non conosce altri sistemi e pensa che oltre confine i pazienti siano curati da sciamani e barbieri. Il film è tutto angosciosamente già visto, soltanto 15 anni or sono, quando Hillary Clinton marciò trionfante in Parlamento reggendo un volume di 600 pagine con la nuova legge per la copertura universale e i sorridenti «gatti e le volpi» del Congresso la mangiarono viva. Si alzano le barricate di sempre, la lobby terrorizzata dalle grandi compagnie di assicurazioni «for profit», che oggi razionano crudelmente l´assistenza, offrendola ai sani e negandola ai malati, quelle che lasciarono la madre di Obama morire di cancro al seno negandole rimborsi e cure e vedono a rischio la ciclopica torta da 900 miliardi di dollari oggi rappresentata dal costo della sanità privata. Si muovono gli alfieri dell´ideologia, leggendo anche nella modesta proposta obamiana, che è quella di offrire, non imporre, un´alternativa pubblica a chi si vede negata, la polizza privata, il seme della «medicina socializzata» o peggio «socialista». E recalcitrano i medici, timorosi di essere trasformati in funzionari del governo, mentre rimangono esposti, a spese loro, alle querele per errori professionali che devastano carriere e alzano i costi generali. Dove non arrivano terrori e interessi, provvede lo spettro di nuove tasse per finanziare questi programmi, calcolati in mille miliardi per dieci anni, ma che tutti, proponenti e oppositori, sanno essere destinati a sforare i preventivi. Non sono dunque soltanto le ingorde lobby degli assicuratori a erigere le barriere che spingono milioni di famiglie nei pronto soccorso aperti per legge a tutti, anche per una bronchite o un mal di denti a curarsi a spese - e questa è l´ironia - dei contribuenti. C´è un´avversione culturale, istintiva, da parte della maggioranza dei cittadini assicurati persuasi, senza osare dirlo, che anche la sanità sia parte essenziale del «sogno americano», come la casa e l´auto, e che offrirla a chi non ha i soldi per pagarla sia una negazione dello spirito nazionale, del «guai a vinti» nella corsa dei topi. Come se garantire una stanza d´ospedale a tutti violasse il darwinismo sociale che non chiede giustizia, ma la sopravvivenza del più forte. I sondaggi fluttuano regolarmente nel tempo delle presidenze e spesso distinguono fra il favore verso la persona, che può restare alto come avenne per Jimmy Carter e il rifiuto delle sue politiche. Non sono queste fluttuazioni che preoccupano la Casa Bianca, è il rialzarsi del muro ideologico antiriforma sanitaria che il presidente stesso, attingendo alla propria abilità di persuasore, ha cominciato ad attaccare con appelli diretti alla nazione, secondo la formula Reagan. Saranno lanciati spot televisvi e radiofonici, al grido di «It´s time», è ora, è ora, è ora, di avere finalmente quello che ogni cittadino europeo considera un diritto acquisito. La strategia di Obama, quella di frustare il cavallo e accelerare, di costringere la Camera ad approvare subito la sua proposta di legge per creare un fatto compiuto da portare al Senato, per modifiche ed emendamenti, secondo il famoso motto del grande ammiraglio Farragut che incitava ad «avanzare senza curarsi dei siluri». Ma, come dicono i sondaggi di mezza estate, egli sa bene che non saranno il Medio Oriente o Wall Street, l´ambiente o le imprese automobilistiche a segnare il futuro della sua presidenza, ma il mantenimento, o il tradimento, della promessa di saldare questa tenace ingiustizia americana. La sanità è la New Orleans di Barack Obama: su quel terreno acquitrinoso e pieno di sabbie mobili ha scelto di combattere, e su quel terreno vincerà o perderà la propria battaglia per cambiare l´America.

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quando la medicina è nelle mani della politica - francesco merlo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 32 - Cultura Mutazioni Immunità Oggi il virus, come tutti nella civiltà globale, è un artista della metamorfosi e a ogni contatto si trasforma. Così in Messico era feroce e in Inghilterra è diventato gentile I popoli immuni dalla dittatura non sono quelli che l´hanno sperimentata ma al contrario quelli che non l´hanno mai provata come gli Stati Uniti e l´Inghilterra Quando la medicina è nelle mani della politica Il virus dell´influenza suina provoca risposte diverse da parte dei governi. E le possibili scelte sanitarie fanno discutere le opinioni pubbliche FRANCESCO MERLO Smentendo Manzoni e riabilitando, almeno parzialmente, la caccia all´untore, che non è mai soltanto una nevrosi plebea, l´Inghilterra non vuole trasformare gli untori stranieri in vaccinatori muniti di biglietto della British Airways. Non è insomma per via naturale, non è per selezione dei ceppi spontaneamente sopravvissuti che l´Inghilterra vuole arrivare al "vaccino suino", pasticcio di parole (vacca-maiale) e veleno che solo ci potrebbe svelenire tutti se non fosse che anche i vaccini, come le stagioni i sapori e pure i medici, non sono più quelli di una volta. E infatti la virologia, che è la branca più incerta e traballante della Medicina, rimpiange il tempo bello, il passato recente che già sa di antico dei cacciatori di virus e degli scienziati d´azione come Edward Jenner (vaiolo), Karl Johnson (ebola), Max Theiler (febbre gialla). La virologia insomma mal si adatta al doctor House e alla sua fascinosa potenza neosensitiva, al bisogno di spostare la realtà, anche quella della medicina, un po´ più in là della ragione. Ma forse è davvero finita l´epoca d´oro dei vaccini, quando bastava che dei medici disposti a tutto in nome della Scienza si facessero cavie di se stessi come Albert Sabin (poliomielite), sacerdoti dell´inoculazione illuminista che già era stata cantata dal Parini: «Erra chi dice / Che natura ponesse all´uom confine». Oggi un vaccino, per renderci davvero inespugnabili, dovrebbe essere transgender perché anche il morbo dell´influenza suina, da bravo virus della civiltà globale, è un artista delle metamorfosi, e dunque ad ogni contatto si trasforma. Al punto che, feroce in Messico, è diventato "gentle-virus" in Inghilterra. Anche il virus dunque si muta nel suo contrario come Michael Jackson che sbiancava e come Obama che annerisce, ma sempre per meglio colpire, per confondere e aggirare i vaccinatori e più sapientemente farsi pandemia, quasi sapesse che la società degli uomini non si dispera troppo finché la malattia colpisce i paesi già sofferenti, i poveri, gli anonimi, i corpi già segnati dal sottosviluppo. Al contrario, bisogna rendersi gentili – qualche linea di febbre e un po´ di mal di testa – , bisogna diventare virus democratici e politicamente corretti per meglio affrontare e disarmare la forza e la superbia vaccinatoria nel cuore della civiltà industriale. Tanto più che il virus è suino come le salsicce e come il bacon, l´orgoglio insomma di una razza combattente che è tale proprio perché si ciba di maiale, animale spazzino, a volte antropofago, che incarna l´ingordigia smodata dell´Impero britannico, con una bocca che, come l´insondabile Londra, è un abisso che ingoia tutto. Diversa forma simbolica prenderebbe il vaccino contro il virus suino in Italia che è una Circe in minigonna: qui maialona e porco sono simboli di eccessi sessuali, modelli – come si sa – sempre più "alti", contro i quali il vaccino può risultare persino controproducente. E pensate, solo per fare un esempio di vaccini svaccati, a Montanelli che diceva: «Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L´immunità che si ottiene col vaccino». Non è andata così e forse mai sapremo se abbiamo sbagliato le dosi che danno identità di vaccino all´infezione. O se sia il vaccino che sta uscendo dall´est modus in rebus, come sostiene la cosiddetta "medicina alternativa" che sta producendo una densa letteratura contro i vaccini e a favore della presunta perdita di quella misura appunto, che in realtà non esisterebbe se non come ricerca. «Perché non esiste l´uomo vaccinato», l´Achille inespugnabile, «ma esiste l´uomo avvelenato». Detto grossolanamente è infatti questo il vaccino: un piccolo avvelenamento per creare o selezionare ceppi immunologicamente resistenti al grande avvelenamento. E ovviamente il modo più sbrigativo sarebbe ancora quello del generale Washington che, dopo l´epidemia di Boston del 1776, contro gli untori inviati dai nemici inglesi decise di infettare le proprie truppe. Il bilancio in vite umane fu terribile ma forse non esisteva un´altra maniera di immunizzare gli americani e di vincere la guerra. Dunque i medici alternativi scrivono e dicono che il vaccino «è una risorsa solo per le industrie farmaceutiche» e che «i sempre più frequenti toni apocalittici delle campagne antinfluenzali fanno parte di una strategia economica fondata sul terrore». Secondo questi scienziati (ma lo sono?) il vaccino finisce comunque per avvelenare molto più che svelenire. Di sicuro arriva sempre ad allarme finito, pronto per…i magazzini. La sola Germania, per esempio, ha accumulato scorte di antiaviaria per cinquanta milioni di euro. Del resto a smentire l´efficacia dei vaccini ci si mette pure la politica. I popoli immuni dalla dittatura non sono infatti quelli che l´hanno sperimentata ma al contrario quelli che mai l´hanno provata, come gli Stati Uniti e l´Inghilterra. E anzi, proprio chi l´ha sperimentata, sia pure una volta, è soggetto a ricadute, in genere mutanti, forse perché sa di potervi ricorrere come soluzione magari d´emergenza ma comunque possibile, carta di riserva per i momenti difficili. Insomma tutto complotta contro l´idea di vaccino, del morbo che guarisce, del male assorbito ma addomesticato, del corpo che tiene a bada e regola il traffico dei virus, governa un ingorgo di veleni, in un mondo popolato di vecchi, intossicati da una medicina che sempre più giorni dà alla vita ma sempre più vita toglie ai giorni.

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chapman, i sogni folk dell'america nera - fulvio paloscia (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XII - Firenze Chapman, i sogni folk dell´America nera Il festival Oggi Benvegnù apre la rassegna Domani la cantautrice Usa. Poi Bandabardò e Capossela. E tanto teatro da Perrotta alla Guzzanti FULVIO PALOSCIA Dopo l´anteprima con il bel set acustico di Patti Smith, domani il Play Art Festival di Arezzo entra nel vivo ospitando un´altra voce femminile che racconta l´America ribelle, dei perdenti senza più un sogno a cui aggrapparsi, il paese che vede in Obama la speranza per riemergere dalla melma del pregiudizio e della crisi economica e morale: Tracy Chapman sarà al Parco della Fortezza Medicea (ore 21, 12 euro) da sola con la sua voce nera fin nel midollo e la sua chitarra per raccontare storie di povertà in una terra sfacciatamente opulenta, la disperazione di chi vive ai limiti della società. Nel 1988, anno di uscita del suo primo album, intitolato semplicemente Tracy Chapman, canzoni come Revolution e Fast car la imposero come la più autorevole voce di una nuova stagione del songwriting americano femminile, una piccola erede della grande Odetta, accanto alla bianca Suzanne Vega; la strada seguita oggi coniuga ancora denuncia sociale e folk, come testimonia l´ultimo cd Our Bright Future. Il festival quest´anno dà spazio soprattutto alla musica italiana: si parte stasera, sempre in Fortezza (ore 21, gratis) con i vincitori del concorso Plug & Play: Sleeve, Bludrama, Fudo Satellite, Strawberry Overdrive, Vandemars, Audiored, QuartaDeriva e Globage insieme all´ex Scisma Paolo Benvegnù, cantaurocker appartato e ispiratissimo; giovedì 23 (15 euro) oltre alla Bandabardò, reduce dal bagno di folla di Italia Wave, Roberto Angelini che da teen idol e protagonista del gossip ai tempi di Gattomatto ha saputo tornare alle origini di ottimo musicista stimatissimo nell´undergoround romano, svolta contrassegnata prima da un devoto omaggio a Nick Drake, poi da un nuovo album, La vista concessa. Sabato toccherà al mondo circense e vintage di Vinicio Capossela; chiusura il 26 con lo ska dei Meganoidi seguito dal rock barricadero dei Negrita. Ma Play Art non è solo musica. è cinema, presentazioni editoriali, lezioni di cucina. E tanto teatro. In cartellone, al cortile teatro Pietro Aretino, l´impegno civile di Mario Perrotta che si confronta col Misantropo di Molière, di cui è regista e interprete (oggi, 21.30, 10 euro); il messaggio animalista de Il mondo alla fine del mondo adattato per il palcoscenico dal Teatro dell´Archivolto, regia di Giorgio Gallione, protagonista Giorgio Scaramuzzino (23, 21.30, gratis) e il reading musicale Misterioso viaggio intorno a Monk con Stefano Benni autore e fino dicitore, al pianoforte Umberto Petrin (ore 19, 10 euro). Mentre il 24 luglio, nella «Notte rosa» dedicata alla musica, al teatro, alla letteratura fatta da donne, spicca la satira graffiante di Sabina Guzzanti in Vilipendio (23.30, Fortezza, gratis).

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premio a repubblicascuola, il giornale online dei giovani - federico pace (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Cronaca Per la World Association of Newspapers, l´associazione mondiale degli editori, è la migliore proposta dell´anno per i teenager. è la prima volta che accade a una testata italiana Premio a RepubblicaScuola, il giornale online dei giovani Coinvolti oltre cinquemila istituti, quarantamila classi e ottocentomila studenti FEDERICO PACE ROMA - Un archivio di migliaia di articoli che svela l´universo dei giovani, le loro parole, i loro pensieri. Un tesoro che chiunque può visitare sul web. RepubblicaScuola è un avveniristico esperimento di giornale online realizzato dai ragazzi e ora premiato dalla World Association of Newspapers, l´associazione mondiale degli editori, come migliore iniziativa a favore dei teenager. è la prima volta che accade a una testata italiana. Il progetto è stato scelto perché «offre agli studenti l´opportunità di essere reporter e commentatori a stretto contatto con i giornalisti professionisti». Quest´anno hanno partecipato all´iniziativa 5.289 istituti tra medie inferiori e superiori, più di 40 mila classi e oltre 848 mila studenti. Giovani di tutte le età. Tredicenni con la passione dei videogame e diciottenni affascinati dalle elezioni americane. A novembre 2008 l´iniziativa, nata 9 anni fa, è stata trasformata in un progetto esclusivamente online per dare maggiore voce agli studenti. Da allora la redazione di Repubblica.it ha coinvolto i giovani reporter sui principali avvenimenti. La vittoria di Barack Obama, i problemi di sicurezza nelle scuole e il crollo al liceo Darwin di Rivoli che ha ucciso lo studente Vito Scafidi. La crisi economica e le ore trascorse in chat. Il terremoto in Abruzzo. Il senso della vita di fronte alla vicenda di Eluana Englaro. I ragazzi sono passati dall´idea alla stesura del pezzo. Dalle correzioni delle bozze alla pubblicazione. Tutti hanno trovato spazio sul portale. I migliori articoli poi, ogni quindici giorni, sono stati pubblicati anche sulla home page di Repubblica.it. Inoltre, tutti hanno potuto creare il proprio sito personale, dal quale confluire nel sito della propria scuola fino al sito nazionale. A metà giugno si è chiuso l´anno e sono stati proclamati i vincitori del campionato legato all´iniziativa. I prescelti sono stati Alessandro Fabbrica e Miriam Scalise. Il primo studia al Liceo Scientifico Cremona mentre la seconda frequenta a Porto Empedocle la Ugolino e Vadino Vivaldi.

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TROPPI RITARDI SULLE BANCHE (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 21/07/2009 - pag: 1 LA LEZIONE (INASCOLTATA) DELLA CRISI TROPPI RITARDI SULLE BANCHE di FRANCESCO GIAVAZZI A l di là delle scaramucce c'è oggi un solido intreccio di interessi fra i governi e le banche. Le banche sanno che potrebbero aver di nuovo bisogno dell'aiuto dei governi. Questi a loro volta devono convincere gli investitori ad acquistare una straordinaria quantità di titoli pubblici: le banche non sono solo acquirenti importanti, influenzano le scelte di risparmio delle famiglie. Non sorprende quindi la cautela dei governi, in primis dell'amministrazione Obama, nel tradurre le lezioni della crisi in nuove regole per le banche. Alle riforme si preferiscono i richiami all'etica, quasi l'etica fosse un sostituto delle leggi. Oppure si solletica la pruderie dei cittadini puntando il dito sui compensi dei banchieri: certo, gli incentivi spesso sono stati mal congegnati, ma il compito di disegnare un buon meccanismo di remunerazione dei manager spetta agli azionisti, non alla legge. Le questioni davvero importanti rimangono invece nell'ombra, soprattutto quelle che potrebbero limitare il raggio di azione delle banche e quindi i loro profitti. Porterò due esempi. 1) La crisi ha reso evidente l'importanza della liquidità. Perché un titolo sia liquido è necessario poterlo comprare e vendere in un mercato trasparente, dove i prezzi sono noti a tutti, come accade nell'Mts, il mercato telematico dei titoli di Stato. Così non accade per la maggior parte degli altri titoli e anche per tutti gli strumenti derivati, che si possono acquistare o vendere solo passando attraverso una banca. Creare mercati in cui tutti i titoli, anche i derivati, possano essere scambiati in modo trasparente è quindi la prima cosa da fare e lo si potrebbe fare domani: basterebbe usare la piattaforma del Mts. Ma ciò significherebbe sottrarre alle banche una delle loro maggiori fonti di reddito. 2) I risultati di alcune grandi banche mostrano che la maggior parte dei profitti deriva dalla compravendita di titoli. Ma da quei bilanci è impossibile capire quanti titoli sono stati acquistati e venduti per i clienti, e quanti in proprio, impegnando il capitale della banca, cioè agendo come un fondo hedge . La crisi ha mostrato che le operazioni in proprio sono le più redditizie, ma anche le più rischiose. Come ha spiegato Alberto Giovannini in un intervento sul Financial Times (31/7/08), a una banca non dovrebbe essere permesso di esporsi ai rischi di un hedge . Perché le banche sono stanze di compensazione per gli scambi: se una fallisce, gli acquisti e le vendite che ha fatto per conto dei clienti rischiano di essere cancellate, vi è cioè un rischio di contagio. Se un fondo perde, il gestore ne sopporta i costi, sia direttamente (i gestori investono i loro soldi nei fondi che amministrano) sia attraverso i riscatti dei clienti. Questo in una banca non accade, e perciò le banche sono state, in genere, molto meno caute dei fondi. Questi temi sono da mesi all'attenzione del Financ ial stability board (Fsb) un organismo tecnico che ha il vantaggio di non essere esposto ai conflitti che attanagliano i governi. In un rapporto di oltre un anno fa l'Fsb ha avanzato proposte specifiche. Ma i tempi delle riforme sono lentissimi. Aspettare significa rischiare di non farle mai. Più i mercati si riprendono, meno le banche avranno bisogno dei governi. Non così i governi, che per molti anni avranno bisogno dell'aiuto delle banche per collocare titoli pubblici.

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con il Papa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 L' «impegno» con il Papa Lo scorso 10 luglio Obama ha incontrato il Papa ( Ansa ). «Il presidente ha affermato il proprio impegno a ridurre il numero degli aborti», fece sapere il Vaticano dopo il colloquio

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 Il presidente degli Stati Uniti «Le banche di Wall Street non si pentono per la crisi» WASHINGTON Le banche di Wall Street non hanno imparato la «lezione» dopo la crisi finanziaria. Lo ha detto ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un'intervista al programma «The Newshour» della tv americana Pbs : «Nonmi sembra che la gente di Wall Street senta alcun rimorso per tutti quei rischi che decisero di assumersi. Non si ha l'impressione che ci sia stato un cambiamento nella loro cultura e nel comportamento dopo quello che è accaduto», ha detto Obama. «Ed è per questo - ha aggiunto - che le proposte di riforma delle regole finanziarie che abbiamo avanzato sono così importanti». Obama ha presentato un piano di riforma del modo in cui il governo Usa vigila sui mercati finanziari: tra le proposte, maggiori poteri di supervisione alla Federal Reserve e all'esecutivo su aspetti prima non regolamentati.

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Soldi pubblici per gli aborti nella riforma sanitaria Usa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 La polemica Per la prima volta il sostegno al presidente sotto il 60 per cento Soldi pubblici per gli aborti nella riforma sanitaria Usa E i repubblicani vanno all'assalto di Obama DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Il presidente Obama parla bene e razzola male? In tema d'aborto si direbbe di sì. «I soldi dei contribuenti saranno usati per pagare gli aborti in America», scrive il New York Times , secondo cui la riforma sanitaria che il presidente Usa vorrebbe varare prima della pausa estiva finirà per elargire fondi federali pro-aborto «sia agli enti pubblici che alle assicurazioni private». Si tratta di una tematica a dir poco esplosiva, soprattutto perché giunge a pochi giorni dallo storico incontro in Vaticano tra Obama e Benedetto XVI, durante il quale il presidente americano ha promesso al pontefice di «impegnarsi personalmente per ridurre il numero degli aborti negli Stati Uniti». In tutt'altro senso sembra muoversi la nuova amministrazione. Nel rispondere alla domanda di un giornalista, il direttore del bilancio per la Casa Bianca Peter Orszag si è rifiutato di escludere che i soldi dei contribuenti saranno utilizzati per effettuare aborti. «Non posso escludere tale ipotesi», ha spiegato Orszag, riconoscendo che «si tratta di una questione assai controversa, al centro di un rovente dibattito». E' bastata questa frase per scatenare il putiferio tra i conservatori. «Nonostante la sua promessa di voler trovare un terreno comune tuona Bill Donohue, presidente della potente Catholic League il presidente Obama non ha nessuna intenzione di scendere a compromessi». In un'intervista alla Abc , il deputato repubblicano del Kansas Todd Tiahrt ha attaccato «gli incentivi finanziari offerti da Obama per incoraggiare le donne single che vivono sotto il livello di povertà ad avere l'opportunità di un aborto gratis», spiegando che «se tale riforma fosse entrata in vigore cinquant'anni fa, lui forse non sarebbe mai nato perché sua madre ne avrebbe usufruito». Ma a dar filo da torcere ad Obama non sono solo i conservatori. Un gruppo di venti Congressmen democratici antiabortisti hanno inviato una lettera di fuoco ai leader democratici della Camera per avvertirli che «non potremo mai sostenere alcun tipo di riforma sanitaria che non escluda esplicitamente l'aborto dalle polizze sanitarie pubbliche e private». La strada di Obama per far passare al Congresso la sua riforma sanitaria appare insomma sempre più in salita. Per la prima volta il suo livello di approvazione è sceso sotto il 60% in un sondaggio Washington Post/ Abc , con una caduta del 6% in poche settimane. Mentre in aprile il 57% degli interpellati approvava come Obama stava conducendo la battaglia per la riforma sanitaria, ora tale sostegno è sceso al 49%. Il presidente ha due settimane di tempo per fare pressioni sul Congresso perché approvi la legislazione prima della pausa estiva. Per bruciare il traguardo ieri Obama ha concesso una raffica di interviste e per mercoledì ha in programma una conferenza stampa dove cercherà di arringare il Paese intorno al tema «adesso o mai più». Ma i conservatori sono decisi a sbarrargli la strada. «Questa riforma sanitaria sarebbe la più grande espansione dell'aborto dai tempi di Roe vs. Wade, che nel 1973 legalizzò l'aborto», punta il dito Douglas Johnson, direttore della National Right to Life Committee. Proprio la pressione di questi gruppi ha fatto sì che, dal 1976 ad oggi, il Congresso imponesse vaste restrizioni sull'uso di fondi federali per gli aborti. L'Hyde Amendment, varato nel '76, proibisce al Medicaid il programma federale sanitario per i più poveri di impiegare soldi federali nella maggior parte dei casi. Manifestazioni Sostenitori del diritto alla vita sfilano a Washington Alessandra Farkas

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nelle zone calde della movida (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronaca di Roma data: 21/07/2009 - pag: 2 L'ordinanza L'annuncio di Alemanno a New York «Antivetro» nelle zone calde della movida Varata dal prefetto fino al 20 agosto DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Roma come la Grande Mela nella lotta alla criminalità e al degrado: per coltivare questa speranza il sindaco Gianni Alemanno è volato tre giorni in missione negli Usa. E da Times Square, l'ombelico del mondo newyorkese, arriva l'annuncio che l'ordinanza antivetro, per tentare di arginare la diffusione dell'alcool tra i giovani romani, entra in vigore da venerdì prossimo fino al 20 agosto. L'atmosfera, tra grattacieli, banchetti maleodoranti che vendono hot dog e il pulsare rumoroso della modernità, contagia anche l'ex ministro ed ex segretario del Fronte della gioventù. «Il nostro obiettivo è costruire un ponte tra la Grande Mela e Roma: dal 1994 ad oggi qui con l'amministrazione Giuliani e poi con Bloomberg è stato possibile lottare contro la criminalità e il degrado urbano e ottenere ottimi risultati. Se ci sono riusciti loro, ci possiamo riuscire anche noi». Nel primo giorno di visita ufficiale cammina tra grattacieli e boutique con passo deciso dopo avere ammirato i quadri di Picasso e De Chirico e le invenzioni di Warhol al Museum of modern art (Moma): «Avverto una grande energia positiva - osserva prima di entrare in un famoso ristorante sulla 58/a strada per un incontro con un folto gruppo di imprenditori italiani e italo-americani - . Qui si sente di stare nel cuore della modernità. Roma e New York sono due città apicali: noi siamo la storia e la tradizione, loro il futuro». L'ordinanza antivetro varata ieri dal Prefetto Giuseppe Pecoraio è stata concordata con i vertici del Campidoglio: il provvedimento sperimentale eviterà la vendita e l'asporto di bevande in contenitori di vetro in alcune zone della capitale «perché purtroppo le bottiglie diventano armi - ricorda il sindaco - e si possono innescare risse». Il divieto interesserà il centro storico e i municipi III, VI, XI, XIII e XX (compresi Testaccio, Trastevere, San Lorenzo, Monti, Pigneto, Ostiense e Ponte Milvio), e riguarda esercizi pubblici e commerciali, laboratori artigianali, circoli privati e rivendite ambulanti. Nel frattempo il Campidoglio creerà centri di raccolta del vetro curati dagli operatori dell'Ama che destineranno le bottiglie alla raccolta differenziata. «Comprendo le motivazioni del provvedimento firmato dal sindaco Moratti - sottolinea Alemanno - ma noi cerchiamo di evitare i divieti grazie all'accordo che abbiamo fatto con i titolari dei locali notturni per evitare la distribuzione di alcolici a chi ha meno di 16 anni. Ovviamente se la nostra ordinanza non dovesse dare gli esiti sperati, anche noi passeremo ai divieti, come a Milano». Ma Alemanno lancia un ponte anche al presidente Obama: «Sono rimasto entusiasmato dal suo richiamo ai valori umani: lui sfugge alle nostre categorie di destra e sinistra. E a tutti noi europei deve insegnare a riprendere la speranza, il cambiamento per darsi grandi obiettivi comuni come finalità della politica». «Meglio un'intesa» Alemanno: «Comprendo le motivazioni del sindaco Moratti ma noi cerchiamo di evitare i divieti grazie all'accordo con i titolari dei locali» Grande Mela Il sindaco Gianni Alemanno ieri a Manhattan: «Un ponte con l'amministrazione di N.Y.» Francesco Di Frischia

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Sanità, primo scivolone di Obama "Ma non sarà la mia Waterloo" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK - Un sondaggio che è un grido d'allarme, e una risposta che è un grido di battaglia. Ieri l'America ha mandato un segnale fortissimo al presidente più amato, crollato nei sondaggi di sei punti in un solo mese, e il cui gradimento è sceso per la prima volta sotto la soglia del 60 per cento, fermo al 57. Una raffica di percentuali sparate da Abc e Washington Post ha fatto tremare Washington: soprattutto sulla riforma sanitaria, la rivoluzione voluta da Obama ma foriera, secondo molti, di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento. Ma la risposta del presidente non s'è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children National Medical Center: "Anche se le famiglie americane sono state colpite da una spirale crescente di costi, le compagnie assicurative e i loro manager hanno continuato a fare profitti". Un discorso durissimo. Con l'obiettivo ben chiaro: la riforma deve passare in commissione alla Camera entro la fine dei lavori in agosto, per approvare la legge entro l'autunno. "Anno dopo anno abbiamo continuato a fare resistenza. Ma se non agiamo, e se non agiamo adesso, nulla potrà mai cambiare". David Axelrod, il suo consigliere, l'aveva anticipato: quando la situazione si fa dura, tocca al presidente mettersi in gioco. Ma il tempo stringe. Dall'aprile scorso, quando è stata lanciato il primo progetto di riforma, gli americani che lo sostengono sono passati dal 57 al 49 per cento. Gli oppositori sono cresciuti in una proporzione ancora maggiore, dal 29 al 44, confermando l'effetto negativo che la mobilitazione sul tema ha portato. OAS_RICH('Middle'); L'America, l'unico Paese sviluppato al mondo che non ha una copertura sanitaria per tutti, teme che il piano finisca sulle spalle dei contribuenti. Il presidente continua a sostenere che a pagare devono essere solo i ricchi. Il New York Times racconta il mal di pancia dei senatori democratici che provengono dalle zone più benestanti: con che faccia ci presentiamo agli elettori? Scende in campo la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Gli aumenti riguardano i redditi superiori ai 350mila dollari a famiglia? "Portiamo il limite più in alto, pensiamo a un tetto da mezzo milione", dice in un'intervista a ThePolitico, "facciamo capire che a pagare saranno soltanto gli americani ricchi davvero". A sei mesi dall'elezione, la riforma sanitaria rischia di trasformarsi nell'Obama test. Il Washington Post, oltre a servirgli lo scherzo del sondaggio, ricorda che Bill Clinton scivolò proprio sulla sua riforma sanitaria, un fallimento che provocò, nel '94, l'inondazione repubblicana. Michael Steele, chairman dei repubblicani, attacca: dice che la riforma del presidente è "socialista", dice che l'idea di un'assicurazione sanitaria statale che affianchi quelle private "è un esperimento rischioso, che rischia di compromettere l'economia". Il più scatenato è Jim DeMint, il senatore ultraconservatore che fu già fustiga-spese perfino sotto Bush: "Dobbiamo fermarlo su questo, e se lo fermeremo su questo sarà la sua Waterloo". Ma Obama non s'è tirato indietro di fronte alla provocazione. E, tranquillo, ha ribadito in diretta tv: "Ho sentito dire che questa dovrebbe diventare la mia Waterloo. Guardate, non è un problema del presidente. È un problema politico. Il problema di un sistema sanitario che sta distruggendo le famiglie americane". (21 luglio 2009

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E sulla sanità cade il consenso (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

E anche il cavallo di Barack Obama s'impuntò davanti all'ostacolo storico che nessun presidente americano è mai riuscito a saltare: la sanità estesa a tutti. Mentre la sua popolarità scende, dopo la Luna di Miele, ma resta generalmente alta nei sondaggi (veri) con 59 per cento di approvazione e 37 di disapprovazione, sulla riforma della sanità negli Stati Uniti è ormai una minoranza ad appoggiarlo. I due partiti di opinione pubblica sono vicinissimi, 49 per cento con lui, 44 per cento contro e questa è la prima, grande crisi di una Presidenza che sembrava incantata e invulnerabile. L'enigma del perché gli Usa siano la sola grande nazione civile a non avere una copertura sanitaria universale resta e si ripropone decade dopo decade. Non importa neppure che i capi di governo, come fece Truman 62 anni or sono, poi Clinton e pochi mesi addietro Obama, impostino sullo scandalo di quei cittadini americani abbandonati alla fortuna, oggi 46 milioni, le loro campagne elettorali su quella promessa e siano stati eletti. Nel momento di passare dall'idea generale alla realizzazione, si alza il panico di trovarsi davanti a una sanità razionata dal governo e alla morte del "miglior sistema sanitario del mondo", come ripetono gli avversari, forti del fatto che l'americano medio non conosce altri sistemi e pensa che oltre confine i pazienti siano curati da sciamani e barbieri. Il film è tutto angosciosamente già visto, soltanto 15 anni or sono, quando Hillary Clinton marciò trionfante in Parlamento reggendo un volume di 600 pagine con la nuova legge per la copertura universale e i sorridenti "gatti e le volpi" del Congresso la mangiarono viva. Si alzano le barricate di sempre, la lobby terrorizzata dalle grandi compagnie di assicurazioni "for profit", che oggi razionano crudelmente l'assistenza, offrendola ai sani e negandola ai malati, quelle che lasciarono la madre di Obama morire di cancro al seno negandole rimborsi e cure e vedono a rischio la ciclopica torta da 900 miliardi di dollari oggi rappresentata dal costo della sanità privata. Si muovono gli alfieri dell'ideologia, leggendo anche nella modesta proposta obamiana, che è quella di offrire, non imporre, un'alternativa pubblica a chi si vede negata, la polizza privata, il seme della "medicina socializzata" o peggio "socialista". E recalcitrano i medici, timorosi di essere trasformati in funzionari del governo, mentre rimangono esposti, a spese loro, alle querele per errori professionali che devastano carriere e alzano i costi generali. Dove non arrivano terrori e interessi, provvede lo spettro di nuove tasse per finanziare questi programmi, calcolati in mille miliardi per dieci anni, ma che tutti, proponenti e oppositori, sanno essere destinati a sforare i preventivi. OAS_RICH('Middle'); Non sono dunque soltanto le ingorde lobby degli assicuratori a erigere le barriere che spingono milioni di famiglie nei pronto soccorso aperti per legge a tutti, anche per una bronchite o un mal di denti a curarsi a spese - e questa è l'ironia - dei contribuenti. C'è un'avversione culturale, istintiva, da parte della maggioranza dei cittadini assicurati persuasi, senza osare dirlo, che anche la sanità sia parte essenziale del "sogno americano", come la casa e l'auto, e che offrirla a chi non ha i soldi per pagarla sia una negazione dello spirito nazionale, del "guai a vinti" nella corsa dei topi. Come se garantire una stanza d'ospedale a tutti violasse il darwinismo sociale che non chiede giustizia, ma la sopravvivenza del più forte. I sondaggi fluttuano regolarmente nel tempo delle presidenze e spesso distinguono fra il favore verso la persona, che può restare alto come avenne per Jimmy Carter e il rifiuto delle sue politiche. Non sono queste fluttuazioni che preoccupano la Casa Bianca, è il rialzarsi del muro ideologico antiriforma sanitaria che il presidente stesso, attingendo alla propria abilità di persuasore, ha cominciato ad attaccare con appelli diretti alla nazione, secondo la formula Reagan. Saranno lanciati spot televisvi e radiofonici, al grido di "It's time", è ora, è ora, è ora, di avere finalmente quello che ogni cittadino europeo considera un diritto acquisito. La strategia di Obama, quella di frustare il cavallo e accelerare, di costringere la Camera ad approvare subito la sua proposta di legge per creare un fatto compiuto da portare al Senato, per modifiche ed emendamenti, secondo il famoso motto del grande ammiraglio Farragut che incitava ad "avanzare senza curarsi dei siluri". Ma, come dicono i sondaggi di mezza estate, egli sa bene che non saranno il Medio Oriente o Wall Street, l'ambiente o le imprese automobilistiche a segnare il futuro della sua presidenza, ma il mantenimento, o il tradimento, della promessa di saldare questa tenace ingiustizia americana. La sanità è la New Orleans di Barack Obama: su quel terreno acquitrinoso e pieno di sabbie mobili ha scelto di combattere, e su quel terreno vincerà o perderà la propria battaglia per cambiare l'America. (21 luglio 2009

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"La riforma della Sanità è vicina" Ma il Congresso rallenta Obama (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Obama

Il presidente americano Barack Obama ha detto che l’America «è più vicina» ad una riforma sanitaria che estenderà la protezione a milioni di cittadini che sono in questo momento scoperti. Obama, in una dichiarazione alla casa Bianca, ha sollecitato il Congresso a non «cadere vittima dei soliti giochi politici» lavorando invece per far passare «una riforma di cui gli americani hanno molto bisogno». La legislazione sulla riforma è rimasta impantanata in Congresso per la opposizione (attesa) dei repubblicani ma anche per le obiezioni (meno scontate) dei democratici che sono preoccupati per i costi della iniziativa e per la incidenza sul deficit federale. I repubblicani, fiutato il momento favorevole, hanno quindi intensificato gli attacchi cercando di presentare l’inquilino della Casa Bianca come «il solito democratico tassa e spendi», un’accusa che trova vulnerabili soprattutto i membri del Congressi democratici chiamati a sostenere la sua politica, che dovranno affrontare il prossimo anno il verdetto degli elettori. Lo stallo in cui sembra piombato Obama nella difficile battaglia si sta riflettendo anche sul livello di popolarità dei sondaggi: un nuovo rilevamento pubblicato oggi dal quotidiano Usa Today vede una nuova caduta, al 55 per cento, con una perdita di nove punti rispetto a gennaio. Il presidente, che aveva sperato di convincere il Congresso ad approvare alla Camera e al Senato i testi non coincidenti delle due legislazioni (da riconciliare nella pausa estiva del Parlamento) prima del "tutti a casa" del sette agosto, sembra adesso rassegnato a veder slittare all’autunno la ripresa della battaglia legislativa.

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La riforma impossibile (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

La riforma impossibile Teodoro Roosevelt perse le elezioni del 1912, Lyndon Johnson colse nel 1965 un risultato a metà, Hillary Clinton trascinò i democratici del marito Bill alla sconfitta del 1994 e George W. Bush dopo la rielezione del 2004 non mantenne le promesse fatte agli elettori. La battaglia per la riforma della sanità è una costante per gli inquilini della Casa Bianca da oltre un secolo ma chiunque ha tentato di andare oltre vaghi propositi è andato incontro ad amare sconfitte, a causa del timore degli americani per l'aumento di tasse e per l'invadenza dello Stato. All'inizio del Novecento Teodoro Roosevelt era il «presidente innovatore» che piaceva alla nazione ma quando, nel 1912, tornò a candidarsi facendo propria la battaglia dei progressisti dell'epoca per la «sanità dei cittadini» subì nelle urne la sconfitta che pose fine ad una luminosa carriera. Durante il New Deal Franklyn Delano Roosevelt preferì varare il sistema della Social Security - la previdenza sociale - che rischiare sul terreno della sanità. Per arrivare al primo concreto successo bisogna aspettare il 1965 quando Lyndon Johnson guida i democratici al varo del programma «Medicare» per garantire l'accesso a farmaci e medicine agli over-65. Ma è un risultato parziale in una nazione che vanta il triste primato, fra ricchi del Pianeta, della mortalità infantile. Johnson non riesce a spingere oltre il Congresso e dopo gli anni dei repubblicani Nixon e Reagan è un altro democratico, Bill Clinton, a prendere il testimone, promettendo nel 1992 la «sanità universale», per tutti i cittadini. A vittoria acquisita assegna l'incarico alla moglie Hillary, al fine di sottolineare l'importanza che assegna alla sfida, ma la determinazione con cui la First Lady depone di fronte al Congresso non basta per convincere i democratici a seguirla. Il suo «Plan» prevede l'obbligo per i datori di lavoro di assicurare i dipendenti attraverso un meccanismo di «gestione competitiva» fra differenti piani che i conservatori hanno facilità ad affondare. Il boomerang per Bill Clinton è molto amaro perché nel 1994 i repubblicani di Newt Gingrich espugnano il Congresso cavalcando proprio l'ostilità al «piano di Hillary», accusato di voler «gestire dall'America dall'alto in basso». Fra i repubblicani, a parte Teodoro Roosevelt, il primo presidente ad affermare di voler aumentare l'impegno dello Stato per curare i cittadini è stato George W. Bush che nel 2004 venne rieletto inserendo la sanità nelle «grandi riforme» da compiere. Ma dopo la vittoria il massimo che riuscì a fare fu ritoccare il «Medicare» di Johnson, aumentando medicine e cure per i più anziani. Negli ultimi tre decenni il volto di Washington che più ha tentato di vincere la «sfida impossibile» è stato il senatore del Massachusetts Ted Kennedy, oggi a fianco di Obama ma fiaccato dalla grave malattia che lo ha colpito. \

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"Sanità universale, abbiamo 3 settimane" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

"Sanità universale, abbiamo 3 settimane" Professor Marino, ce la farà Barack Obama a condurre in porto la riforma sanitaria? «Sì, sono convinto di sì. Non è possibile che un paese che ha la forza economica di mantenere in giro per il mondo più di mille basi militari non possa garantire a quasi cinquanta milioni di suoi cittadini l'assistenza sanitaria. Troppi americani vivono come un'ingiustizia un sistema che dà cure mediche solo in base al reddito». Ignazio Marino, senatore del Pd, candidato alla segreteria del partito, medico di fama, il sistema sanitario americano lo conosce bene visto che per anni è stato direttore del dipartimento di trapianti e chirurgia del fegato al Jefferson medical college di Filadelfia e in quell'Università insegna tuttora. Professore ma perchè è così difficile, negli Usa, pensare a un sistema sanitario per tutti? «Perchè il diritto alla salute non è, come da noi, un diritto costituzionalmente riconosciuto. È un diritto che si paga e come tale viene accettato da tutti gli strati sociali. Un episodio può dimostrarlo più di tante parole». Quale? «Circa quattro anni fa venne da me una donna, afroamericana, single con quattro figli e incinta del quinto. Aveva un tumore al fegato. Preparai tutto per l'intervento, d'accordo anche con collega di ginecologia, ma il suo nome non compariva mai nella lista delle operazioni. Chiesi perchè. "La sua assicurazione non basta per il nostro ospedale, l'abbiamo dirottata altrove», mi venne risposto. Era una clinica distante 200 miglia; protestai e convinsi l'amministrazione ad accettarla. Ma quando glielo comunicai la donna era quasi più stupita che contenta: per lei era logico che la sua assistenza fosse parametrata al suo reddito. La salute viene vista come un bene che si acquista e, se non si può, vi si rinuncia. Una mentalità che spiega il rifiuto delle classi agiate a pagare più tasse per garantire l'assistenza sanitaria anche ai più poveri». Quindi meglio il nostro sistema? «Non solo meglio. E' proprio un'altra cosa. Nel 1978, con l'introduzione del servizio sanitario nazionale, abbiamo finalmente dato corpo al dettato costituzionale: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo". E' una cosa tanto avanti, rispetto agli Usa, che una statistica del 2000 ci pone al secondo posto al mondo nel diritto alla salute, mentre gli Stati Uniti sono sotto il ventesimo. L'universalità dell'accesso alle cure è un bene straordinario, preziosissimo, che non si può mai mettere in discussione». Eppure qualcuno vorrebbe cambiare il nostro sistema sanitario, dare più spazio ai privati... «Il nostro sistema sanitario va difeso. Certo va rimodellato, migliorato. Io non sono contrario a un misto pubblico-privato, ma ci devono essere migliori controlli. Da noi manca, e va introdotta al più presto, un'Agenzia al di sopra della parti che valuti efficienza e qualità dei servizi. Oggi si può verificare tutto e trovare il modo per migliorare. Un solo esempio: tagliando gli inutili tempi di ricovero prima delle operazioni si potrebbero risparmiare 15 miliardi in un anno; e anche i pazienti starebbero meglio». Ma il sistema americano non permette maggiori eccellenze? «Le eccellenze ci sono anche qui, e non inferiori a quelle degli Usa. Semmai sono mal distribuite, tra il nord e il sud del paese, e talvolta poco aiutate».

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L'opposizione si affida a Bill Kristol, che nel '93 affossò la riforma di Bill e Hillary Clinton (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

L'opposizione si affida a Bill Kristol, che nel '93 affossò la riforma di Bill e Hillary Clinton [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Basta scuse, facciamo l'interesse degli americani»: per la seconda volta in 48 ore il presidente Barack Obama si rivolge alla nazione dal Giardino delle Rose della Casa Bianca per convincere il Congresso a rompere gli indugi e approvare la riforma della sanità entro tre settimane. Obama si riconosce nella bozza di legge varata dai leader democratici della Camera, quell'«America's Affordable Health Choices Act» che promette la copertura sanitaria per il 97 per cento dei cittadini entro il 2015 con una spesa di 1,5 trilioni di dollari. È la «sanità universale» sulla quale sta lavorando sodo da quando è arrivato nello Studio Ovale: la maratona di summit ha consentito di ottenere dalle assicurazioni la promessa di ridurre i costi, dall'industria farmaceutica di facilitare l'accesso ai medicinali, dagli ospedali di migliorare l'efficienza dei servizi, da infermieri e dottori il sostegno a realizzare in fretta la riforma. Ciò che manca è il via libera del Congresso. Il capo di gabinetto Rahm Emanuel assicura che «non siamo mai stati tanto vicini a questo storico traguardo» e sui calendari della West Wing campeggiano due date: il 31 luglio e il 7 agosto, quando rispettivamente Camera e Senato sospenderanno i lavori per la pausa estiva. Obama è convinto di farcela a ottenere il passaggio della legge in tempo record ma a tal fine ha bisogno del voto compatto della maggioranza democratica in entrambe le aule. I numeri teoricamente ci sono ma tutto si complica perché sulla strada del presidente vi sono i «Blue Dogs» - i «cani blu» - ovvero i democratici eletti in distretti a maggioranza conservatrice dove a prevalere è l'opposizione all'aumento delle tasse necessario per finanziare la riforma, soprattutto a scapito dei più ricchi perché chi guadagna oltre 1 milione di dollari dovrà pagare una super-imposta del 5,4 per cento. A motivare l'opposizione dei «Blue Dogs» sono anche i timori per il deficit federale, già oberato da 787 miliardi di dollari di stimolo per l'economia, e a complicare le cose c'è il calo di popolarità di Obama: per UsaToday-Gallup è sceso al 55 per cento ovvero al terzultimo posto fra i presidenti del Dopoguerra. Lo smacco è di essere anche dietro a George W. Bush che dopo sei mesi alla Casa Bianca era a quota 56 per cento. I «cani blu» sono deputati come Baron Hill dell'Indiana, che chiede «tempo per pensare», e Allen Boyd della Florida, secondo il quale «i voti non ci sono», ma anche senatori come Max Baucus, titolare della commissione Finanze, contrario a imporre ulteriori tasse dopo quelle contenute nella recente legge sui tagli alle emissioni nocive. Nel tentativo di superare tali dubbi Obama ha incontrato ieri sera nello Studio Ovale la commissione Energia e Commercio della Camera che dovrebbe dare il primo avallo alla bozza di legge, tornando in privato sui temi esposti dal Giardino delle Rose: «C'è chi tenta di tardare l'azione per poter affondare la riforma, ci sono gruppi di interesse che difendono lo status quo ma assieme possiamo farcela e la Storia ricorderà i nomi dei membri del Congresso che voteranno a favore». L'opposizione repubblicana gioca invece la carta dell'aumento della tensione politica al fine di rafforzare i timori dei «Blue Dogs» di perdere voti nei rispettivi collegi in vista delle elezioni del 2010. Michael Steele, presidente dei repubblicani, taccia la bozza di legge di «socialismo» accusando Obama di «non volerci coinvolgere nella discussione imponendo alla nazione una fretta immotivata», il senatore Jim deMint vede la possibilità di «spezzare Obama» condannandolo alla «sua Waterloo» e Bill Kristol, editore del magazine «Weekly Standard» e già protagonista della campagna che affondò il progetto di Hillary nel 1993, assicura che «questa è la settimana in cui possiamo uccidere la riforma sulla sanità» condannando l'amministrazione alla sua prima indiscutibile sconfitta. Ma Obama va avanti e questa sera ha convocato una conferenza stampa per appellarsi direttamente ai cittadini.

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La base di Farah dove sono barricati i soldati mandati dall'Italia a scrutare le aride montagne... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

La base di Farah dove sono barricati i soldati mandati dall'Italia a scrutare le aride montagne dell'Afghanistan occidentale, vista dall'aereo resta invisibile fino all'ultimo. La polvere rovente del deserto ricopre tende, container, torrette, camion, cannoni. E uomini. Gli italiani, quando hanno dovuto darle un nome, l'hanno chiamata «El Alamein» e basta vederla per capire il perché. Base «El Alamein» è al centro di una pietraia desolata, cinquanta gradi all'ombra, non un arbusto a perdita d'occhio. Qui, dietro alte mura, protetti da bastioni di cemento e sabbia, ci sono quasi quattrocento uomini, trecento paracadutisti della «Folgore» e un centinaio delle forze speciali e da questa base, qualche giorno fa era partito l'automezzo dell'esercito che è saltato su una mina improvvisata. I giovani parà impettiti che ascoltano il discorso del ministro Ignazio La Russa in visita, piangono ancora il loro amico Alessandro. «Siamo orgogliosi di voi», dice il ministro. Che non si nega un briciolo di polemica con i pacifisti che furono: «C'era chi invocava una pace unilaterale con bandiere multicolori. Il nostro affetto va a chi per la pace opera sul serio, con il tricolore, e il basco che portate con orgoglio». La guerra continua. E anzi c'è da aspettarsi un aggravamento della situazione. Il generale Rosario Castellano, comandante della «Folgore», è stato molto esplicito nel suo briefing con il ministro: «Queste le previsioni per il mese prossimo, quando si terranno le elezioni: se a luglio abbiamo avuto 134 attacchi, ce ne aspettiamo 179». Quattro al giorno. L'escalation non ha risparmiato la regione Ovest, insomma, dove sono gli italiani. Sono raddoppiati gli attacchi (136 nell'ultimo quadrimestre, erano stati 69 l'anno scorso), gli ordigni esplosivi, i razzi lanciati contro le basi. Ma sarebbe offensivo paragonare la base di Farah al Deserto dei Tartari. Qui i nemici ci sono, eccome. «Solo che sono invisibili», spiega un baffuto maresciallo dei carabinieri. «Tutto pare normale. Ma quando si esce di pattuglia può succedere qualsiasi cosa». È quanto accaduto qualche giorno fa al caporale Di Lisio, esperto artificiere. «Pensi che quei ragazzi da soli hanno disinnescato cinque mine», si commuove padre Adriano, il cappellano militare. Forse proprio Di Lisio si è accorto che qualcosa non andava. L'autoblindo Lince s'è fermata, ha fatto retromarcia per un metro e a quel punto è saltata in aria. Un boato pazzesco: gli attentatori, alla maniera dei mafiosi di Capaci, avevano scavato un tunnel sotto la strada e avevano piazzato settanta chili di esplosivo. Per esplodere è bastato passarci sopra. Così l'automezzo di Di Lisio è volato per aria; il tetto s'è divelto; il mitragliere è rimasto schiantato. «Ma noi non ci fermiamo e torniamo di pattuglia anche per lui», dice Fabio Barile, un altro caporale che era in quel convoglio. Nemici invisibili, clima intollerabile, pericolo costante. Questo è l'Afghanistan di oggi. Dall'Occidente arrivano truppe addestrate e bene armate, ma si trovano di fronte una guerriglia furba, elastica, subdola. Gli «insurgens» possono essere ovunque. I loro mezzi, banali. Gli esplosivi se li fanno in casa mescolando fertilizzanti a gasolio e polvere di metallo. Gli inneschi sono ingegnose rielaborazioni di molle, copertoni, pezzi di legno, bandoni di metallo. Alla fine, l'arma migliore è l'uomo. «Le loro tecniche - racconta un colonnello del genio artificieri - sono rudimentali, ma molto efficaci. Non c'è tecnologia che tenga contro un filo di ferro. L'unica contromisura è un occhio addestrato. Bisogna scrutare il terreno, sospettare se c'è della terra smossa, o un cespuglio dove non dovrebbe, o mattoni impilati lungo la carreggiata». E quindi ecco la vita quotidiana dei soldati. Pattuglie che procedono lente per cercare di non cadere in trappola. Addestramento di truppe afghane sperando che un giorno possano fare da soli. Intervento dal cielo con elicotteri da battaglia o osservazione con droni senza pilota. Combattimento, in aree come Bala Murghab, dove intere valli sono sotto controllo degli «insurgens». Spasmodica attività di intelligence per monitorare ogni tensione tra clan, infiltrazione di taleban o nervosismo di criminali vari. Dei duemilacinquecento soldati italiani che sono da queste parti, con turni di sei mesi, c'è chi da aprile non è mai uscito dal cancello. Oppure chi esce di pattuglia ogni mattina e sfida la morte a ogni curva. Il «surge» ordinato da Barack Obama, cioè la grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense distanze dell'Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la campagna elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori confinano uno con l'altro, i contingenti si scambiano informazioni quotidianamente, i «nemici» sgusciano di qua e di là cercando di assestare i loro colpi. «L'ultima novità ci è stata segnalata dagli americani - dice ancora il generale Castellano - e cioè aumentano le mine antiuomo». E ci sono attentatori suicidi che fingono di essere pacifici contadini, si mostrano ospitali e poi si fanno saltare quando una pattuglia è entrata in casa. Purtroppo, le regole della guerra sono queste: Obama ha ordinato ai suoi soldati di combattere casa per casa e gli «insurgens» trasformano le case in trappole.

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Una sentenza cancella la libertà di ricerca (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

ANALISI Una sentenza cancella la libertà di ricerca GILBERTO CORBELLINI UNIVERSITA' LA SAPIENZA - ROMA Certo, la scelta di investire soldi in una direzione per alcune applicazioni meno promettente sarebbe stata criticabile. Ma la decisione sarebbe rientrata nelle prerogative del governo. Così, invece, il bando diventa illegale, perché il governo non può introdurre una limitazione che non è giustificata dalla legge in vigore, la 40. Questa legge, infatti, vieta la distruzione di embrioni residui, ma non di fare ricerche in Italia con cellule staminali embrionali già esistenti e ottenibili da laboratori internazionali. Che infatti si fanno, a fatica, in molti laboratori italiani. Quindi, il ministero e la Conferenza Stato-Regioni si sono assunti una prerogativa che non spetta loro: per ora la Costituzione dice che il governo è ancora solo potere esecutivo. Qualcuno, come la vice-viceministra Roccella, dice che il governo può fare quello che vuole: ha scritto anche che la scelta di vietare la ricerca sulle staminali embrionali non è diversa da quella di Obama, che non ha consentito di finanziare con fondi federali la creazione a scopo sperimentale di embrioni e la clonazione terapeutica. Argomento singolare: come se fosse la stessa cosa togliere un divieto, lasciandone qualcuno già esistente, e introdurne uno senza che vi sia una base giuridica per farlo. Il Tar del Lazio non poteva giustificare la sua ordinanza basandosi sulla legge 40, anche se la cita a sproposito, e quindi fonda il rifiuto affermando che non sono i ricercatori che possono far ricorso, ma i destinatari istituzionali dei fondi. Questo significa cancellare non solo la libertà di ricerca in un campo specifico, ma l'autonomia del ricercatore tout court. Poiché si attribuisce, ingiustificatamente e contro la Costituzione, ai dipartimenti, alle università e agli enti il potere di esercitare un controllo preventivo sul tipo di studi, e forse anche di insegnamenti, che il ricercatore o il docente possono intraprendere. Dovrebbe essere chiaro che i bandi sono rivolti ai ricercatori e ai team sulla base delle competenze e delle «facilities». Ma gli enti non possono entrare nel merito degli obiettivi e dei metodi, altrimenti si configurerebbe una limitazione dell'autonomia del ricercatore tutelata dall'articolo 33 della Costituzione. Attenzione! Il significato di questa sentenza va al di là del caso specifico. L'episodio si configura come una forma di controllo e censura della ricerca. Qualcosa che è la norma nei regimi totalitari e teocratici, ma che deve essere aborrito nelle democrazie.

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harvard, polizia sotto accusa "professore arrestato perché nero" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 13 - Esteri Henry Louis Gates jr. stava entrando in casa sua. Rilasciato dopo "l´equivoco" Harvard, polizia sotto accusa "Professore arrestato perché nero" Il docente finito in manette per oltraggio è amico di molte star afroamericane DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Fermato dalla polizia per aver cercato di entrare in casa propria, il professor Henry Louis Gates jr, docente di letteratura americana ad Harvard, aveva più di una ragione per protestare con il sergente James Crowley del Police Department di Harvard, Massachussets. Ma il professor Gates è un nero, e il sergente Cromley un bianco. Così, di fronte al poliziotto che gli chiedeva di farsi riconoscere, il professore inviperito ha incominciato a urlare: «Perché? Mi trattate così perché sono un uomo nero». Ed è finito in manette per resistenza e oltraggio. L´ultima, paradossale storia di razzismo, nell´America di Obama, è una vicenda che richiama allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: «L´incidente non deve essere visto come nocivo della reputazione del professor Gates o della polizia di Cambridge. Tutte le parti concordano che questa è la giusta risoluzione di una sfortunata serie di circostanze». Letto, approvato e controfirmato. Lo strano caso del professore nero arrestato per essere entrato a casa sua, insomma, è tutto un equivoco. O forse no. Gates, amico del Nobel nigeriano Wole Sovinka ma anche di numerose star afroamericane, da Tina Turner in giù, è un vero luminare ad Harvard, ha scritto di Shakespeare e letteratura bantu, rap e basket. Forse l´unica colpa è davvero quella di non essere molto pratico con le chiavi. Rientrando da un giro di lezioni in Cina, l´altro giorno, ha cercato di forzare la porta evidentemente difettosa, della sua nuova casa di Cambridge, prima di farsi aiutare dal suo più pratico autista. Troppo tardi: Lucia Whalen, 77 anni, una di quelle signore che contribuiscono ad abbassare la soglia del crimine in America, aveva già chiamato il 911, insospettita da quei «due uomini neri che cercavano di abbattere la porta, uno facendo anche forza con la spalla». Quando il sergente Crowley è piombato sulla scena, ha trovato il professore sul divano di casa. «Che ci fa qui, venga fuori?». «Che ci fa lei». «Documenti, prego». «Lei non sa chi sono io». «Documenti, esca». «Ora chiamo subito il capo della polizia e lei vede». Le versioni, prima del comunicato congiunto finale, ovviamente discordano, il sergente dice che il professore gli ha dato del razzista ed è andato in escandescenze, il professore che il sergente lo ha assalito. Soltanto quando Gates, finalmente, ha seguito il poliziotto davanti all´uscio di casa, quello gli ha rinfacciato: «Grazie per aver acconsentito alla mia prima richiesta». E sono scattate le manette. Tutto finito? Ieri sera sulla Cnn, tv non certo di destra, le news di Rick Sanchez rispolveravano la vicenda sulla vera nazionalità di Obama: perché tanti continuano a credere che non sia nato in America? Non avremo davvero un presidente nato in Africa? No, certe storie da queste parti non finiscono mai. (a. aq.)

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guantanamo, stop al piano di obama - angelo aquaro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 13 - Esteri Guantanamo, stop al piano di Obama Rinviato il rapporto della Casa Bianca: "Ancora troppi nodi da sciogliere" Dal Senato l´unica nota positiva: depennata l´"inutile spesa" per 7 nuovi F22 Il presidente aveva promesso che sarebbe stato chiuso entro il 22 gennaio 2010 ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - La strada per chiudere Guantanamo si rivela più lunga del previsto per Barack Obama. Le conclusioni della commissione che studiava una via d´uscita giudiziaria slittano di sei mesi: «Dobbiamo prendere decisioni difficili, complicate e connesse tra loro». Gli uomini della Casa Bianca non si espongono ma nessuno giura più sul 22 gennaio 2010, anniversario del discorso con cui il presidente, insediato da due giorni, annunciava che la base della vergogna sarebbe stata chiusa in un anno. Lo stop arriva nel giorno in cui Barack tenta il contrattacco sulla sanità, «la riforma di cui l´America ha bisogno», ha detto ancora ieri. Insidiato da destra, con i repubblicani che lo accusano di portare l´economia allo sfascio col suo "socialismo", il presidente rischia ora di deludere a sinistra, mentre un nuovo sondaggio, stavolta Usa Today-Gallup, lo bacchetta (un americano su 2 scontento su economia e sanità). L´unica nota positiva sembra arrivare dal Senato, che ieri ha depennato la spesa per 7 nuovi F22, i jet ad alta tecnologia coccolati del Pentagono ma inutili nella guerra contro gli insorti che gli Usa combattono in Afghanistan: Barack aveva minacciato il veto contro l´«inutile spreco». Guantanamo resta un intrigo. Sulla vicenda sono al lavoro due task force: una per rivedere la politica di detenzione dei terroristi, l´altra le tecniche d´interrogatorio. Entrambe hanno mancato la deadline di ieri, chiedendo di aggiornarsi tra altri sei e due mesi: uno slittamento troppo pericolosamente vicino alla data di gennaio. Troppe questione aperte. Basta con le "harsh tecniques" di Cheney e Bush: ma come si interroga un terrorista? E poi: consentire o no la detenzione a tempo indefinito per chi non può essere portato davanti a una corte? E ancora: i tribunali militari continueranno ad applicarsi ai terroristi. Ma come funzioneranno? Le domande si concretizzano nei numeri. Guantanamo raccoglieva più di 800 detenuti. Dice Andrew Wander di Reprieve, un´organizzazione che rappresenta più di 30 prigionieri: «Nei primi sei mesi di Obama, solo 11 detenuti dei 242 ereditati dall´amministrazione Bush sono stati liberati». Uno si è suicidato. Gli altri dovrebbero essere distribuiti in mezzo mondo, dall´Europa (una sessantina, con l´Italia candidata ad ospitarne tre, per il mal di pancia della Lega) a Palau, il paradiso che si sacrifica in cambio di dollari. L´America deve ancora identificare le strutture per i detenuti che andranno a processo. Scontro anche sulla pericolosità. "Uno su 7 è recidivo", dice il New York Times citando fonti del Pengano. "Molti meno, uno su 4", ribatte in una controinchiesta Peter Bergen, Cnn, esperto di terrorismo. Per discutere ci sarà ancora tempo

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sorelle bush - angelo aquaro new york (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 32 - Esteri Jenna e Barbara tra scandali e imbarazzi Un libro rivela i loro anni alla Casa Bianca Sorelle Bush Sesso, alcol e risse le gemelle terribili incubo degli 007 Le foto scabrose in un hotel, le corse in ospedale ubriache. E la scorta costretta a pedinarle ANGELO AQUARO NEW YORK dal nostro inviato «Anche noi abbiamo visto la casa Bianca attraverso gli occhi innocenti e pieni di ottimismo dei bambini». Ok. Ma con quali occhi l´hanno accarezzata l´ultima volta? Sesso. Alcol. Violenza. E non sempre in quest´ordine. Benvenuti nel magico mondo delle sorelle Bush, Jenna e Barbara, le ex first daughters di cui l´America, adesso, scopre i segreti, grazie a un cronista come Ronald Kessler, una vita tra Washington Post e New York Times. Il libro si chiama "In the President´s Secret Service", racconta la vita quotidiana dei presidenti da Kennedy in poi, e dentro ci sono spunti che solleticherebbero perfino una commissione d´inchiesta, come la confessione di un agente sulla scorta ad Obama: «Un miracolo che non l´abbiano ammazzato almeno in due occasioni». Ma alla vigilia dell´uscita, il 4 agosto, sono le rivelazioni sulle Bush a tenere banco. Su Jenna, soprattutto, la più country delle sorelle, studi all´Università di Austin, dietro all´ufficio da governatore di papà, mentre Barbara svernava tra i lussi di Yale, a un passo dalle mille luci di New York. Scrive Kessler che «la ragazza spesso cercava di perdere la protezione della scorta, infilando un semaforo rosso o saltando in auto senza dire per dove». Per gli uomini della sicurezza «un vero incubo». Tanto da dover far mettere la sua auto sotto sorveglianza: unico modo per seguirla. Come un delinquente qualsiasi. Scatenatissime gemelline. L´America ricorda ancora con rabbia e un po´ di vergogna la cacciata dall´Argentina, con l´ambasciata sudamericana, novembre 2006, costretta a suggerire il rientro anticipato. Le due ragazze erano sprofondate nella pampa per celebrare il 25esimo compleanno, divertendosi così tanto da inseguirsi nude nella hall dell´hotel: particolare smentito dalla direzione solo dopo essere finito su tutti i tabloid. Fu soprattutto Barbara a mettersi in luce. Nel giro di poche ore prima riuscì a farsi rubare il telefonino della Casa Bianca mentre cenava placidamente nell´affollato quartiere di San Telmo, poi a infilarsi, solitaria, tra i tifosi del Boca Juniors, che non passano per dei gentiluomini. Forse per non esserle da meno, Jenna pensò bene di rilanciare, facendosi beccare, ma stavolta in casa, col suo allora fidanzato, Henry Chase Hager, studente non proprio brillante di business ma in compenso assai portato per l´alcol: la scorta dovette fare irruzione in un locale di Georgetown per separare il ragazzone e la gemellina, oggi sposi, in una rissa disastrosa. E andò sempre meglio di quella volta in cui dovettero accompagnarli all´ospedale, cotti com´erano nel nome di Halloween. O, ancora, di quando Jenna fu incriminata per avere usato una falsa carta d´identità per farsi dare da bere. Alcol passato. Come il papà cristiano rinato e ri-sobrio, anche le due ragazze ormai sembrano avviate su una china più tranquilla. Ed è proprio dall´alto della loro esperienza che hanno indirizzato alle figlie di Obama pochi consigli sulla vita alla Casa Bianca. «Care Masha e Malia, quando siamo entrate eravamo bambine come voi...». Papà Obama è avvisato.

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fed: l'economia migliora tassi bassi per due anni - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 20 - Economia Fed: l´economia migliora tassi bassi per due anni Spunta la legge Madoff: i ricchi si paghino il carcere Bernanke: c´è la ripresa, ma troppi disoccupati. E frenano sia il dollaro sia la Borsa di New York. Milano è in rialzo ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - La Federal Reserve manterrà per lungo tempo i tassi di interesse «a un livello eccezionalmente basso», per sostenere la ripresa e soprattutto l´occupazione, e non teme contraccolpi inflazionistici. Lo ha detto ieri il presidente della Fed Ben Bernanke illustrando al Congresso, durante l´udienza semestrale stabilita per legge, la «exit strategy» della banca centrale per evitare un aumento incontrollato dei prezzi. Da varie settimane, ormai, i parlamentari di Washington sono preoccupati per questi rischi inflazionistici legati all´esplosione delle misure anti-crisi e quindi del debito pubblico. Timori sono stati espressi anche dal governo cinese che detiene montagne di certificati del Tesoro americano. Bernanke ha cercato di tranquillizzare: da un lato - ha spiegato - il board della Fed è convinto che il tasso di inflazione nel 2009 sarà minore che negli anni recenti; da un altro lato la Fed dispone ormai di uno strumento in più, rispetto al passato, per combattere l´inflazione. E´ autorizzata a pagare degli interessi sui depositi ricevuti dalle banche. E basterà alzarne il livello per portare a un aumento generalizzato dei tassi in funzione anti-inflazionistica. Il presidente della Fed, il cui mandato scadrà l´anno prossimo, e Obama potrà confermarlo o sostituirlo, ha anche evidenziato il rallentamento del declino economico, che potrebbe essere incoraggiante se la disoccupazione non fosse in crescita (l´allarme lavoro frena la corsa del dollaro passato di mano 1,4182 dollari, dopo aver toccato un massimo da sei settimane a 1,4277 dollari). Bernanke ha anche difeso il ruolo della Fed nella tempesta finanziaria e la riforma suggerita dal governo, che darebbe maggiori poteri alla banca centrale. In questo clima ancora incerto, fatto di luci e ombre, arriva la notizia della presentazione al Parlamento di New York della «legge Madoff». L´obiettivo: evitare che i contribuenti paghino le spese carcerarie per i ricchi newyorkesi condannati per frodi fiscali. Secondo Jim Tedisco, il parlamentare repubblicano che ha presentato la proposta, ogni detenuto costa 80-90 dollari al giorno. Se la legge venisse approvata, la spesa ricadrebbe su tutti i condannati con un patrimonio superiore a 200mila dollari. Madoff era ben più ricco, anche se poi ha ceduto tutti i suoi averi. Ora sconta la condanna a 150 anni nel carcere Butner, Carolina del Nord. Infine il mercato azionario americano, dopo quasi dieci giorni di rialzi netti, ha accusato una certa stanchezza ed è andato a zig-zag per tutta la seduta di ieri. Pesa la riforma sanitaria voluta da Obama e ora al centro di un violento scontro politico. Ma alla fine l´indice Dow Jones ha segnato un in rialzo dello 0,77%. Più forte la crescita nelle piazze europee, con Milano più 1,61%, Londra più 1,01, Francoforte più 1,27.

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fondi italiani in crisi pesa il doppio gioco delle nostre banche (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 21 - Economia Global market Fondi italiani in crisi pesa il doppio gioco delle nostre banche Non ho mai detto che siamo interessati a Tiscali. Ho detto che se fosse in vendita siamo disponibili a valutare questa opportunità MILANO - L´ultima indagine dell´ufficio studi Mediobanca ci ricorda che l´industria dei fondi comuni in Italia è malata. Il dato è evidente: dal 2000 i riscatti prevalgono sulle sottoscrizioni (unica eccezione il 2003) e il patrimonio a fine 2008 risulta quasi dimezzato rispetto al 2009. Le cause della malattia sono almeno tre: i costi troppo alti, circa il doppio degli omologhi prodotti di matrice anglosassone; un eccesso di rotazione dei titoli all´interno dei portafogli, con costi di negoziazione a volte inutili; prodotti italiani poco investiti in azioni: 12% contro la media europea del 30%. I gestori italiani rischiano meno comprando più titoli di Stato ma questa politica penalizza il rendimento nel medio periodo. Infine il peggiore dei mali: in Italia i fondi sono controllati dalle banche che piazzano al cliente i prodotti sui quali guadagnano di più. Da tempo Draghi ripete che il nodo è da sciogliere ma la crisi ha bloccato tutto: le banche si tengono stretti i fondi scontentando se stesse e i risparmiatori. Giovanni Pons [obama abbatte i caccia invisibili] NEW YORK - La Lockheed Martin si è affidata ai parlamentari delle zone di produzione per mantenere in vita il programma degli F-22, i caccia invisibili ai radar. Ma non c´è stato nulla da fare: con 58 voti contro 40, il Senato ha approvato i tagli voluti da Obama e sostenuti persino dal suo ex-rivale John McCain. Il blocco della produzione degli F-22 permetterà di risparmiare 1,75 miliardi di dollari sui 680 del bilancio del Pentagono. Per giunta quel caccia non è mai stato usato né in Iraq né in Afghanistan. In compenso il taglio è un brutto colpo sia per il colosso aerospaziale Lockheed, le cui quotazioni hanno perso l´8,1%, sia per 95mila lavoratori collegati con il programma F-22. Arturo Zampaglione

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al risveglio a palazzo grazioli il cavaliere disse a patrizia "ora dammi il tuo cognome" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Interni Un regalo se resti Senza protezione Amica, non escort In-su-pe-ra-bi-le Al risveglio a Palazzo Grazioli il Cavaliere disse a Patrizia "Ora dammi il tuo cognome" Le registrazioni Ti passa a prendere l´autista e andiamo lì. Mille ora te li ho già dati. Poi se rimani con lui ti fa il regalo… "Vedi che lui non usa il preservativo". "Ma non esiste senza, come faccio a fidarmi? Sai quanta gente è rimasta?" Tu puoi decidere ma lui non ti prende come una escort, capito? Lui ti prende come un´amica mia, che ho portato… Sono l´unico al mondo che ha presieduto il G8 due volte. Ora sono in-su-pe-ra-bi-le. Tre volte! Un grande risultato serata A CASA DEL PREMIER Ottobre 2008. Prima di andare a Palazzo Grazioli Gianpaolo Tarantini e Patrizia si mettono d´accordo sulla serata a casa del premier. Gianpaolo Tarantini: Allora... Patrizia D´Addario: Mi volevi parlare? GT: Non volevo parlare, volevo dirti... che alle nove e un quarto vi passa a prendere l´autista e andiamo lì... RAGAZZA: Andiamo lì... poi se lui decide rimani lì... PD: ... E mille per la serata. GT: Mille ora già te li ho già dati... poi se rimani con lui... ti fa il regalo solo lui... ah... vedi che lui non usa il preservativo... eh... PD: Ma non esiste una cosa senza preservativo... come faccio a fidarmi? GT: Ma... è Berlusconi... PD: Ma tu chi sei? Guarda che... sai quanta gente è rimasta... GT: Sai quanti esami fa lui? PD: Lo so, ma... sai... per noi donne è anche più bello... voglio dire... ma sentire una cosa del genere... GT: Tu puoi decidere, però lui non ti prende come escort, capito? Lui ti prende come un´amica mia, che ho portato... DIMMI COME TI CHIAMI E´ la mattina del 5 novembre. Obama è il nuovo presidente Usa, Silvio e Patrizia fanno colazione a Palazzo Grazioli. Patrizia D´Addario: Scusami (ero in bagno) Silvio Berlusconi: Allora, come stai? PD: Io bene. Tu? SB: Tranquillo. Allora, prendiamo il caffè o il tè? PD: Tè SB: Allora io vado via, tu ti leggi il giornale PD: Che prendo? SB: C´è di tutto di più PD: E´ dolcissimo sai. E poi la tisana era superdolce SB: Ecco perché non lo giro, perché mi fregano con questo fatto PD: Il miele non è zucchero PD: Che dolore, all´inizio mi hai fatto un dolore pazzesco SB: Ma dai! Non è vero! PD: Ti giuro, un dolore pazzesco all´inizio SB: Mi vuoi dare il cognome? PD: Si, è un cognome famoso. C´è una grossa concessionaria che fa pubblicità, un grosso dottore ginecologo SB: (legge un biglietto?) D´Addario? PD: Sì, non è tanto comune.... SB: D´Addario... IL COMIZIO DI ECONOMIA E´ ottobre 2008. La Lehman Brothers è fallita da poco. Berlusconi fa un comizio di economia davanti a Patrizia D´Addario, Giampaolo Tarantini e gli altri ospiti. SB: Perché vado a Berlino? Vado a Berlino per la riunione Europa Asia. Ma invece a partire dal primo di gennaio sono il responsabile dell´organismo internazionale che governerà l´economia del mondo VOCE FEMMINILE: Eeeehhh... SB: Che si chiama ora G8, poi sarà G14 con dentro India, Cina, Sud Africa, Messico, Egitto, Brasile. E poi G16... E io dovrò andare in tutti questi paesi e per un anno dare l´avvio alla gestione dell´economia mondiale che non si è reso possibile... Io per avventura... io sono l´unico al mondo che ha presieduto due volte nel 1994 e nel 2002, non c´è nessun altro che ha presieduto due volte... Siccome si va a sedici, uno deve stare lì, e si fa un anno ciascuno, ora sono in-su-pe-ra-bi-le... tre volte! ed è un grande risultato per l´Italia... LE CHIESE FINLANDESI Continua la festa a Palazzo Grazioli. Berlusconi parla con Patrizia delle opere d´arte italiane. SB: Io sono andato in Finlandia... mi hanno fatto vedere una cosa... una chiesa di legno, cadente... Noi qui abbiamo... 40mila parchi storici con tutti i tesori dentro, 3500 chiese, 2500 siti archeologici, pari al 52% di tutte le opere d´arte catalogate al mondo e al 70 % di tutte le opere d´arte catalogate in Europa: questa è l´Italia. PDA: E perché non vengono più?

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la rivoluzione noir di paco ignacio taibo ii (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 36 - Cultura Si conclude a Gijon, nelle Asturie, il festival letterario "Semana negra" Si conclude a Gijon, nelle Asturie, il festival letterario "Semana negra" la rivoluzione noir di paco ignacio taibo II Nove giorni e nove notti senza sosta dedicati a investigatori, crimini, assassini, ma dove puoi trovare anche scienziati russi, amazzoni, morti viventi e cavalieri crociati Gijon (asturie) n altro libro è possibile, parola di Paco Ignacio Taibo II. Che chiude un poco envejecito – un po´ invecchiato – ma raggiante la ventiduesima edizione della sua "Semana Negra", il più imprevedibile dei festival letterari. Nove giorni e nove notti senza sosta, in un assoluto ed organizzatissimo stato confusionale. Dove abbondano crimini, assassini e investigatori, come in ogni rassegna noir che si rispetti. Ma dove puoi trovare anche scienziati russi e storici mediorientali, amazzoni e macchine a vapore, morti viventi e cavalieri crociati, narcos, terroristi a fumetti, orchi spaziali. Dove il libro – un altro libro - è possibile, perché la ricetta dello scrittore messicano funziona. Soprattutto sull´incandescente spiaggia asturiana, tra ombrelloni e zucchero filato, tra ruote panoramiche e salsicce alla brace. Al diavolo quelli col nasino all´insù: qui si fa la rivoluzione, compagno. Come? "Coniugando cultura e festa popolare. Per dimostrare che si può leggere con la mano sinistra, e con la destra addentare un panino. Leggere è dividere il tempo rubato ai sogni. E´ utopia e cinismo allo stesso tempo. E´ pensare, ed è farlo in modi e mondi differenti". Paco 2, come lo chiamano gli amici – o Pit II, come preferisce firmarsi – ha raccolto centoventi autori internazionali, giunti via Madrid a bordo di un treno rigorosamente "nero", e migliaia di visitatori entusiasti. Ha esordito con una tavola rotonda dedicata agli zombies, e si è congedato con un concerto del pittoresco Tonino Carotone. Ha presentato le nuove stelle della letteratura latino-americana, ha dialogato con Luis SepÚlveda, ha denunciato la crisi della socialdemocrazia europea con il pakistano Tariq Ali, ha preso atto della freddezza professionale di Fred Vargas. E ha dedicato un affollatissimo incontro a Napoli, tra "camorra, cultura e basura (spazzatura)", con Bruno Arpaia che a sua volta si è dedicato a descrivere le straordinarie contraddizioni di una città e di un paese, l´Italia, rispondendo – tra l´angosciato e il divertito - ad un´infinità di domande su Silvio Berlusconi. "L´idea di raccontare la vera storia dell´immondizia napoletana è nata in maniera casuale, ma con lo spirito di sempre: impedire che i più forti ci manipolino, rifiutando il rumore mediatico e la disinformazione. Perché qui la parola è scritta. E sale dal basso. Come la rivoluzione. Come la voglia di un futuro migliore. Di un presente migliore". Forse non è un caso – sostiene Taibo II, il direttore – che la Semana Negra abbia avuto inizio quando all´Aquila si chiudeva il G8. C´è un filo sottile, e nero, che lega gli eventi. "Il paradosso è che noi facciamo sul serio, mica come gli Otto Grandi Obama e gli Usa in testa – che dicono di mettere la fame e l´ambiente come priorità assolute, e poi proteggono le banche e le industrie. Noi la rivoluzione la facciamo davvero. Partendo da un libro, dalla lettura. Dalla cultura e della festa popolare. I cosiddetti romanzi polizieschi sono letteratura minore, sostiene qualcuno. Bene: io dico che questa è la letteratura. Nei polizieschi c´è la magìa dell´evasione, la suggestione della fuga, il fascino del fuoco. C´è la lotta di classe. E poi, a noi i minori sono sempre piaciuti. Ci restituiscono l´orgoglio". Il "giallo", il noir, la novela negra: questo è rimasto il tema centrale della rassegna. "Che non ha dimenticato lo Sherlock Holmes di Conan Doyle, o il Dupin di Poe, o Wilkie Collins. Che ha avuto sempre ben presente il «classismo» di Borges, secondo cui il colpevole era sempre il maggiordomo. E il socialismo di Raymond Chandler, che dava la colpa al sistema". Ma il rischio è la crisi dei generi, e il poliziesco deve svoltare: parola di Taibo II, che ai suoi libri di investigazione – con l´improbabile detective guercio, Hector Belascoaràn – deve molto. Ci sono altri modi per scrivere un libro giallo, suggerisce il messicano. Uno dei più affascinanti è quello delle rivisitazioni storiche. Una nuova "frontiera" che in questi giorni la Semana Negra ha esplorato con autori come l´italiano Alessandro Barbero, o il paleontologo russo Kyril Yeskov, o ancora il francese David Camus, nipote di Albert. Il mistero – e la storia - possono essere quelli della battaglia di Lepanto, vista dalla parte degli Ottomani. Le leggende di Tolkien investigate scientificamente. L´enigma della scomparsa della Santa Croce, risolto da un cavaliere convertitosi all´Islam e al servizio del Saladino. Mischiati ai banchetti che offrivano grigliate e zuppa di pesce, i librai della Semana Negra hanno venduto 55.000 volumi, ed è un piccolo, significativo record. Il direttore, al suo primo giorno di meritato riposo, sorride felice. Ma ammette che ogni anno si fa sempre più difficile. "Perché sembro un militante giovanile della cultura, ma ho sessant´anni (anche se ne dimostro quaranta, e morirò a centoventi). Perché è difficile resistere alle mode. Perché le librerie oggi sono delle giungle dove non si vendono più libri, ma best-seller. Però continuo, non abbiate paura. Perché un altro libro – e un altro mondo – è possibile".

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Obama accusa le banche: mancano di umiltà (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 22/07/2009 - pag: 2 Il presidente Usa Obama accusa le banche: mancano di umiltà MILANO Il presidente americano Barack Obama prende atto che «alcune delle maggiori banche» hanno rimborsato i prestiti pubblici, ma sottolinea che «quello che non si è ancora visto è un cambio di cultura, una certa umiltà che porti le persone a dire 'cielo, abbiamo fatto davvero danni'». Obama ha ammoniti ieri i leader della finanza Usa durante un'intervista al programma «Today» della Nbc. Ed è tornato a puntare il dito contro gli eccessivi bonus concessi ai manager del settore: «Dobbiamo essere sicuri che l'industria finanziaria funzioni in modo più trasparente», ha detto.

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Inchiesta Tarantini I pm accelerano su escort e droga (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 22/07/2009 - pag: 6 L'indagine Nuovi dettagli sulle ragazze a Palazzo Grazioli Inchiesta Tarantini I pm accelerano su escort e droga «Nastri sigillati, la Procura non c'entra» DAL NOSTRO INVIATO BARI La Procura di Bari si blinda e divide l'indagine sull'attività di Gianpaolo Tarantini in tre fascicoli. Gli accertamenti sulle prostitute portate nelle residenze di Silvio Berlusconi e quello sulla cocaina che sarebbe stata ceduta dall'imprenditore pugliese ai propri ospiti sono entrati nella fase conclusiva e per evitare possibili inquinamenti i magistrati hanno deciso di stralciarli dal filone iniziale della corruzione. In questo modo sarà possibile chiudere entro qualche settimana i due procedimenti e mettere tutti gli atti processuali a disposizione degli indagati. Anche perché gli ultimi elementi raccolti consentono di ricostruire nei dettagli i rapporti che legavano lo stesso Gianpaolo Tarantini al presidente del Consiglio. E di scoprire che nel settembre scorso, forse per accreditarsi con il premier, il giovane pugliese riempì due macchine di ragazze che furono poi trasferite a Palazzo Grazioli. I nastri sigillati È pesante l'aria che si respira al Palazzo di Giustizia. Dopo la pubblicazione sul sito Internet del settimanale L'Espresso delle registrazioni effettuate da Patrizia D'Addario, si è fatta più forte la convinzione che chi ha veicolato i nastri avesse tra gli obiettivi quello di screditare i pubblici ministeri. E così è toccato al procuratore Emilio Marzano che lascerà l'incarico a fine mese chiarire che nulla può essere uscito dai suoi uffici. Il comunicato usa un linguaggio tecnico, ma il contenuto appare fin troppo esplicito: «Occorre precisare che Patrizia D'Addario, a seguito delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, ritenne di consegnare agli uffici inquirenti materiale informatico, ritualmente acquisito e adeguatamente custodito in pacchi sigillati collocati in una cassaforte blindata di questo ufficio ». Ed ecco il passaggio chiave: «La pubblicazione di conversazioni asseritamente registrate non è pertanto riferibile in modo alcuno agli Uffici di Procura, che non hanno ancora proceduto all'apertura dei plichi sigillati all'ascolto e alla riproduzione del contenuto del suddetto materiale». Le registrazioni a cui si riferisce Marzano sono state consegnate l'8 giugno. Ci sono altre sei cassette, che Patrizia ha depositato il 21 giugno e che non sono state ancora rese note. Una, in particolare, riguarda una telefonata che Tarantini le fece il 27 gennaio scorso dunque tre mesi dopo la notte trascorsa con il premier per chiederle di tornare a Palazzo Grazioli «perché lui ti vuole». Ma la donna, come si sente nella conversazione, rifiutò l'invito. «Eravamo almeno dieci» Fino ad ora il pubblico ministero Giuseppe Scelsi non ha ritenuto di dover sbobinare i nastri portati da Patrizia perché agli atti processuali sono già allegate le intercettazioni telefoniche che dimostrano quale fosse la natura dei rapporti tra Tarantini e il premier. E il ruolo delle ragazze che l'imprenditore metteva a disposizione. La prima conferma sul reclutamento delle prostitute sarebbe arrivata da una signora, interrogata a Roma qualche giorno prima della D'Addario. Il racconto di Patrizia è riscontrato dalle verifiche su biglietti aerei e prenotazioni di alberghi, ma anche dalle parole di Barbara Montereale e Lucia Rossini che erano con lei la notte dell'elezione di Barack Obama e la lasciarono nella camera da letto del premier. Il resto l'avrebbe fatto Terry De Niccolò, che Gianpaolo Tarantini portò nella residenza romana a metà settembre 2008, dunque poche settimane dopo aver conosciuto Silvio Berlusconi a Villa Certosa. Le due macchine Era una delle prime volte, forse addirittura la prima, ed evidentemente l'imprenditore ci teneva a dimostrare che lui poteva essere un buon fornitore. Terry è una testimone, ma così come hanno fatto tutte le altre donne comparse nell'inchiesta, è assistita da un legale e ha scelto l'avvocato Sabino Strambelli. Davanti al pubblico ministero la ragazza ha ricordato che, proprio come accadde a Patrizia, «fui avvertita soltanto poche ore prima che dovevo partecipare a una festa a Roma, ma accettai di partire dopo essermi accordata con Gianpaolo». Anche lei fu sistemata in un albergo di via Margutta, ma prima si recò all'hotel De Russie «per avere disposizioni sulla serata ». Anche a lei Tarantini chiese di indossare un vestito nero e un trucco leggero. Anche a lei furono dati i soldi, 1.000 euro. Ma poi c'è un dettaglio che bene spiega quale fosse il biglietto da visita che l'imprenditore aveva deciso di esibire. «Vennero a prendermi in macchina ha messo a verbale Terry . Davanti c'erano Gianpaolo e l'autista Dino. Dietro c'eravamo io e altre ragazze. Mi accorsi poco dopo che non eravamo sole, perché ci seguiva una seconda macchina piena di donne. Alla fine credo fossimo dieci. Varcammo i cancelli di Palazzo Grazioli e ci fecero aspettare qualche minuto nell'atrio prima di salire tutte insieme con lui. Nel salone trovammo Silvio Berlusconi ad aspettarci». Accusatrice Patrizia D'Addario, 42 anni, escort ed ex candidata a Bari per una lista collegata al Pdl. Avrebbe passato la notte del 4 novembre 2008 con il premier Silvio Berlusconi Fiorenza Sarzanini

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Chi è il prossimo? Barack Obama? (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Paradossi Chi è il prossimo? Barack Obama? di BEPPE SEVERGNINI Il prossimo sarà Barack Obama? Arrestare Henry Louis Gates jr s'è rivelato più di un errore, peggio di un malinteso: è stato un mezzo disastro. Il professor Gates è uno degli studiosi più stimati d'America, di certo il più celebre tra gli afro-americani. Storico, direttore del W. E. B. Du Bois Institute for African and African American Research presso Harvard University; conduttore, autore e ospite di molti programmi televisivi, già nel 1997 veniva inserito dalla rivista Time tra i «25 americani più influenti». Per essere sinceri: aprire a spallate la porta di casa, quando ci s'accorge che le chiavi non funzionano, non è una cosa che passa inosservata, nella compassata Cambridge, Massachusetts; e reagire gridando ai poliziotti «You don't know who you're messing with!» («Non sapete chi siete andati a stuzzicare!») ricorda da vicino l'italico «Lei non sa chi sono io!». Ma l'errore, il malinteso e il disastro rimangono. E Henry Louis Gates jr ha probabilmente ragione: a un bianco non sarebbe successo. Ironia della sorte, il professore quest'estate sta realizzando il documentario «Facce dell'America». La sua, evidentemente, non è piaciuta al poliziotto (bianco) che gli ha messo le manette ai polsi, e lo ha portato in centrale. La foto segnaletica è destinata a passare alla storia. Negli Usa, ovviamente, la notizia apparsa per la prima volta sull'Harvard Crimson, il giornale degli studenti ha fatto scalpore, e suscitato discussioni: si tratta di pregiudizio razziale, oppure quel poliziotto stava semplicemente facendo il proprio dovere? Lasciamo agli americani questa risposta, e chiediamoci invece: qui in Italia, qualcosa del genere potrebbe accadere? Risposta facile: sì. Chiedete a chiunque abbia una pelle diversa o un accento insolito, e vi racconterà una serie di episodi che vanno dal comico al tragico: dal «tu» irrispettoso, buttato lì dagli sciocchi; fino alle frasi che deve ascoltare per strada, di sera, una bella ragazza nera: considerata una prostituta, fino a prova contraria. Gli sguardi sospettosi, l'atteggiamento guardingo, i piccoli sgarbi provano che siamo tutti razzisti? No, per fortuna; «ma rischiamo di diventarlo senza accorgercene», come dice Mario Balotelli, uno che di queste cose purtroppo per lui se ne intende. Cerchiamo di non essere ipocriti. Non c'è dubbio che, di fronte al diverso e all'insolito, scattano riflessi automatici: la natura ci ha equipaggiato così, nel Dna degli uomini sono nascosti antichi meccanismi di allarme. Ma la natura si cambia con la cultura: dobbiamo imparare a usare il ragionamento e non l'istinto. Sebbene alcune nazionalità oggi in Italia commettano più reati di altre, non esiste un determinismo criminale. Le pessime sorprese possono arrivare da chiunque. Anche quelle buone: e queste, per fortuna, sono molto più numerose. www.corriere.it/italians www.beppesevergnini.com

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Arrestato il docente nero: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Il caso Gates jr è uno dei più noti studiosi afroamericani, inserito fra gli uomini più influenti negli Usa Arrestato il docente nero: «Razzisti» Celebre professore di Harvard scambiato per uno scassinatore DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK I poliziotti bianchi che l'hanno arrestato evidentemente non guardano la tv pubblica per le élite intellettuali PBS. Altrimenti saprebbero che il nero di mezza età, con occhiali e bastone, che hanno trascinato in commissariato in un tranquillo pomeriggio d'estate, strappandolo al salotto di casa sua con l'accusa di essere un rapinatore, è la star di African American Lives, Henry Louis Gates. Nonché luminare di Harvard, accademico afro-americano più autorevole d'America, e una delle massime autorità negli studi sul razzismo grazie a classici quali «Thirteen Ways of Looking at a Black Man» e «The Future of the Race». E' una storia quasi surreale la sua, testimone di un razzismo che, sei mesi dopo la storica elezione di Barack Obama, continua a guardare la realtà con le lenti deformate di un'intolleranza impermeabile a cultura, status sociale o traguardi personali. Ed è certamente singolare che sia accaduta a pochi isolati da Harvard Square, dove ha studiato il primo presidente nero degli Stati Uniti che proprio qualche giorno fa aveva messo in guardia il paese dal «persistere delle barriere razziali». Tutto inizia giovedì pomeriggio quando, rientrando nella sua villa a due passi dal campus, dopo un viaggio di lavoro in Cina, Gates si accorge che la serratura non funziona e chiede aiuto all'autista, anche lui nero, che l'ha accompagnato in taxi dall'aeroporto. Dall'altro lato della strada, Lucia Whalen, una vicina bianca di 40 anni, si insospettisce e telefona alla polizia. «Due uomini di colore stanno prendendo a spallate la porta di una casa di fronte», li avverte allarmata la donna che, guarda caso, lavora per la rivista liberal del college Harvard Magazine. Da questo punto in poi gli eventi prendono una piega alla Mississippi Burning . Quando gli agenti arrivano, il professore, al telefono in salotto, cerca di spiegar loro l'accaduto. Ma gli agenti non sentono ragione e gli intimano di uscire dalla sua casa. «Questo è quello che succede ai neri d'America - protesta il docente che nel 1997 è stato inserito da Time nella lista dei 25 americani più influenti - perché vi comportate così, perché io sono nero e voi agenti bianchi? ». A questo punto, e nonostante avesse mostrato agli agenti la patente e il tesserino di Harvard con il suo indirizzo, Gates è ammanettato e portato in centrale, dove viene trattenuto per quattro ore. «Ha alzato la voce accusandomi di essere un razzista», si è giustificato il sergente di origine irlandese James Crowley quando la notizia dell'arresto «per resistenza a pubblico ufficiale » cominciava a fare il giro del web, scatenando un putiferio di proteste e costringendo le autorità ad archiviare le accuse, dopo avergli chiesto ufficialmente scusa. «Nonostante le scuse la macchia rimane e così l'umiliazione », ha subito puntato il dito il reverendo Jesse Jackson, secondo il quale «questi incidenti fanno parte di un trend nazionale sulla razza». Non è il primo episodio di razzismo ad Harvard. Nel 2004, Allen Counter, da 25 anni docente di neuroscienze, fu scambiato per un ladro da due agenti che minacciarono di arrestarlo se non avesse subito mostrato i documenti. «L'arresto di Gates non sarebbe avvenuto se fosse stato bianco», ha commentato Counter, «quello che è accaduto è davvero inquietante per tutti gli afroamericani che frequentano Harvard». Segnalato Foto segnaletiche del professor Gates scattate nella centrale di polizia dove è stato condotto dopo l'arresto Alessandra Farkas

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Rinviato il rapporto su Guantanamo E la chiusura ora potrebbe slittare (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 17 Le spine di Obama Rinviato il rapporto su Guantanamo E la chiusura ora potrebbe slittare WASHINGTON Il presidente Obama ha rinviato di sei mesi la pubblicazione del rapporto sul campo di detenzione di Guantanamo a Cuba, un rinvio che rischia di impedirne la chiusura entro il 22 gennaio prossimo, come da lui promesso durante la campagna elettorale. Lo ha dovuto fare, hanno ammesso i portavoce della Casa Bianca, per la complessità di numerosi casi, i cui dossier «sono esaminati pagina per pagina», e per la lentezza con cui i detenuti vengono trasferiti ad altri Paesi. Il presidente, tuttavia, ha pubblicato un rapporto a interim sulle tre opzioni che gli si offrono: il trasferimento dei detenuti all'estero, il loro processo davanti a un tribunale ordinario, oppure davanti a un tribunale militare. Su questo ultimo punto, il Congresso discute una riforma che garantisca ai detenuti maggiori diritti. Il rinvio ha spinto i repubblicani a chiedere che Gitmo, come viene chiamato il campo di Guantanamo, rimanga aperto: Mitch McConnell, il loro leader al Senato, ha accusato il presidente di mettere a rischio la sicurezza dell'America «con un piano confuso che non garantisce che venga fatta giustizia dei terroristi». Ma secondo i portavoce, Obama lo chiuderà, sia pure in ritardo, entro il 2010, e se qualche terrorista rimarrà in America finirà in carceri di massima sicurezza. E' inaccettabile, hanno ribadito, che dopo 7 anni quasi nessuno sia ancora stato processato. Nel 2008, il presidente Bush dette il via al processo contro Khalid Mohammed, l'architetto della strage delle Torri gemelle del 2001, e quattro complici, ma Obama lo sospese. Attualmente, i detenuti a Guantanamo sono 229, dal suo ingresso alla Casa Bianca Obama è riuscito a indurre altri Paesi, tra cui l'Italia, ad accettarne solo 16. Alle elezioni, Obama si mostrò consapevole del problema di Guantanamo: «Sarà una delle maggiori sfide della mia amministrazione». Da chiudere Il carcere di Guantanamo, con 229 detenuti Ennio Caretto

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I summit della Sec? Si seguono sul web (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 22/07/2009 - pag: 25 Authority di mercato e trasparenza Via alle manovre per il riordino degli enti italiani I summit della Sec? Si seguono sul web MILANO La web-cam inquadra l'auditorium e i commissari, poi stringe su di lei, Mary L. Shapiro, presidente, la prima donna salita alla guida della Vigilanza a Wall Street, nominata a gennaio da Barack Obama. Spetta al numero uno, è normale, aprire e chiudere le sedute, spiegare le delibere della Sec. Meno scontato, almeno al di qua dell'Oceano, è che tutto ciò avvenga «in diretta». Le riunioni della Security Exchange Commission sono quasi tutte pubbliche, così pubbliche che possono essere seguite dal sito, nell'ampia sezione «Sec News Digest». Caso unico, certo. E si può obiettare che le stringenti regole di trasparenza non hanno messo al riparo il mercato da alcunché, tantomeno dalla truffa Madoff. Però delle contromisure e delle nuove iniziative regolatorie si può sapere qualcosa ogni giorno, posizioni dialettiche comprese. In Italia abbiamo appreso con giorni di ritardo, da un comunicato del governo, dello scontro sulla direttiva «Trasparency» nella Consob e delle dimissioni-lampo del presidente Lamberto Cardia. Nella sua relazione annuale Cardia ha sorvolato sulla vicenda, che pare ormai chiusa, dedicandosi piuttosto a rilanciare il duplice tema del riordino delle Authority in Italia e del coordinamento in Europa. Le due questioni sono state raccolte dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nelle note di accompagnamento alla stessa relazione Consob per il Parlamento. La discussione sulla possibile riforma, scriveva in febbraio sul settimanale «Il Mondo» il commissario Consob Luca Enriques «tende a concentrarsi sul numero e sulle competenze delle autorità, lasciando in secondo piano i meccanismi organizzativi e i sistemi di accountability necessari ad assicurare il perseguimento degli obiettivi di vigilanza». E se «nessun modello di governance è di per sè una garanzia di successo», per Enriques è comunque importante che la riflessione dedichi attenzione ai diversi profili internazionali di governo. La vigilanza europea è l'oggetto di un'indagine conoscitiva della Commissione Finanze della Camera, presso la quale, tempi tecnici permettendo, a fine mese dovrebbero sfilare i big: da Cardia, a Tremonti, dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, al presidente dell'Isvap, Giancarlo Giannini. Prevista anche l'audizione di Rainer Masera, unico italiano nel «Gruppo de La Rosière», le cui raccomandazioni sono state trasmesse in febbraio alla Commissione europea. L'iniziativa parlamentare è di tutto rilievo, soprattutto dopo l'annunciochoc dei conservatori inglesi che in caso di vittoria alle elezioni vorrebbero abolire la Fsa per trasferire tutti i poteri alla Bank of England. Paola Pica ppica@rcs.it

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No R 48,5 (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 22/07/2009 - pag: 33 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La tua opinione su corriere.it La domanda di oggi È giusto concedere aiuti statali a cinema e teatro sottraendo la cultura alle leggi del mercato? Sì R 51,5 No R 48,5 Pensate che al di là dell'immagine Obama stia agendo in modo davvero diverso dai presidenti che lo hanno preceduto?

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Foer: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

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Corriere della Sera sezione: Cultura data: 22/07/2009 - pag: 30 Incontri L'autore di «Ogni cosa è illuminata» parla dei suoi progetti, dei suoi padri letterari e della nuova passione vegetariana Foer: «Odio i racconti è un genere inutile» Sono come relazioni brevi. Nessuno inizia un amore sperando finisca presto. Il «New Yorker» è deludente dal nostro corrispondente ALESSANDRA FARKAS NEW YORK Jonathan Foer come Michael Pollan e Carlo Petrini? Si direbbe di sì. Il suo nuovo libro Eating Animals , (in uscita da Little Brown a novembre, in Italia sarà pubblicato da Guanda in primavera) è una difesa del vegetarianismo che coniuga memoir e giornalismo investigativo per rivisitare un tema già esplorato con successo da Michael Pollan ( Il dilemma dell'onnivor o e In difesa del cibo ), Eric Schlosser ( Fast Food Nation ) eMarion Nestle ( What to Eat ). «È il mio primo lavoro di non fiction racconta il 32enne scrittore seduto nel suo ufficio alla New York University dove insegna scrittura creativa . Non si tratta di una denuncia politica contro l'industria alimentare, come quelli di Pollan e Schlosser, ma piuttosto di una guida etica per l'individuo». Nel libro Foer spiega come la carne sia per lui un problema sin dall'infanzia. «Il dilemma mi si è ripresentato quando sono diventato padre e ho dovuto prendere decisioni per i miei figli. Da allora precisa sono ossessionato dalla morte. Essere genitore implica anche dover preparare i figli alla nostra morte». Il tempismo di Eating Animals non avrebbe potuto essere migliore. «Oggi, nelle università americane ci sono più vegetariani che cattolici. Il 20 per cento degli studenti si definisce vegetariano». C'è da scommettere che a questi vegetariani, vegan e seguaci della macrobiotica piacerà molto un libro che difende lo slow food e gli attivisti del Peta («eccentrici che sanno attirare i riflettori del mondo») affermando che «il nemico sono le food corporation ». Anche lui è, a suo modo, un attivista. Dopo essere stato tra i promotori di «Downtown for democracy», che ha mobilitato i massimi scrittori Usa contro Bush e per Obama, l'autore di Ogni cosa è illuminata ha lanciato con l'amico Jonathan Franzen «Air, land and sea», raccolta di fondi per associazioni ambientaliste e animaliste. E all'insegna dell'impegno è la sua prossima fatica, ancora senza titolo. Un thriller fantascientifico ambientato in un mondo parallelo: uno Stato totalitario dove tutti sono ripresi in video e troupe cinematografiche filmano ogni attimo di vita di un'umanità ormai senza più privacy. Safran Foer lo definisce un libro di stampo kafkiano: «Sono circa a metà e in altri sei mesi dovrei completarlo, ma potrei anche non finirlo mai». Di certo, non diventerà una short story . «Non penso che una buona idea possa essere compressa in poche pagine teorizza . I racconti brevi sono come le relazioni brevi: la maggior parte delle persone non comincia un amore nella speranza che duri poco». L'invito a coltivare il genere, lanciato da David Remnick del «New Yorker», lo lascia freddo: «La sua ultima short story che mi è piaciuta è The Bees, part 1 di Aleksandar Hemon, uscita sul 'New Yorker' nel 2002». Da alcuni anni Foer lavora ad un libro dal titolo Magical Jews (« Ebrei magici»), che non intende pubblicare, e che parla dei suoi «padri letterari», tra cui: Franz Kafka, Charlotte Salomon, Bruno Schulz, Yehuda Amichai, Philip Guston, R.B. Kitaj. «L'ultimo è mio nonno. Non era un artista, ma per me è la quintessenza dell'ebreo magico. È morto molto prima che io nascessi e tutti questi artisti hanno in parte riempito il vuoto che lui mi aveva lasciato: la funzione stessa dell'arte è di colmare un'assenza. In un mondo felice e perfetto non ci sarebbero libri». Il suo ormai famoso viaggio in Ucraina, che ha ispirato il bestseller Ogni cosa è illuminata e l'omonimo film nascono proprio «dal desiderio di colmare il vuoto». Ma non tutte le voragini affettive sono colmabili. «Troppe figure insostituibili ci stanno lasciando riflette . Mi manca molto John Updike, uno scrittore ottimista e generosissimo coi giovani. E David Foster Wallace, che credeva fermamente nel vegetarianismo, ma non riusciva a fare a meno della carne. Gli avevo scritto a proposito di un suo saggio bellissimo, Considera l'aragosta ». Altri, come Saul Bellow e Philip Roth, non moriranno mai. «Hanno influenzato il lessico e la cultura della mia famiglia e di tutti gli intellettuali americani ebrei di allora. I nostri ethos , senso dell'umorismo, modo di vedere il mondo gli sono debitori». Sì perché la letteratura, più che la religione ebraica, è il terreno culturale su cui è cresciuto. «La mia identità ebraica si rispecchia nelle mie letture, nella mia sensibilità, nell'ironia, nell'etica e nel-- l'estetica, nella mia psicologia, nel mio essere allo stesso tempo pieno di speranze e senza speranze». L'ironia della sorte ha voluto però che il suo primo editore fosse italiano. «Luigi Brioschi di Guanda acquistò il mio libro nel 2001, prima ancora che venisse pubblicato in America. È stato lui a scoprirmi». Il resto è storia. L'anno scorso sia il «Guardian» sia il «New York Magazine» si sono chiesti in due lunghi articoli «Perché Jonathan Safran Foer è lo scrittore più invidiato e odiato d'America?» rispondendo che la colpa è del fatto di «essere diventato ricco e famoso a 25 anni, sposando la troppo bella e brava scrittrice Nicole Krauss», «Essere il bersaglio di gelosie è normale quando si ha successo replica lui . Come disse Henry Kissinger parlando degli accademici 'si pugnalano alle spalle perché la fama è un bene così scarso'». Ma la presunta gelosia tra lui e i due fratelli scrittori, Franklin, direttore di «The New Republic», e Joshua, che ha appena venduto a Penguin il suo primo romanzo, Moonwalking with Einstein , sarebbe un'invenzione dei media: «Facciamo cose molto diverse. Io gioisco dei loro successi più che dei miei». Foer dice di leggere «solo le recensioni obbligatorie », come quelle del «New York Times » e di non lavorare mai insieme alla moglie. «Mi piace oltrepassare la soglia di casa e smettere di essere un autore. Joan Didion e John Gregory Dunne erano collaboratori inseparabili e Paul Auster e sua moglie Siri Hustvedt parlano continuamente di letteratura. Al contrario io e Nicole ignoriamo persino quale libro stia scrivendo l'altro in un dato momento». Anche loro, come Auster e la Hustvedt, vivono a Brooklyn. «Ha meno stimoli di Manhattan e ti permette di dedicarti meglio alla tua vita interiore. E poi costa meno». La recessione, inutile negarlo, ha toccato anche il suo mondo. «Purtroppo le istituzioni di cui abbiamo più bisogno sono le più vulnerabili. Il 'Washington Post Book World' è fallito all'inizio dell'anno perché la cultura alta soccombe prima di quella bassa. Chi prenderà il suo posto quando la recessione sarà finita? Siamo destinati a rimanere con un cumulo di spazzatura?». Tra questa lo scrittore annovera il boom dei cosiddetti auto-editori. «Non mi stupisce che pubblichino sei volte più delle case editrici tradizionali. È come dire che una prostituta fa sesso sei volte più di una donna sposata. Se le paghi, pubblicano qualunque cosa». Ciò non significa che le case editrici tradizionali siano infallibili talent scout . «Kafka da vivo non ha mai ricevuto il riconoscimento che ha avuto post mortem spiega . E anche il mio Ogni cosa è illuminata è stato rifiutato ben nove volte».

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Nel fortino dei parà: "Scaltro e invisibile il nemico è ovunque" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

FARAH (Afghanistan) La base di Farah dove sono barricati i soldati mandati dall’Italia a scrutare le aride montagne dell’Afghanistan occidentale, vista dall’aereo resta invisibile fino all’ultimo. La polvere rovente del deserto ricopre tende, container, torrette, camion, cannoni. E uomini. Gli italiani, quando hanno dovuto darle un nome, l’hanno chiamata «El Alamein» e basta vederla per capire il perché. Base «El Alamein» è al centro di una pietraia desolata, cinquanta gradi all’ombra, non un arbusto a perdita d’occhio. Qui, dietro alte mura, protetti da bastioni di cemento e sabbia, ci sono quasi quattrocento uomini, trecento paracadutisti della «Folgore» e un centinaio delle forze speciali e da questa base, qualche giorno fa era partito l’automezzo dell’esercito che è saltato su una mina improvvisata. I giovani parà impettiti che ascoltano il discorso del ministro Ignazio La Russa in visita, piangono ancora il loro amico Alessandro. «Siamo orgogliosi di voi», dice il ministro. Che non si nega un briciolo di polemica con i pacifisti che furono: «C’era chi invocava una pace unilaterale con bandiere multicolori. Il nostro affetto va a chi per la pace opera sul serio, con il tricolore, e il basco che portate con orgoglio». La guerra continua. E anzi c’è da aspettarsi un aggravamento della situazione. Il generale Rosario Castellano, comandante della «Folgore», è stato molto esplicito nel suo briefing con il ministro: «Queste le previsioni per il mese prossimo, quando si terranno le elezioni: se a luglio abbiamo avuto 134 attacchi, ce ne aspettiamo 179». Quattro al giorno. L’escalation non ha risparmiato la regione Ovest, insomma, dove sono gli italiani. Sono raddoppiati gli attacchi (136 nell’ultimo quadrimestre, erano stati 69 l’anno scorso), gli ordigni esplosivi, i razzi lanciati contro le basi. Ma sarebbe offensivo paragonare la base di Farah al Deserto dei Tartari. Qui i nemici ci sono, eccome. «Solo che sono invisibili», spiega un baffuto maresciallo dei carabinieri. «Tutto pare normale. Ma quando si esce di pattuglia può succedere qualsiasi cosa». È quanto accaduto qualche giorno fa al caporale Di Lisio, esperto artificiere. «Pensi che quei ragazzi da soli hanno disinnescato cinque mine», si commuove padre Adriano, il cappellano militare. Forse proprio Di Lisio si è accorto che qualcosa non andava. L’autoblindo Lince s’è fermata, ha fatto retromarcia per un metro e a quel punto è saltata in aria. Un boato pazzesco: gli attentatori, alla maniera dei mafiosi di Capaci, avevano scavato un tunnel sotto la strada e avevano piazzato settanta chili di esplosivo. Per esplodere è bastato passarci sopra. Così l’automezzo di Di Lisio è volato per aria; il tetto s’è divelto; il mitragliere è rimasto schiantato. «Ma noi non ci fermiamo e torniamo di pattuglia anche per lui», dice Fabio Barile, un altro caporale che era in quel convoglio. Nemici invisibili, clima intollerabile, pericolo costante. Questo è l’Afghanistan di oggi. Dall’Occidente arrivano truppe addestrate e bene armate, ma si trovano di fronte una guerriglia furba, elastica, subdola. Gli «insurgens» possono essere ovunque. I loro mezzi, banali. Gli esplosivi se li fanno in casa mescolando fertilizzanti a gasolio e polvere di metallo. Gli inneschi sono ingegnose rielaborazioni di molle, copertoni, pezzi di legno, bandoni di metallo. Alla fine, l’arma migliore è l’uomo. «Le loro tecniche - racconta un colonnello del genio artificieri - sono rudimentali, ma molto efficaci. Non c’è tecnologia che tenga contro un filo di ferro. L’unica contromisura è un occhio addestrato. Bisogna scrutare il terreno, sospettare se c’è della terra smossa, o un cespuglio dove non dovrebbe, o mattoni impilati lungo la carreggiata». E quindi ecco la vita quotidiana dei soldati. Pattuglie che procedono lente per cercare di non cadere in trappola. Addestramento di truppe afghane sperando che un giorno possano fare da soli. Intervento dal cielo con elicotteri da battaglia o osservazione con droni senza pilota. Combattimento, in aree come Bala Murghab, dove intere valli sono sotto controllo degli «insurgens». Spasmodica attività di intelligence per monitorare ogni tensione tra clan, infiltrazione di taleban o nervosismo di criminali vari. Dei duemilacinquecento soldati italiani che sono da queste parti, con turni di sei mesi, c’è chi da aprile non è mai uscito dal cancello. Oppure chi esce di pattuglia ogni mattina e sfida la morte a ogni curva. Il «surge» ordinato da Barack Obama, cioè la grande campagna per spezzare le reni agli «insurgens», viste le immense distanze dell’Afghanistan, sembra lontano. Preoccupa piuttosto la campagna elettorale che sta entrando nel vivo. Anche se poi, ovviamente, i territori confinano uno con l’altro, i contingenti si scambiano informazioni quotidianamente, i «nemici» sgusciano di qua e di là cercando di assestare i loro colpi. «L’ultima novità ci è stata segnalata dagli americani - dice ancora il generale Castellano - e cioè aumentano le mine antiuomo». E ci sono attentatori suicidi che fingono di essere pacifici contadini, si mostrano ospitali e poi si fanno saltare quando una pattuglia è entrata in casa. Purtroppo, le regole della guerra sono queste: Obama ha ordinato ai suoi soldati di combattere casa per casa e gli «insurgens» trasformano le case in trappole.

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Harvard, polizia sotto accusa "Professore arrestato perché nero" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 22-07-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK - Fermato dalla polizia per aver cercato di entrare in casa propria, il professor Henry Louis Gates jr, docente di letteratura americana ad Harvard, aveva più di una ragione per protestare con il sergente James Crowley del Police Department di Harvard, Massachussets. Ma il professor Gates è un nero, e il sergente Cromley un bianco. Così, di fronte al poliziotto che gli chiedeva di farsi riconoscere, il professore inviperito ha incominciato a urlare: "Perché? Mi trattate così perché sono un uomo nero". Ed è finito in manette per resistenza e oltraggio. L'ultima, paradossale storia di razzismo, nell'America di Obama, è una vicenda che richiama allarme e disappunto. A fine serata, la magistratura di Boston, con una celerità a noi sconosciuta, ha archiviato le accuse. E un comunicato congiunto tra il professore, la città di Cambrdige e il dipartimento di polizia, come usa nelle diatribe internazionali, chiudeva il caso: "L'incidente non deve essere visto come nocivo della reputazione del professor Gates o della polizia di Cambridge. Tutte le parti concordano che questa è la giusta risoluzione di una sfortunata serie di circostanze". Letto, approvato e controfirmato. Lo strano caso del professore nero arrestato per essere entrato a casa sua, insomma, è tutto un equivoco. O forse no. Gates, amico del Nobel nigeriano Wole Sovinka ma anche di numerose star afroamericane, da Tina Turner in giù, è un vero luminare ad Harvard, ha scritto di Shakespeare e letteratura bantu, rap e basket. Forse l'unica colpa è davvero quella di non essere molto pratico con le chiavi. Rientrando da un giro di lezioni in Cina, l'altro giorno, ha cercato di forzare la porta evidentemente difettosa, della sua nuova casa di Cambridge, prima di farsi aiutare dal suo più pratico autista. Troppo tardi: Lucia Whalen, 77 anni, una di quelle signore che contribuiscono ad abbassare la soglia del crimine in America, aveva già chiamato il 911, insospettita da quei "due uomini neri che cercavano di abbattere la porta, uno facendo anche forza con la spalla". OAS_RICH('Middle'); Quando il sergente Crowley è piombato sulla scena, ha trovato il professore sul divano di casa. "Che ci fa qui, venga fuori?". "Che ci fa lei". "Documenti, prego". "Lei non sa chi sono io". "Documenti, esca". "Ora chiamo subito il capo della polizia e lei vede". Le versioni, prima del comunicato congiunto finale, ovviamente discordano, il sergente dice che il professore gli ha dato del razzista ed è andato in escandescenze, il professore che il sergente lo ha assalito. Soltanto quando Gates, finalmente, ha seguito il poliziotto davanti all'uscio di casa, quello gli ha rinfacciato: "Grazie per aver acconsentito alla mia prima richiesta". E sono scattate le manette. Tutto finito? Ieri sera sulla Cnn, tv non certo di destra, le news di Rick Sanchez rispolveravano la vicenda sulla vera nazionalità di Obama: perché tanti continuano a credere che non sia nato in America? Non avremo davvero un presidente nato in Africa? No, certe storie da queste parti non finiscono mai. (22 luglio 2009

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