CENACOLO
DEI COGITANTI |
Fazio: "A casa chi
torna dal Messico" Oms, accertati 260 casi in tutto il mondo
( da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: staff di Barak Obama potrebbe aver
contratto il virus dell'influenza. Lo ha riferito la Casa Bianca, sottolineando
che si tratterebbe di un membro della delegazione che accompagnò il presidente
americano nella missione in Messico del 16 aprile. Intanto negli Stati Uniti
sono state chiuse oltre 4mila scuole e 170mila studenti sono rimasti a casa in
particolare in Texas e New York,
Obama celebra le nozze
Fiat-Chrysler ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ACCORDO STORICO Obama celebra le
nozze Fiat-Chrysler Sono entusiasta per la creazione dell'alleanza globale ma
sono deluso per il Chapter
fiat, lo sbarco in america
- washington ( da "Repubblica,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: lo sbarco in America Obama: salverà
la Chrysler. Marchionne: momento storico WASHINGTON Un bunker di lusso nel
cuore della capitale americana, lontano da occhi indiscreti, supeprotetto
dall´anonimato dei palazzi che ospitano il potere politico e quello
finanziario, tra Pennsylvania Avenue e la 15ma Strada con vista sul ministero
del Tesoro,
iran, sta male la
giornalista usa l'appello di hillary: "liberatela" - cristina nadotti
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Del caso Saberi si è occupato dieci
giorni fa anche Barack Obama, che aveva negato ogni coinvolgimento della
giornalista in attività di spionaggio e chiesto il suo rilascio. Il presidente
statunitense, in occasione del capodanno persiano, aveva offerto a Teheran la
possibilità di nuovi rapporti dopo anni di tensione, ma per ora le risposte
iraniane sono state «contrastanti»,
obama: "intesa
fiat-chrysler con torino un futuro brillante" - arturo zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Economia Obama: "Intesa
Fiat-Chrysler con Torino un futuro brillante" Bancarotta pilotata di due
mesi. Al Lingotto il 20%, poi il 35% L´accordo Il curatore del fallimento sarà
lo stesso giudice che ha seguito i casi Enron e WorldCom ARTURO ZAMPAGLIONE NEW
YORK - Con parole di elogio per l´industria italiana, «capace di produrre le
auto del futuro,
in tre giorni l'affondo di
marchionne "momento storico per l'italia" - (segue dalla prima
pagina) salvatore tropea ( da "Repubblica,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: di Barack Obama, ha portato
all´alleanza tra Fiat e Chrysler. Su Washington una pioggia sottile si confonde
con i vapori che salgono dal Potomac River quando i negoziatori emergono
dall´ultimo round in un´alba americana che Sergio Marchionne potrà ricordare
come l´inizio di «un momento storico per la Fiat e per l´industria italiana»
fazio: chi torna dal messico
a casa per 7 giorni - mario reggio
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: contagiato membro dello staff di
Obama Una bimba italiana di un anno e nove mesi è stata ricoverata in Messico:
sta meglio MARIO REGGIO ROMA - «Invito tutte le persone di ritorno dal Messico
e che lavorano in ambienti chiusi e a contatto con la collettività, con
particolare riguardo alla scuola, di rimanere a casa per una settimana».
la strada da torino a
detroit - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente americano Obama parla
di «un futuro luminoso». Al di là dell´enfasi retorica, hanno ragione entrambi.
Ma con qualche «caveat» che, proprio in queste ore di comprensibile
soddisfazione, è utile sottolineare. Dal punto di vista aziendale, questo
successo insegna l´importanza del lavoro duro, dal primo dei manager all´ultimo
degli operai,
fiat, l'elogio di obama -
in nazionale e alle pagine ii e iii
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina I - Torino Il presidente
degli Stati Uniti: "Sa costruire vetture pulite, la fusione salverà
Chrysler". L´orgoglio della città Fiat, l´elogio di Obama E il sindaco:
sarà uno dei player mondiali dell´auto IN NAZIONALE E ALLE PAGINE II E III
torino incoronata da obama
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina II - Torino Torino
incoronata da Obama Dal sindaco al rettore: riconosciuta la nostra tecnologia
Carbonato: tutti dobbiamo essere orgogliosi, resteremo una delle capitali
dell´auto Castronovo: gli effetti per l´area solo tra un anno «Fiat si è impegnata
a costruire auto pulite, la fusione salverà Chrysler».
"accordo storico per
l'italia ma al governo non importa" - stefano parola
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: accordo lei ha dichiarato:
«Probabilmente vedremo prima Obama su un´auto Fiat che non Berlusconi». Che
cosa intendeva dire? «Che il Governo ha sempre dimostrato scarsa fiducia
nell´azienda più importante d´Italia. Lo si è visto chiaramente quando
Berlusconi arrivò al funerale di Giovanni Agnelli a bordo di un´auto straniera.
Test sullo staff di Obama
per un caso di febbre suina ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Test sullo staff di Obama per un
caso di febbre suina L'allarme febbre suina arriva alla Casa Bianca. Un
componente dello staff di Obama ha contratto il morbo in Messico, ora tutti i
più stretti collaboratori del presidente sono sotto controllo medico. Come
misura di prevenzione però, ha detto il sottosegretario Fazio, «chi ritorna dal
Messico dovrà stare 7 giorni chiuso in casa.
La vita a fumetti
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: coniato da Obama e copiato da
Ahmadinejad, fra qualche anno lo ricorderemo come esempio di prolissità. Il
futuro sono gli acronimi: «tvb», ti voglio bene (ma vado di fretta). Provo una
tenerezza ammirata per i professori che si ostinano a usare le subordinate e
per i giornalisti che sognano di scrivere paginate.
Fiat-Chrysler, accordo
storico ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama: è la soluzione giusta per
ripartire. Al Lingotto subito il 20% delle azioni. Procedura fallimentare per
il colosso dell'auto Usa Fiat-Chrysler, accordo storico Intervista con
Marchionne: "Il mondo ci guarda, adesso non possiamo sbagliare" Fiat
e Chrysler hanno trovato l'intesa.
Finalmente posso dormire
un po' ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Poi ho passato due ore a Washington
ad aspettare le parole di Barack Obama, l'annuncio dell'Amministrazione. A
mezzogiorno finalmente ho potuto liberare l'emozione: ce l'avevamo fatta. La
Fiat ritorna negli Stati Uniti dopo anni di lontananza, dopo essere andata via
in modo poco piacevole, ma torna con un know-how di valore e con gli occhi
dell'America e del mondo addosso».
Spy story alla Nato,
espulsi due russi ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: instabilità nelle relazioni
Est-Ovest resta fisiologica, nonostante il disgelo promosso - soprattutto a
parole - da Obama e Medvedev. L'armonia sancita lunedì dalla prima riunione del
Consiglio Nato-Russia dopo la guerra d'agosto, è già in crisi: a Mosca, e a
Bruxelles, «collaborazione» torna a leggersi «provocazione». 1 2
"anche obama dice che
è meglio non fornire cifre" ( da "Repubblica,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Anche Obama dice che è meglio non
fornire cifre" Un colpo gobbo che Obama non avrebbe permesso. Rocco Palese
che nel 2003, da assessore al Bilancio, lanciò il bond che sta facendo tremare
la Puglia, non ha gradito la divulgazione da parte della giunta del report in
cui Merril Lynch certifica una perdita di 165 milioni di euro.
Bloom, un duro contro Wall
Street ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Bloom, un duro contro Wall Street
Il consigliere di Obama che ha costretto le banche a ridurre le pretese sui
crediti DALL'INVIATO A DETROIT Al Tesoro la posizione intransigente di alcuni
creditori di Chrysler non l'hanno presa bene, racconta una persona direttamente
coinvolta nelle trattative.
Cosa cambia per Fiat e
Chrysler ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: secondo i desideri del presidente
Obama - e la loro installazione su vetture più piccole, partendo da zero
richiederebbe quattro o cinque anni di lavoro. Basandosi sulle piattaforme
fornite da Fiat, gli americani possono mettere in produzione la nuova
generazione nel giro di un paio di anni: per sviluppare i modelli avranno spese
molto più basse del previsto,
auto "verdi",
stop ai tagli e il sindacato nel cda ecco il piano della rinascita - salvatore
tropea ( da "Repubblica,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: detto Obama, 30 mila posti di
lavoro. Dunque, non ci sarà nessuna riduzione di personale, oltre quella già
annunciata. Ma vediamo come prima cosa, come funzionerà il Chapter 11 scelto
per Chrysler. La bancarotta pilotata prevede che una società si presenti da un
giudice e ammetta il suo stato fallimentare, aggiungendo anche di avere un
partner al quale trasferire gli asset buoni.
l'ironia della bresso:
"obama guida italiano, silvio no"
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 6 - Economia La reazione
L´ironia della Bresso: "Obama guida italiano, Silvio no" TORINO -
«Siamo lieti di questa intesa su cui, qualche anno fa, non avremmo scommesso un
centesimo», dice Mercedes Bresso, governatore del Piemonte. «Vorrà dire che
vedremo prima Obama su un´auto Fiat che Silvio Berlusconi.
la cgil prepara lo strappo
"anche i lavoratori alla guida delle imprese" - paolo griseri
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama». I sindacati italiani sono
favorevoli all´alleanza con Chrysler e contrari a quella con Opel. Temete i
tagli agli stabilimenti italiani? «Come i sindacati tedeschi temono tagli a
casa loro. Capisco che la Fiat debba continuare a rafforzarsi e che un accordo
con Opel andrebbe in questa direzione ma è evidente che le sovrapposizioni con
la casa tedesca sono notevoli e i rischi
Obama lancia l'accordo
Fiat-Chrysler ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per la casa Usa bancarotta pilotata
Obama lancia l'accordo Fiat-Chrysler «Insieme costruiremo vetture pulite».
Marchionne: un fatto storico Siglata l'intesa tra Fiat e Chrysler. «Sono lieto
di annunciare ha detto il presidente Obama che Chrysler e Fiat hanno raggiunto
un accordo di partnership che ha elevate chance di successo.
SCOMMESSA
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: col timbro della Casa Bianca:
l'America di Obama punta le sue carte su Fiat non solo per salvare Chrysler dal
fallimento, ma per renderla col design italiano e la nostra tecnologia di
risparmio energetico il simbolo della riscossa dell'industria manifatturiera
Usa. Un grande successo per il gruppo torinese, ma anche una sfida
straordinaria.
John Elkann e la raffica
di sms Ore 18, tv sintonizzata sulla Cnn
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama lo ascolta per intero,
un po' armeggia con il Blackberry. Facile il destinatario principale di sms e
mail: il numero uno Fiat. Che ha avuto - altra scommessa facile - un telefono
caldissimo. Quasi sempre in linea con «l' universo Lingotto» rimasto qua: Luca
Cordero di Montezemolo in viaggio per l'Italia in macchina,
Quel sogno ambientalista
del giovane senatore ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: americane è sempre stato un pallino
di Barack Obama. E i tre «big» Usa - Ford, GM e Chrysler - lo hanno sempre
saputo. Ben prima che nel 2007, da senatore dell'Illinois ma già candidato
presidente, Obama si recasse a Detroit per spiegarglielo direttamente. A luglio
del 2006, con il senatore repubblicano Richard Lugar, aveva presentato un
progetto di legge con obiettivi assai chiari:
Obama: Chrysler si salverà
grazie alla tecnologia Fiat ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag:
2 Obama: Chrysler si salverà grazie alla tecnologia Fiat «Insieme per l'auto
verde del futuro». Berlusconi: Italia orgogliosa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON - Forse mai bancarotta è stata più dolce, ha generato più
entusiasmo, si è rivelata più promettente per ognuno dei protagonisti.
Lo storico accordo di
Marchionne parte dalle fabbriche a Detroit
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: annuncio ufficiale da parte di
Barack Obama. Da quel momento è scattata la fase più «burocratica», fatta
soprattutto di carte da siglare. Quindi i ringraziamenti di rito e, infine, la
partenza per l'Italia, insieme con l'inseparabile Alfredo Altavilla, il numero
uno di Powertrain e da sempre il «ministro degli esteri» della Fiat.
Fisici e ingegneri, il
team dei motori puliti ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Nascono da lì i motori che hanno
convinto Barack Obama che sì, è il know how Fiat la carta da giocare non solo
per provare a salvare Chrysler ma per tentare di convertire, almeno quel tanto,
gli americani a una guida un po' meno cara e un po' più verde. E lui è da una
vita che a questo si dedica.
Insulti radio e miss
omofobe Deriva trash dei repubblicani
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: che ha augurato a Barack Obama di
fallire ed è visto dagli irriducibili come il vero leader del Gop). Si chiama
Carrie Prejean, ha 21 anni, è Miss California, ha forse perso il titolo di Miss
America per essersi dichiarata contraria alle nozze gay. Da allora (19 aprile)
è ospite continua dei talk show, ha aderito e girato uno spot per la National
Organization for Marriage,
Argomenti:
Obama
Abstract: La preoccupazione di Obama per gli
arsenali nucleari di Islamabad DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Uno dei
passaggi più drammatici della conferenza stampa di Barack Obama, mercoledì
sera, è stato quello dedicato al Pakistan. Il presidente americano ha definito
«molto fragile» il governo di Islamabad e ha espresso una certa preoccupazione
anche per la sicurezza dell'
Il viaggio presidenziale e
il giallo della visita al museo ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il misterioso uomo era atterrato in
Messico lo scorso 13 aprile, tre giorni prima dell'aereo di Obama e del suo
entourage più stretto, per preparare la visita del segretario all'Energia,
Stephen Chu. L'uomo non sarebbe mai salito a bordo dell'Air Force One,
trovandosi però alla stessa cena di lavoro presieduta da Obama a Città del
Messico il 16 aprile.
Argomenti:
Obama
Abstract: Sintomi nello staff di Obama DAL
NOSTRO INVIATO LUSSEMBURGO Il Consiglio straordinario dei ministri della salute
europei ha ammesso che la febbre suina, ribattezzata «nuova influenza» per non
penalizzare il settore della carne di maiale, è probabile che si diffonda in
Europa come pandemia, trasmettendo così rapidamente il virus N1H1 da persona a
persona,
Modello Bergamo per il I
Maggio ( da "Corriere
della Sera" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: America di Obama. La crisi, però,
avrà anche l'effetto di mutare i connotati della nostra economia: un'altra
parte delle nostre imprese resterà a secco. Il problema della protezione dei
lavoratori è come guidarli e assisterli nell'itinerario che può condurli a
trovare la nuova occupazione là dove si sta spostando la domanda di lavoro.
Scommessa sul futuro
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: MASSIMO GAGGI SEGUE DALLA PRIMA La
scommessa delle aziende ma anche quella di Obama, che ha messo esplicitamente
tutto il suo peso dietro l'operazione è di chiudere questa delicatissima fase a
tempo di record: 60 giorni al massimo. Poi la nuova Chrysler «italiana» dovrà
bruciare le tappe per mettere sul mercato Usa i nuovi modelli e conquistare una
significativa fetta del mercato,
Poli: Abstract: Fu capace di compiere scelte audaci» Poli: «Il futuro verde di Obama non l'avrebbe spiazzato» di GABRIELE DOSSENA D a risorsa strategica e contesa, capace di condizionare lo sviluppo economico di intere nazioni e di scatenare guerre per assicurarsene gli approvvigionamenti, a fonte energetica destinata a perdere progressivamente importanza.>
Argomenti: Obama
L'influenza colpisce lo
staff di Obama ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: forse non mortale L'influenza
colpisce lo staff di Obama Il portavoce Gibbs «L'ammalato non si è mai
avvicinato a meno di
Fiat-Chrysler, orgoglio e
paura ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: PRIMA OBAMA DI BERLUSCONI
FAMIGLIARI DETECTIVE LA TELENOVELA All'interno L'IMPEGNO DI MARONI
Fiat-Chrysler, orgoglio e paura Uccise un sordomuto arrestato un marocchino Per
la Bertone rispunta Reviglio «Ho un'offerta» Il sindaco cambia giunta e
maggioranza Dopo l'inchiesta de La Stampa 100 nuovi pompieri I sindacati: "Ora
il gruppo è più forte ma deve pensare alle nostre fabbriche"
"E' così che si
affronta la crisi Un grande risultato per Torino"
( da "Stampa, La"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: E la decisione del presidente Obama
di affidare alla maggiore impresa industriale italiana «la chiave per il
risanamento e il rilancio dell'industria dell'auto degli Usa dà oggi una
straordinaria legittimazione al nostro sistema imprenditoriale». E naturalmente
Carbonato pensa al futuro.
"Bene Fiat-Chrysler
ma ora pensate a noi" ( da "Stampa,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Probabilmente vedremo prima Obama
su un'auto Fiat che non Berlusconi». Claudio Chiarle della Fim è convinto che
«l'accordo possa rafforzare anche il territorio torinese soprattutto
nell'indotto manifatturiero che dovrà, magari attraverso la esperienza,
conoscenza e professionalità dei lavoratori modificare, progettare,
ammodernare,
Berlusconi: "Io
meglio di Obama a metà giugno lo incontrerò"
( da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama - ha
proseguito il premier - abbiamo ormai dai tempo relazioni anche molto strette,
una bella collaborazione: io andrò, penso a metà di giugno, a incontrare Obama
e i suoi collaboratori per preparare con loro il G8 e il G14 e quindi direi che
collaboriamo su tutti i temi, sulla politica internazionale certamente,
Berlusconi: "Ho il
record di consensi" ( da "Stampaweb,
La" del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: il presidente americano Barack Obama.
«Con l?amministrazione Obama - ha spiegato Berlusconi - abbiamo relazioni ormai
da tempo anche molto strette. Io andrò a metà giugno ad incontrare Obama e i
suoi collaboratori per preparare il G8 e il G14». «Collaboriamo - ha concluso
il premier - su tutti i temi: sulla politica internazionale ma anche su temi
che ci riguardano più da vicino»
Berlusconi: "Io
meglio di Obama" Fischi e grida contro il premier
( da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama - ha
proseguito il premier - abbiamo ormai dai tempo relazioni anche molto strette,
una bella collaborazione: io andrò, penso a metà di giugno, a incontrare Obama
e i suoi collaboratori per preparare con loro il G8 e il G14 e quindi direi che
collaboriamo su tutti i temi, sulla politica internazionale certamente,
Quando al-Qaeda usava
Hotmail ( da "Stampaweb,
La" del 02-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Lo stesso Khalid Sheikh Mohammed,
considerato la mente delle operazioni terroristiche, avrebbe trasmesso un
messaggio a un membro di al Qaeda negli Usa con la posta gratuita di Microsoft.
VIDEO Obama risponde online alle paure dei cittadini Usa
( da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
ROMA - La
tensione sale. E sfiora la psicosi della pandemia. Dopo la decisione dell'Oms
di alzare alla fase 5 il livello di allerta per l'epidemia di influenza
proveniente dal Messico, ogni Paese si prepara ora a fare scattare i piani di
emergenza. Oggi il numero dei casi ufficialmente notificati all'Organizzazione
mondiale della sanità e confermati da analisi di laboratorio è salito a 260,
contro i 148 di ieri. Mentre l'Onu raccomanda di limitare strette di mano,
abbracci e viaggi non indispensabili. Ue. I 27 ministri della Salute dell'Ue
hanno deciso di rafforzare il coordinamento a livello europeo. In particolare,
coopereranno in stretto contatto con l'industria farmaceutica per facilitare lo
sviluppo di un vaccino pilota che protegga dall'influenza A/H1N1 (questo il
nome adottato oggi dall'Oms) facendo in questo modo delle aperture all'idea di
una strategia comune per i vaccini. Bocciata, invece, la proposta francese di
introdurre norme coercitive per bloccare i viaggi dall'Unione verso il Messico
per l'opposizione di diversi paesi tra cui la Spagna e la Germania. Italia. La
situazione, assicura il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, è "sotto
controllo". Ad oggi, infatti, nessun caso è segnalato, anche se tra i casi
sospetti in Messico c'è una bimba italiana di un anno e nove mesi. Come misura
di prevenzione però, ha detto il sottosegretario Ferruccio Fazio, i medici
valuteranno uno 'stop' a casa per sette giorni se si rientra dal Messico. In
pratica una sorta di quarantena. Notizie confortanti anche per le scorte di
medicinali: "A giorni partirà l'incapsulamento di 30 milioni di dosi di
principio attivo", dice Sacconi. OAS_RICH('Middle'); Le polemiche. Nel
nostro Paese sul rischio pandemia si accende anche il dibattito. E'
"importante che non ci sia riferimento ai suini perché non c'è
correlazione tra il consumo della carne di suino e questo virus", precisa
il ministro delle politiche agricole Luca Zaia al Forum di Coldiretti. E alla
stessa convention il premier Silvio Berlusconi compie un gesto simbolico,
assaggiando un pezzo di mortadella. E c'è anche chi sostiene che si sia in
presenza di esagerazioni. Lo pensa il ministro dello Sviluppo Economico Claudio
Scajola e lo pensa anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto
Formigoni ("forse ci sono degli interessi economici in gioco"). Resta
comunque attivo il numero verde del ministero (1500) mentre in varie regioni
sono stati istituiti comitati di crisi per l'attuazione dei piani pre-pandemia.
Usa. Una persona dello staff di Barak Obama potrebbe aver contratto il virus
dell'influenza. Lo ha riferito la Casa Bianca, sottolineando che si tratterebbe
di un membro della delegazione che accompagnò il presidente americano nella
missione in Messico del 16 aprile. Intanto negli Stati Uniti sono state chiuse oltre
4mila scuole e 170mila studenti sono rimasti a casa in particolare in Texas e
New York, le zone più colpite dal virus. (30 aprile 2009
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
ACCORDO
STORICO Obama celebra le nozze Fiat-Chrysler
Sono entusiasta per la creazione dell'alleanza globale ma sono deluso per il
Chapter
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 1 - Prima
Pagina Firmato l´accordo: al Lingotto il 20%, ai sindacati il 50. L´intesa
prevede la produzione di vetture ecologiche a basso consumo Fiat, lo sbarco in America Obama: salverà la Chrysler. Marchionne: momento storico WASHINGTON Un
bunker di lusso nel cuore della capitale americana, lontano da occhi
indiscreti, supeprotetto dall´anonimato dei palazzi che ospitano il potere
politico e quello finanziario, tra Pennsylvania Avenue e la 15ma Strada con
vista sul ministero del Tesoro, a qualche centinaio di metri dalla Casa
Bianca. è qui che all´alba di ieri è stata messa la parola fine alla lunga
maratona. SEGUE A PAGINA 3 SERVIZI DA PAGINA
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 14 -
Esteri Iran, sta male la giornalista Usa l´appello di Hillary:
"Liberatela" CRISTINA NADOTTI Il caso della giornalista statunitense
Roxana Saberi, condannata a otto anni di carcere per spionaggio in Iran, serve
a Hillary Clinton per parlare di «difficoltà nel trattare con il governo di
Teheran». Il segretario di Stato Usa ha riferito ieri al Congresso sulla
vicenda della freelance, che ha il doppio passaporto statunitense-iraniano e
dal
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2 - Economia Obama: "Intesa Fiat-Chrysler con Torino un futuro brillante"
Bancarotta pilotata di due mesi. Al Lingotto il 20%, poi il 35% L´accordo Il
curatore del fallimento sarà lo stesso giudice che ha seguito i casi Enron e
WorldCom ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Con parole di elogio per l´industria
italiana, «capace di produrre le auto del futuro, pulite ed efficienti»,
Barack Obama ha annunciato ieri in diretta televisiva
la «partnership strategica» tra Chrysler e Fiat, che permetterà alla terza casa
americana di evitare una fine ingloriosa e a quella torinese di tornare alla
grande sul mercato degli Stati Uniti. «Daremo alla Chrysler una nuova vita e
salveremo 30mila posti di lavoro», ha detto soddisfatto il presidente,
circondato alla Casa Bianca dai membri del suo team, tra cui il ministro del
tesoro Tim Geithner e lo "zar" dell´auto Steve Rattner. Il team ha
lavorato sodo negli ultimi 30 giorni per individuare la "road map"
del rilancio e trovare un accordo con tutti i protagonisti: dal chief executive
della Chrysler Bob Nardelli a quello della Fiat Sergio Marchionne, dal
sindacato dell´auto (Uaw) ai grandi creditori dell´azienda americana. Si
sperava di poter trovare una soluzione operativa entro il termine di ieri,
fissato da Obama per la concessione di nuovi aiuti, ma
le resistenze di una parte minoritaria dei creditori (hedge funds e gruppi di
private equity) ha reso inevitabile la strada di un "fallimento
chirurgico". La Chrysler ha così presentato ieri sera al tribunale di
Manhattan la richiesta del "Chapter 11", avviando le procedure
fallimentari. Un passaggio umiliante, questo, per l´azienda creata nel 1925 da
Walter Chrysler. D´altra parte tutto è stato predisposto per fare uscire la
Chrysler dall´amministrazione controllata in modo rapido, efficiente e controllato,
offrendo al giudice newyorkese Arthur Gonzales, lo stesso che si occupò dei
disastri Enron e Worldcom, un "pacchetto" di soluzioni già concordate
e sollecitando la procedura di urgenza. Grazie ai sacrifici accettati dalle
parti e ad altri 6 miliardi di dollari di aiuti federali a vario titolo, il
"pacchetto" prevede la nascita di una "nuova" Chrysler con
l´ingresso iniziale della Fiat al 20 per cento in cambio di tecnologie per
costruire auto a basso consumo e delle reti di vendita in Europa e Sud America.
La quota di Torino salirà poi progressivamente, pur non raggiungendo la
maggioranza fino a quando non saranno ripagati i debiti con Washington. La Fiat
avrà un ruolo-chiave nella nomina del nuovo management: del resto il
"vecchio" è in via di uscita (sia Nardelli che il numero due Tom
LaSorda hanno preannunciato le loro dimissioni). «E´ un momento storico», ha
commentato negli Stati Uniti Marchionne, senza prestare troppa attenzione ieri
al calo di quasi il 6% delle quotazioni della Fiat. Obama
spera che il «fallimento chirurgico» si concluda entro trenta-sessanta giorni.
Molti esperti ritengono che sia un obiettivo irrealistico perché di solito la
durata del "Chapter 11" si misura in anni, in mesi, non in pochi
giorni, e perché il gruppo di creditori irriducibili si prepara a una battaglia
giudiziaria e vuole che la Fiat fornisca capitali freschi. Ma a differenza di
altri casi della storia industriale americana, «questa volta - ricorda Nardelli
- è sceso in campo il presidente degli Stati Uniti in persona». Obama ieri ha ringraziato i protagonisti per il loro
contributo e i loro sacrifici: a cominciare da quelli accettati dai sindacati,
per i quali si apre la prospettiva di una consistente partecipazione nel
capitale Chrysler, ma anche di licenziamenti. Il presidente è stato invece
molto severo nei confronti degli hedge funds che, ricattando il governo, hanno
imposto il fallimento. «Che però non è un segno di debolezza», ha aggiunto il
presidente, promettendo un nuovo capitolo nella storia della Chrysler, della Gm
e di tutta l´industria automobilistica americana: che d´ora in poi sarà
intrecciata con i destini della Fiat.
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
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Economia Bravi ieri, bravi oggi Una soluzione costruttiva L´ultima notte di
trattative a Washington, tra caffè, sandwich e sigarette
"clandestine" In tre giorni l´affondo di Marchionne "Momento
storico per l´Italia" L´emozione di John Elkann nelle telefonate dal
Lingotto Sono stati gli americani a chiamarci per le cose che sappiamo fare e
che sapevamo fare anche ieri, le piccole automobili Abbiamo approntato
soluzioni costruttive per i problemi che affliggono l´intera industria di
settore (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) SALVATORE TROPEA Una lunga trattativa, con
la "benedizione" di Barack Obama, ha portato all´alleanza tra Fiat
e Chrysler. Su Washington una pioggia sottile si confonde con i vapori che
salgono dal Potomac River quando i negoziatori emergono dall´ultimo round in
un´alba americana che Sergio Marchionne potrà ricordare come l´inizio di «un
momento storico per la Fiat e per l´industria italiana». Dopo l´ennesima
notte di caffè, sandwich e sigarette «clandestine», ormai è fatta. Le banche
sono state l´ultimo ostacolo sulla strada di quella che i giornali americani
hanno definito una rivoluzione nell´industria mondiale dell´auto. Ed è a questo
che è stata consacrata la tre giorni no-stop iniziata lunedì. Dopo il sì dei
sindacati americani e canadesi, le grandi banche - da JP Morgan a Morgan
Stanley, da Citigroup a Goldman Sachs - e uno stuolo di altri creditori, hanno
alzato il tiro minacciando di far fallire l´accordo. Si è trattato dunque di
trovare una via d´uscita, anche perché di mezzo c´è la Casa Bianca, che con le
dichiarazioni di Obama si è spinta su una strada quasi
senza ritorno. Sono circa venti persone quelle che siedono attorno a un
massiccio tavolo di noce nella notte del rush finale. Marchionne, che non ha
rinunciato neppure in questa circostanza al suo maglione blu, e con lui Alfredo
Altavilla, i legali e i consulenti del Lingotto per le questioni bancarie. Ci
sono gli uomini del ministro Geithner con i legali di parte governativa e il
gruppo della Chrysler con Bob Nardelli e i consulenti. Dall´altra parte del
tavolo i creditori, quelli che resistono e che continuano a spingere per la
bancarotta e lo «spezzatino» nella convinzione di poter ricavare di più da
questo meccanismo. Che però è rischioso per l´azienda. Alla fine si trova l´escamotage
del Chapter 11, il fallimento pilotato che non impedisce all´alleanza di
diventare operativa. Ci sono voluti dunque tre giorni e tre notti per la
soluzione che fa tirare un sospiro di sollievo a tutti, come dirà Obama nel suo discorso: «Ai lavoratori, all´industria
americana e al Paese». E non sono stati una passeggiata. Prima tappa in un
salone del ministero del Tesoro e poi gli altri incontri, spesso cambiando sede
per sfuggire ai giornali e alle televisioni. Fonti vicine ai negoziatori raccontano
che ci sono stati momenti in cui si è rischiata la rottura. Chi ha partecipato
assicura che a vincere è stata la tenacia di Marchionne. E´ lui che si ostina a
presentare il bicchiere mezzo pieno e a spiegare, questa volta, che ciò che può
sembrare bene per la Fiat è bene anche per la Chrysler. Così ieri, quando
ancora non s´è spenta l´eco dell´annuncio di Obama,
Marchionne può affermare con un certo orgoglio che questo accordo farà nascere
«una nuova forte casa automobilistica» e «aiuterà a preservare, insieme ai
posti di lavoro, un´industria manifatturiera di importanza cruciale per le
economie statunitense e canadese». Insomma un evento «storico» tra le due
sponde dell´Atlantico. Con il presidente americano che può festeggiare oggi il
"Labour day" dopo aver contribuito in prima persona a evitare che
fossero bruciati nel rogo della crisi un´azienda e migliaia di posti di lavoro.
E con la Fiat che incassa un successo nel paese dal quale è andata via negli
anni Ottanta sottraendosi al sarcasmo degli americani. Un risultato che alla
fine della «grande fatica» consente a Marchionne di telefonare al Lingotto e
annunciare un´alleanza che a Torino viene accolta come una rivincita attesa da
anni. Perché di questo si tratta, qualcosa di più di un accordo industriale per
la proprietà che si trova di fronte a una svolta fino a qualche anno
impensabile. John Elkann non nasconde l´emozione in una telefonata con gli
uomini che stanno a Washington. Ma anche l´orgoglio «perché sono stati gli
americani a cercarci per le cose che noi sappiamo fare e che sapevamo fare
anche ieri, le piccole automobili per le quali la nostra azienda è passata alla
storia». Questo riconoscimento di «una Fiat che è stata citata per ben sei
volte nel discorso di Obama» è il punto ricorrente
nelle telefonate tra Marchionne e Torino perché è anche la chiave del successo
dell´operazione con Fiat nel ruolo di «protagonista in un grande progetto».
Quello ricordato da John Elkann quando parla di un´azienda torinese «che può
tornare nel cuore dell´America industriale, dimostrando che tutto si può fare e
contribuendo alla rinascita di Chrysler con le sue tecnologie, ovvero con
quello che una volta si chiamava know how e oggi si chiama cultura».
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
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Cronaca Fazio: chi torna dal Messico a casa per 7 giorni La Ue boccia il blocco
dei voli. La Casa Bianca: contagiato membro dello staff di Obama Una bimba italiana di un anno e
nove mesi è stata ricoverata in Messico: sta meglio MARIO REGGIO ROMA - «Invito
tutte le persone di ritorno dal Messico e che lavorano in ambienti chiusi e a
contatto con la collettività, con particolare riguardo alla scuola, di rimanere
a casa per una settimana». Il sottosegretario alla Salute, Ferruccio
Fazio, volato in Lussemburgo per l´incontro tra i ministri dell´Unione Europea
lancia il primo messaggio. Intanto dall´altra parte dell´Oceano arriva la
notizia che una persona dello staff del presidente Barack Obama
potrebbe aver contratto il virus dell´influenza suina. La fonte è la Casa
Bianca che ha precisato: «Il collaboratore accompagnò il presidente in Messico
nella missione del 16 aprile». Da Città del Messico è giunta la notizia di una
bambina italiana di un anno e 9 mesi ricoverata in un ospedale della città di Oaxaca,
con "sintomi che sembrano simili a quelli dell´influenza". La nota è
stata diffusa dall´ambasciata italiana in Messico: "La piccola è figlia di
una coppia residente a Oaxaca, ha ricevuto tutte le cure mediche sta
meglio". è stata una giornata convulsa, caratterizzata dai continui
aggiornamenti sui casi accertati di persone che hanno contratto l´influenza da
parte dell´Organizzazione mondiale Sanità. A fine giornata il bilancio: 257
casi accertati e otto decessi. Dalla sede centrale di Ginevra l´Oms, in
teleconferenza giorno e notte con tutti i Paesi, ha deciso che il livello
d´allerta resta a livello 5, «non ci sono le condizioni per decretare la fase
massima di sei». In Messico, il presidente Felipe Calderon, ha ordinato il
fermo parziale dell´economia dal primo al 5 maggio. La misura si aggiunge al
blocco delle scuole fino al 6 maggio ed alla chiusura di bar, discoteche,
ristoranti a Città del Messico dove vivono 20 milioni di persone. Al lavoro
anche i vertici sanitari dell´Unione Europea. è stata respinta la richiesta
della Francia di bloccare i viaggi aerei da e verso il Messico. E da noi cosa
succederà? Il sottosegretario Fazio annuncia che a partire da domani tutte le
persone provenienti dal Messico, alle frontiere, nei porti e scali aerei «sarà chiesto
l´indirizzo in modo che le Aziende sanitarie locali possano controllare
direttamente se hanno o meno contratto il virus». A parte tutto, il problema
cruciale resta quello legato al possibile e non auspicabile
"incrocio" tra la pandemia del virus suino con quella annuale che si
affaccia in Europa alla fine dell´autunno. Senza una strategia comune
diventerebbe difficile individuare e vaccinare in maniera adeguata le persone
colpite da una delle due pandemie. Così, proprio per rendere più efficace la ricerca
di un vaccino, Fazio ha riferito che «la Commissaria alla Sanità, Androulla
Vassiliou, chiederà al Messico dati precisi sulle sequenze del virus». A
proposito degli antivirali, Fazio ha sottolineato «la necessità di non
utilizzarli a tappeto perché sarebbero inefficaci, e questo è documentato, ma
solo se ci sono focolai e per proteggere chi è a contatto con un malato, per
ragioni familiari o di lavoro». Ma che fine hanno fatto le 40 milioni di dosi
di antivirali a disposizione del ministero della Salute? Dopo una serie di «non
so, non posso fornire notizie su dove si trovano le scorte», il sottosegretario
Ferruccio Fazio ha svelato una parte del mistero. «Da lunedì prossimo
l´Istituto farmaceutico militare di Firenze inizierà l´operazione di incapsulamento
dei farmaci antivirali che ora sono contenuti in polvere in grandi contenitori
sigillati». La conferma è arrivata dal direttore dell´Istituto, generale
Giocondo Santoni. «è tutto pronto, macchinari e personale. Disponiamo di 30
milioni di dosi di principio attivo in polvere del farmaco Tamiflu. Prevediamo
di incapsulare circa 70 mila dosi al giorno».
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 28 -
Commenti La strada da torino a detroit (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Il presidente americano Obama parla di «un futuro luminoso». Al di là dell´enfasi retorica,
hanno ragione entrambi. Ma con qualche «caveat» che, proprio in queste ore di
comprensibile soddisfazione, è utile sottolineare. Dal punto di vista
aziendale, questo successo insegna l´importanza del lavoro duro, dal primo dei
manager all´ultimo degli operai, che sempre sta dietro e determina i
destini di un´impresa. Insegna la centralità della manifattura, la passione e
la fatica di chi, dietro una scrivania o alla catena di montaggio, partecipa
alla vera «creazione di valore». Che non è il profitto (quello arriva a valle
del ciclo, se tutto funziona come deve) ma è il prodotto (che sta a monte di
tutto, se ognuno lavora come sa). Qui, al di là di tutte le dietrologie, sta il
segreto del «modello Marchionne». Dopo l´ubriacatura finanziaria degli anni
´90, a lui si deve il merito di aver riportato la Fiat a fare al meglio quello
che l´ha resa, appunto, un pezzo di storia italiana: l´automobile. Nient´altro
che l´automobile. Così la Fiat torna ad essere «il ritratto di famiglia di noi
italiani». Gliene va dato atto. Ma dobbiamo sapere che questo accordo è solo
l´inizio della corsa, e non ancora il traguardo finale. L´innesto della
tecnologia di Torino con le strutture produttive di Detroit consente alla Fiat
di candidarsi al ruolo di player mondiale, tra i 5 o 6 che resteranno in piedi
di qui al prossimi 2013, secondo la profezia dello stesso Marchionne. Lo sbarco
sulle highways e nelle metropoli Usa dello «stile Italia», incarnato da modelli
seducenti come la 500 e sportivi come l´Alfa Romeo, porta il nuovo colosso che
nascerà a una «massa critica» di circa 4 milioni di auto prodotte. Tante, ma
non ancora sufficienti per superare la soglia dei 6 milioni, considerata
necessaria per reggere l´urto della competizione globale. Una successiva
integrazione con la tedesca Opel sarebbe il coronamento di un´operazione
perfetta, e finalmente completa. Ma questa è un altro capitolo della storia,
ancora tutto da scrivere. Dal punto di vista nazionale, questo successo insegna
che la piccola Italia, con tutte le sue anomalie, le sue rigidità e i suoi ritardi,
è ancora capace di esprimere le sue «eccellenze», almeno nei pochi settori
rimasti in piedi dopo decenni di politiche economiche dissennate e di politiche
industriali scellerate. Sembra passato un secolo da quel terribile 2002, quando
la Fiat affondava nel mare di un debito lordo pari a 30 miliardi di euro, e sui
mercati veniva considerata già «tecnicamente fallita». E sembra passato un
millennio da quella nera domenica di ottobre, quando la dolente carovana di
Lancia Thesis con dentro i manager di Torino capitanati da un disorientato
Paolo Fresco e da uno sconfortato Galateri imboccavano il viale alberato della
villa di Arcore, e si presentavano col cappello in mano a Silvio Berlusconi, a
chiedere il salvataggio del governo. Il Cavaliere li accolse con lo stesso,
infastidito sussiego del notabile che riceve i suoi portaborse. Li maltrattò,
gli promise aiuti solo a patto che l´intero vertice si facesse da parte. Perché
così disse «ho io un po´ di idee, per rilanciare la
Fiat». Il successo del Lingotto in terra americana, oggi, sana quella ferita. E sia pure
con molti anni di distanza, risarcisce la più importante azienda privata
italiana da quell´insopportabile umiliazione. Non che la Fiat non avesse di che
farsi perdonare. Gli errori strategici non sono mancati. I favori politici meno
che mai. Ora, dopo aver molto ricevuto in termini di sussidi diretti e
indiretti, il Lingotto restituisce credibilità a se stesso, e prestigio al
Paese. Non possiamo che rallegrarcene. Ma dobbiamo sapere che quella credibilità
e quel prestigio sono frutto solo della forza di poche grandi industrie del
Primo Capitalismo (come la Fiat, appunto) e del sacrificio di migliaia di
piccole e medie imprese del Quarto Capitalismo. Sono queste che ogni giorno si
vanno a cercare all´estero qualche metro in più di quota di mercato. Supplendo,
con la sola «arma» dell´innovazione dei propri prodotti o dei propri processi,
alle inefficienze dello Stato, alle deficienze delle infrastrutture, alle
assenze della politica. Ora il presidente del Consiglio si dichiara giustamente
«orgoglioso» dell´accordo Fiat-Chrysler. Ma mentre sale anche lui sul carro dei
vincitori, dovrebbe essere consapevole che questa è l´affermazione di
un´impresa, non la vittoria di un Sistema-Paese. Anche questo è un altro
capitolo di storia, ancora tutta da scrivere. Dal punto di vista globale,
infine, questo successo insegna che il mondo, di fronte a una crisi
eccezionale, deve cercare solo risposte eccezionali. L´accordo Fiat-Chrysler ne
è un formidabile concentrato. Nasce una nuova società che, oltre al Lingotto
con il 20%, avrà nel suo capitale il Tesoro Usa con una quota del 23% e i
sindacati americani e canadesi dell´auto con quote del 55%. Chi avrebbe mai
potuto immaginare che la patria dell´ortodossia liberista degli «spiriti
animali» si sarebbe convertita all´eresia del modello renano e della cogestione
sindacale? E chi avrebbe mai potuto immaginare che una grande industria privata
come la Fiat avrebbe accettato di convivere con un socio pubblico ingombrante
come Tim Geithner? Non solo: i sindacati, dopo una lotta durissima, hanno
dovuto scegliere tra l´ideologia e la realtà. Ma chi avrebbe immaginato che
migliaia di lavoratori, per salvare l´auto, avrebbero accettato pesanti tagli
nel costo del lavoro, forti limiti agli straordinari (pagati solo dopo 40 ore
settimanali) e la rinuncia a festività come i lunedì di Pasqua dei prossimi due
anni? E ancora: le quattro principali banche con cui Chrysler è indebitata,
cioè Jp Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup, hanno dovuto
scegliere tra il rigore e il buon senso. Ma chi avrebbe mai immaginato che
avrebbero accettato di ridimensionare da
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
I - Torino Il presidente degli Stati Uniti: "Sa costruire vetture pulite,
la fusione salverà Chrysler". L´orgoglio della città Fiat, l´elogio di Obama E il
sindaco: sarà uno dei player mondiali dell´auto IN NAZIONALE E ALLE PAGINE II E
III
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
II - Torino Torino incoronata da Obama Dal sindaco
al rettore: riconosciuta la nostra tecnologia Carbonato: tutti dobbiamo essere
orgogliosi, resteremo una delle capitali dell´auto Castronovo: gli effetti per
l´area solo tra un anno «Fiat si è impegnata a costruire auto pulite, la
fusione salverà Chrysler». Parola di Barack Obama e a
Torino l´entusiasmo si fa dilagante. Apprezzamenti e congratulazioni arrivano
un po´ dappertutto, dal mondo politico a quello accademico, dagli imprenditori
ai sindacati. «Essere chiamati dal presidente degli Usa a svolgere una funzione
di primo piano nell´industria automobilistica americana è un segnale molto
importante per Fiat, per l´Italia e ovviamente per Torino», dice il sindaco
Sergio Chiamparino, che è piuttosto ottimista anche sul futuro: «Questo può
essere il primo di una serie di passi per far diventare Fiat uno dei
protagonisti mondiali del nuovo settore che nascerà dal dopo crisi.
Naturalmente è prematuro parlare di ricadute dirette in Italia, ma mi aspetto che
Torino continui ad avere un ruolo fondamentale per Fiat». Il presidente del
consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Enrico Salza, non si è affatto
sorpreso: «Non ne dubitavo, sapete cosa penso di Marchionne: è straordinario».
Soddisfatto anche il presidente dell´Unione industriale di Torino, Gianfranco
Carbonato: «è una notizia molto positiva, di cui tutto il nostro sistema
torinese deve andare orgoglioso, anche perché conferma che la nostra città
rimarrà una delle capitali dell´auto. Ma è anche una grande sfida, perché di
lavoro da fare ce n´è tantissimo». Le difficoltà? «Occorrerà - risponde
Carbonato - realizzare nuove linee di prodotto tenendo conto delle normative
americane e delle esigenze del mercato Usa. E bisognerà anche rivitalizzare la
rete di vendita Chrysler». Roberto Degioanni, segretario generale dell´Api,
vede nell´accordo «l´apprezzamento internazionale della tecnologia e
dell´organizzazione dell´industria dell´auto italiana». E se molti interpretano
l´operazione come il successo delle tecnologie della casa torinese, il rettore
del Politecnico, Francesco Profumo, non può che esserne entusiasta: «Dietro c´è
molto del nostro ateneo, sia a livello di formazione, soprattutto attraverso
l´ormai decennale corso di Ingegneria dell´autoveicolo, che di ricerca. A noi
non resta che impegnarci spingendo per una formazione ancora più
internazionale». Per lo storico Valerio Castronovo l´accordo «è la
continuazione di quel filo rosso tra Torino e Detroit, che ha avuto origine nel
1906, quando Agnelli visito per la prima volta la linea di montaggio della
Ford». Castronovo prevede che gli effetti positivi del matrimonio inizieranno a
farsi sentire non prima di un anno, ma sottolinea come il tutto «renderà più
forte l´immagine della Fiat nel mondo e il suo potere di contrattazione con gli
altri produttori». Numerosi i consensi anche dal mondo politico. Il
coordinatore regionale del Pdl, Enzo Ghigo, sostiene che l´accordo sia
«l´indiretta conferma che il sostegno offerto dal governo Berlusconi
all´industria automobilistica ha avuto effetti positivi», mentre il segretario
del Pd piemontese, Gianfranco Morgando, auspica che «questa intesa, e le
alleanze che verranno con altri partner, possa sì rilanciare i marchi italiani
ma soprattutto produrre effetti positivi per l´economia piemontese, garantendo
gli stabilimenti e l´indotto». «è un buon accordo, del quale credo ne
beneficerà tutto il gruppo. E non vedo da parte di Fiat esborsi tali da mettere
a rischio l´equilibrio finanziario», commenta Maurizio Peverati, segretario
della Uilm Torino, mentre per il suo omologo della Fim, Claudio Chiarle, «è un
agreement che porterà il Lingotto a diventare la prima azienda ad aver reagito
concretamente alla crisi mondiale acquisendo un valore aggiunto di credibilità
sui mercati senza precedenti». Molto più scettico il leader della Fiom, Giorgio
Airaudo: «Positivo il fatto che Fiat cresca, ma quelle che aspettiamo sono
garanzie sull´Italia e su Torino. Servono impegni che riguardino sia i livelli
occupazionali sia il che cosa produrre. E bisogna che in questa partita il
Governo faccia la propria parte». (ste. p.)
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina II -
Torino Bresso: possiamo essere tutti orgogliosi delle nozze con Chrysler
"Accordo storico per l´Italia ma al governo non importa" L´intesa
rafforza l´immagine di Fiat nel mondo, ma non risolve il nodo del massiccio
ricorso alla cassa Dobbiamo copiare l´America e scommettere pure noi sulla
vettura che punta sulle nuove energie STEFANO PAROLA Presidente Mercedes
Bresso, Fiat e Chrysler sono convolati a nozze. Come giudica il matrimonio?
«Come dice lo stesso Marchionne, è un accordo storico. Non capita tutti i
giorni che, per risanare una propria azienda, il presidente del Paese più
grande del mondo individui in modo preciso tra le tante imprese del pianeta
proprio un´industria italiana. E che sia lui stesso a voler annunciare
l´accordo. Torino, il Piemonte e l´Italia possono esserne orgogliosi». Sembra
che a convincere gli americani siano state soprattutto le tecnologie che la
Fiat è in grado di offrire. è così? «Sicuramente c´è il riconoscimento di un
primato tecnologico. Rimpiango i vecchi governi Dc che per trovare le risorse
aumentavano il costo della benzina. L´ecologia e il risparmio energetico sono
un elemento fondante del futuro e le varie accise sui carburanti ci hanno
permesso di sviluppare delle tecnologie di risparmio che oggi sono tra le più
rilevanti d´Europa». Quindi il patto Fiat-Chrysler ha solo luci e niente ombre?
«In realtà c´è anche preoccupazione, è emersa chiaramente dall´incontro tra
presidenti di Regione e rappresentanti dei metalmeccanici Fiat di oggi. Tutti
ritengono che l´accordo rappresenti il riconoscimento di una capacità di
innovazione in un settore in cui la competizione è elevatissima. Questo
migliora l´immagine di Fiat, ma non risolve il problema puntuale che abbiamo
qui». A cosa si riferisce? «Al fatto che in Piemonte a marzo abbiamo avuto 11
milioni di ore di cassa, cioè tante quanto la somma di quelle di gennaio e
febbraio, che già erano stati due mesi disastrosi. L´accordo americano non
risolve questa criticità, ma soltanto quelle americane». Cosa servirebbe? «La questione
che poniamo al Governo e alla Fiat è che sarebbe inaccettabile che in Italia,
in un momento così favorevole per il Lingotto, si cominciasse a disperdere
proprio quello stesso capitale umano che ha reso possibile il matrimonio.
Occorre lavorare e trovare tutti gli strumenti per resistere a questa fase». In
effetti il quadro sembra schizzofrenico: da un lato il Piemonte è una delle
regioni più colpite dalla crisi, dall´altra la sua azienda più grande fa
importanti acquisizioni. Come si spiega? «è vero che in questa crisi la Fiat ha
aumentato le proprie quote di mercato, pur diminuendo la produzione. Ma è vero
anche che la crisi sta colpendo duro. Non è paradossale, sono due facce della
stessa medaglia. L´industria statunitense dell´auto è in ginocchio e lì hanno
scelto di fare una scommessa per mantenere in vita il settore. Anche noi
dobbiamo fare la stessa scommessa». Appena giunta notizia dell´accordo lei ha dichiarato: «Probabilmente vedremo prima Obama su un´auto Fiat che non
Berlusconi». Che cosa intendeva dire? «Che il Governo ha sempre dimostrato
scarsa fiducia nell´azienda più importante d´Italia. Lo si è visto chiaramente
quando Berlusconi arrivò al funerale di Giovanni Agnelli a bordo di un´auto
straniera. Questo episodio me lo sono legato al dito. Soprattutto nei
momenti difficili, l´esempio dev´essere dato dai leader».
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
Fazio: chi
rientra dal Messico stia una settimana chiuso in casa Test
sullo staff di Obama per un
caso di febbre suina L'allarme febbre suina arriva alla Casa Bianca. Un
componente dello staff di Obama ha contratto il morbo in Messico, ora tutti i più stretti
collaboratori del presidente sono sotto controllo medico. Come misura di
prevenzione però, ha detto il sottosegretario Fazio, «chi ritorna dal Messico
dovrà stare 7 giorni chiuso in casa. Il virus arriverà anche qui».
Giovannini, Semprini, Spini e Zatterin ALLE PAG. 8 E 9
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
Buongiorno La
vita a fumetti Massimo Gramellini Cos'ha detto Berlusconi all'assemblea della
Coldiretti? Boh. Cos'ha fatto Berlusconi all'assemblea della Coldiretti? Ha
mangiato una fetta di mortadella avvitandosi un dito sulla guancia: mmm, che
buona! Cosa si è deciso al vertice franco-spagnolo dei giorni scorsi? Boh. Cosa
è successo al vertice franco-spagnolo dei giorni scorsi? Le modelle di Stato,
Letizia e Carlà, hanno sfilato sul tappeto rosso con abiti attillati.
L'immagine era già da tempo l'unica comunicazione che i cervelli riuscivano
ancora ad assimilare. Ma ora siamo alla caricatura, pur di rompere la crosta
sempre più spessa della disattenzione. E le parole? Brodo ristretto alle
dimensioni di un messaggino. «Yes we can», coniato da Obama e copiato da Ahmadinejad, fra qualche
anno lo ricorderemo come esempio di prolissità. Il futuro sono gli acronimi:
«tvb», ti voglio bene (ma vado di fretta). Provo una tenerezza ammirata per i
professori che si ostinano a usare le subordinate e per i giornalisti che
sognano di scrivere paginate. Ne conservo centinaia nel cassetto,
ritagliate e messe da parte in attesa di trovare quella mezz'ora ininterrotta
che mi consenta di leggerle e che una vita modellata sui ritmi degli spot rende
tecnicamente impossibile. Com'è un mondo dove gli slogan hanno preso il posto
dei discorsi, le barzellette dei racconti e le immagini caricaturali (o
ritoccate) di quelle spontanee? Un mondo di persone superficiali, smemorate e
facilmente impressionabili. Rimane il mistero di come facciano a passare tutto il
giorno al telefonino. Di cosa parlano, se più nessuno è in grado di ascoltarle?
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
Obama: è la
soluzione giusta per ripartire. Al Lingotto subito il 20% delle azioni.
Procedura fallimentare per il colosso dell'auto Usa Fiat-Chrysler, accordo
storico Intervista con Marchionne: "Il mondo ci guarda, adesso non
possiamo sbagliare" Fiat e Chrysler hanno trovato l'intesa. L'annuncio di Obama
ieri alle 18 ora italiana. «Con questa alleanza - ha detto il presidente Usa -
Chrysler avrà forti chance di successo per un brillante futuro. Sono stati
fatti i passi necessari per ridarle una nuova vita: Fiat è l'unica possibilità
di salvezza». Il Lingotto controllerà il 20% della società di Detroit, ma con
la possibilità di portare la propria quota fino al 51% nel
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
Mario Calabresi
Finalmente posso dormire un po' «Adesso non possiamo sbagliare, siamo sotto la
lente del mondo intero, tutti ci guardano e la responsabilità è enorme. Per
riuscire dobbiamo restare umili e non farci illusioni perché il lavoro non sarà
facile». Sergio Marchionne è felice, non lo vuole dire, ripete che come premio
spera soltanto di riuscire a dormire. E' a New York, sta per salire sull'aereo
che lo riporterà in Italia dopo aver concluso le nozze con l'americana
Chrysler. Tossisce continuamente per la stanchezza ma non smette mai di
parlare: «È stato un processo che avevamo cominciato ad immaginare un anno fa,
ci abbiamo lavorato giorno e notte, ho sputato sangue, e devo dire che la
situazione del mercato ci ha indubbiamente aiutato molto. La crisi americana ha
costruito una condizione di possibilità e ha aperto delle opportunità a noi
favorevoli, ma le abbiamo potute cogliere perché avevamo le idee chiare, un
progetto valido in testa. Tutto questo è accaduto perché negli ultimi cinque
anni avevamo sviluppato le motorizzazioni giuste, un approccio e un impegno per
l'ambiente che oggi l'America voleva e di cui aveva bisogno. Così è nato un
matrimonio perfetto, con una serie di incastri e di coincidenze irripetibili.
Sapevo che la storia non ci avrebbe dato un'altra possibilità. Così, se non ce
l'avessimo fatta, sarebbe stato un grandissimo peccato e le conseguenze
negative le avrebbero pagate sia la Fiat sia la Chrysler. Invece questa unione
porterà benefici ad entrambi, è una cosa che è riuscita perché non c'è stata
arroganza ma tanto lavoro e una grandissima serietà e uno sforzo immenso del
governo americano». Alle dieci del mattino aveva firmato l'accordo, ma anche in
quel momento non era riuscito a gioire: «A dire la verità c'erano ancora dei punti
aperti, così mentre firmavo speravo valesse qualcosa, ma non c'era ancora
certezza. Poi ho passato due ore a Washington ad aspettare
le parole di Barack Obama,
l'annuncio dell'Amministrazione. A mezzogiorno finalmente ho potuto liberare
l'emozione: ce l'avevamo fatta. La Fiat ritorna negli Stati Uniti dopo anni di
lontananza, dopo essere andata via in modo poco piacevole, ma torna con un
know-how di valore e con gli occhi dell'America e del mondo addosso».
L'amministratore delegato del gruppo torinese sente più di tutto la
responsabilità della sfida: «Non possiamo sbagliare: da quando un mese fa Obama ha parlato della Fiat ha scommesso su di noi, da quel
momento su di noi si sono concentrate una pressione e una responsabilità
fortissime, ci è richiesto un impegno straordinario. L'obiettivo è rafforzare
la Fiat e dare la possibilità a Chrysler di risanarsi». L'accordo con la
Chrysler per Sergio Marchionne, emigrato in Canada dall'Abruzzo insieme ai
genitori quando aveva quattordici anni, non è stato soltanto una grande
operazione manageriale ed economica ma anche una rivincita della vita: «Sono
cresciuto parlando un inglese con un marcatissimo accento italiano. Ci ho messo
più di sei anni a perderlo, ma sono stati sei anni persi con le ragazze.
L'imbarazzo di aprire bocca mi paralizzava. Pensavo che il sistema americano
fosse aperto ma da emigrante non avrei mai immaginato fino a questo punto. E'
cambiato il mondo e questa volta mi sono trovato a parlare con l'accento
giusto». Sergio Marchionne percorre l'America avanti e indietro da un vita, ma
ripete continuamente, tra un colpo di tosse e l'altro, che ha scoperto un Paese
diverso, profondamente cambiato: «Ma lo hanno fatto restando fedeli al loro
Dna: capacità di risanarsi, di mettersi in discussione e cambiare strada per
ripartire, di creare nuove basi per il futuro. Certo l'America ha pregi e
difetti, ma Obama in questi cento giorni ha mostrato
una straordinaria capacità di visione, una chiarezza di idee e obiettivi che mi
ha impressionato e non si è fatto bloccare da pregiudizi o convenienze
politiche. Ha fatto un passo enorme: ha accettato di farsi aiutare da un gruppo
straniero per salvare Chrysler e ci ha messo i soldi. A noi hanno chiesto
tecnologia e capacità gestionali e su questo non possiamo deluderli». Prima di
ripartire insieme ad Alfredo Altavilla, che lo ha accompagnato in tutta la
trattativa, ha fatto tappa a New York: «Ero su Park Avenue e mi sono fermato a
guardare l'edificio dove cinque anni fa avevamo fatto la trattativa con la
General Motors, dove avevamo chiuso il nostro rapporto americano riuscendo a
portare a casa due miliardi di dollari. Era il 14 febbraio del 2005, il giorno
di San Valentino, e mai avrei immaginato che saremmo tornati in America per
sposarci. Ma questo ci dice molto della vita, ci dice che bisogna essere pronti
a tutto, essere preparati e flessibili per cogliere ogni opportunità». Ora per
l'uomo che non mette mai la cravatta - «Neanche per la firma, neanche quando mi
sono seduto a discutere al Tesoro con Timothy Geithner. Sono sempre restato
fedele al mio maglione» - si apre una stagione nuova: «Dovrò dividere il mio
tempo e la mia vita tra l'Europa e gli Stati Uniti, lo facevo già, ma ora c'è
un impegno aggiuntivo e succederà ancora di più». Tossisce di nuovo: «Certo dovrò
alleggerire certe cose che facevo perché ho raggiunto i miei limiti fisici e di
più non posso chiedere a me stesso». Racconta che non vede l'ora di salire in
aereo: «E' piccolo e scomodo ma devo dormire a tutti i costi e riuscire a
dormire sarà il mio modo di festeggiare». Atterrato da questa parte
dell'oceano, di nuovo non ci sarà molto tempo per dormire perché la partita non
è finita: «Adesso dobbiamo concentrarci sulla Opel: sono loro i nostri partner
ideali». E' a conoscenza delle preoccupazioni italiane che l'ingresso in
America possa significare un disimpegno della Fiat nel nostro Paese e non si
tira indietro: «Non ho mai abbandonato nemmeno per un secondo l'impegno verso
il sistema italiano ma insieme ai sindacati e al governo dobbiamo essere capaci
di affrontare i problemi strutturali in modo responsabile, tenendo fede a tutti
gli impegni con i dipendenti. Però non possiamo non guardare ad una domanda che
è calata. L'esempio che ci viene da Obama è che
dobbiamo mantenere e rafforzare l'industria del Paese ma riconoscendo la realtà
delle cose. Un percorso che faremo nel rispetto delle specificità del sistema
europeo e del nostro radicamento italiano. Non sono diventato Marchionne
l'Americano». mario.calabresi@lastampa.itCONTINUA A PAGINA 3
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
DOPO LA SCOPERTA
DELLA SUPER-TALPA ESTONE CHE PASSAVA SEGRETI A MOSCA APRILE 2009 LA
RAPPRESAGLIA SETTEMBRE 2008 LA TALPA SCOPERTA FEBBRAIO 2009 IL PROCESSO Spy
story alla Nato, espulsi due russi Bruxelles ammette «La cattura della spia
russa è il peggiore scandalo della storia» La Nato espelle due diplomatici
russi coinvolti Arrestato Simm generale estone all'Alleanza La spia condannata
a 12 anni: ha rubato 2000 documenti [FIRMA]EMANUELE NOVAZIO 25 febbraio 2009:
il tribunale di Harju, Estonia settentrionale, condanna a 12 anni e 6 mesi di
reclusione per alto tradimento Hermann Simm, già direttore del Dipartimento per
la protezione dei segreti di Stato, e per 13 anni al servizio del Kgb. Allo
spionaggio sovietico (e poi a quello russo rinnovato perlomeno nel nome,
l'Svr), il 61enne Simm ammette di aver passato 2098 pagine di informazioni
top-secret sull'Alleanza atlantica. Fino a che l'errore di un contatto russo
dal nome in codice portoghese gli fa saltare la copertura. «La sicurezza dei
nostri partner ha corso gravi rischi», ammette imbarazzato il governo di
Tallinn. 29 aprile 2009. Victor Kochukov, 63 anni, capo della sezione politica
alla missione russa presso l'Alleanza, e Vasili Chizhov, 23 anni, attachè di
legazione e figlio dell'ambasciatore russo presso il governo belga, sono
accusati di spionaggio ed espulsi dalla Nato (in realtà il Segretario generale
de Hoopp Scheffer ne ritira l'accredito: l'espulsione dal territorio belga
spetta al governo locale, che vuole rimanere estraneo alla vicenda). Informalmente,
l'Alleanza fa sapere che si tratta di una ritorsione contro Mosca per i danni
provocati da Simm, «il peggior scandalo nella storia della Nato», come notano
con raccapriccio al Quartier generale di Bruxelles. Ma come sempre in casi del
genere, la scelta dei diplomatici da «punire» non è casuale. Molto
probabilmente la spy story russo-estone-atlantica avrà un seguito: come da
copione il rappresentante di Mosca alla Nato, Dmitry Rogozin, reagisce con
sprezzo («decisione assurda, un complotto per destabilizzarci») annunciando una
«dura risposta» e minacciando di cancellare l'incontro del 19 maggio tra il
ministro Serghey Lavrov e Hillary Clinton. Ma sulle prossime mosse del Cremlino
influiranno molti fattori, come un fitto intreccio di polemiche dichiarazioni
ha fatto intendere, ieri. Sul turbolento palcoscenico delle relazioni Est-Ovest
s'incrociano le ricadute della guerra di Georgia. Le annunciate manovre Nato
nel Paese caucasico («un'aperta provocazione», secondo il presidente Dmitry
Medvedev, che ignora l'invito a mandarvi osservatori). E la firma dell'accordo
di difesa e sicurezza fra Russia, Sud Ossezia e Abkhazia, le Repubbliche
autonome che hanno dichiarato l'indipendenza unilaterale dalla Georgia, della
quale denunciavano ieri la «pericolosa concentrazione di truppe» sul loro
confine. «L'intesa di Mosca viola il cessate il fuoco» del 12 agosto, ha
reagito la Nato: denunciando a sua volta «concentrazioni di truppe russe al
confine georgiano». Come dire che l'instabilità nelle
relazioni Est-Ovest resta fisiologica, nonostante il disgelo promosso -
soprattutto a parole - da Obama e Medvedev. L'armonia sancita lunedì dalla prima riunione del
Consiglio Nato-Russia dopo la guerra d'agosto, è già in crisi: a Mosca, e a
Bruxelles, «collaborazione» torna a leggersi «provocazione». 1 2 3
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina V - Bari
La replica Palese difende le scelte della sua giunta "Anche
Obama dice che è meglio non
fornire cifre" Un colpo gobbo che Obama non avrebbe permesso. Rocco Palese che nel 2003, da assessore al
Bilancio, lanciò il bond che sta facendo tremare la Puglia, non ha gradito la
divulgazione da parte della giunta del report in cui Merril Lynch certifica una
perdita di 165 milioni di euro. «Una delle prime cose che ha fatto il
presidente degli Stati Uniti è stata quella di vietare il mark to market - spiega
il capogruppo di Forza Italia - ovvero la pubblicità degli step intermedi di un
prestito che possono generare, senza giustificazione, panico e sfiducia nel
mercato». Per Palese il bond non rappresenta un rischio reale. «La sua rendita
è calata con il crollo delle borse ma è destinata a risalire - spiega Palese -
questa querelle falsa e capziosa querelle sul bond stipulato nel 2003 e con
scadenza 2023 è uno dei tanti giochi di prestigio in cui si cimenta la Giunta
Vendola per nascondere i suoi disastri». Per il capogruppo di Forza Italia in
consiglio regionale "dire che la Regione Puglia ha perso 165 milioni di
euro è completamente falso e denota anche l´assoluta malafede di chi lo
sostiene". Secondo Palese, "quella sul bond altro non è che una
simulazione: se il bond scadesse oggi non è detto che la Regione perderebbe 165
milioni; in questo caso scade nel 2023, il che vuol dire che fino ad allora
potrebbe anche arrivare a guadagnarci: mancano 14 anni e 14 anni fa nessuno,
per esempio, avrebbe potuto prevedere la gravissima crisi economica in cui il
mondo si trova oggi". L´ex assessore al Bilancio proprio non ha gradito la
scelta di Pelillo di allegare al bilancio lo stato dei debiti della Puglia. Per
Palese la norma con la quale Tremonti ha introdotto l´obbligo per gli enti
locali di rendicontare la loro situazione debitoria, in Puglia è stata
volutamente interpretata in maniera troppo estensiva: «La sinistra cerca ancora
di spaccare il capello su quanto realizzato nella scorsa legislatura. Ma è solo
una tecnica mediatica per non rispondere delle proprie incapacità». (p.rus.)
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
Bloom,
un duro contro Wall Street Il consigliere di Obama che ha
costretto le banche a ridurre le pretese sui crediti DALL'INVIATO A DETROIT Al
Tesoro la posizione intransigente di alcuni creditori di Chrysler non l'hanno
presa bene, racconta una persona direttamente coinvolta nelle trattative. Comprensibile: erano rimasti solo
loro a tener saldo il fronte dei duri che rischiava di far saltare l'intesa
risolutiva per l'auto americana. E soprattutto, rischiava di vanificare la
prima grande vittoria concreta dell'amministrazione Obama.
Ma nelle prime ore di giovedì, quando l'accordo è saltato definitivamente per
l'opposizione di alcune piccole banche e fondi hedge, quello che l'ha presa
peggio è stato proprio lui, Ron Bloom. Dei tre membri della task force di Barack
Obama per l'auto, Bloom è quello che ha giocato il
ruolo del duro con manager, banche e fondi d'investimento. Non con i sindacati,
dato che per anni è stato proprio lui il banchiere di riferimento delle
«Unions». Architetto della soluzione che ha portato la Uaw ad avere il 55% di
Chrysler, come i suoi colleghi della task force ha alle spalle una lunga
esperienza a Wall Street. E la sua specialità, era proprio quella di convicere
creditori e finanziatori a dare in mano agli operai delle aziende da ristrutturare
invece di chiuderle. Cresciuto in una famiglia liberal, quando esce da Harvard
decide di mandare un curriculum a Lazard, una delle più prestigiose banche
d'affari. Lui racconta che lo avrebbe fatto dopo aver sentito la storia di un
gruppo di operai di Weirton, nella West Virginia, che nel 1983 passarono giorni
e giorni tra i grattacieli della finanza in cerca di finanziatori per comprare
loro la loro acciaieria a rischio di chiusura. Dopo una serie di innumerevoli
porte chiuse, quegli operai rovarono ascolto solo da Lazard, che finanziò
l'operazione, risanò l'attività e anni dopo riuscì a concludere l'operazione
facendoci perfino un po' di soldi. Poi Bloom lasciò Lazard per fondare una sua
società di consulenza e, nel 1996, si congeda dai suoi colleghi per andare a
fare il consulente per la United Steelwokers Union, il sindacato dei
siderurgici. Fino a quando Obama non l'ha chiamato per
fare il duro della task force. Ruolo che, a quanto pare, ha saputo giocare
molto bene. \
( da "Stampa, La" del
01-05-2009)
Argomenti: Obama
a cura di Marco
Sodano Domande e risposte ACCORDO STORICO Lo scambio Da Torino motori verdi Gli
americani apriranno agli italiani le porte della loro rete di vendita IL FUTURO
DOPO LA FIRMA Cosa cambia per Fiat e Chrysler Davvero Fiat ha comprato Chrysler
a costo zero? Non è proprio a costo zero: Fiat, in cambio del 20% della casa
americana fornirà tecnologie e progetti, non denaro. Anche le tecnologie
rappresentano un valore. E poi Fiat non ha ancora comprato: l'iniziale 20%, per
esempio, potrà essere trasformato nel 35% solo se si raggiungeranno determinati
obiettivi, e per salire al 51% bisognerà aver restituito tutti gli aiuti di
Stato. I singoli passaggi saranno discussi uno per uno. Che cosa ci guadagna
Chrysler? Anzitutto, un grosso risparmio sui tempi. Lo sviluppo dei nuovi
motori, più piccoli di cilindrata e più ecologici - secondo
i desideri del presidente Obama - e la loro installazione su vetture più piccole, partendo da
zero richiederebbe quattro o cinque anni di lavoro. Basandosi sulle piattaforme
fornite da Fiat, gli americani possono mettere in produzione la nuova
generazione nel giro di un paio di anni: per sviluppare i modelli avranno spese
molto più basse del previsto, basandosi sulla Mito, sulla Grande Punto e
sul telaio della Panda. E Fiat? Quali vantaggi avrà da questa intesa? In primo
luogo guadagna uno sbocco sul mercato americano immediato, grazie alle reti di
vendita Chrysler. Secondo, può progettare la produzione di modelli da vendere
sul mercato Usa direttamente negli Stati Uniti, in stabilimenti - o parte di
stabilimenti - che potrebbe «ereditare» da Chrysler. I costi di trasporto -
specie con prodotti delicati, voluminosi e pesanti come le auto - incidono
molto sul prezzo finale. Producendo negli Usa potrà vendere le sue auto a prezzi
molto concorrenziali. Perché Detroit ha scelto il Lingotto? In Europa ci sono
produttori più grossi. La peculiarità del mercato italiano è l'alto costo dei
prodotti energetici, a cominciare dai carburanti che costano più che negli
altri Paesi europei. Per fronteggiare questo svantaggio di mercato, Fiat ha
sviluppato prima dei suoi concorrenti europei motori a basso consumo e basse
emissioni, anche per approfittare della politica degli incentivi degli anni
passati. Inoltre, gli altri europei (Renault-Nissan e Volkswagen) hanno già
quote significative del mercato negli Stati Uniti. Con un accordo simile
rischiavano di farsi concorrenza da soli aggiungendo, in dimensioni, molto poco
alla loro capacità produttiva. Il mercato americano è pronto per le auto italiane?
Difficile prevedere come un mercato reagisce a un prodotto: la novità, finché
non la si sperimenta, resta una questione di previsioni. Ma il vero nodo
dell'alleanza non sta nel vendere le auto italiane in America o viceversa. Si
tratta di raggiungere numeri abbastanza grossi per stare in piedi. Sergio
Marchionne ha detto che servono sei milioni di vetture l'anno. Chrysler e Fiat,
insieme, arrivano più o meno a quattro. Importa poco dove si vendono:
l'essenziale è realizzare le economie di scala che rendono redditizia
l'attività del gruppo. La bancarotta controllata di Chrysler cambia le cose?
Nella sostanza no. Il Lingotto acquisirà la sua quota dal «fallimento» anziché
direttamente da Chrysler. Qualche complicazione potrebbe nascere sui tempi, che
si allungheranno di un mese e mezzo almeno. Passato questo periodo, si
costituirà una nuova società in partnership con Fiat. Sie i tempi saranno
rispettati, più o meno negli stessi giorni dovrebbe arrivare anche la
«soluzione» per General Motors, l'altra grande malata di Detroit. L'opzione
Opel resta aperta? L'accordo con Chrysler, dal punto di vista del Lingotto, per
il momento è a costo zero. Dunque non pregiudica ulteriori alleanze, anche se
dovessero richiedere investimenti. Ma è una partita del tutto indipendente.
Rispetto ai concorrenti di Magna - i canadesi interessati a loro volta ad Opel
- Fiat è in vantaggio perché produce già auto, mentre i canadesi sono un big
della componentistica. Viceversa, Magna è in vantaggio sul piano della
liquidità: sarebbe pronta a investire cinque miliardi di dollari, anche se il
punto per il momento resta ancora controverso. Il governo tedesco preferisce
Magna. Perché la grande crisi ha pesato sull'auto Usa più che su quella
europea? In primo luogo perché i consumi americani si sono ridotti molto più di
quelli europei. In secondo luogo perché le case americane si sono esposte
moltissimo sui mercati finanziari per finanziare i prestiti ai loro clienti.
Negli Usa si dice - una battuta che spiega bene il meccanismo di quel mercato -
che l'attività principale dei produttori è quella dei prestiti, non più la
produzione di vetture. E il sistema dei prestiti ha sofferto la crisi di
liquidità della finanza. In Europa l'auto paga solo la riduzione - pesante -
del mercato. Tra i creditori Chrysler c'è anche il sindacato. Perché? Il
sistema di previdenza e pensioni americano è diverso. Negli Stati Uniti sono
aziende e sindacati che pagano pensioni e cure sanitarie, raccogliendo i
contributi. Le società dell'auto, in condizioni normali, disponevano dunque di
un'enorme liquidità che veniva investita sui mercati finanziari. La grande
crisi ha eroso quei capitali, facendo crollare la liquidità delle case di
Detroit e mettendole in serie difficoltà. A quel punto il sindacato - e
indirettamente i lavoratori - sono finiti nella lista dei creditori in attesa
di denaro.
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 4 -
Economia Auto "verdi", stop ai tagli e il sindacato nel cda ecco il
piano della rinascita Il dossier Obiettivo: vetture che facciano circa sedici
chilometri con un litro di benzina Tecnologia e piattaforme italiane in cambio
della forte rete di vendita americana SALVATORE TROPEA WASHINGTON - L´eresia di
una 500 nel paese passato alla storia per le sue macchinone tutte pinne,
borchie e luminarie. Si regge su qualcosa che si può definire il «compromesso
per l´alleanza» sullo sfondo del quale c´è la salvezza della Chrysler e una
vettura con tecnologia Fiat, piccola, ecologica, a prezzo contenuto. Insomma,
la 500 o l´Alfa Mito. La Fiat può accettare questo compromesso se la posta in
gioco è quella che uno dei negoziatori di Washington ha definito «l´affare del
secolo». In alternativa c´era il fallimento dell´alleanza con Chrysler che per
gli americani avrebbe voluto dire la scomparsa dell´azienda e per i torinesi la
perdita della possibilità di entrare nella cerchia ristretta dei grandi
dell´automobile e come tale ritornare dopo ventitrè anni in America. E´ questo
il senso del Chapter 11, ovvero la bancarotta pilotata che la notte scorsa ha
consentito ai negoziatori di superare l´ostacolo degli ultimi creditori e
arrivare a un´intesa che sposta nel tempo l´assetto burocratico della nuova
società ma non la sua operatività che invece può partire da subito. E che
salva, come ha detto Obama, 30 mila posti di lavoro. Dunque, non ci sarà nessuna riduzione
di personale, oltre quella già annunciata. Ma vediamo come prima cosa, come
funzionerà il Chapter 11 scelto per Chrysler. La bancarotta pilotata prevede
che una società si presenti da un giudice e ammetta il suo stato fallimentare,
aggiungendo anche di avere un partner al quale trasferire gli asset buoni.
Il giudice, dal canto suo, accerta le pretese dei creditori e autorizza la
nuova società a rimettersi al lavoro col nuovo socio e con gli asset ad essa
trasferiti. In sostanza si crea una Newco che in questo caso consente a Fiat di
lavorare sulla base dell´accordo con Chrysler. Contemporaneamente verrà
costituita una Oldco posseduta in questo caso dal Tesoro americano il quale
provvederà a vendere tutti gli asset della vecchia società per poter soddisfare
con il ricavato i creditori. Si prevede che questo processo possa durare al
massimo un paio d´anni durante i quali la Newco che, come già stabilito,
continuerà a chiamarsi Chrysler, potrà avviare il suo piano di risanamento e
rilancio. Per quanto riguarda le quote la nuova società sarà posseduta per un
20 per cento dal Lingotto, per un 55 dal Veba, ovvero dal fondo pensioni dei
sindacati americani (Uaw) e canadesi (Caw), mentre un altro 10 sarà controllato
per un 8 dal governo Usa e per un 2 da quello di Ottawa. Il restante 15 per
cento per il momento verrà parcheggiato sotto l´ombrello del Tesoro americano
ma è previsto che poi venga ceduto alla Fiat in tre step, ognuno dei quali
equivale a un 5 per cento: il primo alla introduzione in Usa del motore
superecologico Fiat «Multiair, il secondo con l´espansione della rete Chrysler
fuori dall´area Nafta (Usa, Canada e Messico), il terzo al lancio della prima
vettura con tecnologia Fiat e in grado di fare
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
6 - Economia La reazione L´ironia della Bresso: "Obama guida
italiano, Silvio no" TORINO - «Siamo lieti di questa intesa su cui,
qualche anno fa, non avremmo scommesso un centesimo», dice Mercedes Bresso,
governatore del Piemonte. «Vorrà dire che vedremo prima Obama su un´auto
Fiat che Silvio Berlusconi. Non mi risulta che il nostro premier viaggi su una Fiat o
una Lancia». L´intesa con Chrysler - aggiunge Bresso - è «forte motivo di
orgoglio e tenuta», ma non risolve i problemi dei lavoratori italiani, nella
Fiat e nell´indotto. «In Piemonte - ricorda - ci sono stati 11 milioni di ore
di cassa integrazione. C´è una grande sofferenza. In sintesi, vedo il rischio
che la Fiat diventi una grande azienda mondiale e che intanto sparisca
dall´Italia. Sarebbe un paradosso». Per evitare la beffa, il governatore chiede
al governo di sostenere la ricerca per l´auto pulita, frontiera che vede Fiat
all´avanguardia.
( da "Repubblica, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 7 -
Economia Gli scioperi Le distinzioni La Cgil prepara lo strappo "Anche i
lavoratori alla guida delle imprese" Epifani: sindacati nei consigli di
sorveglianza Il sindacato italiano ha saputo farsi carico di importanti
sacrifici, ma non avrei firmato la rinuncia agli scioperi fino al 2015 Come
sindacalista non entrerei in un consiglio di amministrazione, meglio conservare
la distinzione dei ruoli rispetto alla proprietà PAOLO GRISERI TORINO - Il
sindacato in consiglio di amministrazione? Il segretario generale della Cgil,
Guglielmo Epifani, ha una controproposta: «Invece di confondere gli azionisti
con i dipendenti credo che sarebbe preferibile il sistema duale, l´istituzione
nelle aziende di un consiglio di sorveglianza che abbia voce in capitolo nelle
scelte strategiche del cda. Ecco, nel consiglio di sorveglianza credo che
dovrebbero trovare posto i rappresentanti dei sindacati». Epifani, qual è la
lezione della vicenda americana? «è la dimostrazione che per uscire dalla crisi
non basta affidarsi al libero mercato. Che sono necessari l´intervento dello
stato, i sacrifici dei lavoratori, l´innovazione tecnologica. Questo, del
resto, succede spesso di fronte a gravi emergenze, quando il libero gioco del
mercato non è sufficiente. In fondo la stessa Fiat venne guidata per un breve
periodo dai consigli di gestione dopo la fine della seconda guerra mondiale».
Avrebbe mai immaginato che la Fiat sarebbe diventato il socio di minoranza in
un´azienda con il sindacato in maggioranza? «Certo, fa effetto. Ma bisogna
subito dire che nella nuova Chrysler il sindacato sarà un socio silente, senza
voce in capitolo nella gestione diretta dell´azienda. Penso che quel 55 per
cento di azioni Chrysler sia il riconoscimento per il grande sacrificio che i
lavoratori statunitensi e canadesi hanno accettato». Il sindacato italiano
avrebbe fatto altrettanto? «Il sindacato italiano ha dimostrato molte volte di
sapersi far carico dei sacrifici necessari. Personalmente non credo comunque
che avrei accettato di sottoscrivere norme come la rinuncia agli scioperi fino
al 2015». Lei entrerebbe in un cda? «Non credo che sarebbe una soluzione
auspicabile. Penso che sia utile mantenere la distinzione tra chi ha la
proprietà di un´azienda e i lavoratori. Il sistema duale, l´istituzione di un
consiglio di sorveglianza, avrebbe invece il vantaggio di rispettare le
differenze consentendo alle organizzazioni dei lavoratori di avere voce in
capitolo e di avere anche le informazioni necessarie sulle strategie della
società. Oggi soffriamo di un deficit di informazione». Anche alla Fiat? «Anche
alla Fiat. Infatti, chiuso l´accordo a Detroit, credo che sia indispensabile
che il Lingotto si sieda al tavolo e ci illustri quali sono le strategie e le
conseguenze per gli stabilimenti italiani». Qual è il suo giudizio sull´intesa
americana? «è il frutto dell´ottimo lavoro di Sergio Marchionne e del
rovesciamento di molte e radicate convinzioni. L´idea che una casa italiana
rilevasse la gestione di una delle tre sorelle di Detroit era fantascienza fino
a poco tempo fa». Un effetto della crisi? «Non solo. Credo anche che sia uno
dei primi effetti della rivoluzione di Obama». I sindacati italiani sono favorevoli all´alleanza con Chrysler
e contrari a quella con Opel. Temete i tagli agli stabilimenti italiani? «Come
i sindacati tedeschi temono tagli a casa loro. Capisco che la Fiat debba
continuare a rafforzarsi e che un accordo con Opel andrebbe in questa direzione
ma è evidente che le sovrapposizioni con la casa tedesca sono notevoli e i
rischi di ristrutturazione sono elevati. Anche per questo è urgente che
la Fiat ci dica quali sono le sue intenzioni sugli insediamenti in Italia». Se
lei sedesse nel cda del Lingotto come difenderebbe l´occupazione? «Destinando
nuovi modelli agli stabilimenti italiani, soprattutto a Pomigliano e Termini.
Credo che dovremo capire meglio qual è il nuovo ruolo che assumono le fabbriche
italiane, con le loro 600 mila auto, in un gruppo che produrrà 4 milioni di
vetture all´anno. Per questo pensiamo di avere rapporti più stretti anche con i
sindacati americani». Che poi sarebbero i nuovi azionisti... «In un certo
senso».
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Prima Pagina data: 01/05/2009 - pag: 1 Firmata l'intesa: al
Lingotto il 20% ora e il 51% dal 2013. Per la casa Usa
bancarotta pilotata Obama lancia
l'accordo Fiat-Chrysler «Insieme costruiremo vetture pulite». Marchionne: un
fatto storico Siglata l'intesa tra Fiat e Chrysler. «Sono lieto di annunciare
ha detto il presidente Obama che Chrysler e Fiat hanno raggiunto un accordo di partnership
che ha elevate chance di successo. Fiat ha dimostrato di poter costruire
auto verdi che sono il futuro dell'industria. Insieme costruiremo auto pulite».
In base all'accordo, che l'amministratore delegato del Lingotto Sergio
Marchionne ha definito «storico», la casa torinese avrà subito il 20% con la
possibilità di salire fino al 51%. Per Chrysler bancarotta pilotata. ALLE
PAGINE 2E3 Agnoli, G. Ferrari, Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Prima Pagina data: 01/05/2009 - pag: 1 SCOMMESSA SULL'AUTO DEL
FUTURO di MASSIMO GAGGI O ra c'è l'accordo, col timbro
della Casa Bianca: l'America di Obama punta le sue carte su Fiat non solo per salvare Chrysler dal
fallimento, ma per renderla col design italiano e la nostra tecnologia di
risparmio energetico il simbolo della riscossa dell'industria manifatturiera
Usa. Un grande successo per il gruppo torinese, ma anche una sfida
straordinaria. Anzi, una serie di sfide. In mezzo alle quali Sergio
Marchionne, col suo Dna di scommettitore, sembra trovarsi assai bene. La prima,
ovviamente, è quella di pilotare a tempo di record l'azienda americana, che da
oggi «congela » i suoi stabilimenti, fuori dalla procedura di bancarotta.
Avviando, contemporaneamente, la sua integrazione col gruppo italiano. Gli
scettici ricordano che, per uscire dal «Chapter 11», normalmente ci vogliono
almeno 12 mesi. Ma questi non sono tempi normali: i protagonisti dell'accordo
puntano su un numero «magico», 363. È la sezione del Codice americano che
consente al Tribunale di vendere con procedura abbreviata (e senza bisogno del
consenso unanime dei creditori) i beni principali della Chrysler alla nuova
società partecipata dalla Fiat. CONTINUA A PAGINA 36
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag: 2 Il precedente Quel sogno
ambientalista del giovane senatore Più miglia per gallone, o, per dirla
all'europea, più chilometri per ogni litro di benzina. Quello dell'efficienza
delle auto americane è sempre stato un pallino di Barack Obama. E i tre «big» Usa - Ford, GM e
Chrysler - lo hanno sempre saputo. Ben prima che nel 2007, da senatore
dell'Illinois ma già candidato presidente, Obama si recasse a Detroit per spiegarglielo direttamente. A luglio
del 2006, con il senatore repubblicano Richard Lugar, aveva presentato un
progetto di legge con obiettivi assai chiari: ridurre drasticamente i
consumi delle vetture «made in Usa», tagliare la dipendenza petrolifera del
Paese, ripulire l'ambiente. Con una contropartita a base di lauti incentivi per
i tre produttori. Si è calcolato che automobili e «light trucks» americani
siano responsabili del consumo di un decimo del petrolio che serve al mondo. E
gli States, diceva Obama, potrebbero risparmiare ogni
giorno un terzo di quanto importano se i veicoli in circolazione avessero la
stessa efficienza di quelli giapponesi,
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag: 2 Obama: Chrysler si salverà grazie alla
tecnologia Fiat «Insieme per l'auto verde del futuro». Berlusconi: Italia
orgogliosa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Forse mai bancarotta è stata
più dolce, ha generato più entusiasmo, si è rivelata più promettente per ognuno
dei protagonisti. È come se il rovello shakespeariano su cosa ci sia in
un nome, si fosse improvvisamente rovesciato, la stessa parola in questo caso
significando cosa affatto diversa e bancarotta diventando sinonimo di
redenzione e rilancio. «Abbiamo fatto i passi necessari per dare a Chrysler,
una delle case automobilistiche americane con più storia, una nuova chance di
esistenza», ha detto ieri Barack Obama, annunciando
che il più piccolo del giganti di Detroit e la nostra Fiat daranno vita a «una
partnership che ha forti possibilità di successo» e salverà 30 mila posti di
lavoro nel gruppo e centinaia di migliaia nell'indotto. Giusta l'intesa, alla
casa torinese va il 20% del pacchetto azionario di Chrysler, che potrà poi
salire al 35%, una volta che tutti i prestiti federali saranno stati
rimborsati, con un'opzione per il 51% dal 2013. Sicuro corollario dell'accordo,
l'arrivo di un nuovo condottiero al vertice del gruppo del Michigan: Bob
Nardelli, ieri pubblicamente ringraziato da Obama per
il ruolo costruttivo avuto nella partita, ha già annunciato di volersi
dimettere. Lo farà probabilmente al termine del passaggio obbligato per
l'azienda americana, quello appunto di portare i libri contabili in tribunale,
chiedendo la protezione del cosiddetto «capitolo 11», che secondo i funzionari
dell'Amministrazione dovrebbe durare tra i 30 e i 60 giorni e comunque non
fermerà l'operatività di Chrysler. Il governo federale è pronto a garantire
fino a 3,5 miliardi di dollari, per liquidare i creditori. Come ha spiegato il
presidente, servirà a far pulizia dei debiti rimanenti e rimettere la compagnia
in grado di stare in piedi da sola, dopo che un piccolo gruppo di speculatori
ha rifiutato la proposta del Tesoro Usa, arrivato a offrire loro 2,25 miliardi
di dollari in cash, in cambio della remissione di 9,6 miliardi di debiti: «La
bancarotta non è un segno di debolezza, ma un altro passo sul sentiero della
chiarezza che porta alla rinascita di Chrysler. Sarà un processo breve,
efficiente e controllato ». A chi obietta sulla scelta del fallimento, fosse
pur limitato, Obama risponde che non «sarebbe stato
sostenibile lasciare nei conti debiti enormi» e in ogni caso «era inaccettabile
che una pattuglia di speculatori mettesse a rischio il futuro di Chrysler,
rifiutando di fare la sua parte di sacrifici». Il presidente ha avuto parole
durissime per il drappello di gruppi d'investimento e «hedge funds », che hanno
preferito stare a guardare, sperando in un salvataggio pubblico, alcuni
domandando addirittura rendimenti doppi di quelli chiesti dagli altri
prestatori: «Io non sto con chi specula quando gli altri si sacrificano, io sto
con i dipendenti della Chrysler e le loro famiglie, io sto con il management e
i milioni di americani che posseggono a vogliono comprare una Chrysler». Obama ha elogiato Fiat, rinnovando il suo atto di fiducia
nelle capacità del gruppo italiano: «Questa alleanza darà a Chrysler non solo
la chance di sopravvivere, ma di fiorire nell'industria globale dell'auto. Fiat
ha dimostrato di poter costruire le automobili pulite e a basso consumo che
sono il futuro del settore. E ora si è impegnata a trasferire miliardi di
dollari in tecnologie avanzate a Chrysler, per aiutarla a fare altrettanto. Ha
anche preso l'impegno a lavorare con Detroit, per realizzare nuovi modelli e motori
a basso consumo qui in America». L'accordo con Chrysler apre nuovi orizzonti
per l'azienda torinese. La sua realizzazione pratica sarà probabilmente il
laboratorio per gli eventuali accordi futuri, a cominciare da pezzi importanti
di General Motors, come Opel e le attività in Sudamerica. Anche Silvio
Berlusconi si è detto «molto soddisfatto » per l'accordo tra Torino e Detroit.
Secondo il presidente del Consiglio, l'Italia può essere «orgogliosa » di
un'intesa che «conferma le capacità indu-- striali e di innovazione tecnologica
raggiunte dalla Fiat». L'accordo, si legge in una nota di Palazzo Chigi,
«rappresenta un'ulteriore testimonianza delle forti relazioni economiche e
commerciali tra Italia e Stati Uniti ed è una dimostrazione tangibile dell'impegno
comune dei due Paesi, nel fronteggiare l'attuale congiuntura economica
internazionale». Paolo Valentino Il presidente «Sto con chi fa sacrifici, non
con gli speculatori Rischio inaccettabile per un'industria storica» Il
presidente Usa Barack Obama e la squadra economica
dell'amministrazione
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag: 3 Il manager Al Lingotto una
quota del 20%, poi potrà salire al 51% dal 2013 Lo storico accordo di
Marchionne parte dalle fabbriche a Detroit La svolta della bancarotta pilotata:
dialogo diretto con il socio-governo MILANO Per Sergio Marchionne quello di
ieri è stato il giorno più lungo di una trattativa durata quasi un anno.
L'«uomo del pullover», come ormai viene chiamato anche negli Usa, ha firmato
l'accordo nelle prime ore del mattino. Poi è arrivato l'annuncio
ufficiale da parte di Barack Obama. Da quel momento è scattata la fase più «burocratica», fatta
soprattutto di carte da siglare. Quindi i ringraziamenti di rito e, infine, la
partenza per l'Italia, insieme con l'inseparabile Alfredo Altavilla, il numero
uno di Powertrain e da sempre il «ministro degli esteri» della Fiat. Un
rientro trionfale. Non solo per gli applausi unanimi di politici ed economisti
(a cominciare dallo stesso presidente del Consiglio), ma soprattutto perché
l'operazione si è conclusa nel miglior modo possibile. Paradossalmente
l'intransigenza dei creditori «minori», in pratica gli hedge funds, fortemente
criticati da Obama, ha favorito la Fiat. Le loro
resistenze hanno reso inevitabile il ricorso alla procedura di liquidazione,
che alla fine si è rivelata la strada più favorevole per il Lingotto. La
costituzione di una nuova società, con la precedente in liquidazione (sul
modello utilizzato da noi per Alitalia), ha permesso infatti a Marchionne di
trattare direttamente con il governo Usa, lasciando ai Tribunali la procedura
di scioglimento della vecchia Chrysler. Con un quadro così chiaro, si può
incominciare subito a lavorare. «Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi è
stata una delle prime dichiarazioni di Marchionne passerò molto tempo a
incontrare i lavoratori della Chrysler e a visitare i suoi stabilimenti». E
ancora: «Siamo solo agli inizi. Con i nostri partner lavoreremo per valorizzare
l'enorme potenziale di questa alleanza e per reintrodurre sul mercato
nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l'Alfa Romeo e la
Cinquecento ». Ma all'orizzonte c'è anche la possibilità che la Fiat diventi
proprietaria di Chrysler: tra il gennaio 2013 e il giugno 2016, infatti, potrà
esercitare un'opzione per acquistare il 16% del capitale della nuova Chrysler,
che, aggiunto al 35% ottenuto nel frattempo attraverso la cessione di
tecnologie, porterebbe al 51% la sua quota azionaria. È fondata, dunque, la
soddisfazione di Marchionne. «Credo che questa operazione rappresenti per la
Fiat e per tutta l'industria italiana un momento storico», ha detto il manager
abruzzese plurilaureato (giurisprudenza, economia, filosofia e, ad honorem,
ingegneria). E anche «un importante passo avanti nell'impegno di gettare nuove
e solide basi per il futuro». Tutto questo è stato possibile grazie alla
collaborazione del Governo Usa, dei sindacati americani e canadesi, delle
quattro grandi banche (JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley)
che hanno accettato di tagliare i propri crediti. Marchionne li ha ringraziati
tutti. Ricordando «la costante dedizione, l'impegno e la creatività dei
componenti la task-force automobilistica statunitense e dei loro colleghi
canadesi». E dando atto ai responsabili delle organizzazioni sindacali dei
metalmeccanici, l'americana Uaw e la canadese Caw, di avere offerto «la loro
costruttiva partecipazione alla nostra sfida comune, che è quella di ricreare
una grande Chrysler». Dai ringraziamenti, infine, non potevano essere esclusi i
dipendenti italiani. «Oggi è un giorno di grande soddisfazione per tutte le
donne e gli uomini della Fiat ha concluso Marchionne . Il fatto che il know-how
della nostra azienda sia stato apprezzato dai più alti livelli dei governi
americano e canadese è per noi un forte stimolo per il lavoro che ci attende.
Siamo certi che da questa alleanza uscirà una Fiat più forte e più
internazionale, con maggiore capacità di competere sui mercati di tutto il
mondo». Giacomo Ferrari Sergio Marchionne, ad del gruppo Fiat
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Primo Piano data: 01/05/2009 - pag: 3 Rinolfi e i supertecnici
Fisici e ingegneri, il team dei motori puliti DAL NOSTRO INVIATO TORINO Uno
pensa: è il regno degli ingegneri. Ma, sorpresa, il re è poi un fisico. Gli
ingegneri li ha tutt'intorno, sono la sua squadra. È con quella che un po' alla
volta il Lingotto ha scalato le classifiche della tecnologia «risparmio più
ambiente». Nascono da lì i motori che hanno convinto Barack
Obama che sì, è il know how
Fiat la carta da giocare non solo per provare a salvare Chrysler ma per tentare
di convertire, almeno quel tanto, gli americani a una guida un po' meno cara e
un po' più verde. E lui è da una vita che a questo si dedica. Rinaldo
Rinolfi, si chiama, e il suo nome sotto i riflettori non ci è mai finito.
Schivo lui, distratti noi. Non Sergio Marchionne (ovviamente). Ha fatto fuori
un sacco di manager vecchia guarda, nei primi tempi (e pure dopo) a Torino.
Rinolfi, 62 anni il prossimo 22 giugno, era e rimane centrale. È «il papà» dei
motori Fiat. È l'uomo che dal Centro Ricerche - c'è entrato fresco di laurea
nel '71, nell'84 ne è diventato direttore, e dopo su su fino alla
vicepresidenza di Fiat Powertrain con guida diretta su tutta, appunto, la
motoristica - ha sviluppato il primo diesel al mondo a iniezione diretta. E poi
quel «common rail» diventato componente-base per tutti i costruttori (peccato
che la Fiat di allora abbia praticamente svenduto il brevetto). E poi ancora il
Multijet, il più piccolo «superdiesel» del pianeta. E in mezzo il metano, e le
ibride, e il lavoro sull'elettrico. E intanto oggi, due mesi fa, il Multiair:
sono i tecnici cui è stato presentato al Salone di Ginevra a giurare che non
c'è nulla di più avanzato. Rinolfi ci lavora da Orbassano. Squadra snella:
Mario Ricco, Roberto Imarisio, Lucio Bernard, Damiano Miceli, Ezio Volpi,
Costantino Vafidis. Ma se se ne stanno chiusi nei loro uffici-laboratori, fuori
dal circuito mediatico, non significa che «chi deve» non sappia chi sono.
L'uomo che molti concorrenti invidiano al Lingotto si è portato a Torino un
Oscar dell'Economist per l'innovazione. Settore: ambiente ed energia. R. Po.
Rinaldo Rinolfi, vicepresidente di Fiat Powertrain, guida la squadra dei super
ingegneri Fiat
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 01/05/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Esteri data: 01/05/2009 - pag: 17 100 giorni Alla conferenza
stampa il presidente conferma il ritiro dall'Iraq nonostante le nuove violenze
«In Pakistan la situazione è fragile» La preoccupazione di Obama per gli arsenali nucleari di
Islamabad DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Uno dei passaggi più drammatici
della conferenza stampa di Barack Obama, mercoledì sera, è stato quello dedicato al Pakistan. Il
presidente americano ha definito «molto fragile» il governo di Islamabad e ha
espresso una certa preoccupazione anche per la sicurezza dell'arsenale
nucleare del Paese islamico, dove le bande dei Talebani stanno mettendo in
croce l'esercito regolare. Quasi un desiderio ad alta voce, Obama
si è detto «fiducioso » che le armi atomiche pakistane siano al sicuro, poiché
«i militari riconoscono l'azzardo e i rischi, nel caso dovessero cadere nelle
mani sbagliate ». Ma, nell'immediato, ad allarmare la Casa Bianca è soprattutto
l'apparente incapacità del governo del presidente Zardari di «garantire il
rispetto della legge e fornire servizi essenziali alla popolazione come
l'educazione e l'assistenza sanitaria », con la conseguenza che «è molto
difficile per loro conquistarsi l'appoggio e la lealtà della popolazione». Obama ha ricordato che a questo scopo la sua Amministrazione
ha stanziato nuovi aiuti al Pakistan per 1,5 miliardi di dollari. In cambio, il
governo americano si aspetta che Zardari, in visita a Washington la prossima
settimana, si concentri con forza e determinazione nella lotta ai Talebani.
Cercando una piccola nota di ottimismo, Obama ha detto
che «il governo di Islamabad comincia a riconoscere che l'ossessione con
l'India, come pericolo mortale per il Pakistan, sia fuorviante e che la vera
minaccia oggi venga dall'interno». La conferenza stampa dei cento giorni ha
mostrato un leader determinato, sereno anche se un po' «sorpreso» dal numero e dalla
contemporaneità di temi critici che si è trovato davanti sin dall'inizio del
mandato: «In genere un presidente ha davanti due o tre grandi problemi, noi ne
abbiamo sette o otto enormi e dobbiamo muoverci in fretta», ha detto Obama, lodando però la pazienza degli americani e ricordando
che «la nave dello Stato è un transatlantico, non un motoscafo veloce». Dunque,
«le conseguenze di ciò che stiamo facendo non si vedranno tra una settimana o 3
mesi, ma fra tre, dieci o vent'anni». Alla domanda su cosa lo abbia
«inquietato» di più nei primi cento giorni, Obama ha
risposto: «La partigianeria politica di Washington anche quando siamo in mezzo
a grandi crisi». Sull'Iraq, il presidente ha negato che l'ondata di violenza
registrata nelle ultime settimane metta i discussione il calendario del ritiro,
che vuole tutte le truppe da combattimento americane fuori entro il 2010. E'
vero, ha ammesso Obama, ci sono stati «attentati
spettacolari », ma «il numero di morti civili e gli atti di violenza rimangono
bassi rispetto a quanto succedeva ancora un anno fa». La strada maestra rimane
quella di lavorare con le autorità irachene, per il completo passaggio nelle
loro mani di ogni responsabilità di sicurezza. Per la prima volta Obama ha anche ammesso, sia pure indirettamente, che
l'Amministrazione Bush abbia autorizzato la tortura: «Il waterboarding è
tortura. E' stato un grave errore». E il presidente ha anche rovesciato
l'argomento usato per attaccarlo dall'ex vicepresidente Cheney, secondo il
quale l'uso delle «tecniche avanzate» avrebbe consentito di ottenere preziose
informazioni: «La domanda da farsi è piuttosto se quello fosse l'unico modo di
ottenerle. Nessun rapporto d'intelligence mi ha convinto che quei metodi
fossero necessari». Paolo Valentino Ha detto \\ Il governo di Islamabad
comincia a riconoscere che «l'ossessione indiana» è fuorviante \\ Le
conseguenze di ciò che stiamo facendo si vedranno fra tre, dieci o vent'anni
Terza Il presidente Usa Barack Obama in un corridoio
della Casa Bianca dopo aver tenuto, mercoledì, la terza conferenza stampa
trasmessa in tv in tutto il Paese in prima serata (Epa/Getty Images)
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Cronache data: 01/05/2009 - pag: 21 Il virus alla Casa Bianca Il
viaggio presidenziale e il giallo della visita al museo DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE NEW YORK Giallo sanitario alla Casa Bianca. Un membro del team
di sicurezza del presidente Usa Barack Obama che era
stato in Messico per preparare la sua recente visita potrebbe essere stato
contagiato dal virus H1N1. Lo ha riferito il portavoce della Casa Bianca,
Robert Gibbs, precisando che gli altri componenti della delegazione stanno bene
e non hanno alcun sintomo influenzale. L'uomo, di cui non è stata comunicata
l'identità, non è risultato positivo al test del virus H1N1. Ma tre membri
della sua famiglia, la moglie, il figlio e il nipote, sarebbero stati infettati
dalla febbre suina. «Gli esami cui sono stati sottoposti i familiari dell'uomo
hanno dato esito positivo al virus H1N1 ha sottolineato Gibbs ma non è stato
confermato se si tratti della stessa variante che sta mietendo vittime in
Messico. E comunque adesso sono guariti». Il misterioso
uomo era atterrato in Messico lo scorso 13 aprile, tre giorni prima dell'aereo
di Obama e del suo
entourage più stretto, per preparare la visita del segretario all'Energia,
Stephen Chu. L'uomo non sarebbe mai salito a bordo dell'Air Force One,
trovandosi però alla stessa cena di lavoro presieduta da Obama a Città del Messico il 16 aprile.
«In quell'occasione non si è mai avvicinato a più di due metri dal presidente »
ha precisato Gibbs, secondo il quale «anche Chu non ha mostrato alcun sintomo
influenzale». Ma ad accrescere il giallo è il fatto che l'uomo aveva iniziato a
non stare bene il 16 aprile e, nonostante l'indomani avesse il febbrone, era
rimpatriato in Usa il 18, tornando al lavoro due giorni dopo. Considerato il
tempo ormai trascorso dalla visita in Messico, secondo Gibbs «è molto, molto,
molto improbabile» che qualcun altro della delegazione possa essere stato
contagiato. Il suo caso fa seguito al recente giallo sulla morte di Felipe
Solis, direttore del Museo nazionale di antropologia della capitale messicana,
che aveva stretto la mano di Obama durante la
trasferta in Messico. La sua improvvisa morte ha fatto rabbrividire lo staff
del presidente che, come ha ribadito più volte il suo staff, «non ha corso
rischi di contagio durante la sua recente visita a Città del Messico». Ricardo
Alday, portavoce dell'ambasciata del Messico negli Usa, ha affermato che Solis
è morto il 23 aprile, una settimana dopo aver ricevuto Obama,
«ma il decesso è avvenuto per complicazioni di condizioni preesistenti, e non
per l'influenza dei suini». Alessandra Farkas Con la mascherina Una donna
arriva al Gatwick inglese (Afp)
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Cronache data: 01/05/2009 - pag: 21 Cronache La febbre suina
L'Oms conferma 260 casi e lo stato d'allerta 5 «Chi torna dal Messico stia
sette giorni a casa» La linea di Fazio. Sintomi nello staff
di Obama DAL NOSTRO INVIATO
LUSSEMBURGO Il Consiglio straordinario dei ministri della salute europei ha
ammesso che la febbre suina, ribattezzata «nuova influenza» per non penalizzare
il settore della carne di maiale, è probabile che si diffonda in Europa come
pandemia, trasmettendo così rapidamente il virus N1H1 da persona a persona,
ma in modo leggero e non mortale come in Messico, epicentro dell'epidemia.
Nella riunione a Lussemburgo si è deciso soprattutto di coordinare gli
interventi precauzionali lasciando le decisioni delle singole misure ai governi
nazionali. L'Italia, rappresentata dal sottosegretario per la Salute Ferruccio
Fazio, ha suggerito un periodo di riposo a casa a chi rientra dal Messico e
dovrebbe tornare a una quotidianità di lavoro e studio con contatti con altre
persone (entro
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Opinioni data: 01/05/2009 - pag: 36 LETTERA SUL LAVORO Modello
Bergamo per il I Maggio di PIETRO ICHINO SEGUE DALLA PRIMA Poi ci sono quelli
che invece questa crisi la soffrono, eccome. Centinaia di migliaia di titolari
di contratti a termine, lavoratori «a progetto», «partite Iva» simulate, che
hanno perso o stanno perdendo il posto senza un giorno di preavviso e senza una
lira di indennità di disoccupazione. I dipendenti di aziendine cui è stato
tolto l'appalto di servizi. I lavoratori in Cassa integrazione, che allo
scadere della cinquantaduesima settimana perdono il sussidio. Stanno col fiato
sospeso anche i lavoratori di aziende private per i quali fin qui il lavoro non
è mancato, ma è pur sempre a rischio. Per questi milioni di persone che nella
crisi rischiano una piccola o grande catastrofe personale e familiare, il
governo si ingegna a prolungare di un poco la Cassa integrazione, oppure ad
ampliare, nei limiti di un bilancio all'osso, il campo del trattamento di
disoccupazione, invitando gli imprenditori a stringere i denti e a rinviare il
più possibile i licenziamenti. L'opposizione propone l'allungamento e
l'estensione di quei trattamenti a tutti. L'uno e l'altra sperano comunque che,
più o meno rafforzati per far fronte all'emergenza, questi ammortizzatori
bastino per passare la nottata: l'idea bipartisan è che, quando il vento
tornerà a gonfiare le vele della nostra economia, tutti potranno riprendere il
lavoro che hanno dovuto temporaneamente sospendere, come i cuochi e gli
scudieri del castello della Bella Addormentata finalmente risvegliata dal bacio
del principe. Le cose, però, non andranno esattamente così. Il vento tornerà
magari anche impetuosamente a gonfiare le vele soltanto di una parte delle
nostre imprese. In alcuni punti del tessuto produttivo sta già incominciando ad
accadere: per esempio in settori in cui siamo leader mondiali, come quello del
mobile, quello delle macchine utensili, o quello delle nuove tecnologie
ferroviarie, dove i cinesi stanno investendo un sacco di soldi e si appresta a
farlo anche l'America di Obama. La crisi, però, avrà anche l'effetto di mutare i connotati
della nostra economia: un'altra parte delle nostre imprese resterà a secco. Il
problema della protezione dei lavoratori è come guidarli e assisterli
nell'itinerario che può condurli a trovare la nuova occupazione là dove si sta
spostando la domanda di lavoro. Spendere in trattamenti di integrazione
salariale o di disoccupazione è giusto e necessario, ma può persino avere
qualche effetto controproducente, di intorpidimento della ricerca della nuova
occupazione. Per uscire bene dalla crisi occorre soprattutto attivare ingenti
processi di mobilità interaziendale, offrendo ai lavoratori non solo sostegno
del reddito, ma soprattutto servizi di informazione, orientamento, formazione
professionale di alta qualità, mirata specificamente agli sbocchi fin d'ora
individuabili, dove necessario anche assistenza e incentivi alla mobilità
geografica. Occorre, per questo, un ordinamento del lavoro in parte nuovo e un
sistema di servizi nel mercato che consenta ai lavoratori di affrontare
serenamente il processo di aggiustamento industriale, non vedendo in esso un
rischio di catastrofe economica personale, ma al contrario un'occasione in cui
si investe nel loro capitale umano, la premessa per una migliore valorizzazione
del loro lavoro. Protagonista di questa trasformazione deve essere la
contrattazione fra imprese e sindacati. Il sistema di relazioni industriali
deve accantonare per qualche tempo le polemiche di questi ultimi mesi e
concentrare tutte le energie e le risorse per dotarsi degli strumenti necessari
nel mercato del lavoro. Come è accaduto a Bergamo, dove nei giorni scorsi Cgil,
Cisl, Uil e associazioni imprenditoriali hanno firmato un accordo locale che
può essere per molti aspetti considerato un modello. Iniziative analoghe stanno
maturando anche in altre zone del Centro-Nord. Questi accordi territoriali
chiedono spazio e dove possibile sostegno pubblico per sperimentare tecniche e
modelli di protezione del lavoro diversi rispetto al passato. Una cultura
industriale adatta ai tempi. Qualche cosa di molto diverso dalle politiche del
lavoro puramente passive che abbiamo conosciuto finora.
( da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Opinioni data: 01/05/2009 - pag: 36 FIAT-CHRYSLER/ 1 Scommessa
sul futuro di MASSIMO GAGGI SEGUE DALLA PRIMA La scommessa
delle aziende ma anche quella di Obama, che ha messo esplicitamente tutto il suo peso dietro
l'operazione è di chiudere questa delicatissima fase a tempo di record: 60
giorni al massimo. Poi la nuova Chrysler «italiana» dovrà bruciare le tappe per
mettere sul mercato Usa i nuovi modelli e conquistare una significativa fetta
del mercato, invertendo il trend declinante registrato dall'azienda Usa
negli ultimi anni. Non è una scommessa facile, ma è anche una irripetibile
occasione arricchita dall'ipotesi di integrazione anche con le attività europee
di GM (Opel) di scompaginare l'assetto del mercato mondiale dell'auto, trovando
lo spazio per un nuovo protagonista capace di produrre 5-6 milioni di veicoli
l'anno. Obama si espone molto, accetta un rischio
molto elevato, dimostrando grande fiducia in un'azienda italiana, nella sua
tecnologia e in un manager che gioca sulla sua immagine di «pokerista», ma che
alla Casa Bianca è soprattutto percepito come un grande agente di cambiamento;
uno che rischia, ma con un progetto chiaro in mente. Quella annunciata ieri è
un'operazione industriale, ma per il presidente Usa il significato di
Chrysler-Fiat va ben oltre l'auto. Già ieri è diventata il terreno per un
«regolamento di conti» con la parte di Wall Street che Obama
considera maggiormente responsabile del disastro finanziario: «hedge fund» e
banche d'affari che mantengono una mentalità pre crisi e restano ostili a ogni
intervento del governo federale in economia, sia esso congiunturale o
strutturale. Domani su aziende come Chrysler- Fiat si giocherà addirittura il
destino di un pezzo del sistema sanitario Usa, visto che la possibilità di
continuare a finanziare cure mediche con meccanismi di mercato dipenderà anche
dai margini di profitto che gruppi come questo riusciranno a realizzare.
(
da "Corriere della Sera"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Eventi data: 01/05/2009 - pag: 41 L'analisi Il numero uno dell'ente petrolifero sottolinea il ruolo innovativo di Mattei. L'ad Scaroni: «>Fu
capace di compiere scelte audaci» Poli: «Il futuro verde di Obama non l'avrebbe spiazzato» di
GABRIELE DOSSENA D a risorsa strategica e contesa, capace di condizionare lo
sviluppo economico di intere nazioni e di scatenare guerre per assicurarsene
gli approvvigionamenti, a fonte energetica destinata a perdere progressivamente
importanza. Al di là delle previsioni più catastrofiste che predicono un
rapido esaurimento dei giacimenti di petrolio ( The End of Oil, il libro
dell'americano Paul Roberts, ha fatto scuola in tutto il mondo), la linea l'ha
data il presidente Barack Obama, che ha deciso di
rilanciare l'economia degli States puntando sullo sviluppo delle energie
rinnovabili, declassando così in secondo piano il ruolo dell' «oro nero». In un
simile contesto come si sarebbe comportato Enrico Mattei, «il petroliere senza
petrolio»? La nuova politica energetica «verde» avviata Oltreoceano avrebbe
spiazzato il fondatore dell'Eni, oppure sarebbe stata raccolta come una nuova
sfida? Roberto Poli, attuale presidente del gruppo di San Donato Milanese, non
ha dubbi. E cita lo slogan adottato per le celebrazioni del centenario della
nascita di Mattei: «Il futuro è di chi lo sa immaginare». Una scelta, ha
spiegato lo stesso Poli nel corso della presentazione della fiction alla
trasmissione tv Porta a Porta, con una ragione precisa: «Riteniamo che questa
sua immaginazione del futuro era talmente elevata che non aveva pari nei suoi
contemporanei. Basti pensare che ha ideato l'Autostrada del Sole, ha previsto
la salita nel tempo dei prezzi del petrolio per andare al nucleare e quindi
costruire la centrale di Latina. Tutto con quindici, vent'anni di anticipo.
Questo fa sì che era impossibile per lui farsi capire dai contemporanei».
Sempre in anticipo sui tempi, dunque. Un visionario e un pragmatico, come molti
lo hanno definito. «Ma queste qualità aggiunge Poli gli hanno consentito di
essere il migliore imprenditore del secolo scorso. Lui è sempre stato troppo
avanti ». Per l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni, «sarebbe
ingenuo riproporre lo stile di Mattei e affrontare le sfide di oggi come lui
fece con quelle del passato. La vera eredità che Mattei ci lascia è il
messaggio, la lungimiranza, la capacità di affrontare i problemi e anche le
sconfitte in modo innovativo, la volontà di compiere scelte audaci per
costruire il futuro. E su questo messaggio, tuttora presente nel patrimonio
genetico del-- l'Eni, vale la pena di investire ancora per alimentare con nuova
linfa lo sviluppo di domani ». E il domani, in casa Eni, è già cominciato.
Coniugando le conoscenze con la capacità di sviluppare la ricerca e
intensificando in maniera sempre più stretta i rapporti con il mondo
accademico. Come testimonia la collaborazione avviata un anno fa con il Mit, il
Massachusetts Institute of Technology, l'università americana famosa per i
Nobel e dove, tra le tante scoperte, è nata l'intelligenza artificiale.
L'accordo tra Eni e Mit ha un doppio significato: dare un contributo concreto
allo sviluppo delle tecnologie solari avanzate e sancire l'ingresso del gruppo
fondato da Enrico Mattei nell'Olimpo della ricerca universitaria, in veste di
«Founding Member» del Mit Energy Initiative (Mitei). Con un obiettivo preciso:
lavorare per consegnare alle nuove generazioni un mondo migliore. La sfida è
grande. Ma la posta in gioco è troppo importante. E l'alleanza industriauniversità
è e lo sarà sempre più in futuro la vera protagonista della svolta nel mondo
dell'energia. Sempre nel solco dell'eredità lasciata da Mattei. Talento «Le sue
qualità gli hanno consentito di essere il miglior imprenditore italiano del
secolo scorso» Ricerca L'accordo fra Eni e Mit sancisce l'ingresso del gruppo
italiano nell'Olimpo della ricerca universitaria Presidente Roberto Poli è a
capo della compagnia energetica Eni da maggio 2002
(
da "Stampa, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampa, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampa, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampa, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampaweb, La"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Repubblica.it"
del 01-05-2009)
Argomenti: Obama
(
da "Stampaweb, La"
del 02-05-2009)
Argomenti: Obama