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Report "Globalizzazione"   2-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Gli ultraconservatori: Obama deve fallire ( da "Giornale di Brescia" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: praticamente limiti vincolanti per Paesi emergenti come Cina ed India, ora tra i maggiori inquinatori, ed i meccanismi di compensazione nei Paesi in via di sviluppo non hanno sempre funzionato come avrebbero dovuto. Washington ha già iniziato a fare pressione sulla Cina: in occasione del suo primo viaggio all'estero il segretario di Stato Hillary Clinton aveva inserito l'ambiente e l'

una cura da cavallo ( da "Messaggero Veneto, Il" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: della voragine in cui sono caduti gli Usa e di conseguenza tutto il pianeta. Viene da chiedersi, a questo punto: cosa farà la Cina che è il più grande investitore negli Stati Uniti? E per quanto ci riguarda, cosa farà l'Unione europea, nella quale, fin qui, ciascun paese ha cercato soluzioni nazionali, invece di darsi da fare unitariamente e rapidamente,

berlusconi in libia subito dopo prodi - marco marozzi ( da "Repubblica, La" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina e l´Europa in testa, sulle «peacekeeping actions», che coinvolgono 110 mila persone su 18 fronti e hanno un budget annuale di 7-8 miliardi di dollari. Il Colonnello ha anche insistito sulle difficoltà di pacificare un continente immenso, diviso da confini coloniali e con tribù che passano attraverso le nazioni.

conferenza in inglese e incontro su ambiente e diritti umani ( da "Messaggero Veneto, Il" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Inoltre, nell'ambito del progetto "Globalizzazione, ambiente, sviluppo sostenibile, diritti umani in un contesto interculturale", oggi alle 18 alla scuola Petrarca ci sarà un incontro con Capria D'Aronco (Club Unesco) e Rossi (L.i.d.u.). Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi allo 0432.

Realismo e sopravvivenza ( da "Eco di Bergamo, L'" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per i mercati finanziari internazionali e Gordon Brown si è subito accodato per battere «la finanza grigia globalizzata». Londra, la capitale della finanza anglosassone, regina della speculazione creativa, che si associa a combattere se stessa! E poi dicono che in Europa non ci sono valori: eccone uno inalienabile, quello della sopravvivenza. Alberto Krali 02/03/2009 nascosto-->

<Una Borsa sociale per aiutare la ripresa> ( da "Eco di Bergamo, L'" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione ha invece stravolto e accresciuto il potere della finanza, al punto che il cittadino può addirittura sperare di arricchirsi non attraverso il lavoro, come è sempre accaduto, ma attraverso la speculazione». Lei sostiene che l'equivoco di fondo è generato dal concetto di efficienza in economia?

Quell'orgoglioso Nord-Est che regge alla crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: della Serenissima che dal mare portava la globalizzazione di allora e memore di essere da sempre una città quadrilatero dell'asburgica Mitteleuropa, e da Vicenza, modello di quel Veneto della modernizzazione dolce e traumatica nel passaggio dalle ville palladiane ai capannoni. C'è in giro un sentire diffuso, un orgoglioso risentimento che si sfoga in cahier de doleance territoriali.

La green economy parte dai tagli ( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: trainati dalla Cina. Sugli obiettivi annunciati da Obama in tema di fonti rinnovabili aleggiano, invece, alcune incertezze. Nel pacchetto anti-crisi presentato gli ultimi giorni di gennaio, in questo campo il presidente ha annunciato un obiettivo solo in apparenza più stringente rispettoa quello indicato durante la campagna elettorale,

INTERNET: SEMINARIO SU PAGAMENTI ELETTRONICI E FRODI, OPPORTUNITA' E RISCHI ( da "marketpress.info" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: in collaborazione con il Master "Globalizzazione dei mercati e tutela dei Consumatori" dell?Università Roma Tre, nell?ambito del progetto condotto dall?associazione spagnola Adicae e voluto dalla Commissione europea ? Dg Giustizia, Libertà e Sicurezza, per sviluppare strategie e strumenti per combattere il crimine nel settore.

Controlli dei mercati: si può osare di più ( da "Corriere della Sera" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Al secondo ci sono gli squilibri nei flussi finanziari del mondo globalizzato; è possibile ricostruire oggi un nuovo sistema mondiale come quello di Bretton Woods? All'attico bisogna addirittura conciliare la crescita del benessere di chi oggi ne è escluso, con le scarse risorse della Terra. Limitiamoci alla supervisione finanziaria, pur se i temi «alti» sono essenziali: anche lì,

Clima, gli Usa verso un nuovo trattato ( da "Nuova Ecologia.it, La" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: pressing diplomatico sulla Cina Obama stanzia più fondi per l'ambiente Con una svolta radicale rispetto al suo predecessore George W. Bush, il neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama è pronto a partecipare attivamente ai negoziati internazionali sull'effetto serra, dopo aver preso in casa una serie di decisioni per diminuire le emissioni che contribuiscono a riscaldare il pianeta.

La NordCorea punta i missili sugli Stati Uniti pag.1 ( da "Affari Italiani (Online)" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Lunedí 02.03.2009 08:51 Parte del problema sta nel fatto che il despota nord coreano, dopo un grave collasso nell'agosto 2008, appare sempre meno in pubblico ma non dà alcun segno di lavorare per la propria successione, lasciando gli analisti ad indovinare quale potrebbe essere il futuro di quel paese.

La NordCorea punta i missili sugli Stati Uniti pag.2 ( da "Affari Italiani (Online)" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Lunedí 02.03.2009 08:51 Infatti, finchè a Pyongyang non sarà chiaro chi ha "il dito sul bottone", la Clinton, il Giappone e la Corea del Sud possono solo fare affidamento sui buoni uffici della Cina, che però sembra giocare anche su questo tavolo in maniera ambigua.

"Così Intesa violava l'embargo usa all'Iran. Bonifici da "entità libiche e siriane" Franceschini: "Lotta all'evasione!" Ma dove vive? Vuole continuare a perdere? Gheddafi, il Giann ( da "Dagospia.com" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: O come se la Cina smettesse di perseguitare i cristiani in onore dei camioncini Iveco. MA FACCE RIDE! "Ho deciso di partecipare alla "Fattoria" per provare la vita agreste. La gente ha di me un'immagine tutta cappellini e vita mondana, ma io ho un amore per la vita semplice".

Chávez lancia a 18 euro il cellulare del popolo ( da "Stampaweb, La" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 85 per cento di proprietà della repubblica bolivariana ed al 15 per cento della Cina. Il nuovo stabilimento, che assemblerà il cellulare rivoluzionario, è stato costruito per fare le cose in grande: la produzione prevista per quest?anno è di 600 mila unità di Vargatarios, un milione per l?anno prossimo. Così Chávez, un po?

Carta igienica, quattro veli di morbidezza minacciano le foreste ( da "Panorama.it" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E l'Asia, dove abita più della metà della popolazione mondiale? La Cina è nota per il pessimo stato delle toilette pubbliche, maleodoranti e sporche. Spesso sono prive di carta igienica: se c'è, spesso si tratta di un "involtino" di cellulosa riciclata.

(ACR) MAHLE, NAPOLI: EVITARE ENNESIMO SACCHEGGIO INDUSTRIALE ( da "Basilicanet.it" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: stata sempre associata alla globalizzazione dei mercati, imputando responsabilità oggettive al di là delle responsabilità istituzionali. Proprio la globalizzazione dei mercati, invece, può² aprire nuovi spiragli, spetta alle istituzioni saper governare questo processo individuando soggetti capaci di dare una svolta alla Mahle.

SARà PROIETTATO IN ANTEPRIMA NEL GIORNO DELLA FESTA DELLA DONNA, DOMENICA 8 MARZO, AL CINEMA NU... ( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Offerti al tempio e poi trasformati in preziose «hair extension» in Italia, gli stessi capelli torneranno in India per soddisfare la vanità di una donna in carriera di Bombay, negli stessi luoghi palcoscenico dei recenti attentati. Un racconto sul culto della bellezza nell'era della globalizzazione.

ANDREA SPINELLI MILANO. IL MUSICAL GLOBALIZZATO PARLA TEDESCO. LA CRISI DI ALCUNE GRANDI PRODUZIO... ( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il musical globalizzato parla tedesco. La crisi di alcune grandi produzioni anglo-americane rilancia le quotazioni dell'imprenditoria teatrale mitteleuropea con «Afrika! Afrika!» e «Bollywood-The Show!». Atteso a Milano (MediolanumForum dal 28 aprile al 3 maggio) e Roma (PalaLottomatica, dal 5 al 9 maggio), «Afrika!

CRISI: FORMIGONI E PRESIDENTE DEI LLOYD'S, NO AL PROTEZIONISMO (2) ( da "Agi" del 02-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ha beneficiato dei frutti della globalizzazione, mentre ora questo primato e' compromesso. 'La crisi pero' - ha sottolineato - sta toccando soprattutto banche e servizi finanziari, mentre il settore assicurativo ne e' sfiorato solo marginalmente. Quello che piu' preoccupa e' che c'e' una combinazione di eventi e circostanze mai verificatasi prima (per esempio la crescita zero e l'


Articoli

Gli ultraconservatori: Obama deve fallire (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Brescia" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Edizione: 02/03/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:estero Gli ultraconservatori: «Obama deve fallire» L'ala destra del Partito repubblicano intende boicottare tutte le politiche del neopresidente Una preoccupazione in più per il presidente Usa NEW YORKLa parola d'ordine degli ultraconservatori alla riscossa è una sola: Barack Obama deve fallire, al diavolo il consenso bipartisan per ricostruire l'America in crisi come auspica il neopresidente degli Stati Uniti. In un Partito repubblicano allo sbaraglio dopo la netta sconfitta del 4 novembre, le nuove star sono Newt Gingrich, l'ex speaker della Camera ai tempi del presidente Bill Clinton, e Rush Limbaugh, il commentatore conservatore più radicale degli Stati Uniti, un uomo non di rado volgare, con le sue camicie hawaiane e il sigaro (ovviamente non cubano) in bocca. Non sono in realtà personaggi nuovi: il primo ha rappresentato la cosiddetta rivoluzione repubblicana, guidando la Camera con piglio da ultraconservatore dopo 40 anni di regno democratico. Si è ritirato all'inizio del 1999, dopo la rielezione trionfale di Bill Clinton nel novembre 1998, ed è diventato un ascoltato commentatore repubblicano, oltre ad avere creato un «think tank» conservatore. Limbaugh possiede un popolare show radiofonico «The Rush Limbaugh Show» che va in onda sulle onde medie (da lui rilanciate negli anni della Fm dilagante) per tre ore al giorno da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, ed è molto seguito in tutti gli Stati Uniti. Con Obama, Limbaugh non è mai stato tenero, attaccandolo già in campagna elettorale, ma il massimo è stato raggiunto in queste settimane. A metà gennaio il commentatore radio aveva detto che per Obama, più che un lungo testo, bastavano quattro parole: «I hope he fails», spero che non ce la faccia. Obama si trova fra due fuochi. I conservatori non sono infatti gli unici a muoversi in questo momento. Dall'altra parte della scacchiera si preparano anche i più progressisti, nel timore di un Obama troppo timido sul fronte sociale. Tra questi spicca Ralph Neas, già attivo ai temi di Gingrich al Congresso, ora alla testa della «National Coalition on Health Care», una lobby che si batte per la copertura sanitaria universale. Un terreno di scontro fra Obama e gli ultraconservatori potrebbe essere la svolta radicale rispetto al suo predecessore Bush, impressa da Obama in campo ambientale, a partire dalla ratifica al Protocollo di Kyoto firmato da Clinton, ma mai sottoposto da Bush al Senato. Un appoggio statunitense viene giudicato indispensabile perché il nuovo Trattato, che sarà diverso rispetto al Protocollo di Kyoto, sia davvero efficiente. Quello in vigore attualmente, anche secondo gli esperti dell'Amministrazione Obama, non ha funzionato molto bene, e non soltanto per colpa degli Stati Uniti che hanno dato il cattivo esempio. Non ci sono praticamente limiti vincolanti per Paesi emergenti come Cina ed India, ora tra i maggiori inquinatori, ed i meccanismi di compensazione nei Paesi in via di sviluppo non hanno sempre funzionato come avrebbero dovuto. Washington ha già iniziato a fare pressione sulla Cina: in occasione del suo primo viaggio all'estero il segretario di Stato Hillary Clinton aveva inserito l'ambiente e l'effetto serra negli argomenti centrali dei suoi colloqui a Pechino, proponendo una collaborazione tra i due Paesi. Il nuovo Trattato sarà diverso rispetto al suo predecessore, prevedendo, oltre a limiti sulle emissioni, meccanismi finanziari e assistenza tecnica per aiutare i Paesi in via di sviluppo.

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una cura da cavallo (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

OBAMA E LA CRISI GLOBALE UNA CURA DA CAVALLO di ALCIDE PAOLINI Se un presidente americano, nella patria del libero mercato, della globalizzazione, dei mutui per tutti, dei consumi, delle stock option miliardarie, osa annunciare più tasse ai ricchi e sta pensando di nazionalizzare le banche, di estendere l'assistenza a tutti, di ridurre le emissioni di Co2, di aumentare i finanziamenti per l'istruzione pubblica (annunci che, fatti nel nostro paese, farebbero gridare all'avvento dei Soviet) vuol proprio dire che il pianeta è sull'orlo dell'abisso e per salvarlo è necessaria una cura da cavallo. E' vero che alcune accuse, nel senso di una deriva comunista, già si sono levate anche in quel grande paese, a cominciare da Rupert Murdoch, ma ad appoggiare e spingere Barack Obama in tal senso ci sono fior di economisti liberali. Si va dal professor Nouriel Roubini allo stesso ex governatore della Federal reserve, Alan Greenspan, colui che ha contribuito a fare degli Usa la potenza economica che è. Non solo, ma c'è addirittura chi rimprovera il neo-presidente di tentennare troppo su questa strada, affermando che la situazione, oltre che oggettivamente grave, richiede quegli interventi con urgenza. E che la situazione è grave lo dimostra il fatto che tutti gli sforzi finanziari, con cifre da capogiro, fatti fin dai primi accenni della crisi, per sventare il suo precipitare, hanno mostrato di essere insufficienti, al punto che il mercato ha continuato a rifiutarsi di bere, come usano dire gli economisti. Il che sta a significare due cose: una, che nessuno sa ancora "cosa" e soprattutto quanto di questo "cosa" si nasconda nelle pieghe di quei titoli tossici che hanno invaso il pianeta, come specchietto per arricchire; l'altra, che non è ben chiaro se esiste ancora una soluzione, prima della bancarotta mondiale. A rendere più oscura la situazione c'è perfino l'amara constatazione che, nonostante la paura, i risparmiatori, abituati al denaro facile, alla scoperta del crac non si sono precipitati in massa, come è accaduto nel '29, a ritirare i loro soldi, mettendo in moto una deriva che ha portato al naufragio dell'economia americana. Eppure nemmeno ciò è bastato a fermare il collasso: ecco un altro elemento che fa capire la profondità, oltre che la complessità, della voragine in cui sono caduti gli Usa e di conseguenza tutto il pianeta. Viene da chiedersi, a questo punto: cosa farà la Cina che è il più grande investitore negli Stati Uniti? E per quanto ci riguarda, cosa farà l'Unione europea, nella quale, fin qui, ciascun paese ha cercato soluzioni nazionali, invece di darsi da fare unitariamente e rapidamente, come ha suggerito lo stesso Prodi, assieme ad altri autorevoli economisti, convinti che non ci sia alternativa a una risposta comune? Anzi, che sia assolutamente necessario un intervento concordato, se si vuole evitare che uno stillicidio di fallimenti nazionali, anche di paesi minori, come la Grecia o l'Irlanda o l'Austria, ci portino dritti a una progressiva catastrofe. Quanto all'ottimismo di maniera del nostro sorridente premier e alla sua accusa ai media di diffondere paura c'è da restare esterrefatti. Perché non si tratta del fallimento di una banca o di un paese, ma della débâcle mondiale degli istituti finanziari, con tutto quello che ne consegue. Insomma, qualcosa di assimilabile a una guerra mondiale, almeno dal punto di vista economico, dove, tra l'altro in questo caso non si salverebbe nessuno, nemmeno i fabbricanti d'armi. Nei momenti drammatici, a ogni modo, la fiducia non si chiede cercando di nascondere la realtà: la fiducia si ottiene (se si ottiene), con la verità. È meglio perciò parlare chiaro ed esporre ai cittadini lo stato di emergenza in cui ci troviamo, alla maniera, come ha ricordato qualcuno, di Winston Churchill all'annuncio della guerra, quando parlò al suo popolo di lacrime e sangue. E prendendo nello stesso tempo le misure più drastiche e urgenti, a partire dalle banche, ma smettendola di dire che le nostre sono più solide, perché anche se fosse è l'enormità del debito che ci portiamo dietro che le mette a rischio, in quanto mentre altri paesi all'occorrenza possono permettersi ulteriori debiti, il nostro non può. Ciò che occorre, se mai, per quello che compete alla politica è l'obbligo di abbandonare i toni paternalistici, dietro i quali nascondere le paure, cercando, se si è in grado, di spiegare in modo chiaro come stanno realmente le cose, prospettando ai cittadini, fin dove è accettabile, l'ipotesi di essere chiamati a qualche sacrificio, ciascuno in base alle sue possibilità, onde poter realizzare quel piano che, si spera, l'Europa sarà in grado di elaborare urgentemente, al fine di uscire da questo disastro. Nel qual caso, opposizione e governo sarebbero costretti, necessariamente, a lavorare uniti.

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berlusconi in libia subito dopo prodi - marco marozzi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 15 - Esteri Il premier da Gheddafi a 48 ore dal suo predecessore. Ratificherà il Trattato di amicizia e cooperazione Berlusconi in Libia subito dopo Prodi MARCO MAROZZI ROMA - Prima Romano Prodi, poi Silvio Berlusconi. Uno venerdì e sabato, l´altro oggi pomeriggio. Tutti e due a Sirte. Il colonnello Muammar Gheddafi è riuscito a racchiudere in 48 ore un incontro con l´ex premier e un altro con l´attuale premier dell´Italia. Tenendo entrambi fino all´ultimo all´oscuro di chi li avrebbe preceduti o seguiti. Ruoli diversissimi quelli con cui Prodi e Berlusconi sono stati chiamati in Libia. Conoscendo Gheddafi è comunque ben chiara la strategia. Oggi il presidente del Consiglio e il leader libico ratificheranno il Trattato di amicizia e cooperazione firmato in agosto a Bengasi. L´atto vuole chiudere il lungo contenzioso sul colonialismo italiano. L´operazione, approvata a febbraio dal Parlamento italiano e oggi dal Congresso del popolo libico, prevede il pagamento di cinque miliardi di dollari in 20 anni alla Libia. Il Cavaliere e il Colonnello parleranno anche di lotta all´immigrazione clandestina e di investimenti libici in Italia. Berlusconi rinnoverà la richiesta a Gheddafi per il vertice G8 alla Maddalena in luglio. Il Colonnello è già stato invitato come presidente dell´Unione africana: sarebbe la prima volta di Gheddafi in Italia, dove si troverebbe di fronte anche il presidente Usa Barack Obama. Il premier italiano arriverà in Libia dopo il vertice in Egitto, a Sharm el-Sheikh, sulla ricostruzione di Gaza. Gheddafi lo riceverà 48 ore dopo aver salutato Prodi, l´avversario storico di Berlusconi, il vecchio amico, l´europeo che l´ha sdoganato nel mondo, chiamandolo a Bruxelles. Fra furiose accuse ora del tutto dimenticate. Prodi, che a gennaio aveva visto Mubarak, è stato invitato nella tenda di Gheddafi, a Sirte, come capo del gruppo di lavoro Onu-Unione africana che ha preparato un rapporto sulle operazioni di peacekeeping in Africa. Il documento dell´ex premier italiano e del suo staff sarà presentato il 18-19 marzo all´Onu: la Libia è presidente di turno questo mese del Consiglio di Sicurezza a New York, e Gheddafi per il 2009 guida l´Unione africana. Per Prodi potrebbe scattare un nuovo incarico Onu-Ua per tentare di mettere in piedi il suo piano. Lui e Gheddafi hanno parlato della necessità di coinvolgere tutti i paesi che hanno interessi economici in Africa, la Cina e l´Europa in testa, sulle «peacekeeping actions», che coinvolgono 110 mila persone su 18 fronti e hanno un budget annuale di 7-8 miliardi di dollari. Il Colonnello ha anche insistito sulle difficoltà di pacificare un continente immenso, diviso da confini coloniali e con tribù che passano attraverso le nazioni.

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conferenza in inglese e incontro su ambiente e diritti umani (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

xCONTROLLI DEL SABATO SERA xDUE APPUNTAMENTI PER OGGI Conferenza in inglese e incontro su ambiente e diritti umani I carabinieri sorprendono 5 persone ubriache alla guida CITTÀ È in progrmma per oggi la conferenza in inglese del professor Michael Lay, già docente di linguistica inglese all'università di Udine. L'appuntamento è all'istituto Volta alle 11.30 ed è aperto a tutti gli interessati. Inoltre, nell'ambito del progetto "Globalizzazione, ambiente, sviluppo sostenibile, diritti umani in un contesto interculturale", oggi alle 18 alla scuola Petrarca ci sarà un incontro con Capria D'Aronco (Club Unesco) e Rossi (L.i.d.u.). Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi allo 0432.299029. Notte di controlli stradali in Alto Friuli. Tra sabato e domenica i carabinieri, in collaborazione con il 118 che era presente con una sua "unità mobile", hanno sorpreso tre persone (un trentenne di Resiutta, un quarantenne di Moggio udinese e un trentottenne, autista di professione) ubriache al volante tra Tarvisio e Moggio Udinese. Una quarta aveva mezzo grammo di hascisc. La stessa notte, a Osoppo, è stato pizzicato in sella allo scooter con un tasso alcolemico vietato anche un romeno di 23 anni. Stesso discorso anche per un cubano di 37 anni controllato a Cavazzo Carnico.

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Realismo e sopravvivenza (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Realismo e sopravvivenza --> Lunedì 02 Marzo 2009 PRIMA, pagina 1 e-mail print L'Europa non dice no agli aiuti all'Est, dice no alla drammatizzazione della crisi. Il vertice dei 27 Stati dell'Unione a Bruxelles ribadisce la volontà di aiutare ogni suo membro in difficoltà, ma rifiuta di generalizzare gli interventi a favore dei nove Paesi ex comunisti. Verrà valutato caso per caso perché non tutti si trovano nella stessa situazione: la Slovenia e la Slovacchia, per esempio, non hanno situazioni critiche. È l'Ungheria lo Stato che versa in maggiori difficoltà. Da Budapest è infatti partito l'allarme con il chiaro intento di generalizzare e coinvolgere tutti con un maxi piano d'intervento di 180 miliardi. Proposta respinta e i più scettici sono i fratelli dell'Est: la Polonia, l'Estonia, la Repubblica Ceca. Il vertice, dati i tempi, è stato un successo perché ha ribadito la solidarietà tra Stati ed evitato di creare divisioni surrettizie fra Paesi ricchi e Paesi poveri. L'Europa c'è e proprio nel momento in cui ce n'è più bisogno. Aver ribadito in modo chiaro no al protezionismo è una conquista e non un dato scontato. È col protezionismo che avanza il nazionalismo, carburante indispensabile dell'egoismo nazionale. Sull'onda della polemica contro la libera circolazione degli artigiani, Francia e Olanda avevano bocciato con un referendum la Carta costituzionale all'insegna di «no all'idraulico polacco». L'Irlanda si è ripetuta con il no al Trattato di Lisbona e a giugno dovrà tornare di nuovo alle urne. Scommettiamo che stavolta non vi saranno obiezioni? La tigre celtica si era aperta ai capitali inglesi e americani e alla tossicità della finanza creativa ed adesso è sull'orlo della bancarotta di Stato. Non ci fossero stati Bruxelles e l'euro, gli amici irlandesi sarebbero in pasto agli squali dell'Oceano, alla faccia di tutte le fisime sulla tutela della sovranità nazionale. E sì, va detto, la crisi fa bene all'Europa. Depura dalle tossine bancarie, ma soprattutto nazionalistiche. Si scopre il piacere di appartenere ad una comunità, dove la sorte dell'uno condiziona quella dell'altro e quindi diventa indispensabile sorreggersi a vicenda per non cadere come birilli, uno dopo l'altro. IPaesi più a rischio l'han capito subito ma, quel che è più importante, incominciano a capirlo anche i più ricchi. La Germania, che ha sì problemi con le banche e l'industria automobilistica ma ha una solida struttura di bilancio statale, può emettere obbligazioni di Stato a costo zero. Il motivo è semplice: l'investitore in tempi di instabilità non cerca guadagno, ma sicurezza e i Bund tedeschi la offrono. Si capisce quindi la ritrosia del governo tedesco ogni qualvolta il ministro italiano dell'Economia avanza la proposta di obbligazioni a livello europeo. Perché emettere titoli che fatalmente saranno più cari di quelli di Berlino? Ma la domanda ha già trovato la sua risposta: perché il costo in più va a coprire il rischio che uno Stato dell'Eurozona possa andare in fallimento. Per esempio l'Austria è esposta con i Paesi dell'Est per il 70% del suo Pil; se qualcuno fallisce, Vienna è nei guai. Così girano già le voci che i vicini austriaci siano sull'orlo della bancarotta. Il vertice di Bruxelles ha fatto piazza pulita delle speculazioni e questo è il suo più grande merito. Così la Merkel ha confermato l'impegno di nuove regole per i mercati finanziari internazionali e Gordon Brown si è subito accodato per battere «la finanza grigia globalizzata». Londra, la capitale della finanza anglosassone, regina della speculazione creativa, che si associa a combattere se stessa! E poi dicono che in Europa non ci sono valori: eccone uno inalienabile, quello della sopravvivenza. Alberto Krali 02/03/2009 nascosto-->

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<Una Borsa sociale per aiutare la ripresa> (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Una Borsa sociale per aiutare la ripresa» --> Il docente di Economia: è il mutamento della finanza ad aver generato il disastro, ma il no profit ci salverà Al cittadino manca un luogo dove investire capitali in titoli di solidarietà: da qui bisogna ricominciare Lunedì 02 Marzo 2009 GENERALI, pagina 7 e-mail print Più che di profitti e di produttività parla di felicità e bene comune. Ma non è un filosofo o un teologo: Stefano Zamagni è uno dei più stimati docenti italiani di Economia, che non si vuole arrendere a questa crisi, ma che invece sostiene che proprio dalle ceneri della recessione potrà nascere «una società nuova, non più solo basata sul modello capitalistico, ma che dia più spazio al mondo del no profit e del volontariato, per far sì che l'economia e la finanza tornino ai loro scopi iniziali che erano quelli di far uscire le persone dalla miseria e non di generare profitti. D'altronde furono proprio i discepoli di San Francesco a far nascere le prime istituzioni creditizie, come i Monti di pietà». Lucido nell'esposizione, sempre chiaro e positivo, il professore dell'Università di Bologna ha dichiarato guerra all'individualismo imperante e a chi gli dà del visionario, perché il mondo sembra sempre più orientato verso la logica del profitto a tutti i costi, dimostra che le sue non sono solo elaborazioni teoriche ma solide basi da cui partire per costruire un mondo dove si potrà finalmente accorciare il divario, «oggi enorme anche in Italia», tra ricchi e poveri. Professore, al di là della bolla immobiliare scoppiata negli Usa, lei ha sempre detto che la crisi arriva da più lontano? «È il mutamento della finanza ad aver generato il disastro. La ricchezza non può nascere dalla finanza, che è un fine e non un mezzo. La globalizzazione ha invece stravolto e accresciuto il potere della finanza, al punto che il cittadino può addirittura sperare di arricchirsi non attraverso il lavoro, come è sempre accaduto, ma attraverso la speculazione». Lei sostiene che l'equivoco di fondo è generato dal concetto di efficienza in economia? «L'efficienza non è un dato neutrale e oggettivo, va definita solo dopo aver dichiarato il fine. E il fine di una Cassa rurale è diverso da una banca come Lehman Brothers. Nel suo ultimo discorso pubblico Giovanni Paolo II, che aveva grandi intuizioni economiche, ha spiegato che le discriminazioni fatte in base all'efficienza, che si pretenderebbe avere per tutti gli stessi parametri, è disumana e paragonabile alle discriminazioni per razza, sesso o età». Torniamo alla forbice tra ricchezza e povertà: l'Italia è ai primi posti nel mondo in questa divaricazione... «L'ultimo rapporto Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dell'ottobre 2008 parla chiaro: dopo gli Stati Uniti, l'Italia è la seconda nazione tra i Paesi sviluppati in cui la distanza tra ricchi e poveri è più accentuata. È anche facile comprenderne la causa principale: quando i redditi provengono dal lavoro (manuale o intellettuale che sia) lo scarto tra i più e i meno pagati non può mai superare una certa soglia; non così quando essi provengono da attività speculative oppure quando certe remunerazioni sono legate, come avviene nel caso delle stock option per i dirigenti, agli andamenti borsistici». Lei sostiene che anche la filantropia, tipica dei magnati americani, non incide più di tanto ad alleviare le differenze sociali... «I ricchi fanno filantropia ai poveri, servendosi della società civile o delle fondazioni che alleviano gli effetti negativi dell'interazione sociale, senza però incidere sulle cause che li generano». Lei spesso ha parlato di un effetto a catena che ha portato a questo dissesto planetario. «È davanti agli occhi di tutti che una bolla speculativa dalle proporzioni di quella deflagrata nei mesi scorsi non si sarebbe mai potuta realizzare senza quella "bolla mentale" che ha fatto credere a tantissimi che fosse possibile ridurre il rischio a zero, qualora si fosse riusciti a spalmarlo in modo plausibile tra un numero elevato di operatori. Ma il rischio, se c'è, può essere spostato o ridotto, mai annullato. Questo senso di onnipotenza, rafforzato per anni dall'euforia finanziaria, si è impadronito degli "habitus mentali" non solamente dei trader e degli istituti della finanza, ma anche dal mondo della politica, dei centri mediatici, di non pochi ambienti universitari e di ricerca. L'autoreferenzialità della finanza ha così fatto dimenticare la massima di Platone secondo cui "l'unica buona moneta con cui bisogna cambiare tutte le altre è la phronesis", l'intelligenza che sta in guardia». Un discorso che attinge a piene mani dall'etica, ma che fa a pugni con l'immagine stereotipata di un'economia dove è l'avidità a farla da padrone? «Per questo tutti noi dovremo fare un grande sforzo per cambiare le regole del gioco e proporre un modello diverso. In alcuni Paesi sono già in atto dei mutamenti. Perché se non modifichiamo le basi strutturali della nostra economia, a questa crisi ne seguiranno altre, con costi sempre più devastanti». Qual è la sua ricetta? «Ci sono tre punti fermi: sostituire l'attuale Welfare, che vedo uno Stato paternalista, una sussidiarietà di tipo circolare dove le tre sfere, politica, commerciale e civile possano interagire sullo stesso piano, dando vita a un Welfare di tipo municipale, con caratteristiche specifiche per ogni singolo territorio. Poi creare la Borsa sociale, con obiettivi non di lucro, dove il cittadino possa investire capitali in titoli di solidarietà, appunto per finalità sociali, finanziando enti no profit. Gli inglesi, con la London Social Stock Exchange, lo stanno già facendo. Infine porre le basi per un nuovo modello di democrazia, quella deliberativa, favorendo il ritorno dei cittadini a interessarsi della cosa pubblica, partecipando in prima persona alle decisioni. Finora solo la Regione Toscana ha fatto questo passo così importante: mi auguro che altre regioni come la Lombardia possa seguirla al più presto». Suggestiva l'idea dei titoli di solidarietà: ma oltre al valore aggiunto sul fronte etico, saranno appetibili anche sul fronte delle rendite? «Finora il no profit si alimenta con le donazioni, che però non permettono realizzazioni strutturali. La Borsa sociale aiuterebbe ad avere un gettito costante e gli investitori avrebbero la garanzia della restituzione e della negoziabilità ad un tasso minimo stabilito. Tasso che sarà tra i 4 il 5%. Sono pronto a scommettere che il 90% degli italiani investirebbe in titoli di questo tipo». Tornando alla crisi, c'è chi dice che alla fine ci sarà molto meno spazio per il manifatturiero, che a Bergamo è ancora largamente preponderante. «Il manifatturiero tradizionale è effettivamente superato, ma quello che farà innovazione vera, legata soprattutto al prodotto, conoscerà una nuova stagione. Oggi abbiamo un settore troppo statico, dobbiamo fare un ulteriore sforzo di rinnovamento». Intanto un po' ovunque torna a dilagare il protezionismo? «Il protezionismo è una tentazione quasi inevitabile per una classe politica. Ma ha effetti positivi solo nel breve termine, mentre è molto nociva nel medio-lungo termine». Da cosa si ripartirà dopo questa recessione? «Intanto per fortuna i fondamentali della nostra società sono diversi da quelli americani. Da noi nessuna banca è fallita o fallirà e le nostre famiglie non sono indebitate come quelle statunitensi. Ma la rivoluzione dovrà anche essere culturale: dovremo essere bravi a passare da un concetto di individualismo a quello di personalismo, che significa condividere per realizzarsi». Lei parla spesso di felicità, un concetto che per alcuni è astratto o impalpabile, per altri molto soggettivo, per altri ancora è cinicamente raggiungibile attraverso l'accumulo di ricchezze?. «È ormai un fatto assodato e riconosciuto da tutti che lo star bene delle persone dipende non solo dal soddisfacimento dei bisogni materiali, ma anche da quello dei bisogni relazionali. Più le nostre economie occidentali sono diventate "macchine" straordinariamente efficienti per soddisfare l'ampia gamma dei bisogni materiali, più si sono però distaccate dal conseguimento dei bisogni relazionali. La ragione è che questi ultimi non possono essere adeguatamente soddisfatti con beni privati, né con beni pubblici, quale ne sia il volume e la qualità». Eppure per molto tempo i campioni del capitalismo duro e puro ha ricercato la felicità nel denaro? «Forse si illudevano di farlo. Credo che anche e soprattutto in economia si debba fare i conti con la felicità e vedere come i singoli Stati che oggi evidenziano un minor grado di appagamento siano proprio quelli più ricchi. Lì vediamo suicidi in aumento, depressione dilagante, largo uso di stupefacenti. Ecco perché, quando vedo questi imprenditori tanto opulenti quanto tristi e li invito, li sprono, a investire nel sociale, in un nido aziendale, in un Hospice o nel sostegno a categorie più deboli, dopo li scopro diversi, soddisfatti, quasi rinati per aver compiuto finalmente un atto socialmente utile. Inoltre la felicità passa necessariamente dalla condivisione: si può essere esageratamente ricchi, ma se non si ha nessuno con cui dividere i propri beni, materiali o immateriali, si resta perennemente frustrati e insoddisfatti». Ci vorrebbero imprenditori illuminati, alla Adriano Olivetti, che nell'Italia attuale sembrano ancora eccezioni? «Ma no, guardi che ce ne sono ancora, anche a Bergamo. E poi in giro, ho conosciuto casi come quelli di Luxottica, della Ducati, di Illy e per certi versi di Tiscali, che hanno messo in piedi progetti importanti. La voglia di cambiare c'è, ma a livello di legislazione italiana non c'è un meccanismo premiante per questi comportamenti. Il sistema burocratico e amministrativo è anzi tale da scoraggiare molti. In sostanza, il costo della virtù in Italia, è ancora sproporzionalmente alto rispetto ad altri Paesi. Dobbiamo assolutamente invertire questa tendenza». Lei vorrebbe veder valorizzato maggiormente il ruolo del no profit nella nostra società. «Lo trovo fondamentale. Ma per far sì che l'innovazione sociale sia il traino di un'economia in crisi occorre realizzare politiche che incentivino seriamente questo settore. Come presidente dell'Agenzia del Terzo Settore ho trovato tanti risparmiatori che sono pronti a investire nel sociale se soltanto ne avessero gli strumenti». Ma questo terzo settore, così meritorio peraltro, non ha punti deboli? «A volte si fa prendere dall'eccessivo manicheismo. Guai a pensare che chi opera correttamente rappresenti il bene assoluto avendo di fronte il male assoluto. Anche perché anche il capitalismo si è aperto al sociale. Ecco, dovremo essere bravi a favorire questi processi. Anche il messaggio delle casse rurali, 453 in tutta Italia, è prezioso per far capire come si possa agire per il bene comune». Parlare di bene comune, di etica nell'economia, diventa difficile proprio quando il capitalismo più spregiudicato, quello che ha generato questa crisi, ha mostrato il suo vero volto. «Guardi che il mio non è affatto un approccio moralista. Al mondo c'è posto per tutti, io sono per la libertà in ogni campo, quindi anche in economia. A patto però che ci sia pluralismo, che il cittadino possa scegliere e non sia obbligato a imboccare un'unica strada. Oggi troppe volte, soprattutto i nostri giovani che escono dalle Università, sono costretti a scelte che probabilmente non farebbero mai se ci fosse la possibilità di scegliere tra altre opzioni». Lei parla delle nuove generazioni, ma oggi certe tendenze giovanili sembrano orientate proprio al guadagno facile o comunque a carriere più legate a un mondo effimero, che magari prende come modelli i protagonisti del Grande Fratello, le veline o i calciatori, mostrando invece a volte perplessità se non proprio insofferenza verso le tradizionali professioni e soprattutto il cursus di studi per raggiungerle. «Io dico che bisogna avere fiducia nei nostri giovani. Chi conosce la storia sa che erano molto più materialisti una volta. Ora almeno c'è libertà, anche se ripeto, mancano quelle opportunità lavorative che un maggior pluralismo economico sarebbe in grado di garantire». Maurizio Ferrari 02/03/2009 nascosto-->

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Quell'orgoglioso Nord-Est che regge alla crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-03-01 - pag: 1 autore: ... MICROCOSMI, LE TRACCE E I SOGGETTI ... Quell'orgoglioso Nord-Est che regge alla crisi di Aldo Bonomi M i hanno insegnato che per abbassare la soglia della paura, l'ansia dell'incertezza, il panico di smarrire la propria ombra, non rimane che continuare a cercare, a conricercare, per continuare a capire. Partirei da tre province emblematiche nel nostro Nord-Est. Da Trento, che attraverso il Brennero ci porta in Europa, dalla schiva e fiera Verona, mai doma nemmeno rispetto ai flussi della Serenissima che dal mare portava la globalizzazione di allora e memore di essere da sempre una città quadrilatero dell'asburgica Mitteleuropa, e da Vicenza, modello di quel Veneto della modernizzazione dolce e traumatica nel passaggio dalle ville palladiane ai capannoni. C'è in giro un sentire diffuso, un orgoglioso risentimento che si sfoga in cahier de doleance territoriali. Sono tutti orgogliosi nel dirti: «Ve lo avevamo detto di non abbandonare il territorio, il suo saper fare, i suoi valori di laboriosità, parsimonia e sobrietà». Sono risentiti come popolo dei BoT che ha investito in azioni delle banche che si sono sollevate dal territorio oppure nei derivati che hanno contaminato anche sindaci in difficoltà per il venir meno dei trasferimenti dallo Stato. Continua u pagina 13 l'articolo prosegue in altra pagina

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La green economy parte dai tagli (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-01 - pag: 10 autore: La green economy parte dai tagli u Continua da pagina 1 L e mosse del Presidente americano avranno conseguenze fondamentali sul futuro dell'energia mondiale.Vediamo perché. Obama e il suo segretario all'energia Steve Chu - condividono l'idea di fondo che tutti gli obiettivi energetici enunciati in campagna elettorale siano raggiungibili solo se gli Stati Uniti consumeranno meno energia a parità di attività svolta. E, soprattutto, se il grosso del risparmio di energia riguarderà il petrolio. Lo spreco americano di energia lascia ampi spazi di recupero di efficienza. Prima della crisi ogni americano consumava 26 barili di petrolio l'anno, contro i 12 di un europeo (occidentale) e i 14 di un giapponese. Lo squilibrio non cambia se si considera l'energia totale consumata dal singolo americano rispetto ai suoi partner avanzati: in rapporto alla popolazione, il consumo di energia degli americani (equivalente a circa 60 barili di petrolio pro capite) è il doppio di quello di europei e giapponesi. Intervenire su un uso così smodato del petrolio e dell'energia è relativamente più semplice, soprattutto in tempi di crisi economica. I problemi finanziari delle famiglie e delle imprese rendono più accettabili provvedimenti di legge che impongono comportamenti energetici più virtuosi. In parte, ogni americano li sta già adottando per tagliare i costi della sua bolletta- diventati insostenibili. Imporre per legge temperature meno estreme per il riscaldamentoe il condizionamento degli edifici (aree di massimo spreco, come sa chiunque si rechi con frequenza negli Stati Uniti), illuminazione notturna più contenuta,standard di efficienza delle auto più elevati e via dicendo è non solo utile e necessario, ma anche relativamente poco costoso rispetto ai risparmi che può generare. Uno dei settori più colpiti dalla rivoluzione dell'efficienza sarà proprio quello automobilistico. Dopo gli standard di percorrenza (chilometri per litro, che negli Usa diventano miglia per gallone) fissati da Gerald Ford nel 1975, nessun presidente americano ha avuto il coraggio di intromettersi con nuove e significative leggi nel folle amore tra consumatore americano e auto di grossa cilindrata. Così, oggi il parco auto del paese è una sorta di idrovora con un'efficienza media inferiore del 40%rispetto al parco auto europeo,un mostro che ogni anno assorbe circa la metà del petrolio consumato dagli Usa e quasi il 12% di quello consumato nel mondo. Quasi sicuramente, per colpire questa idrovora Obama varerà alcuni delle leggi più coraggiose del suo primo mandato. I primi segnali si sono già visti il 26 gennaio, quando il presidente ha firmato due ordini presidenziali in materia di efficienza energetica dei veicoli, volti a aumentare gli standard di percorrenza per litro di carburante. Oltre a imporre nuovi standard di efficienza, non mi stupirei se Obama riuscisse in ciò che negli Stati Uniti è considerato un "suicidio politico": aumentare le tasse sulla benzina. è noto che, negli Stati Uniti, il consumatore paga meno del 20% di tasse sul prezzo alla pompa della benzina, contro il 50% pagato dai giapponesi o il 60-70% di un europeo (percentuale che in Europa cresce al diminuire del costo del greggio, per effetto delle accise). Aumentare anche di pochi centesimi le tasse avrebbe l'effetto di ricavare fondi da impiegare per finanziare altri progetti energetici e - al tempo stesso - stimolare l'acquisto di auto di più piccola cilindrata. In ogni caso, anche senza aumentare le tasse sulla benzina, il dato di partenza del parco auto più inefficiente del mondo occidentale lascia a Obama ampi spazi per ridurre i consumi di carburante degli americani, rendendo realistico un risultato che oggi sembra impossibile: rinunciare entro 10 anni al petrolio importato dal Venezuela e dal Medio Oriente. Tradotto in numeri, questo obiettivo implica una riduzione di circa 3,5 milioni di barili al giorno di petrolio ( circa il 18% del consumo statunitense di petrolio prima della crisi) - pari al doppio di quanto consuma attualmente l'intera Italia. Un obiettivo difficile, certo, ma non impossibile considerando anche il ruolo di battistrada del cambiamento della California di Arnold Schwarzenegger. Se perseguito con coerenza e tenacia, questo obiettivo non cambierà soltanto le abitudini immarcescibili degli automobilisti americani, ma avrà un impatto formidabile sull'intera industria automobilistica mondiale e sul futuro della domanda di petrolio. Se gli Stati Uniti consumeranno meno, infatti, verrà meno uno dei fattori portanti della costante crescita della domanda di petrolio degli ultimi 25 anni. Collegandosi al declino già in atto dei consumi petroliferi negli altri paesi industrializzati (Europa, Giappone e Australia hanno toccato il loro picco di consumi negli anni 90), ciò potrà comportare tassi di crescita della domanda mondiale di petrolio assai meno sostenuti di quelli che oggi tutti si aspettano. Di fatto, a sostenere quella crescita rimarrano solo i paesi emergenti, trainati dalla Cina. Sugli obiettivi annunciati da Obama in tema di fonti rinnovabili aleggiano, invece, alcune incertezze. Nel pacchetto anti-crisi presentato gli ultimi giorni di gennaio, in questo campo il presidente ha annunciato un obiettivo solo in apparenza più stringente rispettoa quello indicato durante la campagna elettorale, che prevedeva il raggiungimento del 10% di rinnovabili sulla produzione di energia elettrica totale entro il 2012. In particolare, Obama- che in un primo momento aveva dichiarato di voler raddoppiare la produzione di rinnovabili entro tre anni -successivamente ha chiarito che l'obiettivo è di raddoppiare la capacità di generazione di energia elettrica «facendo in tre anni ciò che gli Stati Uniti hanno realizzato in trent'anni» - come chiosa il sito della Casa Bianca. Queste dichiarazioni contengono due elementi di confusione. Il primo riguarda la differenza tra capacità di generazione ( semplificando: le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici) e produzione di energia elettrica ( cioè l'energia da essi prodotta). Quando si confrontano le rinnovabili con le fonti tradizionali - per esempio il carbone e il gas naturale - questa differenza è abissale, perché un pannellosolare o una pala eolica può lavorare soltanto per il 20-30% del tempo disponibile in un anno,cioè solo quando c'è sole o vento. Al contrario, una centrali tradizionalea gas o carbone sfrutta la sua capacità per l'80% del tempo disponibile. Questo fa sì che raddoppiare la capacità di generazione da rinnovabili sia un obiettivo molto più facile da conseguire rispetto a quello di aumentare significativamente il peso dell'elettricità che esse possono generare. Il secondo elemento di confusione è il perimetro di rinnovabili a cui si riferisce il presidente. Oggi negli Usa la produzione di energia elettrica da rinnovabili è circa il 9% del totale e la gran parte (circa il 70%) proviene da idroelettrico. Raddoppiare in tre anni l'intera capacità di generazione delle rinnovabili - compresa quella idroelettrica - sarebbe impossibile. Inoltre, l'energia idroelettrica americana esiste dalla seconda metà dell'Ottocento, ed è quindi molto più antica di quella esistente da «30 anni» citata dalla Casa Bianca. Al di là della confusione, sembra ormai chiaro che gli obiettivi fin qui enunciati comprendano solo le "nuove rinnovabili" (cioè eolico, solare e alcune biomasse come il legno) e escludano l'idroelettrico. Questo sottoinsieme produce oggi meno del 3%dell'energia elettrica degli Stati Uniti: Obama può riuscire in tre anni a raddoppiarne la capacità di generazione spingendo molto soprattutto sull'eolico, che è già in forte sviluppo e ha un costo accettabile. Di per sé, comunque, uno sforzo del genere non contribuisce granché al fabbisogno energetico americano. è più una forma d'incentivazione e di indirizzo che non una vera rivoluzione. D'altra parte, Obama e Chu sanno benissimo - Chu lo ha dichiarato anche al Congresso - che con le attuali tecnologie per le rinnovabili non si può sperare in una rivoluzione energetica. Per questo intendono puntare soprattutto sulla ricerca scientifica,finanziando in modo più corposo e costante le collaborazioni tra imprese, università e laboratori per sviluppare nuove tecnologie e dispositivi. Dallo sforzo profuso con continuità (150 miliardi in 10 anni) sulla ricerca, tuttavia, è ragionevole attendersi che potranno arrivare grandi discontinuità tecnologiche: è la prima volta nella storia che un simile sforzo viene codificato, e alcuni settori-quelle dell'energia solare in particolare - potrebbero ricevere da esso la spinta finale che fino a oggi è mancata. Lo sforzo di ricerca non risparmierà il carbone. Per quanto possa sembrare strano, infatti,anche un'amministrazione "verde" non potrà rinunciarvi: gli Stati Uniti lo producono in casa - e quindi è sicuro - e a costi relativamente bassi. Cercheranno di contenerne lo sviluppo e di utilizzarlo in modo più efficiente, ma non gli volteranno le spalle. Chu, in particolare, è profondamente convinto che in tempi relativamente brevi sarà possibile catturare e sequestrare su scala commerciale l'anidride carbonica che il carbone produce bruciando. Nel mondo lo si sta già sperimentando, ma i costi sono ancora elevati. L'amministrazione Obama non volterà le spalle nemmeno al nucleare, che Chu considera un elemento imprescindibile di una politica energetica più verde e più sicura. Per l'energia dall'atomo, tuttavia, le complicazioni verranno dalla crisi economica, dagli alti costi iniziali di costruzione di nuove centrali e dalla difficoltà di ottenere credito, soprattutto in mancanza di garanzie sulla futura redditività- almeno per i primi 15-20 anni - delle nuove centrali, in un contesto in cui nessuno vuole assicurare un prezzo privilegiato al chilowattora prodotto da nucleare. di Leonardo Maugeri DIRETTORE STRATEGIE E SVILUPPO ENI

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INTERNET: SEMINARIO SU PAGAMENTI ELETTRONICI E FRODI, OPPORTUNITA' E RISCHI (sezione: Globalizzazione)

( da "marketpress.info" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunedì 02 Marzo 2009 INTERNET: SEMINARIO SU PAGAMENTI ELETTRONICI E FRODI, OPPORTUNITA´ E RISCHI Phishing, vishing, furti d´identità, clonazioni delle carte di credito. Si parla molto di frodi creditizie negli ultimi anni con il sempre più frequente uso da parte dei consumatori di Internet e degli strumenti di pagamento elettronico, dietro ai quali però non si nascondono solo rischi, ma anche nuove opportunità. Di questo si è discusso al seminario "Internet, pagamenti elettronici e frodi. Opportunità e rischi", organizzato dal Movimento Difesa del Cittadino (Mdc) in collaborazione con il Master "Globalizzazione dei mercati e tutela dei Consumatori" dell?Università Roma Tre, nell?ambito del progetto condotto dall?associazione spagnola Adicae e voluto dalla Commissione europea ? Dg Giustizia, Libertà e Sicurezza, per sviluppare strategie e strumenti per combattere il crimine nel settore. Al seminario, sono intervenuti rappresentanti, oltre che dell´Università Roma Tre, Liliana Rossi Carleo, coordinatore dei Master, ed Ettore Battelli, ricercatore, anche delle aziende, che hanno parlato della loro esperienza nel fronteggiare le frodi creditizie: Unicredit, Abi, Poste Italiane, Iccrea Banca S. P. A. Per combattere le frodi creditizie su tutti i fronti (tecnologia, normativa, repressione e informazione), tutte le parti si sono ritrovate nel constatare che banche, autorità, istituzioni e associazioni debbano operare insieme e sviluppare sinergie. Lo dimostra il fatto che, grazie allo sviluppo di azioni congiunte di contrasto e prevenzione da parte dei diversi soggetti, a partire dal 2007, si è registrata una diminuzione del numero delle frodi con carte di pagamento. Ma uno dei problemi più difficili rimane quello della legislazione. "Internet purtroppo ha sfatato il mito secondo cui la legge può disciplinare tutto", ha dichiarato Federico Regaldo, l´avvocato responsabile del coordinamento scientifico del progetto. "Internet, anzi si presta a una competizione per le soluzioni più deleterie - ha aggiunto Regaldo - e fin dai suoi albori si è pensato a un meccanismo di autotutela basato su codici di condotta che creino una sorta di bollino di garanzia, per assicurare che un sito Internet operi in un contesto di sicurezza. Ma dati allarmanti ci dicono che non è sufficiente. Allora che fare"? L´avv. Regaldo ha parlato della possibilità di estendere il principio della responsabilità da prodotto difettoso anche ai servizi di pagamento on line. "In questo modo - ha detto Regaldo ? la responsabilità verrebbe spostata dalle vittime del cyber crime alle società che operano nel settore. A parte questo, il diritto vigente fornisce ben pochi appigli". Antonio Longo, Presidente di Mdc, ha sottolineato come il problema delle truffe online stia diventando un´emergenza internazionale: "Per questo, la Commissione europea sta finanziando una serie di seminari in tutti i 27 Paesi dell´Ue, affidati alle associazioni dei consumatori ed Mdc fa parte proprio di un progetto con a capo l´associazione spagnola, Adicae. E´ necessario far crescere la cultura della sicurezza e imparare a essere gelosi delle nostre password e di tutte le chiavi d´accesso alla nostra identità. Ormai questi mezzi saranno sempre più diffusi e non possiamo farci spaventare: dobbiamo averne fiducia conoscendoli". Via Piemonte 39/A ? 00187 Roma Tel. 06. 45442583 - Fax. 06 4820227. Sito: www. Mdc. It - E-mail: ufficiostampa@mdc. It . <<BACK

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Controlli dei mercati: si può osare di più (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-02 num: - pag: 28 autore: di SALVATORE BRAGANTINI categoria: REDAZIONALE NUOVE REGOLE, LE PROPOSTE EUROPEE Controlli dei mercati: si può osare di più T re sono i livelli della crisi, e tre i piani sui quali va affrontata. Al piano terra c'è la supervisione finanziaria: quali regole, e gestite da chi? Al secondo ci sono gli squilibri nei flussi finanziari del mondo globalizzato; è possibile ricostruire oggi un nuovo sistema mondiale come quello di Bretton Woods? All'attico bisogna addirittura conciliare la crescita del benessere di chi oggi ne è escluso, con le scarse risorse della Terra. Limitiamoci alla supervisione finanziaria, pur se i temi «alti» sono essenziali: anche lì, nei grandi nodi politici ad essi legati, nasce la crisi. L'Unione Europea conta decine di supervisori con compiti disparati, che non si fidano l'uno dell'altro. La Commissione Ue ha chiesto a un gruppo di esperti — guidato da Jacques de Larosière, ex governatore della Banque de France, e di cui per l'Italia fa parte Rainer Masera — proposte sulla supervisione bancaria, assicurativa e dei mercati finanziari. Occorre garantire l'equilibrio del sistema, la stabilità di banche e assicurazioni, il funzionamento dei mercati e la protezione di clienti e investitori, infine semplificare la gestione delle crisi . Il rapporto, uscito il 25 febbraio, è un bicchiere a metà: pieno o vuoto? De Larosière fa proposte realistiche, ma pecca forse di scarsa ambizione: si poteva osare di più. La priorità assoluta del mandato era la stabilità, su cui si concentra la più parte delle proposte. I venti di guerra che spazzano il mondo mettono in secondo piano la trasparenza e la correttezza; la solvenza di banche e assicurazioni prevale su ogni altra cura. Se ciò è inevitabile nell'attuale clima bellico, quando tornerà la pace andrà corretto il tiro; avremmo altrimenti il perpetuo vigore della legge marziale, a danno degli investitori. Nasce il Sistema Europeo dei Supervisori Finanziari, una rete decentrata che poggerà sui tre attuali comitati di settore, competenti per banche, assicurazioni e mercati. Questi vanno rafforzati e trasformati in Autorità della Ue; dato che 2 su 3 si occupano di stabilità, il focus è chiaro. La vigilanza sui singoli intermediari e sui mercati resta ai regolatori nazionali, anche per i gruppi cross border. Per loro non ci sarà il regolatore vicino alla Bce in cui si sperava; avranno però più peso i Collegi di Supervisori, come a suo tempo chiesto dal nostro Padoa-Schioppa. Altro non permettono gli Stati membri, che pagano in caso di insolvenza. Solide sono le proposte sulle Autorità, le quali promuoveranno l'armonizzazione delle leggi nazionali — oggi gestire un'Opa cross border sarebbe un incubo, fortuna che non ce n'è — e arbitreranno le dispute fra regolatori; decidendo a maggioranza qualificata, faranno giurisprudenza e daranno coerenza all'applicazione delle norme. Esse vigileranno sul rating e sui sistemi di compensazione e regolamento delle operazioni. I loro vertici saranno nominati dalla Ue con un mandato — otto anni — che assicura la distanza di braccio dal potere politico. Il presidente e il direttore generale dovranno avere ampi poteri; il rapporto schiva il tema, ma un ruolo «forte» del Consiglio delle Autorità — nel quale siederanno i regolatori nazionali — toglierebbe incisività alle loro funzioni arbitrali. Si potrebbe anche proporre che alle nuove Autorità vadano eventuali compiti su hedge fund o private equity, nonché su mercati plurinazionali (per alcuni grandi temi) o istituendi, come quello dei Credit Default Swap. Il rapporto, poi, dà un sostegno timido alla vigilanza per finalità — un'Autorità per la stabilità di banche e assicurazioni, una per la trasparenza e le regole di condotta di questi — che pure di fatto abbraccia; Regno Unito e Germania si sarebbero opposti a un'aperta condanna del loro modello, che combina le due funzioni. Un po' più di ambizione non avrebbe nuociuto, per avere più margini di manovra. Le proposte devono infatti essere approvate dalla Commissione, ansiosa di vedersi rinnovato un mandato in scadenza. Gli Stati non gradiranno queste pur moderate proposte, e cercheranno di boicottarle. In tal caso alcuni fra essi potranno seguire la via delle cooperazioni rafforzate, che il rapporto si spinge a suggerire. è questo lo stato del Cantiere Europa: sotto la minaccia del nazionalismo economico il mercato unico vacilla, e la Commissione è debole proprio quando anche i suoi storici avversari inglesi la vorrebbero improvvisamente forte. Forse ha ragione il navigato de Larosière, il bicchiere è mezzo pieno.

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Clima, gli Usa verso un nuovo trattato (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Ecologia.it, La" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Clima, gli Usa verso un nuovo trattato Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è pronto a partecipare «in maniera intensa» ai negoziati per il nuovo trattato che a dicembre verrà firmato a Copenaghen. Le prospettive di un voto bipartisan al Senato e il pressing diplomatico sulla Cina Obama stanzia più fondi per l'ambiente Con una svolta radicale rispetto al suo predecessore George W. Bush, il neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama è pronto a partecipare attivamente ai negoziati internazionali sull'effetto serra, dopo aver preso in casa una serie di decisioni per diminuire le emissioni che contribuiscono a riscaldare il pianeta. Come scrive con ampio rilievo il New York Times, il negoziatore in capo degli Stati Uniti sulle questioni climatiche, Todd Stern, ha indicato nei giorni scorsi che gli Usa intendono partecipare ai negoziati per il nuovo trattato che verrà firmato a Copenaghen a dicembre, "in maniera intensa". Gli Stati Uniti hanno firmato il protocollo di Kyoto ai tempi di Bill Clinton nel 1998, ma il documento non è mai stato sottoposto al Senato per ratifica, anche perché i senatori non lo avrebbero mai approvato. Ora le cose sono cambiate rileva il presidente della commissione esteri del Senato John Kerry. "C'è stato un cambiamento radicale al Senato - spiega il senatore del Massachusetts, ex candidato alla Casa Bianca - sono convinto che ci sono voti a sufficienza, democratici e repubblicani, per ratificare un trattato forte". Un appoggio statunitense viene giudicato indispensabile perché il nuovo Trattato, che sarà diverso rispetto al protocollo di Kyoto, sia davvero efficiente. Quello in vigore attualmente, anche secondo gli esperti dell'Amministrazione Obama, non ha funzionato molto bene, e non soltanto per colpa degli Stati Uniti che hanno dato il cattivo esempio. Non ci sono praticamente limiti vincolanti per paesi emergenti come Cina e India, ora tra i maggiori inquinatori, e i meccanismi di compensazione nei paesi in via di sviluppo non hanno sempre funzionato come avrebbero dovuto. E, soprattutto, 'pesi massimi' come la Germania o il Canada non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. La nuova Amministrazione di Washington ha già iniziato a fare pressione sulla Cina: in occasione del suo primo viaggio all'estero il segretario di Stato Hillary Clinton aveva inserito l'ambiente e l'effetto serra negli argomenti centrali dei suoi colloqui a Pechino, proponendo una collaborazione tra i due paesi. Il nuovo trattato sarà diverso rispetto al suo predecessore, prevedendo, oltre a limiti sulle emissioni, meccanismi finanziari e assistenza tecnica per aiutare i paesi in via di sviluppo. Con la crisi, emergono però una serie di problemi e di situazioni nuove: da un lato l'effetto serra diminuisce a causa della rallentata attività industriale; dall'altro ci sono paesi che premono per regole meno stringenti temendo che l'industria diventi meno competitiva in un momento particolarmente difficile. 02 marzo 2009 - TAG: Clima | Obama | Copenaghen |

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La NordCorea punta i missili sugli Stati Uniti pag.1 (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Lunedí 02.03.2009 08:51 Parte del problema sta nel fatto che il despota nord coreano, dopo un grave collasso nell'agosto 2008, appare sempre meno in pubblico ma non dà alcun segno di lavorare per la propria successione, lasciando gli analisti ad indovinare quale potrebbe essere il futuro di quel paese. In realtà fonti riservate affermano che il leader, fisicamente incapacitato, da allora non eserciti il pieno controllo del paese e che, in intesa con i vertici delle forze armate, Kim Jong-iI potrebbe aver già individuato nel suo terzo figlio Kim Jong-Woon il successore al timone di uno dei paesi più poveri del pianeta, dove i diritti umani sono cosa totalmente sconosciuta e dove la propaganda governativa addirittura racconta a circa 24 milioni di disperati che il regime fantoccio di Seul, in mano agli Americani, ha bisogno degli aiuti nord coreani! In realtà, non più tardi di un anno fa, attraverso canali non ufficiali, la Corea del Nord ad esempio ha chiesto a Seul sapone, bene di lusso ormai raro nel paese. In un clima di tale incertezza è chiaro che i paesi confinanti e gli Usa osservino con apprensione gli sviluppi del programma nucleare e militare nord coreano e ed è legittimo ritenere che, sebbene non ufficialmente in agenda, l'argomento sia stato affrontato nel corso della visita di Hillary Clinton a Pechino. < < pagina precedente pagina successiva >>

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La NordCorea punta i missili sugli Stati Uniti pag.2 (sezione: Globalizzazione)

( da "Affari Italiani (Online)" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

La NordCorea punta i missili sugli Usa. Obama può solo sperare nella Cina Lunedí 02.03.2009 08:51 Infatti, finchè a Pyongyang non sarà chiaro chi ha "il dito sul bottone", la Clinton, il Giappone e la Corea del Sud possono solo fare affidamento sui buoni uffici della Cina, che però sembra giocare anche su questo tavolo in maniera ambigua. Da un lato proclama la volontà di non interferire nei processi interni della Corea del Nord, dall'altro è abbastanza chiaro che a Pyongyang non si muove foglia che Pechino non voglia. La Corea del Nord sopravvive (male) esclusivamente grazie agli aiuti cinesi, il colosso asiatico che addirittura delocalizza laggiù, avendo trovato qualcuno abbastanza disperato da accettare di produrre a costi ancora più bassi rispetto ai suoi. Mentre in Italia vagheggiamo di vendere ai cinesi le nostre scarpe firmate, i cinesi intanto si fanno fare le loro scarpe in Corea del Nord, a 50 centesimi di dollaro al paio. Qualora le ambizioni nucleari o militari di Kim Jong-iI o del suo eventuale ignoto successore (la Corea del Nord non ha un Vice-Presidente o un Primo Ministro) arrivassero a molestare la Corea del Sud passando dalla retorica bellicosa ai fatti, solo la Cina potrebbe richiamare convincentemente all'ordine il suo irrequieto alleato. Per quanto paradossale possa sembrare e ben al di là dello scontro USA-Cina sui diritti umani di queste ore (dal sapore di una commedia diplomatica pro-forma), la verità è che il più grosso alleato in Asia degli USA è proprio la Cina. Non solo per le ragioni economiche che abbiamo indicate negli articoli precedenti, ma anche perché la stabilità dell'area è strettamente condizionata dalle scelte di Pechino, un partner insidioso ma vitale per l'amministrazione Obama. Arduino Paniccia Globalist www.arduinopaniccia.net < < pagina precedente

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"Così Intesa violava l'embargo usa all'Iran. Bonifici da "entità libiche e siriane" Franceschini: "Lotta all'evasione!" Ma dove vive? Vuole continuare a perdere? Gheddafi, il Giann (sezione: Globalizzazione)

( da "Dagospia.com" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

HomePage | Segnala articolo --> ?Così Intesa violava l?embargo usa all?Iran. Bonifici da ?entità libiche e siriane? - Franceschini: ?Lotta all?evasione!? Ma dove vive? Vuole continuare a perdere? - Gheddafi, il Gianni Letta planetario ? costanzo: il giornalismo ?per sentito dire? a cura di Massimo Riserbo e Falbalà Passera e Bazoli CHAPEAU! Iran, amore mio/1. Editoriale di Renzo Guolo in prima pagina su Repubblica: "Una cosa è certa: per la Casa Bianca parlare con il Nemico è realisticamente possibile (...). Il governo Berlusconi non può che prenderne atto, con buona pace dei residui, nostalgici, neocon nostrani". Iran, amore mio/2. Scoop del tostissimo Maurizio Molinari da New York per la Stampa di Giulio Anselmi: "Così Intesa violava l'embargo all'Iran. Bonifici sospetti sono giunti da "entità libiche e siriane" entrambe colpite dalle sanzioni Usa. Migliaia di versamenti con falsi requisiti bancari. Coinvolte almeno altre dieci banche importanti, forse anche italiane. L'istituto di Piazza Scala: "Abbiamo offerto subito la nostra piena collaborazione" (p.12). AVVISI AI NAVIGATI "C'è un problema per l'Est, ma da quello che so io anche Profumo non è preoccupato". Se lo dice Silvio Berlusconi (Repubblica, p.4), siamo tutti più tranquilli. Poi racconta che per ora una sola banca ha bussato alla porta dei Tremonti-bond, "secondo alcune indiscrezioni i riflettori si sarebbero accesi su Monte dei Paschi e Banco Popolare". Dario Franceschini Prosa tortuosa, massima cautela e notizie da cercare con il lanternino nelle pieghe di un articolo super-generico e tranquillizzante ("Banche italiane libere dai titoli tossici"). Quando il giornale diretto (diretto?) da Eziolo Mauro si occupa di banche, il lettore deve avere tanta ma tanta pazienza. "Il Papa: difendere i lavoratori e le famiglie. L'appello a imprenditori e autorità. All'Angelus il saluto agli operai Fiat di Pomigliano" (Corriere, p. 5). Ma per il Berlusca "l'assegno di disoccupazione non è sostenibile" (Messaggero, p.5) e finalmente fa una cosa di destra. Franceschini dice invece che le risorse ci sarebbero: basterebbe impegnarsi un minimo nella lotta all'evasione. Lotta all'evasione? Ma dove cavolo vive? Vuole proprio continuare a perdere le elezioni. Prima di aprir bocca e blaterare, Su-Dario si documenti con questa grande inchiesta: "Come pagare meno tasse". Il Giornale della famiglia Berlusconi (p.1 e 4-5) svela proprio oggi tutti i segreti legali per non farsi dissanguare dal Fisco. Quelli illegali ovviamente li tengono per loro. LA BELLA POLITICA "Berlusconi in Libia subito dopo Prodi". Ennesimo capolavoro del Colonnello di Tripoli, che invita i due nemici a 48 ore uno dall'altro senza dir loro un tubo (Repubblica, p.15). Diciamolo, Gheddafi è ormai è un Gianni Letta planetario. E i grandi affari Roma-Tripoli fanno digerire qualunque cosa. Ezio Mauro Anche i piccoli affari vanno sempre bene. Anzi valgono perfino una moschea a Milano. Intervistato da Giancarlo Perna sul Giornale (p.13) Roberto Formigoni scandisce: "Piuttosto che continuare lo scempio di viale Jenner, ragioniamo sulla moschea. Anche in vista dell'Expo, quando avremo visitatori islamici". A parte il fatto che i principali "visitatori islamici" dello scempio Expo2015 rischiano di essere alcuni agenti turchi che verranno a ridere pensando alla bocciatura di Smirne, è un po' come se in alcune nazioni arabe cominciassero a costruire chiese per l'arrivo degli ingegneri Eni di Paolo Scaroni. O come se la Cina smettesse di perseguitare i cristiani in onore dei camioncini Iveco. MA FACCE RIDE! "Ho deciso di partecipare alla "Fattoria" per provare la vita agreste. La gente ha di me un'immagine tutta cappellini e vita mondana, ma io ho un amore per la vita semplice". Marina Rapa di Moana dixit (Corriere, p.33) Roberto Formigoni "Il ritorno della disciplina a scuola è fondamentale. I modelli della scuola sono sovvertiti. Basta vedere una trasmissione come "Amici": non solo i ragazzi spesso non riconoscono l'autorità, ma gli insegnanti stessi si scannano tra loro". Alfonso Signorini, direttore di "Chi", plaude alla scuola severa modello Gelmini e si traveste da implacabile maestrina (Giornale, p.11). Ensemble molto fetish. FREE MARCHETT "E' stato il padiglione della Puglia il più frequentato dagli italiani e non alla recente fiera della Bit a Milano. Animatrice intelligente è stata Enrica Ciotti Alemagna con i due figli Tancredi e Alberto. La bella dama, leggera come una farfalla, è innamorata dei trulli e il suo (?sic) è strepitoso, come strepitosa è la sua mousse al cioccolato offerta agli ospiti pugliesi durante la cena nella sua bella casa milanese. Francois Mitterand, quando era di passaggio a Venezia, ne andava ghiotto ogni mattina a colazione. "La mousse de Madame Alemagna est superbe, vitale". Anche la penna di Giuseppe Alemagna Turani è "superbe et vitale". (Affari&Finaza, p.4) CARO, PRENDITI UNA VACANZA "Chi ne è frequentatore abituale mi continua a parlare bene del treno che da Milano a Roma e da Roma a Milano compie il tragitto ad alta velocità". Maurizio Costanzo rilancia in prima sul "Messaggero" il grande giornalismo "per sentito dire". Ma soprattutto, non sa più come riempire quelle 30 righine che Calta-Papà gli paga profumatamente ogni giorno. Lo diciamo da tempo: Costanzo ha bisogno di una vacanza. Anche non in treno. [02-03-2009] Maurizio Costanzo

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Chávez lancia a 18 euro il cellulare del popolo (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

MADRID Non c?è due senza tre nell?hi-tech di Chávez. Dopo il laptop del 2007, il «computer boliviariano» ed il satellite per le telecomunicazioni «Simón Bolivar», lanciato nello spazio lo scorso ottobre, il Líder Máximo venezuelano dei petrodollari lancerà, a partire dal prossimo 24 maggio, giorno della Madre nel Paese caraibico, l?ultimo gioiello: Vergatario (persona di fiducia e successo nello slang di Caracas), un cellulare che segna una vera e propria rivoluzione. Il suo prezzo, infatti, annunciato dalla ministra delle «Telecomunicaciones», Socorro Hernández, è imbattibile: appena 50 bolivares, ossia 18 euro. «Vergatario è comodo, piccolo, leggero, resistente, impermeabile e blindato», assicura lo stesso presidente in televisione. Naturalmente, come anche nella altre due precedenti prodezze che hanno snobbato la tecnologia dell?odiato «imperio gringo» di Washington, Chávez si può permettere il lancio del gadget grazie all?apporto cinese. Il telefonino, che si chiama «Zte 366», usa l?hi-tech dell?ex Celeste Impero, quello della Zte, che nella scorsa settimana ha già superato i 100 milioni di cellulari venduti. In un Paese in cui si vendono ogni anno, e tutti importati, ben 7 milioni di telefonini, Chávez ha fatto un?altra joint-venture con i cinesi, interessatissimi al petrolio del Fidel Castro di Caracas. Stavolta, la impresa mista Vetelca (Venezuelana di Telecomunicaciones), che si installerà a Paraguaná, è all?85 per cento di proprietà della repubblica bolivariana ed al 15 per cento della Cina. Il nuovo stabilimento, che assemblerà il cellulare rivoluzionario, è stato costruito per fare le cose in grande: la produzione prevista per quest?anno è di 600 mila unità di Vargatarios, un milione per l?anno prossimo. Così Chávez, un po? in braghe di tela per la caduta del prezzo del barile di greggio di cui è il quinto esportatore mondiale, eviterà anche l?espatrio di un sacco di dollari per pagare i prodotti made in Usa, Giappone o Europa. Ma c?e di più. Non solo il governo chavista, via la telefonica statale Movilnet, ha già ordinato 100 mila unità del nuovo oggetto del desiderio dei venezuelani a corto di quattrini per distribuirli nei settori rurali e poveri del Paese; il Fidel Castro di Caracas vuole spedire i Vergatarios anche ai Paesi amici, alla Bolivia di Morales, al Nicaragua di Ortega e, inutile dirlo, pure alla Cuba di Raul Castro. Chávez pensa, oltre ai circenses, anche al panem. L?altro ieri, dalla televisione, il presidente ha infatti ordinato il controllo militare del settore del riso, il cui prezzo è fissato dal governo, avvertendo che lo nazionalizzerà se continua la crisi dei rifornimenti. «Non permetteremo che continuino a burlarsi del popolo e del nostro governo», ha tuonato Chávez. Tra le imprese a rischio la yankee Cargill.

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Carta igienica, quattro veli di morbidezza minacciano le foreste (sezione: Globalizzazione)

( da "Panorama.it" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

- Hitech e Scienza - http://blog.panorama.it/hitechescienza - Carta igienica, quattro veli di morbidezza minacciano le foreste Posted By luca.delloiacovo On 27/2/2009 @ 14:51 In Headlines | No Comments [1] Carta igienica Carta igienica morbida nel mirino: le foreste americane sono a rischio per il successo del rotolo bianco nei bagni domestici di Stati Uniti, dove sempre meno persone si accontentano del velo classico. Ma i "quattro strati di morbidezza" non possono essere fabbricati con carta riciclata, inadatta alle esigenze tattili. Per garantire la resistenza, inoltre, sono necessarie elevate quantità di fibre di legno e, dunque, bisogna abbattere più alberi. Insomma, la comodità in bagno contribuisce ad accelerare l'erosione dei polmoni verdi della terra. Tanto che le associazioni ambientaliste Usa, come [2] Greenpeace, si sono ribellate: hanno chiesto l'aiuto di testimonial per convincere gli americani all'acquisto di carta igienica riciclata. Ma la mobilitazione cresce anche in altre nazioni. In Giappone la campagna per salvare le foreste fa leva sulle poesie in versi brevi: un gruppo di creativi ha distribuito rotoli con dichiarazioni come "Love the toilet" e, secondo le prime stime, i consumi sarebbero diminuiti del 20 per cento. Anche dalla Ryanair arriva un aiuto indiretto: l'amministratore delegato Michel O' Leary progetta di far pagare l'ingresso in bagno durante i voli. Una misura che potrebbe spingere i passeggeri a riflettere sul consumo di rotoli. Le cifre rivelano consumi in crescita. Nel 2010 ogni persona srotolerà almeno quattro chili ogni anno di carta igienica, un chilo in più rispetto al 1996. Ma negli Stati Uniti la media si impenna fino a 21 chilogrammi l'anno, soprattutto morbida. E durante lo shopping acquistano volentieri le confezioni da 36. Nei supermercati tedeschi, invece, vanno a ruba le confezioni con tre o quattro veli. Con un impatto sulla deforestazione notevole: un pacco con otto rotoli a quattro veli pesa il 75 per cento in più rispetto all'equivalente a due veli. Se la Russia è una frontiera per la richiesta di carta di qualità nei bagni, in Norvegia la tradizionale attenzione per l'ambiente orienta le scelte verso le linee di prodotti riciclati. E l'Asia, dove abita più della metà della popolazione mondiale? La Cina è nota per il pessimo stato delle toilette pubbliche, maleodoranti e sporche. Spesso sono prive di carta igienica: se c'è, spesso si tratta di un "involtino" di cellulosa riciclata.

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(ACR) MAHLE, NAPOLI: EVITARE ENNESIMO SACCHEGGIO INDUSTRIALE (sezione: Globalizzazione)

( da "Basilicanet.it" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

MAHLE, NAPOLI: EVITARE ENNESIMO SACCHEGGIO INDUSTRIALE 02/03/2009 13.18.23 [Basilicata] (ACR) - Sul futuro dello stabilimento Mahle di Potenza il consigliere regionale del gruppo misto -â?? La Destraâ? Michele Napoli ritiene che â??in merito alla notizia divulgata sullâ??interessamento di una società  di Hong Kong di rilevare lo stabilimento Mahle di Potenza sia opportuno fare alcune considerazioniâ?. â??La professionalità  e la capacità  produttiva dello stabilimento potentino â?? a parere di Napoli - apre una linea di credito allâ??estero piuttosto che sul territorio nazionale, il che dimostra le intatte potenzialità  di un mercato, nonostante la crisi industriale e, al contempo, si mette in evidenza una crisi di capitali, da parte del settore industriale metalmeccanico che, non credendo nel rilancio, non si espone economicamente. La crisi del comparto industriale lucano è¨ stata sempre associata alla globalizzazione dei mercati, imputando responsabilità  oggettive al di là  delle responsabilità  istituzionali. Proprio la globalizzazione dei mercati, invece, può² aprire nuovi spiragli, spetta alle istituzioni saper governare questo processo individuando soggetti capaci di dare una svolta alla Mahle. Il mercato cinese â?? continua Napoli - ha delle potenzialità  incredibili e tante aziende che vi operano hanno ingenti disponibilità  finanziarie e, quindi, la possibilità , in un colpo solo, di acquisire macchinari e professionalità , colmando il vuoto di conoscenze tecnologiche che ancora oggi caratterizzano, nel settore metalmeccanico, le grandi aree industriale, rispetto ad un mercato nuovo ed in espansione come quello cineseâ?. â??La credibilità  di un progetto industriale â?? sostiene lâ??esponente della Destra - risulta fondamentale rispetto alla capacità  di investimenti ed è¨ necessario, dunque, attivare tutti i canali per evitare lâ??ennesimo â??saccheggioâ?? nel nostro territorio. Investimenti cinesi operati in Basilicata, e ci riferiamo alla Sinoro di Tito Scalo, non rappresentano certo esempi di trasparenza, al contrario hanno dimostrato il totale disinteresse rispetto allâ??avvio di una produzione stabile al di là  degli incentivi statali messi in campo per lâ??avvio della produzione. La preoccupazione che anche in questo caso si possa avviare una trattativa, che in realtà  nasconde il solo scopo di acquisire macchinari e tecnologie, è¨ legittimaâ?. â??I proprietari torinesi della Mahle â?? conclude Napoli - crediamo abbiano il vero obiettivo di poter realizzare profitti dalla vendita dello stabilimento ed è¨, quindi, necessario che le istituzioni regionali vigilino sullâ??andamento delle trattative, fissando paletti irremovibili sulla prosecuzione dellâ??attività  in Basilicata affinché© si possa aprire uno spiraglio concretoâ?. (dt )

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SARà PROIETTATO IN ANTEPRIMA NEL GIORNO DELLA FESTA DELLA DONNA, DOMENICA 8 MARZO, AL CINEMA NU... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sarà proiettato in anteprima nel giorno della Festa della donna, domenica 8 marzo, al cinema Nuovo Sacher di Roma, «Hair India» (nella foto una scena), film di Raffaele Brunetti e Marco Leopardi che segue il viaggio dei capelli di una giovane donna indiana. Offerti al tempio e poi trasformati in preziose «hair extension» in Italia, gli stessi capelli torneranno in India per soddisfare la vanità di una donna in carriera di Bombay, negli stessi luoghi palcoscenico dei recenti attentati. Un racconto sul culto della bellezza nell'era della globalizzazione.

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ANDREA SPINELLI MILANO. IL MUSICAL GLOBALIZZATO PARLA TEDESCO. LA CRISI DI ALCUNE GRANDI PRODUZIO... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Circondario Sud1)" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Andrea Spinelli Milano. Il musical globalizzato parla tedesco. La crisi di alcune grandi produzioni anglo-americane rilancia le quotazioni dell'imprenditoria teatrale mitteleuropea con «Afrika! Afrika!» e «Bollywood-The Show!». Atteso a Milano (MediolanumForum dal 28 aprile al 3 maggio) e Roma (PalaLottomatica, dal 5 al 9 maggio), «Afrika! Afrika!» è una mega-produzione austriaca che in tre anni di repliche ha collezionato oltre due milioni di spettatori. Dalla Germania arriva «Bollywood - The Show!» (al teatro Olimpico di Roma dal 28 aprile e al teatro degli Arcimboldi di Milano dal 19 maggio) già applaudito a Berlino, Francoforte e Stoccarda da mezzo milione persone. Due proposte sulla scia del disneyano «Re Leone», musical di incredibile successo oltre che cartoon da Oscar, e del celebrato «Bombay dreams» prodotto da sir Andrew Lloyd Webber, che mostrano la voglia di ritmi e suoni esotici, ma possibilmente autentici, del pubblico occidentale. Con «Afrika! Afrika!» il continente che non t'aspetti sbuca dai sogni in bilico del regista viennese André Heller. La sua Africa è un tripudio di suoni, canti e colori che colpisce i sensi prima del cuore. Heller, che vive tra Vienna e Lombardia con un curriculum che parla di libri, dischi, rappresentazioni teatrali, sculture galleggianti e perfino un parco tematico, ha lavorato due anni per trovare in Mali, Kenya, Marocco, Senegal, Sudafrica, Congo, Egitto, i cento artisti dello show: acrobati, funamboli, danzatori, cantanti, musicisti, che l'irrefrenabile André riunisce in un kolossal per famiglie. «Lo spettacolo offre un'immagine scintillante del continente africano che va oltre l'oleografia o la dittatura delle notizie che parlano di povertà e guerre, grazie ad un autentico caleidoscopio di espressioni artistiche e culturali» spiega l'ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan: «Lo show risponde all'urgente necessità di un dialogo fra civiltà basato sulla comprensione fra popoli e culture. E porta al pubblico europeo la dimensione più umana del nostro patrimonio comune». «I miei primi appunti sul circo africano risalgono al 1973», spiega Heller. «In Marocco ebbi modo di assistere a un festival musicale a Zagora, città ai bordi del Sahara. L'impatto fu formidabile; artisti dei più remoti angoli del continente si esibivano tutti assieme come usciti dalle pagine di una fiaba. Fu allora che decisi di creare per loro un palcoscenico itinerante degno di tanto talento. Ci sono riuscito oltre vent'anni dopo. In molti suoi aspetti, l'arte circense africana non è paragonabile ad altre forme artistiche per quell'insieme di passione e sentimento, atletismo e spiritualità che la rendono unica al mondo. La visione dell'Africa che abbiamo noi occidentali è quella modellata dai mezzi d'informazione, che tendono a descriverla come un continente in preda a continue catastrofi - guerra, fame, Aids, corruzione, instabilità politica - mettendo in secondo piano l'elevatissimo senso artistico scaturito da una vita tanto dura e difficile. Il nostro spettacolo nasce proprio come tentativo di accendere una luce nuova su questo aspetto meraviglioso e trascurato della cultura submediterranea». Un modo per aprire gli occhi e tendere le orecchie verso il grande mistero della madre Africa senza paura di sfidare il vecchio adagio secondo cui «l'uomo bianco vede solo ciò che conosce». Quaranta scene di ballo e una colonna sonora concepita come una compilation dei più popolari temi da film che hanno trasformato Bombay nella mecca del cinema indu fanno, invece, la fortuna di «Bollywood - The Show! », produzione ispirata ai misteri e alle magie d'Oriente. «Un omaggio ai cento anni di storia del cinema indiano condensati in cento minuti»: così definisce lo spettacolo il suo autore, sceneggiatore e regista Toby Gough. Lo spettacolo racconta a suo modo la storia della famiglia Merchant, una delle più famose dinastie cinematografiche del subcontinente, mettendola al centro d'intricate vicende affaristico-sentimentali. Le coreografie portano la firma di Vaibhavi Merchant, la più giovane erede dell'impero di celluloide. Fra immagini sacre e luci stroboscopiche di una scenografia un po' tempio di Shiva e un po' discoteca, questo mix di kitsch, eros ed esotismo tutto da ballare racconta gli amori, i conflitti, le lotte, che animano il mondo del cinema di Bombay, oggi Mumbai. Un'industria sviluppatasi nel disagiato sobborgo di Bandra e divenuta una macchina da spettacolo capace di sfornare fino a 300 pellicole ogni anno. Tutto sommato neanche troppe in un Paese che ha oltre cinque milioni di spettatori al giorno.

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CRISI: FORMIGONI E PRESIDENTE DEI LLOYD'S, NO AL PROTEZIONISMO (2) (sezione: Globalizzazione)

( da "Agi" del 02-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

CRISI: FORMIGONI E PRESIDENTE DEI LLOYD'S, NO AL PROTEZIONISMO (2) (AGI) - Milano, 2 mar. - Insomma, 'una buona armatura - cosi' l'ha definita Formigoni - per fronteggiare la crisi'. 'Una crisi - ha proseguito - di cui e' importante capire quanto sara' lunga e grave, ma dalla quale in ogni caso dobbiamo uscire diversi lasciandoci alle spalle vecchi e nuovi dogmi'. E il dogma piu' insidioso e', a comune giudizio di Formigoni e di Levene, il protezionismo. tanto piu' negativo per una Regione come la Lombardia, da cui si genera il 30 dell'export italiano e che non puo' certo fare a meno dell'internazionalizzazione. In merito alla crisi Levene ha aggiunto che fino a pochi mesi fa Londra assieme a New York e' stata la piazza che piu' ha beneficiato dei frutti della globalizzazione, mentre ora questo primato e' compromesso. 'La crisi pero' - ha sottolineato - sta toccando soprattutto banche e servizi finanziari, mentre il settore assicurativo ne e' sfiorato solo marginalmente. Quello che piu' preoccupa e' che c'e' una combinazione di eventi e circostanze mai verificatasi prima (per esempio la crescita zero e l'economia a interessi zero)'. 'Il pericolo piu' grave in questa situazione - ha detto Levene - e' il protezionismo' (ed ha fatto riferimento al caso della raffineria Total e dello sciopero contro lavoratori italiani in Gran Bretagna, ndr.). Anche questo problema sara' oggetto dell'incontro odierno tra il cancelliere Gordon Brown e il presidente statunitense Obama'. Altra convergenza importante tra Formigoni e Levene, una nota critica sulla politica della Banca centrale europea negli ultimi decenni. 'Ha combattuto un pericolo inesistente e gia' scomparso, cioe' l'inflazione, e non ha promosso lo sviluppo', ha detto Formigoni. 'Sono d'accordo che puntare sulla lotta all'inflazione e' stato un errore', ha confermato Levene, puntando l'attenzione sul prossimo G20 che avra' luogo proprio a Londra.

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