CENACOLO DEI COGITANTI |
L'asse transatlantico e la
dottrina Clinton ( da "EUROPA
ON-LINE" del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: agenda Usa perché non è un?area di
crisi. Al contrario la Cina è in cima a quell?agenda perché sta finanziando la
spesa pubblica americana con l?acquisto dei titoli di stato, e al momento la
priorità assoluta è la crisi economica, come ha spiegato al Time un analista
del Centre for European Policy Studies di Bruxelles.
Russia: serve nuovo
trattato sul nucleare ( da "Corriere.it"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Mancano le ratifiche di Cina,
Colombia, Egitto, Indonesia, Iran, Israele, Stati Uniti e Vietnam; Corea del
Nord, India e Pakistan non lo hanno neppure sottoscritto. Il numero complessivo
delle adesioni è di 176 Stati, 132 hanno anche provveduto alla ratifica. stampa
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BRIXIA CARGO INVESTE SUL
FUTURO ( da "Bresciaoggi(Abbonati)"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Nel 2008 Brixia Züst aveva chiuso
l'esercizio con un fatturato di circa seimila euro e da questo riparte Brixia
Cargo, con la consapevolezza che un mercato che deve fare i conti con la crisi
globalizzata richiederà il massimo impegno per raggiungere gli obiettivi di
crescita. Una crescita che passa dall'esperienza e dalla professionalità.
coldiretti, no al progetto
( da "Nuova Sardegna, La"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ». Infatti «in un momento di crisi
globalizzata dei mercati agricoli sarebbe assurdo perdere autonomia
funzionale». L'auspicio di Scalas e Saba è che la «notizia sull'accorpamento
sia priva di fondamento, per il bene dell'agricoltura sarda».
Il commento La crisi:
l'alba di... ( da "Giornale.it,
Il" del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: realizzando la prima
globalizzazione e giungendo all'apogeo alla fine del secolo XIX. E subito
scricchiola: prima guerra mondiale (che determinerà la seconda), rivoluzione
russa, crisi del '29: questa crisi è la storia del XX secolo. Il terzo
millennio è quello della globalizzazione, secondo trionfo apparente (e reale)
della civiltà capitalista,
<Il protezionismo
sarebbe una rovina> ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: protezionismo sarebbe una rovina»
--> Lo storico inglese: servono regole internazionali, ma manca un Paese
attorno al quale costruire il consenso Gli europei impantanati tra un'economia
parzialmente globalizzata e un'estensione di norme nazionali Domenica 08 Marzo
2009 SOCIETA, pagina 11 e-mail print Il libro che lo storico inglese Donald
Sassoon ha ora in cantiere è un paragone
LA RESTRIZIONE del credito
ormai in atto da tempo, congiuntamente a una crisi glo...
( da "Giorno, Il (Lodi)"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: LA RESTRIZIONE del credito ormai in
atto da tempo, congiuntamente a una crisi globalizzata nata guarda caso dalla
finanza, sta affossando sempre più anche l'economia del nostro territorio. In
questo quadro a tinte purtroppo sempre più fosche almeno per le micro e piccole
imprese, si inserisce l'operato dei Confidi e l'intervento delle istituzioni.
L'AMMINISTRAZIONE comunale
ha varato tre progetti per la riduzione dei rifiu...
( da "Nazione, La (Pistoia)"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: scuola primaria Galilei e scuola
secondaria Cino da Pistoia), l'uso dell'acqua del rubinetto al posto di quella
imbottigliata. Il progetto prevede la sistemazione di nuove reti per l'acqua
potabile in multistrato, per garantirne la qualità. In pratica l'acqua da bere
arriverà direttamente dall'acquedotto, bypassando i depositi esistenti in
alcune scuole.
Le crisi hanno sempre
qualcosa da insegnare. Se il 1929 ci ha insegnato che il mercato non è in...
( da "Messaggero, Il"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: dalla capacità di acquistare bond
pubblici da parte di paesi emergenti come la Cina e una politica monetaria
espansiva durata troppo a lungo, insieme alla mancanza di trasparenza e
regolamentazione su strumenti finanziari rischiosi e sfuggenti come derivati e
affini. E sul fronte italiano? Anche da noi si sono commessi clamorosi errori
di valutazione.
E l'anti-Obama <re di
Las Vegas> rischia la bancarotta
( da "Corriere della Sera"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: azzardo è legale in 30 Stati Usa».
E così, anche se rischia la bancarotta e se è stato costretto a sospendere la
costruzione di nuovi alberghi a Las Vegas e in Cina, Adelson adesso vuole
dimostrare il suo "impegno sociale" andando avanti col nuovo Sands di
Bethlehem, in Pennsylvania, antica città siderurgica diventata una città
fantasma.
Blitz contro la pedofilia
on line Perquisiti anche tre fiorentini
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 850 segnalazioni del 2008 i server
dei siti internet sono localizzati in Usa (32%); Russia (30%); Olanda (7%);
Inghilterra (6%) Cina e Germania (4%); Polonia (3%), Italia, Spagna, Francia,
Belgio, Austria, Svezia, Liechtenstein, Giappone, Corea del Sud, Turchia (2%),
Israele (1%), Svizzera (1%), Iran (1%), Iraq (1%).
Julia
( da "Corriere della Sera"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: globalizzate », che chiamano in
causa trafficanti, agenti o ex agenti della Cia, capitalisti corrotti e
avventurieri solitari alla pulp fiction con toni alla Philip Marlowe, spesso in
cerca di un'anima gemella. Superati i quarant'anni, Julia, diva dall'alto
cachet, dovrà dimostrare in Duplicity (come ha fatto Meryl Streep in Mamma Mia!
banca etica compie dieci
anni scommessa vinta ( da "Mattino
di Padova, Il" del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cosa ha creato la disfatta della
finanza globalizzata? Una sintesi la troviamo in una parola: l'avidità. Avidità
di manager che, per arricchire i conti della banca e propri, hanno fatto
ricorso con eccessiva disinvoltura a ogni ingegneria finanziaria. E poi c'è
Banca Etica, 30 mila soci per il 77% Onlus, che festeggia oggi il decennale.
La mamma la chiamava la
macchina parlante , un mobile grammofono pezzo unico e raro...
( da "Stampa, La" del
08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: «Per la Cina e il Giappone fu
ideato il modello laccato e istoriato con soggetti a cineserie di cui uno è di
proprietà del nostro lettore. Vi è un buon collezionismo di questo tipo di
grammofoni e il loro valore, secondo le condizioni in cui si trovano, varia tra
i 5 e i 10 mila euro.
Julia (la spia), il
ritorno con un intrigo internazionale
( da "Corriere.it" del
08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: globalizzate », che chiamano in
causa trafficanti, agenti o ex agenti della Cia, capitalisti corrotti e
avventurieri solitari alla pulp fiction con toni alla Philip Marlowe, spesso in
cerca di un'anima gemella. Superati i quarant'anni, Julia, diva dall'alto
cachet, dovrà dimostrare in Duplicity (come ha fatto Meryl Streep in Mamma Mia!
Di fronte alla recessione
globale non siamo tutti uguali ( da "Sicilia,
La" del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: nel caso degli Usa, un'economia e
una «way of life» spinte sul versante del debito, con un reddito garantito
dalla capacità di acquistare bond pubblici da parte di Paesi emergenti come la
Cina e una politica monetaria espansiva durata troppo a lungo, assieme alla
mancanza di trasparenza e regolamentazione su strumenti finanziari rischiosi e
sfuggenti come derivati e affini.
Governancesenza fiducia
( da "Sicilia, La" del
08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il problema più grande con cui ci
misuriamo nel dibattito corrente è quanto i fenomeni di globalizzazione rendano
diversi i sistemi economici oggi rispetto al passato; la maggiore integrazione
dei mercati di sicuro favorisce il propagarsi di situazioni di crisi. Ma non si
può certo pensare di limitare i contagi tornando al passato, ad un mondo meno
integrato!
"Grande Industria e
Mezzogiorno 1996-2007" ( da "Napoli.com"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: societari e i riposizionamenti
competitivi nel contesto della globalizzazione. Nella seconda parte del libro,
partendo dallo scenario che emerge dalla ristrutturazione che nel ventennio 80
? 90 trasforma profondamente il sistema delle imprese del Mezzogiorno, gli
autori ricostruiscono, ? con studi di comparti industriali e casi aziendali di
riposizionamento e ricollocazione sul mercato,
Piano casa, no di
Franceschini: cementificazione dell'Italia
( da "Reuters Italia"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: il rischio cementificazione è
pericolosissimo soprattutto in Italia, perché nella globalizzazione ogni Paese
deve investire in quello che ha e ciò che ci rende unici è l'Italia stessa, il
paesaggio, il centro storico. Rovinare il nostro territorio è come se un Paese
arabo bruciasse il petrolio. Non possiamo rovinare ciò che ci rende
unici".
MOVIMENTO PER LA SINISTRA:
FACCIAMO "BILANCIO PARTECIPATIVO"
( da "Corriere del Sud Online, Il"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 08/03/2009 16:45 Il territorio, ai
tempi della globalizzazione, viene usato come spazio economico unico ; in
questo spazio le risorse locali sono beni da trasformare in prodotti di
mercato, senza tenere in nessun conto la sostenibilità ambientale e sociale dei
processi di produzione, (contratto d?
E il re dei casinò rischia
la bancarotta ( da "Corriere.it"
del 08-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: azzardo è legale in 30 Stati Usa».
E così, anche se rischia la bancarotta e se è stato costretto a sospendere la
costruzione di nuovi alberghi a Las Vegas e in Cina, Adelson adesso vuole
dimostrare il suo "impegno sociale" andando avanti col nuovo Sands di
Bethlehem, in Pennsylvania, antica città siderurgica diventata una città
fantasma.
( da "EUROPA ON-LINE" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L?asse
transatlantico e la dottrina Clinton MARILISA PALUMBO Nonostante abbia
sbagliato qualche nome e fatto una gaffe niente male (quando ha detto che la
democrazia americana esiste da molto più tempo di quella europea),
l?accoglienza riservata a Hillary Clinton a Bruxelles non poteva essere più
calorosa. Gli europei non vedevano l?ora di salutare il neo segretario di stato
e di sottolineare come con la nuova amministrazione le due sponde
dell?Atlantico siano tornate a parlare la stessa lingua. «La maggior parte
delle cose che hai detto potrebbero essere state pronunciate da un europeo »,
ha esultato il presidente del parlamento Ue Hans Pöttering dopo il discorso
della Clinton all?assemblea, per l?occasione piena di giovani lavoratori delle
istituzioni comunitarie. E Hillary non ha fatto nulla per raffreddare gli
entusiasmi, anzi. A proposito della lotta al global warming ha detto che «gli
Stati Uniti sono stati negligenti», e che è ora di agire, rafforzando le
speranze europee di avere al loro fianco Washington nei delicatissimi negoziati
sul dopo Kyoto che si apriranno a Copenhagen a dicembre. Dopo aver avuto il
presidente che voleva, nelle ultime settimane l?Europa ha temuto di essere
stata ?declassata? nella lista dei partner americani quando proprio Hillary,
con una mossa inusuale, ha scelto l?Asia per la sua prima visita all?estero. Ma
le parole della Clinton («Obama e io intendiamo infondere energia nel rapporto
transatlantico»), aggiunte al fatto che il presidente, accompagnato dalla
moglie Michelle, sarà in Gran Bretagna, Germania, Francia e Repubblica ceca tra
il 31 marzo e il 5 aprile, hanno rassicurato gli animi. La verità è che il
rapporto speciale con l?Europa, il cui recupero dopo la frattura irachena era
già cominciato nel secondo mandato di Bush, non è mai stato in discussione.
Semplicemente, l?Europa non è al centro dell?agenda Usa
perché non è un?area di crisi. Al contrario la Cina è
in cima a quell?agenda perché sta finanziando la spesa pubblica americana con
l?acquisto dei titoli di stato, e al momento la priorità assoluta è la crisi
economica, come ha spiegato al Time un analista del Centre for European Policy
Studies di Bruxelles. Ciò non toglie che per affrontare tutte le più grandi
sfide geopolitiche ed economiche Washington abbia bisogno di coinvolgere
l?Europa. Con un approccio diverso però: in cambio di una maggiore
consultazione, ci si aspetta un vecchio continente più disposto a condividere i
fardelli. A cominciare dall?impegno in Afghanistan. Sin dalla campagna
elettorale Obama, che qualche giorno fa ha deciso l?invio di altri 17mila
soldati nel paese, aveva detto che avrebbe chiesto più truppe ai partner
europei, da sempre riluttanti. Ora la collaborazione potrebbe essere facilitata
dal fatto che Washington sembra avere più bisogno di aiuti economici e di
uomini per addestrare la polizia locale che di altri militari. Più soldi
verranno chiesti anche per aiuti al Pakistan, la cui stabilizzazione è ritenuta
essenziale se si vuole avere qualche possibilità di successo in Afghanistan.
Sul fronte economico, dopo che le richieste europee di maggiori consultazioni
sul pacchetto di misure per il risanamento e sui piani di salvataggio delle
banche sono state lasciate cadere nel silenzio, ieri Hillary ha voluto
sottolineare «lo stretto livello di coordinamento e preparazione in vista del
summit del G20 di Londra ». Resta però sullo sfondo la più classica delle
questioni, quella della difficoltà americana a trovare un interlocutore che
parli per tutta l?Europa. Perché se Obama non userà l?arma bushiana del divide
et impera, è anche vero che l?Europa è bravissima a dividersi da sola. Per
questo, dicono gli analisti, il presidente sarà portato a intessere rapporti
più stretti con le nazioni più grandi, dalla Gran Bretagna alla Francia alla Germania
(che sono poi le tre nazioni che ha visitato nel suo tour estivo da candidato e
in cui ritornerà tra pochi giorni).
( da "Corriere.it" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«è il momento di
fare dei veri passi avanti, riprendendo il processo globale di disarmo» Russia:
serve nuovo trattato sul nucleare Il ministro degli Esteri Lavrov: tutti gli
Stati interessati si uniscano contro la minaccia dei missili offensivi Il
ministro degli Esteri russo Lavrov (Reuters) GINEVRA - Il ministro degli Esteri
russo Serghiei Lavrov ha lanciato un appello per il disarmo nucleare. Parlando
alla Conferenza Onu a Ginevra, Lavrov ha ribadito l'importanza di concludere un
nuovo trattato "Start" con gli Usa, che non
limiti solo le testate nucleari ma anche i vettori strategici e che garantisca
ai firmatari l'utilizzo dell'energia nucleare per fini civili. Il capo della
diplomazia russa ha proposto che tutti gli Stati interessati si uniscano contro
la minaccia dei missili offensivi. «È giunto il momento di fare dei veri passi
avanti, riprendendo il processo globale di disarmo, per la prima volta dalla
fine della guerra fredda abbiamo l'occasione di compiere progressi» ha detto
Lavrov, esortando i Paesi presenti a uscire da una «nefasta inerzia». Sulla
delicata questione dello scudo antimissili - oggetto di una lettera inviata
giorni fa da Obama al presidente Medvedev -, il ministro ha chiaramente detto
che «progressi reali nel disarmo nucleare non possono essere compiuti mentre ci
sono sforzi unilaterali di sviluppare sistemi anti-missili balistici».
LAVROV-CLINTON - Venerdì Lavrov aveva concordato con il suo omologo americano Hillary
Clinton di collaborare per arrivare a un nuovo trattato di riduzione delle armi
strategiche entro la fine del 2009 ed è stato sottolineato che il dialogo tra i
due Paesi deve avvenire tenendo conto del rispetto e degli interessi reciproci.
Lavrov e Clinton hanno avuto un «dettagliato scambio di opinioni sulle
questioni attuali inerenti i rapporti russo-americani e sulle tematiche
internazionali di comune interesse, soprattutto nell'ambito dei preparativi del
primo incontro fra i presidenti dei due Paesi, in programma a inizio aprile a
margine del summit del G20 di Londra». Fra i temi trattati anche la lotta al
terrorismo e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, la
soluzione delle crisi regionali a cominciare da Afghanistan e Medioriente. GLI
ACCORDI - Gli "Start" (Strategic Arms Reduction Treaty) sono accordi
internazionali volti a limitare gli arsenali di distruzione di massa, come le
armi nucleari. Il trattato "Start I" fu firmato nel '91 da Stati
Uniti e Urss e prevedeva una riduzione del 40% delle testate nucleari. Nel
gennaio '93 George Bush senior e Boris Eltsin hanno firmato un'integrazione
("Start II") che prevedeva un'ulteriore riduzione di un quarto degli
arsenali. Contestualmente dovevano essere eliminati i missili a testata multipla
ma fu evitato di includere i bombardieri strategici. L'accordo scade a dicembre
2009. Nel maggio 2002 Bush jr e Putin hanno poi firmato a Mosca il trattato
"Sort" (Trattato per la riduzione delle offese strategiche): le parti
si sono impegnate a una riduzione unilaterale indipendente del numero totale
delle testate. IL TRATTATO DEL '68 - Il Trattato di non proliferazione nucleare
(TNP) è un accordo internazionale sulle armi nucleari che si basa su tre
principi: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare. Proibisce
agli Stati che non possiedono armi nucleari di procurarsi tali armamenti e agli
Stati "nucleari" di fornire loro tecnologie nucleari belliche.
Prevede inoltre che il trasferimento di tecnologie nucleari per scopi pacifici
avvenga sotto il controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Il trattato, sottoscritto da Usa, Regno Unito e Unione
Sovietica il 1º luglio 1968, è entrato in vigore il 5 marzo 1970. I firmatari
sono 189. Tra i Paesi che possiedono testate nucleari non vi aderiscono
Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. IL «TEST BAN TREATY» - Esiste infine
un trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari, il CTBT
(Comprehensive Test Ban Treaty), il cui testo definitivo, negoziato inizialmente
in seno alla Conferenza per il disarmo di Ginevra, è stato aperto alla firma il
24 settembre
( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
LA GRANDE SFIDA
«BRIXIA CARGO» INVESTE SUL FUTURO PARTE DA MONTICHIARI IL NUOVO CORSO Brixia
Züst diventa Brixia Cargo e investe sul futuro. L'azienda specializzata a tutto
tondo nel mondo dei trasporti - spedizioni aeree, marittime, ferroviarie e su
gomma sulle rotte internazionali - era attiva dal '95 quando era entrata a far
parte del gruppo Ambrosetti, uno dei maggiori network mondiali delle spedizioni
diventato poi Geodis Züst Ambrosetti. Lo scorso anno Geodis ha separato i rami
di attività in Italia - Geodis Immobiliare, Geodis Traffici terrestri, Geodis
Wilson - e per Brixia Züst si è aperta l'opportunità di affrontare una grande
sfida in proprio. Nasce così Brixia Cargo, nuova denominazione ma inalterate
know-how ed esperienza per affrontare competitivamente il mondo del trasporto.
Brixia Cargo ha sede a Montichiari dove si trova la struttura di
( da "Nuova Sardegna, La" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'accorpamento
Industria-Agricoltura Coldiretti, no al progetto CAGLIARI. La Coldiretti boccia
l'ipotesi di un unico assessorato regionale per l'Industria e l'Agricoltura
prospettato in questi giorni durante le trattative per la formazione della
nuova giunta guidata dal presidente Ugo Cappellacci. «Il settore primario -
hanno dichiarato il presidente e il direttore di Coldiretti, Marco Scalas e
Luca Saba - sta attraversando un momento drammatico in Sardegna, che rende
assolutamente necessario poter contare su un interlocutore politico dedicato».
I responsabili dell'organizzazione agricola hanno quindi affermato che «a parte
le avversità atmosferiche, c'è da mettere mano subito alla piaga
dell'indebitamento, c'è da rivedere la riforma degli enti, quella sui Consorzi
di bonifica, c'è da fare una revisione del Programma di sviluppo rurale». In
conclusione hanno chiesto «come farà un solo assessore a coordinare anche i
1900 dipendenti delle tre aziende agricole?». Infatti «in
un momento di crisi globalizzata dei mercati agricoli sarebbe assurdo perdere
autonomia funzionale». L'auspicio di Scalas e Saba è che la «notizia
sull'accorpamento sia priva di fondamento, per il bene dell'agricoltura sarda».
( da "Giornale.it, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
n. 58 del 2009-03-08
pagina 1 Il commento La crisi: l'alba di una civiltà nuova di zecca di Max
Gallo Quando - e come - usciremo dalla crisi? A fine 2009, si diceva. Ma
l'ultima profezia è che «il 2009 sarà terribile». Si parla del 2010, anzi del
2011. Alcuni pensano a una durata da cinque a dieci anni. E ricordano che la
crisi del 1929 cominciò a finire solo nel 1938-40 e che non furono i grandi
lavori pubblici del New Deal rooseveltiano a strappare gli Stati Uniti alla
disoccupazione e alla recessione, ma il balzo dell'industria degli armamenti,
quindi la guerra. In realtà le previsioni sono incerte perché non si coglie il
fenomeno in toto, essendo incapaci di definirne la natura. Cecità che deriva in
parte dal fatto che gli analisti non vedono l'evento che ci opprime sulla
lunghissima durata. Va abbandonato il riferimento al 1929 e alle crisi di fine
'800. I paragoni vanno fatti coi tramonti delle civiltà, fenomeni di decenni e
perfino di un paio di secoli! Del resto la crisi non è più la causa, ma il
sintomo. Accade così per la fine dell'Impero romano, quando un intero sistema -
economico, politico, culturale - si altera, poi scompare. Ma il processo è
proseguito per l'«antichità tardiva», che va ben oltre la data spesso convenuta
(476). Nel 600, nel 700, si è ancora in un'antichità tardiva, mentre appariva
la feudalità - fondata sulla servitù, la relazione da uomo a uomo, la nascita
dei feudi che poi origineranno regni e nazioni. E il «medioevo», con le
monarchie, si prolunga fino al XVI secolo. Ma già agiscono mercanti fiorentini
e veneziani, fabbricanti, primi banchieri con lettere di credito. Nasce e
cresce il capitalismo, strutturando i rapporti umani, realizzando
la prima globalizzazione e giungendo all'apogeo alla fine del secolo XIX. E
subito scricchiola: prima guerra mondiale (che determinerà la seconda),
rivoluzione russa, crisi del '29: questa crisi è la storia del XX secolo. Il
terzo millennio è quello della globalizzazione, secondo trionfo apparente (e
reale) della civiltà capitalista, mentre la crisi che viviamo segna sia
la sua mutazione, sia la sua caduta. E dopo? Chi lo sa? Ma tutti sentiamo che
in questo mondo «finito» sta apparendo un'altra civiltà (Internet, ecc.). E
presto l'individualismo esasperato, tipico di questo momento storico, sarà
inquadrato e regolato. La crisi dell'industria automobilistica potrebbe
rispecchiare la fine del sistema: l'auto ha permesso di spostarsi liberamente,
è l'espressione della riuscita tecnica e dell'individualismo. Ha organizzato lo
spazio urbano, separato l'abitazione dal luogo di lavoro. Ci ha resi padroni
dello «spazio-tempo». E poi ecco le crisi del petrolio, quella climatica, gli
ingorghi, ecc. Torna il tempo dei radicamenti e soprattutto dei trasporti
pubblici! E Internet permette, come le videoconferenze, il lavoro a distanza.
Una civiltà declina. La crisi è una delle doglie di questo «parto». Ce ne
saranno molte altre. Nell'ultimo mese, 630.000 disoccupati in più! E che cosa
sarà quando fallirà la General Motors! (Traduzione di Maurizio Cabona) ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Eco di Bergamo, L'" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Il protezionismo sarebbe una rovina» --> Lo storico inglese:
servono regole internazionali, ma manca un Paese attorno al quale costruire il
consenso Gli europei impantanati tra un'economia parzialmente globalizzata e
un'estensione di norme nazionali Domenica 08 Marzo 2009 SOCIETA, pagina 11 e-mail
print Il libro che lo storico inglese Donald Sassoon ha ora in cantiere è un
paragone tra due globalizzazioni: quella dal 1850 al 1919 e quella tra il 1950
e il 2010. Si porterà le bozze in Australia, dove dal prossimo autunno sarà
visiting professor all'University of Queensland a Brisbane. La mole del nuovo
libro promette di essere pari a quella di «La cultura degli europei dal
( da "Giorno, Il (Lodi)" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
VETRINA pag. 1 LA
RESTRIZIONE del credito ormai in atto da tempo, congiuntamente a una crisi
glo... LA RESTRIZIONE del credito ormai in atto da tempo,
congiuntamente a una crisi globalizzata nata guarda caso dalla finanza, sta
affossando sempre più anche l'economia del nostro territorio. In questo quadro
a tinte purtroppo sempre più fosche almeno per le micro e piccole imprese, si
inserisce l'operato dei Confidi e l'intervento delle istituzioni.Per
quanto riguarda gli Organismi di garanzia collettiva o più semplicemente
Confidi, il cui compito è quello di dare garanzie al sistema del credito al
fine di favorire l'accesso alle fonti di finanziamento alle imprese associate,
essi rappresentano ora più che mai la «chiave di volta» tra banche e imprese.
Se poi, come nel caso di Artfidi Lombardia (che ha già avanzato richiesta in
merito) verrano iscritti all'art.107 del Testo Unico Bancario, diverrano anche
strumenti di uteriore ponderazione degli accantonamenti obbligatori previsti da
ciò che si chiama «Basilea 2» e che sta all'origine di molti mali delle imprese
minori... *Responsabile Artfidi Lombardia Unione territoriale di Lodi
( da "Nazione, La (Pistoia)" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
CRONACA PISTOIA pag.
( da "Messaggero, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Domenica 08 Marzo
2009 Chiudi Le crisi hanno sempre qualcosa da insegnare. Se il 1929 ci ha
insegnato che il mercato non è in grado di autoregolarsi (poi ce ne siamo
dimenticati) quella attuale, probabilmente, ci lascerà una maggiore attenzione
a quei segnali d'allarme che si è voluto trascurare a favore di un'euforia da
profitto e di un ottimismo di maniera, che si sono rivelati letali. Perché è
vero - come sostiene, per esempio, il vicedirettore generale della Banca
d'Italia, Ignazio Visco - che i prodromi della crisi erano sotto gli occhi di
tutti, ma sono stati sottostimati, complici previsioni statistiche non del
tutto affidabili, "antiche" e rozze come sono rispetto alla
"modernità" di una crisi senza precedenti. Eppure, i problemi erano
evidenti: nel caso degli Stati Uniti, un'economia e una "way of life"
spinte totalmente sul versante del debito, con un "reddito garantito"
dalla capacità di acquistare bond pubblici da parte di
paesi emergenti come la Cina e una politica monetaria espansiva durata troppo a lungo,
insieme alla mancanza di trasparenza e regolamentazione su strumenti finanziari
rischiosi e sfuggenti come derivati e affini. E sul fronte italiano? Anche da
noi si sono commessi clamorosi errori di valutazione. In particolare ci
si è cullati nella grande illusione secondo cui la crisi sarebbe stata un
fenomeno internazionale di fronte al quale "siamo tutti uguali".
Eppure le statistiche, pur rozze, parlavano chiaro: sarebbe bastato guardare
quelle degli ultimi anni per rendersi conto che l'Italia, per dirla con Charles
Collyns del Fondo Monetario, è entrata nella crisi "da una posizione già
di estrema debolezza". Osservando gli ultimi 15 anni, infatti, era
evidente che il nostro pil continuava ad accumulare un gap sia rispetto alla Ue
che agli Usa (rispettivamente uno e quasi due punti e
mezzo di meno all'anno). Così, oggi, non dovrebbero stupire i dati Eurostat
relativi al biennio 2007-2008. Dai quali si evince chiaramente che l'Italia ha
continuato a perdere posizioni, sia rispetto al passato e sia nei confronti dei
suoi competitor. Infatti, il pil dell'Eurozona è cresciuto del 2,6% nel 2007 e
dello 0,8% nel 2008, mentre gli Stati Uniti hanno segnato una performance pari
a +2% (2007) e +1,1% (2008). Se si confrontano questi dati con quelli italiani
ormai definitivi (+1,5% nel 2007 e -1% nel 2008), emergono tre elementi. Primo:
l'Italia da un anno all'altro ha registrato il tonfo peggiore di tutti i suoi
"rivali", pari a una perdita di 2,5 punti di pil, contro 1,8 punti
dell'area euro e 0,9 punti degli Usa. Secondo: a
livello di benchmark europeo, si scopre come l'Italia continui ad aumentare il
gap verso i suoi principali "concorrenti". Nel 2007, infatti, ha
segnato 1,1 punti di minor crescita con Eurolandia (nella media degli ultimi
tre lustri), mentre nel 2008 la forbice sale a 1,8 punti, segnando una performance
negativa del 60% circa. Terzo: il raffronto con gli Usa,
che pure sono l'epicentro della crisi, è ancora più devastante, perché il
differenziale di 0,5% del 2007 sale a 2,1 nel 2008, più che quadruplicandosi.
Sono dati che nella loro drammaticità non hanno però nulla di emergenziale, ma
rappresentano la logica continuazione di un trend più che consolidato. Solo che
è mancato il coraggio di fare una diagnosi conseguente, e dunque di adottare
una cura appropriata. Ma per imparare non è mai troppo tardi. (www.enricocisnetto.it)
( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-08 num: - pag: 6 categoria:
REDAZIONALE Classifiche Proprietario di storici casinò, figlio di un tassista
ebreo lituano, è in testa alla graduatoria di «Forbes» sui ricchi più colpiti dalla
crisi E l'anti-Obama «re di Las Vegas» rischia la bancarotta Sheldon Adelson,
repubblicano radicale, ha perduto il 95% del suo patrimonio di 27 miliardi di
dollari SEGUE DALLA PRIMA «Voglio fare una ricerca e istituire un premio per la
città più noiosa. Magari viene fuori che è Chicago». Circondato ancora da una
vastissima popolarità, trattato con rispetto anche dai politici e dalle lobby
che lo contrastano, il presidente americano non aveva fin qui subito attacchi
di questa durezza. Tantomeno da un grande imprenditore come Sheldon Adelson, il
re dei casinò di Las Vegas, uno che fino a un anno fa si faceva chiamare
Sheldon III: non per motivi dinastici, ma perché a fine 2007 Forbes l'aveva
incoronato terzo uomo più ricco d'America, con un patrimonio personale di 27
miliardi di dollari. Ma oggi Adelson è un uomo furioso e disperato: in poco più
di un anno il figlio di un tassista ebreo lituano che 63 anni fa, quando ne
aveva appena 12, cominciò a guadagnarsi da vivere a Boston vendendo giornali, è
passato da una ricchezza spropositata alla distruzione del 95 per cento del suo
patrimonio. E ora rischia la bancarotta. Con l'impennata dei prezzi dei
carburanti prima e con la crisi finanziaria poi, gli americani hanno ridotto i
loro pellegrinaggi a Las Vegas. Un guaio doppio per Adelson che non solo aveva
costruito giganti come il "Palazzo" e il "Venetian" - 4000
suite e 19 ristoranti - ormai difficilissimi da riempire, ma aveva inventato il
business delle "convention" aziendali e delle fiere, come quella
dell'elettronica che si tiene in gennaio. Il crollo del sistema creditizio ha
fatto precipitare soprattutto questo business. E le poche banche che,
rispettando vecchi impegni, avevano continuato a ricompensare i loro
"broker" e i funzionari più produttivi con una vacanza a Las Vegas,
hanno fatto marcia indietro dopo le scudisciate del leader democratico. Adelson
non ci ha pensato due volte e ha attaccato a testa bassa. Del resto lui, oltre
ad essere un imprenditore in difficoltà, è pure un repubblicano a trazione
integrale: uno impegnato nella difficile impresa di spostare più a destra
l'Aipac, la lobby degli ebrei americani che ha un'enorme influenza sulla Casa
Bianca. Oggi Sheldon se la prende con Obama con la stessa durezza con la quale
l'anno scorso aveva attaccato Olmert perché aveva aperto alla costituzione di
uno Stato palestinese indipendente. Col predecessore di Obama Adelson aveva una
rapporto talmente familiare da prendersi qualche libertà di troppo. Un anno fa
era andato alla Casa Bianca per invitare Bush a diffidare dell'eccessiva
disinvoltura con cui, a suo avviso, l'allora Segretario di Stato Condoleezza
Rice si muoveva in Medio Oriente («sta costruendo la sua immagine, non si
preoccupa della coerenza della tua politica»). Alla fine raccontò che Bush lo
aveva abbracciato ma gli aveva spiegato che non poteva opporsi al doppio Stato
perché «non posso pretendere di essere più cattolico del Papa» (frase
ufficialmente smentita dalla Casa Bianca). Adelson non ha mai tentato, neanche
tatticamente, il dialogo coi democratici. E nemmeno loro hanno mai provato ad
avvicinare un miliardario divenuto celebre per frasi come «l'Islam radicale e
la legge che dà ai sindacati piena libertà di accesso nelle aziende sono le due
principali minacce che pesano sulla nostra società ». Ma il padrone del gruppo
Sands ha ugualmente considerato le parole del presidente su Las Vegas un
affronto, oltre che un colpo mortale al suo "business", perché
Adelson si considera, in fondo, un benefattore: uno che ha creato decine di
migliaia di posti di lavoro. Certo, il gioco d'azzardo non è un modello di
crescita virtuosa della società, ma Obama durante la campagna elettorale non
aveva mostrato di disprezzarlo troppo, quando era andato a battere Hillary
Clinton nei caucus del Nevada, tenuti proprio nei casinò. Sheldon - un uomo
pieno di energia nonostante i 75 anni e una malattia che ha colpito nervi e
muscoli, costringendolo su una sedia a rotelle - schiuma rabbia: aveva
conquistato il suo sterminato impero con le unghie, è stato per decenni un
super-ricco che nonostante i miliardi e il "jumbo jet", un Boeing 747
lungo
( da "Nazione, La (Firenze)" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
24 ORE FIRENZE pag.
15 Blitz contro la pedofilia on line Perquisiti anche tre fiorentini NELLA RETE
DELLA POLIZIA POSTALE UN ADULTO E DUE RAGAZZI DI 16 4 14 ANNI SONO 37 le
persone finite nel registro degli indagati nell'ambito dell'operazione della
Polizia postale di Catania contro un giro di pedo-pornografia on-line che ha
portato a controlli e perquisizioni in varie città d'Italia, anche a Firenze,
in casa di un ragazzo di 14 anni e di uno di 16, oltre che nell'abitazione di
un adulto. Due giorni fa la Polizia Postale di Firenze ha fatto scattare i
controlli sulla base di delega d'indagine e si è presentata a casa di tre
fiorentini e un grossetano. Le verifiche sui computer sono state, come sempre,
molto meticolose e per quanto riguarda lo stralcio fiorentino della
maxi-inchiesta, rassicuranti. Delle tre perquisizioni fiorentine una è stata
effettuata a una persona adulta: non è stato trovato niente di compromettente
dal punto di vista pedopornografico. Due a carico di minorenni, un
quattordicenne e un sedicenne. Quest'ultimo è risultato pulito' nel senso che
nella memoria del suo pc non sono state trovate immagini o filmini vietati'.
L'unico al quale è stato sequetrato qualcosa è il più giovane degli indagati,
il quattordicenne: nel suo computer è stata trovata una sola immagine di una
minorenne nuda. La persona raffigurata in foto, scaricata dalla rete, ha
comunque all'incirca l'età del ragazzo curioso'. Non sembrano dunque pedofili
incalliti e in questo senso gli esperti della Polposta di Firenze hanno inviato
gli atti alla procura di Catania. Nel corso dell'inchiesta a carattere
nazionale, la Polizia ha sequestrato diversi file, tra foto e video, contenuti
in personal computer, tutti condivisi on-line tramite il programma di file
sharing' Limewire: le perquisizioni sono scattate grazie alla recente legge
contro il cyber crime. Per tutti l'accusa è divulgazione di materiale
pornografico minorile. La polizia postale ha eseguito perquisizioni domiciliari
in 29 città italiane. La Procura di Catania ha autorizzato attività sotto
copertura di agenti della polizia postale che si sono finti pedofili e hanno
scoperto filmati pedo-pornografici. L'inchiesta è partita da una segnalazione
dell'associazione Meter di don Fortunato Di Noto. L'allarme arriva dal Rapporto
2008 elaborato appunto da un gruppo di esperti di Meter, che insieme al
sacerdote siciliano collaborano per la segnalazione alla polizia postale e
delle comunicazioni di tutti i portali sospetti e dei siti palesemente a
carattere pedopornografico. Meter e don Di Noto, dal 2002 al 2008 hanno
segnalato 44.050 siti e riferimenti pedofili a tutte le polizie del mondo,
facendo scaturire importanti operazioni con arresti e indagati. Sulle 2.850 segnalazioni del 2008 i server dei siti internet sono
localizzati in Usa (32%); Russia (30%); Olanda (7%); Inghilterra (6%) Cina e Germania (4%); Polonia (3%), Italia, Spagna, Francia, Belgio,
Austria, Svezia, Liechtenstein, Giappone, Corea del Sud, Turchia (2%), Israele
(1%), Svizzera (1%), Iran (1%), Iraq (1%). am ag
( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Spettacoli - data: 2009-03-08 num: - pag: 39 categoria:
REDAZIONALE «Duplicity» In coppia con Clive Owen la diva ancora protagonista è
la sua sfida al box office americano Julia (la spia) Un ruolo alla Matt Damon
per il ritorno della Roberts con un intrigo internazionale NEW York — Proprio
quando il cinema americano sembrava aver trovato una nuova fidanzata per tutta
la platea in Anne Hathaway — anche lei con un sorriso a troppi denti — ecco
riapparire, dopo due gemelli, l'altro figlio e la solita smagliante dentatura,
la «pretty woman» Julia Roberts, regina della commedia romantica hollywoodiana.
è un'attrice, però, capace anche di vincere un Oscar con Erin Brockovich e
questa volta si è data in prestito — per il suo atteso ritorno con in una
produzione degli studios — a una delle tante storie di intrighi e avventure
economico-parapolitiche «globalizzate », che chiamano in
causa trafficanti, agenti o ex agenti della Cia, capitalisti corrotti e
avventurieri solitari alla pulp fiction con toni alla Philip Marlowe, spesso in
cerca di un'anima gemella. Superati i quarant'anni, Julia, diva dall'alto
cachet, dovrà dimostrare in Duplicity (come ha fatto Meryl Streep in Mamma Mia!)
di saper reggere il box office con un thriller girato in mezzo mondo, farcito
di spie doppiogiochiste, lenzuola e notti calde al ritmo di «Besame Mucho» di
Daniel May. Ossia di riuscire, con incassi mondiali, ad essere ancora una top
star e di poter fare concorrenza, in eleganti abiti firmati e mature curve
sinuose (ben diversa, insomma, dai suoi fine Anni '80 con Mystic Pizza e Steel
Magnolia/ Fiori d'acciaio) ai colleghi maschi tipo Matt Damon, star
incontrastata di film simili, ma più complessi, si pensi a The Bourne Identity.
Nel caso della pellicola diretta da Tony Gilroy (guarda caso, proprio l' autore
della trilogia di Bourne), Julia è affiancata da Clive Owen, protagonista con
il quale rivela sempre sullo schermo una riuscita alchimia di suspense e
sensualità: basta ricordare Closer di Mike Nichols. Lei, ormai anche
produttrice in proprio di piccoli e coraggiosi film, sembra sapere il fatto suo
e, già impegnata in un'altra pellicola «al femminile» che da anni tentava di
realizzare,su un gruppo di donne che formarono un circolo di sferruzzanti
donzelle a New York come racconta il best seller di Kathleen Jacobs, si mostra
certa che sarà un ritorno in grande stile. «Sono molto occupata — tiene subito
a precisare — proprio come altre colleghe, e mi riferisco per esempio a Drew
Barrymore, anche sul fronte produttivo dei tv movie oltre che per il grande
schermo. Tra i miei più forti interessi c'è quello di scoprire nuovi e voglio
portare questo sforzo anche al cinema». Come in Michael Collins (1996) e nella
serie di Ocean's, Julia è a suo agio nei film d'intrighi maschili: questa volta
è comprimaria e gioca, con il nome di Claire Stenwick, una partita
spionistico-industriale intrecciata a una forte attrazione fisica per un altro
agente dagli svariati traffici, Ray Koval (Clive Owen , appunto) che dovrebbe
essere un suo rivale, ma con il quale finisce per essere travolta da una
liaison clandestina. Il regista è convinto che la miscela di toni
romantico-avventurosi sia una carta vincente da sempre nel cinema americano che
la società globalizzata si presti perfettamente ai nuovi gialli, in bilico tra
spionaggio e business. «Dove sta la verità oggi? — si interroga Julia —. Forse
si annida nella stabilità che ognuno riesce a dare al proprio privato. Il
passaggio dalla Cia a un'impresa in proprio, il connubio non semplice tra due
ego ambiziosi prestati al servizio degli interessi di corporation farmaceutiche
costituiscono il plot di una storia che per me ha diversi significati, anche la
ricerca di un'onestà personale nella società tra New York, Roma o Zurigo,
Londra, Miami... insomma ovunque. E' interessante scavare con un film dietro
gli intrecci del mondo attuale. Il cinema può farlo, può generare dibattiti».
Riuscirà Julia a comporre con Clive una coppia glamour capace di riportare alla
platea i sogni e le tensioni di una volta? Sono lontanissimi i fasti di Lauren
Bacall e Humphrey Bogart, di Cary Grant e Grace Kelly (i preferiti dalla stessa
Roberts. «Mi è sempre piaciuto fare coppia con qualche attore, penso a Brad
Pitt, a George Clooney, a Liam Neeson e, ovviamente, a Richard Gere. Oggi il
cinema ha bisogno di forti alleanze, lo star system non esiste più,
polverizzato da tante cose, dai canali televisivi... Però l'idea di una Pretty
Woman continua a far sognare tante generazioni, Erin Brockovich è diventato il
simbolo di chi si impegna nella lotta per l'ambiente. Il cinema, in fondo, è
diventato un reality show al quale io chiedo lo stile della vecchia Hollywood e
non volgarità. In questo senso, lo ammetto, voglio essere una star». Giovanna
Grassi \\ E' interessante scavare con un film dietro gli intrecci del mondo
attuale. Il cinema può farlo, può anche servire a generare dibattiti 41 anni
Julia Roberts, 41 anni, torna al cinema con il film «Duplicity», thriller
diretto da Tony Gilroy in cui l'attrice è una specie di spia Suo rivale nella
pellicola, Clive Owen (con lei in alto a sinistra): i due finiranno però per
innamorarsi C'è anche Andrea Un piccolo ruolo anche per Andrea OsvÁrt, qui con
Owen
( da "Mattino di Padova, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Intervista con Mario
Crosta Banca Etica compie dieci anni Scommessa vinta PADOVA. Cosa ha creato la disfatta della finanza globalizzata? Una
sintesi la troviamo in una parola: l'avidità. Avidità di manager che, per
arricchire i conti della banca e propri, hanno fatto ricorso con eccessiva
disinvoltura a ogni ingegneria finanziaria. E poi c'è Banca Etica, 30 mila soci
per il 77% Onlus, che festeggia oggi il decennale. Ne abbiamo parlato
con il direttore Mario Crosta (nella foto). PERTILE ALLE PAGINE 22 E 23
( da "Stampa, La" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
La mamma la chiamava
«la macchina parlante», un mobile grammofono «pezzo unico e raro proveniente
dagli Usa». Ora Filippo di Alessandria chiede notizie
e stima. Questo in sintesi, per motivi di spazio. Spiega il prof. Ferdinando
Viglieno Cossalino: «Per rispondere in modo corretto ecco alcune notizie
storiche. "La macchina parlante" o grammofono fu lanciato sul mercato
nel 1906 dalla Victor Talking Machine Company del New-Jersey, Usa, sotto forma di mobile da salotto a scomparti. A
differenza degli altri grammofoni dell'epoca, incorporava all'interno del
mobile il conoamplificatore della voce nascosto da 2 antine in legno; nello
scomparto superiore c'erano il piatto e il braccio. Quello inferiore fungeva da
piccola libreria per dischi a 78 giri e la manovella per la carica era sul
lato. Costava all'epoca ben 200 dollari, un prezzo elevatissimo, ma andò a ruba
e entrò in moltissime famiglie americane. «Molto apprezzato il logo di questo
prodotto che raffigura un cane (un Jack Russell Terrier) di nome Wipper intento
ad ascoltare i suoni che provengono dalla tromba. Si narra che il primo
collaudo di questo meccanismo in azienda fu fatto dal proprietario del cane che
incise alcune parole; durante la prova si dice che il cane si sia accostato
alla tromba del grammofono per ascoltare «la voce del padrone» ("His
master's voice"). Questo episodio fu adottato come slogan e, tradotto in
diverse lingue, diventò famosissimo (anche in Italia). «L'idea della macchina
parlante fu di un americano di origine tedesca, Emil Berliner, che nel 1888
vendette il sistema alla Victor che lo brevettò. La Victor ideò poi il mobile
per il grammofono, in diversi stili e colori adatti alle tradizioni e culture
di popoli diversi; infatti furono inviati in tutto il mondo. «Per la Cina e il Giappone fu ideato il modello laccato e istoriato con
soggetti a cineserie di cui uno è di proprietà del nostro lettore. Vi è un buon
collezionismo di questo tipo di grammofoni e il loro valore, secondo le
condizioni in cui si trovano, varia tra i 5 e i 10 mila euro. Attenzione
ai tanti bei falsi realizzati proprio per il centenario del grammofono».
( da "Corriere.it" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Duplicity» In
coppia con Clive Owen la diva ancora protagonista Julia (la spia) Un ruolo alla
Matt Damon per il ritorno della Roberts con un intrigo internazionale NEW YORK
Proprio quando il cinema americano sembrava aver trovato una nuova fidanzata
per tutta la platea in Anne Hathaway anche lei con un sorriso a troppi denti
ecco riapparire, dopo due gemelli, l'altro figlio e la solita smagliante
dentatura, la «pretty woman» Julia Roberts, regina della commedia romantica
hollywoodiana. È un'attrice, però, capace anche di vincere un Oscar con Erin
Brockovich e questa volta si è data in prestito per il suo atteso ritorno con
in una produzione degli studios a una delle tante storie di intrighi e
avventure economico-parapolitiche «globalizzate », che
chiamano in causa trafficanti, agenti o ex agenti della Cia, capitalisti
corrotti e avventurieri solitari alla pulp fiction con toni alla Philip
Marlowe, spesso in cerca di un'anima gemella. Superati i quarant'anni, Julia,
diva dall'alto cachet, dovrà dimostrare in Duplicity (come ha fatto Meryl
Streep in Mamma Mia!) di saper reggere il box office con un thriller
girato in mezzo mondo, farcito di spie doppiogiochiste, lenzuola e notti calde
al ritmo di «Besame Mucho» di Daniel May. Ossia di riuscire, con incassi
mondiali, ad essere ancora una top star e di poter fare concorrenza, in
eleganti abiti firmati e mature curve sinuose (ben diversa, insomma, dai suoi
fine Anni '80 con Mystic Pizza e Steel Magnolia/ Fiori d'acciaio) ai colleghi
maschi tipo Matt Damon, star incontrastata di film simili, ma più complessi, si
pensi a The Bourne Identity. Nel caso della pellicola diretta da Tony Gilroy
(guarda caso, proprio l' autore della trilogia di Bourne), Julia è affiancata
da Clive Owen, protagonista con il quale rivela sempre sullo schermo una
riuscita alchimia di suspense e sensualità: basta ricordare Closer di Mike
Nichols. Lei, ormai anche produttrice in proprio di piccoli e coraggiosi film,
sembra sapere il fatto suo e, già impegnata in un'altra pellicola «al
femminile» che da anni tentava di realizzare,su un gruppo di donne che
formarono un circolo di sferruzzanti donzelle a New York come racconta il best
seller di Kathleen Jacobs, si mostra certa che sarà un ritorno in grande stile.
«Sono molto occupata tiene subito a precisare proprio come altre colleghe, e mi
riferisco per esempio a Drew Barrymore, anche sul fronte produttivo dei tv
movie oltre che per il grande schermo. Tra i miei più forti interessi c'è
quello di scoprire nuovi e voglio portare questo sforzo anche al cinema». Come
in Michael Collins (1996) e nella serie di Ocean's, Julia è a suo agio nei film
d'intrighi maschili: questa volta è comprimaria e gioca, con il nome di Claire
Stenwick, una partita spionistico-industriale intrecciata a una forte
attrazione fisica per un altro agente dagli svariati traffici, Ray Koval (Clive
Owen , appunto) che dovrebbe essere un suo rivale, ma con il quale finisce per
essere travolta da una liaison clandestina. Il regista è convinto che la
miscela di toni romantico-avventurosi sia una carta vincente da sempre nel
cinema americano che la società globalizzata si presti perfettamente ai nuovi
gialli, in bilico tra spionaggio e business. «Dove sta la verità oggi? si
interroga Julia . Forse si annida nella stabilità che ognuno riesce a dare al proprio
privato. Il passaggio dalla Cia a un'impresa in proprio, il connubio non
semplice tra due ego ambiziosi prestati al servizio degli interessi di
corporation farmaceutiche costituiscono il plot di una storia che per me ha
diversi significati, anche la ricerca di un'onestà personale nella società tra
New York, Roma o Zurigo, Londra, Miami... insomma ovunque. E' interessante
scavare con un film dietro gli intrecci del mondo attuale. Il cinema può farlo,
può generare dibattiti». Riuscirà Julia a comporre con Clive una coppia glamour
capace di riportare alla platea i sogni e le tensioni di una volta? Sono
lontanissimi i fasti di Lauren Bacall e Humphrey Bogart, di Cary Grant e Grace
Kelly (i preferiti dalla stessa Roberts. «Mi è sempre piaciuto fare coppia con
qualche attore, penso a Brad Pitt, a George Clooney, a Liam Neeson e,
ovviamente, a Richard Gere. Oggi il cinema ha bisogno di forti alleanze, lo
star system non esiste più, polverizzato da tante cose, dai canali
televisivi... Però l'idea di una Pretty Woman continua a far sognare tante
generazioni, Erin Brockovich è diventato il simbolo di chi si impegna nella
lotta per l'ambiente. Il cinema, in fondo, è diventato un reality show al quale
io chiedo lo stile della vecchia Hollywood e non volgarità. In questo senso, lo
ammetto, voglio essere una star». Giovanna Grassi stampa |
( da "Sicilia, La" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Di fronte alla
recessione globale non siamo tutti uguali Enrico Cisnetto Le crisi hanno sempre
qualcosa da insegnare. Se il 1929 ci ha insegnato che il mercato non è in grado
di autoregolarsi (poi ce ne siamo dimenticati) quella attuale, probabilmente,
ci lascerà una maggiore attenzione a quei segnali d'allarme che si è voluto
trascurare a favore di un'euforia da profitto e di un ottimismo di maniera, che
si sono rivelati letali. Perché è vero - come sostiene, per esempio, il
vicedirettore generale di Bankitalia, Ignazio Visco - che i prodromi della
crisi erano sotto gli occhi di tutti, ma sono stati sottostimati, complici
previsioni statistiche non del tutto affidabili, antiche e rozze come sono
rispetto alla modernità di una crisi senza precedenti. Eppure i problemi erano
evidenti: nel caso degli Usa, un'economia e
una «way of life» spinte sul versante del debito, con un reddito garantito
dalla capacità di acquistare bond pubblici da parte di Paesi emergenti come la Cina e una politica monetaria espansiva durata troppo a lungo,
assieme alla mancanza di trasparenza e regolamentazione su strumenti finanziari
rischiosi e sfuggenti come derivati e affini. E sul fronte italiano?
Anche da noi si sono commessi clamorosi errori di valutazione. In particolare
ci si è cullati nella grande illusione secondo cui la crisi sarebbe stata un
fenomeno internazionale di fronte al quale «siamo tutti uguali». Eppure le
statistiche, pur rozze, parlavano chiaro: sarebbe bastato guardare quelle degli
ultimi anni per rendersi conto che l'Italia, per dirla con Charles Collyns del
Fondo Monetario, è entrata nella crisi «da una posizione già di estrema
debolezza». Osservando gli ultimi 15 anni, infatti, era evidente che il nostro
Pil continuava ad accumulare un gap sia rispetto alla Ue sia agli Usa (rispettivamente uno e quasi 2 punti e mezzo di meno
all'anno). Così oggi non dovrebbero stupire i dati Eurostat relativi al biennio
2007-2008. Dai quali si evince che l'Italia ha continuato a perdere posizioni,
sia rispetto al passato sia nei confronti dei suoi competitor. Infatti, il Pil
dell'Eurozona è cresciuto del 2,6% nel 2007 e dello 0,8% nel 2008, mentre gli Usa hanno segnato una performance pari a +2% (2007) e +1,1%
(2008). Se si confrontano questi dati con quelli italiani ormai definitivi
(+1,5% nel 2007 e -1% nel 2008), emergono tre elementi. L'Italia da un anno
all'altro ha registrato il tonfo peggiore di tutti i suoi «rivali», pari a una
perdita di 2,5 punti di Pil, contro 1,8 punti dell'area euro e 0,9 punti degli Usa. A livello di benchmark europeo si scopre che l'Italia
continua ad aumentare il gap verso i suoi principali «concorrenti». Nel 2007,
infatti, ha segnato 1,1 punti di minor crescita con Eurolandia (nella media
degli ultimi tre lustri), mentre nel 2008 la forbice sale a 1,8 punti, segnando
una performance negativa del 60% circa. Il raffronto con gli Usa,
che pure sono l'epicentro della crisi, è ancora più devastante, perché il
differenziale di 0,5% del 2007 sale a 2,1 nel 2008, più che quadruplicandosi.
Sono dati che nella loro drammaticità non hanno però nulla di emergenziale, ma
rappresentano la logica continuazione di un trend più che consolidato. Solo che
è mancato il coraggio di fare una diagnosi conseguente, e dunque di adottare
una cura appropriata. Ma per imparare non è mai troppo tardi.
www.enricocisnetto.it
( da "Sicilia, La" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Governance senza
fiducia Non c'è dubbio che gli ultimi dati sull'andamento della produzione e
dell'occupazione in Usa e nei Paesi europei destino preoccupazione. Il punto su
cui si interrogano oggi gli economisti non riguarda il se o il quanto le
economie occidentali si trovino in recessione, ma se questa crisi manifesti
caratteri di novità strutturali rispetto alle esperienze passate. Giova
ricordare che le crisi finanziarie documentate da secoli; sono sempre originate
da meccanismi simili e seguono sentieri ben noti: iniziale abbondanza di
liquidità; impiego di questa in attività finanziarie o reali la cui domanda
viene alimentata da speculazione; scoppio delle bolle, con effetti negativi su
chi deteneva quelle attività ("patate bollenti" in mano);
ripercussioni generalizzate sulle scelte di consumo e sui livelli di attività
produttiva. La bolla che è scoppiata all'origine della crisi attuale, è quella
relativa agli immobili in Usa; qualche anno fa è stata quella relativa ai
titoli azionari del settore informatico; e via via indietro, sino alle
speculazioni sui tulipani nell'Olanda del Seicento o addirittura ai prestiti ai
re d'Inghilterra (poi insolventi) nella Firenze del Trecento. Su dati storici
si calcola che vi sia stata in media una "grande crisi finanziaria"
ogni 8 anni, dal Seicento ad oggi, sempre seguita da contrazioni più o meno
forti dei consumi e della produzione. La ciclicità degli andamenti delle economie
capitalistiche non è una novità. La situazione delle migliaia -forse milioni-
di individui colpiti oggi dalla crisi è di grande serietà, e talvolta di
tragicità, ma non di "novità". Certamente, gli ultimi quindici anni
sono stati di forte crescita economica, a livello planetario; l'ultima
recessione pesante che aveva colpito gli Usa è databile 1991. Qualcuno poteva
forse sognare che la ciclicità degli andamenti economici fosse un ricordo
storico ormai archiviato. La crisi di oggi ci dice che questo non è vero. Il problema più grande con cui ci misuriamo nel dibattito
corrente è quanto i fenomeni di globalizzazione rendano diversi i sistemi
economici oggi rispetto al passato; la maggiore integrazione dei mercati di
sicuro favorisce il propagarsi di situazioni di crisi. Ma non si può certo
pensare di limitare i contagi tornando al passato, ad un mondo meno integrato!
La globalizzazione ha minato l'efficacia delle tradizionali misure di politica
economica dei governi nazionali. Le risposte vanno concordate a livello più
ampio. Ma su questo versante la strada da compiere è ancora tanta. Gli
interventi di politica intrapresi negli ultimi mesi sono stati volti
soprattutto a garantire la disponibilità della liquidità ai sistemi bancari,
mentre il problema principale è quello della mancanza di fiducia: fiducia delle
famiglie e delle imprese nel futuro, fiducia reciproca tra gli intermediari
finanziari e gli altri soggetti, fiducia di tutti verso le capacità delle
istituzioni politiche, ecc.. Per ricostruire un clima di fiducia, gli annunci
rassicuranti sono importanti ma insufficienti, perché una razionale fiducia
deve avere elementi solidi su cui basarsi; e questi richiedono una
ricostruzione delle istituzioni internazionali, la cui oggettiva latitanza ha
un ruolo non secondario nella propagazione della crisi attuale. Io penso che
abbia ragione chi sostiene che è inutile garantire liquidità alle banche se poi
queste non la impiegano (il che è esattamente quello che sta succedendo); il
problema è capire perché non la impiegano; e la risposta a me pare risieda
nella mancanza di fiducia, in gran parte imputabile all'incertezza sul quadro
di "governance" istituzionale innanzitutto a livello internazionale.
Va da sè poi che la drammaticità della situazione economica è maggiore in
quelle regioni dove la crescita degli ultimi dieci anni è stata più debole,
semplicemente poiché lì (volevo dire, qui) la situazione di partenza è più
grave; invocare interventi peculiari "territoriali" mi sembra però
del tutto improprio, soprattutto in un momento nel quale gli sforzi devono
essere indirizzati a cercare soluzioni a livelli un po' più elevati.
*Università di Catania
( da "Napoli.com" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
8/3/2009 ?Grande
Industria e Mezzogiorno 1996-2007? di Antonio Ferrara Tema ricorrente nelle
analisi e nei dibattiti pubblici, quanto si discute del fallito processo
d?industrializzazione dei territori del Mezzogiorno è il ruolo che ha svolto
nel secolo scorso la grande industria pubblica nello sviluppo dell?economia
delle regioni meridionali. In queste settimane durante le quali gli effetti
della crisi economica colpiscono pesantemente anche il tessuto industriale del
nostro Paese e molti recuperano la funzione dello Stato nella programmazione
economica e nella gestione del territorio, si ritorna a riflettere sulle
esperienze di quegli anni che, con tutti i limiti che pure ebbero, produssero
una robusta industrializzazione di vaste aree del Mezzogiorno. A Taranto, la
scorsa settimana - in occasione della presentazione del libro dell?ex
segretario generale della UIL - Giorgio Benvenuto e il Presidente di Alenia
Aeronautica Giorgio Brazzelli, hanno affrontato il tema di come ridefinire una
nuova centralità dell?impresa e come il sistema delle grandi aziende deve
contribuire a riavviare l?economia in affanno delle regioni meridionali. La
Fondazione Mezzogiorno Europa ripropone a Napoli, venerdì 13 marzo ?09 i temi
di quella discussione in un workshop moderato da Alfonso Ruffo, Direttore del
?Il Denaro?, previsto in un albergo cittadino, dove sarà presentato il volume
"Grande Industria e Mezzogiorno 1996 - 2006" di Federico Pirro e
Angelo Guarini. Gli autori del volume, che è pubblicato dalla casa editrice
pugliese Cacucci, con una prefazione di Luca Cordero di Montezemolo, non si
propongono di rileggere il percorso della grande azienda nel processo
d?industrializzazione/deindustrializzazione che dagli anni settanta ad oggi ha
investito economia meridionale, espongono invece le conclusioni di un complesso
lavoro di ricerca e di rilettura della vicenda industriale del Mezzogiorno nel
periodo dal 1996-2007. Il volume indaga sui mutamenti intervenuti nell?ultimo
decennio nella geografia delle grandi industrie italiane ed estere insediatesi
dall?inizio degli anni ?60 del Novecento in aree strategiche del Mezzogiorno e
ne emerge un quadro del tutto inedito che smentisce l?opinione secondo cui
molti grandi complessi ubicati nel Sud siano solo reperti d?archeologia industriale.
Gli autori, nella prima parte del volume, espongono al lettore geografia,
assetti produttivi, investimenti, subforniture e occupazione delle grandi
industrie insediate nel Mezzogiorno e per i comparti monitorati, ne seguono le
ristrutturazioni, gli ammodernamenti impiantistici, le nuove capacità, i
mutamenti societari e i riposizionamenti competitivi nel contesto della
globalizzazione. Nella seconda parte del libro, partendo dallo scenario che
emerge dalla ristrutturazione che nel ventennio 80 ? 90 trasforma profondamente
il sistema delle imprese del Mezzogiorno, gli autori ricostruiscono, ? con
studi di comparti industriali e casi aziendali di riposizionamento e
ricollocazione sul mercato, con testimonianze di positive esperienze
d?attrazione d?investimenti ? una mappa articolata dei settori dell?impresa
meridionale, e propongono essi stessi i comparti d?eccellenza verso i quali
orientare interesse, attenzione e risorse. Il lavoro dei due ricercatori
sollecita il lettore a guardare oltre la crisi e propone di ridisegnare un
progetto di reindustrializzazione dei territori meridionali, che per la
Campania e Puglia, significa centralità del comparto dell?aerospazio. La
proposta coincide con quella del presidente di Alenia Aeronautica che a Taranto
esortava : «La crisi lancia una sfida: le aziende devono mostrare la propria
forza in questo momento. Le regioni meridionali devono scommettere sul settore
aeronautico e, per Alenia, sul programma del Boeing 787 e - prosegue Brazzelli
- le diverse attività e i progetti sviluppati nei siti di eccellenza in
Campania.». Nel capitolo che il libro dedica all?industria aeronautica ed
aerospaziale nell?Italia Meridionale, Angelo Guarini, che è anche il
vicepresidente del Distretto pugliese dell?aerospazio, auspica la nascita di un
distretto interregionale fra Campania e Puglia, imperniato proprio sul
programma Boeing B787 e sui nuovi progetti di velivoli regionali, attività che
Alenia Aeronautica sviluppa negli impianti localizzati nelle due regioni
meridionali. Lo studio mette in risalto che i processi di globalizzazione, se
hanno prodotto l?emergere di debolezze strutturali in larghi strati di PMI
meridionali del settore che stentano ormai a competere sul piano
internazionale, hanno anche reso possibile il rilancio dei maggiori impianti
dei gruppi nazionali ed esteri in esercizio nel Mezzogiorno, che si propongono
da tempo come small player sul mercato mondiale. L?autore ritiene che
l?industria aeronautica ed aerospaziale nel Mezzogiorno meriti un?attenzione
particolare per una serie di ragioni, così sintetizzabili: - si tratta di un
settore ad alta tecnologia, che favorisce processi di naturale integrazione e
collaborazione con il mondo dell?Università e dei Centri di ricerca applicata.
- a tutt?oggi non pregiudicata la caratteristica ?labour intensive? di tale
comparto, quasi da artigianato industriale; - la complessità progettuale,
tecnologica, industriale ed economico-finanziaria delle produzioni aeronautiche
richiede sempre più forme di collaborazione e, preferibilmente, di aggregazione
internazionale per programmi di durata medio - lunga; - intorno agli
stabilimenti facenti capo a grandi gruppi industriali tende a proliferare un
indotto di piccole e medie imprese, molte delle quali fondate da ex manager o
ex dipendenti delle grandi aziende, in possesso di un collaudato know-how
professionale; - infine, è un settore con trend di crescita del mercato molto
positivi, con particolare riferimento al comparto civile. La crisi può essere
un?opportunità per il Mezzogiorno per lasciarsi alle spalle anche rigidità,
idee e affezione a concetti che non hanno aiutato le imprese e la società
meridionale a crescere ed attrezzarsi. Guarini, cita concetti - da lui ritenuti
angusti - come quello di ?Polo aeronautico campano? e ?pugliese?. In questi
anni ? a suo avviso - si è rafforzato la consapevolezza a tutti i livelli
(aziende, organizzazioni imprenditoriali, organizzazioni sindacali, Istituzioni
locali) che la strada ineludibile dell?eccellenza competitiva impone la
necessità di ?fare sistema?. Le due Regioni possono e devono lavorare per la
costruzione di un ?Polo aeronautico meridionale?, come vero e proprio sistema
industriale. Senza la capacità di realizzare processi di collaborazione,
integrazione e sinergia fra tutti i soggetti istituzionali ed economici
(Associazioni imprenditoriali e sindacali, Grandi Aziende e PMI), obiettivi
ambiziosi quali - sostegno finanziario allo sviluppo tecnologico, progetti di
ricerca, formazione, internazionalizzazione, sviluppo logistico, crescita organizzativa
e dimensionale, miglioramento efficienza operativa, completamento della filiera
produttiva, rafforzamento della struttura finanziaria di piccole e medie
aziende, promozione di aggregazioni imprenditoriali e istituzioni di distretti
tecnologici, - sarebbero perseguiti in misura marginale e non
rappresenterebbero la risposta che il Mezzogiorno deve trovare per superare la
crisi e rispondere alla sfida di riforme profonde della struttura del Paese,
come il federalismo, che rafforzerà inevitabilmente le preesistenze industriali
forti e realmente competitive nelle aree meglio attrezzate del territorio
nazionale.
( da "Reuters Italia" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
ROMA (Reuters) - Il
segretario del Pd Dario Franceschini ha bocciato oggi il piano casa presentato
dal governo, definendolo una "cementificazione dell'Italia".
"C'è bisogno assolutamente di far ripartire l'economia e le imprese nel
settore dell'edilizia. Gli artigiani non lavorano più e quindi tutto ciò che
mette in moto questo va bene. Ma il piano per l'edilizia è assolutamente uno
sbaglio", ha detto Franceschini nel corso del programma In mezz'ora su
RaiTre, commentando il nuovo piano per l'edilizia che l'esecutivo potrebbe
varare al prossimo consiglio dei ministri. "E' una specie di
cementificazione dell'Italia e anche campata un po' sulla luna", ha detto
il numero uno del Pd, ricordando al premier che la maggioranza degli italiani
vive in appartamenti di città e non in ville. "Vorrei che [il presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi] spiegasse loro dove lo ampliano questo 20 per
cento. Sul pianerottolo? Nell'ingresso?", ha esclamato Franceschini,
riferendosi a quanto dichiarato dal premier che ha detto che ognuno potrà
aggiungere una o due stanze alla propria casa. Per il segretario del Pd, "il rischio cementificazione è pericolosissimo soprattutto in
Italia, perché nella globalizzazione ogni Paese deve investire in quello che ha
e ciò che ci rende unici è l'Italia stessa, il paesaggio, il centro storico.
Rovinare il nostro territorio è come se un Paese arabo bruciasse il petrolio.
Non possiamo rovinare ciò che ci rende unici". L'esecutivo ha
annunciato venerdì scorso di aver raggiunto un accordo con le Regioni sul piano
casa che consentirà di mobilitare i 500 milioni iscritti a bilancio per
l'iniziativa. Ciò dovrebbe consentire il via libera al piano, ha spiegato, al
prossimo Consiglio dei ministri.
( da "Corriere del Sud Online, Il" del
08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
08/03/2009 16:45 Il
territorio, ai tempi della globalizzazione, viene usato come spazio economico
unico ; in questo spazio le risorse locali sono beni da trasformare in prodotti
di mercato, senza tenere in nessun conto la sostenibilità ambientale e sociale
dei processi di produzione, (contratto d?area a Manfredonia ieri, Amadori oggi
). In questo processo globale, I territori con le loro "qualità
specifiche" - diversità ambientali, culturali e di capitale sociale –,
sono utilizzate in maniera tale che spesso vengono consumate senza riprodurle,
toglie loro valore innescando processi di distruzione delle risorse e delle
differenze locali. L'alternativa a questa globalizzazione selvaggia, parte da
un progetto politico che valorizzi le risorse e le differenze locali
promuovendo processi di autonomia cosciente e responsabile. Lo sviluppo locale
così inteso, si identifica in primo luogo con la crescita delle reti civiche e
del "buon governo" della società locale. Il costruire reti
alternative globali, fondate sulla valorizzazione delle differenze e
specificità locali, di cooperazione non gerarchica e non strumentali. Per
realizzare futuri sostenibili fondati sulla crescita delle società locali e
sulla valorizzazione dei patrimoni ambientali, territoriali e culturali propri
a ciascun luogo, gli enti pubblici territoriali debbono assumere funzioni
dirette nel governo dell'economia. E per costruire in forme socialmente
condivise queste nuove funzioni di governo devono attivare nuove forme di
esercizio della democrazia. Il questo nuovo modello di municipio si struttura
attraverso questo percorso, finalizzato a trasformare gli enti locali da luoghi
di amministrazione burocratica in laboratori di autogoverno. Nuove forme di
autogoverno, in cui sia attiva e determinante la figura del produttore-abitante
che prende cura di un luogo attraverso la propria attività produttiva, sono
rese possibili dalla crescita del lavoro autonomo, della microimpresa, del
volontariato, del lavoro sociale, delle imprese a finalità etica, solidale, ambientale,
ecc. Vi sarà la ricostruzione degli spazi pubblici della società locale come
luoghi di formazione delle decisioni sul futuro della nuova comunità. Il
Municipio si dà come obiettivo un nuovo rapporto tra eletti ed elettori, oggi
espropriati da logiche sovrastrutturali di natura economica speculativa che
escludono dai momenti decisionali proprio i cittadini-abitanti-elettori. Con il
crescere di una dimensione societaria locale complessa, multiculturale ,
autogovernata, dove nel progettare e costruire direttamente il proprio futuro
si costruisce il vero antidoto alla globalizzazione economica e al regno della
paura, dell'insicurezza, e dell'impotenza . Questa nuova forma di
organizzazione territoriale rende parte integrante del processo di decisione - nei
piani, nei progetti e nelle politiche - percorsi partecipativi strutturati
anche gli attori più deboli fino a ieri senza voce . Buone, ad esempio, sono le
pratiche di coinvolgimento dei bambini nella costruzione delle politiche urbane
messe in atto negli ultimi anni da moltissime amministrazioni locali italiane
costituiscono un buon esempio dell'efficacia del dar voce a punti di vista
sottorappresentati nel migliorare la qualità di vita urbana. In questo
scenario, uno degli attori protagonisti è senza dubbio il Bilancio
Partecipativo. Questo processo decisionale consiste in un'apertura della
macchina statale alla partecipazione diretta ed effettiva della popolazione
nell'assunzione di decisioni sugli obiettivi e la distribuzione degli
investimenti pubblici. Come indica il nome, si caratterizza come processo
partecipativo di discussione sulle proposte di Bilancio (Circoscrizionale,
Municipale, Provinciale, Regionale, ma - al limite - anche di impresa, ecc.)
che si snoda durante tutto l'anno, fino a disegnare una proposta articolata di
Bilancio per ogni anno di gestione successiva, sulla base delle richieste
primarie dalla cittadinanza. Per lo più, esso può quindi immaginarsi come un
processo di perfezionamento per gradi dei documenti di Bilancio (e in particolar
modo dei Piani degli Investimento in Opere e Servizi) discusso e partecipato
dagli abitanti del territorio di riferimento del processo stesso, e
caratterizzato da una rigida temporalizzazione fissata per il compimento delle
scelte nelle sue diverse fasi di articolazione. Il Bilancio Partecipativo è il
'primo passo di una riforma delle politiche territoriali locali, al fine di
stimolare un senso attivo di cittadinanza, la partecipazione degli abitanti
alle scelte concernenti i loro territori di vita o di lavoro. è uno dei
componenti complementari di Partecipazione Cittadina, che ha come obbiettivo
coinvolgere i cittadini in tutte le scelte che riguardano il proprio
territorio. Giocano un ruolo importante, a livello territoriale le
circoscrizioni le associazioni i luoghi di socializzazione in genere, che
devono riprendere il ruolo che più gli si addice nella costruzione di una nuova
cittadinanza . MOVIMENTO PER LA SINISTRA FOGGIA
( da "Corriere.it" del 08-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
A LAS VEGAS E il re
dei casinò rischia la bancarotta Sheldon Adelson, repubblicano radicale, ha
perduto il 95% del suo patrimonio di 27 miliardi di dollari «A Las Vegas il
tempo passa in modo gradevole. Questa è una buona notizia, ma è anche una
cattiva notizia perché al presidente Obama i posti dove ci si diverte non
piacciono: dice che i soldi dei contribuenti non devono andare a luoghi come
Las Vegas». «Voglio fare una ricerca e istituire un premio per la città più
noiosa. Magari viene fuori che è Chicago». Circondato ancora da una vastissima
popolarità, trattato con rispetto anche dai politici e dalle lobby che lo
contrastano, il presidente americano non aveva fin qui subito attacchi di
questa durezza. Tantomeno da un grande imprenditore come Sheldon Adelson, il re
dei casinò di Las Vegas, uno che fino a un anno fa si faceva chiamare Sheldon
III: non per motivi dinastici, ma perché a fine 2007 Forbes l'aveva incoronato
terzo uomo più ricco d'America, con un patrimonio personale di 27 miliardi di
dollari. Ma oggi Adelson è un uomo furioso e disperato: in poco più di un anno
il figlio di un tassista ebreo lituano che 63 anni fa, quando ne aveva appena
12, cominciò a guadagnarsi da vivere a Boston vendendo giornali, è passato da
una ricchezza spropositata alla distruzione del 95 per cento del suo
patrimonio. E ora rischia la bancarotta. Con l'impennata dei prezzi dei
carburanti prima e con la crisi finanziaria poi, gli americani hanno ridotto i
loro pellegrinaggi a Las Vegas. Un guaio doppio per Adelson che non solo aveva
costruito giganti come il "Palazzo" e il "Venetian" - 4000
suite e 19 ristoranti - ormai difficilissimi da riempire, ma aveva inventato il
business delle "convention" aziendali e delle fiere, come quella
dell'elettronica che si tiene in gennaio. Il crollo del sistema creditizio ha
fatto precipitare soprattutto questo business. E le poche banche che, rispettando
vecchi impegni, avevano continuato a ricompensare i loro "broker" e i
funzionari più produttivi con una vacanza a Las Vegas, hanno fatto marcia
indietro dopo le scudisciate del leader democratico. Adelson non ci ha pensato
due volte e ha attaccato a testa bassa. Del resto lui, oltre ad essere un
imprenditore in difficoltà, è pure un repubblicano a trazione integrale: uno
impegnato nella difficile impresa di spostare più a destra l'Aipac, la lobby
degli ebrei americani che ha un'enorme influenza sulla Casa Bianca. Oggi
Sheldon se la prende con Obama con la stessa durezza con la quale l'anno scorso
aveva attaccato Olmert perché aveva aperto alla costituzione di uno Stato
palestinese indipendente. Col predecessore di Obama Adelson aveva una rapporto
talmente familiare da prendersi qualche libertà di troppo. Un anno fa era
andato alla Casa Bianca per invitare Bush a diffidare dell'eccessiva
disinvoltura con cui, a suo avviso, l'allora Segretario di Stato Condoleezza
Rice si muoveva in Medio Oriente («sta costruendo la sua immagine, non si
preoccupa della coerenza della tua politica»). Alla fine raccontò che Bush lo
aveva abbracciato ma gli aveva spiegato che non poteva opporsi al doppio Stato
perché «non posso pretendere di essere più cattolico del Papa» (frase ufficialmente
smentita dalla Casa Bianca). Adelson non ha mai tentato, neanche tatticamente,
il dialogo coi democratici. E nemmeno loro hanno mai provato ad avvicinare un
miliardario divenuto celebre per frasi come «l'Islam radicale e la legge che dà
ai sindacati piena libertà di accesso nelle aziende sono le due principali
minacce che pesano sulla nostra società ». Ma il padrone del gruppo Sands ha
ugualmente considerato le parole del presidente su Las Vegas un affronto, oltre
che un colpo mortale al suo "business", perché Adelson si considera,
in fondo, un benefattore: uno che ha creato decine di migliaia di posti di
lavoro. Certo, il gioco d'azzardo non è un modello di crescita virtuosa della
società, ma Obama durante la campagna elettorale non aveva mostrato di
disprezzarlo troppo, quando era andato a battere Hillary Clinton nei caucus del
Nevada, tenuti proprio nei casinò. Sheldon - un uomo pieno di energia
nonostante i 75 anni e una malattia che ha colpito nervi e muscoli,
costringendolo su una sedia a rotelle - schiuma rabbia: aveva conquistato il
suo sterminato impero con le unghie, è stato per decenni un super-ricco che
nonostante i miliardi e il "jumbo jet", un Boeing 747 lungo