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Report "Globalizzazione" 28-2-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Diritti a Pechino affare americano ( da "EUROPA ON-LINE" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: annuale Human Rights Report del Dipartimento di stato Usa, che definisce «cattivo», e anche «peggiorato», il bilancio dei diritti umani in Cina, citando tra l?altro la repressione delle minoranze etniche nello Xinjiang e in Tibet e denunciando «eliminazioni e torture » inflitte agli oppositori. La reazione di Pechino («gli Usa smettano di farci da guardiani »),

Jenna (Value Partners): c'è ancora poca Italia in Cina ( da "Milano Finanza" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: China Telecom usa quella adottata negli Stati Uniti e in Giappone, Unicom quella europea, mentre China Mobile ha adottato uno standard sviluppato in Cina», spiega Jenna. «Value Partners conta di sfruttare al meglio l'esperienza accumulata nella consulenza nel settore delle telecomunicazioni».

<Creiamo ricchezza, anche nei Paesi in via di sviluppo> ( da "Secolo XIX, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: locali in Cina, Giappone, Usa e Russia?». La provoco: inquinando l'atmosfera. «Non capisco perchè prendersela con i fiori. E allora il tabacco, o il cacao, gli altri prodotti? Il fiore à allegria, natura, piacere, ha un valore simbolico. E poi, se parliamo di trasporti, Rimini cosa dovrebbe fare, una campagna contro i tour operator che portano milioni di italiani in giro per il mondo?

A Roma, violente manifestazioni contro il presidente americano Richard Nixon. Lo si accusa delle atr... ( da "Messaggero, Il (Ostia)" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Lo si accusa delle atrocità commesse nel Vietnam, dove l'esercito americano usa il napalm contro la popolazione civile. Sarà ricevuto al Quirinale da Saragat e in Vaticano da Paolo VI. Nixon manderà il primo uomo sulla Luna e pacificherà i rapporti con Russia e Cina. Ma nel 1974 dovrà dimettersi in seguito allo scandalo Watergate.

La comune LEGGE ( da "Manifesto, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: potenzialmente espansiva che si candidino a disciplinare una nuova globalizzazione delle regole, senza perciò «limitarsi» alla finanza. Si invoca il diritto come strumento di posa in opera di alcuni concetti (spesso stravolti) che sono stati frettolosamente ripescati dall'ideario ocidentale, più per ragioni simboliche che di effettivo contenuto: a) pensare ad una nuova Bretton Woods;

Dall'Europa ai migranti ( da "Manifesto, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione» di Sandro Mezzadra (ombre corte). Per un tentativo di recupero militante del diritto pubblico, «Il diritto pubblico fra crisi e ricostruzione» (a cura di A. Lucarelli, La Scuola di Pitagora). Una conversazione globale sulla crisi cui i lettori del Manifesto potrebbero contribuire: www.

Crescita non fa rima con benessere ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: del mondo globalizzato, è necessaria, da un lato, l'"apertura ad un patrimonio trascendente di valori" e, dall'altro, una saggia gestione dei beni materiali e delle relazioni tra le persone e tra i popoli. La struttura del discorso del documento papale ha lo scopo di pervenire, nella spiegazione dei mali dell'umanità causati dalla cattiva gestione delle risorse dei beni materiali,

fondi usa pronti a investire a pordenone ( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In chiusura Giovanni Pavan ha presentato realtà e risultati del Consorzio Universitario, Maurizio Cini, presidente di Unindustria, ha ricordato che «in questo territorio l'innovazione si declina nella manifattura. Il nostro è un territorio ricco di opportunità che dobbiamo far conoscere».

Usa-Cina: Raggiunto accordo su ripresa scambi militari ( da "KataWeb News" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa-Cina: Raggiunto accordo su ripresa scambi militari 28 febbraio 2009 alle 09:49 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare:

Le schegge della crisi sull'ombrellino. ( da "Blogosfere" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: debito USA che farà felici paesi come la Cina che detengono il 70% del debito USA acquistato peraltro stampando moneta a go-go giacchè in Cina l'inflazione non è ritenuto un problema ed un dato statistico. L'Europa sta reagendo diversamente, fortunatamente, in primis perchè la crisi sta avendo un effetto sul PIL e sull'occupazione decisamente ridotto rispetto al resto del pianeta,

09:42 USA-CINA, RIPRENDONO GLI SCAMBI MILITARI ( da "Agi" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: USA-CINA, RIPRENDONO GLI SCAMBI MILITARI (AGI) - Pechino, 28 feb. - Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare: lo ha annunciato David Sedney,

USA-CINA: RAGGIUNTO ACCORDO SU RIPRESA COLLABORAZION MILITARE ( da "Agi" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: USA-CINA: RAGGIUNTO ACCORDO SU RIPRESA COLLABORAZION MILITARE (AGI) - Pechino, 28 feb. - Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare:

Pianeta ko? Colpa della sovrappopolazione ( da "Affari Italiani (Online)" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Italia e Germania e a breve anche Cina e Stati Uniti. Un altro gruppo di stati invece raddoppierà la popolazione entro il 2050, fra questi l'Etiopia, il Congo e l'Uganda. Se anche ci si limitasse a osservare la lista, senza il supporto di dati statistici, è facile capire il nesso fra progresso, e con esso soprattutto l'alfabetizzazione,

Frattini a Teheran entro marzo Svolta per la politica estera Pdl ( da "Repubblica.it" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Bretagna e Germania siedono assieme a Usa, Russia e Cina per decidere le sanzioni all'Iran. Deve quindi seguire le linee politiche (e anche le sanzioni) decise da altri, senza poter contribuire a costruire - se non marginalmente - la politica verso l'Iran. L'allarme americano. Il vero campanello d'allarme è suonato però quando è salita al potere la nuova amministrazione americana.

La strada senza uscita del protezionismo ( da "Denaro, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: mentre quasi quotidianamente vengono rinnovate solenni promesse di combatterlo, il protezionismo avanza."Di fronte a una crisi come l'attuale, con l'intervento crescente dei governi e cioè dei contribuenti osserva ancora Siniscalco- qualche forma di protezionismo è quasi inevitabile e porta con sé la de-globalizzazione, anche se non ha la violenza degli anni 30".

Atenei, ecco i magnifici sette ( da "Denaro, Il" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La seconda questione riguarda l'impatto più accentuato della globalizzazione sul mercato del lavoro meno qualificato e quindi sul tenore di vita delle loro famiglie: il che, in assenza di meccanismi politici o sociali di riequilibrio nella distribuzione nel reddito, si può tradurre in un aumento della disuguaglianza".

E Obama può solo sperare nella Cina">La NordCorea punta i missili sugli Usa E Obama può solo sperare nella Cina pag.2 ( da "Affari Italiani (Online)" del 28-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Sabato 28.02.2009 13:51 Infatti, finchè a Pyongyang non sarà chiaro chi ha "il dito sul bottone", la Clinton, il Giappone e la Corea del Sud possono solo fare affidamento sui buoni uffici della Cina, che però sembra giocare anche su questo tavolo in maniera ambigua.


Articoli

Diritti a Pechino affare americano (sezione: Globalizzazione)

( da "EUROPA ON-LINE" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nel Pd nasce una non-corrente di parlamentari nel nome della continuità con il Lingotto. Sullo sciopero virtuale i democratici non si dividono: la via maestra resta la concertazione. Dopo la visita di Hillary, la Cina prende le misure alla nuova America di Obama e della crisi. Diritti a Pechino affare americano VALENTINA LONGO Il trentesimo anno del nuovo corso delle relazioni diplomatiche cino-americane, celebrato un mese fa, è stato recentemente messo alla prova da due eventi. La prima missione all?estero del neosegretario di stato Usa è stata accompagnata dalle polemiche, avendo Hillary Clinton dichiarato ? prima di atterrare a Pechino ? che le questioni ?diritti umani? e ?Tibet? non avrebbero interferito con le main issues in discussione: clima e crisi economica. Successivamente ? l?altroieri ? c?è stata la pubblicazione dell?annuale Human Rights Report del Dipartimento di stato Usa, che definisce «cattivo», e anche «peggiorato», il bilancio dei diritti umani in Cina, citando tra l?altro la repressione delle minoranze etniche nello Xinjiang e in Tibet e denunciando «eliminazioni e torture » inflitte agli oppositori. La reazione di Pechino («gli Usa smettano di farci da guardiani »), sebbene «caustica», secondo il New York Times non è stata poi troppo diversa da quella avuta in occasione del precedente report, tanto che in qualche caso cita le stesse parole di un anno fa. Secondo il sinologo francese Jean-Luc Domenach, autore del recente La Cina inquieta (Perrin 2008), i due episodi raccontano molto dello stato attuale dei rapporti cino-americani. Pesano i 400 miliardi di dollari di scambi annuali, ma anche i gemellaggi siglati (coinvolgono 145 coppie di città) o l?interesse degli studenti americani di università come Yale per il paese asiatico. I cinesi, però, spiega Domenach a Europa, oggi sono «molto preoccupati di quello che farà la nuova amministrazione americana », e hanno molte ragioni per non fidarsi ora che è anche finita l?era Bush: «Con i repubblicani i rapporti erano di maggiore sfiducia, ma i ruoli erano chiari», afferma il professore di Sciences Po. Inoltre, i cinesi diffidano ancora dell?ex first lady che nel 2003, pubblicato il suo Living History, contesto i tagli «censori » operati dall?editore Yilin Press nel tradurre l?opera. Ma la diffidenza di Pechino coinvolge anche altri aspetti. Manterrà, si chiede la Cina, il suo ruolo strategico rispetto agli Stati Uniti e alla loro presenza nel Sudest asiatico, lì dove si gioca la lotta per il potere del futuro, che è ancora con l?India? Per ora non è noto, non avendo ancora Barack Obama delineato a pieno la sua strategia in Afghanistan, né il futuro dei rapporti Usa con il Pakistan. E il ruolo della Cina come player nella regione dipenderà da come Obama intende proseguire la lotta contro il terrorismo. Su questa speciale relationship pesano anche altre due questioni: il Tibet, innanziutto. Questo è il mese in cui si celebra il cinquantesimo anniversario dell?insurrezione ? ricordato anche da una grande mostra appena inaugurata a Pechino ? eppure il capodanno tibetano non è mai stato tanto sottotono. Peggio. I turisti sono stati invitati a restare fuori dalla regione per tutto il mese di marzo e intanto si avvicina anche il primo anniversario della protesta dei monaci a Lahsa (sulla cui gestione il report del Dipartimento Usa è seriamente critica). Diverso, ma altrettanto imponderabile, sarà anche il peso che giocherà la crisi economica, che sta coinvolgendo enormemente la Cina, anche se è difficile prevedere cosa comporterà in termini di nuove esigenze della popolazione. Effetti contrastanti difficili da prevedere, secondo Jean-Luc Domenach: a muovere le proteste oggi potrebbe essere il malcontento per i problemi, nuovi o mai risolti, o solo il desiderio di libertà. Ma resta una realtà fuori dal controllo, sia cinese che americano.

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Jenna (Value Partners): c'è ancora poca Italia in Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Milano Finanza sezione: congiuntura data: 28/02/2009 - pag: 11 autore: Jenna (Value Partners): c'è ancora poca Italia in Cina In Cina questo è l'anno del bue, animale che rappresenta il duro e onesto lavoro. E dovrebbe porre rimedio ai disastri combinati nel 2008, l'anno del topo, simbolo dei furbi. Ne è convinto Ruggero Jenna, responsabile di Value Partners China, che lavora a Shanghai dal settembre 2004. La società di consulenza strategica è presente in Cina dal 2005 con uffici anche a Pechino e a Hong Kong per affiancare le aziende italiane già presenti in questo mercato, o che stanno valutando di entrarvi, e per offrire servizi di consulenza strategica e di M&A anche ai grandi gruppi cinesi che si affacciano sui mercati internazionali. I dati sulla crescita cinese nel primo trimestre 2009 non sono ancora noti, ma già nel quarto trimestre 2008 l'economia del Paese ha accusato una brusca frenata, superiore alle attese. Eppure dall'inizio dell'anno la borsa di Shanghai ha guadagnato il 13,6%, una performance che fa invidia alle principali piazze finanziarie mondiali. Segno che il mercato ha fiducia nelle capacità di reazione di Pechino. «Il governo cinese», spiega Jenna, «non ha debito, bensì enormi riserve in valuta estera. Quindi dispone delle risorse necessarie per stimolare l'economia». E le aziende italiane devono avere il coraggio di cogliere le opportunità che si presentano adesso, in questo momento di crisi. «La Cina sta cambiando», dice Jenna, «e così deve cambiare anche l'approccio delle aziende italiane. Le esportazioni stanno soffrendo molto, in particolare quelle verso gli Stati Uniti, mentre sul fronte del basso costo del lavoro e della produzione la Cina è ormai battuta da Paesi come il Vietnam e l'Indonesia. Pechino ha da tempo capito che per mantenere elevati i suoi tassi di crescita deve puntare sullo sviluppo dei consumi interni e si sta attrezzando di conseguenza». E così le aziende italiane, che un tempo investivano in Cina per produrre a basso costo, adesso, secondo Jenna, devono invece guardare a questo Paese come a un mercato di sbocco dei loro prodotti. «Per eliminare gli squilibri dell'economia mondiale», sottolinea il responsabile di Value Partners, «i cittadini americani devono smettere di indebitarsi mentre i cinesi devono risparmiare meno. Ma per raggiungere quest'ultimo obiettivo, Pechino deve per forza creare uno stato sociale, che al momento non esiste perché non c'è un sistema sanitario capillare e nemmeno un sistema pensionistico, per non parlare dei sussidi di disoccupazione La prima riforma che intende attuare il presidente Hu Jintao è quella del sistema sanitario. Certo, ci vorrà del tempo, ma sappiamo anche che i cinesi si sorprendono sempre con la loro rapidità». Jenna segnala anche un'occasione di sviluppo nell'immediato. Pechino ha infatti in programma quest'anno il lancio su larga scala della telefonia mobile di terza generazione. «Si sta preparando una grande sfida sulla tecnologia che prevarrà. China Telecom usa quella adottata negli Stati Uniti e in Giappone, Unicom quella europea, mentre China Mobile ha adottato uno standard sviluppato in Cina», spiega Jenna. «Value Partners conta di sfruttare al meglio l'esperienza accumulata nella consulenza nel settore delle telecomunicazioni». Ma in Cina le società italiane hanno grandi possibilità anche nel settore bancario, dove il livello dei servizi offerti è ancora basso e il settore del risparmio gestito è quasi inesistente e nelle assicurazioni, come hanno già dimostrato di sapere fare le Generali, che gestiscono le 400 mila pensioni degli ex dipendenti di Petrochina, uno dei gruppi più grossi del Paese. E anche le aziende della meccanica e dei beni durevoli, secondo Jenna, hanno tutto l'interesse a investire in Cina, dove c'è ancora troppo poca Italia. Marcello Bussi

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<Creiamo ricchezza, anche nei Paesi in via di sviluppo> (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Creiamo ricchezza, anche nei Paesi in via di sviluppo» intervista al presidente di union fleurs Cepollina difende un settore che vale 2 miliardi: «L'import? Necessario» dal nostro inviato eugenio agosti Imperia. «Anche il nostro settore risente della crisi generale, le aziende investono e creano occupazione. E cosa sento dire alla tivù e leggo sui giornali a San Valentino, uno dei pochi giorni che ci consentono con le vendite di tirare il fiato? Che è meglio non regalare fiori perchè per trasportare i 17 milioni di steli di rosa sul mercato si producono quattro tonnellate di anidride carbonica. Ma il fiore è un bene di consumo storico, importante, che necessita come tutti gli altri prodotti di una sua movimentazione. Sono stupito e amareggiato, è ora di fare chiarezza». San Valentino è agli archivi della storia ma Sandro Cepollina, presidente dell'Union Fleurs, l'organismo che raggruppa i produttori mondiali di fiori, non ha ancora smaltito la rabbia. «Produciamo ricchezza», dice. In che modo, presidente? «Il giro d'affari italiano per quanto riguarda l'export è di 350 milioni di euro all'anno, il fatturato della produzione totale viaggia sui due miliardi. Solo che nella provincia di Imperia, da cui parte il 70% delle esportazioni italiane, il settore occupa 20mila addetti. Per non parlare dell'impatto economico nei Paesi in via di sviluppo». Quali Paesi? «Dal punto di vista sociale le coltivazioni negli ultimi venti anni hanno portato benessere nel sud del mondo e parliamo del Kenia, dove in 70 mila hanno trovato un lavoro sotto il controllo dell'Ilo, il sindacato mondiale, ma anche di Uganda, Etiopia, Costarica, in alcune zone la nostra politica di sviluppo s'è rivolta alle colture alternative agli oppiacei, come in Colombia. Non capisco il perchè di una campagna contro queste produzioni, con il protezionismo non si va da nessuna parte». Con chi ce l'ha? «Guardi, ancora recentemente il presidente del mercato dei fiori di Sanremo ha chiesto di mettere un freno alle importazioni. Sono allibito, la trovo una posizione davvero poco edificante. E allora perchè poi gestisce le risorse per andare a promuovere i prodotti locali in Cina, Giappone, Usa e Russia?». La provoco: inquinando l'atmosfera. «Non capisco perchè prendersela con i fiori. E allora il tabacco, o il cacao, gli altri prodotti? Il fiore à allegria, natura, piacere, ha un valore simbolico. E poi, se parliamo di trasporti, Rimini cosa dovrebbe fare, una campagna contro i tour operator che portano milioni di italiani in giro per il mondo? Lo sa che tutti i giorni la Gran Bretagna importa un milione di sterline di ortofrutta dal Nord Africa, e cosa dire della frutta fuori stagione che arriva da noi da Cile e appunto Nord Africa? Comunque stiamo affrontando il problema». In che modo? «Stiamo portando avanti studi per ottenere con sistemi di raffreddamento una vita più lunga al prodotto senza alterarlo, e poter usare il trasporto via mare». Come vanno mercato e produzione italiani? «Stiamo tornando ai prodotti più adatti alle nostre peculiarità ambientali, dalle condizioni climatiche all'orografia del territorio, come ranuncoli e anemoni. Negli anni '80 qui crollò la produzione del garofano, molte aziende fecero investimenti notevoli nelle serre ma finirono male, non c'erano gli spazi per prodotti di larga scala con costi artigianali. Non riusciremo mai a essere concorrenziali con le rose o prodotti di largo consumo. Il mercato risente della crisi generale, e se parliamo di America, uno dei grandi nostri sbocchi, pesa anche la debacle del dollaro. Passerà». agosti@ilsecoloxix.it 28/02/2009 AZIONARIO 28/02/2009

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A Roma, violente manifestazioni contro il presidente americano Richard Nixon. Lo si accusa delle atr... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il (Ostia)" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 28 Febbraio 2009 Chiudi A Roma, violente manifestazioni contro il presidente americano Richard Nixon. Lo si accusa delle atrocità commesse nel Vietnam, dove l'esercito americano usa il napalm contro la popolazione civile. Sarà ricevuto al Quirinale da Saragat e in Vaticano da Paolo VI. Nixon manderà il primo uomo sulla Luna e pacificherà i rapporti con Russia e Cina. Ma nel 1974 dovrà dimettersi in seguito allo scandalo Watergate.

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La comune LEGGE (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

I PICCOLI PROTEZIONISTI DEL MERCATO La comune LEGGE La parola d'ordine è che serve una «nuova Bretton Woods». Per stabilire però norme non vincolanti per gli stati nazionali. In nome della continuità, per escludere i paesi emergenti e le vittime del neoliberismo dalle decisioni necessarie per uscire dalla recessione economica Ugo Mattei Difficile immaginare un gruppo più screditato rispeto a quello dei ministri economici del G7 che si è tenuto a Roma in vista dello sfoggio muscolare annunciato per quest'estate alla Maddalena, quando i capi di stato degli otto paesi più industriailizzati si incontreranno per decidere la sorte del mondo. Un gruppo di impotenti «ex potenti» che si ritrova per discutere di una crisi di fronte alla quale non ci sono che due certezze dettate dal puro buon senso: a) che essa è la conseguenza strutturale di un modello di sviluppo capitalistico di cui i paesi del G7 sono stati, chi più chi meno, i principali interpreti da Bretton Woods (1944) in poi; b) che la soluzione della crisi non può essere indicata dagli stessi interpreti che l'hanno causata. In primo luogo, per la «dipendenza da percorso» (path dependency) che li rende del tutto prigionieri di modi di pensare superati. In secondo luogo, perchè essi continuano a non dialogare con quei soggetti politici internazionali con i quali viceversa si dovrebbe concertare qualsiasi via d'uscita. Mi riferisco da un lato ai paesi del Bric (Brasile, Russia, India, e Cina), dall'altra a rappresentanze estese dei continenti che più hanno subito (e ancor stanno subendo) gli effetti della dissennata politica del saccheggio post-coloniale, dal mondo arabo all'Africa al Sud Est Asiatico al cono sud Americano solo per citarne alcuni. In questo scenario surreale, con i generali senza truppe in preda ai sussulti finali di un delirio di onnipotenza inconcludente, si invoca l'intervento del «diritto» e delle «regole». Si cerca così di mettere all'ordine del giorno la necesità di produrre dei legal standards per ovviare al Far West finaziario; standards, si fa intendere,dalla vocazione potenzialmente espansiva che si candidino a disciplinare una nuova globalizzazione delle regole, senza perciò «limitarsi» alla finanza. Si invoca il diritto come strumento di posa in opera di alcuni concetti (spesso stravolti) che sono stati frettolosamente ripescati dall'ideario ocidentale, più per ragioni simboliche che di effettivo contenuto: a) pensare ad una nuova Bretton Woods; b) non cedere alle «sirene» del protezionismo; c) dar vita ad una nuova stagione keynesiana in cui, come riportato dalla copertina ultima dell'Economist, la bibbia del pensiero economico dominante, «siamo tutti un pò socialisti». Flessibilità delle regole Nell'improvvisazione arrogante e di breve periodo tipica del nostro capitalismo-spettacolo, a queste vaghe invocazioni non segue alcuna analisi seria, neppure una verifica della fattibilità sui due versanti minimali della non contraddittorietà delle politiche che si vorrebbe rendere possibili attraverso il diritto. Né ovviamente ci si interroga sulla possibilità strutturale del diritto di servire alla bisogna. Gioverà perciò qui cominciare almeno ad indicare qualche tensione e qualche implicazione di questo tentativo di risolvere la crisi attraverso questi non ben definiti legal standards. Innanzitutto, nella letteratura gius-economica soprattutto nord-americana l'idea di standard si contrappone all'idea di regola (rule), un po' come nel diritto dell'Unione Europea l'idea di una «direttiva» si contrappone a quella di un «regolamento». Lo standard, come la direttiva, fissa flessibili criteri di scopo senza disciplinare in dettaglio i comportamenti sociali ammissibili o meno per raggiungerlo. Si possono rispettare standards con un'ampia pluralità di comportamenti (uno standard giuridico nella tradizione di common law è la «ragionevolezza» o in quella continentale il comportamento del «buon padre di famiglia») mentre una regola definisce il comportanmento in dettaglio. Per esempio, nella disciplina del traffico urbano si preferiscono regole (non guidare oltre 50 chilometri orari; non imboccare una strada con cartello senso unico in direzione vietata) piuttosto che standards tipo «guidate con prudenza e ragionevolezza», utilizzato come criterio generico vigente in mancanza di ordini specifici. Gli standards sono assai più pluralisti rispetto alle regole. Per esempio, ciò che viene considerato del tutto ragionevole alla guida in India comporterebbe l'immediate traduzione in galera in California o in Svizzera. Non a caso, è molto più facile ottenere consenso politico internazionale su uno standard piutosto che su una regola. Per esempio fin dal 1985 in Europa si è accettata una direttiva (contenente standards) per la responsabilità civile del produttore, mentre è sempre stato molto più difficile accordarsi sulle regole del diritto civile. Infatti i governi sanno che «il diavolo è nei dettagli» e perciò accettano standards assai più agevolmente che regole perchè così mantengono discrezionalità e potere in fase di esecuzione. Tant'è che la giurisprudenza della Corte Europea di Lussemburgo (che presiede alla corretta interpretazione nazionale del diritto dell'Unione europea) si configura storicamente come un progressivo tentativo di trasformare le direttive da standards a regole, cercando creativi strumenti per renderne alcuni contenuti oggettivamente ed immediatamente vincolanti. Scelte unilaterali Il capitale globale (e i governi occidentali, ormai da tempo trasformati in «consigli di amministrazione» che ne curano gli interessi), non teme perciò gli standards (sovente indicati anche come soft law) tant'è vero che quando davvero vuole utilizzare la spada del diritto utilizza regole eccome! Si pensi alle regole in materia di proprietà intellettuale contenute nei Trips (Trade related aspects of intellectual property, a loro volta parte del Wto) o a quelle che disciplinano l'immigrazione dei lavoratori. Invocare una nuova Bretton Woods «minacciando» l'introduzione di standards è perciò una operazione puramente cosmetica. In realtà Bretton Woods è già stata unilateralmente svuotata di contenuto con la rinuncia all'ancoraggio del sistema monetario internazionale all'oro (il cosiddetto gold standard), e trasformata così del tutto visibilmente in bracco armato del capitalismo finanziario statunitense: ancor più di quanto già non fosse nel 1944 una accordo volto a blindare la supremazia anglo-americana. Viviamo perciò già da quasi quarant'anni sotto una «nuova Bretton Woods». Ha senso immaginarne un'altra adesso per consacrare l'emergere di nuove potenze escludendole al contempo dal tavolo dei lavori? Ovviamente non vi sarebbe nulla di «nuovo»: soltanto la riproduzione pervicace della stessa logica della crescita e della soluzione dei problemi del capitalismo tramite una sua espansione quantitativa. La «nuova Bretton Woods» cerca soltanto riparo dalle forze che potrebbero far tesoro della crisi per raggiungere finalmente una trasformazione qualitativa del nostro modello di sviluppo suicida. Molti dubbi dovrebbero poi sorgere sulla serietà di chi dice di non voler «cedere alle sirene del protezionismo» e sostenga al contempo un ritorno a Keynes (per giunta vestito di panni per lui osceni del socialismo!). è evidente che il mainstream oggi brancola nel buio della propria ignoranza storica. Mai contradizione in termini potrebbe essere piùnetta. La possibilità (e io direi la desiderabilità) di un keynesianismo globale (privo del protezionismo che ne è sempre stata la sola effettiva forza) costituisce una pura manifestazione di velleitarismo o forse una nuova insopportabile manifestazione di falsa coscienza da parte dei poteri ad oggi dominanti. Salvarsi dalla catastrofe Dal G7 sta pertanto uscendo l'indicazione di raggiungere con mezzi del tutto inadeguati (gli standards) dei risultati del tutto contraddittori (un keynesismo «socialista» non protezionista!). Risultati che, proprio in quanto contraddittori, si pongono in piena continuità rispetto all'ipocrisia e alla violenza predatoria neoliberista. Senza alcuna soluzione di continuità rispetto alla «castrazione» della Bretton Woods di Keynes avvenuta con la «liberazione» del dollaro dallo standard dell'oro, si cerca nuovamente di far pagare la crisi a quanti appaiono meno forti. Per questo non li si invitano ai processi decisionali. Con l'idea dei legal standards si cerca insomma di muoversi d'anticipo, fissando l'agenda ed il vocabolario con cui si vorrebbero trasferire i costi di questa catastrofe nell'esclusivo interesse del capitale finanziario globale. Ma le vie nuove da esplorare sono ben altre e con queste occorre confrontarsi perchè presumibilmente sapranno conquistare la scena, invitate o non invitate. In prima battura occorre dire forte e chiaro che la distorsione più profonda deriva dal fatto che alla libera circolazione del capitale non corrisponde la libera circolazione del lavoro. Se si vogliono mantenere le frontiere aperte per il capitale occorre aprirle per il lavoro, togliendo di mezzo le più barbare fra le politiche protezionistiche esacerbate dal neoliberismo e mai contestate dal mainstream economico, quelle che colpiscono i migranti. CONTINUA | PAGINA 14 Per converso, se si vuole cercare di tener chiuse le frontiere ai migranti non si possono che chiuderle anche al capitale finanziario. Ocorre poi fare i conti col fatto che la legalità globale che si invoca parlando di legal standards è un fantasma del tutto privo di legittimazione politica se non quella proveniente dall' essere al servizio del capitale e quindi della violenza del più forte. Occorre perciò confrontarsi sulle dimensioni della democrazia possible, e sul riarmo degli strumenti capaci di realizzare una politica dei servizi che garantisca l' essere e non soltanto l' avere e l' accumulo. Insomma, la critica del «doppio standard» nel diritto (per i ricchi e per i poveri, per i cittadini e per i migranti, per il capitale e per il lavoro, per il pubblico e per il privato) deve precedere la discussione sui legal standards. Foto: UNA DONNA AL CENTRO DELL'OPERA DELL'ARTISTA SPAGNOLO JUAN MUNOZ /FOTO REUTERS

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Dall'Europa ai migranti (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

SCAFFALI Dall'Europa ai migranti Su «rules law» e «legal standard», «Il mercato delle regole, Analisi economica del diritto civile» (Il Mulino). Per una pluralità di prospettive critiche sull' Europa, il volume monografico a cura di Ulderico Pomarici «Europa e Mondializzazione», Rassegna di Diritto Pubblico Europeo (Edizioni Scientifiche Italiane). Sulle trasformazioni del diritto a livelo globale, «Lo spazio giuridico globale» di Sabino Cassese (Laterza). Sul nesso capitale\lavoro nella prospettiva dei migranti «Diritto di Fuga. Migrazioni, Cittadinanza, Globalizzazione» di Sandro Mezzadra (ombre corte). Per un tentativo di recupero militante del diritto pubblico, «Il diritto pubblico fra crisi e ricostruzione» (a cura di A. Lucarelli, La Scuola di Pitagora). Una conversazione globale sulla crisi cui i lettori del Manifesto potrebbero contribuire: www.redroom.com/author/ugo-mattei

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Crescita non fa rima con benessere (sezione: Globalizzazione)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Commenti Pagina 342 ricchezza e povertà Crescita non fa rima con benessere Ricchezza e povertà di Gianfranco Sabattini* --> di Gianfranco Sabattini* Il primo gennaio, con il documento papale "Famiglia umana, comunità e pace", è stata celebrata la giornata mondiale della pace. Il testo propone alla riflessione la necessità che la comunità mondiale, per vivere in pace, si ispiri ai valori su cui si regge la comunità familiare, dato che, come i componenti di ogni famiglia, tutti i popoli della terra "formano una sola comunità, hanno un'unica origine, perché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra, ed hanno anche un solo fine ultimo, Dio". Così, anche all'interno del mondo globalizzato, è necessaria, da un lato, l'"apertura ad un patrimonio trascendente di valori" e, dall'altro, una saggia gestione dei beni materiali e delle relazioni tra le persone e tra i popoli. La struttura del discorso del documento papale ha lo scopo di pervenire, nella spiegazione dei mali dell'umanità causati dalla cattiva gestione delle risorse dei beni materiali, a una infallibile e rassicurante "ricetta" per i rimedi a quei mali. Questi rimedi si pretende, però, di derivarli unicamente da un "patrimonio trascendente di valori" del quale tutti i popoli dovrebbero essere dotati; sennonché, l'esperienza delle relazioni economiche internazionali manca di evidenziare sia una particolare propensione dei Paesi ricchi a ispirare il loro modo di relazionarsi con i Paesi poveri a particolari valori trascendenti, sia la disponibilità dei Paesi poveri a compensare lo "stigma della loro povertà" e la percezione del loro sfruttamento con la condivisione di quei valori. Accade, perciò, che a livello globale le relazioni tra i Paesi ricchi e quelli poveri siano caratterizzate da un'inconciliabile conflittualità che una comune trascendenza valoriale non è di per sé sufficiente a rimuovere. Tuttavia, ciò che il documento papale, sia pure indirettamente, denuncia sono le lacune esplicative della teoria economica nella soluzione del problema distributivo nel mondo globalizzato di oggi. Per la teoria economica, secondo Thomas Pogge, professore di filosofia alla Yale University, la crescita costituisce la condizione necessaria, ma non sufficiente, per assicurare benessere e pace ai popoli; perché sia anche sufficiente occorre che il benessere, a livello intranazionale e internazionale, sia distribuito con equità. La crescita può certamente favorire ricchi e poveri e, allo stesso tempo, ridurre la povertà; ma a quali condizioni la crescita del benessere produce un tale effetto? Pogge non ha dubbi in proposito: la crescita aumenta il benessere e diminuisce la conflittualità sin tanto che il benessere si distribuisce equamente tra i popoli del mondo. Si tratta di un'affermazione non pacifica nella storia della teoria economica. La tradizione vuole che gli economisti abbiano sempre visto con favore la crescita economica, indipendentemente dal modo in cui essa si distribuisce tra tutti i soggetti componenti il contesto sociale. L'esperienza, però, dimostra che così non è. Infatti, se si considera l'apporto alla crescita globale di un dato Paese povero tra quelli presenti nel mercato mondiale, non sempre tale incremento rappresenta un reale progresso. Lo è se l'incremento migliora le sue condizioni, mentre non lo è se quell'incremento viene prevalentemente "catturato" dai Paesi ricchi e dominanti a livello internazionale. Dal punto di vista dell'equità, la crescita a livello globale e dei singoli Stati dovrebbe essere valutata in funzione degli effetti che l'ineguale distribuzione del benessere provoca sulle condizioni economiche di chi sta peggio e sulle relazioni tra i singoli gruppi sociali e tra i popoli. Una distribuzione più equa potrebbe anche comportare una limitazione della crescita economica complessiva nel breve periodo; ma il sacrificio sarebbe compensato nel lungo periodo in termini di riduzione della povertà e della conflittualità. Dal punto di vista della teoria economica, si tratta di una conclusione per certi versi rivoluzionaria, in quanto a differenza di ciò che si era soliti pensare nel passato, ovvero che l'ineguale distribuzione fosse strettamente connessa all'efficienza economica, le condizioni attuali di funzionamento dei sistemi economici in una prospettiva dinamica impongono che la massimizzazione dei risultati in termini di crescita debba essere subordinata all'equità della sua distribuzione. Con ciò, la Teoria della giustizia di John Rawls, che considera equa una distribuzione anche ineguale del benessere purché siano avvantaggiati coloro che stanno peggio, cessa di rimanere, come alcuni sostengono, solo una teoria per combattere la povertà, per divenire parte integrante della teoria economica esprimente la condizione sufficiente per valutare, da un lato, l'ottimalità della crescita e l'equità della sua distribuzione e per garantire, dall'altro, la pace nelle relazioni tra i gruppi sociali e tra i singoli popoli. *Università di Cagliari

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fondi usa pronti a investire a pordenone (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 2 - Pordenone Fondi Usa pronti a investire a Pordenone Dalla Silicon Valley la "lezione" alle forze locali: «Cogliete le opportunità che ci sono dietro la crisi» Strategico il legame tra azienda e centri di ricerca. L'università deve formare i giovani all'imprenditoria E' l'altro significato della parola "crisi": opportunità. Ed un invito molto forte a cogliere le opportunità che si nascondono dietro la crisi, è arrivato da Pordenone Start Up, l'evento promosso da Polo Tecnologico e Provincia di Pordenone, che ha portato ieri in città illustri rappresentanti della Silicon Valley (la vallata californiana) dove nacque il microprocessore. Bruce MacNaughton, Armando Pauker, Herman A. White Jr. e l'italo-americano Diego Ventura hanno messo a disposizione la loro esperienza nel campo degli investimenti, illustrandola da vari punti di vista: Pauker, general partner dell'Apex, ha spiegato quali sono le caratteristiche che rendono vincente il "sistema Silicon Valley", ovvero lo stretto legame tra investitori, imprenditori e università; MacNaughton, general partner della Cross Link Capital, ha fatto specifici esempi di transazioni che ha effettuato negli ultimi mesi, con dettagli di quanto è stato investito e con che modalità; White, general partner e co-founder della CrossBridge, si è concentrato su quale sia il profilo ideale delle aziende sulle quali è preferibile investire, non escludendo l'interesse dei fondi di Venture Capital ad investire in questo territorio. Così, anche dagli imprenditori statunitensi è arrivato il monito di lavorare sistematicamente: le aziende, infatti, così come è stato fatto a Palo Alto, devono costantemente relazionare con l'università, non accontentandosi di sfornare ingegneri e menti che non trovano sbocco, ma proiettarli, già durante il loro percorso di studi, a sperimentare nel campo dell'imprenditoria. «In America valorizziamo i giovani - hanno detto i relatori - ascoltiamo le storie delle aziende, ci poniamo degli obiettivi realistici e sappiamo lavorare in gruppo». E i dati danno loro ragione: nonostante un'inflessione dell'8% dovuta alla crisi, nell'ultimo trimestre del 2008 nella Silicon Valley sono stati investiti 2 miliardi di dollari in 220 aziende. Gran parte dell'innovazione viene dalla fantasia e creatività degli studenti universitari. «Sono soddisfatto della riuscita di questa manifestazione - ha detto l'assessore provinciale al Bilancio Giuseppe Pedicini, promoter dell'evento - che non deve però essere un'iniziativa isolata. Si tratta di un seme che punta alla collaborazione fattiva tra i partner di oggi: Provincia, Polo Tecnologico, Unione Industriali, Consorzio Universitario, Comune di Pordenone e Banca Friuladria». Interessanti sono stati gli interventi delle aziende locali, rappresentate dallo scenario di tecnologie wireless & mobile di Onda Communication, dai sistemi di videoproiezione per il cinema in casa di Sim2, dall'abitazione hi tech e biorispettosa di Pontarolo Engineering, dal servizio di diagnostica molecolare ad alta sensibilità di Genetic Lab e dalla tv interattiva di Vda Multimedia. In chiusura Giovanni Pavan ha presentato realtà e risultati del Consorzio Universitario, Maurizio Cini, presidente di Unindustria, ha ricordato che «in questo territorio l'innovazione si declina nella manifattura. Il nostro è un territorio ricco di opportunità che dobbiamo far conoscere».

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Usa-Cina: Raggiunto accordo su ripresa scambi militari (sezione: Globalizzazione)

( da "KataWeb News" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Usa-Cina: Raggiunto accordo su ripresa scambi militari 28 febbraio 2009 alle 09:49 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare: lo ha annunciato David Sedney, vice ministro della Difesa aggiunto americano, al termine di due giorni di colloqui a Pechino con esponenti governativi cinesi. "Abbiamo concordato di riprendere al più presto gli scambi militari ad alto livello", ha spiegato Sedney. AGI

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Le schegge della crisi sull'ombrellino. (sezione: Globalizzazione)

( da "Blogosfere" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Feb 0928 Le schegge della crisi sull'ombrellino. Pubblicato da Demetrio Vacca alle 07:33 in Arena E' in voga una grandissima stupidaggine economica cioè che il governo depisti l'opinione pubblica parlando di sicurezza perchè sulla crisi non ha soluzioni. Un'affermazione del genere è oltremodo faziosa ma anche ignorante nel senso letterario del termine e infine banale. Mi spiego , che crisi abbiamo di fronte? Forse una crisi strutturale italiana, una crisi nata da un rialzo delle materie prime, una crisi industriale causata da obsolescenza e mancanza d'innovazione? Non sembra nessuna di queste e questa tesi è condivisa da tutti gli analisti economici. Se questa è la premessa è evidente che politchè di stimolo della domanda e della produzione non portino da nessuna parte e non fatevi ingannare dal piano Obama che in realtà è una scorciatoia per salvare il fondoschiena delle sue lobby ed investitori consapevoli che per recuperare le ingenti perdite causate dall'insensatezza di banche ed advisor vi sia un'unica strada cioè gonfiare il debito pubblico USA e spalmare quindi i costi sulle future generazione. Negli USA la strada è una sola cioè buttare miliardi di dollari della stato per acquistare azioni delle banche e drogare l'economia per salvarsi da disastro, consapevoli che da tutto questo nasacerà un rialzo dei tassi d'interesse sul debito USA che farà felici paesi come la Cina che detengono il 70% del debito USA acquistato peraltro stampando moneta a go-go giacchè in Cina l'inflazione non è ritenuto un problema ed un dato statistico. L'Europa sta reagendo diversamente, fortunatamente, in primis perchè la crisi sta avendo un effetto sul PIL e sull'occupazione decisamente ridotto rispetto al resto del pianeta, in secondo luogo perchè in Europa ed in Italia esistono ammortizzatori sociali, sanità pubblice e previdenza seria a differenza degli USA. Ma l'Europa sta reagendo bene perchè prende iniziative coordinate e comuni, e l'Italia è in prima fila nel determinare le soluzioni dai bond per patrimonializzare le banche in difficoltà fino all'ottimo intervento che destina fondi sociali di solito sperperati verso gli ammortizzatori sociali. Nello stesso tempo l'Italia ha avviato un piano eccellente di contenimento e riduzione della spesa pubblica che seppur talvolta in maniera orizzontale, sta realmente tagliando le spese della PA e della scuola decisamente fuori controllo. Sono quindi stati avviati e realizzati piani per l'eliminazione degli sprechi dai 4 maestri per una classe di 15 persone fino al taglio di ben 29.000 leggi inutili. Allora vi fornisco una spiegazione diversa all'atteggiamento dei media: insiepenza ed incompetenze economico/tecniche dei giornalisti sono la regola visto l'estrazione di studi e le loro esperienze professionali, quindi affrontano i temi con un approccio socio-politico e prendono cantonate come sull'accordo EDF-Enel sul nucleare oppure sulla legge sugli scioperi e sull'azione economica dell'Italia; faziosità è evidente che per salvare un'opposizione alla deriva occorre criticare il governo anche dando l'impressione che non si faccia nulla; l'opposizione in gran parte condivide l'azione del governo e ben gongola nel vedere la CGIL frantumarsi piano piano, infatti il PD non ha partecipato all'antagonista sciopero generale; l'opposizione sa bene che la cura italiana è la meno dolorosa ed efficace possibile e sa bene che il nostro paese, grazie ad un sistema bancario serio e classico, uscirà per primo dalla crisi, adesso si comporta in maniera faziosa per consolidare la base di chi protesta a prenscidere e vota sempre e comunque da quella parte semprechè sia stimolato ad andare ai seggi. Fa bene perchè ci sono importanti elezioni alle porte e va fatta una campagna dura e anche becera pur di recuperare il non voto che spesso anzi quasi sempre è risvegliabile con antagonismo e protesta. E' una tattica necessaria che va bene pure al governo, consapevole che questo atteggiamento fidelizza i suoi elettori che mai voteranno dall'altra parte. Quindi ai tanti amici che trattano del tema e ai tanti ombrellini che accolgono le gocce di critiche e pensieri di questo bel raggruppamento blogosferico dico che tutto è funzionale a consolidare il potere e l'opposizione e quindi ben vengano i punti di vista anche errati come dimostrano fatti ed analisi economiche purchè questo paese sia stabile e coerente un po' come negli USA dove sia che vincano i democratiici o i repubblicani comandano sempre gli stessi da Soros a Goldman Sachs, da Monsanto a Carlyle..la democrazia nella moderna economia capitalista è il miglior strumento possibile per cambiare tutto senza cambiare nulla...siatene consapevoli.

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09:42 USA-CINA, RIPRENDONO GLI SCAMBI MILITARI (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

USA-CINA, RIPRENDONO GLI SCAMBI MILITARI (AGI) - Pechino, 28 feb. - Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare: lo ha annunciato David Sedney, vice ministro della Difesa aggiunto americano, al termine di due giorni di colloqui a Pechino con esponenti governativi cinesi. "Abbiamo concordato di riprendere al piu' presto gli scambi militari ad alto livello", ha spiegato Sedney.

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USA-CINA: RAGGIUNTO ACCORDO SU RIPRESA COLLABORAZION MILITARE (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

USA-CINA: RAGGIUNTO ACCORDO SU RIPRESA COLLABORAZION MILITARE (AGI) - Pechino, 28 feb. - Malgrado le frizioni tra i due Paesi riemerse nei giorni scorsi a proposito della situazione dei diritti umani in Cina, gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare hanno raggiunto un accordo per la ripresa della collaborazione in campo militare: lo ha annunciato David Sedney, vice ministro della Difesa aggiunto americano, al termine di due giorni di colloqui a Pechino con esponenti governativi cinesi. "Abbiamo concordato di riprendere al piu' presto gli scambi militari ad alto livello", ha spiegato Sedney.

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Pianeta ko? Colpa della sovrappopolazione (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 28-02-2009)

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Energizzando di Matteo Calabresi Energizzando/ Pianeta ko? Colpa della sovrappopolazione Sabato 28.02.2009 11:40 Ogni volta mi stupisco di non trovare sui mass media il problema della sovrappopolazione mondiale, soprattutto quando si parla della crisi energetica, del cambiamento climatico e della crisi alimentare. Se è verissimo che bisogna aumentare l'efficienza energetica riducendo gli sprechi e far sì che ci sia più energia per tutti; se è vero che la produzione mondiale di cibo può essere aumentata anche grazie alle biotecnologie; se è vero che questo cibo può essere ridistribuito più equamente favorendo la sconfitta della fame nel mondo; se è vero che le fonti fossili non sono infinite, è anche vero che le affermazioni appena fatte sono difficilmente attuabili contemporaneamente e a qualcosa bisogna pur rinunciare. Infatti per quanti sforzi si possano fare, per quanto si possano ridurre i consumi, con una popolazione che cresce è difficile fare fronte alla crisi e far "quadrare i conti". Un dato di fatto è che il mondo è largamente sovrappopolato in relazione ai trend di consumo delle risorse globali. Infatti se da una parte tutti noi ci auguriamo a livello di wishful thinking che tutti gli abitanti del pianeta Terra raggiungano uno stile di vita che noi occidentali ormai consideriamo imprescindibile, dall'altra parte bisogna fare i conti con la realtà dei fatti. Il genere umano sulla terra si riproduce eccessivamente e consuma troppe risorse. Ed una situazione del genere, nel lungo periodo e viste le risorse disponibili al giorno d'oggi, non è sostenibile. Perché non se ne parla abbastanza allora? Una motivazione plausibile potrebbe essere l'influenza del Cristianesimo che certo non vedrebbe di buon occhio un piano di riduzione delle nascita. In Italia, al contrario, si fanno campagne a favore della famiglia con più figli e per la crescita del tasso di natalità. Campagne che poi si scontrano con la crisi economica che invece rallenta la procreazione soprattutto nei paesi con tassi di alfabetizzazione più elevati. Paradossalmente quindi la crisi economica può far bene al pianeta. Ma la speranza per la risoluzione della crisi demografica mondiale è un'altra, l'alfabetizzazione. Infatti oggi sono 43 gli stati dove la popolazione è in diminuzione o essenzialmente stabile. Fra questi Russia, Giappone, Italia e Germania e a breve anche Cina e Stati Uniti. Un altro gruppo di stati invece raddoppierà la popolazione entro il 2050, fra questi l'Etiopia, il Congo e l'Uganda. Se anche ci si limitasse a osservare la lista, senza il supporto di dati statistici, è facile capire il nesso fra progresso, e con esso soprattutto l'alfabetizzazione, e tasso di natalità. In realtà anche se la crescita economica è importante, non è fondamentale quanto la cultura e la comunicazione. Un caso di studio tipico è quello dell'Iran che in meno di dieci anni è riuscito a ridurre il suo tasso record di natalità in uno dei più bassi fra i paesi in via di sviluppo. Nel 1993 il governo varò una legge sulla pianificazione familiare coinvolgendo una serie di ministeri in un'attività di comunicazione verso le famiglie che comprendeva cultura, educazione e sanità. Vennero istituiti 15.000 centri di sanità per fornire supporto alla popolazione rurale, molti leader religiosi sostennero la campagna e molte misure contraccettive vennero prima comunicate e poi fornite gratuitamente. Le coppie in procinto di sposarsi erano obbligate a frequentare un corso obbligatorio sulla contraccezione prima del matrimonio. Inoltre un'intelligente campagna mediatica che inserì i temi caldi sulla sanità e sulla contraccezione anche nelle telenovele portò al risultato eccezionale vide l'Iran diminuire la media-figli per famiglia da 7 a 3 in meno di dieci anni. Oggi il tasso di crescita della popolazione è solo leggermente superiore a quello degli USA. Una strategia del genere combinata ad un aumento generale del benessere e ad una riduzione dei consumi potrebbe portare ad una stabilizzazione della popolazione mondiale che è il pre-requisito della risoluzione della crisi energetica e climatica che il pianeta sta affrontando. tags: energia sovrappopolazione fame nel mondo consumi

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Frattini a Teheran entro marzo Svolta per la politica estera Pdl (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

FRANCO Frattini annuncia da Washington, la "capitale" dell'impero, la svolta della politica estera del Pdl. "Andrò a Teheran entro marzo, voglio invitare l'Iran a partecipare alla riunione del G8 di Trieste sulla stabilizzazione dell'Afghanistan". Come previsto da giorni, l'annuncio è arrivato dopo l'incontro con Hillary Clinton. In un primo momento il viaggio a Teheran era stato previsto prima della missione a Washington, ma poi ha prevalso l'idea di avere una consultazione con l'amministrazione Obama prima di incontrare a Teheran il ministro Mottaki e il negoziatore nucleare Jalili. "Io sono tra quelli che crede che l'Italia debba avere ancora una sua politica estera non sottoposta ad autorizzazioni preventive di nessuno", dice con un filo di ironia un bravo diplomatico che ha partecipato all'elaborazione della svolta, "ma anche in diplomazia esistono la buona educazione, il realismo politico e anche la semplice cautela: era meglio spiegare con chiarezza a Washington quali fossero le nostre idee". Le ragioni della svolta. Ma appunto, quali sono le idee italiane, quelle del governo Berlusconi, dietro una svolta del genere? E perché questa decisa da Frattini e approvata dal premier è effettivamente una "svolta"? Da mesi, da anni, l'Iran è nel mirino della comunità internazionale per il suo progetto nucleare. Tre risoluzioni delle Nazioni Unite hanno imposto sanzioni politiche ed economiche progressive per convincere Teheran a negoziare sul programma nucleare che per anni era stato sviluppato in segreto. L'Onu crede che quel programma sia stato messo in piedi in segreto proprio appunto per arrivare alla bomba nucleare. Teheran invece rivendica il suo legittimo diritto a costruire un programma nucleare a scopi civili, e soprattutto non accetta limitazioni alla sua sovranità, politica tecnologica ed energetica. Le sanzioni Onu e soprattutto il patto tra Stati Uniti ed Europa hanno congelato le relazioni con la Repubblica islamica: un ministro degli Esteri europeo di primo livello non mette piede a Teheran da anni. Ecco dunque il carattere di una svolta: nessuna legge lo impedisce, ma la visita di Frattini a Teheran rompe questo accordo politico tra gli occidentali, la Russia e la Cina. OAS_RICH('Middle'); Applicare sanzioni senza deciderle. Perché la svolta? Le ragioni sono molte, concorrenti e convergenti. Da anni una forte corrente diplomatica all'interno della Farnesina ritiene che sia improduttivo il tipo di strategia negoziale scelto dal gruppo degli EU3 (Gran Bretagna, Francia e Germania), dagli Usa e poi dal Consiglio di Sicurezza. Mettere l'Iran di fronte al fatto compiuto di sanzioni progressivamente crescenti non farà cambiare idea al regime: anzi, le stesse componenti moderate della semi-democrazia iraniana sarebbero costrette a compattarsi attorno ai "principalisti" in difesa del nucleare. Certo le sanzioni economiche alla lunga potrebbero essere davvero pericolose per il governo degli ayatollah, ma alla lunga l'Iran avrà la bomba nucleare. "L'alternativa diplomatica non è stata provata fino in fondo", dicono alla Farnesina, "l'Iran va ingaggiato in un negoziato politico concreto ed efficace". E' questa una corrente rappresentata al ministero degli Esteri innanzitutto da Cesare Ragaglini, l'ambasciatore che è il direttore generale per il Medio Oriente. Ragaglini è stato uno dei collaboratori più entusiasti di Massimo D'Alema ministro degli Esteri. Ma era anche stato consigliere diplomatico di Berlusconi a Palazzo Chigi e poi capo di gabinetto di Frattini nel 2002/2004. I suoi eventuali problemi con D'Alema o Frattini sono sempre stati caratteriali, non politici. La politica estera del Pdl. Dalla vittoria del Pdl nel 2007, Ragaglini è stato costretto a mettere in atto il più radicale riallineamento nella politica estera italiana mai realizzato da anni. Passare da Prodi-D'Alema al governo Berlusconi-Maroni proprio nei rapporti con Iran, Israele e mondo arabo non è stato indolore. L'adesione politica del Centrodestra alle necessità di sicurezza di Israele e in generale al "progetto politico" dello stato ebreo è sempre stata convinta, militante. L'ultimo esempio è stato il sostegno totale al governo Olmert durante l'ultima guerra di Gaza, con Frattini in televisione ogni sera a difendere le ragioni dell'attacco militare di Israele ad Hamas, con ministri come Ronchi che hanno individuato semplicemente Hamas come "il nemico" da battere. A caduta, naturalmente, i rapporti con Iran e mondo islamico sono stati messi in difficoltà, anche se in verità lo scontro Iran/arabi sunniti ha permesso all'Italia di mantenere la sua posizione vicina a questo secondo campo, senza entrare quindi in rotta di collisione con tutto il mondo islamico. Da mesi però Frattini ha iniziato a verificare che un allineamento totale alle posizioni americane metteva in difficoltà la politica estera e ridimensionava il ruolo dell'Italia. Roma continua ad essere fuori dal 5+1, il format in cui i 3 europei Francia, Gran Bretagna e Germania siedono assieme a Usa, Russia e Cina per decidere le sanzioni all'Iran. Deve quindi seguire le linee politiche (e anche le sanzioni) decise da altri, senza poter contribuire a costruire - se non marginalmente - la politica verso l'Iran. L'allarme americano. Il vero campanello d'allarme è suonato però quando è salita al potere la nuova amministrazione americana. Rispondendo con prevedibile freddezza agli attacchi del centro-destra italiano ad Obama (endorsement di Silvio Berlusconi alla candidatura di McCain, difesa ad oltranza di Vladimir Putin durante la guerra di Georgia, le vergognose dichiarazioni di Maurizio Gasparri su "Al Qaeda che festeggia per l'elezione di Obama"), i tecnici dell'amministrazione democratica hanno relegato l'Italia di Berlusconi in seconda fila. Il segnale più drammatico è stato Frattini ricevuto al Dipartimento di Stato solo ieri, dopo i ministri spagnolo, greco e polacco. Per questo la linea di maggiore autonomia suggerita dall'ambasciatore Ragaglini è stata rispolverata da Frattini, che oltre agli interessi tattici del governo Berlusconi ha messo nel mirino gli obiettivi strategici dell'Italia. L'Italia non vuole un Iran con la bomba nucleare: l'atomica iraniana verrebbe inevitabilmente seguita da una possibile atomica saudita (sostenuta dagli altri paesi sunniti del Golfo), da una possibile nuclearizzazione della Turchia, dell'Egitto e in generale di tutta l'area. Un processo potenzialmente incontrollabile e davvero pericoloso: il Mediterraneo allargato diventerebbe un enorme bacino nucleare. Ma se per fermare l'atomica iraniana Israele o gli Stati Uniti (o entrambi) dovessero ricorrere a un attacco militare, l'incendio del Medio Oriente non arriverebbe solo alle porte dell'Italia: entrerebbe direttamente dentro la penisola. Se il prezzo da pagare - ragionano alla Farnesina - è quello di riconoscere legittimità e ruolo al regime iraniano, quello è un prezzo che già l'America di Bush era disposta a pagare. A questo punto, prima di andare avanti con altre sanzioni, è necessario capire se sia possibile costruire una trattativa, uno scambio serio tra Usa e Iran. Afghanistan, il vero test sulla volontà degli ayatollah. Individuate le ragioni della svolta, per giorni Frattini e i suoi collaboratori hanno ragionato sul "come" realizzarla. Dal 9 al 13 febbraio, mentre era in viaggio in Africa, Frattini ragionava su una missione "archeologica" in Iran per visitare Bam, la città colpita da un terremoto che l'Italia sta contribuendo a ricostruire. Idea sgangherata, che avrebbe dato semplicemente l'immagine di un'Italia "trafficante" alle spalle degli alleati. Alla fine invece la linea di marcia scelta è stata quella più semplice, lineare, in qualche modo "onesta". L'Italia è presidente di turno del G8: da mesi Frattini lavora a costruire una conferenza politica sulla stabilizzazione dell'Afghanistan, un summit dei ministri degli Esteri del G8 a cui ha invitato anche Pakistan, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Turchia e India. L'altra grande potenza regionale che confina con l'Afghanistan è proprio la Repubblica islamica dell'ayatollah Khamenei e del presidente Ahmadinejad: senza l'Iran non ci sarà pace a Kabul, quindi senza l'Iran una conferenza sull'Afghanistan sarebbe monca. Ed è con l'obiettivo di coinvolgere l'Iran a un tavolo politico sull'Afghanistan che la Farnesina ha convinto Palazzo Chigi, ha inviato l'ambasciatore Ragaglini a Teheran, ha ricevuto a Roma un inviato iraniano e si prepara adesso a volare a sua volta Teheran. Non è una partita facile, è non è detto che l'ex magistrato del TAR del Piemonte abbia imparato l'arte, abbia acquisito la visione della politica estera rispetto alle fredde regole delle leggi amministrative. Se non altro sembra stia iniziando a provarci. (28 febbraio 2009

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La strada senza uscita del protezionismo (sezione: Globalizzazione)

( da "Denaro, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Soldi & imprese fatti & numeri La strada senza uscita del protezionismo Ritornano i vecchi "arnesi" degli aiuti pubblici per dare una mano alle imprese Francesco Fracasso La recessione economica preceduta ed aggravata dalla crisi finanziaria ha già determinato un marcato stato di precarietà (e in certi casi al limite della sopravvivenza): l'economia è in piena recessione, i disoccupati aumentano di giorno in giorno, sale la tensione sociale. La gravissima situazione di oggi non è nata improvvisamente, viene da lontano ma nessuno ha percepito o meglio voluto percepire- che si stava concentrando una serie di problemi che hanno finito per esercitare un effetto-valanga ed il risultato è stato quello della formazione di un debito eccessivo. E l'estrema gravità della realtà che stiamo vivendo è determinata principalmente dalla sostanziale genericità delle politiche economiche che sono state finora messe in atto. In piena era di globalizzazione, il mondo riscopre varie forme di protezionismo che cominciano a diffondersi,con un certo vigore, a macchia di leopardo. I Paesi europei stanno cercando di far ripartire l'economia reale, e le risorse messe in campo sono già pari al 3-4 per cento del Pil Ue. Ma queste risorse spesso sono utilizzate per mettere in atto misure protezionistiche: ritornano alla carica i vecchi ma indispensabili "arnesi" degli aiuti pubblici per dare una mano alle imprese.E questo inizio di protezionismo non solo arriva quando gli altri colossi mondiali l'hanno già adottato ma di fatto finisce per servire a poco perché in Europa ciascun Paese si muove singolarmente e fa di testa sua. Un comportamento che rispecchia la negligente azione degli organismi europei che avrebbero dovuto da un pezzo intervenire affinché il mercato unico europeo potesse coralmente far fronte alla tempesta che ci ha assalito. L'agenzia ufficiale cinese Xinhua, in questi giorni, prendendo spunto dalla clausola Buy American (una serie di misure fiscali di recente approvate negli Usa) ha scritto: "In una crisi il protezionismo non è una via d'uscita, ma può diventare il veleno che peggiora le difficoltà economiche globali". Nel corso del G-7 di pochi giorni fa, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha posto in rilievo che i Paesi europei convengono "sul fatto che il protezionismo è negativo e un pericolo non solo per le economie basate sull'export come quella italiana", ma altresì perché determina di conseguenza ovvie ritorsioni. Come rileva in un'intervista al Sole 24 ore (21 febbraio) Domenico Siniscalco, già ministro dell'economia ed oggi vicepresidente europeo e Country Head di Morgan Stanley per l'Italia, "La soluzione generale alla crisi è composta da fattori che riguardano l'offerta come la pulizia dei bilanci, dal sostegno della domanda aggregata e dalla riconquista della fiducia". Frattanto, mentre quasi quotidianamente vengono rinnovate solenni promesse di combatterlo, il protezionismo avanza."Di fronte a una crisi come l'attuale, con l'intervento crescente dei governi e cioè dei contribuenti osserva ancora Siniscalco- qualche forma di protezionismo è quasi inevitabile e porta con sé la de-globalizzazione, anche se non ha la violenza degli anni 30". Tutti gli Stati, in effetti, stanno affrontando la crisi disordinatamente, ognuno per proprio conto con provvedimenti che non riescono a produrre -e non lo possono- risultati positivi. Manca del tutto un'operazione effettiva di coordinamento che determini reali condizioni di concorrenza. E la Bce se ne esce con un'avvertenza :"L'impatto del protezionismo sulla crescita e sul benessere delle persone è negativo". La domanda mondiale crolla perché le misure protezionistiche che si stanno mettendo in atto servono soltanto a far aggravare gli scambi internazionali. E quando da tutte le parti arrivano severi ammonimenti a non comportarci come in occasione della crisi degli anni '30, si dimentica o si finge di dimenticare che essa fu proprio il risultato delle guerre protezionistiche che misero alla gogna gli scambi tra i paesi. In questo turbinio di misure improvvisate, quale diretta emanazione dell'assenza di una seria politica economica, l'Italia già in trincea da almeno quindici anni per avere una crescita molto modesta- potrebbe essere la più danneggiata, visto che la nostra economia ha dovuto sempre far capo alle esportazioni. del 28-02-2009 num.

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Atenei, ecco i magnifici sette (sezione: Globalizzazione)

( da "Denaro, Il" del 28-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cultura alta formazione Atenei, ecco i magnifici sette Nova Universitas, un consorzio ispirato ai principi di sussidarietà Si è svolta nell'Aula Magna dell'Università di Macerata, alla presenza dell'onorevole Valentina Aprea, presidente della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, l'inaugurazione delle attività formative 2009 della Scuola per l'alta formazione Nova Universitas, il consorzio per l'alta formazione di cui fa parte l'Ateneo maceratese insieme a quelli di Milano Bicocca, Federico II di Napoli, Luiss Guido Carli di Roma, Udine, di Catania e alla Seconda Università di Napoli. Un saluto è giunto anche dal Ministro Mariastella Gelmini, che, in una nota indirizzata al presidente del Consorzio, Carlo Lauro, ha sottolineato come "Il Consorzio per l'Alta Formazione Nova Universitas sia l'esempio che l'Università italiana ha ampi spazi per produrre esperienze di qualità". Pierluigi Romanello "L'inaugurazione dell'anno accademico è l'occasione ha sottolineato del rettore dell'Università di Macerata Roberto Sani per ribadire la nostra soddisfazione per il cammino compiuto dal Consorzio nel corso del suo primo periodo di vita: poco più di un triennio, durante il quale Nova Universitas ha contribuito a diffondere una certa idea dell'Università e della formazione, nella quale la trasmissione di saperi e di competenze di alto profilo non è mai stata disgiunta da una forte attenzione per le persone e per il ruolo che l'alta cultura è chiamata ad esercitare in un contesto culturale e politico delicato e complesso come quello attuale". L'altro merito della Nova Universitas, sottolineato da Sani, risiede nel "patto di collaborazione e di volontà progettuale che lega i sette Atenei consorziati e che si configura come un vigoroso segnale rivolto alla politica, all'economia, al mondo culturale del nostro Paese ". Il Consorzio, come ha ricordato durante la cerimonia il suo presidente Carlo Lauro, è stato costituito il 23 settembre 2005. Il 2 marzo 2006 è stato inaugurato a Napoli il primo anno accademico alla presenza del Premio Nobel Carlo Rubbia e il 12 aprile 2006 è stato ottenuto il riconoscimento del Ministero dell'Istruzione e dell'Università. Il Consorzio si avvale del supporto di direzione, logistico e organizzativo della Fondazione Ceur, Centro europeo università e ricerca. "Il Consorzio ha spiegato Lauro ispirato ai principi di sussidiarietà e solidarietà, mira a promuovere l'investimento in capitale umano come elemento fondante lo sviluppo culturale, sociale ed economico dei popoli e a soddisfare la domanda di innovazione proveniente dalla società civile, dal mercato, dalle istituzioni, dal mondo della formazione". Le attività della Scuola per l'alta formazione, che comprendono lezioni magistrali, seminari, summer school e scuole di ricerca residenziali, sono rivolte a dottorandi, specializzandi e dottori di ricerca e giovani ricercatori con l'obiettivo di formare i nuovi protagonisti della ricerca e dell'insegnamento universitario. Basilari sono l'alleanza virtuosa con il mondo dell'impresa, "per superare quel gap che ancora esiste in Italia tra ricerca e sistema produttivo", come ha sottolineato il presidente, l'interdisciplinarietà, l'innovatività e l'internazionalizzazione. Ai corsi di Nova Universitas, tenuti da docenti italiani e stranieri di fama internazionale, hanno partecipato circa 500 giovani ricercatori provenienti da università italiane ma anche europee. All'inaugurazione è intervenuto anche Luigi Campiglio, docente di politica economica e prorettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha tenuto una relazione su un tema di stringente attualità, "Crisi economica e nuove disuguaglianze". "Le questione centrali ha detto, tra l'altro - sono oggi due: la prima è quella della rapidità dell'effetto di propagazione degli impulsi recessivi che provengono agli Stati Uniti, la più grande economia mondiale, a tutti gli altri paesi. La seconda questione riguarda l'impatto più accentuato della globalizzazione sul mercato del lavoro meno qualificato e quindi sul tenore di vita delle loro famiglie: il che, in assenza di meccanismi politici o sociali di riequilibrio nella distribuzione nel reddito, si può tradurre in un aumento della disuguaglianza". Al termine ha preso la parola l'onorevole Valentina Aprea, che ha affrontato il tema dell'offerta formativa di qualità. "Riteniamo ha riassunto l'onorevole al termine del suo intervento - di doverci impegnare a partire da queste azioni: una revisione dei percorsi formativi per assicurare una sempre miglior circolarità tra dimensione tecnica, scientifica e umanistico-etica di qualsiasi corso di studi; una cultura della accountability degli atenei verso gli studenti e verso l'esterno; la messa a punto delle norme per la libera trasformazione delle università in fondazioni, non costringendo tutte le università a mantenere un'unica e uniforme veste istituzionale; il merito come criterio costante di scelta e un incremento della quota di finanziamento pubblico attribuibile in base a schemi incentivanti e riequilibranti; un sistema di diritto allo studio governato ad un livello più vicino all'utenza; una politica di incentivazione dell'educazione tecnico-scientifica; l'abolizione del valore legale dei titoli di studio". "Questo Ateneo ha ribadito, al termine, il rettore Roberto Sani come gli altri atenei italiani e come quelli di questo consorzio, si attende un segnale forte. L'Università italiana vuole che siano introdotti sistemi di valutazione rigorosi. Ma dateci anche le risorse, la possibilità per confrontarci davvero con il sistema internazionale. Citando Don Lorenzo Milani, non c'è niente di peggio che fare parti uguali tra parti diseguali". Le attività previste Tra le attività previste per il 2009 dalla Nova Universitas si possono già segnalare le seguenti: Le opere fondative della letteratura italiana (Sergio Cristaldi, Catania); Valutazione delle performance in sanità (Carlo Lauro e Maria Triassi, Napoli); Metodologia della ricerca nelle scienze della formazione (Michele Corsi e Edoardo Bressan, Macerata); Nuove sfide per il mercato dell'energia: efficienza, sicurezza dell'approvvigionamento e protezione dell'ambiente (Paola Garrone, Milano); Modelli causali (Carlo Lauro, e Giorgio Vittadini, Milano); Ricerca e trasferimento tecnologico alle imprese (Carmine Gambardella, Napoli). del 28-02-2009 num.

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E Obama può solo sperare nella Cina">La NordCorea punta i missili sugli Usa E Obama può solo sperare nella Cina pag.2 (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 28-02-2009)

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La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Sabato 28.02.2009 13:51 Infatti, finchè a Pyongyang non sarà chiaro chi ha "il dito sul bottone", la Clinton, il Giappone e la Corea del Sud possono solo fare affidamento sui buoni uffici della Cina, che però sembra giocare anche su questo tavolo in maniera ambigua. Da un lato proclama la volontà di non interferire nei processi interni della Corea del Nord, dall'altro è abbastanza chiaro che a Pyongyang non si muove foglia che Pechino non voglia. La Corea del Nord sopravvive (male) esclusivamente grazie agli aiuti cinesi, il colosso asiatico che addirittura delocalizza laggiù, avendo trovato qualcuno abbastanza disperato da accettare di produrre a costi ancora più bassi rispetto ai suoi. Mentre in Italia vagheggiamo di vendere ai cinesi le nostre scarpe firmate, i cinesi intanto si fanno fare le loro scarpe in Corea del Nord, a 50 centesimi di dollaro al paio. Qualora le ambizioni nucleari o militari di Kim Jong-iI o del suo eventuale ignoto successore (la Corea del Nord non ha un Vice-Presidente o un Primo Ministro) arrivassero a molestare la Corea del Sud passando dalla retorica bellicosa ai fatti, solo la Cina potrebbe richiamare convincentemente all'ordine il suo irrequieto alleato. Per quanto paradossale possa sembrare e ben al di là dello scontro USA-Cina sui diritti umani di queste ore (dal sapore di una commedia diplomatica pro-forma), la verità è che il più grosso alleato in Asia degli USA è proprio la Cina. Non solo per le ragioni economiche che abbiamo indicate negli articoli precedenti, ma anche perché la stabilità dell'area è strettamente condizionata dalle scelte di Pechino, un partner insidioso ma vitale per l'amministrazione Obama. Arduino Paniccia Globalist www.arduinopaniccia.net < < pagina precedente

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