CENACOLO
DEI COGITANTI |
Indonesia, bombe negli
hotel nove morti e oltre 60 feriti
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: rivoltanti" attentati è
arrivata anche dal presidente statunitense, Barack Obama, che ha offerto
l'aiuto degli Usa al governo indonesiano. Secondo il ministro degli Esteri
italiano, Franco Frattini, gli "esecrabili" attacchi "confermano
la necessità di mantenere alta la guardia nella lotta contro il terrorismo
internazionale".
la condanna di usa e ue
obama: "pronti a prestare aiuto"
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Esteri Le reazioni La condanna di
Usa e Ue Obama: "Pronti a prestare aiuto" GIAKARTA - Dagli Stati
Uniti all´Unione europea, tutta la comunità internazionale ha condannato gli
attentati di ieri a Giakarta. «Il governo Usa è pronto ad aiutare il governo
indonesiano» ha detto il presidente statunitense Barack Obama in un comunicato.
"non solo rapper,
studiate per diventare giudici" - angelo aquaro
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Storico intervento di Obama nel
centenario dell´associazione per i diritti dei neri La crisi, dice il
presidente al Naacp, colpisce tutti specie tra gli afroamericani Il dolore
della discriminazione razziale è ancora molto sentito negli Usa ANGELO AQUARO DAL
NOSTRO INVIATO NEW YORK - Quando Barack Obama si è ribellato, finalmente,
il destino è nelle vostre
mani - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Io voglio che tutti gli altri
Barack Obama là fuori, tutte le altre Michelle Obama là fuori, abbiano le
stesse chance, quelle che mia madre mi ha dato, quelle che la mia istruzione mi
ha dato, quelle che gli Stati Uniti d´America mi hanno dato. è così che
l´America potrà fare progressi nei prossimi cento anni.
l'oms avverte "il
virus avanza a gran velocità"
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Intanto il presidente Usa Barack
Obama, il prossimo 9 e 10 agosto volerà in Messico, per partecipare al summit
dei leader nordamericani, che sarà anche l´occasione per elaborare una
strategia contr il virus. E il ministero del Welfare ha dato una serie di
consigli per chi viaggia all´estero: evitare i luoghi affollati, coprire la
bocca con un fazzoletto,
"la mia vita da cane
(fortunato) alla casa bianca" - angelo aquaro new york
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Commenti Sul New York Times un
curioso editoriale Scritto in prima persona dal cucciolo di casa Obama "La
mia vita da cane (fortunato) alla Casa Bianca" Un gioco di scrittura
dedicato all´animale di Masha e Malia ANGELO AQUARO NEW YORK dal nostro inviato
"La stampa si diverte a mettere a confronto le mie caratteristiche con
quelle degli altri cani presidenziali.
E' probabile
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: DI OBAMA AI NERI di GIOVANNI
BELARDELLI E' probabile che il discorso tenuto dal presidente Obama per i cento
anni dell'«Associazione per il progresso della gente di colore» sarà ricordato
soprattutto per un motivo. E cioè per la sollecitazione rivolta ai molti
giovani neri d'America poveri, emarginati, disoccupati a considerarsi
responsabili essi stessi del proprio destino,
Giacarta, kamikaze negli
hotel. Nove morti ( da "Corriere
della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente americano Barack
Obama, che da bambino ha trascorso alcuni anni proprio a Giacarta, ha promesso
«assistenza e aiuto: rimarremo al vostro fianco come amici e partner». Si
chiude così un periodo di quattro anni che aveva fatto sperare all'Indonesia di
aver superato la crisi scatenata da una serie di spaventosi attentati,
L E P AROLE
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ha descritto la condizione di
disuguaglianza nella quale molti di loro ancora oggi si trovano, che va
affrontata soprattutto a livello del sistema educativo. Qui, appunto, è
intervenuto il suo richiamo alla responsabilità di ciascuno, artefice del proprio
destino quale che sia la sua condizione di vita.
Incidente sfiorato col
Vaticano
Argomenti:
Obama
Abstract: Evitato lo scontro diplomatico alla
vigilia della visita di Obama Incidente sfiorato col Vaticano «Zittiti» i
vescovi conservatori Adesso che la visita fra Benedetto XVI e Barack Obama c'è
stata, le tensioni si sono stemperate. Anzi, il colloquio del 10 luglio scorso
è andato «meglio del previsto», nelle parole del cardinale Tarcisio Bertone,
segretario di Stato della Santa Sede.
Il First Dog festeggia i
100 giorni ( da "Corriere
della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Parola anzi guaito di Bo, il cane
degli Obama: con un ironico articolo di Ben Greenman il New York Times
festeggia i 100 giorni del «water dog» portoghese alla Casa Bianca. Bo chiede
scusa per il suo istinto «pescatore»: «Ricordate quando ho addentato il microfono
di un reporter? Pensavo fosse un pesce».
LA COLONIZZAZIONE SARA' AL
POLO SUD ( da "Corriere
della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il successore Barack Obama nei mesi
scorsi ha approvato in linea di principio la strategia ma ha formato una
commissione per vedere nei dettagli come procedere. Alla fine di agosto
sapremo, e la previsione è che la Casa Bianca voglia coinvolgere
nell'iniziativa anche altre nazioni analogamente a quanto è stato fatto per la
stazione spaziale internazionale.
Argomenti:
Obama
Abstract: Ora c'è Obama. «Possiamo anche
credere che sia meglio. Ma non ho gli elementi per dire che adesso per i neri sono
finiti i soprusi e le ingiustizie. Certo, è positivo per tutti noi, anche i
neri repubblicani devono essere orgogliosi. Ma quanto il miglioramento sia
reale, non so.
E' morto Walter Cronkite
Addio alla voce dell'America ( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: icona e un amico caro - ha detto il
presidente Barack Obama - Walter fu sempre qualcosa in più di un presentatore:
qualcuno a cui ci potevamo affidare perchè ci guidasse attraverso i temi più
importanti del giorno, la voce della certezza in un mondo incerto. Era come uno
di famiglia. Ci invitava a credergli e non ci deluse mai".
Juan Cole: "Così
Rafsanjani si candida a leader della protesta"
( da "Stampaweb, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Engaging the Muslim World» molto
apprezzato da Barak Obama, spiega la scelta dell?ex presidente iraniano di
contestare pubblicamente il risultato delle ultime elezioni durante la
preghiera del venerdì. Chi compone la borghesia rivoluzionaria? «Si tratta
della classe economica iraniana che si è arricchita di più dopo la rivoluzione
del 1979.
L'America piange Walter
Cronkite, icona del giornalismo statunitense
( da "Stampaweb, La"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente Barack Obama ha detto
che Cronkite «era una voce di certezza in un mondo incerto». L?ex-presidente
George W. Bush lo ha definito «una icona del giornalismo americano». A lui sono
legati, nella memoria collettiva degli americani, alcuni degli eventi che hanno
plasmato la storia della nazione negli ultimi decenni.
Obama ai giovani
afroamericani "Studiate per diventare giudici"
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Quando Barack Obama si è ribellato,
finalmente, all'ultimo padrone, quel tele-prompter, il gobbo, che gli
confeziona i discorsi più convincenti, la gente, la sua gente giù in platea, è
esplosa in un boato: "Guido per Harlem", ha urlato andando a braccio
"scendo per il South Side di Chicago, vedo tutti quei ragazzi buttati agli
angoli delle strade,
Indonesia, bombe negli
hotel otto morti e oltre 60 feriti
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: rivoltanti" attentati è
arrivata anche dal presidente statunitense, Barack Obama, che ha offerto
l'aiuto degli Usa al governo indonesiano. Secondo il ministro degli Esteri
italiano, Franco Frattini, gli "esecrabili" attacchi "confermano
la necessità di mantenere alta la guardia nella lotta contro il terrorismo
internazionale".
Calabresi stasera a
Borghetto presenta il suo ultimo libro
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: lunga traversata degli Stati Uniti
al seguito della campagna elettorale di Barak Obama. Un viaggio di 156 pagine
con tanta America, aperte però dalla storia italianissima della nonna
dell'autore, Maria Teresa, morta nelle scorse settimane, a 94 anni, che fu
salvata in fasce dal gesto generoso di un medico che l'aveva rianimata e
accudita, quando ormai tutti la davano per spacciata.
Walter Cronkite il
giornalista perfetto ( da "Stampa,
La" del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Come ha confermato ieri il
presidente Obama: «Era una voce di certezza in un mondo incerto». David
Halberstam, in The Powers that be, un libro duro e senza compiacimenti sul
giornalismo americano, scrive di lui: «Fin dall'inizio, è stato uno dei
reporter più attivi, selvaggiamente competitivo: nessuno poteva battere
Cronkite su una storia,
Versione maggiorata dello
Sport Activity diventato status symbol È un antidepressivo
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: PIERO BIANCO INVIATO AD ATLANTA
Pazienza se Obama sponsorizza compatte vetture eco-friendly. Nel paese delle
grandi contraddizioni gli automobilisti faticano a indossare il cilicio,
continuano a sognare prestazioni da brivido, cavalli, coppie impetuose. Amano
le supercar, e se le comprano un po' meno è soltanto per la crisi
dell'economia, non delle vocazioni.
"Vi serve Obama non
Pulcinella" ( da "Stampa,
La" del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: "Vi serve Obama non
Pulcinella" La riunione di Sorrento è appena finita, la lettera per il
premier Berlusconi con la richiesta di più attenzione al Mezzogiorno è ancora
da recapitare, e già il Nord sferra il primo attacco. «Al Sud serve Obama non
Pulcinella», provoca il ministro leghista Roberto Calderoli.
inchiesta della camera sul
piano cia per assassinare i leader di al qaeda
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Inchiesta della Camera sul piano
Cia per assassinare i leader di Al Qaeda WASHINGTON - Cia nella bufera:
l´amministrazione Obama vuole un team speciale per gli interrogatori dei
sospetti terroristi, togliendoli così all´agenzia. Sul modo in cui la Cia ha
gestito la vicenda del piano per assassinare i leader di Al Qaeda, la
commissione intelligence della Camera avvierà un´inchiesta.
"sicurezza?
napolitano equilibrato" - rodolfo sala
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, non di un Pulcinella che si
lamenta sempre». Bossi è ancora più tranchant: «Partito del Sud? Non seguo le
stupidaggini». Infine una nota personale: «Da cattivo che ero ora sono un
mediatore». Lo dice a proposito dell´incontro di lunedì in via Bellerio con
Giulio Tremonti e Letizia Moratti, servito al sindaco di Milano per impegnare
il governo a rivedere il patto di stabilità,
ron english, sovversivo e
pop "sono il michael moore dell'arte" - simone mosca
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Su un finto cartellone del Viagra
era finito pure il repubblicano John McCain, sconfitto da Obama. Il claim era:
"I wanna be erected". Almeno questo gli sarà riuscito? «Bisognerebbe
chiederlo alla moglie, ora ha più tempo per questo genere di faccende». Ron
English, ha ringraziato Obama per tanto successo o è stato Obama a ringraziare
lei?
la convalescenza del papa
"dovrà rinviare il suo libro" - marco politi
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ricordato il recente incontro tra
Benedetto XVI e Obama, definendolo «fruttuoso». La Santa Sede, ha soggiunto, si
augura che il presidente americano mantenga l´impegno di «diminuire gli aborti»
e garantire l´obiezione di coscienza dei sanitari. In Vaticano Obama ha fatto
molta impressione. Si è capito che un´opposizione frontale sui temi etici
sarebbe stata controproducente nell´
Deputati del Pdl in campo
Argomenti:
Obama
Abstract: Roberto Calderoli sceglie invece la
provocazione: «Al Sud serve un'Obama, non un Pulcinella», suscitando la
reazione stizzita di Miccichè: «E lui chi è? L'Obama del Nord?». Ma il ministro
Gianfranco Rotondi prende sul serio il discorso: «Non sottovalutiamo il
problema: rischia di essere un giro di boa della legislatura».
Il Senatur: bene il Colle
Tagliando al governo? No, meglio nuove idee
( da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Berlusconi potrebbe utilizzare in
chiave anti-Lega, per mettere dei paletti al sempre esigente Carroccio. Roberto
Calderoli, commentando l'iniziativa di Giancarlo Micciché, era stato ironico:
«Il Sud ha bisogno di Obama, non di Pulcinella». Bossi è ancora più secco: «Non
seguo le stupidaggini». Marco Cremonesi
Abstract: Nel ricordarlo, Barack Obama ha detto una frase importante: «In an era before blogs and emails, cellphones and cable, HE was the news» (in un'epoca senza blogs, email, cellulari e satellite, LUI era la notizia). Ha poi aggiunto: «Il Paese ha perso un'icona e un amico caro.
Argomenti: Obama
Abstract: Obama: un'icona Scompare a 92 anni
il più grande telegiornalista della storia WASHINGTON Si è spento a 92 anni
Walter Cronkite, il leggendario giornalista che per un ventennio, dal '62 allo
'81, diresse e presentò il telegiornale della Cbs, facendo della tv il «news
medium» dominante del secolo e divenendo,
Hillary torna in scena con
il viaggio in India
Argomenti:
Obama
Abstract: Tina Brown esorta Barack Obama a
«consentire alla tua invisibile donna di stato di togliersi il burqa ». «La
politica estera americana oggi è elaborata dai consiglieri di Obama, non da
Hillary », le fa eco sul Washington Post il columnist Jim Hoagland. «Non faccio
attenzione a queste dicerie», ribatte Hillary indispettita, spiegando che «mi
sono rotta il gomito,
Senza limiti
( da "Stampaweb, La"
del 19-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: INVIATO AD ATLANTA Pazienza se Obama
sponsorizza compatte vetture eco-friendly. Nel paese delle grandi
contraddizioni gli automobilisti faticano a indossare il cilicio, continuano a
sognare prestazioni da brivido, cavalli, coppie impetuose. Amano le supercar, e
se le comprano un po?
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
GIACARTA -
L'Indonesia è ripiombata nell'incubo del terrorismo: due esplosioni quasi
simultanee, provocate da altrettanti attentatori suicidi, hanno sventrato i
ristoranti degli hotel Marriott e Ritz-Carlton a Giakarta, causando nove morti
e oltre 60 feriti. Tra questi ultimi 18 sono stranieri, ma la Farnesina afferma
che non si ha notizia di italiani coinvolti, anche se un iniziale elenco
stilato dalla polizia indonesiana parlava anche di nostri connazionali. Il
primo ordigno è esploso al Marriott alle 7.45 locali (le 2.45 in Italia),
uccidendo sei persone. Due minuti dopo il secondo kamikaze si è fatto esplodere
nell'adiacente Ritz-Carlton, provocando altri tre morti. Alte colonne di fumo
si sono alzate dai due alberghi di lusso, con la strada di fronte disseminata
di macerie. Gli attentatori del Marriott, il cui numero non è ancora stato
accertato, pernottavano nell'albergo da due giorni e lì avrebbero preparato i
loro ordigni: nella loro camera, al diciottesimo piano, gli artificieri hanno
poi disinnescato una bomba inesplosa, nascosta nella custodia di un laptop.
Nuovi indizi potrebbero essere forniti dai video a circuito chiuso: le
telecamere del Ritz-Carlton hanno ripreso un uomo, con un cappellino in testa e
un piccolo trolley, che entrava nell'albergo pochi minuti prima della
deflagrazione. Secondo le autorità, figurano tra le vittime americani,
canadesi, britannici, australiani, neozelandesi, olandesi, indiani, sudcoreani
e norvegesi. La squadra del Manchester United, che avrebbe dovuto soggiornare al
Marriott da domani, ha annullato la tappa indonesiana del suo tour asiatico: i
73 mila biglietti per l'incontro della squadra inglese contro una selezione
locale, in programma per lunedì, erano esauriti da tre settimane.
OAS_RICH('Middle'); E' "un attacco crudele e disumano, una grave ferita
per la sicurezza nazionale", ha dichiarato il presidente indonesiano,
Susilo Bambang Yudhoyono, trionfalmente rieletto la settimana scorsa anche
sulla base della migliorata sicurezza nel Paese. Una condanna dei "rivoltanti" attentati è arrivata anche dal presidente
statunitense, Barack Obama,
che ha offerto l'aiuto degli Usa al governo indonesiano. Secondo il ministro
degli Esteri italiano, Franco Frattini, gli "esecrabili" attacchi
"confermano la necessità di mantenere alta la guardia nella lotta contro
il terrorismo internazionale". In assenza di una rivendicazione,
tutti i sospetti si dirigono verso la Jemaah Islamiyah ("comunità
islamica"), una rete terroristica regionale legata ad Al Qaida, che
combatte per l'istituzione di un califfato nel sud-est asiatico. Dopo aver
messo la firma su quattro attentati in Indonesia tra il 2002 e il 2005 - tra
cui quello di Bali dell'ottobre 2002, che causò 202 morti, e un'autobomba che
uccise 12 persone proprio davanti allo stesso hotel Marriott nell'agosto 2003 -
si credeva che i quadri dell'organizzazione fossero stati decimati dalla lotta
al terrorismo portata avanti dalle autorità indonesiane. Le elezioni
parlamentari dello scorso aprile avevano evidenziato anche un brusco calo dei
consensi per i partiti di matrice islamica. Ma la Jemaah ha già dimostrato di
essere organizzata in cellule indipendenti, che ne fanno una sorta di mostro a
più teste. Il sospetto degli analisti è che gli attentati di oggi possano
essere stati compiuti proprio da un piccolo gruppo di irriducibili. Magari
indeboliti, ma ancora in grado di colpire mortalmente. (17 luglio 2009
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 4 - Esteri Le reazioni La condanna di Usa e Ue Obama: "Pronti a prestare
aiuto" GIAKARTA - Dagli Stati Uniti all´Unione europea, tutta la comunità
internazionale ha condannato gli attentati di ieri a Giakarta. «Il governo Usa
è pronto ad aiutare il governo indonesiano» ha detto il presidente statunitense
Barack Obama in un
comunicato. «Gli attentati - aveva dichiarato il segretario di Stato Usa
Hillary Clinton in viaggio verso l´Asia per colloqui in India e Thailandia - ci
ricordano che la minaccia del terrorismo resta concreta». Indignazione è stata
espressa anche dal segretario generale dell´Onu Ban Ki-moon e da quello
dell´Organizzazione della conferenza islamica (Oci) Ekmellin Ihsanoglu come
pure dalla presidenza svedese dell´Ue.
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 19 - Esteri
"Non solo rapper, studiate per diventare giudici" Storico intervento di Obama nel centenario dell´associazione per i diritti dei neri La
crisi, dice il presidente al Naacp, colpisce tutti specie tra gli afroamericani
Il dolore della discriminazione razziale è ancora molto sentito negli Usa
ANGELO AQUARO DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - Quando Barack Obama si è ribellato, finalmente,
all´ultimo padrone, quel tele-prompter, il gobbo, che gli confeziona i discorsi
più convincenti, la gente, la sua gente giù in platea, è esplosa in un boato:
«Guido per Harlem», ha urlato andando a braccio «scendo per il South Side di
Chicago, vedo tutti quei ragazzi buttati agli angoli delle strade, e allora
dico: potrei essere io, lì, ma grazie a Dio è andata diversamente». Grazie a
Dio, e per volontà della nazione. Nella sala dell´Hilton Hotel, addobbata di
festoni e palloncini per i cent´anni del Naacp, la più antica associazione per
i diritti civili, Obama riscopre l´orgoglio nero. «Noi
lo sappiamo: anche se la crisi economica colpisce gli americani di ogni razza,
tra gli afroamericani ci sono più disoccupati». Boato. «Sembra un sermone»,
chioserà il New York Times, e infatti i delegati cominciano a fargli eco con il
classico "amen" delle funzioni religiose: l´origine del blues. Se ne
accorge, Obama. «Ehi», scherza «ho creato un angolo
della preghiera». In campagna elettorale, nei primi cento giorni, il presidente
non aveva mai esaltato le sue origini. Anzi. Ora gli analisti sottolineano che
mai come adesso, stretto tra la crisi, le riforme che reclamano nuove tasse e
le critiche per la scelta della latina Sotomayor alla Corte Suprema, il
presidente ha bisogno del sostegno della comunità nera, magari nella forma
lobbistica che il Naacp, 300 mila iscritti e 30 milioni di budget, può
garantire. «Make no mistake», dice il presidente: non facciamo errori, non
illudiamoci. «Il dolore della discriminazione è ancora sentito in America».
Dice cose di sinistra, Obama. Parla di responsabilità.
«Allontanate dai nostri figli l´Xbox, metteteli a letto presto. Non possono
tutti aspirare a essere il prossimo Le Bron o Lil Wayne», dice, additando i due
miti, del basket e del rap, dei giovani. «Io voglio che i nostri figli aspirino
a diventare scienziati e ingegneri dottori e insegnanti, non solo giocatori di
basket e rappers. Io voglio che i nostri figli aspirino a diventare giudici
della Corte Suprema. Io voglio che aspirino a diventare presidente degli Stati
Uniti». In sala c´è ancora chi urla "Amen".
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 19 - Esteri
La strada da fare Una nuova mentalità Il dovere dei genitori IL DESTINO è NELLE
VOSTRE MANI Il discorso Sappiamo che mentre la crisi economica colpisce tutti,
gli afro-americani sono colpiti più di tutti gli altri Ci serve però una nuova
mentalità. Dovremo dire ai nostri figli: "Non ci sono scuse, fatevi
un´istruzione" Non possiamo dire ai nostri giovani di andare bene a scuola
e poi non aiutarli quando tornano a casa (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Sappiamo
che nel momento in cui i costi alle stelle dell´assistenza sanitaria opprimono
famiglie di tutte le razze, gli afro-americani hanno maggiori possibilità di
essere colpiti da molteplici malattie, ma molte minori possibilità di avere
accesso a un´assicurazione medica di qualsiasi altro gruppo etnico. Sappiamo
che anche se mettiamo in prigione più persone di tutte le razze di qualsiasi
altra nazione al mondo, un bambino afro-americano ha più o meno il quintuplo
delle possibilità in più di un bambino bianco di vedere l´interno di un
carcere. Sappiamo che anche se la piaga del virus Hiv/Aids devasta intere
nazioni all´estero, specialmente in Africa, questa piaga colpisce in modo ancor
più devastante la comunità afro-americana, con una violenza che non ha
paragoni. Conosciamo bene tutte queste cose. Cercate di non cadere in errore:
il dolore della discriminazione si avverte ancora in America. Lo avvertono le
donne afro-americane retribuite meno dei loro colleghi di colore diverso e di
sesso diverso per svolgere un medesimo lavoro. Lo avvertono i latino-americani
che non si sentono bene accolti nel loro stesso Paese. Lo avvertono gli
americani musulmani guardati con sospetto soltanto perché per pregare il loro
Dio si inginocchiano a terra. Lo avvertono i nostri fratelli e le nostre
sorelle omosessuali, ancor oggi denigrati e aggrediti, che si vedono negare i
loro diritti. Negli Stati Uniti d´America non deve esserci posto per i
pregiudizi. Questa è la nostra responsabilità di capi. Ma questi programmi
innovativi, queste opportunità allargate di per sé e da sole non faranno la
differenza. Ci serve una nuova mentalità. Dovremo dire ai nostri figli:
"Sì, se sei afro-americano le possibilità di crescere tra criminali e gang
sono sicuramente maggiori. Sì, se vivi in un quartiere povero, dovrai
affrontare pericoli e minacce con i quali non dovrà cimentarsi chi vive in
quartieri benestanti. Ma queste non sono ragioni valide per avere brutti voti a
scuola, o per bigiare la scuola, o per abbandonare la scuola rinunciando a
farti un´istruzione. Nessuno ha scritto il tuo destino per te. Il tuo destino è
nelle tue mani: non dimenticarlo". Questo è quanto dobbiamo dire a tutti i
nostri figli: "Non ci sono scuse. Non ci sono giustificazioni. Fatti
un´istruzione: tutte quelle difficoltà ti renderanno soltanto più forte, e
maggiormente in grado di competere". Yes, we can. E per quanto riguarda i
genitori, non possiamo dire ai nostri giovani di andare bene a scuola e poi non
aiutarli quando tornano a casa. Voi genitori non potete esimervi dal fare i
genitori. Perché i nostri ragazzi eccellano, dobbiamo assumerci le nostre
responsabilità e aiutarli a imparare. Questo significa mettere via l´Xbox,
mandarli a letto a un´ora ragionevole. Significa anche spingere i nostri figli
ad avere ambizioni più alte, a guardare più lontano. Possono anche pensare di
aver fatto un bel salto e un tiro a canestro o composto un brano rap, ma i
nostri figli non possono aspirare tutti a diventare Le Bron o Lil Wayne. Io
vorrei che ambissero a diventare scienziati e ingegneri, medici e professori,
non soltanto giocatori di basket e rapper. Io voglio che aspirino a diventare
giudici della Corte Suprema. Voglio che aspirino a diventare presidenti degli
Stati Uniti d´America. Si tratta di un sogno semplice, eppure è un sogno che
per troppo tempo è stato negato ed è tuttora negato a molti americani. Io sono
stato cresciuto da mia mamma, una ragazza madre. Non provengo da una famiglia
ricca. Ho avuto la mia buona dose di problemi da piccolo e la mia vita in
qualsiasi momento avrebbe potuto prendere una piega negativa. Io però ho avuto
dei freni e tanti "paletti". Mia madre mi ha dato amore, mi ha spinto
sempre avanti, si è interessata ai miei studi, mi ha insegnato a distinguere
ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Grazie a lei, ho avuto l´opportunità
di sfruttare al meglio le mie qualità. Ho avuto l´opportunità di ottenere il
massimo dalle mie chance e la chance di ottenere il massimo dalla vita. La
stessa cosa vale anche per Michelle. Ma vale anche per molti, moltissimi di
voi. Io voglio che tutti gli altri Barack Obama là fuori, tutte le altre Michelle Obama là fuori, abbiano le stesse
chance, quelle che mia madre mi ha dato, quelle che la mia istruzione mi ha
dato, quelle che gli Stati Uniti d´America mi hanno dato. è così che l´America
potrà fare progressi nei prossimi cento anni. Noi faremo progressi.
Questo lo so per certo, perché so quanto lontano siamo già arrivati. Alcuni
hanno visto che settimana scorsa in Ghana Michelle e io abbiamo portato Malia e
Sasha e mia suocera al Castello di Cape Coast. Forse alcuni di voi ci sono
stati: è lì che un tempo i neri catturati erano incarcerati prima di essere
venduti all´asta. è da lì che al di là di un oceano ebbe inizio l´esperienza
afro-americana di molti di noi. Mi sono tornati vivi alla memoria tutto il
dolore, tutte le difficoltà, tutte le ingiustizie e tutte le bassezze che hanno
costellato il cammino dalla schiavitù alla libertà. Ma se John Levis poté
sfidare le botte e le mazzate per attraversare un ponte, allora io so che i
giovani di oggi possono fare la loro parte e migliorare la nostra comunità. Se
lo zio di Emmet Till, Mose Wright, poté trovare il coraggio di testimoniare
contro gli uomini che gli avevano ammazzato il nipote, io so che noi possiamo
essere padri migliori, fratelli migliori, sorelle migliori e madri migliori
nelle nostre famiglie. E tra altri cento anni, in occasione del duecentesimo
anniversario della fondazione della Naacp, si dirà che questa generazione fece
la sua parte, che anche noi avemmo la meglio nella nostra sfida, e che pieni
della fede che il nostro cupo passato ci ha insegnato ad avere, pieni della
speranza che il presente ci offre, noi vedemmo sorgere, nelle nostre vite e in
tutta la nostra nazione, il Sole di un nuovo giorno appena iniziato. Traduzione
di Anna Bissanti
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 21 - Esteri
Nuova influenza L´Oms avverte "Il virus avanza a gran velocità" ROMA
- La pandemia di nuova influenza si sta propagando a una velocità "senza
precedenti". lo dice l´Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo
cui Il virus H1N1 ha fatto in sei settimane quello che altri virus fecero in
sei mesi. Intanto il presidente Usa Barack Obama, il prossimo 9 e 10 agosto volerà
in Messico, per partecipare al summit dei leader nordamericani, che sarà anche
l´occasione per elaborare una strategia contr il virus. E il ministero del
Welfare ha dato una serie di consigli per chi viaggia all´estero: evitare i
luoghi affollati, coprire la bocca con un fazzoletto, lavare
frequentemente le mani. Il vaccino contro la nuova influenza A «sarà
disponibile da ottobre in poi: la produzione necessita di tempo e, comunque,
l´immunizzazione dei bimbi non è ritenuta prioritaria dalla stessa Oms». è il
parare di Fabrizio Pregliasco, virologo dell´Università di Studi di Milano, che
commenta così le parole del presidente della Federazione medici pediatri
Giuseppe Mele, che ieri ha proposto di estendere la vaccinazione contro il
virus a tutta la popolazione da 6 mesi in poi.
( da "Repubblica, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 42 - Commenti Sul New York Times un curioso editoriale Scritto in
prima persona dal cucciolo di casa Obama "La mia vita da cane (fortunato) alla Casa Bianca" Un
gioco di scrittura dedicato all´animale di Masha e Malia ANGELO AQUARO NEW YORK
dal nostro inviato "La stampa si diverte a mettere a confronto le mie
caratteristiche con quelle degli altri cani presidenziali. Io trovo che
sia prematuro e non aiuti. Gli altri presidenti arrivarono al potere in tempi
diversi e soprattutto dovettero confrontarsi con sfide diverse". Cani
presidenziali? Un cane che parla? Tranquilli, siamo solo all´inizio: "E
poi, permettetemi di soffermarmi brevemente sul cane al quale vengo più spesso
messo a confronto. Fala raggiunse Franklin Delano Roosevelt nel novembre del 1940,
e subito catturò l´immaginazione nazionale...". Ok, basta così: non
possiamo mica andare avanti con lo scherzo all´infinito. Sì, certo,
l´autorevolissimo New York Times l´ha fatto, ieri, ma qui giocano in casa,
riferimenti a fatti e persone esistenti sono puramente voluti, e soprattutto
comprensibili. E allora, traduciamo: chi parla, con proprietà di linguaggio e
argomentazione praticamente clonata dall´illustre padrone, è niente poco di
meno che Bo, il cane d´acqua portoghese che il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama ha regalato, come da promessa elettorale, alle
due figliolette, Masha e Malia. Il quale parla, ovviamente, nella finzione di
uno scrittore a cui il giornale di New York ha pensato bene di affidare la
"traduzione" dei pensieri. Il titolo del pezzo comparso nella sezione
Opinioni, quella che raccoglie editorialisti del calibro del Nobel Paul
Krugman, era inequivocabile: "The Fist Hundred (Dog) Days", i primi
cento giorni, come si usa con i presidenti. Da cane però. O da cani, a seconda dei
punti di vista. L´autore, Ben Grenman, è un giovane scrittore, classe 1969,
sodale di autori del calibro di Jonatha Lethem, già autore di interviste più o
meno impossibili a dive come Paris Hilton e giganti indie rock tipo Sonic
Youth. Ma lo scherzo del Nyt è la spia di quanto la Bo-mania stia rischiando di
sfiorare i livelli della (ben più giustificata) Obama.
mania. Il first dog - un cane d´acqua portoghese, specie praticamente protetta
negli Usa, al punto che gli aspiranti proprietari devono superare un esame - campeggia
nelle trasmissioni tv e nelle vignette satiriche. E nelle librerie va a ruba
l´ultima cino-grafia, "First Dog" appunto, testi di Lewis e
Zappitello, illustrazioni del celebre Tim Bowers. Lo slogan pubblicitario? Può
un cane trovare la casa perfetta? Yes, he can. Peccato che proprio il fatto di
essere un cane di razza, e per di più protetta, abbia portato all´inzio più
politica che simpatia alla Casa Bianca. I militanti della Peta hanno perfino
criticato il presidente per non aver dato il buon esempio adottando un bastardo
(in campagna elettorale era stato lui stesso a scherzarci su: "Il cane che
sceglierò? Un bastardo, come me"). Non aiuta neppure lo sfarzo di cui gli
ospiti di Barack circondano il first dog: vedi, in tempi di crisi, la ciotola
di Swaroski regalo di un leader di un paese dell´est. Dalla Casa Bianca, ieri,
nessuna reazione all´editoriale-metafora. Ma Barack, si sa, a ben altro a cui
pensare. Almeno Bo una risposta poteva darla.
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 18/07/2009 - pag: 1 Il discorso LE PAROLE
«SCORRETTE» DI OBAMA AI NERI di GIOVANNI BELARDELLI E' probabile
che il discorso tenuto dal presidente Obama per i cento anni dell'«Associazione per il progresso della gente
di colore» sarà ricordato soprattutto per un motivo. E cioè per la
sollecitazione rivolta ai molti giovani neri d'America poveri, emarginati,
disoccupati a considerarsi responsabili essi stessi del proprio destino,
a non evocare come giustificazione della loro condizione sempre e solo le cause
sociali. CONTINUA A PAGINA 16
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 18/07/2009 - pag: 6 Giacarta, kamikaze negli hotel.
Nove morti Sospetti sulla Jamaa Islamiya. La polizia: feriti italiani. Ma la
Farnesina smentisce DAL NOSTRO INVIATO PECHINO Per due giorni hanno sorriso
agli altri turisti e uomini d'affari incrociandoli nei corridoi o negli
ascensori. Magari hanno anche scambiato qualche parola sul caldo di Giacarta:
parole di circostanza, tanto per non far sorgere sospetti. E infatti nessuno si
è accorto di loro fino a che, ieri mattina, poco prima delle otto (le due di
notte in Italia), i due kamikaze non si sono fatti esplodere devastando il
ristorante dell'Hotel Marriott e la lobby del Ritz-Carlton, due alberghi di
lusso a poca distanza l'uno dall'altro nel moderno distretto finanziario della
capitale indonesiana. Gli ordigni trasportati dagli attentatori erano così
potenti che alcuni testimoni hanno raccontato di aver sentito «tremare l'intero
edificio ». Spaventosa la scena che si sono trovati di fronte i primi
soccorritori: sangue ovunque, vetri e detriti che avevano trasformato gli spazi
lussuosi dei due alberghi in un campo di battaglia. Nove le vittime accertate,
tra cui diversi stranieri, una sessantina i feriti: la polizia ha affermato che
anche alcuni italiani erano stati trasportati in ospedale. La Farnesina non ha
confermato. Un filmato, registrato dalle telecamere di sicurezza, mostra gli
ultimi istanti del kamikaze che ha preso di mira il Ritz-Carlton. L'uomo,
vestito di scuro, con un cappello da baseball, trascina una valigia verso
l'interno dell'hotel: pochi attimi più tardi, un'esplosione trasforma l'atrio
in un inferno. Il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, rieletto da un paio di
settimane dopo aver promesso «stabilità e sicurezza», è comparso in tv
visibilmente scosso. «So che molti di noi sono preoccupati, addolorati, e
piangono in silenzio, come me ha detto . Gli attentatori non hanno umanità e
non gli interessa se il nostro Paese verrà distrutto, perché questo atto
terroristico avrà un grande impatto sulla nostra economia, il turismo, la
nostra immagine nel mondo». Il presidente americano Barack Obama, che da bambino ha trascorso
alcuni anni proprio a Giacarta, ha promesso «assistenza e aiuto: rimarremo al
vostro fianco come amici e partner». Si chiude così un periodo di quattro anni
che aveva fatto sperare all'Indonesia di aver superato la crisi scatenata da una
serie di spaventosi attentati, per lo più attribuiti alla Jamaa
Islamiya. Con una serie di operazioni e arresti, la polizia aveva ridotto al
silenzio il gruppo, autore di attacchi come quelli di Bali del 2002 (202
morti), quelli nello stesso hotel Marriott di Giacarta (2003, 12 morti) o di
fronte all'ambasciata australiana (2004, 11 morti) e di nuovo a Bali (2005, 23
morti). Il doppio assalto di ieri non è stato rivendicato. Ma le modalità
lasciano pochi dubbi sugli autori. Gli inquirenti devono ancora capire come i
terroristi siano riusciti a trasportare esplosivo e detonatori all'interno
degli alberghi, protetti da misure di sicurezza che sembravano impossibili da
superare. I due kamikaze erano alloggiati dal 15 luglio nella stanza 1808 del
Marriott. Lì hanno preparato gli ordigni, lasciandone uno pronto in una borsa
per computer che la polizia ha disinnescato ore dopo la tragedia. L'esplosivo
era simile a quello ritrovato dopo un recente blitz in un centro islamico
sempre sull'isola di Giava. La polizia cercava Noordin Mohammed Top. L'uomo, un
estremista di nazionalità malese, era riuscito a sfuggire alla cattura. Paolo
Salom IL COMMENTO di Guido Olimpio nelle Idee & Opinioni Choc Una donna
stravolta fuori dall'hotel Ritz-Carlton a Giacarta (Afp/Araidi) 1.464.717 Gli
arrivi internazionali a Giacarta nel 2008. Nel 2007 erano stati 1.153.006. A
Bali l'anno scorso ci sono stati 2.081.786 arrivi contro i 1.741.935 del 2007
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 18/07/2009 - pag: 16 Strigliata al vittimismo L E P AROLE
« S CORRETTE» DI B ARACK SEGUE DALLA PRIMA Quelle cause sociali che, di qua e
di là dell'Atlantico, costituiscono uno dei pilastri del politicamente corretto.
Si è trattato, insomma, di un invito a smetterla con l'autocommiserazione, a
farla finita con il piagnisteo: un invito che appare tanto più efficace visto
che il presidente americano non ha omesso di richiamare anche le effettive
condizioni di disagio sociale, culturale, economico in cui tanti afroamericani
vivono. Ma quelle condizioni, ha insistito, rappresentano un ostacolo che
ciascuno può superare se lo vuole davvero. Dopo aver ripercorso la storia
dell'emancipazione dei neri d'America lungo l'ultimo secolo, Obama ha descritto la condizione di disuguaglianza nella quale molti
di loro ancora oggi si trovano, che va affrontata soprattutto a livello del
sistema educativo. Qui, appunto, è intervenuto il suo richiamo alla
responsabilità di ciascuno, artefice del proprio destino quale che sia la sua
condizione di vita. Nel campo dell'istruzione infatti, ha osservato,
nessun intervento del governo potrà veramente servire se prima non sarà stata
spazzata via quella mentalità vittimistica che rappresenta una delle eredità
più negative dell'epoca della discriminazione, avendo introiettato nei neri
d'America la convinzione della ineluttabilità del loro status. I giovani neri e
le loro famiglie, ha affermato con una certa ruvidezza, si devono convincere
che i cattivi voti a scuola sono anche e forse soprattutto colpa loro. Evocando
la propria vicenda personale (certo, con qualche forzatura: la madre
dell'attuale presidente degli Stati Uniti, come è noto, era bianca), ha
invitato i giovani neri a non limitarsi tutti a sognare d'essere campioni di
basket o cantanti rap, ma a puntare a diventare scienziati, ingegneri, medici,
o addirittura come lo stesso Obama presidenti degli
Stati Uniti. S'è trattato di un discorso, e di una strigliata, all'America di
colore che solo un presidente lui stesso per metà di colore poteva fare. Ma s'è
trattato contemporaneamente di un discorso che, come spesso succede ai
presidenti Usa, ha coniugato il presente con il passato, riandando alle radici
del sogno americano attraverso la riproposizione degli Stati Uniti come «un
luogo dove nulla è impossibile», come lo stesso Obama
ebbe ad osservare all'indomani della vittoria alle presidenziali. Un discorso
in cui la denuncia delle persistenti disuguaglianze che colpiscono i neri
(maggiore disoccupazione, maggiore probabilità di ammalarsi di Aids o di finire
in prigione e così via) si è accompagnata a quella propensione messianica, a
quell'afflato religioso che rendono la democrazia americana diversa da quella
europea (a quale politico italiano verrebbe mai in mente di dire che tutti i
nostri giovani devono avere le stesse chances perché «tutti figli di Dio»?).
Un'evocazione della originaria promessa del sogno americano quel perseguimento
della felicità presente nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti
che sembra fare tutt'uno con un forte richiamo al senso della responsabilità e
volontà individuali, implicitamente contro quelle analisi sociologico-oggettive
che da quest'altra parte dell'Oceano restano spesso come uniche spiegazioni. Giovanni
Belardelli Rapper Il cantante P. Diddy al gala della Naacp Lezione Una lezione
ai neri che solo un presidente nero poteva fare
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 18/07/2009 - pag: 16 Retroscena Evitato
lo scontro diplomatico alla vigilia della visita di Obama Incidente sfiorato col Vaticano «Zittiti» i vescovi conservatori
Adesso che la visita fra Benedetto XVI e Barack Obama c'è stata, le tensioni si sono stemperate. Anzi, il colloquio
del 10 luglio scorso è andato «meglio del previsto», nelle parole del cardinale
Tarcisio Bertone, segretario di Stato della Santa Sede. Ma nei mesi
successivi all'elezione del presidente Usa, tra Vaticano e Casa Bianca si è
sfiorato l'incidente diplomatico. Gli attacchi ripetuti di alcuni cardinali
statunitensi all'Amministrazione democratica e allo stesso Obama
hanno provocato proteste discrete ma crescenti. La Casa Bianca è arrivata a
ventilare alla diplomazia vaticana una presa di posizione per ingerenza negli
affari interni degli Usa, se le critiche non si fossero fermate. E si sono
fermate. L'irritazione si è indirizzata soprattutto verso Francis James
Stafford e Raymond Burke, due dei tre vescovi americani che guidano un
dicastero vaticano: esponenti dell'ala conservatrice, i quali dal giorno
dell'elezione del presidente gli hanno attribuito una «piattaforma contro la
vita»; e lo hanno accusato di comportarsi come un «agente di morte» per le sue
posizioni sull'aborto. La Casa Bianca ha reagito spiegando che non potevano
parlare come semplici cittadini statunitensi; che ogni loro parola rischiava di
coinvolgere il Papa. Burke presiede l'equivalente della Corte suprema Usa, e
Stafford allora era «Penitenziere maggiore». Dunque, si profilava un problema
delicato. Già a marzo alcuni siti conservatori cattolici avevano riportato voci
di pressioni della Casa Bianca per zittire Burke e Stafford, senza precisare
quali. Il problema di Stafford, 77 anni, si è risolto qualche mese fa con il
suo pensionamento. Ma il Vaticano non vedeva comunque di buon occhio
l'offensiva pregiudiziale di esponenti del proprio «governo» contro Obama; e voleva evitare una presa di posizione della Casa
Bianca, che sarebbe stata di per sé clamorosa. Per questo la Santa Sede ha
cercato, inutilmente, di evitare la presenza di Burke alla «Giornata della
preghiera » in programma nel maggio scorso, e occasione dell'ennesimo attacco.
Ma subito dopo, la richiesta di Washington è stata accolta. L'ex vescovo di St.
Louis, nominato nel giugno del 2008, è stato bruscamente richiamato all'ordine
e al silenzio. Anche se la sua ombra ha continuato a pesare durante i contatti
che hanno preceduto l'udienza papale al presidente Usa: si temevano altre
uscite imbarazzanti. La diplomazia vaticana, però, ha garantito alla Casa
Bianca che non ci sarebbero stati problemi. E infatti Burke, famoso per aver
detto nel 2004 che andava negata la Comunione al candidato democratico alla
Casa Bianca, il cattolico John Kerry, perché giudicato filoabortista, ha
taciuto prima e dopo l'incontro col Papa. Sono tensioni che si inseriscono in
uno sfondo di equilibri tuttora in bilico. Ripropongono il problema dei
rapporti fra l'episcopato Usa e il partito democratico, guardato con
diffidenza. Evocano lo sforzo del nunzio a Washington, Pietro Sambi, di
archiviare i contrasti fra prelati «repubblicani» e «pro-Obama».
E mostrano l'ipersensibilità di molti vescovi Usa a qualunque apertura di
credito verso la nuova Casa Bianca. Perfino l'Osservatore romano è stato
accusato dai «teocon» oltre Atlantico di essere troppo accondiscendente e di
inviare messaggi confusi. E dopo l'udienza del 10 luglio, sotto voce qualcuno
nelle gerarchie statunitensi ha additato una Santa Sede affascinata da Obama. La scelta come numero tre della Segreteria di Stato
di Peter Brian Wells, presente al colloquio di Benedetto XVI e Obama, conferma l'aumento del peso degli americani nel
«governo» vaticano. Ma l'atteggiamento della Conferenza episcopale Usa non
sembra destinato a cambiare. Con pragmatismo, si aspetta il presidente alla
prova dei fatti. E si conferma la distanza fra chi esalta l'interesse di Obama per la famiglia e i temi sociali, e le sue scelte di
politica estera convergenti con quelle vaticane; e chi invece continua a
considerarlo un liberal dal quale guardarsi. In realtà, i suoi primi mesi hanno
mostrato un profilo meno radicale di quanto si pensasse: lo conferma la scelta
del teologo di origine cubana Miguel Dìaz come ambasciatore Usa presso la Santa
Sede. E comunque, l'attenzione ai valori religiosi di un presidente «secolare»
come Obama è alimentata e confortata da un immenso
fiuto politico: a partire dai sondaggi che mostrano un'America profonda più
moderata delle frange estremiste del Partito democratico. Massimo Franco
Incontro Ratzinger con Michelle Obama Freno Gli
attacchi dei cardinali sul tema dell'aborto si sono fermati
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 18/07/2009 - pag: 16 Casa Bianca Il First Dog festeggia i
100 giorni «Orgoglioso di servire l'America». Parola anzi
guaito di Bo, il cane degli Obama: con un ironico articolo di Ben Greenman il New York Times festeggia
i 100 giorni del «water dog» portoghese alla Casa Bianca. Bo chiede scusa per
il suo istinto «pescatore»: «Ricordate quando ho addentato il microfono di un
reporter? Pensavo fosse un pesce».
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Pubblicita' data: 18/07/2009 - pag: 28 LA COLONIZZAZIONE SARA' AL POLO
SUD Nuovo sbarco nel 2020. E il prossimo ottobre, la prova del ghiaccio di
GIOVANNI CAPRARA A quarant'anni dal primo sbarco nel Mare della Tranquillità la
meta è il ritorno sulla Luna, per rimanerci. Con una colonia che ospiti
astronautiscienziati. A tal fine si sta lavorando da cinque anni, da quando nel
gennaio 2004 il presidente George W.Bush lanciò il piano. Il
successore Barack Obama nei
mesi scorsi ha approvato in linea di principio la strategia ma ha formato una
commissione per vedere nei dettagli come procedere. Alla fine di agosto
sapremo, e la previsione è che la Casa Bianca voglia coinvolgere
nell'iniziativa anche altre nazioni analogamente a quanto è stato fatto per la
stazione spaziale internazionale. Il programma Constellation che la Nasa
ha in corso potrebbe dunque subire delle variazioni anche in base ai
finanziamenti che la nuova amministrazione è disposta a concedere. Di certo Obama non può ignorare il fatto che Cina e India si siano
poste l'obiettivo lunare per arrivare intorno al 2025, pur non avendo
ufficializzato alcun progetto. «La domanda non è se noi siamo in grado di
affrontare la Luna, ma se possiamo ignorarlo» scrive Krishnaswamy
Kasturirangan, ex presidente dell'agenzia spaziale indiana Isro e ora influente
deputato al Parlamento di New Delhi. Sullo stesso tono sono le dichiarazioni di
Pechino. La colonia, dunque, si farà e la Nasa ha già individuato un luogo
ideale collocato nel Polo Sud, sui bordi del cratere Shackleton. La scelta
dipende dal fatto che nel grande vallo regnano ombre perenni e mai il Sole
riesce a raggiungere le profondità nelle quali dovrebbe essersi così conservato
il ghiaccio d'acqua portato dalle comete in epoche remote. Dal ghiaccio sarebbe
ricavato l'ossigeno e l'idrogeno utile alla vita della colonia e ai razzi delle
astronavi che dovranno assicurare i viaggi con la Terra. Secondo il piano Nasa
il primo sbarco è fissato per il 2020 con il modulo abitato Altair che avrà a
bordo quattro astronauti. Le prime missioni dureranno sei mesi e intanto con il
grande razzo Ares-V allo studio arriverebbero anche i moduli d'abitazione e gli
impianti necessari alla formazione della base. Nel 2025 la colonia sarebbe pronta
e servirà per attività scientifiche, dall'astronomia a ricerche in condizioni
di gravità ridotta (lassù è un sesto rispetto alla nostra). In prospettiva si
vogliono utilizzare pure le risorse minerarie, ma non tutti sono d'accordo, e
proprio nei mesi scorsi la sonda giapponese Kaguya ha scoperto la presenza
dell'uranio. Intanto bisogna stabilire la presenza del ghiaccio d'acqua perché
altrimenti il piano cambia. Finora alcune sonde hanno raccolto indizi indiretti
ma la Nasa ha spedito due sonde (LRO e LCROSS) per raccogliere la prova
definitiva. Una di queste il 9 ottobre prossimo si schianterà al suolo assieme
all'ultimo stadio del razzo con cui è partita, sollevando una grande nube.
L'altra sonda ne scruterà i contenuti cercando le molecole d'acqua. Se le
troverà, l'insediamento sulla Luna sarà certamente accelerato perché risulterà
più economico. E così al Polo Sud si imparerà a come compiere il prossimo balzo
verso Marte.
( da "Corriere della Sera"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Sport data: 18/07/2009 - pag: 51 L'intervista L'ex fuoriclasse dei
pesi massimi racconta la sua nuova vita fuori dal ring: «Il cinema mi piace,
vorrei continuare» «Come pugile non ero granché Monzon sì che era feroce» Mike
Tyson: «Con la boxe non mi sono mai sentito felice» LOS ANGELES In principio il
videogioco era lui. Manovrato attraverso un joystick invisibile, spinto
freneticamente verso l'avversario, dotato di cazzotti formidabili, ma destinato
ad esaurirsi rapidamente. Game over. Mike Tyson. Lo hanno manovrato per anni.
Usavano la sua ignoranza come bonus, le sua ferocia come scudo. Sono diventati
ricchi in molti mentre lui, semplicemente, passava di moda. Ora che ha 43 anni,
Tyson ha preso in mano la console. Forse per la prima volta cerca di capire
come funziona la vita anche se nessuno mai, dalla fetida Brownsville in poi,
gli ha mai fornito il libretto delle istruzioni. Il videogioco si chiama
FightNight 4, c'è la sua faccia in copertina, o meglio, la faccia di un Tyson
precedente, antidiluviano, e lui si diverte con questa Playstation surreale che
in fondo è la sua vita vissuta, sfidando i grandi del passato: Ali, Frazier...
Mike Tyson è a Los Angeles. A Hollywood è di nuovo campione d'incassi senza
tirare un solo montante. Ha recitato nel film più visto dell'estate americana,
The Hangover ( Un giorno da leoni). Un altro film sulla sua vita, magistrale
documentario del regista e amico James Toback, sta in una settantina di sale in
America. E adesso, appunto, il videogioco. È sovrappeso. Non lo rivedremo
combattere, anche se gli sceicchi lo avrebbero ricoperto d'oro per opporlo a
Holyfield, in un grottesco remake. È vagamente inquieto. Il suo manager e amico
comune, Harlan Werner, è l'unica ragione per cui siamo qui. Nel 2005 lei
abbandonò la boxe. Un po' le manca? «Assolutamente no. Ho avuto il mio tempo,
la mia era. Altri forse sarebbero rimasti in circolazione. Io ci sono rimasto
anche troppo». Guarda il pugilato? «Solo ogni tanto, ma più che altro i
classici, le vecchie sfide». Riguarda anche se stesso? «Non ci penso neppure.
Quando mi osservo, penso che in realtà non ero un gran pugile. Se fossi il mio
maestro mi troverei orrendo, pessimo. Sbagliavo tutto. Se ti guardi con
obiettività lo scopri. Ma nessun pugile ammette di essere peggiore di quello
che crede». C'è qualcuno nel passato che le piace particolarmente? «Carlos
Monzon. Aveva uno stile impeccabile. Era autoritario, feroce, abilissimo.
Praticamente invincibile. Lo sa bene il vostro Benvenuti». Si parla di lei per
qualcosa che non è boxe né vicissitudini personali. Come si sente? «Alla
grande. Il cinema mi sta dando la possibilità di entrare in un nuovo capitolo
della mia vita. Nuove persone, prospettive promettenti. La boxe è solo una
parte confusa, piena di contraddizioni. Adesso ho la possibilità di vivere la
mia vita conscio di quel che faccio. In un certo senso la boxe mi ha impedito
di crescere ». Si vede in futuro come attore? «Non so, mi piacerebbe, ma ho
bisogno di studiare recitazione, di avere accanto un regista che mi guidi. Di
trovare un buon ruolo, un mio genere». Magari un supereroe. «Non me ne viene in
mente nessuno. Però magari. Per mio figlio sono già un supereroe». Quando
divenne campione del mondo, nel 1986, l'America non era tenera con gli afroamericani.
Ora c'è Obama. «Possiamo anche credere che sia meglio. Ma non ho gli elementi
per dire che adesso per i neri sono finiti i soprusi e le ingiustizie. Certo, è
positivo per tutti noi, anche i neri repubblicani devono essere orgogliosi. Ma
quanto il miglioramento sia reale, non so. Personalmente, il trattamento
che ho ricevuto è sempre stato uguale e spesso poco gentile. Con Bush oppure Obama non conta». Lei ha parlato anche di Berlusconi nel suo
documentario. Che ricordo ha dell'Italia? «Mi piace la Sardegna, Milano, il
Sud. È italiano un genio del nostro tempo, Gianni Versace. Ha definito un'era.
In pochi ci riescono». Guardandosi indietro, in carriera, c'è un momento in cui
si è sentito felice sul serio? Riflette. Scuote il capo. «Non riesco a trovarlo.
La mia carriera è come una macchia sfuocata. Non sono mai stato davvero felice.
Era uno stile di vita nel quale non mi sono mai trovato totalmente a mio agio».
Possibile? Neppure un attimo di esaltazione? «Forse la vittoria del titolo, con
Trevor Berbick. Ma ero troppo confuso:andai in giro con la cintura per tre
settimane. Almeno capii di aver compiuto qualcosa di importante. Però il mio
maestro e secondo padre, Cus d'Amato, non c'era più. Lo vinsi grazie a lui e
non potei godermi l'attimo ». Una volte disse che lei odiava la folla,
l'attenzione. Ora grazie al cinema è di nuovo tra la gente. «La gente mi
fermava e diceva: ''Ehi Mike...'' e mi dava una pacca sulla spalla. Ora mi
ferma e dice: ''Ehi Mike, ti ho visto al cinema''. È un'umanità molto diversa,
mi fa piacere ma so anche di dover lavorare su me stesso per non fare gli
errori del passato». Qual è il suo sogno? «Continuare a fare quello che faccio.
Essere migliore. Poter essere ricordato come Mike Tyson, ma non come pugile».
Riccardo Romani Star Mike Tyson. A sinistra in «Una notte da leoni» (Montoro,
www.collider.com) \\ Un grande italiano? Gianni Versace. È stato un genio del
nostro tempo. Ha definito un'era. In pochi ci riescono
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
ROMA - La sua voce
aveva raccontato l'assassinio di John F. Kennedy e lo sbarco sulla Luna
dell'Apollo 11. Walter Cronkite è morto. Lo "zio Walter" come lo
chiamavano milioni di americani, aveva 92 anni e se ne è andato al termine di
una lunga malattia. Cronkite aveva cominciato a lavorare come corrispondente
televisivo della CBS nel 1950. Per quasi 20 anni, dal 1962 al 1981, era stato
il conduttore della 'CBS Evening News'. La sintesi del suo modo di fare
giornalismo è proprio il motto divenuto celebre con cui chiudeva i suoi
telegiornali: "And that's the way it is", "E le cose stanno così".
Cronkite raccontò gli eventi della storia, la guerra in Vietnam, l'assassinio
di Martin Luther King, le tensioni razziali, le manifestazioni pacifiste nei
campus universitari, il caso Watergate, che portò alla rinuncia del presidente
Richard Nixon. "Non mi capacito dell'impatto che ho nè del mio successo -
disse un giorno - Che il mio modo di porgere sia diretto, spesso privo di verve
è probabilmente una critica giusta, ma ho costruito la mia reputazione su un
giornalismo onesto e diretto. Fare qualunque altra cosa mi suonerebbe
finto". La sua popolarità era enorme. Tanto che quando concluse un
commento sulla Guerra in Vietnam affermando che il conflitto non poteva essere
vinto dagli Stati Uniti, il presidente Lyndon Johnson avrebbe detto con
amarezza: "Se abbiamo perduto Cronkite, abbiamo perduto l'americano
medio". Cronkite si era ritirato dalla attività di anchorman nel 1980 ma
aveva continuato a prestare la sua famosa voce e la sua autorevole presenza a
numerosi film e documentari e speciali Tv. OAS_RICH('Middle'); "Il Paese
ha perso un'icona e un amico caro - ha detto il presidente
Barack Obama - Walter fu
sempre qualcosa in più di un presentatore: qualcuno a cui ci potevamo affidare
perchè ci guidasse attraverso i temi più importanti del giorno, la voce della
certezza in un mondo incerto. Era come uno di famiglia. Ci invitava a credergli
e non ci deluse mai". (18 luglio 2009
( da "Stampaweb, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
CORRISPONDENTE DA
NEW YORK Ali Hashemi Rafsanjani rappresenta la borghesia rivoluzionaria che si
sente minacciata dal presidente Mahmud Ahmadinejah, considerandolo un nemico di
classe». Così lislamista dellUniversità del Michigan
Juan Cole, autore del libro «Engaging the Muslim World» molto apprezzato da
Barak Obama, spiega la scelta dellex presidente
iraniano di contestare pubblicamente il risultato delle ultime elezioni durante
la preghiera del venerdì. Chi compone la borghesia rivoluzionaria? «Si tratta
della classe economica iraniana che si è arricchita di più dopo la rivoluzione del 1979. La
caduta dello Scià portò alla scomparsa anche dei ricchi che lo circondavano. A
sostituirli fu una nuova classe, commerciale e imprenditoriale, della quale
fanno parte i bazaris, che muovono il bazaar di Teheran». Perché si riconoscono
in Rafsanjani? «Rafsanjani è uno di loro. Appartiene ad un ristretto gruppo di
leader khomeinisti che dopo la rivoluzione si è arricchito con lo sviluppo di
commerci e il controllo di industrie manifatturiere, ed è diventato espressione
degli interessi di questa classe. Il cui avversario oggi è Mahmud Ahmadinejad».
Quali sono i motivi del conflitto? «Sono numerosi e nascono dalla percezione
diffusa dei brogli elettorali ma forse laspetto più evidente
dellinsofferenza di bazaris è economico. Ahmadinejad con le sue scelte punta a
indebolire la borghesia rivoluzionaria spostando le risorse a favore di un
altro settore della popolazione: i conglomerati economici che rispondono ai
Guardiani della Rivoluzione da cui proviene e il ceto medio-basso della
popolazione». Può farci un esempio di questi contrasti... «La decisione di
Ahmadinejad di sfruttare gli ingenti proventi del greggio per pompare denaro a
favore del ceto medo-basso ha fatto impennare linflazione, che
ora tocca il 30 per cento, e i bazaris non amano linflazione perché erode
i loro profitti economici. E solo uno dei tanti esempi. Bisogna tener
presente che Rafsanjani rappresenta unidea moderna di capitale economico
mentre Ahmadinejad è un populista che punta a sfruttare le risorse nazionali per rafforzare il sostegno
politico di cui gode nei ceti più poveri dellIran. Sotto
questo aspetto Ahmadinejad è un nemico di classe per il mondo produttivo nel
quale si riconosce Rafsanjani». Quali scenari si aprono ora? «Rafsanjani sfida
non solo Ahmadinejad
ma anche il Leader Supremo, Alì Khamenei. Per questo nel discorso ha contestato
il Consiglio dei Guardiani della rivoluzione. La scelta di far conoscere
pubblicamente il proprio disappunto per come sono andate le elezioni,
schierandosi dalla parte delle famiglie che hanno subito delle vittime a causa
della repressione, fa emergere una spaccatura nella Repubblica Islamica che
appare destinata a durare nel tempo. Le conseguenze possibili sono molte: dallaumento
dei contrasti interni allindebolimento di Ahmadinejad fino allaffermarsi di
Rafsanjani come vero volto della protesta di piazza, destinato ad avere un
ruolo forse ancora più importante di Mir Hossein Mousavi, il candidato
riformista che non accetta ancora la sconfitta elettorale».
( da "Stampaweb, La"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
NEW YORK LAmerica
ha perduto una leggenda. Walter Cronkite, lex-anchorman della CBS che annunciò al
paese la morte a Dallas del presidente John Kennedy e che fece vivere agli
americani lepopea dello sbarco sulla Luna, è morto venerdì a New York.
Aveva 92 anni e da tempo lottava contro problemi cerebro-vascolari. Per quasi venti anni,
dal 1962 al 1981, Cronkite era stato il conduttore del telegiornale più seguito
dAmerica, il CBS Evening News. Ma per un periodo ancora più
lungo, nellarco di una carriera durata sei decenni, Cronkite era stato
soprattutto «luomo
di cui gli americani avevano più fiducia», col suo approccio diretto, con le
sue parole misurate, con la sua voce profonda che gli conferivano una
autorevolezza senza precedenti nel mondo dei media, tanto da avergli fatto
guadagnare il nomignolo affettuoso
«Zio Walter». Leggendaria la frase di chiusura del suo notiziario: «And Thats
the way it is» (E questo è il modo in cui stanno le cose). Una frase che
mirava, ha sempre spiegato, a sintetizzare lideale più sacro per un
giornalista: «raccontare
sempre le cose come le vede, senza curarsi delle possibili conseguenze e senza
temere di suscitare controversie». Il presidente Barack Obama
ha detto che Cronkite «era una voce di certezza in un mondo incerto». Lex-presidente
George W. Bush lo ha definito «una icona del giornalismo americano». A lui sono legati, nella
memoria collettiva degli americani, alcuni degli eventi che hanno plasmato la
storia della nazione negli ultimi decenni. Annunciò nel 1963 la morte del
presidente Kennedy a Dallas, leggendo in diretta un dispaccio dagenzia:
la pausa seguita alla drammatica notizia, con Cronkite che si sfila lentamente
gli occhiali, guarda lorologio appeso al muro e cerca di vincere la
evidente commozione, fa parte della storia del giornalismo e dellAmerica. Famoso è rimasto leditoriale
televisivo nel 1968, mentre era in corso in Vietnam loffensiva del Tet,
quando Cronkite dichiarò che la Guerra in Vietnam non poteva più essere vinta.
Leggenda vuole che il presidente Lyndon Johnson abbia commentato con amarezza: «È finita. Se ho perduto
Cronkite, ho perduto lamericano medio». Johnson non si ricandidò
alle successive elezioni presidenziali. Celebri anche i reportage di Cronkite
sulla conquista spaziale e in particolare sullo sbarco sulla Luna della
navicella Apollo 11,
di cui ricorre proprio in questi giorni il quarantesimo anniversario. Nato il 4
novembre 1916 nel Missouri, Walter Leland Cronkite Jr. aveva iniziato il
mestiere di reporter con lagenzia UPI che laveva inviato in
Europa a raccontare la Seconda Guerra Mondiale. Cronkite si era fatto paracadutare sullOlanda
con la famosa 101/ma Divisione Aviotrasportata e aveva poi partecipato allo
sbarco in Normandia. Ma aveva sempre sminuito con modestia il suo evidente
coraggio: «In realtà sono un codardo. - diceva - Ero sempre spaventato a morte. Ho fatto tutto
il possibile per evitare di finire nei combattimenti». Dal 1946 al 1948 era
stato capo dellufficio di Mosca dellUPI. Nel 1950
era stato assunto dalla Tv CBS. Era linizio di una straordinaria carriera. Nel 1962 era diventato lanchorman
del Tg più seguito dagli americani (CBS Evening News) e i suoi reportage
avevano una profonda influenza sulla opinione pubblica del paese. Si era
ritirato nel 1981 con la promessa da parte della CBS di una serie di iniziative che invece non si erano
materializzate. Successivamente aveva dato la sua voce e la sua autorevolezza a
numerosi documentari, film e trasmissioni Tv: la sua voce baritonale era
immediatamente riconoscibile. Una voce usata anche da Disney per la storia
della esplorazione spaziale narrata nella grande sfera di Epcot. Negli ultimi
anni della sua vita aveva scritto libri, tenuto conferenze e dato sfogo al suo
grande hobby: la navigazione a vela. Aveva espresso la sua condanna per la
guerra in Iraq e per limmobilismo nei riguardi del problema del
clima. Nel 1997 si era sottoposto ad un intervento al cuore: un bypass
quadruplo che aveva avuto successo. «La grande forza di Walter Cronkite era di
essere la stessa persona davanti alla telecamera o fuori dallo studio - ha ricordato il suo
collega Brian Williams - Una persona onesta e diretta che andava sempre al
sodo, senza tanti fronzoli. Un modo di fare che piaceva agli americani».
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
NEW YORK - Quando Barack Obama si è ribellato, finalmente, all'ultimo padrone, quel
tele-prompter, il gobbo, che gli confeziona i discorsi più convincenti, la
gente, la sua gente giù in platea, è esplosa in un boato: "Guido per
Harlem", ha urlato andando a braccio "scendo per il South Side di
Chicago, vedo tutti quei ragazzi buttati agli angoli delle strade, e
allora dico: potrei essere io, lì, ma grazie a Dio è andata diversamente".
Grazie a Dio, e per volontà della nazione. Nella sala dell'Hilton Hotel,
addobbata di festoni e palloncini per i cent'anni del Naacp, la più antica
associazione per i diritti civili, Obama riscopre
l'orgoglio nero. "Noi lo sappiamo: anche se la crisi economica colpisce
gli americani di ogni razza, tra gli afroamericani ci sono più
disoccupati". Boato. "Sembra un sermone", chioserà il New York
Times, e infatti i delegati cominciano a fargli eco con il classico
"amen" delle funzioni religiose: l'origine del blues. Se ne accorge, Obama. "Ehi", scherza "ho creato un angolo
della preghiera". In campagna elettorale, nei primi cento giorni, il
presidente non aveva mai esaltato le sue origini. Anzi. Ora gli analisti
sottolineano che mai come adesso, stretto tra la crisi, le riforme che
reclamano nuove tasse e le critiche per la scelta della latina Sotomayor alla
Corte Suprema, il presidente ha bisogno del sostegno della comunità nera,
magari nella forma lobbistica che il Naacp, 300 mila iscritti e 30 milioni di
budget, può garantire. "Make no mistake", dice il presidente: non
facciamo errori, non illudiamoci. "Il dolore della discriminazione è
ancora sentito in America". Dice cose di sinistra, Obama.
Parla di responsabilità. "Allontanate dai nostri figli l'Xbox, metteteli a
letto presto. Non possono tutti aspirare a essere il prossimo Le Bron o Lil
Wayne", dice, additando i due miti, del basket e del rap, dei giovani.
OAS_RICH('Middle'); "Io voglio che i nostri figli aspirino a diventare
scienziati e ingegneri dottori e insegnanti, non solo giocatori di basket e
rappers. Io voglio che i nostri figli aspirino a diventare giudici della Corte
Suprema. Io voglio che aspirino a diventare presidente degli Stati Uniti".
In sala c'è ancora chi urla "Amen". (18 luglio 2009
( da "Repubblica.it"
del 18-07-2009)
Argomenti: Obama
GIACARTA -
L'Indonesia è ripiombata nell'incubo del terrorismo: due esplosioni quasi
simultanee, provocate da altrettanti attentatori suicidi, hanno sventrato i ristoranti
degli hotel Marriott e Ritz-Carlton a Giakarta, causando otto morti e oltre 60
feriti. Tra questi ultimi 18 sono stranieri, ma la Farnesina afferma che non si
ha notizia di italiani coinvolti, anche se un iniziale elenco stilato dalla
polizia indonesiana parlava anche di nostri connazionali. Il primo ordigno è
esploso al Marriott alle 7.45 locali (le 2.45 in Italia). Due minuti dopo il
secondo kamikaze si è fatto esplodere nell'adiacente Ritz-Carlton. Inizialmente
si è parlato di nove morti ma in seguito il ministro degli Esteri indonesiano
ha corretto la cifra. "L'ultimo bilancio che abbiamo è di otto morti.
Include quattro stranieri, un indonesiano e altre tre persone che non sono
ancora state identificate", ha detto Hassan Wirayuda. Gli attentatori del
Marriott, il cui numero non è ancora stato accertato, pernottavano nell'albergo
da due giorni e lì avrebbero preparato i loro ordigni: nella loro camera, al
diciottesimo piano, gli artificieri hanno poi disinnescato una bomba inesplosa,
nascosta nella custodia di un laptop. Nuovi indizi potrebbero essere forniti
dai video a circuito chiuso: le telecamere del Ritz-Carlton hanno ripreso un
uomo, con un cappellino in testa e un piccolo trolley, che entrava nell'albergo
pochi minuti prima della deflagrazione. La squadra del Manchester United, che
avrebbe dovuto soggiornare al Marriott da domani, ha annullato la tappa
indonesiana del suo tour asiatico: i 73 mila biglietti per l'incontro della
squadra inglese contro una selezione locale, in programma per lunedì, erano
esauriti da tre settimane. OAS_RICH('Middle'); E' "un attacco crudele e
disumano, una grave ferita per la sicurezza nazionale", ha dichiarato il
presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, trionfalmente rieletto la
settimana scorsa anche sulla base della migliorata sicurezza nel Paese. Una
condanna dei "rivoltanti" attentati è arrivata
anche dal presidente statunitense, Barack Obama, che ha offerto l'aiuto degli Usa al governo indonesiano.
Secondo il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, gli
"esecrabili" attacchi "confermano la necessità di mantenere alta
la guardia nella lotta contro il terrorismo internazionale". In
assenza di una rivendicazione, tutti i sospetti si dirigono verso la Jemaah
Islamiyah ("comunità islamica"), una rete terroristica regionale
legata ad Al Qaida, che combatte per l'istituzione di un califfato nel sud-est
asiatico. Dopo aver messo la firma su quattro attentati in Indonesia tra il
2002 e il 2005 - tra cui quello di Bali dell'ottobre 2002, che causò 202 morti,
e un'autobomba che uccise 12 persone proprio davanti allo stesso hotel Marriott
nell'agosto 2003 - si credeva che i quadri dell'organizzazione fossero stati
decimati dalla lotta al terrorismo portata avanti dalle autorità indonesiane.
Le elezioni parlamentari dello scorso aprile avevano evidenziato anche un
brusco calo dei consensi per i partiti di matrice islamica. Ma la Jemaah ha già
dimostrato di essere organizzata in cellule indipendenti, che ne fanno una
sorta di mostro a più teste. Il sospetto degli analisti è che gli attentati di
oggi possano essere stati compiuti proprio da un piccolo gruppo di
irriducibili. Magari indeboliti, ma ancora in grado di colpire mortalmente. (17
luglio 2009
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti: Obama
DIRETTORE DE LA
STAMPA Calabresi stasera a Borghetto presenta il suo ultimo libro Il direttore
de La Stampa, Mauro Calabresi, presenterà questa sera a Borghetto S. Spirito il
suo nuovo libro «La fortuna non esiste. Storie di uomini e donne che hanno avuto
il coraggio di rialzarsi» (Mondadori, collana Strade Blu). L'appuntamento con
Mario Calabresi, per la prima volta in provincia di Savona da direttore de La
Stampa, è alle 21,30 nella suggestiva cornice dei giardini di Sala Marexiano,
in centro città, a pochi passi dall'Aurelia, ed è fra i più attesi della sesta
edizione della rassegna «Serate d'autore», organizzata dall'assessorato alla
Cultura del Comune di Borghetto. Il libro di Calabresi descrive la capacità di
rialzarsi e rimettersi in gioco, nella bufera della crisi economica, di una
decina di persone incontrate durante la lunga traversata
degli Stati Uniti al seguito della campagna elettorale di Barak Obama. Un viaggio di 156 pagine con
tanta America, aperte però dalla storia italianissima della nonna dell'autore,
Maria Teresa, morta nelle scorse settimane, a 94 anni, che fu salvata in fasce
dal gesto generoso di un medico che l'aveva rianimata e accudita, quando ormai
tutti la davano per spacciata. Il libro spazia poi sui due anni di
viaggio negli Usa, trentasei Stati, e la trionfale elezione di Obama. I protagonisti principali però sono uomini e donne
che hanno avuto il coraggio di rialzare la testa e ripartire.
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti: Obama
Walter Cronkite il
giornalista perfetto Morto a 92 anni Dai grandi conflitti del Novecento
all'assassinio di JFK dal primo allunaggio al Watergate: sempre in prima linea
a narrare i fatti Mettiamola così: Walter Cronkite - morto venerdì a New York,
a 92 anni - non è mai diventato un trombone. Cioè non ha mai coperto con
aggettivi notizie deboli, non ha mai fatto lezioncine, non è mai divenuto un
divo, né un entertainer. D'altra parte non ha mai preso stipendi d'oro, e non è
neppure diventato direttore. Ha vissuto insomma la carriera perfetta di un
giornalista. Ma, nel giorno della sua morte, viene da pensare che è morto anche
come il giornalista perfetto: rifiutando fino all'ultimo di smettere di
lavorare, nel timore di finire, ben prima che nella morte reale, nella morte
della memoria. Nel suo novantesimo compleanno - cioè solo due anni fa - in una
intervista al Daily News disse di sperare di essere ancora in grado di
lavorare, sia pur da una diversa posizione. Aggiungendo, come una confessione,
«spero solo che la gente continui a fermarmi come fa oggi e a dirmi: ma lei non
è Walter Cronkite?». Questo episodio serve a dire che, se è vero tutto quello
che oggi leggerete su di lui, cioè che era l'esempio del giornalismo
equilibrato, il campione del rapporto tra spettatori e giornalismo («se lo dice
Cronkite, è vero»), in effetti il suo pregio maggiore - quello che lo ha reso
tutto ciò che era - è stato proprio l'inesauribile desiderio di essere un
giornalista. Come ha confermato ieri il presidente Obama: «Era una voce di certezza in un
mondo incerto». David Halberstam, in The Powers that be, un libro duro e senza
compiacimenti sul giornalismo americano, scrive di lui: «Fin dall'inizio, è
stato uno dei reporter più attivi, selvaggiamente competitivo: nessuno poteva
battere Cronkite su una storia, e l'incredibile è che quando è
invecchiato non è cambiato, la vecchia passione ha continuato a bruciare dentro
di lui». Nell'uomo morto l'altro giorno, si celebra così oggi un tipo di
giornalismo che si richiama al passato. Cronkite è parte di una generazione,
quella che si formò intorno e dentro la seconda guerra mondiale, quando il
giornalismo era terreno, materiale, faticoso - si faceva col corpo ancora prima
che con gli occhi: Cronkite fu uno dei sette giornalisti che volarono sui B17
che bombardavano la Germania, sparò in prima linea «al punto di ritrovarmi
bossoli fino ai fianchi», non diversamente dalle spedizioni dei nostri
Montanelli e Barzini. Ma relegare Cronkite, come gli altri, a un tempo diverso,
sarebbe un errore. In realtà proprio quella generazione va onorata per aver
portato fino ai nostri giorni, attraverso mezzi diversi, dalla carta stampata
alla tv, lo stesso senso della professione: tanti fatti, e tanti fatti ancora.
Con questo spirito è stato il primo (poi divenuto canonico) «anchor» tv, per il
quale la definizione fu addirittura inventata. Si ricorda di lui il giorno in
cui pianse per la morte di Kennedy, e il giorno in cui esclamò «Oh, boy» di
fronte al primo passo dell'uomo sulla luna. Ma è forse il coverage del Vietnam
quello che meglio spiega il suo modo di lavorare. Su quella guerra Cronkite
iniziò con posizioni da «falco». Ma quando i primi giornalisti (della carta
stampata) cominciarono a presentare il conflitto come un disastro, l'anchorman
lasciò il suo studio nella capitale, si recò in Estremo Oriente e tornò con un
reportage molto «personale», rispetto al suo asciutto stile usuale. Guardando
quei servizi il presidente Johnson fece la famosa battuta: «Se ho perso
Cronkite, ho perso la middle America». Notizie, dunque, e non solo studio. Così
fece per l'altro grande evento da lui trattato in maniera decisiva: il
Watergate. Anche in quel caso, non fu lui a scoprire la storia ma, invece di
inserirsi nella polemica tra favorevoli e contrari, fece una sua inchiesta di
controllo dei fatti e portò in tv questa verità - accelerando così la vicenda,
nel renderla conosciuta e comprensibile al Paese. Ovviamente non furono solo
rose e fiori. Venne rimosso per gli scarsi ascolti dal leggendario boss della
Cbs Paley (tornò in video per le proteste dei cittadini americani) e per tutta
la vita ha scontato un certo snobismo dei giornalisti più colti: «Ci si
immagina Cronkite più come uno che corre a seguire l'incendio o il ciclone, che
come uno che fa articolati ragionamenti sull'ultima riunione delle Nazioni
Unite a Ginevra», ha scritto Halberstam. Certo, visto oggi, il suo ruolo è
stato più quello di un rassicurante zio che quello dell'intellettuale. Ma, a
differenza di molti intellettuali, la sua integrità è stata consistente nel
tempo. Così da fare di lui un riferimento anche in tempi più recenti, quando
morale, politica, tecnologie e necessità di vendere sono diventate un unico,
inscindibile nodo che rischia di soffocare il ruolo del giornalista e quello
del lettore. In una bellissima intervista concessa a Kira Albin nel 1996 per
presentare la sua biografia A reporter's life (ed. Knopf) Cronkite pronunciò
una frase memorabile che chiude la bocca a politici che chiedono responsabilità
alla stampa, e alla stampa che vuole giocare a sostituire la politica: «I
giornalisti devono alzare uno specchio e dire "ecco quello che
siete". E se non vi piace come apparite, fate qualcosa per cambiare. Ma
questa non è responsabilità dei giornalisti».
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti: Obama
Versione maggiorata
dello Sport Activity diventato status symbol «È un antidepressivo» [FIRMA]PIERO BIANCO INVIATO AD ATLANTA Pazienza se Obama sponsorizza compatte vetture
eco-friendly. Nel paese delle grandi contraddizioni gli automobilisti faticano
a indossare il cilicio, continuano a sognare prestazioni da brivido, cavalli,
coppie impetuose. Amano le supercar, e se le comprano un po' meno è soltanto
per la crisi dell'economia, non delle vocazioni. Questo resta uno
scenario ideale per i marchi europei del lusso sportivo. Come Bmw, che non a
caso qui ha presentato (aprile, Salone di New York) e qui ora lancia uno dei
modelli più prestazionali: la X6 M. Variante ultramuscolosa dello Sport
Activity Vehicle. M sta per Motorsport, la divisione hi-tech che dà immagine e
soldi al gruppo e che in Usa l'anno scorso ha venduto 10.673 unità, il 70% in
più del 2007 e quasi la metà dell'intero pacchetto. «In tempo di crisi noi
offriamo l'antidepressivo», dice Albert Biermann, responsabile dello sviluppo
M. Un antidoto da 160 mila dollari, ma c'è ancora chi può. Sul nostro mercato
arriverà a fine ottobre, prezzo 115.500 euro, mentre l'X5 M che adotta la stessa
tecnologia costerà 112.900 euro. Con quella linea molto personale, a metà
strada fra Suv e coupé, dimensioni maxi (4,88 m di lunghezza, 1,98 di larghezza
e 1,69 di altezza), l'X6 ha scalato le classifiche di gradimento nel mondo:
solo in Italia in 14 mesi l'hanno già scelto 6.500 clienti. Fa «status», piace.
Il Sav bavarese viene prodotto con la X5 a Spartanburg (South Carolina, 170.000
unità/anno). Questa edizione maggiorata da 2,3 tonnellate, prima Bmw a trazione
integrale sviluppata dalla divisione M GmbH, dovrà confrontarsi con altre
seduzioni come Cayenne turbo e Mercedes ML63 AMG. Dal modello base eredita
sofisticate tecnologie, a cominciare dall'innovativo xDrive, un differenziale
posteriore autobloccante a gestione elettronica che scarica la coppia su
retrotreno e avantreno in base alle condizioni di marcia, rendendo la vettura
più dinamica e controllabile. Il Dynamic Performance Control aumenta la
stabilità nelle situazioni impegnative, ottimizzando le funzioni del Dsc. Di
serie l'assetto M con Adaptive Drive, ammortizzatori pneumatici con regolazione
del livello nell'asse posteriore, assetto ribassato di 10 mm, molle portanti
rigide, sterzo Servotronic, controllo elettronico delle sospensioni Edc con
settaggio specifico, impianto freni con 4 pistoncini e pinza fissa davanti.
Siamo a livelli di assoluta eccellenza non solo nei valori di accelerazione
(4,7" da 0 a 100), ma in tutti quelli che fanno la differenza: dinamica
trasversale, comportamento di guida, spazio di frenata. Qualità testate nelle
tranquille strade della Georgia a 55 miglia orarie, e in condizioni estreme
sull'impegnativo circuito Road Atlanta, dove la nuova Bmw ha scatenato il
meglio del repertorio: 250 km l'ora autolimitati, che diventano 275 con con l'M
Driver's Package (un optional per chi proprio non si accontenta). Il gioiello
della X6 high performance è l'inedito motore Twin Turbo V8 di 4,4 litri con
tecnologia Twin Scroll da 555 Cv a 6.000 giri che eroga una strepitosa coppia
di 680 Nm tra 1.500 e 5.650 giri. È il primo al mondo con collettore di scarico
che serve i cilindri di entrambe le bancate garantendo rapidità di risposta
tipicamente M. I consumi non sono certo da citycar (13,9 litri in media per 100
km) con 325 grammi/km di Co2 emessi come è inevitabile in una supercar, tuttavia
il motore è all'avanguardia anche sotto il profilo ambientale: rispetta la
normativa Euro 5 e quella ancor più severa americana LevII. La trasmissione
automatica sportiva a 6 rapporti ha una dinamica di cambiata con tempi
rapidissimi e «paddles» M in alluminio dietro il volante. Si può scegliere tra
Launch Control (massima accelerazione) e Power, in modalità Sport ed Efficient.
Sicurezza al top, con 6 airbag e scocca protettiva. Tra i tanti «plus», anche
doppi proiettori bi-xeno e cerchi in lega da 20 pollici con gomme runflat.
( da "Stampa, La" del
19-07-2009)
Argomenti: Obama
"Vi
serve Obama non Pulcinella" La riunione di Sorrento è appena
finita, la lettera per il premier Berlusconi con la richiesta di più attenzione
al Mezzogiorno è ancora da recapitare, e già il Nord sferra il primo attacco.
«Al Sud serve Obama non Pulcinella», provoca il
ministro leghista Roberto Calderoli. «Se il Partito del Sud di cui tanto si parla ha come
emblema la lacrima e la recriminazione, temo che il Mezzogiorno sarà condannato
a giocare un ruolo minimale nel percorso delle riforme». Disponibilità a
cercare soluzioni alla questione meridionale, giura, ma non se «ci troviamo
davanti dei piagnoni che recriminano nel nome dell'assistenzialismo». E il
partito del Sud, sostiene «è una rincorsa della Lega: ma gli originali non li
riesce a imitare nessuno». Nord contro Sud e ritorno: perché il sottosegretario
Gianfranco Micciché, animatore della due giorni sorrentina conclusa ieri per
discutere di partito del Mezzogiorno, si affretta a ribattere. «Il Sud non è
per niente piagnone: quello di cui parliamo noi era cresciuto e oggi si trova
di nuovo in difficoltà per colpa di chi lavora contro l'unità del Paese. Arriva
il federalismo fiscale, ognuno sarà responsabile delle proprie ricchezze, e noi
non ci vogliamo far derubare da nessuno. O si è pronti a collaborare tra
regioni, o si va allo scontro: noi siamo pronti a entrambe le ipotesi»,
garantisce. «Abbiamo cervelli ed energie tali da fare a meno di Calderoli, ma
lui e Tremonti si ricordino di essere ministri della Repubblica e non della
Padania». E' critico con l'ipotesi di una Lega Sud anche il candidato alla segreteria
del Pd Pierluigi Bersani: «Sarebbe una tragedia». Ma dalle parti di Micciché il
progetto avanza. E' pronto il logo "Sud" nei colori complementari,
evocativi di cielo, mare, terra ed energia del Mezzogiorno, che sono anche,
spiegano, le tinte più trendy del 2010 secondo gli osservatori della moda di
Parigi. Un logo già applicato ovunque, in simulazioni di magliette e bandiere,
penne e manifesti, con tanto di slogan: "Sud è partito". «Si impone
la necessità di un partito del Sud», ribadisce l'ex sindaco di Lecce, Adriana
Poli Bortone, «non c'è più tempo da perdere». Prossimo incontro dei
"sorrentini" in una iniziativa da lei promossa, a Napoli, venerdì 24.
«Una riunione di quattro amici al bar», la stroncatura dell'incontro di
Sorrento del senatore Udc, Salvatore Cuffaro, «un grande flop». «38 amici al
bar», puntualizza Micciché. Dal governo arriva un invito a non sottovalutare il
partito del Sud: «Rischia di essere un giro di boa nella legislatura», mette in
guardia il ministro Gianfranco Rotondi, che propone la creazione di una
Commissione Attali sul Sud, da far presiedere a una personalità di
centrosinistra. E che nel Pdl i riflettori siano puntati sul Mezzogiorno non
c'è dubbio: ieri anche il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha parlato
di un documento per il rilancio delle politiche per il meridione. E 70 deputati
hanno firmato per chiedere l'istituzione di una Consulta del Sud nel partito.
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 14 - Esteri
Stati Uniti Inchiesta della Camera sul piano Cia per
assassinare i leader di Al Qaeda WASHINGTON - Cia nella bufera:
l´amministrazione Obama
vuole un team speciale per gli interrogatori dei sospetti terroristi,
togliendoli così all´agenzia. Sul modo in cui la Cia ha gestito la vicenda del
piano per assassinare i leader di Al Qaeda, la commissione intelligence della
Camera avvierà un´inchiesta.
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 9 - Interni
"Sicurezza? Napolitano equilibrato" Bossi: ma la legge resta così. E
al Pd: gli conviene aiutarci sul federalismo "Conclave a L´Aquila? Andrò,
va bene. Però non c´è bisogno di nessuna fase-due" RODOLFO SALA DAL NOSTRO
INVIATO VENEZIA - I rilievi di Napolitano alla legge sulla sicurezza? «Non sono
un messaggio negativo». A dirlo è Umberto Bossi, che così commenta per la prima
volta la lettera-richiamo inviata dal Quirinale al governo contestualmente alla
firma della legge che, tra l´altro, ha reso reato la clandestinità e
legittimatole ronde. Certo, il pacchetto del ministro dell´Interno Maroni, «è
una buona legge, e non va cambiata anche perché l´ha approvata il Parlamento».
Ma di qui ad attaccare il capo dello Stato ce ne passa. Anzi, il leader della
Lega - da Venezia, dove partecipa alla festa del Redentòr - rinnova la stima
per Napolitano: «è bravo, un buon presidente, equilibrato e democratico». Prima
di partire per Venezia, Bossi ha ricevuto Maroni nella sua casa di Gemonio.
Neppure il titolare del Viminale ce l´ha col Presidente: «Anche Bobo giudica
quel messaggio positivo, una cosa fatta per rispettare le prerogative del
Parlamento». Dunque nessun problema con il Quirinale. «è la sinistra - sostiene
Bossi - che cerca di spingere su Napolitano, ma lui sa benissimo che certe cose
non si possono fare». Un motoscafo si avvicina al barcone, e sono applausi e
incitamenti al Senatùr. La vicepresidente del Senato Rosy Mauro, immancabile
accompagnatrice dell´Umberto, canta "Io vagabondo" al microfono
insieme al presidente della Provincia di Como Leonardo Carioni, proprio mentre
Bossi, prima della cena e dei fuochi, non rinuncia a spedire un messaggio a
Berlusconi. Il premier ha detto che nella prima settimana di agosto riunirà il
governo all´Aquila per fare il "tagliando" e lanciare una non ben
precisata "fase due". Che farà, ministro Bossi? Riposta: «Berlusconi
mi ha chiamato ieri (venerdì- ndr) e mi ha detto di andare
Mah, forse è triste,
si sente un po´ solo, comunque va bene». Ma di "tagliando" non è il
caso di parlare: «Il governo non ne ha assolutamente bisogno». Meglio andare
avanti con quel che c´è già in agenda e va perfezionato, e con quello che
potrebbe arrivare a breve. Insomma: «A L´Aquila la Lega riproporrà con forza il
tema del federalismo: quello fiscale lo abbiamo portato a casa, anche se
mancano ancora i decreti attuativi. Poi c´è da pensare al federalismo
istituzionale». Bossi dà un consiglio al Pd: «Il federalismo fiscale è stato
anche il frutto del dialogo con l´opposizione in Parlamento, credo che per
quello istituzionale occorra seguire la stessa strada». Conviene, secondo lui,
anche al partito di Franceschini: «Le elezioni sono passate e con il tempo maturano
le nespole, e alle elezioni si è visto benissimo che chi ascolta la gente
prende i voti». Con Bossi c´è anche Roberto Calderoli, che liquida l´iniziativa
dei frondisti del Pdl raccolti attorno al duo Micciché-Dell´Utri, che si
propongono come difensori degli interessi del Sud, a loro dire, bistrattati
dallo sbilanciamento "nordista" del governo: «Il Sud ha bisogno di un
Obama, non di un Pulcinella che si
lamenta sempre». Bossi è ancora più tranchant: «Partito del Sud? Non seguo le
stupidaggini». Infine una nota personale: «Da cattivo che ero ora sono un
mediatore». Lo dice a proposito dell´incontro di lunedì in via Bellerio con
Giulio Tremonti e Letizia Moratti, servito al sindaco di Milano per impegnare
il governo a rivedere il patto di stabilità, così da poter investire
direttamente in opere pubbliche per l´Expo. «La Moratti a quell´incontro ce
l´ho portata io: venire a casa della Lega a volte serve».
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina XV - Milano
Ron English, sovversivo e pop "Sono il Michael Moore dell´arte" Il
personaggio In mostra i lavori dell´artista famoso per il ritratto di Obama "I graffiti? Firme e scarabocchi sono erbacce,
pochi i veri capolavori" "Dipingerei un Berlusconi più giovane e più
abbronzato" SIMONE MOSCA Icone mutanti e marketing dell´assurdo. La
speranza è che qualcuno, sorridendo, si svegli. Ron English, eroe sovversivo
del pop, 50 anni portati in t-shirt, sbarca a Milano, alla The Don Gallery,
sull´onda del successo del suo Abraham Obama, dove
fonde il viso del fresco presidente con le sembianze ottocentesche di Lincoln.
In mostra non c´è, tutti venduti gli originali. Ha portato altri miti virati in
colori acidi. Spiccano le Marilyn con seni in formato Topolino, doppi Elvis
siamesi, creature da fumetto geneticamente modificate, tra cui una chimera nata
dall´incrocio di una mucca con una pin up. Poi ancora una fantasia sulla
Guernica di Picasso e due pupazzi di Mc Supersized, il grasso clown da fast
food nato sulle affissioni abusive. Su un finto cartellone
del Viagra era finito pure il repubblicano John McCain, sconfitto da Obama. Il claim era: "I wanna be
erected". Almeno questo gli sarà riuscito? «Bisognerebbe chiederlo alla
moglie, ora ha più tempo per questo genere di faccende». Ron English, ha
ringraziato Obama per tanto
successo o è stato Obama a
ringraziare lei? «Il Presidente Obama dice
"grazie Ron" facendo il suo lavoro progressista e illuminato ogni
giorno. Io dico "grazie Obama" facendo il
mio allo stesso modo. Siamo entrambi fortunati ad avere un mestiere che ci
porta in Italia. Quando ero giovane ci venivo ogni estate, poi la vita di
famiglia mi ha tenuto lontano. Gli italiani hanno il giusto approccio alla
vita». Il suo lavoro è politico, ma anche pop, immediato. Lei sembra quasi un
Michael Moore del pennello. «E´ un paragone azzeccato. Mi considero davvero
l´equivalente artistico di Michael Moore, non lo conosco ma sono un suo grande
fan. Restando nell´ambito dei documentari, sono molto amico di Morgan Spurlock,
il regista di Super Size Me, e avrò il privilegio di apparire nel suo prossimo
lavoro». Per capirla è emblematico il suo dipinto del giovane Warhol. «Per me
Andy è il padre della generazione artistica Neo Pop. Il Pop è come il Rock and
Roll e l´Hip Hop, generi considerati all´inizio di breve durata e che invece
prosperano senza segni di stanchezza». L´arte di strada continua a scatenare
polemiche. «I graffiti cercheranno sempre un loro equilibrio nella società. Gli
artisti cercano visibilità mentre il pubblico sembra preferire l´arte
verificata e conosciuta. Per me, firme e scarabocchi sono le erbacce dell´arte
di strada e i capolavori sono i rarissimi fiori». Chi sono i personaggi che
inventa? «Ronnny Rabbbit e Bunnny Rabbbit sono conigli alieni che vivono sulla
terra, Cathy Cowgirl è la testimonial dell´ormone bovino della crescita, MC
Supersized è il cugino di Ronald McDonald che, al contrario di Ronald, mangia
da McDonalds. Sto lavorando a un libro che porta avanti i racconti». Ha un
opinione riguardo al nostro premier? «Mr Berlusconi un volta ha detto
"Credo che in qualsiasi occasione sia utile avere un approccio morbido e
senso dell´umorismo". Condivido». Facciamo un gioco: se Obama
va con Lincoln, come si abbinano Bush e Berlusconi? «Bush si mischia con Dick
Cheney, poi farei un Berlusconi più giovane, più alla mano e più
"tanned", abbronzato».
( da "Repubblica, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 - Cronaca
La convalescenza del Papa "Dovrà rinviare il suo libro" E il New York
Times critica l´enciclica: astrusa Il cardinale Bertone su Obama:
spero che mantenga l´impegno a far diminuire gli aborti MARCO POLITI DAL NOSTRO
INVIATO AOSTA - «Un po´ di sofferenza non fa male». Risponde con pazienza
cristiana Benedetto XVI al cardinale Bertone che gli telefona per confortarlo e
ringraziarlo della decisione di venire stamani a Romano Canavese, suo paese
natale, per pronunciare l´Angelus. Finito l´effetto anestesia il polso destro
procura in effetti dolore al pontefice, ma gli ortopedici che l´hanno operato -
il professor Manuele Mancini, la dottoressa Mus e il gessista Perron - dopo
averlo visitato in mattinata nel villino confermano che tutto procede bene.
Benedetto XVI, racconta il portavoce Lombardi, è di «buon umore», sorridente,
ha dormito serenamente e ha celebrato tranquillamente messa al mattino. Poi, accompagnato
da don Georg, ha fatto nuovamente una passeggiata nei dintorni del suo chalet a
Les Combes. Certo gli dà fastidio dover benedire con la sinistra (l´anello
papale è già passato di mano), ma ci si può abituare. Il grande cruccio di papa
Ratzinger è però di non poter scrivere e di essere improvvisamente costretto a
interrompere il lavoro di stesura del suo secondo volume su Gesù. I
trenta-quaranta giorni in cui il polso destro sarà immobilizzato corrispondono
esattamente al tempo di vacanze che voleva dedicare all´opera che gli è più
cara. Anzi, si sentiva già in ritardo perché la redazione dell´ultima enciclica
Caritas in veritate gli aveva già rubato molti più mesi del previsto. Proprio
lo stile dell´enciclica viene peraltro criticato duramente dal New York Times,
che gli rimprovera passaggi astrusi, frasi a volte troppo generiche, un
periodare macchinoso. «Il papa prova dispiacere di non potere scrivere a mano»,
ammette Lombardi e il cardinale Bertone ribadisce parlando di «grande
dispiacere» e rivelando che Ratzinger era già impegnato nel delineare l´
«architettura della seconda parte del libro su Gesù e ora dovrà rallentare». A
Romano Canavese tutto è pronto per ricevere il pontefice. Unici ad aver fatto
sapere che non verranno (perché troppo impegnati con le messe) sono i
lefebvriani del priorato di Montalenghe. Bertone, già sul posto, ha dichiarato
ai giornalisti che il discorso papale sarà un «messaggio forte» sui temi della
famiglia, del futuro dei giovani e del lavoro: «La sua visita, in una zona
segnata dalla crisi dell´Olivetti e dal dramma della disoccupazione, avrà un
forte valore di solidarietà». D´altronde, ha proseguito il segretario di Stato,
la Chiesa intende essere coscienza critica perché vengano mantenuti gli impegni
del recente G8 sull´economia. Il porporato ha anche ricordato
il recente incontro tra Benedetto XVI e Obama, definendolo «fruttuoso». La Santa Sede, ha soggiunto, si augura
che il presidente americano mantenga l´impegno di «diminuire gli aborti» e
garantire l´obiezione di coscienza dei sanitari. In Vaticano Obama ha fatto molta impressione. Si è
capito che un´opposizione frontale sui temi etici sarebbe stata
controproducente nell´opinione pubblica internazionale. Obama, spiega Bertone, «si è voluto mettere in ascolto delle
ragioni della chiesa». Anche l´Osservatore Romano, in un articolo pubblicato
oggi, testimonia dell´attenzione che Obama sin dalla
cerimonia di insediamento del 20 gennaio ha rivolto alle sfumature del discorso
religioso.
( da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 19/07/2009 - pag: 16 Il nodo Cicchitto annuncia un
documento. Miccichè: con me 38 parlamentari Deputati del Pdl in campo «Ora
politiche per il Sud» Bossi sul «partito meridionale»: non seguo le
stupidaggini ROMA La nave va, anche se ancora non si sa bene dove approderà. Di
Partito del Sud, dalle parti siciliane del Pdl, in quelle dell'Mpa di Lombardo
e persino in alcune zone del Pd, ormai si parla apertamente. È vero che per il
momento assomiglia più ad un gruppo di pressione che ad una vera e propria
formazione politica, ma la maggioranza comincia già a preoccuparsi e a corre ai
ripari. Tanto che il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto,
annuncia che nei prossimi giorni i suoi parlamentari presenteranno «un
documento che raccoglierà le più significative domande politiche avanzate dagli
eletti nelle regioni meridionali». In altre parole, una prima risposta al
movimento sudista, che potrebbe sfuggirgli di mano. Giovedì e venerdì si è
visto a Sorrento il cosiddetto «gruppo di Miccichè», che promette fuoco e fiamme
per il Meridione. Precisa lo stesso Gianfranco Miccichè: «Eravamo 38
parlamentari del Pdl, non quattro amici al bar, come dice Cuffaro ». Sottolinea
che alla riunione c'era anche Stefania Prestigiacomo e Antonio Martino e
avverte: «O le regioni, del Nord e del Sud, collaborano tra loro oppure non si
va da nessuna parte». Sono già pronti i mani-- festi, il logo, il sito web e
una sorta di YouSud per trasmettere il verbo neomeridionalista, ma nel
frattempo è già cominciato il braccio di ferro con l'Mpa, che pochi giorni fa
ha radunato la sua direzione federale e deciso che d'ora in poi del governo «si
voteranno solo i provvedimenti favorevoli al Sud». Mentre, si sottolinea dalle
parti di Lombardo, che il gruppo di Miccichè «ha paura di rompere il cordone ombelicale
con Silvio Berlusconi». Anche perché Marcello Del-- l'Utri, che con Sorrento si
è solo collegato telefonicamente, in questo variegato panorama sudista fa da
garante dell'ortodossia di centrodestra. Assicura, in altre parole, Berlusconi,
che la protesta meridionalista di Miccichè, resti nell'alveo del Pdl. Tanto
che, pur condividendo molti fra gli argomenti sollevati, continua a ripetere:
«Questo movimento è più che altro un'esercitazione filosofica». Cioè, non
nascerà mai, per iniziativa di personalità a lui vicine, un formazione politica
che crei problemi al Cavaliere. Insomma, il Partito del Sud non è ancora nato,
ma già si divide. Forse perché, nel panorama politico italiano, rappresenta
quella «bizzarria» di cui parla Stefano Folli sul Sole24Ore. Vale a dire,
almeno per ora, è un «movimento» a cui possono guardare in tanti, comprese
alcune frange sudiste del centrosinistra, come i governatori di Calabria e
Campania, Loiero e Bassolino, non è detto che si trasformi per forza in un vero
e proprio «partito», ma può dare più di un problema all'attuale sistema
politico perché la protesta meridionale ha basi reali. Non a caso la novità
suscita diverse reazioni. Nel centrosinistra, dove Pierluigi Bersani è convinto
che «il Partito del Sud sarebbe una tragedia». Ma soprattutto nel centrodestra,
che è la parte politica più «sensibile » alle grandi manovre meridionaliste.
Adriana Poli Bortone, con il suo movimento «Io Sud», annuncia che giovedì
prossimo organizzerà un convegno a Napoli «con l'obiettivo di far nascere una
confederazione a tutto campo nel Mezzogiorno ». Umberto Bossi taglia corto:
«Non seguo le stupidaggini ». Roberto Calderoli sceglie
invece la provocazione: «Al Sud serve un'Obama, non un Pulcinella», suscitando la reazione stizzita di Miccichè:
«E lui chi è? L'Obama del
Nord?». Ma il ministro Gianfranco Rotondi prende sul serio il discorso: «Non
sottovalutiamo il problema: rischia di essere un giro di boa della
legislatura». E invoca, rivolgendosi a Berlusconi, una «Commissione
Attali» per il Sud, presieduta da una personalità del centrosinistra. Pressing
di Lombardo L'Mpa spinge su Miccichè perché rompa il «cordone ombelicale» con
il Pdl Roberto Zuccolini
( da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 19/07/2009 - pag: 17 A Venezia «Consigli» al Pd:
«Ricominci ad ascoltare la gente» Il Senatur: bene il Colle Tagliando al
governo? No, meglio nuove idee «Sulla sicurezza giusta la difesa del
Parlamento» DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA «Napolitano è un buon presidente.
Attento alla democrazia, e rispettoso del Parlamento». Non è il primo omaggio
di Umberto Bossi al presidente della Repubblica. Ma certo, uno dei più sentiti.
E dopotutto, per nulla scontato, visto che arriva all'indomani dei rilievi
mossi dal capo dello Stato al pacchetto sicurezza. Ma quelle osservazioni, per
il leader leghista sono soltanto dei «messaggi» per sottolineare le prerogative
del Parlamento. Addirittura, secondo Bossi la lettera di Napolitano sarebbe
stata apprezzata anche dal ministro del-- l'Interno: «Questa mattina è venuto
da me Maroni. Anche lui ha giudicato questa cosa in modo positivo». Il
problema, semmai, «è la sinistra che strumentalizza tutto. Ma lui, Napolitano,
è equilibrato e democratico». Poi, Bossi parla del summit che il governo terrà
all'Aquila all'inizio di agosto per parola di Berlusconi «fare il «tagliando »
al governo e lanciarne «la fase due, quella delle riforme». Il ministro alle
Riforme conferma: «Sì, Berlusconi mi ha chiamato ieri, mi ha detto che devo
andare. E io ci vado, si vede che si sente solo e un po' triste» scherza Bossi.
Ma poi obietta: «Il governo non ha bisogno di un tagliando, ha bisogno di
lanciare nuove idee per il futuro. Quando siamo arrivati al governo c'erano
tante cose da fare, e le stiamo facendo. Ma ora, bisogna anche guardare in
avanti». In ogni caso, per Bossi si tratta soprattutto di «finire il
federalismo fiscale, e quello lo finiamo di sicuro: mancano ancora i numeri, ma
li metteremo ». Bossi sembra voler dare un consiglio al Pd: «Il tempo passa e
fa maturare anche le nespole. Devono ricominciare a stare attenti a quel che
vuole la gente, stare ad ascoltarla». Bossi partecipa per la terza volta alla
festa del Redentore, a Venezia: «La festa della fine delle peste » spiega il
capo leghista, attentissimo alle simbologie. Poi si ferma: la vicepresidente
del Senato Rosi Mauro e il presidente della Provincia di Como Leonardo Carioni
stanno cantando a squarciagola «Io vagabondo» dei Nomadi. Riprende Bossi, e
parla di Expo: «In fondo, venire a casa della Lega serve». Si riferisce alla
visita del sindaco di Milano Moratti in via Bellerio, dove si trovava anche
Tremonti: «Da cattivo che ero scherza Bossi sono diventato mediatore. E poi
sono amico di Tremonti, posso trovare una chiave d'intesa». Ciò a cui Bossi si
mostra sovranamente disinteressato sono i primi vagiti del Partito del Sud che,
pure, Berlusconi potrebbe utilizzare in chiave anti-Lega,
per mettere dei paletti al sempre esigente Carroccio. Roberto Calderoli,
commentando l'iniziativa di Giancarlo Micciché, era stato ironico: «Il Sud ha
bisogno di Obama, non di
Pulcinella». Bossi è ancora più secco: «Non seguo le stupidaggini». Marco
Cremonesi
(
da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Esteri data: 19/07/2009 - pag: 10 Il personaggio Teneva i telespettatori attaccati al video: s'inventò la figura dell'anchorman «L'uomo più fidato d'America» Che pianse per la morte di JFK di ALDO GRASSO Nelle scuole americane di giornalismo l'annuncio della morte di John F. Kennedy da parte di Walter Cronkite è libro di testo. È il 22 novembre 1963, la Cbs interrompe un programma di intrattenimento: da una scrivania della redazione, Cronkite annuncia il ferimento del Presidente. Le notizie si susseguono, drammatiche ma incerte. Il giornalista è in maniche di camicia (bianca), ha una cravatta scura e stretta, inforca un paio d'occhiali dalla montatura pesante. Mentre giungono le prime immagini da Dallas e i primi timori, la sua preoccupazione principale è di verificarne l'attendibilità: «Non siamo sicuri che sia morto, attendiamo l'ufficialità della notizia... anche se è giunta una telefonata che parla di morte... Il collega Dan Rather ha confermato...». E poi la frase famosa: «From Dallas, Texas, the flash, apparently official: President Kennedy died at 1 p.m. Central Standard Time. 2:00 Eastern Standard Time, some 38 minutes ago (da Dallas, Texas, un flash d'agenzia, apparentemente ufficiale: il Presidente Kennedy è morto all'1 p.m. ora centrale del continente; 2.00 ora della costa orientale, circa 38 minuti fa). Mentre controlla l'ora in studio, con un breve sguardo verso l'alto, Cronkite si toglie gli occhiali e poi, a stento, trattiene la commozione. Anni dopo, rievocando l'episodio, riferì di come le parole gli si bloccarono in gola, di come si trasformarono poi in lacrime: «Ho cercato di trattenere l'emozione, di conservare un tono professionale, ma è stato un momento davvero difficile». L'ex anchorman della Cbs News è morto venerdì notte a New York all'età di 92 anni. Il suo autorevole modo di dare le notizie durante periodi non facili lo ha reso una figura leggendaria, the most trusted man , l'uomo di cui più ci si fidava in America, secondo una nota definizione. Walter Cronkite, «lo zio Walter» (anche perché assomigliava in maniera impressionante a un altro celebre «zio», Walt Disney), non è stato soltanto il testimone televisivo di fatti importanti e sconvolgenti ma ha rappresentato un modo di fare giornalismo che per molti anni è stato interpretato come il modello ideale del giornalismo televisivo: una comunicazione diretta, che va subito al sodo, senza tanti fronzoli, con un fondo di onestà percepita. Per quasi venti anni, dal 1962 al 1981, Cronkite è stato il conduttore del tg più seguito d'America, il «Cbs Evening News», ma già prima si era segnalato come uno dei più attenti cronisti della tv americana. Nella sua lunga carriera, ha raccontato l'incoronazione della regina Elisabetta, lo scoppio della bomba atomica, la guerra in Vietnam, la morte dei Kennedy, l'assassinio di Martin Luther King, le tensioni razziali, le manifestazioni pacifiste nei campus universitari, lo sbarco sulla luna, giusto quarant'anni fa, il caso Watergate. Nel settembre del 1963, Cronkite lancia per la prima volta un programma di informazioni della durata di mezz'ora, ampliando il suo Cbs Evening News da 15 a 30 minuti, che è ancora la pezzatura classica di molti tg. E inventa una nuova figura, quella dell'anchorman (uomo ancora). Il termine fu coniato dal presidente della Cbs Sig Mickelson, proprio per sottolineare la capacità di Cronkite di «ancorare l'emittente e il pubblico davanti alle telecamere distribuendo notizie su un avvenimento » . Cronkite non esibiva particolari doti spettacolari, anzi. Era piuttosto freddo, alcune volte è stato persino accusato di essere privo di verve. Ma aveva una voce molto espressiva, riconoscibilissima. Il suo scopo era altro: «Ho costruito la mia reputazione su un giornalismo onesto e diretto. Fare qualunque altra cosa mi suonerebbe finto». La sua frase tipica, non priva di sottile ironia, con cui chiudeva la trasmissione era «and that's the way it is », («E le cose stanno così», «questo è quanto»), seguita dalla data. Il suo successore, Dan Rather, fu costretto a trovarsene un'altra, per imprimere un identico sigillo: «And that's part of our world tonight» (e anche questo fa parte del nostro mondo, stasera). Per tutti gli anni '60 e '70, Cronkite ha incarnato l'esempio di giornalismo anglosassone: controllare il potere stando dalla parte della gente, acquisire grande credibilità, ascoltare sempre più campane, separare i fatti dalle opinioni ma in una versione nuova, televisiva. L'anchorman è la guida dello spettatore nella selva delle notizie, è il suo punto di riferimento, la sua luce nella notte. Di più: Cronkite era l'informazione televisiva; grazie a lui il mezzo, in quanto a stima, ha fatto passi da gigante. In proposito, si cita sempre una frase di Lyndon Johnson, dopo l'editoriale di Cronkite a commento dell'offensiva del Tet, nel corso della guerra del Vietnam, dove affermava che non era possibile vincere quel maledetto conflitto. «Se ho perso Walter Cronkite disse il presidente ho perso l'America moderata». Nato il 4 novembre 1916 nel Missouri, Walter Leland Cronkite Jr. aveva iniziato il mestiere di reporter con l'agenzia Upi che l'aveva inviato in Europa a raccontare la Seconda guerra mondiale. Cronkite si era fatto paracadutare sull'Olanda con la famosa 101esima Divisione aviotrasportata e aveva partecipato allo sbarco in Normandia. Dal 1946 al 1948 era stato capo dell'ufficio di Mosca dell'Upi. Nel 1950 era stato assunto dalla Cbs. Era l'inizio della straordinaria carriera del giornalista che ha avuto più influenza di tutti sull'opinione pubblica del suo paese. Quando si è ritirato dalla conduzione del tg, ha continuato a prestare la sua voce e la sua prestigiosa immagine a numerosi servizi, film e documentari. Nel ricordarlo, Barack Obama ha detto una frase importante: «In an era before blogs and emails, cellphones and cable, HE was the news» (in un'epoca senza blogs, email, cellulari e satellite, LUI era la notizia). Ha poi aggiunto: «Il Paese ha perso un'icona e un amico caro. Walter fu sempre qualcosa in più di un conduttore: qualcuno a cui ci potevamo affidare perché ci guidasse attraverso i temi più importanti del giorno, la voce della certezza in un mondo incerto. Era come uno di famiglia. Ci invitava a credergli e non ci deluse mai». Il nome Con Walter Cronkite fu coniato il termine «anchorman». Una figura che si identificò a tal punto con la sua persona che in altre lingue il suo nome divenne sinonimo di anchorman: con lui i giornalisti che conducono il telegiornale in svedese vennero chiamati «Kronkiters» e in olandese «Cronkiters»
(
da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Corriere della Sera"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampaweb, La"
del 19-07-2009)
Argomenti: Obama