CENACOLO  DEI COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA

 

 


Report "Globalizzazione"  3 aprile 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

14:20 GIORNALISMO: AL VIA DA MERCOLEDI' III FESTIVAL INTERNAZIONALE ( da "Agi" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: All'incontro 'Globalizzazione e criminalita' organizzata' parteciperanno Paolo Butturini, segretario Associazione Stampa Romana, Piero Grasso, procuratore Nazionale Antimafia, Francesco La Licata, La Stampa e Petra Reski, Die Zeit. Modera Vittorio Di Trapani, segretario Associazione Giornalisti Scuola di Perugia.

"Focaccia blues" dal 17 al cinema ( da "City" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: che si oppone alla diffusione della globalizzazione intesa come massificazione dei gusti. La pellicola, prodotta da Alessandro Contessa con la regia di Nico Cirasola, è interpretata da Dante Marmone, Luca Cirasola e Tiziana Schiavarelli, con la partecipazione straordinaria di Renzo Arbore, Lino Banfi, Michele Placido, Nichi Vendola, Onofrio Pepe.

Gesti e parole Tutti i segreti di Obama l'incantatore ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa-Cina» e la replica è: «Non amo le definizioni standard ma se lei ne ha una buona me la dica». Preso in contropiede, il cinese esita e Obama lo guarda negli occhi, dicendogli: «Il nostro futuro è legato al vostro, questo è ciò che conta». Per spiegare cosa intende ricorda Bretton Woods ovvero l'«epoca in cui gli accordi erano facili perché Roosevelt e Churchill si vedevano e parlavano

PLANETARIA; LE OPPOSTE TERAPIE ANTICRISI; LA VEXATA QUESTIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI COSTI DELLA CRISI ... ( da "Corriere delle Alpi" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: varare misure nazionali analoghe a quelle di Usa e Cina mentre c'è l'incremento di risorse per 1100 miliardi dollari del Fondo monetario internazionale, che si trasforma nella roccaforte multilaterale degli aiuti ai Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà poteri di intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come venderà oro per sei miliardi di dollari al fine di «

Economia di guerra e popolo della pace ( da "Trentino" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dietro le stragi del Sudan c'è la Cina, che ha ormai la chiave della cassaforte Usa. La morsa nella quale che il patto Usa-Cina sta stringendo il popolo tibetano, provocandone il genocidio, è una macchia che peserà indelebile sul mondo civile, sull'Europa. Non è tempo di reagire?

Ma chi metterà tutti i soldi preventivati? di Livio Caputo ( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: al di là di Usa, Ue, Giappone e Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. È stato creato così un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà,

La macellazione, un rituale religioso ( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: organizzato dall'Ausl «La globalizzazione, aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione rituale». La globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche diverse fra loro per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa. A Reggio la popolazione straniera rappresenta l'8,7% della popolazione totale.

Tutti uniti, in caso di calamità ( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Centro unificato della Protezione civile Si andava dal rosso del 118, al giallo dei giubbotti dei volontari della Protezione Civile, al blu della Croce Verde e delle Pubbliche Assistenze sparse nei diversi comuni della nostra provincia, ma nessuno è mancato ieri all'inaugurazione del Centro Unificato di Protezione Civile della Provincia che sorge in via del Chionso 32 di fianco,

G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI ( da "Tribuna di Treviso, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

Guardie ecologiche contro i vandali sulle Grave ( da "Tribuna di Treviso, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il presidente della Protezione civile lancia il grido di allarme: «Ronde al servizio dell'ecologia» Guardie ecologiche contro i vandali sulle Grave CIMADOLMO. Graziano Dall'Acqua, presidente della Pro loco e coordinatore della Protezione civile lancia la proposta delle ronde al servizio dell'ecologia e del rispetto dell'ambiente,

Corte Franca Procivil, domani il raduno provinciale ( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nel pomeriggio allo stadio sono poi attese le autorità di Protezione civile, tra cui il capo dipartimento nazionale della Protezione civile, Guido Bertolaso, il prefetto Francesco Paolo Tronca in qualità di capo dipartimento nazionale dei Vigili del fuoco e Stefano Maullu, assessore regionale alla Protezione civile.

Cobo di Leno: il mercato è il mondo ( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Italia agli Stati Uniti e dall'Australia alla Cina passando per Francia, Germania e Romania); un prodotto che resta vincente nonostante le difficoltà della crisi, 1.330 dipendenti, 215 milioni di ricavi nel 2007. Sono i numeri della Cobo di Leno, azienda che progetta, costruisce e vende in tutto il mondo componenti per i veicoli cosiddetti off road,

diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; ... ( da "Alto Adige" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

Prevale la tesi del bicchiere mezzo pieno ( da "Libertà" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: al di là di USA, UE, Giappone e Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. E' stato creato così un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà,

abbraccio inscindibile tra cina e dollaro ( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: a causa della drammatica vulnerabilità del bilancio Usa. Forse la Cina sta tentando di tenere il piede in due staffe? Vuole mostrarsi come la vittima del sistema basato sul dollaro, quando per lungo tempo ne ha beneficiato e ha contribuito a favorirlo. Il problema attuale è l'ovvia conseguenza della strategia mercantilistica deliberatamente perseguita dalla Cina.

La rivolta dei nuovi esclusi ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l'autonomia della finanza all'autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione

Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi ( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, Europa e Cina). Il G20 non è stato, né poteva essere, un incontro vicino al caminetto, come, nella sostanza, fu quello dal quale uscirono, nel luglio del 1944, gli accordi di Bretton Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in termini di pluralismo, agli accordi che si potevano stabilire con il gallo Brenno quando pose la sua spada,

L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra ( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: riconosce il ruolo internazionale della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il nuovo corso di Obama riconosce, nei fatti, il declino della leadership Usa che può essere contrastato, solo sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica di collaborazione, senza la quale il mondo si impantana nei suoi stessi dissidi.

di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo ... ( da "Nazione, La (Livorno)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E denuncia che alla «globalizzazione del mercato non ha fatto seguito la globalizzazione delle tutele». Non solo prevenzione. E non soltanto repressione anche «se non devono esserci scorciatoie». Come ha ribadito il sindaco Cosimi che chiede di «premiare quelle ditte, imprese, fabbriche, che non hanno mai avuto problemi con la sicurezza.

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare:

( da "Giorno, Il (Milano)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare:

di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di ad... ( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 2 di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di ad... di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di addetti ai lavori, pena la scomparsa di mostre ed esposizioni. La prova? Accanto alla Madonna del Cardellino' appena rientrata agli Uffizi dopo dieci anni di restauri,

Obama: Una sessione produttiva e utile ( da "Arena, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: predica il leader Usa, «ammettere di non avere sempre la risposta giusta». E con una punta di civetteria ricorda che fino a pochissimi anni fa sarebbe stato «pazzesco» immaginare «i leader di Francia, Germania, Cina, Sudafrica, Russia, con un presidente americano che si chiama Obama» decidere insieme come salvare l'economia.

( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare:

L'ULTIMA copertina di Spiegel mostra Angela sulla pror... ( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Cina Usa

Abstract: quando ancora francesi e tedeschi decisero di non accettare più a cambio fisso i dollari svalutati stampati dagli Usa per finanziare la guerra in Vietnam. Due cambiamenti epocali provocati da due guerre. E oggi? Nel gioco finanziario internazionale in futuro dovrà essere ridotto il peso degli Stati Uniti, riconoscendo il nuovo ruolo di Cina, India, Brasile.

g20, re dollaro contro tutti ( da "Mattino di Padova, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

g20, re dollaro contro tutti ( da "Nuova Venezia, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

obama: "il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina) dalnostro inviato ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ma ha lasciato la parola a chi era arrivato dalla Cina, dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei 500 giornalisti, molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito e gli hanno fatto un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una conferenza stampa. Obama è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia sembrava tutto in salita per lui,

) PROTEZIONE CIVILE Il centro unico? Lo chiediamo da anni ( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: PROTEZIONE CIVILE Il centro unico? Lo chiediamo da anni IL 2 APRILE si è tenuta l'inaugurazione del finalmente completato Centro unico provinciale di Protezione Civile. Tra numerose incensazioni di questo o di quel personaggio e discorsi pomposi ed enfatici si è celebrato un risultato sicuramente importante per la città,

la rivolta dei nuovi esclusi - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l´autonomia della finanza all´autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione

MACELLARE animali per rito è uno dei punti più discussi n... ( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Avrà luogo oggi dalle 9 alle 17 l'incontro intitolato "La globalizzazione, aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione rituale". Aprirà i lavori Mariella Martini, direttore generale dell'Azienda Usl. La globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche diverse fra loro per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa.

G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica ( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare,

L'intraprendenza di Silvio fa dimenticare l' ( da "Eco di Bergamo, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Si potrà obiettare che non si è trattato di un colloquio all'altezza del G2 tra Usa e Cina ma è pur sempre qualcosa: in fondo, nell'ambito del G20 l'Italia non è poi così strategica. E anzi Berlusconi è riuscito a rendersi visibile con la trovata di farsi fotografare con Obama e Medvedev come se fossero tre amiconi al bar, sorridenti e distesi.

E con un bigliettino di Obama a Hu Jintao si sigla l'accordo ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nella vita e nell'economia, «non ci sono garanzie». Ma Obama è convinto che la strada intrapresa sia quella necessaria. Non usa, ma alla fine noi giornalisti gli abbiamo fatto un applauso. Hu Jintao, presidente della Cina Gordon Brown (Omega/Baroncini) Paolo Valentino

Strumento vincente, ora le reti tra filiere ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ora le reti tra filiere S i parla sempre più di de-globalizzazione, perché frenano i commerci, spira un vento protezionistico, e tornano le regole nel mercato dei capitali (o almeno si spera). Alcune imprese che avevano delocalizzato in Romania e dintorni tornano indietro. C'è chi pensa anche di tornare indietro sulla scelta dell'outsourcing distrettuale,

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Regno Unito e Cina, decisamente meno l'Europa. Stimoli alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati a un organismo centrale il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, guinzaglio al collo degli hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai risultati di lungo periodo, infine tagliola per i paradisi fiscali e del segreto bancario:

UNA BUONA PARTENZA ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, provvedimenti non sempre di applicazione immediata, non sempre impermeabili a una certa dose di scetticismo, ma sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno per la fiducia». Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i meccanismi di pronto soccorso.

Disoccupazione Usa a quota 669 mila Mai così da 26 anni ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: VODAFONE E TELEFONICA IN CORSA PER HANSENET Vodafone e Telefonica sono in corsa per rilevare Hansenet (Telecom Italia). ITALIA-CINA, FONDAZIONE INTEGRATA CON CAMERA DI COMMERCIO Via libera all'integrazione della Fondazione Italia Cina con la Camera di Commercio italo cinese.

Grottammare A Equomercato (via Cantiere, 19) mostra Globalizzaz... ( da "Messaggero, Il (Marche)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione e infanzia a favore del lavoro minorile nel Terzo Mondo "unico modo per sfuggire alla prostituzione, alla delinquenza, all'accattonaggio". Lavoro in chiave educativa. Oltre a mostre, spazio all'artigianato etnico, dibattiti promossi dagli operatori dell'associazione Lunedì al sole, colombe e uova pasquali della cooperativa disabili Libero Mondo che usa materie prime

Una buona partenza ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Pechino detiene una grossa fetta del debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è portatrice orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del liberal-capitalismo occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe più a governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping.

Obama: dal summit una svolta storica ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ispirato e galvanizzato dal successo del suo ruolo di mediazione fra Cina e Francia sulla questione dei paradisi fiscali, ha definito l'esito di questo G-20 di Londra. è stato lui del resto ha sbloccare l'impasse tra Francia e Cina su uno dei punti centrali, la questione della lista dei paradisi fiscali. La Cina si era impuntata.

Dai Grandi assegno di 1.100 miliardi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: firmato per 100 miliardi di dollari e una cifra analoga ha promesso l'Unione europea, mentre la Cina è interessata ad acquistare obbligazioni emesse dal Fondo monetario (per 40 miliardi di dollari, ha detto il premier britannico Gordon Brown, ma dalle autorità di Pechino per ora non c'è conferma) e all'Arabia saudita sarebbe stata chiesta una cifra vicina ai 50 miliardi di dollari.

Digitale a costo zero per la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: di outsourcing e soprattutto la domanda di servizi mobili nei Paesi emergenti (India, Cina, America Latina e Africa) in cui lo spazio di domanda è ancora consistente, e persino anelastico al reddito. Su 4,1 miliardi di utenti di cellulari (cresciuti da un miliardo nel 2002) il 23% di loro oggi usa il telefonino per accedere a internet, e il grosso è concentrato in quelle regioni.

Ora l'Europa deve scommettere sul wireless ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dall'Europa agli Usa, dalla Cina all'India. «Il punto chiave è che esiste un nuovo mercato, e grande. Come vent'anni fa spiega Sentinelli - Allora era la voce. Ora è internet. E nel passaggio dal fisso al mobile c'è il premio di mobilità. Il cliente è disposto a pagarlo.

la battaglia sul dollaro ( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una (Usa, Gb e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue. L'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla finanza per la crescita; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.

Il 'G2' darà il tono al resto del summit ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa nell'economia mondiale»,

impresa, illy e audretsch a maniago ( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione e le nuove tecnologie hanno innescato cambiamenti irreversibili con cui abbiamo il dovere di confrontarci. Nell'economia globale, dove fabbriche e posti di lavoro possono essere spostati rapidamente verso economie emergenti, il vantaggio competitivo delle imprese e delle nazioni si fonda sulla capacità di innovare.

Un taglio ai gas serra Debutta Obama il verde ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Anche Cina e India hanno manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto finora accettato.

CINA E INDIA Non basta, bisogna tagliare il 40% ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: CINA E INDIA Non basta, bisogna tagliare il 40% Che gli Usa di Obama rientrino nel «mondo di Kyoto» (cioè quello dei gas serra da limitare) da cui gli Usa di Bush erano usciti, secondo i paesi più poveri è cosa buona ma non abbastanza. Cina e India, capofila delle cosiddette nazioni in via di sviluppo,

Trasfusione in dollari ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: mentre paesi come la Cina frenavano (proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate di poca trasparenza). Si è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario è finita» e che si metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano le regole». Non è stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi,

VERSO LE ELEZIONI MOSSE E MOSSETTE ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La nuova globalizzazione per il cambiamento in senso progressista". Con Spini anche Bill Clinton, il presidente del Partito socialista europeo Poul Nyrup Rasmussen, il presidente del Gpf e futuro presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze, Josep Borrell, e il presidente del gruppo socialista al parlamento europeo Martin Schultz.

LONDRA - Sapremo se abbiamo lavorato bene soltanto tra anni , ma sono convinto ch... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e India, che rappresentano miliardi di persone». A spingere all'intesa ha comunque contribuito l'umore dell'opinione pubblica mondiale, sempre meno propensa ad accettare misure che salvano finanzieri dalle retribuzioni plurimilionarie. E' per questo che Obama considera le concessioni fatte necessarie per chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di consenso indispensabile

G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare,

I migliori vini del mondo nella rassegna di Verona ( da "Adige, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, Canada, Russia, Lituania, Estonia, Repubblica Ceca, Cina, Giappone, Singapore, Malesia, e America Latina. Sono disposti a rinunciare all'automobile nuova, ai viaggi all'estero, al cinema e al teatro, agli accessori griffati: ma non chiedete agli amanti del buon bere di rinunciare ogni tanto ad una buona bottiglia di vino.

le parole del moderno raccolte da marramao - anna benedetti ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione reca invece in sé l´idea della compiutezza spaziale di questo processo, l´idea di un mondo divenuto globo finalmente circumnavigabile (...) La globalizzazione non è solo conseguenza ma presupposto della modernità. Sostenere ciò, sia ben chiaro, non significa affermare che non si diano o non si possano verificare dei punti di rottura.

PROTEZIONE CIVILE, TORNA "NOI PER VOI", CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI E IN DIFESA DEL TERRITORIO, DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO A GENOVA E ALLA SPEZIA IN SENSIBILE CALO NEL 2008 I ROGHI ( da "marketpress.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Agricoltura e alla Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio boschivo e del territorio.

Al G20 un compromessoche non cancella i rischi ( da "Secolo XIX, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ogni decisione in capo agli Usa e alla Cina, loro principale creditore e principale speranza di rilancio dell'economia globale. Tanto che, per quanto risulti loro comprensibilmente ostica, gli Usa, e l'Occidente, farebbero bene a prendere sul serio la proposta cinese di sostituire al dollaro come moneta di riferimento per gli scambi internazionali un paniere di monete analogo al "

"dieci anni fa a seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il G20 - commenta al telefono - ha finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del 1999.

Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi ( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di Obama, in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla fine della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un caloroso applauso dalla platea dei media internazionali.

G20! L'accordo vale un trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto Fmi - e la regina sgrida l'urlatore Berlusconi - Brunetta alle statali: no all ( da "Dagospia.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: IL TEMPO - Editoriale di Carlo Felanda: "L'asse vincente è Usa-Cina". In apertura: "Il mondo sulle spalle di Obama". A centro pagina: "Brunetta: niente spesa durante il lavoro" e a fondo pagina: "Meno merende più coccole contro l'obesità infantile". BERLUSCONI LIBERO - In apertura, sul vertice G20: "Alé, si stampano soldi".

Iran, Chávez cerca fondi e decreta la fine del mondo unipolare ( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: incontro con il collega Mahmoud Ahmadinejad tra la partecipazione al vertice dei paesi arabi e sudamericani di Doha, la visita lampo in Cina e la missione in Giappone. Proprio nelle ore in cui a Londra si decideva come raddrizzare le sorti dell?economia mondiale. “Il mondo unipolare è finito”, ha detto ChÁvez nella conferenza stampa di rito, aggiungendo che “

Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America ( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: analisi messa a disposizione delle aziende americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110 pagine del dossier si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di vista economico - gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino dopo Brasile e Cina -, e l?apertura di Buenos Aires agli investimenti stranieri.

Al vertice nasce il G2. Fra America e Cina dialogo a tutto campo ( da "Finanza.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: hanno posto ieri le premesse per trasformare i contraddittori rapporti tra Usa e Cina in una stabile alleanza strategica dando di conseguenza una investitura ufficiale al "G2" nuovo asse che potrebbe condizionare gli equilibri del pianeta. "Le due parti concordano di lavorare assieme per costruire una positiva e cooperativa relazione globale Stati Uniti-Cina per il 21esimo secolo,

Cina, ecco il reality show che mette in palio l'Nba ( da "Gazzetta Dello Sport Online, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Tutti quanti si sposteranno in Cina. CRESCITA INARRESTABILE - Una Cina che, alla faccia della crisi economica negli States (di recente la Nba ha licenziato il 9% dei dipendenti), è diventata il mercato più grande della National Basketball Association. Con un tasso di crescita annuo del 40%.

Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina: il paese dove puntare per le maggiori crescite nell'energia eolica Negli ultimi anni in particolare, due mercati hanno continuato a sovraperformare rispetto alle più ottimistiche previsioni: gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e forse in quello seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a causa della crisi economica,

Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.5 ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il settore eolico in Cina è sicuramente uno di questi. Il titolo presenta un rating di STRONG BUY e va acquistato oggi in apertura di mercato Usa. Da parte nostra utilizzeremo i recenti ricavi da dividendi per aumentare la quota di esposizione su questa società. Non è escluso che anche nelle prossime settimane continueremo ad usare questa tecnica,

UE-USA/ IL MAGGIOR MOVIMENTO DI SCAMBI COMMERCIALI DEL MONDO ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: superata come principale fonte di merci importate dalla Cina. Gli scambi commerciali della Ue con gli Stati Uniti sono dominati da prodotti finiti. Nel 2008, più di due quinti dei flussi di scambio della Ue con gli Stati Uniti sono stati i macchinari e i veicoli, mentre i prodotti chimici e altri manufatti pesano ciascuno per circa un quinto delle importazioni e delle esportazioni.

MERCATO CREDITO: DA BCE IN ARRIVO MISURE NON CONVENZIONALI ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Forte rialzo del greggio Wti in seguito all?accordo del G20 ed a dati migliori delle attese negli Usa ed in Cina. Tra i metalli industriali forte rialzo per il piombo (+5,5%). Tra gli agricoli il migliore è stato il grano (+4,8%). Copyright © MPS Capital Services. All rights reserved

Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà?. ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.

Corea, la Casa Bianca: pronti a risposta severa ( da "Avvenire" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ma secondo fonti usa il lancio potrebbe avvenire già domani). La stessa amministrazione Obama prende atto che altri partner del dialogo a Sei (composto da Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e le due Coree) sono contrari al lancio del missile-satellite, ma anche che c'è realisticamente «la generale aspettativa che le attività di lancio andranno avanti.

Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi ( da "Avvenire" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: si deve al presidente Usa la mediazione fra Francia e Cina sui paradisi fiscali». «Ero giunto al G20 di Londra per ascoltare, imparare e fornire leadership americana: penso di avere centrato l'obiettivo», ha ag- giunto il presidente americano. Quindi ha lodato il «coordinamento storico, inimmaginabile 10 o 20 anni fa» che ha unito «Paesi molto diversi come Stati Uniti,

Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo) ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.

UE: TOSCANA CAPOFILA PROGETTO EUROPEO PER ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (2). ( da "Asca" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: possano essere approfondite ulteriormente le esperienze acquisite nei tre anni di cooperazione. Un lavoro utile anche per condividere le migliori pratiche per contrastare la deindustrializzazione causata dalla globalizzazione grazie ad un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza e l'innovazione tecnologica''. afe/res/bra (Asca)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa nell'economia mondiale»,

Debutta Obama il verde ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Anche Cina e India hanno manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto finora accettato.

Cannes, Nominate le giurie Film e Press. Scotto di Carlo rappresentante per l'Italia (Film) ( da "PubblicitàItalia.it" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Tiger Fu, Lintas Cina; Xavier Beauregard, Draftfcb Francia; Matthias Schmidt, Scholz & Friends Group Germania; Abhijit Avasthi, South Asia, Ogilvy & Mather India; José Bomtempo, BAR Creativity Portogallo; John Merrifield, TBWA\Asia Pacific Singapore; Graeme Jenner, Net#work BBDO Sud Africa;

G20 anti crisi: entrare nei paradisi fiscali e riportarne i conti a terra ( da "Panorama.it" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Isole Bermude e Stato del Delaware per gli USA, Andorra e Monaco per la Francia, le Isole anglo-normanne (Jersey e Guerseney) per la Gran Bretagna, Svizzera, Lichtenstein e Lussemburgo per la Germania, al quale si aggiungono Hong Kong e Singapore per la Cina. Ma l'affiliazione è per la verità molto più trasversale sul piano geografico.

Prysmian, nuova Commessa in Russia per costruzione rete Elettrica ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: del mondo come USA e Cina, Paesi nei quali Prysmian ha avviato investimenti per l'incremento della capacità produttiva. In USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di dollari per l'ammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l'entrata in funzione di un nuovo stabilimento alta tensione,

Liguria/ Meno incendi nel 2008 grazie alla prevenzione ( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure"

LIGURIA/ MENO INCENDI NEL 2008 GRAZIE ALLA PREVENZIONE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure"

ANTONIO TROISE ROMA. IL PREMIER INGLESE PARLA APERTAMENTE DI UN SUCCESSO. IL PRESIDENTE AMERICANO... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Cina Usa

Abstract: hanno già deciso interventi tesi a proteggere le rispettive economie. Non ricordando che, dietro alla lunga stagione dello sviluppo cancellata oggi dalla recessione, c'è stata proprio l'apertura dei mercati e quella globalizzazione che ieri era invocata da tutti e che oggi, tutti, vorrebbero dimenticare.

FRANCESCO ROMANETTI IL CAPITALISMO? NON STA MESSO PER NIENTE BENE. E I LEADER RIUNITI AL G20, GRA... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E c'è chi dice che stavolta non sarà l'America, ma la Cina, a salvare il mondo dalla crisi. Lo ha scritto Fidel Castro, citando il premio Nobel Jospeh Stiglitz. Lei è d'accordo? «No, è una tesi che non mi convince, sulla quale non sono d'accordo. Innanzi tutto perché l'economia cinese dipende dal valore del dollaro.

Furti nelle case? Le ronde non ci aiuteranno ( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: dell'umile "volontario di protezione civile". Protagonisti di questo scambio il capo della Protezione Civile, Bertolaso e l'assessore alla Protezione Civile, Elena Donazzan. Si dice che la materia della protezione civile è ben altra cosa dall'ordine pubblico e dalla sicurezza: fa capo alla Presidenza del Consiglio.

Protezione civile, lavori per 600 mila euro ( da "Gazzettino, Il (Belluno)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Protezione civile, lavori per 600 mila euro Venerdì 3 Aprile 2009, Feltre (G.P.) La Protezione Civile è sempre stata un fiore all'occhiello della sezione Ana di Feltre, non fosse altro perché il contributo in ore di lavoro offerto dai volontari nel 2008, calcolato sul salario di un operaio medio, ammontava a quasi 600 mila euro.

Oltre mille miliardi anti-crisi e addio paradisi fiscali ( da "Gazzettino, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India". Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010.

Obama agli studenti: voglio un mondo senza armamenti nucleari ( da "Rai News 24" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina devono fare di più. Sono fiducioso che riusciremo ad affrontare questa sfida, ma lo dobbiamo fare oggi". Obama ha ribadito di voler chiudere il carcere di Guantanamo a Cuba, perchè "Umiliare le persone non e' una buona strategia per combattere il terrorismo" e ha detto di volere un mondo senza armamenti nucleari.

Recessione, le banche d'affari Usa bocciano il G20 ( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: destabilizzante fra le nazioni che risparmiano troppo poco come gli Stati Uniti e quelle che risparmiano troppo come la Cina". E secondo Roach, proprio "non avere affrontato gli squilibri globali che sono all'origine della crisi" e' "la carenza dell'accordo" annunciato ieri. Roach ammette la "sorpresa" dell'aumento dei fondi destinati al Fmi, anche se "non si sa come saranno usati".

Andamento incendi boschivi in Liguria: rapporto e iniziative di prevenzione ( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Agricoltura e alla Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio boschivo e del territorio.

( da "Corriere.it" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ma «non si è potuto condensarlo in una norma generale perché Paesi come Cina e l'India non avrebbero mai la possibilità di sopperire a stipendi e salari dei posti di lavoro che si potranno perdere». VERTICE IN GIAPPONE - Il presidente del Consiglio ha annunciato che «ci sarà un'altra riunione del G20 entro l'autunno.

Prysmian: nuova commessa in Russia pag.1 ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: energia presenta importanti prospettive anche in altre aree del mondo come USA e Cina, Paesi nei quali Prysmian ha avviato investimenti per l?incremento della capacità produttiva. In USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di dollari per l?ammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l?

CRISI: ECONOMISTI A CERNOBBIO, DURERA' FINO AL 2010 E FORSE ANCHE OLTRE. ( da "Asca" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Le misure anticrisi piu' efficaci sono quelle adottate dagli Usa per il 47% dei partecipanti. Seguono Ue, che si e' mossa meglio per il 32,5%, Cina (11,1%) e Giappone (1,7%). In ambito europeo, invece, volano Germania (30,7%), Gran Bretagna (29,1%) e Italia (25,2). Poco apprezzate le misure di Sarkozy (11,8%) e Zapatero (3,1%).

Riformismo e unità ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: segnatamente la Cina - sono stati al gioco: quel Paese, infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo che tornava comodo soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla e prestare i soldi incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre effetti di "dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali soprattutto sull'

Il lavoro e i diritti per la democrazia ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 13:48 Dibattito Mentre in questi anni di globalizzazione, il capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è convenuto, e ha de localizzato la produzione altrove, il sindacato in Italia, invece di sforzarsi a diventare anch'esso soggetto unico e quantomeno europeo, non ha saputo fare di meglio che dividersi su tutto.

Addio "dollar standard" ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un ?euro? con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura ? complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30% sui servizi finanziari ?

G20/ DA PARTECIPANTI WORKSHOP AMBROSETTI GIUDIZI VARIEGATI ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: il G20 ma il G2 formato da Usa e Cina ("il maggiore consumatore e il maggiore produttore del mondo"), ha replicato in senso del tutto opposto Norbert Walter, capo-economista di Deutsche Bank. "Se c'e' un modo di ripensare le regole globali - ha detto - Usa e Ue sono i primi che possono definire degli standard validi nel tempo".

Aspettando Obama a Praga ( da "Stampaweb, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, senza contare il tradizionale appuntamento di metà giugno, con il consiglio europeo conclusivo della presidenza, e gli oltre diciassette incontri a livello ministeriale pianificati in poco meno di tre mesi. Il rischio, dicono a Bruxelles e Praga, è che probabilmente alcuni vertici sensibili, come quello sul partenariato orientale o con la Russia saranno presieduti dal presidente

NORDCOREA/ USA: NEGOZIATI DISARMO DEVONO RIPRENDERE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Continuiamo ad attendere con grande interesse la ripresa" dei negoziati a sei (le due Coree, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e il Giappone) sul disarmo, ha detto Bosworth durante una conferenza stampa. "Questo resta il nostro obiettivo a lungo termine e desidereremmo tornare a questo obiettivo entro un termine il più ragionevole possibile", ha aggiunto. (fonte Afp)

Il convitato di pietra ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e Russia) per uscire dalla sempre più limacciosa palude afgano-pachistana? Il punto critico è che le strategie sul campo continueranno a restare prevalentemente militari (utilizzo di tattiche aeree e di bombardamenti con conseguenti massacri di civili) e la commistione militare continuerà a riguardare anche gran parte degli aiuti civili (


Articoli

14:20 GIORNALISMO: AL VIA DA MERCOLEDI' III FESTIVAL INTERNAZIONALE (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

GIORNALISMO: AL VIA DA MERCOLEDI' III FESTIVAL INTERNAZIONALE (AGI) - Perugia, 30 mar. - Al via mercoledi' 1 aprile la terza edizione del Festival Internazionale del Giornalismo che, fino a domenica 5 aprile, ospitera' a Perugia oltre 200 giornalisti da tutto il mondo. La manifestazione si apre con una welcome session che dara' il benvenuto ai 200 volontari che sono stati selezionati per collaborare all'organizzazione dell'evento. Studenti e appassionati di giornalismo tra i 18 e i 24 anni che arrivano da diversi paesi: Canada, Australia, India, Brasile, Russia, Svizzera, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Tunisia, Lituania. Una vera e propria community nata e organizzata attraverso i social network: twitter e facebook su tutti. Ad accoglierli Enzo Iacopino, segretario ordine Nazionale dei Giornalisti, Maurizio Oliviero, Commissario Straordinario Adisu e Silvano Rometti Assessore alla Cultura Regione Umbria. A cura di Reuters la presentazione del libro Our World Now, una raccolta delle migliori foto del 2008 scattate da oltre 600 giornalisti che collaborano con Reuters e del documentario 'Bearing Witness: five years of the Iraq war', il video che testimonia il ruolo dei giornalisti nelle zone di guerra. Seguira' - alla presenza di Maria Rita Lorenzetti, presidente Regione Umbria, Stefano Zamagni presidente Agenzia per le Onlus, Giuseppe Guzzetti presidente Fondazione Cariplo, Dino Boffo direttore Avvenire, Candido Grzybowski direttore di Ibase-brasile, Andrea Olivero portavoce Forum Nazionale del Terzo Settore ed Elio Silva Il Sole 24 Ore - la premiazione della prima edizione del 'Premio Internazionale Comunicazione per il Sociale', istituito dall'Agenzia delle Onlus e dalla Regione Umbria. Un approfondimento sulla quarantennale attivita' pubblicistica del poliedrico impegno civile di Aldo Moro, aprira' gli incontri-dibattito di questa prima giornata. L'incontro ripercorre e analizza gli scritti del politico pugliese facendo emergere esami seri, scrupolosi e lungimiranti dei fenomeni politici e sociali di quegli anni. Di cronaca nera, 'Dall'omicidio di Cogne al delitto di Perugia: la cronaca giudiziaria, le indagini scientifiche e i confini del racconto giornalistico', parleranno Sabina Castelfranco (Cbs), Caterina Malavenda (avvocato), Massimo Martinelli (Il Messaggero), Massimo Picozzi (psichiatra e criminologo), Fiorenza Sarzanini (Corriere della Sera). Modera Paolo Poggio (Gr Rai). Uno spazio importante di questa edizione e' dedicato all'informazione in prima linea contro le mafie. All'incontro 'Globalizzazione e criminalita' organizzata' parteciperanno Paolo Butturini, segretario Associazione Stampa Romana, Piero Grasso, procuratore Nazionale Antimafia, Francesco La Licata, La Stampa e Petra Reski, Die Zeit. Modera Vittorio Di Trapani, segretario Associazione Giornalisti Scuola di Perugia.

Torna all'inizio


"Focaccia blues" dal 17 al cinema (sezione: Globalizzazione)

( da "City" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

"Focaccia blues" dal 17 al cinema La favola vera della focaccia che mangiò il Big Mac è diventato un film, "Focaccia blues", che sarà al cinema dal 17 aprile. Il film racconta il luogo e i protagonisti di una vicenda realmente accaduta, traendo spunto dall'impresa di una piccola focacceria altamurana - di Luca Digesù - che riuscì a mettere in crisi, fino alla chiusura, un grande McDonald's aperto accanto. Il film descrive la vittoria del mondo piccolo e «glocale» che si oppone alla diffusione della globalizzazione intesa come massificazione dei gusti. La pellicola, prodotta da Alessandro Contessa con la regia di Nico Cirasola, è interpretata da Dante Marmone, Luca Cirasola e Tiziana Schiavarelli, con la partecipazione straordinaria di Renzo Arbore, Lino Banfi, Michele Placido, Nichi Vendola, Onofrio Pepe. AGphoto 03 aprile 2009

Torna all'inizio


Gesti e parole Tutti i segreti di Obama l'incantatore (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Gesti e parole Tutti i segreti di Obama l'incantatore Barack Obama arriva con 45 minuti di ritardo nella grande sala conferenze dell'ExCel Center affollata da centinaia di reporter provenienti da tutto il mondo. È la prima conferenza stampa internazionale nelle vesti di presidente degli Stati Uniti e la affronta come una chiacchierata fra amici. Alterna le domande dei giornalisti americani al seguito con la scelta a caso di alcuni stranieri, soffermandosi in battute che accompagnano sorsi di acqua dalla bottiglia che sta sotto il podio «perché da una settimana combatto con la tosse». Beve di fronte a tutti come fanno i giocatori di basket nelle soste di una partita ma poi parla come un vate della riconciliazione internazionale: dice che «essere leader per l'America significa saper incoraggiare il mondo a trovare le migliori risposte alle crisi», promette di «convincere gli americani che la loro prosperità è legata al resto del mondo», indica come priorità «lo sviluppo nell'educazione nei Paesi più poveri affinché venga meno l'avversione verso l'America». Quando risponde ai quesiti degli americani non esce dal solco degli appunti preparati dal team della Casa Bianca ma allorché replica agli stranieri dà vita a momenti di puro spettacolo. Un giovane reporter cinese gli chiede se «condivide la definizione di G2 per i rapporti Usa-Cina» e la replica è: «Non amo le definizioni standard ma se lei ne ha una buona me la dica». Preso in contropiede, il cinese esita e Obama lo guarda negli occhi, dicendogli: «Il nostro futuro è legato al vostro, questo è ciò che conta». Per spiegare cosa intende ricorda Bretton Woods ovvero l'«epoca in cui gli accordi erano facili perché Roosevelt e Churchill si vedevano e parlavano di fronte a un bicchiere di brandy» mentre «ora non siamo più soli, l'Europa è stata ricostruita, il Giappone è stato ricostruito e altri Paesi si affacciano sulla scena internazionale». Ai presenti non sfugge che Barack sta parlando agli anglosassoni dal cuore di Londra per fargli comprendere che la stagione delle leadership incontrastate è terminato. Ciò non toglie che quando una giornalista israeliana gli chiede numi sulle norme legali per la remunerazione dei manager la risposta è una lezione di legge mutuata dagli studi di Harvard che lascia di stucco anche i veterani della Casa Bianca. La platea dei media dell'ExCel è tutta con lui. I reporter stranieri vogliono gridano ad alta voce il nome dei rispettivi Paesi per farsi scegliere per la prossima domanda. E lui scherza: «Mica è un'asta...». Poi indica una giovane reporter indiana. Lei vuole chiedergli com'è andato l'incontro con il premier di New Delhi e lui risponde con una raffica di complimenti personali da serata di gala al college, terminando con la promessa di «favorire il dialogo fra India e Pakistan». È l'ultima frase, la platea dei media internazionali è ammaliata e lo abbraccia spontaneamente con un lungo applauso corale che coglie di sorpresa i giornalisti americani.

Torna all'inizio


PLANETARIA; LE OPPOSTE TERAPIE ANTICRISI; LA VEXATA QUESTIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI COSTI DELLA CRISI ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere delle Alpi" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PLANETARIA; LE OPPOSTE TERAPIE ANTICRISI; LA VEXATA QUESTIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI COSTI DELLA CRISI ... planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata questio della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro "solo contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari" ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia capaci di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933" quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora Presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. "Basta debiti" dicono gli europei; ma "senza nuovi debiti" degli istituti finanziari la macchina resta in panne" replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

Torna all'inizio


Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI INVIATO A LONDRA Rigide regole per la finanza internazionale, hedge funds sotto controllo e paradisi fiscali obbligati a rientrare nei ranghi e uno stimolo per l'economia affidato al Fmi: il summit del G20 si conclude con il successo delle posizioni di Francia e Germania, salutato dal presidente americano Barack Obama come «un vertice storico per la magnitudine della risposta che abbiamo dato alla crisi», sebbene proprio lui abbia dovuto fare passi indietro. Obama voleva uno stimolo globale più imponente che non c'è stato e il suo plauso ai vincitori, la tedesca Angela Merkel e il francese Nicolas Sarkozy, spiega perché il premier britannico Gordon Brown, anfitrione dei lavori, parla con soddisfazione del «mondo che si è unito contro la recessione riconoscendo che la prosperità è indivisibile». L'accordo di Londra è il risultato di un compromesso che segna un nuovo equilibrio di forze fra le grandi potenze economiche del Pianeta. Sarkozy parla di «successo oltre le previsioni» e «fine del modello anglosassone dei mercati gestiti con leggerezza» perché il testo finale vara il nuovo «Financial Stability Board» che metterà in atto una sorveglianza rigida su tutti i mercati, le istituzioni e gli strumenti finanziari esistenti, inclusi gli hedge funds finora riusciti a sfuggire a qualsiasi tipo di controllo. Merkel parla di «compromesso storico» perché il fronte anglosassone - e soprattutto Londra - ha ceduto sui paradisi fiscali ovvero i circa 40 Paesi i cui nomi saranno presto resi noti dall'Ocse e «indicati alla pubblica vergogna», al pari di quelli che vareranno politiche protezionistiche capace di ostacolare il libero commercio. Il compromesso è stato possibile perché Washington e Londra hanno ceduto sul fronte dello «stimolo fiscale globale» che Obama aveva nelle carte e del quale Brown aveva parlato di fronte al Congresso riunito in seduta congiunta. Non vi è infatti alcun impegno dei Venti a varare misure nazionali analoghe a quelle di Usa e Cina mentre c'è l'incremento di risorse per 1100 miliardi dollari del Fondo monetario internazionale, che si trasforma nella roccaforte multilaterale degli aiuti ai Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà poteri di intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come venderà oro per sei miliardi di dollari al fine di «mettere risorse a disposizione dei Paesi poveri» come sottolinea Gordon Brown. Per mascherare il patteggiamento il premier britannico sottolinea che, a conti fatti, i Venti «entro la fine del prossimo anno avranno varato stimoli fiscali per 5 mila miliardi di dollari» ma si tratta di promesse, non di impegni nazionali sottoscritti, e il disappunto americano viene evidenziato dalla decisione del ministro Timothy Geithner di cancellare il previsto briefing serale con i giornalisti al seguito. Se gli anglosassoni hanno accettato di scendere a patti è perché per loro il risultato più importante arriva sul piano politico: se è vero che la crisi finanziaria viene da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle spalle perché il summit vede nascere una coalizione internazionale contro la recessione. Non a caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di «passi storici senza precedenti». Per entrambi, come riassume il premier australiano Kevin Rudd, era importante «raggiungere l'accordo più vasto contro i cowboy dei mercati finanziari responsabili del collasso avvenuto». Grazie alla nascita di questa coalizione anti-recessione - che celebrerà il nuovo summit a fine anno - Obama e Brown potranno fare pulizie nelle rispettive piazze finanziarie con strumenti multilaterali che i rispettivi Parlamenti avrebbero difficilmente autorizzato. «Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato» dice il presidente americano nella conferenza stampa finale, ammettendo di aver fatto passi indietro «sulla scrittura nel testo finale di alcune frasi che non posso rivelare perché quello che abbiamo è un testo oramai comune, di tutti noi». In questa coalizione Russia e Cina vengono proiettate nel ruolo di protagoniste. Dmitri Medvedev, capo del Cremlino, preannuncia il «taglio dei bonus troppo elevati» e promette di «rinunciare al protezionismo» mentre il cinese Hu Jintao rimette al Fmi la disputa sul futuro del dollaro come moneta-base. Sono le avvisaglie di una redistribuzione del potere nel salotto della finanza globale che è appena iniziata.

Torna all'inizio


Economia di guerra e popolo della pace (sezione: Globalizzazione)

( da "Trentino" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Economia di guerra e popolo della pace Una delle bandiere più visibili a fianco delle bandiere delle Acli è la bandiera della pace. Da decenni. Ma è tempo di declinare nuovamente la parola "pace" cercando di "migrare dal 900". Tre esempi e tre cifre. 1) Viene bombardata Gaza con migliaia di morti. Un fatto gravissimo. Anche le Acli si mobilitarono per manifestazioni nazionali e sono impegnate nei coordinamenti territoriali. Nella Repubblica Democratica del Congo, secondo fonti Onu, dal 1994 ad oggi vi sono stati più di cinque milioni, ripeto 5 milioni, di morti. Il mondo pacifista non ha reagito allo stesso modo. è chiaro che dietro ci sia il '900, la guerra fredda, le ideologie, i sacrosanti diritti all'autodeterminazione. 2) Veniamo a sapere, nel mezzo di una crisi economica finanziaria, che il governo italiano vuole acquistare 131 caccia bombardieri. Ciò impegnerà il nostro paese fino al 2026 con una spesa di quasi 14 milardi di euro. Una cifra incredibile; una finanziaria. 3) Il precedente governo ha autorizzato un export di armamenti superiore ai 3 miliardi di euro. Un miliardo, di questi tre stanziati, va a paesi extra Nato - Unione Europea tra cui zone di forte tensione. Le guerre nei paesi poveri causano non solo numeri impressionati di morti ma soprattutto forti migrazioni e conseguenti rischi verso il canale di Sicilia e non solo. Cosa accomuna queste tre cifre? Sono tutte incredibili e vere. Non bucano lo schermo. Hanno poco a che fare con le ideologie del passato per cui sembrano non meritare la nostra attenzione come "popolo della pace". Arrigo Dalfovo Presidente Acli trentine Queste cifre sono il risvolto oscuro del nostro mondo. Sono il pozzo nero che sporca i progetti di futuro e rende false le promesse di sviluppo avanzate dagli economisti nelle loro liturgie finanziarie, come quella del G 20 a Londra. Non ha senso rilanciare l'industria automobilistica, riposizionare la produttività, incentivare i consumi se la cornice di un moderato benessere gronda di sangue altrui. Se alla porta dei nostri paesi, ogni anno, si consumano olocausti inauditi. Non è solo una questione etica. Questa pioggia di sangue che sommerge i paesi poveri (il Kenia, il Sudan, la Brimania, il Tibet) ma bagna le mani soprattutto dei paesi ricchi, dei finanzieri, dei mercanti (non solo di armi) è una delle prime ragioni della crisi, anche finanziaria, nella quale l'Occidente si trova immerso. Perché mentre da un lato la finanza creava, con i suoi mutui, finta ricchezza sul debito, le ricchezze reali che avrebbero potuto servire per lo sviluppo dei popoli (o almeno per la loro dignità) venivano dissipate in armi, in stragi. Gli "investimenti in armamenti" hanno questo di specifico: sono investimenti in odio che si ritorce poi su chi ha finanziato le armi. Chi vende e compera armi non fa mutui, non emana "bond", produce morte in contanti. I mercenari uccidono, stuprano, incendiano villaggi in nero. Dietro le stragi del Sudan c'è la Cina, che ha ormai la chiave della cassaforte Usa. La morsa nella quale che il patto Usa-Cina sta stringendo il popolo tibetano, provocandone il genocidio, è una macchia che peserà indelebile sul mondo civile, sull'Europa. Non è tempo di reagire? Di ritrovare una sensibilità e una solidarietà internazionale? Allora questa lettera delle Acli (per fortuna emerge ancora una voce cattolica su questi temi) fa capire che il nuovo "pacifismo" non può ridursi ad esporre bandiere alla finestra, ma deve entrare nel vivo delle speculazioni economiche che aprono i "pozzi neri" globali. Il mondo si trova di fronte ad un nuovo olocausto generalizzato, paragonabile a quello subito dagli ebrei. Un olocausto che lo umilia, ma al quale, sciaguratamente, risponde nello stesso modo, con il quale, nel 1944, rispose alla Shoa. Con il silenzio, con la rimozione. Popolo della pace, svegliati.

Torna all'inizio


Ma chi metterà tutti i soldi preventivati? di Livio Caputo (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 03/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano DALLA PRIMA PAGINA Ma chi metterà tutti i soldi preventivati? di Livio Caputo (...) rialzo delle Borse. Un soddisfatto Gordon Brown ha parlato di una immissione nel sistema di 5.000 miliardi di dollari entro il 2010 (ma senza specificare da parte di chi, e in realtà sommando solo provvedimenti già adottati) che, dopo un calo del Pil mondiale dell'1% quest'anno, dovrebbe farlo risalire l'anno venturo del 4. Per evitare il fallimento della conferenza, Obama ha rinunciato a convincere gli europei a varare subito ulteriori stimoli fiscali che avrebbero appesantito troppo i loro bilanci, e Francia e Germania hanno un po' annacquato la loro richiesta di imporre regole ai mercati, indigeste a Wall Street e alla City e lasciato all'Ocse il compito, assai scabroso, di redigere la lista nera dei paradisi fiscali. Un prezioso minimo comun denominatore è stato trovato nella opportunità - condivisa da tutti - di potenziare il Fondo Monetario Internazionale, diretto dal francese Strauss-Kahn, la cui dotazione è stata triplicata da 250 a 750 miliardi di dollari, con possibilità di ricavarne altri dalla vendita delle riserve auree (ma non è ancora chiaro chi, al di là di Usa, Ue, Giappone e Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. È stato creato così un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà, che potrebbero, con eventuali default, innescare una esiziale reazione a catena. Ai più poveri, saranno destinati ulteriori 50 miliardi a fondo perduto. Altri 250 miliardi verranno impiegati per sostenere il commercio mondiale, che, paradossalmente, nelle scorse settimane le stesse potenze partecipanti hanno spesso ostacolato con provvedimenti più o meno apertamente protezionistici. Infine, c'è un impegno a un approccio globale per liberare le banche dagli asset tossici e, in un tentativo di calmare le piazze, anche la promessa di regolamentare i compensi dei banchieri. Nonostante i toni abbastanza trionfalistici di Brown, non siamo certo alla formula magica per rilanciare le economie e neppure a un piano organico e universalmente condiviso per fermare la perdita di posti di lavoro che costituisce, oggi, la maggiore preoccupazione, ma è sicuramente stata ribadita la volontà di collaborazione ed evitato il disastro di una simile conferenza, convenuta proprio a Londra nel 1933 (in assenza degli americani), che contribuì a trasformare la recessione in depressione. Come ha previsto Berlusconi, per raccogliere quanto è stato seminato ci sarà comunque bisogno di un ulteriore vertice, o già alla Maddalena in estate, o più avanti nell'anno. Ora naturalmente, ci sarà chi giudicherà il bicchiere mezzo pieno e chi argomenterà che invece è mezzo vuoto. Viste le premesse, la prima tesi sembra la più convincente, ma in queste materie, e soprattutto quando si parla di riscrittura delle regole, tra il dire e il fare ci può sempre essere di mezzo il mare.

Torna all'inizio


La macellazione, un rituale religioso (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La macellazione, un rituale religioso Oggi all'hotel Astoria Mercure (dalle 9 alle 17), si svolgerà il convegno, organizzato dall'Ausl «La globalizzazione, aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione rituale». La globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche diverse fra loro per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa. A Reggio la popolazione straniera rappresenta l'8,7% della popolazione totale. Le nazionalità maggiormente rappresentate sono la marocchina, l'albanese, l'indiana, la cinese, la pakistana, la russa e altre minoritarie come numero di presenze. La macellazione rituale che si vuole affrontare nel corso del convegno rappresenta una questione controversa. In Europa si assistono a differenze anche notevoli sulla pratica della macellazione rituale. Si va da paesi che rifiutano tali metodiche ad altri, dove sono ammesse solo a condizione dello stordimento degli animali. A Reggio da anni le istituzioni riconoscono le tradizioni culturali e religiose delle altre etnie, accanto alla necessità fisiologica di alimentarsi di carni, anche quella dell'inderogabile garanzia del benessere animale.

Torna all'inizio


Tutti uniti, in caso di calamità (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Tutti uniti, in caso di calamità Nasce il Centro unificato della Protezione civile Si andava dal rosso del 118, al giallo dei giubbotti dei volontari della Protezione Civile, al blu della Croce Verde e delle Pubbliche Assistenze sparse nei diversi comuni della nostra provincia, ma nessuno è mancato ieri all'inaugurazione del Centro Unificato di Protezione Civile della Provincia che sorge in via del Chionso 32 di fianco, non a caso, alla sede provinciale della Croce Rossa Italiana. Al tradizionale taglio del nastro anche il vice capo del Dipartimento della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis, e il direttore dell'Agenzia Regionale di Protezione Civile Demetrio Egidi. Una struttura di 6mila metri, che ospita la sala operativa e la sala radio e i mezzi della colonna mobile che è la prima struttura che si mette in movimento in situazioni di emergenza e calamità. Ma non si tratta solo della soluzione di un problema logistico, pur importante, con una sede funzionale, baricentrica al territorio provinciale e dotata di tecnologie moderne: lo scopo del nuovo centro unificato, è quello di farne il punto di coordinamento degli interventi nei momenti in cui tempestività, chiarezza di compiti sono fondamentali per un'azione efficace e di riferimento per tutti i diversi comuni reggiani e i soggetti coinvolti. Un tema, quello del coordinamento, che tutte le autorità, dal prefetto vicario Adolfo Valente, al presidente della Provincia Sonia Masini, al sindaco di Reggio Graziano Delrio e gli assessori alla Protezione Civile hanno sottolineato, da angolazioni diverse. Se il primo cittadino ha privilegiato il tema della capacità organizzativa e dell'impegno dei volontari, come elemento che spiega come a Reggio sia nato il quarto Centro unificato della Regione, Sonia Masini ha invece invocato una maggior chiarezza sulle competenze per evitare le frammentazioni in caso di calamità, mentre il prefetto ha assicurato la collaborazione delle forze dell'ordine. Chi invece in modo a volte anche un poco ruvido, è entrato in conncreto nei problemi con cui si sta scontrando la Protezione Civile è stato il responsabile regionale Egidi, sottolineando come «da oggi bisogna guadagnarsi i galloni perché la sede è solo il punto di partenza». E ha continuato: «Nelle ultime due Leggi Finanziarie sono stati azzerati tutti i finanziamenti per la messa in sicurezza del territorio e quelli per i fondi regionali. Per cui una struttura come questa, costata un miliono di euro 50% da fondi statali e regionali e 50% dagli enti locali, non sarà più possibile». (r.f.)

Torna all'inizio


G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI (sezione: Globalizzazione)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la «vera» speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri «calci monetari» ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia, capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post-G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto «effetto Londra 1933», quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

Torna all'inizio


Guardie ecologiche contro i vandali sulle Grave (sezione: Globalizzazione)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cimadolmo. Il presidente della Protezione civile lancia il grido di allarme: «Ronde al servizio dell'ecologia» Guardie ecologiche contro i vandali sulle Grave CIMADOLMO. Graziano Dall'Acqua, presidente della Pro loco e coordinatore della Protezione civile lancia la proposta delle ronde al servizio dell'ecologia e del rispetto dell'ambiente, costituendo le Gev (Guardie Ecologiche Volontarie) un gruppo a cui sarà affidata la vigilanza del territorio, naturalmente dopo aver ricevuto l'approvazione dell'amministrazione comunale. «Non è possibile infatti - attacca Dall'Acqua - che ci sia ancora gente che abbandona rifiuti nel territorio. Durante la giornata tenutasi per la pulizia del Piave e delle aree prospicienti, abbiamo raccolto circa 200 quintali di rifiuti. Abbiamo rilevato che sono composti per la maggior parte di rifiuti secchi. I rifiuti, (compresi molti sacchetti di pannolini usati) li abbiamo rinvenuti ai lati dell'arteria arginale. Questo fa presupporre che i sacchetti neri per le immondizie vengano forse lanciati di notte dalle auto in corsa. Ciò fa pensare e fa presupporre che nel territorio manca la cultura del rispetto per l'ambiente. Non si può andare avanti così. Questo comportamento dà fastidio ai residenti, perché è un fatto di maleducazione e di inciviltà. Stiamo pensando di fare un'opera di sensibilizzazione alla cittadinanza, tramite il gruppo delle Gev che vogliamo costituire all'interno del nucleo comunale della Protezione civile. I «volontari dell'ambiente» dovrebbero essere addestrati e poi operare nel territorio nell'ambito della Protezione civile, con la specializzazione nel settore dell'ecologia». L'operazione «Piave pulito», promosso dall'amministrazione comunale di Cimadolmo e la Protezione civile in collaborazione con varie associazioni comunali ha visto la presenza di circa 80 volontari, sindaco compreso. (a.v.)

Torna all'inizio


Corte Franca Procivil, domani il raduno provinciale (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 03/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:la provincia Corte Franca Procivil, domani il raduno provinciale Esercitazioni e dimostrazioni per 2.000 volontari tra Sebino e Franciacorta con sede operativa allo stadio «Buffoli» Esercitazione nel campo macerie di Ospitaletto CORTE FRANCAE due. È giunto alla seconda edizione il raduno provinciale del volontariato di Protezione civile, dopo il grande successo del maggio scorso a Borgosatollo. Quest'anno duemila divise gialloblu invaderanno la Franciacorta ed il Sebino, con «cuore» operativo a Corte Franca, al centro sportivo «Lorenzo Buffoli». In campo scenderà tutto il sistema di Protezione civile bresciano, grazie all'organizzazione dell'Assessorato provinciale guidato da Corrado Scolari. Si tratta di un raduno in grande stile che, a differenza della precedente edizione, vedrà impegnati i volontari su più fronti. Già, perché il programma prevede per la mattinata prove tecniche non solo allo stadio di Corte Franca ma anche a Iseo (nelle acque del Sebino), ad Ospitaletto (al campo macerie), a Cazzago San Martino e in diversi comuni della provincia per l'operazione «Fiumi puliti» che coinvolge anche l'Associazione nazionale Alpini (in particolare operazioni di pulizia e bonifica con prevenzione dei rischi idraulico e idrogeologico a Marone, Pisogne, Sale Marasino, Sulzano, Brescia - lungo il Mella e il Garza -, Bovezzo, Concesio, Gardone, Sarezzo, Tavernole e Villa Carcina). Diversi quindi gli scenari (che vedranno coinvolti anche elicotteri e piccoli aerei, oltre a numerose unità cinofile) per mettere alle prova tutta la macchina della Procivil e per «fare esperienza ed approfondimento tecnico sul campo». Tra le particolarità di «Franciacorta 2009» il coinvolgimento di tutto il sistema bresciano di Protezione civile, con quindi non solo le componenti del volontariato ma anche quelle realtà che garantiscono l'intervento tecnico urgente. Per capirci, oltre ai quasi duemila volontari in rappresentanza di cento associazioni iscritte all'albo provinciale di Protezione civile, domani scenderanno in campo anche Vigili del fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia provinciale, 118, Croce Rossa Italiana, Corpo forestale, Soccorso alpino, Arpa, Asl ed Enti locali (a partire dai Comuni sino alla Regione). Nel pomeriggio allo stadio sono poi attese le autorità di Protezione civile, tra cui il capo dipartimento nazionale della Protezione civile, Guido Bertolaso, il prefetto Francesco Paolo Tronca in qualità di capo dipartimento nazionale dei Vigili del fuoco e Stefano Maullu, assessore regionale alla Protezione civile.m. bon.

Torna all'inizio


Cobo di Leno: il mercato è il mondo (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 03/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia Cobo di Leno: il mercato è il mondo LENOUna realtà delocalizzata ai quattro angoli del globo con 16 società tra controllate e collegate (dall'Italia agli Stati Uniti e dall'Australia alla Cina passando per Francia, Germania e Romania); un prodotto che resta vincente nonostante le difficoltà della crisi, 1.330 dipendenti, 215 milioni di ricavi nel 2007. Sono i numeri della Cobo di Leno, azienda che progetta, costruisce e vende in tutto il mondo componenti per i veicoli cosiddetti off road, quelli che non vanno su strada; trattori, gru, escavatori, macchine movimento terra ecc. L'attività della capogruppo, oltre che nella sede Cobo di Leno, viene svolta anche nelle provincie di Reggio Emilia (Cadebosco di Sopra, Rubiera, Correggio, Montecchio Emilia), di Novara (Castelletto Ticino) e di Pescara in provincia di Chieti. La delocalizzazione estera è produttiva negli Stati Uniti (Cobo International di Burlington nello Iowa) e in Romania, mentre è commerciale in Francia, Germania, Cina (Sbl di Hong Kong) e Australia. I prodotti Cobo sono esportati in una quarantina di Paesi. Ma il principale mercato del gruppo (e il fiore all'occhiello tra i suoi investimenti) resta quello a stelle e strisce. Forse anche per questa ragione il gruppo sta soffrendo in modo particolare della crisi economica mondiale che negli Usa morde forse in modo maggiore.

Torna all'inizio


diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Alto Adige" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; ... diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata questio della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro "solo contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari" ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia capaci di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933" quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora Presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. "Basta debiti" dicono gli europei; ma "senza nuovi debiti" degli istituti finanziari la macchina resta in panne" replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

Torna all'inizio


Prevale la tesi del bicchiere mezzo pieno (sezione: Globalizzazione)

( da "Libertà" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Prevale la tesi del bicchiere mezzo pieno Un prezioso minimo comun denominatore è stato trovato nella opportunità - condivisa da tutti - di potenziare il Fondo Monetario Internazionale, diretto dal francese Strauss-Kahn, la cui dotazione è stata triplicata da 250 a 750 miliardi di dollari, con possibilità di ricavarne altri dalla vendita delle riserve auree (ma non è ancora chiaro chi, al di là di USA, UE, Giappone e Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. E' stato creato così un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà, che potrebbero, con eventuali default, innescare una esiziale reazione a catena. Ai più poveri, saranno destinati ulteriori 50 miliardi a fondo perduto. Altri 250 miliardi verranno impiegati per sostenere il commercio mondiale, che, paradossalmente, nelle scorse settimane le stesse potenze partecipanti hanno spesso ostacolato con provvedimenti più o meno apertamente protezionistici. Infine, c'è un impegno a un approccio globale per liberare le banche dagli asset tossici e, in un tentativo di calmare le piazze, anche la promessa di regolamentare i compensi dei banchieri. Nonostante i toni abbastanza trionfalistici di Brown, non siamo certo alla formula magica per rilanciare le economie e neppure a un piano organico e universalmente condiviso per fermare la perdita di posti di lavoro che costituisce, oggi, la maggiore preoccupazione, ma è sicuramente stata ribadita la volontà di collaborazione ed evitato il disastro di una simile conferenza, convenuta proprio a Londra nel 1933 (in assenza degli americani), che contribuì a trasformare la recessione in depressione. Come ha previsto Berlusconi, per raccogliere quanto è stato seminato ci sarà comunque bisogno di un ulteriore vertice, o già alla Maddalena in estate, o più avanti nell'anno. Ora naturalmente, ci sarà chi giudicherà il bicchiere mezzo pieno e chi argomenterà che invece è mezzo vuoto. Viste le premesse, la prima tesi sembra la più convincente, ma in queste materie, e soprattutto quando si parla di riscrittura delle regole, tra il dire e il fare ci può sempre essere di mezzo il mare. Livio Caputo 03/04/2009

Torna all'inizio


abbraccio inscindibile tra cina e dollaro (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 21 - Pordenone Abbraccio inscindibile tra Cina e dollaro Dibattito di ARVIND SUBRAMANIAN* È tutta la settimana che la Cina fa notizia sui giornali del mondo intero, in virtù della sua proposta di rimpiazzare il dollaro con un'altra valuta come moneta di riserva internazionale. La perfetta tempistica della proposta, proprio alla vigilia del G20 londinese, ha permesso alla Cina di articolarla come una preoccupazione di sistema. Certo, possono esserci problemi con il dollaro quale valuta di riferimento del sistema finanziario mondiale. E la moneta americana può anche avere svolto un ruolo importante nell'attuale crisi. Ma i reali motivi della Cina sono ben altri e sono nazionali: teme che una brusca caduta del dollaro determini una perdita di valore delle sue riserve, che ammontano a 2 mila miliardi di dollari. Una simile minaccia è improvvisamente divenuta più concreta, a causa della drammatica vulnerabilità del bilancio Usa. Forse la Cina sta tentando di tenere il piede in due staffe? Vuole mostrarsi come la vittima del sistema basato sul dollaro, quando per lungo tempo ne ha beneficiato e ha contribuito a favorirlo. Il problema attuale è l'ovvia conseguenza della strategia mercantilistica deliberatamente perseguita dalla Cina. Per giudicare se i timori della Cina siano o meno giustificati è necessario procedere a un'analisi costi-benefici del mercantilismo realizzato dai governanti cinesi. La strategia di sviluppo della Cina è stata semplice e focalizzata: esportare ovunque e a ogni costo. Per realizzare il suo scopo ha mantenuto un tasso di cambio sottovalutato. La strategia mercantilistica si appoggia su basi empiriche. Recenti ricerche accademiche (per esempio, quella di Dani Rodrik di Harvard) confermano che un tasso di cambio sottovalutato contribuisce a evitare il sottosviluppo e a favorire la crescita a lungo termine. Insomma, la strategia di sviluppo messa in atto dai governanti cinesi è stata ragionevole e sensata. Ma i tassi di cambio sottovalutati e il conseguente rapido aumento delle esportazioni hanno anche portato a un aumento delle eccedenze delle partite correnti. Le autorità cinesi sono intervenute nel mercato dei cambi per evitare un apprezzamento della loro moneta, il che ha provocato un forte accumulo di riserve in valute estere. È importante capire che tutto ciò è la conseguenza della strategia mercantilistica di sviluppo cinese. Se avesse permesso alla moneta di rivalutarsi, la Cina avrebbe ora meno eccedenze delle partite correnti e non avrebbe tutte quelle riserve di cui "preoccuparsi". Sono proprio i costi del mercantilismo che preoccupano oggi il governo cinese: vale a dire una considerevole diminuzione di valore delle sue riserve di valuta estera, che ammontano a 2 mila miliardi di dollari. Il rischio, sempre ritenuto inevitabile, è ora divenuto imminente, per il forte deterioramento del bilancio statunitense, che ha anticipato la data del declino del dollaro. Supponiamo che il declino del dollaro e il riequilibrio dello yuan significhino un 20 per cento di perdita di capitale. Ciò significherebbe una perdita di 400 miliardi di dollari, vale a dire circa il 10 per cento del Pil cinese. Queste perdite finanziare sono, tuttavia, compensate dai vantaggi della crescita mercantilistica? Supponiamo che la Cina badi più alla crescita che al consumo (i nostri calcoli si rifanno alle preferenze rivelate del governo cinese). Supponiamo anche che la sottovalutazione abbia funzionato, generando - in un determinato periodo - una crescita che altrimenti non sarebbe avvenuta. Diamo pure per scontato che negli ultimi dieci anni il mercantilismo cinese abbia portato a un tasso annuale di crescita della produttività dell'1 per cento (compatibile con le ricerche di Rodrik e di altri). Questo consistente aumento della produttività ha generato, nel giro di dieci anni, un 10 per cento in più di Pil. Con il deprezzamento delle riserve si perde un anno di crescita del Pil. Però questo Pil più alto rappresenta un vantaggio permanente, che si ripete anno dopo anno e che si estende ben oltre il periodo dei dieci anni. Una quantificazione precisa dei benefici dipende da numerose variabili, ma l'ordine di grandezza è comunque evidente: l'incremento totale del Pil dovuto alla strategia mercantilistica è considerevolmente più elevato dei costi finanziari. La Cina dovrebbe pertanto riconoscere di aver deliberatamente scelto una strategia mercantilistica. Tale strategia ha portato tutti gli enormi benefici voluti dalle autorità cinesi, ma ha anche comportato costi inevitabili, il rovescio della medaglia dei benefici della crescita. Pertanto, se vanno accolti con favore gli appelli della Cina a una rivalutazione del dollaro, questi non dovrebbero però trasformarsi in un tentativo di evitare i costi finanziari. Sono costi da cui non si può prescindere e, per giunta, sono piccola cosa rispetto ai vantaggi in termini di crescita che ne sono derivati. Il mondo intero, in questo periodo, fa molta fatica ad accettare il salvataggio dei debitori. Ben diverso sarebbe dover salvare anche il più grande creditore: questo sembra infatti essere il reale obiettivo dei governanti cinesi, camuffato da richiesta di cambiare il sistema basato sul dollaro. Cina e Stati Uniti, attraverso il commercio e il movimento di capitali, sono ora uniti come due gemelli siamesi "persi uno dentro l'altro", per usare le parole di Salman Rushdie. La Cina ha scelto quest'abbraccio a occhi aperti, come parte del contratto. Ha goduto dei suoi benefici. Ora vuol dividersi per evitarne i costi. Ciò non è auspicabile, né tanto meno si dovrebbe permetterlo. *tratto da www.lavoce.info (il testo originale in inglese su Real Time Economics http://blogs.wsj.com/economics/2009/03/25/guest-contribution-is-china-having-it-both-ways/)

Torna all'inizio


La rivolta dei nuovi esclusi (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La rivolta dei nuovi esclusi COME una legge meccanica, prima o poi la crisi economica che stiamo vivendo doveva produrre effetti culturali, politici e sociali: ci siamo. I nodi che vengono al pettine, l'altro ieri a Londra per strada, con la morte di un uomo, l'altro giorno in Francia, domani in Italia o dovunque nelle capitali del Primo Mondo - tutte uguali e indifferenti come paesaggio della crisi - sono l'inizio del secondo atto di questa rivoluzione in corso nella vita dell'uomo occidentale. Proviamo a misurarne cause, ragioni ed effetti liberandoci subito dal ricatto che ogni volta pesa sulla discussione pubblica, dicendo per oggi e per domani che gli atti violenti sono sempre inaccettabili, da qualunque motivazione siano sorretti. Ma subito dopo domandiamoci: quanta violenza c'è in questa crisi che brucia lavoro, valore, progetti di vita incompiuti, destini? La politica, la cultura, qualcuno di noi si è preoccupato di misurarla, di darle un peso e quindi un nome e un significato di cui tenere conto? E' difficile negare l'impressione che i grandi della terra riuniti a Buckingham Palace davanti alla Regina e poi a cena a Downing Street fossero ieri leader senza rappresentanza. Da qualche parte - da qualunque parte nei nostri Paesi - ormai si muove una massa sommersa di persone che fanno separatamente i conti individuali con la crisi, non solo e non tanto in termini di perdita di valore, ma in termini di vita, di sussistenza, di identità e di ruolo sociale. Per loro è tornata centrale, nella nebbia globale della crisi, nello stordimento della finanza, la grande questione novecentesca del lavoro: lo hanno perso, lo stanno perdendo, o non riescono nemmeno a trovarlo una prima volta. E scoprono che senza lavoro, perdono d'importanza i diritti post-materialistici, come li chiamano i sociologi, quelli dell'ultima modernità, che vengono dopo la piena soddisfazione dei bisogni primari. Anzi, senza lavoro, con ciò che ne consegue, viene meno un interesse per ogni discorso pubblico, per il paese, per la vicenda collettiva. Senza il lavoro, ecco oggi il punto, queste persone si sentono ex cittadini. E quei ragazzi per strada, a Londra svolgevano paradossalmente l'unica rappresentanza oggi visibile di quel mondo che non sa a chi rivolgersi per farsi sentire. La politica è in difficoltà perché aveva superato la questione del lavoro come se fosse antica. La cultura l'aveva resa impronunciabile, eufemizzandola con parole che non vogliono dire niente, "saperi", "competenze", "professionalità". Il capitalismo aveva addirittura creduto di poter rompere il nesso che per tutto il secolo scorso lo aveva legato al lavoro, liberandosene per proseguire da solo. Il capitale senza il lavoro è così diventato uno dei motori di questa crisi, perché ha ridotto la complessità della globalizzazione ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l'autonomia della finanza all'autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione e che nello Stato-nazione era anche il tavolo di compensazione dei conflitti, il nucleo stesso del progetto occidentale di modernità, con l'incontro regolato e consapevole tra il capitalismo, il lavoro, lo stato sociale e la democrazia. E' quell'alleanza che oggi è andata in crisi, con devastazioni prima culturali e politiche, poi per forza di cose sociali. Qui è cresciuta la nuovissima separatezza delle élite, che le rinchiude in una legittima aristocrazia dei talenti, incapace però di riconoscere obblighi generali, doveri pubblici, di produrre un dibattito che parli all'insieme del paese e distribuisca valori collettivi. Attraverso questo meccanismo l'élite si trasforma in classe separata invece di diventare establishment, cioè gruppo dirigente testimone di regole che valgono per tutti e dunque parlano a tutti, esercitando pubblicamente il privilegio di avere responsabilità. Da qui nasce la frattura sociale che abbiamo davanti e che la crisi porta per strada. Senza questa alleanza occidentale tra capitale e lavoro, tra responsabilità e democrazia può succedere che l'orgia speculativa non solo distorca il mercato finanziario, ma acquisti come già prima del disastro del '29 - lo notava Galbraith - una stupefacente centralità culturale nel nostro tempo, dunque una legittimazione collettiva. Col risultato denunciato da Michael Walzer quando "il denaro oltrepassa i confini" e senza più alcuna barriera culturale prova ad acquisire beni sociali come fossero merce, privilegi, favori, esenzioni, ruoli, incarichi, corrompendo. Ecco perché la crisi economica rischia di diventare crisi di legittimità, deficit di uguaglianza, problema di democrazia. Mai il sentimento di esclusione degli sconfitti è stato così forte. Mai l'impotenza della governance mondiale è stata così evidente, aggravata dalla crescita dei bisogni reali, che con i ritmi della disoccupazione sta diventando emergenza. Va in crisi il principio stesso di cittadinanza, il rapporto con lo Stato, la relazione tra libertà e potere, mentre i nuovi perdenti della globalizzazione non hanno più nemmeno un sovrano certo e un territorio definito per muovere la loro protesta. Dopo aver vinto la sfida del Novecento l'Occidente rischia di perdere qui, di fronte all'unica domanda che conta per gli esclusi: qual è infine l'efficacia della democrazia, la sua capacità di risposta, la sua soglia di sensibilità e di attenzione? Quanta nuova povertà può sopportare in casa sua, dopo aver guardato alla televisione per decenni la povertà atavica degli altri? Quale politica sa produrre? E capace di condivisione, la democrazia, o solo di compassione, cioè di qualcosa che ha valore morale ma certo non politico? Di fronte a questo malessere democratico che stiamo vivendo nulla è fuori corso come il pensiero di una "rivoluzione conservatrice", centrata su soggetti forti e sull'assenza dello Stato e delle sue regole. Bisognerebbe che la sinistra lo capisse, si ricordasse dei suoi obblighi verso l'uguaglianza, del lungo cammino per l'inclusione, per i diritti, per coniugare le libertà politiche con la sicurezza materiale. Il secolo scorso è stato, alla resa dei conti, lunghissimo, se il progetto della modernità democratica occidentale è durato fino ad oggi, vivo. Gli strumenti della sinistra sono i più adatti a conservarlo, modificandolo sotto la spinta della crisi, ma salvandolo. Basta saperlo. Anche perché se quel progetto salta, non ci sarà più sinistra, nella post-democrazia in cui rischiamo di vivere. 03/04/2009 - 06:30

Torna all'inizio


Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

MF sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi Il comunicato finale del G20, letto dal premier inglese Gordon Brown, è andato al di là delle più rosee aspettative. Ci si attendeva una conclusione scolorita del G20 perché erano troppo ampie le differenze di valutazione sulle modalità per uscire dalla crisi, esistenti fra i tre grandi blocchi politico-economici presenti sulla scena mondiale (per semplificare: Usa, Europa e Cina). Il G20 non è stato, né poteva essere, un incontro vicino al caminetto, come, nella sostanza, fu quello dal quale uscirono, nel luglio del 1944, gli accordi di Bretton Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in termini di pluralismo, agli accordi che si potevano stabilire con il gallo Brenno quando pose la sua spada, al grido di «Guai ai vinti», a garanzia dei pesi alterati che lui pretendeva usare per misurare le mille libre d'oro che i Romani sconfitti gli dovevano per riscatto. Il G20 invece era, in partenza, un vertice maledettamente complicato. Primo, perché si è tenuto nel bel mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense che ha assunto una dimensione veramente planetaria. Secondo, perché coinvolgeva, per la prima volta, giganti economici come la Cina che sinora sono stati relegati nel sottoscala del potere economico internazionale. Terzo, perché l'Europa, pur essendo, nel suo complesso, più vicina e solidale con gli Usa di quanto non lo fosse ai tempi d Chirac e di Schröder, era comunque determinata a far valere le sue ragioni. C'era quindi da attendersi un comunicato finale in stile moroteo, basato su impegni vaghi, promesse differite, auspici per il futuro. Per fortuna, pur nel poco tempo a disposizione, i partecipanti al G20 sono riusciti a raggiungere un buon accordo, basato, come del resto ha detto anche lo stesso Brown, sulla convinzione che «la prosperità è indivisibile». Essa pertanto può essere ristabilita e mantenuta, solo con un'azione concorde fra vari partner internazionali che abbiano una pari dignità. In questa intesa hanno giocato un grande ruolo due protagonisti sostanziali. Uno è stato Barak Obama, il nuovo presidente degli Usa che ha visibilmente ispirato il taglio politico del documento finale che è stato sì letto da Brown ma che aveva, appunto, il sapore dei convincimenti politici di Obama. L'altro protagonista (al di là del gesticolare di Nicholas Sarkozy, fatto per dire che c'era anche lui) è stato il leader tedesco Angela Merkel che è riuscita prima a formulare e poi a far passare il principio che, per aprire i cordoni della borsa pubblica, si dovessero definire, contestualmente, nuove regole per evitare di ripetere, in un futuro ravvicinato, altri crack di queste proporzioni. Ovviamente, dietro la Merkel ci sono stati, ed efficacemente, Sarkozy, Berlusconi e via via gli altri leader europei, al netto della sola Inghilterra che in queste vicende, da sempre, si connota come una sorta di taglia-e-incolla degli Stati Uniti. Insomma, in questa occasione, l'Europa unita ha dimostrato di esistere e di essere in grado di svolgere un ruolo importante nella gestione dei problemi mondiali. Dopo il G20, l'Europa non è più un gigante economico e un nano politico ma è diventata un robusto adolescente politico. Sullo sfondo, ha svolto in sordina un'azione importante, di stimolo e di stabilizzazione, anche la Cina che si è vista riconoscere un ruolo più adeguato al suo peso internazionale, in un Fondo monetario internazionale (Fmi) che sarà sempre meno a stelle e strisce.Ecco perché, motivatamente, Brown ha potuto dire che «anni fa una riunione del genere non sarebbe stata possibile» e che «per la prima volta siamo riusciti, insieme, ad esprimere lo stesso approccio». Pur sulla base di un documento stringato, Brown, oltre a mettere sul tavolo le cifre notevoli (anche se non tutte disponibili immediatamente) relative all'impegno internazionale a ri-finanziare l'economia, ha anche dichiarato guerra ai paradisi fiscali, si è impegnato a meglio regolamentare gli hedge funds, ha rilanciato il ruolo e le risorse del Fmi, ha indicato la volontà di istituire collegi di supervisori indipendenti in grado di monitorare gli effetti del piano di risanamento e si è persino impegnato a rivedere le norme relative alle retribuzioni e ai bonus dei top manager, nella convinzione (ovvia da sempre per la massaia di Voghera, ma non per i mammasantissima di troppe istituzioni finanziarie) che «non si può premiare il fallimento». E soprattutto, come se stesse leggendo un proclama del generale Armando Diaz, Brown ha garantito che «le politiche di espansione verranno continuate finché serviranno».

Torna all'inizio


L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra (sezione: Globalizzazione)

( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ItaliaOggi sezione: I commenti data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Pierluigi Magnaschi L'analisi L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra Un tempo, l'Europa unita veniva spinta dal tandem franco-tedesco, alla guida del quale (fino a Chirac) c'era la Francia che sceglieva il percorso. La Germania spingeva. Anche adesso l'Europa è  guidata dal tandem franco-tedesco. Solo che ora  viene guidato dalla Germania mentre la Francia si trova collocata lontano dal manubrio. Questo ribaltamento dei ruoli, presente da tempo, è diventato evidente, agli occhi di tutti, in occasione del vertice del G20 a Londra. Lo spartito europeo, in questa occasione, lo ha infatti scritto il premier tedesco Angela Merkel al quale si è poi associato il leader francese Nicholas Sarkozy e quindi tutti gli altri paesi europei, a partire dall'Italia, con la sola eccezione dell'Inghilterra (che, da sempre, è, su queste questioni, il copia-e-incolla delle soluzioni Usa). La scontro (rispettoso) fra gli Stati Uniti e la Germania (e quindi anche con l'Europa) in ordine al mix di misure per riuscire a uscire dalla crisi finanziaria, manifestatosi nel G20, ma poi composto, non ha nulla di ideologico ma si basa sui divergenti interessi nazionali che Angela Merkel vuole tutelare senza imbarazzi. Barack Obama e Angela Merkel sono sicuramente dei leader che vogliono collaborare, questo è il punto. Con Schröder, invece, le divergenze con gli Usa erano ideologiche e quindi, spesso, anche prevenute . Obama e la Merkel certo non hanno smesso di sostenere gli interessi dei loro paesi. Oltrettutto la crisi attuale non è globale ma mondiale. È cioè una crisi che si è sì diffusa in tutto il mondo ma che sta anche colpendo i vari paesi in modo diverso e che quindi deve essere aggredita, certo con delle ricette comuni, ma anche con degli interventi specifici, nazionali o, nel caso della Ue, di area. Dal vertice di Londra del G20 è uscita una buona intesa che premia la nuova leadership di Obama, rende per la prima volta protagonista l'Europa, riconosce il ruolo internazionale della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il nuovo corso di Obama riconosce, nei fatti, il declino della leadership Usa che può essere contrastato, solo sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica di collaborazione, senza la quale il mondo si impantana nei suoi stessi dissidi. D'altra parte, senza un'Europa politica solidale e unita, il mondo si inceppa. Ecco perché il Trattato di Lisbona che le consentirebbe di operare in base alle regole della maggioranza, e che è bloccato dal voto contrario dell'Irlanda e dalla non ratifica della Cechia, non può più attendere. Questi due paesi non possono più, da una parte, bloccare la Ue e, dall'altra, reclamarne i benefici. Debbono decidersi. E prima lo fanno, meglio è. Per tutti.

Torna all'inizio


di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Livorno)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO LIVORNO pag. 3 di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo ... di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo le ultime fasi del convegno organizzato da Inail e Anmil, un buffet, poi nel pomeriggio ci sarà il momento dello spettacolo, quando arriva la notizia da Marina di Bibbona: un imprenditore 71enne, originario di Gambassi Terme, ma da anni residente a Marina di Bibbona dove gestiva l'Hotel Paradiso Verde, ora in ristrutturazione, ha perso la vita mentre si trovava sul cantiere per seguire i lavori. E' Ademaro Dani colpito alla testa da una fioriera agganciata da una gru in movimento. Sono pochi minuti dopo le 14. Gli ispettori presenti all'incontro su «Sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro... il valore di testimoniare» corrono via subito per raggiungere la località balneare e cercare di ricostruire tutta la vicenda. «Con l'Asl vogliamo capire che cos'è successo veramente», afferma il direttore provinciale Inail, Rocco Mario Del Nero. «Sembra che sia mancata un'organizzazione del lavoro». Qualcosa nell'ambito della sicurezza, insomma, non ha funzionato. Come spesso accade. Basti pensare che nel 2007 nella provincia livornese, sono stati 8.049 gli infortuni, di cui sette quelli mortali. Nel 2008 sono morte nove persone. Una media di 23 incidenti al giorno. «UNA GRANDE emergenza la definisce il presidente della Provincia Kutufà che ricorda lo stanziamento straordinario per la prevenzione. «Per riportare il fenomeno almeno nella media europea». Il presidente dell'Inail, oltre a citare i dati della nostra realtà, parla anche dell'importanza della testimonianza sociale di chi ha subìto un infortunio. E denuncia che alla «globalizzazione del mercato non ha fatto seguito la globalizzazione delle tutele». Non solo prevenzione. E non soltanto repressione anche «se non devono esserci scorciatoie». Come ha ribadito il sindaco Cosimi che chiede di «premiare quelle ditte, imprese, fabbriche, che non hanno mai avuto problemi con la sicurezza. E' STATO il comandante dei vigili del fuoco di Livorno, Andrea Carraresi, a rammentare alla platea, alcuni degli incidenti e delle emergenze che ha dovuto affrontare durante la sua carriera. Ricordi dolorosi. Come quando si trovava a Prato e lavorava nel settore tessile, o quando ha assistito a due disgrazie in cantieri diversi. «Come quando vai in una sala cinematografica sai il film che ti aspetta, così in quegli anni, purtroppo, già sapevo come si svolgevano gli incidenti. Uno dietro l'altro». NEL POMERIGGIO, spazio allo spettacolo. Con lettura di poesie, cabaret e musica a tema. Il tutto nella cornice dei Bottini dell'Olio, cornice anche della mostra di opere realizzate da infortunati. Sculture in legno e in pietra, foto, modellini di navi, quadri. E oggi si continua: alle 10 l'apertura della mostra e l'esposizione dei lavori. Alle 11, ai Quattro Mori, appuntamento con lo spettacolo «Targato H» con David Anzalone, regia e musica di Alessandro Castriota. Alle 16 balletto moderno della scuola di danza «La Bayadère». Poi incontro con gli autori di «Targato H», presentazione del libro «Handicappato e carogna». E l'incontro anche con il mondo dello sport: la squadra di rugby di Livorno, Sport Insieme Livorno. Alle 19 chiusura dei lavori.

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO pag. 6 «Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani, Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre, Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia. Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna intenzione di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade, ma piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato nel documento finale, ma non è stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace. Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/7565.jpg

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO pag. 6 «Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani, Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre, Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia. Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna intenzione di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade, ma piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato nel documento finale, ma non è stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace. Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/5029.jpg

Torna all'inizio


di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di ad... (sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO FIRENZE pag. 2 di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di ad... di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di addetti ai lavori, pena la scomparsa di mostre ed esposizioni. La prova? Accanto alla Madonna del Cardellino' appena rientrata agli Uffizi dopo dieci anni di restauri, mancano ben due capolavori di Raffaello emigrati' per la grande rassegna che si inaugura domenica prossima a Urbino. Fra i prestiti' che hanno scatenato reazioni e polemiche, basta ricordare nel corso degli ultimi anni La Venere di Urbino' degli Uffizi modellata dal pennello di Tiziano nel 1536 circa e spedita a Tokio dopo un altro messaggero di lusso, ovvero L'Annunciazione' di Leonardo dagli Uffizi, partita insieme al Ritratto di Giovane' del Perugino, anch'essa esposta agli Uffizi. Molto hanno viaggiato anche le preziose Formelle della Porta del Paradiso del Ghiberti, messaggere' negli Stati Uniti in cambio di costosi interventi di restauro a favore di tesori custoditi nel Museo dell'Opera del Duomo, per non parlare di Pallade e il Centauro' di Botticelli (dipinto pluriprestato dalla Galleria fiorentina) o del celebre ritratto di Costanza Bonarelli', busto in marmo di Lorenzo Bernini rientrato al Bargello (e ora in mostra) dopo un impegnativo tour negli Usa. Favorevoli e contrari, le voci in merito si sprecano: fra i promotori dei prestiti, l'ex soprintendente, già ministro per i Beni culturali, Antonio Paolucci, oggi direttore dei Musei Vaticani. C'è comunque chi ancora si domanda se alle opere non faccia male essere imballate e spedite, seppur con tutte le attenzioni del caso. Se non si tolga troppo a chi visita una città e paga il biglietto di un museo per vedere un dipinto che, magari, alle pareti poi non c'è. «Le opere scelte non sono mai quelle di prim'ordine e non incidono su quanto esponiamo il commento dell'ex direttore degli Uffizi, Antonio Paolucci . Inoltre, se si vogliono ottenere opere per organizzare grandi mostre, altrettante se ne devono concedere». SARÀ PER QUESTO che, nel febbraio del 2006, il Sacrificio di Isacco' del Caravaggio, capolavoro assoluto di Michelangelo Merisi conservato agli Uffizi, partì alla volta del museo Van Gogh di Amsterdam, che ospitò una rassegna incentrata sull'inedito confronto' tra due grandissimi della pittura europea: Caravaggio e Rembrandt. Non sono stati immuni a trasferte capolavori del calibro dell'Incredulità di San Tommaso', grande scultura del Verrocchio della facciata di Orsanmichele, spedita per essere esposto a Washington insieme a il San Matteo' del Ghiberti e al gruppo dei Quattro santi incoronati' di Nanni di Banco. Fra i contrari il direttore degli Uffizi Antonio Natali, che a suo tempo ha consegnato al ministero l'elenco dei capolavori «non cedibili» dagli Uffizi. Per dare un'idea, nella lista figurano le tre Maestà' di Cimabue, Duccio e Giotto, l'Annunciazione' di Simone Martini, l'Adorazione' di Gentile da Fabriano, la Madonna e Sant'Anna' di Masaccio, la Pala di Domenico Veneziano, la Battaglia di San Romano' di Paolo Uccello, Piero della Francesca (Ritratto di Federico da Montefeltro e Battista Sforza), i tre Leonardo, la Venere' e la Primavera' di Botticelli, il Leone X' di Raffaello, la Madonna del collo lungo' del Parmigianino, la Medusa' di Caravaggio, ovviamente il Tondo Doni' di Michelangelo. E la Madonna del Cardellino', appena rientrata.

Torna all'inizio


Obama: Una sessione produttiva e utile (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Venerdì 03 Aprile 2009 NAZIONALE Pagina 3 IL DEBUTTO. Il presidente al suo primo impegno internazionale Obama: «Una sessione produttiva e utile» LONDRA «Un vertice storico e produttivo», anche se «i nostri problemi non saranno risolti in un minuto e nemmeno in due». Barack Obama non ci sta a passare per lo sconfitto del G20, il leader che ha ottenuto meno degli altri: «Sono venuto a Londra per ascoltare e imparare, ma anche per fornire una leadership: penso di avere centrato l'obiettivo», dice il presidente americano alla fine del suo primo vertice internazionale. «Quello che c'è nel documento finale riflette le nostre priorità: volevamo un'azione intensa e coordinata e l'abbiamo avuta». E agli americani che lottano per il posto di lavoro, per salvare la casa e il futuro dei figli spiega che «questo documento aiuta la nostra economia a sistemare le cose» e fa l'esempio della Caterpillar per spiegare che gli altri paesi «sono i nostri mercati», e che applicate solo negli Usa anche le misure più coraggiose «sarebbero efficaci solo a metà». È lo «stile Obama» nell'affrontare i problemi e le trattative, diretto e semplice ma composto. Uno stile decisamente nuovo tra i presidenti americani: «Dobbiamo anche essere umili», predica il leader Usa, «ammettere di non avere sempre la risposta giusta». E con una punta di civetteria ricorda che fino a pochissimi anni fa sarebbe stato «pazzesco» immaginare «i leader di Francia, Germania, Cina, Sudafrica, Russia, con un presidente americano che si chiama Obama» decidere insieme come salvare l'economia. Obama ha conquistato Londra, ha stupito e convinto i colleghi europei, oltre al cinese e al russo, che hanno commentato con molto ottimismo i futuri rapporti con Washington. Obama andrà alle celebrazioni del 60° anniversario della Nato, che vede tra l'altro il rientro della Francia nel comando militare dell'Alleanza.  

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO pag. 6 «Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani, Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre, Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia. Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna intenzione di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade, ma piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato nel documento finale, ma non è stato possibile perché India e Cina frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace. Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/454.jpg

Torna all'inizio


L'ULTIMA copertina di Spiegel mostra Angela sulla pror... (sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Resto del Carlino, Il (Bologna)) (Giorno, Il (Milano))

Argomenti: Cina Usa

CRONACHE pag. 12 L'ULTIMA copertina di Spiegel mostra Angela sulla pror... L'ULTIMA copertina di Spiegel mostra Angela sulla prora del Titanic a braccia spalancate, come nella mitica immagine cinematografica di Kate Winslet. Avvinghiato alle sue spalle invece di Leonardo di Caprio c'è un atletico Obama, e in coda, Gordon Brown, Sarkozy e il nostro Berlusconi. La Cancelliera è bionda e florida come Kate, ma riusciremmo lei e i suoi compagni a evitare di far colare a picco il transatlantico? Il Titanic come il capitalismo. Non basta cambiare rotta, aumentare o ridurre la velocità per scansare l'iceberg. Questa volta bisogna proprio cambiare la nave. I dimostranti a Londra hanno invocato la morte del capitalismo. Tanto vale abolire i soldi. Sicuramente, qualcuno se lo augura, e pensa pure di essere originale. Il capitalismo piuttosto va domato, chiedono i leaders europei. Non è vero che l'unica regola sia quella di non avere regole. Vinca il più forte, il più abile, il più ricco, come piace credere agli americani con gli ideali del Far West. Anche nella mitica frontiera di John Wayne i ladri di cavalli venivano impiccati. Oggi, però, non basta mandare in prigione i banchieri felloni. I loro guai sono sempre irrimediabili, come stiamo vedendo. Alla vigilia del vertice, gli Usa hanno chiesto più interventi finanziari da parte degli europei. Noi, con in testa la Merkel e Sarkozy, abbiamo promesso di non tirarci indietro, a patto che venissero cambiate anche le regole del gioco. In apparenza hanno vinto tutti. La somma messa a disposizione del Fondo monetario è stata raddoppiata, ma il Fondo verrà cambiato radicalmente. Un evento storico, e si fa il confronto con il 1944, quando a Bretton Woods si stabilirono le nuove regole per evitare un'altra guerra e furono adottati i cambi fissi delle valute. Un patto che durò fino agli Anni Settanta, quando ancora francesi e tedeschi decisero di non accettare più a cambio fisso i dollari svalutati stampati dagli Usa per finanziare la guerra in Vietnam. Due cambiamenti epocali provocati da due guerre. E oggi? Nel gioco finanziario internazionale in futuro dovrà essere ridotto il peso degli Stati Uniti, riconoscendo il nuovo ruolo di Cina, India, Brasile. Tre colossi mondiali che non vengono nemmeno accolti nel G8. E dovrebbero essere controllati, se non aboliti, i paradisi fiscali dove le regole non valgono. Inutile cambiare le regole, se a qualcuno è concesso di barare.

Torna all'inizio


g20, re dollaro contro tutti (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino di Padova, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 10 - Regione G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la «vera» speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri «calci monetari» ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia, capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post-G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto «effetto Londra 1933», quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

Torna all'inizio


g20, re dollaro contro tutti (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Venezia, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 12 - Regione G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la «vera» speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri «calci monetari» ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia, capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post-G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto «effetto Londra 1933», quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare. Francesco Morosini

Torna all'inizio


obama: "il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina) dalnostro inviato (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Esteri Obama: "Il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" Il presidente Usa: la nostra leadership al servizio di tutti Il protagonista Il presidente ha trasformato il finale del G20 in uno spot contro l´antiamericanismo (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DALNOSTRO INVIATO mario calabresi Ha cercato di ribaltare l´immagine del suo Paese, segnata dagli anni di Bush e dalle colpe di Wall Street di aver innescato la grande crisi finanziaria. Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un vertice storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti che sono un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al mondo rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere risolte solo se lavoriamo tutti insieme». Il successo personale di Obama si poteva misurare già prima dell´inizio del suo discorso, quando centinaia di giornalisti si accalcavano fuori dalla sala stampa per riuscire ad entrare, ma la svolta c´è stata quando ha voluto che a fare le domande non fossero solo gli inviati americani e inglesi, ma ha lasciato la parola a chi era arrivato dalla Cina, dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei 500 giornalisti, molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito e gli hanno fatto un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una conferenza stampa. Obama è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia sembrava tutto in salita per lui, non solo per essere riuscito a mediare tra Francia e Cina sulla lista nera dei paradisi fiscali, ma anche per aver lanciato il messaggio più positivo. «Sono venuto Londra per ascoltare e imparare, ma anche per offrire una leadership americana: penso di avere centrato l´obiettivo», ha detto con soddisfazione parlando degli impegni presi per «un forte coordinamento nella riforma delle regole finanziarie e nell´impegno per la crescita economica». Ha messo in evidenza i punti che stavano a cuore agli Stati Uniti e che è riuscito a far approvare, ma subito ha voluto spiegare ai suoi elettori americani l´importanza della mediazione e del lavoro comune nel giorno in cui il suo Paese conosce il peggior dato sulla disoccupazione degli ultimi 26 anni: «Non possiamo agire da soli, perché se le nostre azioni sono contraddette nel mondo allora non ce la faremo ad uscire dalla crisi». E per farsi capire ha raccontato il «drastico declino delle esportazioni americane» attraverso la crisi della Caterpillar, «che un anno fa aveva risultati straordinari e che oggi per colpa della crisi mondiale è ridotta molto male». Niente tentazioni protezionistiche, si raccomanda Obama, ma un lavoro comune per far ripartire il motore dell´economia ed è a questo punto che presenta il suo manifesto di politica estera: «L´America è un leader, è la più grande economia del pianeta, la prima potenza militare e ha una grande influenza sulle idee e la cultura, ma lo fa al meglio se è capace di ascoltare, se riconosce che il mondo è complicato e che c´è bisogno di collaborare con gli altri Paesi e se mostra un atteggiamento di umiltà. Dobbiamo ammettere di non avere sempre la risposta giusta ma possiamo ascoltare e stimolare la giusta soluzione». E con questo atteggiamento di umiltà ha aggiunto: «è difficile negare che la crisi sia iniziata negli Stati Uniti, a Wall Street e in alcune banche in particolare e bisogna ammettere che molte avevano assunto rischi azzardati ed ingiustificati». Ma ai giornalisti che gli chiedevano se gli altri leader mondiali glielo avessero rinfacciato ha risposto: «I miei colleghi hanno avuto un grande tatto: ci sono stati commenti occasionali, mentre si parlava di altri temi, sul fatto che la crisi sia iniziata in America ma da parte di tutti c´è stato un atteggiamento straordinariamente costruttivo». La chiave per risolvere i problemi, secondo l´Obama al secondo giorno di visita europea è solo quella dell´approccio multilaterale: «Se una persona dieci anni fa avesse immaginato di vedere seduti insieme Germania e Francia, Cina, Russia, India e un presidente americano con il nome Obama, se avesse immaginato ex avversari e anche ex nemici uniti per mettere a posto l´economia mondiale avrebbero detto che era pazza». Ma non si poteva fare diversamente: «Tutti parlano degli accordi di Bretton Woods, quando venne riscritto l´ordine monetario internazionale, ma diciamo la verità: a quei tempi erano solo in due, Roosevelt e Churchill, a prendere le decisioni seduti in una stanza davanti a un bicchiere di brandy. Era molto più facile. Il mondo non è più così, ed è un bene per tutti: l´Europa e il Giappone si sono ricostruite, l´India e la Cina sono emerse e miliardi di persone sono uscite dalla povertà e oggi noi desideriamo costruire alleanze, non imporre soluzioni. Creare consenso e non solo affermare la nostra volontà». E dopo aver annunciato che l´aiuto alimentare degli Stati Uniti ai Paesi più poveri sarà raddoppiato ad oltre un miliardo di dollari ha aggiunto: «Il tipo di leadership che abbiamo bisogno di conoscere ora è quella che dà ai paesi emergenti nuove opportunità e nuove vite». Un´ora di discorso per dare la carica al mondo, per rivendicare di aver cambiato l´immagine dell´America: «La nostra reputazione nel mondo era scesa per colpa di scelte sbagliate dell´Amministrazione precedente, ma la mia elezione e le prime decisioni che abbiamo preso penso che ci abbiano già restituito una parte di quel prestigio». La conferenza stampa finisce in modo talmente trionfale che si sente in dovere di invitare alla cautela e di paragonare l´economia mondiale ad un paziente malato: «Il vertice G20 ha dato al paziente la medicina giusta, e adesso il paziente è stato stabilizzato, ma le ferite devono ancora guarire e dobbiamo vigilare perché non ci siano nuove crisi».

Torna all'inizio


) PROTEZIONE CIVILE Il centro unico? Lo chiediamo da anni (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

REGGIO AGENDA pag. 13 ) PROTEZIONE CIVILE Il centro unico? Lo chiediamo da anni IL 2 APRILE si è tenuta l'inaugurazione del finalmente completato Centro unico provinciale di Protezione Civile. Tra numerose incensazioni di questo o di quel personaggio e discorsi pomposi ed enfatici si è celebrato un risultato sicuramente importante per la città, che si trova ora a disporre di un centro multifuzionale finalmente completo e organizzato. Resta comunque un po' di amaro in bocca quando si assiste ad una attribuzione di meriti che, anche se comprensibilmente autocelebrativa in vista delle prossime elezioni, dimentica coloro che, in prima persona e a titolo puramente volontario, si sono impegnati, spendendo tempo e risorse, per la realizzazione di questo centro e per il raggiungimento di un obiettivo che tale non è mai stato, Senza alcuna vis polemica, o meglio con appena una punta di polemica dovuta alla scarsa attenzione verso qualcuno, vorrei ricordare che le parole dell'assessore Gobbi "Oggi inauguriamo la cittadella della Protezione Civile" sono le stesse che utilizzai io diciannove anni fa quando, sottotenente della Cri, cercavo di coordinare le associazioni di volontariato per farle convergere verso questo sfidante obiettivo. Del resto anche la sede identificata per questa cittadella non è per me una novità, in quanto già oltre due anni fa avevo individuato, anzi già presente l' Associazione Alpini, quell'area del cantiere Ex-TAV che la Provincia ora si vanta di aver recuperato con grande lungimiranza. Miles Barbieri, consigliere circosrcrizione II

Torna all'inizio


la rivolta dei nuovi esclusi - (segue dalla prima pagina) (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 37 - Commenti LA RIVOLTA DEI NUOVI ESCLUSI (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ma subito dopo domandiamoci: quanta violenza c´è in questa crisi che brucia lavoro, valore, progetti di vita incompiuti, destini? La politica, la cultura, qualcuno di noi si è preoccupato di misurarla, di darle un peso e quindi un nome e un significato di cui tenere conto? E´ difficile negare l´impressione che i grandi della terra riuniti a Buckingham Palace davanti alla Regina e poi a cena a Downing Street fossero ieri leader senza rappresentanza. Da qualche parte � da qualunque parte nei nostri Paesi � ormai si muove una massa sommersa di persone che fanno separatamente i conti individuali con la crisi, non solo e non tanto in termini di perdita di valore, ma in termini di vita, di sussistenza, di identità e di ruolo sociale. Per loro è tornata centrale, nella nebbia globale della crisi, nello stordimento della finanza, la grande questione novecentesca del lavoro: lo hanno perso, lo stanno perdendo, o non riescono nemmeno a trovarlo una prima volta. E scoprono che senza lavoro, perdono d´importanza i diritti post-materialistici, come li chiamano i sociologi, quelli dell´ultima modernità, che vengono dopo la piena soddisfazione dei bisogni primari. Anzi, senza lavoro, con ciò che ne consegue, viene meno un interesse per ogni discorso pubblico, per il paese, per la vicenda collettiva. Senza il lavoro, ecco oggi il punto, queste persone si sentono ex cittadini. E quei ragazzi per strada, a Londra svolgevano paradossalmente l´unica rappresentanza oggi visibile di quel mondo che non sa a chi rivolgersi per farsi sentire. La politica è in difficoltà perché aveva superato la questione del lavoro come se fosse antica. La cultura l´aveva resa impronunciabile, eufemizzandola con parole che non vogliono dire niente, "saperi", "competenze", "professionalità". Il capitalismo aveva addirittura creduto di poter rompere il nesso che per tutto il secolo scorso lo aveva legato al lavoro, liberandosene per proseguire da solo. Il capitale senza il lavoro è così diventato uno dei motori di questa crisi, perché ha ridotto la complessità della globalizzazione ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l´autonomia della finanza all´autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione e che nello Stato-nazione era anche il tavolo di compensazione dei conflitti, il nucleo stesso del progetto occidentale di modernità, con l´incontro regolato e consapevole tra il capitalismo, il lavoro, lo stato sociale e la democrazia. è quell´alleanza che oggi è andata in crisi, con devastazioni prima culturali e politiche, poi per forza di cose sociali. Qui è cresciuta la nuovissima separatezza delle élite, che le rinchiude in una legittima aristocrazia dei talenti, incapace però di riconoscere obblighi generali, doveri pubblici, di produrre un dibattito che parli all´insieme del paese e distribuisca valori collettivi. Attraverso questo meccanismo l´élite si trasforma in classe separata invece di diventare establishment, cioè gruppo dirigente testimone di regole che valgono per tutti e dunque parlano a tutti, esercitando pubblicamente il privilegio di avere responsabilità. Da qui nasce la frattura sociale che abbiamo davanti e che la crisi porta per strada. Senza questa alleanza occidentale tra capitale e lavoro, tra responsabilità e democrazia può succedere che l´orgia speculativa non solo distorca il mercato finanziario, ma acquisti come già prima del disastro del ´29 � lo notava Galbraith � una stupefacente centralità culturale nel nostro tempo, dunque una legittimazione collettiva. Col risultato denunciato da Michael Walzer quando «il denaro oltrepassa i confini» e senza più alcuna barriera culturale prova ad acquisire beni sociali come fossero merce, privilegi, favori, esenzioni, ruoli, incarichi, corrompendo. Ecco perché la crisi economica rischia di diventare crisi di legittimità, deficit di uguaglianza, problema di democrazia. Mai il sentimento di esclusione degli sconfitti è stato così forte. Mai l´impotenza della governance mondiale è stata così evidente, aggravata dalla crescita dei bisogni reali, che con i ritmi della disoccupazione sta diventando emergenza. Va in crisi il principio stesso di cittadinanza, il rapporto con lo Stato, la relazione tra libertà e potere, mentre i nuovi perdenti della globalizzazione non hanno più nemmeno un sovrano certo e un territorio definito per muovere la loro protesta. Dopo aver vinto la sfida del Novecento l´Occidente rischia di perdere qui, di fronte all´unica domanda che conta per gli esclusi: qual è infine l´efficacia della democrazia, la sua capacità di risposta, la sua soglia di sensibilità e di attenzione? Quanta nuova povertà può sopportare in casa sua, dopo aver guardato alla televisione per decenni la povertà atavica degli altri? Quale politica sa produrre? E capace di condivisione, la democrazia, o solo di compassione, cioè di qualcosa che ha valore morale ma certo non politico? Di fronte a questo malessere democratico che stiamo vivendo nulla è fuori corso come il pensiero di una "rivoluzione conservatrice", centrata su soggetti forti e sull´assenza dello Stato e delle sue regole. Bisognerebbe che la sinistra lo capisse, si ricordasse dei suoi obblighi verso l´uguaglianza, del lungo cammino per l´inclusione, per i diritti, per coniugare le libertà politiche con la sicurezza materiale. Il secolo scorso è stato, alla resa dei conti, lunghissimo, se il progetto della modernità democratica occidentale è durato fino ad oggi, vivo. Gli strumenti della sinistra sono i più adatti a conservarlo, modificandolo sotto la spinta della crisi, ma salvandolo. Basta saperlo. Anche perché se quel progetto salta, non ci sarà più sinistra, nella post-democrazia in cui rischiamo di vivere.

Torna all'inizio


MACELLARE animali per rito è uno dei punti più discussi n... (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

REGGIO pag. 8 MACELLARE animali per rito è uno dei punti più discussi n... MACELLARE animali per rito è uno dei punti più discussi nella difficile intermediazione culturale tra Occidente e Medio-Oriente. Proprio questo sarà l'argomento del convegno organizzato dall'azienda Usl di Reggio. Avrà luogo oggi dalle 9 alle 17 l'incontro intitolato "La globalizzazione, aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione rituale". Aprirà i lavori Mariella Martini, direttore generale dell'Azienda Usl. La globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche diverse fra loro per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa. A Reggio la popolazione straniera rappresenta l'8,7% della popolazione totale. Le nazionalità maggiormente rappresentate sono la marocchina, l'albanese, l'indiana, la cinese, la pakistana, la russa e altre minoritarie come numero di presenze. La macellazione rituale che si vuole affrontare nel corso del convegno rappresenta una questione controversa. In Europa si assistono a differenze anche notevoli sulla pratica della macellazione rituale. Si va da paesi che rifiutano tali metodiche ad altri, dove sono ammesse solo a condizione dello stordimento degli animali. A Reggio da anni le istituzioni riconoscono le tradizioni culturali e religiose delle altre etnie presenti nel territorio mediandole, nel rispetto della sensibilità maturata dai cittadini, che vedono, accanto alla necessità fisiologica di alimentarsi di carni, anche quella dell'inderogabile garanzia del benessere animale. Tanti gli interventi, tra cui quello di Antonio Cuccurese, direttore dipartimento sanità pubblica Usl, Chery McCrindle, facoltà di medicina veterinaria dell'Università di Pretoria (Sud Africa) e Mara Miele, senior fellow alla Cardiff University in Gran Bretagna.

Torna all'inizio


G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO 03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah. Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

Torna all'inizio


L'intraprendenza di Silvio fa dimenticare l' (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'intraprendenza di Silvio fa dimenticare l'«abbronzato» --> Venerdì 03 Aprile 2009 GENERALI, pagina 3 e-mail print Giulio Tremonti Lo scopo valeva bene una piccola gaffe con la Regina, infastidita dal dover subire durante la cerimonia della foto di gruppo a Buckingam Palace, il tono di voce un po' troppo alto di Silvio Berlusconi che chiamava «Mister Obamaaaa». In effetti, il nostro premier, a differenza di altri suoi colleghi, non aveva avuto ancora l'opportunità di un incontro a quattr'occhi con il nuovo presidente Usa nel corso del G20. Dunque, cercarlo e parlarci per il Cavaliere era diventato un obbligo. Che infatti, intraprendente come sempre, alzando la voce è riuscito nel suo intento e ha potuto così raccontare ai giornalisti italiani di aver detto: «Caro Obama, la crisi è responsabilità degli americani, devi tirarti su le maniche della camicia e tirarci fuori», al che il successore dell'indimenticabile George W. ha replicato che «occorre la collaborazione di tutti». Si potrà obiettare che non si è trattato di un colloquio all'altezza del G2 tra Usa e Cina ma è pur sempre qualcosa: in fondo, nell'ambito del G20 l'Italia non è poi così strategica. E anzi Berlusconi è riuscito a rendersi visibile con la trovata di farsi fotografare con Obama e Medvedev come se fossero tre amiconi al bar, sorridenti e distesi. Peccato che non c'era Putin, e tantomeno Bush, perché tra quei due Berlusconi un qualche ruolo di messaggero l'ha davvero svolto in passato. Però quella foto a tre ha fatto il giro di tutti i siti di informazione italiani e tanto è bastato a far dimenticare l'offesa dell'«abbronzato». In realtà, il governo italiano confida soprattutto nell'esito del G8 della Maddalena per vedere dimostrata una certa nostra capacità di player. Del resto, tutti sanno che la possibilità per l'Italia di avere un ruolo sta proprio nella sua partecipazione ad una serie di organismi internazionali ristretti e certamente il vertice della Sardegna, che noi presiederemo, consentirà all'Italia una funzione di mediazione. Anche perché quella parte di nuova regolamentazione della finanza internazionale che non ha trovato spazio a Londra dovrà essere definita proprio al vertice presieduto dagli italiani. E gli sherpa di Giulio Tremonti, a cominciare dall'ambasciatore Massolo segretario generale della Farnesina, sono già al lavoro. È la parte meno vistosa ma importante dei risultati di Londra, quella che chiedevano con insistenza francesi e tedeschi e che è stata soddisfatta per il momento solo in parte, (attraverso la caccia ai paradisi fiscali e ai bonus dei manager, e all'indicazione di alcune misure di trasparenza esposte dal governatore Draghi nelle sue vesti di presidente del Fondo per la Stabilità Finanziaria) ma buona parte del lavoro va ancora fatta. C'è da aggiungere che nel documento finale del G20 di Londra l'Italia è stata in grado di far inserire quel Social Pact che deriva direttamente dal vertice dei ministri del lavoro che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma e che aveva per titolo «People First». Una volta tanto ricordare che la crisi tocca le persone prima che i bilanci o le banche, è un elemento ragguardevole che il governo italiano ha fatto bene a chiedere che venisse inserito. Quanto ai ricaschi interni della riunione londinese, che tutti elogiano e che è stata premiata ampiamente dai mercati, a pesare è l'affermazione di Berlusconi che Roma non ha intenzione di sforare ulteriormente il rapporto deficit/Pil e che i parametri di Maastrich verranno rispettati pur nella flessibilità che la Commissione ha consentito per far fronte alla crisi con maggiori mezzi anche derivanti dall'indebitamento. E questo consentirà, ha detto Tremonti, di varare nuove norme di Welfare a tutela di chi perde il lavoro e che deve essere tenuto il più possibile vicino alle imprese perché possa riprendere il proprio posto quando lo tsunami sarà passato. People first, appunto. Andrea Ferrari 03/04/2009 nascosto-->

Torna all'inizio


E con un bigliettino di Obama a Hu Jintao si sigla l'accordo (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 3 Diplomazie Il presidente Usa e il colloquio con Sarkozy E con un bigliettino di Obama a Hu Jintao si sigla l'accordo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI LONDRA Alla fine, la storia del mondo stava per bloccarsi sui paradisi fiscali. In apparenza, una banale questione terminologica, ma sufficiente a intestardire Nicolas Sarkozy e Hu Jintao nel loro no, simmetricamente opposto nelle motivazioni, al comunicato finale. Il vertice del G20 era in stallo, nonostante l'egregio lavoro di Gordon Brown. A quel punto si è consumato il battesimo del fuoco di Barack Obama, la conferma internazionale di un leader che conosce ed esercita l'arte nobile del compromesso. Il presidente americano ha preso da parte il francese, per un breve ma intenso colloquio a tu per tu. Poi è tornato al suo posto, ha scritto qualcosa su un foglio e lo ha mandato al collega cinese. Un attimo dopo, anche quello si è alzato per appartarsi con Obama, insieme a un interprete. Scambio rapidissimo e nuovo movimento obamiano verso Sarkozy. Triangolazione riuscita. Il laureato della Harvard Law School aveva trovato la formula dell'intesa, quella poi apparsa nel testo conclusivo: «Siamo d'accordo ad agire contro le giurisdizioni non-cooperative, inclusi i paradisi fiscali. Siamo pronti ad applicare sanzioni per proteggere le nostre finanze pubbliche e i sistemi finanziari». Perfino il vanitoso presidente francese ha dato pubblicamente atto a Obama di essere stato decisivo. «In un mondo così complesso ha spiegato poi il capo della Casa Bianca in conferenza stampa la leadership americana va esercitata forgiando partnership, invece che dettando soluzioni. Dobbiamo ascoltare, mostrare una certa umiltà, capire che non sempre noi abbiamo la risposta migliore». Qualche rimpianto, forse. Ma solo per lo sfizio di concedersi una battuta irriverente ma efficace: «Tutti parlano di Bretton Woods ha detto Obama tra il serio e la celia , quando venne riscritto il nuovo ordine monetario internazionale. Ma diciamoci la verità: a quei tempi quando erano solo in due, Roosevelt e Churchill, chiusi in una stanza con un bicchiere di brandy, era molto più facile. Il mondo non è più così ed è un bene per tutti: l'Europa e il Giappone si sono rialzati diventando vere potenze, la Cina e l'India sono realtà emergenti, miliardi di persone sono uscite dalla povertà». Qual è stato il segreto della forza di persuasione di Obama? Probabilmente il suo candore. Come ha raccontato nell'ora trascorsa davanti ai media, in pochi durante i vari giri di tavola nella sala dell'ExCel Center, si sono lasciati sfuggire l'occasione per «ricordare che la crisi non fosse iniziata da loro». Lui li ha assecondati, riconoscendo come «sia difficile negare che parte del contagio sia originata da Wall Street», complice l'assunzione di rischi «selvaggi e ingiustificati » da parte di alcuni gruppi e il sonno colpevole «di taluni che nel governo dovevano sorvegliare». Ma Obama ha anche ricordato, che neppure le loro banche fossero immuni al virus. «Abbiamo imparato le lezioni della Storia», ha detto il presidente: l'ampiezza devastante della crisi economica, che rischia di trascinare il mondo intero in un baratro senza speranza, richiede «azioni collettive ». E se l'accordo «non potrà mai essere facile e i risultati immediati», la comunità internazionale può ora contare su un leader americano, convinto che «l'era della responsabilità » promessa agli Stati Uniti, «non si ferma ai loro confini», ma coinvolge tutti. Funzionerà? Nella vita e nell'economia, «non ci sono garanzie». Ma Obama è convinto che la strada intrapresa sia quella necessaria. Non usa, ma alla fine noi giornalisti gli abbiamo fatto un applauso. Hu Jintao, presidente della Cina Gordon Brown (Omega/Baroncini) Paolo Valentino

Torna all'inizio


Strumento vincente, ora le reti tra filiere (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nord-Est sezione: EST data: 2009-04-01 - pag: 23 autore: Strumento vincente, ora le reti tra filiere S i parla sempre più di de-globalizzazione, perché frenano i commerci, spira un vento protezionistico, e tornano le regole nel mercato dei capitali (o almeno si spera). Alcune imprese che avevano delocalizzato in Romania e dintorni tornano indietro. C'è chi pensa anche di tornare indietro sulla scelta dell'outsourcing distrettuale, e che, per questo, guarda con maggiore interesse di prima alla catena locale di fornitori, oggi in grande difficoltà. E magari, giorno dopo giorno, seleziona, compra, fonde, indirizza. Puntualmente, questo accenno di mutamento scatena il dibattito sul futuro dei distretti. Tra due fondamentalismi opposti, ossia tra chi dice che la crisi li ha confermati nella loro "formula" di origine, contro le fanfaluche dell'immateriale e del globale; e chi invece li dichiara morti o superati perché la chiusura locale e la monocultura settoriale oggi hanno sempre meno ossigeno, e non rendono più come un tempo. In mezzo, emergono fenomeni nuovi: imprese che acquistano alcuni fornitori, re-internalizzando operazioni che avevano in precedenza esternalizzato: imprese che razionalizzano e magari ri-localizzano la filiera nel sistema locale dopo averla in precedenza de-localizzata all'esterno; imprese che approfittano della caduta dei prezzi per diversificare, acquistando altre imprese o assets non immediatamente contigui al core predecente. Di che ci si meraviglia? Se il mondo cambia, i distretti non possono rimanere uguali a sé stessi. L'evoluzione porta il modello distrettuale a non essere più monocorde. Ed è un bene. Diventando un melting pot in cui bollono tante idee diverse, il distretto non solo cambia, ma impara, esplorando il nuovo e il possibile. Ma ciò non sovvertirà i caratteri distintivi del nostro capitalismo personale. Non sono, infatti, in preparazione modelli di impresa radicalmente diversi da quello dell'impresa diffusa, coagulata in filiere sempre più grandi e complesse. La loro strategia è quella di essere sempre di più imprese capofiliera che valorizzano nel mercato globale capacità e lavorazioni attivate nella rete retrostante. Non hanno nessuna voglia di tornare ad essere imprese locali, immerse in un solo territorio, né di diventare imprese footless, senza radici, che fluttuano in spazi rarefatti, senza nome. Spesso sono anche loro in difficoltà, perché si sono esposte con investimenti e innovazioni importanti: ma, salvo imprevisti, la maggior parte resisterà e fornirà l'ossatura del distretto post-crisi. La globalizzazione andrà avanti: è troppo conveniente per tutti i suoi protagonisti – noi compresi – perché possa essere fermata a lungo, da misure realmente restrittive. Le nostre migliori imprese lo sanno e stanno aggiornando i loro modelli di business. Che non negano il passato, ma ritessono la rete, gettando nuovi ponti tra il locale, che hanno alle spalle, e il globale, che sta loro di fronte. Enzo Rullani PROFESSORE Docente di Economia della Conoscenza TeDIS, Venice International University

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 «Un nuovo ordine mondiale per uscire insieme dalla crisi» I Grandi: un trilione di dollari e aiuteremo la ripresa Addio ai paradisi fiscali Gli interventi attraverso il Fondo monetario Brown: dal vertice l'inizio della fine della crisi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA «Abbiamo serrato le file per combattere la recessione globale». Il padrone di casa, Gordon Brown, è soddisfatto quando annuncia che il G20 ha siglato l'accordo e darà ossigeno aggiuntivo all'economia. Hanno vinto tutti: decisamente di più Stati Uniti, Regno Unito e Cina, decisamente meno l'Europa. Stimoli alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati a un organismo centrale il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, guinzaglio al collo degli hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai risultati di lungo periodo, infine tagliola per i paradisi fiscali e del segreto bancario: ecco il corposo pacchetto di emergenza. Dal summit esce «un nuovo ordine» con un diverso baricentro delle decisioni politiche: è un multilateralismo nel quale i Paesi in via di sviluppo affiancano i ricchi ed entrano a pieno titolo nei meccanismi di governo della crisi. La «sala di comando » si sposterà dalla sua sede tradizionale, il G8, a questa sede, il G20 che rappresenta l'84% della ricchezza planetaria e il 64% della popolazione. I tre maggiori protagonisti della svolta Stati Uniti, Regno Unito, Cina hanno vinto la partita e il messaggio che lanciano, per bocca di Gordon Brown è chiaro: «La prosperità è un bene indivisibile di conseguenza l'azione per sostenere il lavoro, le imprese, le famiglie, la crescita in generale, non può che essere comune». Si era profilato nelle ultime ore il rischio del fallimento, poi gli umori sono cambiati. E il punto di equilibrio è un documento che non contiene una ricetta risolutiva ma che viene definito dal premier britannico «l'inizio della fine della crisi» e che sarà sottoposto a verifica in una sessione del G20, convocata entro l'anno. I pilastri fondamentali sui quali si costruisce il percorso di uscita dalla recessione sono due. Il primo è ciò che Washington e Londra hanno sempre chiesto: una robusta iniezione di «risorse». Fino ad oggi globalmente sono stati investiti 5 mila miliardi di dollari, suddivisi fra interventi a sostegno degli istituti di credito in agonia, interventi di «quantitative easing » ovvero di creazione di moneta da parte delle banche centrali, di ammortizzatori sociali (in Europa), di sostegno all'industria. Adesso nel circuito dell'economia mondiale saranno resi disponibili circa un trilione di dollari (tecnicamente sono 850 miliardi). E il veicolo principale che li trasporterà per il «pronto soccorso» agli Stati sull'orlo del collasso sarà il Fondo Monetario Internazionale la cui dotazione sarà triplicata. Ai 250 di cui già dispone e che dunque vanno sottratti dal conto se ne aggiungono 500. Cento messi a disposizione dall'Europa, 100 dal Giappone, 40 dalla Cina, il resto dagli altri Paesi. Di conseguenza, saranno ridisegnati gli equilibri del Fmi con ruolo crescente di Pechino. Altri 100 miliardi di dollari saranno incanalati attraverso le Banche di Sviluppo. Infine una borsa carica di 250 miliardi sarà destinata nei prossimi due anni a riattivare i commerci internazionali. Il protezionismo è bandito. Il totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a disposizione del Fondo Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle richieste soprattutto di Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo delle regole e della supervisione. Al Financial Stability Board che si allargherà ai Paesi del G20, alla Spagna e al rappresentante della Commissione Europea spetterà il compito di disegnare i principi, di vigilare su tutte le istituzioni, gli strumenti e i mercati finanziari e avviare l'azione sulle «giurisdizioni che non collaborano, inclusi i paradisi fiscali ». Il G20 ha annunciato che la lista nera di questi paradisi sarà pubblicata dall'Ocse: dalla Svizzera al Lussemburgo, dal Liechtenstein all'Uruguay, dal Costa Rica alle Filippine, dall'Austria alla Malaysia chi non si adegua si trova sul banco degli imputati. «Il tempo del segreto bancario è compiuto», è scritto solennemente nel documento finale del G20. È un segnale politico forte che provocherà panico fra chi ha giocato a nascondino con capitali e profitti. Ma il «nuovo ordine» mondiale di cui parlano i vincitori Obama e Gordon Brown non può che passare da questa «rivoluzione ». È il presupposto di una stabile credibilità. Protagonisti Il presidente Usa, Barack Obama, e il premier britannico Gordon Brown (Reuters/Wojazer) Fabio Cavalera

Torna all'inizio


UNA BUONA PARTENZA (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/04/2009 - pag: 1 UNA BUONA PARTENZA di FRANCO VENTURINI A l G20 non ha vinto nessuno, e così hanno potuto vincere tutti. Il debuttante Barack Obama, sostenuto dai britannici e dai giapponesi, voleva che per combattere la crisi fosse varato un poderoso stimolo fiscale. L'ha avuto, ma sotto mentite spoglie per non urtare la contrarietà degli europei: mille miliardi di dollari andranno al Fondo monetario e alla Banca mondiale per spingere la ripresa e soccorrere i Paesi con l'acqua alla gola. Nicolas Sarkozy e Angela Merkel volevano regole severe per raddrizzare la schiena al sistema finanziario e, sotto sotto, anche per indicare i colpevoli della recessione. Le hanno avute, ma affidando all'Ocse la controversa lista nera dei paradisi fiscali e muovendosi con inedita cautela per non irritare gli Usa gelosi della loro sovranità, i britannici protettori della City, i cinesi preoccupati per Hong Kong e Macao. Se si pensa alle polemiche e alle minacce di rottura della vigilia, il G20 londinese di ieri non evita soltanto un disastroso parallelo con quello fallito nel 1933. Evita, anche, il compromesso al ribasso che sembrava essere nelle carte, e che per salvare politicamente i partecipanti avrebbe lanciato ai mercati un disastroso segnale di impotenza. Dalla capitale britannica, invece, parte un primo segnale di volontà politica collettiva nella gestione della crisi dopo tanti, tantissimi esempi di gestione nazionale. Parte un certificato di idoneità della formula del G20, che d'un colpo ha reso obsoleti il G7 e il G8 (lo tenga presente l'Italia, che organizza quello di quest'anno) con la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, provvedimenti non sempre di applicazione immediata, non sempre impermeabili a una certa dose di scetticismo, ma sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno per la fiducia». Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i meccanismi di pronto soccorso. Una parte di questa somma è destinata a sostenere il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20 partecipanti proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in un altro). Vengono regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la contabilità bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito, passate al setaccio le agenzie di rating, riportati nella ragionevolezza compensi e bonus di chi opera nella finanza, e, soprattutto, viene definito un approccio globale per «ripulire» le banche dai titoli infetti che hanno in buona parte originato la crisi. Quest'ultima potrebbe essere la conquista principale del vertice, se si considera che il forte rallentamento del credito deriva principalmente proprio dall'insicurezza delle banche sul destino della loro parte di tossicità. Ma l'impegno è ancora troppo generico, e del resto non risulta che l'ammontare degli attivi sotto accusa sia stato credibilmente calcolato. CONTINUA A PAGINA 44

Torna all'inizio


Disoccupazione Usa a quota 669 mila Mai così da 26 anni (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Economia data: 03/04/2009 - pag: 35 Panorama Disoccupazione Usa a quota 669 mila Mai così da 26 anni Record di richieste di nuovi sussidi di disoccupazione negli Usa, al massimo da oltre 26 anni. Nella settimana ci sono state 12 mila richieste in più, per un totale di 669 mila persone (lo stesso livello del 2 ottobre 1982). DA AVIVA A BOMBARDIER NUOVI TAGLI La canadese Bombardier Aerospace ha annunciato la riduzione di 3 mila posti di lavoro. Anche la britannica Aviva prevede il taglio di 1.100 posti. Al gruppo navale francese Bénéteau previsti 800 licenziamenti. MEDIASET, UBS SALE AL 2,2% La quota Ubs in Mediaset è salita al 2,26%. OPEC: OK GREGGIO A 50 DOLLARI I produttori Opec possono vivere con gli attuali prezzi del greggio intorno ai 50 dollari al barile per quest'anno. Lo ha detto il segretario generale del cartello, Abdullah al-Badri (nella foto), precisando che con questi prezzi saranno rinviati 35 progetti. CONTI PUBBLICI, DEFICIT AL 2,7% L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni si è attestato lo scorso anno al 2,7% (1,5% nel 2007). VODAFONE E TELEFONICA IN CORSA PER HANSENET Vodafone e Telefonica sono in corsa per rilevare Hansenet (Telecom Italia). ITALIA-CINA, FONDAZIONE INTEGRATA CON CAMERA DI COMMERCIO Via libera all'integrazione della Fondazione Italia Cina con la Camera di Commercio italo cinese.

Torna all'inizio


Grottammare A Equomercato (via Cantiere, 19) mostra Globalizzaz... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il (Marche)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi Grottammare A Equomercato (via Cantiere, 19) mostra Globalizzazione e infanzia a favore del lavoro minorile nel Terzo Mondo "unico modo per sfuggire alla prostituzione, alla delinquenza, all'accattonaggio". Lavoro in chiave educativa. Oltre a mostre, spazio all'artigianato etnico, dibattiti promossi dagli operatori dell'associazione Lunedì al sole, colombe e uova pasquali della cooperativa disabili Libero Mondo che usa materie prime del mercato equo e solidale.

Torna all'inizio


Una buona partenza (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 03/04/2009 - pag: 44 IL G20 Una buona partenza di FRANCO VENTURINI SEGUE DALLA PRIMA Londra non è Bretton Woods, insomma, e non poteva esserlo. Per ripensare davvero l'architettura finanziaria globale occorrerà prima uscire dalle sabbie mobili della recessione, affrontare una disoccupazione che potrebbe trasformarsi in valanga, verificare ancora, e più severamente, il consenso che ieri ha fatto squillare le trombe. In questi limiti il G20 è stato un successo per nulla scontato, e dunque incoraggiante. Ma non è il caso di farsi ingannare da una buona partenza: tra Usa ed Europa restano profonde diversità di approccio confermate ieri anche dalla prudenza della Bce, il «nuovo ordine mondiale» che Brown ha enfaticamente annunciato potrebbe più correttamente chiamarsi «lotta di potere nella definizione dei nuovi equilibri internazionali», e la Cina, ancora lei, su questi nuovi equilibri ha appena cominciato a esercitare il suo peso. I cinesi sono arrivati a Londra con dati macroeconomici migliori di quelli altrui e con il più ambizioso (e costoso) piano di rilancio. Pechino detiene una grossa fetta del debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è portatrice orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del liberal-capitalismo occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe più a governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping. Questa Cina risulterebbe invadente anche se non lo volesse. E trova il suo interlocutore naturale nell'America, che non si sottrae di certo. Il G2 dentro il G20, o anche fuori da esso. Gli europei venuti a Londra con lo spirito dei primi della classe nei confronti della «finanza anglosassone» dovrebbero stare attenti, da oggi, alla «finanza cinoamericana». Capacissima di tradursi in intese globali, e di emarginare un Vecchio continente già prigioniero delle sue convulsioni interne.

Torna all'inizio


Obama: dal summit una svolta storica (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 2 autore: Debuttante di lusso. Il presidente Usa supera l'esame a pieni voti Obama: dal summit una «svolta storica» Mario Platero LONDRA. Dal nostro inviato «Una svolta storica, un successo senza precedenti», così Barack Obama, frizzante, ispirato e galvanizzato dal successo del suo ruolo di mediazione fra Cina e Francia sulla questione dei paradisi fiscali, ha definito l'esito di questo G-20 di Londra. è stato lui del resto ha sbloccare l'impasse tra Francia e Cina su uno dei punti centrali, la questione della lista dei paradisi fiscali. La Cina si era impuntata. Non voleva che la lista fosse inclusa nel comunicato finale perché era stata stilata dall'Ocse, di cui Pechino non è membro. A un certo punto delle riunioni, Obama ha preso da parte Sarkozy e gli ha mostrato una versione diversa del testo che i leader stavano considerando. A Sarkozy andava bene. A quel punto Obama ha preso da parte il presidente cinese Hu Jintao e gli ha mostrato lo stesso testo. Hu ha acconsentito. Ha poi chiamato anche Sarkozy e i tre hanno raggiunto l'accordo. La variazione introdotta da Obama è stata minima, ma efficace: «Rileviamo che l'Ocse ha pubblicato una lista» invece di un verbo di riconoscimento più esplicito dell'organizzazione internazionale che ha sede a Parigi. Un evento davvero storico, per la diversità della partecipazione e per la portata delle decisioni, che Obama ha voluto corredare con un tocco di realismo in risposta a chi gli chiedeva se da oggi la crisi fosse davvero finita: «Ci vorrà comunque tempo....e forse queste misure non saranno sufficienti, forse avremo di nuovo ondate di pessimismo, ma oggi c'è un fatto nuovo, tutti ci siamo impegnati a intervenire di nuovo se vi sarà la necessità». Cerebrale, rilfessivo, mai banale nelle risposte, il presidente americano, al suo debutto sullo scenario mondiale in uno dei momenti più difficili della storia economica, ha passato il suo esame "esterno" a pieni voti. Al punto chei giornalisti, fatto questo davvero fuori della normalità, alla fine della conferenza stampa lo hanno salutato con un forte applauso. Aggiungendo considerazioni personali al di fuori del comunicato finale, il presidente americano ha promesso che gli «Stati Uniti metterano fine alla tradizione del "boom and bust" (tradizione degli estremi Ndr) che mette in pericolo la nostra economia. In America- ha continuato Obama - abbiamo messo a punto una riforma delle regole più aggressiva di qualunque altro Paese, abbiamo affrontato la questione dei titoli tossici - e invito altri Paesi ad affrontarla - e come avevo promesso in campagna elettorale, abbiamo aperto una nuova epoca di responsabilità. Oggi chiedo che questa responsabilità non riguardi solo gli Stati Uniti, ma tutti noi». Barack Obama ha di fatto varato ieri a Londra la sua Bretton Woods, un nuovo ordine economico che riguarda, ha detto, «Paesi che fino a dieci anni fa erano nemici.... Questo tipo di coordinamento è davvero storico chi poteva immaginare dieci anni fa che i leader di Francia, Cina, Brazile, Sudafrica, Russia e un presidente americano chiamato Obama, ex avversari, in alcuni casi nemici morta-li, potessero negoziare con questa rapidità un accordo per rimettere in piedi l'economia globale. Si sarebbe detto che era un pronostico da pazzi. Eppure l'abbiamo fatto e questo successo è anche una testimonaizna al lavoro di Gordon Brown». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'APPELLO «Washington ha avviato una nuova epoca della responsabilità che oggi deve coinvolgere la Comunità internazionale» AFP La squadra. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton e il segretario al Tesoro Timothy Geithner durante una pausa dei lavori del G-20

Torna all'inizio


Dai Grandi assegno di 1.100 miliardi (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 3 autore: Dai Grandi assegno di 1.100 miliardi Triplicata la dotazione dell'Fmi, 250 miliardi per far ripartire gli scambi globali Alessandro Merli LONDRA. Dal nostro inviato Passa dal Fondo monetario il tentativo del G-20 di rimettere in moto la crescita dell'economia mondiale, che sta accusando la peggior recessione dagli anni Trenta. L'obiettivo è accelerare la ripresa, che le previsioni dello stesso Fmi indicano, su ritmi modesti, per il 2010. Complessivamente, i leader dei grandi Paesi industriali e dei principali Paesi emergenti hanno annunciato ieri un pacchetto di sostegno all'economia, attraverso l'Fmi e le altre istituzioni finanziarie internazionali, da 1.100 miliardi di dollari. Di fronte al crollo del commercio mondiale, per decenni il motore dell'economia, il G-20 ha assicurato tra l'altro che 250 miliardi di dollari verranno messi a disposizione nei prossimi due anni per i finanziamenti agli scambi internazionali. Se quindi non sono venuti dai Venti, riuniti a Londra, nuovi pacchetti di stimolo fiscale dei singoli Paesi (quelli messi in atto finora valgono, secondo l'Fmi, l'1,8% del Prodotto interno lordo globale per il 2009 e l'1,3% per il 2010, quindi non a sufficienza), anche causa le limitazioni di bilancio con cui molti di essi si confrontano, viene utilizzato allora per spingere l'economia il canale delle istituzioni internazionali. Le risorse a disposizione del Fondo per soccorrere i Paesi in difficoltà a causa della crisi verranno triplicate a 750 miliardi di dollari, un importo che va al di là delle richieste iniziali dello stesso direttore generale dell'Fmi, Dominique StraussKahn. Le esigenze si sono però moltiplicate negli ultimi mesi e, come diceva una fonte del Fondo, «la fila dei Paesi che bussano alla nostra porta è abbastanza lunga». Inoltre, l'Fmi realizzerà un'emissione da 250 miliardi di dollari in diritti speciali di prelievo (la moneta-paniere composta dalle quattro principali valute), aumentando in questo modo la liquidità globale. Non è ancora chiaro da dove verrà questo aumento delle risorse: il Giappone ha già firmato per 100 miliardi di dollari e una cifra analoga ha promesso l'Unione europea, mentre la Cina è interessata ad acquistare obbligazioni emesse dal Fondo monetario (per 40 miliardi di dollari, ha detto il premier britannico Gordon Brown, ma dalle autorità di Pechino per ora non c'è conferma) e all'Arabia saudita sarebbe stata chiesta una cifra vicina ai 50 miliardi di dollari. Anche il contributo Usa non è ancora definito e non è chiaro se debba passare le forche caudine dell'approvazione da parte del Congresso. L'obiettivo comunque è di realizzare «progressi sostanziali» entro le riunioni del Fondo a Washington a fine mese. Intanto, il Fondo ha rivisto i suoi strumenti di prestito, introducendo anche una linea di credito flessibile a scopo preventivo per Paesi "meritevoli", accordata senza condizioni: il Messico ha annunciato qui a Londra di volersene avvalere per 47 miliardi di dollari. «Se ci fossero diverse richieste di questo genere - ha commentato ieri Strauss-Kahn - vedete bene che le nuove risorse finirebbero rapidamente. Ma le decisioni del summit ci danno una force de frappe per rispondere alle necessità del mondo». Gli emergenti, Cina in testa, avevano chiesto che a un loro maggior impegno corrispondesse maggior peso nei diritti di voto all'interno del Fondo: per questo la revisione delle quote del capitale, che le adegua alla nuova realtà dell'economia mondiale, viene anticipata al gennaio 2011. Inoltre viene messo fine al monopolio degli europei sulla direzione dell'Fmi e degli Usa sulla presidenza della Banca mondiale. Della nuova allocazione di diritti speciali di prelievo, 100 miliardi di dollari andranno direttamente ai Paesi emergenti e in via di sviluppo (ma solo 19 miliardi ai Paesi più poveri). La conferma della vendita di parte delle riserve d'oro del Fondo (all'attuale prezzo in forte rialzo) servirà a raddoppiare i prestiti ai poveri. Oltre al rafforzamento delle risorse dell'Fmi, viene promosso un incremento dei prestiti da 100 miliardi di dollari per ciascuno dei prossimi tre anni da parte delle banche di sviluppo e queste, a partire dalla Banca mondiale, potranno usare una maggiore leva finanziaria per aumentare gli impieghi. L'altra misura attesa dal vertice, per il finanziamento al commercio, ora quasi paralizzato, è andata al di là delle aspettative. Al nuovo strumento da 50 miliardi di dollari della Banca mondiale, attraverso la sua affiliata che opera con il settore privato, l'Ifc, si affianca lo sforzo delle agenzie nazionali per il credito all'export,in modo da rendere disponibile complessivamente finanza per il commercio da 250 miliardi di dollari nei prossimi due anni. è questo l'impegno più rilevante del G-20 sul commercio, visto che l'ennesima promessa di chiudere il Doha Round non può che suonare falsa dopo tanti fallimenti e che ci sono dubbi anche sull'effettiva volontà di evitare restrizioni commerciali, dopo la raffica di misure protezioniste seguite all'impegno assunto al vertice di Washington a novembre. © RIPRODUZIONE RISERVATA RILANCIO DEL COMMERCIO Allo strumento da 50 miliardi della Banca mondiale sarà affiancato lo sforzo delle agenzie nazionali per il credito all'export REUTERS Padrone di casa. Il premier inglese Gordon Brown durante la conferenza stampa di chiusura dei lavori del G-20

Torna all'inizio


Digitale a costo zero per la ripresa (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Digitale a costo zero per la ripresa L'Itu (Onu): «La spinta dalla banda larga mobile sulle frequenze liberate dalla tv» di Giuseppe Caravita L a galassia digitale, dai 4 miliardi di utenti di telefonini alla grande internet e tutta l'Ict (oltreil 6%del Pil mondiale), come affronterà la grande crisi? Ne resterà schiacciata oppure, all'opposto, potrà attivare persino per sua forza propria, una delle vere leve antidepressive che oggi servono? Hanno lavorato in velocità i 21 analisti, di differenti centri di ricerca, insieme allo staff dell'Itu (International Telecommunications Union), l'agenzia Onu di Ginevra. Per uno scenario corposo, quello reso pubblico sul suo sito ( Confronting the Crisis). Oltre 100 pagine e 19 punti chiave. Che partono da un'analisi impietosa dell'attuale crisi finanziaria, della rarefazione del credito, dei pesanti segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su scala globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a chiaroscuri) necessariamente negativo. «Per molti versi l'industria Ict – premette Hamadoun Tourè, segretario generale dell'Itu – è oggi un una condizione migliore rispetto all'esplosione della bolla dot.com del 2001-2002. In molti Paesi l'internet è l'ossatura strutturale per gli stili di vita, le comunicazioni, il commercio internazionale e i processi di lavoro moderni. Gli operatori hanno già eliminato l'eccesso di capacità seguito alla bolla dot.com e attualmente godono di fatturati stabili da clienti consolidati. I loro servizi sono in trazione da domanda, e applicazioni innovative vengono introdotte e guadagnano il favore del mercato». Tutto bene? No. Le reti di nuova generazione a larga e larghissima banda, siano esse fisse o wireless, hanno bisogno d'ingenti capitali oggi mancanti. Gli investimenti rischiano di deragliare, l'intera filiera Ict di rallentare o persino bloccarsi, e soprattutto nei Paesi dell'area Ocse rischia di generarsi una rarefazione progressiva degli introiti (per esempio con il passaggio, da parte di molti nuovi disoccupati, da abbonamenti fissi alle più economiche carte prepagate). Lo scenario dell'Itu ne trae alcune conseguenze. Primo: fino a quanto il settore bancario non sarà stato ricapitalizzato la pressione sarà sui Governi, per il finanziamento delle nuove reti. E qui il caso italiano (un miliardo di euro annunciati lo scorso settembre per la rete di nuova generazione italiana) e greco (2 miliardi per connettere in fibra due milioni di case), nonché i progetti Usa del piano di stimolo di Obama, vengono portati a esempio. Allo stesso tempo, il venture capital diverrà restrittivo, specie sulle startup più fantasiose, senza un solido modello di business a breve termine. La crisi aprirà però nuove opportunità per innovazioni tecnologiche distruttive. Un esempio è il successo (che continua) dei netbook a bassissimo prezzo. E poi, con ogni probabilità, degli smartphone a misura dei Paesi emergenti. Il punto chiave del rapporto Itu verte però sugli operatori mobili. I meglio posizionati, anche per risorse e redditività proprie, per reggere la tempesta, data la loro maggiore flessibilità negli investimenti, e il trend (dovuto alla crisi) di sostituzione di telefonia fissa con mobile. E, soprattutto, la domanda ancora insoddisfatta ( persino in Paesi emergenti come India e Cina) per servizi internet e reti mobili a banda larga, meno costose da diffondere di quelle fisse. Un'allocazione rapida di nuove frequenze pregiate ( quali quelle risparmiate dal passaggio alla Tv digitale) potrebbe quindi indurre un circolo virtuoso. I servizi Ict in generale e mobili in particolare ne ricaverebbero una spinta a investire in nuove tecnologie e soprattutto ad aprire uno spazio, fino a dimensioni globali, per nuovi servizi di broadband mobile redditizi. Ad oggi, infatti, nell'intero spazio Ict questa appare l'unica grande opportunità positiva. Tutta la filiera sta soffrendo. Dalla base dei semiconduttori in contrazione al 20-30%, ai pc a -12% nel 2009 (previsione Gartner), alla spesa per It rimandata nelle aziende (specie per rinnovi software, come i gestionali Sap). Agli apparati di Tlc, anch'essi fermi. Unici punti di luce (un po' deboli) segnalati nel rapporto Itu appaiono i contratti pluriennali di outsourcing e soprattutto la domanda di servizi mobili nei Paesi emergenti (India, Cina, America Latina e Africa) in cui lo spazio di domanda è ancora consistente, e persino anelastico al reddito. Su 4,1 miliardi di utenti di cellulari (cresciuti da un miliardo nel 2002) il 23% di loro oggi usa il telefonino per accedere a internet, e il grosso è concentrato in quelle regioni. Non solo: Informa stima in circa 30 milioni le connessioni broadband mobile (modem e chiavette) nel mondo. In molti Paesi europei questo mercato solo un anno fa era zero. Altrettanto vale per i netbook, i piccoli portatili da 2-300 euro passati da vendite zero nel 2007 a 40 milioni previsti in questo pur difficile 2009. E poi l'uso crescente di linux, e di dispositivi a costo zero (persino smartphone finanziati dai servizi). Due sfide per i gestori poi emergono nello studio Itu: tariffe flat e condivisione delle reti. Flat significa che la domanda, in particolare di internet a larga banda mobile, sarà fortemente stimolata da formule a pagamento fisso, e quanto più possibile a traffico illimitato. E condivisione significa che, sotto il peso della crisi, la tendenza a condividere le infrastrutture di rete si farà sempre più forte, dai costosissimi condotti per le nuove reti in fibra ottica fino alle torri cellullari avanzate usate da più gestori, ai contratti di traffico dei bit del concorrente sulla propria rete. Qui si inseriranno, secondo l'Itu, molte forme di "regolatory holidays": finanziamenti pubblici alle nuove reti contro ( almeno temporanei) alti livelli di condivisione. Resta da vedere se convenga, oggi, puntare sulla rete fissa oppure mobile. © RIPRODUZIONE RISERVATA INTERNET E DINTORNI Il segretario Tourè: «L'industria è in una situazione migliore rispetto alla bolla del 2001-2002 La rete ha contribuito a cambiare stili di vita e lavoro»

Torna all'inizio


Ora l'Europa deve scommettere sul wireless (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Gestori. Sentinelli: il mercato crescerà ancora «Ora l'Europa deve scommettere sul wireless» M auro Sentinelli, con la diffusione di massa prima del Gsm e poi delle carte prepagate, ha stimato che la telefonia mobile, in Italia, negli scorsi dieci anni abbia fruttato almeno cinque punti di Pil aggiuntivi. Oggi Sentinelli siede nel board della 3Gsma (l'associazione degli oltre 700 gestori mobili che collegano circa 4 miliardi di utenti). E come i suoi colleghi è portatore di una proposta di stimolo globale a costo zero: «Secondo noi la banda larga mobile può essere attivata su scala planetaria semplicemente affidando ai gestori le nuove frequenze liberate dal passaggio alla tv digitale. E i gestori stessi, in massima parte in condizioni finanziarie autosostenute, investiranno sullo standard mondiale Lte (Long Term Evolution) capace di fornire velocità d'accesso da 50 megabit al secondo, oltre dieci volte quelle massime attuali». La quarta generazione mobile, in pratica, in tutto il mondo. Dall'Europa agli Usa, dalla Cina all'India. «Il punto chiave è che esiste un nuovo mercato, e grande. Come vent'anni fa spiega Sentinelli - Allora era la voce. Ora è internet. E nel passaggio dal fisso al mobile c'è il premio di mobilità. Il cliente è disposto a pagarlo. Nelle tlc fisse il mercato sono le abitazioni, quindi 25 milioni in Italia. Nel caso del mobile invece è tutta la popolazione. Oggi in Italia siamo a una penetrazione del mobile del 150 per cento. Io ho il mio Blackberry, il telefonino e la sim card dentro il notebook. Poi nascerà il mercato delle connessioni tra macchine». Quelle che mancano sono però le bande di frequenza. «Ma abbiamo a disposizione il cosiddetto dividendo digitale. Ovvero il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale. Qui ogni canale viene ad occupare un quinto di banda rispetto a quando era analogico. Un 80% in più di frequenze disponibili. La banda a 700 me-gahertz, quella televisiva, è perfetta per la banda larga. è la più pervasiva, penetra nei muri spessi, copre larghe celle rurali, richiede investimenti minori, e offre prestazioni superiori. Siamo ai 50 megabit al secondo, ma raddoppieremo ». Supponiamo che non vi siano i soldi per cablare in fibra ottica... «In questo caso non c'è scelta. Bisogna andare sul wireless. I campioni, sul cavo, sono stati il Giappone, la Corea e in parte gli Usa. Ma l'Europa è e resta la campionessa mondiale del wireless. Esportato in tutto il mondo. Sarà molto più facile andarci, perché costerà molto di meno. Poi piano piano, con i ritorni dai servizi, si potranno mettere le fibre». «Prima s'inizia - conclude Sentinelli – prima partirà questo ciclo di investimenti. Un recente studio dell'amministrazione Obama stima per ogni dollaro investito in broadband mobile un ritorno di attività 10 volte superiore». G.Ca. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com Il testo integrale dell'intervista NUOVE FRONTIERE «Ci sono grandi margini di crescita per i collegamenti senza fili tra tutti i sistemi»

Torna all'inizio


la battaglia sul dollaro (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

xSCONTRO USA-UE LA BATTAGLIA SUL DOLLARO di FRANCESCO MOROSINI Il sipario del G20 di Londra chiude con un accordo minimalista, lasciando i sorrisi per foto ricordo fatte per mascherare i contrasti fra i Grandi. Poco, certo, rispetto alle urgenze del "che fare?"; ma almeno realistico. Così si annuncia il potenziamento sia del Fondo monetario internazionale (anche con diverse attribuzioni di vigilanza sui mercati finanziari) che della Banca mondiale. Meglio di niente: però le divisioni della diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata quaestio della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, il lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, Gb e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue. L'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla finanza per la crescita; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda re dollaro solo contro tutti a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere. Difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore, specie se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia-mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la vera speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri calci monetari ai mercati) diano un elettrochoc al meccanismo reale-finanziario dell'economia capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire al contempo di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero. Tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933", quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20 ed è facile prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua a Baden con un bilaterale americano-tedesco sulle questioni militari). E questo si lega alla terza linea di frattura euroatlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte, probabilmente con India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di re dollaro nei pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo a essere governato dalle decisioni monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il dollaro resterà re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post G20 affinché re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare.

Torna all'inizio


Il 'G2' darà il tono al resto del summit (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Il 'G2' darà il tono al resto del summit» «Benvenuti a Londra. Ora, che la battaglia cominci». Così titolava ieri il quotidiano britannico The Guardian, e si riferiva sia alla battaglia giovata all'interno del Excel («Corsa a salvare un accordo, mentre Francia e Germania mettono delle "linee rosse"), sia a quella per le strade («Il carnevale della coalizione arcobaleno diventa cattivo»). Anche il Financial Times ieri usava l'occhiello «Linee di battaglia», ma titolava: «I leaders sotto accusa per i titoli tossici». Sotto, un'intervista al direttore del fondo monetario internazionale, Dominique Strauss Kahn: i governanti mondiali devono affrontare la questione di fondo, dice, cioè «ripulire i pordotti tossici che avvelenano il sistema bancario e rischiano di prolungare la recessione mondiale». Ma questa è solo parte della posta in gioco del G20. «La Cina arriva oggi come una potenza mondiale - e noi dovremmo darle il benvenuto», titola (sempre sul Guardian) un commento di Timothy Garton Ash da Pechino: «Oggi, 2 aprile 2009, potrà essere ricordato come il giorno in cui, attaraverso il catalizzatore di una crisi economica globale, la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa nell'economia mondiale», e: «Il G2 darà il tono al resto del summit». Così anche The Independent: «Il vero summit è stato tra la Cina e gli Stati uniti», titola un commento di Mahish McRae: «Il potere sta scivolando dall'occidente all'Asia ancora più in fretta in conseguenza della flessione globale» delle economie. Il New York Times ieri ignorava, nei suoi titoli on-line, la frattura che si è profilata al G20 tra Francia e Germania da un lato, Gran Bretagna e Stati uniti dall'altro. Apriva invece con il titolo: «La Cina vuole essere il leader mondiale dell'auto elettrica»; nel pezzo, da Pechino, si spiega che i dirigenti cinesi hanno adottato un piano per fare del paese «il produttore leader di veicoli ibridi e completamente elettrici entro tre anni». Nel corso della giornata i titoli sono cambiati, per segnalare che «I cambiamenti nelle regole bancarie sollevano le borse mondiali». «Obama disegna il panorama post-crisi», titolava ieri The International Herald Tribune. Più ironico un titolo on-line dello spagnolo El Pais: «Il G20 ridisegna il capitalismo in 7 ore». (ma.fo.)

Torna all'inizio


impresa, illy e audretsch a maniago (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 8 - Economia Impresa, Illy e Audretsch a Maniago Nuovo riconoscimento per la seconda edizione del festival Genefinity MANIAGO. Nuovo importante riconoscimento per Genefinity, spin-off del'Università di Trieste. I risultati conseguiti dall'azienda nei primi due anni d'attività e la particolare propensione all'innovazione tecnologica hanno fatto sì che Genefinity fosse riconosciuta come una delle dieci aziende in regione che si sono particolarmente contraddistinte per la capacità innovativa e di sviluppo di nuove idee imprenditoriali nei singoli settori di appartenenza. Per questo Genefinity riceverà il premio Festival delle Città Impresa in occasione della seconda edizione dell'omonimo festival che si terrà oggi al Teatro Verdi di Maniago. Spin-off dell'ateneo giuliano, Genefinity è un'azienda fondata nel 2006 da un gruppo di ingegneri dei materiali con lo scopo di integrare i diversi tipi di competenze necessari alla realizzazione di processi industriali basati sull'impiego di film sottili, per applicazioni in settori tecnologicamente all'avanguardia quale quello dei biosensori, dei sistemi "Rfid", della printed electronics e dei sistemi fotovoltaici. Domani, invece, alle 10 al Ridotto del Teatro Verdi di Maniago, sempre nell'ambito del festival della città, si terrà la presentazione del libro di David Audretsch, La società imprenditoriale edito da Marsilio. Interverranno Riccardo Illy, Presidente Gruppo Illy Spa, e Filiberto Zovico, Direttore Marketing e Comunicazione Marsilio Editori. David B. Audretsch, tra i più importanti economisti americani, è direttore del Max Planck Institute of Economics in Jena, Germania. Le sue ricerche vertono sul rapporto tra imprenditorialità, strategie aziendali, innovazione, sviluppo economico e competitività internazionale. Il tempo di un'economia stabile e prevedibile è finito. La globalizzazione e le nuove tecnologie hanno innescato cambiamenti irreversibili con cui abbiamo il dovere di confrontarci. Nell'economia globale, dove fabbriche e posti di lavoro possono essere spostati rapidamente verso economie emergenti, il vantaggio competitivo delle imprese e delle nazioni si fonda sulla capacità di innovare. Avere idee, tuttavia, non è sufficiente. Bisogna avere imprenditori che le rendano realtà. L'imprenditorialità è oggi la vera risposta alla globalizzazione.

Torna all'inizio


Un taglio ai gas serra Debutta Obama il verde (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

CLIMA L'inviato Usa al vertice di Bonn: via il 20% delle emissioni «Un taglio ai gas serra» Debutta Obama il verde Daniele Pernigotti BONN BONN Lontano dal G20 londinese, un altro evento multilaterale sta mettendo alla prova la nuova amministrazione degli Stati uniti e le sue relazioni con le nazioni «emergenti», Cina e India in testa. E' la conferenza dei 175 paesi aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite clima, riunita a Bonn questa settimana per preparare il terreno al vertice che nel prossimo dicembre, a Copenhagen, dovrebbe definire un accordo per il dopo-Kyoto, ovvero che definisca impegno per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas «di serra» da qui al 2020 - ovvero vada oltre l'orizzonte del trattato che prende il nome dalla città giapponese, che chiedeva di tagliare entro il 2010 le emissioni di gas di serra del 5,2% in media rispetto al 1990. La conferenza di Bonn è la prima uscita ufficiale dell'amministrazione di Barack Obama per ciò che riguarda la politica del clima: significativo, dunque, che a guidare la delegazione americana in Germania sia Todd Stern, già capo delegazione Usa ai tempi della stesura del Protocollo di Kyoto (allora alla Casa Bianca c'era Bill Clinton). E Stern non ha perso tempo nell'annunciare la volontà americana di invertire la rotta rispetto al recente passato e di riportare gli Usa alla guida dei negoziati sul clima. Del resto, fin dal suo insediamento Obama ha posto la lotta ai cambiamenti climatici tra le priorità del suo governo, al pari della volontà di uscire dalla crisi economico-finanziaria mondiale o di mettere fine alla guerra in Iraq. Un cambio netto rispetto al predecessore George W. Bush, che aveva inaugurato la sua amministrazione ricusando proprio il Protocollo di Kyoto. A dare il segno delle intenzioni di Washington, martedì il governo Usa ha presentato la sua bozza di legge sull'energia pulita e la sicurezza energetica, un pacchetto molto ampio che promuove la produzione di energia pulita, i sistemi di trasporto a minore emissione di CO2, la costruzione di edifici più efficienti dal punto di vista energetico e l'ammodernamento di quelli esistenti, un utilizzo più efficiente dell'energia ma soprattutto accetta la logica della riduzione delle emissioni di CO2, rifiutata in passato non aderendo al Protocollo di Kyoto. Ecco dunque l'annunciato stimolo alla green economy. In campagna elettorale Obama aveva promesso di tornare entro il 2020 allo stesso livello di emissioni del 1990, impegno già significativo considerato che da allora le emissioni americane sono cresciute di circa il 13%. La proposta di legge fissa però un taglio maggiore delle emissioni, portandole nel 2020 sotto il 7% rispetto al valore del 1990 che, considerando i valori attuali, significa una riduzione netta del 20%. Definire gli impegni Usa di riduzione delle emissioni di gas di serra è anche il primo passo per entrare a far parte del «mercato della CO2», già avviato in Europa: si tratta dello scambio di quote di emissioni ammesse tra i paesi industrializzati legati dal Protocollo di Kyoto, un meccanismo simile a una borsa, da cui il mondo imprenditoriale americano non vuole restare escluso. La bozza americana di nuova politica energetica e impegni al taglio delle emissioni è stata accolta in modo molto favorevole, ieri, dall'Unione europea, per bocca del suo commissario all'ambiente Stavros Dimas, oltre che da dalle ong ambientaliste qui presenti. Anche Cina e India hanno manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto finora accettato. Ma questa è appunto la posta in gioco dei negoziati in vista del vertice di dicembre. Ed è su questo processo negoziale che gli Usa vogliono riprendere una leadership, per sbloccare la situazione attualmente di stallo e arrivare a definire un quadro di impegni post-Kyoto (il trattato che definisce impegni dei paesi industrializzati fino al 2012). Va in questo senso la proposta lanciata da Obama alla vigilia della conferenza di Bonn, di un incontro tra i principali paesi emettitori di gas serra, il 27 e 28 aprile a Washington. Anche il predecessore Bush aveva convocato un minivertice sul clima, nel 2007: la differenza è che Obama non lo intende come un tavolo alternativo che delegittima l'Onu, bensì come un ambito di negoziazione ristretto ma funzionale all'accordo di Copenhagen. Ne consegue anche la richiesta all'Italia di dare spazio, in coda al G8 di luglio, a ulteriori due giorni di lavoro sul clima. Invito che Silvio Berlusconi è stato costretto ad accettare, nonostante i cambiamenti climatici non siano certo una priorità del governo italiano: non si spiegherebbe altrimenti la mozione recentemente presentata al Senato che mette in discussione l'esistenza stessa dei cambiamenti climatici e le connesse responsabilità umane, con un testo che mostra ampia ignoranza scientifica e arriva a ipotizzare addirittura che in un pianeta più caldo i benefici per l'ambiente e l'uomo sarebbero maggiori dei danni.

Torna all'inizio


CINA E INDIA Non basta, bisogna tagliare il 40% (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

CINA E INDIA Non basta, bisogna tagliare il 40% Che gli Usa di Obama rientrino nel «mondo di Kyoto» (cioè quello dei gas serra da limitare) da cui gli Usa di Bush erano usciti, secondo i paesi più poveri è cosa buona ma non abbastanza. Cina e India, capofila delle cosiddette nazioni in via di sviluppo, al vertice Onu sui cambiamenti climatici in corso a Bonn chiedono alle nazioni più ricche - e più inquinanti - un taglio «di almeno il 40%» delle loro emissioni. «Riteniamo che entro il 2020 - ha detto il delegato cinese al vertice in corso a Bonn - le nazioni sviluppate dovrebbero ridurre le loro emissioni di almeno il 40% rispetto al livello del 1990». Sono 175 le nazioni che a Bonn si confrontano su come affrontare i cambiamenti climatici. Al loro interno si è formato un gruppo di pressione particolare, che chiede tagli massicci dei gas serra: si tratta delle nazioni formate da isole o arcipelaghi, come l'Islanda, che più di altre rischiano di ritrovarsi sommerse se il cambio climatico dovesse innalzare il livello dei mari. «Abbiamo un grande appoggio per il taglio del 40%», ha detto il delegato della Norvegia, parte delle cui coste rischia di ritrovarsi sott'acqua.

Torna all'inizio


Trasfusione in dollari (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

1.100 dollari nelle tasche del Fondo monetario internazionale e delle altre istituzioni finanziarie. Una lista nera dei paradisi fiscali. Le divisioni tra i «grandi» alla fine trovano un compromesso Trasfusione in dollari Antonio Sciotto INVIATO A LONDRA INVIATO A LONDRA Un trilione di dollari per sostenere l'economia globale contro la crisi, nuove regole per il controllo della finanza, la messa al bando dei paradisi fiscali. Il G20 di Londra, trova un compromesso tra le divisioni che separano i «grandi» della terra e annuncia un pacchetto d'interventi che accontenta tutti, almeno apparentemente. «Nasce un nuovo ordine mondiale», ha detto un po' troppo enfaticamente il premier inglese Gordon Brown presentando il documento finale. Ma è soprattutto sul rapporto con le banche, l'eccessiva sregolatezza dei prodotti finanziari, il far west dei paradisi fiscali, la crisi sembra aver lasciato il segno imponendo al vertice un accordo che perlomeno offra un po' di risorse e un minimo di regole a un'economia struttaralmente malata. Dall'interno degli smisurati hangar dei Docks, dove si teneva il vertice, nulla si sentiva delle proteste e degli scontri che si sono svolti fuori, soprattutto alla vigilia del summit: giornalisti e politici sono stati rinchiusi in un enorme cordone di sicurezza, strade svuotate intorno brulicanti di poliziotti dalla tipica divisa giallo fosforescente. Si è innanzitutto deciso di aggiungere 1100 miliardi di dollari (1,1 trilioni) ai 5 mila già stanziati finora dagli stati (sotto forma di stimolo fiscale) con i loro piani anti-crisi. Questi soldi verranno dati in gran parte al Fondo monetario internazionale, che acquista 500 miliardi freschi da sommare ai 250 già a sua disposizione (salendo così a complessivi 750); inoltre, sono accordati ulteriori diritti di prelievo per 250 miliardi di dollari. Ancora, vengono stanziati 250 miliardi di dollari per sostenere il commercio internazionale, tutelando così il «libero mercato» dal protezionismo. Infine, altri 100 miliardi vengono messi a disposizione delle banche internazionali per lo sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai paesi più poveri). Il G20 ha puntato anche sul rafforzamento della regolazione e supervisione della finanza, così come avevano chiesto soprattutto Francia e Germania, minacciando di uscire se non si fossero avuti già a questo vertice risultati concreti. Si è deciso così di creare il Financial Stability Board, che avrà il preciso mandato di vigilare - in collegamento con il Fondo monetario internazionale - sui rischi che potrebbero venire dal mondo della finanza: includerà i paesi del G20, i membri del Financial Stability Forum (l'istituto oggi guidato da Mario Draghi), la Spagna e la Commissione europea. Il documento finale insiste molto sulla «regolazione e la supervisione che verrà estesa a tutte le istituzioni finanziarie, strumenti e mercati, inclusi gli hedge funds», strumenti, questi ultimi, finora sottratti a qualsiasi controllo. Ancora, si estenderà «la supervisione regolatoria e la registrazione alle agenzie di rating, per prevenire inaccettabili conflitti di interesse». Sul fronte bonus dei manager - punto caro al presidente francese Nicolas Sarkozy, anche per le recenti tensioni sociali nel suo paese e gli assalti ai ricchi - si è deciso che «si appoggeranno e implementeranno i nuovi principi stabiliti dal Financial stability Forum sulle retribuzioni e i compensi, per avere un sistema sostenibile e di responsabilità delle imprese». Nel pomeriggio, il presidente del Forum Draghi, aveva infatti preannunciato «un grande cambiamento», presentando le nuove linee di remunerazione del Fsf, sostenendo che occorre allineare gli incentivi ai manager con la redditività a lungo termine delle società finanziarie. Draghi ha poi spiegato che «sarà compito delle autorità nazionali stabilire che i comportamenti nelle retribuzioni siano ispirati ai principi generali del Financial Stability Forum». Anche il tema dei paradisi fiscali aveva molto diviso: Francia e Germania volevano la totale messa al bando, mentre paesi come la Cina frenavano (proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate di poca trasparenza). Si è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario è finita» e che si metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano le regole». Non è stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi, ma si è rimandato per il momento a quella stilata dall'Ocse (e che avrebbero dovuto distribuire ieri sera, subito dopo la conclusione del G20). Sarkozy ha spiegato che l'accordo «è andato oltre quanto sperato» e si è detto soddisfatto, insistendo però sull'opportunità di non demordere su questo terreno, già a partire dal prossimo G20 finanziario. Subito dopo, scendendo nei dettagli, il presidente francese ha spiegato che in realtà si può dire che esistono «tre liste», una bianca, una grigia e una nera: «La lista bianca comprende paesi come la Francia che rispettano le regole del forum globale dell'Ocse. La Svizzera è nella lista grigia perché ha annunciato un processo che se sarà portato a termine la porterà nella lista bianca. Nel caso contrario - ha aggiunto - scenderà nella lista nera». Il G20 si è poi pronunciato esplicitamente contro il protezionismo, la vera bestia nera da tutti temuta: «Il calo della domanda è esacerbato dalle crescenti pressioni protezionistiche»; così, «rinvigorire il commercio globale e gli investimenti è essenziale per rilanciare la crescita». Come già detto, vengono stanziati 250 miliardi di dollari in due anni a sostegno del commercio mondiale, e inoltre viene rilanciata l'opportunità di porre le basi - già dal prossimo G8 della Maddalena - per riprendere e concludere entro l'anno il Doha Round, quel complesso di riforme che dovrebbe cambiare volto al global trade e che è arenato da tempo. Come Sarkozy, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di un «compromesso storico». E il presidente Usa Barack Obama, in conclusione, ha detto che si sono decise «misure coordinate senza precedenti». Tra le «chicche» folcloristiche del vertice, l'abbraccio fuori protocollo tra Michelle Obama e la regina Elisabetta, e il «siparietto» di Berlusconi che dopo la foto di rito urla «Mister Obamaaa», rivolto al presidente Usa, prendendosi i rimbrotti della stessa regina: «Ma perché urla?».

Torna all'inizio


VERSO LE ELEZIONI MOSSE E MOSSETTE (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

FIRENZE VERSO LE ELEZIONI MOSSE E MOSSETTE La pur diffusa sinistra fi orentina extra Pd e alleati va avanti in ordine sparso. E giorno dopo giorno appare sempre più chiara la reiterata volontà politica di molti attori di non arretrare di un passo in favore di una credibile coalizione, con un chiaro, popolare e intelligente programma di governo per la città. Le ultime notizie raccontano che il Pdci fi orentino, all'unanimità, ha approvato un documento in cui chiede a Rifondazione una lista comune nel segno dell "unità dei comunisti", e un candidato sindaco o presidente provinciale targato Pdci. Secca la risposta di Anna Nocentini, che a Novaradio ha spiegato che l'ultimo congresso nazionale di Rifondazione ha deciso cose ben diverse. Intanto da Bruxelles un altro candidato solo al comando come Valdo Spini fa sapere di aver partecipato al "Global progressive forum" dedicato al tema "La nuova globalizzazione per il cambiamento in senso progressista". Con Spini anche Bill Clinton, il presidente del Partito socialista europeo Poul Nyrup Rasmussen, il presidente del Gpf e futuro presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze, Josep Borrell, e il presidente del gruppo socialista al parlamento europeo Martin Schultz.

Torna all'inizio


LONDRA - Sapremo se abbiamo lavorato bene soltanto tra anni , ma sono convinto ch... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi dal nostro inviato MARCO CONTI LONDRA - «Sapremo se abbiamo lavorato bene soltanto tra anni», ma sono convinto che «le medicine usate siano quelle giuste». Barack Obama è un fiume di parole quando racconta, al termine della quarantott'ore londinese, i risultati del vertice. Sarà quel pizzico di euforia dovuto allo scampato fallimento, o la consapevolezza di aver ottenuto il massimo dall'estenuante trattativa con Francia e Germania, a rendere Obama disponibile all'autocritica. «Negli incontri con gli altri leader del G20 ho riconosciuto che parte del contagio della crisi è effettivamente partito da Wall Street». «Difficile negare - ha aggiunto il presidente americano - che diverse nostre società abbiano assunto rischi ingiustificati e inimmaginabili mentre le autorità di vigilanza dormivano. Questo ha trascinato il nostro Paese nella crisi e da lì ha contagiato tutte le altre economie». Parte da qui l'analisi del nuovo inquilino della Casa Bianca per sostenere anche in patria la necessità di una lotta ai paradisi fiscali e di regole più stringenti per agenzie di rating e fondi speculativi. Si tratta per Obama di «misure più coraggiose e veloci di quelle che abbiamo mai visto in passato in occasione di altre crisi finanziarie», in grado quindi di «riportare fiducia, salvare posti di lavoro e portare crescita». L'amministrazione Usa spunta la corposa dotazione che viene assegnata al Fondo Monetario Internazionale e ad altre istituzioni finanziarie internazionali, in grado di rilanciare l'economia mondiale. Il tentativo è quasi disperato se non fosse per l'entità dell'intervento che spinge il presidente americano a definire il G20 di Londra, «storico» e «con decisioni della portata senza precedenti per far ripartire l'economia». E'evidente che Obama, per salvare la finanza americana, ha dovuto cedere qualcosa all'inedito asse franco-tedesco, e non ne fa mistero quando spiega che «dobbiamo imparare ad essere anche umili. Imparare a forgiare un consenso, anzichè cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo ammettere di non avere sempre la risposta giusta». Se il primo ministro inglese Brown, definisce quello uscito da Londra, «un nuovo ordine mondiale», Obama ammette che l'America «non può agire da sola» per difendere quel mercato libero che è alla base del suo stesso assetto sociale. Per Obama non si può parlare di una nuova Bretton Woods, perchè sono finiti i tempi quando due leader «sorseggiando brandy in una stanza» potevano imporre le loro regole al resto del mondo. Adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India, che rappresentano miliardi di persone». A spingere all'intesa ha comunque contribuito l'umore dell'opinione pubblica mondiale, sempre meno propensa ad accettare misure che salvano finanzieri dalle retribuzioni plurimilionarie. E' per questo che Obama considera le concessioni fatte necessarie per chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di consenso indispensabile per far scattare la ripresa economica, restituendo fiducia ai mercati, agli investitori e, soprattutto, alla pubblica opinione.

Torna all'inizio


G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO 03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah.

Torna all'inizio


I migliori vini del mondo nella rassegna di Verona (sezione: Globalizzazione)

( da "Adige, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sino a lunedì 6 aprile presenti ben 4.200 espositori alla 43ª edizione del salone I migliori vini del mondo nella rassegna di Verona La più grande rassegna internazionale dedicata al mondo del vino. Con 91 mila metri quadrati di superficie espositiva netta e più di 4.200 espositori, molti dei quali stranieri provenienti da quattro continenti, si tiene in questo fine settimana la 43^ edizione di Vinitaly, il più importante Salone internazionale dei vini e distillati. Sono presenti ben 150 mila operatori, dei quali circa un terzo provenienti da un centinaio di Paesi. In contemporanea si svolgono anche Sol, Agrifood Club ed Enolitech: una sinergia tra le principali manifestazioni di settore che si sta dimostrando vincente per la promozione a 360° del migliore Made in Italy enogastronomico e delle più innovative tecnologie di produzione del vino. L'edizione 2009 conferma l'interesse dei buyer per Vinitaly, con un aumento del 50% delle pre-registrazioni dall'estero, ma anche del 20% degli operatori specializzati italiani . Già prevista la presenza di forti delegazioni provenienti da molti Paesi europei a noi più vicini, ma anche da India, Australia, Sud Africa, Israele, Turchia, Usa, Canada, Russia, Lituania, Estonia, Repubblica Ceca, Cina, Giappone, Singapore, Malesia, e America Latina. Sono disposti a rinunciare all'automobile nuova, ai viaggi all'estero, al cinema e al teatro, agli accessori griffati: ma non chiedete agli amanti del buon bere di rinunciare ogni tanto ad una buona bottiglia di vino. In tempo di crisi gli italiani tagliano su molte spese superflue, ma il vino resta un "piccolo piacere" accessibile a tutti, per gratificarsi e coccolarsi senza troppi sensi di colpa: una tendenza registrata da Vinitaly, a Verona sino a lunedì 6 aprile, l'evento di riferimento dell'enologia italiana. La crisi sta producendo un significativo mutamento nello stile dei consumi, e se a farne le spese sono soprattutto i beni voluttuari, il vino, anche per il suo prezzo relativamente basso, rimane una delle gratificazioni alla portata di tutte le tasche. Si fa strada il "wine sharing", ovvero la condivisione del vino: una bottiglia di qualità, se bevuta a casa, senza il ricarico praticato dal ristorante, e acquistata collettivamente da un gruppo di amici, rappresenta uno "sgarro" ancora praticabile. Preoccupati per la crisi economica, stressati dal lavoro, stanchi per le frenetiche attività quotidiane, gli italiani si rilassano nel privato: risparmiano su svaghi e uscite, e si concentrano sulla dimensione intima della famiglia e delle amicizie. Fanno attenzione a quello che mettono in tavola, vanno a fare la spesa con più oculatezza, e magari non bevono vino tutti i giorni: ma quando lo fanno, preferiscono trattarsi bene e scegliere etichette di qualità: non necessariamente vini griffati o iper-costosi, ma comunque sempre di buon livello qualitativo. Teroldego (Trentino), Marzemino (Trentino) e Lagrein (Triveneto) sono nell'ordine i vini più venduti nella Grande Distribuzione in Trentino. Il Muller Thurgau si piazza al 9° posto nella classifica dei vini più venduti nella Gdo a livello nazionale; il Traminer, è terzo nella classifica dei vini che registrano un maggior tasso di crescita, con il più 22,6% del valore. 03/04/2009

Torna all'inizio


le parole del moderno raccolte da marramao - anna benedetti (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XVII - Firenze Le parole del moderno raccolte da Marramao Mondializzati e globalizzati Due termini simili con implicazioni molto diverse: il mercato è unico gli Stati divisi ANNA BENEDETTI Dal libro ho scelto le righe riguardanti la postmodernità e la modernità-mondo(pagg. 27-29). Mondializzazione è termine sovraccarico delle implicazioni simboliche, ancor prima che semantiche, del latino mundus: con il suo inevitabile rinvio all´idea di «mondanizzazione», dunque di «secolarizzazione». (...) Globalizzazione reca invece in sé l´idea della compiutezza spaziale di questo processo, l´idea di un mondo divenuto globo finalmente circumnavigabile (...) La globalizzazione non è solo conseguenza ma presupposto della modernità. Sostenere ciò, sia ben chiaro, non significa affermare che non si diano o non si possano verificare dei punti di rottura. Vuol dire soltanto che, proprio per afferrare gli effettivi aspetti di novità dell´odierno spazio globale, è necessario considerarlo in stretto rapporto con il processo moderno di secolarizzazione: la cui dinamica da endogena, ossia interna ai paesi sviluppati dell´Occidente di matrice giudaico-cristiana, è divenuta esogena. Fino ad investire le realtà socioculturali e le esperienze religiose più remote. In questo senso la globalizzazione sembra segnare un problematico e accidentato transito dalla modernità-nazione alla modernità-mondo. Un transito niente affatto pacifico, la cui posta in gioco viene delineandosi tra i due princìpi strutturali antitetici: il principio di «mondialità» (costitutivo della forma-Mercato) e il principio di «territorialità» (costitutivo della forma-Stato).

Torna all'inizio


PROTEZIONE CIVILE, TORNA "NOI PER VOI", CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI E IN DIFESA DEL TERRITORIO, DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO A GENOVA E ALLA SPEZIA IN SENSIBILE CALO NEL 2008 I ROGHI (sezione: Globalizzazione)

( da "marketpress.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Venerdì 03 Aprile 2009 PROTEZIONE CIVILE, TORNA "NOI PER VOI", CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI E IN DIFESA DEL TERRITORIO, DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO A GENOVA E ALLA SPEZIA IN SENSIBILE CALO NEL 2008 I ROGHI, GRAZIE ALLA PREVENZIONE Una giornata dedicata alla salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio colpito dagli incendi e dai dissesti idrogeologici, sabato 4 aprile a Genova e alla Spezia. E´ la quarta edizione l´iniziativa "Noi per Voi" promossa dalla Regione Liguria, Assessorato all´Agricoltura e alla Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio boschivo e del territorio. A Genova la manifestazione si aprirà alle 11, in piazza Caricamento, alla Spezia, alle 9, in piazza Europa. Sia a Genova, sia alla Spezia, i volontari della Protezione Civile e dell´antincendio boschivo, insieme con gli agenti del Corpo Forestale dello Stato e i Vigili del Fuoco saranno a disposizione dei cittadini che potranno ritirare materiale informativo con le 10 regole per non mandare in fumo i boschi, vedere e conoscere da vicino gli speciali automezzi e le diverse apparecchiature utilizzate nella lotta agli incendi boschivi e per gli altri interventi di emergenza sul territorio. Il programma delle due manifestazioni prevede esercitazioni con lo spegnimento simulato di incendi boschivi, altre iniziative per i più piccini e dimostrazioni varie. Tutti i bambini che porteranno nelle due piazze di "Noi per Voi" un disegno o una poesia sul tema della Protezione Civile e del bosco riceveranno in omaggio un "kit del volontario" preparato dalla Regione Liguria per la difesa del territorio con la t-shirt con il numero verde del centro operativo regionale 800. 80. 70. 47 e il tesserino del Salvaboschi. Grazie all´azione di salvaguardia, In Liguria il numero medio annuo di incendi nel periodo 2007 - 2008, è sceso a 333 incendi contro la media annua di 475 incendi del periodo 2002-2006 mentre la superficie media annua percorsa dal fuoco è scesa a 1900 ettari contro la media di 3560 ettari dello stesso precedente periodo. Nel 2008 gli incendi boschivi sono ulteriormente diminuiti rispetto alla media annuale dei precedenti 5 anni. Si sono infatti registrati 289 incendi che hanno percorso 835 ettari di bosco e praterie. La superficie media a incendio è scesa a 3 ettari, contro gli 11 ettari degli anni dal 2002 al 2006. Spiega l´assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini della Regione Liguria: "Un importante risultato in gran parte ottenuto grazie all´impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2. 400 specializzati nell´antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure. Il Volontariato ligure è quindi una straordinaria forza operativa, - in possesso di un buon livello professionale, grazie alla formazione effettuata ai sensi del Piano regionale Aib, e di una sufficiente dotazione di attrezzature e automezzi in gran parte acquistati con fondi regionali. Dotazione in crescita con la consegna di 44 nuovi "pick up" con modulo antincendio e di 20 furgoni per il trasporto di materiali e cose". . <<BACK

Torna all'inizio


Al G20 un compromessoche non cancella i rischi (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Al G20 un compromessoche non cancella i rischi giulio ercolessi Come qualche volta capita, questa volta sono forse i più pessimisti a vedere il bicchiere mezzo pieno, dato che se lo aspettavano completamente vuoto, e i pochi ottimisti a vederlo mezzo vuoto, se avevano nutrito aspettative troppo ambiziose. In prospettiva, quel che è forse più significativo è proprio che, in questo 2009, la sede più adeguata ad assumere decisioni rilevanti per il futuro del mondo sia stata individuata nel G20. Del tutto impotenti di fronte alle dimensioni della crisi, le istituzioni dell'economia globale create nel 1944 a Bretton Woods; dichiarato defunto dal padrone di casa del vertice Gordon Brown il "Washington consensus", quell'insieme di ricette rigidamente neoliberiste assunte a regola di base valida per tutti i Paesi fin dalla fine degli anni '80, nel tentativo di esportare l'orientamento che si era affermato soprattutto negli Usa a partire dalla rivoluzione reaganiana; inadatte le Nazioni Unite. Ormai obsoleto per questo compito, soprattutto, il G7 poi divenuto G8 con la cooptazione della Russia post-sovietica. Piaccia o non piaccia, senza le nuove potenze economiche asiatiche, non c'è governo o governance possibile del mondo globale. L'alternativa al G20 non era più il G8 e neppure l'Onu, ma il G2: l'accentramento di ogni decisione in capo agli Usa e alla Cina, loro principale creditore e principale speranza di rilancio dell'economia globale. Tanto che, per quanto risulti loro comprensibilmente ostica, gli Usa, e l'Occidente, farebbero bene a prendere sul serio la proposta cinese di sostituire al dollaro come moneta di riferimento per gli scambi internazionali un paniere di monete analogo al "Bancor", la valuta internazionale la cui creazione era stata proposta senza successo da John Maynard Keynes a Bretton Woods. Farebbero bene: per evitare che, fra qualche lustro, il posto del dollaro possa essere preso o condiviso, più che dall'euro, da un paniere di valute asiatiche. Per quel che se ne può capire a vertice appena concluso, e come del resto era prevedibile, si è raggiunto un compromesso fra la richiesta, soprattutto americana e britannica, di iniettare nel sistema quante più risorse finanziarie pubbliche possibile nel tentativo di evitare il crollo definitivo, e quella soprattutto franco-tedesca di imporre nuove regole di comportamento a un sistema economico internazionale che se da un lato ha spesso sfruttato le opportunità fornite dalla globalizzazione per eludere ogni regola del gioco, dall'altro ha anche potuto approfittare della carenza di controlli che l'ondata delle deregulation ha offerto per eludere le più elementari regole di correttezza anche all'interno dei contesti giuridici nazionali, a cominciare da quello americano. Particolarmente rilevante per evitare il crollo di intere economie nazionali (anche vicine a noi come quelle di alcuni Paesi dell'Europa centrorientale) potrebbe rivelarsi la decisione di rifinanziare il Fondo monetario internazionale. Difficilmente il vertice avrebbe potuto concludersi con un fallimento conclamato, che sarebbe stato incomprensibile e avrebbe avuto conseguenze disastrose immediate, anche se perfino questa possibilità si era profilata nelle prime ore. Ma il compromesso avrebbe potuto rivelarsi, come spesso accade, meramente verbalistico. Resta da vedere se i governi saranno capaci di resistere alle pressioni protezionistiche interne, capaci di scatenare guerre commerciali tali da far piombare il mondo in una nuova grande depressione, come quella cui pose davvero fine solo una guerra mondiale. Così come, negli anni dell'infatuazione un po' babbea (babbei tendono sempre a diventare tutti i neofiti di tutte le mode) per il mito della "mano invisibile" del mercato, qualunque deregulation veniva accolta con urla di giubilo, anche quando magari si trattava di spazzar via controlli sulla regolarità dell'attività delle banche, sulla finanza e sui bilanci delle società, o normative antitrust essenziali allo stesso buon funzionamento dei mercati, il rischio oggi è proprio quello di un altrettanto ottuso ribaltamento dei paradigmi e di un ritorno, sotto il trauma determinato dalla recessione, a un nuovo dirigismo - con il corredo, ampiamente prevedibile in Italia, di ruberie diffuse e di trionfi di cordate politico-affaristiche (e in molte regioni politico-mafiose). Del resto, prima ancora del precipitare della crisi internazionale e ad opera di una coalizione chissà perché ritenuta "liberista", se ne è avuto un significativo assaggio proprio in Italia, con la mancata vendita e il mancato fallimento dell'Alitalia. Di fronte a una crisi di cui esperti fra i più autorevoli riconoscono di non saper cogliere appieno cause, portata e possibili rimedi - tanto che da qualche mese su giornali come il Wall Street Journal sta diventando sempre più frequente l'espressione "credenti nel libero mercato" (proprio così: believers) - il rischio è che i governanti siano tentati da risposte semplici, popolari ma irrazionali. Per la sua composizione e per le passioni semplificatrici suscitate nell'opinione pubblica, il G20 ricordava un altro grande vertice, di esattamente novant'anni fa: quello di Versailles che pose fine alla prima guerra mondiale. Allora i governanti del mondo (e in particolare gli europei che ancor oggi non sono stati capaci di rappresentare una loro politica coerente) finirono per assumere decisioni economiche che posero le premesse per una grande depressione e per una seconda e ancor più rovinosa guerra mondiale. Oggi, in un mondo tanto più interconnesso di allora, dovrebbero almeno avere imparato a comprendere e a riconciliare meglio le diversità degli interessi in gioco. 03/04/2009 scelte irrazionali Di fronte a una crisi dalle cause poco chiare i governi potrebbero essere tentati da risposte popolari ma irrazionali 03/04/2009

Torna all'inizio


"dieci anni fa a seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 6 - Esteri La contraddizione L´accusa Noreena Hertz, direttrice della Business School di Cambridge "Dieci anni fa a Seattle avevamo previsto tutto" è incredibile che gli stessi Paesi che hanno prodotto il disastro economico si candidino ora a gestire la crisi Quando chiedevamo controlli sui mercati ci chiamavano estremisti Oggi lo dicono anche Brown o Sarkozy ANAIS GINORI «A Seattle e Genova, quando chiedevamo maggiore controllo sui mercati finanziari, venivamo additati come pericolosi estremisti. Al G20 di Londra Gordon Brown o Nicolas Sarkozy lo dicono e sembrano affermazioni di semplice buon senso». L´economista inglese Noreena Hertz, 41 anni, è direttrice della Business School dell´università di Cambridge. Ha partecipato al movimento no-global sin dalla sua nascita, e ne è stata una convinta teorica. Qualcuno l´ha battezzata "Naomi Klein europea" per via del successo dei suoi due libri ("La conquista silenziosa" e "Un pianeta in debito", pubblicato da Ponte alle Grazie). «Il G20 - commenta al telefono - ha finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del 1999. Quelle di Genova del 2001. Nessuno ci ha voluto ascoltare. Ed eccoci qui con una delle peggiori crisi finanziarie ed economiche che si ricordino nell´epoca contemporanea». Cos´è successo durante le proteste alla City, nel quale è morto un uomo? «Ho visto gli scontri alla tv. Non li considero rappresentativi del movimento di protesta generale. Per ogni persona che lanciava un sasso contro una vetrina c´erano dieci fotografi. I media si sono interessate molto meno alle trentacinque mila persone che hanno manifestato sabato nelle vie di Londra, senza provocare scontri né incidenti». Le proteste aumenteranno ancora? «Chi scende in strada oggi non deve più contestare un sistema ormai al collasso. Lo fa per necessità e per chiedere urgenti rimedi. E´ evidente che ci saranno sempre più segni di rivolta sociale, non soltanto in Europa. Il tempo stringe. Abbiamo bisogno di sentire altre parole nuove».

Torna all'inizio


Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi 03-04-2009 LONDRA. "Abbiamo imparato le lezioni della Storia". Il presidente americano Barack Obama ha definito ieri "un punto di svolta" le decisioni prese a Londra dai leader del G20 per fronteggiare la crisi economica mondiale. Decisioni che comprendono lo stanziamento di oltre mille miliardi di dollari all'FMI e ad altre istituzioni finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a stimolare la ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i controlli sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato - ha detto Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice internazionale -. Abbiamo stabilizzato il paziente. Ma le ferite restano e nuove crisi potrebbero manifestarsi". Obama ha ammesso che l'America non ha ottenuto tutto ciò che desiderava e che ha dovuto accettare anche soluzioni di compromesso. Ma il presidente americano ha inquadrato queste concessioni nella sua concezione della politica americana: "Dobbiamo imparare ad essere anche umili - ha detto -. Dobbiamo imparare a forgiare un consenso, anziché cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo ammettere di non avere sempre la risposta giusta. Sono venuto qui a Londra per ascoltare ed imparare. E fornire la leadership americana, che deve essere basata sull'esempio e sulla capacità di saper ascoltare quello che gli altri esprimono". E'un atteggiamento, ha lasciato intendere Obama, che è perfettamente in linea con la sua filosofia politica, come lo è con il suo intento dichiarato di ripristinare il prestigio americano nel mondo. Il presidente Usa ha ammesso che la situazione non è ideale: la responsabilità per l'inizio della crisi viene attribuita all'America, rea di avere contagiato con il "virus" il resto del mondo. Obama ha ammesso che durante le discussioni del vertice altri leaders (ma non ha fatto nomi) hanno sottolineato in diverse occasioni che la crisi "é iniziata in America" oppure che "é iniziata a Wall Street". Una responsabilità, dovuta alla mancanza di meccanismi di controllo adeguati, che l'inquilino della Casa Bianca non ha negato. Anche il suo alleato più forte, il premier britannico Gordon Brown, padrone di casa e grande burattinaio del vertice, ha parlato di nuovo ordine economico mondiale. Un ordine dove l'egemonia americana è minacciata da numerosi fattori. Come è minacciato lo stesso modello di mercato libero di cui l'America era sempre stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni che Francia e Germania, dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre invece nel documento finale, soprattutto per quanto riguarda la guerra ai paradisi fiscali ed il controllo dei fondi speculativi. Obama ha definito "senza precedenti" le misure approvate dal G20. Le concessioni fatte hanno consentito di chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di consenso che il presidente Usa giudicava indispensabile per far scattare la ripresa economica, restituendo come prima mossa fiducia ai mercati, agli investitori e alla pubblica opinione. Il documento finale "riflette la gamma delle nostre priorità" con una azione "forte e coordinata" per stimolare la crescita ed una azione "altrettanto coordinata" sulle regole. "Nella vita e in economia non ci sono garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo adottato erano necessarie per evitare di scivolare nella depressione. Resta da vedere se saranno sufficienti". "L'America non può agire da sola - ha detto Obama durante la conferenza stampa -. La sua efficacia sarebbe ridotta a metà e ancora a meno". Alla domanda se il G20 di Londra possa essere considerato una nuova Bretton Woods, per le sue implicazioni future, Obama ha risposto che sono finiti i tempi quando due leader "sorseggiando brandy in una stanza" potevano imporre le loro regole al resto del mondo. Adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di Obama, in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla fine della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un caloroso applauso dalla platea dei media internazionali. Un evento veramente insolito ad un vertice di questo tipo.

Torna all'inizio


G20! L'accordo vale un trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto Fmi - e la regina sgrida l'urlatore Berlusconi - Brunetta alle statali: no all (sezione: Globalizzazione)

( da "Dagospia.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

HomePage | Segnala articolo --> G20! L’accordo vale un trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto Fmi - e la regina sgrida l’urlatore Berlusconi - Brunetta alle statali: no allo shopping - I musei vaticani apriranno anche di notte... Da Il Velino.it berlusconi CORRIERE DELLA SERA - In apertura il G20 a Londra: "Accordo tra i Grandi contro la crisi". Editoriale di Franco Venturini: "Una buona partenza". Di spalla: "La Fiat vola in Borsa: su del 27 per cento.". Al centro: "Fini e lo stop alla legge 40: resa giustizia alle donne". In taglio basso in un riquadro Brunetta e le statali: "Basta shopping durante il lavoro". A fondo pagina: "Il Parlamento degli assistenti in ‘nero'". LA REPUBBLICA - In apertura: "Mille miliardi contro la crisi". Di spalla: "Una piccola Bretton Woods". A centro pagina: "Fini: la Consulta ha difeso le donne". In basso: "Mai più internet ai pirati del web". LA STAMPA - In apertura: "Contro la crisi 1100 miliardi". Editoriale di Vittorio Emanuele Parsi: "Dollari e regole". Di spalla, di Barbara Spinelli: "Enzo Bianchi fenomeno cristiano". Al centro: "Eutanasia per amore". A fondo pagina il "Buongiorno" di Massimo Gramellini: "Urlatori d'Italia". BERLUSCONI IL GIORNALE - In apertura: "Come acquistare un'auto pagandola meno di un motorino". Fotonotizia a centro pagina: "Crisi, che cosa hanno deciso i grandi". A fondo pagina: "E tu come li ammazzi? In tv lo show dei boia". IL MESSAGGERO - Editoriale di Paolo Savona: "Il primo grande accordo globale". In apertura: "G20, maxi-aiuti e nuove regole" e in un box: "Il Cavaliere punta a un G8 sociale". Al centro in un riquadro: "Fecondazione, Fini: giustizia per le donne. Casini: il voto del Parlamento va rispettato". Ancora in un riquadro con foto-notizia: "I musei vaticani apriranno anche di notte. Wojtyla, folla di fedeli". In basso: "Brunetta alle statali: no allo shopping". IL TEMPO - Editoriale di Carlo Felanda: "L'asse vincente è Usa-Cina". In apertura: "Il mondo sulle spalle di Obama". A centro pagina: "Brunetta: niente spesa durante il lavoro" e a fondo pagina: "Meno merende più coccole contro l'obesità infantile". BERLUSCONI LIBERO - In apertura, sul vertice G20: "Alé, si stampano soldi". Subito sotto il Dibattito: "Senza etica che razza di Stato sarà", di Marcello Veneziani e "Va bene l'etica ma fino a un certo punto", di Vittorio Feltri". Al centro con foto-notizia: "Brunetta vieta lo shopping alle statali". A fondo pagina rivelazioni sul delitto Garlasco: "Quei siti porno che Chiara consultava..." L'UNITÀ - Apertura a tutta pagina: "Figli a carico". Di spalla: "Intesa al G20 e la regina sgrida Berlusconi" e "Via alle diagnosi pre-impianto. Pronti i ricorsi per danni morali". IL FOGLIO - In apertura: "Il G20 Consensus". Subito sotto "L'accordo vale un trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto Fmi" e "La Banca mondiale dice che il protezionismo è già un fatto. Una clausola americana conferma". Di spalla: "Fini fa le bizze bioetiche ma intanto aiuta il Cav. a non litigare con Bossi". In basso: "La Consulta crea lo stato etico". [03-04-2009] BERLUSCONIBERLUSCONIobama silvio medvedevBERLUSCONI

Torna all'inizio


Iran, Chávez cerca fondi e decreta la fine del mondo unipolare (sezione: Globalizzazione)

( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Iran, ChÁvez cerca fondi e decreta la fine del mondo unipolare Roma, 3 apr (Velino/Velino Latam) - Antiamericanismo, petrolio e una “architettura finanziaria” alternativa. Sono questi gli ingredienti della relazione Iran-Venezuela, esibiti nuovamente nel corso della settima visita di Hugo ChÁvez a Teheran. Il leader bolivariano ha inserito l’incontro con il collega Mahmoud Ahmadinejad tra la partecipazione al vertice dei paesi arabi e sudamericani di Doha, la visita lampo in Cina e la missione in Giappone. Proprio nelle ore in cui a Londra si decideva come raddrizzare le sorti dell’economia mondiale. “Il mondo unipolare è finito”, ha detto ChÁvez nella conferenza stampa di rito, aggiungendo che “le relazioni tra Iran e Venezuela sono sfociate in un fronte rivoluzionario comune”. Al di là dei proclami, il risultato più tangibile dell’incontro è l’annunciata costituzione del fondo binazionale di investimento: 200 milioni di dollari, diviso a metà tra le parti, come base per uno strumento che a regime dovrà contare 1 miliardo e 200 milioni. Il fondo servirà innanzitutto a finanziarie raffinerie a capitale misto da tempo nei progetti di Caracas e Teheran. Ma con la missione iraniana, oltre ad esibire al mondo le “eccellenti relazioni” condite dall’avversione “all’impero” degli Usa, ChÁvez continua nella ricerca di finanziamenti per rilanciare e portare avanti il piano energetico. Prima che il capo di Stato lasciasse Caracas, il ministro del Petrolio Rafael RamÍrez ha parlato della necessità di raccogliere dodici miliardi di dollari per sviluppare il settore del gas e di altri sei miliardi da investire nei giacimenti petroliferi della Faglia dell’Orinoco. Il Venezuela ha dovuto rivedere parte del suo bilancio proprio a causa del calo del prezzo del greggio, principale fonte di guadagno per le casse dello Stato. Il governo è dovuto intervenire con alcune misure di correzione dell’economia interna: pur alzando il salario minimo ha disposto l’aumento di tre punti percentuali dell’Iva, dal (9 al 12 per cento). Inoltre, ha iniziato un’azione di pressing sulle industrie, soprattutto quelle che producono beni considerati primari, per verificare la rispondenza alle leggi del mercato interno. Il governo di Caracas è infatti convinto che buona parte dell’inflazione, che rimane alta, sia dovuto al fatto che le ditte eludono con artifici commerciali i prezzi standard fissati dal governo. L’altra scommessa del leader bolivariano è quella di una nuova divisa - la “petromoneta”, che certifichi ad un tempo la possibilità di agganciare “l’economia alla produzione” e, bocciando il dollaro, il “fallimento” delle politiche finanziare degli Stati Uniti. Una scommessa azzardata che trova comunque a Teheran, più che altrove, terreno relativamente fertile: il governo iraniano ha già provveduto a cambiare parte delle riserve in dollari con altre divise. è altrettanto vero che Pechino, come già fatto per esempio da Argentina e Brasile, ha deciso di adottare monete diverse dal dollaro per alcuni scambi commerciali bilaterali. (red/fae) 3 apr 2009 10:54

Torna all'inizio


Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America (sezione: Globalizzazione)

( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America Roma, 3 apr (Velino/Velino Latam) - “Incertezza normativa in alcuni settori chiave dell’economia”, “persistenza di fenomeni di corruzione pubblica e privata”, “mancanza di finanziamenti a lunga scadenza”. Sono alcune delle problematiche nel mercato finanziario argentino secondo la “Guida commerciale 2009 per le imprese statunitensi”, un’analisi messa a disposizione delle aziende americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110 pagine del dossier si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di vista economico - gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino dopo Brasile e Cina -, e l’apertura di Buenos Aires agli investimenti stranieri. Allo stesso modo però il documento segnala come l’attrattiva rappresentata dal mercato argentino sia ridotta dalle incertezze relative alle conseguenze del rallentamento dell’economia del paese latinoamericano e ai possibili interventi statali sul fronte fiscale e normativo. Il Dipartimento di Stato americano sottolinea poi la preoccupazione relativa ai tentativi di controllare i prezzi dei combustibili sul mercato domestico messo in atto dal governo, che “danno priorità alla domanda del mercato locale a prezzi inferiori a quelli internazionali, creando disincentivi per le imprese intenzionate a investire nella ricerca di petrolio e gas”. La conseguenza, secondo il documento, può essere la presenza di “investimenti sufficienti” che può determinare “un’offerta di energia incapace di sostenere la crescita della domanda”. Le parole più dure nei confronti del paese latinoamericano arrivano però sul fronte della corruzione dei funzionari pubblici e della frode nelle relazioni commerciali private, definite “un problema serio” anche secondo gli indicatori della Banca mondiale e che determinano “molte lamentele da parte degli imprenditori statunitensi”. Secondo l’analisi del Dipartimento di Stato, inoltre, “un funzionamento inefficace del sistema giudiziario limita gli effetti degli sforzi” fatti nella lotta alla corruzione. Il dossier contesta anche la politica della Banca centrale che, negli ultimi anni, “ha mantenuto un cambio competitivo e tassi di interesse negativi”, “contribuendo ad alzare il livello di inflazione”. Proprio su quest’ultimo aspetto il documento evidenzia anche i dubbi e le polemiche relative ai dati forniti dall’Istituto nazionale di Statistica (Indec) oggetto di “un forte dibattito sui media in merito ai tassi d’inflazione”. La pubblicazione dedicata all’Argentina segue di poche settimane quelle relative a Cile, Paraguay ed Ecuador e, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due le preoccupazioni di Washington sono ancora più evidenti. L’Ecuador viene definito un paese in cui “fare affari può essere difficile”, a causa di un fortissimo problema di corruzione, del duro colpo dato dalla crisi finanziaria internazionale, che ha portato a limitazioni delle importazioni, e di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il “nuovo” Paraguay di Fernando Lugo è contraddistinto da un “mercato nero” che divora miliardi di dollari e “una corruzione che coinvolge settore pubblico e settore privato”, mentre nelle grandi imprese nazionali delle telecomunicazioni e dell’energia “vige il clientelismo”. Completamente differente lo scenario in Cile, definita “una delle nazioni più stabili e prospere della regione” nonostante la crisi finanziaria internazionale. Secondo il dossier del Dipartimento di Stato si tratta del “paese latinoamericano più competitivo”, grazie anche a “una democrazia sviluppata”, “un alto prodotto interno pro capite” e “una stampa libera”, oltre che “una delle economie più aperte del mondo” con oltre sessanta partner internazionali. (Matteo Tagliapietra) 3 apr 2009 10:53

Torna all'inizio


Al vertice nasce il G2. Fra America e Cina dialogo a tutto campo (sezione: Globalizzazione)

( da "Finanza.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Al vertice nasce il G2. Fra America e Cina dialogo a tutto campo (2 Aprile 2009 - 07:52) MILANO (Finanza.com) - Da Il Corriere della Sera: "Quando due persone si trovano sulla stessa barca devono remare assieme e di buona lena per arrivare all'accordo". Hu Jintao ieri ha voluto salutare il presidente degli Usa, Barack Obama, con una vecchia storiella cinese. Pechino si mostra quindi pronta ad assumersi le responsabilità che spettano a una grande potenza economica e politica. Obama e Hu Jintao hanno posto ieri le premesse per trasformare i contraddittori rapporti tra Usa e Cina in una stabile alleanza strategica dando di conseguenza una investitura ufficiale al "G2" nuovo asse che potrebbe condizionare gli equilibri del pianeta. "Le due parti concordano di lavorare assieme per costruire una positiva e cooperativa relazione globale Stati Uniti-Cina per il 21esimo secolo, e di mantenere e rafforzare gli scambi a tutti i livelli", recita un comunicato congiunto diffuso al termine dell'incontro. (Riproduzione riservata)

Torna all'inizio


Cina, ecco il reality show che mette in palio l'Nba (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta Dello Sport Online, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

">stampa | chiudi 03 aprile 2009 Cina, ecco il reality show che mette in palio l'Nba Il 22 maggio, nel pieno dei playoff, scatterà su Shandong Tv una sfida di abilità tra giocatori di almeno 18 anni provenienti da 64 città cinesi. L'obiettivo? Diventare il nuovo Yao Ming o Yi Jianlian. Il vincitore riceverà un pacchetto all-inclusive per gli States: viaggio, soggiorno e possibilità di fare un provino con una squadra della D-League MILANO, 2 aprile 2009 - Giusto una cifra, senza la quale non si capirebbe il senso di questa iniziativa. In Cina giocano a basket circa 300 milioni di persone. Corrispondente all'intera popolazione degli Stati Uniti. Numeri snocciolati dalla Nba , che nel Paese del Dragone sta per far partire un reality show. Con l'obiettivo, chissà, di trovare il nuovo Yao Ming o Yi Jianlian. OBIETTIVO D-LEAGUE - " Mengniu Nba Basketball Disciple " scatterà il 22 maggio su Shandong Tv. Quindi, nel pieno dei playoff. E durerà fino al 28 agosto. E' il sesto programma del genere che la Nba produce, ma per la prima volta si sposta fuori dagli Stati Uniti. Come sarà questo show? Una sfida di abilità tra giocatori di almeno 18 anni provenienti da 64 città cinesi. Ogni volta verranno eliminati dei partecipanti, fino al vincitore, che riceverà un pacchetto all-inclusive per gli States: viaggio, soggiorno e possibilità di fare un provino con una squadra della D-League, la lega di sviluppo Nba. Collaboratori di "Mengniu": ex giocatori, allenatori e scout. Tutti quanti si sposteranno in Cina. CRESCITA INARRESTABILE - Una Cina che, alla faccia della crisi economica negli States (di recente la Nba ha licenziato il 9% dei dipendenti), è diventata il mercato più grande della National Basketball Association. Con un tasso di crescita annuo del 40%. Idem l'audience televisiva: gli spettatori dei 51 canali che trasmettono partite Nba sono aumentati del 34%. Il traffico sul sito, in mandarino, della Lega è schizzato a +50%. Per non parlare della spesa nei negozi di gadget e abbigliamento: qui siamo a +70%. Piccola curiosità: le magliette di Yao Ming sono solo al decimo posto nella classifica delle più vendute. Comandano, in compenso, LeBron James e Kobe Bryant. COME NEGLI USA - Il governo di Pechino, capito l'andazzo, ha già progettato di costruire campi da basket in 800mila villaggi di campagna. Perché la passione, ormai, è diventata quasi sport nazionale. E gli investitori abbondano: come Walt Disney, Espn sports unit, Bank of China e China Merchant Group. Questi gruppi, più altre multinazionali, hanno messo sul piatto 253 milioni di dollari. La Nba, quindi, si è ritrovata in mano una miniera d'oro. "La nostra popolarità lì è al massimo storico - ammette Heidi Uberroth, dirigente commerciale della lega -. In Cina l'attesa per i playoff è uguale a una qualsiasi città degli Stati Uniti". Alessandro Ruta

Torna all'inizio


Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! riteniamo che anche quest'anno non farà eccezione. "Una forte politica di supporto per l'energia eolica continuerà a guidare in avanti la crescita nei nostri tre principali mercati: Cina, Europa e Stati Uniti" ha dichiarato il segretario generale del Global Wind Energy Council che ha aggiunto: “I governi di tutto il mondo stanno trasformando l'attuale crisi in un'opportunità, ponendo l'energia eolica al centro della loro politica economica di stimoli e di ripresa. Questo creerà molte migliaia di nuovi posti di lavoro migliorando la sicurezza energetica e aiutando la crisi climatica globale." La Cina: il paese dove puntare per le maggiori crescite nell'energia eolica Negli ultimi anni in particolare, due mercati hanno continuato a sovraperformare rispetto alle più ottimistiche previsioni: gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e forse in quello seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a causa della crisi economica, prima che il pacchetto di stimoli governativi abbia un maggiore impatto positivo sul mercato. Nello stesso tempo però la Cina continuerà a crescere ad un ritmo mozzafiato, segnando un sostanziale aumento delle installazioni di pale eoliche per ognuno dei prossimi anni a venire. A queste ottimistiche dichiarazioni, Arthouros Zevos, il presidente del convegno, ha aggiunto: "Naturalmente la crisi finanziaria sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi altro. Nello stesso tempo però le prospettive per l’energia eolica sono molto più ricche. Tutti i fondamentali evidenziano che l'energia eolica sarà sempre più preferita come la primaria fonte di energia alternativa nei vari paesi. L'eolico è pulito, facile da sviluppare, potenzialmente in grado di creare molti posti di lavoro, virtualmente non usa acqua ed è economicamente competitivo." L'Europa segue pagina >>

Torna all'inizio


Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.5 (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! crescite esponenziali dei fatturati Anche considerando la maggiore volatilità delle aziende operanti nei paesi emergenti, una società come questa non dovrebbe mancare in un portafoglio mirato ad una esposizione su quei business dalle crescite più esplosive. Il settore eolico in Cina è sicuramente uno di questi. Il titolo presenta un rating di STRONG BUY e va acquistato oggi in apertura di mercato Usa. Da parte nostra utilizzeremo i recenti ricavi da dividendi per aumentare la quota di esposizione su questa società. Non è escluso che anche nelle prossime settimane continueremo ad usare questa tecnica, in una sorta di piano di accumulazione su questa nuova realtà emergente sottovalutata. Paolo Crociato www.strategyinvestor.com

Torna all'inizio


UE-USA/ IL MAGGIOR MOVIMENTO DI SCAMBI COMMERCIALI DEL MONDO (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Ue-Usa/ Il maggior movimento di scambi commerciali del mondo di Apcom Domenia a Prata il priomo vertice con la nuova amministrazione -->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - Considerando insieme beni e servizi Ue e Stati Uniti rappresentano il più grande movimento di relazioni commerciali bilaterali nel mondo. La notevole quantità di accordi bilaterali di commercio e gli investimenti dimostra un elevato grado di interdipendenza tra le due economie. In occasione del vertice Unione Europea-Stati Uniti d'America, che si svolgerà domenica 5 aprile a Praga, Eurostat, l'Ufficio statistico delle Comunità europee, snocciola una corposa messe di dati sul commercio e gli investimenti tra gli Stati Uniti e l'Ue. L'Ue è in avanzo strutturale negli scambi di merci con gli Stati Uniti. Questa eccedenza è aumentata costantemente dai 32 miliardi di euro nel 2000 a un picco di 94 miliardi nel 2006, ma è diminuita negli ultimi due anni, per raggiungere i 63 miliardi nel 2008. In questo periodo le esportazioni dei Ventisette verso gli Stati Uniti hanno registrato un leggero aumento, da 238 miliardi nel 2000 a 249 miliardi nel 2008, mentre le importazioni dagli Stati Uniti sono scese da 206 a 186 miliardi. In termini relativi, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono scese dal 28% del totale Ue nel 2000 al 19% nel 2008, e le importazioni sono scese dal 21% al 12% nello stesso periodo. Gli Stati Uniti rimangono la principale destinazione delle esportazioni per l'Ue, ma è stata superata come principale fonte di merci importate dalla Cina. Gli scambi commerciali della Ue con gli Stati Uniti sono dominati da prodotti finiti. Nel 2008, più di due quinti dei flussi di scambio della Ue con gli Stati Uniti sono stati i macchinari e i veicoli, mentre i prodotti chimici e altri manufatti pesano ciascuno per circa un quinto delle importazioni e delle esportazioni. Nel dettaglio si scopre che ci si scambiano merci in gran parte dello stesso tipo, le principali esportazioni verso gli Stati Uniti includono automobili, medicinali, petrolio grezzo e raffinato, e le principali importazioni aeromobili e motori, automobili e medicinali. La più grande delle eccedenze registrate con gli Stati Uniti sono a favore di Germania, Italia e Irlanda. Tra gli Stati membri, la Germania è stata infatti il principale esportatore verso gli Stati Uniti nel 2008, con 71 miliardi di euro, o 29% del totale, seguita dalla Gran Bretagna (43 miliardi o 17%), Francia (24 miliardi o 10%) e Italia (23 miliardi o 9%). Il Regno Unito (37 miliardi o 20%) e Germania (34 miliardi o 18%) sono stati anche i maggiori importatori, seguiti dall'Olanda (29 miliardi o 16%) e Francia (21 miliardi o 11%). Le più grandi eccedenze negli scambi con gli Stati Uniti nel 2008 sono state registrate da Germania (37 miliardi), Italia (11 miliardi), Irlanda (9 miliardi), Gran Bretagna (6 mld) e Svezia (5 miliardi). L'Olanda (-12 miliardi) ha registrato il più significativo disavanzo. Nel 2007, l'Ue ha esportato 139 miliardi di euro di servizi negli Stati Uniti, mentre le importazioni di servizi dagli Stati Uniti ammontano a 128 miliardi, il che significa che l'Ue ha avuto un surplus di 11 miliardi nel commercio di servizi. Questa eccedenza, spiega Eurostat, è principalmente dovuta a servizi di trasporto (11 miliardi), così come i servizi finanziari (9 miliardi) e i servizi di assicurazione (6 miliardi), parzialmente compensata da canoni e le tasse di licenza (-14 miliardi). Mentre la quota degli Stati Uniti nel commercio di servizi è diminuita negli ultimi anni, è ancora di gran lunga il più grande partner dei Ventisette, che rappresentano il 28% delle esportazioni di servizi e il 31% delle importazioni. Tra gli Stati membri, per quanto riguarda gli scambi di merci, la Gran Bretagna (32% del totale delle esportazioni e il 19% del totale delle importazioni nel 2007) e Germania (15% e 16% rispettivamente) sono stati i maggiori operatori di servizi con gli Stati Uniti. Le maggiori eccedenze nel 2007 sono state registrate da Gran Bretagna (21 miliardi), Grecia (5 miliardi), Francia (3 miliardi) e Belgio (1 mld), e i più grandi deficit da Irlanda (-18 miliardi), Paesi Bassi (-2 miliardi) e Finlandia (-1 mld). Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri, i flussi tra i Ventisette e gli Stati Uniti sono aumentati fortemente negli ultimi anni, con gli investimenti della Ue negli Stati Uniti passati da 37 miliardi di euro nel 2005 a 108 miliardi nel 2006 e 146 miliardi nel 2007, mentre gli investimenti diretti nella Ue sono aumentati da 67 miliardi nel 2005 a 77 miliardi nel 2006 a 180 miliardi nel 2007. Tra gli Stati membri, i più grandi investitori negli Stati Uniti nel 2007 erano la Gran Bretagna (47 miliardi), la Francia (23 miliardi), il Lussemburgo (20 miliardi) e la Germania (16 miliardi), mentre le destinazioni più significative per gli investimenti degli Stati Uniti sono stati la Gran Bretagna (40 miliardi), il Lussemburgo (23 miliardi), l'Irlanda e la Francia (17 miliardi di entrambi). L'Italia ha investito in Usa per 1,267 miliardi, mentre ha ricevuto investimenti diretti per 720 milioni.

Torna all'inizio


MERCATO CREDITO: DA BCE IN ARRIVO MISURE NON CONVENZIONALI (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

MERCATO CREDITO: DA BCE IN ARRIVO MISURE NON CONVENZIONALI di WSI Tra queste misure non è escluso un allargamento ulteriore del collaterale ed un allungamento delle scadenze delle operazioni di rifinanziamento... -->*Questo documento e' stato preparato da MPS Capital Services ed e' rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell'allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita' alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI. . (WSI)- Tassi di interesse: in area Euro i tassi di mercato sono saliti su tutta la curva dopo che la Bce a sorpresa ha ridotto i tassi di interesse di soli 25 pb portandoli all’1,25%. Trichet nella conferenza stampa successiva ha fatto intendere che non sono esclusi altri tagli dei tassi e che in tal caso i tassi sui depositi non dovrebbero subire modifiche. In quest’ultimo caso è quindi lecito attendersi, qualora ci sia un ulteriore taglio, una riduzione del corridoio allo 0,75% che porterebbe il tasso sui prestiti all’1,75% e quello sui depositi rimarrebbe allo 0,25%. Il presidente ha inoltre affermato che nella prossima riunione saranno rese note le nuove misure non convenzionali che dovrebbero contribuire a ristabilire la normalità sul mercato del credito. Tra queste misure non è escluso un allargamento ulteriore del collaterale ed un allungamento delle scadenze delle operazioni di rifinanziamento. Sopravvivere non e' sufficiente, ci sono sempre grandi opportunita' di guadagno. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER In merito all’acquisto di titoli corporate il vice presidente Papademos ha dichiarato che non era sua intenzione preparare da subito il mercato verso una tale ipotesi. In base alle dichiarazioni di Trichet sembra verosimile un taglio dei tassi da 25 pb nella riunione di maggio ed il mantenimento di tale livello per il resto dell’anno a meno di dati macro fortemente negativi che potrebbero portare l’Istituto ad un ulteriore taglio da 25 pb. Negli Usa tassi di mercato in rialzo sulla scia del forte rialzo dei mercati azionari, sostenuti dalle decisioni del G-20 da un lato e dall’altro dall’annuncio dell’approvazione di nuove regole contabili. Il comunicato del G-20 ha ufficialmente stanziato un programma da 1100 Mld$ per supportare l’economia mondiale. Tali fondi sono così suddivisi: 1) 500Mld$ per aumentare la dotazione del Fmi che pertanto arriverebbe a 750Mld$; 2) nuova distribuzione di diritti speciali di prelievo (la valuta di denominazione delle quote presso il Fmi) per 250Mld$; 3) 100Mld$ alle banche multilaterali (tra cui rientra ad esempio la Banca Mondiale e la BERS) per finanziamenti da concedere in buona parte ai paesi emergenti; 4) 250Mld$ nei prossimi due anni per supportare il commercio mondiale. Inoltre il comunicato richiama anche alcuni principi generali sul tema del rafforzamento della supervisione finanziaria ed a tal fine viene creato un nuovo organismo denominato Financial Stability Board (FSB) che sostituirà il Financial Stability Forum (FSF) ed includerà tutti i paesi del G-20, del FSF, la Spagna e la Commissione europea. Infine il comunicato si conclude con l’impegno ad un nuovo vertice entro fine anno. Contestualmente il FASB, l’organismo deputato a fissare i principali contabili relativi alle aziende Usa, ha approvato (con una maggioranza risicata di 3 favorevoli su 5 membri votanti) una modifica delle regole contabili in merito al trattamento contabile delle attività finanziarie per le quali emergano potenziali svalutazioni, rendendo meno stringenti le precedenti norme. Le nuove regole contabili si applicheranno a partire dai dati trimestrali ed annuali che terminano dopo il 15 giugno 2009, ma è prevista, sotto determinate condizioni, la possibilità di applicazione delle modifiche già con riferimento ai dati di bilancio antecedenti alla data citata. Alla luce di tali indicazioni è comprensibile il forte rialzo dei mercati azionari che si è arrestato poco al di sopra dei massimi registrati a fine marzo. Nel breve sul decennale rimane confermato la resistenza si colloca a 2,80%. Valute: Dollaro in marcato deprezzamento verso Euro sulla scia della decisione della Bce di tagliare di soli 25pb vs. i 50pb attesi e dall’altro lato in seguito al marcato aumento di dotazione del Fmi e di altre banche multilaterali che potrebbero pertanto essere di supporto soprattutto per le economie emergenti, riducendo pertanto il rischio di penalizzazioni per l’area Euro derivanti da difficoltà dei paesi ad esempio dell’est Europa. Nel breve la principale resistenza si colloca a 1,35 a fronte del supporto rilevante a 1,32. Lieve deprezzamento dello Yen nel corso della notte dopo l’apprezzamento della giornata precedente. Verso Euro il cross continua a posizionarsi al di sotto della resistenza 134,50. Sembrerebbe essersi formato un livello di resistenza intermedio in area 131,90. Materie prime: forti rialzi per le materie prime ad eccezione dell’oro (-2%) penalizzato dal rimbalzo delle borse e dalla notizia che il Fmi (terzo detentore al mondo) venderà parte delle proprie riserve per raccogliere capitale per contrastare la crisi. Forte rialzo del greggio Wti in seguito all’accordo del G20 ed a dati migliori delle attese negli Usa ed in Cina. Tra i metalli industriali forte rialzo per il piombo (+5,5%). Tra gli agricoli il migliore è stato il grano (+4,8%). Copyright © MPS Capital Services. All rights reserved

Torna all'inizio


Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà?. (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (10) blog (1) capitalismo (10) cina (19) comunicazione (2) crisi (12) democrazia (62) economia (32) era obama (17) europa (13) francia (24) germania (5) giornalismo (51) giustizia (2) gli usa e il mondo (64) globalizzazione (46) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (151) manipolazione (6) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (2) pdl (1) politica (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (24) spin (7) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. E ora come la mettiamo con Malpensa? - 3 Emails Ecco come si può davvero aiutare il Tibet - 3 Emails Attenti, Londra tollera la Shaaria... - 3 Emails Usa, la tragica ripicca di un popolo a lungo raggirato - 3 Emails Caso Eluana, un giudizio controcorrente che fa riflettere - 3 Emails In una lettera il ritratto dell'Italia di oggi - 2 Emails Dalla Svizzera una lezione (anche per il centrodestra italiano) - 2 Emails Milva e quei sette milioni nascosti... per la vecchiaia - 2 Emails Ultime discussioni Franco Parpaiola: Salve. Personalmente credo invece che si siano messi sulla strada giusta. Credo che si siano fatti... Harlequin: roberto - ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10 pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... Ultime news Vertice Nato, scontri e violenza: paura Strasburgo è sotto assedio: 300 fermiFecondazione, Schifani ribatte: "Fini sbaglia La legge 40 è buona"Fisco: è di 18mila euro il reddito medio 2007 Il 35% è sotto i 10milaParadisi fiscali, l'Ocse: ecco i Paesi "offshore"Franceschini e tutto il Pd in piazza con la Cgil Sacconi: "Come manifestare contro la pioggia"Borse, Europa in positivo Bce, mini-taglio dei tassiGp di Sepang, la Ferrari domina le prove libereGaffe alla Casa Bianca, cerchi Hillary e risponde una telefonista hard Gf, puntata speciale: esce Vanessa e la casa perde la sua gattamorta "Per avere Beckham venderei mio marito" Blog amici Ethica, blog filosofico di qualità ICT Watch, il blog di Piero Macrì sulle nuove tecnologie il blog di Alessandro Gilioli il blog di Andrea Tornielli Il blog di Faré su Internet & comunicazione il blog di Marista Urru il blog megliotardichemai Il circolo Rosselli, socialismo liberale Il pranista, blog su PR e comunicazione Metropolis, il blog Alberto Taliani Orientalia 4 all Placida signora, il blog di Mitì Vigliero spindoctor, il blog di Marco Cacciotto Wolly, il blog di Paolo Valenti Da non perdere La misteriosa e improvvisa ricchezza di Erdogan La Turchia e l'islamizzazione strisciante Quelle donne turche imprigionate dal velo Vince Erdogan e la Turchia diventa più islamica siti che mi piacciono Cricri créations poétiques, gioielli con l'anima Il sito di R. Gatti, tutto per capire le insidie della droga Italiani per Ron Paul, un bel blog sulle elezioni Usa USI, Università della Svizzera Italiana Siti di Informazione Comincialitalia, il primo quotidiano italiano dei cittadini il blog di Di Ricco, un giornalista italiano in Libano il sito di Fausto Biloslavo il sito di Radio 3 Mondo Jones, un eccellente giornalista inglese La zanzara di Cruciani - Radio 24 Osservatorio Europeo di Giornalismo Prima Pagina, la rassegna stampa di Radio 3 Sito web ilGiornale.it April 2009 M T W T F S S « Mar 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Archivio dei post April 2009 (2) March 2009 (15) February 2009 (11) January 2009 (14) December 2008 (11) November 2008 (10) October 2008 (13) September 2008 (13) August 2008 (9) July 2008 (6) June 2008 (11) May 2008 (8) April 2008 (14) March 2008 (16) February 2008 (14) January 2008 (15) December 2007 (14) November 2007 (21) October 2007 (24) September 2007 (24) August 2007 (32) July 2007 (15) Trackback recenti Scoop del Time: il candidato ideale alla guida del PD: Orientalia4All Dall'America una cura forte per l'editoria: Orientalia4All Haramlik: E per smettere di fumare, una bella Cristoterapia Il Blog di Marcello Foa: Attenti, in Veneto è iniziata la rivolta dei comuni I più votati Ancora su Vasco Rossi e la droga - 54 Votes Una vita meritocratica... - 34 Votes I mutui subprime, la frode della Casta delle banche - 24 Votes Petrolio, libero mercato o libera speculazione? - 20 Votes E la sicurezza? Ai politici non interessa più - 18 Votes Quando i Tg "aiutano" la camorra... - 18 Votes Ma Beppe Grillo è il modello della nuova Italia? - 17 Votes Quanti immigrati può sostenere l'Italia che arranca? - 16 Votes Primarie Usa, truccata la vittoria di Hillary? - 15 Votes Immigrazione: e se avesse ragione Maroni? - 15 Votes Recent Posts Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Il piano Geithner? Un'altra beffa. Non chiedete a Obama di essere spontaneo Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Pagine Biografia Pannello di controllo Login Entries RSS Comments RSS WordPress.com Photos Feed RSS di questo blog Feed RSS dei commenti al blog Il Blog di Marcello Foa © 2009 disclaimer Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti

Torna all'inizio


Corea, la Casa Bianca: pronti a risposta severa (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

MONDO 03-04-2009 Corea, la Casa Bianca: pronti a risposta severa DA TOKYO I l lancio del missile-satellite da parte della Corea del Nord sarebbe una violazione delle risoluzioni Onu e farebbe scattare una risposta «unita e severa». È la posizione degli Stati Uniti che il presidente americano Barack Obama ha illustrato al suo omologo sudcoreano, Lee Myung-Bak, nel corso dell'incontro bilaterale avuto a margine del G20 di Londra. Pyongyang non molla, va avanti e minaccia rappresaglie contro Washington, Tokyo e Seul nel caso tentino di intercettare quello che considera «una esplorazione pacifica dello spazio ». Non a caso, schiera uno squadrone di caccia Mig 23, in prossimità della base di Musudanri, sito da dove è atteso il via alle operazioni di messa in orbita, nel periodo dal 4-8 aprile (ma secondo fonti usa il lancio potrebbe avvenire già domani). La stessa amministrazione Obama prende atto che altri partner del dialogo a Sei (composto da Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e le due Coree) sono contrari al lancio del missile-satellite, ma anche che c'è realisticamente «la generale aspettativa che le attività di lancio andranno avanti. La Corea del Nord, intanto, ha avviato il rifornimento del missile-satellite. Dalle immagini fotografiche dei servizi d'intelligence, emergerebbe che sulla testata del razzo, già pronto sulla rampa, ci sarebbe un apposito alloggiamento per il trasporto di un satellite. Per Usa, Corea del Sud e Giappone, il progetto altro non sarebbe che un test di missile a lunga gittata, il Taepodong-2. Tokyo che ha chiesto riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha annunciato che intende estendere le attuali sanzioni economiche contro il regime comunista, in scadenza il 13 aprile, per un anno intero anziché i sei mesi previsti se Pyongyang procederà con il lancio nei prossimi giorni. Prolungare le misure, ha riferito il segretario di governo Takeo Kawamura, «rafforza le posizioni del Giappone nella ricerca di progressi nel dialogo con la Corea del Nord». Mosca continua invece a raccomandare prudenza: «Non bisogna agitare le paure su questo tema e fare conclusioni affrettate». Pyongyang: rappresaglie se il missile, che potrebbe essere lanciato domani, sarà colpito Tokyo estende le sanzioni Obama e il sudcoreano Lee Myung-bak (Ap)

Torna all'inizio


Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

ECONOMIA 03-04-2009 Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi Il compromesso dei Grandi su regole e stimoli. Mille miliardi in più al Fondo monetario DI ELENA MOLINARI L a Francia ottiene il giro di vite sui paradisi fiscali, sui quali aveva puntato i piedi. Il Fondo Monetario vede triplicate le risorse a sua disposizione per salvare i Paesi messi in ginocchio dalla crisi. E Usa e Gran Bretagna portano a casa la conferma di uno stimolo fiscale da 5mila miliardi di dollari entro la fine del 2010 a sostegno della ripresa dell'economia mondiale. Ma non la promessa di ulteriori iniezioni dirette di capitale nelle economie più in difficoltà. Il G20 iniziato all'insegna della tensione si è chiuso con un accordo di compromesso che non scontenta nessuno e contiene qualche sostanziale passo avanti. Per Barack Obama, che pure non ha ottenuto l'aumento sostanziale di stimoli fiscali che sperava, il giudizio del suo primo vertice economico internazionale è del tutto positivo: ha parlato infatti di «misure senza precedenti» che segnano un «punto di svolta per la crisi economica». Poi si è auto-assegnato parte del merito della buona riuscita del summit, facendo dire a un membro del suo staff che «si deve al presidente Usa la mediazione fra Francia e Cina sui paradisi fiscali». «Ero giunto al G20 di Londra per ascoltare, imparare e fornire leadership americana: penso di avere centrato l'obiettivo», ha ag- giunto il presidente americano. Quindi ha lodato il «coordinamento storico, inimmaginabile 10 o 20 anni fa» che ha unito «Paesi molto diversi come Stati Uniti, Russia e Cina». Il comunicato finale dell'incontro è altrettanto trionfale: «Le azioni che abbiamo intrapreso costituiranno il più grande stimolo fiscale e monetario e il programma di supporto del sistema finanziario di più vasta portata dei tempi recenti. Abbiamo fissato un ulteriore aumento di mille miliardi di dollari per le risorse all'economia mondiale, attraverso le nostre istituzioni finanziarie e il commercio internazionale. Stiamo sostenendo un'espansione fiscale concertata e senza precedenti che salverà o creerà milioni di posti di lavoro, e che ammonterà, entro la fine dell'anno prossimo, a 5mila miliardi di dollari». Se la somma di 5mila miliardi appare enorme, occorre precisare che comprendono sia i nuovi stanziamenti che quelli già avviati dai vari Paesi. Per quanto riguarda la nuova regolamentazione dei mercati finanziari, chiesta da Francia e Germania, invece, i dettagli vanno ancora definiti. Per ora il G20 ha disposto «l'estensione, la sorveglianza e la regolamentazione a tutte le più importanti istituzioni finanziarie, gli strumenti e i mercati finanziari ». La novità, come ha fatto notare con soddisfazione il premier britannico Gordon Brown, è che la regolamentazione si estende per la prima volta anche agli hedge fund. Anche le agenzie di rating, accusate di aver sottovalutato negli ultimi anni il rischio legato al debito delle istituzioni da loro analizzate, verranno sottoposte a supervisione. Riguardo ai paradisi fiscali, il documento parla per la prima volta di sanzioni e rinvia alla lista nera dell'Ocse lo spinoso problema di stabilire chi è in regola e chi non lo è. Misure che, per Brown costituiscono l'avvio di un «nuovo ordine mondiale». «Per la prima volta ha detto il primo ministro britannico il mondo si è unito con un piano concreto per la ripresa globale. Ci siamo accordati sulla necessità di fissare standard contabili internazionali, regole per le agenzie di rating per eliminare i loro conflitti di interesse e per porre fine ai paradisi fiscali che non concedono informazioni su richiesta ». Al Fondo monetario internazionale sono state triplicate le risorse per aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi, portandole a 750 miliardi di dollari. Altri 250 miliardi verranno assicurati sotto forma di garanzie agli esportatori e agli importatori per aiutare il commercio internazionale. Inoltre, viene stanziata una cifra compresa tra 100 e 250 miliardi di dollari di prestiti aggiuntivi, che saranno assicurati dagli organismi di sviluppo multilaterale. Il Fmi da parte sua ha accettato di vendere le sue riserve in oro per aiutare i Paesi più poveri. Sulla lotta al protezionismo si riafferma quanto già detto a Washington (ma non messo in pratica) e cioè l'impegno a «non creare nuovi ostacoli agli investimenti e al commercio». Si ampliano poi i poteri del Financial Stability Forum, che insieme al Fondo monetario è stato incaricato di agire come struttura di "allarme", in grado di prevenire le crisi. Sostegni all'economia per 5mila miliardi totali Aiuti ai Paesi poveri, 50 miliardi dall'Fmi Una dimostrante con un cartello nei pressi della sede dell'incontro del G20 a Londra (Reuters)

Torna all'inizio


Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo) (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (10) blog (1) capitalismo (10) cina (19) comunicazione (2) crisi (12) democrazia (62) economia (32) era obama (17) europa (13) francia (24) germania (5) giornalismo (51) giustizia (2) gli usa e il mondo (64) globalizzazione (46) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (151) manipolazione (6) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (2) pdl (1) politica (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (24) spin (7) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. E ora come la mettiamo con Malpensa? - 3 Emails Ecco come si può davvero aiutare il Tibet - 3 Emails Attenti, Londra tollera la Shaaria... - 3 Emails Usa, la tragica ripicca di un popolo a lungo raggirato - 3 Emails Caso Eluana, un giudizio controcorrente che fa riflettere - 3 Emails In una lettera il ritratto dell'Italia di oggi - 2 Emails Dalla Svizzera una lezione (anche per il centrodestra italiano) - 2 Emails Milva e quei sette milioni nascosti... per la vecchiaia - 2 Emails Ultime discussioni Franco Parpaiola: Salve. Personalmente credo invece che si siano messi sulla strada giusta. Credo che si siano fatti... Harlequin: roberto - ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10 pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... Ultime news Fisco: il reddito medio è di 18mila euro Il 35% degli italiani sotto quota 10milaFecondazione, Schifani ribatte: "Fini sbaglia La legge 40 è buona"Tafferugli al vertice Nato, Strasburgo sotto assedio fermate 300 personeParadisi fiscali, l'Ocse: ecco i Paesi "offshore"Franceschini e tutto il Pd in piazza con la Cgil Sacconi: "Come manifestare contro la pioggia"Borse, Europa in positivo Bce, mini-taglio dei tassiGp di Sepang, la Ferrari domina le prove libereGaffe alla Casa Bianca, cerchi Hillary e risponde una telefonista hard Gf, puntata speciale: esce Vanessa e la casa perde la sua gattamorta "Per avere Beckham venderei mio marito" Blog amici Ethica, blog filosofico di qualità ICT Watch, il blog di Piero Macrì sulle nuove tecnologie il blog di Alessandro Gilioli il blog di Andrea Tornielli Il blog di Faré su Internet & comunicazione il blog di Marista Urru il blog megliotardichemai Il circolo Rosselli, socialismo liberale Il pranista, blog su PR e comunicazione Metropolis, il blog Alberto Taliani Orientalia 4 all Placida signora, il blog di Mitì Vigliero spindoctor, il blog di Marco Cacciotto Wolly, il blog di Paolo Valenti Da non perdere La misteriosa e improvvisa ricchezza di Erdogan La Turchia e l'islamizzazione strisciante Quelle donne turche imprigionate dal velo Vince Erdogan e la Turchia diventa più islamica siti che mi piacciono Cricri créations poétiques, gioielli con l'anima Il sito di R. Gatti, tutto per capire le insidie della droga Italiani per Ron Paul, un bel blog sulle elezioni Usa USI, Università della Svizzera Italiana Siti di Informazione Comincialitalia, il primo quotidiano italiano dei cittadini il blog di Di Ricco, un giornalista italiano in Libano il sito di Fausto Biloslavo il sito di Radio 3 Mondo Jones, un eccellente giornalista inglese La zanzara di Cruciani - Radio 24 Osservatorio Europeo di Giornalismo Prima Pagina, la rassegna stampa di Radio 3 Sito web ilGiornale.it April 2009 M T W T F S S « Mar 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Archivio dei post April 2009 (2) March 2009 (15) February 2009 (11) January 2009 (14) December 2008 (11) November 2008 (10) October 2008 (13) September 2008 (13) August 2008 (9) July 2008 (6) June 2008 (11) May 2008 (8) April 2008 (14) March 2008 (16) February 2008 (14) January 2008 (15) December 2007 (14) November 2007 (21) October 2007 (24) September 2007 (24) August 2007 (32) July 2007 (15) Trackback recenti Scoop del Time: il candidato ideale alla guida del PD: Orientalia4All Dall'America una cura forte per l'editoria: Orientalia4All Haramlik: E per smettere di fumare, una bella Cristoterapia Il Blog di Marcello Foa: Attenti, in Veneto è iniziata la rivolta dei comuni I più votati Ancora su Vasco Rossi e la droga - 54 Votes Una vita meritocratica... - 34 Votes I mutui subprime, la frode della Casta delle banche - 24 Votes Petrolio, libero mercato o libera speculazione? - 20 Votes E la sicurezza? Ai politici non interessa più - 18 Votes Quando i Tg "aiutano" la camorra... - 18 Votes Ma Beppe Grillo è il modello della nuova Italia? - 17 Votes Quanti immigrati può sostenere l'Italia che arranca? - 16 Votes Primarie Usa, truccata la vittoria di Hillary? - 15 Votes Immigrazione: e se avesse ragione Maroni? - 15 Votes Recent Posts Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Il piano Geithner? Un'altra beffa. Non chiedete a Obama di essere spontaneo Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Pagine Biografia Pannello di controllo Login Entries RSS Comments RSS WordPress.com Photos Feed RSS di questo blog Feed RSS dei commenti al blog Il Blog di Marcello Foa © 2009 disclaimer Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti

Torna all'inizio


UE: TOSCANA CAPOFILA PROGETTO EUROPEO PER ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (2). (sezione: Globalizzazione)

( da "Asca" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

UE: TOSCANA CAPOFILA PROGETTO EUROPEO PER ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (2) (ASCA) - Firenze, 3 apr - ''Siamo soddisfatti di questo riconoscimento dell'Unione Europea - ha commentato l'assessore regionale all'innovazione Ambrogio Brenna -. Dimostra come il lavoro della Regione Toscana sui temi dell'innovazione, della conoscenza e dei saperi sia un lavoro ricco di idee, creativita', competenze e capacita' di realizzazione. Ed e' anche grazie a questo riconoscimento che District riparte. Abbiamo infatti una nuova proposta progettuale che presenteremo sul bando Interreg IVC affinche' possano essere approfondite ulteriormente le esperienze acquisite nei tre anni di cooperazione. Un lavoro utile anche per condividere le migliori pratiche per contrastare la deindustrializzazione causata dalla globalizzazione grazie ad un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza e l'innovazione tecnologica''. afe/res/bra (Asca)

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRESS «Il 'G2' darà il tono al resto del summit» ma.fo. «Benvenuti a Londra. Ora, che la battaglia cominci». Così titolava ieri il quotidiano britannico The Guardian, e si riferiva sia alla battaglia giovata all'interno del Excel («Corsa a salvare un accordo, mentre Francia e Germania mettono delle "linee rosse"), sia a quella per le strade («Il carnevale della coalizione arcobaleno diventa cattivo»). Anche il Financial Times ieri usava l'occhiello «Linee di battaglia», ma titolava: «I leaders sotto accusa per i titoli tossici». Sotto, un'intervista al direttore del fondo monetario internazionale, Dominique Strauss Kahn: i governanti mondiali devono affrontare la questione di fondo, dice, cioè «ripulire i pordotti tossici che avvelenano il sistema bancario e rischiano di prolungare la recessione mondiale». Ma questa è solo parte della posta in gioco del G20. «La Cina arriva oggi come una potenza mondiale - e noi dovremmo darle il benvenuto», titola (sempre sul Guardian) un commento di Timothy Garton Ash da Pechino: «Oggi, 2 aprile 2009, potrà essere ricordato come il giorno in cui, attaraverso il catalizzatore di una crisi economica globale, la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa nell'economia mondiale», e: «Il G2 darà il tono al resto del summit». Così anche The Independent: «Il vero summit è stato tra la Cina e gli Stati uniti», titola un commento di Mahish McRae: «Il potere sta scivolando dall'occidente all'Asia ancora più in fretta in conseguenza della flessione globale» delle economie. Il New York Times ieri ignorava, nei suoi titoli on-line, la frattura che si è profilata al G20 tra Francia e Germania da un lato, Gran Bretagna e Stati uniti dall'altro. Apriva invece con il titolo: «La Cina vuole essere il leader mondiale dell'auto elettrica»; nel pezzo, da Pechino, si spiega che i dirigenti cinesi hanno adottato un piano per fare del paese «il produttore leader di veicoli ibridi e completamente elettrici entro tre anni». Nel corso della giornata i titoli sono cambiati, per segnalare che «I cambiamenti nelle regole bancarie sollevano le borse mondiali». «Obama disegna il panorama post-crisi», titolava ieri The International Herald Tribune. Più ironico un titolo on-line dello spagnolo El Pais: «Il G20 ridisegna il capitalismo in 7 ore».

Torna all'inizio


Debutta Obama il verde (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

CLIMA L'inviato Usa al vertice di Bonn: via il 20% delle emissioni «Un taglio ai gas serra» Debutta Obama il verde Daniele Pernigotti BONN Lontano dal G20 londinese, un altro evento multilaterale sta mettendo alla prova la nuova amministrazione degli Stati uniti e le sue relazioni con le nazioni «emergenti», Cina e India in testa. E' la conferenza dei 175 paesi aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite clima, riunita a Bonn questa settimana per preparare il terreno al vertice che nel prossimo dicembre, a Copenhagen, dovrebbe definire un accordo per il dopo-Kyoto, ovvero che definisca impegno per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas «di serra» da qui al 2020 - ovvero vada oltre l'orizzonte del trattato che prende il nome dalla città giapponese, che chiedeva di tagliare entro il 2010 le emissioni di gas di serra del 5,2% in media rispetto al 1990. La conferenza di Bonn è la prima uscita ufficiale dell'amministrazione di Barack Obama per ciò che riguarda la politica del clima: significativo, dunque, che a guidare la delegazione americana in Germania sia Todd Stern, già capo delegazione Usa ai tempi della stesura del Protocollo di Kyoto (allora alla Casa Bianca c'era Bill Clinton). E Stern non ha perso tempo nell'annunciare la volontà americana di invertire la rotta rispetto al recente passato e di riportare gli Usa alla guida dei negoziati sul clima. Del resto, fin dal suo insediamento Obama ha posto la lotta ai cambiamenti climatici tra le priorità del suo governo, al pari della volontà di uscire dalla crisi economico-finanziaria mondiale o di mettere fine alla guerra in Iraq. Un cambio netto rispetto al predecessore George W. Bush, che aveva inaugurato la sua amministrazione ricusando proprio il Protocollo di Kyoto. A dare il segno delle intenzioni di Washington, martedì il governo Usa ha presentato la sua bozza di legge sull'energia pulita e la sicurezza energetica, un pacchetto molto ampio che promuove la produzione di energia pulita, i sistemi di trasporto a minore emissione di CO2, la costruzione di edifici più efficienti dal punto di vista energetico e l'ammodernamento di quelli esistenti, un utilizzo più efficiente dell'energia ma soprattutto accetta la logica della riduzione delle emissioni di CO2, rifiutata in passato non aderendo al Protocollo di Kyoto. Ecco dunque l'annunciato stimolo alla green economy. In campagna elettorale Obama aveva promesso di tornare entro il 2020 allo stesso livello di emissioni del 1990, impegno già significativo considerato che da allora le emissioni americane sono cresciute di circa il 13%. La proposta di legge fissa però un taglio maggiore delle emissioni, portandole nel 2020 sotto il 7% rispetto al valore del 1990 che, considerando i valori attuali, significa una riduzione netta del 20%. Definire gli impegni Usa di riduzione delle emissioni di gas di serra è anche il primo passo per entrare a far parte del «mercato della CO2», già avviato in Europa: si tratta dello scambio di quote di emissioni ammesse tra i paesi industrializzati legati dal Protocollo di Kyoto, un meccanismo simile a una borsa, da cui il mondo imprenditoriale americano non vuole restare escluso. La bozza americana di nuova politica energetica e impegni al taglio delle emissioni è stata accolta in modo molto favorevole, ieri, dall'Unione europea, per bocca del suo commissario all'ambiente Stavros Dimas, oltre che da dalle ong ambientaliste qui presenti. Anche Cina e India hanno manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto finora accettato. Ma questa è appunto la posta in gioco dei negoziati in vista del vertice di dicembre. Ed è su questo processo negoziale che gli Usa vogliono riprendere una leadership, per sbloccare la situazione attualmente di stallo e arrivare a definire un quadro di impegni post-Kyoto (il trattato che definisce impegni dei paesi industrializzati fino al 2012). Va in questo senso la proposta lanciata da Obama alla vigilia della conferenza di Bonn, di un incontro tra i principali paesi emettitori di gas serra, il 27 e 28 aprile a Washington. Anche il predecessore Bush aveva convocato un minivertice sul clima, nel 2007: la differenza è che Obama non lo intende come un tavolo alternativo che delegittima l'Onu, bensì come un ambito di negoziazione ristretto ma funzionale all'accordo di Copenhagen. Ne consegue anche la richiesta all'Italia di dare spazio, in coda al G8 di luglio, a ulteriori due giorni di lavoro sul clima. Invito che Silvio Berlusconi è stato costretto ad accettare, nonostante i cambiamenti climatici non siano certo una priorità del governo italiano: non si spiegherebbe altrimenti la mozione recentemente presentata al Senato che mette in discussione l'esistenza stessa dei cambiamenti climatici e le connesse responsabilità umane, con un testo che mostra ampia ignoranza scientifica e arriva a ipotizzare addirittura che in un pianeta più caldo i benefici per l'ambiente e l'uomo sarebbero maggiori dei danni.

Torna all'inizio


Cannes, Nominate le giurie Film e Press. Scotto di Carlo rappresentante per l'Italia (Film) (sezione: Globalizzazione)

( da "PubblicitàItalia.it" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

03/04/2009 Cannes, Nominate le giurie Film e Press. Scotto di Carlo rappresentante per l'Italia (Film) Sono state diffuse ufficialmente ieri le composizioni delle giurie Film e Press al prossimo 56 Festival internazionale della pubblicità di Cannes 209. A presiedere entrambe le giurie sarà David Lubars, chairman e cco di BBDO North America. I vincitori del Press saranno annunciate mercoledì 24 giugno, i vincitori Film sabato 27. I giurati della categoria Film sono: Pablo Martin Batlle, DDB Argentina; Steve Back, Saatchi & Saatchi Australia; Joeri Van Den Broeck, Famous Belgio; Sophie Schoenburg, AlmapBBDO Brasile; Janet Kestin, Ogilvy & Mather Canada; Nicolai Stahl, Hjaltelin Stahl & Co Danimarca; Andrea Stillacci, Callegari Berville Grey Francia; Wolf Heumann, Jung von Matt/Elbe Germania; Agnello Dias, TapRoot India; Luca Scotto di Carlo (nella foto), Publicis Italia; Toshiya Kono, Kono-Team Hakuhodo Giappone; Carl W. Jones, Y&R Messico; Tore Woll, McCann Norway; Ross Chowles, The Jupiter Drawing Room Sud Africa; Germán Silva, Euro Rscg Worldwide Spagna; Johan Elsner, Storåkers McCann Svezia; Sompat Trisadikun, Leo Burnett Tailandia; Richard Bullock, 180 Amsterdam Paesi Bassi; Bil Bungay, Beattie McGuinness Bungay Uk; Lisa Bennett, , DDB West Usa; Ted Royer, Droga5 Usa. I giurati Press sono: Pablo Gil, Grey Argentina; Jay Benjamin, Leo Burnett Australia; Dominique van Doormaal, Euro Rscg Belgio; Leo Macias, Talent Publicidade Brasile; Stephen Jurisic, john st. Canada; Tiger Fu, Lintas Cina; Xavier Beauregard, Draftfcb Francia; Matthias Schmidt, Scholz & Friends Group Germania; Abhijit Avasthi, South Asia, Ogilvy & Mather India; José Bomtempo, BAR Creativity Portogallo; John Merrifield, TBWA\Asia Pacific Singapore; Graeme Jenner, Net#work BBDO Sud Africa; Uschi Henkes, Zapping/M&CSaatchi Spagna; Wiboon Leepakpreeda, Monday Tailandia; Marcel Hartog, Publicis Paesi Bassi; Karpat Polat, DDB&Co. Turchia; Rosie Arnold, BBH Uk; Gerry Graf, Saatchi & Saatchi Usa.

Torna all'inizio


G20 anti crisi: entrare nei paradisi fiscali e riportarne i conti a terra (sezione: Globalizzazione)

( da "Panorama.it" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

- Economia - http://blog.panorama.it/economia - G20 anti crisi: entrare nei paradisi fiscali e riportarne i conti a terra Posted By joshua.massarenti On 1/4/2009 @ 15:12 In Headlines | 10 Comments (Credits: [1] grittycitygirl by Flickr) Rare sono le volte in cui un vertice internazionale riesce ad attrarre l'attenzione dell'intero pianeta, e ancora più rare sono le volte in cui il medesimo vertice riesce a portare a casa almeno un risultato tangibile rispetto ai proclami sventolati tra i media alla sua vigilia. Su entrambi i fronti, il [2] Summit del G20 in programma a Londra il 2 aprile per lanciare un'azione coordinata contro la crisi e rifondare il sistema finanziario, può già ritenersi un successo. Certo, è ancora troppo presto per dire se questo vertice entrerà di diritto nella Storia, ma è altrettanto certo che una vittoria i leader delle venti nazioni economicamente più potenti del mondo se la sono già aggiudicata. Al termine di un braccio di ferro durato settimane, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito hanno finito per mettere le mani su una realtà finanziaria diventata simbolo di tutte le derive dell'attuale sistema economico: i paradisi fiscali. In nome della concorrenza imprenditoriale, della libera circolazione dei capitali e della necessità di ridurre al minimo l'intervento dello Stato nell'economia di mercato, dagli anni '80 i paradisi fiscali sono diventati roccaforti inespugnabili. Ma con la crisi economica, i governi si sono accorti della necessità di regolare queste piazze finanziarie situate ai margini del sistema. Al di là dell'ostilità crescente dell'opinione pubblica, gli Stati occidentali attualmente costretti a prelevare centinaia di milioni di euro dalle casse pubbliche per rilanciare la loro economia, non possono più tollerare la presenza di "buchi neri fiscali" che alimentano la fuga di capitali consentendo a grandi fortune, banche e multinazionali di pagare meno tasse. Se per gli Stati Uniti il mancato guadagno ammonterebbe a circa 100 miliardi di dollari, l'evasione fiscale costerebbe alla Germania 30 miliardi di euro e 20 miliardi a testa a Francia e Regno Unito. Una bella botta, e meritata se è vero secondo quanto sostengono alcuni analisti che ognuno di questi paesi ha coltivato per anni legami stretti con paradisi fiscali: Isole Bermude e Stato del Delaware per gli USA, Andorra e Monaco per la Francia, le Isole anglo-normanne (Jersey e Guerseney) per la Gran Bretagna, Svizzera, Lichtenstein e Lussemburgo per la Germania, al quale si aggiungono Hong Kong e Singapore per la Cina. Ma l'affiliazione è per la verità molto più trasversale sul piano geografico. La maggioranza delle multinazionali quotate in borsa possiedono filiali in paradisi fiscali. È il caso delle grandi imprese francesi iscritte al [3] CAC 40 (il listino borsistico di Parigi), che detengono 1.470 filiali in territori 'extrafiscali'. In Italia, si calcola che oltre il 50% delle aziende iscritte sul listino di Piazza Affari, nonché il 25% dei gruppi bancari, possiedono una partecipata in un paradiso fiscale. Di fronte all'entità del fenomeno, ecco un "viaggio" tra i paradisi fiscali per capirne meglio l'identità, la dimensione e il modo con cui combatterli. Quanti sono. Secondo una Black List pubblicata a metà marzo dall'[4] Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico (Ocse), nel mondo ci sono 46 paradisi fiscali. Si va dai fazzoletti di terra noti per accogliere centri urbani ridotti a una via centrale costellata da migliaia di buste lettere (è il caso delle Isole Cayman) allo Stato del Delaware, passando per la Svizzera e paesi 'insospettabili' della zona UE (Belgio e Austria) che hanno fatto del segreto bancario uno strumento irresistibile per banche e multinazionali. Peso finanziario. Il loro peso finanziario varia dai 1.700 miliardi di dollari calcolati nel 2000 dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ai 11.500 miliardi stimati dalla Rete mondiale per la giustizia fiscale nel 2005. Questi attivi finanziari vedono in prima linea 4.000 banche, 2.000 fondi speculativi e circa 2 milioni di società fittizie. Si calcola che oltre il 50% dei flussi finanziari del pianeta transitano per i paradisi fiscali. Cosa sono. Sotto questo vocabolo si nascondono non soltanto dei paesi dotati di un regime fiscale vantaggioso, se non addirittura inesistente, ma anche dei centri finanziari meglio noti come "offshore". In senso stretto, appartengono alla categoria dei paradisi fiscali quei paesi e territori che accolgono non-residenti (individui, imprese) che vogliono fuggire alle tasse di un paese terzo. I non-residenti finiscono per ottenere un regime fiscale simile a quello dei residenti, se non più vantaggioso. Gli offshore (letteralmente "lontano dalle coste") invece sono composti da Stati e territori che accolgono banche, compagnie di assicurazione e gestionari di fondi (special modo gli hedge funds, i fondi speculativi), senza disporre né imporre nessun tipo di regole fiscale. In questo caso, il regime amministrativo si applica all'attività economica prodotta sul territorio degli offshore. A un'impresa basta quindi aprire una semplice casella postale e creare cosi' una società fittizia con lo scopo di nascondere il proprietario o il benefeciario di determinati beni con motivi che vanno dal riciclaggio di denaro sporco all'occultamento di proprietà. Riassumendo, come sottolinea [5] Le Monde, "se i paradisi fiscali non sono tutti dei 'paradisi regolamentari', al contrario i centri finanziari offshore sono nella maggior parte del caso dei paradisi fiscali". Come identificarli. Secondo l'Ocse, tre parametri accomunano i paradisi fiscali: una tassazione nulla o molto bassa; la poca trasparenza e sopratutto la scarsa volontà di comunicare la benché minima informazione fiscale a un'autortià straniera. L'[6] Ong Trasparency International ha aggiunta due altri parametri: i paradisi sono solitamente paesi dotati di una buona stabilità politica ed economica; hanno poi in comune un segreto bancario inviolabile, il che ne fa anche dei "paradisi giudiziari". Come colpirli. Questo il cuore del problema. Molti si sono sorpresi di vedere affiancati nella lista nera stilata dall'Ocse veri e propri buchi neri della finanza internazionale come le Isole Cayman, e la Svizzera, ardua difensore del segreto bancario ma irritata - e riprendiamo le parole del ministro degli Affari esteri svizzero, Micheline Calmy-Rey - all'idea di essere assimilata a "un paradiso fiscale". In realtà, includendo nel gruppo dei paradisi fiscali quei paesi arroccati al segreto bancario, la presidenza britannica del G20 ha voluto colpire i governi europei che da sempre rifiutono qualsiasi collaborazione per lo scambio di informazioni fiscali con paesi terzi. In cambio della promessa di non essere iscritti sulla nuova Black list dei paesi "non cooperanti" che verrà pubblicata durante il Summit di Londra, prima il Belgio e l'Austria, e poi la Svizzera si sono piegati alle esigenze del G20 dicendosi aperti a collaborare (gli svizzeri solo "caso per caso"). Un altro successo è stato quello incassato con Andorra, il cui premier liberale, Albert Pintat si è impegnato a favore dell'approvazione entro novembre 2009 di un progetto di legge che prevede la fine del segreto bancario nel quadro di accordi bilaterali di scambi di informazioni fiscali con altri Stati. Ma per gli Stati Uniti non basta. A Londra, il presidente Barack Obama proporrà ai membri del G20 un sistema di valutazione sulla conformità di ogni paese alle regole internazionali in materia fiscale, di regulation e di riciclaggio di denaro sporco. "Tuttavia" ricorda Le Monde, "il G20 dovrà fare i conti con Brasile, India, Russia e Cina", alcuni dei quali contrari alla creazione di una lista nera di 'paesi canaglia'. La partita contro i paradisi fiscali non è ancora chiusa.

Torna all'inizio


Prysmian, nuova Commessa in Russia per costruzione rete Elettrica (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Prysmian, nuova Commessa in Russia per costruzione rete Elettrica (Teleborsa) - Roma, 3 apr - Prysmian S.p.A. ha acquisito una nuova commessa in Russia per la realizzazione di una rete elettrica ad alta tensione a San Pietroburgo da parte di FSK, il gestore nazionale della rete di trasmissione di energia. Lo si legge in una nota. Il progetto prevede la progettazione e installazione da parte di Prysmian di un sistema di trasmissione di energia a 330 kV composto da un cavo interrato ad elevata tecnologia della lunghezza di 80 km, che verrà prodotto nello stabilimento di Prysmian in Finlandia e il cui completamento è previsto per metà 2010. Il progetto ha un valore di circa 20 milioni di euro e segue altre importanti commesse acquisite in Russia da Prysmian tra il 2007 e il 2008, tra le quali si evidenzia l'accordo con Moscow City per la fornitura di cavi e accessori alta tensione e la modernizzazione della rete di trasmissione a Mosca. Prysmian, che partecipa alla missione in Russia organizzata dal Governo, Confindustria, ICE e ABI, ha uffici a Mosca e ha raggiunto in Russia ottimi risultati triplicando nel triennio 2006-2008 il valore delle vendite nel Paese. La Russia rappresenta un mercato strategico per Prysmian in particolare nel settore dei cavi alta tensione. Le principali utilities e gli operatori di rete russi hanno infatti in programma investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle reti elettriche, per un valore superiore ai 10 miliardi di euro. Prysmian è leader mondiale in questo settore e ha avviato la produzione di cavi alta tensione anche in Italia, con la commessa per la realizzazione della prima "merchant line" nazionale, rete elettrica per la trasmissione di energia di proprietà di privati. Tra le altre commesse importanti acquisite recentemente da Prysmian nel settore dei cavi alta tensione, da evidenziare il progetto KAHRAMAA fase VIII in Qatar, del valore di 168 milioni di euro (in consorzio con Nexans), per la progettazione e installazione di un sistema di cavi alta tensione che andranno a costituire una rete all'interno del complessivo progetto di espansione del sistema di trasmissione energia in corso nel Paese. Il settore dei cavi e sistemi per la trasmissione di energia presenta importanti prospettive anche in altre aree del mondo come USA e Cina, Paesi nei quali Prysmian ha avviato investimenti per l'incremento della capacità produttiva. In USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di dollari per l'ammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l'entrata in funzione di un nuovo stabilimento alta tensione, il primo nel Paese. In Cina, dove il Governo prevede investimenti per 26.000 km di reti elettriche, Prysmian ha ampliato la capacità produttiva dello stabilimento di Baoying. 03/04/2009 - 13:00

Torna all'inizio


Liguria/ Meno incendi nel 2008 grazie alla prevenzione (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Genova, 3 apr. (Apcom) - Grazie alla prevenzione nel 2008 in Liguria il numero di incendi è diminuito sensibilmente. Ad attestarlo i dati diffusi dall'Assessorato all'Agricoltura e alla Protezione Civile della Liguria: da una media annua di 475 incendi, nel periodo 2002-2006, si è passati ai 333 roghi del periodo 2007-2008. Contemporaneamente la superficie media annua percorsa dal fuoco è scesa a 1900 ettari contro la media di 3560 ettari dello stesso precedente periodo. Nel 2008, in particolare, con 289 roghi segnalati, si è registrata una netta diminuzione degli incendi boschivi rispetto alla media annuale dei precedenti 5 anni. La superficie media a incendio, inoltre, è scesa a 3 ettari contro gli 11 ettari degli anni dal 2002 al 2006. "Si tratta di un importante risultato -ha dichiarato l'assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure". "Il Volontariato ligure -ha proseguito Cassini- è quindi una straordinaria forza operativa, in possesso di un buon livello professionale, grazie alla formazione effettuata ai sensi del Piano regionale AIB e di una sufficiente dotazione di attrezzature e automezzi in gran parte acquistati con fondi regionali. Una dotazione destinata a crescere ulteriormente -ha concluso l'assessore regionale alla Protezione Civile- con la consegna di 44 nuovi pick up con modulo antincendio e di 20 furgoni per il trasporto di materiali e cose". Per domani a Genova e La Spezia la Regione ha organizzato una giornata dedicata alla salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio colpito dagli incendi e dai dissesti idrogeologici. E' la quarta edizione dell'iniziativa 'Noi per Voi' promossa dall'Assessorato regionale all'Agricoltura e alla Protezione Civile. A Genova la manifestazione si aprirà alle 11, in piazza Caricamento, alla Spezia, alle 9, in piazza Europa. Sia a Genova, sia alla Spezia, i volontari della Protezione Civile e dell'antincendio boschivo, insieme con gli agenti del Corpo Forestale dello Stato e i Vigili del Fuoco saranno a disposizione dei cittadini che potranno ritirare materiale informativo con le 10 regole per non mandare in fumo i boschi, vedere e conoscere da vicino gli speciali automezzi e le diverse apparecchiature utilizzate nella lotta agli incendi boschivi e per gli altri interventi di emergenza sul territorio. Il programma delle due manifestazioni prevede esercitazioni con lo spegnimeto simulato di incendi boschivi, altre iniziative per i più piccini e dimostrazioni varie. Tutti i bambini che porteranno nelle due piazze di 'Noi per Voi' un disegno o una poesia sul tema della Protezione Civile e del bosco riceveranno in omaggio un kit del volontario preparato dalla Regione Liguria per la difesa del territorio con la t-shirt con il numero verde del centro operativo regionale 800.80.70.47 e il tesserino del Salvaboschi.

Torna all'inizio


LIGURIA/ MENO INCENDI NEL 2008 GRAZIE ALLA PREVENZIONE (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Liguria/ Meno incendi nel 2008 grazie alla prevenzione di Apcom Contro incendi boschivi a Genova e La Spezia torna 'Noi per voi' -->Genova, 3 apr. (Apcom) - Grazie alla prevenzione nel 2008 in Liguria il numero di incendi è diminuito sensibilmente. Ad attestarlo i dati diffusi dall'Assessorato all'Agricoltura e alla Protezione Civile della Liguria: da una media annua di 475 incendi, nel periodo 2002-2006, si è passati ai 333 roghi del periodo 2007-2008. Contemporaneamente la superficie media annua percorsa dal fuoco è scesa a 1900 ettari contro la media di 3560 ettari dello stesso precedente periodo. Nel 2008, in particolare, con 289 roghi segnalati, si è registrata una netta diminuzione degli incendi boschivi rispetto alla media annuale dei precedenti 5 anni. La superficie media a incendio, inoltre, è scesa a 3 ettari contro gli 11 ettari degli anni dal 2002 al 2006. "Si tratta di un importante risultato -ha dichiarato l'assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure". "Il Volontariato ligure -ha proseguito Cassini- è quindi una straordinaria forza operativa, in possesso di un buon livello professionale, grazie alla formazione effettuata ai sensi del Piano regionale AIB e di una sufficiente dotazione di attrezzature e automezzi in gran parte acquistati con fondi regionali. Una dotazione destinata a crescere ulteriormente -ha concluso l'assessore regionale alla Protezione Civile- con la consegna di 44 nuovi pick up con modulo antincendio e di 20 furgoni per il trasporto di materiali e cose". Per domani a Genova e La Spezia la Regione ha organizzato una giornata dedicata alla salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio colpito dagli incendi e dai dissesti idrogeologici. E' la quarta edizione dell'iniziativa 'Noi per Voi' promossa dall'Assessorato regionale all'Agricoltura e alla Protezione Civile. A Genova la manifestazione si aprirà alle 11, in piazza Caricamento, alla Spezia, alle 9, in piazza Europa. Sia a Genova, sia alla Spezia, i volontari della Protezione Civile e dell'antincendio boschivo, insieme con gli agenti del Corpo Forestale dello Stato e i Vigili del Fuoco saranno a disposizione dei cittadini che potranno ritirare materiale informativo con le 10 regole per non mandare in fumo i boschi, vedere e conoscere da vicino gli speciali automezzi e le diverse apparecchiature utilizzate nella lotta agli incendi boschivi e per gli altri interventi di emergenza sul territorio. Il programma delle due manifestazioni prevede esercitazioni con lo spegnimeto simulato di incendi boschivi, altre iniziative per i più piccini e dimostrazioni varie. Tutti i bambini che porteranno nelle due piazze di 'Noi per Voi' un disegno o una poesia sul tema della Protezione Civile e del bosco riceveranno in omaggio un kit del volontario preparato dalla Regione Liguria per la difesa del territorio con la t-shirt con il numero verde del centro operativo regionale 800.80.70.47 e il tesserino del Salvaboschi.

Torna all'inizio


ANTONIO TROISE ROMA. IL PREMIER INGLESE PARLA APERTAMENTE DI UN SUCCESSO. IL PRESIDENTE AMERICANO... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Benevento))

Argomenti: Cina Usa

ANTONIO TROISE Roma. Il premier inglese parla apertamente di un successo. Il presidente americano, Obama, alla sua prima uscita sulla scena internazionale, non nasconde la sua soddisfazione: «È un vertice storico». E, in generale, i commenti dei premier che hanno partecipato al G20 di Londra vanno tutti nella stessa direzione. Certo, nelle nove paginette del comunicato finale del summit nessuno ha mai sperato di trovare una soluzione definitiva alla più grave crisi economica dal 1929. E sono pochi quelli che intravedono, nella filigrana del documento conclusivo, l'avvio della nuova «Bretton woods», pure invocata alla vigilia dell'appuntamento londinese. Ma tutti sapevano, fin dall'inizio, che erano condannati a trovare un accordo, per dimostrare la volontà dei grandi della terra di agire in maniera «coordinata» contro la crisi e per lanciare l'ennesimo segnale rassicurante sui mercati. Ma non tutti i risultati sperati sono stati centrati. Gli Stati Uniti, con Obama, hanno tentato fino all'ultimo di strappare all'Europa un impegno più concreto sul versante della spesa pubblica. Invitando i paesi del «vecchio continente» ad imboccare con decisione la strada americana di una nuova politica espansiva accompagnata da una forte riduzione delle tasse. Ma la Germania prima e, poi, via via, tutti gli altri partner dell'Ue, hanno tirato il freno. È vero che dal G20 è arrivata un'ulteriore iniezione di mille miliardi di dollari a favore dell'Fmi, una cifra che si aggiunge ai 5mila miliardi già stanziati. Ma, a ben vedere, si tratta di risorse già sulla pista di lancio. A Londra, di realmente nuovo, si è visto ben poco. Qualche passo in avanti si è fatto, invece, sul terreno della riforma dei mercati finanziari. Si è deciso, infatti, un rafforzamento dei poteri del Financial stability forum: l'organismo presieduto da Mario Draghi ha cambiato una consonante (da Fsf diventerà Fsb, dove l'ultima lettera sta per board) ed ha allargato il numero dei suoi componenti (oltre ai paesi del G20, ci sarà anche la Spagna e la Commissione Europea). Siamo, però, ben lontani da quella nuova architettuta di regole e di controlli che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, anche ieri ha lanciato sul tavolo riproponendo il suo progetto di un nuovo «legal standard». Una strada che continua a non convincere del tutto Paesi come gli Stati Uniti, gelosi della propria autonomia. Molto probabilmente il tema sarà sul tavolo del G8 che si svolgerà in luglio alla Maddalena. Con Berlusconi che si impegnerà a sistemare nuovi tasselli alla riforma dei mercati finanziari. Ieri, però, il G20 ha incassato un primo risultato importante, mettendo fine, come si legge nel comunicato, all'epoca del segreto bancario e pubblicando la lista dei paradisi fiscali. Ma forse, la vera novità del vertice di Londra si è vista soprattutto fuori dalle riunioni ufficiali fra i premier, nelle strade della City invase dai manifestanti, nelle vetrine delle banche infrante, negli striscioni e negli slogan contro i manager che hanno portato al disastro. Insomma, al tavolo dei grandi comincia a essere sempre più presente la voce di coloro che fanno i conti, sulla propria pelle, della grande crisi. Un tema rimasto, fino ad ora, in ombra, messo in secondo piano dai crack del sistema finanziario e dalla necessità di salvare le banche. Ora, invece, l'aspetto sociale della recessione entra di forza nell'agenda dei premier, sollecita un nuovo «patto sociale». Poche novità, infine, sull'altra grande questione lasciata in sospeso, quella del protezionismo. È vero che nel documento londinese si criticano le misure tese a limitare il commercio mondiale. Ma, in calce al comunicato, ci sono le firme di molti dei paesi che, in realtà, hanno già deciso interventi tesi a proteggere le rispettive economie. Non ricordando che, dietro alla lunga stagione dello sviluppo cancellata oggi dalla recessione, c'è stata proprio l'apertura dei mercati e quella globalizzazione che ieri era invocata da tutti e che oggi, tutti, vorrebbero dimenticare.

Torna all'inizio


FRANCESCO ROMANETTI IL CAPITALISMO? NON STA MESSO PER NIENTE BENE. E I LEADER RIUNITI AL G20, GRA... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Benevento))

Argomenti: Cina Usa

FRANCESCO ROMANETTI Il capitalismo? Non sta messo per niente bene. E i leader riuniti al G20, gratta gratta, hanno cercato i modi per salvarlo. Perché il rischio - per industriali, banchieri e multinazionali - è quello di essere risucchiati nel vortice di una crisi di cui nessuno sa davvero intravedere l'esito finale. Ne è convinto Ignacio Ramonet, giornalista e scrittore, che per anni dalla direzione di «Le Monde Diplomatique» è stato uno dei più feroci e spietati critici dell'ultraliberismo dominante, anche quando intellettuali e mass media cantavano in coro le lodi del «pensiero unico». A Napoli per partecipare ad un convegno su Cuba nel cinquantenario della rivoluzione - organizzato dall'Università degli Studi «L'Orientale» - Ramonet è anche il giornalista che ha raccolto il «testamento politico» di Fidel Castro: un'autobiografia «a due voci», in forma di libro-intervista. Con lui abbiamo parlato del possibile tramonto di un modello di sviluppo. Al vertice G20 di Londra alla fine si è arrivati a un'intesa. Ma si è assistito anche ad una contrapposizione di linee. Da una parte l'America e da un'altra una parte dell'Europa. Che vuol dire? «Vuol dire che effettivamente ci sono due scuole di pensiero, due visioni politiche. La prima, capeggiata da Usa e Gran Bretagna, che chiede più liquidità, più denaro per le banche. La seconda, con Sarkozy e la Merkel, che sottolinea soprattutto la necessità di una regolamentazione del mercato. Non mi sorprende che alla fine si sia tenuto conto di entrambe le tendenze». Ma che tipo di capitalismo, che tipo di società, quali rapporti sociali, emergeranno da questa crisi? Ci sarà un nuovo New Deal? «So dire che cosa sicuramente non sopravviverà: è impossibile la restaurazione di un nuovo liberismo. Questo è ormai chiaro a tutti. Il capitalismo per uscire dalla crisi deve necessariamente fare alcune cose: sopprimere i paradisi fiscali, neutralizzare i fondi tossici, risanare e ripulire le Borse, garantire metodi contabili trasparenti. Tutto questo vuol dire regolamentare, dotarsi di nuove regole. Insomma, i tempi del mercato onnipotente, senza regole e controlli, sono finiti». Quanto conterà la presidenza Obama? Detto in altri termini, un po' iperbolici: Obama è un leader «rivoluzionario»? «Ne ha i tratti. È un presidente che finora ha stupito per le misure che ha annunciato e che ha cominciato a prendere nel suo Paese. Ma attenzione: in quanto presidente degli Stati Uniti, Obama è anche a capo dell'Impero. E io penso che Barack Obama avrà molte più difficoltà a governare l'Impero che a cambiare l'America». E c'è chi dice che stavolta non sarà l'America, ma la Cina, a salvare il mondo dalla crisi. Lo ha scritto Fidel Castro, citando il premio Nobel Jospeh Stiglitz. Lei è d'accordo? «No, è una tesi che non mi convince, sulla quale non sono d'accordo. Innanzi tutto perché l'economia cinese dipende dal valore del dollaro. In secondo luogo perché il capitalismo, ristrutturandosi e modificandosi, non potrà basarsi su alti consumi, ma dovrà mettere capo ad un'economia "verde". Il modello cinese, almeno per ora, va in un'altra direzione, essendo stato costruito ed essendo cresciuto essenzialmente sull'esportazione. Inoltre, va ricordato che anche in Cina la crisi è già arrivata e che anche lì ci sono già decine di milioni di nuovi disoccupati, dovuti proprio alla contrazione delle esportazioni». Non ci sono solo i duri scontri di Londra, legati al vertice. In Francia si stanno diffondendo nuove forme di protesta operaia, con il «sequestro» dei dirigenti di aziende che licenziano. È il sintomo di qualcosa di profondo? «È il segno dell'opposizione sociale alla crisi. Potrei anche dire, con altre parole, che stiamo assistendo ad un ritorno della lotta di classe. In Francia ha assunto quelle connotazioni probabilmente anche per l'insufficienza o l'impreparazione del sindacato tradizionale. Gli operai e i lavoratori che "fanno da sé" esprimono una reazione ad una situazione difficile. È una fase delicata. La crisi crea sofferenza sociale e protesta: è la protesta che dice no al licenziamento dei lavoratori mentre i banchieri guadagnano». È possibile, in questa fase, immaginare anche gli sbocchi politici della crisi? «La protesta sociale sprigiona un'energia fisica straordinaria, ma è importante che tutta questa energia non si disperda e non si esaurisca nella rabbia, in azioni senza conseguenze. La scommessa è proprio questa: mettere in moto processi politici per la trasformazione sociale. Ma uno sbocco possibile è anche quello di una democrazia autoritaria. Non dimentichiamo che in passato, proprio in Europa, la crisi ha generato il fascismo e il nazismo».

Torna all'inizio


Furti nelle case? Le ronde non ci aiuteranno (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Furti nelle case? Le ronde non ci aiuteranno» Il sindaco Zanchetta: «Meglio la videosorveglianza, e si fa troppa confusione con la Protezione civile» Venerdì 3 Aprile 2009, Ponte di Piave (g.r.) Meglio la videosorveglianza a la vigilanza delle Forze dell'ordine. Rondista contro protezione civile? Il sindaco di Ponte di Piave Roberto Zanchetta critica il sistema delle ronde. Solo la settimana appena trascorsa registra una serie di furti in pizzerie e bar a Motta di Livenza e Chiarano. Altre incursioni a Gorgo al Monticano e ancora furti in abitazione ed esercizi pubblici a Ponte di Piave e Salgareda. «Il comprensorio sembra nuovamente sprofondato nella sue cronache criticità. Ma non è tanto questo il punto dolente, seppur preoccupante. Ciò che fa sorridere è la presa d'atto di uno strisciante conflitto fra istituzioni sul tema "ronde". Segnalo infatti un singolare carteggio sulle nostre già cariche scrivanie di sindaci. Da un lato - dice - il carteggio del "perfetto rondista" e, dall'altro, dell'umile "volontario di protezione civile". Protagonisti di questo scambio il capo della Protezione Civile, Bertolaso e l'assessore alla Protezione Civile, Elena Donazzan. Si dice che la materia della protezione civile è ben altra cosa dall'ordine pubblico e dalla sicurezza: fa capo alla Presidenza del Consiglio. Le seconde, ossia l'ordine pubblico e la sicurezza, sono ricondotte all'Interno. In sintesi: ci sono rondisti di serie A e rondisti di serie B. La missiva si chiude chiedendo di avvisare in caso di irregolarità». «Era necessario arrivare a questo punto?» si chiede Zanchetta. «Ci si deve ora anche accollare segnalazioni di non meglio precisate "Associazioni fra cittadini" che non rispettano il famoso articolo 6 del decreto legge istitutivo delle ronde. Ciò che più sconcerta è che certi meccanismi legislativi messi in piedi finiscono solo per intasare le nostre scrivanie costringendoci a leggere carte su carte al limite del parossistico scontro fra diverse competenze istituzionali» conclude criticamente il sindaco.

Torna all'inizio


Protezione civile, lavori per 600 mila euro (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il (Belluno)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Protezione civile, lavori per 600 mila euro Venerdì 3 Aprile 2009, Feltre (G.P.) La Protezione Civile è sempre stata un fiore all'occhiello della sezione Ana di Feltre, non fosse altro perché il contributo in ore di lavoro offerto dai volontari nel 2008, calcolato sul salario di un operaio medio, ammontava a quasi 600 mila euro. Per domani sabato, alle 11, nell'ufficio della Protezione Civile comunale situato al piano terra dei magazzini di via Vignigole, il presidente Ana Renzo Centa ha indetto una conferenza stampa per svelare i contenuti dell'esercitazione sezionale di protezione civile "Feltre 2009". Intanto, è stato inviato ai soci il nuovo numero del periodico sezionale "Alpini... Sempre!", diretto da Carlo Rossi e che ha come direttore responsabile Gianpaolo Sasso, il quale, ovviamente, ha dedicato ampio spazio alla recente assemblea sezionale tenutasi a fine febbraio nell'auditorium dell'Istituto Canossiano. In esso, vengono riproposte, sintetizzate, la relazione morale del presidente Centa e quelle dei vice delegati alle varie attività sezionali. Nella seconda parte vengono messe in evidenza le attività portate a termine dai vari gruppi, con puntuali reportage. Un passaggio importante riguarda il 35° anniversario dalla fondazione che il Coro Piave Ana sta festeggiando. Dopo aver inaugurato l'anno con il pranzo sociale e un doveroso omaggio al maestro Danilo Facchin, da decenni alla direzione, il coro presieduto da Giuseppe D'Incau si trasferirà in maggio sui luoghi verdiani, mentre in estate vuole proporre due importanti appuntamenti a beneficio della Città, uno dei quali da solo e l'altro con la partecipazione di altre due formazioni. Dalle pagine di "Alpini... Sempre!" scaturiscono, infine, altre pillole di vita, nell'eterno circuito fra felicità e dipartite che scandiscono, nella gioia e nel dolore, anche il tempo delle penne nere.

Torna all'inizio


Oltre mille miliardi anti-crisi e addio paradisi fiscali (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Oltre mille miliardi anti-crisi e addio paradisi fiscali Il presidente Usa Obama: «Data la medicina giusta al paziente malato». Poi l'ammissione: «L'America non può agire da sola» Venerdì 3 Aprile 2009, Londra Fondi per oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato dal vertice del G20. «Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato - ha detto il presidente Usa Barak Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice internazionale -. Abbiamo stabilizzato il paziente. Ma le ferite restano e nuove crisi potrebbero manifestarsi». Obama ha ammesso che l'America non ha ottenuto tutto ciò che desiderava e che ha dovuto accettare anche soluzioni di compromesso. Ma il presidente americano ha inquadrato queste concessioni nella sua concezione della politica americana: «Dobbiamo imparare ad essere anche umili - ha detto -. Imparare a forgiare un consenso, anziché cercare di imporre le nostre condizioni. Sono venuto qui a Londra per ascoltare ed imparare». Il presidente Usa ha riconosciuto che la situazione non è ideale: la responsabilità per l'inizio della crisi viene attribuita all'America, rea di avere contagiato con il 'virus' il resto del mondo. Una responsabilità, dovuta alla mancanza di meccanismi di controllo adeguati. Anche il suo alleato più forte, il premier britannico Gordon Brown, padrone di casa e grande burattinaio del vertice, ha parlato di nuovo ordine economico mondiale. Un ordine dove l'egemonia americana è minacciata da numerosi fattori. Come è minacciato lo stesso modello di mercato libero di cui l'America era sempre stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni che Francia e Germania, dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre invece nel documento finale, soprattutto per quanto riguarda la guerra ai paradisi fiscali ed il controllo dei fondi speculativi. Obama ha definito «senza precedenti» le misure approvate dal G20. Le concessioni fatte hanno consentito di chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di consenso che il presidente Usa giudicava indispensabile per far scattare la ripresa economica. «Nella vita e in economia non ci sono garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo adottato erano necessarie per evitare di scivolare nella depressione. Resta da vedere se saranno sufficienti. L'America non può agire da sola». Alla domanda se il G20 di Londra possa essere considerato una nuova Bretton Woods, per le sue implicazioni future, Obama ha risposto che "adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India". Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa ieri nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80% del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto nel documento finale. Dove è stata anche inserita, vincendo la resistenza di diversi Paesi tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 definire la lista delle sanzioni. Poi arriverannore più regole per gli hedge fund e contro i conflitti di interesse delle agenzie di rating. Alla fine insomma ce l'ha fatta: il primo ministro britannico Gordon Brown è riuscito a mettere d'accordo i leader del G20, che alla vigilia del vertice di Londra minacciavano rotture insanabili. «I problemi che la gente pensava ci dividessero, non ci hanno diviso affatto», ha detto Brown dopo che la riunione ha prodotto un documento condiviso («al di là delle aspettative», ha detto il francese Nicolas Sarkozy, mentre la tedesca Angela Merkel ha parlato di «storico compromesso in risposta a una crisi eccezionale»). In serata l'Ocse ha reso pubbliche le liste dei "paradisi fiscali". Nella lista nera figurano Costa Rica, Malaysia per il suo territorio di Labuan, Filippine e Uruguay. Altri 38 Paesi nella lista grigia perche, pur impegnandosiad adeguarsi alle norme, non l'hanno ancora fatto: Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Bahrain, Belize, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Caimano, Isole Cook, Repubblica Dominicana, Gibilterra, Grenada, Liberia, Liechtenstein, Isole Marshall, Monaco, Montserrat, Nauru, Antille olandesi, Niue, Panama, St Kitts and Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent & Grenadine, Samoa, San Marino, Isole Turks and Caicos, Vanuatu, Austria, Belgio, Brunei, Cile, Guatemala, Lussemburgo, Singapore, Svizzera.

Torna all'inizio


Obama agli studenti: voglio un mondo senza armamenti nucleari (sezione: Globalizzazione)

( da "Rai News 24" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Roma | 3 aprile 2009 Obama agli studenti: voglio un mondo senza armamenti nucleari Obama acclamato dalla folla "La Nato resta l'alleanza più forte che il mondo abbia mai conosciuto, ma questa generazione non può restare immobile", lo ha detto Obama a Strasburgo rivolgendosi a 4000 studenti. "Dobbiamo cercare la soluzione delle nuove sfide e sono sicuro che riusciremo a d affrontare qualsiasi sfida. Uno sforzo di questa entità non è mai semplice. Negli ultimi anni abbiamo permesso alla nostra alleanza di cambiare. In America non si riesce ad apprezzare appieno il ruolo dell'Unione europea. A volte l'America è stata arrogante nei confronti dell'Europa, in Europa c'è un antiamericanismo che può essere pericoloso. Non si tratta di atteggiamenti saggi perchè ci dividono, ci isolano. Insieme possiamo trovare soluzioni comuni a problemi comuni. L'America sta cambiando. Unico modo per affrontare la crisi un coordinamento senza precedenti. Il vetrtice del G20 ha espresso questo chiaramente. Cercheremo di creare nuovi mercati, cercheremo di spingere verso una crescita comune. I nostri destini sono strettamneti legati. Dobbiamo impegnarci anche per una sicurezza comune. Capisco che la guerra in Afghanistan sia stata una guerra molto lunga, so che ci sono persone che hanno chiesto il perchè di una guerra in Afghanistan. C'è scetticismo anche negli Usa che non hanno scelto di fare una guerra in Afghanistan , ma siamo stati attaccati. Abbiamo bisogno di una alleanza più forte di quella che ha fatto crollare il muro di Berlino. Abbiamo bisogno di allargare l'alleanza della Nato, abbiamo bisogno della Croazia, dell'Albania". "Gli effetti dei cambiamenti climatici sono evidenti, l'Europa ha capito questa sfida, in America negli ultimi mesi si è cominciato a cambiare, ma L'America, la Cina devono fare di più. Sono fiducioso che riusciremo ad affrontare questa sfida, ma lo dobbiamo fare oggi". Obama ha ribadito di voler chiudere il carcere di Guantanamo a Cuba, perchè "Umiliare le persone non e' una buona strategia per combattere il terrorismo" e ha detto di volere un mondo senza armamenti nucleari.

Torna all'inizio


Recessione, le banche d'affari Usa bocciano il G20 (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Economia Crisi/ Le banche d'affari Usa bocciano il G20 Venerdí 03.04.2009 15:29 Al vertice G20 dei giorni scorsi si sono sentite "molte parole" ma c'e' stata "poca sostanza", secondo il presidente di Morgan Stanley Asia, Stephen Roach. "Darei i pieni voti agli sforzi e alla scenografia e la sufficienza ai risultati - e' il critico giudizio del manager, espresso in occasione del Workshop Ambrosetti che si sta svolgendo a Cernobbio - il principale problema del mondo e' oggi lo squilibrio globale e destabilizzante fra le nazioni che risparmiano troppo poco come gli Stati Uniti e quelle che risparmiano troppo come la Cina". E secondo Roach, proprio "non avere affrontato gli squilibri globali che sono all'origine della crisi" e' "la carenza dell'accordo" annunciato ieri. Roach ammette la "sorpresa" dell'aumento dei fondi destinati al Fmi, anche se "non si sa come saranno usati". Molto piu' favorevoli sono i giudizi degli altri economisti che sono intervenuti al dibattito di stamattina sul quadro economico globale: "Sono piu' positivo - ha detto Jacob Frenkel, presidente del Gruppo dei Trenta e vicepresidente di Aig - il 50% del lavoro consiste nello stabilire i problemi, e questi sono stati individuati; inoltre si e' ristabilito un clima di fiducia. Il fatto stesso che i capi di Stato abbiano raggiunto un accordo, e' molto importante". Secondo Frenkel, non ci si deve chiedere se qualcuno ha vinto e qualcuno ha perso: "non e' una partita di calcio: in questa situazione, vinciamo tutti o perdiamo tutti", ed e' proprio questo che ha portato i 20 all'accordo. Anche l'economista Nouriel Roubini da' un giudizio positivo sugli esiti del G20: "un meeting positivo e di successo". tags: g20 morgan stanley obama03042009

Torna all'inizio


Andamento incendi boschivi in Liguria: rapporto e iniziative di prevenzione (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Andamento incendi boschivi in Liguria: rapporto e iniziative di prevenzione (3/4/2009 15:42) | (Sesto Potere) - Genova - 3 aprile 2009 - Una giornata dedicata alla salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio colpito dagli incendi e dai dissesti idrogeologici, sabato 4 aprile a Genova e alla Spezia. E´ la quarta edizione l´iniziativa "Noi per Voi" promossa dalla Regione Liguria, Assessorato all´Agricoltura e alla Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio boschivo e del territorio. A Genova la manifestazione si aprirà alle 11, in piazza Caricamento, alla Spezia, alle 9, in piazza Europa. Sia a Genova, sia alla Spezia, i volontari della Protezione Civile e dell´antincendio boschivo, insieme con gli agenti del Corpo Forestale dello Stato e i Vigili del Fuoco saranno a disposizione dei cittadini che potranno ritirare materiale informativo con le 10 regole per non mandare in fumo i boschi, vedere e conoscere da vicino gli speciali automezzi e le diverse apparecchiature utilizzate nella lotta agli incendi boschivi e per gli altri interventi di emergenza sul territorio. Il programma delle due manifestazioni prevede esercitazioni con lo spegnimento simulato di incendi boschivi, altre iniziative per i più piccini e dimostrazioni varie. Tutti i bambini che porteranno nelle due piazze di "Noi per Voi" un disegno o una poesia sul tema della Protezione Civile e del bosco riceveranno in omaggio un "kit del volontario" preparato dalla Regione Liguria per la difesa del territorio con la t-shirt con il numero verde del centro operativo regionale 800. 80. 70. 47 e il tesserino del Salvaboschi. Grazie all´azione di salvaguardia, In Liguria il numero medio annuo di incendi nel periodo 2007 - 2008, è sceso a 333 incendi contro la media annua di 475 incendi del periodo 2002-2006 mentre la superficie media annua percorsa dal fuoco è scesa a 1900 ettari contro la media di 3560 ettari dello stesso precedente periodo. Nel 2008 gli incendi boschivi sono ulteriormente diminuiti rispetto alla media annuale dei precedenti 5 anni. Si sono infatti registrati 289 incendi che hanno percorso 835 ettari di bosco e praterie. La superficie media a incendio è scesa a 3 ettari, contro gli 11 ettari degli anni dal 2002 al 2006. Spiega l´assessore alla Protezione Civile Giancarlo Cassini della Regione Liguria: "Un importante risultato in gran parte ottenuto grazie all´impegno degli oltre 3000 Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2. 400 specializzati nell´antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale ed il territorio ligure. Il Volontariato ligure è quindi una straordinaria forza operativa, - in possesso di un buon livello professionale, grazie alla formazione effettuata ai sensi del Piano regionale Aib, e di una sufficiente dotazione di attrezzature e automezzi in gran parte acquistati con fondi regionali. Dotazione in crescita con la consegna di 44 nuovi "pick up" con modulo antincendio e di 20 furgoni per il trasporto di materiali e cose".

Torna all'inizio


(sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere.it" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il premier al g20: «smentite le previsioni pessimistiche della vigilia» «Obama ci tiri fuori dalla crisi» Berlusconi: «Il presidente Usa mi ha risposto che dobbiamo stare uniti. Bene la lista dei paradisi fiscali» Berlusconi tra Obama e Medvedev LONDRA - Sono state «smentite le previsioni pessimistiche della vigilia». Dal G20 di Londra è uscita una «forte e unanime affermazione della volontà di cooperare per uscire dalla crisi e prendere misure coordinate». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al termine del vertice del G20 a Londra. «Con una punta di orgoglio - ha aggiunto il premier- ricordo che il primo governo a non consentire il fallimento delle banche è stato il nostro, con la decisione del 10 ottobre». «Siamo stati i primi a vedere la necessità di evitare il disastro e il panico», ha sottolineato ancora. OBAMA - Berlusconi ha poi lanciato un appello agli Usa: «Ho detto a Obama che si deve tirare su le maniche per far uscire il mondo dalla crisi visto che la crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Il premier è rimasto favorevolmente impressionato da Obama. «Ha scherzato nel definirsi un 'kid' che ha molto da imparare - ha raccontato Berlusconi. - Obama ha una grande capacità di rapporti umani. Ha fatto a tutti un ottima impressione». Berlusconi avrebbe poi aggiunto: «Com'è che diceva Proietti... Acchiapponico, Obama ha lo sguardo acchiapponico». (Ma Palazzo Chigi ha smentito la notizia battuta dalle agenzie: «Il Presidente Berlusconi non ha mai detto quello che gli viene attribuito, poiché si stava rivolgendo a un giornalista come tutti i presenti hanno potuto vedere. Non c'era possibilità d'equivoco e non capiamo davvero perché non si faccia più attenzione nell'attribuire frasi di questo genere»). LISTA NERA - Il premier, negando «contrapposizioni» tra Italia, Francia e Germania da una parte e Inghilterra e Usa dall'altra, ha espresso apprezzamento per la lista nera dei paradisi fiscali: lo ha definito «un passo positivo e innovativo». «Si è cominciato a parlare di regole - ha aggiunto - ma l'auspicio è che si vari un codice di regolamentazione alla Maddalena», ha osservato il premier. DIMENSIONE SOCIALE - L'Italia, ha proseguito, «ha enfatizzato la dimensione sociale» della crisi chiedendo un riferimento al G8 sociale di Roma, ma «non si è potuto condensarlo in una norma generale perché Paesi come Cina e l'India non avrebbero mai la possibilità di sopperire a stipendi e salari dei posti di lavoro che si potranno perdere». VERTICE IN GIAPPONE - Il presidente del Consiglio ha annunciato che «ci sarà un'altra riunione del G20 entro l'autunno. Il capo del governo giapponese si è detto disposto a ospitare questa riunione e anche il presidente Usa Obama ha visto con favore la possibilità che il terzo G20 si tenga in Giappone». TREMONTI - Anche Giulio Tremonti si dice soddisfatto per la "black list": il testo sui paradisi fiscali, spiega il ministro dell'Economia, «è stato molto duro, molto più duro di quello che si prevedeva». Il ministro dell'Economia assicura infine che, in particolare per le misure allo studio sull'occupazione, «non ci sarà nessuno sforamento del deficit, ma solo uno spostamento da una parte all'altra come per gli ammortizzatori sociali». stampa |

Torna all'inizio


Prysmian: nuova commessa in Russia pag.1 (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Prysmian: nuova commessa in Russia NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di Pierpaolo Molinengo , 03.04.2009 14:53 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! e installazione di un sistema di cavi alta tensione che andranno a costituire una rete all’interno del complessivo progetto di espansione del sistema di trasmissione energia in corso nel Paese. Il settore dei cavi e sistemi per la trasmissione di energia presenta importanti prospettive anche in altre aree del mondo come USA e Cina, Paesi nei quali Prysmian ha avviato investimenti per l’incremento della capacità produttiva. In USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di dollari per l’ammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l’entrata in funzione di un nuovo stabilimento alta tensione, il primo nel Paese. In Cina, dove il Governo prevede investimenti per 26.000 km di reti elettriche, Prysmian ha ampliato la capacità produttiva dello stabilimento di Baoying.

Torna all'inizio


CRISI: ECONOMISTI A CERNOBBIO, DURERA' FINO AL 2010 E FORSE ANCHE OLTRE. (sezione: Globalizzazione)

( da "Asca" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

CRISI: ECONOMISTI A CERNOBBIO, DURERA' FINO AL 2010 E FORSE ANCHE OLTRE (ASCA) - Cernobbio (Co), 3 apr - La crisi economica e' destinata a proseguire fino al 2010 e potrebbe durare anche piu' a lungo. Lo dice la platea di economisti e imprenditori riunita a Cernobbio in occasione della 20ma edizione del Workshop Finanza Ambrosetti. Secondo quanto emerge dal risultato di un televoto effettuato tra il pubblico, il 40% degli intervistati si e' dimostrato pessimista ed e' convinto che la crisi durera' ''oltre il 2010''. Una percentuale molto vicina, pari al 39,2% si aspetta un'inversione di tendenza per il 2010. Solo il 10,4% crede che la ripresa arrivera' nel corso del 2009, mentre un'altro 10,4% preferisce non azzardare previsioni. Le misure anticrisi piu' efficaci sono quelle adottate dagli Usa per il 47% dei partecipanti. Seguono Ue, che si e' mossa meglio per il 32,5%, Cina (11,1%) e Giappone (1,7%). In ambito europeo, invece, volano Germania (30,7%), Gran Bretagna (29,1%) e Italia (25,2). Poco apprezzate le misure di Sarkozy (11,8%) e Zapatero (3,1%). fcz/mcc/lv

Torna all'inizio


Riformismo e unità (sezione: Globalizzazione)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Riformismo e unità Franco Bianco, 03 aprile 2009, 17:25 Politica e cultura La prima presentazione pubblica del libro di A.Gianni "Goodbye liberismo", alla presenza di Bersani, Bertinotti e Cisnetto (oltre naturalmente all'autore) è stata l'occasione per tastare vicinanze e diversità tra esponenti della sinistra italiana. Il tutto non senza sorprese e aperture dal grande significato politico Folla da grandi occasioni, quella convenuta il 2 Aprile alla presentazione del recentissimo libro di Alfonso Gianni, edito da Ponte alle Grazie (358 pagine, 16,50 euro), intitolato "Goodbye liberismo", del quale si è già data qualche anticipazione, pochi giorni fa, su questo giornale: la saletta della libreria, pur non grandissima, era gremita. Merito, certamente, del tema che il volume affronta e della reputazione intellettuale - al di là delle condivisioni politiche, che possono esistere oppure no - della quale il suo autore giustamente gode; ma sicuramente dovuto anche agli oratori invitati a presentarlo: Fausto Bertinotti (che con Gianni è stato co-autore di parecchi libri, a partire da "Le due sinistre" dell'ormai lontano '97); Pierluigi Bersani (che nel Governo Prodi 2006-2008 è stato ministro per lo Sviluppo Economico, e lì ha avuto Gianni come sottosegretario); ed Enrico Cisnetto (meno noto dei due precedenti al grande pubblico, ma giornalista economico di vaglia, premiato anche per la sua attività di divulgazione economica; studioso dei processi di cambiamento del capitalismo italiano e internazionale; docente di Finanza alla Scuola di Giornalismo dell'Università Luiss ed autore del volume di grande successo "Il gioco dell'Opa"). In particolare, credo esercitasse un forte richiamo la presenza contemporanea di Bertinotti e Bersani, per le implicazioni - in questi tempi così incerti, specialmente in relazione agli assetti politici italiani - alle quali può far pensare e per le prefigurazioni che può evocare, soprattutto a coloro che sono sempre a caccia di dietrologie o di significati impliciti, e comunque per l'interesse oggettivo che presenta un evento che porta ad un confronto diretto, su temi di grande rilevanza per il presente e per il futuro, di due persone come loro, che ben rappresentano le due anime classiche della sinistra che per brevità sono classificate, rispettivamente, "radicale" e "riformista". Prima di descrivere, in larga massima, gli interventi degli oratori e di dedicarvi qualche fugace riflessione, vorrei togliermi un peso e fare una considerazione, che potrei definire metodologica e che credo potrebbe essere confermata da chiunque abbia qualche consuetudine con presentazioni di volumi a qualunque tema dedicati. Succede, infatti, molto spesso - quasi sempre, direi - che coloro che sono invitati a presentare un libro finiscono poi con l'esprimere il loro pensiero sul tema del libro, scambiando quindi la presentazione di un testo per la partecipazione ad un convegno a tema. Io penso che invece, in quelle occasioni, i presentatori dovrebbero non tanto dire la loro sull'argomento del libro, ma esprimere un giudizio su come il libro ha affrontato l'argomento, mettere l'accento sui motivi di concordia o di difformità dalle tesi dell'Autore, giudicare la qualità e la congruità delle fonti richiamate, dare il loro parere sugli scenari che il libro eventualmente prefigura e sulle riflessioni che suscita, e così via: in definitiva, essi dovrebbero mettersi in qualche modo al servizio, pur criticamente inteso, dell'Autore e della sua fatica, piuttosto che approfittare della ribalta offerta dall'occasione per rappresentare la loro personale idea sul tema che il libro affronta. Sarebbe questa, io credo, una manifestazione di "bon ton" intellettuale (e non solo). Devo dire che anche l'occasione di ieri, benché tutti gli oratori abbiano fatto qualche (lodevole) sforzo per raccordarsi al motivo della loro presenza, non è stata sostanzialmente diversa dalla consuetudine che ho esposto e di cui, io penso, un autore avrebbe qualche motivo di dolersi. Ha aperto gli interventi Pierluigi Bersani, definendo il volume di Gianni "un excursus sul liberismo che permette molte riflessioni". Le sue, dette in breve, sono state le seguenti: che il ciclo economico alla cui fine stiamo assistendo, che secondo lui ha avuto inizio alla fine degli anni settanta (parere coincidente con quello di Gianni, come con quello di altri autori: Ruffolo per tutti), vede anche delle responsabilità che dovrebbero - e questo troppo spesso manca, secondo lui - suscitare indignazione, perché esso non è piovuto dal cielo: la distribuzione iniqua delle ricchezze prodotte non è avvenuta da sola, ma è opera di una classe dirigente (Bersani si riferiva, come è giusto, allo scenario mondiale). Ed anche Paesi e società politiche dalle quali ci si sarebbe aspettato un comportamento diverso - segnatamente la Cina - sono stati al gioco: quel Paese, infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo che tornava comodo soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla e prestare i soldi incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre effetti di "dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali soprattutto sull'Europa, poiché i costi bassi delle merci cinesi erano in primo luogo dovuti allo scarso rispetto dei diritti del lavoro (e dell'ambiente, aggiungerei). Uno dei passaggi a mio parere più interessanti dell'intervento di Bersani si è avuto quando egli ha affermato che da un lato - come scrive Gianni nel suo libro - non ci può essere il riformismo in un Paese solo, e che dall'altro regolare i mercati finanziari è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per farlo occorre (testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e per farlo ci vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del mondo". Ed ha aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la compongono, che "bisogna ripartire, ma non si può fare da soli"; ed ha anche indicato una strada precisa: la riduzione delle disuguaglianze, che oltre a rispondere a ragioni di equità genera anche un grande effetto economico. E' ben evidente, credo, il grande significato politico - per qualche verso perfino sorprendente, per qualcuno - che tali affermazioni possono rappresentare quando calate nella realtà italiana, potendo esse prefigurare (sto facendo fantapolitica?) modificazioni di "assetto politico" non marginali. Credo di poter dire che sarà questo uno dei temi principali della stagione politica che seguirà all'ubriacatura elettorale che finirà in Giugno. E' poi intervenuto Enrico Cisnetto, che ha sottolineato la sua appartenenza "azionista" e la sua ascendenza politico-culturale ad Ugo La Malfa. Egli ha affermato che la crisi spazza via quel "pensiero unico" che attribuiva al mercato la capacità di fare tutto da solo. Ma Cisnetto assume una datazione diversa, per la globalizzazione: secondo lui essa ha avuto inizio con l'89 della caduta del Muro. Mi sembra chiaro che non si tratti di una disputa cronologica, ma che tale differenza di interpretazione trovi il suo fondamento in un'analisi politica propria del filone culturale al quale Cisnetto - persona certamente brillante ed ottimo conoscitore dei fatti e delle ricadute politico-economiche - legittimamente appartiene. Egli ha previsto, su questo essendo d'accordo con gli altri oratori, l'approdo non lontano ad un nuovo ordine monetario. Ma la differenza decisiva fra un "liberal di sinistra" come Cisnetto e gli altri che sedevano a quel tavolo è il giudizio di fondo sulla globalizzazione ed i suoi effetti: egli riconosce le disuguaglianze da essa generate, ma valorizza l'effetto assoluto di miglioramento delle condizioni di vita che ha comportato - per esempio in Cina - per grandi masse (centinaia di milioni) di persone (è un po', mi sembra, il discorso introdotto da Kennedy e ripreso dai fautori della globalizzazione, della "alta marea che solleva tutte le barche", che anche un liberal come Stiglitz, vorrei ricordare a Cisnetto, ha più volte contestato, dicendo che quella marea ha invece distrutto, con i suoi effetti, le barche più piccole e fragili: non è questo che è successo?). Alfonso Gianni, nel suo intervento conclusivo, ha manifestato la sua distanza dalle valutazioni di Cisnetto: pur non sottovalutando il miglioramento delle condizioni di vita di grandi masse cinesi - egli ha detto con cognizione di causa, essendo stato più volte in Cina durante il suo sottosegretariato - non si può e non si deve dimenticare che questo effetto positivo, verificatosi soprattutto per le popolazioni costiere della Cina, è stato assolutamente ininfluente sulle condizioni delle popolazioni interne, che continuano a vivere in stato di grande povertà. Anche in questo, io penso, si manifestano le differenze politiche: nelle cose a cui si guarda, nel fatto che si faccia prevalere la soddisfazione per il bicchiere mezzo pieno o il rammarico per quello mezzo vuoto. La sinistra, io credo, deve sempre puntare a riempire il bicchiere, senza mai accontentarsi e senza smettere mai di tenere sguardo ed agire volti a tale fine. Bertinotti ha anch'egli esordito con l'esplicito apprezzamento del libro di Gianni, aggiungendo che il suo maggior cruccio sta nel fatto che non esistono luoghi in cui si possa riunirsi per studiare e riflettere insieme, poiché questo genera una dispersione di energie e competenze che potrebbero essere messe a buon frutto: "i luoghi della ricerca, a sinistra, si sono desertificati", ha egli affermato con rammarico, ed assumendosi anche la propria parte di responsabilità per non aver saputo porre rimedio a questo. Egli ha poi fatto un intervento, abbastanza lungo, nel quale ha ripresentato le tesi - peraltro molto vicine a quelle di Alfonso Gianni, il che non sorprende in due persone che hanno avuto per lunghi anni un intenso sodalizio, intellettuale oltre che politico in senso stretto, mai dismesso anche se forse un po' allentato, per necessità oggettive, negli ultimi tempi - che ha espresso in più occasioni negli ultimi tempi (ricordo le sue "15 tesi per la sinistra", nonché - oltre ad alcuni interessanti scambi con Rossana Rossanda - i suoi vari interventi su "Alternative per il socialismo", la rivista che dirige, ed in particolare quello sull'ultimo numero 8, intitolato "La costituente di una nuova sinistra, dopo la fine della controriforma"). Ma un punto mi interessa soprattutto evidenziare, un'affermazione fatta da Bertinotti in risposta ad una domanda di Myrta Merlino: egli ha testualmente affermato che "la radicalità non basta, deve stare insieme all'unità". Affermazione di non poco conto; essa mi ha richiamato alla mente un precedente di poche settimane fa, quando, in occasione della presentazione del bel pamphlet di Aldo Carra "Ho perso la sinistra" (di cui è stato scritto su questo giornale) ebbe a richiamare la proposta di Giorgio Amendola, dell'Ottobre del '64, di un "partito unico della sinistra", dicendo di essa (testualmente: e ricordo che tale affermazione fu intelligentemente colta e sottolineata da Aldo Garzia, che conduceva il convegno), che "forse a quell'epoca la proposta non era giusta, ma oggi chissà......". C'è da chiedersi se tali insistenze e ripetizioni non abbiano un senso politico, al di là di quello che hanno sul piano storico e culturale; e se il fatto che esse siano espresse in coincidenza con affermazioni come quelle - richiamate più sopra - di un politico come Bersani sia casuale o se invece possa essere suscettibile di qualche lettura e di qualche proiezione nella realtà politica che viviamo. Alfonso Gianni ha fatto un intervento conclusivo abbastanza lungo ed articolato - quasi un 12° Capitolo del suo libro, o quanto meno una corposa Appendice. Fra le molte possibili, due sole cose, per brevità, voglio mettere in evidenza. La prima è che Gianni ha richiamato fortemente il ruolo che può avere il "riformismo" (parola non proprio ricorrente nel lessico della "sinistra alternativa", né da essa generalmente molto apprezzata), ricordando anche di avere posto in esergo al 1° Capitolo del libro (e la gerarchia della collocazione probabilmente non è casuale, ritengo) un brano tratto da un intenso articolo, del 1982, di Federico Caffè, intitolato "La solitudine del riformista" (chi volesse leggerlo per intero lo troverà nella raccolta di articoli di Caffè pubblicata da "il manifesto" nel 2007, con il titolo "Scritti quotidiani"). Questa focalizzazione del ruolo del "riformismo" - che può essere "rivoluzionario", come Gianni ha detto - fatta da una persona come lui non può non fare riflettere. In secondo luogo, l'Autore ha ricordato il grande compito che sta di fronte alla sinistra (mondiale, e quindi anche europea ed italiana), che deve essere capace di elaborare una proposta politica all'altezza dei tempi, per concepire ed esprimere la quale non bastano più i giganti sulle cui spalle ci siamo appoggiati finora: essi continuano ad essere utili, ma da soli non sono sufficienti. Dobbiamo rimanere, ha detto Gianni, sulle loro spalle, ma non avendo lo sguardo rivolto all'indietro, come nel dipinto del 1920 "Angelus novus" del pittore tedesco Paul Klee, bensì guardando in avanti. Parole, anche queste, non prive di significato. Sarà interessante vedere se tutti questi "indizi" (se sono realmente tali, e non invece fortuite coincidenze, anche se è difficile crederlo) dimostreranno, nel prossimo futuro, di avere un fondamento più concreto e di poter condurre ad un qualche approdo. Intanto, vale la pena di leggere il testo di Gianni e dedicarvi molta attenzione, per le molte aperture che esso contiene e per le molte rfilessioni che può indurre. Un bel libro: rigoroso, utile, ben scritto.

Torna all'inizio


Il lavoro e i diritti per la democrazia (sezione: Globalizzazione)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il lavoro e i diritti per la democrazia FAusto Pettinato*, 03 aprile 2009, 13:48 Dibattito Mentre in questi anni di globalizzazione, il capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è convenuto, e ha de localizzato la produzione altrove, il sindacato in Italia, invece di sforzarsi a diventare anch'esso soggetto unico e quantomeno europeo, non ha saputo fare di meglio che dividersi su tutto. Il caso della Indesit, rappresenta solo l'ennesimo scandalo Italiano. Solo sulle divisioni del sindacato si può spiegare l'arroganza e la stupidità di Berlusconi La destra usa la crisi per ridisegnare gli assetti di potere e le relazioni sociali, mentre il sindacato in Italia è rimasto senza bussola costretto a rincorrere di volta in volta le crisi e i focolai che si aprono in ogni angolo del paese. Essi, insieme alla così detta sinistra moderata Italiana, si sono adeguati negli anni, al laisser - faire. Un sindacato insomma, che si è adeguato e adagiato, a diventare struttura bilaterale di semplice consulenza del potere, rinunciando al proprio ruolo di soggetto rivendicatore. Solo così si spiega l'aumento vertiginoso dei profitti del capitale negli ultimi quindici anni. Di contro, il drastico abbassamento del potere d'acquisto dei salariati e pensionati, provocando quell'allargamento di forbice che è sotto gli occhi di tutti. Scenario che per la verità, purtroppo, avevo previsto e scritto oltre dieci anni fa. Manifestando in tale periodo, oltre l'impoverimento di una massa sempre più consistente, la crisi di una tenuta democratica del nostro paese. Mentre in questi anni di globalizzazione, il capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è convenuto, e ha de localizzato la produzione altrove, il sindacato in Italia, non ha saputo fare di meglio che dividersi su tutto. Il caso della Indesit, rappresenta solo l'ennesimo scandalo Italiano. Viceversa, se il sindacato si fosse sforzato a diventare anch'esso soggetto unico e quantomeno Europeo, penso che questo fenomeno almeno in Europa oggi, non sarebbe stato più conveniente. Il parlamento Europeo, che a breve ci accingeremo a votare, può ancora sottrarsi a questo problema? O forse non è anche compito suo legiferare e superare il trattato di Maastricht? Come si concepisce un'Europa unita se esistono ancora disparità enormi di trattamenti salariali e diritti delle persone? Il caso Indesit, rappresenta l'ennesima truffa a danno dei contribuenti Italiani, e non solo, rappresenta anche l'incapacità di una certa classa imprenditoriale. Il gruppo Merloni, si prende i soldi pubblici per acquisire a suo tempo l'Indesit, più gli incentivi statali a sostegno dell'industria elettrodomestici, mentre oggi vuole chiudere in Piemonte, spostando la produzione in Polonia dove peraltro si prevede un accordo con il governo Polacco di aiuti pubblici, in cambio di assunzioni. Sfido chiunque a dimostrare il contrario, nel senso che, in questi termini anche un bambino senza capitali saprebbe fare l'imprenditore. Dov'è il rischio imprenditoriale? Dov'è la capacità manageriale? Magari nel frattempo, Maria Paola Merloni (amministratore dell'azienda paterna) siede in parlamento nel gruppo PD, nello stesso partito dell'On. Cesare Damiano che ovviamente, è contro il piano Merloni. Ora, sembra che finalmente G. Epifani, stia iniziando a capire quanti errori e diritti si sono lasciati per strada negli ultimi anni. Per esempio: aver abolito nel 1993 i Consigli di Fabbrica, sostituendoli con le RSU che non sono la stessa cosa. I CdF rappresentavano la spina dorsale del sindacato, poiché essi venivano eletti su scheda bianca e senza candidature, a differenza delle RSU che sono la spartizione scientifica in percentuale delle OO. SS. Insomma, così come molti di noi contestarono quell'accordo, un colpo mortale al fulcro del potere nelle aziende, alla democrazia, alla partecipazione, ma soprattutto, alla vitalità politica e organizzativa dei Consigli di Fabbrica. Di contro, Cisl e Uil, stentano a percepire la gravità del momento storico, e continuano a vivacchiare firmando accordi anche senza la Cgil, pur di sedersi a tavoli e tavolini, contrattando forse anche sottobanco quei privilegi che il Ministro Brunetta ne ha fatto la bandiera dello smantellamento. Privilegi per la quale tutto il sindacato era ed è a conoscenza come nella funzione pubblica, così come nell'Alitalia, ma che si guarda bene a smascherare, lasciando la bandiera del dovere oltre che dei diritti al Ministro. E' sufficiente citare gli oltre tremila dipendenti pubblici distaccati nei sindacati, che costano alla collettività oltre sedici milioni di euro, però lavorano nel sindacato. Solo sulle divisioni e ritardi del sindacato si può spiegare l'arroganza e la stupidità di Berlusconi, nell'affermare che: "Gli Italiani devono lavorare di più". Proprio nel momento in cui da tutte le parti si licenzia o si ricorre alla cassa integrazione. Di fronte a questa tracotanza, è necessario che almeno la Cgil e il centro sinistra tutto, reagiscano in modo forte e senza tentennamenti. So bene, quanto pesa sul bilancio di una famiglia una o due giornate di sciopero, se la Cgil vuole dimostrare davvero di risalire la china e essere a fianco dei più deboli, faccia una cosa semplice: tutti i dirigenti sindacali a tempo pieno, nelle giornate di sciopero generale, si decurtino anch'essi una giornata lavorativa dallo stipendio e la devolvino ai propri iscritti che fanno lo sciopero. Non sarà tanto, ma è un segnale forte di solidarietà, per far sì che i propri iscritti e non, riacquistino fiducia. *ex Delegato Fiom-Cgil

Torna all'inizio


Addio "dollar standard" (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Addio “dollar standard” PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Enrico Cisnetto , 03.04.2009 17:04 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l’avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del “dollar standard”? Mica tanto. Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una decisione storica, hanno fissato per l’inizio del 2010 l’entrata in vigore di una valuta unica, la moneta del Golfo appunto. Dall’altra, recentemente, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un “euro” con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura – complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30% sui servizi finanziari – a un’ipotetica entrata nell’euro. Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione dell’euro (ad ovest) e dal cinese yuan (ad est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino, di abbandonare il “dollar standard” per passare ad una grande divisa mondiale da far nascere sotto l’egida del Fondo Monetario. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, “inventata” sessant’anni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, segue pagina >>

Torna all'inizio


G20/ DA PARTECIPANTI WORKSHOP AMBROSETTI GIUDIZI VARIEGATI (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

G20/ Da partecipanti Workshop Ambrosetti giudizi variegati di Apcom Roubini lo promuove, da Roach appena la sufficienza -->Cernobbio (Co), 3 apr. (Apcom) - Giudizi variegati sugli esiti G20 di Londra tra economisti, manager e politici presenti al workshop The European House - Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari apertosi oggi a Cernobbio. Secondo il presidente di Morgan Stanley Asia, Stephen Roach, si sono sentite "molte parole" ma c'e' stata "poca sostanza". "Darei i pieni voti agli sforzi e alla scenografia e la sufficienza ai risultati", ha commentato criticamente il manager. Secondo Roach, il principale problema del mondo oggi è lo squilibrio globale e destabilizzante fra le nazioni che risparmiano troppo poco come gli Stati Uniti e quelle che risparmiano troppo come la Cina. "Non avere affrontato gli squilibri globali che sono all'origine della crisi" per Roach e' proprio "la carenza dell'accordo" annunciato ieri. Roach ha manifestato "sorpresa" per l'aumento dei fondi destinati al Fmi, anche se "non si sa come saranno usati". Inoltre, ha rilevato, "sei mesi fa il G20 a Washington si e' espresso contro il protezionismo e invece da allora ben 17 Paesi su 20 hanno adottato misure protezionistiche e questo non va bene". Piu' positivi i commenti degli altri economisti intervenuti al dibattito di questa mattina sul quadro economico globale. "Sono piu' positivo - ha detto Jacob Frenkel, presidente del Gruppo dei Trenta e vicepresidente di Aig - il 50% del lavoro consiste nello stabilire i problemi, e questi sono stati individuati; inoltre si e' ristabilito un clima di fiducia. Il fatto stesso che i capi di Stato abbiano raggiunto un accordo, e' molto importante". Frenkel ritiene che non ci si dovrebbe chiedere se qualcuno abbia vinto e qualcuno perso: "non e' una partita di calcio. In questa situazione, vinciamo tutti o perdiamo tutti", ed e' proprio questa consapevolezza che ha portato i 20 all'accordo. Giudizio favorevole anche da parte dell'economista Nouriel Rubini: "nel suo insieme il G20 e' stato positivo e ha avuto successo, c'e' stato un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non e' la soluzione di tutto". A Roach, secondo il quale il gruppo davvero importante non e' il G20 ma il G2 formato da Usa e Cina ("il maggiore consumatore e il maggiore produttore del mondo"), ha replicato in senso del tutto opposto Norbert Walter, capo-economista di Deutsche Bank. "Se c'e' un modo di ripensare le regole globali - ha detto - Usa e Ue sono i primi che possono definire degli standard validi nel tempo". Secondo l'economista tedesco gli europei "sono stati bravi da 20 anni a questa parte a sviluppare i mercati finanziari" e adesso "dovrebbero parlare con una voce sola e farsi sentire". Frenkel ritiene necessaria un'armonizzazione delle regole "altrimenti si ha un arbitrage normativo che non e' salutare", ma senza ricorrere a una nuova istituzione e puntando piuttosto di piu' sul coordinamento. (segue)

Torna all'inizio


Aspettando Obama a Praga (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il pellegrinaggio del presidente americano Barck Obama è appena cominciato. Dopo Londra, dove è stato impegnato ieri al G20, e oggi a Strasburgo per il vertice Nato, il fine settimana lo vedrà arrivare a Praga, per l’attesissimo, almeno da parte europea, summit con i vertice dell’Unione in cui troverà ad attenderlo i Ventisette leader pronti a parlare con lui di Afghanistan e cambiamento climatico. Quando al visita era stata annunciata, qualche settimana fa, essa era il fiore all’occhiello della presidenza ceca e del governo di Mirek Topolanek. Ora che quel governo, di fatto, non c’è, la visita potrebbe addirittura rivelarsi imbarazzante per entrambe le parti. Tanto per cominciare il debutto avverrà con un discorso pubblico, nella piazza del castello di Praga, in cui Obama dovrebbe spaziare su tutti i principali temi in agenda, a cominciare dalla politica estera, le relazioni Usa – Ue, e dal rinnovato dialogo con la Russia di Medvedev, cosa che potrebbe far storcer il naso a qualcuno, all’est, considerato che proprio a Praga inizio quella rivoluzione di velluto che diede uno degli scossone finali all’Unione Sovietica. Tutti temi che il presidente affronterà nuovamente, questa volta a porte chiuse, con i leader europei, accompagnati dal presidente della Commissione, Josè Barroso, e dal commissario alle relazione esterne, Benita Ferrero-Waldner. Due ore a parlare di impegno in Afghanistan, crisi economica e approccio al vertice sul clima di Copenaghen. “Ci sarà pochissimo tempo e un incredibile numero di leader tutti nella stessa stanza – ha commentato il vicepremier ceco Alexandr Vondra che, insieme al recentemente sfiduciato premier Mirek Topolanek tiene le redini della presidenza Ue fino alla fine di giugno. Peccato che probabilmente fino alla fine di giugno non saranno più gli attuali ministri a tenere anche le redini del governo di Praga, non essendo ancora ben chiaro cosa ne sarà nelle prossime settimane del governo Topolanek. Un vero problema se si fa l’elenco di tutti i summit futuri che la presidenza ceca si era premurata di convocare al suo insediamento. In programma nei prossimi mesi ci sarà un summit sul partenariato orientale, uno sul corridoio energetico meridionale, un mini – summit in maggio sull’occupazione, seguito a ruota da due vertici con la Russia e con la Cina, senza contare il tradizionale appuntamento di metà giugno, con il consiglio europeo conclusivo della presidenza, e gli oltre diciassette incontri a livello ministeriale pianificati in poco meno di tre mesi. Il rischio, dicono a Bruxelles e Praga, è che probabilmente alcuni vertici sensibili, come quello sul partenariato orientale o con la Russia saranno presieduti dal presidente della Repubblica Ceca, Vclav Klaus, che oltre ad essere un noto euroscettici pare abbia anche visioni diverse da Bruxelles in parecchi altri campi. Fu uno dei pochi, se non l’unico leader europeo, ad appoggiare la campagna Russia in Georgia quest’estate, ma Vondra è sicuro che “il presidente Klaus in quelle occasioni porterà la visione del Consiglio europeo, come un leale giocatore della scena europea”. sarà, viceversa potrebbe rivelarsi solo un altro passo falso di questa imprevedibile presidenza. commenti (0) scrivi

Torna all'inizio


NORDCOREA/ USA: NEGOZIATI DISARMO DEVONO RIPRENDERE (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nordcorea/ Usa: negoziati disarmo devono riprendere di Apcom Malgrado il lancio di missile che Pyongyang sta per effettuare -->Washington, 3 apr. (Apcom) - Gli Stati Uniti sperano ancora di riprendere i negoziati sul disarmo nucleare della Corea del Nord entro un termine "ragionevole", anche se il regime comunista sta per effettuare il lancio di un missile. Lo ha dichiarato l'emissario degli Stati Uniti per la Corea del Nord, Stephen Bosworth. "Continuiamo ad attendere con grande interesse la ripresa" dei negoziati a sei (le due Coree, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e il Giappone) sul disarmo, ha detto Bosworth durante una conferenza stampa. "Questo resta il nostro obiettivo a lungo termine e desidereremmo tornare a questo obiettivo entro un termine il più ragionevole possibile", ha aggiunto. (fonte Afp)

Torna all'inizio


Il convitato di pietra (sezione: Globalizzazione)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il convitato di pietra Silvana Pisa, 03 aprile 2009, 19:40 Approfondimento Tre summit internazionali in Europa in questa sola settimana: oltre al G 20, la conferenza dei donatori per l'Afghanistan all'Aja e le celebrazioni per il 60° anniversario dell'Alleanza Atlantica a Strasburgo e dintorni. Il legame tra questi appuntamenti è anche simbolico perché la Nato si gioca a Kabul la sua credibilità La conferenza dei donatori è stata enfatizzata dai commentatori più per l'incontro ravvicinato di "pacificazione" tra Stati Uniti e Iran che per le decisioni prese su nuove strategie. Dalla prima conferenza dei donatori di Bonn del dicembre 2001 -a cui aveva già partecipato l'Iran - le risorse internazionali messe realmente in campo per la ricostruzione del paese sono sempre state la metà di quelle ufficialmente stanziate. Non solo: dei soldi trasferiti più della metà è ritornata ai donatori sotto forma di stipendi al personale straniero, consulenze, prebende,ecc. Con un ulteriore dato spiazzante: sul totale, la cifra destinata al militare si è sempre rivelata almeno dieci volte superiore a quella per il national building. Questa sproporzione - generalizzata per tutti i paesi coinvolti nell'occupazione afgana - nel Parlamento italiano è stata costantemente denunciata dalla Sinistra ad ogni singolo rinnovo della missione. Con queste condizioni economiche, non stupisce che, a più di 8 anni dall'occupazione, la ricostruzione dell'Afghanistan (scopo ufficiale della missione ISAF a cui partecipa il nostro paese) sia fallita: preludio ad un complessivo fallimento strategico militare. Che il tema del conferimento delle risorse sia sempre più urgente per la stabilizzazione dell'intera regione "Afpak" è confermato sia dallo stanziamento statunitense per il Pakistan di un miliardo e mezzo di $ per i prossimi 5 anni, sia dalla nuova strategia Usa per l'Afghanistan, illustrata anche all'Aja, favorevole ad un "surge" civile oltreché militare (ventimila militari in più, compresi gli addestratori, che portano le forze occupanti ad un totale di ottantamila unità). Basteranno più soldati e più risorse oltre ad una maggior coinvolgimento diplomatico dei paesi limitrofi (Iran, India, Cina e Russia) per uscire dalla sempre più limacciosa palude afgano-pachistana? Il punto critico è che le strategie sul campo continueranno a restare prevalentemente militari (utilizzo di tattiche aeree e di bombardamenti con conseguenti massacri di civili) e la commistione militare continuerà a riguardare anche gran parte degli aiuti civili (PRT e CIMIC). Di più: la denuncia della corruzione, evidenziata anche all'Aja, non è una novità. Da anni domina l'economia dell'Afghanistan: ma per colpire i corrotti occorre agire contemporaneamente anche sui corruttori e in questo caso anche gli occidentali dovrebbero farsi un esame di coscienza. Non è nemmeno nuova - tranne che per Frattini - la richiesta di una trattativa coi talebani "moderati". Il punto è che alle ripetute sollecitazioni di Karzai a trattare, i talebani hanno risposto di essere interessati solo a condizione del ritiro delle truppe straniere dal paese. Che questo sia il vero obbiettivo del "quadrilatero" talebano (talebani afgani, talebani pachistani, servizi segreti pachistani, residui Qaedisti) è dimostrato dal fatto che ad un aumento delle attività belliche della coalizione è corrisposto, recentemente, una progressiva escalation di attentati in Pakistan, il raddoppio nell'utilizzo di ordigni esplosivi nelle strade afgane, il ripetersi di attentati kamikaze nei due paesi. Sull'aumento di forze militari gli alleati atlantici vengono sollecitati in questi stessi giorni dal presidente Obama e dalla Nato: è prevedibile che la sollecitazione verrà accolta (l'Italia, che ha già in Afghanistan 2800 militari, ha deciso l'invio di altri 320 carabinieri per le elezioni e per l'addestramento, superando così la fatidica soglia delle tremila unità) anche se la crisi economica, che fino ad ora non ha toccato le spese militari, spingerà ad un'adesione entusiasta prevalentemente di facciata. Nel summit Nato si bypasserà, come sempre, il peccato originale dell'intervento atlantico in Afghanistan: la lasca legalità che ha trasformato - senza preventiva autorizzazione dell'Onu - una missione di assistenza e ricostruzione in una missione di guerra. Del resto forzature e violazioni nei confronti della legalità internazionale fanno ormai parte della storia consolidata della Nato a partire dalla fine della sua missione originaria che consisteva nella costruzione di un ombrello difensivo in opposizione alle forze del Patto di Varsavia. Invece, prima ancora dell'ufficializzazione di un suo "nuovo concetto strategico" che, modificando un'alleanza ormai priva di senso, ne costituisse la giustificazione, la Nato è intervenuta "fuori area" nei Balcani bombardando Belgrado, al di fuori di un mandato dell'Onu. Un mese dopo, il 25 aprile del 1999, la "sanatoria": gli accordi di Washington ufficializzano la nuova Nato. Non più alleanza difensiva ma offensiva, non più solo militare ma anche politica, non più geograficamente limitata ma globale. E' morto il re, viva il re. Tutto ciò non poteva non creare effetti a catena sia rispetto all'Onu (progressivo esautoramento delle Nazioni Unite) sia rispetto ad una Unione Europea politicamente ancora in fieri e perciò carente di una politica estera e di sicurezza comune. Vale la pena ricordare che gli Stati Uniti hanno sempre teorizzato la loro contrarietà all'emergere di un sistema di difesa europeo autonomo che "potesse destabilizzare la Nato". Funzionale a questa ipotesi è stata la forzatura della Nato all'adesione dei paesi dell'Est Europeo all'alleanza. Forzatura voluta dagli Stati Uniti -azionista di maggioranza della Nato - che ha portato alla divisione tra Nuova e Vecchia Europa e ha destabilizzato gli equilibri strategici della Russia con l'accordo sull'installazione dello scudo antimissile in Polonia e repubblica Ceca. A proposito dello scudo la politica estera di Obama ha fatto un passo indietro stemperando tensioni che fino a pochi mesi fa (guerra di Georgia) risultavano esplosive. Se in occasione della guerra georgiana il presente di turno della Ue- all'epoca Sarkozy - è riuscito ad esercitare un ruolo diplomatico autonomo di pacificazione, dovrebbe stupire che invece il Vecchio Continente si stia nel complesso adeguando ad una strategia come quella della Nato che mina la sovranità dei paesi membri: si tratta della proposta, che uscirà dal summit, di emendamenti che vietano ai singoli paesi di dissociarsi da una guerra o di calibrarne attraverso i caveat la partecipazione, qualora la maggioranza degli alleati decida diversamente. Il summit di Strasburgo è stato preceduto, il 19 febbraio scorso, da un altro segnale preoccupante: il parlamento della UE ha votato, a stretta maggioranza, per un partenariato ancora più stretto con la Nato su questioni strategiche, rinunciando - di fatto - all'esercizio di una politica estera e di sicurezza autonoma e delegandone invece alla dimensione militare alla Nato (e in sostanza agli Usa). Del resto lo stesso Obama, quando a Strasburgo esprime la volontà "di un'Europa con capacità militare rafforzata nella Nato", non "rinsalda" il rapporto col Vecchio Continente nella scia della subalternità? E' solo un modo per pretendere più militari, più risorse, più mezzi per una guerra sbagliata e ingiusta come quella dell'Afghanistan? Che poi pensi di convincere in questo senso evocando che Al Qaeda ( ..al lupo, al lupo)è "più probabile che colpisca in Europea che negli USA", è avvilente. Anche perché gli attentati a Madrid e a Londra ci sono già stati e a nulla è valso che truppe spagnole e inglesi fossero già in Afghanistan. Semmai il contrario.

Torna all'inizio