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Report "Globalizzazione" 6-10 luglio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Setta missili Scud per celebrare il 4 luglio e avvertire i G8 ( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, mentre Russia e Cina, in una nota congiunta, hanno invitato alla calma e al ritorno al tavolo dei negoziati a Sei (le due Coree, Stati uniti, Cina, Giappone e Russia). Seul è stata molto dura: atti provocatori che «violano palesemente le risoluzioni 1695, 1718 e 1874 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che vietano alla Corea del Nord tutte le attività relative ai missili balistici»

Tra G8 e G20, meglio l'inutile G192 dell'Onu ( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tema già affrontato al G20 ma tenendo fuori i paradisi di USA, Cina e Gran Bretagna: quelli sui territori del G20 stesso). Anche l'Assemblea Generale non ha individuato la giustizia sociale quale obiettivo per il superamento della crisi, ma almeno nei documenti preparatori e in quello conclusivo osserva attentamente l'impatto sociale della crisi.

"Scommettiamo sull'Africa" ( da "Stampa, La" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: opportunità: lo è per l'Europa, ma oggi lo è soprattutto per la Cina, che per quest'area ha un'attenzione straordinaria. Però è anche un'opportunità per l'Africa stessa. Penso soprattutto alla parte che soffre di più: l'area subsahariana, il Corno d'Africa, il buco nero dove dilagano povertà e guerre etniche sanguinossime».

Obama: con i russi un dialogo alla pari ( da "Stampa, La" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Paesi come Cina, India, Brasile si sviluppano e crescono molto più rapidamente di una volta, e gli Usa devono riconoscere che il loro ruolo non è dettare politiche in giro per il mondo, ma essere partner identificando problemi e interessi comuni. Un grande esempio è il cambiamento climatico: nessun Paese può affrontarlo da solo,

E' la sua seconda visita in Russia, la prima da presidente. Qual è la sua idea personale d... ( da "Stampa, La" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Paesi come Cina, India, Brasile si sviluppano e crescono molto più rapidamente di una volta, e gli Usa devono riconoscere che il loro ruolo non è dettare politiche in giro per il mondo, ma essere partner identificando problemi e interessi comuni. Un grande esempio è il cambiamento climatico: nessun Paese può affrontarlo da solo,

usa-russia, braccio di ferro sullo scudo - leonardo coen ( da "Repubblica, La" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è probabile la riedizione - sotto l´egida, beninteso, di Obama e Medvedev - di una Commissione russo-americana, come quella Gore-Cernomyrdin degli anni di Elstin (poi sciolta da Bush), proprio per migliorare questo aspetto dolente, per gli americani soprattutto, scalzati da Germania, Cina, Italia e persino Olanda.

Il G8 dimentica scienza e formazione per l'Africa ( da "Unita, L'" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: compresa la presenza della scienza Usa, nel continente nero: come annuncia la prossima visita di Barack Obama. Mentre la Cina ha già stanziato 5 miliardi di dollari per il suo progetto di sviluppo per l'Africa e, insieme a Brasile e India, sta rafforzando la propria presenza nel continente nero anche attraverso la collaborazione scientifica e formativa.

La Corea rovina la festa a Obama ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: negoziato aperto nel 2003 per volontà della Cina (vi partecipano anche Usa, Giappone, Russia e Corea del Sud) per denuclearizzare la penisola coreana. E non è detto che la manovra non riesca. Ieri sera, Mosca ha dichiarato che Russia e Cina (i due vecchi alleati storici di Pyongyang) «sono convinte che per risolvere la crisi nordcoreana non ci siano opzioni alternative al Tavolo dei Sei»

Sette missili Scud per il 4 luglio e avvertire i G8 ( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, mentre Russia e Cina, in una nota congiunta, hanno invitato alla calma e al ritorno al tavolo dei negoziati a Sei (le due Coree, Stati uniti, Cina, Giappone e Russia). Seul è stata molto dura: atti provocatori che «violano palesemente le risoluzioni 1695, 1718 e 1874 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che vietano alla Corea del Nord tutte le attività relative ai missili balistici»

Riduzione del debito, sviluppo e nuovi aiuti le promesse che non sono state mai mantenute ( da "Repubblica.it" del 06-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: aggancio dell'Africa al treno della "globalizzazione". Al vertice di Gleneagleas i grandi si erano impegnati a versare lo 0,51 per cento del Pil in aiuti entro il 2010 e lo 0,70 entro il 2015. Purtroppo alle parole non hanno fatto seguito i fatti. In particolare, l'Italia ha mantenuto solo il 3 per cento delle promesse fatte.

"servono nuovi modelli di business" ( da "Repubblica, La" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: cogliere le opportunità che la globalizzazione offre senza però soffrirne le difficoltà. La crisi diventa un´opportunità se si fa quello che abbiamo cercato di fare noi in questi 15 anni, cioè se si trova un modello organizzativo idoneo a competere sui mercati. Non è tanto questione di made in Italy del prodotto finito, perché ormai l´economia globale ti condiziona a produrre dove l´

La Fiat torna in Cina, accordo con Gac Domani il tavolo per l'occupazione ( da "Unita, L'" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, accordo con Gac Domani il tavolo per l'occupazione LAURA MATTEUCCI Fiat tornerà a produrre e vendere auto in Cina a partire dalla seconda metà del 2011. È quanto prevede l'accordo con Gac (Guangzhou automobile group) per la costituzione di una società mista, una joint venture al 50%, firmato ieri dall'ad di Fiat Sergio Marchionne alla presenza di Berlusconi e del presidente

L'alfabeto del G8 tra diritti e clima Riflettori sui due B Berlusconi padrone di casa del vertice all'Aquila con l'incubo di nuove foto compromettenti e altre scosse Barack leader ( da "Unita, L'" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con la Cina, ad esempio, che considera la questione in modo molto diverso, più chiuso, del nuovo inquilino della Casa Bianca. B come Berlusconi Poche chiacchiere. Quelli dell'Aquila saranno i «Tre giorni del Cavaliere». Lui fa promesse - mantenerle, beh, questo è un altro discorso - sugli aiuti all'Africa, sul clima,

BARACK, DIMITRI E L'ARMA DELLA RAGIONE ( da "Unita, L'" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa e Urss furono a un passo dalla guerra nucleare. Certo, anche con 3.200 testate complessive Russia e Stati Uniti conserveranno sia la superiorità assoluta in campo nucleare rispetto a tutti gli altri Paesi (si calcola che la Cina disponga di circa 400 testate nucleari, più o meno come Gran Bretagna e Francia),

Pechino entra nel governo di internet ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: I siti web registrati in Cina sono 17 milioni. Neanche gli Usa, fermi a circa 223 milioni di navigatori, o l'Unione europea nel suo complesso (che tocca i 247 milioni) riescono a competere con la marea cinese. La Russia, invece, nel 2008 è arrivata a circa 30 milioni di navigatori, dodicesima posizione al mondo dopo l'Italia (decima) e la Francia (

Italia fra i primi partner ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione, spiega Hu, rende più stretti i legami tra i Paesi del mondo. Per questo solo salvaguardando l'apertura dei mercati «si riesce quanto prima a realizzare la ripresa economica». Per questo Italia e Cina dovranno lavorare insieme «per opporsi al protezionismo salvaguardando l'apertura e l'imparzialità del sistema economico e commerciale globale »

Rimangono forti gli acquisti cinesi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ha detto che la Cina ha accantonato 235mila tonnellate di rame, 590mila di alluminio e 159mila di zinco. Il mercato tuttavia non ha in pratica reagito a questa pubblicazione. è chiaro che gli operatori confidano di più nei rapporti della banca australiana Macquarie, che è molto introdotta in Cina, secondo la quale i cinesi in maggio hanno continuato ad accumulare metalli di base,

Xinjiang, uiguri in rivolta contro i cinesi Scontri e assalti ai negozi: 156 morti ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina globale, la Cina che siederà al tavolo dei G8 dove la sua economia la terza del mondo l'ha legittimamente spinta, ha scelto lo strumento con cui provare a plasmare le sue verità: il silenzio. Il silenzio regna su Urumqi. Lacrime A sinistra una donna cinese, in lacrime, con in braccio la sua bambina,

Berlusconi, ultimi preparativi No all'ipotesi di spostare il G8 ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Egitto, India, Messico e Sudafrica. Lo ha spiegato ieri il capo del governo e presidente del G8, al termine dell'incontro con il presidente cinese Hu Jintao: «Vogliamo superare il G8 come formula, perché rappresenta il 50 per cento dell'economia mondiale ed è necessario che sia sostituito da un foro più grande e importante»

L'enciclica sociale: lavoro e solidarietà per uscire dalla crisi ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: governo della globalizzazione, l'idea che l'economia va fondata sull'uomo. Già nel titolo l'enciclica rovescia i termini classici del problema: la carità dev'essere coniugata con la verità, «non solo nella direzione, segnata da San Paolo, della 'veritas in caritate' (Ef 4,15), ma anche in quella, inversa e complementare,

IL PASSO GIUSTO DELLE 12 TAVOLE ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la finanza globalizzata, aiuti alimentari e assistenza allo sviluppo dell'agricoltura per i Paesi più poveri, soprattutto quelli africani. Negli ultimi anni sono stati numerosi i vertici internazionali nei quali questi temi sono stati discussi da governi titubanti davanti a una stampa poco attenta (anche perché consapevole dell'estrema difficoltà di arrivare a risultati concreti)

Se il documentario segue una tesi ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: era della globalizzazione, raccontandolo attraverso le immagini e le testimonianze dei lavoratori, dei cronisti e degli abitanti del posto (Raitre, domenica, ore 23,25). Alla base del film non c'è un impianto narrativo ma una tesi, più che legittima, da sostenere: il Paese va male, c'è la crisi, si fa fatica a sopravvivere in un mercato globale dove c'

Un'agricoltura libera da speculazioni ( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione e il mercato avrebbero risolto naturalmente ogni squilibrio. C'è bisogno, invece, di acquisire la coscienza che i prodotti della terra non sono una merce come un'altra. Da essi dipende la sopravvivenza dell'umanità. Noi crediamo che sia possibile arrivare a un endorsment tra etica e governance del pianeta i cui pilastri siano quelli già sottoscritti dai grandi della

Il Papa: gli immigrati non sono merce ( da "Stampaweb, La" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: al bando il protezionismo e le forme di egoismo particolaristico. La sussidiarietà, spiega il Papa teologo , «è l?antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista» ed è adatta ad umanizzare la globalizzazione. Gli aiuti internazionali, denuncia, «possono a volte mantenere un popolo in uno stato di dipendenza»

Cuntra su G8 , quando il controsummit parla sardo ( da "Manifesto, Il" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione e privatizzazioni, con le pretestuose e barbare guerre al terrorismo e con le false esportazioni di democrazia create ad hoc per far sopravvivere un sistema malato ed un'economia di carta. Impegnati solo a produrre profitto immediato e a privatizzare, hanno ottenuto esclusivamente il passaggio di ricchezza dal lavoro degli uomini e delle donne agli utili delle banche

Berlusconi, un mercoledì da G8 "Ecco i temi, sarà un successo" ( da "Repubblica.it" del 07-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Secondo una visione finalmente globale e globalizzata. Qui a Coppito tiene banco la lettera dell'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan a Berlusconi nella quale si invita il premier " a non azzerare" gli impegni nei confronti dei paesi più poveri". Si parla della crisi economica, preoccupa il livello della disoccupazione raggiunta nel mondo,

Dopo i satelliti l'India vuole il Pianeta Rosso ( da "Stampa, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Non è un caso che in questo periodo si moltiplichino gli annunci di Usa, Europa, Giappone, Cina e Russia e le loro iniziative per cercare di svelare ciò che si estende al di là del nostro Pianeta. Nell'area dell'esplorazione planetaria l'India si è impegnata nella missione lunare nota con il nome di «Chandrayan-1» e che è stata lanciata il 22 ottobre 2008.

Pronti 10 miliardi di dollari contro la fame ( da "Stampa, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Messico e Sud Africa più l'Egitto) ci saranno Algeria, Angola, Etiopia, Nigeria, Senegal, Libia e Commissione dell'Unione africana. Oltre a Onu, Banca Mondiale, Fondo monetario, Aie (Associazione internazionale per l'energia), Ilo (organizzazione internazionale del Lavoro) Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa)

"Basta precari, un buon lavoro per tutti" ( da "Stampa, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell'economia serve l'etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso»

Si aggrava la crisi nello Xinjiang Hu Jintao lascia il G8 e torna in Cina ( da "Repubblica.it" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è arrivata la conferma sul suo rientro anticipato in Cina, a causa dell'aggravarsi della crisi nello Xingjiang, fornita da Tang Heng, primo consigliere politico dell'ambasciata cinese in Italia. "Gli affari interni e la situazione nello Xinjiang - ha detto - hanno fatto partire in anticipo il presidente".

g8, arrivano i grandi della terra polemica berlusconi-guardian - gianluca luzi ( da "Repubblica, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, India, Brasile, e infine i Paesi dell´Africa, dell´Asia, l´Australia e le altre principali economie europee tra cui la Spagna. Sollecitati dall´Onu e dalle organizzazioni umanitarie i leader mondiali, che al terzo giorno del summit rappresenteranno il 90 per cento dell´economia mondiale, dovranno affrontare il problema tragico della fame nel mondo.

i nuovi paradisi non conoscono il pil - alessandra retico ( da "Repubblica, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, Cina, India) erano più felici venti anni fa, ecosistemi e risorse erano meno sfruttati. Guarda il Costa Rica, che ha scalzato il paradiso dell´arcipelago Vanuatu, Oceano Pacifico meridionale, dal primo posto dell´indice 2006: più dell´85 per cento degli abitanti si dichiara felice di vivere nel paese latino americano,

Cosa sia diventato un G8 lo chiarisce molto bene il columnist del Financial Times: Un ... ( da "Unita, L'" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: «La Cina - spiega Frattini - ha detto che non ce la fa». Alleanze variabili. Come quelle che il presidente Usa ha definito alla vigilia, con il «Nuovo inizio» nei rapporti con la Russia. Disarmo e non solo. Perché la convergenza tra Mosca e Washington si delinea anche sull'altro fronte caldo: l'Iran.

Precarietà, globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profi... ( da "Unita, L'" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profitto, ruolo del management, il potere «arbitrario» della tecnica, difesa della natalità e della vita, valori etici, ruolo delle religioni, bene comune, sviluppo, ecologia, materie prime, lotta alla fame, migrazioni, educazione,

MILLE EURO A CENA Mille euro regalate da giampy ad ogni ragazza per partecipare ad una "cena... ( da "Unita, L'" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: della necessità di un governo mondiale dell'economia, quando ancora la globalizzazione non era un gergo corrente ne parlò un grande dirigente politico: Enrico Berlinguer e ci lasciò nell'84, ma... non è mai troppo tardi. Valerio, Bo PROVERBI CHI DI CHIESA FERISCE DI CHIESA PERISCE Dopo la scossa Crociata spero proprio che sia così.

L'enciclica della crisi globale Garantire un lavoro decente ( da "Unita, L'" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profitto, ruolo del management, il potere «arbitrario» della tecnica, difesa della natalità e della vita, valori etici, ruolo delle religioni, bene comune, sviluppo, ecologia, materie prime, lotta alla fame, migrazioni, educazione,

Major del petrolio poco longeve ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dietro gli Usa, che hanno mantenuto nel primo trimestre la posizione di primo paese consumatore con quasi 19 milioni di barili al giorno, gli Stati che "bruciano" più petrolio sono Cina (7,6 milioni di barili), Giappone (4,7), India (3,3) e Germania (2,5).

Deboli greggio e zucchero, in ripresa lo zinco ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: nonostante la previsione di un deficit di offerta anche in Cina, ha proseguito anch'esso la discesa avviata la settimana scorsa: il raffinato ha perso l'1%, il grezzo il 2,1%. Deboli anche il cotone sodo e il caffè arabica, in ribasso rispettivamente dell'1% e dell'1,2% a New York. Caffè robusta e cacao hanno registrato variazioni minime.

Baic sfida Magna su Opel: 1,4 miliardi di investimenti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: obiettivo è produrre in Cina 500mila vetture Andrea Malan FRANCOFORTE. Dal nostro inviato Un investimento di 1,4 miliardi di euro per produrre entro il 2015 500mila Opel in Cina; taglio di poco più di 7.500 posti di lavoro in Europa, di cui 3mila in Germania e 2.500 in Belgio, dove l'impianto di Anversa verrebbe con ogni probabilità chiuso.

La stampa non condizionerà il G-8 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: del negoziato Doha round Berlusconi appare ottimista dopo il colloquio con il presidente cinese mentre sul clima esistono ancora divergenze tra l'Ue e i grandi "inquinatori", Usa, Cina, India e Brasile. © RIPRODUZIONE RISERVATA PLAUSO DEL PAPA Il premier cita il messaggio di auguri del Pontefice The Guardian: «L'Italia sarà esclusa, preparativi caos» Frattini e La Russa: buffonata

I COMMENTI ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: CONTRASTO Guglielmo Epifani Segretario generale della Cgil «Particolarmente significativa la scelta di considerare centrali il lavoro e la persona nell'analisi della crisi» AGF Rosy Bindi Deputata del Pd Vicepresidente della Camera «Fa riflettere sui limiti di una globalizzazione che ha mortificato l'uomo e aumentato le diseguaglianze»

NEL MERCATO CON GIUSTIZIA ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: il profitto è utile come mezzo e non come fine LA GLOBALIZZAZIONE Società a misura d'uomo 9. L'amore nella verità — caritas in veritate — è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. (...) La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende «minimamente d'intromettersi nella politica degli Stati».

Vincenzo de' Stefani: innovazione e ricerca da oltre 50 anni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: sede a Padova e insediamenti negli Usa e in Cina, che opera nel mercato degli ingranaggi di piccole dimensioni; nel 1978, costituisce Mini Tools, nel 1986 Mini Service e nel 1990 Metal Temper. Queste aziende verranno poi incorporate in MG mini Gears. Dal 2007 al 2009, de' Stefani è presidente di S IT La Precisa, fondata nel 1953 dai suoi fratelli Pierluigi e Giancarlo,

Ora serve la riforma dell'Onu ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: finanziaria per governare la globalizzazione. Per Benedetto XVI «urge la presenza di una vera autorità politica mondiale ». Di fronte alla crescita della interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza dellariforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale,

Doha round da chiudere entro il 2010 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, India, Messico e Sudafrica). Una spinta decisiva alla trattativa sul commercio è stata indicata come uno degli obiettivi del summit dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. I leader dei 13 Paesi, secondo una bozza del comunicato ottenuta dall'agenzia Reuters, dovrebbero dare istruzioni ai ministri del commercio di riunirsi prima del summit del G-

"Basta precari, buon lavoro per tutti" ( da "Stampaweb, La" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell?economia serve l?etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso»

Dalle armi nucleari all'effetto serra: ecco i dossier sul tavolo dei Grandi ( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: È stato accettato da tutti tranne la Cina. Nelle prossime ore si verificherà se le sue obiezioni dureranno. Quando al Mef si uniranno il segretario generale dell'Onu e la Danimarca, che presiederà la conferenza di Copenhagen sul clima, si misureranno anche le resistenze di Cina e Brasile sull'obiettivo di contenere entro i due gradi il riscaldamento del pianeta,

U n'enciclica ( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nel mondo appena decolonizzato, Paolo VI nel 1967 pubblicò la Populorum progressio : la questione sociale si allargava al rapporto tra Nord e Sud. Non è un caso che Benedetto XVI, con Caritas in veritate , riparta dalla Populorum progressio per trattare di sfide e crisi del mondo globalizzato. CONTINUA A PAGINA 40

Berlusconi lancia le sfide del suo G8 ( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: più Cina, India, Brasile, Messico e Sudafrica, oltre all'Egitto, scelto per la sua importanza strategica per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Pur considerando «molto importante» questo incontro allargato, Berlusconi sostiene però «che va mantenuto come punto di riferimento il formato attuale»,

Lo sbilanciamento globale ( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tra cui una globalizzazione asimmetrica (con una maggiore liberalizzazione del mercato dei capitali rispetto al mercato del lavoro), le carenze nella corporate governance (le regole che presiedono alla gestione delle imprese, ndt) e il crollo delle convenzioni sociali egualitarie emerse dopo la seconda guerra mondiale.

Solo uno dei tanti gruppi G , sopravvalutato non per caso ( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: fatale per la Cina era ancora in incubazione), perdevano mercati interni a favore delle importazioni nippo-coreane e germanico-italiane. Anche gli europei, soprattutto Germania, Francia ed Italia, avevano da lamentarsi, perchè gli alti tassi di interesse strozzavano gli investimenti e inflazionavano il debito pubblico più di quanto alimentassero le esportazioni europee verso gli Usa.

Il veterano no global: finita l'epoca dei controvertici, dobbiamo reinventarci ( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Stiamo forse assistendo agli ultimi rantoli del movimento anti-globalizzazione? Non so se si tratti della fine del movimento anti-globalizzazione in quanto tale, ma il formato del controvertice sembra essersi esaurito. Credo che sia arrivato il momento di rinnovare le pratiche e i modelli organizzativi se vogliamo fare di nuovo breccia nell'opinione pubblica.

La signora della rivolta ( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con negozi e affari dalla Cina al Kazakhstan. Un benessere che mostrava come anche gli uiguri potessero farcela, a patto di tenersi fuori dalla politica e di dimenticare le proprie origini. Ma il quadretto, gradito al regime, si dissolve nel 1996, quando il marito di Rabiya, l'ex prigioniero politico Sidik Rouzi, si rifugia negli Stati Uniti.

CATTOLICESIMO E CAPITALISMO, CRISI DI UN IDILLIO ( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: dal ruolo dello stato ai problemi dell'ambiente e della globalizzazione. Senza dimenticare alcuni aspetti e alcune questioni che fanno parte essenziale del magistero cattolico, come le questioni legate al sesso e alla crescita democratica. Un panorama vasto e complesso, che rischia inevitabilmente la genericità.

"napolitano, gentleman e grande leader" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Che Obama abbia a cuore la questione climatica è noto, il presidente Usa ha invitato Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico a riunirsi oggi con gli Otto per un «Major Economies Forum», ma l´improvvisa partenza di Hu Jintao gli ha rovinato i piani. Si parla di economia globale, di Iran, dello sviluppo in Africa.

g8, primi accordi anticrisi obama: bene la leadership italiana - gianluca luzi ( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, perché sarebbe non producente una riduzione in Europa e Usa ma non in quei paesi». L´altro tema sul tavolo del G8 è quello degli aiuti ai Paesi poveri. «Con gli aiuti del Global Fund abbiamo curato milioni di bambini», ha ricordato Berlusconi che però ha anche ammesso: «Il mio paese è in ritardo per i fondi promessi ma abbiamo avuto la vicenda del terremoto che ci ha tenuto

l'amico americano - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Per ora compresa anche quella Cina che, nella partenza affannosa del suo presidente Hu Jintao, l´assente giustificato, ha mostrato che sulla propria stupenda crescita industriale e finanziaria ancora pesa, come aveva ricordato garbatamente il presidente Napolitano, quella vulnerabilità e incompiutezza civile che ne limita la capacità di leadership internazionale.

il manifesto delle intenzioni - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per quanto allargati dalla globalizzazione, si giocano ancora in buona parte nel perimetro del G8. L´anno scorso la somma dei Prodotti lordi degli Otto Grandi ha raggiunto i 22 mila miliardi di dollari, mentre la somma dei Pil degli emergenti (Cina, India, Brasile e Messico) è poco meno di un terzo.

il dramma dei precari raccontato da celestini - sara chiappori ( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E naturalmente i precari, i nuovi sfruttati del mercato del lavoro globalizzato, a cui Ascanio Celestini ha dedicato una lunga saga in forma di spettacolo (Appunti per un film sulla lotta di classe), di libro (Lotta di classe, pubblicato da Einaudi), di disco e di documentario (entrambi usciti con il titolo Parole sante).

un g8 ormai dimezzato ( da "Unita, L'" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: risolvere i problemi del mondo globalizzato, alla radice della contestazione. In America no-global e i verdi la seguono da vicino e la scritta dei terremotati sulla collina dell'Aquila Yes we are camp è comparsa su tutti i blog. Molto meno interesse ha riscosso la proposta di riforma etica discussa ieri e la dichiarazione di solidarietà dei partecipanti ai principi proposti da Tremonti.

L'amico americano ( da "Repubblica.it" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Per ora compresa anche quella Cina che, nella partenza affannosa del suo presidente Hu Jintao, l'assente giustificato, ha mostrato che sulla propria stupenda crescita industriale e finanziaria ancora pesa, come aveva ricordato garbatamente il presidente Napolitano, quella vulnerabilità e incompiutezza civile che ne limita la capacità di leadership internazionale.

Il manifesto delle intenzioni ( da "Repubblica.it" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per quanto allargati dalla globalizzazione, si giocano ancora in buona parte nel perimetro del G8. L'anno scorso la somma dei Prodotti lordi degli Otto Grandi ha raggiunto i 22 mila miliardi di dollari, mentre la somma dei Pil degli emergenti (Cina, India, Brasile e Messico) è poco meno di un terzo.

L'INSTANT BOOK ( da "Sole 24 Ore, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: interventi nel capitolo sulla globalizzazione Tommaso Padoa-Schioppa intervista: La sfida di Globus, il mondo con una moneta Barry Eichengreen Il ping pong planetario America-Cina Martin Wolf Nasce l'economia dei cento fiori Jagdish Bhagwati intervista: La globalizzazione in pausa Parag Khanna Le città di un mondo invisibile Valerio Castronovo Il protezionismo può rispuntare 160 pagine.

La super moneta i cento fiori e la sfida globale ( da "Sole 24 Ore, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: uscita dalla grande crisi passa dal rilancio della globalizzazione, un crocevia dell'economia e della politica- come emerge dal G-8 dell'Aquila-dove oggi si incontrano queste tre parole chiave. Le propone «Lezioni per il futuro», il libro del Sole 24 Ore in edicola da sabato, che nasce dal dibattito su come battere la crisi con oltre 60 economisti, studiosi,

Uno stanco rituale ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: cioè il vertice tra Usa e Cina. Ma c'è di più: questo stanco rituale non riesce a conseguire neanche gli obiettivi che si era prefisso. E i leader delle grandi potenze, gli uomini «più potenti del mondo», alzano inermi bandiera bianca sul tema del riscaldamento globale e aspettano fatalisti la catastrofe ambientale prossima ventura.

Libertà scientifi ca ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la manifestazione promossa dalla Regione e dedicata ai temi della globalizzazione che inizia oggi alle 9.30. L'iniziativa come sempre si svolge nelle grandi tensostrutture allestite fra i pini del Parco. Nell'anno dedicato a Galileo, i temi in discussione sono quelli della scienza e della pace, di qui il titolo "La scienza motore dello sviluppo, la pace motore del mondo".

Uiguri globalizzati, lottano per i diritti ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ma a far salire la tensione alle stelle ha contribuito il modo in cui in Cina è gestita l'informazione: i media diffondono una storia ufficiale a cui pochi credono e che alimenta voci, discussioni e immagini su internet e altri canali che lo Stato alla fine può bloccare, ma che nell'immediato causano forti tensioni.

Si alza il sipario, due leadership e un sopravvisuto ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: un accordo sul clima fatto senza la Cina, che è andata via e l'India, che parlerà oggi. Una promessa che gli aiuti all'Africa arriveranno. Una dichiarazione generica sull'economia. La merce è questa e il cavaliere è al solito un perfetto banditore: «Ci sono domande no bene grazie» pronuncia tutto d'un fiato e scappa via che quasi inciampa.

Solo vecchie ricette, si deciderà altrove ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Un problema su cui la Cina negli ultimi mesi ha posto con forza e giustamente l'accento. In tale contesto, gli otto leader non hanno potuto che ribadire gli impegni già presi a Londra dal G20 e monitorare l'andamento della crisi globale. Proprio i rischi legati alla crisi stessa rimangono e l'ottimismo delle ultime settimane sembra svaporare nella calura estiva.

Il G8 promuove le regole per l'economia ( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ora dobbiamo convincere India e Cina». Il presidente Usa Obama, ospite al Quirinale di Napolitano: «In Italia forte leadership. Con Roma una vera amicizia». Più tardi la visita, insieme al Cavaliere, al centro dell'Aquila devastato dal terremoto. DA PAGINA 2 A PAGINA 15 Terremoto Obama e Berlusconi davanti al Palazzo del governo dell'Aquila (foto Ansa)

G8, l'inganno sul clima ( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: di cui fanno parte paesi ormai decisivi come Cina, India, Brasile, Messico). Molti notiziari italiani hanno tradotto con la frase «il G8 ha raggiunto un accordo sul clima». Falso. Cioè: vero, in apparenza, perché gli Otto hanno concordato una frase da mettere nel loro comunicato finale su questo che è considerato uno dei principali temi in agenda.

Patto sul clima: metà emissioni entro il 2050 ( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ora parleremo con Cina, India e Brasile. Gli ambientalisti: troppo poco DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA Il G8 prova a mettere un po' di ambizione in fatto di lotta ai cambiamenti climatici. Nel documento finale della giornata di ieri, la prima del vertice a presidenza italiana, gli Otto grandi si sono dati alcuni obiettivi che in passato li avevano visti divisi:

Xinjiang, pena di morte per i rivoltosi ( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La situazione è sotto controllo» DAL NOSTRO INVIATO URUMQI (Cina) L'elicottero color sabbia compie un semicerchio sopra i palazzi malridotti di uno dei quartieri uiguri del centro. I volantini fioccano sui vicoli. Gli uomini non li raccolgono, hanno le mani impegnate da bastoni e pietre: sono decine, aspettano l'assalto dei cinesi han.

All'Aquila il summit coglie due obiettivi C'è intesa sul clima, ma senza la Cina ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, assieme all'India, per alimentare le sue fabbriche e le sue industrie, usa le fonti energetiche che trova dentro casa. Ricorre quasi esclusivamente al carbone o a quel mix di suoi derivati. Pechino ha preso tempo. Riconosce i guasti provocati all'ambiente ma si smarca dagli impegni perché teme che il taglio del 50 per cento delle emissioni finirebbe per contrarre il suo livello

C'ERA UNA VOLTA IL G8 ( da "Stampa, La" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ha detto il presidente Usa. Ma Cina e India hanno resistito. Appuntamento a fine anno a Copenhagen, nuovo meeting, nuovo giro, diplomazie già al lavoro, tentativo di governo globale delle cose difficile, nuovo e vecchio mondo di nuovo a confronto. Davvero i cinesi si prenderanno la responsabilità di bloccare un accordo globale?

Accordo sul clima Sì degli emergenti ( da "Stampa, La" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e Brasile, Qui all'Aquila i leader di Australia, Brasile, Canada, Cina, Unione Europea, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Sud Africa, Gran Bretagna e Stati Uniti d'America hanno scritto, nero su bianco, che «il cambiamento climatico è una delle sfide più grandi della nostra epoca»

l'appello e la delusione di obama "problema immenso, dobbiamo fare di più" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina si sfila, l´Onu si lamenta e il presidente americano ne è consapevole. Ma sa anche che dal più potente leader del pianeta tutti si aspettano parole di speranza e l´uomo del "yes, we can" si sbilancia, «qui all´Aquila abbiamo fatto un significativo numero di passi avanti, al G8 c´è stato uno storico consenso su concreti obiettivi per ridurre le emissioni di gas inquinanti»

getra in cina, investimenti da 40 milioni ( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: che ha accettato la sfida della globalizzazione». L´azienda non è nuova ai mercati internazionali. Già da qualche anno fornisce infrastrutture per l´energia elettrica in Africa, America e Medio Oriente, oltre all´Europa. Dopo l´annuncio della joint venture si è tenuta una tavola rotonda a cui hanno partecipato l´onorevole Adolfo Urso,

big della finanza più cina, meno usa sono 10 le italiane ( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, meno Usa sono 10 le italiane Quest´anno 50-60 banche russe potrebbero vedersi revocare la propria licenza e potremmo dover applicare il pacchetto di salvataggio ad altre 15-20 NEW YORK - Con 458 miliardi di dollari di entrate, il colosso petrolifero anglo-olandese Royal Dutch Shell guida la nuova hit-parade delle 500 maggiori società mondiali compilata dalla rivista Fortune.

Gas serra non resta che l'Onu ( da "Unita, L'" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina si sfila. E tutti rimandano a Copenaghen dove in dicembre la discussione cesserà di essere informale e diventerà istituzionale: nell'ambito delle Nazioni Unite e di una Convenzione - quella sui cambiamenti del clima - che ha il valore di una legge quadro internazionale.

La Cina gela Obama No al patto sul clima ( da "Unita, L'" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina gela Obama No al patto sul clima UMBERTO DE GIOVANNANGELI «L'accordo sul clima raggiunto ieri (mercoledì, ndr) dal G8 sui cambiamenti climatici non vincola la Cina, che ritiene fondamentale la necessità per i Paesi sviluppati di prendere in seria considerazione le diverse condizioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.

L'accordo sul clima raggiunto ieri (mercoledì, ndr) dal G8 sui cambiamenti c... ( da "Unita, L'" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: dal G8 sui cambiamenti climatici non vincola la Cina, che ritiene fondamentale la necessità per i Paesi sviluppati di prendere in seria considerazione le diverse condizioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.... Tutte le strade intraprese senza la partecipazione dei Paesi emergenti sono inutili e prive di efficacia.

La Nano di Tata ritarda il debutto ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è al quarto posto per potere di acquisto per persona dietro a Usa, Cina e Giappone. La capacità di resistenza alla crisi da parte dell'economia del paese risiede nel fatto che l'export rappresenta solo il 16% del Pil, mentre i risparmi coprono il 35%, una percentuale in continua crescita negli ultimi decenni, mentre i consumi privati rappresentano il 56 per cento.

Speciale Omnibus ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nonno, nuora e nipotina: rapporti difficili, mentre incombono gli anni di piombo. RAITRE 1,40 Fuori orario. I "film rari" scelti da Enrico Ghezzi sono il documentario "He Fengming" ( Cina 2008), di Wang Bing, e il muto "Aelita" (Urss 1924),di Jakov Protazanov.

Subito il piano di aiuti all'Africa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: compiuti da Cina, altri paesi asiatici e paesi del Golfo soprattutto in Africa e America latina. Secondo alcune stime, questo acquisti avrebbero raggiunto i 15-20 milioni di ettari già acquistati o in fase di acquisto. Una delle ipotesi allo studio è la creazione di un codice di condotta per gli acquirenti, anche se non è chiaro come questo possa essere fatto rispettare.

Serve una risposta alla crisi, ma il G8 si ferma al 2 percento ( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In Usa, Canada e Australia le emissioni sono circa 20 tonnellate pro capite l'anno, in Europa e in Giappone attorno a 10-12 tonnellate, in Cina oltre 5 tonnellate, in India sotto le 2 tonnellate e in gran parte dell'Africa sub-sahariana sotto la tonnellata l'anno.

LA CRISI CHE NON C'È ( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina ha esplicitamente affermato di non sentirsi vincolata agli accordi tra Usa e Europa. Di più: questi paesi (in particolare la Cina) stanno mostrando una capacità straordinaria di penetrazione in mercati (come l'Africa) un tempo monopolio dell'imperialismo europeo e Usa.

Denaro ce n'è Lavoro (in Usa) no Cina in auto ( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è Lavoro (in Usa) no Cina in auto Galapagos Il petrolio è tornato sotto i 60 dollari al barile. Dopo aver avviato la seduta ufficiale a 61,17 dollari, il future sul Wti è scivolato a 59,78 dollari. Cosa ha spinto al ribasso le quotazioni? Difficile dirlo: in ogni caso non l'ottimismo di maniera del G8 sui tempi della crisi.

GUn brutto clima per un G8 in crisi ( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, India e Messico, più Egitto) più Corea del sud, Australia e Indonesia riuniti nel Major economies forum (Mef). Il presidente Usa, Barak Obama, conclude una lunga e difficile giornata, assicurando che l'America d'ora in avanti, e a differenza del passato, si assumerà le proprie responsabilità e farà la sua parte.

Le decisioni vere vanno al G20 di Pittsburgh ( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ossia il G2 composto da Usa e Cina. Il fallimento nel negoziato sul clima viene bilanciato dai proclami per il rilancio del Round di Doha in ambito Wto, al fine di promuovere nuove liberalizzazioni commerciali entro il 2010. Il Brasile di Lula è sempre più allineato sulle posizioni americane in chiave anti-europea e, mosso dagli interessi per l'

L'impegno sul commercio: accordo entro il 2010 per scambi più liberi ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Per iniziativa della Cina che è tornata a chiedere una diversificazione del sistema di valute utilizzate nelle riserve internazionali. Nei mesi scorsi in più occasioni Pechino ha chiesto di ridurre il peso del dollaro, di cui la Cina è il principale detentore estero.

Clima, la spinta di Obama ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Aquila ieri è toccato al cosiddetto G8+5+1 (gli otto della tradizione, più Brasile, Cina, India, Messico, Sud Africa e infine l'Egitto), in buona parte dedicato all'economia e alla crescita. E poi all'ancora più numeroso Major Economies Forum, voluto dall'Amministrazione americana per rilanciare la battaglia contro il riscaldamento del clima.

Primo accordo tra i Grandi sul clima ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Berlusconi: c'è una nuova fiducia Primo accordo tra i Grandi sul clima La Cina apre ma non firma. Stretta di mano Obama-Gheddafi I Grandi, riuniti al G8 dell'Aquila, trovano l'accordo sul clima con taglio dei gas inquinanti e limiti all'aumento della temperatura del pianeta. La Cina non firma, ma sostiene: «Obiettivi giusti».

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: icona del movimento ecologico Usa, le obiezioni di Cina e India sulle misure per il clima sono «un campanello d'allarme che non può rimanere inascoltato». Decurtare le emissioni di gas senza i colossi emergenti sarà impossibile, avverte. «Il futuro della terra dice Flavin dipende soprattutto da loro.>

In attesa delle regole anti-crisi i big del credito ci riprovano ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione basata sul ruvido scambio delle merci più che sui fluidi magheggi della tecnofinanza. Una globalizzazione senza più un re è una globalizzazione fatalmente oligarchica poliarchica, scrive Mario Draghi sull' Osservatore romano per essere politicamente corretto e come tale in bilico tra l'ambizione illuminista di un nuovo ordine e la realpolitik degli interessi che scivola

Il tramonto di un club di un'altra epoca ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ingresso stabile della Cina nel G8: battaglia ormai di retroguardia, perché la Cina è presente tanto nel G14 quanto nel G20. Qualche resistenza lo sherpa italiano Giampiero Massolo l'ha trovata anche negli americani. Ma qui il motivo è diverso, e ben più insidioso per tutti gli altri a cominciare dagli europei: gli Usa, accanto al G20,

La Merkel: ( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: lavorare insieme sulle sfide globali» gli Otto (Usa, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Russia), i Cinque (Brasile, Cina, India, Messico, Sudafrica), e l'Egitto (invitato dalla presidenza italiana). Dettaglio non minore: i primi 13 sono elencati in ordine alfabetico, come se già fossero insieme.

Al G8 dell'Aquila è il giorno dell'Africa 20 miliardi in tre anni per i Paesi poveri ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione coinvolge tutti. E ognuno si deve assumere il suo peso di responsabilità. Diritti e doveri. E' un principio che i fatti, la realtà, impongono e che viene accolto per la prima volta anche in un G8. OAS_RICH('Middle'); L'incontro tra i protagonisti, diretti e indiretti, lo dimostra.

Usa: balzo delle esportazioni a maggio, frenano le importazioni ( da "BlueTG online" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: del deficit commerciale a 26 miliardi di dollari, contro attese per un deficit attorno a 29,4 miliardi, con minimi che non si vedevano da anni nei confronti di Canada, Ue e Giappone. Contro la Cina gli Usa hanno registrato in maggio un deficit commerciale di 17,48 miliardi, contro i 21,36 miliardi del maggio 2008. (l.s.)

G8, Obama: "L'Aquila nel cuore" Il presidente Usa arrivato in Vaticano ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come la Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono essere più tirate fuori. "E' necessario quindi un periodo di transizione. Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore di evoluzione.

Il G8 si chiude con l'Africa 20 mld in 3 anni per i paesi poveri ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione coinvolge tutti. E ognuno si deve assumere il suo peso di responsabilità. Diritti e doveri. E' un principio che i fatti, la realtà, impongono e che viene accolto per la prima volta anche in un G8. L'incontro tra i protagonisti, diretti e indiretti, lo dimostra.

Berlusconi trionfante: "G8 positivo" Intese con l'opposizione? "Solo se cambia" ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Brasile, India, Cina, Sudafrica. Economie di peso, in pieno sviluppo, che condizionano enormi aerea del pianeta. Lasciarli fuori dai giochi e dalle decisioni sarebbe assurdo. OAS_RICH('Middle'); Anche sulla crisi economica, Berlusconi dice di aver incontrato posizioni comuni.

No global all'Aquila, no incidenti "Siamo tutti dei terremotati" ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: dette su questa manifestazione siamo qui contro la globalizzazione che sta distruggendo il mondo", e un'altra ancora arringa i campi deserti e i colleghi di passo spiegando che c'è "un terremoto economico e sociale, siamo tutti terremotati". Come una tappa severa del Giro d'Italia, dopo la lunga pianura affrontata con ottimo piede si comincia la gran salita che porta alla Villa,

Benedetto XVI a Obama: "Prego per lei" "Ci aspettiamo relazione molto forte" ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come la Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono essere più tirate fuori. "E' necessario quindi un periodo di transizione. Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore di evoluzione.

Obama dal Papa: "Per me un grande onore" Impegno a diminuire gli aborti negli Usa ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono starne più fuori. "Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore evoluzione. Dovremo essere certi che la scelta che faremo funzioni".

G8 dell'Aquila, dichiarazione finale ( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nel 2007 il G8 iniziò a dialogare con Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica, per arrivare a una comune comprensione delle questioni più importanti sull'agenda globale. A L'Aquila, i leader hanno deciso di continuare ad andare avanti nell'ambito di una partnership strutturata e solida.


Articoli

Setta missili Scud per celebrare il 4 luglio e avvertire i G8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

COREA DEL NORD Setta missili Scud per «celebrare» il 4 luglio e avvertire i G8 La Corea del nord ha voluto essere presente, a modo suo, ai fuochi tradizionali del 4 di luglio e nel giorno dell'Independence Day Usa ha lanciato sette missili Scud con gittata da 500 km. Nel mirino di Pyongyang anche il G8-G20 dell'Aquila, durante il quale il problema dei programmi nucleare e missilistico di Pyongyang è destinato a trovare ampio spazio. La Corea del nord non deve «esacerbare le tensioni» e i lanci «sperimentali di missili di ieri e oggi non aiutano ad attenuarle», è stata la prima reazione del Dipartimento di Stato Usa, mentre Russia e Cina, in una nota congiunta, hanno invitato alla calma e al ritorno al tavolo dei negoziati a Sei (le due Coree, Stati uniti, Cina, Giappone e Russia). Seul è stata molto dura: atti provocatori che «violano palesemente le risoluzioni 1695, 1718 e 1874 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che vietano alla Corea del Nord tutte le attività relative ai missili balistici». Il governo giapponese ha fatto sapere di aver presentato protesta formale contro il Nord attraverso i suoi canali diplomatici a Pechino.

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Tra G8 e G20, meglio l'inutile G192 dell'Onu (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

SBILANCIAMOCI Tra G8 e G20, meglio l'inutile G192 dell'Onu Tommaso Rondinella Le pagine dei giornali si sono riempite di speranza di fronte all'innovativo G20 che avrebbe dato le ricette giuste per superare la difficile congiuntura. Le campagne della società civile fremono in attesa delle nuove promesse del G8 verso l'Africa. Pochi hanno però ritenuto necessario monitorare quanto stava succedendo a New York, nell'unica sede legittima di discussione dei destini del mondo. l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dal 24 al 26 giugno si è infatti tenuta la "Conferenza delle Nazioni Unite sulla crisi economica e finanziaria e il suo impatto sullo sviluppo". Si tratta dell'unica assise dove tutti i 192 paesi del mondo possono discutere delle strategie globali di risposta al crollo dei mercati, l'unica sede accettabile per garantire scelte democratiche. Il G8 ha ormai da tempo perso la propria legittimità. Si tratta di una istituzione anacronistica che, anche volendo accettare un'istituzione in cui siano solo i più ricchi a decidere, è semplicemente male assortita. Che l'Italia, la Francia e il Canada discutano a porte chiuse lasciando fuori la Cina ad aspettare pazientemente il proprio turno per essere ricevute a colloquio dai "grandi" appare quanto meno imbarazzante. E così da anni durante i G8 si parla solo di dare nuovi aiuti all'Africa rilanciando promesse disattese che a loro volta non saranno mantenute. Il tutto senza mai mettere in discussione quei meccanismi che rendevano ricchi gli 8 e che imponevano al resto del mondo privatizzazioni, smantellamento dello stato sociale e produzioni votate solo all'esportazione. Il G14 e il G20 non sono altro che attualizzazioni dello stesso sistema, tirando dentro quei paesi che a pieno titolo esigono di poter fare quello che gli ex 8 grandi hanno fatto per tanti anni. Ma questa volta il contesto internazionale è profondamente cambiato. Le politiche del laissez faire, lo stato che non può intervenire nell'economia, la deregolamentazione e lo strapotere della finanza si sono rivelati ingiusti e inadeguati e hanno condotto alla moltiplicazione delle crisi (sociale, economica, finanziaria, ambientale, alimentare, energetica). I Gn (con n = 8, 14, 20 o quant'altro), come li chiama Stiglitz, terranno sempre fuori della porta i restanti (192 - n) paesi che subiscono le crisi, spesso in maniera vigorosa, essendone vittime innocenti. Che si riparta allora dal G192, dall'Assemblea Generale. La conferenza di New York della settimana scorsa si è chiusa, tuttavia, senza prese di posizione particolarmente entusiasmanti. Riconosce la necessità di una riforma rapida e profonda di Banca e Fondo, ma non definisce linee guida concrete. Sostiene l'appello di molti paesi ad una maggiore flessibilità politica (la possibilità di adottare misure anticicliche e ammortizzatori sociali) ma non esplicita una moratoria delle condizionalità imposte dalle istituzioni internazionali. Auspica ad una maggiore cooperazione sulle questioni fiscali, ma non impone la fine del segreto bancario e una lotta strenue contro i paradisi fiscali (tema già affrontato al G20 ma tenendo fuori i paradisi di USA, Cina e Gran Bretagna: quelli sui territori del G20 stesso). Anche l'Assemblea Generale non ha individuato la giustizia sociale quale obiettivo per il superamento della crisi, ma almeno nei documenti preparatori e in quello conclusivo osserva attentamente l'impatto sociale della crisi. E se i media (e i governi) si degnassero di darle il ruolo che merita, allora anche i risultati si farebbero molto più interessanti.

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"Scommettiamo sull'Africa" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

SUPERATTIVISMO ORIENTALE Marcegaglia: i cinesi lo hanno capito per primi, può far partire una crescita virtuosa Più di 800 imprese stanno realizzando 900 progetti fra miniere e infrastrutture "Scommettiamo sull'Africa" «Lavorare tutti perché l'Africa diventi un nuovo Far East, perché anche lì si inneschi un processo di crescita simile a quello che ha portato negli ultimi dieci anni milioni di cinesi ed indiani fuori dalla soglia della povertà» dice Emma Marcegaglia. Che concorda con la tesi lanciata sulla «Stampa» da Bob Geldof. «L'Africa - spiega il presidente di Confindustria - è certamente un'opportunità: lo è per l'Europa, ma oggi lo è soprattutto per la Cina, che per quest'area ha un'attenzione straordinaria. Però è anche un'opportunità per l'Africa stessa. Penso soprattutto alla parte che soffre di più: l'area subsahariana, il Corno d'Africa, il buco nero dove dilagano povertà e guerre etniche sanguinossime». La Cina, il Brasile e l'India stanno diventando i «nuovi padroni» del Continente nero. Noi occidentali siamo ancora fermi all'elemosina, vediamo l'Africa come un peso... «I cinesi hanno cambiato approccio, si muovono in modo molto intelligente ed efficace. Hanno un bisogno assoluto di materie prime e questo li spinge ad una politica che segue logiche diverse da quelle europee e americane. Sono molto attivi, partecipano a tanti progetti infrastrutturali e realizzano chiavi in mano ponti, strade, edifici governativi, impianti sportivi: oggi in Africa ci sono oltre 800 le imprese cinesi impegnate nella realizzazione di ben 900 progetti». Ma non si corre il rischio di una nuova forma di colonialismo? «Credo che l'Africa non si senta particolarmente tutelata dall'Occidente e quindi non le resta che affidarsi ai cinesi. Anche se questo comporta dei pericoli: perché in Africa i cinesi spesso trasferiscono le tecnologie ambientali più vecchie ed inquinanti di cui si vogliono disfare, non formano manodopera locale ma portano la loro. Spetta a noi europei affiancare la Cina proprio per evitare che quella che si presenta come un'opportunità di crescita globale si risolva nel solo sfruttamento dello loro materie prime. Però dovremmo imparare a muoverci in modo più coordinato». Di fronte all'attuale crisi economica mondiale un altro pericolo è il ritorno al protezionismo. «Questo è uno dei temi veri che come G8 Business abbiamo posto in vista del summit dell'Aquila. Perché già oggi ben 47 paesi hanno alzato barriere commerciali o adottato misure che limitano gli scambi, dall'introduzione di veri e propri dazi a sussidi alle proprie aziende sino alla previsioni di standard tecnici particolari. Tutte cose che ci preoccupano molto: perché se dovesse prevalere questa logica noi, come grande paese esportatore saremmo certamente penalizzati, ma chi pagherebbe di più sarebbero proprio le nazioni più povere che vivono solamente di materie prime ed agricoltura». E la proposta del Confindustrie del G8 quale è? «Che dal G8 esca una volontà vera, non solo a parole, di combattere il protezionismo. Perché poi tutti gli studi, tra l'altro, dimostrano che una volta che si introducono tariffe e dazi poi sbloccarle o azzerarle è molto difficile e richiede anni. Col rischio di dover pagare per molti anni queste scelte sbagliate e di pregiudicare la possibilità di ripresa dell'economia globale. A nostro parere la risposta migliore sarebbe quella di portare a termine il Doha Round, il nuovo accordo sui commerci mondiali». Il presidente del consiglio Berlusconi nell'intervista con Bob Geldof al nostro giornale ha fatto il mea culpa, ammettendo l'inadempienza dell'Italia negli aiuti all'Africa. Il mondo delle imprese ha nulla da rimproverarsi? «Negli ultimi 5-6 la quota di nostre imprese internazionalizzate è passato dal 12 al 25% ma occorre certamente fare di più. Siamo presenti in forza in molti paesi di quest'area e nel 2008 il nostro interscambio ha eguagliato quello con gli Usa raggiungendo il 5% del commercio estero, ma certamente dobbiamo fare ancora di più il nostro mestiere: cercare nuovi mercati, investire, creare nuove aziende in questi paesi facendo crescere e formando una manodopera locale, contribuendo così al progresso sociale e civile di questi paesi. Come Confindustria siamo stati in Sudafrica, Tunisia, Marocco, Algeria ed Egitto, stiamo lavorando ad un accordo molto importante con la Libia per creare una zona franca destinata alle imprese italiane, ed ora ci vogliamo concentrare sull'Africa centrale: certamente nel 2010 andremo in Angola». Il G8, come tanti altri organismi della governance globale, mostra dei limiti... «Sì, ma il G8 una sua logica la mantiene. Perché avere riuniti i capi di governi dei principali paesi ha senz'altro un senso non foss'altro per affinità culturale è più facile prendere certe decisioni. Ma da solo non basta più, perché il G8 non può pensare da solo nè di governare nè di dare una linea all'economia mondiale. Dunque l'idea di allargare il vertice ad altri grandi economie mondiali (come Cina, India e Brasile) e all'Unione africana ha certamente un senso. E' una sperimentazione da portare avanti».

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Obama: con i russi un dialogo alla pari (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama: con i russi un dialogo alla pari E' la sua seconda visita in Russia, la prima da presidente. Qual è la sua idea personale del nostro Paese? «Anni fa abbiamo visitato Mosca e Perm, è stato meraviglioso. Avevo fatto quel viaggio in quanto membro del comitato per le relazioni estere del Senato, mi occupavo di non proliferazione nucleare. Abbiamo ricevuto un'accoglienza molto calorosa, è stato bellissimo visitare la piazza Rossa e il Cremlino. Viaggiare da Presidente è ovviamente diverso, e ora spero di poter affrontare gli argomenti di cui mi occupavo da senatore - la non proliferazione nucleare, la riduzione di tensioni e conflitti tra i nostri Paesi - con maggior competenza». Cosa possiamo aspettarci noi russi dal nuovo leader Usa? Come vede il ruolo della Russia nel mondo? «E' un grande Paese con cultura e tradizioni straordinarie. Resta tra i più potenti del mondo, ha un enorme potenziale per contribuire alla stabilità e alla prosperità internazionale. Negli ultimi anni le relazioni russo-americane non erano solide come avrebbero dovuto. Io ho detto subito che volevo schiacciare il bottone "reset", per ripartire da capo. Abbiamo la possibilità di cooperare su argomenti economici, nella difesa, nella lotta alla minaccia terroristica nei nostri Paesi, su problemi come l'Iran, incrementare i commerci. Ma il messaggio principale che porto ai leader e al popolo russo è che l'America rispetta il vostro Paese, vogliamo trattare con voi alla pari. Siamo entrambi superpotenze nucleari, e questo comporta responsabilità speciali, che dobbiamo assumere per consolidare la pace». Incontrerà Dmitry Medvedev e Vladimir Putin. Quanto è importante la chimica personale tra i leaders? «Molto importante. E' difficile trattare senza una sensazione di fiducia e senza la comprensione di quello che conta per il tuo interlocutore. Mi piace parlare a quattr'occhi, non solo insieme a una grande delegazione con ciascuno che prende appunti. Il Presidente Medvedev mi è apparso un uomo profondo, che guarda al futuro. La sua missione è portare la Russia nel 21° secolo e sta facendo un ottimo lavoro. Non ho ancora incontrato il primo ministro Putin, ma chiaramente è stato un leader molto forte per il popolo russo. Spero di uscire da questi incontri comprendendo meglio i loro problemi e delle loro politiche, come spero che loro ne ricavino la convinzione che con me si può trattare in modo efficace». Speriamo che troverete una soluzione al trattato Start, ma quali saranno i passi successivi? «Innanzitutto dobbiamo creare una cornice per il dopo-Start. Il mio obiettivo è che entrambi i nostri Paesi taglino i loro arsenali nucleari fino a un numero che non lasci nessuno in vantaggio, riducendo però le tensioni, e anche le spese di mantenimento di armi nucleari in quantità inutili per la difesa e la deterrenza. Se riusciamo a trovare una soluzione in questi giorni, per la fine di dicembre arriveremo al trattato. Ci sono anche altri argomenti di sicurezza reciproca. La non-proliferazione resta importante, e avere la Russia leader di questo processo è cruciale. Ma considerata la posizione unica degli Usa e della Russia come potenze nucleari, un forte segnale della nostra volontà di ridurre gli arsenali potrebbe aiutarci a livello internazionale, far capire che apriamo una nuova era e vogliamo superare la guerra fredda». Da Presidente lei affronta la crisi economica, l'Afghanistan, l'Iraq, la Corea del Nord. Troppe sfide? Quale ruolo vede per l'America nel mondo? Ci racconti la dottrina Obama. «E' vero, ci siamo scontrati con sfide senza precedenti nell'epoca moderna. Ovviamente, rimaniamo una superpotenza militare. Abbiamo ancora la più grande economia del mondo. Ma è un mondo sempre più integrato. Paesi come Cina, India, Brasile si sviluppano e crescono molto più rapidamente di una volta, e gli Usa devono riconoscere che il loro ruolo non è dettare politiche in giro per il mondo, ma essere partner identificando problemi e interessi comuni. Un grande esempio è il cambiamento climatico: nessun Paese può affrontarlo da solo, ma se in Russia si sciogliesse il permafrost trasformerebbe il clima di tutto il pianeta, con conseguenze pericolose». Quando si era candidato sembrava non avesse chances, eppure ha vinto. Da dove le viene l'audacia della speranza? «Mia madre. Sono cresciuto senza padre, ma lei mi ha dato amore e fiducia. Se c'è qualcuno che ha il merito del mio successo è lei». Lei è famoso per il suo fascino. Cosa non le piace di se stesso? «Non mi piace il mio swing a golf. Non penso che in Russia abbiate un clima molto da golf, ma è un gioco nel quale vorrei migliorare, ma la pallina va di qua e di là, mai dritta». Per tutti la Casa Bianca è un simbolo del potere. Per lei è la casa. Come si sente? «Ci siamo abituati. E' più grande e più bella di tutto le nostre case precedenti. Abitiamo il secondo e il terzo piano ed è molto confortevole, e lo staff è meraviglioso. Quello a cui non mi sono abituato è che, da Presidente, non posso più uscire per andare al ristorante». In Russia sua moglie Michelle è più popolare di lei. E sa perché? Per il suo orto. Da noi sono molto diffusi. Ma a parte quello, cosa pensa del suo ruolo? «E' stata bravissima. Il suo primo dovere è il bene delle nostre figlie. Si sono adattate bene perché Michelle è un'ottima madre. Poi deve impedirmi di diventare troppo vanitoso, ricordando tutte le cose che devo migliorare. Ma lei è anche l'ispirazione per tante americane che uniscono carriera e maternità. Sono molto orgoglioso di lei». Lei non solo è uno scrittore, ma anche un grande lettore. Il suo libro preferito, magari russo? «La Russia ha tanti grandi scrittori e poeti, come Pushkin che amo molto. "Guerra e pace" resta uno dei più grandi romanzi di tutti i tempi, poi Dostoevskij. Sono un grande fan della letteratura russa. Nella musica, ascolto un mix molto ampio, classici come Bach, ma anche hip-hop e moderno. E nel cinema preferisco i vecchi film americani: "Il Padrino", "Casablanca", i classici».

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E' la sua seconda visita in Russia, la prima da presidente. Qual è la sua idea personale d... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

E' la sua seconda visita in Russia, la prima da presidente. Qual è la sua idea personale del nostro Paese? «Anni fa abbiamo visitato Mosca e Perm, è stato meraviglioso. Avevo fatto quel viaggio in quanto membro del comitato per le relazioni estere del Senato, mi occupavo di non proliferazione nucleare. Abbiamo ricevuto un'accoglienza molto calorosa, è stato bellissimo visitare la piazza Rossa e il Cremlino. Viaggiare da Presidente è ovviamente diverso, e ora spero di poter affrontare gli argomenti di cui mi occupavo da senatore - la non proliferazione nucleare, la riduzione di tensioni e conflitti tra i nostri Paesi - con maggior competenza». Cosa possiamo aspettarci noi russi dal nuovo leader Usa? Come vede il ruolo della Russia nel mondo? «E' un grande Paese con cultura e tradizioni straordinarie. Resta tra i più potenti del mondo, ha un enorme potenziale per contribuire alla stabilità e alla prosperità internazionale. Negli ultimi anni le relazioni russo-americane non erano solide come avrebbero dovuto. Io ho detto subito che volevo schiacciare il bottone "reset", per ripartire da capo. Abbiamo la possibilità di cooperare su argomenti economici, nella difesa, nella lotta alla minaccia terroristica nei nostri Paesi, su problemi come l'Iran, incrementare i commerci. Ma il messaggio principale che porto ai leader e al popolo russo è che l'America rispetta il vostro Paese, vogliamo trattare con voi alla pari. Siamo entrambi superpotenze nucleari, e questo comporta responsabilità speciali, che dobbiamo assumere per consolidare la pace». Incontrerà Dmitry Medvedev e Vladimir Putin. Quanto è importante la chimica personale tra i leaders? «Molto importante. E' difficile trattare senza una sensazione di fiducia e senza la comprensione di quello che conta per il tuo interlocutore. Mi piace parlare a quattr'occhi, non solo insieme a una grande delegazione con ciascuno che prende appunti. Il Presidente Medvedev mi è apparso un uomo profondo, che guarda al futuro. La sua missione è portare la Russia nel 21° secolo e sta facendo un ottimo lavoro. Non ho ancora incontrato il primo ministro Putin, ma chiaramente è stato un leader molto forte per il popolo russo. Spero di uscire da questi incontri comprendendo meglio i loro problemi e delle loro politiche, come spero che loro ne ricavino la convinzione che con me si può trattare in modo efficace». Speriamo che troverete una soluzione al trattato Start, ma quali saranno i passi successivi? «Innanzitutto dobbiamo creare una cornice per il dopo-Start. Il mio obiettivo è che entrambi i nostri Paesi taglino i loro arsenali nucleari fino a un numero che non lasci nessuno in vantaggio, riducendo però le tensioni, e anche le spese di mantenimento di armi nucleari in quantità inutili per la difesa e la deterrenza. Se riusciamo a trovare una soluzione in questi giorni, per la fine di dicembre arriveremo al trattato. Ci sono anche altri argomenti di sicurezza reciproca. La non-proliferazione resta importante, e avere la Russia leader di questo processo è cruciale. Ma considerata la posizione unica degli Usa e della Russia come potenze nucleari, un forte segnale della nostra volontà di ridurre gli arsenali potrebbe aiutarci a livello internazionale, far capire che apriamo una nuova era e vogliamo superare la guerra fredda». Da Presidente lei affronta la crisi economica, l'Afghanistan, l'Iraq, la Corea del Nord. Troppe sfide? Quale ruolo vede per l'America nel mondo? Ci racconti la dottrina Obama. «E' vero, ci siamo scontrati con sfide senza precedenti nell'epoca moderna. Ovviamente, rimaniamo una superpotenza militare. Abbiamo ancora la più grande economia del mondo. Ma è un mondo sempre più integrato. Paesi come Cina, India, Brasile si sviluppano e crescono molto più rapidamente di una volta, e gli Usa devono riconoscere che il loro ruolo non è dettare politiche in giro per il mondo, ma essere partner identificando problemi e interessi comuni. Un grande esempio è il cambiamento climatico: nessun Paese può affrontarlo da solo, ma se in Russia si sciogliesse il permafrost trasformerebbe il clima di tutto il pianeta, con conseguenze pericolose». Quando si era candidato sembrava non avesse chances, eppure ha vinto. Da dove le viene l'audacia della speranza? «Mia madre. Sono cresciuto senza padre, ma lei mi ha dato amore e fiducia. Se c'è qualcuno che ha il merito del mio successo è lei». Lei è famoso per il suo fascino. Cosa non le piace di se stesso? «Non mi piace il mio swing a golf. Non penso che in Russia abbiate un clima molto da golf, ma è un gioco nel quale vorrei migliorare, ma la pallina va di qua e di là, mai dritta». Per tutti la Casa Bianca è un simbolo del potere. Per lei è la casa. Come si sente? «Ci siamo abituati. E' più grande e più bella di tutto le nostre case precedenti. Abitiamo il secondo e il terzo piano ed è molto confortevole, e lo staff è meraviglioso. Quello a cui non mi sono abituato è che, da Presidente, non posso più uscire per andare al ristorante». In Russia sua moglie Michelle è più popolare di lei. E sa perché? Per il suo orto. Da noi sono molto diffusi. Ma a parte quello, cosa pensa del suo ruolo? «E' stata bravissima. Il suo primo dovere è il bene delle nostre figlie. Si sono adattate bene perché Michelle è un'ottima madre. Poi deve impedirmi di diventare troppo vanitoso, ricordando tutte le cose che devo migliorare. Ma lei è anche l'ispirazione per tante americane che uniscono carriera e maternità. Sono molto orgoglioso di lei». Lei non solo è uno scrittore, ma anche un grande lettore. Il suo libro preferito, magari russo? «La Russia ha tanti grandi scrittori e poeti, come Pushkin che amo molto. "Guerra e pace" resta uno dei più grandi romanzi di tutti i tempi, poi Dostoevskij. Sono un grande fan della letteratura russa. Nella musica, ascolto un mix molto ampio, classici come Bach, ma anche hip-hop e moderno. E nel cinema preferisco i vecchi film americani: "Il Padrino", "Casablanca", i classici».

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usa-russia, braccio di ferro sullo scudo - leonardo coen (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Esteri Usa-Russia, braccio di ferro sullo Scudo Oggi Obama a Mosca incontra Medvedev per discutere di disarmo nucleare Il vertice Il trattato fra le due potenze sulla limitazione delle armi strategiche "Start" scade a dicembre LEONARDO COEN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA - Obama arriva oggi a Mosca, alla vigilia del G8 in Italia: e guarda caso, ha scelto Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja, per l´intervista rituale che precede ogni visita di Stato nel paese ospite. In verità, anche Medvedev aveva scelto la testata «contro» per la prima intervista ad un giornale russo. Piccoli segnali, ma a loro modo significativi. C´è gran fermento nella capitale russa, perché il presidente americano è assai popolare e perché questa attesissima visita di due giorni è stata annunciata da parecchie dichiarazioni di Medvedev (non invece di Putin). Il capo del Cremlino, infatti, attribuisce al presidente americano la volontà di riallacciare con i russi rapporti di «grande e franca amicizia» fra i due Paesi: entrambi vogliono convincere l´interlocutore che la guerra fredda è bella e sepolta e che riesumarla non ha senso. Ma dietro tutte queste buone intenzioni, dietro la simpatia che Medvedev professa per Obama, ci sono ancora grosse difficoltà negoziali, a cominciare da quelle legate allo «scudo spaziale» americano nell´Europa dell´Est, in Polonia e Repubblica Ceca, considerato dai russi una vera e propria provocazione, intollerabile e inaccettabile. Già da qualche settimana si trova a Mosca una folta équipe di consiglieri e negoziatori americani che, assieme ai loro colleghi russi, stanno grondando sudore per preparare documenti e bozze di accordi su tematiche concrete, limando dai testi tutto ciò che potrebbe inasprire le opposte delegazioni. La tappa russa, nel gran giro di Obama (dopo il G8, anche l´Africa), si annuncia più che importante, nella strategia della Casa Bianca: e di questo, la diplomazia russa ne è ampiamente consapevole. Il primo «pacchetto» di problemi è appunto quello che lega - a doppio filo, secondo i russi - il vecchio trattato sulla limitazione degli armamenti strategici offensivi Start (che scade a dicembre) con lo scudo antimissili. La posizione di Mosca è semplice, apparentemente: il numero delle testate nucleari a disposizione di entrambe le potenze dovrà essere ridotto a meno di 1700 (adesso è superiore a 5-6mila). Su questo, Obama ha detto di essere d´accordo. Il fatto è che i russi pretendono di vincolare l´operazione ai piani degli Usa che vogliono dislocare gli elementi dello scudo spaziale nell´Europa orientale, «troppo vicino» alle frontiere russe. E qui, è facile immaginare che le delegazioni rimanderanno la discussione, troppo distanti essendo le rispettive posizioni. Qualcosa, tuttavia, sarà fatto per dimostrare all´opinione pubblica mondiale la buona volontà di Mosca e Washington. Si prevede di rianimare i contatti militari, cancellati o quasi dalla guerra russo-georgiana dello scorso agosto. Per esempio, sarà formalizzato l´accordo che autorizzerà gli americani al transito sul territorio russo delle loro colonne verso l´Afghanistan e sulla cooperazione tra le forze armate dei due Paesi. Inoltre, è atteso un accordo sulla cooperazione russo-americana in campo nucleare (sinora rimasto congelato). E qui a Mosca aggiungono che si sta cercando di rianimare l´interscambio commerciale, assai penalizzato negli ultimi tempi (ricordate la crisi dell´acciaio? O quella delle «polpette di pollo»?). Infine, è probabile la riedizione - sotto l´egida, beninteso, di Obama e Medvedev - di una Commissione russo-americana, come quella Gore-Cernomyrdin degli anni di Elstin (poi sciolta da Bush), proprio per migliorare questo aspetto dolente, per gli americani soprattutto, scalzati da Germania, Cina, Italia e persino Olanda.

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Il G8 dimentica scienza e formazione per l'Africa (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il G8 dimentica scienza e formazione per l'Africa La «scienza per l'Africa» sarà la grande assente dal G8 che si apre dopodomani, 8 luglio, a l'Aquila. La presidenza italiana ha cassato il tema. E con esso le residue speranze che gli otto paesi più ricchi del pianeta diano concreta attuazione alle solenni promesse assunte in un altro vertice, quello tenuto nel 2005 a Gleneagles, in Scozia, sotto la presidenza del Regno Unito. Non si trattava di promesse da poco. Né per la portata politica del progetto: realizzare in Africa una vasta rete di centri di ricerca e di università con standard di livello internazionale, per far entrare il continente nella società e nell'economia della conoscenza. Né per la portata economica: il G8 si era assunto il compito di investire nell'arco di 10 anni ben 3 miliardi di dollari per la ricerca e 5 miliardi di dollari per l'alta formazione. Non solo in tre anni non è stato speso nulla, ma il tema stesso ora viene cassato all'Aquila. Si tratta di un grave danno per il continente, denuncia su «Nature» il fisico sudanese Mohamed Hassan, direttore generale dell'Accademia delle scienze del Mondo in Sviluppo che ha sede, tra l'altro, a Trieste. Non c'è nulla da aspettarsi dal summit italiano, incalza l'inglese Myles Wickstead, uno degli estensori del progetto di Gleneagles. Un danno grave per l'Africa. Ma anche per l'Europa. Gli Stati Uniti, infatti, sembrano intenzionati a rafforzare la presenza americana, compresa la presenza della scienza Usa, nel continente nero: come annuncia la prossima visita di Barack Obama. Mentre la Cina ha già stanziato 5 miliardi di dollari per il suo progetto di sviluppo per l'Africa e, insieme a Brasile e India, sta rafforzando la propria presenza nel continente nero anche attraverso la collaborazione scientifica e formativa. Sarebbe grave se, anche a causa della distrazione italiana, i paesi europei si esponessero alla pessima figura di non rispettare gli impegni presi e di lasciare tutto lo spazio di collaborazione scientifica con l'Africa al resto del mondo. PIETRO GRECO

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La Corea rovina la festa a Obama (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-07-05 - pag: 7 autore: Sfida agli Usa. Lanciati sette missili La Corea rovina la festa a Obama Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La Corea del Nord "festeggia" il giorno dell'Indipendenza americana con giochi pirotecnici. Ieri Pyongyang ha lanciato ben sette missili verso Oriente che sono caduti senza far danni nel Mar del Giappone. Secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap, che cita fonti del ministero della Difesa di Seul, due vettori balistici di tipo Scud con una gittata stimata di 500 chilometri sono stati catapultati da una base missilistica nordcoreana imprecisata verso le 8 del mattino. Poche ore dopo, altri due razzi dello stesso tipo sono stati lanciati da una stazione missilistica situata vicino a Wonsan. Quindi, nel pomeriggio inoltrato, sono stati lanciati altri tre vettori. Secondo gli esperti sudcoreani che, nonostante 60 anni di separazione totale, parlando la stessa lingua e condividendo la stessa cultura dei cugini del Nord sono i più acuti analisti della politica del regime di Pyongyang, i lanci missilistici di ieri rappresentano una piccola escalation rispetto alle recenti provocazioni nordcoreane. Dopo l'esperimento atomico del 25 maggio scorso, la Corea del Nord ha effettuato alcuni test balistici che hanno tenuto in costante apprensione l'Occidente. Ma, come nel caso delle "esercitazioni" del 2 luglio, si trattava di missili a corto raggio. I sette vettori lanciati ieri nel Mar del Giappone, invece, sono Scud, razzi a media-lunga gittata che teoricamente sarebbero in grado di colpire le coste del Giappone. Ieri, poco dopo l'annuncio della notizia, l'Intelligence di Tokyo ha perfino ipotizzato che tra i sette missili esplosi dalle basi nordcoreane ci fossero anche dei Rodong, razzi con una gittata più lunga degli Scud (1.000-1.500 chilometri) capaci di raggiungere agevolmente buona parte del territorio giapponese e sudcoreano. «Il test missilistico condotto da Pyongyang il 2 luglio rientra nell'ambito di esercitazioni di routine-è l'interpretazione fornita dall'agenzia di stampa sudcoreana - Quella di oggi (ieri, Ndr) ,invece,sembra un'iniziativa di natura politica, poiché coincide con la festa dell'Indipendenza americana ». L'ennesimo esperimento balistico di ieri rappresenta l'ultimo atto di sfida o Washington. E anche contro l'intera comunità internazionale, giacché la recente risoluzione 1874 varata dall'Onu dopo il test nucleare di fine maggio vieta a Pyongyang qualsiasi esperimento balistico con missili a medio-lungo raggio come gli Scud. «La Corea del Nord- ha detto un portavoce del dipartimento di Stato americano, Karl Duckworth - dovrebbe astenersi da azioni che aggravano le tensioni e concentrarsi sui colloqui per la denuclearizzazione e l'attuazione degli impegni assunti con la dichiarazione del 19 settembre del 2005». «è una provocazione» in aperta sfida alle risoluzioni dell'Onu ha dichiarato l'Alto commissario Ue per la politica Estera, Javier Solan. Non saranno gli ultimi lanci, avverte la Corea del Sud. La strategia di Kim Jong-il è chiara: continui gesti provocatori per tenere alta la tensione nel Nordest asiatico. Non è chiaro, tuttavia, quale sia il vero scopo di questa politica al limite dell'autolesionismo. Forse il regime comunista vuole spingere le controparti a tornare a sedersi al Tavolo dei Sei, il negoziato aperto nel 2003 per volontà della Cina (vi partecipano anche Usa, Giappone, Russia e Corea del Sud) per denuclearizzare la penisola coreana. E non è detto che la manovra non riesca. Ieri sera, Mosca ha dichiarato che Russia e Cina (i due vecchi alleati storici di Pyongyang) «sono convinte che per risolvere la crisi nordcoreana non ci siano opzioni alternative al Tavolo dei Sei». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL 4 LUGLIO L'azione provocatoria nell'Independence day Mosca e Pechino invitano alla calma: non c'è alternativa ai negoziati a sei

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Sette missili Scud per il 4 luglio e avvertire i G8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

COREA DEL NORD Sette missili Scud per «celebrare» il 4 luglio e avvertire i G8 La Corea del nord ha voluto essere presente, a modo suo, ai fuochi tradizionali del 4 di luglio e nel giorno dell'Independence Day Usa ha lanciato sette missili Scud con gittata da 500 km. Nel mirino di Pyongyang anche il G8-G20 dell'Aquila, durante il quale il problema dei programmi nucleare e missilistico di Pyongyang è destinato a trovare ampio spazio. La Corea del nord non deve «esacerbare le tensioni» e i lanci «sperimentali di missili di ieri e oggi non aiutano ad attenuarle», è stata la prima reazione del Dipartimento di Stato Usa, mentre Russia e Cina, in una nota congiunta, hanno invitato alla calma e al ritorno al tavolo dei negoziati a Sei (le due Coree, Stati uniti, Cina, Giappone e Russia). Seul è stata molto dura: atti provocatori che «violano palesemente le risoluzioni 1695, 1718 e 1874 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che vietano alla Corea del Nord tutte le attività relative ai missili balistici». Il governo giapponese ha fatto sapere di aver presentato protesta formale contro il Nord attraverso i suoi canali diplomatici a Pechino.

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Riduzione del debito, sviluppo e nuovi aiuti le promesse che non sono state mai mantenute (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 06-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

DA GENOVA 2001 l'Africa è un tema inaggirabile dei vertici G8. Con risultati più teorici che effettivi, le emergenze del continente nero occupano una discreta parte dei lavori dei grandi, e più ancora degli sherpa che ne allestiscono il documento finale. Dalla lotta all'Aids - dove qualche risultato grazie al fondo globale creato ad hoc è stato ottenuto alle strategie di supporto allo sviluppo dei paesi più poveri, l'obiettivo è colmare i gap strutturali che tuttora frenano l'aggancio dell'Africa al treno della "globalizzazione". Al vertice di Gleneagleas i grandi si erano impegnati a versare lo 0,51 per cento del Pil in aiuti entro il 2010 e lo 0,70 entro il 2015. Purtroppo alle parole non hanno fatto seguito i fatti. In particolare, l'Italia ha mantenuto solo il 3 per cento delle promesse fatte. L'attenzione dei grandi all'Africa non è troppo spontanea. Per molti versi è frutto della pressione di diverse organizzazioni non governative, che da anni concentrano i loro sforzi in questa direzione, oltre che di autorità morali come la Chiesa cattolica. Rispetto al recente passato, i grandi dovranno tener conto di almeno tre fattori nuovi. Primo: l'emergere di regioni africane in crescita invidiabile, in particolare la fascia mediterranea dal Marocco alla Libia che il Sudafrica con la sua vasta area di influenza, ormai classificabile come potenza regionale e quindi player globale. Secondo: la crescente penetrazione economica della Cina, a caccia di materie prime e di influenza geopolitica. Terzo: la crescente destrutturazione istituzionale di vaste aree del continente, dove lo Stato esiste solo sulla carta o è in via di fallimento: dal Corno d'Africa alla regione dei grandi laghi. OAS_RICH('Middle'); Non verranno dal G8 risposte decisive su questi dossier. In particolare, è impossibile affrontare le questioni africane senza coinvolgere direttamente Pechino. Parlare di riduzione o di annullamento del debito senza considerare che la gran parte degli Stati africani è sempre più vincolato sotto questo profilo alla Cina, è esercizio piuttosto teorico. E noi italiani, che su questo versante della riduzione del debito ci siamo esposti molto per combinare poco, ne sappiamo qualcosa. (6 luglio 2009

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"servono nuovi modelli di business" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina III - Torino La ricetta del presidente di Basicnet che con i marchi Robe di Kappa e Superga è cresciuto anche in tempi di recessione "Servono nuovi modelli di business" Boglione: più del made in Italy oggi conta l´identità del prodotto La nostra imprenditoria supererà anche questo duro momento perché ancora una volta saprà cambiare anima Torino è un mix di atteggiamenti: non piangersi addosso, scoprire nuove vie, rinnovarsi e lottare Presidente Marco Boglione, la sua Basicnet, che gestisce tra gli altri i marchi Robe di Kappa e Superga, ha fatto segnare crescite a doppia cifra sia come utile sia come fatturato. Cosa suggerisce ai colleghi imprenditori per superare la crisi? «Bisogna trovare nuovi modelli di business, che consentano di cogliere le opportunità che la globalizzazione offre senza però soffrirne le difficoltà. La crisi diventa un´opportunità se si fa quello che abbiamo cercato di fare noi in questi 15 anni, cioè se si trova un modello organizzativo idoneo a competere sui mercati. Non è tanto questione di made in Italy del prodotto finito, perché ormai l´economia globale ti condiziona a produrre dove l´offerta è più competitiva. Ma piuttosto l´identità del prodotto. Noi abbiamo deciso di produrre e vendere i nostri capi nel mondo conservando però fortissima l´"italianità" del marchio». Si immagina una Fiat che segue le vostre orme, cioè che mantenga l´italianità dei marchi e non quella dei siti produttivi? «Non faccio fatica perché è già così adesso. Dopo l´operazione con Chrysler non credo che nessuno andrà a dire che la 500 è un´auto americana. Anche se devo riconoscere che l´auto è un prodotto molto più complesso rispetto a quelli di cui mi occupo io, molto più difficile da spedire». Dopo l´accordo tra il Lingotto e la casa americana si è molto parlato di "modello Torino". Quali sono le sue caratteristiche? «è un mix di atteggiamenti come il non piangersi addosso, il guardare sempre al futuro, lo scoprire nuove vie. è quanto la città sta facendo da anni, rinnovandosi e lottando. E la Fiat ne è un esempio, per come si muove con coraggio per mantenersi competitiva». L´imprenditoria torinese sopravviverà? «Non ho alcun dubbio. Torino è una città operosa, intraprendente, coraggiosa, che ha superato momenti difficilissimi, ha saputo cambiare anima». (ste. p.)

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La Fiat torna in Cina, accordo con Gac Domani il tavolo per l'occupazione (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Fiat torna in Cina, accordo con Gac Domani il tavolo per l'occupazione LAURA MATTEUCCI Fiat tornerà a produrre e vendere auto in Cina a partire dalla seconda metà del 2011. È quanto prevede l'accordo con Gac (Guangzhou automobile group) per la costituzione di una società mista, una joint venture al 50%, firmato ieri dall'ad di Fiat Sergio Marchionne alla presenza di Berlusconi e del presidente cinese Hu Jintao. L'investimento complessivo da parte della nuova società sarà di oltre 400 milioni di euro. Con la Cina, peraltro, Fiat ha stipulato altri sette accordi, per un totale di 225 milioni di dollari, che coprono praticamente tutto il business del gruppo, da Powertrain a Ferrari e Maserati fino a Cnh. Dopo il fallimento dell'operazione Opel, insomma, una boccata d'ossigeno per il Lingotto. I dettagli dell'intesa per la joint venture sono stati affidati ad una nota congiunta delle due aziende: «L'intesa - si legge - prevede la costruzione di un nuovo stabilimento, che si estenderà su una superficie produttiva di oltre 700mila metri quadri. Nella prima fase di sviluppo, la joint venture disporrà di una capacità installata di 140mila autovetture e 220mila motori all'anno. Successivamente, sarà possibile incrementare la capacità del sito fino a 250mila vetture e 300mila motori». L'avvio della produzione è previsto per la seconda metà del 2011. «I modelli prodotti avranno motori e cambi tecnologicamente evoluti, per rispondere alle richieste del governo cinese di sviluppare veicoli a bassi consumi e ridotte emissioni - si legge ancora - Il primo modello che verrà introdotto sul mercato sarà la Linea, berlina a tre volumi di segmento C». Lo stabilimento sarà situato nella città di Changsha, nel cuore della Cina centro-meridionale, 600 chilometri a nord di Guangzhou. «Una grossa occasione - commenta il vicepresidente di Fiat, John Elkann - sapendo che la Cina rimane uno dei mercati importanti per noi nel futuro». Sulla stessa linea il presidente, Luca Cordero di Montezemolo: «È una tappa importante, con un partner molto forte, nel percorso di internazionalizzazione della Fiat e delle sue tecnologie, che hanno avuto un ruolo fondamentale degli Usa, nell'accordo con Chrysler». A questo proposito, si fa strada l'ipotesi che la Fiat 500, auto icona dello sbarco in Usa della casa torinese che ha appena compiuto due anni, potrebbe essere prodotta nell'impianto Chrysler di Belvidere, nello stato dell'Illinois, destinato alle compatte del costruttore americano. L'INCONTRO CON I SINDACATI Il governo ha convocato per domani pomeriggio, presso il ministero dello Sviluppo economico, il tavolo tecnico sull'auto (mercato, occupazione, ricerca) a cui parteciperanno azienda, sindacati dei metalmeccanici (Fim, Fiom, Uilm, Ugl e Fismic), e il coordinamento delle Regioni. L'incontro convocato dal ministero dello Sviluppo economico «ha al centro il mercato, l'occupazione e gli investimenti del gruppo Fiat». In particolare «ha la finalità di approfondire le linee guida del piano industriale illustrate il 18 giugno e di individuare la strumentazione più idonea allo sviluppo industriale e al consolidamento occupazionale nei settori e nei territori in cui opera il gruppo». Molto interessati anche Fim, Fiom e Uilm di Imola (Bologna), che protestano contro la chiusura annunciata da parte di Fiat dell'azienda Cnh che, con l'indotto, conta oltre 500 lavoratori. Perchè se per Termini Imerese si parla di una «riconversione», per l'azienda di Imola, specializzata in macchine agricole e industriali, si profila la chiusura tout-court nel giro di due anni e il trasferimento delle produzioni negli altri due stabilimenti Cnh di San Mauro (Torino) e Lecce. La Fiat torna a produrre in Cina: lo farà dal 2011 con una joint venture paritetica con il gruppo Gac, che parte con un investimento di 400 milioni. Domani incontro governo-sindacati sul futuro del gruppo.

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L'alfabeto del G8 tra diritti e clima Riflettori sui due B Berlusconi padrone di casa del vertice all'Aquila con l'incubo di nuove foto compromettenti e altre scosse Barack leader (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'alfabeto del G8 tra diritti e clima Riflettori sui due «B» Berlusconi padrone di casa del vertice all'Aquila con l'incubo di nuove foto compromettenti e altre scosse Barack leader della svolta con l'assillo della pace UMBERTO DE GIOVANNANGELI A come atomica. B come Berlusconi. C come clima...Vademecum per decodificare il summit del G8. Vocabolario critico, per chi non si accontenta delle «veline» (giornalistiche s'intende) ufficiali. A come arsenali Reduce dal «Nuovo Inizio» moscovita, Barack Obama vuole fare del tema della non proliferazione nucleare una delle questioni cruciali del G8 aquilano. Naturalmente, ma questa sarà una costante del summit, si pensa ad una dichiarazione d'intenti, non certo a decisioni di carattere operativo. Ma anche le parole andranno soppesate, visto che sul tema tra i Grandi vi sono visioni e sottolineature diverse, con la Cina, ad esempio, che considera la questione in modo molto diverso, più chiuso, del nuovo inquilino della Casa Bianca. B come Berlusconi Poche chiacchiere. Quelli dell'Aquila saranno i «Tre giorni del Cavaliere». Lui fa promesse - mantenerle, beh, questo è un altro discorso - sugli aiuti all'Africa, sul clima, su tutto e di più. Ma il terrore è che qualche cronista straniero lo inchiodi su questioni molto più imbarazzanti. Con l'incubo che qualche giornale complottardo pubblichi nuove foto osè. E poi un orecchio al suolo: ci mancherebbe solo una scossa che terremoti i Grandi della Terra. C come clima Altro pallino di Obama. Altro nervo scoperto per Berlusconi. A L'Aquila, giura il titolare della Farnesina, saranno raggiunti accordi di «portata storica». Sarà. Per il momento, c'è da registrare il freno cinese, lo scetticismo russo, a fronte di una determinazione di Usa, Francia, Gran Bretagna e Germania. Obama si presenta con uno stanziamento di 150 miliardi di dollari per un piano decennale di investimenti verdi. Sarkozy e Brown stringono un patto d'azione. Francia e Gran Bretagna «si batteranno» affinché il G8 all'Aquila fissi degli «obiettivi a medio termine» nel campo della lotta al riscaldamento climatico. «Non ci accontentiamo di obiettivi a lungo termine - ha spiegato il premier britannico - ma vogliamo obiettivi a medio termine per assicurare la loro credibilità».E l'Italia? D come diritti Ne ha coraggiosamente parlato Giorgio Napolitano ricevendo il suo omologo cinese. Il Cavaliere ha glissato, dicendo che ci aveva pensato il capo dello Stato...I diritti umani. Violati in Cina, in Iran, in Birmania,..Diritti spesso sacrificati sull'altare degli affari. Il G8 forse li evocherà, ma nulla di più. E come economia I Grandi lo sono un po' meno dopo la crisi finanziaria che ha squassato economie nazionali e posto all'ordine del giorno la definizione di nuove regole condivise. Il G8 ne parlerà, ma nessuna decisione uscirà da L'Aquila. La sede appropriata è quella del G20 di settembre, a Pittsburgh. F come fame Promesse mai mantenute. Tutti dicono: recupereremo. Tutti fanno ammenda. A cominciare dalla «maglia nera» degli impegni inevasi: l'Italia. Resta il fatto che nel 2007 il debito dei Paesi in via di sviluppo verso l'Occidente ammontava a 3,3 miliardi di dollari, contro i 2,2 del 2000. Una tangibile riprova della scarsa incidenza dei vari vertici G8. G a variabile numerica G8. No G14 (nuovo format inventato da Berlusconi). Barack Obama non nasconde di preferire la formula già sperimentata del G20. Numeri a parte, la questione irrisolta è quella di una nuova governance mondiale che inglobi e non emargini. Una governance democratica. I come Iran Da una parte gli europei - con Francia, Gran Bretagna e Germania in testa - che spingono per una dura condanna della brutale repressione scatenata dal regime degli ayatollah contro le proteste post-elettorali. Dall'altra la Russia - sostenuta dalla Cina - che di sanzioni non vuole sentire parlare. Nel mezzo gli Stati Uniti: Washington vuole frenare le ambizioni atomiche di Teheran, ma Obama ha già chiarito che la mano dell'America resterà tesa fino alla fine dell'anno. Con l'obiettivo di offrire una sponda ai moderati iraniani e nella speranza che, quella mano, Teheran si decida a raccoglierla. E l'Italia? O come Obama È il volto nuovo del summit aquilano. Non solo immagine. In Italia sbarca il presidente del «Nuovo Inizio»: in Medio Oriente, nei rapporti con la Russia e l'Islam. Il presidente della centralità ambientalista anche come volano di crescita economica. Il vertice dei Grandi

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BARACK, DIMITRI E L'ARMA DELLA RAGIONE (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

BARACK, DIMITRI E L'ARMA DELLA RAGIONE L'ACCORDO USA-RUSSIA SUL DISARMO NUCLEARE Barack Obama e Dimitri Medvedev hanno firmato. Stati Uniti e Russia riprendono il cammino interrotto troppi anni fa e riavviano il processo di disarmo nucleare controllato. Allo scadere dello Start, il prossimo 5 dicembre, entrerà in vigore il nuovo trattato che prevede la riduzione sia del numero di testate atomiche sia di missili per trasportarle. Oggi, in base al trattato Start, i due Paesi possono dispiegare ciascuno fino a un massimo di 2.200 testate nucleari. Entro il 2016 la soglia massima sarà abbassata fino a 1500/1675 testate: una riduzione netta compresa tra un quarto e un terzo dei rispettivi arsenali. Anche i missili varranno ridotti, più o meno nelle stesse proporzioni: passeranno dalla soglia massima attuale di 1.600 a circa 1.100 missili per ciascun Paese. Non è una riduzione da poco. Nel 2016 i due Paesi schiereranno in totale 3.200 testate nucleari. Meno del 5% delle testate dispiegate nel 1986, prima che Gorbaciov e Reagan ponessero fine alla Guerra Fredda e avviassero il processo di disarmo nucleare controllato. Meno del 10% rispetto all'inizio degli anni 60, quando nel corso della "crisi di Cuba" con John Kennedy - e Robert McNamara scomparso proprio ieri a 93 anni - a Washington e Nikita Kruscev a Mosca, Usa e Urss furono a un passo dalla guerra nucleare. Certo, anche con 3.200 testate complessive Russia e Stati Uniti conserveranno sia la superiorità assoluta in campo nucleare rispetto a tutti gli altri Paesi (si calcola che la Cina disponga di circa 400 testate nucleari, più o meno come Gran Bretagna e Francia), sia la capacità di determinare l'olocausto assoluto: una guerra nucleare totale tra le due superpotenze causerebbe la scomparsa della civiltà umana. Tuttavia l'accordo raggiunto da Obama e Medvedev, direttamente e senza mediazioni, ha una straordinaria importanza politica. Sia perché riavvicina i due Paesi dopo un costante quanto immotivato processo di divergenza che ne ha caratterizzato i rapporti dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Sia perché allontana dalla mezzanotte, sia pure di qualche secondo, le lancette dell'orologio atomico e riavvia un processo di disarmo bilaterale e controllato interrotto durante gli anni dell'Amministrazione Bush, ma già inceppatosi durante l'Amministrazione Clinton. Ora sarà più facile realizzare il sogno di un mondo libero dalle armi nucleari che sfiorò il cuore e la mente di Gorbaciov e Reagan nel memorabile summit di Reykjavík. Con questo deciso stop alla proliferazione verticale (l'accumulo di armi nucleari negli arsenali delle due superpotenze) sarà infatti più facile convincere il mondo a por termine anche alla proliferazione orizzontale (l'aumento dei Paesi che detengono l'arma atomica), attraverso lo stesso metodo. Il negoziato fondato sulla ragione, l'equità e il reciproco rispetto.

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Pechino entra nel governo di internet (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-07-07 - pag: 10 autore: NELL'ICANN ANCHE MOSCA Pechino entra nel «governo» di internet Antonio Dini Internet si mondializza, e l'organo per il suo autogoverno tecnico apre a Russia e Cina. I due protagonisti fra le economie emergenti entrano così, buoni ultimi, nel comitato di consulenza governativa dell'Icann (Internet corporation for assigned names and numbers), l'ente di autogestione della rete che è nel complesso amministrato da tecnici e scienziati statunitensi. Nessun rischio per la democrazia della rete, garantiscono però gli esperti. Le attività dell'Icann sono infatti prevalentemente tecniche (assegnazione dei nomi dei siti, coordinamento tecnico e creazione di nuovi standard) e di promozione della rete nel mondo. Non c'è quindi all'orizzonte un aumento del "peso" politico internazionale della Cina e della Russia nel decidere o gestire eventuali filtraggi dei contenuti della rete tramite il nuovo seggio consultivo all'Icann. Infatti, l'entrata dei due paesi nell'organizzazione risponde invece al bisogno dell'Icann di coordinare meglio le sue attività tecniche, senza cambiare le tecnologie adoperate. Soprattutto la Cina è diventata sempre più grande dal punto di vista del peso dei suoi navigatori: dal 2007 al 2008 i cinesi sul web sono cresciuti del 42% e a gennaio 2009 erano 298 milioni, con 162 milioni di blog e una crescita del 133% delle connessioni via cellulare, arrivate a superare i 170 milioni. I siti web registrati in Cina sono 17 milioni. Neanche gli Usa, fermi a circa 223 milioni di navigatori, o l'Unione europea nel suo complesso (che tocca i 247 milioni) riescono a competere con la marea cinese. La Russia, invece, nel 2008 è arrivata a circa 30 milioni di navigatori, dodicesima posizione al mondo dopo l'Italia (decima) e la Francia (undicesima). antoniodini@me.com

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Italia fra i primi partner (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-07 - pag: 4 autore: «Italia fra i primi partner» Berlusconi: entro tre anni - Il presidente cinese: stop alle barriere Gerardo Pelosi ROMA Sembra un secolo fa. In realtà sono passati solo pochi anni da quando il primo governo Berlusconi vedeva nell'eccessivo dinamismo della Cina talmente tanti rischi per il sistema industriale europeo ed italiano da giustificare risposte difensive se non proprio protezionistiche. Dalle parole (e dagli apprezzamenti reciproci) scambiate ieri a Villa Madama, e poi nel forum con le imprese, tra il premier italiano Silvio Berlusconi e il presidente cinese, Hu Jintao, quelle paure non solo sembrano definitivamente superate ma c'è un nuovo clima che fadire a Berlusconi: «Dobbiamo dare alla presenza delle nostre imprese nei mercati orientali il compito di tirarci fuori dalla crisi ». E che trasforma Hu Jintao in un paladino del libero mercato che propone: «Italia e Cina devono lavorare insieme contro il protezionismo». I dati, del resto, parlano da so-li: oggi l'Italia è il quinto partner commerciale di Pechino con un interscambio di 38 miliardi di dollari. L'obiettivo che si è dato il premier italiano è di diventare, entro tre anni, tra i primi tre partner della Cina. Le premesse ci sono tutte se è vero che solo ieri sono stati firmati 38 accordi per un valore complessivo di quasi 2 miliardi di euro. Accordi che vedono la presenza di grandi realtà come Fiat, Mediobanca, Generali, Ansaldo Breda ma anche medie e piccole aziende. Una collaborazione anche in settori nuovi e che puntano sulla progressiva crescita della Cina (un Pil all'8% anche in quest'anno di crisi) come ricorda il viceministro per lo Sviluppo economico Adolfo Urso e che spaziano dal turismo alle biotecnologie, dalle energie rinnovabili alla logistica e ai trasporti. «Siamo a una svolta- dice Urso –la Cina è ormai una grande opportunità non un rischio». Ma la partnership strategica tra Roma e Pechino non è fatta solo di business e di lucrosi affari.C'è il riconoscimento reciproco del peso esercitato nella comunità internazionale e del ruolo che insieme i due Paesi possono svolgere. Così Berlusconi auspica che la Cina aiuti la presidenza italiana del G-8 a rilanciare i negoziati commerciali multilaterali del Doha round, sia attore importante anche per la soluzione positiva del dossier sui cambiamenti climatici e si trasformi in un protagonista stabile della governance mondiale nel G-14. Da parte sua Hu Jintao riconosce che l'Italia è, per la Cina, «un partner strategico globale» da quando, nel 2004, Berlusconi lanciò una nuova formula di partenariato. La globalizzazione, spiega Hu, rende più stretti i legami tra i Paesi del mondo. Per questo solo salvaguardando l'apertura dei mercati «si riesce quanto prima a realizzare la ripresa economica». Per questo Italia e Cina dovranno lavorare insieme «per opporsi al protezionismo salvaguardando l'apertura e l'imparzialità del sistema economico e commerciale globale ». Tuttavia sul futuro della crisi le visioni di Berlusconi e Hu divergono. Mentre il premier italiano ritiene che «il peggio sia passato e l'Italia sia messa meno male di altri Paesi» il presidente cinese è dell'avviso che «si è ancora nel mezzo della crisi». Per uscire dalla situazione attuale occorre, per Hu, rafforzare gli scambi commerciali. Con l'Italia l'obiettivo è di aumentare, sia pure in maniera equilibrata, l'interscambio a 40 miliardi di dollari e allargare gli scambi a infrastrutture, logistica, risparmio energetico e ambiente. Ma la visita di Hu Jintao, che segna anche i quaranta anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, offre a Berlusconi la possibilità di creare un feeling personale con il presidente cinese alla vigilia del G8. Il premier italiano si dice onorato di lavorare insieme al presidente del più grande Paese del mondo («a guardarlo vengono le vertigini, 32 volte la superficie dell'Italia»). Poi un misurato scambio di battute durante la colazione di lavoro con visione di un filmato sulle bellezze dell'Italia. «Siamo in ritardo all'appuntamento con gli imprenditori- fa notare Berlusconi - e io sono puntuale come un brianzolo». Traduzione, breve pausa e Hu risponde: «e io come un cinese». Berlusconi assicura che andrà in Cina per l'Expò di Shangai nel 2010 e invita i cinesi a tornare da noi perché «l'Italia è magica e che ci viene non può che restarne innamorato ». © RIPRODUZIONE RISERVATA SOSTEGNO ALLA WTO Il presidente del Consiglio: Pechino ci aiuti a rilanciare i negoziati commerciali del Doha Round, sul clima e nella governance del G-14 Complimenti. Il premier del Consiglio Silvio Berlusconi parla all'orecchio dell'ad Fiat, Sergio Marchionne, ieri prima della conferenza stampa AP/LA PRESSE

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Rimangono forti gli acquisti cinesi (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-07-07 - pag: 48 autore: Metalli non ferrosi. Anche se non mancano segnali di flessione delle quotazioni Rimangono forti gli acquisti cinesi Gianni Mattarelli MILANO Nelle ultime settimane si sono alternate notizie macroeconomiche incoraggianti e scoraggianti. Hanno in genere prevalso le prime, ma giovedì scorso quelle negative, sull'andamento dell'occupazione negli Usa, hanno contribuito a deprimere i corsi al London Metal Exchange (Lme), riportando il rame sotto i 5mila dollari per tonnellata. Nei giorni precedenti tuttavia i prezzi si erano rafforzati, nonostante il tentativo del governo cinese di frenare la salita delle quotazioni dei metalli. In un'intervista di lunedì scorso a un settimanale cinese, infatti, Yu Dongming, capo della divisione metallurgica della National Development and Reform Commission, aveva dichiarato che il programma governativo di ristoccaggio era finito. Yu ha detto che la Cina ha accantonato 235mila tonnellate di rame, 590mila di alluminio e 159mila di zinco. Il mercato tuttavia non ha in pratica reagito a questa pubblicazione. è chiaro che gli operatori confidano di più nei rapporti della banca australiana Macquarie, che è molto introdotta in Cina, secondo la quale i cinesi in maggio hanno continuato ad accumulare metalli di base, oltre a carbone e minerali di ferro. Il totale delle giacenze sarebbe ancora basso in relazione alla domanda interna (misurata come produzione più importazione meno esportazione) e si aspettano che vengano presto esaurite. Secondo la Macquarie, la domanda interna cinese di rame raffinato in maggio sarebbe cresciuta del 59,2% su base annua, mentre, dopo aver considerato il maggior utilizzo di catodi causato dalla minore disponibilità di rottami, il consumo totale di rame in maggio sarebbe stato in aumento del 17-18% annuo, ossia in linea con la crescita effettiva della domanda dei primi cinque mesi del 2009 dovuta alla crescita delle costruzioni (+12%), degli autoveicoli (+12%) e dei cavi per l'energia (+24%). Anche per gli altri metalli c'è stato nel periodo un forte aumento della richiesta, risultata del 26,3% per il piombo, del 22,9% per lo zinco, del 12,8% per il nickel e del 3,8% per l'alluminio. Da queste statistiche deriva perciò l'attesa che la Cina continui a dover importare metalli dal resto del mondo. Intanto negli ultimi tempi la sostenutezza dei prezzi all'Lme ha sorpreso molti osservatori, ma c'è ora qualche segnale di una prossima flessione stagionale delle quotazioni, guidata da un possibile calo del rame, che potrebbe essere stimolato dall'inizio di un periodo di entrate di catodi nei magazzini Lme, dopo la lunga fase che ha portato le giacenze a dimezzarsi in pochi mesi. Ammesso che la discesa si ve-rifichi, i prezzi però non dovrebbero teoricamente mantenersi a lungo sotto i 4.500 $ (base tre mesi): i fondi d'investimento hanno infatti già da parecchie settimane iniziato a comperare a termine, incrementando gli acquisti a ogni buon ribasso, nella convinzione che tra il quarto trimestre 2009 e il primo trimestre 2010 dovremmo assistere a una ripresa della domanda al consumo nei Paesi Ocse. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Xinjiang, uiguri in rivolta contro i cinesi Scontri e assalti ai negozi: 156 morti (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/07/2009 - pag: 3 Il reportage A Urumqi, il capoluogo dello Xinjiang, travolta dalla violenza e isolata dalle autorità di Pechino: niente Internet né telefoni Xinjiang, uiguri in rivolta contro i cinesi Scontri e assalti ai negozi: 156 morti DAL NOSTRO INVIATO URUMQI (Cina) Non è una città normale quella in cui una domenica di proteste si trasforma in un'ecatombe, almeno 156 morti, oltre 800 feriti. E non è una città normale quella in cui le autorità completano la tragedia isolando tutti dal mondo: Internet fuori uso, impossibile mandare un fax, bloccate le telefonate internazionali, almeno dagli alberghi e da molti punti della città. Il bagno di sangue a Urumqi capoluogo del Xinjiang nel Nordovest della Cina c'è stato davvero, l'hanno dichiarato per primi i dirigenti di Pechino ieri mattina, ma il mondo non deve sapere, il mondo deve stare fuori, non si deve immischiare. Neanche con le parole o, ancora più semplicemente, con l'ascolto. La strage segnala in modo atroce che nella regione degli uiguri, cioè 8 milioni di musulmani turcofoni messi ormai in minoranza da 12 milioni di altre etnie (soprattutto cinesi Han), l'acido dell'insoddisfazione e dell'irredentismo ha cominciato a corrodere profondamente la «società armoniosa» vagheggiata dal presidente Hu Jintao, ora in visita in Italia. È accaduto domenica, ma i colpi di coda hanno attraversato Urumqi ancora ieri. Un migliaio, forse duemila persone si sono ritrovate nel centro città per chiedere giustizia per un fatto accaduto un paio di settimane fa a Shaoguan, nel Guangdong, a migliaia di chilometri di distanza: sei lavoratori migranti di etnia uigura erano stati accusati di uno stupro ai danni di due ragazze cinesi Han; dalla denuncia (poi rivelatasi falsa) si è passati a una sommossa che ha visto i lavoratori cinesi affrontare i colleghi dello Xinjiang con bastoni di ferro; bilancio finale, due uiguri morti e tanti feriti. Il molto pubblicizzato arresto di un cinese, responsabile della macchinazione, non avrebbe evidentemente placato gli animi se domenica la folla si è radunata a Urumqi per protestare. Le ricostruzioni, a questo punto, sono confuse. La stessa motivazione della protesta potrebbe essere un'altra. Ma la diaspora uigura dichiara che la manifestazione era pacifica e le violenze si sono innescate quando la polizia ha brutalmente affrontato i dimostranti. Le autorità cinesi replicano che dapprincipio la folla ha cominciato a lanciare sassi, aggredire cinesi, incendiare auto. Anche sull'identità delle vittime le versioni non collimano. Per la polizia si tratta in grandissima parte di cittadini cinesi estranei alla protesta, aggrediti dagli uiguri. Per gli attivisti all'estero, i morti sarebbero inermi cittadini falciati dalla polizia e dall'esercito. Secondo il capo della polizia dello Xinjiang, Liu Yaohua, «il numero delle vittime è comunque destinato ad aumentare ancora». Sono stati assaltati negozi, 260 le auto bruciate. Lo showroom delle berline Geely è un falò spento. Gli ospedali ancora ieri mattina proseguivano gli interventi, le tv cinesi trasmettevano le testimonianze di qualche scampato, meglio se uiguro a dimostrare che la violenza «dei terroristi separatisti» non guarda in faccia a nessuno. Le autorità hanno lanciato i loro proclami. Il governatore della provincia, Nur Bakri, ha invitato la popolazione a serrare le fila in nome dell'armonia etnica, erigendo «un muro di cotone e di ferro». Il segretario del Partito comunista in Xinjiang, Wang Lequan, ha attaccato la più nota dei paladini della causa uigura, Rebiya Kadeer, riparata dal 2005 negli Usa: «I suoi sono falsi diritti umani, falsa democrazia, ma vera violenza e vero terrorismo». A Urumqi è scattata una caccia all'uomo, sono stati arrestati «diversi personaggi chiave», alcune decine i ricercati. Un bilancio di morte di queste proporzioni il Xinjiang non lo aveva conosciuto mai, si era fermi alle 22 vittime dei disordini di Kashgar del 1990. Centocinquanta morti significa oltre sette volte il bilancio di Lhasa, quando nel marzo dell'anno scorso i moti anticinesi provocarono (ufficialmente) 19 vittime, al netto della repressione che secondo i tibetani in esilio provocò centinaia di caduti. Pechino è terrorizzata, dalle pulsioni separatiste in Xinjiang che hanno radici antiche nella storia di una provincia sempre ai margini del mondo cinese, che ha conosciuto a tratti l'indipendenza formale ed è un crogiolo di quasi 50 etnie. Attraverso le politiche di migrazione guidata, dagli Anni 90 i cinesi Han sono passati dal 6% al 40% in poco tempo, e vasti strati della popolazione autoctona si sentono messi da parte dalle forme di sviluppo imposte da Pechino e da uno sfruttamento dei tesori del sottosuolo (leggi soprattutto petrolio) che premia quelli venuti da fuori. Le autorità centrali temono il cortocircuito tra frustrazioni etniche, nazionalismo irredentista e la spinta verso un islamismo radicale che ha portato diversi militanti a seguire la chiamata qaedista. È anche per questo che Pechino ha annunciato con una forza e una chiarezza sorprendenti il numero altissimo di morti. Anche se a tanta trasparenza fa da sponda il blocco delle telecomunicazioni. Con uno zelo e una radicalità che forse neppure gli ayatollah di Teheran hanno esibito nelle settimane scorse, e andando al di là dei divieti che in tutta la Cina già accecano siti scomodi, Urumqi ieri sera era una città isolata dal mondo. La stessa quiete delle sue strade, presidiate dai blindati nelle zone sensibili, era calata sul sistema di comunicazioni. Il «controllo del traffico» su alcune aree dalle 9 di ieri sera alle 7 di stamane, di fatto un coprifuoco, si è trasferito su modem e telefoni. La Cina globale, la Cina che siederà al tavolo dei G8 dove la sua economia la terza del mondo l'ha legittimamente spinta, ha scelto lo strumento con cui provare a plasmare le sue verità: il silenzio. Il silenzio regna su Urumqi. Lacrime A sinistra una donna cinese, in lacrime, con in braccio la sua bambina, cerca protezione vicino a un soldato durante i violenti scontri di ieri a Urumqi. Sotto uno dei feriti (Reuters / Xinhua /Shen Qiao) Assalto Soldati cinesi affrontano un gruppo di rivoltosi a Urumqi ( Afp Photo/Cctv) Soccorsi Un ferito portato in ospedale Marco Del Corona

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Berlusconi, ultimi preparativi No all'ipotesi di spostare il G8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/07/2009 - pag: 11 Berlusconi, ultimi preparativi No all'ipotesi di spostare il G8 Il capo del governo: per il futuro meglio la formula del G14 ROMA Contrordine. Non c'è un piano B in caso di scosse telluriche: se ci fosse il terremoto i leader verrebbero evacuati ma «prenderebbero la via di casa, non quella per Roma ». Così spiegano i funzionari impegnati in queste ore a L'Aquila con gli ultimi preparativi. E questo conferma Palazzo Chigi in serata, quando le notizie sull'eventuale spostamento del vertice stanno facendo il giro del mondo e dei siti dei giornali: «Il G8 si fa a L'Aquila o non si fa». L'ultimo G8, almeno a sentire Silvio Berlusconi che fa sua la proposta, in discussione da diverso tempo, di passare stabilmente dalla formula degli Otto Grandi a quella del G14, aggregando a Stati Uniti, Russia, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Canada anche Brasile, Cina, Egitto, India, Messico e Sudafrica. Lo ha spiegato ieri il capo del governo e presidente del G8, al termine dell'incontro con il presidente cinese Hu Jintao: «Vogliamo superare il G8 come formula, perché rappresenta il 50 per cento dell'economia mondiale ed è necessario che sia sostituito da un foro più grande e importante». Non il G20, che ad aprile a Londra ne ha preso il posto, perché «appare numericamente troppo esteso, si finisce solo per fare un giro di opinioni su posizioni precostituite. Penso ha concluso Berlusconi che il G14 possa essere un foro da strutturare e mantenere». Ma intanto l'organizzazione e l'agenda del G8 italiano riceve una durissima critica dal quotidiano britannico Guardian che citando fonti europee spiega: «I preparativi sono stati così caotici e privi di idee e agenda, che gli Stati Uniti ne hanno preso il controllo, attraverso Critiche il lavoro degli sherpa». Un'iniziativa senza precedenti, quella che un altro Paese lavori all'agenda del G8 tanto che, conclude il Guardian, cresce la pressione «per far fuori l'Italia dal club dei Grandi». Non commenta Palazzo Chigi, che invece affida ad una nota ufficiale l'impegno di Berlusconi a «trasmettere personalmente l'appello dei 120 esponenti religiosi», consegnatogli ieri da monsignor Vincenzo Paglia, «ai capi di Stato e di governo e a sostenerne i contenuti che sono in sintonia con la lettera di Benedetto XVI». Alla vigilia della riunione crescono le iniziative dei singoli Paesi. Ieri a Evian il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico Gordon Brown hanno rilanciato il tema dei global legal standard per i quali chiedono «obiettivi ambiziosi e non di lungo periodo da approvare a settembre a Pittsburgh», proponendo anche che le sanzioni ai paradisi fiscali «siano prese entro marzo 2010». Il «Guardian» lancia accuse citando fonti europee: preparativi così caotici che gli Usa hanno preso il controllo Gianna Fregonara

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L'enciclica sociale: lavoro e solidarietà per uscire dalla crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 07/07/2009 - pag: 12 Il testo In 127 pagine Benedetto XVI parla di economia e di etica L'appuntamento Il testo sarà presentato oggi in Vaticano L'enciclica sociale: lavoro e solidarietà per uscire dalla crisi E cco la Caritas in veritate che verrà presentata oggi in Vaticano, alla vigilia del G8 dell'Aquila: 127 pagine, sei capitoli, l'enciclica sociale del terzo millennio. La parola di Benedetto XVI sulla crisi mondiale e su come uscirne: «L'economia ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento». Nuove regole, governo della globalizzazione, l'idea che l'economia va fondata sull'uomo. Già nel titolo l'enciclica rovescia i termini classici del problema: la carità dev'essere coniugata con la verità, «non solo nella direzione, segnata da San Paolo, della 'veritas in caritate' (Ef 4,15), ma anche in quella, inversa e complementare, della 'caritas in veritate'». Il Papa dice infatti di essere «consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione» in ambito sociale, giuridico, culturale, politico, economico, «ossia nei contesti più esposti a tale pericolo». Senza verità, la carità, parola «abusata e distorta», diventa «irrilevante» e rimane esclusa «dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività». La «carità nella verità», invece, è essenziale nel momento in cui la crisi del modello di sviluppo globale richiede «nuove regole» e fondamenti. Di qui il contributo della Chiesa, che pure non ha «soluzioni tecniche da offrire e non pretende di interferire nella politica degli Stati». Carità e verità, Agape e Logos. Questo aspetto «razionale» della carità è comprensibile anche dalla ragione umana e ne fa una «base» universale, anzi globale, di dialogo tra tutti gli esseri umani, le nazioni, le culture. Anche «l'esperienza stupefacente del dono» unifica gli uomini perché sopravanza ogni merito: la sua regola non è solo la giustizia, «ma l'eccedenza». Da questo particolare «sguardo» nascono linee guida di «discernimento» per il mercato e per le imprese, i manager e i sindacati, la finanza e la politica. M. Antonietta Calabrò Gian Guido Vecchi La forza della caritas Nell'incipit dell'enciclica Benedetto XVI spiega il nesso essenziale tra carità e verità. Paragrafo 1. La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera. L'amore «caritas» è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr Gv 8, 22). Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, «si compiace della verità» (1 Cor 13, 6). Tutti gli uomini avvertono l'interiore impulso ad amare in modo autentico: amore e verità non li abbandonano mai completamente, perché sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo. Gesù Cristo purifica e libera dalle nostre povertà umane la ricerca dell'amore e della verità e ci svela in pienezza l'iniziativa di amore e il progetto di vita vera che Dio ha preparato per noi. In Cristo, la carità nella verità diventa il Volto della sua Persona, una vocazione per noi ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto. Egli stesso, infatti, è la Verità (cfr Gv 14,6). Non c'è amore senza giustizia Senza il nesso tra carità e verità non sarebbero possibili né la giustizia né la ricerca del bene comune: l'amore sarebbe solo una «riserva di buoni sentimenti». 6. «Caritas in veritate» è principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa, un principio che prende forma operativa in criteri orientativi dell'azione morale. Ne desidero richiamare due in particolare, dettati in special modo dall'impegno per lo sviluppo in una società in via di globalizzazione: la giustizia e il bene comune. La giustizia anzitutto. Ubi societas, ibi ius: ogni società elabora un proprio sistema di giustizia. La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del «mio» all'altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all'altro ciò che è «suo», ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso «donare» all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. (...). La sfida della verità Senza verità non è possibile un autentico agire sociale e quindi la necessaria revisione del modello di sviluppo 9. L'amore nella verità caritas in veritate è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. Il rischio del nostro tempo è che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano. Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante (...). La crisi come occasione Bisogna reagire alla crisi con fiducia: poiché ci impone di cercare nuove regole, può diventare un'opportunità 21 (...)La complessità e gravità dell'attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente. Mobilità e precariato La deregolamentazione del lavoro rischia di condurre le persone al degrado umano 25. La mobilità lavorativa, associata alla deregolamentazione generalizzata, è stata un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perché capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse. Tuttavia, quando l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale. Eliminare la fame porta la pace Eliminare lo scandalo della fame nel mondo è un imperativo etico e la via per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta 27. In molti Paesi poveri permane e rischia di accentuarsi l'estrema insicurezza di vita, che è conseguenza della carenza di alimentazione: la fame miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito, come aveva auspicato Paolo VI, di sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati (cfr Mt 25, 35.37.42) è un imperativo etico per la Chiesa universale, che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù. Inoltre, eliminare la fame nel mondo è divenuto, nell'era della globalizzazione, anche un traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta. La fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale. Manca, cioè, un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all'acqua regolare e adeguato dal punto di vista nutrizionale, sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari, provocate da cause naturali o dall'irresponsabilità politica nazionale e internazionale (...). È necessario, pertanto, che maturi una coscienza solidale che consideri l'alimentazione e l'accesso all'acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni (...). Il mercato senza fiducia L'economia di mercato non funziona senza forme interne di solidarietà e di fiducia 35. Il mercato, se c'è fiducia reciproca e generalizzata, è l'istituzione economica che permette l'incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri. Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza. Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave (...). Impresa e responsabilità sociale L'impresa non si riduce all'interesse dei suoi proprietari: ha responsabilità sociali 40. Le attuali dinamiche economiche internazionali, caratterizzate da gravi distorsioni e disfunzioni, richiedono profondi cambiamenti anche nel modo di intendere l'impresa. Vecchie modalità della vita imprenditoriale vengono meno, ma altre promettenti si profilano all'orizzonte. Uno dei rischi maggiori è senz'altro che l'impresa risponda quasi esclusivamente a chi in essa investe e finisca così per ridurre la sua valenza sociale. Sempre meno le imprese, grazie alla crescita di dimensione ed al bisogno di sempre maggiori capitali, fanno capo a un imprenditore stabile che si senta responsabile a lungo termine, e non solo a breve, della vita e dei risultati della sua impresa, e sempre meno dipendono da un unico territorio. Inoltre la cosiddetta delocalizzazione del-- l'attività produttiva può attenuare nell'imprenditore il senso di responsabilità nei confronti di portatori di interessi, quali i lavoratori, i fornitori, i consumatori, l'ambiente naturale e la più ampia società circostante, a vantaggio degli azionisti, che non sono legati a uno spazio specifico e godono quindi di una straordinaria mobilità. Il mercato internazionale dei capitali, infatti, offre oggi una grande libertà di azione. È però anche vero che si sta dilatando la consapevolezza circa la necessità di una più ampia «responsabilità sociale» dell'impresa. Anche se le impostazioni etiche che guidano oggi il dibattito sulla responsabilità sociale dell'impresa non sono tutte accettabili secondo la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma de-

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IL PASSO GIUSTO DELLE 12 TAVOLE (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 07/07/2009 - pag: 1 NUOVE REGOLE ETICHE PER I MERCATI IL PASSO GIUSTO DELLE 12 TAVOLE di MASSIMO GAGGI N uove regole etiche per il capitalismo, un efficace sistema di controlli per la finanza globalizzata, aiuti alimentari e assistenza allo sviluppo dell'agricoltura per i Paesi più poveri, soprattutto quelli africani. Negli ultimi anni sono stati numerosi i vertici internazionali nei quali questi temi sono stati discussi da governi titubanti davanti a una stampa poco attenta (anche perché consapevole dell'estrema difficoltà di arrivare a risultati concreti) e nel sostanziale disinteresse delle opinioni pubbliche occidentali. Il G8 che si apre domani all'Aquila potrebbe rischiare un destino simile: già oggi sappiamo che almeno sul tema spinoso della riforma delle regole della finanza non si arriverà ancora alla stesura di un documento definitivo, vincolante per tutti. Probabilmente non ci si riuscirà nemmeno al G20 che si riunirà a settembre a Pittsburgh, nonostante che questo organismo allargato alle nuove potenze economiche (dalla Cina al Brasile) e ai Paesi emergenti sia ormai generalmente considerato una sede più adatta del «direttorio » dell'Occidente, alla definizione di misure di portata globale. Eppure le «dodici tavole » per un'economia etica il documento dell'Ocse frutto dal lavoro degli esperti italiani messo in campo dal ministro Giulio Tremonti e di quello dei tecnici del cancelliere tedesco, Angela Merkel possono far fare un grosso salto di qualità alla discussione, fin qui inconcludente, sulle grandi riforme di sistema. Il documento anticipato ieri dal Corriere fissa obiettivi ambiziosi: nuovi standard per la trasparenza dei mercati, smantellamento dei «paradisi fiscali », calmiere per i «superstipendi » dei banchieri, parametri legali minimi anche per la difesa dell'ambiente e dei lavoratori. Uno schema che certamente trova resistenze nel mondo anglosassone (Londra vuole evitare misure legalmente vincolanti e propone, al posto di una revisione del rapporto tra etica e affari, interventi più diretti per spingere le banche a riattivare il credito, contro il protezionismo e contro le speculazioni sul petrolio), ma che obbliga tutti a ripartire dalla realtà dei danni immensi subiti dal sistema economico per l'assenza di regole comuni adeguate all'era dei mercati globali. «Prediche inutili»? Chi ha fin qui considerato i discorsi sull'etica negli affari alla stregua di sermoni, dovrebbe decidersi a voltare pagina, visto quello che è accaduto negli ultimi due anni. E il lavoro fatto sull'asse Parigi (Ocse)-Roma-Berlino dovrebbe rappresentare un buon inizio. In ogni caso battere su questi temi, anche senza arrivare per ora a risultati conclusivi, non è affatto «inutile», visto che sono bastate poche settimane con i conti in ripresa (grazie agli aiuti avuti dalla Federal Reserve) per indurre banche e finanziarie di Wall Street responsabili di disastri immani a iniziare, in Congresso, un tiro al bersaglio contro le riforme appena annunciate dal presidente Obama. Un accordo almeno di principio su nuove regole è necessario non per mettere in mora il capitalismo anglosassone (Germania e Francia che invocano trasparenza ma poi tengono segreti i risultati degli «stress test» delle loro banche non possono fare le prime della classe), ma per cercare di dare una risposta a quei Paesi emergenti che credono sempre meno nella capacità del capitalismo occidentale di produrre ricchezza, favorendo la stabilità economica e politica.

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Se il documentario segue una tesi (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Spettacoli TV data: 07/07/2009 - pag: 47 A fil di rete di Aldo Grasso Se il documentario segue una tesi I l film documentario Il mio Paese di Daniele Vicari è un road movie, che parte da Gela e arriva a Porto Marghera (cantieri navali e polo chimico), passando per Termini Imerese (stabilimenti Fiat a rischio di chiusura), per Prato (aziende tessili), per la Basilicata (ex giacimenti di gas naturale) e per Roma (centri di ricerca Enea), per mostrare, attraverso inquietanti scenari industriali, la situazione lavorativa di un Paese in declino nell'era della globalizzazione, raccontandolo attraverso le immagini e le testimonianze dei lavoratori, dei cronisti e degli abitanti del posto (Raitre, domenica, ore 23,25). Alla base del film non c'è un impianto narrativo ma una tesi, più che legittima, da sostenere: il Paese va male, c'è la crisi, si fa fatica a sopravvivere in un mercato globale dove c'è qualche mascalzone che sfrutta pesantemente la mano d'opera. Per questo il documentario procede per accumulo, con parti più interessanti, con altre meno, con un costante ricatto del contenuto (se si filmano i poveri cristi, gli operai, i lamentosi l'estetica è comunque salva). Ma Il mio Paese vive su un curioso equivoco, proponendosi come una sorta di rivisitazione de L'Italia non è un Paese povero (1960) di Joris Ivens, il documentario commissionato da Enrico Mattei. A parte il fatto che il documentario fu realizzato da Valentino Orsini, dai fratelli Taviani e da Tinto Brass (Ivens ci mise la firma e intascò), e che, certo, a 50 anni di distanza assume un valore documentale di grande importanza, L'Italia non è un Paese povero resta un'opera di propaganda a sostegno delle tesi di Mattei (che sono l'opposto di quelle di Vicari): l'Italia è un Paese povero, sottosviluppato, ma con il metano può diventare una nazione industrializzata. Il democratico Tg3 di mezzanotte ha interrotto bruscamente il documentario per far spazio alla rassegna stampa di Sergio Mariotti (alias Klaus Davi), senza un avviso, senza un minimo di solidarietà ideologica.

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Un'agricoltura libera da speculazioni (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 07/07/2009 - pag: 36 LA LETTERA Un'agricoltura libera da speculazioni di LUCA ZAIA C aro Direttore, il mondo ha diritto di avere un'agricoltura capace di sfamare tutti i suoi cittadini. Sono certo che un contributo al G8 dell'Aquila possa venire dal documento finale approvato al G8 agricolo di Cison di Valmarino. In quel testo ribadiamo «la nostra determinazione a sconfiggere la fame e a garantire l'accesso ad alimenti salubri, sufficienti e nutrienti». La priorità è la ristrutturazione di un'agricoltura che torni ad avere al centro i contadini e loro aziende. Dunque occorre «rafforzare il ruolo delle famiglie agricole e dei piccoli agricoltori e il loro accesso alla terra», riconoscendo come fondamentali «il ruolo delle donne, l'uguaglianza di genere e i giovani agricoltori». È necessario concentrare l'attenzione su tutte le strategie da attuare e condividere per ridurre la povertà, aumentare la produzione mondiale e conseguire la sicurezza alimentare. Dovremo creare legami forti con le altre politiche, come quelle per lo sviluppo, la salute, le politiche economica, finanziaria e monetaria. L'agricoltura di cui l'umanità ha bisogno deve conciliare la modernità con lo sviluppo sostenibile, uscendo da una logica assistenzialista. Ecco perché uno degli obiettivi contenuti nella Dichiarazione di Cison di Valmarino è quello di «aumentare gli investimenti pubblici e privati nell'agricoltura sostenibile, nello sviluppo rurale e nella protezione ambientale». Nel G8 agricolo abbiamo affermato con una sola voce: la speculazione finanziaria deve togliere i suoi artigli dai prodotti agricoli. I cereali, e quanto si ricava dalla terra, appartengono ai cittadini della Terra e non alla speculazione internazionale. Per questo ci siamo impegnati a studiare meccanismi di monitoraggio che individuino i fattori che possono causare la volatilità e l'instabilità dei prezzi e a intraprendere azioni che riducano gli sprechi lungo le filiere. Il settore primario è stato trascurato, nella convinzione che la globalizzazione e il mercato avrebbero risolto naturalmente ogni squilibrio. C'è bisogno, invece, di acquisire la coscienza che i prodotti della terra non sono una merce come un'altra. Da essi dipende la sopravvivenza dell'umanità. Noi crediamo che sia possibile arrivare a un endorsment tra etica e governance del pianeta i cui pilastri siano quelli già sottoscritti dai grandi della Terra al G8 dell'agricoltura. Affranchiamo, dunque, l'agricoltura da ogni logica speculativa. Quando Benedetto XVI parla di soluzioni tecniche che tengano conto dell'etica ci indica la strada del grande umanesimo cristiano ma, in ultima analisi, l'unica strada percorribile per un mondo che si voglia definire civile. ministro delle Politiche agricole

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Il Papa: gli immigrati non sono merce (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

CITTA' DEL VATICANO L'enciclica «Caritas in veritate» propone una nuova valutazione del fenomeno globalizzazione, da non intendere solo come «processo socio-economico». Il Pontefice parla di etica nell'economia. «Non dobbiamo esserne vittime, ma protagonisti - esorta Benedetto XVI - procedendo con ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità». Alla globalizzazione serve «un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza» capace di «correggerne le disfunzioni». C’è, aggiunge, «la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza». Dunque, al bando il protezionismo e le forme di egoismo particolaristico. La sussidiarietà, spiega il Papa teologo , «è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista» ed è adatta ad umanizzare la globalizzazione. Gli aiuti internazionali, denuncia, «possono a volte mantenere un popolo in uno stato di dipendenza», per questo vanno erogati coinvolgendo i soggetti della società civile e non solo i governi. «Troppo spesso», infatti, «gli aiuti sono valsi a creare soltanto mercati marginali per i prodotti» dei Paesi in via di sviluppo. Il Pontefice chiede agli Stati ricchi a «destinare maggiori quote» del Pil per lo sviluppo, rispettando gli impegni presi. «L’economia - ricorda - ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi bensì di un’etica amica della persona». La stessa centralità della persona, afferma, deve essere il principio guida «negli interventi per lo sviluppo» della cooperazione internazionale, che devono sempre coinvolgere i beneficiari. «Gli organismi internazionali - suggerisce il Papa - dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici», «spesso troppo costosi». Capita a volte, constata, che «i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche». Di qui l’invito ad una «piena trasparenza» sui fondi ricevuti. La finanza, ripete, «dopo il suo cattivo utilizzo che ha danneggiato l’economia reale, ritorni ad essere uno strumento finalizzato» allo sviluppo. E aggiunge: «Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività». Il Papa chiede inoltre «una regolamentazione del settore» per garantire i soggetti più deboli». Gli immigrati «non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono essere trattati come qualsiasi altro fatto di produzione». È il monito di Papa Benedetto XVI, contenuto nella sua terza Enciclica. Un fenomeno «di gestione complessa» quello delle migrazioni, lo definisce Ratzinger nel paragrafo 62, ma «resta accertato che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro». «È un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte - prosegue - per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale». Per il Papa «siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato». Serve, dunque, «una politica» che «va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati. Nessun Paese da solo - prosegue - può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo».

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Cuntra su G8 , quando il controsummit parla sardo (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

SASSARI È cominciato ieri il forum previsto per il vertice alla Maddalena. Sessione speciale sui popoli senza Stato «Cuntra su G8», quando il controsummit parla sardo C. Co. SASSARI Il forum Cuntra su G8 ha preso il via ieri a Sassari nella pineta di Baddimanna. È organizzato da venti tra associazioni e partiti, tra cui Arci Sardegna, Rete 28 aprile della Cgil Partito dei comunisti italiani, Rifondazione comunista, Sinistra critica, Cagliari social forum, Cantiere sociale de l'Alguer, Confederazione dei Cobas, Gettiamo le basi, Indipendentzia repubbrica de Sardigna, Movimento omosessuale sardo, Sindacadu de sa natzione sarda, il manifesto sardo. Il programma del forum ieri prevedeva una giornata dedicata solamente all'accoglienza dei partecipanti, dotati di pass e alloggiati nei camping di Platamona, alle porte di Sassari. Oggi cominceranno i lavori veri e propri, che saranno distribuiti su quattro tavoli tematici: servitù militari, guerra e autodeterminazione; autosufficienza energetica e no al nucleare; sovranità alimentare; diritti di cittadinanza e repressione sociale. Mercoledì sarà preparato un documento conclusivo che tirerà le somme del dibattito. Una sessione speciale sarà dedicata al tema dell'autodeterminazione delle nazioni senza stato e dei popoli indigeni. «Sono le manovre economiche ultra liberiste dei signori del G8, della banca mondiale e delle grandi multinazionali», si legge nel documento di preparazione del forum, «che hanno caratterizzato fortemente gli ultimi decenni di globalizzazione e privatizzazioni, con le pretestuose e barbare guerre al terrorismo e con le false esportazioni di democrazia create ad hoc per far sopravvivere un sistema malato ed un'economia di carta. Impegnati solo a produrre profitto immediato e a privatizzare, hanno ottenuto esclusivamente il passaggio di ricchezza dal lavoro degli uomini e delle donne agli utili delle banche e degli speculatori». «Appare chiaro - si legge ancora nel documento - che le conseguenze della crisi le pagheranno i lavoratori; migliaia di precari non riconfermati, migliaia in cassa integrazione, mentre molte fabbriche chiudono e la condizione sul lavoro si fa sempre peggiore, perché peggiori sono i contratti, i sistemi di tutela e la sicurezza del futuro. La risposta dei signori del G8 è nella strenua difesa di un sistema indifendibile, e allora si varano decreti salva banche e si aumentano le spese militari mentre nel contempo si attuano tagli indiscriminati che colpiscono lo stato sociale e negano i diritti civili. Governi di ogni orientamento politico hanno predisposto galere per chi, pur non commettendo alcun reato, è colpevole di essere immigrato, fuggito da guerre e povertà frutto di politiche di dominio. Questa crisi vogliono che venga pagata dai territori già ampiamente sfruttati e martoriati dalla globalizzazione. Bisogna dire di no».

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Berlusconi, un mercoledì da G8 "Ecco i temi, sarà un successo" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 07-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - E' il momento della grande sfida. Tre giorni di riunioni e di incontri per decidere il futuro del pianeta. Con tanti progetti, molta tensione. Silvio Berlusconi ce la mette tutta, ma sente il peso della critiche, delle polemiche, delle ipotesi che la stampa straniera solleva sulle difficoltà a comporre un'agenda non all'altezza del momento. Affronta i media a Palazzo Chigi teso e contratto. I maxischermi installati nella cittadella dei media mostrano un leader stanco e nervoso, che calibra le parole. Ma lo fa a fatica. "Nonostante gli attacchi a cui sono sottoposto", premette prima di annunciare il programma del summit, "i sondaggi, quelli seri, che hanno sempre azzeccato i risultati elettorali, mi attribuiscono un consenso che raggiunge il 64,1 per cento degli italiani: E' un primato che mi affianca a leader come Medvev, Calderon, Obama, Mubarak". Niente sorrisi, nessuna battuta, questa volta. E' un'affermazione fatta con rabbia, più che con soddisfazione. La sola che si concede. Parla soprattutto dei temi che verranno affrontati. Conferma che ci sarà l'atteso incontro con il presidente Usa Barack Obama: lo accompagnerà nel centro storico de L'Aquila. Ricorda che il cancelliere tedesco Angela Merkel visiterà il borgo di Olla, quello più colpito dal terremoto di due mesi fa. Elenca i temi che gli sherpa hanno "faticosamente" messo a punto per rendere organica la discussione e arrivare ad una dichiarazione congiunta. Temi politici, lotta all'inquinamento, la lotta al terrorismo, l'acqua per l'Africa e "via via fino ad arrivare alla dichiarazione finale", messa a punto "tra tutti i leader presenti al vertice". OAS_RICH('Middle'); Il primo giorno vedrà riuniti i capi degli 8 paesi più industrializzati, "quelli legati da valori e obiettivi comuni"; poi gli incontri verranno allargati agli altri 36 mebri di altrettanti paesi che a dispetto della loro acquisita importanza economica, commerciale, finanziaria, figurano ancora come ospiti. Parliamo della Cina, dell'India, del Brasile, del Sudafrica. Ma anche dell'Angola, della Libia, dell'Egitto, del Marocco, della Corea del sud. Gli echi degli arresti a Roma e qui, vicino a l'Aquila, restano sullo sfondo. La cittadella, costruita dentro e subito fuori la caserma della Scuola della Guardia di Finanaza, è isolata. Le notizie arrivano attutite. Le manifestazioni dell'onda, i cortei più o meno spontanei, le barriere improvvisate per isolare i cosiddetti obiettivi sensibili, sembrano appartenere ad un mondo lontano, distante. La stessa distanza, fisica, psicologica, che si avverte con la città ferita dal terrenoto. Dalla cittadella si esce solo con apposite navette. Si resta lontani, isolati, dai palazzi lesionati, dalle strade dissestate, dalle macerie che ancora ingombrano il centro storico. La gente, ci dicono in molti, volontari della Protezione civile e della Croce rossa, ha scelto di restare lontana. Il G8 è qualcosa che sente estraneo. Non c'è delusione. Perché non c'è mai stata attesa e speranza. Sono sentimenti che chi vive sotto le tende, spesso sette, otto persone insieme, non si può permettere. Restano sullo sfondo anche le polemiche sollevate da un servizio del Guardian nel quale si parla delle difficoltà del governo italiano a guidare un vertice mondiale mentre infuriano le polemiche per gli scandali a luci rosse che vedono coinvolto il premier in persona. In queste prime ore, si ragiona soprattutto sul fatto che questo G8 non rappresenta più la realtà del pianeta. Dove altri paesi, di altre regioni, protagonisti di sviluppi economici sorprendenti, continuano ad essere esclusi. Si discute sulla necessità di ottenere risposte immediate a temi vitali per la terra. Dall'acqua, all'inquinamento, ai contributi con i paesi cosidetti poveri non più visti come un fondo a perdere ma come nuove forme di investimento, da cui trarre beneficio, con cui rimettere in moto il volano dello sviluppo, che può portare beneficio agli uni e agli altri. Secondo una visione finalmente globale e globalizzata. Qui a Coppito tiene banco la lettera dell'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan a Berlusconi nella quale si invita il premier " a non azzerare" gli impegni nei confronti dei paesi più poveri". Si parla della crisi economica, preoccupa il livello della disoccupazione raggiunta nel mondo, si discute degli ultimi accordi sull'armamento nucleare raggiunti a Mosca tra Medvedev e Obama. Si guarda con interesse a quello che dirà il premier cinese Hu Jintao, a quello che proporrà il presidente dell'Angola Josè Eduardo dos Santos, per la prima volta presente ad un G8. L'Africa, assieme ad alcuni paesi asiatici, è venuta in forze. Allo stesso tavolo, il terzo e forse più significativo giorno, siederanno anche Egitto, Sudafrica, Nigeria, Senegal, Etiopia, Algeria. Gli stessi paesi che abbiamo sempre affrontato in termini di emigrati, di diversi. Da allontanare, da criminalizzare. Ma che la realtà economica ora ci ripropone come veri partner. Come interlocutori di cui abbiamo bisogno. Per il nostro futuro, per il nostro benessere. (7 luglio 2009

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Dopo i satelliti l'India vuole il Pianeta Rosso (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Retroscena Un nuovo protagonista Dopo i satelliti l'India vuole il Pianeta Rosso RADHIKA RAMACHANDRAN L'India ha realizzato grandi progressi e oggi integra la tecnologia più avanzata con una politica sempre più mirata in settori strategici come le telecomunicazioni, le trasmissioni tv, la meteorologia e il monitoraggio ambientale. Vanta un programma spaziale avanzato, che le permette di realizzare satelliti per una vasta gamma di servizi e allo stesso tempo di lanciarli, utilizzando razzi di fabbricazione nazionale. Si sono così realizzati gli scenari immaginati da Vikram Sarabhai, considerato il padre della corsa alle stelle «made in India». Ma è adesso che scatta la fase del consolidamento e il Paese - ho spiegato al recente Festival delle Scienze di Roma - si sta conquistando così lo status di «player» globale. Il programma indiano, infatti, punta all'esplorazione del Sistema solare e a quella dello spazio esterno. Gli obiettivi principali sono quattro. Primo: lo studio di pianeti, stelle e galassie. Secondo: le missioni robotizzate e umane per lo sfruttamento delle risorse della Luna e di altri pianeti. Terzo: le ricerche sulle interazioni Sole-Terra. Quarto: gli studi avanzati sull'origine e la distribuzione della vita. Non è un caso che in questo periodo si moltiplichino gli annunci di Usa, Europa, Giappone, Cina e Russia e le loro iniziative per cercare di svelare ciò che si estende al di là del nostro Pianeta. Nell'area dell'esplorazione planetaria l'India si è impegnata nella missione lunare nota con il nome di «Chandrayan-1» e che è stata lanciata il 22 ottobre 2008. Quanto all'esplorazione dello spazio esterno, il nostro ente - l'«Indian Space Research Organisation» - sta progettando una serie di iniziative: un osservatorio lunare, una sonda marziana e un'altra in grado di atterrare su un asteroide, oltre a un «fly by» con una cometa e a missioni al di là del Sistema Solare. Questi obiettivi, però, richiedono costi ridotti. Data la soglia di affidabilità tecnologica ormai raggiunta, la logica del «riutilizzo» appare ormai come un'area-chiave tanto delle ricerche teoriche quanto delle applicazioni, che vanno dai materiali intelligenti fino ai nuovi sistemi di propulsione. Lo spazio, così, si è trasformato nella nuova frontiera e le missioni umane sono diventate il prossimo passo dell'esplorazione. Ecco perché il nostro ente spaziale le sta studiando attivamente e si registra la convinta collaborazione della comunità scientifica oltre che il forte appoggio dell'opinione pubblica. Il «follow-up» è destinato a essere impressionante: sistemi di controllo, di sicurezza e di «life support», tecnologie robotiche avanzate, addestramento di una nuova generazione di astronauti. I prossimi anni racchiudono grandi sfide.

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Pronti 10 miliardi di dollari contro la fame (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pronti 10 miliardi di dollari contro la fame Le priorità sono i cambiamenti climatici e gli aiuti all'Africa Aiuti all'Africa Resta l'impegno di raddoppiarli entro il 2010: 50 miliardi all'anno Effetto serra Ridurre dell'80% le emissioni di CO2 entro il 2050 nei Paesi ricchi Malnutrizione Fondo speciale per la sicurezza alimentare e investimenti Allargamento Il vertice sarà aperto in tutto a quaranta delegazioni [FIRMA]EMANUELE NOVAZIO ROMA Sarà un vertice a geometria variabile, quello che si apre oggi alle 13 con una colazione di lavoro degli otto leader. Italia, presidente di turno, Usa, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Canada e Russia inizieranno la tre giorni dell'Aquila discutendo di economia mondiale. Per formalizzare il «global standard», l'insieme di regole giuridiche globali da assegnare alla finanza per scongiurare le crisi, la tappa fondamentale sarà però il G20 di Pittsburg, in autunno. Più concreta l'ipotesi di passi avanti nel dossier sul commercio internazionale. Limitato a otto anche l'esame delle questioni di politica internazionale (fra cui l'Iran, dove non si attendono novità rispetto alla politica della porta aperta a tempo determinato pur condannando le violazioni dei diritti umani). Il peso del vertice si misurerà su altri dossier: soprattutto quelli relativi ai cambiamenti climatici, agli aiuti allo sviluppo e all'Africa, alla lotta alla fame. Nel capitolo fame sarà lanciato il cosiddetto «Aquila food security iniziative», un fondo dotato di 10-15 miliardi di dollari. E si riporterà l'agricoltura al centro dell'attenzione internazionale, avviando il processo verso una «Partnership globale per l'agricoltura e la sicurezza alimentare». Nelle intenzioni della presidenza l'iniziativa non dovrebbe dare vita a un nuovo organismo, ma favorire piuttosto un miglior coordinamento degli interventi di governi, organismi internazionali, imprese, donatori, comunità scientifica e Ong. Gli investimenti a lungo termine nel settore agricolo potrebbero raggiungere i 12 miliardi di dollari in tre anni: Usa e Giappone dovrebbero stanziarne 3-4 a testa, il resto spetterebbe a Europa, Canada e Russia. Resta l'impegno preso nel 2005 a Gleneagles di raddoppiare gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo entro il 2010 rispetto al 2004, 50 miliardi di dollari l'anno, la metà dei quali da destinare all'Africa. Sarà istituito un meccanismo di controllo sugli impegni mantenuti. Quando si discuterà di Africa, il tavolo si allargherà: accanto agli 8 e ai 5+1 (gli emergenti Brasile, India, Cina, Messico e Sud Africa più l'Egitto) ci saranno Algeria, Angola, Etiopia, Nigeria, Senegal, Libia e Commissione dell'Unione africana. Oltre a Onu, Banca Mondiale, Fondo monetario, Aie (Associazione internazionale per l'energia), Ilo (organizzazione internazionale del Lavoro) Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) e Wto (Organizzazione del commercio internazionale). Il dossier sulla sicurezza alimentare sarà affrontato da 40 delegazioni: oltre a quelle citate, ci saranno Australia, Indonesia, Danimarca, Paesi Bassi, Spagna, Turchia, Unione europea, Fao, Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo dell'agricoltura) e Pam (programma alimentare mondiale). Fra i dossier più impegnativi e ambiziosi quello sul clima - strettamente legato al dossier-fame - il cui vero costo, sostengono le organizzazioni internazionali presenti all'Aquila, «non si misurerà in dollari ma in milioni o miliardi di vite». L'Italia spera in due accordi: dimezzare le emissioni di Co2 entro il 2050, un'intesa difficile da raggiungere per l'opposizione di India e Cina (ma per i Paesi ricchi il calo dovrebbe essere dell'80%). E limitare la crescita media della temperatura globale rispetto all'era pre-industriale a 2 gradi celsius. A discuterne sarà il cosiddetto Major Economies Forum, 17 Paesi e l'Ue. 2341

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"Basta precari, un buon lavoro per tutti" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

LA «CARITAS IN VERITATE»: UN AFFONDO CONTRO GLI SPECULATORI E «QUEGLI STRUMENTI SOFISTICATI UTILIZZATI PER TRADIRE I RISPARMIATORI» "Basta precari, un buon lavoro per tutti" [FIRMA]GIACOMO GALEAZZI CITTÀ DEL VATICANO No al precariato che, ormai endemico, ostacola i normali percorsi di vita, no alla delocalizzazione che porta allo sfruttamento, no all'abbassamento delle tutele di fronte ad un sindacato indebolito. Mai un Papa era entrato così in profondità nelle dinamiche economiche. L'enciclica «Caritas in veritate», nell'unanime approvazione di partiti e associazioni, stabilisce che Stato e mercato debbono convivere, il profitto non è peccato (ma basta con le disuguaglianze), la crisi finanziaria spinge verso un'autorità mondiale (l'Onu è inadeguata), l'impresa ha grandi responsabilità sociali, il lavoro decente è un diritto (no al precariato). Benedetto XVI sviscera la globalizzazione e proclama che gli immigrati non sono merce ma hanno pieni diritti, la finanza senza Dio causa povertà, l'etica deve vigilare sugli aiuti al Terzo Mondo per ridistribuire ricchezza, la pianificazione eugenetica minaccia l'umanità e l'ateismo ostacola lo sviluppo. «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende d'intromettersi nella politica, però ha una missione di verità per una società a misura della dignità umana», precisa il Pontefice. Insomma, un sistema a tre soggetti (mercato, Stato, società) per una «civilizzazione dell'economia». No alla giungla Non va abbassato, dunque, il livello di tutela dei lavoratori. «L'estromissione dal lavoro per lungo tempo oppure la dipendenza prolungata dall'assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale», ricorda il Pontefice teologo. Servono una «governance» della finanza globale alla luce della crisi e un'autorità planetaria per impedire che il terrorismo fondamentalista freni lo sviluppo dei popoli. Il Papa è preoccupato dalla diffusione dell'aborto e dell'eutanasia in un'epoca in cui la corruzione mette a rischio la democrazia e il cristianesimo è indispensabile per il progresso. La Chiesa approva l'economia di mercato, che però non deve diventare la giungla del più forte. Dopo il crac Madoff, Benedetto XVI condanna gli «strumenti sofisticati usati per tradire i risparmiatori», lo scandalo delle speculazioni, il saccheggio delle risorse e dell'ambiente da parte dei ricchi, la fame provocata «non da carestie ma da irresponsabilità». Rivaluta, invece, il ruolo e il potere dello Stato le cui leggi devono tutelare soprattutto la famiglia fondata sul matrimonio. La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell'economia serve l'etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso». Quale profitto? Il Papa chiede agli Stati di regolare i processi economici e, come nel '29, la bufera sui mercati è l'occasione per ripensare il modello di sviluppo. La precarietà lavorativa, infatti, causa degrado umano, specie se le multinazionali calpestano i diritti umani e i sindacati vengono indeboliti. Attenzione, dunque, ai gruppi di potere che distruggono il creato, cacciano Dio dalla sfera pubblica, separano la carità dalla verità riducendola a «sentimentalismo», ribaltano le organizzazioni internazionali in «burocratici e costosi» apparati. Se diventa l'unico fine, il profitto distrugge ricchezza, mentre occorre valutare gli impatti positivi di novità come gli Ogm di fronte all'emergenza alimentare. Il Pontefice stigmatizza la delocalizzazione delle imprese per puri fini speculativi e punta l'indice contro una nuova classe di manager strapagati priva di responsabilità sociale. «Investire ha sempre un significato morale, oltre che economico», avverte il Papa che raccomanda di «rafforzare l'esperienza della microfinanza» e loda la «fiscalità sussidiaria» (otto e cinque per mille). Salvare l'uomo «Realismo e speranza, nonostante la crisi e senza ingenuità», commenta il direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Riconosce il carattere innovativo e avanzato dell'enciclica persino il leader della teologia della liberazione, Leonardo Boff: «Finora la Chiesa era apparsa più concentrata sugli affari interni, ma con questo documento dal taglio fortemente sociale compie una grande apertura al mondo». Benedetto XVI, osserva il portavoce papale padre Federico Lombardi, «è consapevole della complessità dei problemi attuali e non si affida a soluzioni ideologiche», bensì ad un progetto culturale basato sull'analisi approfondita della realtà. «Solo le regole salvano le persone e l'economia», è l'appello di Benedetto XVI. Dall'eugenetica all'aborto, «non si possono minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell'uomo e i nuovi potenti strumenti di cui la cultura della morte dispone». Intanto la «grave riduzione delle reti di sicurezza» e i tagli alla spesa sociale, spesso promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali», lasciano i cittadini impotenti di fronte a «rischi vecchi e nuovi», mentre per i governi «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l'uomo, la persona nella sua integrità».

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Si aggrava la crisi nello Xinjiang Hu Jintao lascia il G8 e torna in Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

ROMA - Il G8 dell'Aquila perde uno dei suoi attori principali. A causa dell'aggravarsi delle violenze nello Xingjiang, il presidente della Repubblica popolare cinese Hu Jintao ha anticipato a ieri sera il suo rientro a Pechino e, di conseguenza, non parteciperà al vertice degli otto grandi nel capoluogo abruzzese. I sanguinosi scontri nella regione della Xingjiang, sconvolta dalla violenza etnica tra musulmani uighuri e cinesi 'han', finora con oltre 150 morti e più di mille feriti, oltre a un gran numero di arresti da parte della polizia, ha spinto il presidente cinese - che ieri era in visita in Toscana - a cambiare in tutta fretta il programma del suo viaggio in Italia e a tornare anticipatamente in patria. L'aereo di Hu Jintao è partito dall'aeroporto di Pisa, diretto a Pechino. Al summit dell'Aquila, che comincia oggi, mancherà dunque il massimo rappresentante di una delle economie trainanti dello scenario internazionale, oltre che della nazione più popolosa del pianeta. La delegazione cinese, comunque, rimane all'Aquila e parteciperà regolarmente ai lavori del vertice. Che i programmi 'italiani' del presidente cinese stessero mutando lo si è capito ieri sera quando Hu Jintao ha lasciato anticipatamente Firenze per raggiungere Pisa. Il presidente, che avrebbe dovuto dormire nel capoluogo toscano per poi raggiungere Roma nella mattinata di oggi, al termine della cerimonia che si è svolta nella sede della prefettura fiorentina si è concesso un breve riposo in un albergo del centro di Firenze e ha lasciato la città intorno alle 23, preceduto da gran parte della delegazione. OAS_RICH('Middle'); Dopo di che, è arrivata la conferma sul suo rientro anticipato in Cina, a causa dell'aggravarsi della crisi nello Xingjiang, fornita da Tang Heng, primo consigliere politico dell'ambasciata cinese in Italia. "Gli affari interni e la situazione nello Xinjiang - ha detto - hanno fatto partire in anticipo il presidente". La partecipazione di Hu Jintao al G8 era particolarmente attesa, sia perché in discussione ci sono anche i temi della crisi economica mondiale, le prospettive di fine recessione, il commercio globale e gli aiuti allo sviluppo - questioni nelle quali il ruolo del 'colosso' cinese viene ritenuto determinante - sia perché il presidente della Repubblica popolare aveva in calendario importanti incontri bilaterali, tra cui quelli col presidente Usa Barack Obama e con la cancelliera Angela Merkel. E sicuramente anche in quelle occasioni non sarebbe stato tralasciato il tema del rispetto dei diritti umani, come era emerso già nelle precedenti giornate della visita in Italia, in particolare nell'incontro al Quirinale col presidente Giorgio Napolitano. (8 luglio 2009

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g8, arrivano i grandi della terra polemica berlusconi-guardian - gianluca luzi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 2 - Interni Colossale cantonata G8, arrivano i grandi della Terra polemica Berlusconi-Guardian Il quotidiano accusa. La replica: "Siete una piccola testata" Il vertice Il premier: "Sono al 64%, ho consensi da record, come Obama, Mubarak Lula, Medvedev" L´articolo del "Guardian" sull´Italia? Rappresenta una colossale cantonata di un piccolo quotidiano. L´episodio si riferiva al lavoro preparatorio degli sherpa americani in vista del G20 di Pittsburgh GIANLUCA LUZI ROMA - Aveva lanciato la sfida impossibile solo tre mesi fa quando decise di smantellare il G8 della Maddalena per trasferirlo all´Aquila: «Porterò la capitale della politica nella capitale del dolore». Per ora ha avuto ragione lui: oggi pomeriggio nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito arrivano i grandi della Terra, come si definiscono con una certa enfasi i leader dei paesi più industrializzati. Obama, Brown, Merkel, il giapponese Aso che ieri sera ha visto Berlusconi a Palazzo Chigi, Sarkozy, Medvedev, Harper, arriveranno in elicottero dentro la cittadella militare e comincerà «sotto buoni auspici per l´accordo Usa-Russia» il classico G8 con Italia, Canada, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Germania, Giappone, più Commissione europea e Svezia come paese presidente di turno dell´Ue. Parte il G8 di Berlusconi sull´onda di una nuova polemica con i giornali inglesi: il Guardian prende di mira il ruolo dell´Italia sulla scena politica mondiale. «Crescono le pressioni all´interno del G8 per espellere l´Italia», scrive il quotidiano che riporta l´ipotesi di sostituire Roma con Madrid fra i Grandi. «Piccolo giornale, colossale cantonata», liquida la faccenda Berlusconi che dice di non temere ripercussioni internazionali dalle domande sugli scandali. «Il G8 rimarrà - prevede Berlusconi - ma in futuro sarà G14». Infatti oggi sarà solo il primo passo perché il secondo e il terzo giorno il summit sarà allargato ai grandi paesi emergenti, Cina, India, Brasile, e infine i Paesi dell´Africa, dell´Asia, l´Australia e le altre principali economie europee tra cui la Spagna. Sollecitati dall´Onu e dalle organizzazioni umanitarie i leader mondiali, che al terzo giorno del summit rappresenteranno il 90 per cento dell´economia mondiale, dovranno affrontare il problema tragico della fame nel mondo. «Lanceremo una somma tra i 10 e i 15 miliardi di dollari per aiutare tutte le persone che nel mondo soffrono la fame», ha annunciato ieri Berlusconi presentando il G8 a Palazzo Chigi. Il summit è preceduto da un lavoro di mesi da parte degli sherpa degli otto Paesi che hanno messo a punto le dichiarazioni che riguardano i temi politici, la non proliferazione nucleare, la lotta al terrorismo, il futuro sostenibile, il clima «su cui c´è la resistenza della Cina», l´acqua per l´Africa, la sicurezza alimentare. Senza trascurare i fronti caldi: Afghanistan, Pakistan «con le sue 60 bombe atomiche», Iran «con cui continueremo il dialogo per ora senza sanzioni», Honduras e Xinjiang. Ma il tema dei temi è la crisi economica. «Non si può guardare e andare avanti con quello che è un sistema di economia globale con le regole del vecchio secolo» è la premessa di Berlusconi che annuncia: «Presenteremo i 12 punti studiati dall´Ocse, con principi standard che puntano ad una economia basata su moralità, eticità e trasparenza». Quindi «andrà vietato il riciclaggio di denaro, dovremo dire no a forme di protezionismo e far sì che il segreto bancario non sia più un ostacolo». All´Aquila ci sarà il lavoro preparatorio per le nuove regole dell´economia mondiale, il legal standard, che «dovrà poi essere sottoposto al G20 di Pittsburgh». Ringraziato il Papa per il messaggio ai leader «in cui apprezza la scelta dell´Aquila» e parla di stima per il premier, esorcizzato l´incubo di nuove scosse di terremoto (la cittadella militare è antisismica), e scongiurato il pericolo di defezioni eccellenti, sul G8 di Berlusconi pesa l´alone di scandalo per le feste in Sardegna e a Palazzo Grazioli, di cui si è ampiamente occupata anche la stampa straniera. Il premier sa che qualche domanda scabrosa la dovrà affrontare. Si dice sicuro che però «non condizioneranno i lavori del G8, perché io ho un rapporto continuativo e costante con i miei colleghi che conoscono bene i giornali e sanno valutarli». E comunque, «nonostante gli attacchi il mio gradimento è al 64,1 per cento. Un record come Obama, Lula, Medvedev, il presidente del Messico e Mubarak». Immancabile a fine conferenza l´attacco a la Repubblica che aveva posto la domanda: «Mi sembra strano che la domanda venga da chi appartiene al suo gruppo editoriale, che prima ti butta addosso delle calunnie, e poi se la prende con te perché queste calunnie fanno male all´Italia. Non c´è nulla di vero in tutto quello che avete scritto dalle minorenni in poi».

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i nuovi paradisi non conoscono il pil - alessandra retico (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 41 - Cronaca Rapporto inglese sul benessere sostenibile Nel Costa Rica la speranza di vita più alta I nuovi paradisi non conoscono il Pil L´America Latina monopolizza ben nove dei primi dieci posti della classifica ALESSANDRA RETICO Felicità interna lorda. Un indicatore che smonta il mito occidentale del reddito, sostituendolo con soddisfazione personale, speranza di vita, politiche ambientali. Il Costa Rica vince, è il paese con il Fil più alto. Ci si vive bene, a lungo, in armonia con la natura. Mentre i leader riuniti in Italia per il G8 si preoccupano di Pil e deflazione, la seconda edizione dell´"Happy planet index", che indica il tasso di benessere sostenibile, premia standard alternativi: impronta ecologica del sistema produttivo, lunghezza e pienezza dell´esistenza. La ricchezza non può comprare la felicità. Alibi o buon senso? «In questa età di incertezza, di crisi grave, le persone temono il futuro» scrive The New Economics Foundation (Nef), l´organizzazione non governativa britannica che ha redatto la classifica delle nazioni più felici. Con un obiettivo: far capire che le priorità della gente sono ora diventate altre. Merce e soldi, petrolio e titoli non hanno reso il mondo un posto migliore, figuriamoci noi. Anzi, molte potenze economiche (Usa, Cina, India) erano più felici venti anni fa, ecosistemi e risorse erano meno sfruttati. Guarda il Costa Rica, che ha scalzato il paradiso dell´arcipelago Vanuatu, Oceano Pacifico meridionale, dal primo posto dell´indice 2006: più dell´85 per cento degli abitanti si dichiara felice di vivere nel paese latino americano, «la speranza di vita è di 78,5 anni, il paese non è lontano dall´aver trovato l´equilibrio tra i suoi consumi e le sue risorse naturali, il 99 per cento dell´energia che produce deriva da fonti rinnovabili», segnala Nic Marks, uno degli autori dello studio. Ma l´America latina è tutta allegra, monopolizza ben nove dei primi dieci posti. Consumare e consumare non porta da nessuna parte. Non a caso a guidare la classifica sono paesi a reddito medio, i ricchi e sviluppati stanno invece a metà. Nella lista, stilata sulla percezione degli abitanti di 143 paesi, la maggior parte delle nazioni "verdi" e contente si concentra in America Latina, la prima tra le europee è l´Olanda (43esima), l´Italia è 69esima (slittata dal 66esimo posto del 2006), prima di Francia, Uk e Spagna ma dopo la Germania. In coda la maggior parte dei Paesi africani, ultimo lo Zimbabwe. «Con il mondo che si trova ad affrontare la tripla sfida presentata da una profonda crisi economica, da cambiamenti climatici sempre più veloci e da un incombente picco della produzione di petrolio, abbiamo disperatamente bisogno di nuove direzioni e linee guida» scrive nel rapporto Nic Marks. «Seguire il canto della sirena della crescita economica ha dato benefici marginali ai poveri del mondo, mettendo a rischio le basi per la loro sopravvivenza. Questa strategia non ha nemmeno migliorato il benessere di chi è già ricco, né ha portato a una stabilità economica». Lo vediamo eccome, nonostante nei Paesi ricchi il grado di soddisfazione e speranza di vita sia aumentato del 15 per cento in 45 anni (ma l´impronta ecologica è schizzata del 72 per cento). Il Fil non fa troppi calcoli, più che altro sente (feel), e sente che è tempo di cambiare.

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Cosa sia diventato un G8 lo chiarisce molto bene il columnist del Financial Times: Un ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

UMBERTO DE GIOVANNANGELI Cosa sia diventato un G8 lo chiarisce molto bene il columnist del Financial Times: «Un mostruoso incontro di migliaia tra funzionari, spin-doctors e staff per la sicurezza. Per non parlare del circo mediatico che li segue. Producono una quantità di comunicati, ma poca sostanza». Se non bastasse, Peel nota anche che, in tema di crisi, «il ruolo di forum mondiale principale è stato scippato dal G20un gruppo di leader altrettanto male organizzato, ma che ha la virtù di aver incluso Cina, India e Brasile come membri a tutti gli effetti». Chiusura lapidaria: «L'evento è semplicemente diventato troppo goffo per essere efficace. Ma l'entusiasmo di Berlusconi peggiora le cose...». Il G8 delle alleanze variabili. Così si presenta il summit aquilano. Sull'Iran come sull'emergenza climatica. Sul secondo dossier, a fianco di Barack Obama si schiera decisamente Angela Merkel, uniti nell'aspettarsi che i leader dei Paesi membri del G8 appoggino l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a non oltre 2 gradi entro il 2050. L'Italia si dice d'accordo, a parole, ma poi con Franco Frattini mette le mani avanti: «È una proposta ambiziosa - rileva il titolare della Farnesina - che non so se passerà». Il motivo? «La Cina - spiega Frattini - ha detto che non ce la fa». Alleanze variabili. Come quelle che il presidente Usa ha definito alla vigilia, con il «Nuovo inizio» nei rapporti con la Russia. Disarmo e non solo. Perché la convergenza tra Mosca e Washington si delinea anche sull'altro fronte caldo: l'Iran. Da un lato l'Obama «dialogante», sostenuto, sia pure con sottolineature diverse, da Russia e Cina; più dura, sempre a parole, è la posizione di Gran Bretagna e Francia che vorrebbero mettere sul tavolo la pistola fumante delle sanzioni. L'Italia pencola tra due estremi: una volta con i dialoganti, l'altra con i «duri». Altro capitolo scottante: gli aiuti ai cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Qui l'Italia è sul banco degli imputati, maglia nera per le promesse fatte e non mantenute. Al punto tale che - annota The Times, citando una fonte impegnata nella preparazione del summit - il premier britannico Gordon Brown insieme con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, ritengono che Berlusconi dovrebbe essere ritenuto responsabile per un «risultato così scarso». L'unità si ritrova sul tema della lotta al terrorismo e in una maggiore condivisione dell'impegno, anche militare, in Afghanistan. Mentre si torna a dividersi sulle nuove regole di una governance economico-finanziaria mondiale. Per evitare di incrinare la nascente armonia con la Casa Bianca, il Cremlino ha escluso di voler discutere la proposta lanciata al G20 di Londra dal presidente Dmitri Medvedev per diversificare le valute di riserva, mettendo in difficoltà ora il dollaro. Pechino converge su questa posizione. Quando si entra nella sfera della decisione, è meglio rinviare. Soprattutto se c'entrano i soldi. Lo scenario

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Precarietà, globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profi... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Precarietà, globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profitto, ruolo del management, il potere «arbitrario» della tecnica, difesa della natalità e della vita, valori etici, ruolo delle religioni, bene comune, sviluppo, ecologia, materie prime, lotta alla fame, migrazioni, educazione, autonomia, economia «no profit», relativismo, riforma degli organismi internazionali e governance globale. In oltre 140 pagine Benedetto XVI con la sua enciclica sociale Caritas in Veritate indica un preciso quadro di riferimento sui temi dello sviluppo globale. Il documento è stato presentato ieri dal presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, dal segretario del dicastero, monsignor Giampaolo Crepaldi, dal cardinale Paul Joesf Cordes responsabile del pontificio consiglio «Cor Unum» e dall'economista Stefano Zamagni. L'accusa al capitalismo Resterà deluso chi si aspettava un documento di aperta condanna del capitalismo da parte della Chiesa. L'enciclica di papa Ratzinger è attenta agli effetti della globalizzazione e della crisi dei mercati. Per questo la sua pubblicazione, che era prevista già nel 2007, in occasione dell'anniversario della pubblicazione della Populorum Progressio di Paolo VI per rilanciarne gli insegnamenti, è stata rinviata a ieri, alla vigilia dell'apertura dei lavori del G8. Parte da una considerazione: «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità e nascono nuove povertà». Correggere il modello di sviluppo, aprirlo alle domande poste dall'etica e al ruolo «correttivo» non solo dei governi, ma anche dei «corpi intermedi», alla sussidarietà, al settore del no profit. Questa è la scommessa posta dalla «Caritas in Veritate». Si riconoscono i meriti dell'economia di mercato, ma al tempo stesso si invita a non identificarla con il capitalismo di cui di denunciano le logiche selvagge. Non siamo all'indicazione di una «terza via» tra capitalismo e socialismo. Il documento non è un programma politico. Ratzinger rinnova il suo invito a coniugare verità razionale e quella «carità» che nasce dalla dimensione di fede, offerta come «dono» all'umanità. Il filone è quello classico indicato dalla dottrina sociale della Chiesa: attenzione alle centralità della persona e al perseguimento del bene comune, all'equità, alla giustizia sociale con una forte sottolineatura dei problemi e delle contraddizioni posti dalla globalizzazione. Il Papa denuncia gli effetti perversi di uno sviluppo a «brevissimo termine» i cui effetti colpiscono pesantemente i paesi sottosviluppati, ma anche i lavoratori delle aree industrializzate. «L'abbassamento - osserva - del livello di tutela dei diritti dei lavoratori o la rinuncia a meccanismi di ridistribuzione del reddito per far acquisire al Paese maggiore competitività internazionale impediscono l'affermarsi di uno sviluppo di lunga durata». Il documento insiste sugli effetti pesanti dell'instabilità e della precarietà, frutto di una mobilità lavorativa che associata alla deregolamentazione generalizzata, «crea instabilità psicologica, difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio». L'azione dei sindacati Un'altra ragione per ripensare il modello di sviluppo e correggerne disfunzioni e distorsioni. «Lo esige - aggiunge - lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell'uomo». Situazioni che l'attuale crisi può soltanto peggiorare. La Chiesa invita i sindacati a sviluppare la loro iniziativa anche in una dimensione internazionale, a rappresentare tutti, anche i non iscritti e, in particolare, «i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, dove i diritti sociali vengono violati». L'enciclica pone il tema del potere «arbitrario» delle «forze della tecnica», più forti dei poteri statali, le cui decisioni economiche, finanziarie e di sfruttamento sregolato delle risorse della terra, possono avere effetti devastanti. Benedetto XVI rinnova la richiesta di una riforma degli organismi internazionali e sollecita la costituzione di una «governance» internazionale che possa contrastare speculazioni finanziarie «per il bene presente e futuro dell'umanità». Usare la crisi come opportunità di cambiamento, come occasione di nuove regole.

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MILLE EURO A CENA Mille euro regalate da giampy ad ogni ragazza per partecipare ad una "cena... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

MILLE EURO A CENA Mille euro regalate da giampy ad ogni ragazza per partecipare ad una "cena" a palazzo grazioli, tanto quanto spendono moltissime famiglie per vivere un mese! È questo il vero scandalo in un momento di crisi. Luigi, pa ENRICO L'AVEVA DETTO Caro Benedetto XVI non è mai troppo tardi. G8, G14, G20... della necessità di un governo mondiale dell'economia, quando ancora la globalizzazione non era un gergo corrente ne parlò un grande dirigente politico: Enrico Berlinguer e ci lasciò nell'84, ma... non è mai troppo tardi. Valerio, Bo PROVERBI CHI DI CHIESA FERISCE DI CHIESA PERISCE Dopo la scossa Crociata spero proprio che sia così. Gaddi, Lt SPERO IN UN PD COSí Cara Unità, vorrei che il Pd fosse ristrutturato in questo modo: metodicamente alla base come il vecchio Pci che permetteva agl iscritti maggiore partecipazione e critica onde poter agire da "feedback" (controreazione) a eventuali decisioni poco democratiche dei vertici. Attivare corsi di formazione di base inerenti il nuovo corso politico del Pd , che abbiano una mano tesa verso i nostri ex fratelli della sinistra. Per far comprendere loro che uniti anche nella diversità si può battere questa destra populista-nonsisachecosè. Dopo ci potranno essere tempi migliori per tutti. Vamo, taranto PER LORO NO E PER NOI SÌ Cara Unità non è giusto che per una scossa del 4 grado hanno organizzato il piano d'evaquazione e a noi ci dicono che sono scosse d'assestamento! Thomas aquilanO ACQUA ALTA «Sapessi com'è strano sentirsi innamorati... no! Scusate ALLAGATI a Milanooo. Anche il "Dio PO" si è infuriato alle esternazioni del Ministro Calderoli. Gina L'UNITÀ IN CHIESA A proposito del conflitto Maroni/Chiesa. Quando vado a messa con mio figlio a Osio Sotto (BG), porto sottobraccio l'Unità! Valerio, Lucca

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L'enciclica della crisi globale Garantire un lavoro decente (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'enciclica della crisi globale «Garantire un lavoro decente» ROBERTO MONTEFORTE Precarietà, globalizzazione, diritti e doveri, tutele di chi lavora, ruolo dei sindacati, profitto, ruolo del management, il potere «arbitrario» della tecnica, difesa della natalità e della vita, valori etici, ruolo delle religioni, bene comune, sviluppo, ecologia, materie prime, lotta alla fame, migrazioni, educazione, autonomia, economia «no profit», relativismo, riforma degli organismi internazionali e governance globale. In oltre 140 pagine Benedetto XVI con la sua enciclica sociale Caritas in Veritate indica un preciso quadro di riferimento sui temi dello sviluppo globale. Il documento è stato presentato ieri dal presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, dal segretario del dicastero, monsignor Giampaolo Crepaldi, dal cardinale Paul Joesf Cordes responsabile del pontificio consiglio «Cor Unum» e dall'economista Stefano Zamagni. L'accusa al capitalismo Resterà deluso chi si aspettava un documento di aperta condanna del capitalismo da parte della Chiesa. L'enciclica di papa Ratzinger è attenta agli effetti della globalizzazione e della crisi dei mercati. Per questo la sua pubblicazione, che era prevista già nel 2007, in occasione dell'anniversario della pubblicazione della Populorum Progressio di Paolo VI per rilanciarne gli insegnamenti, è stata rinviata a ieri, alla vigilia dell'apertura dei lavori del G8. Parte da una considerazione: «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità e nascono nuove povertà». Correggere il modello di sviluppo, aprirlo alle domande poste dall'etica e al ruolo «correttivo» non solo dei governi, ma anche dei «corpi intermedi», alla sussidarietà, al settore del no profit. Questa è la scommessa posta dalla «Caritas in Veritate». Si riconoscono i meriti dell'economia di mercato, ma al tempo stesso si invita a non identificarla con il capitalismo di cui di denunciano le logiche selvagge. Non siamo all'indicazione di una «terza via» tra capitalismo e socialismo. Il documento non è un programma politico. Ratzinger rinnova il suo invito a coniugare verità razionale e quella «carità» che nasce dalla dimensione di fede, offerta come «dono» all'umanità. Il filone è quello classico indicato dalla dottrina sociale della Chiesa: attenzione alle centralità della persona e al perseguimento del bene comune, all'equità, alla giustizia sociale con una forte sottolineatura dei problemi e delle contraddizioni posti dalla globalizzazione. Il Papa denuncia gli effetti perversi di uno sviluppo a «brevissimo termine» i cui effetti colpiscono pesantemente i paesi sottosviluppati, ma anche i lavoratori delle aree industrializzate. «L'abbassamento - osserva - del livello di tutela dei diritti dei lavoratori o la rinuncia a meccanismi di ridistribuzione del reddito per far acquisire al Paese maggiore competitività internazionale impediscono l'affermarsi di uno sviluppo di lunga durata». Il documento insiste sugli effetti pesanti dell'instabilità e della precarietà, frutto di una mobilità lavorativa che associata alla deregolamentazione generalizzata, «crea instabilità psicologica, difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio». L'azione dei sindacati Un'altra ragione per ripensare il modello di sviluppo e correggerne disfunzioni e distorsioni. «Lo esige - aggiunge - lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell'uomo». Situazioni che l'attuale crisi può soltanto peggiorare. La Chiesa invita i sindacati a sviluppare la loro iniziativa anche in una dimensione internazionale, a rappresentare tutti, anche i non iscritti e, in particolare, «i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, dove i diritti sociali vengono violati». L'enciclica pone il tema del potere «arbitrario» delle «forze della tecnica», più forti dei poteri statali, le cui decisioni economiche, finanziarie e di sfruttamento sregolato delle risorse della terra, possono avere effetti devastanti. Benedetto XVI rinnova la richiesta di una riforma degli organismi internazionali e sollecita la costituzione di una «governance» internazionale che possa contrastare speculazioni finanziarie «per il bene presente e futuro dell'umanità». Usare la crisi come opportunità di cambiamento, come occasione di nuove regole. Si intitola Caritas in veritate. Un'analisi economica e sociale sul XXI secolo e un richiamo etico per rendere meno ingiusto il futuro. «Serve garantire a tutti l'accesso al lavoro, anzi: a un lavoro decente».

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Major del petrolio poco longeve (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-08 - pag: 44 autore: Focus. I giganti del settore hanno una vita utile delle riserve sempre più breve Major del petrolio poco longeve L a discesa della domanda mondiale di petrolio cominciata nel secondo semestre dello scorso anno e il contestuale crollo dei prezzi degli idrocarburi hanno interrotto, dopo un quinquennio di profitti, la crescita economica delle società del settore. Le imprese hanno dovuto adeguare il valore delle riserve, degli avviamenti e delle partecipazioni alle nouve quotazioni del greggio, affrontando pesanti svalutazioni. I primi risultati negativi sono emersi nel quarto trimestre 2008 con la statunitense ConocoPhillips in "rosso" per quasi 23 miliardi di euro, in cima a una lista di altre dodici società in perdita tra cui la messicana Pemex con -6 miliardi, l'inglese Bp con -2,4 miliardi, l'anglo-olandese Royal Dutch con -2 miliardi e la russa Lukoil (partecipata al 20% da ConocoPhillips) con-1,2 miliardi. Nel primo trimestre 2009 le società in "rosso" sono rimaste tre: Pemex con-1,4 miliardi, la statunitense Hess con -42 milioni e Petro- Canada con -28 milioni. Ma un ciclo sembra essersi comunque chiuso. La domanda di greggio è calata del 3,6% anche tra gennaio e marzo di quest'anno, con un'estrazione giornaliera di 84 milioni di barili contro il picco di produzione di oltre 87 milioni del quarto trimestre 2007. Dietro gli Usa, che hanno mantenuto nel primo trimestre la posizione di primo paese consumatore con quasi 19 milioni di barili al giorno, gli Stati che "bruciano" più petrolio sono Cina (7,6 milioni di barili), Giappone (4,7), India (3,3) e Germania (2,5). L'Italia, con 1,6 milioni di barili, è molto staccata da questo gruppo di testa. Sul versante dell'offerta,invece, il 39% della produzione mondiale viene da paesi Opec come Arabia Saudita, Iran, Iraq, Emirati, Venezuela e Kuwait, il 12% dalla Russia, il 9% dagli Usa, il 4,4% dalla Cina, il 4% dal Canada, il 3,6% dal Messico, il 3% a testa da Brasile e Norvegia e il 2% dalla Gran Bretagna. Il campione di R&S comprende 23 compagnie integrate. Sono escluse, per assenza o insufficienza di dati, Saudi Aramco, l'iraniana Nioc, Kuwait Petroleum, Pétroleos de Venezuela, la malese Petronas, l'algerina Sonatrach, la cinese Sinochem, la spagnola Cepsa, l'indiana Ongc e la russa Surgutneftegas. Nonostante il settore si caratterizzi per una notevole solidità, la struttura patrimoniale delle aziende è andata deteriorandosi essenzialmente per l'aumento dei debiti. La compagnia più solida è la statunitense ExxonMobil, con un capitale netto dodici volte più grande dell'esposizione finanziaria, seguita da Occidental (anch'essa Usa), il cui capitale netto supera di dieci volte l'indebitamento. Ben patrimonializzate sono anche le altre due statunitensi Chevron e Murphy, la cinese PetroChina, Royal Dutch Shell e Lukoil, con un rapporto capitale netto- debiti finanziari compreso tra sette e quattro volte e mezzo. ExxonMobil è anche la compagnia con maggiori mezzi liquidi, pari a oltre due volte e mezzo i debiti finanziari, seguita da Murphy e Chevron, mentre all'opposto si collocano ConocoPhillips, la canadese Encana, la russa Rosneft e l'italiana Eni, che hanno una liquidità inferiore al 10% dei debiti. Pur essendo la più solida a livello patrimoniale, ExxonMobil lo è relativamente meno se la si osserva dal lato della durata delle riserve. Agli attuali ritmi di produzione, senza rimpiazzarre con nuove riserve il greggio e il gas estratti, la supermajor americana esaurirebbe tutti i suoi giacimenti in nove anni. Ma questo è un problema comune alla maggior parte delle società (grafico a destra). La vita utile delle riserve della norvegese StatoilHydro è di poco meno di 8 anni, quella di Chevron di poco meno di dieci, quella di Eni di poco più di dieci, quella di Bp limitatamente al petrolio non raggiunge i 12 anni, mentre la stessa Bp nell'estrazione di gas naturale ha una vita residua di quasi 15 anni. La società in assoluto più longeva a livello di riserve è la russa Gazprom: 53 anni nel gas e oltre 33 nel petrolio. Un'altra azienda russa, Lukoil, occupa il secondo posto, con oltre 42 anni nel gas e più di 20 nel petrolio. E appena dopo ritroviamo PetroChina, la cui vita utile negli idrocarburi (petrolio e gas) supera i 29 anni. L'unica società occidentale in grado di competere su questo terreno è Royal Dutch Shell, che sfiora i 26 anni. L'aumento della vita residua delle riserve è la scommessa più grande delle major, in grado di determinarne il futuro o il declino. Il grosso delle riserve si trova in Stati mediorientali chiusi alle società occidentali o a profondità marine quasi inaccessibili oppure nelle sabbie bituminose del Canada e del Venezuela, sotto i ghiacci della Siberia occidentale, nelle acque poco profonde del Caspio, insomma dove i costi di produzione e trasporto sono spesso proibitivi e diventano convenienti a mano a mano che il prezzo del petrolio sale. Ciò spiega la corsa delle major all'Iraq, i cui costi di produzione sono molto competitivi. Per garantirsi un futuro, accanto alle acquisizioni di società e giacimenti, bisogna spingere sulla ricerca. E qui spuntano le soprese. La società che nel 2008 ha investito di più in esplorazione è Murphy, che ha speso l'8,2% del suo fatturato upstream , seguita da Hess (7,2%) e dall'austriaca Omv (6,6%). Eni si colloca al quarto posto, con il 5,8%, e al quinto ritroviamo StatoilHydro, con il 5,5 per cento. I giganti sono nella parte bassa della graduatoria. In nona posizione con il 3,1% c'è Royal Dutch Shell;la francese Total è quindicesima con l' 1,5%, a pari merito con ConocoPhillips; sedicesima è Chevron con l' 1,4%, insieme con ExxonMobil; e Bp con l'1% è il fanalino di coda. G.O. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA CONTESA DEL BARILE Per Total, Eni, Chevron, ExxonMobil e StatoilHydro la durata residua oscilla tra 12 e 8 anni contro i 26 di Shell e i 53 di Gazprom nel gas

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Deboli greggio e zucchero, in ripresa lo zinco (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-07-08 - pag: 46 autore: COMMODITIES Deboli greggio e zucchero, in ripresa lo zinco I l recupero dei metalli non ferrosi al London Metal Exchange (guidato dallo zinco, risalito del 2,5%) non modifica il quadro complessivo dei mercati delle commodi-ties, dove l'umore dominante è ancora all'insegna del pessimismo. Il petrolio Wti è di nuovo arretrato di quasi il 2%, chiudendo a 62,93 dollari al barile, nonostante il miglioramento delle previsioni sulla domanda da parte del governo Usa. Forti vendite sono proseguite anche sui mercati agricoli. A farne le spese sono stati in particolare i semi di soia, le cui quotazioni sono precipitate di un ulteriore 5,5% al Cbot. Sulla stessa piazza male anche il mais (-2,3%) e il frumento (-1,4%). Lo zucchero, nonostante la previsione di un deficit di offerta anche in Cina, ha proseguito anch'esso la discesa avviata la settimana scorsa: il raffinato ha perso l'1%, il grezzo il 2,1%. Deboli anche il cotone sodo e il caffè arabica, in ribasso rispettivamente dell'1% e dell'1,2% a New York. Caffè robusta e cacao hanno registrato variazioni minime.

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Baic sfida Magna su Opel: 1,4 miliardi di investimenti (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-08 - pag: 39 autore: Auto. L'offerta prevede il taglio di 7.500 posti in Europa - Gm resterebbe al 49% Baic sfida Magna su Opel: 1,4 miliardi di investimenti L'obiettivo è produrre in Cina 500mila vetture Andrea Malan FRANCOFORTE. Dal nostro inviato Un investimento di 1,4 miliardi di euro per produrre entro il 2015 500mila Opel in Cina; taglio di poco più di 7.500 posti di lavoro in Europa, di cui 3mila in Germania e 2.500 in Belgio, dove l'impianto di Anversa verrebbe con ogni probabilità chiuso. Questi i punti essenziali dell'offerta che la cinese Baic ha presentato per la Opel (e la consorella inglese Vauxhall). Baic investirebbe 660 milioni di euro per il 51% di Opel, lasciando a Gm il 49 per cento (contro il 35% nel caso dell'offerta rivale dell'austriaca Magna ); chiederebbe garanzie statali per 2,64 miliardi di euro (contro i 4,5 di cui si è parlato finora per Magna). L'impianto cinese sarebbe operativo dal 2012. Ieri intanto i rappresentanti di Gm si sarebbero incontrati a Berlino con quelli del Governo tedesco per fare il punto dei negoziati con i vari pretendenti, prima fra tutte Magna che –alleata con le russe Sberbank e la casa automobilistica Gaz – gode dello status di negoziatore favorito. Secondo fonti industriali intanto, proprio la Gaz avrebbe ottenuto da Mosca garanzie statali per 20 miliardi di rubli (circa 455 milioni di euro) per far fronte alle difficoltà economiche; alla vigilia si sarebbe tenuto un vertice di crisi al quale hanno preso parte rappresentanti del costruttore automobilistico e del Governo russo. A una settimana dal consiglio di Magna convocato per la decisione finale sull'offerta, non tutti i giochi sono dunque ancora fatti. Se i sindacati di Opel si sono finora schierati con decisione a favore di Magna, a Berlino non c'è una posizione univoca. Ieri il ministro dell'Economia del Land della Turingia si è detto contrario a Baic perché l'offerta prevede una lunga chiusura, sia pure definita temporanea, dell'impianto locale di Eisenach. Il Governo centrale, dal canto suo, vorrebbe assicurarsi che i massicci investimenti in Cina o in Russia non vadano a scapito della produzione in Germania. Entrambi i potenziali acquirenti pongono qualche problema anche per General Motors: Cina e Russia rimarranno infatti, insieme al Brasile, i mercati esteri più importanti per Gm dopo la cessione di Opel. La cessione è destinata quindi di fatto in entrambi in casi ad aiutare un concorrente: la Russia nel caso di Magna, la Cina nel caso di Baic. Quest'ultima, in particolare, condiziona la propria offerta al fatto di poter utilizzare le future tecnologie su cui Gm sta lavorando, come i motori ibridi e le celle di combustibile. Secondo una fonte citata lunedì dal Wsj, raggiungere un accordo con Baic su questo punto «non dovrebbe essere un problema insormontabile ». Qualche osservatore si è chiesto se la stessa Baic non possa incontrare problemi con il Governo cinese, che ha di recente invitato i costruttori di auto locali al consolidamento e che preferirebbe accordi nazionali (come quello tra Saic e Nanjing) a un'espansione all'estero. La stessa Baic avverte che un'eventuale intesa «sarà soggetta ad approvazione da parte di numerose autorità cinesi ». Baic, già alleata di Daimlere di Hyundai in Cina, è però un'azienda solida e con legami altrettanto solidi con la nomenclatura di Pechino. Mentre Magna vuol crescere dai componenti alla produzione di auto, un altro colosso della componentistica – la Lear Corp – ha richiesto ieri l'adesione al Chapter 11 della legge fallimentare, e quindi la protezione dai creditori. Il gruppo americano ha annunciato un programma di ristrutturazione del debito da 3,6 miliardi di dollari che avrebbe già avuto il via libera della maggior parte dei creditori. Il piano prevede la conversione del debito in nuovo debito, azioni convertibili e warrant su azioni. Lear ha 72mila dipendenti in tutto il mondo; dopo Delphi e Visteon (entrambe in Chapter 11) è uno dei maggiori gruppi del settore della componentistica Usa a portare i libri in tribunale. © RIPRODUZIONE RISERVATA CHAPTER 11 PER LEAR Il colosso dei componenti, 72mila dipendenti nel mondo, ha annunciato un piano di ristrutturazione del debito da 3,6 miliardi

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La stampa non condizionerà il G-8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-08 - pag: 4 autore: «La stampa non condizionerà il G-8» Berlusconi lancia il vertice: «Italia fuori? Cantonata di un piccolo giornale» Gerardo Pelosi ROMA «Una grande, colossale cantonata di un piccolo giornale». Il premier italiano, Silvio Berlusconi, cerca di liquidare così l'articolo dell'inglese "The Guardian" che ieri ipotizzava un'Italia fuori dal G-8. In realtà, il presidente del Consiglio ha capito molto bene che, al di là del singolo articolo, giunti ormai a ridosso del vertice, la stampa estera sta diventando sempre più ruvida e ostile nei confronti del nostro Paese e della sua guida politica. Ma il Cavaliere sembra accettare di buon grado la sfida e, in una conferenza stampa, oltre a ripetere contenuti e modalità del G-8 abruzzese tutto all'insegna del "people first" e del «ritorno della fiducia », lancia alcuni messaggi. Il primo è inequivocabile: resto saldamente alla guida della coalizione di Governo. «Nonostante calunnie e attacchi - dice il premier- ho il 64% del gradimento personale, lo stesso di leader come Obama, Medvedev, Lula, Mubarak». Poi - altro messaggio - esprime soddisfazione personale per la lettera del Papa a lui e ai leader inviata sabato scorso in cui Benedetto XVI si congratula per la scelta dell'Aquila e benedice con la sua preghiera i partecipanti del summit. Lettera che serve per controbilanciare gli "anatemi" dei vescovi della Cei contro il " libertinaggio". Anche sul piano della politica internazionale Berlusconi sceglie di giocare in attacco. Ben lungi dall'accettare fino in fondo il ruolo di presidente super partes che gioca solo dietro le quinte, il Cavaliere rende noto di avere avuto ieri una lunga telefonata con il premier russo Vladimir Putin per discutere di Iran e di eventuali sanzioni contro Teheran. Un rapporto così stretto che non può essere visto se non con una certa diffidenza dalla diplomazia americana, in queste ore impegnata a riannodare un rapporto molto problematico con Mosca sulla riduzione delle testate nucleari dopo lo scudo missilistico e l'invasione della Georgia da parte delle truppe russe. In conferenza stampa Berlusconi, che peraltro in serata è stato criticato dal cantante Bono degli U2 in concerto a Milano («ha fatto tante promesse ai poveri del mondo, ma non le ha mantenute»), si è detto sicuro: «Penso che gli articoli della stampa estera di questi giorni non condizioneranno nella maniera più assoluta i lavori del summit- precisa – perché io ho un rapporto continuativo con i miei colleghi che conoscono bene i giornali e sanno valutarli ». L'inglese Guardian aveva scritto che «aumentano le previsioni all'interno del G-8 per espellere l'Italia, mentre i preparativi sprofondano nel caos». E poi ancora: «In assenza di ogni iniziativa concreta sull'agenda, gli Stati Uniti hanno preso il controllo dei preparativi del summit». L'articolo citava una conference call tra sherpa che pare si riferisse, però, alla preparazione del G-20 americano a Pittsburgh. Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, una vera «buffonata». Schiocchezze anche secondo il ministro della Difesa Ignazio La Russa secondo il quale «il Guardian finirà per essere espulso dalle edicole». Ma la direzione del giornale conferma il contenuto dell'articolo e respinge ogni illazione sull'infondatezza delle notizie. Prima di partire per l'Aquila dove oggi visiterà il centro storico con il presidente americano Barack Obama e quello di Onna con il cancelliere tedesco Angela Merkel, Berlusconi ieri sera ha incontrato il premier giapponese Taro Aso e messo a punto le ultime dichiarazioni del vertice con i suoi collaboratori. Almeno dieci le dichiarazioni tra cui quella sulla non proliferazione, quella sul terrorismo, una sul Major Economies Forum, una sull'Africa e una sulla sicurezza alimentare dove l'Italia propone risorse aggiuntive per 10- 15 miliardi di dollari. Oggi i leader si incontreranno nel formato classico che, secondo Berlusconi, ancora valido per affrontare alcuni temi tra chi condivide gli stessi valori anche se il G-14 va strutturato meglio. Tema centrale, oggi, oltre ai temi politici (Iran, Afghanistan e Pakistan) la crisi e le nuove regole le cui fondamenta sono rappresentate dal cosiddetto " Lecce Framework". Domani con le cinque potenze emergenti (la Cina, il cui presidente Hu Jintao non potrà partecipare personalmente al G8 perché rientrato in patria per la crisi dello Xinjiang, l'India, il Brasile, il Messico e il Sudafrica) più l'Egitto il confronto si sposterà sul clima e sul commercio mondiale. Sulla ripresa del negoziato Doha round Berlusconi appare ottimista dopo il colloquio con il presidente cinese mentre sul clima esistono ancora divergenze tra l'Ue e i grandi "inquinatori", Usa, Cina, India e Brasile. © RIPRODUZIONE RISERVATA PLAUSO DEL PAPA Il premier cita il messaggio di auguri del Pontefice The Guardian: «L'Italia sarà esclusa, preparativi caos» Frattini e La Russa: buffonata

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I COMMENTI (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-08 - pag: 3 autore: I COMMENTI CONTRASTO Giulio Tremonti Ministro dell'Economia «Economia e finanza vanno utilizzate in modo etico? Per me questo è un documento molto, molto importante» INFOPHOTO Emma Marcegaglia Presidente di Confindustria «Sì al mercato ma senza eccessi, dignità sul lavoro, no al precariato: sono idee che noi condividiamo» INFOPHOTO Maurizio Sacconi Ministro del Welfare «Grande sintonia su libertà responsabile della persona, sussidiarietà, carità e sviluppo» CONTRASTO Guglielmo Epifani Segretario generale della Cgil «Particolarmente significativa la scelta di considerare centrali il lavoro e la persona nell'analisi della crisi» AGF Rosy Bindi Deputata del Pd Vicepresidente della Camera «Fa riflettere sui limiti di una globalizzazione che ha mortificato l'uomo e aumentato le diseguaglianze»

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NEL MERCATO CON GIUSTIZIA (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-08 - pag: 2 autore: NEL MERCATO CON GIUSTIZIA Non bisogna demonizzarne la funzione ma servono regole chiare per evitare abusi Ancora decisivi lo stato e la società civile, il profitto è utile come mezzo e non come fine LA GLOBALIZZAZIONE Società a misura d'uomo 9. L'amore nella verità — caritas in veritate — è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. (...) La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende «minimamente d'intromettersi nella politica degli Stati». Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell'uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una vi-sione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati —con cui giudicarla e orientarla. LA CRISI Progettare su nuove basi 21. Le forze tecniche in campo, le interrelazioni planetarie,gli effetti deleteri sull'economia reale di un'attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, ci inducono oggi a riflettere sulle misure necessarie per dare soluzione a problemi non solo nuovi rispetto a quelli affrontati dal Papa Paolo VI, ma anche, e soprattutto, di impatto decisivo per il bene presentee futuro dell'umanità. (...) La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. IL WELFARE Reti globali di solidarietà 25. I sistemi di sicurezza sociale possono perdere la capacità di assolvere al loro compito, sia nei Paesi emergenti, sia in quelli di antico sviluppo, oltre che nei Paesi poveri. Qui le politiche di bilancio, con i tagli alla spesa sociale, spesso anche promossi dalle Istituzioni finanziarie internazionali, possono lasciare i cittadini impotenti di fronte a rischi vecchie nuovi; tale impotenza è accresciuta dalla mancanza di protezione efficace da parte delle associazioni dei lavoratori. L'insieme dei cambiamenti sociali ed economici fa sì che le organizzazioni sindacali sperimentino maggiori difficoltà a svolgere il loro compito di rappresentanza degli interessi dei lavoratori, anche per il fatto che i Governi, per ragioni di utilità economica, limitano spesso le libertà sindacali o la capacità negoziale dei sindacati stessi. Le reti di solidarietà tradizionali trovano così crescenti ostacoli da superare. L'invito della dottrina sociale della Chiesa, cominciando dalla Rerum novarum , a dar vita ad associazioni di lavoratori per la difesa dei propri diritti va pertanto onorato oggi ancor più di ieri, dando innanzitutto una risposta pronta e lungimirante all'urgenza di instaurare nuove sinergie a livello internazionale, oltre che locale. IL MERCATO Più giustizia sociale 35.Il mercato,se c'è fiducia reciproca e genera-lizzata, è l'istituzione economica che permette l'incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri. Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza.Infatti il mercato,lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave. I MANAGER EL'IMPRESA No ai bonus autoreferenziali 40. Anche se le impostazioni etiche che guidano oggi il dibattito sulla responsabilità sociale dell'impresa non sono tutte accettabili secondo la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa, è un fatto che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell'impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento. Negli ultimi anni si è notata la crescita di una classe cosmopolita di manager, che spesso rispondono solo alle indicazioni degli azionisti di riferimento costituiti in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fatto i loro compensi. Anche oggi tuttavia vi sono molti manager che con analisi lungimirante si rendono sempre più conto dei profondi legami che la loro impresa ha con il territorio, o con i territori, in cui opera. Paolo VI invitavaa valutare seriamente il danno che il trasferimento all'estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria Nazione . Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico. Tutto questo — va ribadito — è valido anche oggi, nonostante che il mercato dei capitali sia stato fortemente liberalizzatoe le moderne mentalità tecnologiche possano indurre a pensare che investire sia solo un fatto tecnico e non anche umano ed etico. Non c'è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene,se investito all'estero piuttosto che in patria. Devono però essere fatti salvi i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato. Bisogna evitare che il motivo per l'impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell'impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all'economia reale e l'attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo.Non c'è nemmeno motivo di negare che la delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale. LO STATO Un ruolo destinato a crescere 41. Nel contesto di questo discorso è utile osservare che l'imprenditorialità ha e deve sempre più assumere un significato plurivalente. La perdurante prevalenza del binomio mercato- Stato ci ha abituati a pensare esclusivamente all'imprenditore privato di tipo capitalistico da un lato e al dirigente statale dall'altro. In realtà,l'imprenditorialità va intesa in modo articolato. Ciò risulta da una serie di motivazioni metaeconomiche. L'imprenditorialità, prima di avere un significato professionale, ne ha uno umano. (...) L'economia integrata dei giorni nostri non elimina il ruolo degli Stati, piuttosto ne impegna i Governi ad una più forte collaborazione reciproca. Ragioni di saggezza e di prudenza suggeriscono di non proclamare troppo affrettatamente la fine dello Stato. In relazione alla soluzione della crisi attuale, il suo ruolo sembra destinato a crescere, riacquistando molte delle sue competenze. LA CRESCITA DEMOGRAFICA Non pianificare le nascite 44. La concezione dei diritti e dei doveri nello sviluppo deve tener conto anche delle problematiche connesse con la crescita demografica. Si tratta di un aspetto molto importante del vero sviluppo, perché concerne i valori irrinunciabili della vita e della famiglia. Considerare l'aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo è scorretto, anche dal punto di vista economico: basti pensare, da una parte, all'importante diminuzione della mortalità infantile e il prolungamento della vita mediache si registrano nei Paesi economicamente sviluppati; dall'altra,ai segni di crisi rilevabili nelle società in cui si registra un preoccupante calo della natalità. Resta ovviamente doveroso prestare la debita attenzione ad una pro-creazioneresponsabile, checostituisce,tral'altro, un fattivo contributo allo sviluppo umano integrale. La Chiesa, che ha a cuore il vero sviluppo dell'uomo, gli raccomanda il pieno rispetto dei valori umani anche nell'esercizio della sessualità: non la si può ridurre a mero fatto edonistico e ludico,così come l'educazione sessuale non si può ridurre a un'istruzione tecnica, con l'unica preoccupazione di difendere gli interessati da eventuali contagi o dal «rischio» procreativo. Ciò equivarrebbe ad impoveriree disattendere il significato profondo della sessualità, che deve invece essere riconosciuto ed assunto con responsabilità tanto dalla persona quanto dalla comunità. L'ETICA Effetti benefici sulla crescita 45. Rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano economico. L'economia infatti ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona. Oggi si parla molto di etica in campo economico, finanziario, aziendale (...). Questi processi suscitano apprezzamento e meritano un ampio sostegno. I loro effetti positivi si fanno sentire anche nelle aree meno sviluppate della terra. è bene, tuttavia, elaborare anche un valido criterio di discernimento, in quanto si nota un certo abuso dell'aggettivo «etico» che, adoperato in modo generico, si presta a designare contenuti anche molto diversi, al punto da far passare sotto la sua copertura decisioni e scelte contrarie alla giustizia e al vero bene dell'uomo. L'ENERGIA Non sfruttare i paesi poveri 49. Le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell'ambiente devono oggi tenere in debita considerazione le problematiche energetiche. L'accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni Stati, gruppi di potere e imprese costituisce, infatti, un grave impedimento per lo sviluppo dei Paesi poveri. Questi non hanno i mezzi economici né per accedere alle esistenti fonti energetiche non rinnovabili né per finanziare la ricerca di fonti nuove e alternative (...). La comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro LA SUSSIDIARIETà FISCALE Più potere ai cittadini 60. Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica,l'aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. (...) Una possibilità di aiuto per lo sviluppo potrebbe derivare dall'applicazione efficace della cosiddetta sussidiarietà fiscale, che permetterebbe ai cittadini di decidere sulla destinazione di quote delle loro imposte versate allo Stato. Evitando degenerazioni particolaristiche, ciò può essere di aiuto per incentivare forme di solidarietà sociale dal basso, con ovvi benefici anche sul versante della solidarietà per lo sviluppo. LE MIGRAZIONI Soluzioni condivise tra i paesi 62. Un altro aspetto meritevole di attenzione, trattando dello sviluppo umano integrale, è il fenomeno delle migrazioni. è fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale. Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati. Nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo. IL LAVORO Libertà e dignità per tutti 63. Nella considerazione dei problemi dello sviluppo, non si può non mettere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, sia perché ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazione), sia perché vengono svalutati «i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia»(...)Che cosa significa la parola «decenza» applicata al lavoro? Significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa. I SINDACATI Più attenzione agli emarginati 64. Riflettendo sul tema del lavoro, è opportuno anche un richiamo all'urgente esigenza che le organizzazioni sindacali dei lavoratori, da sempre incoraggiate e sostenute dalla Chiesa, si aprano alle nuove prospettive che emergono nell'ambito lavorativo.Superando le limitazioni proprie dei sindacati di categoria, le organizzazioni sindacali sono chiamate a farsi carico dei nuovi problemi delle nostre società:mi riferisco,ad esempio,a quell'insieme di questioni che gli studiosi di scienze sociali identificano nel conflitto tra persona-lavoratrice e persona- consumatrice. (...) Il contesto globale in cui si svolge il lavoro richiede anche che le organizzazioni sindacali naziona-li, prevalentemente chiuse nella difesa degli interessi dei propri iscritti, volgano lo sguardo anche verso i non iscritti e, in particolare, verso i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo, dove i diritti sociali vengono spesso violati. LA FINANZA Un mezzo per lo sviluppo 65. Bisogna, poi, che la finanza in quanto tale, nelle necessariamente rinnovate strutture e modalità di funzionamento dopo il suo cattivoutilizzo che ha danneggiato l'economia reale, ritorni ad essere uno strumento finalizzato alla miglior produzione di ricchezza ed allo sviluppo. Tutta l'economia e tutta la finanza, non solo alcuni loro segmenti, devono, in quanto strumenti, essere utilizzati in modo etico così da creare le condizioni adeguate per lo sviluppo dell'uomo e dei popoli. è certamente utile, e in talune circostanze indispensabile, dar vita a iniziative finanziarie nelle quali la dimensione umanitaria sia dominante. Ciò, però, non deve far dimenticare che l'intero sistema finanziario deve essere finalizzato al sostegno di un vero sviluppo. Soprattutto,bisogna che l'intento di fare del bene non venga contrapposto a quello dell'effettiva capacità di produrre dei beni. Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività per non abusare di quegli strumenti sofisticati che possono servire per tradire i risparmiatori. Retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti. Se l'amore è intelligente, sa trovare anche i modi per operare secondo una previdente e giusta convenienza, come indicano, in maniera significativa, molte esperienze nel campo della cooperazione di credito. Tanto una regolamentazione del settore tale da garantire i soggetti più deboli e impedire scandalose speculazioni, quanto la sperimentazione di nuove forme di finanza destinate a favorire progetti di sviluppo, sono esperienze positive che vanno approfondite ed incoraggiate, richiamando la stessa responsabilità del risparmiatore. Anche l'esperienza della microfinanza, che affonda le proprie radici nella riflessione e nelle opere degli umanisti civili — penso soprattutto alla nascita dei Monti di Pietà –, va rafforzata e messa a punto, soprattutto in questi momenti dove i problemi finanziari possono diventare drammatici per molti segmenti più vulnerabili della popolazione, che vanno tutelati dai rischi di usura o dalla disperazione. I CONSUMATORI Acquistare è un atto morale 66. La interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle loro associazioni. Si tratta di un fenomeno da approfondire, che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare. è bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C'è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell'impresa. I consumatori vanno continuamente educati al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all'atto dell'acquistare. www.ilsole24ore.com Il testo integrale dell'enciclica è disponibile sul sito “ “ “ I soggetti più deboli vanno aiutati a difendersi dall'usura così come i popoli poveri ad usare il microcredito “ La comunità internazionale ha il dovere di trovare soluzioni comuni per disciplinare l'uso delle fonti non rinnovabili CORBIS La recessione ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci leggi innovative e a ritrovare la fiducia Il Papa teologo. Benedetto XVI, 82 anni Pubblichiamo ampi stralci dell'enciclica Caritas in Veritate presentata ieri in Vaticano Bisogna evitare che il motivo per l'impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e di breve periodo

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Vincenzo de' Stefani: innovazione e ricerca da oltre 50 anni (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM (MILANO INTERM - AZPRE data: 2009-07-08 - pag: 34 autore: Vincenzo de' Stefani: innovazione e ricerca da oltre 50 anni D omenica 31 maggio, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito all'ingegner Vincenzo de' Stefani l'altissima onorificenza di Cavaliere del Lavoro, ordine istituito nel 1901. Vincenzode'Stefani, 80anni, dopo la laurea in ingegneria meccanica nel 1957, inizia la sua carriera in Francia come responsabile della Divisione Ingranaggi di un'azienda del settore automotive. Ritorna in Italia nel 1961, entra come socio nelle Officine David Monteverde, diventata poi Meccanica Padana Monteverde, ne assume la direzione generale e la trasforma in una fabbrica di ingranaggi e trasmissioni marine, ferroviarie e automotive. Dal 1981, la tedesca ZF (la maggiore azienda mondiale di trasmissioni con 45.000 dipendenti) entra nel capitale di Meccanica Padana Monteverde e, dal 1986, quando ne acquisisce la totalità delle azioni, fino al 1989 l'ingegner de' Stefani la dirige in qualità di amministratore delegato. Nel frattempo (1976), fonda MG mini Gears, sede a Padova e insediamenti negli Usa e in Cina, che opera nel mercato degli ingranaggi di piccole dimensioni; nel 1978, costituisce Mini Tools, nel 1986 Mini Service e nel 1990 Metal Temper. Queste aziende verranno poi incorporate in MG mini Gears. Dal 2007 al 2009, de' Stefani è presidente di S IT La Precisa, fondata nel 1953 dai suoi fratelli Pierluigi e Giancarlo, dove prima di iniziare gli studi universitari aveva lavorato come operaio ed aveva disegnato la prima valvola di sicurezza per gas, prodotto destinato a divenire il core business dell'impresa. L 'azienda, capofila delGruppo SIT (1.500 addetti, presenze industriali e commerciali in Europa, America, Asia e Australia, un fatturato di 230 milioni di euro, di cui il 75% è esportato), è leader mondiale nei sistemi di sicurezza e componenti per apparecchi a gas per il riscaldamento domestico, grandi impianti di cottura, grandi elettrodomestici e impianti di conversione benzina-gas per auto. Ora, de' Stefani è presidente onorario del Gruppo Findest S IT. Dal 2000 al 2009, è anche presidente di Mip Engineering; è stato per 12 anni vice presidente di Z IP ( Consorzio zona industriale di Padova), per 8 anni vice presidente dell' Associazione industriali di Padova e per 4 presidente della sezione Metalmeccanici. è attualmente presidente di " Padova ed il suo territorio", associazione per la promozione di iniziative culturali riguardanti la storia, l'arte e la cultura di Padova. L 'onorificenza di cui è stato insignito de' Stefani ha un grande significato simbolico. L ' Ordine "al Merito del Lavoro " premia la persona non solo per una speci fica attività intrapresa, ma anche per un impegno etico e sociale volto al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro del paese. Vincenzo de' Stefani, oltre ad essere un manager di successo, che ha guidato molte aziende portandole a posizioni di leadership, è un uomo colto, dai molteplici interessi che coltiva con sincera passione, profondamente legato alla storia, all'arte e alla cultura della sua città e del suo territorio. SIT La Precisa, capofi la del G ruppo SIT, è leader mondiale nei sistemi di sicurezza e componenti per apparecchi a gas per il riscaldamento domestico, grandi impianti di cottura, grandi elettrodomestici e impianti di conversione benzina-gas per auto Il neo C avaliere del Lavoro Vincenzo de' Stefani

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Ora serve la riforma dell'Onu (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-08 - pag: 3 autore: NAZIONI UNITE «Ora serve la riforma dell'Onu» La crisi ha evidenziato l'urgenza della riforma dell'Onu e la necessità di una vera architettura economica e finanziaria per governare la globalizzazione. Per Benedetto XVI «urge la presenza di una vera autorità politica mondiale ». Di fronte alla crescita della interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza dellariforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale, «affinchè si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di nazioni.Sentita è pure l'urgenza di trovare forme innovative per attuare il principio di responsabilità di proteggere e per attribuire anche alle nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni». Eppoi una nuova condanna da parte del Papa delle politiche di controllo delle nascite, talvolta promosse da organismi dell'Onu: il rispetto per la vita, dice, «non può in alcun modo essere disgiunto» dallo sviluppo dei popoli.

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Doha round da chiudere entro il 2010 (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-08 - pag: 4 autore: La bozza di dichiarazione. Intesa per accelerare i negoziati sul commercio Doha round da chiudere entro il 2010 Alessandro Merli Dal vertice dell'Aquila uscirà un impegno comune del G-8 e delle cinque maggiori economie emergenti a chiudere il negoziato del Doha round per la liberalizzazione del commercio mondiale entro il 2010. Impegno che peraltro non è una garanzia di successo, dato che sollecitazioni analoghe sono venute negli anni scorsi a ogni incontro dei capi di Stato e di Governo per poi essere disattese dai negoziatori. La dichiarazione congiunta dovrebbe uscire dalla riunione di domani del G-8 più 5 (cioè gli otto Grandi, più i leader di Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica). Una spinta decisiva alla trattativa sul commercio è stata indicata come uno degli obiettivi del summit dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. I leader dei 13 Paesi, secondo una bozza del comunicato ottenuta dall'agenzia Reuters, dovrebbero dare istruzioni ai ministri del commercio di riunirsi prima del summit del G-20 di fine settembre a Pittsburgh, per poter mettere un sigillo politico su un'intesa di massima in quella occasione. L'accordo sulla conclusione del Doha round dovrebbe servire a contrastare la caduta degli scambi internazionali, che, secondo stime della Banca mondiale e della Wto, l'organizzazione mondiale del commercio, subiranno quest'anno una contrazione del 10%, e il rischio di restrizioni di tipo protezionistico. La riduzione del commercio mondiale è considerata uno dei fattori che hanno aggravato la recessione globale. Al G-20 di Washington dello scorso novembre, i partecipanti si erano impegnati a evitare misure restrittive dei commerci. Tuttavia, la Wto, che sta svolgendo un monitoraggio di queste azioni, ha rilevato in un rapporto diffuso la settimana scorsa che ci sono stati ulteriori interventi protezionistici negli ultimi mesi, dopo quelli già rilevati subito dopo il summit di Washington. In parte si tratta di misure che agiscono in aree grigie non coperte dalla regole della Wto, ma che contribuiscono a limitare gli scambi o a distorcere la concorrenza internazionale. Il direttore generale della Wto, Pascal Lamy, che parteciperà all'incontro dell'Aquila, non ha voluto commentare ieri l'ipotesi di una chiusura del negoziato (iniziato a Doha nel 2001 e più volte interrotto) entro il 2010. «Potrò essere più preciso dopo la discussione del G-8 più 5», ha detto. Le trattative formali sono bloccate dal luglio dell'anno scorso, quando risultò impossibile sanare una frattura fra Stati Uniti e India, e non hanno potuto essere riavviate nemmeno a fine anno dopo la richiesta del G-20 di Washington,per l'assoluta mancanza di progressi. Diversi osservatori ritengono che l'insediamento della nuova amministrazione Usa, che si è detta disposta al dialogo, e di un nuovo ministro del Commercio indiano, Anand Sharma, ritenuto più malleabile del suo predecessore, Kamal Nath, dovrebbe favorire un nuovo clima. Il deterioramento della situazione economica e della disoccupazione nei maggiori paesi al tavolo della trattativa rischia però di essere un elemento di complicazione. Lo ha ammesso ieri implicitamente lo stesso Lamy, affermando che «il peggio della crisi in termini sociali deve ancora venire, il che significa che il peggio della crisi in termini politici deve ancora venire». Questo potrebbe portare a un aumento delle richieste di protezione. © RIPRODUZIONE RISERVATA DOMANI LA DECISIONE Dalla riunione allargata a Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica il mandato ai ministri del Commercio per un incontro prima del G-20

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"Basta precari, buon lavoro per tutti" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

CITTÀ DEL VATICANO No al precariato che, ormai endemico, ostacola i normali percorsi di vita, no alla delocalizzazione che porta allo sfruttamento, no all’abbassamento delle tutele di fronte ad un sindacato indebolito. Mai un Papa era entrato così in profondità nelle dinamiche economiche. L’enciclica «Caritas in veritate», nell’unanime approvazione di partiti e associazioni, stabilisce che Stato e mercato debbono convivere, il profitto non è peccato (ma basta con le disuguaglianze), la crisi finanziaria spinge verso un’autorità mondiale (l’Onu è inadeguata), l’impresa ha grandi responsabilità sociali, il lavoro decente è un diritto (no al precariato). Benedetto XVI sviscera la globalizzazione e proclama che gli immigrati non sono merce ma hanno pieni diritti, la finanza senza Dio causa povertà, l’etica deve vigilare sugli aiuti al Terzo Mondo per ridistribuire ricchezza, la pianificazione eugenetica minaccia l’umanità e l’ateismo ostacola lo sviluppo. «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende d’intromettersi nella politica, però ha una missione di verità per una società a misura della dignità umana», precisa il Pontefice. Insomma, un sistema a tre soggetti (mercato, Stato, società) per una «civilizzazione dell’economia». No alla giungla Non va abbassato, dunque, il livello di tutela dei lavoratori. «L’estromissione dal lavoro per lungo tempo oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale», ricorda il Pontefice teologo. Servono una «governance» della finanza globale alla luce della crisi e un’autorità planetaria per impedire che il terrorismo fondamentalista freni lo sviluppo dei popoli. Il Papa è preoccupato dalla diffusione dell’aborto e dell’eutanasia in un’epoca in cui la corruzione mette a rischio la democrazia e il cristianesimo è indispensabile per il progresso. La Chiesa approva l’economia di mercato, che però non deve diventare la giungla del più forte. Dopo il crac Madoff, Benedetto XVI condanna gli «strumenti sofisticati usati per tradire i risparmiatori», lo scandalo delle speculazioni, il saccheggio delle risorse e dell’ambiente da parte dei ricchi, la fame provocata «non da carestie ma da irresponsabilità». Rivaluta, invece, il ruolo e il potere dello Stato le cui leggi devono tutelare soprattutto la famiglia fondata sul matrimonio. La globalizzazione, ammonisce Benedetto XVI, va governata senza protezionismi. Al corretto funzionamento dell’economia serve l’etica, perciò nei paesi in via di sviluppo la cooperazione internazionale deve garantire a tutti acqua e cibo. La sessualità, poi, «non è un fatto ludico ed edonistico e il turismo sessuale è un fenomeno perverso». Quale profitto? Il Papa chiede agli Stati di regolare i processi economici e, come nel ’29, la bufera sui mercati è l’occasione per ripensare il modello di sviluppo. La precarietà lavorativa, infatti, causa degrado umano, specie se le multinazionali calpestano i diritti umani e i sindacati vengono indeboliti. Attenzione, dunque, ai gruppi di potere che distruggono il creato, cacciano Dio dalla sfera pubblica, separano la carità dalla verità riducendola a «sentimentalismo», ribaltano le organizzazioni internazionali in «burocratici e costosi» apparati. Se diventa l’unico fine, il profitto distrugge ricchezza, mentre occorre valutare gli impatti positivi di novità come gli Ogm di fronte all’emergenza alimentare. Il Pontefice stigmatizza la delocalizzazione delle imprese per puri fini speculativi e punta l’indice contro una nuova classe di manager strapagati priva di responsabilità sociale. «Investire ha sempre un significato morale, oltre che economico», avverte il Papa che raccomanda di «rafforzare l’esperienza della microfinanza» e loda la «fiscalità sussidiaria» (otto e cinque per mille). Salvare l’uomo «Realismo e speranza, nonostante la crisi e senza ingenuità», commenta il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Riconosce il carattere innovativo e avanzato dell’enciclica persino il leader della teologia della liberazione, Leonardo Boff: «Finora la Chiesa era apparsa più concentrata sugli affari interni, ma con questo documento dal taglio fortemente sociale compie una grande apertura al mondo». Benedetto XVI, osserva il portavoce papale padre Federico Lombardi, «è consapevole della complessità dei problemi attuali e non si affida a soluzioni ideologiche», bensì ad un progetto culturale basato sull’analisi approfondita della realtà. «Solo le regole salvano le persone e l’economia», è l’appello di Benedetto XVI. Dall’eugenetica all’aborto, «non si possono minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i nuovi potenti strumenti di cui la cultura della morte dispone». Intanto la «grave riduzione delle reti di sicurezza» e i tagli alla spesa sociale, spesso promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali», lasciano i cittadini impotenti di fronte a «rischi vecchi e nuovi», mentre per i governi «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità».

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Dalle armi nucleari all'effetto serra: ecco i dossier sul tavolo dei Grandi (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 08/07/2009 - pag: 5 I documenti Oggi sarà diffusa la prima dichiarazione politica dopo una riunione degli Otto Dalle armi nucleari all'effetto serra: ecco i dossier sul tavolo dei Grandi I casi: Iran, Corea del Nord, Africa. Ma anche clima e commercio mondiale ROMA Nei vertici del G8, molte delle conversazioni più importanti avvengono al di fuori delle riunioni plenarie, negli incontri informali o in quelli bilaterali. Il summit tra i capi di Stato e di governo tra i Paesi più sviluppati del mondo con l'aggiunta della Russia non prende decisioni operative, ma elabora indirizzi, linee politiche e impegni. Molti sono destinati a non essere applicati nei termini sanciti, ma le rotte delineate, gli obiettivi fissati vanno tenuti presenti. Vengono riassunti in documenti e dichiarazioni scritte, e all'Aquila ne saranno prodotti almeno 7 o 8. Una delle principali, la dichiarazione politica, verrà diffusa stasera, prima che le sessioni di domani e venerdì, allargate ad altri Stati, confermino un dato di fatto evidente: per adottare scelte decisive per il mondo, ormai non basta mettere intorno a un tavolo soltanto Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Russia. Altri Paesi rivendicano ruoli di peso, e non sempre saranno interlocutori facili. La questione iraniana Per valutare a quali atteggiamenti ricorrere verso l'Iran, il G8 terrà in conto solo in parte i cortei spezzati dalla repressione dopo che Ahmadinejad è stato confermato presidente da elezioni contestate. Gli Otto, che poi saranno 10 perché affiancati dal presidente della Commissione europea e dalla Svezia che è presidente di turno dell'Unione europea, si pronunceranno pensando innanzitutto ai piani nucleari di Teheran e ai loro effetti geopolitici. Fino a ieri, la Russia ha frenato prese di posizione dure contro Ahmadinejad. Le opinioni pubbliche statunitensi ed europee premono invece in quella direzione, ma per Barack Obama può essere ancora presto per ritirare la sua offerta di dialogo all'Iran. Salvo sorprese dovute all'incontro di lunedì tra il presidente degli Usa e il russo Dmitrij Medvedev, uno dei più duri verso Teheran risulterà il premier britannico Gordon Brown. Il G8 non ha il potere di decidere sanzioni. Per parlarne nei dettagli è in programma un G8 dei ministri degli Esteri il 24 settembre a New York, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu. Gli armamenti nucleari Oltre all'Iran, è la Corea del Nord a turbare i membri del G8 con i suoi test atomici. Per effetto dell'assenza di George W. Bush e delle difficoltà nel sopportare i costi degli arsenali in tempi di crisi, gli Otto dovrebbero nella dichiarazione far proprio l'obiettivo di un mondo senza armi nucleari (rilanciato da Obama). Oltre a occuparsi di Afghanistan, Birmania, Medio Oriente, il vertice dovrebbe legare l'impegno contro la proliferazione di bombe atomiche nelle mani di nuovi proprietari a quello per ridurle dove già ce ne sono. La crisi economica Su questo soprattutto si misurano i limiti del G8. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha dichiarato che non rappresenta più l'economia mondiale come nei decenni passati, mentre «la strada condurrà verso il G20» con dentro i Paesi che ne costituiscono l'85%. All'Aquila si definiranno suggerimenti da inviare al G20. Con alcune domande alle quali dare risposta. A che punto è la crisi? Gli Stati devono dare altri «stimoli» per contenerla? Clima e ambiente I membri del G8, oggi, parleranno di sviluppo e ambiente, per semplificare, da donatori verso i Paesi poveri e da inquinatori. Domani gli stessi argomenti verranno affrontati in altri ruoli. Gli Otto che poi sarebbero 10 si riuniranno con i Paesi del cosiddetto G5 più l'Egitto, invitato dalla presidenza italiana, e parleranno degli stessi argomenti da promotori di nuovi modelli di crescita economica e regolatori internazionali. Del G5, una dichiarazione comune sancirà il peso cresciuto elencando i componenti: Brasile, Cina, India, Messico, Sudafrica. Per avere idea di che cosa comporta il nuovo formato dell'incontro, ecco che cosa diceva ieri il premier indiano Manmohan Singh rinfacciando ai Paesi ricchi le convulsioni delle Borse: «Una crisi che non è stata causata da noi, ma della quale ci troviamo a dover subire le conseguenze». Il commercio mondiale A G8 e G5 si aggiungeranno domani pomeriggio Australia, Corea del Sud e Indonesia. La riunione diventerà una seduta del Major economies forum, il Mef. Nelle trattative coordinate per l'Italia dallo sherpa Giampiero Massolo è stato messa a punto un paragrafo di dichiarazione che sollecita una ripresa del negoziato sulla liberalizzazione del commercio internazionale, paralizzato da tempo, e fissa una data per la sua conclusione. È stato accettato da tutti tranne la Cina. Nelle prossime ore si verificherà se le sue obiezioni dureranno. Quando al Mef si uniranno il segretario generale dell'Onu e la Danimarca, che presiederà la conferenza di Copenhagen sul clima, si misureranno anche le resistenze di Cina e Brasile sull'obiettivo di contenere entro i due gradi il riscaldamento del pianeta, proposito che richiede tagli alle emissioni di Co2. L'Africa e l'acqua Venerdì il G8 dovrebbe annunciare di mettere a disposizione 15 miliardi di dollari in tre anni per la «sicurezza alimentare » più impegni sul «diritto all'acqua ». E si misureranno di nuovo gli effetti della crisi sulle offerte ai Paesi poveri. Maurizio Caprara

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U n'enciclica (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 08/07/2009 - pag: 1 L'intervento L' E NCICLICA SOCIALE CHE LIBERA IL P ENSIERO di ANDREA RICCARDI U n'enciclica sociale è un atto importante per la Chiesa. Cominciò Leone XIII nel 1891, con la Rerum novarum , per rispondere alle sfide del capitalismo industriale e del socialismo. Nel mondo appena decolonizzato, Paolo VI nel 1967 pubblicò la Populorum progressio : la questione sociale si allargava al rapporto tra Nord e Sud. Non è un caso che Benedetto XVI, con Caritas in veritate , riparta dalla Populorum progressio per trattare di sfide e crisi del mondo globalizzato. CONTINUA A PAGINA 40

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Berlusconi lancia le sfide del suo G8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 08/07/2009 - pag: 2 Berlusconi lancia le sfide del suo G8 Terrorismo, economia e emergenze mondiali. «Il vertice parte sotto buoni auspici» ROMA Parte il G8 più atteso e tormentato tra quelli finora tenuti dalla presidenza italiana. Doveva svolgersi alla Maddalena e invece, dopo il sisma che ha colpito l'Abruzzo, è stato trasferito all'Aquila, vicino alle tende dei terremotati. Ma, di fatto, partirà da Roma. È infatti nella capitale che si svolge il primo atto del meeting mondiale, con l'arrivo di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti si recherà attorno alle 11 al Quirinale, dove verrà ricevuto da Giorgio Napolitano. Il colloquio, che dovrebbe durare una quarantina di minuti, sarà l'occasione per una prima rassegna dei temi che verranno discussi dagli otto Grandi poche ore dopo nella caserma di Coppito. E, nel pomeriggio, lo stesso Obama passeggerà nel centro storico dell'Aquila distrutto dal terremoto. Silvio Berlusconi sfoggia ottimismo: il vertice «apre con buoni auspici». Nella conferenza stampa di presentazione del summit, dopo aver citato il miglioramento dei rapporti tra Russia e Usa («Premia gli sforzi dell'Italia»), sostiene che «nonostante gli attacchi di una certa stampa» gode del «64,1 per cento di fiducia» da parte degli italiani: «Un conto è la realtà, un conto le calunnie». E cita alcuni passaggi del messaggio preparato per l'occasione da Benedetto XVI, in particolare l'«apprezzamento » per la scelta dell'Aquila come sede del vertice. Poi illustra il programma dell'incontro. Spiega che il primo giorno sarà dedicato al G8 «tradizionale », quello ristretto, che permetterà di affrontare temi come la lotta al terrorismo, l'economia globale e la sicurezza alimentare e che verranno riassunti nelle dieci dichiarazioni finali. La seconda giornata sarà riservata al cosiddetto G14, vale a dire gli otto Grandi, più Cina, India, Brasile, Messico e Sudafrica, oltre all'Egitto, scelto per la sua importanza strategica per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Pur considerando «molto importante» questo incontro allargato, Berlusconi sostiene però «che va mantenuto come punto di riferimento il formato attuale», cioè il G8. Sempre domani, in serata, ci sarà la cena offerta dal Presidente Giorgio Napolitano. Ma gli ospiti della caserma di Coppito mangeranno durante tutto il loro soggiorno specialità italiane (soprattutto abruzzesi) e verranno omaggiati al loro arrivo da una magnum di Amarone Aneri 2003. Infine, il terzo giorno sarà dedicato all'Africa e a tutte le crisi mondiali più acute, da quella mediorientale all'Afghanistan, dal Pakistan (che, ricorda Berlusconi, «ha 60 bombe atomiche»), alla Corea del Nord e, soprattutto all'Iran, perché sulle eventuali sanzioni da adottare tra i Grandi ci sono posizioni diverse. Infine, come iniziativa per combattere la fame nel mondo, il presidente del Consiglio annuncia che «si è disposti a mettere insieme 10-15 miliardi di dollari». Dalla crisi «che è un male», insiste Berlusconi citando i 12 punti del Lecce Framework (il supervertice economico di inizio luglio), «si trarrà un bene». Vigilanza L'immagine riflessa di un carabiniere di guardia nella cittadella del vertice G8 all'Aquila (Afp/ Filippo Monteforte). Sono in tutto 15 mila, tra forze dell'ordine e militari, gli uomini impegnati a garantire la sicurezza durante i lavori Roberto Zuccolini

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Lo sbilanciamento globale (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lo sbilanciamento globale Jean-Paul Fitoussi e Joseph Stiglitz * La crisi, iniziata nel 2007 in un piccolo segmento del mercato del credito Usa (quello dei mutui subprime), è oggi una recessione globale. Essa ha quattro caratteristiche distintive. La prima è il suo essere veramente globale, poiché è iniziata proprio al centro del sistema. La seconda è che, più di quanto non sia accaduto in altre crisi del passato, la crisi attuale è dominata da un senso diffuso di ingiustizia. La terza peculiarità è che le sue radici affondano tanto in cause strutturali quanto nella rilassatezza della cornice di regolamentazione del settore finanziario. La quarta è che è «un prodotto della dottrina». CONTINUA|PAGINA10 L'aver creduto nella capacità di autoregolazione dei mercati ha portato alla deregulation e a una diffusa sfiducia nell'intervento pubblico. La crisi finanziaria, scatenata da un numero modesto di inadempienze sui mutui subprime, si è trasformata in una crisi di sistema a causa della catena di innovazioni finanziarie indotte dal lassismo della politica monetaria e dalla rilassatezza della cornice di regolamentazione, che hanno moltiplicato gli effetti dello shock iniziale. Il contagio dell'economia reale avviene principalmente attraverso l'inasprimento delle condizioni del credito per le famiglie e le imprese. Nel tentativo di ricostituire rapporti più ragionevoli, le banche o accumulano liquidità, o prestano a tassi più alti. D'altro canto, le imprese tendono a usare il loro flusso di cassa per ricostituire rapporti più prudenti tra debito e capitale, posticipando così l'investimento. Le famiglie subiscono un effetto negativo sulla ricchezza. Il risultato è una diminuzione generalizzata della domanda aggregata, che spinge la maggior parte degli economisti a prevedere il prolungarsi della recessione anche nel 2010, con effetti eccezionalmente forti di disoccupazione e povertà in tutto il mondo. Oggi appare probabile che gli scenari più foschi prefigurati dall'Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), secondo cui la disoccupazione sarebbe destinata ad aumentare di 50 milioni di unità in tutto il mondo nel 2009, si riveleranno eccessivamente ottimistici. Oltre 200 milioni di lavoratori potrebbero essere sospinti in una condizione di povertà estrema, soprattutto nei paesi in via di sviluppo ed emergenti, dove non ci sono reti di protezione sociale. Ciò significa che il numero di lavoratori poveri, cioè persone che guadagnano meno di 2 dollari Usa al giorno per ciascun membro del nucleo familiare, potrebbero arrivare a 1,4 miliardi di unità. Il 60% delle persone povere nel mondo è costituito da donne. La crisi ha radici strutturali. La carenza di domanda aggregata ha preceduto la crisi finanziaria ed è stata dovuta a cambiamenti strutturali nella distribuzione del reddito. A partire dal 1980, in quasi tutti i paesi avanzati il salario mediano è stato stagnante, e sono aumentate le disuguaglianze a tutto vantaggio dei redditi alti. Ciò rientra in un processo più ampio che ha investito anche svariati settori dei paesi in via di sviluppo. Questo trend ha molte cause, tra cui una globalizzazione asimmetrica (con una maggiore liberalizzazione del mercato dei capitali rispetto al mercato del lavoro), le carenze nella corporate governance (le regole che presiedono alla gestione delle imprese, ndt) e il crollo delle convenzioni sociali egualitarie emerse dopo la seconda guerra mondiale. Poiché la propensione al consumo nei redditi bassi è generalmente maggiore, questo trend a lungo termine nella redistribuzione del reddito avrebbe avuto di per sé l'effetto macroeconomico di deprimere la domanda aggregata. Negli Usa la compressione dei redditi bassi è stata compensata dalla riduzione del risparmio delle famiglie e da un crescente indebitamento. Ciò ha permesso che i modelli di spesa restassero virtualmente inalterati. Allo stesso tempo, la limitatezza delle reti di protezione ha costretto il governo a perseguire attivamente politiche macroeconomiche per combattere la disoccupazione, anche facendo aumentare il debito pubblico. Così, la crescita è stata mantenuta al prezzo di far aumentare l'indebitamento pubblico e privato. La maggior parte dei paesi europei segue un percorso diverso. La redistribuzione verso i redditi più alti si è tradotta in un maggiore risparmio nazionale e in una depressione della crescita. Negli ultimi quindici anni l'assetto istituzionale, e in modo particolare le limitazioni al deficit contenute nei parametri di Maastricht e nel Patto di stabilità e crescita, hanno prodotto una bassa reattività delle politiche fiscali e di una politica monetaria restrittiva. Questo, insieme a un settore finanziario meno propenso all'innovazione, ha limitato l'accesso al prestito per i consumatori. La diversa distribuzione ha prodotto una crescita modesta. Questi due percorsi si sono rafforzati a vicenda perché i risparmi provenienti dalla zona Ue hanno contribuito a finanziare l'indebitamento negli Usa, insieme ai surplus di altre regioni che per diversi motivi - sostanzialmente, per garantirsi contro l'instabilità macroeconomica causata dalla crisi della bilancia dei pagamenti e dalla conseguente perdita di sovranità dovuta all'intervento delle istituzioni finanziarie internazionali - hanno registrato anch'esse alti tassi di risparmio (in modo particolare i paesi produttori di petrolio dell'Asia orientale e del Medio Oriente). Così, la combinazione di squilibri strutturali che va sotto il nome di «sbilanciamento globale» si è tradotta in un fragile equilibrio che ha momentaneamente risolto il problema della domanda aggregata su scala globale a discapito della crescita futura. Una componente importante di questo fragile equilibrio era il lassismo della politica monetaria. In effetti, senza una politica monetaria di continua espansione la carenza di domanda aggregata avrebbe influito negativamente sull'attività economica. La politica monetaria, in un certo senso, era endogena rispetto allo squilibrio strutturale della distribuzione del reddito *Quest'anno i Grandi della Terra si incontrano in un momento critico della storia, quantomeno della storia economica e sociale. Essi dovranno misurarsi con la crisi economica e sociale più grave in quasi ottant'anni. Parafrasando Keynes, il destino del mondo è nelle mani dei Grandi della Terra. Con le loro scelte essi potrebbero farci uscire da questa situazione, creando un futuro in cui la crescita sia più sostenibile, più amica dell'ambiente, e i cui frutti siano distribuiti in modo più equo sia all'interno dei singoli paesi, sia tra di essi. Diversamente, avranno una responsabilità enorme innanzi alla storia, quella di non aver onorato il compito affidatogli dalla loro gente, pur essendosi trovati in circostanze eccezionali che gli hanno concesso più spazio di manovra di quanto ne avrebbero avuto in tempi "normali". Ecco perché un gruppo di "esperti", senza altro impegno se non quello di essere cittadini del mondo, ha deciso di incontrarsi per riflettere su cosa si potrebbe fare, sperando che dalla sua riflessione emergano raccomandazioni utili ai potenti del mondo. Questo gruppo, che si è autobattezzato «Gn ombra», si è costituito sotto la guida di Joseph Stiglitz e Jean-Paul Fitoussi, grazie a una partnership tra la Luiss e la Columbia University. E si è incontrato due volte: una a New York alla Columbia University il 4-5 febbraio 2009, e una a Roma il 6-7 maggio 2009. Traduzione Marina Impallomeni

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Solo uno dei tanti gruppi G , sopravvalutato non per caso (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

IL COMMENTO Solo uno dei tanti «gruppi G», sopravvalutato non per caso Joseph Halevi Il gruppo dei «paesi G» nacque nel 1975 a Parigi (Rambouillet) su iniziativa dell'allora presidente francese Valéry Giscard d'Estaing, per gestire in comune tanto la crisi del dollaro quanto la continuazione della sua centralità. Euroatlanticamente concepito per quattro paesi (Usa-D-F-GB), il «gruppo dei G» venne rapidamente esteso al Giappone ed all'Italia dopo le proteste di quest'ultimi, poi Washington si portò dietro anche il Canada. Nei confronti della crisi del dollaro l'impatto dei G7 fu nullo, visto che gli Usa hanno sempre agito unilteralmente; ad eccezione di una volta, cioè nelle fasi che portarono alla riunione del Plaza, a New York, il 22 settembre del 1985. La politica di alti tassi di interesse inaugurata da Paul Volcker e Ronald Reagan, causa degli squilibri mondiali su cui è germogliata la crisi odierna, comportò una rapida rivalutazione del dollaro, acuendo la crisi occupazionale già esistente in Europa. La presidenza Reagan venne investita dalla pressione delle industrie nazionali che, non avendo ancora delocalizzato alla grande (l'attrazione fatale per la Cina era ancora in incubazione), perdevano mercati interni a favore delle importazioni nippo-coreane e germanico-italiane. Anche gli europei, soprattutto Germania, Francia ed Italia, avevano da lamentarsi, perchè gli alti tassi di interesse strozzavano gli investimenti e inflazionavano il debito pubblico più di quanto alimentassero le esportazioni europee verso gli Usa. In tale contesto, e grazie alla guerra fredda, nacque l'accordo del 22 settembre 1985 che portò ad una svalutazione controllata - per un po' almeno - del dollaro e una riduzione dei tassi di interesse Usa. Tuttavia non furono i G7 a coordinare la manovra, bensì i G5, cioè i 4 summenzionati paesi con in più il Giappone. Il G8 non ha alcuna valenza decisionale. Le sue riunioni costituiscono una pura scena mediatica e di sfoggio di potere, attraverso i mezzi muscolarmente esibiti, che la popolazione delle città assediate vive con grande disagio; cui si aggiunge anche la reazione pavloviana dei no-global e compagnia. Le decisioni effettive vengono prese in circoli estremamente ristretti ed in forme molto discrete. Ci vogliono degli esperti giuridici per capire, ad esempio, che il patto tra Tesoro Usa, banca federale e grandi banche private per «riciclare» - piuttosto che eliminare - le cartacce tossiche, si basa sul principio del «non ricorso» che esenta le banche contraenti dal rimborsare i soldi pubblici, qualora, come accadrà, le cartacce non ottenessero sul mercato i valori attribuiti dalle aste truccate di Geithner e Summers. In un'ottica più ampia, non esistono oggi istituzioni mondiali e regionali in grado di affrontare in maniera coordinata la crisi in corso. Anzi, come dimostrato dalla sciagurata azione del Bundestag nei confronti della stessa Germania e dell'Europa, le istituzioni preposte al coordinamento fanno finta di niente. Anche nel caso europeo l'accordo è in negativo e si articola su due punti: elargizioni al sistema finanziario e assoluta deflazione salariale e pensionistica. La non volontà di elaborare reali piani anticrisi nasce dai conflitti di interesse che gli Stati devono gestire soprattutto internazionalmente, in quegli snodi dove le relazioni internazionali diventano il punto debole su cui si scaricano le diverse incompatibilità. Eppure la reale dinamica dei centri decisionali emerge dai rapporti di organismi sovranazionali completamente interni al sistema finanziario ufficiale. Recentemente, infatti, la Banca dei Regolamenti Internazionali - la banca delle banche appunto - ha osservato come le operazioni di elargizioni di denaro pubblico alle banche più coinvolte dalla crisi, ha portato, facilitando operazioni di assorbimento, alla formazioni di mega banche mondiali. Queste, come sostenuto anche dal Financial Times, mantengono tutti gli elementi del comportamento destabilizzante - ma in forma accentuata - che ha caratterizzato gli istituti di origine. Contrariamente a tutte le dichiarazioni mediatiche sulla «riforma del sistema finanziario», la crisi e i correlati interventi hanno già prodotto un risultato netto rafforzando, senza condizioni e riforme, proprio le istituzioni da cui la crisi è nata.

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Il veterano no global: finita l'epoca dei controvertici, dobbiamo reinventarci (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

GLI STRANIERI Intervista a Chris Sol, un attivista olandese arrivato a Roma per contestare i Grandi: troppa confusione nell'organizzazione Il veterano no global: finita l'epoca dei controvertici, dobbiamo reinventarci ROMA Pochi e confusi. Eppure fanno numero nella piccola folla che si riunisce a piazza Barberini per la protesta contro l'ambasciata americana fronteggiata da un imponente dispositivo delle forze di polizia. Gli attivisti stranieri giunti a Roma per protestare contro il G8 non nascondono il disappunto di fronte a una mobilitazione che appare molto inferiore rispetto a quella di precedenti analoghe manifestazioni. Tra i capannelli di attivisti francesi, spagnoli, tedeschi e greci che ieri si sono uniti ai manifestanti italiani c'era anche Chris Sol, un attivista olandese veterano del movimento anti-globalizzazione, che ha partecipato alle grandi proteste globali da Praga in poi. «È un po' triste essere qui - afferma Chris di fronte a un raduno soverchiato dalla presenza degli agenti anti-sommossa - sembra di essere veramente arrivati alla fine di un percorso. È necessario reinventare le forme di protesta e il modo in cui ci approcciamo alla gente. Qual è la tua impressione di fronte a questa protesta piuttosto sguarnita? Dobbiamo stare vedere quello che succederà nei prossimi giorni e quali azioni ci saranno. Ma credo che per chiunque assista a questa manifestazione e veda il numero di persone che ci sono in piazza è purtroppo chiaro che molte cose sono successe in Italia dal 2001 in poi e che il movimento si trova in una fase di forte debolezza. È un peccato, anche perché in passato in Italia il movimento contro la globalizzazione era molto forte. Poi, a vedere come si sta comportando la polizia, è chiaro che non vogliono lasciare nessuno spazio ai manifestanti e che stanno limitando in maniera drastica il diritto di manifestare. Come stanno vivendo questa mobilitazione gli attivisti stranieri che hai incontrato a Roma? Rispetto ad altri mobilitazioni a cui ho partecipato - Praga, Genova, Gleneagles, Heiligendamm e molte altre - la situazione è differente dal punto di vista della mobilitazione a livello internazionale. Certo ci sono persone che vengono da molti paesi diversi. Io personalmente oggi ho incontrato persone che vengono da almeno 10 paesi differenti. Ma si tratta di gruppi molto piccoli. Questo è dovuto anche al fatto che c'è stata molta confusione nella fase di preparazione per le proteste e per noi attivisti internazionali è stato difficile capire quello che stava succedendo. Si avverte un'assenza di quelle infrastrutture e reti organizzate che c'erano in occasione di altre proteste contro il G8. Cosa ti aspetti dalle manifestazioni dai prossimi giorni? Sono curioso di vedere quello che succederà e mi auguro che molte più persone partecipino. Molto dipenderà da come andranno le cosiddette "azioni de-centralizzate" dei prossimi giorni. Ma a dire la verità non sono molto convinto da questa strategia perché troppe volte questa è stata la scusa per non fare niente e giustificarsi di fronte al fatto di essere in pochi. Credo che continuiamo ad avere bisogno di momenti di partecipazione di massa in cui riunirci tutti quanti se vogliamo avere visibilità ed impatto. Stiamo forse assistendo agli ultimi rantoli del movimento anti-globalizzazione? Non so se si tratti della fine del movimento anti-globalizzazione in quanto tale, ma il formato del controvertice sembra essersi esaurito. Credo che sia arrivato il momento di rinnovare le pratiche e i modelli organizzativi se vogliamo fare di nuovo breccia nell'opinione pubblica. Bisogna avere il coraggio di ripartire da capo senza perdere la dimensione transnazionale, che è stata la componente fondamentale delle lotte contro la globalizzazione neoliberista.

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La signora della rivolta (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 08/07/2009 - pag: 16 Rabiya Kadeer La signora della rivolta WASHINGTON Per i suoi seguaci Rabiya Kadeer è un nuovo Dalai Lama, degno del Nobel. Per le autorità cinesi è l'ispiratrice della rivolta nello Xinjiang. Lei, più mode-- stamente, si considera «la figlia degli uiguri». Sessantadue anni, sei dei quali passati nelle prigioni cinesi, nonna, madre di 11 figli, Rabiya è diventata un simbolo per la minoranza musulmana. E dagli Stati Uniti, dove vive in esilio, ribatte alla goffa propaganda di Pechino difendendo i diritti calpestati degli islamici cinesi. Una voce libera protagonista di una storia singolare. Rabiya era una donna ricca. Molto ricca. Partita dal nulla una piccola lavanderia ha costruito insieme alla sua famiglia un impero economico importante, con negozi e affari dalla Cina al Kazakhstan. Un benessere che mostrava come anche gli uiguri potessero farcela, a patto di tenersi fuori dalla politica e di dimenticare le proprie origini. Ma il quadretto, gradito al regime, si dissolve nel 1996, quando il marito di Rabiya, l'ex prigioniero politico Sidik Rouzi, si rifugia negli Stati Uniti. La polizia cinese si fa più aggressiva, il clan è tenuto d'occhio in modo severo. E tre anni dopo è la stessa Rabiya a finire in prigione: la intercettano mentre sta per incontrare una delegazione americana. Le autorità sostengono che lei rappresenta «una minaccia alla sicurezza nazionale» e la chiudono in una cella mentre pressioni robuste sono esercitate sul resto della famiglia. La sua vicenda diventa un caso internazionale e, nel 2005, alla vigilia di una visita dell'allora segretario di Stato Condoleezza Rice, viene rilasciata e poi espulsa. Rabiya raggiunge il marito negli Stati Uniti unendosi alla piccola comunità di uiguri che tiene viva l'attenzione sul dramma della minoranza. Carismatica, piena di iniziative, la Kadeer, oggi a capo del Congresso mondiale uiguro, si trasforma in un'ambasciatrice del suo popolo incontrando stampa e personalità politiche, compreso George Bush. Il suo programma non prevede rivolte ma una protesta non violenta. I cinesi reagiscono con i loro sistemi. Tre figli di Rabiya sono aggrediti, percossi e messi agli arresti domiciliari. Prigionieri politici in favore dei quali si muove il Congresso Usa con una risoluzione che ne chiede il rilascio. E l'irritazione di Pechino cresce quando il Pentagono decide di liberare alcuni detenuti uiguri di Guantanamo. Inizialmente si pensa di sistemarli in Virginia, dove vivono molti membri dell'etnia, poi per l'ostracismo dei politici locali sono divisi tra Palau e le Bermuda. Agli occhi dei cinesi sono prove sufficienti a dimostrare che il «grande complotto» è stato ordito all'estero. Il ritornello gradito dai dittatori di tutte le latitudini. Guido Olimpio

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CATTOLICESIMO E CAPITALISMO, CRISI DI UN IDILLIO (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 08-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

COMMENTO CATTOLICESIMO E CAPITALISMO, CRISI DI UN IDILLIO Filippo Gentiloni Filippo Gentiloni Carità e verità: due forze molto nobili e solenni aprono l'Enciclica di Benedetto XVI pubblicata ieri. Solenne anche lo scopo: fare il punto sulla situazione economica del mondo, sulla crisi in atto, sulle possibilità di ripresa. Nobile anche quella che si potrebbe considerare la tesi di fondo: la necessità dell'etica per risolvere la situazione, proprio quell'etica cristiana della quale Roma è custode e maestra. In questa ottica, il Papa affronta i principali e più scottanti temi che oggi sono all'ordine del giorno sotto gli occhi di tutti, dal bene comune alla giustizia, dalla necessità di regole per regolare il lavoro, al precariato, dalla impresa alla fame nel mondo, alla immigrazione, dal ruolo dello stato ai problemi dell'ambiente e della globalizzazione. Senza dimenticare alcuni aspetti e alcune questioni che fanno parte essenziale del magistero cattolico, come le questioni legate al sesso e alla crescita democratica. Un panorama vasto e complesso, che rischia inevitabilmente la genericità. Soprattutto perché la storia dimostra quanto la sua realizzazione sia difficile. Troppe le difficoltà e le resistenze. Saranno sufficienti quella carità e quella verità che l'Enciclica pontificia sollecita e stimola? L'ultimo secolo ha dimostrato e confermato - purtroppo - quale e quanta sia la forza del denaro e del grande capitale e insieme quanta e quale sia la debolezza della carità e della verità. Lo conferma la stessa storia del cattolicesimo, anche se l'Enciclica non lo dice. Basti pensare alla vicenda del cattolicesimo postconciliare e della teologia della liberazione. La paura del comunismo ateo spinse la stessa chiesa cattolica verso il capitalismo più sfrenato, in America latina e non solo. Qualche cosa del genere è accaduta anche a quei tentativi centristi - le varie democrazie cristiane - che la chiesa cattolica ha sostenuto fino a un certo punto, sempre per paura della sinistra comunista. Una storia che non si può dimenticare, mentre oggi la stessa chiesa esorta il grande capitale a ricordarsi dei poveri del mondo. Una storia pesante, questa dell'abbraccio fra il cattolicesimo e il capitalismo. Una storia che riguarda soprattutto l'Africa e l'America latina, ma non solo. Basterà la nuova Enciclica a fare cambiare pagina? Ce lo chiediamo, come ci chiediamo se il G8 dell'Aquila farà cambiare pagina all'atteggiamento degli stati ricchi verso i poveri del mondo.

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"napolitano, gentleman e grande leader" - alberto flores d'arcais (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Esteri "Napolitano, gentleman e grande leader" Al Quirinale la prima volta italiana del presidente Usa Obama L´America Tre quarti d´ora per parlare di proliferazione nucleare e timore di nuove armi ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato L´AQUILA - è in camicia bianca, le maniche tirate su, una macchia chiara in mezzo al blu e al grigio scuro dei vestiti che lo circondano; quello di Berlusconi che agita le mani spiegando, quello degli agenti del Secret Service che scrutano ogni mossa, pronti all´imprevisto. La passeggiata di Obama nel centro dell´Aquila è il momento clou della prima giornata italiana del presidente americano, tra strette di mano a pompieri e uomini della protezione civile, tra le foto di chi vuole essere immortalato con l´uomo più potente del mondo e qualche autografo. è la star del G8. Mescola con bravura le sedute di lavoro e le battute, lo sguardo serio e i sorrisi, l´Iran e la proliferazione nucleare con le promesse di aiuto agli aquilani. L´Italian Day di Barack Obama inizia al Quirinale, dopo l´atterraggio a Pratica di Mare, nell´incontro e nell´omaggio al nostro presidente: «Grazie per la sua leadership, confermo che tutto quello che si dice sulla straordinaria reputazione del presidente Napolitano è vero: è una persona gentilissima, che ha l´ammirazione del popolo italiano non solo per la sua lunga esperienza al servizio dello Stato ma anche per la sua integrità e la sua finezza. è uno straordinario gentleman, un grande leader di questo Paese, e il fatto che sia stato un ospite così fine è qualcosa che tutti noi apprezziamo moltissimo». Nel tendone adibito a sala stampa per gli inviati qualcuno si chiede ironicamente se le ripeterà anche a Berlusconi. Dura a lungo l´incontro al Quirinale, tre quarti d´ora in cui i due presidenti parlano dei grandi temi che assillano la Casa Bianca. Fa capolino uno dei temi del vertice, la proliferazione nucleare, i timori di nuove armi. La pensano allo stesso modo, «Napolitano ritiene come me che gli Stati Uniti e la Russia debbano assolvere le loro responsabilità, ma ritiene molto importante parlare con Iran e Corea del Nord affinché non facciano passi per arrivare agli armamenti nucleari». Posizioni simili anche sull´Europa: «Negli ultimi anni il mondo é profondamente cambiato, ma l´Europa ha molto da dire e potrà farlo a condizione che riesca a essere più unita», gli dice Napolitano ed Obama è d´accordo. Parlano della crisi economica e dei modi per superarla, dei «profondi legami» che legano gli Stati Uniti e l´Italia, il presidente Usa manifesta «grande apprezzamento» per l´impegno italiano in Afghanistan. Un incontro non certo rituale, quasi un anticipo del G8. Al vertice Obama arriva in elicottero attorno all´una. Lo accoglie Berlusconi ma anche una improvvisata e tranquilla contestazione, un lungo striscione con una scritta rossa a parodiare il più famoso slogan di Obama: «Yes we camp», sì, siamo accampati. Ma dalla piccola pattuglia di contestatori per il presidente americano parte anche qualche applauso. Insieme al premier italiano si sofferma davanti al «Guerriero di Capestrano», la statua del VI secolo avanti Cristo portata dal museo archeologico a Coppito e per l´occasione piazzata su una lastra antisismica; poi la tradizionale «foto di famiglia» tra i drandi e Obama si sistema accanto a Sarkozy. è il momento dei lavori. Che Obama abbia a cuore la questione climatica è noto, il presidente Usa ha invitato Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico a riunirsi oggi con gli Otto per un «Major Economies Forum», ma l´improvvisa partenza di Hu Jintao gli ha rovinato i piani. Si parla di economia globale, di Iran, dello sviluppo in Africa. E venerdì il presidente americano svelerà un piano di 15 miliardi di dollari per l´aiuto alle nazioni più povere. Arriva anche l´ora dei regali. Berlusconi gli consegna un libro rilegato in broccato e fili d´oro su Antonio Canova (a lui come agli altri leader) e Obama scherza sul peso del volume, 25 chili e come copertina un bassorilievo di marmo che riproduce Le Grazie e Venere dell´artista neoclassico. Il presidente Usa ci scherza su, si rivolge al suo personale assistente e ridacchia: «Lo sai che tocca a te portarlo eh? Non so come farai a infilarlo nel tuo bagaglio». C´è anche un secondo regalo, una moneta definita "eurodollaro" in cui il verdone americano e la valuta europea vengono fusi a simboleggiare una moneta unica. C´è una promessa anche per gli aquilani. La fa al sindaco della città colpita, che racconta: «Obama ci ha riferito che gli Stati Uniti si stanno organizzando per aiutarci. In particolare ha parlato di un progetto per la nostra università». Nel dettagliato programma della Casa Bianca si è però aperto un buco imprevisto. L´improvvisa partenza del presidente cinese Hu Jintao con cui questa mattina Obama doveva avere un "bilaterale"´ lascia un po´ di tempo libero non previsto a quello degli Stati Uniti. Bocche cucite alla Casa Bianca su come questo tempo (un´ora circa) verrà utilizzato.

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g8, primi accordi anticrisi obama: bene la leadership italiana - gianluca luzi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 2 - Interni G8, primi accordi anticrisi Obama: bene la leadership italiana Berlusconi: "Sono orgoglioso, abbiamo fatto quasi un miracolo" Il vertice Il Nyt: "Obama prenda la guida del vertice". Ma la Casa Bianca: "Splendido lavoro di Roma" GIANLUCA LUZI DAL NOSTRO INVIATO L´AQUILA - Stanco, i segni della tensione evidenti sul volto, "salvato" dalle guardie del corpo mentre rischiava di scivolare. Ma alla fine della prima giornata Berlusconi tira un sospiro di sollievo: il G8 è cominciato bene per lui. «Sono orgoglioso - ha detto, abbiamo fatto quasi un miracolo». Sotto esame da parte delle Cancellerie, sottoposto a critiche anche feroci dalla stampa internazionale per l´alone di scandalo che lo accompagna da qualche mese, il presidente del Consiglio incassa l´elogio del presidente americano Obama che smentisce l´articolo del New York Times che accusava il governo italiano di «programmazione negligente». Prima ancora di raggiungere la sede del G8 assieme agli altri Grandi della Terra, al termine dell´incontro con Napolitano, Obama ha definito «il governo italiano un vero, grande amico degli Stati Uniti» aggiungendo che «su tanti temi importanti Italia e Usa lavorano fianco a fianco». Quanto alla preparazione del G8 «il governo italiano ha dimostrato una forte leadership», uno «splendido lavoro del paese che ospita il summit». Esattamente il contrario di quello che aveva scritto il New York Times esortando il presidente americano ad «assumere la guida» del vertice dell´Aquila per evitare «uno spreco di tempo e di impegno», un insuccesso del summit, e non «per la mancanza di problemi urgenti», ma a causa di una «una programmazione imperdonabilmente negligente da parte del governo ospite, l´Italia». La Casa Bianca - attraverso il capo degli sherpa Mike Froman - ha anche definito «falsa» la notizia diffusa dall´inglese Guardian secondo cui gli Usa si sarebbero assunti il compito di una conference call con gli sherpa per organizzare il vertice dell´Aquila. Quella, ha spiegato Froman, è stata una telefonata per preparare il G20 di Pittsburgh a settembre e «non ha nulla a che fare» con il G8. Forte di questi due attestati americani, Berlusconi ha accolto Obama con un abbraccio riconoscente, due baci, un breve scambio di battute e i pollici alzati in segno di ok. Alla fine della prima giornata dei lavori, Berlusconi, in una conferenza stampa senza domande, ha voluto rilanciare la sua tradizionale strategia dell´ottimismo: «Dal G8 intendiamo mandare un messaggio di fiducia: la crisi, per la sua parte più dura, è alle nostre spalle. Ovunque ci sono segnali di miglioramento e abbiamo deciso di continuare con azioni coordinate». Durante il pranzo e la prima sessione di lavoro «abbiamo evidenziato la situazione dei singoli paesi e abbiamo deciso che è importante mantenere il sostegno al sistema bancario, in qualche caso al sistema manifatturiero e a chi ha perso il posto di lavoro». A Pittsburgh, in occasione del G20 di settembre, saranno varate le nuove regole dell´economia mondiale, «regole che dovranno essere condivise da tutti», sulla base della moralità e della trasparenza. Il secondo tema all´ordine del giorno è il clima. Oggi la posizione condivisa dai Paesi del G8 sarà discussa con Cina e India che sono piuttosto riluttanti ad assumere impegni vincolanti. «Europa e Stati Uniti - ha riferito Berlusconi - sono fermamente per la riduzione dell´emissione di anidride carbonica. La data di ingresso in vigore dell´accordo è ancora in discussione: 2020 o 2050. Su questo si deve trattare». Però «è importante presentarsi uniti a India e Cina, perché sarebbe non producente una riduzione in Europa e Usa ma non in quei paesi». L´altro tema sul tavolo del G8 è quello degli aiuti ai Paesi poveri. «Con gli aiuti del Global Fund abbiamo curato milioni di bambini», ha ricordato Berlusconi che però ha anche ammesso: «Il mio paese è in ritardo per i fondi promessi ma abbiamo avuto la vicenda del terremoto che ci ha tenuto molto impegnati. Come d´accordo, entro fine anno daremo il nostro contributo al Global Fund. Abbiamo inoltre deciso di aumentare i sussidi economici in modo tale da poter aumentare anche il numero dei vaccini». E per evitare che «i poveri dei paesi ricchi diano soldi ai ricchi dei paesi poveri», cioè che gli aiuti finiscano nei conti segreti dei dittatori invece che per sfamare la gente, «bisognerà anche cambiare il modo in cui si aiuta».

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l'amico americano - (segue dalla prima pagina) (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 31 - Commenti L´AMICO AMERICANO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Non c´era dunque bisogno che il «New York Times» gli chiedesse ieri di prendere il timone di questa edizione del G8, perché dal momento in cui ha messo piede in Italia si è visto benissimo chi sia il sole attorno al quale ruota il sistema che noi definiamo «occidentale» e che il resto del mondo accetta o subisce. Per ora compresa anche quella Cina che, nella partenza affannosa del suo presidente Hu Jintao, l´assente giustificato, ha mostrato che sulla propria stupenda crescita industriale e finanziaria ancora pesa, come aveva ricordato garbatamente il presidente Napolitano, quella vulnerabilità e incompiutezza civile che ne limita la capacità di leadership internazionale. Se il G8 in sé, come istituzione, è da tempo un organismo incurabilmente obsoleto che non può essere ringiovanito neppure suonandolo come una fisarmonica che si allarga e si restringe, le polemiche sulle «agende», sul lavoro dei portatori di carta, i cosiddetti «sherpa» che sfornano i documenti annunciati non cambiano il fatto essenziale: dal momento che esso esiste, e in attesa che qualcosa di meno ingombrante e macchinoso venga creato, è meglio stare dentro, piuttosto che starne fuori. E per i più piccoli fra i grandi, come l´Italia, è doppiamente necessario parteciparvi, con dignità e con eleganza, senza esporci al sarcasmo di chi - si deve ricordarlo - come gli Inglesi e i Francesi, dovette essere persuaso molto a fatica dal presidente Gerald Ford nel 1975 ad aggiungere un posto a tavola anche per Aldo Moro, il nostro premier di allora, al Gruppo. Non ci sono stati risultati a sorpresa, non ci sono mai in questi vertici, sul clima, sull´Iran, neppure sul governo dell´economia mondiale che ricalca – anche in questo caso – quel ritorno a una ragionevole «regulation» e alla supervisione pubblica già espresso in altri incontri e presentato in anticipo da Obama nelle sue proposte al Congresso per riordinare il mercato finanziario e dare alla banca centrale, alla Fed, poteri disciplinari severi. Il tempo dei cavalli sfrenati è finito, dall´autunno di Bush. C´è stata invece la conferma, importantissima in questo momento burrascoso, della scelta classica di ogni amministrazione americana dopo la Seconda guerra, di guardare oltre i venti della politica italiana e di sostenere il governo che comunque gli italiani si scelgono, senza sindacare, senza intervenire pubblicamente. Domandando in cambio, come ha detto Obama elogiando il presidente Napolitano con questo solenne complimento, «integrità», da parte di chi guida le nazioni che vogliono restare socie del club delle democrazie. Un atteggiamento classico e collaudato che ieri ha permesso a Obama di offrire il proprio ringraziamento a Silvio Berlusconi, a colui che oggi ci rappresenta, e al premier italiano di incassarlo dal successore di quel Bush nei confronti del quale si era molto esposto. Ma gli Usa non serbano rancori né fanno questioni personali, perché le nazioni, come ricordava il primo ministro inglese Lord Palmerston, «non hanno amici permanenti, hanno interessi permanenti». E´ nel loro, come nel nostro interesse, mantenere forte, e soprattutto stabile, il rapporto fra Mosca e Washington, come in questa prima giornata il G8 ha fatto, nella tradizionale «convergenza di vedute». Il senso che in questa stanca istituzione informale chiamata G8 sono gli Stati Uniti a restare il perno della ruota, è stato particolarmente forte in questa edizione 2009. Lo è stato perché ha visto l´esordio di un Presidente americano atteso come dai tempi di Ronald Reagan a Venezia nel 1981 non accadeva più. La immensa – e reale – popolarità internazionale di Obama, la sua trionfale vittoria elettorale che gli ha dato quella sicura legittimità che non ebbero mai Clinton, stentato vincitore di maggioranza relativa nel 1992 e certamente non Bush Secondo, arrivato al primo G8 del 2001 sull´onda di un´elezione scandalosa, ne fa il «leader dei leader». Al privilegio di essere la guida di quella nazione dalla quale passano ancora le arterie della finanza, che dispiega armati in guerre o in basi in ogni continente, di essere colui che dovrà convincere anche le nuove potenze industriali come India e Cina a domare il loro desiderio di sviluppo sfrenato dimostrando che l´America per prima ha capito il rapporto fra crescita e ambiente, Obama aggiunge l´asso della propria storia politica e della propria personalità. Quella diversità che ha interrotto, nella foto di famiglia degli G8 scattata ieri, la monotonia etnica e culturale di uomini e donne tutti figli dello stesso dna europeo, come finora soltanto ai premier giapponesi spettava di fare. Se ancora l´Africa non c´è, in quel gruppo che coagula il 50% della ricchezza mondiale e presto l´80%, con l´inclusione di India e Cina, Barack Obama è almeno il segnale che la multirazzialità, e la multiculturalità sono il presente del mondo, anche di quello che crede di potersi chiamare fuori dalla storia. E´ assai probabile che, come ormai accade da anni, le solenni affermazioni e le risoluzioni sfornate all´Aquila saranno purtroppo dimenticate appena l´ultimo studio mobile televisivo sarà stato smantellato, come il tradimento degli impegni a favore delle nazioni povere ha tristemente provato. Ma il volto dei «grandi del mondo» è cambiato per sempre, grazie a Obama, alla signora Michelle nel suo smagliante abito giallo, e cambierà ancor di più nei prossimi anni, quando anche questo club esclusivo dovrà fare quello che gli Stati Uniti hanno già fatto nel novembre del 2008: ammettere che esso somiglia sempre meno al mondo che pretende di pilotare. E che per tornare a essere credibile deve finalmente somigliare all´umanità che vuole rappresentare, come questo G8, il primo «summit multietnico» della storia dei paesi ricchi.

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il manifesto delle intenzioni - (segue dalla prima pagina) (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 30 - Commenti IL MANIFESTO DELLE INTENZIONI (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Nessuno si aspettava nulla, da questo appuntamento mondiale che serviva molto più al capo del governo italiano che a tutti gli altri. E il nulla, puntualmente, è arrivato. Non tanto per l´inefficienza dell´ospitante (l´Italia), quanto per la dissonanza tra gli ospiti (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania) e per l´insufficienza dello strumento (il G8). La crescita doveva essere il piatto forte del summit. E il piatto è rimasto sostanzialmente vuoto. Gli Otto (a dispetto del miracolismo berlusconiano) non hanno moltiplicato pani e pesci. Nel documento finale l´analisi della congiuntura resta contraddittoria: ci sono «segnali di stabilizzazione», ma la situazione rimane «incerta» e permangono «rischi significativi per la stabilità economica e finanziaria». «People first», questo sì. Priorità assoluta alle persone, a chi non ha lavoro, a chi lo ha perso. Ma sono parole. Nei fatti, nessun nuovo «stimolo», nessun altro «Piano Marshall», per sostenere economie da mesi allo stremo. Chi può, farà per conto suo. Qui ha pesato l´ortodossia teutonica di Angela Merkel. La sua Germania, forte di un rimbalzino del 4,4% negli ordinativi dell´industria a maggio, pretendeva un confronto immediato sull´«exit strategy» dalla recessione: basta aiuti governativi e spese pubbliche, che destabilizzano i bilanci e infiammano l´inflazione. La Cancelliera non ha ottenuto il rigore che voleva. Ma ha impedito che gli altri ottenessero il contrario. La stessa cosa è accaduta nella discussione sul prezzo del petrolio, altro fattore endemico di destabilizzazione, visto che solo nell´ultimo anno ha oscillato tra i 32 e i 147 dollari al barile. Nicholas Sarkozy e Gordon Brown avrebbero voluto che il G8 fissasse un «prezzo giusto» intorno ai 70 dollari, per mettere la speculazione con le spalle al muro. Dmitrij Medvedev si è opposto, in nome di un libero mercato che evidentemente deve valere ovunque, meno che nei confini della madre Russia. In compenso, i Grandi si batteranno per «sostenere la domanda», per «mantenere aperti i mercati» e per «respingere il protezionismo di ogni genere». Come, lo diranno in un´altra occasione. La stessa cosa vale per gli altri capitoli del pacchetto economico all´ordine del giorno. Due esempi. Il primo è lo scudo fiscale, cui l´Italia stava alacremente lavorando, prima di incappare nello stop nell´Unione europea: canale «utile» per far rientrare i capitali dall´estero. Come attivarlo, lo sapremo solo dopo aver definito «un quadro di discussione tra i Paesi interessati». Il secondo esempio è la lotta all´evasione: «Non possiamo continuare a tollerare grossi ammontari di capitali nascosti per evadere il fisco», si legge nel documento finale. Dunque, lotta senza quartiere ai paradisi fiscali. Come, lo sapremo quando l´Ocse finirà il suo lavoro sulla black list. Nel frattempo, si procede in ordine sparso. Alcuni Paesi, che fanno più fatti che chiacchiere, hanno già firmato patti bilaterali per la cooperazione fiscale e il superamento del segreto bancario: Francia e Germania hanno fatto accordi con Svizzera, Austria e Lussemburgo. Altri Paesi, che preferiscono le chiacchiere ai fatti, stilano false «liste nere»: l´Italia non ha ancora fatto accordi con nessuno. L´ultimo capitolo, sul quale aveva scommesso tutte le sue carte Giulio Tremonti, riguarda le nuove regole della finanza. Il cosiddetto «Global Legal Standard». Anche qui, al netto della retorica trionfalistica della delegazione italiana, non c´è stata quella «accelerazione enorme» né quel «colpo di manovella» di cui parla il ministro dell´Economia. Né, in tutta onestà, ci poteva essere. C´è il vago impegno degli Otto ad applicare «norme e principi comuni di correttezza, integrità e trasparenza», e a «riformare la regolamentazione finanziaria, stabilendo norme più stringenti tra cui il controllo degli hedge funds e il tetto agli stipendi dei manager». Ma questo è tutto. Le bibliche «dodici tavole» di Giulio non sono diventate legge. Non piacevano né a Obama, né a Brown. Di nuovo, tutto è rinviato all´autunno, e al necessario coinvolgimento del «Financial Stability Board» presieduto da Mario Draghi (volutamente ma inopinatamente tagliato fuori dall´elaborazione del testo tremontiano). Nel frattempo, ognuno si fa la sua ri-regulation. In America il Segretario al Tesoro Tim Geithner l´ha sottoposta tre settimane fa al Congresso. In Gran Bretagna il Cancelliere dello Scacchiere Alastair Darling l´ha presentata ieri a Westminster. E questo è tutto. Per vedere un po´ di arrosto, dietro questo fumo, bisognerà aspettare settembre e il G20 di Pittsburgh. Ma è un errore aver fatto di questo G8 l´ennesima occasione perduta. I destini dell´economia e della ripresa mondiale, per quanto allargati dalla globalizzazione, si giocano ancora in buona parte nel perimetro del G8. L´anno scorso la somma dei Prodotti lordi degli Otto Grandi ha raggiunto i 22 mila miliardi di dollari, mentre la somma dei Pil degli emergenti (Cina, India, Brasile e Messico) è poco meno di un terzo. Il totale dei consumi privati dei primi ha superato i 14 mila miliardi di dollari, mentre quello totalizzato dai secondi è stato sette volte minore. Il G8 servirebbe ancora. Purchè si producesse in un utile conferimento di sovranità nazionali, e non si limitasse a un inutile spargimento di carte intestate. m.gianninirepubblica.it

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il dramma dei precari raccontato da celestini - sara chiappori (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XVI - Milano Recital Il dramma dei precari raccontato da Celestini Il poeta dell´Italia degli sconfitti stasera a Villa Arconati in uno spettacolo di parole e musica SARA CHIAPPORI I suoi eroi sono operai, proletari, poveri cristi, vittime e sopravvissuti di guerre, soprusi e miseria, protagonisti di fiabe dimenticate e recuperate da quello straordinario scrigno che è la memoria orale. E naturalmente i precari, i nuovi sfruttati del mercato del lavoro globalizzato, a cui Ascanio Celestini ha dedicato una lunga saga in forma di spettacolo (Appunti per un film sulla lotta di classe), di libro (Lotta di classe, pubblicato da Einaudi), di disco e di documentario (entrambi usciti con il titolo Parole sante). Romano nato nel 1972 nel quartiere popolare del Quadraro, affabulatore acrobatico e originalissimo storyteller capace di stregare anche il pubblico televisivo (da un paio di stagioni è ospite fisso di Serena Dandini a Parla con me), Ascanio Celestini è uno che ha scelto di stare in prima linea. Stasera a Villa Arconati, più che in uno spettacolo lo vedremo in un concerto (Parole sante, appunto). Accompagnato dai suoi musicisti (Roberto Boarini al violoncello, Gianluca Casadei alla fisarmonica, Matteo D´Agostino alla chitarra, Luca Caponi alla batteria) alterna monologhi e canzoni in un viaggio che parte tra i precari di un call center e arriva alle nuove forme autogestite di protesta. Perché si può fare teatro civile anche senza essere noiosi.

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un g8 ormai dimezzato (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

un g8 ormai dimezzato ZOOM SUL VERTICE Continuano le polemiche contro il G8. Il New York Times di ieri suggeriva che il Presidente Obama prendesse le redini dell'incontro, tanto è lui l'unico che può risolvere i problemi del mondo, questo il succo dell'articolo. Ma nonostante la popolarità Obama non ha impedito che il movimento no-global si scatenasse a Roma e che Greenpeace occupasse 5 centrali energetiche. Sfiducia nei confronti dell'istituzione del G8, che fino ad oggi ha fatto ben poco per risolvere i problemi del mondo globalizzato, alla radice della contestazione. In America no-global e i verdi la seguono da vicino e la scritta dei terremotati sulla collina dell'Aquila Yes we are camp è comparsa su tutti i blog. Molto meno interesse ha riscosso la proposta di riforma etica discussa ieri e la dichiarazione di solidarietà dei partecipanti ai principi proposti da Tremonti. La credibilità dei grandi della terra in materia finanziaria ed economica è ormai ai minimi storici. L'assenza del leader cinese, poi, rientrato di corsa a Pechino a causa degli scontri etnici tra minoranze mussulmane e cinesi nel centro Asia, sminuisce l'efficacia di qualsiasi decisione anche se sostenuta da Obama. Una riforma del sistema economico senza il beneplacido della Cina è impensabile.

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L'amico americano (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

CON la forza che la sua figura sprigiona, e con il prestigio ineguagliato della nazione che rappresenta, Barack Obama ha detto all'Italia che al tavolo dei Paesi che aspirano alla guida del mondo, un posto per noi c'è ancora e deve esserci. Questo è il risultato vero che il nostro Paese, il governo Berlusconi e i futuri governi italiani, incassano nel primo giorno decisivo del G8 e che l'Italia può riporre in cassaforte come un capitale che potrà essere speso nei quattro, od otto anni, nei quali Barack Obama resterà presidente. Non c'era dunque bisogno che il "New York Times" gli chiedesse ieri di prendere il timone di questa edizione del G8, perché dal momento in cui ha messo piede in Italia si è visto benissimo chi sia il sole attorno al quale ruota il sistema che noi definiamo "occidentale" e che il resto del mondo accetta o subisce. Per ora compresa anche quella Cina che, nella partenza affannosa del suo presidente Hu Jintao, l'assente giustificato, ha mostrato che sulla propria stupenda crescita industriale e finanziaria ancora pesa, come aveva ricordato garbatamente il presidente Napolitano, quella vulnerabilità e incompiutezza civile che ne limita la capacità di leadership internazionale. Se il G8 in sé, come istituzione, è da tempo un organismo incurabilmente obsoleto che non può essere ringiovanito neppure suonandolo come una fisarmonica che si allarga e si restringe, le polemiche sulle "agende", sul lavoro dei portatori di carta, i cosiddetti "sherpa" che sfornano i documenti annunciati non cambiano il fatto essenziale: dal momento che esso esiste, e in attesa che qualcosa di meno ingombrante e macchinoso venga creato, è meglio stare dentro, piuttosto che starne fuori. OAS_RICH('Middle'); E per i più piccoli fra i grandi, come l'Italia, è doppiamente necessario parteciparvi, con dignità e con eleganza, senza esporci al sarcasmo di chi - si deve ricordarlo - come gli Inglesi e i Francesi, dovette essere persuaso molto a fatica dal presidente Gerald Ford nel 1975 ad aggiungere un posto a tavola anche per Aldo Moro, il nostro premier di allora, al Gruppo. Non ci sono stati risultati a sorpresa, non ci sono mai in questi vertici, sul clima, sull'Iran, neppure sul governo dell'economia mondiale che ricalca - anche in questo caso - quel ritorno a una ragionevole "regulation" e alla supervisione pubblica già espresso in altri incontri e presentato in anticipo da Obama nelle sue proposte al Congresso per riordinare il mercato finanziario e dare alla banca centrale, alla Fed, poteri disciplinari severi. Il tempo dei cavalli sfrenati è finito, dall'autunno di Bush. C'è stata invece la conferma, importantissima in questo momento burrascoso, della scelta classica di ogni amministrazione americana dopo la Seconda guerra, di guardare oltre i venti della politica italiana e di sostenere il governo che comunque gli italiani si scelgono, senza sindacare, senza intervenire pubblicamente. Domandando in cambio, come ha detto Obama elogiando il presidente Napolitano con questo solenne complimento, "integrità", da parte di chi guida le nazioni che vogliono restare socie del club delle democrazie. Un atteggiamento classico e collaudato che ieri ha permesso a Obama di offrire il proprio ringraziamento a Silvio Berlusconi, a colui che oggi ci rappresenta, e al premier italiano di incassarlo dal successore di quel Bush nei confronti del quale si era molto esposto. Ma gli Usa non serbano rancori né fanno questioni personali, perché le nazioni, come ricordava il primo ministro inglese Lord Palmerston, "non hanno amici permanenti, hanno interessi permanenti". E' nel loro, come nel nostro interesse, mantenere forte, e soprattutto stabile, il rapporto fra Mosca e Washington, come in questa prima giornata il G8 ha fatto, nella tradizionale "convergenza di vedute". Il senso che in questa stanca istituzione informale chiamata G8 sono gli Stati Uniti a restare il perno della ruota, è stato particolarmente forte in questa edizione 2009. Lo è stato perché ha visto l'esordio di un Presidente americano atteso come dai tempi di Ronald Reagan a Venezia nel 1981 non accadeva più. La immensa - e reale - popolarità internazionale di Obama, la sua trionfale vittoria elettorale che gli ha dato quella sicura legittimità che non ebbero mai Clinton, stentato vincitore di maggioranza relativa nel 1992 e certamente non Bush Secondo, arrivato al primo G8 del 2001 sull'onda di un'elezione scandalosa, ne fa il "leader dei leader". Al privilegio di essere la guida di quella nazione dalla quale passano ancora le arterie della finanza, che dispiega armati in guerre o in basi in ogni continente, di essere colui che dovrà convincere anche le nuove potenze industriali come India e Cina a domare il loro desiderio di sviluppo sfrenato dimostrando che l'America per prima ha capito il rapporto fra crescita e ambiente, Obama aggiunge l'asso della propria storia politica e della propria personalità. Quella diversità che ha interrotto, nella foto di famiglia degli G8 scattata ieri, la monotonia etnica e culturale di uomini e donne tutti figli dello stesso dna europeo, come finora soltanto ai premier giapponesi spettava di fare. Se ancora l'Africa non c'è, in quel gruppo che coagula il 50% della ricchezza mondiale e presto l'80%, con l'inclusione di India e Cina, Barack Obama è almeno il segnale che la multirazzialità, e la multiculturalità sono il presente del mondo, anche di quello che crede di potersi chiamare fuori dalla storia. E' assai probabile che, come ormai accade da anni, le solenni affermazioni e le risoluzioni sfornate all'Aquila saranno purtroppo dimenticate appena l'ultimo studio mobile televisivo sarà stato smantellato, come il tradimento degli impegni a favore delle nazioni povere ha tristemente provato. Ma il volto dei "grandi del mondo" è cambiato per sempre, grazie a Obama, alla signora Michelle nel suo smagliante abito giallo, e cambierà ancor di più nei prossimi anni, quando anche questo club esclusivo dovrà fare quello che gli Stati Uniti hanno già fatto nel novembre del 2008: ammettere che esso somiglia sempre meno al mondo che pretende di pilotare. E che per tornare a essere credibile deve finalmente somigliare all'umanità che vuole rappresentare, come questo G8, il primo "summit multietnico" della storia dei paesi ricchi. (9 luglio 2009

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Il manifesto delle intenzioni (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

"ABBIAMO fatto un miracolo", dice Berlusconi al termine della prima giornata del G8 a L'Aquila. Ma se questo è vero dal punto di vista del format, lo è meno dal punto di vista dei contenuti. Il sedicente "accordo" raggiunto dai Grandi del Pianeta sul rilancio dell'economia e sulla ri-regulation della finanza ruota intorno a un impianto quasi moroteo: "Brevi cenni sull'universo". Un manifesto di intenzioni universalmente condivisibili, perché volutamente generiche. Come da copione. Nessuno si aspettava nulla, da questo appuntamento mondiale che serviva molto più al capo del governo italiano che a tutti gli altri. E il nulla, puntualmente, è arrivato. Non tanto per l'inefficienza dell'ospitante (l'Italia), quanto per la dissonanza tra gli ospiti (Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania) e per l'insufficienza dello strumento (il G8). La crescita doveva essere il piatto forte del summit. E il piatto è rimasto sostanzialmente vuoto. Gli Otto (a dispetto del miracolismo berlusconiano) non hanno moltiplicato pani e pesci. Nel documento finale l'analisi della congiuntura resta contraddittoria: ci sono "segnali di stabilizzazione", ma la situazione rimane "incerta" e permangono "rischi significativi per la stabilità economica e finanziaria". "People first", questo sì. Priorità assoluta alle persone, a chi non ha lavoro, a chi lo ha perso. Ma sono parole. Nei fatti, nessun nuovo "stimolo", nessun altro "Piano Marshall", per sostenere economie da mesi allo stremo. Chi può, farà per conto suo. Qui ha pesato l'ortodossia teutonica di Angela Merkel. La sua Germania, forte di un rimbalzino del 4,4% negli ordinativi dell'industria a maggio, pretendeva un confronto immediato sull'"exit strategy" dalla recessione: basta aiuti governativi e spese pubbliche, che destabilizzano i bilanci e infiammano l'inflazione. La Cancelliera non ha ottenuto il rigore che voleva. Ma ha impedito che gli altri ottenessero il contrario. OAS_RICH('Middle'); La stessa cosa è accaduta nella discussione sul prezzo del petrolio, altro fattore endemico di destabilizzazione, visto che solo nell'ultimo anno ha oscillato tra i 32 e i 147 dollari al barile. Nicholas Sarkozy e Gordon Brown avrebbero voluto che il G8 fissasse un "prezzo giusto" intorno ai 70 dollari, per mettere la speculazione con le spalle al muro. Dmitrij Medvedev si è opposto, in nome di un libero mercato che evidentemente deve valere ovunque, meno che nei confini della madre Russia. In compenso, i Grandi si batteranno per "sostenere la domanda", per "mantenere aperti i mercati" e per "respingere il protezionismo di ogni genere". Come, lo diranno in un'altra occasione. La stessa cosa vale per gli altri capitoli del pacchetto economico all'ordine del giorno. Due esempi. Il primo è lo scudo fiscale, cui l'Italia stava alacremente lavorando, prima di incappare nello stop nell'Unione europea: canale "utile" per far rientrare i capitali dall'estero. Come attivarlo, lo sapremo solo dopo aver definito "un quadro di discussione tra i Paesi interessati". Il secondo esempio è la lotta all'evasione: "Non possiamo continuare a tollerare grossi ammontari di capitali nascosti per evadere il fisco", si legge nel documento finale. Dunque, lotta senza quartiere ai paradisi fiscali. Come, lo sapremo quando l'Ocse finirà il suo lavoro sulla black list. Nel frattempo, si procede in ordine sparso. Alcuni Paesi, che fanno più fatti che chiacchiere, hanno già firmato patti bilaterali per la cooperazione fiscale e il superamento del segreto bancario: Francia e Germania hanno fatto accordi con Svizzera, Austria e Lussemburgo. Altri Paesi, che preferiscono le chiacchiere ai fatti, stilano false "liste nere": l'Italia non ha ancora fatto accordi con nessuno. L'ultimo capitolo, sul quale aveva scommesso tutte le sue carte Giulio Tremonti, riguarda le nuove regole della finanza. Il cosiddetto "Global Legal Standard". Anche qui, al netto della retorica trionfalistica della delegazione italiana, non c'è stata quella "accelerazione enorme" né quel "colpo di manovella" di cui parla il ministro dell'Economia. Né, in tutta onestà, ci poteva essere. C'è il vago impegno degli Otto ad applicare "norme e principi comuni di correttezza, integrità e trasparenza", e a "riformare la regolamentazione finanziaria, stabilendo norme più stringenti tra cui il controllo degli hedge funds e il tetto agli stipendi dei manager". Ma questo è tutto. Le bibliche "dodici tavole" di Giulio non sono diventate legge. Non piacevano né a Obama, né a Brown. Di nuovo, tutto è rinviato all'autunno, e al necessario coinvolgimento del "Financial Stability Board" presieduto da Mario Draghi (volutamente ma inopinatamente tagliato fuori dall'elaborazione del testo tremontiano). Nel frattempo, ognuno si fa la sua ri-regulation. In America il Segretario al Tesoro Tim Geithner l'ha sottoposta tre settimane fa al Congresso. In Gran Bretagna il Cancelliere dello Scacchiere Alastair Darling l'ha presentata ieri a Westminster. E questo è tutto. Per vedere un po' di arrosto, dietro questo fumo, bisognerà aspettare settembre e il G20 di Pittsburgh. Ma è un errore aver fatto di questo G8 l'ennesima occasione perduta. I destini dell'economia e della ripresa mondiale, per quanto allargati dalla globalizzazione, si giocano ancora in buona parte nel perimetro del G8. L'anno scorso la somma dei Prodotti lordi degli Otto Grandi ha raggiunto i 22 mila miliardi di dollari, mentre la somma dei Pil degli emergenti (Cina, India, Brasile e Messico) è poco meno di un terzo. Il totale dei consumi privati dei primi ha superato i 14 mila miliardi di dollari, mentre quello totalizzato dai secondi è stato sette volte minore. Il G8 servirebbe ancora. Purché si producesse in un utile conferimento di sovranità nazionali, e non si limitasse a un inutile spargimento di carte intestate. (9 luglio 2009

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L'INSTANT BOOK (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-09 - pag: 8 autore: L'INSTANT BOOK Gli interventi nel capitolo sulla globalizzazione Tommaso Padoa-Schioppa intervista: La sfida di Globus, il mondo con una moneta Barry Eichengreen Il ping pong planetario America-Cina Martin Wolf Nasce l'economia dei cento fiori Jagdish Bhagwati intervista: La globalizzazione in pausa Parag Khanna Le città di un mondo invisibile Valerio Castronovo Il protezionismo può rispuntare 160 pagine. Da sabato a9,90E l'articolo prosegue alle pagine 9 90/ l'articolo prosegue tra le pagine 9.90

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La super moneta i cento fiori e la sfida globale (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-09 - pag: 8 autore: Lezioni per il futuro. Il libro in edicola da sabato La super moneta i cento fiori e la sfida globale C ento fiori, un'unica super moneta e un ping pong mondiale. L'uscita dalla grande crisi passa dal rilancio della globalizzazione, un crocevia dell'economia e della politica- come emerge dal G-8 dell'Aquila-dove oggi si incontrano queste tre parole chiave. Le propone «Lezioni per il futuro», il libro del Sole 24 Ore in edicola da sabato, che nasce dal dibattito su come battere la crisi con oltre 60 economisti, studiosi, politici e premi Nobel. All'«economia senza frontiere» è dedicato un intero capitolo. Martin Wolf, columnist del Financial Times, ritiene che sia ormai terminata l'epoca di un modello egemonico di economia di mercato per lasciare spazio a un mondo di tanti capitalismi, insidioso sì, ma divertente. Ogni nazione adatterà il mercato alle proprie tradizioni, rielaborando per il capitalismo lo slogan di Mao Zedong sui «cento fiori». L'uscita dalla tempesta per Tommaso Padoa-Schioppa è una moneta globale: questa fase, dice l'ex ministro dell'Economia, pone la questione di uno standard internazionale sul quale lavorare con urgenza. Gli squilibri globali, a partire proprio da quelli valutari, sono destinati a rimanere, ma Barry Eichengreen, storico dell'economia a Berkeley, conta sulla disponibilità cinese a stabilizzare gli Usae l'economia mondiale, e sulla prontezza di Obama e della Fed a ridurre il deficit e a evitare l'inflazione. Ma come sarà lo scenario post-crisi? Per Jagdish Bhagwati, professore alla Columbia University, il capitalismo, pur ferito, vivrà a lungo a patto che si riparino in fretta i danni e che si dia meno ascolto agli economisti. La globalizzazione non è finita: si tratta di un processo decennale e la crisi attuale è solo una pausa.

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Uno stanco rituale (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

GB Uno stanco rituale Marco D'Eramo Se continua così, quando un leone scapperà dallo zoo di Pechino, noi italiani saremo indotti a chiederci con ansia: «Ma per Berlusconi questa notizia è buona o cattiva?». È infatti straordinario come ci si possa scannare, insultare, ghignare su temi ineffabili quanto il sesso degli angeli (chiacchierato almeno quanto quello del nostro anziano premier). Già di per sé infatti il G8 è un involucro vuoto, obsoleto residuo di un passato coloniale, che non corrisponde alla scala di potere del pianeta dove nulla può essere deciso senza Cina, India, Brasile. CONTINUA|PAGINA6 I leader europei più realisti lo sanno benissimo e la cancelliera tedesca Angela Merkel propone da mesi di eliminare il G8 e riversare tutte le discussioni nel G20, dotandolo di poteri decisionali. Già ora il G8 rispecchia solo nelle forme e solo nel primo giorno il numero 8 (che è 2 al cubo), mentre già da tempo gli osservatori internazionali sostengono che in realtà quel che conta è il G2, cioè il vertice tra Usa e Cina. Ma c'è di più: questo stanco rituale non riesce a conseguire neanche gli obiettivi che si era prefisso. E i leader delle grandi potenze, gli uomini «più potenti del mondo», alzano inermi bandiera bianca sul tema del riscaldamento globale e aspettano fatalisti la catastrofe ambientale prossima ventura. Ci ammanniranno certo le buone parole che concludono tutti i vertici di questa terra: non ci saranno risparmiati commossi impegni di aiuto al Terzo mondo (che, se avesse ricevuto un centesimo per ogni promessa sbandierata, nuoterebbe ormai nell'oro). Sulla crisi ci diranno che stiamo sulla buona via, il peggio è passato, ma il meglio ancora non si vede e ci aspettano ancora lacrime e sangue. Ma niente paura: il lieto fine trionferà. Le decine (forse centinaia) di milioni di disoccupati provocati dalla recessione sono una triste fatalità, come le tendopoli sulla piana di Novelli. A questa doppia vacuità, per quanto ci riguarda, si sovrappone la patetica irrilevanza della vecchia preoccupazione che da sempre domina la commedia all'italiana e che Alberto Sordi così formulava: «Ma che figura ci faremo con gli stranieri?». Con tutti a disquisire sui comunicati della delegazione Usa, sulle singole parole del presidente Barack Obama, persino sulle biografie distribuite dall'Ufficio stampa della Casa bianca. A confronto, i capziosi sofismi dei retori della Magna Grecia ci paiono di una concretezza brutale: l'apprezzamento (di prammatica) degli Usa per l'Italia - paese ospitante - sarà o no una «stampella per Berlusconi»? Al contrario, la stringata biografia (7 righe) del nostro ineffabile primo ministro sarà invece una «sconfessione velata» (in confronto alle tre pagine dedicate al presidente Giorgio Napoletano)? L'unico aspetto davvero evocativo di questo vertice aquilano è quindi quello metaforico: se la crisi ha colpito il pianeta come il terremoto ha devastato l'Abruzzo, allora siamo tutti sfollati della recessione e possiamo tutti fare nostra l'incontrovertibile affermazione: «Yes, we camp».

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Libertà scientifi ca (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

SAN ROSSORE meeting internazionale Libertà scientifi ca Tutto pronto per la nona edizione del meeting di San Rossore, la manifestazione promossa dalla Regione e dedicata ai temi della globalizzazione che inizia oggi alle 9.30. L'iniziativa come sempre si svolge nelle grandi tensostrutture allestite fra i pini del Parco. Nell'anno dedicato a Galileo, i temi in discussione sono quelli della scienza e della pace, di qui il titolo "La scienza motore dello sviluppo, la pace motore del mondo". Fra i protagonisti della prima giornata l'astronoma Margerita Hack e il matematico Piergiorgio Odifreddi, che alle 12.40 insieme al pianista Roberto Cagnazzo dà vita alla conversazione matematico-sonora "La musica dei umeri e i numeri della musica". Con loro a discutere sui temi della scienza, della conoscenza, della vita, dell'etica e della libertà sono a San Rossore anche Ignazio Marino, Aldo Schiavone, Vandana Shiva, Stephen Wolfram, Eduard De Bono e Adveev Sergej Vasilijevich. Oggi da segnalare anche alle 14.45, sotto la tenda Giove, il reading "L'altra faccia" del Teatro delle Donne, scritto da Stefano Massini e interpretato da Luisa Cattaneo e Gabriele Giaffreda. L'accesso al meeting è libero e gratuito, i cancelli del parco aprono alle 8.30. Dalla stazione centrale di Pisa partono bus navetta che collegano con la tenuta, con apposita segnaletica e con orario dalla stazione al parco ogni mezz'ora fra le 8.30 e le 11.30, mentre per il ritorno il servizio dal Parco alla stazione è attivo dalle 17 alle 19. A sera poi, alle 21.30 in piazza Gambacorti, c'è il bel concerto gratuito di Mauro Pagani e Nicola Piovani. Oggi e domani dalle 9.30, Parco San Rossore, ingresso libero

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Uiguri globalizzati, lottano per i diritti (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

MILLWARD Parla lo studioso americano «Uiguri globalizzati, lottano per i diritti» Michelangelo Cocco Docente di storia presso la Georgetown University di Washington e autore di «Eurasian crossroads: a history of Xinjiang», James A. Millward è considerato uno dei massimi studiosi di Xinjiang. Al telefono gli abbiamo chiesto di commentare la crisi nella regione. Come spiega questa esplosione di rabbia degli uiguri del Xinjiang? La frustrazione economica, politica e religiosa degli uiguri ne costituisce lo sfondo e il modo in cui le autorità hanno affrontato la rissa del Guangdong (almeno due operai uiguri uccisi nella provincia del sudest, ndr) ha acceso la miccia. Ma a far salire la tensione alle stelle ha contribuito il modo in cui in Cina è gestita l'informazione: i media diffondono una storia ufficiale a cui pochi credono e che alimenta voci, discussioni e immagini su internet e altri canali che lo Stato alla fine può bloccare, ma che nell'immediato causano forti tensioni. Nel Xinjiang ci sono problemi di relazioni interetniche a cui le autorità rispondono accusando le organizzazioni uigure all'estero, al Qaeda o, in alcuni casi, il governo Usa. Cos'è l'«odio etnico» di cui tanto si parla in questi giorni? Sarebbe più corretto parlare di «tensioni tra gruppi», «relazioni tra maggioranza e minoranza», problemi con cui deve fare i conti qualsiasi governo che voglia mantenere stabilità e armonia e che vengono esacerbati da rapidi cambiamenti economici e dalla globalizzazione. In Cina ad acuire queste tensioni si aggiungono la mancanza di trasparenza nel sistema giudiziario. Ogni anno si verificano decine di migliaia di quelli che le autorità definiscono «disordini» e che hanno a che fare col lavoro, la proprietà della terra, lo sviluppo, l'ambiente, la corruzione dei governi locali. Problemi che generano proteste ufficiali e l'attivazione dei tribunali. In alcuni casi lo stato centrale invia nei luoghi dei disordini delle commissioni per cercare di risolverli. Ma quando tensioni simili coinvolgono gli uiguri del Xinjiang, a queste viene attribuito immediatamente un connotato politico o religioso e vengono affrontate in modo diverso. Qual è il ruolo dell'immigrazione han? La modernizzazione, lo sviluppo economico, la globalizzazione, sono state esportate nella regione attraverso l'immigrazione han di massa. A partire dagli anni '80 lo sviluppo del Xinjang è stato impetuoso e gli standard di vita e il salario medio ora sono più alti che nel resto della Cina. La forza lavoro han - incoraggiata o forzata a emigrare - ha cambiato l'equilibrio demografico della regione, causando risentimento tra gli uiguri. Che differenze rileva tra le ultime rivolte uigure - quelle di Baren, nel 1990, e di Gulja, nel 1997 - e la ribellione di Urumqi? Differenze enormi. Nelle settimane precedenti i fatti tragici degli ultimi giorni, più di una volta studenti e giovani uiguri hanno protestato sfilando sotto le bandiere della Repubblica popolare: hanno espresso dissenso manifestando nello stesso tempo lealtà allo Stato. Non sono più indipendentisti. I moti di Baren, circoscritti per dimensioni e conseguenze, avevano invece una chiara impronta religiosa e separatista. Gulja, nel 1997, fu in parte una reazione alla repressione di un nascente movimento sociale uiguro, ma ebbe anche connotazioni religiose, che oggi sono assenti. Crede che la leadership degli uiguri all'estero abbia giocato un ruolo nello scoppio di questa rivolta? È difficile valutare l'influenza dei diversi gruppi di esiliati uiguri sulla popolazione del Xinjiang. Quello che è certo è che sono sempre più efficaci nel raccogliere informazioni sulla situazione nella regione, all'interno della quale hanno i loro contatti, nonostante l'apparato di sicurezza - anche informatica - messo in piedi dal governo cinese. Ma non credo proprio che Rebiya Kadeer - che come filantropa e donna d'affari era molto rispettata - abbia il potere di far scendere in piazza migliaia di persone a Urumqi.

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Si alza il sipario, due leadership e un sopravvisuto (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

IL SUMMIT Si alza il sipario, due leadership e un sopravvisuto Andrea Fabozzi INVIATO A L'AQUILA INVIATO A L'AQUILA Su il sipario, tutta la stampa internazionale è qui e fino all'ultimo non molla. «Ci pensi Obama a guidare questo G8, Berlusconi va bene per lo show ma non per la leadership» avverte il New York Times. «Atterrando in Italia gli otto grandi devono chiedersi se si tratta di un paese del primo o del terzo mondo», continua il Guardian. Ma Berlusconi nel frattempo è a Onna, prova a stringersi alla Merkel mentre lei fa di tutto per stargli lontana. E poi a L'Aquila, il palcoscenico di una figuraccia annunciata? Nossignore, si alza il sipario sul vertice G8 e palazzo Chigi può esibire il pollice alzato di Obama al Cavaliere - gli ha messo anche una mano sulla spalla, sì sì - e più ancora la dichiarazione del negoziatore della Casa bianca: «La presidenza italiana ha fatto un ottimo lavoro di preparazione del summit». Dunque non è vero che Washington ha scippato il coordinamento degli sherpa a Roma, come ha scritto il Guardian martedì? C'è stata sì una «conferenza telefonica», ammette il capo degli sherpa Usa Mike Froman. Ma era per preparare il G20 di settembre in Pennsylvania. Fosse vero si tratterebbe di uno sgarbo agli inglesi che quel vertice dovrebbero coordinare. Per la Farnesina è sicuramente vero. Frattini , schivando l'equivalente tedesco delle Iene che gli saltella attorno gridando «Berlusconi» proclama: «Non ci facciamo distrarre dai titoli dei giornali, Obama ci ha lusingato». CONTINUA|PAGINA2 Ma che ha detto Obama e soprattutto a chi l'ha detto? Altra scena, lontano da qui, palazzo del Quirinale. Con Barack c'è Michelle, Clio Napolitano è in versione first lady dal momento che Veronica Berlusconi ha mollato il marito. Anche Obama mollerebbe volentieri Berlusconi tanto che saluta Napolitano con queste parole: «Lei è un vero gentleman, ha una reputazione meravigliosa per la sua integrità e gentilezza, lei è un vero leader e rappresenta al meglio il paese». Nulla del genere ripeterà al cavaliere. Riconoscerà però che «il governo italiano è un vero, grande amico degli Usa e su tanti temi importanti i due paese lavorano fianco a fianco». Tanto basta a Berlusconi, visti i tempi, per gridare al trionfo. A Onna Angela Merkel stringe un attimo la mano a Berlusconi poi prosegue la visita alle macerie tenendosi sempre a distanza. Il suo staff non conferma che la cancelliera avrebbe preferito andare da sola in visita alle rovine. Ma la freddezza tra i due è evidente. La settimana scorsa un portavoce del governo tedesco aveva dovuto smentire qualsiasi imbarazzo della leader a farsi vedere accanto al cavaliere. Del resto in Germania in campagna elettorale ai socialisti era bastato mettere sui manifesti un'immagine dei due affiancati, tanto il nostro premier è impopolare. In ogni caso nella foto «di famiglia» degli otto c'è un Medvedev di sicurezza tra Merkel e il cavaliere. Non è questa la giornata per rasserenare rapporti che non sono mai stati buoni. «È una donna - ha detto Berlusconi qualche tempo fa - con un carattere non facile». Con Obama è tutta un'altra cosa. Il cavaliere riesce a portarselo in un rapido giro del centro storico terremotato e sono foto e sono sorrisi, più una noiosa spiegazione del (già fallito) piano C.a.s.e. davanti a una cartina in stile Porta a Porta. Non per nulla Bruno Vespa è lì dietro, autorità tra le autorità. In questi vertici «the host sets the tone», l'ospite dà il tono, avvertiva l'editoriale del NYTimes e in questa sgangherata kermesse aquilana quello che più importa all'ospite italiano è una ripulita all'immagine. Piuttosto rovinata dal via vai di escort a palazzo Grazioli e non solo, visto che il Guardian ricorda come l'Italia sia al 76esimo posto nell'indice di libertà economica «dopo la Mongolia e il Madagascar» e al 55esimo in quella della corruzione «peggio del Pakistan e della Sierra Leone». «Stile sobrio» assicura il cavaliere per rispetto alle vittime del terremoto, però non esita a utilizzare le macerie come scenografia per il suo tentativo di rilancio. «Stile sobrio» ma nel frattempo da Roma una folla di politici del Pdl esulta per la cordialità di Mr. Obama e vuole credere che da L'Aquila cominci la risalita del governo. Persino il pensatoio di Gianfranco Fini Farefuturo, fin qui sempre critico verso il cavaliere, decide che questo è il momento di stringersi a corte. E sulla scia del Corriere della Sera stabilisce che «l'Italia non ha niente di cui vergognarsi». Proprio niente? Dopo aver ricevuto i grandi del mondo nella caserma di Coppito davanti a un'allegoria del peccato originale - della scuola di Luca Giordano, napoletano come Noemi Letizia - il cavaliere inseguito dalle domande della stampa internazionale sul sexual scandal è riuscito a far slittare più volte l'appuntamento con la conferenza stampa. Poi si è concesso per dieci minuti di autocelebrazione: «Abbiamo fatto quasi un miracolo». Ci ha tenuto a presentarsi come ben voluto di tutti: «In questo vertice ci si chiama per nome, nascono nuove amicizie e quelle vecchie si consolidano, c'è una grande cordialità». Il miracoloso bilancio però è questo: un accordo sul clima fatto senza la Cina, che è andata via e l'India, che parlerà oggi. Una promessa che gli aiuti all'Africa arriveranno. Una dichiarazione generica sull'economia. La merce è questa e il cavaliere è al solito un perfetto banditore: «Ci sono domande no bene grazie» pronuncia tutto d'un fiato e scappa via che quasi inciampa. Poi però fa sapere che non si negherà all'affetto delle sue trasmissioni televisive preferite. Per lui questa prima giornata finisce bene. Nuove foto non sono uscite, anzi il tribunale ha confermato il sequestro di quelle vecchie. A L'Aquila scosse telluriche non ci sono state, né morali. Il cavaliere è in piedi. Vedremo oggi, 9 luglio, santa Veronica.

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Solo vecchie ricette, si deciderà altrove (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

ANALISI Il vertice non dà nuove risposte Solo vecchie ricette, si deciderà altrove Antonio Tricarico COPPITO COPPITO Nella originaria divisione del lavoro del 2009 - tra il G20 sotto la presidenza britannica ed il G8 sotto quella italiana - il nuovo forum dei venti paesi più influenti al mondo si sarebbe dovuto occupare della crisi economica e finanziaria, nonché delle misure da trovare a breve termine; mentre il G8 italiano avrebbe dovuto curare le cause profonde della crisi e individuare soluzioni di lungo termine. Alla fine il G20, anche grazie alla ritrovata spinta americana, è andato ben oltre il suo mandato, mentre il G8 ha cercato di mantenere qualcosa da dire. In realtà da dire ha avuto ben poco, e soprattutto nulla sulle soluzioni strutturali che in tanti si aspettano. In particolare, non è stata minimamente affrontata la grande questione monetaria delle «valute di riferimento» dei mercati internazionali e della stabilizzazione dei cambi tra le monete. Un problema su cui la Cina negli ultimi mesi ha posto con forza e giustamente l'accento. In tale contesto, gli otto leader non hanno potuto che ribadire gli impegni già presi a Londra dal G20 e monitorare l'andamento della crisi globale. Proprio i rischi legati alla crisi stessa rimangono e l'ottimismo delle ultime settimane sembra svaporare nella calura estiva. Negli Usa si inizia a parlare di un possibile nuovo pacchetto di stimolo all'economia, necessario per uscire definitivamente dall'impasse attuale. Negli altri paesi ci si chiede quanto le misure messe in campo stiamo davvero funzionando come voluto, soprattutto di fronte all'inesorabile aumento della disoccupazione. Allo stesso tempo, le banche custodiscono ancora titoli tossici, e non si escludono colpi di coda della crisi finanziaria. In questa incertezza, il solito appello del G8 a chiudere la tornata di trattative del Doha round per nuove liberalizzazioni del commercio internazionale, viste come panacea di tutti i mali, risulta quasi patetico. E' ben noto come un provvedimento del genere contribuirebbe ben poco a un aumento sostanziale della crescita economica; soprattutto penalizzerebbe gran parte dei paesi in via di sviluppo, come numerose simulazioni di think tank internazionali mostrano. Ma una chiusura dei negoziati alla Wto rimane difficile, perché il vento politico a favore delle liberalizzazioni è fortemente diminuito in molti paesi occidentali, a partire degli Usa, dove soltanto l'ottenimento di risultati aggressivi e a vantaggio del business a stelle strisce otterrebbe il via libera dal Congresso. In tal senso il riferimento del G8 al contrasto del protezionismo, sia commerciale che finanziario, risulta retorico. Si aggiunga che lo stesso G8 scarica le sue responsabilità nell'aver esortato, sin dalla sua nascita, alla rimozione di ogni controllo dei movimenti di capitali, portandoci così - dopo 30 anni - alla crisi attuale. Paradossale, invece, che nel comunicato finale dell'Aquila sull'economia mondiale si rilanci l'idea di un accordo multilaterale sugli investimenti, il cui negoziato all'Ocse, alla fine degli anni '90, ha avviato l'inizio del crollo del liberismo. Allo stesso tempo il G8 riconosce che serve una qualche regolamentazione finanziaria internazionale, riprendendo il risultato della ministeriale-finanze di Lecce dello scorso giugno. A differenza di quanto sperato, il quadro dei «dodici principi etici per la finanza», fortemente voluto dal ministro Giulio Tremonti, non è stato sviluppato ulteriormente, rimanendo così una lista di meri desideri, ancora scollegati dalla realtà. Al cuore del problema, la difficoltà di trovare un vero accordo globale, dal momento che - sia dentro il G8 che tra i rimanente paesi del G20 - c'è più voglia di regole nazionali che di un'attuazione di norme globali capci di interferire con la sovranità nazionale. Si aggiunga, comunque, che i principi di Tremonti non coprono tutti gli aspetti della finanza e non preverrebbero alla radice fenomeni speculativi. Ad esempio, lo stesso G8 si impegna a cercare di ridurre la volatilità dei prezzi delle materie prime, in primis il petrolio, senza però proibire il commercio dei derivati collegati a questi beni, elemento che sta alla base delle derive speculative. Insomma, un G8 esautorato dal G20, confuso e, a tratti, un po' una sorta di amarcord di un passato liberista che oggi non è più tanto di moda.

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Il G8 promuove le regole per l'economia (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 09/07/2009 - pag: 1 Clima, taglio di metà delle emissioni inquinanti entro il 2050. Il presidente Usa con Berlusconi tra le macerie dell'Aquila Il G8 promuove le regole per l'economia Obama: in Italia una forte leadership. I Grandi condannano le violenze in Iran Prime decisioni al G8 dell'Aquila. Sì alle regole anticrisi per l'economia: per i leader ci sono «segnali positivi», ma «la situazione resta incerta». Intesa sul clima per limitare «l'aumento globale della temperatura» e sulla riduzione delle emissioni di gas serra del 50 per cento entro il 2050. Berlusconi: «Ora dobbiamo convincere India e Cina». Il presidente Usa Obama, ospite al Quirinale di Napolitano: «In Italia forte leadership. Con Roma una vera amicizia». Più tardi la visita, insieme al Cavaliere, al centro dell'Aquila devastato dal terremoto. DA PAGINA 2 A PAGINA 15 Terremoto Obama e Berlusconi davanti al Palazzo del governo dell'Aquila (foto Ansa)

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G8, l'inganno sul clima (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

TerraTerra G8, l'inganno sul clima Marina Forti Curioso come le parole possono ingannare. «Il gruppo delle otto maggiori economie hanno concordato che l'aumento della temperatura globale non dovrà eccedere o 2 gradi Celsius», riferivano ieri le agenzie dall'Aquila, dove si teneva il vertice del G8 (che oggi si allarga al «Mef», forum delle maggiori economie, di cui fanno parte paesi ormai decisivi come Cina, India, Brasile, Messico). Molti notiziari italiani hanno tradotto con la frase «il G8 ha raggiunto un accordo sul clima». Falso. Cioè: vero, in apparenza, perché gli Otto hanno concordato una frase da mettere nel loro comunicato finale su questo che è considerato uno dei principali temi in agenda. La dichiarazione finale dunque dirà che le 8 maggiori economie del mondo vogliono fare in modo che la temperatura globale non aumenti più di quella soglia (2 gradi Celsius rispetto al livello precedente la Rivoluzione industriale) che il Comitato scientifico delle Nazioni unite sul clima (Ipcc) considera la soglia indispensabile a evitare la catastrofe ambientale. Guardiamo il lato buono delle cose: questo è il primo G8 in cui gli Stati uniti sono rappresentati dall'amministrazione Obama, che ha dato una svolta drastica alla politica americana del clima rispetto al predecessore Bush, e finalmente fa propria la raccomandazione dell'Onu. A ben guardare però quella frase nel comunicato finale sarà ben poca cosa, e la realtà è che all'Aquila c'è invece un forte disaccordo. Il punto è: come si evita che la temperatura globale salga più di quel certo limite? La risposta sta nella capacità di diminuire le emissioni di anidride carbonica e altri gas «di serra» (quindi nelle politiche energetiche, consumo di petrolio e di altri combustibili fossili, sviluppo industriale, consumi, agricoltura, foreste e così via). Qui però il vero soggetto non è il G8 ma le 16 nazioni del «Major economies forum», che insieme producono circa l'80% delle emissioni di gas di serra del pianeta. Martedì a Roma il Mef ha tenuto un incontro preliminare e oggi si riunisce all'Aquila. Tutta la questione era se includere nella dichiarazione dell'Aquila un formale impegno: la proposta sostenuta da diversi paesi industrializzati era dimezzare le emissioni di gas di serra entro il 2050. Qui l'accordo non c'è: Cina e India si sono opposte a indicare un oiettivo a metà secolo se prima i paesi industrializzati non si impegnano a tagliare le loro emissioni al 2020, e anche a definire piani per aiutare le nazioni in via di sviluppo a finanziare le misure urgenti per affrontare i disordini climatici ormai incombenti - laumento di alluvioni, ondate di caldo, siccità, aumento del livello dei mari, che tra l'altri colpiscono in modo sporporzionato proprio loro. Spiegava il negoziatore indiano Dinesh Patnaik all'agenzia Reuter: «Per un obiettivo a lungo termine ci deve essere un obiettivo credibile a medio termine». I paesi in via di sviluppo chiedono che quelli ricchi taglino a medio termine almeno il 40% delle loro emissioni: «senza un'indicazione precisa sul medio termine, e senza finanze e tecnologie, i paesi in via di sviluppo non possono accettare obiettivi a lungo», dice Patnaik. Ma tutto questo significa che l'Aquila non avrà portato nessun passo avanti in vista del vertice mondiale sul clima previsto a fine anno a Copenhagen, dove è in gioco un accordo globale che sostituisca quello di Kyoto. I negoziatori non si aspettano veri passi avanti prima del G20, in settembre negli Usa.

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Patto sul clima: metà emissioni entro il 2050 (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 09/07/2009 - pag: 6 Patto sul clima: metà emissioni entro il 2050 Il premier: ora parleremo con Cina, India e Brasile. Gli ambientalisti: troppo poco DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA Il G8 prova a mettere un po' di ambizione in fatto di lotta ai cambiamenti climatici. Nel documento finale della giornata di ieri, la prima del vertice a presidenza italiana, gli Otto grandi si sono dati alcuni obiettivi che in passato li avevano visti divisi: è un'offerta e allo stesso tempo un modo per fare pressione sugli altri grandi emettitori di gas serra (Cina, India e Brasile in testa) affinché si impegnino ad arrivare con proposte significative alla conferenza di Copenaghen, a dicembre, nella quale si vorrebbe arrivare a un accordo globale in fatto di emissioni. Il documento approvato ieri da Usa, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e Russia riconosce «il principio di responsabilità comuni ma differenziate e di rispettive possibilità»: vale a dire, i Paesi industrializzati ammettono di avere responsabilità maggiori degli altri nel riscaldamento del pianeta e riconoscono che non tutti, nel mondo, hanno risorse e tecnologia sufficienti per lottare contro le emissioni di CO2. Allo stesso tempo, per la prima volta, riconoscono «l'ampia opinione scientifica che la temperatura media globale non dovrebbe superare i 2 gradi centigradi sopra i livelli pre-industriali ». Dunque, l'obiettivo da condividere con tutti gli altri Paesi è la riduzione «di almeno il 50% delle emissioni globali entro il 2050». Questo risultato, però, non andrà sostenuto da tutti allo stesso modo: i ricchi dovranno fare di meglio. «Noi appoggiamo anche l'obiettivo dei Paesi sviluppati di ridurre le emissioni di gas a effetto serra in aggregato dell'80% o più entro il 2050 rispetto al livello del 1990 o ad anni più recenti ». Quest'ultimo riferimento è una concessione agli Stati Uniti che vorrebbero il taglio delle emissioni meno oneroso, e quindi cominciare a calcolarlo dal 2005. Il cambiamento di posizioni introdotto nella politica americana da Obama ha dunque portato a un accordo che in passato era sempre stato impossibile. Non è però festa grande. Come ha detto ieri il presidente del summit, Silvio Berlusconi, ora si tratta di fare accettare questo programma ai Paesi emergenti. I leader degli Otto ne discuteranno oggi con Cina, India, Brasile, Messico e Sudafrica. Non è detto che arrivi subito una risposta positiva: un po' perché il maggiore interessato, il presidente cinese Hu Jintao, ha lasciato il vertice, un po' perché i Paesi emergenti probabilmente vorranno tenere coperte le carte per ottenere concessioni alla conferenza Onu di Copenaghen. Non solo. Le proposte degli Otto, per quanto nuove, sono da molti ritenute generiche e limitate. «Il 2050 è troppo lontano per essere significativo commenta il portavoce dell'organizzazione Oxfam, Antonio Hill . I poveri sono colpiti oggi. Dobbiamo vedere tagli alle emissioni di almeno il 40% entro il 2020 e serve il denaro del G8 per aiutare i più poveri ad affrontare il caos climatico». Aiuto che, a suo parere, dovrebbe essere di almeno 150 miliardi di dollari. Anche il coordinatore di Legambiente, Maurizio Gubbiotti, ha sostenuto che «rimandare gli obiettivi al 2050 vuol dire solo non affrontare il problema». In più, l'impegno di Washington sarà da verificare: la legge voluta da Obama sulle emissioni, votata dalla Camera dei rappresentanti, avrà infatti vita durissima al Senato. Niente di definitivo, insomma: però, un passo avanti inaspettato. Danilo Taino Dono Lula regala la maglia della nazionale del Brasile al premier indiano Singh (Ap)

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Xinjiang, pena di morte per i rivoltosi (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 09-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 09/07/2009 - pag: 18 Repubblica Popolare Tra uiguri e cinesi rischio guerra civile. Hu Jintao è già rientrato a Pechino dal G8 per affrontare la situazione Xinjiang, pena di morte per i rivoltosi Pugno di ferro delle autorità locali che assicurano: «La situazione è sotto controllo» DAL NOSTRO INVIATO URUMQI (Cina) L'elicottero color sabbia compie un semicerchio sopra i palazzi malridotti di uno dei quartieri uiguri del centro. I volantini fioccano sui vicoli. Gli uomini non li raccolgono, hanno le mani impegnate da bastoni e pietre: sono decine, aspettano l'assalto dei cinesi han. Tocca alle donne, che afferrano i fogli e poi li guardano senza sapere bene cosa farne. Se la folla nervosa sapesse leggere il mandarino, e lì ci sono 30 righe di ideogrammi, scoprirebbe che il segretario regionale del Partito comunista, Wang Lequan, chiede a tutti di «tornare a casa, alle unità di lavoro, nei quartieri». Tutti, cinesi e uiguri. Cioè: lasciar perdere la tentazione di una guerra civile in Xinjiang. Arriva un drappello di poliziotti. Li comanda un ufficiale uiguro, che con aria da fratello maggiore convince i capibanda a mettere da parte le mazze, a lasciar stare i sassi nascosti sotto le auto, pronti all'uso. I cinesi, promette, non arriveranno. Non accadrà. Perché il timore dei quartieri uiguri (e han) è in fondo lo stesso che nutrono le autorità: lo scatenarsi di una spirale di pogrom opposti. È per questo che Urumqi è stata militarizzata, decine di migliaia di uomini in marcia per i viali, seduti in attesa di ordini o a costituire cordoni di sicurezza fra aree uigure e aree han, con arterie costeggiate in tutta la loro lunghezza da camion, blindati e bus per le truppe. Preoccupa, in questa fase, la rabbia dei cinesi. Aggressioni e tentativi di linciaggio di uiguri da parte di han hanno costellato episodicamente la giornata, sono stati effettuati arresti: però «la situazione è sotto controllo» ha assicurato il sindaco. Per essere più che certo di come vanno le cose, evidentemente, il presidente Hu Jintao è partito in anticipo dall'Italia disertando il G8+5 dell'Aquila e rinviando la successiva visita in Portogallo. Una decisione che osservatori hanno valutato senza precedenti, lasciando azzardare addirittura l'ipotesi di dissonanze all'interno del Politburo. Dalla violenta manifestazione degli uiguri di domenica 5 (ufficialmente 156 morti, di cui 9 arsi vivi da identificare, 1.103 feriti, dato di ieri, e circa 1.500 arresti), finora nessuno dei top leader si è pronunciato sul tema, né Hu né il capo del parlamento Wu Bangguo né il premier Wen Jiabao. Il rientro di Hu è di per sé un messaggio, mentre il più alto esponente del governo a essersi esposto è il ministro della Sicurezza, Meng Jianzhu. Ieri a Urumqi ha visitato agenti e ospedali e in un comizio ha citato la «lotta, profondamente politica, in atto fra secessione e antisecessione». A gestire l'emergenza sono le autorità locali, che stanziano 11 milioni di euro per gli indennizzi e si sforzano di garantire i servizi in un capoluogo saturato dalle forze di sicurezza. Il segretario cittadino del Partito, Li Zhi, annuncia: «La gran parte dei sospettati è catturata, ora li interrogano ». E poi: «Chi ha compiuto i crimini peggiori verrà colpito con il massimo della pena». Che, in Cina, è notoriamente la pena di morte. L'ordine, tuttavia, è smorzare la contrapposizione etnica, esaltando l'armonia fra i gruppi: «I nemici detestano la nostra società composita e prospera ». Il mondo osserva e addirittura da Ankara il premier Recep Tayyp Erdogan ha espresso timori di «atrocità» ai danni degli uiguri, con cui la Turchia condivide legami storici, Islam e ceppo linguistico. Una lettura, la sua, che contrasta con la linea ufficiale di Pechino: gli aggressori domenica erano uiguri. Su provenienza delle vittime, date dei funerali e luoghi di sepoltura, il sindaco e il segretario Li non rispondono. Dagli Usa, la leader del nazionalismo uiguro Rebiya Kadeer ha fatto sapere che le vittime dei disordini sarebbero in realtà 400. Erkin Alptekin, un esponente uiguro invitato a Roma dal Partito radicale, ha invece detto che sono circa 800 i morti tra gli uiguri, 3 mila gli arrestati. All'Ospedale dell'Amicizia il direttore Zhu Yuanchun conta 108 ricoveri a causa degli incidenti, in maggioranza per mattonate e bastonate, meno per colpi di coltello (invece, al 3Ú piano dell'Ospedale del Popolo, si contano ferite da arma da fuoco su esponenti delle due comunità). Tutti han, tranne la piccola Diliguma, 3 anni, centrata al capo da un sasso. Quanto ai morti, il dottor Zhu non se ne interessa. Salvare i vivi è il lavoro che gli viene meglio. Marco Del Corona Il bilancio Un esponente uiguro, da Roma, denuncia: «I morti sono almeno 800, tremila gli arrestati» Militarizzazione Urumqi presidiata dalle truppe antisommossa Leader Hu Jintao, 66 anni

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All'Aquila il summit coglie due obiettivi C'è intesa sul clima, ma senza la Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - Il G8 incassa due importanti risultati e già guarda all'appuntamento di Copenhagen di dicembre dell'Onu per rilanciare la sfida sul clima. Per la prima volta paesi industrializzati e paesi emergenti firmano un'intesa che riconosce il surriscaldamento terrestre di due gradi e s'impegnano a ridurre del 50 per cento ( i più ricchi si spingono fino all'80) le micidiali emissioni di anidride carbonica. Questo, al di là della valenza politica dell'accordo, significa trasformazione dei processi industriali, ricerca di nuove fonti energetiche, lenta ma progressiva rivoluzione del nostro processo produttivo. Chiudendo questa seconda, importante giornata del vertice de l'Aquila, il presidente Barack Obama ha esortato tutti a fare di più, a proseguire nella strada tracciata. "Il pianeta è a rischio", ha detto. "I paesi industrializzati devono dare l'esempio. Noi, come Stati uniti, ci assumeremo le nostre responsabilità. Ma tutti devono dare il proprio contributo, perché la sfida è centrale ed è impossibile affrontarla da soli". Il messaggio è rivolto soprattutto ai paesi ancora formalmente ospiti del G8, come la Cina e l'India, ma che nei fatti rappresentano ormai delle economie dominanti in aree vastissime del pianeta e che debbono sedere a pieno titolo al tavolo delle grandi decisioni strategiche. Secondo calcoli purtroppo consolidati, i paesi del cosiddetto Mef sono responsabili in larga misura del livello di inquinamento che sta logorando la vita sulla terra. La Cina, assieme all'India, per alimentare le sue fabbriche e le sue industrie, usa le fonti energetiche che trova dentro casa. Ricorre quasi esclusivamente al carbone o a quel mix di suoi derivati. Pechino ha preso tempo. Riconosce i guasti provocati all'ambiente ma si smarca dagli impegni perché teme che il taglio del 50 per cento delle emissioni finirebbe per contrarre il suo livello produttivo e quindi la sua forza economica. OAS_RICH('Middle'); "Per i paesi sviluppati", ha sostenuto nel pomeriggio il consigliere diplomatico del presidente Hu Jintao, volato a Pechino per affrontare la crisi dello Xinjiang, "è necessario prendere in considerazione le diverse condizioni di quelli in via di sviluppo". E' un problema di costi. Modificare le industrie, ricercare e sviluppare forme alternative di energia ha un prezzo che l'India, ma soprattutto la Cina, non sono disposte a pagare. Il G8 diventerà di fatto G14. Sarebbe assurdo continuare a tenere fuori dai giochi, e dalle decisioni, paesi che rappresentano il 70 per cento dell'economia e del commercio mondiale. E questo è il secondo risultato, sostenuto con forza soprattutto dalla Francia, che incassa il vertice de L'Aquila. L'entusiasmo, con toni diversi, degli 8 Grandi della terra non è comunque condiviso dalle Nazioni unite e da molti organismi internazionali da tempo impegnati nella battaglia sul clima, sulla sanità, sull'educazione, sul cìibo, sul sostegno ai paesi più poveri. Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu, si è detto soddisfatto dei lavori e del dibattito nel vertice ma è stato critico sui risultati. "Si poteva e si doveva ottenere di più", ha sostenuto in un messaggio. C'è accordo sul commercio internazionale. Il negoziato sul Wto, bloccato da tempo, riprenderà per definire regole e misure. Regole e comportamenti più chiari e netti anche nell'economia e nella finanza, contro i rischi di un protezionismo che penalizzerebbe tutti. Si riconoscono gli errori di alcune scelte che hanno contribuito a provocare la grave crisi planetaria ma si decide di agire tutti insieme per una ripresa che si attende tra molte speranze e tanti dubbi. Il direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, ha gelato i più ottimisti quando ha pronosticato recessione per altri due anni. "La disoccupazione", ha detto, " è in crescita. E lo sarà anche nel 2010 e nel 2011". Domani, ultimo giorno, al G8 si parlerà di Africa. Si discuterà di soldi, di come e in che misura aiutare i paesi più poveri. C'è un impegno, disatteso da molti e in misura grave dall'Italia, assunto allo scorso vertice. E su questo tutti saranno chiamati a pronunciarsi. Con cifre, date e scadenze. Si parla di 15 miliardi di dollari che gli Usa proporrebbero al tavolo dei Grandi. Almeno per cancellare la vergogna di un miliardo di esseri umani che muoiono di fame. Il presidente Barack Obama domani vola in Ghana per la sua prima visita in Africa. Lo attendono pieni di speranze e il suo messaggio non potrà eludere un rinnovato impegno dei paesi ricchi verso quelli più poveri. Ma le sorprese potrebbero arrivare anche dalla manifestazione del movimento no global fissata per domani nella tarda mattinata alla stazione di Paganica, vicino a L'Aquila. Sono previste dalle 6 alle settimila persone. Gli organizzatori parlano di corteo pacifico. Ma l'imponente servizio di sicurezza è stato messo in allarme. (9 luglio 2009

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C'ERA UNA VOLTA IL G8 (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cesare Martinetti C'ERA UNA VOLTA IL G8 Così irrituale e diverso, tra le montagne scabre dell'Abruzzo e le macerie del terremoto, sciami sismici e sciami di first lady, in un susseguirsi di ciak nei quali più che George Clooney il protagonista assoluto per fisicità e proposta politica è apparso l'ultimo arrivato, Barack Obama, il summit dell'Aquila almeno una sicurezza l'ha regalata: il G8 è morto e con esso il mondo che rappresentava. Cina, India e Brasile sono i protagonisti di quel nuovo mondo che ancora non riesce a scrivere le sue regole ma che già è in grado di bloccare quelle degli altri, ossia quel vecchio mondo che si specchiava nella tradizionale riunione dei suoi leader, una volta all'anno intorno ad un piccolo tavolo tondo, come un circolo del bridge. Lo chiamavano il club dei Paesi più industrializzati. La plastica dimostrazione di questo nuovo ordine si è vista ieri all'Aquila dove, pur assente, il cinese Hu Jintao, in tacito accordo con l'indiano Manmohan Singh, ha di fatto svuotato l'accordo sul clima. C'è l'intesa sul contenimento del riscaldamento globale (non più di 2 gradi oltre la temperatura media mondiale dell'era preindustriale), non quella sulla riduzione dei gas serra. Equesto perché Cina e India, i due maggiori Paesi emergenti, entrati in ritardo nell'era industriale, reclamano la loro quota di inquinamento per crescere. La contropartita in denaro e in tecnologie (possibilmente «green») offerte dai vecchi inquinatori non è stata ancora sufficiente. Il leader cinese, rientrato precipitosamente in patria per seguire da vicino la rivolta feroce e misteriosa dello Xinjiang e disinnescare il rischio di una nuova Tienanmen, ha comunque buttato sul tavolo del G8 un macigno che i vecchi grandi non hanno potuto eludere. Eppure Obama ce l'ha messa tutta. Ha riposizionato l'America sullo schema europeo che Bush aveva rifiutato sui tagli delle emissioni e ottenuto il consenso sul non superamento di 2 gradi, un «consenso storico», ha detto il presidente Usa. Ma Cina e India hanno resistito. Appuntamento a fine anno a Copenhagen, nuovo meeting, nuovo giro, diplomazie già al lavoro, tentativo di governo globale delle cose difficile, nuovo e vecchio mondo di nuovo a confronto. Davvero i cinesi si prenderanno la responsabilità di bloccare un accordo globale? L'impressione è che, sparate le cartucce sul tavolo dell'Aquila, la prossima manche sia a due (lo chiameremo G2?) tra Cina e Stati Uniti, Hu e Obama. L'appuntamento è già previsto in settembre, in questo momento il presidente americano sembra in vantaggio. È la formula G8 che è apparsa ormai completamente inadeguata a rappresentare un indirizzo nel governo del mondo e, meno che mai, un organismo efficace. Nato negli Anni Settanta come G5 (Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti) il club divenne G6 con l'ingresso dell'Italia e poi G7 con l'arrivo del Canada. La formula prevedeva il semplice incontro tra i sette capi di Stato e di governo intorno a un tavolo per un libero scambio di opinioni: sette leader e nessun altro. Caduta l'Urss, venne aggiunto un posto alla tavola, sebbene mai a pieno titolo, per Boris Eltsin, presidente della nuova Russia. Ma se proprio si deve cercare un volto nuovo per rappresentare il nuovo corso di questo G8 definitivamente superato, assente l'enigmatico Hu, potremmo scegliere il sorriso di Luis Ignacio Lula, presidente del Brasile, arrivato all'Aquila con la maglia di un giocatore della Seleçao che dieci giorni fa ha battuto gli Usa nella Confederations Cup. Un dono molto simbolico per mister Obama e i suoi soci di G8. Quello che conta è ormai il nuovo G5 che s'è formato vicino al vecchio club: Cina, India, Brasile, Sud Africa, Messico. Ad esso, su spinta italiana, va aggiunto l'Egitto per arrivare al G14 che si è ufficialmente deciso affiancherà e seguirà il G8. «Non possiamo certo venire soltanto per un caffè - ha detto Lula ieri in un'intervista a Le Monde -. Sarebbe il caffè più caro del mondo...». Il presidente brasiliano auspicava l'ingresso stabile del «Bric» (Brasile, Russia, India, Cina) e si può dire che l'abbia acquisito. Ma intanto si sa che il consesso più rappresentativo e che si è dimostrato più efficace nel confronto sulla crisi finanziaria dei mesi scorsi è il G20, nato invece in ambito anglosassone, voluto prima da George W. Bush e poi da Gordon Brown che l'ha riunito a Londra a inizio anno. Per arrivare a questa ultima formula, ai quattordici del G14, vanno aggiunte: Spagna, Australia, Corea del Sud, Indonesia, Polonia e Olanda. Sarà qui che l'Occidente incontrerà il nuovo mondo nel tentativo di trovare un nuovo ordine nel caos multilaterale del mondo globale. All'Aquila, dove l'Italia ha mostrato insieme le sue risorse e tutte le sue fragilità, dove Silvio Berlusconi è politicamente risorto, il G8 è forse definitivamente morto.

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Accordo sul clima Sì degli emergenti (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Accordo sul clima Sì degli emergenti [FIRMA]ROBERTO GIOVANNINI INVIATO ALL'AQUILA Dal 1880 la temperatura media del pianeta è aumentata di 0,8 gradi centigradi. I 15 Paesi più importanti della Terra, i membri del Major Economies Forum, hanno appena firmato una dichiarazione che li impegna ad agire, concretamente, perché questo aumento non superi i 2 gradi, evitando un collasso ecologico. Per la prima volta - non era mai successo - sono tutti d'accordo, i Paesi ricchi del G8, Stati Uniti e Russia compresi, e i Paesi emergenti e in sviluppo come India, Cina e Brasile, Qui all'Aquila i leader di Australia, Brasile, Canada, Cina, Unione Europea, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Sud Africa, Gran Bretagna e Stati Uniti d'America hanno scritto, nero su bianco, che «il cambiamento climatico è una delle sfide più grandi della nostra epoca». Che riconoscono «il punto di vista della comunità scientifica secondo cui l'aumento medio della temperatura media globale rispetto all'era pre-industriale non deve eccedere i due gradi centigradi». Che si impegnano perché alla conferenza Onu di Copenaghen sul clima, a dicembre, sia indicato «un obiettivo globale di sostanziale riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2050». Mercoledì i G8 avevano fissato proprio lo stesso obiettivo: non più di 2 gradi di aumento. In più, i Paesi ricchi si erano impegnati a tagliare le loro emissioni di CO2 dell'80% entro il 2050, indicando un obiettivo mondiale di riduzione del 50%. «Traguardi insufficienti», ha accusato il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon, che (come gli ambientalisti) chiede un taglio delle emissioni più veloce e spinto, già con un -40% per il 2020. Ieri, in un durissimo negoziato, i Cinque Paesi emergenti - Cina, India, Brasile, Sud Africa, Messico - hanno minacciato di far saltare l'intesa del MEF. I G5, in testa Cina e l'India, hanno chiesto ai Paesi ricchi - che hanno già scaricato finora nell'atmosfera quasi tutti i 500 miliardi di tonnellate di gas serra diffusi in era industriale - di cominciare loro. Siano i ricchi, dicono i G5, a stabilire per le loro economie impegni di riduzione a breve e medio termine; e soprattutto contribuiscano con finanziamenti e trasferimenti di tecnologie alla riconversione «low carbon» delle economie dei Paesi in via di sviluppo, che cominciano a produrre molta CO2, ma cui non si può chiedere di fare la fame per salvare il pianeta. Una richiesta respinta, almeno per ora, dai G8. Ne è scaturito un compromesso «virtuoso»: tutti i MEF concordano sull'obiettivo dei 2 gradi; ovvero, evitare di sprigionare gli altri 500 miliardi di tonnellate di CO2 che produrrebbero una catastrofe ambientale. Ma sul come raggiungerlo (tempi, scadenze, risorse) si tratterà negli appuntamenti dei prossimi mesi, fino al vertice Onu di Copenaghen. Di qui a dicembre si potrà capire se qui all'Aquila si è vissuta una giornata storica o è stata l'ennesima occasione perduta. Barack Obama non ha dubbi: «Certo molto resta da fare, ma oggi abbiamo raggiunto un consenso storico». Pochi dubitano che la svolta sia dipesa proprio dalla nuova politica Usa: con George W. Bush negavano il problema, ma «questi tempi - ha detto - sono finiti». Sarà vero? Gli esperti del think tank britannico climatico avvertono che molto dipenderà dal Senato Usa: se non approveranno il «climate bill» del presidente, c'è il rischio di vanificare tutto. Cautamente soddisfatti anche gli ambientalisti: «Qualche progresso è stato fatto - dice il Wwf - ma i leader delle nazioni industrializzate non hanno ancora fatto il passo sostanziale», mentre ActionAid parla di «una montagna da scalare».

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l'appello e la delusione di obama "problema immenso, dobbiamo fare di più" - alberto flores d'arcais (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 2 - Esteri Il presidente Usa: il mio Paese ha cambiato atteggiamento sui problemi ambientali ma dobbiamo agire tutti insieme L´appello e la delusione di Obama "Problema immenso, dobbiamo fare di più" "Spesso in passato l´America non si è fatta carico delle proprie responsabilità ma vi dico chiaramente che quei tempi sono finiti" E a conclusione oggi visita in Vaticano per incontrare papa Benedetto XVI le cui parole "hanno un profondo effetto in tutto il mondo" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato L´AQUILA - «Lasciatemi fare una sintesi. Abbiamo fatto una buona partenza, ma sono il primo a sapere che su questo tema fare progressi non sarà facile». L´auditorium della caserma di Coppito è pieno, le telecamere sono accese, i giornalisti di ogni parte del mondo sono qui tutti per lui e Barack Obama spiega l´accordo sul clima raggiunto al G8: «E´ la sfida centrale. Ogni nazione di questo pianeta è a rischio e se nessuna nazione da sola è responsabile per il cambio climatico, nessuna può affrontarla da sola». Una parola in italiano, "buonasera", i ringraziamenti a Berlusconi che ha fatto da co-presidente al Mef (il forum sul clima) poi il discorso. Ottimista, ma senza nascondere i problemi. L´accordo raggiunto non si può certo definire eccezionale, la Cina si sfila, l´Onu si lamenta e il presidente americano ne è consapevole. Ma sa anche che dal più potente leader del pianeta tutti si aspettano parole di speranza e l´uomo del "yes, we can" si sbilancia, «qui all´Aquila abbiamo fatto un significativo numero di passi avanti, al G8 c´è stato uno storico consenso su concreti obiettivi per ridurre le emissioni di gas inquinanti». Critica l´atteggiamento degli Stati Uniti ai tempi di Bush («spesso in passato il mio paese non si è fatto carico delle proprie responsabilità») ma promette che «quei tempi sono finiti, ve lo dico chiaramente». Riconosce le preoccupazioni dei paesi in via di sviluppo - ne aveva discusso nel primo incontro della mattina con il brasiliano Lula - invita i leader del mondo a combattere «le tentazioni del cinismo, a renderci conto che il problema è immenso». Tra i Grandi c´è già l´accordo per raddoppiare gli investimenti nella tecnologia pulita e nella ricerca entro il 2015, nel corso del forum c´è stata una «franca ed aperta discussione» sulle crescenti minacce del "climate change" e anche se nessuno può pensare di «risolvere questo problema in un meeting o in un vertice» occorre trovare una strada comune. Le nazioni più sviluppate hanno la «responsabilità storica» di guidare il cambiamento e Obama rivendica quello che gli Stati Uniti stanno facendo: miliardi di dollari di investimenti per l´energia pulita, la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro a dimostrazione che «non c´è contraddizione tra una crescita ambientale sostenibile e una robusta crescita economica». «Non siamo avanti come altre nazioni» ed anche qui, nella giornata in cui il G8 è stato allargato ai paesi emergenti è stato chiaro che ogni nazione arriva al tavolo «con diversi bisogni, diverse priorità e diversi livelli di sviluppo». «Non è facile superare» queste divergenze, specie in un periodo di crisi economica come quello attuale, ma adesso c´è l´impegno preso dai 17 leader che hanno partecipato al Mef, pronti a ritrovarsi a dicembre a Copenaghen. Non c´è stato solo il clima nella seconda giornata di Obama a Coppito. Il problema Iran è sempre tra i primi punti nell´agenda della Casa Bianca e oltre alla questione nucleare l´amministrazione segue con attenzione quanto sta accadendo a Teheran. Se sul primo punto il G8 resta generico ecco che Obama non fa invece mancare la solidarietà al premier britannico Gordon Brown per il fermo dei dipendenti dell´ambasciata di Londra nella capitale iraniana: «E´ inaccettabile». Con la cena per tutti i leader presenti (con l´aggiunta del presidente Napolitano) arriva anche una stretta di mano che restava in forse. E´ quella tra Obama e il leader libico Gheddafi che incrociano i loro passi mentre premier e presidenti stanno prendendo posto per la tradizionale foto di gruppo. Sono passati 23 anni da quando (Reagan alla Casa Bianca) i caccia dell´Air Force bombardarono Tripoli; adesso a Coppito Gheddafi e Obama si scambiano anche qualche breve parola di saluto. A chiusura del vertice la tappa in Vaticano, importante per la Casa Bianca perlomeno quanto il G8. Il presidente Usa «è estremamente lieto» di poter incontrare il papa, «da tempo cercava questa opportunità» ed è consapevole che le parole di Benedetto XVI «hanno un profondo effetto in tutto il mondo». Chiuso il vertice e visto il papa, Obama parte alla volta del Ghana, primo paese del continente dove è nato suo padre a visitare da presidente. Africa, con tutto ciò che significa. Così oggi, come ultimo atto pubblico nel quadro del G8 Obama annuncerà l´impegno della Casa Bianca verso i paesi in via di sviluppo: un progetto da 15 miliardi di dollari per investimenti agricoli, mirati ad aiutare i piccoli coltivatori.

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getra in cina, investimenti da 40 milioni (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XIII - Napoli Getra in Cina, investimenti da 40 milioni Marco Zigon, presidente del gruppo Getra di Marcianise, l´aveva preannunciato già quattro anni fa: per aggredire i mercati orientali ci vuole una joint venture. Quattro giorni fa, la Getra ha firmato l´accordo con il gruppo cinese Baosheng. Ieri, la presentazione dell´apertura al mercato orientale con un investimento di 40 milioni di euro. L´azienda casertana è leader europeo nella produzione e manutenzione di trasformatori elettrici. Ed è una delle prime imprese del Sud a creare una joint venture con la Cina. «Abbiamo calcolato un investimento di massima - conferma il presidente Marco Zigon - ma siamo sicuri che, quando partirà la costruzione dello stabilimento cinese, l´impegno aumenterà. Si parla di un fabbisogno in crescita esponenziale». L´inizio dei lavori nella regione del Baohing è previsto per dicembre ma nell´attesa cambia l´assetto societario e si lavora all´ampliamento dello stabilimento di Marcianise e alla costruzione di una nuova succursale a Pignataro. «La Getra è una delle pochissime imprese meridionali - commenta il vice ministro allo Sviluppo Economico Adolfo Urso - che ha accettato la sfida della globalizzazione». L´azienda non è nuova ai mercati internazionali. Già da qualche anno fornisce infrastrutture per l´energia elettrica in Africa, America e Medio Oriente, oltre all´Europa. Dopo l´annuncio della joint venture si è tenuta una tavola rotonda a cui hanno partecipato l´onorevole Adolfo Urso, l´ad di Terna Flavio Cattaneo, il presidente Anie Guidalberto Guidi, il managing director Rothschild Chicco Testa e il presidente di A2A Giuliano Zuccoli. (tiziana cozzi)

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big della finanza più cina, meno usa sono 10 le italiane (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 35 - Economia Global market Big della finanza più Cina, meno Usa sono 10 le italiane Quest´anno 50-60 banche russe potrebbero vedersi revocare la propria licenza e potremmo dover applicare il pacchetto di salvataggio ad altre 15-20 NEW YORK - Con 458 miliardi di dollari di entrate, il colosso petrolifero anglo-olandese Royal Dutch Shell guida la nuova hit-parade delle 500 maggiori società mondiali compilata dalla rivista Fortune. Al secondo posto la ExxonMobil, al terzo WalMart, che è stata così spodestata dal vertice. Ma la vera novità di quest´anno è la forte riduzione dei gruppi americani in classifica (140, il minimo da quando viene pubblicata la lista) e il forte aumento di quelli cinesi, che, guidati da Sinopec, sono ormai 37, a ridosso dei giapponesi (68), francesi (40) e tedeschi (39). I gruppi italiani dell´elenco sono 10, con l´Eni al 17mo posto delle 500 top aziende globali, seguita più in basso dalle Generali (numero 47), UniCredit (58), Enel (62), Fiat (64), IntesaSanPaolo (137), Telecom (166), Poste Italiane (339), Finmeccanica (399) e la Premafin Finanziaria (492), che è anche l´unica guidata da una donna: Giulia Maria Ligresti. Arturo Zampaglione [Terzo polo non generalista] MILANO - L´autunno potrebbe essere decisivo per il futuro del gruppo Telecom Italia Media, controllante di La7 e Mtv. All´interno del cda, infatti, è sempre più forte il partito di coloro che vorrebbero cedere a qualcuno tutte le attività. Per adesso il vicepresidente Stella si è limitato a raccogliere le manifestazioni d´interesse per le infrastrutture dell´analogico, con la cui vendita si potrebbe abbattere l´indebitamento. Ma rimarrebbe il problema di come far tornare i conti nella tv che con il 3-3,5% di share non raccoglie sufficiente pubblicità a coprire i costi. Difficile però trovare qualcuno che abbia soldi e idee per raccogliere il testimone. Sky Italia è bloccata dall´antitrust fino al 2012 e poi sta ottenendo ottimi risultati dal mondo della pay tv. Forse l´unica soluzione sarebbe una cordata di investitori finanziari con un socio industriale che abbia intenzione di lanciare diversi canali tematici sul digitale terrestre. Sempre che dietro alla cordata non compaia ancora una volta l´ombra di Berlusconi. Giovanni Pons

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Gas serra non resta che l'Onu (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Gas serra non resta che l'Onu G8, un club privato L'intesa sul clima raggiunto dal G8 non è stata accettata dal G14. La Cina si sfila. E tutti rimandano a Copenaghen dove in dicembre la discussione cesserà di essere informale e diventerà istituzionale: nell'ambito delle Nazioni Unite e di una Convenzione - quella sui cambiamenti del clima - che ha il valore di una legge quadro internazionale. La Cina e altri paesi emergenti riconoscono il principio di cercare di limitare entro i due gradi l'aumento della temperatura media del pianeta da qui a fine secolo. Ma non accettano - non ora, almeno - limiti stringenti alle loro emissioni di gas serra. E ricordano che i paesi a economia matura sono responsabili per l'80% delle "emissioni storiche". Ma il rifiuto riguarda soprattutto il metodo. La Cina e molti paesi emergenti non accettano che sia un club di privati - il G8 - decidere per tutti. Non accettano neppure se il G8 lenisce questo atto di arroganza e presenta la sua decisione a un altro club di amici, il G14. Barack Obama in pochi mesi ha sparigliato le carte sulla questione del clima, che molti (compresi i servizi segreti americani) considerano la peggiore minaccia per la sicurezza del pianeta (e degli stessi Usa) in questo secolo. Lo ha fatto ribaltando due posizioni giudicate irrinunciabili da Bush: accettando vincoli precisi alle emissioni Usa (- 17% entro il 2020) e negoziati multilaterali per le riduzioni globali. Nel primo caso ha già fatto approvare una legge dal Congresso (ora è in attesa al Senato). Nel secondo la via maestra è una sola: il negoziato in sede di Nazioni Unite. Ogni altra scorciatoia sarebbe un vicolo cieco.

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La Cina gela Obama No al patto sul clima (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Cina gela Obama No al patto sul clima UMBERTO DE GIOVANNANGELI «L'accordo sul clima raggiunto ieri (mercoledì, ndr) dal G8 sui cambiamenti climatici non vincola la Cina, che ritiene fondamentale la necessità per i Paesi sviluppati di prendere in seria considerazione le diverse condizioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.... Tutte le strade intraprese senza la partecipazione dei Paesi emergenti sono inutili e prive di efficacia...». MURAGLIA CINESE È rimasta in silenzio due giorni dopo il rientro in patria del suo presidente Hu Jintao per la crisi dei massacri nello Xingjang terra natia della minoranza etnica degli uiguri. Ma ieri la Cina orfana all'Aquila del presidente si è fatta sentire al vertice del G8+G5 più Egitto,con tutto il peso della sua forza di colosso emergente della politica, dell'economia e della finanza mondiali. A parlare davanti ai Grandi presieduti dal primo ministro italiano Silvio Berlusconi il consigliere di Stato Dai Bingguo, voce di Hu. A spiegare ai giornalisti i suoi messaggi il direttore generale del servizio stampa e informazione del ministero degli esteri di Pechino Ma Daoxu, giovane diplomatico di carriera. La Cina frena. E a suo fianco si schierano India e Brasile. Il messaggio è chiaro. Lapidario: Pechino (e sia pur con sfumature diverse, i suoi potenti alleati) non si sente vincolata dagli accordi sul clima partoriti dagli Otto Grandi di un G8 piccolo piccolo. Nella super blindata L'Aquila, ieri è stato il giorno dell'approvazione dell'Agenda globale sulle regole anticrisi e del Mef: il G8, il G5 (Sudafrica, Brasile, Cina, India e Messico), e, ancora, Corea del Sud, Australia e Indonesia. I sostenitori del «buon esito», mettono in evidenza che nel documento finale è stata riconosciuta, «l'opinione scientifica secondo la quale l'incremento della temperatura media globale al di sopra dei livelli pre-industriali non dovrebbe eccedere i due gradi Celsius». Una intesa che, però, rimanda a ulteriori negoziati, prima della Conferenza di Copenaghen dell'Onu sui cambiamenti climatici, l'identificazione di un «obiettivo globale per una riduzione sostanziale delle emissioni entro il 2050». Una intesa da cercare fortemente, hanno convenuto i Paesi del Mef, affinché si facciano «tutti gli sforzi possibili per raggiungere un accordo a Copenaghen». OBAMA IN CAMPO Per scongiurare un clamoroso fallimento, Barack Obama ha dovuto spendere la sua autorità e il suo carisma personale. Il risultato è un accordo a metà con Cina e India: intesa sul limite di 2 gradi di aumento della temperatura, non sul taglio delle emissioni entro il 2050. All'Aquila sono stati fatti «passi avanti importanti» nella lotta al cambiamento climatico e al surriscaldamento del pianeta, rileva il presidente Usa nella conferenza stampa con il premier italiano Berlusconi dopo la riunione del Major Economies Forum. «I Paesi industrializzati come il mio hanno una responsabilità storica, dobbiamo dare l'esempio» in materia di ecosostenibilità e attenzione al clima - rimarca Obama: «So che gli Usa - aggiunge - spesso nel passato non hanno rispettato le proprie responsabilità ma quei giorni sono finiti». SFIDA EPOCALE Sul clima, insiste il capo della Casa Bianca, «siamo partiti bene, anche se i progressi futuri non saranno facili». È un Obama ispirato e preoccupato quello che incontra i giornalisti: «La salute del nostro pianeta è a rischio, bisogna agire», insiste il presidente Usa, che invita i Paesi industrializzati a «resistere alla tentazione di essere cinici» e non pensare «che il problema sia così ampio da impedire passi significativi». «Dobbiamo dare forma al nostro futuro e non lasciare che gli eventi lo facciano per noi»: è il messaggio lanciato da Obama. Che annuncia: c'è un accordo tra i Grandi del mondo per raddoppiare gli investimenti nella tecnologia pulita e nella ricerca entro il 2015. «Non ci sono contraddizioni tra un'economia ecosostenibile e una crescita economica robusta e solida». È la sfida «verde» di Obama. Una sfida che si scontra con il Gigante cinese. E il cinismo, tutt'altro che sconfitto, dell'Occidente. Gli 8 Grandi fanno i conti con il Gigante cinese e i suoi alleati. Il presidente Usa scende in campo ed evita il fallimento: intesa sul limite di 2 gradi di aumento della temperatura, non sul taglio emissioni entro il 2050.

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L'accordo sul clima raggiunto ieri (mercoledì, ndr) dal G8 sui cambiamenti c... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

«L'accordo sul clima raggiunto ieri (mercoledì, ndr) dal G8 sui cambiamenti climatici non vincola la Cina, che ritiene fondamentale la necessità per i Paesi sviluppati di prendere in seria considerazione le diverse condizioni dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.... Tutte le strade intraprese senza la partecipazione dei Paesi emergenti sono inutili e prive di efficacia...». MURAGLIA CINESE È rimasta in silenzio due giorni dopo il rientro in patria del suo presidente Hu Jintao per la crisi dei massacri nello Xingjang terra natia della minoranza etnica degli uiguri. Ma ieri la Cina orfana all'Aquila del presidente si è fatta sentire al vertice del G8+G5 più Egitto,con tutto il peso della sua forza di colosso emergente della politica, dell'economia e della finanza mondiali. A parlare davanti ai Grandi presieduti dal primo ministro italiano Silvio Berlusconi il consigliere di Stato Dai Bingguo, voce di Hu. A spiegare ai giornalisti i suoi messaggi il direttore generale del servizio stampa e informazione del ministero degli esteri di Pechino Ma Daoxu, giovane diplomatico di carriera. La Cina frena. E a suo fianco si schierano India e Brasile. Il messaggio è chiaro. Lapidario: Pechino (e sia pur con sfumature diverse, i suoi potenti alleati) non si sente vincolata dagli accordi sul clima partoriti dagli Otto Grandi di un G8 piccolo piccolo. Nella super blindata L'Aquila, ieri è stato il giorno dell'approvazione dell'Agenda globale sulle regole anticrisi e del Mef: il G8, il G5 (Sudafrica, Brasile, Cina, India e Messico), e, ancora, Corea del Sud, Australia e Indonesia. I sostenitori del «buon esito», mettono in evidenza che nel documento finale è stata riconosciuta, «l'opinione scientifica secondo la quale l'incremento della temperatura media globale al di sopra dei livelli pre-industriali non dovrebbe eccedere i due gradi Celsius». Una intesa che, però, rimanda a ulteriori negoziati, prima della Conferenza di Copenaghen dell'Onu sui cambiamenti climatici, l'identificazione di un «obiettivo globale per una riduzione sostanziale delle emissioni entro il 2050». Una intesa da cercare fortemente, hanno convenuto i Paesi del Mef, affinché si facciano «tutti gli sforzi possibili per raggiungere un accordo a Copenaghen». OBAMA IN CAMPO Per scongiurare un clamoroso fallimento, Barack Obama ha dovuto spendere la sua autorità e il suo carisma personale. Il risultato è un accordo a metà con Cina e India: intesa sul limite di 2 gradi di aumento della temperatura, non sul taglio delle emissioni entro il 2050. All'Aquila sono stati fatti «passi avanti importanti» nella lotta al cambiamento climatico e al surriscaldamento del pianeta, rileva il presidente Usa nella conferenza stampa con il premier italiano Berlusconi dopo la riunione del Major Economies Forum. «I Paesi industrializzati come il mio hanno una responsabilità storica, dobbiamo dare l'esempio» in materia di ecosostenibilità e attenzione al clima - rimarca Obama: «So che gli Usa - aggiunge - spesso nel passato non hanno rispettato le proprie responsabilità ma quei giorni sono finiti». SFIDA EPOCALE Sul clima, insiste il capo della Casa Bianca, «siamo partiti bene, anche se i progressi futuri non saranno facili». È un Obama ispirato e preoccupato quello che incontra i giornalisti: «La salute del nostro pianeta è a rischio, bisogna agire», insiste il presidente Usa, che invita i Paesi industrializzati a «resistere alla tentazione di essere cinici» e non pensare «che il problema sia così ampio da impedire passi significativi». «Dobbiamo dare forma al nostro futuro e non lasciare che gli eventi lo facciano per noi»: è il messaggio lanciato da Obama. Che annuncia: c'è un accordo tra i Grandi del mondo per raddoppiare gli investimenti nella tecnologia pulita e nella ricerca entro il 2015. «Non ci sono contraddizioni tra un'economia ecosostenibile e una crescita economica robusta e solida». È la sfida «verde» di Obama. Una sfida che si scontra con il Gigante cinese. E il cinismo, tutt'altro che sconfitto, dell'Occidente.

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La Nano di Tata ritarda il debutto (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-10 - pag: 39 autore: In India 200mila prenotazioni per la vettura - Entro quattro anni il lancio in Europa La Nano di Tata ritarda il debutto Mara Monti MILANO Ci vorranno ancora due o tre mesi per la prima consegna della nuova Nano, l'auto low cost della indiana Tata . La vettura doveva vedere la luce entro luglio, ma la scadenza è stata posticipata. Finora in India sono state raccolte prenotazioni per 200mila auto e a regime si prevede che la capacità produttiva annua possa arrivare a 500mila vetture. «Non ho alcun dubbio che Nano avrà successo in quanto copre un segmento di mercato finora trascurato», ha spiegato Raju Bhinge, amministratore delegato di Tata Strategic Management Group, nella tappa milanese del road show europeo per presentare la jv tra la sua società e Roland Berger Strategy Consultants. Per il lancio sul mercato europeo dell'auto più economica al mondo (2.500 dollari), Euro 4, bisognerà attendere almeno tre o quattro anni, mentre in Nigeria la commercializzazione inizierà già dal 2010. Su Fiat, Bhinge ha commentato che il gruppo, grazie anche alla partnership con Tata, «sta ricostruendo l'immagine del brand, colpito da problemi di qualità e da una rete distributiva insufficiente». Il mercato dell'auto indiano, che nell'esercizio 2009- 2010 dovrebbe salire leggermente del 2-3% dagli attuali 1,2 milioni di vetture raggiunte lo scorso anno, resta fortemente saldo per il 60% nelle mani della giapponese Suzuki. Proprio nel settore auto, secondo il manager della Tata, la Cina e l'India stanno crescendo rapidamente e «nel giro di poco tempo potrebbero diventare player mondiali». Nonostante la crisi economica mondiale, per l'India si prevede quest'anno una crescita del Pil pari al 6%, un dato che nei due esercizi successivi dovrebbe aumentare rispettivamente all'8% e all'8,5 per cento. Per il manager della Tata, l'India, la maggiore democrazia al mondo, è al quarto posto per potere di acquisto per persona dietro a Usa, Cina e Giappone. La capacità di resistenza alla crisi da parte dell'economia del paese risiede nel fatto che l'export rappresenta solo il 16% del Pil, mentre i risparmi coprono il 35%, una percentuale in continua crescita negli ultimi decenni, mentre i consumi privati rappresentano il 56 per cento. Il paese è vittima di forti contrasti con un reddito medio pari a 1.010 dollari l'anno e il 22% della popolazione sotto la soglia di povertà, mentre le infrastrutture restano di gran lunga inadeguate. Il costo del lavoro di un dipendente di una grande industria si aggira infine intorno ai 400 dollari al mese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Speciale Omnibus (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI GIUSTIZIA data: 2009-07-10 - pag: 35 autore: TV A CURA DI LUIGI PAINI Speciale Omnibus LA 7 21.10 Antonello Piroso ricorda l'avvocato Giorgio Ambrosoli (nella foto), ucciso a Milano nel 1979; segue alle 21,10 il film «Un eroe borghese» Da non perdere RAIDUE 14,30 Ciclismo: Tour de France. Fasi finali e arrivo della settima tappa della "Grande Boucle", da Barcellona ad Arcalis, nel minuscolo stato di Andorra. RAITRE 20,30 Atletica leggera: Golden Gala. Atleti "stellari" alla 29ª edizione della manifestazione che si tiene all'Olimpico di Roma: fra i molti, Tayson Gay, Asafa Powell, Blanka Vlasic e Yelena Isimbayeva. RAIUNO 23,30 Pianeta Terra. Meraviglie del nostro pianeta: la spettacolare serie della Bbc prosegue con una puntata dedicata ai paesaggi desertici. RAITRE 0,05 Sfide. Ritratto di Zlatan Ibrahimovic: il campione svedese racconta in un'intervista esclusiva la sua folgorante carriera calcistica. Attualità RAIDUE 23,05 Il grande gioco. La lotta dell'Occidente per il controllo della ricchezza mondiale, il suo strapotere e la sua decadenza: Pietrangelo Buttafuoco ne discute con Stefania Prestigiacomo, Lucia Annunziata e Francesco Merlo. RAITRE 1,05 Big. Renzo Arbore parla con Annalisa Bruchi e Silvia Tortora dei suoi esordi, amori e scommesse lavorative. Spettacolo STUDIO UNIVERSAL 21,00 Boyz'n the hood, di John Singleton, con Ice Vube, Usa 1992 (107'). Provateci voi a vivere nel ghetto nero di Los Angeles... SKY CINEMA CLASSICS 21,00 Né onore né gloria , di Mark Robson, con Anthony Quinn, Usa 1966 (128'). Dall'Indocina ad Algeri: un ufficiale paracadutista dell'esercito francese non conosce la parola pace. ITALIA 1 21,10 Fico+Fico Show. Bruno Arena e Max Cavallari, meglio conosciuti con il nome d'arte di Fichi d'India, presentano il meglio del loro repertorio comico. RETE 4 21,10 Facile preda, di Andrew Sipes, con Cindy Crawford, Usa 1995 (91'). La bella donna avvocato è nel mirino: c'è qualcuno che le vuole fare la pelle. RETE 4 23,10 Conan il distruttore, di Richard Fleischer, con Arnold Schwarzenegger, Usa 1983 (103'). Quando si scatena Schwarzy... LA 7 23,25 Verso sera, di Francesca Archibugi, con Marcello Mastroianni, Sandrine Bonnaire, Italia 1990 (99'). Nonno, nuora e nipotina: rapporti difficili, mentre incombono gli anni di piombo. RAITRE 1,40 Fuori orario. I "film rari" scelti da Enrico Ghezzi sono il documentario "He Fengming" ( Cina 2008), di Wang Bing, e il muto "Aelita" (Urss 1924),di Jakov Protazanov.

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Subito il piano di aiuti all'Africa (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-10 - pag: 8 autore: Subito il piano di aiuti all'Africa Risorse per 15 miliardi di dollari - L'Ifad: svolta sulla sicurezza alimentare Alessandro Merli L'AQUILA. Dal nostro inviato Il G-8 si prepara ad approvare oggi un'iniziativa per garantire la sicurezza alimentare nei paesi poveri, molti dei quali in Africa, particolarmente colpiti dalla crisi dello scorso anno causata dal boom dei prezzi delle materie prime agricole. Le risorse, fino a 15 miliardi di dollari (10-15, ha detto ieri in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi) serviranno fra l'altro a fornire agli agricoltori locali risorse per l'acquisto di sementi, fertilizzanti e macchine agricole. L'iniziativa – che verrà annunciata oggi in occasione dell'incontro con i leader africani – è stata fortemente voluta dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che, fin dal suo insediamento, ha dato mandato ai suoi collaboratori di spingerne l'attuazione. Gli stessi Usa dovrebbero fornire fra i 3 e i 4 miliardi di dollari, anche se un portavoce della Casa bianca ha detto ieri di non poter ancora confermare la cifra. «Il mondo – ha detto ieri a L'Aquila in un'intervista al Sole 24 Ore, il nigeriano Kanayo Nwanze, presidente dell'Ifad, l'organismo delle Nazioni Unite che promuove l'agricoltura nei paesi poveri - ha visto lo scorso anno le gravissime conseguenze della crisi alimentare, cui si sono sommate quelle della crisi finanziaria. Oltre un milione di persone, uno su sei degli abitanti del pianeta, oggi soffre la fame. Il G-8 dell'Aquila rappresenta un punto di svolta, perché riconosce le lacune dell'approccio adottato negli ultimi 25 anni, nei quali si è puntato sugli aiuti alimentari e si sono ridotti gli investimenti in agricoltura. Una sicurezza alimentare sostenibile dipende invece dagli investimenti nella produzione agricola nei paesi in via di sviluppo». All'iniziativa contribuiranno inizialmente, oltre agli Usa, gli altri paesi del G-8. L'Italia farà la sua parte, ha assicurato Berlusconi. Ma c'è l'intenzione di coinvolgere non solo altri paesi, ma anche fondazioni e settore privato. La crisi dell'anno scorso ha sollevato preoccupazioni anche di carattere politico, in quanto in diversi paesi la mancanza di cibo ha provocato rivolte popolari e in qualche caso il rovesciamento dei governi in carica. Maggiori investimenti in agricoltura, secondo il presidente dell'Ifad, che interverrà oggi al summit, serviranno a rendere i paesi poveri meno dipendenti dagli aiuti alimentari dei paesi ricchi, ma anche a sostenersi gli uni gli altri. «Paesi come il Malawi e l'Uganda – dice Nwanze – hanno già contribuito a rifornire di derrate alimentari la Somalia e altri attraverso il Programma alimentare mondiale » . L'Ifad, che si occupa tra l'altro della promozione della piccola agricoltura per alleviare la povertà nelle zone rurale, ha appena completato un rifinanziamento delle proprie risorse, con un aumento da 750 milioni di dollari a 1,2 miliardi di dollari l'anno per il triennio 2010-2012. «Con queste risorse – dice il presidente dell'istituzione Onu, che ha sede a Roma – dovremmo essere in grado di mobilitare investimenti complessivi per 7,5 miliardi di dollari circa. Sono cifre importanti, considerando che nei primi 30 anni di vita, l'Ifad ha investito 11 miliardi di dollari di suo, catalizzando investimenti di altri per 17 miliardi in cofinanziamento. Espanderemo il nostro portafoglio di interventi e la nostra presenza nei paesi e potremo finanziare programmi più grandi». Sul fronte dell'agricoltura nei paesi in via di sviluppo, è emersa anche, a margine del vertice dell'Aquila, la preoccupazione, espressa soprattutto da Ue e Giappone, per gli imponenti acquisti di terreni agricoli, compiuti da Cina, altri paesi asiatici e paesi del Golfo soprattutto in Africa e America latina. Secondo alcune stime, questo acquisti avrebbero raggiunto i 15-20 milioni di ettari già acquistati o in fase di acquisto. Una delle ipotesi allo studio è la creazione di un codice di condotta per gli acquirenti, anche se non è chiaro come questo possa essere fatto rispettare. Il premier Silvio Berlusconi ha annunciato ieri che l'Italia verserà la propria quota per il 2009 – pari a 130 milioni di euro – al Fondo globale contro Aids, tubercolosi e malaria di 130 milioni di euro per il 2009. Non solo: il governo metterà a disposizione 30 milioni di dollari aggiuntivi per ripianare il deficit di bilancio del fondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ORGANISMO ONU Il presidente Nwanze: riconosciuto il fallimento dei vecchi soccorsi, si punta agli investimenti nella produzione agricola

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Serve una risposta alla crisi, ma il G8 si ferma al 2 percento (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Serve una risposta alla crisi, ma il G8 si ferma al 2 percento Gianfranco Bologna * Mancano 149 giorni all'inizio del vertice sui Cambiamenti Climatici a Copenaghen e i passi fatti in questi giorni all'Aquila nelle riunioni del G8 e del Mef (Major Economies Forum) sono, ancora una volta, contradditori. A Copenaghen c'è la reale possibilità di dare una prima risposta integrata al mix di crisi che sta sconvolgendo il mondo moderno: la crisi ambientale e climatica, quella economico-finanziaria, e quella dell'intero modello di sviluppo basato sulla continua e progressiva crescita materiale e quantitativa delle società umane, che ha condotto le economie di tutto il mondo a passare dai 6.600 miliardi di dollari del prodotto globale lordo agli oltre 72.000 miliardi attuali (come ricorda Vital Signs 2009 del Worldwatch Institute). E' possibile imboccare una nuova strada per un'economia che dovrà, al più presto, uscire dall'uso indiscriminato di risorse non rinnovabili come i combustibili fossili, su cui è basato il mondo moderno, e passare a un'economia de-carbonizzata. E' una sfida epocale: tra il 1990 e il 2000 le emissioni globali sono state circa 40 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti l'anno, oggi superano i 50 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti. Dimezzare il livello di emissioni per il 2050 rispetto al 1990 significa dunque scendere a 20 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti l'anno. E questo si può fare solo indicando un percorso a tappe che scandisca impegni intermedi molto chiari: affermare, come ha fatto il G8 all'Aquila, che si tagliano del 50% le emissioni entro il 2050, e però si rinviano gli impegni immediati, vuol dire rimandare il problema. Servono impegni chiari di riduzione e una tempistica esplicita. Le emissioni pro capite a livello mondiale (tenendo ovviamente conto della crescita della popolazione) sono state, fra il 1990 e il 2000, pari a 7-7,5 tonnellate all'anno, e oggi sono vicine a 8 tonnellate all'anno. Verso la metà del secolo, quando la popolazione, secondo i Population Prospect delle Nazioni Unite, sarà più di 9 miliardi, l'obiettivo indicato per il 2050 corrisponderebbe a circa 2 tonnellate pro capite all'anno. E' chiaro che ridurre le emissioni da 7-8 a 2 tonnellate pro capite all'anno è una sfida: ma va affrontata, perché non abbiamo alternative. Le 7-8 tonnellate pro capite l'anno di oggi rappresentano la media globale, ma gli scostamenti tra paesi sono notevoli. In Usa, Canada e Australia le emissioni sono circa 20 tonnellate pro capite l'anno, in Europa e in Giappone attorno a 10-12 tonnellate, in Cina oltre 5 tonnellate, in India sotto le 2 tonnellate e in gran parte dell'Africa sub-sahariana sotto la tonnellata l'anno. Da qui a Copenaghen occorre un impegno molto più chiaro e netto. Che i leader del G8 abbiano concordato sull'importanza di mantenere la temperatura sotto i 2°C superiore alla temperatura presente in era preindustriale è un buon riconoscimento a quanto la comunità scientifica sta documentando da diversi anni. Ma la declamazione non può prescindere da azioni concrete. Non solo: mentre si sottoscrivono documenti come questo, il nostro paese approva un ddl sullo sviluppo che rilancia l'opzione nucleare e non si concentra invece su energie rinnovabili, efficienza e risparmio, ambiti in cui si gioca la nuova rivoluzione industriale, con tanti paesi che ormai ci sorpassano in innovazione, competitività e, quindi, capacità di futuro. L'obiettivo di restare sotto i 2°C di aumento della temperatura si riferisce a quanto la comunità scientifica è stata sinora in grado di verificare: se non manteniamo la concentrazione di CO2 nella composizione chimica dell'atmosfera tra 400 e 450 ppm (parti per milione di volume), i rischi potrebbero essere altissimi. Il problema è che il nostro punto di partenza sono le attuali 430 ppm di CO2 equivalenti a cui aggiungiamo, con le nostre emissioni, almeno 2,5 ppm ogni anno, anche queste in aumento. Poco prima del G8 è stato reso noto il rapporto di sintesi della più grande conferenza scientifica sul cambiamento climatico tenuta dopo la pubblicazione del quarto ed ultimo rapporto dell'Intergovernamental Panel on Climate Change (Ipcc) nel 2007. Oltre 2.500 scienziati riuniti proprio a Copenaghen hanno sottolineato l'accelerazione del cambiamento climatico (dall'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera alla riduzione della «cattura» di CO2 da parte dei «serbatoi» naturali - oceani, suolo e foreste -, all'incremento della fusione dei ghiacci polari ai processi degenerativi nelle foreste) e gli effetti sempre più riscontrabili che ne derivano. Il processo verso Copenaghen è ancora faticoso. C'è però la possibilità concreta di accelerarlo, e dei segnali ci sono, anche se ancora flebili. Come ha più volte ricordato Lester Brown, il grande esperto internazionale della sostenibilità, salvare il pianeta non è uno sport che ammetta spettatori. * Direttore scientifico Wwf Italia

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LA CRISI CHE NON C'È (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

LA CRISI CHE NON C'È Galapagos Nei prossimi mesi «si concretizzeranno effetti avversi ritardati, tra i quali l'ulteriore deterioramento del mercato del lavoro», ha scritto la Bce nel «Bollettino mensile». E gli fa eco il Fmi: la disoccupazione crescerà nel 2010. Nei prossimi 12-18 mesi altri 15 milioni di persone perderanno il posto di lavoro solo nei 30 paesi Ocse. Ma la vita delle persone non è in agenda, al G8 non se ne è discusso. Abbondanti, invece, le dichiarazioni d'intenti: nessuno s'è opposto alla lotta all'inquinamento globale; nessuno è a favore del protezionismo; nessuno ha difeso i paradisi fiscali o è contrario agli aiuti ai paesi poveri dell'Africa; tutti sono per una finanza dai connotati morali. Ma nelle dichiarazioni finali tutto è generico. Solo una cosa è emersa nitidamente: gli Usa - nonostante il carismatico Obama - non sono più i padroni del mondo. Il nuovo antagonista che avanza ha un acronimo che dobbiamo imparare a conoscere bene: Bric. Sigla che sta per Brasile, Russia, India e Cina. Insieme hanno quasi 2,5 miliardi di abitanti, un reddito pro-capite ancora insignificante e una distribuzione dei redditi ancora più infame di quella «nostrana». Ma anche una classe media in espansione che rappresenta un serbatoio per la domanda mondiale di beni di consumo. Insieme hanno la forza di dire no a proposte apparentemente assennate. Tipo quella dell'inquinamento globale che - sostengono - va misurato in termini pro-capite e non globale. La Cina ha esplicitamente affermato di non sentirsi vincolata agli accordi tra Usa e Europa. Di più: questi paesi (in particolare la Cina) stanno mostrando una capacità straordinaria di penetrazione in mercati (come l'Africa) un tempo monopolio dell'imperialismo europeo e Usa. Possono farlo in virtù delle enormi riserve valutarie accumulate negli ultimi anni grazie alle quotazioni delle materie prime, all'ipersfruttamento dei lavoratori, agli stratosferici attivi delle bilance commerciali. Dal dopoguerra in poi nessuno paese è stato in grado con la propria moneta di contrastare il dominio del dollaro che dal '44 ha signoreggiato come moneta internazionale di riserva: sia quando la valuta statunitense volava alto, sia quando si è trattato di pilotarne la discesa verso il basso. Non con una svalutazione, ma con una rivalutazione delle altre monete. Il tutto per preservare il potere d'acquisto del dollaro. Ma ora i paesi del Bric hanno detto basta: lo hanno detto poche settimane fa a Ekaterinburg al termine del primo summit; lo ha ripetuto ieri il portavoce cinese a L'Aquila: il dollaro non può più essere l'unica moneta di riserva mondiale, ma occorre riequilibrare i pesi valutari e di conseguenza i rapporto di cambio. Gli Usa perderanno il beneficio di attirare monete da tutto il mondo, di poter coprire con i flussi valutari, gli enormi disavanzi della bilancia dei pagamenti. Insomma, dovranno adattarsi a essere un paese come gli altri. Ma di questo, oltre che della crisi e delle sue emergenze sociali, al G8 si è taciuto.

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Denaro ce n'è Lavoro (in Usa) no Cina in auto (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

DIARIO DELLA CRISI Denaro ce n'è Lavoro (in Usa) no Cina in auto Galapagos Il petrolio è tornato sotto i 60 dollari al barile. Dopo aver avviato la seduta ufficiale a 61,17 dollari, il future sul Wti è scivolato a 59,78 dollari. Cosa ha spinto al ribasso le quotazioni? Difficile dirlo: in ogni caso non l'ottimismo di maniera del G8 sui tempi della crisi. A mettere un po' di paura sembra essere stata, invece, una dichiarazione di Strauss-Kahn. Per il direttore generale del Fondo monetario internazionale, «larga parte di quello che sta succedendo è dovuto più che altro a una mancanza di domanda» piuttosto che a una scarsa offerta. Poi, arrampicandosi sugli specchi, ha aggiunto: «l'economia non cresce perché c'è paura della crisi». Secondo Strauss-Kahn, grazie agli interventi di stimolo della domanda si è evitato che la recessione avesse effetti peggiori, ma questo «ha creato altri problemi». Gli interventi, ha spiegato, sono stati fatti per evitare che «la casa bruciasse». Ora c'è il problema opposto: «l'abbiamo inondata d'acqua» e nel sistema c'è molta liquidità. Per questo è ora di iniziare a «pensare a delle exit strategy». In realtà pensare a strategie di uscita appare un po' intempestivo: la stesso Fmi e la Bce proprio ieri hanno ripetuto che nei prossimi mesi si verificherà un rallentamento del trend discendente della recessione, ma non per l'occupazione prevista in forte crescita. Apparentemente nell'ultima settimana questo non è accaduto negli Usa: le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono scese (si fa per dire) a 565 mila, 52 mila in meno rispetto alla precedente settimana. Tuttavia c'è un dato che preoccupa gli analisti: le richieste continuative (di chi usufruisce di sussidi fino a un massimo di sei mesi) sono salite a 6,883 milioni con un incremento di 159 mila sussidi in una sola settimana. Questo significa che le espulsioni dal lavoro stanno rallentando, ma chi è disoccupato non trova un nuovo posto di lavoro. Dalle «trimestrali» delle imprese arrivano, intanto, altre conferme della crisi. Il produttore americano d'alluminio Alcoa ha comunicato per il secondo trimestre (il terzo consecutivo in rosso) una perdita netta di 454 milioni di dollari, a fronte di un utile di 546 milioni nello stesso periodo del 2008. I ricavi sono scesi del 41% a 4,2 miliardi. Alcoa, come da tradizione, apre la stagione delle trimestrali negli Usa. Un paese che non sembra conoscere la crisi, anche con un forte rallentamento della crescita, è la Cina: in giugno le immatricolazioni di auto sono aumentate (su base annua) del 48% il maggior rialzo dal febbraio 2006. In totale sono state vendute 872.900 nuove auto, grazie anche agli incentivi varati dal governo. Includendo camion e autobus, le vendite sul mercato cinese sono state 1,4 milioni (+36%). Intanto ieri è stato segnato un nuovo minimo storico per l'Euribor a 3 mesi: 1,018% (1,029% ieri). Sono giorni che l'Euribor segue questa traiettoria discendente, iniziata dopo la recente iniezione di liquidità della Banca centrale europea con una maxi emissione di circa 500 miliardi di euro. Stessa direzione per gli altri tassi: quello a un mese è allo 0,64% e quello a sei mesi all'1,24%.

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GUn brutto clima per un G8 in crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sara Farolfi INVIATA A L'AQUILA GUn brutto clima per un G8 in crisi Obama conferma la svolta Usa in materia di emissioni nocive. Ma l'accordo prevede obiettivi solo per il 2050. Economia: i «grandi» sperano di chiudere il Doha round nel 2010 Sara Farolfi INVIATA A L'AQUILA «I progressi non sono facili e il tema dei cambiamenti climatici non è materia che si possa risolvere nel corso di una riunione, ma in questi due giorni abbiamo fatto passi significativi». C'è il clima al centro della seconda giornata di vertice che ieri ha visto accanto agli Otto paesi, i Cinque cosiddetti emergenti (Sudafrica, Brasile, Cina, India e Messico, più Egitto) più Corea del sud, Australia e Indonesia riuniti nel Major economies forum (Mef). Il presidente Usa, Barak Obama, conclude una lunga e difficile giornata, assicurando che l'America d'ora in avanti, e a differenza del passato, si assumerà le proprie responsabilità e farà la sua parte. «Per la prima volta abbiamo indicato degli obiettivi concreti di riduzione delle emissioni - dice Obama - Certo molto resta da fare perchè questa è una delle sfide più importanti e più difficili di questa generazione, ma non dobbiamo cedere alla tentazione di lasciarci andare al cinismo, di pensare che è inutile fare la nostra parte perchè il problema è troppo grande, dobbiamo lasciare la soluzione del problema delle emissioni in eredità alle prossime generazioni». Il documento approvato nel pomeriggio dal forum delle maggiori economie riconosce la crucialità del tema, ribadisce l'obiettivo indicato mercoledì - che prevede un aumento della temperatura globale non superiore ai 2 gradi Celsius - ma omette l'indicazione contenuta nel documento degli Otto per una riduzione delle emissioni pari all'80% per i paesi sviluppati, e al 50% per quelli in via di sviluppo, entro il 2050. Nessun target di medio periodo che possa portare a quella «riduzione sostanziale delle emissioni entro il 2050» a cui pure si fa riferimento viene indicata. Nel documento conclusivo i paesi si impegnano a fare tutti gli sforzi possibili per raggiungere un accordo a Copenaghen, dove a fine anno si terrà la conferenza Onu sui cambiamenti climatici. A fine giornata il premier Berlusconi sottolineaa «il grande cambiamento della politica americana sul clima», e sui risultati finali sfoggia ottimismo: «I Paesi in via di sviluppo hanno mostrato di voler contribuire alla soluzione di questo importante problema e quindi guardiamo con grande ottimismo alla possibilità che la conferenza di Copenaghen possa concretizzare gli interventi, naturalmente diversi per i Paesi occidentali e per gli altri». «Con i paesi del Mef non siamo riusciti a formulare target di riduzione del Co2 entro il 2050 e neppure target di medio termine, ma l'accettazione del contenimento delle temperature entro i 2 gradi celsius è un importante passo in avanti», conclude il premier svedese e presidente di turno dell'Ue. Ma già sul testo degli Otto erano piovute nella mattinata le perplessità dell'Onu. «Obiettivi poco ambiziosi», secondo il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-moon, che ha esortato i paesi industrializzati a darsi target forti e di medio termine per il taglio delle emissioni a partire dal 2020, indicando l'obiettivo come «un imperativo politico e morale e anche una responsabilità storica». Di tutt'altro segno il giudizio della Cina, che senza tanti giri di parole ha detto di apprezzare l'accordo raggiunto dagli Otto ma di ritenerlo «non vincolante»: «La nostra attuale forma di approvvigionamento energetico, legato a un mix di sorgenti di energia dominato dal carbone, non può cambiare in tempi rapidi», ha poi spiegato un funzionario cinese. Ieri il G14 (gli Otto più i Cinque e l'Egitto) ha approvato il documento economico sulla crisi di mercoledì. Ma al di là dei comunicati ufficiali, la Cina si è fatta sentire anche su altre questioni, affermando di volere una riforma graduale del sistema valutario internazionale per una maggiore diversificazione della moneta di riferimento (in chiave anti-dollaro naturalmente). Infine, il commercio mondiale, messo a dura prova dalla crisi economica e in stallo ormai da parecchi anni. I Quattordici hanno ribadito l'impegno a concludere i negoziati partiti a Doha nel 2001 entro il 2010 (cosa che, va detto, ogni vertice in questi anni ha promesso). I ministri del Commercio dei paesi membri del forum delle maggiori economie si incontreranno prima del G20 di Pittsburgh per mettere a punto un documento per la chiusura dei negoziati su Doha entro il 2010.

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Le decisioni vere vanno al G20 di Pittsburgh (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

IMPEGNI VAGHI Le decisioni vere vanno al G20 di Pittsburgh Antonio Tricarico L'AQUILA L'AQUILA Al G8 dell'Aquila ieri è stata la giornata dell'allargamento alle economie emergenti, con l'aggiunta dell'Egitto, fuori dal protocollo negli ultimi due anni, perché partner energetico cruciale per l'Italia. Un allargamento solo temporaneo, poiché il processo di «estensione» del G8 verso il G5 degli emergenti è stato rinnovato per altri due anni. Insomma, l'agonia del G8 viene un po' prolungata. Probabilmente sarà la Francia, nel 2011, a decretarne la fine, causa assorbimento definitivo in un Gruppo più grande (il già esistente G20). L'apertura di Berlusconi a un allargamento almeno fino a 14 non ha trovato consenso. La relazione tra G8 e paesi emergenti è però sempre più complessa. Tra i «grandi» le differenze sono marcate su vari temi, ma anche tra gli emergenti si notano strategie differenti. Soprattutto l'assenza al vertice del leader cinese Hu Jintao non ha permesso un vero confronto e un eventuale avvio di negoziato del gruppo che conta, ossia il G2 composto da Usa e Cina. Il fallimento nel negoziato sul clima viene bilanciato dai proclami per il rilancio del Round di Doha in ambito Wto, al fine di promuovere nuove liberalizzazioni commerciali entro il 2010. Il Brasile di Lula è sempre più allineato sulle posizioni americane in chiave anti-europea e, mosso dagli interessi per l'export dell'agro-business, spinge per riaprire il negoziato. La prossima settimana è in programma presso la sede ginevrina della Wto un importante incontro bilaterale tra i due paesi. Nel dopo elezioni in India, il governo Singh si sente meno vincolato agli interessi della sinistra e dei milioni di contadini e potrebbe addolcire le sue posizioni moderatamente protezioniste. Il Sud Africa sta vivendo pesantemente e più degli altri l'impatto della crisi economica e quindi è disposto a trattare. Al tavolo, inoltre, si sono aggiunti Australia, Corea del Sud e Indonesia. Paesi chiave nel negoziato alla Wto, che con la loro presenza hanno dato importanza al dibattito aquilano. La partita sul commercio si intreccia strettamente con il negoziato sul clima. Lo scontro Nord-Sud si accende sui finanziamenti per il clima. Il G8 confida in meccanismi di mercato, la Cina e gran parte del Sud del mondo chiedono soldi pubblici del Nord per i danni climatici del passato. La vaga partnership per il trasferimento di tecnologie, inclusa la discussa cattura del carbonio, lanciata ieri, non chiarisce gli aspetti finanziari. Nel frattempo l'India convoca ad ottobre un incontro tecnico al riguardo nel contesto delle Nazioni Unite. Per il momento i 16 paesi presenti al vertice concordano su esplorare maggiormente la proposta messicana di compromesso sui fondi, che non chiude la porta al controverso mercato dei permessi di emissione di CO2. La vera partita globale è rimandata a settembre, quando una mini-ministeriale della Wto - forse in India - precederà il vertice di Pittsburgh dei leader del G20. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato l'intenzione di tenere un nuovo vertice a 16 sul clima, due giorni prima dello stesso G20 e a margine dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Contestualmente il G20 affronterà nuovamente la riforma interna della Banca mondiale e del Fmi e la necessità di dare più voce ai paesi emergenti in vista degli incontri annuali delle istituzioni finanziarie internazionali previsti a Istanbul a inizio ottobre. L'accentramento di una raffica di vertici in pochi giorni è indice della volontà di andare al confronto finale. Archiviato il G8, si preannuncia senza dubbio un autunno caldo nell'agenda globale. L'AQUILA Al G8 dell'Aquila ieri è stata la giornata dell'allargamento alle economie emergenti, con l'aggiunta dell'Egitto, fuori dal protocollo negli ultimi due anni, perché partner energetico cruciale per l'Italia. Un allargamento solo temporaneo, poiché il processo di «estensione» del G8 verso il G5 degli emergenti è stato rinnovato per altri due anni. Insomma, l'agonia del G8 viene un po' prolungata. Probabilmente sarà la Francia, nel 2011, a decretarne la fine, causa assorbimento definitivo in un Gruppo più grande (il già esistente G20). L'apertura di Berlusconi a un allargamento almeno fino a 14 non ha trovato consenso. La relazione tra G8 e paesi emergenti è però sempre più complessa. Tra i «grandi» le differenze sono marcate su vari temi, ma anche tra gli emergenti si notano strategie differenti. Soprattutto l'assenza al vertice del leader cinese Hu Jintao non ha permesso un vero confronto e un eventuale avvio di negoziato del gruppo che conta, ossia il G2 composto da Usa e Cina. Il fallimento nel negoziato sul clima viene bilanciato dai proclami per il rilancio del Round di Doha in ambito Wto, al fine di promuovere nuove liberalizzazioni commerciali entro il 2010. Il Brasile di Lula è sempre più allineato sulle posizioni americane in chiave anti-europea e, mosso dagli interessi per l'export dell'agro-business, spinge per riaprire il negoziato. La prossima settimana è in programma presso la sede ginevrina della Wto un importante incontro bilaterale tra i due paesi. Nel dopo elezioni in India, il governo Singh si sente meno vincolato agli interessi della sinistra e dei milioni di contadini e potrebbe addolcire le sue posizioni moderatamente protezioniste. Il Sud Africa sta vivendo pesantemente e più degli altri l'impatto della crisi economica e quindi è disposto a trattare. Al tavolo, inoltre, si sono aggiunti Australia, Corea del Sud e Indonesia. Paesi chiave nel negoziato alla Wto, che con la loro presenza hanno dato importanza al dibattito aquilano. La partita sul commercio si intreccia strettamente con il negoziato sul clima. Lo scontro Nord-Sud si accende sui finanziamenti per il clima. Il G8 confida in meccanismi di mercato, la Cina e gran parte del Sud del mondo chiedono soldi pubblici del Nord per i danni climatici del passato. La vaga partnership per il trasferimento di tecnologie, inclusa la discussa cattura del carbonio, lanciata ieri, non chiarisce gli aspetti finanziari. Nel frattempo l'India convoca ad ottobre un incontro tecnico al riguardo nel contesto delle Nazioni Unite. Per il momento i 16 paesi presenti al vertice concordano su esplorare maggiormente la proposta messicana di compromesso sui fondi, che non chiude la porta al controverso mercato dei permessi di emissione di CO2. La vera partita globale è rimandata a settembre, quando una mini-ministeriale della Wto - forse in India - precederà il vertice di Pittsburgh dei leader del G20. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato l'intenzione di tenere un nuovo vertice a 16 sul clima, due giorni prima dello stesso G20 e a margine dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Contestualmente il G20 affronterà nuovamente la riforma interna della Banca mondiale e del Fmi e la necessità di dare più voce ai paesi emergenti in vista degli incontri annuali delle istituzioni finanziarie internazionali previsti a Istanbul a inizio ottobre. L'accentramento di una raffica di vertici in pochi giorni è indice della volontà di andare al confronto finale. Archiviato il G8, si preannuncia senza dubbio un autunno caldo nell'agenda globale.

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L'impegno sul commercio: accordo entro il 2010 per scambi più liberi (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/07/2009 - pag: 6 L'impegno sul commercio: accordo entro il 2010 per scambi più liberi «Un successo: chiuderemo il Doha Round» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA Silvio Berlusconi lo ha definito «un successo » del vertice dell'Aquila: è la decisione presa dai capi di Stato e di governo del G8 e del G5 più Egitto e ancora Australia, Corea del Sud e Indonesia, di impegnarsi a concludere, dopo 8 anni di negoziati, il Doha Round per la liberalizzazione del commercio mondiale entro il 2010. E di farlo prevedendo fin da ora una riunione dopo l'estate dei ministri del Commercio per preparare la decisione operativa del G20 che si riunirà in settembre a Pittsburgh. Un G20 che appare ormai un appuntamento decisivo nel percorso di superamento della crisi e di definizione di impegni e regole comuni per governare lo sviluppo futuro dell'economia e della finanza. «Lavoreremo assieme» è stato detto ancora ieri dai Grandi riuniti all'Aquila in formazione allargata rispetto al primo giorno del vertice. Accanto ai leader di Italia, Francia, Germania, Unione europea, Gran Bretagna, Russia, Giappone, Canada e Usa si sono aggiunti quelli di India, Messico, Sud Africa, Brasile e India che assieme all'Egitto nella nuova formula del G14 (a cui si è aggiunta la Svezia presidente di turno dell'Unione Europea), hanno sottoscritto un'Agenda globale, un documento economico che ripropone nella sostanza il piano di regole anti crisi approvato il giorno prima solo dal G8. L'impegno comune infatti è di «continuare a riformare le regole e la supervisione del sistema finanziario» per «assicurare l'adeguatezza, l'integrità e la trasparenza dell'attività internazionale economica e finanziaria». In un quadro di sostegno e stimolo alla crescita e una ripresa «verde» che porti a un «cammino equilibrato, equo e sostenibile». Particolare attenzione verrà posta si legge ancora nel documento alla protezione sociale e al lavoro. E sull'occupazione ieri all'Aquila è arrivato forte l'allarme del direttore generale del Fondo monetario Dominique Strauss-Khan. «Quali che siano i tempi della ripresa, gli effetti della crisi sul mercato del lavoro saranno più lunghi », ha detto avvertendo che «la disoccupazione aumenterà nel 2010 e forse anche nel 2011, a seconda dei Paesi». In generale «il picco della perdita di posti di lavoro può tardare fino a un anno rispetto al ritorno alla crescita del prodotto interno lordo » ha spiegato il direttore del Fmi chiedendo a tutti i Paesi uno sforzo particolare per contrastare il fenomeno. Un invito a preparare le exit strategy è presente anche nel documento del G14. Infine la stretta sul credito che, secondo il direttore del Fmi, in Europa dipende soprattutto dalla domanda e non dalla capitalizzazione delle banche. Al vertice dell'Aquila si è parlato anche di monete. Per iniziativa della Cina che è tornata a chiedere una diversificazione del sistema di valute utilizzate nelle riserve internazionali. Nei mesi scorsi in più occasioni Pechino ha chiesto di ridurre il peso del dollaro, di cui la Cina è il principale detentore estero. Stefania Tamburello L'Aquila Manmohan Singh, 76 anni, primo ministro dell'India dal 2004, ieri al summit (Afp)

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Clima, la spinta di Obama (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/07/2009 - pag: 2 Clima, la spinta di Obama «Noi daremo l'esempio» Il presidente: «Responsabilità storica dei Paesi sviluppati» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA Come spesso gli succede alla vigilia dei suoi momenti di gloria, Barack Obama ha giocato a basket, ieri mattina all'alba, nella caserma di Coppito. Con Reggie Love, la sua ombra, e un paio di agenti della scorta, il presidente americano ha provato con successo anche i famosi tiri da tre punti, nell'unico canestro del campetto fattogli allestire da Silvio Berlusconi. Buon auspicio, per una giornata che ha visto Obama togliere con naturalezza la leadership del vertice a Silvio Berlusconi, il quale per la verità gli ha ceduto il passo con garbo privo di stizza. Era nell'ordine delle cose. Un G8 ormai troppo stretto a contenere il mondo, si dissolve progressivamente nei format in grado di garantire una credibile «governance» del pianeta. All'Aquila ieri è toccato al cosiddetto G8+5+1 (gli otto della tradizione, più Brasile, Cina, India, Messico, Sud Africa e infine l'Egitto), in buona parte dedicato all'economia e alla crescita. E poi all'ancora più numeroso Major Economies Forum, voluto dall'Amministrazione americana per rilanciare la battaglia contro il riscaldamento del clima. Nuove geometrie geopolitiche, dove la leadership del nuovo presidente era attesa e sollecitata. Obama non si è tirato indietro. Fosse l'obiettivo di un mondo senza armi nucleari, indicato nel discorso di Praga e sottoscritto dai partner qui all'Aquila. O un pianeta non più a rischio d'implosione ambientale e asfissiato dai gas-serra. Il giovane capo della Casa Bianca ha messo il suo sigillo. Con serietà, leggerezza e soprattutto senza indulgenze. Verso gli altri e verso se stesso. Come ha fatto col presidente brasiliano Lula, incontrato in bilaterale al mattino, che gli ha portato in dono una maglietta della nazionale di calcio carioca, con le firme dei giocatori. Una piccola provocazione, dopo la dolorosa sconfitta degli >Usa nella Confederation Cup. Obama, pur entusiasta del regalo, non ha rinunciato a dare la zampata: «La prossima volta non getteremo via due gol di vantaggio», gli ha detto. Più tardi è stato proprio Lula a criticare con forza l'inadeguatezza del G8 di fronte ai problemi del mondo. Una preoccupazione che la Casa Bianca in parte condivide: «Non esiste il format perfetto per tutti i temi. Dobbiamo approfittare di ogni opportunità per far avanzare l'agenda globale », ha detto più tardi al Corriere Mike Froman, lo sherpa americano. Quando il G8+5+1 è andato alla foto di gruppo, Barack Obama è arrivato in ritardo. Ma non è andata come con Cristina Kirchner al G20 di Londra, quando la foto si fece senza l'argentina. I leader hanno aspettato il presidente e al suo arrivo lo hanno applaudito. Magie della leadership. Il Forum sul clima e l'energia (ne fanno parte i 17 Paesi responsabili del 75% dell'inquinamento mondiale da ossido di carbonio) ha poi offerto plasticamente l'avvenuta metamorfosi di Obama in leader globale. È toccato a lui presiederlo, Silvio Berlusconi seduto al suo fianco. Riferiamo in altra parte del giornale delle conclusioni in chiaroscuro del vertice sull'ambiente. Il nodo centrale dell'esercizio è però racchiuso tutto nella dichiarazione finale di Obama e nel suo minuetto con il premier australiano, Kevin Rudd. «Ogni nazione del pianeta è a rischio ha esordito il presidente e così come un singolo Paese non può essere ritenuto responsabile per il cambiamento del clima, così un singolo Paese non può risolverlo da solo. Non ci aspettavamo di risolvere tutti i problemi in un solo incontro, ma abbiamo fatto importanti passi avanti. Le nazioni sviluppate hanno una responsabilità storica a guidare e in passato gli Stati Uniti non sono stati all'altezza di quella che incombe su di noi. Fatemelo dire chiaramente: quei giorni sono finiti. Una delle più alte priorità della mia presidenza è di avviare una radicale riconversione della nostra economia verso le energie pulite». Leading by example , guidare con l'esempio, è il paradigma offerto da Obama, che si rende conto di non poter chiedere alle nazioni emergenti di «sacrificare le loro aspirazioni allo sviluppo e a migliori condizioni di vita». Dunque, ogni passo verso un mondo meno inquinato va modulato secondo le possibilità e i bisogni di ognuno, con i più ricchi a far da battistrada, anche mettendo a disposizione degli altri le loro tecnologie verdi. Non sarà facile, ha ammesso il presidente, tanto più in recessione e con interessi così divergenti fra le nazioni. Ma «è una buona partenza» e un buon viatico agli sforzi dell'Onu, in vista dell'appuntamento di Copenaghen. Kevin Rudd gliene ha reso atto: «Oggi abbiamo assistito al ritorno degli Stati Uniti alla guida della battaglia sul clima». Paolo Valentino Logo Il presidente Usa Barack Obama davanti al logo del G8 ( Ap) Basket Un momento di relax per Barack Obama: nella caserma di Coppito, dove è alloggiato, ieri ha fatto qualche tiro a basket, con trecanestriconsecutivi Leadership Barack: «In passato gli Usa non sono stati all'altezza. Oggi importanti passi avanti sul clima» Calcio e politica Lula ha donato al leader Usa una maglietta della nazionale di calcio carioca, con le firme dei giocatori

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Primo accordo tra i Grandi sul clima (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 10/07/2009 - pag: 1 Taglio dei gas inquinanti e limiti all'aumento della temperatura. Berlusconi: c'è una nuova fiducia Primo accordo tra i Grandi sul clima La Cina apre ma non firma. Stretta di mano Obama-Gheddafi I Grandi, riuniti al G8 dell'Aquila, trovano l'accordo sul clima con taglio dei gas inquinanti e limiti all'aumento della temperatura del pianeta. La Cina non firma, ma sostiene: «Obiettivi giusti». Obama: «Presi impegni storici». Berlusconi: «Un messaggio di fiducia contro la crisi» (nelle immagini, l'arrivo del presidente Usa per la foto di gruppo e l'incontro con Gheddafi). DA PAGINA 2 A PAGINA 15

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(sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/07/2009 - pag: 3 Christopher Flavin, direttore del Worldwatch Institute «Dobbiamo fornire tecnologia verde ai colossi emergenti» WASHINGTON Per Christopher Flavin, direttore del Worldwatch Institute, icona del movimento ecologico Usa, le obiezioni di Cina e India sulle misure per il clima sono «un campanello d'allarme che non può rimanere inascoltato». Decurtare le emissioni di gas senza i colossi emergenti sarà impossibile, avverte. «Il futuro della terra dice Flavin dipende soprattutto da loro. Tra il Nord ricco e il Sud povero c'è un divario che va colmato in fretta. Il mio più grande rammarico al G8 è che il presidente cinese Hu Jintao lo abbia disertato. Era cruciale che discutesse con Obama delle misure a difesa dell'ambiente». Il G8 ha dunque mancato le aspettative? «No, ha segnato un passo avanti. Ma è necessario che ne vengano compiuti altri prima della conferenza di dicembre dell'Onu a Copenaghen. Cina, India e compagni hanno bisogno di aiuti finanziari mirati da America ed Europa. Non hanno risorse sufficienti per investire contro il surriscaldamento terrestre». Perché era cruciale l'incontro tra Hu Jintao e Obama? «In passato l'America è stata la massima inquinatrice, oggi lo è la Cina. Il presidente George W. Bush trascurò l'ecologia, perdendo tempo prezioso. Obama ne ha varato la riforma, ma per me è inadeguata. E il Congresso minaccia di edulcorarla a meno che la Cina non ne vari una a sua volta. È un braccio di ferro dannoso per tutti. Bisogna che Jintao e Obama raggiungano un accordo, e che vi partecipi anche l'India». Lei lo crede possibile? «Non vedo alternative. La Cina ha registrato progressi in campo energetico, ma la sua popolazione è 4 volte la nostra, e le riesce difficile conciliare lo sviluppo economico con una politica verde. Idem per l'India. Ci sono tecnologie a tutela del clima, conviene fornirle loro insieme agli aiuti finanziari». Cina e India chiedono che voi facciate di più in casa. «Hanno ragione, l'America deve portarsi al livello dell'Ue, che guida il resto del mondo. Ma alcuni nostri stati, come la California, hanno già regolamenti severi contro le emissioni di gas. Oltre ai provvedimenti di molti privati». Il mondo va verso una catastrofe? «No, io sono cautamente ottimista. È vero che le dichiarazioni del G8 e del G20 non sono vincolanti. Ma le misure decise per lo meno rallenteranno l'effetto serra. Che va ridotto in modo drastico, cosa che comporta uno sforzo globale». Ennio Caretto C. Flavin

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In attesa delle regole anti-crisi i big del credito ci riprovano (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 10/07/2009 - pag: 42 IL G8 E L'ECONOMIA In attesa delle regole anti-crisi i big del credito ci riprovano di MASSIMO MUCCHETTI SEGUE DALLA PRIMA La tentazione di cospargere di dolce panna montata i bilanci, resi amari dalle perdite sui crediti inflitte dalla recessione, è nell'ordine delle cose. Le cartolarizzazioni, del resto, non sono sempre e comunque un male. Le persone per bene usano il coltello per tagliare la torta. I delinquenti per minacciare i malcapitati e derubarli. Cartolarizzare crediti o immobili può ben servire quando il rischio sia allocato in modo sostenibile e trasparente presso le mani adatte. Il punto è chi, quando e come giudicherà le nuove cartolarizzazioni. Nel 2006, una simile domanda sarebbe stata bollata come un'eresia inutile. La concorrenza internazionale, alla quale i mercati finanziari si erano aperti, avrebbe corretto gli eccessi e bocciato le proposte incongrue meglio di qualsiasi Autorità di emanazione politica più o meno diretta. Il pragmatico susseguirsi dei contratti tra privati si sarebbe rivelato più efficiente delle maglie strette del diritto, dettato dai parlamenti. La finanza over the counter era diventata un multiplo di quella regolata e vigilata. Nel 2006 quella domanda sarebbe stata improponibile, perché la privatizzazione dell'economia e delle relazioni sociali, motrice e conseguenza della globalizzazione contemporanea, aveva confinato l'etica nei comportamenti individuali e aveva riservato la cura dell'interesse generale alla politica, ma con l'esplicita riserva di ridurne l'area d'intervento e i poteri. Nel 2009, abbiamo imparato che l'autosufficienza dei mercati era un'illusione non innocente, alimentata da potenti quanto ristretti interessi; che a pagare il conto sono stati i contribuenti e non i beneficiari delle speculazioni; che il cittadino viene prima dell' homo oeconomicus , e non dopo. E allora la bontà delle varie Goldman e Barclays non dovrebbe valutarsi solo nell'esoterico confronto con le consorelle. I Global legal standards e i nuovi criteri contabili del Financial Stability Board promettono un cambiamento. Ma per definirli in concreto e poi adottarli ci vorrà tempo e fatica. Il G8 imprime una spinta, ufficialmente si dice. Il prossimo G20 ne darà un'ultra. Ma la cosiddetta innovazione finanziaria non si ferma ad aspettare. E così tocca agli Stati la responsabilità di organizzare comunque lo scrutinio. E gli Stati, avendo diversamente pagato il conto della crisi, sono tentati di fare da sé. Anche per predeterminare un governo globale più favorevole. Obama tenta la sua riforma. La Merkel vara le sue bad banks . E ciascuno dovrà poi tirare le conseguenze. L'Italia, per dire, ha un'opinione sul limite minimo del 5% del rischio che una banca americana potrà trattenere sui suoi conti nel cartolarizzare proprie attività? Se reputasse che sia meglio il 10% o il 15%, e non sarebbe follia, che farebbe quando una banca nazionale si riempisse di carta americana promettente certo, ma tanto rischiosa? In teoria, certe obbligazioni potrebbero essere semplicemente proibite perché non abbastanza leggibili e altre, leggibili, andrebbero classificate fra gli investimenti che assorbono alte quote di capitale così da limitare, se non scoraggiare, certi azzardi. E in pratica? Negli anni ruggenti della globalizzazione che, non dimentichiamolo, aveva nel dollaro la moneta di riserva e nella debt economy anglosassone il modello sociale di riferimento, la responsabilità del giudizio vero era infine delegata all'America. L'Europa si fece bastare le scuse dello scandaloso Chuck Prince dopo che Citicorp aveva manipolato i titoli pubblici di vari Paesi. L'Italia, ritenendo di aver subito un danno sui derivati venduti da Jp Morgan a Poste, si è limitata a un'interminabile causa al foro di Londra invece di escludere la banca sospettata da ogni affare con la pubblica amministrazione. Con le 12 tavole dell'etica, sarebbe andata diversamente? Se i governi rinunceranno a quell'abdicazione, avrà fine la globalizzazione imperiale. Ma solo i sognatori no global possono pensare che si torni indietro. Basta vedere com'è cambiato l'atteggiamento dell'Italia verso la Cina, ieri minaccia e oggi speranza. Tutti hanno ancora bisogno di tutti, e però quella che oggi sembra prendere corpo è una globalizzazione basata sul ruvido scambio delle merci più che sui fluidi magheggi della tecnofinanza. Una globalizzazione senza più un re è una globalizzazione fatalmente oligarchica poliarchica, scrive Mario Draghi sull' Osservatore romano per essere politicamente corretto e come tale in bilico tra l'ambizione illuminista di un nuovo ordine e la realpolitik degli interessi che scivola verso una dieta polacca su scala planetaria. mmucchetti@corriere.it BEPPE GIACOBBE

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Il tramonto di un club di un'altra epoca (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/07/2009 - pag: 13 Il commento Il tramonto di un club di un'altra epoca Non perché sia tramontata la voglia, sempre viva e sempre utopica, di un «governo mondiale» il più possibile ristretto. Ma piuttosto perché, a forza di cambiare, il mondo non può più permettersi il lusso di un salotto buono troppo selezionato. A strappare gli ultimi veli di una realtà che andava profilandosi da tempo è stata, beninteso, la crisi economica e finanziaria che ancora viviamo. Il suo effetto non è stato di creare i fenomeni (per esempio l'ascesa della Cina o dell'India) bensì quello di accelerarli e di obbligare tutti a prenderne atto. Chi pensa più, oggi, che le questioni poste dalla crisi possano essere affrontate e risolte senza il coinvolgimento dei cosiddetti Paesi emergenti? Il G14 ha deciso ieri di diventare un foro «stabile e strutturato». Un modo di prendere atto, semmai tardivamente, SEGUE DALLA PRIMA dell'inarrestabile ascesa del multipolarismo economico oltre che politico. Ma non per questo il G8 ha dichiarato di volersi autoaffondare. E poi gli sguardi sono già puntati sul G20 che si terrà a Pittsburgh a fine settembre. Siamo dunque alla vigilia di una «guerra delle G»? Non esattamente, ma il meno che si possa dire è che l'idea di una necessaria governance mondiale appare al momento piuttosto confusa. La sorte del G8 appare comunque segnata, anche se un'ultima boccata di ossigeno potrebbe essergli concessa l'anno venturo in Canada. Ma nel 2011 la presidenza tocca alla Francia, e Sarkozy ha già annunciato che il suo vertice sarà come minimo un G13. Il problema, allora, è di immaginare una credibile divisione dei ruoli, e anche di comporre esigenze tecniche e riserve politiche. Il Giappone, per dirne una, non vede di buon occhio l'ingresso stabile della Cina nel G8: battaglia ormai di retroguardia, perché la Cina è presente tanto nel G14 quanto nel G20. Qualche resistenza lo sherpa italiano Giampiero Massolo l'ha trovata anche negli americani. Ma qui il motivo è diverso, e ben più insidioso per tutti gli altri a cominciare dagli europei: gli Usa, accanto al G20, vedono bene un G2, un rapporto privilegiato, cioè, con il determinante colosso cinese. Il risultato è che si arriverà fatalmente a una geometria variabile. Al centro del sistema il G20 specificamente incaricato di affrontare la crisi economica e di fissare nuove regole finanziarie. In subordine ma non troppo il G14 impegnato sulle altre questioni globali, come la difesa dell'ambiente lungamente discussa ieri all'Aquila (senza escludere che all'interno del G14 su alcune questioni possa riunirsi ancora un G8). E soprattutto, pragmatismo e flessibilità diventeranno la regola a seconda delle esigenze. All'Italia non dispiacerebbe che il G14 formalizzato ieri avesse una influenza in tema di riforma del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma la vera incognita è altrove. Non risulterà troppo difficile trovare un consenso decisionale a venti? Andrebbe davvero meglio a quattordici? Il rischio è chiaro: che invece di allargarsi il G8 finisca per restringersi, e diventi sempre di più un G2. Franco Venturini

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La Merkel: (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/07/2009 - pag: 13 La Merkel: «I vertici sono troppi» Ma il G8 ha i giorni contati, arriva il G14 con i Paesi emergenti DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA Al G8 ieri si è parlato male del G8. Succede, spesso le critiche dall'esterno inducono i criticati a non risultare responsabili di quanto loro addebitato. Ma in questo caso può trattarsi del preludio di una svolta: i sette Paesi sviluppati del mondo con l'aggiunta della Russia percepiscono che altri Paesi potenzialmente forti bussano alle porte, così si allargano il formato degli incontri. All'Aquila, una dichiarazione comune tra G8 e G5 più l'Egitto ha posto le basi di una istituzionalizzazione del cosiddetto G14 fin dalle prime righe. Impegnano a «lavorare insieme sulle sfide globali» gli Otto (Usa, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Russia), i Cinque (Brasile, Cina, India, Messico, Sudafrica), e l'Egitto (invitato dalla presidenza italiana). Dettaglio non minore: i primi 13 sono elencati in ordine alfabetico, come se già fossero insieme. «Al momento i vertici sono troppi», si è lamentata ieri all'Aquila Angela Merkel. Interessata a scardinare il G8 per aprire la strada a un seggio tedesco nel Consiglio di sicurezza del-- l'Ue, il cancelliere tedesco guarda al G20 e ha sostenuto che, finita la crisi, con i Paesi più sviluppati «non ci si potrà incontrare ogni tre mesi». Il presidente francese Nicolas Sarkozy, desideroso di apparire disponibile ai meno ricchi in ascesa, ha promesso: «Nel 2011, quando avremo la presidenza del G8, spero metteremo in atto il G14». La sua tesi è che «bisogna unire» G8 e G5+1: «Mi pare poco ragionevole fare riunioni senza che siano rappresentate Cina o Africa » . Zavorrata da debito pubblico, Pil che non cresce, poche nascite, l'Italia punta a evitare retrocessioni risultando utile ad aprire le porte del G8. «Il G8 non è più lo strumento più idoneo per rappresentare un indirizzo economico mondiale», ha affermato Silvio Berlusconi. «Per questo abbiamo dato vita con il G14 a una struttura che, consolidata, può porsi con continuità per affrontare con le sue riunioni i problemi di Paesi che rappresentano l'80% dell'economia mondiale», ha proseguito. Con giudizi che non piaceranno a tutti nell'Ue: «Quando c'è una struttura a 14 o 15 c'è una dialettica positiva... quando supera i 20 gli interventi sono senza una vera dialettica e i risultati non condivisi o producenti come quando ci si trova in un numero ridotto». Poi: «Noi europei lo sappiamo bene..., vediamo come sono cambiati i lavori da quando siamo diventati 27...». Maurizio Caprara Critica La cancelliera tedesca Angela Merkel, 55 anni venerdì prossimo, al tavolo dei Grandi all'Aquila. Vuole rivedere l'architettura dei vertici internazionali (Michel Euler /Infophoto)

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Al G8 dell'Aquila è il giorno dell'Africa 20 miliardi in tre anni per i Paesi poveri (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - E' l'Africa, con i suoi paesi emergenti e quelli che arrancano per non soccombere, il tema dominante dell'ultima e conclusiva giornata di questo G8. Ne parlano i Grandi che dedicano la mattinata ad un confronto con i loro partner del Continente arabo e nero. Si tratta di raggiungere un accordo sui principi e sulle modalità degli aiuti che i più ricchi sono disposti ancora a dare ai più poveri. La somma da destinare è già stata decisa: 20 miliardi di dollari da erogare in tre anni. Bisogna ancora capire se si tratta di nuovi fondi e quali stati, in quale misura, se ne faranno carico. Non è più tempo di promesse, quasi sempre disattese e inseguite tra mille affanni. Bisogna impegnarsi con soldi veri. Bisogna metterli sul tavolo degli aiuti. C'è da rilanciare l'agricoltura con sistemi compatibili all'emergenza ambientale perché bisogna sfamare un miliardo di persone che potrebbero diventare tre nei prossimi venti anni. C'è da pianificare un sistema di approvvigionamento e di distribuzione dell'acqua potabile: nove milioni di uomini e donne, di giovani e vecchi ne sono sprovvisti. E questo produce a catena una serie di altri disastri, di igiene, di sanità, di malattie, di morti che pesa sulle economie locali, sulla forza lavoro, sugli scambi commerciali, su quelli produttivi. Usa, Europa e Giappone si impegnano con tre miliardi di dollari a testa, sotto l'egida di un programma, l'Aquila iniziative. Gli altri arriveranno. Resta il problema di fondo: stabilire come e dove destinare questi fondi. E' finita da tempo la stagione dei finanziamenti a pioggia, dei regali che i ricchi, per assolvere le loro coscienze, fanno ai poveri sotto forma di riscatto per i guasti del passato. Si è chiusa anche la stagione della cooperazione che si perdeva in mille progetti, sebbene validissimi ma disorganici, slegati da un contesto più vasto, utili solo a rimpinguare le casse della grande corruzione internazionale e locale. Deve cambiare l'approccio. Siamo in piena crisi economica e finanziaria; il pianeta deve fare i conti non una recessione che colpisce i paesi più sviluppati ma si ripercuote in modo ancora più devastante su quelli che cercano di emergere. Gli uni sono legati agli altri. La globalizzazione coinvolge tutti. E ognuno si deve assumere il suo peso di responsabilità. Diritti e doveri. E' un principio che i fatti, la realtà, impongono e che viene accolto per la prima volta anche in un G8. OAS_RICH('Middle'); L'incontro tra i protagonisti, diretti e indiretti, lo dimostra. Il documento unitario che esce dalla sala della riunione delinea alcune regole: viene creato un rapporto preliminare sull'adempimento degli impegni. Svilupperà un meccanismo completo di "accountability"che monitorerà i progressi e l'efficacia delle azioni. Insomma, nasce una sorta di autorithy che controllerà se i soldi stanziati vengono utilizzati per gli scopi prefissi. Ne faranno parte tutti. Paesi donatori e paesi beneficiati. Una prima verifica sull'efficacia di questo strumento ci sarà nel 2010, al G8 di Muskoka, in Canada. Il vertice volge al termine. Il presidente Barack Obama ha l'appuntamento nel pomeriggio con il papa e poi si appresta ad affrontare il suo primo viaggio, da capo di Stato, in Africa. E' il momento degli impegni finali, delle dichiarazioni d'intenti che segneranno questo G8. Resistenza al protezionismo, rilancio del negoziato Wto fermo a Doha, lotta serrata alla fame, sostegno ad un'agricoltura moderna e produttiva. Battaglia per il clima e impegno per il dimezzamento delle emissioni dei gas inquinanti. Unità, sostegno, rigore per placare una crisi economica che durerà ancora fino al 2011. C'è spazio anche per il disarmo nucleare. L'accordo sugli armamenti tra Russia e Usa spinge tutti, dalla Gran Bretagna alla Francia, ad altri passi. Siamo ancora nella fase delle intenzioni. Nel concreto se ne parlerà a Washington, nella prossima primavera. Alle 15 chiude il G8 e si apre la manifestazione del movimento no global. Si aspettano dalle 7 alle 10 mila persone. Tutti assicurano che non ci saranno incidenti. Ma sale la tensione. (10 luglio 2009

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Usa: balzo delle esportazioni a maggio, frenano le importazioni (sezione: Globalizzazione)

( da "BlueTG online" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

Usa: balzo delle esportazioni a maggio, frenano le importazioni 10-07-2009 15:07 - Le esportazioni statunitensi sono salite dell'1,6% a maggio a 123,3 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono lievemente calate (-0,6%) a 149,3 miliardi. Lo ha comunicato oggi il Dipartimento al Commercio statunitense. I dati mostrano un calo del 9,8% del deficit commerciale a 26 miliardi di dollari, contro attese per un deficit attorno a 29,4 miliardi, con minimi che non si vedevano da anni nei confronti di Canada, Ue e Giappone. Contro la Cina gli Usa hanno registrato in maggio un deficit commerciale di 17,48 miliardi, contro i 21,36 miliardi del maggio 2008. (l.s.)

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G8, Obama: "L'Aquila nel cuore" Il presidente Usa arrivato in Vaticano (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - E' un Barack Obama soddisfatto e con "L'Aquila nel cuore" quello che si è recato alla Santa Sede per un breve incontro con il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, e per poi essere ricevuto in udienza da papa Ratzinger. Il presidente Usa, salutato e applaudito dalla folla in via della Conciliazione, è stato preceduto dalla moglie Michelle e dalle sue due figlie. Ripresa economia. Nella conferenza stampa post-G8, Obama ha parlato di ripresa economica, di Iran e della formula, da molti ritenuta superata, del G8. Obama ha affermato che ancora non c'è una piena ripresa dell'economia a livello globale ed è quindi "prematuro iniziare a ridurre le misure di stimolo all'economia. I mercati stanno migliorando - ha detto il presidente Usa - e sembra che abbiamo evitato un collasso globale ma ancora troppe persone stanno soffrendo a causa della crisi". Preoccupazione per Iran. Poi si è soffermato sull'Iran e sugli avvenimenti dei giorni scorsi con la repressione dei sostenitori di Moussavi. I leader dei Paesi del G8 hanno espresso "preoccupazione" per quelli che Obama, ha definito "tremendi" eventi che hanno accompagnato le elezioni presidenziali in Iran. Obama ha anche ricordato come il vertice abbia affrontato la questione del rischio proliferazione posto dal programma nucleare iraniano con "una dichiarazione forte" in cui si sollecita Teheran ad assumersi le sue responsabilità senza più rimandare. G8 ormai vecchio. Infine una riflessione sulla formula del G8, da molti ritenuta al capolinea. "Il G8 - ha affermato Obama di fronte ai giornalisti - è un'istituzione che ha 30 anni e va sicuramente riformata". Tuttavia "ci sarà bisogno di un periodo di transizione per riuscire a trovare il formato giusto. Non c'è dubbio che è necessario rivedere le istituzioni internazionali per far fronte ai grandi cambiamenti che ci sono stati in questi anni". Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come la Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono essere più tirate fuori. "E' necessario quindi un periodo di transizione. Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore di evoluzione. Bisogna alla fine essere sicuri che la scelta che faremo funzioni". OAS_RICH('Middle'); (10 luglio 2009

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Il G8 si chiude con l'Africa 20 mld in 3 anni per i paesi poveri (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - E' l'Africa, con i suoi paesi emergenti e quelli che arrancano per non soccombere, il tema dominante dell'ultima e conclusiva giornata di questo G8. Ne parlano i Grandi che dedicano la mattinata ad un confronto con i loro partner del Continente arabo e nero. Si tratta di raggiungere un accordo sui principi e sulle modalità degli aiuti che i più ricchi sono disposti ancora a dare ai più poveri. La somma da destinare è già stata decisa: 20 miliardi di dollari da erogare in tre anni. Bisogna ancora capire se si tratta di nuovi fondi e quali Stati, in quale misura, se ne faranno carico. Non è più tempo di promesse, quasi sempre disattese e inseguite tra mille affanni. Bisogna impegnarsi con soldi veri. Bisogna metterli sul tavolo degli aiuti. C'è da rilanciare l'agricoltura con sistemi compatibili all'emergenza ambientale perché bisogna sfamare un miliardo di persone che potrebbero diventare tre nei prossimi venti anni. C'è da pianificare un sistema di approvvigionamento e di distribuzione dell'acqua potabile: nove milioni di uomini e donne, di giovani e vecchi ne sono sprovvisti. E questo produce a catena una serie di altri disastri, di igiene, di sanità, di malattie, di morti che pesa sulle economie locali, sulla forza lavoro, sugli scambi commerciali, su quelli produttivi. Usa, Europa e Giappone si impegnano con tre miliardi di dollari a testa, sotto l'egida di un programma, l'Aquila iniziative. Gli altri arriveranno. Resta il problema di fondo: stabilire come e dove destinare questi fondi. E' finita da tempo la stagione dei finanziamenti a pioggia, dei regali che i ricchi, per assolvere le loro coscienze, fanno ai poveri sotto forma di riscatto per i guasti del passato. Si è chiusa anche la stagione della cooperazione che si perdeva in mille progetti, sebbene validissimi ma disorganici, slegati da un contesto più vasto, utili solo a rimpinguare le casse della grande corruzione internazionale e locale. Deve cambiare l'approccio. OAS_RICH('Middle'); Siamo in piena crisi economica e finanziaria; il pianeta deve fare i conti non una recessione che colpisce i paesi più sviluppati ma si ripercuote in modo ancora più devastante su quelli che cercano di emergere. Gli uni sono legati agli altri. La globalizzazione coinvolge tutti. E ognuno si deve assumere il suo peso di responsabilità. Diritti e doveri. E' un principio che i fatti, la realtà, impongono e che viene accolto per la prima volta anche in un G8. L'incontro tra i protagonisti, diretti e indiretti, lo dimostra. Il documento unitario che esce dalla sala della riunione delinea alcune regole: viene creato un rapporto preliminare sull'adempimento degli impegni. Svilupperà un meccanismo completo di "accountability"che monitorerà i progressi e l'efficacia delle azioni. Insomma, nasce una sorta di autorithy che controllerà se i soldi stanziati vengono utilizzati per gli scopi prefissi. Ne faranno parte tutti. Paesi donatori e paesi beneficiati. Una prima verifica sull'efficacia di questo strumento ci sarà nel 2010, al G8 di Muskoka, in Canada. Il vertice è finito. Il presidente Barack Obama nel pomeriggio è volato a Roma per incontrarsi con il Papa e poi affrontare il suo primo viaggio, da capo di Stato, in Africa. Il G8 si chiude con gli impegni finali, le dichiarazioni d'intenti. Resistenza al protezionismo, rilancio del negoziato Wto fermo a Doha, lotta serrata alla fame, sostegno ad un'agricoltura moderna e produttiva. Battaglia per il clima e impegno per il dimezzamento delle emissioni dei gas inquinanti. Unità, sostegno, rigore per placare una crisi economica che durerà ancora fino al 2011. C'è spazio anche per il disarmo nucleare. L'accordo sugli armamenti tra Russia e Usa spinge tutti, dalla Gran Bretagna alla Francia, ad altri passi. Siamo ancora nella fase delle intenzioni. Nel concreto se ne parlerà a Washington, nella prossima primavera. (10 luglio 2009

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Berlusconi trionfante: "G8 positivo" Intese con l'opposizione? "Solo se cambia" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - La crisi? "La parte negativa si è sfogata. Non ci sono motivi perché possa continuare ad aggravarsi". Si rilancia il dialogo con l'opposizione? "Solo se cambia". Il G8? "Pieno di risultati positivi. A parere di tutti è stato il migliore da quando è stato istituito". Silvio Berlusconi si gode il successo del vertice dell'Aquila ma cede ad un linguaggio che nasconde livore, chiusura e nervosismo. Soprattutto quando si parla di politica interna. Un giornalista gli chiede se, visto il successo del summit e il rilancio della politica internazionale, non ci sia il clima adatto per riprendere il dialogo con l'opposizione. La risposta è tagliente. E anche un po' provocatoria: "Solo se cambia". Così sulle domande che affrontano il tema dominante delle ultime settimane. Gli attacchi alla stampa estera, responsabile di esprimere riserve e critiche all'operato del governo e sui comportamenti discutibili della vita privata del premier. "Io", replica Berlusconi, "non ho mai attaccato la stampa. E' stata la stampa ad attaccare me. Mi sono limitato a replicare e a difendermi". Berlusconi dedica l'incontro con i media ai risultati del G8. Intanto, il futuro dell'organismo: "Il G8 deve andare avanti. Ma il G20 (con i paesi emergenti e alcuni in via di sviluppo), che rappresenta l'80 per cento del pil mondiale, non può essere messo da parte". La soluzione operativa è quella di affidare all'organismo intermedio, il G14, la guida dei prossimi vertici. Il G14, infatti, raggruppa i Grandi ma anche quelli cosiddetti emergenti. Brasile, India, Cina, Sudafrica. Economie di peso, in pieno sviluppo, che condizionano enormi aerea del pianeta. Lasciarli fuori dai giochi e dalle decisioni sarebbe assurdo. OAS_RICH('Middle'); Anche sulla crisi economica, Berlusconi dice di aver incontrato posizioni comuni. Ma la sua è quella più ottimista. "Bisogna spendere, comprare", insiste. Anche quelli che chiama, per la prima volta, "collaboratori pubblici", quindi impiegati e dipendenti, "non hanno motivo di contenere le spese". E' la paura, secondo Berlusconi, il vero pericolo. La paura della crisi. Basta quindi avere più coraggio, mettere mano ad un portafogli vuoto e tornare a spendere. E il premier rivendica a sé e al suo governo alcuni meriti: ha salvaguardato il sistema bancario italiano, ha scongiurato la guerra in Georgia bloccando i carri armati russi a dieci chiolmetri da Tbilisi; ha rilanciato il rapporto tra Usa e Russia. Berlusconi quasi si commuove quando parla di Africa. I dati che ha ascoltato stamani durante l'incontro con i leader del Continente nero sono agghiaccianti. Milioni di persone che muoiono di fame, l'acqua che non arriva a centinaia di migliaia di villaggi, le malattie, l'Aids, la tubercolosi. Ricorda che il vertice ha deciso di mettere sul piatto degli aiuti altri 30 miliardi di dollari. Ma i soldi saranno controllati, guidati, verificati e dovranno tradursi in cose concrete che saranno decise da donatori e beneficiari. Il commercio internazionale, annuncia Berlusconi, "sarà libero e i paesi poveri potranno vendere i loro prodotti a chi vuole comprarli". Per mettere a punto questa svolta, che potrebbe davvero mutare gli equilibri economici e commerciali tra nord e sud, ai primi di settembre ci sarà una riunione di tutti i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti. Nuove regole per l'economia, aggiunge ancora Berlusconi: "Sacralità del diritto di proprietà, etica dei mercati, trasparenza". Doppio peso, invece, sull'Iran: "Non può dotarsi di armi nucleari, ma niente sanzioni". (10 luglio 2009

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No global all'Aquila, no incidenti "Siamo tutti dei terremotati" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'AQUILA - Due ore e mezza sotto il solleone in marcia sulla statale 17, tra i campi di fieno della campagna aquilana; poi la ripida ascesa alla Villa, nel cuore della città, e il gran finale con scampoli di tensione, esplosa all'improvviso quando un manipolo di teste calde italiane e straniere ha provato a sfidare il cordone di polizia che controllava l'accesso al Centro storico devastato del capoluogo abruzzese. I primi calano sul viso sciarpe e maglioncini, pronti a dare battaglia; gli agenti indossano all'istante i caschi, preparando la carica. La tensione sale a mille, e si scarica in un gran balzo generale di venti metri all'indietro. Dopo un po' ci riprovano lanciando bottigliette d'acqua contro poliziotti e telecamere. Stop, fine. I manifestanti sono alcune migliaia, vengono soprattutto dal centro sud. In mille da Roma, con una carovana di una dozzina di pullman e le auto private. Altri cinque pullman, dicono gli organizzatori, sono arrivati da Napoli, un paio dalla Sicilia. E ce n'é uno con i ragazzi di un centro sociale di Firenze, e poi almeno un centinaio di auto e qualche altro singolo pullman. Il cuore del corteo sono le centinaia di bandiere rosse dei sindacati di base e delle varie anime della sinistra comunista, il clima è sereno nonostante sia evidente che tra i manifestanti ci siano anche le anime torride che hanno infocato il clima in tutti questi giorni di proteste nelle città italiane. Il ritrovo è la stazione di Paganica, una delle frazioni devastate dal sisma. Arriva la notizia che i ragazzi arrestati nei giorni scorsi sono stati liberati, ciò che manifestanti chiedevano ossessivamente nei canti e negli slogan. Il premio non poteva essere migliore. OAS_RICH('Middle'); Si parte alle 14, con siparietto artistico: una performance con quattro "santi" in preghiera per le disgrazie malavitose della Campania. Poi via per sei chilometri di marcia sulla statale che costeggia la zona industriale, praticamente deserta, sfilando infine davanti alla tendopoli di Bazzano. "Già ne abbiamo tanti, di problemi, speriamo stiano calmi e non creino guai", sospira Bernardino, 58 anni, pensionato Carispac. Bernardino compreso, ci sono solo una mezza dozzina di adulti a osservare il passaggio del corteo. "Hanno ragione a protestare", dice però Vittoria, seduta su una sedia al bordo della strada: "Siamo qui da tre mesi, abbiamo la casa distrutta e le condizioni in questi campi non sono umane. Io non lavoro, mio marito è autonomo e non guadagna nulla da tre mesi, non ho un euro e per chiedere un dentifricio c'è tanta burocrazia che sembra ti facciano l'elemosina". Tant'è, i ragazzi del corteo ci provano inutilmente, a coinvolgere gli sfollati: li chiamano coi loro canti, ma sono parole al vento. Più oltre, il corteo passa davanti alle nuove piattaforme antisismiche di una delle cittadelle progettate per ospitare gli sfollati. Si temeva un assalto al cantiere, ma il clima si mantiene molto soft. "Mancano le protezioni contro le cadute", si limita a urlare a squarciagola un edile dei sindacati di base facendo sorridere la fila di operai fermi a osservare il passaggio. Al megafono, Bobo dei Cobas di Bari chiama la tarantella, e qualcuno lì dietro balla e canta. Di tanto in tanto, sotto il sole che avvampa e sfianca, qualcuno prende il megafono e canta che "la rivoluzione ci sarà", o urla che "la lotta sarà sempre più dura". Un'altra voce avverte che "nonostante le str... che sono state dette su questa manifestazione siamo qui contro la globalizzazione che sta distruggendo il mondo", e un'altra ancora arringa i campi deserti e i colleghi di passo spiegando che c'è "un terremoto economico e sociale, siamo tutti terremotati". Come una tappa severa del Giro d'Italia, dopo la lunga pianura affrontata con ottimo piede si comincia la gran salita che porta alla Villa, dove i manifestanti venuti all'Aquila per la prima volta dopo il terremoto vedranno le prime uniche macerie della città devastata. Il corteo passa per il viale centrale, i ragazzi osservano una palazzina sventrata e l'emozione è grande: scattano decine di foto, impressionati. Lì accanto, nella strada parallela, edifici interamente crollati hanno portato via un'infinità di vite, ma quel piccolo cumulo di macerie incontrate è già più che sufficiente a stringere lo stomaco. Per questo nessuno si aspetta che ci sia ancora una coda velenosa, nel corteo anti G8. La lunga salita, le immagini di un dolore che si percepisce subito immenso... la marcia finisce però davanti al cordone di polizia che impedisce l'accesso al tempio della città vecchia sventrata. Un gruppetto di ragazzi con la voglia di fracassare qualcosa c'è ancora: è composto da italiani e stranieri in pari numero e si ritrova dietro le insegne "Smash G8". "Servi, servi!", urlano alla polizia. La tensione dura solo il tempo di indossare i caschi e accennare alla carica. "Compagni, è una provocazione. Non accettatela - implora il megafono - i pullman sono pronti, cominciamo il rientro". (10 luglio 2009

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Benedetto XVI a Obama: "Prego per lei" "Ci aspettiamo relazione molto forte" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

CITTA' DEL VATICANO - E' durato quaranta minuti il colloquio tra Barack Obama e il papa Benedetto XVI. "Santità, è un grande onore per me". Così ha esordito il presidente americano, visibilmente emozionato ma anche perfettamente a suo agio nella biblioteca vaticana dove per la prima volta da quando è diventato presidente ha incontrato il Pontefice. Obama ha portato in dono al Pontefice una stola liturgica appartenuta al primo vescovo americano diventato santo, Giovanni Nepomuceno Neumann, ricevendo da papa Ratzinger una copia autografa dell'enciclica Caritas in veritate e anche dell'istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Dignitatis personae sulla bioetica. Il Papa:"Prego per lui". Il colloquio è stato serio e cordiale ma ci sono stati anche momenti di distensione, come quando Obama, di fronte all'imponente schieramento di fotografi, ha scherzato col Pontefice dicendo: "Sono sicuro che anche lei è abituato a farsi fotografare, così come lo sono io...". Al termine dell'incontro il Pontefice ha salutato il presidente Usa assicurandogli che ''pregherà per lui'', e che ''benedirà tutto il suo lavoro''. Obama ha manifestato la speranza di avere "una relazione molto forte col papa" e si è congedato affermando che leggerà l'enciclica che gli ha regalato Benedetto XVI in aereo. Obama a Ratzinger: "Vertice proficuo". Tanti gli argomenti sul tavolo. Dagli aiuti per i Paesi poveri, ( Obama è pronto a recarsi in Ghana per dimostrare il suo appoggio alla più grande e anziana democrazia africana ), alla bioetica, passando per la libertà religiosa nel mondo. Obama ha subito voluto rimarcare al Pontefice, come il summit dell'Aquila sia stato "molto proficuo", per i "20 miliardi di aiuti stabiliti per i Paesi poveri" e parlando di "progressi concreti nelle discussioni sugli aiuti tra i vari leader". OAS_RICH('Middle'); Diritto alla vita. Poi, ci si è soffermati sulla "difesa e promozione della vita e il diritto all'obiezione di coscienza", che la Santa Sede definisce "la grande sfida per il futuro di ogni nazione e per il vero progresso dei popoli". Obama, secondo una nota della sala stampa vaticana, avrebbe promesso a Benedetto XVI di fare qualcosa per ridurre il numero degli aborti nel suo Paese. Una convergenza tra i due si è infine registrata sulla questione della pace in Medio oriente. La questioni e i conflitti della politica internazionale sono stati tra i temi più dibattuti tra il Papa e il presidente degli Stati Uniti. Ripresa economia. Nella conferenza stampa post-G8, Obama ha parlato di ripresa economica, di Iran e della formula, da molti ritenuta superata, del G8. Obama ha affermato che ancora non c'è una piena ripresa dell'economia a livello globale ed è quindi "prematuro iniziare a ridurre le misure di stimolo all'economia. I mercati stanno migliorando - ha detto il presidente Usa - e sembra che abbiamo evitato un collasso globale ma ancora troppe persone stanno soffrendo a causa della crisi". Preoccupazione per Iran. Poi si è soffermato sull'Iran e sugli avvenimenti dei giorni scorsi con la repressione dei sostenitori di Moussavi. I leader dei Paesi del G8 hanno espresso "preoccupazione" per quelli che Obama, ha definito "tremendi" eventi che hanno accompagnato le elezioni presidenziali in Iran. Obama ha anche ricordato come il vertice abbia affrontato la questione del rischio proliferazione posto dal programma nucleare iraniano con "una dichiarazione forte" in cui si sollecita Teheran ad assumersi le sue responsabilità senza più rimandare. G8 ormai vecchio. Infine una riflessione sulla formula del G8, da molti ritenuta al capolinea. "Il G8 - ha affermato Obama di fronte ai giornalisti - è un'istituzione che ha 30 anni e va sicuramente riformata". Tuttavia "ci sarà bisogno di un periodo di transizione per riuscire a trovare il formato giusto. Non c'è dubbio che è necessario rivedere le istituzioni internazionali per far fronte ai grandi cambiamenti che ci sono stati in questi anni". Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come la Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono essere più tirate fuori. "E' necessario quindi un periodo di transizione. Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore di evoluzione. Bisogna alla fine essere sicuri che la scelta che faremo funzioni". (10 luglio 2009

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Obama dal Papa: "Per me un grande onore" Impegno a diminuire gli aborti negli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

CITTA' DEL VATICANO - E' durato quaranta minuti il colloquio tra Barack Obama e Papa Benedetto XVI. "Santità, è un grande onore per me": così ha esordito il capo della Casa Bianca, emozionato ma anche a suo agio nella biblioteca vaticana dove, per la prima volta da quando è diventato presidente, ha incontrato il Pontefice. Obama ha portato in dono una stola liturgica appartenuta al primo vescovo americano diventato santo, Giovanni Nepomuceno Neumann, ricevendo da Ratzinger una copia autografata dell'enciclica Caritas in veritate e anche, non a caso, il testo dell'istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Dignitatis personae sulla bioetica. Il Papa: "Prego per lei". Il colloquio è stato serio e cordiale ma ci sono stati anche momenti di distensione come quando Obama, di fronte all'imponente schieramento di fotografi, ha scherzato col Pontefice: "Sono sicuro che lei è abituato a farsi fotografare... Io mi ci sto ancora abituando...". Benedetto XVI ha sorriso. Al termine dell'incontro il Papa ha salutato il presidente assicurandogli che "pregherà per lui", e che "benedirà tutto il suo lavoro". Obama ha manifestato la speranza di avere "una relazione molto forte col Papa" e si è congedato affermando che leggerà l'enciclica che gli ha regalato Benedetto XVI in aereo. Obama a Ratzinger: "Vertice proficuo". Tanti gli argomenti sul tavolo. Dagli aiuti per i Paesi poveri, (Obama si sta recando in Ghana per dimostrare il suo appoggio alla più grande e anziana democrazia africana ) alla bioetica passando per la libertà religiosa nel mondo. Obama ha subito voluto rimarcare al Pontefice come il summit dell'Aquila sia stato "molto proficuo" per i "20 miliardi di aiuti stabiliti per i Paesi poveri" e ha parlato di "progressi concreti nelle discussioni sugli aiuti tra i vari leader". OAS_RICH('Middle'); Diritto alla vita. Poi, ci si è soffermati sulla "difesa e promozione della vita e il diritto all'obiezione di coscienza" che la Santa Sede definisce "la grande sfida per il futuro di ogni nazione e per il vero progresso dei popoli". Obama - secondo una nota della sala stampa vaticana - avrebbe promesso a Benedetto XVI di fare qualcosa per ridurre il numero degli aborti nel suo Paese. Una convergenza tra i due si è infine registrata sulla questione della pace in Medio Oriente. Sono stati poi trattati alcuni argomenti di maggiore attualità come il dialogo tra culture e religioni, la crisi economico-finanziaria a livello globale e le sue implicazioni etiche, la sicurezza alimentare, l'aiuto allo sviluppo soprattutto all'Africa e all'America Latina, e il problema del narcotraffico. Ripresa economia. In mattinata, nella conferenza stampa post-G8, Obama aveva parlato di ripresa economica, di Iran e della formula, da molti ritenuta superata, del G8. Obama ha affermato che ancora non c'è una piena ripresa dell'economia a livello globale ed è quindi "prematuro iniziare a ridurre le misure di stimolo all'economia. I mercati stanno migliorando - ha detto il presidente Usa - e sembra che abbiamo evitato un collasso globale ma ancora troppe persone stanno soffrendo a causa della crisi". Preoccupazione per Iran. Il presidente americano si è soffermato sull'Iran e sugli avvenimenti dei giorni scorsi con la repressione dei sostenitori di Moussavi. I leader dei Paesi del G8 hanno espresso "preoccupazione" per quelli che Obama ha definito "tremendi" eventi che hanno accompagnato le elezioni presidenziali in Iran. E ha ricordato come il vertice abbia affrontato la questione del rischio proliferazione posto dal programma nucleare iraniano con "una dichiarazione forte", in cui si sollecita Teheran ad assumersi le sue responsabilità senza più rimandare. G8 ormai vecchio. Infine una riflessione sulla formula del G8, da molti ritenuta al capolinea. "Il G8 - ha affermato Obama di fronte ai giornalisti - è un'istituzione che ha trent'anni e va sicuramente riformata". Tuttavia "ci sarà bisogno di un periodo di transizione per riuscire a trovare il formato giusto. Non c'è dubbio che è necessario rivedere le istituzioni internazionali per far fronte ai grandi cambiamenti che ci sono stati in questi anni". Obama ha sottolineato come in realtà Paesi come Cina, India, Brasile "devono ora sicuramente essere inclusi nelle discussioni". Così come anche l'Africa e l'America Latina non possono starne più fuori. "Nei prossimi anni vedremo un'ulteriore evoluzione. Dovremo essere certi che la scelta che faremo funzioni". (10 luglio 2009

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G8 dell'Aquila, dichiarazione finale (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 10-07-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'Aquila, 10 luglio 2009 Il summit del G8 si è svolto a L'Aquila, dall'8 al 10 luglio 2009, in segno di solidarietà con questa regione, gravemente colpita da un terremoto il 6 aprile scorso, e nei confronti di tutti coloro che nel mondo sono stati vittime di disastri naturali. I leader del G8 hanno discusso ed esaminato le sfide, tra loro collegate, della crisi economica, della povertà, del cambiamento del clima e di questioni di politica internazionale. Hanno condiviso una visione dell'economia mondiale aperta, innovativa, sostenibile ed equa. Il summit del G8 ha adottato i seguenti documenti: · Dichiarazione del G8 "Leadership responsabile per un futuro sostenibile". · Dichiarazione del G8 dell'Aquila di non proliferazione; · Dichiarazione del G8 relativa all'antiterrorismo; · Dichiarazione congiunta "Come promuovere un'agenda globale". · Dichiarazione del Forum su Energia e Clima delle più importanti economie al mondo; · Dichiarazione congiunta G8-Africa ("Per una più forte partnership tra G8 e Africa in tema di Acqua e impianti igienici"). · Dichiarazione congiunta sulla Sicurezza globale dei generi alimentari - "L'Aquila Food Security Initiative" (AFSI). I leader del G8 riconoscono che la loro azione è rafforzata dalla collaborazione con le economie emergenti più importanti. Nel 2007 il G8 iniziò a dialogare con Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica, per arrivare a una comune comprensione delle questioni più importanti sull'agenda globale. A L'Aquila, i leader hanno deciso di continuare ad andare avanti nell'ambito di una partnership strutturata e solida. OAS_RICH('Middle'); Con questo spirito il Summit si è aperto nel formato tipico del G8, per poi espandersi a partire dal secondo giorno a meeting sempre più allargati ad altri Paesi. L'8 luglio i leader del G8 si sono incontrati per discutere dell'economia mondiale, di sviluppo, del cambiamento del clima e di questioni di politica internazionale. Dal 9 luglio in poi sono stati affiancati da Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica, instaurando un dialogo continuo e articolato su una vasta gamma di argomenti globali. È stato invitato a partecipare al meeting anche l'Egitto. Le discussioni sono proseguite con la partecipazione dei Capi delle Organizzazioni Internazionali: tutti gli altri membri del Major Economies Forum si sono uniti a loro per affrontare i problemi del commercio e del cambiamento del clima. I leader africani e i partner del G8 hanno discusso le varie implicazioni della crisi per l'Africa. Infine, in modo allargato, i leader hanno affrontato anche la questione della sicurezza alimentare. Heiligendamm - L'Aquila Process (HAP) I partner del G8 insieme a Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica hanno ribadito la loro intenzione a collaborare per far progredire l'agenda globale e individuare soluzioni efficaci nei confronti delle sfide più impegnative. Ciò impone responsabilità condivisa e impegno a collaborare tra le principali economie del mondo, così da fare passi avanti tutti insieme. A questo fine, i leader hanno lanciato una forma di cooperazione solida e articolata avente i medesimi presupposti per tutti: l'Heiligendamm-L'Aquila Process (HAP). I Paesi che aderiscono a questo progetto si impegnano a rafforzare la reciproca comprensione e a tradurre questa intesa comune in risultati tangibili, contribuendo quindi a esaltare la governance globale e a plasmare insieme il futuro. I leader, insieme all'Egitto, hanno discusso un'agenda globale di ripresa economica, le future fonti di crescita e politiche mirate allo sviluppo responsabile. Collaboreranno pertanto per alimentare una ripresa bilanciata e tenendo presente un adeguato assestamento dei loro risparmi. Le politiche per migliorare le reti di sicurezza sociale, comprese la sanità e l'educazione, come pure gli investimenti nelle infrastrutture e nell'innovazione contribuiranno a un modello di sviluppo più bilanciato e sostenibile. Commercio Risultato concreto di questa partnership è un significativo progresso nel commercio. I leader hanno sottolineato che i mercati aperti sono di importanza basilare per la crescita e lo sviluppo economici, tanto più in un periodo di crisi. Pertanto, hanno riaffermato la loro determinazione a opporre resistenza al protezionismo e hanno confermato l'impegno già esistente assunto a Washington e a Londra. Inoltre, i leader concordano sul fatto che una conclusione di successo del Doha Development Round costituirà un impulso determinante per ripristinare la fiducia, aiutare la ripresa e promuovere lo sviluppo. I tempi sono maturi per sbloccare i negoziati al fine di raggiungere una conclusione ambiziosa ed equilibrata nel 2010 sulla base dei progressi già fatti, compresa un'attenzione particolare alle modalità con le quali si otterranno. A questo fine i leader hanno incaricato i rispettivi ministri dei commerci di impegnarsi immediatamente per chiarire e comprendere in modo approfondito i negoziati in corso e di incontrarsi prima del Summit di Pittsburgh, dove dovranno riferire dei progressi compiuti. Australia, Indonesia e Repubblica di Corea hanno anch'esse deciso di unirsi a questi sforzi. Economia mondiale I leader del G8 hanno esaminato la situazione dell'economia mondiale e le misure straordinarie adottate. Pur notando qualche segno di stabilizzazione e un miglioramento dal punto di vista della fiducia, hanno riaffermato il loro impegno a tradurre in realtà le iniziative varate ai summit di Washington e Londra. L'azione politica per aiutare l'economia mondiale e rimettere in sesto il sistema finanziario, continuerà per tutto il tempo necessario ad assicurare una crescita sostenibile e duratura. Le riforme dei regolamenti finanziari saranno adottate immediatamente, assicurando così un buon punto di partenza per la ripresa. I leader si impegnano altresì ad affrontare la dimensione sociale della crisi, mettendo in primo piano le preoccupazioni della gente e promuovendo un'azione globale per garantire l'occupazione e le tutele sociali. La crisi ha messo in piena luce l'importanza della proprietà, dell'integrità, della trasparenza per ciò che concerne la condotta delle attività imprenditoriali e finanziarie internazionali, così da rafforzare l'etica del lavoro. A questo fine i leader hanno approvato la necessità di sviluppare principi e standard comuni, nel "Lecce Framework", che ha le sue premesse nelle iniziative già esistenti dell'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e altre importanti organizzazioni internazionali e che saranno portate al prossimo Summit G20 di Pittsburgh. La cooperazione internazionale sarà rafforzata per poter combattere la corruzione, l'evasione fiscale, il riciclaggio di denaro sporco, il finanziamento al terrorismo, tramite l'irrobustimento e la realizzazione degli standard internazionali, un'espansione del forum globale dell'Ocse, un processo tra partner allo stesso livello e lo sviluppo di contromisure da adottare eventualmente nei confronti di giurisdizioni che non collaborano e non rispettano questi standard. Con lo sguardo rivolto oltre la crisi, i leader si impegnano a garantire una sostenibilità fiscale a medio termine tramite la predisposizione di adeguate exit strategy. Sono determinati a mettere su un tracciato più solido, più innovativo, più verde e più sostenibile la crescita economica. I leader hanno altresì approvato la necessità di affrontare la questione dell'eccessiva instabilità dei prezzi dei prodotti energetici e agricoli, e l'esigenza di migliorare il funzionamento del mercato mondiale dei prodotti, anche tramite normative efficaci e con una supervisione dei mercati dei derivati, così da esaltarne la trasparenza e combattere la perniciosa speculazione. Hanno infine sottolineato l'importanza di creare e favorire un clima aperto e ricettivo per gli investimenti stranieri e per promuovere l'innovazione, combattendo al contempo le contraffazioni e i gesti di pirateria. Il cambiamento del clima I leader del G8 hanno concordemente concluso che è necessario affrontare efficientemente il cambiamento del clima e inviare un forte messaggio in vista della Conferenza Unfcc fissata a Copenhagen a dicembre. Il cambiamento del clima è stato discusso sia dai rappresentanti del G8 sia dai Paesi del Mef. Nella prima sessione, i leader del G8 hanno condiviso l'opinione degli scienziati relativa alla necessità di contenere entro due gradi centigradi l'aumento delle temperature globali sopra ai livelli pre-industriali, e si sono accordati sull'obiettivo a lungo termine di ridurre le emissioni globali di biossido di carbonio e gas serra di almeno il 50 per cento entro l'anno 2050, e, in tale contesto, di far sì che i Paesi sviluppati arrivino a una riduzione dell'80 per cento o più entro quello stesso anno. Si sono anche detti d'accordo sulla necessità di fissare obiettivi significativi a medio termine, in coerenza con quelli a lungo termine, così che le emissioni globali di gas serra possano raggiungere il loro picco massimo quanto prima possibile. In particolare, l'impegno attivo di tutti i principali Paesi responsabili delle emissioni tramite interventi di riduzione e contenimento è stato sottolineato con forza, come una condizione indispensabile ad affrontare con successo il problema del cambiamento del clima. I leader hanno discusso il ruolo delle tecnologie innovative e del finanziamento del clima, con l'ottica di sostenere gli sforzi volti a ridurre le emissioni anche nei Paesi in via di sviluppo. Hanno sottolineato altresì l'esigenza di questi Paesi in particolare di adattarsi in termini di risorse, capacità di costruire e garantire supporto, specialmente nei confronti dei più poveri della Terra e dei più vulnerabili. Il G8 ha adottato una dichiarazione a largo raggio, che ha costituito la premessa dalla quale partire per un dibattito costruttivo con le economie emergenti il giorno seguente. Nella sessione allargata, i 16 leader delle più importanti economie del Forum sull'Energia e il clima, la Commissione europea, Svezia, Danimarca e il Segretario Generale delle Nazioni Unite hanno trovato un'intesa su alcuni capisaldi dell'accordo sul clima di Copenhagen. I leader dei Paesi che più di altri sono responsabili per le emissioni di gas serra e biossido di carbonio hanno ribadito l'importanza di contenere l'aumento medio delle temperature globali sotto i 2 gradi centigradi, come già approvato dal G8, e hanno deciso di collaborare da adesso e fino al summit di Copenhagen per individuare un obiettivo globale a lungo termine per ridurre considerevolmente le emissioni globali entro il 2050. I leader hanno concordato sull'esigenza di adeguate azioni di contenimento a livello nazionale da parte di tutti i Paesi: i Paesi sviluppati potranno tempestivamente ridurre sul medio periodo le loro emissioni, mentre i Paesi in via di sviluppo potranno varare iniziative atte a garantire un significativo cambiamento dei livelli di emissione rispetto al solito. Si è sottolineata l'importanza cruciale che le economie più importanti hanno nel guidare l'innovazione e i leader hanno lanciato anche una Partnership Globale con lo scopo di perfezionare tali sforzi. Si è raggiunto anche un accorso su come migliorare in maniera significativa gli investimenti pubblici nella Ricerca e nello Sviluppo, con l'ottica di raddoppiarli entro il 2015. Sottolineando poi il ruolo del settore privato e della cooperazione internazionale, i leader si sono impegnati a rimuovere le barriere, a creare incentivi, ad accelerare la diffusione, la propagazione e il trasferimento di tecnologie a bassa emissione di biossido di carbonio. Vasto è stato poi il consenso raggiunto sulla necessità di aumentare i finanziamenti per la lotta al cambiamento del clima, provenienti da fonti pubbliche e private, compresi i mercati di scambio delle quote di anidride carbonica. I leader hanno esaminato anche le modalità internazionali di finanziamento di tali attività, con un'attenzione particolare per la proposta di un Fondo Verde avanzata dal Messico. I partecipanti hanno adottato la dichiarazione del Major Economies Forum on Energy and Climate, preparando così la strada a un accordo generale globale a Copenhagen e si sono detti concordi nel voler collaborare verso tale obiettivo nei mesi seguenti. Sviluppo e Africa I leader del G8 hanno incentrato la loro discussione sugli effetti della crisi sui soggetti più vulnerabili e hanno deciso di agire con risolutezza per tradurre in realtà le iniziative volte a debellare la povertà e la fame. Ammettendo che la crisi sta attualmente mettendo a repentaglio il progresso verso la piena realizzazione degli Obiettivi per lo Sviluppo del Millennio, hanno chiesto una valutazione internazionale della situazione nel 2010 per comprendere che cosa occorra fare per raggiungere questi Obiettivi. Hanno ribadito il loro impegno a promuovere la salute nel mondo, hanno espresso solidarietà per tutti i popoli e i Paesi vulnerabili a fronte della minaccia globale del virus H1N1, nonché l'importanza di dare aiuto ai Paesi in via di sviluppo in relazione ai farmaci antivirali, ai vaccini e ad altri dispositivi di prevenzione. Hanno deciso anche di varare alcune iniziative volte ad aiutare i soggetti più vulnerabili affinché possano affrontare la crisi: perseguire il pieno successo dei loro impegni per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, compresi gli aiuti per il commercio; mantenere aperti i mercati per rilanciare la crescita economica così che essa rechi vantaggio ai poveri; dare nuova importanza alla trasparenza e alla competitività tra intermediari per dimezzare i costi di transazione dei soldi inviati dagli emigrati nei Paesi di origine; rafforzare la partnership con l'Africa per migliorare l'accesso all'acqua e ai servizi igienici; sostenere gli strumenti innovativi di finanziamento per la salute; dare all'agricoltura e alla sicurezza alimentare la giusta priorità in cima all'agenda internazionale, aumentando i finanziamenti multilaterali per aiutare le strategie ad ampio raggio dei singoli Paesi e migliorare la coordinazione dei meccanismi esistenti. I leader riconoscono che aumentare gli aiuti senza al contempo garantirne la qualità non potrà avere un impatto concreto sullo sviluppo nel lungo periodo. Hanno ribadito quindi la loro determinazione a tradurre in realtà l'Accra Agenda for Action. Inoltre, a partire dal Consenso di Monterrey, hanno deciso di promuovere un approccio onnicomprensivo, che interessi "tutto il Paese", per assicurare una coerenza politica più forte e la mobilitazione di tutti gli attori, di tutte le risorse politiche e finanziarie. Riaffermando il loro impegno per lo sviluppo, i leader hanno reso noto un rapporto preliminare contabile, e deciso di sviluppare un meccanismo di contabilità ad ampio spettro, per monitorare i progressi e rafforzare l'efficacia delle loro azioni. Un primo rapporto contabile sarà pertanto sottoposto al Summit del G8 di Muskoka (Canada 2010). G8 e Africa Il 10 luglio, i rappresentanti del G8 si sono incontrati con quelli di Algeria, Angola, Egitto, Etiopia, Libia, Nigeria, Senegal, Sudafrica, della Commissione dell'Unione Africana e di altre importanti Organizzazioni internazionali. I leader hanno deciso di agire rapidamente per arginare l'impatto della crisi sul raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in Africa. Hanno confermato i rispettivi impegni in vista dello sviluppo sostenibile, e anche in relazione all'Ocse, al cambiamento del clima, alla pace e alla sicurezza. Per la prima volta, inoltre, i leader hanno rilasciato una dichiarazione congiunta firmata G8-Africa, esprimendo la loro determinazione a costruire una solida partnership per migliorare l'accesso all'acqua e ai servizi igienici. Sicurezza alimentare Preoccupati dal numero in costante aumento di persone malnutrite e da livelli inadeguati di investimenti in agricoltura, nel medesimo giorno i leader di 40 Paesi e i capi delle organizzazioni internazionali hanno convenuto di unire i loro sforzi per sradicare la denutrizione. Una dichiarazione congiunta ha sottolineato la loro comune visione e l'approccio alla sicurezza alimentare globale. I leader si sono impegnati a raccogliere 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni tramite l'iniziativa di supporto alla sicurezza alimentare dell'Aquila e ad aiutare lo sviluppo rurale dei Paesi poveri. I leader inoltre hanno promosso l'avanzamento della Partnership globale per la sicurezza alimentare e dell'agricoltura, per mantenere l'agricoltura al centro dell'agenda internazionale, rilanciare gli investimenti, incrementare l'efficienza degli aiuti e la coordinazione interna ai singoli Paesi, con un coinvolgimento di tutti gli azionisti più importanti. Questioni di politica internazionale I leader del G8 hanno espresso le loro gravi preoccupazioni sui recenti sviluppi della situazione in Iran, stigmatizzando la violenza post-elettorale dilagata nel Paese, le interferenze con i mezzi di informazione, l'ingiustificato arresto di giornalisti e di stranieri in genere. Hanno reso noto che le ambasciate in Iran devono poter esercitare le loro funzioni efficacemente, e hanno sottolineato il loro impegno a trovare una soluzione diplomatica per la continua inottemperanza da parte di Teheran a rispettare i suoi obblighi internazionali per ciò che concerne il programma nucleare. Hanno condannato le dichiarazioni del presidente Ahmadinejad che confuta l'Olocausto. Sulla base dei recenti sviluppi nelle relazioni Usa-Russia in relazione al disarmo, i leader del G8 hanno sottolineato l'importanza cruciale del regime previsto dal Trattato di Non proliferazione (Npt) e l'impegno a creare i presupposti per un mondo affrancato dalle armi nucleari. Gli Stati Uniti organizzeranno per la primavera del 2010 una Conferenza che avrà lo scopo di mettere in sicurezza tutto il materiale nucleare vulnerabile sparso nel pianeta, e arrivare a una revisione dell'Npt. Auspicando una pace a largo raggio tra Israele e tutti i Paesi vicini, i leader del G8 hanno ribadito il loro pieno appoggio alla soluzione dei due stati per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese, e hanno sollecitato le controparti a riprendere immediatamente negoziati diretti. Li hanno altresì invitati a rispettare i relativi obblighi e impegni previsti dalla Roadmap. I leader del G8 si sono detti decisi ad appoggiare pienamente l'Autorità Palestinese, una volta raggiunto l'accordo, tramite il varo di un piano ambizioso e generalizzato che porterà allo sviluppo delle infrastrutture e a promuovere le attività economiche del futuro Stato palestinese. I leader hanno condannato con aspre critiche i recenti test nucleari e il lancio di missili balistici da parte della Repubblica Popolare Democratica di Corea, esortandola vivamente ad astenersi da ulteriori provocazioni e a riprendere quanto prima possibile le trattative al tavolo del Sestetto. I leader del G8 hanno confermato la loro volontà ad aiutare il governo afgano e pachistano a far fronte ai loro rispettivi impegni e alle sfide, con particolare attenzione allo sviluppo economico e sociale, alla buona governance, alla lotta alla corruzione, al traffico illegale e al terrorismo. Si è sottolineata in tale ambito anche l'importanza di una maggiore cooperazione regionale nell'area. I leader del G8 hanno discusso di pirateria e della necessità di far sì che nel Corno d'Africa vi siano migliori controlli delle coste e delle acque territoriali. Hanno affrontato il tema del crimine organizzato trans-nazionale, la lotta al terrorismo, sottolineando il rischio di contrastare l'estremismo, il reclutamento e il finanziamento del terrorismo. Si è ribadito e rinnovato l'impegno da parte dei leader del G8 a costruire competenze di peacekeeping e peacebuilding in tutto il pianeta, con una particolare attenzione a sviluppare operazioni di supporto e aiuto guidate e condotte dalla stessa Africa. Il governo di Myanmar è stato esortato a rilasciare tutti i prigionieri politici per evitare che ciò possa minare la credibilità delle elezioni pianificate per il 2010. I leader infine hanno accolto l'invito del Canada a ospitare il prossimo summit che si svolgerà a Muskoka nel 2010. (Traduzione di Anna Bissanti) (10 luglio 2009

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