CENACOLO DEI COGITANTI |
14:20 GIORNALISMO: AL VIA
DA MERCOLEDI' III FESTIVAL INTERNAZIONALE
( da "Agi" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: All'incontro 'Globalizzazione e criminalita'
organizzata' parteciperanno Paolo Butturini, segretario Associazione Stampa
Romana, Piero Grasso, procuratore Nazionale Antimafia, Francesco La Licata, La
Stampa e Petra Reski, Die Zeit. Modera Vittorio Di Trapani, segretario
Associazione Giornalisti Scuola di Perugia.
"Focaccia blues"
dal 17 al cinema ( da "City"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: che si oppone alla diffusione della
globalizzazione intesa come massificazione dei gusti. La pellicola, prodotta da
Alessandro Contessa con la regia di Nico Cirasola, è interpretata da Dante
Marmone, Luca Cirasola e Tiziana Schiavarelli, con la partecipazione
straordinaria di Renzo Arbore, Lino Banfi, Michele Placido, Nichi Vendola,
Onofrio Pepe.
Gesti e parole Tutti i
segreti di Obama l'incantatore ( da "Stampa,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Usa-Cina» e la replica è: «Non amo
le definizioni standard ma se lei ne ha una buona me la dica». Preso in
contropiede, il cinese esita e Obama lo guarda negli occhi, dicendogli: «Il
nostro futuro è legato al vostro, questo è ciò che conta». Per spiegare cosa intende
ricorda Bretton Woods ovvero l'«epoca in cui gli accordi erano facili perché
Roosevelt e Churchill si vedevano e parlavano
PLANETARIA; LE OPPOSTE
TERAPIE ANTICRISI; LA VEXATA QUESTIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI COSTI DELLA CRISI
... ( da "Corriere
delle Alpi" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo
sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e
Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la
crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone
l'ordine delle regole.
Spinta da 1100 miliardi
per rilanciare il mondo ( da "Stampa,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: varare misure nazionali analoghe a
quelle di Usa e Cina mentre c'è l'incremento di risorse per 1100 miliardi
dollari del Fondo monetario internazionale, che si trasforma nella roccaforte
multilaterale degli aiuti ai Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà
poteri di intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come
venderà oro per sei miliardi di dollari al fine di «
Economia di guerra e
popolo della pace ( da "Trentino"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Dietro le stragi del Sudan c'è la
Cina, che ha ormai la chiave della cassaforte Usa. La morsa nella quale che il
patto Usa-Cina sta stringendo il popolo tibetano, provocandone il genocidio, è
una macchia che peserà indelebile sul mondo civile, sull'Europa. Non è tempo di
reagire?
Ma chi metterà tutti i
soldi preventivati? di Livio Caputo
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: al di là di Usa, Ue, Giappone e
Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova
agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti
finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. È stato creato così
un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà,
La macellazione, un
rituale religioso ( da "Gazzetta
di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: organizzato dall'Ausl «La
globalizzazione, aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione
rituale». La globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche
diverse fra loro per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa. A Reggio
la popolazione straniera rappresenta l'8,7% della popolazione totale.
Tutti uniti, in caso di
calamità ( da "Gazzetta
di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Centro unificato della Protezione
civile Si andava dal rosso del 118, al giallo dei giubbotti dei volontari della
Protezione Civile, al blu della Croce Verde e delle Pubbliche Assistenze sparse
nei diversi comuni della nostra provincia, ma nessuno è mancato ieri
all'inaugurazione del Centro Unificato di Protezione Civile della Provincia che
sorge in via del Chionso 32 di fianco,
G20, RE DOLLARO CONTRO
TUTTI ( da "Tribuna
di Treviso, La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA
PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina
dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando
l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo
l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.
Guardie ecologiche contro
i vandali sulle Grave ( da "Tribuna
di Treviso, La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il presidente della Protezione
civile lancia il grido di allarme: «Ronde al servizio dell'ecologia» Guardie
ecologiche contro i vandali sulle Grave CIMADOLMO. Graziano Dall'Acqua,
presidente della Pro loco e coordinatore della Protezione civile lancia la
proposta delle ronde al servizio dell'ecologia e del rispetto dell'ambiente,
Corte Franca Procivil,
domani il raduno provinciale ( da "Giornale
di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Nel pomeriggio allo stadio sono poi
attese le autorità di Protezione civile, tra cui il capo dipartimento nazionale
della Protezione civile, Guido Bertolaso, il prefetto Francesco Paolo Tronca in
qualità di capo dipartimento nazionale dei Vigili del fuoco e Stefano Maullu,
assessore regionale alla Protezione civile.
Cobo di Leno: il mercato è
il mondo ( da "Giornale
di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Italia agli Stati Uniti e
dall'Australia alla Cina passando per Francia, Germania e Romania); un prodotto
che resta vincente nonostante le difficoltà della crisi, 1.330 dipendenti, 215
milioni di ricavi nel 2007. Sono i numeri della Cobo di Leno, azienda che
progetta, costruisce e vende in tutto il mondo componenti per i veicoli
cosiddetti off road,
diplomazia monetaria (il
potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; ...
( da "Alto Adige" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo
sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e
Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la
crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone
l'ordine delle regole.
Prevale la tesi del
bicchiere mezzo pieno ( da "Libertà"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: al di là di USA, UE, Giappone e
Cina, metterà tutti questi soldi) e che sarà investito, insieme con una nuova
agenzia, del delicato compito di mettere sotto controllo gli strumenti
finanziari più avventurosi, a cominciare dagli hedge-funds. E' stato creato
così un robusto "tesoretto" per assistere i Paesi in difficoltà,
abbraccio inscindibile tra
cina e dollaro ( da "Messaggero
Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: a causa della drammatica
vulnerabilità del bilancio Usa. Forse la Cina sta tentando di tenere il piede
in due staffe? Vuole mostrarsi come la vittima del sistema basato sul dollaro,
quando per lungo tempo ne ha beneficiato e ha contribuito a favorirlo. Il
problema attuale è l'ovvia conseguenza della strategia mercantilistica
deliberatamente perseguita dalla Cina.
La rivolta dei nuovi
esclusi ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: globalizzazione ad una sola
dimensione, quella economica, ha sostituito l'autonomia della finanza
all'autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il
nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato
di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente
teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione
Nell'Obama-day l'Europa è
diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Usa, Europa e Cina). Il G20 non è
stato, né poteva essere, un incontro vicino al caminetto, come, nella sostanza,
fu quello dal quale uscirono, nel luglio del 1944, gli accordi di Bretton
Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in termini di pluralismo, agli
accordi che si potevano stabilire con il gallo Brenno quando pose la sua spada,
L'Europa è uscita alla
grande dal summit del G20 a Londra
( da "Italia Oggi" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: riconosce il ruolo internazionale
della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il nuovo corso di Obama riconosce, nei
fatti, il declino della leadership Usa che può essere contrastato, solo
sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica di collaborazione,
senza la quale il mondo si impantana nei suoi stessi dissidi.
di ANTONIA CASINI AI
BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo ...
( da "Nazione, La (Livorno)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: E denuncia che alla
«globalizzazione del mercato non ha fatto seguito la globalizzazione delle
tutele». Non solo prevenzione. E non soltanto repressione anche «se non devono
esserci scorciatoie». Come ha ribadito il sindaco Cosimi che chiede di
«premiare quelle ditte, imprese, fabbriche, che non hanno mai avuto problemi
con la sicurezza.
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: stato possibile perché India e Cina
frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della
situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere
dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi
non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega
qual è la distinzione necessariamente da fare:
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: stato possibile perché India e Cina
frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della
situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere
dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi
non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega
qual è la distinzione necessariamente da fare:
di LETIZIA CINI LE OPERE
d'arte? Si ottengono e si prestano. Parola di ad...
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 2 di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte?
Si ottengono e si prestano. Parola di ad... di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si
ottengono e si prestano. Parola di addetti ai lavori, pena la scomparsa di
mostre ed esposizioni. La prova? Accanto alla Madonna del Cardellino' appena
rientrata agli Uffizi dopo dieci anni di restauri,
Obama: Una sessione
produttiva e utile ( da "Arena,
L'" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: predica il leader Usa, «ammettere
di non avere sempre la risposta giusta». E con una punta di civetteria ricorda
che fino a pochissimi anni fa sarebbe stato «pazzesco» immaginare «i leader di
Francia, Germania, Cina, Sudafrica, Russia, con un presidente americano che si
chiama Obama» decidere insieme come salvare l'economia.
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: stato possibile perché India e Cina
frenano». Berlusconi dice di non minimizzare affatto la portata della
situazione economica. «La crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere
dobbiamo trasformare il male nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi
non aveva previsto la crisi ma anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega
qual è la distinzione necessariamente da fare:
L'ULTIMA copertina di
Spiegel mostra Angela sulla pror...
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 03-04-2009) + 2 altre fonti
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: quando ancora francesi e tedeschi
decisero di non accettare più a cambio fisso i dollari svalutati stampati dagli
Usa per finanziare la guerra in Vietnam. Due cambiamenti epocali provocati da
due guerre. E oggi? Nel gioco finanziario internazionale in futuro dovrà essere
ridotto il peso degli Stati Uniti, riconoscendo il nuovo ruolo di Cina, India,
Brasile.
g20, re dollaro contro
tutti ( da "Mattino
di Padova, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA
PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina
dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando
l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo
l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.
g20, re dollaro contro
tutti ( da "Nuova
Venezia, La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA
PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina
dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando
l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto, temendo
l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.
obama: "il mondo è
cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina)
dalnostro inviato ( da "Repubblica,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ma ha lasciato la parola a chi era
arrivato dalla Cina, dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei
500 giornalisti, molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito
e gli hanno fatto un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una
conferenza stampa. Obama è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia
sembrava tutto in salita per lui,
) PROTEZIONE CIVILE Il
centro unico? Lo chiediamo da anni
( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: PROTEZIONE CIVILE Il centro unico?
Lo chiediamo da anni IL 2 APRILE si è tenuta l'inaugurazione del finalmente
completato Centro unico provinciale di Protezione Civile. Tra numerose incensazioni
di questo o di quel personaggio e discorsi pomposi ed enfatici si è celebrato
un risultato sicuramente importante per la città,
la rivolta dei nuovi
esclusi - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: globalizzazione ad una sola
dimensione, quella economica, ha sostituito l´autonomia della finanza
all´autonomia della politica, resa marginale o servente fino a consumare il
nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri. Col risultato
di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in Occidente
teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione
MACELLARE animali per rito
è uno dei punti più discussi n...
( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Avrà luogo oggi dalle 9 alle
G20, accordo fra i Grandi
Obama: svolta storica ( da "Corriere
del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: tra cui la Cina, un esplicito
riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse.
Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle
sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto
forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno
portare,
L'intraprendenza di Silvio
fa dimenticare l'
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Si potrà obiettare che non si è
trattato di un colloquio all'altezza del G2 tra Usa e Cina ma è pur sempre
qualcosa: in fondo, nell'ambito del G20 l'Italia non è poi così strategica. E
anzi Berlusconi è riuscito a rendersi visibile con la trovata di farsi fotografare
con Obama e Medvedev come se fossero tre amiconi al bar, sorridenti e distesi.
E con un bigliettino di
Obama a Hu Jintao si sigla l'accordo
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Nella vita e nell'economia, «non ci
sono garanzie». Ma Obama è convinto che la strada intrapresa sia quella
necessaria. Non usa, ma alla fine noi giornalisti gli abbiamo fatto un
applauso. Hu Jintao, presidente della Cina Gordon Brown (Omega/Baroncini) Paolo
Valentino
Strumento vincente, ora le
reti tra filiere ( da "Sole
24 Ore, Il (Nord Est)" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ora le reti tra filiere S i parla
sempre più di de-globalizzazione, perché frenano i commerci, spira un vento
protezionistico, e tornano le regole nel mercato dei capitali (o almeno si
spera). Alcune imprese che avevano delocalizzato in Romania e dintorni tornano
indietro. C'è chi pensa anche di tornare indietro sulla scelta dell'outsourcing
distrettuale,
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Regno Unito e Cina, decisamente
meno l'Europa. Stimoli alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati
a un organismo centrale il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi,
guinzaglio al collo degli hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai
risultati di lungo periodo, infine tagliola per i paradisi fiscali e del
segreto bancario:
UNA BUONA PARTENZA
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: con la sola ma cruciale presenza
della Cina. E partono, anche, provvedimenti non sempre di applicazione
immediata, non sempre impermeabili a una certa dose di scetticismo, ma
sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno per la fiducia».
Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i meccanismi di pronto soccorso.
Disoccupazione Usa a quota
669 mila Mai così da 26 anni ( da "Corriere
della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: VODAFONE E TELEFONICA IN CORSA PER
HANSENET Vodafone e Telefonica sono in corsa per rilevare Hansenet (Telecom
Italia). ITALIA-CINA, FONDAZIONE INTEGRATA CON CAMERA DI COMMERCIO Via libera
all'integrazione della Fondazione Italia Cina con la Camera di Commercio italo
cinese.
Grottammare A Equomercato
(via Cantiere, 19) mostra Globalizzaz...
( da "Messaggero, Il (Marche)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Globalizzazione e infanzia a favore
del lavoro minorile nel Terzo Mondo "unico modo per sfuggire alla
prostituzione, alla delinquenza, all'accattonaggio". Lavoro in chiave
educativa. Oltre a mostre, spazio all'artigianato etnico, dibattiti promossi
dagli operatori dell'associazione Lunedì al sole, colombe e uova pasquali della
cooperativa disabili Libero Mondo che usa materie prime
Una buona partenza
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Pechino detiene una grossa fetta
del debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è portatrice
orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del liberal-capitalismo
occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe
più a governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping.
Obama: dal summit una
svolta storica ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ispirato e galvanizzato dal
successo del suo ruolo di mediazione fra Cina e Francia sulla questione dei
paradisi fiscali, ha definito l'esito di questo G-20 di Londra. è stato lui del
resto ha sbloccare l'impasse tra Francia e Cina su uno dei punti centrali, la
questione della lista dei paradisi fiscali. La Cina si era impuntata.
Dai Grandi assegno di
1.100 miliardi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: firmato per 100 miliardi di dollari
e una cifra analoga ha promesso l'Unione europea, mentre la Cina è interessata
ad acquistare obbligazioni emesse dal Fondo monetario (per 40 miliardi di
dollari, ha detto il premier britannico Gordon Brown, ma dalle autorità di
Pechino per ora non c'è conferma) e all'Arabia saudita sarebbe stata chiesta
una cifra vicina ai 50 miliardi di dollari.
Digitale a costo zero per
la ripresa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: di outsourcing e soprattutto la
domanda di servizi mobili nei Paesi emergenti (India, Cina, America Latina e
Africa) in cui lo spazio di domanda è ancora consistente, e persino anelastico
al reddito. Su 4,1 miliardi di utenti di cellulari (cresciuti da un miliardo
nel 2002) il 23% di loro oggi usa il telefonino per accedere a internet, e il
grosso è concentrato in quelle regioni.
Ora l'Europa deve
scommettere sul wireless ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Dall'Europa agli Usa, dalla Cina
all'India. «Il punto chiave è che esiste un nuovo mercato, e grande. Come
vent'anni fa spiega Sentinelli - Allora era la voce. Ora è internet. E nel
passaggio dal fisso al mobile c'è il premio di mobilità. Il cliente è disposto
a pagarlo.
la battaglia sul dollaro
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Una (Usa, Gb e Cina) dice: prima lo
sviluppo; la disciplina dei mercati segue. L'altra (guidata da Germania e
Francia), paventando l'inflazione, frena sulla finanza per la crescita; ma
soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle
regole.
Il 'G2' darà il tono al
resto del summit ( da "Manifesto,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la Cina emerge definitivamente come
una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times
relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente
Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a
prendere l'iniziativa nell'economia mondiale»,
impresa, illy e audretsch
a maniago ( da "Messaggero
Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La globalizzazione e le nuove
tecnologie hanno innescato cambiamenti irreversibili con cui abbiamo il dovere
di confrontarci. Nell'economia globale, dove fabbriche e posti di lavoro possono
essere spostati rapidamente verso economie emergenti, il vantaggio competitivo
delle imprese e delle nazioni si fonda sulla capacità di innovare.
Un taglio ai gas serra
Debutta Obama il verde ( da "Manifesto,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Anche Cina e India hanno
manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi
industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni
di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020,
cioè ben più di quanto finora accettato.
CINA E INDIA Non basta,
bisogna tagliare il 40% ( da "Manifesto,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: CINA E INDIA Non basta, bisogna
tagliare il 40% Che gli Usa di Obama rientrino nel «mondo di Kyoto» (cioè
quello dei gas serra da limitare) da cui gli Usa di Bush erano usciti, secondo
i paesi più poveri è cosa buona ma non abbastanza. Cina e India, capofila delle
cosiddette nazioni in via di sviluppo,
Trasfusione in dollari
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: mentre paesi come la Cina frenavano
(proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate di poca trasparenza). Si
è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario è finita» e che si
metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano le regole». Non è
stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi,
VERSO LE ELEZIONI MOSSE E
MOSSETTE ( da "Manifesto,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La nuova globalizzazione per il
cambiamento in senso progressista". Con Spini anche Bill Clinton, il
presidente del Partito socialista europeo Poul Nyrup Rasmussen, il presidente
del Gpf e futuro presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze, Josep
Borrell, e il presidente del gruppo socialista al parlamento europeo Martin
Schultz.
LONDRA - Sapremo se
abbiamo lavorato bene soltanto tra anni , ma sono convinto ch...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina e India, che rappresentano
miliardi di persone». A spingere all'intesa ha comunque contribuito l'umore
dell'opinione pubblica mondiale, sempre meno propensa ad accettare misure che
salvano finanzieri dalle retribuzioni plurimilionarie. E' per questo che Obama
considera le concessioni fatte necessarie per chiudere il summit con quella
dimostrazione di unità e di consenso indispensabile
G20, accordo fra i Grandi
Obama: svolta storica ( da "Gazzetta
di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: tra cui la Cina, un esplicito
riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse.
Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle
sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto
forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno
portare,
I migliori vini del mondo
nella rassegna di Verona ( da "Adige,
L'" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Usa, Canada, Russia, Lituania,
Estonia, Repubblica Ceca, Cina, Giappone, Singapore, Malesia, e America Latina.
Sono disposti a rinunciare all'automobile nuova, ai viaggi all'estero, al
cinema e al teatro, agli accessori griffati: ma non chiedete agli amanti del
buon bere di rinunciare ogni tanto ad una buona bottiglia di vino.
le parole del moderno
raccolte da marramao - anna benedetti
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Globalizzazione reca invece in sé
l´idea della compiutezza spaziale di questo processo, l´idea di un mondo
divenuto globo finalmente circumnavigabile (...) La globalizzazione non è solo
conseguenza ma presupposto della modernità. Sostenere ciò, sia ben chiaro, non
significa affermare che non si diano o non si possano verificare dei punti di
rottura.
PROTEZIONE CIVILE, TORNA
"NOI PER VOI", CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI E IN DIFESA DEL
TERRITORIO, DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO A GENOVA E ALLA SPEZIA IN SENSIBILE CALO
NEL 2008 I ROGHI ( da "marketpress.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Agricoltura e alla Protezione
Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due
capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della
Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili
del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio
boschivo e del territorio.
Al G20 un compromessoche
non cancella i rischi ( da "Secolo
XIX, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ogni decisione in capo agli Usa e
alla Cina, loro principale creditore e principale speranza di rilancio
dell'economia globale. Tanto che, per quanto risulti loro comprensibilmente
ostica, gli Usa, e l'Occidente, farebbero bene a prendere sul serio la proposta
cinese di sostituire al dollaro come moneta di riferimento per gli scambi
internazionali un paniere di monete analogo al "
"dieci anni fa a
seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il G20 - commenta al telefono - ha
finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole
finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita?
«Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo
assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del
1999.
Il G20 di Obama: un punto
di svolta per fronteggiare la crisi
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: con l'emergere di nuovi paesi, come
Cina e India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di
Obama, in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla
fine della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un
caloroso applauso dalla platea dei media internazionali.
G20! L'accordo vale un
trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto
Fmi - e la regina sgrida l'urlatore Berlusconi - Brunetta alle statali: no all
( da "Dagospia.com" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: IL TEMPO - Editoriale di Carlo
Felanda: "L'asse vincente è Usa-Cina". In apertura: "Il mondo
sulle spalle di Obama". A centro pagina: "Brunetta: niente spesa
durante il lavoro" e a fondo pagina: "Meno merende più coccole contro
l'obesità infantile". BERLUSCONI LIBERO - In apertura, sul vertice G20:
"Alé, si stampano soldi".
Iran, Chávez cerca fondi e
decreta la fine del mondo unipolare
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: incontro con il collega Mahmoud
Ahmadinejad tra la partecipazione al vertice dei paesi arabi e sudamericani di
Doha, la visita lampo in Cina e la missione in Giappone. Proprio nelle ore in
cui a Londra si decideva come raddrizzare le sorti dell?economia mondiale. “Il
mondo unipolare è finito”, ha detto ChÁvez nella conferenza stampa di rito,
aggiungendo che “
Usa, i dubbi del
Dipartimento di Stato sui mercati del S.America
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: analisi messa a disposizione delle
aziende americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110 pagine del dossier
si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di vista economico -
gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino dopo Brasile e Cina
-, e l?apertura di Buenos Aires agli investimenti stranieri.
Al vertice nasce il G2.
Fra America e Cina dialogo a tutto campo
( da "Finanza.com" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: hanno posto ieri le premesse per
trasformare i contraddittori rapporti tra Usa e Cina in una stabile alleanza
strategica dando di conseguenza una investitura ufficiale al "G2"
nuovo asse che potrebbe condizionare gli equilibri del pianeta. "Le due
parti concordano di lavorare assieme per costruire una positiva e cooperativa
relazione globale Stati Uniti-Cina per il 21esimo secolo,
Cina, ecco il reality show
che mette in palio l'Nba ( da "Gazzetta
Dello Sport Online, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Tutti quanti si sposteranno in
Cina. CRESCITA INARRESTABILE - Una Cina che, alla faccia della crisi economica
negli States (di recente la Nba ha licenziato il 9% dei dipendenti), è
diventata il mercato più grande della National Basketball Association. Con un
tasso di crescita annuo del 40%.
Speciale energia Eolica:
nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La Cina: il paese dove puntare per
le maggiori crescite nell'energia eolica Negli ultimi anni in particolare, due
mercati hanno continuato a sovraperformare rispetto alle più ottimistiche
previsioni: gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e forse in
quello seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a causa
della crisi economica,
Speciale energia Eolica:
nuovi stanziamenti dal G20 pag.5 ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il settore eolico in Cina è
sicuramente uno di questi. Il titolo presenta un rating di STRONG BUY e va
acquistato oggi in apertura di mercato Usa. Da parte nostra utilizzeremo i
recenti ricavi da dividendi per aumentare la quota di esposizione su questa
società. Non è escluso che anche nelle prossime settimane continueremo ad usare
questa tecnica,
UE-USA/ IL MAGGIOR
MOVIMENTO DI SCAMBI COMMERCIALI DEL MONDO
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: superata come principale fonte di
merci importate dalla Cina. Gli scambi commerciali della Ue con gli Stati Uniti
sono dominati da prodotti finiti. Nel 2008, più di due quinti dei flussi di
scambio della Ue con gli Stati Uniti sono stati i macchinari e i veicoli,
mentre i prodotti chimici e altri manufatti pesano ciascuno per circa un quinto
delle importazioni e delle esportazioni.
MERCATO CREDITO: DA BCE IN
ARRIVO MISURE NON CONVENZIONALI ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Forte rialzo del greggio Wti in
seguito all?accordo del G20 ed a dati migliori delle attese negli Usa ed in
Cina. Tra i metalli industriali forte rialzo per il piombo (+5,5%). Tra gli
agricoli il migliore è stato il grano (+4,8%). Copyright © MPS Capital
Services. All rights reserved
Dal G20 pochi fatti, molto
ottimismo. Basterà?. ( da "Giornale.it,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Corea, la Casa Bianca:
pronti a risposta severa ( da "Avvenire"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ma secondo fonti usa il lancio
potrebbe avvenire già domani). La stessa amministrazione Obama prende atto che
altri partner del dialogo a Sei (composto da Stati Uniti, Cina, Giappone,
Russia e le due Coree) sono contrari al lancio del missile-satellite, ma anche
che c'è realisticamente «la generale aspettativa che le attività di lancio
andranno avanti.
Addio ai paradisi fiscali,
più fondi contro la crisi ( da "Avvenire"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: si deve al presidente Usa la
mediazione fra Francia e Cina sui paradisi fiscali». «Ero giunto al G20 di
Londra per ascoltare, imparare e fornire leadership americana: penso di avere
centrato l'obiettivo», ha ag- giunto il presidente americano. Quindi ha lodato il
«coordinamento storico, inimmaginabile 10 o 20 anni fa» che ha unito «Paesi
molto diversi come Stati Uniti,
Che tristezza, la Cnn (e
un certo giornalismo) ( da "Giornale.it,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ammissione che la crescita non
potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
UE: TOSCANA CAPOFILA
PROGETTO EUROPEO PER ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (2).
( da "Asca" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: possano essere approfondite
ulteriormente le esperienze acquisite nei tre anni di cooperazione. Un lavoro
utile anche per condividere le migliori pratiche per contrastare la
deindustrializzazione causata dalla globalizzazione grazie ad un modello di
sviluppo fondato sulla conoscenza e l'innovazione tecnologica''. afe/res/bra
(Asca)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la Cina emerge definitivamente come
una potenza del 21esimo secolo». Come non riconoscerlo? Il Financial Times
relega in pagina interna la notizia dell'incontro, mercoledì, tra il presidente
Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a
prendere l'iniziativa nell'economia mondiale»,
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Anche Cina e India hanno
manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi
industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni
di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020,
cioè ben più di quanto finora accettato.
Cannes, Nominate le giurie
Film e Press. Scotto di Carlo rappresentante per l'Italia (Film)
( da "PubblicitàItalia.it"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Tiger Fu, Lintas Cina; Xavier
Beauregard, Draftfcb Francia; Matthias Schmidt, Scholz & Friends Group
Germania; Abhijit Avasthi, South Asia, Ogilvy & Mather India; José
Bomtempo, BAR Creativity Portogallo; John Merrifield, TBWA\Asia Pacific
Singapore; Graeme Jenner, Net#work BBDO Sud Africa;
G20 anti crisi: entrare
nei paradisi fiscali e riportarne i conti a terra
( da "Panorama.it" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Isole Bermude e Stato del Delaware
per gli USA, Andorra e Monaco per la Francia, le Isole anglo-normanne (Jersey e
Guerseney) per la Gran Bretagna, Svizzera, Lichtenstein e Lussemburgo per la
Germania, al quale si aggiungono Hong Kong e Singapore per la Cina. Ma
l'affiliazione è per la verità molto più trasversale sul piano geografico.
Prysmian, nuova Commessa
in Russia per costruzione rete Elettrica
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: del mondo come USA e Cina, Paesi
nei quali Prysmian ha avviato investimenti per l'incremento della capacità
produttiva. In USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40
miliardi di dollari per l'ammodernamento e la realizzazione di impianti di
generazione e di reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l'entrata in
funzione di un nuovo stabilimento alta tensione,
Liguria/ Meno incendi nel
2008 grazie alla prevenzione ( da "Virgilio
Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: assessore alla Protezione Civile
Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000
Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati
nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato
e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale
ed il territorio ligure"
LIGURIA/ MENO INCENDI NEL
2008 GRAZIE ALLA PREVENZIONE ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: assessore alla Protezione Civile
Giancarlo Cassini- in gran parte ottenuto grazie all'impegno degli oltre 3000
Volontari di Protezione Civile di cui oltre 2.400 specializzati
nell'antincendio boschivo che operano al fianco del Corpo Forestale dello Stato
e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per tutelare il patrimonio forestale
ed il territorio ligure"
ANTONIO TROISE ROMA. IL
PREMIER INGLESE PARLA APERTAMENTE DI UN SUCCESSO. IL PRESIDENTE AMERICANO...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: hanno già deciso interventi tesi a
proteggere le rispettive economie. Non ricordando che, dietro alla lunga
stagione dello sviluppo cancellata oggi dalla recessione, c'è stata proprio
l'apertura dei mercati e quella globalizzazione che ieri era invocata da tutti
e che oggi, tutti, vorrebbero dimenticare.
FRANCESCO ROMANETTI IL
CAPITALISMO? NON STA MESSO PER NIENTE BENE. E I LEADER RIUNITI AL G20, GRA...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: E c'è chi dice che stavolta non
sarà l'America, ma la Cina, a salvare il mondo dalla crisi. Lo ha scritto Fidel
Castro, citando il premio Nobel Jospeh Stiglitz. Lei è d'accordo? «No, è una
tesi che non mi convince, sulla quale non sono d'accordo. Innanzi tutto perché
l'economia cinese dipende dal valore del dollaro.
Furti nelle case? Le ronde
non ci aiuteranno ( da "Gazzettino,
Il (Treviso)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: dell'umile "volontario di
protezione civile". Protagonisti di questo scambio il capo della
Protezione Civile, Bertolaso e l'assessore alla Protezione Civile, Elena
Donazzan. Si dice che la materia della protezione civile è ben altra cosa
dall'ordine pubblico e dalla sicurezza: fa capo alla Presidenza del Consiglio.
Protezione civile, lavori
per 600 mila euro ( da "Gazzettino,
Il (Belluno)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Protezione civile, lavori per 600
mila euro Venerdì 3 Aprile 2009, Feltre (G.P.) La Protezione Civile è sempre
stata un fiore all'occhiello della sezione Ana di Feltre, non fosse altro
perché il contributo in ore di lavoro offerto dai volontari nel 2008, calcolato
sul salario di un operaio medio, ammontava a quasi 600 mila euro.
Oltre mille miliardi
anti-crisi e addio paradisi fiscali
( da "Gazzettino, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: adesso la realtà globale è molto
più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India". Il G20
ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare
in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000
miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010.
Obama agli studenti:
voglio un mondo senza armamenti nucleari
( da "Rai News 24" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la Cina devono fare di più. Sono
fiducioso che riusciremo ad affrontare questa sfida, ma lo dobbiamo fare
oggi". Obama ha ribadito di voler chiudere il carcere di Guantanamo a
Cuba, perchè "Umiliare le persone non e' una buona strategia per combattere
il terrorismo" e ha detto di volere un mondo senza armamenti nucleari.
Recessione, le banche
d'affari Usa bocciano il G20 ( da "Affari
Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: destabilizzante fra le nazioni che
risparmiano troppo poco come gli Stati Uniti e quelle che risparmiano troppo
come la Cina". E secondo Roach, proprio "non avere affrontato gli
squilibri globali che sono all'origine della crisi" e' "la carenza
dell'accordo" annunciato ieri. Roach ammette la "sorpresa"
dell'aumento dei fondi destinati al Fmi, anche se "non si sa come saranno
usati".
Andamento incendi boschivi
in Liguria: rapporto e iniziative di prevenzione
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Agricoltura e alla Protezione
Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei due
capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della
Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili
del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio
boschivo e del territorio.
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ma «non si è potuto condensarlo in
una norma generale perché Paesi come Cina e l'India non avrebbero mai la
possibilità di sopperire a stipendi e salari dei posti di lavoro che si
potranno perdere». VERTICE IN GIAPPONE - Il presidente del Consiglio ha
annunciato che «ci sarà un'altra riunione del G20 entro l'autunno.
Prysmian: nuova commessa
in Russia pag.1 ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: energia presenta importanti
prospettive anche in altre aree del mondo come USA e Cina, Paesi nei quali
Prysmian ha avviato investimenti per l?incremento della capacità produttiva. In
USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di
dollari per l?ammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di
reti di trasmissione, entro il 2009 è prevista l?
CRISI: ECONOMISTI A
CERNOBBIO, DURERA' FINO AL 2010 E FORSE ANCHE OLTRE.
( da "Asca" del
03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Le misure anticrisi piu' efficaci
sono quelle adottate dagli Usa per il 47% dei partecipanti. Seguono Ue, che si
e' mossa meglio per il 32,5%, Cina (11,1%) e Giappone (1,7%). In ambito
europeo, invece, volano Germania (30,7%), Gran Bretagna (29,1%) e Italia
(25,2). Poco apprezzate le misure di Sarkozy (11,8%) e Zapatero (3,1%).
Riformismo e unità
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: segnatamente la Cina - sono stati
al gioco: quel Paese, infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo
che tornava comodo soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla
e prestare i soldi incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre
effetti di "dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali
soprattutto sull'
Il lavoro e i diritti per
la democrazia ( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 13:48 Dibattito Mentre in questi
anni di globalizzazione, il capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è
convenuto, e ha de localizzato la produzione altrove, il sindacato in Italia,
invece di sforzarsi a diventare anch'esso soggetto unico e quantomeno europeo,
non ha saputo fare di meglio che dividersi su tutto.
Addio "dollar
standard" ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina, Giappone e Corea del Sud
hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un ?euro?
con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche
mese ha dato segnali di apertura ? complice la crisi del suo sistema economico,
basato per il 30% sui servizi finanziari ?
G20/ DA PARTECIPANTI
WORKSHOP AMBROSETTI GIUDIZI VARIEGATI
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: il G20 ma il G2 formato da Usa e
Cina ("il maggiore consumatore e il maggiore produttore del mondo"),
ha replicato in senso del tutto opposto Norbert Walter, capo-economista di
Deutsche Bank. "Se c'e' un modo di ripensare le regole globali - ha detto
- Usa e Ue sono i primi che possono definire degli standard validi nel
tempo".
Aspettando Obama a Praga
( da "Stampaweb, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina, senza contare il tradizionale
appuntamento di metà giugno, con il consiglio europeo conclusivo della
presidenza, e gli oltre diciassette incontri a livello ministeriale pianificati
in poco meno di tre mesi. Il rischio, dicono a Bruxelles e Praga, è che
probabilmente alcuni vertici sensibili, come quello sul partenariato orientale
o con la Russia saranno presieduti dal presidente
NORDCOREA/ USA: NEGOZIATI
DISARMO DEVONO RIPRENDERE ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Continuiamo ad attendere con grande
interesse la ripresa" dei negoziati a sei (le due Coree, gli Stati Uniti,
la Russia, la Cina e il Giappone) sul disarmo, ha detto Bosworth durante una
conferenza stampa. "Questo resta il nostro obiettivo a lungo termine e
desidereremmo tornare a questo obiettivo entro un termine il più ragionevole
possibile", ha aggiunto. (fonte Afp)
Il convitato di pietra
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina e Russia) per uscire dalla
sempre più limacciosa palude afgano-pachistana? Il punto critico è che le
strategie sul campo continueranno a restare prevalentemente militari (utilizzo
di tattiche aeree e di bombardamenti con conseguenti massacri di civili) e la
commistione militare continuerà a riguardare anche gran parte degli aiuti
civili (
( da "Agi" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
GIORNALISMO: AL VIA
DA MERCOLEDI' III FESTIVAL INTERNAZIONALE (AGI) - Perugia, 30 mar. - Al via
mercoledi' 1 aprile la terza edizione del Festival Internazionale del
Giornalismo che, fino a domenica 5 aprile, ospitera' a Perugia oltre 200
giornalisti da tutto il mondo. La manifestazione si apre con una welcome
session che dara' il benvenuto ai 200 volontari che sono stati selezionati per
collaborare all'organizzazione dell'evento. Studenti e appassionati di giornalismo
tra i 18 e i 24 anni che arrivano da diversi paesi: Canada, Australia, India,
Brasile, Russia, Svizzera, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Tunisia, Lituania.
Una vera e propria community nata e organizzata attraverso i social network:
twitter e facebook su tutti. Ad accoglierli Enzo Iacopino, segretario ordine
Nazionale dei Giornalisti, Maurizio Oliviero, Commissario Straordinario Adisu e
Silvano Rometti Assessore alla Cultura Regione Umbria. A cura di Reuters la
presentazione del libro Our World Now, una raccolta delle migliori foto del
2008 scattate da oltre 600 giornalisti che collaborano con Reuters e del
documentario 'Bearing Witness: five years of the Iraq war', il video che
testimonia il ruolo dei giornalisti nelle zone di guerra. Seguira' - alla
presenza di Maria Rita Lorenzetti, presidente Regione Umbria, Stefano Zamagni
presidente Agenzia per le Onlus, Giuseppe Guzzetti presidente Fondazione
Cariplo, Dino Boffo direttore Avvenire, Candido Grzybowski direttore di
Ibase-brasile, Andrea Olivero portavoce Forum Nazionale del Terzo Settore ed
Elio Silva Il Sole 24 Ore - la premiazione della prima edizione del 'Premio
Internazionale Comunicazione per il Sociale', istituito dall'Agenzia delle
Onlus e dalla Regione Umbria. Un approfondimento sulla quarantennale attivita'
pubblicistica del poliedrico impegno civile di Aldo Moro, aprira' gli
incontri-dibattito di questa prima giornata. L'incontro ripercorre e analizza
gli scritti del politico pugliese facendo emergere esami seri, scrupolosi e
lungimiranti dei fenomeni politici e sociali di quegli anni. Di cronaca nera,
'Dall'omicidio di Cogne al delitto di Perugia: la cronaca giudiziaria, le
indagini scientifiche e i confini del racconto giornalistico', parleranno
Sabina Castelfranco (Cbs), Caterina Malavenda (avvocato), Massimo Martinelli
(Il Messaggero), Massimo Picozzi (psichiatra e criminologo), Fiorenza Sarzanini
(Corriere della Sera). Modera Paolo Poggio (Gr Rai). Uno spazio importante di
questa edizione e' dedicato all'informazione in prima linea contro le mafie. All'incontro 'Globalizzazione e criminalita' organizzata' parteciperanno Paolo Butturini,
segretario Associazione Stampa Romana, Piero Grasso, procuratore Nazionale
Antimafia, Francesco La Licata, La Stampa e Petra Reski, Die Zeit. Modera Vittorio
Di Trapani, segretario Associazione Giornalisti Scuola di Perugia.
( da "City" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
"Focaccia
blues" dal 17 al cinema La favola vera della focaccia che mangiò il Big
Mac è diventato un film, "Focaccia blues", che sarà al cinema dal 17
aprile. Il film racconta il luogo e i protagonisti di una vicenda realmente
accaduta, traendo spunto dall'impresa di una piccola focacceria altamurana - di
Luca Digesù - che riuscì a mettere in crisi, fino alla chiusura, un grande
McDonald's aperto accanto. Il film descrive la vittoria del mondo piccolo e
«glocale» che si oppone alla diffusione della
globalizzazione intesa come massificazione dei gusti. La pellicola, prodotta da
Alessandro Contessa con la regia di Nico Cirasola, è interpretata da Dante
Marmone, Luca Cirasola e Tiziana Schiavarelli, con la partecipazione
straordinaria di Renzo Arbore, Lino Banfi, Michele Placido, Nichi Vendola,
Onofrio Pepe. AGphoto 03 aprile 2009
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Gesti e parole Tutti
i segreti di Obama l'incantatore Barack Obama arriva con 45 minuti di ritardo
nella grande sala conferenze dell'ExCel Center affollata da centinaia di
reporter provenienti da tutto il mondo. È la prima conferenza stampa
internazionale nelle vesti di presidente degli Stati Uniti e la affronta come
una chiacchierata fra amici. Alterna le domande dei giornalisti americani al
seguito con la scelta a caso di alcuni stranieri, soffermandosi in battute che
accompagnano sorsi di acqua dalla bottiglia che sta sotto il podio «perché da
una settimana combatto con la tosse». Beve di fronte a tutti come fanno i
giocatori di basket nelle soste di una partita ma poi parla come un vate della
riconciliazione internazionale: dice che «essere leader per l'America significa
saper incoraggiare il mondo a trovare le migliori risposte alle crisi»,
promette di «convincere gli americani che la loro prosperità è legata al resto
del mondo», indica come priorità «lo sviluppo nell'educazione nei Paesi più
poveri affinché venga meno l'avversione verso l'America». Quando risponde ai
quesiti degli americani non esce dal solco degli appunti preparati dal team
della Casa Bianca ma allorché replica agli stranieri dà vita a momenti di puro
spettacolo. Un giovane reporter cinese gli chiede se «condivide la definizione
di G2 per i rapporti Usa-Cina» e la replica è: «Non amo le
definizioni standard ma se lei ne ha una buona me la dica». Preso in
contropiede, il cinese esita e Obama lo guarda negli occhi, dicendogli: «Il
nostro futuro è legato al vostro, questo è ciò che conta». Per spiegare cosa
intende ricorda Bretton Woods ovvero l'«epoca in cui gli accordi erano facili
perché Roosevelt e Churchill si vedevano e parlavano di fronte a un
bicchiere di brandy» mentre «ora non siamo più soli, l'Europa è stata
ricostruita, il Giappone è stato ricostruito e altri Paesi si affacciano sulla
scena internazionale». Ai presenti non sfugge che Barack sta parlando agli
anglosassoni dal cuore di Londra per fargli comprendere che la stagione delle
leadership incontrastate è terminato. Ciò non toglie che quando una giornalista
israeliana gli chiede numi sulle norme legali per la remunerazione dei manager
la risposta è una lezione di legge mutuata dagli studi di Harvard che lascia di
stucco anche i veterani della Casa Bianca. La platea dei media dell'ExCel è
tutta con lui. I reporter stranieri vogliono gridano ad alta voce il nome dei
rispettivi Paesi per farsi scegliere per la prossima domanda. E lui scherza: «Mica
è un'asta...». Poi indica una giovane reporter indiana. Lei vuole chiedergli
com'è andato l'incontro con il premier di New Delhi e lui risponde con una
raffica di complimenti personali da serata di gala al college, terminando con
la promessa di «favorire il dialogo fra India e Pakistan». È l'ultima frase, la
platea dei media internazionali è ammaliata e lo abbraccia spontaneamente con
un lungo applauso corale che coglie di sorpresa i giornalisti americani.
( da "Corriere delle Alpi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PLANETARIA; LE
OPPOSTE TERAPIE ANTICRISI; LA VEXATA QUESTIO DELLA DISTRIBUZIONE DEI COSTI
DELLA CRISI ... planetaria; le opposte terapie anticrisi; la vexata questio
della distribuzione dei costi della crisi medesima) restano tutte. D'altra
parte, è regola di diplomazia, del denaro in particolare, di lasciar emergere,
come a Londra, solo ciò su cui c'è consenso. Lo scopo è pure di scongiurare,
col dissenso esplicito, il rischio di politiche economiche (dalla gessatura dei
mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci
precipitare nel baratro. Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è
che al G20 si scontrano tre linee. Una (Usa, GB e Cina) dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue;
l'altra (guidata da Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla
"finanza per la crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della
finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda
Re dollaro "solo contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano
negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la
diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un
tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera
dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare
sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono
comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è
che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari"
ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia
capaci di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale
sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al
contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza,
questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero; tuttavia questi stessi
hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno
aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra
1933" quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte,
col protezionismo dell'allora Presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul
campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti
deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl,
continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino,
orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche
per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al
massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza
pubblica. "Basta debiti" dicono gli europei; ma "senza nuovi
debiti" degli istituti finanziari la macchina resta in panne" replicano
gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un
contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri
termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il
prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far
saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più,
potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra
le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20
continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari).
E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con
India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei
pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa
Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni
monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la
perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea
tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta"
(non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la
questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà
ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida,
annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia,
continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano
costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da
giocare. Francesco Morosini
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Spinta da 1100
miliardi per rilanciare il mondo [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI INVIATO A LONDRA
Rigide regole per la finanza internazionale, hedge funds sotto controllo e
paradisi fiscali obbligati a rientrare nei ranghi e uno stimolo per l'economia
affidato al Fmi: il summit del G20 si conclude con il successo delle posizioni
di Francia e Germania, salutato dal presidente americano Barack Obama come «un
vertice storico per la magnitudine della risposta che abbiamo dato alla crisi»,
sebbene proprio lui abbia dovuto fare passi indietro. Obama voleva uno stimolo
globale più imponente che non c'è stato e il suo plauso ai vincitori, la
tedesca Angela Merkel e il francese Nicolas Sarkozy, spiega perché il premier
britannico Gordon Brown, anfitrione dei lavori, parla con soddisfazione del
«mondo che si è unito contro la recessione riconoscendo che la prosperità è
indivisibile». L'accordo di Londra è il risultato di un compromesso che segna
un nuovo equilibrio di forze fra le grandi potenze economiche del Pianeta.
Sarkozy parla di «successo oltre le previsioni» e «fine del modello
anglosassone dei mercati gestiti con leggerezza» perché il testo finale vara il
nuovo «Financial Stability Board» che metterà in atto una sorveglianza rigida
su tutti i mercati, le istituzioni e gli strumenti finanziari esistenti,
inclusi gli hedge funds finora riusciti a sfuggire a qualsiasi tipo di
controllo. Merkel parla di «compromesso storico» perché il fronte anglosassone
- e soprattutto Londra - ha ceduto sui paradisi fiscali ovvero i circa 40 Paesi
i cui nomi saranno presto resi noti dall'Ocse e «indicati alla pubblica
vergogna», al pari di quelli che vareranno politiche protezionistiche capace di
ostacolare il libero commercio. Il compromesso è stato possibile perché
Washington e Londra hanno ceduto sul fronte dello «stimolo fiscale globale» che
Obama aveva nelle carte e del quale Brown aveva parlato di fronte al Congresso
riunito in seduta congiunta. Non vi è infatti alcun impegno dei Venti a varare misure nazionali analoghe a quelle di Usa e Cina mentre c'è l'incremento di risorse per 1100 miliardi dollari del
Fondo monetario internazionale, che si trasforma nella roccaforte multilaterale
degli aiuti ai Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà poteri di
intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come venderà oro per
sei miliardi di dollari al fine di «mettere risorse a disposizione dei
Paesi poveri» come sottolinea Gordon Brown. Per mascherare il patteggiamento il
premier britannico sottolinea che, a conti fatti, i Venti «entro la fine del
prossimo anno avranno varato stimoli fiscali per 5 mila miliardi di dollari» ma
si tratta di promesse, non di impegni nazionali sottoscritti, e il disappunto
americano viene evidenziato dalla decisione del ministro Timothy Geithner di
cancellare il previsto briefing serale con i giornalisti al seguito. Se gli
anglosassoni hanno accettato di scendere a patti è perché per loro il risultato
più importante arriva sul piano politico: se è vero che la crisi finanziaria
viene da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle spalle
perché il summit vede nascere una coalizione internazionale contro la
recessione. Non a caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di
«passi storici senza precedenti». Per entrambi, come riassume il premier
australiano Kevin Rudd, era importante «raggiungere l'accordo più vasto contro
i cowboy dei mercati finanziari responsabili del collasso avvenuto». Grazie
alla nascita di questa coalizione anti-recessione - che celebrerà il nuovo
summit a fine anno - Obama e Brown potranno fare pulizie nelle rispettive
piazze finanziarie con strumenti multilaterali che i rispettivi Parlamenti
avrebbero difficilmente autorizzato. «Abbiamo dato la medicina giusta al paziente
malato» dice il presidente americano nella conferenza stampa finale, ammettendo
di aver fatto passi indietro «sulla scrittura nel testo finale di alcune frasi
che non posso rivelare perché quello che abbiamo è un testo oramai comune, di
tutti noi». In questa coalizione Russia e Cina vengono
proiettate nel ruolo di protagoniste. Dmitri Medvedev, capo del Cremlino,
preannuncia il «taglio dei bonus troppo elevati» e promette di «rinunciare al
protezionismo» mentre il cinese Hu Jintao rimette al Fmi la disputa sul futuro
del dollaro come moneta-base. Sono le avvisaglie di una redistribuzione del
potere nel salotto della finanza globale che è appena iniziata.
( da "Trentino" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Economia di guerra e
popolo della pace Una delle bandiere più visibili a fianco delle bandiere delle
Acli è la bandiera della pace. Da decenni. Ma è tempo di declinare nuovamente
la parola "pace" cercando di "migrare dal 900". Tre esempi
e tre cifre. 1) Viene bombardata Gaza con migliaia di morti. Un fatto
gravissimo. Anche le Acli si mobilitarono per manifestazioni nazionali e sono
impegnate nei coordinamenti territoriali. Nella Repubblica Democratica del
Congo, secondo fonti Onu, dal 1994 ad oggi vi sono stati più di cinque milioni,
ripeto 5 milioni, di morti. Il mondo pacifista non ha reagito allo stesso modo.
è chiaro che dietro ci sia il '900, la guerra fredda, le ideologie, i
sacrosanti diritti all'autodeterminazione. 2) Veniamo a sapere, nel mezzo di una
crisi economica finanziaria, che il governo italiano vuole acquistare 131
caccia bombardieri. Ciò impegnerà il nostro paese fino al 2026 con una spesa di
quasi 14 milardi di euro. Una cifra incredibile; una finanziaria. 3) Il
precedente governo ha autorizzato un export di armamenti superiore ai 3
miliardi di euro. Un miliardo, di questi tre stanziati, va a paesi extra Nato -
Unione Europea tra cui zone di forte tensione. Le guerre nei paesi poveri
causano non solo numeri impressionati di morti ma soprattutto forti migrazioni
e conseguenti rischi verso il canale di Sicilia e non solo. Cosa accomuna
queste tre cifre? Sono tutte incredibili e vere. Non bucano lo schermo. Hanno
poco a che fare con le ideologie del passato per cui sembrano non meritare la nostra
attenzione come "popolo della pace". Arrigo Dalfovo Presidente Acli
trentine Queste cifre sono il risvolto oscuro del nostro mondo. Sono il pozzo
nero che sporca i progetti di futuro e rende false le promesse di sviluppo
avanzate dagli economisti nelle loro liturgie finanziarie, come quella del G
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Edizione: 03/04/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano DALLA PRIMA PAGINA Ma chi
metterà tutti i soldi preventivati? di Livio Caputo (...) rialzo delle Borse.
Un soddisfatto Gordon Brown ha parlato di una immissione nel sistema di 5.000 miliardi
di dollari entro il 2010 (ma senza specificare da parte di chi, e in realtà
sommando solo provvedimenti già adottati) che, dopo un calo del Pil mondiale
dell'1% quest'anno, dovrebbe farlo risalire l'anno venturo del 4. Per evitare
il fallimento della conferenza, Obama ha rinunciato a convincere gli europei a
varare subito ulteriori stimoli fiscali che avrebbero appesantito troppo i loro
bilanci, e Francia e Germania hanno un po' annacquato la loro richiesta di
imporre regole ai mercati, indigeste a Wall Street e alla City e lasciato
all'Ocse il compito, assai scabroso, di redigere la lista nera dei paradisi
fiscali. Un prezioso minimo comun denominatore è stato trovato nella
opportunità - condivisa da tutti - di potenziare il Fondo Monetario Internazionale,
diretto dal francese Strauss-Kahn, la cui dotazione è stata triplicata da
( da "Gazzetta di Reggio"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
La macellazione, un
rituale religioso Oggi all'hotel Astoria Mercure (dalle 9 alle 17), si svolgerà
il convegno, organizzato dall'Ausl «La globalizzazione,
aspetti sanitari e socio-culturali derivanti: la macellazione rituale». La
globalizzazione favorisce il contatto diretto tra etnie anche diverse fra loro
per tradizione, abitudini alimentari, fede religiosa. A Reggio la popolazione
straniera rappresenta l'8,7% della popolazione totale. Le nazionalità
maggiormente rappresentate sono la marocchina, l'albanese, l'indiana, la
cinese, la pakistana, la russa e altre minoritarie come numero di presenze. La
macellazione rituale che si vuole affrontare nel corso del convegno rappresenta
una questione controversa. In Europa si assistono a differenze anche notevoli
sulla pratica della macellazione rituale. Si va da paesi che rifiutano tali
metodiche ad altri, dove sono ammesse solo a condizione dello stordimento degli
animali. A Reggio da anni le istituzioni riconoscono le tradizioni culturali e
religiose delle altre etnie, accanto alla necessità fisiologica di alimentarsi
di carni, anche quella dell'inderogabile garanzia del benessere animale.
( da "Gazzetta di Reggio"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Tutti uniti, in caso
di calamità Nasce il Centro unificato della Protezione
civile Si andava dal rosso del 118, al giallo dei giubbotti dei volontari della
Protezione Civile, al blu della Croce Verde e delle Pubbliche Assistenze sparse
nei diversi comuni della nostra provincia, ma nessuno è mancato ieri
all'inaugurazione del Centro Unificato di Protezione Civile della Provincia che
sorge in via del Chionso 32 di fianco, non a caso, alla sede provinciale
della Croce Rossa Italiana. Al tradizionale taglio del nastro anche il vice
capo del Dipartimento della Protezione Civile Bernardo De Bernardinis, e il
direttore dell'Agenzia Regionale di Protezione Civile Demetrio Egidi. Una
struttura di 6mila metri, che ospita la sala operativa e la sala radio e i
mezzi della colonna mobile che è la prima struttura che si mette in movimento
in situazioni di emergenza e calamità. Ma non si tratta solo della soluzione di
un problema logistico, pur importante, con una sede funzionale, baricentrica al
territorio provinciale e dotata di tecnologie moderne: lo scopo del nuovo
centro unificato, è quello di farne il punto di coordinamento degli interventi
nei momenti in cui tempestività, chiarezza di compiti sono fondamentali per
un'azione efficace e di riferimento per tutti i diversi comuni reggiani e i
soggetti coinvolti. Un tema, quello del coordinamento, che tutte le autorità,
dal prefetto vicario Adolfo Valente, al presidente della Provincia Sonia
Masini, al sindaco di Reggio Graziano Delrio e gli assessori alla Protezione
Civile hanno sottolineato, da angolazioni diverse. Se il primo cittadino ha
privilegiato il tema della capacità organizzativa e dell'impegno dei volontari,
come elemento che spiega come a Reggio sia nato il quarto Centro unificato
della Regione, Sonia Masini ha invece invocato una maggior chiarezza sulle
competenze per evitare le frammentazioni in caso di calamità, mentre il
prefetto ha assicurato la collaborazione delle forze dell'ordine. Chi invece in
modo a volte anche un poco ruvido, è entrato in conncreto nei problemi con cui
si sta scontrando la Protezione Civile è stato il responsabile regionale Egidi,
sottolineando come «da oggi bisogna guadagnarsi i galloni perché la sede è solo
il punto di partenza». E ha continuato: «Nelle ultime due Leggi Finanziarie
sono stati azzerati tutti i finanziamenti per la messa in sicurezza del
territorio e quelli per i fondi regionali. Per cui una struttura come questa,
costata un miliono di euro 50% da fondi statali e regionali e 50% dagli enti
locali, non sarà più possibile». (r.f.)
( da "Tribuna di Treviso, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la
disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia),
paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto,
temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole. L'ultima,
invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il proprio ruolo
sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere
che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in
un tour di Grandi di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera
dell'economia/mondo sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare
sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti
sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la «vera» speranza è che le
iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri «calci monetari» ai
mercati) diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia,
capace di rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale
sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al
contempo, di ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza,
questi sono al massimo auspici per il post-G20. Vero; tuttavia questi stessi
hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno
aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto «effetto Londra 1933»,
quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul
campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che
l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco
Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a
Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che
punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui
consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla
finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma «senza nuovi debiti
degli istituti finanziari la macchina resta in panne», replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono un contrasto sulla
tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini, è che la
finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del
biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la
competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure
creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive
dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua
a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari). E questo
si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina
e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con India e Brasile):
quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei pagamenti
internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che
in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni monetarie (cioè
dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso
globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e
squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale) per gli
scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa che,
almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il
dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20
esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel
post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano
costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da
giocare. Francesco Morosini
( da "Tribuna di Treviso, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Cimadolmo. Il presidente della Protezione civile lancia il grido di allarme:
«Ronde al servizio dell'ecologia» Guardie ecologiche contro i vandali sulle
Grave CIMADOLMO. Graziano Dall'Acqua, presidente della Pro loco e coordinatore
della Protezione civile lancia la proposta delle ronde al servizio
dell'ecologia e del rispetto dell'ambiente, costituendo le Gev (Guardie
Ecologiche Volontarie) un gruppo a cui sarà affidata la vigilanza del
territorio, naturalmente dopo aver ricevuto l'approvazione dell'amministrazione
comunale. «Non è possibile infatti - attacca Dall'Acqua - che ci sia ancora
gente che abbandona rifiuti nel territorio. Durante la giornata tenutasi per la
pulizia del Piave e delle aree prospicienti, abbiamo raccolto circa 200
quintali di rifiuti. Abbiamo rilevato che sono composti per la maggior parte di
rifiuti secchi. I rifiuti, (compresi molti sacchetti di pannolini usati) li
abbiamo rinvenuti ai lati dell'arteria arginale. Questo fa presupporre che i
sacchetti neri per le immondizie vengano forse lanciati di notte dalle auto in
corsa. Ciò fa pensare e fa presupporre che nel territorio manca la cultura del
rispetto per l'ambiente. Non si può andare avanti così. Questo comportamento dà
fastidio ai residenti, perché è un fatto di maleducazione e di inciviltà.
Stiamo pensando di fare un'opera di sensibilizzazione alla cittadinanza,
tramite il gruppo delle Gev che vogliamo costituire all'interno del nucleo
comunale della Protezione civile. I «volontari dell'ambiente» dovrebbero essere
addestrati e poi operare nel territorio nell'ambito della Protezione civile,
con la specializzazione nel settore dell'ecologia». L'operazione «Piave
pulito», promosso dall'amministrazione comunale di Cimadolmo e la Protezione
civile in collaborazione con varie associazioni comunali ha visto la presenza
di circa 80 volontari, sindaco compreso. (a.v.)
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Edizione: 03/04/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:la provincia Corte Franca Procivil, domani
il raduno provinciale Esercitazioni e dimostrazioni per 2.000 volontari tra
Sebino e Franciacorta con sede operativa allo stadio «Buffoli» Esercitazione nel
campo macerie di Ospitaletto CORTE FRANCAE due. È giunto alla seconda edizione
il raduno provinciale del volontariato di Protezione civile, dopo il grande
successo del maggio scorso a Borgosatollo. Quest'anno duemila divise gialloblu
invaderanno la Franciacorta ed il Sebino, con «cuore» operativo a Corte Franca,
al centro sportivo «Lorenzo Buffoli». In campo scenderà tutto il sistema di
Protezione civile bresciano, grazie all'organizzazione dell'Assessorato
provinciale guidato da Corrado Scolari. Si tratta di un raduno in grande stile
che, a differenza della precedente edizione, vedrà impegnati i volontari su più
fronti. Già, perché il programma prevede per la mattinata prove tecniche non
solo allo stadio di Corte Franca ma anche a Iseo (nelle acque del Sebino), ad
Ospitaletto (al campo macerie), a Cazzago San Martino e in diversi comuni della
provincia per l'operazione «Fiumi puliti» che coinvolge anche l'Associazione
nazionale Alpini (in particolare operazioni di pulizia e bonifica con
prevenzione dei rischi idraulico e idrogeologico a Marone, Pisogne, Sale
Marasino, Sulzano, Brescia - lungo il Mella e il Garza -, Bovezzo, Concesio,
Gardone, Sarezzo, Tavernole e Villa Carcina). Diversi quindi gli scenari (che
vedranno coinvolti anche elicotteri e piccoli aerei, oltre a numerose unità
cinofile) per mettere alle prova tutta la macchina della Procivil e per «fare
esperienza ed approfondimento tecnico sul campo». Tra le particolarità di
«Franciacorta 2009» il coinvolgimento di tutto il sistema bresciano di Protezione
civile, con quindi non solo le componenti del volontariato ma anche quelle
realtà che garantiscono l'intervento tecnico urgente. Per capirci, oltre ai
quasi duemila volontari in rappresentanza di cento associazioni iscritte
all'albo provinciale di Protezione civile, domani scenderanno in campo anche
Vigili del fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia provinciale, 118,
Croce Rossa Italiana, Corpo forestale, Soccorso alpino, Arpa, Asl ed Enti
locali (a partire dai Comuni sino alla Regione). Nel pomeriggio
allo stadio sono poi attese le autorità di Protezione civile, tra cui il capo
dipartimento nazionale della Protezione civile, Guido Bertolaso, il prefetto
Francesco Paolo Tronca in qualità di capo dipartimento nazionale dei Vigili del
fuoco e Stefano Maullu, assessore regionale alla Protezione civile.m.
bon.
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Edizione: 03/04/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:economia Cobo di Leno: il mercato è il
mondo LENOUna realtà delocalizzata ai quattro angoli del globo con 16 società
tra controllate e collegate (dall'Italia agli Stati Uniti e
dall'Australia alla Cina
passando per Francia, Germania e Romania); un prodotto che resta vincente
nonostante le difficoltà della crisi, 1.330 dipendenti, 215 milioni di ricavi
nel 2007. Sono i numeri della Cobo di Leno, azienda che progetta, costruisce e
vende in tutto il mondo componenti per i veicoli cosiddetti off road,
quelli che non vanno su strada; trattori, gru, escavatori, macchine movimento
terra ecc. L'attività della capogruppo, oltre che nella sede Cobo di Leno,
viene svolta anche nelle provincie di Reggio Emilia (Cadebosco di Sopra,
Rubiera, Correggio, Montecchio Emilia), di Novara (Castelletto Ticino) e di
Pescara in provincia di Chieti. La delocalizzazione estera è produttiva negli
Stati Uniti (Cobo International di Burlington nello Iowa) e in Romania, mentre
è commerciale in Francia, Germania, Cina (Sbl di Hong
Kong) e Australia. I prodotti Cobo sono esportati in una quarantina di Paesi.
Ma il principale mercato del gruppo (e il fiore all'occhiello tra i suoi
investimenti) resta quello a stelle e strisce. Forse anche per questa ragione
il gruppo sta soffrendo in modo particolare della crisi economica mondiale che
negli Usa morde forse in modo maggiore.
( da "Alto Adige" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
diplomazia monetaria
(il potere degli Usa di "fare" la politica
monetaria planetaria; ... diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; le
opposte terapie anticrisi; la vexata questio della distribuzione dei costi
della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del
denaro in particolare, di lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è
consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di
politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro.
Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano
tre linee. Una (Usa, GB e Cina)
dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da
Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla "finanza per la
crescita"; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone
l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda Re dollaro "solo
contro tutti" a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi
internazionali. Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia
economico-monetaria è un ginepraio difficile da sciogliere in un tour di Grandi
di poche ore se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono
altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20
è eccessivo perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di
nulla. Naturalmente, la "vera" speranza è che le iniezioni di
liquidità d'oltreoceano (veri e propri "calci monetari" ai mercati)
diano un elettroshock al meccanismo reale/finanziario dell'economia capaci di
rimetterlo in moto. Perché questo, alleviando la pressione sociale sui Palazzi,
può scongiurare politiche guidate dal panico e consentire, al contempo, di
ragionare più freddamente sulle regole. Certo, in apparenza, questi sono al
massimo auspici per il post G20. Vero; tuttavia questi stessi hanno
probabilmente costituito quel filo di aspettative positive che hanno aiutato a
scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto "effetto Londra 1933"
quando la conferenza dei potenti del tempo fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora Presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione. Restano comunque sul
campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile prevedere che l'anti
deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del Cancelliere tedesco Merkl,
continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo agli States e a Pechino,
orientati a spingere sulla domanda interna, una Vecchia Europa che punta (anche
per l'invecchiamento della popolazione) più sull'export che sui consumi (al
massimo tutelati rinforzando il welfare) onde evitare strappi alla finanza
pubblica. "Basta debiti" dicono gli europei; ma "senza nuovi
debiti" degli istituti finanziari la macchina resta in panne"
replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono
un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri
termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il
prezzo del biglietto verde producendo due effetti perversi. Il primo è di far
saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più,
potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra
le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20
continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari).
E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con
India e brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei
pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa
Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni
monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la
perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea
tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta"
(non-nazionale) per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la
questione sa che, almeno finchè la supremazia militare degli States resterà
ineguagliata, il dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida,
annunciata al G20 esplicitamente da Cina e Russia,
continuerà nel post G20 affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano
costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da
giocare. Francesco Morosini
( da "Libertà" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Prevale la tesi del
bicchiere mezzo pieno Un prezioso minimo comun denominatore è stato trovato
nella opportunità - condivisa da tutti - di potenziare il Fondo Monetario
Internazionale, diretto dal francese Strauss-Kahn, la cui dotazione è stata
triplicata da
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 21 -
Pordenone Abbraccio inscindibile tra Cina e dollaro
Dibattito di ARVIND SUBRAMANIAN* È tutta la settimana che la Cina
fa notizia sui giornali del mondo intero, in virtù della sua proposta di
rimpiazzare il dollaro con un'altra valuta come moneta di riserva
internazionale. La perfetta tempistica della proposta, proprio alla vigilia del
G20 londinese, ha permesso alla Cina di articolarla
come una preoccupazione di sistema. Certo, possono esserci problemi con il
dollaro quale valuta di riferimento del sistema finanziario mondiale. E la
moneta americana può anche avere svolto un ruolo importante nell'attuale crisi.
Ma i reali motivi della Cina sono ben altri e sono
nazionali: teme che una brusca caduta del dollaro determini una perdita di
valore delle sue riserve, che ammontano a 2 mila miliardi di dollari. Una
simile minaccia è improvvisamente divenuta più concreta, a
causa della drammatica vulnerabilità del bilancio Usa. Forse la Cina sta tentando di tenere il piede in due staffe? Vuole mostrarsi
come la vittima del sistema basato sul dollaro, quando per lungo tempo ne ha
beneficiato e ha contribuito a favorirlo. Il problema attuale è l'ovvia conseguenza
della strategia mercantilistica deliberatamente perseguita dalla Cina. Per giudicare se i timori
della Cina siano o meno giustificati è necessario
procedere a un'analisi costi-benefici del mercantilismo realizzato dai
governanti cinesi. La strategia di sviluppo della Cina
è stata semplice e focalizzata: esportare ovunque e a ogni costo. Per
realizzare il suo scopo ha mantenuto un tasso di cambio sottovalutato. La
strategia mercantilistica si appoggia su basi empiriche. Recenti ricerche
accademiche (per esempio, quella di Dani Rodrik di Harvard) confermano che un
tasso di cambio sottovalutato contribuisce a evitare il sottosviluppo e a
favorire la crescita a lungo termine. Insomma, la strategia di sviluppo messa
in atto dai governanti cinesi è stata ragionevole e sensata. Ma i tassi di
cambio sottovalutati e il conseguente rapido aumento delle esportazioni hanno
anche portato a un aumento delle eccedenze delle partite correnti. Le autorità
cinesi sono intervenute nel mercato dei cambi per evitare un apprezzamento
della loro moneta, il che ha provocato un forte accumulo di riserve in valute
estere. È importante capire che tutto ciò è la conseguenza della strategia
mercantilistica di sviluppo cinese. Se avesse permesso alla moneta di
rivalutarsi, la Cina avrebbe ora meno eccedenze delle
partite correnti e non avrebbe tutte quelle riserve di cui
"preoccuparsi". Sono proprio i costi del mercantilismo che
preoccupano oggi il governo cinese: vale a dire una considerevole diminuzione
di valore delle sue riserve di valuta estera, che ammontano a 2 mila miliardi
di dollari. Il rischio, sempre ritenuto inevitabile, è ora divenuto imminente,
per il forte deterioramento del bilancio statunitense, che ha anticipato la
data del declino del dollaro. Supponiamo che il declino del dollaro e il
riequilibrio dello yuan significhino un 20 per cento di perdita di capitale.
Ciò significherebbe una perdita di 400 miliardi di dollari, vale a dire circa
il 10 per cento del Pil cinese. Queste perdite finanziare sono, tuttavia, compensate
dai vantaggi della crescita mercantilistica? Supponiamo che la Cina badi più alla crescita che al consumo (i nostri calcoli
si rifanno alle preferenze rivelate del governo cinese). Supponiamo anche che
la sottovalutazione abbia funzionato, generando - in un determinato periodo -
una crescita che altrimenti non sarebbe avvenuta. Diamo pure per scontato che
negli ultimi dieci anni il mercantilismo cinese abbia portato a un tasso
annuale di crescita della produttività dell'1 per cento (compatibile con le
ricerche di Rodrik e di altri). Questo consistente aumento della produttività
ha generato, nel giro di dieci anni, un 10 per cento in più di Pil. Con il
deprezzamento delle riserve si perde un anno di crescita del Pil. Però questo
Pil più alto rappresenta un vantaggio permanente, che si ripete anno dopo anno
e che si estende ben oltre il periodo dei dieci anni. Una quantificazione
precisa dei benefici dipende da numerose variabili, ma l'ordine di grandezza è
comunque evidente: l'incremento totale del Pil dovuto alla strategia
mercantilistica è considerevolmente più elevato dei costi finanziari. La Cina dovrebbe pertanto riconoscere di aver deliberatamente
scelto una strategia mercantilistica. Tale strategia ha portato tutti gli
enormi benefici voluti dalle autorità cinesi, ma ha anche comportato costi
inevitabili, il rovescio della medaglia dei benefici della crescita. Pertanto,
se vanno accolti con favore gli appelli della Cina a
una rivalutazione del dollaro, questi non dovrebbero però trasformarsi in un
tentativo di evitare i costi finanziari. Sono costi da cui non si può
prescindere e, per giunta, sono piccola cosa rispetto ai vantaggi in termini di
crescita che ne sono derivati. Il mondo intero, in questo periodo, fa molta
fatica ad accettare il salvataggio dei debitori. Ben diverso sarebbe dover
salvare anche il più grande creditore: questo sembra infatti essere il reale
obiettivo dei governanti cinesi, camuffato da richiesta di cambiare il sistema
basato sul dollaro. Cina e Stati Uniti, attraverso il
commercio e il movimento di capitali, sono ora uniti come due gemelli siamesi
"persi uno dentro l'altro", per usare le parole di Salman Rushdie. La
Cina ha scelto quest'abbraccio a occhi aperti, come
parte del contratto. Ha goduto dei suoi benefici. Ora vuol dividersi per
evitarne i costi. Ciò non è auspicabile, né tanto meno si dovrebbe permetterlo.
*tratto da www.lavoce.info (il testo originale in inglese su Real Time
Economics
http://blogs.wsj.com/economics/2009/03/25/guest-contribution-is-china-having-it-both-ways/)
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
La rivolta dei nuovi
esclusi COME una legge meccanica, prima o poi la crisi economica che stiamo
vivendo doveva produrre effetti culturali, politici e sociali: ci siamo. I nodi
che vengono al pettine, l'altro ieri a Londra per strada, con la morte di un uomo,
l'altro giorno in Francia, domani in Italia o dovunque nelle capitali del Primo
Mondo - tutte uguali e indifferenti come paesaggio della crisi - sono l'inizio
del secondo atto di questa rivoluzione in corso nella vita dell'uomo
occidentale. Proviamo a misurarne cause, ragioni ed effetti liberandoci subito
dal ricatto che ogni volta pesa sulla discussione pubblica, dicendo per oggi e
per domani che gli atti violenti sono sempre inaccettabili, da qualunque
motivazione siano sorretti. Ma subito dopo domandiamoci: quanta violenza c'è in
questa crisi che brucia lavoro, valore, progetti di vita incompiuti, destini?
La politica, la cultura, qualcuno di noi si è preoccupato di misurarla, di
darle un peso e quindi un nome e un significato di cui tenere conto? E' difficile
negare l'impressione che i grandi della terra riuniti a Buckingham Palace
davanti alla Regina e poi a cena a Downing Street fossero ieri leader senza
rappresentanza. Da qualche parte - da qualunque parte nei nostri Paesi - ormai
si muove una massa sommersa di persone che fanno separatamente i conti
individuali con la crisi, non solo e non tanto in termini di perdita di valore,
ma in termini di vita, di sussistenza, di identità e di ruolo sociale. Per loro
è tornata centrale, nella nebbia globale della crisi, nello stordimento della
finanza, la grande questione novecentesca del lavoro: lo hanno perso, lo stanno
perdendo, o non riescono nemmeno a trovarlo una prima volta. E scoprono che
senza lavoro, perdono d'importanza i diritti post-materialistici, come li
chiamano i sociologi, quelli dell'ultima modernità, che vengono dopo la piena
soddisfazione dei bisogni primari. Anzi, senza lavoro, con ciò che ne consegue,
viene meno un interesse per ogni discorso pubblico, per il paese, per la
vicenda collettiva. Senza il lavoro, ecco oggi il punto, queste persone si
sentono ex cittadini. E quei ragazzi per strada, a Londra svolgevano
paradossalmente l'unica rappresentanza oggi visibile di quel mondo che non sa a
chi rivolgersi per farsi sentire. La politica è in difficoltà perché aveva
superato la questione del lavoro come se fosse antica. La cultura l'aveva resa
impronunciabile, eufemizzandola con parole che non vogliono dire niente,
"saperi", "competenze", "professionalità". Il
capitalismo aveva addirittura creduto di poter rompere il nesso che per tutto
il secolo scorso lo aveva legato al lavoro, liberandosene per proseguire da
solo. Il capitale senza il lavoro è così diventato uno dei motori di questa
crisi, perché ha ridotto la complessità della globalizzazione
ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l'autonomia della
finanza all'autonomia della politica, resa marginale o servente fino a
consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri.
Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in
Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione e
che nello Stato-nazione era anche il tavolo di compensazione dei conflitti, il
nucleo stesso del progetto occidentale di modernità, con l'incontro regolato e
consapevole tra il capitalismo, il lavoro, lo stato sociale e la democrazia. E'
quell'alleanza che oggi è andata in crisi, con devastazioni prima culturali e
politiche, poi per forza di cose sociali. Qui è cresciuta la nuovissima
separatezza delle élite, che le rinchiude in una legittima aristocrazia dei
talenti, incapace però di riconoscere obblighi generali, doveri pubblici, di
produrre un dibattito che parli all'insieme del paese e distribuisca valori
collettivi. Attraverso questo meccanismo l'élite si trasforma in classe
separata invece di diventare establishment, cioè gruppo dirigente testimone di
regole che valgono per tutti e dunque parlano a tutti, esercitando
pubblicamente il privilegio di avere responsabilità. Da qui nasce la frattura
sociale che abbiamo davanti e che la crisi porta per strada. Senza questa
alleanza occidentale tra capitale e lavoro, tra responsabilità e democrazia può
succedere che l'orgia speculativa non solo distorca il mercato finanziario, ma
acquisti come già prima del disastro del '29 - lo notava Galbraith - una
stupefacente centralità culturale nel nostro tempo, dunque una legittimazione
collettiva. Col risultato denunciato da Michael Walzer quando "il denaro
oltrepassa i confini" e senza più alcuna barriera culturale prova ad
acquisire beni sociali come fossero merce, privilegi, favori, esenzioni, ruoli,
incarichi, corrompendo. Ecco perché la crisi economica rischia di diventare
crisi di legittimità, deficit di uguaglianza, problema di democrazia. Mai il
sentimento di esclusione degli sconfitti è stato così forte. Mai l'impotenza
della governance mondiale è stata così evidente, aggravata dalla crescita dei
bisogni reali, che con i ritmi della disoccupazione sta diventando emergenza.
Va in crisi il principio stesso di cittadinanza, il rapporto con lo Stato, la
relazione tra libertà e potere, mentre i nuovi perdenti della globalizzazione
non hanno più nemmeno un sovrano certo e un territorio definito per muovere la
loro protesta. Dopo aver vinto la sfida del Novecento l'Occidente rischia di
perdere qui, di fronte all'unica domanda che conta per gli esclusi: qual è
infine l'efficacia della democrazia, la sua capacità di risposta, la sua soglia
di sensibilità e di attenzione? Quanta nuova povertà può sopportare in casa
sua, dopo aver guardato alla televisione per decenni la povertà atavica degli
altri? Quale politica sa produrre? E capace di condivisione, la democrazia, o
solo di compassione, cioè di qualcosa che ha valore morale ma certo non
politico? Di fronte a questo malessere democratico che stiamo vivendo nulla è
fuori corso come il pensiero di una "rivoluzione conservatrice",
centrata su soggetti forti e sull'assenza dello Stato e delle sue regole.
Bisognerebbe che la sinistra lo capisse, si ricordasse dei suoi obblighi verso
l'uguaglianza, del lungo cammino per l'inclusione, per i diritti, per coniugare
le libertà politiche con la sicurezza materiale. Il secolo scorso è stato, alla
resa dei conti, lunghissimo, se il progetto della modernità democratica
occidentale è durato fino ad oggi, vivo. Gli strumenti della sinistra sono i
più adatti a conservarlo, modificandolo sotto la spinta della crisi, ma
salvandolo. Basta saperlo. Anche perché se quel progetto salta, non ci sarà più
sinistra, nella post-democrazia in cui rischiamo di vivere. 03/04/2009 - 06:30
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
MF sezione: Primo
Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Nell'Obama-day l'Europa è diventata un
adolescente politico di Pierluigi Magnaschi Il comunicato finale del G20, letto
dal premier inglese Gordon Brown, è andato al di là delle più rosee
aspettative. Ci si attendeva una conclusione scolorita del G20 perché erano
troppo ampie le differenze di valutazione sulle modalità per uscire dalla
crisi, esistenti fra i tre grandi blocchi politico-economici presenti sulla
scena mondiale (per semplificare: Usa, Europa e Cina). Il G20 non è stato, né poteva essere, un incontro vicino al
caminetto, come, nella sostanza, fu quello dal quale uscirono, nel luglio del
1944, gli accordi di Bretton Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in
termini di pluralismo, agli accordi che si potevano stabilire con il gallo
Brenno quando pose la sua spada, al grido di «Guai ai vinti», a garanzia
dei pesi alterati che lui pretendeva usare per misurare le mille libre d'oro
che i Romani sconfitti gli dovevano per riscatto. Il G20 invece era, in
partenza, un vertice maledettamente complicato. Primo, perché si è tenuto nel
bel mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense che ha assunto una
dimensione veramente planetaria. Secondo, perché coinvolgeva, per la prima
volta, giganti economici come la Cina che sinora sono
stati relegati nel sottoscala del potere economico internazionale. Terzo,
perché l'Europa, pur essendo, nel suo complesso, più vicina e solidale con gli Usa di quanto non lo fosse ai tempi d Chirac e di Schröder,
era comunque determinata a far valere le sue ragioni. C'era quindi da
attendersi un comunicato finale in stile moroteo, basato su impegni vaghi,
promesse differite, auspici per il futuro. Per fortuna, pur nel poco tempo a
disposizione, i partecipanti al G20 sono riusciti a raggiungere un buon
accordo, basato, come del resto ha detto anche lo stesso Brown, sulla
convinzione che «la prosperità è indivisibile». Essa pertanto può essere
ristabilita e mantenuta, solo con un'azione concorde fra vari partner
internazionali che abbiano una pari dignità. In questa intesa hanno giocato un
grande ruolo due protagonisti sostanziali. Uno è stato Barak Obama, il nuovo
presidente degli Usa che ha visibilmente ispirato il
taglio politico del documento finale che è stato sì letto da Brown ma che
aveva, appunto, il sapore dei convincimenti politici di Obama. L'altro
protagonista (al di là del gesticolare di Nicholas Sarkozy, fatto per dire che
c'era anche lui) è stato il leader tedesco Angela Merkel che è riuscita prima a
formulare e poi a far passare il principio che, per aprire i cordoni della
borsa pubblica, si dovessero definire, contestualmente, nuove regole per
evitare di ripetere, in un futuro ravvicinato, altri crack di queste
proporzioni. Ovviamente, dietro la Merkel ci sono stati, ed efficacemente,
Sarkozy, Berlusconi e via via gli altri leader europei, al netto della sola
Inghilterra che in queste vicende, da sempre, si connota come una sorta di
taglia-e-incolla degli Stati Uniti. Insomma, in questa occasione, l'Europa
unita ha dimostrato di esistere e di essere in grado di svolgere un ruolo
importante nella gestione dei problemi mondiali. Dopo il G20, l'Europa non è
più un gigante economico e un nano politico ma è diventata un robusto
adolescente politico. Sullo sfondo, ha svolto in sordina un'azione importante,
di stimolo e di stabilizzazione, anche la Cina che si
è vista riconoscere un ruolo più adeguato al suo peso internazionale, in un
Fondo monetario internazionale (Fmi) che sarà sempre meno a stelle e
strisce.Ecco perché, motivatamente, Brown ha potuto dire che «anni fa una
riunione del genere non sarebbe stata possibile» e che «per la prima volta
siamo riusciti, insieme, ad esprimere lo stesso approccio». Pur sulla base di
un documento stringato, Brown, oltre a mettere sul tavolo le cifre notevoli
(anche se non tutte disponibili immediatamente) relative all'impegno
internazionale a ri-finanziare l'economia, ha anche dichiarato guerra ai
paradisi fiscali, si è impegnato a meglio regolamentare gli hedge funds, ha
rilanciato il ruolo e le risorse del Fmi, ha indicato la volontà di istituire
collegi di supervisori indipendenti in grado di monitorare gli effetti del
piano di risanamento e si è persino impegnato a rivedere le norme relative alle
retribuzioni e ai bonus dei top manager, nella convinzione (ovvia da sempre per
la massaia di Voghera, ma non per i mammasantissima di troppe istituzioni
finanziarie) che «non si può premiare il fallimento». E soprattutto, come se
stesse leggendo un proclama del generale Armando Diaz, Brown ha garantito che
«le politiche di espansione verranno continuate finché serviranno».
( da "Italia Oggi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
ItaliaOggi sezione:
I commenti data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Pierluigi Magnaschi L'analisi
L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra Un tempo, l'Europa
unita veniva spinta dal tandem franco-tedesco, alla guida del quale (fino a
Chirac) c'era la Francia che sceglieva il percorso. La Germania spingeva. Anche
adesso l'Europa è guidata dal tandem franco-tedesco. Solo che ora
viene guidato dalla Germania mentre la Francia si trova collocata lontano
dal manubrio. Questo ribaltamento dei ruoli, presente da tempo, è diventato
evidente, agli occhi di tutti, in occasione del vertice del G20 a Londra. Lo
spartito europeo, in questa occasione, lo ha infatti scritto il premier tedesco
Angela Merkel al quale si è poi associato il leader francese Nicholas Sarkozy e
quindi tutti gli altri paesi europei, a partire dall'Italia, con la sola
eccezione dell'Inghilterra (che, da sempre, è, su queste questioni, il
copia-e-incolla delle soluzioni Usa). La scontro
(rispettoso) fra gli Stati Uniti e la Germania (e quindi anche con l'Europa) in
ordine al mix di misure per riuscire a uscire dalla crisi finanziaria,
manifestatosi nel G20, ma poi composto, non ha nulla di ideologico ma si basa
sui divergenti interessi nazionali che Angela Merkel vuole tutelare senza
imbarazzi. Barack Obama e Angela Merkel sono sicuramente dei leader che
vogliono collaborare, questo è il punto. Con Schröder, invece, le divergenze
con gli Usa erano ideologiche e quindi, spesso, anche
prevenute . Obama e la Merkel certo non hanno smesso di sostenere gli interessi
dei loro paesi. Oltrettutto la crisi attuale non è globale ma mondiale. È cioè
una crisi che si è sì diffusa in tutto il mondo ma che sta anche colpendo i
vari paesi in modo diverso e che quindi deve essere aggredita, certo con delle
ricette comuni, ma anche con degli interventi specifici, nazionali o, nel caso
della Ue, di area. Dal vertice di Londra del G20 è uscita una buona intesa che
premia la nuova leadership di Obama, rende per la prima volta protagonista
l'Europa, riconosce il ruolo internazionale della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il
nuovo corso di Obama riconosce, nei fatti, il declino della leadership Usa che può essere contrastato, solo
sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica di collaborazione, senza la quale il mondo si
impantana nei suoi stessi dissidi. D'altra parte, senza un'Europa
politica solidale e unita, il mondo si inceppa. Ecco perché il Trattato di
Lisbona che le consentirebbe di operare in base alle regole della maggioranza,
e che è bloccato dal voto contrario dell'Irlanda e dalla non ratifica della
Cechia, non può più attendere. Questi due paesi non possono più, da una parte,
bloccare la Ue e, dall'altra, reclamarne i benefici. Debbono decidersi. E prima
lo fanno, meglio è. Per tutti.
( da "Nazione, La (Livorno)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO LIVORNO
pag. 3 di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo
... di ANTONIA CASINI AI BOTTINI dell'Olio, a Livorno, si stanno concludendo le
ultime fasi del convegno organizzato da Inail e Anmil, un buffet, poi nel
pomeriggio ci sarà il momento dello spettacolo, quando arriva la notizia da
Marina di Bibbona: un imprenditore 71enne, originario di Gambassi Terme, ma da anni
residente a Marina di Bibbona dove gestiva l'Hotel Paradiso Verde, ora in
ristrutturazione, ha perso la vita mentre si trovava sul cantiere per seguire i
lavori. E' Ademaro Dani colpito alla testa da una fioriera agganciata da una
gru in movimento. Sono pochi minuti dopo le 14. Gli ispettori presenti
all'incontro su «Sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro... il valore di
testimoniare» corrono via subito per raggiungere la località balneare e cercare
di ricostruire tutta la vicenda. «Con l'Asl vogliamo capire che cos'è successo
veramente», afferma il direttore provinciale Inail, Rocco Mario Del Nero.
«Sembra che sia mancata un'organizzazione del lavoro». Qualcosa nell'ambito
della sicurezza, insomma, non ha funzionato. Come spesso accade. Basti pensare
che nel 2007 nella provincia livornese, sono stati 8.049 gli infortuni, di cui
sette quelli mortali. Nel 2008 sono morte nove persone. Una media di 23
incidenti al giorno. «UNA GRANDE emergenza la definisce il presidente della
Provincia Kutufà che ricorda lo stanziamento straordinario per la prevenzione.
«Per riportare il fenomeno almeno nella media europea». Il presidente
dell'Inail, oltre a citare i dati della nostra realtà, parla anche
dell'importanza della testimonianza sociale di chi ha subìto un infortunio. E denuncia che alla «globalizzazione del mercato non ha fatto
seguito la globalizzazione delle tutele». Non solo prevenzione. E non soltanto
repressione anche «se non devono esserci scorciatoie». Come ha ribadito il
sindaco Cosimi che chiede di «premiare quelle ditte, imprese, fabbriche, che
non hanno mai avuto problemi con la sicurezza. E' STATO il comandante
dei vigili del fuoco di Livorno, Andrea Carraresi, a rammentare alla platea,
alcuni degli incidenti e delle emergenze che ha dovuto affrontare durante la
sua carriera. Ricordi dolorosi. Come quando si trovava a Prato e lavorava nel
settore tessile, o quando ha assistito a due disgrazie in cantieri diversi.
«Come quando vai in una sala cinematografica sai il film che ti aspetta, così
in quegli anni, purtroppo, già sapevo come si svolgevano gli incidenti. Uno
dietro l'altro». NEL POMERIGGIO, spazio allo spettacolo. Con lettura di poesie,
cabaret e musica a tema. Il tutto nella cornice dei Bottini dell'Olio, cornice
anche della mostra di opere realizzate da infortunati. Sculture in legno e in
pietra, foto, modellini di navi, quadri. E oggi si continua: alle
( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO pag. 6
«Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci
fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA
SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere
i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani,
Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei
interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si
deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la
crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che
l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del
prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere
sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre,
Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia.
Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti
del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti
mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal
ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che
dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione
su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi
interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi
richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna
intenzione di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade,
ma piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già
decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei
cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato
nel documento finale, ma non è stato possibile perché India
e Cina frenano». Berlusconi
dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La
crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male
nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma
anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione
necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il
preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la
prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI
aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e
molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli
effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del
documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato
a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo
tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di
stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace.
Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/7565.jpg
( da "Giorno, Il (Milano)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO pag. 6
«Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci
fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA
SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere
i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani,
Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei
interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si
deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la
crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che
l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del
prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere
sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre,
Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia.
Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti
del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti
mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal
ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che
dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione
su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi
interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi
richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna
intenzione di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade,
ma piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già
decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei
cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato
nel documento finale, ma non è stato possibile perché India
e Cina frenano». Berlusconi
dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La
crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male
nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma
anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione
necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il
preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la
prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI
aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e
molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli
effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del
documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato
a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo
tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di
stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace.
Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/5029.jpg
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO FIRENZE
pag. 2 di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si
prestano. Parola di ad... di LETIZIA CINI LE OPERE d'arte? Si ottengono e si
prestano. Parola di addetti ai lavori, pena la scomparsa di mostre ed
esposizioni. La prova? Accanto alla Madonna del Cardellino' appena rientrata
agli Uffizi dopo dieci anni di restauri, mancano ben due capolavori di
Raffaello emigrati' per la grande rassegna che si inaugura domenica prossima a
Urbino. Fra i prestiti' che hanno scatenato reazioni e polemiche, basta
ricordare nel corso degli ultimi anni La Venere di Urbino' degli Uffizi
modellata dal pennello di Tiziano nel 1536 circa e spedita a Tokio dopo un
altro messaggero di lusso, ovvero L'Annunciazione' di Leonardo dagli Uffizi,
partita insieme al Ritratto di Giovane' del Perugino, anch'essa esposta agli
Uffizi. Molto hanno viaggiato anche le preziose Formelle della Porta del
Paradiso del Ghiberti, messaggere' negli Stati Uniti in cambio di costosi
interventi di restauro a favore di tesori custoditi nel Museo dell'Opera del
Duomo, per non parlare di Pallade e il Centauro' di Botticelli (dipinto pluriprestato
dalla Galleria fiorentina) o del celebre ritratto di Costanza Bonarelli', busto
in marmo di Lorenzo Bernini rientrato al Bargello (e ora in mostra) dopo un
impegnativo tour negli Usa. Favorevoli e contrari, le
voci in merito si sprecano: fra i promotori dei prestiti, l'ex soprintendente,
già ministro per i Beni culturali, Antonio Paolucci, oggi direttore dei Musei
Vaticani. C'è comunque chi ancora si domanda se alle opere non faccia male
essere imballate e spedite, seppur con tutte le attenzioni del caso. Se non si
tolga troppo a chi visita una città e paga il biglietto di un museo per vedere
un dipinto che, magari, alle pareti poi non c'è. «Le opere scelte non sono mai
quelle di prim'ordine e non incidono su quanto esponiamo il commento dell'ex
direttore degli Uffizi, Antonio Paolucci . Inoltre, se si vogliono ottenere
opere per organizzare grandi mostre, altrettante se ne devono concedere». SARÀ
PER QUESTO che, nel febbraio del 2006, il Sacrificio di Isacco' del Caravaggio,
capolavoro assoluto di Michelangelo Merisi conservato agli Uffizi, partì alla
volta del museo Van Gogh di Amsterdam, che ospitò una rassegna incentrata
sull'inedito confronto' tra due grandissimi della pittura europea: Caravaggio e
Rembrandt. Non sono stati immuni a trasferte capolavori del calibro
dell'Incredulità di San Tommaso', grande scultura del Verrocchio della facciata
di Orsanmichele, spedita per essere esposto a Washington insieme a il San
Matteo' del Ghiberti e al gruppo dei Quattro santi incoronati' di Nanni di Banco.
Fra i contrari il direttore degli Uffizi Antonio Natali, che a suo tempo ha
consegnato al ministero l'elenco dei capolavori «non cedibili» dagli Uffizi.
Per dare un'idea, nella lista figurano le tre Maestà' di Cimabue, Duccio e
Giotto, l'Annunciazione' di Simone Martini, l'Adorazione' di Gentile da
Fabriano, la Madonna e Sant'Anna' di Masaccio, la Pala di Domenico Veneziano,
la Battaglia di San Romano' di Paolo Uccello, Piero della Francesca (Ritratto
di Federico da Montefeltro e Battista Sforza), i tre Leonardo, la Venere' e la
Primavera' di Botticelli, il Leone X' di Raffaello, la Madonna del collo lungo'
del Parmigianino, la Medusa' di Caravaggio, ovviamente il Tondo Doni' di
Michelangelo. E la Madonna del Cardellino', appena rientrata.
( da "Arena, L'" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Venerdì 03 Aprile
2009 NAZIONALE Pagina 3 IL DEBUTTO. Il presidente al suo primo impegno
internazionale Obama: «Una sessione produttiva e utile» LONDRA «Un vertice
storico e produttivo», anche se «i nostri problemi non saranno risolti in un
minuto e nemmeno in due». Barack Obama non ci sta a passare per lo sconfitto
del G20, il leader che ha ottenuto meno degli altri: «Sono venuto a Londra per
ascoltare e imparare, ma anche per fornire una leadership: penso di avere
centrato l'obiettivo», dice il presidente americano alla fine del suo primo
vertice internazionale. «Quello che c'è nel documento finale riflette le nostre
priorità: volevamo un'azione intensa e coordinata e l'abbiamo avuta». E agli
americani che lottano per il posto di lavoro, per salvare la casa e il futuro
dei figli spiega che «questo documento aiuta la nostra economia a sistemare le
cose» e fa l'esempio della Caterpillar per spiegare che gli altri paesi «sono i
nostri mercati», e che applicate solo negli Usa anche
le misure più coraggiose «sarebbero efficaci solo a metà». È lo «stile Obama»
nell'affrontare i problemi e le trattative, diretto e semplice ma composto. Uno
stile decisamente nuovo tra i presidenti americani: «Dobbiamo anche essere
umili», predica il leader Usa, «ammettere di non avere sempre la risposta giusta». E con una
punta di civetteria ricorda che fino a pochissimi anni fa sarebbe stato
«pazzesco» immaginare «i leader di Francia, Germania, Cina, Sudafrica, Russia, con un presidente americano che si chiama
Obama» decidere insieme come salvare l'economia. Obama ha conquistato
Londra, ha stupito e convinto i colleghi europei, oltre al cinese e al russo,
che hanno commentato con molto ottimismo i futuri rapporti con Washington.
Obama andrà alle celebrazioni del 60° anniversario della Nato, che vede tra
l'altro il rientro della Francia nel comando militare dell'Alleanza.
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO pag. 6
«Crisi colpa degli Usa E adesso Obama deve tirarci
fuori» BERLUSCONI TANDEM Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti (Prisma) LONDRA
SODDISFATTO per la sua foto che ha fatto il giro del mondo mentre fa sorridere
i presidenti Obama e Medvedev definendo «risolti» i problemi russo-americani,
Silvio Berlusconi ha lasciato il vertice di Londra dicendo: «Nei miei
interventi ho fatto le congratulazioni a Obama ma gli ho anche detto che si
deve tirare su le maniche per fare uscire il mondo dalla crisi, visto che la
crisi arriva proprio dall'America. Lui mi ha risposto che ho ragione e che
l'importante è restare tutti insieme per risolvere i problemi». Parlando del
prossimo summit del G8 alla Maddalena, che molti vedono sminuito dall'irrompere
sulla scena internazionale del G20 di Londra e del prossimo G20 di settembre,
Berlusconi spiega: «Le regole saranno concluse spero per il G8 in Italia.
Puntiamo a un vero e proprio codice che riguarda sia l'agire dei protagonisti
del mondo finanziario ed economico che l'attività di vigilanza degli istituti
mondiali non solo a livello internazionale ma nazionale». AFFIANCATO dal
ministro dell'Ecomia Tremonti, che lo ha apostrofato scherzando «quello che
dice sempre le cose geniali», Berlusconi ha respinto fermanente ogni illazione
su qualsiasi sfondamento del debito pubblico. «Noi abbiamo già fatto grossi
interventi per garantire i posti di lavoro ha detto il premier ma se la crisi
richiedesse altri interventi, state tranquilli, noi non abbiamo nessuna intenzione
di sforare il deficit. Perché già si sfora con l'economia che cade, ma
piuttosto, se fosse necessario, abbiamo l'intenzione di convertire spese già
decise in altre direzioni e destinarle al sociale per il benessere dei
cittadini. Abbiamo chiesto che questo concetto del sociale fosse enfatizzato
nel documento finale, ma non è stato possibile perché India
e Cina frenano». Berlusconi
dice di non minimizzare affatto la portata della situazione economica. «La
crisi c'è e si vede, ma noi scandisce il Cavaliere dobbiamo trasformare il male
nel bene». Il premier dopo aver bacchettato chi non aveva previsto la crisi ma
anche chi si lascia andare al pessimismo, spiega qual è la distinzione
necessariamente da fare: «C'è il preoccupato che si dispera e il
preoccupato che cerca di fare qualcosa. L'Italia ricorda ancora Berlusconi è la
prima che si è mossa per fronteggiare il tracollo finanziario». TREMONTI
aggiunge: «Il Governo sta studiando strumenti addizionali, ma non costosi e
molto efficaci da affiancare agli ammortizzatori sociali per combattere gli
effetti della disoccupazione». Riferendosi a uno dei passi fondamentali del
documento del G20, «i paradisi fiscali», Tremonti definisce il testo approvato
a Londra «molto duro ed efficace», aggiungendo che spesso ai vertici di questo
tipo lavorano solo i ministri finanziari, «ma questa volta sono stati i capi di
stato e di governo ad avere fatto tutto» e guarda Berlusconi che si compiace.
Giampaolo Pioli Image: 20090403/foto/454.jpg
( da "Nazione, La (Firenze)"
del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Resto
del Carlino, Il (Bologna)) (Giorno, Il (Milano))
Argomenti: Cina Usa
CRONACHE pag.
( da "Mattino di Padova, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 10 - Regione
G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la
disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia),
paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto,
temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.
L'ultima, invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il
proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è
dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio
difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi
posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori.
Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i
compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la
«vera» speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri
«calci monetari» ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo
reale/finanziario dell'economia, capace di rimetterlo in moto. Perché questo,
alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate
dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle
regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post-G20.
Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di
aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il
cosiddetto «effetto Londra 1933», quando la conferenza dei potenti del tempo
fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora
presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione.
Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile
prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del
Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo
agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una
Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più
sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde
evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma
«senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne»,
replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono
un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri
termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il
prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far
saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più,
potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra
le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20
continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari).
E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con
India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei
pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa
Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni
monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la
perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea
tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale)
per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa
che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il
dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20
esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel
post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano
costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da
giocare. Francesco Morosini
( da "Nuova Venezia, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 12 - Regione
G20, RE DOLLARO CONTRO TUTTI SEGUE DALLA PRIMA Una (Usa, Gran Bretagna e Cina) dice: prima lo sviluppo; la
disciplina dei mercati segue; l'altra (guidata da Germania e Francia),
paventando l'inflazione, frena sulla «finanza per la crescita»; ma soprattutto,
temendo l'anarchia della finanza, vi antepone l'ordine delle regole.
L'ultima, invece, riguarda Re dollaro «solo contro tutti» a difendere il
proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali. Insomma, a Londra si è
dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria è un ginepraio
difficile da sciogliere in un tour di Grandi di poche ore se gli interessi
posti sulla scacchiera dell'economia/mondo sono altamente contraddittori.
Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o G20 è eccessivo, perché i
compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di nulla. Naturalmente, la
«vera» speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano (veri e propri
«calci monetari» ai mercati) diano un elettroshock al meccanismo
reale/finanziario dell'economia, capace di rimetterlo in moto. Perché questo,
alleviando la pressione sociale sui Palazzi, può scongiurare politiche guidate
dal panico e consentire, al contempo, di ragionare più freddamente sulle
regole. Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post-G20.
Vero; tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di
aspettative positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il
cosiddetto «effetto Londra 1933», quando la conferenza dei potenti del tempo
fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora
presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione.
Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20; ed è facile
prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del
Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo
agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una
Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più
sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde
evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma
«senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne»,
replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono
un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri
termini, è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il
prezzo del biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far
saltare la competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più,
potrebbe pure creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra
le rive dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20
continua a Baden con un bilaterale americano/tedesco sulle questioni militari).
E questo si lega alla terza linea di frattura euro-atlantica (ma qui Cina e Russia sarebbero dalla stessa parte probabilmente con
India e Brasile): quella attinente all'eccessivo ruolo di Re dollaro nei
pagamenti internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa
Bianca, è che in tal modo è quest'ultimo ad essere governato dalle decisioni
monetarie (cioè dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la
perdita di peso globale dell'economia degli Usa, crea
tensioni e squilibri: di qui la richiesta di una «nuova valuta» (non-nazionale)
per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa
che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il
dollaro resterà Re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20
esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel
post-G20, affinché Re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano
costituzionale. Il futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da
giocare. Francesco Morosini
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 4 - Esteri
Obama: "Il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" Il
presidente Usa: la nostra leadership al servizio di
tutti Il protagonista Il presidente ha trasformato il finale del G20 in uno
spot contro l´antiamericanismo (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DALNOSTRO INVIATO
mario calabresi Ha cercato di ribaltare l´immagine del suo Paese, segnata dagli
anni di Bush e dalle colpe di Wall Street di aver innescato la grande crisi
finanziaria. Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un
vertice storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti
che sono un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al
mondo rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere
risolte solo se lavoriamo tutti insieme». Il successo personale di Obama si
poteva misurare già prima dell´inizio del suo discorso, quando centinaia di
giornalisti si accalcavano fuori dalla sala stampa per riuscire ad entrare, ma
la svolta c´è stata quando ha voluto che a fare le domande non fossero solo gli
inviati americani e inglesi, ma ha lasciato la parola a chi
era arrivato dalla Cina,
dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei 500 giornalisti,
molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito e gli hanno fatto
un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una conferenza stampa. Obama
è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia sembrava tutto in salita per
lui, non solo per essere riuscito a mediare tra Francia e Cina sulla lista nera dei paradisi fiscali, ma anche per
aver lanciato il messaggio più positivo. «Sono venuto Londra per ascoltare e
imparare, ma anche per offrire una leadership americana: penso di avere
centrato l´obiettivo», ha detto con soddisfazione parlando degli impegni presi
per «un forte coordinamento nella riforma delle regole finanziarie e
nell´impegno per la crescita economica». Ha messo in evidenza i punti che
stavano a cuore agli Stati Uniti e che è riuscito a far approvare, ma subito ha
voluto spiegare ai suoi elettori americani l´importanza della mediazione e del
lavoro comune nel giorno in cui il suo Paese conosce il peggior dato sulla
disoccupazione degli ultimi 26 anni: «Non possiamo agire da soli, perché se le
nostre azioni sono contraddette nel mondo allora non ce la faremo ad uscire
dalla crisi». E per farsi capire ha raccontato il «drastico declino delle
esportazioni americane» attraverso la crisi della Caterpillar, «che un anno fa
aveva risultati straordinari e che oggi per colpa della crisi mondiale è
ridotta molto male». Niente tentazioni protezionistiche, si raccomanda Obama,
ma un lavoro comune per far ripartire il motore dell´economia ed è a questo
punto che presenta il suo manifesto di politica estera: «L´America è un leader,
è la più grande economia del pianeta, la prima potenza militare e ha una grande
influenza sulle idee e la cultura, ma lo fa al meglio se è capace di ascoltare,
se riconosce che il mondo è complicato e che c´è bisogno di collaborare con gli
altri Paesi e se mostra un atteggiamento di umiltà. Dobbiamo ammettere di non
avere sempre la risposta giusta ma possiamo ascoltare e stimolare la giusta
soluzione». E con questo atteggiamento di umiltà ha aggiunto: «è difficile
negare che la crisi sia iniziata negli Stati Uniti, a Wall Street e in alcune
banche in particolare e bisogna ammettere che molte avevano assunto rischi
azzardati ed ingiustificati». Ma ai giornalisti che gli chiedevano se gli altri
leader mondiali glielo avessero rinfacciato ha risposto: «I miei colleghi hanno
avuto un grande tatto: ci sono stati commenti occasionali, mentre si parlava di
altri temi, sul fatto che la crisi sia iniziata in America ma da parte di tutti
c´è stato un atteggiamento straordinariamente costruttivo». La chiave per
risolvere i problemi, secondo l´Obama al secondo giorno di visita europea è
solo quella dell´approccio multilaterale: «Se una persona dieci anni fa avesse
immaginato di vedere seduti insieme Germania e Francia, Cina,
Russia, India e un presidente americano con il nome Obama, se avesse immaginato
ex avversari e anche ex nemici uniti per mettere a posto l´economia mondiale
avrebbero detto che era pazza». Ma non si poteva fare diversamente: «Tutti
parlano degli accordi di Bretton Woods, quando venne riscritto l´ordine
monetario internazionale, ma diciamo la verità: a quei tempi erano solo in due,
Roosevelt e Churchill, a prendere le decisioni seduti in una stanza davanti a
un bicchiere di brandy. Era molto più facile. Il mondo non è più così, ed è un
bene per tutti: l´Europa e il Giappone si sono ricostruite, l´India e la Cina sono emerse e miliardi di persone sono uscite dalla
povertà e oggi noi desideriamo costruire alleanze, non imporre soluzioni.
Creare consenso e non solo affermare la nostra volontà». E dopo aver annunciato
che l´aiuto alimentare degli Stati Uniti ai Paesi più poveri sarà raddoppiato
ad oltre un miliardo di dollari ha aggiunto: «Il tipo di leadership che abbiamo
bisogno di conoscere ora è quella che dà ai paesi emergenti nuove opportunità e
nuove vite». Un´ora di discorso per dare la carica al mondo, per rivendicare di
aver cambiato l´immagine dell´America: «La nostra reputazione nel mondo era
scesa per colpa di scelte sbagliate dell´Amministrazione precedente, ma la mia
elezione e le prime decisioni che abbiamo preso penso che ci abbiano già
restituito una parte di quel prestigio». La conferenza stampa finisce in modo
talmente trionfale che si sente in dovere di invitare alla cautela e di
paragonare l´economia mondiale ad un paziente malato: «Il vertice G20 ha dato al
paziente la medicina giusta, e adesso il paziente è stato stabilizzato, ma le
ferite devono ancora guarire e dobbiamo vigilare perché non ci siano nuove
crisi».
( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
REGGIO AGENDA pag.
13 ) PROTEZIONE CIVILE Il centro unico? Lo chiediamo da
anni IL 2 APRILE si è tenuta l'inaugurazione del finalmente completato Centro
unico provinciale di Protezione Civile. Tra numerose incensazioni di questo o
di quel personaggio e discorsi pomposi ed enfatici si è celebrato un risultato
sicuramente importante per la città, che si trova ora a disporre di un
centro multifuzionale finalmente completo e organizzato. Resta comunque un po'
di amaro in bocca quando si assiste ad una attribuzione di meriti che, anche se
comprensibilmente autocelebrativa in vista delle prossime elezioni, dimentica
coloro che, in prima persona e a titolo puramente volontario, si sono
impegnati, spendendo tempo e risorse, per la realizzazione di questo centro e
per il raggiungimento di un obiettivo che tale non è mai stato, Senza alcuna
vis polemica, o meglio con appena una punta di polemica dovuta alla scarsa
attenzione verso qualcuno, vorrei ricordare che le parole dell'assessore Gobbi
"Oggi inauguriamo la cittadella della Protezione Civile" sono le
stesse che utilizzai io diciannove anni fa quando, sottotenente della Cri,
cercavo di coordinare le associazioni di volontariato per farle convergere
verso questo sfidante obiettivo. Del resto anche la sede identificata per
questa cittadella non è per me una novità, in quanto già oltre due anni fa
avevo individuato, anzi già presente l' Associazione Alpini, quell'area del
cantiere Ex-TAV che la Provincia ora si vanta di aver recuperato con grande
lungimiranza. Miles Barbieri, consigliere circosrcrizione II
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 37 - Commenti
LA RIVOLTA DEI NUOVI ESCLUSI (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ma subito dopo
domandiamoci: quanta violenza c´è in questa crisi che brucia lavoro, valore,
progetti di vita incompiuti, destini? La politica, la cultura, qualcuno di noi
si è preoccupato di misurarla, di darle un peso e quindi un nome e un
significato di cui tenere conto? E´ difficile negare l´impressione che i grandi
della terra riuniti a Buckingham Palace davanti alla Regina e poi a cena a
Downing Street fossero ieri leader senza rappresentanza. Da qualche parte �
da qualunque parte nei nostri Paesi � ormai si muove una massa sommersa di
persone che fanno separatamente i conti individuali con la crisi, non solo e
non tanto in termini di perdita di valore, ma in termini di vita, di
sussistenza, di identità e di ruolo sociale. Per loro è tornata centrale, nella
nebbia globale della crisi, nello stordimento della finanza, la grande
questione novecentesca del lavoro: lo hanno perso, lo stanno perdendo, o non
riescono nemmeno a trovarlo una prima volta. E scoprono che senza lavoro,
perdono d´importanza i diritti post-materialistici, come li chiamano i
sociologi, quelli dell´ultima modernità, che vengono dopo la piena
soddisfazione dei bisogni primari. Anzi, senza lavoro, con ciò che ne consegue,
viene meno un interesse per ogni discorso pubblico, per il paese, per la
vicenda collettiva. Senza il lavoro, ecco oggi il punto, queste persone si
sentono ex cittadini. E quei ragazzi per strada, a Londra svolgevano
paradossalmente l´unica rappresentanza oggi visibile di quel mondo che non sa a
chi rivolgersi per farsi sentire. La politica è in difficoltà perché aveva
superato la questione del lavoro come se fosse antica. La cultura l´aveva resa
impronunciabile, eufemizzandola con parole che non vogliono dire niente,
"saperi", "competenze", "professionalità". Il
capitalismo aveva addirittura creduto di poter rompere il nesso che per tutto
il secolo scorso lo aveva legato al lavoro, liberandosene per proseguire da
solo. Il capitale senza il lavoro è così diventato uno dei motori di questa
crisi, perché ha ridotto la complessità della globalizzazione
ad una sola dimensione, quella economica, ha sostituito l´autonomia della
finanza all´autonomia della politica, resa marginale o servente fino a
consumare il nesso che nelle democrazie ha sempre legato i ricchi e i poveri.
Col risultato di far saltare il tavolo della responsabilità democratica che in
Occidente teneva insieme i vincenti e i perdenti della globalizzazione e
che nello Stato-nazione era anche il tavolo di compensazione dei conflitti, il
nucleo stesso del progetto occidentale di modernità, con l´incontro regolato e
consapevole tra il capitalismo, il lavoro, lo stato sociale e la democrazia. è
quell´alleanza che oggi è andata in crisi, con devastazioni prima culturali e
politiche, poi per forza di cose sociali. Qui è cresciuta la nuovissima
separatezza delle élite, che le rinchiude in una legittima aristocrazia dei
talenti, incapace però di riconoscere obblighi generali, doveri pubblici, di
produrre un dibattito che parli all´insieme del paese e distribuisca valori
collettivi. Attraverso questo meccanismo l´élite si trasforma in classe
separata invece di diventare establishment, cioè gruppo dirigente testimone di
regole che valgono per tutti e dunque parlano a tutti, esercitando
pubblicamente il privilegio di avere responsabilità. Da qui nasce la frattura
sociale che abbiamo davanti e che la crisi porta per strada. Senza questa
alleanza occidentale tra capitale e lavoro, tra responsabilità e democrazia può
succedere che l´orgia speculativa non solo distorca il mercato finanziario, ma
acquisti come già prima del disastro del ´29 � lo notava Galbraith � una
stupefacente centralità culturale nel nostro tempo, dunque una legittimazione
collettiva. Col risultato denunciato da Michael Walzer quando «il denaro
oltrepassa i confini» e senza più alcuna barriera culturale prova ad acquisire
beni sociali come fossero merce, privilegi, favori, esenzioni, ruoli,
incarichi, corrompendo. Ecco perché la crisi economica rischia di diventare
crisi di legittimità, deficit di uguaglianza, problema di democrazia. Mai il
sentimento di esclusione degli sconfitti è stato così forte. Mai l´impotenza
della governance mondiale è stata così evidente, aggravata dalla crescita dei
bisogni reali, che con i ritmi della disoccupazione sta diventando emergenza.
Va in crisi il principio stesso di cittadinanza, il rapporto con lo Stato, la
relazione tra libertà e potere, mentre i nuovi perdenti della globalizzazione
non hanno più nemmeno un sovrano certo e un territorio definito per muovere la
loro protesta. Dopo aver vinto la sfida del Novecento l´Occidente rischia di
perdere qui, di fronte all´unica domanda che conta per gli esclusi: qual è
infine l´efficacia della democrazia, la sua capacità di risposta, la sua soglia
di sensibilità e di attenzione? Quanta nuova povertà può sopportare in casa
sua, dopo aver guardato alla televisione per decenni la povertà atavica degli
altri? Quale politica sa produrre? E capace di condivisione, la democrazia, o
solo di compassione, cioè di qualcosa che ha valore morale ma certo non
politico? Di fronte a questo malessere democratico che stiamo vivendo nulla è
fuori corso come il pensiero di una "rivoluzione conservatrice",
centrata su soggetti forti e sull´assenza dello Stato e delle sue regole.
Bisognerebbe che la sinistra lo capisse, si ricordasse dei suoi obblighi verso
l´uguaglianza, del lungo cammino per l´inclusione, per i diritti, per coniugare
le libertà politiche con la sicurezza materiale. Il secolo scorso è stato, alla
resa dei conti, lunghissimo, se il progetto della modernità democratica
occidentale è durato fino ad oggi, vivo. Gli strumenti della sinistra sono i
più adatti a conservarlo, modificandolo sotto la spinta della crisi, ma
salvandolo. Basta saperlo. Anche perché se quel progetto salta, non ci sarà più
sinistra, nella post-democrazia in cui rischiamo di vivere.
( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
REGGIO pag. 8
MACELLARE animali per rito è uno dei punti più discussi n... MACELLARE animali
per rito è uno dei punti più discussi nella difficile intermediazione culturale
tra Occidente e Medio-Oriente. Proprio questo sarà l'argomento del convegno
organizzato dall'azienda Usl di Reggio. Avrà luogo oggi
dalle 9 alle
( da "Corriere del Veneto"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO
03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA
RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille
miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei
paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di
dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali:
questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato
oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini
e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento
miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario
internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e
sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la
possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri.
Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e
ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per
politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi
finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento
conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del
4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la
montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che
rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più
robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già
previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta
dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del
vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove
regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia
a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i
paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e
riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del
vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel
documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di
diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali
redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20
mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a
non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie
di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure
che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A
partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto
da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un
mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20,
la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus
sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una
regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in
primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una
armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle
banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di
rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza
precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano
Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato
anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta
Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah. Salvo per uso personale è vietato
qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'intraprendenza di
Silvio fa dimenticare l'«abbronzato» --> Venerdì 03 Aprile 2009 GENERALI,
pagina 3 e-mail print Giulio Tremonti Lo scopo valeva bene una piccola gaffe
con la Regina, infastidita dal dover subire durante la cerimonia della foto di
gruppo a Buckingam Palace, il tono di voce un po' troppo alto di Silvio
Berlusconi che chiamava «Mister Obamaaaa». In effetti, il nostro premier, a
differenza di altri suoi colleghi, non aveva avuto ancora l'opportunità di un
incontro a quattr'occhi con il nuovo presidente Usa
nel corso del G20. Dunque, cercarlo e parlarci per il Cavaliere era diventato
un obbligo. Che infatti, intraprendente come sempre, alzando la voce è riuscito
nel suo intento e ha potuto così raccontare ai giornalisti italiani di aver
detto: «Caro Obama, la crisi è responsabilità degli americani, devi tirarti su
le maniche della camicia e tirarci fuori», al che il successore
dell'indimenticabile George W. ha replicato che «occorre la collaborazione di
tutti». Si potrà obiettare che non si è trattato di un
colloquio all'altezza del G2 tra Usa e Cina ma è
pur sempre qualcosa: in fondo, nell'ambito del G20 l'Italia non è poi così
strategica. E anzi Berlusconi è riuscito a rendersi visibile con la trovata di
farsi fotografare con Obama e Medvedev come se fossero tre amiconi al bar,
sorridenti e distesi. Peccato che non c'era Putin, e tantomeno Bush,
perché tra quei due Berlusconi un qualche ruolo di messaggero l'ha davvero
svolto in passato. Però quella foto a tre ha fatto il giro di tutti i siti di
informazione italiani e tanto è bastato a far dimenticare l'offesa
dell'«abbronzato». In realtà, il governo italiano confida soprattutto
nell'esito del G8 della Maddalena per vedere dimostrata una certa nostra
capacità di player. Del resto, tutti sanno che la possibilità per l'Italia di
avere un ruolo sta proprio nella sua partecipazione ad una serie di organismi
internazionali ristretti e certamente il vertice della Sardegna, che noi
presiederemo, consentirà all'Italia una funzione di mediazione. Anche perché
quella parte di nuova regolamentazione della finanza internazionale che non ha
trovato spazio a Londra dovrà essere definita proprio al vertice presieduto
dagli italiani. E gli sherpa di Giulio Tremonti, a cominciare dall'ambasciatore
Massolo segretario generale della Farnesina, sono già al lavoro. È la parte
meno vistosa ma importante dei risultati di Londra, quella che chiedevano con
insistenza francesi e tedeschi e che è stata soddisfatta per il momento solo in
parte, (attraverso la caccia ai paradisi fiscali e ai bonus dei manager, e
all'indicazione di alcune misure di trasparenza esposte dal governatore Draghi
nelle sue vesti di presidente del Fondo per la Stabilità Finanziaria) ma buona
parte del lavoro va ancora fatta. C'è da aggiungere che nel documento finale
del G20 di Londra l'Italia è stata in grado di far inserire quel Social Pact
che deriva direttamente dal vertice dei ministri del lavoro che si è tenuto nei
giorni scorsi a Roma e che aveva per titolo «People First». Una volta tanto
ricordare che la crisi tocca le persone prima che i bilanci o le banche, è un
elemento ragguardevole che il governo italiano ha fatto bene a chiedere che
venisse inserito. Quanto ai ricaschi interni della riunione londinese, che
tutti elogiano e che è stata premiata ampiamente dai mercati, a pesare è
l'affermazione di Berlusconi che Roma non ha intenzione di sforare
ulteriormente il rapporto deficit/Pil e che i parametri di Maastrich verranno
rispettati pur nella flessibilità che la Commissione ha consentito per far
fronte alla crisi con maggiori mezzi anche derivanti dall'indebitamento. E
questo consentirà, ha detto Tremonti, di varare nuove norme di Welfare a tutela
di chi perde il lavoro e che deve essere tenuto il più possibile vicino alle
imprese perché possa riprendere il proprio posto quando lo tsunami sarà
passato. People first, appunto. Andrea Ferrari 03/04/2009 nascosto-->
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 3 Diplomazie Il presidente Usa e il colloquio con Sarkozy E con un bigliettino di Obama
a Hu Jintao si sigla l'accordo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI LONDRA Alla fine, la
storia del mondo stava per bloccarsi sui paradisi fiscali. In apparenza, una
banale questione terminologica, ma sufficiente a intestardire Nicolas Sarkozy e
Hu Jintao nel loro no, simmetricamente opposto nelle motivazioni, al comunicato
finale. Il vertice del G20 era in stallo, nonostante l'egregio lavoro di Gordon
Brown. A quel punto si è consumato il battesimo del fuoco di Barack Obama, la
conferma internazionale di un leader che conosce ed esercita l'arte nobile del
compromesso. Il presidente americano ha preso da parte il francese, per un
breve ma intenso colloquio a tu per tu. Poi è tornato al suo posto, ha scritto
qualcosa su un foglio e lo ha mandato al collega cinese. Un attimo dopo, anche
quello si è alzato per appartarsi con Obama, insieme a un interprete. Scambio
rapidissimo e nuovo movimento obamiano verso Sarkozy. Triangolazione riuscita.
Il laureato della Harvard Law School aveva trovato la formula dell'intesa,
quella poi apparsa nel testo conclusivo: «Siamo d'accordo ad agire contro le
giurisdizioni non-cooperative, inclusi i paradisi fiscali. Siamo pronti ad
applicare sanzioni per proteggere le nostre finanze pubbliche e i sistemi
finanziari». Perfino il vanitoso presidente francese ha dato pubblicamente atto
a Obama di essere stato decisivo. «In un mondo così complesso ha spiegato poi
il capo della Casa Bianca in conferenza stampa la leadership americana va esercitata
forgiando partnership, invece che dettando soluzioni. Dobbiamo ascoltare,
mostrare una certa umiltà, capire che non sempre noi abbiamo la risposta
migliore». Qualche rimpianto, forse. Ma solo per lo sfizio di concedersi una
battuta irriverente ma efficace: «Tutti parlano di Bretton Woods ha detto Obama
tra il serio e la celia , quando venne riscritto il nuovo ordine monetario
internazionale. Ma diciamoci la verità: a quei tempi quando erano solo in due,
Roosevelt e Churchill, chiusi in una stanza con un bicchiere di brandy, era
molto più facile. Il mondo non è più così ed è un bene per tutti: l'Europa e il
Giappone si sono rialzati diventando vere potenze, la Cina
e l'India sono realtà emergenti, miliardi di persone sono uscite dalla
povertà». Qual è stato il segreto della forza di persuasione di Obama?
Probabilmente il suo candore. Come ha raccontato nell'ora trascorsa davanti ai
media, in pochi durante i vari giri di tavola nella sala dell'ExCel Center, si
sono lasciati sfuggire l'occasione per «ricordare che la crisi non fosse
iniziata da loro». Lui li ha assecondati, riconoscendo come «sia difficile
negare che parte del contagio sia originata da Wall Street», complice
l'assunzione di rischi «selvaggi e ingiustificati » da parte di alcuni gruppi e
il sonno colpevole «di taluni che nel governo dovevano sorvegliare». Ma Obama
ha anche ricordato, che neppure le loro banche fossero immuni al virus.
«Abbiamo imparato le lezioni della Storia», ha detto il presidente: l'ampiezza
devastante della crisi economica, che rischia di trascinare il mondo intero in
un baratro senza speranza, richiede «azioni collettive ». E se l'accordo «non
potrà mai essere facile e i risultati immediati», la comunità internazionale
può ora contare su un leader americano, convinto che «l'era della
responsabilità » promessa agli Stati Uniti, «non si ferma ai loro confini», ma
coinvolge tutti. Funzionerà? Nella vita e nell'economia,
«non ci sono garanzie». Ma Obama è convinto che la strada intrapresa sia quella
necessaria. Non usa, ma alla fine noi giornalisti gli abbiamo fatto un
applauso. Hu Jintao, presidente della Cina Gordon Brown (Omega/Baroncini) Paolo Valentino
( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Nord-Est sezione:
EST data: 2009-04-01 - pag: 23 autore: Strumento vincente, ora
le reti tra filiere S i parla sempre più di de-globalizzazione, perché frenano
i commerci, spira un vento protezionistico, e tornano le regole nel mercato dei
capitali (o almeno si spera). Alcune imprese che avevano delocalizzato in
Romania e dintorni tornano indietro. C'è chi pensa anche di tornare indietro
sulla scelta dell'outsourcing distrettuale, e che, per questo, guarda
con maggiore interesse di prima alla catena locale di fornitori, oggi in grande
difficoltà. E magari, giorno dopo giorno, seleziona, compra, fonde, indirizza.
Puntualmente, questo accenno di mutamento scatena il dibattito sul futuro dei
distretti. Tra due fondamentalismi opposti, ossia tra chi dice che la crisi li
ha confermati nella loro "formula" di origine, contro le fanfaluche dell'immateriale
e del globale; e chi invece li dichiara morti o superati perché la chiusura
locale e la monocultura settoriale oggi hanno sempre meno ossigeno, e non
rendono più come un tempo. In mezzo, emergono fenomeni nuovi: imprese che
acquistano alcuni fornitori, re-internalizzando operazioni che avevano in
precedenza esternalizzato: imprese che razionalizzano e magari ri-localizzano
la filiera nel sistema locale dopo averla in precedenza de-localizzata
all'esterno; imprese che approfittano della caduta dei prezzi per
diversificare, acquistando altre imprese o assets non immediatamente contigui
al core predecente. Di che ci si meraviglia? Se il mondo cambia, i distretti
non possono rimanere uguali a sé stessi. L'evoluzione porta il modello
distrettuale a non essere più monocorde. Ed è un bene. Diventando un melting
pot in cui bollono tante idee diverse, il distretto non solo cambia, ma impara,
esplorando il nuovo e il possibile. Ma ciò non sovvertirà i caratteri
distintivi del nostro capitalismo personale. Non sono, infatti, in preparazione
modelli di impresa radicalmente diversi da quello dell'impresa diffusa,
coagulata in filiere sempre più grandi e complesse. La loro strategia è quella
di essere sempre di più imprese capofiliera che valorizzano nel mercato globale
capacità e lavorazioni attivate nella rete retrostante. Non hanno nessuna
voglia di tornare ad essere imprese locali, immerse in un solo territorio, né
di diventare imprese footless, senza radici, che fluttuano in spazi rarefatti,
senza nome. Spesso sono anche loro in difficoltà, perché si sono esposte con
investimenti e innovazioni importanti: ma, salvo imprevisti, la maggior parte
resisterà e fornirà l'ossatura del distretto post-crisi. La globalizzazione
andrà avanti: è troppo conveniente per tutti i suoi protagonisti – noi compresi
– perché possa essere fermata a lungo, da misure realmente restrittive. Le
nostre migliori imprese lo sanno e stanno aggiornando i loro modelli di
business. Che non negano il passato, ma ritessono la rete, gettando nuovi ponti
tra il locale, che hanno alle spalle, e il globale, che sta loro di fronte.
Enzo Rullani PROFESSORE Docente di Economia della Conoscenza TeDIS, Venice
International University
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 «Un nuovo ordine mondiale per
uscire insieme dalla crisi» I Grandi: un trilione di dollari e aiuteremo la
ripresa Addio ai paradisi fiscali Gli interventi attraverso il Fondo monetario
Brown: dal vertice l'inizio della fine della crisi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA «Abbiamo serrato le file per combattere la recessione globale». Il
padrone di casa, Gordon Brown, è soddisfatto quando annuncia che il G20 ha
siglato l'accordo e darà ossigeno aggiuntivo all'economia. Hanno vinto tutti:
decisamente di più Stati Uniti, Regno Unito e Cina, decisamente meno l'Europa. Stimoli
alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati a un organismo centrale
il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, guinzaglio al collo degli
hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai risultati di lungo periodo,
infine tagliola per i paradisi fiscali e del segreto bancario: ecco il
corposo pacchetto di emergenza. Dal summit esce «un nuovo ordine» con un
diverso baricentro delle decisioni politiche: è un multilateralismo nel quale i
Paesi in via di sviluppo affiancano i ricchi ed entrano a pieno titolo nei
meccanismi di governo della crisi. La «sala di comando » si sposterà dalla sua
sede tradizionale, il G8, a questa sede, il G20 che rappresenta l'84% della
ricchezza planetaria e il 64% della popolazione. I tre maggiori protagonisti
della svolta Stati Uniti, Regno Unito, Cina hanno
vinto la partita e il messaggio che lanciano, per bocca di Gordon Brown è
chiaro: «La prosperità è un bene indivisibile di conseguenza l'azione per
sostenere il lavoro, le imprese, le famiglie, la crescita in generale, non può
che essere comune». Si era profilato nelle ultime ore il rischio del
fallimento, poi gli umori sono cambiati. E il punto di equilibrio è un
documento che non contiene una ricetta risolutiva ma che viene definito dal
premier britannico «l'inizio della fine della crisi» e che sarà sottoposto a
verifica in una sessione del G20, convocata entro l'anno. I pilastri
fondamentali sui quali si costruisce il percorso di uscita dalla recessione
sono due. Il primo è ciò che Washington e Londra hanno sempre chiesto: una
robusta iniezione di «risorse». Fino ad oggi globalmente sono stati investiti 5
mila miliardi di dollari, suddivisi fra interventi a sostegno degli istituti di
credito in agonia, interventi di «quantitative easing » ovvero di creazione di
moneta da parte delle banche centrali, di ammortizzatori sociali (in Europa),
di sostegno all'industria. Adesso nel circuito dell'economia mondiale saranno
resi disponibili circa un trilione di dollari (tecnicamente sono 850 miliardi).
E il veicolo principale che li trasporterà per il «pronto soccorso» agli Stati
sull'orlo del collasso sarà il Fondo Monetario Internazionale la cui dotazione
sarà triplicata. Ai 250 di cui già dispone e che dunque vanno sottratti dal
conto se ne aggiungono 500. Cento messi a disposizione dall'Europa, 100 dal
Giappone, 40 dalla Cina, il resto dagli altri Paesi.
Di conseguenza, saranno ridisegnati gli equilibri del Fmi con ruolo crescente
di Pechino. Altri 100 miliardi di dollari saranno incanalati attraverso le
Banche di Sviluppo. Infine una borsa carica di 250 miliardi sarà destinata nei
prossimi due anni a riattivare i commerci internazionali. Il protezionismo è
bandito. Il totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a disposizione del
Fondo Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle richieste soprattutto
di Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo delle regole e della
supervisione. Al Financial Stability Board che si allargherà ai Paesi del G20,
alla Spagna e al rappresentante della Commissione Europea spetterà il compito
di disegnare i principi, di vigilare su tutte le istituzioni, gli strumenti e i
mercati finanziari e avviare l'azione sulle «giurisdizioni che non collaborano,
inclusi i paradisi fiscali ». Il G20 ha annunciato che la lista nera di questi
paradisi sarà pubblicata dall'Ocse: dalla Svizzera al Lussemburgo, dal
Liechtenstein all'Uruguay, dal Costa Rica alle Filippine, dall'Austria alla
Malaysia chi non si adegua si trova sul banco degli imputati. «Il tempo del
segreto bancario è compiuto», è scritto solennemente nel documento finale del
G20. È un segnale politico forte che provocherà panico fra chi ha giocato a
nascondino con capitali e profitti. Ma il «nuovo ordine» mondiale di cui
parlano i vincitori Obama e Gordon Brown non può che passare da questa
«rivoluzione ». È il presupposto di una stabile credibilità. Protagonisti Il
presidente Usa, Barack Obama, e il premier britannico
Gordon Brown (Reuters/Wojazer) Fabio Cavalera
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 03/04/2009 - pag: 1 UNA BUONA PARTENZA di FRANCO
VENTURINI A l G20 non ha vinto nessuno, e così hanno potuto vincere tutti. Il
debuttante Barack Obama, sostenuto dai britannici e dai giapponesi, voleva che per
combattere la crisi fosse varato un poderoso stimolo fiscale. L'ha avuto, ma
sotto mentite spoglie per non urtare la contrarietà degli europei: mille
miliardi di dollari andranno al Fondo monetario e alla Banca mondiale per
spingere la ripresa e soccorrere i Paesi con l'acqua alla gola. Nicolas Sarkozy
e Angela Merkel volevano regole severe per raddrizzare la schiena al sistema
finanziario e, sotto sotto, anche per indicare i colpevoli della recessione. Le
hanno avute, ma affidando all'Ocse la controversa lista nera dei paradisi
fiscali e muovendosi con inedita cautela per non irritare gli Usa gelosi della loro sovranità, i britannici protettori
della City, i cinesi preoccupati per Hong Kong e Macao. Se si pensa alle
polemiche e alle minacce di rottura della vigilia, il G20 londinese di ieri non
evita soltanto un disastroso parallelo con quello fallito nel 1933. Evita,
anche, il compromesso al ribasso che sembrava essere nelle carte, e che per
salvare politicamente i partecipanti avrebbe lanciato ai mercati un disastroso
segnale di impotenza. Dalla capitale britannica, invece, parte un primo segnale
di volontà politica collettiva nella gestione della crisi dopo tanti,
tantissimi esempi di gestione nazionale. Parte un certificato di idoneità della
formula del G20, che d'un colpo ha reso obsoleti il G7 e il G8 (lo tenga
presente l'Italia, che organizza quello di quest'anno) con
la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, provvedimenti non sempre di applicazione
immediata, non sempre impermeabili a una certa dose di scetticismo, ma
sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno per la fiducia».
Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i meccanismi di pronto
soccorso. Una parte di questa somma è destinata a sostenere il libero
commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20 partecipanti
proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in un altro).
Vengono regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la
contabilità bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito,
passate al setaccio le agenzie di rating, riportati nella ragionevolezza
compensi e bonus di chi opera nella finanza, e, soprattutto, viene definito un
approccio globale per «ripulire» le banche dai titoli infetti che hanno in
buona parte originato la crisi. Quest'ultima potrebbe essere la conquista
principale del vertice, se si considera che il forte rallentamento del credito
deriva principalmente proprio dall'insicurezza delle banche sul destino della
loro parte di tossicità. Ma l'impegno è ancora troppo generico, e del resto non
risulta che l'ammontare degli attivi sotto accusa sia stato credibilmente
calcolato. CONTINUA A PAGINA 44
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 03/04/2009 - pag: 35 Panorama Disoccupazione Usa a quota 669 mila Mai così da 26 anni Record di richieste
di nuovi sussidi di disoccupazione negli Usa, al
massimo da oltre 26 anni. Nella settimana ci sono state 12 mila richieste in
più, per un totale di 669 mila persone (lo stesso livello del 2 ottobre 1982).
DA AVIVA A BOMBARDIER NUOVI TAGLI La canadese Bombardier Aerospace ha
annunciato la riduzione di 3 mila posti di lavoro. Anche la britannica Aviva
prevede il taglio di 1.100 posti. Al gruppo navale francese Bénéteau previsti
800 licenziamenti. MEDIASET, UBS SALE AL 2,2% La quota Ubs in Mediaset è salita
al 2,26%. OPEC: OK GREGGIO A 50 DOLLARI I produttori Opec possono vivere con
gli attuali prezzi del greggio intorno ai 50 dollari al barile per quest'anno.
Lo ha detto il segretario generale del cartello, Abdullah al-Badri (nella
foto), precisando che con questi prezzi saranno rinviati 35 progetti. CONTI
PUBBLICI, DEFICIT AL 2,7% L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni
si è attestato lo scorso anno al 2,7% (1,5% nel 2007). VODAFONE
E TELEFONICA IN CORSA PER HANSENET Vodafone e Telefonica sono in corsa per
rilevare Hansenet (Telecom Italia). ITALIA-CINA, FONDAZIONE INTEGRATA CON
CAMERA DI COMMERCIO Via libera all'integrazione della Fondazione Italia Cina con la Camera di Commercio italo
cinese.
( da "Messaggero, Il (Marche)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi Grottammare A Equomercato (via Cantiere, 19) mostra Globalizzazione e infanzia a favore del
lavoro minorile nel Terzo Mondo "unico modo per sfuggire alla
prostituzione, alla delinquenza, all'accattonaggio". Lavoro in chiave educativa.
Oltre a mostre, spazio all'artigianato etnico, dibattiti promossi dagli
operatori dell'associazione Lunedì al sole, colombe e uova pasquali della
cooperativa disabili Libero Mondo che usa materie prime del mercato equo
e solidale.
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
sezione: Opinioni data: 03/04/2009 - pag: 44 IL G20 Una buona partenza di
FRANCO VENTURINI SEGUE DALLA PRIMA Londra non è Bretton Woods, insomma, e non
poteva esserlo. Per ripensare davvero l'architettura finanziaria globale
occorrerà prima uscire dalle sabbie mobili della recessione, affrontare una
disoccupazione che potrebbe trasformarsi in valanga, verificare ancora, e più
severamente, il consenso che ieri ha fatto squillare le trombe. In questi
limiti il G20 è stato un successo per nulla scontato, e dunque incoraggiante.
Ma non è il caso di farsi ingannare da una buona partenza: tra Usa ed Europa restano profonde diversità di approccio
confermate ieri anche dalla prudenza della Bce, il «nuovo ordine mondiale» che
Brown ha enfaticamente annunciato potrebbe più correttamente chiamarsi «lotta
di potere nella definizione dei nuovi equilibri internazionali», e la Cina, ancora lei, su questi nuovi equilibri ha appena
cominciato a esercitare il suo peso. I cinesi sono arrivati a Londra con dati
macroeconomici migliori di quelli altrui e con il più ambizioso (e costoso)
piano di rilancio. Pechino detiene una grossa fetta del
debito americano, anche se ha bisogno del mercato Usa. La Cina è
portatrice orgogliosa di un «modello» che afferma essere migliore del
liberal-capitalismo occidentale. La Cina non è democratica, né vuole esserlo perché non riuscirebbe più a
governare il suo capitalismo primordiale basato sul social dumping.
Questa Cina risulterebbe invadente anche se non lo
volesse. E trova il suo interlocutore naturale nell'America, che non si sottrae
di certo. Il G2 dentro il G20, o anche fuori da esso. Gli europei venuti a
Londra con lo spirito dei primi della classe nei confronti della «finanza
anglosassone» dovrebbero stare attenti, da oggi, alla «finanza cinoamericana».
Capacissima di tradursi in intese globali, e di emarginare un Vecchio continente
già prigioniero delle sue convulsioni interne.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 2 autore: Debuttante di lusso.
Il presidente Usa supera l'esame a pieni voti Obama:
dal summit una «svolta storica» Mario Platero LONDRA. Dal nostro inviato «Una
svolta storica, un successo senza precedenti», così Barack Obama, frizzante, ispirato e galvanizzato dal successo del suo ruolo di mediazione
fra Cina e Francia sulla
questione dei paradisi fiscali, ha definito l'esito di questo G-20 di Londra. è
stato lui del resto ha sbloccare l'impasse tra Francia e Cina su uno dei punti centrali, la
questione della lista dei paradisi fiscali. La Cina si era impuntata. Non voleva che la lista fosse inclusa
nel comunicato finale perché era stata stilata dall'Ocse, di cui Pechino non è
membro. A un certo punto delle riunioni, Obama ha preso da parte Sarkozy e gli
ha mostrato una versione diversa del testo che i leader stavano considerando. A
Sarkozy andava bene. A quel punto Obama ha preso da parte il presidente cinese
Hu Jintao e gli ha mostrato lo stesso testo. Hu ha acconsentito. Ha poi
chiamato anche Sarkozy e i tre hanno raggiunto l'accordo. La variazione
introdotta da Obama è stata minima, ma efficace: «Rileviamo che l'Ocse ha
pubblicato una lista» invece di un verbo di riconoscimento più esplicito dell'organizzazione
internazionale che ha sede a Parigi. Un evento davvero storico, per la
diversità della partecipazione e per la portata delle decisioni, che Obama ha
voluto corredare con un tocco di realismo in risposta a chi gli chiedeva se da
oggi la crisi fosse davvero finita: «Ci vorrà comunque tempo....e forse queste
misure non saranno sufficienti, forse avremo di nuovo ondate di pessimismo, ma
oggi c'è un fatto nuovo, tutti ci siamo impegnati a intervenire di nuovo se vi
sarà la necessità». Cerebrale, rilfessivo, mai banale nelle risposte, il
presidente americano, al suo debutto sullo scenario mondiale in uno dei momenti
più difficili della storia economica, ha passato il suo esame
"esterno" a pieni voti. Al punto chei giornalisti, fatto questo davvero
fuori della normalità, alla fine della conferenza stampa lo hanno salutato con
un forte applauso. Aggiungendo considerazioni personali al di fuori del
comunicato finale, il presidente americano ha promesso che gli «Stati Uniti
metterano fine alla tradizione del "boom and bust" (tradizione degli
estremi Ndr) che mette in pericolo la nostra economia. In America- ha
continuato Obama - abbiamo messo a punto una riforma delle regole più
aggressiva di qualunque altro Paese, abbiamo affrontato la questione dei titoli
tossici - e invito altri Paesi ad affrontarla - e come avevo promesso in
campagna elettorale, abbiamo aperto una nuova epoca di responsabilità. Oggi
chiedo che questa responsabilità non riguardi solo gli Stati Uniti, ma tutti
noi». Barack Obama ha di fatto varato ieri a Londra la sua Bretton Woods, un
nuovo ordine economico che riguarda, ha detto, «Paesi che fino a dieci anni fa
erano nemici.... Questo tipo di coordinamento è davvero storico chi poteva
immaginare dieci anni fa che i leader di Francia, Cina,
Brazile, Sudafrica, Russia e un presidente americano chiamato Obama, ex
avversari, in alcuni casi nemici morta-li, potessero negoziare con questa
rapidità un accordo per rimettere in piedi l'economia globale. Si sarebbe detto
che era un pronostico da pazzi. Eppure l'abbiamo fatto e questo successo è
anche una testimonaizna al lavoro di Gordon Brown». © RIPRODUZIONE RISERVATA
L'APPELLO «Washington ha avviato una nuova epoca della responsabilità che oggi
deve coinvolgere la Comunità internazionale» AFP La squadra. Il segretario di
Stato americano Hillary Clinton e il segretario al Tesoro Timothy Geithner
durante una pausa dei lavori del G-20
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 3 autore: Dai Grandi assegno di
1.100 miliardi Triplicata la dotazione dell'Fmi, 250 miliardi per far ripartire
gli scambi globali Alessandro Merli LONDRA. Dal nostro inviato Passa dal Fondo
monetario il tentativo del G-20 di rimettere in moto la crescita dell'economia
mondiale, che sta accusando la peggior recessione dagli anni Trenta.
L'obiettivo è accelerare la ripresa, che le previsioni dello stesso Fmi
indicano, su ritmi modesti, per il 2010. Complessivamente, i leader dei grandi
Paesi industriali e dei principali Paesi emergenti hanno annunciato ieri un
pacchetto di sostegno all'economia, attraverso l'Fmi e le altre istituzioni
finanziarie internazionali, da 1.100 miliardi di dollari. Di fronte al crollo
del commercio mondiale, per decenni il motore dell'economia, il G-
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Digitale a
costo zero per la ripresa L'Itu (Onu): «La spinta dalla banda larga mobile
sulle frequenze liberate dalla tv» di Giuseppe Caravita L a galassia digitale,
dai 4 miliardi di utenti di telefonini alla grande internet e tutta l'Ict
(oltreil 6%del Pil mondiale), come affronterà la grande crisi? Ne resterà
schiacciata oppure, all'opposto, potrà attivare persino per sua forza propria,
una delle vere leve antidepressive che oggi servono? Hanno lavorato in velocità
i 21 analisti, di differenti centri di ricerca, insieme allo staff dell'Itu
(International Telecommunications Union), l'agenzia Onu di Ginevra. Per uno
scenario corposo, quello reso pubblico sul suo sito ( Confronting the Crisis).
Oltre 100 pagine e 19 punti chiave. Che partono da un'analisi impietosa
dell'attuale crisi finanziaria, della rarefazione del credito, dei pesanti
segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su scala
globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a
chiaroscuri) necessariamente negativo. «Per molti versi l'industria Ict –
premette Hamadoun Tourè, segretario generale dell'Itu – è oggi un una
condizione migliore rispetto all'esplosione della bolla dot.com del 2001-
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Gestori.
Sentinelli: il mercato crescerà ancora «Ora l'Europa deve scommettere sul
wireless» M auro Sentinelli, con la diffusione di massa prima del Gsm e poi
delle carte prepagate, ha stimato che la telefonia mobile, in Italia, negli
scorsi dieci anni abbia fruttato almeno cinque punti di Pil aggiuntivi. Oggi
Sentinelli siede nel board della 3Gsma (l'associazione degli oltre 700 gestori
mobili che collegano circa 4 miliardi di utenti). E come i suoi colleghi è
portatore di una proposta di stimolo globale a costo zero: «Secondo noi la
banda larga mobile può essere attivata su scala planetaria semplicemente
affidando ai gestori le nuove frequenze liberate dal passaggio alla tv
digitale. E i gestori stessi, in massima parte in condizioni finanziarie
autosostenute, investiranno sullo standard mondiale Lte (Long Term Evolution)
capace di fornire velocità d'accesso da 50 megabit al secondo, oltre dieci
volte quelle massime attuali». La quarta generazione mobile, in pratica, in
tutto il mondo. Dall'Europa agli Usa, dalla Cina
all'India. «Il punto chiave è che esiste un nuovo mercato, e grande. Come
vent'anni fa spiega Sentinelli - Allora era la voce. Ora è internet. E nel
passaggio dal fisso al mobile c'è il premio di mobilità. Il cliente è disposto
a pagarlo. Nelle tlc fisse il mercato sono le abitazioni, quindi 25
milioni in Italia. Nel caso del mobile invece è tutta la popolazione. Oggi in
Italia siamo a una penetrazione del mobile del 150 per cento. Io ho il mio
Blackberry, il telefonino e la sim card dentro il notebook. Poi nascerà il
mercato delle connessioni tra macchine». Quelle che mancano sono però le bande
di frequenza. «Ma abbiamo a disposizione il cosiddetto dividendo digitale.
Ovvero il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale. Qui ogni canale
viene ad occupare un quinto di banda rispetto a quando era analogico. Un 80% in
più di frequenze disponibili. La banda a 700 me-gahertz, quella televisiva, è
perfetta per la banda larga. è la più pervasiva, penetra nei muri spessi, copre
larghe celle rurali, richiede investimenti minori, e offre prestazioni
superiori. Siamo ai 50 megabit al secondo, ma raddoppieremo ». Supponiamo che
non vi siano i soldi per cablare in fibra ottica... «In questo caso non c'è
scelta. Bisogna andare sul wireless. I campioni, sul cavo, sono stati il
Giappone, la Corea e in parte gli Usa. Ma l'Europa è e
resta la campionessa mondiale del wireless. Esportato in tutto il mondo. Sarà
molto più facile andarci, perché costerà molto di meno. Poi piano piano, con i
ritorni dai servizi, si potranno mettere le fibre». «Prima s'inizia - conclude Sentinelli
– prima partirà questo ciclo di investimenti. Un recente studio
dell'amministrazione Obama stima per ogni dollaro investito in broadband mobile
un ritorno di attività 10 volte superiore». G.Ca. © RIPRODUZIONE RISERVATA
www.ilsole24ore.com Il testo integrale dell'intervista NUOVE FRONTIERE «Ci sono
grandi margini di crescita per i collegamenti senza fili tra tutti i sistemi»
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
xSCONTRO USA-UE LA
BATTAGLIA SUL DOLLARO di FRANCESCO MOROSINI Il sipario del G20 di Londra chiude
con un accordo minimalista, lasciando i sorrisi per foto ricordo fatte per
mascherare i contrasti fra i Grandi. Poco, certo, rispetto alle urgenze del
"che fare?"; ma almeno realistico. Così si annuncia il potenziamento
sia del Fondo monetario internazionale (anche con diverse attribuzioni di
vigilanza sui mercati finanziari) che della Banca mondiale. Meglio di niente:
però le divisioni della diplomazia monetaria (il potere degli Usa di "fare" la politica monetaria planetaria; le
opposte terapie anticrisi; la vexata quaestio della distribuzione dei costi
della crisi medesima) restano tutte. D'altra parte, è regola di diplomazia, del
denaro in particolare, il lasciar emergere, come a Londra, solo ciò su cui c'è
consenso. Lo scopo è pure di scongiurare, col dissenso esplicito, il rischio di
politiche economiche (dalla gessatura dei mercati finanziari al protezionismo) capaci di farci precipitare nel baratro.
Restano i contrasti, sebbene sottotraccia. Il fatto è che al G20 si scontrano
tre linee. Una (Usa, Gb e Cina)
dice: prima lo sviluppo; la disciplina dei mercati segue. L'altra (guidata da
Germania e Francia), paventando l'inflazione, frena sulla finanza per la
crescita; ma soprattutto, temendo l'anarchia della finanza, vi antepone
l'ordine delle regole. L'ultima, invece, riguarda re dollaro solo contro
tutti a difendere il proprio ruolo sovrano negli scambi internazionali.
Insomma, a Londra si è dovuto riconoscere che la diplomazia economico-monetaria
è un ginepraio difficile da sciogliere. Difficile da sciogliere in un tour di
Grandi di poche ore, specie se gli interessi posti sulla scacchiera dell'economia-mondo
sono altamente contraddittori. Tuttavia, discettare sull'inutilità dei G7, G8 o
G20 è eccessivo, perché i compromessi raggiunti sono comunque sempre meglio di
nulla. Naturalmente, la vera speranza è che le iniezioni di liquidità d'oltreoceano
(veri e propri calci monetari ai mercati) diano un elettrochoc al meccanismo
reale-finanziario dell'economia capace di rimetterlo in moto. Perché questo,
alleviando la pressione sociale sui palazzi, può scongiurare politiche guidate
dal panico e consentire al contempo di ragionare più freddamente sulle regole.
Certo, in apparenza, questi sono al massimo auspici per il post G20. Vero.
Tuttavia questi stessi hanno probabilmente costituito quel filo di aspettative
positive che hanno aiutato a scongiurare all'attuale G20 il cosiddetto
"effetto Londra 1933", quando la conferenza dei potenti del tempo
fallì aprendo le porte, col protezionismo dell'allora
presidente degli Usa Hoover, alla Grande depressione.
Restano comunque sul campo i dissidi tra i protagonisti del G20 ed è facile
prevedere che l'anti-deficit spending di Sarkozy, ma soprattutto del
Cancelliere tedesco Merkel, continuerà a contrastare Washington. Contrapponendo
agli States e a Pechino, orientati a spingere sulla domanda interna, una
Vecchia Europa che punta (anche per l'invecchiamento della popolazione) più
sull'export che sui consumi (al massimo tutelati rinforzando il welfare) onde
evitare strappi alla finanza pubblica. «Basta debiti», dicono gli europei; ma
«senza nuovi debiti degli istituti finanziari la macchina resta in panne»,
replicano gli Usa. Due diverse opinioni che nascondono
un contrasto sulla tenuta del dollaro. La preoccupazione europea, in altri termini,
è che la finanza pubblica in deficit degli States faccia crollare il prezzo del
biglietto verde, producendo due effetti perversi. Il primo è di far saltare la
competitività delle aziende di Eurolandia. Ma la cosa, in più, potrebbe pure
creare, rendendo conflittuale il clima nei rapporti economici tra le rive
dell'Atlantico, pesanti ripercussioni in sede Nato (non a caso il G20 continua
a Baden con un bilaterale americano-tedesco sulle questioni militari). E questo
si lega alla terza linea di frattura euroatlantica (ma qui Cina
e Russia sarebbero dalla stessa parte, probabilmente con India e Brasile):
quella attinente all'eccessivo ruolo di re dollaro nei pagamenti
internazionali. La polemica, peraltro ora irricevibile dalla Casa Bianca, è che
in tal modo è quest'ultimo a essere governato dalle decisioni monetarie (cioè
dagli interessi nazionali) di Washington. E ciò, pure per la perdita di peso
globale dell'economia degli Usa, crea tensioni e
squilibri: di qui la richiesta di una "nuova valuta" (non-nazionale)
per gli scambi dell'economia globale. Naturalmente, chi pone la questione sa
che, almeno finché la supremazia militare degli States resterà ineguagliata, il
dollaro resterà re. Però sempre più condizionabile. La sfida, annunciata al G20
esplicitamente da Cina e Russia, continuerà nel post
G20 affinché re dollaro da sovrano assoluto passi a sovrano costituzionale. Il
futuro della globalizzazione avrà anche questa partita da giocare.
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Il 'G2' darà il
tono al resto del summit» «Benvenuti a Londra. Ora, che la battaglia cominci».
Così titolava ieri il quotidiano britannico The Guardian, e si riferiva sia
alla battaglia giovata all'interno del Excel («Corsa a salvare un accordo,
mentre Francia e Germania mettono delle "linee rosse"), sia a quella
per le strade («Il carnevale della coalizione arcobaleno diventa cattivo»).
Anche il Financial Times ieri usava l'occhiello «Linee di battaglia», ma
titolava: «I leaders sotto accusa per i titoli tossici». Sotto, un'intervista
al direttore del fondo monetario internazionale, Dominique Strauss Kahn: i
governanti mondiali devono affrontare la questione di fondo, dice, cioè
«ripulire i pordotti tossici che avvelenano il sistema bancario e rischiano di
prolungare la recessione mondiale». Ma questa è solo parte della posta in gioco
del G20. «La Cina arriva oggi come una potenza
mondiale - e noi dovremmo darle il benvenuto», titola (sempre sul Guardian) un
commento di Timothy Garton Ash da Pechino: «Oggi, 2 aprile 2009, potrà essere
ricordato come il giorno in cui, attaraverso il catalizzatore di una crisi
economica globale, la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo».
Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia
dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa
nell'economia mondiale», e: «Il G2 darà il tono al resto del summit».
Così anche The Independent: «Il vero summit è stato tra la Cina
e gli Stati uniti», titola un commento di Mahish McRae: «Il potere sta
scivolando dall'occidente all'Asia ancora più in fretta in conseguenza della
flessione globale» delle economie. Il New York Times ieri ignorava, nei suoi
titoli on-line, la frattura che si è profilata al G20 tra Francia e Germania da
un lato, Gran Bretagna e Stati uniti dall'altro. Apriva invece con il titolo:
«La Cina vuole essere il leader mondiale dell'auto
elettrica»; nel pezzo, da Pechino, si spiega che i dirigenti cinesi hanno
adottato un piano per fare del paese «il produttore leader di veicoli ibridi e
completamente elettrici entro tre anni». Nel corso della giornata i titoli sono
cambiati, per segnalare che «I cambiamenti nelle regole bancarie sollevano le
borse mondiali». «Obama disegna il panorama post-crisi», titolava ieri The
International Herald Tribune. Più ironico un titolo on-line dello spagnolo El
Pais: «Il G20 ridisegna il capitalismo in 7 ore». (ma.fo.)
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 8 - Economia
Impresa, Illy e Audretsch a Maniago Nuovo riconoscimento per la seconda
edizione del festival Genefinity MANIAGO. Nuovo importante riconoscimento per
Genefinity, spin-off del'Università di Trieste. I risultati conseguiti
dall'azienda nei primi due anni d'attività e la particolare propensione
all'innovazione tecnologica hanno fatto sì che Genefinity fosse riconosciuta
come una delle dieci aziende in regione che si sono particolarmente
contraddistinte per la capacità innovativa e di sviluppo di nuove idee
imprenditoriali nei singoli settori di appartenenza. Per questo Genefinity
riceverà il premio Festival delle Città Impresa in occasione della seconda
edizione dell'omonimo festival che si terrà oggi al Teatro Verdi di Maniago.
Spin-off dell'ateneo giuliano, Genefinity è un'azienda fondata nel 2006 da un
gruppo di ingegneri dei materiali con lo scopo di integrare i diversi tipi di competenze
necessari alla realizzazione di processi industriali basati sull'impiego di
film sottili, per applicazioni in settori tecnologicamente all'avanguardia
quale quello dei biosensori, dei sistemi "Rfid", della printed
electronics e dei sistemi fotovoltaici. Domani, invece, alle 10 al Ridotto del
Teatro Verdi di Maniago, sempre nell'ambito del festival della città, si terrà
la presentazione del libro di David Audretsch, La società imprenditoriale edito
da Marsilio. Interverranno Riccardo Illy, Presidente Gruppo Illy Spa, e
Filiberto Zovico, Direttore Marketing e Comunicazione Marsilio Editori. David
B. Audretsch, tra i più importanti economisti americani, è direttore del Max
Planck Institute of Economics in Jena, Germania. Le sue ricerche vertono sul rapporto
tra imprenditorialità, strategie aziendali, innovazione, sviluppo economico e
competitività internazionale. Il tempo di un'economia stabile e prevedibile è
finito. La globalizzazione e le nuove tecnologie hanno
innescato cambiamenti irreversibili con cui abbiamo il dovere di confrontarci.
Nell'economia globale, dove fabbriche e posti di lavoro possono essere spostati
rapidamente verso economie emergenti, il vantaggio competitivo delle imprese e
delle nazioni si fonda sulla capacità di innovare. Avere idee, tuttavia,
non è sufficiente. Bisogna avere imprenditori che le rendano realtà.
L'imprenditorialità è oggi la vera risposta alla globalizzazione.
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
CLIMA L'inviato Usa al vertice di Bonn: via il 20% delle emissioni «Un
taglio ai gas serra» Debutta Obama il verde Daniele Pernigotti BONN BONN
Lontano dal G20 londinese, un altro evento multilaterale sta mettendo alla
prova la nuova amministrazione degli Stati uniti e le sue relazioni con le
nazioni «emergenti», Cina e India in testa. E' la
conferenza dei 175 paesi aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite clima,
riunita a Bonn questa settimana per preparare il terreno al vertice che nel
prossimo dicembre, a Copenhagen, dovrebbe definire un accordo per il
dopo-Kyoto, ovvero che definisca impegno per ridurre le emissioni di anidride
carbonica (CO2) e altri gas «di serra» da qui al 2020 - ovvero vada oltre
l'orizzonte del trattato che prende il nome dalla città giapponese, che
chiedeva di tagliare entro il 2010 le emissioni di gas di serra del 5,2% in
media rispetto al 1990. La conferenza di Bonn è la prima uscita ufficiale
dell'amministrazione di Barack Obama per ciò che riguarda la politica del
clima: significativo, dunque, che a guidare la delegazione americana in
Germania sia Todd Stern, già capo delegazione Usa ai
tempi della stesura del Protocollo di Kyoto (allora alla Casa Bianca c'era Bill
Clinton). E Stern non ha perso tempo nell'annunciare la volontà americana di
invertire la rotta rispetto al recente passato e di riportare gli Usa alla guida dei negoziati sul clima. Del resto, fin dal
suo insediamento Obama ha posto la lotta ai cambiamenti climatici tra le
priorità del suo governo, al pari della volontà di uscire dalla crisi
economico-finanziaria mondiale o di mettere fine alla guerra in Iraq. Un cambio
netto rispetto al predecessore George W. Bush, che aveva inaugurato la sua
amministrazione ricusando proprio il Protocollo di Kyoto. A dare il segno delle
intenzioni di Washington, martedì il governo Usa ha
presentato la sua bozza di legge sull'energia pulita e la sicurezza energetica,
un pacchetto molto ampio che promuove la produzione di energia pulita, i
sistemi di trasporto a minore emissione di CO2, la costruzione di edifici più
efficienti dal punto di vista energetico e l'ammodernamento di quelli
esistenti, un utilizzo più efficiente dell'energia ma soprattutto accetta la
logica della riduzione delle emissioni di CO2, rifiutata in passato non
aderendo al Protocollo di Kyoto. Ecco dunque l'annunciato stimolo alla green
economy. In campagna elettorale Obama aveva promesso di tornare entro il 2020
allo stesso livello di emissioni del 1990, impegno già significativo
considerato che da allora le emissioni americane sono cresciute di circa il
13%. La proposta di legge fissa però un taglio maggiore delle emissioni,
portandole nel 2020 sotto il 7% rispetto al valore del 1990 che, considerando i
valori attuali, significa una riduzione netta del 20%. Definire gli impegni Usa di riduzione delle emissioni di gas di serra è anche il
primo passo per entrare a far parte del «mercato della CO2», già avviato in Europa:
si tratta dello scambio di quote di emissioni ammesse tra i paesi
industrializzati legati dal Protocollo di Kyoto, un meccanismo simile a una
borsa, da cui il mondo imprenditoriale americano non vuole restare escluso. La
bozza americana di nuova politica energetica e impegni al taglio delle
emissioni è stata accolta in modo molto favorevole, ieri, dall'Unione europea,
per bocca del suo commissario all'ambiente Stavros Dimas, oltre che da dalle
ong ambientaliste qui presenti. Anche Cina e India hanno manifestato
apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi industrializzati, Usa in testa, devono impegnarsi a
tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno del 40%» rispetto al livello
del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto finora accettato. Ma
questa è appunto la posta in gioco dei negoziati in vista del vertice di
dicembre. Ed è su questo processo negoziale che gli Usa
vogliono riprendere una leadership, per sbloccare la situazione attualmente di
stallo e arrivare a definire un quadro di impegni post-Kyoto (il trattato che
definisce impegni dei paesi industrializzati fino al 2012). Va in questo senso
la proposta lanciata da Obama alla vigilia della conferenza di Bonn, di un
incontro tra i principali paesi emettitori di gas serra, il 27 e 28 aprile a
Washington. Anche il predecessore Bush aveva convocato un minivertice sul
clima, nel 2007: la differenza è che Obama non lo intende come un tavolo
alternativo che delegittima l'Onu, bensì come un ambito di negoziazione ristretto
ma funzionale all'accordo di Copenhagen. Ne consegue anche la richiesta
all'Italia di dare spazio, in coda al G8 di luglio, a ulteriori due giorni di
lavoro sul clima. Invito che Silvio Berlusconi è stato costretto ad accettare,
nonostante i cambiamenti climatici non siano certo una priorità del governo
italiano: non si spiegherebbe altrimenti la mozione recentemente presentata al
Senato che mette in discussione l'esistenza stessa dei cambiamenti climatici e
le connesse responsabilità umane, con un testo che mostra ampia ignoranza
scientifica e arriva a ipotizzare addirittura che in un pianeta più caldo i
benefici per l'ambiente e l'uomo sarebbero maggiori dei danni.
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
CINA
E INDIA Non basta, bisogna tagliare il 40% Che gli Usa di Obama
rientrino nel «mondo di Kyoto» (cioè quello dei gas serra da limitare) da cui
gli Usa di Bush erano usciti, secondo i paesi più poveri è cosa
buona ma non abbastanza. Cina e India,
capofila delle cosiddette nazioni in via di sviluppo, al vertice Onu sui cambiamenti
climatici in corso a Bonn chiedono alle nazioni più ricche - e più inquinanti -
un taglio «di almeno il 40%» delle loro emissioni. «Riteniamo che entro il 2020
- ha detto il delegato cinese al vertice in corso a Bonn - le nazioni
sviluppate dovrebbero ridurre le loro emissioni di almeno il 40% rispetto al
livello del 1990». Sono 175 le nazioni che a Bonn si confrontano su come
affrontare i cambiamenti climatici. Al loro interno si è formato un gruppo di
pressione particolare, che chiede tagli massicci dei gas serra: si tratta delle
nazioni formate da isole o arcipelaghi, come l'Islanda, che più di altre
rischiano di ritrovarsi sommerse se il cambio climatico dovesse innalzare il
livello dei mari. «Abbiamo un grande appoggio per il taglio del 40%», ha detto
il delegato della Norvegia, parte delle cui coste rischia di ritrovarsi
sott'acqua.
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
1.100 dollari nelle
tasche del Fondo monetario internazionale e delle altre istituzioni
finanziarie. Una lista nera dei paradisi fiscali. Le divisioni tra i «grandi»
alla fine trovano un compromesso Trasfusione in dollari Antonio Sciotto INVIATO
A LONDRA INVIATO A LONDRA Un trilione di dollari per sostenere l'economia
globale contro la crisi, nuove regole per il controllo della finanza, la messa
al bando dei paradisi fiscali. Il G20 di Londra, trova un compromesso tra le
divisioni che separano i «grandi» della terra e annuncia un pacchetto
d'interventi che accontenta tutti, almeno apparentemente. «Nasce un nuovo
ordine mondiale», ha detto un po' troppo enfaticamente il premier inglese
Gordon Brown presentando il documento finale. Ma è soprattutto sul rapporto con
le banche, l'eccessiva sregolatezza dei prodotti finanziari, il far west dei
paradisi fiscali, la crisi sembra aver lasciato il segno imponendo al vertice
un accordo che perlomeno offra un po' di risorse e un minimo di regole a
un'economia struttaralmente malata. Dall'interno degli smisurati hangar dei
Docks, dove si teneva il vertice, nulla si sentiva delle proteste e degli
scontri che si sono svolti fuori, soprattutto alla vigilia del summit:
giornalisti e politici sono stati rinchiusi in un enorme cordone di sicurezza,
strade svuotate intorno brulicanti di poliziotti dalla tipica divisa giallo
fosforescente. Si è innanzitutto deciso di aggiungere 1100 miliardi di dollari
(1,1 trilioni) ai 5 mila già stanziati finora dagli stati (sotto forma di stimolo
fiscale) con i loro piani anti-crisi. Questi soldi verranno dati in gran parte
al Fondo monetario internazionale, che acquista 500 miliardi freschi da sommare
ai 250 già a sua disposizione (salendo così a complessivi 750); inoltre, sono
accordati ulteriori diritti di prelievo per 250 miliardi di dollari. Ancora,
vengono stanziati 250 miliardi di dollari per sostenere il commercio
internazionale, tutelando così il «libero mercato» dal protezionismo. Infine,
altri 100 miliardi vengono messi a disposizione delle banche internazionali per
lo sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai paesi più poveri). Il G20 ha
puntato anche sul rafforzamento della regolazione e supervisione della finanza,
così come avevano chiesto soprattutto Francia e Germania, minacciando di uscire
se non si fossero avuti già a questo vertice risultati concreti. Si è deciso
così di creare il Financial Stability Board, che avrà il preciso mandato di
vigilare - in collegamento con il Fondo monetario internazionale - sui rischi
che potrebbero venire dal mondo della finanza: includerà i paesi del G20, i
membri del Financial Stability Forum (l'istituto oggi guidato da Mario Draghi),
la Spagna e la Commissione europea. Il documento finale insiste molto sulla
«regolazione e la supervisione che verrà estesa a tutte le istituzioni
finanziarie, strumenti e mercati, inclusi gli hedge funds», strumenti, questi
ultimi, finora sottratti a qualsiasi controllo. Ancora, si estenderà «la
supervisione regolatoria e la registrazione alle agenzie di rating, per
prevenire inaccettabili conflitti di interesse». Sul fronte bonus dei manager -
punto caro al presidente francese Nicolas Sarkozy, anche per le recenti
tensioni sociali nel suo paese e gli assalti ai ricchi - si è deciso che «si
appoggeranno e implementeranno i nuovi principi stabiliti dal Financial
stability Forum sulle retribuzioni e i compensi, per avere un sistema
sostenibile e di responsabilità delle imprese». Nel pomeriggio, il presidente
del Forum Draghi, aveva infatti preannunciato «un grande cambiamento»,
presentando le nuove linee di remunerazione del Fsf, sostenendo che occorre
allineare gli incentivi ai manager con la redditività a lungo termine delle
società finanziarie. Draghi ha poi spiegato che «sarà compito delle autorità
nazionali stabilire che i comportamenti nelle retribuzioni siano ispirati ai
principi generali del Financial Stability Forum». Anche il tema dei paradisi
fiscali aveva molto diviso: Francia e Germania volevano la totale messa al
bando, mentre paesi come la Cina frenavano (proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate
di poca trasparenza). Si è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario
è finita» e che si metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano
le regole». Non è stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi,
ma si è rimandato per il momento a quella stilata dall'Ocse (e che avrebbero
dovuto distribuire ieri sera, subito dopo la conclusione del G20). Sarkozy ha
spiegato che l'accordo «è andato oltre quanto sperato» e si è detto
soddisfatto, insistendo però sull'opportunità di non demordere su questo
terreno, già a partire dal prossimo G20 finanziario. Subito dopo, scendendo nei
dettagli, il presidente francese ha spiegato che in realtà si può dire che
esistono «tre liste», una bianca, una grigia e una nera: «La lista bianca
comprende paesi come la Francia che rispettano le regole del forum globale
dell'Ocse. La Svizzera è nella lista grigia perché ha annunciato un processo
che se sarà portato a termine la porterà nella lista bianca. Nel caso contrario
- ha aggiunto - scenderà nella lista nera». Il G20 si è poi pronunciato
esplicitamente contro il protezionismo, la vera bestia nera da tutti temuta:
«Il calo della domanda è esacerbato dalle crescenti pressioni protezionistiche»;
così, «rinvigorire il commercio globale e gli investimenti è essenziale per
rilanciare la crescita». Come già detto, vengono stanziati 250 miliardi di
dollari in due anni a sostegno del commercio mondiale, e inoltre viene
rilanciata l'opportunità di porre le basi - già dal prossimo G8 della Maddalena
- per riprendere e concludere entro l'anno il Doha Round, quel complesso di
riforme che dovrebbe cambiare volto al global trade e che è arenato da tempo.
Come Sarkozy, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di un
«compromesso storico». E il presidente Usa Barack
Obama, in conclusione, ha detto che si sono decise «misure coordinate senza
precedenti». Tra le «chicche» folcloristiche del vertice, l'abbraccio fuori
protocollo tra Michelle Obama e la regina Elisabetta, e il «siparietto» di
Berlusconi che dopo la foto di rito urla «Mister Obamaaa», rivolto al
presidente Usa, prendendosi i rimbrotti della stessa
regina: «Ma perché urla?».
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
FIRENZE VERSO LE
ELEZIONI MOSSE E MOSSETTE La pur diffusa sinistra fi orentina extra Pd e
alleati va avanti in ordine sparso. E giorno dopo giorno appare sempre più
chiara la reiterata volontà politica di molti attori di non arretrare di un
passo in favore di una credibile coalizione, con un chiaro, popolare e
intelligente programma di governo per la città. Le ultime notizie raccontano
che il Pdci fi orentino, all'unanimità, ha approvato un documento in cui chiede
a Rifondazione una lista comune nel segno dell "unità dei comunisti",
e un candidato sindaco o presidente provinciale targato Pdci. Secca la risposta
di Anna Nocentini, che a Novaradio ha spiegato che l'ultimo congresso nazionale
di Rifondazione ha deciso cose ben diverse. Intanto da Bruxelles un altro
candidato solo al comando come Valdo Spini fa sapere di aver partecipato al
"Global progressive forum" dedicato al tema "La nuova globalizzazione per il cambiamento in senso
progressista". Con Spini anche Bill Clinton, il presidente del Partito
socialista europeo Poul Nyrup Rasmussen, il presidente del Gpf e futuro
presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze, Josep Borrell, e il
presidente del gruppo socialista al parlamento europeo Martin Schultz.
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi dal nostro inviato MARCO CONTI LONDRA - «Sapremo se abbiamo
lavorato bene soltanto tra anni», ma sono convinto che «le medicine usate siano
quelle giuste». Barack Obama è un fiume di parole quando racconta, al termine
della quarantott'ore londinese, i risultati del vertice. Sarà quel pizzico di
euforia dovuto allo scampato fallimento, o la consapevolezza di aver ottenuto
il massimo dall'estenuante trattativa con Francia e Germania, a rendere Obama
disponibile all'autocritica. «Negli incontri con gli altri leader del G20 ho
riconosciuto che parte del contagio della crisi è effettivamente partito da
Wall Street». «Difficile negare - ha aggiunto il presidente americano - che
diverse nostre società abbiano assunto rischi ingiustificati e inimmaginabili
mentre le autorità di vigilanza dormivano. Questo ha trascinato il nostro Paese
nella crisi e da lì ha contagiato tutte le altre economie». Parte da qui
l'analisi del nuovo inquilino della Casa Bianca per sostenere anche in patria
la necessità di una lotta ai paradisi fiscali e di regole più stringenti per
agenzie di rating e fondi speculativi. Si tratta per Obama di «misure più
coraggiose e veloci di quelle che abbiamo mai visto in passato in occasione di
altre crisi finanziarie», in grado quindi di «riportare fiducia, salvare posti
di lavoro e portare crescita». L'amministrazione Usa
spunta la corposa dotazione che viene assegnata al Fondo Monetario
Internazionale e ad altre istituzioni finanziarie internazionali, in grado di
rilanciare l'economia mondiale. Il tentativo è quasi disperato se non fosse per
l'entità dell'intervento che spinge il presidente americano a definire il G20
di Londra, «storico» e «con decisioni della portata senza precedenti per far
ripartire l'economia». E'evidente che Obama, per salvare la finanza americana,
ha dovuto cedere qualcosa all'inedito asse franco-tedesco, e non ne fa mistero
quando spiega che «dobbiamo imparare ad essere anche umili. Imparare a forgiare
un consenso, anzichè cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo
ammettere di non avere sempre la risposta giusta». Se il primo ministro inglese
Brown, definisce quello uscito da Londra, «un nuovo ordine mondiale», Obama
ammette che l'America «non può agire da sola» per difendere quel mercato libero
che è alla base del suo stesso assetto sociale. Per Obama non si può parlare di
una nuova Bretton Woods, perchè sono finiti i tempi quando due leader «sorseggiando
brandy in una stanza» potevano imporre le loro regole al resto del mondo.
Adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi,
come Cina e India, che
rappresentano miliardi di persone». A spingere all'intesa ha comunque
contribuito l'umore dell'opinione pubblica mondiale, sempre meno propensa ad
accettare misure che salvano finanzieri dalle retribuzioni plurimilionarie. E'
per questo che Obama considera le concessioni fatte necessarie per chiudere il
summit con quella dimostrazione di unità e di consenso indispensabile
per far scattare la ripresa economica, restituendo fiducia ai mercati, agli
investitori e, soprattutto, alla pubblica opinione.
( da "Gazzetta di Parma (abbonati)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRIMO PIANO
03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA
RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille
miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei
paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di
dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali:
questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato
oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai
cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille
e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo
monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in
difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare
all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi
più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari
stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del
G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della
crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento
conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del
4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la
montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che
rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più
robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già
previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta
dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del
vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove
regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia
a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i
paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e
riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del
vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel
documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di
diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali
redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20
mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a
non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie
di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure
che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A
partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto
da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un
mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20,
la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus
sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una
regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in
primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una
armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle
banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di
rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza
precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano
Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato
anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta
Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah.
( da "Adige, L'" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sino a lunedì 6
aprile presenti ben 4.200 espositori alla 43ª edizione del salone I migliori
vini del mondo nella rassegna di Verona La più grande rassegna internazionale
dedicata al mondo del vino. Con 91 mila metri quadrati di superficie espositiva
netta e più di 4.200 espositori, molti dei quali stranieri provenienti da
quattro continenti, si tiene in questo fine settimana la 43^ edizione di
Vinitaly, il più importante Salone internazionale dei vini e distillati. Sono
presenti ben 150 mila operatori, dei quali circa un terzo provenienti da un
centinaio di Paesi. In contemporanea si svolgono anche Sol, Agrifood Club ed
Enolitech: una sinergia tra le principali manifestazioni di settore che si sta
dimostrando vincente per la promozione a 360° del migliore Made in Italy
enogastronomico e delle più innovative tecnologie di produzione del vino.
L'edizione 2009 conferma l'interesse dei buyer per Vinitaly, con un aumento del
50% delle pre-registrazioni dall'estero, ma anche del 20% degli operatori
specializzati italiani . Già prevista la presenza di forti delegazioni
provenienti da molti Paesi europei a noi più vicini, ma anche da India,
Australia, Sud Africa, Israele, Turchia, Usa, Canada, Russia, Lituania, Estonia, Repubblica Ceca, Cina, Giappone, Singapore, Malesia, e
America Latina. Sono disposti a rinunciare all'automobile nuova, ai viaggi
all'estero, al cinema e al teatro, agli accessori griffati: ma non chiedete
agli amanti del buon bere di rinunciare ogni tanto ad una buona bottiglia di
vino. In tempo di crisi gli italiani tagliano su molte spese superflue,
ma il vino resta un "piccolo piacere" accessibile a tutti, per
gratificarsi e coccolarsi senza troppi sensi di colpa: una tendenza registrata
da Vinitaly, a Verona sino a lunedì 6 aprile, l'evento di riferimento
dell'enologia italiana. La crisi sta producendo un significativo mutamento
nello stile dei consumi, e se a farne le spese sono soprattutto i beni
voluttuari, il vino, anche per il suo prezzo relativamente basso, rimane una
delle gratificazioni alla portata di tutte le tasche. Si fa strada il
"wine sharing", ovvero la condivisione del vino: una bottiglia di
qualità, se bevuta a casa, senza il ricarico praticato dal ristorante, e
acquistata collettivamente da un gruppo di amici, rappresenta uno "sgarro"
ancora praticabile. Preoccupati per la crisi economica, stressati dal lavoro,
stanchi per le frenetiche attività quotidiane, gli italiani si rilassano nel
privato: risparmiano su svaghi e uscite, e si concentrano sulla dimensione
intima della famiglia e delle amicizie. Fanno attenzione a quello che mettono
in tavola, vanno a fare la spesa con più oculatezza, e magari non bevono vino
tutti i giorni: ma quando lo fanno, preferiscono trattarsi bene e scegliere
etichette di qualità: non necessariamente vini griffati o iper-costosi, ma
comunque sempre di buon livello qualitativo. Teroldego (Trentino), Marzemino
(Trentino) e Lagrein (Triveneto) sono nell'ordine i vini più venduti nella
Grande Distribuzione in Trentino. Il Muller Thurgau si piazza al 9° posto nella
classifica dei vini più venduti nella Gdo a livello nazionale; il Traminer, è
terzo nella classifica dei vini che registrano un maggior tasso di crescita,
con il più 22,6% del valore. 03/04/2009
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina XVII -
Firenze Le parole del moderno raccolte da Marramao Mondializzati e globalizzati
Due termini simili con implicazioni molto diverse: il mercato è unico gli Stati
divisi ANNA BENEDETTI Dal libro ho scelto le righe riguardanti la postmodernità
e la modernità-mondo(pagg. 27-29). Mondializzazione è termine sovraccarico
delle implicazioni simboliche, ancor prima che semantiche, del latino mundus:
con il suo inevitabile rinvio all´idea di «mondanizzazione», dunque di
«secolarizzazione». (...) Globalizzazione reca invece in sé l´idea della compiutezza spaziale di questo
processo, l´idea di un mondo divenuto globo finalmente circumnavigabile (...)
La globalizzazione non è solo conseguenza ma presupposto della modernità.
Sostenere ciò, sia ben chiaro, non significa affermare che non si diano o non
si possano verificare dei punti di rottura. Vuol dire soltanto che,
proprio per afferrare gli effettivi aspetti di novità dell´odierno spazio
globale, è necessario considerarlo in stretto rapporto con il processo moderno
di secolarizzazione: la cui dinamica da endogena, ossia interna ai paesi
sviluppati dell´Occidente di matrice giudaico-cristiana, è divenuta esogena.
Fino ad investire le realtà socioculturali e le esperienze religiose più
remote. In questo senso la globalizzazione sembra segnare un problematico e
accidentato transito dalla modernità-nazione alla modernità-mondo. Un transito
niente affatto pacifico, la cui posta in gioco viene delineandosi tra i due
princìpi strutturali antitetici: il principio di «mondialità» (costitutivo
della forma-Mercato) e il principio di «territorialità» (costitutivo della
forma-Stato).
( da "marketpress.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Venerdì 03 Aprile
2009 PROTEZIONE CIVILE, TORNA "NOI PER VOI", CONTRO GLI INCENDI
BOSCHIVI E IN DIFESA DEL TERRITORIO, DOPPIO APPUNTAMENTO SABATO A GENOVA E ALLA
SPEZIA IN SENSIBILE CALO NEL 2008 I ROGHI, GRAZIE ALLA PREVENZIONE Una giornata
dedicata alla salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio
colpito dagli incendi e dai dissesti idrogeologici, sabato 4 aprile a Genova e
alla Spezia. E´ la quarta edizione l´iniziativa "Noi per Voi"
promossa dalla Regione Liguria, Assessorato all´Agricoltura
e alla Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata
nei due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari
della Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai
Vigili del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del
patrimonio boschivo e del territorio. A Genova la manifestazione si
aprirà alle
( da "Secolo XIX, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Al G20 un
compromessoche non cancella i rischi giulio ercolessi Come qualche volta
capita, questa volta sono forse i più pessimisti a vedere il bicchiere mezzo
pieno, dato che se lo aspettavano completamente vuoto, e i pochi ottimisti a
vederlo mezzo vuoto, se avevano nutrito aspettative troppo ambiziose. In
prospettiva, quel che è forse più significativo è proprio che, in questo 2009,
la sede più adeguata ad assumere decisioni rilevanti per il futuro del mondo
sia stata individuata nel G20. Del tutto impotenti di fronte alle dimensioni
della crisi, le istituzioni dell'economia globale create nel
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 6 - Esteri La
contraddizione L´accusa Noreena Hertz, direttrice della Business School di
Cambridge "Dieci anni fa a Seattle avevamo previsto tutto" è
incredibile che gli stessi Paesi che hanno prodotto il disastro economico si
candidino ora a gestire la crisi Quando chiedevamo controlli sui mercati ci
chiamavano estremisti Oggi lo dicono anche Brown o Sarkozy ANAIS GINORI «A
Seattle e Genova, quando chiedevamo maggiore controllo sui mercati finanziari,
venivamo additati come pericolosi estremisti. Al G20 di Londra Gordon Brown o
Nicolas Sarkozy lo dicono e sembrano affermazioni di semplice buon senso».
L´economista inglese Noreena Hertz, 41 anni, è direttrice della Business School
dell´università di Cambridge. Ha partecipato al movimento no-global sin dalla
sua nascita, e ne è stata una convinta teorica. Qualcuno l´ha battezzata
"Naomi Klein europea" per via del successo dei suoi due libri
("La conquista silenziosa" e "Un pianeta in debito",
pubblicato da Ponte alle Grazie). «Il G20 - commenta al
telefono - ha finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon
segnale». Cos´è la sua, una rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo
previsto il Big Bang al quale siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la
globalizzazione del Wto erano del 1999. Quelle di Genova del 2001.
Nessuno ci ha voluto ascoltare. Ed eccoci qui con una delle peggiori crisi
finanziarie ed economiche che si ricordino nell´epoca contemporanea». Cos´è
successo durante le proteste alla City, nel quale è morto un uomo? «Ho visto
gli scontri alla tv. Non li considero rappresentativi del movimento di protesta
generale. Per ogni persona che lanciava un sasso contro una vetrina c´erano
dieci fotografi. I media si sono interessate molto meno alle trentacinque mila
persone che hanno manifestato sabato nelle vie di Londra, senza provocare
scontri né incidenti». Le proteste aumenteranno ancora? «Chi scende in strada
oggi non deve più contestare un sistema ormai al collasso. Lo fa per necessità
e per chiedere urgenti rimedi. E´ evidente che ci saranno sempre più segni di
rivolta sociale, non soltanto in Europa. Il tempo stringe. Abbiamo bisogno di
sentire altre parole nuove».
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il G20 di Obama: un
punto di svolta per fronteggiare la crisi 03-04-2009 LONDRA. "Abbiamo
imparato le lezioni della Storia". Il presidente americano Barack Obama ha
definito ieri "un punto di svolta" le decisioni prese a Londra dai leader
del G20 per fronteggiare la crisi economica mondiale. Decisioni che comprendono
lo stanziamento di oltre mille miliardi di dollari all'FMI e ad altre
istituzioni finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a
stimolare la ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i
controlli sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina
giusta al paziente malato - ha detto Obama in una conferenza stampa, alla
conclusione del suo primo vertice internazionale -. Abbiamo stabilizzato il
paziente. Ma le ferite restano e nuove crisi potrebbero manifestarsi".
Obama ha ammesso che l'America non ha ottenuto tutto ciò che desiderava e che
ha dovuto accettare anche soluzioni di compromesso. Ma il presidente americano
ha inquadrato queste concessioni nella sua concezione della politica americana:
"Dobbiamo imparare ad essere anche umili - ha detto -. Dobbiamo imparare a
forgiare un consenso, anziché cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo
ammettere di non avere sempre la risposta giusta. Sono venuto qui a Londra per
ascoltare ed imparare. E fornire la leadership americana, che deve essere
basata sull'esempio e sulla capacità di saper ascoltare quello che gli altri
esprimono". E'un atteggiamento, ha lasciato intendere Obama, che è perfettamente
in linea con la sua filosofia politica, come lo è con il suo intento dichiarato
di ripristinare il prestigio americano nel mondo. Il presidente Usa ha ammesso che la situazione non è ideale: la
responsabilità per l'inizio della crisi viene attribuita all'America, rea di
avere contagiato con il "virus" il resto del mondo. Obama ha ammesso
che durante le discussioni del vertice altri leaders (ma non ha fatto nomi)
hanno sottolineato in diverse occasioni che la crisi "é iniziata in America"
oppure che "é iniziata a Wall Street". Una responsabilità, dovuta
alla mancanza di meccanismi di controllo adeguati, che l'inquilino della Casa
Bianca non ha negato. Anche il suo alleato più forte, il premier britannico
Gordon Brown, padrone di casa e grande burattinaio del vertice, ha parlato di
nuovo ordine economico mondiale. Un ordine dove l'egemonia americana è
minacciata da numerosi fattori. Come è minacciato lo stesso modello di mercato
libero di cui l'America era sempre stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni
che Francia e Germania, dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre
invece nel documento finale, soprattutto per quanto riguarda la guerra ai
paradisi fiscali ed il controllo dei fondi speculativi. Obama ha definito
"senza precedenti" le misure approvate dal G20. Le concessioni fatte
hanno consentito di chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di
consenso che il presidente Usa giudicava
indispensabile per far scattare la ripresa economica, restituendo come prima
mossa fiducia ai mercati, agli investitori e alla pubblica opinione. Il
documento finale "riflette la gamma delle nostre priorità" con una
azione "forte e coordinata" per stimolare la crescita ed una azione
"altrettanto coordinata" sulle regole. "Nella vita e in economia
non ci sono garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo adottato erano
necessarie per evitare di scivolare nella depressione. Resta da vedere se
saranno sufficienti". "L'America non può agire da sola - ha detto
Obama durante la conferenza stampa -. La sua efficacia sarebbe ridotta a metà e
ancora a meno". Alla domanda se il G20 di Londra possa essere considerato
una nuova Bretton Woods, per le sue implicazioni future, Obama ha risposto che
sono finiti i tempi quando due leader "sorseggiando brandy in una
stanza" potevano imporre le loro regole al resto del mondo. Adesso la
realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di
nuovi paesi, come Cina e
India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di Obama,
in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla fine
della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un
caloroso applauso dalla platea dei media internazionali. Un evento
veramente insolito ad un vertice di questo tipo.
( da "Dagospia.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
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articolo --> G20! Laccordo vale un trilione di dollari,
prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto Fmi - e la regina
sgrida lurlatore Berlusconi - Brunetta alle statali: no allo shopping - I
musei vaticani apriranno anche di notte... Da Il Velino.it berlusconi CORRIERE DELLA SERA - In
apertura il G20 a Londra: "Accordo tra i Grandi contro la crisi".
Editoriale di Franco Venturini: "Una buona partenza". Di spalla:
"La Fiat vola in Borsa: su del 27 per cento.". Al centro: "Fini
e lo stop alla legge 40: resa giustizia alle donne". In taglio basso in un
riquadro Brunetta e le statali: "Basta shopping durante il lavoro". A
fondo pagina: "Il Parlamento degli assistenti in nero'".
LA REPUBBLICA - In apertura: "Mille miliardi contro la crisi". Di
spalla: "Una
piccola Bretton Woods". A centro pagina: "Fini: la Consulta ha difeso
le donne". In basso: "Mai più internet ai pirati del web". LA
STAMPA - In apertura: "Contro la crisi 1100 miliardi". Editoriale di
Vittorio Emanuele Parsi: "Dollari e regole". Di spalla, di Barbara
Spinelli: "Enzo Bianchi fenomeno cristiano". Al centro:
"Eutanasia per amore". A fondo pagina il "Buongiorno" di
Massimo Gramellini: "Urlatori d'Italia". BERLUSCONI IL GIORNALE - In
apertura: "Come acquistare un'auto pagandola meno di un motorino".
Fotonotizia a centro pagina: "Crisi, che cosa hanno deciso i grandi".
A fondo pagina: "E tu come li ammazzi? In tv lo show dei boia". IL
MESSAGGERO - Editoriale di Paolo Savona: "Il primo grande accordo
globale". In apertura: "G20, maxi-aiuti e nuove regole" e in un
box: "Il Cavaliere punta a un G8 sociale". Al centro in un riquadro:
"Fecondazione, Fini: giustizia per le donne. Casini: il voto del
Parlamento va rispettato". Ancora in un riquadro con foto-notizia: "I
musei vaticani apriranno anche di notte. Wojtyla, folla di fedeli". In
basso: "Brunetta alle statali: no allo shopping". IL TEMPO - Editoriale di Carlo Felanda: "L'asse vincente è Usa-Cina". In apertura: "Il mondo sulle spalle di Obama".
A centro pagina: "Brunetta: niente spesa durante il lavoro" e a fondo
pagina: "Meno merende più coccole contro l'obesità infantile".
BERLUSCONI LIBERO - In apertura, sul vertice G20: "Alé, si stampano
soldi". Subito sotto il Dibattito: "Senza etica che razza di
Stato sarà", di Marcello Veneziani e "Va bene l'etica ma fino a un
certo punto", di Vittorio Feltri". Al centro con foto-notizia:
"Brunetta vieta lo shopping alle statali". A fondo pagina rivelazioni
sul delitto Garlasco: "Quei siti porno che Chiara consultava..."
L'UNITÀ - Apertura a tutta pagina: "Figli a carico". Di spalla:
"Intesa al G20 e la regina sgrida Berlusconi" e "Via alle
diagnosi pre-impianto. Pronti i ricorsi per danni morali". IL FOGLIO - In
apertura: "Il G20 Consensus". Subito sotto "L'accordo vale un
trilione di dollari, prevede regole, liste nere per i paradisi fiscali e molto
Fmi" e "La Banca mondiale dice che il protezionismo è già un fatto.
Una clausola americana conferma". Di spalla: "Fini fa le bizze
bioetiche ma intanto aiuta il Cav. a non litigare con Bossi". In basso:
"La Consulta crea lo stato etico". [03-04-2009]
BERLUSCONIBERLUSCONIobama silvio medvedevBERLUSCONI
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST -
Iran, ChÁvez cerca fondi e decreta la fine del mondo unipolare Roma, 3 apr
(Velino/Velino Latam) - Antiamericanismo, petrolio e una “architettura
finanziaria” alternativa. Sono questi gli ingredienti della relazione
Iran-Venezuela, esibiti nuovamente nel corso della settima visita di Hugo
ChÁvez a Teheran. Il leader bolivariano ha inserito lincontro
con il collega Mahmoud
Ahmadinejad tra la partecipazione al vertice dei paesi arabi e sudamericani di
Doha, la visita lampo in Cina e la missione in
Giappone. Proprio nelle ore in cui a Londra si decideva come raddrizzare le
sorti delleconomia mondiale. “Il mondo unipolare è finito”, ha detto
ChÁvez nella conferenza stampa di rito, aggiungendo che “le relazioni tra Iran
e Venezuela sono
sfociate in un fronte rivoluzionario comune”. Al di là dei proclami, il
risultato più tangibile dellincontro è lannunciata
costituzione del fondo binazionale di investimento: 200 milioni di dollari,
diviso a metà tra le parti, come base per uno strumento che a regime dovrà contare 1
miliardo e 200 milioni. Il fondo servirà innanzitutto a finanziarie raffinerie
a capitale misto da tempo nei progetti di Caracas e Teheran. Ma con la missione
iraniana, oltre ad esibire al mondo le “eccellenti relazioni” condite dallavversione
“allimpero” degli
Usa, ChÁvez continua nella ricerca di finanziamenti
per rilanciare e portare avanti il piano energetico. Prima che il capo di Stato
lasciasse Caracas, il ministro del Petrolio Rafael RamÍrez ha parlato della
necessità di raccogliere dodici miliardi di dollari per sviluppare il settore
del gas e di altri sei miliardi da investire nei giacimenti petroliferi della
Faglia dellOrinoco. Il Venezuela ha dovuto rivedere parte del suo bilancio
proprio a causa del calo del prezzo del greggio, principale fonte di guadagno per le casse dello
Stato. Il governo è dovuto intervenire con alcune misure di correzione delleconomia
interna: pur alzando il salario minimo ha disposto laumento di tre punti
percentuali dellIva, dal (9 al 12 per cento). Inoltre, ha iniziato unazione
di pressing sulle industrie, soprattutto quelle che producono beni considerati
primari, per verificare la rispondenza alle leggi del mercato interno. Il
governo di Caracas è infatti convinto che buona parte dellinflazione, che
rimane alta, sia dovuto al fatto che le ditte eludono con artifici commerciali
i prezzi standard fissati dal governo. Laltra scommessa del leader
bolivariano è quella di una nuova divisa - la “petromoneta”, che certifichi ad
un tempo la
possibilità di agganciare “leconomia alla produzione” e,
bocciando il dollaro, il “fallimento” delle politiche finanziare degli Stati
Uniti. Una scommessa azzardata che trova comunque a Teheran, più che altrove,
terreno relativamente fertile: il governo iraniano ha già provveduto a cambiare parte delle riserve
in dollari con altre divise. è altrettanto vero che Pechino, come già fatto per
esempio da Argentina e Brasile, ha deciso di adottare monete diverse dal
dollaro per alcuni scambi commerciali bilaterali. (red/fae) 3 apr 2009 10:54
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del
S.America Roma, 3 apr (Velino/Velino Latam) - “Incertezza normativa in alcuni
settori chiave delleconomia”, “persistenza di fenomeni di corruzione pubblica e
privata”, “mancanza di finanziamenti a lunga scadenza”. Sono alcune delle
problematiche nel mercato finanziario argentino secondo la “Guida commerciale
2009 per le imprese statunitensi”, unanalisi messa a disposizione delle aziende
americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110
pagine del dossier si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di
vista economico - gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino
dopo Brasile e Cina -, e lapertura
di Buenos Aires agli investimenti stranieri. Allo stesso modo però il documento
segnala come lattrattiva rappresentata dal mercato argentino sia ridotta
dalle incertezze relative alle conseguenze del rallentamento delleconomia
del paese
latinoamericano e ai possibili interventi statali sul fronte fiscale e
normativo. Il Dipartimento di Stato americano sottolinea poi la preoccupazione
relativa ai tentativi di controllare i prezzi dei combustibili sul mercato
domestico messo in atto dal governo, che “danno priorità alla domanda del
mercato locale a prezzi inferiori a quelli internazionali, creando disincentivi
per le imprese intenzionate a investire nella ricerca di petrolio e gas”. La
conseguenza, secondo il documento, può essere la presenza di “investimenti
sufficienti” che può determinare “unofferta di energia
incapace di sostenere la crescita della domanda”. Le parole più dure nei
confronti del paese latinoamericano arrivano però sul fronte della corruzione
dei funzionari pubblici e
della frode nelle relazioni commerciali private, definite “un problema serio”
anche secondo gli indicatori della Banca mondiale e che determinano “molte
lamentele da parte degli imprenditori statunitensi”. Secondo lanalisi
del Dipartimento di Stato, inoltre, “un funzionamento inefficace del sistema giudiziario limita gli
effetti degli sforzi” fatti nella lotta alla corruzione. Il dossier contesta
anche la politica della Banca centrale che, negli ultimi anni, “ha mantenuto un
cambio competitivo e tassi di interesse negativi”, “contribuendo ad alzare il
livello di inflazione”. Proprio su questultimo aspetto il
documento evidenzia anche i dubbi e le polemiche relative ai dati forniti
dallIstituto nazionale di Statistica (Indec) oggetto di “un forte
dibattito sui media in
merito ai tassi dinflazione”. La pubblicazione dedicata
allArgentina segue di poche settimane quelle relative a Cile, Paraguay ed
Ecuador e, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due le preoccupazioni di
Washington sono ancora più evidenti. LEcuador viene definito un paese in cui
“fare affari può essere difficile”, a causa di un fortissimo problema di
corruzione, del duro colpo dato dalla crisi finanziaria internazionale, che ha
portato a limitazioni delle importazioni, e di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il
“nuovo” Paraguay di Fernando Lugo è contraddistinto da un “mercato nero” che
divora miliardi di dollari e “una corruzione che coinvolge settore pubblico e
settore privato”, mentre nelle grandi imprese nazionali delle telecomunicazioni
e dellenergia “vige il clientelismo”. Completamente differente lo
scenario in Cile, definita “una delle nazioni più stabili e prospere della
regione” nonostante la crisi finanziaria internazionale. Secondo il dossier del
Dipartimento di Stato
si tratta del “paese latinoamericano più competitivo”, grazie anche a “una
democrazia sviluppata”, “un alto prodotto interno pro capite” e “una stampa
libera”, oltre che “una delle economie più aperte del mondo” con oltre sessanta
partner internazionali. (Matteo Tagliapietra) 3 apr 2009 10:53
( da "Finanza.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Al vertice nasce il
G2. Fra America e Cina dialogo a tutto campo (2 Aprile
2009 - 07:52) MILANO (Finanza.com) - Da Il Corriere della Sera: "Quando
due persone si trovano sulla stessa barca devono remare assieme e di buona lena
per arrivare all'accordo". Hu Jintao ieri ha voluto salutare il presidente
degli Usa, Barack Obama, con una vecchia storiella
cinese. Pechino si mostra quindi pronta ad assumersi le responsabilità che
spettano a una grande potenza economica e politica. Obama e Hu Jintao hanno posto ieri le premesse per trasformare i contraddittori
rapporti tra Usa e Cina in una stabile alleanza strategica
dando di conseguenza una investitura ufficiale al "G2" nuovo asse che
potrebbe condizionare gli equilibri del pianeta. "Le due parti concordano
di lavorare assieme per costruire una positiva e cooperativa relazione globale
Stati Uniti-Cina per il
21esimo secolo, e di mantenere e rafforzare gli scambi a tutti i
livelli", recita un comunicato congiunto diffuso al termine dell'incontro.
(Riproduzione riservata)
( da "Gazzetta Dello Sport Online, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
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chiudi 03 aprile 2009 Cina, ecco il reality show che
mette in palio l'Nba Il 22 maggio, nel pieno dei playoff, scatterà su Shandong
Tv una sfida di abilità tra giocatori di almeno 18 anni provenienti da 64 città
cinesi. L'obiettivo? Diventare il nuovo Yao Ming o Yi Jianlian. Il vincitore
riceverà un pacchetto all-inclusive per gli States: viaggio, soggiorno e
possibilità di fare un provino con una squadra della D-League MILANO, 2 aprile
2009 - Giusto una cifra, senza la quale non si capirebbe il senso di questa
iniziativa. In Cina giocano a basket circa 300 milioni
di persone. Corrispondente all'intera popolazione degli Stati Uniti. Numeri
snocciolati dalla Nba , che nel Paese del Dragone sta per far partire un
reality show. Con l'obiettivo, chissà, di trovare il nuovo Yao Ming o Yi Jianlian.
OBIETTIVO D-LEAGUE - " Mengniu Nba Basketball Disciple " scatterà il
22 maggio su Shandong Tv. Quindi, nel pieno dei playoff. E durerà fino al 28
agosto. E' il sesto programma del genere che la Nba produce, ma per la prima
volta si sposta fuori dagli Stati Uniti. Come sarà questo show? Una sfida di
abilità tra giocatori di almeno 18 anni provenienti da 64 città cinesi. Ogni
volta verranno eliminati dei partecipanti, fino al vincitore, che riceverà un
pacchetto all-inclusive per gli States: viaggio, soggiorno e possibilità di
fare un provino con una squadra della D-League, la lega di sviluppo Nba.
Collaboratori di "Mengniu": ex giocatori, allenatori e scout. Tutti quanti si sposteranno in Cina. CRESCITA INARRESTABILE - Una Cina che, alla faccia della crisi economica negli States (di recente
la Nba ha licenziato il 9% dei dipendenti), è diventata il mercato più grande
della National Basketball Association. Con un tasso di crescita annuo del 40%.
Idem l'audience televisiva: gli spettatori dei 51 canali che trasmettono
partite Nba sono aumentati del 34%. Il traffico sul sito, in mandarino, della
Lega è schizzato a +50%. Per non parlare della spesa nei negozi di gadget e
abbigliamento: qui siamo a +70%. Piccola curiosità: le magliette di Yao Ming
sono solo al decimo posto nella classifica delle più vendute. Comandano, in
compenso, LeBron James e Kobe Bryant. COME NEGLI USA - Il governo di Pechino,
capito l'andazzo, ha già progettato di costruire campi da basket in 800mila
villaggi di campagna. Perché la passione, ormai, è diventata quasi sport
nazionale. E gli investitori abbondano: come Walt Disney, Espn sports unit,
Bank of China e China Merchant Group. Questi gruppi, più altre multinazionali,
hanno messo sul piatto 253 milioni di dollari. La Nba, quindi, si è ritrovata
in mano una miniera d'oro. "La nostra popolarità lì è al massimo storico -
ammette Heidi Uberroth, dirigente commerciale della lega -. In Cina l'attesa per i playoff è uguale a una qualsiasi città
degli Stati Uniti". Alessandro Ruta
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Speciale energia
Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la
rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le
migliori azioni per fare trading questa settimana!! riteniamo che anche
quest'anno non farà eccezione. "Una forte politica di supporto per
l'energia eolica continuerà a guidare in avanti la crescita nei nostri tre
principali mercati: Cina, Europa e Stati Uniti"
ha dichiarato il segretario generale del Global Wind Energy Council che ha
aggiunto: I governi di tutto il mondo stanno trasformando l'attuale crisi
in un'opportunità, ponendo l'energia eolica al centro della loro politica
economica di stimoli e
di ripresa. Questo creerà molte migliaia di nuovi posti di lavoro migliorando
la sicurezza energetica e aiutando la crisi climatica globale." La Cina: il
paese dove puntare per le maggiori crescite nell'energia eolica Negli ultimi
anni in particolare, due mercati hanno continuato a sovraperformare rispetto
alle più ottimistiche previsioni: gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e
forse in quello seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a
causa della crisi economica, prima che il pacchetto di stimoli
governativi abbia un maggiore impatto positivo sul mercato. Nello stesso tempo
però la Cina continuerà a crescere ad un ritmo
mozzafiato, segnando un sostanziale aumento delle installazioni di pale eoliche
per ognuno dei prossimi anni a venire. A queste ottimistiche dichiarazioni,
Arthouros Zevos, il presidente del convegno, ha aggiunto: "Naturalmente la
crisi finanziaria sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi
altro. Nello stesso tempo però le prospettive per lenergia
eolica sono molto più ricche. Tutti i fondamentali evidenziano che l'energia
eolica sarà sempre più preferita come la primaria fonte di energia alternativa
nei vari paesi. L'eolico è pulito, facile da sviluppare, potenzialmente in grado di creare molti posti di
lavoro, virtualmente non usa acqua ed è economicamente competitivo."
L'Europa segue pagina >>
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Speciale energia
Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la
rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le
migliori azioni per fare trading questa settimana!! crescite esponenziali dei
fatturati Anche considerando la maggiore volatilità delle aziende operanti nei
paesi emergenti, una società come questa non dovrebbe mancare in un portafoglio
mirato ad una esposizione su quei business dalle crescite più esplosive. Il settore eolico in Cina è sicuramente uno di questi. Il titolo presenta un rating di
STRONG BUY e va acquistato oggi in apertura di mercato Usa. Da parte nostra utilizzeremo i
recenti ricavi da dividendi per aumentare la quota di esposizione su questa
società. Non è escluso che anche nelle prossime settimane continueremo ad usare
questa tecnica, in una sorta di piano di accumulazione su questa nuova
realtà emergente sottovalutata. Paolo Crociato www.strategyinvestor.com
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Ue-Usa/ Il maggior movimento di scambi commerciali del mondo di
Apcom Domenia a Prata il priomo vertice con la nuova amministrazione
-->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - Considerando insieme beni e servizi Ue e
Stati Uniti rappresentano il più grande movimento di relazioni commerciali
bilaterali nel mondo. La notevole quantità di accordi bilaterali di commercio e
gli investimenti dimostra un elevato grado di interdipendenza tra le due
economie. In occasione del vertice Unione Europea-Stati Uniti d'America, che si
svolgerà domenica 5 aprile a Praga, Eurostat, l'Ufficio statistico delle
Comunità europee, snocciola una corposa messe di dati sul commercio e gli
investimenti tra gli Stati Uniti e l'Ue. L'Ue è in avanzo strutturale negli
scambi di merci con gli Stati Uniti. Questa eccedenza è aumentata costantemente
dai 32 miliardi di euro nel
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
MERCATO CREDITO: DA
BCE IN ARRIVO MISURE NON CONVENZIONALI di WSI Tra queste misure non è escluso
un allargamento ulteriore del collaterale ed un allungamento delle scadenze
delle operazioni di rifinanziamento... -->*Questo documento e' stato
preparato da MPS Capital Services ed e' rivolto esclusivamente ad investitori
istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi
dell'allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non
implicano responsabilita' alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non
svolge alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo
informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale
di WSI. . (WSI)- Tassi di interesse: in area Euro i tassi di mercato sono
saliti su tutta la curva dopo che la Bce a sorpresa ha ridotto i tassi di
interesse di soli 25 pb portandoli all1,25%. Trichet nella
conferenza stampa
successiva ha fatto intendere che non sono esclusi altri tagli dei tassi e che
in tal caso i tassi sui depositi non dovrebbero subire modifiche. In questultimo
caso è quindi lecito attendersi, qualora ci sia un ulteriore taglio, una
riduzione del
corridoio allo 0,75% che porterebbe il tasso sui prestiti all1,75%
e quello sui depositi rimarrebbe allo 0,25%. Il presidente ha inoltre affermato
che nella prossima riunione saranno rese note le nuove misure non convenzionali
che dovrebbero contribuire
a ristabilire la normalità sul mercato del credito. Tra queste misure non è
escluso un allargamento ulteriore del collaterale ed un allungamento delle
scadenze delle operazioni di rifinanziamento. Sopravvivere non e' sufficiente,
ci sono sempre grandi opportunita' di guadagno. Hai mai provato ad abbonarti a
INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER In merito allacquisto
di titoli corporate il vice presidente Papademos ha dichiarato che non era sua
intenzione preparare da subito il mercato verso una tale ipotesi. In base alle dichiarazioni
di Trichet sembra verosimile un taglio dei tassi da 25 pb nella riunione di
maggio ed il mantenimento di tale livello per il resto dellanno
a meno di dati macro fortemente negativi che potrebbero portare lIstituto
ad un ulteriore taglio da 25 pb. Negli Usa tassi di mercato in rialzo
sulla scia del forte rialzo dei mercati azionari, sostenuti dalle decisioni del
G-20 da un lato e dallaltro dallannuncio
dellapprovazione di nuove regole contabili. Il comunicato del G-
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
La Merkel ha parlato
di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno
salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di
infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi.
E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che,
come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a
disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: -
hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di
rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia
di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager
che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio
condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come
realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire
i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una
dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine
sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti
( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi:
l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione
che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in
cui i Paesi come Cina,
India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto
nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare
una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato
insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a
rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma
strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri
gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava
le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e
siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a
iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo,
nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma ,
cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che
il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel
tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo
ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il
tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale?
Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli
usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 2 ) » (1
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Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine
di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle
banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e
un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi
frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un
altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama
dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena
del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con
Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un
paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono
due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente
minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego
perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro
i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le
proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin
doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di
minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare
che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano
assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi
d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta
finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi
non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti
difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da
imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona
notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama,
spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie
nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti,
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2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar
09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo.
Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi
industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si
concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è
difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli
hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme
strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia
reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc.
Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come
ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire
l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità
statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i
salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno
l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E
per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della
stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da
Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno
annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più
importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata
manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco,
esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia
da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti
pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui
economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo
l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà
inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a
poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe
al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da
indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così
debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a
Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio
di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo
non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi
si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a
un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della
crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli
usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 )
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Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a
un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene.
E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di
riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira
e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi
meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista
(ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra,
dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della
finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi
esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito
perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare
una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come
già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi
pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An,
che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo
partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica,
programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere
un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e
sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel
medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica,
condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico,
democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce
la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia
e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa
affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la
sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa
Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea
che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è
dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la
distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come,
proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma,
pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un
liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla
via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che
i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra
domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria
finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di
bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi
contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri
che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono
all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate?
La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa
finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni,
accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse,
valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150
dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
( da "Avvenire" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
MONDO 03-04-2009
Corea, la Casa Bianca: pronti a risposta severa DA TOKYO I l lancio del
missile-satellite da parte della Corea del Nord sarebbe una violazione delle
risoluzioni Onu e farebbe scattare una risposta «unita e severa». È la
posizione degli Stati Uniti che il presidente americano Barack Obama ha
illustrato al suo omologo sudcoreano, Lee Myung-Bak, nel corso dell'incontro
bilaterale avuto a margine del G20 di Londra. Pyongyang non molla, va avanti e
minaccia rappresaglie contro Washington, Tokyo e Seul nel caso tentino di
intercettare quello che considera «una esplorazione pacifica dello spazio ».
Non a caso, schiera uno squadrone di caccia Mig
( da "Avvenire" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
ECONOMIA 03-04-2009
Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi Il compromesso dei Grandi
su regole e stimoli. Mille miliardi in più al Fondo monetario DI ELENA MOLINARI
L a Francia ottiene il giro di vite sui paradisi fiscali, sui quali aveva puntato
i piedi. Il Fondo Monetario vede triplicate le risorse a sua disposizione per
salvare i Paesi messi in ginocchio dalla crisi. E Usa
e Gran Bretagna portano a casa la conferma di uno stimolo fiscale da 5mila
miliardi di dollari entro la fine del
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
La Merkel ha parlato
di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno
salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di
infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi.
E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che,
come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a
disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: -
hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di
rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia
di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager
che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio
condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come
realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire
i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una
dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine
sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba
Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti
innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un
traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma
questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste
economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente
il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi
non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di
una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto
proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma
che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei
prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche
erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno
diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più
di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male.
L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla
crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei
mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia
sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare
l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi,
società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa,
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Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva,
la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei
vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le
immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i
disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto
marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig,
l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate,
possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai
media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn
si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media
europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e
abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di
sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una
notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio
negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato
senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo
al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè
denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di
cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La
stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo
considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il
livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo
occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione,
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per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a
Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma
questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni
probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un
impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro
i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel
cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in
discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più
importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un
pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via
del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama,
in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche
e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500
miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane
l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato
di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa.
Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha
vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama
non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla
necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza
della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio
generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa
ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare
i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al
75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio
confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su
altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa
Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei
marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i
governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da
abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul
passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di
Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo
non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi
si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a
un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della
crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli
usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 )
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Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a
un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene.
E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di
riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira
e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi
meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista
(ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un
centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo
stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti,
Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd,
che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha
saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post
comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di
appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia
e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà
riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai
militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta
sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc,
che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli
elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca
sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto
in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4
voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello
Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi
abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono
rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che
affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa
Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea
che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è
dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la
distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come,
proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma,
pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un
liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla
via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che
i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra
domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria
finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di
bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi
contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri
che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono
all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate?
La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa
finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni,
accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse,
valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150
dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
( da "Asca" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
UE: TOSCANA CAPOFILA
PROGETTO EUROPEO PER ECONOMIA DELLA CONOSCENZA (2) (ASCA) - Firenze, 3 apr -
''Siamo soddisfatti di questo riconoscimento dell'Unione Europea - ha
commentato l'assessore regionale all'innovazione Ambrogio Brenna -. Dimostra
come il lavoro della Regione Toscana sui temi dell'innovazione, della
conoscenza e dei saperi sia un lavoro ricco di idee, creativita', competenze e
capacita' di realizzazione. Ed e' anche grazie a questo riconoscimento che
District riparte. Abbiamo infatti una nuova proposta progettuale che
presenteremo sul bando Interreg IVC affinche' possano
essere approfondite ulteriormente le esperienze acquisite nei tre anni di
cooperazione. Un lavoro utile anche per condividere le migliori pratiche per
contrastare la deindustrializzazione causata dalla globalizzazione grazie ad un
modello di sviluppo fondato sulla conoscenza e l'innovazione tecnologica''.
afe/res/bra (Asca)
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
PRESS «Il 'G2' darà
il tono al resto del summit» ma.fo. «Benvenuti a Londra. Ora, che la battaglia
cominci». Così titolava ieri il quotidiano britannico The Guardian, e si
riferiva sia alla battaglia giovata all'interno del Excel («Corsa a salvare un
accordo, mentre Francia e Germania mettono delle "linee rosse"), sia
a quella per le strade («Il carnevale della coalizione arcobaleno diventa
cattivo»). Anche il Financial Times ieri usava l'occhiello «Linee di
battaglia», ma titolava: «I leaders sotto accusa per i titoli tossici». Sotto,
un'intervista al direttore del fondo monetario internazionale, Dominique
Strauss Kahn: i governanti mondiali devono affrontare la questione di fondo,
dice, cioè «ripulire i pordotti tossici che avvelenano il sistema bancario e
rischiano di prolungare la recessione mondiale». Ma questa è solo parte della
posta in gioco del G20. «La Cina arriva oggi come una
potenza mondiale - e noi dovremmo darle il benvenuto», titola (sempre sul
Guardian) un commento di Timothy Garton Ash da Pechino: «Oggi, 2 aprile 2009,
potrà essere ricordato come il giorno in cui, attaraverso il catalizzatore di
una crisi economica globale, la Cina emerge definitivamente come una potenza del 21esimo secolo».
Come non riconoscerlo? Il Financial Times relega in pagina interna la notizia
dell'incontro, mercoledì, tra il presidente Usa Barack Obama e il premier cinese Hu Jintao, ma ammette: «La Cina è pronta a prendere l'iniziativa
nell'economia mondiale», e: «Il G2 darà il tono al resto del summit».
Così anche The Independent: «Il vero summit è stato tra la Cina
e gli Stati uniti», titola un commento di Mahish McRae: «Il potere sta
scivolando dall'occidente all'Asia ancora più in fretta in conseguenza della
flessione globale» delle economie. Il New York Times ieri ignorava, nei suoi
titoli on-line, la frattura che si è profilata al G20 tra Francia e Germania da
un lato, Gran Bretagna e Stati uniti dall'altro. Apriva invece con il titolo:
«La Cina vuole essere il leader mondiale dell'auto
elettrica»; nel pezzo, da Pechino, si spiega che i dirigenti cinesi hanno
adottato un piano per fare del paese «il produttore leader di veicoli ibridi e
completamente elettrici entro tre anni». Nel corso della giornata i titoli sono
cambiati, per segnalare che «I cambiamenti nelle regole bancarie sollevano le
borse mondiali». «Obama disegna il panorama post-crisi», titolava ieri The
International Herald Tribune. Più ironico un titolo on-line dello spagnolo El
Pais: «Il G20 ridisegna il capitalismo in 7 ore».
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
CLIMA L'inviato Usa al vertice di Bonn: via il 20% delle emissioni «Un
taglio ai gas serra» Debutta Obama il verde Daniele Pernigotti BONN Lontano dal
G20 londinese, un altro evento multilaterale sta mettendo alla prova la nuova
amministrazione degli Stati uniti e le sue relazioni con le nazioni
«emergenti», Cina e India in testa. E' la conferenza
dei 175 paesi aderenti alla Convenzione delle Nazioni unite clima, riunita a
Bonn questa settimana per preparare il terreno al vertice che nel prossimo
dicembre, a Copenhagen, dovrebbe definire un accordo per il dopo-Kyoto, ovvero
che definisca impegno per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e
altri gas «di serra» da qui al 2020 - ovvero vada oltre l'orizzonte del
trattato che prende il nome dalla città giapponese, che chiedeva di tagliare
entro il 2010 le emissioni di gas di serra del 5,2% in media rispetto al 1990.
La conferenza di Bonn è la prima uscita ufficiale dell'amministrazione di
Barack Obama per ciò che riguarda la politica del clima: significativo, dunque,
che a guidare la delegazione americana in Germania sia Todd Stern, già capo
delegazione Usa ai tempi della stesura del Protocollo
di Kyoto (allora alla Casa Bianca c'era Bill Clinton). E Stern non ha perso
tempo nell'annunciare la volontà americana di invertire la rotta rispetto al
recente passato e di riportare gli Usa alla guida dei
negoziati sul clima. Del resto, fin dal suo insediamento Obama ha posto la
lotta ai cambiamenti climatici tra le priorità del suo governo, al pari della
volontà di uscire dalla crisi economico-finanziaria mondiale o di mettere fine
alla guerra in Iraq. Un cambio netto rispetto al predecessore George W. Bush,
che aveva inaugurato la sua amministrazione ricusando proprio il Protocollo di
Kyoto. A dare il segno delle intenzioni di Washington, martedì il governo Usa ha presentato la sua bozza di legge sull'energia pulita
e la sicurezza energetica, un pacchetto molto ampio che promuove la produzione
di energia pulita, i sistemi di trasporto a minore emissione di CO2, la
costruzione di edifici più efficienti dal punto di vista energetico e
l'ammodernamento di quelli esistenti, un utilizzo più efficiente dell'energia
ma soprattutto accetta la logica della riduzione delle emissioni di CO2,
rifiutata in passato non aderendo al Protocollo di Kyoto. Ecco dunque
l'annunciato stimolo alla green economy. In campagna elettorale Obama aveva
promesso di tornare entro il 2020 allo stesso livello di emissioni del 1990,
impegno già significativo considerato che da allora le emissioni americane sono
cresciute di circa il 13%. La proposta di legge fissa però un taglio maggiore
delle emissioni, portandole nel 2020 sotto il 7% rispetto al valore del 1990
che, considerando i valori attuali, significa una riduzione netta del 20%.
Definire gli impegni Usa di riduzione delle emissioni
di gas di serra è anche il primo passo per entrare a far parte del «mercato
della CO2», già avviato in Europa: si tratta dello scambio di quote di
emissioni ammesse tra i paesi industrializzati legati dal Protocollo di Kyoto,
un meccanismo simile a una borsa, da cui il mondo imprenditoriale americano non
vuole restare escluso. La bozza americana di nuova politica energetica e
impegni al taglio delle emissioni è stata accolta in modo molto favorevole,
ieri, dall'Unione europea, per bocca del suo commissario all'ambiente Stavros
Dimas, oltre che da dalle ong ambientaliste qui presenti. Anche
Cina e India hanno
manifestato apprezzamento: e però ieri hanno ripetuto che i paesi
industrializzati, Usa in
testa, devono impegnarsi a tagliare le loro emissioni di gas di serra «almeno
del 40%» rispetto al livello del 1990 entro il 2020, cioè ben più di quanto
finora accettato. Ma questa è appunto la posta in gioco dei negoziati in
vista del vertice di dicembre. Ed è su questo processo negoziale che gli Usa vogliono riprendere una leadership, per sbloccare la
situazione attualmente di stallo e arrivare a definire un quadro di impegni
post-Kyoto (il trattato che definisce impegni dei paesi industrializzati fino
al 2012). Va in questo senso la proposta lanciata da Obama alla vigilia della
conferenza di Bonn, di un incontro tra i principali paesi emettitori di gas
serra, il 27 e 28 aprile a Washington. Anche il predecessore Bush aveva
convocato un minivertice sul clima, nel 2007: la differenza è che Obama non lo
intende come un tavolo alternativo che delegittima l'Onu, bensì come un ambito
di negoziazione ristretto ma funzionale all'accordo di Copenhagen. Ne consegue
anche la richiesta all'Italia di dare spazio, in coda al G8 di luglio, a
ulteriori due giorni di lavoro sul clima. Invito che Silvio Berlusconi è stato
costretto ad accettare, nonostante i cambiamenti climatici non siano certo una
priorità del governo italiano: non si spiegherebbe altrimenti la mozione
recentemente presentata al Senato che mette in discussione l'esistenza stessa
dei cambiamenti climatici e le connesse responsabilità umane, con un testo che
mostra ampia ignoranza scientifica e arriva a ipotizzare addirittura che in un
pianeta più caldo i benefici per l'ambiente e l'uomo sarebbero maggiori dei
danni.
( da "PubblicitàItalia.it"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
03/04/2009 Cannes,
Nominate le giurie Film e Press. Scotto di Carlo rappresentante per l'Italia
(Film) Sono state diffuse ufficialmente ieri le composizioni delle giurie Film
e Press al prossimo 56 Festival internazionale della pubblicità di Cannes
( da "Panorama.it"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
- Economia - http://blog.panorama.it/economia
- G20 anti crisi: entrare nei paradisi fiscali e riportarne i conti a terra
Posted By joshua.massarenti On 1/4/2009 @ 15:12 In Headlines | 10 Comments
(Credits: [1] grittycitygirl by Flickr) Rare sono le volte in cui un vertice
internazionale riesce ad attrarre l'attenzione dell'intero pianeta, e ancora
più rare sono le volte in cui il medesimo vertice riesce a portare a casa
almeno un risultato tangibile rispetto ai proclami sventolati tra i media alla
sua vigilia. Su entrambi i fronti, il [2] Summit del G20 in programma a Londra
il 2 aprile per lanciare un'azione coordinata contro la crisi e rifondare il
sistema finanziario, può già ritenersi un successo. Certo, è ancora troppo
presto per dire se questo vertice entrerà di diritto nella Storia, ma è
altrettanto certo che una vittoria i leader delle venti nazioni economicamente
più potenti del mondo se la sono già aggiudicata. Al termine di un braccio di
ferro durato settimane, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito hanno
finito per mettere le mani su una realtà finanziaria diventata simbolo di tutte
le derive dell'attuale sistema economico: i paradisi fiscali. In nome della
concorrenza imprenditoriale, della libera circolazione dei capitali e della
necessità di ridurre al minimo l'intervento dello Stato nell'economia di
mercato, dagli anni '80 i paradisi fiscali sono diventati roccaforti
inespugnabili. Ma con la crisi economica, i governi si sono accorti della
necessità di regolare queste piazze finanziarie situate ai margini del sistema.
Al di là dell'ostilità crescente dell'opinione pubblica, gli Stati occidentali
attualmente costretti a prelevare centinaia di milioni di euro dalle casse
pubbliche per rilanciare la loro economia, non possono più tollerare la
presenza di "buchi neri fiscali" che alimentano la fuga di capitali
consentendo a grandi fortune, banche e multinazionali di pagare meno tasse. Se
per gli Stati Uniti il mancato guadagno ammonterebbe a circa 100 miliardi di
dollari, l'evasione fiscale costerebbe alla Germania 30 miliardi di euro e 20
miliardi a testa a Francia e Regno Unito. Una bella botta, e meritata se è vero
secondo quanto sostengono alcuni analisti che ognuno di questi paesi ha
coltivato per anni legami stretti con paradisi fiscali: Isole
Bermude e Stato del Delaware per gli USA, Andorra e Monaco per la Francia, le
Isole anglo-normanne (Jersey e Guerseney) per la Gran Bretagna, Svizzera,
Lichtenstein e Lussemburgo per la Germania, al quale si aggiungono Hong Kong e
Singapore per la Cina. Ma
l'affiliazione è per la verità molto più trasversale sul piano geografico.
La maggioranza delle multinazionali quotate in borsa possiedono filiali in
paradisi fiscali. È il caso delle grandi imprese francesi iscritte al [3] CAC
40 (il listino borsistico di Parigi), che detengono 1.470 filiali in territori
'extrafiscali'. In Italia, si calcola che oltre il 50% delle aziende iscritte
sul listino di Piazza Affari, nonché il 25% dei gruppi bancari, possiedono una
partecipata in un paradiso fiscale. Di fronte all'entità del fenomeno, ecco un
"viaggio" tra i paradisi fiscali per capirne meglio l'identità, la
dimensione e il modo con cui combatterli. Quanti sono. Secondo una Black List
pubblicata a metà marzo dall'[4] Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo
economico (Ocse), nel mondo ci sono 46 paradisi fiscali. Si va dai fazzoletti
di terra noti per accogliere centri urbani ridotti a una via centrale
costellata da migliaia di buste lettere (è il caso delle Isole Cayman) allo
Stato del Delaware, passando per la Svizzera e paesi 'insospettabili' della
zona UE (Belgio e Austria) che hanno fatto del segreto bancario uno strumento
irresistibile per banche e multinazionali. Peso finanziario. Il loro peso
finanziario varia dai 1.700 miliardi di dollari calcolati nel 2000 dal Fondo
Monetario Internazionale (FMI) ai 11.500 miliardi stimati dalla Rete mondiale
per la giustizia fiscale nel 2005. Questi attivi finanziari vedono in prima
linea 4.000 banche, 2.000 fondi speculativi e circa 2 milioni di società
fittizie. Si calcola che oltre il 50% dei flussi finanziari del pianeta
transitano per i paradisi fiscali. Cosa sono. Sotto questo vocabolo si
nascondono non soltanto dei paesi dotati di un regime fiscale vantaggioso, se
non addirittura inesistente, ma anche dei centri finanziari meglio noti come
"offshore". In senso stretto, appartengono alla categoria dei
paradisi fiscali quei paesi e territori che accolgono non-residenti (individui,
imprese) che vogliono fuggire alle tasse di un paese terzo. I non-residenti
finiscono per ottenere un regime fiscale simile a quello dei residenti, se non
più vantaggioso. Gli offshore (letteralmente "lontano dalle coste")
invece sono composti da Stati e territori che accolgono banche, compagnie di
assicurazione e gestionari di fondi (special modo gli hedge funds, i fondi
speculativi), senza disporre né imporre nessun tipo di regole fiscale. In
questo caso, il regime amministrativo si applica all'attività economica
prodotta sul territorio degli offshore. A un'impresa basta quindi aprire una semplice
casella postale e creare cosi' una società fittizia con lo scopo di nascondere
il proprietario o il benefeciario di determinati beni con motivi che vanno dal
riciclaggio di denaro sporco all'occultamento di proprietà. Riassumendo, come
sottolinea [5] Le Monde, "se i paradisi fiscali non sono tutti dei
'paradisi regolamentari', al contrario i centri finanziari offshore sono nella
maggior parte del caso dei paradisi fiscali". Come identificarli. Secondo
l'Ocse, tre parametri accomunano i paradisi fiscali: una tassazione nulla o
molto bassa; la poca trasparenza e sopratutto la scarsa volontà di comunicare
la benché minima informazione fiscale a un'autortià straniera. L'[6] Ong
Trasparency International ha aggiunta due altri parametri: i paradisi sono solitamente
paesi dotati di una buona stabilità politica ed economica; hanno poi in comune
un segreto bancario inviolabile, il che ne fa anche dei "paradisi
giudiziari". Come colpirli. Questo il cuore del problema. Molti si sono
sorpresi di vedere affiancati nella lista nera stilata dall'Ocse veri e propri
buchi neri della finanza internazionale come le Isole Cayman, e la Svizzera,
ardua difensore del segreto bancario ma irritata - e riprendiamo le parole del
ministro degli Affari esteri svizzero, Micheline Calmy-Rey - all'idea di essere
assimilata a "un paradiso fiscale". In realtà, includendo nel gruppo
dei paradisi fiscali quei paesi arroccati al segreto bancario, la presidenza
britannica del G20 ha voluto colpire i governi europei che da sempre rifiutono
qualsiasi collaborazione per lo scambio di informazioni fiscali con paesi
terzi. In cambio della promessa di non essere iscritti sulla nuova Black list
dei paesi "non cooperanti" che verrà pubblicata durante il Summit di
Londra, prima il Belgio e l'Austria, e poi la Svizzera si sono piegati alle
esigenze del G20 dicendosi aperti a collaborare (gli svizzeri solo "caso
per caso"). Un altro successo è stato quello incassato con Andorra, il cui
premier liberale, Albert Pintat si è impegnato a favore dell'approvazione entro
novembre 2009 di un progetto di legge che prevede la fine del segreto bancario
nel quadro di accordi bilaterali di scambi di informazioni fiscali con altri
Stati. Ma per gli Stati Uniti non basta. A Londra, il presidente Barack Obama
proporrà ai membri del G20 un sistema di valutazione sulla conformità di ogni
paese alle regole internazionali in materia fiscale, di regulation e di
riciclaggio di denaro sporco. "Tuttavia" ricorda Le Monde, "il
G20 dovrà fare i conti con Brasile, India, Russia e Cina",
alcuni dei quali contrari alla creazione di una lista nera di 'paesi canaglia'.
La partita contro i paradisi fiscali non è ancora chiusa.
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Prysmian, nuova
Commessa in Russia per costruzione rete Elettrica (Teleborsa) - Roma, 3 apr -
Prysmian S.p.A. ha acquisito una nuova commessa in Russia per la realizzazione
di una rete elettrica ad alta tensione a San Pietroburgo da parte di FSK, il
gestore nazionale della rete di trasmissione di energia. Lo si legge in una
nota. Il progetto prevede la progettazione e installazione da parte di Prysmian
di un sistema di trasmissione di energia a 330 kV composto da un cavo interrato
ad elevata tecnologia della lunghezza di
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Genova, 3 apr.
(Apcom) - Grazie alla prevenzione nel
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Liguria/ Meno
incendi nel 2008 grazie alla prevenzione di Apcom Contro incendi boschivi a
Genova e La Spezia torna 'Noi per voi' -->Genova, 3 apr. (Apcom) - Grazie
alla prevenzione nel
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Benevento))
Argomenti: Cina Usa
ANTONIO TROISE Roma.
Il premier inglese parla apertamente di un successo. Il presidente americano,
Obama, alla sua prima uscita sulla scena internazionale, non nasconde la sua
soddisfazione: «È un vertice storico». E, in generale, i commenti dei premier
che hanno partecipato al G20 di Londra vanno tutti nella stessa direzione.
Certo, nelle nove paginette del comunicato finale del summit nessuno ha mai
sperato di trovare una soluzione definitiva alla più grave crisi economica dal
1929. E sono pochi quelli che intravedono, nella filigrana del documento
conclusivo, l'avvio della nuova «Bretton woods», pure invocata alla vigilia
dell'appuntamento londinese. Ma tutti sapevano, fin dall'inizio, che erano
condannati a trovare un accordo, per dimostrare la volontà dei grandi della
terra di agire in maniera «coordinata» contro la crisi e per lanciare
l'ennesimo segnale rassicurante sui mercati. Ma non tutti i risultati sperati
sono stati centrati. Gli Stati Uniti, con Obama, hanno tentato fino all'ultimo
di strappare all'Europa un impegno più concreto sul versante della spesa
pubblica. Invitando i paesi del «vecchio continente» ad imboccare con decisione
la strada americana di una nuova politica espansiva accompagnata da una forte
riduzione delle tasse. Ma la Germania prima e, poi, via via, tutti gli altri
partner dell'Ue, hanno tirato il freno. È vero che dal G20 è arrivata
un'ulteriore iniezione di mille miliardi di dollari a favore dell'Fmi, una
cifra che si aggiunge ai 5mila miliardi già stanziati. Ma, a ben vedere, si
tratta di risorse già sulla pista di lancio. A Londra, di realmente nuovo, si è
visto ben poco. Qualche passo in avanti si è fatto, invece, sul terreno della
riforma dei mercati finanziari. Si è deciso, infatti, un rafforzamento dei
poteri del Financial stability forum: l'organismo presieduto da Mario Draghi ha
cambiato una consonante (da Fsf diventerà Fsb, dove l'ultima lettera sta per
board) ed ha allargato il numero dei suoi componenti (oltre ai paesi del G20,
ci sarà anche la Spagna e la Commissione Europea). Siamo, però, ben lontani da
quella nuova architettuta di regole e di controlli che il ministro
dell'Economia, Giulio Tremonti, anche ieri ha lanciato sul tavolo riproponendo
il suo progetto di un nuovo «legal standard». Una strada che continua a non
convincere del tutto Paesi come gli Stati Uniti, gelosi della propria
autonomia. Molto probabilmente il tema sarà sul tavolo del G8 che si svolgerà
in luglio alla Maddalena. Con Berlusconi che si impegnerà a sistemare nuovi
tasselli alla riforma dei mercati finanziari. Ieri, però, il G20 ha incassato
un primo risultato importante, mettendo fine, come si legge nel comunicato,
all'epoca del segreto bancario e pubblicando la lista dei paradisi fiscali. Ma
forse, la vera novità del vertice di Londra si è vista soprattutto fuori dalle
riunioni ufficiali fra i premier, nelle strade della City invase dai
manifestanti, nelle vetrine delle banche infrante, negli striscioni e negli
slogan contro i manager che hanno portato al disastro. Insomma, al tavolo dei
grandi comincia a essere sempre più presente la voce di coloro che fanno i
conti, sulla propria pelle, della grande crisi. Un tema rimasto, fino ad ora,
in ombra, messo in secondo piano dai crack del sistema finanziario e dalla
necessità di salvare le banche. Ora, invece, l'aspetto sociale della recessione
entra di forza nell'agenda dei premier, sollecita un nuovo «patto sociale».
Poche novità, infine, sull'altra grande questione lasciata in sospeso, quella
del protezionismo. È vero che nel documento londinese
si criticano le misure tese a limitare il commercio mondiale. Ma, in calce al
comunicato, ci sono le firme di molti dei paesi che, in realtà, hanno già deciso interventi tesi a proteggere le rispettive
economie. Non ricordando che, dietro alla lunga stagione dello sviluppo
cancellata oggi dalla recessione, c'è stata proprio l'apertura dei mercati e
quella globalizzazione che ieri era invocata da tutti e che oggi, tutti,
vorrebbero dimenticare.
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Benevento))
Argomenti: Cina Usa
FRANCESCO ROMANETTI
Il capitalismo? Non sta messo per niente bene. E i leader riuniti al G20,
gratta gratta, hanno cercato i modi per salvarlo. Perché il rischio - per
industriali, banchieri e multinazionali - è quello di essere risucchiati nel
vortice di una crisi di cui nessuno sa davvero intravedere l'esito finale. Ne è
convinto Ignacio Ramonet, giornalista e scrittore, che per anni dalla direzione
di «Le Monde Diplomatique» è stato uno dei più feroci e spietati critici
dell'ultraliberismo dominante, anche quando intellettuali e mass media
cantavano in coro le lodi del «pensiero unico». A Napoli per partecipare ad un
convegno su Cuba nel cinquantenario della rivoluzione - organizzato
dall'Università degli Studi «L'Orientale» - Ramonet è anche il giornalista che
ha raccolto il «testamento politico» di Fidel Castro: un'autobiografia «a due
voci», in forma di libro-intervista. Con lui abbiamo parlato del possibile
tramonto di un modello di sviluppo. Al vertice G20 di Londra alla fine si è
arrivati a un'intesa. Ma si è assistito anche ad una contrapposizione di linee.
Da una parte l'America e da un'altra una parte dell'Europa. Che vuol dire?
«Vuol dire che effettivamente ci sono due scuole di pensiero, due visioni politiche.
La prima, capeggiata da Usa e Gran Bretagna, che
chiede più liquidità, più denaro per le banche. La seconda, con Sarkozy e la
Merkel, che sottolinea soprattutto la necessità di una regolamentazione del
mercato. Non mi sorprende che alla fine si sia tenuto conto di entrambe le
tendenze». Ma che tipo di capitalismo, che tipo di società, quali rapporti
sociali, emergeranno da questa crisi? Ci sarà un nuovo New Deal? «So dire che
cosa sicuramente non sopravviverà: è impossibile la restaurazione di un nuovo
liberismo. Questo è ormai chiaro a tutti. Il capitalismo per uscire dalla crisi
deve necessariamente fare alcune cose: sopprimere i paradisi fiscali,
neutralizzare i fondi tossici, risanare e ripulire le Borse, garantire metodi
contabili trasparenti. Tutto questo vuol dire regolamentare, dotarsi di nuove
regole. Insomma, i tempi del mercato onnipotente, senza regole e controlli,
sono finiti». Quanto conterà la presidenza Obama? Detto in altri termini, un
po' iperbolici: Obama è un leader «rivoluzionario»? «Ne ha i tratti. È un
presidente che finora ha stupito per le misure che ha annunciato e che ha
cominciato a prendere nel suo Paese. Ma attenzione: in quanto presidente degli
Stati Uniti, Obama è anche a capo dell'Impero. E io penso che Barack Obama avrà
molte più difficoltà a governare l'Impero che a cambiare l'America». E c'è chi dice che stavolta non sarà l'America, ma la Cina, a salvare il mondo dalla crisi. Lo
ha scritto Fidel Castro, citando il premio Nobel Jospeh Stiglitz. Lei è
d'accordo? «No, è una tesi che non mi convince, sulla quale non sono d'accordo.
Innanzi tutto perché l'economia cinese dipende dal valore del dollaro.
In secondo luogo perché il capitalismo, ristrutturandosi e modificandosi, non
potrà basarsi su alti consumi, ma dovrà mettere capo ad un'economia
"verde". Il modello cinese, almeno per ora, va in un'altra direzione,
essendo stato costruito ed essendo cresciuto essenzialmente sull'esportazione.
Inoltre, va ricordato che anche in Cina la crisi è già
arrivata e che anche lì ci sono già decine di milioni di nuovi disoccupati,
dovuti proprio alla contrazione delle esportazioni». Non ci sono solo i duri
scontri di Londra, legati al vertice. In Francia si stanno diffondendo nuove
forme di protesta operaia, con il «sequestro» dei dirigenti di aziende che
licenziano. È il sintomo di qualcosa di profondo? «È il segno dell'opposizione
sociale alla crisi. Potrei anche dire, con altre parole, che stiamo assistendo
ad un ritorno della lotta di classe. In Francia ha assunto quelle connotazioni
probabilmente anche per l'insufficienza o l'impreparazione del sindacato
tradizionale. Gli operai e i lavoratori che "fanno da sé" esprimono
una reazione ad una situazione difficile. È una fase delicata. La crisi crea
sofferenza sociale e protesta: è la protesta che dice no al licenziamento dei
lavoratori mentre i banchieri guadagnano». È possibile, in questa fase,
immaginare anche gli sbocchi politici della crisi? «La protesta sociale
sprigiona un'energia fisica straordinaria, ma è importante che tutta questa
energia non si disperda e non si esaurisca nella rabbia, in azioni senza
conseguenze. La scommessa è proprio questa: mettere in moto processi politici
per la trasformazione sociale. Ma uno sbocco possibile è anche quello di una
democrazia autoritaria. Non dimentichiamo che in passato, proprio in Europa, la
crisi ha generato il fascismo e il nazismo».
( da "Gazzettino, Il (Treviso)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Furti nelle case?
Le ronde non ci aiuteranno» Il sindaco Zanchetta: «Meglio la videosorveglianza,
e si fa troppa confusione con la Protezione civile» Venerdì 3 Aprile 2009,
Ponte di Piave (g.r.) Meglio la videosorveglianza a la vigilanza delle Forze
dell'ordine. Rondista contro protezione civile? Il sindaco di Ponte di Piave
Roberto Zanchetta critica il sistema delle ronde. Solo la settimana appena
trascorsa registra una serie di furti in pizzerie e bar a Motta di Livenza e
Chiarano. Altre incursioni a Gorgo al Monticano e ancora furti in abitazione ed
esercizi pubblici a Ponte di Piave e Salgareda. «Il comprensorio sembra
nuovamente sprofondato nella sue cronache criticità. Ma non è tanto questo il
punto dolente, seppur preoccupante. Ciò che fa sorridere è la presa d'atto di
uno strisciante conflitto fra istituzioni sul tema "ronde". Segnalo
infatti un singolare carteggio sulle nostre già cariche scrivanie di sindaci.
Da un lato - dice - il carteggio del "perfetto rondista" e, dall'altro,
dell'umile "volontario di protezione civile".
Protagonisti di questo scambio il capo della Protezione Civile, Bertolaso e
l'assessore alla Protezione Civile, Elena Donazzan. Si dice che la materia
della protezione civile è ben altra cosa dall'ordine pubblico e dalla sicurezza:
fa capo alla Presidenza del Consiglio. Le seconde, ossia l'ordine
pubblico e la sicurezza, sono ricondotte all'Interno. In sintesi: ci sono
rondisti di serie A e rondisti di serie B. La missiva si chiude chiedendo di
avvisare in caso di irregolarità». «Era necessario arrivare a questo punto?» si
chiede Zanchetta. «Ci si deve ora anche accollare segnalazioni di non meglio
precisate "Associazioni fra cittadini" che non rispettano il famoso
articolo 6 del decreto legge istitutivo delle ronde. Ciò che più sconcerta è
che certi meccanismi legislativi messi in piedi finiscono solo per intasare le
nostre scrivanie costringendoci a leggere carte su carte al limite del
parossistico scontro fra diverse competenze istituzionali» conclude
criticamente il sindaco.
( da "Gazzettino, Il (Belluno)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Protezione
civile, lavori per 600 mila euro Venerdì 3 Aprile 2009, Feltre (G.P.) La
Protezione Civile è sempre stata un fiore all'occhiello della sezione Ana di
Feltre, non fosse altro perché il contributo in ore di lavoro offerto dai
volontari nel 2008, calcolato sul salario di un operaio medio, ammontava a
quasi 600 mila euro. Per domani sabato, alle 11, nell'ufficio della Protezione Civile
comunale situato al piano terra dei magazzini di via Vignigole, il presidente
Ana Renzo Centa ha indetto una conferenza stampa per svelare i contenuti
dell'esercitazione sezionale di protezione civile "Feltre 2009".
Intanto, è stato inviato ai soci il nuovo numero del periodico sezionale
"Alpini... Sempre!", diretto da Carlo Rossi e che ha come direttore
responsabile Gianpaolo Sasso, il quale, ovviamente, ha dedicato ampio spazio
alla recente assemblea sezionale tenutasi a fine febbraio nell'auditorium
dell'Istituto Canossiano. In esso, vengono riproposte, sintetizzate, la
relazione morale del presidente Centa e quelle dei vice delegati alle varie
attività sezionali. Nella seconda parte vengono messe in evidenza le attività
portate a termine dai vari gruppi, con puntuali reportage. Un passaggio
importante riguarda il 35° anniversario dalla fondazione che il Coro Piave Ana
sta festeggiando. Dopo aver inaugurato l'anno con il pranzo sociale e un
doveroso omaggio al maestro Danilo Facchin, da decenni alla direzione, il coro
presieduto da Giuseppe D'Incau si trasferirà in maggio sui luoghi verdiani,
mentre in estate vuole proporre due importanti appuntamenti a beneficio della
Città, uno dei quali da solo e l'altro con la partecipazione di altre due
formazioni. Dalle pagine di "Alpini... Sempre!" scaturiscono, infine,
altre pillole di vita, nell'eterno circuito fra felicità e dipartite che
scandiscono, nella gioia e nel dolore, anche il tempo delle penne nere.
( da "Gazzettino, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Oltre mille miliardi
anti-crisi e addio paradisi fiscali Il presidente Usa
Obama: «Data la medicina giusta al paziente malato». Poi l'ammissione:
«L'America non può agire da sola» Venerdì 3 Aprile 2009, Londra Fondi per oltre
1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei
paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza
precedenti varato dal vertice del G20. «Abbiamo dato la medicina giusta al
paziente malato - ha detto il presidente Usa Barak
Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice
internazionale -. Abbiamo stabilizzato il paziente. Ma le ferite restano e
nuove crisi potrebbero manifestarsi». Obama ha ammesso che l'America non ha
ottenuto tutto ciò che desiderava e che ha dovuto accettare anche soluzioni di
compromesso. Ma il presidente americano ha inquadrato queste concessioni nella
sua concezione della politica americana: «Dobbiamo imparare ad essere anche
umili - ha detto -. Imparare a forgiare un consenso, anziché cercare di imporre
le nostre condizioni. Sono venuto qui a Londra per ascoltare ed imparare». Il
presidente Usa ha riconosciuto che la situazione non è
ideale: la responsabilità per l'inizio della crisi viene attribuita
all'America, rea di avere contagiato con il 'virus' il resto del mondo. Una
responsabilità, dovuta alla mancanza di meccanismi di controllo adeguati. Anche
il suo alleato più forte, il premier britannico Gordon Brown, padrone di casa e
grande burattinaio del vertice, ha parlato di nuovo ordine economico mondiale.
Un ordine dove l'egemonia americana è minacciata da numerosi fattori. Come è
minacciato lo stesso modello di mercato libero di cui l'America era sempre
stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni che Francia e Germania,
dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre invece nel documento finale,
soprattutto per quanto riguarda la guerra ai paradisi fiscali ed il controllo
dei fondi speculativi. Obama ha definito «senza precedenti» le misure approvate
dal G20. Le concessioni fatte hanno consentito di chiudere il summit con quella
dimostrazione di unità e di consenso che il presidente Usa
giudicava indispensabile per far scattare la ripresa economica. «Nella vita e
in economia non ci sono garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo
adottato erano necessarie per evitare di scivolare nella depressione. Resta da
vedere se saranno sufficienti. L'America non può agire da sola». Alla domanda
se il G20 di Londra possa essere considerato una nuova Bretton Woods, per le
sue implicazioni future, Obama ha risposto che "adesso
la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India". Il G20 ha anche
deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in
soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000
miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010.
Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che
dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione
della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi
messa ieri nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80%
del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della
crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. «L'epoca
del segreto bancario è finita», è stato scritto nel documento finale. Dove è
stata anche inserita, vincendo la resistenza di diversi Paesi tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi
fiscali. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 definire la lista delle
sanzioni. Poi arriverannore più regole per gli hedge fund e contro i conflitti
di interesse delle agenzie di rating. Alla fine insomma ce l'ha fatta: il primo
ministro britannico Gordon Brown è riuscito a mettere d'accordo i leader del
G20, che alla vigilia del vertice di Londra minacciavano rotture insanabili. «I
problemi che la gente pensava ci dividessero, non ci hanno diviso affatto», ha
detto Brown dopo che la riunione ha prodotto un documento condiviso («al di là
delle aspettative», ha detto il francese Nicolas Sarkozy, mentre la tedesca
Angela Merkel ha parlato di «storico compromesso in risposta a una crisi
eccezionale»). In serata l'Ocse ha reso pubbliche le liste dei "paradisi
fiscali". Nella lista nera figurano Costa Rica, Malaysia per il suo
territorio di Labuan, Filippine e Uruguay. Altri 38 Paesi nella lista grigia
perche, pur impegnandosiad adeguarsi alle norme, non l'hanno ancora fatto:
Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Bahrain, Belize, Bermuda,
Isole Vergini Britanniche, Isole Caimano, Isole Cook, Repubblica Dominicana,
Gibilterra, Grenada, Liberia, Liechtenstein, Isole Marshall, Monaco,
Montserrat, Nauru, Antille olandesi, Niue, Panama, St Kitts and Nevis, Santa
Lucia, Saint Vincent & Grenadine, Samoa, San Marino, Isole Turks and
Caicos, Vanuatu, Austria, Belgio, Brunei, Cile, Guatemala, Lussemburgo,
Singapore, Svizzera.
( da "Rai News 24"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Roma | 3 aprile 2009
Obama agli studenti: voglio un mondo senza armamenti nucleari Obama acclamato
dalla folla "La Nato resta l'alleanza più forte che il mondo abbia mai
conosciuto, ma questa generazione non può restare immobile", lo ha detto
Obama a Strasburgo rivolgendosi a 4000 studenti. "Dobbiamo cercare la
soluzione delle nuove sfide e sono sicuro che riusciremo a d affrontare
qualsiasi sfida. Uno sforzo di questa entità non è mai semplice. Negli ultimi
anni abbiamo permesso alla nostra alleanza di cambiare. In America non si
riesce ad apprezzare appieno il ruolo dell'Unione europea. A volte l'America è
stata arrogante nei confronti dell'Europa, in Europa c'è un antiamericanismo
che può essere pericoloso. Non si tratta di atteggiamenti saggi perchè ci
dividono, ci isolano. Insieme possiamo trovare soluzioni comuni a problemi
comuni. L'America sta cambiando. Unico modo per affrontare la crisi un
coordinamento senza precedenti. Il vetrtice del G20 ha espresso questo
chiaramente. Cercheremo di creare nuovi mercati, cercheremo di spingere verso
una crescita comune. I nostri destini sono strettamneti legati. Dobbiamo
impegnarci anche per una sicurezza comune. Capisco che la guerra in Afghanistan
sia stata una guerra molto lunga, so che ci sono persone che hanno chiesto il
perchè di una guerra in Afghanistan. C'è scetticismo anche negli Usa che non hanno scelto di fare una guerra in Afghanistan ,
ma siamo stati attaccati. Abbiamo bisogno di una alleanza più forte di quella
che ha fatto crollare il muro di Berlino. Abbiamo bisogno di allargare
l'alleanza della Nato, abbiamo bisogno della Croazia, dell'Albania".
"Gli effetti dei cambiamenti climatici sono evidenti, l'Europa ha capito
questa sfida, in America negli ultimi mesi si è cominciato a cambiare, ma
L'America, la Cina devono fare di più. Sono fiducioso che riusciremo ad affrontare
questa sfida, ma lo dobbiamo fare oggi". Obama ha ribadito di voler
chiudere il carcere di Guantanamo a Cuba, perchè "Umiliare le persone non
e' una buona strategia per combattere il terrorismo" e ha detto di volere
un mondo senza armamenti nucleari.
( da "Affari Italiani (Online)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Economia Crisi/ Le
banche d'affari Usa bocciano il G20 Venerdí 03.04.2009
15:29 Al vertice G20 dei giorni scorsi si sono sentite "molte parole"
ma c'e' stata "poca sostanza", secondo il presidente di Morgan
Stanley Asia, Stephen Roach. "Darei i pieni voti agli sforzi e alla
scenografia e la sufficienza ai risultati - e' il critico giudizio del manager,
espresso in occasione del Workshop Ambrosetti che si sta svolgendo a Cernobbio
- il principale problema del mondo e' oggi lo squilibrio globale e destabilizzante fra le nazioni che risparmiano troppo poco come
gli Stati Uniti e quelle che risparmiano troppo come la Cina". E secondo Roach, proprio
"non avere affrontato gli squilibri globali che sono all'origine della
crisi" e' "la carenza dell'accordo" annunciato ieri. Roach
ammette la "sorpresa" dell'aumento dei fondi destinati al Fmi, anche
se "non si sa come saranno usati". Molto piu' favorevoli sono
i giudizi degli altri economisti che sono intervenuti al dibattito di
stamattina sul quadro economico globale: "Sono piu' positivo - ha detto
Jacob Frenkel, presidente del Gruppo dei Trenta e vicepresidente di Aig - il
50% del lavoro consiste nello stabilire i problemi, e questi sono stati
individuati; inoltre si e' ristabilito un clima di fiducia. Il fatto stesso che
i capi di Stato abbiano raggiunto un accordo, e' molto importante".
Secondo Frenkel, non ci si deve chiedere se qualcuno ha vinto e qualcuno ha
perso: "non e' una partita di calcio: in questa situazione, vinciamo tutti
o perdiamo tutti", ed e' proprio questo che ha portato i 20 all'accordo.
Anche l'economista Nouriel Roubini da' un giudizio positivo sugli esiti del
G20: "un meeting positivo e di successo". tags: g20 morgan stanley
obama03042009
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Andamento incendi
boschivi in Liguria: rapporto e iniziative di prevenzione (3/4/2009 15:42) |
(Sesto Potere) - Genova - 3 aprile 2009 - Una giornata dedicata alla
salvaguardia dei boschi , alla difesa del verde e del territorio colpito dagli
incendi e dai dissesti idrogeologici, sabato 4 aprile a Genova e alla Spezia.
E´ la quarta edizione l´iniziativa "Noi per Voi" promossa dalla
Regione Liguria, Assessorato all´Agricoltura e alla
Protezione Civile, che si snoderà in contemporanea per tutta la giornata nei
due capoluoghi liguri. "Noi per Voi" è dedicata ai volontari della
Protezione Civile , al personale del Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili
del Fuoco, tutti quotidianamente impegnati nella conservazione del patrimonio
boschivo e del territorio. A Genova la manifestazione si aprirà alle
( da "Corriere.it"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il premier al g20:
«smentite le previsioni pessimistiche della vigilia» «Obama ci tiri fuori dalla
crisi» Berlusconi: «Il presidente Usa mi ha risposto
che dobbiamo stare uniti. Bene la lista dei paradisi fiscali» Berlusconi tra
Obama e Medvedev LONDRA - Sono state «smentite le previsioni pessimistiche
della vigilia». Dal G20 di Londra è uscita una «forte e unanime affermazione
della volontà di cooperare per uscire dalla crisi e prendere misure
coordinate». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al
termine del vertice del G20 a Londra. «Con una punta di orgoglio - ha aggiunto
il premier- ricordo che il primo governo a non consentire il fallimento delle
banche è stato il nostro, con la decisione del 10 ottobre». «Siamo stati i
primi a vedere la necessità di evitare il disastro e il panico», ha
sottolineato ancora. OBAMA - Berlusconi ha poi lanciato un appello agli Usa: «Ho detto a Obama che si deve tirare su le maniche per
far uscire il mondo dalla crisi visto che la crisi arriva proprio dall'America.
Lui mi ha risposto che ho ragione e che l'importante è restare tutti insieme
per risolvere i problemi». Il premier è rimasto favorevolmente impressionato da
Obama. «Ha scherzato nel definirsi un 'kid' che ha molto da imparare - ha
raccontato Berlusconi. - Obama ha una grande capacità di rapporti umani. Ha
fatto a tutti un ottima impressione». Berlusconi avrebbe poi aggiunto: «Com'è che
diceva Proietti... Acchiapponico, Obama ha lo sguardo acchiapponico». (Ma
Palazzo Chigi ha smentito la notizia battuta dalle agenzie: «Il Presidente
Berlusconi non ha mai detto quello che gli viene attribuito, poiché si stava
rivolgendo a un giornalista come tutti i presenti hanno potuto vedere. Non
c'era possibilità d'equivoco e non capiamo davvero perché non si faccia più
attenzione nell'attribuire frasi di questo genere»). LISTA NERA - Il premier,
negando «contrapposizioni» tra Italia, Francia e Germania da una parte e
Inghilterra e Usa dall'altra, ha espresso
apprezzamento per la lista nera dei paradisi fiscali: lo ha definito «un passo
positivo e innovativo». «Si è cominciato a parlare di regole - ha aggiunto - ma
l'auspicio è che si vari un codice di regolamentazione alla Maddalena», ha
osservato il premier. DIMENSIONE SOCIALE - L'Italia, ha proseguito, «ha
enfatizzato la dimensione sociale» della crisi chiedendo un riferimento al G8
sociale di Roma, ma «non si è potuto condensarlo in una
norma generale perché Paesi come Cina e l'India non avrebbero mai la possibilità di sopperire a
stipendi e salari dei posti di lavoro che si potranno perdere». VERTICE IN
GIAPPONE - Il presidente del Consiglio ha annunciato che «ci sarà un'altra
riunione del G20 entro l'autunno. Il capo del governo giapponese si è
detto disposto a ospitare questa riunione e anche il presidente Usa Obama ha visto con favore la possibilità che il terzo
G20 si tenga in Giappone». TREMONTI - Anche Giulio Tremonti si dice soddisfatto
per la "black list": il testo sui paradisi fiscali, spiega il
ministro dell'Economia, «è stato molto duro, molto più duro di quello che si
prevedeva». Il ministro dell'Economia assicura infine che, in particolare per
le misure allo studio sull'occupazione, «non ci sarà nessuno sforamento del
deficit, ma solo uno spostamento da una parte all'altra come per gli
ammortizzatori sociali». stampa |
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Prysmian: nuova
commessa in Russia NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di Pierpaolo
Molinengo , 03.04.2009 14:53 Scopri le migliori azioni per fare trading questa
settimana!! e installazione di un sistema di cavi alta tensione che andranno a
costituire una rete allinterno del complessivo progetto di
espansione del sistema di trasmissione energia in corso nel Paese. Il settore
dei cavi e sistemi per la trasmissione di energia presenta importanti prospettive anche in altre aree del
mondo come USA e Cina, Paesi nei quali Prysmian ha
avviato investimenti per lincremento della capacità produttiva. In
USA, dove il Governo ha annunciato investimenti per oltre 40 miliardi di
dollari per lammodernamento e la realizzazione di impianti di generazione e di reti di
trasmissione, entro il 2009 è prevista lentrata in funzione di
un nuovo stabilimento alta tensione, il primo nel Paese. In Cina,
dove il Governo prevede investimenti per
( da "Asca" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
CRISI: ECONOMISTI A
CERNOBBIO, DURERA' FINO AL 2010 E FORSE ANCHE OLTRE (ASCA) - Cernobbio (Co), 3
apr - La crisi economica e' destinata a proseguire fino al 2010 e potrebbe
durare anche piu' a lungo. Lo dice la platea di economisti e imprenditori
riunita a Cernobbio in occasione della 20ma edizione del Workshop Finanza
Ambrosetti. Secondo quanto emerge dal risultato di un televoto effettuato tra
il pubblico, il 40% degli intervistati si e' dimostrato pessimista ed e'
convinto che la crisi durera' ''oltre il 2010''. Una percentuale molto vicina,
pari al 39,2% si aspetta un'inversione di tendenza per il 2010. Solo il 10,4%
crede che la ripresa arrivera' nel corso del 2009, mentre un'altro 10,4%
preferisce non azzardare previsioni. Le misure anticrisi
piu' efficaci sono quelle adottate dagli Usa per il 47% dei partecipanti. Seguono Ue, che si e' mossa meglio
per il 32,5%, Cina (11,1%)
e Giappone (1,7%). In ambito europeo, invece, volano Germania (30,7%), Gran
Bretagna (29,1%) e Italia (25,2). Poco apprezzate le misure di Sarkozy (11,8%)
e Zapatero (3,1%). fcz/
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Riformismo e unità
Franco Bianco, 03 aprile 2009, 17:25 Politica e cultura La prima presentazione
pubblica del libro di A.Gianni "Goodbye liberismo", alla presenza di
Bersani, Bertinotti e Cisnetto (oltre naturalmente all'autore) è stata l'occasione
per tastare vicinanze e diversità tra esponenti della sinistra italiana. Il
tutto non senza sorprese e aperture dal grande significato politico Folla da
grandi occasioni, quella convenuta il 2 Aprile alla presentazione del
recentissimo libro di Alfonso Gianni, edito da Ponte alle Grazie (358 pagine,
16,50 euro), intitolato "Goodbye liberismo", del quale si è già data
qualche anticipazione, pochi giorni fa, su questo giornale: la saletta della
libreria, pur non grandissima, era gremita. Merito, certamente, del tema che il
volume affronta e della reputazione intellettuale - al di là delle condivisioni
politiche, che possono esistere oppure no - della quale il suo autore
giustamente gode; ma sicuramente dovuto anche agli oratori invitati a
presentarlo: Fausto Bertinotti (che con Gianni è stato co-autore di parecchi
libri, a partire da "Le due sinistre" dell'ormai lontano '97);
Pierluigi Bersani (che nel Governo Prodi 2006-2008 è stato ministro per lo
Sviluppo Economico, e lì ha avuto Gianni come sottosegretario); ed Enrico
Cisnetto (meno noto dei due precedenti al grande pubblico, ma giornalista
economico di vaglia, premiato anche per la sua attività di divulgazione
economica; studioso dei processi di cambiamento del capitalismo italiano e
internazionale; docente di Finanza alla Scuola di Giornalismo dell'Università
Luiss ed autore del volume di grande successo "Il gioco dell'Opa").
In particolare, credo esercitasse un forte richiamo la presenza contemporanea
di Bertinotti e Bersani, per le implicazioni - in questi tempi così incerti,
specialmente in relazione agli assetti politici italiani - alle quali può far
pensare e per le prefigurazioni che può evocare, soprattutto a coloro che sono
sempre a caccia di dietrologie o di significati impliciti, e comunque per
l'interesse oggettivo che presenta un evento che porta ad un confronto diretto,
su temi di grande rilevanza per il presente e per il futuro, di due persone
come loro, che ben rappresentano le due anime classiche della sinistra che per
brevità sono classificate, rispettivamente, "radicale" e
"riformista". Prima di descrivere, in larga massima, gli interventi
degli oratori e di dedicarvi qualche fugace riflessione, vorrei togliermi un
peso e fare una considerazione, che potrei definire metodologica e che credo
potrebbe essere confermata da chiunque abbia qualche consuetudine con
presentazioni di volumi a qualunque tema dedicati. Succede, infatti, molto
spesso - quasi sempre, direi - che coloro che sono invitati a presentare un
libro finiscono poi con l'esprimere il loro pensiero sul tema del libro,
scambiando quindi la presentazione di un testo per la partecipazione ad un
convegno a tema. Io penso che invece, in quelle occasioni, i presentatori
dovrebbero non tanto dire la loro sull'argomento del libro, ma esprimere un giudizio
su come il libro ha affrontato l'argomento, mettere l'accento sui motivi di
concordia o di difformità dalle tesi dell'Autore, giudicare la qualità e la
congruità delle fonti richiamate, dare il loro parere sugli scenari che il
libro eventualmente prefigura e sulle riflessioni che suscita, e così via: in
definitiva, essi dovrebbero mettersi in qualche modo al servizio, pur
criticamente inteso, dell'Autore e della sua fatica, piuttosto che approfittare
della ribalta offerta dall'occasione per rappresentare la loro personale idea
sul tema che il libro affronta. Sarebbe questa, io credo, una manifestazione di
"bon ton" intellettuale (e non solo). Devo dire che anche l'occasione
di ieri, benché tutti gli oratori abbiano fatto qualche (lodevole) sforzo per
raccordarsi al motivo della loro presenza, non è stata sostanzialmente diversa
dalla consuetudine che ho esposto e di cui, io penso, un autore avrebbe qualche
motivo di dolersi. Ha aperto gli interventi Pierluigi Bersani, definendo il
volume di Gianni "un excursus sul liberismo che permette molte
riflessioni". Le sue, dette in breve, sono state le seguenti: che il ciclo
economico alla cui fine stiamo assistendo, che secondo lui ha avuto inizio alla
fine degli anni settanta (parere coincidente con quello di Gianni, come con
quello di altri autori: Ruffolo per tutti), vede anche delle responsabilità che
dovrebbero - e questo troppo spesso manca, secondo lui - suscitare
indignazione, perché esso non è piovuto dal cielo: la distribuzione iniqua
delle ricchezze prodotte non è avvenuta da sola, ma è opera di una classe
dirigente (Bersani si riferiva, come è giusto, allo scenario mondiale). Ed
anche Paesi e società politiche dalle quali ci si sarebbe aspettato un
comportamento diverso - segnatamente la Cina - sono stati al gioco: quel Paese,
infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo che tornava comodo
soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla e prestare i soldi
incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre effetti di
"dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali soprattutto sull'Europa,
poiché i costi bassi delle merci cinesi erano in primo luogo dovuti allo scarso
rispetto dei diritti del lavoro (e dell'ambiente, aggiungerei). Uno dei
passaggi a mio parere più interessanti dell'intervento di Bersani si è avuto
quando egli ha affermato che da un lato - come scrive Gianni nel suo libro -
non ci può essere il riformismo in un Paese solo, e che dall'altro regolare i
mercati finanziari è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per
farlo occorre (testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e
per farlo ci vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del
mondo". Ed ha aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la
compongono, che "bisogna ripartire, ma non si può fare da soli"; ed
ha anche indicato una strada precisa: la riduzione delle disuguaglianze, che
oltre a rispondere a ragioni di equità genera anche un grande effetto
economico. E' ben evidente, credo, il grande significato politico - per qualche
verso perfino sorprendente, per qualcuno - che tali affermazioni possono
rappresentare quando calate nella realtà italiana, potendo esse prefigurare
(sto facendo fantapolitica?) modificazioni di "assetto politico" non
marginali. Credo di poter dire che sarà questo uno dei temi principali della
stagione politica che seguirà all'ubriacatura elettorale che finirà in Giugno.
E' poi intervenuto Enrico Cisnetto, che ha sottolineato la sua appartenenza
"azionista" e la sua ascendenza politico-culturale ad Ugo La Malfa.
Egli ha affermato che la crisi spazza via quel "pensiero unico" che
attribuiva al mercato la capacità di fare tutto da solo. Ma Cisnetto assume una
datazione diversa, per la globalizzazione: secondo lui essa ha avuto inizio con
l'89 della caduta del Muro. Mi sembra chiaro che non si tratti di una disputa
cronologica, ma che tale differenza di interpretazione trovi il suo fondamento
in un'analisi politica propria del filone culturale al quale Cisnetto - persona
certamente brillante ed ottimo conoscitore dei fatti e delle ricadute
politico-economiche - legittimamente appartiene. Egli ha previsto, su questo
essendo d'accordo con gli altri oratori, l'approdo non lontano ad un nuovo
ordine monetario. Ma la differenza decisiva fra un "liberal di sinistra"
come Cisnetto e gli altri che sedevano a quel tavolo è il giudizio di fondo
sulla globalizzazione ed i suoi effetti: egli riconosce le disuguaglianze da
essa generate, ma valorizza l'effetto assoluto di miglioramento delle
condizioni di vita che ha comportato - per esempio in Cina
- per grandi masse (centinaia di milioni) di persone (è un po', mi sembra, il
discorso introdotto da Kennedy e ripreso dai fautori della globalizzazione,
della "alta marea che solleva tutte le barche", che anche un liberal
come Stiglitz, vorrei ricordare a Cisnetto, ha più volte contestato, dicendo
che quella marea ha invece distrutto, con i suoi effetti, le barche più piccole
e fragili: non è questo che è successo?). Alfonso Gianni, nel suo intervento
conclusivo, ha manifestato la sua distanza dalle valutazioni di Cisnetto: pur
non sottovalutando il miglioramento delle condizioni di vita di grandi masse
cinesi - egli ha detto con cognizione di causa, essendo stato più volte in Cina durante il suo sottosegretariato - non si può e non si
deve dimenticare che questo effetto positivo, verificatosi soprattutto per le
popolazioni costiere della Cina, è stato assolutamente
ininfluente sulle condizioni delle popolazioni interne, che continuano a vivere
in stato di grande povertà. Anche in questo, io penso, si manifestano le
differenze politiche: nelle cose a cui si guarda, nel fatto che si faccia
prevalere la soddisfazione per il bicchiere mezzo pieno o il rammarico per
quello mezzo vuoto. La sinistra, io credo, deve sempre puntare a riempire il
bicchiere, senza mai accontentarsi e senza smettere mai di tenere sguardo ed
agire volti a tale fine. Bertinotti ha anch'egli esordito con l'esplicito
apprezzamento del libro di Gianni, aggiungendo che il suo maggior cruccio sta
nel fatto che non esistono luoghi in cui si possa riunirsi per studiare e
riflettere insieme, poiché questo genera una dispersione di energie e
competenze che potrebbero essere messe a buon frutto: "i luoghi della
ricerca, a sinistra, si sono desertificati", ha egli affermato con
rammarico, ed assumendosi anche la propria parte di responsabilità per non aver
saputo porre rimedio a questo. Egli ha poi fatto un intervento, abbastanza
lungo, nel quale ha ripresentato le tesi - peraltro molto vicine a quelle di
Alfonso Gianni, il che non sorprende in due persone che hanno avuto per lunghi
anni un intenso sodalizio, intellettuale oltre che politico in senso stretto,
mai dismesso anche se forse un po' allentato, per necessità oggettive, negli
ultimi tempi - che ha espresso in più occasioni negli ultimi tempi (ricordo le
sue "15 tesi per la sinistra", nonché - oltre ad alcuni interessanti
scambi con Rossana Rossanda - i suoi vari interventi su "Alternative per
il socialismo", la rivista che dirige, ed in particolare quello sull'ultimo
numero 8, intitolato "La costituente di una nuova sinistra, dopo la fine
della controriforma"). Ma un punto mi interessa soprattutto evidenziare,
un'affermazione fatta da Bertinotti in risposta ad una domanda di Myrta
Merlino: egli ha testualmente affermato che "la radicalità non basta, deve
stare insieme all'unità". Affermazione di non poco conto; essa mi ha
richiamato alla mente un precedente di poche settimane fa, quando, in occasione
della presentazione del bel pamphlet di Aldo Carra "Ho perso la sinistra"
(di cui è stato scritto su questo giornale) ebbe a richiamare la proposta di
Giorgio Amendola, dell'Ottobre del '64, di un "partito unico della
sinistra", dicendo di essa (testualmente: e ricordo che tale affermazione
fu intelligentemente colta e sottolineata da Aldo Garzia, che conduceva il
convegno), che "forse a quell'epoca la proposta non era giusta, ma oggi
chissà......". C'è da chiedersi se tali insistenze e ripetizioni non
abbiano un senso politico, al di là di quello che hanno sul piano storico e
culturale; e se il fatto che esse siano espresse in coincidenza con
affermazioni come quelle - richiamate più sopra - di un politico come Bersani
sia casuale o se invece possa essere suscettibile di qualche lettura e di
qualche proiezione nella realtà politica che viviamo. Alfonso Gianni ha fatto
un intervento conclusivo abbastanza lungo ed articolato - quasi un 12° Capitolo
del suo libro, o quanto meno una corposa Appendice. Fra le molte possibili, due
sole cose, per brevità, voglio mettere in evidenza. La prima è che Gianni ha
richiamato fortemente il ruolo che può avere il "riformismo" (parola
non proprio ricorrente nel lessico della "sinistra alternativa", né
da essa generalmente molto apprezzata), ricordando anche di avere posto in
esergo al 1° Capitolo del libro (e la gerarchia della collocazione
probabilmente non è casuale, ritengo) un brano tratto da un intenso articolo,
del 1982, di Federico Caffè, intitolato "La solitudine del
riformista" (chi volesse leggerlo per intero lo troverà nella raccolta di
articoli di Caffè pubblicata da "il manifesto" nel 2007, con il
titolo "Scritti quotidiani"). Questa focalizzazione del ruolo del
"riformismo" - che può essere "rivoluzionario", come Gianni
ha detto - fatta da una persona come lui non può non fare riflettere. In
secondo luogo, l'Autore ha ricordato il grande compito che sta di fronte alla
sinistra (mondiale, e quindi anche europea ed italiana), che deve essere capace
di elaborare una proposta politica all'altezza dei tempi, per concepire ed
esprimere la quale non bastano più i giganti sulle cui spalle ci siamo
appoggiati finora: essi continuano ad essere utili, ma da soli non sono
sufficienti. Dobbiamo rimanere, ha detto Gianni, sulle loro spalle, ma non
avendo lo sguardo rivolto all'indietro, come nel dipinto del 1920 "Angelus
novus" del pittore tedesco Paul Klee, bensì guardando in avanti. Parole,
anche queste, non prive di significato. Sarà interessante vedere se tutti
questi "indizi" (se sono realmente tali, e non invece fortuite
coincidenze, anche se è difficile crederlo) dimostreranno, nel prossimo futuro,
di avere un fondamento più concreto e di poter condurre ad un qualche approdo.
Intanto, vale la pena di leggere il testo di Gianni e dedicarvi molta
attenzione, per le molte aperture che esso contiene e per le molte rfilessioni
che può indurre. Un bel libro: rigoroso, utile, ben scritto.
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il lavoro e i
diritti per la democrazia FAusto Pettinato*, 03 aprile 2009, 13:48 Dibattito Mentre in questi anni di globalizzazione, il
capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è convenuto, e ha de localizzato
la produzione altrove, il sindacato in Italia, invece di sforzarsi a diventare
anch'esso soggetto unico e quantomeno europeo, non ha saputo fare di meglio che
dividersi su tutto. Il caso della Indesit, rappresenta solo l'ennesimo
scandalo Italiano. Solo sulle divisioni del sindacato si può spiegare
l'arroganza e la stupidità di Berlusconi La destra usa la crisi per ridisegnare
gli assetti di potere e le relazioni sociali, mentre il sindacato in Italia è
rimasto senza bussola costretto a rincorrere di volta in volta le crisi e i
focolai che si aprono in ogni angolo del paese. Essi, insieme alla così detta
sinistra moderata Italiana, si sono adeguati negli anni, al laisser - faire. Un
sindacato insomma, che si è adeguato e adagiato, a diventare struttura
bilaterale di semplice consulenza del potere, rinunciando al proprio ruolo di
soggetto rivendicatore. Solo così si spiega l'aumento vertiginoso dei profitti
del capitale negli ultimi quindici anni. Di contro, il drastico abbassamento
del potere d'acquisto dei salariati e pensionati, provocando quell'allargamento
di forbice che è sotto gli occhi di tutti. Scenario che per la verità,
purtroppo, avevo previsto e scritto oltre dieci anni fa. Manifestando in tale
periodo, oltre l'impoverimento di una massa sempre più consistente, la crisi di
una tenuta democratica del nostro paese. Mentre in questi anni di
globalizzazione, il capitale ha fatto girare i soldi dove più gli è convenuto,
e ha de localizzato la produzione altrove, il sindacato in Italia, non ha
saputo fare di meglio che dividersi su tutto. Il caso della Indesit,
rappresenta solo l'ennesimo scandalo Italiano. Viceversa, se il sindacato si
fosse sforzato a diventare anch'esso soggetto unico e quantomeno Europeo, penso
che questo fenomeno almeno in Europa oggi, non sarebbe stato più conveniente.
Il parlamento Europeo, che a breve ci accingeremo a votare, può ancora sottrarsi
a questo problema? O forse non è anche compito suo legiferare e superare il
trattato di Maastricht? Come si concepisce un'Europa unita se esistono ancora
disparità enormi di trattamenti salariali e diritti delle persone? Il caso
Indesit, rappresenta l'ennesima truffa a danno dei contribuenti Italiani, e non
solo, rappresenta anche l'incapacità di una certa classa imprenditoriale. Il
gruppo Merloni, si prende i soldi pubblici per acquisire a suo tempo l'Indesit,
più gli incentivi statali a sostegno dell'industria elettrodomestici, mentre
oggi vuole chiudere in Piemonte, spostando la produzione in Polonia dove
peraltro si prevede un accordo con il governo Polacco di aiuti pubblici, in
cambio di assunzioni. Sfido chiunque a dimostrare il contrario, nel senso che,
in questi termini anche un bambino senza capitali saprebbe fare l'imprenditore.
Dov'è il rischio imprenditoriale? Dov'è la capacità manageriale? Magari nel
frattempo, Maria Paola Merloni (amministratore dell'azienda paterna) siede in
parlamento nel gruppo PD, nello stesso partito dell'On. Cesare Damiano che
ovviamente, è contro il piano Merloni. Ora, sembra che finalmente G. Epifani,
stia iniziando a capire quanti errori e diritti si sono lasciati per strada
negli ultimi anni. Per esempio: aver abolito nel 1993 i Consigli di Fabbrica,
sostituendoli con le RSU che non sono la stessa cosa. I CdF rappresentavano la
spina dorsale del sindacato, poiché essi venivano eletti su scheda bianca e
senza candidature, a differenza delle RSU che sono la spartizione scientifica
in percentuale delle OO. SS. Insomma, così come molti di noi contestarono
quell'accordo, un colpo mortale al fulcro del potere nelle aziende, alla
democrazia, alla partecipazione, ma soprattutto, alla vitalità politica e
organizzativa dei Consigli di Fabbrica. Di contro, Cisl e Uil, stentano a
percepire la gravità del momento storico, e continuano a vivacchiare firmando
accordi anche senza la Cgil, pur di sedersi a tavoli e tavolini, contrattando
forse anche sottobanco quei privilegi che il Ministro Brunetta ne ha fatto la
bandiera dello smantellamento. Privilegi per la quale tutto il sindacato era ed
è a conoscenza come nella funzione pubblica, così come nell'Alitalia, ma che si
guarda bene a smascherare, lasciando la bandiera del dovere oltre che dei
diritti al Ministro. E' sufficiente citare gli oltre tremila dipendenti
pubblici distaccati nei sindacati, che costano alla collettività oltre sedici
milioni di euro, però lavorano nel sindacato. Solo sulle divisioni e ritardi
del sindacato si può spiegare l'arroganza e la stupidità di Berlusconi,
nell'affermare che: "Gli Italiani devono lavorare di più". Proprio
nel momento in cui da tutte le parti si licenzia o si ricorre alla cassa
integrazione. Di fronte a questa tracotanza, è necessario che almeno la Cgil e
il centro sinistra tutto, reagiscano in modo forte e senza tentennamenti. So
bene, quanto pesa sul bilancio di una famiglia una o due giornate di sciopero,
se la Cgil vuole dimostrare davvero di risalire la china e essere a fianco dei
più deboli, faccia una cosa semplice: tutti i dirigenti sindacali a tempo
pieno, nelle giornate di sciopero generale, si decurtino anch'essi una giornata
lavorativa dallo stipendio e la devolvino ai propri iscritti che fanno lo
sciopero. Non sarà tanto, ma è un segnale forte di solidarietà, per far sì che
i propri iscritti e non, riacquistino fiducia. *ex Delegato Fiom-Cgil
( da "Trend-online" del
03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Addio dollar
standard PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Enrico
Cisnetto , 03.04.2009 17:04 Scopri le migliori azioni per fare trading questa
settimana!! In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di
questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà lavvento di un
nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità
esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del dollar
standard? Mica tanto.
Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita,
Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e,
con una decisione storica, hanno fissato per linizio del 2010
lentrata in vigore di una valuta unica, la moneta del Golfo appunto. Dallaltra,
recentemente, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto
(ventilato già nel 2006) di dar vita ad un euro con gli
occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha
dato segnali di
apertura complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30%
sui servizi finanziari a unipotetica entrata nelleuro.
Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime
e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di
attrazione delleuro (ad ovest) e dal cinese yuan (ad est).
Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli
ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino,
di abbandonare il dollar standard per passare ad una
grande divisa mondiale da far nascere sotto legida del Fondo Monetario.
Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, inventata
sessantanni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli
Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il
biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico,
perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, segue pagina
>>
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
G20/ Da partecipanti
Workshop Ambrosetti giudizi variegati di Apcom Roubini lo promuove, da Roach
appena la sufficienza -->Cernobbio (Co), 3 apr. (Apcom) - Giudizi variegati
sugli esiti G20 di Londra tra economisti, manager e politici presenti al workshop
The European House - Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari apertosi
oggi a Cernobbio. Secondo il presidente di Morgan Stanley Asia, Stephen Roach,
si sono sentite "molte parole" ma c'e' stata "poca
sostanza". "Darei i pieni voti agli sforzi e alla scenografia e la
sufficienza ai risultati", ha commentato criticamente il manager. Secondo
Roach, il principale problema del mondo oggi è lo squilibrio globale e
destabilizzante fra le nazioni che risparmiano troppo poco come gli Stati Uniti
e quelle che risparmiano troppo come la Cina.
"Non avere affrontato gli squilibri globali che sono all'origine della
crisi" per Roach e' proprio "la carenza dell'accordo" annunciato
ieri. Roach ha manifestato "sorpresa" per l'aumento dei fondi
destinati al Fmi, anche se "non si sa come saranno usati". Inoltre,
ha rilevato, "sei mesi fa il G20 a Washington si e' espresso contro il
protezionismo e invece da allora ben 17 Paesi su 20 hanno adottato misure
protezionistiche e questo non va bene". Piu' positivi i commenti degli
altri economisti intervenuti al dibattito di questa mattina sul quadro
economico globale. "Sono piu' positivo - ha detto Jacob Frenkel,
presidente del Gruppo dei Trenta e vicepresidente di Aig - il 50% del lavoro
consiste nello stabilire i problemi, e questi sono stati individuati; inoltre
si e' ristabilito un clima di fiducia. Il fatto stesso che i capi di Stato
abbiano raggiunto un accordo, e' molto importante". Frenkel ritiene che
non ci si dovrebbe chiedere se qualcuno abbia vinto e qualcuno perso: "non
e' una partita di calcio. In questa situazione, vinciamo tutti o perdiamo
tutti", ed e' proprio questa consapevolezza che ha portato i 20
all'accordo. Giudizio favorevole anche da parte dell'economista Nouriel Rubini:
"nel suo insieme il G20 e' stato positivo e ha avuto successo, c'e' stato
un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non e' la soluzione di
tutto". A Roach, secondo il quale il gruppo davvero importante non e' il G20 ma il G2 formato da Usa e Cina
("il maggiore consumatore e il maggiore produttore del mondo"), ha
replicato in senso del tutto opposto Norbert Walter, capo-economista di
Deutsche Bank. "Se c'e' un modo di ripensare le regole globali - ha detto
- Usa e Ue sono i primi che
possono definire degli standard validi nel tempo". Secondo
l'economista tedesco gli europei "sono stati bravi da 20 anni a questa
parte a sviluppare i mercati finanziari" e adesso "dovrebbero parlare
con una voce sola e farsi sentire". Frenkel ritiene necessaria
un'armonizzazione delle regole "altrimenti si ha un arbitrage normativo
che non e' salutare", ma senza ricorrere a una nuova istituzione e
puntando piuttosto di piu' sul coordinamento. (segue)
( da "Stampaweb, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il pellegrinaggio
del presidente americano Barck Obama è appena cominciato. Dopo Londra, dove è
stato impegnato ieri al G20, e oggi a Strasburgo per il vertice Nato, il fine
settimana lo vedrà arrivare a Praga, per lattesissimo, almeno da
parte europea, summit
con i vertice dellUnione in cui troverà ad attenderlo i
Ventisette leader pronti a parlare con lui di Afghanistan e cambiamento
climatico. Quando al visita era stata annunciata, qualche settimana fa, essa
era il fiore allocchiello della presidenza ceca e del governo di Mirek Topolanek. Ora che quel
governo, di fatto, non cè, la visita potrebbe addirittura rivelarsi
imbarazzante per entrambe le parti. Tanto per cominciare il debutto avverrà con
un discorso pubblico, nella piazza del castello di Praga, in cui Obama dovrebbe spaziare
su tutti i principali temi in agenda, a cominciare dalla politica estera, le
relazioni Usa – Ue, e dal rinnovato dialogo con la
Russia di Medvedev, cosa che potrebbe far storcer il naso a qualcuno, allest,
considerato che
proprio a Praga inizio quella rivoluzione di velluto che diede uno degli
scossone finali allUnione Sovietica. Tutti temi che il
presidente affronterà nuovamente, questa volta a porte chiuse, con i leader
europei, accompagnati dal presidente della Commissione, Josè Barroso, e dal
commissario alle relazione esterne, Benita Ferrero-Waldner. Due ore a parlare
di impegno in Afghanistan, crisi economica e approccio al vertice sul clima di
Copenaghen. “Ci sarà pochissimo tempo e un incredibile numero di leader tutti
nella stessa stanza – ha commentato il vicepremier ceco Alexandr Vondra che,
insieme al recentemente sfiduciato premier Mirek Topolanek tiene le redini
della presidenza Ue fino alla fine di giugno. Peccato che probabilmente fino
alla fine di giugno non saranno più gli attuali ministri a tenere anche le
redini del governo di Praga, non essendo ancora ben chiaro cosa ne sarà nelle
prossime settimane del governo Topolanek. Un vero problema se si fa lelenco
di tutti i summit futuri che la presidenza ceca si era premurata di convocare al suo insediamento.
In programma nei prossimi mesi ci sarà un summit sul partenariato orientale,
uno sul corridoio energetico meridionale, un mini – summit in maggio sulloccupazione,
seguito a ruota da due vertici con la Russia e con la Cina, senza contare il tradizionale appuntamento di metà giugno, con
il consiglio europeo conclusivo della presidenza, e gli oltre diciassette
incontri a livello ministeriale pianificati in poco meno di tre mesi. Il
rischio, dicono a Bruxelles e Praga, è che probabilmente alcuni vertici
sensibili, come quello sul partenariato orientale o con la Russia saranno
presieduti dal presidente della Repubblica Ceca, Vclav Klaus, che oltre
ad essere un noto euroscettici pare abbia anche visioni diverse da Bruxelles in
parecchi altri campi. Fu uno dei pochi, se non lunico leader
europeo, ad appoggiare la campagna Russia in Georgia questestate, ma
Vondra è sicuro che “il presidente Klaus in quelle occasioni porterà la visione
del Consiglio europeo, come un leale giocatore della scena europea”. sarà, viceversa potrebbe
rivelarsi solo un altro passo falso di questa imprevedibile presidenza.
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( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Nordcorea/ Usa: negoziati disarmo devono riprendere di Apcom Malgrado
il lancio di missile che Pyongyang sta per effettuare -->Washington, 3 apr.
(Apcom) - Gli Stati Uniti sperano ancora di riprendere i negoziati sul disarmo
nucleare della Corea del Nord entro un termine "ragionevole", anche
se il regime comunista sta per effettuare il lancio di un missile. Lo ha
dichiarato l'emissario degli Stati Uniti per la Corea del Nord, Stephen
Bosworth. "Continuiamo ad attendere con grande
interesse la ripresa" dei negoziati a sei (le due Coree, gli Stati Uniti,
la Russia, la Cina e il
Giappone) sul disarmo, ha detto Bosworth durante una conferenza stampa.
"Questo resta il nostro obiettivo a lungo termine e desidereremmo tornare
a questo obiettivo entro un termine il più ragionevole possibile", ha
aggiunto. (fonte Afp)
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il convitato di
pietra Silvana Pisa, 03 aprile 2009, 19:40 Approfondimento Tre summit
internazionali in Europa in questa sola settimana: oltre al G 20, la conferenza
dei donatori per l'Afghanistan all'Aja e le celebrazioni per il 60°
anniversario dell'Alleanza Atlantica a Strasburgo e dintorni. Il legame tra
questi appuntamenti è anche simbolico perché la Nato si gioca a Kabul la sua
credibilità La conferenza dei donatori è stata enfatizzata dai commentatori più
per l'incontro ravvicinato di "pacificazione" tra Stati Uniti e Iran
che per le decisioni prese su nuove strategie. Dalla prima conferenza dei
donatori di Bonn del dicembre 2001 -a cui aveva già partecipato l'Iran - le
risorse internazionali messe realmente in campo per la ricostruzione del paese
sono sempre state la metà di quelle ufficialmente stanziate. Non solo: dei
soldi trasferiti più della metà è ritornata ai donatori sotto forma di stipendi
al personale straniero, consulenze, prebende,ecc. Con un ulteriore dato
spiazzante: sul totale, la cifra destinata al militare si è sempre rivelata
almeno dieci volte superiore a quella per il national building. Questa
sproporzione - generalizzata per tutti i paesi coinvolti nell'occupazione
afgana - nel Parlamento italiano è stata costantemente denunciata dalla
Sinistra ad ogni singolo rinnovo della missione. Con queste condizioni economiche,
non stupisce che, a più di 8 anni dall'occupazione, la ricostruzione
dell'Afghanistan (scopo ufficiale della missione ISAF a cui partecipa il nostro
paese) sia fallita: preludio ad un complessivo fallimento strategico militare.
Che il tema del conferimento delle risorse sia sempre più urgente per la
stabilizzazione dell'intera regione "Afpak" è confermato sia dallo
stanziamento statunitense per il Pakistan di un miliardo e mezzo di $ per i
prossimi 5 anni, sia dalla nuova strategia Usa per
l'Afghanistan, illustrata anche all'Aja, favorevole ad un "surge"
civile oltreché militare (ventimila militari in più, compresi gli addestratori,
che portano le forze occupanti ad un totale di ottantamila unità). Basteranno
più soldati e più risorse oltre ad una maggior coinvolgimento diplomatico dei
paesi limitrofi (Iran, India, Cina
e Russia) per uscire dalla sempre più limacciosa palude afgano-pachistana? Il
punto critico è che le strategie sul campo continueranno a restare
prevalentemente militari (utilizzo di tattiche aeree e di bombardamenti con
conseguenti massacri di civili) e la commistione militare continuerà a
riguardare anche gran parte degli aiuti civili (PRT e CIMIC). Di più: la
denuncia della corruzione, evidenziata anche all'Aja, non è una novità. Da anni
domina l'economia dell'Afghanistan: ma per colpire i corrotti occorre agire
contemporaneamente anche sui corruttori e in questo caso anche gli occidentali
dovrebbero farsi un esame di coscienza. Non è nemmeno nuova - tranne che per
Frattini - la richiesta di una trattativa coi talebani "moderati". Il
punto è che alle ripetute sollecitazioni di Karzai a trattare, i talebani hanno
risposto di essere interessati solo a condizione del ritiro delle truppe
straniere dal paese. Che questo sia il vero obbiettivo del
"quadrilatero" talebano (talebani afgani, talebani pachistani,
servizi segreti pachistani, residui Qaedisti) è dimostrato dal fatto che ad un
aumento delle attività belliche della coalizione è corrisposto, recentemente,
una progressiva escalation di attentati in Pakistan, il raddoppio nell'utilizzo
di ordigni esplosivi nelle strade afgane, il ripetersi di attentati kamikaze
nei due paesi. Sull'aumento di forze militari gli alleati atlantici vengono
sollecitati in questi stessi giorni dal presidente Obama e dalla Nato: è
prevedibile che la sollecitazione verrà accolta (l'Italia, che ha già in
Afghanistan 2800 militari, ha deciso l'invio di altri 320 carabinieri per le
elezioni e per l'addestramento, superando così la fatidica soglia delle tremila
unità) anche se la crisi economica, che fino ad ora non ha toccato le spese
militari, spingerà ad un'adesione entusiasta prevalentemente di facciata. Nel
summit Nato si bypasserà, come sempre, il peccato originale dell'intervento
atlantico in Afghanistan: la lasca legalità che ha trasformato - senza
preventiva autorizzazione dell'Onu - una missione di assistenza e ricostruzione
in una missione di guerra. Del resto forzature e violazioni nei confronti della
legalità internazionale fanno ormai parte della storia consolidata della Nato a
partire dalla fine della sua missione originaria che consisteva nella
costruzione di un ombrello difensivo in opposizione alle forze del Patto di
Varsavia. Invece, prima ancora dell'ufficializzazione di un suo "nuovo
concetto strategico" che, modificando un'alleanza ormai priva di senso, ne
costituisse la giustificazione, la Nato è intervenuta "fuori area"
nei Balcani bombardando Belgrado, al di fuori di un mandato dell'Onu. Un mese
dopo, il 25 aprile del 1999, la "sanatoria": gli accordi di
Washington ufficializzano la nuova Nato. Non più alleanza difensiva ma
offensiva, non più solo militare ma anche politica, non più geograficamente
limitata ma globale. E' morto il re, viva il re. Tutto ciò non poteva non
creare effetti a catena sia rispetto all'Onu (progressivo esautoramento delle
Nazioni Unite) sia rispetto ad una Unione Europea politicamente ancora in fieri
e perciò carente di una politica estera e di sicurezza comune. Vale la pena
ricordare che gli Stati Uniti hanno sempre teorizzato la loro contrarietà
all'emergere di un sistema di difesa europeo autonomo che "potesse
destabilizzare la Nato". Funzionale a questa ipotesi è stata la forzatura
della Nato all'adesione dei paesi dell'Est Europeo all'alleanza. Forzatura
voluta dagli Stati Uniti -azionista di maggioranza della Nato - che ha portato
alla divisione tra Nuova e Vecchia Europa e ha destabilizzato gli equilibri
strategici della Russia con l'accordo sull'installazione dello scudo
antimissile in Polonia e repubblica Ceca. A proposito dello scudo la politica
estera di Obama ha fatto un passo indietro stemperando tensioni che fino a
pochi mesi fa (guerra di Georgia) risultavano esplosive. Se in occasione della
guerra georgiana il presente di turno della Ue- all'epoca Sarkozy - è riuscito
ad esercitare un ruolo diplomatico autonomo di pacificazione, dovrebbe stupire
che invece il Vecchio Continente si stia nel complesso adeguando ad una
strategia come quella della Nato che mina la sovranità dei paesi membri: si
tratta della proposta, che uscirà dal summit, di emendamenti che vietano ai
singoli paesi di dissociarsi da una guerra o di calibrarne attraverso i caveat
la partecipazione, qualora la maggioranza degli alleati decida diversamente. Il
summit di Strasburgo è stato preceduto, il 19 febbraio scorso, da un altro
segnale preoccupante: il parlamento della UE ha votato, a stretta maggioranza,
per un partenariato ancora più stretto con la Nato su questioni strategiche,
rinunciando - di fatto - all'esercizio di una politica estera e di sicurezza
autonoma e delegandone invece alla dimensione militare alla Nato (e in sostanza
agli Usa). Del resto lo stesso Obama, quando a
Strasburgo esprime la volontà "di un'Europa con capacità militare
rafforzata nella Nato", non "rinsalda" il rapporto col Vecchio
Continente nella scia della subalternità? E' solo un modo per pretendere più
militari, più risorse, più mezzi per una guerra sbagliata e ingiusta come
quella dell'Afghanistan? Che poi pensi di convincere in questo senso evocando
che Al Qaeda ( ..al lupo, al lupo)è "più probabile che colpisca in Europea
che negli USA", è avvilente. Anche perché gli attentati a Madrid e a
Londra ci sono già stati e a nulla è valso che truppe spagnole e inglesi
fossero già in Afghanistan. Semmai il contrario.