CENACOLO DEI COGITANTI |
Cina, Wen Jiabao
ammorbidisce i toni ( da "Trentino"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Dialogo con il Dalai Lama solo se
rinuncia all'indipendenza del Tibet» Cina, Wen Jiabao ammorbidisce i toni
Pechino vuole garanzie sugli investimenti in titoli statunitensi PECHINO. La
Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in
titoli di Stato americani.
[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW
YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani...
( da "Stampa, La" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la Cina mette le mani avanti.
Chiede al governo Usa, a protezione dell'esposizione di Pechino verso i titoli
del debito di Washington, di «mantenere la stabilità della economia» americana:
di non ricorrere all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè
pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta.
Pechino preoccupata per la
tenuta dei titoli di stato Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri
( da "Rai News 24" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Usa. Casa Bianca: investimenti
sicuri La Cina è il maggior creditore estero degli Usa Pechino ha lanciato un
esplicito avvertimento a Washington, toccando il sensibilissimo nervo dei
titoli di Stato americani. A farlo e' stato il premier Wen Jiabao in persona,
con poche ma chiare parole: si e' detto 'preoccupato' sulla tenuta del valore
dei treasuries e la rilevanza di questo messaggio
Borse: l'Europa prosegue
con il segno più ( da "Corriere.it"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina: «Preoccupati per nostri
investimenti in Usa» MILANO - Inizio positivo delle Borse europee nell'ultimo
giorno della settimana di contrattazioni finanziarie, mentre dall'Asia arrivano
buone notizie. Piazza Affari poco dopo l'inizio si è portata intorno a +2%,
trascinata da Fiat (+7%) sui dati sulle immatricolazioni europee e sulle
indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore su un
l'allarme della cina sui
titoli usa - pechino ( da "Repubblica,
La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: allarme della Cina sui titoli Usa
PECHINO «Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo
preoccupati». Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha
insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e
sui rischi connessi all´esplosione del deficit pubblico Usa.
pechino, paura per i bond
americani - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente
( da "Repubblica, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Uno scenario che naturalmente
preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader
di Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro
l´Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a
ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione.
Svizzera e Lussemburgo
allentano il segreto ( da "Finanza
e Mercati" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Sulla scia della globalizzazione
dei mercati finanziari e in particolare alla luce della crisi finanziaria, la
cooperazione internazionale in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza».
L'attuazione della decisione, spiega ancora il governo svizzero, «dovrebbe
avvenire nel quadro di convenzioni bilaterali di doppia imposizione».
Crisi, la Cina esorcizza i
fantasmi delle rivolte ( da "Arena,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: E agli Usa dice: «Noi investiamo,
ma voi garantiteci i vostri titoli di Stato» Crisi, la Cina esorcizza i
fantasmi delle rivolte La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la
crisi economica internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci
investimenti in titoli di Stato americani.
La pace a Gaza inizia dal
dialogo ( da "Arena,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Anche Cina, Iran e Russia
forniscono armi. Amnesty chiede che l'Onu avvii un'inchiesta internazionale che
porti alla luce la verità. Abbiamo anche creato la campagna "Control
Arms": le armi circolano con troppa libertà, non esiste una legge che
governi adeguatamente questi scambi.
Lonigo Polizia Locale e
Protezione Civile lavoreranno più a stretto contatto per risolvere ...
( da "Gazzettino, Il (Vicenza)"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Protezione Civile lavoreranno più a
stretto contatto per risolvere le situazioni di emergenza. Ma non solo.
L'obiettivo della Regione è anche di arrivare al coordinamento delle due forze
per l'attività di prevenzione. «La Protezione Civile è l'esempio in positivo
delle ronde e può servire anche come deterrente: volontari altamente preparati
a cui viene insegnato come ci si deve comportare
Ricerca sulle staminali:
Brescia sogna in grande ( da "Bresciaoggi(Abbonati)"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: oltre che da Usa, Cina e India, per
discutere gli sviluppi compiuti nell'utilizzo delle cellule staminali ottenute
dalla placenta, «eticamente compatibili» perché differenti da quelle che
vengono ricavate dagli embrioni. «È necessario che questo gruppo di lavoro
multicentrico, formato da ricercatori di diverse nazionalità,
Un bianco suv la Cayenne
numero 250mila ( da "Provincia
Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 000 Cayenne in tutto il mondo, fino
al febbraio 2007, quando è stata lanciata la seconda generazione. Nell'anno
fiscale 2007/08, appena chiuso, Porsche ha venduto 45.478 Cayenne. I maggiori
mercati di diffusione: Germania, Usa, Cina, Russia, America Latina e Medio
Oriente.
La democrazia nelle mani
di pochi ricchi ( da "Provincia
Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Sul banco degli imputati c'è
l'ultra globalizzazione liberista. L'idea che la politica non servisse più a
nulla, se non a rimuovere gli ultimi ostacoli allo sviluppo dell'economia. Il
risultato è che lo Stato, prima demonizzato, ora deve intervenire. «Si diceva:
"provvederà il mercato a regolarsi, ad allocare le risorse".
PROTEZIONISMO E DEFICIT
USA ( da "Tribuna
di Treviso, La" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: cioè che la cheap money nasce per
facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa,
che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della
sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che
qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la
Cina) di sicurezza globale.
Terre devastate dalle
guerre Ma noi restiamo ( da "Unita,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: E poi che valore ha la Corte
dell'Aja se Usa, Sudan, Cina e Russia non la riconoscono. Mi pare che si sia
voluto giocare ad una roulette russa internazionale e temo che si segua una
logica della giustizia dei vincitori, con qualcuno che magari vuole fare il
furbo e si nasconde dietro la Corte senza neanche riconoscerla».
cassa integrazione da
estendere a tutti i lavori ( da "Mattino
di Padova, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Stanno cambiando anche gli
equilibri del mondo: buona parte dell'indebitamento Usa lo controlla la Cina».
Secondo il segretario della Fiom-Cgil è forte il rischio di ingenerare una
guerra tra poveri, tra i cassaintegrati a 700 euro al mese e 4 milioni di
lavoratori precari che resteranno a casa senza l'ausilio degli ammortizzatori
sociali.
protezionismo e deficit usa
( da "Nuova Venezia, La"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: cioè che la cheap money nasce per
facilitare il collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa,
che il resto del mondo capitalista accetta di finanziare in cambio della
sicurezza militare che gli States offrono all'economia mondo. Il fatto è che
qui manca la soluzione salvo l'emergere di altri competitors (la Russia; la
Cina) di sicurezza globale.
Torna domani la giornata
dell'innesto ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Nell'era della globalizzazione
anche le campagne dei piccoli paesi rischiano di essere dimenticate. Giornate
come quella dell'innesto proposta dalla Pro Loco di Villa Sant'Antonio aiutano
a recuperare spazi e luoghi testimoni della storia di una comunità. ( an.
I T-bond che tolgono il
sonno alla Cina ( da "Milano
Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: bond che tolgono il sonno alla Cina
Il premier Wen Jiabao esprime preoccupazione per gli investimenti negli Usa, a
cui chiede di restare credibili. Pronto a varare misure di stimolo Il primo
ministro cinese Wen Jiabao ha espresso preoccupazione in merito ai titoli del
debito pubblico Usa detenuti dalla Cina, chiedendo a Washington di adottare
politiche efficaci per risanare l'
ÀNCORA BOND Borsa in
pillole ( da "Borsa
e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: elevato rischio di deflazione nelle
economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è
immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto
alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo
potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo.
Se il 2008 è stato l'annus
horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato ...
( da "Borsa e Finanza"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: elevato rischio di deflazione nelle
economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è
immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di base negativo dovuto
alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il contesto recessivo
potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio negativo.
Opec, tagli per 1 mln di
barili Con l'occhio puntato al G20
( da "Borsa e Finanza"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: tra Paesi satelliti Usa ed il mondo
sciita rappresentato da Siria e Iran. Forti attese suscita in tal senso il
vertice arabo in Qatar di fine marzo che precederà di qualche giorno il G20
dove Arabia Saudita, Russia e Cina saranno chiamate a giocare un ruolo cruciale
nelle misure per la lotta ai paradisi fiscali «non collaborativi»,
Qui nasce la cucina
hi-tech ( da "Giorno,
Il (Bergamo - Brescia)" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: non si usa acquistare la materia
prima in Estremo Oriente e poi etichettare il prodotto finito con il marchio
Made in Italy. La Cina, insomma, non ci tenta perché ci siamo resi conto che la
partita della concorrenza si vince sulla qualità». E SULL'INNOVAZIONE, visto
che, anche a dispetto della crisi, la Fluorgum non rinuncia agli investimenti:
Serve una regia per il
vino! ( da "Italia
Oggi" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Questo anche per il cambiamento
delle abitudini con minori uscite al ristorante e maggiori occasioni di
incontro in casa. Questa crisi arriva dopo che c'era stata una decisa ripresa,
ma non temo che ci potranno essere ripercussioni negative sui consumi.
Specialmente nei Paesi come Usa, Russia o Cina il trend continuerà a essere in
crescita.
Duello a largo della Cina
Arriva il "destroyer" Usa
( da "Riformista, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Duello a largo della Cina Arriva il
"destroyer" Usa Hot Spot. Il Premier cinese chiede rassicurazioni
economiche. Intanto tra le superpotenze cresce la tensione militare. E il lieto
fine non si vede. di Luigi Spinola Il Mar cinese meridionale - Nan Hai per i
cinesi - non è il Mar dei Caraibi e la Guerra Fredda è lontana.
È il capitale umano la
leva per Pmi e Sud ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: globalizzazione. «In Inghilterra
stiamo riprogrammando la nostra operatività - dice Mario Saraceno,
amministratore delegato della Irem - perché tutto si fermi alle 10 in punto,
così da dare il tè agli operai». Non è uno scherzo. è un altro problema da
affrontare per la impresa di Siracusa contro cui si sono sollevate a febbraio
le proteste nazionalistiche degli operai inglesi della
Europa e Stati Uniti
divisi al G-20 ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Le prese di posizione della Cina e
del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di stimolo fiscale, sono
probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro
Usa, Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio le delegazioni dei due
colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale europea.
Cade il deficit
commerciale Usa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: ad eccezione della Cina. Con
Pechino il disavanzo è lievitato a 20,57 miliardi da 19,88 miliardi in
dicembre. Nei confronti del Giappone è scivolato a 4,3 da 5,27 miliardi. Con
l'area dell'euro è sceso a 3,37 miliardi da 5,67 miliardi. Un dato
relativamente incoraggiante è invece arrivato dai prezzi all'import: sono
diminuiti in febbraio dello 0,
USA/CINA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data:
2009-03-14 - pag: 9 autore: USA/CINA Asilo politico per i familiari di Zhisheng
La moglie e i due figli di Gao Zhisheng, l'avvocato cinese dei diritti umani
che l'anno scorso figurava tra i candidati al premio Nobel per la Pace, hanno
ottenuto asilo politico negli Stati Uniti.
Wen: il debito Usa ci
preoccupa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data:
2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il primo creditore estero di
Washington con quasi 730 miliardi di dollari di titoli del Tesoro Wen: il
debito Usa ci preoccupa Il premier conferma ulteriori interventi a sostegno
dell'economia cinese Luca Vinciguerra SHANGHAI.
ULTIMATUM ALL'AMERICA
( da "Manifesto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il premier Wen Jiabao è stato
inusualmente franco con gli Usa, ieri, nella conferenza stampa che ha chiuso la
sessione annuale del Parlamento cinese (tradizionalmente l'unico incontro
dell'anno coi giornalisti). Raggiungere l'obiettivo di crescita dell'8% sarà
per la Cina complicato, ma non impossibile, e comunque è necessario.
Sindrome cinese
( da "Manifesto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Nessuno può fare pressioni contro
la stabilità dello yuan». Così la Cina, il maggior detentore di titoli del
debito pubblico Usa, lancia l'allarme globale di fronte alla politica monetaria
con cui Obama tenta di rispondere al grande crack americano PAGINA 11
Gli Usa importano sempre
meno. In Europa tutti a piedi ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: mentre con la Cina è salito a 20,6
miliardi. La novità negli Usa è rappresentata della crescita (anche se
impercettibile) della fiducia delle famiglie misurata dall'Università del
MIchigan. La crisi della domanda in Europa è ben rappresentata dalla vendite di
nuove auto: febbraio le immatricolazioni di nuove vetture (nella Ue a 27 e
nell'
Quando l'Algeria tradì la
ribelle anima berbera ( da "Manifesto,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Globalizzazione, sfruttamento,
conflitti del mondo sono così autosufficienti da relegare la sostanza
cinematografica in secondo piano - sfogliando il catalogo a caso ecco nella
sezione dedicata alla televisione, Odette Robert (1971) di Jean Eustache, il
ritratto della nonna seduta al tavolo della camera da pranzo (e all'
PECHINO - La Cina è disposta
a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader ...
( da "Messaggero, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: progetto sia quello di staccare il
Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita
dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno
dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo
a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato nel corso di
questa settimana in Tibet in occasione dell'
Palazzo Ducale a fuoco
ma... per esercitazione ( da "Resto
del Carlino, Il (Pesaro)" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Ieri mattina gli appuntamenti
salienti della giornata di esercitazione della Protezione Civile sono stati
spiegati, ma senza troppi dettagli per non svelare tutto agli spettatori,
dall'assessore alla Protezione civile Lino Mechelli, dal responsabile del
distaccamento dei Vigili del fuoco di Urbino Claudio Ovarelli, dal comandante
del Corpo forestale di Stato Alberto Mazzocchetti,
La grande fuga di He: a
piedi in Thailandia ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: a piedi in Thailandia La moglie e i
figli del dissidente Gao sono stati infine accolti negli Usa DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE PECHINO — A un certo punto, Geng He e i suoi due figli avevano
davanti un confine e la notte. Hanno attraversato entrambi. Hanno detto addio
alla Cina, li aspettava un altro pezzo di viaggio. Poi la Thailandia, gli
uffici dell'Onu, l'America.
E Obama rigioca la carta
militare ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: della Cina Il governo Usa non
esclude di schierare la Guardia Nazionale o unità dell'esercito alla frontiera
meridionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro
dell'Interno, Janet Napolitano, sta moltiplicando il numero degli agenti federali
al confine col Messico, il governo degli Stati Uniti non esclude di schierare
la Guardia Nazionale o perfino unità dell'
Debito, la Cina avverte
gli Usa ( da "Corriere
della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: tuteleremo gli investimenti Debito,
la Cina avverte gli Usa Wen Jiabao: da voi abbiamo investito molto, sono
preoccupato Il gigante asiatico è il primo sottoscrittore di bond del Tesoro
americano, con ben oltre mille miliardi di dollari DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO – «A dire il vero, un po' allarmato lo sono».
USA, SE LA CINA NON SI
FIDA ( da "Giorno,
Il (Milano)" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: 22 USA, SE LA CINA NON SI FIDA IL
COMMENTO IL PACCHETTO di stimolo economico di oltre 700 miliardi di dollari che
Obama si è fatto approvare dal Congresso, in realtà lo sta pagando la Cina. I
buoni del tesoro americani custoditi da Pechino ammontano alla stessa cifra, ma
questa volta il premier Wen Jiabao non si accontenta delle «
Così Verona può superare
questa crisi ( da "Arena,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Ma a rimettere in moto l'economia
sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte
persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero
che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India
hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra.
protezione civile, nuovo
slancio sotto la guida di adriano valle
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: anche un piano di potenziamento del
parco mezzi a disposizione della Protezione civile. «Il Comune presenterà a
breve una richiesta formale alla Protezione civile regionale per l'ottenimento
di un nuovo mezzo, un pick-up, che ci consentirà una maggiore e migliore
copertura del territorio comunale visto che a oggi siamo dotati di un solo
mezzo di movimento».
<No a ogni
liberalizzazione> ( da "Giornale.it,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Il programma rispecchia pienamente
la posizione dell'Italia, che, insieme a Svezia, Russia, Cina, Giappone e Usa,
intende mantenersi fermamente contraria a ogni forma di legalizzazione e
liberalizzazione delle droghe». La legge Giovanardi-Fini è stata accusata di
scarsa efficienza, visto l'aumento del consumo di cocaina in particolare.
L'allarme della Cina sui
titoli Usa ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: allarme della Cina sui titoli Usa
PECHINO - "Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati Uniti, sinceramente
siamo preoccupati". Con questa uscita esplosiva ieri il premier cinese Wen
Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di lungo termine del Tesoro
americano e sui rischi connessi all'esplosione del deficit pubblico Usa.
Il giudice Massaro a
Firenze per onorare Mazzei ( da "AmericaOggi
Online" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: scoprì le spezie che venivano dalla
Cina in Rodi e la Cina voleva raggiungere via mare, per averle più a buon
mercato, il costo essendo oneroso poichè le spezie che giungevano dalla Cina
raggiungevano il bacino mediterraneo a mezzo carovane di cammelli, le
"navi del deserto". Il Toscanelli non figura nelle enciclopedie USA
poichè nessun anglosassone vuol dargli alcun riconoscimento,
OBAMA RASSICURA LA CINA:
<BOND USA INVESTIMENTO SICURO>
( da "Wall Street Italia"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Obama rassicura la Cina: «Bond Usa
investimento sicuro» -->Così la casa Bianca risponde al premier cinese Wen
Jiabao che aveva espresso preoccupazioni per la tenuta delle finanze Usa...
L'ALLARME DELLA CINA SUI
TITOLI USA ( da "Wall
Street Italia" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: L'allarme della Cina sui titoli Usa
-->L'ANALISI L'allarme della Cina sui titoli Usa dal nostro corrispondente
FEDERICO RAMPINI (08:17 14/03/2009)
Pechino
<preoccupata> dal rischio dei titoli Usa
( da "Manifesto, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: di queste riserve sono investite
appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina
teme da un lato che il valore del dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve
periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che Washington aumenti in
modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile: più il governo americano
spenderà in misure di «stimolo»,
<Così Verona può
superare questa crisi> ( da "Arena.it,
L'" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Ma a rimettere in moto l'economia
sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte
persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero
che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India
hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra.
Finanza, sulle regole la
Ue si presenta unita ( da "Giornale
di Vicenza.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Ue vuole poi rivedere la governance
delle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare del Fmi affinché rifletta
i diversi pesi delle diverse economie. Quest'ultimo punto mira a ottenere
l'appoggio dei giganti emergenti come Cina, India, Brasile, finora
sottorappresentati negli organismi finanziari modellati sugli equilibri tra
paesi del G8.
Staminali da placenta,
esperti a Brescia: <Si va verso sperimentazioni cliniche>
( da "Avvenire" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina, Germania, Svizzera, Austria,
Regno Unito, Francia, Belgio, Israele, India. E lo dimostrano i lavori sulle
diverse aree in cui si stanno studiando le possibili applicazioni delle
staminali da placenta: malattie infiammatorie, neurologiche, cardiovascolari,
epatiche, lesioni del midollo spinale.
Crisi, la Cina tende la
mano agli Usa ( da "Avvenire"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la Cina tende la mano agli Usa DA
PECHINO L a Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in
titoli di Stato americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao
parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei
lavori dell'
WTA Indian Wells: eliminata
la Bartoli ( da "Datasport"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: (10) Marion Bartoli (FRA) 16 64 75
Li Na (CIN) b. (13) Patty Schnyder (SUI) 75 62 Jill Craybas (USA) b. (16)
Anabel Medina Garrigues (SPA) 75 36 64 (17) Amélie Mauresmo (FRA) b. Anna-Lena
Groenefeld (GER) 57 63 64 (18) Kaia Kanepi (EST) b. Virginie Razzano (FRA)
76(2) 10 rit. (19) Anna Chakvetadze (RUS) b.
Caro Gazzettino, perchè
nella nostra Italia non siamo stati capaci a dire "A me...
( da "Gazzettino, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Mode e globalizzazione, carnivori e
vegetariani, brioche o patatine, etc.,sembra che niente sia meglio dell'
hamburger. L' Europa da molti anni ha subìto l'influsso americano: dalla coca
cola, ai jeans, poi computers, internet, musica, films, finanza.
L'Italia è capacissima di
dire "a me piace" e per farlo non ha bisogno di aspet...
( da "Gazzettino, Il"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: è stata una globalizzazione anche
in nome della cucina italiana. Come c'è in n ome della moda italiana.
Escluderei, però, che sia l'hamburger l'origine dei mali di oggi, anche se
inteso come globvalizzazione con più difetti che pregi. È vero, l'hamburger è
diventato perfino una moneta sulla quale in molti paesi si livella la divisa
locale e la si rapporta al dollaro.
VALERIO CAPRARA UN
DINOSAURO METROPOLITANO CHE DIGRIGNA LA SUA RABBIA E IL SUO ORGOGLIO. CON SICU...
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Usa e rimirarsi la Ford Gran Torino
del '72 che cura con maniacale devozione. Sempre a un passo dallo scontro
fisico con la famigliola dei vicini «hmong» (popolazione asiatica profuga della
Cina e dell'Asia sud-orientale), si ritrova tra i piedi, come risarcimento di
un tentato furto, il timido adolescente Tao nei confronti del quale da
misantropo boss si trasforma prima in incuriosito
BENIAMINO NATALE PECHINO.
LA CINA è PRONTA A FARE LA SUA PARTE PER COMBATTERE LA CRISI ECONO...
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La Cina è pronta a fare la sua
parte per combattere la crisi economica internazionale e chiede agli Usa di
«garantire» i massicci investimenti cinesi in titoli di Stato americani. È la
linea ribadita ieri dal primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino
nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'
Codice Rosso, dal 19 marzo
alla Fiera di Ancona ( da "gomarche.it"
del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Codice Rosso Il Comune nel sistema
della protezione civile", che si terrà alla Fiera di Ancona dal 19 al 21
marzo 2009. Esercitazione al Palazzo Ducale di Urbino per recuperare feriti e
opere d'arte. URBINO "Una rassegna nazionale per mostrare come opera la
protezione civile e per promuovere una riflessione sulla cultura della
sicurezza".
La crisi provocherà una
nuova ondata di immigrati?. ( da "Giornale.it,
Il" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: davvero voglia di farsi guidare
dagli Usa? Scritto in globalizzazione, israele, era obama, democrazia, cina,
gli usa e il mondo, russia, medio oriente, islam Commenti ( 96 ) » (5 voti, il
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Ma Obama combatte davvero le lobbies?
USA: OBAMA, CINA PUO'
AVERE ASSOLUTA FIDUCIA IN ECONOMIA AMERICANA
( da "ITnews.it" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Barack Obama assicura che la Cina
puo' avere fiducia nell'economia americana. "Non solo il governo cinese,
ma ogni singolo investitore puo' avere assoluta fiducia", ha dichiarato il
presidente americano rispondendo cosi' - al termine di un incontro con il
presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva alla Casa Bianca - alle
preoccupazioni espresse ieri dal premier cinese,
Ambiente: Frattini, al g8
patto con Usa-Cina-India ( da "KataWeb
News" del 14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: al g8 patto con Usa-Cina-India 14
marzo 2009 alle 19:52 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Al G8 presieduto
dall'Italia 'vogliamo che si raggiunga un patto globale sulla riduzione globale
delle emissioni di C02 assieme a Usa, Cina e India'. Lo dice il ministro degli
Esteri, Franco Frattini, intervenendo dal palco del convegno di Rete Italia.
Crisi: Obama, Cina puo'
avere assoluta fiducia economia Usa
( da "Trend-online" del
14-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina puo' avere assoluta fiducia
economia Usa ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 14.03.2009
19:46 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) -
WASHINGTON, 14 mar - La Cina puo' avere 'assoluta fiducia' nell'economia
americana, ha assicurato oggi il presidente degli Stati Uniti,
( da "Trentino" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Dialogo con il Dalai Lama solo se rinuncia all'indipendenza del
Tibet» Cina, Wen Jiabao
ammorbidisce i toni Pechino vuole garanzie sugli investimenti in titoli
statunitensi PECHINO. La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato
americani. L'ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a
Pechino, in una conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea
nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si
sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. Pechino - ha
affermato il premier - intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso
di crescita dell'economia dell'8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà»,
la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni»
finanziarie per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un
tempestoso inizio nelle relazioni tra Pechino e la nuova amministrazione
americana del presidente Barack Obama, il primo ministro ha leggermente
ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a
Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi. La Cina
- ha sostenuto - è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai
Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, se questi «rinuncerà a
perseguire l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama - ha detto - bisogna
guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità». Il
leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina
autonomia», Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia staccare il Tibet
dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha
citato la crescita dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i
tibetani - hanno dimostrato che «la politica seguita dalla Cina
in Tibet è giusta».
( da "Stampa, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
[FIRMA]GLAUCO MAGGI
NEW YORK I preparativi per il G20 di Londra fervono, la Cina mette le mani avanti. Chiede al
governo Usa, a protezione
dell'esposizione di Pechino verso i titoli del debito di Washington, di
«mantenere la stabilità della economia» americana: di non ricorrere
all'indebolimento del dollaro come strumento di ripresa, nè pretendere che la Cina rivaluti la sua moneta.
«Siamo pronti a fare la nostra parte per combattere la crisi», ha assicurato il
premier Wen Jiabao alla fine dei lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, ma
gli Usa devono «garantire» i mille miliardi di titoli
di stato federali che costituiscono larga parte delle riserve valutarie cinesi.
«Abbiamo prestato moltissimo denaro agli Usa.
Onestamente, devo dire che qualche preoccupazione ce l'ho». Collegando il secco
monito valutario ai titoli Usa nelle riserve cinesi,
il leader di Pechino aveva in mente il ministro del Tesoro Usa
Timothy Geithner che, appena insediato, accusò la Cina
di «manipolare la moneta» al ribasso. «Al contrario, negli ultimi anni lo yuan
è cresciuto del 21%. Nessuno può imporci di deprezzarlo o apprezzarlo», ha
polemizzato Jiabao. La Cina sta attraversano un brutto
momento, con le esportazioni di febbraio in calo del 21% da un anno e una
ventina di milioni di lavoratori che hanno perso il posto per la crisi.
L'obiettivo di crescitacontinua ad essere dell'8%, anche se analisti indipendenti
pensano che sia più realistica una espansione del 5%, che sarebbe un boom nei
Paesi avanzati ma non basta alla Cina per evitare un
collasso. Anche la Cina si è messa sulla strada degli
stimoli pubblici, e la solidità delle sue riserve è una premessa cruciale. Di
qui la tirata d'orecchi a Washington, che suona però più come atto retorico che
come minaccia concreta. Nel settembre scorso, Pechino ha superato il Giappone
come primo detentore di obbligazioni pubbliche, perchè le alternative dello yen
e dell'euro evidentemente non fornivano maggiori garanzie. Del resto, il
biglietto verde ha dimostrato di essere un rifugio globale proprio nel secondo
semestre 2008: mentre la recessione si faceva sempre più cupa, il cambio con
l'euro è migliorato da 1,50 dollari per euro a 1,27 dollari circa. Dalla fine
del 2007 alla fine del 2008, anche se il governo cinese ha scaricato sul
mercato grandi quantità di titoli Fannie Mae e Freddie Mac - erano un quinto
delle riserve cinesi in dollari - la crescita di certificati Usa
detenuti da Pechino è salita del 46%. La minaccia di una vendita massiccia
sarebbe un autogol: se inizia a mettere sul mercato volumi sensibili di titoli Usa, il governo cinese riduce il valore del resto del
portafoglio.
( da "Rai News 24" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pechino | 14 marzo
2009 Pechino preoccupata per la tenuta dei titoli di stato Usa. Casa Bianca: investimenti sicuri La Cina è il maggior creditore estero degli Usa Pechino ha lanciato un esplicito avvertimento a Washington,
toccando il sensibilissimo nervo dei titoli di Stato americani. A farlo e'
stato il premier Wen Jiabao in persona, con poche ma chiare parole: si e' detto
'preoccupato' sulla tenuta del valore dei treasuries e la rilevanza di questo
messaggio deriva dal semplice fatto che il Dragone e' il primo
finanziatore del colossale debito americano. Parallelamente Wen ha respinto le
critiche occidentali sulla questione del Tibet, mentre tramite altri canali
Pechino tornava alla carica su un'altra partita aperta con Washington, quella
del bando americano sulle carni di pollo cinesi. La Casa Bianca ha detto in
risposta che gli investimenti negli Stati Uniti sono i piu' sicuri al mondo. Il
portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, rispondendo alle preoccupazioni
espresse dalla Cina sulla sicurezza degli investimenti
finanziari fatti da Pechino negli Usa (la Cina e'il maggior creditore estero degli Stati Uniti), ha
toccato l'argomento oggi nel suo briefing quotidiano ai media. "Non esiste
investimento piu' sicuro al mondo di quello fatto negli Stati Uniti", ha
dichiarato il portavoce del presidente Barack Obama.
( da "Corriere.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Tokyo chiude con
+5,15%, Wall Street giovedì aveva terminato con +3,45% Borse: l'Europa apre con
il segno più Fiat trascina Milano su voci fusione con Peugeot Citroen. Cina: «Preoccupati per nostri
investimenti in Usa» MILANO
- Inizio positivo delle Borse europee nell'ultimo giorno della settimana di
contrattazioni finanziarie, mentre dall'Asia arrivano buone notizie. Piazza
Affari poco dopo l'inizio si è portata intorno a +2%, trascinata da Fiat (+7%)
sui dati sulle immatricolazioni europee e sulle indiscrezioni riportate dal
Sole 24 Ore su un piano di fusione con Peugeot Citroen con l'assistenza
di Mediobanca, piano che l'azienda di Torino ha smentito. In una nota Fiat
afferma che «esamina ogni opportunità delle più varie forme di accordi per
ottenere sinergie produttive e accedere a nuovi mercati». Bene anche i bancari
con Banco popolare (+7%), Unicredit (+5,3%) e Intesa San Paolo (+5,5%). Gli
altri mercati europei realizzano rialzi tra l'1,5% e il 2%. ASIA - La Borsa di
Tokyo ha chiuso mettendo a segno un rialzo del 5,15%, la migliore seduta degli
ultimi tre mesi, sulla scia di Wall Street dove giovedì sera l'indice Dow Jones
aveva terminato con +3,45% e il Nasdaq +3,97%. Pur se la produzione industriale
giapponese ha segnato a gennaio un crollo più ampio delle attese su base
mensile: -10,2%. Sul confronto annuo, la produzione industriale si è ridotta
del 31%. Hong Kong +4,37%. CINA PREOCCUPATA - La Cina
è preoccupata per i suoi investimenti negli Stati Uniti. Lo ha dichiarato il
primo ministro Wen Jiabao. «Abbiamo prestato molto danaro agli Stati Uniti.
Certamente siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti. Vorrei
di nuovo invitare gli Stati Uniti a rispettare la loro parola e i loro impegni
a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi», ha aggiunto il premier
cinese. stampa |
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 1 - Prima
Pagina Wen Jiabao: i nostri soldi sono al sicuro? L´allarme
della Cina sui titoli Usa PECHINO «Abbiamo prestato capitali
enormi agli Stati Uniti, sinceramente siamo preoccupati». Con questa uscita
esplosiva ieri il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla
solvibilità di lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi
all´esplosione del deficit pubblico Usa. I mercati hanno reagito immediatamente, i Treasury Bonds
hanno perso quota di fronte all´eventualità di una "sfiducia" da
parte del più grande creditore sovrano degli Stati Uniti. SEGUE A PAGINA 4
( da "Repubblica, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 4 - Esteri
Pechino, paura per i bond americani Il premier cinese: dateci garanzie. La Casa
Bianca: "Da noi i soldi sono al sicuro" I mercati Wen Jiabao ha messo
in dubbio la credibilità del debito pubblico di Washington La Repubblica
popolare ha duemila miliardi di dollari piazzati in Treasury Bonds (SEGUE DALLA
PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE federico rampini Allo stesso tempo però
Wen ha rassicurato Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a
varare una seconda manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se
necessario", per rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa
Bianca, Robert Gibbs, si è affrettato a dire: «Gli investimenti negli Stati
Uniti sono i più sicuri al mondo» Non vi sono quasi precedenti di un leader
straniero che osi mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico
americano. Bisogna risalire agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli
anni ?60 contro l´aggancio dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il
contesto è profondamente cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa collocato all´estero finisce nei forzieri delle banche
centrali asiatiche, prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi
di Bot americani sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati
del 46%, a quota 700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle
riserve ufficiali cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury
Bonds e lo stesso vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e
dei fondi sovrani che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare.
L´Amministrazione Obama sarà costretta a nuove maxi-emissioni di titoli
pubblici nel 2009 (fino a 2.000 miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare
i salvataggi bancari e le manovre di spesa pubblica. Di qui l´allarme lanciato
ieri dal capo del governo cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la
sessione legislativa del Congresso del Popolo. «Il presidente Obama - he detto
Wen - ha varato misure per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte
aspettative. Ma l´America deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le
sue promesse, deve garantire la sicurezza degli investimenti cinesi». La
clamorosa uscita di Wen rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice
G-20 del 2 aprile a Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto
preannunciare un abbandono della politica cinese di investimenti nei titoli del
Tesoro Usa. Non c´è nessun segnale che la banca
centrale di Pechino stia diversificando il suo portafoglio, nel quale l´euro e
lo yen e l´oro continuano a occupare uno spazio del tutto marginale. Smettere
di finanziare il debito pubblico americano avrebbe per i cinesi una conseguenza
catastrofica: il tracollo del dollaro, quindi una rovinosa caduta di
competitività del made in China già sofferente per il calo della domanda
mondiale. Dal 2005 la moneta cinese si è rivalutata del 26% sul paniere delle
principali valute, e Pechino non ha interesse ad accelerare un apprezzamento
che danneggia i suoi esportatori. Ma la preoccupazione per l´escalation del
debito americano è reale. Da una parte Wen Jiabao deve rispondere a una
constituency nazionale - l´ala "populista" del Partito comunista -
che vorrebbe destinare a investimenti interni le risorse ingenti accumulate con
gli attivi del commercio estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che
Washington stia costruendo le premesse per un´uscita dalla crisi basata sulla
vecchia ricetta "inflazione più svalutazione". E´ una strategia che
ha illustri precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è
stampar moneta e creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa
spregiudicata della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione
del franco: un piccolo precedente che può segnare l´inizio di una catena di
svalutazioni competitive. Uno scenario che naturalmente
preoccupa il creditore di ultima istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di Pechino mettono sul tavolo le
loro priorità. Sono disposti a creare contro l´Europa un fronte Asia-America
(che include il Giappone), favorevole a ulteriori iniezioni di investimenti
pubblici anti-recessione. In cambio però vogliono da Washington delle
garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni
competitive.
( da "Finanza e Mercati" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Svizzera e
Lussemburgo allentano il «segreto» di Redazione del 14-03-2009 da
Finanza&Mercati del 14-03-2009 [Nr. 50 pagina 5] Anche l'Austria aderisce
agli standard Ocse Ma la trasmissione dei dati non sarà automatica. Berna vuole
prima accordi bilaterali Dopo Andorra e il Liechtenstein, è la volta di
Austria, Lussemburgo e Svizzera ad allentare la presa sul segreto bancario per
adeguarsi alle regole dell'Ocse e non finire nella lista nera dei paradisi
fiscali. La decisione dei paesi ha ricevuto il plauso di Angel Gurria,
segretario generale Ocse che ha parlato di «veri progressi» e del premier
francese Nicolas Sarkozy. Austria e Lussemburgo hanno acconsentito ad
allinearsi agli standard Ocse sullo scambio di informazioni in materia fiscale,
in vista di un G20 dove i paradisi fiscali e la lotta all'evasione saranno tra
i principali temi in agenda. I due paesi Ue non intendono però abolire il
segreto bancario, ma accetteranno di fornire dati caso per caso su richiesta
delle autorità straniere (e non automaticamente come vorrebbe la Germania),
come hanno spiegato in conferenza stampa il ministro del Tesoro del
Lussemburgo, Luc Frieden, e il responsabile delle Finanze austriaco, Josef
Proell. Simile la posizione svizzera, che tramite il Consiglio federale ha
annunciato ieri che si allineerà allo standard Ocse, anche se il segreto
bancario rimarrà. «Questo - si legge in una nota del governo - consentirà di
sviluppare, su richiesta concreta e motivata, in singoli casi, lo scambio
d'informazioni con altri Paesi. Il Consiglio è disposto ad avviare negoziati
sulla revisione di convenzioni contro la doppia imposizione. Il segreto
bancario svizzero - si precisa - è mantenuto». La decisione, spiega ancora il
Consiglio, «non ha alcuna conseguenza per i contribuenti residenti in Svizzera»
e «non muta neppure, nel diritto interno, le possibilità delle autorità fiscali
svizzere di accedere a dati bancari». Il Consiglio, si legge ancora, «riconosce
che il desiderio di un'adeguata protezione della sfera privata del cittadino
rimane profondamente radicato nella popolazione svizzera. È perciò deciso a
mantenere il segreto bancario e respinge fermamente uno scambio di informazioni
automatico. La sfera privata dei clienti continuerà a essere protetta da
tentativi non autorizzati di conoscere le situazioni patrimoniali». Tuttavia,
fa notare la Confederazione, «il segreto bancario non copre i reati fiscali. Sulla scia della globalizzazione dei mercati finanziari e in
particolare alla luce della crisi finanziaria, la cooperazione internazionale
in ambito fiscale ha assunto maggiore importanza». L'attuazione della
decisione, spiega ancora il governo svizzero, «dovrebbe avvenire nel quadro di
convenzioni bilaterali di doppia imposizione». Per la Svizzera infatti
lo scambio d'informazioni ampliato «avrà ripercussioni pratiche solamente con
l'entrata in vigore di tali convenzioni, da rinegoziare. Inoltre, nelle
relazioni con l'Ue, dovrà seguire un adeguamento dell'Accordo sulla fiscalità
del risparmio».
( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo 2009
NAZIONALE Pagina 4 PECHINO E LA CRISI. E agli Usa dice: «Noi investiamo, ma voi
garantiteci i vostri titoli di Stato» Crisi, la Cina esorcizza i fantasmi delle rivolte La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato
americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando ieri
a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori
dell'Assemblea nazionale del popolo. La scorsa settimana, Wen Jiabao,
rivolgendosi ai 3mila deputati dell'Assemblea nazionale del popolo, Parlamento
che si riunisce una volta l'anno, aveva detto che «per il 2009 dobbiamo essere
consapevoli che ci attendono difficoltà e sfide senza precedenti». La crisi è
arrivata anche in Cina: si chiudono le fabbriche,
venti milioni di operai hanno perso lavoro in tre mesi. Ora a far paura non è
il Tibet o Taiwan, ma il malcontento dei cinesi. A preoccupare sono gli operai
- fino a poco tempo fa l'esercito di braccia per il boom delle regioni
«rampanti» del Guangdong e di Shanghai, e ora ricacciati nelle province del
poverissimo centro: Gansu, Anhui, Hubei. Sono gli operai che potrebbero far
scoppiare grandi rivolte, e far saltare la sbandierata armonia sociale, un
capisaldo del regime. La nomenklatura della «fabbrica del mondo» prova a
correre ai ripari e, tramite Wen, in piena recessione mondiale si pone
l'obiettivo di una crescita sull'8 per cento, accompagnata da altri numeri
interessanti: disoccupazione urbana sotto il 4,6 per cento, 9 milioni di nuovi occupati
nelle città, incremento dei redditi e miglioramento della bilancia dei
pagamenti. Con il ricorso, inoltre, alla leva monetaria per dare carburante
alla crescita. Tra gli applausi dell'Assemblea del Popolo, Wen ha annunciato un
aumento del già faraonico piano di investimenti anticrisi di 4 mila miliardi di
renminbi (585 miliardi di dollari in due anni), per cooperare alla ripresa
mondiale e un aumento del deficit, dallo 0,4 per cento del 2008 al quasi 3, un
autentico record per la Cina ma ancora basso rispetto
al 12,3 previsto dagli Usa. E proprio nei confronti
dell'America, il direttore della Commissione di vigilanza bancaria cinese, Luo
Ping, incontrando un gruppo di banchieri americani a Wall Street, ha detto: «Vi
odiamo, ma non possiamo fare a meno di voi».
( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo 2009
NECROLOGI Pagina 21 GUERRA E SOCIETÀ. Alla Gran Guardia la conferenza Strisce
di pace «La pace a Gaza inizia dal dialogo» Rimini: «Va riconosciuto lo Stato
di Israele» L'imam: «L'ideale? Un Paese confederato» È finita con toni accesi la
conferenza «Strisce di pace» organizzata dalle associazioni Emergency, Unicef e
Amnesty per discutere delle situazione israeliana, palestinese e in particolar
modo di quel che accade nella striscia di Gaza. Carlo Rimini, presidente della
comunità ebraica di Verona, da dichiarato: «La colpa degli scontri è da
imputare a chi non ha voluto continuare l'armistizio e ha bombardato Israele,
che ha dovuto reagire. Solo quando Hamas riconoscerà lo stato d'Israele potrà
partire un vero processo di pace. La politica è il motore degli scontri».
L'Imam Guerfi della comunità islamica di Verona, che condivide con i
palestinesi credo religioso e cultura, ha risposto: «Un terzo soggetto dovrebbe
guidare israeliani e palestinesi alla pace. Ma la Palestina non è ancora uno stato
e credo non sarà mai riconosciuto come a sé stante. Bisognerebbe creare uno
stato unificato diviso in due, come nei Paesi Bassi. Concordo con Rimini: la
guerra non ha cause religiose, bensì politiche. Ma Israele è una nazione
ingiusta perché attacca la popolazione inerme. Gli Usa
non devono interferire, loro dagli arabi cercano solo di guadagnare, non di
portare pace». Guerfi ha poi smentito Rimini: «Non è vero che Hamas non vuole
riconoscere lo stato d'Israele, sono gli israeliani che non vogliono cedere i
propri confini». All'Imam ha risposto Enrico Milano, docente di diritto
internazionale dell'università di Verona: «Dissento sull'idea di creare uno
stato confederato perché presuppone una negoziazione continua su tutto. Sono
ottimista su Obama, è più facile che sia lui piuttosto che l'Europa a
traghettare Israele e Palestina verso la pace». Milano ha cominciato la
conferenza, moderata dal giornalista de L'Arena Giancarlo Beltrame, con
un'introduzione storico-giuridica. Alvise Pettoello, membro di Emergency, ha
poi riportato quanto quanto scritto dal giornalista di Peace Reporter Naoki
Tomasini: «Il fosforo bianco è stato utilizzato anche di giorno in zone
densamente abitate, pratica vietata dai trattati internazionali. Sono state
sganciate anche bombe Dime, erroneamente considerate non letali. Le armi sono
fornite ad Israele soprattutto da Francia, Usa e
Germania, mentre quelle palestinesi sono fabbricate in Iran, Siria e Arabia
Saudita. I trattati non sono stati rispettati anche per quanto riguarda i bombardamenti
a scuole e ospedali». Poi hanno parlato Zeno Filippi e Valentina Moretti
dell'Unicef: «Metà degli abitanti della striscia di Gaza sono bambini. Le
ferite fisiche e psicologiche che subiscono sono spesso gravi. L'Unicef cerca
di puntare sull'istruzione, di informare tramite tv e volantini del pericolo
delle bombe inesplose e ha 5 team che fanno visite sanitarie a domicilio e
terapie di gruppo o personali. Sanità, nutrizione, sistema idrico-fognario e
protezione dei bambini sono le priorità dell'Unicef». Nicolò Da Ronco,
viceresponsabile di Amnesty Internetional, da detto: «Ci sono crimini di guerra
continui. Anche Cina, Iran e Russia forniscono armi. Amnesty chiede che l'Onu avvii
un'inchiesta internazionale che porti alla luce la verità. Abbiamo anche creato
la campagna "Control Arms": le armi circolano con troppa libertà, non
esiste una legge che governi adeguatamente questi scambi. Vi invitiamo a
visitare www.amnesty.it e a firmare gli appelli». Beltrame, infine, ha voluto
ricordare le associazioni che oggi non sono state rappresentate ma che agiscono
sul campo. Fra queste Medici senza Frontiere cui in questi giorni hanno rapito
un medico in Darfur.
( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo
2009, Lonigo Polizia Locale e Protezione Civile lavoreranno
più a stretto contatto per risolvere le situazioni di emergenza. Ma non solo.
L'obiettivo della Regione è anche di arrivare al coordinamento delle due forze
per l'attività di prevenzione. «La Protezione Civile è l'esempio in positivo
delle ronde e può servire anche come deterrente: volontari altamente preparati
a cui viene insegnato come ci si deve comportare in qualsiasi situazione
di pericolo», ha sottolineato l'assessore Regionale alla sicurezza Massimo
Giorgietti, ieri al convegno sulla Polizia Locale, aprendo i lavori del decimo
meeting della Protezione Civile, che si svolgerà a Lonigo anche oggi e domani.
Per l'assessore sono due le parole d'ordine: professionalità e organizzazione.
«Sto lavorando - ha specificato - per mettere in collegamento tutte le forze
che operano sul territorio nei momenti di emergenza. Secondo il nostro progetto
la Polizia Locale diventa il tramite tra il sindaco e il sistema dei
volontari». La partenza è la preparazione. Se i circa 15 mila volontari della
Protezione civile veneta - 2000 dei quali erano presenti a Lonigo - hanno
infatti un centro di formazione, presto, con la nuova scuola regionale, anche
la Polizia locale avrà una formazione specializzata. «La Protezione civile del
Veneto - ha concluso Giorgetti - è all'avanguardia a livello europeo. Lo sarà
presto anche la rete regionale della sicurezza con l'attivazione dei distretti
e con l'adozione dei Piani di zonizzazione» Inoltre la Protezione civile ha un
altro nuovo strumento, il Centro funzionale decentrato (Cfd), presentato da
Elena Donazzan, assessore regionale alla Protezione civile. «Il Cfd rappresenta
la struttura tecnico-scientifica di supporto alla gestione organizzativa e
funzionale del sistema di allertamento del Veneto - ha spiegato l'assessore - e
sarà responsabile, sia in fase di previsione che in quella di monitoraggio e
sorveglianza, della valutazione della rilevanza degli eventi metereologici
attesi, dei possibili conseguenti affetti al suolo e del livello di criticità
complessivamente atteso nel territorio regionale». Pietro Rossi
( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
SALUTE. La proposta
al workshop alla Poliambulanza con ricercatori da tutto il mondo Ricerca sulle
staminali: Brescia sogna in grande di Lisa Cesco Brescia si candida a diventare
sede della Società scientifica internazionale sulle cellule staminali da
placenta: la proposta è emersa nel corso del secondo workshop internazionale
sulle staminali da placenta che si conclude oggi alla Fondazione Poliambulanza
ed è stato organizzato dal Centro di Ricerca «Eugenia» Menni (Crem). OSPITI del
workshop ricercatori da tutta Europa, oltre che da Usa, Cina e India, per discutere gli sviluppi compiuti nell'utilizzo delle
cellule staminali ottenute dalla placenta, «eticamente compatibili» perché
differenti da quelle che vengono ricavate dagli embrioni. «È necessario che
questo gruppo di lavoro multicentrico, formato da ricercatori di diverse
nazionalità, possa trovare un punto di riferimento comune come può
essere una società scientifica dedicata, che consentirebbe di interfacciarsi al
meglio anche con le altre società internazionali», spiega Ornella Parolini,
responsabile del Crem. «Questa idea verrà presentata e discussa oggi durante il
workshop, Brescia rappresenta la sede ideale per la nuova società che dovrà
tirare le fila di tutte le ricerche in atto: dopo un necessario periodo di
valutazioni e confronto, la nuova società scientifica potrebbe già decollare
per il prossimo autunno», anticipa Parolini. MOLTI DEI RELATORI intervenuti,
non a caso, hanno definito Brescia con la Fondazione Poliambulanza la «culla»
della ricerca sulle staminali placentari, partita idealmente con il primo
workshop organizzato in città nel 2007. Il Crem fin dal suo avvìo, nel 2002, ha
concentrato le forze sullo studio delle cellule staminali isolate da placenta,
dimostrando che tali cellule presentano caratteristiche simili a quelle delle
staminali da midollo osseo. I ricercatori del Crem hanno provato su modelli
animali che tali cellule sono in grado di migrare e attecchire in diversi
organi, quali polmone, midollo, cervello, potendo essere utilizzate anche in
trapianti «da donatore». Ma c'è anche dell'altro: recentemente è stata
individuata una sottopopolazione di cellule con caratteristiche immunologiche
peculiari, che potrebbero avere un ruolo chiave nel controllo del rigetto in
caso di trapianto tra due soggetti diversi. «SE ABBIAMO nuovi risultati da
discutere dopo esattamente due anni dal primo evento - dice Parolini - lo
dobbiamo anche al fatto che allora i ricercatori presenti avevano cercato di
delineare le caratteristiche principali delle staminali isolate dai tessuti
placentari, fissando i requisiti minimi per poter definire tali cellule
staminali, e da queste basi hanno continuato un lavoro assiduo di ricerca».
Durante il workshop sono stati illustrati i primi impieghi in modelli animali
delle cellule staminali da placenta, per provare a curare patologie come quelle
infiammatorie - fra cui la fibrosi polmonare e il morbo di Crohn - oltre a
malattie come l'ischemia cerebrale e disordini metabolici di carattere epatico.
I PRIMI RISULTATI positivi - hanno spiegato i ricercatori - rappresentano
piccoli passi avanti in direzione di una futura applicazione clinica di queste
cellule per curare i pazienti.
( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Un bianco suv la
Cayenne numero 250mila Venduta a un cliente austriaco. Sette le versioni
disponibili, Turbo S la "star" STOCCARDA. Porsche ha raggiunto il
traguardo dei 250.000 esemplari di Cayenne venduti. La pietra miliare è una
bianca suv 6 cilindri diesel, destinata ad un cliente austriaco. Il debutto del
modello Cayenne diesel è recentissimo visto che il lancio è avvenuto al salone
di Ginevra che chiude domani. Oggi la gamma dispone di sette versioni: il
modello base con motore V6 da 3.6 litri che eroga una potenza di 290 Cv; il
modello diesel con un 3.0 litri da 240 Cv che consuma nel ciclo misto 9,3 litri
per 100 chilometri; la più potente versione S spinta da un motore V8 da 4.8
litri che sviluppa 385 Cv, mentre la Cayenne Turbo raggiunge i 500 Cv. Il
modello di punta tuttavia resta la Cayenne Turbo S, dotata di doppio
turbocompressore e motore da 550 Cv, mentre il modello GTS offre, oltre al
motore da 4.8 litri e 405 CV, sospensioni sportive appositamente sviluppate e
un design dalla dinamicità accentuata. Il settimo modello in gamma è la Cayenne
S Transsyberia. Della prima generazione che ha debuttato nel 2002, la Porsche
ha venduto complessivamente 150.000 Cayenne in tutto il
mondo, fino al febbraio 2007, quando è stata lanciata la seconda generazione.
Nell'anno fiscale 2007/08, appena chiuso, Porsche ha venduto 45.478 Cayenne. I
maggiori mercati di diffusione: Germania, Usa, Cina,
Russia, America Latina e Medio Oriente.
( da "Provincia Pavese, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
di Fabrizio Merli «La
democrazia nelle mani di pochi ricchi» Massimo D'Alema, ospite di Libertà e
Giustizia, ha parlato della crisi mondiale «Il modello liberista è fallito e
adesso si torna allo Stato» PAVIA. «Il rischio oggi è la plutocrazia, cioè il
concentrarsi del potere nelle mani di quelli che hanno molto denaro. E nel
nostro Paese questo mi sembra abbastanza evidente». Massimo D'Alema è a Pavia
per tenere una relazione nell'ambito della scuola di politica di Libertà e
Giustizia. Introdotto da Salvatore Veca, davanti a una sala del collegio
"Santa Caterina" gremita, compie un viaggio lucido e inquietante
sulle origini e sullo sviluppo della crisi che si sta abbattendo sui mercati
finanziari di tutto il mondo. Sul banco degli imputati c'è
l'ultra globalizzazione liberista. L'idea che la politica non servisse più a
nulla, se non a rimuovere gli ultimi ostacoli allo sviluppo dell'economia. Il
risultato è che lo Stato, prima demonizzato, ora deve intervenire. «Si diceva:
"provvederà il mercato a regolarsi, ad allocare le risorse".
Ma non era vero - ha riassunto D'Alema - Questa deregulation ha prodotto un
drammatico deficit di democrazia». Il rimedio non può certo essere quello di
tornare indietro dal percorso della globalizzazione. «Non è possibile mettere
indietro le lancette della storia». Una delle soluzioni è quella di «costruire
una nuova architettura istituzionale internazionale» che dovrebbe rimettere al
centro «il ruolo delle Nazioni Unite». «Noi - ha aggiunto l'ex presidente del
consiglio - avevamo preparato una proposta di riforma del Fondo monetario
internazionale. Vi era previsto che ne facessero parte tutti i Paesi, non solo
quelli più ricchi. E che tutti i Paesi si sottoponessero alla sorveglianza di
questo ente. Compresi gli Stati Uniti d'America». Poco prima della propria
relazione, Massimo D'Alema aveva accettato di scambiare qualche battuta con i
giornalisti. Le proposte di Berlusconi per ridurre i tempi della politica? «Far
votare solo i capigruppo è anticostituzionale - ribatte D'Alema - e il nostro
sistema è fondato su principi costituzionali. Siamo tutti soggetti alla legge,
incluso il presidente del Consiglio. Si avrà modo di discutere della riforma
dei regolamenti parlamentari. Credo che dovremmo partire dalla bozza-Violante,
che prevede la riduzione del numero dei parlamentari e la trasformazione di uno
dei due rami del Parlamento in un Senato federale». La funzione della scuola
pavese di formazione della politica? «La scuola politica non è una scuola dei
politici. Sono i cittadini che si devono occupare di politica, altrimenti la
politica peggiorerà. In America dicono "occupati della politica, sennò
sarà la politica a occuparsi di te". Iniziative come questa servono
appunto per incoraggiare i cittadini a occuparsene di più». La fase "nera"
del Partito democratico? «Il Pd ha vissuto un momento di crisi; adesso sta
lavorando per uscirne, mi sembra positivamente». Infine, su eventuali rischi
per la democrazia, D'Alema commenta: «La democrazia è un sistema di pesi e
contrappesi, non può essere data una volta per tutte. Non c'è dubbio che oggi
viva un momento problematico per il peso delle diseguaglianze sociali».
( da "Tribuna di Treviso, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
PROTEZIONISMO E
DEFICIT USA SEGUE DALLA PRIMA via, data l'emergenza, la cosa, se limitata a
«camera di compensazione ed informazione» (ovvero senza ipotesi di
amministrativizzazione del credito), un minimo di utilità potrebbe averla.
Purché si ricordi che ogni medicina, a dosi sbagliate, è veleno. Per questo, le
crisi sarebbe meglio prevenirle; ma la cosa è più facile dirla che farla. Non
tanto perché queste siano opache ai radar degli analisti; in fondo, sono anni
che la letteratura economica annuncia la tempesta. Piuttosto, è che è difficile
agire, anche in termini di consenso, per il motivo che contro le bolle della
finanza l'arma principe è la stretta creditizia. Per questo si rimanda,
sperando di evitare l'impatto col principio di realtà. In fondo, è una
«maledizione che grava sulle Autorità» questa che le obbliga, abdicando la
propria sovranità ai mercati finanziari, a correre loro dietro. Poi, finiti
nella palude, ecco l'ansia terapeutica; opportuna ma tale da indurre a facili
abbagli. L'importante, allora, in particolare nelle regioni nordestine, è che
si rammenti il veleno insito in ogni medicina; nel caso, le possibili ricadute
protezioniste. Guai dimenticare, infatti, che l'economia nordestina è «esplosa»,
anticipando e guidando la globalizzazione (col duplice export di merci e di
offerta turistica) del Belpaese; con la conseguenza che il Nordest, se
ipnotizzato dal mito dei dazi, in un mondo economicamente più chiuso pagherebbe
un conto ancor più salato del necessario. Certo, il protezionismo
sembra una soluzione facile; viceversa, è perfetta (come dimostra l'esperienza
degli Usa negli anni Trenta del Novecento) per fare di
una «dura» botta finanziaria una violenta depressione. In sostanza, questo per
il Nordest sarebbe un suicidio. Pertanto, più che abbandonarsi al lutto conta
capire come siamo finiti sulle sabbie mobili. Per il ministro delle Finanze
Tremonti la causa è nell'implosione delle regole della governance dei mercati;
e da ciò deduce con ragione la necessità un nuovo «legal standard» capace di
trattenere, dandovi «forma politica», all'altrimenti anarchico capitalismo
mondiale. Per il ministro, probabilmente anticipando le posizioni dell'Italia
al prossimo G7 alla Maddalena, la «vera ingegneria» anticrisi è qui.
Naturalmente, che dopo un quindicennio di crescita la corsa si fermi è nelle
cose; però, dopo gli anni d'oro, proprio questa è l'occasione per ricalibrare
la governance degli scambi globali (Wto), correggendone le eventuali asimmetrie
competitive (marchi; diritti di proprietà intellettuale, falsificazioni; ecc.).
Naturalmente senza dimenticare che ad aggravare la recessione c'è quel collasso
finanziario che ha azzerato la sovranità monetaria pubblica. All'origine sta
un'onda anomala di cheap money (soldi quasi e/o gratis) in dollari che ha
facilitato un'innovazione finanziaria fuori norma. Il guaio, qui, è che i
vertici internazionali possono poco: perché tutto dipende, invece che da un
difetto (correggibile) di tecnica monetaria, da una «difficile» questione
politica: cioè che la cheap money nasce per facilitare il
collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista
accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono
all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di
altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale. Pertanto il dollaro, pur dopo
bypassati gli effetti peggiori dell'attuale «infarto creditizio», resterà assieme
a garantire e spaventare i mercati. Perché moneta e forza militare sono, nella
gerarchia delle nazioni, forme equivalenti. E qui Eurolandia è uno spettro.
Francesco Morosini
( da "Unita, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Terre devastate
dalle guerre Ma noi restiamo» Il fondatore di Emergency: «A quel Paese servono
più aiuti. C'è gente malata e che ha fame Bashir non ha il controllo di tutto
il territorio» R.G. Gino Strada è stato molte volte in Sudan negli ultimi
tempi. Emergency è presente in Sudan, o meglio nel Darfur, da relativamente
poco tempo ma sta costruendo un secondo centro clinico a Nyala. Sarà
un'ospedale pediatrico che il fondatore di Emergency spera di poter inaugurare
«tra sette-otto mesi». Per il momento Emergency è presente nella capitale e a
Soba sulle rive del Nilo Azzurro dove sorge il Centro di cardiochirurgia Salam
a venti chilometri da Khartoum. I lavori, iniziati nell'ottobre 2004, sono
terminati nei primi mesi del 2007 e da allora lavora a ritmo continuo sia con i
residenti sia con i rifugiati in fuga dal Sud. Com'è la situazione per i medici
e gli operatori umanitari adesso laggiù? «È davvero complessa e se ne sa poco.
Sono territori molto estesi, con poche strade, dove non esistono cellulari.
Raccogliere informazioni è davvero molto difficile. Ci sono scontri tribali
endemici, tra pastori e contadini, che un tempo venivano via via ricomposti dai
capi tribù, almeno a periodi. Ora scoppiano guerre tremende, come quella
dell'89-90 di cui in Italia non abbiamo saputo niente. E c'è un gioco grosso,
interessi e potenze mondiali, le stesse che hanno destabilizzato il Sud con
l'ultima guerra, che continuano a destabilizzare il paese utilizzando le
antiche rivalità». Quali interessi ci sono in gioco? «Tutte le potenze sono
interessate al Sudan, il paese più grande dell'Africa e molto ricco di
minerali, dalla Cina agli Stati Uniti. È un territorio
che rappresenta i due terzi del continente africano». Avete avuto maggiori
problemi dopo il mandato di cattura contro il presidente Bashir? «No, non
abbiamo avuto segnalazioni di pressioni o altro, i nostri rapporti proseguono
inalterati. Anche con una buona collaborazione con il ministero della salute e
con il governatore di Karthoum». Perché pensa che Msf e le altre ong siano
state invece espulse? «Non lo so». Pensa sia giusto accusare di genocidio
Bashir? « Sono quattro anni che negli Usa c'è una
campagna mediatica che parla di genocidio, ma questo capo di imputazione non
compare nell'incriminazione di Bashir. Perché non è stato imputato Saddam o
Milosevic finché erano in carica?. Perché il procuratore Ocampo ha archiviato
le tante richieste di investigazione sui militari americani in Iraq? E poi che valore ha la Corte dell'Aja se Usa, Sudan, Cina e Russia non la riconoscono. Mi pare che si sia voluto giocare
ad una roulette russa internazionale e temo che si segua una logica della
giustizia dei vincitori, con qualcuno che magari vuole fare il furbo e si
nasconde dietro la Corte senza neanche riconoscerla». E gli stupri di
massa, il ruolo dell'Onu? «L'Onu con l'Aja non c'entra niente. Quanto agli
stupri di massa, sono convinto che ci siano stati ed è una tragedia che si
ripete ad ogni guerra. Così come ci sono sempre torture e assassinii efferati.
Ciò che credo è che larga parte del territorio sfugga al controllo del governo
centrale». Allora cosa si dovrebbe fare? «Si dovrebbero aumentare invece di
diminuire gli aiuti internazionali che già erano largamente insufficienti».
Aiuti a un governo accusato di efferatezze e crimini contro l'umanità? «Quando
qualcuno ha fame o è malato a me non interessa se è un ribelle, un assassino o
un buontempone. Per me il problema è che ha fame o è malato». Intervista a Gino
Strada
( da "Mattino di Padova, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 29 -
Provincia «Cassa integrazione da estendere a tutti i lavori» E' l'idea del
segretario Fiom-Cgil Landini. Verso Natale la crisi sarà peggiore CADONEGHE. Il
lavoro cala e le previsioni sono ancora peggiori. Secondo gli esperti gli
effetti più negativi li avvertiremo verso Natale. Fino ad allora si assisterà
al progressivo depauperamento della forza lavoro: ma esistono ricette per
tamponare la crisi? La domanda è stata posta l'altra sera dal direttore de Il Mattino,
Omar Monestier, a Maurizio Landini, segretario nazionale Fiom-Cgil e a Gianni
Potti, membro della giunta padovana di Confindustria, chiamati attorno ad un
tavolo dalla «Sinistra per Padova» (assieme nella foto). Per entrambi la
ricetta prevede come ingredienti, anche se in dosi diverse, flessibilità,
sgravi fiscali e modifica degli stili di vita all'insegna
dell'ecosostenibilità. «La crisi ha origini lontane, quando verso il 2000 si è
assistito al processo di finanziarizzazione dell'economia - risponde Landini - Stanno cambiando anche gli equilibri del mondo: buona parte
dell'indebitamento Usa lo
controlla la Cina». Secondo
il segretario della Fiom-Cgil è forte il rischio di ingenerare una guerra tra
poveri, tra i cassaintegrati a 700 euro al mese e 4 milioni di lavoratori
precari che resteranno a casa senza l'ausilio degli ammortizzatori sociali.
Ma allora il sussidio di disoccupazione può essere una soluzione? «E'
insufficiente. Il governo dovrebbe bloccare i licenziamenti ed estendere la
cassa integrazione a tutte le forme di lavoro» sostiene Landini. E gli
industriali? «Occorre sgravare le tasse ai lavoratori, in modo che possano
muovere l'economia anche attraverso gli acquisti - interviene Gianni Potti -
Occorre che il governo investa inoltre sull'innovazione e la formazione e che i
lavoratori, e i sindacati, accettino una maggiore flessibilità». D'accordo
sulla flessibilità anche Landini. (Cristina Salvato)
( da "Nuova Venezia, La" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 12 - Regione
PROTEZIONISMO E DEFICIT USA SEGUE DALLA PRIMA via, data l'emergenza, la cosa,
se limitata a «camera di compensazione ed informazione» (ovvero senza ipotesi
di amministrativizzazione del credito), un minimo di utilità potrebbe averla.
Purché si ricordi che ogni medicina, a dosi sbagliate, è veleno. Per questo, le
crisi sarebbe meglio prevenirle; ma la cosa è più facile dirla che farla. Non
tanto perché queste siano opache ai radar degli analisti; in fondo, sono anni
che la letteratura economica annuncia la tempesta. Piuttosto, è che è difficile
agire, anche in termini di consenso, per il motivo che contro le bolle della
finanza l'arma principe è la stretta creditizia. Per questo si rimanda,
sperando di evitare l'impatto col principio di realtà. In fondo, è una
«maledizione che grava sulle Autorità» questa che le obbliga, abdicando la
propria sovranità ai mercati finanziari, a correre loro dietro. Poi, finiti
nella palude, ecco l'ansia terapeutica; opportuna ma tale da indurre a facili
abbagli. L'importante, allora, in particolare nelle regioni nordestine, è che
si rammenti il veleno insito in ogni medicina; nel caso, le possibili ricadute protezioniste.
Guai dimenticare, infatti, che l'economia nordestina è «esplosa», anticipando e
guidando la globalizzazione (col duplice export di merci e di offerta
turistica) del Belpaese; con la conseguenza che il Nordest, se ipnotizzato dal
mito dei dazi, in un mondo economicamente più chiuso pagherebbe un conto ancor
più salato del necessario. Certo, il protezionismo
sembra una soluzione facile; viceversa, è perfetta (come dimostra l'esperienza
degli Usa negli anni Trenta del Novecento) per fare di
una «dura» botta finanziaria una violenta depressione. In sostanza, questo per
il Nordest sarebbe un suicidio. Pertanto, più che abbandonarsi al lutto conta
capire come siamo finiti sulle sabbie mobili. Per il ministro delle Finanze
Tremonti la causa è nell'implosione delle regole della governance dei mercati;
e da ciò deduce con ragione la necessità un nuovo «legal standard» capace di
trattenere, dandovi «forma politica», all'altrimenti anarchico capitalismo
mondiale. Per il ministro, probabilmente anticipando le posizioni dell'Italia
al prossimo G7 alla Maddalena, la «vera ingegneria» anticrisi è qui.
Naturalmente, che dopo un quindicennio di crescita la corsa si fermi è nelle
cose; però, dopo gli anni d'oro, proprio questa è l'occasione per ricalibrare
la governance degli scambi globali (Wto), correggendone le eventuali asimmetrie
competitive (marchi; diritti di proprietà intellettuale, falsificazioni; ecc.).
Naturalmente senza dimenticare che ad aggravare la recessione c'è quel collasso
finanziario che ha azzerato la sovranità monetaria pubblica. All'origine sta
un'onda anomala di cheap money (soldi quasi e/o gratis) in dollari che ha
facilitato un'innovazione finanziaria fuori norma. Il guaio, qui, è che i
vertici internazionali possono poco: perché tutto dipende, invece che da un
difetto (correggibile) di tecnica monetaria, da una «difficile» questione
politica: cioè che la cheap money nasce per facilitare il
collocamento del debito generato dal deficit estero degli Usa, che il resto del mondo capitalista
accetta di finanziare in cambio della sicurezza militare che gli States offrono
all'economia mondo. Il fatto è che qui manca la soluzione salvo l'emergere di
altri competitors (la Russia; la Cina) di sicurezza globale. Pertanto il dollaro, pur dopo
bypassati gli effetti peggiori dell'attuale «infarto creditizio», resterà
assieme a garantire e spaventare i mercati. Perché moneta e forza militare
sono, nella gerarchia delle nazioni, forme equivalenti. E qui Eurolandia è uno
spettro. Francesco Morosini
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del
14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Provincia di
Oristano Pagina 4021 Villa S.antonio Torna domani la giornata dell'innesto
Villa S.antonio --> Contro la desertificazione del territorio. Ma anche per
favorire il ritorno degli alberi da frutta che, qualche decennio fa,
abbondavano anche nelle campagne del paese della Marmilla. Sono le finalità
della nuova edizione della giornata dell'innesto, organizzata per domani
mattina a Villa Sant'Antonio dalla Pro loco locale diretta da Narciso Cuccu. La
manifestazione domenicale, chiamata proprio "Sa dì de s'innestu",
secondo memorial Antonio Pinna, inizierà alle 9 con il ritrovo dei vari gruppi
che si dirigeranno poi verso diverse località campestri. A loro il compito di
innestare peri selvatici nei terreni dove l'intervento sarà stato autorizzato
dai proprietari degli appezzamenti. Ogni difensore degli alberi da frutto del
territorio dovrà procurarsi le varietà di pero e portare con sé tutta
l'attrezzatura necessaria per l'innesto. Alla fine della mattinata verde uno
spuntino, organizzato dall'associazione turistica, finanziato dalle stesse
quote dei partecipanti all'iniziativa. Nell'era della
globalizzazione anche le campagne dei piccoli paesi rischiano di essere
dimenticate. Giornate come quella dell'innesto proposta dalla Pro Loco di Villa
Sant'Antonio aiutano a recuperare spazi e luoghi testimoni della storia di una
comunità. ( an.pin. )
( da "Milano Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Milano Finanza
sezione: Mercato Globale data: 14/03/2009 - pag: 29 autore: di Andrew Batson e
Andrew Browne I T-bond che tolgono il sonno alla Cina Il premier Wen Jiabao esprime
preoccupazione per gli investimenti negli Usa, a cui chiede di restare credibili. Pronto a varare misure di
stimolo Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha espresso preoccupazione in
merito ai titoli del debito pubblico Usa detenuti dalla Cina, chiedendo a Washington di adottare politiche efficaci per
risanare l'economia americana. Wen ha espresso fiducia nella capacità
del governo di Pechino di mantenere all'8% la crescita della propria economia e
ha annunciato che la Cina ha le risorse per adottare
misure di stimolo supplementari, se necessario. «Abbiamo a disposizione riserve
adeguate. In qualsiasi momento siamo in grado di introdurre nuove politiche di
stimolo», ha dichiarato. Secondo il primo ministro, le aspettative del mercato
per un altro pacchetto di stimolo erano basate su «voci e fraintendimenti» e il
programma di investimento cinese da 4 mila miliardi di yuan riguarda «le
esigenze sia di breve che di lungo termine». Wen, alla conferenza stampa
annuale convocata per la chiusura della sessione legislativa cinese, ha
sottolineato con forza l'effetto delle politiche cinesi sull'economia
internazionale. Ma ha anche ricordato che gli Stati Uniti rimangono la maggiore
economia mondiale e che la Cina sta valutando
attentamente gli effetti delle politiche adottate dal presidente americano
Barack Obama. «Abbiamo prestato una grande quantità di denaro agli Stati Uniti,
è ovvio quindi che siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri asset.
Effettivamente sono piuttosto preoccupato», è stata la risposta di Wen alla
domanda di un giornalista. Wen ha invitato gli Stati Uniti a «mantenere la loro
credibilità, onorare il proprio impegno e garantire la sicurezza degli asset
cinesi». La Cina detiene le maggiori riserve in valuta
estera del mondo, che alla fine del 2008 erano valutate in 1.946 miliardi di
dollari e circa due terzi di tale somma si ritiene che sia investita in asset
denominati in dollari americani, essenzialmente titoli di stato. Wen ha
ribadito la posizione della Cina, ossia che le riserve
in valuta estera vengono gestite con attenzione alla «sicurezza, liquidità e
redditività», in quest'ordine. Nonostante la priorità della Cina
sia proteggere i propri interessi, «allo stesso tempo, terrà in considerazione
anche la stabilità finanziaria internazionale, perché le due cose sono
correlate». Wen, che ogni anno convoca una conferenza stampa alla chiusura del
Congresso Nazionale del Popolo, la sessione legislativa cinese, ha parlato in
tono insolitamente risoluto in merito alle preoccupazioni relative all'effetto
delle politiche cinesi sull'economia internazionale. Il premier ha fatto notare
che la Cina non ha spinto al ribasso lo yuan e ha
ribadito l'impegno del governo per la stabilità della valuta «a un livello
ragionevole ed equilibrato». Lo yuan è rimasto attorno a 6,84 contro il dollaro
dal luglio 2008, ma Wen ha osservato che poiché il biglietto verde si è
rafforzato contro le altre valute asiatiche ed europee, lo yuan è diventato più
forte, frenando le esportazioni cinesi. Secondo Wen, solo la Cina
può decidere il futuro dello yuan. «Nessun paese può spingerci verso un
apprezzamento o un deprezzamento» della valuta, ha dichiarato. Per il premier,
la Cina ha mantenuto una stabilità sociale generale,
nonostante l'incremento della perdita di posti di lavoro, e il modo principale
per affrontare la disoccupazione è sostenere lo sviluppo delle piccole e medie
imprese, che impiegano il 90% dei lavoratori. I suoi commenti evidenziano come
queste piccole aziende siano state duramente colpite dalla crisi finanziaria
globale, ma dimostrano anche le difficoltà che il governo dovrà affrontare nel
creare posti di lavoro, poiché gran parte del piano di investimento del governo
ha come obiettivo progetti infrastrutturali che probabilmente aiuteranno
maggiormente le grandi società. «L'incentivazione dell'occupazione sarà
un'attività chiave nello sviluppo economico e sociale, e continueremo ad
adottare misure incisive» a sostegno dell'occupazione, ha affermato Wen,
aggiungendo che la Cina spera di raggiungere un
accordo per una maggiore cooperazione economica con Taiwan il prima possibile e
che entrambe le parti devono collaborare per fare fronte alla crisi finanziaria
internazionale. La Cina inoltre concluderà «accordi
ragionevoli» per la partecipazione dell'isola in alcuni gruppi internazionali,
come l'Assemblea mondiale della sanità, l'organo decisionale
dell'Organizzazione mondiale della sanità. Il governo cinese per parecchio
tempo si è opposto alla partecipazione di Taiwan nelle organizzazioni
internazionali. La Cina sosterrà con decisione lo
sviluppo economico di Hong Kong e Macao e introdurrà al più presto un sistema
di pagamento in yuan che interesserà entrambi i territori. L'utilizzo dello
yuan negli scambi commerciali è un importante passo in avanti verso la piena
convertibilità dello yuan. Inoltre consente ai commercianti cinesi di sapere
quanto riceveranno nella loro valuta locale, un modo per evitare il rischio
valuta che ha avversato il settore delle esportazioni negli ultimi dodici mesi.
Rispondendo alla domanda se la Cina fosse disposta ad
aumentare il proprio contributo al Fondo Monetario Internazionale, Wen ha
spiegato che l'aumento del capitale del Fmi non è un compito che spetta a un
solo paese, ma un onere che andrebbe condiviso da tutti i membri del Fondo in
base alle loro quote. Il premier ha inoltre ribadito che, secondo la Cina, il Fmi dovrebbe tenere in considerazione gli interessi
dei paesi in via di sviluppo. L'Unione europea ha chiesto il raddoppio delle
risorse del Fmi e il segretario del Tesoro americano Timothy Geithner ha
avanzato diverse proposte per aumentare i finanziamenti al Fondo. La Cina ha cercato seriamente di dimostrare di essere un
cittadino globale responsabile in questo periodo di crisi finanziaria,
pronunciandosi frequentemente contro il protezionismo e adottando alcune misure
per l'apertura dei suoi mercati. I commenti di Wen sono giunti il giorno dopo
che la Cina ha dichiarato di aver iniziato a
consentire alle autorità locali di approvare alcuni investimenti esteri, nel
tentativo di renderli più semplici, in un periodo in cui hanno registrato un
deciso calo. Gli investimenti esteri sono stati di fondamentale importanza per
creare posti di lavoro e introdurre nuove tecnologie e prassi gestionali. Wen
ha parlato alla vigilia della riunione dei ministri finanziari e delle banche centrali
delle nazioni del G20 a Londra, che preparerà le basi per il summit del G20 del
2 aprile. Secondo Wen, nei prossimi incontri, il G20 dovrebbe continuare a
concentrarsi sugli aiuti alle economie in via di sviluppo, specialmente quelle
meno sviluppate.
( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
INCHIESTA ÀNCORA
BOND Borsa in pillole Sì ai titoli di Stato, con duration 3-5 anni. E si può
diversificare tra Italia, Grecia e Portogallo Anche un pizzico di corporate non
guasta Ma i gestori avvertono: pronti a vendere, perché sul debito sovereign
può arrivare lo tsunami L'equity? Tlc, pharma e hi-tech, in chiave tattica di
Gabriele Petrucciani - 14-03-2009 Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei
mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato come l'annus horribilis
dell'economia. Questa in estrema sintesi la view di gestori e strategist
intervenuti al consueto forum organizzato da Borsa&Finanza. Alla tavola
rotonda hanno partecipato: Luca Simoncelli, portfolio manager di BlackRock,
Francesco Fonzi, portfolio manager di Credit Suisse, Matteo Astolfi,
responsabile distribuzione per l'Italia di M&G, Sergio Bertoncini,
strategist di Crédit Agricole Asset Management, Nicola Trivelli, responsabile
investimenti di Sella Gestioni, Pietro Martorella, responsabile della
distribuzione fondi di Axa Im, e Francesco Aletti Montano, fondatore di Aletti
Montano&Co. Family Office. A prevalere è ancora il pessimismo, ma senza
indulgere nel catastrofismo. Tutti d'accordo: per ora è troppo presto risalire
sul carro delle Borse. Sì, perché non hanno ancora toccato i livelli di minimo
e con ogni probabilità l'Orso continuerà a graffiare anche nei prossimi mesi.
Anche perchè i multipli delle società continueranno a comprimersi e il tasso di
default a crescere. Qualche «scommessa», semmai si può prendere in chiave
tattica, selezionando aziende difensive, dal basso indebitamento e in grado di
generare flussi di cassa costanti. A conti fatti, comunque, gli addetti ai
lavori sono convinti che il 2009 si chiuderà su livelli più alti rispetto a
quelli attuali (l'S&P500 viaggia a ridosso dei 700 punti, in calo del 13%
in euro da inizio anno, mentre il Dj Eurostoxx50 quota circa 1.900 punti, in
calo del 21,50% da gennaio) e chi, tra le aziende, riuscirà a sopravvivere e
sostenere il proprio business sarà più forte di prima. Intanto, in attesa di
una ripresa, che forse arriverà (se arriverà) a cavallo tra il 2009 e il 2010,
conviene parcheggiare la liquidità sul reddito fisso, diversificando tra
corporate e governativo e privilegiando le scadenze brevi. Anche perché nel
momento in cui le Borse raggiungeranno il bottom, sul mercato obbligazionario,
soprattutto su quello dei titoli di Stato, potrebbe verificarsi la madre di
tutti i sell off. In particolare, a pesare sul governativo sarà l'enorme
fardello di debiti che sta gradualmente migrando dal privato al pubblico,
nonché una corsa generalizzata a cogliere le occasioni da saldo offerte
dall'azionario. Ma passiamo la parola agli esperti. 1 Il bilancio di questo
primo scorcio di 2009 è pesantissimo. Le Borse sono in rosso del 20% e i dati
macro non sono stati certo incoraggianti. Per quanto tempo bisognerà convivere
con l'Orso? Simoncelli: La duplice minaccia della recessione economica e della
crisi del sistema finanziario ha contributo a mantenere l'avversione al rischio
degli investitori a livelli elevati in questa prima parte del 2009, spingendo
le asset class più rischiose e i mercati azionari verso nuovi minimi. A oggi,
riteniamo che i segnali di stabilizzazione sul fronte macro debbano ancora
manifestarsi completamente, ma il bilancio dei dati pubblicati negli ultimi
mesi risulta in miglioramento. Lo scenario a breve, tuttavia, rimane ancora
incerto e prevediamo mercati azionari ancora volatili. Fonzi: L'economia sta
esprimendo il peggio proprio in questi mesi, ma in termini direzionali i
mercati hanno già detto molto, anticipando abbondantemente la crisi in atto.
Non credo, dunque, che il 2009 sarà un anno unidirezionale. Certo è presto per
un riposizionamento strategico sull'equity, bisognerà aspettare la svolta degli
indicatori macroeconomici. Ma con un approccio opportunistico all'asset
allocation è possibile fare qualche puntatina. Astolfi: La situazione generale
è certamente difficile, ma abbiamo cominciato a vedere alcuni segnali che ci
fanno essere moderatamente ottimisti. Se infatti il 2008 è stato l'anno del
panic selling e delle vendite generalizzate, ora comincia a esserci una certa
differenziazione tra le aziende. Il mercato ha iniziato a guardare nuovamente
ai fondamentali, in particolare in direzione di quelle aziende che mostrano un
certo vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Bertonicini: È difficile
dire se l'equity sia vicino ai minimi. La visibilità sui trend macroeconomici e
sugli utili è ancora limitata, mentre la risoluzione degli squilibri che hanno
accompagnato la recessione richiederà tempi relativamente lunghi. Il
miglioramento delle valutazioni a livelli ormai prossimi a quelli dei primi
anni '80 non rappresenta un fattore sufficiente per l'innesco di un recupero
duraturo. Tra le condizioni necessarie manca una stabilizzazione del mercato
del credito e un reale rientro degli spread. Trivelli: Il 2009 si sta rivelando
un anno pessimo per l'economia e non ci aspettiamo notizie positive dal lato
macro, se non negli ultimi mesi. Le Borse hanno perso molto del loro valore a
partire dal 2008, iniziando a scontare anticipatamente i timori di una
recessione. Il sell off pesante degli ultimi giorni potrebbe essere il segnale
per un inizio di ripresa. Resta da capire, tuttavia, quanta parte delle cattive
notizie sono già nei prezzi delle azioni e quando l'emotività lascerà spazio
alle valutazioni. Martorella: I mercati azionari a livello globale hanno dovuto
digerire dati economici molto deludenti. In particolare, i timori riguardanti i
significativi abbassamenti del merito di credito hanno depresso le Borse. Ciò durerà
fino a quando i problemi del settore bancario non saranno risolti. Ma non si
può dire con certezza quando succederà. Di conseguenza, prevediamo che i
mercati si manterranno su posizioni attendiste nei prossimi sei mesi, tirati al
ribasso dalle cattive notizie economiche e spinti al rialzo dalle speranze di
una ripresa. Aletti Montano: Quello che posso aggiungere è come sia ormai
evidente che siamo in presenza di una «coattiva» globale, ovvero di vendite
forzate generalizzate. Tutti i compratori aspettano l'ultimo giorno utile per
entrare e sperare in un rimbalzo. E in un contesto del genere non c'è analisi
tecnica o fondamentale che tenga. Già verso giugno, comunque, potremo vedere la
fine di queste vendite forzate. La politica di tassi zero comincerà a produrre
i suoi effetti sul lato debito e allora potremo sperare in un rimbalzo. 2
Lontani dall'equity, dunque, almeno strategicamente. Ma su quali Paesi e
settori è possibile invece prendere delle scommesse? Simoncelli: In un'ottica
strategica, sulla maggior parte dei mercati azionari le metriche principali di
valutazione di lungo termine, come i rapporti prezzo/utile, hanno raggiunto
livelli di convenienza tali da rendere i rendimenti attesi dell'equity quanto
mai appetibili per gli investitori di lungo periodo. Come già accennato, però,
in questo momento preferiamo mantenere un posizionamento strategico difensivo
sui nostri portafogli. In termini di aree geografiche sovrappesiamo i mercati
sviluppati, in particolare Gran Bretagna e Usa, mentre
sottopesiamo l'area euro e il Giappone. Sugli emergenti, invece, abbiamo
un'esposizione marginale, ma manteniamo un'allocazione sull'Asia. In termini di
settori, invece, la nostra preferenza è per comparti difensivi quali
l'healthcare e le telecom. Confermiamo, inoltre, una preferenza per il settore
tecnologico, sulla base di un'elevata qualità dei bilanci, bassissimi livelli
di indebitamento e buoni cash flow. Fonzi: La nostra preferenza va ai mercati
sviluppati. Certo, è vero, alcune piazze emergenti stanno performando meglio da
inizio anno, ma è altrettanto vero che sono stati mercati meno colpiti dalla
crisi finanziaria. In linea generale, nei nostri portafogli rimaniamo
sottopesati sull'equity rispetto al benchmark e stiamo privilegiano i settori
più difensivi, quali per esempio servizi e utility. Ma guardiamo con favore
anche ad alcuni comparti più ciclici, come l'It, che ha dalla sua dei
mega-trend strutturali. Astolfi: Il nostro team global equity non assume
visioni su settori e Paesi specifici. Anche se per il team è molto importante
comprendere lo scenario macroeconomico, i gestori azionari si concentrano
esclusivamente sull'analisi individuale delle società, cercando di identificare
aziende con forti fondamentali, che si trovano nelle migliori condizioni per accrescere
gli utili unicamente attraverso le proprie attività e che saranno premiate da
un aumento della quotazione del titolo nel lungo periodo. Bertoncini: Riteniamo
ancora prematuro impostare piani di acquisto aggressivi sull'azionario. È
meglio affidarsi a un approccio graduale, per esempio per il tramite del Pac.
In termini di aree geografiche preferiamo gli Stati Uniti rispetto a zona euro,
Gran Bretagna e Giappone. In termini settoriali, invece, riteniamo ragionevole
ridurre le posizioni corte sui ciclici, ma solo con un respiro tattico. In
ottica più strategica, preferiamo ancora i settori difensivi, come telecom,
pharma e alimentari, nonché materie prime tra i ciclici. Sempre tra i
difensivi, infine, al momento le valutazioni delle utility appaiono particolarmente
tirate. Trivelli: Anche noi siamo convinti che il rischio volatilità sia ancora
altissimo. Di conseguenza, un acquisto su questi livelli potrebbe portare a
nuove perdite. In un'ottica di lungo periodo, tuttavia, questo potrebbe essere
un buon momento per iniziare a investire su società solide, dato il sell off
degli ultimi giorni che ha riguardato tutti i settori e non solo quelli
maggiormente colpiti dalla crisi. Per quanto riguarda le aree geografiche,
sull'America siamo prudenti, dal momento che non è chiaro quanto tempo
impiegherà l'economia Usa ad adeguarsi al cambiamento
strutturale. In termini di settori, invece, riteniamo che sia troppo presto per
acquistare titoli sia finanziari sia assicurativi, anche se alcune azioni
appaiono oggi eccessivamente penalizzate. Prediligiamo invece i titoli
difensivi e quelli legati al settore delle infrastrutture, che dovrebbero
beneficiare dei piani di stimoli dei governi. Martorella: Nel breve periodo,
riteniamo che si debba continuare ad agire con prudenza e a valutare le società
caso per caso. In particolare, per singole puntatine, consigliamo di guardare
alle aziende con bilanci solidi, basso debito e che continuano a pagare
stabilmente i dividendi. Al momento preferiamo il mercato inglese e quello
statunitense perché saranno probabilmente i primi a uscire dalla crisi
economica in corso. Inoltre, questi mercati sono stati generalmente meno
volatili e più difensivi. Per quanto riguarda i settori, preferiamo «salute» e
beni di consumo di prima necessità; ma per gli investimenti a lungo termine
cominciamo a guardare con interesse anche ai «material», che dovrebbero
beneficiare di della ripresa dei consumi in Cina.
Aletti Montano: Anch'io sono convinto che la sbornia da bolla non sia stata
smaltita. Occorre del tempo. Di conseguenza nel breve consigliamo di mantenere
un approccio cauto ma opportunistico. Pre quanto riguarda le aree geografiche
anche noi preferiamo le zone sviluppate, anche se tra gli emergenti guardiamo
con una certa attenzione l'India. 3 E per quanto riguarda l'Italia? A breve si
conosceranno i bilanci 2008 delle banche. Ci saranno brutte sorprese?
Simoncelli: In questo momento la prospettiva in termini di crescita dei
profitti aziendali è una delle variabili più incerte. Prevedere a quale livello
gli utili aziendali andranno a toccare un minimo è ancora un tema delicato e il
settore finanziario rimane la principale fonte di incertezza in questo
contesto. Sì, perché il comparto finanziario rimane fortemente soggetto alle
decisioni che verranno intraprese nel processo di «garanzie» statali.
Difficilmente, comunque, nei prossimi trimestri assisteremo a una ripresa nella
capacità di generare maggiori profitti da parte delle aziende. È molto
importante valutare le prospettive e le previsioni che le aziende forniranno in
relazione alla crescita attesa del proprio business. E le società in grado di
battere le attese degli analisti saranno sicuramente premiate. Fonzi: L'Italia
non è messa così male, anche se il listino italiano sta soffrendo di più
rispetto ad altri per via del peso rilevante del settore finanziario; un
comparto che ci lascia molto perplessi, in quanto deve ancora affrontare una
serie di problematiche irrisolte. In termini di bilanci è difficile fare
previsioni, ma una cosa è certa: i Roe al 20% appartengono a un ciclo e a un
mondo passato. Bertoncini: La nostra view in Italia è abbastanza allineata a
quella degli altri Paesi, almeno in termini di settori. Ma per quanto riguarda
il comprato finanziario, è in dubbio che le banche abbiano chiuso un 2008
difficilissimo, all'insegna di massicce perdite provocate dagli asset definiti
tossici, nonché dalla conseguente necessità di operare forti
ricapitalizzazioni. E il 2009, che si è aperto all'insegna della recessione,
vedrà dispiegare i suoi effetti negativi proprio sugli attivi delle banche,
indipendentemente dalla loro esposizione agli asset tossici. Proseguirà,
inoltre, la riduzione della leva finanziaria degli istituti di credito. Sul
versante positivo, segnaliamo il parziale rientro del problema della liquidità
e gli effetti positivi generati dal forte aumento della pendenza della curva.
Insomma, un quadro che mostra qualche segnale di miglioramento, ma che permane
difficile per gli effetti congiunturali della recessione e per quelli strutturali
legati agli squilibri di questi ultimi anni. Trivelli: La tendenza abbastanza
diffusa sul mercato nell'ultimo anno è quella di non guardare più i dati di
bilancio o quelli storici; tutto si gioca sulle aspettative di solidità del
mondo finanziario e sulla effettiva tenuta del sistema economico. Martorella:
In linea generale, a nostro avviso gli utili scenderanno in media di circa il
35% quest'anno, spinti al ribasso principalmente dai finanziari ma anche dalle
società non finanziarie. Questo perché risentiranno di un duplice shock: i
volumi hanno già iniziato a scendere drasticamente e i margini di profitto
(Ebitda/vendite) saranno la prossima vittima. Ne consegue la nostra previsione
negativa sugli utili. Aletti Montano: Personalmente, a dispetto di un andamento
piuttosto deludente, sono molto ottimista sul mercato italiano. L'Expo fungerà
da effetto trainante e sarà un faro importante per il nostro territorio. 4
Nell'ultima riunione, la Bce ha tagliato di mezzo punto il costo del denaro. Ci
saranno ulteriori sforbiciate? Quali sono le vostre apsettative sui tassi in Usa e in Europa? Simoncelli: Riteniamo che ci sia spazio per
ulteriori segnali di indebolimento del quadro macro della zona euro, il che
porterà la Bce a intervenire nuovamente sui tassi. La nostra attesa è quella di
avere tassi intorno all'1% a fine 2009. Negli Stati Uniti, invece, riteniamo
che i tassi saranno lasciati ai livelli attuali (ossia nella forchetta 0-0,25%)
per tutto l'anno. Astolfi: Il mercato prevede che la Bce continui ad agire, ma
in misura meno aggressiva di come hanno fatto la Fed o la Bank of England.
Secondo noi, invece, la Banca centrale europea sarà costretta a tagliare i
tassi più di quanto sia già stato prezzato dal mercato. Il nostro outlook è
molto negativo, con gli indicatori sulla fiducia e sul clima economico che
oscillano in prossimità di record negativi. Tuttavia, l'esperienza degli Stati
Uniti dimostra che c'è poco da guadagnare da ulteriori tagli dei tassi quando
raggiungono livelli molto bassi. Qualunque cosa succeda, comunque, è possibile
che i tassi di interesse restino bassi per un periodo molto lungo. Bertoncini:
Le banche centrali hanno ormai esaurito gli spazi di manovra sul costo del
denaro e agiscono sempre più sulla quantità di moneta immessa nel sistema allo
scopo di contrastare il crollo del moltiplicatore. La Bce ha aperto a un
ulteriore taglio di 50 punti base, mentre gli interventi diretti di sostegno al
credito di imprese e famiglie sono ormai il focus della Federal Reserve.
Trivelli: Riteniamo probabile un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce,
che però non adotterà una politica monetaria di tassi a zero, in quanto
l'utilità marginale di una tale strategia sarebbe nulla. Per quanto riguarda la
Fed, siamo convinti che i tassi rimarranno ai livelli attuali per tutto il
2009. Martorella: L'incontro di marzo della Bce sembra aver confermato un
ulteriore taglio dei tassi nei prossimi mesi di 50 punti base, così da portare
il costo del denaro all'1 per cento. Guardando alle proiezioni d'inflazione
della Bce, sempre più basse, siamo propensi a credere che la Banca centrale
europea possa scendere addirittura sotto la soglia dell'1%, apportando un
ultimo taglio ai tassi prima dell'estate. Infine, fattore più importante, hanno
iniziato a essere discusse anche misure non convenzionali, che potrebbero
essere implementate in tempi rapidi. Per gli Usa,
invece prevediamo che la Fed mantenga una politica di tassi zero per tutto
l'anno. 5 E per quanto riguarda il reddito fisso? Dove conviene posizionarsi
tra corporate e governativi? E su quali scadenze? Simoncelli: In termini
regionali continuiamo a preferire i titoli governativi della zona euro, dove
tuttavia stiamo attuando una riduzione dell'esposizione in termini di duration.
Negli Usa, invece, valutiamo con interesse gli
investimenti sui titoli delle agenzie Fannie e Freddie. Come per l'equity,
comunque, anche sui bond bisogna adottare una gestione più tattica, visto nella
seconda parte del 2009 potrebbero esserci fasi potenzialmente difficili per gli
investimenti obbligazionari. Fonzi: Personalmente consiglierei di privilegiare
titoli governativi e di avere un approccio prudente e selettivo verso tutto
quello che è corporate. In particolare priviligerei l'area euro e la parte
della curva a tre-cinque anni. Lontani dalle aree emergenti e dall'high yield.
Astolfi: Mentre il 2008 è stato l'anno dei governativi, il 2009 sarà l'anno dei
titoli corporate e dei convertibili. Ma bisogna essere molto selettivi. Gli
spread delle obbligazioni investment grade sono prossimi a livelli record,
indicando un numero di default senza precedenti. Gli investitori, dunque, sono
abbondantemente ricompensati per il rischio di default. Riteniamo che il tasso
default salirà quindi ancora, ma non si avvicinerà neanche lontanamente ai
livelli prezzati dal mercato. E questo rappresenta un'eccellente opportunità
per investire in corporate bond. Affinché gli spread del credito si restringano
significativamente la domanda di obbligazioni investment grade deve aumentare.
E crediamo che succederà, poiché gli investitori si stanno spostando dai titoli
cash a basso rendimento verso obbligazioni societarie che offrono un rendimento
più elevato. Bertoncini: Sul fronte governativo privilegiamo i titoli
obbligazionari europei rispetto a quelli americani, sia per i limitati spazi di
allentamento che ancora sussistono in Europa sia per il differenziale di
aumento prospettico dell'offerta di titoli di Stato. Gli spazi di discesa dei
rendimenti a breve sono ormai contenuti sia in Europa sia negli Stati Uniti,
per cui riteniamo che la pendenza delle curve possa andare a ridursi. I
corporate, invece, rappresentano oggi un'interessante scommessa di medio
periodo. Gli spread da record, infatti, sono destinati a rientrare, ma è
probabilmente illusorio attendersi un rientro rapido, sia in relazione al
permanere di condizioni di elevata avversione al rischio e di squilibri nei
mercati della liquidità sia per l'elevata offerta di nuovi titoli che sta
caratterizzando il mercato primario. Trivelli: Anche noi preferiamo non
investire nel mercato dei Treasury. Per quanto riguarda il governativo europeo,
invece, il nostro interesse è rivolto a Paesi come Italia, Grecia e Portogallo,
dove ci attendiamo un restringimento del differenziale tassi. Sui corporate, infine,
ci sono interessanti occasioni. Ma la cautela è d'obbligo. Nel processo di
allargamento degli spread non c'è stata distinzione fra emittenti di qualità ed
emittenti a rischio. Per questo è importante un'attenta selezione delle
società, investendo in titoli emessi da aziende con rating elevato, ben
capitalizzate e con cash flow positivi anche in scenari recessivi. Martorella:
Manteniamo un orientamento difensivo sulla nostra allocation obbligazionaria e
riteniamo che i titoli di Stato offrano ancora del valore, soprattutto
considerata l'attuale debolezza dei mercati azionari. In particolare,
preferiamo la parte lunga della curva, in quanto nei prossimi mesi tenderà ad
appiattirsi, sia in Usa sia in Europa. Sul fronte
corporate anche noi siamo convinti che i prezzi attuali di mercato implicano
tassi di default esagerati. Tuttavia, nel breve termine il rischio mark to
market è ancora toppo elevato, anche perché i fallimenti stanno accelerando e
molto probabilmente continueranno a salire durante tutto il 2009. In ottica buy
and hold, invece, il credito investment grade ci pare interessante. Aletti
Montano: Condivido quanto espresso fino a ora dai miei colleghi. Per quanto mi
riguarda, comunque, mi piacerebbe fare qualche puntatina sui corporate italiani
di emanazione bancaria, che in questo momento hanno rendimenti decisamente
interessanti, anche su scadenze ravvicinate, e un rischio default molto basso.
6 Si comincia a parlare di un ritorno all'inflazione verso la fine del 2009.
Quali sono le vostre aspettative? Le obbligazioni inflation linked sono
un'occasione d'acquisto? Simoncelli: Il nostro scenario base prevede che il
2009 sarà un anno caratterizzato dall'assenza di particolari pressioni
inflazionistiche e che i rischi legati all'insorgere di uno scenario deflativo
saranno superiori rispetto a quelli legati a uno scenario di ripresa
dell'inflazione per almeno due anni. Non crediamo comunque che andremo incontro
a rischi deflattivi veri e propri. Fonzi: L'inflazione sicuramente ripartirà,
ma è un problema rinviato nel tempo, a quando i deficit pubblici saliranno.
Certo è che il potenziale inflazionistico è molto alto, per cui i bond
inflation linked possono essere un'interessante occasione d'investimento, ma in
un'ottica di medio-lungo periodo. Astolfi: Continuiamo a pensare che il
pericolo maggiore sia la deflazione piuttosto che l'inflazione. La storia ci
insegna che le crisi finanziarie hanno conseguenze disinflazionistiche, poiché
fanno assistere a un ritiro della liquidità dal sistema e a una tendenza dei
prezzi al ribasso piuttosto che al rialzo. Il rischio d'inflazione potrebbe
attuarsi tra qualche anno, ma resta funzione di due fattori: le scorte
disponibili di denaro e la «velocità del denaro», ovvero la velocità con cui si
muove nel sistema. Le banche centrali stanno cercando di aumentare le scorte di
denaro per evitare la deflazione ma fintanto che continuano ad accumulare
questo non produrrà inflazione. Certo, la velocità del denaro potrebbe
aumentare, facendo così innalzare il rischio d'inflazione, ma non crediamo che
questo succederà nel futuro prossimo. Per ora ci stiamo muovendo in un contesto
con bassa inflazione e bassi tassi d'interesse, e riteniamo che ci resteremo
ancora per qualche anno. Bertoncini: È prematuro preoccuparsi del ritorno dell'inflazione
quando sussistono ancora rischi, sebbene limitati, di deflazione: la rapida
discesa del moltiplicatore del credito riduce gli effetti espansivi sui prezzi
delle politiche monetarie delle banche centrali. Tutto ciò è coerente con la
ridotta capacità del sistema di trasmettere l'effetto della discesa dei tassi
all'economia reale. Trivelli: Riteniamo che oggi l'inflazione non sia un
problema, ma bisognerà tenerla d'occhio nell'ultima parte dell'anno, quando ci
sarà il cambiamento di base. Le aspettative di rialzo potrebbero spaventare il
mercato obbligazionario e rendere interessanti le emissioni legate
all'inflazione. Martorella: Anche a noi l'inflazione non preoccupa, almeno in
questo momento. Il vero problema piuttosto è l'elevato
rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di
base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il
contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio
negativo. Questo rischio dovrà essere contrastato con misure di politica
monetaria non convenzionali. 7 Petrolio e materie prime continuano a scendere a
ritmi piuttosto sostenuti. È possibile ipotizzare una ripresa nel breve? E
quali sono i vostri target? Simoncelli: I fondamentali legati al mercato delle
materie prime restano poco incoraggianti: tanto per il petrolio, quanto per i
metalli industriali, il duplice effetto di una domanda debole e di un crescente
surplus della capacità produttiva continua a zavorrare i corsi. Per quanto
riguarda i metalli industriali, riteniamo allo stesso modo che sia presto per
una scommessa pro-ciclica di questo tipo. Bertoncini: In questo momento vediamo
una maggiore stabilità dei prezzi delle materie prime, che comunque saranno
supportate almeno in parte dall'attività reale dell'area asiatica. Tra i
settori delle materie prime, in particolare, ve ne sono alcuni che risultano
attraenti in ottica di medio periodo, come quelli legati all'attività
industriale. Fonzi: Noi invece guardiamo con molto interesse ai metalli di base
legati al settore infrastrutture, che in un'ottica di medio-lungo periodo sono
decisamente attraenti. Trivelli: Ci aspettiamo un graduale incremento dei prezzi
di petrolio e materie prime per almeno due ragioni: 1) è venuta a mancare sul
mercato la parte speculativa; 2) le vendite sono arrivate a superare le
aspettative di calo della domanda che effettivamente si realizzerà nel futuro.
Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che i titoli legati al
settore infrastrutture beneficeranno dell'incremento della domanda legata ai
piani di stimolo dei governi. Martorella: I prezzi dei metalli industriali
rimarranno sotto pressione per tutto il 2009. Per i preziosi, invece, ci sono
ancora margini per un aumento dei prezzi, ma con il rischio di una rapida
correzione quando si dovesse invertire la propensione degli investitori.
( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
INCHIESTA Se il 2008
è stato l'annus horribilis dei mercati finanziari, il 2009 sarà ricordato ...
di Redazione - 14-03-2009 Se il 2008 è stato l'annus horribilis dei mercati
finanziari, il 2009 sarà ricordato come l'annus horribilis dell'economia.
Questa in estrema sintesi la view di gestori e strategist intervenuti al
consueto forum organizzato da Borsa&Finanza. Alla tavola rotonda hanno
partecipato: Luca Simoncelli, portfolio manager di BlackRock, Francesco Fonzi,
portfolio manager di Credit Suisse, Matteo Astolfi, responsabile distribuzione
per l'Italia di M&G, Sergio Bertoncini, strategist di Crédit Agricole Asset
Management, Nicola Trivelli, responsabile investimenti di Sella Gestioni,
Pietro Martorella, responsabile della distribuzione fondi di Axa Im, e
Francesco Aletti Montano, fondatore di Aletti Montano&Co. Family Office. A prevalere
è ancora il pessimismo, ma senza indulgere nel catastrofismo. Tutti d'accordo:
per ora è troppo presto risalire sul carro delle Borse. Sì, perché non hanno
ancora toccato i livelli di minimo e con ogni probabilità l'Orso continuerà a
graffiare anche nei prossimi mesi. Anche perchè i multipli delle società
continueranno a comprimersi e il tasso di default a crescere. Qualche
«scommessa», semmai si può prendere in chiave tattica, selezionando aziende
difensive, dal basso indebitamento e in grado di generare flussi di cassa
costanti. A conti fatti, comunque, gli addetti ai lavori sono convinti che il
2009 si chiuderà su livelli più alti rispetto a quelli attuali (l'S&P500
viaggia a ridosso dei 700 punti, in calo del 13% in euro da inizio anno, mentre
il Dj Eurostoxx50 quota circa 1.900 punti, in calo del 21,50% da gennaio) e
chi, tra le aziende, riuscirà a sopravvivere e sostenere il proprio business
sarà più forte di prima. Intanto, in attesa di una ripresa, che forse arriverà
(se arriverà) a cavallo tra il 2009 e il 2010, conviene parcheggiare la
liquidità sul reddito fisso, diversificando tra corporate e governativo e
privilegiando le scadenze brevi. Anche perché nel momento in cui le Borse
raggiungeranno il bottom, sul mercato obbligazionario, soprattutto su quello
dei titoli di Stato, potrebbe verificarsi la madre di tutti i sell off. In
particolare, a pesare sul governativo sarà l'enorme fardello di debiti che sta
gradualmente migrando dal privato al pubblico, nonché una corsa generalizzata a
cogliere le occasioni da saldo offerte dall'azionario. Ma passiamo la parola
agli esperti. 1 Il bilancio di questo primo scorcio di 2009 è pesantissimo. Le
Borse sono in rosso del 20% e i dati macro non sono stati certo incoraggianti.
Per quanto tempo bisognerà convivere con l'Orso? Simoncelli: La duplice
minaccia della recessione economica e della crisi del sistema finanziario ha
contributo a mantenere l'avversione al rischio degli investitori a livelli
elevati in questa prima parte del 2009, spingendo le asset class più rischiose
e i mercati azionari verso nuovi minimi. A oggi, riteniamo che i segnali di
stabilizzazione sul fronte macro debbano ancora manifestarsi completamente, ma
il bilancio dei dati pubblicati negli ultimi mesi risulta in miglioramento. Lo
scenario a breve, tuttavia, rimane ancora incerto e prevediamo mercati azionari
ancora volatili. Fonzi: L'economia sta esprimendo il peggio proprio in questi
mesi, ma in termini direzionali i mercati hanno già detto molto, anticipando
abbondantemente la crisi in atto. Non credo, dunque, che il 2009 sarà un anno
unidirezionale. Certo è presto per un riposizionamento strategico sull'equity,
bisognerà aspettare la svolta degli indicatori macroeconomici. Ma con un
approccio opportunistico all'asset allocation è possibile fare qualche
puntatina. Astolfi: La situazione generale è certamente difficile, ma abbiamo
cominciato a vedere alcuni segnali che ci fanno essere moderatamente ottimisti.
Se infatti il 2008 è stato l'anno del panic selling e delle vendite generalizzate,
ora comincia a esserci una certa differenziazione tra le aziende. Il mercato ha
iniziato a guardare nuovamente ai fondamentali, in particolare in direzione di
quelle aziende che mostrano un certo vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti. Bertonicini: È difficile dire se l'equity sia vicino ai minimi. La
visibilità sui trend macroeconomici e sugli utili è ancora limitata, mentre la
risoluzione degli squilibri che hanno accompagnato la recessione richiederà
tempi relativamente lunghi. Il miglioramento delle valutazioni a livelli ormai
prossimi a quelli dei primi anni '80 non rappresenta un fattore sufficiente per
l'innesco di un recupero duraturo. Tra le condizioni necessarie manca una
stabilizzazione del mercato del credito e un reale rientro degli spread.
Trivelli: Il 2009 si sta rivelando un anno pessimo per l'economia e non ci
aspettiamo notizie positive dal lato macro, se non negli ultimi mesi. Le Borse
hanno perso molto del loro valore a partire dal 2008, iniziando a scontare
anticipatamente i timori di una recessione. Il sell off pesante degli ultimi
giorni potrebbe essere il segnale per un inizio di ripresa. Resta da capire,
tuttavia, quanta parte delle cattive notizie sono già nei prezzi delle azioni e
quando l'emotività lascerà spazio alle valutazioni. Martorella: I mercati
azionari a livello globale hanno dovuto digerire dati economici molto
deludenti. In particolare, i timori riguardanti i significativi abbassamenti
del merito di credito hanno depresso le Borse. Ciò durerà fino a quando i problemi
del settore bancario non saranno risolti. Ma non si può dire con certezza
quando succederà. Di conseguenza, prevediamo che i mercati si manterranno su
posizioni attendiste nei prossimi sei mesi, tirati al ribasso dalle cattive
notizie economiche e spinti al rialzo dalle speranze di una ripresa. Aletti
Montano: Quello che posso aggiungere è come sia ormai evidente che siamo in
presenza di una «coattiva» globale, ovvero di vendite forzate generalizzate.
Tutti i compratori aspettano l'ultimo giorno utile per entrare e sperare in un
rimbalzo. E in un contesto del genere non c'è analisi tecnica o fondamentale
che tenga. Già verso giugno, comunque, potremo vedere la fine di queste vendite
forzate. La politica di tassi zero comincerà a produrre i suoi effetti sul lato
debito e allora potremo sperare in un rimbalzo. 2 Lontani dall'equity, dunque,
almeno strategicamente. Ma su quali Paesi e settori è possibile invece prendere
delle scommesse? Simoncelli: In un'ottica strategica, sulla maggior parte dei
mercati azionari le metriche principali di valutazione di lungo termine, come i
rapporti prezzo/utile, hanno raggiunto livelli di convenienza tali da rendere i
rendimenti attesi dell'equity quanto mai appetibili per gli investitori di
lungo periodo. Come già accennato, però, in questo momento preferiamo mantenere
un posizionamento strategico difensivo sui nostri portafogli. In termini di
aree geografiche sovrappesiamo i mercati sviluppati, in particolare Gran
Bretagna e Usa, mentre sottopesiamo l'area euro e il
Giappone. Sugli emergenti, invece, abbiamo un'esposizione marginale, ma
manteniamo un'allocazione sull'Asia. In termini di settori, invece, la nostra
preferenza è per comparti difensivi quali l'healthcare e le telecom.
Confermiamo, inoltre, una preferenza per il settore tecnologico, sulla base di
un'elevata qualità dei bilanci, bassissimi livelli di indebitamento e buoni
cash flow. Fonzi: La nostra preferenza va ai mercati sviluppati. Certo, è vero,
alcune piazze emergenti stanno performando meglio da inizio anno, ma è
altrettanto vero che sono stati mercati meno colpiti dalla crisi finanziaria.
In linea generale, nei nostri portafogli rimaniamo sottopesati sull'equity
rispetto al benchmark e stiamo privilegiano i settori più difensivi, quali per
esempio servizi e utility. Ma guardiamo con favore anche ad alcuni comparti più
ciclici, come l'It, che ha dalla sua dei mega-trend strutturali. Astolfi: Il
nostro team global equity non assume visioni su settori e Paesi specifici.
Anche se per il team è molto importante comprendere lo scenario macroeconomico,
i gestori azionari si concentrano esclusivamente sull'analisi individuale delle
società, cercando di identificare aziende con forti fondamentali, che si
trovano nelle migliori condizioni per accrescere gli utili unicamente
attraverso le proprie attività e che saranno premiate da un aumento della
quotazione del titolo nel lungo periodo. Bertoncini: Riteniamo ancora prematuro
impostare piani di acquisto aggressivi sull'azionario. È meglio affidarsi a un
approccio graduale, per esempio per il tramite del Pac. In termini di aree
geografiche preferiamo gli Stati Uniti rispetto a zona euro, Gran Bretagna e
Giappone. In termini settoriali, invece, riteniamo ragionevole ridurre le
posizioni corte sui ciclici, ma solo con un respiro tattico. In ottica più
strategica, preferiamo ancora i settori difensivi, come telecom, pharma e
alimentari, nonché materie prime tra i ciclici. Sempre tra i difensivi, infine,
al momento le valutazioni delle utility appaiono particolarmente tirate. Trivelli:
Anche noi siamo convinti che il rischio volatilità sia ancora altissimo. Di
conseguenza, un acquisto su questi livelli potrebbe portare a nuove perdite. In
un'ottica di lungo periodo, tuttavia, questo potrebbe essere un buon momento
per iniziare a investire su società solide, dato il sell off degli ultimi
giorni che ha riguardato tutti i settori e non solo quelli maggiormente colpiti
dalla crisi. Per quanto riguarda le aree geografiche, sull'America siamo
prudenti, dal momento che non è chiaro quanto tempo impiegherà l'economia Usa ad adeguarsi al cambiamento strutturale. In termini di
settori, invece, riteniamo che sia troppo presto per acquistare titoli sia
finanziari sia assicurativi, anche se alcune azioni appaiono oggi
eccessivamente penalizzate. Prediligiamo invece i titoli difensivi e quelli
legati al settore delle infrastrutture, che dovrebbero beneficiare dei piani di
stimoli dei governi. Martorella: Nel breve periodo, riteniamo che si debba
continuare ad agire con prudenza e a valutare le società caso per caso. In
particolare, per singole puntatine, consigliamo di guardare alle aziende con
bilanci solidi, basso debito e che continuano a pagare stabilmente i dividendi.
Al momento preferiamo il mercato inglese e quello statunitense perché saranno
probabilmente i primi a uscire dalla crisi economica in corso. Inoltre, questi
mercati sono stati generalmente meno volatili e più difensivi. Per quanto
riguarda i settori, preferiamo «salute» e beni di consumo di prima necessità;
ma per gli investimenti a lungo termine cominciamo a guardare con interesse
anche ai «material», che dovrebbero beneficiare di della ripresa dei consumi in
Cina. Aletti Montano: Anch'io sono convinto che la
sbornia da bolla non sia stata smaltita. Occorre del tempo. Di conseguenza nel
breve consigliamo di mantenere un approccio cauto ma opportunistico. Pre quanto
riguarda le aree geografiche anche noi preferiamo le zone sviluppate, anche se
tra gli emergenti guardiamo con una certa attenzione l'India. 3 E per quanto
riguarda l'Italia? A breve si conosceranno i bilanci 2008 delle banche. Ci
saranno brutte sorprese? Simoncelli: In questo momento la prospettiva in
termini di crescita dei profitti aziendali è una delle variabili più incerte.
Prevedere a quale livello gli utili aziendali andranno a toccare un minimo è
ancora un tema delicato e il settore finanziario rimane la principale fonte di
incertezza in questo contesto. Sì, perché il comparto finanziario rimane
fortemente soggetto alle decisioni che verranno intraprese nel processo di
«garanzie» statali. Difficilmente, comunque, nei prossimi trimestri assisteremo
a una ripresa nella capacità di generare maggiori profitti da parte delle
aziende. È molto importante valutare le prospettive e le previsioni che le
aziende forniranno in relazione alla crescita attesa del proprio business. E le
società in grado di battere le attese degli analisti saranno sicuramente
premiate. Fonzi: L'Italia non è messa così male, anche se il listino italiano
sta soffrendo di più rispetto ad altri per via del peso rilevante del settore
finanziario; un comparto che ci lascia molto perplessi, in quanto deve ancora
affrontare una serie di problematiche irrisolte. In termini di bilanci è
difficile fare previsioni, ma una cosa è certa: i Roe al 20% appartengono a un
ciclo e a un mondo passato. Bertoncini: La nostra view in Italia è abbastanza
allineata a quella degli altri Paesi, almeno in termini di settori. Ma per
quanto riguarda il comprato finanziario, è in dubbio che le banche abbiano
chiuso un 2008 difficilissimo, all'insegna di massicce perdite provocate dagli
asset definiti tossici, nonché dalla conseguente necessità di operare forti
ricapitalizzazioni. E il 2009, che si è aperto all'insegna della recessione,
vedrà dispiegare i suoi effetti negativi proprio sugli attivi delle banche,
indipendentemente dalla loro esposizione agli asset tossici. Proseguirà,
inoltre, la riduzione della leva finanziaria degli istituti di credito. Sul
versante positivo, segnaliamo il parziale rientro del problema della liquidità
e gli effetti positivi generati dal forte aumento della pendenza della curva.
Insomma, un quadro che mostra qualche segnale di miglioramento, ma che permane
difficile per gli effetti congiunturali della recessione e per quelli
strutturali legati agli squilibri di questi ultimi anni. Trivelli: La tendenza
abbastanza diffusa sul mercato nell'ultimo anno è quella di non guardare più i
dati di bilancio o quelli storici; tutto si gioca sulle aspettative di solidità
del mondo finanziario e sulla effettiva tenuta del sistema economico.
Martorella: In linea generale, a nostro avviso gli utili scenderanno in media
di circa il 35% quest'anno, spinti al ribasso principalmente dai finanziari ma
anche dalle società non finanziarie. Questo perché risentiranno di un duplice
shock: i volumi hanno già iniziato a scendere drasticamente e i margini di
profitto (Ebitda/vendite) saranno la prossima vittima. Ne consegue la nostra
previsione negativa sugli utili. Aletti Montano: Personalmente, a dispetto di
un andamento piuttosto deludente, sono molto ottimista sul mercato italiano.
L'Expo fungerà da effetto trainante e sarà un faro importante per il nostro
territorio. 4 Nell'ultima riunione, la Bce ha tagliato di mezzo punto il costo
del denaro. Ci saranno ulteriori sforbiciate? Quali sono le vostre apsettative
sui tassi in Usa e in Europa? Simoncelli: Riteniamo
che ci sia spazio per ulteriori segnali di indebolimento del quadro macro della
zona euro, il che porterà la Bce a intervenire nuovamente sui tassi. La nostra
attesa è quella di avere tassi intorno all'1% a fine 2009. Negli Stati Uniti,
invece, riteniamo che i tassi saranno lasciati ai livelli attuali (ossia nella
forchetta 0-0,25%) per tutto l'anno. Astolfi: Il mercato prevede che la Bce
continui ad agire, ma in misura meno aggressiva di come hanno fatto la Fed o la
Bank of England. Secondo noi, invece, la Banca centrale europea sarà costretta
a tagliare i tassi più di quanto sia già stato prezzato dal mercato. Il nostro
outlook è molto negativo, con gli indicatori sulla fiducia e sul clima
economico che oscillano in prossimità di record negativi. Tuttavia,
l'esperienza degli Stati Uniti dimostra che c'è poco da guadagnare da ulteriori
tagli dei tassi quando raggiungono livelli molto bassi. Qualunque cosa succeda,
comunque, è possibile che i tassi di interesse restino bassi per un periodo
molto lungo. Bertoncini: Le banche centrali hanno ormai esaurito gli spazi di
manovra sul costo del denaro e agiscono sempre più sulla quantità di moneta
immessa nel sistema allo scopo di contrastare il crollo del moltiplicatore. La
Bce ha aperto a un ulteriore taglio di 50 punti base, mentre gli interventi
diretti di sostegno al credito di imprese e famiglie sono ormai il focus della
Federal Reserve. Trivelli: Riteniamo probabile un ulteriore taglio dei tassi da
parte della Bce, che però non adotterà una politica monetaria di tassi a zero,
in quanto l'utilità marginale di una tale strategia sarebbe nulla. Per quanto
riguarda la Fed, siamo convinti che i tassi rimarranno ai livelli attuali per
tutto il 2009. Martorella: L'incontro di marzo della Bce sembra aver confermato
un ulteriore taglio dei tassi nei prossimi mesi di 50 punti base, così da
portare il costo del denaro all'1 per cento. Guardando alle proiezioni
d'inflazione della Bce, sempre più basse, siamo propensi a credere che la Banca
centrale europea possa scendere addirittura sotto la soglia dell'1%, apportando
un ultimo taglio ai tassi prima dell'estate. Infine, fattore più importante,
hanno iniziato a essere discusse anche misure non convenzionali, che potrebbero
essere implementate in tempi rapidi. Per gli Usa,
invece prevediamo che la Fed mantenga una politica di tassi zero per tutto
l'anno. 5 E per quanto riguarda il reddito fisso? Dove conviene posizionarsi
tra corporate e governativi? E su quali scadenze? Simoncelli: In termini
regionali continuiamo a preferire i titoli governativi della zona euro, dove
tuttavia stiamo attuando una riduzione dell'esposizione in termini di duration.
Negli Usa, invece, valutiamo con interesse gli investimenti
sui titoli delle agenzie Fannie e Freddie. Come per l'equity, comunque, anche
sui bond bisogna adottare una gestione più tattica, visto nella seconda parte
del 2009 potrebbero esserci fasi potenzialmente difficili per gli investimenti
obbligazionari. Fonzi: Personalmente consiglierei di privilegiare titoli
governativi e di avere un approccio prudente e selettivo verso tutto quello che
è corporate. In particolare priviligerei l'area euro e la parte della curva a
tre-cinque anni. Lontani dalle aree emergenti e dall'high yield. Astolfi:
Mentre il 2008 è stato l'anno dei governativi, il 2009 sarà l'anno dei titoli
corporate e dei convertibili. Ma bisogna essere molto selettivi. Gli spread
delle obbligazioni investment grade sono prossimi a livelli record, indicando
un numero di default senza precedenti. Gli investitori, dunque, sono
abbondantemente ricompensati per il rischio di default. Riteniamo che il tasso
default salirà quindi ancora, ma non si avvicinerà neanche lontanamente ai
livelli prezzati dal mercato. E questo rappresenta un'eccellente opportunità
per investire in corporate bond. Affinché gli spread del credito si restringano
significativamente la domanda di obbligazioni investment grade deve aumentare.
E crediamo che succederà, poiché gli investitori si stanno spostando dai titoli
cash a basso rendimento verso obbligazioni societarie che offrono un rendimento
più elevato. Bertoncini: Sul fronte governativo privilegiamo i titoli
obbligazionari europei rispetto a quelli americani, sia per i limitati spazi di
allentamento che ancora sussistono in Europa sia per il differenziale di
aumento prospettico dell'offerta di titoli di Stato. Gli spazi di discesa dei
rendimenti a breve sono ormai contenuti sia in Europa sia negli Stati Uniti,
per cui riteniamo che la pendenza delle curve possa andare a ridursi. I
corporate, invece, rappresentano oggi un'interessante scommessa di medio
periodo. Gli spread da record, infatti, sono destinati a rientrare, ma è
probabilmente illusorio attendersi un rientro rapido, sia in relazione al
permanere di condizioni di elevata avversione al rischio e di squilibri nei
mercati della liquidità sia per l'elevata offerta di nuovi titoli che sta
caratterizzando il mercato primario. Trivelli: Anche noi preferiamo non investire
nel mercato dei Treasury. Per quanto riguarda il governativo europeo, invece,
il nostro interesse è rivolto a Paesi come Italia, Grecia e Portogallo, dove ci
attendiamo un restringimento del differenziale tassi. Sui corporate, infine, ci
sono interessanti occasioni. Ma la cautela è d'obbligo. Nel processo di
allargamento degli spread non c'è stata distinzione fra emittenti di qualità ed
emittenti a rischio. Per questo è importante un'attenta selezione delle
società, investendo in titoli emessi da aziende con rating elevato, ben
capitalizzate e con cash flow positivi anche in scenari recessivi. Martorella:
Manteniamo un orientamento difensivo sulla nostra allocation obbligazionaria e
riteniamo che i titoli di Stato offrano ancora del valore, soprattutto considerata
l'attuale debolezza dei mercati azionari. In particolare, preferiamo la parte
lunga della curva, in quanto nei prossimi mesi tenderà ad appiattirsi, sia in Usa sia in Europa. Sul fronte corporate anche noi siamo
convinti che i prezzi attuali di mercato implicano tassi di default esagerati.
Tuttavia, nel breve termine il rischio mark to market è ancora toppo elevato,
anche perché i fallimenti stanno accelerando e molto probabilmente
continueranno a salire durante tutto il 2009. In ottica buy and hold, invece,
il credito investment grade ci pare interessante. Aletti Montano: Condivido
quanto espresso fino a ora dai miei colleghi. Per quanto mi riguarda, comunque,
mi piacerebbe fare qualche puntatina sui corporate italiani di emanazione
bancaria, che in questo momento hanno rendimenti decisamente interessanti,
anche su scadenze ravvicinate, e un rischio default molto basso. 6 Si comincia
a parlare di un ritorno all'inflazione verso la fine del 2009. Quali sono le
vostre aspettative? Le obbligazioni inflation linked sono un'occasione
d'acquisto? Simoncelli: Il nostro scenario base prevede che il 2009 sarà un
anno caratterizzato dall'assenza di particolari pressioni inflazionistiche e
che i rischi legati all'insorgere di uno scenario deflativo saranno superiori
rispetto a quelli legati a uno scenario di ripresa dell'inflazione per almeno
due anni. Non crediamo comunque che andremo incontro a rischi deflattivi veri e
propri. Fonzi: L'inflazione sicuramente ripartirà, ma è un problema rinviato
nel tempo, a quando i deficit pubblici saliranno. Certo è che il potenziale
inflazionistico è molto alto, per cui i bond inflation linked possono essere
un'interessante occasione d'investimento, ma in un'ottica di medio-lungo
periodo. Astolfi: Continuiamo a pensare che il pericolo maggiore sia la
deflazione piuttosto che l'inflazione. La storia ci insegna che le crisi
finanziarie hanno conseguenze disinflazionistiche, poiché fanno assistere a un
ritiro della liquidità dal sistema e a una tendenza dei prezzi al ribasso piuttosto
che al rialzo. Il rischio d'inflazione potrebbe attuarsi tra qualche anno, ma
resta funzione di due fattori: le scorte disponibili di denaro e la «velocità
del denaro», ovvero la velocità con cui si muove nel sistema. Le banche
centrali stanno cercando di aumentare le scorte di denaro per evitare la
deflazione ma fintanto che continuano ad accumulare questo non produrrà
inflazione. Certo, la velocità del denaro potrebbe aumentare, facendo così
innalzare il rischio d'inflazione, ma non crediamo che questo succederà nel
futuro prossimo. Per ora ci stiamo muovendo in un contesto con bassa inflazione
e bassi tassi d'interesse, e riteniamo che ci resteremo ancora per qualche
anno. Bertoncini: È prematuro preoccuparsi del ritorno dell'inflazione quando
sussistono ancora rischi, sebbene limitati, di deflazione: la rapida discesa
del moltiplicatore del credito riduce gli effetti espansivi sui prezzi delle
politiche monetarie delle banche centrali. Tutto ciò è coerente con la ridotta
capacità del sistema di trasmettere l'effetto della discesa dei tassi
all'economia reale. Trivelli: Riteniamo che oggi l'inflazione non sia un
problema, ma bisognerà tenerla d'occhio nell'ultima parte dell'anno, quando ci
sarà il cambiamento di base. Le aspettative di rialzo potrebbero spaventare il
mercato obbligazionario e rendere interessanti le emissioni legate
all'inflazione. Martorella: Anche a noi l'inflazione non preoccupa, almeno in
questo momento. Il vero problema piuttosto è l'elevato
rischio di deflazione nelle economie sviluppate e in Cina. Il rischio per l'area euro e per gli Usa non è immediato, ma entro metà anno si verificherà l'effetto di
base negativo dovuto alla diminuzione dei prezzi delle materie prime. E il
contesto recessivo potrebbe spingere anche da noi l'inflazione in territorio
negativo. Questo rischio dovrà essere contrastato con misure di politica
monetaria non convenzionali. 7 Petrolio e materie prime continuano a scendere a
ritmi piuttosto sostenuti. È possibile ipotizzare una ripresa nel breve? E
quali sono i vostri target? Simoncelli: I fondamentali legati al mercato delle
materie prime restano poco incoraggianti: tanto per il petrolio, quanto per i
metalli industriali, il duplice effetto di una domanda debole e di un crescente
surplus della capacità produttiva continua a zavorrare i corsi. Per quanto
riguarda i metalli industriali, riteniamo allo stesso modo che sia presto per
una scommessa pro-ciclica di questo tipo. Bertoncini: In questo momento vediamo
una maggiore stabilità dei prezzi delle materie prime, che comunque saranno
supportate almeno in parte dall'attività reale dell'area asiatica. Tra i
settori delle materie prime, in particolare, ve ne sono alcuni che risultano
attraenti in ottica di medio periodo, come quelli legati all'attività industriale.
Fonzi: Noi invece guardiamo con molto interesse ai metalli di base legati al
settore infrastrutture, che in un'ottica di medio-lungo periodo sono
decisamente attraenti. Trivelli: Ci aspettiamo un graduale incremento dei
prezzi di petrolio e materie prime per almeno due ragioni: 1) è venuta a
mancare sul mercato la parte speculativa; 2) le vendite sono arrivate a
superare le aspettative di calo della domanda che effettivamente si realizzerà
nel futuro. Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che i titoli
legati al settore infrastrutture beneficeranno dell'incremento della domanda
legata ai piani di stimolo dei governi. Martorella: I prezzi dei metalli
industriali rimarranno sotto pressione per tutto il 2009. Per i preziosi,
invece, ci sono ancora margini per un aumento dei prezzi, ma con il rischio di
una rapida correzione quando si dovesse invertire la propensione degli
investitori.
( da "Borsa e Finanza" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
ATTUALITÀ Opec,
tagli per 1 mln di barili Con l'occhio puntato al G20 A dominare il meeting di
Vienna sarà la geopolitica L'Iran: «Russia nel cartello», ma Mosca guarda alla
mano tesa di Obama. Il ruolo di Cina e Arabia di
Redazione - 14-03-2009 Non c'è che dire: abbiamo di fronte un mese ricco di
incontri internazionali. La vera speranza è che questi meeting, al massimo
livello, possanno offrire spunti significativi per indicare una via di uscita
credibile dalla crisi finanziaria globale. E non solo: si spera che servano
anche per fare chiarezza su alcuni dei fattori esogeni che pesano maggiormente
sulla sostenibilità di un nuovo paradigma economico condiviso. Si comincia con
l'incontro dell'Opec del prossimo 15 marzo a Vienna, dove il dibattito su un
ulteriore taglio alla produzione e sul riassetto del Cartello si è
intensificato. E proprio questo ha fatto da supporto ad un mini-rally del West
Texas sul Nymex, spintosi poco sotto i 50 dollari, imitato dal Brent londinese.
Lo scontro tra falchi e colombe in seno all'Opec è certo. E si alimenta poi con
le dichiarazioni del Ministro del Petrolio dell'Iran, Gholamhossein Nozari, che
si è dichiarato più che a favore di un'entrata della Russia come nuovo membro,
già nel breve periodo. Accanto a questo c'è da sottolineare il richiamo dei
media sauditi sulla necessità di una maggiore compliance, in sostanza di un
maggiore rispetto degli accordi sui piani di riduzione già varati. Quel che è
accaduto finora, invece, è che la decisioni prese hanno stentato a produrre
appieno i loro effetti soprattutto per i ritardi di Angola, Ecuador, Nigeria ,
Venezuela e dello stesso Iran. DOMANDA IN CRISI. Il taglio di un milioni di
barili al giorno, se deciso ed effettuato, sarebbe ampiamente giustificato dai
dati appena pubblicati dall'EIA sul balzo record delle scorte Usa e dal relativo calo della domanda (in special modo per
Europa e Asia rispetto al 2008), nonchè dalla caduta delle importazioni di
greggio cinesi del 15% in febbraio. L'obiettivo dell'intervento Opec avrebbe
anche l'ambizione di far raggiungere alle quotazioni entro sei mesi il livello
target che per l'Opec permane stabile a 70 dollari al barile. Tra l'altro
l'eventuale effetto di un taglio si sommerebbe alla spinta che potrebbe
derivare dall'inizio della driving season americana, che comincia a fine
maggio. Resta il fatto che per ora un balzo di tale entità pare fuori portata
alla luce della recessione. C'è da dire che i tankers che stazionano al largo
dei porti di consegna, sui quali sono stoccati grossi quantitativi di petrolio,
hanno iniziato a diminuire e si valuta in calo del 30% il cosiddetto «greggio
flottante». Inoltre, il governo cinese ha intensificato gli sforzi sul piano
strutturale della sua industria energetica, investendo parte dei 2 triliardi di
dollari Usa a disposizione, per riposizionarsi
adeguatamente su petrolio, oro , uranio e altre commodities strategiche,
puntando ad una futura ripresa dell'attività produttiva, a regime nel 2010. Non
a caso sul comparto obbligazionario l'effetto di questo rialzo si è fatto
sentire sui corporate bond del settore energetico, che hanno visto un
restringimento degli spread rispetto ad altri segmenti di obbligazioni
societarie messi invece sotto pressione dai primi dati sui bilanci 2008. Anche
sulla Russia stiamo assistendo al ritorno di mood fortemente positivo. I motivi
sono diversi: i recenti incontri in sede NATO e i primi passi della politica
estera della nuova amministrazione Obama. Primi passi che stanno aiutando ad
allentare le tensioni geopolitiche, visto l'impegno e la grande attenzione
rivolte alla stabilizzazione dell'area mediorientale e caucasica. PROSSIME
SFIDE. Ci si avvia così verso un nuovo corso di relazioni con la Russia e a
maggiori aperture sulla riduzione dell'embargo verso Cuba. Ma la vera sfida
sarà il rapporto con il mondo arabo, tra Paesi satelliti Usa ed il mondo sciita rappresentato da
Siria e Iran. Forti attese suscita in tal senso il vertice arabo in Qatar di
fine marzo che precederà di qualche giorno il G20 dove Arabia Saudita, Russia e
Cina saranno chiamate a
giocare un ruolo cruciale nelle misure per la lotta ai paradisi fiscali «non
collaborativi», passando per l'ampliamento del supporto del Fondo
Monetario internazionale ai Paesi in difficoltà. Infine, si delinea un
riequilibro dei poteri tra G7 e G20, con i membri dell'Opec che potrebbero
tornare protagonisti agitando nuovamente l'arma del petrolio, con l'obiettivo
di un rafforzamento del ruolo di Big Regulator del mercato. NON SOLO PETROLIO
( da "Giorno, Il (Bergamo - Brescia)" del
14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
LA STORIA pag. 5 Qui
nasce la cucina hi-tech Gli accessori della Fluorgum vanno in mezzo mondo
CASTELLI CALEPIO CASTELLI CALEPIO PASSA DA CASTELLI CALEPIO la rivoluzione
ormai prossima del modo di stare in cucina per le casalinghe e i professionisti
della ristorazione. L'azienda si chiama Fluorgum e il segreto è il silicone,
materiale di ultima generazione dalla versatilità unica e dalle applicazioni
multiformi. In Italia attende ancora di essere conosciuto ed apprezzato come si
deve ma in Paesi come la Francia e la Germania, per non parlare degli Stati
Uniti, gli stampi per torte dolci e salate e, più in generale, tutti gli
accessori da forno indispensabili per mettere in tavola pietanze prelibate. Tra
i primi a credere nella scommessa della nuova frontiera è stata, nel 2000, la
Fluorgum, azienda con alle spalle più di 40 anni di esperienza nel settore
dello stampaggio di elastomeri, ovvero delle guarnizioni destinate ad uso
industriale per, ad esempio, rubinetti, automobili ed elettrodomestici. «GIUSTO
nove anni fa, però dice Giorgio Tosini, amministratore unico dell'impresa che
conta 67 dipendenti, nel 2008 ha registrato un fatturato di 15 milioni di euro
ed è fornitrice, tra l'altro, di multinazionali come Bosch e Miele per un
cliente abbiamo cominciato a produrre articoli in silicone per le panetterie e
le pasticcerie. Davanti a noi, allora, si è aperto un orizzonte nuovo. E
quando, nel 2003, il committente ci ha chiesto di trasferire in Cina l'attività, mettendoci di fronte all'alternativa di
toglierci gli ordini, abbiamo scelto di restare e di andare avanti da soli». In
sei anni la Fluorgum è riuscita ad inserirsi in un mercato tutt'altro che
facile, «in cui come ammette Tosini contano non solo la qualità, ma anche l'aspetto,
il colore, il marketing e la presenza a fiere internazionali», creando una
gamma di prodotti propria tra le più complete d'Europa: si va dalle tortiere
alle prese per i contenitori termici fino alle spatole e alle più diverse
tipologie di accessori. «OGGI sottolinea l'amministratore unico abbiamo una
capacità produttiva di 200mila pezzi al giorno per le formine e di 18 milioni
di pezzi al giorno per le guarnizioni. Ma quel che più conta è che assicuriamo
la gestione interna di tutto il ciclo: da noi, insomma, non
si usa acquistare la materia prima in Estremo Oriente e poi etichettare il
prodotto finito con il marchio Made in Italy. La Cina, insomma, non ci tenta perché ci siamo resi conto che la partita
della concorrenza si vince sulla qualità». E SULL'INNOVAZIONE, visto che, anche
a dispetto della crisi, la Fluorgum non rinuncia agli investimenti:
nelle prossime settimane è attesa l'installazione di nuovi macchinari per una
spesa complessiva di 650 mila euro mentre a breve dovrebbe partire anche la vendita
on-line attraverso il nuovo sito www.happyflex.it: «Chi ha scoperto i prodotti
per cucina in silicone conclude Tosini non li abbandona più. Sono ottimi
conduttori di calore e consentono un 15-20% di risparmio sia sulla temperatura
che sul tempo. Gli chef li apprezzano perché evitano di bruciare i cibi e sono
ottimi se utilizzati, per esempio, per il pesce». Alessandro Borelli
( da "Italia Oggi" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
ItaliaOggi sezione:
Mercato Agricolo data: 14/03/2009 - pag: 26 autore: di Andrea Settefonti Il
presidente dell'istituto Grandi marchi: il governo migliori la gestione dei
fondi Serve una regia per il vino! Antinori: una task force per promozione e
vendite «Ci vorrebbe un coordinamento, una cabina di regia per il mondo del
vino. Un ruolo che potrebbe svolgere il ministero dell'agricoltura con il
supporto di alcuni consulenti». A lanciare la proposta di fare sistema è Piero
Antinori, erede della storica famiglia di vinattieri fiorentini, e presidente
dell'Istituto del vino italiano di qualità 'Grandi marchi'. «Purtroppo è una
vecchia storia del vino italiano. Ci sono fondi a disposizione, nazionali o
comunitari come adesso per la nuova Ocm, ma finiscono per essere sparpagliati a
pioggia, per perdersi in mille rivoli e sortire così un minor effetto».Domanda.
Una cabina di regia per la promozione o anche per la commercializzazione del
vino? Risposta. Sarebbe già importante iniziare con la promozione. Prendiamo l'esempio
dell'Istituto Grandi Marchi. Il 2008 si è chiuso con una crescita del 10% per
il nostro export e questo grazie al coordinamento che ci siamo dati nella
promozione sui mercati mondiali. Un esempio che purtroppo non è seguito dalle
organizzazioni del Paese.D. Chi dovrebbe avere il ruolo di coordinamento?R. È
necessario un intervento a livello governativo. Occorre una strategia comune.
Gli individualismi in periodi come questo non servono. Il coordinamento
potrebbe essere svolto dal ministero dell'Agricoltura attraverso la
costituzione di un piccolo comitato per il marketing e la comunicazione
coordinati.D. Ma sarebbe utile una struttura unica anche per la vendita?R. Il
passo successivo è quello della commercializzazione, anche se adesso è
prematuro. Come Istituto stiamo approfondendo proprio questo aspetto e una rete
di vendita comune potrebbe essere fattibile in tempi brevi. C'è il tentativo,
da parte nostra, di presentarci in maniera unica al consumatore finale
attraverso canali come Internet oltre a corner e punti vendita veri e propri.D.
Non è però facile mettere insieme una macchina commerciale unica.R. Certo una
distribuzione allargata ai vari Paesi incontra qualche difficoltà, ci sono
agenti diversi, i rapporti tra chi produce e chi vende sono di lunga data e
spesso hanno carattere personale. Ma sono difficoltà che devono essere
superate. Può sembrare retorico, ma davvero l'unione fa la forza anche perché
in confronto alle realtà internazionali tutti quanti noi italiani siamo
piccoli. Stare insieme è importante anche per la formazione. Come Grandi Marchi
siamo riusciti a formare quelli che partecipano al settore vinicolo nel mondo e
abbiamo avuto risultati positivi.D. Quale futuro vede per il vino italiano?R.
Non credo che ci sarà un calo dei consumi. Piuttosto penso, come indicano i
primi segnali, si assisterà ad un cambiamento del segmento di prezzo, con i
clienti che sposteranno l'attenzione verso la fascia medio bassa. Questo anche per il cambiamento delle abitudini con minori uscite
al ristorante e maggiori occasioni di incontro in casa. Questa crisi arriva
dopo che c'era stata una decisa ripresa, ma non temo che ci potranno essere
ripercussioni negative sui consumi. Specialmente nei Paesi come Usa, Russia o Cina il trend continuerà a essere in crescita.
( da "Riformista, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Duello
a largo della Cina Arriva il "destroyer" Usa Hot Spot. Il
Premier cinese chiede rassicurazioni economiche. Intanto tra le superpotenze
cresce la tensione militare. E il lieto fine non si vede. di Luigi Spinola Il
Mar cinese meridionale - Nan Hai per i cinesi - non è il Mar dei Caraibi e la
Guerra Fredda è lontana. Nessuno brandisce missili come a Cuba nell'ottobre '62. La minaccia
di un conflitto tra le superpotenze di oggi, Cina e
Stati Uniti, è solo uno scenario da giochi di guerra. La tensione militare tra
Pechino e Washington però, dopo il duello navale dello scorso fine settimana,
fatica a calare. L'impressione è che Pechino abbia interesse a testare la
saldezza di nervi del neo-presidente Obama. E sebbene la diplomazia usi un
linguaggio rassicurante, nessuno può permettersi di fare un passo indietro.
Domenica scorsa la Usns Impeccable, nave di sorveglianza Usa,
è stata circondata e sfidata da cinque navi da guerra cinesi. Bullismo
marittimo che ha indotto gli americani ha usare gli idranti per respingere
l'intimidazione. Alla formale protesta statunitense la Cina
ha risposto che l'incidente è avvenuto in acque cinesi, non internazionali.
Secondo i vertici militari di Pechino, gli Usa stanno
lì a spiare, magari per saperne di più sulla flotta di sottomarini della
Repubblica Popolare. La visita del Ministro degli Esteri cinese a Washington
all'apparenza ha riportato il sereno. Yang Chiei è stato ricevuto non solo da
Hillary Clinton ma anche dal Presidente Obama che ha poi auspicato «più dialogo
militare con Pechino» per evitare altri incidenti. L'ultimo dei quali però
rimane aperto. Perché Obama al contempo ha spedito una nave militare
"destroyer", la Uss Chung-Hoon armata di missili, a scortare le
imbarcazioni americane. Pechino non risponde ma su China Daily - quotidiano ufficiale
in lingua inglese - gli ufficiali cinesi parlano di «risposta sproporzionata» e
accusano il Pentagono di voler «tenere alta la pressione sulla Cina» nel Mar della Cina
meridionale. Nulla nei rapporti tra Cina e Stati Uniti
in questo primo scorcio dell'era Obama lascia pensare a un escalation militare
tra i due paesi. Hillary Clinton è parsa perfino troppo realista e cooperativa
nel suo debutto a Pechino. La denuncia sulle violazioni dei diritti umani nel
rapporto del Dipartimento di Stato prima, la condanna della repressione in
Tibet da parte della Camera dei Rappresentanti poi, hanno guastato l'idillio.
Ma la Cina per Obama rimane il partner indispensabile
per affrontare la crisi globale. Ieri a Wen Jiabao, «un po' preoccupato» per la
grande quantità di valuta estera investita in titoli di stato americani,
Washington avrà prestato grande attenzione. L'invito agli Stati Uniti a
«rispettare la loro parola e i loro impegni a garantire la sicurezza degli
investimenti cinesi» preoccupa più delle disfide sui mari. «It's the economy,
stupid!» vale anche tra Pechino e Washington. La partita militare però continua
e un lieto fine non si vede. Barack Obama e Hu Jintao avranno difficoltà ad
inventarselo quando si incontreranno per la prima volta ad inizio aprile. Del
resto la "hotline" tra Pechino e Washington esiste già da un mese ma
questo non vuol dire che comunicare sia facile. Tanto più se a sfidarsi sono i
vertici militari. Il Mar cinese meridionale non è il Golfo del Tonchino - dove
un incidente diede il via all'escalation militare americana in Vietnam nel '64
- ma non è poi così distante. In mezzo c'è l'Isola di Hainan che ospita la
nuova base per i sottomarini cinesi. Più in là, le isole Spratly, contese da
una mezza dozzina di Paesi, sono state già state motivo di una guerra tra
Pechino e Hanoi. Il Mar della Cina Meridionale è
solcato da alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo. Nei suoi
fondali ci sono immense riserve energetiche. Se un Dottor Stranamore coltiva
ambizioni di guerra tra superpotenze, Nan Hai è il posto ideale per farla
scoppiare. 14/03/2009
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-14 - pag: 3 autore: Il rapporto del Csc:
un effettivo potenziamento delle competenze vale da solo una crescita del 13%
del Pil «è il capitale umano la leva per Pmi e Sud» Paolo Bricco PALERMO. Dal
nostro inviato Non è sempre facile, nel mondo vasto e qualche volta ostile
della globalizzazione. «In Inghilterra stiamo
riprogrammando la nostra operatività - dice Mario Saraceno, amministratore
delegato della Irem - perché tutto si fermi alle 10 in punto, così da dare il
tè agli operai». Non è uno scherzo. è un altro problema da affrontare per la
impresa di Siracusa contro cui si sono sollevate a febbraio le proteste
nazionalistiche degli operai inglesi della raffineria di Lindsey.
L'azienda siciliana, però, non ha alcuna intenzione di ritirarsi: «A dispetto
di tutto, abbiamo appena fondato la Irem Uk», dice Saraceno raccogliendo il
consenso degli imprenditori radunati al convegno di Palermo "Oltre la
crisi. Pmi classe dirigente". Questione di cocciutaggine. Una
predisposizione individuale alla vita che spesso diventa un elemento di
strategia aziendale, in molte delle oltre cinquecentomila piccole e medie
imprese che operano in un Paese complicato come l'Italia, dove secondo il
Centro Studi Confindustria il costo della burocrazia è pari al 4,6% del Pil (la
media comunitaria è al 3,5%), le infrastrutture non funzionano bene e il
capitale umano ha dei deficit: il direttore del Centro Studi di Viale
dell'Astronomia, Luca Paolazzi, evidenzia come, con adeguate riforme, la
riduzione della prima comporterebbe un incremento del Pil del 4%, il
potenziamento delle seconde un suo aumento del 2% e l'allineamento del capitale
umano ai migliori standard un balzo addirittura del 13 per cento. Come dire: in
"un Paese normale" la ricchezza creata sarebbe di un quinto più
grande. Nonostante questo, nelle pieghe di una globalizzazione ricca di
opportunità ma anche di criticità, si può di decidere di tornarci, in Italia.
Come ha fatto Gabriele Lualdi, presidente di Limagroup, una impresa di San
Daniele del Friuli specializzata in meccanica, aerospazio e sistemi ortopedici.
Una vicenda in cui si incrociano due temi essenziali per il futuro italiano: la
questione meridionale e le prospettive delle Pmi. «La notte dopo
l'inaugurazione dello stabilimento a Pechino- racconta- ho deciso di tornare in
Italia. Là non era possibile una buona gestione tecnologica e i costi erano più
alti dell'apparente. Tre anni e mezzo fa ho fatto rientrare i macchinari in
Italia e ho aperto a Trapani, dove in attività di ricerca lavorano 25 addetti
». In Sicilia Lualdi ha trovato competenze tecnologiche di buon livello:
nessuna particolare differenze fra un perito tecnico o un ingegnere di Palermo
e uno di Padova. «In tutta Italia - conferma Gianfelice Rocca, vicepresidente
per l'education di Confindustria ci sono segnali positivi di un rinvigorimento
degli iscritti agli istituti tecnici e alle facoltà scientifiche». Preparazione
e motivazione personale: due ingredienti essenziali, per le Pmi e per il Sud.
Che, qui, si sovrappongono in maniera naturale. «I miei collaboratori -
sottolinea Salvatore Moncada, amministratore unico del Moncada Energy Group di
Agrigento, specializzato in generazione eolica dell'energia - hanno fame,
glielo leggo negli occhi tutte le mattine. Anche se non lavoriamo in un
contesto semplice: la burocrazia può essere un impedimento. Da tre anni e
mezzo, in questa nostra regione dove creiamo occupazione, le autorizzazioni
sono bloccate». Dunque gli animal spirits, non importa se declinati nei freddi
Paesi calvinisti, nell'umido della Lombardia o al caldo dello scirocco
mediterraneo, sono davvero elementi vitali. «Da questo punto fermo bisogna
ripartire- riflette Stefano Micossi, direttore generale di Assonime -, sapendo
che il problema delle Pmi e la questione del Sud hanno questo in comune: le
energie imprenditoriali vanno liberate. I sussidi pubblici non possono bastare
a colmare il gap fra redditi e produttività ». Dunque, qui come in tutto il
Paese, i piccoli e i medi imprenditori diventano sempre più centrali. «Con un
ceto imprenditoriale di questo livello - osserva l'economista Giangiacomo
Nardozzi, esprimendo un ottimismo una volta tanto sia del cuore sia della
ragione - possiamo uscire, e bene, dalla crisi». paolo.bricco@ilsole24ore.com
DAL FRIULI VENEZIA-GIULIA Lualdi (Limagroup): «Dopo la Cina ho deciso di
rientrare e di aprire a Trapani, qui ho trovato conoscenze tecnologiche di buon
livello»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Il summit inglese. Ministri
economici e governatori impegnati nel difficile tentativo di conciliare le
posizioni Europa e Stati Uniti divisi al G-20 Gli americani insistono sugli
stimoli, la Ue sulle regole finanziarie HORSHAM. Dal nostro inviato Ministri e
governatori del G-20 hanno iniziato ieri sera a cena un difficile tentativo di
conciliare le posizioni, che nelle ore immediatamente precedenti la loro
riunione apparivano ancora molto distanti, sulle priorità degli interventi per
l'uscita dalla crisi globale. La spaccatura era evidente fra gli Stati Uniti,
che insistono perché i maggiori partner, e soprattutto gli europei, adottino
ulteriori stimoli fiscali alla crescita, e gli europei stessi, che ritengono di
aver già dato su questo fronte e secondo i quali le nuove regole della finanza
globale debbono essere al centro della discussione. Il fatto però che al suo
arrivo a Horsham, nelle campagne del Sussex, dove sono riuniti i rappresentanti
delle grandi economie avanzate e dei principali Paesi emergenti, il ministro
francese Christine Lagarde, che aveva assunto alla vigilia una linea molto dura
sulle richieste americane, si sia dichiarata ottimista sugli esiti
dell'incontro e sulla possibilità di un compromesso, è un segnale della
consapevolezza da parte dei partecipanti che un comunicato, che pure comprenda
entrambi gli elementi, ma che resti sul vago denotando le divisioni del gruppo,
verrebbe "punito" pesantemente alla riapertura dei mercati
finanziari, i quali hanno dato questa settimana qualche segno di ripresa. Il
padrone di casa, il cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling,
ha cercato di indicare una sintesi, affermando che tutti sono d'accordo nel
fare «tutto quanto necessario » per trovare una via d'uscita e che gli
obiettivi del G-20 sono tre: rilanciare la domanda; riformare il sistema
finanziario globale; aumentare (probabilmente raddoppiare) le risorse a
disposizione dell'Fmi per assistere i Paesi in difficoltà. L'ultimo punto è
quello sul quale è più probabile un'intesa di massima già da oggi, con la
definizione dei dettagli tecnici in tempi rapidi, come ha indicato il ministro
brasiliano Guido Mantega. La stessa Casa Bianca ha fatto sapere, in vista del
vertice dei capi di Stato e di Governo del G-20 del prossimo 2 aprile a Londra,
di cui l'incontro di questo fine settimana costituisce una preparazione, che sia
gli stimoli alla crescita sia la regolamentazione della finanza dovranno essere
affrontati. E il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, mettendo
sull'avviso che il 2009 sarà «un anno molto pericoloso», ha affermato che c'è
bisogno di ulteriori azioni per far uscire l'economia mondiale dalla recessione
(sia la Banca sia l'Fmi prevedono ora che, per la prima volta dal 1945, la
crescita globale sarà negativa), perché «c'è il pericolo di fare troppo poco,
troppo tardi» ma che «dare più soldi all'economia se non si stabilizzano le
banche sarebbe come un'iniezione di zuccheri», con un breve effetto immediato
di ripresa, seguito da una ricaduta. «è importante far ripartire l'economia -
ha detto una fonte del Tesoro Usa al Sole-24 Ore - ed
è quello che l'amministrazione ha fatto con il suo piano di stimolo. Ci
aspettiamo che gli altri compiano uno sforzo analogo. Siamo tutti d'accordo che
le le regole della finanza vanno riformate, anche se questo non aiuterà a
risolvere il problema più immediato della caduta della crescita e della
stabilizzazione dei sistemi finanziari. è un argomento che va certamente
affrontato, ma che avrà un impatto sul medio termine». Il consigliere del
presidente Barack Obama, Larry Summers, ha parlato ieri della necessità di
piani di stimolo equivalenti al 2% del Pil nel 2009 e nel 2010 per la grande
maggioranza dei Paesi. A giudicare dalle dichiarazioni da cui si era fatta
precedere la signora Lagarde, avvicinare le posizioni non sarà facile. «Gli Usa insistono sullo stimolo ha detto in un'intervista a Les
Echos- perché sono stati gli ultimi ad agire e sono di fronte a una crisi più
grave». I Paesi dell'Europa continentale, ha sostenuto, vedono l'urgenza di
sviluppare nuove regole e sottolineano la disciplina e le sanzioni per la finanza.
Le prese di posizione della Cina e del Giappone, entrambi disponibili a nuove misure di stimolo
fiscale, sono probabilmente più vicine a quella degli Stati Uniti. Il
segretario al Tesoro Usa,
Timothy Geithner, ha incontrato ieri nel pomeriggio le delegazioni dei due
colossi asiatici, oltre a quella della Banca centrale europea. In una
lettera al primo ministro inglese Gordon Brown, diffusa poche ore prima
dell'incontro di ieri, l'associazione delle grandi banche internazionali,
l'Institute of International Finance, ha dichiarato la disponibilità a
collaborare con le autorità di vigilanza e di controllo dei mercati, proponendo
un consiglio globale di monitoraggio della regolamentazione che comprenda
esponenti del settore privato. A. Me. IN DISCUSSIONE Zoellick (World Bank):
iniettare soldi senza stabilizzare il credito dà benefici di breve termine
Intesa sui fondi all'Fmi Vigilia. Alistair Darling (a sinistra) riceve
l'americano Tim Geithner AFP
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 8 autore: Washington. A causa della
recessione in gennaio c'è stata una flessione del 9,6% Cade il deficit
commerciale Usa Marco Valsania NEW YORK Il deficit
commerciale americano si è ridotto drasticamente in gennaio, diminuendo del
9,6% a 36 miliardi di dollari, il minimo da sei anni. Ma, più che della salute
dell'interscambio, il dato è divenuto un barometro della gravità della crisi,
americana e internazionale: le importazioni, rispetto al mese precedente, sono
cadute del 6,7% a 160,94 miliardi; le esportazioni sono scivolare del 5,7% a
124,91 miliardi. La brusca caduta dell'import, soprattutto, è parsa
l'inevitabile sintomo della recessione che assedia gli Stati Uniti: il Pil
americano è reduce da una contrazione del 6,2% nel quarto trimestre del 2008,
con flessioni nei consumi e negli investimenti aziendali, e in un anno sono
andati persi 4,4 milioni di posti di lavoro. L'amministrazione di Barack Obama
sta cercando di risalire la china con aggressivi piani di intervento
nell'economia e nell'alta finanza e un maggior coordinamento con gli alleati
internazionali. Obama, che ha riunito i suoi collaboratori tra cui Paul
Volcker, ha promosso ieri la necessità di cominciare a creare, fin da
subito,un'economia capace di crescita sostenibile. Quello che ha definito «un
modello post-bolla», dove cioè la crescita «non sia legata a un mercato
immobiliare surriscaldato o a carte di credito usate fino al limite massimo».
Quei giorni, ha detto, «sono finiti». Il presidente ha anche lanciato un nuovo
appello alla cooperazione globale per dare sostegno alla campagna anti-crisi:
l'obiettivo è «assicurare che a quello che facciamo qui negli Stati Uniti
corrispondano robusti sforzi oltreoceano». Per discutere di simili obiettivi,
in vista del vertice del G-20 di inizio aprile, nel fine settimana il
segretario al Tesoro Tim Geithner sarà a Londra per incontri a livello
ministeriale. Obama è diventato di recente bersaglio di crescenti critiche
sull'efficacia della sua strategia economica. Non solo da parte
dell'opposizione repubblicana, che lo accusa di eccessiva spesa e sprechi nel
piano di stimolo da 787 miliardi di dollari che dovrebbe finanziare assistenza
sociale e grandi progetti infrastrutturali. Ma anche di analisti: un recente
sondaggio tra economisti condotto dal Wall Street Journal ha visto un'erosione
dei consensi alla sua leadership. Ieri il presidente ha risposto: ha ammesso
che molti americani sono ancora «in enorme difficoltà ». Ha però continuato:
«Ho fiducia che usciremo dalla crisi» ha detto, affermando di essere impegnato
con l'intera amministrazione a far ripartire il credito e gettare le basi della
ripresa. Il consigliere economico Larry Summers, parlando al think tank
Brookings Institution, ha da parte sua definito ieri i progetti messi a punto
dalla Casa Bianca come «i più coraggiosi in due generazioni». Ha invitato alla
cautela nel prevedere «quando gli effetti positivi saranno percepiti», perché
nessuno «può sapere quando la crisi verrà risolta». Ma ha aggiunto, facendo eco
al presidente, di «credere» nel ritorno alla crescita. E ha citato alcuni segni
di schiarita, quali i miglioramenti nei consumi. Più difficile, però, potrebbe
rimanere quantomeno un risanamento della finanza: Volcker ha ammesso ieri che,
per questo, «ci vorrà tempo». Le statistiche economiche, nel frattempo, non
danno tregua. Il deficit commerciale, in gennaio, ha mostrato cali
generalizzati nei confronti dei principali partner, ad
eccezione della Cina. Con
Pechino il disavanzo è lievitato a 20,57 miliardi da 19,88 miliardi in
dicembre. Nei confronti del Giappone è scivolato a 4,3 da 5,27 miliardi. Con
l'area dell'euro è sceso a 3,37 miliardi da 5,67 miliardi. Un dato
relativamente incoraggiante è invece arrivato dai prezzi all'import: sono
diminuiti in febbraio dello 0,2%, meno dell'atteso 0,8%, allontanando i
timori di imminente deflazione. CASA BIANCA FIDUCIOSA La frenata dei consumi ha
fatto diminuire l'import Summers: primi segnali di allentamento della crisi,
che però «non finirà presto»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: USA/CINA Asilo
politico per i familiari di Zhisheng La moglie e i due figli di Gao Zhisheng,
l'avvocato cinese dei diritti umani che l'anno scorso figurava tra i candidati
al premio Nobel per la Pace, hanno ottenuto asilo politico negli Stati Uniti. Geng He ha raccontato di essere
arrivata in Arizona dopo un lungoe pericoloso viaggio insieme alla figlia
15enne e al figlio di 5 anni. Gao Zhisheng, più volte arrestato e torturato
dalle autorità di Pechino, è scomparso lo scorso mese e sia la famiglia che
gruppi per la difesa dei diritti umani temono che si trovi ancora una volta
nelle mani della polizia. «Ho lasciato la Cina perché
la mia famiglia è da troppo tempo sotto sorveglianza. Abbiamo avuto grandi
difficoltà nella nostra vita quotidiana», ha detto la moglie di Gao, Geng He.
GUANTANAMO Scompare lo status di nemici combattenti Il ministero della
Giustizia americano ha deciso di cancellare la definizione di "combattenti
nemici" per i detenuti di Guantanamo, che saranno d'ora in poi custoditi
solo sulla base delle «leggi di guerra internazionali» e degli atti del
Congresso. Lo ha reso noto, in un comunicato, il ministro della Giustizia Eric
Holder. L'iniziativa rappresenta un altro passo dell'Amministrazione verso la
chiusura della prigione, come il presidente Barack Obama ha ordinato di fare
entro il gennaio 2010. Lo status di combattenti nemici privava i prigionieri
dei diritti previsti dalla legge per qualsiasi altro detenuto, compresi quelli a
difendersi in un'aula di giustizia ordinaria e a essere assistiti da avvocati.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il
Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-14 - pag: 9 autore: Cina. Pechino è il
primo creditore estero di Washington con quasi 730 miliardi di dollari di
titoli del Tesoro Wen: il debito Usa ci preoccupa
Il premier conferma ulteriori interventi a sostegno dell'economia cinese Luca
Vinciguerra SHANGHAI. Dal nostro corrispondente La Cina non dorme
tra due cuscini pensando alla montagna di soldi congelati nel debito pubblico
americano. «Abbiamo prestato molto denaro agli Stati Uniti. è naturale, quindi,
che ora siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti », ha detto
ieri Wen Jiabao, parlando alla conferenza stampa di chiusura della sessione
annuale dell'Assemblea nazionale del Popolo. «Per essere sincero, io stesso
sono un po' preoccupato»,ha aggiunto il primo ministro cinese, facendo
riferimento ai circa 730 miliardi di dollari di Treasury Bond detenuti in
portafoglio di Pechino (una cifra pari a quasi un terzo delle riserve valutarie
cinesi). In qualità di premier del principale creditore di Washington, Wen si è
sentito in diritto di invitare l'Amministrazione Obama «a mantenere un buon
livello di solvibilità, a onorare le sue promesse, e a garantire la sicurezza
degli investimenti cinesi». Un mese fa il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva già dato ampie rassicurazioni in
tal senso al Governo cinese, strappando in cambio da quest'ultimo un impegno
formale a continuare a sostenere il debito pubblico americano. Ma da allora lo
stato di salute dell'economia e della finanza statunitense è peggiorato
ulteriormente. Così sul tavolo della Casa Bianca sono finite nuove ipotesi di
onerosi piani di salvataggio, destinati a drenare ingenti risorse pubbliche.
Con questa prospettiva, gli Stati Uniti potrebbero vedersi costretti a stampare
dollari per creare la liquidità necessaria a mantenere le tante promesse
scaccia-crisi. Il timore della Cina è che, nel medio
termine, politiche monetarie troppo allegre facciano schizzare l'inflazione
americana. In questo caso, il dollaro inizierebbe a indebolirsi e il massiccio
investimento cinese sull'altra sponda del Pacifico finirebbe per svalutarsi. Ma
questa è una dinamica sulla quale la Cina non ha alcun
controllo. A Pechino, quindi, non resta che richiamare il suo grande debitore
alle proprie responsabilità; continuare a sostenerlo finanziariamente per
aiutarlo a uscire dalla crisi (e anche per evitare che crollino i prezzi dei
Treasury Bond) e fare la sua parte affinché la congiuntura cinese mantenga
tassi di crescita elevati, e compensi così parzialmente i vuoti di domanda
creatisi nelle altre economie mondiali. «Se la crisi dovesse aggravarsi,
potremmo varare nuove misure di stimolo all'economia in qualsiasi momento», ha
annunciato Wen, confermando l'obiettivo di crescita del Pil dell'8% nel 2009.
«è un target difficile, ma possibile. Faremo il massimo sforzo per centrarlo».
Insomma, qualora Pechino avesse il fondato sospetto di non farcela, il Governo
non esiterà a riaprire i cordoni della borsa per aggiungere altre risorse
fresche al piano di rilancio dell'economia da 600 miliardi di dollari varato a
novembre. «Abbiamo munizioni sufficienti», ha osservato il primo ministro.
Nessuno ne dubita: con un debito pubblico che ammonta a circa il 20% del Pil, e
2mila miliardi di dollari di riserve valutarie nel cassetto, oggi la Cina è l'unico Paese al mondo che può permettersi di
contrastare la crisi con massicce iniezioni di spesa pubblica, senza correre il
rischio di mandare fuori controllo i conti. ganawar@gmail.com LO SCENARIO Un
terzo delle riserve monetarie è investito in bond americani: un'impennata
dell'inflazione e un calo del dollaro le svaluterebbero
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
ULTIMATUM
ALL'AMERICA Angela Pascucci Non si può avere tutto, soprattutto se i tempi sono
grami. Assicurare alla Cina una crescita dell'8% anche
nel 2009, per far sì che la giostra dell'economia globale continui a girare e
il paese non sia lacerato dall'instabilità sociale provocata dalla
disoccupazione di massa. E al tempo stesso continuare ad acquistare buoni del
tesoro Usa per alimentare il deficit americano e i piani
di stimolo dell'amministrazione Obama, così che la crisi non travolga la prima
economia mondiale, con le relative conseguenze. L'impresa potrebbe essere
impossibile, soprattutto se i bond americani rischiano di diventare carta
straccia nel grande portafoglio cinese, che ne contiene ormai quasi per 700
miliardi di dollari e ne è il primo detentore globale. Il
premier Wen Jiabao è stato inusualmente franco con gli Usa, ieri, nella conferenza stampa che
ha chiuso la sessione annuale del Parlamento cinese (tradizionalmente l'unico
incontro dell'anno coi giornalisti). Raggiungere l'obiettivo di crescita
dell'8% sarà per la Cina
complicato, ma non impossibile, e comunque è necessario. «Le munizioni
non mancano» ha assicurato Wen, e se il nemico della crisi si avvicina, Pechino
è pronta, «in ogni momento», a sparare colpi aggiuntivi ai 585 miliardi già
lanciati sul piatto. Quanto al secondo corno del dilemma, però, Pechino non è
affatto tranquilla riguardo al valore dei suoi investimenti, anzi il premier è
«francamente preoccupato» e per la prima volta chiede apertamente a Washington
di «onorare la sua parola, restare una nazione credibile, e assicurare la
salvezza dei capitali cinesi». Un ribaltamento dei vecchi copioni, che la dice
lunga sui nuovi rapporti di forza globali ai tempi del declino. Certo Wen
Jiabao deve affrontare in casa sua la schiera crescente di chi gli chiede conto
di come l'enorme surplus cinese (poco meno di 2000 miliardi di dollari) viene
investito e in modi talvolta pressanti suggerisce di guardare altrove per
differenziare. Gli investimenti cinesi in Usa, oltre
ai buoni del tesoro, non sono stati un grande affare. Solo su Fannie Mae e
Freddie Mac, due dei crack americani più eccellenti, il governo cinese aveva
puntato 340 miliardi di dollari. L'amministrazione Bush, in questo caso, ha
onorato i suoi impegni e ha salvato il salvabile. Ma ora la partita si fa più
incerta e complicata, e l'orizzonte è oscuro. Una crescita del già abnorme
indebitamento Usa rischia di produrre una spirale
perversa tra inflazione, aumento dei tassi di interesse, svalutazione del
dollaro, perdita di valore dei buoni del tesoro. Ma d'altra parte se
l'amministrazione Obama non stimola la propria economia, anche le merci cinesi
rischiano di restare invendute. Nei primi due mesi dell'anno, l'import
americano dalla Cina è caduto del 17,4%. Vero è pure
che Pechino non può mettersi a vendere bond Usa sul
mercato, pena accelerare la propria rovina. È come stare avvinti sull'orlo di
un baratro, nel terrore che l'altro molli la presa. Un incubo che Wen Jiabao ha
evocato ieri, con toni più di allarme che di minaccia, per ora. È un
avvertimento rivolto al protezionistico «buy american»; alle sollecitazioni
indebite per la rivalutazione dello yuan; alle pressioni portate sulle frontiere
più problematiche, come, ultime, le acque del mare della Cina
meridionale.
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sindrome cinese Il
premier Wen Jiabao ammonisce Washington: «Abbiamo prestato un massiccio
capitale agli Stati Uniti. Parlando sinceramente, ci preoccupa molto la
sicurezza dei nostri asset. Nessuno può fare pressioni
contro la stabilità dello yuan». Così la Cina, il maggior detentore di titoli del debito pubblico Usa, lancia l'allarme globale di fronte
alla politica monetaria con cui Obama tenta di rispondere al grande crack
americano PAGINA 11
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
DIARIO DELLA CRISI
Gli Usa importano sempre meno. In Europa tutti a piedi
Galapagos Dopo un paio di giorni di forte recupero le borse hanno ricominciati
a perdere. La discesa degli indici azionari è legata al pessimo andamento
dell'economia reale e alla certezza che per parecchi mesi ancora non è prevista
alcuna svolta. Soprattutto per quanto riguarda l'occupazione (e quindi i
consumi) visto che tutti gli istituti internazionali prevedono che anche nel
2010, nonostante una leggerissima ripresa del Pil mondiale, il numero dei senza
lavoro è destinato ad aumentare. Un dato, diffuso ieri, che più di altri
illumina sulla crisi globale, è quello diffuso dal Dipartimento al commercio
degli Stati uniti: in gennaio il deficit commerciale è sceso a 36 miliardi di
dollari. Con la crisi gli Usa hanno incominciato a
importare meno merci per la caduta della domanda e al tempo stesso a esportare
meno (anche in presenza di una svalutazione del dollaro) per la crisi che
progressivamente è divenuta globale. Il dato di gennaio è esemplificativo: le
esportazioni sono scese del 5,7%, il livello più basso dal settembre 2006,
mentre le importazioni sono diminuite del del 6,7%, ai valori più bassi dal
marzo 2005. Parte della caduta dell'import è imputabile al petrolio per
importare: sono stati spesi 4 miliardi in meno rispetto a dicembre, complice la
caduta delle quotazioni (10 dollari in un mese), ma anche delle quantità
importate. A livello geografico, il deficit con il Giappone è diminuito a 4,3
miliardi da 5,27 miliardi; con l'area euro è passato a 3,37 miliardi dai
precedenti 5,67 miliardi, mentre con la Cina è salito a 20,6 miliardi. La novità
negli Usa è rappresentata
della crescita (anche se impercettibile) della fiducia delle famiglie misurata
dall'Università del MIchigan. La crisi della domanda in Europa è ben
rappresentata dalla vendite di nuove auto: febbraio le immatricolazioni di
nuove vetture (nella Ue a 27 e nell'Efta) sono diminuite rispetto al
febbraio 2008 del 18,3%. Meglio della media è andata la Fiat le cui vendite
sono scese «solo» del 16,5%. La quota del gruppo in Europa è salita al 9,1%
rispetto all'8,9% e la casa torinese si conferma al quarto posto tra i big
dell'auto. Anche i dati diffusi ieri confermano la pesante recessione del
Giappone: in gennaio la produzione industriale è scesa del 10,2% su base
mensile. Si tratta della terza flessione mensile consecutiva e soprattutto
della peggiore caduta dal 1953 quando Tokyo ha iniziato a diffondere dati
comparabili. Come negli Usa, però, anche in Giappone,
la fiducia delle famiglie (il dato è di febbraio) segna un modesto incremento.
La recessione sta portando a un continuo aggiornamento delle previsioni.
L'ultima riguarda la domanda di petrolio: secondo l'Aie quest'anno si ridurrà
dell'1,5% (a 84,4 milioni di barili al giorno). . L'Agenzia, che dipende
dall'Ocse, prevede che il nuovo taglio (sarà deciso domenica) della produzione
da parte dell'Opec (dopo i -4,2 milioni di barili decisi in settembre) farà
però balzare i prezzi del greggio. La crisi si legge anche in dati diffusi ieri
dalla Confcommercio a Cernobbio: nel 2008 c' è stato un saldo negativo tra
nascite e cessazioni di imprese di 40 mila unità.
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
CINÉMA DU RÉEL Una
giornata fra i deserti californiani e quelli del nord Africa Quando l'Algeria
tradì la ribelle anima berbera Cristina Piccino PARIGI Il giornale del festival
si chiama Réel, ogni giorno dà spazio ai protagonisti della selezione fornendo
al pubblico, sempre assai numeroso utili indicazioni. Leggiamo un'intervista a
Gianfranco Rosi, il suo Below Sea Level è tra i film più amati del festival,
gli spettatori parigini lo hanno adorato mentre in Italia, nonostante il premio
a Venezia e i molti riconoscimenti continua a non avere distribuzione - e non
lamentiamoci del cinema modesto che abbiamo se poi tutto quanto si produce di
buono si tiene lontano dal mercato, non vi si investe, è «indistribuibile»
(parola atroce quando ridicola, o almeno arcaica visto che da molto tempo
sappiamo che il mercato è luogo di invenzione ...). Dice Rosi al suo
intervistatore: «Non mi piace la distinzione tra documentario e finzione. Ci
sono film buoni o cattivi. Credo al termine 'cineasta', il linguaggio cinematografico
è importante. Mi piace osservare una cosa e trasformarla. Nella storia del
documentario, sia in Grierson o in Flaherty, troviamo questa necessità di
trasformare la realtà, che si inscrive nella volontà poetica di raccontare una
storia». Rosi per girare Below Sea Level ci ha messo molti anni, ha passato
lunghi mesi insieme ai protagonisti della sua storia, nel luogo - il deserto
della California - in cui avevano scelto di vivere - o dove la vita li aveva
portati - rompendo radicalmente con la «società normale» e le sue regole. La
fiducia, il rispetto per il loro universo, la delicatezza, di un approccio
costruito lentamente e in sensibilità sono la materia viva e intensa di questo
film malinconico, buffo, avventuroso, drammatico come i suoi protagonisti. Il
film Rosi se lo è prodotto da indipendente, come il suo primo Boat Men, senza
film commission o intrusive commissioni ministeriali, e anche questo conta nel
suo risultato (per vivere lui poi fa mille cose con una concretezza molto
«americana», paese in cui ha vissuto a lungo), nell'ariosa libertà che
respirano immagini riluttanti - anzi fieramente autonome - rispetto ai format
comuni. È raro però e non solo in Italia, perché in quanto vediamo sugli
schermi del Réel parigino questi giorni, sembra prevalere invece la centralità
del soggetto che mette da parte il cinema. Globalizzazione, sfruttamento, conflitti del mondo sono così autosufficienti da
relegare la sostanza cinematografica in secondo piano - sfogliando il catalogo
a caso ecco nella sezione dedicata alla televisione, Odette Robert (1971) di
Jean Eustache, il ritratto della nonna seduta al tavolo della camera da pranzo
(e all'improvviso è evidente che Wang Bing nel suo Memorie di una donna
cinese ha preso tutto da lì) che narra un'epoca, una classe sociale, il
cineasta da cucciolo. Invece no, siamo in Cina nel neocapitalismo o
nell'Algeria di Malek Bensmail, La Chine est encore loin , molto sostenuto
dalla stampa francese, e così banalmente irritante nel modo di raccontare
l'Algeria oggi a partire dalla frase del Profeta (uno dei guai), «la Cina è
ancora lontana» per dire di un pensiero che può rimodellarsi all'infinito
(prospettiva temibile in una chiave di lettura religiosa che permette alla
tradizione più oscena sociale e civile di continuare a essere dominante). Siamo
a Ghassira, città fondata dal colonialismo francese, oggi povera e immota, dove
venne ucciso Guy Monnerot, l'insegnante francese, fatto che segnò ufficialmente
l'inizio della guerra di indipendenza algerina. Bensmail segue nel tempo una
classe elementare, bimbi e bimbe. Si capisce che gli anni passano dal velo che
compare sulle teste di quest'ultime. Alcuni dei ragazzi frequentano anche la
scuola coranica, la maggior parte del maschi non crede nello studio, sogna di
fare soldi, un lavoro, forse emigrare. Le strade polverose della cittadina
berbera, siamo negli Aures, sono percorse solo da uomini: i pochi caffè, il
mercato, è come se le donne non esistessero. Ci sono le ragazzine, c'è
l'anziana bidella della scuola che a fine giornata pulisce l'aula, non ci sono
ragazze o donne adulte, le madri non si vedono, soltanto i padri, e anche i
maestri sono uomini. La guerra di indipendenza per i ragazzini è qualcosa di
remoto, cantano l'inno, ascoltano le storie che sono quelle dei loro nonni, gli
anziani combattenti spiegano lucidi al regista cosa accadde con l'insegnante
francese e la moglie, cosa era la guerra. Si alzano bandiere, si commemora un
po' come l'Anpi qui da noi. Però a scuola non spiegano che anche le nonne erano
combattenti e che la loro presenza fu molto importante. Che l'Fnl tradì l'anima
berbera e che col tempo, negli anni recenti, si permise in un'altra guerra
civile di soffocare quasi legalmente - o per religione - la parte femminile del
paese (c'è un accenno al terrorismo in un dialogo tra i ragazzini). Il regista
non interviene, osserva. Non prova a fare domande, non apre contraddittori,
conflitti. Ci fa vedere con chiarezza - forse suo malgrado, ma è già
apprezzabile - che comunque in quella situazione di povertà i maschi se la
godono, le femmine non possono fare nulla. Alla gita al mare solo tre ragazzine
hanno il permesso di partecipare e, una volta lì, sono costrette a stare sulla
spiaggia come mummie nei veli mentre i maschi sguazzano nell'acqua blu. Una di
loro immerge i piedi nel mare: piccolo segno di ribellione? Che le guerrigliere
venivano da qui,anche se la retorica dei mujaddin le ha cancellate, e l'Algeria
di questo film risponde fin troppo a come la si vuole vedere, dentro e fuori.
C'è forse una «scuola del nord Europa», o più semplicemente quell'esigenza
poetica di «trasformare la realtà». 10 min. di Jorge Leòn, belga, parla del
neoliberismo dei corpi oggi. Di un sistema del capitale che poggia sull'abuso
di uomini e donne resi schiavi, merce, mezzo produttivo a cui è negata
qualsiasi percentuale di guadagno (come Lorna, dei fratelli Dardenne). Qui è la
storia di una ragazza bulgara, che dal villaggio in cui viveva viene portata in
Belgio da un'amica di infanzia per lavorare come badante, le dicono. Una volta
arrivata, finisce in un sottoscala e poi in una vetrina, costretta alla
prostituzione. Picchiata, minacciata, violentata. Tenta la fuga, torna in
Bulgaria, subisce altri abusi e violenze, accetta di tornare a prostituirsi e
denuncia i suoi sfruttatori. Lei però non la vediamo mai. Come non vediamo i
suoi sfruttatori, l'amica, l'amata nonna, i poliziotti che raccolgono la
testimonianza, il giudice. Vediamo degli oggetti: un orologio, le divise degli
agenti appese a una sedia, una camera d'albergo, la campagna deserta, un aereo,
la stazione, uffici vuoti, un bordello. La storia è recitata fuori campo, con
voce uguale, come se fosse una deposizione. Anzi lo è, la voce riconosce luoghi
e persone nelle fotografie schedate come prove. Il risultato è un film fortemente
soggettivo, la cui potenza si moltiplica proprio nell'assenza di immagini
esplicative, in questa oralità «neutra» a cui è affidata una storia singolare
che è lente del contemporaneo. Scandagliato nelle sue pieghe con precisione e
lucidità.
( da "Messaggero, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo 2009
Chiudi PECHINO - La Cina è disposta a riprendere i
colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio
in India, se questi «rinuncerà a perseguire l'indipendenza» del Tibet. Lo ha
affermato ieri il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino nella sua
tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea
nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si
sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di
conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen, che ha 67 anni, ha
parlato anche di crisi economica internazionale e ha chiesto agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di
Stato americani. Pechino, ha affermato il premier, intende continuare a
perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell'8% nel 2009.
Anche se «ci saranno delle difficoltà», la Cina «ha
messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi
mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra
Pechino e la nuova amministrazione americana del presidente Barack Obama, il
primo ministro ha leggermente ammorbidito i toni su una delle questioni che
giovedì proprio Obama ha sollevato ricevendo a Washington il ministro degli
Esteri cinese Yang Jiechi. La Cina - ha sostenuto - è
disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader
tibetano che vive in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire
l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama - ha detto - bisogna guardare
quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità». Il leader
tibetano chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia»,
ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello
di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» - tra i quali ha citato la crescita
dell'economia e la «libertà religiosa» di cui godono i tibetani - hanno
dimostrato che «la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta». Rispondendo a una domanda sull'eccezionale
dispositivo di sicurezza dispiegato nel corso di questa settimana in Tibet in
occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo 1959,
Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile».
( da "Resto del Carlino, Il (Pesaro)" del
14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
URBINO pag. 19
Palazzo Ducale a fuoco ma... per esercitazione Protezione civile: alle 11
spettacolare simulazione di LARA OTTAVIANI ALLE 11 di questa mattina scoppierà
un incendio al Palazzo Ducale. A saperlo in anticipo è già un vantaggio, essere
certi poi che si tratta di una simulazione di indubbia spettacolarità con
decine di volontari di Protezione civile, vigili del fuoco, personale del 118,
forze dell'ordine rassicura di molto. Il punto di coordinamento sarà l'esedra
del teatro Sanzio e proprio sotto i Torricini di Palazzo Ducale si potrà godere
la vista migliore: personale della Soprintendenza che sarà evacuato dai
balconi, squadre speciali dei pompieri (Saf) che si caleranno con le corde,
fumo (ma assolutamente finto e simile a quello delle discoteche), opere d'arte
salvate dalle fiamme, soccorso agli intossicati. Ieri
mattina gli appuntamenti salienti della giornata di esercitazione della
Protezione Civile sono stati spiegati, ma senza troppi dettagli per non svelare
tutto agli spettatori, dall'assessore alla Protezione civile Lino Mechelli, dal
responsabile del distaccamento dei Vigili del fuoco di Urbino Claudio Ovarelli,
dal comandante del Corpo forestale di Stato Alberto Mazzocchetti, da
Vincenzo Polacco referente tecnico per la nostra Provincia della Protezione
civile, da Mauro Perugini responsabile dei volontari, Emilio Gonzales
rappresentante del Dipartimento nazionale di Protezione civile sevizio
salvaguardia dei beni culturali. Questa mattina alle 10 alla Sala Serpieri del
Collegio Raffaello ci sarà la consegna degli attestati di frequenza del Corso
di Formazione dedicato ai temi della tutela dei beni culturali e alle metodiche
di intervento che rientrano nel settore della Protezione Civile. Alle 10,30
sarà presentato l'opuscolo stampato in 10mila copie sulle norme di
comportamento in caso di terremoto, frane, fughe di gas ecc. che saranno
consegnati a tutti, studenti in particolare. Alle 11, allarme ai Torricini: in
un'ora e poco più accadrà di tutto, simulazione di inizio di incendio, partenza
dei mezzi di soccorso, richiesta intervento di 118, Forestale, e Vigili del
fuoco che inizieranno il soccorso degli intossicati da fumo, mentre la
Forestale penserà al salvataggio di opere d'arte custodite nella Galleria
nazionale delle Marche dopo che i pompieri le avranno estratte dal Palazzo.
Saranno all'opera 28 volontari della protezione civile comunale, 2 o 3 mezzi
dei pompieri con circa 30 operativi, 3 pattuglie della forestale, un'ambulanza
e personale del 118, 1 o 2 mezzi della Polizia Municipale, una pattuglia della
Polizia di Stato. Insomma un dispiegamento di uomini e mezzi da lasciare di
stucco: «Un'esercitazione di questa portata e con questa ambientazione è la
prima in assoluto hanno assicurato i referenti della Protezione civile delle
Marche e Nazionale : cercheremo di esportarla in altre città perché le Marche
sono piene di beni culturali e vorremmo che crescesse sempre più la sensibilità
verso l'impegno della Protezione civile». «Lo spunto per questa iniziativa è
venuto dall'esigenza di rafforzare il gruppo comunale ha detto Mechelli : ad
Urbino non potevamo non dare una connotazione culturale all'esercitazione. Il
ringraziamento va anche al personale della Soprintendenza e a tutte le altre
istituzioni coinvolte per la collaborazione».
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 14 categoria:
REDAZIONALE Asilo La donna ha raggiunto Bangkok con mezzi di fortuna: «La
nostra vita era diventata insostenibile» La grande fuga di He: a piedi in
Thailandia La moglie e i figli del dissidente Gao sono stati infine accolti
negli Usa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — A un
certo punto, Geng He e i suoi due figli avevano davanti un confine e la notte.
Hanno attraversato entrambi. Hanno detto addio alla Cina,
li aspettava un altro pezzo di viaggio. Poi la Thailandia, gli uffici dell'Onu,
l'America. E l'annuncio: Geng He, moglie di uno dei più noti dissidenti cinesi,
Gao Zhisheng, è al sicuro. Gli Stati Uniti le hanno concesso l'asilo politico,
ma l'odissea non è finita, perché il marito è rimasto in Cina,
detenuto chissà dove, prelevato dalla polizia il 4 febbraio. Il viaggio
disperato di Geng He non sembrava scritto nel destino della sua famiglia. Gao
Zhisheng era un membro del Partito comunista, avvocato capace di conquistarsi
qualche notorietà, addirittura di farsi additare a modello di impegno civile.
Abbandonò le cause innocue, Gao, e fu l'inizio della fine. Aveva scelto di
dedicarsi agli attivisti cristiani irregolari, di difendere i praticanti del
Falun Gong, un movimento spirituale che Pechino perseguita con feroce
determinazione da quando, proprio 10 anni fa, dimostrò con una manifestazione
sulla Tienanmen una capacità di mobilitazione che atterrì il regime. Nel 2001
cominciarono i guai, nel 2006 una condanna a 4 anni, poi ridotta per buona
condotta. I gruppi che lo sostengono e che hanno aiutato la fuga della moglie
denunciano le torture subite dall'uomo. Sono però le misure di controllo cui
l'intera famiglia è stata sottoposta ad aver spinto la donna a scappare con la
quindicenne Geng Ge e il piccolo Gao Tianyu, 5 anni. L'anno scorso a Ge è stato
impedito di frequentare la scuola, la ragazza disperata ha tentato il suicidio.
«La nostra vita era diventata insostenibile». La madre ha così preparato il suo
piano, all'insaputa del marito, ai domiciliari nella regione d'origine, lo
Shaanxi. «Non potevo non partire, stavano devastando la vita dei miei figli,
non ci saremmo più ripresi». Il 9 gennaio He, Ge e Tianyu lasciano Pechino,
direzione sud. A Gao Zhisheng non dicono nulla. Niente passaporti, vanno giù
giù, fin dove la Cina finisce. Le frontiere dello
Yunnan si fanno violare facilmente da traffici di ogni tipo. Anfetamine, pietre
preziose, legname. Persone. In questa terra di nessuno che scavalca colline e
si appoggia al corso del Mekong, i fuggitivi si affidano alle «teste di
serpente», i passatori. Pagano oltre 4 mila euro, sono le rotte percorse anche
dai profughi nordcoreani che alla spicciolata cercano di raggiungere Seul via
Thailandia. I trafficanti d'uomini li prendono in consegna, se li caricano in
moto. Lunghi tratti a piedi. La pista passa attraverso il Laos oppure
attraverso la Birmania, che in quelle aree è in realtà un mondo a sé, lo
amministrano in autonomia etnie che il governo centrale lascia fare in cambio
di una tregua plausibile dopo decenni di guerriglie separatiste. «I passatori
volevano dividerci per gestirci meglio — ha raccontato Geng He — e per 9 ore mi
hanno separata da mio figlio. Non parlavano quasi cinese». La Cina, appunto, era finita. In Thailandia i tre hanno smesso
di sentirsi braccati. Mercoledì scorso erano negli Usa,
grazie anche a un'organizzazione cristiana, ChinaAid. Adesso la clamorosa
avventura di Geng He, 41 anni, e dei suoi figli rischia di andare ad
aggiungersi al già corposo dossier che incombe sulle nuove relazioni
sino-americane, circa le quali a Washington hanno appena fatto il punto Hillary
Clinton e il suo omologo, il ministro degli Esteri Yang Jiechi. C'è l'incidente
della nave Usa intercettata dai cinesi, ci sono la
questione di Taiwan, il Tibet, la crisi economica. Il sapore di beffa non fa
piacere a Pechino. Geng He e i figli hanno trovato rifugio a Phoenix, Arizona.
Di Gao, che era stato indicato come possibile Nobel per la pace, è improbabile
che avranno notizie. La fuga è stata una scelta atroce. Anche il fuso orario
sembra raccontare il dramma della famiglia che si è spezzata: quando a Phoenix
splende il sole, in Cina è notte. Dentro la notte è
rimasto Gao. Il viaggio, in fondo, non è ancora finito. Marco Del Corona
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-14 num: - pag: 15 categoria:
REDAZIONALE Strategie La nuova Casa Bianca non vuole scoprire il fianco ad
accuse di debolezza o eccessiva cautela E Obama rigioca la carta militare
Truppe al confine col Messico, navi da guerra nel Mar della
Cina Il governo Usa non esclude di schierare la Guardia
Nazionale o unità dell'esercito alla frontiera meridionale DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE WASHINGTON - Mentre il ministro dell'Interno, Janet Napolitano,
sta moltiplicando il numero degli agenti federali al confine col Messico, il
governo degli Stati Uniti non esclude di schierare la Guardia Nazionale o
perfino unità dell'esercito alla frontiera meridionale, se la guerra in
corso fra i cartelli della droga dovesse sfuggire di mano e minacciare le
vicine città americane. Lo ha detto al Congresso Roger Rufe, capo delle
operazioni dell'Homeland Security Department, precisando tuttavia che il
ricorso alle truppe è visto come «risorsa di ultima istanza» e che al momento
la militarizzazione del confine col Messico non è all' ordine del giorno. Ma
anche la semplice formulazione dell'ipotesi segnala la crescente preoccupazione
della nuova Amministrazione di fronte al dilagare della violenza nel Paese
confinante. E conferma più in generale, insieme ad altri esempi recenti, che
anche la Casa Bianca di Barack Obama intenda sempre lasciarsi aperta l'opzione
militare. «L'intensificarsi dello scontro tra i cartelli della droga in Messico
è allarmante - ha spiegato Rufe - e noi dobbiamo essere sempre in grado di
rispondere, specie se la minaccia della violenza dovesse raggiungere livelli
che le nostre forze sul posto non siano più in grado di fronteggiare». Nel
2008, sono stati 6 mila (fra cui 500 poliziotti) i morti della guerra fra le
bande per il controllo delle vie della droga tra lo Stato centro-americano e
gli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, la violenza ha cominciato a tracimare anche
sul territorio americano, dove si sono registrati rapimenti, sparatorie e altri
atti criminali. Non sarebbe la prima volta che Washington schiera delle truppe
al confine col Messico. Ma l'annuncio dell'Amministrazione Obama serve anche a
sfatare ogni dubbio sulla sua determinazione e prontezza a muoversi a tutto
campo. Un altro esempio viene dal Mar della Cina, dove
il Pentagono ha inviato un cacciatorpediniere lanciamissili, dopo l'incidente
di una settimana fa, che ha visto cinque unità navali di Pechino circondare e
bloccare una nave-laboratorio della marina americana per la sorveglianza
oceanica. La USS Chung-Hoon, già nella regione per un regolare turno, è ora
schierata a protezione della missione oceanografica. L'incidente è avvenuto non
lontano dall'isola di Hainan, dove la marina cinese ha una base sotterranea per
sommergibili. Il ricorso alla dissuasione militare non ha impedito al
presidente Obama, nel suo incontro di giovedì con il ministro degli Esteri cinese,
Yang Jiechi, di rinnovare l'offerta di cooperazione con Pechino, già formulata
da Hillary Clinton nel suo recente viaggio in Oriente. «E' importante elevare
il livello e la frequenza del dialogo tra i nostri eserciti per evitare futuri
incidenti», ha detto il presidente. E' chiaro che l'Amministrazione
democratica, pur decisa a rilanciare una politica estera fondata in primo luogo
sulla diplomazia, non voglia in alcun caso scoprire il fianco ad accuse di
debolezza o eccessiva cautela nel considerare eventuali opzioni militari, sul
piano teorico e pratico. Suonano conferme la decisione di inviare altri 17 mila
soldati in Afghanistan (che potrebbero raddoppiare entro la fine dell' anno) e
l'intensificazione degli attacchi con i droni comandati a distanza contro le
cellule terroristiche di al-Quaeda, nascoste al confine col Pakistan. Paolo
Valentino Al fronte Obama in volo su Bagdad con il generale Petraeus a luglio
Muro Un tratto della barriera lungo la frontiera Usa-Messico
(di 3mila km il muro ne copre 500) Getty/Afp
( da "Corriere della Sera" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-14 num: - pag: 34 categoria:
REDAZIONALE Washington-Pechino Summers e la Casa Bianca: tuteleremo gli
investimenti Debito, la Cina avverte gli Usa Wen Jiabao: da voi abbiamo investito molto, sono
preoccupato Il gigante asiatico è il primo sottoscrittore di bond del Tesoro
americano, con ben oltre mille miliardi di dollari DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO – «A dire il vero, un po' allarmato lo sono». Wen Jiabao ai cinesi è
simpatico, piace il suo modo di farsi capire. Ieri mattina in chiusura dei
lavori dell'Assemblea nazionale del Popolo (il parlamento), il premier ha
voluto parlar chiaro anche agli Stati Uniti. «Abbiamo fatto ingenti prestiti di
capitale agli Usa e naturalmente siamo preoccupati per
la sicurezza dei nostri investimenti ». è l'inquietudine, di fronte alla crisi,
di un Paese che detiene circa mille miliardi di dollari in titoli di Stato Usa, il maggior creditore di Washington. «Vorrei chiedere
ancora una volta agli Stati Uniti — ha detto — di mantenere le loro promesse e
garantire la sicurezza dei capitali cinesi». Ed era già notte a Pechino quando
da Washington sono arrivate le risposte. Per il consigliere economico Lawrence
Summers «l'impegno del presidente Obama è chiaro, dobbiamo essere gestori
attenti dei nostri investimenti», mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert
Gibbs, è stato ancora più diretto: «Non esiste al mondo Paese più sicuro degli
Stati Uniti per fare investimenti». I timori di Wen e dell'establishment cinese
sono affiorati su diversi temi. La crescita, per cominciare, quasi il feticcio
della scommessa nell'anno della crisi: «L'obiettivo dell'8% è difficile da
ottenere, ma possibile», si è esposto il premier. Alla tenuta della crescita
Pechino si affida per scongiurare scompensi sociali, già ora 20 milioni di
disoccupati fra i lavoratori migranti sono un'emergenza sociale. Quanto
all'ormai famigerato pacchetto di stimolo da 455 miliardi di euro, lanciato in
autunno, Wen ha lasciato capire che, se occorresse, potrebbe essere replicato.
«Abbiamo messo da parte abbastanza munizioni e possiamo vararlo in qualsiasi
momento», nel frattempo confida nell'allargamento del deficit e nelle misure di
spesa: «Prima si agisce meglio è». Wen si è poi speso contro le accuse di
svalutazione pilotata del renminbi, per contrastare il declino dell'export, in
febbraio crollato del 25,7%. L'apprezzamento delle valute europee e asiatiche —
ha spiegato — ha finito col colpire pesantemente l'export cinese. Toccherà
allora agli aumenti salariali e delle pensioni cercare di rivitalizzare il
mercato interno. Si tratta di stringere i denti, «nel 2010 usciremo dalla
crisi». Basta avere «fiducia» e «coraggio». Marco Del Corona Premier Il primo
ministro cinese Wen Jiabao ieri all'Assemblea nazionale del Popolo
( da "Giorno, Il (Milano)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
VETRINA ECONOMIA pag.
22 USA, SE LA CINA NON SI FIDA IL COMMENTO IL PACCHETTO di
stimolo economico di oltre 700 miliardi di dollari che Obama si è fatto
approvare dal Congresso, in realtà lo sta pagando la Cina. I buoni del tesoro americani custoditi da Pechino ammontano alla
stessa cifra, ma questa volta il premier Wen Jiabao non si accontenta delle «distrazioni»
di Hillary che nel suo recente viaggio ha dimenticato di condannare la
situazione in Tibet e la mancanza di libertà religiosa. Adesso i cinesi, dopo
il boom sentono fortissimi i morsi della crisi, non rivelano quanti disoccupati
o danni ha provocato il collasso finanziario internazionale che ha ridotto in
un solo anno l'intera ricchezza Usa del 18% , ma i
leader comunisti, proprio a conclusione del loro Congresso del Partito si
dicono«preoccupati» dalla situazione debitoria e «sperano» che Washington
mantenga la parola «proteggendo i loro fortissimi investimenti». Le parole del
premier Wen «abbiamo prestato una montagna di soldi agli Stati Uniti» sono
chiarissime. La Cina ha in carico tonnellate di azioni
di Fannie Mae e Freddie Mac il colosso dei mutui sempre sull'orlo della
bancarotta e adesso non vuole trovarsi in mano carta straccia come i clienti di
Madoff. Ha bisogno che lo stimolo rilanci i consumi americani e di riflesso
anche la produzione cinese. Il «rimprovero» al gigante mondiale dell'economia
per ora rimane a bassa voce. La sfida adesso è al G.20 di Londra dove Usa, Cina, Europa, Russia,
Giappone, India e Brasile dovranno trovare, per la prima volta insieme,
l'indispensabile «exit strategy». La «sicurezza del credito» è diventata la
domanda principale. La Cina garantisce per le proprie
banche perché sono statali, ma gli Usa devono portare
al tavolo garanzie equivalenti e condivise. Diversamente Pechino minaccia il
disimpegno. Il summit di Londra dovrà diventare una sorta di nuovo «regolatore
internazionale» Il «multilateralismo politico» che il segretario generale
dell'Onu Ban Ki Moon predica per il Palazzo di Vetro, dovrebbe trasformarsi in
meno di 2 settimane, in «multilateralismo economico» dove si agisce per
consenso e il «diritto di veto» può solo portare alla catastrofe.
( da "Arena, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo 2009
ECONOMIA Pagina 40 IL CONFRONTO. Il presidente e amministratore di Glaxo,
Papadimitriou, e l'economista De Cecco prospettano le soluzioni per uscire dal
grave momento di recessione «Così Verona può superare questa crisi» L'incontro
a Piazza Cittadella Rana: «La ritrovata unità tra le categorie economiche è un
forte volano di sviluppo» Verona un laboratorio per uscire dalla crisi: c'è una
università quotata, un tessuto imprenditoriale forte e i necessari centri
bancari. E soprattutto uno spirito di coesione ritrovato in città. È il
messaggio emerso ieri nel confronto tra l'economista Marcello De Cecco,
ordinario di Storia della finanza e della moneta alla Normale di Pisa, e
Angelos Papadimitriou, presidente e ad di GlaxoSmithKleine e vicepresidente di
Confindustria Verona, nella sede degli industriali scaligeri. Un confronto a
cui hanno partecipato anche il rettore dell'ateneo scaligero, Alessandro
Mazzucco, e il presidente di Confidustria Verona, Gian Luca Rana. E proprio
quest'ultimo ha aperto i lavori parlando delle soluzioni da mettere in campo
per affrontare una congiuntura sfavorevole. «L'elezione del nuovo presidente
della Camera di Commercio», ha spiegato Rana, «che ha avuto un quasi totale
consenso, è un segno nuovo in città: è la prima volta dopo tanto tempo che
Verona riesce ad essere unita e fare squadra tra tutte le componenti della società,
ma è solo l'inizio, da qui può iniziare un vero rinascimento». Verona secondo
De Cecco, che la mattina aveva partecipato all'inaugurazione dell'anno
accademico con una prolusione sulla crisi economica attuale, «si è rivolto agli
imprenditori presenti: o vi mettere con le università per creare un sistema
imprenditoriale sul modello anglo-americano-tedesco in cui le dimensioni delle
aziende sono più grandi e la ricerca sono i due punti forti, oppure ci sarà una
lenta decaduta, e poi sì la coesione sociale è indispensabile, nel dopo guerra
c'era, me lo ricordo bene, una classi dirigente veronese capace di
progettualità di lungo respiro e di coraggio». È chiaro però, continua De
Cecco, che ci vogliono anche le condizioni generali: la globalizzazione è una condizione
indispensabile a cui il made in Italy non può sfuggire, il sistema finanziario
deve essere ristabilito e i consumi devono ripartire. Ma a
rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte persone che hanno
partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero che Obama non
diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra...penso
che dovremmo ripartire da noi con un modello diverso sul tipo di quello della
Germania, qui a Verona e nel Veneto significa imboccare la via delle
aggregazioni e della ricerca». Secondo Papadimitriou, bisogna guardare a un
modello europeo, dove l'euro è determinante per mantenere gli equilibri.
«Servono inoltre», spiega, «la leva fiscale, ricerca e investimenti fissi, in
Italia il debito dello Stato è grande a causa anche di una spesa
dell'ammistrazione pubblica, la Francia rispetto all'Italia attira più capitali
stranieri perché ha un burocrazia efficiente, in Italia le aziende straniere ma
anche italiane hanno bisogno di aspettative stabili sulle normative soprattutto
fiscali. Il governo? Finora ha fatto quello che poteva, c'è da fare di più invece
per le pmi e mettere mano alla macchina dello Stato. Le aziende devono
investire in marketing (marchi) e ricerca-innovazione, gestire per cassa e non
per profitto, è il momento delle acquisizioni per chi ha i soldi. Usciremo da
questa crisi», ha concluso Papadimitriou, «con una struttura industriale
diversa, si può mantenere il muscolo industriale italiano con un'alleanza tra
investitori italiani ed esteri».
( da "Messaggero Veneto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 7 - Gorizia
Protezione civile, nuovo slancio sotto la guida di Adriano Valle GRADISCA
GRADISCA. Cinque nuovi volontari negli ultimi quattro mesi, squadra cresciuta a
una ventina di operativi e concrete speranze di una nuova sede pronta già entro
l'anno. È un bilancio sicuramente positivo quello presentato dal nuovo
coordinatore della Protezione civile di Gradisca, Adriano Valle, subentrato in
novembre a Francesco Villan. Monfalconese, 49 anni, da 8 trasferitosi a
Gradisca e da 5 volontario nella locale squadra, Valle ha subito puntato sul
potenziamento d'organico e sulla specializzazione dei volontari. «L'ingresso di
cinque nuovi volontari, due dei quali giovanissimi e ancora studenti, resta
indubbiamente il dato più confortante per quanto mi riguarda. Per un Comune
come Gradisca poter contare su una squadra composta da una ventina di persone,
mi piace ricordarlo tutte operative, è un ottimo risultato, ma è chiaro che non
deve essere un punto d'arrivo. Qui la parola d'ordine è crescere e in questo
tutti i colleghi volontari si sono mostrati subito disponibili, tant'è che
quasi tutti abbiamo intrapreso corsi di specializzazione». Disponibilità non
solo dalla squadra, tuttavia, per Valle, che sottolinea l'importanza di avere
un canale diretto tanto con le squadre dei Comuni limitrofi quanto con il
Comune di Gradisca. «La collaborazione con i Comuni limitrofi è semplicemente fondamentale
per una copertura ottimale sul territorio, ma rimanendo al contesto gradiscano
direi che c'è stata subito intesa. Il Comune si sta impegnando concretamente
per risolvere in tempi brevi il problema della nuova sede, una questione
fondamentale per l'operatività di una squadra di Protezione civile che oggi è
costretta a suddividere la propria attività tra una sede amministrativa e una
operativa. Da un punto di vista logistico sicuramente un ostacolo». Avviato,
sempre con il Comune di Gradisca, anche un piano di
potenziamento del parco mezzi a disposizione della Protezione civile. «Il
Comune presenterà a breve una richiesta formale alla Protezione civile
regionale per l'ottenimento di un nuovo mezzo, un pick-up, che ci consentirà
una maggiore e migliore copertura del territorio comunale visto che a oggi
siamo dotati di un solo mezzo di movimento». (ma.ce.)
( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
n. 63 del 2009-03-14
pagina 20 «No a ogni liberalizzazione» di Redazione Un nuovo diritto per gli
italiani: la libertà dalla droga. A introdurlo è il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla droga, Carlo Giovanardi,
organizzatore della quinta conferenza nazionale delle politiche antidroga, a
Trieste, arrivata oggi al giorno conclusivo. Sottosegretario che cosa intende
per diritto di essere liberi dalla droga? «Per chi fa uso di droghe, è il
diritto di essere curato, guarito e poi reintegrato nella società e nel mondo
lavorativo. Ma è anche il diritto, per chi non si droga, di essere informato
dei rischi e dei danni causati dagli stupefacenti, in modo da starne lontani». Il
Presidente Napolitano ha definito la droga un fenomeno allarmante. «E lo è. Qui
a Trieste c'è grande consapevolezza della gravità della situazione, che
coinvolge direttamente e indirettamente ogni italiano. Il problema, infatti,
non è limitato a chi spaccia e chi consuma, ma colpisce tutti. Chi si droga
mette a rischio se stesso e gli altri, causando incidenti stradali, perdendo il
controllo al lavoro e in famiglia, dimostrando di essere inaffidabile e,
soprattutto, pericoloso. A conferma gli interventi di luminari mondiali che
hanno dimostrato scientificamente i danni cerebrali causati dalle droghe».
Informazione, prevenzione e quali altri strategie d'intervento, rimedi e
possibili soluzioni sono emerse durante la conferenza? «Intensificare il
contrasto alla domanda e all'offerta di droga attraverso un'azione corale
dentro e fuori i confini nazionali. In Italia con la collaborazione tra Stato,
Regioni e Province, forze dell'ordine, magistratura, pubblico e privato
sociale. Occorre un approccio globale per portare avanti, da un lato, la
repressione contro il traffico degli stupefacenti; dall'altro i drug test nelle
strade, sistemi di allerta e monitoraggio delle nuove droghe, il volontariato
sociale, appelli di sportivi, campagne educative, progetti nelle scuole e nelle
parrocchie». Come bloccare lo spaccio via Internet? «Ci stiamo attrezzando di
nuovi strumenti giuridici e sistemi più sofisticati per contrastare il traffico
online.» Contro il traffico di droga l'Onu vuol seguire una linea rigorosa
esattamente come l'Italia. Conferma? «Assolutamente sì. Il
programma rispecchia pienamente la posizione dell'Italia, che, insieme a
Svezia, Russia, Cina,
Giappone e Usa, intende
mantenersi fermamente contraria a ogni forma di legalizzazione e
liberalizzazione delle droghe». La legge Giovanardi-Fini è stata accusata di
scarsa efficienza, visto l'aumento del consumo di cocaina in particolare.
«La legge è stata definita da alcuni liberticida e da altri orientata alla
liberalizzazione. La realtà è una: dal confronto con gli operatori, è emerso un
apprezzamento generale per l'equilibrio con cui la normativa interviene verso
chi spaccia e chi consuma, attraverso diversi livelli di provvedimento. Quindi,
sono i fatti che parlano». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 -
20123 Milano
( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'allarme della Cina sui titoli Usa PECHINO - "Abbiamo prestato capitali enormi agli Stati
Uniti, sinceramente siamo preoccupati". Con questa uscita esplosiva ieri
il premier cinese Wen Jiabao ha insinuato il sospetto sulla solvibilità di
lungo termine del Tesoro americano e sui rischi connessi all'esplosione del
deficit pubblico Usa.
I mercati hanno reagito immediatamente, i Treasury Bonds hanno perso quota di
fronte all'eventualità di una "sfiducia" da parte del più grande
creditore sovrano degli Stati Uniti. Allo stesso tempo però Wen ha rassicurato
Washington sul fatto che il governo di Pechino è pronto a varare una seconda
manovra di spesa pubblica, "anche immediatamente se necessario", per
rilanciare la crescita. Mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, si
è affrettato a dire: "Gli investimenti negli Stati Uniti sono i più sicuri
al mondo". Non vi sono quasi precedenti di un leader straniero che osi
mettere in dubbio la credibilità del debito pubblico americano. Bisogna risalire
agli attacchi di Charles De Gaulle alla fine degli anni '60 contro l'aggancio
dollaro-oro, in piena guerra del Vietnam. Oggi il contesto è profondamente
cambiato: la massima parte del debito pubblico Usa
collocato all'estero finisce nei forzieri delle banche centrali asiatiche,
prima fra tutte quella cinese. Nel corso del 2008 i volumi di Bot americani
sottoscritti dalla banca centrale di Pechino sono aumentati del 46%, a quota
700 miliardi di dollari. La stragrande maggioranza delle riserve ufficiali
cinesi (2.000 miliardi di dollari) sono piazzate in Treasury Bonds e lo stesso
vale per i portafogli degli istituti di credito pubblici e dei fondi sovrani
che fanno sempre capo alla Repubblica Popolare. L'Amministrazione Obama sarà
costretta a nuove maxi-emissioni di titoli pubblici nel 2009 (fino a 2.000
miliardi di dollari aggiuntivi) per finanziare i salvataggi bancari e le
manovre di spesa pubblica. Di qui l'allarme lanciato ieri dal capo del governo
cinese nella conferenza stampa che ha chiuso la sessione legislativa del
Congresso del Popolo. "Il presidente Obama - he detto Wen - ha varato
misure per fronteggiare la crisi, che guardiamo con molte aspettative. Ma
l'America deve tutelare la propria credibilità, deve onorare le sue promesse,
deve garantire la sicurezza degli investimenti cinesi". La clamorosa
uscita di Wen rientra nelle manovre tattiche che preludono al vertice G-20 del
2 aprile a Londra. Di certo il premier cinese non ha voluto preannunciare un
abbandono della politica cinese di investimenti nei titoli del Tesoro Usa. Non c'è nessun segnale che la banca centrale di Pechino
stia diversificando il suo portafoglio, nel quale l'euro e lo yen e l'oro
continuano a occupare uno spazio del tutto marginale. Smettere di finanziare il
debito pubblico americano avrebbe per i cinesi una conseguenza catastrofica: il
tracollo del dollaro, quindi una rovinosa caduta di competitività del made in
China già sofferente per il calo della domanda mondiale. Dal 2005 la moneta
cinese si è rivalutata del 26% sul paniere delle principali valute, e Pechino
non ha interesse ad accelerare un apprezzamento che danneggia i suoi
esportatori. Ma la preoccupazione per l'escalation del debito americano è
reale. Da una parte Wen Jiabao deve rispondere a una constituency nazionale -
l'ala "populista" del Partito comunista - che vorrebbe destinare a
investimenti interni le risorse ingenti accumulate con gli attivi del commercio
estero. Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le
premesse per un'uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta
"inflazione più svalutazione". E' una strategia che ha illustri
precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e
creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata
della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un
piccolo precedente che può segnare l'inizio di una catena di svalutazioni
competitive. Uno scenario che naturalmente preoccupa il creditore di ultima
istanza, la Cina. In vista del G-20 i leader di
Pechino mettono sul tavolo le loro priorità. Sono disposti a creare contro
l'Europa un fronte Asia-America (che include il Giappone), favorevole a
ulteriori iniezioni di investimenti pubblici anti-recessione. In cambio però
vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American,
e no alle svalutazioni competitive. 14/03/2009 - 08:30
( da "AmericaOggi Online" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il giudice Massaro a
Firenze per onorare Mazzei Di Antonino Ciappina 14-03-2009 Com'è noto, tre
toscani possono vantare primati con il Nuovo Mondo che nessuno può loro
contestare, ma sta di fatto che son mancati loro dei riconoscimenti meritati.
Assodato che si deve a un ligure la scoperta del Nuovo Mondo, anche se non
prese il suo nome perchè un cartografo tedesco, Martin Waldsemuller, la chiamò
per primo "America" poichè gli capitò di osservare mappe del Nuovo
Mondo tracciate da Amerigo Vespucci. Cristoforo Colombo, il ligure che scoprì
l'America, lo fece grazie a una lettera che gli scrisse Paolo Del Pozzo
Toscanelli, astronomo fiorentino, che lo esortò a tentare di giungere in
oriente andando verso occidente. La lettera, debitamente conservata, reca la
data del 25 giugno 1474. Colombo, navigando dapprima per il Mediterraneo per
"farsi le ossa" come navigatore, come si suol dire, scoprì le spezie che venivano dalla Cina in Rodi e la Cina voleva raggiungere via mare, per averle più a buon mercato, il
costo essendo oneroso poichè le spezie che giungevano dalla Cina raggiungevano il bacino
mediterraneo a mezzo carovane di cammelli, le "navi del deserto". Il
Toscanelli non figura nelle enciclopedie USA poichè nessun anglosassone vuol
dargli alcun riconoscimento, anche perchè, ad esempio, non sono sicuri
se Henry Hudson, che secondo loro avrebbe scoperto la baia di New York, fosse
un inglese che navigava al soldo degli olandesi, che furono i primi a giungere
nella baia, o un olandese che navigava al soldo degli inglesi. Comunque, un
italoamericano, John La Corte, fondatore e presidente dell'Italian Historical
Society of America, riuscì a dimostrare che la baia venne effettivaamente
scoperta da Giovanni da Verrazzano, cosi abbiamo il Verrazzano Bridge
all'ingresso della baia. Quanto precede riportato per amor di storia; consapevolezza
di fatti, non vagando in valia di bubbole o fandonie, c'è stato un altro
toscano che per molto tempo negli Usa non si volle
riconoscere come inventore del telefono: Antonio Meucci. Persino oggigiorno,
dopo essere riusciti legalmente a far valere la verità tenuta per molto tempo
offuscata da Graham Bell e parteggiatori, Antonio Meucci non figura nelle
enciclopedie americane. Ma abbiamo un altro toscano che non figura nelle
enciclopedie americane, e nemmeno in quelle italiane: Filippo Mazzei, che fu
uno studioso, amante delle belle lettere, ma anche della natura; esperto in
agricoltura.Si è accertato che nacque in Poggio a Caiano (Firenze); venen
conosciuto a Londra da Benjamin Franklin, ambasciatore Usa
in Inghilterra. Benjamin Franklin, che ammirava gli europei e volle il dollaro
decimale non "salterello" come la sterlina, lo esortò ad andare in
America e portarvi tutti i prodotti agricoli di cui aveva esperienza, per farli
conoscere agli agricoltori americani e, quindi, farli acquisire alle culture
locali, per arricchire l'industria agricola americana mediante l'innesto con
quella di "Sunny Italy" (Italia aprica o solatia). Gli inglesi, com'è
noto, originariamente erano pescatori, e lo dice ancora il nome del loro paese
d'origine: Inghilterra - Angleterre: terra di pescatori - angler: pescatore!
Ebbene, Filippo Mazzei, su suggerimento di Beniamino Franklin, andò a trovare
Thomas Jefferson, l'autore della "Dichiarazione di Indipendenza", che
gli mise a disposizione duemila acri di terra per il suo campo agricolo
italiano sperimentale; in collina, venne chiamato Monticello. In cima a quella
collina riposano i resti di Thomas Jefferson, che divenne il terzo presidente Usa. Ma, oltre a rendere ferace la terra di Monticello,
Filippo Mazzei rese nota a Jefferson una sua idea geniale; una massima
grandiosa da inserire nella Dichiarazione di Indipendenza, come ricordato da
John Fitzgerald Kennedy; eccola: "Tutti gli uomini sono creati
uguali"; una verità basilare, preziosa, per una terra che doveva divenire
polietnica; l'auspicato crogiolo di fusione. Ebbene, contrariamente a quanto
fatto in precedenza, anche se Filippo Mazzei ancora non figura nelle
enciclopedie americane, la United States Comission, composta da ventuno alti
commissari: sette deputati, sette senatori federali e sette sovrintendenti,
facendo tesoro di quel felice suggerimento, ha deciso di scegliere Filippo
Mazzei come unico personaggio storico italiano da annoverare fra gli eroi
dell'indipendenza americana. Di conseguenza, rendendo la felice scelta
debitamente nota all'Ambasciata Italiana a Washington. Di ciò venuta a
conoscenza l'Associazione Toscana-Usa tramite
l'Associazione Filippo Mazzei ed il Municipio di Poggio a Caiano, località di
nascita di Filippo Mazzei in Provincia di Firenze, tramite il dottor Michele
Giordanella di Firenze, formulò invito all'on. Dominic R. Massaro,
"Justice" della Corte Suprema dello Stato di New York, ad una visita
a Firenze per partecipare a quanto ideato in seguito alla brillante scelta
della US Commission. L'invito si spiegava per un precedente: il
"Justice" (giudice presidente) era stato già invitato a Firenze per
celebrazioni in onore di Antonio Meucci, finalmente riconosciuto l'inventore
del telefono in America. Così come la prima volta, il giudice Massaro aderiva
all'invito e la sua visita ha avuto luogo. Apprendeva, tra l'altro, che avevano
avuto luogo due gemellaggi: Prato e Albemarle e Poggio-Charlottesville, dove
Filippo Mazzei s'era particolarmente distinto Il giudice Massaro, recatosi a
Firenze insieme con la moglie, ha avuto modo di visitare la Villa Medicea di
Poggio a Caiano, meta turistica internazionale e di mostre, congressi e
sceneggiate canoro-musicali, in compagnia del sindaco di Poggio, Martini, e del
Cav.Angiolo Buti, esponente dell'Associazione Toscana-USA; è stato festeggiato
da dirigenti e soci del "Lions Club" di Firenze con a capo il
presidente, dottor Marco Mori, presso il Grand Hotel di Firenze; è stato
alloggiato in una villa sulle colline fiorentine, ivi scortato dall'on.Sergio
Pezzati e dal segretario, architetto Luigi Rimbotti. Della visita vi è un
documentario filmato, curato dal regista Carlo U. Quinterio, cittadino
americano e italiano, già insignito del "Mazzei Award". È previsto un
altro viaggio per l'inaugurazione di una lapide a Poggio a Caiano, per
solennizzare il riconoscimento del Mazzei da parte della "US
Commission". La Comission desidera rendere omaggio a Filippo Mazzei in
base al progetto della Preservazione del Retaggio Americano all'Estero"
(Preservation of the American Heritage Abroad); progetto che pare si conti di
estendere ad altri paesi, nel corso del quale verranno anche inseriti cimiteri
con Caduti Americani, specie nella Seconda Guerra Mondiale, in Italia ed
altrove in Europa
( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Obama rassicura la Cina: «Bond Usa investimento
sicuro» -->Così la casa Bianca risponde al premier cinese Wen Jiabao che
aveva espresso preoccupazioni per la tenuta delle finanze Usa...
( da "Wall Street Italia" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'allarme della Cina sui titoli Usa -->L'ANALISI
L'allarme della Cina sui titoli Usa
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI (08:17 14/03/2009)
( da "Manifesto, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
CINA Pechino
«preoccupata» dal rischio dei titoli Usa L'economia
domina la conferenza stampa del premier Wen Paola Desai Nessun capo di stato
aveva mai avanzato pubblicamente dubbi sul «rischio» finanziario dei buoni del
tesoro emessi dagli Stati uniti. Lo ha fatto ieri il premier cinese Wen Jiabao,
durante la lunga conferenza stampa tenuta a conclusione della seduta annuale
del Congresso del popolo (il parlamento) cinese, per tradizione l'unico
incontro con i media ogni anno. «Abbiamo prestato un'enorme quantità di denaro
agli Stati uniti. Certo siamo preoccupati dalla sicurezza dei nostri
investimenti. In effetti sono davvero preoccupato», ha detto Wen, con un
linguaggio insolitamente esplicito. Abbiamo chiesto agli Stati uniti di
«mantenere il suo buon credito, onorare le promesse e garantire la sicurezza dell'investimento
cinese», ha aggiunto: «Il presidente Obama e il suo governo hanno adottato una
serie di misure per affrontare la crisi finanziaria. Ci aspettiamo di vedere
gli effetti di queste misure». La Cina è il primo
paese detentore di titoli di stato Usa, ovvero il
primo grande finanziatore del debito dello stato americano, più dei paesi
produttori di petrolio del Golfo o di chiunque altro: si tratta di circa 1.000
miliardi di dollari tra titoli emessi dal Tesoro americano (circa 750miliardi)
e altri titoli sostenuti dal governo di Washington. Il premier non ha detto che
la Cina non ne comprerà più, né tantomento ha
minacciato di rimetterli sul mercato. Wen Jiabao ha aggiunto che la cina
garantirà la stabilità della sua moneta (il renminbi, che si è apprezzato del
21% sul dollaro dal 2005), ma ha respinto le pressioni: «Nessun paese può
spingerci a svalutare o rivalutare». Certo però Pechino vuol far pesare la sua
potenza economica e il suo ruolo geopolitico: e questo è accentuato dal fatto
che nonostante la crisi globale, la Cina è tra i pochi
paesi ancora in grado di spendere perché ha le più grandi riserve di valuta
straniera al mondo: sono stimate in circa 2 trilioni (2.000 miliardi) di
dollari. Circa metà di queste riserve sono investite
appunto nei buoni del Tesoro Usa comprati dalla Banca centrale cinese. La Cina teme da un lato che il valore del
dollaro si abbassi troppo (anche se nel breve periodo la valuta Usa si sta apprezzando). L'altro è che
Washington aumenti in modo sostanziale i tassi d'interesse - cosa probabile:
più il governo americano spenderà in misure di «stimolo», più avrà
grandi deficit di bilancio e cercherà di rastrellare denaro offrendo buoni
tassi d'interesse. La Cina ci perderebbe perché i
titoli del tesoro Usa che possiede hanno interessi
bassi. Pechino del resto non è al riparo dalla crisi globale, anche se la sua
posizione è relativamente meno grave. Il premier Wen ha difeso le misure prese
finora: un piano di sostegno all'economia di 585 miliardi di dollari, di cui
173 spesi direttamente dallo stato centrale (in welfare, innovazione
tecnologica, infrastrutture e protezione ambientale) e il resto dai governi
locali, banche e investitori privati. Il suo governo è pronto a aumentare
ulteriormente la spesa pubblica se sarà necessario, ha detto il premier: la Cina avrà un deficit di bilancio del 3% quest'anno per
finanziare queste misure. Wen ha ammesso però che sarà difficile mantenere
l'obiettivo di crescita del Pil all'8% per il 2009, tasso che i pianificatori
cinesi considerano necessario per evitare una disoccupazione disastrosa. Il
fatto è che già si sono persi milioni di posti di lavoro negli ultimi mesi, 20
milioni solo nelle fabbriche e nelle costruzioni - altrettanti lavoratori
migranti costretti a tornare nelle regioni rurali da cui provenivano. Mercoledì
la Cina ha annunciato che le sue esportazioni sono
scese del 26% in febbraio, un record. Le due ore di conferenza stampa del
premier cinese hanno affrontato soprattutto temi economici, ma non solo. Altro
tema notevole, il Tibet: dove Wen ha detto che Pechino è pronta a nuovi
colloqui con gli inviati del Dalai lama, sequesti rinuncerà al «separatismo». I
colloqui precedenti hanno dapo ben pochi risultati. ma il Tibet è «pacifico e
stabile», ha detto Wen, e ciò dimostra che «sono corrette le politiche che
abbiamo adottato».
( da "Arena.it, L'" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«Così Verona può
superare questa crisi» IL CONFRONTO. Il presidente e amministratore di Glaxo,
Papadimitriou, e l'economista De Cecco prospettano le soluzioni per uscire dal
grave momento di recessione L'incontro a Piazza Cittadella Rana: «La ritrovata
unità tra le categorie economiche è un forte volano di sviluppo» 14/03/2009 rss
e-mail print Da sinistra: Rana, Papadimitriou, Cristaldi, De Cecco e Mazzucco
FOTO MARCHIORI Verona un laboratorio per uscire dalla crisi: c'è una università
quotata, un tessuto imprenditoriale forte e i necessari centri bancari. E
soprattutto uno spirito di coesione ritrovato in città. È il messaggio emerso
ieri nel confronto tra l'economista Marcello De Cecco, ordinario di Storia
della finanza e della moneta alla Normale di Pisa, e Angelos Papadimitriou,
presidente e ad di GlaxoSmithKleine e vicepresidente di Confindustria Verona,
nella sede degli industriali scaligeri. Un confronto a cui hanno partecipato
anche il rettore dell'ateneo scaligero, Alessandro Mazzucco, e il presidente di
Confidustria Verona, Gian Luca Rana. E proprio quest'ultimo ha aperto i lavori
parlando delle soluzioni da mettere in campo per affrontare una congiuntura
sfavorevole. «L'elezione del nuovo presidente della Camera di Commercio», ha
spiegato Rana, «che ha avuto un quasi totale consenso, è un segno nuovo in
città: è la prima volta dopo tanto tempo che Verona riesce ad essere unita e
fare squadra tra tutte le componenti della società, ma è solo l'inizio, da qui
può iniziare un vero rinascimento». Verona secondo De Cecco, che la mattina
aveva partecipato all'inaugurazione dell'anno accademico con una prolusione
sulla crisi economica attuale, «si è rivolto agli imprenditori presenti: o vi
mettere con le università per creare un sistema imprenditoriale sul modello anglo-americano-tedesco
in cui le dimensioni delle aziende sono più grandi e la ricerca sono i due
punti forti, oppure ci sarà una lenta decaduta, e poi sì la coesione sociale è
indispensabile, nel dopo guerra c'era, me lo ricordo bene, una classi dirigente
veronese capace di progettualità di lungo respiro e di coraggio». È chiaro
però, continua De Cecco, che ci vogliono anche le condizioni generali: la
globalizzazione è una condizione indispensabile a cui il made in Italy non può
sfuggire, il sistema finanziario deve essere ristabilito e i consumi devono
ripartire. Ma a rimettere in moto l'economia sarà la Cina, l'India o l'America? «In Usa i collaboratori di Obama sono tutte
persone che hanno partecipato a creare il sistema che ora è collassato, spero
che Obama non diventi il Gorbaciov degli Usa», replica De Cecco, «Cina e India hanno una tipologia di consumi lontana dalla nostra...penso
che dovremmo ripartire da noi con un modello diverso sul tipo di quello della
Germania, qui a Verona e nel Veneto significa imboccare la via delle
aggregazioni e della ricerca». Secondo Papadimitriou, bisogna guardare a un
modello europeo, dove l'euro è determinante per mantenere gli equilibri.
«Servono inoltre», spiega, «la leva fiscale, ricerca e investimenti fissi, in Italia
il debito dello Stato è grande a causa anche di una spesa dell'ammistrazione
pubblica, la Francia rispetto all'Italia attira più capitali stranieri perché
ha un burocrazia efficiente, in Italia le aziende straniere ma anche italiane
hanno bisogno di aspettative stabili sulle normative soprattutto fiscali. Il
governo? Finora ha fatto quello che poteva, c'è da fare di più invece per le
pmi e mettere mano alla macchina dello Stato. Le aziende devono investire in
marketing (marchi) e ricerca-innovazione, gestire per cassa e non per profitto,
è il momento delle acquisizioni per chi ha i soldi. Usciremo da questa crisi»,
ha concluso Papadimitriou, «con una struttura industriale diversa, si può
mantenere il muscolo industriale italiano con un'alleanza tra investitori
italiani ed esteri».
( da "Giornale di Vicenza.it, Il" del
14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Finanza, sulle
regole la Ue si presenta unita 14/03/2009 rss e-mail print Robert Zoellick
(Banca Mondiale) Oggi i ministri finanziari del G20 daranno un'idea chiara di
come andrà a finire il delicato vertice dei capi di stato del G20 che si terrà
a Londra il 2 aprile. Le posizioni in campo sono note. Gli Usa
chiedono piani di stimolo ancora più incisivi ai governi, ma sono restii a
regolamentare i mercati finanziari. La Ue vuole attendere prima l'esito dei
soldi già stanziati, e intanto riscrivere le regole. Le posizioni si stanno
comunque avvicinando e un compromesso è possibile, anche se è prudente il
ministro italiano dell'Economia, Tremonti, che ha incontrato ieri il premier
britannico Gordon Brown e il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick.
Appoggiando l'idea di affidare il controllo delle banche alla Bce. I paesi
europei, che giovedì terranno un Consiglio per varare una posizione comune al
G20, hanno già una bozza delle proposte da presentare al tavolo di Londra. Al
primo punto le nuove regole per le agenzie di rating, la capitalizzazione delle
banche e le compagnie assicurative che l'Europa vorrebbe operative entro metà
maggio. Poi, entro giugno i 27 chiedono l'inizio della nuova vigilanza sulle
attività finanziarie internazionali. Accordo nella Ue anche sul ruolo del Fondo
monetario internazionale, cui l'Europa è pronta a concedere un prestito
temporaneo tra 75 e 100 miliardi di dollari per aumentare la sua capacità
creditizia. L'Ue vuole poi rivedere la governance delle
istituzioni finanziarie internazionali, in particolare del Fmi affinché
rifletta i diversi pesi delle diverse economie. Quest'ultimo punto mira a
ottenere l'appoggio dei giganti emergenti come Cina, India, Brasile, finora sottorappresentati negli organismi
finanziari modellati sugli equilibri tra paesi del G8.
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
CRONACA 14-03-2009
Staminali da placenta, esperti a Brescia: «Si va verso sperimentazioni
cliniche» DAL NOSTRO INVIATO A BRESCIA ENRICO NEGROTTI B rescia è la culla
della placenta. L'efficace immagine che un congressista ha proposto al secondo
Workshop internazionale sulle cellule staminali derivate dalla placenta, ben
delinea il ruolo di prima fila che il Centro di ricerca «Eugenia Menni» di
Brescia si è ritagliato in questo genere di studi nel corso degli ultimi anni.
E Ornella Parolini, direttrice del Centro che fa parte della Fondazione
Poliambulanza, sottolinea i passi compiuti nella ricerca mondiale sulla cellule
staminali nel tempo trascorso dal precedente workshop, che si svolse sempre a
Brescia nel 2007: «Due anni fa il centro dell'attenzione era trovare un terreno
comune, definizioni e protocolli condivisi, e si studiava il potenziale delle
cellule staminali tratte dalla placenta principalmente in vitro: fu una sorta
di prima conferenza di consenso tra i ricercatori di tutto il mondo impegnati
in questo campo di ricerca relativamente nuovo. Oggi che ci ritroviamo siamo un
passo avanti: ci sono i primi risultati delle sperimentazioni in vivo su
animali e si guarda già a possibili sperimentazioni cliniche. Noi abbiamo
trovato che nei topi le staminali della placenta riducono la fibrosi
polmonare». Accanto a questi risultati, gli esperti riuniti a Brescia hanno
un'altra convinzione: oltre che ragioni etiche, ci sono ragioni scientifiche
per preferire l'utilizzo di cellule staminali da tessuti adulti, quali sono le
cellule della placenta. Ne sono convinti i rappresentanti dei numerosi gruppi
di ricerca presenti al workshop, che vengono da tutto il mondo: non solo
italiani, ma anche da Stati Uniti, Cina, Germania, Svizzera, Austria, Regno Unito, Francia, Belgio,
Israele, India. E lo dimostrano i lavori sulle diverse aree in cui si stanno
studiando le possibili applicazioni delle staminali da placenta: malattie
infiammatorie, neurologiche, cardiovascolari, epatiche, lesioni del midollo
spinale. Ai possibili impieghi delle staminali da placenta nelle
malattie del fegato si dedica Stephen Strom all'U- niversità di Pittsburgh
(Stati Uniti): «Sono facilmente reperibili e non presentano generano tumori
come quelle embrionali». Il suo collaboratore, l'italiano Fabio Marongiu,
aggiunge: «Crediamo che queste cellule arriveranno in clinica presto, prima
delle cellule embrionali e delle Ips. Adesso lavoriamo alla differenziazione
delle staminali della placenta per trasformarle in cellule del fegato. Ma sarà
possibile usarle anche per testare farmaci». Aggiunge Francesco Alviano (che
lavora al Dipartimento di Embriologia all'Università di Bologna con Gian Paolo
Bagnara): «Dal punto di vista biologico, le cellule della placenta sono vicine
a quelle embrionali per la loro origine. Hanno anche il vantaggio di essere
facilmente disponibili e non hanno una maggiore efficienza delle cellule
provenienti dagli adulti ». Alle malattie neurologiche, e in particolare
l'ictus, terza causa di morte e principale causa di disabilità degli adulti nei
Paesi sviluppati si dedica David Hess, direttore del Dipartimento di neurologia
alla facoltà di Medicina della Georgia (Stati Uniti). Di fronte all'assenza di
trattamenti efficaci (c'è solo un prodotto biotecnologico, che però deve essere
assunto nelle prime ore dopo la crisi), la via della medicina rigenerativa
offre prospettive nuove: «Nessuno ha dato risalto al fatto che nel dicembre
dello scorso anno la Food and Drug Administration ha dato il via libera al
primo studio clinico (di fase 1) per l'ictus con cellule staminali (brevettate)
che verranno testate su sei pazienti». «E nessuno dice che la ricerca sulle
cellule staminali embrionali, non ha ancora alcuna prospettiva terapeutica, e
per ora rischia solo di illudere i pazienti». Parolini (Poliambulanza): abbiamo
verificato che nei topi queste cellule hanno l'effetto di ridurre la fibrosi
polmonare Il neurologo Usa Hess: approvato dalla Fda
il primo trial di fase 1 per l'ictus
( da "Avvenire" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
MONDO 14-03-2009
Crisi, la Cina tende la mano agli Usa DA PECHINO L a Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i suoi massicci investimenti in titoli di Stato
americani. Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao parlando a Pechino
nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei lavori dell'Assemblea
nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un alto dirigente cinese si
sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e stranieri. In due ore di
conferenza nel Palazzo dell'Assemblea del popolo Wen ha parlato anche di Tibet,
di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il premier, intende
continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita dell'economia dell'
8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà », la Cina
«ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie per affrontare i prossimi
mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio nelle relazioni tra
Pechino e la nuova amministrazione americana, il primo ministro ha leggermente
ammorbidito i toni su una delle questioni che Obama ha sollevato ricevendo a
Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, due giorni fa. La Cina è disposta a riprendere i colloqui con gli inviati del
Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, se questi «rinuncerà a perseguire
l'indipendenza» del Tibet. «Con il Dalai Lama ha detto bisogna guardare quello
che dice ma anche quello che fa, la chiave è la sincerità ». Il leader tibetano
chiede per il territorio quella che definisce una «genuina autonomia», ma
Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia quello di staccare il Tibet
dalla Cina. Secondo Wen «i fatti» hanno dimostrato che
«la politica seguita dalla Cina in Tibet è giusta».
Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato
in Tibet in occasione dell'anniversario della rivolta anticinese del 10 marzo
1959, Wen ha affermato che la situazione nel territorio è «pacifica e stabile».
Il primo ministro ha mostrato poi il suo volto preferito, quello
"buonista", parlando di Taiwan, l'isola di fatto indipendente che
Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi piacerebbe molto
visitare Taiwan» . Wen Jiabao ha evitato di usare toni pesanti verso la Corea
del Nord, il Paese tradizionalmente alleato della Cina
che sta minacciando di effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col
rischio di far arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola
coreana. Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si
astengano da «azioni che possono aggravare le tensione». ( E.A.) Il premier Wen
Jiabao assicura: faremo la nostra parte Sul Dalai Lama si è detto pronto a
riprendere il dialogo se «rinuncerà all'indipendenza» Nuove aperture su Taiwan
Il premier cinese Wen Jiabao (Epa)
( da "Datasport" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
WTA Indian Wells:
eliminata la Bartoli (Marion Bartoli) (AGM-DS) - 14/03/2009 13.06.52 - (AGM-DS)
- Milano, 14 marzo - I risultati del secondo turno del torneo WTA di Indian
Wells (cemento, montepremi 4.500.000 dollari). Le italiane saranno impegnate
questa notte nel secondo turno del torneo. La Errani dovrà vedersela con Karin
Knapp, la Pennetta affronterà Sania Mirza, mentre Roberta Vinci incontrerà
l'austriaca Bammer. I risultati del secondo turno (1) Dinara Safina (RUS) b.
Tsvetana Pironkova (BUL) 76(8) 62 (4) Vera Zvonareva (RUS) b. Chan Yung-Jan
(TPE) 62 62 (WC) Urszula Radwanska (POL) b. (6) Svetlana Kuznetsova (RUS) 62 46
63 (8) Victoria Azarenka (BLR) b. (Q) Yaroslava Shvedova (KAZ) 46 75 63 (9)
Caroline Wozniacki (DAN) b. Timea Bacsinszky (SVI) 61 61 Shahar Peer (ISR) b. (10) Marion Bartoli (FRA) 16 64 75 Li Na (CIN) b. (13) Patty
Schnyder (SUI) 75 62 Jill Craybas (USA) b. (16) Anabel Medina Garrigues (SPA)
75 36 64 (17) Amélie Mauresmo (FRA) b. Anna-Lena Groenefeld (GER) 57 63 64 (18)
Kaia Kanepi (EST) b. Virginie Razzano (FRA) 76(2) 10 rit. (19) Anna Chakvetadze
(RUS) b. Ekaterina Makarova (RUS) 63 75 Nicole Vaidisova (CZE) b. (24)
Alona Bondarenko (UCR) 63 61 Petra Kvitova (CZE) b. (26) Iveta Benesova (CZE)
63 61 (28) Peng Shuai (CHN) b. Olga Govortsova (BLR) 63 36 64 (WC) Alexa Glatch
(USA) b. (29) Carla Suárez Navarro (SPA) 63 61 Elena Vesnina (RUS) b. (32)
Sorana Cirstea (ROU) 57 62 63
( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo
2009, Caro Gazzettino, perchè nella nostra Italia non siamo stati capaci a dire
"A me piace...." come per i famosi hamburger della catena Mc
Donald's? Mode e globalizzazione, carnivori e vegetariani,
brioche o patatine, etc.,sembra che niente sia meglio dell' hamburger. L'
Europa da molti anni ha subìto l'influsso americano: dalla coca cola, ai jeans,
poi computers, internet, musica, films, finanza....così fino ad arrivare
all'hamburger. Invece, le culture culinarie nel mondo sono migliaia e l'avvento
di fast-food in tutto il mondo è stato ed è uno dei fenomeni più visibili della
globalizzazione. Noi italiani abbiamo copiato il modello americano per fare
business, ma prima non era meglio cercare di valorizzare i nostri prodotti
regionali e/o provinciali, ottimi? Se tutto l'insieme dei prodotti fosse stato
valorizzato oggi ci sarebbero meno problemi. La responsabilità maggiore ce l'ha
chi ha pensato ed ha voluto far credere che "l'Eldorado" esistesse
davvero, che i giovani fossero stanchi delle solite cose e andassero sempre alla
ricerca del nuovo senza dover fare sacrifici. Questa società mal governata,
burocrate, "corrotta e passiva" ha creato dei nobili fannulloni,
contribuendo così ad allargare la forbice sociale ed ha assicurato sicurezza e
privilegi a pochi, i quali oggi, neanche di fronte al SOS sociale, intendono
rinunciare. Decimo Pilotto, Tombolo (Padova)
( da "Gazzettino, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Sabato 14 Marzo
2009, L'Italia è capacissima di dire "a me piace" e per farlo non ha
bisogno di aspettare lo sfrigolio dell'hamburger sulla piastra. Anche noi, in
questo campo, abbiamo inventato qualcosa che ha conquistato il mondo: penso
alla pizza e agli spaghetti. C'è stata una globalizzazione
anche in nome della cucina italiana. Come c'è in n ome della moda italiana.
Escluderei, però, che sia l'hamburger l'origine dei mali di oggi, anche se inteso
come globvalizzazione con più difetti che pregi. È vero, l'hamburger è
diventato perfino una moneta sulla quale in molti paesi si livella la divisa
locale e la si rapporta al dollaro. È anche la cosa più veloce e più
economia per riempire lo stomaco, nessuno sostiene che sia pure la migliore.
L'Italia è stata capacissima di valorizzare i propri prodotti e di creare
all'estero un mercato sicuramente più raffinato rispetto all'hamburger; non
credo, però, che la pizza abbia una diffusione limitata. Vantiamo una ricchezza
straordinaria di pasta, olio, vino, formaggio; si potrebbe condire diversamente
un tipo differente di pasta ogni giorno dell'anno. A pochi chilometri di
distanza cambia il modo di fare il pane, cambiano il vino e il formaggio. Si
tratta di un patrimonio enorme non sempre valutato quanto merita. È anche vero
che l'Italia - come il resto del mondo - si lasciata americanizzare. Il
processo si è intensificato subito dopo la guerra con i prodotti portati dalle
truppe americane. Allora bibite, chewing-gum, carne e latte in scatola, fumetti
e film hanno invaso il Paese. Poi è arrivato il resto, dal juke-box alla moda,
fino ai telefilm che riempiono le nostre tv. Anche Babbo Natale non esisteva
fino a quando un grande illustratore non lo ha inventato come testimonial della
Coca-Cola. Succede quando un Paese e i suoi abitanti sono al centro della
storia, dell'economia e del progresso. Bisogna contrapporre fantasia senza
abbandonarsi all'esaltazione del proprio passato, senza restare prigionieri del
provincialismo. Di sicuro oggi la situazione è difficilissima, le tentazioni
autarchiche sono notevoli e la spinta al protezionismo
più forte che in passato. Ma si risolverebbero in altri modi di restare ostaggi
di se stessi e tagliati fuori dai cambiamenti. Non è colpa dell'hamburger se
siamo a questo punto e nemmeno è colpa della polpetta americana se gli italiani
sono diventati quelli che sono. Certamente c'è una generazione che conosce meno
delle precedenti il significato del sacrificio. È anche demerito nostro che
l'abbiamo fatta crescere così. Non le pare, tuttavia, che stia già pagando
troppo questa presunta spensieratezza? Non è soltanto questa generazione che fa
orecchie da mercante davanti all'allarme sociale e ai tanti Sos che vengono
lanciati. Prima bisognerebbe far capire bene a tutti come stanno le cose, senza
finzioni e senza addolcimenti, poi affrontare la situazione con decisione e
fiducia. Ci sono tanti che purtroppo oggi non hanno nemmeno un hamburger per
risolvere i loro problemi di pranzo e cena.
( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Valerio Caprara Un
dinosauro metropolitano che digrigna la sua rabbia e il suo orgoglio. Con
sicurezza, pazienza e ironia il settantottenne Clint Eastwood mette in scena se
stesso in un microcosmo che riesce a riflettere non solo l'America, ma anche
gran parte del mondo che ci circonda e non di rado ci angoscia. «Gran Torino» è
un film volutamente piccolo e minuzioso, riflessivo ma attraversato da furiose
acmi d'azione, in apparenza divagante e accomodante ma in sostanza compatto e severo.
C'è un'eco dello stile e della struttura dei classici di John Ford
nell'itinerario del protagonista Kowalski, un «uomo tranquillo» arroccato in
una casetta dei sobborghi multietnici di Detroit in cui si fronteggiano
temibili gang di teppisti: esibendo una maschera di pietra antica e un eloquio
di carta vetrata ai limiti dell'auto-caricatura, il vecchio Clint infonde nel
personaggio il primitivo senso della morale e della giustizia ereditati
dall'intera carriera. Veterano della guerra in Corea, operaio in pensione e
fresco vedovo, Kowalski disprezza figli e nipoti, detesta l'umanità circostante
e desidera solo sorseggiare birra seduto sul patio su cui sventola il vessillo Usa e rimirarsi la Ford Gran Torino del
'72 che cura con maniacale devozione. Sempre a un passo dallo scontro fisico
con la famigliola dei vicini «hmong» (popolazione asiatica profuga della Cina e dell'Asia sud-orientale), si
ritrova tra i piedi, come risarcimento di un tentato furto, il timido
adolescente Tao nei confronti del quale da misantropo boss si trasforma prima
in incuriosito e lungimirante mentore e poi in generoso padre di
complemento. Sembrerebbe un apologo eccessivamente buonista, ma le tematiche
che scaturiscono dalla regia asciutta e lineare sono più profonde e complesse: l'eterna
competizione tra vecchi e giovani, il senso della responsabilità collettiva che
confligge con quella individuale, la difficile e a volte impossibile
coesistenza tra comunità estranee, il ricorso alla violenza che oscilla tra
gratuita bestialità e indispensabile autodifesa. Lo show dell'attore è,
ovviamente, il perno su cui ruota questo gioco di rifrazioni psicologiche e
comportamentali: perfettamente a suo agio come icona americana, l'ex pistolero
di Sergio Leone ne riesce tuttavia a incarnare tutte le sfumature, da quelle
arcigne a quelle comiche, da quelle naif a quelle psicotiche, da quelle
meschine a quelle sublimi. Per come inizia e finisce «Gran Torino» potrebbe
certo alludere a una prova testamentaria, ma un altro jolly è costituito dalla
chiave espressiva con la quale Clint-Kowalski schiva l'incombente retorica, si
nega all'invettiva apocalittica e guarda, invece, alla fine (di se stesso, del
personaggio, di un tipo di cinema e di società) con la sublime leggerezza di un
eroe scespiriano.
( da "Mattino, Il (Benevento)" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
BENIAMINO NATALE
Pechino. La Cina è pronta a fare la sua parte per combattere la crisi economica
internazionale e chiede agli Usa di «garantire» i massicci investimenti cinesi in titoli di Stato
americani. È la linea ribadita ieri dal primo ministro cinese Wen Jiabao
parlando a Pechino nella sua tradizionale conferenza stampa a conclusione dei
lavori dell'Assemblea nazionale del popolo, l'unica occasione in cui un
alto dirigente cinese si sottopone alle domande dei giornalisti cinesi e
stranieri. In due ore di conferenza stampa nella capitale, nel Palazzo
dell'Assemblea del Popolo, il primo ministro Wen - 67 anni - ha parlato anche
di Tibet, di Taiwan e di Corea del Nord. Pechino, ha affermato il premier,
intende continuare a perseguire l'obiettivo di un tasso di crescita
dell'economia dell'8% nel 2009. Anche se «ci saranno delle difficoltà», la Cina «ha messo da parte sufficienti munizioni» finanziarie
per affrontare i prossimi mesi di crisi, secondo Wen. Dopo un tempestoso inizio
nelle relazioni tra il governo di Pechino e la nuova amministrazione americana
del presidente Barack Obama, il primo ministro ha da un po' di tempo
ammorbidito i toni su una delle questioni che l'altro ieri proprio Obama ha
sollevato ricevendo a Washington il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi.
La Cina - ha sostenuto - è disposta a riprendere i
colloqui con gli inviati del Dalai Lama, il leader buddista tibetano che vive
da cinquant'anni in esilio in India, se questi «rinuncerà a perseguire
l'indipendenza» del Tibet. In realtà il Dalai Lama ha sempre sostenuto di non
ambire all'indipendenza. «Con il Dalai Lama - ha detto il primo ministro Wen -
bisogna guardare quello che dice ma anche quello che fa, la chiave è la
sincerità». Il leader tibetano chiede per il territorio quella che definisce
una «genuina autonomia», ma Pechino ritiene che in realtà il suo progetto sia
quello di staccare il Tibet dalla Cina. Secondo Wen «i
fatti» - tra i quali ha citato la crescita dell'economia e la «libertà
religiosa» di cui godono i tibetani - hanno dimostrato che «la politica che è
stata seguita dalla Cina in Tibet è giusta».
Rispondendo a una domanda sull'eccezionale dispositivo di sicurezza dispiegato
nel corso di questa settimana in Tibet in occasione dell'anniversario della
rivolta anticinese del 10 marzo 1959, Wen ha affermato che la situazione nel
territorio è «pacifica e stabile». Il primo ministro ha mostrato poi il suo
volto preferito, quello «buonista», anche parlando di Taiwan, l'isola di fatto
indipendente che Pechino rivendica come parte del proprio territorio. «Mi
piacerebbe molto visitare Taiwan», ha detto in un indiretto riconoscimento del
miglioramento dei rapporti avvenuto a partire dallo scorso aprile, quando al
potere a Taipei si è insediato il presidente Ma Ying-Jeou. Wen Jiabao ha
evitato di usare toni pesanti verso la Corea del Nord, il Paese
tradizionalmente alleato della Cina che sta
minacciando di effettuare un test missilistico all'inizio di aprile col rischio
di far arretrare le trattative per la denuclearizzazione della penisola
coreana. Pechino, ha detto, si augura che «tutte le parti in causa» si
astengano da «azioni che possono aggravare le tensione».
( da "gomarche.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
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> Attualità > Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona Sabato 14
Marzo 2009 16:05 Codice Rosso, dal 19 marzo alla Fiera di Ancona Presentata a
Urbino la manifestazione "Codice Rosso Il Comune nel
sistema della protezione civile", che si terrà alla Fiera di Ancona dal 19
al 21 marzo 2009. Esercitazione al Palazzo Ducale di Urbino per recuperare
feriti e opere d'arte. URBINO "Una rassegna nazionale per mostrare come
opera la protezione civile e per promuovere una riflessione sulla cultura della
sicurezza". Sono gli obiettivi manifestazione "Codice Rosso Il
Comune nel sistema della protezione civile", che si terrà alla Fiera di
Ancona dal 19 al 21 marzo 2009. Il programma è stato illustrato dal presidente
dell'Anci Marche, Giorgio Meschini, a Urbino, nell'ambito di una cerimonia di
consegna degli attestati di frequenza a un corso comunale di protezione civile
sui beni culturali. La mattinata si è poi conclusa con una spettacolare
esercitazione che ha simulato l'evacuazione del Palazzo Ducale, a seguito di un
incendio che ha messo in pericolo le opere d'arte e richiesto il recupero di
persone intossicate. Presso la sala Serpieri del Collegio Raffaello, erano
presenti anche il sindaco di Urbino, Franco Corbucci, il vicesindaco, Lino
Mechelli, il direttore del dipartimento regionale Protezione Civile, Roberto
Oreficini. Codice Rosso è una manifestazione nazionale, organizzata nel 2002
dalle Regioni Marche dalle Anci di Marche e Umbria (ora dell'Abruzzo),
Protezione civile e dall'Anci nazionale, dai Vigili del Fuoco a seguito del
terremoto del 1997 che ha interessato il territorio marchigiano e umbro.
"L'evento è servito per valorizzare l'impegno profuso in quell'occasione
ha ricordato Meschini e per non disperdere un'esperienza di volontariato che ha
fatto crescere tutto il sistema della protezione civile italiana". Da
alcuni anni, ha rimarcato Oreficini, "Codice Rosso è divenuto
l'appuntamento istituzionale più importante della protezione civile, nel corso
del quale vengono dibattuti tutti gli argomenti, di settore, più attuali a
livello nazionale". Saranno due i temi principali dell'edizione 2009:
l'organizzazione della protezione civile su base associativa comunale e la
prevenzione nelle scuole. "Il problema è particolarmente sentito nelle
scuole marchigiane che vantano, comunque, una situazione migliore di altre
realtà italiane ha detto Meschini Molti edifici sono però ospitati in strutture
antiche e storiche, per cui occorre capire come e dove intervenire con
priorità". Una caratteristica di Codice Rosso, ha ricordato il presidente
di Anci Marche, è quella di conferire riconoscimenti a personalità che si siano
distinte nel settore della protezione civile. Nel 2007 è stato premiato
Giuseppe Zamberletti ("Il padre fondatore della protezione civile
nazionale"), quest'anno il riconoscimento verrà attribuito a Gianni Letta
(sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri). Inoltre verranno
premiati sei laureati che hanno svolto tesi sulla protezione civile,
"segno della grande attenzione del mondo universitario ha sottolineato
Meschini verso le problematiche della protezione civile". A margine della
presentazione di Codice Rosso, Oreficini ha sottolineato l'importanza
dell'esercitazione che si è svolta al Palazzo Ducale: "Di grande rilievo
per la nostra regione, perché siamo capofila nel settore dell'impiego del
volontariato a tutela dei beni e del patrimonio storico artistico. Abbiamo oggi
l'opportunità di simulare un intervento estremamente realistico nel luogo più
prestigioso delle Marche".
( da "Giornale.it, Il" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Ma la crisi che
impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla
stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava
che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo?
Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo,
sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella
brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei
Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte
aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi,
eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a
ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale,
tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique
Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della
recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo
dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria:
se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di
guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata
migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere
mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di
miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non
possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare
singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo
appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a
reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa
dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni
sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città.
Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione,
democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Non commentato » (1 voti, il
voto medio è: 4 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009
Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09
Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo
un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la
nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda
il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè
anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa
è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato
spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro
a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non
intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la
tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello
americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%.
Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo
cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno
nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a
testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita
solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri
finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di
dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni
americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi
testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della
Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino
di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo
termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro
resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene
conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e
Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è
la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi,
manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e
il mondo Commenti ( 34 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i
blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i
forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La
ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione
dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il
proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati
ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera
non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono
equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una
bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon
custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La
controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare
un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti
messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il
comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti
del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per
diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo.
Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia
esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la
libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E
chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere
opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia,
democrazia, giornalismo Commenti ( 56 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un
massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica"
s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a
rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei
contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento
un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri
La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in
viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è
stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un
valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da
colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la
temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che
tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul
comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre
foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso
racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities.
Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori
più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso
di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del
tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il
cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il
cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna
nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà
nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da
lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel".
Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma,
un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente
preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia,
giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di
5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti
Invia questo articolo a un amico 07Mar 09 Obama chiede aiuto agli hedge funds
(e li premia) Un altro breve post sulla crisi economica. Obama ha trovato la
soluzione per far ripartire il credito: chiede aiuto agli hedge funds e ai
fondi di private equity offrendo loro condizioni di estremo favore: potranno
accumulare profitti illimitatamente, ma con ampie garanzie statali in caso di
perdita. L'accordo è legato ai cosiddetti "Talf", come spiego in
questo articolo e prevede l'esborso da parte dello Stato di altri mille
miliardi di dollari. Capito il progressista Obama? Chiede aiuto e protegge gli
speculatori con i soldi dei contribuenti.. Intanto il totale degli interventi
varati dal governo Usa raggiunge l'astronomica cifra
di 3,5 trilioni di dollari ovvero 3500 miliardi di dollari, da finanziare con
l'emissione di Buoni del Tesoro. Il debito Usa è
ancora sostenibile? Attenti al dollaro, rischia una brutta fine. Scritto in
banche, capitalismo, crisi, progressisti, era obama, globalizzazione, economia,
gli usa e il mondo Commenti ( 50 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un
massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Mar 09 E' ora di lasciar
fallire le banche. In un'intervista che mi ha concesso, Arthur C. Brooks,
presidente dell'American enterprise institute, uno dei principali think tank
conservatori, sostiene due punti importanti: 1) a suo giudizio i piani di Obama
anziché contrastare la crisi finiscono per peggiorarla. 2) tentare di salvare
tutti è impossibile ed è inaccettabile che gli aiuti vadano soprattutto alla
casta dei banchieri che questa crisi l'ha provocata. Dunque visto che la
recessione è inevitabile, meglio adottare misure radicali e lasciar fallire le
banche che non sono in grado di resistere. Il punto più delicato è l'ultimo e
dopo aver riflettuto a lungo su questo tema, grazie anche ai vostri
qualificatissimi contributi, mi sono convinto che questa sia l'unica strada.
L'entità del debito accumulato da certe banche (soprattutto americane ma non
solo) è tale, a causa dell'effetto leva, da non poter essere coperto nemmeno
dallo Stato. Dunque cercare di tappare buchi, che in realtà continuano ad
allargarsi, non avrà altra conseguenza che trascinare l'economia reale nel
baratro. E allora anzichè creare "bad banks" o fondi con titoli
tossici, bisogna rafforzare le banche in salute e usare i fondi pubblici per
trasferire a queste ultime le attività fondamentali (e sane) di quelle in
fallimento. Ci sarà uno choc e chi detiene azioni o prodotti finanziarie delle
banche cattive perderà il proprio investimento, ma passato il trauma l'economia
potrà riprendere su basi solide. L'idea circola già da qualche settimana tra
gli specialisti, ma mi sembra l'unica soluzione plausibile. O sbaglio?
AGGIORNAMENTO: la Banca d'Inghilterra ha dato il via libera per stampare 150
miliardi di sterline da pompare nel sistema finanziario. E' un gesto disperato.
A questo punto vedo solo due possibili conseguenze: l'operazione fallisce e la Gran
Bretagna fila verso la bancarotta o va in porto ma a un prezzo altissimo:
l'iperinflazione. Scritto in capitalismo, crisi, banche, era obama,
globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 75 ) » (6 voti, il
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Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 04Mar 09
Quando Obama supplica il mondo. Obama non vede l'ora di avviare una nuova
distensione con la Russia, ampiamente ricambiata, come spiego in questo
articolo . Intanto invia due rappresentanti a Damasco per riallacciare il
dialogo con la Siria, interrotto dal 2005. Sotto banco parla con l'Iran e,
secondo indiscrezioni, anche con Hamas. Nei giorni scorsi Hillary Clinton, a
Pechino, ha dichiarato che i diritti umani sono importanti, ma che l'economia
lo è di più, avvallando così le repressioni del regime comunista cinese. Con i
Paesi arabi del Golfo la Casa Bianca è sempre più conciliante, anzi accomodante
e il presidente americano ha lanciato i primi segnali di preudente
disponibilità anche al regime cubano dei fratelli Castro. La svolta è
innegabile rispetto a Bush, ma proietta l'immagine di un Paese ansioso,
improvvisamente insicuro, che dopo aver perso la supremazia economia teme di
smarrire anche quella politica. E' come se Obama stesse supplicando il mondo: è
vero siamo in recessione ma se ci riconoscerete ancora lo status di numero uno
al mondo (e militarmente lo sono ancora), faremo i bravi con tutti. Insomma,
un'America con il cappello in mano che cerca di far dimenticare le proprie
debolezze. Ma basta la supremazia militare per giustificare lo status di
superpotenza? E il mondo ha davvero voglia di farsi guidare
dagli Usa? Scritto in
globalizzazione, israele, era obama, democrazia, cina, gli usa e il mondo,
russia, medio oriente, islam Commenti ( 96 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Mar 09 Ma Obama combatte
davvero le lobbies? I media di tutto il mondo hanno rilanciato il
discorso con cui Obama annuncia "di voler lottare contro le lobbies che
intendono ostacolare il suo piano economico". La retorica è quella di
sempre: "Questo è il cambiamento promesso agli americani" e giù
l'elenco delle riforme che i rappresentanti degli interessi particolari
intendono bloccare: "Alle assicurazioni non piacerà l'idea di dover
diventare più competitive per continuare a offrire la copertura medica», ha
detto Obama. «Anche le banche e chi ha concesso prestiti agli studenti per
iscriversi all'università non ameranno lo stop agli enormi sussidi a loro
accordati, ma così abbiamo salvato circa 50 miliardi di dollari per rendere i
college più finanziariamente accessibili». Allo stesso modo, ha detto Obama,
«le compagnie petrolifere non ameranno l'interruzione delle facilitazioni
fiscali per 30 miliardi di dollari, ma è così che possiamo permettere
all'economia delle energie rinnovabili di creare nuovi progetti e posti di
lavoro». La realtà, però, è molto diversa. Il presidente americano non ha
affatto combattuto le lobbies, le ha assorbite al governo. E l'esame sia bel
pacchetto di salvataggio del sistema finanziario sia del piano di rilancio lo
dimostra. Altro che riforme: Obama distribuisce soldi a pioggia. E tagli di
poche decine di miliardi di dollari sono irrisori rispetto a sussidi che
valgono migliaia di miliardi. Ma hanno una loro funzione mediatica: servono ad alimentare
il mito del cambiamento e dunque l'impressione che Obama stia davvero
trasformando l'America, tagliando con il passato. E' un'operazione di spin,
basata sull'illusione o, se preferite, sul raggiro. Con queste riforme
l'America non solo non cambia, ma rischia di accelerare il suo declino, perchè
elude ancora una volta il vero problema dell'economia Usa,
che è sistemico. E non sarà certo l'aumento dell'aliquota di un paio di
percentuali ai ricchi a sanare le casse dello Stato americano. Anche perchè di
questo passo, alla fine del 2010, di ricchi ne rimarranno davvero pochi. Non
fatevi ingannare dai bluff di Obama. Scritto in banche, capitalismo, crisi,
spin, era obama, democrazia, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo
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articolo a un amico 24Feb 09 In Terra Santa con i lettori de "Il
Giornale" Da ieri sera sono infatti in Israele assieme ad Andrea
Tornielli, Livio Caputo, Vittorio Dan Segre, nonchè Stefano Passaquindici e
Maurizio Acerbi per accompagnare i lettori (numerosissimi) nel viaggio in Terra
Santa organizzato al Giornale. E' una bella esperienza e molto intensa, ma
anche a causa di connessioni internet assai lente (perlomeno qui a Nazareth) è
possibile che nei prossimi giorni sia costretto a rallentare il ritmo dei post
su "il cuore del mondo". Confido nella vostra comprensione. Scritto
in Varie Commenti ( 9 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 21Feb 09 Ma è questo l'Obama italiano? Il
settimanale americano "Time" non ha dubbi: Matteo Renzi è l'Obama
italiano, l'uomo su cui il Partito democratico deve puntare per rinascere dopo
il fallimento di Veltroni. Renzi è il presidente della Provincia di Firenze ora
candidato sindaco. "Time" lo descrive così: ha fatto largo uso di
Internet e Facebook per riuscire a trionfare alle primarie. E, come Obama,
Renzi ostenta un atteggiamento pragmatico nei confronti della politica. «Sono
un politico, non faccio miracoli - ha detto spesso - Ho solo cercato di
lavorare ogni giorno un pò meglio». Figlio di un piccolo imprenditore toscano,
Renzi è un cattolico praticante ma ha già dichiarato che non permetterà al
Vaticano di «guidare la sua politica». Secondo "Time" rispetto al
presidente americano Renzi è qualche volta «turbolento» ed ha ancora «una
faccia da bambino». Incuriosito, sono andato a cercare qualche video su You
Tube. Ne ho trovati subito due, prodotti dallo stesso Renzi. L'astro nascente
del Pd ritiene che Firenze "debba puntare in alto, ma anche in
basso", che le "elezioni sono una sfida vinci o perdi e non ammettono
pareggi"; seduce gli elettori affermando" che la città è gelosa del
proprio passato e innamorata del proprio futuro", ma "deve fare un
salto di qualità". Renzi stringe le spalle quando gli dicono che hanno
costruito una nuova moschea "perchè tanto a Firenze ce ne sono tante"
e ci illumina affermando che il più grande politico di tutti i tempi è Bob
Kennedy (ma probabilmente voleva dire John Fitzgerald Kennedy). Il suo attore
preferito è Jack Nicholson, e il film più gradito Blade Runner. La canzone prediletta?
Naturalmente made in Usa. Insomma, un vero
"Americano a Firenze", degno, più che di Obama, del miglior Veltroni.
Ma giudicate voi stessi. Ecco i video: YouTube Direkt Che fiuto
"Time" e che futuro, il Pd. Non c'è davvero nulla di meglio nel
vivaio dell'Italia progressista? Scritto in progressisti, partito democratico,
società, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 49 ) » (3 voti, il
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vero richiede la messa in discussione delle nostre opinioni. Diversamente...
Alberto: Certo, Tremonti qualche idea chiara ce l'ha perfino Di Pietro è
daccordo. Per cui il Cavaliere dirà... Marina: Ho sbagliato sezione volevo
metterlo quì Per Fedenrico Il sacerdote che c'è nel video,durante una...
Marina: Per Fedenrico Il sacerdote che c'è nel video,durante una trasmissione
radiofonica ha detto anche che... bo.mario: Parpaiola dici che Mardoff
depositava soldi. Ne sei sicuro? Se fosse così i soldi possono essere
ripresi.... Ultime news Banca Intesa, Passera: "Sì ai Tremonti bond
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( da "ITnews.it" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Washington, 14 mar.
(Adnkronos/Xin) - Barack Obama assicura che la Cina puo' avere fiducia nell'economia
americana. "Non solo il governo cinese, ma ogni singolo investitore puo'
avere assoluta fiducia", ha dichiarato il presidente americano rispondendo
cosi' - al termine di un incontro con il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula
da Silva alla Casa Bianca - alle preoccupazioni espresse ieri dal premier
cinese, Wen Jiabao.
( da "KataWeb News" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Ambiente: Frattini,
al g8 patto con Usa-Cina-India
14 marzo 2009 alle 19:52 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti Al G8 presieduto
dall'Italia 'vogliamo che si raggiunga un patto globale sulla riduzione globale
delle emissioni di C02 assieme a Usa, Cina e India'. Lo dice il ministro degli Esteri, Franco
Frattini, intervenendo dal palco del convegno di Rete Italia. Frattini ha
ricordato 'il compromesso' raggiunto qualche mese fa in Europa, un 'patto
globale per la riduzione di emissioni del 20 4.447045e-309ntro il 2020. Ma se
non chiamiamo accanto a noi che rappresentiamo solo il 18 209568elle emissioni
globali, anche gli Usa, la Cina
e l'India che rappresentano il 60 209568el livello di emissioni di C02 nel
mondo, non si puo' dire una parola credibile. Quindi -- ha proseguito -- non
serve una riduzione unilaterale di questa piccola Europa che colpirebbe a morte
l'industria manifatturiera, ma chiameremo alla responsabilità chi non può
tirarsi fuori. Raccoglieremo il messaggio di Obama -- ha concluso -- perché è
il momento che gli Usa convergano con noi in un patto
globale di emissionì. Il titolare della Farnesina ha ribadito anche che il G8
presieduto dall'Italia 'deve promuovere la rappresentativita' democratica di
tutti i continenti: gli otto Grandi che rappresentano il 40 209568el Pil
mondiale devono assicurare la rappresentatività di paesi che magari non avranno
un Pil enorme, come Sud Africa e Brasile, ma che rappresentano centinaia di
milioni persone eslcuse da questo ristretto circolò. AGI
( da "Trend-online" del 14-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Crisi: Obama, Cina puo' avere assoluta fiducia
economia Usa ANSA NEWS,
clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 14.03.2009 19:46 Scopri le
migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - WASHINGTON, 14 mar
- La Cina puo' avere
'assoluta fiducia' nell'economia americana, ha assicurato oggi il presidente
degli Stati Uniti, Barack Obama. Le affermazioni del neo-eletto
presidente Usa, fatte al termine dell'incontro con il
presidente brasiliano Lula, sono una risposta alle preoccupazioni di Pechino
circa lo stato di salute dell'economia Usa. Parlando
poi del vertice G20 di aprile Obama ha detto che le regole finanziarie saranno
''il primo e centrale'' punto che il vertice dovra' affrontare.