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Report "Globalizzazione"   4-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Corea del Nord, Obama in pressing ( da "Corriere.it" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa», spiega, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza dell'Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista.

Draghi: la recessione rallenta ( da "Stampa, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: «Qui è la Cina che ha fatto sentire tutto il suo», si diceva a margine della riunione informale Ecofin. Nonostante la furia, Juncker ha trovato il modo per promettere che negozierà degli accordi sulla doppia tassazione per uscire presto dalla «lista grigia».

Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo tute nere ( da "Arena, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzato». Dopo i violenti scontri di giovedì notte a Strasburgo, che hanno «battezzato» il vertice Nato alimentando paura e tensioni (oltre trecento arresti e 70 persone in stato di fermo), la giornata inaugurale del summit Nato è stata vissuta per le strade del centro della città in un silenzio surreale rotto da cinquecento pacifisti e militanti di estrema sinistra provenienti

La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni ( da "Arena, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: identità contro la globalizzazione» La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni Ricostruire un patrimonio genetico in via di estinzione per rispondere al desiderio di appartenenza al territorio. È questo l'intento della Cantina Valpolicella Negrar, presieduta da Luigino Galvani, che nel 2008 ha fatturato 22,5 milioni di euro,

energia, disco verde alle fonti rinnovabili ( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Corea, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Italia, Messico, Russia, Sud Africa, Usa), della Commissione Europea, dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, dell'Agenzia delle Nazioni Unite Unido, della Banca Mondiale, della Banca Europea degli Investimenti, della Banca Asiatica degli Investimenti,

rose wedding: firmato l'accordo ( da "Nuova Sardegna, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina SASSARI. «Quando abbiamo visto Alghero e la Sardegna abbiamo capito subito: questo è il posto giusto». Lo dice Cao Zhong Hua, capodelegazione del Tourist Information & Service Center of Shanghai-Lu Wan District, in questi giorni nell'isola per concludere l'accordo con la Confturismo per «Rose Wedding»: uno sposalizio collettivo inserito in un reality show che verrà seguito da

disoccupazione, boom negli usa - gigi furini ( da "Centro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (

ex ersa al comune, la protezione civile cresce ( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: di protezione civile, di pronto intervento e soccorso». Il vicesindaco Zearo fa sapere che il consigliere regionale Luigi Cacitti si è già attivato per verificare anche la possibilità di dare maggiore importanza al Centro di protezione civile comunale, con la creazione di un punto di riferimento importante della protezione civile regionale in loco a servizio e supporto di tutto l'

TRENTO - Si delinea l'identità del manager milanese che sarebbe in pole position per la carica di direttore generale di Cavit ( da "Adige, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la penetrazione in Cina potrebbe fare di questo cliente entro il 2010 il quarto mercato export del consorzio. Ora altri progetti sono in cantiere sull'India, dove potrebbe concludersi a breve un accordo di commercializzazione. Secondo il Centro studi Vinitaly, i consumi indiani, tuttora bassissimi, crescono al ritmo del 20% l'anno,

Non ci serve il super Stato ( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Questa crisi rappresenta una condanna della globalizzazione?R. Globalizzazione, libero scambio e apertura dei mercati possono dare solo benefici. L'impresa e l'imprenditoria sono state una grande forza propulsiva nel mondo. Dall'America all'Inghilterra, dall'India alla Cina, hanno liberato i popoli dalla miseria.

Un G20 in insalata russa ( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Gli Usa non sono troppo disponibili a comprimere la libertà di azione dei mercati, mentre alcuni Paesi europei preferirebbero un maggior dirigismo. La Cina, poi, sogna e spera che questa crisi del capitalismo occidentale rafforzi il proprio modello di economia di mercato: libero mercato quando conviene per la crescita,

Ancora false partenze ( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In quanto tempo potranno avere effetto le politiche del presidente Usa Obama? R. Un intervento per uscire da una crisi che ha pochi precedenti come l'attuale richiederà molto tempo e molti errori, ma riteniamo che la ripresa potrà ripartire proprio dagli Stati Uniti e dalla Cina grazie alle ingenti risorse che potranno mettere in campo.

disoccupazione, boom negli usa - gigi furini ( da "Nuova Sardegna, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (

G20 promosso da Roubini ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il vero problema sono gli squilibri globali che si sono creati tra nazioni che risparmiano troppo poco, come gli Usa, e quelle che risparmiano poco come la Cina - sottolinea - Inoltre, sei mesi fa il G20 a Washington si è espresso contro il protezionismo e invece da allora ben 17 Paesi su 20 hanno adottato misure protezionistiche, e questo non va bene».

Gran Torino non è solo un film ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Altri puntavano l'indice sul nuovo ombelico del mondo, Cina-Usa, in alternativa all'Europa. Oppure sull'asse Mosca-Pechino, deciso a sfidare l'egemonia del mondo. E il povero Barack Obama, ancor prima dell'avvio del meeting, veniva bocciato come un dilettante allo sbaraglio. Insomma, tanto fumo e poco arrosto.

Cavalli di razza per correre di più ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: grazie a una possibile ripresa della Cina e anche degli Usa. Infine la scommessa finanziaria di questo portafoglio, Sallie Mae. La società passa di mano a meno di 4 volte gli utili e fornisce fondi e prestiti per l'educazione a studenti. Nel 2008 il margine di interesse è stato di 1,4 miliardi con una perdita netta di 209 milioni (erano stati 894 l'anno precedente)

Con Sella.it la Cina è al telefono ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: it la Cina è al telefono Possibile la negoziazione di B-Share a Shenzhen e Shanghai Ma il Dragone è già raggiungibile con Cfd, Etf, Adr e Forex di Andrea Fiorini - 04-04-2009 Non è esattamente online, ma Sella rompe gli indugi e, in occasione del G20, lancia la negoziazione sulle due Borse della Cina continentale,

Giustizia fiscale vo' cercando. Al Circo Massimo ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: negli Usa, come in Italia, Francia, Germania e Cina) da una pessima distribuzione dei redditi che pone in primo piano la questione salariale. Invece, anche a Londra al G20, tutte le attenzioni e le risorse sono finite alla finanza, per salvare il mondo bancario e riproporre lo stesso modello di accumulazione e i manager fotocopia di quelli (

Il summit e i conflitti intercapitalistici ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il Giappone dipende quindi dalla domanda mondiale, cioè dalla Cina e dagli Usa, visto che l'Europa si autocongela nel sistema euro-aureo. La Cina sta subendo gli effetti più pesanti della crisi: nelle zone esportatrici milioni di persone hanno già perso il posto di lavoro e molti altri milioni li perderanno.

Deludente, vago, inadeguato. Il G20 dei media anglosassoni ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sarkozy stesse di fatto accusando la Cina di lassismo e che il leader francese gli chiedesse di appoggiare sanzioni emanate dall'Ocse (un club di nazioni ricche cui la Cina non partecipa ancora). Secondo il resoconto di funzionari della Casa bianca, Obama ha accompagnato i due a turno, uno alla volta, in un angolo del salone per dirimere la disputa: "Se sostituissimo la parola '

I raccomandati in paradiso ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: quali lo stato Usa del Delaware; Hong Kong e Macao, sotto sovranità della Cina; le isole britanniche del Canale della Manica, come Jersey e Guernsey. Per pura coincidenza, le giurisdizioni che ci si aspetterebbe di trovare nella lista Ocse dei «paradisi fiscali», e che sono invece assenti, sono sotto il controllo di Paesi che hanno partecipato all'

Clima da Malpaese ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: considera solo un numero limitato di paesi: Usa, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e l'Unione europea nel suo complesso. Per altre nazioni, quali Giappone, Cina e Sud Corea, non è stato possibile applicare completamente gli indicatori costruiti per lo studio, perché le informazioni disponibili non avevano il dettaglio sufficiente.

Il piccolo grande paese di Hutu, Tutsi e... belgi ( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Occidente e della Cina. Petit Pays, opera di profondità dei film-maker salentini Gianluca Camerino e Corrado Punzi, sul Centre Jeune Kamange, una specie di zona franca in mezzo alla guerra, diretto da un sacerdote «guevarista» Silvana Silvestri LECCE La decima edizione del Festival del cinema europeo (Lecce, 31 marzo - 5 aprile) unisce nel suo programma esplorazioni raffinate (

Con l'integrazione flop multiculturale ( da "MF Sicilia" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: esiste uno stretto legame tra globalizzazione liberista e rappresentazione conflittuale della società, così come ci è proposta oggi da media e politica. Una globalizzazione che resta puramente economica. «La società multiculturale», dice l'autore nel suo libro, «è fallita sotto i colpi letali di un modello di integrazione che ha pensato,

Protezione civile in campo con l' ( da "Resto del Carlino, Il (Rovigo)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 12 Protezione civile in campo con l'«Operazione Nautilus» CASTELMASSA LA PROTEZIONE civile nazionale, quella del Veneto, la Provincia, il Comune di Castelmassa organizzano domenica l'Operazione Nautilus, esercitazione di protezione civile del Distretto Ro6.

Calò: i vitigni autoctoni sono la carta per battere la crisi ( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La risposta alla globalizzazione, «all'Australia che ?regala? il vino, sono l'originalità della nostra produzione, che non deve voler scimmiottare grottescamente quanto fanno gli altri». Alla base ci sono gli oltre 370 tipi diversi di vitigno che vengono coltivati in Italia.

Protezione civile in festa con gli studenti ( da "Resto del Carlino, Il (Forlì)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 9 Protezione civile in festa con gli studenti DOVADOLA LA PROTEZIONE civile, organizzazione e impegno' è il tema della due giorni in programma oggi e domani. Per fare conoscere meglio l'esperienza sono stati chiamati esperti del settore, fra cui Piero Moscardini del dipartimento di Stato, Lorella Santori,

gli economisti si dividono sul g20 "misure reali". "no, è scenografia" - giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, e Paesi che risparmiano troppo come la Cina». Ecco perché, secondo Roach, il G20 conta poco, al contrario del G2 formato da Usa e Cina, cioè «dal maggiore consumatore e dal maggiore produttore del mondo». Il giudizio di Roach non è piaciuto a Norbert Walter, capo economista di Deutsche Bank per cui «il vero G2 è quello formato da Usa ed Europa in materia di definizione delle

cina, primo scandalo finanziario la polizia perquisisce la citic - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: le perdite sui derivati e le inchieste per falso in bilancio e frode Cina, primo scandalo finanziario la polizia perquisisce la Citic FEDERICO RAMPINI dal nostro corrispondente PECHINO - E´ il primo scandalo serio che colpisce una delle grandi istituzioni finanziarie cinesi dall´inizio di questa crisi. La polizia di Hong Kong ieri ha perquisito per ore gli uffici di Citic Pacific,

dal nostro inviato CERNOBBIO Il pacchetto di misure varato dal G20 al vertic... ( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: formato da Cina, Giappone, Usa e Unione Europea». Si può parlare di una nuova Bretton Woods, coma ha detto Sarkozy? «No, perché a Bretton Woods si discusse di un nuovo sistema di tassi di cambio, nel vertice di Londra non se ne è parlato». L'Europa voleva più regole e meno soldi, gli Usa il contrario: il compromesso finale ha premiato entrambi,

-dal nostro inviato CERNOBBIO - Il vertice fra i Grandi del Pianeta ha centrato un ob... ( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: squilibri che esistono tra paesi che non risparmiano come gli Usa e quelli che risparmiano in eccesso come Giappone Germania e Cina. E nel comunicato finale del vertice non si fa menzione di come si intenda affrontare questo squilibrio». Il G-20 si è aperto con Obama insieme a Brown e giapponesi che volevano piani di stimolo, l'Europa invece che chiedeva più regole: chi ha vinto?

La Russia punta sulle armi strategiche ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: sono superiori anchei bilanci della Cina, e dei Paesi della Nato che ha un potenziale militare 5/6 volte superiore a quello russo». Secondo Litovkin, gli arsenali missilistici nucleari russi sono sufficienti a costituire un deterrente, mentre la flotta dei sottomarini nucleari, 14 di cui 10 abbastanza vecchi, non può essere una minaccia per gli Usa che ne hanno due volte tanti.

Impegno da coordinare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: assistere coloro che soffrono dalla globalizzazione». Senza coordinamento, senza cioè mettere in discussione la sovranità nazionale delle politiche fiscali, la lotta ai paradisi dell'evasione non potrà funzionare – come non ha funzionato finora – perché in un contesto di pura competizione fiscale, ogni Paese avrà interesse a proteggere alcune oasi più amiche di altre.

protezione civile ( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: protezione civile --> Sabato 04 Aprile 2009 AGENDA, pagina 22 e-mail print Duecentocinquanta volontari della Protezione civile in un colpo solo. Tutti alpini, tutti al lavoro. Sarà un weekend di impegno per le Penne nere e la Protezione civile cui l'associazione contribuisce in maniera consistente.

Vertice G20 La Regina: ( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: comportarsi come il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un suo ruolo tra i paesi che decidono. Milena Di Mauro 04/04/2009 nascosto-->

La cosmetica globalizzata ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzata» Le tradizioni e la cultura dei diversi Paesi influiscono sui consumi di creme e profumi E i leader di settore creano prodotti ad hoc Marika Gervasio P er i giapponesi chi usa un profumo troppo persistente è una persona troppo egocentrica e individualista, mentre le donne mediorientali amano le fragranze più intense che sono un modo per farsi notare sotto burqa,

nostro servizio Per la Corea del Nord si tratta solo di una esplorazion... ( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: avrebbero registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contrario all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista. Gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud hanno schierato unità navali super tecnologiche nel Mar del Giappone, mentre Tokyo ha piazzato anche gli intercettori Patriot nel nord del Paese,

Gruppi elettrogeni, Pramac sfonda sul mercato spagnolo ( da "Nazione, La (Siena)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Leader internazionale nel settore dei gruppi elettrogeni e della logistica e attivo anche in quello delle energie alternative, il Gruppo Pramac è costituito da 35 società dislocate in 21 paesi (6 gli stabilimenti produttivi in Italia, Spagna, Francia, Cina, Svizzera e Usa), impiegando complessivamente circa 700 dipendenti.

Linarolo, la protezione civile al lavoro ( da "Provincia Pavese, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: grandi progetti ai quali la Protezione civile di Linarolo si sta dedicando e i risultati si potranno vedere nei prossimi mesi. A spiegarlo è il sindaco Fausto Precerutti che anticipa: «Stiamo lavorando per la formazione di queste tre squadre perchè la nostra protezione civile possa arrivare ad aiutare i cittadini in qualsiasi situazione di pericolo o bisogno si possa verificare»

La missione di Silvio ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: comportarsi come il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un ruolo tra i paesi che decidono.

Ora l'Europa litiga sulla lista. Dopo la decisione unanime del G20 di lanciare la battaglia con... ( da "Unita, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: esempio è la Cina, che non compare con Hong Kong. Ma non sono da meno gli Stati Uniti, che hanno il Delaware e il nevada al loro interno. Si sa che la Cina, dopo un lungo negoziato a Londra è riuscita a ottenere l'esclusione. In Europa protesta anche la Svizzera, che aveva iniziato un difficile negoziato per allentare il suo segreto bancario e oggi si ritrova nella lista incriminata.

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Molti traggono beneficio dalla globalizzazione ma molti ne sono stati danneggiati... Creando la cornice giusta perché ciò che è accaduto nel sistema bancario non accada più, la globalizzazione potrà essere un bene per tutti... Secondo, vorrei ridurre nettamente la minaccia del terrorismo, anche nucleare.

La regina e Silvio: ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: America o la Cina» può avere lo stesso peso dei «Paesi che decidono», e lui stesso può sfoggiare quella tecnica di cui si sente l'inventore: saper essere «saggio» ma anche saper «scherzare, però a ragion veduta» per avvicinare i grandi del mondo. Paola Di Caro Mercoledì a Londra Silvio Berlusconi dietro il presidente sudafricano Motlanthe,>

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: «Siamo in 22 stati degli Usa, in Canada, in Giappone. E dopo tre anni di corteggiamento reciproco, qui al Vinitaly abbiamo chiuso un accordo per la Cina», dice Francesco Siclari. «I cinesi ci chiedono rosso, in particolare il Gerione, 50% cagnulari, 50% vitigni internazionali.

D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, ... ( da "Trentino" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

"Al Qaida ora punta all'Europa" Obama chiede rinforzi per Kabul ( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ma America e Cina devono fare di più. Sono fiducioso in questa sfida, ma bisogna partire da subito». Dopo le cerimonie formali con Sarkozy (a Strasburgo) e Merkel (a Baden Baden), un concerto di benvenuto e la cena ufficiale in Germania coi capi di stato e di governo (mentre i ministri degli Esteri e della Difesa dei 28 tenevano a loro volta una cena di lavoro)

"focaccia blues" il film che si mangia il big mac ( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: mangia il Big Mac Se siete curiosi di conoscere la favola vera della focaccia che mangia il Big Mac, se credete che la globalizzazione non abbia ancora vinto e che la qualità e i buoni sentimenti vincano sempre, Focaccia blues sarà il vostro film. Dal 17 aprile arriverà nei cinema questa sfiziosa pellicola della nuova stagione del Cinema Italiano che potrete vedere in tutte le sale.

Disoccupazione, boom negli Usa ( da "Provincia Pavese, La" del 04-04-2009) + 8 altre fonti
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (

La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni ( da "Arena.it, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: identità contro la globalizzazione» 04/04/2009 rss e-mail print La Cantina Valpolicella promuove la riscoperta dei vitigni rari Ricostruire un patrimonio genetico in via di estinzione per rispondere al desiderio di appartenenza al territorio. È questo l'intento della Cantina Valpolicella Negrar, presieduta da Luigino Galvani,

Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo ( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 04-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzato». Dopo i violenti scontri di giovedì notte a Strasburgo, che hanno «battezzato» il vertice Nato alimentando paura e tensioni (oltre trecento arresti e 70 persone in stato di fermo), la giornata inaugurale del summit Nato è stata vissuta per le strade del centro della città in un silenzio surreale rotto da cinquecento pacifisti e militanti di estrema sinistra provenienti

Corea, oggi in orbita il missile-spia La Casa Bianca insiste: ( da "Avvenire" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa» , ha spiegato, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza dell'Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista.

Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta">Obama umile, mediatore e informale Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta ( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: internazionale e riconosciuti partner da Washington sono coloro che contribuiscono a espandere i consumi globali e che possono prestare denaro agli USA. Cioè la Cina, la nuova potenza in espansione e senza morale, la cui crescita economica dipende dai consumi del mercato americano e la cui stabilità finanziaria dipende dalla possibilità di Washington di restituirle i prestiti che le ha fatto.

Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta">Obama umile, mediatore e informale Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta pag.1 ( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Alla fine Francia e Germania hanno ottenuto quello che volevano o quasi la Cina è riuscita a salvare i suoi paradisi fiscali. Ma parlando a nome proprio e non di tutta l'Unione Europea hanno dimostrato ancora una volta l'intrinseca debolezza del vecchio continente. Che con l'euro continua a essere una potenza economica ma rimane un nano politico.

Nuove sfide del sistema portuale: il rilancio dell'economia meridionale ( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: fenomeni come la globalizzazione e la liberalizzazione degli scambi commerciali mondiali. Lo studio si focalizza su 4 grandi temi: infrastrutture, finanza, politiche di sviluppo, evoluzione dei traffici merci e container. Protagonisti i porti di Bari, Gioia Tauro, Napoli, Salerno e Taranto visti come rappresentanza di una grande potenzialità da esprimere appieno per il rilancio dell'

Pmi in crisi: investimenti in stallo ( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: riuscirebbe a sostenere nei prossimi anni la sfida della competitività con i Paesi più avanzati d'Europa, come anche con Cina, India e Brasile. Diversa sembrerebbe la situazione sul fronte delle esposrtazioni. Negli ultimi sei anni le esportazioni della Turchia sono passate dai 36 miliardi di dollari del 2002 agli oltre 125 miliardi di dollari previsti a fine anno (+247 per cento).

Darwin, noi siamo qui ( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione" non è solo una bella parola. Significa che esiste uno sviluppo naturale che non smette, e ci avvicina ad una nuova vita. Una vita globale in cui ogni cellula, ogni persona, ogni organo e ogni stato vivranno bene solo al livello in cui si occuperanno e collaboreranno per garantire una vita migliore a tutta l'

GIUSY FRANZESE ROMA. LA MAGGIOR PARTE PLAUDE. PARLA DI UNA NUOVA ERA, DI UN SIMBOLO DELLA VOLONT&... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la black list dell'Ocse è stata il frutto di un compromesso, dato che la Cina rischiava di far saltare l'accordo. Così sembra che pochi minuti prima della conferenza stampa del G20 di Londra, sia stato Obama a sbloccare il tutto. In cambio del sì la Cina ha ottenuto l'esclusione di Hong Kong e Macao dalla black list.

"Emeralta 11", protezione civile sui rischi idraulici ( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: "Emeralta 11", protezione civile sui rischi idraulici Sabato 4 Aprile 2009, (E.M.) Complessivamente positivo il bilancio di "Emeralta 11", l'esercitazione di Protezione Civile a regia "Alta" sul rischio idraulico, che ha visto come suo teatro Rosolina Mare.

Roma L'economia cinese è ripartita. Il segnale arriva dall'indice Pmi del settore... ( da "Gazzettino, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Eppure hanno pragmaticamente compreso che il dinamismo di un paese è condizione per la ripresa dell'altro. Per questo, nonostante i timori, la Cina continuerà ad acquistare dollari e Treasury Bond e gli Usa, pur mantenendo le schermaglie dialettiche, non ostacoleranno l'affermazione internazionale della Cina.

Csr, ecco le 10 peggiori multinazionali">Aig e Roche nella Ignobel parade Csr, ecco le 10 peggiori multinazionali ( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina Energia) E' accusata di aver fomentato la crisi in Darfur. Dole (USA Alimentari) La peggiore azienda bananiera del mondo. Se Chiquita ha provato a cambiare registro, Dole rimane il simbolo dello sfruttamento del lavoro. General Electric (USA Energia) Sarebbe accusata, dal giornalista del New York Times David Cay Johnston,

Savona: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo ( da "Savona news" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il Capitalismo e la Globalizzazione gettano la maschera e mostrano tutta la loro violenza colpendo i risparmi, il lavoro, la salute, il diritto allo studio. Tutto drammaticamente in discussione, e mentre Banche e Grande Industria scaricano i debiti sui lavoratori, la sinistra italiana non solo non si oppone, ma dovunque governi compie scelte impopolari,

( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: impersonare il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un suo ruolo tra i paesi che decidono. Milena Di Mauro

Obama: ora un mondosenza le armi nucleari ( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa», spiega, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista.

FVG: TONDO, MOLTO ADDOLORATO PER INCIDENTE PROTEZIONE CIVILE. ( da "Asca" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: INCIDENTE PROTEZIONE CIVILE (ASCA) - Udine, 4 apr - Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, e' ''molto addolorato'' per l'incidente mortale occorso oggi al volontario della Protezione Civile, il 56enne Carmine Vitale, caduto da un'altezza di oltre sette metri mentre stava eseguendo un intervento di manutenzione sul tetto della sede goriziana della Protezione Civile.

Obama, l'Europa e il mondo ( da "Quotidiano.it, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, India e Brasile, erano considerate estranee o fuori gioco. L'Europa era paralizzata da rivalità interne, in preda a un diffuso antiamericanismo che la allontanava dall'altra sponda dell'Atlantico. Negli incontri di Londra e del Reno sono invece emersi molti elementi che fanno ritenere superata la tendenza negativa.

Editoriale - Una buona partenza di Franco Venturini ( da "Corriere.it" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Pechino detiene una grossa fetta del debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è portatrice orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del liberal-capitalismo occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe più a governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping.

Finale: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo ( da "Savona news" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il Capitalismo e la Globalizzazione gettano la maschera e mostrano tutta la loro violenza colpendo i risparmi, il lavoro, la salute, il diritto allo studio. Tutto drammaticamente in discussione, e mentre Banche e Grande Industria scaricano i debiti sui lavoratori, la sinistra italiana non solo non si oppone, ma dovunque governi compie scelte impopolari,

Strasburgo brucia ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 0 commenti A Strasburgo, al vertice Nato, sono in corso disordini. A Londra, al G20, ci sono stati disordini. Al prossimo G8 sono previsti disordini. Ci siamo ormai abituati. Ad ogni incontro internazionale sulla globalizzazione l'unico confronto possibile è tra forze dell'ordine e cittadini.

Ignobel parade ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina - Energia) E' accusata di aver fomentato la crisi in Darfur. Dole (USA - Alimentari) La peggiore azienda bananiera del mondo. Se Chiquita ha provato a cambiare registro, Dole rimane il simbolo dello sfruttamento del lavoro. General Electric (USA - Energia) Sarebbe accusata, dal giornalista del New York Times David Cay Johnston,


Articoli

Corea del Nord, Obama in pressing (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

IL REGIME PARLA DI «esplorazione pacifica dello spazio» Corea del Nord, Obama in pressing «Rinunci al lancio del missile» Il test previsto per sabato. Gli Usa: «Se dovesse avvenire prenderemo le misure adeguate» La Corea del Nord mette a punto gli ultimi preparativi del suo missile-satellite da mandare in orbita già sabato, mentre Barack Obama insiste e dice che Pyongyang «dovrebbe» invece rinunciarvi. «Se dovesse avvenire - ammonisce il presidente americano - prenderemo le misure adeguate, la Corea del Nord deve capire che non può minacciare impunemente la comunità mondiale». È «una provocazione», aggiunge Obama, impegnato in un incontro bilaterale con l'omologo francese Nicolas Sarkozy che di fatto apre il vertice Nato a Strasburgo. «Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa», spiega, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza dell'Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista. Per il premier giapponese Taro Aso e il presidente sudcoreano Lee Myung-bak il satellite può essere mandato in orbita già sabato, condizioni meteo permettendo. A poche ore dall'avvio del periodo utile del 4-8 aprile (nella fascia oraria 11-16) per completare l'operazione, torna il pressing internazionale per evitare un evento che porterebbe forti elementi d'instabilità regionale facendo salire le tensioni. A confermare le indiscrezioni di fonti militari Usa sulla imminenza del test missilistico, ci ha pensato il premier nipponico Aso per il quale il missile balistico «volerà sul Giappone» domani, sabato 4 aprile. Aso, a margine del vertice del G20 di Londra, ha detto che se così fosse sarebbero «violate le risoluzioni Onu» richiedendo «un messaggio appropriato». Racconta di aver discusso della sicurezza della regione con il presidente cinese Hu Jintao che «segue da vicino la situazione nordcoreana». Anche per il presidente sudcoreano Lee, sabato potrebbe già aversi il lancio che richiederà comunque «una forte e severa» risposta, dichiarandosi convinto che le condizioni di salute del leader nordcoreano Kim Jong-il, che ha subìto un ictus lo scorso anno, sono migliorate al punto che ora è saldamente al comando. L'operazione, che il regime definisce «esplorazione pacifica dello spazio» per mandare in ordita un satellite sperimentale per le telecomunicazioni, sarebbe, secondo Usa, Corea del Sud e Giappone, il test di un missile a lunga gittata, il Taepodong-2, capace di montare una testata nucleare e di trasportarla fino all'Alaska e alle Hawaii. Washington, Tokyo e Seul hanno schierato unità navali super tecnologiche nel Mar del Giappone, mentre il Sol Levante ha piazzato anche gli intercettori Patriot nel nord del Paese, nell'ambito dello scudo antimissile. La tensione nella regione è alta. «Siamo pronti a difendere la sicurezza della popolazione», ha assicurato in conferenza stampa, il ministro della Difesa nipponico, Yasukazu Hamada. (Ansa) stampa |

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Draghi: la recessione rallenta (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

LE CRITICHE ALL'OCSE GLI ALTRI «CATTIVI» LA GRANDE CRISI Retroscena Draghi: la recessione rallenta «Il Paese ha già deciso di adeguarsi alle regole Perché questo sgarbo?» Il Lussemburgo nella lista nera L'ira di Juncker Il Tesoro vuol rilanciare un nuovo piano Delors per un'azione collettiva di stimolo Austria e Belgio: accoglieremo le richieste internazionali La Svizzera: criteri sbagliati GUERRA AGLI EVASORI Il ministro «La fine del segreto bancario implica il passaggio a un mondo completamente nuovo» DALL'INVIATO A PRAGA [FIRMA]MARCO ZATTERIN INVIATO A PRAGA In effetti, rileva Mario Draghi, «ci sono dei segnali». Positivi o non negativi per l'andamento dell'economia e per il pianeta in recessione. Devono essere gli stessi di cui parla il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che li definisce «incoraggianti anche se ancora non numerosi». Non una ripresa, sia chiaro. Quella verrà forse nel 2010 e potrebbe essere «cristallina» nel 2011, suggerisce il numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet. Il governatore di Bankitalia parla di «rallentamento del deterioramento» e avverte che «non bisogna fare di una rondine una primavera». Vuol dire che la crisi picchia meno duro, ma non ha smesso di colpire. Dopo Londra, Praga. Dopo il G20 che parla con una voce sola e mette soldi a trilioni per battere la crisi planetaria, i ministri economici europei si sono compiaciuti per l'affiatamento globale trovato nella capitale britannica. Adesso, però, bisogna darsi da fare. «Occorre agire subito e rapidamente per ripristinare la fiducia», chiosa un sobrio Trichet che rilancia l'appello a tenere sotto controllo i conti pubblici. Per l'Italia è un messaggio recepito. Giulio Tremonti assicura che, semmai ve ne fosse bisogno, l'azione «non sarebbe di sfondamento del bilancio bensì di spostamento». A parità di spesa, ha spiegato, «la nostra politica è ricollocare le risorse dando priorità alla coesione sociale. Per ora la nostra azione è sufficiente così. Dobbiamo fare un salto in lungo, non in alto». L'Ecofin ha confermato la volontà europea di affrontare i tempi duri agendo sulle regole più che su altri piani di stimolo. In questa chiave, Tremonti vede nell'esito del vertice londinese «un ritorno della politica che finora ha impedito disastri peggiori» e che prefigura l'idea di una «governance globale». Ne fa una questione di fatti - «è un passaggio enormemente importante» l'aumento dei finanziamenti al Fmi. E di segni, dato che a suo avviso «la fine del segreto bancario implica il passaggio ad un mondo nuovo». Sino a un anno fa, rimarca il ministro, «i governi agivano ognuno per conto proprio; adesso non solo di fare la stessa cosa, ma di farla insieme». Si è insomma «rotto il monopolio tecnocratico e il dominio della finanza». E' una via di uscita. Draghi avverte: la crisi «è partita dalla finanza e si è diffusa all'economia reale; ora il deterioramento progressivo dell'economia reale potrebbe rimbalzare di nuovo sul settore finanziario». tendenza preoccupante sopratutto perché quanto sta avvenendo è «sincronizza globalmente». Tremonti non nega le difficoltà. Per questo ha rilanciato - come corollario alla concordia di Londra - e l'idea di «un nuovo piano Delors» per un'azione collettiva di stimolo attraverso una strategia di investimenti comuni. «Per la prima volta non ho sentito brusii in sala» ha precisato il ministro. Nemmeno da parte dei soliti tedeschi. Torniamo alle regole. Tremonti afferma che l'Europa deve adeguarsi in modo rapido alle nuove norme contabili varate negli Usa giovedì (con maggiore flessibilità nella valutazione degli asset tossici) per alleviare i problemi delle banche. Francia e Germania sono sulla stessa lunghezza d'onda. «E' una riforma a costo zero», assicura il ministro dell'Economia, persuaso che «non dobbiamo fare i templari del mercato quando il tempio della finanza non esiste più». Oggi se ne parlerà ancora a Praga nella seconda giornata dell'Ecofin informale. Obiettivo: decidere per non inseguire l'America che, per forza di cose, dispone le cose sempre più in fretta di tutti...Ho molte ragioni per criticare il modo di agire dell'Ocse, che è una macchina formidabile del pensiero unico». Per una volta Jean-Claude Juncker perde il colore rubizzo e si presenta in sala stampa con un'espressione grigia. Non gli è andata proprio giù che il Lussemburgo, di cui è primo ministro da una vita, sia finito giovedì nella "lista grigia" dei paradisi fiscali non cooperativi stilata dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Ce l'ha con José Ángel Gurría, il segretario dell'istituzione parigina. «Non ci ha contattato - sbotta tanto duro da sembrare minaccioso -. Per lui sarà un problema...». E' una questione di metodo, assicura l'uomo del granducato parlando al termine della riunione informale dei ministri economici dell'Eurozona svoltasi ieri a Praga. Il G20 di Londra ha trovato sul tavolo la lunga lista dei cattivi a metà, elenco che comprende 38 paesi fra cui Svizzera, Austria e Belgio, sistemi che pur essendosi impegnati nel rispetto delle regole Ocse non le hanno applicate nella sostanza. A questa si affianca una "lista nera" con tre paesi: Costa Rica, Malaysia e Filippine. Juncker sostiene che è stato sbagliato prendersela con il club dei quattro guidato dal Lussemburgo visto che si tratta di amministrazioni che hanno deciso di adeguarsi alle regole (è successo alla metà di metà marzo) ma non hanno ancora avuto il tempo di farlo, visto che si tratta di siglare decine di accordi bilaterali sulla doppia imposizione. Non è finita qui. Il premier del piccolo stato ha contestato il fatto che il valore della lista sia limitato dal fatto di comprendere «paesi che non fanno parte dell'Ocse». Curioso oltretutto che manchi Macao. «Deve essere stata la fretta» dice a denti stretti il lussemburghese. E l'elenco continua. Assenti anche alcuni stati degli Usa come Delaware, Wyoming e Nevada dove il Fisco è piuttosto lasco. Gli osservatori leggono in questo una concessione al presidente Obama che ha rinunciato a spingere sui piani di stimolo fiscale e consentito a tutti di puntare sulle riregolamentazione. Però c'è anche la pesante assenza di alcuni accusati di favoreggiamento nei confronti dell'evasione in Oriente. «Qui è la Cina che ha fatto sentire tutto il suo», si diceva a margine della riunione informale Ecofin. Nonostante la furia, Juncker ha trovato il modo per promettere che negozierà degli accordi sulla doppia tassazione per uscire presto dalla «lista grigia». E' comprensibile che si senta sotto tiro, il Lussemburgo vive di movimenti di capitali. A livello globale l'Ocse stima che miliardi di dollari nascosti nel mondo siano 11 mila, somma che basta per spiegare come mai tutti vogliono la fine dei paradisi. Meglio abbozzare. Ieri Austria e Belgio hanno assicurato che raccoglieranno al più presto le richieste internazionali. la Svizzera è irritata e deplora «le procedure» e «i criteri utilizzati per stilare la lista». Anche lei, però abbasserà il capo. L'obiettivo è uscire dalla lista «nei prossimi mesi». Hanno fretta. E hanno ragione. I tedeschi, da sempre i padrini di Juncker come Mister Euro, hanno abbandonato l'amico del Granducato dopo aver visto l'emorragia di imposte a vantaggio dei sistemi dove l'Erario è meno vigilante ed esigente. La Francia, che con la Germania sta guidando la caccia a chi offre privilegi, chiede con forza che si disponga un sistema di sanzioni e multe per chi offre paradisi a buon mercato. Il governatore di Bankitalia e presidente del Fsb (il Financial Stability Board ribattezzato proprio a Londra giovedì), Mario Draghi, invoca «uno sforzo di trasparenza sui bilanci bancari». I grandi sono pronti a farlo. Gli altri sembrano non avere più alcuna scelta. A differenza di quanto avveniva in passato, chi viola i patti rischia davvero di non passarla liscia. \

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Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo tute nere (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 04 Aprile 2009 NAZIONALE Pagina 3 Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo «tute nere» L'imponente operazione di sicurezza ha in parte raffreddato l'onda delle proteste «contro il mondo globalizzato». Dopo i violenti scontri di giovedì notte a Strasburgo, che hanno «battezzato» il vertice Nato alimentando paura e tensioni (oltre trecento arresti e 70 persone in stato di fermo), la giornata inaugurale del summit Nato è stata vissuta per le strade del centro della città in un silenzio surreale rotto da cinquecento pacifisti e militanti di estrema sinistra provenienti da 21 Paesi che hanno dato il via ad un controvertice lanciando cori contro il presidente americano. «Obama ci hai deluso, basta con questa Alleanza», hanno gridato per il mancato ritiro Usa dall' Afghanistan. Ieri sono spuntate numerose le bandiere della pace e al colore dei vessilli pacifisti si è aggiunto l'impatto cromatico suggestivo e divertente di una cinquantina di clown, nel tenero tentativo di minacciare l'inviolabile «zona rossa» - presidiata con agenti in assetto di guerra e camionette dotate di idranti a fare da scudo - per creare una «zona rosa di gioia». Ma è oggi - sotto un cielo interdetto alle linee aree - il giorno più temuto dall'intelligence e dalle forze dell'ordine francesi mobilitate in massa (oltre 18 mila agenti) per avere sotto controllo la mega manifestazione che i collettivi anti-Nato di «no global» terzo-mondisti, pacifisti, autonomi ma anche di movimenti nati come risposta agli eccessi della globalizzazione, hanno organizzato per le vie della città e che prevede anche un tragitto lungo le rive del Reno. Attesi 35-40 mila manifestanti, dei quali almeno duemila secondo il ministero dell'interno francese potenzialmente violenti.  

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La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 04 Aprile 2009 CRONACA Pagina 8 ECONOMIA. Progetto di recupero classificazione e studio. Accordini: «Affermare l'identità contro la globalizzazione» La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni Ricostruire un patrimonio genetico in via di estinzione per rispondere al desiderio di appartenenza al territorio. È questo l'intento della Cantina Valpolicella Negrar, presieduta da Luigino Galvani, che nel 2008 ha fatturato 22,5 milioni di euro, con un 65% derivante dalle esportazioni e ha segnato un +11% sul 2007. La Cantina sta sviluppando un progetto di recupero, classificazione e studio di antiche varietà di vigneti per valorizzarli e reinserirli nella viticoltura, attraverso un prodotto tipico: l'Amarone. «Una possibile soluzione per contrastare la globalizzazione, consiste nell'affermazione di una specifica identità e nella ricerca di quella originalità che comporta la non replicabilità dei vini», afferma l'enologo Daniele Accordini, «Originalità intesa come stile di vino, come rappresentazione fedele e genuina del complesso e unico sistema di relazioni che intercorre tra un territorio, la sua storia e i suoi caratteri morfologici, climatici, sociali, culturali e umani». Il ruolo del vitigno viene quindi rivalutato: Corvina riccia, corvina pelosa, corvinella, corvina gentile, garganica nera, turchetta, uccellina nera e tirodola bastarda, sono solo alcune delle tipologie individuale in Valpolicella dal 1886 ad oggi. Ognuna di queste tipologie conferisce al vino sfumature e personalizzazioni differenti. Uno studio metodico delle biodiversità, quindi, quello condotto dalla cantina, che risulta però molto complesso per l'elevato numero di vitigni rintracciati. «Non tutti i ritrovati meritano poi di essere riproposti», ha sottolineato Accordini, «ma con la ricerca si cerca di valutare gli aspetti sensoriali di ogni vitigno recuperato, per arrivare poi a individuare possibili interazioni e a creare nuovi protagonisti da far tornare nella viticoltura reale e sulle tavole dei consumatori in chiave moderna». Per questo motivo la cantina della Valpolicella Negrar ha creato un vigneto sperimentale, a Jago, proprio nel cuore della Valpolicella Classica, allevando viti prelevate da madri ultracentenarie presenti nei vigneti dei suoi oltre 220 soci.  

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energia, disco verde alle fonti rinnovabili (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'annuncio ieri al Forum internazionale sulle tecnologie a base di emissione di carbonio che è in corso a Trieste fino a domani Energia, disco verde alle fonti rinnovabili Un progetto pilota per le aree montane: protocollo d'intesa fra ministero e Regione Inaugurazioni all'Area Science Park di Trieste, alla presenza dei presidenti della Giunta e del Consiglio Fvg, Renzo Tondo e Edouard Ballaman. Sono stati inaugurati il monumento per celebrare i primi 30 anni di Area, la mostra multimediale dal 1978 a oggi e il forum scientifico, compendio del G8 sull'ambiente che si terrà a Siracusa dal 22 al 24 aprile TRIESTE. Utilizzo di fonti rinnovabili in grado di garantire energia elettrica alle aree montane e uso sostenibile di risorse naturali nelle aree turistiche: è l'obiettivo dei progetti pilota che verranno realizzati in Friuli Venezia Giulia grazie ad un accordo tra Regione e ministero dell'Ambiente. Ad annunciare il Protocollo d'intesa è stato il direttore generale del ministero, Corrado Clini, e dal Sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, al Forum internazionale sulle tecnologie a basse emissioni di carbonio, in corso fino a domenica all'Area Science Park di Trieste. «L'accordo - ha affermato Clini - prevede di partire con un finanziamento annuale che non sarà inferiore ai tre milioni di euro da parte del ministero, cui poi la Regione aggiungerà la sua parte. I progetti - ha aggiunto - andranno sviluppati tra istituzioni pubbliche e private: i primi dovranno coprire i costi aggiuntivi per ricerca e sviluppo, le aziende i costi di investimento per la realizzazione». Il Forum si svolge in vista del "Summit G8" del luglio prossimo alla Maddalena e delle riunioni preparatorie "G8 Ambiente" del 22 aprile a Siracusa e "G8 Energia" del 24 maggio a Roma. Organizzato dal Ministero dell'Ambiente italiano, in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico, Centro e Area Science Park di Trieste, al Forum partecipano i rappresentanti di 17 paesi (Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Italia, Messico, Russia, Sud Africa, Usa), della Commissione Europea, dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, dell'Agenzia delle Nazioni Unite Unido, della Banca Mondiale, della Banca Europea degli Investimenti, della Banca Asiatica degli Investimenti, dell'Ocse e delle maggiori imprese mondiali dell'energia e dell'auto. «A livello globale - ha sottolineato Clini - per lo sviluppo di tecnologie innovative si va da una cifra di 14 mila miliardi di dollari in 15 anni, a oltre 50 mila miliardi di dollari in quarant'anni». «Gli attuali scenari planetari - ha affermato Menia - evidenziano che per rispondere alla duplice sfida dei cambiamenti climatici e dell'approvvigionamento energetico sostenibile e sicuro sia opportuno creare un nuovo modello di sviluppo globale che preveda basse emissioni di carbonio». Menia ha aggiunto che «in quanto rappresentante del governo italiano dico che abbiamo gli strumenti per avviarci verso la strada della sostenibilità energetica, sviluppando prodotti e servizi su larga scala. Per gettare le basi di un nuovo modello energetico - ha aggiunto Menia - servono le idee, i politici devono fare la loro parte». Per lo sviluppo dell'energia dal fotovoltaico - ha reso noto il Presidente della Regione, Renzo Tondo - la Regione ha investito 3,5 milioni di euro di fonte comunitaria e nazionale. «Lo sviluppo sostenibile va affrontato con un approccio estremamente pragmatico - ha spiegato Tondo - perché, soprattutto in un momento difficile come quello attuale, è un'opportunità di crescita per il Friuli Venezia Giulia». Sul tema delle biomasse, Tondo ha ricordato che le energie rinnovabili di origine agricola e forestale, sono ampiamente trattate nel Programma di sviluppo rurale 2007-13, dotato di oltre 240 milioni di euro di risorse pubbliche. Sonia Sicco

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rose wedding: firmato l'accordo (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Sardegna, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 26 - Sassari Rose wedding: firmato l'accordo Alla Confcommercio l'incontro con i delegati della Cina SASSARI. «Quando abbiamo visto Alghero e la Sardegna abbiamo capito subito: questo è il posto giusto». Lo dice Cao Zhong Hua, capodelegazione del Tourist Information & Service Center of Shanghai-Lu Wan District, in questi giorni nell'isola per concludere l'accordo con la Confturismo per «Rose Wedding»: uno sposalizio collettivo inserito in un reality show che verrà seguito da due grossi network cinesi. La Cina sarà televisivamente vicina, ma ciò che più conta sarà un'enorme possibilità turistica per la Sardegna. Ieri la firma tra Zhon Hua e Giorgio Maccioccu, il presidente della Confcommercio: il matrimonio s'ha da fare. Ma perché proprio nella terra dei nuraghi? Lo spiega in maniera simpatica lo stesso Cao: «Ormai noi cinesi possiamo viaggiare in 86 paesi. Anzi, è lo Stato che ci spinge a muoverci e finanzia una buona percentuale delle spese dei viaggi». Già, perché le agenzie turistiche sono del Governo che ha l'interesse a farle lavorare. Qualcuno commenta: qui i buoni-pane, laggiù i buoni-turismo. «Il problema è che per i cinesi l'Europa è una meta esotica e non conoscono quasi nulla. Dell'Italia sanno dell'esistenza di Roma con un monumento chiamato Colosseo. E sanno di una città con quella torre storta a Pisa. E poi Milano, per via della moda, che ha molto appeal. Vede, anche io porto una giacca italiana». Ciò che però i cinesi non afferrano è la cultura. «E hanno gran voglia di conoscere e di farsi conoscere per quello che sono, per la loro storia millenaria. Vogliono andare lontano, gli Usa presentano qualche difficoltà, mentre l'Europa è l'ideale perché, pur non essendo grande (sic), ha tante realtà diverse da visitare». Di solito a 12-13 anni gli shanganesi fanno il loro primo viaggio. «Prima c'era la tendenza a fare un tour di 10 giorni in cui si cercava di vedere tutto e si perdeva la testa - dice Cao - ora si punta su un paio di Paesi da girare bene in due settimane. Perché quel che si cerca è anche il relax». E qui viene il punto: molti di questi turisti vengono da una metropoli di 18 milioni di abitanti, un distretto di 175 milioni. E non cercano altro frastuono, altra confusione. «Abbiamo visto Alghero e ci siamo detti: è il posto adatto. Bello, aria pulita, città calma e accogliente. Non come Milano. Chi si sposa sceglie un posto un po' speciale, che non somigli a Shanghai. E i sardi sono amichevoli. Abbiamo ricevuto inviti da Usa e Canada, ma ci siamo detti che il meglio per il Rose Wedding è qui». La delegazione cinese afferma che l'affare non sta tanto nell'arrivo delle coppie nell'isola: «Abbiamo saputo che da voi si usa invitare centinaia di parenti e amici ai matrimoni. Beh, da noi - dicono i delegati del lontano Oriente - l'obbligo del figlio unico fa sì che le famiglie siano molto ristrette. E ricordiamoci che a Shanghai ci sono 100.000 matrimoni ogni anno. Per voi è un'occasione per farsi conoscere in un mercato molto grosso. Un battage pubblicitario in una importante fiera turistica ad agosto consentirà ai cinesi di farsi un'idea. E anche il tipo di programma, un reality seguito da 6-8% della popolazione, sarà molto più coinvolgente di quelli prettamente turistici che attirano al massimo l'1%». Fondamentale, perchè in questo momento un cinese medio sa che esiste un'isola che si chiama Sar-tin-tà (la pronunciano così). «Ma non sa nemmeno se sia in Italia o in Francia». Antonello Palmas

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disoccupazione, boom negli usa - gigi furini (sezione: Globalizzazione)

( da "Centro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 11 - Economia Disoccupazione, boom negli Usa Ma le Borse sono fiduciose: il peggio è ormai alle spalle GIGI FURINI MILANO. Notizie contrastanti dal fronte macroeconomico, ma i mercati azionari pensano di aver già scontato gli scenari peggiori. Dunque, anche se negli Usa in marzo ben 633 mila lavoratori hanno perso il posto, a Wall Street si pensa che il valore delle azioni abbia già incorporato queste cattive notizie. I dati di ieri portano l'occupazione americana in calo per il quindicesimo mese consecutivo. Da quando è iniziata la recessione (dicembre 2007) gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (esattamente a 52,4), cioè al sopra della soglia che indica una fase di espansione delle attività economiche. Si tratta di un risultato sorprendente, che sembra testimoniare l'efficacia delle misure di stimolo sino ad ora adottate dal governo. Difficile dire se la giornata di giovedì, con la decisioni del G20, sia stata il punto di svolta per i mercati finanziari globali. Il vertice di Londra ha dato dimostrazione di grande unità e la montagna di denaro a disposisione per le misure di sostegno (5 mila miliardi di dollari entro il 2010) hanno ben impressionato gli operatori. Però la paura è stata tanta e ieri in molti hanno approfittato per portare a casa i guadagni di questi giorni. Le Borse hanno vissuto una giornata molto volatile, se le piazze orientali non hanno fatto segnare grosse variazioni (anche se titoli come Toyota, Canon e Panasonic hanno segnato forti rialzi) in Europa si è vista tanta prudenza. Londra lascia sul campo il 2,31%, Parigi l'1,1% mentre Francoforte chiude invariata. Milano ha fatto segnare un incremento dello 0,53%. In tutta Europa sono stati ancora acquistati i titoli dell'auto (+3,3% il sottoindice del settore) ma si sono visti i venditori sulle azioni delle tlc e sugli energetici. A Milano altri acquisti su Fiat, fra scambi intensi. E se saranno vendute più auto, ecco il rimbalzo di Pirelli (+5,5%). Bene Prysmian (+8,2%) che ha vinto una commessa da 20 milioni di euro in Russia e acquisti su Italcementi e Buzzi. Forti acquisti su Mediaset (+4,5%) mentre, come è successo in tutta Europa, ci sono state vendite sui petroliferi (Eni -3,14%). Il petrolio, per la verità, si è mantenuto stabile a 52,56 dolalri al barile, ben sopra i minimi del mese scorso, ma ieri l'Unione petrolifera ha stimato che, nel breve, il prezzo potrebbe ripiegare attestandosi a 45-55 dollari nel 2009 per salire a 60-70 dollari nel 2010 e poi a 70-80 dollari fra il 2015 e il 2020. Un po' per la crisi, un po' per le fonti alternative utilizzate, ma i consumi petroliferi mondiali sono in costante calo dal 1999.

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ex ersa al comune, la protezione civile cresce (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 16 - Udine Ex Ersa al Comune, la Protezione civile cresce Nell'edificio trasferito dalla Regione un centro di coordinamento dell'Alto Friuli Tolmezzo TOLMEZZO. L'edificio ex Ersa dalla Regione passa al Comune di Tolmezzo. La questione è stata discussa nei giorni scorsi dalla giunta regionale. L'immobile, situato nel capoluogo carnico, in via Paluzza è occupato attualmente dalla Protezione civile comunale, dall'Ana dalla Croce rossa otaliana. Si è concluso l'iter procedurale che prevede il trasferimento dell'immobile e delle aree scoperte dalla Regione al Comune di Tolmezzo. Il trasferimento gratuito dell'immobile è avvenuto dopo una serie di incontri svolti in comune di Tolmezzo ed in Regione con l'assessore alle finanze Sandra Savino e il consigliere regionale Luigi Cacitti. «Da diverso tempo - spiega il vicesindaco Dario Zearo - avevamo affrontato l'argomento, ancora da quando il consigliere Cacitti seguiva direttamente la questione in veste di vicesindaco, ed ora finalmente grazie al suo personale interessamento e l'impegno dell'assessore regionale Savino, l'idea dell'amministrazione di Tolmezzo trova compimento. Il passaggio di proprietà verrà ora perfezionato con propria delibera di consiglio comunale, con la quale il comune andrà a deliberare la presa in carico dell'immobile all'interno del proprio patrimonio immobiliare. Questo passaggio permetterà finalmente di mettere in campo le risorse finanziarie ottenute sempre dalla Regione ed in particolare attraverso l'assessore alla protezione civile, con le quali si andranno a realizzare sia opere impiantistiche che opportune modifiche al fabbricato, anche con alcuni ampliamenti necessari. Queste opere permetteranno un uso complessivo ed adeguato dell'immobile con finalità soprattutto legate alle attività di protezione civile, di pronto intervento e soccorso». Il vicesindaco Zearo fa sapere che il consigliere regionale Luigi Cacitti si è già attivato per verificare anche la possibilità di dare maggiore importanza al Centro di protezione civile comunale, con la creazione di un punto di riferimento importante della protezione civile regionale in loco a servizio e supporto di tutto l'Alto Friuli. A breve - informa Zearo - si terrà in municipio un incontro tra l'amministrazione comunale, l'assessore regionale Vanni Lenna, i responsabili della Protezione civile regionale e il consigliere regionale Cacitti. Tanja Ariis

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TRENTO - Si delinea l'identità del manager milanese che sarebbe in pole position per la carica di direttore generale di Cavit (sezione: Globalizzazione)

( da "Adige, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

TRENTO - Si delinea l'identità del manager milanese che sarebbe in pole position per la carica di direttore generale di Cavit TRENTO - Si delinea l'identità del manager milanese che sarebbe in pole position per la carica di direttore generale di Cavit. Dalla rosa di tre nomi selezionati dai cacciatori di teste della Egon Zehnder - quattro considerando l'ipotesi di Massimiliano Giacomini, il responsabile export Usa figlio del direttore uscente Giacinto Giacomini (nella foto in primo piano, con il presidente Adriano Orsi) - sarebbe uscito Enrico Zanoni, 49 anni, attuale direttore della Illva Saronno Spa, il colosso varesino delle bevande alcoliche, con un fatturato consolidato di oltre 260 milioni di euro. Zanoni è ancora in forza all'Illva e potrebbe passare al consorzio di Ravina a metà anno. L'ex direttore Giacomini resta comunque come consulente almeno fino a novembre. Cavit sta cercando di limitare il calo delle vendite di vini nei suoi mercati di riferimento, in primo luogo gli Stati Uniti dove ottiene più del 60% del fatturato. Alla perdita del contratto con la californiana Gallo, anche se prosegue la collaborazione sul segmento alto del mercato, si aggiungono il deprezzamento del dollaro, che rende meno competitive le merci italiane, e gli effetti della crisi economica. L'ultimo rapporto sul mercato nordamericano, presentato al Vinitaly in corso in questi giorni, spiega peraltro che i consumi Usa nel 2008 hanno tenuto a quota 3,6 miliardi di bottiglie, nonostante l'avvio della recessione. Gli esportatori italiani coprono un terzo circa del mercato e, in esso, Cavit, primo brand nazionale, arriva al 17% del totale. Tuttavia tra novembre e dicembre gli ordini dagli Stati Uniti si sono praticamente fermati e solo con quest'anno sono ripresi. Perciò Cavit sta cercando di diversificare i suoi clienti, sia puntando all'Italia e al resto dell'Europa, in particolare ai grandi gruppi europei della distribuzione organizzata, sia esplorando mercati extraeuropei. Secondo l'ultima relazione di bilancio, la penetrazione in Cina potrebbe fare di questo cliente entro il 2010 il quarto mercato export del consorzio. Ora altri progetti sono in cantiere sull'India, dove potrebbe concludersi a breve un accordo di commercializzazione. Secondo il Centro studi Vinitaly, i consumi indiani, tuttora bassissimi, crescono al ritmo del 20% l'anno, con preferenza verso i bianchi aromatici in grado di sposarsi con la speziata cucina del subcontinente. Un recente rapporto, pubblicato da Jbc, prevede che nel 2015 si arriverà a un mercato di 4 milioni di casse, di cui 600 mila, vale a dire oltre 7 milioni di bottiglie, provenienti dall'estero. Cavit è, insieme a Mezzacorona, nella classifica Mediobanca delle prime cinque società vinicole per fatturato. Ma ormai tra i due operatori cooperativi trentini è gara sui volumi d'affari: l'ultimo bilancio vede un distacco di soli 12 milioni di euro, con Cavit a quota 154,8 milioni e Mezzacorona a quota 142,5 milioni di ricavi. 04/04/2009

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Non ci serve il super Stato (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Milano Finanza sezione: congiuntura data: 04/04/2009 - pag: 9 autore: di Maria Bartiromo lo scettico Non ci serve il super Stato Il leader conservatore inglese Cameron, possibile successore di Gordon Brown a Downing Street, non crede ai piani di stimolo alle economie Meglio dare garanzie pubbliche sui prestiti. E ridurre il peso della finanza sul pil È stata una settimana epica quella appena conclusasi a Londra, dove i capi delle 20 principali economie mondiali si sono incontrati per capire come far fronte alla recessione globale. Sullo sfondo della peggiore crisi economica mai conosciuta dall'ultima generazione, i difensori e i detrattori del capitalismo si sono affrontati a viso aperto. Quando il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha incontrato il primo ministro inglese Gordon Brown e altri capi di Stato come il leader cinese Hu Jintao e il presidente russo Dimitri Medvedev per parlare di sostegno all'economia e di lotta al protezionismo, la speranza e l'orgoglio hanno prevalso. Ma gli oppositori del G20 non hanno mancato di esprimere il loro dissenso, con lancio di bottiglie, vetrine infrante (fra le quali quelle della sede della Royal Bank of Scotland) e scontri con la polizia. I contestatori hanno ribattezzato l'incontro «il summit dei gonzi della finanza». Ma c'è stata un'altra, più autorevole, voce fuori dal coro: quella di David Cameron, il leader conservatore britannico, che ha addossato al capo del partito laburista Gordon Brown buona parte della responsabilità del caos finanziario in cui si dibatte la Gran Bretagna. Sono in molti a ritenere che Cameron succederà a Brown dopo la prossima tornata elettorale in programma per giugno. Gli ho parlato poco dopo il suo colloquio privato con Obama.Domanda. Lei la pensa diversamente da Obama sulla necessità di ulteriori stimoli all'economia europea. Può illustrare meglio la sua posizione?Risposta. Non sono per principio contrario a ulteriori programmi di sostegno. Anzi, è quello che i paesi europei dovrebbero fare, se avessero accumulato risorse sufficienti quando le cose andavano per il verso giusto. Ma la Gran Bretagna non può permetterselo. Il governo britannico sta già prendendo in prestito una cifra pari al 10% del pil. Se dovesse superare quella soglia otterrebbe l'effetto opposto perché consumatori e imprenditori non avrebbero più fiducia nella stabilità finanziaria del Paese.D. Questa crisi rappresenta una condanna della globalizzazione?R. Globalizzazione, libero scambio e apertura dei mercati possono dare solo benefici. L'impresa e l'imprenditoria sono state una grande forza propulsiva nel mondo. Dall'America all'Inghilterra, dall'India alla Cina, hanno liberato i popoli dalla miseria. Potrebbero fare altrettanto nell'Africa sub-sahariana. Non dobbiamo voltare le spalle alla globalizzazione, dobbiamo far sì che funzioni. Ciò significa anche riconoscere che le banche posseggono una capacità speciale di deprimere l'economia e che quindi devono essere correttamente disciplinate. Dobbiamo assicurarci che non si immettano più sul mercato strumenti finanziari in grado di procurare enormi guadagni a chi li inventa ma anche di ripercuotere sull'economia in un modo che neppure gli ideatori sono in grado di prevedere. Serve un'economia più equilibrata che, contrariamente a quanto accade nel Regno Unito, non faccia troppo affidamento sui servizi finanziari. In Europa, poi, bisogna affrontare il problema della grande dipendenza dalla sicurezza sociale che, a volte, è un'enorme palla al piede delle economie. Se superiamo questi scogli avremo rimesso in moto il sistema capitalistico, a condizione che questo sistema si basi su valori morali. Per me i mercati sono il mezzo per ottenere la ricchezza e la prosperità che tutti desideriamo. I mercati non sono entità fini a se stesse ed è molto importante che in essi si affermi una scala di valori morali.D. Lei che cosa farebbe, al posto di Brown, per tirar fuori dal pantano la Gran Bretagna?R. La prima cosa da fare è rivitalizzare il credito. Le banche devono irrobustire il proprio capitale. Dopodiché dovranno essere spinte a erogare nuovamente prestiti. Il piano da noi propugnato è audace, di grande portata, ma anche semplice. Nel concreto, lo Stato si farà garante di una parte dei nuovi prestiti erogati dalle banche.D. Barclays ha già detto che non parteciperebbe, in quanto non desidera che lo Stato interferisca nei propri affari. È una decisione saggia?R. È una decisione che il management di Barclays dovrà difendere di fronte ai propri azionisti. In ogni caso, per il gruppo sarebbe un problema. Il riequilibrio dei bilanci bancari è questione di interesse nazionale. Quindi ogni banca che decide di non partecipare al programma dovrà spiegare ai propri azionisti in che modo si libererà degli asset tossici e tornerà ad erogare prestiti.D. Lei è stato l'unico leader dell'opposizione che Obama ha incontrato nel corso di questo viaggio. La cosa non è passata inosservata. Lei è un conservatore alto borghese. Lui un liberal di più modesta estrazione. Non le sembra che formiate una strana coppia?R. In realtà, fra noi c'è un ottimo rapporto. Come politico è molto interessante. È anche una persona con cui è facile parlare. Certo, non la pensiamo alla stesso modo su tutto, ma entrambi riteniamo che lo sviluppo delle tecnologie verdi rappresenti un'importante via d'uscita dalla recessione. Entrambi concordiamo sull'importanza del volontariato e della famiglia, nella consapevolezza che il vero cambiamento non deriva solo dall'azione di governo ma da ciascuno di noi. È la società che genera il cambiamento, non solo il governo. Si tratta di un fondamentale passo in avanti. Per questo lo ammiro molto.

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Un G20 in insalata russa (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Milano Finanza sezione: congiuntura data: 04/04/2009 - pag: 8 autore: di Edoardo Narduzzi bilanci Un G20 in insalata russa Il messaggio del vertice è chiaro: faremo di tutto per battere la recessione. Ma l'eccesso di impegni rischia di produrre pochi risultati concreti. Soprattutto nulla è stato deciso sulla nuova governance delle banche. L'unica cosa certa è che il capitalismo americano non sarà più padrone Come nel copione di un giallo che si rispetti, il momento del delitto, cioè il meeting londinese dei 20 grandi della terra, è stato preceduto da una crescente drammaticità culminata dalla pubblicazione dell'outlook dell'Ocse a ridosso del summit con un pil mondiale in caduta libera. Previsioni e notizie nere e gravi per valorizzare ancora di più l'importanza delle decisioni prese a Londra durante il G20. Ma il summit ha davvero segnato una svolta nella gestione della più grave crisi del dopoguerra? Il risultato dell'incontro è peculiare e di non facile valutazione, perché le diverse situazioni interne dei Paesi partecipanti hanno condizionato le decisioni finali. Così alla fine il G20 è stato una insalata russa della public policy internazionale. Ha deciso sui possibili tetti ai bonus e agli stipendi dei manager (primo intervento dirigista), ha stanziato 250 miliardi di dollari per aiutare il commercio internazionale, ha aumentato le risorse del Fmi, ha pubblicizzato i cosiddetti paradisi fiscali (elenco che l'Ocse diffonde regolarmente da molti anni), ha varato un piano aggregato di politiche fiscali di stimolo della domanda e ha definito molti altri aspetti. Una pioggia di decisioni pubbliche, praticamente una nevrosi di interventi calati dall'alto come a voler comunicare che nulla, ma proprio niente, di intentato è o sarà lasciato per battere la recessione. Il vero pericolo è, come spesso accade, che chi troppo vuole alla fine nulla stringe. Quindi che trascorsa qualche settimana i clamori del vertice di Londra si traducano in pochi risultati economici concreti. Sicuramente sarebbe stato molto meglio organizzare un summit con un'agenda molto più scarna e comunicare alla fine pochi interventi ma analiticamente definiti. Ma in un mondo che vive travolto dalla comunicazione in tempo reale si è preferito un barbecue ricco di notizie da dare in pasto ai cittadini stremati da mesi di prolungate notizie negative. Soprattutto il G20 non ha detto quasi nulla circa i pericoli di politiche protezionistiche o degli aiuti di Stato nascosti da nazionalizzazioni necessitate. In un'economia stravolta negli equilibri dal fallimento di troppi intermediari finanziari non sarebbe inopportuno se i grandi della terra iniziassero a discutere del come e del quando riportare ordine e mercato nella governance delle banche. Le nazionalizzazioni dovrebbero essere le più transitorie possibili.Nella realtà il G20 di Londra si è chiuso un po' come era iniziato sul fronte più importante, quello delle regole dell'economia post globale divisa in poche macro aree valutarie nella quale il capitale deve rimanere libero di muoversi ma non di speculare selvaggiamente. Gli interventi sui paradisi fiscali e le regole annunciate sugli hedge fund risolvono solo parzialmente i problemi connessi ai movimenti finanziari. Il capitale deve, ovviamente, poter investire e disinvestire per scegliere le migliori opportunità di guadagno, ma non può creare rischi sistemici insostenibili perfino per i bilanci pubblici. L'ammontare del guadagno possibile deve essere contingentato. Superata una determinata soglia il rischio implicitamente contenuto nel guadagno potenziale è eccessivamente sfavorevole per coloro che potrebbero essere chiamati a sopportarlo. Quindi non deve essere contrattualizzabile.Il modello di governo del nuovo mondo globale è ancora da definire. Le posizioni tra i vari grandi rimangono ancora distanti. Gli Usa non sono troppo disponibili a comprimere la libertà di azione dei mercati, mentre alcuni Paesi europei preferirebbero un maggior dirigismo. La Cina, poi, sogna e spera che questa crisi del capitalismo occidentale rafforzi il proprio modello di economia di mercato: libero mercato quando conviene per la crescita, centralismo politico altrove. L'unica cosa certa per ora è che dopo la crisi non prevarrà più un modello di capitalismo sugli altri. Il ventennio con il solo capitalismo americano al comando è definitivamente archiviato. Con esso le politiche monotematicamente pro mercato del Fmi e della Banca mondiale. Ma il nuovo equilibrio che possa andare bene ai più non è ancora emerso. Ci vorrà ancora tempo prima che le nuove regole condivise per governare la volatilità dell'economia aperta siano definite. Nel frattempo l'asse cino-americano ha segnato un punto a proprio favore: la crescita economica è il primo obiettivo da conseguire e le principali misure adottate, in primis lo stimolo fiscale, vanno in questa direzione. E se gli europei preferiscono la qualità della vita allo stress dello sviluppo e la Bce si appassiona nel volere contenere l'inflazione a tutti i costi a scapito della crescita e dell'occupazione, sono problemi del vecchio continente. Meglio che ne discutano a Bruxelles.

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Ancora false partenze (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Milano Finanza sezione: I Vostri Soldi in Gestione data: 04/04/2009 - pag: 29 autore: di Francesca Vercesi Ancora false partenze Secondo Vitolo (Consultinvest sgr) nei prossimi mesi i mercati azionari hanno le carte in regola per mettere a segno una vera ripresa. Ma adesso serve cautela 1 Domanda. Come va letto questo momento?R. Gli effetti delle politiche adottate dai governi e dalle banche centrali necessitano di tempo per diventare efficaci. Le valutazioni dei titoli azionari sono depresse per le basse aspettative sugli utili e a causa del processo in atto di deleverage. Il premio al rischio per le azioni ha raggiunto livelli di valore che non si registravano dalla recessione dei primi anni 90. Ma i mercati azionari potrebbero avere una buona ripresa già quest'anno, anticipando l'uscita dalla recessione.2D. In quanto tempo potranno avere effetto le politiche del presidente Usa Obama? R. Un intervento per uscire da una crisi che ha pochi precedenti come l'attuale richiederà molto tempo e molti errori, ma riteniamo che la ripresa potrà ripartire proprio dagli Stati Uniti e dalla Cina grazie alle ingenti risorse che potranno mettere in campo.3D. Quali sono i settori interessanti oggi?R. I settori più promettenti dove gli investimenti governativi porteranno benefici evidenti saranno a nostro parere i trasporti, le utilities, le costruzioni e il settore energetico, anche se occorre considerare che l'efficacia di tali interventi avrà effetto solo sul lungo periodo. 4D. Quali le prospettive dei paesi emergenti?R. I paesi emergenti dell'area sotto la diretta influenza degli Stati Uniti rimangono con fondamentali economici buoni e sembrano avere una resistenza maggiore rispetto ad altre aree emergenti come in particolare l'Europa dell'Est.5D. Ci saranno altri salvataggi? R. Il salvataggio di Aig ha lasciato l'amaro in bocca al presidente della Fed Ben Bernanke che ha dichiarato che la gestione della compagnia è stata simile a un fondo hedge. Ma in ogni caso il salvataggio è obbligatorio anche in questi casi e lo sarà in tutti gli altri che rischino di minare il sistema finanziario americano.

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disoccupazione, boom negli usa - gigi furini (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Sardegna, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 18 - Economia Disoccupazione, boom negli Usa Ma le Borse sono fiduciose: il peggio è ormai alle spalle GIGI FURINI MILANO. Notizie contrastanti dal fronte macroeconomico, ma i mercati azionari pensano di aver già scontato gli scenari peggiori. Dunque, anche se negli Usa in marzo ben 633 mila lavoratori hanno perso il posto, a Wall Street si pensa che il valore delle azioni abbia già incorporato queste cattive notizie. I dati di ieri portano l'occupazione americana in calo per il quindicesimo mese consecutivo. Da quando è iniziata la recessione (dicembre 2007) gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (esattamente a 52,4), cioè al sopra della soglia che indica una fase di espansione delle attività economiche. Si tratta di un risultato sorprendente, che sembra testimoniare l'efficacia delle misure di stimolo sino ad ora adottate dal governo. Difficile dire se la giornata di giovedì, con la decisioni del G20, sia stata il punto di svolta per i mercati finanziari globali. Il vertice di Londra ha dato dimostrazione di grande unità e la montagna di denaro a disposisione per le misure di sostegno (5 mila miliardi di dollari entro il 2010) hanno ben impressionato gli operatori. Però la paura è stata tanta e ieri in molti hanno approfittato per portare a casa i guadagni di questi giorni. Le Borse hanno vissuto una giornata molto volatile, se le piazze orientali non hanno fatto segnare grosse variazioni (anche se titoli come Toyota, Canon e Panasonic hanno segnato forti rialzi) in Europa si è vista tanta prudenza. Londra lascia sul campo il 2,31%, Parigi l'1,1% mentre Francoforte chiude invariata. Milano ha fatto segnare un incremento dello 0,53%. In tutta Europa sono stati ancora acquistati i titoli dell'auto (+3,3% il sottoindice del settore) ma si sono visti i venditori sulle azioni delle tlc e sugli energetici. A Milano altri acquisti su Fiat, fra scambi intensi. E se saranno vendute più auto, ecco il rimbalzo di Pirelli (+5,5%). Bene Prysmian (+8,2%) che ha vinto una commessa da 20 milioni di euro in Russia e acquisti su Italcementi e Buzzi. Forti acquisti su Mediaset (+4,5%) mentre, come è successo in tutta Europa, ci sono state vendite sui petroliferi (Eni -3,14%). Il petrolio, per la verità, si è mantenuto stabile a 52,56 dolalri al barile, ben sopra i minimi del mese scorso, ma ieri l'Unione petrolifera ha stimato che, nel breve, il prezzo potrebbe ripiegare attestandosi a 45-55 dollari nel 2009 per salire a 60-70 dollari nel 2010 e poi a 70-80 dollari fra il 2015 e il 2020. Un po' per la crisi, un po' per le fonti alternative utilizzate, ma i consumi petroliferi mondiali sono in costante calo dal 1999.

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G20 promosso da Roubini (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ATTUALITÀ G20 promosso da Roubini di Redazione - 04-04-2009 ECONOMISTI DIVISI G20 promosso o bocciato? Il consensus degli economisti non è unanime. E se da un lato Nouriel Roubini lo promuove a pieni voti, dall'altro Stephen Roach, presidente di Morgan Stanley Asia, nonché influente economista, concede soltanto la sufficienza. «Nel suo insieme il G20 è stato positivo e ha avuto successo - commenta Roubini - C'è stato un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non è la soluzione di tutto». Gli fa eco Jacob Frenkel, vicepresidente non esecutivo di Aig: «Il 50% delle sfide sta nell'identificare il problema e nell'indirizzare le soluzioni, ma poi bisogna vedere la fase operativa. Comunque è stato un segnale molto positivo che ci sia stato un accordo tra i capi di Stato e di governo, perché è importante quando si è passeggeri di un aereo che i piloti vedano l'orizzonte allo stesso modo». Più critica, invece, la posizione di Roach: «Darei un 10 per gli sforzi e la scenografia; solo la sufficienza invece per il risultato. Ci sono molti discorsi, ma poca sostanza. Il vero problema sono gli squilibri globali che si sono creati tra nazioni che risparmiano troppo poco, come gli Usa, e quelle che risparmiano poco come la Cina - sottolinea - Inoltre, sei mesi fa il G20 a Washington si è espresso contro il protezionismo e invece da allora ben 17 Paesi su 20 hanno adottato misure protezionistiche, e questo non va bene». Infine, secondo Roach il vero gruppo importante non è il G20, ma il G2, formato da Usa e Cina, ovvero «il maggiore consumatore e il maggiore produttore del mondo».

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Gran Torino non è solo un film (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

UP & DOWN «Gran Torino» non è solo un film di Redazione - 04-04-2009 Quel signore che, a suon di capocciate, ha sfondato la vetrina della sede centrale della Rbs nel cuore della City è il personaggio-simbolo di una settimana che meriterà un capitolo a sé nelle micro e macrostorie di un anno, il 2009, vissuto pericolosamente. Alzi la mano, tanto per cominciare, chi si aspettava risultati concreti dal G20. Di sicuro non ci credevano i commentatori che, già alla vigilia, avevano sottolineato le profonde divergenze tra l'asse Parigi-Berlino e la finanza che parla inglese, decisa a rifiutare la mordacchia alla finanza predicata da Merkel-Sarkozy. Altri puntavano l'indice sul nuovo ombelico del mondo, Cina-Usa, in alternativa all'Europa. Oppure sull'asse Mosca-Pechino, deciso a sfidare l'egemonia del mondo. E il povero Barack Obama, ancor prima dell'avvio del meeting, veniva bocciato come un dilettante allo sbaraglio. Insomma, tanto fumo e poco arrosto. Così che Silvio Berlusconi, che da uomo pratico ama vedere il lato positivo, già dava appuntamento al G8 della Maddalena. Perché lì, sotto la regìa italiana, si sarebbe fatto sul serio. Che spettacolo: le premesse culturali illustrate da Giulio Tremonti, Mario Draghi a prendere appunti. Ma non è andata così. Nel giro di 24 ore, si sa, il mondo si è trovato di fronte a: 1) 1.100 miliardi di dollari per combattere la tempesta, soprattutto in quelle economie emergenti a rischio catastrofe, dall'Est Europa al Messico, il primo a far ricorso alle nuove cartucce del Fondo; 2) la creazione del Financial Stability Board, affidato a Draghi, ovvero il primo serio tentativo di Vigilanza sulla finanza internazionale; 3) l'inclusione degli hedge nel perimetro dei controlli; 4) un giro di vite drastico sulle società di rating; 5) l'attacco frontale, anzi l'abolizione (almeno politica e ideologica) dei paradisi fiscali; 6) una barriera contro superbonus, superstipendi e soperchierie dei supermanager; 7) l'inclusione di Cina, India, Brasile nella stanza dei bottoni, con la formale promessa che il prossimo direttore generale del Fondo monetario non sarà europeo (né tantomeno Usa); 8) un impegno esplicito a non battere la strada del protezionismo. Certo, i soliti incontentabili hanno obiettato che il comunicato-fiume di fine G20 è più una lista della spesa che un programma d'azione. Ma, si sa, in politica l'effetto annuncio conta assai. Poi qualcosa si vedrà. Altra critica: non ci sono state decisioni sul fronte della governance bancaria, proprio nel giorno in cui gli Usa accantonavano il mark to market nei bilanci. Il mondo, insomma, non può far altro che sperare che le banche si spurghino degli asset tossici, approfittando del piano Geithner. Quest'ultimo, però, procede: dopo il sì di Pimco e BlackRock, rivela il Financial Times, anche Morgan Stanley, Goldman Sachs e Jp Morgan si preparano a comprare, a buon prezzo, gli asset tossici in pancia ai concorrenti. Dobbiamo concludere che il mondo è meno malato di quanto non temessimo? Tutt'altro. Anzi, il successo del G20 ci segnala che: a) le cose vanno così male che i Grandi hanno dovuto smettere, per un attimo, di litigare; b) le malattie della finanza hanno contagiato l'economia reale con una rapidità e una violenza che hanno spiazzato pure mister Doom Nouriel Roubini, vera star annunciata del meeting Ambrosetti; c) l'escalation delle proteste per le vie di Londra, il sequestro lampo di François-Henry Pinault nel cuore di Parigi piuttosto che i sit-in davanti alle ville dei vertici di Aig nel New England dimostrano che il virus ha ormai intaccato il contratto sociale; d) che cosa può accadere se, a questa combinazione esplosiva, si aggiungesse l'ingrediente di una grave crisi internazionale, innescata da un missile coreano, da una carestia in Sud America piuttosto che dal default dell'Ucraina? Insomma, i pericoli non mancano, a partire da un listino azionario che, inondato di liquidità, esibisce una volatilità degna degli anni Trenta, i quali, come ci insegna Marc Faber, hanno offerto più di un'occasione di guadagno agli investitori esperti. Abituiamoci ai saliscendi a due cifre sui listini, dunque. Anche se a balzi del tipo di quelli registrati da Fiat in Borsa, ma anche nelle classifiche di vendita in Francia e Germania, non ci si può abituare mai. Così come ai ritmi di Sergio Marchionne. Si occuperà di Chrysler in prima persona se l'affare andrà in porto? «Oh sì che me ne occuperò...», fu la sua prima risposta, di getto, a gennaio dopo la conferma dei contatti con Detroit. Poi, nel pomeriggio, davanti agli analisti, l'ad fu più cauto: probabilmente temeva di dar l'impressione di una fuga da Torino che con lui è tornata una Gran Torino per dirla con Clint Eastwood, autore di un film bello e profetico. Ma la partita americana lui la sta giocando in prima persona, con uno staff ridotto ai minimi e le slide del MultiAir, il motore concepito in quei laboratori torinesi che Rick Wagoner tanto schifò cinque anni fa, pagando miliardi per starne alla larga. Che romanzo. Come scrisse Ernest Hemingway: «Com'è che sono fallito? Prima, poco per volta, poi tutto è precipitato». Marchionne non ha tempo per i romanzi: un salto a Torino, magari per un saluto a Giulio Anselmi, in partenza da La Stampa verso l'Ansa (in pole position per la poltrona che fu di Giulio Debenedetti c'è Guido Gentili, ex direttore de Il Sole 24 Ore). Poi, magari, di corsa a Zurigo per valutare con gli gnomi di Ubs l'impatto della guerra ai paradisi fiscali che colpisce l'istituto proprio nel giorno delle prime condanne in Florida, per evasione fiscale, di un suo cliente «tradito». Che ritmo. Al confronto impallidisce la pace con Verona annunciata in Unicredit. Piuttosto che la malinconica spoliazione di quello che fu l'impero elettrico di Romain Zalesky. Per aver la scossa, bisogna guardare verso Bpm. Roberto Mazzotta annusa aria di riscossa, ma la partita è aperta: è più facile un accordo al G20 che in piazza Meda.

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Cavalli di razza per correre di più (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ANALISI TECNICA Cavalli di razza per correre di più BATTERE IL MERCATO L'investment bank di Morgan Stanley, le raffinerie di Southwestern Energy e di Tesoro, gli acciai di Nucor e la logistica di Archer Daniels Infine i prestiti Sallie Mae. Tutte società ad alto alfa Il portafoglio precedente: +12,3% di Massimiliano Malandra - 04-04-2009 Morgan Stanley, Tesoro, Southwestern Energy, Archer Daniels, Nucor e la scommessa Sallie Mae. Sono i sei titoli con cui tentare di replicare la performance del precedente portafoglio Usa «alfa elevato» che da fine febbraio (B&F n. 771 del 21 febbraio 2009) ha messo a segno un 12,3% contro il 3,2% dell'S&P500. Si tratta di una selezione di breve termine per cuori saldi. E che ripone ampia fiducia nell'analisi quantitativa e nella statistica dei mercati finanziari. Il principale filtro è rappresentato infatti da un alfa (coefficiente che misura la variabilità del titolo, a fronte di una crescita nulla dell'indice) superiore all'S&P500, sia a sei che a 24 mesi. Un p/e atteso inferiore a quello del 2008 (un fatto che indica quindi una crescita degli utili) e una performance da inizio anno migliore di quella dell'indice di riferimento. Vediamo ora in dettaglio le cinque società. Morgan Stanley è una delle sopravvissute allo tsunami finanziario degli ultimi 18 mesi, tanto che da inizio anno il titolo ha guadagnato oltre il 40 per cento. Con una market cap di oltre 24 miliardi il gruppo, che si è trasformato da security firm in banca, è riuscito a chiudere l'esercizio 2007-08 (che termina a novembre, mentre i risultati del primo trimestre saranno comunicati il prossimo 21 aprile) con 1,7 miliardi di utile netto su 24,7 miliardi di ricavi, dopo aver compiuto svalutazioni per soli 21,5 miliardi (29,5 miliardi per Jp Morgan e 85,4 per Citigroup, a titolo di esempio). Il management ha ridotto la leva finanziaria dalle 32 volte del 2007 alle attuali 11 volte, con una redditività dell'equity che nel 2008 è scesa dall'8,9 al 4,9%, ma finora ha confermato il dividendo trimestrale di 27 centesimi. Southwestern Energy è una compagnia integrata texana (con sede a Houston) focalizzata sul gas naturale. Con circa 10 miliardi di market cap il titolo da inizio anno è in leggero guadagno a Wall Street e ora passa di mano a 20 volte gli utili e 4 volte i mezzi propri. Nel 2008 i profitti sono più che raddoppiati, da 221 a 568 milioni, grazie ai maggiori volumi di produzione complessiva (+71%), con ricavi passati da 1,26 a 2,3 miliardi di dollari. Nel 2009 la società investirà 1,9 miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas; le attese del management sono ora di un eps 2009 di 1,36-1,38 dollari con i prezzi del gas a 5 dollari e del petrolio a 50, e di 1,62-1,63 dollari con gas a 6 dollari e greggio a 60. L'altro titolo del comparto oil&gas è Tesoro Corporation, società di raffinazione di petroli (possiede nove impianti ed è il maggiore raffinatore indipendente degli Stati Uniti occidentali) che commercializza benzina e gasolio a catene di distribuzione indipendenti. Il gruppo ha sede a San Antonio, Texas, e nel 2008, a fronte di ricavi saliti da 21,9 a 28 miliardi, ha accusato un calo dei profitti da 566 a 278 milioni. Ma già il primo trimestre dell'anno (i risultati saranno resi noti il prossimo 5 maggio) dovrebbe essere migliore del 2008. Archer Daniels Midland (sede a Decatur, Illinois), con 18 miliardi di capitalizzazione, opera nel settore agricolo, trasportando, immagazzinando e vendendo soprattutto cereali. Grazie all'impennata delle quotazioni delle commodity agricole, il gruppo nei primi due trimestri dell'esercizio 2008-09 (che termina a giugno) ha aumentato del 30% i ricavi a quota 37,8 miliardi e del 79% i profitti a 1,63 miliardi. Le azioni ora passano di mano a 8 volte gli utili attesi per questo esercizio, mentre il dividend yield si attesta al 2% e il payout al 18 per cento. A 6 volte i profitti 2008 e 1,8 volte il patrimonio tratta invece Nucor, società siderurgica del North Carolina con 12,4 miliardi di capitalizzazione. Il 2008 è stato da record, con 23,7 miliardi di dollari di ricavi (+43%) e 1,8 di utile netto (+24%), ma nel quarto trimestre 2008 l'utile si è ridotto di due terzi a causa di svalutazioni sul magazzino. Ora il management comincia a vedere la luce in fondo al tunnel, grazie a una possibile ripresa della Cina e anche degli Usa. Infine la scommessa finanziaria di questo portafoglio, Sallie Mae. La società passa di mano a meno di 4 volte gli utili e fornisce fondi e prestiti per l'educazione a studenti. Nel 2008 il margine di interesse è stato di 1,4 miliardi con una perdita netta di 209 milioni (erano stati 894 l'anno precedente). Intanto, a gennaio, il Tesoro Usa ha deciso di destinare un massimo di 60 miliardi per sostenere il mercato dei prestiti d'onore agli studenti e ridurre i cespiti illiquidi che intasano i bilanci delle banche. I fondi serviranno ad acquistare dalle banche prestiti studenteschi vecchi e nuovi e a emettere carta commerciale garantita da collaterale per finanziare l'attività, nell'ambito di un piano approntato da Citigroup e Morgan Stanley.

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Con Sella.it la Cina è al telefono (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ANALISI TECNICA Con Sella.it la Cina è al telefono Possibile la negoziazione di B-Share a Shenzhen e Shanghai Ma il Dragone è già raggiungibile con Cfd, Etf, Adr e Forex di Andrea Fiorini - 04-04-2009 Non è esattamente online, ma Sella rompe gli indugi e, in occasione del G20, lancia la negoziazione sulle due Borse della Cina continentale, Shanghai e Shenzhen, che si aggiungono così a Hong Kong. La novità riguarda più precisamente la negoziazione via telefono di azioni di tipo B o B-share, ovvero azioni di società cinesi quotate a Shanghai (in dollari statunitensi) e a Shenzhen (in dollari di Hong Kong). Un'opzione, quella del trading «via cornetta», molto diffusa in Italia, ma che rispetto a Internet risulta ancora cara: per Sella.it le commissioni sono infatti del 5 per mille, ben lontane dall'1,6 per mille sullo Xetra, sull'Euronext o sugli Usa richiesti via web. Tuttavia, la scelta della società guidata da Luca Ferrarese è il primo vero tentativo di affrontare mercati molto complessi dal punto di vista della regolamentazione, per la dichiarata volontà del governo cinese di limitare la libera negoziazione di titoli locali. Tanto è vero che le azioni di tipo A sono precluse ai non residenti. Per ora non è chiaro se Sella.it estenderà l'opportunità cinese anche alla piattaforma Extreme, «ma - fanno sapere dalla società - per ora non ci sono piani in questo senso, dipenderà dalle richieste dei clienti che ci arriveranno».Dalla concorrenza poi, almeno per ora, l'approccio diretto non fa presa. Vincenzo Tedeschi, responsabile marketing di Iwbank, è infatti scettico: «Non offriamo i mercati cinesi direttamente, neppure via telefono - spiega - Prima di tutto non abbiamo ricevuto richieste dai clienti in questo senso, solo qualche input per Giappone e Hong Kong. Inoltre, sono mercati poco convenienti. È molto più efficiente sfruttare altri strumenti che non le azioni di tipo B: per esempio i derivati di Hong Kong (Iwbank offre il future e il mini-future sull'indice Hang Seng, ndr) o gli Adr statunitensi». Un suggerimento, quest'ultimo, che può riportare l'attenzione del trader online sui titoli cinesi. Al Nyse, per esempio, sono quotate svariate decine di società del Dragone sotto forma di Adr (American depositary receipt), certificati emessi da banche Usa sulla base del deposito nei loro forzieri di titoli azionari esteri di cui sono garanti. Poiché la negoziazione di questi certificati avviene esattamente come per le normali azioni, ciò apre al trading un buon numero di società cinesi. Basta avere il conto con un broker italiano che offre Nyse e Nasdaq, cioè praticamente tutti, e con le stesse commissioni delle azioni. Non solo. Accanto agli Adr, infatti, occhieggiano Etf, Cfd e valute. Nei primi due casi, però, è Hong Kong a farla da padrone. Per gli Exchange traded fund, per esempio, sull'Etf Plus di Borsa Italiana, all'interno della categoria Azionario Cina, sono disponibili quattro strumenti, Lyxor Etf China Enterprise, Lyxor Etf Hong Kong (Hsi), Db x-trackers Ftse/Xinhua China 25 e iShares Ftse/Xinhua China 25, senza contare i panieri misti della categoria Asia Pacifico. Un'opzione che Fineco, per esempio, offre anche in questo caso al costo dell'azionario, ovvero allo 0,19% per eseguito per gli Etf italiani, europei e Usa, e Sella.it, nel caso del conto per i trader più attivi, dallo 0,17% allo 0,10%. E se la valuta corrente cinese non è negoziabile, lo è facilmente il dollaro di Hong Kong, come conferma Alessandro Capuano di Ig Markets, «senza contare la possibilità di negoziare Cfd su tutti i titoli della Borsa di Hong Kong, su cui sono quotate comunque le principali aziende cinesi, e sull'indice China H-Share». «Essendo agganciato al dollaro - spiega Davide Merenda di Salex - lo yuan ne subisce, nel bene e nel male, i movimenti. Quindi gli investitori europei che comprano azioni sul mercato cinese, accuseranno un processo di rivalutazione o di svalutazione, dal lato del tasso di cambio, legato all'andamento dell'EurUsd. Noi proponiamo, poi, il cross UsdHkd, con uno spread di soli cinque pip, ma devo dire che è un cambio utilizzato molto raramente». Tra le opportunità offerte da Saxo su Hong Kong sono poi disponibili i Cfd sulle azioni e i cambi del dollaro locale contro le valute di Singapore e Usa, e contro dollaro e argento. Infine una novità: entro un mese Saxo attiverà anche l'Hong Kong Futures Exchange.

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Giustizia fiscale vo' cercando. Al Circo Massimo (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

RICCHI E POVERI Giustizia fiscale vo' cercando. Al Circo Massimo Galapagos Oltre un terzo dei contribuenti italiani ha denunciato di aver guadagnato nel 2006 meno di 10 mila euro che significano meno di 800 euro al mese: 14 milioni abbondanti di italiani vivono in questa condizione. Forse non comparabile con i 2 dollari al giorno (60 al mese) con il quale sopravvive il 50% della popolazione mondiale (ma l'Italia è la sesta o settima potenza mondiale) e probabilmente il dato incorpora una quota di evasione fiscale. Resta il fatto che per gli onesti non è un bel vivere. Che diventa drammatico per quell'11% della popolazione italiana (oltre 4,4 milioni di persone) che ha guadagnato meno di 3000 euro in un anno. In cima alla piramide dei redditi stanno invece meno di 360 mila contribuenti che denunciano più di 100 mila euro. E i lavoratori dipendenti come si collocano? Guardando i dati fiscali diffusi ieri, sono in un limbo: oltre i 10 mila euro l'anno e fino a 20 mila euro (lordi) c'è oltre il 33% dei redditi dichiarati, pari a 13,5 milioni di persone, un terzo del totale. Semplificando: i 2/3 dei contribuenti italiani dichiara di guadagnare, e le famiglie monoreddito ci campano, meno di 20 mila euro lordi annui, all'incirca 1.600 euro al mese per i più fortunati. E' giusta questa distribuzione del reddito che penalizza l'unico fattore - il lavoro - che crea ricchezza? Ovviamente no. E a urlarlo non saranno solo i due milioni di iscritti alla Cgil che manifesteranno oggi a Roma nella latitanza e complicità (con il governo e i padroni) degli altri sindacati. Quel che è peggio è che neppure i governi progressisti sono riusciti a cambiare le cose, come ci ha fatto sapere l'Ires-Cgil: dal '95 a oggi, infatti, i profitti sono saliti del 74,5%, mentre le retribuzioni sono «cresciute» di appena il 5,5%. Tradotto, questo significa che la produttività in questi anni è finita tutta al profitto, mentre il lavoro è rimasto a bocca asciutta. Come quando nel 2006, dopo il successo elettorale, fu varata la beffa del cuneo fiscale - finito tutto ai profitti - che commentammo con un titolo di prima pagina storico: «Presi per il cuneo». Oggi possiamo aggiungere che i lavoratori sono stati «presi doppiamente per il cuneo». E a farcelo affermare sono i nuovi dati pubblicati dell'Istat che ci dicono che nel 2006-2007 il valore aggiunto dell'industria è cresciuto molto più di quanto stimato in precedenza. Cioè del 4,4 e del 5,9 per cento, invece che del 2,2 e del 4,1% come si era creduto. Si tratta complessivamente di 4 punti percentuali in più «sbucati a sorpresa», dopo che tutti i contratti di lavoro erano stati siglati. Ovviamente al ribasso. La crisi attuale, quindi, pur essendo stata fatta esplodere dalla bolla finanziaria, ha origini (negli Usa, come in Italia, Francia, Germania e Cina) da una pessima distribuzione dei redditi che pone in primo piano la questione salariale. Invece, anche a Londra al G20, tutte le attenzioni e le risorse sono finite alla finanza, per salvare il mondo bancario e riproporre lo stesso modello di accumulazione e i manager fotocopia di quelli (pochi) cacciati via. Oggi al Circo Massimo saranno in primo piano altre parole d'ordine: la prima è la lotta alla povertà, alla precarietà e al disagio sociale. Ma anche la vita: quella sicurezza sul lavoro alla quale questo governo non tiene molto. Insomma, un battaglia, forse un po' moderata, ma sacrosanta, per rilanciare un welfare pubblico con un forte intervento dello stato nell'economia. Visto che i padroni bancari non hanno saputo fare il loro mestiere e quelli industriali lo hanno fatto solo a loro favore.

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Il summit e i conflitti intercapitalistici (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

COMMENTO Il summit e i conflitti intercapitalistici Joseph Halevi Sul Financial Times del 31 marzo Martin Wolf aveva stabilito un semplicissimo criterio per valutare le decisioni dei G20. Riusciranno questi paesi a spostare la distribuzione della domanda mondiale dai paesi in deficit a quelli in surplus per farli spendere ed importare? L'ipotesi di Wolf, rivelatasi esatta, era che non avrebbero nemmeno tentato di farlo. Come osserva il New York Times la riunione ha approvato, tramite il Fondo monetario internazionale, dei fondi in caso di crisi di pagamenti da parte dei paesi in via di sviluppo e delle linee di credito per un totale di 1100 miliardi di dollari ma non ha varato alcuna misura diretta di stimolo della domanda. I G20 non erano quindi politicamente in grado di affrontare il nodo cruciale posto da Wolf. Per scioglierlo però bisogna rompere la deflazione salariale in Europa e riorientare le strutture produttive sia del Giappone che della Cina. La Francia e la Germania non vogliono sentir parlare di stimoli fiscali all'economia. Lo scorso ottobre Angela Merkel affermò che non avrebbe speso un ulteriore euro in favore del resto dell'eurozona per non indebolire le capacità finanziarie della Germania. Nell'intervista rilasciata al Financial Times il 27 marzo, riferendosi alla dipendenza dalle esportazioni della Germania, la cancelliera ha detto "è un fatto che nemmeno intendiamo cambiare." Per il governo e il capitale tedesco l'economia non deve essere rilanciata perché, aumentando le importazioni dal resto dell'Europa, se ne dissiperebbero all'estero gli effetti. In forma più paludata le stesse tesi vengono espresse in Francia: se si stimola, si rilanciano principalmente le importazioni. Quindi, dice Sarkozy, per uscire dalla crisi bisogna aumentare la produttività; ovviamente per esportare di più verso l'Europa. Con l'euro, il perno del neomercantilismo intraeuopeo è oggi la deflazione salariale competitiva che rimpiazza le svalutazioni nei tassi di cambio del passato. La garanzia risiede in una moneta austera, quasi aurea, come il franco francese degli anni Trenta. Parigi e Berlino sono d'accordo nel proteggere il sistema bancario e di ricondurlo in un alveo istituzionalmente monopolistico con rendite garantite. La Francia ne è un esempio: malgrado le perdite in borsa le banche hanno dichiarato grossi profitti. La crisi è populisticamente vista solo come il prodotto della corrotta finanza Usa che ha esposto le innocenti banche europee alle cartacce del mercato subprime. A Washington la speranza di rivalutare le cartacce, grazie alle aste truccate di Geithner e Summers, mostra che non ci sono serie intenzioni di riformare il sistema bancario. La volontà di rilancio economico viene abbinata alla difesa delle megabanche ed alla rivalutazione artificiale dei prodotti tossici. Tuttavia gli Usa non si propongono più di agire da importatori globali per via degli squilibri che ciò causa nelle bilance dei pagamenti. Sebbene tale obiettivo sia di difficile attuazione, ha di che preoccupare sia la zona dell'euro che il Giappone. La riduzione del ruolo di importatore mondiale degli Usa comporterebbe una forte svalutazione del dollaro ed un aggravamento della crisi europea dato che Parigi e Berlino non intendono spendere. Il Giappone vorrebbe stimolare, ma non è in grado farlo E' pieno zeppo di capacità produttive eccedentarie ben oltre le possibilità di assorbimento interno. Le strutture industriali del paese sono in sintonia con il ruolo di oligopoli globali delle sue multinazionali. Il Giappone dipende quindi dalla domanda mondiale, cioè dalla Cina e dagli Usa, visto che l'Europa si autocongela nel sistema euro-aureo. La Cina sta subendo gli effetti più pesanti della crisi: nelle zone esportatrici milioni di persone hanno già perso il posto di lavoro e molti altri milioni li perderanno. Intere aree industriali si svuotano con i macchinari che vengono imballati e/o venduti. Non ci sono delle reali reti di protezione sociale, la sanità è cara, senza lavoro in città non si può vivere. Da un anno venti milioni di operai e operaie sono rientrati nelle campagne assai povere. Anche il governo sollecita i «rimpatri». La Cina intende spendere per mitigare la crisi. Tuttavia le misure adottate finora favoriscono l'industria pesante e quindi aumentano il divario tra consumi ed investimenti. Ora il problema è l'allargamento del mercato interno del consumo. E' evidente che la Cina si propone di ricalibrare senza abbandonare il modello di crescita attraverso le esportazioni, malgrado questo sia in crisi. Per Pechino diventa impellente affrontare la questione degli attivi in dollari che non rendono, sia per i bassi tassi Usa che per la tendenziale svalutazione del dollaro. Con le esportazioni che non crescono più, il sacrificio inerente alla detenzione di dollari non è compensato da maggiori guadagni nel commercio estero. La Cina non vuole affondare la barca, bensì porre sul tappeto la governabilità del dollaro e usa il surplus accumulato per aumentare il suo peso politico-legale nel Fondo monetario internazionale. Ma gli Usa non accetteranno ridiscutere il ruolo della loro moneta. Nessuno dei partecipanti al G20 ha un'analisi profonda della crisi ed un relativo schema per discuterne. Ugualmente nessuno tra i cosiddetti economisti ha una visione del futuro come l'ebbe Keynes a Versailles nel 1919, vedendo in maniera lucidissima dove il tutto sarebbe andato a parare.

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Deludente, vago, inadeguato. Il G20 dei media anglosassoni (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

RASSEGNA STAMPA Deludente, vago, inadeguato. Il G20 dei media anglosassoni A leggere la stampa anglosassone, e invece i giornali italiani, sembra che a Londra si siano tenuti due vertici del G20 completamente diversi. Uno, descritto dalla stampa nostrana, avrebbe conseguito successi storici, abolito i paradisi fiscali, imposto nuove norme cogenti al Far west della speculazione finanziaria, iniettato migliaia e migliaia di miliardi nell'economia mondiale: avrebbe posto le basi di un nuovo capitalismo. Per la stampa americana e inglese il vertice sarebbe stato, se non un insuccesso, certo una delusione. Il più devastante, come al solito, è l'Economist: «L'esito del G20: meglio di niente. Ma può l'Fmi salvare il mondo?» Titolo che non richiede particolari spiegazioni. L'Economist descrive il Fondo monetario internazionale come una sorta di barile in cui sono state scaricate tutte le questioni su cui le diverse parti non trovavano un accordo. Altrettanto secco il titolo del quotidiano Financial Times: «Le grandi cifre del G20 nascondono profonde divisioni»: «L'enfasi sulle quantità più che sugli accordi concreti serve a mascherare il grande elemento mancante nel comunicato: un nuovo e vincolante impegno a misure specifiche per ripulire gli assets tossici del sistema bancario internazionale», scrive l'organo della City, che prosegue: «I numeri annunciati alla fine di ogni summit internazionale vanno esaminati da vicino, in particolare quelli presentati dal primo ministro britannico che è preceduto dalla sua reputazione d'inflazione numerica e di doppio conteggio». Altrettanto scettico è l'organo della borsa di New York, il Wall Street Journal: «I leaders delle nazioni del gruppo del G20 hanno annunciato giovedì misure che - hanno detto - aiuteranno a risollevare l'economia mondiale, ma hanno rinviato le decisioni più spinose o le hanno scaricate su istituzioni non abituate a tali responsabilità». E più in là: «Le misure adottate potranno alleviare gli effetti della crisi economica. Ma molte dichiarazioni sono state solo di principio, e dovranno trovare seguito altrove - alcune in un altro vertice G20 più tardi quest'anno». «Il comunicato emesso dal gruppo alla fine dell'incontro non affronta specificamente i problemi che secondo molti sono alla radice della crisi odierna, come il fallimento dei sistemi bancari». Tutta la stampa anglosassone, in particolare quella americana, insiste sul fatto che Obama non ha ottenuto quasi nulla sul punto che gli premeva di più: «Il gruppo non ha preso nessun impegno su un obiettivo concreto di stimolo, sostenuto dagli Usa. Invece, i leader si sono vagamente impegnati a 'offrire un livello di stimolo fiscale necessario per restaurare la crescita'» (WSJ). Moderato fallimento è il giudizio del New York Times nel suo editoriale: «In tempi normali non ci aspettiamo molto dai vertici economici. Ma con l'economia mondiale che implode, giovedì i leaders delle maggiori 20 potenze economiche mondiali avevano l'urgente responsabilità di formulare politiche concrete per rimettere in sesto il sistema finanziario globale e rilanciare la crescita. Non ci sono riusciti». E conclude: «Per uscire dalla crisi ci vorrà molto più di quanto è stato fatto a Londra». Per esemplificare il livello di disaccordo, tutti i giornali citati riportano a lungo un episodio ignorato dalla stampa italiana. Ecco la versione del NYT: «Per più di una tesissima ora, giovedì, Nicholas Sarkozy e il presidente della Cina Hu Jintao si sono scontrati sui paradisi fiscali. Circondati dagli altri 18 leaders, si sono beccati reciprocamente. Sarkozy voleva che il comunicato del G20 nominasse e deplorasse i paradisi fiscali, magari includendo Macao o Hong Kong che sono sotto sovranità cinese. Come ovvio, Hu non ne voleva sapere. Sembrava arrabbiato che Sarkozy stesse di fatto accusando la Cina di lassismo e che il leader francese gli chiedesse di appoggiare sanzioni emanate dall'Ocse (un club di nazioni ricche cui la Cina non partecipa ancora). Secondo il resoconto di funzionari della Casa bianca, Obama ha accompagnato i due a turno, uno alla volta, in un angolo del salone per dirimere la disputa: "Se sostituissimo la parola 'riconosciamo' con il termine 'notiamo'?" ha suggerito Obama. Risultato: nel comunicato finale si legge: "Notiamo che l'Ocse ha oggi pubblicato una lista di paesi che il Global Forum definisce non rispondenti ai criteri internazionali di scambio di informazioni fiscali". Hong Kong e Macao non apparivano nella lista».

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I raccomandati in paradiso (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

I raccomandati in paradiso Il G20 si impegna a combattere i «paradisi fiscali», ma la lista pubblicata dall'Ocse è epurata: non ci sono Macao, le isole britanniche della Manica né stati Usa come il Delaware. E poi, quante imprese (pure italiane) hanno sussidiarie offshore? Andrea Baranes La buona notizia è che si è parlato di paradisi fiscali più nelle ultime due settimane che negli anni passati. L'incontro del G20 appena concluso a Londra cita l'impegno ad «agire contro le giurisdizioni non-cooperative, inclusi i paradisi fiscali». Parla di sanzioni, dice che «l'era del segreto bancario è finita». Richieste che le reti della società civile fanno da tempo. Bisogna però guardare più da vicino i risultati del vertice. Il lavoro futuro dovrebbe fondarsi sul nuovo elenco di paesi pubblicato ieri dall'Ocse, che contiene una vera e propria lista nera, una grigia, una grigio chiaro e una bianca, compilate in base al grado di rispetto dei criteri internazionali in materia di trasparenza bancaria e fiscale. Scorrendo questi elenchi, si trovano tra i paesi «virtuosi» alcuni territori considerati fino a ieri paradisi fiscali, quali lo stato Usa del Delaware; Hong Kong e Macao, sotto sovranità della Cina; le isole britanniche del Canale della Manica, come Jersey e Guernsey. Per pura coincidenza, le giurisdizioni che ci si aspetterebbe di trovare nella lista Ocse dei «paradisi fiscali», e che sono invece assenti, sono sotto il controllo di Paesi che hanno partecipato all'incontro del G20. È come se alcuni avessero goduto di un trattamento di favore, mentre altri non hanno protezioni altolocate. È difficile considerare Costarica, Malesia, Filippine e Uruguay come i peggiori paradisi fiscali del pianeta, eppure sono i soli quattro Stati che compongono la nuova lista nera. Una situazione che ha già portato i paesi europei, a partire dalla Svizzera, inclusi nella "lista grigio chiara", a protestare per i criteri che hanno portato alla compilazione delle stesse liste e per la mancanza di consultazione nella loro redazione. La lista grigia, che comprende 38 paesi fra cui il Lussemburgo, l'Austria e il Belgio, elenca quei paesi che pur essendosi impegnati nel rispetto delle regole dell'Ocse non le hanno applicate nella sostanza. A questa si affianca una lista nera di quattro paesi, Costa Rica, Malaysia per il suo territorio di Labuan, Filippine e Uruguay. Il metodo impiegato per arrivare a tali elenchi è effettivamente discutibile. L'Ocse ha preso in esame in primo luogo la firma e il rispetto degli accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale (Tax Information Exchange Agreements - TIEAs). Questi accordi destano più di una perplessità. Lo scambio di informazioni non è automatico, ma su richiesta delle autorità di un Paese e può richiedere settimane, mentre i capitali possono sparire con pochi click di un computer. Si tratta poi di accordi bilaterali, che possono essere aggirati da operazioni di triangolazione, ovvero tramite diversi passaggi con Paesi non firmatari. Inoltre, giudicare se un Paese è un paradiso fiscale sul numero di accordi firmati è assolutamente fuorviante. Nelle ultime settimane Jersey e Guernsey hanno concluso accordi con la Groenlandia e le Far Oer. Accordi che permettono alle isole britanniche di «fare numero», ma che non sembrano di fondamentale rilevanza per contrastare i flussi illeciti di capitali. È motivo di scontento inoltre la vistosa mancata inclusione di alcuni stati degli Usa come il Delaware, il Wyoming e il Nevada dove la legislazione è molto permissiva. Per combattere i paradisi fiscali è necessario un trattato multilaterale, e non una serie di trattati bilaterali, che preveda uno scambio automatico di informazioni, e non su richiesta. Ancora, bisognerebbe introdurre una rendicontazione Paese per Paese dei dati contabili e fiscali delle imprese, che oggi devono riportare nei propri bilanci unicamente dati aggregati per macro-regioni. In maniera ancora più importante, perchè non iniziamo a guardare in casa nostra? Quante imprese nostrane hanno sussidiarie nei paradisi fiscali? Perché governi e banche centrali non impediscono alle nostre banche di aprire filiali offshore? Prendiamo il caso dell'Italia, dove il ministero dell'Economia e delle Finanze è l'azionista di riferimento di Eni e Enel. Scorrendo i loro bilanci, scopriamo che l'Enel ha decine di controllate nel Delaware, a Panama, nel Lussemburgo o alle Isole Cayman. In quello Eni troviamo nuovamente società nel Delaware e in Lussemburgo e poi nelle Bahamas, alle Bermuda e in diversi altri Paesi. Al di là delle roboanti dichiarazioni a mezzo stampa o nei vertici internazionali, se il ministro Tremonti volesse davvero intraprendere una lotta contro i paradisi fiscali, il primo passo da compiere dovrebbe essere quello di fare pulizia in casa propria. Foto: L'ISOLA DI JERSEY, GRAN BRETAGNA, È UNO DEI «PARADISI FISCALI» EUROPEI CHE NON COMPAIONO SULLA LISTA STILATA DAL G20 /AP A DESTRA: PARIGI, ALLA VIGILIA DEL G20 MANIFESTANTI DI ATTAC CONTRO I PARADISI FINANZIARI /AP

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Clima da Malpaese (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

TerraTerra Clima da Malpaese Daniele Pernigotti Molti si affannano a sottolineare che Germanwatch è solo una Ong tedesca e i suoi rapporti non hanno valenza ufficiale. Fattostà che in ogni suo rapporto l'Italia esce con le ossa più rotte. È avvenuto così negli ultimi anni per l'Indice di Performance sui cambiamenti climatici, che ci ha visto arretrare sempre di più nella classifica mondiale dei paesi più virtuosi per la lotta ai cambiamenti climatici, con un'inusuale par condicio che ha accomunato governi di centrosinistra e centrodestra. E ' così anche per l'Economic/climate recovery score cards, la classifica che Germanwatch ha stilato in collaborazione con Ecofys per valutare quanto i pacchetti di «stimolo economico» predisposti dai vari paesi tengano conto della lotta ai cambiamenti climatici. Lo studio, presentato in questi giorni a Bonn in occasione dei lavori dell'Onu di preparazione della Conferenza di Copenhagen, considera solo un numero limitato di paesi: Usa, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e l'Unione europea nel suo complesso. Per altre nazioni, quali Giappone, Cina e Sud Corea, non è stato possibile applicare completamente gli indicatori costruiti per lo studio, perché le informazioni disponibili non avevano il dettaglio sufficiente. Secondo le indicazione dell'IPCC, il comitato scientifico consultivo dell'Onu sui cambiamenti climatici, per affrontare in modo efficace il riscaldamento del pianeta sarebbe necessario investire nei prossimi anni dall'1% al 3% del Pil. Ora risulta che anche i paesi più virtuosi, quali Germania e Usa, non hanno ancora raggiunto quella soglia, avendo investito rispettivamente lo 0,5 e 0,4 del Pil. Solo la Ue riesce a fare meglio, perché ha destinato l'1,3% del suo budget (che però in termini assoluti è molto ridotto) alla produzione di energia rinnovabile, interventi strutturali sulle reti elettriche e la promozione di progetti per la cattura e lo stoccaggio della Co2 nelle grosse centrali a carbone. E l'Italia? Con un pacchetto di sostegno all'economia complessivamente tra i più significativi, posizionandosi con i suoi 100 miliardi di euro dietro solo agli Usa, riesce ad avere una performance addirittura peggiorativa sui cambiamenti climatici. Il pacchetto italiano, tutto orientato al trasporto, presenta infatti degli aspetti positivi rispetto agli incentivi sulle auto che favorisce l'introduzione di nuovi modelli a minore emissione, anche se non tende a favorire in modo specifico le auto a benzina e gasolio con minori emissioni di Co2. A fronte di questo intervento positivo che gli indicatori di Germanwatch quantificano ad un livello poco sotto dello 0,3% del Pil, vi sono però interventi a favore della costruzione di nuove strade pari a ben oltre lo 0,6% che lo studio legge in chiave negativa perché tende a stimolare il trasporto su gomma e quindi le emissioni di Co2. Risulta così che l'effetto complessivo del pacchetto italiano ha un effetto addirittura negativo per circa il 0,4% del Pil, unico esempio tra i paesi oggetto di studio, visto che la Gran Bretagna ha una performance sostanzialmente neutra e tutti gli altri hanno una ricaduta variamente positiva alla lotta ai cambiamenti climatici. Attendiamo adesso di vedere cosa accadrà nella pubblicazione del prossimo Indice di Performance sui cambiamenti climatici di Germanwatch, in pubblicazione a dicembre, anche se quanto è visibile all'orizzonte lascia solo ipotizzare un ulteriore scivolamento verso le ultime posizioni della classifica.

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Il piccolo grande paese di Hutu, Tutsi e... belgi (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

LECCE Alla manifestazione del cinema europeo un documentario sul Burundi Il piccolo grande paese di Hutu, Tutsi e... belgi Perché nel Burundi, come nel Ruanda, la rivoluzione è impossibile. Troppi e intoccabili gli interessi, strategici e economici, dell'Occidente e della Cina. Petit Pays, opera di profondità dei film-maker salentini Gianluca Camerino e Corrado Punzi, sul Centre Jeune Kamange, una specie di zona franca in mezzo alla guerra, diretto da un sacerdote «guevarista» Silvana Silvestri LECCE La decima edizione del Festival del cinema europeo (Lecce, 31 marzo - 5 aprile) unisce nel suo programma esplorazioni raffinate (cinema bosniaco), gusto popolare sofisticato, con la personale dedicata a Margherita Buy, gli studi di cinema con il convegno del sindacato critici sul cineasta greco Constantin Costa- Gavras, i film internazionali provenienti soprattutto dal centro Europa, ma è anche una vetrina dei lavori realizzati dai cineasti salentini. Ed è il caso di due giovani registi che da circa dieci anni lavorano su diverse strade e a volte si incrociano sui rispettivi set, Gianluca Camerino con esperienza di pubblicità a Milano, Corrado Punzi che ha realizzato lavori politici sul Cile (Le bende del giaguaro) o sui delitti politici del dopoguerra nel Salento. Insieme hanno affrontato un difficile viaggio in Africa, in Burundi per realizzare Petit Pays, film estremamente interessante per le testimonianze rilasciate, trascinante nel suo stile morale, politico e che dovrebbe essere distribuito. Sono stati chiamati da una comune amica che lavora come casco bianco in quella zona, con l'obbiettivo di realizzare un documentario sul Centre Jeune Kamange, una specie di zona franca in mezzo alla guerra, tenuto dal padre saveriano Claudio Marano. «Il Burundi, dicono i registi, ha avuto la stessa storia del più conosciuto Ruanda. È un paese povero in mezzo a paesi ricchi. Se fosse un paese ricco come il Congo i massacri sarebbero stati fermati. Senza riflettere sulla qualità artistica abbiamo ripreso alcuni personaggi e abbiamo voluto fare della scarsità di mezzi la forza del film». Girato spesso con minidv, camera lasciata accesa anche dove era proibito, Petit Pays ci collega con una terra che a poche ore di volo sconvolge i nostri abituali parametri mentali e visivi, così abituati come siamo a vedere profughi e massacri, e mai ad ascoltare le parole dei protagonisti. Inizia con una forte ritmica sonora e visiva (questo è il suono del Burundi, commenterà alla fine della proiezione un padre comboniano, già espulso dal paese, che ha ritrovato nel film le linee che possono orientarci per capire cosa succede). Il Centro dei giovani è tenuto da padre Claudio, un saveriano di epoca sessantottina, che mantiene nella sua personale simbologia Cristo e Che Guevara che in queste terre tentò una «rivoluzione impossibile». Anche padre Claudio ha compiuto un'azione rivoluzionaria da anni, portando nel centro la convivenza pacifica tra le varie popolazioni, lo studio, la conoscenza, le partite di calcio, il collegamento internet, il teatro, un'oasi nella guerra che travolge periodicamente il paese fin dai tempi del colonialismo, e poi dell'indipendenza dal Belgio, conquistata negli anni 60. «Portare la pace è un lavoro politico - dice - portare la guerra è semplice, c'è gente che vive della guerra. Noi stiamo facendo prevenzione alla guerra». Non si tratta solo di Tutsi dominanti e Hutu servitori, ci dice il film, si tratta di una situazione ben più complessa. Le voci sono state raccolte non solo all'interno del Centro, le testimonianze di padre Claudio, di uno studente di diritto («noi abbiamo la costituzione dal 1970, gli Usa dal 1770»), ma anche in maniera spericolata, quella di un ribelle, orfano e ragazzo di strada, completamente nascosto da un berretto mimetico («il mio sogno è quello di invecchiare») o quella di Patrice Faye che tutela l'incolumità di un coccodrillo assassino, controllandolo per tutto il territorio, potente metafora nel film di un pericolo di morte costante con cui bisogna saper convivere. «Si deve dire che la storia non insegna niente. Bisogna costruire il piccolo paese sulle ossa delle fosse comuni. Allora piccolo paese, quando voliamo via?» sono parole della canzone filosofica di Gael Faye, celebre musicista franco burundese, figlio di quel Patrice. Non è solo un protettore dei coccodrilli, ma anche regista teatrale, anche lui sessantottino che dopo aver esplorato il maggio francese inforcò una bici e con quella fece il giro dell'America latina e poi dell'Africa per arrivare anche lui sui luoghi del Che oltre che nel «posto più bello del mondo», sulle sponde del lago Tanganika. Ma questo non può essere il paradiso si dice nel film, troppi massacri si sono accumulati sul terreno e nelle coscienze, hanno cambiato lo spirito della popolazione. «Quando siamo arrivati nel paese, dicono i registi, ci siamo accorti che spiegare la storia era impossibile. Una donna ci ha detto: qui la storia non esiste, è circolare, si tramanda di bocca in bocca. Ci sono solo vittime, ognuno racconta la sua storia. Lo stato è presidenzialista, il presidente è un ex ribelle a cui ora altri ribelli si oppongono perché ha disatteso le indicazioni delle elezioni. «Mentre arrivavamo con l'aerobus in Uganda è salita una quantità di cinesi: abbiamo poi scoperto che hanno tutti gli appalti delle costruzioni pubbliche, scuole, ospedali. Noi abbiamo vissuto al centro, che si trova al nord, in piena bidonville, una zona che alle sei e mezzo di sera la polizia chiude con una catena tirata in mezzo alla strada. La notte si sentono spari e esplosioni. Anche se potevamo riprendere solo il centro abbiamo fatto anche riprese altrove come in carcere, volevamo testimoniare la violazione dei diritti umani. Uomini donne e bambini vivono tutti insieme, è una città vera e propria dove sono tutti chiusi dentro, c'è anche il mercato. Dentro è l'inferno, abbiamo visto bambini impazziti, detenuti politici come il vicepresidente del consiglio. Anche noi siamo stati fermati perché giravamo in luoghi non consentiti». Come siete arrivati al ribelle? chiediamo. «Quando abbiamo organizzato un incontro era in un bar e come dal nulla sono spuntati tre individui a tre tavoli diversi, individuati subito come servizi segreti, che pedivano lui. Il racconto che ha poi fatto in un altro luogo è stato come una seduta psicanalitica, sono emersi racconti che venivano da lontano. Ti accorgi di chi vive con le armi in mano, di chi ha ucciso. Il ribelle dice: qui senza armi non si può vivere. Lui appartiene al Fln del popolo Hutu, lui fa una distinzione tra rivoluzione dove sei libero e ribellione dove sei in prigione. Ma abbiamo raccontato che la rivoluzione qui è impossibile. Questo punto di partenza ci ha fatto comprendere come non sia chiara la distinzione tra gli oppressi e gli oppressori. Ci sembra limitativo definirlo guerra etnica. Le uniche responsabità sono dei paesi del nord del mondo. Non è certo facile testimoniare cosa succede, un reporter è stato picchiato perché si era accorto di un traffico di armi: si parla di 300 mila di armi in più rispetto a quelle dell'esercito che circolano nel paese, si tirano bombe a mano anche per semplici litigi, tanto ce ne sono in abbondanza». E padre Claudio? «Si è definito una specie Che Guevara senz'armi Il suo dice non è un lavoro religioso, ma un lavoro politico che dovrebbe essere fatto in tutto il mondo. Lui usa l'arma della cultura, i sacchi di riso, dice, non servono come l'accesso al sapere. Siamo partiti pensando che fosse il dopoguerra e ci siamo trovati in periodo prebellico: come abbiamo scoperto, scoppia una guerra ogni volta che sono in vista le elezioni. Abbiamo visto l'orrore nelle riprese di repertorio, la televisione ti fa vedere solo questo e abbiamo scelto di non mettere niente di questi materiali e per non avere neanche la tentazione, non abbiamo neanche portato i materiali in Italia».

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Con l'integrazione flop multiculturale (sezione: Globalizzazione)

( da "MF Sicilia" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

MIFI Sicilia sezione: Sicilia Cultura & Denaro data: 04/04/2009 - pag: 7 autore: di Geraldine Pedrotti il mondo secondo giusto catania Con l'integrazione flop multiculturale Quella tra Occidente e Islam sembra una guerra infinita. Viene portata avanti non solo a colpi di attacchi terroristici e battaglie preventive, ma soprattutto attraverso un bombardamento mediatico che mira alla criminalizzazione degli stranieri, e in particolare dei musulmani, alimentando il mito di uno scontro di civiltà. Questo è l'assioma da cui parte Giusto Catania, europarlamentare eletto in Sicilia nelle file di Rifondazione comunista e autore di Mondo Bastardo (edizione «:duepunti», 234 pagine, 12 euro). Il libro sarà presentato in anteprima italiana lunedì 5, alle 18,30, presso la libreria Feltrinelli di Palermo. Mercoledì 15, invece, sarà presentato a Bruxelles, presso la sede del Parlamento europeo.Mondo bastardo non tratta soltanto della paura verso l'Islam, ma di quella che il sociologo Zygmunt Bauman chiama la «paura liquida», ovvero il terrore nei confronti del diverso. E, come dice Catania, «la paura liquida è invasiva, penetra i corpi e i pensieri, è sparsa, diffusa, indistinta, fluttuante». Ma con la paura liquida si vincono anche le elezioni, si dichiarano le guerre, si creano nuovi mercati. Secondo Catania, vicepresidente della commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo, esiste uno stretto legame tra globalizzazione liberista e rappresentazione conflittuale della società, così come ci è proposta oggi da media e politica. Una globalizzazione che resta puramente economica. «La società multiculturale», dice l'autore nel suo libro, «è fallita sotto i colpi letali di un modello di integrazione che ha pensato, come ad esempio in Francia, di far diventare gli immigrati tutti buoni francesi relegandoli nelle banlieues parigine, oppure costruendo, come in Inghilterra, modelli di integrazione improntati all'intermediazione tra le comunità e il potere ufficiale, determinando tra gli immigrati di seconda generazione l'identificazione militante nella Jihad islamica, piuttosto che nei confronti della cittadinanza inglese». Con il fallimento della società multiculturale ci troviamo davanti a un bivio. «O si afferma un modello di società etnocentrico e xenofobo», afferma Catania, «oppure dovremmo essere in grado di costruire un'idea di società in cui le culture possano contaminarsi, in cui il meticciato diventi l'unica opzione plausibile per rompere la staticità incorruttibile della cultura». Proprio il «mondo bastardo» che suggerisce il titolo.

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Protezione civile in campo con l' (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Rovigo)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

OCCHIOBELLO pag. 12 Protezione civile in campo con l'«Operazione Nautilus» CASTELMASSA LA PROTEZIONE civile nazionale, quella del Veneto, la Provincia, il Comune di Castelmassa organizzano domenica l'Operazione Nautilus, esercitazione di protezione civile del Distretto Ro6. Partecipano i gruppi comunali del Ro6: Ficarolo, Fiesso Umbertiano, Occhiobello, Costa, Frassinelle, Rovigo, Laser 88 di Trecenta, i Volontari Barbara di Occhiobello. Ma ecco il programma. 7.45: ritrovo dei volontari nell'area golenale e/o sulla chiatta galleggiante. 8.15: alzabandiera. 8.30: saluto del sindaco Mara Savioli. 8.45: saluto dell'assessore provinciale alla protezione civile Giancarlo Chinaglia. 9: inizio dell'esercitazione divisa per moduli. 17.45: fine delle operazioni. 18: ammainabandiera. f.r.

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Calò: i vitigni autoctoni sono la carta per battere la crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ItaliaOggi sezione: tecnologia & innovazione data: 04/04/2009 - pag: 23 autore: di Andrea Settefonti Il presidente dell'Accademia della vite e del vino sul calo dei consumi Calò: i vitigni autoctoni sono la carta per battere la crisi Per vincere la crisi dei consumi di vino, la risposta si chiama originalità. O meglio si chiamano vitigni autoctoni. «Sono convinto che l'originalità dei nostri vini, il valore della gamma variegata dei nostri vitigni, ci porterà ad uscire dalla crisi». Antonio Calò, presidente dell'Accademia Italiana della Vite e del Vino, non ha dubbi. La risposta alla globalizzazione, «all'Australia che “regala” il vino, sono l'originalità della nostra produzione, che non deve voler scimmiottare grottescamente quanto fanno gli altri». Alla base ci sono gli oltre 370 tipi diversi di vitigno che vengono coltivati in Italia. «Ci sono vitigni italici, preferisco chiamarli così in quanto per definirli autoctoni occorrerebbe avere la certezza dell'origine, come il Barolo, il Barbera o il Refosco e il Prosecco, ma anche il Sangiovese o il Montepulciano, l'Aglianico e il Greco, decine di vitigni che danno prodotti originali e che caratterizzano la nostra tradizione enologica. L'originalità dei nostri prodotti è la nostra arma vincente. Sono convinto che in un scenario globalizzato dobbiamo far valere l'originalità e non la copiabilità». L'Accademia Italiana della Vite e del Vino è stata costituita nel 1949 dal Comitato Nazionale Vitivinicolo con decreto firmato dall'allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Attualmente comprende 555 membri. «La lettura del passato dice che abbiamo avuto altri momenti difficili, poi superati. Il settore vitivinicolo italiano possiede infatti tutti gli strumenti necessari per uscire brillantemente dalla crisi», spiega con ottimismo Calò. «Il mondo italiano del vino ha tradizioni, condizioni naturali, vitigni, esperienze, capacità per esprimere prodotti non omologati, originali e di ottima e moderna qualità. Abbiamo sia le conoscenze di base che quelle tecnologiche necessarie. Se sapremo unire alcuni comprensori, potremo avere anche masse critiche che permettano ottimi rapporti qualità/prezzo». Secondo il presidente dell'Accademia, «oggi il ruolo del vino nell'alimentazione è completamente cambiato. In passato, il vino era considerato soprattutto un alimento necessario per l'apporto di calorie. Ora non è più così e per questo siamo scesi da 120 a 50 (e anche meno) litri di consumo pro capite all'anno; siamo su una via irreversibile e dobbiamo percorrerla senza esitazioni, cogliendo e valorizzando le opportunità che vi si incontrano».

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Protezione civile in festa con gli studenti (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Forlì)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

FORLI' PROVINCIA pag. 9 Protezione civile in festa con gli studenti DOVADOLA LA PROTEZIONE civile, organizzazione e impegno' è il tema della due giorni in programma oggi e domani. Per fare conoscere meglio l'esperienza sono stati chiamati esperti del settore, fra cui Piero Moscardini del dipartimento di Stato, Lorella Santori, responsabile della Provincia di Grosseto e Silvano Mortula dell'Isola d'Elba. Si parte questa mattina alle ore 9.30 nel teatro comunale con l'incontro fra i responsabili e gli alunni delle scuole di Dovadola e le medie di Rocca. Alle 20.30 si terrà, sempre nel teatro comunale, un incontro con la cittadinanza, le associazioni di Dovadola e le associazioni di coordinamento provinciale del volontariato.

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gli economisti si dividono sul g20 "misure reali". "no, è scenografia" - giorgio lonardi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 21 - Economia Cernobbio, primo bilancio sul summit. Roubini: ora la finanza è regolata. Roach: gli Usa sprecano Gli economisti si dividono sul G20 "Misure reali". "No, è scenografia" GIORGIO LONARDI DAL NOSTRO INVIATO CERNOBBIO - Economisti divisi qui a Cernobbio sui risultati del G20. Al Workshop Finanza di Ambrosetti emerge il contrasto fra lo scetticismo di Stephen Roach, presidente di Morgan Stanley Asia («al G20 darei un 10 per gli sforzi e la scenografia e un 6 scarso per le decisioni»), e l´ottimismo di Jacob Frenkel, vice presidente di Aig: «Il 50% della sfida per risolvere i problemi è identificarli e a Londra ci siano riusciti. Ed è positivo l´accordo tra i capi di Stato». Mentre Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa San Paolo, sottolinea come «il G20 sia stato un vero successo perché tiene più in conto l´equilibrio del mondo». In effetti quello fra Roach e Frenkel è apparso come un vero e proprio duello verbale. «So che chi mi sta accanto non condividerà le mie parole», ha esordito Roach riferendosi a Frenkel, «ma il G20 è stato di molte parole e di poca sostanza: oggi il problema principale per il mondo sono gli squilibri globali destabilizzanti tra nazioni che risparmiano troppo poco, come gli Usa, e Paesi che risparmiano troppo come la Cina». Ecco perché, secondo Roach, il G20 conta poco, al contrario del G2 formato da Usa e Cina, cioè «dal maggiore consumatore e dal maggiore produttore del mondo». Il giudizio di Roach non è piaciuto a Norbert Walter, capo economista di Deutsche Bank per cui «il vero G2 è quello formato da Usa ed Europa in materia di definizione delle regole». Poi Walter ha aggiunto: «Se c´è un modo di ripensare le regole globali, Usa e Ue sono i primi che possono definire standard validi nel tempo». Mentre Frenkel ha rifiutato l´idea di un G20 «come una partita di calcio in cui qualcuno vince e qualcun altro perde. Siamo come passeggeri di un stesso aereo e dobbiamo essere contenti che i piloti vedano le cose nello stesso modo». Quanto a Nouriel Roubini, professore di Economia alla Stern School of Business della New York University, uno dei pochissimi economisti ad aver previsto lo tsunami che avrebbe travolto i mercati finanziari, osserva che «nel suo insieme il G20 è stato positivo e ha avuto successo, c´è stato un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non è la soluzione di tutto». Secondo Roubini «è stato positivo l´impegno del G20 sull´aumento dei finanziamenti all´Fmi», così come il sostegno al commercio internazionale e la regolamentazione del sistema finanziario. Sul trattamento degli asset tossici, invece, «i problemi di ogni Paese verranno risolti dalle Autorità nazionali. Non è possibile un piano globale al riguardo». Riguardo ai piani di stimolo fiscale elaborati dai vari Paesi per contrastare la crisi, Roubini non ha dubbi: «Sono misure di breve termine». E ha sostenuto che nel medio termine si dovrà fare affidamento sulla domanda interna da parte del settore privato. E l´Italia? Per Roubini qui da noi «la recessione non sarà né peggiore né migliore rispetto agli altri Paesi dell´Eurozona. L´Italia ha un sistema finanziario sano, ben sorvegliato dalla Banca d´Italia. I problemi in Italia sono più che altro strutturali».

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cina, primo scandalo finanziario la polizia perquisisce la citic - federico rampini (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 22 - Economia Dopo le perdite sui derivati e le inchieste per falso in bilancio e frode Cina, primo scandalo finanziario la polizia perquisisce la Citic FEDERICO RAMPINI dal nostro corrispondente PECHINO - E´ il primo scandalo serio che colpisce una delle grandi istituzioni finanziarie cinesi dall´inizio di questa crisi. La polizia di Hong Kong ieri ha perquisito per ore gli uffici di Citic Pacific, la filiale quotata in Borsa del colosso cinese Citic Group. Le televisioni locali hanno mostrato gli inquirenti che trasportavano casse di documenti prelevati dagli uffici della società, le cui azioni sono state sospese alla Borsa di Hong Kong. La vicenda può avere potenzialmente degli sviluppi importanti, e non solo di tipo finanziario. Il presidente di Citic Pacific, Larry Yung, è uno dei più noti finanzieri di Hong Kong ed ha anche legami con i dirigenti politici di Pechino. Suo padre Rong Yiren, fondatore di Citic, fu vicepresidente della Repubblica Popolare e quando si lanciò nel mondo degli affari venne definito il primo "capitalista rosso" della Cina. Anche se le autorità inquirenti hanno mantenuto il riserbo sugli ultimi sviluppi della vicenda, è noto che Citic è stato vittima delle più elevate perdite su titoli derivati mai subìte da una società cinese. Le autorità di vigilanza sulla Borsa di Hong Kong avevano già aperto una procedura per falso in bilancio e frode. Da ieri però è entrato in scena anche il dipartimento di polizia criminale. Sono i suoi ispettori che hanno requisito nella sede del gruppo le copie di tutti i contratti per transazioni effettuate dal 2007 al 16 marzo 2009. Citic è un conglomerato le cui attività spaziano dal settore immobiliare alla siderurgia, ma negli ultimi anni si è sviluppato il suo ramo finanziario, una vera e propria banca d´investimenti. Il mese scorso la società ha dovuto annunciare il suo primo bilancio in rosso, per perdite su operazioni in valute estere. Le vere dimensioni del "buco" sono circondate dall´incertezza, ma si sa che la casa madre di Pechino ha dovuto ricapitalizzare Citic Pacific (di cui controlla il 58%) versando alla filiale quotata di Hong Kong 1,5 miliardi di dollari Usa, e lo Stato ha contribuito con altri 2 miliardi di aiuti. Le avvisaglie dello scandalo risalgono al mese di ottobre 2008. All´epoca il presidente Yung e l´amministratore delegato Henry Fan rivelarono le prime perdite su operazioni in valuta, sostenendo che erano la conseguenza di contratti di trading effettuati senza la loro autorizzazione e a loro insaputa. In apparenza dunque si trattava di una vicenda simile a quella della Société Générale di Parigi, vittima un anno fa del trader Jérome Kerviel. Ben presto però i contorni della vicenda Citic divennero più complessi. Gli azionisti hanno denunciato i vertici del gruppo per avere atteso ben sei settimane dalla scoperta delle perdite, che risale al 7 settembre, alla loro divulgazione sui mercati. Addirittura il 9 settembre Citic pubblicò una dichiarazione ufficiale rassicurante in cui escludeva "cambiamenti negativi nella situazione finanziaria del gruppo". A ottobre con il primo annuncio di perdite il titolo Citic Pacific crollò del 42%. La versione secondo cui i vertici erano all´oscuro di tutto ha ricevuto un colpo formidabile quando si è dovuta dimettere dal suo incarico di direttrice finanziaria Frances Yung, che è la figlia del presidente. I vertici della casa madre, sempre solidamente legati al governo cinese, per il momento sembrano convinti di poter circoscrivere lo scandalo alla loro filiale di Hong Kong.

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dal nostro inviato CERNOBBIO Il pacchetto di misure varato dal G20 al vertic... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 04 Aprile 2009 Chiudi dal nostro inviato CERNOBBIO Il pacchetto di misure varato dal G20 al vertice di Londra è idoneo a fronteggiare la crisi ma la novità più interessante arriva dai cambiamenti del Fondo monetario internazionale. Forse stiamo andando verso un nuovo ordine mondiale? «Lo spero, speriamo tutti che Gordon Brown abbia ragione». Jin O'Neill, capo economista di Goldman Sachs tira le somme con Il Messaggero sull'accordo di due giorni fa a Londra e spiega le prospettive future. Gordon Brown ha detto che il G20 segnerà un nuovo ordine mondiale è d'accordo? «Lo spero, non so se lo farà ma io ho inventato la sigla Brix Brasile, Russia, India e Cina, i nuovi Paesi emergenti perciò penso che il G20 invece dei G7 o dei G8 sia già un grande risultato. Spero che Gordon Brown abbia ragione». Allora i vertici del G7 o i G8 sono ormai superati? «Mi sembrano un totale spreco di tempo, prima o poi per quello che riguarda gli scambi tra i Paesi e la bilancia dei pagamenti si potrebbe creare un G4, formato da Cina, Giappone, Usa e Unione Europea». Si può parlare di una nuova Bretton Woods, coma ha detto Sarkozy? «No, perché a Bretton Woods si discusse di un nuovo sistema di tassi di cambio, nel vertice di Londra non se ne è parlato». L'Europa voleva più regole e meno soldi, gli Usa il contrario: il compromesso finale ha premiato entrambi, a questo punto cosa si aspetta dalle prossime riunione dei G20? «Non sappiamo se ce ne saranno altre e sarebbe interessante saperlo, sarebbe un segnale che i G20 stanno sostituendo i G8 inutili, ho sentito dire che potrebbe esserci un'altra riunione in settembre a New York, ma sono solo voci». Dal dibattito della prima giornata del Workshop Ambrosetti è emerso che lo stanziamento di quasi sei mila miliardi di dollari di liquidità possa creare presto la necessità di una exit strategy, cioè la necessità di una via di uscita per scongiurare l'inflazione? «Alla fine giungeremo ad una exit strategy ma solo quando la situazione sarà migliorata, il mondo andrà meglio. Se si innescasse un nuovo trend inflattivo sarebbe un bel problema se fosse reale, tutti si preoccupano dell'inflazione ma il vero rischio è la deflazione». Perché? «Perché c'è il declino sociale della produzione ovunque nel mondo». Le misure di ieri sono efficaci per aggredire la crisi? «Sono iniziative interessanti, ma in realtà non così importanti come è invece il cambiamento del Fondo monetario, come i finanziamenti per 500 miliardi di dollari, come l'accordo su una diversa struttura proprietaria da qui a due anni e la stessa leadership che sarà basata sulla meritocrazia». r.dim.

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-dal nostro inviato CERNOBBIO - Il vertice fra i Grandi del Pianeta ha centrato un ob... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 04 Aprile 2009 Chiudi ROSARIO DIMITO-dal nostro inviato CERNOBBIO - Il vertice fra i Grandi del Pianeta ha centrato un obiettivo: dimostrare che c'è la volontà comune di affrontare la crisi. Anche se molta strada resta da fare. Parola di Stephen S. Roach, presidente di Morgan Stanley Asia, per 25 anni capo economista che a latere del 20° Workshop Ambrosetti, commenta con Il Messaggero i risultati del G2-20. I Capi della Terra hanno approvato misure per fronteggiare la crisi. Secondo lei sono sufficienti? «Non ci sono neppure arrivati vicino. Il grosso problema che continua ad affliggere le economie mondiali sono gli squilibri che esistono tra paesi che non risparmiano come gli Usa e quelli che risparmiano in eccesso come Giappone Germania e Cina. E nel comunicato finale del vertice non si fa menzione di come si intenda affrontare questo squilibrio». Il G-20 si è aperto con Obama insieme a Brown e giapponesi che volevano piani di stimolo, l'Europa invece che chiedeva più regole: chi ha vinto? «Nel comunicato finale si fa riferimento sia agli stimoli fiscali che alla necessità di più regole. E' importante notare che non siano stati fatti passi in avanti, perchè gli stimoli fiscali erano stati annunciati in passato. Quindi le richieste Usa sono più mirate a sostenere la domanda che ad altro. Anche sulla richiesta di maggiori regole non si sono fatti progressi: si è parlato dei paradisi fiscali che non hanno nulla a che vedere con la crisi che stiamo vivendo. Il documento finale è un compromesso». Ma il G-20 è in grado di migliorare le aspettative? La crisi è di fiducia: le misure approvate possono ristabilire la fiducia? «E' una delle aree in cui penso che sforzi come il G20 possano avere un impatto costruttivo. Il fatto che 20 leader mondiali che rappresentano l'85% del pil mondiale si siano seduti allo stesso tavolo e abbiamo mostrato volontà di trovare soluzioni congiunte ai problemi dell'economia mondiale è un segnale importante. Non sono stati fatti progressi, ma si sono fatti vedere e impegnati a incontrarsi nuovamente fra sei mesi. Se non altro il fatto di essersi riuniti dimostra che c'è la volontà di affrontare la crisi». Il taglio dei tassi serve a ristabilire un clima positivo? «Avrà un impatto limitato perchè l'indebolimento della domanda aggregata non è dovuto a tassi troppo elevati ma alla riduzione dell'indebitamento». Dal suo osservatorio l'Asia va meglio o peggio dell'Europa e degli Usa, visto che è export-dipendente dall'Occidente? «Non c'è dubbio che l'Asia vada meglio. Ma poichè l'economia dipende dalle esportazioni e considerato che gli Usa sono il paese più grande consumatore è ovvio che una riduzione dei consumi degli Usa avrà un impatto duraturo anche sulla crescita economica asiatica». Le banche d'affari sono state corresponsabili dello sviluppo della bolla speculativa: come dovranno cambiare per diventare più responsabili? «Stanno rivedendo le loro politiche di gestione del rischio, di retribuzione del management. Dovranno adottare adeguamenti dolorosi ma inevitabili. Nel sistema finanziario ci sono altri attori che hanno compiuto terribili errori come i legislatori, le agenzie di rating e le banche centrali: anche loro dovranno cambiare».

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La Russia punta sulle armi strategiche (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-04-04 - pag: 10 autore: Gli arsenali del Cremlino La Russia punta sulle armi strategiche Antonella Scott MOSCA. Dal nostro inviato «S e fosse per me - scrive Aleksandr Golts, esperto militare- proibirei severamente ai dirigenti russi di parlare della crescente potenza delle nostre forze armate. Vladimir Putin aveva appena convocato il Consiglio di Sicurezza per proclamare i progressi delle nostre capacità di difesa, quando il Kursk affondò». Il 12 agosto 2000, la tragedia del più grande sottomarino d'attacco mai costruito colpì al cuore la Marina militare russa: una perdita aveva fatto esplodere uno dei missili a bordo, e il Kursk si portò in fondo al mare i suoi 118 uomini. Il Paese era in lutto, e fece clamore il modo in cui Putin, con un mezzo sorriso infastidito, si scrollò di dosso la domanda postagli al "Larry King Show": che è accaduto al sottomarino?, chiese il suo ospite. «è affondato» fu la risposta. Quella ruggine all'origine della perdita è il simbolo di una ferita ancora aperta. La fine dell'Urss, la perdita del controllo sui Paesi satelliti, i problemi economici avevano scosso il modello militare sovietico lasciando le forze armate allo sbando proprio nel momento in cui dovevano affrontare una realtà nuova. Come sottolinea Stratfor, l'agenzia americana diintelligence geopolitica, «in quella situazione il Cremlino si trovò a fare sempre più affidamento sul proprio arsenale strategico, a garanzia dell'integrità territoriale » del Paese. Oggi gli esperti concordano: la Russia è in grado di mantenere la parità con gli Stati Uniti sul piano strategico, il punto debole sono le forze convenzionali. Viktor Litovkin, responsabile della Rivista militare pubblicata con la Nezavisimaja Gazeta, accetta di passare in rassegna i punti di forza e di debolezza degli arsenali russi, ma ci tiene a precisare: «In Occidente c'è chi considera la Russia un continuo pericolo, e chi ci paragona a una tigre di carta che si può distruggere in un colpo solo. La verità sta nel mezzo. Ma nessuno si innervosisca: le spese militari della Russia non sono neppure confrontabili a quelle americane, 600 miliardi di dollari contro 40; sono superiori anchei bilanci della Cina, e dei Paesi della Nato che ha un potenziale militare 5/6 volte superiore a quello russo». Secondo Litovkin, gli arsenali missilistici nucleari russi sono sufficienti a costituire un deterrente, mentre la flotta dei sottomarini nucleari, 14 di cui 10 abbastanza vecchi, non può essere una minaccia per gli Usa che ne hanno due volte tanti. «Non abbiamo molte navi - continua Litovkin - ma l'incrociatore atomico Piotr Velikij ( Pietro il Grande) è unico al mondo». La Russia però conta su un'unica portaerei, la Admiral Kuznetsov, contro le 12 degli Stati Uniti. «Loro hanno basi ovunque, le nostre sono tutte vicine ai nostri confini». Nei giorni scorsi una nave militare americana ha attraccato a Sebastopoli, in Ucraina, a un passo della flotta militare russa del Mar Nero, «giusto per mostrare la bandiera», dice Litovkin e si arrabbia: «E poi dicono che gli aggressori siamo noi se parliamo di una base in Venezuela, cosa che peraltro dal punto di vistamilitare, in una zonadominata dall'aviazione americana, è assurda». La situazione più grave riguarda le truppe di terra, le difficoltà di un esercito ingombrante e obsoleto ancora impostato sui parametri della guerra fredda. La crisi economica rallenterà ulteriormente la riforma, che vorrebbe modernizzare la struttura delle forze armate. Ma il campo in cui la Russia ammette chiaramente la propria debolezza è quello delle armi ad alta precisione, le tecnologie militari, i sistemi di comunicazione. La guerra in Georgia dell'estate scorsa è stata una doccia fredda: perfino l'aviazione di Tbilisi si è rivelata tecnologicamente più avanzata. «Questa debolezza sul fronte convenzionale è alla base del fatto che la Russia, per mantenere la parità, si deve appoggiare sugli armamenti nucleari », spiega il generale Vladimir Dvorkin, un veterano dei grandi negoziati tra Usa e Urss per il controllo degli armamenti. E oggi più che mai Mosca ha bisogno di mantenere l'equilibrio nucleare: «Abbassare il livello delle testate- aggiunge il generale Dvorkin - è nell'interesse di entrambi», a causa della crisi economica. Pensando al costo di mantenimento degli arsenali viene alla mente ancora una volta un'immagine del Kursk, simbolo di un degrado economico e mora-le: nei giorni scorsi la torretta del sottomarino è stata ritrovata in una discarica di pezzi di metallo. Il progetto era farne un memoriale a Murmansk, per onorare i suoi marinai. Invece, la torrettaè stata venduta. © RIPRODUZIONE RISERVATA EQUILIBRI Mosca deve mantenere la parità con Washington sul fronte nucleare per compensare la debolezza su quello convenzionale

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Impegno da coordinare (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-04 - pag: 5 autore: DALLA PRIMA Impegno da coordinare Ma le crisi sono un metodo poco augurabile di ricreare gli equilibri sociali, paragonabile a chi si suicida per paura di morire. Infatti il vertice di Londra è stato insoddisfacente per chi, come chi scrive,ritiene che una risposta alla crisi vada ancora trovata, prima di tutto ripulendo le banche americane a costo di nazionalizzarle, e ricostruendo la domanda globale attraverso un credibile accordo tra Cina, Europa e America. Ma non si può negare la forza dell'impegno dei governi a Londra per i Paesi poveri o emergenti che nasce dal rafforzamento delle istituzioni finanziarie multilaterali. Forse allora davvero la crisi ci sta insegnando a essere meno egoisti e autodistruttivi? Il test più concreto del rinnovamento politico nell'economia globale sarà il contrasto ai paradisi fiscali. Si tratta di uno dei punti qualificanti dell'accordo del G 20 di giovedì («un notevole progresso su questa strada» lo ha definito Mario Draghi), ma anche di uno degli argomenti politici in cui le parole dei governi raramente vengono segui-te dai fatti. L'esistenza di oasi di evasione ha impedito proprio le forme elementari di riequilibrio fiscale tra capitale e lavoro in cui si esprimono le grandi disuguaglianze. Comeha scritto Mario Monti sul Corriere della Sera del 23 marzo, i capitali vanno dove sono meno tassati e così gli Stati «hanno sempre meno risorse per assistere coloro che soffrono dalla globalizzazione». Senza coordinamento, senza cioè mettere in discussione la sovranità nazionale delle politiche fiscali, la lotta ai paradisi dell'evasione non potrà funzionare – come non ha funzionato finora – perché in un contesto di pura competizione fiscale, ogni Paese avrà interesse a proteggere alcune oasi più amiche di altre. La stessa trattativa al G-20 stava saltando perché la Cina voleva evitare l'inserimento di Hong Kong e Macao nella lista nera dei paradisi da mettere all'indice. Lo scontro di Hu Jin-tao con Nicolas Sarkozy è stato evitato solo grazie all'intervento di Barack Obama: «Un meraviglioso esempio del miglior multilateralismo» lo ha definito, forse ironicamente, il presidente americano. Allo stesso modo una concorrenza fiscale scoordinata tra i Paesi, giustificata a sua volta dall'esistenza di paradisi fiscali, continuerà a "disarmare gli Stati" nel loro compito di contenere le disuguaglianze interne grazie alla tassazione delle rendite ( una contraddizione impersonata ieri dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, nella scomoda posizione di presidente dell'Eurogruppo e di "imputato" per il fisco del suo Paese). Coordinare la tassazione e i suoi regimi regolatori significa mettere in comune una delle forme primarie di esercizio del potere pubblico e una delle ragioni giuridiche della democrazia.Per i governi nazionali, che oggi cavalcano con disinvoltura la protesta contro il mercato globale,si tratta di una sollecitazione molto profonda ad aprire la propria politica anziché a chiuderla, a diluire il proprio potere anziché a concentrarlo. Un test della verità nei confronti delle retoriche con cui cercano di intitolarsi la protesta anticapitalista. Se davvero sono disposti a concedere la loro sovranità, per il bene comune, avranno dimostrato di saper " condividere", come dice il comunicato del G-20, anziché dividere, di voler proteggere, anziché essere protezionisti. Di non confondere cioè la critica al mercato con la difesa delle chiusure nazionali, entro cui esercitare un controllo incontrastato sul consenso politico. Carlo Bastasin carlo.bastasin@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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protezione civile (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

protezione civile --> Sabato 04 Aprile 2009 AGENDA, pagina 22 e-mail print Duecentocinquanta volontari della Protezione civile in un colpo solo. Tutti alpini, tutti al lavoro. Sarà un weekend di impegno per le Penne nere e la Protezione civile cui l'associazione contribuisce in maniera consistente. Oggi, dalle prime ore del mattino, i volontari si distribuiranno su cinque aree della Provincia per interventi di prevenzione e tutela sul territorio: «Un centinaio - conferma Giuseppe Manzoni, responsabile della Protezione civile dell'Ana - saranno impegnati tra Gorlago, Carobbio e Zandobbio per alcuni sentieri franati; altri 50 si occuperanno invece del cantiere per la strada agrosilvopastorale tra Santa Croce e Lepreno a Serina. A Brembate Sopra in 45 per la manutenzione del torrente Lesina, mentre 30 Penne nere hanno risposto all'appello della Comunità montana Valcavallina per un lavoro in zona». 04/04/2009 nascosto--> ANNUNCI DI GOOGLE

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Vertice G20 La Regina: (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Vertice G20 La Regina: «Nessuna gaffe di Silvio» --> Sabato 04 Aprile 2009 GENERALI, pagina 3 e-mail print BADEN BADEN (GERMANIA)Financial Times, Wall Street Journal, Herald Tribune, Suddeutsche Zeitung, persino la Isvestzia. Silvio Berlusconi ha iniziato la giornata successiva al G20 di Londra, con davanti i giornali di tutto il mondo con la foto sorridente del presidente americano Barack Obama e di quello russo Dmitri Medvedev con il pollice alzato e lui in mezzo a loro, ad unirli in uno stesso abbraccio. «soddisfatto» «Avete visto? La mia missione di voler far fare la pace tra Usa e Russia è stata capita da tutto il mondo», ha commentato soddisfatto, con la mente rivolta al vertice Nato, che già ieri sera lo ha portato nello scenario completamente diverso di una blindatissima Baden Baden, per la cena iniziale del summit per i sessanta anni dell'Alleanza Atlantica. Dunque Berlusconi è soddisfatto delle conclusioni del vertice di Londra. Un accordo che ha portato ad una grande iniezione di liquidità (un trilione di dollari) e all'intento di coniugare quello che i leader del G20 hanno definito come il più grande stimolo fiscale e monetario dei tempi recenti con il «people first», gli interessi della gente prima di tutto, sostenuto dal Cavaliere. Il tutto lasciando al G8 della Maddalena il compito fondamentale di fissare le regole della finanza e dell'economia di domani. Il premier, che vuole fare anche dell'imminente incontro tra Obama e l'Ue a Praga una nuova occasione per approfondire i temi economici, ha ieri anche molto gradito, come racconta chi gli è stato vicino, la dichiarazione arrivata da Buckingham Palace per «ristabilire la realtà dei fatti», e dire che «non c'è stata alcuna gaffe, né alcuna offesa» durante la foto di gruppo dopo il ricevimento offerto dalla Elisabetta II, durante la quale il Cavaliere aveva rumorosamente chiamato il presidente Usa Obama suscitando il commento della regina. Anzi, una portavoce della sovrana ha definito l'evento «rumoroso, allegro e gioviale». Insomma, friendly, amichevole. Così come per Berlusconi devono essere le relazioni tra i grandi della Terra per facilitare intese su temi importanti. un ruolo tra i grandi E Berlusconi, anche in vista di questo vertice Nato, intende continuare a comportarsi come ha fatto finora: smussare, comportarsi come il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un suo ruolo tra i paesi che decidono. Milena Di Mauro 04/04/2009 nascosto-->

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La cosmetica globalizzata (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: STILE E TENDENZE data: 2009-04-04 - pag: 20 autore: La cosmetica «globalizzata» Le tradizioni e la cultura dei diversi Paesi influiscono sui consumi di creme e profumi E i leader di settore creano prodotti ad hoc Marika Gervasio P er i giapponesi chi usa un profumo troppo persistente è una persona troppo egocentrica e individualista, mentre le donne mediorientali amano le fragranze più intense che sono un modo per farsi notare sotto burqa, tuniche e chador. E ancora, bandite in Asia le creme abbronzanti, perché la tendenza è avere pelle chiara e trasparente, mentre le donne brasiliane preferiscono prodotti oil-free e gli uomini russi amano le creme antirughe. Culture diverse per differenti aree geografiche alle quali le aziende di cosmetica si adeguano. Sisley, ad esempio, produce una gamma di prodotti schiarenti per il mercato asiatico e ha adattato i colori per il maquillage dai rossetti ai fondotinta per una carnagione come porcellana, come spiega Philippe d'Ornano, direttore generale mondo e figlio del fondatore di Sisley. Anche la linea White System di Institut Esthederm è stata pensata per le esigenze del mercato orientale che richiedeva una pelle diafana. Impegnata sui mercati asiatici e sudafricano è anche Elizabeth Arden. «Cerchiamo di tenerci costantemente aggiornati sulle tendenze e i gusti delle consumatrici di tutto il mondo – spiega Elizabeth Park, executive vice-president, global marketing and general manager di Elizabeth Arden Usa –. In particolare il mercato asiatico è molto interessante anche perché le consumatrici usano mediamente più prodotti rispetto alle occidentali. Dal 2008 distribuiamo una linea specifica schiarente perché sono molto attente alle problematiche di macchie, discromie, e luminosità dell'incarnato. I trattamenti schiarenti sono i secondo prodotti più venduti in Asia dopo gli anti-età». Quanto al Sud Africa, Park aggiunge: «Abbiamo da poco introdotto una testimonial locale per comunicare in maniera più efficace, soprattutto l'importanza della protezione dai raggi Uv. E abbiamo sviluppato linee di prodotti adatte alla vasta gamma di carnagioni che si trovano in questo Paese: dalle pelli chiarissime a quelle molto scure». Per l'Europa, invece, le fragranze sono un asset molto importante: a partire da Green Tea fino a Juicy Couture, «case history di eccellenza in Italia» racconta Marco Ficarelli, general manager Elizabeth Arden per l'Italia. Dall'Asia all'Europa passando per il Sud Africa senza dimenticare Russia e Sud America. «Abbiamo una linea di skincare dedicata agli uomini russi – racconta il presidente e direttore generale di Givenchy Parfums, Alain Lorenzo – che chiedono prodotti specifici dedicati. Per il Giappone, invece, creiamo fragranze più leggere, non troppo penetranti, perché i giapponesi amano la discrezione e non considerano l'individualità un valore positivo. Prodotti a parte, a cambiare a volte è anche la comunicazione. In Medio Oriente dobbiamo modificare le immagini coprendo spalle e braccia delle modelle e in alcuni casi dobbiamo addirittura togliere le donne dalle pubblicità e lasciare solo il prodotto». Lo conferma Michel Resnik, amministratore delegato di Coty Prestige Italia: «La cultura del Paese e la notorietà del marchio – dice – influenzano moltissimo la distribuzione dei marchi. Lancaster, per esempio, è presente in particolar modo nel Sud Europa e in alcuni paesi asiatici. Vera Wang è molto forte nei paesi anglosassoni. Le stesse campagne pubblicitarie rispecchiano, nei loro adattamenti, l'identità dei diversi Paesi e delle loro consumatrici: in Medio Oriente, per esempio, sarebbe impossibile proporre un'immagine di una donna che mostra braccia nude e scollature, così come in Occidente non si può prescindere da un aspetto di seduzione, seppur accennata, se si vuole comunicare cosmetica». Esclusivamente per il Sud America LancÔme propone creme e cosmetici oil-free. Il make-up cambia anche per colori e texture, specialmente nei fondotinta e mascara, così come le tonalità dei rossetti. Mentre sull'Asia da 5 anni è impegnata con una serie di ricerche per capire le esigenze delle consumatrici, come spiega Odile Roujol, presidente di LancÔme International, non solo per quanto riguarda le creme schiarenti, ma anche per rossetti e mascara, che le asiatiche preferiscono più fluidi rispetto alle europee. marika.gervasio@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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nostro servizio Per la Corea del Nord si tratta solo di una esplorazion... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 04 Aprile 2009 Chiudi nostro servizio Per la Corea del Nord si tratta solo di una «esplorazione pacifica dello spazio» con il fine di mandare in orbita un satellite sperimentale per le telecomunicazioni. Per questo ieri proseguiva i preparativi per lanciare, probabilmente oggi o domani, il suo missile-satellite Taepodong-2. Ma per gli Usa, il Giappone e la Corea del Sud, invece, si tratta di testare un missile a lunga gittata, capace di montare una testata nucleare e di trasportarla fino all'Alaska e alle Hawaii. per questa ragione, dai tre Paesi è partuito ieri un messaggio di diffida rivolto a Pyongyang. Ma con poche speranze che il regiome nordcoreano faccia una marcia idietro. Il Taepodong-2 «volerà sul Giappone» (oggi), ha affermato il premier nipponico, Taro Aso, a margine del vertice del G20 di Londra: La conferma è venuta anche dal leader della Corea del Sud, Lee Myung-bak. «E' una provocazione, fermatevi» ha avvertito Barak Obama. «Se dovesse avvenire prenderemo le misure adeguate, la Corea del Nord deve capire che non può minacciare impunemente la comunità mondiale». ha affermato il presidente americano, impegnato ieri mattina al Nato a Strasburgo. «Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa», ha aggiunto, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza dell'Onu. Anche il presidente sudcoreano Lee sostiene che il lancio richiederà comunque «una forte e severa» risposta, dichiarandosi convinto che le condizioni di salute del leader nordcoreano Kim Jong-il, che ha subito un ictus lo scorso anno, sono migliorate al punto che ora è saldamente al comando. Queste reazioni, secondo gli osservatori, avrebbero registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contrario all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista. Gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud hanno schierato unità navali super tecnologiche nel Mar del Giappone, mentre Tokyo ha piazzato anche gli intercettori Patriot nel nord del Paese, nell'ambito dello scudo antimissile. Non solo. il Giappone potrebbe utilizzare i sistemi Bdm (Balistic missile defence) messi a punto con l'aiuto di Washington: in pratica un impianto di difesa basata sulla doppia linea di fuoco costituita da missili SM-3 montati sui cacciatorpedinieri e dai Patriot Pac-3 piazzati a terra e posizionati nelle prefetture di Akita e Iwate lungo quella che sarà presumibilmente la traiettoria del missile. La tensione nella regione è alta. «Siamo pronti a difendere la sicurezza della popolazione», ha assicurato in conferenza stampa, il ministro della Difesa nipponico, Yasukazu Hamada. Quello in programma forse per oggi sarebbe il primo test dopo quelli che nel 2006 che provocarono alta tensione nell'area. Peraltro attenuata dal fallimento del temuto Taepodong-2, che esplose in volo dopo appena 40 secondi. L'emissario americano per la Corea del Nord, Stephen Bosworth, però, ieri «sperava» ancora che il regime comunista voglia rinunciare al lancio e ha chiesto che Pyongyang ritorni al tavolo per il disarmo nucleare. da parte sua Washington si è detta pronta a contatti bilaterali in qualsiasi momento. R.Es.

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Gruppi elettrogeni, Pramac sfonda sul mercato spagnolo (sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Siena)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

VALDELSA pag. 15 Gruppi elettrogeni, Pramac sfonda sul mercato spagnolo CASOLE LA PRAMAC reagisce alla crisi aggredendola sui mercati internazionali, nel suo settore più tradizionale dei gruppi elettrogeni. Tramite le sue controllate spagnole "South Europe Rental" e "Pramac Iberica", il gruppo industriale casolese ha infatti siglato un accordo con "Hertz Equipment Rental Corporation", controllata del colosso americano "Hertz Global Holdings Inc.", leader mondiale nel settore del noleggio auto, che, come spiega l'amministratore delegato di Pramac Paolo Campinoti, «consente di raggiungere un duplice obbiettivo: consolidare ulteriormente la nostra presenza in un mercato così rilevante come la Spagna e aprire interessanti opportunità di collaborazione con il gruppo Hertz a livello mondiale». L'accordo prevede infatti un contratto in esclusiva fino al 2015 tra Pramac Iberica e la controllata Hertz, grazie al quale il Gruppo Pramac diventa fornitore esclusivo per il mercato spagnolo di gruppi elettrogeni destinati al noleggio. Prevede inoltre la cessione alla Hertz da parte di "South Europe Rental" del proprio ramo d'azienda relativo al noleggio di gruppi elettrogeni per eventi sul mercato spagnolo, per un controvalore pari a 2,2 milioni di euro. Leader internazionale nel settore dei gruppi elettrogeni e della logistica e attivo anche in quello delle energie alternative, il Gruppo Pramac è costituito da 35 società dislocate in 21 paesi (6 gli stabilimenti produttivi in Italia, Spagna, Francia, Cina, Svizzera e Usa), impiegando complessivamente circa 700 dipendenti.

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Linarolo, la protezione civile al lavoro (sezione: Globalizzazione)

( da "Provincia Pavese, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Linarolo, la protezione civile al lavoro Il progetto è creare una squadra anche per il servizio neve LINAROLO. Una squadra antincendio, un'altra specializzata in emergenze fluviali e anche una squadra antineve. Sono questi i tre grandi progetti ai quali la Protezione civile di Linarolo si sta dedicando e i risultati si potranno vedere nei prossimi mesi. A spiegarlo è il sindaco Fausto Precerutti che anticipa: «Stiamo lavorando per la formazione di queste tre squadre perchè la nostra protezione civile possa arrivare ad aiutare i cittadini in qualsiasi situazione di pericolo o bisogno si possa verificare». Inizialmente, le attività dell'associazione erano ben specifiche, qui si interveniva nelle emergenze che si presentavano e nelle quali era richiesta anche la presenza della Protezione civile. Poi, con il passare del tempo, si è capito che la ricchezza del gruppo poteva essere la specializzazione. Anche per andare ad aiutare in ambito più ampio visto che il gruppo di Linarolo fa parte della Protezione civile dell'Unione dei comuni del Basso pavese. In particolare, la squadra nautica, sarà preparata anche per prestare soccorso con corsi di recupero di persone in difficoltà in acqua, come garanzia che in caso di necessità i volontari siano realmente in grado di salvare la persona, far fronte all'emergenza e non di annegare in due, come spesso invece si sente. Del resto Linarolo è tra due fiumi: il Ticino e il Po. Questa, dunque, è un'esigenza realmente sentita. Intanto la porta a nuovi volontari qui è sempre aperta. Basta avere più di 18 anni e vantare tanta buona volontà. (ch.rif.)

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La missione di Silvio (sezione: Globalizzazione)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Primo Piano Pagina 103 Berlusconi è arrivato in serata a Baden Baden: «Soddisfatto dall'esito del G20» La missione di Silvio «il pacifista» Berlusconi è arrivato in serata a Baden Baden: «Soddisfatto dall'esito del G20» --> BADEN BADEN Financial Times, Wall Street Journal, Herald Tribune, Suddeutsche Zeitung, persino la Isvestzia. Silvio Berlusconi ha iniziato la giornata successiva al G20 di Londra, con davanti i giornali di tutto il mondo con la foto sorridente del presidente americano Barack Obama e di quello russo Dmitri Medvedev con il pollice alzato e lui in mezzo a loro, ad unirli in uno stesso abbraccio. «Avete visto? La mia missione di voler far fare la pace tra Usa e Russia è stata capita da tutto il mondo», ha commentato soddisfatto, con la mente rivolta al vertice Nato, che ieri sera lo ha portato nello scenario completamente diverso di una blindatissima Baden Baden, per la cena iniziale del summit per i sessanta anni dell'Alleanza Atlantica. A presiedere la cena con i capi di Stato e di governo, il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, al palazzo delle Terme Kurhaus, nel centro storico dell'antica e blindatissima cittadina tedesca, al confine tra Germania e Francia. I leader della Nato, tra i quali per la prima volta c'è il presidente americano Barack Obama, celebrano il sessantesimo compleanno dell'Alleanza atlantica con una due giorni tra Baden Baden e Kehl in Germania e Strasburgo in Francia, dove oggi inizierà la sessione plenaria del vertice. Dunque Berlusconi è soddisfatto delle conclusioni del vertice di Londra. Un accordo che ha portato ad una grande iniezione di liquidità(un trilione di dollari) e all'intento di coniugare quello che i leader del G20 hanno definito come il più grande stimolo fiscale e monetario dei tempi recenti con il people first, gli interessi della gente prima di tutto, sostenuto dal Cavaliere. Il tutto lasciando al G8 della Maddalena il compito fondamentale di fissare le regole della finanza e dell'economia di domani. Il premier, che vuole fare anche dell'imminente incontro tra Obama e l'Ue a Praga una nuova occasione per approfondire i temi economici, ha ieri anche molto gradito, come racconta chi gli è stato vicino, la dichiarazione arrivata da Buckingham Palace per «ristabilire la realtà dei fatti», e dire che «non c'è stata alcuna gaffe, né alcuna offesa» durante la foto di gruppo dopo il ricevimento offerto dalla Elisabetta II, durante la quale il Cavaliere aveva rumorosamente chiamato il presidente Usa Obama suscitando il commento della regina. Anzi, una portavoce della sovrana ha definito l'evento «rumoroso, allegro e gioviale». Insomma, friendly, amichevole. Così come per Berlusconi devono essere le relazioni tra i grandi della Terra per facilitare intese su temi importanti. E Berlusconi, anche in vista di questo vertice Nato, intende continuare a comportarsi come ha fatto finora: smussare, comportarsi come il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un ruolo tra i paesi che decidono.

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Ora l'Europa litiga sulla lista. Dopo la decisione unanime del G20 di lanciare la battaglia con... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La battaglia contro i paradisi fiscali divide l'Europa. Lussemburgo irritato: è nella lista. Giudizi divisi anche sull'esito del G20. Tremonti: i giochi sono ancora da fare. Franceschini ottimista. Ora l'Europa litiga sulla lista. Dopo la decisione unanime del G20 di lanciare la battaglia contro i paradisi fiscali, diversi Paesi finiti nella lista grigia dell'Ocse si ribellano. Il più esplicito è il Lussemburgo, il cui premier è anche presidente dell'Eurogruppo riunito ieri a Praga. Parlando nella capitale ceca Jean-Claude Juncker si è lamentato di non essere stato avvertito dall'ocse per l'inserimento nell'elenco dei Paesi che si sono impegnati a rispettare le regole, ma non le hanno ancora sostanzialmente applicate (lista grigia). Stessa irritazione - secondo Juncker - anche da Austria e Svizzera. DRAGHI SODDISFATTO Insomma, la lotta agli evasori internazionali non è facile da digerire neanche all'interno dell'Unione. Lo sa bene Mario Draghi, che in veste di presidente del Financial Stability Board ha presentato al vertice le sue indicazioni per una maggiore trasparenza dei mercati. «È molto importante politicamente che si faccia luce sui paradisi fiscali - ha dichiarato ieri - Il principio di base è che nessuna istituzione finanziaria che abbia una rilevanza sistemica deve sfuggire alla regolazione e alla supervisione. In questo senso le decisioni prese a Londra costituiscono notevole progresso». Soddisfazione sulle decisioni finali del G20 anche dal segretario Pd Dario Franceschini. «Mi pare importante- dice ai microfoni del tg3 - che i grandi Paesi del mondo facciano scelte insieme, che abbiano capito che non bastano più scelte prese nei confini nazionali. Importante soprattutto per i paradisi fiscali». malumori Le dichiarazioni di soddisfazione fioccano, il giorno dopo il G20. In effetti i risultati del vertice sono stati superiori alle attese (che erano sostanzialmente a zero). Ma le sue conclusioni hanno provocato non pochi malumori. Tanto che ieri a Praga il ministro Giulio Tremonti ha lasciato intendere che i giochi sono ancora tutti da fare. La fine del segreto bancario per il ministro italiani è «il simbolo del nuovo mondo». Ma si può davvero già parlare di fine? Secondo il ministro italiano le liste dei paesi considerati paradisi fiscali stilate dall'Ocse e richiamate dal documento finale del G20 di Londra, sono solo un punto di inizio anche perché «i criteri di identificazione usati dall'organizzazione sono ancora da vedere». Per Tremonti quello dell'Ocse è stato «un criterio empirico ma non sarà l'unico». Sembra proprio un tentativo, quello del ministro, di pacificare una guerra già scoppiata tra i Paesi inseriti nell'elenco dei «cattivi» e quelli rimasti magicamente fuori. L'esempio è la Cina, che non compare con Hong Kong. Ma non sono da meno gli Stati Uniti, che hanno il Delaware e il nevada al loro interno. Si sa che la Cina, dopo un lungo negoziato a Londra è riuscita a ottenere l'esclusione. In Europa protesta anche la Svizzera, che aveva iniziato un difficile negoziato per allentare il suo segreto bancario e oggi si ritrova nella lista incriminata. La Confederazione ha sostenuto un lungo contenzioso con la nuova amministrazione Usa, che chiedeva informazioni su alcuni clienti della banca Ubs. Subito si è aperta una trattativa per l'alleggerimento del segreto, e stando alle dichiarazioni di Berna il 13 marzo scorso il governo ha annunciato l'allentamento. Reagisce con nonchalance, invece, San Marino, che promette: presto nella lista bianca. Silenzio assoluto dai 4 Paesi della lista nera (Costa Rica, Malaysia, Filippine e Uruguay) che finora non hanno accettato nessun accordo sugli standard fiscali internazionali. B. DI G. ROMA bdigiovanni@unita.it

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(sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 04/04/2009 - pag: 2 Barack e i giovani A colloquio con gli studenti a Strasburgo «Ragazzi, tocca a voi cercare di fare la differenza» Obama: «Il mio francese e il mio tedesco sono terribili. Ma c'è qui gente che tradurrà domande e risposte... Cominciamo da questa ragazza... Oh, un'americana. Non l'ho fatto apposta...» Ragazza: Quale spera sia la sua eredità come presidente Usa? Obama: «Beh, dopo solo due mesi è una domanda impegnativa... il mio primo obiettivo è rimettere in piedi l'economia americana e, insieme alle altre nazioni, la crescita economica globale... Significa... anche aiutare i Paesi in via di sviluppo e poveri che, senza averne colpa, sono devastati dalla crisi... Molti traggono beneficio dalla globalizzazione ma molti ne sono stati danneggiati... Creando la cornice giusta perché ciò che è accaduto nel sistema bancario non accada più, la globalizzazione potrà essere un bene per tutti... Secondo, vorrei ridurre nettamente la minaccia del terrorismo, anche nucleare... Nel mio Paese, credo sia importante avere finalmente un sistema sanitario affidabile e a costi efficienti... E vorrei che gli Usa fossero leader di un approccio energetico nuovo... Non possiamo pensare che i Paesi poveri collaborino riguardo ai cambiamenti climatici se non siamo in prima fila: la nostra impronta ecologica pro capite (l'impatto individuale sull'ambiente, ndr) è assai maggiore... Di sicuro ci sono molti 'verdi' qui...». Ragazzo: Sì! Obama: «Sì! Non importa quanto sei verde, hai un'impronta ecologica molto maggiore dell'indiano o del cinese medio... Ci sono altre cose che voglio fare... \\ Ho perso l'anonimato. Una volta potevo andare al bar, nei negozietti. Ora passo il tempo in albergo, circondato dai servizi di sicurezza

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La regina e Silvio: (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 04/04/2009 - pag: 6 La regina e Silvio: «Non c'è stata alcuna gaffe» Nota di Buckingham Palace: «Ricevimento allegro e rumoroso». E Berlusconi attacca la stampa Il premier contento dopo la visione dei giornali europei Ma a tarda sera si sfoga con i giornalisti italiani: «Con voi non parlo più» DAL NOSTRO INVIATO BADEN BADEN (Germania) «Non parlo con voi, io lavoro per l'Italia, voi lavorate contro l'Italia. Non farò conferenze stampa d'ora in poi». A tarda notte Berlusconi è ancora arrabbiato con i giornalisti. E dire che la lettura mattutina dei giornali europei e soprattutto la visione delle foto che campeggiavano sulle prime pagine sembrava gli avessero fatto tornare il buonumore. Perché il suo volto sorridente tra quelli di Obama e Medvedev foto che ha mediaticamente lasciato un segno sul vertice del G20 di Londra partito per l'Italia decisamente in sordina altro non è per Silvio Berlusconi che la prova che «la mia missione per riavvicinare >Usa e Russia è stata compresa nel mondo». D'altra parte, come ha spiegato ieri sera ai partner della Nato nonostante lo scetticismo delle tre repubbliche baltiche, in un intervento concertato con Sarkozy, «andare d'accordo con la Russia non è una scelta, è una necessità». Insomma, un po' si è rasserenato il premier, che non aveva gradito le ironie sulla sua scenetta con lo stesso presidente americano durante la foto ufficiale, quel suo gridare «Mr Obama!» che aveva fatto irritare niente meno che la regina Elisabetta. Ma la «vendetta » maggiore, a poche ore dalla sua partenza per Baden Baden dove ieri si è tenuta la cena dei capi di Stato e di governo, mentre oggi a Strasburgo si celebrerà il summit per i 60 anni della Nato, è arrivata proprio da Buckingham Palace. Sì perché, con una nota del suo portavoce (che da Palazzo Chigi assicurano «non concordata »), la regina Elisabetta ha voluto sgombrare il campo dalle polemiche facendo sapere che il «ricevimento al quale ha presenziato» è stato un evento «rumoroso, allegro e gioviale» in un'atmosfera «amichevole e calorosa» e non è stato caratterizzato da «alcuna gaffe o offesa ». Insomma, caciaroni sì questi italiani, ma finché si ottengono risultati positivi per l'economia mondiale va tutto bene. E i risultati, sorride il portavoce del premier Paolo Bonaiuti, sono arrivati eccome: «Un trilione di dollari stanziati, la nostra filosofia del 'people first' che passa, e la ovvia conclusione che le nuove regole per l'economia saranno scritte al G8 della Maddalena: che altro dovremmo volere di più?». Tanto più se, come ragiona Berlusconi, l'Italia che «non è una potenza economica come l'America o la Cina» può avere lo stesso peso dei «Paesi che decidono», e lui stesso può sfoggiare quella tecnica di cui si sente l'inventore: saper essere «saggio» ma anche saper «scherzare, però a ragion veduta» per avvicinare i grandi del mondo. Paola Di Caro Mercoledì a Londra Silvio Berlusconi dietro il presidente sudafricano Motlanthe, il premier giapponese Taro e il presidente Usa Obama. In prima fila, seduti, la Regina Elisabetta II e il presidente brasiliano Lula

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(sezione: Globalizzazione)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Economia Pagina 213 Sono 73 le aziende dell'Isola presenti a Verona. Clienti in arrivo dall'Irlanda e dall'India. Ai cinesi piacciono i rossi «Solo la qualità salverà i nostri vini» Sono 73 le aziende dell'Isola presenti a Verona. Clienti in arrivo dall'Irlanda e dall'India. Ai cinesi piacciono i rossi Al Vinitaly le cantine sarde brindano ai nuovi mercati --> Al Vinitaly le cantine sarde brindano ai nuovi mercati Cantine sarde in vetrina al Vinitaly. Sono 73 le aziende presenti a Verona. Arrivano nuovi clienti dall'Irlanda e dall'India. Non si arresta la crescita del mercato cinese. DAL NOSTRO INVIATO EMANUELE DESSÌ VERONA Questione di etichetta, certo, ma anche di trasparenza. «È andata così», racconta Marianna Mura, enologo della Vini Mura di Loiri Porto San Paolo. «Damian Sherlock, bayer irlandese, ha visto la bottiglia trasparente del Sienda, il nostro Vermentino di Gallura Docg, nel corner dell'Associazione sommelier della Sardegna. Colpito dal colore del vino, lo ha assaggiato, poi è venuto dritto nel nostro stand, sostenendo che i consumatori irlandesi avrebbero molto appezzato la possibilità di vedere il colore del vino prima ancora di versarlo nel bicchiere. Il contratto è quasi chiuso». Firmato, invece, aggiunge Salvatore Mura, quello con un importatore indiano, che lavora anche a Londra. «La scelta, in questo caso, è caduta sul Cannonau di Sardegna, il nostro Cortes». Piccole cantine sarde crescono. LA GRANDE FIERA Al Vinitaly, vetrina di 9 ettari che accoglie gomito a gomito 4.200 espositori (20 Paesi, Italia in testa), un angolo del padiglione 7 (su 12) è foderato con l'immagine della Sardegna. Dentro 72 aziende dell'isola, 69 nello stand curato dalla Regione. «I semplici curiosi», dice Paolo Mura, sommelier dell'Ais Sardegna, «non hanno richieste particolari, ma gli operatori sanno cosa chiedere: cagnulari, bovale, vitigni nobili e meno noti. E meglio se lavorati da piccole aziende». Come la sulcitana 6Mura (vigne a Giba, cantina a San Giovanni Suergiu). «Il nostro carignano», dice con una punta di soddisfazione Vincenzo Aru, «è nella carta dell'Hotel Hilton di Abuja, capitale della Nigeria». E a dimostrazione «di quanto sia piccolo il mondo», aggiunge, «due giornalisti enogastronomi americani sono venuti a conoscermi qui a Verona: avevano bevuto il nostro vino in un ristorante di San Francisco». Un'altra piccola azienda che cresce. Come Masone Mannu di Monti, 5 mila bottiglie di cannonau in purezza e 70 di vermentino di Gallura. «Il mercato va», dice il responsabile commerciale Marcello Gallistu. L'enologo, Roberto Gariup, friulano, racconta «l'ultima avventura. La scorsa settimana un signore siciliano, un po' burbero, è venuto in cantina chiedendomi di assaggiare questo e quello. Dopo la prima tentazione di accompagnarlo alla porta, l'ho ascoltato: era un bayer. Quell'attimo di pazienza è servito: da qualche giorno, dopo Giappone, Stati Uniti e Svizzera, il vermentino Petrizza viaggia in discrete quantità verso Berlino». LA GRANDE DISTRIBUZIONE Ristoranti, enoteche. Ma il 70% del vino a denominazione d'origine, in Italia, passa per gli scaffali della Gdo. Ieri a Veronafiere è stata presentata una ricerca di Iri Infoscan che colloca il Vermentino di Sardegna Doc al quinto posto nella classifica di vendita. Gdo importante e non solo in Italia. «Abbiamo chiuso un accordo con la Delhaise, catena belga, per il nostro vermentino Naeli», fa sapere Gianni Covone, direttore commerciale delle Cantine di Dolianova, il più grande enopolio dell'Isola. «Sì, è vero, c'è crisi, ma noi abbiamo difficoltà, con quest'ordine, a star dietro alla richiesta». Non ha le dimensioni della cantina del Parteolla, ma Feudi della Medusa di Santa Margherita di Pula, 280 mila bottiglie all'anno, continua a godersi il momento-sì. «Siamo in 22 stati degli Usa, in Canada, in Giappone. E dopo tre anni di corteggiamento reciproco, qui al Vinitaly abbiamo chiuso un accordo per la Cina», dice Francesco Siclari. «I cinesi ci chiedono rosso, in particolare il Gerione, 50% cagnulari, 50% vitigni internazionali. Le quantità? Quando parli di Cina non possono essere ridotte. Quanto alla nicchia, fa piacere essere sulla carta del ristorante Bulgari di Kyoto». I PREMIATI Stringe mille mani Gavino Sanna. Molti si presentano per conoscere il guru della pubblicità e solo dopo scoprono che con la Cantina Mesa (è a Sant'Anna Arresi) al Vinitaly ha conquistato la medaglia d'oro con il vermentino Opale. Stesso metallo per il Karmis di Contini, storica cantina di Cabras (sta festeggiando 111 anni dalla fondazione), matrimonio perfetto tra vermentino e uve vernaccia. «Già, vernaccia», scandisce con orgoglio Alessandro Contini, che sorride anche per aver ripreso a vendere in Giappone «dopo alcuni anni di stasi. La crisi c'è, ma noi siamo una squadra giovane. Chi ha scommesso sulla qualità avrà un futuro: questa crisi farà una selezione naturale tra i produttori». ETICHETTE D'ORO Vigne Surrau di Arzachena espone con soddisfazione il primo premio per il packaging e le etichette d'oro per Sincaru e Surrau. «I premi servono, eccome», dice Martino Demuro. «Siamo stati subissati di e-mail. E, per esempio a Cagliari, c'è stato un sussulto: le vendite sono cresciute all'improvviso. Noi facciamo 140, 150 mila bottiglie». La cantina di Tempio ha avuto la Gran Menzione per il vermentino Canayli 2008 e 2007. «E così», commenta l'enologo, Dino Addis, «sfatiamo il luogo comune che il bianco è beverino, va consumato subito, non ha struttura». Dopo l'argento del 2008, per l'azienda Silattari di Bosa è arrivato il bronzo per la malvasia spumante dolce. Come raccontano Giovanni Porcu e Nicola Garippa, le bollicine si vendono benissimo, così come la malvasia «ferma» e il cannonau Latitante, a tiratura limitata (5 mila bottiglie). «Il Vinitaly è un grande palcoscenico: abbiamo appena perfezionato un accordo che poterà il nostro spumante negli hotel extralusso di Dubai». PORTO CERVO WINE FESTIVAL Discorso che sarà reso possibile anche grazie alla Starwood. Franco Mulas e Raffaella Manca, direttore generale e responsabile delle relazioni esterne (per la prima volta due sardi al vertice), in una conferenza stampa, ieri pomeriggio, hanno presentato il Porto Cervo Wine Festival, dal 24 al 26 aprile. Un contenitore di eventi destinato a promuovere l'eccellenza dell'agroalimentare sardo, a partire dal vino. Da veicolare, in prospettiva, nelle 100 mila camere dei mille hotel del gruppo nel mondo. Tra i produttori interessati c'è anche Pasquale Rau della Lucrezio R di Berchidda. «Qui a Verona stiamo presentando il nostro mirto biologico, dolcificato con miele e zucchero d'uva». ISOLA DA TUTELARE Oggi sarà a Verona l'assessore all'Agricoltura Andrea Prato per promuovere il binomio sughero-vino. I fratelli Carmine e Ugo Poscia, distilleria a Sinnai, proveranno a chiedergli cosa può fare per far sì che «si chiami fil'e ferru solo quello ottenuto da vinacce sarde». Sandro Murgia, presidente delle Cantine di Dolianova e vice di Fedagri-Confcooperative, «in un momento di confusione innescato anche da una riforma comunitaria che non ci aiuta», propone che «la filiera del vino venga completata in Sardegna, imbottigliamento compreso. In fondo, produciamo appena il 2% del vino italiano. Tuteliamolo anche così».

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D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Trentino" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, ... D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro "solo contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari" ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia capaci di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933" quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora Presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. "Basta debiti" dicono gli europei; ma "senza nuovi debiti" degli istituti finanziari la macchina resta in panne" replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

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"Al Qaida ora punta all'Europa" Obama chiede rinforzi per Kabul (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

n. 81 del 2009-04-04 pagina 7 "Al Qaida ora punta all’Europa" Obama chiede rinforzi per Kabul di Alessandro M. Caprettini Il presidente americano a Strasburgo: «Non possiamo restare soli contro il terrorismo». Poi sogna «un mondo senza nucleare» nostro inviato a Strasburgo Torna a tendere, sorridente, la mano a Sarkozy, alla Merkel e poi a tutti e 28 i capi di Stato e di governo Nato, riuniti sulle rive del Reno per i sessant’anni dell'Alleanza. Ma Barack Obama ha nel suo carnet anche richieste, non esitando a tirare in ballo Al Qaida che per lui non solo «resta pericolosa», ma quantomeno per ragioni logistiche «è in grado di lanciare un attacco in Europa più probabilmente che negli Stati Uniti». Così - nella seconda tappa del suo sbarco nel vecchio continente, il presidente Usa si dice d'accordo sul suggerimento europeo di rafforzare la crescita economica dell'Afghanistan e di dotare Kabul di mezzi e uomini in grado di contrapporsi al talebani, ma aggiunge chiaro e tondo che vuole «un maggior sostegno dell'Europa. La strategia del resto - tiene a far presente - avrà pur sempre anche una componente militare e l'Europa non deve aspettarsi che gli Stati Uniti portino da soli questo fardello». Se il problema è il terrorismo, ed è un problema comune, ecco che la soluzione, per il nuovo inquilino della Casa Bianca, non può esser altro che «uno sforzo congiunto». Sarkozy gli fa sapere d'esser pronto a incrementare la presenza francese tramite l'invio di gendarmi. La Merkel pare sulla stessa linea, l'Italia ha già deciso l'invio di altre truppe in vista delle elezioni presidenziali e persino la Spagna, ieri mattina, ha ufficializzato il rinforzo al suo contingente con ben 12 soldati. Ma non è forse pensando al solo Afghanistan che Obama chiede nuovi impegni ai partners. Vorrebbe «una capacità militare rafforzata» europea, sempre in ambito Nato. Più uomini, più mezzi, meno caveat (limitazioni all'intervento in armi), magari per poter impegnare meglio i dollari dell'amministrazione Usa per affrontare la crisi che attanaglia il suo paese e che ha fatto esplodere anche ieri le percentuali della disoccupazione. è più a largo raggio, in sostanza, che guarda l'inquilino della Casa Bianca. Che intanto mediaticamente raccoglie un nuovo pieno di consensi andando a spiegare a 4mila liceali franco-tedeschi riuniti a Strasburgo che lui il mondo lo sogna senza armi nucleari. «Anche se la Guerra Fredda è finita, la minaccia della diffusione di armi nucleari o del furto di materiale nucleare può portare alla estinzione di ogni città sul pianeta», ha rilevato. Spiegando poi che domenica a Praga è sua intenzione «presentare una agenda per cercare di aggiungere il traguardo di un mondo senza armi atomiche». Anche in campo climatico, ha voluto mettere in rilievo, non c'è più tempo da perdere: «Gli effetti dei cambiamenti climatici, sono evidenti. L'Europa ha capito questa sfida, in America negli ultimi mesi si è cominciato a cambiare, ma America e Cina devono fare di più. Sono fiducioso in questa sfida, ma bisogna partire da subito». Dopo le cerimonie formali con Sarkozy (a Strasburgo) e Merkel (a Baden Baden), un concerto di benvenuto e la cena ufficiale in Germania coi capi di stato e di governo (mentre i ministri degli Esteri e della Difesa dei 28 tenevano a loro volta una cena di lavoro), oggi - dopo una cerimonia sul Reno - si entra nel vivo dei lavori Nato. In ballo la successione all'olandese Jaap De Hoop Scheffer che tutti, Merkel in testa, vorrebbero affidare al premier danese Anders Fogh Rasmussen, tranne i turchi che più delle offese dei giornali danesi a Maometto non amano il fatto che a Copenhagen prosperi una tv curda, ma ancora e soprattutto c'è da definire il futuro dell'Alleanza. «Nuove fondamenta» reclama la Merkel. L'ex-est europeo vede invece ancora l'orso russo con malcelato cipiglio. E Obama a una insalata mista dice no: «Se la Nato diventa tutto... c'è il rischio si trasformi in niente». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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"focaccia blues" il film che si mangia il big mac (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Vicenda col marchio di autenticità "Focaccia blues" il film che si mangia il Big Mac Se siete curiosi di conoscere la favola vera della focaccia che mangia il Big Mac, se credete che la globalizzazione non abbia ancora vinto e che la qualità e i buoni sentimenti vincano sempre, Focaccia blues sarà il vostro film. Dal 17 aprile arriverà nei cinema questa sfiziosa pellicola della nuova stagione del Cinema Italiano che potrete vedere in tutte le sale. Per sostenere la sua produzione, la Fiesa-Confesercenti di Bari ha ottenuto un contributo anche dalla Camera di Commercio di Bari, a nome di tutti gli imprenditori della buona cucina che hanno fatto grande quell'umile ma straordinario alimento che è il pane di Altamura. Il film racconta il luogo e i protagonisti di una vicenda realmente accaduta in Puglia e trae spunto dall'impresa di una piccola focacceria altamurana che, valorizzando i prodotti tipici, è riuscita a mettere in crisi, fino alla sua chiusura un grande MC Donald's aperto in città. la pellicola descrive la vittoria del piccolo mondo che si oppone alla diffusione della globalizzazione intesa come massificazione dei gusti, grazie all'utilizzo di armi come la qualità, la genuinità e la simpatia.

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Disoccupazione, boom negli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Provincia Pavese, La" del 04-04-2009)
Pubblicato anche in: (Gazzetta di Mantova, La) (Nuova Ferrara, La) (Tribuna di Treviso, La) (Trentino) (Gazzetta di Modena,La) (Alto Adige) (Corriere delle Alpi) (Gazzetta di Reggio)

Argomenti: Cina Usa

Disoccupazione, boom negli Usa Ma le Borse sono fiduciose: il peggio è ormai alle spalle GIGI FURINI MILANO. Notizie contrastanti dal fronte macroeconomico, ma i mercati azionari pensano di aver già scontato gli scenari peggiori. Dunque, anche se negli Usa in marzo ben 633 mila lavoratori hanno perso il posto, a Wall Street si pensa che il valore delle azioni abbia già incorporato queste cattive notizie. I dati di ieri portano l'occupazione americana in calo per il quindicesimo mese consecutivo. Da quando è iniziata la recessione (dicembre 2007) gli Usa hanno visto svanire 5,1 milioni di posti di lavoro. In questo modo il tasso di disoccupazione è balzato dall'8,1% all'8,5%, attestandosi ai livelli più alti dal 1983. Dagli Usa alla Cina che, invece, continua a macinare progressi. I vertici di Pechino hanno reso noto che a marzo l'indice delle attività manifatturiere è tornato sopra quota 50 punti (esattamente a 52,4), cioè al sopra della soglia che indica una fase di espansione delle attività economiche. Si tratta di un risultato sorprendente, che sembra testimoniare l'efficacia delle misure di stimolo sino ad ora adottate dal governo. Difficile dire se la giornata di giovedì, con la decisioni del G20, sia stata il punto di svolta per i mercati finanziari globali. Il vertice di Londra ha dato dimostrazione di grande unità e la montagna di denaro a disposisione per le misure di sostegno (5 mila miliardi di dollari entro il 2010) hanno ben impressionato gli operatori. Però la paura è stata tanta e ieri in molti hanno approfittato per portare a casa i guadagni di questi giorni. Le Borse hanno vissuto una giornata molto volatile, se le piazze orientali non hanno fatto segnare grosse variazioni (anche se titoli come Toyota, Canon e Panasonic hanno segnato forti rialzi) in Europa si è vista tanta prudenza. Londra lascia sul campo il 2,31%, Parigi l'1,1% mentre Francoforte chiude invariata. Milano ha fatto segnare un incremento dello 0,53%. In tutta Europa sono stati ancora acquistati i titoli dell'auto (+3,3% il sottoindice del settore) ma si sono visti i venditori sulle azioni delle tlc e sugli energetici. A Milano altri acquisti su Fiat, fra scambi intensi. E se saranno vendute più auto, ecco il rimbalzo di Pirelli (+5,5%). Bene Prysmian (+8,2%) che ha vinto una commessa da 20 milioni di euro in Russia e acquisti su Italcementi e Buzzi. Forti acquisti su Mediaset (+4,5%) mentre, come è successo in tutta Europa, ci sono state vendite sui petroliferi (Eni -3,14%). Il petrolio, per la verità, si è mantenuto stabile a 52,56 dolalri al barile, ben sopra i minimi del mese scorso, ma ieri l'Unione petrolifera ha stimato che, nel breve, il prezzo potrebbe ripiegare attestandosi a 45-55 dollari nel 2009 per salire a 60-70 dollari nel 2010 e poi a 70-80 dollari fra il 2015 e il 2020. Un po' per la crisi, un po' per le fonti alternative utilizzate, ma i consumi petroliferi mondiali sono in costante calo dal 1999.

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La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena.it, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Cantina di Negrar riscopre antichi vitigni ECONOMIA. Progetto di recupero classificazione e studio. Accordini: «Affermare l'identità contro la globalizzazione» 04/04/2009 rss e-mail print La Cantina Valpolicella promuove la riscoperta dei vitigni rari Ricostruire un patrimonio genetico in via di estinzione per rispondere al desiderio di appartenenza al territorio. È questo l'intento della Cantina Valpolicella Negrar, presieduta da Luigino Galvani, che nel 2008 ha fatturato 22,5 milioni di euro, con un 65% derivante dalle esportazioni e ha segnato un +11% sul 2007. La Cantina sta sviluppando un progetto di recupero, classificazione e studio di antiche varietà di vigneti per valorizzarli e reinserirli nella viticoltura, attraverso un prodotto tipico: l'Amarone. «Una possibile soluzione per contrastare la globalizzazione, consiste nell'affermazione di una specifica identità e nella ricerca di quella originalità che comporta la non replicabilità dei vini», afferma l'enologo Daniele Accordini, «Originalità intesa come stile di vino, come rappresentazione fedele e genuina del complesso e unico sistema di relazioni che intercorre tra un territorio, la sua storia e i suoi caratteri morfologici, climatici, sociali, culturali e umani». Il ruolo del vitigno viene quindi rivalutato: Corvina riccia, corvina pelosa, corvinella, corvina gentile, garganica nera, turchetta, uccellina nera e tirodola bastarda, sono solo alcune delle tipologie individuale in Valpolicella dal 1886 ad oggi. Ognuna di queste tipologie conferisce al vino sfumature e personalizzazioni differenti. Uno studio metodico delle biodiversità, quindi, quello condotto dalla cantina, che risulta però molto complesso per l'elevato numero di vitigni rintracciati. «Non tutti i ritrovati meritano poi di essere riproposti», ha sottolineato Accordini, «ma con la ricerca si cerca di valutare gli aspetti sensoriali di ogni vitigno recuperato, per arrivare poi a individuare possibili interazioni e a creare nuovi protagonisti da far tornare nella viticoltura reale e sulle tavole dei consumatori in chiave moderna». Per questo motivo la cantina della Valpolicella Negrar ha creato un vigneto sperimentale, a Jago, proprio nel cuore della Valpolicella Classica, allevando viti prelevate da madri ultracentenarie presenti nei vigneti dei suoi oltre 220 soci. Elisa Costanzo Elisa Costanzo

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Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 04-04-2009)
Pubblicato anche in: (Arena.it, L')

Argomenti: Cina Usa

Proteste, tensioni dopo 300 arresti Ora incubo «tute nere» 04/04/2009 rss e-mail print Baden Baden, Germania: proteste e scontri contro il vertice Nato L'imponente operazione di sicurezza ha in parte raffreddato l'onda delle proteste «contro il mondo globalizzato». Dopo i violenti scontri di giovedì notte a Strasburgo, che hanno «battezzato» il vertice Nato alimentando paura e tensioni (oltre trecento arresti e 70 persone in stato di fermo), la giornata inaugurale del summit Nato è stata vissuta per le strade del centro della città in un silenzio surreale rotto da cinquecento pacifisti e militanti di estrema sinistra provenienti da 21 Paesi che hanno dato il via ad un controvertice lanciando cori contro il presidente americano. «Obama ci hai deluso, basta con questa Alleanza», hanno gridato per il mancato ritiro Usa dall' Afghanistan. Ieri sono spuntate numerose le bandiere della pace e al colore dei vessilli pacifisti si è aggiunto l'impatto cromatico suggestivo e divertente di una cinquantina di clown, nel tenero tentativo di minacciare l'inviolabile «zona rossa» - presidiata con agenti in assetto di guerra e camionette dotate di idranti a fare da scudo - per creare una «zona rosa di gioia». Ma è oggi - sotto un cielo interdetto alle linee aree - il giorno più temuto dall'intelligence e dalle forze dell'ordine francesi mobilitate in massa (oltre 18 mila agenti) per avere sotto controllo la mega manifestazione che i collettivi anti-Nato di «no global» terzo-mondisti, pacifisti, autonomi ma anche di movimenti nati come risposta agli eccessi della globalizzazione, hanno organizzato per le vie della città e che prevede anche un tragitto lungo le rive del Reno. Attesi 35-40 mila manifestanti, dei quali almeno duemila secondo il ministero dell'interno francese potenzialmente violenti.

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Corea, oggi in orbita il missile-spia La Casa Bianca insiste: (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

MONDO 04-04-2009 Corea, oggi in orbita il missile-spia La Casa Bianca insiste: «Rinunciate» TOKYO. La Corea del Nord mette a punto gli ultimi preparativi del suo missilesatellite da mandare in orbita già oggi, mentre Barack Obama insiste e dice che Pyongyang «dovrebbe» invece rinunciarvi. «Se dovesse avvenire ha ammonito il presidente americano prenderemo le misure adeguate, la Corea del Nord deve capire che non può minacciare impunemente la comunità mondiale» . È una «una provocazione» , ha aggiunto Obama. «Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa» , ha spiegato, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza dell'Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista. Per il premier giapponese Taro Aso e il presidente sudcoreano Lee Myungbak il satellite può essere mandato in orbita già oggi, condizioni meteo permettendo. Torna insomma il pressing internazionale per evitare un evento che porterebbe forti elementi d'instabilità regionale facendo salire le tensioni. A confermare le indiscrezioni di fonti militari Usa sulla imminenza del test missilistico, ci ha pensato il premier nipponico Aso per il quale il missile balistico «volerà sul Giappone» oggi, cioè già nel primo giorno utile se le condizioni meteo saranno favorevoli come previsto. Taro Aso ha detto che se così fosse sarebbero «violate le risoluzioni Onu» richiedendo «un messaggio appropriato» . Racconta di aver discusso della sicurezza della regione con il presidente cinese Hu Jintao che «segue da vicino la situazione nordcoreana» . ( A. E.) Il sito di lancio del missile

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Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta">Obama umile, mediatore e informale Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Sabato 04.04.2009 12:48 Di Alessandro Luigi Perna Rivoluzione G20 al vertice di Londra: nessuno vince ma il mondo non è più lo stesso. Ci eravamo infatti abituati allo scontro ideologico ed eventualmente armato tra comunismo e capitalismo, due sistemi sociali in violenta antitesi per cui valeva la pena combattere e morire. Adesso è tutta roba vecchissima. Dopo il crollo dell'Urss si è passati allo scontro tra democrazie e dittature con il mondo diviso in due tra governi autoritari (fascisti, comunisti, islamici, personali) e governi liberali democraticamente eletti. E abbiamo assistito in Occidente alla frattura tra coloro che volevano espandere la democrazia a suon di cannonate e quelli che invece preferivano espanderla a suon di contratti da miliardi, convinti che gli scambi commerciali avrebbero veicolato i valori liberali occidentali. Da una parte c'erano gli americani con le loro dottrine neoconservatrici e unilateraliste e dall'altra gli europei, con le loro dottrine di softpower e multilateralismo. Anche quella però adesso è roba vecchia. Cena a Downing Street GUARDA LA GALLERY Nell'era della crisi globale non ci sono più amici e nemici. C'è un unico credo unificante: il mercato globale. E di conseguenza un'unica filosofia politica obbligata: il multilateralismo. A nessuno importa più chi sono i paesi dove acquistiamo prodotti, chiediamo prestiti, investiamo e vendiamo. Non c'è più neppure nessuna considerazione strategica in prospettiva su chi possa essere un partner oggi e un avversario armato domani. A contare adesso è quanto denaro ciascun governo ha nei propri forzieri e in che misura può metterlo sul piatto per far ripartire l'economia internazionale. L'interconnessione globale di finanza e mercati, impermeabile a qualsiasi considerazione ideologica, ci ha proiettato in un mondo completamente nuovo. Le alleanze economiche e finanziarie consolidatesi alla fine della seconda guerra mondiale sono state rivoluzionate. E il battesimo ufficiale di questa nuova era è stato il G20 di Londra. Nella capitale inglese si è infatti delineato il mondo del futuro. Bruxelles, manifestazione anti-globalizzazione GUARDA LA GALLERY Gli Stati Uniti sono diventati finalmente (per molti) multilaterali non perché hanno cambiato per davvero ideologia ma perché costretti, avendo perso la loro leadership finanziaria ed economica, ad abdicare anche alla loro leadership politica. Non sono infatti più l'economia trainante del pianeta né quella che dispone delle risorse necessarie per rilanciare il commercio mondiale. I nuovi protagonisti della scena internazionale e riconosciuti partner da Washington sono coloro che contribuiscono a espandere i consumi globali e che possono prestare denaro agli USA. Cioè la Cina, la nuova potenza in espansione e senza morale, la cui crescita economica dipende dai consumi del mercato americano e la cui stabilità finanziaria dipende dalla possibilità di Washington di restituirle i prestiti che le ha fatto. Il governo cinese ha colto consapevolmente la palla al balzo per entrare nell'olimpo del pianeta e condizionarne il futuro a suo favore. Al G20 è stato informalmente sancito che il rapporto tra le due sponde del Pacifico conterà d'ora in poi molto di più di quello tra le due sponde dell'Atlantico. Scontri a Londra, un morto GUARDA LA GALLERY CLICCA QUI PER GUARDARE IL VIDEO DEGLI SCONTRI pagina successiva >>

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Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta">Obama umile, mediatore e informale Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta pag.1 (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Sabato 04.04.2009 12:48 Ma a Londra è stata anche sancita per l'ennesima volta la distanza tra Europa e America e la mancanza di coesione nell'Unione Europea, un limite che non le consente di influire sui destini del mondo pur producendo il 22,3% della ricchezza mondiale contro il 20,8 degli Stati Uniti. L'Inghilterra di Gordon Brown, alleato privilegiato degli USA da sempre e da sempre ponte tra il nuovo mondo e quello vecchio, ha ribadito che in campo economico ha molte più affinità con Washington che con le capitali europee. In comune hanno il sistema capitalistico di stampo anglosassone, gli errori commessi che hanno causato il collasso della finanza internazionale, e infine le soluzioni per farla risorgere attraverso l'espansione della spesa pubblica. Entrambi non credono a ricette protezionistiche (anche se Obama al riguardo non è affatto coerente) ma anzi predicano l'apertura senza limiti dei mercati internazionali. E infine non hanno nessuna paura dell'inflazione perché fortemente indebitati per salvare i rispettivi paesi dalla bancarotta. Esattamente idee opposte a quelle di Germania e Francia, che invece non credono all'espansione della propria spesa pubblica senza prestare attenzione ai deficit di bilancio e all'inflazione. Manifestazione a Londra contro il G20, le immagini degli scontri GUARDA LA GALLERY L'unica espansione di spesa che hanno previsto è quella che salva i propri risparmiatori dal fallimento delle banche e i lavoratori dalla disoccupazione attraverso il wellfare. A dare una mano all'economia degli States con massicci investimenti di stato e una diminuzione delle tasse non ci pensano per niente: sono gli americani ad aver combinato il casino, sono loro a doverselo risolvere. Come obiettivo per il G20 Parigi e Berlino si erano poste la revisione delle regole finanziarie internazionali, la limitazione dei bonus ai dirigenti e la lotta ai paradisi fiscali - i capri espiatori additati all'opinione pubblica per salvare i governi dalla critica sociale. Si sono presentate al vertice con le idee chiare e spalleggiandosi a vicenda. Dietro di loro l'Italia che condivideva gran parte delle loro opinioni ma preferiva defilarsi in vista del G8 del prossimo giugno in Sardegna. Alla fine Francia e Germania hanno ottenuto quello che volevano o quasi la Cina è riuscita a salvare i suoi paradisi fiscali. Ma parlando a nome proprio e non di tutta l'Unione Europea hanno dimostrato ancora una volta l'intrinseca debolezza del vecchio continente. Che con l'euro continua a essere una potenza economica ma rimane un nano politico. Ancora per molto tempo. < < pagina precedente

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Nuove sfide del sistema portuale: il rilancio dell'economia meridionale (sezione: Globalizzazione)

( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cultura editori campani / Guida Nuove sfide del sistema portuale: il rilancio dell'economia meridionale La ricerca analizza le nuove sfide che il sistema portuale meridionale, piattaforma logistica del mediterraneo, è chiamato ad affrontare in vista delle dinamiche sempre crescenti di fenomeni come la globalizzazione e la liberalizzazione degli scambi commerciali mondiali. Lo studio si focalizza su 4 grandi temi: infrastrutture, finanza, politiche di sviluppo, evoluzione dei traffici merci e container. Protagonisti i porti di Bari, Gioia Tauro, Napoli, Salerno e Taranto visti come rappresentanza di una grande potenzialità da esprimere appieno per il rilancio dell'economia meridionale e di tutto il Paese ed analizzati come anello di una complessa catena logistica ed infrastrutturale. *** Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno Le vie del mare Editore Guida pag 220 euro 44,00 del 04-04-2009 num.

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Pmi in crisi: investimenti in stallo (sezione: Globalizzazione)

( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Mediterraneo turchia Pmi in crisi: investimenti in stallo Sos dalle aziende che negli ultimi anni hanno sostenuto lo slancio del paese Come avvenuto per l'interscambio tra la Turchia con i principali partner europei, anche l'interscambio con i principali Paesi limitrofi, o comunque di interesse strategico, e' crollato nel primo bimestre di quest'anno in confronto allo stesso periodo del 2008. E' quanto si evince dai dati forniti dall'Ufficio Statistico turco (Tuik) elaborati dall'Ufficio Ice di Istanbul. I cali piu' vistosi si sono registrati con l'Ucraina (-58,4 per cento), il Kazakhstan (-45,2 per cento), gli Emirati Arabi Uniti (-50 per cento) ed il Qatar (-54,3 per cento). Sono invece da evidenziare le uniche performances positive dell'export turco verso l'Iraq (+74,9 per cento), l'Egitto (+139 per cento), la Siria (+30,4 per cento) e il Turkmenistan (+72,7 per cento). Sul versante delle importazioni invece, la serie negativa e' praticamente totale. Le peggiori performances sono state con l'Iran (-52,2 per cento), l'Ucraina (-53,9 per cento), l'Arabia Saudita (-64,1 per cento), il Kazakhstan (-62,5 per cento), l'Egitto (-59,3 per cento), l'Uzbekistan (-69,3 per cento), la Siria (-66,3 per cento) e il Turkmenistan (-69,5 per cento). I segnali dell'aggravarsi della crisi economica turca si riflettono anche sugli investimenti delle imprese, che negli ultimi 3-4 anni avevano fortemente sostenuto lo slancio del Paese contribuendo in maniera massiccia alla crescita del Pil, che è stata -in media- del 6 per cento. Nel corso degli anni 2005-2007, i tassi di investimento delle imprese locali in macchinari e impianti erano stati sempre superiori al 10 per cento, con riflessi più che positivi per le importazioni soprattutto da Paesi come l'Italia, ma anche da Germania, Giappone e Usa, tradizionalmente fornitori di tecnologie necessarie allo sviluppo industriale della Turchia. Già dalla seconda metà dello scorso anno, però, gli imprenditori locali hanno via via ridotto, col peggiorare della fase congiunturale, il rinnovo del parco macchinari e impianti, attendendo momenti migliori per effettuare acquisti sostitutivi o addirittura aggiuntivi. Va peraltro segnalato che il calo degli investimenti produttivi da parte delle imprese (-3 per cento a ottobre 2008; per esempio, nell'importante area industriale di Kocaeli alle porte di Istanbul il 39 per cento delle imprese ha posposto investimenti in macchinari per oltre 250 milioni di euro negli ultimi tre mesi) non è totalmente condiviso da tutto il mondo industriale turco, poiché, secondo le informazioni ottenute dall'Ufficio Ice di Istanbul, una fascia avveduta e aperta al cambiamento continua a ritenere che senza innovazioni e aumenti quantitativi e qualitativi della produttività, dati in buona parte dal miglioramento degli impianti, il sistema industriale turco non riuscirebbe a sostenere nei prossimi anni la sfida della competitività con i Paesi più avanzati d'Europa, come anche con Cina, India e Brasile. Diversa sembrerebbe la situazione sul fronte delle esposrtazioni. Negli ultimi sei anni le esportazioni della Turchia sono passate dai 36 miliardi di dollari del 2002 agli oltre 125 miliardi di dollari previsti a fine anno (+247 per cento). Lo rende noto l'Ufficio Ice di Istanbul citando dichiarazioni fatte durante un incontro con imprenditori locali a Mersin, nel Sud del Paese, dal ministro per il Commercio Estero turco Kursad Tuzmen. In tal modo, affermato il ministro, la Turchia è divenuta una vera e propria potenza commerciale fra le prime 15 al mondo. Quest'anno, la bilancia commerciale turca dovrebbe chiudersi con esportazioni pari a 125 miliardi di dollari ed importazioni che potrebbero sfiorare i 210 miliardi di dollari ed un conseguente saldo negativo record di 85 miliardi di dollari. Il ministro inoltre evidenzia che la forte svalutazione della lira turca avvenuta in questi ultimi mesi ha consentito di contenere il deficit aiutando considerevolmente l'export turco nel mondo e soprattutto nelle nuove ''aree strategiche'' della Turchia (Paesi limitrofi come Russia e Ukraina), Caucaso e Asia centrale (Azerbaijan, Georgia e Kazakhstan), Medio Oriente (Siria, Egitto, Israele, Paesi del Golfo ed Iran). Il ministro ha anche sottolineato che l'Ue - pur restando la principale area di sbocco dell'export turco e al tempo stesso dell'import (il 43 per cento dell'intero interscambio della Turchia avviene con l'Ue) - sta perdendo peso a favore dei nuovi Paesi strategici e della Cina, dove il Sistema Turchia si sta impegnando per posizionarsi sempre più e meglio. Secondo l'Ice, va anche sottolineato che il 2009 sarà un anno essenzialmente dedicato da Ankara allo sviluppo delle relazioni economico-commerciali con tutti i Paesi del Golfo (soprattutto Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Qatar) allo scopo di allargare ancor piu' la base dell'interscambio con questi stati che dovrebbero soffrire meno della profonda crisi economica prevista per l'anno prossimo. Ma anche per far lavorare di piu' i contractors locali nei vasti progetti infrastrutturali di quei Paesi e, soprattutto, attrarre sempre più investimenti diretti da quell'area verso la Turchia (gli analisti segnalano fra i 10-15 miliardi di dollari l'anno in media per i prossimi 5-10 anni). del 04-04-2009 num.

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Darwin, noi siamo qui (sezione: Globalizzazione)

( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cultura scienze ed economia Darwin, noi siamo qui Addio al vecchio mondo. Un solo obiettivo, la salute comune C'è un grande problema riguardo al metodo con il quale agiscono i politici in questo periodo: provano a organizzare una nuova realtà con mezzi obsoleti, e ovviamente, non ci riescono. "Questi tempi sono molto diversi dai tempi passati", ha detto recentemente Michael Steinhardt, una leggenda a Wall Street, in un discorso tenuto alla CNBC. "Noi della Federal Reserve (FED) ci siamo sforzati per prevedere cosa sarebbe potuto succedere, ma tutte le previsioni non sono altro che sciocchezze casuali." Quanto ha ragione Steinhardt!!! Non abbiamo mai vissuto un periodo più globale di questo. L'economia di un paese non è stata mai così legata alle economie degli altri stati. E non accade per caso, che all'incontro dei G-20 uno degli argomenti principali sarà: come aiutare i paesi dell'Europa dell'Est. Ma non confondetelo con la solidarietà. Questo è solo un puro calcolo di profitto: i paesi più forti dell'Europa hanno realizzato che se l'Ukraina, la Romania o la Latvia crollassero, tutta l'Europa crollerebbe con loro. Ma perché le soluzioni che ci aiutavano nel passato non risolveranno i nostri problemi oggi? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo tornare alle radici della crisi attuale. E non ascoltate nulla di quello che vi raccontano questa crisi è cominciata molto prima del 2006. Secondo la teoria comune nella scienza d'oggi, tutto, compresi noi, ha avuto inizio con una scintilla di energia. Questa scintilla ha iniziato un procedimento di milioni di anni, alla fine del quale si sono create quelle condizioni che rendono la vita possibile. Si può dire che l'evoluzione umana sia cominciata quando alcune creature basilari, mono-cellulari, si sono legate le une alle altre e hanno creato insieme un corpo vivo che è diventato sempre più elaborato col passare del tempo. Ogni cellula ha rinunciato al suo potenziale personale e ha "assunto" un ruolo specifico in una forma di vita più sviluppata. Questo procedimento ha reso possibile lo sviluppo e la sopravivenza di tutte le cellule. Ogni sviluppo è caratterizzato da legami più profondi tra forme di vita più complesse. Guardate il corpo umano: quante cellule (10 Trilioni), sistemi e organi diversi devono funzionare in armonia per creare la vita umana? Questa regola è giusta in tutta la natura: «Più elementi diversi, estranei e opposti costituiscono una forma di vita, più essa è sviluppata». Prendiamo la società umana. All'inizio la vita sociale era organizzata in gruppi familiari staccati l'uno dall'altro. Con il tempo le famiglie sono cresciute e abbiamo cominciato a lottare per assoggettare più gente e accaparrarci più territori. Abbiamo sviluppato l'agricoltura che ha creato le relazioni del commercio e un rapporto più sviluppato tra le persone. Le rivoluzioni di classe, di cultura e di educazione ci hanno legati ancora di più, finchè dalla rivoluzione industriale in poi siamo saliti su una corsia di accelerazione, che ha raggiunto il suo culmine alla fine del XX secolo. Come tutte queste cellule separate, la natura ci ha reso coscienti del fatto che potremo guadagnare molto di più se agiremo insieme, e così, naturalmente, siamo diventati un corpo umano unico che dipende dalla collaborazione dei suoi vari organi. La regola che è la base di tutto il nostro sviluppo ci ha portato (e lo fa ancora) a legarci l'uno all'altro in un modo inseparabile. Se qualche decina di anni fa potevamo vivere in modo indipendente, oggi non è più possibile. Questa, signore e signori, è la situazione in cui i grandi uomini della politica e dell'economia stanno agendo senza possibilità di successo. Pian piano scoprono che in questo "mondo piatto", come lo ha chiamato Tom Friedman del NY Times, nel XXI secolo esistono regole diverse. "Globalizzazione" non è solo una bella parola. Significa che esiste uno sviluppo naturale che non smette, e ci avvicina ad una nuova vita. Una vita globale in cui ogni cellula, ogni persona, ogni organo e ogni stato vivranno bene solo al livello in cui si occuperanno e collaboreranno per garantire una vita migliore a tutta l'umanità. Tutte le risorse della natura appartengono da ora a tutto il mondo, e la specializzazione di ogni paese deve essere utilizzata per il bene di tutto il corpo umano, invece che per il proprio egoistico tornaconto. Perchè? Chiedete a qualsiasi dottore cosa succede al nostro corpo quando un organo decide di esistere staccato dagli altri la diagnosi sarà "Cancro". Perciò, signore e signori, la crisi di oggi non è veramente una crisi, ma una rivelazione della prossima fase naturale nello sviluppo della civilizzazione umana. Non ci servirà resistere allo sviluppo, cresceremo in ogni caso. E se resistiamo, ritarderemo tutto. Allora ecco una previsione più stabile di quella della FED per il prossimo futuro: «Invece di pensare che dobbiamo unirci per evitare la crisi, dobbiamo capire che la crisi si è rivelata perchè noi dobbiamo unirci veramente. Allora, dite addio al vecchio mondo, e sorridete al vostro vicino di casa. Da adesso, abbiamo tutti un obiettivo comune la salute del nostro corpo umano. Da adesso, siamo tutti fratelli.» (articolo dell'Associazione Bnei Baruch) www.kabbalah.info/it e-mail: italian@kabbalah.info del 04-04-2009 num.

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GIUSY FRANZESE ROMA. LA MAGGIOR PARTE PLAUDE. PARLA DI UNA NUOVA ERA, DI UN SIMBOLO DELLA VOLONT&... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Benevento))

Argomenti: Cina Usa

GIUSY FRANZESE Roma. La maggior parte plaude. Parla di una nuova era, di un simbolo della volontà di trasparenza in economia. Ma non manca chi invece è irritato e lo dice chiaro e tondo. Il G20 ha appena deciso di sanzionare i Paesi che tutelano gli evasori fiscali con il segreto bancario, le «liste della vergogna» sui paradisi fiscali sono state appena pubblicate, ma è già polemica. Intanto l'Ocse fa due conti e denuncia: il giro d'affari che gravita attorno ai 42 paradisi fiscali sparsi in tutto il mondo potrebbe arrivare anche a 11.000 miliardi di dollari. Più del doppio di quanto i governi di tutto il mondo stanzieranno nei prossimi due anni per cercare di uscire dalla crisi. Cifre enormi, quindi, parcheggiate in società off-shore che sfuggono alla tassazione o che pagano una minima parte di imposte rispetto a quanto dovrebbero versare se lasciassero quei soldi nei Paesi di provenienza. Cento miliardi di dollari di tasse li perde la sola amministrazione americana. Per cui ieri a Praga la maggior parte dei ministri delle Finanze del G20 si è detta soddisfatta della decisione. Purché - è la sottolineatura comune - si passi presto dalle parole ai fatti. A chiederlo a gran voce è la francese Christine Lagarde. Ma anche l'Italia (che come la Francia, la Germania, la Spagna e la Gran Bretagna, è nella lista bianca, quella dei paesi virtuosi) la pensa allo stesso modo. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, osserva: la decisione di passare a un mondo senza segreto bancario «è un simbolo». Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dice: ora occorre fare «una pressione diplomatica molto forte su questi Stati che hanno ancora caratteristiche sospette». Aggiungendo: «Altrimenti sarà un proclama inutile». Sull'argomento ieri ha voluto esprimersi anche il governatore della Banca d'Italia, nonché presidente del Financial stability forum, Mario Draghi: «È molto importante politicamente che si faccia luce sui paradisi fiscali. Sul tema al G20 è stato fatto un notevole progresso». Se sul principio della trasparenza sono tutti d'accordo, qualcuno non ha condiviso il metodo dell'Ocse di stilare le liste. A capeggiare gli scontenti è il Lussemburgo, ma anche la Svizzera e il Belgio non fanno salti di gioia. Tutti e tre sono nella lista grigia. «L'Ocse non si è premurata nemmeno di contattarci», protesta il primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker, che tra l'altro è anche presidente dell'Eurogruppo. E poi - riferendosi all'esclusione dalla lista nera di Hong Kong, Macao e alcuni Stati americani - ha puntato il dito: «Il trattamento riservato a certi Paesi è incomprensibile». E così il ministro delle Finanze svizzero, Hans-Rudolf Merz, che ha definito «deplorevoli» i criteri utilizzati dall'Ocse: «La Svizzera non è un paradiso fiscale, rispetta sempre i propri impegni ed è disposta al dialogo». Il 13 marzo scorso, quindi meno di un mese fa, la Svizzera ha annunciato un allentamento del segreto bancario. Meno duri i toni del ministro delle Finanze belga, Didier Reynders: «Non fa piacere trovarsi in quella lista. L'obiettivo è uscirne i prossimi mesi». In effetti, secondo alcune ricostruzioni, la black list dell'Ocse è stata il frutto di un compromesso, dato che la Cina rischiava di far saltare l'accordo. Così sembra che pochi minuti prima della conferenza stampa del G20 di Londra, sia stato Obama a sbloccare il tutto. In cambio del sì la Cina ha ottenuto l'esclusione di Hong Kong e Macao dalla black list. Ma anche gli Usa - accusano gli scontenti - hanno visto Delaware, Nevada e Wyoming, non essere inclusi nemmeno nella lista grigia. Come l'Uruguay, in un primo momento inserito nella lista nera e poi ritirato.

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"Emeralta 11", protezione civile sui rischi idraulici (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

"Emeralta 11", protezione civile sui rischi idraulici Sabato 4 Aprile 2009, (E.M.) Complessivamente positivo il bilancio di "Emeralta 11", l'esercitazione di Protezione Civile a regia "Alta" sul rischio idraulico, che ha visto come suo teatro Rosolina Mare. Ed il tempo avverso dei due giorni (che ricordava da vicino quello di "Emeralta 9", l'esecitazione svoltasi in Comune di Loreo alcuni anni fa, sull'Adige), ha reso ancor più vicina al vero la simulazione. Sono stati ben 150 i volontari presenti, coordinati dai vari capigruppo e capisquadra, appartenenti sia alla Protezione Civile dell'Alta, che a quelle dei comuni della Provincia. L'evento è stato coordinato da Roberto Zaffin, vicepresidente dell'Alta nazionale e responsabile della Protezione Civile. Braccio destro di Zaffin, Giuseppe Micchioni, mentre la gestione del campo-base ed il funzionamento "gruppo-cucine", sono stati diretti e coordinati da Tomaso Marangon, presidente dell'Alta di Rosolina. "Emeralta 11" era iniziata con l'allestimento del campo-base e della sala operativa in piazzale Europa a Rosolina Mare. Poi, un gran fervore di attività, programmate sul rischio idraulico nei due giorni, e i ripetuti interventi a turno delle squadre, hanno avuto esito soddisfacente. Le squadre sono state impegnate nell'utilizzare motopompe, nella sorveglianza degli argini (con il blocco degli accessi, per evitare intralcianti interferenze di curiosi), nel realizzare soprasogli per contenere le acque nei punti più bassi degli argini. Sono stati pure simulati interventi sanitari di soccorso. Nel tardo pomeriggio, il convegno in cui il gen. dell'Alta Antonio Assenza, ha illustrato il percorso effettuato fino ad ora dall'Alta e, in tempi più recenti, dai volontari dell'Alta stessa. Sono state "missioni" svolte in seguito a terremoti, alluvioni e alle tante altre emergenze verificatesi. Poi l' intervento dell'ing. Fabio Boaretto della Regione Veneto, e quello telefonico del dott. Galanti, direttore Dipartimento della Protezione Civile nazionale.

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Roma L'economia cinese è ripartita. Il segnale arriva dall'indice Pmi del settore... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 4 Aprile 2009, Roma L'economia cinese è ripartita. Il segnale arriva dall'indice Pmi del settore manifatturiero di marzo, salito a 52,4 punti dai 49 del mese precedente. È la prima volta dal luglio scorso che torna sopra la quota cruciale di 50 che lo spartiacque tra depressione ed espansione. Il balzo dell'indice sembra indicare come le misure di stimolo dell'economia decise dal governo di Pechino stiano avendo un serio impatto sull'economia, ha commentato l'economista Ma Jiantang all'agenzia Nuova China. Per costruire l'indice sono interpellate mensilmente 700 imprese, in marzo 14 su 20 hanno riportato una performance al di sopra di quota 50 punti e due addirittura sono salite oltre i 60 punti: si tratta del settore dei macchinari elettrici e di quello dell'equipaggiamento per i trasporti. Il peggiore risultato è invece stato riportato dal comparto della lavorazione del legno, sceso a 41,6 punti. In marzo è inoltre cresciuta di 4,2 punti percentuali la componente dei nuovi ordini, ora a 54,6 punti, mentre l'indice dei nuovi ordini per l'export è salito a 47,5 punti da 43,4 in febbraio. La componente che misura l'occupazione infine è salita in marzo a 48,6 punti da 46,1 in febbraio. Cina e Stati Uniti sono i Paesi che hanno fatto di più per fronteggiare la crisi. La grandezza dei pacchetti di stimolo non lascia dubbi sulla serietà delle loro intenzioni. Washington ha destinato quasi 800 miliardi di dollari (il 5,5% del Pil) a sostegno della domanda globale, Pechino ha sfiorato i 600 miliardi (13,3% del Pil). Cina e Stati Uniti sono consapevoli che non bisogna essere amici per collaborare; sanno che i loro sistemi sono diversi ed i loro interessi spesso ostili. Eppure hanno pragmaticamente compreso che il dinamismo di un paese è condizione per la ripresa dell'altro. Per questo, nonostante i timori, la Cina continuerà ad acquistare dollari e Treasury Bond e gli Usa, pur mantenendo le schermaglie dialettiche, non ostacoleranno l'affermazione internazionale della Cina.

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Csr, ecco le 10 peggiori multinazionali">Aig e Roche nella Ignobel parade Csr, ecco le 10 peggiori multinazionali (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Economia Ignobel parade/ Csr, ecco le 10 peggiori multinazionali Sabato 04.04.2009 13:32 Per la nostra rubrica sulla CSR (Corporate Social Responsability), ecco la classifica delle dieci peggiori multinazionali del 2008, quasi tutte statunitensi, stilata, come ogni anno, dalla rivista indipendente americana Multinational Monitor. In ordine alfabetico, l'"Ignobel Parade": American International Group (AIG) (USA - Finanza) Simbolo della crisi economica. Magari non molto conosciuto come marchio qui in Italia, ma, tanto per intenderci, è lo sponsor della squadra di calcio Manchester United. Avrebbe sottratto 150 miliardi di dollari di sostegni ai contribuenti utilizzando una formula assicurativa detta "credit default swaps" che in pratica assicurava il niente. In questi ultimi giorni imponenti proteste davanti alla sede newyorkese e picchetti davanti alle abitazioni dei manager. Cargill (USA - Alimentari) Uno dei giganti in campo alimentare. Insieme alle altre multinazionali ha contribuito a devastare l'economia del Sud del mondo, in particolare dell'Africa. Chevron (USA - Energia) Dal 1993 la Texaco, della Chevron, e' al centro di una causa legale collettiva intentata da 30.000 ecuadoriani che denunciano la multinazionale per aver riversato milioni galloni di petrolio nella loro terra e nella loro acqua. Constellation Energy Group (USA - Energia) Operatore dell'impianto nucleare di Calvert Cliffs nel Maryland, recentemente e' finita al centro delle polemiche per uno sbalorditivo schema di speculazione sui prezzi dell'energia a danno dei consumatori. Chinese National Petroleum Corporation (CNPC) (Cina Energia) E' accusata di aver fomentato la crisi in Darfur. Dole (USA Alimentari) La peggiore azienda bananiera del mondo. Se Chiquita ha provato a cambiare registro, Dole rimane il simbolo dello sfruttamento del lavoro. General Electric (USA Energia) Sarebbe accusata, dal giornalista del New York Times David Cay Johnston, di aver evaso il fisco in Brasile per qualcosa come 100 milioni di dollari, fatturando volumi sospettosamente alti di attrezzature per l'illuminazione delle regioni amazzoniche poco popolate. Campione d'inquinamento. Imperial Sugar (USA Alimentari) "Vanta" una lunga lista nera di lavoratori che hanno contratto gravi patologie o sono stati vittime di incidenti sul lavoro. Il 7 febbraio 2008 un'esplosione ha fatto saltare in aria la raffineria dell'Imperial Sugar di Port Wentworth in Georgia. 14 morti e decine di ustionati gravi e feriti. Le indagini scoprirono che la tragedia si sarebbe potuta evitare con una maggiore attenzione alla pulizia (la causa del disastro fu un accumulo di polvere di zucchero in un macchinario.) Un mese dopo gli ispettori della Occupational Safety and Health Administration (OSHA) effettuarono ispezioni in un'altra raffineria della Imperial Sugar a Gramercy in Louisiana, rilevando accumuli di polvere da 0.6 mm fino a 5 cm su cavi elettrici e macchinari e fino a 120 cm sui pavimenti delle stanze di lavoro. Philip Morris (USA Tabacco) Bè, non è nemmeno il caso di dare spiegazioni. Roche (Svizzera Farmaci) Il suo business è l'AIDS. Si rifiuta di abbassare i prezzi del suo farmaco, Fuzeon, almeno Paesi in via di sviluppo. Perchè :"Non siamo in questo affare per salvare vite ma per fare soldi. Salvare vite non è affare nostro". Gaetano Farina tags: ignobel parade csr aig chevron Cargill dole imperial sugar Constellation Energy Group Chinese National Petroleum Corporation General Electric Roche Administration

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Savona: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo (sezione: Globalizzazione)

( da "Savona news" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Savona: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo Il Partito comunista dei lavoratori presenterà alle prossime elezioni provinciali Gianantonio Chiavelli (foto) quale candidato alla presidenza. In un volantino spiega le ragioni della sua presenza e corsa "solitaria". Proponiamo di seguito il testo integrale. Il Capitalismo e la Globalizzazione gettano la maschera e mostrano tutta la loro violenza colpendo i risparmi, il lavoro, la salute, il diritto allo studio. Tutto drammaticamente in discussione, e mentre Banche e Grande Industria scaricano i debiti sui lavoratori, la sinistra italiana non solo non si oppone, ma dovunque governi compie scelte impopolari, subalterna ai grandi comitati d'affari . Qui da noi infatti il trasferimento della Piaggio e il progetto ex cave Ghigliazza lo testimoniano. Il nostro Comune verrà seppellito, con l'approvazione di Regione e Provincia, (dove tutto il centrosinistra governa da anni), da 300.000 metri cubi di cemento di seconde case, che devasteranno il territorio e metteranno ulteriormente in crisi l'economia turistica, spingendo tanti giovani a lasciarci in mancanza di un lavoro stabile e di una casa in affitto a prezzi ragionevoli. Noi siamo da sempre contrari al trasferimento della Piaggio e ci batteremo per un uso pubblico e industriale di tali aree, sottraendole ad ogni speculazione privata. In cambio del mattone offriamo occupazione, cultura ed un'economia stabile. Ï Noi vogliamo in quelle aree si crei un collegio studentesco che in collaborazione con le Università valorizzi il nostro splendido territorio. Ï Diciamo NO alle seconde case perché per ogni finalese che cerca casa ve ne sono addirittura già 10 sfitte Ï Vogliamo creare un polo industriale e di ricerca per sostenere lo sviluppo delle Energie Rinnovabili e rilanciare l'occupazione . "Il 6-7 giugno dai fiducia alla vera sinistra", questo il monito del Partito comunista dei lavoratori.

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(sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Attacchi di Al Qaida più probabili in Europa che negli Usa» Baden Baden. Financial Times, Wall Street Journal, Herald Tribune, Suddeutsche Zeitung, persino le Isvestzia. Silvio Berlusconi ha cominciato la giornata successiva al G20 di Londra, con davanti i giornali di tutto il mondo che riportavano la foto sorridente del presidente americano Barack Obama e di quello russo Dmitri Medvedev con il pollice alzato e lui in mezzo a loro, a unirli in uno stesso abbraccio. «Avete visto? La mia missione di voler far fare la pace tra Usa e Russia è stata capita da tutto il mondo», ha commentato soddisfatto, con la mente rivolta al vertice Nato, che già ieri sera lo ha portato nello scenario completamente diverso di una blindatissima Baden Baden, per la cena iniziale del summit in occasione dei 60 anni dell'Alleanza Atlantica. Alla cena, organizzata nel casinò di Kurhaus, nel centro storico della città, hanno partecipato inoltre i rappresentanti degli «ultimi arrivati» al tavolo della Nato: Albania e Croazia. L'incontro permetterà ai leader dell'alleanza di mettere a fuoco alcuni dei temi principali della riunione, la nomina del nuovo segretario generale e della revisione del concetto strategico dell'organizzazione. Dunque Silvio Berlusconi è soddisfatto delle conclusioni del vertice di Londra. Un accordo che ha portato a una grande iniezione di liquidità (un trilione di dollari) e all'intento di coniugare quello che i leader del G20 hanno definito come il più grande stimolo fiscale e monetario dei tempi recenti con il «people first», gli interessi della gente prima di tutto, sostenuto dal Cavaliere. Il tutto lasciando al G8 della Maddalena il compito fondamentale di fissare le regole della finanza e dell'economia di domani. Contento anche il ministro degli Esteri Franco Frattini il quale ha definito l'accordo che ha chiuso il G20 non un «compromesso» ma una «intesa di soddisfazione per tutti». Il titolare della Farnesina, soddisfatto per l'esito del vertice, ha parlato di una vera e propria iniezione di fiducia» e ha sottolineato l'importanza del fatto che «malgrado gli scetticismi iniziali sia stata raggiunta un'intesa tra chi, come gli Usa puntavano ad un'iniezione di spesa pubblica e chi, come molti Paesi europei, chiedevano anche nuove regole», per evitare che fatti simili possano accadere di nuovo. Importante poi l'accordo per chiudere i paradisi fiscali, «un cavallo di battaglia italiano». Ma ora, ha aggiunto, «bisogna far sì che davvero oltre alle decisioni si passi ai fatti», esercitare una pressione diplomatica molto forte su quegli Stati che hanno ancora «caratteristiche sospette». Il premier Berlusconi, che vuole fare anche dell'imminente incontro tra Obama e l'Ue a Praga una nuova occasione per approfondire i temi economici, ha ieri anche molto gradito, come racconta chi gli è stato vicino, la dichiarazione arrivata da Buckingham Palace per dire che «non c'è stata alcuna gaffe, né alcuna offesa» durante la foto di gruppo dopo il ricevimento offerto dalla regina Elisabetta II. Insomma, tutto molto friendly, amichevole. Così come per Berlusconi devono essere le relazioni tra i grandi della Terra per facilitare intese su temi importanti. E Berlusconi, anche in vista di questo vertice Nato, intende continuare a comportarsi come ha fatto finora: smussare, impersonare il collega saggio che sa anche sorridere e scherzare, nella convinzione di farlo a ragion veduta e nell'interesse generale. Un atteggiamento che per il Cavaliere aiuta l'Italia, che non ha certo il peso economico di paesi come l'America e la Cina, a mantenere un suo ruolo tra i paesi che decidono. Milena Di Mauro

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Obama: ora un mondosenza le armi nucleari (sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama: ora un mondo senza le armi nucleari Tokyo. La Corea del Nord mette a punto gli ultimi preparativi del suo missile-satellite da mandare in orbita già oggi, mentre Barack Obama insiste e dice che Pyongyang «dovrebbe» invece rinunciarvi. «Se dovesse avvenire - ammonisce il presidente americano - prenderemo le misure adeguate, la Corea del Nord deve capire che non può minacciare impunemente la comunità mondiale». È una «provocazione», aggiunge Obama. «Altri Paesi sono sulla stessa linea degli Usa», spiega, lasciando intendere il ricorso a iniziative a livello di Consiglio di sicurezza Onu. Un'azione che, secondo gli osservatori, avrebbe registrato il disappunto della Cina, «l'alleato» più vicino a Pyongyang, contraria all'applicazione di altre sanzioni o all'inasprimento delle attuali contro il regime comunista. Per il premier giapponese Taro Aso e il presidente sudcoreano Lee Myung-bak il satellite può essere mandato in orbita già oggi, condizioni meteo permettendo. All'ora x del periodo utile del 4-8 aprile (nella fascia oraria 11-16) per completare l'operazione, torna il pressing internazionale per evitare un evento che porterebbe forti elementi d'instabilità regionale facendo salire le tensioni. A confermare le indiscrezioni di fonti militari Usa sulla imminenza del test missilistico, ci ha pensato il premier nipponico Aso per il quale il missile balistico «volerà sul Giappone» oggi, cioè già nel primo giorno utile se le condizioni meteo saranno favorevoli. Aso, a margine del vertice del G20 di Londra, ha detto che se così fosse sarebbero «violate le risoluzioni Onu» richiedendo «un messaggio appropriato». Racconta di aver discusso della sicurezza della regione con il presidente cinese Hu Jintao che «segue da vicino la situazione nordcoreana». Antonio Fatiguso

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FVG: TONDO, MOLTO ADDOLORATO PER INCIDENTE PROTEZIONE CIVILE. (sezione: Globalizzazione)

( da "Asca" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

FVG: TONDO, MOLTO ADDOLORATO PER INCIDENTE PROTEZIONE CIVILE (ASCA) - Udine, 4 apr - Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, e' ''molto addolorato'' per l'incidente mortale occorso oggi al volontario della Protezione Civile, il 56enne Carmine Vitale, caduto da un'altezza di oltre sette metri mentre stava eseguendo un intervento di manutenzione sul tetto della sede goriziana della Protezione Civile. Informato dell'accaduto, Tondo ha espresso un sentito cordoglio e la volonta' di essere vicino alla famiglia di Vitale ed ai volontari della Protezione civile regionale, annunciando che lunedi' mattina andra' a Gorizia per incontrarli ed accertarsi personalmente delle cause che hanno provocato il tragico incidente. fdm/sam/ss (Asca)

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Obama, l'Europa e il mondo (sezione: Globalizzazione)

( da "Quotidiano.it, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama, l'Europa e il mondo Roma | Il presidente americano è riuscito a infiammare il cuore dei giovani europei dichiarando il suo no alle armi nucleari e il suo impegno per l'ambiente. di Massimo Teodori Barack Obama Il G20 di Londra, insieme agli altri incontri di questi giorni - il sessantesimo anniversario della Nato sul Reno e il prossimo vertice tra Unione Europea e Stati Uniti - sembrano acquistare una portata storica nel dischiudere un nuovo e più felice orizzonte per il mondo intero. Fino a un anno fa la comunità internazionale era disgregata e in balia di un'incipiente crisi economica. L'America, rimasta unica superpotenza, era invisa a tutti. Le istituzioni internazionale, in primis l'Onu, sembravano inceppate. Le potenze emergenti, Cina, India e Brasile, erano considerate estranee o fuori gioco. L'Europa era paralizzata da rivalità interne, in preda a un diffuso antiamericanismo che la allontanava dall'altra sponda dell'Atlantico. Negli incontri di Londra e del Reno sono invece emersi molti elementi che fanno ritenere superata la tendenza negativa. Gli Stati Uniti di Obama hanno vinto l'handicap della nazione più odiata della terra; e quindi hanno potuto esercitare quella leadership fondata non sulla forza militare ma su iniziative efficaci e sulla co-partnership che da tempo si era perduta. Con il rientro nella Nato, la Francia è parsa abbandonare quell'orgoglioso sciovinismo che da sempre la caratterizza. La Cina è divenuta l'interlocutore indispensabile per affrontare la crisi economica. Il dialogo con la Russia di Putin ha ripreso dopo i conflitti su armi stellari e Georgia. Gli accordi multilaterali per affrontare i grandi problemi del globo, si sono rimessi in moto. Ma il successo del tour di Barack Obama non è solo di immagine, né la valenza di questi mega-incontri si esaurisce nella cornice scenografica e nell'amplificazione mediatica. Le decisioni che sono state prese sono tutte significative se, come è possibile, rappresentano l'inizio di un nuovo trend di cooperazione internazionale. Di fronte alla crisi sono state soddisfatte sia le richieste americane di immettere molto denaro liquido per rianimare il mercato attraverso istituzioni come il Fondo monetario internazionale, sia le pressioni francese e tedesca per nuove regole più stringenti per la finanza internazionale. Altrettanto importante è stato il vertice Nato che ha preso atto della persistente minaccia terroristica di Al Qaeda che deve essere affrontata con la solidarietà degli occidentali, in primis della vecchia Europa che in passato ha evitato responsabilità dirette anche sulla prima linea dell'Afghanistan. Ultimo ma non minore segnale del nuovo clima è il fatto che il presidente americano è riuscito a infiammare il cuore dei giovani europei dichiarando il suo no alle armi nucleari e il suo impegno per l'ambiente. Certo, queste decisioni non sono risolutive dei mali del mondo. Ma costituiscono il segno che qualcosa si è messo in moto verso quella meta che è ‘il nuovo sistema internazionale', senza il quale in tempi di globalizzazione sarebbe molto difficile andare avanti, innanzitutto per superare la crisi economica. Editoriale pubblicato da "Il Tempo" il 4 aprile 2009 con il titolo "La nuova politica degli Usa" 04/04/2009

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Editoriale - Una buona partenza di Franco Venturini (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Una buona partenza Al G20 non ha vin­to nessuno, e co­sì hanno potuto vincere tutti. Il debuttante Barack Oba­ma, sostenuto dai britan­nici e dai giapponesi, vo­leva che per combattere la crisi fosse varato un po­deroso stimolo fiscale. L'ha avuto, ma sotto men­tite spoglie per non urta­re la contrarietà degli eu­ropei: mille miliardi di dollari andranno al Fon­do monetario e alla Ban­ca mondiale per spingere la ripresa e soccorrere i Paesi con l'acqua alla go­la. Nicolas Sarkozy e An­gela Merkel volevano re­gole severe per raddrizza­re la schiena al sistema fi­nanziario e, sotto sotto, anche per indicare i colpe­voli della recessione. Le hanno avute, ma affidan­do all'Ocse la controversa lista nera dei paradisi fi­scali e muovendosi con inedita cautela per non ir­ritare gli Usa gelosi della loro sovranità, i britanni­ci protettori della City, i ci­nesi preoccupati per Hong Kong e Macao. Se si pensa alle polemi­che e alle minacce di rot­tura della vigilia, il G20 londinese di ieri non evi­ta soltanto un disastroso parallelo con quello falli­to nel 1933. Evita, anche, il compromesso al ribas­so che sembrava essere nelle carte, e che per sal­vare politicamente i parte­cipanti avrebbe lanciato ai mercati un disastroso segnale di impotenza. Dal­la capitale britannica, in­vece, parte un primo se­gnale di volontà politica collettiva nella gestione della crisi dopo tanti, tan­tissimi esempi di gestio­ne nazionale. Parte un cer­tificato di idoneità della formula del G20, che d'un colpo ha reso obsoleti il G7 e il G8 (lo tenga pre­sente l'Italia, che organiz­za quello di quest'anno) con la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, prov­vedimenti non sempre di applicazione immediata, non sempre impermeabi­li a una certa dose di scet­ticismo, ma sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossige­no per la fiducia». Non ci sono soltanto i mille mi­liardi di dollari e i mecca­nismi di pronto soccorso. Una parte di questa som­ma è destinata a sostene­re il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20 par­tecipanti proprio al prote­zionismo abbiano fatto ri­corso, in un modo o in un altro). Vengono regola­mentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la contabilità banca­ria e in generale per l'atti­vità degli istituti di credi­to, passate al setaccio le agenzie di rating, riporta­ti nella ragionevolezza compensi e bonus di chi opera nella finanza, e, so­prattutto, viene definito un approccio globale per «ripulire» le banche dai titoli infetti che hanno in buona parte originato la crisi. Quest'ultima potreb­be essere la conquista principale del vertice, se si considera che il forte rallentamento del credito deriva principalmente proprio dall'insicurezza delle banche sul destino della loro parte di tossici­tà. Ma l'impegno è ancora troppo generico, e del re­sto non risulta che l'am­montare degli attivi sotto accusa sia stato credibil­mente calcolato. Londra non è Bretton Woods, insomma, e non poteva esserlo. Per ripensare davvero l'architettura finanziaria globale occorrerà prima uscire dalle sabbie mobili della recessione, affrontare una disoccupazione che potrebbe trasformarsi in valanga, verificare ancora, e più severamente, il consenso che ieri ha fatto squillare le trombe. In questi limiti il G20 è stato un successo per nulla scontato, e dunque incoraggiante. Ma non è il caso di farsi ingannare da una buona partenza: tra Usa ed Europa restano profonde diversità di approccio confermate ieri anche dalla prudenza della Bce, il «nuovo ordine mondiale» che Brown ha enfaticamente annunciato potrebbe più correttamente chiamarsi «lotta di potere nella definizione dei nuovi equilibri internazionali», e la Cina, ancora lei, su questi nuovi equilibri ha appena cominciato a esercitare il suo peso. I cinesi sono arrivati a Londra con dati macroeconomici migliori di quelli altrui e con il più ambizioso (e costoso) piano di rilancio. Pechino detiene una grossa fetta del debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è portatrice orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del liberal-capitalismo occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe più a governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping. Questa Cina risulterebbe invadente anche se non lo volesse. E trova il suo interlocutore naturale nell'America, che non si sottrae di certo. Il G2 dentro il G20, o anche fuori da esso. Gli europei venuti a Londra con lo spirito dei primi della classe nei confronti della «finanza anglosassone» dovrebbero stare attenti, da oggi, alla «finanza cinoamericana». Capacissima di tradursi in intese globali, e di emarginare un Vecchio continente già prigioniero delle sue convulsioni interne. Franco Venturini stampa |

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Finale: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo (sezione: Globalizzazione)

( da "Savona news" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Finale: Pcl spiega in un volantino le ragioni per votarlo Il Partito comunista dei lavoratori presenterà alle prossime elezioni comunali Matteo Piccardi come candidato sindaco. In un volantino spiega le ragioni della sua presenza e corsa "solitaria". Proponiamo di seguito il testo integrale. "Il Capitalismo e la Globalizzazione gettano la maschera e mostrano tutta la loro violenza colpendo i risparmi, il lavoro, la salute, il diritto allo studio. Tutto drammaticamente in discussione, e mentre Banche e Grande Industria scaricano i debiti sui lavoratori, la sinistra italiana non solo non si oppone, ma dovunque governi compie scelte impopolari, subalterna ai grandi comitati d'affari . Qui da noi infatti il trasferimento della Piaggio e il progetto ex cave Ghigliazza lo testimoniano. Il nostro Comune verrà seppellito, con l'approvazione di Regione e Provincia, (dove tutto il centrosinistra governa da anni), da 300.000 metri cubi di cemento di seconde case, che devasteranno il territorio e metteranno ulteriormente in crisi l'economia turistica, spingendo tanti giovani a lasciarci in mancanza di un lavoro stabile e di una casa in affitto a prezzi ragionevoli. Noi siamo da sempre contrari al trasferimento della Piaggio e ci batteremo per un uso pubblico e industriale di tali aree, sottraendole ad ogni speculazione privata. In cambio del mattone offriamo occupazione, cultura ed un'economia stabile. Ï Noi vogliamo in quelle aree si crei un collegio studentesco che in collaborazione con le Università valorizzi il nostro splendido territorio. Ï Diciamo NO alle seconde case perché per ogni finalese che cerca casa ve ne sono addirittura già 10 sfitte Ï Vogliamo creare un polo industriale e di ricerca per sostenere lo sviluppo delle Energie Rinnovabili e rilanciare l'occupazione . "Il 6-7 giugno dai fiducia alla vera sinistra", questo il monito del Partito comunista dei lavoratori".

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Strasburgo brucia (sezione: Globalizzazione)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Strasburgo brucia 4 aprile 2009 alle 20:45 — Fonte: beppegrillo.it — 0 commenti A Strasburgo, al vertice Nato, sono in corso disordini. A Londra, al G20, ci sono stati disordini. Al prossimo G8 sono previsti disordini. Ci siamo ormai abituati. Ad ogni incontro internazionale sulla globalizzazione l'unico confronto possibile è tra forze dell'ordine e cittadini.

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Ignobel parade (sezione: Globalizzazione)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Ignobel parade 4 aprile 2009 alle 15:43 — Autore: vanigold — 0 commenti Altro che Corporate Social Responsability. Tra inquinamento, sfruttamento, truffe, morti bianche e altre nefandezze, molte multinazionali si possono fregiare del titolo di "ignobili". Dall'Aig, simbolo della crisi economica, a Roche, il cui business è l'Aids, passando per la Imperial Sugar, campione di incidenti sul lavoro, ecco la classifica stilata dalla rivista indipendente americana Multinational Monitor delle 10 maxi-imprese peggiori. In ordine alfabetico, l'"Ignobel Parade": American International Group (AIG) (USA - Finanza) Simbolo della crisi economica. Magari non molto conosciuto come marchio qui in Italia, ma, tanto per intenderci, è lo sponsor della squadra di calcio Manchester United. Avrebbe sottratto 150 miliardi di dollari di sostegni ai contribuenti utilizzando una formula assicurativa detta "credit default swaps" che in pratica assicurava il niente. In questi ultimi giorni imponenti proteste davanti alla sede newyorkese e picchetti davanti alle abitazioni dei manager Cargill (USA - Alimentari) Uno dei giganti in campo alimentare. Insieme alle altre multinazionali ha contribuito a devastare l'economia del Sud del mondo, in particolare dell'Africa. Chevron (USA - Energia) Dal 1993 la Texaco, della Chevron, e' al centro di una causa legale collettiva intentata da 30.000 ecuadoriani che denunciano la multinazionale per aver riversato milioni galloni di petrolio nella loro terra e nella loro acqua. Constellation Energy Group (USA - Energia) Operatore dell'impianto nucleare di Calvert Cliffs nel Maryland, recentemente e' finita al centro delle polemiche per uno sbalorditivo schema di speculazione sui prezzi dell'energia a danno dei consumatori. Chinese National Petroleum Corporation (CNPC) (Cina - Energia) E' accusata di aver fomentato la crisi in Darfur. Dole (USA - Alimentari) La peggiore azienda bananiera del mondo. Se Chiquita ha provato a cambiare registro, Dole rimane il simbolo dello sfruttamento del lavoro. General Electric (USA - Energia) Sarebbe accusata, dal giornalista del New York Times David Cay Johnston, di aver evaso il fisco in Brasile per qualcosa come 100 milioni di dollari, fatturando volumi sospettosamente alti di attrezzature per l'illuminazione delle regioni amazzoniche poco popolate. Campione d'inquinamento Imperial Sugar (USA - Alimentari) "Vanta" una lunga lista nera di lavoratori che hanno contratto gravi patologie o sono stati vittime di incidenti sul lavoro. Il 7 febbraio 2008 un'esplosione ha fatto saltare in aria la raffineria dell'Imperial Sugar di Port Wentworth in Georgia. 14 morti e decine di ustionati gravi e feriti. Le indagini scoprirono che la tragedia si sarebbe potuta evitare con una maggiore attenzione alla pulizia (la causa del disastro fu un accumulo di polvere di zucchero in un macchinario.) Un mese dopo gli ispettori della Occupational Safety and Health Administration (OSHA) effettuarono ispezioni in un'altra raffineria della Imperial Sugar a Gramercy in Louisiana, rilevando accumuli di polvere da 0.6 mm fino a 5 cm su cavi elettrici e macchinari e fino a 120 cm sui pavimenti delle stanze di lavoro. Philip Morris (USA - Tabacco) Bè, non è nemmeno il caso di dare spiegazioni. Roche (Svizzera - Farmaci) Il suo business è l'AIDS. Si rifiuta di abbassare i prezzi del suo farmaco, Fuzeon, almeno Paesi in via di sviluppo. Perchè :"Non siamo in questo affare per salvare vite ma per fare soldi. Salvare vite non è affare nostro".

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