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Report "Globalizzazione"   14-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Cina, Wen Jiabao ammorbidisce i toni ( da "Trentino" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dialogo con il Dalai Lama solo se rinuncia all'indipendenza del Tibet» Cina, Wen Jiabao ammorbidisce i toni Pechino vuole garanzie sugli investimenti in titoli statunitensi PECHINO. La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani.

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani... ( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina mette le mani avanti. Chiede al governo Usa, a protezione dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di «mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta.

Pechino preoccupata per la tenuta dei titoli di stato Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri ( da "Rai News 24" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri La Cina è il maggior creditore estero degli Usa Pechino ha lanciato un esplicito avvertimento a Washington, toccando il sensibilissimo nervo dei titoli di Stato americani. A farlo e' stato il premier Wen Jiabao in persona, con poche ma chiare parole: si e' detto 'preoccupato' sulla tenuta del valore dei treasuries e la rilevanza di questo messaggio

Borse: l'Europa prosegue con il segno più ( da "Corriere.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina: «Preoccupati per nostri investimenti in Usa» MILANO - Inizio positivo delle Borse europee nell'ultimo giorno della settimana di contrattazioni finanziarie, mentre dall'Asia arrivano buone notizie. Piazza Affari poco dopo l'inizio si è portata intorno a +2%, trascinata da Fiat (+7%) sui dati sulle immatricolazioni europee e sulle indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore su un

l'allarme della cina sui titoli usa - pechino ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: allarme della Cina sui titoli Usa PECHINO «Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo preoccupati». Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi all´esplosione del deficit pubblico Usa.

pechino, paura per i bond americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente ( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione.

Svizzera e Lussemburgo allentano il segreto ( da "Finanza e Mercati" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». L'attuazione della decisione, spiega ancora il governo svizzero, «dovrebbe avvenire nel quadro di convenzioni bilaterali di doppia imposizione».

Crisi, la Cina esorcizza i fantasmi delle rivolte ( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E agli Usa dice: «Noi investiamo, ma voi garantiteci i vostri titoli di Stato» Crisi, la Cina esorcizza i fantasmi delle rivolte La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani.

La pace a Gaza inizia dal dialogo ( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Anche Cina, Iran e Russia forniscono armi. Amnesty chiede che l'Onu avvii un'inchiesta internazionale che porti alla luce la verità. Abbiamo anche creato la campagna "Control Arms": le armi circolano con troppa libertà, non esiste una legge che governi adeguatamente questi scambi.

Lonigo Polizia Locale e Protezione Civile lavoreranno più a stretto contatto per risolvere ... ( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Protezione Civile lavoreranno più a stretto contatto per risolvere le situazioni di emergenza. Ma non solo. L'obiettivo della Regione è anche di arrivare al coordinamento delle due forze per l'attività di prevenzione. «La Protezione Civile è l'esempio in positivo delle ronde e può servire anche come deterrente: volontari altamente preparati a cui viene insegnato come ci si deve comportare

Ricerca sulle staminali: Brescia sogna in grande ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: oltre che da Usa, Cina e India, per discutere gli sviluppi compiuti nell'utilizzo delle cellule staminali ottenute dalla placenta, «eticamente compatibili» perché differenti da quelle che vengono ricavate dagli embrioni. «È necessario che questo gruppo di lavoro multicentrico, formato da ricercatori di diverse nazionalità,

Un bianco suv la Cayenne numero 250mila ( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 000 Cayenne in tutto il mondo, fino al febbraio 2007, quando è stata lanciata la seconda generazione. Nell'anno fiscale 2007/08, appena chiuso, Porsche ha venduto 45.478 Cayenne. I maggiori mercati di diffusione: Germania, Usa, Cina, Russia, America Latina e Medio Oriente.

La democrazia nelle mani di pochi ricchi ( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sul banco degli imputati c'è l'ultra globalizzazione liberista. L'idea che la politica non servisse più a nulla, se non a rimuovere gli ultimi ostacoli allo sviluppo dell'economia. Il risultato è che lo Stato, prima demonizzato, ora deve intervenire. «Si diceva: "provvederà il mercato a regolarsi, ad allocare le risorse".

PROTEZIONISMO E DEFICIT USA ( da "Tribuna di Treviso, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: cioè che la cheap money nasce per facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale.

Terre devastate dalle guerre Ma noi restiamo ( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: E poi che valore ha la Corte dell'Aja se Usa, Sudan, Cina e Russia non la riconoscono. Mi pare che si sia voluto giocare ad una roulette russa internazionale e temo che si segua una logica della giustizia dei vincitori, con qualcuno che magari vuole fare il furbo e si nasconde dietro la Corte senza neanche riconoscerla».

cassa integrazione da estendere a tutti i lavori ( da "Mattino di Padova, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Stanno cambiando anche gli equilibri del mondo: buona parte dell'indebitamento Usa lo controlla la Cina». Secondo il segretario della Fiom-Cgil è forte il rischio di ingenerare una guerra tra poveri, tra i cassaintegrati a 700 euro al mese e 4 milioni di lavoratori precari che resteranno a casa senza l'ausilio degli ammortizzatori sociali.

protezionismo e deficit usa ( da "Nuova Venezia, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: cioè che la cheap money nasce per facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale.

Torna domani la giornata dell'innesto ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nell'era della globalizzazione anche le campagne dei piccoli paesi rischiano di essere dimenticate. Giornate come quella dell'innesto proposta dalla Pro Loco di Villa Sant'Antonio aiutano a recuperare spazi e luoghi testimoni della storia di una comunità. ( an.

I T-bond che tolgono il sonno alla Cina ( da "Milano Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: bond che tolgono il sonno alla Cina Il premier Wen Jiabao esprime preoccupazione per gli investimenti negli Usa, a cui chiede di restare credibili. Pronto a varare misure di stimolo Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha espresso preoccupazione in merito ai titoli del debito pubblico Usa detenuti dalla Cina, chiedendo a Washington di adottare politiche efficaci per risanare l'

ÀNCORA BOND Borsa in pillole ( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: elevato rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo.

Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato ... ( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: elevato rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo.

Opec, tagli per 1 mln di barili Con l'occhio puntato al G20 ( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tra Paesi satelliti Usa ed il mondo sciita rappresentato da Siria e Iran. Forti attese suscita in tal senso il vertice arabo in Qatar di fine marzo che precederà di qualche giorno il G20 dove Arabia Saudita, Russia e Cina saranno chiamate a giocare un ruolo cruciale nelle misure per la lotta ai paradisi fiscali «non collaborativi»,

Qui nasce la cucina hi-tech ( da "Giorno, Il (Bergamo - Brescia)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: non si usa acquistare la materia prima in Estremo Oriente e poi etichettare il prodotto finito con il marchio Made in Italy. La Cina, insomma, non ci tenta perché ci siamo resi conto che la partita della concorrenza si vince sulla qualità». E SULL'INNOVAZIONE, visto che, anche a dispetto della crisi, la Fluorgum non rinuncia agli investimenti:

Serve una regia per il vino! ( da "Italia Oggi" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Questo anche per il cambiamento delle abitudini con minori uscite al ristorante e maggiori occasioni di incontro in casa. Questa crisi arriva dopo che c'era stata una decisa ripresa, ma non temo che ci potranno essere ripercussioni negative sui consumi. Specialmente nei Paesi come Usa, Russia o Cina il trend continuerà a essere in crescita.

Duello a largo della Cina Arriva il "destroyer" Usa ( da "Riformista, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Duello a largo della Cina Arriva il "destroyer" Usa Hot Spot. Il Premier cinese chiede rassicurazioni economiche. Intanto tra le superpotenze cresce la tensione militare. E il lieto fine non si vede. di Luigi Spinola Il Mar cinese meridionale - Nan Hai per i cinesi - non è il Mar dei Caraibi e la Guerra Fredda è lontana.

È il capitale umano la leva per Pmi e Sud ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione. «In Inghilterra stiamo riprogrammando la nostra operatività - dice Mario Saraceno, amministratore delegato della Irem - perché tutto si fermi alle 10 in punto, così da dare il tè agli operai». Non è uno scherzo. è un altro problema da affrontare per la impresa di Siracusa contro cui si sono sollevate a febbraio le proteste nazionalistiche degli operai inglesi della

Europa e Stati Uniti divisi al G-20 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Le prese di posizione della Cina e del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di stimolo fiscale, sono probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio le delegazioni dei due colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale europea.

Cade il deficit commerciale Usa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ad eccezione della Cina. Con Pechino il disavanzo è lievitato a 20,57 miliardi da 19,88 miliardi in dicembre. Nei confronti del Giappone è scivolato a 4,3 da 5,27 miliardi. Con l'area dell'euro è sceso a 3,37 miliardi da 5,67 miliardi. Un dato relativamente incoraggiante è invece arrivato dai prezzi all'import: sono diminuiti in febbraio dello 0,

USA/CINA ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: USA/CINA Asilo politico per i familiari di Zhisheng La moglie e i due figli di Gao Zhisheng, l'avvocato cinese dei diritti umani che l'anno scorso figurava tra i candidati al premio Nobel per la Pace, hanno ottenuto asilo politico negli Stati Uniti.

Wen: il debito Usa ci preoccupa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il primo creditore estero di Washington con quasi 730 miliardi di dollari di titoli del Tesoro Wen: il debito Usa ci preoccupa Il premier conferma ulteriori interventi a sostegno dell'economia cinese Luca Vinciguerra SHANGHAI.

ULTIMATUM ALL'AMERICA ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il premier Wen Jiabao è stato inusualmente franco con gli Usa, ieri, nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione annuale del Parlamento cinese (tradizionalmente l'unico incontro dell'anno coi giornalisti). Raggiungere l'obiettivo di crescita dell'8% sarà per la Cina complicato, ma non impossibile, e comunque è necessario.

Sindrome cinese ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Nessuno può fare pressioni contro la stabilità dello yuan». Così la Cina, il maggior detentore di titoli del debito pubblico Usa, lancia l'allarme globale di fronte alla politica monetaria con cui Obama tenta di rispondere al grande crack americano PAGINA 11

Gli Usa importano sempre meno. In Europa tutti a piedi ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: mentre con la Cina è salito a 20,6 miliardi. La novità negli Usa è rappresentata della crescita (anche se impercettibile) della fiducia delle famiglie misurata dall'Università del MIchigan. La crisi della domanda in Europa è ben rappresentata dalla vendite di nuove auto: febbraio le immatricolazioni di nuove vetture (nella Ue a 27 e nell'

Quando l'Algeria tradì la ribelle anima berbera ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione, sfruttamento, conflitti del mondo sono così autosufficienti da relegare la sostanza cinematografica in secondo piano - sfogliando il catalogo a caso ecco nella sezione dedicata alla televisione, Odette Robert (1971) di Jean Eustache, il ritratto della nonna seduta al tavolo della camera da pranzo (e all'

PECHINO - La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader ... ( da "Messaggero, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato nel corso di questa settimana in Tibet in occasione dell'

Palazzo Ducale a fuoco ma... per esercitazione ( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ieri mattina gli appuntamenti salienti della giornata di esercitazione della Protezione Civile sono stati spiegati, ma senza troppi dettagli per non svelare tutto agli spettatori, dall'assessore alla Protezione civile Lino Mechelli, dal responsabile del distaccamento dei Vigili del fuoco di Urbino Claudio Ovarelli, dal comandante del Corpo forestale di Stato Alberto Mazzocchetti,

La grande fuga di He: a piedi in Thailandia ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: a piedi in Thailandia La moglie e i figli del dissidente Gao sono stati infine accolti negli Usa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — A un certo punto, Geng He e i suoi due figli avevano davanti un confine e la notte. Hanno attraversato entrambi. Hanno detto addio alla Cina, li aspettava un altro pezzo di viaggio. Poi la Thailandia, gli uffici dell'Onu, l'America.

E Obama rigioca la carta militare ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: della Cina Il governo Usa non esclude di schierare la Guardia Nazionale o unità dell'esercito alla frontiera meridionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro dell'Interno, Janet Napolitano, sta moltiplicando il numero degli agenti federali al confine col Messico, il governo degli Stati Uniti non esclude di schierare la Guardia Nazionale o perfino unità dell'

Debito, la Cina avverte gli Usa ( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tuteleremo gli investimenti Debito, la Cina avverte gli Usa Wen Jiabao: da voi abbiamo investito molto, sono preoccupato Il gigante asiatico è il primo sottoscrittore di bond del Tesoro americano, con ben oltre mille miliardi di dollari DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO – «A dire il vero, un po' allarmato lo sono».

USA, SE LA CINA NON SI FIDA ( da "Giorno, Il (Milano)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 22 USA, SE LA CINA NON SI FIDA IL COMMENTO IL PACCHETTO di stimolo economico di oltre 700 miliardi di dollari che Obama si è fatto approvare dal Congresso, in realtà lo sta pagando la Cina. I buoni del tesoro americani custoditi da Pechino ammontano alla stessa cifra, ma questa volta il premier Wen Jiabao non si accontenta delle «

Così Verona può superare questa crisi ( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ma a rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra.

protezione civile, nuovo slancio sotto la guida di adriano valle ( da "Messaggero Veneto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: anche un piano di potenziamento del parco mezzi a disposizione della Protezione civile. «Il Comune presenterà a breve una richiesta formale alla Protezione civile regionale per l'ottenimento di un nuovo mezzo, un pick-up, che ci consentirà una maggiore e migliore copertura del territorio comunale visto che a oggi siamo dotati di un solo mezzo di movimento».

<No a ogni liberalizzazione> ( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il programma rispecchia pienamente la posizione dell'Italia, che, insieme a Svezia, Russia, Cina, Giappone e Usa, intende mantenersi fermamente contraria a ogni forma di legalizzazione e liberalizzazione delle droghe». La legge Giovanardi-Fini è stata accusata di scarsa efficienza, visto l'aumento del consumo di cocaina in particolare.

L'allarme della Cina sui titoli Usa ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: allarme della Cina sui titoli Usa PECHINO - "Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo preoccupati". Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi all'esplosione del deficit pubblico Usa.

Il giudice Massaro a Firenze per onorare Mazzei ( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: scoprì le spezie che venivano dalla Cina in Rodi e la Cina voleva raggiungere via mare, per averle più a buon mercato, il costo essendo oneroso poichè le spezie che giungevano dalla Cina raggiungevano il bacino mediterraneo a mezzo carovane di cammelli, le "navi del deserto". Il Toscanelli non figura nelle enciclopedie USA poichè nessun anglosassone vuol dargli alcun riconoscimento,

OBAMA RASSICURA LA CINA: <BOND USA INVESTIMENTO SICURO> ( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama rassicura la Cina: «Bond Usa investimento sicuro» -->Così la casa Bianca risponde al premier cinese Wen Jiabao che aveva espresso preoccupazioni per la tenuta delle finanze Usa...

L'ALLARME DELLA CINA SUI TITOLI USA ( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: L'allarme della Cina sui titoli Usa -->L'ANALISI L'allarme della Cina sui titoli Usa dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI (08:17 14/03/2009)

Pechino <preoccupata> dal rischio dei titoli Usa ( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: di queste riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo»,

<Così Verona può superare questa crisi> ( da "Arena.it, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ma a rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra.

Finanza, sulle regole la Ue si presenta unita ( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ue vuole poi rivedere la governance delle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare del Fmi affinché rifletta i diversi pesi delle diverse economie. Quest'ultimo punto mira a ottenere l'appoggio dei giganti emergenti come Cina, India, Brasile, finora sottorappresentati negli organismi finanziari modellati sugli equilibri tra paesi del G8.

Staminali da placenta, esperti a Brescia: <Si va verso sperimentazioni cliniche> ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Germania, Svizzera, Austria, Regno Unito, Francia, Belgio, Israele, India. E lo dimostrano i lavori sulle diverse aree in cui si stanno studiando le possibili applicazioni delle staminali da placenta: malattie infiammatorie, neurologiche, cardiovascolari, epatiche, lesioni del midollo spinale.

Crisi, la Cina tende la mano agli Usa ( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la Cina tende la mano agli Usa DA PECHINO L a Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'

WTA Indian Wells: eliminata la Bartoli ( da "Datasport" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: (10) Marion Bartoli (FRA) 16 64 75 Li Na (CIN) b. (13) Patty Schnyder (SUI) 75 62 Jill Craybas (USA) b. (16) Anabel Medina Garrigues (SPA) 75 36 64 (17) Amélie Mauresmo (FRA) b. Anna-Lena Groenefeld (GER) 57 63 64 (18) Kaia Kanepi (EST) b. Virginie Razzano (FRA) 76(2) 10 rit. (19) Anna Chakvetadze (RUS) b.

Caro Gazzettino, perchè nella nostra Italia non siamo stati capaci a dire "A me... ( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Mode e globalizzazione, carnivori e vegetariani, brioche o patatine, etc.,sembra che niente sia meglio dell' hamburger. L' Europa da molti anni ha subìto l'influsso americano: dalla coca cola, ai jeans, poi computers, internet, musica, films, finanza.

L'Italia è capacissima di dire "a me piace" e per farlo non ha bisogno di aspet... ( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è stata una globalizzazione anche in nome della cucina italiana. Come c'è in n ome della moda italiana. Escluderei, però, che sia l'hamburger l'origine dei mali di oggi, anche se inteso come globvalizzazione con più difetti che pregi. È vero, l'hamburger è diventato perfino una moneta sulla quale in molti paesi si livella la divisa locale e la si rapporta al dollaro.

VALERIO CAPRARA UN DINOSAURO METROPOLITANO CHE DIGRIGNA LA SUA RABBIA E IL SUO ORGOGLIO. CON SICU... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa e rimirarsi la Ford Gran Torino del '72 che cura con maniacale devozione. Sempre a un passo dallo scontro fisico con la famigliola dei vicini «hmong» (popolazione asiatica profuga della Cina e dell'Asia sud-orientale), si ritrova tra i piedi, come risarcimento di un tentato furto, il timido adolescente Tao nei confronti del quale da misantropo boss si trasforma prima in incuriosito

BENIAMINO NATALE PECHINO. LA CINA è PRONTA A FARE LA SUA PARTE PER COMBATTERE LA CRISI ECONO... ( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i massicci investimenti cinesi in titoli di Stato americani. È la linea ribadita ieri dal primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'

Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona ( da "gomarche.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Codice Rosso Il Comune nel sistema della protezione civile", che si terrà alla Fiera di Ancona dal 19 al 21 marzo 2009. Esercitazione al Palazzo Ducale di Urbino per recuperare feriti e opere d'arte. URBINO "Una rassegna nazionale per mostrare come opera la protezione civile e per promuovere una riflessione sulla cultura della sicurezza".

La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati?. ( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: davvero voglia di farsi guidare dagli Usa? Scritto in globalizzazione, israele, era obama, democrazia, cina, gli usa e il mondo, russia, medio oriente, islam Commenti ( 96 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Mar 09 Ma Obama combatte davvero le lobbies?

USA: OBAMA, CINA PUO' AVERE ASSOLUTA FIDUCIA IN ECONOMIA AMERICANA ( da "ITnews.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Barack Obama assicura che la Cina puo' avere fiducia nell'economia americana. "Non solo il governo cinese, ma ogni singolo investitore puo' avere assoluta fiducia", ha dichiarato il presidente americano rispondendo cosi' - al termine di un incontro con il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva alla Casa Bianca - alle preoccupazioni espresse ieri dal premier cinese,

Ambiente: Frattini, al g8 patto con Usa-Cina-India ( da "KataWeb News" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: al g8 patto con Usa-Cina-India 14 marzo 2009 alle 19:52 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Al G8 presieduto dall'Italia 'vogliamo che si raggiunga un patto globale sulla riduzione globale delle emissioni di C02 assieme a Usa, Cina e India'. Lo dice il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervenendo dal palco del convegno di Rete Italia.

Crisi: Obama, Cina puo' avere assoluta fiducia economia Usa ( da "Trend-online" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina puo' avere assoluta fiducia economia Usa ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 14.03.2009 19:46 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - WASHINGTON, 14 mar - La Cina puo' avere 'assoluta fiducia' nell'economia americana, ha assicurato oggi il presidente degli Stati Uniti,


Articoli

Cina, Wen Jiabao ammorbidisce i toni (sezione: Globalizzazione)

( da "Trentino" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Dialogo con il Dalai Lama solo se rinuncia all'indipendenza del Tibet» Cina, Wen Jiabao ammorbidisce i toni Pechino vuole garanzie sugli investimenti in titoli statunitensi PECHINO. La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. L'ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino, in una conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. Pechino - ha affermato il premier - intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell'8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà», la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione americana del presidente Barack Obama, il primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi. La Cina - ha sostenuto - è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama - ha detto - bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta».

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[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani avanti. Chiede al governo Usa, a protezione dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di «mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta. «Siamo pronti a fare la nostra parte per combattere la crisi», ha assicurato il premier Wen Jiabao alla fine dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, ma gli Usa devono «garantire» i mille miliardi di titoli di stato federali che costituiscono larga parte delle riserve valutarie cinesi. «Abbiamo prestato moltissimo denaro agli Usa. Onestamente, devo dire che qualche preoccupazione ce l'ho». Collegando il secco monito valutario ai titoli Usa nelle riserve cinesi, il leader di Pechino aveva in mente il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner che, appena insediato, accusò la Cina di «manipolare la moneta» al ribasso. «Al contrario, negli ultimi anni lo yuan è cresciuto del 21%. Nessuno può imporci di deprezzarlo o apprezzarlo», ha polemizzato Jiabao. La Cina sta attraversano un brutto momento, con le esportazioni di febbraio in calo del 21% da un anno e una ventina di milioni di lavoratori che hanno perso il posto per la crisi. L'obiettivo di crescitacontinua ad essere dell'8%, anche se analisti indipendenti pensano che sia più realistica una espansione del 5%, che sarebbe un boom nei Paesi avanzati ma non basta alla Cina per evitare un collasso. Anche la Cina si è messa sulla strada degli stimoli pubblici, e la solidità delle sue riserve è una premessa cruciale. Di qui la tirata d'orecchi a Washington, che suona però più come atto retorico che come minaccia concreta. Nel settembre scorso, Pechino ha superato il Giappone come primo detentore di obbligazioni pubbliche, perchè le alternative dello yen e dell'euro evidentemente non fornivano maggiori garanzie. Del resto, il biglietto verde ha dimostrato di essere un rifugio globale proprio nel secondo semestre 2008: mentre la recessione si faceva sempre più cupa, il cambio con l'euro è migliorato da 1,50 dollari per euro a 1,27 dollari circa. Dalla fine del 2007 alla fine del 2008, anche se il governo cinese ha scaricato sul mercato grandi quantità di titoli Fannie Mae e Freddie Mac - erano un quinto delle riserve cinesi in dollari - la crescita di certificati Usa detenuti da Pechino è salita del 46%. La minaccia di una vendita massiccia sarebbe un autogol: se inizia a mettere sul mercato volumi sensibili di titoli Usa, il governo cinese riduce il valore del resto del portafoglio.

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Pechino preoccupata per la tenuta dei titoli di stato Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri (sezione: Globalizzazione)

( da "Rai News 24" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pechino | 14 marzo 2009 Pechino preoccupata per la tenuta dei titoli di stato Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri La Cina è il maggior creditore estero degli Usa Pechino ha lanciato un esplicito avvertimento a Washington, toccando il sensibilissimo nervo dei titoli di Stato americani. A farlo e' stato il premier Wen Jiabao in persona, con poche ma chiare parole: si e' detto 'preoccupato' sulla tenuta del valore dei treasuries e la rilevanza di questo messaggio deriva dal semplice fatto che il Dragone e' il primo finanziatore del colossale debito americano. Parallelamente Wen ha respinto le critiche occidentali sulla questione del Tibet, mentre tramite altri canali Pechino tornava alla carica su un'altra partita aperta con Washington, quella del bando americano sulle carni di pollo cinesi. La Casa Bianca ha detto in risposta che gli investimenti negli Stati Uniti sono i piu' sicuri al mondo. Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, rispondendo alle preoccupazioni espresse dalla Cina sulla sicurezza degli investimenti finanziari fatti da Pechino negli Usa (la Cina e'il maggior creditore estero degli Stati Uniti), ha toccato l'argomento oggi nel suo briefing quotidiano ai media. "Non esiste investimento piu' sicuro al mondo di quello fatto negli Stati Uniti", ha dichiarato il portavoce del presidente Barack Obama.

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Borse: l'Europa prosegue con il segno più (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere.it" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Tokyo chiude con +5,15%, Wall Street giovedì aveva terminato con +3,45% Borse: l'Europa apre con il segno più Fiat trascina Milano su voci fusione con Peugeot Citroen. Cina: «Preoccupati per nostri investimenti in Usa» MILANO - Inizio positivo delle Borse europee nell'ultimo giorno della settimana di contrattazioni finanziarie, mentre dall'Asia arrivano buone notizie. Piazza Affari poco dopo l'inizio si è portata intorno a +2%, trascinata da Fiat (+7%) sui dati sulle immatricolazioni europee e sulle indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore su un piano di fusione con Peugeot Citroen con l'assistenza di Mediobanca, piano che l'azienda di Torino ha smentito. In una nota Fiat afferma che «esamina ogni opportunità delle più varie forme di accordi per ottenere sinergie produttive e accedere a nuovi mercati». Bene anche i bancari con Banco popolare (+7%), Unicredit (+5,3%) e Intesa San Paolo (+5,5%). Gli altri mercati europei realizzano rialzi tra l'1,5% e il 2%. ASIA - La Borsa di Tokyo ha chiuso mettendo a segno un rialzo del 5,15%, la migliore seduta degli ultimi tre mesi, sulla scia di Wall Street dove giovedì sera l'indice Dow Jones aveva terminato con +3,45% e il Nasdaq +3,97%. Pur se la produzione industriale giapponese ha segnato a gennaio un crollo più ampio delle attese su base mensile: -10,2%. Sul confronto annuo, la produzione industriale si è ridotta del 31%. Hong Kong +4,37%. CINA PREOCCUPATA - La Cina è preoccupata per i suoi investimenti negli Stati Uniti. Lo ha dichiarato il primo ministro Wen Jiabao. «Abbiamo prestato molto danaro agli Stati Uniti. Certamente siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti. Vorrei di nuovo invitare gli Stati Uniti a rispettare la loro parola e i loro impegni a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi», ha aggiunto il premier cinese. stampa |

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l'allarme della cina sui titoli usa - pechino (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 1 - Prima Pagina Wen Jiabao: i nostri soldi sono al sicuro? L´allarme della Cina sui titoli Usa PECHINO «Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo preoccupati». Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi all´esplosione del deficit pubblico Usa. I mercati hanno reagito immediatamente, i Treasury Bonds hanno perso quota di fronte all´eventualità di una "sfiducia" da parte del più grande creditore sovrano degli Stati Uniti. SEGUE A PAGINA 4

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pechino, paura per i bond americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Esteri Pechino, paura per i bond americani Il premier cinese: dateci garanzie. La Casa Bianca: "Da noi i soldi sono al sicuro" I mercati Wen Jiabao ha messo in dubbio la credibilità del debito pubblico di Washington La Repubblica popolare ha duemila miliardi di dollari piazzati in Treasury Bonds (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE federico rampini Allo stesso tempo però Wen ha rassicurato Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a varare una seconda manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se necessario", per rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, si è affrettato a dire: «Gli investimenti negli Stati Uniti sono i più sicuri al mondo» Non vi sono quasi precedenti di un leader straniero che osi mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico americano. Bisogna risalire agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli anni ?60 contro l´aggancio dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il contesto è profondamente cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa collocato all´estero finisce nei forzieri delle banche centrali asiatiche, prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi di Bot americani sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati del 46%, a quota 700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle riserve ufficiali cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury Bonds e lo stesso vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e dei fondi sovrani che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare. L´Amministrazione Obama sarà costretta a nuove maxi-emissioni di titoli pubblici nel 2009 (fino a 2.000 miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare i salvataggi bancari e le manovre di spesa pubblica. Di qui l´allarme lanciato ieri dal capo del governo cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione legislativa del Congresso del Popolo. «Il presidente Obama - he detto Wen - ha varato misure per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte aspettative. Ma l´America deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le sue promesse, deve garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». La clamorosa uscita di Wen rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice G-20 del 2 aprile a Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto preannunciare un abbandono della politica cinese di investimenti nei titoli del Tesoro Usa. Non c´è nessun segnale che la banca centrale di Pechino stia diversificando il suo portafoglio, nel quale l´euro e lo yen e l´oro continuano a occupare uno spazio del tutto marginale. Smettere di finanziare il debito pubblico americano avrebbe per i cinesi una conseguenza catastrofica: il tracollo del dollaro, quindi una rovinosa caduta di competitività del made in China già sofferente per il calo della domanda mondiale. Dal 2005 la moneta cinese si è rivalutata del 26% sul paniere delle principali valute, e Pechino non ha interesse ad accelerare un apprezzamento che danneggia i suoi esportatori. Ma la preoccupazione per l´escalation del debito americano è reale. Da una parte Wen Jiabao deve rispondere a una constituency nazionale - l´ala "populista" del Partito comunista - che vorrebbe destinare a investimenti interni le risorse ingenti accumulate con gli attivi del commercio estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le premesse per un´uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta "inflazione più svalutazione". E´ una strategia che ha illustri precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un piccolo precedente che può segnare l´inizio di una catena di svalutazioni competitive. Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni competitive.

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Svizzera e Lussemburgo allentano il segreto (sezione: Globalizzazione)

( da "Finanza e Mercati" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Svizzera e Lussemburgo allentano il «segreto» di Redazione del 14-03-2009 da Finanza&Mercati del 14-03-2009 [Nr. 50 pagina 5] Anche l'Austria aderisce agli standard Ocse Ma la trasmissione dei dati non sarà automatica. Berna vuole prima accordi bilaterali Dopo Andorra e il Liechtenstein, è la volta di Austria, Lussemburgo e Svizzera ad allentare la presa sul segreto bancario per adeguarsi alle regole dell'Ocse e non finire nella lista nera dei paradisi fiscali. La decisione dei paesi ha ricevuto il plauso di Angel Gurria, segretario generale Ocse che ha parlato di «veri progressi» e del premier francese Nicolas Sarkozy. Austria e Lussemburgo hanno acconsentito ad allinearsi agli standard Ocse sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in vista di un G20 dove i paradisi fiscali e la lotta all'evasione saranno tra i principali temi in agenda. I due paesi Ue non intendono però abolire il segreto bancario, ma accetteranno di fornire dati caso per caso su richiesta delle autorità straniere (e non automaticamente come vorrebbe la Germania), come hanno spiegato in conferenza stampa il ministro del Tesoro del Lussemburgo, Luc Frieden, e il responsabile delle Finanze austriaco, Josef Proell. Simile la posizione svizzera, che tramite il Consiglio federale ha annunciato ieri che si allineerà allo standard Ocse, anche se il segreto bancario rimarrà. «Questo - si legge in una nota del governo - consentirà di sviluppare, su richiesta concreta e motivata, in singoli casi, lo scambio d'informazioni con altri Paesi. Il Consiglio è disposto ad avviare negoziati sulla revisione di convenzioni contro la doppia imposizione. Il segreto bancario svizzero - si precisa - è mantenuto». La decisione, spiega ancora il Consiglio, «non ha alcuna conseguenza per i contribuenti residenti in Svizzera» e «non muta neppure, nel diritto interno, le possibilità delle autorità fiscali svizzere di accedere a dati bancari». Il Consiglio, si legge ancora, «riconosce che il desiderio di un'adeguata protezione della sfera privata del cittadino rimane profondamente radicato nella popolazione svizzera. È perciò deciso a mantenere il segreto bancario e respinge fermamente uno scambio di informazioni automatico. La sfera privata dei clienti continuerà a essere protetta da tentativi non autorizzati di conoscere le situazioni patrimoniali». Tuttavia, fa notare la Confederazione, «il segreto bancario non copre i reati fiscali. Sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». L'attuazione della decisione, spiega ancora il governo svizzero, «dovrebbe avvenire nel quadro di convenzioni bilaterali di doppia imposizione». Per la Svizzera infatti lo scambio d'informazioni ampliato «avrà ripercussioni pratiche solamente con l'entrata in vigore di tali convenzioni, da rinegoziare. Inoltre, nelle relazioni con l'Ue, dovrà seguire un adeguamento dell'Accordo sulla fiscalità del risparmio».

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Crisi, la Cina esorcizza i fantasmi delle rivolte (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009 NAZIONALE Pagina 4 PECHINO E LA CRISI. E agli Usa dice: «Noi investiamo, ma voi garantiteci i vostri titoli di Stato» Crisi, la Cina esorcizza i fantasmi delle rivolte La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando ieri a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo. La scorsa settimana, Wen Jiabao, rivolgendosi ai 3mila deputati dell'Assemblea nazionale del popolo, Parlamento che si riunisce una volta l'anno, aveva detto che «per il 2009 dobbiamo essere consapevoli che ci attendono difficoltà e sfide senza precedenti». La crisi è arrivata anche in Cina: si chiudono le fabbriche, venti milioni di operai hanno perso lavoro in tre mesi. Ora a far paura non è il Tibet o Taiwan, ma il malcontento dei cinesi. A preoccupare sono gli operai - fino a poco tempo fa l'esercito di braccia per il boom delle regioni «rampanti» del Guangdong e di Shanghai, e ora ricacciati nelle province del poverissimo centro: Gansu, Anhui, Hubei. Sono gli operai che potrebbero far scoppiare grandi rivolte, e far saltare la sbandierata armonia sociale, un capisaldo del regime. La nomenklatura della «fabbrica del mondo» prova a correre ai ripari e, tramite Wen, in piena recessione mondiale si pone l'obiettivo di una crescita sull'8 per cento, accompagnata da altri numeri interessanti: disoccupazione urbana sotto il 4,6 per cento, 9 milioni di nuovi occupati nelle città, incremento dei redditi e miglioramento della bilancia dei pagamenti. Con il ricorso, inoltre, alla leva monetaria per dare carburante alla crescita. Tra gli applausi dell'Assemblea del Popolo, Wen ha annunciato un aumento del già faraonico piano di investimenti anticrisi di 4 mila miliardi di renminbi (585 miliardi di dollari in due anni), per cooperare alla ripresa mondiale e un aumento del deficit, dallo 0,4 per cento del 2008 al quasi 3, un autentico record per la Cina ma ancora basso rispetto al 12,3 previsto dagli Usa. E proprio nei confronti dell'America, il direttore della Commissione di vigilanza bancaria cinese, Luo Ping, incontrando un gruppo di banchieri americani a Wall Street, ha detto: «Vi odiamo, ma non possiamo fare a meno di voi».  

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La pace a Gaza inizia dal dialogo (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009 NECROLOGI Pagina 21 GUERRA E SOCIETÀ. Alla Gran Guardia la conferenza Strisce di pace «La pace a Gaza inizia dal dialogo» Rimini: «Va riconosciuto lo Stato di Israele» L'imam: «L'ideale? Un Paese confederato» È finita con toni accesi la conferenza «Strisce di pace» organizzata dalle associazioni Emergency, Unicef e Amnesty per discutere delle situazione israeliana, palestinese e in particolar modo di quel che accade nella striscia di Gaza. Carlo Rimini, presidente della comunità ebraica di Verona, da dichiarato: «La colpa degli scontri è da imputare a chi non ha voluto continuare l'armistizio e ha bombardato Israele, che ha dovuto reagire. Solo quando Hamas riconoscerà lo stato d'Israele potrà partire un vero processo di pace. La politica è il motore degli scontri». L'Imam Guerfi della comunità islamica di Verona, che condivide con i palestinesi credo religioso e cultura, ha risposto: «Un terzo soggetto dovrebbe guidare israeliani e palestinesi alla pace. Ma la Palestina non è ancora uno stato e credo non sarà mai riconosciuto come a sé stante. Bisognerebbe creare uno stato unificato diviso in due, come nei Paesi Bassi. Concordo con Rimini: la guerra non ha cause religiose, bensì politiche. Ma Israele è una nazione ingiusta perché attacca la popolazione inerme. Gli Usa non devono interferire, loro dagli arabi cercano solo di guadagnare, non di portare pace». Guerfi ha poi smentito Rimini: «Non è vero che Hamas non vuole riconoscere lo stato d'Israele, sono gli israeliani che non vogliono cedere i propri confini». All'Imam ha risposto Enrico Milano, docente di diritto internazionale dell'università di Verona: «Dissento sull'idea di creare uno stato confederato perché presuppone una negoziazione continua su tutto. Sono ottimista su Obama, è più facile che sia lui piuttosto che l'Europa a traghettare Israele e Palestina verso la pace». Milano ha cominciato la conferenza, moderata dal giornalista de L'Arena Giancarlo Beltrame, con un'introduzione storico-giuridica. Alvise Pettoello, membro di Emergency, ha poi riportato quanto quanto scritto dal giornalista di Peace Reporter Naoki Tomasini: «Il fosforo bianco è stato utilizzato anche di giorno in zone densamente abitate, pratica vietata dai trattati internazionali. Sono state sganciate anche bombe Dime, erroneamente considerate non letali. Le armi sono fornite ad Israele soprattutto da Francia, Usa e Germania, mentre quelle palestinesi sono fabbricate in Iran, Siria e Arabia Saudita. I trattati non sono stati rispettati anche per quanto riguarda i bombardamenti a scuole e ospedali». Poi hanno parlato Zeno Filippi e Valentina Moretti dell'Unicef: «Metà degli abitanti della striscia di Gaza sono bambini. Le ferite fisiche e psicologiche che subiscono sono spesso gravi. L'Unicef cerca di puntare sull'istruzione, di informare tramite tv e volantini del pericolo delle bombe inesplose e ha 5 team che fanno visite sanitarie a domicilio e terapie di gruppo o personali. Sanità, nutrizione, sistema idrico-fognario e protezione dei bambini sono le priorità dell'Unicef». Nicolò Da Ronco, viceresponsabile di Amnesty Internetional, da detto: «Ci sono crimini di guerra continui. Anche Cina, Iran e Russia forniscono armi. Amnesty chiede che l'Onu avvii un'inchiesta internazionale che porti alla luce la verità. Abbiamo anche creato la campagna "Control Arms": le armi circolano con troppa libertà, non esiste una legge che governi adeguatamente questi scambi. Vi invitiamo a visitare www.amnesty.it e a firmare gli appelli». Beltrame, infine, ha voluto ricordare le associazioni che oggi non sono state rappresentate ma che agiscono sul campo. Fra queste Medici senza Frontiere cui in questi giorni hanno rapito un medico in Darfur.  

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Lonigo Polizia Locale e Protezione Civile lavoreranno più a stretto contatto per risolvere ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009, Lonigo Polizia Locale e Protezione Civile lavoreranno più a stretto contatto per risolvere le situazioni di emergenza. Ma non solo. L'obiettivo della Regione è anche di arrivare al coordinamento delle due forze per l'attività di prevenzione. «La Protezione Civile è l'esempio in positivo delle ronde e può servire anche come deterrente: volontari altamente preparati a cui viene insegnato come ci si deve comportare in qualsiasi situazione di pericolo», ha sottolineato l'assessore Regionale alla sicurezza Massimo Giorgietti, ieri al convegno sulla Polizia Locale, aprendo i lavori del decimo meeting della Protezione Civile, che si svolgerà a Lonigo anche oggi e domani. Per l'assessore sono due le parole d'ordine: professionalità e organizzazione. «Sto lavorando - ha specificato - per mettere in collegamento tutte le forze che operano sul territorio nei momenti di emergenza. Secondo il nostro progetto la Polizia Locale diventa il tramite tra il sindaco e il sistema dei volontari». La partenza è la preparazione. Se i circa 15 mila volontari della Protezione civile veneta - 2000 dei quali erano presenti a Lonigo - hanno infatti un centro di formazione, presto, con la nuova scuola regionale, anche la Polizia locale avrà una formazione specializzata. «La Protezione civile del Veneto - ha concluso Giorgetti - è all'avanguardia a livello europeo. Lo sarà presto anche la rete regionale della sicurezza con l'attivazione dei distretti e con l'adozione dei Piani di zonizzazione» Inoltre la Protezione civile ha un altro nuovo strumento, il Centro funzionale decentrato (Cfd), presentato da Elena Donazzan, assessore regionale alla Protezione civile. «Il Cfd rappresenta la struttura tecnico-scientifica di supporto alla gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento del Veneto - ha spiegato l'assessore - e sarà responsabile, sia in fase di previsione che in quella di monitoraggio e sorveglianza, della valutazione della rilevanza degli eventi metereologici attesi, dei possibili conseguenti affetti al suolo e del livello di criticità complessivamente atteso nel territorio regionale». Pietro Rossi

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Ricerca sulle staminali: Brescia sogna in grande (sezione: Globalizzazione)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

SALUTE. La proposta al workshop alla Poliambulanza con ricercatori da tutto il mondo Ricerca sulle staminali: Brescia sogna in grande di Lisa Cesco Brescia si candida a diventare sede della Società scientifica internazionale sulle cellule staminali da placenta: la proposta è emersa nel corso del secondo workshop internazionale sulle staminali da placenta che si conclude oggi alla Fondazione Poliambulanza ed è stato organizzato dal Centro di Ricerca «Eugenia» Menni (Crem). OSPITI del workshop ricercatori da tutta Europa, oltre che da Usa, Cina e India, per discutere gli sviluppi compiuti nell'utilizzo delle cellule staminali ottenute dalla placenta, «eticamente compatibili» perché differenti da quelle che vengono ricavate dagli embrioni. «È necessario che questo gruppo di lavoro multicentrico, formato da ricercatori di diverse nazionalità, possa trovare un punto di riferimento comune come può essere una società scientifica dedicata, che consentirebbe di interfacciarsi al meglio anche con le altre società internazionali», spiega Ornella Parolini, responsabile del Crem. «Questa idea verrà presentata e discussa oggi durante il workshop, Brescia rappresenta la sede ideale per la nuova società che dovrà tirare le fila di tutte le ricerche in atto: dopo un necessario periodo di valutazioni e confronto, la nuova società scientifica potrebbe già decollare per il prossimo autunno», anticipa Parolini. MOLTI DEI RELATORI intervenuti, non a caso, hanno definito Brescia con la Fondazione Poliambulanza la «culla» della ricerca sulle staminali placentari, partita idealmente con il primo workshop organizzato in città nel 2007. Il Crem fin dal suo avvìo, nel 2002, ha concentrato le forze sullo studio delle cellule staminali isolate da placenta, dimostrando che tali cellule presentano caratteristiche simili a quelle delle staminali da midollo osseo. I ricercatori del Crem hanno provato su modelli animali che tali cellule sono in grado di migrare e attecchire in diversi organi, quali polmone, midollo, cervello, potendo essere utilizzate anche in trapianti «da donatore». Ma c'è anche dell'altro: recentemente è stata individuata una sottopopolazione di cellule con caratteristiche immunologiche peculiari, che potrebbero avere un ruolo chiave nel controllo del rigetto in caso di trapianto tra due soggetti diversi. «SE ABBIAMO nuovi risultati da discutere dopo esattamente due anni dal primo evento - dice Parolini - lo dobbiamo anche al fatto che allora i ricercatori presenti avevano cercato di delineare le caratteristiche principali delle staminali isolate dai tessuti placentari, fissando i requisiti minimi per poter definire tali cellule staminali, e da queste basi hanno continuato un lavoro assiduo di ricerca». Durante il workshop sono stati illustrati i primi impieghi in modelli animali delle cellule staminali da placenta, per provare a curare patologie come quelle infiammatorie - fra cui la fibrosi polmonare e il morbo di Crohn - oltre a malattie come l'ischemia cerebrale e disordini metabolici di carattere epatico. I PRIMI RISULTATI positivi - hanno spiegato i ricercatori - rappresentano piccoli passi avanti in direzione di una futura applicazione clinica di queste cellule per curare i pazienti.

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Un bianco suv la Cayenne numero 250mila (sezione: Globalizzazione)

( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Un bianco suv la Cayenne numero 250mila Venduta a un cliente austriaco. Sette le versioni disponibili, Turbo S la "star" STOCCARDA. Porsche ha raggiunto il traguardo dei 250.000 esemplari di Cayenne venduti. La pietra miliare è una bianca suv 6 cilindri diesel, destinata ad un cliente austriaco. Il debutto del modello Cayenne diesel è recentissimo visto che il lancio è avvenuto al salone di Ginevra che chiude domani. Oggi la gamma dispone di sette versioni: il modello base con motore V6 da 3.6 litri che eroga una potenza di 290 Cv; il modello diesel con un 3.0 litri da 240 Cv che consuma nel ciclo misto 9,3 litri per 100 chilometri; la più potente versione S spinta da un motore V8 da 4.8 litri che sviluppa 385 Cv, mentre la Cayenne Turbo raggiunge i 500 Cv. Il modello di punta tuttavia resta la Cayenne Turbo S, dotata di doppio turbocompressore e motore da 550 Cv, mentre il modello GTS offre, oltre al motore da 4.8 litri e 405 CV, sospensioni sportive appositamente sviluppate e un design dalla dinamicità accentuata. Il settimo modello in gamma è la Cayenne S Transsyberia. Della prima generazione che ha debuttato nel 2002, la Porsche ha venduto complessivamente 150.000 Cayenne in tutto il mondo, fino al febbraio 2007, quando è stata lanciata la seconda generazione. Nell'anno fiscale 2007/08, appena chiuso, Porsche ha venduto 45.478 Cayenne. I maggiori mercati di diffusione: Germania, Usa, Cina, Russia, America Latina e Medio Oriente.

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La democrazia nelle mani di pochi ricchi (sezione: Globalizzazione)

( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

di Fabrizio Merli «La democrazia nelle mani di pochi ricchi» Massimo D'Alema, ospite di Libertà e Giustizia, ha parlato della crisi mondiale «Il modello liberista è fallito e adesso si torna allo Stato» PAVIA. «Il rischio oggi è la plutocrazia, cioè il concentrarsi del potere nelle mani di quelli che hanno molto denaro. E nel nostro Paese questo mi sembra abbastanza evidente». Massimo D'Alema è a Pavia per tenere una relazione nell'ambito della scuola di politica di Libertà e Giustizia. Introdotto da Salvatore Veca, davanti a una sala del collegio "Santa Caterina" gremita, compie un viaggio lucido e inquietante sulle origini e sullo sviluppo della crisi che si sta abbattendo sui mercati finanziari di tutto il mondo. Sul banco degli imputati c'è l'ultra globalizzazione liberista. L'idea che la politica non servisse più a nulla, se non a rimuovere gli ultimi ostacoli allo sviluppo dell'economia. Il risultato è che lo Stato, prima demonizzato, ora deve intervenire. «Si diceva: "provvederà il mercato a regolarsi, ad allocare le risorse". Ma non era vero - ha riassunto D'Alema - Questa deregulation ha prodotto un drammatico deficit di democrazia». Il rimedio non può certo essere quello di tornare indietro dal percorso della globalizzazione. «Non è possibile mettere indietro le lancette della storia». Una delle soluzioni è quella di «costruire una nuova architettura istituzionale internazionale» che dovrebbe rimettere al centro «il ruolo delle Nazioni Unite». «Noi - ha aggiunto l'ex presidente del consiglio - avevamo preparato una proposta di riforma del Fondo monetario internazionale. Vi era previsto che ne facessero parte tutti i Paesi, non solo quelli più ricchi. E che tutti i Paesi si sottoponessero alla sorveglianza di questo ente. Compresi gli Stati Uniti d'America». Poco prima della propria relazione, Massimo D'Alema aveva accettato di scambiare qualche battuta con i giornalisti. Le proposte di Berlusconi per ridurre i tempi della politica? «Far votare solo i capigruppo è anticostituzionale - ribatte D'Alema - e il nostro sistema è fondato su principi costituzionali. Siamo tutti soggetti alla legge, incluso il presidente del Consiglio. Si avrà modo di discutere della riforma dei regolamenti parlamentari. Credo che dovremmo partire dalla bozza-Violante, che prevede la riduzione del numero dei parlamentari e la trasformazione di uno dei due rami del Parlamento in un Senato federale». La funzione della scuola pavese di formazione della politica? «La scuola politica non è una scuola dei politici. Sono i cittadini che si devono occupare di politica, altrimenti la politica peggiorerà. In America dicono "occupati della politica, sennò sarà la politica a occuparsi di te". Iniziative come questa servono appunto per incoraggiare i cittadini a occuparsene di più». La fase "nera" del Partito democratico? «Il Pd ha vissuto un momento di crisi; adesso sta lavorando per uscirne, mi sembra positivamente». Infine, su eventuali rischi per la democrazia, D'Alema commenta: «La democrazia è un sistema di pesi e contrappesi, non può essere data una volta per tutte. Non c'è dubbio che oggi viva un momento problematico per il peso delle diseguaglianze sociali».

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PROTEZIONISMO E DEFICIT USA (sezione: Globalizzazione)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

PROTEZIONISMO E DEFICIT USA SEGUE DALLA PRIMA via, data l'emergenza, la cosa, se limitata a «camera di compensazione ed informazione» (ovvero senza ipotesi di amministrativizzazione del credito), un minimo di utilità potrebbe averla. Purché si ricordi che ogni medicina, a dosi sbagliate, è veleno. Per questo, le crisi sarebbe meglio prevenirle; ma la cosa è più facile dirla che farla. Non tanto perché queste siano opache ai radar degli analisti; in fondo, sono anni che la letteratura economica annuncia la tempesta. Piuttosto, è che è difficile agire, anche in termini di consenso, per il motivo che contro le bolle della finanza l'arma principe è la stretta creditizia. Per questo si rimanda, sperando di evitare l'impatto col principio di realtà. In fondo, è una «maledizione che grava sulle Autorità» questa che le obbliga, abdicando la propria sovranità ai mercati finanziari, a correre loro dietro. Poi, finiti nella palude, ecco l'ansia terapeutica; opportuna ma tale da indurre a facili abbagli. L'importante, allora, in particolare nelle regioni nordestine, è che si rammenti il veleno insito in ogni medicina; nel caso, le possibili ricadute protezioniste. Guai dimenticare, infatti, che l'economia nordestina è «esplosa», anticipando e guidando la globalizzazione (col duplice export di merci e di offerta turistica) del Belpaese; con la conseguenza che il Nordest, se ipnotizzato dal mito dei dazi, in un mondo economicamente più chiuso pagherebbe un conto ancor più salato del necessario. Certo, il protezionismo sembra una soluzione facile; viceversa, è perfetta (come dimostra l'esperienza degli Usa negli anni Trenta del Novecento) per fare di una «dura» botta finanziaria una violenta depressione. In sostanza, questo per il Nordest sarebbe un suicidio. Pertanto, più che abbandonarsi al lutto conta capire come siamo finiti sulle sabbie mobili. Per il ministro delle Finanze Tremonti la causa è nell'implosione delle regole della governance dei mercati; e da ciò deduce con ragione la necessità un nuovo «legal standard» capace di trattenere, dandovi «forma politica», all'altrimenti anarchico capitalismo mondiale. Per il ministro, probabilmente anticipando le posizioni dell'Italia al prossimo G7 alla Maddalena, la «vera ingegneria» anticrisi è qui. Naturalmente, che dopo un quindicennio di crescita la corsa si fermi è nelle cose; però, dopo gli anni d'oro, proprio questa è l'occasione per ricalibrare la governance degli scambi globali (Wto), correggendone le eventuali asimmetrie competitive (marchi; diritti di proprietà intellettuale, falsificazioni; ecc.). Naturalmente senza dimenticare che ad aggravare la recessione c'è quel collasso finanziario che ha azzerato la sovranità monetaria pubblica. All'origine sta un'onda anomala di cheap money (soldi quasi e/o gratis) in dollari che ha facilitato un'innovazione finanziaria fuori norma. Il guaio, qui, è che i vertici internazionali possono poco: perché tutto dipende, invece che da un difetto (correggibile) di tecnica monetaria, da una «difficile» questione politica: cioè che la cheap money nasce per facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale. Pertanto il dollaro, pur dopo bypassati gli effetti peggiori dell'attuale «infarto creditizio», resterà assieme a garantire e spaventare i mercati. Perché moneta e forza militare sono, nella gerarchia delle nazioni, forme equivalenti. E qui Eurolandia è uno spettro. Francesco Morosini

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Terre devastate dalle guerre Ma noi restiamo (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Terre devastate dalle guerre Ma noi restiamo» Il fondatore di Emergency: «A quel Paese servono più aiuti. C'è gente malata e che ha fame Bashir non ha il controllo di tutto il territorio» R.G. Gino Strada è stato molte volte in Sudan negli ultimi tempi. Emergency è presente in Sudan, o meglio nel Darfur, da relativamente poco tempo ma sta costruendo un secondo centro clinico a Nyala. Sarà un'ospedale pediatrico che il fondatore di Emergency spera di poter inaugurare «tra sette-otto mesi». Per il momento Emergency è presente nella capitale e a Soba sulle rive del Nilo Azzurro dove sorge il Centro di cardiochirurgia Salam a venti chilometri da Khartoum. I lavori, iniziati nell'ottobre 2004, sono terminati nei primi mesi del 2007 e da allora lavora a ritmo continuo sia con i residenti sia con i rifugiati in fuga dal Sud. Com'è la situazione per i medici e gli operatori umanitari adesso laggiù? «È davvero complessa e se ne sa poco. Sono territori molto estesi, con poche strade, dove non esistono cellulari. Raccogliere informazioni è davvero molto difficile. Ci sono scontri tribali endemici, tra pastori e contadini, che un tempo venivano via via ricomposti dai capi tribù, almeno a periodi. Ora scoppiano guerre tremende, come quella dell'89-90 di cui in Italia non abbiamo saputo niente. E c'è un gioco grosso, interessi e potenze mondiali, le stesse che hanno destabilizzato il Sud con l'ultima guerra, che continuano a destabilizzare il paese utilizzando le antiche rivalità». Quali interessi ci sono in gioco? «Tutte le potenze sono interessate al Sudan, il paese più grande dell'Africa e molto ricco di minerali, dalla Cina agli Stati Uniti. È un territorio che rappresenta i due terzi del continente africano». Avete avuto maggiori problemi dopo il mandato di cattura contro il presidente Bashir? «No, non abbiamo avuto segnalazioni di pressioni o altro, i nostri rapporti proseguono inalterati. Anche con una buona collaborazione con il ministero della salute e con il governatore di Karthoum». Perché pensa che Msf e le altre ong siano state invece espulse? «Non lo so». Pensa sia giusto accusare di genocidio Bashir? « Sono quattro anni che negli Usa c'è una campagna mediatica che parla di genocidio, ma questo capo di imputazione non compare nell'incriminazione di Bashir. Perché non è stato imputato Saddam o Milosevic finché erano in carica?. Perché il procuratore Ocampo ha archiviato le tante richieste di investigazione sui militari americani in Iraq? E poi che valore ha la Corte dell'Aja se Usa, Sudan, Cina e Russia non la riconoscono. Mi pare che si sia voluto giocare ad una roulette russa internazionale e temo che si segua una logica della giustizia dei vincitori, con qualcuno che magari vuole fare il furbo e si nasconde dietro la Corte senza neanche riconoscerla». E gli stupri di massa, il ruolo dell'Onu? «L'Onu con l'Aja non c'entra niente. Quanto agli stupri di massa, sono convinto che ci siano stati ed è una tragedia che si ripete ad ogni guerra. Così come ci sono sempre torture e assassinii efferati. Ciò che credo è che larga parte del territorio sfugga al controllo del governo centrale». Allora cosa si dovrebbe fare? «Si dovrebbero aumentare invece di diminuire gli aiuti internazionali che già erano largamente insufficienti». Aiuti a un governo accusato di efferatezze e crimini contro l'umanità? «Quando qualcuno ha fame o è malato a me non interessa se è un ribelle, un assassino o un buontempone. Per me il problema è che ha fame o è malato». Intervista a Gino Strada

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cassa integrazione da estendere a tutti i lavori (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino di Padova, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 29 - Provincia «Cassa integrazione da estendere a tutti i lavori» E' l'idea del segretario Fiom-Cgil Landini. Verso Natale la crisi sarà peggiore CADONEGHE. Il lavoro cala e le previsioni sono ancora peggiori. Secondo gli esperti gli effetti più negativi li avvertiremo verso Natale. Fino ad allora si assisterà al progressivo depauperamento della forza lavoro: ma esistono ricette per tamponare la crisi? La domanda è stata posta l'altra sera dal direttore de Il Mattino, Omar Monestier, a Maurizio Landini, segretario nazionale Fiom-Cgil e a Gianni Potti, membro della giunta padovana di Confindustria, chiamati attorno ad un tavolo dalla «Sinistra per Padova» (assieme nella foto). Per entrambi la ricetta prevede come ingredienti, anche se in dosi diverse, flessibilità, sgravi fiscali e modifica degli stili di vita all'insegna dell'ecosostenibilità. «La crisi ha origini lontane, quando verso il 2000 si è assistito al processo di finanziarizzazione dell'economia - risponde Landini - Stanno cambiando anche gli equilibri del mondo: buona parte dell'indebitamento Usa lo controlla la Cina». Secondo il segretario della Fiom-Cgil è forte il rischio di ingenerare una guerra tra poveri, tra i cassaintegrati a 700 euro al mese e 4 milioni di lavoratori precari che resteranno a casa senza l'ausilio degli ammortizzatori sociali. Ma allora il sussidio di disoccupazione può essere una soluzione? «E' insufficiente. Il governo dovrebbe bloccare i licenziamenti ed estendere la cassa integrazione a tutte le forme di lavoro» sostiene Landini. E gli industriali? «Occorre sgravare le tasse ai lavoratori, in modo che possano muovere l'economia anche attraverso gli acquisti - interviene Gianni Potti - Occorre che il governo investa inoltre sull'innovazione e la formazione e che i lavoratori, e i sindacati, accettino una maggiore flessibilità». D'accordo sulla flessibilità anche Landini. (Cristina Salvato)

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protezionismo e deficit usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Nuova Venezia, La" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 12 - Regione PROTEZIONISMO E DEFICIT USA SEGUE DALLA PRIMA via, data l'emergenza, la cosa, se limitata a «camera di compensazione ed informazione» (ovvero senza ipotesi di amministrativizzazione del credito), un minimo di utilità potrebbe averla. Purché si ricordi che ogni medicina, a dosi sbagliate, è veleno. Per questo, le crisi sarebbe meglio prevenirle; ma la cosa è più facile dirla che farla. Non tanto perché queste siano opache ai radar degli analisti; in fondo, sono anni che la letteratura economica annuncia la tempesta. Piuttosto, è che è difficile agire, anche in termini di consenso, per il motivo che contro le bolle della finanza l'arma principe è la stretta creditizia. Per questo si rimanda, sperando di evitare l'impatto col principio di realtà. In fondo, è una «maledizione che grava sulle Autorità» questa che le obbliga, abdicando la propria sovranità ai mercati finanziari, a correre loro dietro. Poi, finiti nella palude, ecco l'ansia terapeutica; opportuna ma tale da indurre a facili abbagli. L'importante, allora, in particolare nelle regioni nordestine, è che si rammenti il veleno insito in ogni medicina; nel caso, le possibili ricadute protezioniste. Guai dimenticare, infatti, che l'economia nordestina è «esplosa», anticipando e guidando la globalizzazione (col duplice export di merci e di offerta turistica) del Belpaese; con la conseguenza che il Nordest, se ipnotizzato dal mito dei dazi, in un mondo economicamente più chiuso pagherebbe un conto ancor più salato del necessario. Certo, il protezionismo sembra una soluzione facile; viceversa, è perfetta (come dimostra l'esperienza degli Usa negli anni Trenta del Novecento) per fare di una «dura» botta finanziaria una violenta depressione. In sostanza, questo per il Nordest sarebbe un suicidio. Pertanto, più che abbandonarsi al lutto conta capire come siamo finiti sulle sabbie mobili. Per il ministro delle Finanze Tremonti la causa è nell'implosione delle regole della governance dei mercati; e da ciò deduce con ragione la necessità un nuovo «legal standard» capace di trattenere, dandovi «forma politica», all'altrimenti anarchico capitalismo mondiale. Per il ministro, probabilmente anticipando le posizioni dell'Italia al prossimo G7 alla Maddalena, la «vera ingegneria» anticrisi è qui. Naturalmente, che dopo un quindicennio di crescita la corsa si fermi è nelle cose; però, dopo gli anni d'oro, proprio questa è l'occasione per ricalibrare la governance degli scambi globali (Wto), correggendone le eventuali asimmetrie competitive (marchi; diritti di proprietà intellettuale, falsificazioni; ecc.). Naturalmente senza dimenticare che ad aggravare la recessione c'è quel collasso finanziario che ha azzerato la sovranità monetaria pubblica. All'origine sta un'onda anomala di cheap money (soldi quasi e/o gratis) in dollari che ha facilitato un'innovazione finanziaria fuori norma. Il guaio, qui, è che i vertici internazionali possono poco: perché tutto dipende, invece che da un difetto (correggibile) di tecnica monetaria, da una «difficile» questione politica: cioè che la cheap money nasce per facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale. Pertanto il dollaro, pur dopo bypassati gli effetti peggiori dell'attuale «infarto creditizio», resterà assieme a garantire e spaventare i mercati. Perché moneta e forza militare sono, nella gerarchia delle nazioni, forme equivalenti. E qui Eurolandia è uno spettro. Francesco Morosini

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Torna domani la giornata dell'innesto (sezione: Globalizzazione)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Provincia di Oristano Pagina 4021 Villa S.antonio Torna domani la giornata dell'innesto Villa S.antonio --> Contro la desertificazione del territorio. Ma anche per favorire il ritorno degli alberi da frutta che, qualche decennio fa, abbondavano anche nelle campagne del paese della Marmilla. Sono le finalità della nuova edizione della giornata dell'innesto, organizzata per domani mattina a Villa Sant'Antonio dalla Pro loco locale diretta da Narciso Cuccu. La manifestazione domenicale, chiamata proprio "Sa dì de s'innestu", secondo memorial Antonio Pinna, inizierà alle 9 con il ritrovo dei vari gruppi che si dirigeranno poi verso diverse località campestri. A loro il compito di innestare peri selvatici nei terreni dove l'intervento sarà stato autorizzato dai proprietari degli appezzamenti. Ogni difensore degli alberi da frutto del territorio dovrà procurarsi le varietà di pero e portare con sé tutta l'attrezzatura necessaria per l'innesto. Alla fine della mattinata verde uno spuntino, organizzato dall'associazione turistica, finanziato dalle stesse quote dei partecipanti all'iniziativa. Nell'era della globalizzazione anche le campagne dei piccoli paesi rischiano di essere dimenticate. Giornate come quella dell'innesto proposta dalla Pro Loco di Villa Sant'Antonio aiutano a recuperare spazi e luoghi testimoni della storia di una comunità. ( an.pin. )

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I T-bond che tolgono il sonno alla Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Milano Finanza" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Milano Finanza sezione: Mercato Globale data: 14/03/2009 - pag: 29 autore: di Andrew Batson e Andrew Browne I T-bond che tolgono il sonno alla Cina Il premier Wen Jiabao esprime preoccupazione per gli investimenti negli Usa, a cui chiede di restare credibili. Pronto a varare misure di stimolo Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha espresso preoccupazione in merito ai titoli del debito pubblico Usa detenuti dalla Cina, chiedendo a Washington di adottare politiche efficaci per risanare l'economia americana. Wen ha espresso fiducia nella capacità del governo di Pechino di mantenere all'8% la crescita della propria economia e ha annunciato che la Cina ha le risorse per adottare misure di stimolo supplementari, se necessario. «Abbiamo a disposizione riserve adeguate. In qualsiasi momento siamo in grado di introdurre nuove politiche di stimolo», ha dichiarato. Secondo il primo ministro, le aspettative del mercato per un altro pacchetto di stimolo erano basate su «voci e fraintendimenti» e il programma di investimento cinese da 4 mila miliardi di yuan riguarda «le esigenze sia di breve che di lungo termine». Wen, alla conferenza stampa annuale convocata per la chiusura della sessione legislativa cinese, ha sottolineato con forza l'effetto delle politiche cinesi sull'economia internazionale. Ma ha anche ricordato che gli Stati Uniti rimangono la maggiore economia mondiale e che la Cina sta valutando attentamente gli effetti delle politiche adottate dal presidente americano Barack Obama. «Abbiamo prestato una grande quantità di denaro agli Stati Uniti, è ovvio quindi che siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri asset. Effettivamente sono piuttosto preoccupato», è stata la risposta di Wen alla domanda di un giornalista. Wen ha invitato gli Stati Uniti a «mantenere la loro credibilità, onorare il proprio impegno e garantire la sicurezza degli asset cinesi». La Cina detiene le maggiori riserve in valuta estera del mondo, che alla fine del 2008 erano valutate in 1.946 miliardi di dollari e circa due terzi di tale somma si ritiene che sia investita in asset denominati in dollari americani, essenzialmente titoli di stato. Wen ha ribadito la posizione della Cina, ossia che le riserve in valuta estera vengono gestite con attenzione alla «sicurezza, liquidità e redditività», in quest'ordine. Nonostante la priorità della Cina sia proteggere i propri interessi, «allo stesso tempo, terrà in considerazione anche la stabilità finanziaria internazionale, perché le due cose sono correlate». Wen, che ogni anno convoca una conferenza stampa alla chiusura del Congresso Nazionale del Popolo, la sessione legislativa cinese, ha parlato in tono insolitamente risoluto in merito alle preoccupazioni relative all'effetto delle politiche cinesi sull'economia internazionale. Il premier ha fatto notare che la Cina non ha spinto al ribasso lo yuan e ha ribadito l'impegno del governo per la stabilità della valuta «a un livello ragionevole ed equilibrato». Lo yuan è rimasto attorno a 6,84 contro il dollaro dal luglio 2008, ma Wen ha osservato che poiché il biglietto verde si è rafforzato contro le altre valute asiatiche ed europee, lo yuan è diventato più forte, frenando le esportazioni cinesi. Secondo Wen, solo la Cina può decidere il futuro dello yuan. «Nessun paese può spingerci verso un apprezzamento o un deprezzamento» della valuta, ha dichiarato. Per il premier, la Cina ha mantenuto una stabilità sociale generale, nonostante l'incremento della perdita di posti di lavoro, e il modo principale per affrontare la disoccupazione è sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese, che impiegano il 90% dei lavoratori. I suoi commenti evidenziano come queste piccole aziende siano state duramente colpite dalla crisi finanziaria globale, ma dimostrano anche le difficoltà che il governo dovrà affrontare nel creare posti di lavoro, poiché gran parte del piano di investimento del governo ha come obiettivo progetti infrastrutturali che probabilmente aiuteranno maggiormente le grandi società. «L'incentivazione dell'occupazione sarà un'attività chiave nello sviluppo economico e sociale, e continueremo ad adottare misure incisive» a sostegno dell'occupazione, ha affermato Wen, aggiungendo che la Cina spera di raggiungere un accordo per una maggiore cooperazione economica con Taiwan il prima possibile e che entrambe le parti devono collaborare per fare fronte alla crisi finanziaria internazionale. La Cina inoltre concluderà «accordi ragionevoli» per la partecipazione dell'isola in alcuni gruppi internazionali, come l'Assemblea mondiale della sanità, l'organo decisionale dell'Organizzazione mondiale della sanità. Il governo cinese per parecchio tempo si è opposto alla partecipazione di Taiwan nelle organizzazioni internazionali. La Cina sosterrà con decisione lo sviluppo economico di Hong Kong e Macao e introdurrà al più presto un sistema di pagamento in yuan che interesserà entrambi i territori. L'utilizzo dello yuan negli scambi commerciali è un importante passo in avanti verso la piena convertibilità dello yuan. Inoltre consente ai commercianti cinesi di sapere quanto riceveranno nella loro valuta locale, un modo per evitare il rischio valuta che ha avversato il settore delle esportazioni negli ultimi dodici mesi. Rispondendo alla domanda se la Cina fosse disposta ad aumentare il proprio contributo al Fondo Monetario Internazionale, Wen ha spiegato che l'aumento del capitale del Fmi non è un compito che spetta a un solo paese, ma un onere che andrebbe condiviso da tutti i membri del Fondo in base alle loro quote. Il premier ha inoltre ribadito che, secondo la Cina, il Fmi dovrebbe tenere in considerazione gli interessi dei paesi in via di sviluppo. L'Unione europea ha chiesto il raddoppio delle risorse del Fmi e il segretario del Tesoro americano Timothy Geithner ha avanzato diverse proposte per aumentare i finanziamenti al Fondo. La Cina ha cercato seriamente di dimostrare di essere un cittadino globale responsabile in questo periodo di crisi finanziaria, pronunciandosi frequentemente contro il protezionismo e adottando alcune misure per l'apertura dei suoi mercati. I commenti di Wen sono giunti il giorno dopo che la Cina ha dichiarato di aver iniziato a consentire alle autorità locali di approvare alcuni investimenti esteri, nel tentativo di renderli più semplici, in un periodo in cui hanno registrato un deciso calo. Gli investimenti esteri sono stati di fondamentale importanza per creare posti di lavoro e introdurre nuove tecnologie e prassi gestionali. Wen ha parlato alla vigilia della riunione dei ministri finanziari e delle banche centrali delle nazioni del G20 a Londra, che preparerà le basi per il summit del G20 del 2 aprile. Secondo Wen, nei prossimi incontri, il G20 dovrebbe continuare a concentrarsi sugli aiuti alle economie in via di sviluppo, specialmente quelle meno sviluppate.

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ÀNCORA BOND Borsa in pillole (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

INCHIESTA ÀNCORA BOND Borsa in pillole Sì ai titoli di Stato, con duration 3-5 anni. E si può diversificare tra Italia, Grecia e Portogallo Anche un pizzico di corporate non guasta Ma i gestori avvertono: pronti a vendere, perché sul debito sovereign può arrivare lo tsunami L'equity? Tlc, pharma e hi-tech, in chiave tattica di Gabriele Petrucciani - 14-03-2009 Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato come l'annus horribilis dell'economia. Questa in estrema sintesi la view di gestori e strategist intervenuti al consueto forum organizzato da Borsa&Finanza. Alla tavola rotonda hanno partecipato: Luca Simoncelli, portfolio manager di BlackRock, Francesco Fonzi, portfolio manager di Credit Suisse, Matteo Astolfi, responsabile distribuzione per l'Italia di M&G, Sergio Bertoncini, strategist di Crédit Agricole Asset Management, Nicola Trivelli, responsabile investimenti di Sella Gestioni, Pietro Martorella, responsabile della distribuzione fondi di Axa Im, e Francesco Aletti Montano, fondatore di Aletti Montano&Co. Family Office. A prevalere è ancora il pessimismo, ma senza indulgere nel catastrofismo. Tutti d'accordo: per ora è troppo presto risalire sul carro delle Borse. Sì, perché non hanno ancora toccato i livelli di minimo e con ogni probabilità l'Orso continuerà a graffiare anche nei prossimi mesi. Anche perchè i multipli delle società continueranno a comprimersi e il tasso di default a crescere. Qualche «scommessa», semmai si può prendere in chiave tattica, selezionando aziende difensive, dal basso indebitamento e in grado di generare flussi di cassa costanti. A conti fatti, comunque, gli addetti ai lavori sono convinti che il 2009 si chiuderà su livelli più alti rispetto a quelli attuali (l'S&P500 viaggia a ridosso dei 700 punti, in calo del 13% in euro da inizio anno, mentre il Dj Eurostoxx50 quota circa 1.900 punti, in calo del 21,50% da gennaio) e chi, tra le aziende, riuscirà a sopravvivere e sostenere il proprio business sarà più forte di prima. Intanto, in attesa di una ripresa, che forse arriverà (se arriverà) a cavallo tra il 2009 e il 2010, conviene parcheggiare la liquidità sul reddito fisso, diversificando tra corporate e governativo e privilegiando le scadenze brevi. Anche perché nel momento in cui le Borse raggiungeranno il bottom, sul mercato obbligazionario, soprattutto su quello dei titoli di Stato, potrebbe verificarsi la madre di tutti i sell off. In particolare, a pesare sul governativo sarà l'enorme fardello di debiti che sta gradualmente migrando dal privato al pubblico, nonché una corsa generalizzata a cogliere le occasioni da saldo offerte dall'azionario. Ma passiamo la parola agli esperti. 1 Il bilancio di questo primo scorcio di 2009 è pesantissimo. Le Borse sono in rosso del 20% e i dati macro non sono stati certo incoraggianti. Per quanto tempo bisognerà convivere con l'Orso? Simoncelli: La duplice minaccia della recessione economica e della crisi del sistema finanziario ha contributo a mantenere l'avversione al rischio degli investitori a livelli elevati in questa prima parte del 2009, spingendo le asset class più rischiose e i mercati azionari verso nuovi minimi. A oggi, riteniamo che i segnali di stabilizzazione sul fronte macro debbano ancora manifestarsi completamente, ma il bilancio dei dati pubblicati negli ultimi mesi risulta in miglioramento. Lo scenario a breve, tuttavia, rimane ancora incerto e prevediamo mercati azionari ancora volatili. Fonzi: L'economia sta esprimendo il peggio proprio in questi mesi, ma in termini direzionali i mercati hanno già detto molto, anticipando abbondantemente la crisi in atto. Non credo, dunque, che il 2009 sarà un anno unidirezionale. Certo è presto per un riposizionamento strategico sull'equity, bisognerà aspettare la svolta degli indicatori macroeconomici. Ma con un approccio opportunistico all'asset allocation è possibile fare qualche puntatina. Astolfi: La situazione generale è certamente difficile, ma abbiamo cominciato a vedere alcuni segnali che ci fanno essere moderatamente ottimisti. Se infatti il 2008 è stato l'anno del panic selling e delle vendite generalizzate, ora comincia a esserci una certa differenziazione tra le aziende. Il mercato ha iniziato a guardare nuovamente ai fondamentali, in particolare in direzione di quelle aziende che mostrano un certo vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Bertonicini: È difficile dire se l'equity sia vicino ai minimi. La visibilità sui trend macroeconomici e sugli utili è ancora limitata, mentre la risoluzione degli squilibri che hanno accompagnato la recessione richiederà tempi relativamente lunghi. Il miglioramento delle valutazioni a livelli ormai prossimi a quelli dei primi anni '80 non rappresenta un fattore sufficiente per l'innesco di un recupero duraturo. Tra le condizioni necessarie manca una stabilizzazione del mercato del credito e un reale rientro degli spread. Trivelli: Il 2009 si sta rivelando un anno pessimo per l'economia e non ci aspettiamo notizie positive dal lato macro, se non negli ultimi mesi. Le Borse hanno perso molto del loro valore a partire dal 2008, iniziando a scontare anticipatamente i timori di una recessione. Il sell off pesante degli ultimi giorni potrebbe essere il segnale per un inizio di ripresa. Resta da capire, tuttavia, quanta parte delle cattive notizie sono già nei prezzi delle azioni e quando l'emotività lascerà spazio alle valutazioni. Martorella: I mercati azionari a livello globale hanno dovuto digerire dati economici molto deludenti. In particolare, i timori riguardanti i significativi abbassamenti del merito di credito hanno depresso le Borse. Ciò durerà fino a quando i problemi del settore bancario non saranno risolti. Ma non si può dire con certezza quando succederà. Di conseguenza, prevediamo che i mercati si manterranno su posizioni attendiste nei prossimi sei mesi, tirati al ribasso dalle cattive notizie economiche e spinti al rialzo dalle speranze di una ripresa. Aletti Montano: Quello che posso aggiungere è come sia ormai evidente che siamo in presenza di una «coattiva» globale, ovvero di vendite forzate generalizzate. Tutti i compratori aspettano l'ultimo giorno utile per entrare e sperare in un rimbalzo. E in un contesto del genere non c'è analisi tecnica o fondamentale che tenga. Già verso giugno, comunque, potremo vedere la fine di queste vendite forzate. La politica di tassi zero comincerà a produrre i suoi effetti sul lato debito e allora potremo sperare in un rimbalzo. 2 Lontani dall'equity, dunque, almeno strategicamente. Ma su quali Paesi e settori è possibile invece prendere delle scommesse? Simoncelli: In un'ottica strategica, sulla maggior parte dei mercati azionari le metriche principali di valutazione di lungo termine, come i rapporti prezzo/utile, hanno raggiunto livelli di convenienza tali da rendere i rendimenti attesi dell'equity quanto mai appetibili per gli investitori di lungo periodo. Come già accennato, però, in questo momento preferiamo mantenere un posizionamento strategico difensivo sui nostri portafogli. In termini di aree geografiche sovrappesiamo i mercati sviluppati, in particolare Gran Bretagna e Usa, mentre sottopesiamo l'area euro e il Giappone. Sugli emergenti, invece, abbiamo un'esposizione marginale, ma manteniamo un'allocazione sull'Asia. In termini di settori, invece, la nostra preferenza è per comparti difensivi quali l'healthcare e le telecom. Confermiamo, inoltre, una preferenza per il settore tecnologico, sulla base di un'elevata qualità dei bilanci, bassissimi livelli di indebitamento e buoni cash flow. Fonzi: La nostra preferenza va ai mercati sviluppati. Certo, è vero, alcune piazze emergenti stanno performando meglio da inizio anno, ma è altrettanto vero che sono stati mercati meno colpiti dalla crisi finanziaria. In linea generale, nei nostri portafogli rimaniamo sottopesati sull'equity rispetto al benchmark e stiamo privilegiano i settori più difensivi, quali per esempio servizi e utility. Ma guardiamo con favore anche ad alcuni comparti più ciclici, come l'It, che ha dalla sua dei mega-trend strutturali. Astolfi: Il nostro team global equity non assume visioni su settori e Paesi specifici. Anche se per il team è molto importante comprendere lo scenario macroeconomico, i gestori azionari si concentrano esclusivamente sull'analisi individuale delle società, cercando di identificare aziende con forti fondamentali, che si trovano nelle migliori condizioni per accrescere gli utili unicamente attraverso le proprie attività e che saranno premiate da un aumento della quotazione del titolo nel lungo periodo. Bertoncini: Riteniamo ancora prematuro impostare piani di acquisto aggressivi sull'azionario. È meglio affidarsi a un approccio graduale, per esempio per il tramite del Pac. In termini di aree geografiche preferiamo gli Stati Uniti rispetto a zona euro, Gran Bretagna e Giappone. In termini settoriali, invece, riteniamo ragionevole ridurre le posizioni corte sui ciclici, ma solo con un respiro tattico. In ottica più strategica, preferiamo ancora i settori difensivi, come telecom, pharma e alimentari, nonché materie prime tra i ciclici. Sempre tra i difensivi, infine, al momento le valutazioni delle utility appaiono particolarmente tirate. Trivelli: Anche noi siamo convinti che il rischio volatilità sia ancora altissimo. Di conseguenza, un acquisto su questi livelli potrebbe portare a nuove perdite. In un'ottica di lungo periodo, tuttavia, questo potrebbe essere un buon momento per iniziare a investire su società solide, dato il sell off degli ultimi giorni che ha riguardato tutti i settori e non solo quelli maggiormente colpiti dalla crisi. Per quanto riguarda le aree geografiche, sull'America siamo prudenti, dal momento che non è chiaro quanto tempo impiegherà l'economia Usa ad adeguarsi al cambiamento strutturale. In termini di settori, invece, riteniamo che sia troppo presto per acquistare titoli sia finanziari sia assicurativi, anche se alcune azioni appaiono oggi eccessivamente penalizzate. Prediligiamo invece i titoli difensivi e quelli legati al settore delle infrastrutture, che dovrebbero beneficiare dei piani di stimoli dei governi. Martorella: Nel breve periodo, riteniamo che si debba continuare ad agire con prudenza e a valutare le società caso per caso. In particolare, per singole puntatine, consigliamo di guardare alle aziende con bilanci solidi, basso debito e che continuano a pagare stabilmente i dividendi. Al momento preferiamo il mercato inglese e quello statunitense perché saranno probabilmente i primi a uscire dalla crisi economica in corso. Inoltre, questi mercati sono stati generalmente meno volatili e più difensivi. Per quanto riguarda i settori, preferiamo «salute» e beni di consumo di prima necessità; ma per gli investimenti a lungo termine cominciamo a guardare con interesse anche ai «material», che dovrebbero beneficiare di della ripresa dei consumi in Cina. Aletti Montano: Anch'io sono convinto che la sbornia da bolla non sia stata smaltita. Occorre del tempo. Di conseguenza nel breve consigliamo di mantenere un approccio cauto ma opportunistico. Pre quanto riguarda le aree geografiche anche noi preferiamo le zone sviluppate, anche se tra gli emergenti guardiamo con una certa attenzione l'India. 3 E per quanto riguarda l'Italia? A breve si conosceranno i bilanci 2008 delle banche. Ci saranno brutte sorprese? Simoncelli: In questo momento la prospettiva in termini di crescita dei profitti aziendali è una delle variabili più incerte. Prevedere a quale livello gli utili aziendali andranno a toccare un minimo è ancora un tema delicato e il settore finanziario rimane la principale fonte di incertezza in questo contesto. Sì, perché il comparto finanziario rimane fortemente soggetto alle decisioni che verranno intraprese nel processo di «garanzie» statali. Difficilmente, comunque, nei prossimi trimestri assisteremo a una ripresa nella capacità di generare maggiori profitti da parte delle aziende. È molto importante valutare le prospettive e le previsioni che le aziende forniranno in relazione alla crescita attesa del proprio business. E le società in grado di battere le attese degli analisti saranno sicuramente premiate. Fonzi: L'Italia non è messa così male, anche se il listino italiano sta soffrendo di più rispetto ad altri per via del peso rilevante del settore finanziario; un comparto che ci lascia molto perplessi, in quanto deve ancora affrontare una serie di problematiche irrisolte. In termini di bilanci è difficile fare previsioni, ma una cosa è certa: i Roe al 20% appartengono a un ciclo e a un mondo passato. Bertoncini: La nostra view in Italia è abbastanza allineata a quella degli altri Paesi, almeno in termini di settori. Ma per quanto riguarda il comprato finanziario, è in dubbio che le banche abbiano chiuso un 2008 difficilissimo, all'insegna di massicce perdite provocate dagli asset definiti tossici, nonché dalla conseguente necessità di operare forti ricapitalizzazioni. E il 2009, che si è aperto all'insegna della recessione, vedrà dispiegare i suoi effetti negativi proprio sugli attivi delle banche, indipendentemente dalla loro esposizione agli asset tossici. Proseguirà, inoltre, la riduzione della leva finanziaria degli istituti di credito. Sul versante positivo, segnaliamo il parziale rientro del problema della liquidità e gli effetti positivi generati dal forte aumento della pendenza della curva. Insomma, un quadro che mostra qualche segnale di miglioramento, ma che permane difficile per gli effetti congiunturali della recessione e per quelli strutturali legati agli squilibri di questi ultimi anni. Trivelli: La tendenza abbastanza diffusa sul mercato nell'ultimo anno è quella di non guardare più i dati di bilancio o quelli storici; tutto si gioca sulle aspettative di solidità del mondo finanziario e sulla effettiva tenuta del sistema economico. Martorella: In linea generale, a nostro avviso gli utili scenderanno in media di circa il 35% quest'anno, spinti al ribasso principalmente dai finanziari ma anche dalle società non finanziarie. Questo perché risentiranno di un duplice shock: i volumi hanno già iniziato a scendere drasticamente e i margini di profitto (Ebitda/vendite) saranno la prossima vittima. Ne consegue la nostra previsione negativa sugli utili. Aletti Montano: Personalmente, a dispetto di un andamento piuttosto deludente, sono molto ottimista sul mercato italiano. L'Expo fungerà da effetto trainante e sarà un faro importante per il nostro territorio. 4 Nell'ultima riunione, la Bce ha tagliato di mezzo punto il costo del denaro. Ci saranno ulteriori sforbiciate? Quali sono le vostre apsettative sui tassi in Usa e in Europa? Simoncelli: Riteniamo che ci sia spazio per ulteriori segnali di indebolimento del quadro macro della zona euro, il che porterà la Bce a intervenire nuovamente sui tassi. La nostra attesa è quella di avere tassi intorno all'1% a fine 2009. Negli Stati Uniti, invece, riteniamo che i tassi saranno lasciati ai livelli attuali (ossia nella forchetta 0-0,25%) per tutto l'anno. Astolfi: Il mercato prevede che la Bce continui ad agire, ma in misura meno aggressiva di come hanno fatto la Fed o la Bank of England. Secondo noi, invece, la Banca centrale europea sarà costretta a tagliare i tassi più di quanto sia già stato prezzato dal mercato. Il nostro outlook è molto negativo, con gli indicatori sulla fiducia e sul clima economico che oscillano in prossimità di record negativi. Tuttavia, l'esperienza degli Stati Uniti dimostra che c'è poco da guadagnare da ulteriori tagli dei tassi quando raggiungono livelli molto bassi. Qualunque cosa succeda, comunque, è possibile che i tassi di interesse restino bassi per un periodo molto lungo. Bertoncini: Le banche centrali hanno ormai esaurito gli spazi di manovra sul costo del denaro e agiscono sempre più sulla quantità di moneta immessa nel sistema allo scopo di contrastare il crollo del moltiplicatore. La Bce ha aperto a un ulteriore taglio di 50 punti base, mentre gli interventi diretti di sostegno al credito di imprese e famiglie sono ormai il focus della Federal Reserve. Trivelli: Riteniamo probabile un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce, che però non adotterà una politica monetaria di tassi a zero, in quanto l'utilità marginale di una tale strategia sarebbe nulla. Per quanto riguarda la Fed, siamo convinti che i tassi rimarranno ai livelli attuali per tutto il 2009. Martorella: L'incontro di marzo della Bce sembra aver confermato un ulteriore taglio dei tassi nei prossimi mesi di 50 punti base, così da portare il costo del denaro all'1 per cento. Guardando alle proiezioni d'inflazione della Bce, sempre più basse, siamo propensi a credere che la Banca centrale europea possa scendere addirittura sotto la soglia dell'1%, apportando un ultimo taglio ai tassi prima dell'estate. Infine, fattore più importante, hanno iniziato a essere discusse anche misure non convenzionali, che potrebbero essere implementate in tempi rapidi. Per gli Usa, invece prevediamo che la Fed mantenga una politica di tassi zero per tutto l'anno. 5 E per quanto riguarda il reddito fisso? Dove conviene posizionarsi tra corporate e governativi? E su quali scadenze? Simoncelli: In termini regionali continuiamo a preferire i titoli governativi della zona euro, dove tuttavia stiamo attuando una riduzione dell'esposizione in termini di duration. Negli Usa, invece, valutiamo con interesse gli investimenti sui titoli delle agenzie Fannie e Freddie. Come per l'equity, comunque, anche sui bond bisogna adottare una gestione più tattica, visto nella seconda parte del 2009 potrebbero esserci fasi potenzialmente difficili per gli investimenti obbligazionari. Fonzi: Personalmente consiglierei di privilegiare titoli governativi e di avere un approccio prudente e selettivo verso tutto quello che è corporate. In particolare priviligerei l'area euro e la parte della curva a tre-cinque anni. Lontani dalle aree emergenti e dall'high yield. Astolfi: Mentre il 2008 è stato l'anno dei governativi, il 2009 sarà l'anno dei titoli corporate e dei convertibili. Ma bisogna essere molto selettivi. Gli spread delle obbligazioni investment grade sono prossimi a livelli record, indicando un numero di default senza precedenti. Gli investitori, dunque, sono abbondantemente ricompensati per il rischio di default. Riteniamo che il tasso default salirà quindi ancora, ma non si avvicinerà neanche lontanamente ai livelli prezzati dal mercato. E questo rappresenta un'eccellente opportunità per investire in corporate bond. Affinché gli spread del credito si restringano significativamente la domanda di obbligazioni investment grade deve aumentare. E crediamo che succederà, poiché gli investitori si stanno spostando dai titoli cash a basso rendimento verso obbligazioni societarie che offrono un rendimento più elevato. Bertoncini: Sul fronte governativo privilegiamo i titoli obbligazionari europei rispetto a quelli americani, sia per i limitati spazi di allentamento che ancora sussistono in Europa sia per il differenziale di aumento prospettico dell'offerta di titoli di Stato. Gli spazi di discesa dei rendimenti a breve sono ormai contenuti sia in Europa sia negli Stati Uniti, per cui riteniamo che la pendenza delle curve possa andare a ridursi. I corporate, invece, rappresentano oggi un'interessante scommessa di medio periodo. Gli spread da record, infatti, sono destinati a rientrare, ma è probabilmente illusorio attendersi un rientro rapido, sia in relazione al permanere di condizioni di elevata avversione al rischio e di squilibri nei mercati della liquidità sia per l'elevata offerta di nuovi titoli che sta caratterizzando il mercato primario. Trivelli: Anche noi preferiamo non investire nel mercato dei Treasury. Per quanto riguarda il governativo europeo, invece, il nostro interesse è rivolto a Paesi come Italia, Grecia e Portogallo, dove ci attendiamo un restringimento del differenziale tassi. Sui corporate, infine, ci sono interessanti occasioni. Ma la cautela è d'obbligo. Nel processo di allargamento degli spread non c'è stata distinzione fra emittenti di qualità ed emittenti a rischio. Per questo è importante un'attenta selezione delle società, investendo in titoli emessi da aziende con rating elevato, ben capitalizzate e con cash flow positivi anche in scenari recessivi. Martorella: Manteniamo un orientamento difensivo sulla nostra allocation obbligazionaria e riteniamo che i titoli di Stato offrano ancora del valore, soprattutto considerata l'attuale debolezza dei mercati azionari. In particolare, preferiamo la parte lunga della curva, in quanto nei prossimi mesi tenderà ad appiattirsi, sia in Usa sia in Europa. Sul fronte corporate anche noi siamo convinti che i prezzi attuali di mercato implicano tassi di default esagerati. Tuttavia, nel breve termine il rischio mark to market è ancora toppo elevato, anche perché i fallimenti stanno accelerando e molto probabilmente continueranno a salire durante tutto il 2009. In ottica buy and hold, invece, il credito investment grade ci pare interessante. Aletti Montano: Condivido quanto espresso fino a ora dai miei colleghi. Per quanto mi riguarda, comunque, mi piacerebbe fare qualche puntatina sui corporate italiani di emanazione bancaria, che in questo momento hanno rendimenti decisamente interessanti, anche su scadenze ravvicinate, e un rischio default molto basso. 6 Si comincia a parlare di un ritorno all'inflazione verso la fine del 2009. Quali sono le vostre aspettative? Le obbligazioni inflation linked sono un'occasione d'acquisto? Simoncelli: Il nostro scenario base prevede che il 2009 sarà un anno caratterizzato dall'assenza di particolari pressioni inflazionistiche e che i rischi legati all'insorgere di uno scenario deflativo saranno superiori rispetto a quelli legati a uno scenario di ripresa dell'inflazione per almeno due anni. Non crediamo comunque che andremo incontro a rischi deflattivi veri e propri. Fonzi: L'inflazione sicuramente ripartirà, ma è un problema rinviato nel tempo, a quando i deficit pubblici saliranno. Certo è che il potenziale inflazionistico è molto alto, per cui i bond inflation linked possono essere un'interessante occasione d'investimento, ma in un'ottica di medio-lungo periodo. Astolfi: Continuiamo a pensare che il pericolo maggiore sia la deflazione piuttosto che l'inflazione. La storia ci insegna che le crisi finanziarie hanno conseguenze disinflazionistiche, poiché fanno assistere a un ritiro della liquidità dal sistema e a una tendenza dei prezzi al ribasso piuttosto che al rialzo. Il rischio d'inflazione potrebbe attuarsi tra qualche anno, ma resta funzione di due fattori: le scorte disponibili di denaro e la «velocità del denaro», ovvero la velocità con cui si muove nel sistema. Le banche centrali stanno cercando di aumentare le scorte di denaro per evitare la deflazione ma fintanto che continuano ad accumulare questo non produrrà inflazione. Certo, la velocità del denaro potrebbe aumentare, facendo così innalzare il rischio d'inflazione, ma non crediamo che questo succederà nel futuro prossimo. Per ora ci stiamo muovendo in un contesto con bassa inflazione e bassi tassi d'interesse, e riteniamo che ci resteremo ancora per qualche anno. Bertoncini: È prematuro preoccuparsi del ritorno dell'inflazione quando sussistono ancora rischi, sebbene limitati, di deflazione: la rapida discesa del moltiplicatore del credito riduce gli effetti espansivi sui prezzi delle politiche monetarie delle banche centrali. Tutto ciò è coerente con la ridotta capacità del sistema di trasmettere l'effetto della discesa dei tassi all'economia reale. Trivelli: Riteniamo che oggi l'inflazione non sia un problema, ma bisognerà tenerla d'occhio nell'ultima parte dell'anno, quando ci sarà il cambiamento di base. Le aspettative di rialzo potrebbero spaventare il mercato obbligazionario e rendere interessanti le emissioni legate all'inflazione. Martorella: Anche a noi l'inflazione non preoccupa, almeno in questo momento. Il vero problema piuttosto è l'elevato rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo. Questo rischio dovrà essere contrastato con misure di politica monetaria non convenzionali. 7 Petrolio e materie prime continuano a scendere a ritmi piuttosto sostenuti. È possibile ipotizzare una ripresa nel breve? E quali sono i vostri target? Simoncelli: I fondamentali legati al mercato delle materie prime restano poco incoraggianti: tanto per il petrolio, quanto per i metalli industriali, il duplice effetto di una domanda debole e di un crescente surplus della capacità produttiva continua a zavorrare i corsi. Per quanto riguarda i metalli industriali, riteniamo allo stesso modo che sia presto per una scommessa pro-ciclica di questo tipo. Bertoncini: In questo momento vediamo una maggiore stabilità dei prezzi delle materie prime, che comunque saranno supportate almeno in parte dall'attività reale dell'area asiatica. Tra i settori delle materie prime, in particolare, ve ne sono alcuni che risultano attraenti in ottica di medio periodo, come quelli legati all'attività industriale. Fonzi: Noi invece guardiamo con molto interesse ai metalli di base legati al settore infrastrutture, che in un'ottica di medio-lungo periodo sono decisamente attraenti. Trivelli: Ci aspettiamo un graduale incremento dei prezzi di petrolio e materie prime per almeno due ragioni: 1) è venuta a mancare sul mercato la parte speculativa; 2) le vendite sono arrivate a superare le aspettative di calo della domanda che effettivamente si realizzerà nel futuro. Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che i titoli legati al settore infrastrutture beneficeranno dell'incremento della domanda legata ai piani di stimolo dei governi. Martorella: I prezzi dei metalli industriali rimarranno sotto pressione per tutto il 2009. Per i preziosi, invece, ci sono ancora margini per un aumento dei prezzi, ma con il rischio di una rapida correzione quando si dovesse invertire la propensione degli investitori.

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Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

INCHIESTA Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato ... di Redazione - 14-03-2009 Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato come l'annus horribilis dell'economia. Questa in estrema sintesi la view di gestori e strategist intervenuti al consueto forum organizzato da Borsa&Finanza. Alla tavola rotonda hanno partecipato: Luca Simoncelli, portfolio manager di BlackRock, Francesco Fonzi, portfolio manager di Credit Suisse, Matteo Astolfi, responsabile distribuzione per l'Italia di M&G, Sergio Bertoncini, strategist di Crédit Agricole Asset Management, Nicola Trivelli, responsabile investimenti di Sella Gestioni, Pietro Martorella, responsabile della distribuzione fondi di Axa Im, e Francesco Aletti Montano, fondatore di Aletti Montano&Co. Family Office. A prevalere è ancora il pessimismo, ma senza indulgere nel catastrofismo. Tutti d'accordo: per ora è troppo presto risalire sul carro delle Borse. Sì, perché non hanno ancora toccato i livelli di minimo e con ogni probabilità l'Orso continuerà a graffiare anche nei prossimi mesi. Anche perchè i multipli delle società continueranno a comprimersi e il tasso di default a crescere. Qualche «scommessa», semmai si può prendere in chiave tattica, selezionando aziende difensive, dal basso indebitamento e in grado di generare flussi di cassa costanti. A conti fatti, comunque, gli addetti ai lavori sono convinti che il 2009 si chiuderà su livelli più alti rispetto a quelli attuali (l'S&P500 viaggia a ridosso dei 700 punti, in calo del 13% in euro da inizio anno, mentre il Dj Eurostoxx50 quota circa 1.900 punti, in calo del 21,50% da gennaio) e chi, tra le aziende, riuscirà a sopravvivere e sostenere il proprio business sarà più forte di prima. Intanto, in attesa di una ripresa, che forse arriverà (se arriverà) a cavallo tra il 2009 e il 2010, conviene parcheggiare la liquidità sul reddito fisso, diversificando tra corporate e governativo e privilegiando le scadenze brevi. Anche perché nel momento in cui le Borse raggiungeranno il bottom, sul mercato obbligazionario, soprattutto su quello dei titoli di Stato, potrebbe verificarsi la madre di tutti i sell off. In particolare, a pesare sul governativo sarà l'enorme fardello di debiti che sta gradualmente migrando dal privato al pubblico, nonché una corsa generalizzata a cogliere le occasioni da saldo offerte dall'azionario. Ma passiamo la parola agli esperti. 1 Il bilancio di questo primo scorcio di 2009 è pesantissimo. Le Borse sono in rosso del 20% e i dati macro non sono stati certo incoraggianti. Per quanto tempo bisognerà convivere con l'Orso? Simoncelli: La duplice minaccia della recessione economica e della crisi del sistema finanziario ha contributo a mantenere l'avversione al rischio degli investitori a livelli elevati in questa prima parte del 2009, spingendo le asset class più rischiose e i mercati azionari verso nuovi minimi. A oggi, riteniamo che i segnali di stabilizzazione sul fronte macro debbano ancora manifestarsi completamente, ma il bilancio dei dati pubblicati negli ultimi mesi risulta in miglioramento. Lo scenario a breve, tuttavia, rimane ancora incerto e prevediamo mercati azionari ancora volatili. Fonzi: L'economia sta esprimendo il peggio proprio in questi mesi, ma in termini direzionali i mercati hanno già detto molto, anticipando abbondantemente la crisi in atto. Non credo, dunque, che il 2009 sarà un anno unidirezionale. Certo è presto per un riposizionamento strategico sull'equity, bisognerà aspettare la svolta degli indicatori macroeconomici. Ma con un approccio opportunistico all'asset allocation è possibile fare qualche puntatina. Astolfi: La situazione generale è certamente difficile, ma abbiamo cominciato a vedere alcuni segnali che ci fanno essere moderatamente ottimisti. Se infatti il 2008 è stato l'anno del panic selling e delle vendite generalizzate, ora comincia a esserci una certa differenziazione tra le aziende. Il mercato ha iniziato a guardare nuovamente ai fondamentali, in particolare in direzione di quelle aziende che mostrano un certo vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Bertonicini: È difficile dire se l'equity sia vicino ai minimi. La visibilità sui trend macroeconomici e sugli utili è ancora limitata, mentre la risoluzione degli squilibri che hanno accompagnato la recessione richiederà tempi relativamente lunghi. Il miglioramento delle valutazioni a livelli ormai prossimi a quelli dei primi anni '80 non rappresenta un fattore sufficiente per l'innesco di un recupero duraturo. Tra le condizioni necessarie manca una stabilizzazione del mercato del credito e un reale rientro degli spread. Trivelli: Il 2009 si sta rivelando un anno pessimo per l'economia e non ci aspettiamo notizie positive dal lato macro, se non negli ultimi mesi. Le Borse hanno perso molto del loro valore a partire dal 2008, iniziando a scontare anticipatamente i timori di una recessione. Il sell off pesante degli ultimi giorni potrebbe essere il segnale per un inizio di ripresa. Resta da capire, tuttavia, quanta parte delle cattive notizie sono già nei prezzi delle azioni e quando l'emotività lascerà spazio alle valutazioni. Martorella: I mercati azionari a livello globale hanno dovuto digerire dati economici molto deludenti. In particolare, i timori riguardanti i significativi abbassamenti del merito di credito hanno depresso le Borse. Ciò durerà fino a quando i problemi del settore bancario non saranno risolti. Ma non si può dire con certezza quando succederà. Di conseguenza, prevediamo che i mercati si manterranno su posizioni attendiste nei prossimi sei mesi, tirati al ribasso dalle cattive notizie economiche e spinti al rialzo dalle speranze di una ripresa. Aletti Montano: Quello che posso aggiungere è come sia ormai evidente che siamo in presenza di una «coattiva» globale, ovvero di vendite forzate generalizzate. Tutti i compratori aspettano l'ultimo giorno utile per entrare e sperare in un rimbalzo. E in un contesto del genere non c'è analisi tecnica o fondamentale che tenga. Già verso giugno, comunque, potremo vedere la fine di queste vendite forzate. La politica di tassi zero comincerà a produrre i suoi effetti sul lato debito e allora potremo sperare in un rimbalzo. 2 Lontani dall'equity, dunque, almeno strategicamente. Ma su quali Paesi e settori è possibile invece prendere delle scommesse? Simoncelli: In un'ottica strategica, sulla maggior parte dei mercati azionari le metriche principali di valutazione di lungo termine, come i rapporti prezzo/utile, hanno raggiunto livelli di convenienza tali da rendere i rendimenti attesi dell'equity quanto mai appetibili per gli investitori di lungo periodo. Come già accennato, però, in questo momento preferiamo mantenere un posizionamento strategico difensivo sui nostri portafogli. In termini di aree geografiche sovrappesiamo i mercati sviluppati, in particolare Gran Bretagna e Usa, mentre sottopesiamo l'area euro e il Giappone. Sugli emergenti, invece, abbiamo un'esposizione marginale, ma manteniamo un'allocazione sull'Asia. In termini di settori, invece, la nostra preferenza è per comparti difensivi quali l'healthcare e le telecom. Confermiamo, inoltre, una preferenza per il settore tecnologico, sulla base di un'elevata qualità dei bilanci, bassissimi livelli di indebitamento e buoni cash flow. Fonzi: La nostra preferenza va ai mercati sviluppati. Certo, è vero, alcune piazze emergenti stanno performando meglio da inizio anno, ma è altrettanto vero che sono stati mercati meno colpiti dalla crisi finanziaria. In linea generale, nei nostri portafogli rimaniamo sottopesati sull'equity rispetto al benchmark e stiamo privilegiano i settori più difensivi, quali per esempio servizi e utility. Ma guardiamo con favore anche ad alcuni comparti più ciclici, come l'It, che ha dalla sua dei mega-trend strutturali. Astolfi: Il nostro team global equity non assume visioni su settori e Paesi specifici. Anche se per il team è molto importante comprendere lo scenario macroeconomico, i gestori azionari si concentrano esclusivamente sull'analisi individuale delle società, cercando di identificare aziende con forti fondamentali, che si trovano nelle migliori condizioni per accrescere gli utili unicamente attraverso le proprie attività e che saranno premiate da un aumento della quotazione del titolo nel lungo periodo. Bertoncini: Riteniamo ancora prematuro impostare piani di acquisto aggressivi sull'azionario. È meglio affidarsi a un approccio graduale, per esempio per il tramite del Pac. In termini di aree geografiche preferiamo gli Stati Uniti rispetto a zona euro, Gran Bretagna e Giappone. In termini settoriali, invece, riteniamo ragionevole ridurre le posizioni corte sui ciclici, ma solo con un respiro tattico. In ottica più strategica, preferiamo ancora i settori difensivi, come telecom, pharma e alimentari, nonché materie prime tra i ciclici. Sempre tra i difensivi, infine, al momento le valutazioni delle utility appaiono particolarmente tirate. Trivelli: Anche noi siamo convinti che il rischio volatilità sia ancora altissimo. Di conseguenza, un acquisto su questi livelli potrebbe portare a nuove perdite. In un'ottica di lungo periodo, tuttavia, questo potrebbe essere un buon momento per iniziare a investire su società solide, dato il sell off degli ultimi giorni che ha riguardato tutti i settori e non solo quelli maggiormente colpiti dalla crisi. Per quanto riguarda le aree geografiche, sull'America siamo prudenti, dal momento che non è chiaro quanto tempo impiegherà l'economia Usa ad adeguarsi al cambiamento strutturale. In termini di settori, invece, riteniamo che sia troppo presto per acquistare titoli sia finanziari sia assicurativi, anche se alcune azioni appaiono oggi eccessivamente penalizzate. Prediligiamo invece i titoli difensivi e quelli legati al settore delle infrastrutture, che dovrebbero beneficiare dei piani di stimoli dei governi. Martorella: Nel breve periodo, riteniamo che si debba continuare ad agire con prudenza e a valutare le società caso per caso. In particolare, per singole puntatine, consigliamo di guardare alle aziende con bilanci solidi, basso debito e che continuano a pagare stabilmente i dividendi. Al momento preferiamo il mercato inglese e quello statunitense perché saranno probabilmente i primi a uscire dalla crisi economica in corso. Inoltre, questi mercati sono stati generalmente meno volatili e più difensivi. Per quanto riguarda i settori, preferiamo «salute» e beni di consumo di prima necessità; ma per gli investimenti a lungo termine cominciamo a guardare con interesse anche ai «material», che dovrebbero beneficiare di della ripresa dei consumi in Cina. Aletti Montano: Anch'io sono convinto che la sbornia da bolla non sia stata smaltita. Occorre del tempo. Di conseguenza nel breve consigliamo di mantenere un approccio cauto ma opportunistico. Pre quanto riguarda le aree geografiche anche noi preferiamo le zone sviluppate, anche se tra gli emergenti guardiamo con una certa attenzione l'India. 3 E per quanto riguarda l'Italia? A breve si conosceranno i bilanci 2008 delle banche. Ci saranno brutte sorprese? Simoncelli: In questo momento la prospettiva in termini di crescita dei profitti aziendali è una delle variabili più incerte. Prevedere a quale livello gli utili aziendali andranno a toccare un minimo è ancora un tema delicato e il settore finanziario rimane la principale fonte di incertezza in questo contesto. Sì, perché il comparto finanziario rimane fortemente soggetto alle decisioni che verranno intraprese nel processo di «garanzie» statali. Difficilmente, comunque, nei prossimi trimestri assisteremo a una ripresa nella capacità di generare maggiori profitti da parte delle aziende. È molto importante valutare le prospettive e le previsioni che le aziende forniranno in relazione alla crescita attesa del proprio business. E le società in grado di battere le attese degli analisti saranno sicuramente premiate. Fonzi: L'Italia non è messa così male, anche se il listino italiano sta soffrendo di più rispetto ad altri per via del peso rilevante del settore finanziario; un comparto che ci lascia molto perplessi, in quanto deve ancora affrontare una serie di problematiche irrisolte. In termini di bilanci è difficile fare previsioni, ma una cosa è certa: i Roe al 20% appartengono a un ciclo e a un mondo passato. Bertoncini: La nostra view in Italia è abbastanza allineata a quella degli altri Paesi, almeno in termini di settori. Ma per quanto riguarda il comprato finanziario, è in dubbio che le banche abbiano chiuso un 2008 difficilissimo, all'insegna di massicce perdite provocate dagli asset definiti tossici, nonché dalla conseguente necessità di operare forti ricapitalizzazioni. E il 2009, che si è aperto all'insegna della recessione, vedrà dispiegare i suoi effetti negativi proprio sugli attivi delle banche, indipendentemente dalla loro esposizione agli asset tossici. Proseguirà, inoltre, la riduzione della leva finanziaria degli istituti di credito. Sul versante positivo, segnaliamo il parziale rientro del problema della liquidità e gli effetti positivi generati dal forte aumento della pendenza della curva. Insomma, un quadro che mostra qualche segnale di miglioramento, ma che permane difficile per gli effetti congiunturali della recessione e per quelli strutturali legati agli squilibri di questi ultimi anni. Trivelli: La tendenza abbastanza diffusa sul mercato nell'ultimo anno è quella di non guardare più i dati di bilancio o quelli storici; tutto si gioca sulle aspettative di solidità del mondo finanziario e sulla effettiva tenuta del sistema economico. Martorella: In linea generale, a nostro avviso gli utili scenderanno in media di circa il 35% quest'anno, spinti al ribasso principalmente dai finanziari ma anche dalle società non finanziarie. Questo perché risentiranno di un duplice shock: i volumi hanno già iniziato a scendere drasticamente e i margini di profitto (Ebitda/vendite) saranno la prossima vittima. Ne consegue la nostra previsione negativa sugli utili. Aletti Montano: Personalmente, a dispetto di un andamento piuttosto deludente, sono molto ottimista sul mercato italiano. L'Expo fungerà da effetto trainante e sarà un faro importante per il nostro territorio. 4 Nell'ultima riunione, la Bce ha tagliato di mezzo punto il costo del denaro. Ci saranno ulteriori sforbiciate? Quali sono le vostre apsettative sui tassi in Usa e in Europa? Simoncelli: Riteniamo che ci sia spazio per ulteriori segnali di indebolimento del quadro macro della zona euro, il che porterà la Bce a intervenire nuovamente sui tassi. La nostra attesa è quella di avere tassi intorno all'1% a fine 2009. Negli Stati Uniti, invece, riteniamo che i tassi saranno lasciati ai livelli attuali (ossia nella forchetta 0-0,25%) per tutto l'anno. Astolfi: Il mercato prevede che la Bce continui ad agire, ma in misura meno aggressiva di come hanno fatto la Fed o la Bank of England. Secondo noi, invece, la Banca centrale europea sarà costretta a tagliare i tassi più di quanto sia già stato prezzato dal mercato. Il nostro outlook è molto negativo, con gli indicatori sulla fiducia e sul clima economico che oscillano in prossimità di record negativi. Tuttavia, l'esperienza degli Stati Uniti dimostra che c'è poco da guadagnare da ulteriori tagli dei tassi quando raggiungono livelli molto bassi. Qualunque cosa succeda, comunque, è possibile che i tassi di interesse restino bassi per un periodo molto lungo. Bertoncini: Le banche centrali hanno ormai esaurito gli spazi di manovra sul costo del denaro e agiscono sempre più sulla quantità di moneta immessa nel sistema allo scopo di contrastare il crollo del moltiplicatore. La Bce ha aperto a un ulteriore taglio di 50 punti base, mentre gli interventi diretti di sostegno al credito di imprese e famiglie sono ormai il focus della Federal Reserve. Trivelli: Riteniamo probabile un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce, che però non adotterà una politica monetaria di tassi a zero, in quanto l'utilità marginale di una tale strategia sarebbe nulla. Per quanto riguarda la Fed, siamo convinti che i tassi rimarranno ai livelli attuali per tutto il 2009. Martorella: L'incontro di marzo della Bce sembra aver confermato un ulteriore taglio dei tassi nei prossimi mesi di 50 punti base, così da portare il costo del denaro all'1 per cento. Guardando alle proiezioni d'inflazione della Bce, sempre più basse, siamo propensi a credere che la Banca centrale europea possa scendere addirittura sotto la soglia dell'1%, apportando un ultimo taglio ai tassi prima dell'estate. Infine, fattore più importante, hanno iniziato a essere discusse anche misure non convenzionali, che potrebbero essere implementate in tempi rapidi. Per gli Usa, invece prevediamo che la Fed mantenga una politica di tassi zero per tutto l'anno. 5 E per quanto riguarda il reddito fisso? Dove conviene posizionarsi tra corporate e governativi? E su quali scadenze? Simoncelli: In termini regionali continuiamo a preferire i titoli governativi della zona euro, dove tuttavia stiamo attuando una riduzione dell'esposizione in termini di duration. Negli Usa, invece, valutiamo con interesse gli investimenti sui titoli delle agenzie Fannie e Freddie. Come per l'equity, comunque, anche sui bond bisogna adottare una gestione più tattica, visto nella seconda parte del 2009 potrebbero esserci fasi potenzialmente difficili per gli investimenti obbligazionari. Fonzi: Personalmente consiglierei di privilegiare titoli governativi e di avere un approccio prudente e selettivo verso tutto quello che è corporate. In particolare priviligerei l'area euro e la parte della curva a tre-cinque anni. Lontani dalle aree emergenti e dall'high yield. Astolfi: Mentre il 2008 è stato l'anno dei governativi, il 2009 sarà l'anno dei titoli corporate e dei convertibili. Ma bisogna essere molto selettivi. Gli spread delle obbligazioni investment grade sono prossimi a livelli record, indicando un numero di default senza precedenti. Gli investitori, dunque, sono abbondantemente ricompensati per il rischio di default. Riteniamo che il tasso default salirà quindi ancora, ma non si avvicinerà neanche lontanamente ai livelli prezzati dal mercato. E questo rappresenta un'eccellente opportunità per investire in corporate bond. Affinché gli spread del credito si restringano significativamente la domanda di obbligazioni investment grade deve aumentare. E crediamo che succederà, poiché gli investitori si stanno spostando dai titoli cash a basso rendimento verso obbligazioni societarie che offrono un rendimento più elevato. Bertoncini: Sul fronte governativo privilegiamo i titoli obbligazionari europei rispetto a quelli americani, sia per i limitati spazi di allentamento che ancora sussistono in Europa sia per il differenziale di aumento prospettico dell'offerta di titoli di Stato. Gli spazi di discesa dei rendimenti a breve sono ormai contenuti sia in Europa sia negli Stati Uniti, per cui riteniamo che la pendenza delle curve possa andare a ridursi. I corporate, invece, rappresentano oggi un'interessante scommessa di medio periodo. Gli spread da record, infatti, sono destinati a rientrare, ma è probabilmente illusorio attendersi un rientro rapido, sia in relazione al permanere di condizioni di elevata avversione al rischio e di squilibri nei mercati della liquidità sia per l'elevata offerta di nuovi titoli che sta caratterizzando il mercato primario. Trivelli: Anche noi preferiamo non investire nel mercato dei Treasury. Per quanto riguarda il governativo europeo, invece, il nostro interesse è rivolto a Paesi come Italia, Grecia e Portogallo, dove ci attendiamo un restringimento del differenziale tassi. Sui corporate, infine, ci sono interessanti occasioni. Ma la cautela è d'obbligo. Nel processo di allargamento degli spread non c'è stata distinzione fra emittenti di qualità ed emittenti a rischio. Per questo è importante un'attenta selezione delle società, investendo in titoli emessi da aziende con rating elevato, ben capitalizzate e con cash flow positivi anche in scenari recessivi. Martorella: Manteniamo un orientamento difensivo sulla nostra allocation obbligazionaria e riteniamo che i titoli di Stato offrano ancora del valore, soprattutto considerata l'attuale debolezza dei mercati azionari. In particolare, preferiamo la parte lunga della curva, in quanto nei prossimi mesi tenderà ad appiattirsi, sia in Usa sia in Europa. Sul fronte corporate anche noi siamo convinti che i prezzi attuali di mercato implicano tassi di default esagerati. Tuttavia, nel breve termine il rischio mark to market è ancora toppo elevato, anche perché i fallimenti stanno accelerando e molto probabilmente continueranno a salire durante tutto il 2009. In ottica buy and hold, invece, il credito investment grade ci pare interessante. Aletti Montano: Condivido quanto espresso fino a ora dai miei colleghi. Per quanto mi riguarda, comunque, mi piacerebbe fare qualche puntatina sui corporate italiani di emanazione bancaria, che in questo momento hanno rendimenti decisamente interessanti, anche su scadenze ravvicinate, e un rischio default molto basso. 6 Si comincia a parlare di un ritorno all'inflazione verso la fine del 2009. Quali sono le vostre aspettative? Le obbligazioni inflation linked sono un'occasione d'acquisto? Simoncelli: Il nostro scenario base prevede che il 2009 sarà un anno caratterizzato dall'assenza di particolari pressioni inflazionistiche e che i rischi legati all'insorgere di uno scenario deflativo saranno superiori rispetto a quelli legati a uno scenario di ripresa dell'inflazione per almeno due anni. Non crediamo comunque che andremo incontro a rischi deflattivi veri e propri. Fonzi: L'inflazione sicuramente ripartirà, ma è un problema rinviato nel tempo, a quando i deficit pubblici saliranno. Certo è che il potenziale inflazionistico è molto alto, per cui i bond inflation linked possono essere un'interessante occasione d'investimento, ma in un'ottica di medio-lungo periodo. Astolfi: Continuiamo a pensare che il pericolo maggiore sia la deflazione piuttosto che l'inflazione. La storia ci insegna che le crisi finanziarie hanno conseguenze disinflazionistiche, poiché fanno assistere a un ritiro della liquidità dal sistema e a una tendenza dei prezzi al ribasso piuttosto che al rialzo. Il rischio d'inflazione potrebbe attuarsi tra qualche anno, ma resta funzione di due fattori: le scorte disponibili di denaro e la «velocità del denaro», ovvero la velocità con cui si muove nel sistema. Le banche centrali stanno cercando di aumentare le scorte di denaro per evitare la deflazione ma fintanto che continuano ad accumulare questo non produrrà inflazione. Certo, la velocità del denaro potrebbe aumentare, facendo così innalzare il rischio d'inflazione, ma non crediamo che questo succederà nel futuro prossimo. Per ora ci stiamo muovendo in un contesto con bassa inflazione e bassi tassi d'interesse, e riteniamo che ci resteremo ancora per qualche anno. Bertoncini: È prematuro preoccuparsi del ritorno dell'inflazione quando sussistono ancora rischi, sebbene limitati, di deflazione: la rapida discesa del moltiplicatore del credito riduce gli effetti espansivi sui prezzi delle politiche monetarie delle banche centrali. Tutto ciò è coerente con la ridotta capacità del sistema di trasmettere l'effetto della discesa dei tassi all'economia reale. Trivelli: Riteniamo che oggi l'inflazione non sia un problema, ma bisognerà tenerla d'occhio nell'ultima parte dell'anno, quando ci sarà il cambiamento di base. Le aspettative di rialzo potrebbero spaventare il mercato obbligazionario e rendere interessanti le emissioni legate all'inflazione. Martorella: Anche a noi l'inflazione non preoccupa, almeno in questo momento. Il vero problema piuttosto è l'elevato rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo. Questo rischio dovrà essere contrastato con misure di politica monetaria non convenzionali. 7 Petrolio e materie prime continuano a scendere a ritmi piuttosto sostenuti. È possibile ipotizzare una ripresa nel breve? E quali sono i vostri target? Simoncelli: I fondamentali legati al mercato delle materie prime restano poco incoraggianti: tanto per il petrolio, quanto per i metalli industriali, il duplice effetto di una domanda debole e di un crescente surplus della capacità produttiva continua a zavorrare i corsi. Per quanto riguarda i metalli industriali, riteniamo allo stesso modo che sia presto per una scommessa pro-ciclica di questo tipo. Bertoncini: In questo momento vediamo una maggiore stabilità dei prezzi delle materie prime, che comunque saranno supportate almeno in parte dall'attività reale dell'area asiatica. Tra i settori delle materie prime, in particolare, ve ne sono alcuni che risultano attraenti in ottica di medio periodo, come quelli legati all'attività industriale. Fonzi: Noi invece guardiamo con molto interesse ai metalli di base legati al settore infrastrutture, che in un'ottica di medio-lungo periodo sono decisamente attraenti. Trivelli: Ci aspettiamo un graduale incremento dei prezzi di petrolio e materie prime per almeno due ragioni: 1) è venuta a mancare sul mercato la parte speculativa; 2) le vendite sono arrivate a superare le aspettative di calo della domanda che effettivamente si realizzerà nel futuro. Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che i titoli legati al settore infrastrutture beneficeranno dell'incremento della domanda legata ai piani di stimolo dei governi. Martorella: I prezzi dei metalli industriali rimarranno sotto pressione per tutto il 2009. Per i preziosi, invece, ci sono ancora margini per un aumento dei prezzi, ma con il rischio di una rapida correzione quando si dovesse invertire la propensione degli investitori.

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Opec, tagli per 1 mln di barili Con l'occhio puntato al G20 (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

ATTUALITÀ Opec, tagli per 1 mln di barili Con l'occhio puntato al G20 A dominare il meeting di Vienna sarà la geopolitica L'Iran: «Russia nel cartello», ma Mosca guarda alla mano tesa di Obama. Il ruolo di Cina e Arabia di Redazione - 14-03-2009 Non c'è che dire: abbiamo di fronte un mese ricco di incontri internazionali. La vera speranza è che questi meeting, al massimo livello, possanno offrire spunti significativi per indicare una via di uscita credibile dalla crisi finanziaria globale. E non solo: si spera che servano anche per fare chiarezza su alcuni dei fattori esogeni che pesano maggiormente sulla sostenibilità di un nuovo paradigma economico condiviso. Si comincia con l'incontro dell'Opec del prossimo 15 marzo a Vienna, dove il dibattito su un ulteriore taglio alla produzione e sul riassetto del Cartello si è intensificato. E proprio questo ha fatto da supporto ad un mini-rally del West Texas sul Nymex, spintosi poco sotto i 50 dollari, imitato dal Brent londinese. Lo scontro tra falchi e colombe in seno all'Opec è certo. E si alimenta poi con le dichiarazioni del Ministro del Petrolio dell'Iran, Gholamhossein Nozari, che si è dichiarato più che a favore di un'entrata della Russia come nuovo membro, già nel breve periodo. Accanto a questo c'è da sottolineare il richiamo dei media sauditi sulla necessità di una maggiore compliance, in sostanza di un maggiore rispetto degli accordi sui piani di riduzione già varati. Quel che è accaduto finora, invece, è che la decisioni prese hanno stentato a produrre appieno i loro effetti soprattutto per i ritardi di Angola, Ecuador, Nigeria , Venezuela e dello stesso Iran. DOMANDA IN CRISI. Il taglio di un milioni di barili al giorno, se deciso ed effettuato, sarebbe ampiamente giustificato dai dati appena pubblicati dall'EIA sul balzo record delle scorte Usa e dal relativo calo della domanda (in special modo per Europa e Asia rispetto al 2008), nonchè dalla caduta delle importazioni di greggio cinesi del 15% in febbraio. L'obiettivo dell'intervento Opec avrebbe anche l'ambizione di far raggiungere alle quotazioni entro sei mesi il livello target che per l'Opec permane stabile a 70 dollari al barile. Tra l'altro l'eventuale effetto di un taglio si sommerebbe alla spinta che potrebbe derivare dall'inizio della driving season americana, che comincia a fine maggio. Resta il fatto che per ora un balzo di tale entità pare fuori portata alla luce della recessione. C'è da dire che i tankers che stazionano al largo dei porti di consegna, sui quali sono stoccati grossi quantitativi di petrolio, hanno iniziato a diminuire e si valuta in calo del 30% il cosiddetto «greggio flottante». Inoltre, il governo cinese ha intensificato gli sforzi sul piano strutturale della sua industria energetica, investendo parte dei 2 triliardi di dollari Usa a disposizione, per riposizionarsi adeguatamente su petrolio, oro , uranio e altre commodities strategiche, puntando ad una futura ripresa dell'attività produttiva, a regime nel 2010. Non a caso sul comparto obbligazionario l'effetto di questo rialzo si è fatto sentire sui corporate bond del settore energetico, che hanno visto un restringimento degli spread rispetto ad altri segmenti di obbligazioni societarie messi invece sotto pressione dai primi dati sui bilanci 2008. Anche sulla Russia stiamo assistendo al ritorno di mood fortemente positivo. I motivi sono diversi: i recenti incontri in sede NATO e i primi passi della politica estera della nuova amministrazione Obama. Primi passi che stanno aiutando ad allentare le tensioni geopolitiche, visto l'impegno e la grande attenzione rivolte alla stabilizzazione dell'area mediorientale e caucasica. PROSSIME SFIDE. Ci si avvia così verso un nuovo corso di relazioni con la Russia e a maggiori aperture sulla riduzione dell'embargo verso Cuba. Ma la vera sfida sarà il rapporto con il mondo arabo, tra Paesi satelliti Usa ed il mondo sciita rappresentato da Siria e Iran. Forti attese suscita in tal senso il vertice arabo in Qatar di fine marzo che precederà di qualche giorno il G20 dove Arabia Saudita, Russia e Cina saranno chiamate a giocare un ruolo cruciale nelle misure per la lotta ai paradisi fiscali «non collaborativi», passando per l'ampliamento del supporto del Fondo Monetario internazionale ai Paesi in difficoltà. Infine, si delinea un riequilibro dei poteri tra G7 e G20, con i membri dell'Opec che potrebbero tornare protagonisti agitando nuovamente l'arma del petrolio, con l'obiettivo di un rafforzamento del ruolo di Big Regulator del mercato. NON SOLO PETROLIO

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Qui nasce la cucina hi-tech (sezione: Globalizzazione)

( da "Giorno, Il (Bergamo - Brescia)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

LA STORIA pag. 5 Qui nasce la cucina hi-tech Gli accessori della Fluorgum vanno in mezzo mondo CASTELLI CALEPIO CASTELLI CALEPIO PASSA DA CASTELLI CALEPIO la rivoluzione ormai prossima del modo di stare in cucina per le casalinghe e i professionisti della ristorazione. L'azienda si chiama Fluorgum e il segreto è il silicone, materiale di ultima generazione dalla versatilità unica e dalle applicazioni multiformi. In Italia attende ancora di essere conosciuto ed apprezzato come si deve ma in Paesi come la Francia e la Germania, per non parlare degli Stati Uniti, gli stampi per torte dolci e salate e, più in generale, tutti gli accessori da forno indispensabili per mettere in tavola pietanze prelibate. Tra i primi a credere nella scommessa della nuova frontiera è stata, nel 2000, la Fluorgum, azienda con alle spalle più di 40 anni di esperienza nel settore dello stampaggio di elastomeri, ovvero delle guarnizioni destinate ad uso industriale per, ad esempio, rubinetti, automobili ed elettrodomestici. «GIUSTO nove anni fa, però dice Giorgio Tosini, amministratore unico dell'impresa che conta 67 dipendenti, nel 2008 ha registrato un fatturato di 15 milioni di euro ed è fornitrice, tra l'altro, di multinazionali come Bosch e Miele per un cliente abbiamo cominciato a produrre articoli in silicone per le panetterie e le pasticcerie. Davanti a noi, allora, si è aperto un orizzonte nuovo. E quando, nel 2003, il committente ci ha chiesto di trasferire in Cina l'attività, mettendoci di fronte all'alternativa di toglierci gli ordini, abbiamo scelto di restare e di andare avanti da soli». In sei anni la Fluorgum è riuscita ad inserirsi in un mercato tutt'altro che facile, «in cui come ammette Tosini contano non solo la qualità, ma anche l'aspetto, il colore, il marketing e la presenza a fiere internazionali», creando una gamma di prodotti propria tra le più complete d'Europa: si va dalle tortiere alle prese per i contenitori termici fino alle spatole e alle più diverse tipologie di accessori. «OGGI sottolinea l'amministratore unico abbiamo una capacità produttiva di 200mila pezzi al giorno per le formine e di 18 milioni di pezzi al giorno per le guarnizioni. Ma quel che più conta è che assicuriamo la gestione interna di tutto il ciclo: da noi, insomma, non si usa acquistare la materia prima in Estremo Oriente e poi etichettare il prodotto finito con il marchio Made in Italy. La Cina, insomma, non ci tenta perché ci siamo resi conto che la partita della concorrenza si vince sulla qualità». E SULL'INNOVAZIONE, visto che, anche a dispetto della crisi, la Fluorgum non rinuncia agli investimenti: nelle prossime settimane è attesa l'installazione di nuovi macchinari per una spesa complessiva di 650 mila euro mentre a breve dovrebbe partire anche la vendita on-line attraverso il nuovo sito www.happyflex.it: «Chi ha scoperto i prodotti per cucina in silicone conclude Tosini non li abbandona più. Sono ottimi conduttori di calore e consentono un 15-20% di risparmio sia sulla temperatura che sul tempo. Gli chef li apprezzano perché evitano di bruciare i cibi e sono ottimi se utilizzati, per esempio, per il pesce». Alessandro Borelli

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Serve una regia per il vino! (sezione: Globalizzazione)

( da "Italia Oggi" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

ItaliaOggi sezione: Mercato Agricolo data: 14/03/2009 - pag: 26 autore: di Andrea Settefonti Il presidente dell'istituto Grandi marchi: il governo migliori la gestione dei fondi Serve una regia per il vino! Antinori: una task force per promozione e vendite «Ci vorrebbe un coordinamento, una cabina di regia per il mondo del vino. Un ruolo che potrebbe svolgere il ministero dell'agricoltura con il supporto di alcuni consulenti». A lanciare la proposta di fare sistema è Piero Antinori, erede della storica famiglia di vinattieri fiorentini, e presidente dell'Istituto del vino italiano di qualità 'Grandi marchi'. «Purtroppo è una vecchia storia del vino italiano. Ci sono fondi a disposizione, nazionali o comunitari come adesso per la nuova Ocm, ma finiscono per essere sparpagliati a pioggia, per perdersi in mille rivoli e sortire così un minor effetto».Domanda. Una cabina di regia per la promozione o anche per la commercializzazione del vino? Risposta. Sarebbe già importante iniziare con la promozione. Prendiamo l'esempio dell'Istituto Grandi Marchi. Il 2008 si è chiuso con una crescita del 10% per il nostro export e questo grazie al coordinamento che ci siamo dati nella promozione sui mercati mondiali. Un esempio che purtroppo non è seguito dalle organizzazioni del Paese.D. Chi dovrebbe avere il ruolo di coordinamento?R. È necessario un intervento a livello governativo. Occorre una strategia comune. Gli individualismi in periodi come questo non servono. Il coordinamento potrebbe essere svolto dal ministero dell'Agricoltura attraverso la costituzione di un piccolo comitato per il marketing e la comunicazione coordinati.D. Ma sarebbe utile una struttura unica anche per la vendita?R. Il passo successivo è quello della commercializzazione, anche se adesso è prematuro. Come Istituto stiamo approfondendo proprio questo aspetto e una rete di vendita comune potrebbe essere fattibile in tempi brevi. C'è il tentativo, da parte nostra, di presentarci in maniera unica al consumatore finale attraverso canali come Internet oltre a corner e punti vendita veri e propri.D. Non è però facile mettere insieme una macchina commerciale unica.R. Certo una distribuzione allargata ai vari Paesi incontra qualche difficoltà, ci sono agenti diversi, i rapporti tra chi produce e chi vende sono di lunga data e spesso hanno carattere personale. Ma sono difficoltà che devono essere superate. Può sembrare retorico, ma davvero l'unione fa la forza anche perché in confronto alle realtà internazionali tutti quanti noi italiani siamo piccoli. Stare insieme è importante anche per la formazione. Come Grandi Marchi siamo riusciti a formare quelli che partecipano al settore vinicolo nel mondo e abbiamo avuto risultati positivi.D. Quale futuro vede per il vino italiano?R. Non credo che ci sarà un calo dei consumi. Piuttosto penso, come indicano i primi segnali, si assisterà ad un cambiamento del segmento di prezzo, con i clienti che sposteranno l'attenzione verso la fascia medio bassa. Questo anche per il cambiamento delle abitudini con minori uscite al ristorante e maggiori occasioni di incontro in casa. Questa crisi arriva dopo che c'era stata una decisa ripresa, ma non temo che ci potranno essere ripercussioni negative sui consumi. Specialmente nei Paesi come Usa, Russia o Cina il trend continuerà a essere in crescita.

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Duello a largo della Cina Arriva il "destroyer" Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Riformista, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Duello a largo della Cina Arriva il "destroyer" Usa Hot Spot. Il Premier cinese chiede rassicurazioni economiche. Intanto tra le superpotenze cresce la tensione militare. E il lieto fine non si vede. di Luigi Spinola Il Mar cinese meridionale - Nan Hai per i cinesi - non è il Mar dei Caraibi e la Guerra Fredda è lontana. Nessuno brandisce missili come a Cuba nell'ottobre '62. La minaccia di un conflitto tra le superpotenze di oggi, Cina e Stati Uniti, è solo uno scenario da giochi di guerra. La tensione militare tra Pechino e Washington però, dopo il duello navale dello scorso fine settimana, fatica a calare. L'impressione è che Pechino abbia interesse a testare la saldezza di nervi del neo-presidente Obama. E sebbene la diplomazia usi un linguaggio rassicurante, nessuno può permettersi di fare un passo indietro. Domenica scorsa la Usns Impeccable, nave di sorveglianza Usa, è stata circondata e sfidata da cinque navi da guerra cinesi. Bullismo marittimo che ha indotto gli americani ha usare gli idranti per respingere l'intimidazione. Alla formale protesta statunitense la Cina ha risposto che l'incidente è avvenuto in acque cinesi, non internazionali. Secondo i vertici militari di Pechino, gli Usa stanno lì a spiare, magari per saperne di più sulla flotta di sottomarini della Repubblica Popolare. La visita del Ministro degli Esteri cinese a Washington all'apparenza ha riportato il sereno. Yang Chiei è stato ricevuto non solo da Hillary Clinton ma anche dal Presidente Obama che ha poi auspicato «più dialogo militare con Pechino» per evitare altri incidenti. L'ultimo dei quali però rimane aperto. Perché Obama al contempo ha spedito una nave militare "destroyer", la Uss Chung-Hoon armata di missili, a scortare le imbarcazioni americane. Pechino non risponde ma su China Daily - quotidiano ufficiale in lingua inglese - gli ufficiali cinesi parlano di «risposta sproporzionata» e accusano il Pentagono di voler «tenere alta la pressione sulla Cina» nel Mar della Cina meridionale. Nulla nei rapporti tra Cina e Stati Uniti in questo primo scorcio dell'era Obama lascia pensare a un escalation militare tra i due paesi. Hillary Clinton è parsa perfino troppo realista e cooperativa nel suo debutto a Pechino. La denuncia sulle violazioni dei diritti umani nel rapporto del Dipartimento di Stato prima, la condanna della repressione in Tibet da parte della Camera dei Rappresentanti poi, hanno guastato l'idillio. Ma la Cina per Obama rimane il partner indispensabile per affrontare la crisi globale. Ieri a Wen Jiabao, «un po' preoccupato» per la grande quantità di valuta estera investita in titoli di stato americani, Washington avrà prestato grande attenzione. L'invito agli Stati Uniti a «rispettare la loro parola e i loro impegni a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi» preoccupa più delle disfide sui mari. «It's the economy, stupid!» vale anche tra Pechino e Washington. La partita militare però continua e un lieto fine non si vede. Barack Obama e Hu Jintao avranno difficoltà ad inventarselo quando si incontreranno per la prima volta ad inizio aprile. Del resto la "hotline" tra Pechino e Washington esiste già da un mese ma questo non vuol dire che comunicare sia facile. Tanto più se a sfidarsi sono i vertici militari. Il Mar cinese meridionale non è il Golfo del Tonchino - dove un incidente diede il via all'escalation militare americana in Vietnam nel '64 - ma non è poi così distante. In mezzo c'è l'Isola di Hainan che ospita la nuova base per i sottomarini cinesi. Più in là, le isole Spratly, contese da una mezza dozzina di Paesi, sono state già state motivo di una guerra tra Pechino e Hanoi. Il Mar della Cina Meridionale è solcato da alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo. Nei suoi fondali ci sono immense riserve energetiche. Se un Dottor Stranamore coltiva ambizioni di guerra tra superpotenze, Nan Hai è il posto ideale per farla scoppiare. 14/03/2009

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È il capitale umano la leva per Pmi e Sud (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 3 autore: Il rapporto del Csc: un effettivo potenziamento delle competenze vale da solo una crescita del 13% del Pil «è il capitale umano la leva per Pmi e Sud» Paolo Bricco PALERMO. Dal nostro inviato Non è sempre facile, nel mondo vasto e qualche volta ostile della globalizzazione. «In Inghilterra stiamo riprogrammando la nostra operatività - dice Mario Saraceno, amministratore delegato della Irem - perché tutto si fermi alle 10 in punto, così da dare il tè agli operai». Non è uno scherzo. è un altro problema da affrontare per la impresa di Siracusa contro cui si sono sollevate a febbraio le proteste nazionalistiche degli operai inglesi della raffineria di Lindsey. L'azienda siciliana, però, non ha alcuna intenzione di ritirarsi: «A dispetto di tutto, abbiamo appena fondato la Irem Uk», dice Saraceno raccogliendo il consenso degli imprenditori radunati al convegno di Palermo "Oltre la crisi. Pmi classe dirigente". Questione di cocciutaggine. Una predisposizione individuale alla vita che spesso diventa un elemento di strategia aziendale, in molte delle oltre cinquecentomila piccole e medie imprese che operano in un Paese complicato come l'Italia, dove secondo il Centro Studi Confindustria il costo della burocrazia è pari al 4,6% del Pil (la media comunitaria è al 3,5%), le infrastrutture non funzionano bene e il capitale umano ha dei deficit: il direttore del Centro Studi di Viale dell'Astronomia, Luca Paolazzi, evidenzia come, con adeguate riforme, la riduzione della prima comporterebbe un incremento del Pil del 4%, il potenziamento delle seconde un suo aumento del 2% e l'allineamento del capitale umano ai migliori standard un balzo addirittura del 13 per cento. Come dire: in "un Paese normale" la ricchezza creata sarebbe di un quinto più grande. Nonostante questo, nelle pieghe di una globalizzazione ricca di opportunità ma anche di criticità, si può di decidere di tornarci, in Italia. Come ha fatto Gabriele Lualdi, presidente di Limagroup, una impresa di San Daniele del Friuli specializzata in meccanica, aerospazio e sistemi ortopedici. Una vicenda in cui si incrociano due temi essenziali per il futuro italiano: la questione meridionale e le prospettive delle Pmi. «La notte dopo l'inaugurazione dello stabilimento a Pechino- racconta- ho deciso di tornare in Italia. Là non era possibile una buona gestione tecnologica e i costi erano più alti dell'apparente. Tre anni e mezzo fa ho fatto rientrare i macchinari in Italia e ho aperto a Trapani, dove in attività di ricerca lavorano 25 addetti ». In Sicilia Lualdi ha trovato competenze tecnologiche di buon livello: nessuna particolare differenze fra un perito tecnico o un ingegnere di Palermo e uno di Padova. «In tutta Italia - conferma Gianfelice Rocca, vicepresidente per l'education di Confindustria ci sono segnali positivi di un rinvigorimento degli iscritti agli istituti tecnici e alle facoltà scientifiche». Preparazione e motivazione personale: due ingredienti essenziali, per le Pmi e per il Sud. Che, qui, si sovrappongono in maniera naturale. «I miei collaboratori - sottolinea Salvatore Moncada, amministratore unico del Moncada Energy Group di Agrigento, specializzato in generazione eolica dell'energia - hanno fame, glielo leggo negli occhi tutte le mattine. Anche se non lavoriamo in un contesto semplice: la burocrazia può essere un impedimento. Da tre anni e mezzo, in questa nostra regione dove creiamo occupazione, le autorizzazioni sono bloccate». Dunque gli animal spirits, non importa se declinati nei freddi Paesi calvinisti, nell'umido della Lombardia o al caldo dello scirocco mediterraneo, sono davvero elementi vitali. «Da questo punto fermo bisogna ripartire- riflette Stefano Micossi, direttore generale di Assonime -, sapendo che il problema delle Pmi e la questione del Sud hanno questo in comune: le energie imprenditoriali vanno liberate. I sussidi pubblici non possono bastare a colmare il gap fra redditi e produttività ». Dunque, qui come in tutto il Paese, i piccoli e i medi imprenditori diventano sempre più centrali. «Con un ceto imprenditoriale di questo livello - osserva l'economista Giangiacomo Nardozzi, esprimendo un ottimismo una volta tanto sia del cuore sia della ragione - possiamo uscire, e bene, dalla crisi». paolo.bricco@ilsole24ore.com DAL FRIULI VENEZIA-GIULIA Lualdi (Limagroup): «Dopo la Cina ho deciso di rientrare e di aprire a Trapani, qui ho trovato conoscenze tecnologiche di buon livello»

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Europa e Stati Uniti divisi al G-20 (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Il summit inglese. Ministri economici e governatori impegnati nel difficile tentativo di conciliare le posizioni Europa e Stati Uniti divisi al G-20 Gli americani insistono sugli stimoli, la Ue sulle regole finanziarie HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e governatori del G-20 hanno iniziato ieri sera a cena un difficile tentativo di conciliare le posizioni, che nelle ore immediatamente precedenti la loro riunione apparivano ancora molto distanti, sulle priorità degli interventi per l'uscita dalla crisi globale. La spaccatura era evidente fra gli Stati Uniti, che insistono perché i maggiori partner, e soprattutto gli europei, adottino ulteriori stimoli fiscali alla crescita, e gli europei stessi, che ritengono di aver già dato su questo fronte e secondo i quali le nuove regole della finanza globale debbono essere al centro della discussione. Il fatto però che al suo arrivo a Horsham, nelle campagne del Sussex, dove sono riuniti i rappresentanti delle grandi economie avanzate e dei principali Paesi emergenti, il ministro francese Christine Lagarde, che aveva assunto alla vigilia una linea molto dura sulle richieste americane, si sia dichiarata ottimista sugli esiti dell'incontro e sulla possibilità di un compromesso, è un segnale della consapevolezza da parte dei partecipanti che un comunicato, che pure comprenda entrambi gli elementi, ma che resti sul vago denotando le divisioni del gruppo, verrebbe "punito" pesantemente alla riapertura dei mercati finanziari, i quali hanno dato questa settimana qualche segno di ripresa. Il padrone di casa, il cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling, ha cercato di indicare una sintesi, affermando che tutti sono d'accordo nel fare «tutto quanto necessario » per trovare una via d'uscita e che gli obiettivi del G-20 sono tre: rilanciare la domanda; riformare il sistema finanziario globale; aumentare (probabilmente raddoppiare) le risorse a disposizione dell'Fmi per assistere i Paesi in difficoltà. L'ultimo punto è quello sul quale è più probabile un'intesa di massima già da oggi, con la definizione dei dettagli tecnici in tempi rapidi, come ha indicato il ministro brasiliano Guido Mantega. La stessa Casa Bianca ha fatto sapere, in vista del vertice dei capi di Stato e di Governo del G-20 del prossimo 2 aprile a Londra, di cui l'incontro di questo fine settimana costituisce una preparazione, che sia gli stimoli alla crescita sia la regolamentazione della finanza dovranno essere affrontati. E il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, mettendo sull'avviso che il 2009 sarà «un anno molto pericoloso», ha affermato che c'è bisogno di ulteriori azioni per far uscire l'economia mondiale dalla recessione (sia la Banca sia l'Fmi prevedono ora che, per la prima volta dal 1945, la crescita globale sarà negativa), perché «c'è il pericolo di fare troppo poco, troppo tardi» ma che «dare più soldi all'economia se non si stabilizzano le banche sarebbe come un'iniezione di zuccheri», con un breve effetto immediato di ripresa, seguito da una ricaduta. «è importante far ripartire l'economia - ha detto una fonte del Tesoro Usa al Sole-24 Ore - ed è quello che l'amministrazione ha fatto con il suo piano di stimolo. Ci aspettiamo che gli altri compiano uno sforzo analogo. Siamo tutti d'accordo che le le regole della finanza vanno riformate, anche se questo non aiuterà a risolvere il problema più immediato della caduta della crescita e della stabilizzazione dei sistemi finanziari. è un argomento che va certamente affrontato, ma che avrà un impatto sul medio termine». Il consigliere del presidente Barack Obama, Larry Summers, ha parlato ieri della necessità di piani di stimolo equivalenti al 2% del Pil nel 2009 e nel 2010 per la grande maggioranza dei Paesi. A giudicare dalle dichiarazioni da cui si era fatta precedere la signora Lagarde, avvicinare le posizioni non sarà facile. «Gli Usa insistono sullo stimolo ha detto in un'intervista a Les Echos- perché sono stati gli ultimi ad agire e sono di fronte a una crisi più grave». I Paesi dell'Europa continentale, ha sostenuto, vedono l'urgenza di sviluppare nuove regole e sottolineano la disciplina e le sanzioni per la finanza. Le prese di posizione della Cina e del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di stimolo fiscale, sono probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio le delegazioni dei due colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale europea. In una lettera al primo ministro inglese Gordon Brown, diffusa poche ore prima dell'incontro di ieri, l'associazione delle grandi banche internazionali, l'Institute of International Finance, ha dichiarato la disponibilità a collaborare con le autorità di vigilanza e di controllo dei mercati, proponendo un consiglio globale di monitoraggio della regolamentazione che comprenda esponenti del settore privato. A. Me. IN DISCUSSIONE Zoellick (World Bank): iniettare soldi senza stabilizzare il credito dà benefici di breve termine Intesa sui fondi all'Fmi Vigilia. Alistair Darling (a sinistra) riceve l'americano Tim Geithner AFP

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Cade il deficit commerciale Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Washington. A causa della recessione in gennaio c'è stata una flessione del 9,6% Cade il deficit commerciale Usa Marco Valsania NEW YORK Il deficit commerciale americano si è ridotto drasticamente in gennaio, diminuendo del 9,6% a 36 miliardi di dollari, il minimo da sei anni. Ma, più che della salute dell'interscambio, il dato è divenuto un barometro della gravità della crisi, americana e internazionale: le importazioni, rispetto al mese precedente, sono cadute del 6,7% a 160,94 miliardi; le esportazioni sono scivolare del 5,7% a 124,91 miliardi. La brusca caduta dell'import, soprattutto, è parsa l'inevitabile sintomo della recessione che assedia gli Stati Uniti: il Pil americano è reduce da una contrazione del 6,2% nel quarto trimestre del 2008, con flessioni nei consumi e negli investimenti aziendali, e in un anno sono andati persi 4,4 milioni di posti di lavoro. L'amministrazione di Barack Obama sta cercando di risalire la china con aggressivi piani di intervento nell'economia e nell'alta finanza e un maggior coordinamento con gli alleati internazionali. Obama, che ha riunito i suoi collaboratori tra cui Paul Volcker, ha promosso ieri la necessità di cominciare a creare, fin da subito,un'economia capace di crescita sostenibile. Quello che ha definito «un modello post-bolla», dove cioè la crescita «non sia legata a un mercato immobiliare surriscaldato o a carte di credito usate fino al limite massimo». Quei giorni, ha detto, «sono finiti». Il presidente ha anche lanciato un nuovo appello alla cooperazione globale per dare sostegno alla campagna anti-crisi: l'obiettivo è «assicurare che a quello che facciamo qui negli Stati Uniti corrispondano robusti sforzi oltreoceano». Per discutere di simili obiettivi, in vista del vertice del G-20 di inizio aprile, nel fine settimana il segretario al Tesoro Tim Geithner sarà a Londra per incontri a livello ministeriale. Obama è diventato di recente bersaglio di crescenti critiche sull'efficacia della sua strategia economica. Non solo da parte dell'opposizione repubblicana, che lo accusa di eccessiva spesa e sprechi nel piano di stimolo da 787 miliardi di dollari che dovrebbe finanziare assistenza sociale e grandi progetti infrastrutturali. Ma anche di analisti: un recente sondaggio tra economisti condotto dal Wall Street Journal ha visto un'erosione dei consensi alla sua leadership. Ieri il presidente ha risposto: ha ammesso che molti americani sono ancora «in enorme difficoltà ». Ha però continuato: «Ho fiducia che usciremo dalla crisi» ha detto, affermando di essere impegnato con l'intera amministrazione a far ripartire il credito e gettare le basi della ripresa. Il consigliere economico Larry Summers, parlando al think tank Brookings Institution, ha da parte sua definito ieri i progetti messi a punto dalla Casa Bianca come «i più coraggiosi in due generazioni». Ha invitato alla cautela nel prevedere «quando gli effetti positivi saranno percepiti», perché nessuno «può sapere quando la crisi verrà risolta». Ma ha aggiunto, facendo eco al presidente, di «credere» nel ritorno alla crescita. E ha citato alcuni segni di schiarita, quali i miglioramenti nei consumi. Più difficile, però, potrebbe rimanere quantomeno un risanamento della finanza: Volcker ha ammesso ieri che, per questo, «ci vorrà tempo». Le statistiche economiche, nel frattempo, non danno tregua. Il deficit commerciale, in gennaio, ha mostrato cali generalizzati nei confronti dei principali partner, ad eccezione della Cina. Con Pechino il disavanzo è lievitato a 20,57 miliardi da 19,88 miliardi in dicembre. Nei confronti del Giappone è scivolato a 4,3 da 5,27 miliardi. Con l'area dell'euro è sceso a 3,37 miliardi da 5,67 miliardi. Un dato relativamente incoraggiante è invece arrivato dai prezzi all'import: sono diminuiti in febbraio dello 0,2%, meno dell'atteso 0,8%, allontanando i timori di imminente deflazione. CASA BIANCA FIDUCIOSA La frenata dei consumi ha fatto diminuire l'import Summers: primi segnali di allentamento della crisi, che però «non finirà presto»

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USA/CINA (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: USA/CINA Asilo politico per i familiari di Zhisheng La moglie e i due figli di Gao Zhisheng, l'avvocato cinese dei diritti umani che l'anno scorso figurava tra i candidati al premio Nobel per la Pace, hanno ottenuto asilo politico negli Stati Uniti. Geng He ha raccontato di essere arrivata in Arizona dopo un lungoe pericoloso viaggio insieme alla figlia 15enne e al figlio di 5 anni. Gao Zhisheng, più volte arrestato e torturato dalle autorità di Pechino, è scomparso lo scorso mese e sia la famiglia che gruppi per la difesa dei diritti umani temono che si trovi ancora una volta nelle mani della polizia. «Ho lasciato la Cina perché la mia famiglia è da troppo tempo sotto sorveglianza. Abbiamo avuto grandi difficoltà nella nostra vita quotidiana», ha detto la moglie di Gao, Geng He. GUANTANAMO Scompare lo status di nemici combattenti Il ministero della Giustizia americano ha deciso di cancellare la definizione di "combattenti nemici" per i detenuti di Guantanamo, che saranno d'ora in poi custoditi solo sulla base delle «leggi di guerra internazionali» e degli atti del Congresso. Lo ha reso noto, in un comunicato, il ministro della Giustizia Eric Holder. L'iniziativa rappresenta un altro passo dell'Amministrazione verso la chiusura della prigione, come il presidente Barack Obama ha ordinato di fare entro il gennaio 2010. Lo status di combattenti nemici privava i prigionieri dei diritti previsti dalla legge per qualsiasi altro detenuto, compresi quelli a difendersi in un'aula di giustizia ordinaria e a essere assistiti da avvocati.

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Wen: il debito Usa ci preoccupa (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il primo creditore estero di Washington con quasi 730 miliardi di dollari di titoli del Tesoro Wen: il debito Usa ci preoccupa Il premier conferma ulteriori interventi a sostegno dell'economia cinese Luca Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La Cina non dorme tra due cuscini pensando alla montagna di soldi congelati nel debito pubblico americano. «Abbiamo prestato molto denaro agli Stati Uniti. è naturale, quindi, che ora siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti », ha detto ieri Wen Jiabao, parlando alla conferenza stampa di chiusura della sessione annuale dell'Assemblea nazionale del Popolo. «Per essere sincero, io stesso sono un po' preoccupato»,ha aggiunto il primo ministro cinese, facendo riferimento ai circa 730 miliardi di dollari di Treasury Bond detenuti in portafoglio di Pechino (una cifra pari a quasi un terzo delle riserve valutarie cinesi). In qualità di premier del principale creditore di Washington, Wen si è sentito in diritto di invitare l'Amministrazione Obama «a mantenere un buon livello di solvibilità, a onorare le sue promesse, e a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». Un mese fa il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva già dato ampie rassicurazioni in tal senso al Governo cinese, strappando in cambio da quest'ultimo un impegno formale a continuare a sostenere il debito pubblico americano. Ma da allora lo stato di salute dell'economia e della finanza statunitense è peggiorato ulteriormente. Così sul tavolo della Casa Bianca sono finite nuove ipotesi di onerosi piani di salvataggio, destinati a drenare ingenti risorse pubbliche. Con questa prospettiva, gli Stati Uniti potrebbero vedersi costretti a stampare dollari per creare la liquidità necessaria a mantenere le tante promesse scaccia-crisi. Il timore della Cina è che, nel medio termine, politiche monetarie troppo allegre facciano schizzare l'inflazione americana. In questo caso, il dollaro inizierebbe a indebolirsi e il massiccio investimento cinese sull'altra sponda del Pacifico finirebbe per svalutarsi. Ma questa è una dinamica sulla quale la Cina non ha alcun controllo. A Pechino, quindi, non resta che richiamare il suo grande debitore alle proprie responsabilità; continuare a sostenerlo finanziariamente per aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che crollino i prezzi dei Treasury Bond) e fare la sua parte affinché la congiuntura cinese mantenga tassi di crescita elevati, e compensi così parzialmente i vuoti di domanda creatisi nelle altre economie mondiali. «Se la crisi dovesse aggravarsi, potremmo varare nuove misure di stimolo all'economia in qualsiasi momento», ha annunciato Wen, confermando l'obiettivo di crescita del Pil dell'8% nel 2009. «è un target difficile, ma possibile. Faremo il massimo sforzo per centrarlo». Insomma, qualora Pechino avesse il fondato sospetto di non farcela, il Governo non esiterà a riaprire i cordoni della borsa per aggiungere altre risorse fresche al piano di rilancio dell'economia da 600 miliardi di dollari varato a novembre. «Abbiamo munizioni sufficienti», ha osservato il primo ministro. Nessuno ne dubita: con un debito pubblico che ammonta a circa il 20% del Pil, e 2mila miliardi di dollari di riserve valutarie nel cassetto, oggi la Cina è l'unico Paese al mondo che può permettersi di contrastare la crisi con massicce iniezioni di spesa pubblica, senza correre il rischio di mandare fuori controllo i conti. ganawar@gmail.com LO SCENARIO Un terzo delle riserve monetarie è investito in bond americani: un'impennata dell'inflazione e un calo del dollaro le svaluterebbero

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ULTIMATUM ALL'AMERICA (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

ULTIMATUM ALL'AMERICA Angela Pascucci Non si può avere tutto, soprattutto se i tempi sono grami. Assicurare alla Cina una crescita dell'8% anche nel 2009, per far sì che la giostra dell'economia globale continui a girare e il paese non sia lacerato dall'instabilità sociale provocata dalla disoccupazione di massa. E al tempo stesso continuare ad acquistare buoni del tesoro Usa per alimentare il deficit americano e i piani di stimolo dell'amministrazione Obama, così che la crisi non travolga la prima economia mondiale, con le relative conseguenze. L'impresa potrebbe essere impossibile, soprattutto se i bond americani rischiano di diventare carta straccia nel grande portafoglio cinese, che ne contiene ormai quasi per 700 miliardi di dollari e ne è il primo detentore globale. Il premier Wen Jiabao è stato inusualmente franco con gli Usa, ieri, nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione annuale del Parlamento cinese (tradizionalmente l'unico incontro dell'anno coi giornalisti). Raggiungere l'obiettivo di crescita dell'8% sarà per la Cina complicato, ma non impossibile, e comunque è necessario. «Le munizioni non mancano» ha assicurato Wen, e se il nemico della crisi si avvicina, Pechino è pronta, «in ogni momento», a sparare colpi aggiuntivi ai 585 miliardi già lanciati sul piatto. Quanto al secondo corno del dilemma, però, Pechino non è affatto tranquilla riguardo al valore dei suoi investimenti, anzi il premier è «francamente preoccupato» e per la prima volta chiede apertamente a Washington di «onorare la sua parola, restare una nazione credibile, e assicurare la salvezza dei capitali cinesi». Un ribaltamento dei vecchi copioni, che la dice lunga sui nuovi rapporti di forza globali ai tempi del declino. Certo Wen Jiabao deve affrontare in casa sua la schiera crescente di chi gli chiede conto di come l'enorme surplus cinese (poco meno di 2000 miliardi di dollari) viene investito e in modi talvolta pressanti suggerisce di guardare altrove per differenziare. Gli investimenti cinesi in Usa, oltre ai buoni del tesoro, non sono stati un grande affare. Solo su Fannie Mae e Freddie Mac, due dei crack americani più eccellenti, il governo cinese aveva puntato 340 miliardi di dollari. L'amministrazione Bush, in questo caso, ha onorato i suoi impegni e ha salvato il salvabile. Ma ora la partita si fa più incerta e complicata, e l'orizzonte è oscuro. Una crescita del già abnorme indebitamento Usa rischia di produrre una spirale perversa tra inflazione, aumento dei tassi di interesse, svalutazione del dollaro, perdita di valore dei buoni del tesoro. Ma d'altra parte se l'amministrazione Obama non stimola la propria economia, anche le merci cinesi rischiano di restare invendute. Nei primi due mesi dell'anno, l'import americano dalla Cina è caduto del 17,4%. Vero è pure che Pechino non può mettersi a vendere bond Usa sul mercato, pena accelerare la propria rovina. È come stare avvinti sull'orlo di un baratro, nel terrore che l'altro molli la presa. Un incubo che Wen Jiabao ha evocato ieri, con toni più di allarme che di minaccia, per ora. È un avvertimento rivolto al protezionistico «buy american»; alle sollecitazioni indebite per la rivalutazione dello yuan; alle pressioni portate sulle frontiere più problematiche, come, ultime, le acque del mare della Cina meridionale.

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Sindrome cinese (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sindrome cinese Il premier Wen Jiabao ammonisce Washington: «Abbiamo prestato un massiccio capitale agli Stati Uniti. Parlando sinceramente, ci preoccupa molto la sicurezza dei nostri asset. Nessuno può fare pressioni contro la stabilità dello yuan». Così la Cina, il maggior detentore di titoli del debito pubblico Usa, lancia l'allarme globale di fronte alla politica monetaria con cui Obama tenta di rispondere al grande crack americano PAGINA 11

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Gli Usa importano sempre meno. In Europa tutti a piedi (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

DIARIO DELLA CRISI Gli Usa importano sempre meno. In Europa tutti a piedi Galapagos Dopo un paio di giorni di forte recupero le borse hanno ricominciati a perdere. La discesa degli indici azionari è legata al pessimo andamento dell'economia reale e alla certezza che per parecchi mesi ancora non è prevista alcuna svolta. Soprattutto per quanto riguarda l'occupazione (e quindi i consumi) visto che tutti gli istituti internazionali prevedono che anche nel 2010, nonostante una leggerissima ripresa del Pil mondiale, il numero dei senza lavoro è destinato ad aumentare. Un dato, diffuso ieri, che più di altri illumina sulla crisi globale, è quello diffuso dal Dipartimento al commercio degli Stati uniti: in gennaio il deficit commerciale è sceso a 36 miliardi di dollari. Con la crisi gli Usa hanno incominciato a importare meno merci per la caduta della domanda e al tempo stesso a esportare meno (anche in presenza di una svalutazione del dollaro) per la crisi che progressivamente è divenuta globale. Il dato di gennaio è esemplificativo: le esportazioni sono scese del 5,7%, il livello più basso dal settembre 2006, mentre le importazioni sono diminuite del del 6,7%, ai valori più bassi dal marzo 2005. Parte della caduta dell'import è imputabile al petrolio per importare: sono stati spesi 4 miliardi in meno rispetto a dicembre, complice la caduta delle quotazioni (10 dollari in un mese), ma anche delle quantità importate. A livello geografico, il deficit con il Giappone è diminuito a 4,3 miliardi da 5,27 miliardi; con l'area euro è passato a 3,37 miliardi dai precedenti 5,67 miliardi, mentre con la Cina è salito a 20,6 miliardi. La novità negli Usa è rappresentata della crescita (anche se impercettibile) della fiducia delle famiglie misurata dall'Università del MIchigan. La crisi della domanda in Europa è ben rappresentata dalla vendite di nuove auto: febbraio le immatricolazioni di nuove vetture (nella Ue a 27 e nell'Efta) sono diminuite rispetto al febbraio 2008 del 18,3%. Meglio della media è andata la Fiat le cui vendite sono scese «solo» del 16,5%. La quota del gruppo in Europa è salita al 9,1% rispetto all'8,9% e la casa torinese si conferma al quarto posto tra i big dell'auto. Anche i dati diffusi ieri confermano la pesante recessione del Giappone: in gennaio la produzione industriale è scesa del 10,2% su base mensile. Si tratta della terza flessione mensile consecutiva e soprattutto della peggiore caduta dal 1953 quando Tokyo ha iniziato a diffondere dati comparabili. Come negli Usa, però, anche in Giappone, la fiducia delle famiglie (il dato è di febbraio) segna un modesto incremento. La recessione sta portando a un continuo aggiornamento delle previsioni. L'ultima riguarda la domanda di petrolio: secondo l'Aie quest'anno si ridurrà dell'1,5% (a 84,4 milioni di barili al giorno). . L'Agenzia, che dipende dall'Ocse, prevede che il nuovo taglio (sarà deciso domenica) della produzione da parte dell'Opec (dopo i -4,2 milioni di barili decisi in settembre) farà però balzare i prezzi del greggio. La crisi si legge anche in dati diffusi ieri dalla Confcommercio a Cernobbio: nel 2008 c' è stato un saldo negativo tra nascite e cessazioni di imprese di 40 mila unità.

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Quando l'Algeria tradì la ribelle anima berbera (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

CINÉMA DU RÉEL Una giornata fra i deserti californiani e quelli del nord Africa Quando l'Algeria tradì la ribelle anima berbera Cristina Piccino PARIGI Il giornale del festival si chiama Réel, ogni giorno dà spazio ai protagonisti della selezione fornendo al pubblico, sempre assai numeroso utili indicazioni. Leggiamo un'intervista a Gianfranco Rosi, il suo Below Sea Level è tra i film più amati del festival, gli spettatori parigini lo hanno adorato mentre in Italia, nonostante il premio a Venezia e i molti riconoscimenti continua a non avere distribuzione - e non lamentiamoci del cinema modesto che abbiamo se poi tutto quanto si produce di buono si tiene lontano dal mercato, non vi si investe, è «indistribuibile» (parola atroce quando ridicola, o almeno arcaica visto che da molto tempo sappiamo che il mercato è luogo di invenzione ...). Dice Rosi al suo intervistatore: «Non mi piace la distinzione tra documentario e finzione. Ci sono film buoni o cattivi. Credo al termine 'cineasta', il linguaggio cinematografico è importante. Mi piace osservare una cosa e trasformarla. Nella storia del documentario, sia in Grierson o in Flaherty, troviamo questa necessità di trasformare la realtà, che si inscrive nella volontà poetica di raccontare una storia». Rosi per girare Below Sea Level ci ha messo molti anni, ha passato lunghi mesi insieme ai protagonisti della sua storia, nel luogo - il deserto della California - in cui avevano scelto di vivere - o dove la vita li aveva portati - rompendo radicalmente con la «società normale» e le sue regole. La fiducia, il rispetto per il loro universo, la delicatezza, di un approccio costruito lentamente e in sensibilità sono la materia viva e intensa di questo film malinconico, buffo, avventuroso, drammatico come i suoi protagonisti. Il film Rosi se lo è prodotto da indipendente, come il suo primo Boat Men, senza film commission o intrusive commissioni ministeriali, e anche questo conta nel suo risultato (per vivere lui poi fa mille cose con una concretezza molto «americana», paese in cui ha vissuto a lungo), nell'ariosa libertà che respirano immagini riluttanti - anzi fieramente autonome - rispetto ai format comuni. È raro però e non solo in Italia, perché in quanto vediamo sugli schermi del Réel parigino questi giorni, sembra prevalere invece la centralità del soggetto che mette da parte il cinema. Globalizzazione, sfruttamento, conflitti del mondo sono così autosufficienti da relegare la sostanza cinematografica in secondo piano - sfogliando il catalogo a caso ecco nella sezione dedicata alla televisione, Odette Robert (1971) di Jean Eustache, il ritratto della nonna seduta al tavolo della camera da pranzo (e all'improvviso è evidente che Wang Bing nel suo Memorie di una donna cinese ha preso tutto da lì) che narra un'epoca, una classe sociale, il cineasta da cucciolo. Invece no, siamo in Cina nel neocapitalismo o nell'Algeria di Malek Bensmail, La Chine est encore loin , molto sostenuto dalla stampa francese, e così banalmente irritante nel modo di raccontare l'Algeria oggi a partire dalla frase del Profeta (uno dei guai), «la Cina è ancora lontana» per dire di un pensiero che può rimodellarsi all'infinito (prospettiva temibile in una chiave di lettura religiosa che permette alla tradizione più oscena sociale e civile di continuare a essere dominante). Siamo a Ghassira, città fondata dal colonialismo francese, oggi povera e immota, dove venne ucciso Guy Monnerot, l'insegnante francese, fatto che segnò ufficialmente l'inizio della guerra di indipendenza algerina. Bensmail segue nel tempo una classe elementare, bimbi e bimbe. Si capisce che gli anni passano dal velo che compare sulle teste di quest'ultime. Alcuni dei ragazzi frequentano anche la scuola coranica, la maggior parte del maschi non crede nello studio, sogna di fare soldi, un lavoro, forse emigrare. Le strade polverose della cittadina berbera, siamo negli Aures, sono percorse solo da uomini: i pochi caffè, il mercato, è come se le donne non esistessero. Ci sono le ragazzine, c'è l'anziana bidella della scuola che a fine giornata pulisce l'aula, non ci sono ragazze o donne adulte, le madri non si vedono, soltanto i padri, e anche i maestri sono uomini. La guerra di indipendenza per i ragazzini è qualcosa di remoto, cantano l'inno, ascoltano le storie che sono quelle dei loro nonni, gli anziani combattenti spiegano lucidi al regista cosa accadde con l'insegnante francese e la moglie, cosa era la guerra. Si alzano bandiere, si commemora un po' come l'Anpi qui da noi. Però a scuola non spiegano che anche le nonne erano combattenti e che la loro presenza fu molto importante. Che l'Fnl tradì l'anima berbera e che col tempo, negli anni recenti, si permise in un'altra guerra civile di soffocare quasi legalmente - o per religione - la parte femminile del paese (c'è un accenno al terrorismo in un dialogo tra i ragazzini). Il regista non interviene, osserva. Non prova a fare domande, non apre contraddittori, conflitti. Ci fa vedere con chiarezza - forse suo malgrado, ma è già apprezzabile - che comunque in quella situazione di povertà i maschi se la godono, le femmine non possono fare nulla. Alla gita al mare solo tre ragazzine hanno il permesso di partecipare e, una volta lì, sono costrette a stare sulla spiaggia come mummie nei veli mentre i maschi sguazzano nell'acqua blu. Una di loro immerge i piedi nel mare: piccolo segno di ribellione? Che le guerrigliere venivano da qui,anche se la retorica dei mujaddin le ha cancellate, e l'Algeria di questo film risponde fin troppo a come la si vuole vedere, dentro e fuori. C'è forse una «scuola del nord Europa», o più semplicemente quell'esigenza poetica di «trasformare la realtà». 10 min. di Jorge Leòn, belga, parla del neoliberismo dei corpi oggi. Di un sistema del capitale che poggia sull'abuso di uomini e donne resi schiavi, merce, mezzo produttivo a cui è negata qualsiasi percentuale di guadagno (come Lorna, dei fratelli Dardenne). Qui è la storia di una ragazza bulgara, che dal villaggio in cui viveva viene portata in Belgio da un'amica di infanzia per lavorare come badante, le dicono. Una volta arrivata, finisce in un sottoscala e poi in una vetrina, costretta alla prostituzione. Picchiata, minacciata, violentata. Tenta la fuga, torna in Bulgaria, subisce altri abusi e violenze, accetta di tornare a prostituirsi e denuncia i suoi sfruttatori. Lei però non la vediamo mai. Come non vediamo i suoi sfruttatori, l'amica, l'amata nonna, i poliziotti che raccolgono la testimonianza, il giudice. Vediamo degli oggetti: un orologio, le divise degli agenti appese a una sedia, una camera d'albergo, la campagna deserta, un aereo, la stazione, uffici vuoti, un bordello. La storia è recitata fuori campo, con voce uguale, come se fosse una deposizione. Anzi lo è, la voce riconosce luoghi e persone nelle fotografie schedate come prove. Il risultato è un film fortemente soggettivo, la cui potenza si moltiplica proprio nell'assenza di immagini esplicative, in questa oralità «neutra» a cui è affidata una storia singolare che è lente del contemporaneo. Scandagliato nelle sue pieghe con precisione e lucidità.

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PECHINO - La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader ... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009 Chiudi PECHINO - La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. Lo ha affermato ieri il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen, che ha 67 anni, ha parlato anche di crisi economica internazionale e ha chiesto agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. Pechino, ha affermato il premier, intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell'8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà», la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione americana del presidente Barack Obama, il primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che giovedì proprio Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi. La Cina - ha sostenuto - è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama - ha detto - bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato nel corso di questa settimana in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile».

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Palazzo Ducale a fuoco ma... per esercitazione (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

URBINO pag. 19 Palazzo Ducale a fuoco ma... per esercitazione Protezione civile: alle 11 spettacolare simulazione di LARA OTTAVIANI ALLE 11 di questa mattina scoppierà un incendio al Palazzo Ducale. A saperlo in anticipo è già un vantaggio, essere certi poi che si tratta di una simulazione di indubbia spettacolarità con decine di volontari di Protezione civile, vigili del fuoco, personale del 118, forze dell'ordine rassicura di molto. Il punto di coordinamento sarà l'esedra del teatro Sanzio e proprio sotto i Torricini di Palazzo Ducale si potrà godere la vista migliore: personale della Soprintendenza che sarà evacuato dai balconi, squadre speciali dei pompieri (Saf) che si caleranno con le corde, fumo (ma assolutamente finto e simile a quello delle discoteche), opere d'arte salvate dalle fiamme, soccorso agli intossicati. Ieri mattina gli appuntamenti salienti della giornata di esercitazione della Protezione Civile sono stati spiegati, ma senza troppi dettagli per non svelare tutto agli spettatori, dall'assessore alla Protezione civile Lino Mechelli, dal responsabile del distaccamento dei Vigili del fuoco di Urbino Claudio Ovarelli, dal comandante del Corpo forestale di Stato Alberto Mazzocchetti, da Vincenzo Polacco referente tecnico per la nostra Provincia della Protezione civile, da Mauro Perugini responsabile dei volontari, Emilio Gonzales rappresentante del Dipartimento nazionale di Protezione civile sevizio salvaguardia dei beni culturali. Questa mattina alle 10 alla Sala Serpieri del Collegio Raffaello ci sarà la consegna degli attestati di frequenza del Corso di Formazione dedicato ai temi della tutela dei beni culturali e alle metodiche di intervento che rientrano nel settore della Protezione Civile. Alle 10,30 sarà presentato l'opuscolo stampato in 10mila copie sulle norme di comportamento in caso di terremoto, frane, fughe di gas ecc. che saranno consegnati a tutti, studenti in particolare. Alle 11, allarme ai Torricini: in un'ora e poco più accadrà di tutto, simulazione di inizio di incendio, partenza dei mezzi di soccorso, richiesta intervento di 118, Forestale, e Vigili del fuoco che inizieranno il soccorso degli intossicati da fumo, mentre la Forestale penserà al salvataggio di opere d'arte custodite nella Galleria nazionale delle Marche dopo che i pompieri le avranno estratte dal Palazzo. Saranno all'opera 28 volontari della protezione civile comunale, 2 o 3 mezzi dei pompieri con circa 30 operativi, 3 pattuglie della forestale, un'ambulanza e personale del 118, 1 o 2 mezzi della Polizia Municipale, una pattuglia della Polizia di Stato. Insomma un dispiegamento di uomini e mezzi da lasciare di stucco: «Un'esercitazione di questa portata e con questa ambientazione è la prima in assoluto hanno assicurato i referenti della Protezione civile delle Marche e Nazionale : cercheremo di esportarla in altre città perché le Marche sono piene di beni culturali e vorremmo che crescesse sempre più la sensibilità verso l'impegno della Protezione civile». «Lo spunto per questa iniziativa è venuto dall'esigenza di rafforzare il gruppo comunale ha detto Mechelli : ad Urbino non potevamo non dare una connotazione culturale all'esercitazione. Il ringraziamento va anche al personale della Soprintendenza e a tutte le altre istituzioni coinvolte per la collaborazione».

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La grande fuga di He: a piedi in Thailandia (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 14 categoria: REDAZIONALE Asilo La donna ha raggiunto Bangkok con mezzi di fortuna: «La nostra vita era diventata insostenibile» La grande fuga di He: a piedi in Thailandia La moglie e i figli del dissidente Gao sono stati infine accolti negli Usa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — A un certo punto, Geng He e i suoi due figli avevano davanti un confine e la notte. Hanno attraversato entrambi. Hanno detto addio alla Cina, li aspettava un altro pezzo di viaggio. Poi la Thailandia, gli uffici dell'Onu, l'America. E l'annuncio: Geng He, moglie di uno dei più noti dissidenti cinesi, Gao Zhisheng, è al sicuro. Gli Stati Uniti le hanno concesso l'asilo politico, ma l'odissea non è finita, perché il marito è rimasto in Cina, detenuto chissà dove, prelevato dalla polizia il 4 febbraio. Il viaggio disperato di Geng He non sembrava scritto nel destino della sua famiglia. Gao Zhisheng era un membro del Partito comunista, avvocato capace di conquistarsi qualche notorietà, addirittura di farsi additare a modello di impegno civile. Abbandonò le cause innocue, Gao, e fu l'inizio della fine. Aveva scelto di dedicarsi agli attivisti cristiani irregolari, di difendere i praticanti del Falun Gong, un movimento spirituale che Pechino perseguita con feroce determinazione da quando, proprio 10 anni fa, dimostrò con una manifestazione sulla Tienanmen una capacità di mobilitazione che atterrì il regime. Nel 2001 cominciarono i guai, nel 2006 una condanna a 4 anni, poi ridotta per buona condotta. I gruppi che lo sostengono e che hanno aiutato la fuga della moglie denunciano le torture subite dall'uomo. Sono però le misure di controllo cui l'intera famiglia è stata sottoposta ad aver spinto la donna a scappare con la quindicenne Geng Ge e il piccolo Gao Tianyu, 5 anni. L'anno scorso a Ge è stato impedito di frequentare la scuola, la ragazza disperata ha tentato il suicidio. «La nostra vita era diventata insostenibile». La madre ha così preparato il suo piano, all'insaputa del marito, ai domiciliari nella regione d'origine, lo Shaanxi. «Non potevo non partire, stavano devastando la vita dei miei figli, non ci saremmo più ripresi». Il 9 gennaio He, Ge e Tianyu lasciano Pechino, direzione sud. A Gao Zhisheng non dicono nulla. Niente passaporti, vanno giù giù, fin dove la Cina finisce. Le frontiere dello Yunnan si fanno violare facilmente da traffici di ogni tipo. Anfetamine, pietre preziose, legname. Persone. In questa terra di nessuno che scavalca colline e si appoggia al corso del Mekong, i fuggitivi si affidano alle «teste di serpente», i passatori. Pagano oltre 4 mila euro, sono le rotte percorse anche dai profughi nordcoreani che alla spicciolata cercano di raggiungere Seul via Thailandia. I trafficanti d'uomini li prendono in consegna, se li caricano in moto. Lunghi tratti a piedi. La pista passa attraverso il Laos oppure attraverso la Birmania, che in quelle aree è in realtà un mondo a sé, lo amministrano in autonomia etnie che il governo centrale lascia fare in cambio di una tregua plausibile dopo decenni di guerriglie separatiste. «I passatori volevano dividerci per gestirci meglio — ha raccontato Geng He — e per 9 ore mi hanno separata da mio figlio. Non parlavano quasi cinese». La Cina, appunto, era finita. In Thailandia i tre hanno smesso di sentirsi braccati. Mercoledì scorso erano negli Usa, grazie anche a un'organizzazione cristiana, ChinaAid. Adesso la clamorosa avventura di Geng He, 41 anni, e dei suoi figli rischia di andare ad aggiungersi al già corposo dossier che incombe sulle nuove relazioni sino-americane, circa le quali a Washington hanno appena fatto il punto Hillary Clinton e il suo omologo, il ministro degli Esteri Yang Jiechi. C'è l'incidente della nave Usa intercettata dai cinesi, ci sono la questione di Taiwan, il Tibet, la crisi economica. Il sapore di beffa non fa piacere a Pechino. Geng He e i figli hanno trovato rifugio a Phoenix, Arizona. Di Gao, che era stato indicato come possibile Nobel per la pace, è improbabile che avranno notizie. La fuga è stata una scelta atroce. Anche il fuso orario sembra raccontare il dramma della famiglia che si è spezzata: quando a Phoenix splende il sole, in Cina è notte. Dentro la notte è rimasto Gao. Il viaggio, in fondo, non è ancora finito. Marco Del Corona

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E Obama rigioca la carta militare (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 15 categoria: REDAZIONALE Strategie La nuova Casa Bianca non vuole scoprire il fianco ad accuse di debolezza o eccessiva cautela E Obama rigioca la carta militare Truppe al confine col Messico, navi da guerra nel Mar della Cina Il governo Usa non esclude di schierare la Guardia Nazionale o unità dell'esercito alla frontiera meridionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro dell'Interno, Janet Napolitano, sta moltiplicando il numero degli agenti federali al confine col Messico, il governo degli Stati Uniti non esclude di schierare la Guardia Nazionale o perfino unità dell'esercito alla frontiera meridionale, se la guerra in corso fra i cartelli della droga dovesse sfuggire di mano e minacciare le vicine città americane. Lo ha detto al Congresso Roger Rufe, capo delle operazioni dell'Homeland Security Department, precisando tuttavia che il ricorso alle truppe è visto come «risorsa di ultima istanza» e che al momento la militarizzazione del confine col Messico non è all' ordine del giorno. Ma anche la semplice formulazione dell'ipotesi segnala la crescente preoccupazione della nuova Amministrazione di fronte al dilagare della violenza nel Paese confinante. E conferma più in generale, insieme ad altri esempi recenti, che anche la Casa Bianca di Barack Obama intenda sempre lasciarsi aperta l'opzione militare. «L'intensificarsi dello scontro tra i cartelli della droga in Messico è allarmante - ha spiegato Rufe - e noi dobbiamo essere sempre in grado di rispondere, specie se la minaccia della violenza dovesse raggiungere livelli che le nostre forze sul posto non siano più in grado di fronteggiare». Nel 2008, sono stati 6 mila (fra cui 500 poliziotti) i morti della guerra fra le bande per il controllo delle vie della droga tra lo Stato centro-americano e gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, la violenza ha cominciato a tracimare anche sul territorio americano, dove si sono registrati rapimenti, sparatorie e altri atti criminali. Non sarebbe la prima volta che Washington schiera delle truppe al confine col Messico. Ma l'annuncio dell'Amministrazione Obama serve anche a sfatare ogni dubbio sulla sua determinazione e prontezza a muoversi a tutto campo. Un altro esempio viene dal Mar della Cina, dove il Pentagono ha inviato un cacciatorpediniere lanciamissili, dopo l'incidente di una settimana fa, che ha visto cinque unità navali di Pechino circondare e bloccare una nave-laboratorio della marina americana per la sorveglianza oceanica. La USS Chung-Hoon, già nella regione per un regolare turno, è ora schierata a protezione della missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non lontano dall'isola di Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per sommergibili. Il ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al presidente Obama, nel suo incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, di rinnovare l'offerta di cooperazione con Pechino, già formulata da Hillary Clinton nel suo recente viaggio in Oriente. «E' importante elevare il livello e la frequenza del dialogo tra i nostri eserciti per evitare futuri incidenti», ha detto il presidente. E' chiaro che l'Amministrazione democratica, pur decisa a rilanciare una politica estera fondata in primo luogo sulla diplomazia, non voglia in alcun caso scoprire il fianco ad accuse di debolezza o eccessiva cautela nel considerare eventuali opzioni militari, sul piano teorico e pratico. Suonano conferme la decisione di inviare altri 17 mila soldati in Afghanistan (che potrebbero raddoppiare entro la fine dell' anno) e l'intensificazione degli attacchi con i droni comandati a distanza contro le cellule terroristiche di al-Quaeda, nascoste al confine col Pakistan. Paolo Valentino Al fronte Obama in volo su Bagdad con il generale Petraeus a luglio Muro Un tratto della barriera lungo la frontiera Usa-Messico (di 3mila km il muro ne copre 500) Getty/Afp

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Debito, la Cina avverte gli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-14 num: - pag: 34 categoria: REDAZIONALE Washington-Pechino Summers e la Casa Bianca: tuteleremo gli investimenti Debito, la Cina avverte gli Usa Wen Jiabao: da voi abbiamo investito molto, sono preoccupato Il gigante asiatico è il primo sottoscrittore di bond del Tesoro americano, con ben oltre mille miliardi di dollari DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO – «A dire il vero, un po' allarmato lo sono». Wen Jiabao ai cinesi è simpatico, piace il suo modo di farsi capire. Ieri mattina in chiusura dei lavori dell'Assemblea nazionale del Popolo (il parlamento), il premier ha voluto parlar chiaro anche agli Stati Uniti. «Abbiamo fatto ingenti prestiti di capitale agli Usa e naturalmente siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti ». è l'inquietudine, di fronte alla crisi, di un Paese che detiene circa mille miliardi di dollari in titoli di Stato Usa, il maggior creditore di Washington. «Vorrei chiedere ancora una volta agli Stati Uniti — ha detto — di mantenere le loro promesse e garantire la sicurezza dei capitali cinesi». Ed era già notte a Pechino quando da Washington sono arrivate le risposte. Per il consigliere economico Lawrence Summers «l'impegno del presidente Obama è chiaro, dobbiamo essere gestori attenti dei nostri investimenti», mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, è stato ancora più diretto: «Non esiste al mondo Paese più sicuro degli Stati Uniti per fare investimenti». I timori di Wen e dell'establishment cinese sono affiorati su diversi temi. La crescita, per cominciare, quasi il feticcio della scommessa nell'anno della crisi: «L'obiettivo dell'8% è difficile da ottenere, ma possibile», si è esposto il premier. Alla tenuta della crescita Pechino si affida per scongiurare scompensi sociali, già ora 20 milioni di disoccupati fra i lavoratori migranti sono un'emergenza sociale. Quanto all'ormai famigerato pacchetto di stimolo da 455 miliardi di euro, lanciato in autunno, Wen ha lasciato capire che, se occorresse, potrebbe essere replicato. «Abbiamo messo da parte abbastanza munizioni e possiamo vararlo in qualsiasi momento», nel frattempo confida nell'allargamento del deficit e nelle misure di spesa: «Prima si agisce meglio è». Wen si è poi speso contro le accuse di svalutazione pilotata del renminbi, per contrastare il declino dell'export, in febbraio crollato del 25,7%. L'apprezzamento delle valute europee e asiatiche — ha spiegato — ha finito col colpire pesantemente l'export cinese. Toccherà allora agli aumenti salariali e delle pensioni cercare di rivitalizzare il mercato interno. Si tratta di stringere i denti, «nel 2010 usciremo dalla crisi». Basta avere «fiducia» e «coraggio». Marco Del Corona Premier Il primo ministro cinese Wen Jiabao ieri all'Assemblea nazionale del Popolo

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USA, SE LA CINA NON SI FIDA (sezione: Globalizzazione)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

VETRINA ECONOMIA pag. 22 USA, SE LA CINA NON SI FIDA IL COMMENTO IL PACCHETTO di stimolo economico di oltre 700 miliardi di dollari che Obama si è fatto approvare dal Congresso, in realtà lo sta pagando la Cina. I buoni del tesoro americani custoditi da Pechino ammontano alla stessa cifra, ma questa volta il premier Wen Jiabao non si accontenta delle «distrazioni» di Hillary che nel suo recente viaggio ha dimenticato di condannare la situazione in Tibet e la mancanza di libertà religiosa. Adesso i cinesi, dopo il boom sentono fortissimi i morsi della crisi, non rivelano quanti disoccupati o danni ha provocato il collasso finanziario internazionale che ha ridotto in un solo anno l'intera ricchezza Usa del 18% , ma i leader comunisti, proprio a conclusione del loro Congresso del Partito si dicono«preoccupati» dalla situazione debitoria e «sperano» che Washington mantenga la parola «proteggendo i loro fortissimi investimenti». Le parole del premier Wen «abbiamo prestato una montagna di soldi agli Stati Uniti» sono chiarissime. La Cina ha in carico tonnellate di azioni di Fannie Mae e Freddie Mac il colosso dei mutui sempre sull'orlo della bancarotta e adesso non vuole trovarsi in mano carta straccia come i clienti di Madoff. Ha bisogno che lo stimolo rilanci i consumi americani e di riflesso anche la produzione cinese. Il «rimprovero» al gigante mondiale dell'economia per ora rimane a bassa voce. La sfida adesso è al G.20 di Londra dove Usa, Cina, Europa, Russia, Giappone, India e Brasile dovranno trovare, per la prima volta insieme, l'indispensabile «exit strategy». La «sicurezza del credito» è diventata la domanda principale. La Cina garantisce per le proprie banche perché sono statali, ma gli Usa devono portare al tavolo garanzie equivalenti e condivise. Diversamente Pechino minaccia il disimpegno. Il summit di Londra dovrà diventare una sorta di nuovo «regolatore internazionale» Il «multilateralismo politico» che il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon predica per il Palazzo di Vetro, dovrebbe trasformarsi in meno di 2 settimane, in «multilateralismo economico» dove si agisce per consenso e il «diritto di veto» può solo portare alla catastrofe.

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Così Verona può superare questa crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009 ECONOMIA Pagina 40 IL CONFRONTO. Il presidente e amministratore di Glaxo, Papadimitriou, e l'economista De Cecco prospettano le soluzioni per uscire dal grave momento di recessione «Così Verona può superare questa crisi» L'incontro a Piazza Cittadella Rana: «La ritrovata unità tra le categorie economiche è un forte volano di sviluppo» Verona un laboratorio per uscire dalla crisi: c'è una università quotata, un tessuto imprenditoriale forte e i necessari centri bancari. E soprattutto uno spirito di coesione ritrovato in città. È il messaggio emerso ieri nel confronto tra l'economista Marcello De Cecco, ordinario di Storia della finanza e della moneta alla Normale di Pisa, e Angelos Papadimitriou, presidente e ad di GlaxoSmithKleine e vicepresidente di Confindustria Verona, nella sede degli industriali scaligeri. Un confronto a cui hanno partecipato anche il rettore dell'ateneo scaligero, Alessandro Mazzucco, e il presidente di Confidustria Verona, Gian Luca Rana. E proprio quest'ultimo ha aperto i lavori parlando delle soluzioni da mettere in campo per affrontare una congiuntura sfavorevole. «L'elezione del nuovo presidente della Camera di Commercio», ha spiegato Rana, «che ha avuto un quasi totale consenso, è un segno nuovo in città: è la prima volta dopo tanto tempo che Verona riesce ad essere unita e fare squadra tra tutte le componenti della società, ma è solo l'inizio, da qui può iniziare un vero rinascimento». Verona secondo De Cecco, che la mattina aveva partecipato all'inaugurazione dell'anno accademico con una prolusione sulla crisi economica attuale, «si è rivolto agli imprenditori presenti: o vi mettere con le università per creare un sistema imprenditoriale sul modello anglo-americano-tedesco in cui le dimensioni delle aziende sono più grandi e la ricerca sono i due punti forti, oppure ci sarà una lenta decaduta, e poi sì la coesione sociale è indispensabile, nel dopo guerra c'era, me lo ricordo bene, una classi dirigente veronese capace di progettualità di lungo respiro e di coraggio». È chiaro però, continua De Cecco, che ci vogliono anche le condizioni generali: la globalizzazione è una condizione indispensabile a cui il made in Italy non può sfuggire, il sistema finanziario deve essere ristabilito e i consumi devono ripartire. Ma a rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra...penso che dovremmo ripartire da noi con un modello diverso sul tipo di quello della Germania, qui a Verona e nel Veneto significa imboccare la via delle aggregazioni e della ricerca». Secondo Papadimitriou, bisogna guardare a un modello europeo, dove l'euro è determinante per mantenere gli equilibri. «Servono inoltre», spiega, «la leva fiscale, ricerca e investimenti fissi, in Italia il debito dello Stato è grande a causa anche di una spesa dell'ammistrazione pubblica, la Francia rispetto all'Italia attira più capitali stranieri perché ha un burocrazia efficiente, in Italia le aziende straniere ma anche italiane hanno bisogno di aspettative stabili sulle normative soprattutto fiscali. Il governo? Finora ha fatto quello che poteva, c'è da fare di più invece per le pmi e mettere mano alla macchina dello Stato. Le aziende devono investire in marketing (marchi) e ricerca-innovazione, gestire per cassa e non per profitto, è il momento delle acquisizioni per chi ha i soldi. Usciremo da questa crisi», ha concluso Papadimitriou, «con una struttura industriale diversa, si può mantenere il muscolo industriale italiano con un'alleanza tra investitori italiani ed esteri».  

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protezione civile, nuovo slancio sotto la guida di adriano valle (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 7 - Gorizia Protezione civile, nuovo slancio sotto la guida di Adriano Valle GRADISCA GRADISCA. Cinque nuovi volontari negli ultimi quattro mesi, squadra cresciuta a una ventina di operativi e concrete speranze di una nuova sede pronta già entro l'anno. È un bilancio sicuramente positivo quello presentato dal nuovo coordinatore della Protezione civile di Gradisca, Adriano Valle, subentrato in novembre a Francesco Villan. Monfalconese, 49 anni, da 8 trasferitosi a Gradisca e da 5 volontario nella locale squadra, Valle ha subito puntato sul potenziamento d'organico e sulla specializzazione dei volontari. «L'ingresso di cinque nuovi volontari, due dei quali giovanissimi e ancora studenti, resta indubbiamente il dato più confortante per quanto mi riguarda. Per un Comune come Gradisca poter contare su una squadra composta da una ventina di persone, mi piace ricordarlo tutte operative, è un ottimo risultato, ma è chiaro che non deve essere un punto d'arrivo. Qui la parola d'ordine è crescere e in questo tutti i colleghi volontari si sono mostrati subito disponibili, tant'è che quasi tutti abbiamo intrapreso corsi di specializzazione». Disponibilità non solo dalla squadra, tuttavia, per Valle, che sottolinea l'importanza di avere un canale diretto tanto con le squadre dei Comuni limitrofi quanto con il Comune di Gradisca. «La collaborazione con i Comuni limitrofi è semplicemente fondamentale per una copertura ottimale sul territorio, ma rimanendo al contesto gradiscano direi che c'è stata subito intesa. Il Comune si sta impegnando concretamente per risolvere in tempi brevi il problema della nuova sede, una questione fondamentale per l'operatività di una squadra di Protezione civile che oggi è costretta a suddividere la propria attività tra una sede amministrativa e una operativa. Da un punto di vista logistico sicuramente un ostacolo». Avviato, sempre con il Comune di Gradisca, anche un piano di potenziamento del parco mezzi a disposizione della Protezione civile. «Il Comune presenterà a breve una richiesta formale alla Protezione civile regionale per l'ottenimento di un nuovo mezzo, un pick-up, che ci consentirà una maggiore e migliore copertura del territorio comunale visto che a oggi siamo dotati di un solo mezzo di movimento». (ma.ce.)

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<No a ogni liberalizzazione> (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

n. 63 del 2009-03-14 pagina 20 «No a ogni liberalizzazione» di Redazione Un nuovo diritto per gli italiani: la libertà dalla droga. A introdurlo è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla droga, Carlo Giovanardi, organizzatore della quinta conferenza nazionale delle politiche antidroga, a Trieste, arrivata oggi al giorno conclusivo. Sottosegretario che cosa intende per diritto di essere liberi dalla droga? «Per chi fa uso di droghe, è il diritto di essere curato, guarito e poi reintegrato nella società e nel mondo lavorativo. Ma è anche il diritto, per chi non si droga, di essere informato dei rischi e dei danni causati dagli stupefacenti, in modo da starne lontani». Il Presidente Napolitano ha definito la droga un fenomeno allarmante. «E lo è. Qui a Trieste c'è grande consapevolezza della gravità della situazione, che coinvolge direttamente e indirettamente ogni italiano. Il problema, infatti, non è limitato a chi spaccia e chi consuma, ma colpisce tutti. Chi si droga mette a rischio se stesso e gli altri, causando incidenti stradali, perdendo il controllo al lavoro e in famiglia, dimostrando di essere inaffidabile e, soprattutto, pericoloso. A conferma gli interventi di luminari mondiali che hanno dimostrato scientificamente i danni cerebrali causati dalle droghe». Informazione, prevenzione e quali altri strategie d'intervento, rimedi e possibili soluzioni sono emerse durante la conferenza? «Intensificare il contrasto alla domanda e all'offerta di droga attraverso un'azione corale dentro e fuori i confini nazionali. In Italia con la collaborazione tra Stato, Regioni e Province, forze dell'ordine, magistratura, pubblico e privato sociale. Occorre un approccio globale per portare avanti, da un lato, la repressione contro il traffico degli stupefacenti; dall'altro i drug test nelle strade, sistemi di allerta e monitoraggio delle nuove droghe, il volontariato sociale, appelli di sportivi, campagne educative, progetti nelle scuole e nelle parrocchie». Come bloccare lo spaccio via Internet? «Ci stiamo attrezzando di nuovi strumenti giuridici e sistemi più sofisticati per contrastare il traffico online.» Contro il traffico di droga l'Onu vuol seguire una linea rigorosa esattamente come l'Italia. Conferma? «Assolutamente sì. Il programma rispecchia pienamente la posizione dell'Italia, che, insieme a Svezia, Russia, Cina, Giappone e Usa, intende mantenersi fermamente contraria a ogni forma di legalizzazione e liberalizzazione delle droghe». La legge Giovanardi-Fini è stata accusata di scarsa efficienza, visto l'aumento del consumo di cocaina in particolare. «La legge è stata definita da alcuni liberticida e da altri orientata alla liberalizzazione. La realtà è una: dal confronto con gli operatori, è emerso un apprezzamento generale per l'equilibrio con cui la normativa interviene verso chi spaccia e chi consuma, attraverso diversi livelli di provvedimento. Quindi, sono i fatti che parlano». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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L'allarme della Cina sui titoli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'allarme della Cina sui titoli Usa PECHINO - "Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo preoccupati". Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi all'esplosione del deficit pubblico Usa. I mercati hanno reagito immediatamente, i Treasury Bonds hanno perso quota di fronte all'eventualità di una "sfiducia" da parte del più grande creditore sovrano degli Stati Uniti. Allo stesso tempo però Wen ha rassicurato Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a varare una seconda manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se necessario", per rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, si è affrettato a dire: "Gli investimenti negli Stati Uniti sono i più sicuri al mondo". Non vi sono quasi precedenti di un leader straniero che osi mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico americano. Bisogna risalire agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli anni '60 contro l'aggancio dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il contesto è profondamente cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa collocato all'estero finisce nei forzieri delle banche centrali asiatiche, prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi di Bot americani sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati del 46%, a quota 700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle riserve ufficiali cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury Bonds e lo stesso vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e dei fondi sovrani che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare. L'Amministrazione Obama sarà costretta a nuove maxi-emissioni di titoli pubblici nel 2009 (fino a 2.000 miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare i salvataggi bancari e le manovre di spesa pubblica. Di qui l'allarme lanciato ieri dal capo del governo cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione legislativa del Congresso del Popolo. "Il presidente Obama - he detto Wen - ha varato misure per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte aspettative. Ma l'America deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le sue promesse, deve garantire la sicurezza degli investimenti cinesi". La clamorosa uscita di Wen rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice G-20 del 2 aprile a Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto preannunciare un abbandono della politica cinese di investimenti nei titoli del Tesoro Usa. Non c'è nessun segnale che la banca centrale di Pechino stia diversificando il suo portafoglio, nel quale l'euro e lo yen e l'oro continuano a occupare uno spazio del tutto marginale. Smettere di finanziare il debito pubblico americano avrebbe per i cinesi una conseguenza catastrofica: il tracollo del dollaro, quindi una rovinosa caduta di competitività del made in China già sofferente per il calo della domanda mondiale. Dal 2005 la moneta cinese si è rivalutata del 26% sul paniere delle principali valute, e Pechino non ha interesse ad accelerare un apprezzamento che danneggia i suoi esportatori. Ma la preoccupazione per l'escalation del debito americano è reale. Da una parte Wen Jiabao deve rispondere a una constituency nazionale - l'ala "populista" del Partito comunista - che vorrebbe destinare a investimenti interni le risorse ingenti accumulate con gli attivi del commercio estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le premesse per un'uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta "inflazione più svalutazione". E' una strategia che ha illustri precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un piccolo precedente che può segnare l'inizio di una catena di svalutazioni competitive. Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro l'Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni competitive. 14/03/2009 - 08:30

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Il giudice Massaro a Firenze per onorare Mazzei (sezione: Globalizzazione)

( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il giudice Massaro a Firenze per onorare Mazzei Di Antonino Ciappina 14-03-2009 Com'è noto, tre toscani possono vantare primati con il Nuovo Mondo che nessuno può loro contestare, ma sta di fatto che son mancati loro dei riconoscimenti meritati. Assodato che si deve a un ligure la scoperta del Nuovo Mondo, anche se non prese il suo nome perchè un cartografo tedesco, Martin Waldsemuller, la chiamò per primo "America" poichè gli capitò di osservare mappe del Nuovo Mondo tracciate da Amerigo Vespucci. Cristoforo Colombo, il ligure che scoprì l'America, lo fece grazie a una lettera che gli scrisse Paolo Del Pozzo Toscanelli, astronomo fiorentino, che lo esortò a tentare di giungere in oriente andando verso occidente. La lettera, debitamente conservata, reca la data del 25 giugno 1474. Colombo, navigando dapprima per il Mediterraneo per "farsi le ossa" come navigatore, come si suol dire, scoprì le spezie che venivano dalla Cina in Rodi e la Cina voleva raggiungere via mare, per averle più a buon mercato, il costo essendo oneroso poichè le spezie che giungevano dalla Cina raggiungevano il bacino mediterraneo a mezzo carovane di cammelli, le "navi del deserto". Il Toscanelli non figura nelle enciclopedie USA poichè nessun anglosassone vuol dargli alcun riconoscimento, anche perchè, ad esempio, non sono sicuri se Henry Hudson, che secondo loro avrebbe scoperto la baia di New York, fosse un inglese che navigava al soldo degli olandesi, che furono i primi a giungere nella baia, o un olandese che navigava al soldo degli inglesi. Comunque, un italoamericano, John La Corte, fondatore e presidente dell'Italian Historical Society of America, riuscì a dimostrare che la baia venne effettivaamente scoperta da Giovanni da Verrazzano, cosi abbiamo il Verrazzano Bridge all'ingresso della baia. Quanto precede riportato per amor di storia; consapevolezza di fatti, non vagando in valia di bubbole o fandonie, c'è stato un altro toscano che per molto tempo negli Usa non si volle riconoscere come inventore del telefono: Antonio Meucci. Persino oggigiorno, dopo essere riusciti legalmente a far valere la verità tenuta per molto tempo offuscata da Graham Bell e parteggiatori, Antonio Meucci non figura nelle enciclopedie americane. Ma abbiamo un altro toscano che non figura nelle enciclopedie americane, e nemmeno in quelle italiane: Filippo Mazzei, che fu uno studioso, amante delle belle lettere, ma anche della natura; esperto in agricoltura.Si è accertato che nacque in Poggio a Caiano (Firenze); venen conosciuto a Londra da Benjamin Franklin, ambasciatore Usa in Inghilterra. Benjamin Franklin, che ammirava gli europei e volle il dollaro decimale non "salterello" come la sterlina, lo esortò ad andare in America e portarvi tutti i prodotti agricoli di cui aveva esperienza, per farli conoscere agli agricoltori americani e, quindi, farli acquisire alle culture locali, per arricchire l'industria agricola americana mediante l'innesto con quella di "Sunny Italy" (Italia aprica o solatia). Gli inglesi, com'è noto, originariamente erano pescatori, e lo dice ancora il nome del loro paese d'origine: Inghilterra - Angleterre: terra di pescatori - angler: pescatore! Ebbene, Filippo Mazzei, su suggerimento di Beniamino Franklin, andò a trovare Thomas Jefferson, l'autore della "Dichiarazione di Indipendenza", che gli mise a disposizione duemila acri di terra per il suo campo agricolo italiano sperimentale; in collina, venne chiamato Monticello. In cima a quella collina riposano i resti di Thomas Jefferson, che divenne il terzo presidente Usa. Ma, oltre a rendere ferace la terra di Monticello, Filippo Mazzei rese nota a Jefferson una sua idea geniale; una massima grandiosa da inserire nella Dichiarazione di Indipendenza, come ricordato da John Fitzgerald Kennedy; eccola: "Tutti gli uomini sono creati uguali"; una verità basilare, preziosa, per una terra che doveva divenire polietnica; l'auspicato crogiolo di fusione. Ebbene, contrariamente a quanto fatto in precedenza, anche se Filippo Mazzei ancora non figura nelle enciclopedie americane, la United States Comission, composta da ventuno alti commissari: sette deputati, sette senatori federali e sette sovrintendenti, facendo tesoro di quel felice suggerimento, ha deciso di scegliere Filippo Mazzei come unico personaggio storico italiano da annoverare fra gli eroi dell'indipendenza americana. Di conseguenza, rendendo la felice scelta debitamente nota all'Ambasciata Italiana a Washington. Di ciò venuta a conoscenza l'Associazione Toscana-Usa tramite l'Associazione Filippo Mazzei ed il Municipio di Poggio a Caiano, località di nascita di Filippo Mazzei in Provincia di Firenze, tramite il dottor Michele Giordanella di Firenze, formulò invito all'on. Dominic R. Massaro, "Justice" della Corte Suprema dello Stato di New York, ad una visita a Firenze per partecipare a quanto ideato in seguito alla brillante scelta della US Commission. L'invito si spiegava per un precedente: il "Justice" (giudice presidente) era stato già invitato a Firenze per celebrazioni in onore di Antonio Meucci, finalmente riconosciuto l'inventore del telefono in America. Così come la prima volta, il giudice Massaro aderiva all'invito e la sua visita ha avuto luogo. Apprendeva, tra l'altro, che avevano avuto luogo due gemellaggi: Prato e Albemarle e Poggio-Charlottesville, dove Filippo Mazzei s'era particolarmente distinto Il giudice Massaro, recatosi a Firenze insieme con la moglie, ha avuto modo di visitare la Villa Medicea di Poggio a Caiano, meta turistica internazionale e di mostre, congressi e sceneggiate canoro-musicali, in compagnia del sindaco di Poggio, Martini, e del Cav.Angiolo Buti, esponente dell'Associazione Toscana-USA; è stato festeggiato da dirigenti e soci del "Lions Club" di Firenze con a capo il presidente, dottor Marco Mori, presso il Grand Hotel di Firenze; è stato alloggiato in una villa sulle colline fiorentine, ivi scortato dall'on.Sergio Pezzati e dal segretario, architetto Luigi Rimbotti. Della visita vi è un documentario filmato, curato dal regista Carlo U. Quinterio, cittadino americano e italiano, già insignito del "Mazzei Award". È previsto un altro viaggio per l'inaugurazione di una lapide a Poggio a Caiano, per solennizzare il riconoscimento del Mazzei da parte della "US Commission". La Comission desidera rendere omaggio a Filippo Mazzei in base al progetto della Preservazione del Retaggio Americano all'Estero" (Preservation of the American Heritage Abroad); progetto che pare si conti di estendere ad altri paesi, nel corso del quale verranno anche inseriti cimiteri con Caduti Americani, specie nella Seconda Guerra Mondiale, in Italia ed altrove in Europa

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OBAMA RASSICURA LA CINA: <BOND USA INVESTIMENTO SICURO> (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama rassicura la Cina: «Bond Usa investimento sicuro» -->Così la casa Bianca risponde al premier cinese Wen Jiabao che aveva espresso preoccupazioni per la tenuta delle finanze Usa...

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L'ALLARME DELLA CINA SUI TITOLI USA (sezione: Globalizzazione)

( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'allarme della Cina sui titoli Usa -->L'ANALISI L'allarme della Cina sui titoli Usa dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI (08:17 14/03/2009)

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Pechino <preoccupata> dal rischio dei titoli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

CINA Pechino «preoccupata» dal rischio dei titoli Usa L'economia domina la conferenza stampa del premier Wen Paola Desai Nessun capo di stato aveva mai avanzato pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del tesoro emessi dagli Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao, durante la lunga conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale del Congresso del popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico incontro con i media ogni anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro agli Stati uniti. Certo siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri investimenti. In effetti sono davvero preoccupato», ha detto Wen, con un linguaggio insolitamente esplicito. Abbiamo chiesto agli Stati uniti di «mantenere il suo buon credito, onorare le promesse e garantire la sicurezza dell'investimento cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere gli effetti di queste misure». La Cina è il primo paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000 miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi) e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha minacciato di rimetterli sul mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina garantirà la stabilità della sua moneta (il renminbi, che si è apprezzato del 21% sul dollaro dal 2005), ma ha respinto le pressioni: «Nessun paese può spingerci a svalutare o rivalutare». Certo però Pechino vuol far pesare la sua potenza economica e il suo ruolo geopolitico: e questo è accentuato dal fatto che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi paesi ancora in grado di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta straniera al mondo: sono stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di dollari. Circa metà di queste riserve sono investite appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile: più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i titoli del tesoro Usa che possiede hanno interessi bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua posizione è relativamente meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese finora: un piano di sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui 173 spesi direttamente dallo stato centrale (in welfare, innovazione tecnologica, infrastrutture e protezione ambientale) e il resto dai governi locali, banche e investitori privati. Il suo governo è pronto a aumentare ulteriormente la spesa pubblica se sarà necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del 3% quest'anno per finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà difficile mantenere l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso che i pianificatori cinesi considerano necessario per evitare una disoccupazione disastrosa. Il fatto è che già si sono persi milioni di posti di lavoro negli ultimi mesi, 20 milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni - altrettanti lavoratori migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui provenivano. Mercoledì la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono scese del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del premier cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro tema notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi colloqui con gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I colloqui precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e stabile», ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che abbiamo adottato».

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<Così Verona può superare questa crisi> (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena.it, L'" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Così Verona può superare questa crisi» IL CONFRONTO. Il presidente e amministratore di Glaxo, Papadimitriou, e l'economista De Cecco prospettano le soluzioni per uscire dal grave momento di recessione L'incontro a Piazza Cittadella Rana: «La ritrovata unità tra le categorie economiche è un forte volano di sviluppo» 14/03/2009 rss e-mail print Da sinistra: Rana, Papadimitriou, Cristaldi, De Cecco e Mazzucco FOTO MARCHIORI Verona un laboratorio per uscire dalla crisi: c'è una università quotata, un tessuto imprenditoriale forte e i necessari centri bancari. E soprattutto uno spirito di coesione ritrovato in città. È il messaggio emerso ieri nel confronto tra l'economista Marcello De Cecco, ordinario di Storia della finanza e della moneta alla Normale di Pisa, e Angelos Papadimitriou, presidente e ad di GlaxoSmithKleine e vicepresidente di Confindustria Verona, nella sede degli industriali scaligeri. Un confronto a cui hanno partecipato anche il rettore dell'ateneo scaligero, Alessandro Mazzucco, e il presidente di Confidustria Verona, Gian Luca Rana. E proprio quest'ultimo ha aperto i lavori parlando delle soluzioni da mettere in campo per affrontare una congiuntura sfavorevole. «L'elezione del nuovo presidente della Camera di Commercio», ha spiegato Rana, «che ha avuto un quasi totale consenso, è un segno nuovo in città: è la prima volta dopo tanto tempo che Verona riesce ad essere unita e fare squadra tra tutte le componenti della società, ma è solo l'inizio, da qui può iniziare un vero rinascimento». Verona secondo De Cecco, che la mattina aveva partecipato all'inaugurazione dell'anno accademico con una prolusione sulla crisi economica attuale, «si è rivolto agli imprenditori presenti: o vi mettere con le università per creare un sistema imprenditoriale sul modello anglo-americano-tedesco in cui le dimensioni delle aziende sono più grandi e la ricerca sono i due punti forti, oppure ci sarà una lenta decaduta, e poi sì la coesione sociale è indispensabile, nel dopo guerra c'era, me lo ricordo bene, una classi dirigente veronese capace di progettualità di lungo respiro e di coraggio». È chiaro però, continua De Cecco, che ci vogliono anche le condizioni generali: la globalizzazione è una condizione indispensabile a cui il made in Italy non può sfuggire, il sistema finanziario deve essere ristabilito e i consumi devono ripartire. Ma a rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra...penso che dovremmo ripartire da noi con un modello diverso sul tipo di quello della Germania, qui a Verona e nel Veneto significa imboccare la via delle aggregazioni e della ricerca». Secondo Papadimitriou, bisogna guardare a un modello europeo, dove l'euro è determinante per mantenere gli equilibri. «Servono inoltre», spiega, «la leva fiscale, ricerca e investimenti fissi, in Italia il debito dello Stato è grande a causa anche di una spesa dell'ammistrazione pubblica, la Francia rispetto all'Italia attira più capitali stranieri perché ha un burocrazia efficiente, in Italia le aziende straniere ma anche italiane hanno bisogno di aspettative stabili sulle normative soprattutto fiscali. Il governo? Finora ha fatto quello che poteva, c'è da fare di più invece per le pmi e mettere mano alla macchina dello Stato. Le aziende devono investire in marketing (marchi) e ricerca-innovazione, gestire per cassa e non per profitto, è il momento delle acquisizioni per chi ha i soldi. Usciremo da questa crisi», ha concluso Papadimitriou, «con una struttura industriale diversa, si può mantenere il muscolo industriale italiano con un'alleanza tra investitori italiani ed esteri».

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Finanza, sulle regole la Ue si presenta unita (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Finanza, sulle regole la Ue si presenta unita 14/03/2009 rss e-mail print Robert Zoellick (Banca Mondiale) Oggi i ministri finanziari del G20 daranno un'idea chiara di come andrà a finire il delicato vertice dei capi di stato del G20 che si terrà a Londra il 2 aprile. Le posizioni in campo sono note. Gli Usa chiedono piani di stimolo ancora più incisivi ai governi, ma sono restii a regolamentare i mercati finanziari. La Ue vuole attendere prima l'esito dei soldi già stanziati, e intanto riscrivere le regole. Le posizioni si stanno comunque avvicinando e un compromesso è possibile, anche se è prudente il ministro italiano dell'Economia, Tremonti, che ha incontrato ieri il premier britannico Gordon Brown e il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick. Appoggiando l'idea di affidare il controllo delle banche alla Bce. I paesi europei, che giovedì terranno un Consiglio per varare una posizione comune al G20, hanno già una bozza delle proposte da presentare al tavolo di Londra. Al primo punto le nuove regole per le agenzie di rating, la capitalizzazione delle banche e le compagnie assicurative che l'Europa vorrebbe operative entro metà maggio. Poi, entro giugno i 27 chiedono l'inizio della nuova vigilanza sulle attività finanziarie internazionali. Accordo nella Ue anche sul ruolo del Fondo monetario internazionale, cui l'Europa è pronta a concedere un prestito temporaneo tra 75 e 100 miliardi di dollari per aumentare la sua capacità creditizia. L'Ue vuole poi rivedere la governance delle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare del Fmi affinché rifletta i diversi pesi delle diverse economie. Quest'ultimo punto mira a ottenere l'appoggio dei giganti emergenti come Cina, India, Brasile, finora sottorappresentati negli organismi finanziari modellati sugli equilibri tra paesi del G8.

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Staminali da placenta, esperti a Brescia: <Si va verso sperimentazioni cliniche> (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

CRONACA 14-03-2009 Staminali da placenta, esperti a Brescia: «Si va verso sperimentazioni cliniche» DAL NOSTRO INVIATO A BRESCIA ENRICO NEGROTTI B rescia è la culla della placenta. L'efficace immagine che un congressista ha proposto al secondo Workshop internazionale sulle cellule staminali derivate dalla placenta, ben delinea il ruolo di prima fila che il Centro di ricerca «Eugenia Menni» di Brescia si è ritagliato in questo genere di studi nel corso degli ultimi anni. E Ornella Parolini, direttrice del Centro che fa parte della Fondazione Poliambulanza, sottolinea i passi compiuti nella ricerca mondiale sulla cellule staminali nel tempo trascorso dal precedente workshop, che si svolse sempre a Brescia nel 2007: «Due anni fa il centro dell'attenzione era trovare un terreno comune, definizioni e protocolli condivisi, e si studiava il potenziale delle cellule staminali tratte dalla placenta principalmente in vitro: fu una sorta di prima conferenza di consenso tra i ricercatori di tutto il mondo impegnati in questo campo di ricerca relativamente nuovo. Oggi che ci ritroviamo siamo un passo avanti: ci sono i primi risultati delle sperimentazioni in vivo su animali e si guarda già a possibili sperimentazioni cliniche. Noi abbiamo trovato che nei topi le staminali della placenta riducono la fibrosi polmonare». Accanto a questi risultati, gli esperti riuniti a Brescia hanno un'altra convinzione: oltre che ragioni etiche, ci sono ragioni scientifiche per preferire l'utilizzo di cellule staminali da tessuti adulti, quali sono le cellule della placenta. Ne sono convinti i rappresentanti dei numerosi gruppi di ricerca presenti al workshop, che vengono da tutto il mondo: non solo italiani, ma anche da Stati Uniti, Cina, Germania, Svizzera, Austria, Regno Unito, Francia, Belgio, Israele, India. E lo dimostrano i lavori sulle diverse aree in cui si stanno studiando le possibili applicazioni delle staminali da placenta: malattie infiammatorie, neurologiche, cardiovascolari, epatiche, lesioni del midollo spinale. Ai possibili impieghi delle staminali da placenta nelle malattie del fegato si dedica Stephen Strom all'U- niversità di Pittsburgh (Stati Uniti): «Sono facilmente reperibili e non presentano generano tumori come quelle embrionali». Il suo collaboratore, l'italiano Fabio Marongiu, aggiunge: «Crediamo che queste cellule arriveranno in clinica presto, prima delle cellule embrionali e delle Ips. Adesso lavoriamo alla differenziazione delle staminali della placenta per trasformarle in cellule del fegato. Ma sarà possibile usarle anche per testare farmaci». Aggiunge Francesco Alviano (che lavora al Dipartimento di Embriologia all'Università di Bologna con Gian Paolo Bagnara): «Dal punto di vista biologico, le cellule della placenta sono vicine a quelle embrionali per la loro origine. Hanno anche il vantaggio di essere facilmente disponibili e non hanno una maggiore efficienza delle cellule provenienti dagli adulti ». Alle malattie neurologiche, e in particolare l'ictus, terza causa di morte e principale causa di disabilità degli adulti nei Paesi sviluppati si dedica David Hess, direttore del Dipartimento di neurologia alla facoltà di Medicina della Georgia (Stati Uniti). Di fronte all'assenza di trattamenti efficaci (c'è solo un prodotto biotecnologico, che però deve essere assunto nelle prime ore dopo la crisi), la via della medicina rigenerativa offre prospettive nuove: «Nessuno ha dato risalto al fatto che nel dicembre dello scorso anno la Food and Drug Administration ha dato il via libera al primo studio clinico (di fase 1) per l'ictus con cellule staminali (brevettate) che verranno testate su sei pazienti». «E nessuno dice che la ricerca sulle cellule staminali embrionali, non ha ancora alcuna prospettiva terapeutica, e per ora rischia solo di illudere i pazienti». Parolini (Poliambulanza): abbiamo verificato che nei topi queste cellule hanno l'effetto di ridurre la fibrosi polmonare Il neurologo Usa Hess: approvato dalla Fda il primo trial di fase 1 per l'ictus

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Crisi, la Cina tende la mano agli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Avvenire" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

MONDO 14-03-2009 Crisi, la Cina tende la mano agli Usa DA PECHINO L a Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen ha parlato anche di Tibet, di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il premier, intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell' 8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà », la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, due giorni fa. La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama ha detto bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità ». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile». Il primo ministro ha mostrato poi il suo volto preferito, quello "buonista", parlando di Taiwan, l'isola di fatto indipendente che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi piacerebbe molto visitare Taiwan» . Wen Jiabao ha evitato di usare toni pesanti verso la Corea del Nord, il Paese tradizionalmente alleato della Cina che sta minacciando di effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col rischio di far arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola coreana. Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si astengano da «azioni che possono aggravare le tensione». ( E.A.) Il premier Wen Jiabao assicura: faremo la nostra parte Sul Dalai Lama si è detto pronto a riprendere il dialogo se «rinuncerà all'indipendenza» Nuove aperture su Taiwan Il premier cinese Wen Jiabao (Epa)

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WTA Indian Wells: eliminata la Bartoli (sezione: Globalizzazione)

( da "Datasport" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

WTA Indian Wells: eliminata la Bartoli (Marion Bartoli) (AGM-DS) - 14/03/2009 13.06.52 - (AGM-DS) - Milano, 14 marzo - I risultati del secondo turno del torneo WTA di Indian Wells (cemento, montepremi 4.500.000 dollari). Le italiane saranno impegnate questa notte nel secondo turno del torneo. La Errani dovrà vedersela con Karin Knapp, la Pennetta affronterà Sania Mirza, mentre Roberta Vinci incontrerà l'austriaca Bammer. I risultati del secondo turno (1) Dinara Safina (RUS) b. Tsvetana Pironkova (BUL) 76(8) 62 (4) Vera Zvonareva (RUS) b. Chan Yung-Jan (TPE) 62 62 (WC) Urszula Radwanska (POL) b. (6) Svetlana Kuznetsova (RUS) 62 46 63 (8) Victoria Azarenka (BLR) b. (Q) Yaroslava Shvedova (KAZ) 46 75 63 (9) Caroline Wozniacki (DAN) b. Timea Bacsinszky (SVI) 61 61 Shahar Peer (ISR) b. (10) Marion Bartoli (FRA) 16 64 75 Li Na (CIN) b. (13) Patty Schnyder (SUI) 75 62 Jill Craybas (USA) b. (16) Anabel Medina Garrigues (SPA) 75 36 64 (17) Amélie Mauresmo (FRA) b. Anna-Lena Groenefeld (GER) 57 63 64 (18) Kaia Kanepi (EST) b. Virginie Razzano (FRA) 76(2) 10 rit. (19) Anna Chakvetadze (RUS) b. Ekaterina Makarova (RUS) 63 75 Nicole Vaidisova (CZE) b. (24) Alona Bondarenko (UCR) 63 61 Petra Kvitova (CZE) b. (26) Iveta Benesova (CZE) 63 61 (28) Peng Shuai (CHN) b. Olga Govortsova (BLR) 63 36 64 (WC) Alexa Glatch (USA) b. (29) Carla Suárez Navarro (SPA) 63 61 Elena Vesnina (RUS) b. (32) Sorana Cirstea (ROU) 57 62 63

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Caro Gazzettino, perchè nella nostra Italia non siamo stati capaci a dire "A me... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009, Caro Gazzettino, perchè nella nostra Italia non siamo stati capaci a dire "A me piace...." come per i famosi hamburger della catena Mc Donald's? Mode e globalizzazione, carnivori e vegetariani, brioche o patatine, etc.,sembra che niente sia meglio dell' hamburger. L' Europa da molti anni ha subìto l'influsso americano: dalla coca cola, ai jeans, poi computers, internet, musica, films, finanza....così fino ad arrivare all'hamburger. Invece, le culture culinarie nel mondo sono migliaia e l'avvento di fast-food in tutto il mondo è stato ed è uno dei fenomeni più visibili della globalizzazione. Noi italiani abbiamo copiato il modello americano per fare business, ma prima non era meglio cercare di valorizzare i nostri prodotti regionali e/o provinciali, ottimi? Se tutto l'insieme dei prodotti fosse stato valorizzato oggi ci sarebbero meno problemi. La responsabilità maggiore ce l'ha chi ha pensato ed ha voluto far credere che "l'Eldorado" esistesse davvero, che i giovani fossero stanchi delle solite cose e andassero sempre alla ricerca del nuovo senza dover fare sacrifici. Questa società mal governata, burocrate, "corrotta e passiva" ha creato dei nobili fannulloni, contribuendo così ad allargare la forbice sociale ed ha assicurato sicurezza e privilegi a pochi, i quali oggi, neanche di fronte al SOS sociale, intendono rinunciare. Decimo Pilotto, Tombolo (Padova)

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L'Italia è capacissima di dire "a me piace" e per farlo non ha bisogno di aspet... (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sabato 14 Marzo 2009, L'Italia è capacissima di dire "a me piace" e per farlo non ha bisogno di aspettare lo sfrigolio dell'hamburger sulla piastra. Anche noi, in questo campo, abbiamo inventato qualcosa che ha conquistato il mondo: penso alla pizza e agli spaghetti. C'è stata una globalizzazione anche in nome della cucina italiana. Come c'è in n ome della moda italiana. Escluderei, però, che sia l'hamburger l'origine dei mali di oggi, anche se inteso come globvalizzazione con più difetti che pregi. È vero, l'hamburger è diventato perfino una moneta sulla quale in molti paesi si livella la divisa locale e la si rapporta al dollaro. È anche la cosa più veloce e più economia per riempire lo stomaco, nessuno sostiene che sia pure la migliore. L'Italia è stata capacissima di valorizzare i propri prodotti e di creare all'estero un mercato sicuramente più raffinato rispetto all'hamburger; non credo, però, che la pizza abbia una diffusione limitata. Vantiamo una ricchezza straordinaria di pasta, olio, vino, formaggio; si potrebbe condire diversamente un tipo differente di pasta ogni giorno dell'anno. A pochi chilometri di distanza cambia il modo di fare il pane, cambiano il vino e il formaggio. Si tratta di un patrimonio enorme non sempre valutato quanto merita. È anche vero che l'Italia - come il resto del mondo - si lasciata americanizzare. Il processo si è intensificato subito dopo la guerra con i prodotti portati dalle truppe americane. Allora bibite, chewing-gum, carne e latte in scatola, fumetti e film hanno invaso il Paese. Poi è arrivato il resto, dal juke-box alla moda, fino ai telefilm che riempiono le nostre tv. Anche Babbo Natale non esisteva fino a quando un grande illustratore non lo ha inventato come testimonial della Coca-Cola. Succede quando un Paese e i suoi abitanti sono al centro della storia, dell'economia e del progresso. Bisogna contrapporre fantasia senza abbandonarsi all'esaltazione del proprio passato, senza restare prigionieri del provincialismo. Di sicuro oggi la situazione è difficilissima, le tentazioni autarchiche sono notevoli e la spinta al protezionismo più forte che in passato. Ma si risolverebbero in altri modi di restare ostaggi di se stessi e tagliati fuori dai cambiamenti. Non è colpa dell'hamburger se siamo a questo punto e nemmeno è colpa della polpetta americana se gli italiani sono diventati quelli che sono. Certamente c'è una generazione che conosce meno delle precedenti il significato del sacrificio. È anche demerito nostro che l'abbiamo fatta crescere così. Non le pare, tuttavia, che stia già pagando troppo questa presunta spensieratezza? Non è soltanto questa generazione che fa orecchie da mercante davanti all'allarme sociale e ai tanti Sos che vengono lanciati. Prima bisognerebbe far capire bene a tutti come stanno le cose, senza finzioni e senza addolcimenti, poi affrontare la situazione con decisione e fiducia. Ci sono tanti che purtroppo oggi non hanno nemmeno un hamburger per risolvere i loro problemi di pranzo e cena.

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VALERIO CAPRARA UN DINOSAURO METROPOLITANO CHE DIGRIGNA LA SUA RABBIA E IL SUO ORGOGLIO. CON SICU... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Valerio Caprara Un dinosauro metropolitano che digrigna la sua rabbia e il suo orgoglio. Con sicurezza, pazienza e ironia il settantottenne Clint Eastwood mette in scena se stesso in un microcosmo che riesce a riflettere non solo l'America, ma anche gran parte del mondo che ci circonda e non di rado ci angoscia. «Gran Torino» è un film volutamente piccolo e minuzioso, riflessivo ma attraversato da furiose acmi d'azione, in apparenza divagante e accomodante ma in sostanza compatto e severo. C'è un'eco dello stile e della struttura dei classici di John Ford nell'itinerario del protagonista Kowalski, un «uomo tranquillo» arroccato in una casetta dei sobborghi multietnici di Detroit in cui si fronteggiano temibili gang di teppisti: esibendo una maschera di pietra antica e un eloquio di carta vetrata ai limiti dell'auto-caricatura, il vecchio Clint infonde nel personaggio il primitivo senso della morale e della giustizia ereditati dall'intera carriera. Veterano della guerra in Corea, operaio in pensione e fresco vedovo, Kowalski disprezza figli e nipoti, detesta l'umanità circostante e desidera solo sorseggiare birra seduto sul patio su cui sventola il vessillo Usa e rimirarsi la Ford Gran Torino del '72 che cura con maniacale devozione. Sempre a un passo dallo scontro fisico con la famigliola dei vicini «hmong» (popolazione asiatica profuga della Cina e dell'Asia sud-orientale), si ritrova tra i piedi, come risarcimento di un tentato furto, il timido adolescente Tao nei confronti del quale da misantropo boss si trasforma prima in incuriosito e lungimirante mentore e poi in generoso padre di complemento. Sembrerebbe un apologo eccessivamente buonista, ma le tematiche che scaturiscono dalla regia asciutta e lineare sono più profonde e complesse: l'eterna competizione tra vecchi e giovani, il senso della responsabilità collettiva che confligge con quella individuale, la difficile e a volte impossibile coesistenza tra comunità estranee, il ricorso alla violenza che oscilla tra gratuita bestialità e indispensabile autodifesa. Lo show dell'attore è, ovviamente, il perno su cui ruota questo gioco di rifrazioni psicologiche e comportamentali: perfettamente a suo agio come icona americana, l'ex pistolero di Sergio Leone ne riesce tuttavia a incarnare tutte le sfumature, da quelle arcigne a quelle comiche, da quelle naif a quelle psicotiche, da quelle meschine a quelle sublimi. Per come inizia e finisce «Gran Torino» potrebbe certo alludere a una prova testamentaria, ma un altro jolly è costituito dalla chiave espressiva con la quale Clint-Kowalski schiva l'incombente retorica, si nega all'invettiva apocalittica e guarda, invece, alla fine (di se stesso, del personaggio, di un tipo di cinema e di società) con la sublime leggerezza di un eroe scespiriano.

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BENIAMINO NATALE PECHINO. LA CINA è PRONTA A FARE LA SUA PARTE PER COMBATTERE LA CRISI ECONO... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

BENIAMINO NATALE Pechino. La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i massicci investimenti cinesi in titoli di Stato americani. È la linea ribadita ieri dal primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di conferenza stampa nella capitale, nel Palazzo dell'Assemblea del Popolo, il primo ministro Wen - 67 anni - ha parlato anche di Tibet, di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il premier, intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell'8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà», la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra il governo di Pechino e la nuova amministrazione americana del presidente Barack Obama, il primo ministro ha da un po' di tempo ammorbidito i toni su una delle questioni che l'altro ieri proprio Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi. La Cina - ha sostenuto - è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader buddista tibetano che vive da cinquant'anni in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. In realtà il Dalai Lama ha sempre sostenuto di non ambire all'indipendenza. «Con il Dalai Lama - ha detto il primo ministro Wen - bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che «la politica che è stata seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato nel corso di questa settimana in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile». Il primo ministro ha mostrato poi il suo volto preferito, quello «buonista», anche parlando di Taiwan, l'isola di fatto indipendente che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi piacerebbe molto visitare Taiwan», ha detto in un indiretto riconoscimento del miglioramento dei rapporti avvenuto a partire dallo scorso aprile, quando al potere a Taipei si è insediato il presidente Ma Ying-Jeou. Wen Jiabao ha evitato di usare toni pesanti verso la Corea del Nord, il Paese tradizionalmente alleato della Cina che sta minacciando di effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col rischio di far arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola coreana. Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si astengano da «azioni che possono aggravare le tensione».

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Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona (sezione: Globalizzazione)

( da "gomarche.it" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

navigazione: Home > Attualità > Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona Sabato 14 Marzo 2009 16:05 Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona Presentata a Urbino la manifestazione "Codice Rosso Il Comune nel sistema della protezione civile", che si terrà alla Fiera di Ancona dal 19 al 21 marzo 2009. Esercitazione al Palazzo Ducale di Urbino per recuperare feriti e opere d'arte. URBINO "Una rassegna nazionale per mostrare come opera la protezione civile e per promuovere una riflessione sulla cultura della sicurezza". Sono gli obiettivi manifestazione "Codice Rosso Il Comune nel sistema della protezione civile", che si terrà alla Fiera di Ancona dal 19 al 21 marzo 2009. Il programma è stato illustrato dal presidente dell'Anci Marche, Giorgio Meschini, a Urbino, nell'ambito di una cerimonia di consegna degli attestati di frequenza a un corso comunale di protezione civile sui beni culturali. La mattinata si è poi conclusa con una spettacolare esercitazione che ha simulato l'evacuazione del Palazzo Ducale, a seguito di un incendio che ha messo in pericolo le opere d'arte e richiesto il recupero di persone intossicate. Presso la sala Serpieri del Collegio Raffaello, erano presenti anche il sindaco di Urbino, Franco Corbucci, il vicesindaco, Lino Mechelli, il direttore del dipartimento regionale Protezione Civile, Roberto Oreficini. Codice Rosso è una manifestazione nazionale, organizzata nel 2002 dalle Regioni Marche dalle Anci di Marche e Umbria (ora dell'Abruzzo), Protezione civile e dall'Anci nazionale, dai Vigili del Fuoco a seguito del terremoto del 1997 che ha interessato il territorio marchigiano e umbro. "L'evento è servito per valorizzare l'impegno profuso in quell'occasione ha ricordato Meschini e per non disperdere un'esperienza di volontariato che ha fatto crescere tutto il sistema della protezione civile italiana". Da alcuni anni, ha rimarcato Oreficini, "Codice Rosso è divenuto l'appuntamento istituzionale più importante della protezione civile, nel corso del quale vengono dibattuti tutti gli argomenti, di settore, più attuali a livello nazionale". Saranno due i temi principali dell'edizione 2009: l'organizzazione della protezione civile su base associativa comunale e la prevenzione nelle scuole. "Il problema è particolarmente sentito nelle scuole marchigiane che vantano, comunque, una situazione migliore di altre realtà italiane ha detto Meschini Molti edifici sono però ospitati in strutture antiche e storiche, per cui occorre capire come e dove intervenire con priorità". Una caratteristica di Codice Rosso, ha ricordato il presidente di Anci Marche, è quella di conferire riconoscimenti a personalità che si siano distinte nel settore della protezione civile. Nel 2007 è stato premiato Giuseppe Zamberletti ("Il padre fondatore della protezione civile nazionale"), quest'anno il riconoscimento verrà attribuito a Gianni Letta (sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri). Inoltre verranno premiati sei laureati che hanno svolto tesi sulla protezione civile, "segno della grande attenzione del mondo universitario ha sottolineato Meschini verso le problematiche della protezione civile". A margine della presentazione di Codice Rosso, Oreficini ha sottolineato l'importanza dell'esercitazione che si è svolta al Palazzo Ducale: "Di grande rilievo per la nostra regione, perché siamo capofila nel settore dell'impiego del volontariato a tutela dei beni e del patrimonio storico artistico. Abbiamo oggi l'opportunità di simulare un intervento estremamente realistico nel luogo più prestigioso delle Marche".

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La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati?. (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Non commentato » (1 voti, il voto medio è: 4 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 34 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia, democrazia, giornalismo Commenti ( 56 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica" s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel". Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma, un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Mar 09 Obama chiede aiuto agli hedge funds (e li premia) Un altro breve post sulla crisi economica. Obama ha trovato la soluzione per far ripartire il credito: chiede aiuto agli hedge funds e ai fondi di private equity offrendo loro condizioni di estremo favore: potranno accumulare profitti illimitatamente, ma con ampie garanzie statali in caso di perdita. L'accordo è legato ai cosiddetti "Talf", come spiego in questo articolo e prevede l'esborso da parte dello Stato di altri mille miliardi di dollari. Capito il progressista Obama? Chiede aiuto e protegge gli speculatori con i soldi dei contribuenti.. Intanto il totale degli interventi varati dal governo Usa raggiunge l'astronomica cifra di 3,5 trilioni di dollari ovvero 3500 miliardi di dollari, da finanziare con l'emissione di Buoni del Tesoro. Il debito Usa è ancora sostenibile? Attenti al dollaro, rischia una brutta fine. Scritto in banche, capitalismo, crisi, progressisti, era obama, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 50 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Mar 09 E' ora di lasciar fallire le banche. In un'intervista che mi ha concesso, Arthur C. Brooks, presidente dell'American enterprise institute, uno dei principali think tank conservatori, sostiene due punti importanti: 1) a suo giudizio i piani di Obama anziché contrastare la crisi finiscono per peggiorarla. 2) tentare di salvare tutti è impossibile ed è inaccettabile che gli aiuti vadano soprattutto alla casta dei banchieri che questa crisi l'ha provocata. Dunque visto che la recessione è inevitabile, meglio adottare misure radicali e lasciar fallire le banche che non sono in grado di resistere. Il punto più delicato è l'ultimo e dopo aver riflettuto a lungo su questo tema, grazie anche ai vostri qualificatissimi contributi, mi sono convinto che questa sia l'unica strada. L'entità del debito accumulato da certe banche (soprattutto americane ma non solo) è tale, a causa dell'effetto leva, da non poter essere coperto nemmeno dallo Stato. Dunque cercare di tappare buchi, che in realtà continuano ad allargarsi, non avrà altra conseguenza che trascinare l'economia reale nel baratro. E allora anzichè creare "bad banks" o fondi con titoli tossici, bisogna rafforzare le banche in salute e usare i fondi pubblici per trasferire a queste ultime le attività fondamentali (e sane) di quelle in fallimento. Ci sarà uno choc e chi detiene azioni o prodotti finanziarie delle banche cattive perderà il proprio investimento, ma passato il trauma l'economia potrà riprendere su basi solide. L'idea circola già da qualche settimana tra gli specialisti, ma mi sembra l'unica soluzione plausibile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: la Banca d'Inghilterra ha dato il via libera per stampare 150 miliardi di sterline da pompare nel sistema finanziario. E' un gesto disperato. A questo punto vedo solo due possibili conseguenze: l'operazione fallisce e la Gran Bretagna fila verso la bancarotta o va in porto ma a un prezzo altissimo: l'iperinflazione. Scritto in capitalismo, crisi, banche, era obama, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 75 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 04Mar 09 Quando Obama supplica il mondo. Obama non vede l'ora di avviare una nuova distensione con la Russia, ampiamente ricambiata, come spiego in questo articolo . Intanto invia due rappresentanti a Damasco per riallacciare il dialogo con la Siria, interrotto dal 2005. Sotto banco parla con l'Iran e, secondo indiscrezioni, anche con Hamas. Nei giorni scorsi Hillary Clinton, a Pechino, ha dichiarato che i diritti umani sono importanti, ma che l'economia lo è di più, avvallando così le repressioni del regime comunista cinese. Con i Paesi arabi del Golfo la Casa Bianca è sempre più conciliante, anzi accomodante e il presidente americano ha lanciato i primi segnali di preudente disponibilità anche al regime cubano dei fratelli Castro. La svolta è innegabile rispetto a Bush, ma proietta l'immagine di un Paese ansioso, improvvisamente insicuro, che dopo aver perso la supremazia economia teme di smarrire anche quella politica. E' come se Obama stesse supplicando il mondo: è vero siamo in recessione ma se ci riconoscerete ancora lo status di numero uno al mondo (e militarmente lo sono ancora), faremo i bravi con tutti. Insomma, un'America con il cappello in mano che cerca di far dimenticare le proprie debolezze. Ma basta la supremazia militare per giustificare lo status di superpotenza? E il mondo ha davvero voglia di farsi guidare dagli Usa? Scritto in globalizzazione, israele, era obama, democrazia, cina, gli usa e il mondo, russia, medio oriente, islam Commenti ( 96 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Mar 09 Ma Obama combatte davvero le lobbies? I media di tutto il mondo hanno rilanciato il discorso con cui Obama annuncia "di voler lottare contro le lobbies che intendono ostacolare il suo piano economico". La retorica è quella di sempre: "Questo è il cambiamento promesso agli americani" e giù l'elenco delle riforme che i rappresentanti degli interessi particolari intendono bloccare: "Alle assicurazioni non piacerà l'idea di dover diventare più competitive per continuare a offrire la copertura medica», ha detto Obama. «Anche le banche e chi ha concesso prestiti agli studenti per iscriversi all'università non ameranno lo stop agli enormi sussidi a loro accordati, ma così abbiamo salvato circa 50 miliardi di dollari per rendere i college più finanziariamente accessibili». Allo stesso modo, ha detto Obama, «le compagnie petrolifere non ameranno l'interruzione delle facilitazioni fiscali per 30 miliardi di dollari, ma è così che possiamo permettere all'economia delle energie rinnovabili di creare nuovi progetti e posti di lavoro». La realtà, però, è molto diversa. Il presidente americano non ha affatto combattuto le lobbies, le ha assorbite al governo. E l'esame sia bel pacchetto di salvataggio del sistema finanziario sia del piano di rilancio lo dimostra. Altro che riforme: Obama distribuisce soldi a pioggia. E tagli di poche decine di miliardi di dollari sono irrisori rispetto a sussidi che valgono migliaia di miliardi. Ma hanno una loro funzione mediatica: servono ad alimentare il mito del cambiamento e dunque l'impressione che Obama stia davvero trasformando l'America, tagliando con il passato. E' un'operazione di spin, basata sull'illusione o, se preferite, sul raggiro. Con queste riforme l'America non solo non cambia, ma rischia di accelerare il suo declino, perchè elude ancora una volta il vero problema dell'economia Usa, che è sistemico. E non sarà certo l'aumento dell'aliquota di un paio di percentuali ai ricchi a sanare le casse dello Stato americano. Anche perchè di questo passo, alla fine del 2010, di ricchi ne rimarranno davvero pochi. Non fatevi ingannare dai bluff di Obama. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, era obama, democrazia, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 48 ) » (4 voti, il voto medio è: 4 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Feb 09 In Terra Santa con i lettori de "Il Giornale" Da ieri sera sono infatti in Israele assieme ad Andrea Tornielli, Livio Caputo, Vittorio Dan Segre, nonchè Stefano Passaquindici e Maurizio Acerbi per accompagnare i lettori (numerosissimi) nel viaggio in Terra Santa organizzato al Giornale. E' una bella esperienza e molto intensa, ma anche a causa di connessioni internet assai lente (perlomeno qui a Nazareth) è possibile che nei prossimi giorni sia costretto a rallentare il ritmo dei post su "il cuore del mondo". Confido nella vostra comprensione. Scritto in Varie Commenti ( 9 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Feb 09 Ma è questo l'Obama italiano? Il settimanale americano "Time" non ha dubbi: Matteo Renzi è l'Obama italiano, l'uomo su cui il Partito democratico deve puntare per rinascere dopo il fallimento di Veltroni. Renzi è il presidente della Provincia di Firenze ora candidato sindaco. "Time" lo descrive così: ha fatto largo uso di Internet e Facebook per riuscire a trionfare alle primarie. E, come Obama, Renzi ostenta un atteggiamento pragmatico nei confronti della politica. «Sono un politico, non faccio miracoli - ha detto spesso - Ho solo cercato di lavorare ogni giorno un pò meglio». Figlio di un piccolo imprenditore toscano, Renzi è un cattolico praticante ma ha già dichiarato che non permetterà al Vaticano di «guidare la sua politica». Secondo "Time" rispetto al presidente americano Renzi è qualche volta «turbolento» ed ha ancora «una faccia da bambino». Incuriosito, sono andato a cercare qualche video su You Tube. Ne ho trovati subito due, prodotti dallo stesso Renzi. L'astro nascente del Pd ritiene che Firenze "debba puntare in alto, ma anche in basso", che le "elezioni sono una sfida vinci o perdi e non ammettono pareggi"; seduce gli elettori affermando" che la città è gelosa del proprio passato e innamorata del proprio futuro", ma "deve fare un salto di qualità". Renzi stringe le spalle quando gli dicono che hanno costruito una nuova moschea "perchè tanto a Firenze ce ne sono tante" e ci illumina affermando che il più grande politico di tutti i tempi è Bob Kennedy (ma probabilmente voleva dire John Fitzgerald Kennedy). Il suo attore preferito è Jack Nicholson, e il film più gradito Blade Runner. La canzone prediletta? Naturalmente made in Usa. Insomma, un vero "Americano a Firenze", degno, più che di Obama, del miglior Veltroni. Ma giudicate voi stessi. Ecco i video: YouTube Direkt Che fiuto "Time" e che futuro, il Pd. Non c'è davvero nulla di meglio nel vivaio dell'Italia progressista? Scritto in progressisti, partito democratico, società, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 49 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (5) blog (1) capitalismo (5) cina (17) crisi (6) democrazia (59) economia (27) era obama (11) europa (10) francia (21) germania (3) giornalismo (49) giustizia (2) gli usa e il mondo (57) globalizzazione (40) immigrazione (39) islam (19) israele (2) Italia (149) manipolazione (4) medio oriente (13) notizie nascoste (43) partito democratico (1) presidenziali usa (22) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (20) spin (3) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Marina: Per Fedenrico Il sacerdote che c'è nel video,durante una trasmissione radiofonica ha detto anche che... bo.mario: Parpaiola dici che Mardoff depositava soldi. Ne sei sicuro? Se fosse così i soldi possono essere ripresi.... Ultime news Banca Intesa, Passera: "Sì ai Tremonti bond Prefetti? 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USA: OBAMA, CINA PUO' AVERE ASSOLUTA FIDUCIA IN ECONOMIA AMERICANA (sezione: Globalizzazione)

( da "ITnews.it" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Washington, 14 mar. (Adnkronos/Xin) - Barack Obama assicura che la Cina puo' avere fiducia nell'economia americana. "Non solo il governo cinese, ma ogni singolo investitore puo' avere assoluta fiducia", ha dichiarato il presidente americano rispondendo cosi' - al termine di un incontro con il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva alla Casa Bianca - alle preoccupazioni espresse ieri dal premier cinese, Wen Jiabao.

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Ambiente: Frattini, al g8 patto con Usa-Cina-India (sezione: Globalizzazione)

( da "KataWeb News" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Ambiente: Frattini, al g8 patto con Usa-Cina-India 14 marzo 2009 alle 19:52 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Al G8 presieduto dall'Italia 'vogliamo che si raggiunga un patto globale sulla riduzione globale delle emissioni di C02 assieme a Usa, Cina e India'. Lo dice il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervenendo dal palco del convegno di Rete Italia. Frattini ha ricordato 'il compromesso' raggiunto qualche mese fa in Europa, un 'patto globale per la riduzione di emissioni del 20 4.447045e-309ntro il 2020. Ma se non chiamiamo accanto a noi che rappresentiamo solo il 18 209568elle emissioni globali, anche gli Usa, la Cina e l'India che rappresentano il 60 209568el livello di emissioni di C02 nel mondo, non si puo' dire una parola credibile. Quindi -- ha proseguito -- non serve una riduzione unilaterale di questa piccola Europa che colpirebbe a morte l'industria manifatturiera, ma chiameremo alla responsabilità chi non può tirarsi fuori. Raccoglieremo il messaggio di Obama -- ha concluso -- perché è il momento che gli Usa convergano con noi in un patto globale di emissionì. Il titolare della Farnesina ha ribadito anche che il G8 presieduto dall'Italia 'deve promuovere la rappresentativita' democratica di tutti i continenti: gli otto Grandi che rappresentano il 40 209568el Pil mondiale devono assicurare la rappresentatività di paesi che magari non avranno un Pil enorme, come Sud Africa e Brasile, ma che rappresentano centinaia di milioni persone eslcuse da questo ristretto circolò. AGI

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Crisi: Obama, Cina puo' avere assoluta fiducia economia Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Trend-online" del 14-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Crisi: Obama, Cina puo' avere assoluta fiducia economia Usa ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 14.03.2009 19:46 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - WASHINGTON, 14 mar - La Cina puo' avere 'assoluta fiducia' nell'economia americana, ha assicurato oggi il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Le affermazioni del neo-eletto presidente Usa, fatte al termine dell'incontro con il presidente brasiliano Lula, sono una risposta alle preoccupazioni di Pechino circa lo stato di salute dell'economia Usa. Parlando poi del vertice G20 di aprile Obama ha detto che le regole finanziarie saranno ''il primo e centrale'' punto che il vertice dovra' affrontare.

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