CENACOLO
DEI COGITANTI |
Video disperato del
soldato Usa "Voglio casa mia"
( da "Stampa, La" del
20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama, spingendo
l'opinione pubblica americana a mobilitarsi contro la guerra. Tantopiù che Bergdahl fa parte
proprio dei primi rinforzi mandati da Obama in Afghanistan, giunti in febbraio.
Nel video, trasmesso con un logo dei taleban, il
soldato Bergdahl si rivolge agli americani dicendo:
«Cari concittadini che avete qui dei vostri cari,
Le storie
"fortunate" di Mario Calabresi tra Torino e l'America
( da "Stampa, La" del
20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: MAURIZIO FICO BORGHETTO Da nonna
Maria a Obama: si potrebbe riassumere così la presentazione del suo nuovo libro
«La fortuna non esiste», fatta da Mario Calabresi, direttore de La Stampa, ieri
sera a Borghetto S. Spirito nei giardini di Sala Marexiano, ospite della rassegna «Serate d'autore»,
organizzata dall'assessorato alla Cultura.
Mi sono candidato alla
Presidenza degli Stati Uniti perché non potevo essere Bruce Springsteen&...
( da "Stampa, La" del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ha detto Barack
Obama in tempi non sospetti. Una figura positiva alla Bruce - non lamentosa,
idealista, pugnace anche nei momenti più bui, capace di coniugare arte e
divertimento ai massimi livelli - sembra latitare nel panorama della musica
popolare italiana, i cui idoli impegnati si sono ritirati sul monte, in attesa
di ispirazioni migliori;
messaggio diverso da al qaeda trattato come prigioniero di guerra - (segue dalla
prima pagina) renzo guolo
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama ha deciso
piuttosto di rafforzare il suo impegno nel "Paese dei monti".
Invertendo le priorità dell´era Bush. Certo non spetta a un soldato, tanto più
prigioniero, la comprensione della complessità dello scenario strategico Afpak. Sotto il pervasivo suggerimento dei suoi carcerieri
l´ostaggio Bergdahl non può che definire la presenza
Usa in Afghanistan come "
"partito del sud?
batte solo cassa ma non avrà un euro" - rodolfo
sala ( da "Repubblica,
La" del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: è bisogno di un Obama, non di
Pulcinella lamentosi. Questi Pulcinella però sono nella vostra maggioranza. «Io
mi auguro solo che si possa proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso
insieme noi della Lega e Raffaele Lombardo: tenere conto dei bisogni
territoriali del Sud, parlando ad esempio di fiscalità di vantaggio per le
imprese che operano in quella parte del Paese.
l'effetto della
candidatura blair nell'incertezza dell'europa - ferdinando salleo ( da "Repubblica,
La" del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: tanto che Obama si è affrettato a
risuscitare il paciere dell´Irlanda, Mitchell. è
difficile valutare le possibilità di Blair, sempre che Lisbona giunga a buon
porto, ancora più difficile giudicare se sia il più adatto a ricoprire un
incarico complesso quanto generico e in fondo inafferrabile come è l´Europa di
questa fase costituente.
cia, così nacquero gli interrogatori "duri" - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: mentre il governo Obama sta
cercando di ridefinire i criteri, i limiti, le responsabilità, togliendo il
monopolio alla Cia di futuri interrogatori, perché il pericolo non è passato e
la speranza non è una difesa contro i folli suicidi. Ma l´apertura di quegli
armadi serve almeno a ricordare, a questo e ai futuri presidenti,
netanyahu dice no a obama ruspe in
azione a gerusalemme
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Netanyahu dice no a Obama Ruspe in
azione a Gerusalemme GERUSALEMME - «Gerusalemme
unificata è la capitale del popolo ebraico e dello stato di Israele. La nostra
sovranità non può essere messa in discussione». Lo ha dichiarato il premier
israeliano Netanyahu, commentando le notizie su pressioni statunitensi per il
congelamento di un progetto edilizio ebraico nel rione di Sheikh
Jarrah,
L'hotel che fa litigare
Usa e Israele ( da "Corriere
della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: hanno contribuito a finanziare la
crisi diplomatica più seria tra Stati Uniti e Israele dall'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Il bingo (ma anche il
casinò, un ospedale e varie organizzazioni benefiche) appartengono a Irving Moskowitz, ebreo di origine polacca, nono di dodici figli,
nato a New York e trapiantato negli affari tra la California e Miami, dove
vive.
Le scelte del Partito
democratico e l'ipotesi di alleanza con l'Udc
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Così è avvenuto dopo il durissimo
scontro tra Barack Obama e Hillary Clinton: avverrà
anche per il Pd? È ancora troppo presto per rispondere a questa domanda in un
modo o nell'altro. Ma è già possibile sostenere che, almeno per una questione
importante, il confronto ci sarà e con esso un necessario chiarimento.
Springsteen parla in
italiano: io porto il rock, voi fate rumore
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama) con un discorso in italiano:
«Stasera costruiamo una casa di musica, spirito e rumore. Noi portiamo la
musica, abbiamo bisogno che voi facciate rumore ». La batteria di Max Weinberg segna il ritmo impetuoso, la chitarra di Nils Lofgren incide, affidabile e sicura, i riff elettrici, le
note che escono dal sax di Clarence Clemons
arricchiscono le canzoni di sorprendenti sfumature.
Argomenti:
Obama
Abstract: Dopo la carbonara servita a Lady
Obama nella sempre meno riservata piazza delle Coppelle, gli esercenti del
centro tornano alla routine assai meno composta del fine settimana. Su cinque
locali ispezionati tra piazza Farnese, Campo de' Fiori, Corso Vittorio Emanuele,
via del Governo Vecchio e limitrofe, quattro sono stati sanzionati.
450
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Veneto Zonin
nel Piemonte di Virginia fa il Nebbiolo per la Casa Bianca D a Thomas Jefferson
a Barack Obama. La presenza di vini Zonin alla Casa bianca sembra ormai un appuntamento fisso:
li hanno richiesti Bill Clinton e George Bush, mentre Obama li ha utilizzati
per la cena del suo «Inauguration Gala» . Come nasce
il legame tra la casa vinicola veneta e i presidenti degli States?
Il nuovo volto della jihad
( da "Repubblica.it"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama ha deciso
piuttosto di rafforzare il suo impegno nel "Paese dei monti".
Invertendo le priorità dell'era Bush. Certo non spetta a un soldato, tanto più
prigioniero, la comprensione della complessità dello scenario strategico Afpak. Sotto il pervasivo suggerimento dei suoi carcerieri
l'ostaggio Bergdahl non può che definire la presenza
Usa in Afghanistan come "
Cia, così nacquero gli
interrogatori "duri" ( da "Repubblica.it"
del 20-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: mentre il governo Obama sta
cercando di ridefinire i criteri, i limiti, le responsabilità, togliendo il
monopolio alla Cia di futuri interrogatori, perché il pericolo non è passato e
la speranza non è una difesa contro i folli suicidi. Ma l'apertura di quegli
armadi serve almeno a ricordare, a questo e ai futuri presidenti,
( da "Stampa, La" del
20-07-2009)
Argomenti: Obama
Video disperato del
soldato Usa "Voglio casa mia" Rapito dai jihadisti
18 giorni fa: ho paura [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Tunica grigia, completamente rapato e con una barba «alla taleban»
che inizia a crescergli attorno al volto. Così gli americani hanno visto in tv
il soldato Bowe Bergdahl,
23 anni, dell'Idaho, catturato dai guerriglieri
islamici in Afghanistan il 2 luglio nella provincia orientale di Paktika e da allora scomparso nel nulla. Nelle ultime due
settimane il Pentagono ha condotto una massiccia operazione di ricerca -
lanciando migliaia di volantini sui villaggi vicino alla località dove era
scomparso assieme a tre militari afghani - ma l'esito è stato vano perché,
secondo fonti afghane, il comandante taleban Maulvi Sangin, sarebbe riuscito a
spostarlo in una località di Ghazni dopo aver
rinunciato a trasferirlo in Pakistan. «Sono 15 giorni che lo cerchiamo senza
esito» ha ammesso il generale afghano Asrar Ahmad Kahn, comandante delle truppe nel Sud-Est del Paese.
La diffusione del video in coincidenza con l'offensiva dei 4000 marines nell'Helmand appare mirata ad aprire un fronte interno per l'amministrazione Obama, spingendo l'opinione pubblica
americana a mobilitarsi contro la guerra. Tantopiù
che Bergdahl fa parte proprio dei primi rinforzi
mandati da Obama in Afghanistan, giunti in febbraio. Nel video, trasmesso con un
logo dei taleban, il soldato Bergdahl
si rivolge agli americani dicendo: «Cari concittadini che avete qui dei vostri
cari, voi che sapete cosa significa sentire la loro mancanza, voi avete
il potere di spingere il nostro governo a farli tardare a casa». E ancora: «Per
favore, per favore, portateci a casa così da poter tornare nelle nostre case e
non qui, perdendo il nostro tempo e le nostre vite preziose che potremmo
adoperare in patria. Portateci a casa. E' il popolo americano che ha tale
potere». Come dire, tocca ai parenti dei soldati al fronte dare vita ad un
movimento per il ritiro delle truppe. Il soldato rapito ripeteva con evidenza
un testo suggerito dai sequestratori ma è apparso comunque in buone condizioni
di salute, mangiando anche da una ciotola. In un'altra parte del filmano, che
in tutto dura circa 30 minuti ed è costituto da frammenti ripresi in momenti
diversi, Bergdahl ammette di «avere paura di non
poter tornare a casa», si dice «innervosito dall'essere in prigionia»,
«interessato ad approfondire l'Islam» e parla, tradendo attimi di emozione,
della fidanzata, dei nonni e della famiglia «che mi manca ogni singolo giorno».
Finora i gruppi islamici avevano diffuso simili video di ostaggi americani
rapiti dall'Iraq ma questa è la prima volta che ciò si ripete con un soldato in
Aghanistan. Se è vero che i video iracheni, spesso
firmati da Al Qaeda, erano più violenti il messaggio affidato al prigioniero
conteneva comunque sempre l'appello al ritiro delle truppe che ora Bergdahl recapita al presidente Obama.
La reazione dell'amministrazione Usa è arrivata con un comunicato del Pentagono
che ha denunciato la «violazione delle leggi internazionali» che impediscono di
mostrare immagini di prigionieri di guerra, prendendo comunque atto delle
«buone condizioni» del soldato. Fonti militari a Kabul e Washington negano di
essere a conoscenza di richieste specifiche da parte dei rapitori e ciò lascia
intendere che i taleban vogliano usare il soldato
come arma politica contro Washington. Ieri intanto nella maggiore base Nato nel
Sud dell'Afghanistan, nei pressi di Kandahar, è
caduto un elicottero civile russo causando la morte di tutte le 16 persone a
bordo. Sebbene non vi siano indicazioni che sia stato abbattuto i ripetuti
incidenti degli ultimi giorni a elicotteri ed aerei in Afghanistan sollevano
dubbi sulla possibilità che i taleban siano entrati
in possesso di armi più sofisticate.
( da "Stampa, La" del
20-07-2009)
Argomenti: Obama
BORGHETTO INCONTRO
CON IL
( da "Stampa, La" del
20-07-2009)
Argomenti: Obama
Mi sono candidato
alla Presidenza degli Stati Uniti perché non potevo essere Bruce Springsteen», ha detto Barack Obama in tempi non sospetti. Una figura positiva alla Bruce - non
lamentosa, idealista, pugnace anche nei momenti più bui, capace di coniugare arte
e divertimento ai massimi livelli - sembra latitare nel panorama della musica
popolare italiana, i cui idoli impegnati si sono ritirati sul monte, in attesa
di ispirazioni migliori; sarà anche per questo che la febbre per il
rocker del New Jersey è montata alla vigilia della tranche italiana del tour
mondiale, iniziata ieri sera allo Stadio Olimpico davanti a circa 45 mila
persone: tardissimo, alle 22,30, e dopo un tira-e-molla
fra le autorità che ha coinvolto pure il ministro Maroni, per via della concomitanza
a pochi passi dei Mondiali di Nuoto. Domani sarà a Torino, il
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 7 - Esteri
Messaggio diverso da Al Qaeda trattato come prigioniero di guerra è una jihad
sulla difensiva: niente armi né proclami Il militare è spaventato, gli Usa non
trattano per la liberazione dei loro ostaggi (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 11 - Interni
Cavalli di razza Perché a L´Aquila Altolà del ministro leghista Calderoli al gruppo-Miccichè e al documento di esponenti del Pdl che chiede più soldi per il Meridione "Partito del
Sud? Batte solo cassa ma non avrà un euro" Nel Pd ci sono cavalli di razza
come Errani e Chiamparino. Magari si affidassero a loro Non si poteva tenere il
vertice di governo a Santa Margherita. è un posto da ricchi RODOLFO SALA MILANO
- «Altro che neo-federalisti del Sud, quelli a cui assistiamo in questi giorni
non sono altro che i rigurgiti del centralismo e dell´assistenzialismo più
frusto». è il saluto del leghista Roberto Calderoli all´iniziativa presa da un
nutrito gruppo di parlamentari meridionali pidiellini,
una sorta di fronda nella galassia berlusconiana. Capitanata da Gianfranco Micchiché, punta (anche con un documento da presentare
presto in Parlamento) a riequilibrare i rapporti di forza nel governo, che
sarebbero troppo sbilanciati sugli interessi del Nord. E della Lega. Ministro
Calderoli, lei ha detto che al Sud c´è bisogno di un Obama, non di Pulcinella lamentosi. Questi Pulcinella però sono nella
vostra maggioranza. «Io mi auguro solo che si possa proseguire sulla strada che
abbiamo intrapreso insieme noi della Lega e Raffaele Lombardo: tenere conto dei
bisogni territoriali del Sud, parlando ad esempio di fiscalità di vantaggio per
le imprese che operano in quella parte del Paese. Mi creda, non è stato
facile farlo digerire al nostro movimento». La strada intrapresa a Sorrento non
è quella? «La speranza è che Lombardo non si accodi a questi Pulcinella che
ripropongono una politica per il Sud basata su una sola richiesta: "Quanto
ci date?"». Ma non temete che in Parlamento il "Partito del Sud"
possa allargare i consensi e mettere così in difficoltà voi della Lega?
«Sembrerà paradossale, ma siccome loro vogliono solo più risorse, e al di fuori
di ogni concertazione nazionale, dimostreranno che abbiamo ragione noi. La Lega
ha fatto la sua parte. Abbiamo detto sì al ponte sullo Stretto, perché nello stesso
tempo portavamo a casa la Pedemontana e la Brebemi al
Nord. è chiaro che se la richiesta che sale dal Sud va verso vecchie forme di
assistenzialismo, noi non siamo disposti a scucire neppure un euro». Parlerete
anche di questo nel Consiglio dei ministri che il premier ha convocato
all´Aquila in agosto? «Intanto una precisazione. Berlusconi voleva fare questa
riunione a Santa Margherita Ligure, sono stato io a dirgli che in tempi di
crisi non era il caso di scegliere un luogo di vacanza per ricchi, quasi una
Costa Smeralda del Nord. Io ho suggerito l´Aquila». E
cosa farete a L´Aquila? «La riunione darà l´occasione a tutti i ministri di
scrivere una specie di libro dei sogni. Ma ha più senso avviare una sintesi
politica per stabilire le priorità dei progetti presentati da ciascuno di noi.
Ce lo impone la crisi». Fase-due del governo? «Non
esiste. E neppure il tagliando. Pensiamo piuttosto a razionalizzare le spese di
ogni dicastero». Bossi insiste: riforme condivise. Ma nel Pd che va al
congresso le voci sono più di una. Voi con chi preferireste trattare? «Beh,
l´apertura di Franceschini sulle riforme da
condividere mi sembra interessante». Meglio lui di Bersani? «Sì. Ma io spero
che emerga anche qualcun altro». Qualche nome? «Il Pd ha dei cavalli di razza,
che io stimo moltissimo. Gente cresciuta nelle amministrazioni locali, abituata
a misurarsi con i problemi veri della gente. Ne conosco un paio: Sergio
Chiamparino e Vasco Errani. Con loro non si parla a vanvera. E se non sono
accordo te lo dicono sul muso, sempre a ragion veduta. Magari il Pd si
affidasse a persone così: ne guadagneremmo tutti. Opposizione e maggioranza».
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 24 - Commenti
L´EFFETTO DELLA CANDIDATURA BLAIR NELL´INCERTEZZA DELL´EUROPA FERDINANDO SALLEO
Dopo le insistenti voci che duravano da mesi, la candidatura di Tony Blair alla
presidenza "lunga" dell´Europa è stata ventilata scopertamente dal
governo di Londra, dallo stesso ministro degli Affari Europei. Una mossa che
coglie l´Europa in un momento di incertezza, gravido di polemiche che la crisi
e la recessione hanno reso più evidenti e rilancia poi l´attenzione politica
sugli equivoci che costellano lo stato del processo europeo. La
contrapposizione tra i minimalisti che guardano al futuro dell´Europa come poco
più di un mercato unico da completare e i fautori dell´integrazione
sopranazionale sembra destinata ad acuirsi dopo i risultati delle elezioni per
il Parlamento di Strasburgo che hanno fatto uscire dalla marginalità gli
euroscettici rafforzando i conservatori e riducendo fortemente il peso dei
socialisti. Una candidatura certo prematura, anzitutto perché pende incerto in
attesa delle ratifiche il destino del Trattato di Lisbona che istituisce la
presidenza del Consiglio Europeo per due anni e mezzo rinnovabili, la
presidenza "lunga" appunto. Alle assurde bizze degli euroscettici
presidenti polacco e ceco si è aggiunta adesso la sorprendente sentenza della
Corte Costituzionale tedesca che autorizza la ratifica assortendola di
condizioni che innovano pericolosamente sulla storica posizione integrazionista
della Germania e danno ampio spazio al rinascente sovranismo
che si percepisce un po´ ovunque. Il secondo referendum irlandese, adempiute
equivocamente le richieste di Dublino, è atteso per settembre con un certo
ottimismo, sempre che le polemiche estive sulla presidenza "lunga"
non creino nuovi intralci. Infine, se il processo di ratifica del trattato
dovesse prolungarsi e Gordon Brown fosse costretto
nelle more a gettare la spugna, Londra vedrebbe al governo David Cameron,
fautore di un referendum dall´esito prevedibilmente negativo. Senza Lisbona non
ci sarebbe più la presidenza cui aspira Blair e, peggio ancora, il marasma
regnerebbe nell´Unione a Ventisette. è singolare che sia stata avanzata adesso
una candidatura di alto profilo, come ha precisato il ministro britannico, per
un incarico che il testo di Lisbona definisce ben poco nei compiti e nelle
funzioni, a parte la presidenza del Consiglio Europeo e la generale
rappresentanza esterna dell´Unione. Certo, ma il testo evita di definirne il
rapporto con il "ministro degli Esteri" dell´Europa che pure Lisbona
istituisce dotando di un servizio diplomatico proprio un vice presidente della
Commissione che riunirà i compiti del commissario alle relazioni esterne con
quelli dell´Alto Rappresentante, oggi ricoperto da Javier Solana,
emanazione dell´assetto intergovernativo. Anche per quell´incarico non mancano
candidature di buon livello. Appena comparso formalmente il nome di Blair,
altri possibili candidati sono stati ventilati, da Felipe Gonzalez
a Wolfgang Schuessel, anche se l´ex premier
britannico aveva ricevuto espressioni di appoggio, pur se premature e non
impegnative. Né le voci che si propalano veloci a Bruxelles escludono che un
conservatore collaudato, di modesto profilo ma gradito a molti come Barroso,
possa rivelarsi un compromesso accettabile malgrado il suo rinnovo alla
presidenza della Commissione, deciso e approvato ma non ancora formalizzato.
Tony Blair ha certo una personalità carismatica, senso dell´innovazione e
visione politica internazionale, capacità di condurre un organismo politico
caratterizzato da sovranità condivise in cui la sopranazionalità e le
prerogative degli Stati membri convivono in un disegno evolutivo. Si è sempre
dimostrato abile negoziatore, anche se il ruolo affidatogli per il Vicino
Oriente è stato invisibile, tanto che Obama si è affrettato a risuscitare il paciere dell´Irlanda, Mitchell. è difficile valutare le possibilità di Blair,
sempre che Lisbona giunga a buon porto, ancora più difficile giudicare se sia
il più adatto a ricoprire un incarico complesso quanto generico e in fondo
inafferrabile come è l´Europa di questa fase costituente. All´Europa
Tony Blair ha sempre dedicato particolare attenzione e, nei limiti della
politica britannica, un pregiudizio favorevole. Tuttavia, sul carattere di
Blair, non meno che sul disegno europeo a cui potrebbe legare il suo nome in
caso di successo, resta però un interrogativo su cui pesa la firma che ha
apposto a Roma, solennemente, ma con tutte le riserve mentali dettate dal
pragmatismo britannico o dalla disinvoltura della politica, sullo sfortunato
Trattato Costituzionale la cui ratifica sapeva di non poter portare a
compimento.
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 9 - Esteri
Cia, così nacquero gli interrogatori "duri" Dal panico post-11
settembre al waterboarding. L´inchiesta del
Washington Post Le prove generali furono fatte in una cella di Bangkok, dopo
l´arresto di Abu Zubayda Assorbito il trauma
dell´attacco alle Torri gemelle, ora gli scheletri escono dagli armadi VITTORIO
ZUCCONI La discesa nella valle degli orrori della Cia avvenne un passo alla
volta, come sempre avviene, senza accorgersi che la fortezza della democrazia
si stava trasformando nel nemico che voleva combattere. E diventava un´altra
«Villa Triste» globale per sadici e aguzzini, nel nome della sicurezza
nazionale. Siamo soltanto all´inizio di questo processo, tipicamente americano,
di catarsi e di autoflagellazione attraverso la verità, appena sei mesi dopo il
cambio di amministrazione. Dagli armadi socchiusi della "guerra al
terrore" avanza ormai una processione di scheletri destinata soltanto ad
allungarsi, perché finalmente, ora che il padrone è cambiato, le coscienze si
sentono libere di parlare, almeno a mezza bocca. Sono storie di sospetti
terroristi - sospetti, neppure colpevoli accertati - sottoposti al finto
annegamento chiamato waterboarding fino a 83 volte in
cinque giorni, come Abu Zubayda, nella speranza di
strappare loro quei piani e quei nomi che avrebbero protetto l´America, secondo
il mito isterico della "bomba che ticchetta" da telefilm «24», che
anche giureconsulti come il professor Alan Dershowitz
di Harvard giustificavano. Il Washington Post enumera cataloghi grandguignoleschi
di privazione di sonno, una delle tecniche più atroci; sequestri in scatole di
legno troppo piccole, costretti a restare per giorni in posizione anchilosata
fino all´esplosione di dolori lancinanti alle giunture; teste ripetutamente
pestate contro il muro, ma avvolte in asciugamani per non lasciare tracce. è un
campionario che sembra tratto dall´ordine di servizio emesso nel 1937 dal
leader della Gestapo, Heinrich Mueller,
inventore della "Verschaerfte Vernhemung". L´interrogatorio inasprito, adottato
dall´America di Bush. Come già nelle fosse dell´Afghanistan, nel carcere di Abu
Grahib o nella pratica di appaltare le torture dei prigioneri ad altre nazioni più ruvide, al cuore di questa
tragedia dell´onore americano stanno due elementi: 1) Il panico dell´11
settembre, con la rivelazione lancinante della vulnerabilità dell´America e
della inettitudine dei servizi segreti; 2) La commistione tossica fra
funzionari di governo e contractors privati, di ex
militari, agenti, avventurieri passati ai migliori redditi offerti da chi
prendeva in appalto quello che militari e agenti in servizio non volevano o non
potevano fare. Sciolti da ogni codice di comportamento, fuori dai confini
nazionali e ubriachi del loro potere assoluto sulle vittime. L´imperativo di
"proteggere la nazione" sembrava giustificare tutto, nel solito
commercio luciferino fra sicurezza e libertà, fra la legge e le scorciatoie. Se
la guerra segreta condotta dallo spionaggio nei 50 anni di Guerra Fredda non
era mai stata un tè per nobildonne, almeno qualche elementare codice di
comportamento fra Usa e Urss esisteva, nella certezza che ciò che tu avessi
fatto al mio agente, io avrei fatto al tuo. Ma questi parametri saltarono
quella mattina dell´11 settembre, di fronte a macellai accecati dal fanatismo e
indifferenti alla propria morte. Se un personaggio come Zayn
al-bidin Mohammed, Abu Zubayda,
cadeva nelle mani della Cia in Pakistan, la macchina dell´interrogatorio "verschaerfte", inasprito, scattava, e le squadra miste
di agenti ufficiali e di contractors si metteva in
azione. Tutto era lecito, anche la tecnica di «far diventare blu» gli
interrogati, tenendoli a bagno nell´acqua ghiacciata per ore, già denunciata al
processo di Norimberga come crimine di guerra. A volte autorizzata, a volta
improvvisata, ma sempre nella certezza che fosse stata approvata downtown, in
centro, cioè dal governo di Washington. Ci fu chi si ribellò, come sempre c´è,
come lo psicologo dr. Mitchell, aguzzino poi
disgustato, ex Cia passato a una delle tante società per la guerra private. Nel
2005, anche il Ministero della Giustzia a Washington,
quello che sfornava ambigui documenti legali a comando per autorizzare le
torture, dichiarò non più necessari gli interrogatori "inaspriti". La
ubriacatura del terrore, che non è la necessaria protezione, si stava
riassorbendo, insieme con il sospetto che quelle sevizie non producessero
niente e nuocessero all´anima, prima ancora che all´immagine, dell´America. Ora
è naturalmente la Cia a essere chiamata a rispondere, mentre
il governo Obama sta cercando di ridefinire i criteri, i limiti, le
responsabilità, togliendo il monopolio alla Cia di futuri interrogatori, perché
il pericolo non è passato e la speranza non è una difesa contro i folli
suicidi. Ma l´apertura di quegli armadi serve almeno a ricordare, a questo e ai
futuri presidenti, il rischio eterno di confermare la profezia di un
famoso personaggio di fumetti americani che formarono una generazione di
lettori negli anni 50 e 60, l´opossum Pogo. Che annunciò agli altri animali della foresta inquieti di «avere
finalmente incontrato il nemico». E di avere scoperto «che il nemico siamo noi».
( da "Repubblica, La"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 - Esteri Netanyahu dice no a Obama Ruspe in
azione a Gerusalemme GERUSALEMME - «Gerusalemme
unificata è la capitale del popolo ebraico e dello stato di Israele. La nostra
sovranità non può essere messa in discussione». Lo ha dichiarato il premier
israeliano Netanyahu, commentando le notizie su pressioni statunitensi per il
congelamento di un progetto edilizio ebraico nel rione di Sheikh
Jarrah, a Gerusalemme est. «La nostra politica
è che tutti gli abitanti di Gerusalemme possono acquistare appartamenti in
tutto il territorio urbano», ha proseguito Netanyahu, che così dice
"no" al presidente Usa Obama, che aveva
invitato Israele a bloccare gli insediamenti. «Questa è stata la politica di
tutti i governi israeliani», ha detto Netanyahu.
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 20/07/2009 - pag: 14 Tensione Washington: stop al
progetto del «re dei bingo» a Gerusalemme Est. No di Netanyahu L'hotel che fa
litigare Usa e Israele DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME Ad Hawaiian
Gardens, contea di Los Angeles, chi non è disoccupato
lavora al bingo, chi è disoccupato ci va a giocare i pochi dollari racimolati.
Gli immigrati messicani affollano la sala 120 partite a notte per «il gioco più
veloce in città» e non sanno che i loro spiccioli, moltiplicati per milioni, hanno contribuito a finanziare la crisi diplomatica più seria tra
Stati Uniti e Israele dall'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Il bingo (ma anche il casinò, un ospedale e
varie organizzazioni benefiche) appartengono a Irving Moskowitz,
ebreo di origine polacca, nono di dodici figli, nato a New York e trapiantato
negli affari tra la California e Miami, dove vive. I profitti vanno alla
fondazione creata da questo medico internista in pensione per sponsorizzare
gruppi ultranazionalisti come Ateret Cohanim. Che comprano palazzi nella parte est di
Gerusalemme e vogliono promuovere la presenza ebraica nei quartieri arabi.
Quello che ancora oggi Moskowitz e i suoi affiliati
considerano uno dei colpi migliori sta colpendo le relazioni con gli americani.
All'inizio del mese, il comune di Gerusalemme ha dato il via libera per i
lavori al vecchio Hotel Shepherd, comprato nel 1985. Moskowitz vuole ricavarci trenta appartamenti e un
parcheggio sotterraneo di tre livelli. Il palazzo, nel quartiere di Sheikh Jarrah, è un simbolo per
arabi ed ebrei: tra gli anni Venti e Quaranta è stata la residenza di Mohammed Amin al-Husseini, il muftì di
Gerusalemme che guidò la rivolta in Palestina e nel 1941 si rifugiò in
Germania, dove incontrò Adolf Hitler. Il Dipartimento di Stato ha convocato
Michael Oren, lo storico israeliano nominato da pochi
mesi ambasciatore a Washington, per avere chiarimenti, far notare che il
momento nel mezzo dei negoziati sul congelamento delle colonie non è
appropriato e per chiedere di bloccare il progetto. Come ulteriore pressione,
George Mitchell, emissario di Obama
per il Medio Oriente, avrebbe rinviato di una settimana la visita prevista in
questi giorni. Oren ha replicato che l'acquisto è
legale, la risposta di Benyamin Netanyahu è arrivata
all'apertura della riunione di governo. «Non ci saranno limiti alle costruzioni
nella Gerusalemme unificata. Non possiamo accettare che agli ebrei sia negato
il diritto di poter acquistare e vivere in qualunque parte della città. La
nostra sovranità su tutte le aree è indisputabile», ha dichiarato il primo
ministro. Israele ha annesso nel 1981 le zone conquistate nel 1967 e ha
proclamato Gerusalemme sua «eterna ed indivisibile capitale », uno status non
riconosciuto dalla comunità internazionale e di sicuro non dai palestinesi: «Se
Gerusalemme Est non sarà la capitale del futuro Stato, non si arriverà mai alla
pace», ha commentato il negoziatore Saeb Erekat. Lo Shin Bet è convinto che il presidente Abu Mazen e Hamas abbiano
organizzato delle contromisure per impedire agli ebrei di comprare nella parte
araba. Yuval Diskin, capo
dei servizi segreti interni, ha riferito ai ministri di una donazione dallo
sceicco Youssef al-Qaradawi,
25 milioni di dollari trasferiti dal Qatar al movimento fondamentalista per
aprire o rafforzare le istituzioni religiose nella città. La strategia del
mattone di Moskowitz ha già incrociato il destino
politico (ed emotivo) di Netanyahu. I due si conoscono da quando il milionario
americano ha sponsorizzato la nascita del centro studi intitolato a Yonatan, il fratello maggiore del premier caduto
nell'operazione di Entebbe. Ed è stato lui nel
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Opinioni data: 20/07/2009 - pag: 10 AL CONGRESSO Le scelte del Partito
democratico e l'ipotesi di alleanza con l'Udc di MICHELE SALVATI SEGUE DALLA
PRIMA E per questo è giustificato l'interesse di tanti osservatori non partigiani
per le schermaglie iniziali del prossimo congresso del Pd: promettono i
candidati sinora scesi in campo, le prime indicazioni delle loro posizioni
politiche, di dar vita ad un confronto allo stesso tempo serio e non lacerante?
Un confronto che non eluda i problemi che sinora hanno impedito a questo
partito di conquistare consensi e però, alla fine, consenta all'intero partito
di unirsi lealmente sul candidato e sulle posizioni politiche che prevarranno
nel congresso? Così è avvenuto dopo il durissimo scontro
tra Barack Obama e Hillary
Clinton: avverrà anche per il Pd? È ancora troppo presto per rispondere a
questa domanda in un modo o nell'altro. Ma è già possibile sostenere che,
almeno per una questione importante, il confronto ci sarà e con esso un
necessario chiarimento. Scrivendo una decina di giorni fa su questo
giornale, prima della discesa in campo di Franceschini,
affermavo che la natura del partito e le leggi elettorali auspicate
proporzionali, come ai tempi della Prima Repubblica, oppure maggioritarie, come
nella Seconda rischiavano di rimanere un convitato di pietra, che incombeva sul
congresso ma non veniva affrontato di petto. Il discorso di candidatura di Franceschini ha tolto ogni equivoco. Il Partito democratico
viene presentato come il centro di una alleanza elettorale che si confronta con
l'alleanza di centrodestra nel contesto di un sistema maggioritario: vince
l'una o vince l'altra. Evidentemente Franceschini non
crede che in questo contesto il Pd e i suoi alleati siano necessariamente
destinati a perdere, che il Paese sia strutturalmente «di destra», e scommette
su un'alleanza credibile e su un messaggio politico capaci di attrarre molti
elettori di centro che nelle ultime elezioni hanno votato massicciamente per la
Lega e il Pdl. Sotto questo profilo si tratta di una
strategia di continuità con quella adottata dal centrosinistra dal
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Spettacoli data: 20/07/2009 - pag: 32 Il debutto Quarantamila
spettatori allo stadio Olimpico di Roma per la prima tappa del «Working on a Dream Tour»
Springsteen parla in italiano: io porto il rock, voi fate rumore Un brano
dedicato all'Aquila. Sul palco sale la mamma ROMA La dedica arriva alla fine
del concerto. «Questa è una canzone per la gente dell'Aquila», dice in italiano
Springsteen prima di intonare «My City Of Ruins». Non si è smentito il
Boss: il suo rock è sempre dalla parte degli sfortunati e della povera gente.
Sessant'anni a settembre, ma la grinta non gli manca: è pura energia quella che
trasmette ai quarantamila dello Stadio Olimpico per il debutto italiano del «Working on a Dream Tour». «L'ora
di Bruce», ieri sera, è arrivata in ritardo di trenta minuti rispetto
all'orario (le 22) imposto dalle autorità per evitare la contemporaneità fra il
concerto e le gare dei Mondiali di nuoto. E per questo, prima dell'inizio dello
show, si sono alzati i fischi della folla spazientita. Ma l'atmosfera si è
ricomposta subito, con le prime note dell'aria scritta da Ennio Morricone per
«C'era una volta in America», mentre il maxischermo rimandava le immagini di un
tramonto che sta per nascondersi dietro le montagne. «Ciao Roma», saluta
Springsteen e attacca la travolgente «Badlands » circondato dalle potenti
elettrificazioni della sua E-Street Band. «C'è
qualcuno vivo là fuori?» urla Bruce. E lo stadio risponde con un boato. Il
palco è quasi spoglio, arredato soltanto da un maxischermo: quattro passerelle,
centrali e laterali, gli permettono di scendere per arrivare vicino agli
spettatori e poterli toccare. È la vittoria del rock nella sua forma più ruvida
ed essenziale: tre ore di canzoni per ripercorrere una vita dedicata alla
musica. Pochissimo spazio per il nuovo album, «Working
On A Dream», poi un viaggio indietro nel tempo che
non punta tutto sui grandi successi, ma si snoda anche fra i pezzi meno
frequentati del suo repertorio. Ogni sera è diversa dalle altre, non c'è una
scaletta definita. E, per rendere ancor più difficile il compito, Springsteen
si diverte a suonare alcuni brani richiesti dalla folla. Gli spettatori delle
prime file lo aspettano impugnando cartelli con il loro pezzo preferito, Bruce
ne afferra un bel mucchio e poi sceglie. Ieri
è toccato a «Hungry Heart»,
«Pink Cadillac», «I'm on Fire» e «Surprise, Surprise». Uno spettacolo nello spettacolo,
forse uno dei momenti più attesi della serata. Springsteen nei suoi concerti ci
mette muscoli e passione. Il Boss con La E-Street
Band suona fino all'una del mattino. Ma il pubblico vorrebbe che «l'ora di
Bruce» andasse avanti a oltranza perché una serata con lui vuol dire
soprattutto divertimento. La folla si agita, urla, si alzano i cori appena si
avvertono le prime note dei pezzi più famosi. E il Boss per il blues di «Raise your hand»
indossa un cappello rosso da cowboy, si siede sul pianoforte di Roy Bittan; si misura in un duetto feroce con la chitarra di
Little Steven; per «Waiting on a Sunny
Day» prende dalla folla un bambino, lo fa salire sul
palco e gli fa cantare il ritornello; sulle note di «American Land» fa salire anche la mamma che balla insieme alla band.
Si traveste, metaforicamente, anche da predicatore per convertire la folla (ce
ne fosse bisogno) al verbo della E-Street Band. E
introduce «Working on a Dream»
(composta per Barack Obama) con un
discorso in italiano: «Stasera costruiamo una casa di musica, spirito e rumore.
Noi portiamo la musica, abbiamo bisogno che voi facciate rumore ». La batteria
di Max Weinberg segna il ritmo impetuoso, la chitarra
di Nils Lofgren incide, affidabile e sicura, i riff
elettrici, le note che escono dal sax di Clarence Clemons
arricchiscono le canzoni di sorprendenti sfumature. Finora il tour,
partito a marzo, ha totalizzato un milione e mezzo di biglietti venduti e sono
stati aggiunti altri venticinque concerti alle date americane. Segno di una
popolarità e di un amore che non accennano a spegnersi. Come le luci che infine
illuminano a giorno «Dancing on the Dark». Sandra Cesarale
Il ritardo Avvio preceduto dai fischi del pubblico spazientito per i trenta
minuti di ritardo: il concerto è iniziato alle 22.30 invece che alle 22
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Cronaca di Roma data: 20/07/2009 - pag: 2 Corso Vittorio Violate le
norme igieniche e quelle relative all'occupazione di suolo pubblico «Sporchi e
abusivi, chiudete tre locali» Breve l'estate glamour della ristorazione romana.
Dopo la carbonara servita a Lady Obama nella sempre
meno riservata piazza delle Coppelle, gli esercenti del centro tornano alla
routine assai meno composta del fine settimana. Su cinque locali ispezionati
tra piazza Farnese, Campo de' Fiori, Corso Vittorio Emanuele, via del Governo
Vecchio e limitrofe, quattro sono stati sanzionati. E per tre, in
particolare, le irregolarità hanno portato ad un provvedimento di chiusura che
sarà notificato nella giornata di oggi. Secondo gli ispettori della azienda
sanitaria di Roma A, due locali, in particolare, avevano accumulato una lunga
serie di violazioni dal punto di vista delle norme igienico sanitarie. Mentre
agli altri due sono state contestate trasgressioni alla normativa
sull'occupazione di suolo pubblico. E non per la prima volta. Uno dei due
esercenti si era espanso tre volte oltre il consentito. Un'evasione dalla legge
che, a questo punto, gli costerà la chiusura del locale. «Di verifiche
sull'occupazione di suolo pubblico da parte dei locali se ne fanno ogni giorno
e, in molte piazze, i risultati sono visibili ma abbiamo notato che in
occasione dei Mondiali sono aumentati i tavolini...», dice il comandante dei
vigili di via Montecatini, Cesarino Caioni. Sarà il
nuoto, saranno i turisti, sarà l'effetto First Lady. Morale: lo spazio concesso
(e regolarmente pagato) non basta più e sedie, cavalletti e menù tornano a
moltiplicarsi. La task force che, ormai da novembre,
setaccia le zone della «movida» più invasiva del centro è composta dagli agenti
del commissariato Trevi Campo Marzio più ispettori della Asl e vigili urbani
del I Gruppo, autori, sempre tra venerdì e sabato di controlli ai locali
dell'isola Tiberina. Discoteche già segnalate da residenti e comitati cittadini
per violazioni delle norme acustiche. Nessuna multa però. «Al momento dei
controlli - riferisce Caioni - tutto è risultato in
regola». Quattrocentocinquanta invece sono stati gli automobilisti sanzionati
nel fine settimana (soprattutto per «doppia fila» spiegano dalla municipale)
tra via Giulia, Portico d'Ottavia, via dei Cerchi e area «movida». Dove, varchi
o meno, le auto si spingono pressoché invariabilmente. Ilaria Sacchettoni Vigili urbani Il comandante Caioni:
«In questi giorni, in coincidenza del Mondiali di nuoto, aumentano sedie e
tavolini all'aperto»
( da "Corriere della Sera"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 10 Veneto Zonin nel Piemonte di Virginia fa il Nebbiolo per la Casa
Bianca D a Thomas Jefferson a Barack Obama. La presenza di vini Zonin alla Casa
bianca sembra ormai un appuntamento fisso: li hanno richiesti Bill Clinton e
George Bush, mentre Obama li ha utilizzati per la cena del suo «Inauguration
Gala» . Come nasce il legame tra la casa vinicola veneta e i presidenti degli States? Tutto è iniziato nel 1976, quando Gianni Zonin rileva la tenuta di «Barboursville
Vineyards », situata nel cuore della Virginia, in una
terra che Thomas Jefferson definì (e che si chiama ancora) «Piedmont
Region ». Nome per niente casuale visto che proprio
in queste terre il Nebbiolo, il vitigno principe del Piemonte, ha trovato una
collocazione ideale dove riesce ad esprimere le sue potenzialità proprio come
in Italia. Nei
( da "Repubblica.it"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
Contro il "
Colpo di spada" degli americani, i Taliban
alzano lo scudo di Bowe Bergdahl.
Per la prima volta dai tempi di Enduring Freedom gli Stati Uniti devono fare i conti con la cattura
di un proprio soldato, caduto nelle mani dei seguaci del mullah Omar. O di uno
dei tanti gruppi che ormai formano la galassia talebana. Nel video trasmesso da
Al Jazeera, e finito subito in Rete, a dimostrazione
che l'arcaismo comunicativo del movimento è andato in soffitta dopo l'alleanza
con i qaedisti, appare il soldato catturato a fine
giugno nell'area di Paktika. Dopo l'inizio
dell'operazione militare nel sud del paese che, se non decisiva per chiudere
una guerra comunque difficile vincere, dovrebbe almeno ridimensionare il
controllo territoriale dei Taliban nell'area per il
tempo delle elezioni. Bergdahl, che veste abiti
tradizionali afgani e ha una barba folta, quasi fosse presentato come sulla via
della conversione, dice di essere spaventato e di voler tornare a casa; chiede
al governo di far rientrare le truppe e, naturalmente, lui con loro. Che appaia
in buona salute è importante ma non rassicura: la cattività tra miliziani in
turbante e kalashnikov regala momenti di serenità del tutto provvisori. Tanto
che i suoi carcerieri hanno minacciato di ucciderlo se le richieste formulate
non fossero esaudite. Richiesta disperata, quella del "tutti a casa".
Avviene in un momento in cui l'amministrazione Obama ha deciso piuttosto di rafforzare il suo impegno nel "Paese
dei monti". Invertendo le priorità dell'era Bush. Certo non spetta a un
soldato, tanto più prigioniero, la comprensione della complessità dello
scenario strategico Afpak. Sotto il pervasivo
suggerimento dei suoi carcerieri l'ostaggio Bergdahl
non può che definire la presenza Usa in Afghanistan come "un
perdita di tempo". Anche se lo fa guardando in basso, quasi a mandare
segnali in codice. Ma è difficile che in riva al Potomac
le sue parole possano essere ascoltate. Oltretutto gli Usa non trattano per la
liberazione dei loro ostaggi, che puntano a liberare mediante operazioni
militari. Bergdahl lo sa, come qualunque soldato a
stelle e strisce, tanto più quelli coinvolti in un teatro di guerra. La sua
sorte è affidata all'occhiuto sguardo dei Predator,
pure spesso ciechi un uno scenario in cui tutto è mimetico, anche l'elemento
umano, alla capacità delle forze speciali di seguire le tracce. OAS_RICH('Middle'); Quanto al video, appare diverso da
quelli girati da Al Qaeda. In particolare da quell'altro americano, Johnny, che
tra gli jihadisti milita invece volontariamente. Qui
tutto è essenziale, senza enfasi, anche se si tratta di un'essenzialità che
svela la nuda vita e, drammaticamente, rimanda a un pericolo mortale. La parole
sono intervallate da riprese in cui Bergdahl mangia,
immagini che nell'intento dei registi del sequestro intendono mostrare
l'ospitalità locale contrapposta alla presenza di quanti si presentano in armi.
Niente proclami, quasi a dimostrare che chi lo tiene prigioniero lo giudica un
"prigioniero di guerra" e non è interessato alla jihad globale, a
quella deriva filoqaedista che ha perduto l'Emirato
dell'Afghansitan, ma solo al ritiro degli americani e
della coalizione. Forze, insomma, con le quali si potrebbe persino trattare,
decise a praticare il jihad solo in via difensiva. Un argomento cui l'amministrazione
Obama, intenta a separare i gruppi islamisti in
neo-tradizionalisti e radicali, e quest'ultimi in localisti
e globalisti, potrebbe in futuro essere sensibile.
(20 luglio 2009
( da "Repubblica.it"
del 20-07-2009)
Argomenti: Obama
La discesa nella
valle degli orrori della Cia avvenne un passo alla volta, come sempre avviene,
senza accorgersi che la fortezza della democrazia si stava trasformando nel
nemico che voleva combattere. E diventava un'altra "Villa Triste"
globale per sadici e aguzzini, nel nome della sicurezza nazionale. Siamo
soltanto all'inizio di questo processo, tipicamente americano, di catarsi e di
autoflagellazione attraverso la verità, appena sei mesi dopo il cambio di
amministrazione. Dagli armadi socchiusi della "guerra al terrore"
avanza ormai una processione di scheletri destinata soltanto ad allungarsi,
perché finalmente, ora che il padrone è cambiato, le coscienze si sentono
libere di parlare, almeno a mezza bocca. Sono storie di sospetti terroristi -
sospetti, neppure colpevoli accertati - sottoposti al finto annegamento
chiamato waterboarding fino a 83 volte in cinque
giorni, come Abu Zubayda, nella speranza di strappare
loro quei piani e quei nomi che avrebbero protetto l'America, secondo il mito
isterico della "bomba che ticchetta" da telefilm "24", che
anche giureconsulti come il professor Alan Dershowitz
di Harvard giustificavano. Il Washington Post enumera cataloghi
grandguignoleschi di privazione di sonno, una delle tecniche più atroci;
sequestri in scatole di legno troppo piccole, costretti a restare per giorni in
posizione anchilosata fino all'esplosione di dolori lancinanti alle giunture;
teste ripetutamente pestate contro il muro, ma avvolte in asciugamani per non
lasciare tracce. È un campionario che sembra tratto dall'ordine di servizio
emesso nel 1937 dal leader della Gestapo, Heinrich Mueller, inventore della "Verschaerfte
Vernhemung". L'interrogatorio inasprito,
adottato dall'America di Bush. OAS_RICH('Middle');
Come già nelle fosse dell'Afghanistan, nel carcere di Abu Grahib
o nella pratica di appaltare le torture dei prigioneri
ad altre nazioni più ruvide, al cuore di questa tragedia dell'onore americano
stanno due elementi: 1) Il panico dell'11 settembre, con la rivelazione
lancinante della vulnerabilità dell'America e della inettitudine dei servizi
segreti; 2) La commistione tossica fra funzionari di governo e contractors privati, di ex militari, agenti, avventurieri
passati ai migliori redditi offerti da chi prendeva in appalto quello che
militari e agenti in servizio non volevano o non potevano fare. Sciolti da ogni
codice di comportamento, fuori dai confini nazionali e ubriachi del loro potere
assoluto sulle vittime. L'imperativo di "proteggere la nazione"
sembrava giustificare tutto, nel solito commercio luciferino fra sicurezza e
libertà, fra la legge e le scorciatoie. Se la guerra segreta condotta dallo
spionaggio nei 50 anni di Guerra Fredda non era mai stata un tè per nobildonne,
almeno qualche elementare codice di comportamento fra Usa e Urss esisteva,
nella certezza che ciò che tu avessi fatto al mio agente, io avrei fatto al
tuo. Ma questi parametri saltarono quella mattina dell'11 settembre, di fronte
a macellai accecati dal fanatismo e indifferenti alla propria morte. Se un
personaggio come Zayn al-bidin
Mohammed, Abu Zubayda, cadeva nelle mani della Cia in
Pakistan, la macchina dell'interrogatorio "verschaerfte",
inasprito, scattava, e le squadra miste di agenti ufficiali e di contractors si metteva in azione. Tutto era lecito, anche
la tecnica di "far diventare blu" gli interrogati, tenendoli a bagno
nell'acqua ghiacciata per ore, già denunciata al processo di Norimberga come
crimine di guerra. A volte autorizzata, a volta improvvisata, ma sempre nella
certezza che fosse stata approvata downtown, in centro, cioè dal governo di
Washington. Ci fu chi si ribellò, come sempre c'è, come lo psicologo dr. Mitchell, aguzzino poi disgustato, ex Cia passato a una
delle tante società per la guerra private. Nel 2005, anche il Ministero della Giustzia a Washington, quello che sfornava ambigui
documenti legali a comando per autorizzare le torture, dichiarò non più
necessari gli interrogatori "inaspriti". La ubriacatura del terrore,
che non è la necessaria protezione, si stava riassorbendo, insieme con il
sospetto che quelle sevizie non producessero niente e nuocessero all'anima,
prima ancora che all'immagine, dell'America. Ora è naturalmente la Cia a essere
chiamata a rispondere, mentre il governo Obama sta cercando di ridefinire i criteri, i limiti, le responsabilità,
togliendo il monopolio alla Cia di futuri interrogatori, perché il pericolo non
è passato e la speranza non è una difesa contro i folli suicidi. Ma l'apertura
di quegli armadi serve almeno a ricordare, a questo e ai futuri presidenti,
il rischio eterno di confermare la profezia di un famoso personaggio di fumetti
americani che formarono una generazione di lettori negli anni '50 e '