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Report "Globalizzazione"

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Globalizzazione (88)


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Washington cerca una nuova strategia di dialogo ( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: politiche ed economiche nell'ambito dei colloqui a sei (che includono Cina, Russia, Giappone, Usa e le due Coree); offrire, in parallelo a un accordo di denuclearizzazione, anche il famoso trattato di pace, con riconoscimento diplomatico e «assetto di pace permanente». C'è però un'incognita. «Il nostro scopo è sviluppare una strategia efficace .

Buoni del tesoro e clima, i colloqui di Hillary Clinton ( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: danneggiato le future iniziative degli Usa per proteggere i diritti umani in Cina», mentre Tenzin Dorjee, di Students for a Free Tibet, ha sostenuto che i leader stranieri «devono rafforzare la pressione sulla Cina». Clinton, che ripartirà oggi dalla Cina, è giunta a Pechino nella serata di venerdì sera, proveniente dall'Indonesia.

Una Chimera tutta rosa e fiori ( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Alcuni pensano che una Cina in ascesa sia per definizione un avversario. Al contrario, noi pensiamo che Usa e Cina possono beneficiare del, e contribuire al, rispettivo successo». E aveva annunciato anche la ripresa del dialogo sulle questioni militari, interrotto da Pechino quando l'Amministrazione Bush ormai agli sgoccioli aveva venduto oltre 5 miliardi di dollari di armi a Taiwan.

Accori confermati ( da "Cittadino, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: intervista rilasciata a una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza».

Il premier: collegarsi con Usa e Cina ( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: in primo piano Il premier: collegarsi con Usa e Cina Berlusconi soddisfatto: c'e stato accordo su tutto. L'Italia sta meno peggio degli altri BERLINOLa mossa diplomatica è quella di agganciare l'Europa agli Stati Uniti. Serve subito un confronto sulle modalità per uscire dalla crisi mondiale, «forse ci sarà prima del G20».

Hillary: la Cina compri bond Usa ( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 23/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:estero Hillary: la Cina compri bond Usa Il segretario di Stato lascia Pechino. Delusi gli attivisti dei diritti umani Hillary Clinton col collega cinese Yang Jiechi PECHINO Hillary Clinton chiude il suo tour asiatico con un appello alla Cina: «comprate il debito americano».

L'iniziativa voluta dalla Protezione Civile comunale ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 8 L'iniziativa voluta dalla Protezione Civile comunale Volontari e vigili del fuoco al lavoro per l'esercitazione promossa dal servizio di Protezione Civile del Comune. Una simulazione creata ad hoc per i 62 volontari che hanno seguito il corso sul recupero e la tutela dei beni culturali in caso di calamità.

HARRY WU, LA CINA ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: anche se gli americani sono perfettamente a conoscenza della mancanza di diritti civili in Cina. Negli Usa una legge vieta l'acquisto di merci prodotte nei laogai, ma quest'anno in 8 aziende hanno sequestrato merci realizzate lì. La stessa Levis fabbrica i suoi jeans in Cina: ufficialmente è tutto ok, ma il cotone viene tutto dai laogai».

il rischio populista ( da "Messaggero Veneto, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: possibile contrastare localmente gli effetti della globalizzazione, trasformando il tema chiave dell'insicurezza esistenziale in esclusiva sicurezza personale. Uno spostamento di tiro che , anche grazie al non disinteressato sostegno di mezzi di comunicazione di massa che trasformano i cittadini in telespettatori, indirizza l'attenzione sull'esclusiva dimensione del rischio devianza.

l'europa contro i titoli tossici supervisione su tutta la finanza - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: raggruppa i sette paesi più industrializzati (Usa, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Italia) più la Russia, cioè il G8, e rispetto al G8 il G20 è allargato ad altre importanti economie: Olanda, Spagna, Cina, India, Sudafrica e altre nuove potenze. «Una crisi straordinaria richiede interventi straordinari, e solo uniti, tutti insieme,

berlusconi: l'italia sta meglio degli altri - claudio tito ( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: che deve essere condiviso dai due «giganti» dell´economia globale: Usa e Cina. Tant´è che vorrebbe organizzare, prima del 2 aprile, una «puntata» negli States per un vertice Europa-America a Washington con l´obiettivo di concordare con Obama le misure da adottare a Londra. Berlusconi, però, ha gli occhi puntati sull´Italia.

la corsa a creare le ronde di partito - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: incolumità e alla protezione fisica delle persone dovrebbe essere accompagnato a quello alla protezione sociale degli individui. Spezzando, così, la spirale che caratterizza questa incerta fase della globalizzazione e riduce a vicende secondarie una crisi economica che si annuncia durissima, lo sgretolamento del welfare,

venice univercity, orizzonti anche in terraferma ( da "Nuova Venezia, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: si tratterà nel nuovo corso dedicato alla globalizzazione anche di come affrontare le nuove difficoltà. Stefano Micelli, direttore della Viu, ha sottolineato come una delle caratteristiche fondamentali dell'università con sede a San Servolo è proprio la sua internazionalità. Direttore Micelli, la crisi non sembra fermarsi e colpisce in Italia anche il mondo dell'

una guspinese racconta la sua cina ( da "Nuova Sardegna, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Restituisce la cortesia Giulia Usai, liceale guspinese che ha trascorso un anno in Cina, sempre con Intercultura. «Ero vicina ad Harbin, integrata bene in una famiglia, abitavo in un villaggio di 800 mila abitanti, nella mia classe eravamo 58, in tutta la scuola 8mila, in aula dalle 7,30 del mattino alle 17,30, solo mezz'ora di pausa pranzo.

hillary a pechino incontra le femministe ( da "Nuova Sardegna, La" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: intervista rilasciata ad una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza».

messa e "chat" hillary clinton saluta la cina ( da "Tirreno, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: intervista rilasciata ad una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza».

SAGGISTICA Talmud e rispetto della vita umana Il suo nonno materno fu Dante Lattes, uno dei maggiori rappresentanti dell'ebraismo italiano del Novecento; il suo trisavolo paterno f ( da "Eco di Bergamo, L'" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Giulio Brotti saggistica Cina, dove lo Stato controlla il mercato Adam Smith è stato - o forse sarebbe meglio dire «è considerato» - il primo economista moderno, almeno accademicamente parlando: intorno alla fine del XVIII secolo ha fondato, infatti, la prima cattedra universitaria di economia «politica», lasciandosi alle spalle quella che era la sua precedente disciplina,

RAFFORZARE LA POLITICA ESTERA E DI DIFESA DELL'UE ( da "marketpress.info" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli Usa e la Nato. Questi, è precisato, dovrebbero mirare in particolare a migliorare l´efficacia delle operazioni di soccorso lanciate per salvare la vita degli ostaggi. Oltre a deplorare la situazione dei diritti umani in Cina, il Parlamento cita tra le principali fonti di preoccupazione per l´Ue in materia di sicurezza i Balcani occidentali,

FINALMENTE. Ci è voluto il reincrudelirsi della crisi, tornata ad essere anche finanziaria ... ( da "Messaggero, Il (Ostia)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse i primi consumano i prodotti cinesi, la seconda assorbe enormi quantità di titoli del Tesoro Usa che senza un loro accordo, ogni tentativo di metterci una pezza a questa maledetta crisi risulterebbe vano.

GIUSTIZIA EUROPEA: QUALIFICA DI RIFUGIATO E PROTEZIONE SUSSIDIARIA ( da "marketpress.info" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: QUALIFICA DI RIFUGIATO E PROTEZIONE SUSSIDIARIA Il 17 febbraio 2009 con la sentenza pronunciata nella causa C 465/07 - Meki Elgafaji e Noor Elgafaji / Staatssecretaris van Justitie - la Corte di giustizia ha affermato che il soggetto che richiede la protezione sussidiaria non deve necessariamente provare di essere minacciato personalmente,

Berlusconi ora incalza le banche: nessuno ha chiesto i Tremonti bond ( da "Corriere della Sera" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: perché senza Usa e Cina, senza un accordo preventivo con loro, qualsiasi riforma dei mercati sarebbe inefficace. E poi parla di Italia, mandando messaggi rassicuranti, dicendo che «rispetto alle difficoltà che ho sentito qui oggi la nostra situazione è migliore: banche solide, debito privato basso, niente titoli tossici,

l'AltraModernità ( da "Corriere della Sera" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli artisti oggi partono da uno stato di cultura globalizzato. Questo nuovo universalismo è basato sulle traduzioni, la sottotitolatura, il doppiaggio. L'arte di oggi esplora i legami che testo e immagine, tempo e spazio intrecciano fra loro». L'artefice dell'atto di morte del Postmodernismo è il francese Nicolas Bourriaud, geniale intellettuale che nel 1999,

TEHERAN L'Iran ha annunciato che questo mercoledì le operazioni di preavvio della ... ( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: insieme ad Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito alla Repubblica islamica l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr,

PECHINO - Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero... ( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza». Nei suoi colloqui politici Clinton si è concentrata sulla necessità che Usa e Cina affrontino in modo coordinato la crisi economica internazionale e il grande problema del surriscaldamento del pianeta, considerato anche che i due Paesi sono quelli maggiormente responsabili dell'

Il ministro dell' Economia è quel Geithner che nei giorni scorsi aveva accusato Pe... ( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La visita della Clinton in Cina ci fa sperare che anche gli altri due fondamentali attori sulla scena (francamente in questo momento India, Giappone, Brasile e Russia sono piuttosto marginali) sappiano trovare un'intesa strategica. Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse i primi consumano i prodotti cinesi,

L'ingordigia origine della crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: fino a un certo punto si pensava che le economie emergenti, Cina e India, avrebbero fatto da contrappeso. «E invece no, non è andata così. Resta l'enormità di capitali cinesi investiti in titoli di Stato americani. Come si farà a mettere a posto tutto, quando il Tesoro Usa sarà obbligato a emettere carta a ripetizione per finanziare i salvataggi?

Debito, Clinton ringrazia la Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina Il segretario di Stato apprezza la fiducia, confermata, sui titoli di Stato Usa Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente Gli Stati Uniti ringraziano la Cina per il massiccio sostegno fornito al debito pubblico americano. E la Cina, che negli ultimi anni ha comprato titoli del Tesoro Usa a mani basse fino a diventare il primo finanziatore planetario degli Stati Uniti,

Cina, un dollaro da amare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La scelta della Cina di restare pesantemente esposta sul dollaro, infatti, potrebbe avere ripercussioni importanti sui destini della valuta americana, condannata dai fondamentali Usa (debito federale in aumento e aspettative inflazionistiche) a un inesorabile declino.

L'Iran annuncia il preavvio della centrale di Bushehr ( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: insieme ad Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito alla Repubblica islamica l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr,

La Clinton <vende> a Pechino i bond Usa ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: a Pechino i bond Usa PECHINO LA CINA continuerà a finanziare il debito pubblico degli Stati Uniti. Missione compiuta a Pechino per Hillary Clinton, la sua prima all'estero da segretario di Stato Usa. «Il governo cinese ha preso una decisione saggia continuando a investire dei buoni del tesoro Usa» (ne possiede già almeno 4 miliardi di dollari)

L'Iran annuncia il "preavvio"della prima centrale nucleare ( da "Secolo XIX, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Russia fa parte del sestetto di potenze (insieme a Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito all'Iran l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr,

Hillary in Cina: a messa e poi chat con attiviste ( da "Secolo XIX, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: intervista rilasciata a una rete televisiva di Shanghai ha riaffermato il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza».

Berlusconi: G8 da allargare, con Obama in comune l'audacia della speranza ( da "Rai News 24" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: noi proponiamo una più stabile e strutturata associazione al G8 dei Paesi del G5 (Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa) oltre all'Egitto, in rappresentanza del mondo arabo, musulmano e africano. E' cruciale il confronto su temi specifici con singoli gruppi di Paesi, per esempio quelli africani, secondo il principio delle "geometrie variabili".

Il "grande freddo" punta sul verde ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e Usa, 11 filiali commerciali dall?Europa all?Asia, dall?Africa all?Australia, fatturato di oltre 110 milioni, 68 per cento di export). La situazione comincia a farsi critica, conferma Francesco Bettella, vice presidente di Unindustria Veneta e responsabile di Refricold, consorzio per la gestione operativa di progetti e servizi cui aderiscono una cinquantina di aziende:

L'oro torna alla ribalta come benerifugio ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: I principali detentori di queste riserve sono gli Usa seguiti dalla Germania (circa 100Mld$). Ai primi posti si trova anche l?Italia con 75Mld$. L?area asiatica detiene quantitativi molto contenuti di oro. Si veda il caso di Cina e Giappone che insieme detengono non oltre il 2% delle proprie riserve (circa 3000Mld$) in oro.

La banca in palmo di mano ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: In Usa è un processo avviato da tempo, e anche la Cina sta facendo grossi progressi sul fronte dei servizi hitech. Una prova che lo tsunami finanziario non ha fermato l?innovazione. Anzi. Secondo un?indagine condotta negli States da Forrester Research, autorevole istituto specializzato in ricerche tecnologiche e di mercato con sede a Cambridge,

E SE VENISSE SANZIONATO IL PARADISO (FISCALE)? ( da "Wall Street Italia" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina, la Corea del Sud ed altri 10 paesi del sud-est asiatico hanno raggiunto un accordo per la creazione di un fondo da 120Mld$ di riserve valutarie da utilizzare per difendere le proprie valute da attacchi speculativi. Materie prime: giornata negativa per le materie prime, ad eccezione dei metalli preziosi con l?

Berlusconi, sì all'intesa <Ma noi meglio di altri> ( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Berlusconi ha inoltre insistito sulla necessità di condividere le decisioni dell'Europa con quelle di Cina e Usa. Dei rapporti con Washington ha parlato anche in un'intervista che esce oggi sul quotidiano Bild per dirsi certo di instaurare con Barak Obama una relazione forte come quella con Bush: «Io e Obama abbiamo un tratto comune, siamo uomini tesi al fare.

ANCHE PERCHé STATI UNITI E CINA HANNO ORMAI ECONOMIE COSì INTERCONNESSE - I PRIMI CONSUMAN... ( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse - i primi consumano i prodotti cinesi, la seconda assorbe enormi quantità di titoli del Tesoro Usa - che senza un loro accordo, ogni tentativo di metterci una pezza a questa maledetta crisi risulterebbe vano.

Macché, con l'Italia è vero amore...">La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa Macché, con l'Italia è vero amore... ( da "Affari Italiani (Online)" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa. Macché, con l'Italia è vero amore... Lunedí 23.02.2009 15:00 Due posizioni e due tesi contrapposte. Dopo il tour di Hillary Clinton in Asia e soprattuto in Cina, si scatena il dibattito su Affaritaliani.it.

Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no ( da "PC World online" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: attacco a Explorer dalla Cina Facebook è uno dei "paesi" più popolati al mondo. Ma la privacy? PirateBay, accusa dimezzata Il processo a PirateBay, ovvero l'ipocrisia Google Earth come Indiana Jones? Lo hanno pensato molti utenti, sicuri che il formidabile osservatorio di Google, da non molto impegnato a sondare anche i fondali oceanici con Google Ocean,

...E gli USA fuori dal Kirghizistan. ( da "Blogosfere" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Russia e Cina. La Grande Scacchiera di Brzezinskji, per capirci. La terra kirghiza non ha chissà quali risorse, a parte l'acqua dolce e miniere di uranio abbandonate; ma ha una notevole importanza strategica per guerra in Afghanistan: ospita appunto la base di Manas, il primo hub logistico di uomini e materiali per l'interminabile guerra contro i talibani.

Iran: da Italia invito a conferenza su Afghanistan ( da "Reuters Italia" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e Turchia per cercare di stabilizzare l'Afghanistan e il Pakistan. Sta cercando anche di coinvolgere l'Iran, che confina con entrambi i paesi. Teheran è al centro di una disputa con l'Occidente sul suo controverso programma nucleare, ma il presidente Usa Barack Obama ha manifestato la volontà di parlare con i suoi leader.

HILLARY REAL POLITIK - DIRITTI UMANI IN CINA? CHISSENEFREGA! QUI DOBBIAMO SALVARE GLI STATI UNITI DALLA BANCAROTTA E PECHINO è il più grande creditore DEGLI USA - E i cinesi devono ( da "Dagospia.com" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Segnala articolo --> HILLARY REAL POLITIK - DIRITTI UMANI IN CINA? CHISSENEFREGA! QUI DOBBIAMO SALVARE GLI STATI UNITI DALLA BANCAROTTA E PECHINO è il più grande creditore DEGLI USA - E i cinesi devono continuare a comprare IL NOSTRO debito ? il caso iran?. Francesco Sisci per "La Stampa" È un fidanzamento di interesse.

Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo ( da "PC World online" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Facebook e Google contro l'emendamento D'Alia Non basta la patch: attacco a Explorer dalla Cina Skype diventa un caso europeo. I problemi per le intercettazioni sul VoIP non mobilitano solo il ministro degli interni Maroni: Eurojust, l?agenzia europa per il coordinamento delle indagini giudiziarie tra gli Stati dell?Unione, ha annunciato l?

Nuovo blog Director's Cut ( da "PC World online" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: attacco a Explorer dalla Cina Grande novità sul sito di PC World. Da oggi è disponibile una nuova possibilità di interazione e di scambio di opinioni con la redazione, grazie al blog Director's Cut, tenuto dal direttore della testata Alfredo Distefano. Questo blog prende le mosse dalle ultime discussioni lanciate nell'attuale blog SmileTech,

Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo ( da "PC World online" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: attacco a Explorer dalla Cina Skype è diventata un'emergenza per il ministro degli Interni Roberto Maroni: ha già previsto una sorta di task force per trovare il modo di intercettare le comunicazioni che avvengono tramite il protocollo VoIP di Skype. Rappresentanti del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dalla Polizia di Stato ai Carabinieri alla Guardia di Finanza,

Una notte da Major globalizzate ( da "AprileOnline.info" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una notte da Major globalizzate En.Camp., 23 febbraio 2009, 19:08 Cinema Gli Oscar confermano la subalternità al potere delle grandi case cinematografiche, solo in una dimensione globale. Si riempie infatti di statuette The Millionaire, un'operazione commerciale e ideologica.

CRISI ECONOMICA: TREMONTI, AUMENTERA' CONCORRENZA SU MERCATO TITOLI PUBBLICI ( da "ITnews.it" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: nel suo intervento ad un convegno sulla globalizzazione, tenutosi oggi a Cremona. Il ministro ha spiegato che contro la crisi economica "all'estero hanno fatto di piu', ma ora hanno molto piu' debito e piu' deficit. E' vero che altri Stati hanno fatto di piu' -ha riconosciuto Tremonti- ma l'hanno fatto per salvare banche che stavano per fallire".

BANCHE: TREMONTI, DECRETI ATTUATIVI SU BOND SARANNO FATTI AL PIU' PRESTO ( da "ITnews.it" del 23-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: - (Adnkronos) - I decreti attuativi sui Tremonti-bond per gli istituti di credito saranno fatti "al piu' presto". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, a margine di un convegno, tenutosi oggi a Cremona, sulla globalizzazione.

Moena investe sulla scuola ( da "Trentino" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Di fondamentale importanza in una realtà globalizzata è possedere - spiega l'assessore Donei - gli attrezzi linguistici per comunicare con un numero sempre maggiore di persone. Per questo continuerò a proporre corsi pomeridiani di lingue straniere (inglese e tedesco), sia per rafforzare tali competenze, sia per far riflettere i nostri giovani sulla propria lingua e cultura nell'

La forza del VoIP è il P2P ( da "Punto Informatico" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sembra che questo sistema sia stato usato in Cina, su richiesta del governo locale. Non è possibile sapere come stiano realmente le cose a causa del fatto che il software di Skype viene distribuito solo in formato binario (compilato). Per questa ragione, coloro che temono per la propria riservatezza, spesso preferiscono usare sistemi diversi da Skype,

USA: EX GOVERNATORE DI ORIGINI CINESI VERSO MINISTERO COMMERCIO ( da "Agi" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: USA: EX GOVERNATORE DI ORIGINI CINESI VERSO MINISTERO COMMERCIO (AGI) - Washington, 23 feb. - Barack Obama dovrebbe nominare Gary Locke, il primo governatore cino-americano della storia Usa, alla guida del ministero del Commercio. Lo ha riferito un alto funzionario dell'Amministrazione.

Usciamo dalla crisi con un nuovo modello ( da "Giornale di Brescia" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: moda e chimica rischiano tutto» BRESCIA«Un mondo globalizzato è un luogo in cui, una volta tanto, il desiderio di responsabilità morale e gli interessi della sopravvivenza coincidono e si fondono. La globalizzazione è, tra le altre cose (forse soprattutto), una sfida etica». Sono parole del filosofo Zygmunt Bauman, citato ieri da Francesco Saottini,

soffia forte il vento buonista - gianni olla ( da "Nuova Sardegna, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzato. è di scena l'India, o meglio Bombay/Mumbai, cuore di un'occidentalizzazione di superficie: televisiva per essere estremi. Difatti il giovane protagonista cerca il riscatto attraverso la trasmissione "Chi vuole essere milionario" e di settimana in settimana, mentre cresce la sfida - alimentata da una sorta di cultura di strada che ha costruito tutto il sapere del nostro

Il ruolo della Chiesa nell'era globale ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: era globale di Carla Costa Tre incontri sul ruolo della Chiesa nell'epoca della globalizzazione. È il tema promosso dalla «Fondazione Clementina Calzari Trebeschi» di Brescia con il ciclo di conferenze dal titolo «Quale Chiesa?», che si terrà al San Carlino. Questa iniziativa apre la seconda metà dell'anno culturale della Fondazione.

- (segue dalla prima pagina) alessandro baricco ( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La cassaforte dei privilegi culturali è stata scassinata da una serie di cause incrociate: Internet, globalizzazione, nuove tecnologie, maggior ricchezza collettiva, aumento del tempo libero, aggressività delle imprese private in cerca di un´espansione dei mercati. Tutte cose accadute nel campo aperto del mercato, senza alcuna protezione specifica di carattere pubblico.

trasportati a padova i primi cordoni ombelicali ( da "Messaggero Veneto, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: volontari della Protezione civile hanno debuttato ieri facendo una staffetta con Palmanova SPILIMBERGO. Il gruppo comunale di Protezione civile ha avuto l'onore e il merito di compiere il suo primo viaggio previsto dal "Progetto cordone ombelicale" che, ogni giorno dal lunedì al venerdì, permette la raccolta e il trasporto a Padova di tutti i frutti delle donazioni della regione.

Almunia: <L'Ue è preparataa soccorrere Stati in difficoltà> ( da "Secolo XIX, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Per Almunia il G20 dovrà raggiungere decisioni per coordinare sia le regole sui mercati finanziari, che la politica fiscale e monetaria. «L'alternativa è il protezionismo», ha detto. «È vero che la globalizzazione ha portato rischi, ma il più grande rischio adesso è la de-globalizzazione». 24/02/2009

prossima vittima, il turismo - massimo paoli ( da "Tirreno, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: i 51 degli Usa e i 50 della Cina scendendo al quinto posto delle presenze. In termini di valore questo flusso vale per l'Italia 38 miliardi di dollari nell'ultimo anno calcolato, contro gli 86 degli Usa, i 51 della Spagna e i 43 della Francia, collocandola al quarto posto del ranking mondiale (insidiatissimo per altro da Cina e UK entrambe a 35)

cesar brie ora mette in scena l'odissea nella globalizzazione - micol argento ( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Odissea nella globalizzazione MICOL ARGENTO MODENA - Al Teatro delle Passioni di Modena, stasera debutta "Odissea" del boliviano Teatro De Los Andes. Lo spettacolo viene presentato in prima nazionale da oggi, con testo e regia di César Brie. Frutto di un lavoro durato tre anni, "Odissea" prosegue idealmente la rilettura personale del regista argentino sui poemi epici,

la nuova dogana al propeller ( da "Tirreno, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La dimensione del ruolo economico rivestito dalla dogana in un contesto di globalizzazione - ha spiegato Dioguardi - è stata recepita in svariate norme che concorrono alla semplificazione dei regimi doganali insieme al crescente utilizzo delle procedure elettroniche, che diventerà obbligatorio nel 2013. C.B.

la ue: possibili salvataggi di stati ( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: protezionismo («de-globalizzare sarebbe ancora più pericoloso della globalizzazione»). Intanto domenica l´ennesimo vertice straordinario Ue dall´arrivo della crisi sarà dedicato proprio al protezionismo. Oltretutto in mattinata ci sarà un pre-summit dei paesi dell´est europeo che chiederanno all´Unione di rispettare le regole su mercato unico e libera circolazione e di resistere

pronto intervento dell'asia fondi freschi contro le crisi ( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: si sono aggiunti per il vertice di Phuket anche Cina, Giappone e Corea del Sud. Assieme, questi paesi controllano la più vasta quantità di riserve valutarie del pianeta, quasi 4.000 miliardi di dollari. Hanno deciso di rafforzare gli accordi swap fra le loro banche centrali, per essere pronti a intervenire tempestivamente di fronte alle prime avvisaglie di una bancarotta sovrana,

ASIA IN MOVIMENTO ( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Durante la seconda guerra mondiale furono più di centomila le donne rapite dai giapponesi da territori diversi: Cina, Malesia, Vietnam, Indonesia, Corea. Lo scopo era quello di farle diventare schiave dei soldati giapponesi, liberi di abusarne sessualmente. Sono le comfort women. Alcune ragazze giapponesi hanno ascoltato il loro racconto e si sono appassionate alla causa.

Volevamo uno strumento che non venisse dagli Usa ( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Corea del Sud e Cina: lo scorso settembre si è tenuto un incontro in Corea del Sud, dal quale è nata la volontà di dotare gli attivisti asiatici di strumenti comuni, utilizzando internet e i media a disposizione. Obiettivo, comunicare quanto accade in termini di lotte sociali nei propri paese, provando a convergere su elementi comuni.

Dal mercurio al galinstan ( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Caduto il veto degli Usa, anche i paesi in passato recalcitranti (Cina, India, Sudafrica) hanno firmato la dichiarazioni d'intenti, in cambio della promessa che il trattato terrà conto delle «situazioni particolari». Secondo l'Unep, il 45% delle emissioni di mercurio è causata dai combustibi fossili, soprattutto dalle centrali a carbone;

La svolta di Obama: in soccorso di Citigroup E Wall Street crolla ( da "Corriere della Sera" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ipotesi di una nazionalizzazione di fatto La Casa Bianca vuole dimezzare il deficit Il listino Usa ai minimi dal '97. E il cino americano Locke viene dato per favorito alla guida del ministero del Commercio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Se non è l'arma nucleare della nazionalizzazione delle banche, è qualcosa di molto simile.

In gennaio cresce solo la Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Acciaio In gennaio cresce solo la Cina Il gennaio da primato dello scorso anno è dimenticato, salvo in Cina: la produzione di acciaio grezzo il mese scorso ha accusato una flessione complessiva del 24%, arrivando a 86 milioni di tonnellate nei 66 Paesi che sono sotto la lente della World Steel Association (precedentemente nota come International Iron and Steel Institute)

Il Go global cinese va avanti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: NO AL PROTEZIONISMO «La crisi non può consentire atteggiamenti di sfiducia nei confronti della globalizzazione» STRATEGA DI MATRIMONI MISTI Il presidente con il Phd americano Wei Wang, 50 anni, è il presidente della China Mergers and Acquisitions Association, nata nel 2004 per promuovere la globalizzazione delle aziende cinesi sotto l'

Un periodo nero: mi si è guastata la lavatrice, che aveva solo tre anni di vita e l'ho consegna... ( da "Arena, L'" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 40 euro dalla Cina e rivenduti per le strade dagli ambulanti a 3 euro, una somma che non basterebbe certo per una riparazione. Una buona sedia costa 50 euro, ma se un falegname ci mette le mani nei chiede altrettanti. La pulizia di un orologio dall'orologiaio costa 40 euro, quanto un orologio di tipo economico.

Gli Stati Uniti dovevano muoversi con più anticipo ( da "Tempo, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: corso di un convegno sulla globalizzazione organizzato dalla Fondazione Arvedi Buschini. Secondo il ministro ci sarebbe voluto «coraggio» e questo «avrebbe dato un effetto di fiducia e sarebbe costato molto meno». Tremonti, però, ha sottolineato che non tutto è perduto perché dall'attuale crisi «emergeranno delle opportunità» e ci sarà «una spinta ad una rivoluzione industriale»

Berlusconi vede Sarkozy: "Europa più forte" ( da "Giornale.it, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Noi proponiamo una più stabile e strutturata associazione al G8 dei Paesi del G5 (Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa) oltre all?Egitto, in rappresentanza del mondo arabo, musulmano e africano. è cruciale il confronto su temi specifici con singoli gruppi di Paesi, per esempio quelli africani, secondo il principio delle “

Cina vicina agli Usa? No, con l'Italia è vero amore ( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa. Macché, con l'Italia è vero amore... Lunedí 23.02.2009 19:50 Due posizioni e due tesi contrapposte. Dopo il tour di Hillary Clinton in Asia e soprattuto in Cina, si scatena il dibattito su Affaritaliani.it.

Banche: Abete, le italiane sono solide ( da "Trend-online" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Luigi Abete, a Canale5, aggiungendo che anche le banche italiane 'vivono in un mondo globalizzato, dove la situazione e' molto critica: quindi non e' una preoccupazione diretta per l'Italia', ma si avvertono le conseguenze di 'un contesto generale'. 'Si e' ridotto l'aumento del credito, ma non il credito'.

Darfur/ Clooney incontra Obama e chiede nomina inviato ( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo".

Nazionalizzazioni..... il battito della farfalla continua! ( da "Trend-online" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: no al protezionismo anche se per togliere di mezzo la leggenda della globalizzazione un ritorno al passato non farebbe male alle nostre economie......local integrato dal global......basta delocalizzazioni selvagge ed outsorcing sfrenato.....messaggi chiari e regole certe per far tornare la fiducia.

Dal mercurio al <galinstan> ( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Caduto il veto degli Usa, anche i paesi in passato recalcitranti (Cina, India, Sudafrica) hanno firmato la dichiarazioni d'intenti, in cambio della promessa che il trattato terrà conto delle «situazioni particolari». Secondo l'Unep, il 45% delle emissioni di mercurio è causata dai combustibi fossili, soprattutto dalle centrali a carbone;

Casa Bianca: no Clooney, no Darfur ( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo".

Pensieri di crisi ( da "Blogosfere" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la liquidità della Cina, alimentata da una non virtuosa ed artificiale inizione quotidiana di moneta, dovrà lentamente ridursi per evitare che alla discesa della domanda aggregata si accompagni una svalutazione dello yuoan insostenibile ed inutile. Certamente un rialzo dei tassi USA sarà necessario per ovviare ad uno spiazzamento del debito per mancata attrattività dei rendimenti.

LE BANCHE ITALIANE SONO SOLIDE. PAROLA DI ABETE ( da "Trend-online" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Vivono in un mondo globalizzato e noi abbiamo un'economia finanziaria globale molto critica, soprattutto in America". Quindi, secondo il presidente della Bnl, "non c'è una preoccupazione diretta per la situazione dei risparmiatori e per l'economia finanziaria italiana.

No Clooney, no Darfur ( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo".

Nordcorea: "Imminente lancio satellite", Vicini in allarme ( da "KataWeb News" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Giappone e Cina, che hanno fatto sapere che seguiranno con attenzione un test che secondo gli esperti serve per sperimentare un missile intercontinentale Taepodong-2 con una gittata fino a 6.700 chilometri, in grado di raggiungere la costa Usa. Secondo gli analisti, ci vorranno giorni se non settimane prima del lancio che segnerà il culmine di un'

Giappone-Usa/ Taro Aso a Washington, oggi incontra Obama ( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La seconda economia del pianeta è - dopo la Cina - il secondo detentore di bond del Tesoro statunitensi. Se Washington continua ad aspettare il prossimo leader giapponese forte, il "prossimo Koizumi", "aspetterà per sempre" dice Michael Auslin, specialista nipponico all'American Enterprise Institute.

Con "Hillary" si vestiranno divani e poltrone alla Casa Bianca ( da "Stampa, La" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: qualità e ricerca possono reggere il confronto con la globalizzazione e con la concorrenza dei Paesi a basso costo di manodopera. Una stoffa di «Arazzo», questo è il nome dello stabilimento di Filippo Uecher specializzato nella produzione di tessuti per arredamento, è stato infatti scelto per rinnovare il look della Casa Bianca.

Inchiesta sull'incendio della ThyssenKrupp ( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la ThyssenKrupp, la globalizzazione", pubblicato dalla casa editrice Donzelli. Nel libro l'autore traccia un mosaico di testimonianze orali sul lavoro operaio, raccolte in un viaggio dall'Italia al Kentucky, dall'India al Brasile, raccontando le trasformazioni delle città industriale nell'era della globalizzazione.

NordCorea/ Pyongyang annuncia lancio "satellite", tensione ( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina che hanno dato vita nelle ultime settimane a una rivisitazione a vent'anni di distanza del braccio di ferro missilistico tra Usa ed Urss durante la guerra fredda. Nuova Delhi ha sfidato il programma spaziale cinese, annunciando la settimana scorsa un investimento da 1,7 miliardi di sterline per anticipare Pechino di almeno quattro anni nel portare i propri astronauti sulla Luna.


Articoli

Washington cerca una nuova strategia di dialogo (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

PENISOLA DI COREA Washington cerca una nuova strategia di dialogo Marina Forti I toni sembrano quelli di sempre. Durante la sua tappa in Corea del sud, giorni fa, la segretaria di stato Usa Hillary Clinton ha riaffermato che gli Stati uniti sostengono Seoul, e che i due paesi alleati continueranno a lavorare insieme per denuclearizzare la penisola coreana. Poi ha ammonito la corea del Nord: le relazioni tra Washington e Pyongyang non miglioreranno se questa userà «il linguaggio dell'insulto e della provocazione». Allusione a un eventuale test missilistico nordcoreano, che secondo fonti di intelligence sarebbe imminente. La strategia dell'amministrazione Obama verso la Corea del Nord però non sta tutta in queste frasi. La Corea del sud resta l'alleato, non c'è dubbio (e ospita truppe e basi militari americane). Ma Clinton in questi giorni ha anche detto che Washington è pronta a firmare un vero e proprio trattato di pace alla Corea del nord (quello che manca dal '53, quando la guerra di Corea terminò con un armistizio) e a normalizzare le relazioni - certo, se Pyongyang rinuncia davvero alle sue ambizioni nucleari, secondo gli impegni presi nel settembre 2005 (quando aveva accettato di abbandonare «ogni arma nucleare e programma atomico esistente», in cambio di contropartite politiche ed economiche e di «un assetto di pace permanente nella penisola di Corea»: su cui però il dialogo si è bloccato). Clinton ha anche annunciato che l'ambasciatore Stephen Bosworth sarà il suo «inviato speciale» per la Corea del Nord. Fin qui, sembra che Clinton abbia fatto proprie le raccomandazioni del Atlantic Council of the United States, una rete «non-partisan» di esperti che vuole «promuovere un impegno costruttive degli Usa» sulla scena internazionale: in un documento fatto circolare di recente avvertiva che se vuole eliminare il programma nucleare della Corea del Nord, l'amministrazione Obama deve adottare una nuova strategia e cercare un accordo complessivo nella penisola di Corea; quindi affrontare l'insieme delle questioni di sicurezza, politiche ed economiche nell'ambito dei colloqui a sei (che includono Cina, Russia, Giappone, Usa e le due Coree); offrire, in parallelo a un accordo di denuclearizzazione, anche il famoso trattato di pace, con riconoscimento diplomatico e «assetto di pace permanente». C'è però un'incognita. «Il nostro scopo è sviluppare una strategia efficace ... in un momento in cui l'intera situazione della dirigenza \ è poco chiara», ha dichiarato Clinton a Seoul. Già: chi comanda a Pyongyang (è ben nota una lotta di potere tra il partito e i militari), e soprattutto chi comanderà quando uscirà di scena l'attuale presidente, il «caro leader» Kim Jong-il? Da mesi ormai si discute di successione (il primogenito di Kim, o il terzogenito?), e poiché la Corea del Nord è forse il regime meno trasparente al mondo, non resta che interpretare i segnali. Uno è il recentissimo rimpasto tra i comandi militari, che ha portato un fedelissimo del presidente Kim nella Commissione di difesa nazionale e una figura vicina al terzogenito alla guida del ministero della difesa. L'incertezza della successione, sottolineava Clinton giorni fa, «può incoraggiare gesti provocatori come atto per asserire il proprio potere» (il test missilistico?). Ma questo rende più urgente definire un quadro di dialogo.

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Buoni del tesoro e clima, i colloqui di Hillary Clinton (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

PECHINO Buoni del tesoro e clima, i colloqui di Hillary Clinton Simone Pieranni PECHINO PECHINO Neanche le madri di piazza Tian'anmen hanno fatto scivolare Hillary Clinton, giunta in Cina nella sua prima missione come segretaria di stato statunitense. Una lettera pubblicata su un sito web immediatamente oscurato, e gli appelli di parenti e conoscenti di alcuni dissidenti in carcere, non hanno scosso Hillary Clinton, il suo sorriso in ogni incontro e la grande voglia di affrontare solo le emergenze: la crisi economica e le questioni ambientali. Per la questione dei diritti umani ci sarà tempo e di sicuro i cinesi dimostreranno di avere gradito questo atteggiamento. Non in pochi in Cina, nelle ore successive all'elezione di Obama, avevano fatto oscuri presagi sui rapporti sino statunitensi, proprio per la sensibilità dei democratici Usa su temi caldi come Tibet, Taiwan e la questione dei diritti umani. Invece, tutto è filato liscio, se si eccettua la denuncia di Zeng Jinyan - suo marito Hu Jia sta scontando una condanna di tre anni e mezzo di prigione per reati di opinione - che ha affermato di essere stata bloccata per tutta la giornata di ieri dalla polizia nella sua casa alla periferia di Pechino. Il gruppo umanitario China Human Rights Defender inoltre ha diffuso un comunicato, sostenendo che «numerosi» altri dissidenti ieri sono stati messi agli arresti domiciliari, per impedire loro di incontrare il segretario di stato Usa. Sui media cinesi non c'è notizia al riguardo, mentre c'è un'ampia copertura della visita di Hillary Clinton, a celebrare i trent'anni di rapporti diplomatici tra Usa e Cina. Questa volta a lamentarsi delle affermazioni del segretario di stato Usa - «i problemi di Taiwan, del Tibet e dei diritti umani verranno discussi, ma la nostra pressione non può interferire con la crisi economica globale, i cambiamenti del clima, le crisi legate alla sicurezza» - sono stati i gruppi umanitari internazionali. Secondo Amnesty International («stupiti ed estremamente contrariati»), Clinton avrebbe «danneggiato le future iniziative degli Usa per proteggere i diritti umani in Cina», mentre Tenzin Dorjee, di Students for a Free Tibet, ha sostenuto che i leader stranieri «devono rafforzare la pressione sulla Cina». Clinton, che ripartirà oggi dalla Cina, è giunta a Pechino nella serata di venerdì sera, proveniente dall'Indonesia. Il primo degli incontri programmati nella giornata di ieri è stato con Yang Jiechi, ministro degli esteri cinese. Con le prime conversazioni, i primi annunci: il 27 febbraio i due ministeri della difesa, cinese e statunitense, si incontreranno per discutere di problematiche globali, così come a Londra, in aprile, ci sarà il primo incontro tra il neo eletto presidente Usa Barack Obama e il presidente cinese Hu Jintao. Le parole della segretaria di stato Usa, al termine dell'incontro, hanno confermato il trend dell'intera giornata, fatto di buoni propositi e rassicurazioni: «Al momento del debutto della nuova amministrazione del presidente Obama - ha detto Hillary Clinton - noi vogliamo rafforzare e migliorare le relazioni tra i due paesi», ritenendo un «imperativo» la cooperazione e la necessità di respingere insieme le misure protezionistiche in questo contesto di crisi economica mondiale. Dal canto suo, Yang Jiechi ha assicurato che Pechino manterrà l'investimento di una parte delle sue riserve di valuta straniera in buoni del tesoro americano e che è disponibile a cooperare in modo attivo con gli Stati Uniti per contribuire al risanamento della finanza globale, augurandosi «relazioni a lungo termine stabili e in costante miglioramento» e aprendo alla possibilità di «condurre un dialogo positivo con la parte americana sui diritti umani». Anche il cambiamento del clima ha avuto la sua parte nei colloqui: gli Usa sperano di farne un elemento chiave di una nuova fase di cooperazione con la Cina (Clinton ieri ha anche visitato una centrale elettrica alimentata a gas eco-compatibile che usa turbine General Electric) A Zhongnanhai, la sede del governo cinese e secondo molti la vera città proibita di Pechino, Hillary Clinton ha poi incontrato il premier cinese Wen Jiabao, confermando aperture e ottimismo a suon di proverbi cinesi, in un gioco di citazioni che sembra avere soddisfatto molto gli osservatori locali. «Dobbiamo attraversare il fiume, pacificamente, come fossimo su una stessa barca», ha detto Clinton, citando direttamente dall'Arte della guerra di Sun Tzu. Infine, a chiudere l'intensa giornata diplomatica ha incontrato il presidente cinese Hu Jintao.

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Una Chimera tutta rosa e fiori (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

DUE IMMAGINI DI HILLARY CLINTON DURANTE IL SUO VIAGGIO IN ASIA /FOTO AP Una Chimera tutta rosa e fiori Angela Pascucci Tra gli effetti più eclatanti del grande collasso economico e finanziario in corso secondo alcuni è da mettere in conto «un grave arretramento geopolitico» dell'Occidente. Il perché lo spiega con chiarezza Foreign Affairs nel suo ultimo numero (gennaio/febbraio 2009). «Washington e i governi europei non avranno né le risorse né la credibilità politica per giocare negli affari globali il ruolo che altrimenti gli sarebbe stato proprio», scrive Roger Altman, vice segretario al tesoro nella prima presidenza Clinton, che prevede un'accelerazione dello spostamento del centro di gravità del mondo, già in corso da tempo. Quale sia la forza di attrazione più potente, ancora oggi, l'analista lo indica esplicitamente: la Cina, che continua a tenere il passo, sia pure rallentato dallo sconquasso globale. L'Amministrazione Obama sembra già averne preso atto. Il primo viaggio all'estero del segretario di stato Hillary Clinton l'ha vista puntare verso il Pacifico. Non accadeva dai tempi di Dean Rusk, negli anni '60. Una rottura esplicita della tradizione che da allora in poi aveva visto tutti i responsabili della diplomazia Usa rivolgere la loro prima attenzione al Medio Oriente e all'Europa. Pechino è stata l'ultima tappa della Clinton, dopo il Giappone, la Corea del sud e l'Indonesia. Dulcis in fundo o coda velenosa era la domanda che tutti si ponevano, per capire su quale tono la nuova Casa Bianca intendesse impostare quella che lo stesso segretario di stato ha definito «la più importante relazione bilaterale del mondo in questo secolo». Oggi chi puntava sul «contenimento» e una nuova intransigenza per le violazioni cinesi, soprattutto in materia di diritti umani, sarà deluso. Soprattutto perché la partenza della nuova Amministrazione era stata al proposito irruenta (tanto che il discorso di insediamento di Obama era stato censurato in Cina). Ma ancora una volta l'assunzione del potere, e il cataclisma globale in corso, hanno spinto più che mai al pragmatismo e dunque all' «engagement». Già poco prima della sua partenza per il tour asiatico, il nuovo segretario di stato aveva mandato segnali concilianti, quando all'Asia Society aveva affermato: «Alcuni pensano che una Cina in ascesa sia per definizione un avversario. Al contrario, noi pensiamo che Usa e Cina possono beneficiare del, e contribuire al, rispettivo successo». E aveva annunciato anche la ripresa del dialogo sulle questioni militari, interrotto da Pechino quando l'Amministrazione Bush ormai agli sgoccioli aveva venduto oltre 5 miliardi di dollari di armi a Taiwan. Hillary Clinton non ha atteso di atterrare a Pechino per confermare il messaggio. Già sull'aereo aveva dichiarato alla stampa che la questione dei diritti umani non avrebbe impedito di lavorare con la Cina per affrontare insieme la crisi finanziaria, il cambiamento climatico e la questione nord coreana. «Non che Taiwan, il Tibet, i diritti umani non siano nella nostra agenda, ma sappiamo bene quello che avranno da dire». Le pressioni su questi nodi spinosi continueranno ma non interferiranno con «il dialogo necessario alla comprensione e alla cooperazione» sulle questioni che in questo momento l'amministrazione Usa mette al primo posto. Così il primo incontro a Pechino con il ministro degli esteri cinese Yang Jiechi ha puntato sulla cooperazione, definita «imperativa», sull'economia e i cambiamenti climatici, problemi rispetto ai quali, ha detto Clinton, «vogliamo approfondire e allargare la nostra relazione». Quel che divide, ha ribadito il segretario di stato, verrà trattato a porte chiuse, secondo la consueta tradizione diplomatica. Pechino può dunque definitivamente archiviare l'immagine della first lady che nel 1995, alla Conferenza mondiale delle donne di Pechino, lanciò contro le violazioni e gli abusi del regime cinese la critica più violenta mai proferita da un ospite straniero. Altri tempi, altro ruolo, altra situazione. Il primo ballo della nuova coppia sembra dunque essere andato senza i clamorosi pestoni, nonostante, e su questo non c'è dubbio, la musica sia cambiata e anche i passi. Nella sua prima audizione alla Commissione affari esteri del Senato come candidata alla segreteria di stato, nel presentare il nuovo «smart power», potere intelligente, degli Usa nei confronti del mondo, Hillary Clinton aveva preannunciato che la politica verso la Cina sarebbe cambiata per divenire più «comprensiva», allargata a un ventaglio più vasto di questioni, e non più solo focalizzata sull'economia, come era avvenuto durante l'era Bush, soprattutto la seconda. La leadership cinese avrebbe probabilmente preferito continuare così, visti i legami ormai inestricabili e vitali che legano i due sistemi economici, sostanza fondamentale di quella che lo storico Niall Ferguson ha definito con un'efficace crasi «Chimerica». Un intreccio che la crisi sta mettendo a dura prova. Il cambiamento climatico, e le misure urgenti da prendere per contrastarlo, si presenta invece come questione inquietante per la Cina, che ha ormai sopravanzato gli Usa nell'emissione di gas inquinanti ma che continua a sottolineare l'enorme differenza di sviluppo, e di consumo pro capite, dei due paesi, e si batte per una diversa strategia. Ma non c'è dubbio che se i due maggiori avvelenatori del pianeta decidessero infine di confrontarsi direttamente, le probabilità di uscire da un'impasse letale potrebbero aumentare (a meno che non trovino accordi sulla pelle degli altri). Il «dialogo» lo rivelerà presto. Per ora Pechino incassa il cambiamento di tono, esito positivo di uno scontro che si è consumato nelle prime settimane della presidenza di Barack Obama. Aveva cominciato il ministro del tesoro Timothy Geithner accusando Pechino di «manipolare» la propria moneta, anatema che nemmeno ai tempi di Bush si era mai sentito. Poi era arrivata la teoria del «saving glut», dell'eccesso di risparmio, formulata dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, che, in un ribaltamento grottesco della situazione, addossava alla Cina la colpa del collasso globale. Poi lo slogan «buy american», foriero di un vento protezionistico letale per il sistema economico cinese. E tutto mentre Pechino continuava a tenere a galla la barca comprando bond americani sempre meno appetibili. A dicembre è arrivato a detenerne 696 miliardi (rispetto ai 477 di un anno prima), superando così anche il fidato Giappone. Sul palcoscenico del Forum economico mondiale di Davos, alla fine di gennaio, è iniziato il contrattacco cinese, con le dure critiche del premier Wen Jiabao a un «modello di sviluppo insostenibile» basato su bassi risparmi e alti consumi. Lo stesso premier si faceva intervistare il 2 febbraio dal Financial Times per ribattere punto per punto alle accuse e avvertire che per la Cina, alle prese coi propri enormi problemi, difendere i propri interessi è il migliore contributo alle difficoltà globali. Il messaggio è stato afferrato ed è iniziata la marcia indietro, culminata al G7 di Roma, da dove il 14 febbraio lo stesso Geithner apprezzava l'«importante» ruolo di Pechino «nella stabilizzazione del sistema finanziario internazionale». Nel 2009 gli Stati uniti prevedono di emettere 2000 miliardi di bond per fare fronte alla catastrofe in corso, e qualcuno dovrà pur comprarli.

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Accori confermati (sezione: Globalizzazione)

( da "Cittadino, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Clinton in Cina Una Messa e una "chat" per chiudere PECHINO Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero come segretario di Stato, incontrando una dozzina di attiviste per i diritti delle donne nell'Ambasciata degli Usa a Pechino. Hillary ha anche "chattato" su Internet con altre attiviste e in apertura di giornata ha assistito a una Messa in una chiesa protestante alla periferia della capitale. Il segretario di Stato ha approfittato di un'intervista rilasciata a una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza». Nei suoi colloqui politici, ieri, Clinton si è concentrata sulla necessità che Usa e Cina affrontino in modo coordinato la crisi economica internazionale e il grande problema del surriscaldamento del pianeta, considerato anche che i due Paesi sono quelli maggiormente responsabili dell'emissione di gas inquinanti. Lavorando insieme su questi terreni, ha detto la Clinton. Il segretario di Stato ha riconfermato l'impegno degli Usa a favore dei diritti umani e civili ma ha chiarito che la priorità è quella di una relazione «positiva e di collaborazione» tra i due paesi.

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Il premier: collegarsi con Usa e Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 23/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Il premier: collegarsi con Usa e Cina Berlusconi soddisfatto: c'e stato accordo su tutto. L'Italia sta meno peggio degli altri BERLINOLa mossa diplomatica è quella di agganciare l'Europa agli Stati Uniti. Serve subito un confronto sulle modalità per uscire dalla crisi mondiale, «forse ci sarà prima del G20». Silvio Berlusconi lancia l'idea - concordata con Nicolas Sarkozy - di una «puntata» negli Usa perché - questo il suo ragionamento - l'America «non può camminare da sola» e anche l'Europa ha bisogno che ci siano «azioni concordate». Il premier italiano nei giorni scorsi aveva chiesto «risposte forti e globali» e il percorso tracciato a Berlino verso Londra (il 2 aprile Obama verrà nel Vecchio Continente per la prima volta da presidente) va «nella direzione giusta». Ma il presidente del Consiglio, oltre a dirsi d'accordo sulla necessità di buttare al macero le vecchie regole finanziarie e di riscriverne di nuove, apre al coinvolgimento con Washington e anche con Pechino perché «servono incontri preliminari per poi definire le soluzioni finali». Il Cavaliere è apparso molto soddisfatto dagli esiti del summit organizzato da Angela Merkel. «C'è accordo totale su tutto, ora bisogna discutere dei contenuti», ha sottolineato prima di tornare a Roma. Con una punta d'orgoglio: «Le difficoltà che ho ascoltato non riguardano l'Italia», ha osservato anche nella conferenza stampa suscitando la sorpresa di molti dei presenti. L'Italia - è la posizione che Berlusconi ha sempre ripetuto - non nasconde i problemi dell'economia reale ma «sta meglio di tutti» perché le sue banche «sono solide» e non piene di titoli tossici e i lavoratori che perdono il lavoro possono recuperare il 70% dello stipendio principale. Il Cavaliere si è rivolto soprattutto agli istituti bancari. «Noi stiamo dicendo: vi conviene aumentare il patrimonio così potrete aumentare le masse del credito da dare alle imprese». Ovvero un appello a richiedere i cosiddetti «Tremonti bond». «Ad oggi però - è stata la chiusa di Berlusconi - non abbiamo notizia di nessuna banca italiana che voglia approfittare della nostra disponibilità». Anche Lorenzo Bini Smaghi, componente del comitato esecutivo della Bce, ha spezzato una lancia a favore dei «Tremnti bond». «Nazionalizzare le banche - ha detto - è controproducente se il loro stato patrimoniale può essere rafforzato con iniezioni di capitale, anche pubblico. In altre parole, sì ai Tremonti bond e no alle nazionalizzazioni».

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Hillary: la Cina compri bond Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 23/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:estero Hillary: la Cina compri bond Usa Il segretario di Stato lascia Pechino. Delusi gli attivisti dei diritti umani Hillary Clinton col collega cinese Yang Jiechi PECHINO Hillary Clinton chiude il suo tour asiatico con un appello alla Cina: «comprate il debito americano». Il segretario di Stato riparte per Washington dopo la tappa a Pechino che le ha attirato le critiche delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Ai leader cinesi l'ex First Lady ha detto che gli Stati Uniti non perdono di vista il rispetto dei diritti, ma che questo non deve ostacolare la lotta in cui Pechino e Washington sono impegnati fianco a fianco per sconfiggere la crisi economica e garantire la sicurezza da minacce come il terrorismo e la proliferazione nucleare. L'ultimo appello è stato a continuare comprare buoni del Tesoro americani per aiutare la ripresa dell'economia americana e dell'esportazione di prodotti cinesi. «Continuando a sostenere gli strumenti del Tesoro americano» ha detto la Clinton, «i cinesi riconoscono le nostre interconnessioni. Le cose stanno proprio così: cadremo o risorgeremo insieme». E mentre i dissidenti lamentano vessazioni, e arresti per impedir loro ogni contatto con la Clinton, il segretario di Stato e il collega Yang Jiechi, hanno trovato terreno di intesa sulla gestione della crisi e della lotta al cambiamento climatico. La buona volontà di Pechino, potrebbe generare una nuova era di collaborazione tra due delle tre economie più importanti e tra i due maggiori inquinatori del pianeta.

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L'iniziativa voluta dalla Protezione Civile comunale (sezione: Globalizzazione)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

cronaca pag. 8 L'iniziativa voluta dalla Protezione Civile comunale Volontari e vigili del fuoco al lavoro per l'esercitazione promossa dal servizio di Protezione Civile del Comune. Una simulazione creata ad hoc per i 62 volontari che hanno seguito il corso sul recupero e la tutela dei beni culturali in caso di calamità.

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HARRY WU, LA CINA (sezione: Globalizzazione)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'INCONTRO. A BRESCIA, OSPITE DELLA «CCDC» E DI «AMNESTY INTERNATIONAL» UN DISSIDENTE SCAMPATO AI «LAOGAI» HARRY WU, LA CINA di Lucilla Perrini Era un giovane studente di geologia a Pechinom quando decise di aderire alla Campagna dei Cento Fiori, promossa dallo stesso Partito Comunista per «correggere i suoi precedenti errori». Harry Wu fu bollato come nemico del popolo e, per questo, nel 1960 fu arrestato e mandato in un campo di lavori forzati. Senza un'incriminazione formale, senza neppure un processo, fu internato per 19 anni nei «laogai» (acronimo di Laodong Gaizao Dui, cioè riforma attraverso il lavoro). Un mondo infernale, in cui il detenuto è costretto a lavorare fino a 16 ore al giorno, a soffrire la fame, a subire pestaggi e torture, dalle scariche elettriche alla sospensione per le braccia. Un campo di concentramento copiato dal modello sovietico dei gulag. Ma mentre i lager sono stati chiusi nel 1945 e i gulag sono in disuso dagli anni '90, ancor oggi in Cina ci sono almeno 1.045 laogai attivi, dove cinque milioni di uomini donne e bambini sono condannati ai lavori forzati a vantaggio economico del regime comunista cinese e di numerose multinazionali che investono o producono in Cina. HARRY WU è riuscito a uscire vivo da questo inferno, dal quale si calcola siano passati 50 milioni di cinesi, e nel 1985 è entrato illegalmente negli Stati Uniti. Da quel momento ha scelto di trasformare i suo ricordi in una testimonianza viva, di continuare, attraverso la Laogai Research Foundation e i suoi libri, la battaglia per la democratizzazione della Cina e il rispetto dei diritti umani negati dal regime comunista. Nei giorni scorsi Harry Wu era a Brescia, ospite della Ccdc e di Amnesty International, per raccontare nel Salone Bevilacqua della Pace i suoi anni nei gulag cinesi. Wu, come sono stati quegli anni? «I primi anni sono stati i più duri, per le torture subito e i lavori forzati. In quel periodo avevo perso anche la fede». Come è finito nel laogai? «Provenivo da una famiglia borghese ed ero cattolico. Tanto bastava per essere giudicato nel 1957, insieme a un milione di persone, un controrivoluzionario di destra. Sono state due mie affermazioni a farmi rinchiudere: avevo disapprovato l'invasione dell'Ungheria nel '56 da parte dell'Urss e avevo detto che il partito comunista divide la società in classi. Così senza neppure processo. sono stato internato per 19 anni». Qual era la sua giornata tipo? «Sveglia all'alba, ci mettevano in fila e controllavano le presenze, poi ci davano una ciotola di cibo. Entro 10 minuti bisognava uscire dalle baracche, ci ricontavano e andavamo a lavorare in un quadrilatero segnato da bandiere. Chi le oltrepassava veniva ucciso. A fine giornata ognuno pesava quanto aveva prodotto e se non raggiungeva la quota veniva insultato da tutti e punito, ad esempio legato a un palo per ore. Dalle 20 alle 22 c'erano l'indottrinamento politico e l'autocritica. Dopo il sermone giornaliero si andava a dormire». Il miracolo economico cinese è sato costruito sulla pelle di questa immensa forza lavoro a costo 0? «Sì. Con il regime comunista, oltre alla divisione della società in classi, rivoluzionarie e antirivoluzionarie, si è proceduto all'annullamento della proprietà privata e alla statalizzazione di tutto, dai terreni alle industrie, e alla negazione di qualsiasi credo religioso. Per trent'anni lo Stato è stato l'unico datore di lavoro. Negli anni '80 il regime ha deciso di aprirsi ai mercati stranieri, di conseguenza ha ammorbidito le sue posizioni sulla religione, anche se la cattolica resta illegale. Al capitale straniero, affinché investisse, la Cina ha offerto una manovalanza a bassissimo costo. Si è così verificata una dicotomia, tra il settore economico e quello politico, che è rimasto uguale, dato che c'è solo un partito, un leader, un solo sistema. La Cina è sempre stata un impero, oggi è solo un nuovo impero». Se la tanto decantata «competitività cinese» nasce principalmente dal lavoro forzato dei laogai perché l'Occidente continua a fare affari con la Cina? «Fino agli anni Settanta gli Stati occidentali non avevano rapporti né economici né diplomatici con la Cina. Tra i quattro regimi comunisti rimasti, la Cina è l'unica ora a essere trattata dall'Occidente in modo differente. Il leader cinese viene ricevuto con tutti gli onori alla Casa Bianca, anche se gli americani sono perfettamente a conoscenza della mancanza di diritti civili in Cina. Negli Usa una legge vieta l'acquisto di merci prodotte nei laogai, ma quest'anno in 8 aziende hanno sequestrato merci realizzate lì. La stessa Levis fabbrica i suoi jeans in Cina: ufficialmente è tutto ok, ma il cotone viene tutto dai laogai». Oggi qual è la situazione dei diritti umani in Cina? «Il partito mantiene il controllo di tutti i media, tv, giornali e radio: non è possibile criticare il governo, nemmeno esporre delle opinioni personali sul governo, e chi lo fa viene accusato di sovvertire il regime e spedito nei laogai. Ma non solo. C'è la politica di controllo delle nascite che continua da trent'anni. La teoria imposta è che la popolazione rappresenta il 22 per cento di quella mondiale, mentre il terreno sfruttabile dal punto di vista agricolo è solo il 9 per cento, quindi è necessario porre un freno. In realtà basta pensare alla Svizzera o al Giappone per capire che questo problema in Cina non sussiste. Tutt'oggi se una donna vuole avere un figlio deve compilare un modulo e aspettare il via libera, ma non più di uno. In Cina i bambini non sanno cosa vuol significhi avere un fratello o una sorella, chi rimane una seconda volta incinta viene costretta ad abortire, indipendentemente dal mese, e la coppia è immediatamente sterilizzata». Lei ha svelato il grande business statale dei traffici d'organo. «Non c'è nella cultura e nella mentalità cinese l'idea di donare gli organi, eppure il governo ha orgogliosamente annunciato che la Cina in pochi anni è diventata il secondo paese dopo gli Usa per numero di trapianti di organo. Ma non si dice che il 95 per cento degli organi in Cina proviene da esecuzioni di uomini o donne: basti pensare che in soli 11 mesi, tra il 1983 e il 1984 sono state messe a morte 24 mila persone e si calcola che ogni anno vi siano almeno 8000 esecuzioni». Vede una possibilità di cambiamento in Cina? «Sì, ci vorrà molto tempo, la via da percorrere è molto lunga, ma lo credo possibile».

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il rischio populista (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'ERA DELLE RONDE IL RISCHIO POPULISTA di RENZO GUOLO E così, a forza di indifferenza verso le trasformazioni indotte dalla "costituzione materiale" eccoci nell'era del vigilantismo. L'istituzionalizzazione delle cosiddette "ronde", mai come questa volta il nome indica la sostanza delle cose, al di là del tentativo della destra di matrice aennina di riconvertirlo nel più burocratese "sicurezza partecipata", segna una deriva pericolosa. Perché, nonostante i correttivi introdotti nel decreto, mina lo storico primato dello Stato in materia di sicurezza , "privatizzandolo" a favore di gruppi che possono potenzialmente diventare una sorta di milizia personale o di partito. Perché produce conseguenze potenzialmente destinate a mettere a rischio proprio quella sicurezza che si vorrebbe tutelare. Perché tende a fare dell'ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica: mescolando, in una preoccupante confusione di ruoli, dimensioni istituzionali e militanza, organi di governo e nuove milizie, che snaturano i caratteri dello Stato democratico. Al di là della prevedibile inefficacia delle ronde, il vero pericolo è dato dal diffondersi della falsa idea del "popolo che si fa Stato" senza mediazioni istituzionali; di una subcultura politica che vive la Costituzione, la magistratura, lo stesso operato delle forze dell'ordine, come orpelli, come limiti da superare. Una novità, quella del vigilantismo, che accanto alla progressiva trasformazione delle polizie municipali in organo di ordine pubblico generale in concorrenza con i corpi di polizia nazionale, rischia di alimentare non solo conflitti istituzionali ma anche drammatiche torsioni dei diritti. Un percorso che, se sottovalutato perché confuso con il folclore, rischia di accentuare progressivamente la corsa verso una sorta di "democrazia totalitaria" che ha come fine l'adesione del cittadino a una supposta "volontà generale". Una concezione di "Stato della paura" che fa paura. Non è un caso che il Presidente della Repubblica, pur obbligato a dare via libera al provvedimento, ne abbia immediatamente preso le distanze, precisando come i contenuti del decreto siano di «esclusiva responsabilità del governo». Timori che aleggiano in ampi strati della società italiana e anche Oltretevere. Tanto che il Vaticano, preoccupato per le possibili conseguenze dell'uso politico del vigilantismo, nelle intenzioni dei suoi promotori destinato a mettere sotto controllo le nuove "classi pericolose", a partire dagli immigrati, ha definito la scelta un'«abdicazione dello Stato di diritto». Un ordine del discorso che le forze più responsabili del paese, quelle che storicamente lo hanno salvato nei suoi momenti più difficili pur essendo spesso espressioni di "minoranze attive", devono non solo respingere ma contrastare culturalmente. A partire da una capacità di analisi che spesso latita. La destra xenofoba e populista offre, infatti, l'illusione che sia possibile contrastare localmente gli effetti della globalizzazione, trasformando il tema chiave dell'insicurezza esistenziale in esclusiva sicurezza personale. Uno spostamento di tiro che , anche grazie al non disinteressato sostegno di mezzi di comunicazione di massa che trasformano i cittadini in telespettatori, indirizza l'attenzione sull'esclusiva dimensione del rischio devianza. Come se al fondamentale diritto all'incolumità e alla protezione fisica delle persone non dovesse accompagnarsi anche a quello alla protezione sociale . Scompaiono così dal dibattito pubblico temi quali una crisi economica che si annuncia durissima, la difesa e la redistribuzione dei redditi, lo sgretolamento del welfare, la drammatica caduta del capitale sociale, a partire dalla formazione e dall'istruzione, il degrado di quel bene indisponibile che è l'ambiente. Su questi versanti il nuovo "Stato populista" vagheggiato dalla destra non ha nulla da dire: il cittadino deve essere mobilitato solo per sorreggerne il progetto carismatico e securitario. Per il resto che si arrangi: un salto all'indietro di due secoli.

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l'europa contro i titoli tossici supervisione su tutta la finanza - andrea tarquini (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Economia L´Europa contro i titoli tossici supervisione su tutta la finanza Accordo al vertice di Berlino, guerra ai paradisi fiscali La Merkel riesce a far passare la linea del rigore. Gordon Brown: 500 miliardi all´Fmi ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Serve un nuovo ordine economico mondiale, dice Angela Merkel, e convince l´Europa. Occorre riformare a fondo, anzi rifondare il sistema economico e finanziario internazionale; secondo principi etici e di solidarietà; dichiarare guerra ai paradisi fiscali che offrono sponde agli evasori; imporre controlli e monitoraggi severi sugli hedge fund e su tutti i mercati finanziari, i loro prodotti e i loro attori; raddoppiare le risorse del Fondo monetario internazionale per ogni intervento d´emergenza. No al protezionismo, e via a una carta dello sviluppo economico sostenibile. Con queste proposte, essenzialmente targate Germania, l´Europa andrà al prossimo vertice G20 di Londra, e fin da ora vuole combattere così contro la crisi internazionale. Ecco le conclusioni del vertice straordinario convocato da "Angie" ieri alla Cancelleria tra i leader dei paesi europei membri del G20. E´ stata soprattutto una vittoria della linea del rigore di Merkel: le prudenze francesi su scappatoie protezioniste, ma ancor più le resistenze britanniche contro limiti agli hedge fund, si sono piegate alle proposte della «donna più potente del mondo», che sembra appoggiata anche dall´Italia. Il vertice di ieri è stato una tappa nella maratona di summit e consulti: la settimana prossima si terrà l´incontro di tutti i leader dei paesi membri dell´Unione europea (Ue), poi il 2 aprile a Londra il vertice straordinario del G20. Quest´organismo, ricordiamolo, raggruppa i sette paesi più industrializzati (Usa, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Italia) più la Russia, cioè il G8, e rispetto al G8 il G20 è allargato ad altre importanti economie: Olanda, Spagna, Cina, India, Sudafrica e altre nuove potenze. «Una crisi straordinaria richiede interventi straordinari, e solo uniti, tutti insieme, possiamo farcela», ha detto la cancelliera nella sua elegante giacca rosa aprendo la conferenza stampa dopo quattro ore di vertice. Con lei erano riuniti il presidente francese Nicolas Sarkozy, il premier britannico Gordon Brown, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, i premier spagnolo e olandese Zapatero e Balkenende, il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso, il capo dell´eurogruppo, il lussemburghese Juncker, il premier cèco Mirek Topolanek perché Praga ha la presidenza semestrale di turno della Ue, e i presidenti della Bce, Trichet, e della Bank of England. «L´Europa vuol far sentire forte la sua voce e le sue proposte, perché il mondo non debba mai più affrontare una crisi come quella attuale», ha detto Merkel. Quindi, ha enunciato le proposte dure delle potenze europee: appunto, poteri speciali dell´Fmi e del Fondo di stabilità finanziaria, per applicare i primi accordi anticrisi risalenti al recente summit di Washington. Più importante ancora, appropriate regulations e controlli per tutti i mercati finanziari. Lotta ai paradisi fiscali, con sanzioni per i paesi che non collaborano. Richiesta ultimativa alle banche di mettere da parte risorse nei periodi di crescita buona per meglio affrontare le crisi. No al protezionismo, e raddoppio delle risorse dell´Fmi. La situazione è grave, da allarme rosso, hanno in sostanza convenuto tutti. «Il bisogno di liquidità è di almeno 500 miliardi di dollari», secondo Gordon Brown. Sarkozy ha avvertito che «Londra è l´ultima chance di riuscire a superare la crisi, deve essere un successo, vogliamo la rifondazione del sistema internazionale».

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berlusconi: l'italia sta meglio degli altri - claudio tito (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Economia Il pressing Berlusconi: l´Italia sta meglio degli altri E sulle banche preferisce la linea soft di Draghi: "Niente forzature" Cari banchieri, vi conviene aumentare il patrimonio e utilizzare i Tremonti bond CLAUDIO TITO DAL NOSTRO INVIATO BERLINO - «Nel nostro Paese la situazione è relativamente migliore rispetto alle difficoltà che ho sentito oggi al vertice. L´Italia ha un sistema bancario solido che non ha niente a che fare con i titoli tossici». Gli altri leader europei si davano un po´ di gomito mentre lo ascoltavano, ma Silvio Berlusconi ha insistito. Da tempo ripete che la crisi in Italia è meno pesante rispetto ai partner del Vecchio Continente. Assicura che l´intervento del suo governo è stato «tempestivo». Soprattutto non vuole «spaventare» gli istituti di credito italiani dopo le polemiche sulle possibili «nazionalizzazioni». Intende imboccare una via «soft» nel rapporto con le banche italiane. Ma nello stesso tempo è esplicito sui «Tremonti bond»: «sono convenienti, utilizzateli». In particolare dopo le modifiche apportate di recente. Del resto il patto siglato in questa legislatura con il presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi, e la pacifica convivenza instaurata con il governatore Mario Draghi, comporta proprio questo. Salvare le banche in crisi senza soluzioni traumatiche. Imponendo semmai un «debito di riconoscenza» concreto ai banchieri nostrani. «I bond - ha ripetuto - convengono soprattutto a voi». Non a caso nel braccio di ferro tra il suo ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, e l´inquilino di Palazzo Koch, preferisce dare ascolto al secondo. Almeno per ora. Così anche a Berlino dove i leader europei del G20 si sono dati appuntamento per preparare il prossimo summit di Londra, il premier italiano ha giocato tutte le sue carte su questo tavolo. Ha cercato l´asse con la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, e ha chiesto un intervento dei «big» mondiali superando le tentazioni «protezioniste» del francese Sarkozy e i dubbi dell´inglese Gordon Brown su una regolamentazione degli hedge funds. Non a caso ha annuito quando il ceco Topolanek, presidente di turno dell´Ue, ha bacchettato l´Eliseo per l´azione volta a proteggere il mercato francese. «L´accordo è totale - ha spiegato il Cavaliere - dobbiamo agire in modo coordinato, dobbiamo abrogare le vecchie regole del passato e riscrivere un «global legal standard». Non dobbiamo cadere nella tentazione del protezionismo». Un disegno, è il suo giudizio, che deve essere condiviso dai due «giganti» dell´economia globale: Usa e Cina. Tant´è che vorrebbe organizzare, prima del 2 aprile, una «puntata» negli States per un vertice Europa-America a Washington con l´obiettivo di concordare con Obama le misure da adottare a Londra. Berlusconi, però, ha gli occhi puntati sull´Italia. Tenta di spargere ottimismo. «Il nostro Paese - ha ripetuto - è un popolo di risparmiatori, in Italia il lavoratore che perde il lavoro percepisce il 70% della retribuzione principale, il governo italiano si è mosso con tempestività assoluta, mettendo a disposizione 40 miliardi di euro per la risoluzione della crisi». La sua partita, tuttavia, è giocata soprattutto sul futuro delle banche. Al momento si fida delle garanzie prestate da Draghi. Ma le vuole misurare sugli sviluppi concreti della situazione. Ha invitato Tremonti a evitare «forzature». «Non c´è n´è bisogno», spiega ad ogni occasione. Sicuro che in prospettiva la solidità degli istituti di credito passerà comunque da Palazzo Chigi. Così ancora ieri ha fatto sapere che «ad ora, non abbiamo notizia di decisioni prese da parte di una banca italiana di voler profittare» dei Tremonti bond. Eppure, nello stesso tempo, ha portato un deciso pressing ai banchieri: «Vi conviene aumentare il patrimonio, così potrete aumentare la massa del credito che fate alle imprese, perché la cosa importante non è solo salvare la banche, ma anche garantire che le banche continuino a foraggiare l´economia, le imprese e i privati».

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la corsa a creare le ronde di partito - (segue dalla prima pagina) (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 20 - Commenti LA CORSA A CREARE LE RONDE DI PARTITO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) L´istituzionalizzazione delle cosiddette "ronde" - mai come questa volta il nome indica la sostanza delle cose, al di là del tentativo della destra di matrice aennina e dello stesso Berlusconi di riconvertirlo nel più burocratese e fintamente rassicurante "sicurezza partecipata" - segna una svolta pericolosa. Perché, nonostante i correttivi introdotti nel decreto, mina lo storico primato dello Stato in materia di sicurezza, "privatizzandolo" a favore di gruppi che possono diventare una sorta di milizia personale o di partito: come dimostra la corsa in queste ore, in un Nordest sempre più Far East, dei partiti a mettere le mani sulle ronde. Altro che ex-poliziotti o ex-alpini, come ammette senza falsi pudori un Carroccio che si fida solo dei "suoi". Si tratta di pure milizie di partito: "verdi", azzurre, nere. A ciascuno la sua. Un mix di collateralismo di partito utile alla mobilità sociale e di protagonismo locale a varie tinte. Con il rischio che nella nuova società della sorveglianza itinerante, le "telecamere umane" mettano nel loro occhiuto campo visivo non solo i rischi per la sicurezza, politicamente selezionati, ma anche i comportamenti non ritenuti ortodossi. E, perché no?, anche persone a qualsiasi titolo, sessuale, religioso, politico, sgradite ai vigilantes in pettorina. Una deriva gravida di rischi. Perché produce conseguenze destinate a mettere in discussione proprio quella sicurezza che si vorrebbe tutelare, dal momento che non sempre sarà possibile controllare l´operato dei "volontari", fortunatamente non armati, così come la reazione dei potenziali sorvegliati. Perché tende a fare dell´ordine pubblico mobilitato il terreno prevalente della politica. Mescolando, in una preoccupante confusione di ruoli, istituzioni, organi di governo, milizie private. Con il concreto rischio che si snaturino gli stessi caratteri dello Stato democratico. Al di là della prevedibile inefficacia delle ronde in quanto produttrici di sicurezza, il vero pericolo è dato dal diffondersi come senso comune della falsa idea del "popolo che si fa Stato" senza mediazioni istituzionali; di una subcultura politica che vive la Costituzione, la magistratura, lo stesso operato delle forze dell´ordine, come orpelli ingessanti, se non come ostacoli da superare. Una novità, quella del vigilantismo, che accanto alla progressiva trasformazione delle polizie municipali in organo di ordine pubblico generale politicamente orientato e in concorrenza con i corpi di polizia nazionale, rischia di alimentare non solo conflitti istituzionali ma anche drammatiche torsioni dei diritti: come ricorda il caso di Parma. Un percorso che, se sottovalutato perché confuso, come fanno gli eterni sottovalutatori di turno, con il folclore, rischia di accentuare la corsa verso una sorta di "democrazia totalitaria" che ha come fine l´adesione del cittadino a una supposta "volontà generale". Una concezione di "Stato della paura" che mette paura. Non è un caso che il presidente della Repubblica, pur obbligato a dare via libera al provvedimento, ne abbia immediatamente preso le distanze, precisando come i contenuti del decreto siano di "esclusiva responsabilità del governo". Timori che aleggiano in ampi strati della società italiana, consapevoli che, nelle intenzioni dei suoi promotori, il vigilantismo è destinato a mettere sotto controllo le nuove "classi pericolose", immigrati in primo luogo. Timori, nonostante la presa di distanza del Vaticano, diffusi anche in parte rilevante dello stesso mondo cattolico che si riconosce in quanti, pure Oltretevere, hanno definito il rondismo come un´"abdicazione dello Stato di diritto". Una deriva che le forze più responsabili del Paese, quelle che storicamente lo hanno salvato nei suoi momenti più difficili pur essendo spesso espressioni di "minoranze attive", devono non solo respingere decisamente ma contrastare culturalmente. Mostrandone, senza i complessi dovuti dall´aver colpevolmente sottovalutato in passato il tema sicurezza, i possibili rischi. Magari cercando di far comprendere alla società italiana che il fondamentale diritto all´incolumità e alla protezione fisica delle persone dovrebbe essere accompagnato a quello alla protezione sociale degli individui. Spezzando, così, la spirale che caratterizza questa incerta fase della globalizzazione e riduce a vicende secondarie una crisi economica che si annuncia durissima, lo sgretolamento del welfare, il drammatico collasso del capitale sociale, a partire dalla formazione e dall´istruzione, il degrado di quel bene indisponibile che è l´ambiente. Su questi versanti la destra populista non ha nulla da dire: il cittadino viene mobilitato solo per sorreggerne il progetto carismatico e securitario. Per il resto, che si arrangi: un salto all´indietro di due secoli.

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venice univercity, orizzonti anche in terraferma (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Venezia, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 12 - Cronaca Venice Univercity, orizzonti anche in terraferma Il direttore Micelli: «Un centinaio di studenti internazionali e nuovi corsi» SAN SERVOLO Aperto l'anno accademico La crisi e l'università: due parole dense di significati che in questi ultimi tempi si sono ritrovate vicine, loro malgrado: alla Venice International University, che ha appena inaugurato l'anno accademico, si tratterà nel nuovo corso dedicato alla globalizzazione anche di come affrontare le nuove difficoltà. Stefano Micelli, direttore della Viu, ha sottolineato come una delle caratteristiche fondamentali dell'università con sede a San Servolo è proprio la sua internazionalità. Direttore Micelli, la crisi non sembra fermarsi e colpisce in Italia anche il mondo dell'istruzione, da voi come si affronta la questione? «Grazie al fatto che sia gli studenti sia i docenti provengono da svariati Paesi, risulta interessante vedere come da differenti culture si vadano a trattare temi collegati alla globalizzazione: alla Viu si insegna che è stato un fenomeno positivo, ma anche a portare delle critiche, visto che il punto di vista di un nostro studente cinese sarà differente da quello di un americano piuttosto che da un italiano». Che rapporto c'è tra la Venice International University e Venezia? «Un rapporto stretto che tende però ad allargarsi: se alla nascita dell'università abbiamo puntato a un rapporto con Venezia, ora ci allarghiamo alla realtà del Veneto, partendo dalle visite che durante il periodo dei corsi i nostri studenti faranno: dalle realtà manifatturiere del Brenta, dove c'è il distretto industriale della scarpa, alla visita delle vigne dove si produce il prosecco, fino a mostrare agli studenti il nostro Parco tecnologico. Sono 40 gli studenti che da Ca' Foscari verranno a frequentare i corsi alla Viu». I privati, in un progetto accademico di questo respiro, quale ruolo ricoprono? Vi sostengono? «Abbiamo un forte slancio grazie all'essere internazionali e alla partecipazione di dieci università da tutto il mondo, ma è chiaro che le partnership sono necessarie, è una strada da perseguire». Tra i nuovi corsi si parla anche d'ambiente. «Si parla proprio di sviluppo eco compatibile e una città come Venezia è un buon campo d'analisi dove si possono fare riflessioni di merito. Tra le visite abbiamo anche i centieri del Mose, proprio per perseguire questo progetto unico al mondo». A tutt'oggi (le iscrizioni sono aperte fino a fine febbraio) si contano già 94 studenti, una parte italiani e gli altri stranieri. Per citare alcune nazionalità di provenienza: Usa, Malesia, Germania, Giappone, Corea, Portogallo, Turchia, Ucraina. (gi.co.)

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una guspinese racconta la sua cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Sardegna, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 9 - Sardegna Una guspinese racconta la sua Cina Lidia Casti: dai documentari Rai con Biagi a un libro di testimonianza è tornata a Guspini, dov'è nata cinquant'anni fa, per raccontare la sua Cina, quella che nel 1994 aveva documentato Enzo Biagi nelle sei puntate per la Rai "La lunga marcia" e che avevano anche la firma di Lidia Casti, figlia errante per l'Asia di un operaio di Montevecchio, testimone diretta (aprile-giugno 1989) del massacro di piazza Tienanmen («ho respirato la speranza, la disperazione, la rabbia, lo sconforto insieme agli studenti, sono stata rimpatriata, ho penato per trovare notizie dei miei amici scomparsi, sono tornata a settembre in un'università deserta e disperata»). L'occasione è la presentazione del libro di Lidia Casti e di Mario Portanova, copertina rossa, 235 pagine, edizioni Bur della Rcs, titolo «Chi ha paura dei cinesi?». Già dal sottotitolo si capisce lo spessore di un'opera che è storica e politica, con la passioni per il karaoke e il kungfu, i topi di laboratorio e quella Chinatown «invasa, invisibile, pericolosa». E ancora «rivolte urbane, gli ultimi fatti milanesi di via Sarpi, l'economia sommersa, la mafia gialla. Quartieri colonizzati, laboratori nascosti, il lavoro a cottimo, aborti clandestini. Vite vere, morti dubbie e miracoli». Dice: «Raccontiamo il mondo sotterraneo di ambulatori clandestini e ragazzi con la mannaia e quello altrettanto sconosciuto della vita quotidiana nelle Chinatown italiane». Con tanti pregiudizi. Uno per tutti, pagina 43, titolo «Funerali», sottotitolo «anche i cinesi muoiono". Ecco l'attacco, a tratti choccante, sintesi di un editoriale di Vittorio Feltri sul suo giornale "Libero". Leggiamo: «Quando il nonno muore, viene subito macellato e lasciato qualche giorno a frollare finché la sua carne non si ammorbidisce un po'. A questo punto i resti dell'anziano congiunto finiscono al ristorante, cotti e serviti sotto mentite spoglie a malcapitati clienti attratti dai prezzi modici perché pensano di mangiare maiale in agrodolce o riso con carne. In questo modo i documenti del defunto passeranno a un giovane clandestino appena arrivato dalla Cina. Se conoscessimo la lingua dalle case di Chinatown sentiremmo gridare: "è pronto il nonno?". "Non ancora, dàgli ancora mezza giornata". Raccapricciante, vero? Nemmeno la fantasia pulp di Quentin Tarantino si è mai spinta a tanto». Nella sala della biblioteca intitolata a Sergio Atzeni - che tra queste case aveva ambientato molti suoi libri - ascoltano oltre duecento lettori di tutte le età. Ascoltano con attenzione anche quattro giovani che studiano in Sardegna con i progetti di Intercultura. Simpatici, sorrisi pieni di luce. Pronunciano la erre con difficoltà e dicono che fanno il master "in Saldegna" prima del "back in Cina". Yu, 18 anni, frequenta a Nuoro il liceo aeronautico, idem Wei che di anni ne ha 17. Pronunciano Nùoro con un accento etnico sulla u e dicono di trovarsi bene: «Ottimo ambiente, ottimo polchetto». E la scuola? «Plofessoli blavi». Lidia Casti integra le frasi dei ragazzi, tiene lezione di geografia davanti a un pubblico tanto attento quanto divertito. Yu arriva da Harbin, la città con le statue di ghiaccio, capoluogo della provincia di Heilongjiang, in Manciuria. Yue da Zhengzhou, 4.318 abitanti per chilometro quadrato, città industriale con strade che si intersecano perpendicolarmente, due grandi parchi nella zona centrale, un parco hi-tech nella zona nord, è a 700 chilometri da Pechino e mille da Shanghai, la regione dove si trova Shao Lin Si, la patria del kung-fu. Cao-Cao ha 17 anni e studia al liceo linguistico di Iglesias, abita a Shanghai. Wei, quello del liceo aeronautico di via Toscana a Nùoro, vive a Canton, «gualdo le paltite della Nuolese ma tifo Juventus». In sala scatta un applauso con tifo da stadio. Per tutti i compagni Cao-Cao ripete che hanno scelto l'Italia perché «è bella» e «la Saldegna bellissima» e perché "il cibo è buono" e perché «la gente è simpatica». E i prezzi? «Ah, plezzi molto cali ma è bello vivele qui, semple sole e cielo azzullo». Sorrisi e altri applausi. Restituisce la cortesia Giulia Usai, liceale guspinese che ha trascorso un anno in Cina, sempre con Intercultura. «Ero vicina ad Harbin, integrata bene in una famiglia, abitavo in un villaggio di 800 mila abitanti, nella mia classe eravamo 58, in tutta la scuola 8mila, in aula dalle 7,30 del mattino alle 17,30, solo mezz'ora di pausa pranzo. Il cibo? Mangiavo ciò che mangiavano i ragazzi di quella famiglia, prendevo il treno, comodissimo e puntuale, ho visitato molte città, anche Pechino. Internet? C'è censura, mica è facile collegarsi. La lingua cinese? Ora capisco quasi tutto, parlo benino il cinese, una esperienza esaltante». Cinesi in Sardegna e sardi in Cina. Tema da riprendere, semmai. Ma la giornata è dedicata a Lidia Casti, per tutti, ovviamente, "la cinese di Guspini". Lidia frequenta sotto Arcuentu le elementari e le medie, con i due fratelli aiuta mamma èlia ("Eliàna") Marongiu in un negozio di articoli sportivi e giocattoli E scatta l'amore per la lontana Asia: «Mi ha sempre incuriosito la Cina, questo Paese così lontano e diverso. Avevo appena 14 anni e già mi interessavo al maoismo, ne avevo un po' subito il fascino. Leggevo tutto quello che in qualche modo mi portava alla Cina. Alla fine non potevo non andarci». Prima frequenta le magistrali a San Gavino, si trasferisce a Cagliari per studiare chitarra classica. «Mi iscrivo contemporaneamente in Lingue, scelgo il francese e l'inglese. Il cinese non era contemplato. Qualche anno dopo era stato istituito un corso di cinese in Scienze politiche, lo teneva il professor Emilio Bottazzi. Intanto insegnavo educazione musicale nelle scuole statali da circa otto anni. Nel 1987 decido il grande salto. Riesco a iscrivermi all'Università di Pechino, ma non era così semplice, la Cina era ancora piuttosto chiusa. Ne ho vissuto il cambiamento dall'interno: ci sono stata fissa dal 1987 al 1994, gli anni cruciali della metamorfosi cinese, di Tienanmen, le proteste, le riforme di Deng che davano un impulso economico all'epoca insospettabile». Studia e lavora. Partecipa al lancio del marchio Benetton in Cina, India e Giappone, conosce Umberto Andalini ex direttore del Resto del Carlino. è di questo periodo la conoscenza con Biagi e col produttore Franco Iseppi. «Abitavo in una casa nel quartiere delle ambasciate, San Li Tun, un appartamento di 80 metri quadrati. Biagi - che tutti noi chiamavamo nonnino - mi chiede di lavorare con lui, mi sento al settimo cielo anche se ho mille paure. Quello per "La lunga marcia" è stato un lavoro lungo, durato diversi anni. Mi occupavo della produzione, tenevo i rapporti col ministero dell'Informazione che aveva la supervisione del progetto. Le sei puntate rischiavano di naufragare, le trattative stagnavano per problemi diplomatici seguiti all'uscita del documentario di Michelangelo Antonioni "La Cina". La situazione alla fine si è sbloccata, credo fosse il 1990, e il progetto è partito. A me sono sempre piaciute le storie della gente qualunque, quelle di cui nessuno parla. A Pechino andavo in giro in bicicletta e mi fermavo a parlare per strada. A volte nasceva un'amicizia, e seguivano un paio d'ore di racconti. Spesso i cinesi mi invitavano a mangiare con loro e così mi sono ritrovata spesso in situazioni un po' surreali, come una volta a pranzo nella stanza da letto/cucina di una famiglia, padre, madre, figlio di 8 anni. La camera era zeppa di grandi corone mortuarie, costruivano corone di fiori di carta per i funerali, l'effetto era bizzarro. Ma ho sempre trovato una grande generosità e disponibilità tra la gente. Anche a Biagi piacevano le storie comuni e così ci siamo trovati benissimo insieme. Io gli raccontavo le mie storie e lui trovava il modo di inserirle nel documentario. Gli era piaciuta in particolare la vicenda dell'imbalsamatore di Mao, un signore simpatico che aveva collaborato con i russi alla conservazione della sacra salma. Lo abbiamo incontrato, Biagi era pieno di interessi, ho imparato moltissimo in quella occasione. Quando ci siamo lasciati Biagi mi ha detto: "Se hai bisogno di me non esitare a chiamarmi". Ero felice». Lidia Casti rientra in Italia: «Lavoro a Rai Educational, nella redazione a fianco a quella di Biagi ma senza avere direttamente rapporti con lui. Non mi occupavo più di Cina. Facevamo documentari, con materiali d'archivio, destinati alle scuole. C'era appena stata una convenzione tra ministero della Pubblica istruzione e Rai per l'installazione di parabole nelle scuole. La Rai si impegnava a fornire materiali didattici sul satellite». Nella biblioteca che ricorda Sergio Atzeni tutti seguono con molta attenzione. Dal pubblico chiedono quale stereotipo le dia maggior fastidio: «Quello che li vuole frollatori dei propri morti. è offensivo per una popolazione che ha grande rispetto per gli antenati e un culto dei morti particolarmente sentito e profondo». E lo stereotipo più vero? «Il passaggio, il riciclaggio dei documenti, come avviene per tutti i clandestini d'altronde. Non è certo una loro caratteristica». E ancora: quando ritorni in Cina? «Presto, è un Paese che mi piace». Anche per la pena di morte? «Certo che no, ma più si integra la Cina col resto del mondo e il resto del mondo con la Cina e prima si risolvono anche questi drammi. è importante che la Cina sieda attorno al tavolo del prossimo summit di La Maddalena, il mondo ha bisogno di scambi non di muraglie». Serate di questo tipo, a Guspini, sono la normalità. Perché ininterrottamente da quindici anni gli incontri culturali - quasi sempre moderati da Manuela Medau, presidente della commissione pari opportunità - sono la regola non l'eccezione. C'è un gruppo considerevole di associazioni che - miracolo - lavorano insieme, senza invidie. Quasi tutte con imprinting femminile. Incontri che vengono definiti "La notte rosa" con la spiegazione dei «libri delle donne per ripensare l'economia e la socialità». Libri che vengono letti in anteprima e che - fatto unico in Sardegna - vengono proposti «agli anziani, a coloro che non potrebbero venire in biblioteca perché non si possono spostare da casa. Noi - spiega Graziella Caria, una delle principali animatrici dei sabati guspinesi - mandiamo gli studenti a casa degli anziani che ascoltano letture e il più delle volte acquistano i libri proposti, così è successo per l'opera di Lidia». Capofila è il Ccn (centro commerciale naturale) con l'Apice (associazione per il progresso e l'integrazione culturale ed economica, segretaria Graziella Caria). Con loro le associazioni Auser donna (Maria Sanna), la Banca del tempo (Daniela Ducato), la Elafos di Bruno Concas, i Giovani parrocchiani (Elena Agus), il gruppo Intercultura (Chiara Liscia), il gruppo archeologico Neapolis di Iride Peis, la Pro Loco con Rossella Dessì, Sa Mena Montevecchio di Efisio Cadoni, la cooperativa Basalti colonnari, eccezionale monumento in pietra che è uno dei simboli di questo paese del Medio Campidano. Ovviamente c'è il marchio del Comune, degli assessori al commercio (Enrica Olla)e alla cultura (Walter Tocco). E poi le scuole, come il tecnico "Michelangelo Buonarroti" che ha ospitato i cinesi del master and back in Sardegna. Chiude la serata "la cinese di Guspini". Che dice: «Sono orgogliosa che a Guspini la Cina sia così vicina».

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hillary a pechino incontra le femministe (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Sardegna, La" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Concluso il primo viaggio all'estero della Clinton come nuovo segretario di Stato Hillary a Pechino incontra le femministe PECHINO. Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero come segretario di Stato, incontrando una dozzina di attiviste per i diritti delle donne nell'Ambasciata degli Usa a Pechino. Hillary ha anche «chattato» su Internet con altre attiviste e in apertura di giornata ha assistito a una messa in una chiesa protestante alla periferia della capitale. Il segretario di Stato ha approfittato di un'intervista rilasciata ad una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza». Nei suoi colloqui politici, ieri, Clinton si è concentrata sulla necessità che Usa e Cina affrontino in modo coordinato la crisi economica internazionale e il grande problema del surriscaldamento del pianeta, considerato anche che i due Paesi sono quelli maggiormente responsabili dell' emissione di gas inquinanti. Lavorando insieme su questi terreni, ha detto la Clinton nella conferenza stampa tenuta con il suo omologo cinese Yang Jiechi, Usa e Cina possono «guidare il mondo fuori dalla crisi». Poi ha riconfermato l'impegno degli Usa a favore dei diritti umani e civili ma ha chiarito che la priorità è quella di una relazione «positiva e di collaborazione».

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messa e "chat" hillary clinton saluta la cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Tirreno, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

La prima visita ufficiale Messa e "chat" Hillary Clinton saluta la Cina PECHINO. Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero come segretario di Stato, incontrando una dozzina di attiviste per i diritti delle donne. Hillary ha anche "chattato" su Internet con altre attiviste e in apertura di giornata ha assistito ad una messa in una chiesa alla periferia della capitale. Il segretario di Stato ha approfittato di un'intervista rilasciata ad una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza».

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SAGGISTICA Talmud e rispetto della vita umana Il suo nonno materno fu Dante Lattes, uno dei maggiori rappresentanti dell'ebraismo italiano del Novecento; il suo trisavolo paterno f (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

SAGGISTICA Talmud e rispetto della vita umana Il suo nonno materno fu Dante Lattes, uno dei maggiori rappresentanti dell'ebraismo italiano del Novecento; il suo trisavolo paterno fu Samuel David Luzzatto, «Shadal» (1800-1865), che intrattenne una corrispondenza con Alessandro Manzoni --> Lunedì 23 Febbraio 2009 SPECIALI, pagina 24 e-mail print SAGGISTICA Talmud e rispetto della vita umana Il suo nonno materno fu Dante Lattes, uno dei maggiori rappresentanti dell'ebraismo italiano del Novecento; il suo trisavolo paterno fu Samuel David Luzzatto, «Shadal» (1800-1865), che intrattenne una corrispondenza con Alessandro Manzoni. Nato a Roma nel 1928, medico, biblista, scrittore, Amos Luzzatto è stato anche presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane. In A proposito di laicità. Dal punto di vista ebraico, nella forma di un lungo dialogo con la giornalista e filosofa Francesca Nodari, egli approfondisce alcuni temi centrali del suo itinerario intellettuale, politico, religioso, dal rapporto dell'ebraismo con la cultura «profana» alla realtà dello Stato d'Israele. Come afferma l'amico fraterno Paolo De Benedetti nella prefazione, questo volumetto potrebbe «rientrare a pieno titolo nella letteratura nota come She'elot u-teshuvot ("Domande e risposte"), nota anche come letteratura dei responsi»: affrontando le questioni poste dall'interlocutrice, in effetti, Luzzatto è fedele allo stile dei commentari talmudici, in cui pressoché ogni tesi o risposta ammette la possibilità di un davar acher, di un'«altra interpretazione» che controbilanci la precedente. In questo senso, il «principio di laicità» non sarebbe affatto in contrasto con la tradizione religiosa ebraica: «Io ritengo - afferma Luzzatto - che, nell'ebraismo, la laicità, almeno a partire dai tempi del secondo Santuario, sia una regola di vita. Se poi arriviamo ai tempi più moderni, posso portare alcuni esempi: il chassidismo, la qabbalah in contrasto con il razionalismo. La domanda non è: chi ha ragione o chi ha torto? Bensì: l'opinione di chi acquista il merito o lo statuto di diventare risposta ufficiale nell'ebraismo? E la risposta a questa domanda è: né l'una, né l'altra. Entrambe le dimensioni appartengono a questa cultura polimorfa che ammette la divergenza d'opinione». Allo stesso modo, in campo bioetico, il Talmud formula il principio dell'assoluto rispetto della vita umana («Non accelerare la morte, altrimenti sei considerato un omicida; non ritardarne il momento naturale, altrimenti sei un torturatore»), e tuttavia questa norma generale va declinata dal medico secondo le situazioni concrete che egli si trova ad affrontare. Piuttosto pessimista per quanto concerne l'evoluzione dello scenario politico mondiale, caratterizzato dall'emergenza di Stati che cercano di stabilire nuove egemonie regionali (come l'Iran, che con il suo presidente Mahmud Ahmadinejad ha fatto della negazione della Sho'ah la propria bandiera ideologica), Luzzatto non rinuncia però a delineare una piccola utopia perseguibile nel prossimo futuro: «Il vero obiettivo - afferma -- consisterebbe nel trasformare la politica estera americana in un progetto d'insieme che possa contare anche sul sussidio tecnologico israeliano. Se, nel prossimo avvenire, gli Usa riusciranno ad investire in strutture sanitarie, industriali, in scuole e in trasformazioni sistemiche in Egitto, in Sudan, in Arabia, nello Yemen e poi in Iraq, l'arma del negazionismo - con l'aiuto di Israele che assicura gli appoggi tecnici - si spezzerà inevitabilmente». Giulio Brotti saggistica Cina, dove lo Stato controlla il mercato Adam Smith è stato - o forse sarebbe meglio dire «è considerato» - il primo economista moderno, almeno accademicamente parlando: intorno alla fine del XVIII secolo ha fondato, infatti, la prima cattedra universitaria di economia «politica», lasciandosi alle spalle quella che era la sua precedente disciplina, la filosofia morale. Adam Smith nella sua maggiore opera, La ricchezza delle nazioni, predisse la possibilità di un riequilibrio di potere e di forze fra l'Occidente e il resto del mondo, con la nascita (tra l'altro) di un commonwealth delle diverse culture. Che ciò si stia realizzando con l'ascesa internazionale della Cina e con l'incedere della globalizzazione? È quanto si chiede Giovanni Arrighi con questo suo bel libro, non banale, quanto gradevole e accessibile. Come ha insegnato Marx, senza accumulazione (di capitale) non ci può essere capitalismo, e infatti la storia del capitalismo è un avvicendarsi di cicli di accumulazione che si propagano geograficamente, avendo nel contempo manifestazioni storiche differenti: dagli albori del capitalismo moderno il passo è lungo ma - si potrebbe aggiungere - mai quanto la distanza che separa il capitalismo liberale (o neo-liberale) americano da quello statalistico di matrice cinese! È ancora capitalismo quest'ultimo, o qualcosa di nuovo e inedito? Arrighi se lo chiede utilizzando la categoria del «caos sistemico»: il capitalismo procede storicamente distruggendo gli equilibri che hanno retto la precedente fase di accumulazione, perché quello stesso assetto non consente più l'espansione del sistema capitalistico. La globalizzazione è uno di questi momenti, a cui - secondo l'autore - gli Stati Uniti di Bush avrebbero tentato (ma senza successo) di porre un argine ripiegando sulla forza militare. O meglio, nella spettacolare ascesa cinese Arrighi vede l'inverarsi della previsione di Smith, che pensava che la ricchezza dovesse passare dall'agricoltura alle manifatture, per orientarsi infine al commercio estero; ma, mentre in Occidente le forze produttive mirano, se non proprio a controllare, almeno a condizionare la politica, in Cina è lo Stato che controlla il mercato per farne, in ultima analisi, uno strumento di governo. Sarà sempre così anche in futuro? È questa la domanda più affascinante, a cui però oggi è impossibile rispondere. Davide Gianluca Bianchi 23/02/2009 nascosto-->

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RAFFORZARE LA POLITICA ESTERA E DI DIFESA DELL'UE (sezione: Globalizzazione)

( da "marketpress.info" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 RAFFORZARE LA POLITICA ESTERA E DI DIFESA DELL´UE Bruxelles, 23 febbraio 2009 - Il Parlamento chiede più finanziamenti per la politica estera Ue e rileva l´esigenza di una nuova agenda transatlantica che rafforzi la cooperazione Ue/usa, anche per le operazioni di salvataggio di ostaggi rapiti dai terroristi islamici. Auspica poi un maggiore impegno europeo in Medio Oriente, Iraq e Afghanistan. Chiede poi una rapida attuazione della Strategia europea in materia di sicurezza, nonché la costituzione di una Forza armata europea integrata e di un quartier generale Ue permanente. Approvando con 535 voti favorevoli, 71 contrari e 51 astensioni la relazione di Jacek Emil Saryusz-wolski (Ppe/de, Pl), il Parlamento ribadisce anzitutto che la politica estera e di sicurezza comune (Pesc) «deve poggiare sui valori tutelati dall´Unione europea e dai suoi Stati membri», in particolare la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto della dignità della persona, dei diritti umani e delle libertà fondamentali nonché la promozione della pace e di un multilateralismo efficace. Dovrebbe inoltre continuare a porre l´accento sulla lotta al terrorismo, sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa e il disarmo, sul cambiamento climatico e la sicurezza energetica. I deputati sottolineano infatti che l´Ue deve servirsi della Pesc «per difendere gli interessi comuni dei suoi cittadini, fra cui il diritto a vivere in pace e in sicurezza in un ambiente pulito e ad avere un accesso diversificato a risorse vitali come l´energia». Si dicono poi convinti che l´Ue possa operare in modo incisivo «solo esprimendosi con voce unanime, dotandosi di strumenti adeguati, rafforzando ulteriormente la cooperazione con le Nazioni Unite e ottenendo la solida legittimità democratica che deriva dal controllo informato da parte del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali». Deplorano però che la Pesc sia «gravemente sottofinanziata» e ricordano che, per essere credibile e soddisfare le aspettative dei cittadini dell´Ue, essa «deve ottenere risorse commisurate alle sue ambizioni e ai suoi obiettivi specifici». Il Parlamento sottolinea poi che i mesi a venire «offriranno all´Ue un´opportunità unica per definire con la nuova Amministrazione statunitense una nuova agenda transatlantica che copra questioni strategiche di interesse comune». E tra queste indica una nuova governance mondiale «più inclusiva e più efficace fondata su organizzazioni multilaterali più efficaci», la crisi finanziaria, la creazione di nuove istituzioni euroatlantiche e di un vasto mercato transatlantico integrato, misure per affrontare il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la promozione di una pace duratura in Medio Oriente, la situazione in Iran, Iraq e Afghanistan, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, la non proliferazione e il disarmo nucleare nonché gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Facendo proprio un emendamento proposto dall´Uen, il Parlamento sottolinea poi che, «in relazione al rapimento e all´uccisione di ostaggi da parte dei terroristi islamici», vi è la necessità di una cooperazione e un coordinamento rafforzati in materia di politica antiterrorismo tra gli Stati membri, gli Usa e la Nato. Questi, è precisato, dovrebbero mirare in particolare a migliorare l´efficacia delle operazioni di soccorso lanciate per salvare la vita degli ostaggi. Oltre a deplorare la situazione dei diritti umani in Cina, il Parlamento cita tra le principali fonti di preoccupazione per l´Ue in materia di sicurezza i Balcani occidentali, il Partenariato orientale, la Georgia, la Russia, il Medio Oriente, l´Unione per il Mediterraneo, l´Iraq e l´Afghanistan, e l´Africa. In merito alla Russia, i deputati ribadiscono che nessun partenariato strategico è possibile se i valori della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della preminenza del diritto «non sono pienamente condivisi e rispettati» e invitano quindi il Consiglio a porre questi valori «al centro degli attuali negoziati per un nuovo accordo di partenariato e cooperazione». Riguardo al Medio Oriente, il Parlamento ritiene che l´Unione europea dovrebbe assumere un ruolo politico «forte e visibile» nella regione, «commisurato alle risorse finanziarie stanziate», e sollecita il Consiglio a prendere in considerazione tutti i modi possibili di promuovere una pace duratura nella regione, «compreso il dispiegamento di una missione nel quadro della politica europea di sicurezza e di difesa (Pesd)». Accoglie inoltre con favore l´intenzione del Consiglio di rinnovare il mandato della missione di polizia dell´Ue nei territori palestinesi e prende atto della decisione di estendere il mandato della missione di frontiera a Rafah. I deputati ritengono poi che l´Ue «debba rafforzare il proprio impegno con l´Iraq» e sostenere il processo di sviluppo delle istituzioni democratiche, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani nonché di promozione del processo di riconciliazione. In tale contesto, valutano positivamente la proroga della missione Eujust Lex e i progressi compiuti in vista della preparazione del primo accordo di commercio e cooperazione della storia fra l´Ue e l´Iraq. Esortano inoltre l´Ue a sviluppare con l´Iraq una relazione più efficace e ad ampio raggio che, oltre a contemplare la questione nucleare, interessi anche la cooperazione in materia di scambi commerciali e di energia e la stabilità regionale. In Afghanistan, l´Ue deve concentrarsi maggiormente sullo Stato di diritto, il buon governo, la prestazione dei servizi fondamentali e lo sviluppo economico e rurale, «anche mediante la promozione di alternative concrete alla produzione di oppio». Inoltre, visto il peggioramento della situazione della sicurezza nel paese, il Parlamento ribadisce «l´urgente necessità» di migliorare la cooperazione tra l´Ue e la Nato per agevolare le attività della missione di polizia dell´Ue in Afghanistan (Eupol). A tale riguardo, si compiace dell´impegno assunto dagli Stati membri dell´Ue di ampliarne l´organico e chiede «il rapido dispiegamento del nuovo personale». Si dice anche persuaso che il successo dell´operazione «sia di grande importanza per il futuro dell´alleanza transatlantica e che, in quest´ottica, tutti gli Stati membri dell´Ue dovrebbero impegnarsi maggiormente ai fini della stabilità in Afghanistan». Approvando con 482 voti favorevoli, 111 contrari e 55 astensioni la relazione di Karl von Wogau (Ppe/de, De), il Parlamento rileva anzitutto che l´Ue «ha bisogno di sviluppare la propria autonomia strategica mediante una politica estera, di sicurezza e di difesa forte ed efficace per difendere i propri interessi nel mondo, proteggere la sicurezza dei propri cittadini, contribuire a un multilateralismo efficace, promuovere il rispetto dei diritti dell´uomo e dei valori democratici in tutto il mondo e salvaguardare la pace nel mondo». Facendo proprio un emendamento del Pse, condivide inoltre la definizione di "responsabilità di proteggere" adottata dall´Onu. Al contempo, rileva l´importanza di garantire un efficace controllo parlamentare sulla politica europea di sicurezza e difesa (Pesd) e segnala che l´Ue non ha nessun obbligo automatico di effettuare missioni Pesd in tutte le situazioni di crisi. D´altro canto, i deputati sottolineano che negli Stati membri «si pensa ancora troppo spesso in termini di interessi di sicurezza nazionali» e, ritenendo ciò «controproducente», sollecitano gli Stati membri a non trascurare la responsabilità comune per la tutela degli interessi europei, «per fare dell´Ue un attore più importante sulla scena internazionale». Ma l´Ue non deve «cercare di divenire una superpotenza come gli Stati Uniti, bensì garantire la propria sicurezza e operare per la stabilità delle zone limitrofe», nonché contribuire a un sistema di sicurezza globale all´interno del quadro Onu. I deputati reputano quindi necessario identificare «gli interessi di sicurezza comuni dell´Ue» e «definire più chiaramente le proprie ambizioni circa il ruolo che intende svolgere nel mondo». Il Parlamento sottolinea poi «l´importanza cruciale» di una piena e tempestiva attuazione della Strategia europea in materia di sicurezza (Ses). Adottata nel 2003, la Ses si concentra sulle principali minacce per l´Unione europea (terrorismo, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali, fallimento degli Stati e criminalità organizzata), e individua obiettivi strategici. Proponendo che la Ses sia sottoposta a una revisione quinquennale, in concomitanza con l´avvio di ogni nuova legislatura dell´Ue, rileva la necessità della coerenza fra la nuova Ses e la futura dottrina strategica della Nato. Rinnova poi la richiesta di redigere un Libro bianco sulla sicurezza e la difesa europea quale strumento per avviare un vasto dibattito pubblico e assicurare l´attuazione efficace della Ses. I deputati sottolineano poi che l´Unione europea deve avere mezzi per dare attuazione alle sue politiche e che - oltre al rafforzamento delle sue capacità diplomatiche - «necessita anche delle capacità civili e militari per rafforzare la Pesd e assolvere le proprie responsabilità nel mondo». A loro parere, inoltre, Galileo e Gmes dovrebbero essere impiegati «per fini di sicurezza e difesa». Evidenziando però che gli Stati membri dell´Ue spendono complessivamente oltre 200 miliardi di euro l´anno per la difesa, la metà della spesa militare degli Stati Uniti, rilevano «l´inefficienza e la mancanza di coordinamento con cui tali risorse vengono spese». Sollecitano pertanto un´intensificazione degli sforzi volti ad eliminare «inutili doppioni» fra Stati membri, in particolare ricorrendo alla specializzazione, al pooling, alla condivisione delle capacità esistenti e allo sviluppo in comune di nuove. In tale contesto, il Parlamento nota che una politica di difesa comune europea «richiede una Forza armata europea integrata, da equipaggiare con sistemi d´arma comuni che assicurino uniformità ed interoperabilità». L´ue deve quindi puntare alla costituzione di un corpo sempre disponibile di 60 mila uomini, basato sull´Eurocorps «rinforzato se necessario da capacità navali ed aeree». Raccomanda poi lo sviluppo della cooperazione fra gli eserciti nazionali «ai fini di un maggiore sincronismo operativo», proponendo di denominare Safe (Synchronized Armed Forces Europe) tale processo e le forze armate coinvolte. In questo contesto, andrebbe anche definito uno statuto europeo del soldato, che disciplini gli standard di addestramento, la dottrina operativa e la libertà di azione sul campo, i diritti e i doveri, come pure il livello qualitativo dell´equipaggiamento, le cure sanitarie e le assicurazioni. Parallelamente, su suggerimento dei Verdi, il Parlamento chiede che la partnership per la costruzione della pace «si trasformi in un Corpo civile di pace europeo». Ritenendo poi che il potenziale di azione autonoma dell´Ue nel quadro della sua politica estera e di difesa vada accresciuto «mediante una riqualificazione mirata delle sue capacità di analisi, pianificazione, guida e intelligence», il Parlamento saluta la decisione del Consiglio europeo di lavorare a una struttura di pianificazione strategica integrata civile-militare per le operazioni e missioni Pesd. Chiede inoltre l´allestimento di un quartiere generale operativo europeo autonomo e permanente, in grado di effettuare pianificazioni strategiche e condurre operazioni e missioni Pesd ed è favorevole all´idea di creare un Consiglio dei ministri della difesa per conferire maggiore coerenza alle varie politiche difensive nazionali. I deputati si dicono infine favorevoli al rafforzamento di un mercato europeo nel settore della difesa e sicurezza e propongono ulteriori iniziative in tal senso nel campo della sicurezza dell´approvvigionamento e della sicurezza dell´informazione. Sostengono inoltre «energicamente» i «programmi coronati da successo come . Eurofighter» e sollecitano ulteriori iniziative in tema di addestramento comune e standard comuni per il personale da dislocare e assegnare alle stesse operazioni civili e militari. . <<BACK

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FINALMENTE. Ci è voluto il reincrudelirsi della crisi, tornata ad essere anche finanziaria ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il (Ostia)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 Chiudi di ENRICO CISNETTO FINALMENTE. Ci è voluto il reincrudelirsi della crisi, tornata ad essere anche finanziaria oltre che recessiva, per indurre i maggiori paesi europei e gli Stati Uniti ad una reazione all'altezza della tremenda sfida che il mondo ha di fronte. Ma a quanto pare incrociamo le dita, è d'obbligo sembra lo abbiano capito. Da un lato il vertice a Berlino dei quattro paesi europei del G8 (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna) allargato a Spagna e Olanda e con le significative presenze della Commissione Ue (Barroso), della Bce (Trichet), del presidente dell'Eurogruppo Juncker nonché del presidente della Repubblica Ceca nella sua veste di leader di turno nella Ue a 27 è servito a chiarire, speriamo una volta per tutte, che o il Vecchio Continente trova una linea comune e pienamente condivisa o sarà peggio per tutti i paesi, anche quelli apparentemente più forti. E non c'è dubbio che senza l'Europa neppure le altre grandi macro aree del pianeta sarebbero in grado di dare una risposta compiuta al micidiale binomio rappresentato dalla crisi finanziaria e da quella produttiva. Dall'altro, la visita della Clinton in Cina, improntata ad un sano realismo (per i diritti umani ci saranno tempi e luoghi diversi per parlarne) e intelligentemente impostata a ottenere il varo di un progetto di collaborazione cino-americano per sintonizzare le rispettive politiche di risposta alla crisi cosa non facile dopo il disastroso esordio del ministro dell'Economia nominato da Obama, quel Geithner che nei giorni scorsi aveva accusato Pechino di "manipolare i cambi per tenere artificialmente bassa la sua divisa" ci fa sperare che anche gli altri due fondamentali attori sulla scena (francamente in questo momento India, Giappone, Brasile e Russia sono piuttosto marginali) sappiano trovare un'intesa strategica. Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse i primi consumano i prodotti cinesi, la seconda assorbe enormi quantità di titoli del Tesoro Usa che senza un loro accordo, ogni tentativo di metterci una pezza a questa maledetta crisi risulterebbe vano. Tutto bene, dunque? Andiamoci cauti. Diciamo che si è riaccesa la speranza. Perché questi due passaggi sono importanti e sottovalutarli in nome di un cieco pessimismo sarebbe sciocco ma sono anche, per ora, delle semplici premesse. In Europa, per esempio, si sono poste le basi per una comune regolamentazione degli hedge funds, dei bonus dei manager, delle agenzie di rating, per rifinanziare con 500 miliardi di dollari il Fondo Monetario, ma siamo ancora indietro per quanto riguarda le misure anti-recessione, sia perché finora si è parlato solo del settore auto sia perché anche su questo fronte una linea comune è solo invocata. Allora, diciamo che si tratta di indispensabili precondizioni per arrivare agli appuntamenti più formali prossimi del G20 e del G8 avendo posto le basi perché ne scaturiscano scelte operative e non solo lodevoli auspici. E sì, perché finora, in 19 mesi di crisi ricordiamoci che tutto è iniziato ai primi di agosto del 2007 con la caduta dei valori degli immobili americani e lo scoppio della bolla dei mutui subprime sono stati una cinquantina i vertici internazionali che si sono succeduti, ma dire che i grandi del mondo siano stati capaci di trovare una linea efficace e condivisa proprio non si può. In Europa, in particolare, abbiamo assistito a fughe in avanti (Sarkozy), a tentativi di rieditare vecchi patti (l'asse franco-tedesco), a comprensibili ma poco lungimiranti chiusure nazionalistiche (Merkel), a giochi di sponda (Berlusconi con Putin), a declini inesorabili (la Commissione Ue) e a recuperi di ruolo (Brown e la Bce), ma nulla che ci desse non dico la certezza ma neppure la percezione mediatica di un continente unito, né nella sua versione allargata e qui ha giocato la crisi dei paesi dell'Est che ha interrotto il processo di uscita dalla loro secolare arretratezza né in quella ristretta ai paesi dell'euro. E questo, naturalmente, ha prodotto sfiducia, nelle famiglie come nelle imprese, sentimento che ha alimentato una crisi già di per sé impetuosa. Infatti, non c'è bisogno di essere esperti per comprendere che tanto la dimensione finanziaria quanto quella produttiva della crisi hanno natura globale, e che dunque solo una risposta globale può mettervi fine. Purtroppo, questa semplice verità finora sembrano averla capita più i mercati che ogni volta sanciscono con pesanti ribassi di Borsa le mosse unilaterali dei governi, ritenute in quanto tali velleitarie prima ancora di valutarle nel merito che i leader politici. Ora è corretto pensare che da Berlino e Pechino siano arrivati due segnali in controtendenza, e dunque è lecito attendersi finalmente scelte coraggiose e incisive. Specie se all'ordine del giorno s'imporrà, come è già nell'aria, il salvataggio globale dell'intero sistema bancario mondiale.

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GIUSTIZIA EUROPEA: QUALIFICA DI RIFUGIATO E PROTEZIONE SUSSIDIARIA (sezione: Globalizzazione)

( da "marketpress.info" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 GIUSTIZIA EUROPEA: QUALIFICA DI RIFUGIATO E PROTEZIONE SUSSIDIARIA Il 17 febbraio 2009 con la sentenza pronunciata nella causa C 465/07 - Meki Elgafaji e Noor Elgafaji / Staatssecretaris van Justitie - la Corte di giustizia ha affermato che il soggetto che richiede la protezione sussidiaria non deve necessariamente provare di essere minacciato personalmente, a causa di elementi propri della sua situazione, nel suo paese di origine. Il grado di violenza indiscriminata nel paese di origine può eccezionalmente essere sufficiente perché le autorità competenti decidano che un civile in caso di rimpatrio correrebbe un rischio effettivo di subire minacce gravi e individuali. La direttiva 2004/83/Ce ha come obiettivo principale, da un lato, garantire che tutti gli Stati applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall?altro, assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri. Il 13 dicembre 2006 i coniugi Elgafaji hanno richiesto il permesso di soggiorno temporaneo nei Paesi Bassi, corredata di elementi diretti a provare i rischi effettivi ai quali sarebbero esposti in caso di espulsione verso il loro paese di origine, l?Iraq. Con decisioni 20 dicembre 2006 il ministro competente ha negato loro il permesso di soggiorno temporaneo, considerando che essi non avessero provato in modo sufficiente le circostanze invocate e, pertanto, non avessero dimostrato il rischio effettivo di minaccia grave e individuale al quale essi asserivano di essere esposti nel loro paese di origine. In seguito al rigetto delle loro domande, i coniugi Elgafaji hanno proposto un ricorso dinanzi al Rechtbank te?s Gravenhage, accolto da tale giudice. Il Raad van State, adito in appello, ha ritenuto che le disposizioni della direttiva 2004/83/Ce presentassero difficoltà interpretative e ha deciso di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia. Il giudice a quo intende stabilire se le disposizioni della direttiva devono essere interpretate nel senso che l?esistenza di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del soggetto che richiede la protezione sussidiaria sia subordinata alla condizione che questi fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a causa di elementi peculiari della sua situazione. La Corte osserva che il danno definito nella direttiva come costituito da «minaccia grave e individuale alla vita o alla persona» del richiedente riguarda un rischio di danno più generale degli altri due tipi di danni, definiti nella direttiva, che riguardano situazioni in cui il richiedente è esposto in modo specifico al rischio di un danno particolare. Infatti, viene considerata in modo più ampio una minaccia alla vita o alla persona di un civile, piuttosto che determinate violenze. Inoltre, tale minaccia è inerente ad una situazione generale di «conflitto armato interno o internazionale». Infine, la violenza in questione all?origine della detta minaccia viene qualificata come «indiscriminata», termine che implica che essa possa estendersi ad alcune persone a prescindere dalla loro situazione personale. A questo proposito, occorre precisare che tanto più il richiedente è eventualmente in grado di dimostrare di essere colpito in modo specifico a causa di elementi peculiari della sua situazione personale, tanto meno elevato sarà il grado di violenza indiscriminata richiesto affinché egli possa beneficiare della protezione sussidiaria. Inoltre, la Corte aggiunge che al momento dell?esame individuale di una domanda di protezione sussidiaria, si può tener conto dell?estensione geografica della situazione di violenza indiscriminata, nonché dell?effettiva destinazione del richiedente in caso di rimpatrio, e dell?esistenza, se del caso, di un serio indizio di un rischio effettivo quale il fatto che un richiedente ha già subìto minacce gravi o minacce dirette di tali danni, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali danni gravi non si ripeteranno, indizio in considerazione del quale il requisito di una violenza indiscriminata richiesto per poter beneficiare della protezione sussidiaria può essere meno elevato. Pertanto, le pertinenti disposizioni della direttiva devono essere interpretate come segue l?esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione che quest?ultimo fornisca la prova che egli è interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale; l?esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata, in via eccezionale, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti impegnate con una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia. <<BACK

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Berlusconi ora incalza le banche: nessuno ha chiesto i Tremonti bond (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-02-23 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE Berlusconi ora incalza le banche: nessuno ha chiesto i Tremonti bond Il premier: sono convenienti, così più credito alle imprese «In Italia situazione migliore che in altri Paesi». Una missione dei leader europei negli Usa prima del G20 DAL NOSTRO INVIATO BERLINO — Invita le banche italiane a sottoscrivere i Tremonti bond, per aumentare il patrimonio e allargare il credito alle imprese, ma soprattutto perché «sono convenienti». Definisce il vertice che si è appena chiuso produttivo ma allo stesso tempo monco, perché senza Usa e Cina, senza un accordo preventivo con loro, qualsiasi riforma dei mercati sarebbe inefficace. E poi parla di Italia, mandando messaggi rassicuranti, dicendo che «rispetto alle difficoltà che ho sentito qui oggi la nostra situazione è migliore: banche solide, debito privato basso, niente titoli tossici, cassa integrazione che garantisce al 70% il reddito di chi perde il lavoro». Silvio Berlusconi a Berlino partecipa al vertice con un occhio all' urgenza di un'attività coordinata con Washington, un altro alla specificità del mercato italiano. Alle banche della Penisola, precisando che «nessuna finora ha avanzato richieste», ricorda: «Vi conviene aumentare il patrimonio così potrete aumentare le masse del credito a sostegno delle imprese». Ai colleghi europei tiene invece a rimarcare che senza la Casa Bianca è impossibile mettere sul campo un'azione di riforma dei mercati veramente globale: «Forse anche prima del G20 di Londra, comunque prima del G8 di luglio, potremmo fare una trasferta nella formazione di oggi, con i principali leader europei, presso l'amministrazione americana. E occorre coinvolgere anche la Cina, perché quanto decideremo sia condiviso da queste due grandi economie». Le linee di azione che emergono dall'incontro alla Cancelleria tedesca vengono commentate così, a caldo, dal presidente del Consiglio: «L'accordo emerso oggi è totale, dobbiamo agire in modo coordinato, abrogare le vecchie regole del passato e riscrivere i global legal standard, nuove regole che valgano per tutti, senza cadere nella tentazione del protezionismo ». Sui limiti dell'Europa il Cavaliere interviene anche prima di arrivare a Berlino, quando viene diffuso il testo di un'intervista al quotidiano tedesco «Bild», che uscirà oggi: «L'Europa soffre di alcuni anacronismi. Per esempio, il fatto di esser nata come Unione monetaria, mentre manca di una forte dimensione politica. Ma gli unici strumenti per fronteggiare le crisi sono rimasti, finora, monetari. La sola infrastruttura assimilabile alla sfera politica è il Patto di stabilità e crescita». Nella stessa intervista, in vista del G8 di luglio, annuncia che l'Italia proporrà la Detax, «un meccanismo fiscale che destina ai Paesi in via di sviluppo una percentuale di gettito fiscale ». Infine un commento sul nuovo presidente americano, che il capo del governo vedrà certamente a Londra fra poco più di un mese: «Ci lega un tratto comune, siamo entrambi uomini tesi al fare. Obama è un leader carismatico, capace di infondere fiducia, sono fiducioso che la sua "audacia della speranza" sia l'approccio giusto per risolvere i grandi problemi con cui si è trovato a confrontarsi. Sono amico di Bush, sono certo che con Obama si instaurerà una relazione altrettanto forte». Altra certezza sulle possibilità di ripresa dell'Italia: «La propensione degli italiani al risparmio, oltre alla solidità del nostro sistema bancario, è una delle ragioni per le quali il Fondo monetario prevede per noi un'uscita dalla crisi più facile rispetto ad altri Paesi». Marco Galluzzo

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l'AltraModernità (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cultura - data: 2009-02-23 num: - pag: 29 categoria: REDAZIONALE Visioni La Tate Britain di Londra lancia la proposta di un rinnovamento dei generi creativi. Cent'anni dopo il Futurismo l'AltraModernità Tutti creoli nell'epoca globale Nicolas Bourriaud: il multiculturalismo è finito, lingue e identità si connettono di FRANCESCA BONAZZOLI A cento anni dal Manifesto futurista, dalla Tate Britain di Londra, tempio dell'arte anglosassone, viene lanciata una nuova sfida culturale: il Manifesto dell'Altramodernità. Un sintetico scritto di dodici righe per proclamare che «il Postmodernismo è morto» e sta emergendo «una nuova era di modernità basata sull'incremento di comunicazioni, viaggi e migrazioni che condizionano il nostro modo di vivere. Multiculturalismo e identità stanno per essere superate dalla creolizzazione: gli artisti oggi partono da uno stato di cultura globalizzato. Questo nuovo universalismo è basato sulle traduzioni, la sottotitolatura, il doppiaggio. L'arte di oggi esplora i legami che testo e immagine, tempo e spazio intrecciano fra loro». L'artefice dell'atto di morte del Postmodernismo è il francese Nicolas Bourriaud, geniale intellettuale che nel 1999, a 34 anni, assieme a JerÔme Sans, fondò a Parigi il Palais de Tokyo (spazio ibrido e trasversale per la cultura «insorgente »). A 27 anni aveva già fondato la rivista di arte contemporanea Documents sur l'art, diretta fino al 2000. Ha curato numerose mostre fra cui la Biennale di Lione e la prima Biennale di Mosca; è direttore artistico del Pav di Torino, un progetto di parco d'arte vivente unico al mondo, nonché curatore alla Tate Modern di Londra. E ancora, ha pubblicato il romanzo L'ère tertiaire per i tipi di Flammarion ed è autore di due saggi bibbia per ogni studioso della contemporaneità: Estetica relazionale, uscito nel 1998 e Postproduction, nel 2001, in Italia tradotto da Postmedia books. Questa settimana la Sternberg Press manda in libreria il terzo saggio, The Radicant, quello appunto che mette a fuoco il concetto di Altramodernità. Ce n'è abbastanza per sentire cosa ha da dire. «Credo che il Postmoderno possa dirsi concluso. è un termine che segnava un progresso lineare, storico, come il percorso di una freccia: il Postmoderno veniva dopo la modernità. Oggi, invece, viviamo più nella dimensione di un labirinto. è venuto il tempo di scommettere su una modernità che rispecchi lo specifico della nostra epoca, ovvero un'epoca globale fin dal suo porsi e non più basata, come il XX secolo, essenzialmente sul mondo occidentale. La modernità prossima ventura sarà continentale. Non viviamo più in un'era multiculturale, ma in un mondo globale, creolo fin dall'inizio. La mia scommessa è che gli artisti stanno inventando questa altra modernità globale». Alcuni di loro sono stati coinvolti da Bourriaud nella Triennale in corso alla Tate Britain fino al 26 aprile: una trentina di artisti provenienti dai Paesi più diversi, ma tutti nomadi tanto che anche le sezioni della mostra — Altramodernità, Esilii, Viaggio, Confini — rispecchiano questo nomadismo geografico e culturale. Ogni sezione si intitola comunque «Prologo ». «Perché la Triennale è appunto il prologo di questa idea di Altramodernità — spiega Bourriaud —. Il risultato di un dibattito e una negoziazione collettiva fra storici dell'arte, curatori, artisti. E anche il Manifesto, che considero un format obsoleto, ma che ho usato per giocare con una formula modernista, è stato scritto solo per accendere una miccia: la vera elaborazione teoretica dell'Altramodernità arriva ora, nel saggio The Radicant. Ma sto anche preparando un altro libro collettivo cui sono invitati a collaborare autori di diverse discipline». «Il radicante — continua Bourriaud spiegando il titolo del suo nuovo saggio — designa un organismo che evolve nello stesso tempo in cui le sue radici crescono, all'opposto del radicale, che ha il significato di "appartenere alle proprie radici". Mentre il Postmodernismo ha a che fare con le origini (da dove vieni, da quale comunità), l'Altramodernità ha a che fare con lo sviluppo delle proprie radici mobili e temporanee ». Dell'Altramodernità partecipano tutte le arti, anche letteratura e musica. Come esempio per la prima Bourriaud indica la scrittura di W. G. Sebald le cui storie sono affidate a un reticolo di immagini della memoria che si snoda attraverso una sintassi complessa, senza sviluppo lineare. Per la musica, invece, la band Beirut, fondata da un ventenne del New Mexico e arrivata al successo tramite la blogosfera, raccogliendo fan su MySpace: un mix di sound che il New York Magazine ha definito un «global mash-up», un purè globale. Ci sono artisti che lavorano sullo spazio, altri sulla storia, dice Bourriaud, e la storia è il nuovo continente: «L'unico spazio da esplorare rimasto in un mondo googlearthed, controllato in ogni suo metro dal satellite, è il tempo». Lo scenario che prospetta Bourriaud vede dunque il superamento del concetto e del termine di globalizzazione: siamo già in un'epoca di Altraglobalizzazione, il cui corrispettivo culturale è l'Altramodernità. «L'Altraglobalizzazione è una collezione di risposte locali e singole a un fenomeno planetario nel tentativo di ricostruire la modernità fuori dal regno del "post". Per farlo non dobbiamo inventare una teoria totalizzante: l'altramodernità è più una costellazione, una specie di arcipelago di singoli mondi e singoli artisti le cui isole interconnesse non costituiscono un continente unico di pensiero. Dobbiamo liberarci delle teorie totalizzanti e pensare piuttosto in termini di frammenti e costellazione di pensieri connessi. L'Altramodernità si oppone a tutti i radicalismi e ripudia sia la soluzione di ritrovare le radici nelle diverse identità, sia la standardizzazione della creatività decretata dalla globalizzazione economica ». A Londra il dibattito si è appena aperto. In mostra In alto, una scultura e due disegni di Charles Avery in mostra alla Triennale, in corso alla Tate Britain di Londra, che resterà aperta fino al 26 aprile (www.tate. org.uk). Tra gli artisti presenti: Subodh Gupta e Marcus Coates Il curatore Nicolas Bourriaud (nella foto) è nato in Francia nel 1965. è stato tra i fondatori del «Palais de Tokyo» (di cui è stato codirettore) e della rivista «Documents sur l'art». Ha curato l'edizione 2009 della Triennale della Tate

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TEHERAN L'Iran ha annunciato che questo mercoledì le operazioni di preavvio della ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 Chiudi TEHERAN L'Iran ha annunciato che questo mercoledì le operazioni di «preavvio» della sua prima centrale nucleare, a Bushehr. Alla cerimonia saranno presenti Gholamreza Aghazadeh, responsabile dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, e Serghei Kirienko, capo dell'agenzia atomica russa Rosatom. La centrale di Bushehr, con un reattore di 1.000 megawatt, è stata realizzata da tecnici russi, ma la sua messa in funzione è stata rinviata diverse volte negli ultimi anni, nel pieno di un braccio di ferro tra la comunità internazionale e la Repubblica islamica sul suo programma nucleare. Le procedure che saranno messe in atto il 25 febbraio non sono state chiarite, ma secondo la radio di Stato iraniana dovrebbe trattarsi di una prova del sistema computerizzato che controlla l'impianto. La costruzione della centrale di Bushehr, sul Golfo, è stata avviata dalla Russia nel 1995 sulla base di un contratto che a quel tempo ammontava a 800 milioni di dollari. La Russia fa parte del sestetto di potenze (insieme ad Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito alla Repubblica islamica l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr, con l'impegno di Teheran a restituirlo dopo l'impiego per evitare che possa essere impiegato per costruire ordigni atomici. Proprio questa circostanza, secondo la Russia e gli Usa, dovrebbe indurre l'Iran a rinunciare all'arricchimento sul suo territorio. Ma Teheran continua a rifiutare questa condizione. Nel settembre dell'anno scorso Leonid Reznikov, presidente della società russa costruttrice, Atomstroiexport, ha annunciato tuttavia che entro questo febbraio sarebbero stati completati i lavori per rendere «irreversibile» l'avvio dell'impianto. E alcune settimane fa Kirienko ha detto che la centrale sarebbe diventata operativa entro la fine dell'anno.

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PECHINO - Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 Chiudi PECHINO - Hillary Clinton ha concluso ieri la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero come segretario di Stato, incontrando una dozzina di attiviste per i diritti delle donne nell'Ambasciata degli Usa a Pechino. Hillary ha anche chattato su Internet con altre attiviste e in apertura di giornata ha assistito ad una messa in una chiesa protestante alla periferia della capitale. Il segretario di Stato ha approfittato di un'intervista rilasciata a una rete televisiva di Shanghai per riaffermare il senso della sua visita. «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza». Nei suoi colloqui politici Clinton si è concentrata sulla necessità che Usa e Cina affrontino in modo coordinato la crisi economica internazionale e il grande problema del surriscaldamento del pianeta, considerato anche che i due Paesi sono quelli maggiormente responsabili dell' emissione di gas inquinanti. Lavorando insieme su questi terreni, ha detto la Clinton nella conferenza stampa tenuta insieme al suo omologo cinese Yang Jiechi, Usa e Cina possono «guidare il mondo fuori dalla crisi». Il segretario di Stato ha riconfermato l' impegno degli Usa a favore dei diritti umani e civili ma ha chiarito che la priorità è quella di una relazione «positiva e di collaborazione» tra i due paesi. Sulle spinose questioni di Taiwan, del Tibet e dei diritti umani, Hillary e Yang hanno detto di aver avuto un «confronto aperto» e si sono dichiarati «d'accordo nell'essere in disaccordo».

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Il ministro dell' Economia è quel Geithner che nei giorni scorsi aveva accusato Pe... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 23 Febbraio 2009 Chiudi di ENRICO CISNETTO Il ministro dell' Economia è quel Geithner che nei giorni scorsi aveva accusato Pechino di "manipolare i cambi per tenere artificialmente bassa la sua divisa". La visita della Clinton in Cina ci fa sperare che anche gli altri due fondamentali attori sulla scena (francamente in questo momento India, Giappone, Brasile e Russia sono piuttosto marginali) sappiano trovare un'intesa strategica. Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse i primi consumano i prodotti cinesi, la seconda assorbe enormi quantità di titoli del Tesoro Usa che senza un loro accordo, ogni tentativo di metterci una pezza a questa maledetta crisi risulterebbe vano. Tutto bene, dunque? Andiamoci cauti. Diciamo che si è riaccesa la speranza. Perché questi due passaggi sono importanti e sottovalutarli in nome di un cieco pessimismo sarebbe sciocco ma sono anche, per ora, delle semplici premesse. In Europa, per esempio, si sono poste le basi per una comune regolamentazione degli hedge funds, dei bonus dei manager, delle agenzie di rating, per rifinanziare con 500 miliardi di dollari il Fondo Monetario, ma siamo ancora indietro per quanto riguarda le misure anti-recessione, sia perché finora si è parlato solo del settore auto sia perché anche su questo fronte una linea comune è solo invocata. Allora, diciamo che si tratta di indispensabili precondizioni per arrivare agli appuntamenti più formali prossimi del G20 e del G8 avendo posto le basi perché ne scaturiscano scelte operative e non solo lodevoli auspici. E sì, perché finora, in 19 mesi di crisi ricordiamoci che tutto è iniziato ai primi di agosto del 2007 con la caduta dei valori degli immobili americani e lo scoppio della bolla dei mutui subprime sono stati una cinquantina i vertici internazionali che si sono succeduti, ma dire che i grandi del mondo siano stati capaci di trovare una linea efficace e condivisa proprio non si può. In Europa, in particolare, abbiamo assistito a fughe in avanti (Sarkozy), a tentativi di rieditare vecchi patti (l'asse franco-tedesco), a comprensibili ma poco lungimiranti chiusure nazionalistiche (Merkel), a giochi di sponda (Berlusconi con Putin), a declini inesorabili (la Commissione Ue) e a recuperi di ruolo (Brown e la Bce), ma nulla che ci desse non dico la certezza ma neppure la percezione mediatica di un continente unito, né nella sua versione allargata e qui ha giocato la crisi dei paesi dell'Est che ha interrotto il processo di uscita dalla loro secolare arretratezza né in quella ristretta ai paesi dell'euro. E questo, naturalmente, ha prodotto sfiducia, nelle famiglie come nelle imprese, sentimento che ha alimentato una crisi già di per sé impetuosa. Infatti, non c'è bisogno di essere esperti per comprendere che tanto la dimensione finanziaria quanto quella produttiva della crisi hanno natura globale, e che dunque solo una risposta globale può mettervi fine. Purtroppo, questa semplice verità finora sembrano averla capita più i mercati che ogni volta sanciscono con pesanti ribassi di Borsa le mosse unilaterali dei governi, ritenute in quanto tali velleitarie prima ancora di valutarle nel merito che i leader politici. Ora è corretto pensare che da Berlino e Pechino siano arrivati due segnali in controtendenza, e dunque è lecito attendersi finalmente scelte coraggiose e incisive. Specie se all'ordine del giorno s'imporrà, come è già nell'aria, il salvataggio globale dell'intero sistema bancario mondiale.

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L'ingordigia origine della crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-02-22 - pag: 5 autore: IL PERSONAGGIO Isidoro Albertini «L'ingordigia origine della crisi» Il decano di Piazza Affari indica le responsabilità delle banche d'affari Usa di Antonella Olivieri «B ei tempi quando si frequentava la Borsa. Era un mondo vivo: era lì che si tenevano i contatti, ci si incontrava, si scambiavano opinioni. Oggi che si parla attraverso i computer, è tutta un'altra cosa». Isidoro Albertini quest'anno compirà novant'anni, ma come tutte le mattine da più di mezzo secolo è alla sua scrivania. Attento come sempre a quanto succede sul mercato, anche se da tempo ha lasciato l'operatività ai "giovani". Oggi ricopre la carica di presidente di Albertini-Syz, naturale evoluzione dello studio dell'agente di cambio che forse più di altri ha segnato la storia di Piazza Affari. Il Wall Street Journal e il Financial Times sul tavolo non sono un vezzo, perchè Isidoro Albertini era uno dei pochi che sul mercato del boom economico sapeva parlare la lingua degli affari, quando ancora sui libri di scuola si studiava quasi esclusivamente il francese. Un idioma, l'inglese, che sarà il filo conduttore della sua lunga avventura a Piazza Affari. «In Borsa – racconta – ci sono finito quasi per caso. Quando Giambattista Foglia, che come me militava nel Partito d'azione, mi propose di andare a lavorare con lui nel suo studio d'agente di cambio.L'attività della mia famiglia d'origine era distante mille miglia dalla finanza. Dal 1817 confezionava cappelli e per produrre i feltri aveva aperto uno stabilimento in Inghilterra (è lì che ho imparato l'inglese). Ma negli anni '50 l'azienda fu costretta a chiudere, perchè i cappelli in Italia non li portava più nessuno». Così nel '57 Isidoro Albertini inizia a lavorare in Borsa, diventando agente di cambio dieci anni dopo, a quasi 48 anni, e rilevando infine, nel '72, lo studio Foglia. «Avrei dovuto tenere un diario, perchè scrivere è sempre stata la mia passione – confessa –Non l'hofatto e me ne rammarico, perchè non ho la memoria di Renato Cantoni, che ci vedeva poco e perciò teneva tutto a mente, nè quella di Emilio Moar, che era un vero archivio vivente ». Ma, se i particolari sbiadiscono, l'esperienza di una vita non si dimentica. E sul filo dei ricordi, Albertini ritorna ai tempi in cui, mentre a Milano gli agenti di cambio si limitavano a negoziare per conto delle banche italiane, lui, sfruttando la conoscenza dell'inglese, cercava di alzare lo sguardo oltreconfine. «Grazie alla conoscenza della lingua – ricorda il decano di Piazza Affari – andavo alle conferenze in giro per il mondo e questo mi consentiva di spiegare l'Italia all'estero». Una posizione lungimirante perchè, nel '68, quando si trattò di lanciare il primo fondo in Italia, fu lui il naturale candidato a gestirlo. Il fondo, di diritto lussemburghese, si chiamava Fonditalia e per statuto doveva investire nella Penisola la metà del suo portafoglio. Era uno dei tanti prodotti partoriti dall'inizio degli anni '60 da Investors Overseas Services (Ios), una società d'investimento creata da Bernard Cornfeld, imprenditore americano di origine turca, il quale, negli anni della "guerra fredda", ebbe l'intuizione di cogliere la domanda latente di prodotti di risparmio made in Usa da parte degli espatriati, in particolare i militari di stanza in Europa. L'avventura finì male per lo Ios che, travolto da uno scandalo finanziario, fu costretto a chiudere i battenti negli anni '70. Ma gli incontri tra Beniamino Andreatta e il Governatore di allora della Banca d'Italia, Guido Carli, permisero di salvare Fonditalia. Isolandolo dalle vicende dello Ios,con l'intervento dell'Imi di Giorgio Cappon che rilevò il controllo di Fideuram, la rete che distribuiva il fondo, e, successivamente, la società di gestione. Fatto sta che per lo studio Albertini la proiezione internazionale divenne una componente sempre più importante della sua attività, ricevendo un impulso decisivo dai rapporti d'affari con il finanziere George Soros. Tramite Albertini, Soros realizzò infatti il suo primo investimento in Italia: un pacchetto consistente di Olivetti. «Intercettammo il pacchetto da alcuni azionisti minori che volevano vendere – ricorda Albertini – e una delle controparti fu appunto Soros, convinto che, pur nelle difficoltà in cui si trovava la società (erano i tempi della prima "crisi" di Ivrea), Olivetti aveva grandi potenzialità di recupero. In effetti fu così e Soros riuscì a realizzare un buon guadagno sull'investimento». L'idea era stata del finanziere che già allora amava scommettere su situazioni a rischio, ma suscettibili di miglioramento, e ai tempi Olivetti era una delle poche realtà industriali italiane che fosse conosciuta in tutto il mondo. Dall'estero arrivò anche lo stimolo ad ammodernare il mercato e a riscriverne le regole. A metà degli anni '80 il passaggiochiave fu la legge istitutiva dei fondi comuni di diritto italiano che ebbe come grande sponsor Andreatta, trovando alleati preziosi in Giuliano Graziosi ed Enzo Berlanda. «Una perdita prematura quella di Andreatta, una sciagura per l'Italia. Era un personaggio di rara intelligenza, sono sicuro che con lui certi errori si sarebbero evitati», si lascia andare Albertini, che aveva una grande stima del politico democristiano pur senza essere mai stato della stessa parrocchia («come idee mi sento più vicino a Carlo Azeglio Ciampi», dice). Ma, insomma, erano anni di grandi cambiamenti che, per quanto riguarda la Borsa, furono vissuti in prima linea dal gruppo di punta degli agenti di cambio: con Isidoro Albertini c'erano Urbano Aletti, Ettore Fumagalli, Leonida Gaudenzi e Attilio Ventura. Un processo che, nel '92, sfociò nella nascita delle Sim: segnò la fine di un'epoca in Piazza Affari e costituì la premessa per una nuova era. Fine delle grida e via libera ai computer in un processo, inarrestabile, di globalizzazione che porterà Milano nell'orbita della City londinese. «Un'idea che non mi è mai piaciuta – ammette il decano di Piazza Affari – Mi spiace perchè Milano era una Borsa piccola, ma innovatrice ed era stata gestita bene. Ha finito per soccombere davanti a chi era molto più forte, come era successo alle Borse locali di Trieste o Genova all'affermarsi di un'unica piazza nazionale». Un'era, dunque, quella della globalizzazione dei mercati, che per oltre tre lustri ha vissuto nell'esaltazione del mito americano. «Solo ora – ammette con rammarico Albertini – ci accorgiamo che la decadenza è totale anche lì». Come è potuto succedere? Albertini non ha dubbi: «L'ingordigia è alla base di tutto, una spinta che alla fine ha rotto gli argini». Provocando lo sfracello della finanza che è sotto gli occhi di tutti. «Soros fa risalire l'inizio dei guai all'immediato dopoguerra. Io sono più propenso a pensare che l'errore sia stato piuttosto quello di abbandonare la separazione tra banche d'affari e banche commerciali che era stata introdotta, non a caso dopo il '29, con il Glass Steagall act. Queste banche universali erano diventate uno strumento potentissimo, con rilevanza anche politica». Ma la droga che ha alimentato la bolla è stata «l'immensa liquidità che ha plagiato i mercati ». Ogni volta che il sistema entrava in crisi si iniettava un po' di liquidità, che alla fine, come una droga, ha provocato assuefazione. Nel 2001 la prima potente dose da parte della Fed di Alan Greenspan. «Qualcuno pensava che forse stava esagerando, ma nessuno si augurava che chiudesse i rubinetti, perchè tutti avevano di che guadagnare dalla situazione – sottolinea – Le banche, spinte dalla necessità di impiegare la liquidità, hanno fatto soldi con nuovi strumenti che, col senno di poi, si sono rivelati dannosi. Le famiglie con la ricchezza finanziaria sostenevano i consumi. E gli Usa si indebitavano con tutto il resto del mondo, creando uno squilibrio mai corretto». La bolla ha cominciato a spostarsi come una nube tossica. Dalle azioni agli immobili. «Per aggiudicarsi i bonus, hanno venduto subprime, anche in Italia, persino a Comuni da 30mila abitanti ». Poi si è arrivati alle materie prime, partendo dal petrolio. «In pochi mesi le quotazioni del greggio sono arrivate a 150 dollari al barile, per poi piombare a 35. Segno che qualcosa non funziona. Il petrolio è una risorsa scarsa e qualche tensione sui prezzi è da mettere in conto, ma non con oscillazioni di tale ampiezza ». Quindi la bolla si è estesa ai succedanei verdi, come la colza, persino il grano. «Una bolla questa che è scoppiata rapidamente, con conseguenze però ancora tutte da valutare». Sulla Russia, per esempio, dove i grandi oligarchi che hanno il controllo di settori chiave si sono trovati in difficoltà, mentre il rublo è finito sotto pressione. «Ho vissuto tante crisi di Borsa, Sindona, l'Ambrosiano, Gardini. All'origine c'era sempre qualcuno che cercava di investire a debito. Ogni volta un passo più grande fino ad arrivare alla crisi planetaria, che diventa difficile da controllare: mai visto nulla del genere». Albertini punta il dito contro le grandi banche d'affari Usa, principali responsabili della distruzione del sistema. Per riportare sotto il controllo della Fed le banche d'affari si è trovato l'espediente di farle comprare dalle banche commerciali, col rischio di indebolire anche queste. Ma l'errore più grosso è stato lasciar fallire Lehman, «creando le premesse per l'ingestibilità del dopo ». In Europa si è finito per nazionalizzare alcune banche, dopotutto «un modo per uscire dai guai se non ci sono alternative». In Italia non ci sono le condizioni per un ritorno allo Stato, «ma c'è il rischio che possano ricadere sulle banche i problemi degli altri». La bad bank può essere una soluzione per dare sollievo al sistema? «è problematico. La prima questione è a che prezzo comprare i titoli "tossici" in modo da non far fallire la banca che li ha in portafoglio e non procurare perdite allo Stato». La crisi comunque non è più solo una crisi della finanza. Nell'economia reale, la speranza era il decoupling: fino a un certo punto si pensava che le economie emergenti, Cina e India, avrebbero fatto da contrappeso. «E invece no, non è andata così. Resta l'enormità di capitali cinesi investiti in titoli di Stato americani. Come si farà a mettere a posto tutto, quando il Tesoro Usa sarà obbligato a emettere carta a ripetizione per finanziare i salvataggi?». Per almeno uno-due anni il mercato sarà inondato da emissioni sovrane, e non solo degli Usa. Con effetti perversi. «Per aiutare l'economia reale i tassi devono scendere – osserva Albertini – ma per collocare i titoli obbligazionari i Governi devono pagare, altrimenti le aste vanno deserte». Così la politica monetaria ormai è diventata un'arma spuntata nelle mani delle Banche centrali. «Occorre confidare nelle politiche fiscali, ma noi abbiamo il problema del debito pubblico. Abbiamo davanti un periodo veramente difficile». Per i mercati il "difficile" è l'imprevedibilità degli eventi che possono turbare anche un minimo di equilibrio. Una situazione che rischia di travolgere anche i "titoli buoni". «è vero che in questo momento il rapporto prezzo/utili è basso rispetto al passato, ma il problema è che nessuno può dire con ragionevole certezza quali saranno gli utili futuri». Troppe incognite: «Mi domando come sia possibile fare previsioni industriali ». Le aziende che esportano hanno nei cambi un'incognita in più. Per esempio l'imprevedibile rimonta del biglietto verde è stata spinta dal rientro dei debiti di chi si era finanziato in dollari. E, quando sono così erratici, i mercati non riescono ad esprimere indicazioni significative, «ma si limitano a riflettere la psicologia prevalente che è di paura, di timore del disastro imminente ».«Però,grazie a Dio –sottolinea Albertini – i mercati ci sono ancora». Finchè c'è mercato, c'è speranza, verrebbe da dire, nonostante le dure prove a cui è stato sottoposto. Non ultimo lo scandalo Madoff. «Una cosa pazzesca. Perchè ha coinvolto non sprovveduti, ma grossi operatori che non hanno visto o non hanno voluto vedere». Probabilmente di mezzo c'era un meccanismo di retrocessione di commissioni che ha contribuito ad appannare le lenti. «Ma quello che tutti vedevano bene è che il banchetto continuava e nessuno aveva interesse a interrompere la festa». E ora come se ne esce? Una domanda che non ha ancora trovato una risposta. «In un modo o nell'altro se ne uscirà, ma certamente con un enorme prosciugamento della ricchezza mondiale ». Che dire? Speriamo si sbagli. I RICORDI DI UNA VITA Dai cappelli di famiglia ai rapporti con Soros: «Olivetti la sua prima scommessa in Italia» TEMPI MODERNI «La liquidità della Fed ha drogato il mondo. E ora ne usciremo solo con un enorme sacrificio» Anni '90. Isidoro Albertini a passeggio per il centro di Milano INPHOTOWEB

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Debito, Clinton ringrazia la Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-02-22 - pag: 7 autore: Stati Uniti. Clima disteso e cooperazione in primo piano negli incontri del ministro con il presidente Hu e il premier Wen Debito, Clinton ringrazia la Cina Il segretario di Stato apprezza la fiducia, confermata, sui titoli di Stato Usa Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente Gli Stati Uniti ringraziano la Cina per il massiccio sostegno fornito al debito pubblico americano. E la Cina, che negli ultimi anni ha comprato titoli del Tesoro Usa a mani basse fino a diventare il primo finanziatore planetario degli Stati Uniti, conferma l'ampio affidamento concesso a Washington e lancia un messaggio tranquillizzante all'Amministrazione Obama: il Dragone non ha intenzione di battere in ritirata dal dollaro. Almeno per ora. è questo il succo della missione a Pechino del segretario di Stato Usa Hillary Clinton, ultima tappa del suo primo viaggio ufficiale in Asia. «Apprezziamo la rinnovata fiducia della Cina verso i titoli del Tesoro Usa» ha detto ieri il segretario di Stato americano al termine dell'incontro con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi. La Clinton - criticata a casa per l'atteggiamento assunto sulla questione dei diritti umani - ha ribadito ieri che il tema «non può interferire con le altre crisi: economica, dei cambiamenti climatici e della sicurezza ». Delusione tra le organizzazioni di tutela dei diritti: «Così facendo- ha commentato Amnesty International - la Clinton ha danneggiato le future iniziative degli Usa sui diritti umani». L'incontro con il ministro degli Esteri, secondo quanto filtrato dai corridoi del palazzo, si sarebbe svolto in un clima di grande cordialità e simpatia. Durante il colloquio, Yang ha rassicurato la Clinton su un punto oggi fondamentale non solo per gli Stati Uniti, ma per la stabilità economica globale: la Cina non intende modificare il proprio portafoglio d'investimenti, nel quale figurano 700 miliardi di dollari (poco meno di un terzo delle riserve valutarie del Paese) di T-Bonds. Ma il sostegno cinese al debito Usa ha ovviamente un prezzo. Quello di lungo termine non è ancora ben definito: molto dipenderà dall'evoluzione della crisi finanziaria, e da come le due superpotenze usciranno dal ciclone che imperversa sui mercati e sulle economie del mondo intero. Quello di breve termine, però, è chiarissimo: gli Stati Uniti devono rinunciare alle tentazioni protezionistiche (di cui la Cina sarebbe il principale obiettivo naturale), riaffiorate a Washington dopo l'insediamento dell'Amministrazione Obama. «Per fronteggiare una crisi economica che continua ad allargarsi, i nostri due Paesi devono rafforzare la loro cooperazione bilaterale e respingere qualsiasi forma di protezionismo nel commercio e negli investimenti » ha dichiarato Yang al termine del faccia a faccia con la Clinton. Alla Casa Bianca, che in questa fase non è certo nelle condizioni di ingaggiare un braccio di ferro con Pechino, non resta che prendere atto delle volontà cinesi. Gli Stati Uniti aspirano a costruire «relazioni positive e di collaborazione con la Cina che permettano ai due Paesi di far fronte ai molteplici problemi che sono sul tappeto, come la crisi economica internazionale e i cambiamenti climatici » ha affermato il Segretario di Stato americano. «Lavorando insieme, Cina e Stati Uniti possono condurre il mondo fuori dalla crisi» ha aggiunto la Clinton. Che, come aveva promesso venerdì sera al suo arrivo a Pechino, ha astutamente evitato di puntare i riflettori del vertice Cina-Usa sulla questione dei diritti umani. Nella seconda parte della giornata, il segretario di Stato americano ha incontrato anche il premier, Wen Jiabao, e il presidente Hu Jintao. Quest'ultimo, ad aprile in occasione della riunione del G-20 di Londra, incontrerà Barack Obama: sarà il primo colloquio bilaterale tra la leadership cinese e il nuovo presidente americano. CONCESSIONI RECIPROCHE Hillary: «Lavorando insieme potremo portare il mondo fuori dalla crisi economica» Pechino chiede a Washington di dire «no» al protezionismo Cooperazione. La Clinton visita un impianto cinese di General Electric AFP

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Cina, un dollaro da amare (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-02-22 - pag: 8 autore: ... MATRIMONIO D'INTERESSE Cina, un dollaro da amare L a Cina continuerà a investire in titoli del Tesoro americani in cui finora ha immobilizzato 700 miliardi di dollari, cioè quasi un terzo delle sue riserve valutarie. Hillary Clinton torna a casa da Pechino con un messaggio confortante per l'Amministrazione Obama.E anche con un'indicazione per i mercati. La scelta della Cina di restare pesantemente esposta sul dollaro, infatti, potrebbe avere ripercussioni importanti sui destini della valuta americana, condannata dai fondamentali Usa (debito federale in aumento e aspettative inflazionistiche) a un inesorabile declino. Oggi la Cina ha quattro buoni motivi per non gradire un deprezzamento del biglietto verde: il valore del suo colossale investimento oltre-Oceano; la propria competitività sui mercati internazionali; la stabilità valutaria delle Tigri asiatiche; gli investimenti stranieri verso il Paese. Ciò premesso, un quesito è d'obbligo: dopo aver offerto un generoso (ma non disinteressato) sostegno al debito pubblico americano, ora Pechino sarebbe disponibile a offrire anche un paracadute al dollaro? (l. vin.)

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L'Iran annuncia il preavvio della centrale di Bushehr (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 23/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:finestra sul mondo L'Iran annuncia il preavvio della centrale di Bushehr TEHERANL'Iran ha annunciato ieri che le operazioni di «preavvio» della sua prima centrale nucleare, a Bushehr partiranno il 25 febbraio in una cerimonia alla presenza dei capi delle agenzie atomiche iraniana e russa (nella foto rilasciata dall'Aiea nel 2004: l'interno della centrale). All'evento saranno presenti il responsabile del medesimo ente, Gholamreza Aghazadeh, e Serghei Kirienko, capo dell'agenzia atomica russa Rosatom. La centrale di Bushehr, con un reattore di 1.000 megawatt, è stata infatti realizzata da tecnici russi. Le procedure che saranno messe in atto il 25 febbraio non sono state chiarite, ma dovrebbe trattarsi di una prova del sistema computerizzato che controlla l'impianto. La costruzione della centrale di Bushehr, sul Golfo, è stata avviata dalla Russia nel 1995 sulla base di un contratto che a quel tempo ammontava a 800 milioni di dollari. La Russia fa parte del sestetto di potenze (insieme ad Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito alla Repubblica islamica l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr, con l'impegno di Teheran a restituirlo dopo l'impiego per evitare che possa essere impiegato per costruire ordigni atomici. Proprio questa circostanza, secondo la Russia e gli Usa, dovrebbe indurre l'Iran a rinunciare all'arricchimento sul suo territorio. Ma Teheran continua a rifiutare questa condizione.

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La Clinton <vende> a Pechino i bond Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

VETRINA ESTERI pag. 19 La Clinton «vende» a Pechino i bond Usa PECHINO LA CINA continuerà a finanziare il debito pubblico degli Stati Uniti. Missione compiuta a Pechino per Hillary Clinton, la sua prima all'estero da segretario di Stato Usa. «Il governo cinese ha preso una decisione saggia continuando a investire dei buoni del tesoro Usa» (ne possiede già almeno 4 miliardi di dollari). Dalla crisi, ha aggiunto la Clinton, «ci rialzeremo o cadremo insieme. Siamo sulla stessa barca e remiamo nella stessa direzione». Le due economie sono interdipendenti. Usa e Cina possono «guidare il mondo fuori dalla crisi» ha detto la Clinton : questa è la priorità. Taiwan, Tibet e diritti umani possono attendere.

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L'Iran annuncia il "preavvio"della prima centrale nucleare (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'Iran annuncia il "preavvio"della prima centrale nucleare la cerimonia il 25 febbraio TEHERAN. L'Iran ha annunciato ieri che le operazioni di "preavvio" della sua prima centrale nucleare, a Bushehr, partiranno il 25 febbraio in una cerimonia alla presenza dei capi delle agenzie atomiche iraniana e russa. La centrale di Bushehr, con un reattore di 1.000 Megawatt, è stata realizzata da tecnici russi, ma la sua messa in funzione è stata rinviata diverse volte negli ultimi anni, nel pieno di un braccio di ferro tra la comunità internazionale e la Repubblica islamica sul suo programma nucleare. Le procedure che saranno messe in atto il 25 febbraio non sono state chiarite, ma secondo la radio di Stato iraniana dovrebbe trattarsi di una prova del sistema computerizzato che controlla l'impianto. La costruzione della centrale di Bushehr, sul Golfo, è stata avviata dalla Russia nel 1995 sulla base di un contratto che allora ammontava a 800 milioni di dollari. La Russia fa parte del sestetto di potenze (insieme a Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio sulla base di diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma tra il 2007 e il 2008 ha fornito all'Iran l'uranio già arricchito da impiegare come combustibile per la centrale di Bushehr, con l'impegno di Teheran a restituirlo dopo l'impiego per evitare che possa essere usato per costruire ordigni atomici. Questa circostanza, secondo Russia e Usa, dovrebbe indurre l'Iran a rinunciare all'arricchimento sul suo territorio. Ma Teheran continua a rifiutare questa condizione. 23/02/2009

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Hillary in Cina: a messa e poi chat con attiviste (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Hillary in Cina: a messa e poi chat con attiviste conclusa la visita Missione "innovativa" della Clinton. «Siamo sulla stessa barca, e per fortuna stiamo remando dalla stessa parte» 23/02/2009 PECHINO. Hillary Clinton ha concluso la sua visita in Cina, e la sua prima missione all'estero come segretario di Stato, incontrando una dozzina di attiviste per i diritti delle donne nell'Ambasciata degli Usa a Pechino. Hillary ha anche chattato su Internet con altre attiviste e ha assistito a una messa in una chiesa protestante alla periferia della capitale. Il segretario di Stato in un'intervista rilasciata a una rete televisiva di Shanghai ha riaffermato il senso della sua visita in Cina: «Siamo sulla stessa barca - ha detto - e per fortuna stiamo remando nella stessa direzione». Impegnandosi a continuare nella sua politica di massicci acquisti di buoni del Tesoro Usa, ha aggiunto, la Cina «ha riconosciuto la nostra interdipendenza». Nei suoi colloqui politici, sabato, Hillary si è concentrata sulla necessità che Usa e Cina affrontino in modo coordinato la crisi economica internazionale e il problema del surriscaldamento del pianeta, considerato che i due Paesi sono quelli maggiormente responsabili dell' emissione di gas inquinanti. Lavorando insieme su questi temi, ha detto la Clinton, Usa e Cina possono «guidare il mondo fuori dalla crisi». Il segretario di Stato ha confermato l' impegno degli Usa a favore dei diritti umani e civili ma ha chiarito che la prioritàè una relazione «positiva e di collaborazione» tra i due paesi. Sulle spinose questioni di Taiwan, del Tibet e dei diritti umani, Hillary e Yang hanno detto di aver avuto un «confronto aperto» e si sono dichiarati «d'accordo nell'essere in disaccordo». Con la sua visita, Clinton ha dissipato il timore col quale la Cina guardava al cambio della guardia a Washington dopo gli otto anni di ottimi rapporti con George W. Bush. Dal suo colloquio col premier Wen Jiabao è emerso che il «dialogo economico strategico» iniziato dal governo di Bush e molto apprezzato da Pechino, proseguirà. Il numero uno cinese Hu Jintao - che in aprile incontrerà il presidente Barack Obama a Londra, dove si svolgerà il vertice del G20 sulla crisi economica, ha espresso al segretario di Stato il suo «apprezzamento» per il fatto che la sua prima missione all'estero si sia svolta in Cina e in altri paesi asiatici (Giappone, Indonesia e Corea del Sud). Le visite a Tokyo e a Seul sono servite alla Clinton per tranquillizzare i tradizionali alleati degli Usa: Corea del Sud e Giappone rimangono i «migliori amici» degli Stati Uniti in Asia. Nel corso del suo viaggio, Hillary Clinton ha fatto intravedere che sarà un segretario di Stato innovativo anche nello stile: ha partecipato a interviste, dibattiti e programmi televisivi, ha incontrato studenti, casalinghe e intellettuali, e parlando dell'amore con un gruppo di studentesse sudcoreane. 23/02/2009

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Berlusconi: G8 da allargare, con Obama in comune l'audacia della speranza (sezione: Globalizzazione)

( da "Rai News 24" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Roma | 23 febbraio 2009 Berlusconi: G8 da allargare, con Obama in comune l'audacia della speranza Silvio Berlusconi "In campagna elettorale avevamo annunciato che volevamo cambiare l'Italia, ma anche che era imminente (siamo stati gli unici a dirlo) una crisi economica di portata globale che non avrebbe avuto precedenti negli ultimi cinquant'anni". Silvio Berlusconi, in una lunga intervista a Le Figaro, rivendica la gestione previdente della crisi tenuta fin qui dal suo governo, che è riuscito a "mettere in sicurezza i conti pubblici con una legge finanziaria che per la prima volta ha il respiro di un triennio, con un profilo di deficit condiviso a livello europeo e tale da consentirci di affrontare la crisi con gli strumenti di finanza pubblica piu' adeguati". Grandi cantieri "In secondo luogo -aggiunge il premier alla vigilia del vertice italo-francese.- ci siamo battuti in Europa per finanziare le grandi infrastrutture di cui il continente ha bisogno e che in Italia erano state bloccate da veti ideologici. Inoltre, con la riforma della scuola abbiamo gettato le basi perché la classe dirigente italiana sviluppi le proprie potenzialità secondo standard europei. Stiamo procedendo alla riforma della giustizia perché i diritti della difesa siano equiparati a quelli dell'accusa e tutti i cittadini possano avere giustizia in tempi rapidi. La riforma passerà attraverso una netta distinzione tra giudici dell'accusa e della difesa. A ciascuno il suo lavoro, senza commistioni". Ingiustizia Sulla riforma della giustizia, il premier risponde che "la macchina della giustizia deve recuperare efficienza e credibilità. La civiltà di una nazione si misura anche dalla capacita' di rendere giustizia ai propri cittadini. In Italia si trascina da anni un problema che le illustro con un paradosso. Succede che gli stupratori vengano messi in libertà, mentre i cittadini perbene non riescono a ottenere un verdetto in tempi utili. Manca la certezza della pena. La giustizia, di fatto, è negata". Nuovo G8 Di fronte al mutato scenario internazionale, sostiene Berlusconi, bisogna ripensare la struttura del G8. Quanto sta accadendo, ha detto il presidente del Consiglio, "richiede un ripensamento della natura e struttura del G8. Un aspetto che potrebbe apparire formale, ma non lo e'". L'Italia, ha spiegato, "vuole che il G8 sia sempre piu' rappresentativo ed efficace. Per essere rappresentativo in un mondo che cambia con la rapidità di oggi, deve essere inclusivo, deve aprirsi alle economie emergenti e dialogare con la parte di pianeta più povera. L'Italia non vuole la fine del G8, non vuole il suo scioglimento. Al contrario, vuole un G8 più forte e più concreto". Per questo, ha aggiunto, "noi proponiamo una più stabile e strutturata associazione al G8 dei Paesi del G5 (Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa) oltre all'Egitto, in rappresentanza del mondo arabo, musulmano e africano. E' cruciale il confronto su temi specifici con singoli gruppi di Paesi, per esempio quelli africani, secondo il principio delle "geometrie variabili". Non è questione di nomi o formule vuote, ma di governance internazionale, di democrazia. Non sarà facile organizzare un G8 con queste ambizioni, ma sono sicuro che ci riusciremo". I nuovi USA Berlusconi non vuole fare paragoni tra l'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush, "un amico, un uomo che stimo", e il successore Barack Obama. Tuttavia la "solida alleanza tra Italia e Stati Uniti" alla base del rapporto è intatta. "E' su questa base che si sta cominciando a costruire un rapporto di stima, fiducia e collaborazione tra me e Barack Obama", ha spiegato. "Nei primi contatti che ho avuto con Obama, ho capito che ci legano tratti comuni", ha assicurato Berlusconi: "è un leader concreto e positivo, che si prepara a fondo sulle questioni, che conosce molto bene i dossier della politica internazionale, e con il quale si ragiona. Ci lega pure l"audacia della speranza'. Un tratto necessario nei momenti dicrisi".

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Il "grande freddo" punta sul verde (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

ECONOMIA ITALIANA pag. 15 Il "grande freddo" punta sul verde FRANCESCO JORI Il Grande Freddo contro la primavera calda, anzi rovente, che si prospetta per le imprese: per ora tiene, ma domani? Il distretto veneto del condizionamento e della refrigerazione industriale è tra i pochi a non aver ancora pagato pesantemente dazio alla crisi economica planetaria. Si aggrappa, in questo, ai dati del settembre scorso: a livello nazionale 3,6 miliardi di import a fronte di 8,1 di export, con un saldo positivo di 4,5 miliardi. Che peraltro aveva già fatto registrare una contrazione (meno 3,1 per cento) rispetto all?anno precedente. "E comunque settembre era un?eternità fa", annota Luigi Rossi Luciani, già presidente di Confindustria Veneta e titolare di Carel, una delle principali realtà del settore (796 addetti, unità produttive in Italia, Cina e Usa, 11 filiali commerciali dall?Europa all?Asia, dall?Africa all?Australia, fatturato di oltre 110 milioni, 68 per cento di export). La situazione comincia a farsi critica, conferma Francesco Bettella, vice presidente di Unindustria Veneta e responsabile di Refricold, consorzio per la gestione operativa di progetti e servizi cui aderiscono una cinquantina di aziende: «Alcune imprese del settore cominciano a registrare cali di ordinativi, altre di fatturati. Grazie alla diminuzione nei prezzi di petrolio, plastica e metalli si riesce ad effettuare qualche recupero; ma certo non in misura tale da poter compensare le significative contrazioni di ordini». Il settore del freddo ha proprio in Veneto il suo asse portante. Sulle 7.828 unità produttive nell?ambito di refrigerazioneventilazione ed elettrodomestici presenti in Italia, l?incidenza regionale sfiora il 14 per cento, con 1.083 aziende, concentrate soprattutto tra Padova e Treviso: una realtà che lavora molto con l?estero, in particolare Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Russia e Polonia. Il decollo è relativamente recente, nel 2003, quando nasce ufficialmente un vero e proprio polo veneto della refrigerazione industriale e commerciale: un settore molto articolato al proprio interno, che spazia dalle piccole imprese artigianali alle medie industrie, con una presenza complessiva che si attesta intorno al 60 per cento della produzione nazionale (trasporto refrigerato a parte), e sul 3040 per cento di quella europea. E? così sorto un vero e proprio distretto riconosciuto dalla Regione, con 144 aziende, 4.200 occupati e un fatturato superiore agli 850 milioni di euro. E che ha impostato una serie di iniziative, spiega Bettella, «volte a un rafforzamento competitivo pensato in termini di filiera». Proprio per la gestione di tali iniziative è stato creato Refricold: «Offriamo prodotti e servizi differenziati per funzionalità e utilizzo, grazie al supporto della Regione, abbiamo portato a compimento progetti che a partire dal 2007 ci consentono di rafforzare la posizione competitiva delle aziende del comparto. In prospettiva puntiamo inoltre a incrementare il livello di innovazione nel distretto, mantenendo così la leadership del Veneto nel condizionamento e nella refrigerazione industriale». E? un capitolo questo determinante, fa presente Rossi Luciani, che nella sua Carel (leader nella progettazione e produzione di controlli elettronici, nelle tecniche di regolazione delle macchine frigorifere e negli umidificatori dell?aria) dedica un?attenzione strategica alla ricerca e sviluppo, con 110 addetti (in pratica uno ogni sette dipendenti), con investimenti per 6 milioni: budget quasi da record per un gruppo il cui fatturato consolidato si aggira sui 100 milioni. Una scelta che fin qui ha pagato, ma che oggi deve far fronte alla crisi montante: «Abbiamo una situazione diversificata a seconda dei Paesi; ad esempio, il mercato australiano è reduce da un ottimo gennaio, e anche Usa, Francia e Germania tengono, mentre Italia e Spagna arrancano, e la Gran Bretagna si trova in una posizione intermedia. Ma certo i segnali non sono incoraggianti». Di cosa ci sarebbe bisogno per sostenere il settore? «Di un po? di clienti? In realtà, siamo vittime della frenata generale dell?edilizia e degli investimenti in beni durevoli. Speriamo nell?effettoincentivi, specie quelli di stampo keynesiano con il sostegno alle grandi opere». Bettella, dal canto suo, segnala la pesantezza del clima esistente: «Per ora si sta tamponando la situazione. Ma non ci sono da aspettarsi risultati significativi, fintantoché il sistema economico non ripristinerà la fiducia nelle imprese, e non si ristabilirà la fiducia del consumatore nell?acquistare e nell?investire. Il nostro distretto se la sta cavando meglio di altri settori industriali, ma non basterà se a breve non cambia il clima generale». Cosa servirebbe? «Non tanto aiuti governativi o leggi specifiche, quanto un cambio di mentalità generale. Purtroppo anche i media oggi finiscono per alimentare una sensazione di sfascio che determina solo effetti negativi. Invece, occorre incentivare una reazione positiva, per far sì che il mercato riceva la possibilità di spendere, e di far ripartire l?economia». Qualche spiraglio potrebbe venire dal versante del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili. Il distretto veneto sta portando a termine una ricerca specifica mirata sugli impianti di climatizzazione degli edifici, da realizzare attraverso l?utilizzo di tecnologie sostenibili ed ecocompatibili, con l?obiettivo di una maggiore efficienza (fino al 2530 per cento) dei sistemi di climatizzazione e di un minore impatto ambientale legato alla riduzione delle emissioni inquinanti. Questo anche alla luce delle direttive della Commissione Europea che introducono di fatto la certificazione energetico dei sistemi edificioimpianto. Spiega Bettella: «E? qui che si innesta il nostro progetto, centrato sull?utilizzo di tecnologie sostenibili per lo sviluppo di impianti di climatizzazione ad elevata efficienza energetica. Come distretto, inoltre, vogliamo intraprendere iniziative per l?implementazione di sistemi che prevedano l?uso di fonti rinnovabili». Oltre al comparto della climatizzazione, il distretto intende applicare il nuovo progetto anche alla refrigerazione, in particolare per la catena del freddo per la conservazione delle derrate alimentari. Il settore infatti, assieme alla climatizzazione estiva, è il principale responsabile dell?incremento dei consumi elettrici registrato nell?ultimo quinquennio a livello nazionale. Nel complesso, una strada alternativa, per cercare di far sì che le virtù del Grande Freddo industriale non vengano paralizzate dal Grande Gelo dell?economia. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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L'oro torna alla ribalta come benerifugio (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

af0FINANZA pag. 200 L?oro torna alla ribalta come benerifugio DI ANTONIO CESARANO* La crisi finanziaria in atto ha riproposto il tema della ricerca di beni rifugio. Tra questi ultimi merita attenzione l?oro che recentemente ha segnato i nuovi massimi storici se valorizzato in euro. A livello mondiale l?ammontare delle riserve aurifere ammonta a circa 900Mld$. I principali detentori di queste riserve sono gli Usa seguiti dalla Germania (circa 100Mld$). Ai primi posti si trova anche l?Italia con 75Mld$. L?area asiatica detiene quantitativi molto contenuti di oro. Si veda il caso di Cina e Giappone che insieme detengono non oltre il 2% delle proprie riserve (circa 3000Mld$) in oro. Negli ultimi mesi è aumentata la domanda per investimenti. Ne è testimonianza il rapido incremento dell?oro detenuto dai fondi ?replicanti? (Etf). Il più grande Etf sull?oro su scala globale (Spdr Gold Shares) è arrivato a detenere oltre 900 tonnellate d?oro, pari ad un controvalore vicino ai 30Mld$, il doppio di quanto detenuto dalla Bce. L?incremento detenuto dagli Etf insieme alle possibili vendite in chiave di presa di profitto da parte di hedge fund alla ricerca da liquidità per onorare i riscatti previsti a marzo, rendono possibile un calo delle quotazioni nel breve termine. Sul lungo termine però l?oro potrebbe essere interessato da un consistente flusso di acquisti per ragioni di tutela dal rischio inflazione, oltre che per utilizzo in chiave di bene rifugio. * Responsabile ufficio Market Strategy MPS Capital Services Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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La banca in palmo di mano (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

La banca in palmo di mano PAOLA JADELUCA Banca Sella lancia i servizi bancari via iPhone. E? uno dei primi casi in Italia, la punta di diamante di una rivoluzione dei servizi bancari che passa per il palmare. In Usa è un processo avviato da tempo, e anche la Cina sta facendo grossi progressi sul fronte dei servizi hitech. Una prova che lo tsunami finanziario non ha fermato l?innovazione. Anzi. Secondo un?indagine condotta negli States da Forrester Research, autorevole istituto specializzato in ricerche tecnologiche e di mercato con sede a Cambridge, Massachusetts, il 71% degli americani scottato dalle turbolenze del mercato, controlla oggi con maggiore cura le proprie finanze rispetto a un anno fa: di questi il 75% usa la banca online e il 28% sostiene di usarla con maggiore frequenza di un anno fa. In totale, il 63% afferma che i servizi online conferiscono un maggior senso di controllo. E online, oggi, vuole dire soprattutto in mobilità. «Banche ora nel palmo della tua mano»: così titola il Wall Street Journal un ampio servizio in cui ha raccolto i nuovi trend nelle banche d?Oltreoceano che stanno dando un forte impulso ai servizi via palmare. Bank of America, per esempio, una delle banche più colpite dal credit crunch, ha attivato un nuovo servizio che consente ai clienti di fare un check del proprio conto usando proprio il palmare della Apple. Ma è tutto il sistema del credito Usa che sta puntando sull'ebanking mobile. Secondo le stime di Aite Group, società di servizi finanziari con base a Boston, il numero delle banche che offrono mobile banking passerà da 245 a 614 nel corso del 2009, praticamente il 4% di tutte le banche del paese. Pagare un conto mentre si aspetta di prendere l' aereo, trasferire denaro da un investimento all'altro inviando un sms, approvare un pagamento sempre con un sms: sono tanti i servizi che gli americani hanno scoperto il piacere di fare grazie all'iPhone, il palmare più innovativo, che lo scorso anno ha registrato un vero e proprio boom negli Usa. Comodo, l' ebanking fa risparmiare tempo ma anche denaro, consentendo alle banche di mantenere i costi verso i clienti più bassi. Cosa che in questo periodo di crisi non guasta. Il mercato è diventato il cuore di una campagna a tappeto della J.P. Morgan Chase. Ma anche in Italia non stiamo a guardare. Le banche online hanno sferrato l'attacco ai risparmiatori facendo leva su tassi di interesse più elevati, ma anche le banche tradizionali stanno puntando ad abbattere i costi offrendo servizi a distanza. Nel nostro paese, più di 1 utente Internet su 2 consulta siti bancari, di informazione finanziaria e di credito al consumo, cioè 11,4 milioni di utenti. E nel mese di ottobre, dicono le ultime rilevazioni di Commstrategy, c'è stata una vera e propria corsa: circa la metà delle persone che entrano nelle aree riservate del banking hanno movimentato il proprio conto in ottobre. Con punte più significative proprio a ridotto degli eventi più rilevanti delle tempeste di Borsa. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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E SE VENISSE SANZIONATO IL PARADISO (FISCALE)? (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

E SE VENISSE SANZIONATO IL PARADISO (FISCALE)? di MPS Capital Services La proposta è arrivata durante il G20 che si è concluso ieri a Berlino. Intesa tra i vari paesi anche sulla necessità di una supervisione di tutti i prodotti finanziari. -->*Questo documento e' stato preparato da MPS Capital Services ed e' rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell'allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita' alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI. In settimana negli Usa atteso il discorso di Bernanke che potrebbe fornire precisazioni sui tempi di implementazione del quantitative easing su Treasury. Importante anche la possibile revisione al ribasso del Pil del quarto trimestre. (WSI)- in area Euro i tassi di mercato sono scesi su tutta la curva, mantenendo lo spread sul 2-10 anni pressoché stabile a 170 pb, mentre il differenziale sul decennale Italia-Germania rimane intorno ai 140 pb. Il vertice dei leader europei del G20 si è concluso ieri a Berlino ed ha visto un?intesa trai vari paesi sulla necessità di una supervisione di tutti i prodotti finanziari, compresi gli hedge funds, i fondi di investimenti ad alto rischio che saranno obbligati a registrarsi. È? stato inoltre proposto di sanzionare i paradisi fiscali, raddoppiare le risorse per il Fmi (portandole a 500Mld$), cosicché possa sostenere i paesi in difficoltà in momenti di crisi e di registrare e supervisionare le agenzie di rating. Sopravvivere non e' sufficiente, ci sono sempre grandi opportunita' di guadagno. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER Il vertice ha rappresentato sostanzialmente l?occasione per formalizzare una serie di proposte che verranno discusse nel G20 del 2 aprile a Londra. Sul fronte macro i dati preliminari degli indici Pmi manifatturiero e servizi di febbraio per l?intera area Euro sono risultati peggiori delle attese ed in calo rispetto al dato di gennaio, rimanendo fortemente al di sotto dell?area di espansione. Oggi non sono attesi dati macro di rilievo e l?attenzione si sposterà sulle notizie provenienti dal mondo corporate. Negli Usa tassi decennali in lieve calo, stazionando sempre introno al 2,80%. Il calo del mercato azionario di venerdì è avvenuto sulla scia di timori di imminente nazionalizzazione di alcuni grandi banche del paese tra cui Citigroup e Bank of America. Durante il fine settimana sono emerse indiscrezioni sulla possibilità che il governo Usa possa procedere alla conversione delle azioni privilegiate di Citigroup (45Mld$) in azioni ordinarie, con l?obiettivo di portare la partecipazione a circa il 40%. Secondo quanto riportato dal Wsj, tale ipotesi sarebbe stata presentata dalla stessa Citigroup, a fronte invece di una smentita ufficiale di una possibilità analoga da parte di BofA. Secondo lo stesso Wsj, l?ipotesi in esame per Citigroup, sarebbe arrivata per le seguenti ragioni: 1) il titolo ha raggiunto nuovi minimi storici; 2) questa settimana inizieranno gli stress test sull?adeguatezza patrimoniale delle principali banche, come aveva preannunciato recentemente il ministro del Tesoro Geithner. Tali test sarebbero focalizzati sul c.d. TCE (Tangible Common Equity) ratio, ossia un rapporto che tiene in considerazione le sole attività materiali ed include nel computo del patrimonio le sole azioni ordinarie. La conversione delle azioni privilegiate in ordinarie, migliorerebbe sensibilmente tale rapporto consentendo a Citigroup di procedere eventualmente ad un aumento di capitale. L?ipotesi di conversione riguarderebbe anche i soci esteri della banca, tra cui alcuni importanti fondi sovrani come quello di Singapore, Abu Dhabi e Kuwait. Nel frattempo sul fronte macro i dati sui prezzi al consumo hanno evidenziato una dinamica tendenziale migliore delle attese, scongiurando l?entrata in deflazione già a gennaio. In settimana occorrerà verificare la tenuta del sostanziale doppio minimo segnato dal?indice S&P500 in prossimità di quota 750. Nel breve il supporto sul decennale continua a stazionare a 2,65%. Valute: Dollaro in deprezzamento vs. Euro sulla scia delle notizie Usa di conversione di azioni privilegiate in ordinarie con riferimento a banche del paese da parte del governo. Il supporto di breve si colloca in area 1,27. La conferma della foratura della resistenza a 1,2950, aprirebbe lo spazio per un movimento più ampio fino a quota 1,33 circa nei prossimi giorni. Il Dollaro si è deprezzato anche nei confronti dello Yen. La resistenza per oggi si colloca a 94,45, il supporto in area 92-92,20. Euro in apprezzamento verso Yen con il cross che si avvicina alla resistenza 121,20, dopo aver superato la vecchia resistenza 120 (ora diventata supporto). Nel week end il Giappone, la Cina, la Corea del Sud ed altri 10 paesi del sud-est asiatico hanno raggiunto un accordo per la creazione di un fondo da 120Mld$ di riserve valutarie da utilizzare per difendere le proprie valute da attacchi speculativi. Materie prime: giornata negativa per le materie prime, ad eccezione dei metalli preziosi con l?oro (+2,6%) che ha raggiunto per la prima volta dallo scorso marzo i 1.000$/oncia sulla scia delle tensioni sul settore finanziario Usa. In calo il greggio Wti nell?ultimo giorno di contrattazione del future con consegna marzo. Piuttosto negativi i metalli industriali con le peggiori performance arrivate dal rame (-4,3%) e dal nichel (-4,1%) su incremento delle scorte al Lme. Infine tra gli agricoli in forte calo cacao (-4,8%) e soia (-2,5%). Copyright © MPS Capital Services. All rights reserved

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Berlusconi, sì all'intesa <Ma noi meglio di altri> (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

GOVERNO. Dal premier via libera a nuove regole: il nostro sistema della banche è però solido e senza fondi sporchi 23/02/2009 rss e-mail print Angela Merkel, Gordon Brown, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi BERLINO Silvio Berlusconi si dice soddisfatto per l'esito del vertice di Berlino, per «l'assoluto accordo sulla necessità di non farsi prendere dalla voglia di protezionismo e sulla necessità di prendere decisioni condivise e coordinate». Dopo il summit, e un incontro bilaterale col cancelliere tedesco Merkel, il presidente del Consiglio ha confermato che per il momento nessuna banca italiana ha chiesto di approfittare dei «Tremonti-bond». Berlusconi durante la conferenza stampa finale ha voluto sottolineare la differenza che, «purtroppo per i colleghi europei», esiste con le loro banche rispetto a quelle italiane: «Perché i nostri istituti con i titoli tossici non hanno niente a che fare». Parole dopo le quali Merkel e Sarkozy hanno allargato un sorriso, impossibile dire se di circostanza o genuino. Il Cavaliere ha inoltre rivendicato le misure prese dal governo: «Abbiamo messo a disposizione una somma importante, ma ad oggi nessuna banca ha ritenuto di profittarne per a umentare i propri patrimoni». Ha però consigliato alle banche di farlo: «Vi conviene aumentare il patrimonio», ha detto agli istituti italiani, «per aumentare la massa del credito che fate alle imprese, perché la cosa importante non è solo salvare la banche, ma anche garantire che le banche continuino a foraggiare l'economia, le imprese e i privati». Per fronteggiare la crisi mondiale, Berlusconi ha inoltre insistito sulla necessità di condividere le decisioni dell'Europa con quelle di Cina e Usa. Dei rapporti con Washington ha parlato anche in un'intervista che esce oggi sul quotidiano Bild per dirsi certo di instaurare con Barak Obama una relazione forte come quella con Bush: «Io e Obama abbiamo un tratto comune, siamo uomini tesi al fare. La sua sua azione politica e i suoi provvedimenti saranno valutati sul campo, ma intanto per quanto mi concerne sono fiducioso che la sua "audacia della speranza" sia l'approccio giusto».

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ANCHE PERCHé STATI UNITI E CINA HANNO ORMAI ECONOMIE COSì INTERCONNESSE - I PRIMI CONSUMAN... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Anche perché Stati Uniti e Cina hanno ormai economie così interconnesse - i primi consumano i prodotti cinesi, la seconda assorbe enormi quantità di titoli del Tesoro Usa - che senza un loro accordo, ogni tentativo di metterci una pezza a questa maledetta crisi risulterebbe vano. Tutto bene, dunque? Andiamoci cauti. Diciamo che si è riaccesa la speranza. Perché questi due passaggi sono importanti - e sottovalutarli in nome di un cieco pessimismo sarebbe sciocco - ma sono anche, per ora, delle semplici premesse. In Europa, per esempio, si sono poste le basi per una comune regolamentazione degli hedge funds, dei bonus dei manager, delle agenzie di rating, per rifinanziare con 500 miliardi di dollari il Fondo monetario, ma siamo ancora indietro per quanto riguarda le misure anti-recessione, sia perché finora si è parlato solo del settore auto sia perché anche su questo fronte una linea comune è solo invocata. Allora, diciamo che si tratta di indispensabili precondizioni per arrivare agli appuntamenti più formali prossimi del G20 e del G8 avendo posto le basi perché ne scaturiscano scelte operative e non solo lodevoli auspici. E sì, perché finora, in 19 mesi di crisi - ricordiamoci che tutto è iniziato ai primi di agosto del 2007 con la caduta dei valori degli immobili americani e lo scoppio della bolla dei mutui subprime - sono stati una cinquantina i vertici internazionali che si sono succeduti, ma dire che i grandi del mondo siano stati capaci di trovare una linea efficace e condivisa proprio non si può. In Europa, in particolare, abbiamo assistito a fughe in avanti (Sarkozy), a tentativi di rieditare vecchi patti (l'asse franco-tedesco), a comprensibili ma poco lungimiranti chiusure nazionalistiche (Merkel), a giochi di sponda (Berlusconi con Putin), a declini inesorabili (la Commissione Ue) e a recuperi di ruolo (Brown e la Bce), ma nulla che ci desse non dico la certezza ma neppure la percezione mediatica di un continente unito, né nella sua versione allargata - e qui ha giocato la crisi dei paesi dell'Est che ha interrotto il processo di uscita dalla loro secolare arretratezza - né in quella ristretta ai paesi dell'euro. E questo, naturalmente, ha prodotto sfiducia, nelle famiglie come nelle imprese, sentimento che ha alimentato una crisi già di per sé impetuosa. Infatti, non c'è bisogno di essere esperti per comprendere che tanto la dimensione finanziaria quanto quella produttiva della crisi hanno natura globale, e che dunque solo una risposta globale può mettervi fine. Purtroppo, questa semplice verità finora sembrano averla capita più i mercati - che ogni volta sanciscono con pesanti ribassi di Borsa le mosse unilaterali dei governi, ritenute in quanto tali velleitarie prima ancora di valutarle nel merito - che i leader politici. Ora è corretto pensare che da Berlino e Pechino siano arrivati due segnali in controtendenza, e dunque è lecito attendersi - finalmente - scelte coraggiose e incisive. Specie se all'ordine del giorno s'imporrà, come è già nell'aria, il salvataggio globale dell'intero sistema bancario mondiale. Enrico Cisnetto

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Macché, con l'Italia è vero amore...">La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa Macché, con l'Italia è vero amore... (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa. Macché, con l'Italia è vero amore... Lunedí 23.02.2009 15:00 Due posizioni e due tesi contrapposte. Dopo il tour di Hillary Clinton in Asia e soprattuto in Cina, si scatena il dibattito su Affaritaliani.it. Da una parte Arduino Paniccia, Globalist, secondo il quale "la prima visita ufficiale di Hillary a Pechino sancisce due eventi: la consacrazione dell'asse privilegiato Cina Usa (il G2) e la perdita di ruolo dell'Europa agli occhi dell'Amministrazione Obama". Dall'altra invece Alberto Fattori che da Shanghai spiega che gli "Usa stanno cercando un 'fidanzamento' con Pechino per tutelare il proprio debito. La Cina tutela solo il proprio credito, ma nel frattempo rafforza i propri rapporti con Ue ed Italia, tanto che con l'Italia di recente, è stato sottoscritto un accordo per raddoppiare l'interscambio". Hillary Clinton in Giappone GUARDA LA GALLERY Di Alberto Fattori Caro Angelo, ho letto con attenzione l'articolo di Paniccia sulla visita di Hillary Clinton in Cina (vedi box a destra). Non condivido le tesi esposte da Paniccia, che forse, volendo soprattutto "stressare" la tesi, del resto già esposta in altri articoli, di una sostanziale difficoltà dei futuri rapporti tra USA ed EUROPA, ha finito per confondere politica con commercio internazionale, una distinzione invece molto ben radicata nelle menti dei cinesi. pagina successiva >>

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Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no (sezione: Globalizzazione)

( da "PC World online" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

23-02-2009 Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no E' durata poche ore la conviznzione che Google Earth avesse permesso il ritrovamento di Atlantide Attilio Varanini Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Wozniak a Ballando con le Stelle La banda larga a Roma costerà 600 milioni di euro Facebook è cancerogeno e disturba la mente Nasce il dominio .tel. Reperibili nel web 2.0 Maroni: impossibile intercettare Skype. Intervenga la Ue Benigni e Sanremo infiammano il web Google vince il processo in USA contro le "invasioni" di Street View Facebook fa un passo in dietro: non più diritti a vita sugli iscritti Ritirata la querela a Google per il video con sevizie a un disabile A rischio l'innocenza dei provider: Facebook e Google contro l'emendamento D'Alia Non basta la patch: attacco a Explorer dalla Cina Facebook è uno dei "paesi" più popolati al mondo. Ma la privacy? PirateBay, accusa dimezzata Il processo a PirateBay, ovvero l'ipocrisia Google Earth come Indiana Jones? Lo hanno pensato molti utenti, sicuri che il formidabile osservatorio di Google, da non molto impegnato a sondare anche i fondali oceanici con Google Ocean, avesse, niente meno, individuato i resti di Atlantide. L?antica civiltà, che si favoleggia sia scomparsa nelle profondità marine millenni prima di Cristo, avrebbe conservato le sue vestigia a poche migliaia di chilometri a nord del Marocco, non molto distante dall?isola di Madeira. Ma cosa ha convinto tanti internauti a pensare che si trattasse di Atlantide? Poco o nulla: un reticolato che fa pensare a un castrum romano, un insieme di rilievi che ricordano, effettivamente, la pianta quadrata di un complesso architettonico. Si tratterebbe di un?area con una superficie di poco superiore a quella del Lazio, immersa a 3,5 km di profondità. La spiegazione di Google, arrivata dopo poche ore dalla diffusione della "notizia", è priva di qualunque romanticismo: trattasi di un'illusione ottica causata dal modo in cui l?immagine viene elaborata, conservando anche le linee tracciate dalle rotte navali. Questa la spiegazione ufficiale, ma c?è già pronto un esercito di scettici disposto a scommettere che si tratta dell?ennesimo “insabbiamento” di una verità scomoda. Nemmeno Google può smentire certi atti di fede. Commenti Per commentare devi essere registrato nel forum. Per registrarti clicca qui Risposta Rapida Messaggio: Segui qui la discussione sul forum Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Dallo stereo al riscaldamento: il controllo via TV di BTicino Nuovi driver Catalyst da AMD Android dagli smartphone ai netbook di Asus La fotocamera Ricoh CX1 amplia la gamma dinamica Wozniak a Ballando con le Stelle La Kodak Ektar 100 da aprile 2009 Microsoft potrebbe presentare Windows 7 RC1 già ad aprile Confermata la partnership tra LG e Prada Ubuntu 9.10 sarà pronto a ottobre Appare un nuovo Mac mini, ma Apple tace Addio Cinema Display 20". Scomparso dall'Apple Store Da Packard Bell un notebook da 13 pollici La banda larga a Roma costerà 600 milioni di euro World Tech Update - 20 febbraio 2009 SmileTech - La vera innovazione Attenti al portatile - Benvenuto Windows 7 (3 commenti) Non in linea - Facebook, YouTube e l'inevitabile innocenza dei provider OnOff - Windows Mobile 6.1: guardare, ma non toccare! Pane al pane - Al fotografo quando e cosa... fotografare

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...E gli USA fuori dal Kirghizistan. (sezione: Globalizzazione)

( da "Blogosfere" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Feb 0923 ...E gli USA fuori dal Kirghizistan. Pubblicato da Debora Billi alle 12:34 in Geopolitica Qualcuno maligna che Bush sarà ricordato come il presidente che ha perso la guerra in Iraq, e Obama... come quello che ha perso la guerra in Afghanistan. Le cose non si mettono bene per niente, per gli Stati Uniti e anche per i loro rapporti con la Russia, velatamente accusata del fatto che il Parlamento Kirghizo ha appena approvato la chiusura della base statunitense di Manas sul suo territorio. Il Kirghizistan è uno dei tanti Stati ex-sovietici collocati nella caldissima zona del Caucaso, ricca di petrolio, gas e in posizione strategica tra Medio Oriente, Russia e Cina. La Grande Scacchiera di Brzezinskji, per capirci. La terra kirghiza non ha chissà quali risorse, a parte l'acqua dolce e miniere di uranio abbandonate; ma ha una notevole importanza strategica per guerra in Afghanistan: ospita appunto la base di Manas, il primo hub logistico di uomini e materiali per l'interminabile guerra contro i talibani. Primo ed unico, dopo che nel 2005 Bush ha perso anche la base usbeka di Karshi Khanabad per aver irritato il Presidente dell'Uzbekistan accusandolo di "non rispettare i diritti umani" (leggi: non governare come voleva Bush). A Manas stanziano velivoli di rifornimento in volo, cargo e caccia, oltre a risorse per interventi di pronto soccorso sul campo. Gli americani hanno 180 giorni per trovare una soluzione, che sembra però impossibile da reperire. La situazione pakistana è inaffidabile, e mica si può chiedere alla Cina di concedere basi. Se la questione non sarà rapidamente risolta, le forze militari in Afghanistan si ritroveranno presto senza appoggio e rifornimenti aerei. Non un'allegra prospettiva per Obama... (Trovate qui un po' di foto del Kirghizistan. Ma quanto sono belli questi Paesi del Caucaso?)

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Iran: da Italia invito a conferenza su Afghanistan (sezione: Globalizzazione)

( da "Reuters Italia" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

TEHERAN (Reuters) - L'Iran ha detto oggi di essere stato invitato dalla presidenza italiana del G8 ad un vertice internazionale sull'Afghanistan, a cui dovrebbero partecipare anche gli Stati Uniti, vecchi nemici di Teheran. Ma un portavoce della Farnesina ha detto che la questione dell'invito dell'Iran all'incontro di giugno è "una ipotesi di lavoro che l'Italia sta esplorando in accordo con gli altri principali paese alleati in Afghanistan". L'Italia vuole tenere una conferenza insieme a importanti paesi finanziatori come Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, India, Cina e Turchia per cercare di stabilizzare l'Afghanistan e il Pakistan. Sta cercando anche di coinvolgere l'Iran, che confina con entrambi i paesi. Teheran è al centro di una disputa con l'Occidente sul suo controverso programma nucleare, ma il presidente Usa Barack Obama ha manifestato la volontà di parlare con i suoi leader. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha detto che Franco Frattini ha discusso della conferenza con la controparte iraniana, Manouchehr Mottaki. "Tenendo conto del ruolo costruttivo dell'Iran in Afghanistan, hanno invitato Mottaki a partecipare all'incontro. Stiamo ora esaminando l'invito con spirito positivo", ha detto in una conferenza stampa Hassan Qahqavi. Il portavoce ha detto che Frattini e Mottaki hanno parlato al telefono. Il summit si dovrebbe svolgere a Trieste il 27 giugno, il giorno dopo la riunione dei ministri degli Esteri del G8, ha detto a Reuters un diplomatico italiano. La conferenza dovrebbe discutere di come rendere sicuri i confini di Afghanistan e Pakistan per fermare l'espandersi di terrorismo, droga e crimine organizzato.

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HILLARY REAL POLITIK - DIRITTI UMANI IN CINA? CHISSENEFREGA! QUI DOBBIAMO SALVARE GLI STATI UNITI DALLA BANCAROTTA E PECHINO è il più grande creditore DEGLI USA - E i cinesi devono (sezione: Globalizzazione)

( da "Dagospia.com" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

HomePage | Segnala articolo --> HILLARY REAL POLITIK - DIRITTI UMANI IN CINA? CHISSENEFREGA! QUI DOBBIAMO SALVARE GLI STATI UNITI DALLA BANCAROTTA E PECHINO è il più grande creditore DEGLI USA - E i cinesi devono continuare a comprare IL NOSTRO debito ? il caso iran?. Francesco Sisci per "La Stampa" È un fidanzamento di interesse. Non si sa se, come accadeva talvolta nei tempi antichi, poi si trasformerà in un matrimonio di amore o, a tempo debito e a crisi economica finita, la coppia scoppierà, ma certo oggi con la visita a Pechino del segretario di Stato Hillary Clinton le relazioni tra America e Cina sono nella fase del fidanzamento. Hillary Hillary ha sfidato le ire dei gruppi a favore dei diritti umani e nella sua permanenza a Pechino ha ignorato l'argomento preferendo concentrarsi sulle questioni economiche e strategiche. In questo ha riportato le lancette del rapporto bilaterale a prima del 1989, prima del crollo del muro di Berlino, quando la Cina era un baluardo nel fronte anti sovietico. Hillary ha parlato con le televisioni cinesi, Dragon TV, di Shanghai e la rete nazionale CCTV, in una specie di nuova campagna di fascino verso il pubblico cinese, che effettivamente sembra sia rimasto colpito. La giornalista Tian Wei che ha intervistato la Hillary già in serata aveva messo su Internet il suo pezzo, una rarità per la ultraprudente Tv di Stato cinese. HILLARY E PASTORE CINESE L'obiettivo della Clinton infatti non era semplice da ottenere con la Cina: a fronte di una crisi economica profondissima e un'America che appare traballante i cinesi devono continuare a comprare debito statunitense. «Le nostre economie sono intrecciate - ha detto Hillary a Pechino - i cinesi sanno che al fine di cominciare a esportare di nuovo nel loro più grande mercato... gli Stati Uniti devono prendere delle misure drastiche con il pacchetto di stimolo e dobbiamo assumerci ulteriori debiti». La Cina già oggi è il più grande creditore dell'America ed è l'unico al mondo che ha la possibilità di continuare a comprare, visto che la sua economia continuerà a crescere a ritmi sostenuti. Il secondo creditore, il Giappone, pare sull'orlo del collasso visto che alla fine del 2008 ha avuto una contrazione del prodotto interno lordo del 12,7 per cento. I cinesi però non hanno preso ancora impegni in questo senso, anche se è chiaro che le sorti economiche cinesi sono legate a filo doppio e triplo a quelle americane. Il ministro degli Esteri Yang Jiechi andrà a Washington il mese prossimo per preparare la riunione del gruppo del G20 in aprile a Londra. Questa visita sarà importante perché dovrebbe chiarire in realtà il prezzo politico che la Cina chiede agli Usa per aumentare la sua esposizione sul debito, e ovviamente non si limiterà a ridurre pubblicità sulle critiche sui diritti umani. GRAFICO CREDITORI WASHINGTON Hillary ha offerto di allargare il dialogo bilaterale. L'amministrazione Bush lo aveva iniziato su questioni economiche, oggi dovrebbe comprendere anche questioni di sicurezza. Questa è la grande frontiera dei rapporti tra i due Paesi. Hillary ha parlato con i cinesi di Corea del Nord, di Iran, Birmania e Zimbawe. Il nodo è stato incontrato quando il segretario di Stato ha chiesto a Pechino di ridurre gli investimenti in gas e petrolio iraniano per tentare di isolare Teheran e forzarla ad abbandonare il suo piano nucleare. Pechino però ha risposto che questi investimenti non violano le sanzioni dell'Onu. La distanza tra le due parti però rimane grande. Pechino vuole assicurazioni americane contro vendite di armi a Taiwan, l'isola di fatto indipendente ma formalmente parte di un'unica Cina, vuole che la sua eventuale collaborazione sull'Iran e il Medio Oriente faccia parte di un pacchetto complesso di partnership strategica. Pechino teme di essere usata in Iran come un taxi: utile quando si deve fare una corsa, ma da abbandonare poi sul ciglio della strada. Qui il dibattito fra le parti si fa molto complicato. I cinesi sostengono che già con la Corea del Nord avevano dato prova della loro affidabilità, ma gli americani vorrebbero una seconda prova, quasi di conferma, in Iran. In altre parole se la Cina cominciasse a collaborare con Washington sullo spinoso problema iraniano, sarebbe la cartina tornasole che il fidanzamento di interesse sta effettivamente evolvendo verso il matrimonio. [23-02-2009]

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Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo (sezione: Globalizzazione)

( da "PC World online" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

23-02-2009 Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Eurojust, l?agenzia europa per il coordinamento delle indagini giudiziarie tra gli Stati dell?Unione, cerca una soluzione per Skype e le intercettazioni "impossibili" Attilio Varanini Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Wozniak a Ballando con le Stelle La banda larga a Roma costerà 600 milioni di euro Facebook è cancerogeno e disturba la mente Nasce il dominio .tel. Reperibili nel web 2.0 Maroni: impossibile intercettare Skype. Intervenga la Ue Benigni e Sanremo infiammano il web Google vince il processo in USA contro le "invasioni" di Street View Facebook fa un passo in dietro: non più diritti a vita sugli iscritti Ritirata la querela a Google per il video con sevizie a un disabile A rischio l'innocenza dei provider: Facebook e Google contro l'emendamento D'Alia Non basta la patch: attacco a Explorer dalla Cina Skype diventa un caso europeo. I problemi per le intercettazioni sul VoIP non mobilitano solo il ministro degli interni Maroni: Eurojust, l?agenzia europa per il coordinamento delle indagini giudiziarie tra gli Stati dell?Unione, ha annunciato l?apertura di una indagine che coinvolge tutte le nazioni appartenenti all?Eu, a tema Skype. Il sistema di crittografia di Skype che mette al riparo da possibili intercettazioni della utorità giudiziarie diventa così un caso internazionale, anche perché sul tappeto ci sarebbe un'ulteriore difficoltà. A creare problemi è spesso anche la mancanza di coordinamento tra Stati Uniti e Unione europea, per cui spesso è difficile ottenere l?intercettazione di una certa linea su entrambe le sponde dell?Atlantico. L'Eurojust, dunque, si è mobilitata per la ricerca di una soluzione, coordinata, non a caso, dal rappresentante italiano, Carmen Manfredda. Mentre Skype ritiene di avere collaborato con tutti gli enti preposti in tutte le maniere possibili (ma si è sempre detta indisponibile a svelare i segreti del suo sistema di cifratura, coperti da brevetto industriale) Eurojust starebbe definendo i tempi di una prima riunione per raggiungere un?intesa transnazionale su quella che potrebbe diventare un?indagine di vastissime dimensioni sulle linee di Skype e, in generale, su tutte le altre tecnologie VoIp che consentono di telefonare tramite Internet. Commenti Per commentare devi essere registrato nel forum. Per registrarti clicca qui Risposta Rapida Messaggio: Segui qui la discussione sul forum BlackBerry in rimonta sull'iPhone Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Dell: l'Inspiron Mini è un netbook da 10 (pollici) Una falla in Adobe Reader mette a rischio pc e Mac La piattaforma Ion di Nvidia supporterà il processore Nano Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Dallo stereo al riscaldamento: il controllo via TV di BTicino Nuovi driver Catalyst da AMD Android dagli smartphone ai netbook di Asus La fotocamera Ricoh CX1 amplia la gamma dinamica Wozniak a Ballando con le Stelle La Kodak Ektar 100 da aprile 2009 Microsoft potrebbe presentare Windows 7 RC1 già ad aprile SmileTech - La vera innovazione Attenti al portatile - Benvenuto Windows 7 (3 commenti) Non in linea - Facebook, YouTube e l'inevitabile innocenza dei provider OnOff - Windows Mobile 6.1: guardare, ma non toccare! Pane al pane - Al fotografo quando e cosa... fotografare

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Nuovo blog Director's Cut (sezione: Globalizzazione)

( da "PC World online" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

23-02-2009 Nuovo blog Director's Cut Nasce su PC World il nuovo blog Director's Cut, tenuto dal direttore della testata Alfredo Distefano di Alfredo Distefano Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Wozniak a Ballando con le Stelle La banda larga a Roma costerà 600 milioni di euro Facebook è cancerogeno e disturba la mente Nasce il dominio .tel. Reperibili nel web 2.0 Maroni: impossibile intercettare Skype. Intervenga la Ue Benigni e Sanremo infiammano il web Google vince il processo in USA contro le "invasioni" di Street View Facebook fa un passo in dietro: non più diritti a vita sugli iscritti Ritirata la querela a Google per il video con sevizie a un disabile A rischio l'innocenza dei provider: Facebook e Google contro l'emendamento D'Alia Non basta la patch: attacco a Explorer dalla Cina Grande novità sul sito di PC World. Da oggi è disponibile una nuova possibilità di interazione e di scambio di opinioni con la redazione, grazie al blog Director's Cut, tenuto dal direttore della testata Alfredo Distefano. Questo blog prende le mosse dalle ultime discussioni lanciate nell'attuale blog SmileTech, dove erano stati ospitati ultimamente gli editoriali del direttore. Nel nuovo blog Director's Cut si potranno leggere quelle considerazioni che non sempre possono trovare spazio nei normali articoli del sito o della rivista PC World. Da qui il nome del blog, che si ispira a quelle edizioni speciali dei film dove sono stati inseriti degli spezzoni che, per esigenze di produzione, non avevano trovato posto nell?edizione originale. Nel blog Director's Cut si potrà quindi dialogare più liberamente su quanto succede nel mondo della tecnologia e del digital life, senza falsi pudori. E le novità dei blog di PC World non finiscono qui: aspettatevi delle nuove comunicazioni nei prossimi giorni. Buona lettura e attendiamo i vostri commenti! Gli altri blog di PC World: - SmileTech - Attenti al portatile - nonInLinea - OnOff - Pane al pane Commenti Per commentare devi essere registrato nel forum. Per registrarti clicca qui Risposta Rapida Messaggio: Segui qui la discussione sul forum BlackBerry in rimonta sull'iPhone Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Dell: l'Inspiron Mini è un netbook da 10 (pollici) Una falla in Adobe Reader mette a rischio pc e Mac La piattaforma Ion di Nvidia supporterà il processore Nano Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Dallo stereo al riscaldamento: il controllo via TV di BTicino Nuovi driver Catalyst da AMD Android dagli smartphone ai netbook di Asus La fotocamera Ricoh CX1 amplia la gamma dinamica Wozniak a Ballando con le Stelle La Kodak Ektar 100 da aprile 2009 Microsoft potrebbe presentare Windows 7 RC1 già ad aprile SmileTech - La vera innovazione Attenti al portatile - Benvenuto Windows 7 (3 commenti) Non in linea - Facebook, YouTube e l'inevitabile innocenza dei provider OnOff - Windows Mobile 6.1: guardare, ma non toccare! Pane al pane - Al fotografo quando e cosa... fotografare

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Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo (sezione: Globalizzazione)

( da "PC World online" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

23-02-2009 Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Creato un pool di carabinieri, poliziotti, guardie di finanza e ricercatori per riuscire a intercettare le chiamate con Skype Attilio Varanini Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Wozniak a Ballando con le Stelle La banda larga a Roma costerà 600 milioni di euro Facebook è cancerogeno e disturba la mente Nasce il dominio .tel. Reperibili nel web 2.0 Maroni: impossibile intercettare Skype. Intervenga la Ue Benigni e Sanremo infiammano il web Google vince il processo in USA contro le "invasioni" di Street View Facebook fa un passo in dietro: non più diritti a vita sugli iscritti Ritirata la querela a Google per il video con sevizie a un disabile A rischio l'innocenza dei provider: Facebook e Google contro l'emendamento D'Alia Non basta la patch: attacco a Explorer dalla Cina Skype è diventata un'emergenza per il ministro degli Interni Roberto Maroni: ha già previsto una sorta di task force per trovare il modo di intercettare le comunicazioni che avvengono tramite il protocollo VoIP di Skype. Rappresentanti del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, dalla Polizia di Stato ai Carabinieri alla Guardia di Finanza, e membri del Consiglio Nazionale delle Ricerche avranno il compito di individuare soluzioni tecniche e normative per riuscire a superare il muro di sicurezza innalzato da Skype a difesa dei propri utenti. Le comunicazioni via Skype, come abbiamo già spiegato, sono criptate da un sistema di codifica praticamente invalicabile e i responsabili della società hanno dichiarato di non voler rivelare nulla né sul sistema di cifratura, né sui parametri di accesso ai singoli account (password e username), neppure alle forze di polizia locale. A sollevare il problema sono state alcune inchieste del quotidiano Repubblica, che per prime hanno rivelato questo ostacolo sulla strada di indagini di magistratura e polizia, spesse costrette ad arrendersi di fronte all'impossibilità di effettuare intercettazioni telefoniche quando venga usato lo strumento Voice Over IP. Commenti Per commentare devi essere registrato nel forum. Per registrarti clicca qui Risposta Rapida Messaggio: Segui qui la discussione sul forum BlackBerry in rimonta sull'iPhone Eurojust contro Skype: il problema intercettazioni diventa europeo Nuovo blog Director's Cut Dell: l'Inspiron Mini è un netbook da 10 (pollici) Una falla in Adobe Reader mette a rischio pc e Mac La piattaforma Ion di Nvidia supporterà il processore Nano Maroni contro Skype: CNR e polizia trovino il modo di intercettarlo Avvistata Atlantide con Google Ocean. Anzi, no Dallo stereo al riscaldamento: il controllo via TV di BTicino Nuovi driver Catalyst da AMD Android dagli smartphone ai netbook di Asus La fotocamera Ricoh CX1 amplia la gamma dinamica Wozniak a Ballando con le Stelle La Kodak Ektar 100 da aprile 2009 Microsoft potrebbe presentare Windows 7 RC1 già ad aprile SmileTech - La vera innovazione Attenti al portatile - Benvenuto Windows 7 (3 commenti) Non in linea - Facebook, YouTube e l'inevitabile innocenza dei provider OnOff - Windows Mobile 6.1: guardare, ma non toccare! Pane al pane - Al fotografo quando e cosa... fotografare

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Una notte da Major globalizzate (sezione: Globalizzazione)

( da "AprileOnline.info" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Una notte da Major globalizzate En.Camp., 23 febbraio 2009, 19:08 Cinema Gli Oscar confermano la subalternità al potere delle grandi case cinematografiche, solo in una dimensione globale. Si riempie infatti di statuette The Millionaire, un'operazione commerciale e ideologica. Ma almeno si riconosce bravura a Sean Penn con Milk Vincono il Bollywood che piace a Hollywood e il talento che buca lo schermo. La notte degli Oscar conferma la sua tradizione di subalternità allo strapotere delle Major, globalizzate anch'esse, con cui si riempie di statuette (otto) The Millionaire, un'operazione commerciale e ideologica. E si riconoscono bravura e professionalità al ?cattivo ragazzo' del cinema americano, quel Sean Penn che con Milk bissa il premio di miglior attore che fu già suo nel 2004 con Mystic River, proseguendo una fulgida carriera come quella dei grandi interpreti di tutti i tempi. The Millionaire è uno spettacolo a effetto. Una costosa operazione a metà fra il leggero-celebrativo e il dramma a lieto fine, di cui abbiamo scoperto i risvolti cinici nella truffetta di ritorno operata ai danni dei bambini-protagonisti. Sottopagati da Boyle e dai produttori dell'industria della celluloide indiana e tornati a rimmergersi in fango, escrementi, violenza, promiscuità e fame delle proprie bidonville. Quella società choccantemente mostrata dalla pellicola che affonda nella cruda realtà sociale il sogno che racconta. E i fatti e le finzioni si scambiano i ruoli. Il messaggio è chiarissimo: l'unica emancipazione sta nel denaro guadagnato col subdolo sistema del quiz televisivo di successo sul quale la gente, umiliata e impoverita dal vecchio colonialismo e dalle caste del neocapitalismo, riversa tutte le speranze d'un riscatto assolutamente individuale. Per uno che diventa milionario, decine, centinaia di milioni di adulti e giovanissimi proseguiranno una vita di fatica e stenti a conferma che la ricchezza è un miracolo riservato a pochi. Certo nell'intreccio narrativo il giovane Jamal, anche contro le trappole del presentatore narciso e farabutto, si aiuta da sé. Riesce ad agguantare la vincita con la costanza e gli insegnamenti che l'infanzia di privazioni e pericoli gli hanno stratificato addosso. Ma la morale vira su un'unica soluzione: credere nella buona sorte che ha le fattezze della strabiliante lotteria che i poveri di Mombai seguono alla stregua dei cittadini statunitensi avvezzi a simili vizi o agli ipnotizzati dell'illusione di qualsiasi Paese, non più solo occidentale. Con Sean Penn si premiano le grandi capacità interpretative di quella tipologia d'attore che incarna l'uomo-contro. Ciò che riesce a dare nei panni dell'omosessuale Milk, attivista di diritti civili dei suoi simili in una California freak ma ancora omofoba dei primi anni Settanta, o in quelli del padre delinquente, del marito che vive il dramma della morte, del fallito che attenta alla vita del Presidente, tutte maschere umane e tensioni emotive di toccante veridicità. Penn dà anima ai dannati della provincia di un'America minore, ai sognatori di riscatti individuali e collettivi che nelle proprie microstorie devono fare i conti con la pesantezza della Storia. Uomini pieni di problemi, frustrazioni, lontani da luci e lustrini e dai successi che la nazione dove tutto è possibile gli promette, spesso mentendo. Oppure, come accade ad Harvey Milk che strappa coi denti i riconoscimenti che lo avvicinano alla grande politica, gliela fa pagare con la vita. Se mai dovesse realizzare un film sul sogno milionario forse Penn racconterebbe cosa si nasconde dietro la speranza dell'arricchimento. Quelle contraddizioni che scarnificano i successi e i loro miti. In genere i suoi ragazzi preferiscono fuggire lontano da quei feticci. E immolarsi per la libertà, come in Into the wild. Tre occasioni c'erano di premiare un film straniero impegnato, visto che Gomorra era uscito dalla candidatura. E tre ottime pellicole: Entre les murs, Valzer con Bashir, Der Baader Mehinof Komplex. Gli è stato preferito il giapponese Departures di Yojiro TaKita, dalla trama tutta esistenziale.

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CRISI ECONOMICA: TREMONTI, AUMENTERA' CONCORRENZA SU MERCATO TITOLI PUBBLICI (sezione: Globalizzazione)

( da "ITnews.it" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cremona, 23 feb. - (Adnkronos) - Gli interventi degli Stati contro la crisi economica porteranno "ad un aumento della concorrenza sul mercato dei titoli pubblici. Questo per noi non e' un fattore positivo". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel suo intervento ad un convegno sulla globalizzazione, tenutosi oggi a Cremona. Il ministro ha spiegato che contro la crisi economica "all'estero hanno fatto di piu', ma ora hanno molto piu' debito e piu' deficit. E' vero che altri Stati hanno fatto di piu' -ha riconosciuto Tremonti- ma l'hanno fatto per salvare banche che stavano per fallire".

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BANCHE: TREMONTI, DECRETI ATTUATIVI SU BOND SARANNO FATTI AL PIU' PRESTO (sezione: Globalizzazione)

( da "ITnews.it" del 23-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cremona, 23 feb. - (Adnkronos) - I decreti attuativi sui Tremonti-bond per gli istituti di credito saranno fatti "al piu' presto". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, a margine di un convegno, tenutosi oggi a Cremona, sulla globalizzazione.

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Moena investe sulla scuola (sezione: Globalizzazione)

( da "Trentino" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Moena investe sulla scuola Dal Comune un pieno sostegno alle attività integrative GILBERTO BONANI MOENA. L'amministrazione comunale punta sulla scuola. Saranno infatti 21 mila euro i contributi versati nel 2009 ai vari ordini di scuola. Diecimila alla scuola materna, cinquemila alla primaria e sei mila alla secondaria di primo grado. «Tale risorse - ha detto l'assessore Cristina Donei - serviranno alla realizzazione di progetti destinati ad attività integrative programmate dai rispettivi consigli di classe e di istituto. Tutto questo per concorrere a migliorare la formazione e la crescita culturale e sociale dei ragazzi». Continua intanto la collaborazione con l'ufficio periferico dell'A.P.P.A (Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente) per incentivare i ragazzi in età scolare alla raccolta differenziata dei rifiuti. Sarà inserito nel corso di questo anno anche un progetto rivolto al risparmio energetico. Poi c'è la necessità di attrezzare convenientemente i giovani a comunicare con tutto il mondo. «Di fondamentale importanza in una realtà globalizzata è possedere - spiega l'assessore Donei - gli attrezzi linguistici per comunicare con un numero sempre maggiore di persone. Per questo continuerò a proporre corsi pomeridiani di lingue straniere (inglese e tedesco), sia per rafforzare tali competenze, sia per far riflettere i nostri giovani sulla propria lingua e cultura nell'ottica di un'analisi comparativa con le altre lingue». Fra le attività sostenute dall'amministrazione comunale è compresa anche l'università della terza età che sarà finanziata con 8000 euro. «Realtà importante - sottolinea Cristina Donei - che oltre a rispondere alla funzione di educazione permanente svolge un apprezzabile ruolo sia nella socializzazione che nel mantenimento del benessere psico - fisico. Un ulteriore sforzo economico sarà dedicato alla biblioteca comunale con un intervento di 33 mila euro.

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La forza del VoIP è il P2P (sezione: Globalizzazione)

( da "Punto Informatico" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Roma - Nei giorni scorsi hanno suscitato un certo scalpore due notizie strettamente correlate. La prima è che la mafia ha (finalmente?) scoperto Skype come strumento di comunicazione sicuro e non intercettabile: Su Skype il boss è imprendibile La seconda è che il Ministro dell'Interno Robero Maroni vuole finanziare un team di esperti per trovare un modo di intercettare Skype: Una task force per intercettare Skype - Maroni: "Troveremo la soluzione" Questa sua iniziativa è poi stata ripresa dalla Commissione Europea: L'Europa vuole le chiavi di Skype Ma, allora, Skype può essere intercettato o no? E se può essere intercettato, allora questo vuol forse dire che la privacy è destinata a soccombere di fronte alla "ragion di stato"? Le mani dell'FBI sul VoIP Chiariamo subito che l'Onorevole Roberto Maroni non è né il primo né l'unico ad avere chiesto di rendere intercettabili i sistemi VoIP. In USA, ai tempi di Bush è stata presentata una proposta di legge (più esattamente una delibera di FCC) che prevedeva esattamente la stessa cosa: Appeals court upholds Net-wiretapping rules Perspective: FCC schizo on DSL, wiretapping Feds fund VoIP tapping research In pratica, si chiedeva a Skype di inserire una backdoor sui propri server (e forse anche sui client) per permettere alla polizia di intercettare le chiamate. Come potete vedere da questi articoli, tuttavia, intercettare i sistemi VoIP si è rivelato tutt'altro che facile, anche con l'aiuto della legge. Skype stessa ha spiegato come stanno le cose all'FBI: Skype: We can't comply with police wiretap requests E, in effetti, in Germania la polizia ha proposto addirittura di sviluppare un trojan di stato (!!) per intercettare Skype, proprio a causa della impossibilità di usare altri mezzi, più affidabili e più tradizionali: Germania, subito trojan di stato nei computer Intercettare Skype è possibile, in Germania Le ragioni di questa difficoltà sono due:1) Il traffico Skype è crittografato (RSA + AES, funzionalità non disabilitabile). 2) Il traffico di Skype scorre su una rete P2P che non è sotto il controllo di nessuno, nemmeno di Skype stessa.A questo punto, possiamo esaminare questi due aspetti e cercare di capire fino dove si possono spingere i governi, le magistrature e le polizie nel loro tentativo di intercettare il traffico VoIP (non solo quello di Skype, come vedremo). Decrittare il traffico Decrittare il traffico di Skype con un attacco "a forza bruta" è impossibile. Skype usa due sistemi di cifra noti come RSA e AES (Advanced Encryption Standard, noto anche come Rijndael) che sono notoriamente molto robusti ("military grade"). L'implementazione di questi sistemi fatta da Skype è segreta ma si pensa che sia priva di falle significative (almeno di quelle non intenzionali). Vedi al riguardo: http://en.wikipedia.org/wiki/Skype_security. Nel corso degli anni sono state scoperte alcune falle nel software di Skype ma fino a questo momento nessuna di queste ha mai permesso di ascoltare abusivamente una conversazione cifrata tra due persone. Si trattava infatti di falle che permettevano di usare il software client di Skype per installare del malware sul PC dell'utente. Questo è un tipo di vulnerabilità decisamente grave ma che comunque non mette a rischio la riservatezza della comunicazione in modo diretto. Le falle note sono già state chiuse o sono in procinto di esserlo. Un altro tipo di vulnerabilità dei sistemi VoIP è stato denunciato nei mesi scorsi da New Scientist e ripreso da Bruce Schneier: Compressed web phone calls are easy to bug Eavesdropping on Encrypted Compressed Voice Si tratta però di una vulnerabilità minore che affligge solo alcuni sistemi e solo in alcuni casi. Oltrettutto, questo tipo di intercettazione funziona solo se la conversazione avviene in un ambiente poco rumoroso e usando una lingua per la quale esista un dizionario di confronto (in pratica solo l'inglese). Piuttosto, esiste il fondato sospetto che il software di Skype includa un sistema di intercettazione che Skype stessa può utilizzare a proprio piacimento (vedi sempre Wikipedia). Sembra che questo sistema sia stato usato in Cina, su richiesta del governo locale. Non è possibile sapere come stiano realmente le cose a causa del fatto che il software di Skype viene distribuito solo in formato binario (compilato). Per questa ragione, coloro che temono per la propria riservatezza, spesso preferiscono usare sistemi diversi da Skype, possibilmente di tipo Open Source. In ogni caso, Skype è solo la punta dell'iceberg. Là fuori ci sono già altri sistemi VoIP (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Confronto_tra_software_di_VoIP). Alcuni di essi forniscono già delle funzionalità crittografiche ed altri lo faranno sicuramente nei prossimi anni. Tra quelli che ricordo, posso citare: http://www.minisip.org/ http://en.wikipedia.org/wiki/KPhone http://en.wikipedia.org/wiki/QuteCom (dalla 2.1 in poi) http://www.sip-communicator.org/index.php ("planned") Imporre una backdoor L'alternativa proposta dall'FBI americana, ripresa in seguito dall'Onorevole Maroni e poi dalla Comunità Europea, consisterebbe nell'imporre ai produttori di software di installare una backdoor segreta nei loro programmi (sui server e/o sui computer usati dagli utenti). Questa strada è chiaramente impraticabile almeno per i seguenti motivi.1) Sarebbe impossibile imporre il rispetto di questa legge al mondo del software Open Source. Dato che sono disponibili i sorgenti di questi programmi, chiunque potrebbe esaminare il programma, rimuovere la backdoor, compilare il programma ed installarlo. Non c'è alcun modo di impedirlo. 2) Sarebbe impossibile imporre il rispetto di questa legge anche ai produttori di software che operano al di fuori del nostro territorio. Si tenga presente che una software house può facilmente spostare la propria sede sociale in un paese "amico" senza dover spostare nulla che abbia consistenza fisica (molti programmatori lavorano già adesso da casa usando Internet). Lo ha già fatto, per esempio, Napster per sfuggire alla legislazione americana. Skype stessa ha scelto di avere sede in Lussemburgo, dove la legislazione le è più favorevole. 3) I programmi che non rispettano questi limiti di legge diventerebbero rapidamente gli unici ad essere realmente utilizzati dagli utenti. Le aziende che si attengono agli obblighi di legge sarebbero costrette a chiudere. 4) Sarebbe comunque impossibile impedire lo "spaccio" di programmi che non rispettano questa imposizione di legge. Sono dieci anni che tutto l'Occidente tenta di impedire lo spaccio dei file MP3 senza riuscirci. Non c'è motivo di pensare che avrebbe miglior fortuna con il software VoIP "pirata".Usare un trojan Una volta stabilito che non si può installare una backdoor sui programmi "alla fonte", si potrebbe tentare di installarla "sul campo", usando un worm od un trojan horse come vettore. Questo è esattamente ciò che avrebbe voluto fare (o che ha realmente fatto) la Polizia tedesca. Si tratta, in pratica, di infettare i computer degli utenti e di installare su di essi, ad insaputa dei proprietari, una pericolosissima backdoor. Anche questa strada, però, è chiaramente impraticabile. Le ragioni sono le seguenti.1) Molti sistemi sono immuni dalle infezioni. Linux, BSD, MacOS X, OpenSolaris ed altri sistemi operativi sono immuni da virus, worm ed altri tipi di malware. Firefox, Thunderbird, OpenOffice e molti altri programmi applicativi di uso comune sono immuni da virus ed altri tipi di infezione. L'unico modo di propagare una simile infezione in modo affidabile consiste quindi nell'usare il client stesso dell'applicazione VoIP (cioè il programma installabile di Skype ed i suoi concorrenti). 2) Si possono però sempre sviluppare nuovi client che usano le vecchie reti VoIP o sistemi completamente nuovi. In questo modo, un virus che potesse attaccare Skype sarebbe inefficace contro un nuovo client per Skype o contro un sistema del tutto diverso, come Gizmo o OpenWengo. 3) Ci sono sempre gli antivirus. Bisognerebbe quindi convincere i produttori di antivirus ad "ignorare" il trojan di stato e la relativa backdoor. Questo però creerebbe una pericolossima falla di sicurezza per tutto il sistema. 4) Se un malintenzionato riuscisse a prendere il controllo dei PC degli utenti usando la backdoor installata dal trojan di stato, avrebbe accesso incondizionato a tutti i PC del paese (compresi quelli dell'Esercito, della Polizia, del Governo,etc.).Proibire la crittografia Qualche senatore americano è persino arrivato a chiedere che venisse proibito l'uso di strumenti crittografici da parte degli utenti privati. Questa strada è però impraticabile almeno per i seguenti motivi.1) La crittografia è indispensabile per proteggere le applicazioni finanziarie (home banking, online trading, i sistemi di pagamento dei siti di e-commerce, etc.) ed altri tipi di applicazioni critiche (i sistemi esposti al pubblico dal Governo e dai suoi enti, per esempio). Non può essere completamente abolita. 2) Bisognerebbe controllare quello che fanno milioni di utenti con centinaia di programmi diversi in migliaia di applicazioni diverse. Chi dovrebbe farlo? Chi paga? Che succede alla privacy? 3) Scrivere software crittografico e/o applicare uno strato di software crittografico ad un sistema VoIP è ormai una operazione alla portata di moltissimi programmatori. Bisognerebbe controllare anche questi.Proibire le reti P2P Inoltre, proibire l'uso della crittografia sarebbe comunque inutile senza proibire l'uso di reti P2P. Questo perchè le reti P2P possono essere indipendenti da Internet e dalle reti telefoniche, come avviene per CuWIN, FON, Netsukuku ed altre. Possono anche essere reti "chiuse" e riservate, cioè Friend-to-Friend (F2F). Le reti P2P possono quindi sottrarsi a qualunque controllo, come ben sanno gli aficionados di eMule. Se non si può avere accesso ad uno dei computer della rete, è impossibile intercettare il traffico. I governi di quasi tutto il mondo e le associazioni che difendono gli interessi dei detentori dei diritti come RIAA, MPAA stanno portando avanti una guerra spietata alle reti P2P da almeno dieci anni. Nonostante questo, le reti P2P producono tuttora la stragrande maggioranza del traffico su Internet. Non credo che sia necessario dire nient'altro per dimostrare quanto sia impari la lotta tra il P2P e i suoi avversari. Se nessuno è mai riuscito finora a bloccare il traffico P2P, pur potendo contare su mezzi non indifferenti, come si può pensare che qualcuno ci possa riuscire in futuro? Rassegnarsi All'Onorevole Roberto Maroni ed alla Commissione Europea non resta che rassegnarsi: il VoIP cifrato è qui per restare. Skype è solo la punta di un iceberg. Ci sono già altri sistemi VoIP cifrati e molti altri ne arriveranno sul mercato in futuro. Molti di questi saranno impossibili da intercettare ed alcuni lo sono già adesso. Non c'è niente da fare. Non solo: a fianco dei sistemi VoIP cifrati si stanno diffondendo anche i telefoni cellulari cifranti, come quelli di CasperTech. In futuro sarà difficilissimo, forse impossibile, intercettare le comunicazioni telefoniche delle persone che sanno di avere qualcosa da nascondere. Sarà così indipendemente dalla quantità e dalla qualità di leggi, di mandati giudiziari, di poliziotti e di dispositivi che si potranno mettere in campo. Sarà necessario trovare altre strade, come le intercettazioni ambientali (vedi: "Introduzione Alle Intercettazioni Telefoniche, Ambientali ed Informatiche"). Se questo sia un bene od un male, non sta a me dirlo. Quello che vi posso dire è che sarà comunque inevitabile. Alessandro Bottoni www.alessandrobottoni.it Tutti i precedenti interventi di A.B. su Punto Informatico sono disponibili a questo indirizzo

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USA: EX GOVERNATORE DI ORIGINI CINESI VERSO MINISTERO COMMERCIO (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

USA: EX GOVERNATORE DI ORIGINI CINESI VERSO MINISTERO COMMERCIO (AGI) - Washington, 23 feb. - Barack Obama dovrebbe nominare Gary Locke, il primo governatore cino-americano della storia Usa, alla guida del ministero del Commercio. Lo ha riferito un alto funzionario dell'Amministrazione. L'ex governatore dello Stato di Washington sarebbe quindi il terzo politico scelto per questa carica dopo il ritiro prima di Bill Richardson, per problemi col fisco, e in seguito di Judd Gregg.

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Usciamo dalla crisi con un nuovo modello (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 24/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia «Usciamo dalla crisi con un nuovo modello» Congresso della Femca Cisl. Saottini: «Il tessile è al capolinea, moda e chimica rischiano tutto» BRESCIA«Un mondo globalizzato è un luogo in cui, una volta tanto, il desiderio di responsabilità morale e gli interessi della sopravvivenza coincidono e si fondono. La globalizzazione è, tra le altre cose (forse soprattutto), una sfida etica». Sono parole del filosofo Zygmunt Bauman, citato ieri da Francesco Saottini, segretario generale della Femca Cisl di Brescia, in apertura del terzo congresso del sindacato dei lavoratori della moda, del tessile e della chimica-gomma. Una relazione di spessore, quella di Saottini, che non ha eluso la cronaca sindacale, ma ha chiesto nello stesso tempo ai delegati di volare alto, contribuendo per quanto possibile alla costruzione di «un nuovo modello di sviluppo». I numeri di una crisi senza precedenti Il segretario generale della Femca bresciana non nasconde la preoccupazione, ma neppure la speranza. La crisi certifica forse la fine di un certo modello economico («concentrato sull'individuo e non sulla persona») ma, nello stesso tempo, apre prospettive nuove e forse imprevedibili. Certo, proprio la globalizzazione citata in apertura ha messo in ginocchio il tessile bresciano («ormai siamo al capolinea» ha detto Saottini) e sta colpendo duramente la moda e la chimica. Nel settore del tessile-moda, ha spiegato il segretario, l'Istat dice che nel 2004 avevamo a Brescia 2.509 unità locali per 22.290 addetti, mentre nel 2001 c'erano 2.717 imprese per 24.779 lavoratori. E, se risaliamo al 1991, scopriamo che le aziende del settore erano 3.865 e i dipendenti 39.902. Si tratta quindi di numeri «da declino inarrestabile». E, infatti, «le imprese che venivano da anni di difficoltà stanno crollando». L'ultima in ordine di tempo è stata la Henriette di Castenedolo, per la quale è stata confermata la messa in liquidazione. Rispetto al 1991, il comparto della gomma-plastica bresciano è, al contrario, nettamente cresciuto: 9.500 addetti, con un incremento del 46% rispetto agli inizi degli anni Novanta. In crescita anche i dipendenti delle aziende che fabbricano prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali (1.900 addetti, +8% sul 1991). A Brescia sono presenti aziende di eccellenza, come la Invatec di Roncadelle, Torbole e Concesio (600 lavoratori complessivamente) che opera nella produzione di apparecchiature per l'esplorazione e la cura dell'apparato cardiovascolare. «Ma proprio in questi settori - ha sottolineato Saottini - la crisi sta colpendo duramente». Il segretario della Femca ha citato il caso più spinoso, quello della Cf Gomma di Passirano: è in programma per venerdì un incontro con la direzione aziendale che presenterà un piano industriale «che si prevede durissimo, con conseguenze pesanti anche per il sito bresciano». Per non parlare della situazione delicatissima della Caffaro Chimica in liquidazione, e del «netto calo di volumi produttivi per tutte le imprese che producono guarnizioni industriali nella valle dell'Oglio». Tutto il settore della chimica sta soffrendo, «anche perché l'Italia non si è dotata di un piano strategico». Le divisioni nel mondo sindacale E tutto questo viene affrontato in un momento particolare «segnato - ha detto Saottini - da una divisione tra le più profonde della storia del movimento dei lavoratori, con la Cgil che si sente depositaria dell'unica verità sindacale e che abbandona i tavoli al momento della firma». Il segretario ribadisce che «la Cisl è animata solo dalla solidarietà, dalla giustizia sociale e dal riferimento alla centralità della persona». Da qui anche la valutazione positiva della riforma del sistema contrattuale, bocciata invece dal segretario generale della Filcem Cgil di Brescia, Dario Filippini, intervenuto ieri al congresso: «Lasciamo votare i lavoratori - ha detto Filippini - perché questo accordo è dannoso per i dipendenti». Ma l'ipotesi del referendum unitario è già stata bocciata a livello nazionale. Proprio pensando alla necessità di superare le divisioni, la Femca di Brescia ha scelto «Insieme è possibile» come slogan del congresso. «Dobbiamo impedire - ha detto il segretario - che si costruiscano confini tra chi è dentro e chi viene buttato fuori, scegliendo la strada della solidarietà e rifiutando il si salvi chi può». Per questo, al termine della relazione, Saottini ha citato don Milani: «Ho capito che il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne insieme è politica, uscirne da soli è avarizia». Oggi il congresso della Femca si chiuderà con la conferma della segreteria uscente: oltre a Saottini, i tessili-chimici Cisl sono guidati da Giuseppe Marchi, Gennaro De Troia e Maria Rosa Mondini.g. lo.

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soffia forte il vento buonista - gianni olla (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Sardegna, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 35 - Cultura e Spettacoli Soffia forte il vento buonista Quasi tutti i premi all'insegna del politicamente corretto GIANNI OLLA La notizia buona è che un film sopravalutato come "Il curioso caso di Benjamin Button" di David Fincher, con le sue tredici candidature, ha avuto solo tre premi tecnici, giustificatissimi sia per lo straordinario trucco che è servito a invecchiare/ringiovanire Brad Pitt, sia per la bella e originale costruzione scenografica a metà strada tra iperrealismo pittorico e fantasy. La notizia cattiva, o meno buona, era già stata messa in conto: non è stata una buona stagione da Oscar e i film migliori di produzione statunitense (o non) non erano nella cinquina finale: "Changeling" di Clint Eastwood, "Revolutionary Road" di Sam Mendes, "Gomorra" di Matteo Garrone, per citare solo i titoli più noti o quelli che hanno creato un po' di discussioni e qualche polemica. Potremmo altresì considerare il premio a Sean Penn come migliore attore - per il ruolo di Harvey Milk nel film di Gus Van Sant - come un riconoscimento generale alla tematica civile della pellicola: la nascita e l'affermazione, dolorosa e piena di tragedie, del movimento gay americano. Forse avrebbe meritato di più, ma è certo che la spinta al successo di "Milk" deriva in primo luogo dalla recitazione e dal carisma attoriale di uno dei maggiori e dei più sensibili interpreti del momento. Invece l'esclusione totale di "Frost/Nixon: il duello" - sicuramente un bel film e ugualmente interessante per la tematica storico-mediatica - dipende probabilmente dallo scarso "appeal" spettacolare, mentre sorprende abbastanza la sottovalutazione di un film, "The Reader" di Stephen Daldry (unico premio, meritatissimo, a Kate Winslet in un parte difficilissima) che, pur partendo da "outsider", sembrava perfetto per l'ennesima legittimazione civil-spettacolare di un tema ormai entrato in ogni agenda del "politicamente corretto": la Shoah. E, a dirla tutta, la variante principale rispetto al tema generale, è che il film, in fondo, non è neanche "politicamente corretto". Racconta, infatti, in tre blocchi temporali (anni 50, anni 60, anni 90), con un "vai e vieni" alla Harold Pinter (la sceneggiatura è di un altro celebre drammaturgo inglese, David Hare), il turbamento e lo choc esistenziale di un adolescente, educato sessualmente da una bella e solitaria trentenne che poi si rivelerà un ex guardiana di un campo di sterminio, tardivamente processata e condannata. "The reader" (il titolo si traduce letteralmente: il lettore, cioè il giovane che, prima di fare sesso, è quasi costretto a leggere alla sua amante i classici della letteratura) mette in scena l'analfabetismo morale dei giovani tedeschi che contribuirono attivamente allo sterminio. Ma dietro questa incoscienza, non giustificabile da alcuna giurisprudenza, c'è soprattutto nel bellissimo e sconsolato finale, l'idea che la Shoah ha creato una barriera invalicabile tra vittime e carnefici (anche inconsapevoli): ognuno ha le proprie giustificate ragioni, ma queste non si potranno incontrare mai. Venendo al vincitore dei premi maggiori, "The Millionaire" di Danny Boyle, si può ragionevole scrivere che è intrigante, pieno di tensione, ricco di un realismo crudele che progressivamente si trasforma - come da titolo - in sfida quasi fantastica. Ma più che bello, è abile e quasi furbo e per vari motivi: il lato realista serve facilmente a creare il contesto sociale, naturalmente globalizzato. è di scena l'India, o meglio Bombay/Mumbai, cuore di un'occidentalizzazione di superficie: televisiva per essere estremi. Difatti il giovane protagonista cerca il riscatto attraverso la trasmissione "Chi vuole essere milionario" e di settimana in settimana, mentre cresce la sfida - alimentata da una sorta di cultura di strada che ha costruito tutto il sapere del nostro eroe - la vicenda finisce per mettere a confronto la società dello spettacolo (e quella mafiosa, alta e bassa, che alimenta il boom economico dell'intera nazione) e la tragica miseria della gente comune. Detto questo si può leggere l'affermazione del film - che in Europa è uscito in sordina, quasi come fosse una pellicola "terzomondista" da relegare nei cinema d'essai, per poi esplodere proprio in concomitanza con gli Oscar - come una ricerca di globalizzazione da parte dell'industria cinematografica americana. Non è una novità: in passato Hollywood è diventata maggiorenne con registi, produttori, sceneggiatori, tecnici europei, ma oggi l'industria cinematografica si è espansa oltre i confini dell'occidente. Se così è normalissimo che un regista irlandese trionfi agli Academy Awards, meno comune ma più indicativa è la collaborazione attiva con Bollywood, ovvero con il cinema indiano più spettacolare, per far crescere un prodotto ibrido di cui ancora non si possono conoscere le caratteristiche fisiologiche. Intanto, come si sa, anche Spielberg si è buttato su quella pista, così come è già accaduto, sei anni fa, con le coproduzioni cino-americane da cui è nato un altro Oscar a sorpresa: "La tigre e il dragone", diretto da Ang Lee.

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Il ruolo della Chiesa nell'era globale (sezione: Globalizzazione)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

INCONTRI. FONDAZIONE CALZARI TREBESCHI Il ruolo della Chiesa nell'era globale di Carla Costa Tre incontri sul ruolo della Chiesa nell'epoca della globalizzazione. È il tema promosso dalla «Fondazione Clementina Calzari Trebeschi» di Brescia con il ciclo di conferenze dal titolo «Quale Chiesa?», che si terrà al San Carlino. Questa iniziativa apre la seconda metà dell'anno culturale della Fondazione. «Un corso breve, una formula nuova quella scelta - ha spiegato, nel corso della conferenza di presentazione dell'iniziativa, Mario Bussi della Fondazione - , cui seguirà probabilmente un altro ciclo dedicato alla crisi economica globale». Obiettivo degli incontri è quello di andare al di là dei fenomeni contingenti per aprire una riflessione più ampia sul rapporto traChiesa e l'età moderna. Il primo appuntamento in cui si affronterà il «paradigma tridentino» si terrà dopodomani alle 18 con Paolo Prodi. Giovedì 5 marzo, alla stessa ora, sarà la volta del «paradigma conciliare» con Daniele Menozzi, mentre il giovedì successivo il tema sarà quello del «Paradigma identitario da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI» con intervento di Giovanni Filoramo.

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- (segue dalla prima pagina) alessandro baricco (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 30 - Spettacoli In questi tempi di crisi non si può più pensare che tutta la cultura sia finanziata con i fondi pubblici. è arrivato il momento di scegliere. è ora di sostenere la scuola e la televisione. Festival e spettacoli d´élite devono creare i presupposti per diventare una vera impresa privata. Ecco quel che farei io... Lirica, classica teatro: l´intervento pubblico ha prodotto un mercato stagnante è sicuro che, dal ministro in giù, ci sia chi meglio di altri capisca lo spirito del tempo? Se Mondadori o magari Benetton finanziassero un teatro non sarebbe così terrorizzante (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) ALESSANDRO BARICCO Se cerco di capire cosa, tempo fa, ci abbia portato a usare il denaro pubblico per sostenere la vita culturale di un Paese, mi vengono in mente due buone ragioni. Prima: allargare il privilegio della crescita culturale, rendendo accessibili i luoghi e i riti della cultura alla maggior parte della comunità. Seconda: difendere dall´inerzia del mercato alcuni gesti, o repertori, che probabilmente non avrebbero avuto la forza di sopravvivere alla logica del profitto, e che tuttavia ci sembravano irrinunciabili per tramandare un certo grado di civiltà. A queste due ragioni ne aggiungerei una terza, più generale, più sofisticata, ma altrettanto importante: la necessità che hanno le democrazie di motivare i cittadini ad assumersi la responsabilità della democrazia: il bisogno di avere cittadini informati, minimamente colti, dotati di principi morali saldi, e di riferimenti culturali forti. Nel difendere la statura culturale del cittadino, le democrazie salvano se stesse, come già sapevano i greci del quinto secolo, e come hanno perfettamente capito le giovani e fragili democrazie europee all´indomani della stagione dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Adesso la domanda dovrebbe essere: questi tre obbiettivi, valgono ancora? Abbiamo voglia di chiederci, con tutta l´onestà possibile, se sono ancora obbiettivi attuali? Io ne ho voglia. E darei questa risposta: probabilmente sono ancora giusti, legittimi, ma andrebbero ricollocati nel paesaggio che ci circonda. Vanno aggiornati alla luce di ciò che è successo da quando li abbiamo concepiti. Provo a spiegare. Prendiamo il primo obbiettivo: estendere il privilegio della cultura, rendere accessibili i luoghi dell´intelligenza e del sapere. Ora, ecco una cosa che è successa negli ultimi quindici anni nell´ambito dei consumi culturali: una reale esplosione dei confini, un´estensione dei privilegi, e un generale incremento dell´accessibilità. L´espressione che meglio ha registrato questa rivoluzione è americana: the age of mass intelligence, l´epoca dell´intelligenza di massa. Oggi non avrebbe più senso pensare alla cultura come al privilegio circoscritto di un´élite abbiente: è diventata un campo aperto in cui fanno massicce scorribande fasce sociali che da sempre erano state tenute fuori dalla porta. Quel che è importante è capire perché questo è successo. Grazie al paziente lavoro dei soldi pubblici? No, o almeno molto di rado, e sempre a traino di altre cose già successe. La cassaforte dei privilegi culturali è stata scassinata da una serie di cause incrociate: Internet, globalizzazione, nuove tecnologie, maggior ricchezza collettiva, aumento del tempo libero, aggressività delle imprese private in cerca di un´espansione dei mercati. Tutte cose accadute nel campo aperto del mercato, senza alcuna protezione specifica di carattere pubblico. Se andiamo a vedere i settori in cui lo spalancamento è stato più clamoroso, vengono in mente i libri, la musica leggera, la produzione audiovisiva: sono ambiti in cui il denaro pubblico è quasi assente. Al contrario, dove l´intervento pubblico è massiccio, l´esplosione appare molto più contratta, lenta, se non assente: pensate all´opera lirica, alla musica classica, al teatro: se non sono stagnanti, poco ci manca. Non è il caso di fare deduzioni troppo meccaniche, ma l´indizio è chiaro: se si tratta di eliminare barriere e smantellare privilegi, nel 2009, è meglio lasciar fare al mercato e non disturbare. Questo non significa dimenticare che la battaglia contro il privilegio culturale è ancora lontana dall´essere vinta: sappiamo bene che esistono ancora grandi caselle del Paese in cui il consumo culturale è al lumicino. Ma i confini si sono spostati. Chi oggi non accede alla vita culturale abita spazi bianchi della società che sono raggiungibili attraverso due soli canali: scuola e televisione. Quando si parla di fondi pubblici per la cultura, non si parla di scuola e di televisione. Sono soldi che spendiamo altrove. Apparentemente dove non servono più. Se una lotta contro l´emarginazione culturale è sacrosanta, noi la stiamo combattendo su un campo in cui la battaglia è già finita. Secondo obbiettivo: la difesa di gesti e repertori preziosi che, per gli alti costi o il relativo appeal, non reggerebbero all´impatto con una spietata logica di mercato. Per capirci: salvare le regie teatrali da milioni di euro, La figlia del reggimento di Donizetti, il corpo di ballo della Scala, la musica di Stockhausen, i convegni sulla poesia dialettale, e così via. Qui la faccenda è delicata. Il principio, in sé, è condivisibile. Ma, nel tempo, l´ingenuità che gli è sottesa ha raggiunto livelli di evidenza quasi offensivi. Il punto è: solo col candore e l´ottimismo degli anni Sessanta si poteva davvero credere che la politica, l´intelligenza e il sapere della politica, potessero decretare cos´era da salvare e cosa no. Se uno pensa alla filiera di intelligenze e saperi che porta dal ministro competente giù fino al singolo direttore artistico, passando per i vari assessori, siamo proprio sicuri di avere davanti agli occhi una rete di impressionante lucidità intellettuale, capace di capire, meglio di altri, lo spirito del tempo e le dinamiche dell´intelligenza collettiva? Con tutto il rispetto, la risposta è no. Potrebbero fare di meglio i privati, il mercato? Probabilmente no, ma sono convinto che non avrebbero neanche potuto fare di peggio. Mi resta la certezza che l´accanimento terapeutico su spettacoli agonizzanti, e ancor di più la posizione monopolistica in cui il denaro pubblico si mette per difenderli, abbiano creato guasti imprevisti di cui bisognerebbe ormai prendere atto. Non riesco a non pensare, ad esempio, che l´insistita difesa della musica contemporanea abbia generato una situazione artificiale da cui pubblico e compositori, in Italia, non si sono più rimessi: chi scrive musica non sa più esattamente cosa sta facendo e per chi, e il pubblico è in confusione, tanto da non capire neanche più Allevi da che parte sta (io lo so, ma col cavolo che ve lo dico). Oppure: vogliamo parlare dell´appassionata difesa del teatro di regia, diventato praticamente l´unico teatro riconosciuto in Italia? Adesso possiamo dire con tranquillità che ci ha regalato tanti indimenticabili spettacoli, ma anche che ha decimato le file dei drammaturghi e complicato la vita degli attori: il risultato è che nel nostro paese non esiste quasi più quel fare rotondo e naturale che mettendo semplicemente in linea uno che scrive, uno che recita, uno che mette in scena e uno che ha soldi da investire, produce il teatro come lo conoscono i paesi anglosassoni: un gesto naturale, che si incrocia facilmente con letteratura e cinema, e che entra nella normale quotidianità della gente. Come vedete, i principi sarebbero anche buoni, ma gli effetti collaterali sono incontrollati. Aggiungo che la vera rovina si è raggiunta quando la difesa di qualcosa ha portato a una posizione monopolistica. Quando un mecenate, non importa se pubblico o privato, è l´unico soggetto operativo in un determinato mercato, e in più non è costretto a fare di conto, mettendo in preventivo di perdere denaro, l´effetto che genera intorno è la desertificazione. Opera, teatro, musica classica, festival culturali, premi, formazione professionale: tutti ambiti che il denaro pubblico presidia più o meno integralmente. Margini di manovra per i privati: minimi. Siamo sicuri che è quello che vogliamo? Siamo sicuri che sia questo il sistema giusto per non farci derubare dell´eredità culturale che abbiamo ricevuto e che vogliamo passare ai nostri figli? Terzo obbiettivo: nella crescita culturale dei cittadini le democrazie fondano la loro stabilità. Giusto. Ma ho un esempietto che può far riflettere, fatalmente riservato agli elettori di centrosinistra. Berlusconi. Circola la convinzione che quell´uomo, con tre televisioni, più altre tre a traino o episodicamente controllate, abbia dissestato la caratura morale e la statura culturale di questo Paese dalle fondamenta: col risultato di generare, quasi come un effetto meccanico, una certa inadeguatezza collettiva alle regole impegnative della democrazia. Nel modo più chiaro e sintetico ho visto enunciata questa idea da Nanni Moretti, nel suo lavoro e nelle sue parole. Non è una posizione che mi convince (a me Berlusconi sembra più una conseguenza che una causa) ma so che è largamente condivisa, e quindi la possiamo prendere per buona. E chiederci: come mai la grandiosa diga culturale che avevamo immaginato di issare con i soldi dei contribuenti (cioè i nostri) ha ceduto per così poco? Bastava mettere su tre canali televisivi per aggirare la grandiosa cerchia di mura a cui avevamo lavorato? Evidentemente sì. E i torrioni che abbiamo difeso, i concerti di lieder, le raffinate messe in scena di Cechov, la Figlia del reggimento, le mostre sull´arte toscana del quattrocento, i musei di arte contemporanea, le fiere del libro? Dov´erano, quando servivano? Possibile che non abbiano visto passare il Grande Fratello? Sì, possibile. E allora siamo costretti a dedurre che la battaglia era giusta, ma la linea di difesa sbagliata. O friabile. O marcia. O corrotta. Ma più probabilmente: l´avevamo solo alzata nel luogo sbagliato. Riassunto. L´idea di avvitare viti nel legno per rendere il tavolo più robusto è buona: ma il fatto è che avvitiamo a martellate, o con forbicine da unghie. Avvitiamo col pelapatate. Fra un po´ avviteremo con le dita, quando finiranno i soldi. Cosa fare, allora? Tenere saldi gli obbiettivi e cambiare strategia, è ovvio. A me sembrerebbe logico, ad esempio, fare due, semplici mosse, che qui sintetizzo, per l´ulcera di tanti. 1. Spostate quei soldi, per favore, nella scuola e nella televisione. Il Paese reale è lì, ed è lì la battaglia che dovremmo combattere con quei soldi. Perché mai lasciamo scappare mandrie intere dal recinto, senza battere ciglio, per poi dannarci a inseguire i fuggitivi, uno ad uno, tempo dopo, a colpi di teatri, musei, festival, fiere e eventi, dissanguandoci in un lavoro assurdo? Che senso ha salvare l´Opera e produrre studenti che ne sanno più di chimica che di Verdi? Cosa vuol dire pagare stagioni di concerti per un Paese in cui non si studia la storia della musica neanche quando si studia il romanticismo? Perché fare tanto i fighetti programmando teatro sublime, quando in televisione già trasmettere Benigni pare un atto di eroismo? Con che faccia sovvenzionare festival di storia, medicina, filosofia, etnomusicologia, quando il sapere, in televisione - dove sarebbe per tutti - esisterà solo fino a quando gli Angela faranno figli? Chiudete i Teatri Stabili e aprite un teatro in ogni scuola. Azzerate i convegni e pensate a costruire una nuova generazione di insegnanti preparati e ben pagati. Liberatevi delle Fondazioni e delle Case che promuovono la lettura, e mettete una trasmissione decente sui libri in prima serata. Abbandonate i cartelloni di musica da camera e con i soldi risparmiati permettiamoci una sera alla settimana di tivù che se ne frega dell´Auditel. Lo dico in un altro modo: smettetela di pensare che sia un obbiettivo del denaro pubblico produrre un´offerta di spettacoli, eventi, festival: non lo è più. Il mercato sarebbe oggi abbastanza maturo e dinamico da fare tranquillamente da solo. Quei soldi servono a una cosa fondamentale, una cosa che il mercato non sa e non vuole fare: formare un pubblico consapevole, colto, moderno. E farlo là dove il pubblico è ancora tutto, senza discriminazioni di ceto e di biografia personale: a scuola, innanzitutto, e poi davanti alla televisione. La funzione pubblica deve tornare alla sua vocazione originaria: alfabetizzare. C´è da realizzare una seconda alfabetizzazione del paese, che metta in grado tutti di leggere e scrivere il moderno. Solo questo può generare uguaglianza e trasmettere valori morali e intellettuali. Tutto il resto, è un falso scopo. 2. Lasciare che negli enormi spazi aperti creati da questa sorta di ritirata strategica si vadano a piazzare i privati. Questo è un punto delicato, perché passa attraverso la distruzione di un tabù: la cultura come business. Uno ha in mente subito il cattivo che arriva e distrugge tutto. Ma, ad esempio, la cosa non ci fa paura nel mondo dei libri o dell´informazione: avete mai sentito la mancanza di una casa editrice o di un quotidiano statale, o regionale, o comunale? Per restare ai libri: vi sembrano banditi Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, Adelphi, per non parlare dei piccoli e medi editori? Vi sembrano pirati i librai? è gente che fa cultura e fa business. Il mondo dei libri è quello che ci consegnano loro. Non sarà un paradiso, ma l´inferno è un´altra cosa. E allora perché il teatro no? Provate a immaginare che nella vostra città ci siano quattro cartelloni teatrali, fatti da Mondadori, De Agostini, Benetton e vostro cugino. è davvero così terrorizzante? Sentireste la lancinante mancanza di un Teatro Stabile finanziato dai vostri soldi? Quel che bisognerebbe fare è creare i presupposti per una vera impresa privata nell´ambito della cultura. Crederci e, col denaro pubblico, dare una mano, senza moralismi fuori luogo. Se si hanno timori sulla qualità del prodotto finale o sull´accessibilità economica dei servizi, intervenire a supportare nel modo più spudorato. Lo dico in modo brutale: abituiamoci a dare i nostri soldi a qualcuno che li userà per produrre cultura e profitti. Basta con l´ipocrisia delle associazioni o delle fondazioni, che non possono produrre utili: come se non fossero utili gli stipendi, e i favori, e le regalie, e l´autopromozione personale, e i piccoli poteri derivati. Abituiamoci ad accettare imprese vere e proprie che producono cultura e profitti economici, e usiamo le risorse pubbliche per metterle in condizione di tenere prezzi bassi e di generare qualità. Dimentichiamoci di fargli pagare tasse, apriamogli l´accesso al patrimonio immobiliare delle città, alleggeriamo il prezzo del lavoro, costringiamo le banche a politiche di prestito veloci e superagevolate. Il mondo della cultura e dello spettacolo, nel nostro Paese, è tenuto in piedi ogni giorno da migliaia di persone, a tutti i livelli, che fanno quel lavoro con passione e capacità: diamogli la possibilità di lavorare in un campo aperto, sintonizzato coi consumi reali, alleggerito dalle pastoie politiche, e rivitalizzato da un vero confronto col mercato. Sono grandi ormai, chiudiamo questo asilo infantile. Sembra un problema tecnico, ma è invece soprattutto una rivoluzione mentale. I freni sono ideologici, non pratici. Sembra un´utopia, ma l´utopia è nella nostra testa: non c´è posto in cui sia più facile farla diventare realtà.

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trasportati a padova i primi cordoni ombelicali (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Spilimbergo. Il gruppo ha il compito di organizzare i trasferimenti del materiale organico nelle strutture ospedaliere specializzate. La seconda spedizione in marzo Trasportati a Padova i primi cordoni ombelicali I volontari della Protezione civile hanno debuttato ieri facendo una staffetta con Palmanova SPILIMBERGO. Il gruppo comunale di Protezione civile ha avuto l'onore e il merito di compiere il suo primo viaggio previsto dal "Progetto cordone ombelicale" che, ogni giorno dal lunedì al venerdì, permette la raccolta e il trasporto a Padova di tutti i frutti delle donazioni della regione. L'esordio è avvenuto ieri mattina quando la squadra spilimberghese si è recata all'ospedale di Pordenone. Il Santa Maria degli Angeli, infatti, è punto di raccolta provinciale. La squadra si è trasferita al casello autostradale di Portogruaro dove il prezioso carico è stato consegnato ai colleghi di Palmanova che l'hanno portato a Padova. «Siamo molto soddisfatti - ha commentato l'assessore comunale alla Protezione civile, Roberto Mongiat - perché si tratta di un servizio importante». Il sangue del cordone ombelicale è (assieme al midollo osseo e al sangue periferico) fonte di cellule staminali emopoietiche, progenitrici di tutte le linee cellulari del sangue, in grado cioè di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Da qui la sua importanza, tanto che a Padova è sorta una delle prime banche nazionali per la raccolta di questo tessuto. Alla base, ovviamente, ci deve essere la disponibilità della partorienti, la cui informazione e sensibilizzazione viene effettuata dalle associazioni di volontariato, mentre la formazione del personale addetto viene svolta dalle strutture sanitarie. Compito della Protezione civile è quello di organizzare il trasporto dei campioni di sangue ombelicale dai vari centri nascita della regione al centro di raccolta della Banca del sangue di cordone ombelicale di Padova, dove deve pervenire entro 36 ore dal parto. Per questa attività è stata richiesta la collaborazione dei volontari e dei mezzi dei gruppi comunali di Protezione civile del Friuli Venezia Giulia. Ogni giorno feriale, a turno, per almeno due anni, un equipaggio di volontari sarà disponibile negli 11 centri nascita della regione per prelevare i contenitori e consegnarli al corriere che dal centro operativo regionale della Protezione civile di Palmanova parte alla volta di Padova. I volontari di Spilimbergo sono stati assegnati all'ospedale di San Daniele del Friuli. Ieri, effettuato il ritiro dei campioni, alle 7, i volontari sono partiti per Palmanova. Verso le 9.30 un automezzo della Protezione civile regionale con a bordo i contenitori di unità di sangue cordonale si è poi diretto verso la Banca del sangue del cordone ombelicale di Padova. Il prossimo turno per i volontari di Spilimbergo, a marzo, è fissato per martedì 3 e lunedì 23 (mercoledì 4 e martedì 24 come eventuale riserva). Guglielmo Zisa

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Almunia: <L'Ue è preparataa soccorrere Stati in difficoltà> (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Almunia: «L'Ue è preparataa soccorrere Stati in difficoltà» l'annuncio del commissario bruxelles. L'Unione europea potrebbe dovere salvare uno Stato membro in difficoltà anche se è improbabile che ciò avvenga, specialmente nell'Eurozona. Lo ha detto ieri il commissario Ue agli Affari economici, Joaquin Almunia. Stati quali l'Ungheria e la Lettonia hanno ricevuto assistenza dall'Ue e altri paesi che appartengono ai 27 potrebbero avere bisogno di un supporto finanziario, ha continuato. «Non è da escludere che un Paese fuori dall'area euro possa avere bisogno di assistenza - ha detto - ma non credo che succederà». Per Almunia i paesi dell'Eurozona si trovano in condizioni migliori rispetto a quelli dell'Unione europea e quindi hanno minore necessità di aiuti da parte dell'Unione europea. «Nell'Eurozona la posizione non è la stessa, sia in termini di debito pubblico, che di debito con l'estero o capacità di reagire alla recessione».Il commissario vede il prossimo G20 che si terrà a Londra come un test importante per la gestione della crisi finanziaria. Gli Stati devono proporre una risposta coordinata. «C'è il rischio che il summit non sia un successo e in quel caso ci troveremo un problema di leadership proprio in un momento molto duro della crisi». Per Almunia il G20 dovrà raggiungere decisioni per coordinare sia le regole sui mercati finanziari, che la politica fiscale e monetaria. «L'alternativa è il protezionismo», ha detto. «È vero che la globalizzazione ha portato rischi, ma il più grande rischio adesso è la de-globalizzazione». 24/02/2009

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prossima vittima, il turismo - massimo paoli (sezione: Globalizzazione)

( da "Tirreno, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

GLI EFFETTI DELLA CRISI PROSSIMA VITTIMA, IL TURISMO La nostra attrattività per servizi scadenti e prezzi troppo alti perde posizioni. Va colta l'occasione per un cambiamento MASSIMO PAOLI Il Pil degli Usa sprofonda a -1,3% mentre la disoccupazione raggiunge lo storico livello del 9%. Il Giappone registra l'apertura di un abisso nel dato della ricchezza prodotta, -12% su base annua nell'ultimo trimestre. L'Europa a 27 sta rivedendo al ribasso la dinamica del Pil ben oltre il già inquietante -1,5% previsto. Gli osservatori dell'economia italiana sono ormai pronti ad accettare revisioni al ribasso anche del già catastrofico -2,5% previsto come Pil 2009. E non è solo il sistema manifatturiero a preoccupare. In realtà oggi stanno per essere investiti dalla crisi anche i settori più rilevanti del mondo dei servizi, e quello che sembra doverne temere i contraccolpi più pesanti è il settore del turismo. In generale perché è un servizio la cui domanda è molto legata e dipendente dall'andamento del reddito pro-capite dei turisti potenziali, in particolare perché il sistema turistico italiano fa acqua da tutte le parti. Nonostante infatti che l'Italia sia la cassaforte naturale del 65% dei beni culturali di pregio storico artistico del mondo, il Travel & Tourism Competitiveness Report del 2008 curato dal World Economic Forum ci avverte che abbiamo attratto 41 milioni di turisti stranieri contro i 79 della Francia, i 59 della Spagna, i 51 degli Usa e i 50 della Cina scendendo al quinto posto delle presenze. In termini di valore questo flusso vale per l'Italia 38 miliardi di dollari nell'ultimo anno calcolato, contro gli 86 degli Usa, i 51 della Spagna e i 43 della Francia, collocandola al quarto posto del ranking mondiale (insidiatissimo per altro da Cina e UK entrambe a 35). Lo stesso studio, che calcola un importante indice di attrattività dei flussi turistici, ci avverte però che siamo precipitati in quella fondamentale classifica al 28º posto. Fanno meglio di noi persino sistemi di accoglienza come quelli della Svezia, dellIslanda, di Honk Kong, Cipro ed Estonia. Una volta tanto i motivi sono molto chiari. Primo: i prezzi del ciclo turistico italiano, dai ristoranti agli intrattenimenti passando per gli alberghi, sono troppo elevati. Secondo: a fronte di tali salatissimi prezzi si erogano servizi assolutamente inadeguati. Terzo: prezzi alti e servizi scadenti sono l'effetto di una dimensione media troppo frazionata della proprietà delle imprese della filiera turistica. Troppe imprese, troppo piccole, troppo spesso a conduzione familiare, senza un briciolo di quella cultura dell'accoglienza, essenziale ormai per il successo delle attività legate alla persona. Il quarto motivo è legato al fatto che in Italia quella che abbiamo chiamata filiera turistica è così solo per noi osservatori. Troppo spesso le imprese non mostrano di possedere il benché minimo senso di appartenenza a una tale entità senza capire che sono ormai chiamate a rispondere in solido della qualità che tale filiera eroga nei diversi punti. Il quinto motivo si riferisce infine al modello di turismo da perseguire, e questo riguarda molto anche la costa toscana labronico-maremmana in quanto tale (un meravigioso Chianti con il mare unico al mondo). Finora il modello di attrazione turistica è stato mediocremente quantitativo, più ne vengono meglio è. Per capire quanto sia folle questo atteggiamento per uno scrigno come la costa degli Etruschi basta chiedersi: è meglio un turista che sta 10 giorni o 10 che stanno un giorno? La risposta è ovvia, ma per dargli seguito occorre una sorta di nuova frontiera del marketing per l'attrazione dei flussi turistici, orientato all'accoglienza e all'obiettivo di massimo radicamento dei turisti. La crisi potrebbe essere un'occasione di razionalizzazione anche per questo settore, un'occasione per cambiare modello di sviluppo turistico. L'Italia e la costa toscana, prima di essere mete turistiche sono state mete intellettuali, poetiche e ideali per generazioni di nord-europei e non solo, che agognavano al viaggio in Italia come al Viaggio alla scoperta di se stessi. Come sarebbe bello poter tornare ad essere il luogo dove si va alla ricerca di sé (e abbracciare i nuovi Byron, Shelley e così via).

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cesar brie ora mette in scena l'odissea nella globalizzazione - micol argento (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XXVIII - Bologna Cesar Brie ora mette in scena l´Odissea nella globalizzazione MICOL ARGENTO MODENA - Al Teatro delle Passioni di Modena, stasera debutta "Odissea" del boliviano Teatro De Los Andes. Lo spettacolo viene presentato in prima nazionale da oggi, con testo e regia di César Brie. Frutto di un lavoro durato tre anni, "Odissea" prosegue idealmente la rilettura personale del regista argentino sui poemi epici, calati profondamente nell´attualità: «tutti i temi del teatro di Brie sembrano fondersi in una profonda riflessione sulla violenza e sul tempo, nel tentativo di rivedere la tragedia antica alla luce della propria storia» (Fernando Marchiori). Dopo L´Iliade, il lavoro drammaturgico della compagnia Teatro De Los Andes continua su un percorso comune, portato avanti tra mille difficoltà, ma nella radicalità politica e poetica di un teatro inteso come vita di comunità, prendendo spunto dalla condizione sociale della Bolivia di oggi, dalla realtà di migliaia di persone che si vedono costrette in cerca di un futuro migliore. Come fu per Ulisse, lo spettacolo si concentra sull´idea dell´«errare», da una terra all´altra, raccontando così un´odissea contemporanea nel segno della globalizzazione, nella perdita di radici, nello sfrangiarsi e frantumarsi sulla scena di un mondo in mutazione. Repliche domani il 27, 28 febbraio e dal 3 al 7 marzo, spettacolo ore 21; 1 e 8 Marzo, ore 16.

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la nuova dogana al propeller (sezione: Globalizzazione)

( da "Tirreno, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 8 - Livorno La nuova dogana al Propeller LIVORNO. "Nuova dogana europea: trasformazione dei ruoli e delle aspettative". Questo il tema di un incontro al Propeller club. Ospite del presidente Francesco Ruffini e dei soci, Pasquale Dioguardi, responsabile team audit per lo status europeo Aeo. L'argomento è stato introdotto dal direttore dell'Ufficio della Dogana Luigi Benedetto Martina. La dimensione del ruolo economico rivestito dalla dogana in un contesto di globalizzazione - ha spiegato Dioguardi - è stata recepita in svariate norme che concorrono alla semplificazione dei regimi doganali insieme al crescente utilizzo delle procedure elettroniche, che diventerà obbligatorio nel 2013. C.B.

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la ue: possibili salvataggi di stati (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 6 - Economia La Ue: possibili salvataggi di Stati Grecia e Irlanda in forti difficoltà Sarebbe escluso un fallimento disastroso come è successo in Argentina BRUXELLES - E´ uno spettro che si aggira per il continente del quale tutti parlano, ma sempre con vaghezza. L´idea che un Paese europeo, o peggio della moneta unica, entri in crisi toglie il sonno alle cancellerie di mezza Europa. La scorsa settimana sono uscite indiscrezioni su un piano di salvataggio tedesco volto proprio ad evitare il peggio dentro la zona euro. Ieri ne ha parlato il commissario Ue agli Affari economici, Joaquin Almunia, sottolineando che in futuro qualche capitale dell´Unione potrebbe avere bisogno di essere aiutata per evitare il crac. «Non è da escludere che un Paese fuori dall´area euro possa avere bisogno di assistenza - ha detto ieri Almunia - ma non credo che succederà». Come negli ultimi giorni gli occhi sono puntati sull´est Europa, le cui condizioni economiche vanno aggravandosi tra recessione, svalutazione delle monete e crisi bancaria galoppante. Sono invece più remote - ha proseguito il responsabile Ue - le possibilità che ad entrare in crisi sia una capitale dell´Unione monetaria: «Nell´eurozona c´è una situazione diversa per quanto riguarda il debito pubblico e con l´estero, così come diversa è la capacità di reagire alla recessione». Per ora, dunque, c´è fiducia nella moneta unica, anche se gli addetti ai lavori non nascondono qualche preoccupazione per Grecia e Irlanda, i paesi più sotto stress per via dei crescenti interessi sul debito pubblico. Tuttavia, assicurano tutti gli esperti, un allarme default (un fallimento in stile argentino) è lontano mille miglia. Intanto in Germania una notizia shock ha scosso i mercati: secondo Norbert Walter, capo economista di Deutsche Bank, quest´anno l´economia teutonica potrebbe contrarsi del 5%. Una previsione oltretutto ottimista: «L´economia tedesca - ha detto - calerà del 5%, ma solo se avremo una ripresa quest´estate, il che non è certo. In questo caso non si può escludere un calo superiore al 5%». Previsione drammatica subito stoppata dalla cancelleria di Berlino, con un portavoce della Merkel che ha sottolineato come al momento sia «troppo presto» per lanciarsi in simili stime (per ora il governo calcola un -2,25% del Pil). In mezzo a scenari tanto catastrafici arrivano però anche parole di fiducia. Il ministro dell´Economia spagnolo, Pedro Solbes, ha sottolineato che se al G20 di Londra del 2 aprile i grandi del mondo riusciranno a mettere sul tavolo «misure efficaci, potremo essere più ottimisti sulla fine della crisi». Dello stesso avviso Almunia, secondo cui la riunione sarà un test importante sulla reale volontà di lottare contro il protezionismo («de-globalizzare sarebbe ancora più pericoloso della globalizzazione»). Intanto domenica l´ennesimo vertice straordinario Ue dall´arrivo della crisi sarà dedicato proprio al protezionismo. Oltretutto in mattinata ci sarà un pre-summit dei paesi dell´est europeo che chiederanno all´Unione di rispettare le regole su mercato unico e libera circolazione e di resistere alle sirene di chi vuole alzare le mura per difendere la sua economia a scapito di quelle dei partner comunitari. Un chiaro riferimento alle tanto criticate misure protezionistiche francesi. (a. d´a.)

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pronto intervento dell'asia fondi freschi contro le crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 23 - Economia Global market Pronto intervento dell´Asia fondi freschi contro le crisi Nessuno al mondo può produrre alluminio a 1.000 dollari, perché la somma dei costi dei materiali, compresa l´energia e il trasporto, è superiore a 1.600 dollari Al vertice europeo di Berlino ha fatto da contrappunto un analogo summit dei paesi dell´Estremo Oriente sull´isola thailandese di Phuket. Ma a differenza degli europei che si sono limitati a dichiarazioni di principio, gli asiatici hanno messo sul tavolo risorse reali. Hanno deciso di triplicare la dotazione di capitali della Asian Development Bank (Adb), rafforzando inoltre con 40 miliardi di dollari Usa un fondo di liquidità speciale destinato a soccorrere i paesi dell´area che si trovassero confrontati con una crisi di sfiducia dei mercati. Il capitale della Adb aumenterà a 115 miliardi di dollari: è il primo aumento di mezzi propri deciso dai suoi soci in 15 anni. La decisione è stata presa dai 10 Stati membri dell´associazione del sudest asiatico (Asean) a cui si sono aggiunti per il vertice di Phuket anche Cina, Giappone e Corea del Sud. Assieme, questi paesi controllano la più vasta quantità di riserve valutarie del pianeta, quasi 4.000 miliardi di dollari. Hanno deciso di rafforzare gli accordi swap fra le loro banche centrali, per essere pronti a intervenire tempestivamente di fronte alle prime avvisaglie di una bancarotta sovrana, come quelle che sconvolsero l´area nel 1997. La situazione oggi è profondamente diversa rispetto a 12 anni fa, per la solidità delle bilance dei pagamenti e delle finanze pubbliche della maggior parte di questi paesi. Tuttavia l´Estremo Oriente è stato colpito duramente dalla recessione globale che ne ha depresso le esportazioni, e in qualche paese questo ha provocato già fughe di capitali e tensioni valutarie (Corea del Sud). Federico Rampini [addio ai supermutui] Addio ai mutui del 100 per cento. Gordon Brown ha chiesto alla Financial Services Authority (Fsa), l´agenzia che regolamenta e controlla il settore finanziario, di riesaminare le norme che finora permettevano alle banche di offrire prestiti per l´intero valore di una proprietà immobiliare, e anche oltre. Fonti di Downing street indicano che in effetti il primo ministro ha chiesto alla Fsa di proibire d´ora in avanti i mutui di questo genere, che con l´avvento della recessione globale hanno aumentato il peso della crisi sulla società britannica. Decine di migliaia di case sono tornate in mano alle banche lo scorso anno, quando i proprietari sono diventati incapaci di ripagare il debito, e la sovraesposizione per cifre molto alte ha contribuito al terremoto del settore bancario. Brown afferma ora che gli acquirenti di case dovranno risparmiare di più prima di poter ricevere un mutuo. «Vogliamo assistere alla rinascita dei tradizionali istituti di credito britannici», osserva il premier laburista, «che concedono prestiti su base attenta e prudente, sia a chi dispone di ampio capitale, sia a coloro che hanno un reddito medio o modesto». I giornali prevedono che potranno esserci limitazioni anche ai mutui «multipli», che offrivano prestiti fino a sei volte il salario del richiedente. Enrico Franceschini

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ASIA IN MOVIMENTO (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

MEDIATTIVISMO, UNA NUOVA RETE PER OPPORSI INSIEME ASIA IN MOVIMENTO L'underground del continente si muove, si confronta e si organizza. I temi: precarietà, battaglie ambientali, lotte urbane, resistenze contadine. Centrale la comunicazione. Tra i motori di collegamento l'Asian Media Activist che vuole unire in un solo luogo virtuale tutti gli attivisti Simone Pieranni PECHINO Un anno e mezzo fa, in uno dei tanti siti che raccolgono notizie di lotte internazionali, era giunta una richiesta di sostegno in merito ad una campagna contro la cementificazione di un'area di un'isola di nome Makassar. Nel post si denunciava l'arresto per sovversione di un graffittaro che aveva scritto qualcosa contro lo stato. La firma era di un gruppo anarchico indonesiano. Il post non ebbe seguito e forse finì nella comune valutazione di molte cose asiatiche: con un misto di curiosità e di superiorità rispetto a quei messaggi così naif agli occhi occidentali. Invece, anche in Asia si muove un movimento, complicato dalle mille differenze, che ora appare desideroso di raccogliersi intorno ad alcuni grandi temi. Precarietà, battaglie ambientali, media attivismo, network: in Asia sembra riemergere una partecipazione civile e politica, animata da gruppi di persone che decidono di lanciarsi in un progetto che riesca a coprire l'intero continente. E' l'obiettivo dell'Asian Media Activist Network: unire in un unico luogo virtuale, con periodici appuntamenti fisici, gli attivisti dell'intero continente. Con modalità, strumenti e metodologie profondamente radicate nelle culture asiatiche, seppure diverse tra loro, lasciando perdere per un po' l'Europa, gli Stati Uniti, l'occidente e utilizzando semmai alcune trovate facilmente impiantabili sul proprio territorio. Ed ecco la Mayday (e una boutique di autoproduzioni ispirata da Serpica Naro) in Giappone e a Giakarta, in Indonesia; l'anarchismo, le occupazioni e le lotte contro le basi Usa in Corea del Sud; i No Tav di Hong Kong; la battaglie delle anziane donne asiatiche rese schiave dall'impero giapponese durante la seconda guerra mondiale; la lotta dei produttori di banane nelle campagne Filippine e quelle del collettivo Urban Chaos, anarchici delle città o ancora quella degli attivisti di Taiwan per preservare un antico ospedale per vecchi malati. Tante storie e una grande verità: in Asia qualcosa si sta muovendo, tra innovazione e proteste anti imperialismo americano («vai all'inferno tu e i tuoi aiuti», diceva uno striscione durante una protesta contro gli Stati Uniti lo scorso anno in Indonesia). Tra tradizione - in Giappone sono stati prodotti dei cd contenenti i riots del 68 nel Sol Levante e altre immagini di scontri tra studenti e forze dell'ordine - e modernità, il G8 dello scorso anno ospitato dal Giappone sembra avere dato nuova linfa ai movimenti underground asiatici: anarchici soprattutto, punk, precari, pink, lavoratori migranti, contadini, associazioni dei diritti umani, femministe, media attivisti si sono ritrovati, nel confronto con gli occidentali, nel racconto del le loro storie, nella condivisione di passioni e difficoltà ad agire in paesi dove la legislazione e la durezza della repressione consentono poca agibilità politica. E ora, quando disoccupazione e precarietà diventano temi forti anche da queste parti, si identifica per lo più nel processo comunicativo, di gestione della comunicazione, una grande responsabilità e allo stesso tempo una possibilità di scalfire i Grandi. E dal Giappone e dalla Corea del Sud, soprattutto, parte il tentativo di un progetto comune, che raccolga le esperienze dei gruppi di attivisti, pochi ma frizzanti, sparsi per l'Asia. Il movimento dei movimenti asiatico, almeno nelle speranze. Grazie alle attività del manipolo di mediattivisti, si apre un universo spesso ignorato sia dai media mainstream, sia dalle realtà occidentali più underground, così impegnati nel tentativo di leggere la storia ufficiale degli altri, ignorando le storie minori, quelle che navigano nelle acque sotterranee delle città d'Oriente. E su internet nascono fanzine o vere e proprie riviste on line, come la recente Jalan,Journal of asian liberation, composto da filippini, cinesi, coreani, cambogiani, pakistani e palestinesi o blog in cui vengono raccontati in presa diretta i tentativi di opporsi al mondo globale. Eccone alcuni esempi. Gentrification, è una parola inglese che indica quel processo che espelle dai propri quartieri la popolazione storica a basso reddito, per sostituirla, dopo una riqualificazione del territorio, con una nuova popolazione ad alto reddito. In Italia il fenomeno è avvenuto senza che quasi ce ne accorgessimo, così come la perdita di luoghi pubblici, il trionfo dei non luoghi, infine la resa sotto i colpi del concetto di «sicurezza». A Hong Kong tutto questo sta accadendo contemporaneamente: i mediattivisti locali si sono saputi inserire all'interno delle battaglie degli abitanti per partecipare alla pianificazione della città. Obiettivo, evitare la gentrification di alcune aree storiche di Hong Kong e la distruzione di alcuni moli popolari, i pochi spazi pubblici rimasti disponibili. Anche in questo caso gli attivisti hanno unito partecipazione sociale a volontà di denuncia. Nel caso della chiusura di un mercato popolare, per consentire ai ricchi che posteggiavano le auto in un garage vicino di scorrazzare senza troppi fastidi, un intero quartiere si è ribellato. Più cresceva la partecipazione popolare, con tanto di presentazione di piano alternativo, più i videomaker, fotografi e giornalisti aumentavano le loro azioni. Simbolica anche la battaglia combattuta nel 2007 da un gruppo di attivisti, ragazzi, ma anche contadini e lavoratori migranti: in quel caso si trattava di lottare contro la chiusura del Queen's pier, molo storico di Hong Kong. La scusa, il traffico. La verità, costruire una piccola base militare e stroncare un luogo in cui tradizionalmente sorgono movimenti popolari di contestazione. Nelle Filippine gli anarchici non se la passano bene. La cosa non stupisce e per questo hanno girato un video in cui uno di loro parla con un ampio fazzoletto sul collo. Dal 2001 a oggi 900 attivisti, 80 dei quali giornalisti, sono stati uccisi o sequestrati. E' la storia della battaglia anti repressione del gruppo Pinagkaishang Kolektiba, anarchici filippini sui generis. Hanno creato uno spazio sociale, che chiamano Autonomous Center e che ha uno slogan «Workers of the World: Relax!». Tra loro ci sono anche attivisti che si definiscono «cristiani anarchici». Fanno guerrilla gardening, partecipano alle attività di «Food not bombs» e puntano molto sulla diffusione di letteratura e manualistica. Il centro è diventato un punto di ritrovo per molti ragazzini che altrimenti non potrebbero permettersi di studiare o di comprare penne, matite, quaderni. Lì trovano tutto, grazie all'aiuto di molti volontari. Dentro la libreria però, non si fuma, non ci si fanno le canne e non si possono consumare alcolici. Durante la seconda guerra mondiale furono più di centomila le donne rapite dai giapponesi da territori diversi: Cina, Malesia, Vietnam, Indonesia, Corea. Lo scopo era quello di farle diventare schiave dei soldati giapponesi, liberi di abusarne sessualmente. Sono le comfort women. Alcune ragazze giapponesi hanno ascoltato il loro racconto e si sono appassionate alla causa. Hanno messo insieme un'organizzazione che lavora in alcune direzioni precise: rintracciare le donne sparse nel mondo, trovare il modo di farle ascoltare e lottare perché il governo giapponese si scusi e produca una forma di sostegno per donne anziane ormai, che spesso vivono in condizioni di miseria estrema. Sempre dal Giappone arriva un'altra forma di organizzazione che ha portato alla luce un problema apparentemente poco noto, la vita dei senza casa delle grandi città giapponesi. Spesso occupano alcune zone dei parchi per costruire vere e proprie cittadelle: sono precari o disoccupati. Fino a poco tempo fa vivevano in case vicino ai parchi che adesso occupano. Uno di loro, intervistato da un attivista giapponese, racconta che, appena ha tempo, si chiude in un internet point: può comunicare la sua storia e trovare un posto caldo dove dormire. Nel mischione di attivismo degli ultimi anni, tra echi occidentali e peculiarità asiatiche, c'è stata anche un forte lotta anti Stati Uniti, in Corea. E i coreani, recentemente scossi da un incendio provocato dalla polizia in uno squat, in cui sono rimasti uccisi cinque occupanti e un poliziotto, non scherzano per niente. Attivismo, sperimentazione sui media, ma anche azioni dirette senza troppi ripensamenti. Un anarchico coreano ha raccontato la storia del villaggio di Daechu-ri, un centro abitato circondato dalla base militare Usa e preso di mira dal governo: dalla sua distruzione dipendeva la promessa fatta agli Usa di un ampliamento della base. Qualcosa che ricorda molto da vicino vicende italiane recenti. Gli abitanti del villaggio si rivoltano, arrivano in soccorso anarchici, pacifisti, anti capitalisti. Viene occupata la scuola e l'irruzione violenta della polizia riporta alla memoria altre similitudini italiane.

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Volevamo uno strumento che non venisse dagli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

INTERVISTA I primi passi dell'Asian Media Activist Network, nato da un incontro in Corea del sud «Volevamo uno strumento che non venisse dagli Usa» S. Pi. PECHINO T.H. è un ragazzo giapponese, studia Sociologia all'università e fa parte dell'Asian Media Activist Network. Ha preso parte all' organizzazione e alle giornate del G8 in Giappone ed è reduce da un breve tour in Asia. L'obiettivo era quello di incontrare realtà di attivisti tra Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud e Cina: lo scorso settembre si è tenuto un incontro in Corea del Sud, dal quale è nata la volontà di dotare gli attivisti asiatici di strumenti comuni, utilizzando internet e i media a disposizione. Obiettivo, comunicare quanto accade in termini di lotte sociali nei propri paese, provando a convergere su elementi comuni. Di che progetto si tratta? Vogliamo creare un network tra tutti i vari nodi di attivisti in Asia. Un modo per comunicare quanto accade nei singoli paesi, in una prospettiva generale asiatica. Naturalmente alcuni di noi partecipano anche ad Indymedia e altre piattaforme on line, ma sentivamo di avere bisogno di una cosa che non provenisse dagli Stati Uniti, come nel caso di Indymedia, ma che nascesse, maturasse e fosse sviluppata direttamente da noi. Per ora abbiamo un sito ancora work in progress, si chiama Champon, ma ha già la disponibilità della lingua inglese, coreana, giapponese, cinese semplificata e cinese di Taiwan. E' già un passo avanti. Come è nata l'idea? Abbiamo cominciato a capire che bisognava fare qualcosa di simile nel 2007. Abbiamo organizzato il No G8 Network in occasione del summit in Giappone. Abbiamo imparato tanto e ci siamo confrontati con coreani, taiwanesi, gente di Hong Kong. Poi abbiamo fatto un ulteriore incontro dopo il G8 e abbiamo deciso di lanciare la proposta, mettendo da parte anche diatribe storiche. Noi siamo contro la globalizzazione, vogliamo confrontarci e mescolarci culturalmente, parlare di ambiente, di sviluppo sostenibile, di diritti, di lavoro. E' abbastanza per provarci. Che idea ti sei fatto dai tuoi incontri con altri attivisti? Che siamo pochi, ma abbiamo molta volontà. Ognuno ha le sue problematiche da affrontare ma abbiamo trovato alcuni temi comuni, come la precarietà, ad esempio, e metodologie comuni: la rete, il mediattivismo. Alcune delle realtà che ho incontrato sono all'inizio, come se improvvisamente alcuni si fossero risvegliati. Quali sono i prossimi passaggi? La costruzione della rete attraverso una mailing list internazionale, la partecipazione al prossimo G8 in Italia e un incontro già previsto per settembre 2009 in cui fare le prime valutazioni di questo anno, in Giappone. Quali sono i temi più rilevanti della vostra attività? Lavoro, ambiente e diritti umani.

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Dal mercurio al galinstan (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

TerraTerra Manuela Cartosio Dal mercurio al «galinstan» «Sono in vendita gli ultimi termometri a mercurio». Il criptico annuncio è esposto da qualche giorno nelle vetrine di alcune farmacie. In che senso «ultimi»? I cartelli evitano di spiegare che dal 3 aprile i termometri al mercurio saranno messi al bando per effetto di un decreto ministeriale emanato lo scorso luglio. Il decreto recepisce una direttiva europea che vieta la produzione e la vendita del familiarissimo strumento per evitare che, quando si guasta o si rompe, il mercurio finisca tra i rifiuti e si disperda nell'ambiente. Proprio per questo il vecchio termomtero che abbiamo in casa non va buttato via. Possiamo continuare a usarlo (quando si romperà dovremo consegnarlo in farmacia?). Nella colonnina dei nuovi termometri ci sarà il «galinstan», una lega di gallio, indio e stagno. Non sappiamo se il «galinstan» farà le palline cha saltano dappertutto come «l'argento vivo» dei ricordi d'infanzia. Diventati grandi abbiamo imparato che il mercurio che tanto ci stupiva da bambini è un metallo pesante che fa parecchi danni alla salute, soprattutto quando entra nella catena alimentare. Il nome Minamata è tristemente noto anche ai non addetti ai lavori. Nella baia di Minamata, in Giappone, l'azienda chimica Chisso sversò per oltre trent'anni scarichi al mercurio. Il metallo pesante, assorbito da pesci e molluschi di cui si cibava la popolazione, causò decine di migliaia di casi di quello nel 1956 fu descritto come il «morbo di Minamata»: alterazione della sensibilità, perdita della coordinazione motoria, danni alla vista e all'udito, tremori e convulsioni, danni al cervello, malattie congenite e malformazioni del feto. Pur non raggiungendo picchi così drammatici, la presenza di metilmercurio nei pesci continua a essere una minaccia, soprattutto per le popolazioni che mangiano molto pesce. Il Gruppo di lavoro internazionale "Zero Mercury" ha monitorato i livelli di mercurio presenti nei pesci provenienti da tre diverse aree del mondo (Bengala, Manila, sei paesi costieri della Ue). Ha rilevato che un po' ovunque molte varietà esaminate contengono concentrazioni di mercurio superiopri a 0,5 mg/kg, il massimo consentito dagli standard internazionali. "Zero Mercury" ha pubblicato il suo rapporto alla vigilia della riunione a Nairobi del Consiglio governativo del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep). Il summit si è chiuso il 20 febbraio con un accordo sottoscritto dai 140 paesi partecipanti per limitare l'uso del mercurio. Non è una messa al bando, ma è comunque un primo passo avanti dopo anni di paralisi. L'impegno d'arrivare entro 4 anni a un trattato «giuridicamente vincolante» sul mercurio è uno dei primi effetti della presidenza Obama. Caduto il veto degli Usa, anche i paesi in passato recalcitranti (Cina, India, Sudafrica) hanno firmato la dichiarazioni d'intenti, in cambio della promessa che il trattato terrà conto delle «situazioni particolari». Secondo l'Unep, il 45% delle emissioni di mercurio è causata dai combustibi fossili, soprattutto dalle centrali a carbone; il 18% dalla lavorazione dell'oro. Il ciclo del cloro-soda è un'altra potente causa di inquinamento da mercurio. Due terzi dei rilasci di mercurio si verificano in Asia. Cina, Usa e India sono nell'ordine i paesi che contribuiscono di più all'emissione di mercurio. Il consumo annuo globale di mercurio è di circa 3.600 tonnellate. Il primo fornitore, con mille tonnellate, è l'Unione europea dove il 50% dei prodotti contenenti mercurio finisce in discarica.

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La svolta di Obama: in soccorso di Citigroup E Wall Street crolla (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-02-24 num: - pag: 5 categoria: REDAZIONALE La svolta di Obama: in soccorso di Citigroup E Wall Street crolla L'ipotesi di una nazionalizzazione di fatto La Casa Bianca vuole dimezzare il deficit Il listino Usa ai minimi dal '97. E il cino americano Locke viene dato per favorito alla guida del ministero del Commercio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Se non è l'arma nucleare della nazionalizzazione delle banche, è qualcosa di molto simile. Di fronte a una crisi sempre più grave e complessa, Barack Obama apre un nuovo e più ambizioso fronte della sua strategia d'attacco. Nel giorno in cui il presidente rilancia la disciplina fiscale e si impegna ufficialmente a dimezzare entro la fine del suo primo mandato il deficit di bilancio ereditato dal predecessore, il Tesoro e la Federal Reserve confermano di lavorare a un passo senza precedenti. Se i 20 grandi istituti di credito americani non superassero il cosiddetto «stress test», dimostrandosi cioè in grado di assicurarsi da sole una capitalizzazione sufficiente a sopravvivere anche nello scenario di un ulteriore peggioramento del quadro economico, allora il governo USA è pronto a pretendere quote azionarie con diritto di voto in cambio dei suoi interventi. Lo afferma, con linguaggio inusualmente esplicito, un comunicato congiunto delle autorità economiche e monetarie, che oggi a Washington dovrebbero spiegare i dettagli dell'esame di stress, destinato probabilmente a durare diverse settimane prima di essere completato. «Il fabbisogno finanziario delle maggiori banche verrà valutato in una situazione economica ancora più difficile. Se questo esame dovesse portare alla conclusione che nuove iniezioni di capitale siano necessarie, allora agli istituti potrebbe essere richiesto di dare al governo il diritto di acquistare azioni ordinarie, con diritto di voto », recita il testo, firmato dal Tesoro, dalla Fed e dalle Agenzie federali di vigilanza e controllo. Ieri in serata si è anche appreso che il presidente dovrebbe nominare l'ex governatore dello Stato di Washington Gary Locke, il primo cino-americano nella carica, a segretario al Commercio, posto ancora libero dopo il ritiro di Tom Daschle. La nuova disciplina per le banche varrà sia per quelle che riceveranno nuove infusioni di denaro pubblico, sia per quelle che ne hanno già beneficiato. In questo secondo caso, l'Amministrazione chiederebbe loro di trasformare in ordinarie le azioni privilegiate già ottenute in cambio dei fondi erogati. Ma il progetto «partecipazioni statali» nella proprietà bancaria è già più di uno scenario teorico. Confermando le anticipazioni di ieri del Wall Street Journal, le autorità federali hanno ammesso di essere in avanzata fase di trattative con Citigroup, per un accordo del genere: il Tesoro è pronto ad assumere tra il 25% e il 40% del pacchetto azionario della banca, scambiando le azioni privilegiate, con dividendo garantito, ottenute quando ha lanciato all'istituto in crisi un salvagente da 45 miliardi di dollari. Il negoziato non comporta alcuna elargizione aggiuntiva di denaro pubblico, ma liberando Citigroup dall'obbligo di pagare i dividendi ne rafforzerebbe la capitalizzazione. Il governo perderebbe il diritto ai rendimenti, ma rafforzerebbe il suo controllo, di fatto ottenendo diretto potere nella nomina o nel licenziamento dei manager e nella strategia del gruppo. La parola «nazionalizzazione» è stata accuratamente evitata. Anzi l'Amministrazione ha detto che «l'assunzione forte» di tutto questo è che «la banche dovrebbero rimanere in mani private». Una rassicurazione che Wall Street sembra avere in parte apprezzato: in una giornata tragica, con gli indici sprofondati ai livelli del 1997, i titoli dei principali istituti sono andati in controtendenza, alcuni registrando anche sensibili aumenti. Ma la sostanza non cambia: nel destino delle banche americane, temporaneamente o meno si vedrà, c'è il governo. Non più «parte del problema», come ammoniva Ronald Reagan, ma come soluzione tout court. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama rilancia la disciplina fiscale. Ma la crisi dell'economia continua: tra gli ultimi sviluppi, le previsioni del mercato per una perdita trimestrale da 60 miliardi per Aig, che potrebbe chiedere nuovi aiuti allo Stato Paolo Valentino

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In gennaio cresce solo la Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-02-24 - pag: 40 autore: Acciaio In gennaio cresce solo la Cina Il gennaio da primato dello scorso anno è dimenticato, salvo in Cina: la produzione di acciaio grezzo il mese scorso ha accusato una flessione complessiva del 24%, arrivando a 86 milioni di tonnellate nei 66 Paesi che sono sotto la lente della World Steel Association (precedentemente nota come International Iron and Steel Institute). Pechino, come sempre negli ultimi anni, ha fatto la parte del leone, producendo 41,5 milioni di tonn., quantitativo che supera del 2,4% il dato del gennaio 2008. Tra gli altri big è invece una sagra di ridimensionamenti a due cifre percentuali. L'eccezione è l'India, che ha visto la produzione ridursi del 4,8%. Invece la Corea del Sud ha registrato un calo del 25,6% e il Giappone ha perso il 37,8%, pur confermandosi il numero due mondiale, con 6,4 milioni di tonnellate. Tutt'altro che tranquillizzanti le cifre che World Steel riporta per i maggiori produttori dell'Unione europea: il calo in Germania è del 35,6%, in Italia del 40,4%, in Francia del 46,7%. Per la Russia la flessione è del 49,1% e per l'Ucraina del 45,1%. La crisi dell'auto e dell'edilizia ha colpito ancor più duramente gli Stati Uniti, dove la produzione in gennaio è caduta a 4,1 milioni di tonnellate, il 52,7% meno di un anno prima. Nella graduatoria mondiale, l'India conferma il terzo posto già occupato in dicembre, davanti agli Usa, mentre la Turchia, con 1,95 milioni di tonnellate, sorpassa sia il Brasile, a 1,62 milioni, sia l'Italia, la cui siderurgia è undicesima al mondo, con 1,59 milioni di tonnellate.

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Il Go global cinese va avanti (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-02-24 - pag: 23 autore: Intervista. Parla Wei Wang, capo della China M&A Association: Pechino fa acquisizioni all'estero, forte delle sue riserve «Il Go global cinese va avanti» Protagoniste le società di Stato - I gruppi privati per ora più prudenti Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La Cina cercherà di approfittare della grande crisi globale per fare shopping in giro per il mondo. Ma con cautela, perché comprare aziende straniere è facile, ma gestirle è molto più difficile. Parola di esperto. Cinquant'anni, fondatore di M&A Management Holding, una delle principali società cinesi di fusioni e acquisizioni, presidente della China Mergers and Acquisitions Association, un Phd conseguito alla Fordham University di New York, una lunga esperienza nel corporate finance, Wei Wang è convinto che l'offensiva cinese sui mercati stranieri sia solo all'inizio. Ma il neo-protezionismo dei Paesi occidentali creerà molti ostacoli alla campagna acquisti lanciata da Pechino. Negli ultimi giorni, la Cina ha offerto 20 miliardi di dollari per rilevare due società minerarie australiane, e ha fatto incetta di pozzi petroliferi in Sudamerica. è un ritorno della politica del "Go global" lanciata qualche anno fa dal Governo cinese? Nessun ritorno. L'acquisto di aziende all'estero è una scelta strategica adottata tempo fa dalle grandi società di Stato cinesi con l'esplicito avallo politico e finanziario del Governo. Su di essa non c'è mai stato alcun ripensamento. Perché, nonostante la recessione e la caduta dei consumi mondiali, la Cina continua ad avere tanto appetito per le materie prime? è un fenomeno strutturale. Grazie alla globalizzazione, la Cina è diventata il principale polo manifatturiero del pianeta. In quanto tale, ha bisogno di una quantità crescente di materie prime per produrre ciò che le viene richiesto dalla domanda mondiale. Quindi, il fatto che la Cina acquisti due società minerarie australiane rientra in un'efficiente allocazione delle risorse a livello globale. In fondo, una trentina d'anni fa, le multinazionali giapponesi fecero lo stesso. I prezzi depressi degli asset internazionali favoriranno questo processo? Sì, ma fino a un certo punto. Sebbene oggi i grandi gruppi cinesi potrebbero comprare sui mercati esteri con un forte sconto rispetto al recente passato, bisogna tenere presenti tre fattori che potrebbero frenare la loro proiezione internazionale. Il primo è che, in molti casi, le società cinesi destinate a diventare protagoniste della politica del "Go global" hanno già problemi a gestire bene se stesse a livello di marketing, finanza e distribuzione. Il secondo è che queste stesse società devono ancora finire di integrare il loro business sul mercato cinese. Il terzo è che, proprio perché i prezzi hanno raggiunto livelli molto bassi, gli stranieri saranno riluttanti a vendere. I numerosi insuccessi registrati finora dalle società cinesi nelle loro acquisizioni straniere, a partire da Lenovo- Ibm, non potrebbero frenare un po' gli entusiasmi? No, perché questo è il prezzo che tutte le aziende giovani e ambiziose, come appunto quelle cinesi di oggi, devono pagare nel loro processo d'internazionalizzazione. Credo che, nonostante gli insuccessi, la voglia delle nostre aziende di svilupparsi oltre i confini nazionali resti immutata. Inoltre, bisogna tener presente che la politica del "Go global" coinvolge soprattutto le grandi società di Stato, e le grandi società di Stato ripetono spesso gli stessi errori giacché non sono orientate al profitto. E le aziende private? Molte di loro vorrebbero globalizzare il proprio business realizzando acquisizioni estere. Ma siccome, a differenza dei gruppi di Stato, non possono contare sui capitali pubblici e devono badare alla solidità dei propri bilanci, in questa fase di crisi devono pensare soprattutto a sopravvivere. Chi ce la farà, rispolvererà i propri piani di espansione in tempi migliori. Nel risiko del Merger & Acquisition planetario, dunque, restano solo i colossi di Stato. Come si muoveranno? Una delle conseguenze della crisi finanziaria globale è che oggi la Cina è più capitalista dei vecchi capitalisti. Insomma, ha in tasca molti più soldi delle sue controparti occidentali. A mio parere, questa posizione di forza andrebbe sfruttata per rilevare partecipazioni di maggioranza nelle società straniere più piccole, e per incrementare le quote di minoranza nelle grandi aziende estere già partecipate con l'obiettivo di contare di più nella loro gestione. Giusto pochi giorni fa, Pechino ha ribadito che l'espansione internazionale deve essere una priorità strategica delle aziende cinesi. Cosa farà il Governo per sostenere questa politica? Innanzitutto, fornirà un generoso sostegno finanziario alle società di Stato che intendono aggredire i mercati esteri. E poi si farà carico di gestire politicamente le acquisizioni oltremare, dando le massime garanzie ai Governi coinvolti nelle operazioni. In questo logica, per evitare che la campagna acquisti cinese venga accolta con ostilità all'estero, penso che d'ora in avanti il nostro Governo cercherà di non ostacolare le acquisizioni straniere in Cina. A questo riguardo, l'operazione Coca Cola- Huiyuan Juice, sulla quale la Commissione Antimonopolio cinese dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane, rappresenterà un interessante banco di prova. Non crede che, con l'aria di neo-protezionismo che tira nel mondo, qualsiasi gesto di buona volontà cinese finirebbe comunque per scontrarsi con il supremo "interesse nazionale" di questo e di quel Paese? Probabilmente sì. Ma con modalità diverse rispetto al passato. Proprio perché c'è la crisi, infatti, oggi i politici dei grandi Paesi del mondo non possono permettersi di alimentare sfiducia sulla globalizzazione. Per questa ragione, le tensioni protezionistiche anti-cinesi non si trasformeranno in scontri frontali, ma nella costruzione caso per caso di barriere di carattere tecnico. Lo vedremo presto. Entro fine mese, si saprà come andrà a finire la partita di International Lease Finance. Secondo lei, China Investment Corporation ce la farà ad acquistare la divisione leasing aeronautico dell'Aig? Sarei felice, ma non credo proprio. Si tratta di un'operazione troppo importante, una di quelle su cui scatta automaticamente la clausola del supremo "interesse nazionale". Penso che l'Amministrazione Obama non abbia alcuna voglia di finire subito sotto accusa per aver venduto al fondo sovrano cinese un pezzettino dell'economia americana. ganawar@gmail.com AVALLO POLITICO «L'acquisto di aziende all'estero è una scelta strategica senza alcun ripensamento» RECIPROCITà «Per evitare ostilità verso la nostra campagna acquisti non ostacoleremo gli stranieri in Cina» NO AL PROTEZIONISMO «La crisi non può consentire atteggiamenti di sfiducia nei confronti della globalizzazione» STRATEGA DI MATRIMONI MISTI Il presidente con il Phd americano Wei Wang, 50 anni, è il presidente della China Mergers and Acquisitions Association, nata nel 2004 per promuovere la globalizzazione delle aziende cinesi sotto l'egida della Federazione dell'Industria e del Commercio. Esperto nel campo delle fusioni e acquisizioni, Wang ha fondato la M&A Management Holding, una delle principali società cinesi nel settore. Un Phd conseguito alla Fordham University di New York, ha una lunga esperienza nel campo delle istituzioni finanziarie: dalla Construction Bank of China alla Bank of China, dalla Chemical Bank fino alla Banca mondiale. è consigliere economico per più di un ministero cinese e per diversi Governi provinciali. REUTERS

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Un periodo nero: mi si è guastata la lavatrice, che aveva solo tre anni di vita e l'ho consegna... (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Martedì 24 Febbraio 2009 LETTERE Pagina 19 Un periodo nero: mi si è guastata la lavatrice, che aveva solo tre anni di vita e l'ho consegna Un periodo nero: mi si è guastata la lavatrice, che aveva solo tre anni di vita e l'ho consegnata a un riparatore. Ieri, mi hanno comunicato che la riparazione costa 200 euro più IVA, mentre, a suo tempo, l'apparecchio era stato pagato 300 euro. Ho deciso di lasciare la lavatrice al riparatore e di comprarne una nuova. Mio marito, invece, ha comperato un'auto usata di grossa cilindrata per 6.000 euro, con l'assicurazione che ha fatto 80.000 kilometri, come segna il contakilometri. Dopo un mese il motore è andato in tilt e dal meccanico è venuto a sapere che la vettura aveva fatto almeno 250.000 kilometri e che per rimettere un motore nuovo bisognava spendere 5.500 euro. Ha deciso di rottamare la macchina, di comprarne una nuova e di fare causa al venditore. Ma viviamo veramente in un mondo usa e getta? I due casi denunciano una situazione destinata a volgersi sempre più in un precipizio. I beni nuovi costano proporzionalmente sempre di meno, mentre i costi delle riparazioni fuori garanzia aumentano proporzionalmente sempre di più: ne consegue che tra i rifiuti e i rottamatori finiranno sempre più merci, che la produzione e il consumo aumenteranno a un ritmo sempre più frenetico impoverendo sempre più le risorse e l'ambiente, che il numero di liti giudiziarie e stragiudiziarie con produttori, venditori e riparatori è destinato a crescere. Ormai negli angoli delle strade o vicino ai cassonetti dei rifiuti si vede un po' di tutto, televisori, frigoriferi, cucine, motocicli, materassi, vestiti, mobili, lavabi, scaldabagni, eccetera. In Giappone il mercato dell'usato è presso che scomparso, è inutile anche mettere avvisi sui giornali per regalare televisori o mobili usati, si abbandonano perfino biciclette perfettamente funzionanti e le aziende della nettezza urbana, soltanto a Tokyo, devono raccogliere ogni anno tre milioni di oggetti pesanti fino a 2 quintali, che non sanno come smaltire. Si è pensato di buttarli a mare per farne tane per i pesci, come del resto a New York. Fra l'altro, il problema è aggravato dal fatto che le case sono costruite senza gli ampi ripostigli e soffitte di una volta, ove si poteva accantonare la roba usata o rotta. Anche il "fai da te" nelle riparazioni è diventato problematico o impossibile, si possono fare piccoli lavori, ma il numero di apparecchi e di materiali che sono entrati nelle case è troppo elevato e complicato e, a parte il tempo, occorrerebbero troppe attrezzature specialistiche e molta competenza. I televisori sono fatti ormai a componenti sostituibili, che teoricamente rendono più semplice la riparazione, ma nessuno è in grado di costruirsi un componente, ammesso che sappia quale si è guastato, anzi non si trovano in vendita, mentre con le radio di una volta bastava spesso guardare quale diodo si era spento e ricomprarlo. Non si trovano molti pezzi di ricambio non solo perché non sono in vendita, ma anche perché dopo pochi anni non vengono più fabbricati, altro problema sul quale ci sarebbe molto da discutere. Durante l'elaborazione della Direttiva CE sulla responsabilità del produttore per danni da prodotti difettosi si discusse a lungo sulla durabilità dei prodotti e, quindi, sulla responsabilità del produttore. Alla fine, si stabilirono 10 anni (ora art. 126 del Codice del consumo), nel senso di presumere che un prodotto cessa di vivere, di circolare e di funzionare dopo 10 anni. In molti casi non si ha più la possibilità materiale di far riparare un oggetto rotto o logorato. Stanno scomparendo i materassai, gli arrotini, i seggiolai, gli ombrellai e altri artigiani che facevano mestieri preziosi. Gli ombrelli non si riparano più perché vengono importati a 0,40 euro dalla Cina e rivenduti per le strade dagli ambulanti a 3 euro, una somma che non basterebbe certo per una riparazione. Una buona sedia costa 50 euro, ma se un falegname ci mette le mani nei chiede altrettanti. La pulizia di un orologio dall'orologiaio costa 40 euro, quanto un orologio di tipo economico. Del resto, per fare un vestito da uomo, un sarto chiede 450 euro, assai più di quanto costerebbe in negozio lo stesso vestito. Anche la semplice risuolatura delle scarpe costa oggi 25 euro, quasi il prezzo di un paio di scarpe vendute "a saldo". Le cause di questa situazione, sempre più preoccupante non solo per i prezzi, ma soprattutto per le centinaia di migliaia di tonnellate di merci che si buttano, per lo spreco di materie prime, per l'ambiente e, infine, per i fastidi e i costi procurati dai prodotti che si guastano rapidamente, specialmente quelli importati dalla Cina e dal terzo mondo, sono diverse. Intanto i produttori hanno scarso o nessun interesse a fabbricare beni lungamente durevoli, sia per il motivo evidente che il ricambio rapido frutta più soldi sia per battere la concorrenza sui prezzi. Una buona parte di colpa è anche del fisco, che per lucrare ha stabilito scelleratamente un'IVA del 20% sulle riparazioni, incrementando così l'evasione e l'abbandono in discarica degli oggetti usati. Da parte sua, il cliente non ha alcun interesse a pagare l'IVA, in cambio della quale non riceve niente, anzi impinguando le casse erariali aumentano sprechi e ruberie. L'immissione sul mercato di un numero incalcolabile di modelli dello stesso prodotto e in tempi sempre più ravvicinati spinge ulteriormente l'acquirente al ricambio dell'usato: una volta ogni azienda produceva tre o quattro modelli di televisori o di ferri da stiro, oggi si trovano nei negozi anche 45 modelli della stessa marca. Spesso il progresso tecnico ha introdotto caratteristiche di utilità, come nel caso delle padelle in teflon, ma ha accorciato la vita del prodotto, dato che il teflon se ne va dopo due anni e l'alluminio sottostante "attacca". A tutta questa mole imponente di merci che si devono buttare o si buttano dopo pochi mesi o anni, va aggiunta quella forse ancora più imponente dell'usa e getta che si butta ogni giorno e che ha sostituito l'usa e riusa, come gli strofinacci e i tovaglioli di cotone, i piatti di ceramica, i bicchieri di vetro, le posate di metallo, le teglie da forno, le bottiglie "a rendere", i pannolini e gli assorbenti rilavabili. Tuttavia, l'usato rotto o guasto non si ripara perché costa troppo ripararlo e tendenzialmente si arriva al paradosso che costa più il lavoro del prodotto finito. Fra l'altro, per il riparatore che applica le sue tariffe è indifferente il valore dell'usato, anzi più l'oggetto è usato e, presumibilmente, più occorre lavoro e impegno per ripararlo. Le tariffe delle prestazioni e dei mestieri considerati una volta "umili" sono aumentate in misura esponenziale, anche se si sta assistendo ad una inversione di tendenza dovuta agli immigrati che hanno imparato il mestiere di riparatori, ma lavorano prevalentemente in nero. Comunque, potrebbero essere la risorsa del domani.  

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Gli Stati Uniti dovevano muoversi con più anticipo (sezione: Globalizzazione)

( da "Tempo, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

stampa Il ministro Tremonti «Gli Stati Uniti dovevano muoversi con più anticipo» La nazionalizzazione delle banche americane andava fatta prima. è lapidario il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel dare un giudizio sul possibile ingresso dello Stato nell'americana Citigroup. «Forse era meglio nazionalizzare le banche ex ante», ha spiegato Tremonti nel corso di un convegno sulla globalizzazione organizzato dalla Fondazione Arvedi Buschini. Secondo il ministro ci sarebbe voluto «coraggio» e questo «avrebbe dato un effetto di fiducia e sarebbe costato molto meno». Tremonti, però, ha sottolineato che non tutto è perduto perché dall'attuale crisi «emergeranno delle opportunità» e ci sarà «una spinta ad una rivoluzione industriale». Il ministro ha poi aggiunto che sorgerà «un mondo scientificamente più sviluppato, diverso e rinforzato da nuove tecnologie. è finito il mondo convinto di creare felicità e ricchezza a mezzo del debito, la ricchezza si crea con il lavoro». Il ministro non ha poi mancato di lanciare una «frecciata» ai media colpevoli, secondo lui, nel momento della crisi «di un'ossessiva, parossistica, ripetitiva meccanica della comunicazione». Tremonti ha argomentato che «c'è stata un'eccessiva esagerazione in tutto il mondo: non si deve far censura, ma non si deve neanche sublimare la logica per cui le uniche notizie sono le cattive notizie».

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Berlusconi vede Sarkozy: "Europa più forte" (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

n. 47 del 2009-02-24 pagina 0 Berlusconi vede Sarkozy: "Europa più forte" di Redazione Berlusconi intervistato da Le Figaro: "La crisi è grave ma la risposta è stata tempestiva. Grazie al federalismo potremo ridurre gli sprechi e le imposte". Nuova candidatura: "Non sarò io a decidere se restare al governo, ma gli italiani con il loro voto" Lasciare a fine mandato o ricandidarsi a premier? «Siamo in democrazia e questa scelta non spetta a me ma agli italiani che andranno a votare». Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi risponde a Richard Heuzé, corripondente da Roma di «Le Figaro», in un?intervista che uscirà oggi sul quotidiano francese e, nella sua versione integrale, sul prossimo numero di «Politique Internationale». Un botta e riposta che prende spunto dal vertice italo-francese in programma oggi a Roma e che affronta i principali temi d?interesse internazionali, dal cambio della guardia alla Casa Bianca alla crisi in Medio Oriente, dalla crisi economica mondiale agli obiettivi della presidenza italiana del G8. Ma anche l?occasione per tracciare un bilancio dei primi nove mesi di governo e per delineare le linee d?azione future. Il G8 si riunisce nel 2009 sotto la presidenza italiana. Per la terza volta dal 1994 lei sarà il presidente. Quali le sue priorità e come intende condurre il mandato? «Lei vuole proprio ricordarmi che sono invecchiato... è vero, presiedo il G8 per la terza volta, nessuno prima di me lo ha fatto. Mitterrand e Kohl ne hanno presieduti due. è una grande responsabilità, perché il mondo attraversa una fase difficile e piena di incognite. Non mi riferisco solo alla crisi finanziaria globale, ma anche alle relazioni con la Federazione Russa, al conflitto israelo-palestinese, alla stabilizzazione di Afghanistan e Irak, all?escalation nucleare dell?Iran, alla crisi del Darfur, e ancora alla fame, alla povertà e al cambiamento climatico, che mettono in pericolo il conseguimento degli “Obiettivi del millennio”. Non si può indicare una priorità, ve ne sono diverse: dalle regole per la governance globale dell?economia a una nuova architettura delle istituzioni finanziarie internazionali, dalla mediazione tra i leader sui temi ambientali prima del summit 2009 sul clima a Copenaghen, a un concetto di sviluppo che comprenda più attori e più strumenti. Tutto questo richiede un ripensamento della natura e struttura del G8. Un aspetto che potrebbe apparire formale, ma non lo è». Intende che cambierà il formato del G8, e che il G7-G8 precederà il G20? Cosa si aspetta? Perché vuole allargare il G8? «L?Italia vuole che il G8 sia sempre più rappresentativo ed efficace. Per essere rappresentativo in un mondo che cambia con la rapidità di oggi, deve essere inclusivo, deve aprirsi alle economie emergenti e dialogare con la parte di pianeta più povera. L?Italia non vuole la fine del G8, non vuole il suo scioglimento. Al contrario, vuole un G8 più forte e più concreto. Noi proponiamo una più stabile e strutturata associazione al G8 dei Paesi del G5 (Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa) oltre all?Egitto, in rappresentanza del mondo arabo, musulmano e africano. è cruciale il confronto su temi specifici con singoli gruppi di Paesi, per esempio quelli africani, secondo il principio delle “geometrie variabili”. Non è questione di nomi o formule vuote, ma di governance internazionale, di democrazia. Non sarà facile organizzare un G8 con queste ambizioni, ma sono sicuro che ci riusciremo». Lei era un grande amico di George W. Bush. Come giudica il neo presidente Usa Barack Obama? E che cosa si attende da lui? «Non è possibile fare un paragone tra ciò che è stato e ciò che sarà. Non tocca a me giudicare la presidenza di George W. Bush, sarà la storia a farlo. Per me è stato, ed è, un amico, un uomo che stimo. Si è trovato a guidare la nazione americana in uno dei momenti più tragici della sua esistenza, a fronteggiare l?11 settembre, cioè il primo attacco militare sul territorio degli Stati Uniti dai tempi di Pearl Harbor. Con me è stato leale, il suo sì era un sì, il suo no un no. Ma dietro l?amicizia c?era la solida alleanza tra Italia e Stati Uniti, tra i nostri due popoli. è su questa base che si sta cominciando a costruire un rapporto di stima, fiducia e collaborazione tra me e Barack Obama. Nei primi contatti che ho avuto con Obama, ho capito che ci legano tratti comuni. è un leader concreto e positivo, che si prepara a fondo sulle questioni, che conosce molto bene i dossier della politica internazionale, e con il quale si ragiona. Ci lega pure l?“audacia della speranza”. Un tratto necessario nei momenti di crisi». (...) Pensa che l?Europa sia uscita rafforzata dal semestre francese di presidenza europea? Che opinione può dare sull?operato del presidente Nicolas Sarkozy? Dove ha agito positivamente e cosa avrebbe dovuto fare in più o in modo diverso? «Il presidente Sarkozy ha condotto il semestre di presidenza europea con intelligenza e determinazione. è stata una presidenza forte e autorevole. La nostra collaborazione è stata piena e in molte situazioni il contributo dell?Italia è stato decisivo. La Francia si è trovata, come presidente di turno, a gestire sia la chiusura del pacchetto-clima, sia la crisi finanziaria, sia il conflitto tra Federazione russa e Georgia, con tutte le conseguenze per i rifornimenti di gas. Su tutti questi fronti, Sarkozy ha potuto contare sul nostro sostegno e lo ha riconosciuto pubblicamente. Entrambi crediamo in un?Europa più forte, in linea con il processo riformatore di Lisbona. Un?Europa vicina ai cittadini, più democratica e più autorevole sulla scena internazionale». Nel summit italo-francese a Roma, si parlerà ancora del progetto Alta Velocità Torino-Lione. Tenendo conto dell?opposizione delle popolazioni locali, può garantire che l?Italia aprirà i cantieri come previsto da qui al 2011 e realizzerà quest?opera entro le scadenze previste? «Poche settimane fa il mio governo ha confermato il commissario Mario Virano alla presidenza dell?Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione. Intendiamo accelerare il lavoro per completare il Corridoio 5. L?Alta Velocità era nel nostro programma elettorale, c?è pieno accordo nel governo, quindi la Torino-Lione si farà. Noi attribuiamo un?importanza strategica allo sviluppo delle infrastrutture. Abbiamo riaperto tanti cantieri chiusi dal precedente governo tenuto sotto ricatto dal fanatismo ambientalista, e mi fa piacere che anche a livello europeo stia prevalendo un?idea nata con la presidenza italiana della Ue nel 2003, cioè l?emissione di eurobond per finanziare le grandi infrastrutture continentali, idea che ha avuto la sua traduzione politica nelle conclusioni della presidenza francese». Tornando a guidare il governo nel maggio 2008, lei ha proclamato la volontà di «cambiare l?Italia». Sarebbe in grado di tracciare un bilancio di quello che ha già fatto e di quello che le sembra più degno di nota? «In campagna elettorale avevamo annunciato che volevamo cambiare l?Italia, ma anche che era imminente (siamo stati gli unici a dirlo) una crisi economica di portata globale che non avrebbe avuto precedenti negli ultimi cinquant?anni. Rivendico al mio governo, oltre alla soluzione della tragedia dei rifiuti a Napoli e in Campania e al mantenimento dell?Alitalia come compagnia di bandiera, successi che ci hanno dato una grande popolarità, l?essere riusciti a mettere in sicurezza i conti pubblici con una legge finanziaria che per la prima volta ha il respiro di un triennio, con un profilo di deficit condiviso a livello europeo e tale da consentirci di affrontare la crisi con gli strumenti di finanza pubblica più adeguati. In secondo luogo, ci siamo battuti in Europa per finanziare le grandi infrastrutture di cui il continente ha bisogno e che in Italia erano state bloccate da veti ideologici. Inoltre, con la riforma della scuola abbiamo gettato le basi perché la classe dirigente italiana sviluppi le proprie potenzialità secondo standard europei. Stiamo procedendo alla riforma della giustizia perché i diritti della difesa siano equiparati a quelli dell?accusa e tutti i cittadini possano avere giustizia in tempi rapidi. La riforma passerà attraverso una netta distinzione tra magistratura inquirente e magistratura giudicante. A ciascuno il suo lavoro, senza commistioni». Si sa che lei dà molta importanza a questa riforma, in particolar modo alla riforma dei tribunali, come pure la Francia ha iniziato a fare. è davvero così vitale come sostiene, o è solamente a causa dei suoi rapporti controversi colla magistratura che sarà limitato il potere dei «piccoli giudici»? «La macchina della giustizia deve recuperare efficienza e credibilità. La civiltà di una nazione si misura anche dalla capacità di rendere giustizia ai propri cittadini. In Italia si trascina da anni un problema che le illustro con un paradosso. Succede che gli stupratori vengano messi in libertà, mentre i cittadini perbene non riescono a ottenere un verdetto in tempi utili. Manca la certezza della pena. La giustizia, di fatto, è negata. Il nostro obiettivo è quello di accelerare i processi e semplificare i riti. Spesso, per un eccesso di discrezionalità e legami troppo stretti tra giudici giudicanti e accusa, non sono garantiti i diritti della difesa. Non ho alcun problema personale con la magistratura non politicizzata, per la quale ho, anzi, il massimo rispetto. Infatti, nonostante una quantità impressionante di indagini, perquisizioni e processi contro di me e contro le società del mio gruppo, ne sono sempre uscito innocente. è facile pensare che si sia tentato di liquidarmi politicamente per via giudiziaria, ma questo, ormai, appartiene al passato. Gli italiani lo hanno capito da tempo». Il Parlamento sta per varare il federalismo fiscale reclamato a gran voce dalla Lega Nord, vostro alleato. In che modo cambierà la vita del Paese? Non sussistono rischi politici e di budget troppo importanti per un Paese fragile come l?Italia? «Il federalismo, a cominciare da quello fiscale, è una riforma prevista dalla nostra Costituzione. La stessa sinistra - che adesso lo osteggia per interesse politico - lo aveva proposto durante il primo governo dell?Ulivo. Era nel nostro programma elettorale, è una promessa che avevamo il diritto e il dovere di mantenere. L?obiettivo è ridurre gli sprechi, abbassare le tasse, controllare da vicino l?efficienza e la moralità dei governi locali. Il contrario dei timori che lei ha evocato». Come immagina l?Italia nel 2011, come vorrebbe che fosse, quali ostacoli pensa di dover affrontare? «Il primo ostacolo è la crisi che l?Italia sta attraversando al pari degli altri Paesi. Noi ci siamo attivati tempestivamente. Sono stato il primo in Europa a dichiarare che non avremmo permesso il fallimento di alcuna banca, con conseguente perdita dei risparmi per i cittadini. Il nostro sistema bancario ha retto all?urto, grazie alla sua solidità. Ci siamo anche preoccupati immediatamente degli effetti della crisi sulle fasce più deboli della popolazione, attuando misure concrete come i “bonus” per le famiglie più povere e numerose, la social card, il fondo per i neonati, le detrazioni di spesa per gli asili nido e i pubblici trasporti, i fondi per agevolare gli affitti, gli sconti fiscali sui mutui e un grande finanziamento per alimentare gli ammortizzatori sociali a favore non soltanto dei lavoratori a tempo indeterminato ma anche dei lavoratori precari. L?Italia sta riconquistando le posizioni perdute negli ultimi anni. Sarà necessario rimboccarsi le maniche. Sogno un?Italia nella quale prevalga il merito e i giovani possano tutti sviluppare le proprie capacità. Un?Italia capace di competere nel mondo, e nella quale nessuno sia lasciato solo». Spesso lei evoca il suo successore, auspicando che sia giovane. Si è prefisso una data per il passaggio di potere? Ha rinunciato per sempre all?idea di ricandidarsi a fine mandato? «Io ho interpretato e interpreto il mio impegno politico come un servizio al mio Paese. Ero il più invidiato imprenditore italiano. Ho deciso di impegnare tutto me stesso per preservare il mio Paese da un?ipotesi comunista e da un futuro incerto e confuso. Ho messo a disposizione degli italiani le mie capacità e le mie esperienze. Sto presiedendo il mio terzo G8, come lei ha ricordato. Non credo che ne presiederò un quarto, ma l?Italia è una democrazia, non una monarchia, quindi le date dei passaggi di potere non le decido io. Sono gli italiani a deciderle, ogni cinque anni, con il voto». Quali sono stati i momenti più felici dei suoi quattordici anni di esperienza politica? Cosa si rammarica di non aver potuto fare? «Credo di aver dato contributi importanti in politica estera, per esempio con l?associazione della Federazione Russa alla Nato che si è celebrata a Pratica di Mare nel 2002, sancendo la fine della guerra fredda. In politica interna, credo di aver contribuito a far rialzare l?Italia all?indomani della stagione di Mani pulite, quando i partiti che avevano governato per decenni erano stati spazzati via dalla rivoluzione giudiziaria di stampo comunista. Il pericolo era che il Paese finisse in mano alla sinistra comunista. è successo nel 1994. Sono tornato a Palazzo Chigi nel 2001, sono fiero di aver guidato il governo più longevo nella storia della Repubblica fino al 2006, quando la sinistra è tornata al potere in modo rocambolesco. Me ne dispiace ancora, perché in quel momento l?Italia ha perso l?occasione di profittare della congiuntura economica favorevole». Dopo il summit Nato a Pratica di Mare nel maggio 2002, che ha gettato le basi di un nuovo sistema di sicurezza internazionale, i rapporti Russia-Nato sono peggiorati. (...) Quali elementi positivi per le relazioni Est-Ovest è in grado di leggere nella recente attualità, e quali timori avverte? «Mantenere un dialogo sempre aperto con la Federazione russa è una delle priorità per l?Europa e per tutto l?Occidente, se davvero si vuole un mondo stabile e sicuro. I rapporti eccellenti che ho saputo instaurare con i vertici della Federazione russa mi hanno consentito di svolgere un ruolo rilevante nelle ultime crisi, quella georgiana e quella del gas, dando anche una efficace collaborazione al presidente Sarkozy durante la sua presidenza di turno dell?Unione europea». Sette anni dopo il G8 di Genova, che ha segnato l?inizio di una particolare attenzione verso l?Africa, l?Italia detiene per un anno la presidenza del club dei Paesi più ricchi del mondo. Al summit di Hokkaido, nel luglio scorso, lei ha affermato la volontà di ottenere progressi tangibili sui grandi dossier in sospeso. Quali saranno le sue priorità per lo sviluppo? «Anzitutto, alla Maddalena per la prima volta la sessione del G8 e del G14 sarà estesa ai Paesi africani. Un nostro obiettivo è quello di rafforzare la sicurezza alimentare tramite la collaborazione strutturata in “global partnership” tra produttori, consumatori e privati per stimolare gli investimenti e rendere più efficienti e coordinati gli aiuti. Un altro progetto al quale da sempre sono affezionato è il potenziamento dell?e-governance, un modo per rafforzare le istituzioni dei Paesi più poveri e promuovere in concreto la trasparenza e la partecipazione democratica. Oltre, naturalmente, a tutti gli altri dossier già noti». Lei era molto vicino a George W. Bush. Come ha reagito all?elezione di Obama: disappunto, inquietudine, o al contrario soddisfazione? «Non mi pare che George W. Bush fosse più candidato alla presidenza degli Stati Uniti... è improprio fare paragoni in politica, ma in questo caso ancora di più. A Bush mi lega un rapporto di profonda stima e di amicizia. Sarà la storia a giudicare i suoi due mandati alla Casa Bianca. Non abbiamo sempre avuto le stesse idee, anche riguardo alla politica verso il Medio Oriente, ma alcune diversità di approccio non hanno incrinato i nostri buoni rapporti e la nostra collaborazione. Obama comincia adesso e potrà contare, come Bush, sull?amicizia non solo mia, ma, ciò che più conta, del popolo italiano, in linea con quella tradizione di alleanza tra i nostri due Paesi, oggi più forte che mai». In politica estera quali grandi cambiamenti vorrebbe veder adottati dagli Usa? L?uscita di Bush prelude a un nuovo mondo multipolare, o pensa che gli Usa continueranno a imporre la loro legge all?intero pianeta? «Appartengo a una generazione che deve la propria dignità, la propria libertà e il proprio benessere al sacrificio di tanti cittadini americani nella Seconda guerra mondiale, e che ha vissuto gli anni della guerra fredda sotto l?incubo di una contrapposizione tra blocchi che poteva degenerare in guerra atomica. Quando il Muro è crollato, è cambiato il mondo e si è creduto che fosse rimasta un?unica superpotenza, gli Stati Uniti. Io non ho mai pensato agli Stati Uniti come a un Paese dal quale ci dovessimo guardare, che avesse mire imperialistiche o che volesse imporre al mondo la propria legge. Credo che sarebbe sbagliato descrivere un mondo sottomesso all?America. Il mondo è più complesso, è un mondo multipolare anche in virtù della crescente potenza asiatica. E poi, la Federazione Russa è tutt?altro che in declino. Le ultime vicende finanziarie, le minacce all?economia globale, hanno dimostrato senza ombra di dubbio che non può essere solo l?America a indicare la strada, ma anche che da essa non si può comunque prescindere. Le soluzioni dipenderanno dal coordinamento e dalla collaborazione che sapremo sviluppare a livello globale». Italia e Francia dividono la responsabilità di sorvegliare la frontiera tra Israele e Libano. La situazione attuale la soddisfa? Pensa che un equilibrio delle forze sia stato realizzato? Quale avvenire prevede per il Libano? «La missione di pace dei nostri 2300 militari sta assolvendo con successo al mandato ricevuto. La collaborazione tra Italia e Francia, a livello politico e sul campo, è piena e senza pecche. La stabilità a lungo termine dipenderà ovviamente da un assetto globale dell?area e dal processo di pace che mi auguro presto possa riprendere tra israeliani e palestinesi, ma anche tra israeliani e libanesi». Il vostro governo è tradizionalmente vicino a Israele. Pensa che questa nazione accetterà un giorno la creazione di uno Stato palestinese? Bisogna invitare Hamas al tavolo della conferenza? «è evidente anche a Israele che una pace duratura passa attraverso la creazione di uno Stato palestinese. Il principio è stato accettato dagli israeliani, che lo condizionano però alla sicurezza. Come dargli torto? Il problema è un altro, forse inverso. Si può dialogare con un?organizzazione terroristica come Hamas, che nega alla radice la legittimità di uno Stato membro delle Nazioni Unite come Israele? Come può Israele trattare con chi non ha ancora rinnegato né abbandonato l?uso del terrorismo, con chi si ostina a lanciare razzi contro popolazioni inermi? Israele, del resto, sa che le sue azioni, sia pur difensive, devono essere proporzionate all?offesa, e che un numero esorbitante di vittime civili tra i palestinesi è una sconfitta anzitutto per la politica israeliana». L?Europa destinerà quest?anno l?1,5% del suo Pil per affrontare la crisi economica. I criteri di Maastricht saranno attenuati per un anno. Questo sarà sufficiente? Quando avverrà la ripresa? Quali sforzi supplementari sarà necessario fare? «Io credo che l?Europa stia affrontando la crisi nel modo giusto. Dopo il primo momento d?incertezza, è passato il principio che i governi si devono preoccupare del destino delle grandi banche e delle grandi aziende nazionali, così come devono sostenere i consumi e alleviare le difficoltà delle fasce più deboli. Tutti i Paesi, in una cornice globale coordinata, hanno varato le misure che ritenevano più adeguate. In Italia, nel complesso, il governo ha messo in moto 40 miliardi di euro per interventi anti-crisi, pari a 2 punti e mezzo di Pil, addirittura il doppio di quello che chiedeva l?opposizione». La Banca d?Italia si aspetta un abbassamento del Pil fino al 2% quest?anno. Questo non va a scontrarsi col suo tradizionale ottimismo? «Le rispondo con le parole di Henry Ford, che sull?ottimismo ha fondato un impero: “Quando tutto sembra essere contro, ricorda che l?aereo decolla controvento, non con il vento in coda”. Nessuno nega la gravità della crisi, però a differenza degli anni Trenta, la risposta è stata tempestiva e corale. Molti osservatori considerano l?Italia un Paese sotto certi aspetti meno a rischio di altri, perché la nostra economia non si basa sugli investimenti finanziari, né dobbiamo temere la bolla immobiliare. Certo, noi abbiamo altri problemi, ma anche la possibilità, la capacità e la volontà di venirne fuori». L?arrivo al potere di Obama modificherà le cose a Bagdad? Cosa prevede per questo Paese? «La politica, spesso, ha la memoria corta. Dimentica, per esempio, che cos?era l?Irak sotto Saddam Hussein. Così non si colgono i risultati – che ci sono stati in questi anni – come le elezioni e la ricostruzione. Chi avrebbe immaginato in una conferenza stampa nell?Irak di Saddam un giornalista che potesse lanciare una scarpa contro il presidente di un altro Stato in visita ufficiale e rimanere in vita? Si parla e si scrive spesso delle violenze che hanno luogo in certe zone dell?Irak. Al contrario, non si sottolinea abbastanza la normalità riconquistata nella maggior parte del Paese (...)». L?Italia è fortemente impegnata con i propri militari in Afghanistan. Molti giudicano il governo Karzai troppo corrotto e sostengono che converrebbe negoziare direttamente coi talebani non terroristi. Pensa che sia possibile una soluzione non militare a questo conflitto? «Sin dall?inizio abbiamo detto che l?opzione militare non era l?unica. Anzi, l?opzione militare da sola non sarà mai la soluzione. La nostra presenza in Afghanistan non ha il senso di un?occupazione militare, è funzionale a garantire una cornice di sicurezza per la ricostruzione di un Paese, per consentire libere elezioni, per restituire dignità e libertà a un popolo. Dire che bisogna dialogare coi “Talebani non terroristi” suona come una contraddizione in termini. Mi saprebbe dire i nomi di qualche talebano “non terrorista”?». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Cina vicina agli Usa? No, con l'Italia è vero amore (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Cina è vicina? Sì, solo per gli Usa. Macché, con l'Italia è vero amore... Lunedí 23.02.2009 19:50 Due posizioni e due tesi contrapposte. Dopo il tour di Hillary Clinton in Asia e soprattuto in Cina, si scatena il dibattito su Affaritaliani.it. Da una parte Arduino Paniccia, Globalist, secondo il quale "la prima visita ufficiale di Hillary a Pechino sancisce due eventi: la consacrazione dell'asse privilegiato Cina Usa (il G2) e la perdita di ruolo dell'Europa agli occhi dell'Amministrazione Obama". Dall'altra invece Alberto Fattori che da Shanghai spiega che gli "Usa stanno cercando un 'fidanzamento' con Pechino per tutelare il proprio debito. La Cina tutela solo il proprio credito, ma nel frattempo rafforza i propri rapporti con Ue ed Italia, tanto che con l'Italia di recente, è stato sottoscritto un accordo per raddoppiare l'interscambio". Hillary Clinton in Giappone GUARDA LA GALLERY Di Alberto Fattori Caro Angelo, ho letto con attenzione l'articolo di Paniccia sulla visita di Hillary Clinton in Cina (vedi box a destra). Non condivido le tesi esposte da Paniccia, che forse, volendo soprattutto "stressare" la tesi, del resto già esposta in altri articoli, di una sostanziale difficoltà dei futuri rapporti tra USA ed EUROPA, ha finito per confondere politica con commercio internazionale, una distinzione invece molto ben radicata nelle menti dei cinesi. pagina successiva >>

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Banche: Abete, le italiane sono solide (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Banche: Abete, le italiane sono solide ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 24.02.2009 10:53 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 24 FEB - 'Per noi italiani non c'e' preoccupazione, perche' le nostre banche sono solide e non piene di titoli cosiddetti tossici'. Lo assicura il presidente di Bnl, Luigi Abete, a Canale5, aggiungendo che anche le banche italiane 'vivono in un mondo globalizzato, dove la situazione e' molto critica: quindi non e' una preoccupazione diretta per l'Italia', ma si avvertono le conseguenze di 'un contesto generale'. 'Si e' ridotto l'aumento del credito, ma non il credito'.

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Darfur/ Clooney incontra Obama e chiede nomina inviato (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Los Angeles, 24 feb. (Ap) - L'attore George Clooney ha incontrato il Presidente Usa Barack Obama, con cui ha discusso la crisi umanitaria in Darfur, la regione occidentale del Sudan dove si combatte dal febbraio 2003. Lo ha riferito lo stesso attore intervenendo alla trasmissione tv 'Larry King Live', sulla Cnn. Clooney ha detto di aver raccontato al Presidente il suo ultimo viaggio nei campi profughi nell'est del Ciad, dove sono ospitate 250.000 darfuriani. "Non credo che la gente dovrebbe andare lì e dire quanto rimane colpita - ha dichiarato - credo che in qualche modo noi tutti dovremmo sapere che quelle persone resistono per il rotto della cuffia". Clooney ha quindi fatto sapere di aver chiesto a Obama di nominare un inviato regionale a tempo pieno, che riferisca direttamente alla Casa Bianca, e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo". L'attore ha poi consegnato al Presidente Obama e al Vicepresidente Joe Biden 250.000 cartoline raccolte dall'organizzazione Save Darfur. Secondo Clooney sia il Presidente che il Vicepresidente sono stati molto ricettivi. I combattimenti in Darfur hanno causato finora almeno 300.000 morti e oltre 2,7 milioni di sfollati e profughi. La prossima settimana, la Corte penale internazionale dell'Aia (Cpi) si pronuncerà sulla richiesta di emettere un mandato di arresto contro il Presidente sudanese Omar al Bashir, accusato dal Procuratore generale della Cpi, Luis Moreno-Ocampo, di crimini di guerra nella regione. Clooney è stato nominato Messaggero di Pace dell'Onu, ma il suo ultimo viaggio in Ciad, il sesto, compiuto la scorsa settimana, è stato di carattere privato. Co-fondatore di 'Not On Our Watch', al fine di attirare l'attenzione sul conflitto in Darfur, Clooney si è visto negare il visto di ingresso in Sudan. Con l'attore c'erano alcuni giornalisti, tra cui Nicholas Kristof del New York Times e Ann Curry dell'NBC.

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Nazionalizzazioni..... il battito della farfalla continua! (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nazionalizzazioni..... il battito della farfalla continua! BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Andrea Mazzalai , 23.02.2009 10:28 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Come il battito della farfalla ormai anche il concetto di nazionalizzazione sta via via assumendo le dimensioni di un possibile uragano che inesorabilmente si abbatterà sul sistema finanziario, un uragano che è sinonimo del fallimento stesso di un sistema che è ormai al suo crepuscolo. Questa crisi in sostanza è anche il fallimento delle ideologie di questi ultimi anni oltre ad alcune correnti di pensiero accademico che sono state spazzate via da questa affascinante nemesi. Il fatto che si sostenga la nazionalizzazione, l'ennesima socializzazione delle perdite non vuol dire che questa sia la migliore soluzione. Da sempre sostengo che la finanza ha preso in ostaggio la democrazia, l'economia reale, la vita delle persone. Il rischio sistemico non esiste solo per la finanza, ma è dieci volte più pericoloso nell'economia reale, un rischio sistemico che si evidenzia nella perdita di milioni di posti di lavoro, in milioni di lacrime umane. Possiamo parlare per mesi ed anni di libero mercato o di nazionalizzazione, di capitalismo o socialismo, ma alla fine si tratta sempre e solo di ideologie che dimenticano l'uomo. Nel fine settimana al vertice di Berlino si parla di "nuovo ordine mondiale", parola affascinante, regolamentazione dei prodotti finanziari, nuove regole per gli hedge funds ......coloro che non collaborano saranno soggetti a sanzioni molto concrete di dice.....no al protezionismo anche se per togliere di mezzo la leggenda della globalizzazione un ritorno al passato non farebbe male alle nostre economie......local integrato dal global......basta delocalizzazioni selvagge ed outsorcing sfrenato.....messaggi chiari e regole certe per far tornare la fiducia.....sanzioni ai paradisi fiscali sempre che qualche politico non abbia qualche deposito....fondi di investimento ad alto rischio ed agenzie di segue pagina >>

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Dal mercurio al <galinstan> (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

TerraTerra Dal mercurio al «galinstan» Manuela Cartosio «Sono in vendita gli ultimi termometri a mercurio». Il criptico annuncio è esposto da qualche giorno nelle vetrine di alcune farmacie. In che senso «ultimi»? I cartelli evitano di spiegare che dal 3 aprile i termometri al mercurio saranno messi al bando per effetto di un decreto ministeriale emanato lo scorso luglio. Il decreto recepisce una direttiva europea che vieta la produzione e la vendita del familiarissimo strumento per evitare che, quando si guasta o si rompe, il mercurio finisca tra i rifiuti e si disperda nell'ambiente. Proprio per questo il vecchio termomtero che abbiamo in casa non va buttato via. Possiamo continuare a usarlo (quando si romperà dovremo consegnarlo in farmacia?). Nella colonnina dei nuovi termometri ci sarà il «galinstan», una lega di gallio, indio e stagno. Non sappiamo se il «galinstan» farà le palline cha saltano dappertutto come «l'argento vivo» dei ricordi d'infanzia. Diventati grandi abbiamo imparato che il mercurio che tanto ci stupiva da bambini è un metallo pesante che fa parecchi danni alla salute, soprattutto quando entra nella catena alimentare. Il nome Minamata è tristemente noto anche ai non addetti ai lavori. Nella baia di Minamata, in Giappone, l'azienda chimica Chisso sversò per oltre trent'anni scarichi al mercurio. Il metallo pesante, assorbito da pesci e molluschi di cui si cibava la popolazione, causò decine di migliaia di casi di quello nel 1956 fu descritto come il «morbo di Minamata»: alterazione della sensibilità, perdita della coordinazione motoria, danni alla vista e all'udito, tremori e convulsioni, danni al cervello, malattie congenite e malformazioni del feto. Pur non raggiungendo picchi così drammatici, la presenza di metilmercurio nei pesci continua a essere una minaccia, soprattutto per le popolazioni che mangiano molto pesce. Il Gruppo di lavoro internazionale "Zero Mercury" ha monitorato i livelli di mercurio presenti nei pesci provenienti da tre diverse aree del mondo (Bengala, Manila, sei paesi costieri della Ue). Ha rilevato che un po' ovunque molte varietà esaminate contengono concentrazioni di mercurio superiopri a 0,5 mg/kg, il massimo consentito dagli standard internazionali. "Zero Mercury" ha pubblicato il suo rapporto alla vigilia della riunione a Nairobi del Consiglio governativo del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep). Il summit si è chiuso il 20 febbraio con un accordo sottoscritto dai 140 paesi partecipanti per limitare l'uso del mercurio. Non è una messa al bando, ma è comunque un primo passo avanti dopo anni di paralisi. L'impegno d'arrivare entro 4 anni a un trattato «giuridicamente vincolante» sul mercurio è uno dei primi effetti della presidenza Obama. Caduto il veto degli Usa, anche i paesi in passato recalcitranti (Cina, India, Sudafrica) hanno firmato la dichiarazioni d'intenti, in cambio della promessa che il trattato terrà conto delle «situazioni particolari». Secondo l'Unep, il 45% delle emissioni di mercurio è causata dai combustibi fossili, soprattutto dalle centrali a carbone; il 18% dalla lavorazione dell'oro. Il ciclo del cloro-soda è un'altra potente causa di inquinamento da mercurio. Due terzi dei rilasci di mercurio si verificano in Asia. Cina, Usa e India sono nell'ordine i paesi che contribuiscono di più all'emissione di mercurio. Il consumo annuo globale di mercurio è di circa 3.600 tonnellate. Il primo fornitore, con mille tonnellate, è l'Unione europea dove il 50% dei prodotti contenenti mercurio finisce in discarica.

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Casa Bianca: no Clooney, no Darfur (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Usa/ Clooney alla Casa Bianca. Party? No, Darfur Martedí 24.02.2009 12:27 Clooney alla Casa Bianca. Sì, ma nessun party in programma anzi. L'attore ha incontrato il presidente Usa per discutere della crisi umanitaria in Darfur, la regione occidentale del Sudan dove si combatte dal febbraio 2003. Clooney ha detto di aver raccontato al Presidente il suo ultimo viaggio nei campi profughi nell'est del Ciad, dove sono ospitate 250.000 darfuriani. "Non credo che la gente dovrebbe andare lì e dire quanto rimane colpita - ha dichiarato - credo che in qualche modo noi tutti dovremmo sapere che quelle persone resistono per il rotto della cuffia". Clooney ha quindi fatto sapere di aver chiesto a Obama di nominare un inviato regionale a tempo pieno, che riferisca direttamente alla Casa Bianca, e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo". pagina successiva >>

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Pensieri di crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Blogosfere" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Feb 0924 Pensieri di crisi Pubblicato da Demetrio Vacca alle 12:44 in Arena Alla fine chi è causa del proprio mal pianga se stesso, infatti Obama (peraltro in discesa di 5 punti percentuale nel suo rating di gradimento), si sveglia e decide di valutare la strategia esecutiva per privatizzare Citigroup, oramai cloaca massima di titoli tossici. La via maestra per uscire è che lo stato si accolli il debito delle banche e proceda alla privatizzazione in tempi rapidi prima che gli scricchioli scatenino panico e paura. Questo scricchiolar di banche e progressiva nazionalizzazione sono segnali inquietanti di un indebitamento progressivo delle maggiori economie mondiali che può intaccare il modello di crescita globale. Mi spiego cosa accadrà quando il debito pubblico USA salirà alle stelle? Certamente sarà necessario uno stringente controllo del deficit pianificando un lungo e doloroso piano di rientro che potrebbe aggravarsi se gli stimoli all'economia reale fallissero nei loro obiettivi. Certamente la liquidità della Cina, alimentata da una non virtuosa ed artificiale inizione quotidiana di moneta, dovrà lentamente ridursi per evitare che alla discesa della domanda aggregata si accompagni una svalutazione dello yuoan insostenibile ed inutile. Certamente un rialzo dei tassi USA sarà necessario per ovviare ad uno spiazzamento del debito per mancata attrattività dei rendimenti. Certamente se la ripresa non si manifesterà il debito pubblico USA rischia un down-rating che volente o nolente porterà ad un ulteriore rialzo dei tassi. Certamente il dollaro si rafforzerà a fronte della maggior redditività dei titoli pubblici USA che attrarranno capitali freschi. Così con o senza un'apprezzabile ripresa il sistema troverà un equilibrio nuovo nei tassi di scambio dollaro-euro. Certamente per allora chi avrà i conti pubblici a posto,le banche ancora private ed i mercati del lavoro sufficientemente liberalizzati e la circolazione dei capitali regolamentata ma non imbrigliata, avrà di fronte un orizzonte di forte e duratura ripresa. Basterebbe questa consapevolezza e una miglior comprensione della crisi per dare già un refolo di ripresa dell'economia all'Europa e all'Italia. E' questo il nocciolo della strategia europea per l'uscita della crisi, cioè consolidare, indebitarsi il giusto e possibile, evitare misure anticrisi a pioggia e minimali (ha senso abbassare le tasse per un massimo di 65 dollari mese a chi vive nell'incertezza del mutuo e del lavoro?). E' questo l'ostacolo alle politiche della nostra sinistra e CGIL, è questo il nocciolo della crisi elettorale cioè la consapevolezza dei cittadini sia di quanto sia inutile una politica statalista di sostegno ai redditi per poche decine di euro quando porta solo a maggior debito sia di quanto è importante salvare il sistema bancario e le imprese le uniche in grado di creare nuova ricchezza...

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LE BANCHE ITALIANE SONO SOLIDE. PAROLA DI ABETE (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

LE BANCHE ITALIANE SONO SOLIDE. PAROLA DI ABETE NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di Pierpaolo Molinengo , 24.02.2009 12:54 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Il presidente della Bnl, Luigi Abete ne è sicuro: le banche italiane sono solite e non c'è una preoccupazione diretta per i risparmiatori. "Per noi italiani non c'è preoccupazione - ha spiegato Abete - perché le banche italiane, come ha detto il presidente del Consiglio Berlusconi a Berlino, sono solide e non piene di titoli così detti tossici. Vivono in un mondo globalizzato e noi abbiamo un'economia finanziaria globale molto critica, soprattutto in America". Quindi, secondo il presidente della Bnl, "non c'è una preoccupazione diretta per la situazione dei risparmiatori e per l'economia finanziaria italiana. E' la conseguenza di un contesto generale". Per Abete, in sostanza, "le banche subiscono perché gli investitori sono internazionali e vivono e agiscono come un gregge. Se c'è una crisi, quindi, le preoccupazioni si ripercuotono in altri mercati. Questo non significa, però, che il valore delle aziende sia ridotto. Bnl nel 2008 ha fatto un risultato migliore rispetto al 2007 e le prospettive per il 2009 sono positive, quindi, non si deve confondere il valore delle aziende con quello in borsa".

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No Clooney, no Darfur (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Usa/ Clooney alla Casa Bianca. Party? No, Darfur Martedí 24.02.2009 15:40 Clooney alla Casa Bianca. Sì, ma nessun party in programma anzi. L'attore ha incontrato il presidente Usa per discutere della crisi umanitaria in Darfur, la regione occidentale del Sudan dove si combatte dal febbraio 2003. Clooney ha detto di aver raccontato al Presidente il suo ultimo viaggio nei campi profughi nell'est del Ciad, dove sono ospitate 250.000 darfuriani. "Non credo che la gente dovrebbe andare lì e dire quanto rimane colpita - ha dichiarato - credo che in qualche modo noi tutti dovremmo sapere che quelle persone resistono per il rotto della cuffia". Clooney ha quindi fatto sapere di aver chiesto a Obama di nominare un inviato regionale a tempo pieno, che riferisca direttamente alla Casa Bianca, e di aver sollecitato maggiori pressioni sulla Cina, perchè Pechino metta da parte i suoi interessi economici e si adoperi per porre fine alle violenze. I profughi hanno bisogno "di quello che possiamo fare di meglio - ha aggiunto - di quello che abbiamo fatto di meglio dall'inizio di questo Paese, cioè una buona e robusta diplomazia in tutto il mondo". pagina successiva >>

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Nordcorea: "Imminente lancio satellite", Vicini in allarme (sezione: Globalizzazione)

( da "KataWeb News" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nordcorea: "Imminente lancio satellite", Vicini in allarme 24 febbraio 2009 alle 12:21 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti La Corea del nord ha annunciato l'imminente lancio di un satellite nello spazio con uno dei suoi missili a lunga gittata. Una nota dell'agenzia di stampa ufficiale Kcna ha riferito che "c'è stata una forte accelerazione nei preparativi" per la messa in orbita di un satellite sperimentale per le comunicazioni. Immediata la reazione di Corea del Sud, Giappone e Cina, che hanno fatto sapere che seguiranno con attenzione un test che secondo gli esperti serve per sperimentare un missile intercontinentale Taepodong-2 con una gittata fino a 6.700 chilometri, in grado di raggiungere la costa Usa. Secondo gli analisti, ci vorranno giorni se non settimane prima del lancio che segnerà il culmine di un'escalation di minacce di Pyongyang contro Seul, accusata di una svolta bellicosa con il presidente Lee Myung-bak che ha interrotto la politica di aiuti incondizionati al nord. Nels uo tour asiatico della scorsa settimana, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha messo in guardia la Corea del nord diffidandola da compiere qualsiasi provocazione. Nel 1998 la Corea del nord spaventò il mondo con il lancio verso il Giappone di un missile, che poi sostenne essere il vettore di un satellite. L'unico test di un missile a lungo raggio nordcoreano, il Taepodong-2, si risolse in un fallimento nel 2006: volò per pochi secondi e poi esplose in aria. Secondo gli esperti di proliferazione, Pyongyang, pur disponendo della tecnologia nucleare, non è in grado di realizzare una testata atomica abbastanza piccola da poter essere montata su un missile. AGI

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Giappone-Usa/ Taro Aso a Washington, oggi incontra Obama (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Washington, 24 feb. (Ap) - Il primo ministro giapponese Taro Aso è arrivato negli Stati Uniti per incontrarsi oggi con il presidente Barack Obama. Aso è il primo leader straniero a visitare la Casa Bianca dopo l'elezione di Obama. L'invito alla Casa Bianca è particolarmente importante per Aso, che fatica a rimanere al potere, in un paese che deve affrontare una profonda recessione. Per Obama, popolarissimo in tutto il mondo e che secondo un sondaggio del New York Times gode oggi del 63% di opinioni favorevoli presso gli elettori americani, scegliere Aso come primo ospite significa segnalare che per la Casa Bianca il Giappone resta un partner cruciale. Si prevede che Obama e Aso discutano della questione delle bombe nucleari nordcoreane, dei giapponesi rapiti dai nordcoreani, dei cambiamenti climatici, della sicurezza in Afghanistan e Pakistan e della crisi economica mondiale. Il Giappone è il più forte alleato degli Stati Uniti in Asia e ospita circa cinquantamila militari americani. La seconda economia del pianeta è - dopo la Cina - il secondo detentore di bond del Tesoro statunitensi. Se Washington continua ad aspettare il prossimo leader giapponese forte, il "prossimo Koizumi", "aspetterà per sempre" dice Michael Auslin, specialista nipponico all'American Enterprise Institute. Il governo Aso ha subito un ulteriore tracollo di immagine la settimana scorsa con le dimissioni del ministro delle Finanze, Shoichi Nakagawadice, apparso apparentemente ubriaco al G7 delle Finanze a Roma in conferenza stampa. In viaggio a Tokyo pochi giorni fa, il segretario di Stato Hillary Rodham Clinton ha detto "penso che la cosa importante siano la forza del popolo giapponese e del governo giapponese". Proprio la decisione di Clinton di visitare il Giappone (e la Cina suo pericoloso concorrente nel ruolo di alleato asiatico) come prima destinazione di un viaggio all'estero, accoppiata alla visita di Aso a Washington, indicano la disponibilità dell'amministrazione Obama. D'altro canto la visita di Taro Aso rischia di essere in ombra nel giorno del primo discorso al Congresso del neopresidente americano.

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Con "Hillary" si vestiranno divani e poltrone alla Casa Bianca (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

AZIENDE.A VIGLIANO Con "Hillary" si vestiranno divani e poltrone alla Casa Bianca E' una ditta di Vigliano che realizzerà i tessuti per i divani e le poltrone della Sala Ovale a Washington a dimostrazione che made in Italy, qualità e ricerca possono reggere il confronto con la globalizzazione e con la concorrenza dei Paesi a basso costo di manodopera. Una stoffa di «Arazzo», questo è il nome dello stabilimento di Filippo Uecher specializzato nella produzione di tessuti per arredamento, è stato infatti scelto per rinnovare il look della Casa Bianca. Si tratta di «Hilary», un tessuto in seta e lino, realizzato nelle sfumature del beige. Le due fibre naturali garantiscono una grande morbidezza con un effetto molto simile alla ciniglia. L'azienda di Vigliano fa parte del gruppo Parà Tempotest, leader nel settore dei tessuti di arredamento per interni ed esterni, interamente realizzati in Italia.

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Inchiesta sull'incendio della ThyssenKrupp (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

Culture Libri/ Inchiesta sul disastro della ThyssenKrupp Martedí 24.02.2009 16:41 E' trascorso poco più un anno dalla tragedia della ThyssenKrupp, in cui sette operai morirono a Torino nel rogo delle Acciaierie. Una tragedia che non si è ancora rimarginata sulla quale riflette Sandro Portelli nel volume "Acciai speciali. Terni, la ThyssenKrupp, la globalizzazione", pubblicato dalla casa editrice Donzelli. Nel libro l'autore traccia un mosaico di testimonianze orali sul lavoro operaio, raccolte in un viaggio dall'Italia al Kentucky, dall'India al Brasile, raccontando le trasformazioni delle città industriale nell'era della globalizzazione. Il volume verrà presentato a Roma, domani alle 17.30. Oltre all'autore, intervengono alla presentazione Loris Campetti e alcuni operai della ThyssenKrupp di Terni. E' prevista inoltre la proiezione di video sullo sciopero generale del 2004 a cura di Greca Campus e l'intervento musicale del gruppo "Ossi di Seppia" di Terni. tags: libri inchiesta thyssen

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NordCorea/ Pyongyang annuncia lancio "satellite", tensione (sezione: Globalizzazione)

( da "Virgilio Notizie" del 24-02-2009)

Argomenti: Cina Usa

New York, 24 feb. (Apcom) - Nella corsa allo spazio delle potenze asiatiche si aggiunge in queste ore anche la Corea del Nord, che ha annunciato di avere in programma il lancio in orbita del suo primo satellite. Una mossa che riaccende l'allarme sul programma nucleare di Pyongyang proprio nellle settimane in cui l'amministrazione americana lavora per rafforzare la rete diplomatica contro la strategia militare nordcoreana. Pyongyang è solo l'ultima in ordine di tempo ad annunciare il proprio sbarco nello spazio. Secondo gli esperti il vettore del satellite potrebbe essere in realtà un missile, una versione avanzata dell'attuale arsenale in dotazione, in grado di colpire il suolo degli Stati Uniti. Stando al parere dei tecnici americani, che hanno studiato il sito da cui dovrebbe partire il missile, la base di Hwadae, il lancio non avverrà prima di alcuni giorni. A destare le preoccupazioni della comunità internazionale è il fatto che la base è la stessa in cui trovano attaulmente i Taepodong 2, i missili la cui gittata arriva fino all'Alaska, lo Stato americano più vicino all'Asia. Il ministro della Difesa sudcoreano, Baek Seung-joo, ha già definito come una "minaccia" l'eventuale messa in orbita del staellite da parte della Corea del Nord sulla quale vige una risoluzione Onu che vieta qualsiasi attività missilistica. La corsa allo spazio riguarda però in questi mesi anche altre potenze asiatiche ed in primis India e Cina che hanno dato vita nelle ultime settimane a una rivisitazione a vent'anni di distanza del braccio di ferro missilistico tra Usa ed Urss durante la guerra fredda. Nuova Delhi ha sfidato il programma spaziale cinese, annunciando la settimana scorsa un investimento da 1,7 miliardi di sterline per anticipare Pechino di almeno quattro anni nel portare i propri astronauti sulla Luna. Ad ottobre inoltre l'India è divenuta ufficialmente la quinta nazione a portare i propri astronauti in orbita dopo Unione Sovietica, Stati Uniti, Giappone e Cina. Alla gara missilistica partecipa anche l'Iran, intento a mostrare la propria potenza militare al mondo occidentale. Teheran ha infatti lanciato il suo primo stallite, lo "Speranza", poche settimane fa aumentando i timori delle nazioni confinanti sulla possibile minaccia nucleare.

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