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Report "Globalizzazione"   14- 20 maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

LAVORO, CRISI E XENOFOBIA SONO LEGATI ( da "Corriere delle Alpi" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La globalizzazione, la supercompetizione non è a costo zero. Questa crisi in corso rimette in discussione molte certezze, molti paradigmi del recente passato. Soprattutto per quanto riguarda il lavoro come valore in sé. Non è un caso, dice Mannheimer, che il 56% degli operai approva il governo Berlusconi.

film su equilibrio, spazi e invenzioni visionarie - gianni valentino ( da "Repubblica, La" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, Brasile, Turchia, Italia, Svezia e Usa. Nelle serate ospitate a Palazzo Roccella, la rassegna proporrà documentari che fanno da crocevia a quel singolare rapporto che talvolta si scatena tra architettura e cinema. «Il rapporto tra spazio costruito e film è molto stretto - spiegano Meola e Trisorio -.

Incarcerato per truffa un ex leader degli studenti dell'89 ( da "Manifesto, Il" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: al suo rientro in Cina, era stato arrestato di nuovo e condannato a tre anni di «rieducazione attraverso il lavoro». Scontata la pena, era tornato negli Usa. Ieri è stato anche reso noto dall'organizzazione internazionale umanitaria Dui Hua che in prigione per i fatti di Tian'Anmen ci sono ancora una trentina di persone,

Usa, 1,3 milioni di pignoramenti ( da "Manifesto, Il" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dalla Cina, invece, arriva una notizia per loro terribile: in aprile la produzione industriale è aumentata solo del 7,3%. Nel primo trimestre dell'anno la crescita è stata pari al 5,1% annuo (+16,4% del primo trimestre 2008) e del 5,5% nei primo quattro mesi.

Il Nobel Pamuk Oriana Fallaci? Finì con l'imitare se stessa ( da "Unita, L'" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ossessione dalla quale non si guarisce: «Oggi il mondo è culturalmente globalizzato: viviamo con la stessa prospettiva che avevano i pittori nel Rinascimento, l'individualismo. E questo non può non avere conseguenze». Così è giusto che la Turchia entri in Europa, ma «non per imitarne la cultura, quanto perché consentirebbe una società più aperta».

Oggi Fish Tank , Regno Unito-Olanda, Andrea Arnold Spring Fever/Nuits d&#... ( da "Unita, L'" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina-Francia, Lou Ye «Tetro», Francis Ford Coppola (Quinzaine) Domani «Bright Star», Australia-Regno Unito-Francia, Jane Campion «Thirst», Corea del Sud-Usa, Park Chan-wook «Ne change rien», Spagna, Pedro Costa (Quinzaine) 16 maggio «A Prophet», Francia, Jacques Audiard «Taking Woodstock», Usa, Ang Lee 17 maggio «Vengeance»

Formula Premiership nei circuiti d'America ( da "Stampa, La" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: un eventuale tracciato cittadino negli Usa). Il Medio Oriente ha il nuovo impianto di Abu Dhabi, che sorge nel parco tematico della Ferrari. Una garanzia. Giappone e Cina aspettano un cenno. Secondo step: organizzazione e marketing. L'argomento economico è delicato, soprattutto se autogestito dagli stessi attori dello show.

Il ribelle rinasce con la cenere ( da "Corriere della Sera" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tra i primissimi a introdurre in Cina la performance d'arte), Huan porta a Milano i suoi recentissimi «ash paintings» del 2008: dipinti su lino realizzati con la cenere, materia inconsueta ed evocativa. «Da due anni l'artista si è convertito al buddismo e questa svolta lo ha influenzato nel profondo racconta Emanuele Bonomi di Project B .

L'alpino che conquistò la vetta del K2 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 611 metri sul confine tra Cina e Pakistan, è poco più basso dell'Everest, ma di gran lunga più difficile da scalare. Fino al 2007 solo 278 persone hanno raggiunto la vetta, e 66 sono morte nel tentativo o prima di rientrare al campo base. Il ChogoRi (in lingua balti Grande montagna) è la Montagna degli italiani per merito di Luigi Amedeo di Savoia,

Terapie su misura con la cartella tutta elettronica ( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: fenomeno di migrazione di pazienti verso le aree più povere per ricevere le cure: India e Cina, Thailandia e Vietnam, per esempio. Ma anche Messico per gli Usa ed Europa dell'Est per il Vecchio continente. I dati digitali, con schede mediche informatizzate e standard, rendono i flussi del turismo medicale più semplici, perché eliminano la barriera del trasferimento di informazioni.

Tienanmen, arrestato 20 anni dopo ( da "Corriere della Sera" del 14-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Arrestato durante la prima ondata della repressione, venne scarcerato ed emigrò negli Usa nel '93, salvo tornare clandestinamente in Cina 5 anni dopo. Scoperto, trascorse tre anni in un campo di rieducazione, periodo al termine del quale rientrò negli Usa. Gli Stati Uniti, tramite l'ambasciata a Pechino e il consolato a Chengdu, monitorano il caso.

LA FORZA DEL SILENZIO ( da "Stampa, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: A questo punto si dovrebbero spiegare la Birmania, la Cina, e gli equilibri asiatici. Ma di fronte a decisioni così grottesche, parlare di politica servirebbe solo a nobilitare i persecutori e i loro protettori: in questo caso la Cina. Propongo invece di salutare la nuova tappa in carcere di Aung San Suu Kyi come un suo ennesimo trionfo.

L'Europa, un club alla ricerca ( da "Stampa, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Paradossalmente, nell'era della globalizzazione, si dovrebbe parlare della crisi dello Stato-nazione ma oggi gli stati sono più numerosi che mai, soprattutto nel nostro continente, dove nel 1945 ve n'erano 27, già cinque in più rispetto al 1914, mentre oggi ce ne sono più di quaranta.

Usciremo dalla crisi ( da "Stampa, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: rapidità con cui si diffondono le mode nelle nostre società globalizzate, si è propagato il nuovo verbo da ossequiare, la nuova ricetta che ci salverà: bisogna ritornare allo Stato. Alla sua protezione rassicurante e alla sua generosa distribuzione di posti e prebende. La terapia può essere anche giustificabile, di fronte alle ingenuità dei cultori acritici del «mercato è bello».

motori & signore arriva la corsa più bella del mondo - vincenzo borgomeo ( da "Repubblica, La" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: agli Usa, dalla Cina all´Australia, per far conoscere anche ai popoli più lontani questa affascinante rievocazione storica. Si spera però che, almeno, per le prossime edizioni (in questa probabilmente i tempi sono stati troppo stretti per operare qualche cambiamento) modifichino radicalmente il regolamento che oggi non è più severo come una volta circa il mantenimento dell´

Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: codice irresistibile della globalizzazione», il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo è anzitutto disturbato da un refrain: che le banche italiane siano state colpite meno di altre nel mondo dalla grande crisi per caso o perché sarebbero più arretrate nella tecnologia finanziaria e meno internazionalizzate.

Stato e mercato. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina, non avrebbe avuto lo stesso svolgimento: uno svolgimento così imponente da configurare già nella crisi la transizione, uno spostamento del baricentro dello sviluppo a Oriente (la Cinamerica). Se verso l'esterno gli Usa hanno funzionato come un impero a credito, sul mercato interno hanno realizzato una soluzione del problema della domanda interna non meno gravida di contraddizioni,

Le Borse e il segreto di Star Trek ( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: economia in rapida globalizzazione. Queste persone diventavano i nuovi imprenditori che viaggiavano da un capo all'altro del mondo sulla via della prosperità. Era una narrazione che appariva plausibile all'osservatore occasionale, perché era legata a milioni di piccole storie di persone concrete, storie dei successi evidenti di amici,

Occidente critica Myanmar per "accuse inventate" contro Suu Kyi ( da "Reuters Italia" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e India - che hanno stretti rapporti economici con il Myanmar - e all'Asean che raccoglie dieci Paesi asiatici di chiedere l'immediato rilascio di Suu Kyi. "Le autorità militari birmane hanno preso a pretesto il fatto che un uomo si sia intrufolato (nella sua casa) per gettare Aung San Suu Kyi in una delle più note e squallide carceri birmane sulla base di accuse inventate"

Per contrastare la crisi rileggere Einaudi e Sturzo ( da "Corriere del Veneto" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: rischio» che si è globalizzato (mercato è globale). La sfasatura, poi, tra piani finanziari e struttura industriale di base, ha prodotto l'esplosione di continue bolle. Pensiamo solo ai derivati. Gli incentivi economici verso i trader hanno moltiplicato il rischio, senza reale controllo dei cda, ammaliati dai facili utili,

Il sano egoismo urbano dei Comuni che contro la crisi pensano in grande ( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: È infatti la crisi della globalizzazione, della sua governance, delle lucide previsioni degli organismi internazionali, della razionalità del mercato, dei controlli sopranazionali, delle grandi banche mondiali e delle mondiali agenzie di rating, dell'unidirezionalità illuministica del processo di occidentalizzazione.

India, fra Upa e Janata testa a testa nelle urne ( da "Secolo XIX, Il" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: accordo sul nucleare civile siglato con gli Usa. La cosa peggiore sarebbe la formazione di un governo debole e diviso (vedi governo Prodi in Italia), in un contesto così complesso. I nodi rimangono geopolitici: la Cina sta trasformando la Shanghai Cooperation Organisation in un efficace competitore della Nato e dell'Occidente.

Incoerenze di un caso politico: dieci domande a Berlusconi ( da "Repubblica.it" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: a governare le sfide della modernità e della globalizzazione". Coerentemente critica l'uso di "uno stereotipo femminile mortificante" e con un'analisi della politologa Sofia Ventura avverte che "il "velinismo" non serve". Nell'articolo si legge: "Assistiamo a una dirigenza di partito che fa uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno molto da fare,

Premio Unesco "Amici della Pace" a Vandana Shiva ( da "Sestopotere.com" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per questo che sabato sera le verrà consegnato il Premio “Amici della Pace”, per far sì che il suo impegno a favore dell?ecologia e le sue numerose battaglie contro la povertà del Terzo Mondo e contro la globalizzazione non vengano ignorate ma diventino un modello da seguire e da imitare.

Associazione artigiani di Vicenza : forum sul sistema moda ( da "Sestopotere.com" del 15-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzato: operare in ordine sparso non può più garantire i successi che sono stati raggiunti negli ultimi dieci anni.” Per l?assessore le istituzioni sono chiamate insieme alle associazioni di categoria a progettare e pianificare le attività e soprattutto devono cercare di fare pressioni al Parlamento europeo per salvaguardare le specificità e potenzialità del Made in Italy.

Padre Bianchi tra i finalisti ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Della cinquina fanno parte anche Alessandro Portelli con «Acciai speciali. Terni, la ThyssenKrupp, la globalizzazione» (Donzelli), Ovidio Colussi con «Il grande Lino» (Santi Quaranta), Goffredo Buccini con «La fabbrica delle donne» (Mondadori) e Sergio Pent con «La nebbia dentro» (Rizzoli).

Credo che la questione più importante sia se ci sono segnali di ripresa o se resteremo a raschi... ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una speranza può arrivare dalla ripresa della Cina. L'Italia da sola può fare poco per uscire dalla crisi. Rispetto a Francia e Germania il nostro Paese ha un sistema pubblico più inefficiente: alludo alla sanità, alle pensioni e all'evasione fiscale. New York University

Padre Bianchi e Sergio Pent nella cinquina dei finalisti ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la globalizzazione» (Donzelli), Ovidio Colussi con «Il grande Lino» (Santi Quaranta), Enzo Bianchi con «Il pane di ieri» (Einaudi), Goffredo Buccini con «La fabbrica delle donne» (Mondadori) e Sergio Pent con «La nebbia dentro» (Rizzoli) sono stati scelti dalla giuria presieduta da Pier Francesco Gasparetto.

"Io, il Lupin di Facebook" ( da "Stampa, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ultima stranezza del mondo globalizzato, il cui protagonista è un tossico ladruncolo neozelandese, che in poche settimane è riuscito a diventare una specie di Butch Cassidy del ventunesimo secolo. Con la differenza che Butch Cassidy non aveva una pagina su Facebook in cui raccontava al mondo intero come uccellava - giorno dopo giorno - gli sbirri che lo seguivano.

"Eccomi, sono il Lupin di Facebook" ( da "Stampaweb, La" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ultima stranezza del mondo globalizzato, il cui protagonista è un tossico ladruncolo neozelandese, che in poche settimane è riuscito a diventare una specie di Butch Cassidy del ventunesimo secolo. Con la differenza che Butch Cassidy non aveva una pagina su Facebook in cui raccontava al mondo intero come uccellava - giorno dopo giorno - gli sbirri che lo seguivano.

Meccanica ed elettronica, si ferma il crollo degli ordini ( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: unico in gradodi ridare fiducia al sistema allargando i cordoni della borsa e concedendo nuovo credito, perché comunque vada, ci vorrà ancora qualche mese per dire con sicurezza di essere usciti dalla tempesta». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'EXPORT Dalla seconda metà di aprile segnali positivi da mercati di sbocco come Cina e Usa Calo degli ordinativi in frenata da -40 a -10%

Da Mirafiori al Lingotto in marcia per il futuro ( da "Manifesto, Il" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Hanno capito da che parte spira il vento della globalizzazione e temono per destino della loro barca, battuta dai marosi in mezzo all'Atlantico, tra Detroit e Russelshaim. C'è invece chi il sabato lavora, o dovrebbe secondo gli ordini di Marchionne, e invece sciopera: sono gli operai della Powertrain, l'unico figlio rimasto in vita dopo il fallimento del matrimonio General Motors-

Navdanya , il network che coinvolge le comunità rurali indiane ( da "Unita, L'" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: in contrapposizione al gigantismo centralizzato dell'agricoltura globalizzata, che impoverisce il pianeta con l'inquinamento e la monocoltura. Il programma più importante è quello che coinvolge i gruppi di donne, le cui conoscenze e capacità le rendono le vere custodi della biodiversità e della sicurezza alimentare.

Obama a Mosca prima del G8 per lo scudo antimissile ( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è stato vice rappresentante del commercio Usa e ambasciatore a Singapore. In passato ha vissuto a Taiwan in qualità di missionario mormone ed è uno dei politici americani meglio introdotti in Cina, dove si reca spesso. E' stato lo stesso responsabile della campagna elettorale di Obama a indicare Huntsman, attualmente governatore dello Utah, come l'unico del partito repubblicano "

un muro tra il cimitero e il paradiso "il cemento ruba l'anima a portofino" - bettina bush ( da "Repubblica, La" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Un effetto della globalizzazione? «La gente deve capire che il sapore di un posto, è unico di quel luogo. Se uno compra un giglio, non deve avere il profumo di una violetta. Ogni cosa deve esser coerente a se stessa ed evocare la magia che ha in sè. San Fruttuoso era unica perché aveva il fascino di San Fruttuoso, se la rendiamo uguale a Saint Tropez,

MAESTRI DIETRO LE QUINTE Un cofanetto su registi come Rohmer, Loach, Kaurismaki e altri ci ricorda cos'è il cinema per i francesi ( da "Unita, L'" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La differenza non è tanto sul listino contemporaneo, dove la globalizzazione ha vinto (anche qui è il momento degli X-Men, di Indiana Jones, di Hellboy). E nemmeno, o non tanto, sui classici (il cinema francese è edito in maniera massiccia, ma per uno straniero ha il difetto di essere, al 99%, senza alcun sottotitolo).

USA-CINA: SI FA PRESTO A DIRE G2 ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 24 USA-CINA: SI FA PRESTO A DIRE G2 LETTERA DA SHANGHAI E' PROBABILMENTE prematuro asserire che il mondo sia ormai dominato da un G2, una strana coppia formata da Stati Uniti e Cina. Questa sintesi riflette non tanto una situazione reale quanto una tendenza;

L'economia Gli indicatori continuano a scendere, resta la scommessa dell'Expo 2015 ( da "Stampa, La" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Una volta i consiglieri rappresentavano le categorie oggi le lobby economiche» «Stiamo sperimentando per primi la globalizzazione: col risultato che annaspiamo nel vuoto» Meno male che Mourinho c'è, e almeno lo scudetto del pallone non lascia la Madonnina. Altrimenti, per dirla con il mister portoghese che sa parlare come Gianni Brera, sì che sarebbe una figura da "pirla".

"Una campagna da tremila euro" ( da "Stampa, La" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Marxismo, globalizzazione: il vostro è, quindi, un programma ideologico? «Non si può governare un territorio senza tener conto di principi generali: la globalizzazione interessa anche la nostra provincia. Ad esempio, siamo contrari ai subappalti che, anche a livello locale, favoriscono comitati d'affari.

Gm-sindacati, accordo lontano ( da "Stampa, La" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: 21 mila posizioni e il trasferimento della produzione in Paesi con manodopera a basso costo tra cui Cina, Messico e Corea del Sud. Secondo fonti di mercato, Gm prevede di vendere negli Usa oltre 17 mila vetture «made in Cina» già nel 2011, per poi triplicare il numero nel 2014, portandolo all'1,6% dei 3,1 milioni di veicoli che Gm si aspetta di vendere in America tra cinque anni.

Tienanmen, un mistero lungo 20 anni ( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Quando negli anni Novanta l'ex studentessa Diane Wei Liang, diventata docente negli Usa, venne invitata in Cina per un corso di business administration, provò a parlare della Tienanmen ai suoi allievi: «Non era nei libri. Chi ne sapeva qualcosa conosceva solo la versione del regime. Agli altri non importava. Pensavano solo a far soldi».

L'India e i suoi paradossi, dalle caste all'high-tech ( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: della Cina). Il sistema universitario è imponente. L'India sforna un milione di ingegneri l'anno (in Europa e Usa non arrivano a 100 mila). Caste e clientele Metà della popolazione indiana appartiene alle caste inferiori. Metà dei posti pubblici è riservata alle tre classi più emarginate (compresi i dalit, gli intoccabili) attraverso la mediazione dei rispettivi partiti «

Comunicato Stampa week end con gli autori a Fiorano: la cronaca ( da "Sestopotere.com" del 17-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: I fautori della globalizzazione hanno costruito il tetto senza però preoccuparsi delle fondamenta e delle mura. La crisi che ci sta colpendo ci dà l?opportunità di costruirle, ma dobbiamo farlo con l?obiettivo di offrire una vita migliore a tutti. Alla fine dell?

Colombo annuncia: I tamil sono finiti ( da "Manifesto, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: aiuto della Cina, che dal 2007, quando gli Usa hanno interrotto i rapporti commerciali per il mancato rispetto dei diritti umani, è diventato il principale partner di Colombo nel commercio di armi, munizioni e velivoli bellici (tra cui 6 jet F7 da combattimento forniti gratuitamente) e ha superato il Giappone come donatore più generoso.

Sono passati vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Tra pochi giorni, i ragazzi europei, n... ( da "Stampa, La" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: consumo culturale in gran parte globalizzato, ma con specificità nazionali. E così, se una trasmissione come X Factor raccoglie consensi praticamente dovunque, nelle varie declinazioni linguistiche, a Madrid va ancora la telenovela, seppure rosa e satirica («Sin tetas no hay paraiso», senza tette non vai in paradiso) e a Berlino si segue lo show della gloria nazionale Heidi Klum,

lippi: "basta qualche ritocco e può puntare alla champions" ( da "Repubblica, La" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: colpa della globalizzazione Ibra fondamentale, poi Julio Cesar, grandissimo Santon, bella scoperta L´Inter è una società all´avanguardia Marcello Lippi, ct della nazionale campione del mondo, come le è sembrato il campionato dell´Inter? "Dico che è stata la più forte, rimanendo in testa per l´intero campionato, quindi ha meritato di vincerlo"

Confcommercio, arriva a Genova il "roadshow" delle pmi ( da "Secolo XIX, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: è alle prese con la difficoltà di rimodularsi secondo le logiche imposte dalla globalizzazione». «Dobbiamo trovare - conclude Sangalli - il coraggio e le capacità per ripensare e rilanciare il sistema delle pmi italiane, attenti a non perdere di vista, a non snaturare quel bagaglio di esperienze e successi che negli anni passati ne ha fatto un esempio da imitare».

Un repubblicano per Obama ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: AMBASCIATORE IN CINA Un repubblicano per Obama B arack Obama ci ha dato ieri l'ennesima prova di pragmatismo: ha scelto un repubblicano, Jon Huntsman, governatore dello Utah come suo ambasciatore in Cina. Una mossa non convenzionale: in genere i presidenti Usa offrono le poltrone da ambasciatore più prestigiose a importanti finanziatori del partito o della campagna.

Dove c'è oro, c'è Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: frenati dalla crisi negli Usa (dove c'è l'ulteriore ostacolo del dazio sui gioielli di provenienza Ue) e dalla concorrenza a basso costo di India, Cina e Turchia. Le riserve delle Banche centrali Se la presenza dell'oro nel nostro tessuto produttivo perde vigore, non così si può dire delle riserve auree della Banca d'Italia.

Fondi sovrani, profondo rosso ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Kuwait Investment Authority dichiara di voler puntare su Cina e India e di voler disinvestire dagli Stati Uniti: già ora ha ridotto la sua esposizione su Europa e Usa dal 90% al 70% circa. Anche la Qatar Investment Authority e la Dubai International Capital stanno preparando investimenti soprattutto in Medio Oriente e Africa.

Usa, un repubblicano in Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: inoltre priva il partito avversario di un esponente di spicco Usa, un repubblicano in Cina All'ambasciata di Pechino il governatore dello Utah, il mormone Jon Huntsman Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente Un'altra scelta "bipartisan" per Barack Obama che ha già scelto due ministri repubblicani, tra cui Bob Gates, il segretario al Pentagono: ha nominato Jon Huntsman,

Europa competitiva, anche più degli Usa ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per ragioni strategiche e di capacità, la definizione degli standard non sarà fatta dalla Cina. è troppo presto. In molti campi sta riducendo le distanze, sta imparando molto studiando gli altri, piuttosto che proclamare la sua leadership. Penso che acquisterà peso, ma non raggiungerà i livelli strategici dei suoi partner americani.

Colombo annuncia: ( da "Manifesto, Il" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: aiuto della Cina, che dal 2007, quando gli Usa hanno interrotto i rapporti commerciali per il mancato rispetto dei diritti umani, è diventato il principale partner di Colombo nel commercio di armi, munizioni e velivoli bellici (tra cui 6 jet F7 da combattimento forniti gratuitamente) e ha superato il Giappone come donatore più generoso.

CdC Verona, seminario per le imprese sulla tutela del marchio/brevetto ( da "Sestopotere.com" del 18-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: intellettuale nonché illustrare i metodi più efficaci per tutelarli in Europa e nei Paesi Terzi, in particolare USA, Cina e Russia. In questo momento di difficoltà del mercato mondiale la propensione all?innovazione, la differenziazione dai propri concorrenti e la promozione del “made in Italy” costituiscono un importante elemento di competitività delle nostre aziende;

Chiudere Lancia per la Opel? ( da "Corriere delle Alpi" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e America. Secondo il South China Morning Post, Fiat e il gruppo Guangzhou avrebbero chiesto di poter costruire una fabbrica in grado di produrre 140 mila auto l'anno. Fiat intenderebbe avviare la produzione in Cina per sfruttare i tassi di crescita economica del Paese e limitare così gli effetti della caduta della domanda a livello mondiale.

Sarà Candidatoin grecia il padredi carlo giuliani ( da "Secolo XIX, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: un combattente del movimento sindacale e del movimento contro la globalizzazione neoliberale» che si unisce alla «battaglia della sinistra per cambiare l'Europa». Giuliani è il diciasettesimo nome della lista delle candidature presentate da Syriza che include, al pari del socialista Pasok un alto numero di donne, circa il 50 per cento dei candidati, e di tecnici.

il neoliberismo che ha ucciso la politica - massimiliano panarari ( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: curioso esperimento che racconta la globalizzazione neoliberista in maniera romanzesca come un piano criminale ordito dai "Padroni dell´Universo", la superclasse di potenti che ha lavorato per imporre il "fondamentalismo di mercato" e distruggere lo Stato sociale: per l´appunto la storia dei nostri anni a partire dall´elezione di Ronald Reagan e Margaret Thatcher e,

La storia di Roma raccontata dal cinema ( da "Stampa, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione»: questo il titolo dell'incontro curato da Giulio Pedretti, giovane regista valsesiano di documentari, appassionato studioso di Storia del cinema. Non si tratterà tanto di analizzare le vicende della storia romana attraverso la proposta di film, quanto di riflettere su come il cinema nel corso del Novecento abbia preso spunto dalle vicende di Roma per la creazione

Lunga marcia del Lingotto alla conquista della Cina ( da "Stampa, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina Per ora è solo uno studio. Anche perché, si sottolinea dal Lingotto, al momento l'impegno è altrove. Ma mentre l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, è nuovamente in Germania per portare avanti la trattativa per Opel - per domani sono attesi dal governo di Berlino i piani di Fiat e di Magna per la casa tedesca - dalla Cina rimbalza la notizia di una nuova joint venture cinese della

"clima, no ad accordi impossibili una svolta dal g8 dell'aquila" ( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con Cina e India, alla conferenza su Green economy- nuove idee per il G8 e il summit di Copenaghen. Questione, quella della tutela dell´ambiente «tra le missioni prioritarie e irrinunciabili di questo secolo» ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un messaggio nel quale chiede un´«azione rapida» sul clima.

Sociologo e interprete del malessere veneto ( da "Manifesto, Il" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Ma anche con l'orrore che "globalizza" la periferia della Marca trevigiana. Gianfranco Bettin, 53 anni, sociologo e ricercatore universitario, è stato fra i fondatori dei Verdi. Deputato negli anni 90, poi assessore a Venezia, dal 2000 al 2005 ha ricoperto il ruolo di prosindaco di Mestre.

i notturni - londra ( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ma negli anni la realtà si è globalizzata Da bambino suonavo il pianoforte e da adolescente la chitarra. Sognavo di fare il cantautore LONDRA «è come un album musicale con cinque brani. Alcuni malinconici e altri spassosi, come un sorta di sollievo comico. A tratti sono piccole commedie amare, un po´ come certi vecchi film di Woody Allen.

Basta interventi per il Mezzogiorno Serve un progetto per tutta l'Italia ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Per l'ovvia ragione che la globalizzazione in atto porta inevitabilmente a una divisione dei compiti e delle produzioni tra i vari Paesi. La specializzazione, la divisione del lavoro e l'intensificazione degli scambi internazionali sono l'altra faccia della globalizzazione.

PROTAGONISTI DEL MERCATO ( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ha costruito il suo successo sulla capacità di rispondere in tempo reale alla globalizzazione e ai cambiamenti strutturali del mercato. Un approccio basato su un modello di distribuzione che punta al dialogo diretto con il cliente. Il target è la famiglia che investe nel comfort domestico, interessata all'innovazione, sensibile alla marca e al budget disponibile.

I PRECARI E LE INTUIZIONI DI D'ANTONA ( da "Unita, L'" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ricomposizione di un mondo del lavoro oggi globalizzato e frammentato. Si tratta di filoni di ricerca su cui investigò Bruno Trentin costringendo la stessa Cgil ad interrogarsi nella Consulta giuridica di cui animatore fu proprio Massimo D'Antona. Oggi è evidente la miopia del governo nel non accettare le proposte del Pd di tutela dei lavoratori privi di una rete di garanzie sociali.

Tullio Nunzi ( da "Sicilia, La" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzata pubblici e privati si compattano per tentare di superare ostacoli fiscali e lacune territoriali. Sebbene il quadro imprenditoriale in provincia di Agrigento sia complessivamente statico, le istituzioni, Camera di Commercio in primis, incoraggiano piccole e medie imprese ad andare avanti, predisponendo un piano di obiettivi da perseguire tramite agevolazioni ed ammortizzatori

"Clima, no accordi impossibili una svolta dal G8 dell'Aquila" ( da "Repubblica.it" del 19-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con Cina e India, alla conferenza su Green economy- nuove idee per il G8 e il summit di Copenaghen. Questione, quella della tutela dell'ambiente "tra le missioni prioritarie e irrinunciabili di questo secolo" ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un messaggio nel quale chiede un'"azione rapida" sul clima.

Mi ricordo che ai primi anni di università il termine globale lo usavamo solo noi c... ( da "Stampa, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: economisti e politici non hanno smesso di discutere dei costi e dei rischi della globalizzazione, commettendo spesso l'errore di ritenerla un fenomeno prettamente economico. Persi nella guerra delle cifre, tanto i sostenitori quanto i detrattori dimenticano che la globalizzazione assume molte forme e che uno in particolare ha, o dovrebbe avere, solo risvolti positivi.

I leader devono studiare Ora o mai più ( da "Stampa, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: «Angela Merkel spicca in Occidente, ma in Cina molti top leader sono ingegneri, a differenza di Usa ed Europa, dove la maggior parte è composta da avvocati. E' chiaro che dovranno fondare sempre di più le decisioni sulle idee della scienza e non sulle idee sbagliate che si hanno della scienza stessa.

I cervelloni del piano sono tre studiosi di fama mondiale tra cui un Nobel ( da "Stampa, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Gli Usa sono scesi nel 2007 al 2,6%, contro il 3,3 del Giappone e il 4 della Cina: di poco sopra alla Francia (2,1), ma il doppio dell'Italia (1,3). Obama ha detto di voler riportare la quota sopra il 3 «nel corso» della Presidenza. Sono in ballo cifre enormi.

RICCARDO LATTANZI NEW YORK UNIVERSITY La globalizzazione, così, ha ottimizzato i tempi de... ( da "Stampa, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: RICCARDO LATTANZI NEW YORK UNIVERSITY La globalizzazione, così, ha ottimizzato i tempi della ricerca e ha reso possibili progetti mastodontici, come la mappatura del Genoma. Come dicevo, si dà per scontato che ricerca scientifica e sviluppo tecnologico seguano il cambiamento dell'economia, ma non ne sono così sicuro.

Cina e Brasile danno il via all'alleanza monetaria contro l'egemonia del dollaro ( da "Stampa, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina e Brasile danno il via all'alleanza monetaria contro l'egemonia del dollaro Vacilla l'impero di Vodafone nei mercati emergenti Combattendo contro il rallentamento economico, Vodafone è impegnata in un difficile gioco di equilibrismo. I risultati annuali del più grande gestore di telefonia mobile del mondo mostrano che il gruppo sta affrontando una durissima battaglia nel suo

napolitano: "non lasciamo sola l'america" ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Europa nel mondo globalizzato". Ed è stata, la regina d´Inghilterra, «d´accordo con la scelta di trasferire all´Aquila il G8 inizialmente previsto alla Maddalena». A Londra il presidente italiano è arrivato per tenere una conferenza sull´Europa e per capire se «sarà all´altezza delle proprie responsabilità in un mondo globalizzato».

un prete indiano alla bocconi per imparare l'economia del bene - luca de vito ( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzazione che don Pallupetta riassume così: «In Kerala ci sono sono oltre sessanta strutture sanitarie private, ma sono frequentate praticamente solo da ricchi». Mentre il contraccolpo positivo della globalizzazione nell´alta formazione è che saranno gli strumenti del management elaborati in occidente a dare ai missionari in Kerala alcuni strumenti gestionali per cercare di

Il ritorno (laico) di A. Fazio ( da "Riformista, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: per la presentazione di un pamphlet sulla globalizzazione, all'università pontificia Regina Apostolorum, in un contesto amico (è l'ateneo dei Legionari di Cristo) e molto riservato. Ieri, invece, sempre a Roma si è assistito al ritorno laico di Fazio, proprio in quegli ambienti che sembravno un po' averlo espulso dopo la sua caduta istituzionale.

Napolitano: l'Europa rafforzi la difesa comune ( da "Unita, L'" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Europa rafforzi la difesa comune LONDRA«L'Europa sarà all'altezza delle sue responsabilità in un mondo globalizzato a condizione che ci siano più forti istituzioni comuni, più forti politiche comuni, maggiori risorse di bilancio». Lo ha detto ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'Istituto internazionale di Studi strategici.

Obama? Un Sozial demokrat ( da "Unita, L'" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ci si domanda come la socialdemocrazia sia uscita travolta dalla globalizzazione e poi dalla sua crisi». Perché abbiamo scelto un altro sottotitolo? Perché il vero pregio del saggio, più che nella sua diagnosi di crisi definitiva, sta nel suo asse storiografico. Impeccabile, nel suo andare dalla grande crisi del 1929, a Roosevelt, a Keynes, fino a Schumpeter.

Il cadavere del leader dei Tamilcome simbolo della disfatta ( da "Secolo XIX, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Dipartimento di Stato degli Usa ha dichiarato: «Questa è l'opportunità dello Sri Lanka di voltare pagina e di costruire le basi di una nuova nazione fondata sulla democrazia, la tolleranza e il rispetto dei diritti umani». La Cina, che ha sempre difeso la guerra combattuta dallo Sri Lanka, ha dichiarato: «Speriamo sinceramente che lo Sri Lanka possa raggiungere il prima possibile,

Nella trappola del New Deal ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: accettò il ritorno al protezionismo approvando la tariffa Smoot Hawley, nonostante una famosa petizione contraria firmata da 1.028 economisti. Ne derivò una guerra commerciale che polverizzò quello che era rimasto della globalizzazione prebellica (la Belle époque) e fece precipitare il mondo nella crisi piu grave del capitalismo.

Una spinta all'internazionalizzazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Sì alla globalizzazione, intesa, secondo la Marcegaglia, come opportunità di sviluppo, nel rispetto delle regole, evitando il protezionismo, fenomeni di dumping, e nell'auspicio che si possa arrivare al più presto ad una conclusione dei negoziati del Wto.

Con Save anche la Pepsi arriva in autostrada ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina ed Emirati con 158 punti vendita e circa duemila dipendenti. La nostra forza sta nel portare una ristorazione di qualità all'insegna del Made in Italy e non a caso abbiamo appena aperto a Pomezia un centro di ricerca con annesso laboratorio di produzione che già quest'anno supererà i6 milioni di fatturato».

No a rimozioni su D'Antona ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: altezza delle sue responsabilità in un mondo globalizzato. La crisi economica pone una sfida a tutti i governi e alle istituzioni internazionali, «per non parlare dei pericoli di un fuorviante protezionismo, di instabilità politica e forse anche di conflitti». La novità principale sullo scenario internazionale è il nuovo corso politico degli Stati Uniti.

Wall Street punta sul Chapter 11 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il sindacato accusa i nuovi progetti aziendali di promuovere lo spostamento di occupazione dagli Usa a Messico, Corea del Sud e Cina. Gm raddoppierebbe l'import da questi paesi mentre negli Stati Uniti chiuderebbe 16 stabilimenti su 47 e eliminerebbe altri 21.000 posti. L'azienda ha in programma nel complesso di dimezzare i suoi marchi a quattro e di ridurre a 3.

Riccardi: accetto i rimpatri solo se rispettano le leggi Africa, missione dell'Europa ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: L'impatto con la globalizzazione, con l'India, la Cina, con civiltà, economie e demografie in ascesa, non potrà essere condotto in modo isolato dai singoli paesi. Altrimenti i nostri valori e identità si diluiranno nelle correnti della globalizzazione. E sarà una perdita per il mondo e la civiltà».

Napolitano a Londra: Europa marginale senza capacità militari ( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Europa sarà all'altezza delle proprie responsabilità in un mondo globalizzato?» A proporla è Giorgio Napolitano, che su questo interrogativo sviluppa una densa riflessione all'International Institute for Strategic Studies, massimo foro planetario sui conflitti politico-militari. La risposta, per il presidente, è un doppio sì.

In VISIONEie.mim ( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: con Gillian Anderson e Jeff Bridges (Usa 09) Sidney Young, promettente giornalista, naufraga miseramente una volta assunto nella più prestigiosa rivista di New York... Adriano, Maestoso, Jolly, Lux, Andromeda, Stardust, Cineplex Gulliver Uci, Ugc Ciné Cité TERRA MADRE documentario di Ermanno Olmi (Italia 09) Il cibo e le sue implicazioni economiche,

Il destino della democrazia fra relativismo e universalizzazione ( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: North che parlerà del rapporto fra mercato e globalizzazione. Venerdì 22 maggio, invece, il dibattito sarà centrato su «democrazia e violenza», sul «raccontare» la democrazia e su «democrazia e good governance: una critica post-coloniale». A discuterne saranno, fra gli altri, Ugo Mattei, Paolo Valesio, Nadia Fusini, Gloria Origgi e Giovanna Borradori.

Rapine D'OCCIDENTE. ( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Globalizzazione, crisi delle forme giuridico-politiche moderne, svolta finanziaria dell'economia: l'impressione è che la dialettica che aveva mantenuto «in stato» l'Occidente moderno sia saltata. L'ipotesi adombrata da Prodi è che per venire a capo della crisi, la risposta - da lui rintracciata in certa dottrina sociale della Chiesa cattolica -

Vattimo: ( da "Secolo XIX, Il" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: globalizzato ha bisogno di un dio pluralista» il libro Il filosofo oggi a Genova per presentare il suo nuovo libro "Addio alla verità" in cui teorizza il dialogo come forma di pensiero 20/05/2009 giuliano galletta Che cos'è la verita? La domanda su cui almeno da un paio di millenni si spaccano la testa filosofi e scienziati è solo apparentemente una questione astratta e ha invece

"E' la fisica, Mister President" ( da "Stampaweb, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: aumento dei gas serra - rivelano - sono Cina e India, non Usa ed Europa. Conclusione: qualunque soluzione costosa non colpirà mai al cuore il problema». A proposito di soluzioni possibili, lei si dilunga su quella che sembra un?ovvietà: il risparmio energetico. «Invece è il metodo più importante, più pratico e più economico».

Omaggio del Lionsa Corrado Sofia ( da "Sicilia, La" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Il sodalizio netino - ha concluso Coletta - nella globalizzazione dei programmi perseguiti dal Lions International ha così dato testimonianza di partecipazione al Service Sicilia, contribuendo a mantenere vive le prerogative etnico-turistiche, le testimonianze storiche e le sue espressioni culturali».

Contro la tratta "Volti da Modena e dal mondo" ( da "Sestopotere.com" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: offrire spunti di riflessione e occasioni di approfondimento su temi globali e indagare gli effetti locali della globalizzazione, a partire dalla grande questione delle migrazioni e delle relazioni tra culture. La rivista è in distribuzione gratuita in diversi punti della città e della provincia e può essere richiesta in abbonamento postale gratuito. Sul sito www.

Giacon (PD) a Galan, "Il Veneto deve aprirsi ai mercati internazionali" ( da "Sestopotere.com" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: ancora di più ai mercati esteri e a tutte quelle opportunità che la globalizzazione offre. Senza paura, orgogliosi di fare bene. è questa la grande lezione del passato che ci viene dalla Serenissima Repubblica di Venezia, una lezione che il nostro Governatore sembra aver dimenticato. Invece di chiedere agli imprenditori di rimanere in Veneto, chiediamo loro di esplorare nuovi mercati,

Frattini, strategia coraggiosa ma con i tempi sbagliati ( da "Repubblica.it" del 20-05-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Usa, Russia e Cina). L'Iran ha mandato avanti per anni quella trattativa con abilità persiana, rinviando all'infinito qualsiasi decisione. Non ha risolto il problema nucleare, ma quel format si è rivelato il luogo strategico in cui fare politica estera, strategico per gli interessi dell'Italia, sotto ogni punto di vista (


Articoli

LAVORO, CRISI E XENOFOBIA SONO LEGATI (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere delle Alpi" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

LAVORO, CRISI E XENOFOBIA SONO LEGATI GIUSEPPE COVRE Nelle ultime settimane le novità non sono certo mancate. Partendo dal drammatico terremoto d'Abruzzo, che ha evidenziato alcuni aspetti positivi: una Protezione civile efficiente, che molti ci invidiano, al punto da non sembrare neppure roba nostra; un popolo campione in solidarietà e generosità; un presidente del Consiglio capace di trasformare un dramma in una personale performance di consensi. Silvio c'è, dicono i suoi. Poi è arrivato il 25 Aprile, con il solito polpettone abbondante di valori antichi recuperati alla bisogna e a corrente alternata (dipende da chi sta al governo). A seguire il primo maggio con il gran concerto romano, Vasco Rossi compreso. L'unico vero imprevisto è accaduto domenica 26 aprile, in terra napoletana, dove «papi» Silvio è andato a festeggiare un compleanno. Da qui aria di divorzio, la «sciura» Veronica inviperita, clamore su tutta la stampa mondiale, per fortuna che Bruno Vespa è corso in aiuto con un «Porta a porta» molto amichevole. Comunque Silvio, dall'alto del suo 75% (dice lui) tira diritto verso l'imminente trionfo elettorale europeo. Mi sono chiesto cosa c'entra l'imprevista dichiarazione di Berlusconi dell'altro giorno: «Non vogliamo un'Italia multietnica, questa è la ricetta dell'opposizione». Secondo me il Gran Comunicatore non lascia nulla al caso. Questo è un tema tanto sentito dalla gente, la prateria è estesa e ricca di foraggio: perché lasciarlo raccogliere solo alla Lega? Con questa dichiarazione, Berlusconi vuol portare un po' di fieno anche nella sua cascina. In subordine, scompaginare la sinistra e distrarla dal caso Veronica. Tant'è che Fassino ha sentito il bisogno di precisare. Piero il lungo, cresciuto nel rigore scolastico dei gesuiti, si è impratichito nella Torino dei Cipputi, tra l'aristocrazia sabauda e il pragmatismo sindacale: «Maroni sta usando una misura legittima, come il respingimento alle frontiere. L'ho fatto anch'io tra il '96 e il '98, governo Prodi». Da quelle parti non è neppure il primo a prendere posizione sul tema; ci sono anche dei pentiti. Livia Turco: «Sugli immigrati sbagliavo, non si possono accogliere tutti». Marzia Barbagli: «Immigrati e reati, io di sinistra non volevo vedere». Il mio amico, serio studioso dei problemi sociali, Gianfranco Bettin, commentando con Aldo Cazzullo il suo ultimo libro (Gorgo, in fondo alla paura) ha detto: «Il prezzo dell'immigrazione lo stanno pagando le classi più povere. Una guerra tra poveri per un lavoro, una casa, l'asilo nido». E ancora, Pietro Fassino racconta di un colloquio avuto con un sindaco del Pd, che ha fatto costruire dieci alloggi popolari, ha fatto un bando e ha dovuto assegnarli tutti agli immigrati. Conclusione: tutto il paese è in rivolta contro il sindaco. Potessi rispondere io, a questo sindaco: «Bravo hai rispettato la legge, ma hai commesso una grossa ingiustizia verso i tuoi cittadini bisognosi, che quegli alloggi se li sono sudati e meritati. Tu li hai dati ai nuovi e ultimi arrivati. Se non è ingiustizia questa!». Il problema rimane quello della multietnicità: la gente sa bene che il fenomeno è irreversibile; quello che non sa, che non accetta, che teme, è la velocità con cui si realizza. La gente, ricca di buon senso, vuole avere il tempo di capire, di assimilare e di adeguarsi. E' la velocità del fenomeno che crea paura giustificata e comprensibile. La paura produce xenofobia, che non è una scelta di vita ma una patologia. Pochi anni fa gli extracomunitari in Italia erano tra il 2 e il 3%, ora sono al 7%, e nel 2020 saranno tra il 15 e il 20%. La gente sa quanto sono importanti i nuovi arrivi per certi lavori; ma sa anche, da qualche mese, che con questa crisi, tutto si sta ridisegnando. La globalizzazione, la supercompetizione non è a costo zero. Questa crisi in corso rimette in discussione molte certezze, molti paradigmi del recente passato. Soprattutto per quanto riguarda il lavoro come valore in sé. Non è un caso, dice Mannheimer, che il 56% degli operai approva il governo Berlusconi. Un tempo agli operai ci pensava la sinistra.

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film su equilibrio, spazi e invenzioni visionarie - gianni valentino (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XIII - Napoli Film su equilibrio, spazi e invenzioni visionarie Da oggi a sabato il Palazzo delle Arti ospita una rassegna di documentari dedicati alle realizzazioni più ardite e innovative della storia urbanistica Una tre giorni su dieci progetti divenuti realtà in Venezuela Cina, Brasile, Turchia Italia, Svezia e Stati Uniti GIANNI VALENTINO è capitato che negli ultimi cento anni architetti geniali e concreti abbiano realizzato nei cinque continenti meraviglie che tengono in equilibrio spazi, forme, esigenze umane e inventiva visionaria. A loro rivolge lo sguardo "Vedere l´architettura", una tre giorni ideata dall´architetto Marco Meola e dalla gallerista Laura Trisorio in collaborazione con il Pan di via dei Mille che da oggi a sabato si concentra su dieci progetti made in Venezuela, Cina, Brasile, Turchia, Italia, Svezia e Usa. Nelle serate ospitate a Palazzo Roccella, la rassegna proporrà documentari che fanno da crocevia a quel singolare rapporto che talvolta si scatena tra architettura e cinema. «Il rapporto tra spazio costruito e film è molto stretto - spiegano Meola e Trisorio -. L´Italia è in forte ritardo nel riconoscere il ruolo crescente dell´immagine per la documentazione e il nostro progetto nasce per affrontare l´argomento in maniera differente dal solito». Si inizia alle 18.15 con la proiezione di "El Cerrito-Gio Ponti" diretto da Juan Andrés Bello: 57 minuti che narrano del progetto dell´architetto-designer milanese per l´imprenditore sudamericano Armando Planchart. Il concessionario di Chevrolet e Cadillac nel 1953 vuole Ponti - fondatore della rivista Domus - per lo sfavillante remake della sua residenza a Caracas, città nata proprio per ospitare corse di automobili. Ponti non sa nemmeno in quale parte di mondo si trovi Caracas e rifiuta; ma quando la sposa di Planchart, la signora Anala, gli dice che quell´ambiente non ha pareti il designer accetta euforico. E si sbizzarrisce. C´è il medesimo pathos negli altri documentari. "Bird´s Nest" di Christoph Schaub e Michael Schindhelm riassume la missione cinese degli architetti svizzeri Pierre De Meuron e Jacques Herzog per creare lo stadio Nazionale di Pechino, alias "Nido di rondine", sede delle ultime Olimpiadi. Tra flash cittadini che mostrano giochi di spada nei parchi, trasporti antichi e modernissimi e vita stentata nei villaggi al motto punk "no future", si racconta il lavoro degli operai in tuta celeste ma anche l´alternanza di tradizione e il culto per l´avanguardia del Sol Levante. Ne è testimonianza l´utilizzo di 44 mila tonnellate di acciaio per la costruzione del gigantesco impianto sportivo. "Les Thermes de Pierre" di Richard Copans rievoca poi l´idea di Peter Zumthor di far nascere nella pancia di una collina in Vals les Bains, nel Cantone Grigioni in Svizzera, le nuove terme (capolavoro vincitore pochi mesi fa del premio Pritzker): 15 unità geometriche complici della luce naturale e della vegetazione nelle quali le pietre stesse provocano una sensazione musicale. A chiudere il cartellone "Art of Faith: Islam", pellegrinaggio visivo di Linda Zuck tra il Dome of the Rock di Gerusalemme, la Madrassa di Samarcanda e la Moschea Blu di Istanbul, dove magicamente ci si abbandona alle sagome dei minareti e alla maioliche di Iznik. SEGUE A PAGINA V

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Incarcerato per truffa un ex leader degli studenti dell'89 (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

CINA Gorbaciov e Tian'Anmen 20 anni fa. Vicino l'anniversario del massacro, 30 persone ancora in prigione Incarcerato per «truffa» un ex leader degli studenti dell'89 Angela Pascucci Pechino il 14 maggio di venti anni fa. La rivolta degli studenti cinesi, accesa il 16 aprile dalla morte dell'ex segretario «riformatore» del Pc, Hu Yaobang, ha già lasciato i campus universitari, da dove è partita, e si è estesa, arrivando ad occupare piazza Tian'Anmen. Qui decine di migliaia di universitari, alcuni dei quali in sciopero della fame, hanno deciso di dare il benvenuto a Mikhail Gorbaciov che il 15 maggio arriva in Cina. Ma il leader sovietico della glasnost e della perestroika, il primo capo dell'Urss a tornare a Pechino dal 1959, non avrà il tradizionale benvenuto nella grande sala dell'Assemblea del Popolo, a lato dell'immensa piazza. Le autorità cinesi, ancora divise sul come gestire la lunga ribellione, ripiegano per una prima accoglienza assai più modesta in una sala dell'aeroporto internazionale. Gorbaciov arriverà a piazza Tian'Anmen solo qualche ora più tardi, ma entrerà nel Palazzo del popolo, dove si tiene il banchetto ufficiale, da una porta secondaria e celato alla vista dei manifestanti, che nel frattempo sono diventati 150mila. L'appoggio della popolazione agli studenti va infatti crescendo. Una marea umana invaderà presto la piazza. Gorbaciov appare oggi lontano anni luce, come la sua Urss che sarebbe di lì a poco andata in frantumi. Anche la rivolta degli studenti, e la sua sanguinosa repressione, sembra appartenere a un passato più lontano di 20 anni, travolta come è stata dalla corsa economica che solo due anni dopo il massacro riprese a rotta di collo. Ma non è così, perché ancora oggi parlare apertamente di quell' «incidente» non si può, a riprova di quanto sia, in realtà, presente. Il suo lungo, ventesimo anniversario, è considerato così il più «sensibile» tra tutti quelli che costellano il 2009, incluso il 60esimo della Repubblica popolare, ma il governo è fermamente deciso a far sì che la notte tra il 3 e il 4 di giugno, quella notte terribile di carri armati e scontri, passi, se non nell'oblio, almeno nel silenzio. E' anche per questo che ieri è stato infine reso noto che uno dei leader del movimento dell'89, Zhou Yongjun (nella foto), si trova in prigione con l'accusa di «truffa», come ha riferito la sua famiglia. Capo di imputazione singolare, che oltre tutto viene comunicato ai familiari molti mesi dopo l'arresto. Zhou, 41 anni, è stato infatti fermato a Hong Kong ad ottobre, mentre rientrava dagli Stati uniti dove vive ormai stabilmente, e da allora se ne erano perse le tracce. In carcere per alcuni anni dopo i fatti dell'89, era emigrato nel 1993. Nel 1998, al suo rientro in Cina, era stato arrestato di nuovo e condannato a tre anni di «rieducazione attraverso il lavoro». Scontata la pena, era tornato negli Usa. Ieri è stato anche reso noto dall'organizzazione internazionale umanitaria Dui Hua che in prigione per i fatti di Tian'Anmen ci sono ancora una trentina di persone, molto meno delle 50/60 detenzioni riportate in precedenza dalla stessa organizzazione. I prigionieri erano in gran parte giovani operai, a riprova di una selettività di classe precisa operata dal governo.

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Usa, 1,3 milioni di pignoramenti (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

DIARIO DELLA CRISI Usa, 1,3 milioni di pignoramenti Galapagos Foreclosures: «April was a shocker», era il titolo di apertura della Cnn di ieri. Ma la notizia dei pignoramenti non sembra «aver colpito» Timothy Geithner, il segretario Usa al tesoro che vede segnali positivi nel settore immobiliare e addirittura una ripresa graduale. Eppure la notizia sui pignoramenti lascia poco spazio alla speranza: in aprile è stato segnato un nuovo record,: un proprietario di casa su 347 ha ricevuto lo scorso mese l'avviso che le banche stanno per sfilargli la casa o già gli è stata tolta. E dall'inizio della crisi nell'agosto 2007 sono già 1,3 milioni i cittadini Usa che hanno perso la casa. A fine 2009 potrebbero diventare 3,4 milioni, soprattutto se la disoccupazione seguiterà ad aumentare. Ma le brutte notizie non si fermano ai pignoramenti: le richieste settimanali di mutui negli Usa crollano trainate da una discesa delle domande di rifinanziamento, che rappresentano oltre il 70% del totale delle richieste. Secondo la Mortgage Bankers Association, le richieste negli ultimi sette giorni sono scese dell'8,6%, mentre i rifinanziamento sono arretrati dell'11,2%. Sheila Bair, presidente della Federal Deposit Insurance ha dichiarato - in contrasto con Geithner - che per una ripresa del settore immobiliare bisognerà aspettare almeno due anni. Altra pessima notizia negli Usa è arrivata dalle vendite al dettaglio e dai prezzi all'import. Le prime sono scese in aprile dello 0,4% mensile, mentre su base annua la caduta è del 10,1%. E sono state riviste (al ribasso) anche le variazioni di febbraio (-1,2%) e marzo (-1,3%). In dodici mesi le vendite di carburanti sono crollate del 36,4%, mentre le vendite di veicoli sono arretrate del 20,7%. Per quanto riguarda i prezzi all'import, in aprile sono saliti dell'1,6%, mentre su base annuale si registra una caduta record del 16,3%. I prezzi all'import dei prodotti petroliferi hanno, invece, registrato un progresso del 15,4%, salendo per il terzo mese consecutivo e mettendo a segno maggiore rialzo dal marzo 2002. Su base annua, però, sono diminuiti del 49,8%. La crisi in Giappone assume la forma di una vistosa caduta in marzo (-48,8%) su base annua del surplus della partite correnti a causa del forte decremento delle esportazioni (-46,5%). Dalla Cina, invece, arriva una notizia per loro terribile: in aprile la produzione industriale è aumentata solo del 7,3%. Nel primo trimestre dell'anno la crescita è stata pari al 5,1% annuo (+16,4% del primo trimestre 2008) e del 5,5% nei primo quattro mesi. un po' meglio vanno, invece, le vendite al dettaglio salite sempre in aprile del 14,8%. Nei primi quattro mesi del 2009, tuttavia, l'incremento è stato del 15% contro il 21,6% del 2008. Secondo Eurostat la produzione industriale della Ue in marzo è diminuita ulteriormente del 2,0%, ma il ritmo di decrescita è più lento rispetto a quello dei mesi scorsi. In Italia a marzo la produzione è scesa del -4,6% rispetto a febbraio e del 23,8% rispetto a marzo 2008. Eppure c'è che seguita a ripetere che l'Italia va meglio degli altri paesi. Infine la Germania: il governo ha approvato un progetto di legge che permetterà di creare le cosiddette «bad banks» in cui far confluire gli asset tossici degli istituti. Scopo del progetto è quello di evitare agli istituti di credito di abbassare immediatamente il valore degli attivi, svalutati per effetto della crisi finanziaria perché ci sarebbe un effetto negativo sulla disponibilità delle banche di erogare credito alle imprese.

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Il Nobel Pamuk Oriana Fallaci? Finì con l'imitare se stessa (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Nobel Pamuk «Oriana Fallaci? Finì con l'imitare se stessa» «Oriana Fallaci? Negli ultimi anni era l'imitazione di se stessa, non distingueva l'essere umano dall'idea che si era fatta dell'Islam». Non ha dubbi Orhan Pamuk, lo scrittore premio Nobel 2006 che ieri ha ricevuto a Firenze la laurea honoris causa i «per il contributo alla diffusione della conoscenza dei fenomeni di interazione fra culture diverse». Nove romanzi tradotti in tutto il mondo, un processo (poi sospeso) per aver apertamente sostenuto la causa di armeni e curdi, la messa all'indice dei suoi libri: un rapporto a dir poco scomodo con il proprio Paese dove continua a vivere tra un viaggio e l'altro negli Usa in cui insegna. «SÌ ALLA TURCHIA IN EUROPA» Del resto lui sostiene che «non c'è alcun rapporto diretto tra artista e potere» e ringrazia il collegio accademico per «aver riconosciuto il dialogo che ho con me stesso, una discussione che non finisce mai». Oriente ed occidente, o meglio orientalismo ed occidentalismo, sono le due parole chiave che ricorrono nel suo discorso come un'ossessione dalla quale non si guarisce: «Oggi il mondo è culturalmente globalizzato: viviamo con la stessa prospettiva che avevano i pittori nel Rinascimento, l'individualismo. E questo non può non avere conseguenze». Così è giusto che la Turchia entri in Europa, ma «non per imitarne la cultura, quanto perché consentirebbe una società più aperta». Cauto, diplomatico, testimonianza vivente della dicotomia che alberga nel profondo dell'anima turca, Pamuk non si sbilancia neanche a proposito del nostro governo che rigetta gli sbarchi clandestini: «Tutti vogliono vivere nel proprio giardino circondati da alte mura per poter godere meglio dei frutti. Ma ogni frutto ha il suo prezzo». Sabato alle 13.30 è al Salone di Torino, la sera in tv a Che tempo che fa. VALENTINA GRAZZINI

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Oggi Fish Tank , Regno Unito-Olanda, Andrea Arnold Spring Fever/Nuits d&#... (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Oggi «Fish Tank», Regno Unito-Olanda, Andrea Arnold «Spring Fever/Nuits d'ivresse printanière», Cina-Francia, Lou Ye «Tetro», Francis Ford Coppola (Quinzaine) Domani «Bright Star», Australia-Regno Unito-Francia, Jane Campion «Thirst», Corea del Sud-Usa, Park Chan-wook «Ne change rien», Spagna, Pedro Costa (Quinzaine) 16 maggio «A Prophet», Francia, Jacques Audiard «Taking Woodstock», Usa, Ang Lee 17 maggio «Vengeance», Hong Kong-Francia-Usa, Johnnie To «Kinatay», Filippine, Brillante Mendoza «The Army of Crime», Francia, Robert Guédiguian (fuori concorso) «Agora», Spagna, Alejandro Amenabar (fuori concorso) «Polytechnique», Denis Villeneuve (Quinzaine) 18 maggio «Looking for Eric», Regno Unito-Francia-Belgio-Italia, Ken Loach «Antichrist», Danimarca-Svezia-Francia-Italia, Lars von Trier 19 maggio «Broken Embraces», Spagna, Pedro Almodovar «Vincere», Italia-Francia, Marco Bellocchio «La pivellina», Italia, Tizza Covi, Rainer Frimmel (Quinzaine) «Amreeka», Cherien Dabis (Quinzaine) 20 maggio «Inglourious Basterds», Usa, Quentin Tarantino «Les Herbes folles», Francia-Italia, Alain Resnais «La terre de la folie», Francia, Luc Moullet (Quinzaine) «La famille Wolberg», Francia, Axelle Ropert (Quinzaine) 21 maggio «In the Beginning», Francia, Xavier Giannoli «The White Ribbon», Germania-Austria-Francia, Michael Haneke «Karaoké», Chris Chong Chan Fui (Quinzaine) «Carcasses», Francia, Denis Côté (Quinzaine) 22 maggio «The Time That Remains», Israele-Francia-Belgio-Italia, Elia Suleiman «Enter the Void», Francia, Gaspar Noe «L'imaginarium du Docteur Parnassus», Canada-Francia, Terry Gilliam (fuori concorso) 23 maggio «Face», Francia-Taiwan-Olanda-Belgio, Tsai Ming-liang «Map of the Sounds of Tokyo», Spagna, Isabel Coixet 24 maggio «Coco Chanel & Igor Stravinsky», Francia, Jan Kounen (chiusura)

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Formula Premiership nei circuiti d'America (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Retroscena Il progetto: una rivoluzione in due anni Formula Premiership nei circuiti d'America STEFANO MANCINI TORINO Un campionato alternativo può essere organizzato in meno di due anni. Nel 2010 (o più verosimilmente nel 2011) gli scissionisti della F1 saranno in grado di gestirsi la loro nuova serie, che potrebbe chiamarsi Formula Premiership: senza Mosley, senza motori standard, con regole stabili e uguali per tutti. Più economica ma non livellata verso il basso. Ferrari, Renault, Toyota, Red Bull e Toro Rosso sono ai blocchi di partenza. L'ingresso della Bmw è imminente, la Mercedes frena perché legata alla McLaren, sulla cui testa pende una squalifica con la condizionale. Ma la casa di Stoccarda - secondo indiscrezioni - intende restare nel gruppo. Luca Montezemolo e il Cavallino hanno dato la spallata decisiva, quella che ha scrollato le ultime incertezze. «Se loro lasciano, inutile restare in F1», è l'opinione dei grandi gruppi dell'automobile, che hanno le competenze per montare un nuovo giocattolo in pochi mesi. Il primo passo è trovare una serie di circuiti liberi (quelli sotto contratto con la Formula 1 non possono ospitare competizioni in concorrenza). In Europa nessun problema: ci sono sedi che Bernie Ecclestone ha eliminato, come Magny-Cours e Imola, che accetterebbero volentieri di rientrare in un giro ad alto livello. Silverstone è sul mercato dal 2010, Mugello, Jerez, Portimao già ospitano i test, Zeltweg è un autodromo storico, Nürburgring e Hockenheim sono disponibili ad anni alterni, Montecarlo fa quello che gli pare. I vari promoter, fra l'altro, sarebbero felici di affrontare condizioni meno onerose, per usare un eufemismo. E le squadre tornerebbero volentieri in un mercato ricco come il Nord America (Montréal, Indianapolis, un eventuale tracciato cittadino negli Usa). Il Medio Oriente ha il nuovo impianto di Abu Dhabi, che sorge nel parco tematico della Ferrari. Una garanzia. Giappone e Cina aspettano un cenno. Secondo step: organizzazione e marketing. L'argomento economico è delicato, soprattutto se autogestito dagli stessi attori dello show. I Costruttori hanno interesse a fare bene: dovranno confezionare il pacchetto e venderlo alle tv del globo, in concorrenza con la vecchia Formula 1. Un blocco comprendente le Rosse e i principali protagonisti del Circus attuale è più appetibile di uno composto da team minori slegati dalla produzione di automobili. Per questo motivo le squadre cercano una linea comune da contrapporre a Mosley. E per la stessa ragione il presidente della Fia tenta di spezzare il fronte con proposte provocatorie. Per esempio il tetto di spesa da 45 milioni. «Ne abbiamo spesi 15 per dotarci del kers, 10 per fare un diffusore che per noi era irregolare - ha brontolato Flavio Briatore -. Secondo la Fia, dovremmo correre un campionato con 10 milioni». Domani ci sarà l'incontro tra squadre, Mosley e Ecclestone che potrebbe portare a un armistizio. Ma i Costruttori meditano di andare avanti lo stesso. Nel 2005 un progetto analogo, la Gpwc, fallì perché la Ferrari trovò un accordo sui diritti commerciali e abbandonò il gruppo. Questa volta, però, dopo 60 anni di storia, sono in discussione le basi stesse della Formula 1.

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Il ribelle rinasce con la cenere (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 14/05/2009 - pag: 19 In mostra Il cinese Zhang Huan da oggi alla Galleria Project B con sei «ash paintings» inediti in Italia Il ribelle rinasce con la cenere Dopo le provocazioni anni '90, le opere ispirate alla nuova fede buddista «Q uando il mio corpo sarà cenere, il mio nome sarà leggenda», profetizzava Jim Morrison. Oggi si parla di un altro artista che lega la sua fama alla fragilità della cenere: è il cinese Zhang Huan, classe 1965, attivo tra Shangai e New York, in mostra da oggi alla galleria Project B con sei opere inedite in Italia. Conosciuto a livello internazionale soprattutto come imprevedibile performer (negli anni '90, tra i primissimi a introdurre in Cina la performance d'arte), Huan porta a Milano i suoi recentissimi «ash paintings» del 2008: dipinti su lino realizzati con la cenere, materia inconsueta ed evocativa. «Da due anni l'artista si è convertito al buddismo e questa svolta lo ha influenzato nel profondo racconta Emanuele Bonomi di Project B . La cenere che usa è ricavata dalla combustione dei bastoncini d'incenso che i buddisti bruciano nei templi. Prima la suddivide secondo sottili sfumature di tono, poi vi intinge il pennello a secco per tracciare le forme, infine usa delle resine come fissaggio». E se all'inizio per Huan la preghiera era un momento individuale, attraverso questi pezzi e il loro simbolico medium espressivo è diventata un fatto collettivo: come un dono comunicato al pubblico. «La scoperta della spiritualità ha portato un'evoluzione nell'arte di Huan prosegue Bonomi . Le performance precedenti erano taglienti e provocatorie, ora esprime una maggior pace interiore, quasi una rinascita: non a caso la mostra si intitola Rebirth». Bandiere, ritratti, teschi: gli «ash paintings » sono dipinti maturi, che arrivano a trattare con serenità e distacco anche il tema della morte. Chiara Vanzetto «Zhang Huan. Rebirth», Project B, da oggi (vernice ore 19-21) al 10 luglio, via Borgonuovo 3. Tel. 02.86.99.87.51 Spiritualità Due opere del cinese Zhang Huan, classe 1965: «American flag» e «Writer» (2008)

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L'alpino che conquistò la vetta del K2 (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-14 - pag: 14 autore: Addii. Achille Compagnoni aveva 94 anni L'alpino che conquistò la vetta del K2 di Andrea Casalegno è morto ieri all'ospedale di Aosta Achille Compagnoni, che il 31 luglio 1954 fu, insieme a Lino Lacedelli, il primo uomo a mettere piede sulla vetta del K2. Nato a Santa Caterina Valfurva il 26 settembre 1914, Compagnoni aveva 94 anni. Militare per diciotto anni nel Quinto reggimento Alpini, campione di sci nordico, Compagnoni era stato incluso dal capo spedizione Ardito Desio (1897-2001) nella schiera di alpinisti partiti dall'Italia per conquistare la seconda montagna della Terra. Negli anni 50 la contesa per le cime più alte del mondo, nelle catene dell'Himalaya e del Karakorum, era sentita come una sfida nazionale. Oggi queste imprese sono conosciute solo da pochi appassionati, anche quando sembrano sfiorare l'impossibile; allora tenevano con il fiato sospeso un Paese intero. Il trionfo del '54 fece di Compagnonie Lacedelli due eroi nazionali. Gli italiani, poveri e sconfitti, avevano battuto il gigante Usa, che per ben tre volte aveva invano cercato di conquistare quella vetta. Erano già stati gli italiani a individuare nel 1909, con una spedizione in anticipo sui tempi, l'itinerario di salita. Il K2 (Karakorum2 era stato battezzato, per errore, nel 1854), con i suoi 8.611 metri sul confine tra Cina e Pakistan, è poco più basso dell'Everest, ma di gran lunga più difficile da scalare. Fino al 2007 solo 278 persone hanno raggiunto la vetta, e 66 sono morte nel tentativo o prima di rientrare al campo base. Il ChogoRi (in lingua balti Grande montagna) è la Montagna degli italiani per merito di Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi (1873-1933), marinaio ed esploratore prima che alpinista, che nel 1909 individua e in parte sale il grandioso sperone di roccia che battezza Sperone Abruzzi. è ancora oggi la via percorsa da quasi tutti gli scalatori. La spedizione del 1954, che realizza l'intuizione del 1909, nasce però tra le polemiche. Desio, esploratore e professore di geologia dal temperamento autoritario, ha escluso dalla squadra due tra i più forti alpinisti del momento: il grande Riccardo Cassin, che ha festeggiato cento anni lo scorso 2 gennaio, e la giovane promessa Cesare Maestri. Walter Bonatti, a 24 anni, è la mascotte; ma anche lo scalatore più dotato di tutti. Desio però decide che siano Compagnonie Lacedelli a piantare la bandiera italiana sulla vetta; e, per portare le bombole di ossigeno ai compagni, Walter rischierà la vita, passando un'intera notte senza riparo su un pericolosissimo pendio a più di ottomila metri. Dalla contesa giudiziaria e morale che ne segue, durata molti anni, Bonatti è uscito giustamente vincitore. Oggi la verità, ufficialmente riconosciuta, fa brillare più chiara la vittoria del '54. © RIPRODUZIONE RISERVATA Valtellinese. Achille Compagnoni era nato a Santa Caterina Valfurva INFOPHOTO

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Terapie su misura con la cartella tutta elettronica (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: DINAMYC INFRASTRUCTURE data: 2009-05-14 - pag: 21 autore: Sanità. Migliora l'efficienza in corsia Terapie su misura con la cartella tutta elettronica Antonio Dini La cartella digitale dei pazienti non riduce solo gli errori in ospedale e aumenta l'efficienza. Apre anche scenari inediti per nuovi assetti del settore sanitario. La digitalizzazione delle informazioni dei pazienti sono un progetto antico: è l'idea di creare l'ospedale senza carta. Un ospedale in cui tutti gli apparecchi sono in rete (da quelli per le analisi ai palmari di medici e infermieri sino al tavolo operatorio) e dialogano tra loro, scambiando informazioni sul paziente anche con i medici e i professionisti esterni all'ospedale (specialisti, medico curante) e gli enti pubblici (previdenza, servizio sanitario nazionale). Uno degli obiettivi è rendere più efficiente la sanità e l'erogazione delle cure. Ma non solo. Come spiega il responsabile di Ibm per l'Europa Douglas Cusick, che gestisce un portafoglio da 1,5 miliardi di euro di progetti, e il capo dell'Healthcare Delivery Systems mondiale della stessa Big Blue Sean Hogan, uno dei traguardi è quello di creare terapie e cure totalmente personalizzate per ciascun paziente, grazie all'utilizzo delle informazioni dei singoli e dei progressi nella realizzazione di farmaci e terapie "sartoriali". Durante l'Annual World Health Care Congress appena concluso a Bruxelles, uno dei temi sui tavoli dei 600 rappresentanti diorganizzazioni pubbliche e private di tutto il mondo è stato la crescente spesa per la sanità. E il bisogno di maggior efficienza, oltre che efficacia. A suonare l'allarme sono Usa e Giappone, due nazioni tecnologicamente avanzate e travolte dall'invecchiamento della popolazione. Spiega Cusack: «Oggi cerchiamo di offrire soluzioni per la creazione di cartelle cliniche e dati personali digitali, di sistemi di supporto alle decisioni degli staff medici, di catalogazione di farmaci e prescrizioni digitali, di semplificazione dei sistemi dati usati dai medici e infermieri e di valutazione dei risultati caso per caso». Proprio quest'ultimo,cioè la valutazione del risultato (e le eventuali responsabilità legali), è uno dei crucci dei pazienti e delle assicurazioni. Come valutarei singoli ospedali? A chi fare causa se qualcosa va male? La certificazione è quindi uno dei problemi che possono trasformarsi in opportunità. Così come il turismo medicale, cioè il fenomeno di migrazione di pazienti verso le aree più povere per ricevere le cure: India e Cina, Thailandia e Vietnam, per esempio. Ma anche Messico per gli Usa ed Europa dell'Est per il Vecchio continente. I dati digitali, con schede mediche informatizzate e standard, rendono i flussi del turismo medicale più semplici, perché eliminano la barriera del trasferimento di informazioni. E sempre più assicurazioni negli Usa offrono polizze a premio ridotto per chi accetta il turismo medicale come soluzione nel caso insorgano i problemi assicurati. Dietro la sanità digitale e la salute elettronica, un mercato che sta ricevendo un'ulteriore spinta con gli investimenti derivanti dalle misure di stimolo volute da Barack Obama,c'èla possibilità di utilizzare strumenti e metodologie proprie dell'informatica aziendale. «Semplicemente usando palmari in corsia e collegando i macchinari ai sistemi di gestione del flusso delle informazioni – spiega Jorge GuimarÃes, Ceo della multinazionale portoghese Alert Life Science, che digitalizza ospedali anche in Brasile, Africa e nel resto d'Europa Italia compresa – è possibile ottenere il miglioramento della qualità delle prestazioni mediche, il monitoraggio complessivo dello stato di salute dei pazienti, la gestione più efficiente delle risorse, l'aumento della qualità e il taglio delle spese inutili». antonio.dini@gmail.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PROBLEMA URGENTE Con l'invecchiamento della popolazione lievitano i costi sanitari. Le schede mediche digitali semplificano anche le cure all'estero

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Tienanmen, arrestato 20 anni dopo (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 14-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 14/05/2009 - pag: 19 La rivolta L'anniversario si avvicina e il governo cinese ha inasprito le misure di sicurezza Tienanmen, arrestato 20 anni dopo Zhou Yongjun, uno dei leader studenteschi, era tornato dagli Usa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO Ci si avvicina all'anniversario, e si sente. La famiglia di uno dei leader studenteschi della protesta della Tienanmen, schiacciata nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989, ha dichiarato ieri di avere avuto solo adesso lumi sulla sua sorte: Zhou Yongjun è da mesi detenuto con l'accusa di «frode ». L'uomo, 41 anni, viveva da anni a Los Angeles, con una regolare «green card» statunitense. Alla fine di settembre, Zhou era entrato in Cina da Hong Kong per raggiungere in Sichuan i genitori malati, secondo quanto riferito dal gruppo China Human Rights Defenders. Sparito. In seguito i suoi erano venuti a sapere che era stato incarcerato a Shenzhen, città la cui polizia tuttavia negava di avere in custodia Zhou. La telefonata ora fatta dai funzionari alla famiglia ha avvertito del trasferimento dell'ex attivista in una prigione del Sichuan. E' la prima comunicazione ufficiale sul suo conto, finora genitori e fratelli di Zhou erano stati aggiornati dai compagni di detenzione che uscivano di cella. Zhou appartiene alla diaspora del movimento pro-democrazia che raccolse studenti e operai a Pechino e in decine di altre città fra il 15 aprile e il 4 giugno 1989. Fu lui a inginocchiarsi osservato dai media internazionali sui gradini della Grande sala del Popolo, sul lato ovest della Tienanmen, durante uno dei tentativi di presentare le proprie richieste alla leadership del Partito comunista. Arrestato durante la prima ondata della repressione, venne scarcerato ed emigrò negli Usa nel '93, salvo tornare clandestinamente in Cina 5 anni dopo. Scoperto, trascorse tre anni in un campo di rieducazione, periodo al termine del quale rientrò negli Usa. Gli Stati Uniti, tramite l'ambasciata a Pechino e il consolato a Chengdu, monitorano il caso. Proprio ieri cadeva il ventesimo anniversario dell'inizio dello sciopero della fame degli studenti, iniziativa che accompagnò l'escalation della tragedia della Tienanmen. Nell'imminenza dell'anniversario della strage, intorno a cui la leadership cinese accuratamente e sistematicamente impone un tenace silenzio, le misure di sicurezza per i soggetti «sensibili» si sono inasprite. Non a caso Human Rights Watch ieri ha diffuso un comunicato nel quale denuncia il modo in cui «il governo cinese continua a perseguitare coloro che cercano una revisione pubblica di quella sanguinosa repressione » e le «immediate ritorsioni » alle quali sono esposti «i cittadini cinesi che mettono in discussione la versione ufficiale». Il dossier segnala i casi di attivisti o dissidenti prelevati o sottoposti a controlli più stringenti. E accanto alle misure repressive nuove restano le vecchie condanne. La Fondazione Dui Hua, da San Francisco, ha comunicato che per i fatti della Tienanmen rimangono in carcere ancora almeno 16 persone di cui si conoscono nome e cognome, più un'altra dozzina di prigionieri. Non ex studenti, ma quasi tutti cittadini ordinari o operai. Marco Del Corona Repressione Una studentessa trattenuta dai soldati durante la repressione di Tienanmen, nel 1989

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LA FORZA DEL SILENZIO (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lucia Annunziata LA FORZA DEL SILENZIO Gli U2 le dedicarono nel 2003 una canzone, Walk on (va' avanti). È bastato perché il cd All that you can't leave behind, che contiene il brano, fosse messo al bando dalla Birmania. Non può essere né importato, né scaricato e nemmeno ascoltato. Come chiamare il raggiungimento di una vetta di tale stupidità censoria? Purtroppo nel mondo dei persecutori il ridicolo è spesso direttamente proporzionale alla crudeltà. E il caso della band irlandese è il miglior ritratto della stolidità feroce con cui il regime dei militari Birmani continua a perseguitare il leader politico dell'opposizione. Il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi ieri è stata ricondotta in carcere. Nell'alba di Rangoon i militari hanno rimesso tra le sbarre questa donna di 63 anni, che ne ha già fatti 19 di galera e 6 agli arresti domiciliari. Una donna malata, cui non viene permesso di essere visitata dal suo medico, perché lui stesso in carcere. È accusata di aver ospitato per due giorni un americano che aveva raggiunto la sua casa traversando a nuoto il lago su cui si affaccia. A questo punto si dovrebbero spiegare la Birmania, la Cina, e gli equilibri asiatici. Ma di fronte a decisioni così grottesche, parlare di politica servirebbe solo a nobilitare i persecutori e i loro protettori: in questo caso la Cina. Propongo invece di salutare la nuova tappa in carcere di Aung San Suu Kyi come un suo ennesimo trionfo. Che un gruppo di militari che tiene in mano con la forza un Paese abbia così paura di una donna fragile e anziana è solo il segno della suprema forza che questa donna incarna. Aung San Suu Kyi non è una vittima, ma il vero centro del potere in Birmania. In queste ore, insieme con la pietà, dovremmo forse riflettere proprio su questo. Aung San Suu Kyi è sulla scena politica da una vita, fin da bambina, figlia di un padre dell'indipendenza Birmana, assassinato, e di una madre che continuò il lavoro del marito. Ragazza di quelle élite asiatiche (come di quasi tutti i Paesi del Terzo Mondo) che vengono educate nelle capitali intellettuali dell'Impero - Oxford o Harvard, Uk o Usa - e poi tornano dall'Impero come alleate dell'Occidente e classe dirigente. La sua biografia ricorda molto quella di Benazir Bhutto. Ma una particolarità è solo di Suu Kyi e anche in questo ultimo giro di vite contro di lei viene riconosciuta ed esaltata. Non è il suo essere élite, e nemmeno donna, bensì il suo percorso verso l'affermazione delle sue idee. Questa leader Birmana è diversa da tutti gli altri leader politici per aver scelto una strada occidentale nei valori, ma tutta «asiatica» nel metodo. L'esatto contrario dell'azione politica come la si concepisce in Occidente. Là dove, nella nostra cultura, la leadership è esposizione, movimento, scontro aperto, visibilità, immagine, riflesso pubblico, totem mediatico, quella di Suu Kyi è leadership al contrario: costruita sull'assenza, sul silenzio, sulla paziente accettazione del tempo e della sofferenza. Potere tutto interiore, e interiorizzato. Mancava da anni sulla scena politica mondiale un ribaltamento del genere, una leadership autenticamente diversa, tutta «orientale». Non si vedeva dalla non violenza del Mahatma Gandhi. Da allora non appariva sulla scena mondiale il poderoso scontro fra divise militari e una sola tunica: un blindato fronteggiato a mani e piedi nudi, un grido di guerra respinto dal silenzio. Aung San Suu Kyi si richiama al Mahatma. Si dichiara profondamente influenzata dal suo pensiero. Dopo anni di rumore globale, sferragliare di metallo e accozzaglia d'immagini, appelli, manifestazioni e martiri, del leader dell'opposizione birmana avvertiamo solo l'assenza, non una parola, non una foto, non un'immagine a raccontarci le sue intenzioni. Un supremo silenzio che, come un buco nero, si allarga inevitabile, divorando la pesante materia del mondo intorno. Noi occidentali non sappiamo riconoscere questo potere, e in queste ore pensiamo a Aung San Suu Kyi come a una vittima. Ma è certo che i militari del suo Paese sanno bene chi hanno di fronte.

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L'Europa, un club alla ricerca (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

LA 22ª FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO ATTUALITA' L'Europa, un club alla ricerca E' davvero possibile un terreno culturale comune tra i cittadini dei vari Stati del Vecchio Continente? di un'identità DONALD SASSOON La parola «crisi» viene immancabilmente invocata quando si discute dell'Europa, eppure è un club che nessuno vuole lasciare e al quale molti vogliono aderire. Paradossalmente, nell'era della globalizzazione, si dovrebbe parlare della crisi dello Stato-nazione ma oggi gli stati sono più numerosi che mai, soprattutto nel nostro continente, dove nel 1945 ve n'erano 27, già cinque in più rispetto al 1914, mentre oggi ce ne sono più di quaranta. E come costruirla, questa Europa, quando tutte le principali prerogative di uno Stato rimangono allo stato-nazione: la difesa, l'istruzione, la salute, il fisco, la legge e l'ordine e il controllo del sistema audiovisivo? Fino a poco fa molti ritenevano che ciò che poteva unire gli europei era l'idea del libero mercato. L'attuale congiuntura economica ha rimesso in discussione anche il liberismo. Ma alla crisi del modello neo-liberale non è emersa alternativa credibile, salvo un possibile ritorno all'altrettanto utopico status quo. Sia il vecchio sistema di Bretton Woods che il regime di deregulation degli ultimi trent'anni erano stati creati all'insegna dell'egemonia americana. Ma oggi, anche se gli Stati Uniti sono ancora la massima potenza sia militare che culturale, non hanno più la forza di imporre un nuovo ordine economico. Bush non lo aveva capito, Obama lo sa bene. Quanto alla Cina è troppo presto per esprimere un giudizio - come diceva Zhou Enlai della Rivoluzione francese. Almeno americani e cinesi hanno una qualche loro identità mentre l'Europa, di cui non sapremmo definire nemmeno i confini, non ha né l'unità, né la volontà, né la possibilità di sistemare il mondo. E' proprio necessario che l'Europa abbia una sua identità? Questa identità europea deve fare i conti con un passato difficile, lordo di sentimenti di superiorità, di razzismo, dell'idea discutibile che essa abbia avuto una «missione civilizzatrice», come si dice in Francia. Storicamente, non è solo il continente della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. E' anche il continente del colonialismo, della tratta degli schiavi, di Auschwitz e del Gulag. Ma è anche quello che di recente ha ratificato la Corte penale internazionale, il Protocollo di Kyoto, che ha abolito la pena di morte, che ha i più avanzati sistemi di welfare. L'Europa sociale e dei diritti civili non è ancora morta. Esiste un'Europa culturale? Certo abbiamo un patrimonio culturale comune, la poesia, i romanzi, i saggi, la musica. Ma spesso è la cultura dei colti, non quella della maggioranza. Quanto a cultura popolare, in Europa oggi esiste solo quella americana, dalla musica alla tv e al cinema. Certo ogni Paese apprezza i propri cantanti, i propri programmi, anche i propri scrittori, ma poco quelli degli altri paesi. Le varie culture nazionali comunicano poco tra loro. Si può costruire un'identità europea? Occorre farlo? L'unico modello che abbiamo è la costruzione delle identità nazionali, che ha richiesto scuole, eserciti, religioni, guerre, patriottismo, burocrazie, governi, bandiere e lingue nazionali. I popoli degli Stati-nazione europei non hanno mai, in realtà, davvero scelto la loro nazione. Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani, si è detto dopo il Risorgimento. Questo vale anche per gli altri. All'inizio c'era la nazione, poi sono stati fatti i cittadini. Siamo diventati cittadini perché ci hanno tassato, ci hanno mandato in guerra, ci hanno fatto cantare inni nazionali; e poi anche perché ci hanno fatto votare. Così siamo diventati italiani, francesi, polacchi, ecc. Ma non abbiamo ancora imparato ad essere europei. Forse non lo impareremo mai. SABATO 16 MAGGIO SALA AZZURRA ORE 12 Conferimento del Premio Alassio Internazionale a Donald Sassoon. A seguire una Lectio magistralis sul tema «L'identità culturale degli Europei dall'Ottocento a oggi», a cura di Fiera del libro e Premio Alassio 100 libri - Un autore per l'Europa. Intervengono: Paolo Mauri e Monica Zioni

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Usciremo dalla crisi (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

LA 22ª FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO Usciremo dalla crisi Un dibattito con gli autori di tre recenti libri sul nostro Paese: Sergio Rizzo, Enrico Deaglio e Furio Colombo Ma quale prezzo pagherà l'Italia? LUIGI LA SPINA Lo spirito del tempo, il pendolo della storia, chiamatelo come volete, ha cambiato rotta. La crisi, prima finanziaria e poi economica, ha assestato un duro colpo ai laudatori del mercato, ai liberisti sfrenati, a tutti coloro che sostenevano le virtù taumaturgiche del privato nei confronti del pubblico. Così, con la rapidità con cui si diffondono le mode nelle nostre società globalizzate, si è propagato il nuovo verbo da ossequiare, la nuova ricetta che ci salverà: bisogna ritornare allo Stato. Alla sua protezione rassicurante e alla sua generosa distribuzione di posti e prebende. La terapia può essere anche giustificabile, di fronte alle ingenuità dei cultori acritici del «mercato è bello». Ma applicata al nostro Paese rischia di avere effetti catastrofici. Perché, in Italia, la politica delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni ha prodotto, in realtà, solo chiacchiere. Appena si è cercato di attuarla, la rivolta delle corporazioni, pubbliche e non, ha imposto rapidissimi dietro-front. Ricordate che fine hanno fatto le cosiddette «lenzuolate», in chiave liberista, del ministro Bersani, all'epoca dell'ultimo governo Prodi? Se è vero che, da noi, lo statalismo non è mai stato scalfito, ora che sembra diventato la medicina obbligata per sopravvivere alla crisi, che ne sarà di quei nostri già ridotti spazi di libertà, economica, sociale, culturale? La politica e tutto quello che dipende dalla politica invaderà la nostra vita fino a diventare asfissiante, fino a condizionare totalmente i nostri destini? Sono questi gli interrogativi, in verità piuttosto angoscianti, a cui cercherà di rispondere il dibattito con gli autori di tre recenti libri sul nostro Paese: Sergio Rizzo, Enrico Deaglio e Furio Colombo. Analisi diverse, ma convergenti nella pessimistica radiografia di una Italia d'oggi bloccata in uno sviluppo frenato da una specie di ossessione nazionale: conservare a tutti i costi i privilegi del passato, grandi e piccoli che siano. Una società profondamente conservatrice, dove la mobilità sociale è impedita da una scientifica occupazione del potere da parte delle corporazioni, vere padrone d'Italia. Un intreccio tra interessi e voti, tra protezioni e distribuzione di impieghi. In un giro vorticoso e infernale di scambi di favore, dove il gioco degli interessi sembra, alla fine, accontentare tutti. Invece non è vero. Come i tre libri dimostrano, sia pure in maniera differente, lo squilibrio tra cittadini che, all'ombra dello Stato, vincono, e vincono sempre, e quelli destinati a perdere, e a perdere sempre, si va accentuando. I primi si sono ridotti nel numero, ma i loro privilegi, non solo finanziari, si sono accresciuti. Andamento contrario ha avuto il grafico dei destini per gli altri. Quelli per cui lo Stato è più patrigno che padre. E' vero che questa inscalfibile struttura della nostra società, in un momento di crisi come questo, può apparire meno esposta ai rischi di ricadute drammatiche sulle condizioni di vita individuali. L'assistenzialismo diffuso è una palla al piede quando tutti corrono, può essere un paracadute di frenata quando tutti precipitano. Questa impressione corrisponde al sorriso di compiacimento che appare sul volto dei nostri banchieri, quando osservano che proprio l'assetto conservatore dei nostri istituti di credito ha salvato loro e i loro clienti dagli abissi del crack finanziario. Una considerazione miope, perché non riesce a intravedere quale sarà il risultato della partita finale: quando usciremo dalla crisi, quale sarà il posto dell'Italia tra i paesi che contano nel mondo? Non si tratta, naturalmente, di sciocche preoccupazioni nazionalistiche. Non è in gioco l'onore dell'Italia; è in gioco la sorte dei suoi abitanti. Soprattutto quella dei più giovani. Il pericolo è quello di diventare una colonia del mondo. Per carità, in colonia si può anche vivere bene, si può godere del bel clima, del buon cibo, delle bellezze naturali e artistiche. Ma in una condizione di asservimento ai desideri altrui, alle loro scelte. Senza la possibilità di determinare da soli o, almeno, di partecipare alla gara per stabilire chi debba stare a capo tavola, chi in fondo e chi si dovrà accontentare delle briciole che cadono da quella tavola. Al tempo delle colonie, la chiamavano schiavitù. DOMENICA 17 MAGGIO SALA GIALLA ORE 10,30 Storie d'Italia, disastri di Stato, a cura di Rizzoli-Rcs Libri e Il Saggiatore. Intervengono: Enrico Deaglio, Furio Colombo, Sergio Rizzo. Coordina: Jacopo Iacoboni

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motori & signore arriva la corsa più bella del mondo - vincenzo borgomeo (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XI - Roma Stasera a Castel Sant´Angelo la parata delle auto d´epoca che il mondo ci invidia Era la gara preferita da Enzo Ferrari, ma qui non conta la velocità Motori & signore Arriva la corsa più bella del mondo VINCENZO BORGOMEO Sono partiti da Brescia e stasera sono a Roma: non c´è bisogno di avere il pallino dei motori per capire che parliamo della rievocazione della Mille Miglia, parata di auto d´epoca che il mondo c´invidia. E già perché da anni ormai la festa si ripete, con un copione che associa sempre più il lato mondano a quello dei collezionisti. Così stasera la carovana di vecchie glorie è attesa a Castel Sant´Angelo per una maxi festa. La nuova gestione della Mille Miglia fra l´altro ha dato una svolta a questo appuntamento da collezionisti un po´ snob, trasformandolo da circolo per miliardari in show da grande pubblico. Chiaro che per un´operazione del genere servano tanti soldi. Ed è per questo che oggi fa davvero impressione la lista degli sponsor. E grazie a questi ultimi, quella che Enzo Ferrari battezzò come la "corsa più bella del mondo", oggi è sicuramente la più ricca del mondo. Questo fiume di soldi farà ovviamente del bene alla Mille Miglia che così potrà organizzare dei road show in giro per il mondo, dal Giappone, agli Usa, dalla Cina all´Australia, per far conoscere anche ai popoli più lontani questa affascinante rievocazione storica. Si spera però che, almeno, per le prossime edizioni (in questa probabilmente i tempi sono stati troppo stretti per operare qualche cambiamento) modifichino radicalmente il regolamento che oggi non è più severo come una volta circa il mantenimento dell´orginalità delle vetture: la Mille Miglia non è una gara di velocità (ci mancherebbe altro) ma una competizione di regolarità. Solo che, presi dalla voglia di primeggiare nella lotta con il cronometro, troppi concorrenti elaborano senza rispetto la propria macchina con elementi moderni. Così proprio questa rievocazione storica, invece di farsi portabandiera della filosofia collezionistica del mantenimento dell´originalità delle vetture, finisce per essere da stimolo allo snaturamento di esemplari unici che hanno fatto la storia dell´automobile italiana. Non solo: difficile ignorare il comportamento di alcuni concorrenti che in barba alle più elementari regole del codice della strada (che sarebbero tenuti a rispettare rigorosamente), corrono senza pudore. Sono una minoranza, è vero, ma una macchina degli anni Cinquanta, sia pure con il marchio Aston Martin o Ferrari sul cofano, che sfreccia a oltre 200 orari è un pericolo per sé e per gli altri. Non va poi sottovalutata l´età dei concorrenti, spesso elevatissima (ci sono diversi ultrasettantenni che, per quanto esperti, hanno ovviamente riflessi rallentati) e il fatto che la guida è molto impegnativa: nel tratto di ritorno, da Roma a Brescia, si guida per più di dieci ore di file. Ci si stancherebbe con una Bmw serie 5 nuova di zecca, figuriamoci con una supercar degli anni Trenta o Quaranta...

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Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-15 - pag: 41 autore: Bazoli: in banca l'ora dell'euro-capitalismo MILANO «Quando due anni fa ho riproposto le peculiarità del modello di capitalismo temperato dell'Europa continentale rispetto alla finanza anglosassone ho dovuto affrontato critiche dure ». Giovanni Bazoli è tornato nella "sua" Università Cattolica per parlare di un volume storico sulla "sua" Banca Cattolica del Veneto: quella che, fusa nel '90 nell'Ambroveneto, gettò le pietre angolari della futura Intesa Sanpaolo. Ma è della crisi finanziaria che vuol parlare e sfoglia alcune fotocopie del «Corriere della Sera» del 2007 e del 2008. Era rimasto vivo a lungo il dibattito aperto dal Professore, ancora una volta attorno a un libro di storia bancaria, sul Mediocredito lombardo. Allora aveva colto l'occasione per rilanciare «l'interesse generale del paese» come bussola irrinunciabile per le grandi banche. «Non ho fatto che riallacciarmi ai principi del capitalismo sociale di mercato alla base della Costituzione dell'Unione europea, eppure commentatori di rilievo su importanti quotidiani mi hanno attaccato», ha rammentato Bazoli. E ha nuovamente avvertito: gli «eccessi del liberismo» possono portare a fallimenti altrettanto gravi di quelli generati dalle «economie sovietiche». Ora che il collasso dei mercati ha eroso la credibilità di quello che appariva il «codice irresistibile della globalizzazione», il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo è anzitutto disturbato da un refrain: che le banche italiane siano state colpite meno di altre nel mondo dalla grande crisi per caso o perché sarebbero più arretrate nella tecnologia finanziaria e meno internazionalizzate. Invece - e Bazoli in Aula Pio XI enuncia quasi un manifesto in tre punti - l'attenzione all'economia e alla società dei territori sta tornando un fattore strategico qualificante per le banche europee, un momento di "creazione di valore" sia per gli azionisti che per le grandi comunità di imprese e famiglie. E se resta acquisita la libertà del management di gestire l'azienda, rimane scorretto affermare che una banca che guarda in profondità alle esigenze di un sistema- paese sia «una banca che vuol fare politica».Da ultimo, nel recupero di approcci ortodossi all'intermediazione bancaria, serve «un quadro regolamentare più aggiornato per l'attività finanziaria, con una ripresa di dimensione etica e meccanismi più avanzati di compenetrazione tra interessi degli " shareholders" e quelli degli " stakeholders"». «Se non ripensiamo ora la cultura dominante nell'economia finanziaria, sarà un'occasione gravemente perduta », sollecita il Professore: con un appello forte anche al mondo cattolico, che attende per giugno la prima enciclica sociale di Papa Benedetto XVI. «Alla modernità dell'economia e della finanza è indubitabile abbiano contribuito soprattutto i pensatori delle chiese cristiane riformate. Ma la dottrina sociale della Chiesa cattolica non possiede minor ricchezza e tradizione: è giunto il momento di aprire una nuova fase». A.Q. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Stato e mercato. (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-15 - pag: 2 autore: Stato e mercato. In discussione i modelli economici capaci di creare sviluppo e solidarietà sociale La politica non si condanni all'inutilità I l Sole 24 Ore, chiedendosi se la crisi finanziaria "muterà in radice" oppure no il nostro mondo, apre un dibattito sul suo futuro. Guido Tabellini nel saggio d'apertura s'interroga sulle cause che hanno innescato la crisi e indaga le riforme considerate necessarie perché essa non si ripeta. Le tre questioni (le cause della crisi, la sua natura e il che fare per uscirne) sono effettivamente cruciali e interrogano non solo l'economia, ma direttamente la politica e le scienze umane. Il fatto che nell'apertura del dibattito Tabellini dia una risposta che tende a circoscrivere il campo d'azione della crisi e quindi delle reazioni da adottare per uscirne, non riduce la portata dei quesiti ai quali credo si possa (e si debba) dare risposte assai diverse da quelle prospettate. Questa crisi non è la manifestazione di un'ordinaria turbolenza quanto piuttosto un terremoto imprevisto dai governi e dai principali attori dell'economia e dalle conseguenze ancora largamente imprevedibili. La sua espansione nelle diverse sfere in cui è organizzata la società e la sua estensione nel mondo la rendono imparagonabile a tutte quelle che si sono succedute negli ultimi decenni. La crisiè sempre una transizione dolorosa da una condizione a un'altra da essa diversa e, quando si manifesta nell'economia,sempre ne propone un processo di riorganizzazione e di ristrutturazione. Ma la crisi del 2008 non ha nulla che faccia pensare solo a un avvallamento temporaneo terminato il quale si tornerà ai livelli previsti. Il suo carattere strutturale ha fatto sì che, esplosa nella dimensione finanziaria, essa ha immediatamente e direttamente investito, con un'imponente massa d'urto, l'economia e la società in tutte le sue articolazioni. Il suo carattere globale è stato messo in evidenza da come la crisi ha investito il mondo intero. Né si può trascurare che la crisi si manifesta, anche nei paesi a più alto tasso di sviluppo, all'interno di una coesione sociale già largamente compromessa. Su di essa irrompono ora le conseguenze della crisi. La diffusione senza precedenti del lavoro precario compie un salto con la messa a rischio, per una parte rilevante della popolazione lavorativa, dello stesso posto di lavoro. Il contesto sociale e politico,del resto,ha visto assai indebolite tutte le difese sociali. In una strisciante crisi di civiltà, la perdita di futuro e lo smarrimento di senso fanno dell'incertezza il suo tratto più caratteristico. La paura prevale sulla speranza. La solidarietà sociale è spezzata dalla produzione di meccanismi d'esclusione e dalla crescitadi un individualismo mercantilistico alimentato anche dall'eclissi della politica. Parlare in queste condizioni, alla stessa stregua, della crisi come rischio e come opportunità diventa tutt'altro che innocente. Per trasformare questa crisi in opportunità ci vorrebbero tante cose che oggi non ci sono, a partire dalla politica. La prima dovrebbe essere l'acquisizione della natura profonda, di società della crisi. Guido Rossi ha descrittivamente parlato di una crisi del capitalismo finanziario globalizzato. Si potrebbe sostenere che le cause della crisi sono le medesime che ne avevano determinato il successo: la finanziarizzazione pervasiva, l'unificazione di mercati non governati, la crescita delle disuguaglianze quale volano dello sviluppo. Lucio Caracciolo ha definito gli Usa un " impero a credito". La contraddizione, insita nella definizione, è diventata un potente fattore di crisi ma, prima, ha costituito la possibilità d'immettere, anche attraverso la spesa pubblica in disavanzo, nell'economia, potenti dosi di denaro decisive per quella spinta all'innovazione tecnico- scientifica, alla sua applicazione e all'aumento della produttività. Senza la crescente finanziarizzazione dell'economia non ci sarebbe stata la rivoluzione digitale. La relazione che si è venuta realizzando tra le economie occidentali e la crescita imponente di quelle asiatiche, a partire dalla Cina, non avrebbe avuto lo stesso svolgimento: uno svolgimento così imponente da configurare già nella crisi la transizione, uno spostamento del baricentro dello sviluppo a Oriente (la Cinamerica). Se verso l'esterno gli Usa hanno funzionato come un impero a credito, sul mercato interno hanno realizzato una soluzione del problema della domanda interna non meno gravida di contraddizioni, con lo stesso complice consenso delle altre aree economiche del mondo. Un brillante economista come Riccardo Bellofiore ha parlato, a questo proposito, della creazione d'una figura economico-sociale particolarmente rilevante a quel fine, quella del consumatore indebitato. Quando Ford progettò il modello T (l'annuncio della produzione di serie per il consumo di massa) considerò la necessità di alti salari. L'economia della globalizzazione ha preteso sistematicamente di farne a meno, sostituendoli con l'indebitamento privato. è impossibile non vederne il rapporto con la creazione della bolla e con l'esplodere della crisi finanziaria.La teoria di Minsky sull'instabilità si prende così una rivincita sull'oscuramento a cui è stata condannata e rivela la prevedibilità della crisi. è la conferma, la possibilità di prevederla analizzando il funzionamento di questa economia, che si tratta di una crisi sistemica. Invece non rappresenta ancora un'ammissione di questo stato di cose il fatto che sia in corso la rinuncia, di fatto, da parte delle principali economie occidentali di uno degli assunti fondamentali teorizzati nel ciclo del "turbocapitalismo": lo stato non è la soluzione del problema, bensì il problema. Lo stato viene potentemente richiamato in servizio, il mercato chiede soccorso alla politica. L'ordine di grandezza dell'intervento pubblico è sconvolgente. L'intervento dello stato configura delle nazionalizzazioni di fatto in gangli strategici delle economie. Eppure non è né il ritorno al keynesismo dei "30 anni gloriosi" né, tanto meno, la prefigurazione di un'uscita dalla crisi verso un modello economico e sociale diverso. Non basta lo spiazzamento, che c'è, sia delle culture neo-liberiste che di quelle "modernizzatrici". Vale la lezione di Bauman secondo cui il capitalismo crea problemi che non sa risolvere e per risolverli deve negare anche propri dichiarati fondamenti per uscire dalla contraddizione. La capacità d'innovarsi non viene certo meno nella crisi. Lo sarà anche in questa crisi così profonda, strutturale e drammatica. Ma in quale direzione? La discussione su quale modello economicovada perseguito è il centro reale della contesa in questa crisi. Se la politica non lo vede si condanna all'inutilità. Non c'è nulla d'astratto, di separato dai problemi concreti in questa consapevolezza. La spesa pubblica in disavanzo è una necessità, ma quel che incide della direzione di marcia è a cosa viene finalizzata, se o non si accompagna a una riqualificazione produttiva, a una conversione della produzione, dei servizi e della composizione dei consumi. L'intervento pubblico per salvare le banche e le imprese strategiche è una necessità, ma decide la sua natura la strada che intraprende, se cioè, contemporaneamente, si modificano o no gli assetti proprietari; se s'introducono o no forme inedite di democratizzazione dell'economia. Il rafforzamento e la generalizzazione degli ammortizzatori sociali vanno bene, ma decide della qualità dell'intervento pubblico su questo terreno il non lasciare mano libera sui licenziamenti, come una significativa redistribuzione a favore dei bassi redditi, come la restituzione ai lavoratori di un reale potere di contrattazione e di controllo sull'organizzazione del lavoro e sulle scelte dell'impresa. Ha ragione Delors quando parla contro l'arroganza del "brevitempismo". Riaprire, nella crisi, un discorso sulla programmazione e sullo spazio pubblico significherebbe mostrare di aver inteso la sfida della crisi, se è la crisi di un intero modello economico e sociale. L'Europa dovrebbe intenderlo prima e più di altri. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA DIREZIONE DI MARCIA La spesa pubblica in disavanzo è una necessità, ma quello che qualifica è il suo utilizzo: serve una conversione di produzione, servizi e consumi di Fausto Bertinotti EX PRESIDENTE DELLA CAMERA

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Le Borse e il segreto di Star Trek (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-15 - pag: 2 autore: Le Borse e il segreto di Star Trek L'arte del remake: riattivare storie di successo per infondere fiducia ai mercati di Robert J. Shiller D opo i minimi toccati ai primi di marzo, tutti i principali mercati azionari del pianeta hanno risalito prepotentemente la china. In alcuni casi, in Cina e in Brasile in particolare, hanno toccato il fondo lo scorso autunno e poi di nuovo a marzo, prima di realizzare un rimbalzo spettacolare, con il Bovespa brasiliano in crescita del 75% rispetto a fine ottobre 2008 e lo Shanghai Composite cinese su del 54% più o meno nello stesso periodo. Ma praticamente ovunque, da marzo a oggi, il mercato azionario ha riservato buone notizie. è un segnale della fine imminente della crisi economica mondiale? Tutti stanno ridiventando ottimisti nello stesso momento, accelerando la fine dei nostri problemi? I boom speculativi sono alimentati da una retroazione psicologica. Il rialzo dei prezzi delle azioni crea storie d'investitori abili che riescono a diventare ricchi. La gente, guardando con invidia ai successi altrui, comincia a domandarsi se questo rialzo non ne preannunci altri in futuro ed è tenta-ta di mettersi a giocare in Borsa, anche quelli che in fondo non credono che il boom continuerà. E dunque il rialzo delle azioni produce a sua volta altri rialzi, e il ciclo va avanti così per un po' di tempo. Durante un periodo di boom delle azioni, chi è tentato dall'idea di giocare in Borsa mette su un piatto della bilancia la paura di pentirsene se non lo fa, e sull'altro la sofferenza di una possibile perdita economica se lo fa. Non esiste una risposta affidabile su quale sia la decisione "giusta", e non c'è unanimità tra gli esperti su quale sia un adeguato livello d'esposizione rispetto ai mercati azionari. Trenta per cento di azioni e 70% di immobili? O il contrario? Nessuno lo sa. E pertanto la decisione ultima deve dipendere dal peso relativo di questi fattori emotivi discordanti. In una situazione di boom, i fattori emotivi pendono dalla parte del giocare in Borsa. In questo momento, però, è il caso di chiedersi che cosa vi sia alla base di questa tendenza. Non sembra che da marzo a oggi vi sia stata nessuna notizia significativa che la giustifichi, se non il rialzo stesso. La tendenza umana a reagire agli incrementi dei prezzi è sempre in agguato, pronta a generare bolle speculative e crescite improvvise. La retroazione è solo un meccanismo d'amplificazione per altri fattori che predispongono la gente a lanciarsi nel gioco di Borsa. Il mondo non riuscirà a recuperare tutto l'entusiasmo di qualche anno fa solo con la retroazione, perché siamo di fronte a un colossale problema di coordinamento: non siamo tutti ricettivi agli incrementi dei prezzi nello stesso momento, e dunque prendiamo le nostre decisioni d'acquisto in momenti molto diversi. Il risultato è che le cose succedono lentamente e nel frattempo possono venir fuori altre cattive notizie. La fiducia il mondo potrà recuperarla appieno solo se avrà modo di prendere ispirazione da qualche storia che non sia il semplice incremento dei prezzi delle azioni. Nel libro che ho scritto insieme a George Akerlof, Animal spirits, sono descritti i pregi e i difetti di una macroeconomia trainata sostanzialmente dalle storie. Simili narrazioni, in particolare le storie di persone concrete, storie con cui ci si può relazionare, sono i virus intellettuali che stimolano l'economia attraverso il contagio. Il tasso di contagio delle storie dipende dal loro rapporto con la retroazione, ma le storie devono essere plausibili fin dall'inizio. La forza delle narrazioni deriva dalla loro capacità d'influenzare il nostro modo di vedere le cose. La storia che ha gonfiato la bolla azionaria che ha raggiunto il suo picco nel 2000 era una storia complessa, ma ridotta in termini grossolani suonava così: una serie d'individui brillanti e aggressivi ci stanno guidando verso una nuova era di gloria capitalistica, in un'economia in rapida globalizzazione. Queste persone diventavano i nuovi imprenditori che viaggiavano da un capo all'altro del mondo sulla via della prosperità. Era una narrazione che appariva plausibile all'osservatore occasionale, perché era legata a milioni di piccole storie di persone concrete, storie dei successi evidenti di amici, vicini e parenti che avevano la capacità di visione necessaria per prendere parte con slancio al contesto nuovo. Ma oggi è difficile ricreare una narrazione del genere di fronte a tutte queste storie d'insuccessi e fallimenti. Il rimbalzo dei mercati azionari da marzo a oggi non sembra costruito intorno a storie edificanti come quelle prima descritte, semmai intorno alla pura e semplice assenza di notizie più cattive, e intorno alla consapevolezza che tutte le recessioni del passato prima o poi sono giunte a termine. In un'epoca in cui i quotidiani traboccano di foto di case pignorate in vendita, e addirittura di case in eccedenza demolite, è difficile vedere dietro al rimbalzo dei mercati motivazioni che non siano la storia del "tutte le recessioni presto o tardi hanno fine". Anzi, la storia dei "capitalisti trionfanti" ormai è screditata, e così la nostra fiducia negli scambi internazionali. E dunque ecco il problema: non c'è nessun fattore trainante plausibile in grado di alimentare una ripresa degna di questo nome. Mettere in moto una ripresa economica è come lanciare un nuovo film: nessuno sa come reagirà il pubblico fino a quando il pubblico non ha effettivamente modo di andare a vedere il film e discuterne. Il nuovo Star Trek, basato sull'ennesimo remake di un telefilm di oltre quarant'anni fa, ha sorpreso tutti portando a casa 76,5 milioni di dollari nel suo primo week end. Una vecchia storia che grazie a questo nuovo film è tornata a far parlare di sé. Allo stesso modo dobbiamo sperare che alcune di quelle vecchie storie che in passato ci hanno proiettato in avanti - l'ascesa del capitalismo e la sua internazionalizzazione fino ad abbracciare l'intera economia mondiale - possono essere rispolverate e riportate in vita per rinvigorire gli spiriti animali che sono alla base della ripresa economica. I nostri sforzi per stimolare l'economia dovrebbero tendere a migliorare il copione di quelle storie, a renderle di nuovo credibili. E questo significa far funzionare meglio il capitalismo e mettere in chiaro che non esiste nessun rischio di protezionismo. Ma lo scopo dev'essere tirar fuori l'economia mondiale dall'attuale situazione di rischio, non catapultarci in un'altra bolla speculativa. L'autore è professore di economia all'Università di Yale. Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzione di Fabio Galimberti) IL COPIONE La trama del 2000: uomini brillanti ci guidano in un'era di gloria capitalistica: oggi non è credibile, ma si possono rivivere nuove avventure imprenditoriali

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Occidente critica Myanmar per "accuse inventate" contro Suu Kyi (sezione: Globalizzazione)

( da "Reuters Italia" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

YANGON (Reuters) - La giunta militare che ha accusato la leader dell'opposizione del Myanmar, Aung San Suu Kyi, di aver infranto i termini di detenzione ai domiciliari sono stati criticati dall'Occidente, ma dai vicini asiatici sono arrivate reazioni moderate. Stati Uniti e Gran Bretagna - i più critici con i generali che governano l'ex Birmania dal 1962 - hanno condannato le nuove accuse al Premio Nobel per la Pace, che rischia fino a cinque anni di carcere dopo che un americano si è intrufolato nella sua casa sul lago. Le associazioni umanitarie hanno chiesto ai vicini Cina e India - che hanno stretti rapporti economici con il Myanmar - e all'Asean che raccoglie dieci Paesi asiatici di chiedere l'immediato rilascio di Suu Kyi. "Le autorità militari birmane hanno preso a pretesto il fatto che un uomo si sia intrufolato (nella sua casa) per gettare Aung San Suu Kyi in una delle più note e squallide carceri birmane sulla base di accuse inventate", ha detto Elaine Pearson, vice direttore per l'Asia di Human Rights Watch. Il processo inizierà lunedì. Le accuse riguardano un bizzarro incidente che coinvolge il cittadino Usa John William Yettaw che, secondo i media di stato, avrebbe nuotato nel lago Inya di Yangon e trascorso due giorni nella proprietà di Suu Kyi all'inizio del mese. Suu Kyi, 63 anni, ha trascorso 13 degli ultimi 19 anni in detenzione, la maggior parte ai domiciliari nella sua casa di Yangon, capitale dell'ex Birmania, senza linee telefoniche, con il controllo della posta e visite ristrette. I generali che governano il Myanmar in passato hanno ignorato gli appelli per il suo rilascio portando avanti con una cosiddetta "mappa verso la democrazia" in sette passi che dovrebbe portare ad elezioni multi-partitiche nel 2010.

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Per contrastare la crisi rileggere Einaudi e Sturzo (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere del Veneto" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere del Veneto sezione: NOTTEEGIORNO data: 15/05/2009 - pag: 14 L'intervento Per contrastare la crisi rileggere Einaudi e Sturzo di GIANNI ZEN Le informazioni sulla crisi di questa o quella azienda si rincorrono. Una sorta di panico generale si è imposto da tempo. Del resto, è facile comprenderlo: quando tanti lavoratori vengono messi in mobilità e le aziende non riescono a vedere la luce oltre il tunnel, non c'è molto da stare allegri. I governi stanno facendo ciò che possono, ma lo shock è difficile da vincere. Siamo arrivati ad un passo dalla crisi del '29 ed ora resta da capire se gli interventi dei governi contengono una qualche efficacia, altrimenti dovranno intervenire nuovamente. E non ci sono parametri europei che tengano, in queste situazioni di ricorso al debito. Tutti siamo alla ricerca di un qualche barlume di speranza. I policy maker danno qua e là indicazioni o ricette, ma si naviga a vista, alimentando lo scetticiscmo nei confronti di politici ed economisti. Difficile fare professione di ottimismo, oggi, anche se Scajola ha le sue buone ragioni. Sullo sfondo c'è la radicale trasformazione che ha coinvolto tutti i Paesi: negli ultimi 25 anni la banca tradizionale si è trasformata (Roger Abravanel), grazie ai complessi modelli matematici costruiti per meglio coniugare un «rischio» che si è globalizzato (mercato è globale). La sfasatura, poi, tra piani finanziari e struttura industriale di base, ha prodotto l'esplosione di continue bolle. Pensiamo solo ai derivati. Gli incentivi economici verso i trader hanno moltiplicato il rischio, senza reale controllo dei cda, ammaliati dai facili utili, e delle istituzioni preposte (banche centrali e i vari regulator). Oggi tutti parlano di nuove regole. Cosa cambierà è difficile da dirsi: sistemi contabili, agenzie di rating, qualificazione degli operatori. Ma oltre alla regulation centrale è la governance: Tremonti non ha tutti i torti. Nel caso sia di azionariato pubblico come privato come assicurarsi che i cda di molte banche entrino nel merito dei rischi e degli incentivi dei propri manager? Queste domande sono ben presenti nella stampa americana, dopo il varo dell'enorme piano di salvataggio di Obama, come sono presenti nel monto tedesco ed inglese. La sfida, più che il protezionismo, sarà come vigilare e regolamentare meglio il libero mercato. Perchè non c'è alternativa al libero mercato. La situazione italiana è diversa. La crisi più che il sistema finanziario ha toccato l'economia reale, la quale sta già subendo le strette del sistema bancario in autodifesa. Ma l'Italia può risalire la china solo con una iniezione massiccia di meritocrazia, a tutti i livelli. L'unico antidoto alle autoreferenze nostrane: imprese, università, scuola, settori pubblici. Anche se la tentazione dello statalismo garantista ed assistenziale è ben presente. A tal fine, sarebbero da rileggere le «prediche inutili» di Einaudi e gli ammonimenti profetici di don Luigi Sturzo: le tre «male bestie della democrazia» sono lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico. Ogni commento è superfluo.

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Il sano egoismo urbano dei Comuni che contro la crisi pensano in grande (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 15-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 15/05/2009 - pag: 10 LE LEZIONI SOCIOPOLITICHE DI QUESTI MESI Il sano egoismo urbano dei Comuni che contro la crisi pensano in grande di GIUSEPPE DE RITA V isto che si sta facendo strada l'idea che il peggio della crisi economica sia in via di superamento, è possibile analizzarne con relativa calma gli effetti di natura sociopolitica. Un talmudista francese ha di recente affermato che le crisi nascono dal «timore dei cieli», cioè dalla paura delle sfere alte del potere di non saper controllare le forze disordinate ed opache operanti in terra, nel sottosuolo e nel sommerso. Le crisi nascono quindi quando la legalità non controlla gli istinti e le furbizie criminali; quando la coscienza non controlla la violenza dell'inconscio; quando la razionalità non controlla la dispersione egoistica dei comportamenti umani. La crisi che stiamo attraversando è di segno totalmente contrario, visto che sono i cieli che l'hanno provocata. È infatti la crisi della globalizzazione, della sua governance, delle lucide previsioni degli organismi internazionali, della razionalità del mercato, dei controlli sopranazionali, delle grandi banche mondiali e delle mondiali agenzie di rating, dell'unidirezionalità illuministica del processo di occidentalizzazione. È una crisi esplosa in alto e poi discesa per li rami; una crisi quindi della verticalizzazione del potere. Ad essa hanno resistito solo i sistemi «terra-terra», con le loro componenti a lungo condannate come provinciali, pre-moderne, irrazionali. Se evitiamo di farci esaltare dagli attuali ed inattesi apprezzamenti internazionali, possiamo citare il caso italiano: abbiamo sopportato meglio la crisi perché siamo più economia reale che finanziaria, siamo un Paese manifatturiero, siamo un Paese di imprese piccole e flessibili, siamo un Paese di economia sommersa, siamo un Paese di osmosi fra impresa e famiglia, siamo un Paese di famiglie altamente patrimonializzate (con la proprietà della casa e la disponibilità di risparmio), siamo un Paese articolato su territori a diversissima vocazione economica, siamo un Paese a forte coesione sociale, specie a livello locale. Le presunzioni siderali hanno condensato e trasmesso un uragano, ma questo è atterrato su un sistema a baricentro basso, che non ha sbandato. Se la prima lezione sociopolitica di questi mesi è che la verticalizzazione non paga, la seconda risiede nella riscoperta delle dimensioni nazionali del potere. Dalla globalizzazione non si è scesi di un gradino, verso entità intermedie di governo, ma di due gradini, verso gli Stati tradizionali. Basta pensare all'integrazione soprannazionale che ci è più vicina, quella europea, che si è dimostrata troppo fragile ed incapace di leadership di sistema; e che ha quindi lasciato spazio alle paure, agli egoismi, alle autonomie decisionali dei vari governi. Qualcuno dirà che è una regressione rispetto alle crescenti esigenze di integrazione soprannazionale, ma è esattamente quel che è avvenuto. Se l'interpretazione è corretta avremo sempre meno spirito e prassi di stampo europeistico e l'annunciato disamore per il voto europeo ne è il sintomo preoccupante. Il revival degli Stati nazionali rilancia (è la terza lezione sociopolitica che viene dalla crisi) la politica e l'intervento pubblico, funzioni indispensabili per compensare e contrastare i danni del mercato spesso selvaggio e per collegare i meccanismi decisionali con le difficoltà, le attese, i comportamenti dei diversi soggetti economici e sociali. In virtù di tale collegamento declina la politica centrata sulle grandi scelte di sistema o sulle grandi ambizioni progettuali e cresce la politica degli interventi singoli, specifici, appropriati (dai bonds per le banche agli ammortizzatori per i precari agli incentivi per i terremotati, ecc.,). Si tratta di una lezione non di secondo livello per la nostra cultura politica, da sempre abituata alle nobili intenzioni e poco propensa a risolvere pazientemente le esigenze concrete. Resta comunque sul tappeto una quarta possibile lezione: la riscoperta degli egoismi (ma anche delle responsabilità) dei poteri e delle comunità locali. Oggi abbiamo governi municipali e provinciali che sono molto attivi nel mettere a punto interventi anticiclici, abbiamo Regioni che si danno carico di fronteggiare i pericoli di disoccupazione, abbiamo grandi e medie città che riscoprono un sano egoismo urbano e cominciano a pensare in grande come mai nel recente passato. La discesa verso il basso dei meccanismi decisionali è arrivata al pian terreno, con tutta la conseguente carica di vigile attenzione ai problemi collettivi. Certo questo diversificato processo di atterraggio dei processi decisionali è fenomeno complesso e difficile da gestire in una realtà emotivamente dominata dalle verticalizzazioni mediatiche che occupano le nostre giornate; ma è il processo che imporrà nel tempo medio una revisione, magari terraterra, del pensiero sociopolitico anche oltre l'obiettivo oggi di moda del federalismo. Emiliano Ponzi

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India, fra Upa e Janata testa a testa nelle urne (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

India, fra Upa e Janata testa a testa nelle urne elezioni Le votazioni durano da tre settimane: 300 i partiti e 714 milioni gli elettori iscritti nelle liste. Domani si conosceranno i risultati 15/05/2009 COMUNQUE vada (i risultati ufficiali arriveranno domani), le elezioni indiane mostrano - com'è avvenuto in Israele - un grande equilibrio tra gli schieramenti opposti, la UPA guidata dal Congress party, e l'alleanza capeggiata dallo Janata party indu. In queste ore le due formazioni cercano di convincere i partiti minori, tra cui emerge quello di Behan Mayawati, la leader dei dalit, i 167 milioni di intoccabili dediti ai lavori più umili. I numeri sono spaventosi: tre settimane di votazioni, 300 partiti, 714 milioni di elettori iscritti alle liste. Il tutto in una nazione di un miliardo e cento milioni di abitanti, con un tasso di crescita annuo rivisto al basso dalla Reserve Bank indiana, ma che resta del +7,5% nei prossimi dieci anni. Forse Fiat dovrebbe rinforzare la sua alleanza con la Tata, invece di andare verso la Opel. L'India rimane in parte povera, soprattutto nelle zone rurali, dove l'induismo e la cultura delle caste degradano in paganesimo e negazione dei diritti di donne e bambini. Il film The Millionaire non descrive una vita salgariana o pauperistica, ma rappresenta con realismo la deriva di un'India che si inurba nelle sterminate e sterminanti periferie di Mumbai e Dehli. Parliamo tuttavia di una potenza decisiva: dopo le buone relazioni con la Russia, l'avvicinamento agli Stati Uniti è stato concausa di attacchi dal Pakistan e dall'islam jihadista (gli attentati di Mumbai parlano chiaro). Al terrorismo dei separatisti islamici si affianca quello maoista, collegato agli interessi cinesi, com'è avvenuto nel Nepal, con un colpo di mano ingenuamente magnificato in Occidente come "liberazione". Così il Nepal è passato dal controllo di Nuova Dehli al caos maoista, col risultato di bloccare le vie di fuga dal Tibet. La probabile sconfitta dello Janata party dovrebbe far tirare un sospiro di sollievo. Infatti, un governo indu potrebbe riaccendere scontri sanguinosi con la comunità islamica indiana, con possibili interventi esterni (da Pakistan e altrove). Va comunque detto che la breve esperienza di governo dello Janata ha avuto un segno di cautela e moderazione. Ora sarà la presidentessa del Congress party, l'italiana Sonia Gandhi, divenuta domina di una famiglia che controlla l'India dal 1947, a dover blandire la "Regina degli intoccabili" Mayawati, nata nelle periferie e vissuta nelle baracche, una Obama non griffata, il cui padre riuscì a trovare lavoro soltanto grazie al sistema della "positive reservation", che compensa gli intoccabili e delle "Scheduled tribes" (le popolazioni rurali) con una quota del 27% riservata nei posti di lavoro. Da lì a diventare presidente dello stato dell'Uttar Pradesh ce ne corre. Più che una turbo-Obama, è diventata una turbo-Berlusconi, con centinaia di case e milioni di euro in banca. È molto toccabile e molto mediatica adesso, e in più rimane per i dalit il mito vivente dell'indian dream. Gli exit polls danno l'UPA, guidata dal Congresso, tra 195 e 201 seggi, mentre lo Janata oscilla tra i 189 e i 180. I seggi potrebbero salire col gioco delle alleanze. Infatti la Mayawati è solo una parte del Terzo e Quarto Fronte (più di 100 seggi), che comprendono partiti locali e una vasta silloge di partiti socialisti e marxisti, alcuni dei quali alleati del Congresso, anche se il partito comunista ha abbandonato la coalizione, dopo l'accordo sul nucleare civile siglato con gli Usa. La cosa peggiore sarebbe la formazione di un governo debole e diviso (vedi governo Prodi in Italia), in un contesto così complesso. I nodi rimangono geopolitici: la Cina sta trasformando la Shanghai Cooperation Organisation in un efficace competitore della Nato e dell'Occidente. Molti stati asiatici passeranno alla Sco, a partire dal Pakistan che ha affidato a Pechino la gestione del porto-petroli di Gwadar, a due passi dallo stretto di Hormuz, dove transita il 30% del petrolio del mondo. Da Gwadar la Cina ha realizzato strade e pipeline attraverso il territorio pakistano per arrivare fino allo Xinjiang cinese. Tra Caspio, Iran, Iraq e penisola arabica si estrae il 60% del petrolio mondiale, in buona parte diretto in Cindia. In questo quadro la pipeline Iran-Pakistan-India (Ipi), ribattezzata "pipeline della pace", la cui costruzione è stata avviata nel 2008, rappresenta insieme un'occasione di pace e un rischio di nuovi conflitti. Così tutto rimane in bilico, come i risultati elettorali. paolo della sala 15/05/2009

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Incoerenze di un caso politico: dieci domande a Berlusconi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Repubblica ha chiesto, nei giorni scorsi, di rivolgere al presidente del Consiglio dieci domande sulle incoerenze e le omissioni di una storia che molti definiscono "di Veronica" o "di Noemi" e nessuno azzarda a definire per quel che è o appare: un "caso Berlusconi". Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, lunedì, ha chiesto due giorni per dare una risposta. Quella risposta non è arrivata. Per non dissimulare, come vuole il nuovo conformismo dell'informazione italiana, ciò che dovrebbe essere chiarito, pubblichiamo oggi le domande che avremmo voluto rivolgere al premier e le contraddizioni che abbiamo ritenuto di riscontrare tra le sue dichiarazioni e quelle degli altri protagonisti della vicenda. Silvio Berlusconi ha detto: "Credo che chi è incaricato di una funzione pubblica, come il presidente del Consiglio, possa accettare la continuazione di un rapporto [con la sua consorte, Veronica Lario] soltanto se si chiarisce chi ha provocato questa situazione". (Porta a Porta, 5 maggio 2009). Repubblica concorda con Silvio Berlusconi. E' evidente che, nonostante il frastuono mediatico di queste ore, non si discute di un divorzio o di una separazione, affare privato di due coniugi. Come ha chiaro il premier, la questione interroga i comportamenti di "un incaricato di una funzione pubblica". In quanto tali, quei comportamenti sono sempre di pubblico interesse e non possono essere circoscritti a un ambito familiare. D'altronde, la signora Veronica Lario, nelle sue dichiarazioni del 29 aprile e del 3 maggio, offre all'attenzione dell'opinione pubblica due certezze personali e una domanda. OAS_RICH('Middle'); Le due certezze descrivono, tra il pubblico e il privato, i comportamenti del presidente del Consiglio: "Mio marito frequenta minorenni"; "Mio marito non sta bene". La domanda, posta dalla signora all'opinione pubblica e a chi in vario modo la rappresenta, è invece tutta politica e chiama in causa le pratiche del "potere", il suo modo di essere, che si degrada e si avvilisce pericolosamente quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate "veline" senza altro merito che un bell'aspetto e la prossimità al premier. Ha detto la signora Lario: "Quello che emerge oggi, attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte le donne (...). Qualcuno ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell'imperatore. Condivido, quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore". (Ansa, 28 aprile, 22:31) Silvio Berlusconi ha replicato, a caldo, evocando un complotto "della sinistra e della sua stampa che non riescono ad accettare la mia popolarità al 75 per cento (...) Tutto falso, nato dalla trappola in cui anche mia moglie purtroppo è caduta. Le veline sono inesistenti. Un'assoluta falsità". (Porta a porta, 5 maggio) E' il primo ingombro che bisogna verificare. Questa storia è soltanto una trappola bene organizzata? E' vero, se di complotto si tratta, che nasconde la mano della sinistra e della "sua stampa"? Tre evidenze lo escludono. Il primo quotidiano che dà conto della candidatura di una "velina" alle elezioni europee è il Giornale della famiglia Berlusconi. Il 31 marzo, a pagina 12, nella rubrica Indiscreto a Palazzo si legge che "Barbara Matera punta a un seggio europeo". "Soubrette, già "Letterata" del Chiambretti c'è, poi "Letteronza" della Gialappa's, quindi annunciatrice Rai e attrice della fiction Carabinieri", la Matera, scrive il Giornale, "ha voluto smentire i luoghi comuni sui giovani che non si applicano e non si impegnano. "Dicono che i ragazzi perdino tempo. Non è vero: io per esempio studio molto"". "E si vede", commenta il giornale di casa Berlusconi. Il secondo giornale che svela "la carta segreta che il Cavaliere è pronto a giocare" è Libero, il 22 aprile. Notizia e foto di prima pagina con "Angela Sozio, la rossa del Grande Fratello e le gemelle De Vivo dell'Isola dei famosi, possibili candidate alle elezioni europee". A pagina 12, le rivelazioni: "Gesto da Cavaliere. Le veline azzurre candidate in pectore" è il titolo. "Silvio porta a Strasburgo una truppa di showgirl" è il sommario. Per Libero le "showgirl", che dovranno superare un colloquio, sono 21 (in lista i candidati a un seggio di Bruxelles, come si sa, sono 72). I nomi che si leggono nella cronaca sono: Angela Sozio, Elisa Alloro, Emanuela Romano, Rachele Restivo, Eleonora Gaggioli, Camilla Ferranti, Barbara Matera, Ginevra Crescenzi, Antonia Ruggiero, Lara Comi, Adriana Verdirosi, Cristina Ravot, Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Silvia Travaini, Assunta Petron, Letizia Cioffi, Albertina Carraro. Eleonora e Imma De Vivo e "una misteriosa signorina" lituana, Giada Martirosianaite. Difficile sostenere che Il Giornale e Libero siano fogli di sinistra. Come è arduo credere che la Fondazione farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini, sia un pensatoio vicino al partito democratico. Il think tank, diretto dal professor Alessandro Campi, vuole "far emergere una nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della globalizzazione". Coerentemente critica l'uso di "uno stereotipo femminile mortificante" e con un'analisi della politologa Sofia Ventura avverte che "il "velinismo" non serve". Nell'articolo si legge: "Assistiamo a una dirigenza di partito che fa uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno molto da fare, allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento. Questo uso strumentale del corpo femminile, al quale naturalmente le protagoniste si prestano con disinvoltura, denota uno scarso rispetto, da un lato, per quanti, uomini e donne, hanno conquistato uno spazio con le proprie capacità e il proprio lavoro; dall'altro, per le istituzioni e per la sovranità popolare che le legittima". Sofia Ventura conclude: "Le donne non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole, non sono nemmeno fragili esserini bisognosi di protezione e promozione da parte di generosi e paterni signori maschi. Le donne sono, banalmente, persone. Vorremmo che chi ha importanti responsabilità politiche qualche volta lo ricordasse". Quando la signora Lario prende (buonultima) la parola per censurare il "velinismo" - e "il ciarpame senza pudore" del potere - non si muove nel vuoto, ma su un terreno già smosso dalle rivelazioni dei giornali vicini al premier e dalle analisi critiche di intellettuali prossimi alla maggioranza di governo. Questo "caso" non ha inizio con un intrigo, come protesta Berlusconi, ma trova la sua trasparente ragione nella preoccupazione di ambienti della destra per un "impoverimento della qualità democratica di un paese" (ancora la Ventura). Rimosso il presunto "complotto", resta il "caso" politico, dunque. Un "caso" che diventa anche familiare, quando Veronica Lario scopre che Silvio Berlusconi ha partecipato a Napoli alla festa di compleanno di una diciottenne (Repubblica, 28 aprile). E ancora una volta politico quando la signora, annunciando la sua volontà di divorziare, denuncia pubblicamente i comportamenti di un marito che, "incaricato di una pubblica funzione", "frequenta minorenni", prigioniero com'è di un disagio che minaccia il suo equilibrio psicofisico. Il presidente del Consiglio ha replicato ai rilievi della signora Lario con due interviste alla carta stampata (Corriere della Sera e la Stampa, 4 maggio) e con un lungo monologo a Porta a Porta (5 maggio). In queste tre sortite pubbliche, la ricostruzione degli avvenimenti di cui si discute (la candidatura di giovani donne selezionate per la loro bellezza e amicizia con il premier; il suo affetto per Noemi Letizia, maggiorenne il 26 aprile; la partecipazione alla festa di compleanno; il lungo sodalizio amicale con la famiglia Letizia) ha avuto, da parte di Berlusconi, una parola definitiva, ma o contraddittoria o omissiva. Berlusconi nega di aver mai avuto intenzione di candidare "soubrette". "Non avevamo messo in lista nessuna "velina"" (Corriere, 4 maggio) Noemi lo chiama "papi". Perché? A chi glielo chiede, replica: "E' uno scherzo, mi volevano dare del nonno, meglio mi chiamino papi. Non crede?" (Corriere, 4 maggio). Berlusconi è più preciso con la Stampa (4 maggio): "Io frequenterei, come ha detto la signora [Lario], delle diciassettenni. E' una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre punto e basta. Lo giuro!" E' la stessa versione offerta a France2 (6maggio). Quando il presidente del Consiglio spiega le circostanze della frequentazione con Noemi Letizia - si tratta di un'antica amicizia di natura politica con il padre, dice - il giornalista lo interrompe per chiedere: "... dunque [Noemi] non è una ragazza che lei conosceva personalmente?". Berlusconi risponde: "No, ho avuto l'occasione di conoscerla con i suoi genitori. Questo è tutto". La versione di Berlusconi è contraddetta in tutti i suoi elementi dalle interviste che Noemi Letizia concede. Noemi così ricostruisce il suo legame affettivo con il presidente del Consiglio: "Mi vuole bene come a un figlia. E anch'io, noi tutti gli siamo molto legati". (Repubblica, 29 aprile) Al Corriere del Mezzogiorno, il 28 aprile, consegna dettagli chiave. "[Berlusconi, papi] mi ha allevata (...) E' un amico di famiglia. Dei miei genitori (...) non mi ha fatto mai mancare le sue attenzioni. Un anno [per il mio compleanno], ricordo, mi ha regalato un diamantino. Un'altra volta, una collanina. Insomma, ogni volta mi riempie di attenzioni. (...) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (...) Quando vado da lui ha sempre la scrivania sommersa dalle carte. Dice che vorrebbe mettersi su una barca e dedicarsi alla lettura. Talvolta è deluso dal fatto che viene giudicato male, gli spiego che chi lo giudica male non guarda al di là del proprio naso. Nessuno può immaginare quanto papi sia sensibile. Pensi che gli sono stata vicinissima quando è morta, di recente, la sorella Maria Antonietta. Gli dicevo che soltanto io potevo capire il suo dolore. (...) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (...) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio". Nel racconto di Noemi c'è la narrazione di un rapporto diretto, intenso con il presidente del Consiglio. Che le fa tre regali per il 16°, 17° e 18° compleanno. Quindi, si può concludere, Berlusconi ha conosciuto Noemi quindicenne. Nel loro rapporto non c'è alcun ruolo o presenza dei genitori. Noemi non vi fa alcun riferimento e non è corretta dalla madre, presente al colloquio con Angelo Agrippa del Corriere del Mezzogiorno. Berlusconi ha tentato di ridimensionare il legame con la minorenne: "Ho incontrato la ragazza due o tre volte, non ricordo, e sempre alla presenza dei genitori". I genitori non hanno ancora confermato le parole del premier. Durante l'incontro con il giornalista, la signora Anna Palumbo - madre di Noemi - interviene soltanto per specificare le circostanze in cui Berlusconi ha conosciuto suo marito, Benedetto "Elio" Letizia. Dice: "[Berlusconi] ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista. Ma non possiamo dire di più". Noemi non è così evasiva quando affronta una delle questioni decisive per questa storia. E' addirittura esplicita. Ella ritiene di poter ottenere da Berlusconi l'opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o scranno a Montecitorio. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle attenzioni (o promesse) di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche di farefuturo, il think tank di Gianfranco Fini ("Le donne non sono gingilli") e della signora Lario ("Ciarpame senza pudore"). Quando e dove e come si sono conosciuti Berlusconi e Benedetto Letizia è un altro enigma di questa storia che raccoglie versioni successive e contraddittorie. A Varsavia Berlusconi dice: "[Benedetto] lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l'autista di Craxi". (Ansa, 29 aprile, 16:34) Quando la circostanza è subito negata da Bobo Craxi ("Cado dalle nuvole. L'autista di mio padre si chiamava Nicola, era veneto, ed è morto da qualche anno", Ansa, 29 aprile, 16:57), Palazzo Chigi con un imbarazzato ritardo di venti ore, smentisce a sua volta: "Si rileva che il presidente Berlusconi non ha mai detto che il signor Letizia fosse autista dell'on. Bettino Craxi" (Ansa, 30 aprile, 12:30). Dal suo canto, Letizia non vuole ricordare in pubblico come e dove e quando ha conosciuto Berlusconi. Chi lo interroga raccoglie soltanto parole vuote. "Volete sapere come ho conosciuto Berlusconi? Va bene, ve lo dico, però allora vi racconto anche come ho conosciuto tutte le persone che conosco...". (Corriere, 10 maggio) In qualche altra occasione, il rifiuto di Letizia a raccontare il primo incontro con il futuro premier è ancora più categorico: "Non ho alcuna intenzione di farlo" (Oggi, in edicola il 6 maggio) Anche Noemi non ha voglia di offrire rievocazioni: "Non ricordo i particolari [di come è nato il contatto familiare], queste cose ai miei genitori non le ho chieste. Non è che si siano incrociati sul lavoro: mio padre è un dipendente comunale...". (Repubblica, 29 aprile) Un ricordo vivo del primo incontro tra Berlusconi e Letizia sembra averlo Arcangelo Martino, un ex assessore socialista al comune di Napoli, oggi vicino al partito del presidente del Consiglio. "Fra il 1987 e il 1993 sono stato grande amico di Bettino Craxi. Tutti i mercoledì andavo a trovarlo a Roma all'hotel Raphael, una consuetudine. Mi accompagnava sempre qualcuno del mio staff e quel qualcuno era quasi sempre Elio Letizia (...) Parecchie volte è capitato che al Raphael ci fosse Silvio Berlusconi. E' lì che ho presentato i due che poi hanno fatto amicizia". (Corriere della sera, 10 maggio). Il ricordo di Arcangelo Martino è sconfessato con nettezza ancora una volta da Bobo Craxi. "Escludo categoricamente che il signor Letizia fosse un habitué dell'hotel Raphael (...) Lo stesso Martino credo che sia passato qualche volta a salutare mio padre". (Repubblica, 11 maggio) Chiara anche la smentita di uomini che furono accanto al leader socialista: Gianni De Michelis ("Mai sentito nominare Letizia"); Gennaro Acquaviva ("Mai sentito nominare Letizia, neanche dai napoletani"); Giulio Di Donato ("Questo signor Letizia, nel panorama napoletano e campano dei socialisti, non esisteva, a mia memoria"). Ancora più efficace la contestazione di Stefano Caldoro: "Proprio nei primi anni novanta, abitavo al Raphael tutte le volte che mi fermavo a Roma. Si scherzava sulla intraprendenza di Martino (...) ma escludo categoricamente di aver mai visto e sentito che questo Letizia venisse presentato a Craxi. Perché mai l'avrebbero dovuto presentare? Non era un dirigente, non era un esponente del sociale, non era un militante" (Ancora Repubblica, 11 maggio 2009). L'occasione dell'incontro tra Berlusconi e Letizia è ancora da chiarire. Come i tempi della decisione del presidente del Consiglio di partecipare alla festa di compleanno di Noemi. Al Corriere della sera, 4 maggio, così Berlusconi ha spiegato la sua presenza a Napoli: "Racconto come è andata veramente. Quel giorno mi telefona il padre, un mio amico da tanti anni. E quando sa che in serata sarei stato a Napoli, per controllare lo stato di avanzamento del progetto per il termovalorizzatore, insiste perché passi almeno un attimo al compleanno della figlia. La casa è vicina all'aeroporto. Non molla. Io non so dir di no. Eravamo in anticipo di un'ora e ci sono andato. Nulla di strano, è accaduto altre volte per compleanni e matrimoni". Berlusconi, dunque, partecipa alla festa per un atto di affetto nei confronti di Elio Letizia. Non si parla di Noemi né di altra necessità politica o urgenza di altra natura. Diversa la versione offerta, lo stesso giorno (4 maggio) alla Stampa: "Suo padre, che conoscevo da tempo, mi ha telefonato per chiedermi se lasciavo fuori Martusciello (Flavio, consigliere regionale del PdL) dalle liste per le Europee, io gli ho spiegato che avrei cercato di mettere sia l'ex-questore Malvano (Franco, già candidato a sindaco di Napoli) sia Martusciello e che stavo arrivando a Napoli per dare una spinta ai contratti per i nuovi termovalorizzatori che sono frenati dalla burocrazia. A quel punto lui mi ha interrotto e mi ha detto: "Stavi venendo a Napoli? Io stasera festeggio il diciottesimo compleanno di Noemi, perché non vieni con un brindisi, lo facciamo in un locale poco distante dall'aeroporto. Ti prego vieni sarebbe il più bel regalo della mia vita". Così ci sono andato...". Berlusconi aggiunge qualche dettaglio in più nel solco di questa versione, il 5 maggio, durante Porta a Porta: "Ero al salone del Mobile della Fiera di Rho, imbarazzato per i cori "Meno male che Silvio c'e", "Magico" e il capitano dell'elicottero mi ha detto che era in arrivo entro mezz'ora un temporale che ci avrebbe costretto ad andare in macchina a Linate. Per questo siamo partiti in anticipo e [visto il tempo a disposizione, prima di] una riunione politica che avevo in serata [con il ristorante a soli tre minuti dall'aeroporto] sono entrato..." Anche questa ricostruzione trova delle evidenze che la contraddicono. Berlusconi giunge a Napoli con un regalo per Noemi, "cerchi concentrici in oro rosa arricchiti da una cascata di diamanti bianchi montati su oro bianco, 6mila euro, il ciondolo è anche nella collezione di Sophia Loren" (Gente, 19 maggio). Si è molto discusso di questa circostanza che, al contrario, non pare molto significativa: il presidente potrebbe aver a bordo del suo aereo dei cadeaux da distribuire secondo necessità. Più interessante è che l'aereo di Berlusconi giunga a Napoli con un'ora di anticipo rispetto all'inizio della festa e il presidente attenda nell'aeromobile per un'ora prima di muoversi ed entrare "cinque minuti dopo l'arrivo in sala di Noemi" (Annozero, 7 maggio). Secondo la testimonianza di un fotografo, ingaggiato dal patron del ristorante "Villa Santa Chiara", si sapeva da sabato 25 aprile dell'arrivo del premier e, in ogni caso, la "bonifica" della sala da parte della polizia è stata predisposta già nella mattinata, "alle 15", per alcune fonti del Dipartimento di sicurezza. (Repubblica, 9 maggio). Sembra di poter dire che non c'è stato alcun cambio di programma a Rho nel tardo pomeriggio di domenica 26 aprile. La partecipazione alla festa di Noemi era già nell'agenda del presidente da giorni, come dimostrano la "bonifica", l'attesa in aereo, l'arrivo nel ristorante subito quasi contestualmente all'ingresso della diciottenne come per un copione precedentemente preparato. C'è un'ultima contraddizione da sciogliere. La scelta o indicazione delle "veline" da candidare è stata opera di Berlusconi? A Porta a Porta, 5 maggio, il presidente del Consiglio sostiene di non aver messo becco nella candidature europee: "Le candidature per le Europee non sono state gestite direttamente dal premier. Ad occuparsene sono stati i tre coordinatori del PdL Bondi, La Russa e Verdini che "da migliaia di segnalazioni sono giunti a 500 schede" per individuare i 72 candidati si sono orientati secondo le indicazioni del congresso, spazio ai giovani e alla donne. Tra questi candidati nessuna è qualificabile come velina" (resoconto delle parole del premier a Porta a porta, 5 maggio, tratto dal Giornale, 6 maggio). Berlusconi ammette però di avere discusso con Elio Letizia (non è un dirigente del PdL né, che si sappia, un iscritto al partito) le candidature di Malvano e Martusciello e per farlo lo raggiunge addirittura a Napoli alla festa di sua figlia. La circostanza appare contraddittoria e, senza altre spiegazioni, inverosimile. Il rosario di incoerenze che si incardina sulla questione politica posta da farefuturo e dalla signora Lario (come Berlusconi seleziona le classi dirigenti) sollecita di rivolgere a Berlusconi dieci domande: 1. Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio? 2. Nel corso di questa amicizia, che il premier dice "lunga", quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni? 3. Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso - come ammette anche Berlusconi - il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia? 4. Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati, perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società meridionale? 5. Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? 6. Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove? 7. Berlusconi si occupa dell'istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia? 8. E' vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l'accesso alla scena politica e questo "uso strumentale del corpo femminile", per il premier, non "impoverisce la qualità democratica di un paese" come gli rimproverano personalità e istituzioni culturali vicine al suo partito? 9. Veronica Lario ha detto che il marito "frequenta minorenni". Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o "alleva", per usare senza ironia un'espressione della ragazza di Napoli? 10. Veronica Lario ha detto: "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E' stato tutto inutile". Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell'Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l'esito di "una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità". Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio? (15 maggio 2009

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Premio Unesco "Amici della Pace" a Vandana Shiva (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Premio Unesco “Amici della Pace” a Vandana Shiva (15/5/2009 18:10) | (Sesto Potere) - Bertinoro - 15 maggio 2009 -Sabato 16 maggio, nel corso dell’incontro che si terrà al Teatro Astoria alle ore 20:45 in occasione della rassegna “Fiorano incontra gli Autori”, Vandana Shiva riceverà il premio “Amici della Pace” del Club Unesco. SÍlvio AntÓnio de Matos, Segretario Esecutivo della Federazione Europea di Associazioni, Centri e Clubs Unesco, ha voluto sottolineare l’importanza di tale evento mettendo l’accento sul lavoro che i Clubs Unesco stanno facendo per diventare concretamente punti di incontro per un approccio critico a tutto ciò che concerne il nostro pianeta e l’intero universo. Tante persone si stanno dando da fare per attuare una cambiamento pacifico della nostra società, occupandosi di cultura, educazione e scienza, al fine di non lasciare scoperto nessun aspetto della vita di ogni Essere Vivente. Vandana Shiva è una di queste persone, e ciò non può essere trascurato. E’ per questo che sabato sera le verrà consegnato il Premio “Amici della Pace”, per far sì che il suo impegno a favore dell’ecologia e le sue numerose battaglie contro la povertà del Terzo Mondo e contro la globalizzazione non vengano ignorate ma diventino un modello da seguire e da imitare.

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Associazione artigiani di Vicenza : forum sul sistema moda (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 15-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Associazione artigiani di Vicenza : forum sul sistema moda (15/5/2009 19:14) | (Sesto Potere) - Vicenza - 15 maggio 2009 -La Confartigianato veneta è impegnata in prima linea insieme alle Camere di commercio della nostra regione per la tracciabilità del Made in Italy. Uno strumento prezioso e necessario sia per garantire la qualità del prodotto sia per assicurare la tutela della salute come credono le 7400 imprese del tessile e dell’abbigliamento delle sette province venete. Del sistema moda si è discusso stamattina nell’ Associazione artigiani di Vicenza in occasione di un incontro promosso insieme alle istituzioni per valutare le misure necessarie per sostenere e supportare il comparto. I lavori della giornata sono stati introdotti dall’assessore all’Economia, Vendemiano Sartor, che ha illustrato l’impegno della Giunta regionale per le aziende che intendono adottare il marchio di certificazione. “La mia attenzione – ha detto l’assessore – per tutte le imprese artigiane è forte. Credo si debba lavorare oggi più che in passato per fare rete e per fare sinergia. Serve cioè un’azione coordinata e unitaria per affrontare le sfide di un mercato ormai globalizzato: operare in ordine sparso non può più garantire i successi che sono stati raggiunti negli ultimi dieci anni.” Per l’assessore le istituzioni sono chiamate insieme alle associazioni di categoria a progettare e pianificare le attività e soprattutto devono cercare di fare pressioni al Parlamento europeo per salvaguardare le specificità e potenzialità del Made in Italy. Il sistema moda regionale impiega 30500 lavoratori con una percentuale elevatissima (80%) di personale femminile. L’assessore si è detto disponibile a attivare un tavolo regionale della filiera della moda, si è dichiarato pronto a mettere mano alla legge regionale che regola e disciplina l’iscrizione delle imprese artigiane agli albi di settore, ha confermato la disponibilità a depositare e a promuovere un marchio regionale della moda come sinonimo di eccellenza e con adesione volontaria. “Nonostante la difficile congiuntura economica – ha ribadito l’assessore – il modello veneto resiste perché ha puntato sul manifatturiero e non ha ascoltato le sirene della finanza creativa. Dobbiamo però essere vigili e continuare a investire su ricerca e innovazione: si deve inoltre puntare di più sull’internazionalizzazione. Occorre poi ritrovare un po’ di ottimismo perché alla fine del tunnel il sistema socioeconomico veneto sia più forte di prima.” Infine, l’assessore Sartor ha ipotizzato l’utilizzo dei fondi di rotazione regionali anche per la liquidità di cassa e non soltanto per gli investimenti.

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Padre Bianchi tra i finalisti (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Premio Biella Padre Bianchi tra i finalisti C'è anche padre Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, nel Biellese, tra i finalisti del Premio Biella Letteratura e industria, annunciati ieri dalla giuria alla Fiera del Lingotto. Padre Bianchi è in concorso con «Il pane di ieri», pubblicato da Einaudi. Della cinquina fanno parte anche Alessandro Portelli con «Acciai speciali. Terni, la ThyssenKrupp, la globalizzazione» (Donzelli), Ovidio Colussi con «Il grande Lino» (Santi Quaranta), Goffredo Buccini con «La fabbrica delle donne» (Mondadori) e Sergio Pent con «La nebbia dentro» (Rizzoli).

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Credo che la questione più importante sia se ci sono segnali di ripresa o se resteremo a raschi... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Credo che la questione più importante sia se ci sono segnali di ripresa o se resteremo a raschiare il fondo per tanto tempo. Io sono pessimista e credo la recessione sarà ancora lunga e dura. Ho l'impressione che negli Usa la politica del governo Obama non sia stata sufficientemente incisiva sui bilanci delle banche. E con le banche bloccate, l'economia mondiale rischia una deflazione come è avvenuto in Giappone negli Anni '90. Una speranza può arrivare dalla ripresa della Cina. L'Italia da sola può fare poco per uscire dalla crisi. Rispetto a Francia e Germania il nostro Paese ha un sistema pubblico più inefficiente: alludo alla sanità, alle pensioni e all'evasione fiscale. New York University

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Padre Bianchi e Sergio Pent nella cinquina dei finalisti (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Premio Letteratura e industria Padre Bianchi e Sergio Pent nella cinquina dei finalisti È stata comunicata ieri alla Fiera del libro di Torino la cinquina di autori che si contenderà il Premio Biella Letteratura e Industria, quest'anno dedicato alla sezione narrativa. Alessandro Portelli con «Acciai speciali. Terni, la ThyssenKrupp, la globalizzazione» (Donzelli), Ovidio Colussi con «Il grande Lino» (Santi Quaranta), Enzo Bianchi con «Il pane di ieri» (Einaudi), Goffredo Buccini con «La fabbrica delle donne» (Mondadori) e Sergio Pent con «La nebbia dentro» (Rizzoli) sono stati scelti dalla giuria presieduta da Pier Francesco Gasparetto. Il premio speciale della giuria è andato invece a «Pane e navetta», opera curata da Giovanni Vachino che raccoglie testimonianze di persone che hanno lavorato nelle fabbriche biellesi negli anni del cambiamento. Giunto all'VIII edizione e promosso da Città Studi, Fondazione Crb, Camera di Commercio, Comune, Provincia, Uib e associazione L'Uomo e L'Arte, il Premio si propone d'indagare le complesse relazioni che intercorrono tra letteratura, progresso industriale ed evoluzione della realtà socio-economica italiana.

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"Io, il Lupin di Facebook" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

I CONSIGLI DEI FAN Personaggio L'eroe cattivo conquista la Nuova Zelanda "Io, il Lupin di Facebook" Il ladro che da mesi beffa la polizia diventa l'idolo degli internauti «Fatti crescere i baffi e poi scappa in Kenya Ti aiutiamo nella fuga» PABLO TRINCIA Un uomo in fuga, centinaia di poliziotti alle sue calcagna, un'intera nazione che segue la vicenda con il fiato sospeso, e milioni di telespettatori e internauti in tutto il pianeta che si divertono come matti e fanno il tifo. È l'ultima stranezza del mondo globalizzato, il cui protagonista è un tossico ladruncolo neozelandese, che in poche settimane è riuscito a diventare una specie di Butch Cassidy del ventunesimo secolo. Con la differenza che Butch Cassidy non aveva una pagina su Facebook in cui raccontava al mondo intero come uccellava - giorno dopo giorno - gli sbirri che lo seguivano. William Stewart invece, sì. Quarantasette anni, capelli da rock-star dei primi anni '70, un passato pieno di amfetamina e piccoli furti con scasso, Stewart ha cominciato la sua sfida alle autorità neozelandesi nell'ottobre scorso, quando ha infranto un divieto di libertà condizionata e si è dato a quella che sta diventando una latitanza-record. E questo non tanto per i suoi sette mesi di durata, quanto per il fatto che - mentre fugge da plotoni di uomini armati ed elicotteri che lo braccano - "Billy" accumula migliaia di fan sul sito di web-sharing più famoso del mondo. Inutile dire che le sue peripezie gli hanno valso su internet un seguito degno del miglior attore hollywoodiano, con il conseguente interesse dei più grossi network radiofonici e televisivi del mondo. La sua pagina di Facebook è un'accozzaglia di dati su operazioni di polizia, sospetti e possibili avvistamenti, conditi da centinaia di commenti di persone che fanno il tifo per lui. C'è chi, come uno che si fa chiamare "Exiled Serikali", gli dà consigli su dove continuare indisturbato la latitanza: «Il posto perfetto dove Billy potrebbe nascondersi è il Kenya. Basta pagare le bustarelle ai poliziotti per non avere rogne». Un tale Richard Scarf aggiunge: «Dovresti farti crescere dei baffi per non farti riconoscere». Qualcuno propone di fare una colletta per finanziare la sua fuga. Scrive un certo Nick Muir: «Voglio fare una donazione per continuare a farlo correre!». Sembra che la notizia di una pagina aperta dai fan sia arrivata allo stesso Stewart, che avrebbe persino inviato loro alcune sue foto più recenti. Sarebbe il primo caso al mondo di ladro che fornisce informazioni su se stesso alla polizia. In Nuova Zelanda c'è addirittura chi ha scritto una canzone per lui ("Billy il braccato") e chi sta facendo i soldi vendendo magliette con su la scritta: «Dov'è Billy»? È la classica storia del criminale che diventa leggenda. La stessa che ha reso celebri Robin Hood e tanti altri personaggi del passato. Ma nei racconti di chi l'ha incontrato negli ultimi mesi di fuga, Stewart è un pazzo violento, che gira armato, ruba macchine, svaligia negozi, minaccia poliziotti e civili, rifugiandosi nei boschi di notte e continuando a correre di giorno. Imbarazzata e sbeffeggiata, la polizia neozelandese si aggrappa a quello che può per non perderne le tracce: un pezzo di torta masticata, una macchina rubata, qualche testimonianza qua e là e poco altro. La nuova superstar del crimine neozelandese è già riuscita a sfondare cordoni di polizia in moto e a uscire indenne da abitazioni circondate. E più passano i giorni, più cresce l'imbarazzo, anche se il sergente Stu Munro di Canterbury ha assicurato che «prima o poi la sua fortuna finirà». Sicuramente qualcuno gli avrà ricordato un antico adagio scozzese, secondo il quale «il ladro va impiccato quando è giovane, per evitare che rubi da vecchio». Oppure che qualcuno gli dedichi una pagina su Facebook.

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"Eccomi, sono il Lupin di Facebook" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

WELLINGTON (NUOVA ZELANDA) Un uomo in fuga, centinaia di poliziotti alle sue calcagna, un’intera nazione che segue la vicenda con il fiato sospeso, e milioni di telespettatori e internauti in tutto il pianeta che si divertono come matti e fanno il tifo. È lultima stranezza del mondo globalizzato, il cui protagonista è un tossico ladruncolo neozelandese, che in poche settimane è riuscito a diventare una specie di Butch Cassidy del ventunesimo secolo. Con la differenza che Butch Cassidy non aveva una pagina su Facebook in cui raccontava al mondo intero come uccellava - giorno dopo giorno - gli sbirri che lo seguivano. William Stewart invece, sì. Quarantasette anni, capelli da rock-star dei primi anni ‘70, un passato pieno di amfetamina e piccoli furti con scasso, Stewart ha cominciato la sua sfida alle autorità neozelandesi nell’ottobre scorso, quando ha infranto un divieto di libertà condizionata e si è dato a quella che sta diventando una latitanza-record. E questo non tanto per i suoi sette mesi di durata, quanto per il fatto che - mentre fugge da plotoni di uomini armati ed elicotteri che lo braccano - “Billy” accumula migliaia di fan sul sito di web-sharing più famoso del mondo. Inutile dire che le sue peripezie gli hanno valso su internet un seguito degno del miglior attore hollywoodiano, con il conseguente interesse dei più grossi network radiofonici e televisivi del mondo. La sua pagina di Facebook è un’accozzaglia di dati su operazioni di polizia, sospetti e possibili avvistamenti, conditi da centinaia di commenti di persone che fanno il tifo per lui. C’è chi, come uno che si fa chiamare “Exiled Serikali”, gli dà consigli su dove continuare indisturbato la latitanza: «Il posto perfetto dove Billy potrebbe nascondersi è il Kenya. Basta pagare le bustarelle ai poliziotti per non avere rogne». Un tale Richard Scarf aggiunge: «Dovresti farti crescere dei baffi per non farti riconoscere». Qualcuno propone di fare una colletta per finanziare la sua fuga. Scrive un certo Nick Muir: «Voglio fare una donazione per continuare a farlo correre!». Sembra che la notizia di una pagina aperta dai fan sia arrivata allo stesso Stewart, che avrebbe persino inviato loro alcune sue foto più recenti. Sarebbe il primo caso al mondo di ladro che fornisce informazioni su se stesso alla polizia. In Nuova Zelanda c’è addirittura chi ha scritto una canzone per lui (“Billy il braccato”) e chi sta facendo i soldi vendendo magliette con su la scritta: «Dov'è Billy»? È la classica storia del criminale che diventa leggenda. La stessa che ha reso celebri Robin Hood e tanti altri personaggi del passato. Ma nei racconti di chi l’ha incontrato negli ultimi mesi di fuga, Stewart è un pazzo violento, che gira armato, ruba macchine, svaligia negozi, minaccia poliziotti e civili, rifugiandosi nei boschi di notte e continuando a correre di giorno. Imbarazzata e sbeffeggiata, la polizia neozelandese si aggrappa a quello che può per non perderne le tracce: un pezzo di torta masticata, una macchina rubata, qualche testimonianza qua e là e poco altro. La nuova superstar del crimine neozelandese è già riuscita a sfondare cordoni di polizia in moto e a uscire indenne da abitazioni circondate. E più passano i giorni, più cresce l’imbarazzo, anche se il sergente Stu Munro di Canterbury ha assicurato che «prima o poi la sua fortuna finirà». Sicuramente qualcuno gli avrà ricordato un antico adagio scozzese, secondo il quale «il ladro va impiccato quando è giovane, per evitare che rubi da vecchio». Oppure che qualcuno gli dedichi una pagina su Facebook.

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Meccanica ed elettronica, si ferma il crollo degli ordini (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-16 - pag: 5 autore: Meccanica ed elettronica, si ferma il crollo degli ordini Prospettive di ripresa nel secondo trimestre 2009 Massimiliano Del Barba MILANO Torino, Vicenza, Reggio Emilia e Bari.Dopo un primo trimestre all'insegna della «caduta verticale» degli ordinativi, sul quadrilatero dell'industria meccatronica italiana e dei sistemi avanzati di produzione sembra che il vento stia incominciando a cambiare. Dopo aver toccato il fondo a cavallo fra gennaio e febbraio, le aziende che hanno fatto dell'unione di meccanica, elettronica e informatica una delle chiavi del successo estero del manifatturiero made in Italy scommettono in una sostanziale ripresa del flusso degli ordinativi a partire dalla fine del secondo trimestre. Lo dicono, innanzitutto, i timidi segnali positivi che già dalla seconda metà del mese scorso vengono da importanti mercati di sbocco come Cina e Stati Uniti: «Durante il primo trimestre commenta Gianfranco Carbonato, presidente di Amma, l'associazione confindustriale che raggruppa le aziende meccaniche e meccatroniche - abbiamo registrato un calo negli ordini del 40 per cento. Il comparto ha però tenuto e reagito bene, dimostrando di cogliere al volo i segnali d'inversione di tendenza che il mercato estero ha cominciato a mandare già da aprile». Se sul mercato interno ancora nulla si è mosso, è infatti l'estero a dare fiducia agli imprenditori. Si naviga a vista, difficile avanzare ipotesi su come si chiuderà il secondo trimestre, anche se le previsioni parlano di un risultato «che potrebbe aggirarsi attorno a un -10% rispetto al periodo aprile-giugno 2008». Il 29 aprile, a Torino, è stato inaugurato il Polo di innovazione della Meccatronica, risultato della partnership di una sessantina di aziende con Politecnico e Unione industriali di Torino: «In un periodo di difficoltà come quello che stiamo vivendo - spiega Mauro Zangola, direttore del Centro studi di Confindustria Piemonte - è un'importante occasione per favorire sinergie e accrescere la competitività, le uniche ricette, data la peculiarità del settore, in grado di favorire una ripartenza concreta». Settore trasversale per antonomasia, non tutte le aziende meccatroniche italiane hanno tuttavia risposto in maniera omogenea al crollo dei mercati internazionali. «è fuori discussione - sottolinea Aimone Storchi, presidente di Club Meccatronica promosso dall'Unione industriali di Reggio - che quando il mercato riprenderà il comparto delle aziende meccatroniche sarà il primo a ripartire: si ripartirà con apparecchiature innovative e performanti, attente al risparmio energetico, con più evolute applicazioni e funziona-lità, più sicure ed efficienti. Oggi, chi ha saputo reagire meglio sono quelle realtà che hanno saputo fare della diversificazione produttiva e commerciale il loro marchio. In particolare, chi lavora per il settore edile e delle macchine agricole e movimentazione terra è stato maggiormente colpito rispetto a coloro i quali, mantenendo quote di fornitura anche per l'industria energetica, navale e dell'automotive, vedranno per primi la luce in fondo al tunnel». Cassa integrazione, accordi di solidarietà, ferie forzate e blocco del turnover: il mondo della meccatronica ha finora utilizzato tutti i dispositivi e gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dal Governo per evitare chiusure e licenziamenti. «Ora però, per accelerare il trend di ripresa - conclude il presidente di Amma Carbonato - serve uno sforzo in più sia da parte dell'Esecutivo, magari con una Tremonti-ter che conceda nuovi incentivi fiscali a chi investe, sia da parte del sistema bancario, l'unico in gradodi ridare fiducia al sistema allargando i cordoni della borsa e concedendo nuovo credito, perché comunque vada, ci vorrà ancora qualche mese per dire con sicurezza di essere usciti dalla tempesta». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'EXPORT Dalla seconda metà di aprile segnali positivi da mercati di sbocco come Cina e Usa Calo degli ordinativi in frenata da -40 a -10%

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Da Mirafiori al Lingotto in marcia per il futuro (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

UNA MANIFESTAZIONE DI TUTE BLU FIAT /FOTO EIDON Da Mirafiori al Lingotto in marcia per il futuro In migliaia a Torino: «Marchionne tratta con noi» Loris Campetti Loris Campetti Come settant'anni fa, questa mattina i riflettori si accenderanno su Mirafiori. Con una differenza: il 15 maggio del 1939 in cinquantamila vi erano stati deportati da tutte le fabbriche torinesi per acclamare il Duce, salito in questa terra poco amata per inaugurare un Gigante automobilistico che non avrebbe voluto, perché si sa, quando si accentrano tanti operai possono capitare altrettanti guai. Non applaudirono Mussolini, le tute blu torinesi, anzi lo indispettirono al punto che il Duce abbandonò il palco dove svettava accanto a un Giovanni Agnelli in orbace, e andandosene pare che avesse ruggito «Torino porca». Oggi, invece, gli operai arriveranno di loro spontanea volontà alla porta 5, chi da casa con il tram, chi da lontano con un treno speciale o con uno dei 50 pullman che trasferiranno nella (ex?) capitale Fiat i lavoratori di tutto il gruppo. Il gruppo che fa miracoli grazie al prestigiatore Sergio Marchionne, fino a ieri il manager più rispettato - da molti persino amato - nei settant'anni di storia di questa fabbrica. Sabato dovrebbe essere un giorno di riposo, e gli operai italiani della Fiat hanno deciso di dedicarlo alla difesa del loro futuro. Che li preoccupa assai, perché hanno imparato la lezione delle megafusioni in cui le sinergie si traducono in posti di lavoro cancellati. Hanno capito da che parte spira il vento della globalizzazione e temono per destino della loro barca, battuta dai marosi in mezzo all'Atlantico, tra Detroit e Russelshaim. C'è invece chi il sabato lavora, o dovrebbe secondo gli ordini di Marchionne, e invece sciopera: sono gli operai della Powertrain, l'unico figlio rimasto in vita dopo il fallimento del matrimonio General Motors-Fiat. Costruiscono motori, una volta si chiamavano meccanici e facevano a gara, spesso vincendo, con i carrozzieri per chi produceva più conflitto. Da un mese, sostenuti dalla sola Fiom, stanno articolando gli scioperi contro l'intensificazione dei ritmi e l'aumento degli orari di lavoro (la Fiat chiede il passaggio ai 18 turni settimanali) e dunque contro il lavoro il sabato. In una fabbrica e in un gruppo industriale dove impazza la cassa integrazione. Invece di varcare il cancello delle meccaniche, questa mattina si troveranno davanti a un'altra porta, la 5, quella della palazzina da cui partono storicamente le manifestazioni torinesi. Si incontreranno con quelli delle carrozzerie, anche loro comandati al sabato dalla prossima settimana, ma anche loro hanno già detto che, di sabati, alle linee di montaggio neanche a parlarne, finché non vedranno scritto nero su bianco il piano industriale di Marchionne. Almeno loro sono sostenuti da tutte le sigle sindacali. I pluricassintegrati operai di Pomigliano arriveranno con tutta la loro rabbia, quella che ha sfondato il video di Santoro, con un treno speciale. Li accompagnerà il presidente della Campania Bassolino, così come il presidente della Puglia Vendola accompagnerà gli operai Fiat della sua regione e pare che persino il presidente siciliano Lombardo si farà vedere insieme ai lavoratori di Termini Imerese. Non mancherà il sindaco di Torino Sergio Chiamparino. E poi ci saranno gli abruzzesi di Atessa, gli operai della Sevel che temono le conseguenze di un accordo con la Opel: già ora la fabbrica è stata strizzata e «liberata» da centinaia di giovani a tempo determinato, «domani potrebbe saltare la joint venture con la Peugeot, e allora che ne sarà di noi?». Con gli operai della Fiat-auto ci saranno i loro compagni della Iveco (camion) e della Cnh (trattori e macchine movimento terra) che temono di finire in vendita al mercato, in conseguenza dello scorporo dell'auto. E ci saranno i dipendenti di tante fabbriche dell'indotto che vivono di luce riflessa - cioè di commesse Fiat. Sono i più esposti al vento della globalizzazione, e anche i meno protetti, i più facili da rottamare e forse anche per questo, i più combattivi. Un risultato, la manifestazione unitaria di oggi l'ha già raggiunto: dopo aver parlato con sindacati e stati di mezzo mondo, Marchionne ieri ha detto di essere disponibile a incontrorare anche governo e sindacati italiani. L'ha detto formalmente rispondendo al ministro Scajola che aveva supplicato un confronto, in sostanza tenta di rispondere anche ad ansie e incazzature sindacali e operaie. Del resto, avrebbe potuto l''amministratore delegato dei miracoli dichiare «non opportuno» il confronto? Il problema è che, ancora una volta, l'incontro ci sarà «appena sarà possibile ipotizzare una definizione delle trattative in corso con Opel». Il governo Berlusconi non è maleducato come quelli tedesco e americano, non convoca, non pretende, non pone condizioni (occupazionali, industriali, ambientali): aspetta con pazienza il suo turno. La ragione della manifestazione di oggi a Torino va cercata nel fatto che i lavoratori, e alla fine tutti i sindacati, di pazienza non ne hanno più. Lo grideranno nelle strade di Torino che collegano i due punti cardinali di quella che una volta si chiamava lotta di classe: Mirafiori e Lingotto.

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Navdanya , il network che coinvolge le comunità rurali indiane (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

«Navdanya», il network che coinvolge le comunità rurali indiane «Navdanya» è il progetto promosso da Vandana Shiva per la ricerca, sensibilizzazione, formazione e costruzione di un network che coinvolga le comunità rurali indiane. Ha una fattoria biologica e numerosi centri per la conservazione delle sementi. La priorità di «Navdanya» è il benessere dei piccoli produttori rurali marginalizzati realizzato attraverso la valorizzazione del decentralizzato e del locale, considerati custodi delle ricchezze naturali inalienabili, in contrapposizione al gigantismo centralizzato dell'agricoltura globalizzata, che impoverisce il pianeta con l'inquinamento e la monocoltura. Il programma più importante è quello che coinvolge i gruppi di donne, le cui conoscenze e capacità le rendono le vere custodi della biodiversità e della sicurezza alimentare. L'associazione inoltre protegge antiche varietà di semi dalla pirateria genetica delle multinazionali e ne promuove lo scambio. Oltre alla creazione delle banche dei semi, «Navdanya» organizza corsi di formazione per gli agricoltori e per i giovani.

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Obama a Mosca prima del G8 per lo scudo antimissile (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 16-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

WASHINGTON - La Casa Bianca ha annunciato che il presidente Barack Obama farà tappa in Russia e in Ghana, in occasione del viaggio in Italia per partecipare al G8 all'Aquila dell'8-10 luglio. Obama andrà a Mosca dal 6 all'8 luglio per discutere della possibile collaborazione sul controverso programma di scudo antimissile. Subito dopo sarà in Italia per il G8 all'Aquila dove, a margine del vertice degli otto grandi presiederà il meeting sull'energia e il clima. Il presidente americano farà poi la sua prima visita in Africa: sarà in Ghana il 10 e l'11 luglio. Obama, ha reso noto la Casa Bianca, sarà a Mosca "su invito del presidente Medvedev", per un incontro che offrirà "un' opportunità per Stati Uniti e Russia per approfondire il loro impegno sulla riduzione delle armi nucleari e la cooperazione sulla non proliferazione, e per esplorare modalità di cooperare sulla difesa missilistica". La tappa successiva del viaggio sarà il G8 all'Aquila. Un vertice, sottolinea la Casa Bianca, che "insieme ai suoi incontri a margine con leader mondiali delle economie emergenti e africani, offrirà l'opportunità per gli Stati Uniti per impegnarsi con i propri partner su una vasta gamma di questioni". Sulla scia del viaggio europeo, Obama compirà inoltre la propria prima visita da presidente in Africa, il continente da cui proveniva suo padre, un kenyano. Il presidente sarà in Ghana "per rafforzare il rapporto con uno dei partner più fidati nell'Africa sub-sahariana, ed evidenzierà il ruolo critico che un governo e una società civile solidi possono giocare nel promuovere uno sviluppo duraturo". OAS_RICH('Middle'); Sempre sul piano della politica estera ha fatto clamore la nomina di Barack Obama di un governatore repubblicano come ambasciatore degli Stati Uniti a Pechino. La scelta caduta su Jon Huntsman, potenziale candidato alle presidenziali del 2012, per uno dei più importanti incarichi diplomatici è stata ufficializzata dallo stesso capo della Casa Bianca. Il governatore dello Utah ha ammesso di essere rimasto profondamente sorpreso dall'offerta ma quando Obama in persona gli ha confermato di volerlo come suo rappresentante a Pechino, gli ha detto che per quanto lo riguardava bastava questo e ha citato un proverbio cinese che più o meno suona così: "Insieme lavoriamo, insieme andiamo avanti". Huntsman, che parla molto bene mandarino e ha adottato una bambina cinese, ha 49 anni ed è stato vice rappresentante del commercio Usa e ambasciatore a Singapore. In passato ha vissuto a Taiwan in qualità di missionario mormone ed è uno dei politici americani meglio introdotti in Cina, dove si reca spesso. E' stato lo stesso responsabile della campagna elettorale di Obama a indicare Huntsman, attualmente governatore dello Utah, come l'unico del partito repubblicano "che potrebbe essere un candidato potenziale" alle elezioni del 2012. La scelta ha immediatamente suscitato curiosità e interrogativi nell'ambiente politico americano. Huntsman lo scorso anno ha appoggiato John McCain contro Obama nella corsa alla Casa Bianca, e dopo la sconfitta dei repubblicani è emerso come un possibile candidato moderato per le prossime elezioni, per le sue aperture su temi come l'ambiente e i gay. Al suo secondo mandato nello Utah, Huntsman ha infatti liberalizzato le norme restrittive sugli alcolici nel suo Stato e si è dimostrato aperto sulle questioni ambientali e sui diritti degli omosessuali. Il suo ingresso nell'amministrazione Obama sembra però toglierlo dalla corsa presidenziale repubblicana. La nomina necessita ora della conferma da parte del Senato ma non dovrebbero esserci problemi. (16 maggio 2009

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un muro tra il cimitero e il paradiso "il cemento ruba l'anima a portofino" - bettina bush (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XV - Genova Un muro tra il cimitero e il paradiso "Il cemento ruba l´anima a Portofino" Il presidente del Fai Giulia Maria Crespi interviene sul caso che sta dividendo la perla del Tigullio BETTINA BUSH A Portofino i negozi chiudono, e persone ne circolano sempre meno. Solo le proteste si moltiplicano. Prima per quel funereo muretto di puddinga (una pietra scura) spuntato nella piazzetta e così estraneo all´estetica del luogo. Poi l´ampliamento del cimitero del borgo, in questi giorni al centro di polemiche perché ritenuto l´ennesimo intervento di cementificazione. E mentre crescono le proteste per l´incuria verso la bellezza del paesaggio, salgono le preoccupazioni per una città sempre meno vissuta. Cosa si può fare oggi per invertire questa tendenza? A rispondere è Giulia Maria Crespi, Presidente del Fai: «Ricordo che andavo a Portofino tanti anni fa, mentre andavo nella spiaggetta a fare il bagno, sentivo quell´odore di pesce che veniva dalle barche. Era vero, autentico. Oggi quell´odore è scomparso e al posto dei negozietti ci sono solo boutique carissime. Comprare un abito di uno stilista famoso a Portofino è fuori contesto. Non siamo in via Senato o in via Condotti.» Un effetto della globalizzazione? «La gente deve capire che il sapore di un posto, è unico di quel luogo. Se uno compra un giglio, non deve avere il profumo di una violetta. Ogni cosa deve esser coerente a se stessa ed evocare la magia che ha in sè. San Fruttuoso era unica perché aveva il fascino di San Fruttuoso, se la rendiamo uguale a Saint Tropez, morirà». Per difendere, conservare e tutelare questi posti? «Il valore di un posto non è il risultato dei soldi che produce. I soldi non sono tutto, ci sono delle cose che toccano l´anima e lo spirito e non dipendono dal lusso. Ogni cosa deve mantenere la sua coerenza, come negli individui. Ognuno deve cercare il proprio stile ed esser se stesso». Cosa ne pensa dell´idea di clonare Portofino a Dubai? «Se a Dubai vogliono fare una Portofino falsa, lo facciano pure, ma la sua anima rimarrà qui». Cos´è l´anima di un posto? «E´ fatta da tante cose: dai suoi odori, dai suoni, dal profilo delle case contro il cielo, dagli abitanti, ma quelli veri, non quelli importati, dai colori, dalle dimensioni, dalla sua cucina, dalla focaccia e dalle trenette al pesto, non dagli hamburger». Come immagina un turismo sostenibile a Portofino? «Non con orde di visitatori che arrivano e se ne vanno. Farei una strada a traffico limitato e chiuderei la baia. Portofino non ha nemmeno bisogno del famoso nuovo albergo». Cos´è rimasto ancora inviolato? «Il meraviglioso parco, speriamo che non ricomincino a fare strade con scuse per nascondere speculazioni. Chi decide di vivere sul monte deve adeguarsi anche alla sua scomodità e non pretendere di costruire ascensori come nel centro di Milano» E´ troppo tardi per Portofino? «Col Fai abbiamo appena restaurato nella Val Brembana un vecchio mulino che andava a pezzi e l´abbiamo ridato alla gente. Adesso è sempre pieno di persone e attività: la gente risponde, dipende dal modello di sviluppo che proponi. Non è mai troppo tardi, nemmeno per Portofino.»

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MAESTRI DIETRO LE QUINTE Un cofanetto su registi come Rohmer, Loach, Kaurismaki e altri ci ricorda cos'è il cinema per i francesi (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

MAESTRI DIETRO LE QUINTE Un cofanetto su registi come Rohmer, Loach, Kaurismaki e altri ci ricorda cos'è il cinema per i francesi ALBERTO CRESPI Trovandoci a Cannes per il festival, diamo un sapore «cannense» anche a questa pagina sull'Homevideo. Tanto per ribadire che la Francia è l'unico paese al mondo dove uno straniero cinefilo si sente un barbaro: qui il cinema è una cosa seria, lo si impara all'università, i cineasti sono maitres à penser quanto gli scrittori e i filosofi. e aggirandosi fra gli scaffali Homevideo si trova, volendo, l'intera storia del cinema. La differenza non è tanto sul listino contemporaneo, dove la globalizzazione ha vinto (anche qui è il momento degli X-Men, di Indiana Jones, di Hellboy). E nemmeno, o non tanto, sui classici (il cinema francese è edito in maniera massiccia, ma per uno straniero ha il difetto di essere, al 99%, senza alcun sottotitolo). La differenza vera è nei titoli fuori formato, nelle cinematografie extra-europee. PIATTO RICCO La nostra borsa degli acquisti cannensi comprende: un cofanetto del grande documentarista olandese Joris Ivens (edizioni Arte), con una chicca come Terra di Spagna con il commento letto da Orson Welles; una pazzesca edizione della trilogia hongkonghese di A Better Tomorrow (John Woo e Tsui Hark), con tanto di libro ed extra ricchissimi (HK Video); Yukoku, l'unico film diretto nel 1965 dallo scrittore maledetto Yukio Mishima (edizioni Montparnasse); e il cofanetto Cinéma, de notre temps edito dalla MK2. Quest'ultima è la società di Marin Karmitz, storico produttore e distributore francese, che ha tra l'altro editato le meravigliose edizioni dei film di Charlie Chaplin restaurati dalla Cineteca di Bologna. Cinéma, de notre temps è una famosa serie di documentari curati da Janine Bazin e André Labarthe che in Francia sono passati al cinema, ai festival e in tv. Il cofanetto in questione (6 dvd) contiene titoli su: Chantal Akerman, John Cassavetes, Alain Cavalier, Manoel de Oliveira, Abel Ferrara, Philippe Garrel, Hou Hsiao-Hsien, Shohei Imamura, Aki Kaurismaki, Abbas Kiarostami, Takeshi Kitano, Ken Loach, Norman MacLaren, Eric Rohmer, Jean Rouch, Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, Andrej Tarkovskij. Sono ritratti di cineasti al lavoro, alcuni «d'autore»: quello su Straub-Huillet è del portoghese Pedro Costa ed è divertentissimo, documenta senza tabù le affettuosissime liti che Jean-Marie e Danièle avevano in moviola (erano capaci di discutere giorni per decidere dove tagliare una scena). E abbiamo visto - per restare in tema: il suo nuovo Looking for Eric è in concorso - quello che Karim Dridi ha dedicato a Ken Loach. Comincia durante uno sciopero dei dockers di Liverpool nel 1996, con Ken «beccato» da una giornalista che gli chiede ponderose riflessioni sul destino della sinistra (lui risponde «viva la sinistra, abbasso il settarismo», poi confessa al suo operatore: «Mi ha preso alla sprovvista»). In Italia l'unica speranza è di trovare (o ordinare) simili gioielli nelle poche Fnac o cercarli in rete. Buona caccia.

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USA-CINA: SI FA PRESTO A DIRE G2 (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

ECONOMIA & FINANZA pag. 24 USA-CINA: SI FA PRESTO A DIRE G2 LETTERA DA SHANGHAI E' PROBABILMENTE prematuro asserire che il mondo sia ormai dominato da un G2, una strana coppia formata da Stati Uniti e Cina. Questa sintesi riflette non tanto una situazione reale quanto una tendenza; tiene conto dell'inconcludenza dei vari summit planetari e rileva che ormai su tutti i terreni della governance globale l'autorevolezza maggiore appartiene ormai ai due giganti del presente e del futuro. SAREBBE tuttavia affrettato ritenere compiuta questa divisione del mondo: è infatti ancora rilevante su ogni versante internazionale la supremazia di Washington, pur se esiste una progressiva acquisizione di importanza della Cina. Oggi il Dragone è un gigante sia politico che economico; di conseguenza crescono i suoi amici. I paesi industrializzati hanno messo da parte le vecchie animosità. Sarkozy ha ricucito lo strappo per il Tibet dopo essere stato escluso dallo shopping tour europeo dei dirigenti di Pechino. Nella sua prima visita oltre la Muraglia, Hillary Clinton ha affermato che «altri argomenti non possono interferire nella crisi economica globale». Dai comunicati finali dopo gli incontri sono spariti gli accenni alla questione dei diritti umani, sacrificati ai 1.400 miliardi di dollari che la Cina detiene sotto forma di Treasury Bonds statunitensi. UN'AFFERMAZIONE della Cina è stata comunque già raggiunta in Asia Orientale. Vietnam e Corea del Sud, due società confuciane dove la deferenza verso Pechino è stata a lungo imposta, guardano all'emersione cinese con una combinazione di timore, speranza e pragmatismo. Seul è la capitale di un paese ricco e industrializzato, con un reddito pro capite ben superiore a quello della Cina. Da essa tuttavia dipende per il suo futuro. Lì sono stati investiti 40 miliardi di dollari dalle sue multinazionali e quasi 6 milioni di coreani ogni anno vi si recano per affari. E Pechino è l'unico in grado di dialogare efficacemente con la Corea del Nord. Il Vietnam è costretto a sintonizzarsi con la Cina, per una contiguità geografica fonte di opportunità e contemporaneamente di timore che riprenda sotto forme economiche il vassallaggio culturale durato mille anni. Il Dragone con delocalizzazioni, investimenti e scambi commerciali consente al Vietnam uno sviluppo più veloce e contemporaneamente ne trae vantaggio. Un'amicizia economica si tramuta così in una sicurezza strategica per gli approvvigionamenti e per l'eliminazione di ogni forma di ostilità alle frontiere. L'ambizione non è quella planetaria di controllare il mondo, ma garantirsi di poter continuare a prosperare senza interferenze.

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L'economia Gli indicatori continuano a scendere, resta la scommessa dell'Expo 2015 (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Malpensa svuotata La pista degli eroi Il Giro traditore L'Esposizione va a rilento In bilico IL DECANO DI PALAZZO MARINO ALDO BONOMI Partita Alitalia ha già perso metà dei voli Roma vuole la Formula 1 Monza a rischio? Per la prima volta si chiude nella Capitale In un anno solo liti per la sede e le poltrone L'economia Gli indicatori continuano a scendere, resta la scommessa dell'Expo 2015 Le liti Il centro-destra fatica sempre più a esprimere una classe dirigente Berlusconi Viene visto quasi come un estraneo, attento agli interessi di altre aree «Una volta i consiglieri rappresentavano le categorie oggi le lobby economiche» «Stiamo sperimentando per primi la globalizzazione: col risultato che annaspiamo nel vuoto» Meno male che Mourinho c'è, e almeno lo scudetto del pallone non lascia la Madonnina. Altrimenti, per dirla con il mister portoghese che sa parlare come Gianni Brera, sì che sarebbe una figura da "pirla". Milano ha un primato da festeggiare da ieri sera. Gioia per la città "bauscia", quella degli interisti, e per la famiglia Moratti che ha squadra e sindaco. Ci voleva, ci vuole, sia per Milano e per il sindaco Moratti. Perchè a parte l'Inter non è che da queste parti si vinca tanto, o tanto spesso. Più facile che si perda, come a Malpensa, o che ci si perda, come negli affanni che complicano l'avventura Expo 2015. Succede pure, ma questa dev'essere un'eccezione, che se ne vada qualche simbolo. Proprio oggi a Milano passa il Giro d'Italia e il problema è proprio che passa. In cent'anni a Milano si è sempre fermato, ultima tappa. Quest'anno finirà a Roma e c'è chi l'ha presa male. «Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha già presentato il percorso per il Gran Premio di Formula 1 - dice il deputato leghista Matteo Salvini- Non è che perderemo anche il Gran Premio di Monza?». Rischio già sfiorato nel 1994, per la verità, anno del primo governo Berlusconi, quando Umberto Bossi minacciò la prima crisi e Gianni Letta si ricorda ancora le fatiche e le mediazioni. Adesso non è il governo a rischiare la crisi, è la città. E' Milano con la sua immagine, le sue classi dirigenti, la sua politica del fare, magari anche quella dell'annunciare. Che sia Malpensa o l'Expo o c'è la delusione o cominciano i pasticci. Si bisticcia anche per il nuovo presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, per i nemici più legato a Giulio Tremonti ministro dell'economia che agli interessi della città. E poco importa che sia nato a Milano, abbia incarichi alla Bocconi e perfino nel cda del Museo Poldi Pezzoli. Sarebbe un altro segnale della Milano che non è più quella di una volta, e si rassegna a Roma. Insomma, parecchia confusione dalle parti del Duomo. E l'Expo, «il fiore all'occhiello della città», come l'aveva definito il sindaco Letizia Moratti sembra piuttosto appassito. Più di un anno perso a battagliare sul nome del manager, Moratti voleva Paolo Glisenti, è arrivato Lucio Stanca, parlamentare Pdl, già ministro dell'Innovazione. E Stanca, alè, debutta coinvolto in un altra baruffa sulla sede di rappresentanza a Palazzo Reale, su chi paga l'affitto, sui compensi al management e una frase lasciata ieri, mentre s'imbarca per la sua prima missione a New York: «Qualcuno gioca per segnare nella nostra porta, per fare autogol». A Piero Borghini, l'ultimo sindaco riformista nella Milano anni '90, già city manager del sindaco Moratti, ora consigliere regionale voluto dal Governatore Roberto Formigoni, la metafora calcistica ne fa venire in mente un'altra. «Questa è la città dove ai tempi del Milan di Nereo Rocco è nato il catenaccio. Si gioca per evitare il gol». Ma il bello, o il brutto, è che tutto sta avvenendo nella stessa squadra, nel centrodestra che ha numeri abbondanti per governare città, regione, Expo. E inveca s'adatta alle sciagure tipo Malpensa. Borghini: «A volte sembra che Milano si domandi chi sono, dove vado, cosa faccio?». A sentire uno che la conosce bene, Milano sta presentando il suo conto. «Succede che qui -dice Nando Dalla Chiesa, tornato al suo mestiere di sociologo e alla sua passione per l'editoria- si è sempre teorizzata la separazione tra politica ed economia. Milano non ha mai avuto una leadership industriale a palazzo Marino.Da quando si è voluta amministrare la città con la logica dell'azienda, prima con Gabriele Albertini e adesso con Moratti, si è persa la guida politica, quella che sa unire e decidere nell'interesse di tutta la città. Il risultato è che questa oltre ad essere una città divisa è una città che non sa muoversi». Sull'Expo, al momento, è proprio così. Tanto che Roberto Formigoni, dal Canada, si è fatto sentire con un'altra frase che fa capire gli affanni. «L'Expo non può essere una cosa delle istituzioni che litigano tra loro». Così propone gli Stati Generali, come dire smettiamola, mettiamoci attorno al tavolo e non perdiamo più tempo. Benissimo, è il commento di Guido Podestà, il candidato Pdl alla presidenza della provincia, ma non basta. «Ci vuole anche una Legge Speciale. Mettere un punto zero e ripartire in sinergia tra governo locale e governo nazionale». Che è un pò ammettere che finora non c'è stata, la sinergia. «E' proprio questo il problema di Milano», dice il sociologo Aldo Bonomi. «Sta sperimentando per prima, come sempre è avvenuto, la transizione che porta alla globalizzazione. Sembra che sia caratterizzata da un vuoto di leadership, la sta ancora cercando e i tempi non saranno brevi. Oggi si vedono cinque città in una: la Milano del commercio e della moda, quella delle banche e della finanza, quella della solidarietà, quella della comunicazione, quella della cintura urbana e della imprese. Ma sono cinque città che non parlano più tra loro, che non riescono a comunicare». Tante identità, nessuna identità. E niente leadership. Ci possono essere altre spiegazioni, magari più semplici, come quelle di Michelino Crosti, reporter di "Radio Popolare", il decano di Palazzo Marino, dal 1980 non si è perso un Consiglio Comunale. «Una volta i consiglieri rappresentavano la città delle categorie del lavoro, sapevi che i taxisti stavano con i socialdemocratici, i tranvieri con i socialisti, i cantanti della Scala con un dc, l'economia con i repubblicani, le fabbriche con il pci. Adesso in consiglio comunale si rappresentano gli interessi e le lobby. Una nuova linea del metrò non serve per chi va a lavorare, ma per valorizzare un investimento immobiliare». E va bene, Milano non è più quella di una volta, non c'è più un'osteria che prepari trippa e nervetti e il panettone lo fanno le multinazionali. «Però questa è una città che non ha identità - dice Filippo Penati, impegnato a difendere la provincia di Milano dall'assalto di Podestà e dei voti del centrodestra - Avrebbe l'occasione dell'Expo così come Barcellona nel '92 ha avuto quella delle Olimpiadi. Barcellona è rinata. Qui invece, pronti via ed è cominciato uno scontro di potere, e proprio nella città della leadeship nazionale. E' difficile fare squadra quando ognuno dei protagonisti sta giocando una sua partita...». Il Protagonista dovrebbe essere Berlusconi, ma a Milano si vede poco o niente, l'ultima volta novembre 2007, in San Babila per il "Discorso del Predellino". Tra Abruzzo e immondizia a Napoli è lontano da questa partita che intreccia poteri&affari in una città che sogna l'Expo e si sveglia tra gli affanni. Con le cronache milanesi che titolano su «Buche, cartelli stradali, pali storti: la Milano senza decoro». E cominciano ad occuparsi del destino di Letizia Moratti. «Verrà ricandidata», domandano a Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, formigoniano, possibile successore. «Certo», risponde. Domanda folle un anno fa. Oggi no. 2 3 4 1

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"Una campagna da tremila euro" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

"Una campagna da tremila euro" Noi vogliamo cambiare il modello di società e per fare questo bisogna partire dal basso». E' la sfida di Luciano Curetti, 68 anni, pensionato, ex direttore lavori della Cooperativa edilizia Antonelliana, una delle coop rosse, candidato alla Provincia per il Partito comunista dei lavoratori. Marxismo, globalizzazione: il vostro è, quindi, un programma ideologico? «Non si può governare un territorio senza tener conto di principi generali: la globalizzazione interessa anche la nostra provincia. Ad esempio, siamo contrari ai subappalti che, anche a livello locale, favoriscono comitati d'affari. Le imprese che si aggiudicano un lavoro devono avere tutti gli operai a libro paga. La Granda è ricca di risorse energetiche alternative, acqua, sole vento, che si possono sfruttare, gestite, però, a livello pubblico. Sono favorevole alle biomasse, il cui utilizzo potrebbe creare nuove opportunità occupazionali con l'impiego di squadre di giovani nella pulizia dei boschi. Un taglio netto anche alle sponsorizzazioni di manifestazione folcloristiche, che qualcuno spaccia per culturali. Noi abbiamo come priorità la lotta alla povertà. Bisogna darsi una calmata anche sui mega progetti di strade e gallerie. Le merci meno scorrazzano, meno costano e meno inquinano». Duri e puri? «Escludiamo qualsiasi apparentamento. Abbiamo detto no anche a Rifondazione. Se prendiamo anche solo lo 0,1 per cento, non ha importanza. Alle ultime politiche abbiamo raggiunto lo 0,4. Tra centrosinistra e centrodestra c'è poca differenza, nonostante questo preferisco essere governato dal centrosinistra che da Berlusconi». La vostra è quindi una testimonianza? «Non siamo né masochisti, né settari; non si può, però, negare che questo sistema di società e di sviluppo non funziona. Si spendono milioni per fare campi sportivi, poi la Caritas deve intervenire per aiutare le famiglie. La nostra non è, quindi, una testimonianza. L'obiettivo è creare un polo di sinistra con radici marxiste, tanto più oggi che il disastro economico mondiale sta dando ragione a Marx». I rapporti con Rifondazione? «Sono stato nel direttivo provinciale con Ivan Di Giambattista e Fabio Panero, poi me ne sono andato quando Rifondazione ha partecipato a due governi di centrosinistra che hanno portato avanti una politica liberistica». Un politico italiano che stima? «Sono contrario ai personalismi che hanno trasformato la politica in avanspettacolo. Preferisco parlare in generale. Apprezzo la generazione del Dopoguerra. La Prima Repubblica ha avuto dei grandi limiti, ma politici più onesti. Quello che mi preoccupa è il futuro della politica». Quanto spenderete per la campagna elettorale? «Abbiamo preventivato 3.400 euro, che, però, non raggiungeremo mai. Per la Provincia useremo gli stessi manifesti delle Europee, senza fotografie. Faremo molti volantinaggi. Da alcuni mesi siamo davanti alle fabbriche e sui principali mercati. E' bello incontrare la gente; spiace, però, sentire che la maggior parte delle persone ormai vede la politica come una cosa sporca».

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Gm-sindacati, accordo lontano (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Gm-sindacati, accordo lontano [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK General Motors e Canadian Auto Workers sono alla resa dei conti finale dopo la scadenza dell'ultimatum per l'accordo su salari e pensioni. «Negli ultimi giorni abbiamo accettato tagli importanti, ma le richieste di Gm sono eccessive, ci troviamo di fronte a un muro», dice il presidente del sindacato, Ken Lewenza. Sono queste le ultime dichiarazioni ufficiali giunte dal fronte canadese poco prima della scadenza fissata dal governo federale e da quello dell'Ontario per la mezzanotte di ieri. Sul tavolo negoziale ci sono la ristrutturazione del deficit per i piani pensioni, il cui disavanzo è balzato a sette miliardi di dollari canadesi dai 4,5 miliardi di fine 2007. L'azienda punta inoltre a una riduzione dei costi attraverso un adeguamento dei salari orari. In palio ci sono i finanziamenti federali e statali, senza i quali, nello scenario peggiore, Gm potrebbe essere costretta a liquidare asset e licenziare migliaia di lavoratori. Il premier Stephen Harper è intervenuto nelle ultime ore per spronare le parti ad accettare sacrifici, ma per Lewenza è «impossibile» procedere a queste condizioni, visto l'ampio deficit del fondo per l'assistenza sanitaria dei pensionati e l'elevato numero di questi ultimi, 25 mila in tutto. Da Lewenza arrivano timide rassicurazioni nella serata: «Il governo ci ha chiamato venerdì notte dandoci ancora 24 ore di tempo per raggiungere un accordo. Cerchiamo di rispettare i tempi e di chiudere per consentire a Gm riceva i finanziamenti». Poi il silenzio. La partita Gm sul fronte americano prosegue da domani a Washington in un negoziato a tre con sindacati e task force del Tesoro. L'accordo con la Uaw prevede un taglio del costo del lavoro di oltre un miliardo di dollari l'anno. Gm punta a dimezzare a 10 miliardi di dollari la spesa sanitaria per i pensionati, dando in cambio al sindacato il 39% del capitale dell'azienda, in caso di soluzione fuori dal tribunale. Ma le trattative di Washington si concentreranno su un altro aspetto cruciale, il taglio di 21 mila posizioni e il trasferimento della produzione in Paesi con manodopera a basso costo tra cui Cina, Messico e Corea del Sud. Secondo fonti di mercato, Gm prevede di vendere negli Usa oltre 17 mila vetture «made in Cina» già nel 2011, per poi triplicare il numero nel 2014, portandolo all'1,6% dei 3,1 milioni di veicoli che Gm si aspetta di vendere in America tra cinque anni. Il piano è osteggiato da Uaw che sta esercitando pressioni sul governo per una revisione. Come accaduto a Chrysler un mese fa la corsa contro il tempo di Gm passa per i sindacati prima di arrivare al nodo più difficile da sciogliere, quello con i creditori sulla ristrutturazione del debito da 27 miliardi. Se il 26 maggio il piano di swap in azioni per un 10% di capitale non avrà incassato il 90% delle adesioni, Gm sarà costretta al Chapter 11. Sul fronte europeo intanto, il gruppo austro-canadese Magna, concorrente di Fiat nella partita Opel, fa trapelare a mezzo stampa che lascerebbe intatti i quattro impianti del gruppo in Germania. E proprio in vista della scadenza del 20 maggio entro cui le società devono presentare i piani su Opel, il Lingotto ha nominato come advisor Citigroup e Unicredit, mentre Deutsche Bank sarebbe invece stata scelta da Gm per Saab. Ed è il progetto di alleanza planetario di Fiat che consentirà al gruppo torinese di essere tra i leader mondiali, accrescendo, entro il 2012, la quota di mercato in America Latina di un altro 1,3%. Secondo uno studio Polk il mercato dell'auto uscirà trasformato dalla crisi al punto tale che a trainare le vendite dal 2015 saranno i Paesi emergenti.

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Tienanmen, un mistero lungo 20 anni (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 17/05/2009 - pag: 9 L'anniversario Nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 la repressione della rivolta di studenti e lavoratori Il ricordo Le nuove generazioni cinesi non sanno niente di quello che successe in quei giorni. E sono pochissimi gli adulti che ancora ne parlano Tienanmen, un mistero lungo 20 anni Mai svelato il numero dei morti. Trenta persone ancora in carcere I silenzi delle autorità di Pechino e le memorie di Zhao Zhiyang DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO I carri armati non fanno più rumore. Sono passati, sono lontani. La Tienanmen è silenziosa. Il caos insanguinato di vent'anni fa non si sente più. Sparito dall'orizzonte della Cina: le nuove generazioni non sanno o quasi, solo pochissimi coltivano apertamente la memoria ed è più facile farlo all'estero. «Di allora ha ricordato sui giornali Wuer Kaixi, uno dei leader studenteschi mi addolora la sorte delle vittime. Noi capi siamo sopravvissuti, loro no. Ma la colpa è solo del regime ». Ciascuno dei superstiti ha vissuto una Tienanmen diversa. Durante le proteste emersero divergenze fra le anime della piazza, poi ci sono state liti tra reduci. Ma «le differenze di opinione su come andarono le cose non dovrebbero intaccare la grande nobiltà di quant'è successo» ha commentato Ma Jian, che l'anno scorso ha condensato il suo '89 in un romanzo visionario, Beijing Coma, presto in uscita in Italia (Feltrinelli). Anche allora ci furono tante Tienanmen. La protesta prese corpo tra il 15 e il 22 aprile, morte e funerale dell'ex segretario riformista del Partito comunista Hu Yaobang. Le inquietudini per le disuguaglianze tra beneficiari ed esclusi delle aperture economiche, le richieste di democrazia, l'insofferenza per la corruzione, l'inflazione agitavano la società cinese da almeno tre anni ed è anche per questo che nell'87 Hu Yaobang era stato rimosso da Deng Xiaoping. «Fu la prima volta spiega da Hong Kong il sinologo Jean-Philippe Béja che un movimento così coinvolse centinaia di città. Proprio su quanto accadde nelle province, sulla lotta nel Partito, sui rapporti fra i segretari regionali e Pechino si deve ancora indagare». Molte cose accaddero dal 15 aprile fino alla notte fra il 3 e il 4 giugno. Il bilancio è ancora controverso, centinaia di morti (secondo alcuni anche migliaia), più la repressione successiva. Tentativi di dialogo, la mobilitazione della popolazione (non solo studenti, ma anche intellettuali, operai, comuni cittadini), lo sciopero della fame, la legge marziale. E, nelle stanze del potere, la divaricazione fra i falchi, come il premier Li Peng che ottenne l'appoggio di Deng, e i fautori della linea morbida, come il segretario del Pcc, Zhao Ziyang, che venne esautorato e poi messo ai domiciliari fino alla morte (2005). Molte cose accaddero, appunto. E la Tienanmen non fu uguale per tutti, anche dopo. Shao Jiang, più volte incarcerato, ha ammesso: «Come molti studenti, non fui picchiato con la ferocia riservata ai lavoratori. Loro soffrirono il peggio». Trascorsi 14 anni di carcere e 5 di libertà condizionata, Zhang Yansheng, uno di loro, ha potuto parlare: «Gli studenti non hanno patito gravi conseguenze, tornarono nelle aule, li rieducarono lì. Noi operai fummo puniti duramente, come monito per loro ». È la voce di un'emarginazione innominabile. Secondo la Fondazione Dui Hua nelle carceri cinesi rimangono una trentina di persone condannate per i fatti dell'89, un anno fa il Dipartimento di Stato americano diceva tra 50 e 200: chi ne è uscito porta con sé un corpo devastato e un passato di cui non si può parlare. Quando negli anni Novanta l'ex studentessa Diane Wei Liang, diventata docente negli Usa, venne invitata in Cina per un corso di business administration, provò a parlare della Tienanmen ai suoi allievi: «Non era nei libri. Chi ne sapeva qualcosa conosceva solo la versione del regime. Agli altri non importava. Pensavano solo a far soldi». Bollati come controrivoluzionari, studenti e lavoratori del movimento proclamavano invece che «il patriottismo non è un crimine» e cantavano l'Internazionale. Il mutismo delle autorità di Pechino sembra destinato a non incrinarsi neppure con la pubblicazione, in questi giorni, delle memorie di Zhao Zhiyang, un atto d'accusa ai vertici, una vendetta postuma. Un silenzio non privo di imbarazzi, come in una lettera al giornale di Hong Kong Ming Bao ha sottolineato Wang Dan, forse il più carismatico dei leader studenteschi, ora a Oxford: coloro che sostengono che la repressione militare fu la «giusta decisione» tacciono, anzi «non solo non è permesso criticarla, ma è anche vietato elogiare il governo. Ragionate: se i leader pensano sul serio di aver ragione, perché evitano di affrontare l'argomento? Solo gli insicuri scansano i problemi...». Molte carriere politiche sono dense di omissis. Il premier Wen Jiabao, uno dei più riformisti di oggi, comparve accanto a Zhao che implorava gli studenti di lasciare la piazza. Un'espressione impietrita, quasi a dire: che ci faccio qui? «È stato molto abile a far dimenticare quella foto, Wen» dice Béja. Guidava lo staff del segretario generale del Partito, cioè Zhao, ed era lì in quel ruolo. Un funzionario, leale all'incarico più che alla persona del capo: «Non fece parte del gruppo che decise la legge marziale ma Wen per ricomparire avrà dovuto fare autocritica e si sarà difeso dicendo che aveva eseguito gli ordini. Non ha convinzioni politiche forti e infatti non ha incarnato alcun new deal ». Vent'anni dopo si lambisce il paradosso di constatare che certe rivendicazioni della piazza sembrano soddisfatte. «Non la richiesta di democrazia, però. Anzi, il sistema e la riflessione sulle riforme sono più che mai bloccati» avverte Béja. Wang Xiaodong, ricercatore presso un centro di pedagogia che dipende dalla Lega della gioventù comunista, ha curato il recente bestseller «nazionalista » La Cina è infelice e non può essere sospettato di avversione al sistema: «Sì, il governo non ama che le gente parli dell'89. Ma in questi anni dice al Corriere la vita è migliorata, la libertà politica aumentata. Una parte delle richieste fatte dagli studenti di 20 anni fa sono state realizzate, anche se certamente ci sono anche quelle non realizzate. Quindi forse i giovani non sentono l'importanza di quell'evento. Che il governo ne parli o no, non dipende dalla sua forza. Se ne discuterà se la società cinese sarà migliore, più tranquilla e parlare del 4 giugno non provocherà turbolenze. Francamente neanche adesso causerebbe disordini parlarne. Ma forse il governo ha altro a cui pensare». La rivolta Jean-Philippe Béja: «Centinaia di città furono coinvolte. Si deve indagare su ciò che accadde davvero» La foto simbolo di Tienanmen: un giovane davanti ai carri armati (Ap) M.D.C.

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L'India e i suoi paradossi, dalle caste all'high-tech (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 17/05/2009 - pag: 11 Dossier La «democrazia più grande» con la classe politica più indagata. In economia il sogno più ambito resta l'impiego pubblico L'India e i suoi paradossi, dalle caste all'high-tech «Un Paese di un milione di piccoli ammutinamenti » lo definì lo scrittore V.S. Naipaul. E un Paese di aggiustamenti lenti, l'India che sembra avanzare a passo indolente sulla via della modernità mentre la Cina corre. Dalla politica all'economia, ecco nove flash su un «altro mondo» che forse (più della Cina) ci somiglia. Politici sporchi La «più grande democrazia del mondo» (714 milioni di elettori) «vanta» la classe politica più processata: su 543 parlamentari uscenti, 128 avevano procedimenti penali (84 per omicidio, 17 per rapina, 28 per estorsione: un parlamentare indagato per 17 omicidi). Dhirubhai Ambani, proprietario di una delle maggiori aziende del Paese, diede questo consiglio a Rupert Murdoch: «Se vuole concludere qualcosa, in India, deve incontrare tutte le persone sbagliate». Giustizia lenta Nel 2006 le cause arretrate ammontavano a 27 milioni. Per smaltirle con il ritmo attuale ci vorrebbero 3 secoli. Quasi 75 miliardi di dollari (circa il 10% del pil) è bloccato in cause legali. Economia in nero Meno del 7% degli indiani lavora nell'«economia formale »: 35 milioni su 470 milioni (21 milioni sono dipendenti pubblici). Solo poco più di un milione di indiani è impiegato nell'Information Technology con capitale Bangalore (dai software ai call center), lo 0,25% della forza lavoro (ma abbastanza per far nascere negli Usa il verbo «to bangalore »: «bangalorizzati» sono i posti di lavoro persi in patria a vantaggio di Paesi emergenti). Gli indiani impiegati nelle multinazionali (spesso visti come vittime in Occidente) costituiscono in realtà una minoranza privilegiata. Posto fisso Paese arcaico e high-tech: i cellulari (10.000 venduti all'ora) mandano in pensione gli estensori ambulanti di lettere come G.P Sawant, 61 anni, che nelle strade di Bombay ha vergato oltre 10 mila lettere. Tra gli ambulanti ancora resistono «i pulitori di orecchie» come Sheikh Mohammed, 25 anni (50 clienti, 50 centesimi di euro al giorno). Emancipazione femminile dai bar alla luna. Solo di recente la Corte Suprema ha cancellato la legge (britannica) del 1918 che proibiva alle donne di fare le bariste. Tremila giovani specializzate lavorano al Centro Spaziale che pochi mesi fa ha spedito una navicella tutta indiana sulla luna. Eppure per milioni di famiglie il sogno resta un posto fisso nell'amministrazione pubblica. Il mito del «burra sahib» (il grande capo ufficio), la realtà del fattorino ben pagato: stipendi che sono quasi il triplo dei parigrado nel settore privato. Analfabeti e laureati Il tasso di alfabetizzazione è fermo al 65% (contro il 90% della Cina). Il sistema universitario è imponente. L'India sforna un milione di ingegneri l'anno (in Europa e Usa non arrivano a 100 mila). Caste e clientele Metà della popolazione indiana appartiene alle caste inferiori. Metà dei posti pubblici è riservata alle tre classi più emarginate (compresi i dalit, gli intoccabili) attraverso la mediazione dei rispettivi partiti «di casta». Pochi posti assegnati per concorso. Edward Luce, autore dello straordinario «A dispetto degli Dei» (Bocconi editore) lo definisce «il più vasto sistema clientelare nel mondo democratico». Vaccini e bambini Metà dei vaccini distribuiti dall'Onu ai minori di tutto il mondo è prodotto (da poche centinaia di laureati) alla Serum Institute di Pune. L'India è ai primi posti nell'industria farmaceutica. Eppure spende appena lo 0,9% del pil per la sanità pubblica (la Cina il 2%). Per l'Unicef il 43% dei bambini sotto i 5 anni è denutrito (più in India che in Africa). Ci sono solo 760 dottori «veri » ogni 100.000 abitanti. I «ciarlatani » sono di più: solo a New Delhi i finti medici sono 40 mila. Il muro anti-immigrati Tremila chilometri di filo spinato per bloccare i migranti dal vicino Bangladesh (negli anni '70 apprezzati come forza lavoro). E' la marcia indietro indiana contro i clandestini. Contadini suicidi 150.000 negli ultimi dieci anni. L'angoscia di non poter sfamare la famiglia ha portato via anche un agricoltore-poeta. Shrikrishna Kalamb, 50 anni, si è impiccato a Murtijapur. Una sua poesia si intitola Vasare, vitelli: «Siamo vitellini, stupidi vitelli denutriti. Sudiamo, sudiamo nei campi. Coltiviamo perle, ma i nostri figli hanno sempre fame». Michele Farina

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Comunicato Stampa week end con gli autori a Fiorano: la cronaca (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 17-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Comunicato Stampa week end con gli autori a Fiorano: la cronaca (17/5/2009 17:45) | (Sesto Potere) - Fiorano - 17 maggio 2009 - E’ stato un fine settimana intenso, quello appena conclusosi, per i Fioranesi interessati alla rassegna di appuntamenti “Fiorano incontra gli Autori”, organizzata dal Comitato Fiorano in Festa e da Lapam Federimpresa in occasione del Maggio Fioranese. Tra sabato sera e domenica mattina infatti il Teatro Astoria ha ospitato due nomi di grandissimo rilievo: Vandana Shiva e Mons. Luigi Bettazzi. Erano presenti il Sindaco Claudio Pistoni, il Vicesindaco Maria Paola Bonilauri, il Presidente del Comitato Fiorano in Festa Giancarla Moscattini e il giornalista e moderatore Roberto Armenia, che ha coordinato gli incontri. In rappresentanza di Lapam Federimpresa hanno partecipato Erio Luigi Munari, Presidente Generale, e Marcello Verucchi, Responsabile Generale di Zona. Vandana Shiva, filosofa, ambientalista e scrittrice indiana, è considerata la teorica più nota di una nuova scienza, l’ecologia sociale. Sabato sera, davanti ad un folto pubblico di interessati, ha presentato i libri “Dalla parte degli ultimi. Una via per i diritti dei contadini” (Slow Food Editore 2008), “India spezzata” (Il Saggiatore Editore 2007) e “Ritorno alla Terra” (Fazi Editore 2009). La Shiva ha esordito parlando dell’inizio della sua “avventura”, e cioè la distruzione delle foreste dell’Himalaya agli inizi degli anni ’70, distruzione che provocò catastrofi naturali e morte. Fu in quel periodo che nacque il Cipko (“Abbraccio”), movimento femminile e pacifista guidato da donne coraggiose che difendevano gli alberi abbracciandoli. Per i commercianti che avevano deforestato l’Himalaya quegli alberi avevano un valore solo se morti, mentre per quelle donne avevano un valore solo se vivi. Un altro grande problema che ha rovinato l’India è stato l’introduzione delle monoculture e la soppressione delle biodiversità. Vandana Shiva ha spiegato che le fabbriche chimiche che lavorano per l’agricoltura industriale sono nate in realtà per la realizzazione di prodotti chimici da usare durante i conflitti: è per questo che l’agricoltura industriale ha ucciso e ucciderà gli esseri umani, perché deriva direttamente dalla guerra. La Terra ha bisogno di un nuovo tipo di economia, un’economia vivente basata sulla verità e sulla democrazia, perché quella che ha retto il mondo fino ad oggi si è rivelata menzognera e del tutto inadeguata a soddisfare i bisogni di tutti gli esseri umani. I fautori della globalizzazione hanno costruito il tetto senza però preoccuparsi delle fondamenta e delle mura. La crisi che ci sta colpendo ci dà l’opportunità di costruirle, ma dobbiamo farlo con l’obiettivo di offrire una vita migliore a tutti. Alla fine dell’incontro Vandana Shiva ha ricevuto il premio “Amici della Pace” del Club UNESCO, per far sì che il suo impegno a favore dell’ecologia e le sue numerose battaglie contro la povertà del Terzo Mondo e contro la globalizzazione non vengano ignorate ma diventino un modello da seguire e da imitare. Domenica mattina è stata la volta di un altro grandissimo nome: Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo Emerito di Ivrea. La mattinata di Mons. Bettazzi è iniziata con la Santa Messa delle ore 10 nella Chiesa Parrocchiale di Fiorano, dove ha potuto incontrare i bambini che frequentano il catechismo e “chiacchierare” un po’ con loro. Alle 11 è iniziato l’incontro al Teatro Astoria, durante il quale ha presentato il suo ultimo libro, “In dialogo con i lontani. Memorie e riflessioni di un vescovo un po’ laico” (Aliberti Editore). Mons. Bettazzi, indubbiamente un gran comunicatore, ha voluto spiegare la sua concezione di “laicismo”: il laico è colui che si muove su un piano razionale senza ispirarsi a principi religiosi,ma ciò non significa che non ne abbia. Il laicismo è ciò che permette di mettere in comunicazione tutte le religioni. Le religioni non possono essere invocate per fare la guerra. Le religioni devono far lievitare il mondo. Il Dio che preghiamo ha un nome diverso per tutti, ebrei, musulmani, buddisti, ecc…però è sempre Uno il creatore, e non possiamo lasciare che il chiamarlo con un nome diverso crei morte e distruzione. Alla domanda sulla condizione dei giovani oggi, Mons. Bettazzi ha risposto che i giovani respirano il mondo che hanno costruito gli adulti, e che quindi non possiamo permetterci di condannarli senza prima chiederci cosa abbiamo sbagliato noi per primi. Per far progredire la nostra società è fondamentale che si cammini insieme, ma il rischio è che per stare insieme si rimanga fermi: per superare questo problema è necessario l’impegno di tutti. Mons. Bettazzi ha “condito” i suoi interventi con dei simpatici aneddoti sulla sua esperienza da protagonista alle sessioni del Concilio Vaticano II: egli ha sottolineato che i Vescovi sono stati i primi ad essere stati cambiati dal Concilio e che l’importanza di questo evento è stata data soprattutto dal suo aspetto pastorale e non dogmatico. Il prossimo incontro della rassegna “Fiorano incontra gli Autori” è per domenica 31 maggio, quando Mario Ventura, Viceprefetto Vicario di Modena e scrittore esordiente, presenterà al Teatro Astoria il suo primo romanzo, “La botte napoleonica”. L’incontro con Lilli Gruber non avrà luogo a causa del prolungarsi degli impegni televisivi della presentatrice.

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Colombo annuncia: I tamil sono finiti (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Colombo annuncia: «I tamil sono finiti» Offensiva finale, voci dall'esercito di suicidi in massa Junko Terao «Sono fiero di annunciare che il mio governo, con l'impegno totale delle nostre forze armate in un'operazione umanitaria senza precedenti, ha finalmente sconfitto militarmente l'Ltte». Devono essere brillati gli occhi al presidente srilankese Mahinda Rajapakse quando ieri ha pronunciato le parole che da tempo si era preparato. Da Amman, in Giordania, dove si trovava per un vertice G11, rientrerà oggi a Colombo come «leader di una nazione che ha sconfitto il terrorismo». L' «offensiva umanitaria» contro le Tigri dell'Ltte (Tigri per la liberazione del Tamil Eelam), che da gennaio ad oggi ha fatto oltre 6500 vittime civili, è quasi giunta al termine. Ieri all'alba l'esercito ha conquistato la zona costiera dei due chilometri quadrati o poco più di giungla dove sono ancora asserragliati gli ultimi ribelli insieme a migliaia di civili. Perso anche l'accesso al mare, ultima via di scampo, le Tigri sono con le spalle al muro. Ancora 48 ore e tutto sarà finito, fanno sapere dal ministero della Difesa, capeggiato da Gothabaya Rajapakse, fratello del presidente. Ma alle dichiarazioni di vittoria non sono seguite spiegazioni su cosa accadrà nelle prossime ore. Solo un avvertimento: le Tigri sono pronte al suicidio di massa. Una notizia circolata sulla stampa srilankese, che cita fonti dell'esercito, secondo cui i ribelli, insieme ai civili, sarebbero pronti al sacrificio piuttosto che arrendersi. In caso di carneficina, insomma, la responsabilità sarà delle Tigri. Un'altra notizia, per ora non ufficialmente confermata, dà Velupillai Prabhakaran, leader fondatore dell'Ltte, per catturato, non si sa se vivo o morto. Dopo 26 anni di guerra civile, sembra che Colombo sia riuscita a piegare le Tigri, perlomeno per ora. Che l'abbia fatto a scapito di migliaia di Tamil uccisi e oltre 200mila sfollati detenuti ora in campi in condizioni disumane, non importa. «L'intento del governo di porre fine alla guerra con un bagno di sangue non risolverà un conflitto che dura da decenni, ma porterà la crisi a livelli imprevedibili». Le parole minacciose di Selvarasa Pathmanathan, capo delle relazioni internazionali dell'Ltte, ricercato dall'Interpol e latitante, hanno un fondo di verità. Non sarà di certo con la fine di quest'offensiva che Colombo potrà cantar vittoria, perchè il problema della minoranza Tamil continuerà ad esistere. Ma Rajapakse ha sconfitto il terrore, come va dicendo, e la comunità internazionale che nelle ultime settimane chiedeva una tregua, Gran Bretagna e Usa in primis, dovrà ora tacere. Il bilancio reale della carneficina che si è consumata in questi mesi sarà noto solo quando le organizzazioni internazionali saranno riammesse nella regione, ma già è chiaro che saranno numeri esorbitanti. I ripetuti appelli alle due parti per la protezione dei civili sono caduti nel vuoto, le bombe dell'esercito hanno continuato a cadere sugli ospedali pieni di feriti e l'eventualità di accuse per crimini di guerra non ha fermato gli attacchi indiscriminati dei militari. L'unico tentativo concreto per convincere Colombo a desistere è stata la minaccia Usa di «ritardare» - giammai bloccare - un megaprestito di quasi 2 miliardi di dollari che il governo srilankese aspetta dal Fondo monetario per sanare una situazione economica disastrosa. Troppo poco, anche perchè il Fmi ha già fatto sapere che i soldi arriveranno nelle prossime settimane. Quanto al Consiglio di sicurezza Onu, è stato messo fuori gioco dagli amici di Colombo, Cina e Russia, che si sono sempre opposte a una risoluzione a favore dei civili Tamil. L'appoggio di Pechino e Mosca va ben oltre il Consiglio di sicurezza. Il capo della Difesa, Gothabaya Rajapakse, ha siglato proprio venerdì con la Russia un accordo per la fornitura di elicotteri militari, armi e altri equipaggiamenti. Per l'offensiva finale Rajapakse ha potuto contare sull'aiuto della Cina, che dal 2007, quando gli Usa hanno interrotto i rapporti commerciali per il mancato rispetto dei diritti umani, è diventato il principale partner di Colombo nel commercio di armi, munizioni e velivoli bellici (tra cui 6 jet F7 da combattimento forniti gratuitamente) e ha superato il Giappone come donatore più generoso. Non è un caso. Pechino, infatti, sta costruendo un gigantesco porto da 1 miliardo di dollari a Hambantota, nel sud-est dell'isola, che andrà ad aggiungersi ad altrettanti scali in costruzione in Pakistan, Bangladesh e Birmania. L'urgenza di «pacificare» il nord del paese in pochi mesi dopo quasi 30 anni di guerra civile si spiega anche così. *Lettera22 Foto: FOTO GOVERNATIVA DELLA CONQUISTA DELL' «ULTIMA SPIAGGIA» DA PARTE DELL'ESERCITO SRILANKESE /REUTERS

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Sono passati vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Tra pochi giorni, i ragazzi europei, n... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sono passati vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Tra pochi giorni, i ragazzi europei, nati dopo quello storico evento, voteranno per il Parlamento di Strasburgo: li abbiamo definiti i giovani della «Generazione Ue» e abbiamo chiesto loro che cosa leggono (se leggono), che musica ascoltano (e che l'ascoltino, qui non abbiamo dubbi: anche se la scaricano dal web e non la comprano certo nei negozi), come comunicano. Il risultato? Si sarebbe tentati di dare tre risposte omologate: la saga di Twilight, i Green Day, su Twitter. Ma si rischierebbe di perdere un pezzo della fotografia. Un dato che resta ineluttabile sullo sfondo, intanto: nel febbraio di quest'anno, il 17,5% degli europei di età inferiore ai 25 anni era disoccupato, rispetto al 14,7% del febbraio 2008. Più del doppio del tasso globale di disoccupazione nell'Unione europea, salito dal 6,8 al 7,9% nel medesimo periodo. In un'epoca di crisi e di incertezza sociale, il grande popolo del televoto, ragazzi tra il Baltico e il Mediterraneo che di muri e di barriere ideologiche non conservano neppure la memoria storica, esprime un consumo culturale in gran parte globalizzato, ma con specificità nazionali. E così, se una trasmissione come X Factor raccoglie consensi praticamente dovunque, nelle varie declinazioni linguistiche, a Madrid va ancora la telenovela, seppure rosa e satirica («Sin tetas no hay paraiso», senza tette non vai in paradiso) e a Berlino si segue lo show della gloria nazionale Heidi Klum, a caccia di nuove fotomodelle. Questo è un tentativo di istantanea, qui e oggi, dei giovani europei che prima del 1989 si definivano occidentali, attraverso i loro gusti e attraverso i personaggi che ne formano l'identità. Non solo Lady Gaga o i vampiri sexy di Stephenie Meyer, ma anche Olivier Besancenot, quello che «le nostre vite valgono più dei nostri profitti». O l'eroina-martire del Grande Fratello Jade Goody, versione anni Duemila della principessa del popolo.

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lippi: "basta qualche ritocco e può puntare alla champions" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 45 - Sport Un grande La maglia azzurra Due su tutti Lippi: "Basta qualche ritocco e può puntare alla Champions" "Pochi giocatori alla nazionale? Io sto meglio di Capello" Mourinho? Grande allenatore, grande personaggio. Lui sa sfruttare al massimo le risorse che ha Ci sono pochi nerazzurri in maglia azzurra Ma succede in tutto il mondo: colpa della globalizzazione Ibra fondamentale, poi Julio Cesar, grandissimo Santon, bella scoperta L´Inter è una società all´avanguardia Marcello Lippi, ct della nazionale campione del mondo, come le è sembrato il campionato dell´Inter? "Dico che è stata la più forte, rimanendo in testa per l´intero campionato, quindi ha meritato di vincerlo". Qualità principale? "Giocare con continuità, saper mantenere la forma il più a lungo possibile e soprattutto la concentrazione. Concentrazione vuol dire saper coinvolgere i giocatori, tutti dal primo all´ultimo, nel progetto. Farli sentire importanti. E poi l´Inter ha grandi giocatori, alcuni grandissimi". Quarto scudetto consecutivo, non è capitato a molti: è sembrata un po´ la Juventus di Lippi? "No l´Inter ha un suo marchio riconosciuto da anni, è una squadra all´avanguardia, moderna per l´organizzazione societaria e di squadra. Per quanto riguarda la Juve di Lippi eviterei volentieri, sono due storie molto diverse". Una squadra perfetta non si direbbe. "Ormai le manca pochissimo per fare il grande salto internazionale. Qualche rinforzo, ma anche solo il superare ottavi e quarti di Champions per cominciare a farti sentire grande a livello europeo. L´Inter è vicinissima a quel salto". Giocatori fondamentali? "Ibrahimovic prima di tutto, che Mourinho ha fatto giocare sempre. E poi Julio Cesar, grandissimo portiere". Il portiere e la prima punta, e in mezzo? "Una bella scoperta è stato Santon. Poi Cambiasso, Stankovic e Zanetti che formano l´asse portante del centrocampo da anni. E´ anche questo uno dei motivi di successo. Formare un gruppo di grandi giocatori che cresce nel tempo". E quanto ha contato Mourinho? Che rapporto ha con lui? "E´ un grande allenatore e un grande personaggio. Con Mourinho ci conosciamo da anni ed ebbi modo di avere contatti con lui già quando era al Chelsea. Ma non è che abbia mai avuto molti giocatori da fornire alla nazionale?". Non è singolare che la squadra che da 4 anni vince il campionato abbia dato così pochi giocatori alla nazionale? Materazzi al Mondiale, e basta praticamente. "No, non è un fatto strano, è così in tutto il mondo. Se vogliamo possiamo dare la colpa alla globalizzazione. In Inghilterra Manchester, Chelsea, Arsenal sono del tutto straniere, hanno presidenti stranieri, capitali stranieri, allenatori stranieri e hanno pochissimi giocatori inglesi. Il problema è più di Capello che ha solo il 38% di giocatori convocabili che giocano nei club inglesi. Io almeno arrivo al 60%?". Le assomiglia un po´ come carattere Mourinho? "Invece che assomigliarsi o essere diversi, lo sapete qual è la qualità più importante per un bravo allenatore? Saper sfruttare al massimo le risorse umane che ti vengono messe a disposizione. E Mourinho lo sa fare benissimo". Aggressivo però. "Fa parte del carattere?" Si dice anche che il suo sia un calcio molto fisico. "Non è una questione di dribblatori o giocatori di classe che dir si voglia. Ormai la potenza conta per tutti. La bravura, ripeto, è saper tramutare quella potenza in concretezza, in risultati. La potenza da sola non ti farebbe vincere". Poca spettacolarità però. "Io ho visto anche delle belle partite quest´anno. Quelle con Milan, Juventus, Roma avversarie quindi di rango". Lo scudetto all´Inter lo hanno regalato un po´ anche Milan e Juve con una stagione disgraziata? " No, secondo me la Juve ha fatto abbastanza il suo. Più o meno un campionato come lo scorso anno. Milan e Roma sono state molto condizionate dagli infortuni. L´Inter è stata più stabile, sempre prima". (f. bo.)

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Confcommercio, arriva a Genova il "roadshow" delle pmi (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Confcommercio, arriva a Genova il "roadshow" delle pmi a palazzo san giorgio Sangalli: «Servono riforme perché le aziende siano il motore in grado di guidare l'Italia fuori dallo stallo economico» 18/05/2009 GENOVA. Tappa genovese oggi a palazzo San Giorgio per il roadshow sulle piccole e medie imprese organizzato dalla Confcommmercio. Obiettivo, la richiesta di un fisco sostenibile per quelle aziende che, come noto, costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano. Il roadshow è infatti l'occasione per presentare il manifesto "L'Italia delle imprese, le imprese per l'Italia". A spiegare di che cosa si tratta, è lo stesso presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, anche lui a Genova: «Il nostro manifesto raccoglie e amplifica lo spirito dello Small Business Act, che in pratica è l'atto con cui la Commissione Europea ha riconosciuto il ruolo centrale delle piccole e medie imprese. Si tratta quindi di un contributo per riconfermare le pmi come motore dello sviluppo: la crisi c'è e si fa sentire, ma può costituire l'opportunità per un nuovo ciclo di sviluppo e di coesione sociale, a condizione che il treno della ripresa sia "guidato" dalle pmi». Le imprese insomma si impegnano a garantire crescita e sviluppo, nonostante i tempi duri. Ma in cambio, chiedono riforme: una legislatura costituente che risponda ad alcune esigenze per rimettere in pista le imprese italiane. Alcuni esempi: lotta all'evasione, meno pressione fiscale, ordinamento più certo, più collaborazione tra banche e imprese, il rafforzamento del ruolo dei sistemi di garanzia mutualistica dei fidi. Infatti, spiega ancora Sangalli «il sistema italiano, è sperimentato, ha successo, è dinamico e vitale, e si è sedimentato spesso grazie a un forte legame con il territorio. Un modello che è stato a lungo vincente. Ma che oggi, però, è alle prese con la difficoltà di rimodularsi secondo le logiche imposte dalla globalizzazione». «Dobbiamo trovare - conclude Sangalli - il coraggio e le capacità per ripensare e rilanciare il sistema delle pmi italiane, attenti a non perdere di vista, a non snaturare quel bagaglio di esperienze e successi che negli anni passati ne ha fatto un esempio da imitare». A. Q. 18/05/2009

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Un repubblicano per Obama (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-17 - pag: 12 autore: ... NOMINATO L'AMBASCIATORE IN CINA Un repubblicano per Obama B arack Obama ci ha dato ieri l'ennesima prova di pragmatismo: ha scelto un repubblicano, Jon Huntsman, governatore dello Utah come suo ambasciatore in Cina. Una mossa non convenzionale: in genere i presidenti Usa offrono le poltrone da ambasciatore più prestigiose a importanti finanziatori del partito o della campagna. Oppure, se si tratta di una poltrona delicata si affidano a professionisti: Obama non conosceva Ivo Daalder un esperto di politica estera alla Brookings Institutions,ma lo ha inviato lo stesso a Bruxelles come ambasciatore " esperto" alla Nato. In questo caso Obama conosce pochissimo Huntsman. Dovendo scegliere un rappresentante politico avrebbe potuto pescare fra vecchi notabili del partito democratico. Qualcuno ha detto che potevano esserci interessi politici: eliminare un potenziale concorrente per il 2012.Possibile.Ma l'unico fatto certo è che Huntsman ha fatto il missionario a Taiwan,l'ambasciatore a Singapore, parla il mandarino, ha adottato una bambina cinese: sulla carta era il candidato migliore. Obama, il realista, va sul sicuro.

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Dove c'è oro, c'è Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-17 - pag: 13 autore: Dove c'è oro, c'è Cina Comperate 450 tonnellate e ne ha chieste 403 all'Fmi di Roberto Capezzuoli U na volta comperare oro era un segno di benessere. Oggi lo si fa per paura di perderlo, il benessere. Il timore che altre forme di risparmio siano rischiose e l'ipotesi che in un futuro più o meno vicino si affacci l'iperinflazione hanno scatenato dall'autunno scorso gli acquisti di monete e lingotti d'oro, in Italia come in tutto il mondo. Anche gli Exchange traded fund (Etf) hanno incontrato il favore degli investitori: pari a un decimo di oncia, scambiati come un titolo azionario, gli Etf replicano il valore dell'oro al fixing e sono garantiti dall'accantonamento di una pari quantità di metallo nei caveau della società emittente. Non hanno il fascino del possesso e comportano un costo di stoccaggio, ma liberano dai rischi connessi con il movimento fisico. Una ricetta che ha spinto il più noto di questi strumenti, l'Spdr Gold Trust, a controllare all'inizio di aprile una punta record vicina a 1.128 tonnellate di metallo, più delle riserve auree cinesi o svizzere. L'investimento corre, i gioielli no La chiave di volta dei prezzi alti è l'investimento: nel 2008 è aumentato del 76%, mentre la gioielleria ha assorbito il 10% in meno, secondo i dati del World Gold Council, che rappresenta i principali gruppi auriferi mondiali. I rincari dell'oro,completamente slegati dal mercato del gioiello, hanno avuto un andamento che non è stato ancora accostato a quello di una "bolla", ma solo perché sul passaporto del metallo spicca sempre la qualifica di «bene rifugio». Gli sviluppi delle quotazioni trascurano i consumi industriali: la paura dell'inflazione porta ossigeno al Toro, mentre la deflazione, almeno in teoria, dovrebbe dare vigore all'Orso. Altri possibili elementi rialzisti sono la produzione mineraria non eccezionale e le scarse vendite delle Banche centrali. Una pressione contraria viene dalla frequente cessione di oro vecchio, che alimenta l'offerta specialmente in molti paesi dell'Asia. Le conseguenze sull'oreficeria sono pesanti. Forse il settore in Occidente era già al tramonto, sommerso dalla concorrenza dell'alta tecnologia.Ma oggi soffre anche l'India: comprare gioielli in occasione del festival Akshara Tritiya, a fine aprile, è considerato augurio di prosperità, ma nel 2008 le vendite per Akshara Tritiya sono calate dell'11% e quest'anno dell'8%, a 45 tonnellate, cifra che si temeva persino peggiore. Peggiore è certamente il preconsuntivo tracciato per l'Italia da Stefano De Pascale, direttore generale di Federorafi: restiamo leader del settore in Europa, però nel primo trimestre il valore della produzione italiana è calato del 20% e i segnali di ripresa sono timidi, frenati dalla crisi negli Usa (dove c'è l'ulteriore ostacolo del dazio sui gioielli di provenienza Ue) e dalla concorrenza a basso costo di India, Cina e Turchia. Le riserve delle Banche centrali Se la presenza dell'oro nel nostro tessuto produttivo perde vigore, non così si può dire delle riserve auree della Banca d'Italia. Sono 2.451,8 tonnellate, che ai valori di venerdì sera ( 930,90 $/oz a New York) superano 54 miliardi di euro. Un'analisi del Financial Times "premia" proprio l'atteggiamento cauto assunto da Palazzo Koch. Negli ultimi dieci anni infatti diversi altri istituti hanno ceduto complessivamente riserve per 3.800 tonnellate, ricavandone circa 56 miliardi di dollari. Anche aggiungendo a questa cifra 12 miliardi di ipotetici interessi, non si arriva nemmeno vicino al valore odierno, che supererebbe i 110 miliardi. L'analisi è stata pubblicata per il decimo anniversario del comunicato con cui Gordon Brown, allora Cancelliere dello Scacchiere, annunciò la decisione di vendere buona parte delle riserve auree della Banca d'Inghilterra. La cessione avvenne con una procedura trasparente, attraverso periodiche aste da 25 tonnellate ciascuna e con immediata pubblicazione del prezzo di aggiudicazione. Il primo lotto, venduto il 6 luglio 1999 a 261,20 $/oz, spaventò il mercato, già depresso, e due settimane dopo l'oro cadde al minimo ventennale di 252,80 $/oz. I presupposti per cedere le riserve però non mancavano: nei dieci anni precedenti i prezzi non avevano dato grandi soddisfazioni e la decisione di Brown suscitò dissensi solo tra chi temeva un tracollo delle quotazioni. Un investimento in oro, di fatto, era considerato anacronistico. I fattori Pechino e Fondo monetario Oggi la percezione si è modificata parecchio. La Cina nei giorni scorsi ha ammesso di aver segretamente comprato 454 tonnellate di metallo, in prevalenza dalle miniere locali, che a un ritmo d'estrazione di 290 tonn./anno sono in testa alla graduatoria mondiale, davanti a quelle australiane e sudafricane. Pechino ha quindi portato le riserve a 1.054 tonnellate, ma venerdì Sun Zhaoxue, presidente della China Gold Association, ha confermato che gli acquisti continueranno: «Ci vorrà tempo – ha detto – ma un graduale aumento ci sarà». Oggi il metallo rappresenta solo l'1,6% delle riserve cinesi complessive e l'intenzione è di portare il totale al 3% in cinque anni. Non si può escludere che Pechino rilevi direttamente dal Fondo monetario internazionale (Fmi) le 403,3 tonnellate che paiono pronte per essere cedute. Su questo oro tuttavia si accenderanno discussioni prolungate. La vendita ha bisogno dell'85% dei voti dell'Fmi, quindi dell'assenso americano (Washington controlla il 17%), e questo sembra possibile, ma solo se la destinazione dei fondi raccolti sarà a sostegno dei paesi poveri, come richiesto dal Crockett Committee, creato nel 2007 per studiare la sostenibilità dei finanziamenti dell'Fmi. Inoltre non è da escludere un'adesione dell'Fmi alle 15 Banche centrali europee che hanno concordato nel settembre '99 –e rinegoziato nel 2004 – i limiti alle cessioni di metallo (oggi i 15 non possono vendere più di 500 tonnellate all'anno in tutto). L'accordo scadrà il 26 settembre e i prezzi non pare abbiano necessità di difensori, ma Nout Wellink, uno dei governatori della Bce, ha affermato che c'è l'intenzione di rinnovare il patto, anche se vendere in questa congiuntura promette buone entrate, contrariamente a quanto avveniva in passato. Purché le promesse dell'Fmi sulla destinazione dei ricavi non siano come quelle di Berna: la Svizzera a partire dal maggio del 2000 mise in vendita un totale di 1.300 tonnellate delle proprie riserve (il Financial Times calcola che l'operazione, con il senno di poi, abbia "bruciato" 19 miliardi di dollari) giustificando la mossa con la necessità di finanziare la Fondazione pubblica di solidarietà con le vittime di persecuzioni e discriminazioni. Un nobile intento, oltre che una sorta di risarcimento per quelle vittime dell'Olocausto mai rientrate in possesso dei conti aperti in Svizzera. Peccato che poi i Cantoni abbiano preferito un uso più prosaico. STRATEGIA MIRATA Pechino ha programmato di portare le riserve dall'1% al 3% in cinque anni. Sun Zhaoxue di China Gold Association: «Ci vorrà tempo ma ce la faremo» OPPOSTE POLITICHE Le Banche centrali si pentono di aver venduto negli anni 90 Bankitalia che fu cauta e non dismise si ritrova con un valore di 54 miliardi

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Fondi sovrani, profondo rosso (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-17 - pag: 19 autore: Nuove potenze. Con le 10 maggiori operazioni del 2007-2008, «bruciati» 46 miliardi di dollari su 66 Fondi sovrani, profondo rosso L'Osce: in futuro investiranno più sui paesi emergenti e meno in Occidente Morya Longo La tentazione di vendere ce l'hanno in tanti. Ma Ho Ching, moglie del primo ministro di Singapore e amministratore delegato del fondo sovrano Temasek, ha anticipato tutti: ha ceduto le azioni di Merrill Lynch (oggi inglobata in Bank of America) acquistate nel dicembre del 2007. Il suo fondo Temasek in un colpo solo ha perso la bellezza di 4,6 miliardi di dollari, cioè buona parte dei 6,2 miliardi investiti un anno e mezzo fa. Ma in questo modo Ho Ching ha messo una pietra sopra quell'operazione disastrosa e ha dirottato i soldi "salvati" su una banca cinese. E come Temasek tanti altri fondi sovrani stanno valutando se fare lo stesso. Perché tutti hanno perso una fortuna con la crisi finanziaria: solo con i dieci maggiori investimenti effettuati tra il 2007 e il 2008 nelle banche occidentali, questi grossi fondi asiatici hanno infatti bruciato qualcosa come 46 miliardi di dollari sui 66,7 investiti. è dunque normale che ora stiano mettendo in dubbio la strategia di puntare sull'occidente. Un recente studio dell'Ocse dimostra infatti che questi fondi d'ora in poi intendono investire più nei Paesi emergenti. Meno occidente, più oriente. I fondi sovrani sono giganteschi veicoli finanziari costituiti dai Governi dei Paesi asiatici per gestire e investire soldi pubblici. E non è un caso che siano nati proprio negli Stati che possono vantare ampie riserve valutarie: nei Paesi arabi esportatori di petrolio, oppure in Cina. Tutti insieme i fondi sovrani hanno una dotazione stimata dall'Ocse in oltre 3mila miliardi di dollari. E questa montagna di soldi è stata investita. Buona parte in occidente. Nel 2007 e nel 2008 hanno acquistato quote importanti di nomi noti come Ubs, Citigroup, Merrill Lynch, Hsbc o Morgan Stanley aiutando queste banche in un momento di difficoltà. I loro primi dieci investimenti ammontavano a 66,7 miliardi di dollari. Calcolare quanto valgono ora dopo la crisi è molto difficile, perché spesso i fondi sovrani hanno acquistato obbligazioni convertibili difficilmente valutabili oggi. Ma – secondo i calcoli a spanne effettuati dal Sole-24 Ore – si può stimare che di quei 66,7 miliardi ne restino circa 20. Le storie di questi giganti sono tutte più o meno simili. L'Abu Dhabi Investment Authority, il fondo sovrano più grosso al mondo, ha per esempio messo una fiche da 7,5 miliardi in Citigroup nel novembre del 2007. Ha acquistato obbligazioni convertibili che pagano interessi dell'11%l'anno. Le cedole le ha incassate, ma il valore del suo investimento è crollato insieme alla capitalizzazione della ex-banca più grande del mondo. Ebbene: un mese fa un rappresentante del Governo di Abu Dhabi ha fatto sapere che il fondo sta «meditando su cosa fare». Ha invece deciso di convertire in azioni le sue obbligazioni Citigroup il Government of Singapore Investment: il fondo, "cugino" di Temasek, resterà nella banca americana. Non intende vendere. E lo stesso farà in Ubs, dove ha investito 9,75 miliardi nel 2007. Temasek, l'altro fondo di Singapore, ha invece concluso l'avventura in Merrill Lynch e ha annunciato che punterà sempre più sui Paesi emergenti. Insomma: qualcuno ha deciso di uscire dalle banche occidentali; qualcuno ci sta pensando; qualcuno preferisce restare. Ma una strategia accomuna più o meno tutti: i prossimi investimenti saranno focalizzati principalmente sui Paesi emergenti. La dimostrazione arriva da uno studio effettuato dall'Ocse nell'ottobre del 2008. La Kuwait Investment Authority dichiara di voler puntare su Cina e India e di voler disinvestire dagli Stati Uniti: già ora ha ridotto la sua esposizione su Europa e Usa dal 90% al 70% circa. Anche la Qatar Investment Authority e la Dubai International Capital stanno preparando investimenti soprattutto in Medio Oriente e Africa. E altri fondi, tra cui Temasek, stanno facendo lo stesso. «Questa – scrive l'Ocse – è una buona notizia per i Paesi in via di sviluppo, perché i fondi sovrani contribuiranno allo sviluppo dei loro mercati». m.longo@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO DI SINGAPORE Temasek ha venduto le azioni di Bank of America, per investire in Asia Molti altri vogliono puntare sui mercati in via di sviluppo

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Usa, un repubblicano in Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-17 - pag: 11 autore: Diplomazia. Dalla Casa Bianca ancora una scelta bipartisan, che inoltre priva il partito avversario di un esponente di spicco Usa, un repubblicano in Cina All'ambasciata di Pechino il governatore dello Utah, il mormone Jon Huntsman Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente Un'altra scelta "bipartisan" per Barack Obama che ha già scelto due ministri repubblicani, tra cui Bob Gates, il segretario al Pentagono: ha nominato Jon Huntsman, 49 anni, il governatore repubblicano dello Utah, alla carica di ambasciatore americano in Cina. Da sempre il dialogo con Pechino è centrale per il futuro delle relazioni economiche e politiche degli Stati Uniti, e Obama aveva deciso di scegliere la persona con la credibilità di rappresentare il paese a tutto campo. E Huntsman era l'unico politico di alto livello ad avere tutti i requisiti: è un governatore in carica, parla il mandarino, ha vissuto per anni a Taiwan, è stato già ambasciatore a Singapore con Bush padre e dunque conosce a fondo l'Estremo Oriente. Oltre ai cinque figli avuti dalla moglie Mary Kay, ha adottato una bambina cinese, Gracie Mei, e una bambina indiana, Asha Baharati. Huntsman proviene da una famiglia che risiede in Utah da sette generazioni, è un mormone, suo padre era uno degli alti ecclesiasti della chiesa dei mormoni a Salt Lake City e, nella tradizione della religione, ha una famiglia enorme, con otto fratelli e sorelle e sessanta nipoti. Pur essendo alla guida di uno degli stati più conservatori d'America,Huntsman è un repubblicano moderato che appoggia i diritti dei gay, la riforma dell'immigrazione e aggressive riforme ambientali. Anche per questa sua duttilità è considerato uno degli astri nascenti del partito repubblicano. Ferrato in economia, con una laurea in Business Administration alla Wharton School of Business di Filadelfia, ha diviso la sua carriera fra il mondo degli affari e la politica. Da molti era considerato come uno dei possibili contendenti per la nomination repubblicana alle primarie del 2012. E forse, fra le varie considerazioni per la decisione da parte della Casa Bianca, vi è stata anche quella di eliminare un possibile concorrente politico. Huntsman, un personaggio di grande attrattiva a livello popolare, è anche musicista dilettante che si esibisce con il suo complesso in metal rock. La sua missione in Cina sarà da una parte di portare a Pechino il volto di un uomo alla mano, che comprende i delicati rapporti con Taiwan e che potrebbe avere fra le sue direttive proprio quella di accelerare il superamento della diffidenza fra la Cina e Taiwan.Dall'altra dovrà tutelare gli interessi economici americani giocando sempre un delicato equilibrio: ottenere concessioni da Pechino contenendo allo stesso tempo le forti pressioni protezionistiche da parte dell'ala sinistra del partito democratico. Senatori come Chuck Schumer di New York, e altri, vorrebbero una forte rivalutazione dello yuan, una decisa interruzione di pratiche di concorrenza sleale e pirateria in Cina e minacciano forti ritorsioni se non vi saranno risultati. Huntsman, un pragmatico come Obama, cercherà anche di promuovere la "democratizzazione" della Cina e l'avanzamento dei diritti umani e civili. Il presidente, intanto, si muove su tutti i fronti sensibili: dal 6 all'8 luglio sarà a Mosca per incontrare Dmtrij Medvedev. mplatero@ilsole24ore.us © RIPRODUZIONE RISERVATA UNA LUNGA ESPERIENZA Quarantanove anni, parla il mandarino, ha vissuto a lungo a Taiwan e ha guidato la sede diplomatica di Singapore sotto Bush padre L'entusiasmo di papà Barack. Vestito casual, con il giubbotto della squadra di baseball preferita, i Chicago White Sox, Barack Obama si è presentato ieri su un campetto di calcio di Georgetown, a Washington, per seguire con altri genitori (nella foto) la partita della figlia minore Sasha, di 7 anni. E quando quest'ultima ha segnato, il presidente non ha certo lesinato il proprio entusiasmo: «Go, go, go, goal» ANSA

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Europa competitiva, anche più degli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: MONDO data: 2009-05-18 - pag: 14 autore: INTERVISTA Norbert Walter Deutsche Bank «Europa competitiva, anche più degli Usa» Paolo Migliavacca «In Europa e negli Usa resta diffusa la sensazione che tutto stia ancora andando male.Se ci riferiamo al livello di produzione manifatturiera, sono d'accordo; se invece parliamo del livello di utilizzo della capacità produttiva o dell'occupazione, non lo sono più. Siamo ancora lontani dal punto più basso della curva ed è difficile stabilire quando sarà raggiunto il livello minimo di sfruttamento degli impianti, affinché poi le imprese riprendano ad investire. Non so neppure se si sia raggiunto il livello minimo del Pil:non sarei sorpreso se il secondoe probabilmente il terzo trimestre di quest'anno mostrassero una leggera flessione non solo in alcuni paesi europei, ma in tutta l'economia mondiale». Norbert Walter, 63 anni, il più noto e ascoltato economista tedesco, alla guida del centro studi della Deutsche Bank, offre una lettura in chiaro-scuro della crisi economica mondiale ed europea, rinviando di almeno un anno la sospirata ripresa. «Questa è una crisi che in molti paesi del mondo nasce da bolle immobiliari. Per eliminare gli eccessi dell'edilizia e guarire da una crisi dei mercati finanziari davvero globale occorrono anni. Quindi, nonostante i pacchetti e le politiche monetarie di stimolo, non credo che squilibri così drammatici siano corretti da una ripresa prima della fine del 2010». Che errori sono stati commessi nel processo di costruzione dell'Unione europea? Quali riforme suggerirebbe? C'è disinteresse per il processo d'integrazione, specie tra i giovani. Inoltre l'Europa oggi non ha più grandi leader. Gli ultimi sono stati Mitterrand e Kohl: dopo di loro l'Europa arranca. Infine, l'allargamento non è abbastanza rapido come potrebbe e ciò rende la vita più difficile all'Europa centro-orientale in questa crisi finanziaria. L'Unione europea sembra perdere competitività sul piano economico internazionale: quali sono le cause? Non sono d'accordo. Forse alcuni paesi negli ultimi 4-5 anni si sono lasciati un po' andare, lasciando salire troppo i costi più di quanto consentisse la competitività mondiale. Ma sono errori rimediabili e sono certo che lo saranno. Mediamente,laUeècom-petitivainmoltisettoriindustria-liemanifatturierieinalcunièfor-sepersinosuperioreagliUsa. Quanto incide sulla crisi eu-ropeailfallimentodegliobietti-vidiLisbona2010? Onestamente non lo so. Potremmo diventare la miglior società nel mondo fondata sul sapere, ma con l'età della pensione a 65 anni e lavorando 35 ore non siamo votati al successo. Si pensi, come esempio, al sistema ferroviario, ancora statale. Dovremmo avere tratte europee e fornitori di servizi ferroviari concorrenziali pubblici e privati su una rete continentale. Invece francesi, tedeschi, italiani e inglesi hanno realizzato ognuno le proprie linee ad alta velocità. Tutto ciò è stupido. Quando la crisi economica sarà passata, quali saranno i nuovi equilibri economici? In altri termini,quali saranno i vincitori e i perdenti? Si parla molto di un equilibrio che si sposta verso Est e sono d'accordo che il peso dell'Asia sia destinato ad aumentare. Ma penso che, per ragioni strategiche e di capacità, la definizione degli standard non sarà fatta dalla Cina. è troppo presto. In molti campi sta riducendo le distanze, sta imparando molto studiando gli altri, piuttosto che proclamare la sua leadership. Penso che acquisterà peso, ma non raggiungerà i livelli strategici dei suoi partner americani. Non parleremo quindi di G- 2 per i prossimi 10 anni. Quali sono le sue previsioni per l'economia italiana? Oltre al ben noto debito pubblico, vi sono altre gravi debolezze strutturali? Gli italiani rappresentano il punto di maggior infiammazione nel male che affligge il comportamento passivo degli europei. Se solo l'Italia capisse quali tesori possiede e può offrire al mondo e lavorasse di più e con maggior costanza! Ogni volta che gli italiani affrontano con impegno un progetto, hanno successo: hanno talento, know how, relazioni giuste. Ma, ovviamente, iniziare la vita lavorativa verso i 30 anni e lasciarla prima dei 60 anni, come molti italiani fanno, è deleterio.Ora siamo più longevi e il peso dell'anzianità sulla società attiva diventa insostenibile. Vanno modificate le abitudini di vita, restando operativi più a lungo ed entrando nel mondo lavorativo più giovani. Si può fare: basta guardarsi attorno e vedere cosa fanno, ad esempio scandinavi e americani. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Negli ultimi 4-5 anni alcuni paesi hanno lasciato salire troppo i costi, ma sono errori rimediabili» Norbert Walter, 63 anni BLOOMBERG

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Colombo annuncia: (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Colombo annuncia: «I tamil sono finiti» Offensiva finale, voci dall'esercito di suicidi in massa Junko Terao «Sono fiero di annunciare che il mio governo, con l'impegno totale delle nostre forze armate in un'operazione umanitaria senza precedenti, ha finalmente sconfitto militarmente l'Ltte». Devono essere brillati gli occhi al presidente srilankese Mahinda Rajapakse quando ieri ha pronunciato le parole che da tempo si era preparato. Da Amman, in Giordania, dove si trovava per un vertice G11, rientrerà oggi a Colombo come «leader di una nazione che ha sconfitto il terrorismo». L' «offensiva umanitaria» contro le Tigri dell'Ltte (Tigri per la liberazione del Tamil Eelam), che da gennaio ad oggi ha fatto oltre 6500 vittime civili, è quasi giunta al termine. Ieri all'alba l'esercito ha conquistato la zona costiera dei due chilometri quadrati o poco più di giungla dove sono ancora asserragliati gli ultimi ribelli insieme a migliaia di civili. Perso anche l'accesso al mare, ultima via di scampo, le Tigri sono con le spalle al muro. Ancora 48 ore e tutto sarà finito, fanno sapere dal ministero della Difesa, capeggiato da Gothabaya Rajapakse, fratello del presidente. Ma alle dichiarazioni di vittoria non sono seguite spiegazioni su cosa accadrà nelle prossime ore. Solo un avvertimento: le Tigri sono pronte al suicidio di massa. Una notizia circolata sulla stampa srilankese, che cita fonti dell'esercito, secondo cui i ribelli, insieme ai civili, sarebbero pronti al sacrificio piuttosto che arrendersi. In caso di carneficina, insomma, la responsabilità sarà delle Tigri. Un'altra notizia, per ora non ufficialmente confermata, dà Velupillai Prabhakaran, leader fondatore dell'Ltte, per catturato, non si sa se vivo o morto. Dopo 26 anni di guerra civile, sembra che Colombo sia riuscita a piegare le Tigri, perlomeno per ora. Che l'abbia fatto a scapito di migliaia di Tamil uccisi e oltre 200mila sfollati detenuti ora in campi in condizioni disumane, non importa. «L'intento del governo di porre fine alla guerra con un bagno di sangue non risolverà un conflitto che dura da decenni, ma porterà la crisi a livelli imprevedibili». Le parole minacciose di Selvarasa Pathmanathan, capo delle relazioni internazionali dell'Ltte, ricercato dall'Interpol e latitante, hanno un fondo di verità. Non sarà di certo con la fine di quest'offensiva che Colombo potrà cantar vittoria, perchè il problema della minoranza Tamil continuerà ad esistere. Ma Rajapakse ha sconfitto il terrore, come va dicendo, e la comunità internazionale che nelle ultime settimane chiedeva una tregua, Gran Bretagna e Usa in primis, dovrà ora tacere. Il bilancio reale della carneficina che si è consumata in questi mesi sarà noto solo quando le organizzazioni internazionali saranno riammesse nella regione, ma già è chiaro che saranno numeri esorbitanti. I ripetuti appelli alle due parti per la protezione dei civili sono caduti nel vuoto, le bombe dell'esercito hanno continuato a cadere sugli ospedali pieni di feriti e l'eventualità di accuse per crimini di guerra non ha fermato gli attacchi indiscriminati dei militari. L'unico tentativo concreto per convincere Colombo a desistere è stata la minaccia Usa di «ritardare» - giammai bloccare - un megaprestito di quasi 2 miliardi di dollari che il governo srilankese aspetta dal Fondo monetario per sanare una situazione economica disastrosa. Troppo poco, anche perchè il Fmi ha già fatto sapere che i soldi arriveranno nelle prossime settimane. Quanto al Consiglio di sicurezza Onu, è stato messo fuori gioco dagli amici di Colombo, Cina e Russia, che si sono sempre opposte a una risoluzione a favore dei civili Tamil. L'appoggio di Pechino e Mosca va ben oltre il Consiglio di sicurezza. Il capo della Difesa, Gothabaya Rajapakse, ha siglato proprio venerdì con la Russia un accordo per la fornitura di elicotteri militari, armi e altri equipaggiamenti. Per l'offensiva finale Rajapakse ha potuto contare sull'aiuto della Cina, che dal 2007, quando gli Usa hanno interrotto i rapporti commerciali per il mancato rispetto dei diritti umani, è diventato il principale partner di Colombo nel commercio di armi, munizioni e velivoli bellici (tra cui 6 jet F7 da combattimento forniti gratuitamente) e ha superato il Giappone come donatore più generoso. Non è un caso. Pechino, infatti, sta costruendo un gigantesco porto da 1 miliardo di dollari a Hambantota, nel sud-est dell'isola, che andrà ad aggiungersi ad altrettanti scali in costruzione in Pakistan, Bangladesh e Birmania. L'urgenza di «pacificare» il nord del paese in pochi mesi dopo quasi 30 anni di guerra civile si spiega anche così. *Lettera22

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CdC Verona, seminario per le imprese sulla tutela del marchio/brevetto (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 18-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

CdC Verona, seminario per le imprese sulla tutela del marchio/brevetto (18/5/2009 17:14) | (Sesto Potere) - Verona - 18 maggio 2009 - La Camera di Commercio di Verona e l’Unioncamere del Veneto – Eurosportello, in coordinamento con il sistema camerale del Veneto e con il patrocinio del Corpo Consolare del Veneto, organizzano un seminario per le imprese sul tema “La tutela del marchio/brevetto e altre forme di tutela dei diritti di proprietà intellettuale industriale”. Il seminario si terrà il giorno 28 maggio 2009 presso la Camera di Commercio di Verona – sala Transatlantico. Lo scopo del seminario è di fornire alle imprese informazioni sui principali rischi di violazione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale nonché illustrare i metodi più efficaci per tutelarli in Europa e nei Paesi Terzi, in particolare USA, Cina e Russia. In questo momento di difficoltà del mercato mondiale la propensione all’innovazione, la differenziazione dai propri concorrenti e la promozione del “made in Italy” costituiscono un importante elemento di competitività delle nostre aziende; in quest’ottica la tutela dei propri beni immateriali (marchi, brevetti, etc.) diventa fondamentale per la difesa delle aziende da contraffazioni e pratiche di concorrenza sleale. I relatori, professionisti esperti delle problematiche correlate al commercio internazionale, illustreranno i diversi sistemi di protezione e tutela della proprietà industriale e intellettuale, affrontando anche casi pratici, con particolare riferimento agli strumenti di difesa in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Usa, Cina e Russia. Il seminario, gratuito, è rivolto agli imprenditori ed ai funzionari che in azienda si occupano di proprietà industriale e che desiderano approfondire la conoscenza degli strumenti di tutela previsti nei Paesi esteri per proteggere i propri prodotti, nella consapevolezza che gli oneri connessi alla tutela devono essere considerati un investimento e non un costo. Per la partecipazione al seminario è necessario inviare il modulo di iscrizione disponibile sul sito internet della Camera di Commercio. Su richiesta è, inoltre, possibile prenotare un incontro individuale con i relatori per consulenze specifiche su particolari argomenti di interesse dell’impresa.

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Chiudere Lancia per la Opel? (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere delle Alpi" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Indiscrezione tedesca. Marchionne in Germania per concludere Chiudere Lancia per la Opel? Da Obama standard più severi sulle emissioni auto. Fiat pronta GIGI FURINI MILANO. Sergio Marchionne è in Germania per cercare di chiudere la trattativa con Opel, ma i problemi stanno nascendo in Italia. Ieri sera il sito internet "Affari italiani" scriveva che, nel piano presentato da Marchionne al governo tedesco, sarebbe prevista la chiusura degli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e di Termini Imerese. Nella bozza del documento «strettamente confidenziale», si legge che la fabbrica di Termini Imerese verrebbe chiusa nel 2016 mentre a Pomigliano l'attività dovrebbe cessare nel 2012. Sullo stesso sito è riportato il «no comment» della Fiat. Intanto i giornali tedeschi scrivono che il marchio Lancia verrebbe sacrificato a favore della Opel mentre Fiat ha allo studio l'apertura di una fabbrica in Cina. In Germania si intensificano i colloqui perchè domani scade il termine per presentare la proposta di acquisto. Quella che riguarda la Opel, storico marchio tedesco di proprietà di General Motors, il colosso di Detroit alle prese con problemi di liquidità e di indebitameto. Marchionne non vuole lasciarsi sfuggire l'occasione (dopo aver messo le mani su Chrysler) e in Germania sta incontrando sindacalisti, uomini di governo e i vertici della Opel. Obama, nuovi standard. L'amministrazione Usa annuncerà oggi i nuovi standard nazionali sulle emissioni auto, secondo i quali saranno ridotte le emissioni prodotte da veicoli e migliorata la resa dei carburanti. Musica per le orecchie della Fiat. Opel sì, Lancia no. Il settimanale tedesco Automobilwoche dice di aver parlato con una persona molto vicina a Marchionne e di aver saputo che «il marchio Lancia verrà soppresso a favore del marchio Opel». La stessa fonte afferma che la Saab (la società svedese sempre di proprietà della Gm) verrebbe fusa con Chrysler per la produzione di modelli sportivi e decappottabili. Marchionne, inoltre, avrebbe aggiunto che «per la Fiat è decisivo che la Opel rimanga un marchio forte su mercato». Sempre secondo il gionale, l'amministratore delegato di Fiat avrebbe detto che nella maxi-società (fatta con i marchi Fiat, Opel e Chrysler), il Lingotto prevede di apportare le attività del settore auto prive di debiti, in modo che il flusso di cassa aiuterà la Opel a far fronte ai propri problemi finanziari. Questo scorporo dell'auto dal resto di Fiat è all'esame degli analisti finanziari che però ritengono insuperabile lo scoglio dei debiti e sostengono che, se l'auto verrà scorporata, dovrà portarsi dietro un po' di debiti del gruppo. Cina e America. Secondo il South China Morning Post, Fiat e il gruppo Guangzhou avrebbero chiesto di poter costruire una fabbrica in grado di produrre 140 mila auto l'anno. Fiat intenderebbe avviare la produzione in Cina per sfruttare i tassi di crescita economica del Paese e limitare così gli effetti della caduta della domanda a livello mondiale. Non solo, ma l'alleanza con Opel darebbe vita a un "player" paneuropeo in grado di sfruttare la presenza che ora Fiat ha in Russia, India, Turchia, Usa e America Latina. «Fase decisiva». La cancelliera tedesca Angela Merkel parla di «fase decisiva» perché entro domani i piani per l'acquisto di Opel vanno presentati al governo tedesco. Marchionne in questi giorni è in Germania e incontra sindacalisti, banchieri e uomini di governo. Avrebbe promesso il mantenimento di tutti gli impianti Opel (anche se è prevista la riduzione dei modelli) ma avrebbe confermato l'intenzione di Fiat di non presentare offerte in denaro. Dello stesso tenore le offerte di Magna, il gruppo austro-canadese che produce componenti per auto ed è il maggior rivale di Fiat nella corsa al marchio tedesco. I sindacati. Oggi a Francoforte Marchionne incontra il numero uno dei sindacati dei metalmeccanici, Berthold Huber. I problemi, però, sorgono soprattutto in Italia. Il leader della Fiom, Giorgio Cremaschi, dice che la trattativa con Opel è su una linea sbagliata. «Se si pensa di portare a termine questa trattativa con la chiusura di fabbriche per poi dire di aver salvato la sostanza, sappiano alla Fiat che stanno percorrendo la linea sbagliata», dice Cremaschi. Che aggiunge: «Se si è messo in conto di chiudere Pomigliano e Termini, occorre prepararsi a una rabbia sociale senza precedenti».

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Sarà Candidatoin grecia il padredi carlo giuliani (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Sarà Candidatoin grecia il padredi carlo giuliani europee ATENE. Giuliano Giuliani, il padre di Carlo Giuliani, il giovane rimasto ucciso durante il G8 del 2001 a Genova, è tra i candidati del partito di sinistra Syriza alle elezioni europee di giugno in Grecia. Lo ha annunciato il leader del partito, Alexis Tsipras, sottolineando che si tratta di «un combattente del movimento sindacale e del movimento contro la globalizzazione neoliberale» che si unisce alla «battaglia della sinistra per cambiare l'Europa». Giuliani è il diciasettesimo nome della lista delle candidature presentate da Syriza che include, al pari del socialista Pasok un alto numero di donne, circa il 50 per cento dei candidati, e di tecnici. Il partito di maggioranza Nuova Democrazia (Nd) che fa capo al premier greco in carica Costas Karamanlis ha messo in cima alla lista del candidati l'ex ministro dell'istruzione Marietta Giannakou. Complessivamente circa il 30 per cento di presenze fra i candidati sono femminili. Dal canto suo il Partito comunista greco(Kke) ha cinque donne presenti in lista su un totale complessivo di 22 candidati. 19/05/2009

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il neoliberismo che ha ucciso la politica - massimiliano panarari (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XV - Bologna Con lo pseudonimo di "Agente americano" l´autore spiega l´ascesa dell´economia come pensiero unico Il neoliberismo che ha ucciso la politica L´andamento è quello di un giallo fitto di riunioni segrete tra miliardari e lobbisti MASSIMILIANO PANARARI è un libro curioso; non a caso, fa parte nella collana di "libri balzani" diretta da Beppe Cottafavi per Aliberti. Ma, sotto le spoglie della fiction, si rivela tremendamente serio, perché racconta la storia politico-economica e culturale che, dagli anni ?80, giunge sino ai nostri giorni, sconvolti da una drammatica crisi finanziaria che sta gettando tanti nella povertà. Cosa c´entrano i mutui subprime con l´architettura politico-sociale ed economica degli ultimi tre decenni, quella che va sotto il nome di neoliberismo (o ultraliberalismo)? A ben guardare, moltissimo, come dimostra La Congiura, curioso esperimento che racconta la globalizzazione neoliberista in maniera romanzesca come un piano criminale ordito dai "Padroni dell´Universo", la superclasse di potenti che ha lavorato per imporre il "fondamentalismo di mercato" e distruggere lo Stato sociale: per l´appunto la storia dei nostri anni a partire dall´elezione di Ronald Reagan e Margaret Thatcher e, poi, dei loro emuli in giro per il mondo. La storia della vittoria ? feroce e senza pietà ? dell´economia sulla politica, ridotta a sua ancella e, spesso, "utile idiota", mentre le sperequazioni sociali aumentavano mostruosamente, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. La particolarità del libro ? scritto da un anonimo Agente americano (un po´ sul genere de Il broglio, edito sempre da Aliberti), dietro a cui si nasconderebbe un trio composto da un economista, un banchiere e un filosofo ? consiste nella narrazione del trionfo del turbocapitalismo sotto forma del memoriale ritrovato di uno dei top manager di Lehman Brothers, sbattuto in carcere per i reati finanziari commessi, il quale, costretto in una cella, trova forzatamente il tempo di riordinare le idee e di ripercorrere per filo e per segno le gesta dei membri della cospirazione. L´andamento è quindi quello di una sorta di giallo, fitto di riunioni segrete tra miliardari, lobbisti, intellettuali, capitani d´impresa e politici, tra piscine e squillo d´alto bordo, ma i nomi, e quanto accaduto, sono terribilmente veri. Come le idee economiche e la filosofia antiegualitaria che il libro spiega benissimo, mentre la storia della conquista dell´Occidente da parte dei congiurati si dipana come un thriller e si legge tutta d´un fiato.

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La storia di Roma raccontata dal cinema (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

La storia di Roma raccontata dal cinema Ecco come il cinema ha raccontato la storia di Roma. Regalerà un salto indietro nel tempo la serata organizzata dalla delegazione valsesiana dell'Associazione nazionale di cultura classica che ha organizzato una conferenza dedicata al cinema o, meglio, al rapporto tra la storia di Roma e la sua trascrizione cinematografica. L'appuntamento è per venerdì alle 21, a palazzo Castellani, in piazza Mazzini a Borgosesia. «La rappresentazione della storia di Roma; dalle origini alla caduta dell'Impero, attraverso il cinema, dalla Belle Epoque all'epoca della globalizzazione»: questo il titolo dell'incontro curato da Giulio Pedretti, giovane regista valsesiano di documentari, appassionato studioso di Storia del cinema. Non si tratterà tanto di analizzare le vicende della storia romana attraverso la proposta di film, quanto di riflettere su come il cinema nel corso del Novecento abbia preso spunto dalle vicende di Roma per la creazione di opere di differente valore. Tra i titoli «Cabiria», film del 1914, «Scipione l'Africano», del 1937. Altrettanto importanti per il cinema del Novecento, per motivi diversi, sono stati «Spartacus», di Stanley Kubrick, sulla rivolta degli schiavi, il colosso hollywoodiano «Cleopatra» o ancora il «Satyricon», uno dei capolavori di Fellini, per arrivare, alle soglie del 2000, al grande successo de «Il gladiatore» di Ridley Scott. La serata vuole considerare le ragioni del successo o meno di alcuni film storici e di verificarne la loro funzione di messaggio ideologico, in rapporto al momento in cui le pellicole sono state prodotte.

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Lunga marcia del Lingotto alla conquista della Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Lunga marcia del Lingotto alla conquista della Cina Per ora è solo uno studio. Anche perché, si sottolinea dal Lingotto, al momento l'impegno è altrove. Ma mentre l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, è nuovamente in Germania per portare avanti la trattativa per Opel - per domani sono attesi dal governo di Berlino i piani di Fiat e di Magna per la casa tedesca - dalla Cina rimbalza la notizia di una nuova joint venture cinese della casa torinese. Secondo il quotidiano in lingua inglese South China Morning Post, Fiat starebbe infatti lavorando alla realizzazione di una joint veture con la cinese Guangzhou Auto per realizzare un nuovo impianto - a Panyu, nel Guangdong - dove realizzare 140 mila auto e 220 mila motori all'anno. Le specifiche della joint venture sono state pubblicate sul sito del ministero della protezione ambientale e su quello della Guangzhou, anche se il progetto deve prima ottenere una serie di autorizzazione governative. Le fonti cinesi citate dal Scmp sono comunque ottimiste. Il via libera della National Development and Reform Commission dovrebbe infatti arrivare già entro la fine di questo mese, più o meno in concomitanza con la chiusura della partita per Opel. Le sorti della casa tedesca si decideranno infatti, con ogni probabilità, il prossimo 29 maggio, quando General Motors dovrà presentare all'amministrazione Usa il suo piano di ristrutturazione dettagliato. Che Fiat e Guangzhou avessero delle trattative in corso è noto da tempo. Nel settembre dello scorso anno le due case automobilistiche avevano iniziato a trattare per una collaborazione sulle tecnologie, che poi avrebbe portato all'elaborazione del progetto per la joint venture. Joint venture che andrebbe a riempire un «buco» per Fiat proprio in uno dei mercati più promettenti a livello globale come quello cinese. L'accordo tra il Lingotto e Nanjing Auto, partito nel 1999, è stato infatti azzerato alla fine del 2007 quando la Nanjing è stata acquisita dalla concorrente Shanghai Automotive per due miliardi di yuan. Lo stesso Marchionne non ha mai nascosto l'importanza della crescita sul mercato cinese, dove il piano del 2007 - prima dell'acquisizione di Nanjing - indicava obiettivi di vendita di 300 mila veicoli nel 2010. Se dovessero arrivare le autorizzazioni necessarie, «inizieremo immediatamente i lavori» per costruire l'impianto, assicura un portavoce di Guangzhou. L'investimento previsto è di circa 4,3 miliardi di yuan, poco meno di 400 milioni di euro. Guangzhou è il sesto produttore cinese di auto, ma produce per altri marchi, tramite due joint venture con Toyota e Honda. La casa cinese sta lavorando per produrre il suo primo modello con il proprio marchio, con l'obiettivo di presentarlo ai Giochi asiatici che si terrano il prossimo anno proprio nella città di Guangzhou (Canton, secondo la dizione occidentale). La collaborazione con Fiat potrebbe anche portare allo sviluppo di altri modelli con marchio Guangzhou, ha spiegato ancora il portavoce.

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"clima, no ad accordi impossibili una svolta dal g8 dell'aquila" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 17 - Cronaca Il ministro Prestigiacomo a una conferenza organizzata da Rutelli "Clima, no ad accordi impossibili una svolta dal G8 dell´Aquila" ROMA - Solo «accordi possibili». Sulla questione clima occorre essere «pragmatici» e «ci sono livelli di ottimismo» per credere che il G8 a L´Aquila «possa rappresentare una svolta» in vista della conferenza delle nazioni unite a Copenaghen, a dicembre. I leader del mondo a luglio, quindi, «possono fare già un accordo di tipo politico, che sia poi la base per i negoziati». E per l´Italia occorre uno «spirito bipartisan» e senza eco-ideologismi. Il ministro dell´Ambiente, Stefania Prestigiacomo, accoglie l´invito di Francesco Rutelli e della sua Fondazione "Centro per un futuro sostenibile" partecipando nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati, con Cina e India, alla conferenza su Green economy- nuove idee per il G8 e il summit di Copenaghen. Questione, quella della tutela dell´ambiente «tra le missioni prioritarie e irrinunciabili di questo secolo» ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un messaggio nel quale chiede un´«azione rapida» sul clima. Quindi il dialogo bipartisan. «Ho apprezzato l´iniziativa di Rutelli che con la sua fondazione vuole creare un ponte di dialogo con governo e maggioranza», sottolinea il ministro Prestigiacomo secondo il quale bisogna «abbandonare l´eco-ideologismo». «Esserne usciti nella maggioranza, e spero anche nell´opposizione ci consente di dare risposte concrete». E a proposito della marcia verso la Conferenza Onu di Copenaghen il prossimo dicembre: solo un accordo accettabile da quei Paesi che non hanno sottoscritto Kyoto, come gli Usa e quelli a economie emergenti «sarà un accordo».

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Sociologo e interprete del malessere veneto (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

GIANFRANCO BETTIN Sociologo e interprete del malessere veneto Pubblicato da Feltrinelli nella «Serie Bianca», «Gorgo. In fondo alla paura» (pagine 160, euro 13) applica l'indagine narrativa a un delitto nel profondo Nord, come già fatto negli anni scorsi con la storia dell'«erede» Pietro Maso. Ma anche con l'orrore che "globalizza" la periferia della Marca trevigiana. Gianfranco Bettin, 53 anni, sociologo e ricercatore universitario, è stato fra i fondatori dei Verdi. Deputato negli anni 90, poi assessore a Venezia, dal 2000 al 2005 ha ricoperto il ruolo di prosindaco di Mestre. Attualmente è consigliere regionale dei Verdi. Foto: ILLUSTRAZIONE TRATTA DA AMERICAN ILLUSTRATORS, SOPRA LA COPERTINA DEL LIBRO

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i notturni - londra (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 43 - Cultura I NOTTURNI Lo scrittore anglo-giapponese parla della sua raccolta di racconti "Le mie storie sono canzoni" di ishiguro Un insieme di commedie amare che ricordano certi film di Woody Allen Il libro già in classifica in Inghilterra esce oggi in Italia In passato ho scritto molto del Giappone, ma negli anni la realtà si è globalizzata Da bambino suonavo il pianoforte e da adolescente la chitarra. Sognavo di fare il cantautore LONDRA «è come un album musicale con cinque brani. Alcuni malinconici e altri spassosi, come un sorta di sollievo comico. A tratti sono piccole commedie amare, un po´ come certi vecchi film di Woody Allen. Il tipo di storie dove non sai se ridere o piangere. Mi è sempre piaciuto quello speciale humour ambivalente dove la tristezza preme sotto la superficie del riso». Kazuo Ishiguro, autore di best-seller pluripremiati come Quel che resta del giorno e Non lasciarmi, parla della sua prima raccolta di racconti, Notturni - Cinque storie di musica e crepuscolo, oggi pronta all´uscita in Italia (Einaudi, pagg. 191, euro 19, traduzione di Susanna Basso) con tempi record rispetto alla pubblicazione in Inghilterra, avvenuta all´inizio di maggio, «e subito il libro è salito ai primi posti delle classifiche di vendita», avverte con serena soddisfazione lo scrittore, «il che è assai raro per una collezione di short-stories, genere, chissà perché, poco gradito al mercato e agli editori». Vestito col suo rituale abito nero, divisa consueta di «Ish», come lo chiamano i tanti fan del suo mondo letterario giocato su sfumature e dissolvenze, Ishiguro accoglie l´intervista in una sala da tè di Piccadilly estranea al suono frastornante del centro di Londra. Camerieri e avventori ci scivolano attorno con ovattata discrezione, forse per via del rispetto che incute con naturalezza questo signore quieto e lieve, nato a Nagasaki, la città dell´atomica, nel 1954, e radicato fin dal ´60 in Inghilterra, dove ha studiato e nella cui lingua scrive con stile nitido ed esatto nell´arte dell´implicito, che evoca, richiama, sottintende, pesca nella fragilità del tempo e delle cose. Accade in parte anche in Notturni, piccole-grandi storie di spaesamenti e labirinti percettivi dove la musica costituisce il nesso di ogni trama, e il flusso è onirico come quello di uno schizzo chopiniano, vedi il nostalgico racconto Violoncellisti, dove un´ispirata musicista non può più suonare perché persa nell´ossessione di proteggere dagli altri il suo talento; oppure il ritmo è irresistibile e incalzante, da comiche del cinema muto, come nei flash quasi charlottiani di Come rain or come shine, dove l´insegnante di lingue Raymond, devoto al repertorio delle più magiche canzoni di Broadway, vezzo tipico degli omini goffi e sentimentali alla Provaci ancora Sam, tenta di rimediare a una serie di incongruenti imprese, compiute a casa di amici e in loro assenza, inscenando l´avvenuta incursione di un cane, e fa bollire in pentola uno stivale per simularne la puzza. Quest´esplicita comicità emerge come un volto nuovo di Ishiguro. «A me pare che l´umorismo sia stato una componente di tutti i miei romanzi. In Quel che resta del giorno, per esempio, affioravano passaggi esilaranti, eppure il libro è considerato triste perché lo era il bel film di James Ivory che ne è stato tratto. Le immagini stralunate e irriverenti hanno sempre fatto parte delle mie trame. Solo che nella forma breve del racconto lo humour colpisce di più in quanto è concentrato». Perché ha scelto la musica come collante? «è una passione antica e coltivata. Fin da bambino suono il pianoforte e fin da adolescente la chitarra, e quand´ero giovane sognavo di essere un cantautore come Bob Dylan o Leonard Cohen o il vostro Fabrizio De André. Tra i quindici e i ventitré anni ho composto un centinaio di pezzi passando per tanti stili, dall´autocontemplativo allo sperimentale e al poetico-visionario. Poi ho smesso, ma non molto tempo fa ho scritto testi di canzoni per l´album Breakfast in the Morning, della cantante americana jazz Stacey Kent. Subito dopo mi sono messo a scrivere questi racconti, e lo stile è lo stesso, come confluito da un territorio all´altro: leggerezza, parsimonia di parole, significato che si cela tra le righe, bando all´autobiografia e alla prosa ricercata. Nelle canzoni si lavora in sottrazione, delegando alla musica gli aspetti emozionali. Così nel flusso dei racconti, dove il significato respira tra le righe». Come mai usa l´io narrante? «è un´abitudine di sempre. Ciò che importa non è quanto succede, ma quel che pensa e sente il narratore rispetto a quel che accade nella sua vita. è il motivo per cui mi riesce difficile fare testi per il cinema, dove tutto va scritto in terza persona, dato che è la cinepresa a guardare il personaggio dall´esterno. Però talvolta l´ho fatto, scrivendo per esempio La contessa bianca, un film di Ivory con Ralph Fiennes e Natasha Richardson. Ma non ho mai voluto scrivere lo script di un film preso dai miei romanzi. Adoro il cinema, e da giovane non facevo che seguirlo, molto più che leggere libri. Amavo Bergman, giapponesi come Ozu e Kurosawa, i primi Fellini e ancora Bertolucci, Rosi, Olmi, e poi John Ford, Sergio Leone... Quando ho deciso di scrivere romanzi ho voluto adottare una prospettiva "altra" rispetto allo sguardo cinematografico che mi aveva tanto alimentato, per differenziarmi entrando nella testa di chi narra ed esplorando intrecci temporali e di memoria». Eppure la sua fama mondiale è nata anche dal successo della trasposizione cinematografica di Quel che resta del giorno. «è il mio paradosso: i miei libri nascono per prendere le distanze dal cinema, e poi ne vengono comprati i diritti da qualcuno che vuol farne un film. Ma proprio per questo non ho mai voluto sceneggiare un mio romanzo. Lo lascio fare gli altri, che intervengono e trasformano. Anche Non lasciarmi sta per diventare un film, con regia di Mark Romanek e alcuni tra i migliori attori della più giovane generazione inglese, come Kerry Mulligan e Keira Knightley». I suoi finali sono sospesi, incompiuti, il che comunica al lettore un senso d´inquietudine e al tempo stesso di intensa vitalità. «Perché così vanno le cose nella vita. Difficile che sentimenti e situazioni trovino una soluzione definitiva. Inoltre penso che i racconti riescano meglio quando il finale è aperto, come in Cechov, e come accade in scrittori contemporanei come Alice Monroe e Raymond Carver, che usano in modo eccellente questa tecnica». Si è detto che la sua letteratura trae molta originalità dall´essere in bilico tra due culture, quella giapponese e la britannica. è d´accordo? «Sempre meno. In passato ho scritto molto sul Giappone, cercando di ricostruire antichi ricordi e il rapporto col paese della mia prima infanzia. Ma negli anni la realtà si è globalizzata, io sono sempre più profondamente occidentale, a Londra circolano banchieri giapponesi che ragionano come inglesi e un sommo scrittore come Murakami, figura dominante dell´odierna letteratura giapponese, crea ambientazioni che potrebbero vedersi ovunque».

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Basta interventi per il Mezzogiorno Serve un progetto per tutta l'Italia (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 19/05/2009 - pag: 8 POLITICA ECONOMICA Basta interventi per il Mezzogiorno Serve un progetto per tutta l'Italia di PELLEGRINO CAPALDO I l Sud non ha più bisogno di una specifica politica economica, né come si diceva una volta di interventi addizionali. Con le sue luci e le sue ombre, il nostro Mezzogiorno può essere trattato ormai alla stregua di tutto il resto del Paese anch'esso a sua volta pieno di luci e ombre. Un Paese complesso e «compresso», con grandi potenzialità ma anche con grandi difficoltà a esprimerle. Un Paese che sta perdendo tempo prezioso e che rischia di fare vistosi passi indietro. Non dimentichiamo che, per livello di reddito pro capite, noi siamo nel primo 10-12 per cento della scala mondiale. Dietro di noi c'è l'88-90% dell'umanità. Con i tanti Paesi che c'incalzano, sarà ben difficile mantenere quelle posizioni. Anzi è realistico prevedere che se non usciamo dall'inerzia, se continuiamo a procedere come stiamo procedendo, scivoleremo sempre più in basso in quella scala. Oggi non abbiamo più un problema-Mezzogiorno; abbiamo piuttosto un problema-Italia che, nella sua complessità, ingloba anche la piccola questione meridionale. Ed è vano pensare che il Sud possa fare apprezzabili passi avanti se non si risolvono alla radice i problemi dell'intero Paese. Per l'Italia, e dunque anche per il Sud, dobbiamo immaginare un grande progetto Paese, che sia anche l'occasione per risvegliare in tutti noi il senso di appartenenza. Perché un progetto Paese? Per l'ovvia ragione che la globalizzazione in atto porta inevitabilmente a una divisione dei compiti e delle produzioni tra i vari Paesi. La specializzazione, la divisione del lavoro e l'intensificazione degli scambi internazionali sono l'altra faccia della globalizzazione. Ciascun Paese si dovrà concentrare su quelle attività produttive per le quali ritiene di avere un vantaggio competitivo e abbandonare le altre. Ecco la necessità, per noi, di interrogarci su quello che possiamo fare meglio degli altri, con vantaggi in termini di costo e di qualità. Ed ecco anche la necessità di porre attraverso appropriati interventi di politica economica le condizioni per farlo sempre più efficacemente. Sia chiaro, non è un tentativo di ritorno ai metodi della programmazione economica degli anni '60; metodi giustamente abbandonati presto perché basati su un'impostazione fortemente statocentrica. È piuttosto un tentativo di dare alle forze produttive del Paese obiettivi largamente condivisi, definiti sulla base di una conoscenza profonda delle nostre attitudini, delle nostre specificità, dei nostri punti di forza. In questo quadro, come si diceva, può trovare largo spazio il Mezzogiorno, ora puntando sulle sue peculiarità (si pensi, per esemplificare, alla mitezza del clima e all'importanza di tale fattore per un'agri- industria di alta qualità), ora chiamandolo a far sistema con l'intero Paese (si pensi, ancora solo per esemplificare, al turismo culturale, enogastronomico, ecc.). Un discorso sul Mezzogiorno non può ignorare, poi, il dibattito in atto sul federalismo fiscale. Il federalismo fiscale non può essere visto in chiave punitiva (per il Sud) o in chiave risarcitoria (per il Nord). È una visione sbagliata perché rischia di aprire un dibattito senza fine e senza sbocchi, tanto più che non è facile dimostrare, come alcuni credono, che l'attuale meccanismo di ripartizione delle risorse sia premiante per il Sud e penalizzante per il Nord. Ma non è questo il punto. Il federalismo va visto come mezzo per avvicinare alle istituzioni tutti i cittadini, per accrescere la loro libertà di scelta e per stimolare la loro capacità d'iniziativa; come mezzo per accrescere l'efficienza della spesa pubblica ed eliminare sprechi che, soprattutto al Sud, sono innegabili e, a volte, assai vistosi. La questione, dunque, non è federalismo sì o federalismo no. È piuttosto come introdurlo: con quali modalità, con quali tempi, con quale grado di solidarietà e così via. Come si vede il discorso sul federalismo ci riporta al progetto Paese e allo spazio che in tale progetto dovrà trovare accanto alle tematiche dello sviluppo economico il ripensamento degli assetti istituzionali, a cominciare dai livelli di governo che, allo stato, sembrano davvero eccessivi. Come tutte le grandi riforme strutturali, il federalismo fiscale dev'essere necessariamente inquadrato nel complessivo assetto istituzionale del nostro Paese. Se lo riduciamo a mero fatto amministrativo-contabile, avremo un'altra «riforma mancata» che andrà ad aggiungersi alle tante che abbiamo tentato negli ultimi 30-40 anni. Il federalismo fiscale può rivelarsi assai utile anche per il nostro Mezzogiorno purché applicato nei termini sopra indicati e, soprattutto, con la necessaria gradualità. Sarebbe un grave errore pensare di bruciare le tappe e pretendere di realizzare in qualche anno ciò che, probabilmente, richiede lo spazio di una generazione. Si può, naturalmente, definire in tempi brevi l'architettura istituzionale del federalismo; si può, naturalmente, far sì che sia impossibile tornare indietro sulle decisioni assunte in materia di federalismo fiscale; ma si ripete se non si vuol fare opera vana, bisogna dilazionare con realismo i tempi di attuazione della riforma. dalla prefazione al libro di Michele Guerriero «Stelle del Sud» edito da Rubbettino BEPPE GIACOBBE

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PROTAGONISTI DEL MERCATO (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Pubblicita' data: 19/05/2009 - pag: 10 EURONICS, PROTAGONISTI DEL MERCATO Ecco un'insegna diventata in dieci anni sinonimo di elettrodomestici ed elettronica di consumo di qualità. Apparso in Italia nel 1999 come evoluzione dello storico marchio GET, Euronics Italia è attualmente il gruppo leader nel settore con oltre 240 punti vendita distribuiti in modo capillare sull'intero territorio nazionale ed un fatturato che nel 2007 ha superato 1,7 miliardi di euro. Il brand Euronics Italia, emanazione di Euronics International (oltre 11.500 punti vendita; 13,5 miliardi di euro di fatturato), ha costruito il suo successo sulla capacità di rispondere in tempo reale alla globalizzazione e ai cambiamenti strutturali del mercato. Un approccio basato su un modello di distribuzione che punta al dialogo diretto con il cliente. Il target è la famiglia che investe nel comfort domestico, interessata all'innovazione, sensibile alla marca e al budget disponibile. Aspettative che Euronics soddisfa garantendo ai propri consumatori prodotti, soluzioni e prezzi che rispondono alle loro specifiche esigenze.

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I PRECARI E LE INTUIZIONI DI D'ANTONA (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

I PRECARI E LE INTUIZIONI DI D'ANTONA LE SUE IDEE DIECI ANNI DOPO Sono trascorsi dieci anni dall'assassinio di Massimo D'Antona. Eppure gli scritti degli ultimi anni della sua vita contengono temi di grande attualità: la rappresentanza, la difesa del diritto di sciopero e dei diritti degli utenti dei servizi pubblici, la codeterminazione dei modelli partecipativi, l'estensione della contrattazione di secondo livello per territorio e filiera. Un lavoro putroppo oggi messo in discussione dalle iniziative del governo, che ha rinviato di tre anni le elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie vanificando nei fatti il lavoro di D'Antona. Un lavoro che ha contribuito a determinare un sistema di regole certe per l'estensione della rappresentanza e della democrazia nel mondo del lavoro pubblico e che, ancora oggi, è un punto di riferimento della proposta unitaria di Cgil, Cisl e Uil. Un meccanismo che D'Antona, già nel dicembre del '98, tentò di estendere anche al settore dei trasporti e poi al resto del mondo del lavoro. La sua idea era che la rappresentanza "certificata", cioè il voto, fosse la condizione per diminuire la conflittualità tra i sindacati e per eliminare una serie di sigle corporative che con pochissimi iscritti avevano il potere di bloccare i servizi. Svuotare la legge di riforma della Pubblica amministrazione, significherebbe tornare alla proliferazione delle sigle sindacali e alla presenza della politica all'interno della pubblica amministrazione, interrompendo quel lavoro di separazione tra politica e gestione iniziato dal governo Ciampi e proseguito dal ministro Bassanini nel governo Prodi. I riformisti devono riprendere il lavoro di D'Antona, le cui intuizioni attualissime sono ancora inapplicate - ad esempio il rafforzamento della contrattazione territoriale e di filiera per legare la produttività al territorio o al ciclo produttivo - per offrire nuovi diritti al lavoro precario o non tutelato attraverso gli ammortizzatori sociali e per aiutare la ricomposizione di un mondo del lavoro oggi globalizzato e frammentato. Si tratta di filoni di ricerca su cui investigò Bruno Trentin costringendo la stessa Cgil ad interrogarsi nella Consulta giuridica di cui animatore fu proprio Massimo D'Antona. Oggi è evidente la miopia del governo nel non accettare le proposte del Pd di tutela dei lavoratori privi di una rete di garanzie sociali. Quella mattina del 20 maggio di dieci anni fa Massimo D'Antona venne ucciso per la sua caparbia ricerca di politiche riformiste. Poche ore più tardi avrebbe dovuto discutere di quei temi con gli amici e i compagni della Cgil. Quella discussione fu stroncata dai terroristi, quelle domande e quei tentativi di risposta sono ancora attuali.

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Tullio Nunzi (sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Tullio Nunzi «Meno fiscalità e più ammortizzatori sociali alle imprese» Imprenditori tenaci formulano piani e strategie per aggredire e conquistare nuovi mercati. Di fronte ad una crisi globalizzata pubblici e privati si compattano per tentare di superare ostacoli fiscali e lacune territoriali. Sebbene il quadro imprenditoriale in provincia di Agrigento sia complessivamente statico, le istituzioni, Camera di Commercio in primis, incoraggiano piccole e medie imprese ad andare avanti, predisponendo un piano di obiettivi da perseguire tramite agevolazioni ed ammortizzatori sociali che il governo dovrebbe assicurare. Un monitoraggio sullo stato di salute delle imprese agrigentine è puntualmente svolto dalla Camera di Commercio. Come sottolinea il suo presidente Vittorio Messina, l'ente osserva una duplice funzione: quella di incentivare ad una progressiva crescita gli imprenditori ed un'osservazione costante su tendenze e mutamenti dei mercati. «L'Ente camerale - dichiara l'imprenditore Messina - si muove nell'ottica degli strumenti e delle opportunità offerti dalla Comunità Europea. Il nostro campanello d'allarme, indirizzato agli amministratori, necessita di interventi di sistema da parte del legislatore. Per quel che ci compete - aggiunge - possiamo accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione, offrendo la massima disponibilità all'imprenditoria». Fattore controverso ed importante per la vita delle imprese, riguarda l'accesso al credito, precluso da un sistema bancario sempre meno disposto ad erogare liquidità alle imprese. Nel caso particolare di Lampedusa, penalizzata dai persistenti fatti di cronaca legati all'immigrazione, oltre alla diminuzione dei flussi turistici sortirebbe il rischio di una chiusura delle banche rispetto alle imprese. Questo irrigidimento nella concessione del credito da parte delle banche sta mettendo in crisi molti commercianti, dovendosi dividere tra richieste di rientri anticipati ed inasprimento dei tassi. Intanto, un'altra fetta di commercianti insegue la strada di una risalita, rimettendosi in gioco ed accogliendo la sfida dell'innovazione tecnologica nel mondo della complessità e delle trasformazioni. Piccole e medie imprese rappresentano quasi interamente il nostro territorio, quale è il loro stato di salute? «Il commercio di questo tipo gode di un trend stazionario - risponde il presidente della Camera di Commercio Messina - un leggero calo in questi ultimi anni si è registrato nell'agricoltura e nell'artigianato, ma in quanto comparti tradizionali - aggiunge - sono sicuro che dal proprio interno trarranno le forze necessarie per risollevarsi. Sono comunque fiducioso nelle capacità dei nostri lavoratori, che sapranno ribaltare l'attuale dato negativo». Intanto, imprenditori e rappresentanti dell'arena politica riflettono sull'apertura prevista entro il 2010 dell'area di libero scambio in Sicilia. Un appuntamento a cui Agrigento dovrà presentarsi assieme ad una piattaforma di strumenti e programmi per giocare, finalmente, un ruolo di protagonista nell'ambito degli scenari europei ed internazionali. Una cultura dell'imprenditoria è già pronta a decollare. Nel frattempo occorre mantenersi realistici, e contribuire ciascuno secondo ruolo e competenze. «Sosteniamo le piccole e medie imprese - dichiara l'imprenditore Messina - ma per ottenere risultati importanti, è fondamentale la collaborazione del mondo politico e di quello imprenditoriale. Invece di polemizzare - conclude - bisogna imparare a lavorare in un ottica di co-responsabilizzazione».

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"Clima, no accordi impossibili una svolta dal G8 dell'Aquila" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 19-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

ROMA - Solo "accordi possibili". Sulla questione clima occorre essere "pragmatici" e "ci sono livelli di ottimismo" per credere che il G8 a L'Aquila "possa rappresentare una svolta" in vista della conferenza delle nazioni unite a Copenaghen, a dicembre. I leader del mondo a luglio, quindi, "possono fare già un accordo di tipo politico, che sia poi la base per i negoziati". E per l'Italia occorre uno "spirito bipartisan" e senza eco-ideologismi. Il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, accoglie l'invito di Francesco Rutelli e della sua Fondazione "Centro per un futuro sostenibile" partecipando nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati, con Cina e India, alla conferenza su Green economy- nuove idee per il G8 e il summit di Copenaghen. Questione, quella della tutela dell'ambiente "tra le missioni prioritarie e irrinunciabili di questo secolo" ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un messaggio nel quale chiede un'"azione rapida" sul clima. Quindi il dialogo bipartisan. "Ho apprezzato l'iniziativa di Rutelli che con la sua fondazione vuole creare un ponte di dialogo con governo e maggioranza", sottolinea il ministro Prestigiacomo secondo il quale bisogna "abbandonare l'eco-ideologismo". "Esserne usciti nella maggioranza, e spero anche nell'opposizione ci consente di dare risposte concrete". E a proposito della marcia verso la Conferenza Onu di Copenaghen il prossimo dicembre: solo un accordo accettabile da quei Paesi che non hanno sottoscritto Kyoto, come gli Usa e quelli a economie emergenti "sarà un accordo". OAS_RICH('Middle'); (19 maggio 2009

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Mi ricordo che ai primi anni di università il termine globale lo usavamo solo noi c... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Mi ricordo che ai primi anni di università il termine «globale» lo usavamo solo noi che seguivamo i corsi di informatica per definire una variabile che poteva essere letta e modificata da qualsiasi procedura di un programma. Poi arrivarono le contestazioni di Seattle, i libri di Naomi Klein e la parola «globale» uscì dalle aule per assumere la connotazione negativa attribuitagli dal movimento dei no-global. Da allora, economisti e politici non hanno smesso di discutere dei costi e dei rischi della globalizzazione, commettendo spesso l'errore di ritenerla un fenomeno prettamente economico. Persi nella guerra delle cifre, tanto i sostenitori quanto i detrattori dimenticano che la globalizzazione assume molte forme e che uno in particolare ha, o dovrebbe avere, solo risvolti positivi. Mi riferisco alla globalizzazione della ricerca scientifica e della conoscenza. E' difficile dire se sia cominciata con un «push» della tecnologia, che ha messo a disposizione della scienza strumenti sempre più potenti, o con un «pull» dei ricercatori, che dovevano comunicare. L'unica cosa certa è che oggi la ricerca è diventata globale e viaggia su Internet, senza confini. I futuri Ramanujan non resteranno sperduti in qualche villaggio indiano e africano, dopo che Nicholas Negroponte avrà distribuito «un portatile per ogni bambino».

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I leader devono studiare Ora o mai più (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Intervista Richard Muller «I leader devono studiare Ora o mai più» GABRIELE BECCARIA Allo stesso modo deve conoscere la fisica delle bombe atomiche e dei reattori nucleari e sapere che cos'è il carbone pulito. E anche il riscaldamento globale: alcuni dicono che sia il problema più grave e altri ribattono che è un non-senso. Come può un Presidente decidere, limitandosi ad ascoltare i consiglieri che lui stesso ha scelto? Ecco perché deve conoscere i fondamenti. Vi convincerò con un aneddoto». Lo racconti. «Una studentessa mi dice di una cena con un famoso fisico, che parla della fusione nucleare. Tutti lo ascoltano, finché lei vince la timidezza: "Anche l'energia solare ha un futuro". Il fisico ribatte: "Impossibile. Solo per la California si dovrebbe tappezzare di celle tutto lo Stato". Ma lei non si scoraggia: "Non è vero. Basta 1 km quadrato per produrre un gigawatt". Lui sbianca: "Controllerò!". Naturalmente aveva ragione la ragazza. Lo stesso deve fare il Presidente: sfidare i consiglieri. Anche per la fisica si deve dire "Yes, you can!"». Obama ha lanciato un programma di maxi-investimenti nella ricerca, ma la scienza non è popolare tra i politici. Fa eccezione il cancelliere tedesco Angela Merkel, che è laureata in fisica. Come crede di convincere i leader a prendere lezioni? «Angela Merkel spicca in Occidente, ma in Cina molti top leader sono ingegneri, a differenza di Usa ed Europa, dove la maggior parte è composta da avvocati. E' chiaro che dovranno fondare sempre di più le decisioni sulle idee della scienza e non sulle idee sbagliate che si hanno della scienza stessa. L'esempio sono le scorie atomiche: circolano più storie horror che dati reali». Comunque, ammetterà che, se i politici non le cavano troppo bene, spesso gli scienziati non sono d'accordo e disegnano scenari contraddittori. «Molti scienziati scelgono solo alcuni fatti e li utilizzano per arrivare a conclusioni specifiche, ma in questi casi non sono più bravi ricercatori. Io, invece, sono tra chi si impegna a presentare tutta la storia». Sul riscaldamento globale ci sono idee opposte e lei le analizza, ma da che parte sta? «Spiego le teorie degli allarmisti e dei critici. Analizzo anche il successo di Al Gore, il quale sostiene che la situazione è gravissima, e dimostro ciò che è accurato e ciò che è un'esagerazione. La mia conclusione è che, quando si scoprirà che l'ex vicepresidente ha amplificato il caso, la gente potrebbe respingere la reale questione del riscaldamento globale. Temo che getterà via il bambino con l'acqua sporca». Si troverà un terreno comune? «Nella scienza sì, non nelle opinioni. Solo allora si discuterà che cosa fare».

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I cervelloni del piano sono tre studiosi di fama mondiale tra cui un Nobel (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

I cervelloni del piano sono tre studiosi di fama mondiale tra cui un Nobel GIORDANO STABILE Un piano Manhattan sommato a un progetto Apollo e moltiplicato per due. Nelle pieghe del primo bilancio dell'amministrazione Obama si nasconde il più grande investimento nella scienza nella storia Usa. Su questo il Presidente è stato di parola. E la comunità scientifica applaude. Sia l'afflusso di investimenti (che, è vero, vanno a pescare in un deficit enorme in viaggio verso il 12% del Pil) sia la scelta del dream team che dovrà governare questa massa di denaro. Una comunità già deliziata dalla parola «scienza», pronunciata allo storico discorso di insediamento alle presidenza il 20 gennaio, e ancor di più dalle frasi appassionate dette davanti alla National Academy of Science, lo scorso 27 aprile: «La scienza è ora più che mai essenziale per la nostra futura prosperità, la nostra sicurezza, il nostro ambiente e la nostra qualità della vita». Obama era il quarto Presidente a parlare alla National Academy, a 45 anni di distanza dall'ultimo a presentarsi lì, un certo John Fitzgerald Kennedy. Non a caso Obama ha sottolineato che dopo il balzo degli Anni 60, al momento della corsa allo spazio e alla Luna, la percentuale di Pil dedicata alla ricerca e sviluppo non ha fatto che calare e si è «dimezzata nell'ultimo quarto di secolo». Gli Usa sono scesi nel 2007 al 2,6%, contro il 3,3 del Giappone e il 4 della Cina: di poco sopra alla Francia (2,1), ma il doppio dell'Italia (1,3). Obama ha detto di voler riportare la quota sopra il 3 «nel corso» della Presidenza. Sono in ballo cifre enormi. Solo con il «pacchetto di stimolo», nelle fonti energetiche rinnovabili saranno investiti 50 miliardi ogni anno, con fondi già garantiti per due. Altri 20 all'anno andranno alla ricerca «di base», la cenerentola nelle nazioni occidentali. Per fare un paragone, in dollari attuali, il programma Apollo costò 200 miliardi spalmati su 11 anni, il progetto Manhattan per costruire la prima bomba atomica 35 in cinque. «Per la prima volta hanno messo i soldi dove c'è più fame», ha commentato Lesley Stone, del gruppo lobbista «Scientists and Engineers of America». Obama ha detto, ed è stata musica per le sue orecchie, che «una ricerca in settori della fisica, chimica o biologia può non essere redditizia per un anno, un decennio, o mai. Ma, quando ha successo, i vantaggi sono per tutti». Più soldi nella ricerca di base, quindi, ma soprattutto nel settore energetico, quello che sarà la più grande fonte di nuovi posti di lavoro. Obama vuole ridurre le emissioni di CO2 «dell'80% da qui al 2050». Tutte le fonti rinnovabili andranno esplorate, con grande attenzione a vento, sole, geotermico, ma senza mettere in soffitta il nucleare, che in questa fase di transizione serve a non pompare gas serra nell'atmosfera. In 10 anni saranno spesi 150 miliardi di dollari per sviluppare un'infrastruttura energetica pulita. L'altro settore che sarà, anzi, è già stato investito dopo soli 100 giorni dalla rivoluzione scientifica obamiana, è quello dei trasporti. Ridurre la dipendenza dal petrolio è una delle promesse del Presidente. La volontà di superare la mania dei motori «gas guzzler» è già nei fatti e l'auto elettrica, alimentata da fonti di energia verdi, è l'obbiettivo finale. Poi c'è la Sanità. È significativo che nel bilancio per il 2010 oltre un miliardo di dollari sia stanziato per lo studio comparato dell'efficacia dei farmaci e il National Institute of Health è stato incaricato di svolgere un titanico lavoro di «screening» per identificare le cure meno costose. Dietro l'idea della terapia-choc c'è un trio di ricercatori di fama mondiali scelti dall'Amministrazione per dare uno scossone a uno schema basato soprattutto sulla ricerca militare. A capo del team il Nobel per la fisica Steve Chu, affiancato dall'altro fisico John Holdren (che nel 1970 scrisse il libro dal titolo profetico «Ecoscience»), e dal biologo Heric Lander (un guru del Dna che ha spinto per il rilancio della ricerca con le cellule staminali embrionali).

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RICCARDO LATTANZI NEW YORK UNIVERSITY La globalizzazione, così, ha ottimizzato i tempi de... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

RICCARDO LATTANZI NEW YORK UNIVERSITY La globalizzazione, così, ha ottimizzato i tempi della ricerca e ha reso possibili progetti mastodontici, come la mappatura del Genoma. Come dicevo, si dà per scontato che ricerca scientifica e sviluppo tecnologico seguano il cambiamento dell'economia, ma non ne sono così sicuro. Le nazioni asiatiche sono cresciute perché hanno investito in ricerca e sviluppo o è vero il contrario? Difficile dirlo, perché ora i processi corrono di pari passo. Con 436 miliardi di dollari, l'Asia si è confermata quest'anno l'area continentale dove si spende di più per ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, davanti a Nord America (377) ed Europa (276). Ma siamo di fronte ad uno scenario dinamico, perché la spesa della Cina nel settore cresce del 20% all'anno e si calcola che tra un decennio il 90% dei ricercatori vivrà sulle coste asiatiche. In un'intervista per la New York Academy of Sciences il Nobel James Watson si diceva preoccupato del fatto che ciascuno dei suoi studenti si trova a competere con 500 studenti che fanno le stesse ricerche all'università di Pechino. Ma questi non sono gli unici pericoli. Se da un lato l'abbattimento delle barriere nazionali è un bene per il progredire della conoscenza, dall'altro le frontiere della scienza devono essere sorvegliate, perché un'espansione asimmetrica rischia di provocare uno strappo, con ripercussioni di carattere etico e scientifico sulla società. Il laissez-faire non è la soluzione, ma la globalizzazione della ricerca va governata, introducendo regole comuni, che garantiscano i diritti e tutelino le persone. Prendiamo la ricerca biomedica. La sperimentazione di nuovi farmaci è diventata sempre più multinazionale, spostandosi in Paesi meno sviluppati, sia per ridurre i costi sia per aggirare ostacoli burocratici. Non c'è dubbio che ciò costituisca un vantaggio in termini di formazione medica e risorse finanziarie per questi Paesi, ma chi garantisce che vengano mantenuti gli standard etici a cui siamo abituati in Occidente? Oggi esistono comitati bioetici internazionali, ma sono più che altro dei forum di discussione. Invece, servirebbero leggi condivise e un organo di controllo, che vigili sui ricercatori a Boston come a Singapore. Purtroppo a volte sembra che siano gli stessi ricercatori a non rendersi conto della necessità di un codice internazionale di comportamento. Quando si parla di cellule staminali, la maggior parte invoca libertà di ricerca, ma poi, quando ci sono di mezzo i brevetti, tutti vorrebbero che i governi tutelassero la proprietà intellettuale delle scoperte. Allora, in attesa di un G20 sulla bioetica, non resta che sperare nel buon senso degli scienziati, per evitare che il lato oscuro della globalizzazione prevalga anche nel mondo della ricerca.

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Cina e Brasile danno il via all'alleanza monetaria contro l'egemonia del dollaro (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Cina e Brasile danno il via all'alleanza monetaria contro l'egemonia del dollaro Vacilla l'impero di Vodafone nei mercati emergenti Combattendo contro il rallentamento economico, Vodafone è impegnata in un difficile gioco di equilibrismo. I risultati annuali del più grande gestore di telefonia mobile del mondo mostrano che il gruppo sta affrontando una durissima battaglia nel suo impero incontrollato. Le difficoltà in Spagna, Turchia e Ghana hanno determinato perdite di circa 5,9 miliardi di sterline nell'anno finanziario chiuso il 31 marzo, un avvertimento che l'aggressivo obiettivo di crescita di Vodafone comporta rischi equivalenti nei mercati maturi e in quelli emergenti. La colpa sarebbe un mix di modesta capacità del network, di debole distribuzione e di ipotesi economiche troppo ottimistiche. In base alla valutazione sulla crescita organica dei profitti dei servizi, Vodafone ha ottenuto una performance inferiore a quella dei concorrenti Telefonica e Turkcell. Ma almeno Vodafone sta raggiungendo i suoi obiettivi sotto la guida del nuovo chief executive, Vittorio Colao. Le entrate del gruppo di 41 miliardi di sterline sono state in linea con le attese. La crescita nei mercati emergenti è stata compensata dai cali nei mercati maturi dell'Europa e dalla debolezza dell'Europa centrale. Ma la fondamentale crescita delle entrate dell'1,3% sembra ancora discreta in una recessione globale. Anche la creazione di liquidità è sana, con il flusso di cassa disponibile in rialzo del 2,5% a 5,7 miliardi. Colao potrebbe avere eliminato la messinscena pubblicitaria dalla strategia di Vodafone. Il maggior problema del gruppo, la Turchia, trae profitto da un chiaro piano di miglioramento. Le assicurazioni che questo piano dovrebbe dare frutti entro la fine dell'anno finanziario sono plausibili. Nello stesso modo, l'obiettivo di ottenere i due terzi di un programma biennale di tagli dei costi da 1 miliardo entro il 2010 sembra realizzabile. La sua performance nel competitivo mercato indiano rimane impressionante nonostante la dura concorrenza. Vodafone è il secondo più grande player nel Paese, dove la penetrazione della telefonia mobile è appena del 35%. Anche le attività Usa di Vodafone sono state positive. La partecipazione del 45% del gruppo nella joint venture Verizon Wireless sta generando un flusso di cassa annuale disponibile di quasi 15 miliardi. A Vodafone stanno arrivando i dividendi. \ Il dollaro è sempre onnipotente. Ma la Cina e il Brasile hanno fatto un piccolo passo per cambiare questa situazione. I leader dei due Paesi hanno raggiunto un accordo per tentare di gestire il loro commercio nelle loro valute locali: il real e il renminbi. Se riescono a realizzare questo accordo, l'egemonia del biglietto verde ne sarebbe indebolita. Gli Stati Uniti possono essere il più grande debitore del mondo, la loro politica monetaria può essere avventata e il loro deficit troppo elevato per stare tranquilli. Ma l'America mantiene quello che gli economisti chiamano il "privilegio esorbitante" di indebitarsi nella propria valuta. E il dollaro rimane la moneta di riferimento per qualsiasi cosa, dal prezzo del petrolio ai confronti internazionali sul Pil. Una generazione fa, il Paese era l'indiscusso leader economico, politico, militare e culturale del mondo. Gli Usa sono stati declassati ma le abitudini - rivolgersi a Washington per la decisione finale e pensare in dollari - sono difficili a morire. Se il meccanismo real-renminbi decolla, interromperebbe una parte di questa tradizione. Ma il cambiamento non sarà facile fino a quando il prezzo globale standard per tutte le materie prime sarà fissato in dollari. Inoltre, gli Usa hanno l'influenza che deriva dal fatto di aver debiti per enormi importi di denaro. E le nazioni creditrici sostengono l'occupazione nazionale aiutando i consumatori Usa a pagare i prodotti importati. Costringere il cliente ad assumere il rischio valutario potrebbe mettere in pericolo questo comodo supporto. Queste forze gemelle - la tradizione e il peso del debito - significano che l'era del dollaro non finirebbe subito, anche se l'iniziativa di Brasilia-Pechino funzionasse. Ma questa iniziativa segue una serie di lamentele cinesi, ufficiali e ufficiose, sul valore del dollaro. Il mondo che non fa parte dell'area del dollaro sta diventando sempre più inquieto. Forse le altre due valute dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina), il rublo russo e la rupia indiana, potrebbero unirsi per creare un'area valutaria delle Quattro R (real, rublo, rupia, renminbi). \

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napolitano: "non lasciamo sola l'america" (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 17 - Esteri Il presidente dalla Regina d´Inghilterra: "L´Europa si impegni per la sicurezza nel mondo" Napolitano: "Non lasciamo sola l´America" DAL NOSTRO INVIATO LONDRA - Napolitano a Buckingham Palace. Una colazione privata (accompagnato dalla moglie Clio) con la regina Elisabetta e il principe Filippo a Palazzo Reale, circondati dagli amati cani corgie. «La regina era molto interessata alle conseguenze e all´entità del recente terremoto in Abruzzo», ha detto il presidente all´ambasciata d´Italia, prima di tenere una conferenza all´Istituto internazionale per gli studi strategici su "l´Europa nel mondo globalizzato". Ed è stata, la regina d´Inghilterra, «d´accordo con la scelta di trasferire all´Aquila il G8 inizialmente previsto alla Maddalena». A Londra il presidente italiano è arrivato per tenere una conferenza sull´Europa e per capire se «sarà all´altezza delle proprie responsabilità in un mondo globalizzato». L´interrogativo da cui parte Napolitano è all´insegna del rischio che «il ruolo dell´Europa nel mondo sia destinato a diventare marginale». Un ruolo che tuttavia non è inevitabile. Un anno eccezionale, quello alle spalle. Con la «peggior crisi economica e finanziaria dal ?29», con la guerra in Georgia che ha fatto rischiare una «nuova guerra fredda», con l´elezione di Obama alla guida dell´America. L´Unione europea, secondo il capo dello Stato, ha «fatto non poco» per un «nuovo concetto di sicurezza». Ora però il proposito di «arricchire» la sicurezza «non è una buona ragione per sfuggire a una valutazione degli aspetti militari e a un impegno congiunto di difesa collettiva». Nei suoi rapporti con gli Usa l´Europa infatti, accusa il presidente italiano, «risente ancora del sospetto di voler lasciare responsabilità ed oneri della propria difesa sulle spalle degli alleati americani». (g. batt.)

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un prete indiano alla bocconi per imparare l'economia del bene - luca de vito (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina XVI - Milano La storia Dopo un master in Management della salute applicherà gli studi agli ospedali dei poveri nel Kerala Un prete indiano alla Bocconi per imparare l´economia del bene Le strutture private nel sud dell´India sono una meta per gli americani. Così a curare chi non se li può permettere restano i missionari LUCA DE VITO Dalle foreste pluviali di Kerala, alle storiche aule della Bocconi. Don Simon Pallupetta - prete originario dell´India - ha deciso di impegnare la sua vita per portare aiuti sanitari ai poveri della sua regione. E siccome l´impresa, difficile, nasce dal cuore ma ha bisogno di competenze all´altezza delle necessità, per impararle è passato da Milano, dalla Bocconi, dove ha studiato due anni le tecniche più sofisticate della gestione manageriale nel settore sanitario. Simon Pallupetta ha 40 anni ed è un sacerdote cattolico. Probabilmente non avrebbe mai immaginato che la sua esistenza sarebbe stata divisa tra la pacifica e multireligiosa provincia del sud indiano - 90 per cento di alfabetizzazione, 56 per cento di induisti, 24 per cento di islamici e 19 per cento di cattolici - e le nebbie di Milano. Finché nel 2005 la sua vita ha preso una svolta: dopo alcune esperienze di gestione di programmi sociali e sanitari a livello locale, l´arcivescovo di Ernakulam-Angamaly ha selezionato don Simon per un lavoro manageriale negli ospedali e lo ha mandato in Italia per completare la sua formazione nel settore. La scelta è caduta sulla specializzazione offerta dalla Bocconi, dove si è iscritto al master in Health care management, economics and policy (Mihmep). «Qua ho imparato molto - racconta Simon, che ha appena finito il master, ma continua a frequentare l´Ateneo per seguire alcuni corsi facoltativi - soprattutto nel management dei servizi di Health care. Sono abilità che, quando tornerò in India l´anno prossimo saranno utili per la gestione degli ospedali dell´arcivescovado, dove lavoro». Milleottocento posti letto in totale, le strutture sono gestite da sacerdoti e suore e svolgono un ruolo importantissimo soprattutto da quando il Kerala è diventato una meta del turismo sanitario americano, con il risultato che i prezzi degli ospedali privati sono diventati troppo alti per il 60 per cento della popolazione locale, che non può più permettersi di pagare le cure mediche. Un effetto perverso e imprevisto della globalizzazione che don Pallupetta riassume così: «In Kerala ci sono sono oltre sessanta strutture sanitarie private, ma sono frequentate praticamente solo da ricchi». Mentre il contraccolpo positivo della globalizzazione nell´alta formazione è che saranno gli strumenti del management elaborati in occidente a dare ai missionari in Kerala alcuni strumenti gestionali per cercare di correggere le storture del mercato. Uno dei motivi che hanno spinto Simon Pallupetta a scegliere il master in Bocconi è il fatto che i corsi sono tenuti interamente in inglese. L´altro sono le possibilità offerte dall´ateneo per l´accesso allo studio e alle esperienze sul campo: ha potuto frequentare i corsi grazie a una borsa di studio e nel corso dell´ esperienza ha fatto due stage: «Il primo al Little Flower di Angamali-India, uno dei due ospedali dell´arcivescovado, dove ho cominciato a mettere in pratica la lezione. L´altro al San Raffaele di Segrate, dove ho potuto fare un confronto con un´eccellenza che funziona». SEGUE A PAGINA VI

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Il ritorno (laico) di A. Fazio (sezione: Globalizzazione)

( da "Riformista, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

antitremontiani/2 Il ritorno (laico) di A. Fazio Da quando aveva lasciato la Banca d'Italia, dopo le dimissioni, l'estate delle scalate bancarie e le accuse di agiotaggio, il governatore Antonio Fazio aveva mantenuto un profilo bassissimo, seguendo la lezione di Giulio Andreotti: meglio difendersi nel processo che dal processo. Di lui si ricorda una sola apparzione pubblica, per la presentazione di un pamphlet sulla globalizzazione, all'università pontificia Regina Apostolorum, in un contesto amico (è l'ateneo dei Legionari di Cristo) e molto riservato. Ieri, invece, sempre a Roma si è assistito al ritorno laico di Fazio, proprio in quegli ambienti che sembravno un po' averlo espulso dopo la sua caduta istituzionale. Il convegno si chiamava "Alla ricerca dell'economia perduta". Un consesso di tecnici per discutere di volumi in cui si sviscerano le varie fasi di elaborazione e approvazione delle ultime Finanziarie. C'erano Tommaso Padoa-Schioppa, Paolo Savona, Giorgio La Malfa. Doveva esserci Renato Brunetta, ministro capocorrente del pensiero lib-lab e non tremontiano nel Governo: ma all'ultimo ha dato forfait. Si è discusso di benefici e costi dell'ingresso nell'euro, di demografia, di crisi finanziaria. Chi si aspettava che l'attuale condizione di studioso a tempo pieno di Fazio, lo avrebbe portato a prodursi in citazioni di San Tommaso ancora più raffinate che in passato, si è trovato invece davanti a un intervento fattuale: pieno di cifre e percentuali che hanno assunto anche un senso lievemente polemico quando Fazio, uno dei primi a parlare di econometria in Italia, ha spiegato che i numeri «non sono astrologia». E chi ha orecchie per intendere (Giulio Tremonti, il nemico numero uno che ha sempre chiesto le dimissioni) ha inteso. Idem per l'accenno alla solidità patrimoniale delle banche italiane che ha permesso loro di sopravvivere alla bufera finanziaria degli ultimi due anni: Fazio non ha detto «è merito mio», ma in maniera quasi esplicita ha fatto capire che il merito non è certo di Tremonti. E poi ha parlato di declino: «Se gli altri corrono e noi andiamo lenti, se gli altri vanno avanti e noi scendiamo, beh, questo è declino», ha detto. Anche se fu Fazio a usare la parola declino per la prima volta, il termine che più gli piace per spiegare la decadenza del sistema è "bradisismo": una infinita sequenza di lente scosse sismiche che, piano piano, fanno sprofondare il territorio. Come succede a Pozzuoli. L'ultima volta che il governatore usò l'espressione, ancora potente e forte di un mandato a vita a via Nazionale, dovette poi scrivere una lettera al sindaco della cittadina campana che non gradì di essere paragonato al sistema economico italiano. di Stefano Feltri 20/05/2009

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Napolitano: l'Europa rafforzi la difesa comune (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Napolitano: l'Europa rafforzi la difesa comune LONDRA«L'Europa sarà all'altezza delle sue responsabilità in un mondo globalizzato a condizione che ci siano più forti istituzioni comuni, più forti politiche comuni, maggiori risorse di bilancio». Lo ha detto ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'Istituto internazionale di Studi strategici. La sfida è mettere in campo un modello di difesa collettiva, aumentando la spesa dei singoli Paesi. «Appare condiviso in Europa e sulle due sponde dell'Atlantico, un più ampio, inclusivo, multidimensionale concetto di sicurezza», ha aggiunto capace di trovare soluzioni comuni.

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Obama? Un Sozial demokrat (sezione: Globalizzazione)

( da "Unita, L'" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama? Un «Sozial demokrat» TOCCO & RITOCCO Tutto ciò che c'è da sapere sulla socialdemocrazia del 900. Parafrsandone il senso, questo potrebbe essere il vero sottotitolo di un bel libro di Enrico Berta, storico alla Bocconi, studioso del lavoro e della questione settentrionale. Il cui titolo suona invece: Eclisse della socialdemocrazia (il Mulino, pp.135, Euro 10). Mentre in realtà un sottotitolo in copertina, il volumetto ce l'ha. Più o meno: «ci si domanda come la socialdemocrazia sia uscita travolta dalla globalizzazione e poi dalla sua crisi». Perché abbiamo scelto un altro sottotitolo? Perché il vero pregio del saggio, più che nella sua diagnosi di crisi definitiva, sta nel suo asse storiografico. Impeccabile, nel suo andare dalla grande crisi del 1929, a Roosevelt, a Keynes, fino a Schumpeter. E nel narrare (bene) il passaggio da un'idea welfarista e dirigista dell'economia - capitalismo guidato a fini equitativi e sociali - a un'impostazione capovolta. Dove le socialdemocrazie si adeguano in chiave subalterna alla finanza e al liberismo degli anni 80. Sino a pensare di dover solo avvolgere l'economia di ammortizzatori e formazione. E sino a far proprie le esigenze di «flessibilità» della forza lavoro. Nella persuasione che il ciclo di finanza e capitale, ben assecondato, non potesse che generare ricchezza per tutti. Sta in questo totale capovolgimento ideale - come spiega Berta - il significato della «terza via» blairista di Antony Giddens: ammortizzatori, scuola, un po' di investimenti pubblici e un po' di corpi intermedi (famiglia e associazioni a tamponare le diseguaglianze). Finché non riesplode la crisi del capitalismo. A seguito dei bassi salari coperti da carte di credito e debiti «subprime», rivenduti all'infinito. Morale: occorre ritornare a Keynes. Massicciamente. Ed è proprio il social-liberale e «bocconiano» Berta a dirlo. Benché poi pensi che la socialdemocrazia sia ormai ferita a morte. Del resto che fa Obama? Mette la politica alla testa dell'accumulazione. E chiama i lavoratori a cogestire. Che sia Obama il vero Sozial-Demokrat? Qualcuno deve pur esserlo!

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Il cadavere del leader dei Tamilcome simbolo della disfatta (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il cadavere del leader dei Tamilcome simbolo della disfatta sri lanka Colombo. L'esercito dello Sri Lanka ha confermato che il corpo di Vellupillai Prabhakaran, leader delle Tigri Tamil, è stato ritrovato e il presidente Mahinda Rajapaksa ha esortato i Tamil ha partecipare allo sforzo di ricostruzione e unificazione di una nazione divisa da 25 anni di guerra separatista. Un servizio della televisione cingalese ha mostrato quel che sembra essere il cadavere dell'uomo che ha fatto sprofondare l'isola dell'Oceano Indiano in una delle più complesse guerre civili del Pianeta. Il cadavere ha gli occhi spalancati, il viso gonfio e manca la parte superiore della testa. È stato il generale Sarath Fonseka a dare la prima conferma ufficiale della morte del leader delle Tigri Tamil, poco dopo che un sito pro-ribelli aveva annunciato che Prabhakaran era «vivo e al sicuro». Lunedì i militari hanno dichiarato una completa vittoria sull'organizzazione separatista delle "Tigri per la liberazione della patria Tamil" e per la prima volta dal 1983 lo Sri Lanka è tornato completamente sotto il controllo governativo a seguito di un'ultima terribile battaglia. Il presidente Rajapaksa ha tenuto un lungo discorso in Parlamento, promettendo grandi cambiamenti per le regioni settentrionali del Paese fino a pochi giorni fa sotto il controllo delle forze separatiste e impegnandosi a difendere i diritti della minoranza Tamil. «È necessario garantire le soluzioni politiche di cui la popolazione ha bisogno - ha dichiarato il presidente - tuttavia non è possibile applicare soluzioni "importate", dobbiamo trovarne una che ci appartenga come nazione». Rajapaksa ha poi promesso un rapido rientro per i 25.000 profughi Tamil che al momento si trovano in campi d'accoglienza e ha invitato gli investitori internazionali a puntare sullo Sri Lanka e di investire nella ricostruzione. Il presidente, che appartiene alla maggioranza cingalese, ha poi dichiarato in lingua Tamil: «Questo è il nostro Paese, la nostra patria, dovremmo vivere su questa terra come figli della stessa madre, senza differenza di casta, etnia o religione a dividerci». Ian Kelly, portavoce del Dipartimento di Stato degli Usa ha dichiarato: «Questa è l'opportunità dello Sri Lanka di voltare pagina e di costruire le basi di una nuova nazione fondata sulla democrazia, la tolleranza e il rispetto dei diritti umani». La Cina, che ha sempre difeso la guerra combattuta dallo Sri Lanka, ha dichiarato: «Speriamo sinceramente che lo Sri Lanka possa raggiungere il prima possibile, attraverso i proprio sforzi, una riconciliazione tra le diverse etnie, la pace sociale e lo sviluppo economico». C.Bryson Hull e Ranga Sirilal traduzione Veronica De Crignis 20/05/2009

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Nella trappola del New Deal (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 2 autore: Nella trappola del New Deal Il capitalismo sotto tutela politica: così Roosevelt soffocò forze vitali di Alberto Alesina u Continua da pagina 1 N on potendo mantenere salari nominali costanti mentre i prezzi dei beni cadevano, gli imprenditori accelerarono le chiusure e fecero schizzare in su la disoccupazione. Poi, Hoover si scagliò contro la finanza, spaventando gli investitori e accelerando il crollo del Dow Jones. Inoltre, accettò il ritorno al protezionismo approvando la tariffa Smoot Hawley, nonostante una famosa petizione contraria firmata da 1.028 economisti. Ne derivò una guerra commerciale che polverizzò quello che era rimasto della globalizzazione prebellica (la Belle époque) e fece precipitare il mondo nella crisi piu grave del capitalismo. Infine, preoccupato per il deficit in aumento, Hoover aumentò, e di molto,le imposte,dando un'altrabatosta alla domanda aggregata. Hoover consegnò a Roosevelt all'inizio del 1933 un'economia con un tasso di disoccupazione di circa il 20 per cento. Due anni dopo era al 23 per cento. Una ripresa nel '37 fu, poi, seguita da una nuova recessione l'anno successivo. In media, il totale delle ore lavorate in Usa fu inferiore del 23% durante il New Deal ('33-'39) rispetto agli anni prima del '29, nonostante fosse salita di molto la spesa pubblica. I consumi degli americani rimasero al 25% sotto trend durante quel periodo ritenuto leggendario. Non sembra un grande successo. Che cosa fece Roosevelt? Una parte delle sue scelte politiche furono ottime: i sussidi alla disoccupazione limitarono i danni sociali della depressione, il sistema pensionistico pubblico tranquillizzò i consumatori sul loro futuro, l'assicurazione sui depositi bancari e la creazione di un regolatore dei mercati stessi (la Sec) contribuirono a stabilizzare i mercati finanziari. Ma il suo estremo dirigismo nella regolamentazione dell'economia fece gravi danni. I teorici del New Deal erano convinti che il capitalismo andasse gestito e diretto dal centro della politica. In questo senso il National Recovery Act, che fu la prima mossa di Roosevelt nel '33, fu un disastro. Questa legge voleva fissare (o influenzare) prezzi e salari, impedire la concorrenza e promuovere monopoli centralizzati, anche meglio controllabili politicamente. Introdusse regolamentazioni molto specifiche su cosa si poteva e non si poteva fare nel campo della produzione e della scelta dei prodotti. Potenziali forze vitali dell'economia privata vennero essenzialmente schiacciate da queste asfissianti regole, nel loro insieme contrarie a qualunque basilare principio di economia. Molti potenziali investitori spaventati dalle prospettive dell'economia di mercato e dal futuro status giuridico delle imprese, messi in discussione dal New Deal con la sua tesi della superiorità della politica, cessarono di investire peggiorando cosi la depressione. La Corte suprema dichiaro il National Recovery Act incostituzionale nel '35, ma quelle politiche industriali continuarono essenzialmente immutate. Roosevelt minacciò perfino l'indipendenza della Corte suprema nella sua battaglia dirigista. Ma alla fine lo stesso presidente riconobbe come un errore l'eccesso di regolamentazione e, in un discorso del ' 38, ammise di aver consegnato l'economia americana a dei monopolisti. L'altro cardine delle politiche di Roosevelt fu il forte aumento della spesa pubblica, soprattutto per opere pubbliche. A giudicare dai risultati sull'occupazione sopra ricordati, tutto questo sforzo ebbe effetti molto meno straordinari di quanto normalmente si pensi. Anche altre recessioni aggredite con espansioni fiscali nel secondo dopoguerra dimostrano che i benefici della spesa pubblica, in particolare di grandi opere edili, per stimolare la crescita sono alquanto dubbi. Insomma, quello che stupisce nell'America del New Deal non è un veloce recupero dalla crisi del '29, ma un decennio di difficoltà più gravi che in altri Paesi industrializzati nella stessa epoca. I tentennamenti e le indecisioni di Roosevelt sull'abbandono del gold standard non fecero che aggravare il problema. La lezione da trarre dalla crisi del '29 è, allora, molto diversa dalla riscoperta della regolamentazione, del dirigismo e dello statalismo. La crisi di oggi è stata sì determinata dalle distorsioni dei mercati finanziari. Ma la gestione dell'economia ci ha messo del suo, a partire da tassi troppo bassi fissati dalla Fed nei primi anni del Duemila. Fra l'altro, molti dei leader europei che oggi si scagliano contro il capitalismo anglosassonesono gli stessi che criticavano la più prudente e saggia Banca centrale europea. E osannavano, invece, Greenspan per le sue politiche espansive, che poi, come si è visto, contribuirono alla crisi finanziaria. E se oggi, per fortuna, abbiamo in larga parte evitato gli errori di Hoover, adesso dobbiamo evitare anche quelli di Roosevelt. Protezione sociale sì, ma non reintroduzione del dirigismo e del capitalismo di Stato. Non ci deve essere una restaurazione. La lezione da trarre da questa crisi è quella che ha tratteggiato Guido Tabellini sul Sole 24 Ore del 7 maggio. Ovvero, il capitalismo dopo questo shock non cambierà. Riscriveremo alcune regole per mercati finanziari. Cercheremo di migliorare la supervisione e gli incentivi per i manager della finanza, oltre a cambiarne parecchi. Ma il capitalismo anglosassone, fondato sul mercato, continuerà a essere quello che produce piu crescita. Teniamocelo. aalesina@harvard.edu © RIPRODUZIONE RISERVATA CAMICIA DI FORZA Una regolamentazione eccessiva frenò gli investimenti Alla fine il presidente riconobbe di aver consegnato l'economia ai monopolisti «CASE HISTORY» Le turbolenze odierne sono causate dalla distorsione dei mercati finanziari: protezione sociale sì, ma non reintroduzione di dirigismo e statalismo Dalla depressione alla ripresa. Un gruppo di ragazze della Florida "celebra" il rilancio dell'economia nel 1934: i grafici tatuati sulle schiene evidenziano il boom di alcuni indicatori. Ma nel '37 ci sarà una ricaduta ALINARI

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Una spinta all'internazionalizzazione (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 5 autore: Coinvolte oltre 2mila imprese tra missioni all'estero e delegazioni straniere ospitate in Italia Una spinta all'internazionalizzazione ROMA L'ultima è stata in Russia, all'inizio di aprile. E, a guardare i numeri, anche la più imponente realizzata all'estero: mille imprenditori. Un successo inaspettato. E che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha voluto pubblicamente sottolineare, a Mosca, di fronte al vertice del Governo russo e a tutta la platea:«Sono orgogliosa dell'imprenditoria italiana ». Certamente ha pesato l'attrattiva del Paese, un mercato dove le aziende italiane sono già presenti e che prima della crisi aveva una crescita al galoppo. Ma esiste un comune denominatore che unisce la missione russa con quelle in Israele, in Vietnam, e le altre iniziative già programmate: a metà giugno Singapore e Malesia, in autunno il Forum del Mediterraneo, che riunirà a Roma i Paesi della sponda Nord del Mediterraneo, e il Brasile. L'impegno di Confindustria per rendere il sistema imprenditoriale più internazionale, con joint-venture e investimenti. E la voglia delle aziende, dalle piccole alle grandi, di andare all'estero per reagire alla crisi. è proprio questa una delle carte importanti che la Marcegaglia ha voluto giocare nel primo anno di presidenza: accelerare l'internazionalizzazione del sistema Italia. Una strada obbligata: di fronte ad un'economia in recessione, ad una domanda globale con il segno meno, bisogna tenere duro sui mercati dove si è già presenti e cercarne di nuovi, per essere in prima fila quando arriverà la ripresa. Sì alla globalizzazione, intesa, secondo la Marcegaglia, come opportunità di sviluppo, nel rispetto delle regole, evitando il protezionismo, fenomeni di dumping, e nell'auspicio che si possa arrivare al più presto ad una conclusione dei negoziati del Wto. Un messaggio lanciato con forza al G-8 Business, che si è tenuto ad aprile a Cagliari, sotto la presidenza italiana. Ecco quindi l'esordio in Vietnam, all'inizio di novembre dell'anno scorso, nella formula sperimentata delle missioni di sistema, Confindustria, Abi, Ice e Governo. Tappe ad Hanoi e ad Ho Chi Minh City: quasi 300 imprenditori, 1.700 incontri faccia a faccia tra aziende. Una scelta mirata: un Paese che ha prospettive di sviluppo, un confronto favorevole rispetto alla Cina in termini di salari, e che rappresenta una chance sia come mercato che come ponte per l'area del Sud-Est asiatico. Subito dopo, Israele: trecento imprenditori, mille incontri business to business e la firma di un'intesa tra Confindustria e la Mai, la gemella israeliana, per far nascere un comitato di sei imprenditori, tre per Paese, per incrementare i rapporti economici. E poi la Russia, che ha battuto ogni record, anche per i 6.500 incontri tra imprese (oltre Mosca, ci sono state altre tappe tra cui Novosibirsk, San Pietroburgo, Ekaterinburg). In questo primo anno di presidenza Marcegaglia, tra estero e delegazioni venute in Italia ci sono state 12 iniziative: complessivamente 2.200 imprese coinvolte, di cui 750 nelle missioni all'estero, per 9.500 incontri faccia a faccia. Mercati da rafforzare, altri meno conosciuti da aprire, con grande attenzione per il bacino del Mediterraneo. è questo il criterio di scelta delle destinazioni. Ma organizzare viaggi all'estero non basta. Va curato il follow up, come non si stanca di ripetereil vice presidente per l'internazionalizzazione, Paolo Zegna. A novembre dell'anno scorso è arrivato il presidente brasiliano Ingazio Lula da Silva, con 100 imprenditori, a marzo Gustavo di Svezia, con 300 imprenditori. Nelle scorse settimane, l'incontro con Carlo d'Inghilterra, per parlare di ambiente. Non solo: a Mosca la Marcegaglia ha invitato in Italia il presidente degli imprenditori russi Alexander Shokhin (verrà il prossimo anno con una delegazione). In Confindustria è operativo un desk mirato per i Paesi dove si sono svolte le missioni, Russia, Israele e Vietnam. è già al lavoro dalla presidenza di Luca di Montezemolo, dopo le passate missioni in Cina, un funzionario cinese, Suqiang Guan, e a luglio del 2008 in Confindustria sono arrivati 70 imprenditori della municipalità di Chongqing, la più estesa della Cina centro-meridionale. Forse in Cina si ritornerà, il prossimo anno. Intanto Confindustria sarà presente dopo l'estate all'ItalyJapan Business Group. I dati, pur nella crisi, ci confortano: nell'export, in Europa, siamo secondi dietro la Germania. A riprova che il made in Italy, nel mondo, riesce a vincere. N.P. © RIPRODUZIONE RISERVATA UN CASO DI SUCCESSO In Russia sono stati organizzati 6.500 incontri per promuovere accordi e rafforzare le relazioni economiche tra i due paesi

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Con Save anche la Pepsi arriva in autostrada (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-20 - pag: 47 autore: Retail. Accordo tra la controllata Airest e il big Usa per le 28 aree gestite da Ristop Con Save anche la Pepsi arriva in autostrada A breve la firma per la gestione dello scalo belga di Charleroi Claudio Pasqualetto VENEZIA Un accordo con Airest, una delle business division di Save, la società di gestione dell'aeroporto di Venezia, permetterà a PepsiCo di rompere il monopolio di Coca Cola sulla rete autostradale italiana. Nella lunga "guerra" commerciale fra i due big della cola, PepsiCo Italia, che pure vanta una brillante leadership a livello europeo nell'ambito dell'omonima multinazionale, non era mai riuscita ad entrare nel mondo della ristorazione autostradale. Lo aveva fatto con altri suoi marchi, come Gatorade e Lipton, ma per Pepsi vigeva una sorta di ostracismo. «Noi – dice Monica Scarpa, a.d. di Save e responsabile di Airest – abbiamo deciso di rompere il fronte aprendo a PepsiCo le 28 aree autostradali dove siamo presenti con il marchio Ristop. A favore dell'offerta di PepsiCo ha giocato soprattutto l'innovazione, con macchine distributrici a basso impatto energetico e controllate via Gprs con un sistema telemetrico. Questo significa meno costi ed ovviamente un più tempestivo e mirato intervento in caso di guasto». Massimo Ambrosini, a.d. di PepsiCo Italia, parla di "svolta storica", «perché – aggiunge – vinciamo con una qualità superiore di servizio ma soprattutto abbiamo la possibilità di crescere ulteriormente anche con tutti gli altri nostri marchi. Il rapporto con Airest ci permette poi di consolidarci anche nel più vasto segmento di Food & Beverage che la società veneziana gestisce nel mondo fra autostrade, stazioni ferroviarie, aeroporti e porti. Si tratta di un mercato sicuramente maturo ma che può essere rivitalizzato in maniera importante da scelte innovative». Airest, creata nel 2001 nell'orbita di Save, è cresciuta in maniera esponenziale. «Abbiamo chiuso il 2008 a quasi 200 milionidifatturato –ricorda Monica Scarpa – ed oggi siamo presenti in otto nazioni fra Europa, Cina ed Emirati con 158 punti vendita e circa duemila dipendenti. La nostra forza sta nel portare una ristorazione di qualità all'insegna del Made in Italy e non a caso abbiamo appena aperto a Pomezia un centro di ricerca con annesso laboratorio di produzione che già quest'anno supererà i6 milioni di fatturato». Dopo avere inaugurato nel primo quadrimestre dell'anno una decina di punti vendita, Airest punta ad arrivare entro il 2009 a 25 aperture, compresa quella prestigiosa al nuovo aeroporto moscovita di Sheremetejevo. La capogruppo Save, frattanto, si appresta ad assumere la gestione dell'aeroporto belga di Charleroi, importante base operativa, tra l'altro, di Ryanair. La trattativa di privatizzazione con il governo della Vallonia, che a dicembre aveva assegnato l'esclusiva del negoziato alla società veneziana, è praticamente conclusa e, come assicurano fonti dirette, basta solo conciliare le agende dei presidenti per la firma ufficiale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Save. L'a.d. Monica Scarpa AGF

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No a rimozioni su D'Antona (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-05-20 - pag: 20 autore: Napolitano. «Onorare le vittime di violenza» «No a rimozioni su D'Antona» ROMA Nei suoi rapporti con gli Stati Uniti, l'Europa «risente ancora del sospetto di voler lasciare la responsabilità e gli oneri della propria difesa e della sicurezza sulle spalle dell'alleato americano». Al contrario, la Ue deve attrezzarsi, recuperare il ritardo accumulato nell'ultimo decennio, superare «contraddizioni e debolezze», potenziando al tempo stesso«uno strumento cruciale come l'Agenzia Europea di Difesa». In mattinata, il Quirinale aveva diffuso un messaggio inviato dal Capo dello Stato al rettore della Sapienza di Roma, Luigi Frati, in occasione della cerimonia di commemorazione di Massimo D'Antona, studioso che «ha pagato con la vita il suo generoso impegno civile. Trasmettere il ricordo alle giovani generazioni delle tante vittime della cieca e crudele violenza del terrorismo politico è un dovere della comunità nazionale per scongiurare ogni rischio di rimozione e riaffermare valori di dialogo e di legalità». Nel pomeriggio a Londra, nel corso del suo intervento all'Istituto internazionale per gli studi strategici, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha parlato ieri di sicurezza e di Europa. Lo ha fatto citando Winston Churchill e il suo celebre discorso del 14 maggio 1947 alla Albert Hall, per chiedersi se riusciremo ad «essere orgogliosi di essere europei come lui sognava ».L'Europa non è fatalmente destinata a divenire marginale, se saprà essere all'altezza delle sue responsabilità in un mondo globalizzato. La crisi economica pone una sfida a tutti i governi e alle istituzioni internazionali, «per non parlare dei pericoli di un fuorviante protezionismo, di instabilità politica e forse anche di conflitti». La novità principale sullo scenario internazionale è il nuovo corso politico degli Stati Uniti. Ora l'Europa non può sfuggire «ad una valutazione degli aspetti militari e a un impegno congiunto di difesa collettiva », soprattutto in un contesto in cui la comunità internazionale viene posta di fronte alla nuova sfida dell'insorgenza del terrorismo. Certo – ammette Napolitano – sulla politica di difesa dell'Unione europea pesa il macigno delle scarse risorse disponibili. Nelle condizioni in cui versano i bilanci pubblici europei, la strada da seguire «è quella di un deciso elevamento della produttività della spesa europea per la difesa, ancora di gran lunga inferiore rispetto a quella prevista nel bilancio Usa». Le aree più critiche restano la regione Afghanistan- Pakistan, il Medio Oriente allargato e il Corno d'Africa. Napolitano invita a «prendere seriamente in considerazione » la richiesta americana per una partecipazione più attiva in Afghanistan, «innanzitutto nel nostro interesse, tenendo presente la minaccia del terrorismo islamico fondamentalista contro l'Europa ». Quanto alla crisi economica, l'Europa deve mostrarsi capace di contribuire alla soluzione dei problemi di fondo, «da cercare e definire in un vasto ambito di concertazione», a partire dal G20. D.Pes. IL PRESIDENTE A LONDRA «Potenziare la difesa Ue, non bisogna alimentare il sospetto di voler lasciare gli oneri della sicurezza sulle spalle dell'alleato Usa»

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Wall Street punta sul Chapter 11 (sezione: Globalizzazione)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-20 - pag: 7 autore: Wall Street punta sul «Chapter 11» Marco Valsania NEW YORK L'indirizzo Web "gmrestructuring. com" è ancora vuoto. Ma certo l'iniziativa presa da General Motors silenziosamente nei giorni scorsi lascia capire, forse più di tante dichiarazionie promesse, quale potrebbe essere il finale di partita per il colosso di Detroit. Impegnata in una corsa contro il tempo per concludere entro fine mese accordi con sindacati e creditori, evidentemente Gm si prepara al peggio. Un simile sito era stato inaugurato dalla Crysler alla vigilia del proprio ricorso all'amministrazione controllata, una scelta online considerata indispensabile per gestire la montagna di documentazione legata al procedimento in tribunale. Il nuovo indirizzo Web della Gm, però, al momento è ancora vuoto, in attesa dell'esito di trattative condotte sul filo del rasoio. Gm ha ricevuto un ultimatum dalla Casa Bianca, che con aiuti per oltre 15 miliardi di dollari ha finora tenuto a galla il gigante di Detroit dai piedi d'argilla: intese fatte entro il primo giugno, oppure niente più soccorsi e libri in tribunale per tentare in quella sede una drastica ristrutturazione che tagli eccessivi costi e debiti. Gm, a mercati chiusi, ha da parte sua affermato di non aver raggiunto accordi né col Tesoro Usa né con il sindacato United Auto Workers e di non prevedere di raggiungere alcuna intesa entro il 26 maggio. La casa di Detroit ha indicato anche di non avere in programma di effettuare un pagamento sul debito da un miliardo di dollari dovuto il primo giugno, segno che entro quella data conta di aver raggiunto compromessi oppure fatto ricorso alla corte fallimentare. L'amministrazione Obama ha ribadito il proprio «sostegno » agli sforzi negoziali tra Gm e Uaw per superare gli ultimi ostacoli. Il sindacato accusa i nuovi progetti aziendali di promuovere lo spostamento di occupazione dagli Usa a Messico, Corea del Sud e Cina. Gm raddoppierebbe l'import da questi paesi mentre negli Stati Uniti chiuderebbe 16 stabilimenti su 47 e eliminerebbe altri 21.000 posti. L'azienda ha in programma nel complesso di dimezzare i suoi marchi a quattro e di ridurre a 3.600 da seimila i concessionari (ha già spedito notifiche di chiusura a 1.100). Tuttora in discussione, con le union, è anche il finanziamento del fondo per l'assistenza sanitaria dei pensionati. Il sindacato, che gestisce il cosiddetto fondo Veba, dovrebbe accettare che metà dei contributi aziendali per venti miliardi di dollari sia versata in azioni invece che in contanti. La quota del sindacato in Gm dovrebbe essere del 39 per cento.L'azionista di maggioranza del gruppo, se la riorganizzazione volontaria procederà, diventerà direttamente il governo, con una quota superiore al 50 per cento. Gm sta trattando anche con i creditori per una cancellazione di gran parte del debito: ha offerto una quota azionaria di circa il 10% in cambio di 27 miliardi di dollari. Gm ha chiesto il sostegno di almeno il 90% dei creditori per procedere con l'operazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA ORE DECISIVE Il negoziato con la Uaw non è ancora chiuso e con i creditori le trattative sono in alto mare: nessuna decisione fino al 26 maggio

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Riccardi: accetto i rimpatri solo se rispettano le leggi Africa, missione dell'Europa (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Politica data: 20/05/2009 - pag: 12 Al fondatore di Sant'Egidio il «Carlo Magno» Riccardi: accetto i rimpatri solo se rispettano le leggi Africa, missione dell'Europa ROMA A due settimane dal voto, mentre infuriano le polemiche sull'immigrazione, ma contemporaneamente c'è un grande disinteresse per le vicende europee, ad Aquisgrana il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, riceverà il prestigioso premio europeo «Carlo Magno». Si fa un gran parlare d'Europa, ma il Presidente Barroso non è neppure d'accordo con un vertice sull'immigrazione... «L'immigrazione è un problema dell'Europa. Io non condanno i respingimenti, io condanno i respingimenti che vengono fatti contro la legge. L'immigrazione costituisce un grande affanno per molti Paesi. Sono stato di recente a Malta: non ce la fanno proprio più. Noi europei dobbiamo affrontare la storia insieme. Oggi, secondo me, l'Europa ha una missione. E si chiama Africa. Lo ha detto anche Carlo Azelio Ciampi: 'Abbiamo di fronte a noi un compito epocale: collegare saldamente e durevolmente il futuro dell'Africa all'Europa'». Per noi l'Africa sembra essere solo la terra degli immigrati che sbarcano o tentano di sbarcare sulle nostre coste... «La collaborazione allo sviluppo dell'Africa, la lotta alla malattia (penso alla cura dell'Aids) e alla guerra sono compiti europei. Sono la vera risposta al flusso inarrestabile dell'emigrazione, che non sarà fermato alle frontiere o dai controlli nel Mediterraneo. E' la rinascita dell'economia e della speranza in Africa che lo ferma! Credo molto nel sogno del presidente senegalese Senghor: Eurafrica, due continenti uniti su un piano di uguaglianza, l'uno che ha bisogno dell'altro. Ripeto: la prima missione dell'Europa si chiama Africa». La scelta del premio «Carlo Magno» non è caduta su un politico, come invece avviene normalmente. Perché? «E' un segno che va oltre la mia persona. E' un appello agli europei, ai cristiani. Da sola la politica non ce la fa». Oggi, in Europa sembra però che non si avverta più la necessità dell'unità... «Oggi si dice sì all'Europa, ma come un condominio, senza l'urgenza della storia. Un'Europa non passione e sogno, ma sfondo remoto alle politiche nazionali e locali. Non ci si illuda. Anche se non sembra, ci troviamo innanzi a una scelta tragica, che deciderà dell'Europa nell'intero secolo. Senza una visione unitaria ed europea, avverrà quel congedo dalla storia di cui parla Benedetto XVI: l'Europa uscirà dalla storia del mondo. L'impatto con la globalizzazione, con l'India, la Cina, con civiltà, economie e demografie in ascesa, non potrà essere condotto in modo isolato dai singoli paesi. Altrimenti i nostri valori e identità si diluiranno nelle correnti della globalizzazione. E sarà una perdita per il mondo e la civiltà». M. Antonietta Calabrò

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Napolitano a Londra: Europa marginale senza capacità militari (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 20/05/2009 - pag: 16 La visita Napolitano a Londra: Europa marginale senza capacità militari DAL NOSTRO INVIATO LONDRA E' una domanda che dovrebbe alimentare almeno le ultime battute di una campagna elettorale troppo dominata dalle angustie nazionali: «L'Europa sarà all'altezza delle proprie responsabilità in un mondo globalizzato?» A proporla è Giorgio Napolitano, che su questo interrogativo sviluppa una densa riflessione all'International Institute for Strategic Studies, massimo foro planetario sui conflitti politico-militari. La risposta, per il presidente, è un doppio sì. Ma condizionato, nel senso che se non ci impegneremo appunto su un doppio fronte il nostro destino rischierà d'essere «marginale». Cioè sì spiega a patto che l'Ue, consapevole che «nessuno Stato può fronteggiare da solo» la complessità del rivoluzionato atlante geopolitico, «rafforzi istituzioni e ruolo in quanto Unione». E sì, a patto che sgombri «il sospetto di voler scaricare responsabilità e oneri della sua difesa e sicurezza sulle spalle dell'America». Un punto, questo, sul quale il capo dello Stato si concentra, dato il contesto in cui parla. Rievoca le profezie di «scontro tra civiltà» e «mondo fuori controllo» lanciate dopo la caduta dell'ordine bipolare Usa-Urss. E ricorda le previsioni sulla «perdita di peso» dell'Europa, dopo che si è spostato il centro di gravità delle relazioni internazionali. Uno scenario cui bisogna aggiungere «la peggiore crisi economico finanziaria dal 1929», mentre altri «eventi fatali e difficili sfide» incalzavano. Come la guerra in Georgia, che «avrebbe potuto avere conseguenze disastrose» mentre è stata invece superata grazie alle iniziative dell'Ue. Anche quella svolta, seguita dall'arrivo di Obama alla Casa Bianca, ha aperto una «nuova fase» nei rapporti tra America, Russia ed Europa. Mentre incombe su tutti la minaccia del terrorismo. Ed è qui (tenendo sullo sfondo Afghanistan e Medio Oriente, dove sono attive «missioni di peacekeeping con 8.500 soldati italiani») che il presidente inserisce il problema di una diversa «capacità militare» e di un «nuovo, più ampio e multidimensionale concetto di sicurezza» al quale dovrebbe ispirarsi l'Ue. Un paio i punti critici da superare: 1) «La spesa della difesa, per la quale andrebbe studiato un approccio tale da massimizzare il rendimento»; 2) «lo scarso livello di efficacia e coordinamento» che imporrebbe di «potenziare uno strumento cruciale come l'agenzia europea di difesa». Conferenza a parte, il viaggio non ufficiale di Napolitano ha contemplato ieri una colazione a Buckingham Palace. Racconta laconico: «Un segno della cordialità con cui qui si guarda all'Italia». Aggiungendo che la regina, magari per distrarsi dalle tensioni politiche inglesi, «si è molto interessata del terremoto in Abruzzo». Elisabetta II Il presidente ha incontrato la regina: «Si è molto interessata al terremoto in Abruzzo» Discorso Napolitano all'Istituto per gli Studi Strategici Marzio Breda

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In VISIONEie.mim (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

In VISIONEie.mim D'ESSAI AZZURRO SCIPIONI via degli Scipioni, 84 tel. 0639737161. SALA CHAPLIN Valzer con Bashir di A. Folman (17.00); Cover boy di C. Amoroso (19.00); The Millionaire di D. Boyle (21.00). SALA LUMIERE Missing di C. Gavras (17.00); Gilda di Vidor (19.30), Dillinger è morto di M. Ferreri (21.30) CINEMA TREVI - CINETECA NAZIONALE vicolo del Puttarello, 25 tel. 066781206 Indipendenteitaliano. Franco Brocani, L'invenzione di Morel (20.30) COLOSSEO NUOVO CINEMA via Capo d'Africa, 29 a Nient'altro che noi di Angelo Antonucci (18.00) DETOUR via Urbana, 47/a tel. 06 45490845. Riposo DON BOSCO via P. Valerio 63 tel. 06 71587612 Riposo GRAUCO FILM RICERCA via Perugia, 34 tel. 067824167. Seres queridos di T. De Pelegri e D. Harari (19.00); Camara oscura di P. Freixas (21.00). Film in v.o.con sottot. ital. LA CAMERA VERDE via G. Miani, 30 Godard Le petit soldat (18.30); Eloge de l'amour (20.30), Made in Usa (22.30) IN SALA CASA DEL CINEMA In Sala Deluxe per il dvd della settimana, Frost/Nixon - Il duello di R. Howard. . L.go M. Mastroianni, ore 16.00 (ingresso libero con tessera) IN PRIMA 17 AGAIN. RITORNO AL LICEO di Burr Steers, con Zac Efron e Leslie Mann (Usa 09) Non canta, Zafron, e magari i giovani fan resteranno delusi. Ma recita e danza con la divisa da basket accompagnato da un gruppo di cheerleader. Ma i sogni di gloria sportiva si infrangono alla notizia che la fi danzatina è incinta. Adriano, Ambassade, Andromeda, Atlantic, Broadway, Doria, Galaxy, Jolly, Lux, Metropolitan (in v.o.), Odeon, Royal, Savoy, Trianon ANGELI E DEMONI di Ron Howard, con Tom Hanks e Ewan McGregor (Usa 2009) Il furto di un pericoloso fl acone di antimateria potrebbe essere messo in relazione con il rapimento di quattro cardinali, tutti candidati a succedere al Papa appena scomparso... Dal romanzo di Dan Brown. Adriano, Alhambra, Ambassade, Andromeda, Antares, Atlantic, Barberini, Broadway, Ciak, Doria, Empire, Europa, Galaxy, Gregory, Gulliver, Jolly, Lux, Madison, Maestoso, Metropolitan, Nuovo Cinema Aquila, Odeon, Reale, Royal, Stardust, Trianon, Uci Marconi, Warner V. Moderno, Warner V. Parco de Medici IL CANTO DI PALOMA di Carmen Llosa, con Magaly Solier e Marino Ballon (Perù 08) La madre di Fausta in punto di morte, le ricorda cantando che è stata allattata con «il latte del dolore» perché nata negli anni ottanta, dove stupri e violenze erano all'ordine del giorno. Fausta si adatta a cameriera pur di garantire alla madre un funerale degno. Orso d'oro a Berlino 2009. Giulio Cesare, Eurcine, Intrastevere, Quattro Fontane SAN VALENTINO DI SANGUE [in 3D] di Patrick Lussier, con Betsy Rue e Jaime King (Usa 08) Reso folle da un incidente che lo manda in coma per un anno, al suo risveglio Harry Walden uccide con un piccone ventidue persone prima di venire a sua volta ucciso dalla polizia. Un anno dopo l'uomo che ha provocato l'incidente, Tom Hanniger, torna in città il giorno di San Valentino... Adriano, Atlantic, Gulliver, Odeon, Trianon, Uci Cinemas Marconi, Andromeda, Embassy, Warner Village Parco de Medici, Stardust Village SOFFOCARE di Clark Gregg, con Sam Rockwell e Anjelica Huston (Usa 08) Victor Mancini (Sam Rockwell) è un fi gurante in un parco tematico che ricostruisce gli Stati uniti del '700. Ma ha un problema: è affetto da una sindrome che gli provoca la necessità di fare «sesso» ovunque. Alcazar, Fiamma STAR SYSTEM - SE NON CI SEI NON ESISTI di Robert B. Weide, con Gillian Anderson e Jeff Bridges (Usa 09) Sidney Young, promettente giornalista, naufraga miseramente una volta assunto nella più prestigiosa rivista di New York... Adriano, Maestoso, Jolly, Lux, Andromeda, Stardust, Cineplex Gulliver Uci, Ugc Ciné Cité TERRA MADRE documentario di Ermanno Olmi (Italia 09) Il cibo e le sue implicazioni economiche, ecologiche e sociali nel documentario del maestro bergamasco. Greenwich, Mignon VINCERE di Marco Bellocchio, con Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno (Italia 09) Il regista la storia (tragica) di Ida Dalser, prima moglie di Mussolini, che da lui ebbe un fi glio, Benito Albino Mussolini, che morì con la madre in un ospedale psichiatrico di Milano dove il Duce li aveva fatti internare. In concorso a Cannes. Da oggi nelle sale

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Il destino della democrazia fra relativismo e universalizzazione (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

CONVEGNO Il destino della democrazia fra relativismo e universalizzazione Inizierà giovedì prossimo, per concludersi sabato 23 maggio, la tre giorni di conferenze, dibattiti, discussioni organizzata dalla Nisa, il Network of Italian Scholars Abroad. Gli incontri saranno dedicati al «destino della democrazia». Al centro dei dibattiti, quindi, i problemi della «universalizzazione» e del «relativismo». Il 21, sarà la volta di Remo Bodei che affronterà la questione della fragilità strutturale dei sistemi democratici. Seguiranno gli interventi di Nadia Urbinati e del premio Nobel per l'economia Douglass C. North che parlerà del rapporto fra mercato e globalizzazione. Venerdì 22 maggio, invece, il dibattito sarà centrato su «democrazia e violenza», sul «raccontare» la democrazia e su «democrazia e good governance: una critica post-coloniale». A discuterne saranno, fra gli altri, Ugo Mattei, Paolo Valesio, Nadia Fusini, Gloria Origgi e Giovanna Borradori. Sabato, infine, Giulia Sissa terrà la propria lezione sulla politica della differenza e Giovanni Sartori tirerà le conclusioni delle giornate di studio.

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Rapine D'OCCIDENTE. (sezione: Globalizzazione)

( da "Manifesto, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Agli albori della modernità, il precetto «non rubare» diventa la legge sovrana per regolare i rapporti mercantili e per definire il punto di equilibrio nella fitta trama delle relazioni tra Chiesa, Stato e mercato. Un sentiero di lettura sulla formazione del diritto proprietario e della sua crisi nel neoliberismo a partire da un saggio di Paolo Prodi per Il Mulino Rapine D'OCCIDENTE IL POTERE IN NOME DEL REGNO E DELLA GLORIA Michele Spanò Per leggere la crisi che stiamo vivendo non tutti i mezzi si equivalgono. Ma certamente - in ossequio a una massima genealogica che rasenta la banalità - per capire dove siamo può esser di qualche utilità capire come ci siamo arrivati. Nell'affollarsi di ricette e di analisi circa l'ultima performance del capitalismo globale quel che forse ancora mancava era uno scavo archeologico che permettesse di capire come e secondo quali traiettorie della storia ciò che chiamiamo neoliberismo sia potuto diventare il contesto, pratico e concettuale, entro cui ci muoviamo. La storia, laddove sia intesa come archeologia, recupera del passato quelle scene o quelle linee di sviluppo che danno sensatezza alla nostra attualità e, nella migliore delle ipotesi, offrono anche strumenti per prendere, qui e ora, posizione in e contro essa. L'ultimo volume di Paolo Prodi - Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell'Occidente (il Mulino, pp. 396, ¬ 29) - è un eccellente ausilio in questa direzione. Si tratta della terza e conclusiva tappa del grande progetto che Prodi ha organizzato attorno al concetto di forum: un monumentale racconto della storia occidentale a partire dalle diverse declinazioni, concettuali, istituzionali e pratiche, che questa nozione è stata capace di esibire lungo il corso di una storia secolare. Se il primo volume, del 1992 e recentemente «glossato» da Giorgio Agamben, era dedicato al foro politico come luogo del giuramento e matrice della genealogia della società giurata; il secondo - del 2000 - era consacrato alla giustizia e alla vicenda che dal pluralismo dei fori - tipico dell'esperienza giuridica europea medievale - ha condotto allo stabilizzarsi della dialettica tra foro interno e foro esterno, diritto positivo e coscienza. I protagonisti del racconto di Prodi, si potrebbe riassumere, erano stati fino ad ora due: lo Stato e la Chiesa. Proprio quest'ultimo volume introduce un terzo attore e complica quella dialettica binaria che, secondo Prodi, costituirebbe la specialissima marca della storia Occidentale. La terza nozione di foro è quella di mercato: il luogo entro cui si determina il valore delle cose. Il soffio del dominio La campitura entro cui Prodi inserisce la sua ricerca sul mercato è assai ampia: niente di meno che una indagine circa la genesi dell'assetto costituzionale dell'Occidente. E tuttavia, l'apparente enormità del compito è costretta in una rete metodologica a maglie strette, che, intrecciando visione telescopica e microscopica, raggiunge obiettivi metodologici e critici cospicui. Da un lato c'è l'assunto «macrostorico» che sostiene l'indagine di Prodi: nulla si capirebbe della storia del mercato in Occidente senza fare i conti con la rivoluzione papale. La Riforma gregoriana è la matrice genealogica di quel principio dialettico che vede politica e religione confrontate in un esausto e sempre fallito tentativo di appropriarsi in forma esclusiva del monopolio del potere. Una dialettica che, secondo Prodi, ritmerebbe la vicenda occidentale come la sua speciale sistole-diastole. E di questo cuore, il mercato sarebbe il «soffio»: capace di collocarsi nell'interstizio della dialettica tra politico e religioso, l'economico mantiene la sua autonomia concettuale e pratica in un pericoloso gioco di negoziazione con gli altri due invadenti poteri. È una partita che, pur originata da mutamenti significativi come la deteritorializzazione della proprietà, si gioca anche e soprattutto in virtù di una egemonia concettuale che circola tra tre domini - sacrale, politico ed economico - segnati da instabile equilibrio. Ma alla premessa maggiore, Prodi accompagna quello che è poi il filo rosso del libro: un'attenzione, «microstorica» per quel che lo consente lo stesso piano di consistenza metodologico del suo progetto, rivolta alla nozione di furto. Vagliando criticamente il contributo di discipline come l'antropologia e la sociologia economica, da un lato, ed enfatizzando quello della storia del diritto, dall'altro, Prodi concentra la sua attenzione sulla concettualizzazione e sulle trasformazioni della nozione di furto, intesa quale «lesione delle regole del mercato». È questo il modo, obliquo, nuovo e perciò tanto più interessante, per confrontarsi con alcune delle scene influenti delle interpretazioni storiche del capitalismo: Max Weber, da un lato, ma anche Karl Polanyi e Louis Dumont. Facendo perno sul precetto «non rubare», Prodi costruisce una indagine che, ricostruendo i rapporti tra cristianesimo ed economia in modo - lo si sarà capito - sufficientemente emancipato dalle volgarizzazioni dello «spirito del capitalismo», ambisce a ridurre l'enfasi che la storiografia ha posto sul concetto di usura e, insieme, a mostrare come il furto sia stato un vero operatore concettuale della modernità, capace di accogliere e sopportare un mutamento decisivo che, da indicatore di un tratto quasi antropologico - l'appropriazione di un bene d'altri -, lo trasforma in quello speciale atto di violazione di regole collettive che informano lo spazio di quel peculiarissimo forum che è il mercato. L'officina del diritto Incrociate queste due coordinate di metodo, il lavoro di Prodi le mette al lavoro su di un ampissimo arco temporale. Il primo segmento della ricerca, muovendo dalla rivoluzione papale, indica un doppio e parallelo emanciparsi del potere politico e di quello economico dai beni immobiliari e dalla centralità del territorio, che darà luogo a una vera e propria rivoluzione commerciale. A questa emergenza di una ricchezza immateriale, la Chiesa darà il suo decisivo contributo di legittimazione attraverso la produzione teorica e le pratiche degli ordini mendicanti. Il nuovo concetto di ricchezza, di cui è portatore la figura del mercante, distinta da quella dell'usuraio, produce una sovversione di molte antiche dicotomie, mettendo sotto cauzione antichi primati: all'accumulazione si sostituisce la circolazione, alla proprietà nuove e diverse forme di uso, la stessa nozione di «bene comune» si libera del suo stigma aristotelico per risolversi in un tentativo di composizione di interessi diversi, pubblici e privati. Queste trasformazioni trovano paralleli e continui riscontri nell'officina del diritto: l'impossibilità di inserire i nova negotia nelle anguste griglie giuridiche del Corpus, spinge a inventare nuovi tipi di contratto e condurrà - oltre alla pratica di un diritto mercantile esistente già a partire dal XII secolo e il cui consolidarsi in ordinamento è ancora oggetto di controversia - all'allestimento di una teoria generale del contratto. Nel nome della Chiesa Ma è probabilmente la Chiesa a giocare un ruolo cruciale nella nascita del mercato come foro autonomo: le teorie del giusto prezzo perdono ogni ancoraggio soggettivo per acquistarne uno oggettivamente determinato sul mercato. Quest'ultimo viene a configurarsi come un soggetto collettivo dotato di regole, la cui violazione si va delineando come uno speciale peccato. La tassazione e il debito pubblico segnano i limiti dei rapporti tra il mercato, da un lato, e Chiese e Stato, dall'altro. La moneta e l'assicurazione ne complicano i domini, tanto nei termini delle competenze, quanto in quelli, più spinosi, della comprensione morale. E qui si apre il grande capitolo del credito, della distinzione di questo dall'usura e del ruolo che la Chiesa avrebbe giocato in un discrimine che si rivelerà poi esiziale per lo sviluppo del capitalismo moderno. È impresa ardua ridurre in poche battute il complesso dibattito ricostruito da Prodi: basti dire che la condanna teologica dell'usura doveva necessariamente confrontarsi con la necessità civile del credito. Una soluzione sarà il progressivo ridursi del campo «referenziale» dell'usura, che finirà per venire a coincidere con il solo contratto di mutuo. Nella progressiva distinzione della logica usuraria da quella contrattuale, il peccato si definisce prima come violazione di un patto umano e infine come lesione del bene comune. Per leggere questo complesso di mutamenti, Prodi sceglie di privilegiare la storia delle trasformazioni del concetto di furto. Se, a partire dal 1215, la confessione diviene obbligatoria, il suo schema di riferimento non saranno più i sette peccati capitali quanto i precetti del decalogo. Il settimo comandamento - «non rubare» - si candida a diventare il cuore normativo della rivoluzione commerciale: punito dalla giurisdizione penale e nuovamente moralizzato come lesione delle regole del mercato e della sua propria giustizia. Al cuore della norma Il furto, secondo Prodi, è il concetto che insieme assorbe ed esibisce i mutamenti strutturali che condurranno l'Occidente alla modernità. Descrivere questo itinerario di trasformazione equivale perciò, in una simile prospettiva, a indicare anche le risorse di senso in grado di spiegare da dove origina la crisi di oggi. In una rete di passaggi che conduce dall'inserimento del furto nei manuali dei confessori allo sviluppo di un genere a sé stante quale quello dei trattati de contractibus, il contratto accampa come istituto centrale del mercato, capace di definire anche i confini, singolarmente estesi, di una società nuova. Le tre facce del furto sono indagate da Prodi con acribia e rispondono ciascuna dell'elaborazione teorica e della esperienza pratica di ciascuno dei tre poteri. Da un lato, c'è il lavorio delle Chiese e la fissazione dell'idea di furto come peccato; dall'altro, l'elaborazione «autonoma» dei soggetti del mercato, che, elaborando una vera e propria etica degli affari, giungono a una comprensione etica del furto come colpa; infine, c'è l'elaborazione statuale e del diritto positivo, che fa del furto un reato. Ovviamente non si tratta di un decorso tutto diacronico e men che meno teleologicamente determinato. Al contrario, l'abilità di Prodi sta proprio nel mostrare la sincronicità dell'elaborazione di problemi uguali con strumenti diversi e il movimento dialettico tra questi diversi punti di vista - con le loro robuste ricadute normative, morali, pratiche e istituzionali - nel dare corpo alla modernità occidentale. Il libro si chiude con un capitolo importante, in cui l'indagine archeologica fin lì sviluppata, viene giocata da Prodi in chiave proiettiva, provando a dare conto dell'attualità attraverso le sue risultanze. Globalizzazione, crisi delle forme giuridico-politiche moderne, svolta finanziaria dell'economia: l'impressione è che la dialettica che aveva mantenuto «in stato» l'Occidente moderno sia saltata. L'ipotesi adombrata da Prodi è che per venire a capo della crisi, la risposta - da lui rintracciata in certa dottrina sociale della Chiesa cattolica - sia rivitalizzare quella virtuosa dialettica tra poteri, che aveva avuto nel comune e diverso riferimento al settimo comandamento un sigillo e una garanzia di armonioso sviluppo e dell'individuo e del mercato. L'enorme valore del lavoro di scavo storico compiuto da Paolo Prodi sta nella possibilità di trarne diverse conclusioni. Il confronto con la genealogia del liberismo allestita da Michel Foucault, pur presente, è assai poco sviluppata nel libro, e tuttavia è lecito supporre che incrociando il lavoro di Prodi con il corso foucaultiano su Nascita della biopolitica e questi con il lavoro agambeniano sul Regno e la Gloria, il guadagno teorico possa essere maggiore. Qualcosa manca in Prodi: sono gli effetti di soggettivazione del capitalismo. Qualcosa manca in Prodi e Foucault: sono le storie dei rapporti tra capitale e mondo non occidentale. Storici postcoloniali - si veda il recente volume di Ritu Birla Stages of Capital, appena pubblicato da Duke - e antropologi allevati alla filosofia di Foucault come Aihwa Ong, ci offrono strumenti per pensare oggi il neoliberismo non solo come la perversione di una storia tutto sommato nobile, eventuale serbatoio di risposte per un presente zeppo di domande, ma come una specifica tecnica di governo, in cui, se, ancora una volta, diritto, economia, politica e religione si intrecciano, lo fanno in modi nuovi. Nuovi dovranno essere anche i modi per confrontarvisi. Foto: IMMAGINE DI ELVIS SWIFT /TRATTA DA «ARCHIVE COMMERCIAL ILLUSTRATION»

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Vattimo: (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Vattimo: «Il mondo globalizzato ha bisogno di un dio pluralista» il libro Il filosofo oggi a Genova per presentare il suo nuovo libro "Addio alla verità" in cui teorizza il dialogo come forma di pensiero 20/05/2009 giuliano galletta Che cos'è la verita? La domanda su cui almeno da un paio di millenni si spaccano la testa filosofi e scienziati è solo apparentemente una questione astratta e ha invece molto a che fare con la nostra vita quotidiana e con la politica. Nei giorni scorsi il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato che non si possono fare leggi «basate sulla fede» , ovvero su una Verità rivelata di cui la gerarchia, nel caso dell'Italia quella cattolica, si fa portavoce. Su questo punto il filosofo Gianni Vattimo - per il resto su posizioni politiche diametralmente opposte - probabilmente sarebbe d'accordo. Per Vattimo infatti la Verità con la V maiuscola semplicemente non esiste, né nell'ambito religioso, né in quello filosofico e neppure in quello scientifico. Non esistono cioè verità assolute, basate su una natura umana immutabile. In questa prospettiva la verità diventa un effetto, un effetto di potere, come pensava Michel Foucault, e quindi una verità eterodiretta, imposta, ma che può essere anche il risultato di un dialogo, di mediazione e diventare perciò una verità democratica. Vattimo, 73 anni, filosofo impegnato in politica, è stato parlamentare europeo e adesso candidato con L'Italia dei valori, ha raccolto queste idee nel suo nuovo libro "Addio alla verità" (Meltemi, pagine 143, 13 euro) che sarà presentato oggi alle 17 a Genova, nella chiesa di San Torpete in piazza San Giorgio. «In questo libro da un lato sono diventato più realista» spiega il filosofo «nel senso di considerare la verità strettamente connessa con il potere, ma dall'altro sono diventato più cristiano, perché sono convinto che invece della verità oggettiva debba valere la solidarietà con gli altri. L'unica realtà oggettiva è quella che ottiene il consenso». Non le pare un po' pericoloso? «Certo, ci sono dei problemi, la democrazia è faticosa, ma il mio obiettivo non è certamente il conformismo. Ma una verità come negoziazione e non come imposizione di un dato considerato oggettivo». Ma questa idea può valere anche per la scienza? «Direi di sì. Lo stesso esperimento, ripetibile da tutti, ha sempre l'obiettivo dell'approvazione altrui. Formulare la legge della gravitazione universale in base alla caduta della mela non ci dice molto sulla caduta della mela, ci permette di trattare altre cadute analoghe e ciò però dipende molto dalle altre persone che sperimentano. Tutti lo riconoscono perché c'è, ma il fatto c'è perché tutti lo riconoscono. La componente soggettiva, di appello agli altri, è tale anche in quei tipi di verità che sembrano le più oggettive, come quelle appunto della scienza sperimentale. La costruzione della veritàè un processo dialettico: io dico una cosa, gli altri me ne obiettano delle altre e alla fine ci mettiamo d'accordo». È il metodo democratico? «Penso che sia il fondamento di ogni possibile democrazia. Se ci fosse un'oggettività sovrumana, come dice il Papa, o nel funzionamento della società, come sostiene qualcun'altro, allora dovremmo affidarci agli esperti invece siamo una comunità che vuole autogovernarsi». Lei è quindi un relativista "assoluto"? «C' è un relativismo di chi se ne infischia e vuole fare quello che gli pare e un relativismo che invece dice: ci sono diverse interpretazioni e bisogna confrontarle. I relativisti del primo tipo non vogliono confrontare nulla, è troppo faticoso, meglio avere qualcuno che ti dice cosa pensare e cosa fare. Per dirla brutalmente il popolo bue e i pochi che comandano». Nel libro si ipotizza anche un Dio "plurale". «Ci sono teologi tedeschi come Scheilermacher che andavano in quella direzione. Oggi nessun cattolico sosterebbe la tesi extra ecclesiam nulla salus, ciò vuol dire che c'è qualcosa di diverso in un mondo multiculturale anche nel guardare alla religione. Non vedo il senso di un proselitismo cristiano sfrenato. Io credo molto al Vangelo, ma non penso che sia l'unica via, ritengo che Gesù sia uno dei modi in cui Dio si dà a un'epoca, a una storia».galletta@ilsecoloxix.it 20/05/2009 ad alessandria Manifesti, pittura e SCULTURA 20/05/2009 Dal 14 giugno al 26 luglio il Palazzo del Monferrato e il Museo del Cappello ospiteranno la mostra "A+B+C/F=Futurismo" che raccoglie nella sezione centrale tutti i più importanti manifesti della storia del movimento. Non mancheranno pittura, scultura (nella foto, "Corridori al traguardo" di Mino Rosso) con opere provenienti anche dalla Collezione Wolfson 20/05/2009

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"E' la fisica, Mister President" (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampaweb, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Perché Barack Obama dovrebbe aver perso il sonno dietro al suo libro? «Un amico ha dato una copia alla moglie Michelle e lei ha detto che il Presidente l’avrebbe letto di sicuro, perché ama i saggi scientifici. E chi meglio può convincerlo, se non un’entusiastica First Lady?». Provate a farvi ricevere dal simpatico professor Richard Muller e nell’ufficio all’Università di Berkeley, California, potrete giocare al Presidente degli Stati Uniti. Avrete di fronte i problemi planetari del momento e le loro caratteristiche, soprattutto le informazioni-base che non avete mai osato chiedere su Al Qaeda, armi nucleari e biologiche, petrolio, fotovoltaico ed economia dell’idrogeno, più riscaldamento globale e corsa alla Luna e a Marte (e altro ancora). Un magnifico Risiko del XXI secolo traboccante di dati e suggerimenti, nato come ciclo di lezioni per capire «come funziona il mondo» e che si è trasformato in un libro, appena tradotto. Si chiama «Fisica per i presidenti del futuro» e anche chi non ha mai sognato la Casa Bianca, nemmeno per scherzo, si troverà con il cervello sottosopra. Professore, lei è di casa a Washington: è consigliere per i dipartimenti della Difesa e dell’Energia oltre che della Nasa e la sua società GreenGov offre consulenze a molti Paesi. Come si comporta Obama? «Spero di vederlo presto con il mio libro sottobraccio. Intanto l’inizio è incoraggiante, ma lo scopo del saggio non è imporre consigli: prima di tutto è informare a fondo. Così chi ha grandi responsabilità può prendere decisioni migliori». E’ una pretesa ambiziosa: che cosa significa in concreto? «Un esempio: non importa se si è a favore o contro il nucleare. Il punto è che si deve capire che cos’è. Poi le opinioni possono cambiare, ma solo quando si ha il quadro complessivo». Lei dedica un capitolo alle «false soluzioni» e un altro alle «soluzioni a portata di mano». Tra le prime mette l’idrogeno, le auto elettriche e la fusione nucleare: così ridimensiona alcune tra le speranze più grandi. Le piace la parte del provocatore? «Spiego che l’errore di molti è sostenere che un tipo di energia - quella che preferiscono - debba essere usata a discapito delle altre. Chi è a favore del solare nega il ruolo del vento o del nucleare e chi è nuclearista - e si tratta di un’energia fondamentalmente pulita, perché i pericoli delle radiazioni vengono esagerati - sbeffeggiano il solare, cadendo nello stesso equivoco». Nell’elenco «cattivo» mette il Protocollo di Kyoto e anche Bush la pensava così: non è in imbarazzo? «Ci sono ottimi venditori, che strappano l’attenzione dell’opinione pubblica e finiscono per credere alla loro stessa pubblicità. L’errore più grave è proprio l’idea che il mondo avanzato possa ridurre le emissioni di CO2. Solo allora - prosegue il ragionamento - gli “altri” seguiranno l’esempio e il riscaldamento globale si arresterà. Ma non è così: sarebbe vero se tagliassimo le emissioni con tecnologie economiche. Le proposte attuali, invece, sono troppo costose e per di più molti fingono di ignorare le proiezioni dell’Ipcc, l’International panel on climate change dell’Onu: la causa dell’aumento dei gas serra - rivelano - sono Cina e India, non Usa ed Europa. Conclusione: qualunque soluzione costosa non colpirà mai al cuore il problema». A proposito di soluzioni possibili, lei si dilunga su quella che sembra un’ovvietà: il risparmio energetico. «Invece è il metodo più importante, più pratico e più economico». Poi incombe il terrorismo: lei sostiene che non ci sarà un altro 11 settembre, ma che bisogna prepararsi a scenari meno spettacolari ma più insidiosi. «Sono convinto che il pericolo provenga da tecnologie semplici e a basso prezzo, come esplosivi e benzina, e non da armi nucleari “sporche”, come si teme a Washington. Il futuro è degli attacchi low tech». Perché considera la fisica così fondamentale per capire il mondo? E le altre discipline? «Tutte le discipline scientifiche sono importanti, ma la fisica è quella che conosco meglio e che, comunque, è legata a 5 tra le questioni che sono percepite come le più urgenti: il terrorismo - come ho detto - e poi energia, nucleare, spazio e mutamenti climatici. La fisica la fa sempre da padrona». Non sopravvaluta i politici? Chi ha detto che devono sapere tutto? Sono circondati da consiglieri proprio per questo, a cominciare da Obama. «Pensiamo che siano molte le cose che un Presidente debba sapere, per esempio la differenza tra gli sciiti e i sunniti: non può certo chiederlo al segretario di Stato, perché diventerebbe immediatamente ridicolo». Allo stesso modo deve conoscere la fisica delle bombe atomiche e dei reattori nucleari e sapere che cos’è il carbone pulito. E anche il riscaldamento globale: alcuni dicono che sia il problema più grave e altri ribattono che è un non-senso. Come può un Presidente decidere, limitandosi ad ascoltare i consiglieri che lui stesso ha scelto? Ecco perché deve conoscere i fondamenti. Vi convincerò con un aneddoto». Lo racconti. «Una studentessa mi dice di una cena con un famoso fisico, che parla della fusione nucleare. Tutti lo ascoltano, finché lei vince la timidezza: “Anche l’energia solare ha un futuro”. Il fisico ribatte: “Impossibile. Solo per la California si dovrebbe tappezzare di celle tutto lo Stato”. Ma lei non si scoraggia: “Non è vero. Basta 1 km quadrato per produrre un gigawatt”. Lui sbianca: “Controllerò!”. Naturalmente aveva ragione la ragazza. Lo stesso deve fare il Presidente: sfidare i consiglieri. Anche per la fisica si deve dire “Yes, you can!”». Obama ha lanciato un programma di maxi-investimenti nella ricerca, ma la scienza non è popolare tra i politici. Fa eccezione il cancelliere tedesco Angela Merkel, che è laureata in fisica. Come crede di convincere i leader a prendere lezioni? «Angela Merkel spicca in Occidente, ma in Cina molti top leader sono ingegneri, a differenza di Usa ed Europa, dove la maggior parte è composta da avvocati. E’ chiaro che dovranno fondare sempre di più le decisioni sulle idee della scienza e non sulle idee sbagliate che si hanno della scienza stessa. L’esempio sono le scorie atomiche: circolano più storie horror che dati reali». Comunque, ammetterà che, se i politici non le cavano troppo bene, spesso gli scienziati non sono d’accordo e disegnano scenari contraddittori. «Molti scienziati scelgono solo alcuni fatti e li utilizzano per arrivare a conclusioni specifiche, ma in questi casi non sono più bravi ricercatori. Io, invece, sono tra chi si impegna a presentare tutta la storia». Sul riscaldamento globale ci sono idee opposte e lei le analizza, ma da che parte sta? «Spiego le teorie degli allarmisti e dei critici. Analizzo anche il successo di Al Gore, il quale sostiene che la situazione è gravissima, e dimostro ciò che è accurato e ciò che è un’esagerazione. La mia conclusione è che, quando si scoprirà che l’ex vicepresidente ha amplificato il caso, la gente potrebbe respingere la reale questione del riscaldamento globale. Temo che getterà via il bambino con l’acqua sporca». Si troverà un terreno comune? «Nella scienza sì, non nelle opinioni. Solo allora si discuterà che cosa fare». Chi è Muller Fisico RUOLO: E’ PROFESSORE DI FISICA ALLA UNIVERSITYO F CALIFORNIA AT BERKELEY E RICERCATORE AL «LAWRENCE BERKELEY LABORATORY» - USA IL LIBRO: «FISICA PER I PRESIDENTI DEL FUTURO» - CODICE EDIZIONI + TuttoScienze

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Omaggio del Lionsa Corrado Sofia (sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Scoperto busto marmoreo Omaggio del Lions a Corrado Sofia In occasione della Quarantesima Charter Night del Lions Club l'associazione di servizio del Lions Club di Noto ha voluto consegnare, alla presenza del presidente del sodalizio, Giovanni Pagliarello, del Governatore del Distretto 108 YB Sicilia, Francesco Amodeo, del presidente di circoscrizione, Giovanni Assenza, e del delegato di zona, Maria Concetta Sallicano, al sindaco Corrado Valvo il busto marmoreo dell'illustre giornalista-scrittore netino Corrado Sofia. Con una cerimonia è stato scoperto il busto di un figlio di Noto che si è distinto nel Mondo per avere portato alto il nome della città. «Corrado Sofia - ha sottolineato il socio Corrado Coletta - è stato un rappresentante eclettico della cultura del Novecento di cui divise l'impronta letteraria con Ennio Flaiano, Ercole Patti, Vitaliano Brancati, con Pirandello a cui partecipò l'attribuzione del Premio Nobel. Corrado Sofia - aggiunge Corrado Coletta - spaziò con naturalezza dal giornalismo alla documentazione dimostrando la sua rara familiarità con la «lettera 22» e con la macchina da presa magistralmente manovrate. Il sodalizio netino - ha concluso Coletta - nella globalizzazione dei programmi perseguiti dal Lions International ha così dato testimonianza di partecipazione al Service Sicilia, contribuendo a mantenere vive le prerogative etnico-turistiche, le testimonianze storiche e le sue espressioni culturali». Se la città barocca oggi è diventata famosa gran parte del merito va anche a Corrado Sofia che con la sua lungimirante intuizione del Simposio sull'Architettura, organizzato nel lontano 1977, aprì la strada a quel fermento letterario che stava nascendo nella città d'arte di Noto. Benito Tagliaferro

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Contro la tratta "Volti da Modena e dal mondo" (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Contro la tratta "Volti da Modena e dal mondo" (20/5/2009 16:24) | (Sesto Potere) - Modena - 20 maggio 2009 - Giovani donne cambogiane sottratte allo sfruttamento sessuale, volti coraggiosi di donne Saharawi, gente comune dai quartieri di Modena e provincia: si chiama "Volti da Modena e dal mondo" la selezione di immagini che il fotografo di reportage Luigi Ottani proporrà giovedì 21 maggio alle 21.30 a Fusorari - Cibi & viaggi, in piazzale Torti angolo via Selmi. La serata, a ingresso gratuito, è organizzata per della presentazione del settimo numero di Modena Cooperazione Internazionale, il bimestrale di solidarietà, altra economia e intercultura promosso e realizzato da 18 associazioni modenesi coordinate dall'Ufficio Cooperazione Decentrata e Solidarietà Internazionale del Comune di Modena. "Per significare il mondo bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino": a questo pensiero di Henry Cartier Bresson, uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo, è ispirata la selezione di immagini di Luigi Ottani, nella convinzione che l'impegno e il piacere di un reporter stia nel condividere, ancora prima che raccontare, ogni esperienza. L'obiettivo è raccontare aspetti di vita che a causa di una apparente normalità spesso non vengono colti: la vita quotidiana nei cosiddetti quartieri ghetto, il mondo degli anziani, le aree industriali dimesse, il volontariato. Le proposte di immagini dal mondo toccheranno invece i campi profughi Saharawi, lo Srilanka devastato dallo tsunami e la Cambogia straziata dalla piaga della prostituzione minorile. Al tema della tratta degli esseri umani, intesa come sfruttamento sessuale di donne e minori, lavoro coatto, traffico di organi, è infatti dedicato l'ultimo numero, maggio/giugno 2009, del bimestrale Modena Cooperazione Internazionale che si presenta giovedì sera. Modena Cooperazione Internazionale, nato nel 2008, vuole dare voce e visibilità alle esperienze di cooperazione internazionale espresse dal territorio, offrire spunti di riflessione e occasioni di approfondimento su temi globali e indagare gli effetti locali della globalizzazione, a partire dalla grande questione delle migrazioni e delle relazioni tra culture. La rivista è in distribuzione gratuita in diversi punti della città e della provincia e può essere richiesta in abbonamento postale gratuito. Sul sito www.modenacooperazione.it è possibile scaricare tutti i numeri e approfondire i temi trattati. Per informazioni è possibile contattare l'Ufficio Cooperazione decentrata e solidarietà internazionale del Comune di Modena in via Scudari 20, e-mail redazione.rivista@modenacooperazione.it, tel. 0592033787. Fusorari è un locale ibrido che promuove la cultura del cibo e del viaggio, propone piatti dal mondo e allo stesso tempo esperienze di viaggio e laboratori di cucina (www.fusorari.it). è possibile cenare prenotando al numero 059 4270436 o scrivendo a info@fusorari.it.

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Giacon (PD) a Galan, "Il Veneto deve aprirsi ai mercati internazionali" (sezione: Globalizzazione)

( da "Sestopotere.com" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

Giacon (PD) a Galan, "Il Veneto deve aprirsi ai mercati internazionali" (20/5/2009 19:26) | (Sesto Potere) - Venezia - 20 maggio 2009 - "è davvero un peccato che una grande regione come il Veneto sia governata da un Presidente con orizzonti di sviluppo piccoli e ristretti. Un respiro corto che non fa bene allo sviluppo della nostra regione e che fa respirare politiche industriali ormai superate e giurassiche. Già da tempo dovrebbe sapere bene che gli imprenditori non praticano più la strada delle delocalizzazione ma quella della internazionale". Lo afferma Paolo Giacon, dell’esecutivo regionale, commentando la richiesta fatta da Galan agli imprenditori di non andare all’estero. "Noi vogliamo pensare in grande il futuro di questa nostra regione – continua Giacon - Il Veneto deve aprirsi ancora di più ai mercati esteri e a tutte quelle opportunità che la globalizzazione offre. Senza paura, orgogliosi di fare bene. è questa la grande lezione del passato che ci viene dalla Serenissima Repubblica di Venezia, una lezione che il nostro Governatore sembra aver dimenticato. Invece di chiedere agli imprenditori di rimanere in Veneto, chiediamo loro di esplorare nuovi mercati, nuove occasioni di crescita, di costruire nuove reti di ricerca ed innovazione! In questo modo non solo si salvaguardano posti di lavoro in Veneto, ma se ne creano di nuovi. Noi invitiamo gli imprenditori ad investire con coraggio, ad usare senso di responsabilità nelle proprie operazioni di ampliamento e ci auguriamo che guardino in particolar modo al Mediterraneo, un mercato di centinaia di milioni di potenziali consumatori". L’estero, secondo il giovane dirigente democratico, è dunque luogo di grandi opportunità, non naturalmente per chi cerca lavoro a basso costo, ma per chi è alla ricerca di nuovi mercati, di nuove alleanze e joint venture, di trasformare le nostre multinazionali tascabili in medie multinazionali in grado di guidare i mercati internazionali. "Rimanere nei chiusi orizzonti della propria regione oggi non premia più il sistema veneto – sostiene Giacon - Il delicato ecosistema industriale costruito nei decenni passati è ormai superato e non potrà più essere riproposto. Galan deve rassegnarsi e non guardare sempre e solo ai fasti del passato. Il centrodestra, deve cambiare completamente prospettiva. Ci dica ad esempio Galan cosa ha fatto in questi quindici anni per incrementare la capacità di attrarre investimenti stranieri e di richiamare in veneto talenti ed eccellenze internazionali. Ben poco purtroppo perché il centrodestra e la Lega hanno sempre giocato in difesa". "Prendiamo atto infine che il presidente Galan sia stato contagiato dal brutto vizio del suo titolare Berlusconi che prima rilascia una dichiarazioni ("imprenditori non delocalizzate all’estero") salvo poi affermare "non farò mai il politico che consiglia agli imprenditori come fare il loro mestiere"" conclude il democratico.

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Frattini, strategia coraggiosa ma con i tempi sbagliati (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica.it" del 20-05-2009)

Argomenti: Cina Usa

La partita iraniana forse è una questione troppo delicata perché sia trattata con i toni e le categorie dei campionati di calcio. Chi ha vinto, chi ha perso quando Franco Frattini ha deciso di annullare all'ultimo momento (per la seconda volta) la visita a Teheran è una domanda legittima, ma forse troppo semplice. Certo, una diplomazia che avvia un negoziato bilaterale, sceglie il momento per una prima visita, la rinvia, sceglie una seconda opportunità ed annulla pure quella non sembra proprio una diplomazia lucida. Come dice qualcuno, Ahmadinejad preparava a Frattini una trappola elettorale e quindi Frattini ha fatto bene a evitare la trappola. Ma era inevitabile che a un mese dalle elezioni presidenziali un ospite straniero a Teheran dovesse sapere di poter fare quella fine. Ovvero di dover stringere la mano di Ahmadinejad nel paese in cui Ahmadinejad è presidente. La questione interessante, però, è capire perché l'Italia amica di Israele e degli Stati Uniti aveva deciso comunque di percorrere la strada per Teheran. Il pretesto, per nulla banale, è la situazione in Afghanistan. Tutti dicono che bisogna coinvolgere l'Iran nella stabilizzazione dell'Afghanistan: Frattini ha deciso di dedicare una riunione del G8 proprio all'Afghanistan, allargandola ai ministri dell'area. Quindi anche all'Iran. La missione a Teheran aveva lo scopo di coinvolgere al massimo livello possibile l'Iran nemico dei talebani in una buona causa, una possibile causa comune con l'Occidente. Ma il vero motivo di fondo per la decisione di Frattini, è un altro: avendo scelto di non partecipare al negoziato sul nucleare che nel 2003 le era stato offerto di gestire come presidente di turno della Ue, l'Italia è rimasta fuori da un negoziato strategico per il Medio Oriente e quindi per il nostro stesso paese. Il negoziato partì con gli "EU3", ovvero Francia, Gran Bretagna e Germania che per anni hanno trattato da soli con l'Iran è poi sono stati affiancati dalle altre potenze del Consiglio di Sicurezza Onu (Usa, Russia e Cina). L'Iran ha mandato avanti per anni quella trattativa con abilità persiana, rinviando all'infinito qualsiasi decisione. Non ha risolto il problema nucleare, ma quel format si è rivelato il luogo strategico in cui fare politica estera, strategico per gli interessi dell'Italia, sotto ogni punto di vista (politico, economico, energetico). OAS_RICH('Middle'); Per mesi, da quando è tornato alla Farnesina, Frattini ha provato a rientrare nel negoziato, contro l'opposizione ferma e dura dei 3 europei. Con la visita Iran, nella speranza di anticipare e favorire un possibile dialogo diretto fra Teheran e Washington, l'Italia voleva preparare appunto questa nuova fase, quella del disperato tentativo americano di fermare il nucleare iraniano con un negoziato diretto, prima che Israele convinca il mondo che l'unica soluzione sia quella militare. Una missione difficile, quasi impossibile questa di Frattini. Contro gli istinti del centrodestra, il ministro degli Esteri ha avuto il merito di capire che la politica estera italiana doveva scegliere di tornare sulla strada di Teheran. Ma forse la mossa è arrivata troppo tardi e in politica la scelta dei tempi è importante quanto la sostanza stessa delle scelte. (20 maggio 2009

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