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Report "Globalizzazione"   25-2-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Perché tende a fare dell'ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica: ... ( da "Trentino" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: possibile contrastare localmente gli effetti della globalizzazione, trasformando il tema chiave dell'insicurezza esistenziale in esclusiva sicurezza personale. Uno spostamento di tiro che, anche grazie al non disinteressato sostegno di mezzi di comunicazione di massa che trasformano i cittadini in telespettatori, indirizza l'attenzione sull'esclusiva dimensione del rischio devianza.

Bini Smaghi (Bce): Italia, più riforme contro la crisi ( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La crisi mondiale non si risolve col protezionismo stile "anni Trenta", né dando le colpe alla globalizzazione o persino all'euro. Occorre ricreare la fiducia di famiglie e imprese, rilanciare i consumi. Come? Con serie politiche di riforma, garantendo solidità al sistema bancario e una bassa inflazione.

La Corea del Nord punta allo spazio ( da "Giornale di Brescia" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina «ha preso atto» delle novità comunicate: «i colloqui a Sei (sul disarmo nucleare nordcoreano tra Cina, Usa, Giappone, Russia e due Coree, ndr) stanno facendo progressi e ci auguriamo che le parti interessate proseguano su questa strada», ha detto un portavoce del Ministero degli esteri cinese.

Tasca d'Almerita lancia sfida:portare la Sicilia nel Far East ( da "Secolo XIX, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, Russia e Svizzera, a nuovi scenari come Sud America, Est Europa cui si aggiungono Vietnam, India, Cina e Corea. Intanto nei giorni scorsi Tasca d'Almerita ha aggiunto un quinto polo di produzione vinicola: alla Tenuta Regaleali (Palermo), Mozia (Trapani), Capofaro Malvasia & Resort (Salina, Isole Eolie) e Tenute Etna (

Grandi Laghi A STELLE E STRISCE ( da "Manifesto, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina. Nel 2008, Pechino ha firmato con Kinshasa un contratto per un prestito di 9,2 miliardi di dollari. In base a quest'accordo, la Cina ha ottenuto i diritti sulle estese risorse di rame e cobalto in cambio di 6 miliardi per la costruzione di strade, due dighe idro-elettriche, ospedali, scuole e collegamenti ferroviari tra la provincia del Katanga,

Somari in geografia ( da "Eco di Bergamo, L'" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In Europa Zucconi scrive che soltanto i giovani svedesi sanno che le due nazioni più popolose della Terra sono la Cina e l'India. In Usa una notevole maggioranza di giovani sa indicare il nome di un'isola del Pacifico dove è stato girato uno show tv di «finto primitivismo». Gira e rigira invece della scuola in primo piano abbiamo la tv, di qua e di là dell'Oceano.

Il vescovo Paglia: Usa e Cina sono interessati alle nostre callule trattate ( da "Messaggero, Il (Umbria)" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Mercoledì 25 Febbraio 2009 Chiudi Il vescovo Paglia: «Usa e Cina sono interessati alle nostre callule trattate»

Ecco a voi il capitalismo 2010. Modello Hu ( da "Milano Finanza (MF)" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: economia Usa potrebbe divenire molto più simile a quella mista cinese. Ma è un bene questa «cinesizzazione» diffusa? Se in Cina il capitalismo misto ha indubbiamente ben funzionato, seppure in un contesto non propriamente democratico, ed ha saputo garantire un lungo ciclo di crescita economica, ben altra questione è applicare un modello con un'

I mercati chiedono una guida sicura ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: a cominciare dalla Cina. Come sappiamo, questa crisi viene dalla finanza americana. Che però è stata gonfiata dalla piega pericolosa presa dalla conciliazione di quelli che sono stati sempre, dal dopoguerra, assi portanti della politica estera Usa: la liberalizzazione degli scambi internazionali e la dimostrazione del dinamismo della propria economia.

OBAMA BERLUSCONEGGIA UN PO' (TRANQUILLI, CE LA FAREMO) E VOLA NEI SONDAGGI - I TALEBANI ACCETTANO IL CESSATE IL FUOCO DEL PAKISTAN I BRONZI DI YSL TRA FRANCIA E CINA L'ITALIA T ( da "Dagospia.com" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In evidenza anche la disputa tra Francia e Cina sulla vendita di due bronzi che facevano parte dei preziosi tesori d'arte dello stilista Yves Saint Laurent. "La Cina non riesce a fermare la vendita di vestigia del passato". Laurent saint THE NEW YORK TIMES - "Obama rassicura la nazione 'Ricostruiremo'" il Paese.

LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Com... ( da "Nazione, La (Livorno)" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 3 LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Com... LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Come dimostrano i passaggi di scafi nudi o addirittura grezzi realizzati altrove per primari cantieri del nostro distretto.

Grandi Laghi A STELLE E STRISCE - MANOVRE AMERICANE TRA CONGO E RUANDA ( da "Manifesto, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina. Nel 2008, Pechino ha firmato con Kinshasa un contratto per un prestito di 9,2 miliardi di dollari. In base a quest'accordo, la Cina ha ottenuto i diritti sulle estese risorse di rame e cobalto in cambio di 6 miliardi per la costruzione di strade, due dighe idro-elettriche, ospedali, scuole e collegamenti ferroviari tra la provincia del Katanga,

Se non si mette al centro l'ultimo dei contadini africani ( da "Avvenire" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: concluso che in un mondo globalizzato le regole sulla finanza dovranno essere ancor più stringenti e conseguentemente essere eguali per tutti i Paesi. Basteranno tali conclusioni per riportare una duratura fiducia nei mercati? Al di là delle prime reazione a caldo, c'è da dubitarne considerato che le questioni di fondo sono state demandate ad un altro vertice,

Politica estera italiana: alleanza con Francia ed Egitto ( da "Blogosfere" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, India, Messico e Sud Africa, "ai quali sarebbe utile aggiungere anche un paese arabo e africano, come l'Egitto". Il presidente del Consiglio ieri ha rilasciato un'intervista al quotidiano francese Le Figaro. Anche secondo Berlusconi occorre "ripensare il G8", come a uno strumento più efficace.

Produrre per il futurocon tecniche antiche ( da "Sicilia, La" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: così come vorrebbe etichettarli la globalizzazione. Essendo prodotti nel rispetto più assoluto della natura e dei sui processi biologici, oltre ad essere testimonianza delle peculiarità di un territorio possiedono tutta una serie di composti che fanno bene alla salute. Parliamo degli "antiossidanti" che provengono da un latte crudo prodotto da animali liberi e sani al pascolo,

(Segue dalla prima pagina) Lorenzo Bini Smaghi, l'economista italian... ( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione ha prodotto, o aggravato, la crisi in atto? «La crisi non nasce dalla globalizzazione, ma dai comportamenti dei mercati finanziari e da politiche economiche troppo orientati al breve periodo. Sicuramente la globalizzazione ha aumentato l'interdipendenza e la sincronia degli andamenti economici.

Seul La Corea del Nord tira dritto e, nonostante le lusinghe diplomatiche di Washington, annunci... ( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina «ha preso atto» dell'annuncio nordcoreano, indicando che «i colloqui a Sei (sul disarmo nucleare nordcoreano, tra Cina, Usa, Giappone, Russia e le due Coree) stanno facendo progressi e ci auguriamo che le parti interessate proseguano su questa strada».

Qzone, il più grande social network del mondo? ( da "Blogosfere" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Pubblicato da Luca Dello Iacovo alle 14:23 in globalizzazione Duecento milioni di persone fanno parte di Qzone, un social network lanciato da Tencent (che ha al suo attivo anche QQ, il serivizio di istant messaging più usato in CIna). Facebook è arrivato a 175 milioni di utenti attivi (su Qzone sono, invece, 150 milioni).

SEMPRE PIù GLOBALIZZATO, COMPUTERIZZATO, PROGRAMMATO, MECCANIZZATO. MA L'UOMO DI OGGI, SOM... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sempre più globalizzato, computerizzato, programmato, meccanizzato. Ma l'uomo di oggi, sommerso dal cemento, cerca ancora l'Unicorno? Crede ancora a Lucignolo? Quante volte abbiamo accarezzato il muso di un cavallo o il pelo morbido di un asinello? Lévi-Strauss, filososofo e antropologo francese, afferma che il genere umano,

Afghanistan/ Da Mosca e Asia centrale ok transito... - ( da "Virgilio Notizie" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Questo raggruppamento multilaterale, voluto più dalla Cina che dalla Russia stessa, potrebbe diventare un importante attore delle politiche di sicurezza nella regione. Questo scenario pone insidie, ma anche opportunità per Washington, dove ora non sono più in auge i neo-con portati nelle stanze dei bottoni da George W.

CRISI, OBAMA PRONTO AD AMPIE RIFORME FINANZIARIE ( da "Wall Street Italia" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina -- sta pensando a come ridisegnare il sistema di regole finanziarie pensato in gran parte dopo la fine della Seconda guerra mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944. Oggi i titoli della borsa americana erano in calo mentre gli investitori non hanno letto molti spunti nuovi nel discorso di Obama di ieri notte in cui il presidente Usa ha spiegato come intende porre

Usa/ Dipartimento di Stato "bacchetta" la Cina sui diritti ( da "Virgilio Notizie" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina tra i Paesi in cima alla lista redatta dal dipartimento di Stato americano dei Paesi dove sono più frequentemente violati i diritti umani. Nel rapporto annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nel mondo, presentato oggi dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, Pechino viene accusata di numerose violazioni a partire da quelle dovute alle repressioni in Tibet

Crisi, Obama pronto ad ampie riforme finanziarie ( da "Reuters Italia" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina -- sta pensando a come ridisegnare il sistema di regole finanziarie pensato in gran parte dopo la fine della Seconda guerra mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944. Oggi i titoli della borsa americana erano in calo mentre gli investitori non hanno letto molti spunti nuovi nel discorso di Obama di ieri notte in cui il presidente Usa ha spiegato come intende porre

21:56 DIRITTI UMANI: USA PUNTANO L'INDICE SU CINA E RUSSIA ( da "Agi" del 25-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: DIRITTI UMANI: USA PUNTANO L'INDICE SU CINA E RUSSIA (AGI) - Washington, 25 feb. - Cina e Russia hanno ancora molto cammino da fare sulla strada della tutela dei diritti umani: nel suo rapporto annuale sulla situazione in 190 Paesi del mondo, Washington e' tornato a puntare l'indice su alcuni dei tradizionali obiettivi.


Articoli

Perché tende a fare dell'ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica: ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Trentino" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Perché tende a fare dell'ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica: ... Perché tende a fare dell'ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica: mescolando, in una preoccupante confusione di ruoli, dimensioni istituzionali e militanza, organi di governo e nuove milizie, che snaturano i caratteri dello Stato democratico. Al di là della prevedibile inefficacia delle ronde, il vero pericolo è dato dal diffondersi della falsa idea del "popolo che si fa Stato" senza mediazioni istituzionali; di una subcultura politica che vive la Costituzione, la magistratura, lo stesso operato delle forze dell'ordine, come orpelli, come limiti da superare. Una novità, quella del vigilantismo, che accanto alla progressiva trasformazione delle polizie municipali in organo di ordine pubblico generale in concorrenza con i corpi di polizia nazionale, rischia di alimentare non solo conflitti istituzionali ma anche drammatiche torsioni dei diritti. Un percorso che, se sottovalutato perchè confuso con il folclore, rischia di accentuare progressivamente la corsa verso una sorta di "democrazia totalitaria" che ha come fine l'adesione del cittadino a una supposta "volontà generale". Una concezione di "Stato della paura" che fa paura. Non è un caso che il Presidente della Repubblica, pur obbligato a dare via libera al provvedimento, ne abbia immediatamente preso le distanze, precisando come i contenuti del decreto siano di "esclusiva responsabilità del governo". Timori che aleggiano in ampi strati della società italiana e anche Oltretevere. Tanto che il Vaticano, preoccupato per le possibili conseguenze dell'uso politico del vigilantismo, nelle intenzioni dei suoi promotori destinato a mettere sotto controllo le nuove "classi pericolose", a partire dagli immigrati, ha definito la scelta un' "abdicazione dello Stato di diritto". Un ordine del discorso che le forze più responsabili del Paese, quelle che storicamente lo hanno salvato nei suoi momenti più difficili pur essendo spesso espressioni di "minoranze attive", devono non solo respingere ma contrastare culturalmente. A partire da una capacità di analisi che spesso latita. La destra xenofoba e populista offre, infatti, l'illusione che sia possibile contrastare localmente gli effetti della globalizzazione, trasformando il tema chiave dell'insicurezza esistenziale in esclusiva sicurezza personale. Uno spostamento di tiro che, anche grazie al non disinteressato sostegno di mezzi di comunicazione di massa che trasformano i cittadini in telespettatori, indirizza l'attenzione sull'esclusiva dimensione del rischio devianza. Come se al fondamentale diritto all'incolumità e alla protezione fisica delle persone non dovesse accompagnarsi anche a quello alla protezione sociale. Scompaiono così dal dibattito pubblico temi quali una crisi economica che si annuncia durissima, la difesa e la redistribuzione dei redditi, lo sgretolamento del welfare, la drammatica caduta del capitale sociale, a partire dalla formazione e dall'istruzione, il degrado di quel bene indisponibile che è l'ambiente. Su questi versanti il nuovo "Stato populista" vagheggiato dalla destra non ha nulla da dire: il cittadino deve essere mobilitato solo per sorreggerne il progetto carismatico e securitario. Per il resto che si arrangi: un salto all'indietro di due secoli. Renzo Guolo

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Bini Smaghi (Bce): Italia, più riforme contro la crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Bini Smaghi (Bce): «Italia, più riforme contro la crisi» di Maurizio Cerruti Mercoledì 25 Febbraio 2009, La crisi mondiale non si risolve col protezionismo stile "anni Trenta", né dando le colpe alla globalizzazione o persino all'euro. Occorre ricreare la fiducia di famiglie e imprese, rilanciare i consumi. Come? Con serie politiche di riforma, garantendo solidità al sistema bancario e una bassa inflazione. All'Italia la crisi dà l'opportunità per riforme strutturali e per rilanciare la produttività: l'economista Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano dell'esecutivo della Banca centrale europea, vede molta incertezza, ma non vede nero nel futuro. ( Segue a pagina 2)

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La Corea del Nord punta allo spazio (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 25/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:estero La Corea del Nord punta allo spazio Pyongyang annuncia il lancio di un satellite per telecomunicazioni, ma Stati Uniti e Corea del Sud temono che si tratti della sperimentazione di un missile a lunga gittata, che potrebbe portare anche armi nucleari sfida spaziale punta su vettori di portata molto superiore " title="Un missile NoDong dell'arsenale nordcoreano: la nuova sfida spaziale punta su vettori di portata molto superiore " onClick="showImage('http://www.giornaledibrescia.it/gdbonline/contenuti/20090225/foto/full_brescia_133.jpg',600,461)"> Un missile NoDong dell'arsenale nordcoreano: la nuova sfida spaziale punta su vettori di portata molto superiore PYONGYANGLa Corea del Nord tira dritto e, nonostante la «moral suasion» di Washington, annuncia che è sul punto di lanciare un satellite nello spazio. In una nota del comitato di Tecnologia spaziale affidata alla Kcna, l'agenzia di stampa del regime, Pyongyang spiega che vanno avanti i preparativi dell'operazione che, in base alle ipotesi degli esperti, dovrebbe essere la prova sperimentale del missile a lunga gittata di cui si parla da alcune settimane. «Attualmente è in corso a pieno ritmo la preparazione di un test di lancio per scopi di comunicazione satellitare», recita il dispaccio dell'agenzia, secondo cui Kwangmyongsong-2, il nome del satellite, sarà trasportato nello spazio dal razzo Unha-2, allestito nella base di Tonghae. «Lo spazio - si legge ancora - è un bene comune e il suo utilizzo per scopi pacifici è una tendenza globale». I satelliti per le comunicazioni, lo studio delle risorse naturali e dei fenomeni meteo, «sono essenziali allo sviluppo economico»: quando «questo lancio si rivelerà un successo, la nostra scienza e tecnologia spaziale farà un altro grande passo in avanti verso il ruolo di potenza economica». Indeterminata la data dell'operazione che sarebbe comunque una violazione della risoluzione 1718 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che impedisce a Pyongyang ulteriori sviluppi atomici o lanci di missili. Secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap, il test potrebbe essere fatto l'8 marzo, giorno di rinnovo del parlamento nordcoreano. Un eventuale lancio di missile da parte della Corea del Nord «non aiuterà a far avanzare le nostre relazioni», aveva ammonito il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, quasi una settimana fa, durante la sua visita in Giappone, nella quale ha illustrato la proposta americana di aiuti in cambio di abbandono dei programmi nucleari. L'ipotesi più accreditata nei rapporti dell'intelligence occidentale, infatti, è quella di un test in cui sarà sperimentato un missile di lunga gittata, forse una versione migliorata del Taepodong-2, capace di raggiungere Alaska e Hawaii. Naturale, la reazione dei Paesi dell'area. Il Giappone ha invitato Pyongyang a mettere da parte «qualunque iniziativa che possa mettere a repentaglio la pace e la sicurezza nella regione», ha commentato il capo di gabinetto, Takeo Kawamura. La Cina «ha preso atto» delle novità comunicate: «i colloqui a Sei (sul disarmo nucleare nordcoreano tra Cina, Usa, Giappone, Russia e due Coree, ndr) stanno facendo progressi e ci auguriamo che le parti interessate proseguano su questa strada», ha detto un portavoce del Ministero degli esteri cinese. La Corea del Sud, infine, considererà in ogni caso una «minaccia militare» un eventuale lancio balistico da parte del Nord. Per il titolare della Difesa, Lee Sang-hee, «missile o satellite, la tecnologia è simile. In ogni caso, consideriamo l'evenienza una minaccia diretta alla nostra nazione, pertanto sono in atto preparativi necessari per affrontare la situazione nel modo adeguato».

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Tasca d'Almerita lancia sfida:portare la Sicilia nel Far East (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Tasca d'Almerita lancia sfida:portare la Sicilia nel Far East nuovi mercati palermo. Il 2008 è stato un anno ricco di successi per la cantina siciliana Tasca d'Almerita: i dati di mercato registrano una crescita del 3% a volume e dell'8%. Numeri che permettono a Tasca d'Almerita di superare il fatturato record del 2007, a oltre 16 milioni di euro. Interessante l'andamento delle vendite in Italia e soprattutto all'estero: sono oltre 50 i mercati in cui il brand è presente con le sue etichette: da quelli storici come Germania, Usa, Russia e Svizzera, a nuovi scenari come Sud America, Est Europa cui si aggiungono Vietnam, India, Cina e Corea. Intanto nei giorni scorsi Tasca d'Almerita ha aggiunto un quinto polo di produzione vinicola: alla Tenuta Regaleali (Palermo), Mozia (Trapani), Capofaro Malvasia & Resort (Salina, Isole Eolie) e Tenute Etna (Catania) si aggiunge la Tenuta di proprietà dei Sallier de la Tour, principi di Camporeale, nel territorio di Monreale, in provincia di Palermo. 25/02/2009

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Grandi Laghi A STELLE E STRISCE (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

MANOVRE AMERICANE TRA CONGO E RUANDA Grandi Laghi A STELLE E STRISCE Operazioni militari congiunte tra ex nemici, accordi segreti e ricatti commerciali. Dietro i sommovimenti in Congo c'è Washington, che vuole riacquisire peso, assicurarsi il controllo delle materie prime e sconfiggere su un terreno cruciale il suo rivale geo-strategico: Pechino Stefano Liberti Grandi movimenti stanno scuotendo la parte orientale della Repubblica democratica del Congo (Rdc), la regione-fulcro dell'instabilità dei Grandi Laghi, il cuore di quella prima guerra mondiale africana (1998-2003) i cui pesanti strascichi non sono mai veramente finiti. Alla fine del gennaio scorso, un battaglione di 7000 soldati ruandesi ha superato il confine ed è penetrato nello stato del Nord Kivu. Niente di nuovo sotto il sole: era già successo a più riprese, in modo aperto o appena mascherato. La differenza con i precedenti ingressi delle truppe di Kigali sul suolo congolese è che quest'ultimo è stato concordato con Kinshasa, o meglio è stato regolato da un accordo firmato il 5 dicembre tra il presidente congolese Joseph Kabila e il suo omologo ruandese Paul Kagame. Secondo l'accordo, i cui termini non sono noti nemmeno al parlamento di Kinshasa, le truppe ruandesi sono autorizzate a penetrare nel Kivu per dare la caccia ai ribelli hutu delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), gli eredi di quelle milizie interhawme che si sono macchiate del genocidio di 800mila tutsi e hutu moderati nel 1994. L'operazione è cominciata il 20 gennaio scorso, ha avuto una prima valutazione il 31 gennaio e si avvia a una conclusione, con il ritiro delle truppe e l'annuncio dell'uccisione di qualche decina di ribelli e della cattura e/o resa di un paio di centinaia di altri. Mentre i soldati di Kagame passavano il confine di Goma, poco più a nord un'altra offensiva militare entrava nel vivo: il 14 dicembre 2008, le Fardc (forze armate congolesi), l'Updf (soldati ugandesi) e l'Spla (truppe sud-sudanesi) avevano lanciato l'operazione «Lightning Thunder» contro i combattenti della Lord's Resistance Army (Lra), i ribelli ugandesi guidati dal santone Joseph Kony rifugiati da alcuni mesi nel parco del Garamba, in Ituri, provincia nord-orientale dell'Rdc. Dopo mesi di sfiancanti negoziati con Kampala, ripetuti tentativi di mediazione guidati dal vice-presidente del Sud-Sudan Riek Machar, annunci di firme di trattati di pace a cui il leader ribelle immancabilmente non si era presentato, le cancellerie coinvolte in questa vicenda hanno scelto l'opzione militare, affidata non alle forze della Monuc (l'ipertrofica forza Onu di stanza nel paese), ma a questa alleanza tra tre eserciti che fino a al giorno prima si erano guardati in cagnesco. I risultati di quest'offensiva congiunta, il cui comando veniva assunto personalmente da Muhoozi Kainerugaba, figlio del presidente ugandese Yoweri Museveni, sono stati meno trionfali di quella ruandese-congolese nel Kivu: quando l'aviazione ha bombardato i campi di Kony, li ha trovati vuoti. L'avanzata delle truppe è stata ritardata dalla nebbia. E i ribelli hanno potuto tranquillamente dileguarsi. Per tutta risposta, i combattenti dell'Lra in fuga hanno moltiplicato massacri e violenze, uccidendo circa 900 civili. Probabilmente, gli strateghi di «Lightning Thunder» avevano sottovalutato la capacità militare dell'Lra, nonché l'approfondita conoscenza del terreno dei suoi combattenti e le simpatie di cui ancora in parte godono tra i membri acholi dello stesso esercito ugandese, che secondo alcune malelingue li avrebbero informati dell'imminenza dell'attacco. Gps e un milione di dollari Al di là dei loro rispettivi risultati, queste due operazioni segnano comunque una profonda accelerazione degli eventi nell'est del Congo, dopo anni di impasse. Come mai e perché solo ora tutto questo frenetico attivismo? Come mai, nel giro di pochi giorni e pochi colloqui, i nemici sono diventati alleati, e gli alleati nemici? Come mai improvvisamente tutti o quasi si dicono ottimisti di una prossima pax congolese, seria e duratura? La risposta a tutti questi interrogativi non è univoca, ma è da legare a una serie di eventi congiunturali, che hanno spinto i leader dell'area a cambiare posizione, a parlare con i propri avversari, a superare diffidenze e rivalità. Tutte queste manovre non sarebbero potute avvenire senza l'intervento dell'unico attore esterno che ancora riesce a imporsi in quella regione: gli Stati uniti. La manovra «Lightning Thunder» è stata lanciata con il placet e l'appoggio di Washington. Secondo quanto ha scritto il New York Times il 7 febbraio scorso, un team di 17 consiglieri e analisti dell'Africom, il nuovo comando militare creato dal Pentagono per l'Africa, è stato distaccato al confine ugandese-congolese il giorno prima l'attacco, con apparecchiature satellitari e un milione di dollari in carburante. In poche parole, gli Stati uniti hanno fornito la logistica e i soldi per quell'intervento che si è tramutato in un fiasco. Più marcato è stato l'intervento americano nell'operazione in Nord Kivu, di cui si può dire che Washington è stata non solo lo sponsor, ma la vera e propria organizzatrice. Tutto è cominciato con il rapporto degli esperti delle Nazioni unite sul Congo reso noto il 12 dicembre scorso, in cui si accusava il Ruanda di appoggiare il Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), il movimento ribelle guidato da Laurent Nkunda che teneva in scacco l'esercito congolese, mentre a Kinshasa veniva addebitato il sostegno alle Fdlr. Poco prima della pubblicazione del report, il sotto-segretario Usa per l'Africa Jendayi Frazer, che da alcune settimane faceva la spola tra Kinshasa e Kigali, incontra per l'ennesima volta Paul Kagame e Joseph Kabila. In questi incontri, esige che i due facciano entrambi un passo: al primo chiede la testa di Nkunda, al secondo l'approvazione dell'operazione congiunta in Nord Kivu. Gli argomenti per convincerli non le mancano: il sottosegretario Usa minaccia di sospendere gli aiuti economici (nel 2006, 103 milioni di dollari al Ruanda e 171 al Congo). Fa capire che anche il Regno unito (sempre nel 2006, 84 milioni di dollari al Congo, 65 al Ruanda) farebbe lo stesso. Subito dopo la pubblicazione del rapporto Onu, i Paesi bassi e la Svezia tagliano gli aiuti. L'Unione europea e la Banca mondiale esigono a loro volta una riappacificazione tra i due paesi per sbloccare altri milioni di dollari in infrastrutture. I due leader, che pure si sono lanciati in questi ultimi anni accuse di ogni tipo, accettano e firmano il già citato accordo del 5 dicembre. Un mese e mezzo dopo, le forze ruandesi passano il confine, mentre il leader del Cndp viene arrestato in Ruanda. Uno scandalo geologico Rimane da capire cosa abbia spinto Washington a esercitare proprio ora queste pressioni e perché gli Usa abbiano deciso di intervenire più attivamente nella crisi dell'est dell'Rdc, dopo anni di apparente indifferenza da parte della comunità internazionale. La risposta si cela almeno in parte nel sottosuolo congolese, tanto ricco di materie prime (oro, cobalto, rame, cassiterite, diamanti, petrolio) da essere stato definito uno «scandalo geologico». Se fino a ora lo sfruttamento di questa manna si è fatto proprio grazie all'instabilità delle regioni orientali, che rendevano possibile ogni traffico, oggi la situazione è cambiata. Washington e i suoi alleati occidentali devono fronteggiare l'avanzata di un temibile concorrente: la Cina. Nel 2008, Pechino ha firmato con Kinshasa un contratto per un prestito di 9,2 miliardi di dollari. In base a quest'accordo, la Cina ha ottenuto i diritti sulle estese risorse di rame e cobalto in cambio di 6 miliardi per la costruzione di strade, due dighe idro-elettriche, ospedali, scuole e collegamenti ferroviari tra la provincia del Katanga, all'estremo sud-est, e il porto di Matadi, sull'Oceano Atlantico. Gli altri tre miliardi sono destinati allo sviluppo di nuove aree minerarie. L'accordo è stato denunciato dai donatori occidentali, perché non rispetterebbe le regole del commercio e darebbe alla Cina una sorta di diritto di prelazione sullo sfruttamento minerario. Significativamente lo stesso Laurent Nkunda, mentre minacciava di marciare su Kinshasa, lanciava strali contro il contratto, che «aveva svenduto il paese alla Cina». Per cercare di bloccarlo, i donatori - il Fondo monetario internazionale e il club di Parigi - hanno minacciato di ritirare la cancellazione del debito storico contratto dal Congo, per un valore di 11 miliardi di dollari. Il governo di Kinshasa si è trovato stretto tra due fuochi. Kabila ha cercato di continuare a giocare su due tavoli. «Il Congo ha scelto di proseguire sulla via dello sviluppo economico con il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, e al contempo portare avanti lo sviluppo con i soldi cinesi», ha dichiarato il vice-ministro delle miniere Victor Kasongo, facendo finta di non capire che sulle regioni orientali dell'Rdc si stava combattendo una vera e propria guerra geo-strategica. Probabilmente il rinnovato interesse americano nella regione è legato a questa guerra sotterranea tra donatori occidentali e investitori cinesi, tanto più che il crollo del valore delle materie prime ha reso l'affare meno appetibile per Pechino e potrebbe preludere a un prossimo disimpegno (si veda box a fianco). E tanto più che per una volta gli attori occidentali - Unione europea e Stati uniti - sembrano muoversi di concerto. Il giorno stesso in cui partiva l'intervento ruandese in Congo il presidente francese Nicolas Sarkozy, in un incontro tra ambasciatori, ha proposto «lo sfruttamento in comune tra l'Rdc e il Ruanda delle ricchezze del Nord del Kivu». Il governo Kabila non ha reagito. La stessa macchinazione potrebbe prepararsi nella Provincia orientale, al confine del Lago Albert, in fondo al quale sono stati scoperti grandi giacimenti di petrolio da un consorzio privato costituito da Tullow Oil e Heritage Oil. Molti sospettano che dietro l'offensiva contro l'Lra ci siano le prove generali di un accordo per la spartizione di questo petrolio tra Uganda e Rdc. Ma se quelle erano le prove generali, la recita non andrà tanto bene. Foto: UN MILIZIANO DELLE FDLR, TARGET DELL'OFFENSIVA RUANDESE-CONGOLESE DI QUESTI GIORNI / REUTERS

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Somari in geografia (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Somari in geografia --> Mercoledì 25 Febbraio 2009 GENERALI, pagina 6 e-mail print Sulla riforma scolastica si è discusso molto. Due correnti di pensiero: una evidenzia l'utilità di promuovere maggiori opportunità nel settore tecnologico, l'altra ritiene che non per questo si debba trascurare la geografia. Nell'era di Internet e della globalizzazione il resto del mondo è molto più vicino all'Italia rispetto al passato con quel che ne consegue: approfondimenti culturali e sociali, costumi, storia, linguaggi. Non si può nascondere la testa sotto la cappa dell'ignoranza. La scarsa valutazione di stati e capitali non è solo una prerogativa italiana, anzi in campo europeo occupiamo una buona posizione, terzi secondo una statistica del Duemila. È una scala tutta da percorrere: quanto valgono effettivamente i primi posti, i secondi e gli ultimi nei confronti di una soddisfacente conoscenza della materia? Vittorio Zucconi nel suo libro «L'aquila e il pollo fritto» (Mondadori) chiama in causa l'ex presidente Usa, Bush che nell'ultima campagna elettorale «aveva confessato di ignorare dove fosse il Pakistan, poi divenuto alleato-chiave della sua guerra, e aveva confuso la Slovenia con la Slovacchia?». Laureati e diplomati italiani hanno dimostrato parecchi impacci di fronte a domande su quali erano le capitali dell'Egitto, dell'Iran, e quale la principale città canadese di lingua francese. Il grado di difficoltà cresce se si parla delle ex repubbliche sovietiche, Tagikistan, Kazakistan, Uzbekistan. In Europa Zucconi scrive che soltanto i giovani svedesi sanno che le due nazioni più popolose della Terra sono la Cina e l'India. In Usa una notevole maggioranza di giovani sa indicare il nome di un'isola del Pacifico dove è stato girato uno show tv di «finto primitivismo». Gira e rigira invece della scuola in primo piano abbiamo la tv, di qua e di là dell'Oceano. I video di Stato dovrebbero dedicare qualche programma specifico al crescere del mondo: una canzonetta di meno, e qualche nozione geografica in più: è troppo pretenderlo? 25/02/2009 nascosto-->

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Il vescovo Paglia: Usa e Cina sono interessati alle nostre callule trattate (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il (Umbria)" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Mercoledì 25 Febbraio 2009 Chiudi Il vescovo Paglia: «Usa e Cina sono interessati alle nostre callule trattate»

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Ecco a voi il capitalismo 2010. Modello Hu (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza (MF)" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

MF sezione: Commenti & Analisi data: 25/02/2009 - pag: 7 autore: di Edoardo Narduzzi Ecco a voi il capitalismo 2010. Modello Hu Adesso che la tentazione di nazionalizzare le banche investe gli Usa, diventa lecito domandarsi in quale direzione stia andando il capitalismo contemporaneo. Il governo britannico è già il principale azionista nel credito, quello tedesco ha appena varato una legge per nazionalizzare le banche a prescindere dalle intenzioni degli azionisti, la Francia di Sarkozy appare posseduta da un demone neo interventista in ogni settore, tutti fatti che provano quanto il mondo sia rapidamente cambiato in appena un semestre. Ma se lo Stato assorbe parte del mercato e soprattutto se il credito tende a trasformarsi in una sorta di servizio di pubblica utilità, allora è corretto interrogarsi sui nuovi equilibri in divenire dell'economia di mercato.Quello che sta emergendo, sotto la spinta dell'emergenza, è un modello di capitalismo molto diverso da quelli conosciuti dai mercati occidentali. Non si tratta di una riedizione del capitalismo statocentrico alla francese o con le sfumature sociali del tipo renano. Quanto sta prendendo forma è una sorta di capitalismo alla cinese, con una forzata convivenza tra una determinante e consistente presenza del pubblico nel capitale delle imprese più importanti e discreti margini di azione per l'impresa privata. In questo quadro lo Stato e la mano pubblica elaborano le strategie di indirizzo dell'economia controllandone settori importanti, tra cui il credito, mentre i privati si occupano dei servizi e della gestione soprattutto delle imprese minori. Un modello mirante a controllare gli eccessi del mercatismo garantendo un accettabile livello di competizione dal basso. In fin dei conti la lunga marcia di avvicinamento all'economia di mercato della Cina ancora comunista ha prodotto oggi nel più popoloso paese del mondo una specie di capitalismo della cogestione imperfetta: la spinta alla crescita è assicurata dall'iniziativa dei privati ma il potere di alzare o ridurre le barriere nei settori chiave è nelle mani del governo e della politica. Il ruolo del decisore pubblico nel capitalismo cinese rimane estremamente significativo. Ma la presenza dei governi nelle scelte economiche sta rapidamente crescendo anche in occidente. Il governo americano, ad esempio, da ormai un anno non si limita più a vigilare sui mercati attraverso autorità di settore. Ha fatto e si prepara a fare scelte ben più interventiste. In qualche modo l'economia Usa potrebbe divenire molto più simile a quella mista cinese. Ma è un bene questa «cinesizzazione» diffusa? Se in Cina il capitalismo misto ha indubbiamente ben funzionato, seppure in un contesto non propriamente democratico, ed ha saputo garantire un lungo ciclo di crescita economica, ben altra questione è applicare un modello con un'importante presenza pubblica in contesti economici avanzati. In Cina un solo partito al governo garantisce continuità alla gestione delle imprese pubbliche. Il confronto all'interno del partito esaurisce ogni bisogno di sintesi. Una situazione difficilmente riproponibile altrove. Il confronto elettorale nei paesi occidentali nel prossimo futuro verterà, quando la nazionalizzazione sarà diventata pratica diffusa, soprattutto sulle strategie di gestione della parte pubblica dell'economia. La politica economica potrebbe decidere quali settori meritano credito bancario e quali no, ad esempio. In un mondo alla ricerca di nuovi equilibri il primato sul campo del capitalismo cinese, stabile finora più degli altri perfino durante la tempesta finanziaria, può svolgere un ruolo da catalizzatore per gli altri modelli in crisi di identità. Del resto al risparmio cinese si chiede di finanziare buona parte dei titoli di Stato americani, nella speranza che quegli stessi risparmiatori imparino a consumare di più e all'occidentale per sostenere la domanda globale. La capacità di credito e di consumo di Pechino fa da prestatore di ultima istanza per il capitalismo internazionale in crisi. Ma, se la Cina è chiamata a sanare gli squilibri ed i fallimenti prodotti da altri, non deve sorprendere che, anche quasi spontaneamente, il capitalismo internazionale tenda ad allinearsi alle caratteristiche di quello cinese. In fondo da millenni la cultura cinese ritiene di essere quella che fa da guida per il mondo intero. Perché dai pensieri si potesse passare ai fatti è stato sufficiente scatenare l'ingordigia da facile guadagno dei finanzieri di Wall Street (ma Weber non scriveva che la morale del capitalismo di matrice calvinista era superiore?). Ora non possiamo sorprenderci se per diversi decenni le nostre economie saranno molto più simili a quella a guida statale che da sempre caratterizza la Cina. La speranza è poter godere della stessa velocità di crescita.

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I mercati chiedono una guida sicura (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-02-25 - pag: 1 autore: AMERICA ED EUROPA I mercati chiedono una guida sicura di Giangiacomo Nardozzi a crisi si è complicata. Alle perdite sui titoli tossici ancora rimasti nei bilanci delle banche si aggiungono, L per quelle europee, i problemi derivanti dall'esposizione verso i Paesi dell'Est, travolti dall'alto indebitamento in valuta estera. La recessione è pesantissima e ovunque carica di rischi i crediti bancari. La parola "nazionalizzazione" ha provocato crolli dei titoli bancari, dagli Stati Uniti all'Italia, indipendentemente dal contesto e dalla sua fondatezza, e non a caso quando ieri il presidente della Fed, nella sua audizione al Congresso, ha detto che in America le nazionalizzazioni bancarie non sono strettamente necessarie, Wall Street ha subito ripreso vigore. Le stesse banche centrali non possono fare più di tanto, dopo tutto quello che già hanno fatto di eccezionale per diffondere fiducia, se non in buona sostanza rinviare all'azione dei governi, come ha indicato ieri Ben Bernanke. Il fatto è che sta venendo meno la fiducia nella capacità della politica di attuare interventi risolutivi di questa crisi, che mette pesantemente in discussione due punti fermi dell'ultimo mezzo secolo: da un lato la leadership economica degli Stati Uniti, dall'altro un'Europa unita da una crescente integrazione delle sue economie. Se questi due riferimenti sono divenuti incerti, non lo si deve al prepotente emergere dei nuovi attori dell'economia mondiale, a cominciare dalla Cina. Come sappiamo, questa crisi viene dalla finanza americana. Che però è stata gonfiata dalla piega pericolosa presa dalla conciliazione di quelli che sono stati sempre, dal dopoguerra, assi portanti della politica estera Usa: la liberalizzazione degli scambi internazionali e la dimostrazione del dinamismo della propria economia. La prima in funzione del confronto con il blocco comunista ma accelerata, con benefici per la crescita economica mondiale, dopo la fine dell'Urss e la conversione del Partito comunista cinese all'"economia socialista di mercato". La seconda invece forzata dalle bolle, azionarie immobiliari e creditizie, che hanno sì sorretto l'economia americana negli ultimi tre lustri ma anche avuto come esito finale il disastro di oggi. Ora il mondo guarda con apprensione alla capacità della nuova amministrazione Obama di far uscire rapidamente gli Stati Uniti dalla recessione e di risolvere i problemi delle loro banche. Continua u pagina 11 l'articolo prosegue in altra pagina

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OBAMA BERLUSCONEGGIA UN PO' (TRANQUILLI, CE LA FAREMO) E VOLA NEI SONDAGGI - I TALEBANI ACCETTANO IL CESSATE IL FUOCO DEL PAKISTAN I BRONZI DI YSL TRA FRANCIA E CINA L'ITALIA T (sezione: Globalizzazione)

( da "Dagospia.com" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

HomePage | Segnala articolo --> OBAMA BERLUSCONEGGIA UN PO? (TRANQUILLI, CE LA FAREMO) E VOLA NEI SONDAGGI - I TALEBANI ACCETTANO IL CESSATE IL FUOCO DEL PAKISTAN ? I BRONZI DI YSL TRA FRANCIA E CINA ? L?ITALIA TORNO AL NUCLEARE DOPO 21 ANNI - L?APARTHEID DELLA POLIZIA LONDINESE? Rassegna stampa internazionale a cura di Apcom barack obama 1 - SPAGNA EL MUNDO - "Zapatero concede 800 milioni in più alla Catalogna nel pieno della recessione": la crisi economica non impedisce al governo di stanziare nuovi fondi per le infrastrutture della Catalogna, commenta il quotidiano, costate finora oltre 4 milioni di euro. In prima pagina l'immagine di un giovane che spacca la porta a vetri di un locale a Lazkao, nei Paesi Baschi, per vendicarsi dei danni inflitti alla sua casa da una bomba piazzata dall'Eta: "Ha visto gli uomini di Batasuna ridere delle vittime e ha preso la mazza". EL PAIS - "Il potere giudiziario chiede di far cessare gli attacchi a Garzon", titolare dell'inchiesta sulla rete di corruzione creata da imprenditori e politici del Partito popolare. "Garzon, nel mirino" dopo le dimissioni del ministro della Giustizia Mariano Fernandez Bermejo, accusato di aver preso parte a una battuta di caccia con il magistrato il giorno prima dell'avvio dell'inchiesta. Il giudice è stato preso di mira dal Pp, che cerca così di sfuggire allo scandalo, scrive il quotidiano. In politica estera, "L'Italia torna al nucleare dopo 21 anni": il governo di Roma ha deciso di sfruttare l'energia nucleare, 21 anni dopo il referendum che aveva visto la maggioranza degli italiani votare contro l'atomo. Talebani 2 - FRANCIA LE FIGARO - "Malgrado la crisi i francesi consumano", grazie al calo del prezzo della benzina e ai saldi d'inverno. Stando ai dati diffusi dall'Istituto di statistica (Insee), il consumo delle famiglie ha registrato lo scorso gennaio una ripresa dell'1,8% rispetto allo scorso anno. Negli Stati Uniti, "Obama vola nei sondaggi" nonostante la crisi. Diverse indagini, condotte dai principali mezzi di informazione alla vigilia dell'intervento del Presidente al Congresso, confermano un consenso sopra il 60%. Si passa al cinema, con l'intervista concessa da Clint Eastwood: "Clint Eastwood, meraviglioso in 'Gran Torino'. LIBERATION - In prima pagina la famiglia Raba, fuggita dal Kosovo nel 2001, espulsa dalla Francia nel 2006, tornata nel 2007: "Il libro nero dell'immigrazione". La pubblicazione del lavoro collettivo 'Questa Francia-qua' punta l'attenzione sulla politica di Sarkozy in materia di flussi migratori. Il quotidiano accusa quindi il Presidente di aver mentito sulla nomina del consulente dell'Eliseo, Francois Perol, alla guida del futuro gruppo nato dalla fusione della Banca Popolare e della Cassa di Risparmio: "Il bluff di Sarkozy su Perol". Contrariamente a quanto dichiarato dal Presidente alla stampa, scrive Libé, la Commissione di deontologia del settore pubblico non si è pronunciata sulla nomina di Perol. 3 - GRAN BRETAGNA THE WASHINGTON POST - "E' arrivato il giorno del giudizio" per l'economia. In apertura la dichiarazione dai toni biblici pronunciata dal presidente americano Barack Obama nel discorso al Congresso in seduta plenaria, in cui ha ribadito che "l'America, unendo le forze e le idee, riuscirà a superare la crisi e tornerà più forte di prima". In evidenza anche la disputa tra Francia e Cina sulla vendita di due bronzi che facevano parte dei preziosi tesori d'arte dello stilista Yves Saint Laurent. "La Cina non riesce a fermare la vendita di vestigia del passato". Laurent saint THE NEW YORK TIMES - "Obama rassicura la nazione 'Ricostruiremo'" il Paese. E' una delle promesse fatte dal presidente degli Stati Uniti sottolineando che ciò di cui il Paese ha bisogno in questo momento "è che tutti uniscano le forze, per affrontare senza indugio le sfide che abbiamo di fronte e assumere ancora una volta le nostre responsabilità sul futuro". Spazio anche alla tregua annunciata dai talebani per la Valle di Swat, nel nordovest del Pakistan. "I talebani accettano il cessate il fuoco del Pakistan". 4 - STATI UNITI THE GUARDIAN - "La lotta al terrorismo 'implica la fine della privacy'", ammonisce l'ex coordinatore delle forze di sicurezza e di intelligence del Regno Unito, David Omand. Responsabile, tra gli altri, della strategia di sicurezza nazionale, Omand sostiene che il diritto alla riservatezza della gente innocente verrà sacrificato in nome della sicurezza, con gli agenti che potranno avere accesso a tutta una serie di dati confidenziali. Sul fronte della lotta alla criminalità, "Il Labour pensa di rendere noti i nomi dei criminali", distribuendo volantini nelle aree dove vengono condannati. L'iniziativa mira a recuperare la fiducia della popolazione nel sistema giudiziario e a mettere in imbarazzo i criminali che, secondo uno studio, odiano che il loro caso venga pubblicizzato tanto quanto detestano il carcere. THE INDEPENDENT - "L'esercito sta combattendo contro jihadisti britannici in Afghanistan": alti ufficiali dell'esercito di sua Maestà hanno rivelato al quotidiano di essere impegnati in una 'surreale mini guerra civile' contro un crescente numero di jihadisti cresciuti in casa, che decidono di raggiungere l'Afghanistan per sostenere i talebani. In politica interna, una ricerca mostra che "Una persona su nove che vive nel Regno unito è nata all'estero", con gli indiani che rappresentano il gruppo più numeroso, seguiti dai polacchi. THE TIMES - "Le aziende ferroviarie hanno ricevuto l'ordine di ridurre le tariffe ai pendolari" e perderanno milioni di sterline a partire dal 2010. Anche se la decisione sarà accolta con favore dai passeggeri, commenta il quotidiano, è probabile che la misura imposta dal governo comporti anche una riduzione di servizi e di posti di lavoro. Si passa alle accuse di razzismo rivolte alle polizia di Londra: "Polizia accusata di usare furgoni diversi per criminali bianchi e neri". La pesante accusa di usare un sistema di apartheid è stata rivolta da un ufficiale di supporto della comunità asiatica. FINANCIAL TIMES - "Bernanke smorza i timori sui 'stress test' per le banche" decisi dal governo americano per decidere quali misure adottare per aiutare il sistema finanziario. Il Presidente della Federal Reserve ha quindi affermato che la recessione durerà almeno fino alla fine del 2009. In prima pagina la fotografia che ritrae Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy prima del vertice italo-francese svoltosi ieri a Roma: "Legami nucleari, Francia e Italia firmano accordi". 5 - STAMPA ARABA AL SHARQ AL AWSAT - giornale panarabo edito a Londra, apre sul Libano, "il Cancelliere del tribunale per l'omicidio Hariri: Sono pronto a mandare gli imputati nel carcere dove è rinchiuso Karadzic". Arabia saudita, "il custode dei luoghi santi (il Re saudita Abdullah ndr) riceve un messaggio da Assad portata da al Muallem", ministro degli Esteri siriano. In un iniziativa che "non piacerà a Teheran", "un diplomatico Usa 'bastone e carota', nominato consigliere speciale di Hillary Clinton per l'Iran e le questioni del Golfo". Arabia saudita, "verso l'unificazione delle sentenze: i giudizi per processi analoghi faranno giurisprudenza". AL QUDS AL ARABI - quotidiano palestinese edito a Londra, dedica l'apertura all'Iraq: "l'11 marzo prossimo sarà emessa la sentenza contro Tareq Aziz, nel processo che lo vede imputato per i commercianti giustiziati" all'epoca di Saddam Hussein. Intanto "escalation di attentati contro i Marines: Baghdad conferma e Washington smentisce l'uccisione di 4 soldati Usa in un'attacco a Mosul". "In un tentativo per recuperare i rapporti, il ministro degli esteri siriano al Muallem, visita l'Arabia saudita". Arabia saudita, "scoppia la rabbia sciita (minoranza nel Paese) dopo scontri nella Medina". Israele, "Per fare fronte a probabili missili siriani e iraniani, installati sistemi difensivi Usa nel deserto del Negev". "Le delegazioni palestinesi cominciano ad arrivare al Cairo: previsto per oggi un incontro preliminare tra Hamas e al Fatah". "Gli Emirati Arabi chiedono l'acquisto di 16 aerei di trasporto truppe per un valore di 2,9 miliardi di dollari", intanto ad Abu Dahbi, "costruito il primo centro spaziale nell'area". AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, apre con un intervista al giudice tedesco Mehlis, il primo presidente della commissione d'indagine internazionale per l'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri: "Ho un quadro molto chiaro sull'assassinio di Hariri e i suoi compagni; coinvolto un gruppo organizzato e elementi dei servizi hanno avuto un ruolo". Intanto, Il Tribunale internazionale speciale inizierà le udienze alla fine di quest'anno". Iraq, "dopo un giorno dalla morte di 3 soldati Usa con il loro interprete a Dyala, uccisi altri 4 con il traduttore a Mosul". Gaza, "le fazioni palestinesi di Damasco puntano sulla riuscita dei colloqui del Cairo per la riconciliazione nazionale". AL AHRAM - quotidiano egiziano semi-ufficiale, dedica l'apertura alla crisi finanziaria mondiale: "Forte calo nelle borse asiatiche e europee segue il crollo di Wall Street", "Il Federal Reserve spera nella fine della crisi nel 2009 e le banche svizzere perdono il 25% dei depositi del 2008", "l'indice della Borsa del Cairo scende di 2,7 punti", "Si prevede una congiuntura economica in; Arabia saudita, Emirati e Kuwait". Attentato al Suk del Cairo, "le indagini si estendono alle fabbriche di fuochi d'artificio: Le schegge 'compatibili' con l'ordigno inesploso". ASSAFIR - giornale libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, apre sui tentativi di riavvicinamento tra Siria, Arabia saudita e Egitto: "tregua presidenziale dettata dal dialogo tra Damasco e Riad: tentativi per un incontro a tre a Damasco". "Dialogo nel Cairo per un'intesa tra le fazioni palestinesi: domani una seduta protocollare e la riconciliazione dipende dalle cinque commissioni di lavoro". [25-02-2009]

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LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Com... (sezione: Globalizzazione)

( da "Nazione, La (Livorno)" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

PRIMO PIANO LIVORNO pag. 3 LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Com... LA GLOBALIZZAZIONE riguarda anche gli yachts d'alto bordo. Come dimostrano i passaggi di scafi nudi o addirittura grezzi realizzati altrove per primari cantieri del nostro distretto. Ieri alla calata Sgarallino ha sostato per alcune ore- il tempo di fare le pratiche di dogana- uno scafo nudo da ben 153 piedi (circa 50 metri) costruito in Tunisia e giunto a rimorchio nelle nostre acque per poi proseguire sul canale dei Navicelli fino ai Cantieri di Pisa, dove sarà completato degli allestimenti e degli impianti. Il grosso scafo, quasi totalmente in acciaio saldato, era a rimorchio di un mezzo della General Bateau del gruppo Baglietto, di cui i Cantieri di Pisa fanno parte. L'intera operazione di trasporto, attracco a Livorno e sdoganamento è stata curata dall'agenzia marittima Almas, specializzata del brokeraggio e nella gestione di mega-yachts. L'operazione sul canale dei Navicelli dovrebbe completarsi entro oggi. Il tragitto da Livorno alla Darsena di Pisa del canale dei Navicelli è altrettanto usuale ormai, per gli scafi nudi dei megayachts, del tragitto inverso, dalla Darsena pisana al mare. E' la strada che fanno ed hanno fatto gli scafi costruiti da "terzisti" anche illustri - come di recente la Fashion Yachts di Fabrizio Politi- per importanti cantieri sia livornesi che di Viareggio, dove poi ne viene completato l'allestimento e l'impiantistica ricorrendo anche ad arredatori dell'area del mobile pisamp. Un lavoro di equipe, in sostanza, che impiega alcune centinaia di persone specializzate nei più svariati campi, per il completamento di un prodotto ormai considerato all'eccellenza assoluta nel mondo. Antonio Fulvi

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Grandi Laghi A STELLE E STRISCE - MANOVRE AMERICANE TRA CONGO E RUANDA (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Grandi Laghi A STELLE E STRISCE - MANOVRE AMERICANE TRA CONGO E RUANDA Operazioni militari congiunte tra ex nemici, accordi segreti e ricatti commerciali. Dietro i sommovimenti in Congo c'è Washington, che vuole riacquisire peso, assicurarsi il controllo delle materie prime e sconfiggere su un terreno cruciale il suo rivale geo-strategico: Pechino Stefano Liberti Grandi movimenti stanno scuotendo la parte orientale della Repubblica democratica del Congo (Rdc), la regione-fulcro dell'instabilità dei Grandi Laghi, il cuore di quella prima guerra mondiale africana (1998-2003) i cui pesanti strascichi non sono mai veramente finiti. Alla fine del gennaio scorso, un battaglione di 7000 soldati ruandesi ha superato il confine ed è penetrato nello stato del Nord Kivu. Niente di nuovo sotto il sole: era già successo a più riprese, in modo aperto o appena mascherato. La differenza con i precedenti ingressi delle truppe di Kigali sul suolo congolese è che quest'ultimo è stato concordato con Kinshasa, o meglio è stato regolato da un accordo firmato il 5 dicembre tra il presidente congolese Joseph Kabila e il suo omologo ruandese Paul Kagame. Secondo l'accordo, i cui termini non sono noti nemmeno al parlamento di Kinshasa, le truppe ruandesi sono autorizzate a penetrare nel Kivu per dare la caccia ai ribelli hutu delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), gli eredi di quelle milizie interhawme che si sono macchiate del genocidio di 800mila tutsi e hutu moderati nel 1994. L'operazione è cominciata il 20 gennaio scorso, ha avuto una prima valutazione il 31 gennaio e si avvia a una conclusione, con il ritiro delle truppe e l'annuncio dell'uccisione di qualche decina di ribelli e della cattura e/o resa di un paio di centinaia di altri. Mentre i soldati di Kagame passavano il confine di Goma, poco più a nord un'altra offensiva militare entrava nel vivo: il 14 dicembre 2008, le Fardc (forze armate congolesi), l'Updf (soldati ugandesi) e l'Spla (truppe sud-sudanesi) avevano lanciato l'operazione «Lightning Thunder» contro i combattenti della Lord's Resistance Army (Lra), i ribelli ugandesi guidati dal santone Joseph Kony rifugiati da alcuni mesi nel parco del Garamba, in Ituri, provincia nord-orientale dell'Rdc. Dopo mesi di sfiancanti negoziati con Kampala, ripetuti tentativi di mediazione guidati dal vice-presidente del Sud-Sudan Riek Machar, annunci di firme di trattati di pace a cui il leader ribelle immancabilmente non si era presentato, le cancellerie coinvolte in questa vicenda hanno scelto l'opzione militare, affidata non alle forze della Monuc (l'ipertrofica forza Onu di stanza nel paese), ma a questa alleanza tra tre eserciti che fino a al giorno prima si erano guardati in cagnesco. I risultati di quest'offensiva congiunta, il cui comando veniva assunto personalmente da Muhoozi Kainerugaba, figlio del presidente ugandese Yoweri Museveni, sono stati meno trionfali di quella ruandese-congolese nel Kivu: quando l'aviazione ha bombardato i campi di Kony, li ha trovati vuoti. L'avanzata delle truppe è stata ritardata dalla nebbia. E i ribelli hanno potuto tranquillamente dileguarsi. Per tutta risposta, i combattenti dell'Lra in fuga hanno moltiplicato massacri e violenze, uccidendo circa 900 civili. Probabilmente, gli strateghi di «Lightning Thunder» avevano sottovalutato la capacità militare dell'Lra, nonché l'approfondita conoscenza del terreno dei suoi combattenti e le simpatie di cui ancora in parte godono tra i membri acholi dello stesso esercito ugandese, che secondo alcune malelingue li avrebbero informati dell'imminenza dell'attacco. Gps e un milione di dollari Al di là dei loro rispettivi risultati, queste due operazioni segnano comunque una profonda accelerazione degli eventi nell'est del Congo, dopo anni di impasse. Come mai e perché solo ora tutto questo frenetico attivismo? Come mai, nel giro di pochi giorni e pochi colloqui, i nemici sono diventati alleati, e gli alleati nemici? Come mai improvvisamente tutti o quasi si dicono ottimisti di una prossima pax congolese, seria e duratura? La risposta a tutti questi interrogativi non è univoca, ma è da legare a una serie di eventi congiunturali, che hanno spinto i leader dell'area a cambiare posizione, a parlare con i propri avversari, a superare diffidenze e rivalità. Tutte queste manovre non sarebbero potute avvenire senza l'intervento dell'unico attore esterno che ancora riesce a imporsi in quella regione: gli Stati uniti. La manovra «Lightning Thunder» è stata lanciata con il placet e l'appoggio di Washington. Secondo quanto ha scritto il New York Times il 7 febbraio scorso, un team di 17 consiglieri e analisti dell'Africom, il nuovo comando militare creato dal Pentagono per l'Africa, è stato distaccato al confine ugandese-congolese il giorno prima l'attacco, con apparecchiature satellitari e un milione di dollari in carburante. In poche parole, gli Stati uniti hanno fornito la logistica e i soldi per quell'intervento che si è tramutato in un fiasco. Più marcato è stato l'intervento americano nell'operazione in Nord Kivu, di cui si può dire che Washington è stata non solo lo sponsor, ma la vera e propria organizzatrice. Tutto è cominciato con il rapporto degli esperti delle Nazioni unite sul Congo reso noto il 12 dicembre scorso, in cui si accusava il Ruanda di appoggiare il Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), il movimento ribelle guidato da Laurent Nkunda che teneva in scacco l'esercito congolese, mentre a Kinshasa veniva addebitato il sostegno alle Fdlr. Poco prima della pubblicazione del report, il sotto-segretario Usa per l'Africa Jendayi Frazer, che da alcune settimane faceva la spola tra Kinshasa e Kigali, incontra per l'ennesima volta Paul Kagame e Joseph Kabila. In questi incontri, esige che i due facciano entrambi un passo: al primo chiede la testa di Nkunda, al secondo l'approvazione dell'operazione congiunta in Nord Kivu. Gli argomenti per convincerli non le mancano: il sottosegretario Usa minaccia di sospendere gli aiuti economici (nel 2006, 103 milioni di dollari al Ruanda e 171 al Congo). Fa capire che anche il Regno unito (sempre nel 2006, 84 milioni di dollari al Congo, 65 al Ruanda) farebbe lo stesso. Subito dopo la pubblicazione del rapporto Onu, i Paesi bassi e la Svezia tagliano gli aiuti. L'Unione europea e la Banca mondiale esigono a loro volta una riappacificazione tra i due paesi per sbloccare altri milioni di dollari in infrastrutture. I due leader, che pure si sono lanciati in questi ultimi anni accuse di ogni tipo, accettano e firmano il già citato accordo del 5 dicembre. Un mese e mezzo dopo, le forze ruandesi passano il confine, mentre il leader del Cndp viene arrestato in Ruanda. Uno scandalo geologico Rimane da capire cosa abbia spinto Washington a esercitare proprio ora queste pressioni e perché gli Usa abbiano deciso di intervenire più attivamente nella crisi dell'est dell'Rdc, dopo anni di apparente indifferenza da parte della comunità internazionale. La risposta si cela almeno in parte nel sottosuolo congolese, tanto ricco di materie prime (oro, cobalto, rame, cassiterite, diamanti, petrolio) da essere stato definito uno «scandalo geologico». Se fino a ora lo sfruttamento di questa manna si è fatto proprio grazie all'instabilità delle regioni orientali, che rendevano possibile ogni traffico, oggi la situazione è cambiata. Washington e i suoi alleati occidentali devono fronteggiare l'avanzata di un temibile concorrente: la Cina. Nel 2008, Pechino ha firmato con Kinshasa un contratto per un prestito di 9,2 miliardi di dollari. In base a quest'accordo, la Cina ha ottenuto i diritti sulle estese risorse di rame e cobalto in cambio di 6 miliardi per la costruzione di strade, due dighe idro-elettriche, ospedali, scuole e collegamenti ferroviari tra la provincia del Katanga, all'estremo sud-est, e il porto di Matadi, sull'Oceano Atlantico. Gli altri tre miliardi sono destinati allo sviluppo di nuove aree minerarie. L'accordo è stato denunciato dai donatori occidentali, perché non rispetterebbe le regole del commercio e darebbe alla Cina una sorta di diritto di prelazione sullo sfruttamento minerario. Significativamente lo stesso Laurent Nkunda, mentre minacciava di marciare su Kinshasa, lanciava strali contro il contratto, che «aveva svenduto il paese alla Cina». Per cercare di bloccarlo, i donatori - il Fondo monetario internazionale e il club di Parigi - hanno minacciato di ritirare la cancellazione del debito storico contratto dal Congo, per un valore di 11 miliardi di dollari. Il governo di Kinshasa si è trovato stretto tra due fuochi. Kabila ha cercato di continuare a giocare su due tavoli. «Il Congo ha scelto di proseguire sulla via dello sviluppo economico con il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, e al contempo portare avanti lo sviluppo con i soldi cinesi», ha dichiarato il vice-ministro delle miniere Victor Kasongo, facendo finta di non capire che sulle regioni orientali dell'Rdc si stava combattendo una vera e propria guerra geo-strategica. Probabilmente il rinnovato interesse americano nella regione è legato a questa guerra sotterranea tra donatori occidentali e investitori cinesi, tanto più che il crollo del valore delle materie prime ha reso l'affare meno appetibile per Pechino e potrebbe preludere a un prossimo disimpegno (si veda box a fianco). E tanto più che per una volta gli attori occidentali - Unione europea e Stati uniti - sembrano muoversi di concerto. Il giorno stesso in cui partiva l'intervento ruandese in Congo il presidente francese Nicolas Sarkozy, in un incontro tra ambasciatori, ha proposto «lo sfruttamento in comune tra l'Rdc e il Ruanda delle ricchezze del Nord del Kivu». Il governo Kabila non ha reagito. La stessa macchinazione potrebbe prepararsi nella Provincia orientale, al confine del Lago Albert, in fondo al quale sono stati scoperti grandi giacimenti di petrolio da un consorzio privato costituito da Tullow Oil e Heritage Oil. Molti sospettano che dietro l'offensiva contro l'Lra ci siano le prove generali di un accordo per la spartizione di questo petrolio tra Uganda e Rdc. Ma se quelle erano le prove generali, la recita non andrà tanto bene.

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Se non si mette al centro l'ultimo dei contadini africani (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

POLITICA 25-02-2009 VERTICI E SUMMIT INTERNAZIONALI, IL RISCHIO DI GIRARE A VUOTO Se non si mette al centro l'ultimo dei contadini africani GIANNI MANGHETTI A l vertice di domenica a Berlino i capi di governo si sono accordati nel definire nuove regole per il sistema finanziario internazionale. Hanno, giustamente, concluso che in un mondo globalizzato le regole sulla finanza dovranno essere ancor più stringenti e conseguentemente essere eguali per tutti i Paesi. Basteranno tali conclusioni per riportare una duratura fiducia nei mercati? Al di là delle prime reazione a caldo, c'è da dubitarne considerato che le questioni di fondo sono state demandate ad un altro vertice, quello del G20 a Londra. Vale invece la pena mettere a fuoco la principale di queste questioni. Da quale angolo affrontare la recessione e l'incombente depressione? Noi consumatori e la crisi o, piuttosto, noi uomini e la crisi? Il primo assunto è tutto interno ad una logica commerciale far acquistare di più i propri prodotti per far produrre di più le proprie imprese e, finora, esso, da solo, non ci ha portato fuori dalle sabbie mobili. In effetti, le prime risposte che stanno venendo dai troppi meeting internazionali rischiano solo di aprire la strada verso un preoccupante nazionalismo e verso un conseguente protezionismo economico e finanziario (nazionalizzazione diretta o indiretta delle banche, sostegno dei propri prodotti, aiuti fiscali alle proprie imprese). Spiace rilevarlo, ma intorno e dentro a questi incontri e il protezionismo adottato dagli stessi uomini di governo ne è una prova aleggia una mancanza di idee e di coraggio tale da alimentare nuove paure nei governati. Che accadrà ancora dopo la recessione? Precipiteremo nella depressione? Abyssus abyssum vocat! Che significa, allora, la domanda: noi uomini e la crisi? Essa ha una portata che va ben al di là del nostro essere soggetti economici con maggiore o minore propensione al consumo. La straordinaria drammaticità di questo momento storico non sta tanto nelle aride cifre di un Pil che, ovunque, si sta restringendo quanto nel buio che sta davanti alle persone, soprattutto a quelle più bisognose. È un buio causato, nei Paesi più industrializzati, prima dagli errori e cupidigie della classe dirigente finanziaria, poi dalla constatazione che i responsabili politici sembrano non essere all'altezza delle loro responsabilità collettive. È mancata finora una riflessione sugli errori commessi e su quelli da evitare. Si badi bene, mentre sulle ingordigie dei finanzieri si continua ad avere una assordante silenzio, almeno sugli errori finanziari a Berlino si è stati coerenti nell'affermare la necessità di nuove regole. È, invece, sugli errori propri dei governanti che finora non si è avuto il coraggio di trarre le dovute conclusioni. Il mondo non può essere considerato globale solo nelle aree della finanza e degli scambi finanziari. Le regole in tali aree hanno, fino a pochi mesi fa, avvantaggiato solo i Paesi più forti e più ricchi. Ma il mondo va considerato globale anche nei bisogni di giustizia e solidarietà verso l'ultimo contadino africano, paradigma di chi non è in grado con tali regole né di entrare nel mercato globale né, ancor più, di sfamare se stesso. Ciò che è accaduto negli ultimi anni nelle sessioni del Doha Round è un atto di accusa per quel che non si fu capaci di riconoscere e di accettare nei suoi confronti. È invece questo contadino africano e con lui, dunque, tutti i poveri del mondo che i vari G7, G8 e G20 devono mettere al centro delle proprie analisi e soluzioni per far uscire noi e lui dalla crisi. Il mondo globale può e deve divenire soprattutto un mondo coresponsabile, sull'esempio di ciò che gli Stati Uniti nel dopoguerra ebbero il coraggio di fare nei confronti dell'Europa. Oggi servirebbe un analogo coraggio politico per ridisegnare l'architettura del commercio internazionale e della finanza collettiva (vedi Fmi e Banca Mondiale), un coraggio per guardare non solo agli interessi economici immediati delle nazioni in crisi, bensì anche a quelli di tutti i grandi esclusi dai vantaggi del mondo globalizzato.

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Politica estera italiana: alleanza con Francia ed Egitto (sezione: Globalizzazione)

( da "Blogosfere" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Feb 0925 Politica estera italiana: alleanza con Francia ed Egitto Pubblicato da Paolo di Lautrèamont alle 12:14 in Esteri Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4 Il vertice italo-francese di ieri dimostra che la politica estera italiana si basa su un'interazione tra idealismo e realismo. Si tratta cioè di conciliare le aspirazioni universali di pace con vantaggi concreti. Non a caso al vertice sono intervenuti ben sette ministri francesi, oltre al premier e al presidente Sarkozy. L'accordo ottenuto riguarda lo sviluppo dei nuovi reattori nucleari EPR, che potrà restituire all'Italia la leadership in questo settore (eravamo il terzo paese produttore di energia nucleare, dopo Usa e Regno Unito). Areva, Edf e Gdf-Suez condivideranno con Enel il nostro mercato del settore, che vale 40 miliardi di euro. In cambio Enel avrà un ruolo primario nella realizzazione dei prossimi reattori francesi. Speriamo che l'Ansaldo possa entrare presto in questa partita economica e ambientale mondiale (ieri molti ambientalisti inglesi si sono dichiarati pro-nucleari). Al di là delle loro relazioni bilaterali, Roma e Parigi sono partner di un triangolo strategico che include l'Egitto. Questa alleanza è ormai attiva da tempo, con buoni risultati geopolitici. Il triangolo è completato dai rapporti con gli USA: l'idea di un'uscita dall'Iraq in cambio di un maggiore impegno nel così detto Afpak (Afganistan e Pakistan) coincide con la strategia di Europa e Unione Africana. All'interno di questo quadro, il rilancio diplomatico italiano si gioca sul prossimo G8 che si svolgerà a luglio alla Maddalena. La presidenza italiana -secondo il ministro Frattini- ritiene necessario applicare un nuovo modello per la governance globale, quello delle "geometrie variabili": il summit vedrà un coinvolgimento più strutturato di Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa, "ai quali sarebbe utile aggiungere anche un paese arabo e africano, come l'Egitto". Il presidente del Consiglio ieri ha rilasciato un'intervista al quotidiano francese Le Figaro. Anche secondo Berlusconi occorre "ripensare il G8", come a uno strumento più efficace. In sostanza trova nuova forza l'idea di un'Onu dei paesi democratici, finora soltanto un'ipotesi dei radicali italiani. L'inedita intesa italo-franco-egiziana si concentra su alcune aree: a) Gaza. L'Italia potrebbe partecipare al pattugliamento delle coste di Gaza. Il 2 marzo a Sharm el-Sheikh si svolgerà la conferenza internazionale sulla ricostruzione. A luglio il ministro Frattini presenterà un piano di aiuti all'economia della Cisgiordania. Finita l'epoca dei finanziamenti a fondo perduto, il piano prevede la creazione di un aeroporto internazionale (nella zona di Betlemme), dedicato al pellegrinaggio e circondato da infrastrutture come hotel e industrie. Secondo Berlusconi non si deve discutere con Hamas: "Organizzazione considerata terrorista dalla UE fin dal 2003". b) AfPak. La strategia consiste nel coinvolgimento di tutti i paesi dell'area, incluso l'Iran, motivandoli con l'offerta di vantaggi economici in cambio della pacificazione. c) Europa dell'est e Caucaso. L'Italia partecipa alle iniziative del Consiglio d'Europa per il Partenariato orientale. Ieri il sottosegretario Mantica ha incontrato il suo omologo polacco Grudzinski. Ad aprile è previsto un vertice bilaterale a Varsavia (interscambio: 15 mld annui). d) "Piano Africa". L'Italia vuole applicare nel continente un nuovo concetto di sviluppo e investimento "condivisi", per migliorare lo sviluppo reciproco. Il Piano è organizzato in collaborazione col ministero dello Sviluppo. Sarà presentato il 26 in Etiopia, a inizio marzo in Tanzania e a luglio in Angola. Mio articolo su Il Secolo XIX di oggi. Qui in PDF nella Rassegna stampa del Ministero degli Affari Esteri. Per motivi di spazio non ho accennato all'idea di una forza franco-italiana di pronto intervento per il M.O., né al tema delle relazioni con Mosca.

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Produrre per il futurocon tecniche antiche (sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Produrre per il futuro con tecniche antiche La scommessa del CoRFiLaC è di sviluppare la ricerca, utilizzando la tecnologia più avanzata al servizio della tradizione per dimostrare scientificamente che i sistemi storici di produzione non sono semplicemente un pezzo di memoria da non cancellare, bensì espressione massima della natura. Produzioni in sintonia con l'ambiente dove l'uomo è l'elemento di armonia, essenziale per garantire il rispetto e l'integrità dei cicli biologici, al fine di ottenere prodotti buoni, sani, di qualità che esaltino il gusto ed il piacere di stare a tavola. I formaggi storici siciliani sono prodotti con latte intero crudo e con processi antichi tramandati da generazioni, a testimonianza di una biodiversità che li rende unici ed altamente ricercati dai gourmet. La ricerca scientifica ha dimostrato che se i processi tradizionali sono rispettati nella loro interezza, la salubrità del prodotto è garantita da procedure sviluppate dal produttore e tramandate da padre in figlio per generazioni. I sistemi tradizionali non sono quindi solo memoria storica, o ricordi di odori, sapori di un tempo, così come vorrebbe etichettarli la globalizzazione. Essendo prodotti nel rispetto più assoluto della natura e dei sui processi biologici, oltre ad essere testimonianza delle peculiarità di un territorio possiedono tutta una serie di composti che fanno bene alla salute. Parliamo degli "antiossidanti" che provengono da un latte crudo prodotto da animali liberi e sani al pascolo, di essere foraggere spontanee. Le innovazioni tecnologiche e la globalizzazione stessa possono tuttavia paradossalmente rappresentare la vera speranza per le produzioni di nicchia e per il mondo rurale tradizionale. Le più avanzate tecnologie di comunicazione (internet, telefonia mobile, web) possono, anzi devono contribuire a far conoscere meglio le produzioni tradizionali ottenute in piccole quantità, per le quali non sarebbero sostenibili i costi pubblicitari che possono permettersi solo le grandi industrie. E' improcrastinabile informare i consumatori, cercare di capire i loro bisogni, le loro esigenze, per intervenire sugli aspetti di presentazione, del packaging, della certificazione e tracciabilità anche on line del prodotto, senza snaturare le peculiarità intrinseche dello stesso. Interventi, quindi, a valle della produzione per una effettiva valorizzazione di queste opere d'arte: le produzioni casearie storiche. In sintesi, i prodotti tradizionali visti non più solo come cibo ma vettori di proprietà salutistiche naturali, di piacere, convivialità, stile di vita, ed ancora traghettatori di elementi culturali che ridanno dignità ad un mondo, quello rurale, spesso ignorato e svalutato di cui si rischia l'estinzione. E' un dovere internazionale ridare dignità economica, sociale e culturale al mondo rurale, per ridurre l'esodo dalle campagne, evitare eccessi di urbanizzazione che, incapace di assorbire forza lavoro in massa, spesso poco qualificata, si traduce di fatto in povertà assoluta.

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(Segue dalla prima pagina) Lorenzo Bini Smaghi, l'economista italian... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Mercoledì 25 Febbraio 2009, (Segue dalla prima pagina) Lorenzo Bini Smaghi, l'economista italiano che siede nell'esecutivo della Banca centrale europea, vede insomma dei rischi ma anche delle opportunità di rinnovamento, per il nostro paese, come conseguenza della crisi che ha colpito in misura senza precedenti il sistema economico internazionale, a causa dell'interdipendenza dei mercati. L'euro è stato molto criticato, nei suoi primi dieci anni di vita mentre ora, con la grave crisi economica mondiale, gli attacchi sono quasi scomparsi. Come si spiega? «Era comodo a tutti avere un capro espiatorio. In realtà il responsabile dell'impoverimento relativo delle classi medie non è stato l'euro, ma la bassa crescita della produttività, sopratutto in Italia, e l'aumento dei prezzi di prodotti internazionali come il petrolio o i prodotti agricoli. Con la crisi attuale, ci si è resi finalmente conto che è un vantaggio avere l'euro e che senza di esso l'Italia avrebbe oggi problemi ben più ampi». Resta il fatto che si sente dire comunemente che "quello che costava mille lire è salito a un euro". «Non c'è dubbio che alcuni prezzi sono aumentati molto, dopo l'entrata dell'euro, e che ci sono stati degli abusi. Ma non tutto può essere spiegato con l'euro. Nel libro "Il paradosso dell'euro" (Rizzoli) mostro vari esempi. In realtà in molti altri paesi, inclusi quelli dove non c'è l'euro come l'Inghilterra e gli Stati Uniti, c'è stato un fenomeno di inflazione percepita, o nascosta, molto simile a quella in Italia. L'erosione dei redditi del ceto medio è stato uno dei temi della campagna elettorale americana». La globalizzazione ha prodotto, o aggravato, la crisi in atto? «La crisi non nasce dalla globalizzazione, ma dai comportamenti dei mercati finanziari e da politiche economiche troppo orientati al breve periodo. Sicuramente la globalizzazione ha aumentato l'interdipendenza e la sincronia degli andamenti economici. La gravità della crisi è che tutte le aree del pianeta, avanzate o emergenti, sono colpite allo stesso momento, in contemporanea». E' possibile "fare un passo indietro" limitando le importazioni di certi prodotti dai paesi emergenti, come Cina o India? «Se si limitano le loro importazioni, quei Paesi limiteranno l'accesso per le nostre; e dato che crescono di più del nostro, il danno rischia di essere ben maggiore per noi. Senza l'apertura al commercio internazionale un paese come il nostro è destinato a ristagnare. Questa è l'esperienza della crisi del 1929». La crisi può aggravarsi fino alle conseguenze peggiori? «La crisi è globale ed ha connotati nuovi, imprevisti. C'è molta incertezza sugli sviluppi. È difficile fare previsioni. Il problema attuale è la mancanza di fiducia delle famiglie e delle imprese, che ostacola i consumi e gli investimenti». Cosa si deve fare per evitarlo? «Le politiche economiche hanno reagito con prontezza. Bisogna ora dare il tempo che producano i loro effetti. Inoltre, i prezzi delle materie prime si stanno riducendo e così i tassi sui mutui. Il calo dell'inflazione contribuisce a sostenere i redditi e in prospettiva i consumi. Quando ritornerà la fiducia si dovrebbe innescare la ripresa». La crisi ha incrinato la fiducia della gente nel sistema bancario, una volta saldissima. Addirittura si arriva a temere crolli a catena. Possiamo confidare nella Banca centrale europea? «Per recuperare la fiducia bisogna intervenire sul sistema bancario per garantirne la solidità. Dopo il fallimento di Lehman Brothers, a metà settembre 2008, tutti i paesi del mondo si sono impegnati a evitare un altro fallimento bancario. Gli Stati si sono dichiarati pronti a tutto, fino ad entrare nel capitale delle banche. E questo è un aspetto positivo, che dovrebbe rassicurare i mercati perché la fiducia negli Stati regge. Quanto alla Bce, abbiamo fatto la nostra parte, garantendo finanziamenti illimitati, contro garanzie, a tasso fisso. E continueremo a farlo fin quando sarà necessario». Si può immaginare come sarà il sistema economico-finanziario mondiale dopo la crisi? Ci saranno cambiamenti strutturali? «Sicuramente sarà diverso da quello che precedeva la crisi. Meno debito, più capitale, un atteggiamento tendenzialmente più prudente. La domanda è: per quanto tempo? Dipenderà da come i governi sapranno modificare le regole del sistema finanziario per creare incentivi ai comportamenti virtuosi duraturi. Ci vogliono anche politiche economiche più prudenti, più orientate al medio periodo, ed evitare squilibri internazionali come quelli avuti prima della crisi». I beni rifugio tradizionali degli italiani, come l'oro o il mattone, hanno un futuro? «L'importante è diversificare bene i propri risparmi ed evitare di concentrare tutto in un solo tipo di bene. Così ci si protegge dal calo di alcuni titoli. In questi mesi le azioni sono calate, mentre l'oro e i titoli di stato sono saliti. In futuro potrebbe verificarsi l'opposto, ma se il portafoglio è ben diversificato si evitano contraccolpi negativi». Cosa deve fare il sistema-Italia per mantenersi tra le grandi economie mondiali? «Questa crisi deve essere l'occasione per riformare quello che non funzionava nell'economia italiana negli anni passati, a cominciare dalla bassa crescita della produttività. Con una moneta tendenzialmente forte, come l'euro, l'unico modo di crescere è di aumentare la capacità di produrre, attraverso innovazione, ricerca, miglioramento dell'organizzazione. La modifica dei contratti, che crea la possibilità di legare le remunerazioni alla produttività, crea l'incentivo per i lavoratori e gli imprenditori di migliorare continuamente la capacità produttiva. Bisogna continuare su questa strada, premiando chi innova e distribuisce ricchezza, piuttosto che le rendite monopolistiche. Il Veneto è un modello, da questo punto di vista, che molte altre regioni dovrebbero seguire». Maurizio Cerruti

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Seul La Corea del Nord tira dritto e, nonostante le lusinghe diplomatiche di Washington, annunci... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Mercoledì 25 Febbraio 2009, Seul La Corea del Nord tira dritto e, nonostante le lusinghe diplomatiche di Washington, annuncia di essere sul punto di lanciare un proprio satellite nello spazio. In una nota del comitato di Tecnologia spaziale affidata alla Kcna, l'agenzia di stampa del regime comunista, Pyongyang spiega che vanno avanti i preparativi dell'operazione che, in base alle ipotesi degli esperti, dovrebbe essere la prova sperimentale del missile a lunga gittata di cui si parla da alcune settimane. «È in corso, a pieno ritmo, la preparazione di un test di lancio per scopi di comunicazione satellitare», recita il dispaccio dell'agenzia. Il satellite "Kwangmyongsong-2" sarà trasportato nello spazio dal razzo vettore "Unha-2" sparato dalla base di Tonghae. «Lo spazio - si legge ancora - è un bene comune e il suo utilizzo per scopi pacifici è una tendenza globale». I satelliti per telecomunicazioni, per lo studio delle risorse naturali e dei fenomeni meteorologici, «sono essenziali allo sviluppo economico», e «questo lancio farà fare alla nostra scienza e tecnologia spaziale un altro grande passo in avanti verso il ruolo potenza economica». Il lancio - in violazione della risoluzione 1718 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che vieta a Pyongyang ulteriori sviluppi atomici o lanci di missili - secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap potrebbe avvenire l'8 marzo, giorno di rinnovo del Parlamento a partito unico nordcoreano. Il lancio di missili nordcoreani «non aiuterà a far progredire le nostre relazioni», aveva ammonito il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, quasi una settimana fa durante la sua visita in Giappone, nella quale ha sottolineato che resta valida la offerta americana di dare aiuti economici e tecnologici a Pyongyang in cambio del suo abbandono dei programmi nucleari e missilistici. Il vettore, secondo fonti di intelligence, sarebbe una versione potenziata del missile balistico a lunga gittata "Taepodong-2" capace di colpire l'Alaska e le Hawaii. Tokyo ha subito invitato Pyongyang a mettere da parte «iniziative che possano minare la pace e la sicurezza nella regione». La Cina «ha preso atto» dell'annuncio nordcoreano, indicando che «i colloqui a Sei (sul disarmo nucleare nordcoreano, tra Cina, Usa, Giappone, Russia e le due Coree) stanno facendo progressi e ci auguriamo che le parti interessate proseguano su questa strada». La Corea del Sud, infine, considererà una «minaccia militare» l'eventuale lancio. Per il ministro della Difesa Lee Sang-hee, «si tratti di una testata militare o di un satellite, la tecnologia è simile. Consideriamo tale evenienza una minaccia diretta alla nostra nazione e sono in atto misure adeguate».

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Qzone, il più grande social network del mondo? (sezione: Globalizzazione)

( da "Blogosfere" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Feb 0925 Qzone, il più grande social network del mondo? Pubblicato da Luca Dello Iacovo alle 14:23 in globalizzazione Duecento milioni di persone fanno parte di Qzone, un social network lanciato da Tencent (che ha al suo attivo anche QQ, il serivizio di istant messaging più usato in CIna). Facebook è arrivato a 175 milioni di utenti attivi (su Qzone sono, invece, 150 milioni). In entrambi i casi si tratta di statistiche rilasciate dalle aziende.

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SEMPRE PIù GLOBALIZZATO, COMPUTERIZZATO, PROGRAMMATO, MECCANIZZATO. MA L'UOMO DI OGGI, SOM... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sempre più globalizzato, computerizzato, programmato, meccanizzato. Ma l'uomo di oggi, sommerso dal cemento, cerca ancora l'Unicorno? Crede ancora a Lucignolo? Quante volte abbiamo accarezzato il muso di un cavallo o il pelo morbido di un asinello? Lévi-Strauss, filososofo e antropologo francese, afferma che il genere umano, nell'ultimo secolo, ha modificato il modo di considerare gli animali da «buoni da mangiare» a «buoni da pensare». Cioè: guardarli, toccarli, comunicare con loro fa bene alla nostra salute. Ecco spiegato il boom delle attività e terapie con questi due splendidi animali, ai quali sempre più si rivolgono gli specialisti per essere aiutati nella riabilitazione di ragazzi autistici, soggetti audiolesi, non vedenti, tossicodipendenti, pazienti psichiatrici o con patologie acute e croniche. Sul web le voci «ippoterapia» sono 52mila e 100, con oltre 5mila cavalli, 3mila operatori e 30mila pazienti coinvolti nei progetti. E l'«onoterapia» con l'asinello, un po' più nuova, conta già 6mila e 500 voci. Navigando in internet c'è l'associazione Aicote che ha avviato in questi giorni, in collaborazione con la Facoltà di Medicina della II Università di Napoli, due corsi per formare operatori specializzati. Il primo, sulle «attività e terapie con asini e cavalli», partirà il 13 marzo al Centro di attività equestri integrate «L'Auriga» di Roma. Il secondo, sulle «attività e terapie con cani e piccoli animali» inizierà invece il 28 marzo presso la Stazione Climatica Bianchi a Portici in via Libertà 342, dove entrambi i percorsi formativi saranno presentati al pubblico il primo marzo, dalle 10 alle 13, durante i lavori di un seminario gratuito sulla pet terapy. Sarà un'occasione anche per trasformare la passione per gli animali, cavalli e asini compresi, in una professione. Chi avrà frequentato gli stage - sei weekend teorici e pratici - potrà infatti partecipare ai progetti attualmente in corso in diverse strutture sanitarie, istituti scolastici e nelle «fattorie didattiche» dell'Aicote che si trovano in tutt'Italia. «Ad aspettare i futuri operatori ci saranno una ventina di cavalli e altrettanti asinelli - spiega Alessandra Maltese, responsabile dei progetti Aicote - I cavalli esprimono emozioni e suscitano sensazioni uniche quando entriamo in relazione con loro. Non a caso i ragazzi autistici hanno una spiccata predisposizione verso questi animali». E l'asinello? «Ha una comunicativa eccezionale, è impossibile rimanere indifferenti quando un esemplare si avvicina a noi per farsi conoscere e accarezzare. Di fronte alla sua morbidezza, calma e calore - conclude l'esperta - impariamo a vivere il presente, il qui e ora, limitando la nostra tendenza negativa a rivolgere il pensiero troppo spesso al passato o al futuro».

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Afghanistan/ Da Mosca e Asia centrale ok transito... - (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Roma, 25 feb. (Apcom-Nuova Europa) - Dopo Mosca e Dushanbe, oggi è toccato a Tashkent e Ashgabat. "L'Uzbekistan ha accettato di autorizzare il trasporto di materiale non militare, e sottolineo non militare, attraverso il territorio uzbeko verso l'Afghanistan, in base alla legge uzbeka in vigore", ha affermato il presidente di Tashkent. La disponibilità uzbeka era attesa. C'erano stati contatti tra Washington e Tashkent e il 17 febbraio nella capitale uzbeka era volato il generale David Petraeus, comandante del Comando centrale (Centcom) degli Stati uniti. Tema degli incontri, proprio il martoriato Afghanistan. Oggi la gran parte dei materiali destinati al contingente passa per l'instabile Pakistan. La chiusura di Manas crea un grande problema strategico alle forze statunitensi. Diversi osservatori internazionali hanno ipotizzato che proprio l'Uzbekistan potrebbe fornire una base logistica agli Usa. Non sarebbe una novità: fino al 2005 le forze americane utilizzavano anche una base uzbeka. Poi, tra le ricadute del massacro di Andijan, ci fu anche l'interruzione di quel rapporto. All'Uzbekistan s'è unita, inoltre, anche la disponibilità del Turkmenistan. Il presidente Gurbanguly Berdymukhamedov ha chiarito, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Interfax, che Ashgabat è disponibile a mettere a disposizione degli americani il corridoio aereo del paese. Una presa di posizione che non mette in discussione la collocazione internazionale "neutralista" dei turkmeni, pur inquadrandola in un movimento coordinato dei paesi della regione con la Russia. Mosca da oltre un anno scalpita per avere un maggiore coinvolgimento nella questione afgana. Doppio lo scopo: ristabilire un equilibrio di potenza con gli Usa in una regione su cui ha perso molto grip dalla caduta dell'Unione sovietica e mettere ordine in un'area dalla quale arrivano concreteminacce alla sicurezza, dall'estremismo islamico ai traffici di droga ed esseri umani. In questo quadro s'inserisce anche la riunione allargata dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), di cui la Russia è presidente di turno, prevista per il 27 marzo. Questo raggruppamento multilaterale, voluto più dalla Cina che dalla Russia stessa, potrebbe diventare un importante attore delle politiche di sicurezza nella regione. Questo scenario pone insidie, ma anche opportunità per Washington, dove ora non sono più in auge i neo-con portati nelle stanze dei bottoni da George W. Bush, ma gli esecutori della strategia Obama che dovrebbe puntare molto più sui una visione multilaterale dei rapporti internazionali. Un segnale è venuto anche dalla scelta che il presidente Usa ha fatto per il principale funzionario del Pentagono per l'Asia centrale. Si tratta del vice assistente segretario alla Difesa Craig Mullaney, un veterano il quale, in un recente libro sulla sua esperienza, ha scritto che "in Afghanistan avremmo dovuto concentrarci meno nel cercare il nemico e di più nel trovare gli amici". Se sarà questa l'impostazione, può darsi che nella politica di quella regione gli Usa vadano a cercare più le convergenze che le divergenze con la Russia. E che possa avverarsi un'ipotesi, espressa dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov, secondo la quale la disponibilità al transito merci non belliche possa essere allargata anche ad armi e materiali più strettamente militari.

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CRISI, OBAMA PRONTO AD AMPIE RIFORME FINANZIARIE (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Crisi, Obama pronto ad ampie riforme finanziarie -->WASHINGTON (Reuters) - Il presidente Usa Barack Obama e il segretario al Tesoro Timothy Geithner hanno intenzione di tracciare i principi delle riforme delle regole di Wall Street per evitare il ripetersi dell'attuale crisi finanziaria, secondo quanto riferito da un funzionario dell'amministrazione. Più avanti nella giornata, Obama dirà che, dopo un incontro ad alto livello alla Casa Bianca sulla regolamentazione del settore finanziario, la "dolorosa esperienza" mostra che serve una modernizzazione delle regole. Questo si legge in estratti del discorso presidenziale che sono stati anticipati. Al G20 di Londra di aprile ci sarà anche Obama per discutere assieme agli altri leader mondiali dei modi in cui risollevare il sistema finanziario globale. Il gruppo del G20 -- di cui fanno parte gli Stati Uniti e importanti economie europee ma anche economia in ascesa come la Cina -- sta pensando a come ridisegnare il sistema di regole finanziarie pensato in gran parte dopo la fine della Seconda guerra mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944. Oggi i titoli della borsa americana erano in calo mentre gli investitori non hanno letto molti spunti nuovi nel discorso di Obama di ieri notte in cui il presidente Usa ha spiegato come intende porre rimedio al declino dell'economia Usa. Alla base della recessione estesasi a tutto il mondo, c'è la turbolenza del sistema finanziario e bancario provocata dalla crisi dei mutui subprime. Gli esperti dei mercati finanziari sono in gran parte d'accordo -- sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo -- nel dire che le regole che governano le istituzioni finanziarie hanno bisogno di essere riviste alla luce dei tempi attuali.

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Usa/ Dipartimento di Stato "bacchetta" la Cina sui diritti (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

New York, 25 feb. (Apcom) - C'è anche la Cina tra i Paesi in cima alla lista redatta dal dipartimento di Stato americano dei Paesi dove sono più frequentemente violati i diritti umani. Nel rapporto annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nel mondo, presentato oggi dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, Pechino viene accusata di numerose violazioni a partire da quelle dovute alle repressioni in Tibet e per la detenzione dei dissidenti politici. Il documento arriva a pochi giorni dalla visita ufficiale di Clinton in Cina in cui però il segretario di Stato ha ricevuto forti critiche per aver "messo da parte" la questione dei diritti umani per non compromettere il dialogo sui temi economici e ambientali. Prima di arrivare a Pechino Clinton ha risposto ai giornalisti che ricordavano le violenze in Tibet che gli Stati Uniti "conoscono già la risposta del governo cinese" su certi temi. Il capo della diplomazia americana ha tuttavia ricordato le sue battaglie negli ultimi anni in favore dei diritti civili ed in particolare quelli delle donne. Le accuse alla Cina riguardano il diritto alla privacy, alla libertà di parola e di stampa, di riunione e di movimento nel Paese. "La documentazione relativa ai diritti umani da parte del governo cinese resta povera ed in alcuni casi peggiorata", si legge nel rapporto del dipartimento di Stato americano che rileva come il picco di violazioni dei diritti fondamentali sia stato registrato durante i giochi olimpici dell'estate scorsa. La diplomazia americana segnala inoltre come le autorità cinesi abbiano spesso commesso omicidi e torture al di fuori dal sistema giudiziario. Tra gli altri Paesi dove è più comune la violazione dei diritti umani c'è lo Zimbabwe del presidente Robert Mugabe, il Sudan, dove si assiste ancora ai genocidi in Darfur, e la Somalia. In Asia invece oltre alla Cina a sollevare preoccupazioni sono anche i governi della Nord Corea e dell'Iran.

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Crisi, Obama pronto ad ampie riforme finanziarie (sezione: Globalizzazione)

( da "Reuters Italia" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

WASHINGTON (Reuters) - Il presidente Usa Barack Obama e il segretario al Tesoro Timothy Geithner hanno intenzione di tracciare i principi delle riforme delle regole di Wall Street per evitare il ripetersi dell'attuale crisi finanziaria, secondo quanto riferito da un funzionario dell'amministrazione. Più avanti nella giornata, Obama dirà che, dopo un incontro ad alto livello alla Casa Bianca sulla regolamentazione del settore finanziario, la "dolorosa esperienza" mostra che serve una modernizzazione delle regole. Questo si legge in estratti del discorso presidenziale che sono stati anticipati. Al G20 di Londra di aprile ci sarà anche Obama per discutere assieme agli altri leader mondiali dei modi in cui risollevare il sistema finanziario globale. Il gruppo del G20 -- di cui fanno parte gli Stati Uniti e importanti economie europee ma anche economia in ascesa come la Cina -- sta pensando a come ridisegnare il sistema di regole finanziarie pensato in gran parte dopo la fine della Seconda guerra mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944. Oggi i titoli della borsa americana erano in calo mentre gli investitori non hanno letto molti spunti nuovi nel discorso di Obama di ieri notte in cui il presidente Usa ha spiegato come intende porre rimedio al declino dell'economia Usa. Alla base della recessione estesasi a tutto il mondo, c'è la turbolenza del sistema finanziario e bancario provocata dalla crisi dei mutui subprime. Gli esperti dei mercati finanziari sono in gran parte d'accordo -- sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo -- nel dire che le regole che governano le istituzioni finanziarie hanno bisogno di essere riviste alla luce dei tempi attuali.

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21:56 DIRITTI UMANI: USA PUNTANO L'INDICE SU CINA E RUSSIA (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 25-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

DIRITTI UMANI: USA PUNTANO L'INDICE SU CINA E RUSSIA (AGI) - Washington, 25 feb. - Cina e Russia hanno ancora molto cammino da fare sulla strada della tutela dei diritti umani: nel suo rapporto annuale sulla situazione in 190 Paesi del mondo, Washington e' tornato a puntare l'indice su alcuni dei tradizionali obiettivi. Nel mirino la Cina, a una settimana dal viaggio del segretario di Stato, Hillary Clinton, che -di fronte alle preoccupazioni per la crisi economica- sembrava aver 'scavalcato' la questione che rende piu' profondo il divario tra i due Paesi; e poi la Russia, dove le liberta' civili sono "assediate" e che, la scorsa estate, ha innescato una guerra contro la Georgia che causo' un enorme numero di vittime civili. Pesanti critiche anche nei confronti di Corea del Nord, Pakistan, Afghanistan, Cuba, Venezuela, Iran, Iraq, Sudan, Somalia, Birmania e Zimbabwe. "I piu' gravi abusi di diritti umani sono avvenuti in Paesi con regimi privi di controllo o dove c'erano governi venuti meno o collassati, (abusi) spesso esacerbati o innescati da conflitti interni o esterni". Il rapporto, che negli anni passati ha sempre scatenato l'irritazione dei governi presi di mira, copre il periodo finale dell'amministrazione Bush, anch'essa criticata, per esempio, per i metodi di interrogatorio dei detenuti e nella prigione di Guantanamo. Barack Obama ha gia' ordinato la chiusura di Camp X-Ray e la Clinton dimostra di appoggiare in pieno la nuova linea della Casa Bianca, assicurando che ci sara' maggiore attenzione alla tutela dei diritti umani anche negli Stati Uniti. "La promozione dei diritti umani e' un passaggio essenziale della nostra politica estera", si legge nella prefazione al documento, "Non soltanto cercheremo di mantenere alti i nostri ideali sul suolo americano, ma insisteremo per un rispetto maggiore dei diritti umani concentrandoci sulle altre nazioni del mondo".

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