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Report "Giustizia"   20-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Giustizia

De Magistris: "La mia una scelta di vita" ( da "Giornale di Calabria, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: È quanto ha dichiarato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, in plenum, prima di esprimere il suo voto favorevole al collocamento in aspettativa richiesto dall?ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris per candidarsi alle elezioni europee nell?Italia dei valori. Nella delibera per il collocamento in aspettativa, approvata all?

L'eroe De Magistris, martire all'italiana ( da "EUROPA ON-LINE" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dopo essere stato punito e trasferito dal Csm ? fino a prova contraria non eterodiretto dall?Impero del Male ? al tribunale del riesame di Napoli per un?inchiesta mal fatta, rischia una più pesante punizione per i poteri esorbitanti da lui assegnati a Gioacchino Genchi. Tanto che il Pdl lo sfotte apertamente: «Possibile che la candidatura serva ad ottenere l?

Agli arrivi di Caterina Centola e Paolo Pietro Mazza si aggiungeranno a settembre quelli dei giudici in tribunale ( da "Cittadino, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il Csm ha anche concesso l'applicazione extradistrettuale per la dottoressa Centola, condizione che dovrebbe anticipare il suo insediamento già alle prossime settimane. La situazione di emergenza più volte lamentata da Pescarzoli e da molte altre procure d'Italia, un Paese in cui oggi ci sono 1.

spunta il dodicesimo assessore ( da "Nuova Sardegna, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il 21 aprile c'è l'udienza della Corte costituzionale sul ricorso contro la legge statutaria che ha introdotto l'incompatibilità consigliere-assessore. Se la Consulta non dovesse far decadere l'intero testo varato dal Centrosinistra di Renato Soru, l'attuale maggioranza si metterebbe subito al lavoro per le «opportune modifiche».

le categorie in consiglio: sostenete l'export ( da "Messaggero Veneto, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: sperando anche in una favorevole pronuncia della Corte Costituzionale sulla compartecipazione alle ritenute dei redditi da pensione «che porterà - conclude - maggiori fondi nelle casse della Regione». Per la Cisal è «positivo il giudizio» sulla manovra regionale e considera «significativamente incisive le azioni della giunta» soprattutto relativamente alle nuove infrastrutture.

Buono famiglia: la diffida della Cgil ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: perché in contrasto con un paio di pronunce della Corte costituzionale. La carta di soggiorno infatti viene erogata solo in presenza di un reddito minimo. Vincolo, quest'ultimo, che secondo la Cgil non può essere richiesto per l'erogazione di una prestazione assistenziale pena «la violazione dell'articolo 3 della Costituzione».

la corte dei conti indaga sul boom delle ambulanze ( da "Repubblica, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: In particolare starebbe indagando tutti i componenti della giunta Cuffaro che tra il 2005 e il 2006 con due delibere hanno aumentato il numero delle ambulanze. La Corte ha inoltre chiesto gli atti anche all´Ars, che però ha sollevato la questione di conflitto di competenza alla Corte costituzionale. a. fras.

Aziende con le mani legate ( da "Italia Oggi" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: alla stregua di quanto chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 50/2005, non può dunque essere aprioristicamente determinata né tanto meno condizionata dalle normative regionali, competenti a disciplinare, d'intesa con le parti sociali di livello regionale i contenuti e le modalità di accesso all'offerta formativa pubblica e alle relative risorse finanziarie.

ROMA - <Lascerò la magistratura al momento che riterrò più opportuno> ( da "Adige, L'" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ha poi replicato al vice presidente del Csm Nicola Mancino, che ieri proprio partendo dal suo caso, ha espresso l'opinione che ai magistrati che si candidano non dovrebbe essere consentito poi di tornare indietro: «Sono d'accordo con Mancino ma mi sorprende che si accorga solo ora, conil mio caso, della questione dei giudici che si danno alla politica».

Gentile direttore, passati non so quanti governi, tutti si sono impegnati a risolvere il problema de... ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: della Corte costituzionale (sentenza 1/2/'97 n. 974), gli articoli 12 e 23 della Carta europea di Strasburgo (3/5/'96), gli articoli 2, 3, 136 e 141 del Trattato istitutivo e della Ue (25/3/'57), il Trattato di Maastricht, il Trattato di Amsterdam (2/10/'97), la giurisprudenza della Corte europea (sentenza 1/1/'81 in causa 69/

procura, i verbali dello strappo - dario del porto ( da "Repubblica, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: esame del Csm, ma adesso diventa pubblico il verbale della riunione del Consiglio giudiziario dedicata, il primo dicembre scorso, allo strappo consumato fra il procuratore Giandomenico Lepore e i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo sulle conclusioni dell´inchiesta su presunti illeciti nella gestione del ciclo dei rifiuti.

estensione al figlio del diritto al congedo ( da "Messaggero Veneto, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: BONDAVALLI La Corte Costituzionale, con sentenza n. 19 del 26 gennaio 2009, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del Dl 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) nella parte in cui non include, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto,

depuratori: i soldi da ottobre ( da "Tirreno, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: esplosa in seguito alla sentenza 335 della Corte costituzionale. Quella - in sintesi - che ha dichiarato incostituzionale costringere qualcuno a pagare in bolletta per un servizio (la depurazione delle acque nere, ndr) del quale non si usufruisce. Dopo la sentenza, è arrivata una legge, la 13 del 27 febbraio scorso, che fissa alcuni paletti e a questi,

Collaborazione sì, ma da entrambe le parti ( da "Nuova Ferrara, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale. Bastava sospendere dieci minuti la seduta, come si è fatto per decine di occasioni in precedenza, ed invece no, sono andati avanti ed hanno votato contro i nostri emendamenti, insieme alla destra". "Detto questo, e ci è sembrata un'occasione persa, è partito il dialogo per la costruzione di una coalizione per le prossime amministrative.

il canone sul depuratore ( da "Mattino di Padova, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: illustreranno ai cittadini la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito come il canone non vada pagato se l'utente non è allacciato al sistema fognario. I cittadini sono invitati a partecipare. Sono davvero molti quelli che sono interessati alla problematica e che sperano in un eventuale rimborso di quanto pagato - a dire dei relatori della serata - ingiustamente.

Tiromancino ( da "Unita, L'" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Così come tacque quando Letizia Vacca, membro laico del Csm, anticipò alla stampa la cacciata di De Magistris e della Forleo prima ancora che il Csm li processasse. Mancino ha ritrovato la favella giusto quando un pm che non potrà mai più fare il pm anche grazie a Mancino, ha deciso di cambiare mestiere.

depuratore, pagano anche i non allacciati ( da "Nuova Venezia, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: fatto così parzialmente ribaltata la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso ottobre, che dichiarava illegittima la riscossione del tributo in questi casi. Questo perché il Parlamento ha approvato alla fine di febbraio una legge che prevede che gli oneri siano dovuti lo stesso, a patto che il gestore della rete idrica, abbia già avviato i progetti delle opere necessarie all'

Il magistrato impossibile ( da "Manifesto, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il candidato Luigi De Magistris, ex inquirente di Catanzaro trasferito dal Csm dopo un'inchiesta che coinvolgeva anche Romano Prodi e Clemente Mastella, è già nel pieno della campagna elettorale. Un anno fa, dopo la decisione che le ha imposto di lasciare il ruolo di pm, disse che sarebbe rimasto a fare il lavoro di magistrato.

Il nuovo presidente sospende il parlamento ( da "Manifesto, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: La squadra che compone il gabinetto di Rajoelina è ancora incompleta, conta per il momento solo 12 membri. Fra i posti vacanti, quello della Difesa. La Alta Corte costituzionale del Madagascar ha ufficialmente avallato mercoledì la legittimità di Rajoelina, che ha ricevuto il potere dalle mani di un direttorio militare.

Si apre oggi alle 9 al palazzo dei Capitani il convegno nazionale del centro studi di diritto del la... ( da "Messaggero, Il (Marche)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Presidente del Centro Nazionale e Consigliere della Corte di Cassazione, addetto alla Corte Costituzionale, mentre tra i relatori spiccano qualificati esponenti del mondo universitario. Dunque un convegno che, promosso dalla Fondazione Carisap nell'ambito del progetto di incentivare il turismo congressuale, costituisce un evento di alta caratura scientifica e di grande valenza turistica,

CHIETI - Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Botta e risposta, stavol... ( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Non immaginavo che il governatore Gianni Chiodi si potesse rendere fino a questo punto complice dei progetti dell'Eni e di Berlusconi, addirittura rinnegando il suo stesso voto espresso in Consiglio Regionale». E Maurizio Acerbo (Rifondazione comunista): «Il presidente Chiodi ha rinunciato a difendere l'Abruzzo davanti alla Corte Costituzionale». A pagina 54

Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Ed è botta e risposta, stavo... ( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Sulla vicenda una nota di Carlo Costantini (Idv) : «Non immaginavo la possibilita' che Chiodi si rendesse fino a questo punto complice dei progetti dell'Eni e di Berlusconi, addirittura rinnegando il suo stesso voto espresso in Consiglio Regionale». E così Acerbo (Rc): «Il Presidente Chiodi ha rinunciato a difendere l'Abruzzo davanti alla Corte Costituzionale».

Zeller: <Sì al libero Stato, ma con gli italiani> ( da "Corriere Alto Adige" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: E poi c'è anche un nuovo corso neocentralista della Corte costituzionale che ha bocciato leggi come quella sui rifiuti o quella sugli appalti della Sicilia, che al primo ricorso di un'azienda ci costringerà ad applicare la normativa nazionale ». Ma da dove si comincia a costruire un libero stato, da un referendum?

Sanità, Governatori schierati contro la nuova governance ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: come ha più volte ribadito in questi anni la Corte costituzionale, non ammette ingerenze nei poteri di cui le Regioni dispongono e che intendono difendere a denti stretti e senza deroga alcuna. Con le regole attuali, e sicuramente ancora di più con quelle che deriveranno dalla riforma del federalismo fiscale in arrivo.

Ecco come funzionerà il tribunale di Napoli ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: REDAZIONALE Riorganizzazione al via dopo otto anni Ecco come funzionerà il tribunale di Napoli Il Csm ha approvato le nuove «tabelle» Il plenum del Csm ha approvato ieri le «tabelle» di organizzazione del tribunale di Napoli che mancavano da otto anni. Bocciato il modello-Torino, elogi al presidente del tribunale Carlo Alemi. A PAGINA 2 Abate A PAGINA 10 un intervento di Alfredo Guardiano

Nuovo tribunale di Napoli, il Csm boccia il <modello Torino> ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: REDAZIONALE Nuovo tribunale di Napoli, il Csm boccia il «modello Torino» Via libera all'organizzazione dopo 8 anni: «Grande sforzo di Alemi» Ma Morando critica i giudici partenopei: «Copino dal Piemonte» Il Consiglio superiore della magistratura ha inviato le tabelle per la riorganizzazione del lavoro in tribunale NAPOLI —

IN OCCASIONE del convegno nazionale organizzato dal Centro Studi di Diritto del L... ( da "Resto del Carlino, Il (Ascoli)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale, Francesco Amirante. A lui si aggiungeranno ospiti di alto profilo nel campo universitario, della giustizia e dell'avvocatura. L'iniziativa terminerà sabato alle 13 con un dibattito finale tra tutti i presenti. Il convegno si inserisce in una serie di eventi congressuali realizzati ad Ascoli grazie al sostegno della Fondazione Carisap che porta avanti un progetto

ricorso per la farmacia contesa ( da "Nuova Venezia, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: contenzioso infinito sulla spartizione dei beni di fronte alla Corte Costituzionale. La Consulta ha infatti respinto il ricorso presentato dai legali di Ca' Farsetti sulla presunta illegittimità del criterio sulla divisione del patrimonio dopo la separazione sancita dal referendum del 1998. L'iter seguito dalla Regione - cioè la delega alla Provincia per fissare i criteri della divisione -

Tutti i proclami di Tonino, finto fustigatore ( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: operato del suo candidato De Magistris: Csm, Cassazione, gip, gup, procuratori aggiunti, procuratori capi, giudici, Associazione magistrati, anche un certo capo dello Stato. Questo a ogni livello. Senza contare che l?inchiesta più pompata di tutte, la demenziale «Why not», quella dei contatti dell?

De Magistris-Di Pietro: incroci pericolosi ( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: il Codacons ha impugnato al Tar il via libera del Csm alla candidatura di De Magistris: «Prima di dare l'ok alla candidatura avrebbe dovuto accertare» che la scelta di scendere in politica «non sia stata presa quando il magistrato decideva sulla vicenda Romeo, nella quale risulta implicato anche il figlio di Antonio Di Pietro».

<Noi ragazzi di Calabria, usati e traditi> ( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Quando ti difendevamo noi davanti al Csm non c'erano né Grillo né Di Pietro"». Ora è pure candidato: contenti? «Mica tanto. Di Pietro, poi, è uno che i movimenti li smantella, li annienta». E come? «Ha fatto così pure con i girotondi. Pesca da lì per costruire il suo consenso». Vuole sfruttare la popolarità di De Magistris?

Governatori schierati contro la nuova governance ( da "Sole 24 Ore, Il (Sanità)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: come ha più volte ribadito in questi anni la Corte costituzionale, non ammette ingerenze nei poteri di cui le Regioni dispongono e che intendono difendere a denti stretti e senza deroga alcuna. Con le regole attuali, e sicuramente ancora di più con quelle che deriveranno dalla riforma del federalismo fiscale in arrivo.

Indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti pensionistici ( da "AltaLex" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: esame alla Corte costituzionale, qualora le ritenga di dubbia costituzionalità. E proprio per tale motivo alcune Sezioni territoriali hanno riproposto la questione di costituzionalità dell?art.99, comma 2, t.u. n.1092/1973, che la Corte ha dichiarato inammissibile in quanto prospettata in chiave meramente interpretativa,

Procura, Siniscalchi: "Roberti, una nomina opportuna" ( da "Caserta News" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Venerdì 20 Marzo 2009 Procura, Siniscalchi: "Roberti, una nomina opportuna" GIUSTIZIA | Salerno Vincenzo Siniscalchi, avvocato, più volte deputato dell'Ulivo ed attualmente vice-Presidente della V Commissione sugli incarichi direttive e semidirettivi del CSM: >.

ITALIA, UN PAESE FONDATO SUI CONFLITTI D'INTERESSE AGENDA DI SALADINO: MENTRE ERA SOTTO LA LENTE DI DE MAGISTRIS, SI INCONTRAVA CON DI PIETRO (PRIMA NEGAVA E POI AMMISE) - DE MAG ( da "Dagospia.com" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: il Codacons ha impugnato al Tar il via libera del Csm alla candidatura di De Magistris: «Prima di dare l'ok alla candidatura avrebbe dovuto accertare» che la scelta di scendere in politica «non sia stata presa quando il magistrato decideva sulla vicenda Romeo, nella quale risulta implicato anche il figlio di Antonio Di Pietro».

Kirghizistan/ Parlamento: elezioni presidenziali il 23 ( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: I deputati hanno votato all'unanimità a favore della data consigliata dalla Commissione affari costituzionali. La Corte costituzionale aveva stabilito ieri che le presidenziali dovranno aver luogo entro il 25 ottobre. L'attuale presidente Kurmanbek Bakiev ha già fatto sapere che intende concorrere per un secondo mandato.

C'è UN PRINCIPIO DELLA FISICA CHE è MOLTO UTILE PER DESCRIVERE LE DINAMICHE DI ... ( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Franco Roberti, sessantuno anni, si insedierà al terzo piano dle palazzo di giustizia a metà aprile. Per lui voto unanime del Csm con le parole del vice presidente Nicola Mancino: «A Salerno serve una svolta per lavorare con serenità e ordine». MANZO A PAG. 35

ANTONIO MANZO C'è UN PRINCIPIO DELLA FISICA CHE è MOLTO UTILE PER DESCRIVERE... ( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: «L'unanime indicazione del Csm mi impegna ancor di più a lavorare in un clima di serena operatività. Arrivo tra colleghi magistrati e colleghi amministrativi di grande professionalità con i quali sono sicuro di poter dare vita a un lavoro sereno e, ripeto, produttivo».

DALLA NON DISCRIMINAZIONE ALLA VERA PARITà è IL TEMA DELLA LECTIO MAGIST... ( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: che la professoressa Maria Rita Saulle, giudice della Corte Costituzionale, terrà stamane all'Ateneo. La lezione si inserisce nel corso di aggiornamento e perfezionamento professionale in Diritto dell'Unione Europea Applicato, diretto dalla professoressa Angela Di Stasi, che si svolge con il patrocinio del Consiglio Nazionale Forense.

L'ASSOCIAZIONE CULTURALE SALERNITANA "VERITATIS SPLENDOR", PRESIEDUTA DAL PROFESSORE MARCO DI MATTEO... ( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ricoprì gli incarichi di membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e di giudice presso la Corte Costituzionale. Fu tra i fondatori dell'UGCI (Unione Giuristi Cattolici Italiani) di cui fu anche primo presidente. Nell'occasione, sarà presentato il volume "La vita etica" (Ed. Bompiani, 2008)..Al convegno, che sarà presieduto dal prof.

PUBBLICITà DEI VERBALI SUL CASO PANSA-BERTOLASO. LO HA STABILITO IL CONSIGLIO GIUDIZIARIO - UNA... ( da "Mattino, Il (Circondario Nord)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: una sorta di Csm distrettuale - rendendo pubblica parte dello scontro tra il procuratore Giovandomenico Lepore e i due pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. Dodici voti a sei: così il Consiglio ha stabilito di togliere il segreto su voti e verbali delle sedute dedicate alle divergenze sulla gestione del fascicolo che vede indagati,

ROSANNA BORZILLO NAPOLI NON PUò MORIRE E NON MORIRà PERCHé HA ANCORA TANTE C... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: presidente emerito della Corte Costituzionale - cercano di insegnare parole, di superare una realtà frammentata collegando esistenze individuali e puntando sulle nuove generazioni». Nel libro di don Gino Battaglia si legge tutto questo con lucidità». Alle spalle un sogno: una missione per la pace, un progetto comune su cui lavorare perché «Napoli possa diventare città del dialogo,

Via libera alla Grotta del Ventaglio ( da "Sicilia, La" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale, dal titolo Il federalismo fiscale. Gallo - che è anche Accademico dei Lincei - è attualmente condirettore del Centro di ricerche giuridiche applicate (CeradiI) dell'Università romana. Alla manifestazione - promossa dalla facoltà di Giurisprudenza dell'Università etnea, dall'Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di Siracusa e dal Consorzio

Aggressione e insulto razzista a un avversario: il giudice ferma per sei turni uno straniero del Silea ( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Fantuzzi, Diedhiou, Mazzer (Feletto), Bussolin (CSM Resana), Zanatta (Postioma), N. Sartorato (Rovere), Guolo (S. Antonino), Corato (S. Gaetano), Bresolin, Mattiuzzo (Volpago). Ammenda 50 euro al S. Giuseppe. Coppa Provincia Treviso: Due gare a Trentin (Suseganese); una a Agello, Tosetto (CSM Resana);

Il Pubblico Ministero Luigi De Magistris, a suo tempo titolare della delicata inchiesta Why not?, si... ( da "Gazzettino, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, è andato più in là auspicando una legge che vieti ai magistrati entrati in politica di "tornare alla toga". È una legge che in realtà avrebbe dovuto essere approvata da tempo vista anche la pletora di magistrati che negli ultimi anni sono passati alla politica, molti dei quali, finita l'esperienza in Parlamento,

VIOLENZA SU DONNE:PER QUELLA DOMESTICA ANCORA POCHI ARRESTI ( da "Adnkronos" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: VIOLENZA SU DONNE:PER QUELLA DOMESTICA ANCORA POCHI ARRESTI AL CSM INCONTRO CON CAPI PROCURE PER DISCUTERE FENOMENO commenta 0 vota 0 tutte le notizie di CRONACA ultimo aggiornamento: 20 marzo, ore 16:03

Insidia stradale, pozzanghera, responsabilità da cose in custodia, insussistenza ( da "AltaLex" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: insegnamento della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 156/1999, ha chiarito che non viola il dettato costituzionale l'interpretazione dell'art. 2051 c.c. che ne esclude l'applicabilità alla P.A. "allorché sul bene di sua proprietà non sia possibile - per la notevole estensione di esso e le modalità d'uso, diretto e generale,

Battisti/ Lula cerca via d'uscita con l'aiuto della Corte ( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: entrerebbe in conflitto con il potere giudiziario, mentre in caso contrario esautorerebbe di fatto il proprio ministro della Giustizia, Tarso Genro. Per riuscire a sganciarsi da questa situazione Lula spera dunque nell'aiuto della Corte stessa, riunitasi per esaminare il caso e che dovrà pronunciarsi su tre questioni diverse.

L'Asia si aiuta da sola pag.1 ( da "Trend-online" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Fanno eccezione alcune società di trasporto, come la Sinotrans Shipping che, grazie alla ripresa della domanda di materie prime da parte della Cina, stanno riempiendo le casse. Ancora problemi, invece, per i produttori di microchip come Csm e Gd Midea che stanno pagando la debolezza della domanda mondiale.

TRASPORTI. Alitalia: Federconsumatori ricorre contro monopolio Roma-Linate ( da "HelpConsumatori" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: quindi ha impugnato questo provvedimento perché in contrasto con norme europee e costituzionali e chiede che il TAR ne sospenda l'efficacia, rinviandolo alla Corte Costituzionale. Nel suo intervento, Longo ha citato anche l'esempio della tratta Roma-Brindisi, sulla quale è venuta meno la concorrenza tra Alitalia ed Air One, che offriva più voli e costi più bassi per i viaggiatori.

Lula non vuole l'estradizione ( da "AprileOnline.info" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Lula non intende entrare in conflitto con il Supremo Tribunal Federal (la Corte Costituzionale brasiliana), che sta giudicando in questi giorni la richiesta di estradizione da parte dell'Italia e la concessione dell'asilo politico da parte del ministro della Giustizia, Tarso Genro. L'ex terrorista Cesare Battisti sarà estradato in Italia solo se il Supremo Tribunal Federal (Stf,

Aumentano le denunce di violenze in famiglia ma non gli arresti ( da "Rai News 24" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Le violenze domestiche e in famiglia sono state oggi al centro di un incontro che si e' svolto al Csm, su iniziativa della Sesta Commissione, che ha aperto una pratica alla luce del contenuto di un dossier messo a punto dall'Associazione 'Donne in rete contro la violenza onlus', la quale raggruppa 54 centri di assistenza alle donne disseminati nel territorio nazionale.

Corte Costituzionale: no alla tassa di depurazione delle acque se il processo non avviene ( da "Quotidiano.it, Il" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Corte Costituzionale: no alla tassa di depurazione delle acque se il processo non avviene Acquasanta Terme | Ecco la copia di una lettera inviata oggi al CIIP ed al Comune di Acquasanta, sull'illegittimità da parte degli utenti di pagare la tassa di depurazione delle acque se il processo non viene effettuato.

CASSAZIONE/ ANCHE A SEPARATA CON COLPA PENSIONE REVERSIBILITÀ EX ( da "Wall Street Italia" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: richiamando una sentenza della Corte costituzionale di ben 22 anni fa, ha "cancellato" una decisione della Corte d'appello di Lecce che invece aveva negato ad un'anziana donna il diritto alla pensione dell'ex marito deceduto. Secondo i giudici pugliesi il fatto che a suo tempo la separazione tra i due coniugi fosse stata addebitata alla "colpa" della donna,

Cassazione/ Anche a separata con colpa pensione ( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: richiamando una sentenza della Corte costituzionale di ben 22 anni fa, ha "cancellato" una decisione della Corte d'appello di Lecce che invece aveva negato ad un'anziana donna il diritto alla pensione dell'ex marito deceduto. Secondo i giudici pugliesi il fatto che a suo tempo la separazione tra i due coniugi fosse stata addebitata alla "colpa" della donna,

VIOLENZA DONNE/ SEMINARIO CSM:CRESCONO MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA ( da "Wall Street Italia" del 20-03-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: la sesta commissione del Csm ha tenuto oggi un seminario-audizione a porte chiuse, nel tentativo, spiega il consigliere Fabio Roia, di "studiare insieme a chi opera sul campo il fenomeno". Al centro del dibattito di oggi al Csm una ricerca dell'associazione 'Avvocate della rete dei centri antiviolenza e delle Case delle donne'.


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De Magistris: "La mia una scelta di vita" (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

De Magistris: ?La mia una scelta di vita? L?ex pm di Catanzaro spiega la sua candidatura alle europee con Idv. Intanto è indagato a Roma ROMA. ?La mia una scelta di vita. Ho da poco superato i quarant?anni e intendo iniziare una nuova esperienza da cui non tornerò indietro. La mia è una scelta irreversibile anche qualora non dovessi essere eletto?. Così Luigi De Magistris risponde quando gli viene chiesto se tornerà a fare il magistrato in futuro, durante una conferenza stampa con Antonio Di Pietro che ha presentato la candidatura del giudice alle prossime europee come indipendente Idv. ?La mia scelta di candidarmi è una sconfitta per la magistratura - prosegue De Megistris - perché sin da ragazzo ho sognato di fare il magistrato ma ad un certo punto ho preso atto che in alcuni casi non si vuole fare verità. Da questa sconfitta nasce la mia decisione di candidarmi come indipendente nell?Idv?. De Magistris, inoltre, argomenta che la sua decisione di scendere in politica è animata anche dalla volontà di difendere la Costituzione: ?La stanno svuotando per via ordinaria e stravolgendo con la prassi. Siamo in una fase di deriva autoritaria pericolosa in cui si vuole annichilire l?indipendenza dei magistrati e controllare la stampa?. ?La candidatura del dottor De Magistris, ma non è e non sarà la sola, pur legittima apre un dibattito (l?ennesimo) e una riflessione (vecchia)?. È quanto ha dichiarato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, in plenum, prima di esprimere il suo voto favorevole al collocamento in aspettativa richiesto dall?ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris per candidarsi alle elezioni europee nell?Italia dei valori. Nella delibera per il collocamento in aspettativa, approvata all?unanimità dal Csm, si legge che il magistrato viene quindi collocato fuori ruolo ?fino alla scadenza del termine per la presentazione della candidatura e in caso di accettazione della medesima, fino alla proclamazione dei risultati della consultazione elettorale del 6 giugno 2009?. Mancino ha sottolineato che ?è urgente una riflessione sui magistrati-parlamentari?; sul dibattito Mancino ha sottolineato che una volta candidato ?il giudice ammette di essere divenuto ?parte? non foss?altro perché si è schierato con una forza politica e non certo per un solo giorno?. Il numero due di Palazzo dei Marescialli fa una riflessione: ?Lo status di parlamentare è a termine -ha sottolineato- permane fino a quando gli elettori lo confermano e può anche accadere che il parlamentare spontaneamente rinunci alla carica elettiva. La questione è tutta intorno al rientro nel ruolo di magistrato. È giusto che rientri? Ho sempre sostenuto di no -ha ribadito Mancino- anche se non sono mai riuscito quando ero in Parlamento ad avere condivisione da molti colleghi parlamentari. L?esigenza che esprimo è che venga disciplinata l?ipotesi del parlamentare che vuole tornare a fare il magistrato?. Intanto l?ex pm di Catanzaro è indagato a Roma per le ipotesi di reato di concorso in abuso d?ufficio e interruzione di pubblico servizio, in relazione all?inchiesta avviata lo scorso dicembre dalla procura generale di Catanzaro, che indagò per i medesimi reati anche sette pm della procura di Salerno, tra cui l?ex procuratore Luigi Apicella. Anche i sette magistrati salernitani sono indagati a Roma. La vicenda si riferisce alla cosiddetta guerra tra le procure di Catanzaro e Salerno. Gli atti che riguardano De Magistris e i pm salernitani sono stati trasmessi alla procura capitolina nello scorso mese di febbraio per competenza territoriale, in quanto De Magistris, che ieri ha annunciato che si candiderà alle elezioni europee con l?Italia dei Valori, è giudice al Tribunale del riesame di Napoli. (18-03-09)

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L'eroe De Magistris, martire all'italiana (sezione: Giustizia)

( da "EUROPA ON-LINE" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

L?eroe De Magistris, martire all?italiana Può un magistrato che ha indagato sulla politica presentarsi alle elezioni? FRANCESCO LO SARDO Ieri a guastargli la festa dell?eurocandidatura gli è caduta sulla testa la tegola della procura di Roma che lo indaga per abuso di ufficio e interruzione di pubblico servizio. Ma tant?è, ormai Luigi De Magistris si sente già un onorevole. Era ora. Pare che Di Pietro volesse candidarlo già alle elezioni politiche, ma che fu il Pd ad aver opposto un secco altolà. Adesso che il capo di Italia dei valori si sente più forte, coi sondaggi che danno il ?partito delle manette? al 9 per cento alle europee, l?ha fatto: l?ha messo in lista, con l?obiettivo garantito di una ricca poltrona da eurodeputato. Dice Mastella: «Ora capisco tante cose... ». Ma è un?affermazione retorica, perché come stavano le cose, nel rapporto che legava Di Pietro e De Magistris, l?uomo di Ceppaloni lo sapeva benissimo: Luigi lo bastonava con le indagini e Tonino lo picchiava politicamente. Ora, candidandosi con Italia dei valori, il De Magistris divenuto protégée di Di Pietro, l?ex pm di Catanzaro che per mesi ha reso impossibile la vita a Mastella con l?inchiesta Why not che gli ha fatto saltare i nervi, facendogli materialmente provocare nientemeno che la caduta del governo Prodi, è uscito del tutto allo scoperto. «Lascio e scendo in politica perché non ci sono più le condizioni per poter svolgere il mestiere che amo», dice De Magistris. Lascia, dice sempre lui, perché non gli è stato «più consentito di fare il pubblico ministro, di investigare», perché «sono stato in qualche modo ostacolato». Ma forse De Magistris lascia perché, dopo essere stato punito e trasferito dal Csm ? fino a prova contraria non eterodiretto dall?Impero del Male ? al tribunale del riesame di Napoli per un?inchiesta mal fatta, rischia una più pesante punizione per i poteri esorbitanti da lui assegnati a Gioacchino Genchi. Tanto che il Pdl lo sfotte apertamente: «Possibile che la candidatura serva ad ottenere l?immunità, visto quanto sta emergendo dallo scandalo Genchi». Una storia tutta italiana, insomma, quella di De Magistris. Arricchita e colorita ieri anche dal contributo politico dello stesso Genchi: «De Magistris mi ha chiamato e mi ha chiesto cosa pensassi della sua decisione di candidarsi. Io gli ho detto subito di accettare, lui ha accolto il mio consiglio e ne sono contento. È giunto il momento di candidarsi, visto l?andamento delle cose». Di quale «andamento delle cose» parla Genchi? Dell?inchiesta disciplinare del Csm su De Magistris (che decadrà visto che l?ex pm ha deciso che lascerà la magistratura?). O delle indagini giudiziarie in corso? Ancora qualche mese fa, alla vigilia dell?audizione di Genchi di fronte al Copasir, sulla stampa apparvero con tempismo sospetto stralci dell?ordinanza del tribunale del riesame in cui l?estensore De Magistris faceva illazioni su rapporti che «presentano aspetti francamente poco chiari tra l?imprenditore Romeo e Francesco Rutelli». Il quale Rutelli, guarda tu il caso, è il presidente di quel Comitato di controllo parlamentare sui servizi segreti che si accingeva, il giorno dopo, a ?interrogare? Genchi. Ci fu chi parlò di intimidazione bella e buona. Eccolo «l?andamento delle cose», che ora porta De Magistris a conseguire il premio di una poltrona a Strasburgo. Torna alla memoria a questo punto anche la storia dei rapporti tra Saladino (l?imprenditore principale indagato di Why not) e Di Pietro, di cui il titolare dell?inchiesta De Magistris custodiva tutte le carte e conosceva tutti i particolari. Ieri, con l?occasione della candidatura di De Magistris, il vicepresidente del Csm Nicola Mancino ha auspicato una legge che vieti il rientro nell?ordine giudiziario di chi fa il parlamentare. Il Pd è freddo, il Pdl e l?Udc plaudono. Il dibattito è aperto.

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Agli arrivi di Caterina Centola e Paolo Pietro Mazza si aggiungeranno a settembre quelli dei giudici in tribunale (sezione: Giustizia)

( da "Cittadino, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Due magistrati in più per la procura I nuovi pubblici ministeri sono trentenni di origine milanese n Sono stati assegnati due nuovi sostituti procuratori a Lodi: milanesi, della "leva" dei trentenni, sono Caterina Centola, attualmente in servizio presso la procura di Saluzzo (Torino), e Paolo Pietro Mazza, che attualmente sta operando a Sciacca, in Sicilia. Ha dato quindi i suoi frutti il "pressing" ad alti livelli del procuratore capo Giovanni Pescarzoli che da mesi si trovava a fare i conti con una procura quasi dimezzata: a fronte dei sei posti, tra capo e sostituti, riconosciuti dal ministero nell'aprile del 2005, poco prima che deflagrasse il caso Banca Popolare di Lodi, con un magistrato in più rispetto all'assetto precedente, attualmente erano infatti coperti solo tre posti di sostituto (Paolo Filippini, Daria Monsurrò e Delia Anibaldi, peraltro subentrata in corsa poche settimane fa a Michela Versini, trasferitasi a Piacenza). Con i due nuovi pm, che dovrebbero rimanere a Lodi almeno per tre anni e "conquistano" una scrivania più vicina a casa, la pianta organica sarà quindi completa e i tempi delle indagini dovrebbero ridursi, con la possibilità di maggiori approfondimenti quando ritenuti necessari. Il Csm ha anche concesso l'applicazione extradistrettuale per la dottoressa Centola, condizione che dovrebbe anticipare il suo insediamento già alle prossime settimane. La situazione di emergenza più volte lamentata da Pescarzoli e da molte altre procure d'Italia, un Paese in cui oggi ci sono 1.319 posti di magistrato vacanti, è stata quindi tamponata senza ricorrere allo strumento straordinario del riconoscimento di "sede disagiata". Entrambi i nuovi pm in arrivo a Lodi sono entrati in magistratura nel medesimo concorso dei dottori Filippini e Monsurrò. Caterina Centola tra l'altro si era vista affidare nel gennaio 2008 dal procuratore capo di Saluzzo Paolo Tamponi il coordinamento della sezione di polizia giudiziaria delle polizie locali dei comuni di Saluzzo, Savigliano, Racconigi, Cavallermaggiore, Bagnolo Piemonte, Verzuolo e Manta. Tra i casi di rilievo di cui si è occupata la strage di Capodanno dell'uno gennaio 2008 a Racconigi, che era nata dalla gelosia e aveva avuto risalto nazionale, e una violenza su una minorenne a Savigliano, nel maggio scorso, con un appello per cercare eventuali altre vittime del bruto.Paolo Pietro Mazza a Sciacca si è occupato tra l'altro anche di reati finanziari. Per settembre è inoltre atteso l'arrivo di due uditori in tribunale, nel ruolo di giudici, dove sono oggi coperti 12 dei 15 posti, una pianta organica che era stata ampliata a tale numero alla fine degli anni Novanta, quando al tribunale di Lodi era stata affidata la competenza di un'ampia fascia di Sudmilano, da Mediglia a Locate Triulzi passando per San Giuliano Milanese.Rimane la questione aperta dei concorsi bloccati per i ruoli amministrativi, cui si aggiunge la preoccupazione di questi giorni del personale per il rischio di tagli su un fondo incentivante, una sorta di "quattordicesima" che di questi tempi è diventata un presidio quasi vitale: due problemi, questi, che coinvolgono tutti gli uffici giudiziari italiani.Carlo Catena

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spunta il dodicesimo assessore (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Cappellacci nomina in extremis Andreina Farris Spunta il dodicesimo assessore Una donna va all'Industria, Sannitu è il vice presidente CAGLIARI. Andreina Farris, vice prefetto di Cagliari, è il dodicesimo assessore della giunta che Ugo Cappellacci presenterà questa mattina in Consiglio regionale: guiderà l'Industria. L'ha nominata in extremis, al termine di un vertice del Centrodestra, il governatore dopo che i giuristi della Regione e dell'Avvocatura dello Stato gli avevano espresso dubbi sulla scelta iniziale di affidare l'assessorato ad interim al titolare del Bilancio, Giorgio La Spisa. Cappellacci ha fatto ieri anche un'altra scelta politica nominando il vice presidente della giunta: è l'assessore al Turismo Sebastiano Sannitu, sindaco di Berchidda e già vice presidente della Provincia di Sassari. Una scelta, ha fatto notare lo stesso Cappellacci, che vuole dimostrare un'attenzione per il Nord Sardegna e la Gallura, sicuramente penalizzati nelle nomine di due settimane fa: il peso di Cagliari, già rappresentato dal presidente e da sei assessori, è infatti ulteriormente salito ieri con la nomina della Farris. La festa di ieri mattina per l'elezione di Claudia Lombarda è stata solo a metà per Ugo Cappellacci. Volto tirato e poco propenso al sorriso. La ragione della sua preoccupazione è stata spiegata dopo l'elezione della Lombardo, con l'annuncio di un vertice politico del Centrodestra. Il governatore voleva condividere con gli alleati una scelta difficile dal punto di vista tecnico e politico. E voleva farlo subito, perché per oggi è fissato l'appuntamento con l'aula. Il problema tecnico era quello posto dai giuristi. Due settimane fa Cappellacci aveva confermato le tradizionali dodici competenze assessoriali ma le aveva affidate complessivamente a undici assessori (con l'interm dell'Industria a La Spisa). Ora era chiamato a nominare il dodicesimo assessore. Il problema era innanzitutto quello di decidere se andare avanti con la scelta di due settimane fa o dare retta all'ultimo parere dei giuristi in ordine di tempo. Nel vertice Cappellacci ha avuto il conforto degli alleati: meglio non correre rischi di nullità degli atti della giunta, meglio quindi nominare il dodicesimo assessore. A questo punto si è aperto il problema politico. Chi scegliere? In questi casi le forze politiche sono solite cercare di afferrare la preda e così è stato anche ieri. Le rivendicazioni sono state le più disparate. C'era chi chiedeva che l'incarico rimanesse al Pdl (che altrimenti avrebbe visto ridursi il peso politico con la perdita dell'interim da parte di La Spisa), c'era chi lo chiedeva come compensazione per i «torti» subìti due settimane fa (i Riformatori, che hanno però avuto la soddisfazione della nomina di Sannitu alla vice presidenza), c'erano i partiti minori sinora esclusi e che pertanto chiedevano spazio. Cappellacci ha sentito tutti i pareri, ha scartato l'idea di una scelta partitica e ha voluto (così almeno ha detto) scegliere da solo: anche Andreina Farris è quindi un assessore tecnico scelta dal governatore. Ieri mattina, diverse ore prima della nomina di Andreina Farris, ha preso posizione la Confindustria sarda con il presidente Massimo Putzu. «Le notizie di queste ultime ore di un più che probabile cambio al vertice dell'assessorato all'Industria, se confermate - ha detto Putzu - non possono che generare in noi una forte attesa e aspettativa». Infatti, ha spiegato, «avevamo condiviso con soddisfazione l'attribuzione, seppure ad interim, del dicastero dell'Industria all'onorevole Giorgio La Spisa, autorevole esponente politico e persona professionalmente stimata. Non posso certo nascondere la nostra perplessità odierna. Ci auguriamo - ha continuato Putzu - che la scelta ricada su persona altrettanto autorevole, sia sul piano politico, sia su quello professionale e delle competenze specifiche in materia». Perché «stiamo affrontando una crisi profonda e l'industria sarda è colpita in maniera particolare dalla recessione» e pertanto «abbiamo necessità di poter contare su una figura di assoluto riferimento e spessore». C'è ora da verificare se la Confindustria sia rimasta soddisfatta della scelta tecnica fatta da Cappellacci. In giunta, al momento, ci sono solo due assessori politici (Giorgio La Spisa e Antonello Liori, entrambi del Pdl), che infatti si sono dimessi dal Consiglio regionale. Ma circolano con sempre maggiore insistenza le voci secondo le quali altri consiglieri stiano scalpitando e non vedono l'ora di entrare nell'esecutivo pur senza dimettersi. Come? Il 21 aprile c'è l'udienza della Corte costituzionale sul ricorso contro la legge statutaria che ha introdotto l'incompatibilità consigliere-assessore. Se la Consulta non dovesse far decadere l'intero testo varato dal Centrosinistra di Renato Soru, l'attuale maggioranza si metterebbe subito al lavoro per le «opportune modifiche». E i tecnici? Forse un «arrivderci e grazie».

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le categorie in consiglio: sostenete l'export (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 7 - Economia Le categorie in consiglio: sostenete l'export La seconda commissione dell'assemblea ieri ha ascoltato i settori produttivi Le audizioni TRIESTE. Per superare le turbolenze dei mercati in crisi servono risposte rapide e incisive. Serve agire contro la morsa creditizia «favorendo gli investimenti, sostenendo l'export, garantendo gli interventi regionali in tempi rapidi e con procedure finalmente snelle e semplificate»: a chiederlo sono le categorie produttive del Friuli Venezia Giulia. Che ieri, a Trieste, sono state ascoltate in audizione dalla Seconda commissione del Consiglio regionale, presieduta da Maurizio Franz (Lega Nord). Assenti ingiustificati, tra i sindacati, i rappresentanti di Cgil e Cisl. Un segnale di rottura? «Mi auguro proprio di no - afferma Franz - questo non è il momento della contrapposizione, ma dell'azione comune». Bui i tempi prospettati dalle categorie all'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, senza un'iniezione di risorse fresche e di una decisa azione di sburocratizzazione. «Portateci osservazioni per rafforzare il disegno di legge - ha risposto l'assessore - e diamoci come obiettivo il rafforzamento del sistema». Lungo l'elenco delle richieste: la Regione - chiede Confindustria - accompagni le aziende all'estero. Ma gli industriali chiedono anche di alzare la guardia, nel timore che «i 4 mesi previsti per gli ammortizzatori non bastino». Per la Federazione delle piccole e medie industrie è necessario privilegiare per la realizzazione di opere pubbliche le aziende del territorio e, richiesta comune a Legacoop, che le istituzioni diventino pagatori certi. Serve piú formazione - rilancia Confcommercio - mentre Confartigianato e Cna sostengono che un aumento dei capitali a disposizione dei Confidi da parte della Regione porterà ad un simile azione anche degli associati. La Confederazione italiana agricoltura ha passato l'evidenziatore sui ritardi di anni negli interventi di integrazione del reddito a causa della burocrazia, mentre la Kmecka Zveza e Confagricoltura si sono soffermati sull'importanza di una conferenza per l'agricoltura. Non sono mancati tiepidi segnali positivi: secondo Coldiretti, ci sono segnali di vivacità nel comparto, ma - secondo Coldiretti - ci vuole sostegno per la promozione all'estero. Da piú parti, a ogni modo, è emersa la necessità di una forte coesione tra le forze politiche. Presenti all'audizione anche Confederazione italiana agricoltori e Uiltucs-Uil. Obiettivo del Consiglio - ha detto Franz al termine delle audizioni - sono «la velocizzazione di tutte le opere cantierabili, il potenziamento degli strumenti per l'agevolazione dell'accesso al credito delle imprese, gli interventi nel campo degli ammortizzatori sociali, ma soprattutto semplificazione burocratica». La proposta lanciata dal Pdl di anticipare il prima possibile la sessione di bilancio trova piace alla Lega. «Servirà - sottolinea Franz - a individuare le risorse disponibili per fronteggiare la crisi», sperando anche in una favorevole pronuncia della Corte Costituzionale sulla compartecipazione alle ritenute dei redditi da pensione «che porterà - conclude - maggiori fondi nelle casse della Regione». Per la Cisal è «positivo il giudizio» sulla manovra regionale e considera «significativamente incisive le azioni della giunta» soprattutto relativamente alle nuove infrastrutture. Sonia Sicco

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Buono famiglia: la diffida della Cgil (sezione: Giustizia)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

cronaca pag. 7 Buono famiglia: la diffida della Cgil Dopo le vittorie sul bonus bebè, la Camera del lavoro torna all'attacco. Nel mirino questa volta c'è la delibera della giunta regionale sul buono famiglia, il contributo di 1.500 euro che sarà corrisposto, in tre trance di 500 euro, alle famiglie a basso reddito che hanno almeno tre figli minorenni. La Regione ha raccolto 15 mila domande, la metà delle quali di immigrati. AL PIRELLONE, la Cgil di Brescia ha inviato all'inizio di questo mese una diffida. «Tra i requisiti per accedere al contributo - si legge nel testo - è indicato per lo straniero il possesso della carta di soggiorno o permesso Ce di lungo periodo». Tale requisito, secondo il documento, sarebbe «illegittimo» perché in contrasto con un paio di pronunce della Corte costituzionale. La carta di soggiorno infatti viene erogata solo in presenza di un reddito minimo. Vincolo, quest'ultimo, che secondo la Cgil non può essere richiesto per l'erogazione di una prestazione assistenziale pena «la violazione dell'articolo 3 della Costituzione». La Camera del Lavoro, che ha presentato la diffida parallelamente all'Agsi e all'associazione Avvocati per niente, chiede dunque che vengano ammessi a a richiedere il sostegno tutti gli stranieri titolari di permesso di soggiorno da almeno cinque anni, indipendentemente dall'effettiva acquisizione della carta. Il documento chiedeva anche che venissero riaperti i termini per la presentazione della domanda: quest'ultima istanza non ha avuto esito, e il bando è scaduto il 13 marzo. In questi giorni sono in corso incontri con i rappresentanti della Regione, che sembrano intenzionati a cercare un accordo sulla vicenda. Che sarà valido però, a quanto pare, solo a partire dal 2009. NA.DA.

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la corte dei conti indaga sul boom delle ambulanze (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina VII - Palermo L´inchiesta La Corte dei conti indaga sul boom delle ambulanze La Corte dei conti indaga sul 118 e cita per danno erariale il direttore della Croce rossa regionale Giovanni Puleo. Ieri il sostituto procuratore della Corte dei conti, Gianluca Albo, ha inviato un atto di citazione per 220 mila euro al direttore Puleo. Il motivo? Aver nominato come revisore contabile della Sise (la società che gestisce il 118 e che è partecipata al 100 per cento dalla Cri), Virgilio Pandolfi, che è stato però capo dipartimento amministrazione della stessa Croce rossa. Per il magistrato contabile la nomina sarebbe stata illegittima perché come revisore contabile non può essere nominato un dipendente della società proprietaria. Il controllore non può essere allo stesso tempo il controllato, in sintesi, e la Cri avrebbe dovuto nominare come revisore della Sise un ragioniere estraneo a entrambe le società. La Corte dei conti però continua l´indagine sulla gestione del 118. In particolare starebbe indagando tutti i componenti della giunta Cuffaro che tra il 2005 e il 2006 con due delibere hanno aumentato il numero delle ambulanze. La Corte ha inoltre chiesto gli atti anche all´Ars, che però ha sollevato la questione di conflitto di competenza alla Corte costituzionale. a. fras.

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Aziende con le mani legate (sezione: Giustizia)

( da "Italia Oggi" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

ItaliaOggi sezione: Consulenti del Lavoro data: 20/03/2009 - pag: 37 autore: di Giovambattista Vavalà L'Ancl denuncia i problemi di una procedura ancora troppo complicata Aziende con le mani legate Comunicazioni obbligatorie on line da aggiornare L'art. 23 del D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, ha apportato rilevanti modiche alla disciplina dell'apprendistato. In particolare, il comma 2 del suddetto articolo, molto opportunamente, ha aggiunto un comma (il 5-ter) all'articolo 49 del dlgs 276/2003, creando di fatto un «canale parallelo» di formazione, operante a livello esclusivamente aziendale e svincolato dalla definizione regionale dei profili formativi. La nuova norma dispone che «in questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». Secondo il ministero del lavoro, in forza di tale disposizione, deve essere «la contrattazione collettiva a definire e disciplinare, per questo specifico canale, la formazione aziendale che, alla stregua di quanto chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 50/2005, non può dunque essere aprioristicamente determinata né tanto meno condizionata dalle normative regionali, competenti a disciplinare, d'intesa con le parti sociali di livello regionale i contenuti e le modalità di accesso all'offerta formativa pubblica e alle relative risorse finanziarie. Pertanto, nel «canale parallelo», di cui al comma 5-ter la formazione può essere svolta anche ?fisicamente? fuori dall'azienda, se così prevedano i contratti collettivi, a condizione ovviamente che sia l'azienda a erogare direttamente o anche solo indirettamente la formazione e purché tale formazione non implichi finanziamenti pubblici (Circolare 27/2008).In virtù di tali considerazioni, lo stesso Ministero, nella nota n. 6011 del 17/09/2008, ha ritenuto ormai superata la disposizione secondo la quale le comunicazioni on line di instaurazione dei rapporti di apprendistato dovevano essere comunicate al sistema informatico della regione presso la quale l'apprendista avrebbe prestato attività lavorativa, consentendo ai datori di lavoro che devono comunicare un apprendistato professionalizzante erogato in modalità esclusivamente «aziendale» di accentrare tutte le comunicazioni obbligatorie in un solo sistema informatico regionale con le modalità già definite nella nota circolare del 21 dicembre 2007.Purtoppo, invece, l'azienda o l'intermediario che attualmente si trovasse a trasmettere tale comunicazione sul nodo regionale per il quale è stato autorizzato all'accentramento, si vedrebbe negata tale facoltà da un sistema informatico che, evidentemente, non è ancora in linea con le nuove disposizioni, poichè, nel bloccare l'invio, emette il seguente messaggio di errore: «Non è possibile inviare comunicazioni obbligatorie di apprendistato relative a regioni diverse da quella presso cui ci si è accreditati». Pertanto, anche nel caso di formazione esclusivamente aziendale, l'azienda o il consulente si trovano costretti all'invio della comunicazione sul nodo informatico della regione in cui è prevista la sede di lavoro, attraverso una serie di procedure che, in alcuni casi, risultano estremamente lunghe e farraginose. Lo stesso help desk delle comunicazioni on-line, con un certo imbarazzo, ma con stupefacente disponibilità, ammette il ritardo nell'aggiornamento, garantendo tuttavia la puntuale disamina della problematica, pur senza sbilanciarsi sulla relativa tempistica: l'ennesima dimostrazione della frenetica produzione legislativa cui la stessa p.a. non riesce a star dietro.

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ROMA - <Lascerò la magistratura al momento che riterrò più opportuno> (sezione: Giustizia)

( da "Adige, L'" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

ROMA - «Lascerò la magistratura al momento che riterrò più opportuno» ROMA - «Lascerò la magistratura al momento che riterrò più opportuno». Lo ha affermato ieri in tv, su La7, l'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, ribadendo di aver preso un «impegno pubblico a non tornare in toga», con la sua candidatura alle Europee nelle liste dell'Italia dei valori, e di aver compiuto «una scelta definitiva». Ha poi replicato al vice presidente del Csm Nicola Mancino, che ieri proprio partendo dal suo caso, ha espresso l'opinione che ai magistrati che si candidano non dovrebbe essere consentito poi di tornare indietro: «Sono d'accordo con Mancino ma mi sorprende che si accorga solo ora, conil mio caso, della questione dei giudici che si danno alla politica». Intanto attacchi sulla candidatura arrivano da Casini e da Bondi: «La candidatura di Luigi De Magistris alle europee è una scelta gravissima perchè si tratta di un magistrato che ha posto in essere atti che nulla hanno a che fare con lo stato di diritto», ha attaccato Casini, con Bondi che ha insistito: «Una candidatura che è fuori da ogni livello di democrazia». De Magistris intanto ha punzecchiato: «Sarò indagato per i prossimi trent'anni: avendo fatto 80 verbali alla procura di Salerno credo sarò ancora denunciato da molte persone». 20/03/2009

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Gentile direttore, passati non so quanti governi, tutti si sono impegnati a risolvere il problema de... (sezione: Giustizia)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

lettere pag. 53 Gentile direttore, passati non so quanti governi, tutti si sono impegnati a risolvere il problema de Gentile direttore, passati non so quanti governi, tutti si sono impegnati a risolvere il problema delle pensioni d'annata, ma nessuno se ne è interessato più di tanto. Una volta per tutte, si vuole parlare del problema dell'aggancio delle pensioni alle retribuzioni? Con queste ristrettezze e con queste crisi economiche disoneste si sa come sono ridotti gli anziani pensionati di annata? Quali danni subiscono e devono penosamente sopportare? È una gravissima ingiustizia che coinvolge come minimo una decina di milioni di pensionati anziani che usufruiscono di una pensione previdenziale costituita dai contributi versati durante tutta la vita lavorativa. Ormai è noto che tali pensionati non ricevono né il completo recupero dell'inflazione (circa il 2/4% annuo se tutto va bene!) né gli aumenti di cui invece usufruiscono i lavoratori in attività a seguito della contrattazione aziendale e nazionale (circa il 3/5% annuo), con la conseguenza che ogni anno vedono diminuire di circa un 5/7% il proprio potere di acquisto rispetto ai colleghi rimasti in servizio. Quindi dopo 10 anni tali pensioni finiscono per valere come minimo il 50% in meno, perdendo così le caratteristiche di retribuzione differita. Questi risultati violano gli articoli 3 e 36 della Costituzione, della Corte costituzionale (sentenza 1/2/'97 n. 974), gli articoli 12 e 23 della Carta europea di Strasburgo (3/5/'96), gli articoli 2, 3, 136 e 141 del Trattato istitutivo e della Ue (25/3/'57), il Trattato di Maastricht, il Trattato di Amsterdam (2/10/'97), la giurisprudenza della Corte europea (sentenza 1/1/'81 in causa 69/80 e sentenza 22/12/'93 in causa 152/91). Ma soprattutto contrastano con i fondamentali principi di giustizia sociale, perchè sottraggono potere di acquisto ai pensionati proprio nel momento in cui maggiore è il bisogno di cure e di assistenza. I partiti dell'attuale maggioranza, che nell'ultima campagna elettorale hanno assunto l'impegno di affrontare tale drammatico, offensivo, penalizzante problema, sono tenuti ora a mantenere le promesse e a porre all'ordine del giorno in Parlamento il problema delle pensioni d'annata. La loro rivalutazione e il loro aggiornamento costituiscono una emergenza morale, sociale e costituzionale non più trascurabile e non differibile. O si attende che gli interessati, per salvare la Patria, passino a miglior vita? Attendiamo di sapere quali provvedimenti il governo intende adottare con urgenza per sanare questa vergognosa situazione di ingiustizia e disparità di trattamento. Noi dell'Unms nel prossimo convegno dibatteremo il problema e inoltreremo al governo una dettagliata petizione seguita dalle firme dei soci. Arrigo Varano

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procura, i verbali dello strappo - dario del porto (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina IX - Napoli Procura, i verbali dello strappo Depositati gli atti sullo scontro fra Lepore e i pm del caso Pansa Le accuse dei sostituti: il capo non tifava per l´inchiesta, disse no a un arresto Il pg Galgano: "Il procuratore ha esercitato un potere previsto dalla legge" DARIO DEL PORTO Il caso è ancora all´esame del Csm, ma adesso diventa pubblico il verbale della riunione del Consiglio giudiziario dedicata, il primo dicembre scorso, allo strappo consumato fra il procuratore Giandomenico Lepore e i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo sulle conclusioni dell´inchiesta su presunti illeciti nella gestione del ciclo dei rifiuti. L´organo locale di autogoverno dei magistrati ha deciso di togliere il segreto (ma non alle audizioni dei protagonisti) con 12 voti a favore e 6 contrari. Il contrasto era esploso dopo la scelta del procuratore di stralciare sette posizioni, fra le quali quella del prefetto Alessandro Pansa, dall´elenco dei destinatari della richiesta di rinvio a giudizio poi accolta dal gup Raffaele Piccirillo. I pm Noviello e Sirleo, in disaccordo con Lepore, non firmarono la richiesta e si rivolsero al consiglio giudiziario che a sua volta ha investito il Csm. Palazzo dei Marescialli ha escluso profili di carattere disciplinare o ambientale e sta affrontando il caso sul piano organizzativo, per valutare se lo stralcio disposto da Lepore costituisca un provvedimento di revoca, e dunque da motivare, come sostenuto da Noviello e Sirleo, oppure no, come invece ritenuto Lepore, titolare del fascicolo in base alla legge istitutiva della Procura regionale sui rifiuti. La settima commissione sembra orientata per la prima ipotesi, ma l´ultima parola spetta al plenum. Anche in consiglio giudiziario, si evince dagli atti ora pubblici, si sono confrontate opinioni diverse. Tutti hanno riconosciuto la professionalità e l´impegno dei pm e del procuratore. Ma dall´intervento del giudice Massimo Galli, di Md, emerge ad esempio che i due pm «hanno riferito di circostanze che li hanno indotti a ritenere che il procuratore, per così dire, non "tifava per l´indagine", ciò nonostante hanno continuato ad assicurare collaborazione». E il sostituto pg Giuseppe Lucantonio, di Mi, ha parlato di «assurda circostanza» verificatasi in questa vicenda: «Qualunque atto dei sostituti non era praticabile se non condiviso da Lepore» ha detto Lucantonio elencando tre punti emersi dalle audizioni senza però indicare i destinatari delle iniziative non approvate dal procuratore: «L´assenso sulla custodia cautelare negato, la perquisizione anch´essa di fatto negata e per la quale viene addirittura richiesto di specificare analiticamente ciò che si vuole trovare; il rinvio a giudizio non condiviso». Il procuratore generale Vincenzo Galgano ha invece evidenziato: «Abbiamo 32 indagati, di cui 25 in grado di difendersi sin dall´inizio e 7 solo dopo la notifica dell´avviso di conclusione. Questo è il problema che si pone Lepore: mettere costoro in condizione di difendersi utilmente ed è per questo che chiede di separare le posizioni». Il procuratore, secondo il pg, «si è limitato a esercitare un potere che gli scaturisce dalla legge mentre i sostituti si sono ancorati a una doglianza contro un provvedimento di mera motivazione, che peraltro è motivato, sia pure succintamente» E poi il pg aggiunge: «Continuerò a stimare professionalmente i colleghi Sirleo e Noviello, ma forse non altrettanto sotto il profilo umano per come hanno inteso portare avanti la questione».

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estensione al figlio del diritto al congedo (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 18 - Udine Estensione al figlio del diritto al congedo Handicap di ANTONIO BONDAVALLI La Corte Costituzionale, con sentenza n. 19 del 26 gennaio 2009, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del Dl 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) nella parte in cui non include, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Secondo il dispositivo della sentenza, pertanto, il congedo di cui trattasi può essere riconosciuto al figlio convivente del portatore di handicap grave, qualora non vi siano altri soggetti idonei a prendersene cura. Ai fini dell'erogazione dell'indennità connessa alla fruizione del congedo di cui trattasi, si forniscono le indicazioni che seguono. Alla luce della sentenza in oggetto, hanno titolo a fruire del congedo in argomento i lavoratori dipendenti secondo il seguente ordine di priorità: a) coniuge della persona gravemente disabile qualora convivente con la stessa; b) genitori, naturali o adottivi e affidatari, del portatore di handicap grave se si verifichi una delle seguenti condizioni: * il figlio non sia coniugato o non conviva con il coniuge; * il coniuge del figlio non lavori o sia lavoratore autonomo; * il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo; c) fratelli o sorelle - alternativamente - conviventi con il soggetto portatore di handicap grave, se si verificno le seguenti condizioni: 1) il fratello portatore di handicap grave non sia coniugato o non conviva col coniuge, oppure, laddove sia coniugato e convivente col coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni: * il coniuge non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo; * il coniuge abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e negli stessi periodi del congedo; 2) entrambi i genitori siano deceduti o totalmente inabili; c) figlio convivente con la persona in situazione di disabilità grave, in caso si verifichino le seguenti quattro condizioni: 1) il genitore portatore di handicap grave non sia coniugato o non conviva col coniuge, oppure sia coniugato e convivente col coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni: * il coniuge non lavori o sia lavoratore autonomo, * il coniuge abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e negli stessi periodi del congedo; 2) entrambi i genitori del portatore di handicap siano deceduti o totalmente inabili; 3) il genitore portatore di disabilità grave non abbia altri figli o non conviva con alcuno di essi, oppure laddove abbia altri figli conviventi, ricorra una delle seguenti situazioni: * tali figli (diversi dal richiedente il congedo) non prestino attività lavorativa o siano lavoratori autonomi; * i figli conviventi (diversi dal richiedente il congedo) abbiano espressamente rinunciato a godere del congedo per il suddetto genitore nello stesso periodo; 4) il portatore di disabilità grave non abbia fratelli o non conviva con alcuno di essi, oppure, laddove abbia un fratello convivente, ricorra una delle seguenti situazioni: * il fratello convivente non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo; * il fratello convivente abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e negli stessi periodi del congedo. info@infohandicap.org

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depuratori: i soldi da ottobre (sezione: Giustizia)

( da "Tirreno, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Canone non dovuto Depuratori: i soldi da ottobre PISTOIA. Publiacqua, come gli altri gestori degli acquedotti toscani, avrà cinque anni di tempo, a partire dal prossimo primo ottobre, per restituire agli utenti i soldi del "canone di depurazione", quando questo è stato pagato da famiglie non collegate alla fognatura o con depuratori inesistenti o fermi. A Pistoia e provincia, secondo calcoli ufficiosi, sarebbero circa 6.500 gli utenti in questa situazione, con il diritto a vedersi rimborsata una spesa annua di 780.000 euro. La scadenza del quinquennio è stata decisa ieri durante una riunione del Coordinamento toscano delle Autorità di ambito territoriale ottimale, riunitesi appositamente per studiare una soluzione comune alla questione, esplosa in seguito alla sentenza 335 della Corte costituzionale. Quella - in sintesi - che ha dichiarato incostituzionale costringere qualcuno a pagare in bolletta per un servizio (la depurazione delle acque nere, ndr) del quale non si usufruisce. Dopo la sentenza, è arrivata una legge, la 13 del 27 febbraio scorso, che fissa alcuni paletti e a questi, ovviamente, il Coordinamento toscano degli Ato si è attenuto. In sostanza, i gestori (Publiacqua per l'area pistoiese, ndr) dovranno restituire agli utenti i canoni di depurazione non dovuti. Con un limite: l'obbligo di pagare il canone ritorna in vigore non quando ci si collega alla fogna ma quando vengono avviate le procedure di affidamento della progettazione o di completamento delle opere necessarie all'attivazione del servizio. Entro 4 mesi gli Ato dovranno individuare gli importi da restituire al netto degli oneri derivanti dalle procedure di progettazione o completamento dei lavori. A sua volta, Publiacqua (e gli altri gestori) dovranno iniziare a restituire i soldi dal 1º ottobre 2009 ed entro il termine massimo di cinque anni. E dovranno informare periodicamente gli utenti sullo stato di attuazione degli impianti fino al loro completamento e attivazione.

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Collaborazione sì, ma da entrambe le parti (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Ferrara, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

«Collaborazione sì, ma da entrambe le parti» Adriano Boscolo (Prc) risponde alla richieste del Pd copparese COPPARO. "Il Partito democratico chiede collaborazione. Rifondazione comunista è disposta al dialogo, ma la collaborazione deve essere nei due sensi, ed invece il Pd chiude su tutto". Non fa giri di parole il capogruppo di Rifondazione nel consiglio comunale di Copparo, Adriano Boscolo. Come è suo solito, parte in modo diretto "Nell'ultimo consiglio il Pd ci aveva chiesto di far fronte comune su di un Ordine del giorno a condanna della proposta di legge che permetterebbe ai sanitari di denunciare i clandestini che si rivolgessero a loro per essere curati. Ci hanno dato il documento, noi abbiamo chiesto qualche giorno per valutarlo, ma loro sono andati avanti senza aspettare. Da parte nostra, abbiamo proposto due emendamenti, in cui chiedevamo l'intervento delle figure istituzionali della Regione e la possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale. Bastava sospendere dieci minuti la seduta, come si è fatto per decine di occasioni in precedenza, ed invece no, sono andati avanti ed hanno votato contro i nostri emendamenti, insieme alla destra". "Detto questo, e ci è sembrata un'occasione persa, è partito il dialogo per la costruzione di una coalizione per le prossime amministrative. Anche qui ci dicono di essere aperti alla collaborazione ed ai programmi. Benissimo. Noi siamo sempre favorevoli agli accordi programmatici, basati sui programmi seri, ed abbiamo proposto il nostro programma. La speranza è che ci siano degli spazi di incontro e di discussione, e non che le enunciazioni di principio restino tali. Siamo molto disponibili, ma con dei punti fermi su cui non intendiamo recedere. Per esempio, crediamo che si debba andare non verso un'unione dei comuni, ma verso una vera e propria fusione dei sei comuni, con evidenti vantaggi di economie di scala e di migliore governabilità. E comunque, riteniamo importante che i cittadini si pronuncino in questa direzione e non che si faccia passare tutto sulla loro testa. E se non ci saranno le condizioni e le opportunità per la fusione, possiamo discutere anche sull'unione, ma come punto di passaggio e parte di un percorso specifico".

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il canone sul depuratore (sezione: Giustizia)

( da "Mattino di Padova, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 30 - Provincia Il canone sul depuratore SELVAZZANO. «Il canone per il depuratore che non c'è o non funziona non andava e non va pagato». Se ne parla questa sera alle ore 21 al centro Iride, ex scuola Baracca, di via Padova 63 a Tencarola di Selvazzano. L'incontro organizzato dai Comitati di Frazione di Tencarola e Caselle vede la presenza di due legali che illustreranno ai cittadini la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito come il canone non vada pagato se l'utente non è allacciato al sistema fognario. I cittadini sono invitati a partecipare. Sono davvero molti quelli che sono interessati alla problematica e che sperano in un eventuale rimborso di quanto pagato - a dire dei relatori della serata - ingiustamente. Il canone è stato pagato da molti. (l.m.)

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Tiromancino (sezione: Giustizia)

( da "Unita, L'" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Tiromancino Del fervorino del vicepresidente del Csm Nicola Mancino si sentiva proprio la mancanza. La legittima candidatura di De Magistris apre l'ennesimo dibattito: il giudice che ammette di essere divenuto di parte, non fosse altro perché si è schierato con una forza politica, è giusto che poi rientri? Ho sempre sostenuto di no. Ma davvero? Che strano. Mancino poteva ricordarsene quando stava nella Dc, che candidava e promuoveva ministro Claudio Vitalone, che negli anni pari faceva il giudice e in quelli dispari il politico, sempre dalla parte di Andreotti. Ma se lo scorda. Poteva ricordarsene un anno fa, quando a sostenere l'accusa al Csm contro De Magistris per farlo cacciare da Catanzaro la Cassazione designò il Pg Vito D'Ambrosio, per 10 anni presidente della Regione Marche col centrosinistra e poi rientrato in magistratura. Mancino avrebbe potuto associarsi alla nostra voce solitaria per denunciare l'inopportunità della designazione di quel Pg di parte, visto che De Magistris stava indagando su alcuni ex compagni di coalizione di D'Ambrosio. Invece tacque. Così come tacque quando Letizia Vacca, membro laico del Csm, anticipò alla stampa la cacciata di De Magistris e della Forleo prima ancora che il Csm li processasse. Mancino ha ritrovato la favella giusto quando un pm che non potrà mai più fare il pm anche grazie a Mancino, ha deciso di cambiare mestiere. Peccato, perché sull'incompatibilità fra De Magistris e questa politica, ha ragione Mancino: negli altri paesi i diritti civili li tolgono ai delinquenti, in Italia vogliono levarli ai magistrati. Zorro

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depuratore, pagano anche i non allacciati (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 37 - Provincia Depuratore, pagano anche i non allacciati Bollette salate a Portogruaro, Cinto, Annone, Concordia e Pramaggiore PORTOGRUARO. Indietro tutta. Nelle bollette dell'acqua emesse dal Consorzio del Basso Livenza si tornerà a pagare il servizio di depurazione, anche se non si è collegati all'impianto, purchè siano in atto i lavori di allacciamento. Si è di fatto così parzialmente ribaltata la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso ottobre, che dichiarava illegittima la riscossione del tributo in questi casi. Questo perché il Parlamento ha approvato alla fine di febbraio una legge che prevede che gli oneri siano dovuti lo stesso, a patto che il gestore della rete idrica, abbia già avviato i progetti delle opere necessarie all'attivazione del servizio. E, dato che il Consorzio del Basso Livenza si trova proprio in questa situazione, i cittadini di Annone, Cinto, Concordia, Portogruaro, Pramaggiore, San Stino che non sono allacciati al depuratore, ma stanno per essere raggiunti dal servizio, dovranno pagare lo stesso il relativo canone. «Questo perché - spiega il presidente del Consorzio Acque del Basso Livenza, Alessio Alessandrini - è invalso il principio che la tariffa deve coprire sia il servizio che gli investimenti». La legge non è però retroattiva, quindi chi negli anni precedenti alla sentenza della Cassazione avesse pagato il canone, ha diritto al rimborso. La nuova normativa prevede infatti che i pagamenti non dovuti vengano restituiti agli utenti a decorrere dal 1 ottobre 2009, in forma rateizzata, in un periodo massimo di cinque anni. C'è un'altra novità per gli utenti portogruaresi del Consorzio del Basso Livenza, non allacciati al depuratore: ora anch'essi potranno beneficiare del «Servizio di svuotamento vasche». Tale servizio consiste nello svuotamento biennale con autobotte del sistema di depurazione biologico privato. Gli oneri di intervento sono a carico della società mentre l'utente dovrà versare solo venti euro di contributo. (Federico Guerrini)

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Il magistrato impossibile (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Il magistrato impossibile Luigi De Magistris: avevo detto no alla politica, ma ho scelto Di Pietro perché non mi fanno indagare Sara Menafra In Europa, assicura, tornerà a occuparsi di fondi europei e corruzione, come faceva da pm. Perché con la toga sulle spalle, «chi tocca i poteri forti salta». E resterà dalla parte dei magistrati, ma ben distanziato dall'Anm. Il candidato Luigi De Magistris, ex inquirente di Catanzaro trasferito dal Csm dopo un'inchiesta che coinvolgeva anche Romano Prodi e Clemente Mastella, è già nel pieno della campagna elettorale. Un anno fa, dopo la decisione che le ha imposto di lasciare il ruolo di pm, disse che sarebbe rimasto a fare il lavoro di magistrato. Ora, invece, perché ha deciso di lasciare? Non avrei mai immaginato di non fare più il magistrato, ma le considerazioni sono state tre. Una è che non mi hanno più consentito di fare il mestiere che amavo, cioè il pm. Due, l'attività di delegittimazione su elementi infondati continuava senza sosta e, tre, ed è l'aspetto più importante di questa vicenda, il come sono stati eliminati dalle indagini i magistrati di Salerno. Lì ho preso atto che i reati commessi da una serie di pezzi rilevanti delle istituzioni non potevano essere indagati. Le modalità con cui sono stati trasferiti mi hanno fatto capire che su questa vicenda per i prossimi dieci anni la verità non sarebbe venuta fuori. Meglio l'Italia dei valori? Mi è stato proposto un progetto entusiasmante da parte di Antonio Di Pietro. Quando è stata fatta la costituzione repubblicana alla stesura parteciparono repubblicani, socialisti, comunisti e democristiani. Noi dobbiamo difendere quella carta e attuarla in pieno. Credo che sia il momento giusto per alcune personalità importanti di impegnarsi, visto che stiamo scivolando in una specie di regime, che non ha olio di ricino e manganello, ma forme di autoritarismo che sono altrettanto pericolose perché restringono gli spazi di libertà. Il modello che si vuole costruire è quello del pensiero unico, del consumatore universale, criminalizzando ogni forma di dissenso. Un disegno di questo tipo non può che passare attraverso il condizionamento dell'autonomia della magistratura e degli organi di informazione. Perché non ha detto subito che non sarebbe tornato a fare il magistrato? Una personalità come la mia, che ha avuto questa notorietà anche al di là della sue scelte, non può oggi dedicarsi a politica e magari tra venti giorni non viene eletto e torna a fare il magistrato. E' una cosa impensabile. Dirlo immediatamente poteva apparire come una presa di distanza nei confronti della magistratura. Non lo è, anzi io voglio essere un punto di riferimento per tutti quei magistrati che sono impegnati in prima linea contro la criminalità organizzata. Sta dando ragione Berlusconi. I pm sono orientati politicamente... La scelta della candidatura per me è arrivata ai primi di marzo. Prima ero convinto che avrei fatto il magistrato per sempre. Pensa che sia possibile fare il magistrato e ottenere dei risultati? Si può fare, ma prendo atto da quello che è accaduto a me e ai pm di Salerno, che quando si toccano i poteri forti si salta. In Italia non ci sono inchieste che arrivano ai poteri forti? Non mi pare. Certo non in Calabria o in Basilicata. Intrecci inquietanti come quello che avevamo scoperto a Catanzaro, tra la politica, le istituzioni, i magistrati e l'economia non sono mai stati portati alla luce. Non ricordo inchieste di questo genere. Dalla parte dei magistrati, ma contro l'Anm? Infatti sto parlando dei magistrati non dell'associazione. Spero che l'Anm torni a rappresentare quei magistrati impegnati nelle indagini più delicate. Se tornasse indietro, c'è qualcosa nella vicenda dell'ultimo anno e mezzo che non rifarebbe? Nessuna tale da giustificare i provvedimenti che mi hanno colpito. Se si lavora a certi ritmi è chiaro che si commettono degli errori, sei un mostro se non sbagli mai. Ma rifarei le stesse scelte. Può spiegarci il suo rapporto con l'ex consulente Gioacchino Genchi? Prima le polemiche sui tabulati, poi lui che dice di averle consigliato la candidatura... Consigli me ne hanno dati in tanti. Posso dire che decine e decine di persone, anche più autorevoli del dottor Genchi mi hanno consigliato di entrare in politica. Per anni, come pm, si è occupato di episodi di corruzione legati ai fondi europei. Strasburgo sembra il suo posto naturale... Infatti, la prima cosa su cui mi concentrerò è il controllo su come vengono spese le somme che l'Unione europea da all'Italia. Il nostro paese deve tornare ad essere credibile in Europa. E la nuova P2 di cui ha parlato tante volte? Chiederò all'Europa sarà di usare gli strumenti di vigilanza per verificare quel che è accaduto in Italia all'epoca delle stragi di mafia. Non si sa tutto? Mi sembra evidente. Proprio in Calabria c'è stato un consigliere regionale dell'Idv accusato di corruzione. Mi sono appena candidato, per dare un contributo alla società civile. E' un contributo di trasparenza, mi occuperò anche di tutte le vicende che di volta in volta mi verranno sottoposte. PDL: «INCIVILE» «La candidatura di Luigi De Magistris non sarebbe potuta avvenire in nessun altro paese del mondo». Ne è convinto Sandro Bondi che ha espresso questa sua opinione a Telecamere. «Tutto ciò - ha aggiunto il ministro dei Beni Culturali - è fuori da ogni livello di civiltà giuridica e di democrazia». L'esponente del Pdl ha sottolineato che il centrodestra sta «discutendo la riforma della giustizia grazie anche ad un bravo ministro come Alfano nei confronti del quale ci sono molti riconoscimenti positivi. Con la riforma speriamo di rendere il nostro paese più civile». nuova legge Una proposta di legge per mettere fine «al malcostume di magistrati che si candidano quando fino al giorno prima hanno esercitato la funzione giudiziaria». L'ha presentata il deputato del Pdl Santo Versace. «Occorre un'iniziativa parlamentare per approvare in breve tempo una legge che finalmente regoli l'ingresso in politica dei magistrati La politica non può limitarsi ai dibattiti. Il caso De Magistris, ancora una volta, porta alla ribalta il tema della candidabilità di funzionari pubblici che esercitano un potere rilevante e che a volte sono tentati di finalizzare il proprio lavoro non a una gestione imparziale e terza della giustizia ma alla costruzione di una notorietà personale da tradurre subito in consenso elettorale». La proposta di legge disciplina la materia introducendo la regola per cui può candidarsi solo chi ha presentato formali dimissioni o sia stato posto fuori ruolo da almeno sei mesi prima della data delle elezioni.

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Il nuovo presidente sospende il parlamento (sezione: Giustizia)

( da "Manifesto, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

MADAGASCAR Il nuovo presidente sospende il parlamento Il nuovo presidente del Madagascar, l'ex dj Andry Rajoelina, ha annunciato «la sospensione delle attività dell'Assemblea nazionale e del Senato», a 48 ore dalle dimissioni forzate del suo predecessore, Marc Ravalomanana. Le funzioni del parlamento, largamente dominato dai sostenitori dell'ex presidente, saranno svolte da due nuove istituzioni - un'Alta autorità di transizione e un Consiglio per la rinascita economica e sociale - e dal governo. La squadra che compone il gabinetto di Rajoelina è ancora incompleta, conta per il momento solo 12 membri. Fra i posti vacanti, quello della Difesa. La Alta Corte costituzionale del Madagascar ha ufficialmente avallato mercoledì la legittimità di Rajoelina, che ha ricevuto il potere dalle mani di un direttorio militare.

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Si apre oggi alle 9 al palazzo dei Capitani il convegno nazionale del centro studi di diritto del la... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Marche)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Venerdì 20 Marzo 2009 Chiudi Si apre oggi alle 9 al palazzo dei Capitani il convegno nazionale del centro studi di diritto del lavoro "Domenico Napoletano". Oggi e domani ospiti illustri, tra cui il presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante alla sua prima "uscita ufficiale" che presiederà la sessione pomeridiana, dibatteranno su "competitività, flessibilità del mercato e diritti fondamentali dei lavoratori". Presiederà i lavori Raffaele Foglia, Presidente del Centro Nazionale e Consigliere della Corte di Cassazione, addetto alla Corte Costituzionale, mentre tra i relatori spiccano qualificati esponenti del mondo universitario. Dunque un convegno che, promosso dalla Fondazione Carisap nell'ambito del progetto di incentivare il turismo congressuale, costituisce un evento di alta caratura scientifica e di grande valenza turistica, con oltre 600 partecipanti da tutta Italia. Per gli intervenuti (in gran parte avvocati) visite guidate nel centro storico e nei musei, e un corso di preparazione dell'oliva ripiena ascolana.

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CHIETI - Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Botta e risposta, stavol... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Venerdì 20 Marzo 2009 Chiudi CHIETI - Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Botta e risposta, stavolta, fra il gruppo dei Verdi e quello di Alleanza nazionale alla Provincia di Chieti. Sulla vicenda interviene anche il capogruppo di Italia dei Valori in Consiglio regionale, Carlo Costantini: «Non immaginavo che il governatore Gianni Chiodi si potesse rendere fino a questo punto complice dei progetti dell'Eni e di Berlusconi, addirittura rinnegando il suo stesso voto espresso in Consiglio Regionale». E Maurizio Acerbo (Rifondazione comunista): «Il presidente Chiodi ha rinunciato a difendere l'Abruzzo davanti alla Corte Costituzionale». A pagina 54

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Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Ed è botta e risposta, stavo... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Venerdì 20 Marzo 2009 Chiudi Il Centro Oli di Ortona continua a far litigare il mondo politico. Ed è botta e risposta, stavolta fra il gruppo dei Verdi e quello di Alleanza Nazionale alla Provincia. I primi hanno presentato una mozione, approvata l'altro ieri dal Consiglio provinciale, per avviare l'iter che è finalizzato alla dichiarazione di decadenza delle autorizzazioni all'impianto. «Nella mozione a firma del sottoscritto, ed approvata dal Consiglio - dice il capogruppo dei Verdi Alex Caporale - ho prima evidenziato le numerose inadempienze amministrative da parte dell'Eni che non ha rispettato tempi e modi prescritti dai due Decreti Ministeriali autorizzativi quindi, il mancato rispetto da parte dell'Eni delle norme di legge che regolano la materia. Sono molto dispiaciuto dell'uscita dall'aula, al momento del voto, del gruppo di An e di Fi, mentre apprezzo il no di Montepara». Replica An con Tavani: «La posizione del gruppo di An alla Provincia sulla realizzazione del Centro oli è sempre stata chiara e inequivocabile, per cui viene ribadita netta contrarietà all'insediamento. Tuttavia non possiamo dimenticare che oggi la realizzazione del Centro Oli è solo nelle mani dell'Eni, che potrà realizzarlo o meno a seconda delle sue strategie». Sulla vicenda una nota di Carlo Costantini (Idv) : «Non immaginavo la possibilita' che Chiodi si rendesse fino a questo punto complice dei progetti dell'Eni e di Berlusconi, addirittura rinnegando il suo stesso voto espresso in Consiglio Regionale». E così Acerbo (Rc): «Il Presidente Chiodi ha rinunciato a difendere l'Abruzzo davanti alla Corte Costituzionale».

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Zeller: <Sì al libero Stato, ma con gli italiani> (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Alto Adige" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere dell'Alto Adige - BOLZANO - sezione: BOLZANOEPROV - data: 2009-03-20 num: - pag: 4 categoria: REDAZIONALE Il dibattito I giovani dei Verdi aprono all'idea, ma vengono corretti dal vertice. Bassani (Lega Nord): «Noi siamo favorevoli» Zeller: «Sì al libero Stato, ma con gli italiani» Il deputato: autodeterminazione, nuova frontiera. Dello Sbarba: doppia cittadinanza BOLZANO — L'autonomia dinamica è morta. Ora serve «un'altra frontiera» verso cui incamminarsi e questa frontiera è l'autodeterminazione. La direzione non è più l'Austria, per carità. è il ripiegamento su se stessi, il poter decidere quasi tutto, lasciando magari ad «altri» politica estera e poco altro. In una parola, il futuro sta nel libero Stato. Il pensiero — stupendo, per alcuni come Eva Klotz che lo accarezzano da sempre, allucinante per altri — serpeggia da mesi con insistenza negli ambienti in cui si ragiona di politica, non solo nel mondo di lingua tedesca (è nel programma della Lega Nord). Dai blog ai forum pubblici, alle prime pagine dei settimanali (ieri su Ff) il tema non è più un tabù. Due giovani dei Verdi hanno diffuso un comunicato in cui se ne parlava apertamente, che ieri ha costretto i vertici dei Verdi a «correggere la rotta». La grossa novità è che ora anche figure di primo piano nell'Svp incominciano ad uscire allo scoperto. è il caso del deputato Karl Zeller, costituzionalista e uomo forte della Stella alpina del Meranese (ma non solo). «Trovo interessante iniziare a pensare alla creazione di un libero Stato, seguendo modelli già applicati altrove, ma rimanendo all'interno dell'Unione europea. La condizione fondamentale, però, è di costruire questa cosa nuova assieme agli italiani», dice. La domanda che sorge spontanea è: perché un libero Stato, non basta l'autonomia territoriale più spinta a livello europeo? «L'autonomia dinamica — spiega Zeller — si è fermata da parecchi anni, questa è un'altra frontiera. Penso che sarà difficile ottenere nuove competenze, e d'ora in poi, visto l'aria che tira, siamo costretti a giocare in difesa. Può essere anche questa una strategia, ma io mi domando se non si possa anche pensare a qualcosa sul modello del Liechtenstein. Con Berlusconi al governo mi pare che l'abisso culturale tra i sudtirolesi, tedeschi e italiani, e il resto dell'Italia stia aumentando. Ci sono poi leggi estreme come quella sull'alcol, o quella sui medici costretti a denunciare i clandestini, o quella, in arrivo sull'urbanistica, che aumentano questa sensazione fra la gente. Anche per questo trovo l'idea del libero stato interessante ». C'è poi la questione dei tagli. «Col tempo dovremmo subire un taglio dopo l'altro, temo. E fino ad ora riusciamo a reggerci perché c'è Calderoli. Ma in futuro? E poi c'è anche un nuovo corso neocentralista della Corte costituzionale che ha bocciato leggi come quella sui rifiuti o quella sugli appalti della Sicilia, che al primo ricorso di un'azienda ci costringerà ad applicare la normativa nazionale ». Ma da dove si comincia a costruire un libero stato, da un referendum? E nel partito se ne parla? «No, quello è l'ultimo passaggio. Bisogna prima aprire un tavolo di confronto tra tutti, e verificare se esiste, o se è possibile crearlo, un consenso ampio intorno a questa idea. Perché queste cose non si fanno certo con maggioranze risicate. Nel partito non si è mai parlato in questi termini, ma questo sarà un compito della nuova dirigenza». Un mese fa il verde Riccardo Dello Sbarba è stato l'unico italiano ad essere invitato ad un dibattito organizzato dall'accademia Cusano di Bressanone sulla «visione» del libero Stato. «Mi è stato chiesto — spiega — a quali condizioni gli italiani potrebbero accettare un'eventualità del genere e io ho provato ad immaginarle (le spiega nel suo blog, ndr), ma quella del Freistaat è un'idea alla quale non credo. Prendendo a prestito una proposta di Sergio Romano io penso che un passo avanti, da realizzarsi nei prossimi decenni, potrebbe essere quello di concedere a tutti i cittadini sudtirolesi la doppia cittadinanza italiana ed austriaca. Sarebbe un modo per aggiungere qualcosa, senza togliere nulla, e senza creare nuovi confini. Comunque , vivendo quotidianamente a contatto con il mondo di lingua tedesca, devo dire che effettivamente l'idea del libero stato sta sempre più prendendo piede. E il fatto che a Roma governi Berlusconi non fa che rendere tutto più complicato». Paolo Bassani, consigliere comunale ora passato alla Lega Nord, conferma quanto annunciato in campagna elettorale. «Ho molti contatti nella mia vita quotidiana — spiega — e sono convinto che molti italiani, se non si parla di ritorno all'Austria, sarebbero favorevoli ad un libero Stato. è una cosa che contribuirebbe ulteriormente a farci sentire a casa». Fabio Gobbato Schierati Gli SchÜtzen a Castel Firmiano, luogo dove fu lanciato il Los von Trient

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Sanità, Governatori schierati contro la nuova governance (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-03-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-03-20 - pag: 17 autore: «Il testo che rivede le regole di gestione lede l'autonomia» Sanità, Governatori schierati contro la nuova governance Roberto Turno ROMA «Giù le mani dai nostri poteri ». Mentre il federalismo fiscale va avanti a Montecitorio raccogliendo sempre meno critiche anche dalle Regioni, sempre dalla Camera è arrivato ieri un secco altolà dei governatori contro qualsiasi tentativo di invadenza parlamentare nelle prerogative locali. E proprio sul capitolo più scottante del bislacco federalismo attuale, che col fisco federale diventerà ancora di più la partita di tutte le partite: la sanità. Nel mirino delle Regioni è finito il testo elaborato in comitato ristretto alla Camera sulla «governance sanitaria»: dalle nuove regole anti-lottizzazione sulla scelta dei manager a quelle sui primari, dal cosiddetto «governo clinico» del Ssn alla libera professione dei medici fino all'età pensionabile degli stessi medici d'Italia, in particolare quelli non universitari meno protetti dei loro colleghi universitari che godono storicamente degli scudi protettivi baronali. Il parere dei governatori è stato lapidario: «La proposta di testo unificato presenta caratteri di incostituzionalità». Una stroncatura in piena regola. Perché la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, come ha più volte ribadito in questi anni la Corte costituzionale, non ammette ingerenze nei poteri di cui le Regioni dispongono e che intendono difendere a denti stretti e senza deroga alcuna. Con le regole attuali, e sicuramente ancora di più con quelle che deriveranno dalla riforma del federalismo fiscale in arrivo. Su programmazione, organizzazione e gestione dei servizi nella Sanità pubblica, dicono in sostanza i governatori, le Regioni hanno più o meno carta bianca. E quel testo che la Camera sta mettendo a punto – come già accaduto quando ci provò l'ex ministro Livia Turco – è tutto sbagliato, e tutto da rifare. «Siamo ampiamente disponibili al confronto», hanno diplomaticamente affermato ieri le Regioni nell'audizione in commissione Affari sociali della Camera.Anche se nell'incontro a porte chiuse svoltosi in mattinata in preparazione dell'audizione,non sono mancate pesanti accuse contro una proposta di riforma considerata un vero e proprio blitz. Proposte «dirompenti» ed «eversive» rispetto al dettato costituzionale, quelle allo studio del Parlamento, è stato il giudizio finale. Che nella forma ha rinviato qualsiasi commento di merito alla posizione vecchia di due anni – e che si continua a mantenere inalterata – già formulata al Ddl del Governo allora guidato da Romano Prodi. Niente sconti allora, niente sconti adesso, è la sostanza del ragionamento. Non senza far rilevare che nel frattempo deve esserci stato qualche corto circuito istituzionale, visto che una volta al mese la cosiddetta "commissione salute" delle Regioni si incontra col Governo. E in quelle occasioni di riforma della «governance sanitaria» mai s'è discusso. Al Parlamento resta così l'amaro in bocca. Ora si cercherà di trattare, di ricucire, di trovare un'intesa. A farcela. Anche perché se il Governo non scucirà i fondi in più per il Ssn – almeno 7 miliardi dal 2010, chiedono i governatori – le Regioni resteranno sull'Aventino. E anche la «governance » può attendere. LA PROPOSTA UNIFICATA Norme anti-lottizzazione su manager e primari ed età pensionabile dei medici Ma per gli enti territoriali è «ingerenza parlamentare»

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Ecco come funzionerà il tribunale di Napoli (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno - CASERTA - sezione: 1PAGINA - data: 2009-03-20 num: - pag: 1 categoria: REDAZIONALE Riorganizzazione al via dopo otto anni Ecco come funzionerà il tribunale di Napoli Il Csm ha approvato le nuove «tabelle» Il plenum del Csm ha approvato ieri le «tabelle» di organizzazione del tribunale di Napoli che mancavano da otto anni. Bocciato il modello-Torino, elogi al presidente del tribunale Carlo Alemi. A PAGINA 2 Abate A PAGINA 10 un intervento di Alfredo Guardiano

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Nuovo tribunale di Napoli, il Csm boccia il <modello Torino> (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno - CASERTA - sezione: INPRIMOPIANO - data: 2009-03-20 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE Nuovo tribunale di Napoli, il Csm boccia il «modello Torino» Via libera all'organizzazione dopo 8 anni: «Grande sforzo di Alemi» Ma Morando critica i giudici partenopei: «Copino dal Piemonte» Il Consiglio superiore della magistratura ha inviato le tabelle per la riorganizzazione del lavoro in tribunale NAPOLI — Un minimo di cinque magistrati per ogni sezione, nove grandi «aree», quasi trecentocinquanta giudici. Ci sono voluti otto anni, ma da ieri il tribunale di Napoli ha finalmente - messa nero su bianco - la sua nuova organizzazione. Lo ha deciso il Csm nel giorno della polemica sui giudici innescata dal commissario del Pd di Napoli Enrico Morando, che intervenendo al congresso dell'Associazione nazionale forense a Napoli ha detto: «Qui per far funzionare gli uffici ci vorrebbe un magistrato come quello di Torino ». La settima commissione di Palazzo dei Marescialli, nella delibera votata ieri al plenum, ha però bocciato proprio le due proposte con cui Carlo Alemi sembrava guardare al modello Torino voluto dal collega Mario Barbuto e che avevano provocato polemiche tra i magistrati dopo un articolo apparso su «Panorama»: dunque no, almeno per il momento, al «programma di smaltimento dell'arretrato » che prevedeva per il settore civile la fissazione di una terza udienza a settimane alterne, l'obbligo del giudice di rinviare a non oltre tre mesi le cause con più di quattro anni e la comunicazione al presidente del tribunale dei motivi degli eventuali rinvii oltre questo termine. Ecco come la settima commissione motiva la sua decisione: «Il Csm, nell'apprezzare l'imponente lavoro organizzativo svolto dal presidente del tribunale di Napoli nella realizzazione di un progetto tabellare per la prima volta organico e completo, condivide la filosofia di fondo sottesa alla predisposizione di un programma di smaltimento nel settore civile, rappresentato dall'azzeramento dell'arretrato in un lasso di tempo ragionevole e prestabilito, possibilmente fruendo di modelli organizzativi già efficacemente adottati in altre sedi giudiziarie, pure di rilevanti dimensioni. Occorre però tenere in considerazione la circostanza che (…) la ristrettezza dei tempi a disposizione e, soprattutto, l'impossibilità di considerare scontata l'approvazione del nuovo assetto organizzativo per il settore civile, non hanno consentito al presidente del tribunale di modulare il programma di smaltimento in ragione della conoscenza di dati aggiornati». Il resto del piano-Alemi (integrato da osservazioni di magistrati e avvocati), invece, ottiene l'approvazione con tanto di plauso: «La carenza dal 2001 di un progetto organizzativo, che tenga conto delle reali esigenze di un ufficio di vaste dimensioni e con enorme carico di lavoro, ha richiesto uno sforzo organizzativo di non poco momento. E in tale contesto il presidente ha istruito, facendo ricorso a tutti i mezzi possibili, la pratica inerente l'organizzazione dell'ufficio ed ha trovato risposte a tutte le carenze». Via libera dunque al nuovo tribunale. Che conta su 348 giudici (un presidente, 36 presidenti di sezione e 311 magistrati) e nove grandi aree tematiche nel settore civile (famiglia, esecuzione, procedure concorsuali, locazioni, commerciale, proprietà, responsabilità professionale, contenzioso con la pubblica amministrazione e contratti). Interventi sono previsti anche nei settori di «maggior sofferenza» del penale, cioè ufficio gip e Riesame: nel primo caso era stato proposto l'aumento (o, quantomeno, il mantenimento della copertura) dell'organico, nel secondo la soppressione di una sezione per poter assegnare un giudice in più a tutte le altre. E il modello Torino? «Il programma di smaltimento degli arretrati dovrà essere riproposto per il progetto di organizzazione relativo al triennio 2009/2011 dopo l'analisi dei dati statistici», è scritto nella delibera della settima commissione (presidente Celestina Tinelli). Forse sarà la volta buona. O forse no. Ché, per un magistrato che lo auspica, ce ne sono dieci che non lo vogliono. E citano le statistiche tanto care al Csm, come fa il presidente della giunta napoletana dell'Anm Tullio Morello: «Dati alla mano, la produttività di giudici napoletani non è seconda a nessuno, neppure a Torino». Chissà che ne dicono Carlo Alemi e Mario Barbuto. Gianluca Abate g.abate@corrieredelmezzogiorno.it Palazzo di giustizia Un convegno di giudici nel tribunale di Napoli

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IN OCCASIONE del convegno nazionale organizzato dal Centro Studi di Diritto del L... (sezione: Giustizia)

( da "Resto del Carlino, Il (Ascoli)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

ASCOLI pag. 5 IN OCCASIONE del convegno nazionale organizzato dal Centro Studi di Diritto del L... IN OCCASIONE del convegno nazionale organizzato dal Centro Studi di Diritto del Lavoro «Domenico Napoletano», in programma al Palazzo dei Capitani, è previsto l'arrivo ad Ascoli del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Maurizio Sacconi. Stamattina, infatti, partiranno i lavori legati al convegno: «Competitività, flessibilità del mercato del lavoro e diritti fondamentali dei lavoratori». Saranno due giorni dedicati al mercato del lavoro e alla tutela dei diritti dei suoi protagonisti con relatori d'eccezione. Oggi pomeriggio, per esempio, intorno alle 15 è previsto l'intervento del presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante. A lui si aggiungeranno ospiti di alto profilo nel campo universitario, della giustizia e dell'avvocatura. L'iniziativa terminerà sabato alle 13 con un dibattito finale tra tutti i presenti. Il convegno si inserisce in una serie di eventi congressuali realizzati ad Ascoli grazie al sostegno della Fondazione Carisap che porta avanti un progetto di più ampio respiro che vuole dare impulso al turismo congressuale tra le Cento Torri.

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ricorso per la farmacia contesa (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Venezia, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Spartizione dei beni finita davanti alla Consulta. E la battaglia giudiziaria continua Ricorso per la farmacia contesa Dopo l'Ames, Ca' Farsetti in giudizio contro il Cavallino VENEZIA. Venezia e il Cavallino adesso "duellano" anche sulla farmacia comunale della neonata amministrazione del litorale, che ha recentemente ottenuto un punto a suo favore nel contenzioso infinito sulla spartizione dei beni di fronte alla Corte Costituzionale. La Consulta ha infatti respinto il ricorso presentato dai legali di Ca' Farsetti sulla presunta illegittimità del criterio sulla divisione del patrimonio dopo la separazione sancita dal referendum del 1998. L'iter seguito dalla Regione - cioè la delega alla Provincia per fissare i criteri della divisione - è stato dichiarato valido. Significa che secondo le richieste avanzate dal nuovo Comune - e i criteri abbozzati dalla Provincia - al litorale toccherebbe quasi il 7 per cento del valore dell'intero patrimonio del Comune di Venezia, circa 40-50 milioni di euro. Senza contare gli introiti del Casinò e le partecipazioni societarie.. Anche la farmacia comunale diventa perciò un bene da contendere. Si è già mossa l'Ames, l'azienda controllata da Ca' Farsetti che gestisce le farmacia comunali sul territorio rivendicando in giudizio la proprietà e il controllo del bene. Ora la segue a ruota il Comune che ha promosso un'azione legale contro l'Amministrazione del Cavallino, ma anche la Provincia e l'Ulls 12, anch'essi soggetti coinvolti nella vicenda, rivendicando la titolarità della farmacia, che potrebbe altrimenti essere considerata tra i beni da spartire a favore del nuovo Comune del litorale. E', in pratica, una vertenza nella vertenza. La strada per arrivare all'esborso da parte di Ca' Farsetti nei confronti del nuovo Comune è comunque ancora lunga. Adesso dovrà essere di nuovo il Tar a decidere, perché tolta di mezzo l'eccezione di incostituzionalità, il Tribunale amministrativo regionale dovrà decidere nel merito. Ma l'accordo tecnico sul «quanto» non potranno certo farlo i giudici. Per questo i due Comuni dovranno comunque rimettersi intorno a un tavolo e trovare un accordo se si vorranno evitare nuovi ricorsi e tempi infiniti. Il calcolo non è semplice. Oltre al patrimonio ci sono le azioni nelle società di proprietà comunale, i trasporti, i servizi. Qualche anno fa la Provincia, su delega della Regione, aveva quantificato nel 6,82 per cento la percentuale di patrimonio spettante al litorale sul totale dei beni del Comune di Venezia. Il Comune aveva fatto ricorso al Tar, anche per contestare le modalità con cui si era andati al voto nel referendum (votarono soltanto i residenti nel litorale). Ma il procedimento era stato sospeso in attesa della pronuncia della Consulta. Adesso, dopo la sentenza, tutto torna in discussione. (e.t.)

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Tutti i proclami di Tonino, finto fustigatore (sezione: Giustizia)

( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

n. 68 del 2009-03-20 pagina 13 I diktat di Tonino che Tonino non rispetta di Filippo Facci Di Pietro, tutti i proclami traditi del finto fustigatore della Casta Le false promesse del leader Idv: no ai candidati indagati, rispetto dei giudici, stop ai privilegi Però ha piazzato la famiglia nel partito e ha promosso un ex pm scaricato dalla magistratura Luigi De Magistris è quello che è: ma Di Pietro? Il problema è sempre lui, chi la candidatura l?ha proposta: un omone che ha sullo stomaco il pelo di King Kong ed è pronto a cavalcare qualsiasi piagnonismo che possa nascere da una disperazione vera o presunta. L?altro ieri l?omone era nelle Marche già in campagna elettorale (lo è sempre) e si accompagnava a quel pover uomo di un Salvatore Borsellino, secondo il quale a De Magistris «hanno fatto peggio che a mio fratello» mentre la Seconda Repubblica «è nata sulle stragi del ?93 e su accordi occulti». Alle scorse politiche, per dire, incassato un primo no attendista di Luigi De Magistris, Di Pietro aveva ripiegato su una delle madri di Rignano Flaminio, un?arroventata accusatrice stagliatasi in quel tripudio forcaiolo di linciaggi, facilonerie investigative, intercettazioni, fiaccolate, comitati e psicologi da talk show: e chi se ne frega se financo la Cassazione aveva spiegato che contro le maestre non c?erano neppure indizi: quelli, appunto, non c?erano neppure per le indagini di De Magistris. Poi ci sarebbe da interrogarsi anche su altri candidati, dalla visionaria Sonia Alfano al collega Carlo Vulpio, l?unico giornalista della storia italiana ad aver lamentato censure e vessazioni padronali senza esser stato però mai difeso dal cdr del Corriere, che nel caso difenderebbe anche Josef Fritzl. Detto questo, e posto che il partito di Antonio Di Pietro dice fondarsi su valori e moralità, vediamo che cosa ne è rimasto. 1) Di Pietro diceva che non avrebbe mai candidato inquisiti pur modulandosi secondo circostanza: no agli inquisiti, anzi, no ai rinviati a giudizio, anzi, solo ai condannati, ma no, anche gli inquisiti, eccetera. Luigi De Magistris è inquisito, punto: Di Pietro lo sapeva benissimo e ha annunciato con anticipo la sua candidatura per far paventare come una conseguenza ciò che pure era dovuto e inevitabile. Che Di Pietro potesse non sapere è impensabile: si parla dell?uomo che a partire dal 29 luglio 2007 risultava già informato che il provveditore Mario Mautone, uomo suo, sarebbe finito nei guai un anno dopo a Napoli. Va detto che di inquisiti, ormai, nell?Italia dei valori ce n?è più d?uno: a cominciare dal figliolo, Cristiano, che pure continua a prendere uno stipendio per niente morale, più gli altri. 2) Di Pietro diceva, per bene che andasse, che i condannati anche in primo grado dovevano lasciare il Parlamento, figurarsi quella passati in giudicato: in qualsiasi caso non ci avrebbe mai avuto a che fare. Ecco perché deve ancora spiegarci come mai, per il senatore della Margherita Enzo Carra, condannato oltretutto grazie a lui, abbia fatto eccezione. Di passaggio, ora che per le amministrative si è alleato con le liste di Grillo, potrà anche spiegare se le condanne inflitte al comico (diffamazione e omicidio colposo plurimo) siano compatibili col suo slancio etico. 3) Di Pietro diceva che un politico non deve candidarsi per più di due mandati: lo si legge al punto 7 del suo programma, seconda riga: «Limitazione dell?elezione a parlamentare per massimo due legislature». Perfetto: Di Pietro ne ha già accumulati personalmente cinque, di mandati. A meno che per mandati intendesse legislature intere di cinque 5 anni: ma non cambia niente, perché lui in politica dal 1997, e fanno 12 anni. A proposito, e Leoluca Orlando? E il raffinato intellettuale Pino Pisicchio? 4) Di Pietro diceva e ha detto, in ogni circostanza, che occorre rispettare sempre e comunque le decisioni della magistratura: però è stata proprio la magistratura in tutti i gradi possibili ad aver disconosciuto tecnicamente oltreché deontologicamente l?operato del suo candidato De Magistris: Csm, Cassazione, gip, gup, procuratori aggiunti, procuratori capi, giudici, Associazione magistrati, anche un certo capo dello Stato. Questo a ogni livello. Senza contare che l?inchiesta più pompata di tutte, la demenziale «Why not», quella dei contatti dell?imprenditore Saladino, annovera tra i famigerati contatti anche quelli con un certo Di Pietro più altri due esponenti dell?Italia dei valori. I due si videro e frequentarono. Che ha da dire De Magistris? 5) Di Pietro dice cose terribili contro la Casta e i suoi privilegi, ma vediamo lui: ha cooptato la famiglia in politica, ha il figlio indagato, la moglie in tesoreria e il cognato in Parlamento. Ricordiamo che il partito appartiene a lui per statuto (anche i finanziamenti pubblici) laddove si prevede che lui, presidente, non possa decadere mai come neppure Chavez in Venezuela. Poi: lui, ex poliziotto e dipendente comunale e ministeriale, è andato in pensione dopo 13 anni scarsi da magistrato e ora denota un carnet previdenziale che lo farà titolare della somma o dell?incrocio di tre pensioni. Tanti che continuano a macerarsi sul perché Di Pietro decise di dimettersi proprio nel dicembre 1994 (in realtà, formalmente, maggio 1995) seguitano a ignorare che il 14 ottobre precedente, dopo averla celermente chiesta, aveva ottenuto la nomina a magistrato d?Appello che gli permise di elevare la soglia di pensione minima. Poi c?è stata la pensione da europarlamentare, giacché si fece eleggere una seconda volta, e ora attende la terza, così che l?europensione non languisse. In definitiva: a partire dai finanziamenti pubblici, definiti «porcata» e tuttavia incassati personalmente anche nel 2001 quando pure non fu eletto, resta da conoscere anche solo un privilegio a cui Di Pietro abbia rinunciato. 6) Perché, serve altro? © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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De Magistris-Di Pietro: incroci pericolosi (sezione: Giustizia)

( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)

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n. 68 del 2009-03-20 pagina 13 Quegli incroci pericolosi tra Luigi e Tonino di Gian Marco Chiocci Massimo Malpica Incroci pericolosi sul filo del conflitto d'interessi. A percorrerli l'ex pm più famoso d'Italia, Antonio Di Pietro, e l'ex pm più discusso del momento, Luigi De Magistris. Le loro rotte si sono già sfiorate in passato, più volte, ben prima dell'ultimo idillio elettorale. Il «matrimonio» politico stava per celebrarsi nel febbraio 2008, e fu proprio De Magistris a render pubblico l'abbocco: «Di Pietro mi ha chiesto se volessi candidarmi in Parlamento. Gli ho risposto di no, dicendogli che voglio continuare a fare il magistrato». Nel giro di un anno ha cambiato idea. Estromesso dalla sua procura, privato della «sua» inchiesta, è finito al Tribunale del riesame di Napoli. Dove la strada s'è incrociata di nuovo con il leader Idv. Tonino ha infatti visto il figlio e molti notabili del suo partito coinvolti in un filone di quella stessa Appaltopoli partenopea che ha riportato in prima pagina proprio De Magistris, relatore della decisione del Riesame che confermava il carcere per Alfredo Romeo e lanciava pesanti accuse a Francesco Rutelli. Su questo «conflitto d'interessi» il Codacons ha impugnato al Tar il via libera del Csm alla candidatura di De Magistris: «Prima di dare l'ok alla candidatura avrebbe dovuto accertare» che la scelta di scendere in politica «non sia stata presa quando il magistrato decideva sulla vicenda Romeo, nella quale risulta implicato anche il figlio di Antonio Di Pietro». Il tutto, proprio per evitare sospetti e dietrologie. Ma il «conflitto d'interessi», però, non riguarda solamente i rapporti tra i due ex pm ma passa anche per il tramite di Antonio Saladino, indagato principe dell'inchiesta Why not. Mentre era sotto la lente dell'inquirente De Magistris, Saladino si incontrava più volte con Di Pietro. Il quale, dopo aver affermato che dell'indagato non ricordava «né il nome né il volto né chi sia», di fronte alle precisazioni dello stesso Saladino con riferimento a tre faccia a faccia, ammise gli incontri. Scoprendosi garantista: «Non so se Saladino abbia commesso qualcosa di penalmente rilevante e mi auguro che non sia così - disse Di Pietro - i miei rapporti con lui non sono stati né opachi né illeciti. Solo incontri elettorali, senza alcun altro fine». Saladino da un lato ricambiò il favore, raccontando al Riformista di aver fatto addirittura fatto saltare un appuntamento perché, avendo ricevuto un avviso di garanzia, non riteneva opportuno incontrarlo «per non creargli imbarazzo». A sollecitare l'incontro, per Di Pietro, fu un certo Angelino Arminio, la stessa persona indicata da Nicola Mancino quale suo collaboratore, autore di una telefonata a Saladino considerata «sospetta» da De Magistris. E ancora. Successivamente Saladino ha spiegato che degli incontri finalizzati ad accordi elettorali con Tonino vi era «ovviamente ampio riscontro nelle conversazioni telefoniche intercettate». Telefonate che, però, non si trovano negli atti depositati, e che hanno evitato a Di Pietro processi mediatici puntualmente devastanti per chiunque si fosse solo avvicinato a Saladino. Gli esempi si sprecano. Tra i tanti, quello dell'ex presidente dell'Anm Antonio Luerti, costretto alle dimissioni per aver incontrato accidentalmente, negli uffici del ministro in via Arenula, l'indagato che era in visita al Guardasigilli. Anche delle pagine delle agende sequestrate a Saladino da De Magistris, sulle quali - secondo il periodico Tempi - vi sarebbero stati appuntati gli incontri con Di Pietro, non s'è più saputo niente. Appena 4 mesi fa, infine, Di Pietro annunciò in pompa magna il divieto di candidarsi nell'Idv per chiunque fosse indagato. Ora che il suo nuovo «pupillo» De Magistris è sotto inchiesta a Roma, Tonino è di fronte a un dilemma. Escluderlo, oppure fare uno strappo alla regola. Come ha fatto per se stesso quando era finito lui indagato per le frasi su Giorgio Napolitano e la mafia. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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<Noi ragazzi di Calabria, usati e traditi> (sezione: Giustizia)

( da "Giornale.it, Il" del 20-03-2009)

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n. 68 del 2009-03-20 pagina 12 «Noi ragazzi di Calabria, usati e traditi» di Francesco Cramer RomaAldo, di professione studente e leader del movimento anti 'ndrangheta Ammazzateci tutti, di cognome fa Pecora ma a De Magistris fa un «in bocca al lupo». Con un però. Il vostro idolo s'è candidato con Di Pietro: vi siete parlati? «Gli ho mandato un sms, "Buona fortuna... ". Mi ha appena risposto: "Grazie!". Tutto qui». Deluso? «Un po'. Avrei preferito una telefonata prima della sua discesa in campo. Saperlo così, dai giornali... Ci sentiamo un po' traditi». L'ultima volta che vi siete sentiti? «Prima della manifestazione di piazza Farnese a Roma. Gli dissi: "Quando ti difendevamo noi davanti al Csm non c'erano né Grillo né Di Pietro"». Ora è pure candidato: contenti? «Mica tanto. Di Pietro, poi, è uno che i movimenti li smantella, li annienta». E come? «Ha fatto così pure con i girotondi. Pesca da lì per costruire il suo consenso». Vuole sfruttare la popolarità di De Magistris? «Certo, lo strumentalizza. Anche se potrebbe essersi portato in casa un cavallo di Troia». Se l'aspettava la candidatura? «Era nell'aria. D'altronde già alle politiche Di Pietro faceva la corte al pm ma poi arrivò il veto di Veltroni». Tonino ha corteggiato pure lei? «Sì ma risposi che in Calabria nell'Idv sono passate persone con cui non volevo avere a che fare». Tipo? «Franco La Rupa, indagato per mafia o Maurizio Feraudo, imputato per truffa e falso». E lui? «Disse: "Io, e non l'Idv, voglio fare qualcosa con te"». Ma lei non abboccò. «No, come rifiutai i corteggiamenti di Veltroni». Pure? «Mi offrì un seggio alla Camera: manco sapeva che non avevo neppure 25 anni. Declinai». Torniamo a De Magistris: perché ha accettato la candidatura? Ambizioni personali? «Temo di sì. Per noi resta una vittima». A cui piacciono i riflettori. «Sì. Di certo più del suo collega Salvatore Boemi: integerrimo ex procuratore aggiunto di Reggio Calabria, altra vittima che però ha sempre rifuggito la ribalta mediatica». Ora De Magistris è meno credibile? «Sono meno credibili le sue battaglie: che restano sacrosante nonostante i metodi, più o meno discutibili». Adesso che farete? «Continueremo la nostra battaglia contro tutte le mafie, con o senza De Magistris». Ha ragione il pg di Torino Maddalena: «I giudici non si candidino perché danneggiano l'immagine della magistratura»? «Ha ragione Montesquieu: separazione dei poteri. E ha ragione pure Mancino: chi sceglie la politica lasci la toga per sempre. Anche se... ». Anche se? «Viene da dire "da che pulpito"». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Governatori schierati contro la nuova governance (sezione: Giustizia)

( da "Sole 24 Ore, Il (Sanità)" del 20-03-2009)

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Indietro 20 marzo 2009 Governatori schierati contro la nuova governance di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore) «Giù le mani dai nostri poteri ». Mentre il federalismo fiscale va avanti a Montecitorio raccogliendo sempre meno critiche anche dalle Regioni, sempre dalla Camera è arrivato ieri un secco altolà dei governatori contro qualsiasi tentativo di invadenza parlamentare nelle prerogative locali. E proprio sul capitolo più scottante del bislacco federalismo attuale, che col fisco federale diventerà ancora di più la partita di tutte le partite: la sanità. Nel mirino delle Regioni è finito il testo elaborato in comitato ristretto alla Camera sulla «governance sanitaria»: dalle nuove regole anti-lottizzazione sulla scelta dei manager a quelle sui primari, dal cosiddetto «governo clinico» del Ssn alla libera professione dei medici fino all'età pensionabile degli stessi medici d'Italia, in particolare quelli non universitari meno protetti dei loro colleghi universitari che godono storicamente degli scudi protettivi baronali. Il parere dei governatori è stato lapidario: «La proposta di testo unificato presenta caratteri di incostituzionalità». Una stroncatura in piena regola. Perché la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, come ha più volte ribadito in questi anni la Corte costituzionale, non ammette ingerenze nei poteri di cui le Regioni dispongono e che intendono difendere a denti stretti e senza deroga alcuna. Con le regole attuali, e sicuramente ancora di più con quelle che deriveranno dalla riforma del federalismo fiscale in arrivo. Su programmazione, organizzazione e gestione dei servizi nella Sanità pubblica, dicono in sostanza i governatori, le Regioni hanno più o meno carta bianca. E quel testo che la Camera sta mettendo a punto ? come già accaduto quando ci provò l'ex ministro Livia Turco ? è tutto sbagliato, e tutto da rifare. «Siamo ampiamente disponibili al confronto», hanno diplomaticamente affermato ieri le Regioni nell'audizione in commissione Affari sociali della Camera.Anche se nell'incontro a porte chiuse svoltosi in mattinata in preparazione dell'audizione,non sono mancate pesanti accuse contro una proposta di riforma considerata un vero e proprio blitz. Proposte «dirompenti» ed «eversive» rispetto al dettato costituzionale, quelle allo studio del Parlamento, è stato il giudizio finale. Che nella forma ha rinviato qualsiasi commento di merito alla posizione vecchia di due anni ? e che si continua a mantenere inalterata ? già formulata al Ddl del Governo allora guidato da Romano Prodi. Niente sconti allora, niente sconti adesso, è la sostanza del ragionamento. Non senza far rilevare che nel frattempo deve esserci stato qualche corto circuito istituzionale, visto che una volta al mese la cosiddetta "commissione salute" delle Regioni si incontra col Governo. E in quelle occasioni di riforma della «governance sanitaria» mai s'è discusso. Al Parlamento resta così l'amaro in bocca. Ora si cercherà di trattare, di ricucire, di trovare un'intesa. A farcela. Anche perché se il Governo non scucirà i fondi in più per il Ssn ? almeno 7 miliardi dal 2010, chiedono i governatori ? le Regioni resteranno sull'Aventino. E anche la «governance » può attendere. Indietro

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Indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti pensionistici (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 20-03-2009)

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Indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti pensionistici Corte dei Conti , sez. Riunite, sentenza 26.02.2009 n° 1 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi La vicenda che ha dato luogo alla pronuncia delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, nuovamente intervenuta per dirimere un contrasto di giurisprudenza tra le Sezioni centrali di appello e la Sezione siciliana di appello, è la nota questione della spettanza o meno della integrativa speciale in misura intera su due o più trattamenti pensionistici, risolta nel senso che per il periodo antecedente al 1° gennaio 1995 resta fermo il divieto di cumulo sancito dall?art. 99 del d.p.r. 29 dicembre 1973, n. 1092. Essa è descritta molto bene nella parte motiva della pronuncia, nella quale è riassunto il travaglio giurisprudenziale. La Corte costituzionale, che è stata da ultimo investita della questione di legittimità costituzionale della permanenza del divieto di cumulo, ha restituito (con ord. n. 119/2008) gli atti ai giudici a quibus, in relazione alla abrogazione dell'art. 15, comma 5, della legge 724/1994, effettuata dal comma 776 dell'art. 1, Legge n. 296/2006, ritenendo che non sia più applicabile la norma in questione anche ai rapporti in corso. La norma di cui al comma 5 dell'art. 15 cit. prevedeva il mantenimento della indennità integrativa speciale come assegno accessorio al trattamento pensionistico per le pensioni liquidate sino al 31 dicembre 1994. Si è parlato, al riguardo, di una ? clausola di salvaguardia? ,senz'altro più favorevole del c.d. conglobamento della indennità integrativa speciale (dal 1° gennaio 1995), che significa includere nella base pensionabile - in una certa percentuale e, quindi, non al 100% - l?indennità in questione. L'equivoco di fondo, nel quale sembra essere rimasta intrappolata la stessa Corte costituzionale, sta nel fatto di non essersi accorti che la abrogazione ha effetto a partire dal 1° gennaio 2007. Quid iuris per i rapporti in corso? Si applica la norma abrogata, a nostro avviso, in quanto la legge n. 296 non dispone che per l?avvenire (dal 1° gennaio 2007) a meno di non voler ritenere applicabile lo jus superveniens di cui al comma 776 ai rapporti in corso (rectius, che erano in corso al 31 dicembre 1994). Sul problema in generale degli effetti dello jus superveniens sui rapporti di durata vi sono sentenze della Sezione Lavoro della Cassazione civile, che, però, subordina l'applicabilità dello jus superveniens a determinate condizioni, le quali possono così riassumersi: la legge nuova può applicarsi ad effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, quando essa sia diretta a disciplinare tali effetti, con autonoma considerazione dei medesimi, indipendentemente dalla loro correlazione con l?atto o fatto giuridico che li abbia creati. In definitiva, quindi, la legge nuova non deve contenere alcun riferimento al fatto generatore degli effetti (cfr. Cass. civ., Sez. Lav., n. 4221/2000). Lo jus superveniens di cui stiamo parlando è il venir meno, nel nostro caso, della ?clausola di salvaguardia? della i.i.s. come assegno accessorio. Ma, si osserva, nel caso di applicabilità dello jus superveniens, sembra legittimo sostenere che, una volta abrogata la " clausola di salvaguardia " di cui al comma 5 dell'art. 15 l. 724/1994 cit- - si estenda ai rapporti pensionistici (non importa se di reversibilità o diretti) in corso al 31 dicembre 2004 - la norma "a regime" (comma 3 dell?art. 15 l. n. 724/1994) e, cioè, il conglobamento della indennità integrativa speciale nella base pensionabile. Sviluppando ancora il nostro discorso, sulla linea del conglobamento, ciò significa dire che per tutti i rapporti pensionistici ( ante e post 1° gennaio 1995 ) l'INPDAP dovrebbe procedere a riliquidare le pensioni, rideterminandole con il meccanismo della inclusione della i.i.s. (in percentuale) nella base pensionabile, con effetti diversi a seconda della titolarità di uno o di più trattamenti pensionistici. Ed invero, da tale rideterminazione: ci perdono i titolari di un solo trattamento pensionistico (il comma 776 riguarda infatti tutti i titolari di trattamenti pensionistici, e non solo i titolari di due o più pensioni), perchè viene meno la disciplina più favorevole dell'i.i.s. (in misura intera e non in percentuale); ci guadagnano i titolari di due o più pensioni ante 1° gennaio 1995 (se si ritiene, come le SS.RR. fanno, che fino al 1° gennaio 1995 esiste il divieto di cumulo di due o più indennità integrative speciali). Purtroppo, di tutto questo, non vi è traccia nella motivazione della pronuncia delle sezioni Riunite, che in più di un punto appare incomprensibile. (Altalex, 20 marzo 2009. Nota di Vittorio Raeli) Corte dei Conti Sezioni Riunite Sentenza 26 febbraio 2009, n. 1 **** FATTO Con la sentenza n. 616/04 del 30.12.2004 la Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte ha accolto parzialmente il ricorso del Sig C.M, titolare di due trattamenti pensionistici pubblici, diretto dall?aprile 1994 e di reversibilità dal febbraio 2002, a seguito della morte della moglie, titolare di pensione diretta dal giugno 1984, riconoscendogli il diritto alla percezione della indennità integrativa speciale anche sul secondo trattamento, limitatamente alla misura necessaria per l?integrazione all?importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, in dichiarata applicazione del principio di massima enunciato nella sentenza di queste SS.RR. n. 14/QM dell?11.7.2003. Avverso tale sentenza ha proposto appello l?interessato, insistendo per il riconoscimento del diritto alla corresponsione della i.i.s in misura intera anche sul secondo trattamento di pensione, sulla base delle considerazioni, tratte dalla giurisprudenza di questa Corte (segnatamente della Sez Giur. Toscana), secondo cui, pur dopo la sentenza n. 14/QM/ dell?11.6.2003 delle SS.RR., va affermato il diritto del titolare di più pensioni al cumulo in misura intera delle indennità integrative speciali che accedono alle medesime, ?considerato che con la sentenza n. 204 del 1992 è stato espunto dall?ordinamento l?art. 17 comma 1 della L. n. 843 del 1978 non soltanto nel suo testo originario(divieto di cumulo dell?IIS, ma salvezza del c.d. minimo INPS nell?ipotesi di pensionato che presta opera retribuita alle dipendenze di terzi) ma anche nel testo integrato dalla Corte costituzionale a seguito della precedente sentenza additiva n. 172 del 1991 (divieto di cumulo dell?IIS con salvezza del cd minimo INPS anche nell?ipotesi del titolare di più pensioni), con conseguente lettura ablatoria della sentenza costituzionale n. 494 del 1993, stante l?impossibilità giuridica- in sede di esame costituzionale dell?art. 99 comma 2 t.u. 1092 del 1973- di richiamare il parametro del c.d. Minimo INPS, contenuto in norma ormai inesistente? (sentenza n. 731 del 6.10.2003). L?INDAP, con memoria di costituzione depositata il 16.11.2007, ha, a sua volta, osservato che proprio dalla lettura dei dispositivi di tali due ultime sentenze (172/1991 e 494/1993) ed alla luce della successiva sentenza n. 376/1994 della stessa Corte costituzionale, si ricava che il Giudice delle leggi ha dichiarato la illegittimità delle norme relative al c.d. divieto di cumulo di più trattamenti di i.i.s., nella parte in cui le stesse non hanno previsto un importo minimo al di sotto del quale deve ritenersi ammissibile: ne deriva, secondo l?INPDAP, che ?la restante fondamentale parte (che è il ?divieto di cumulo?) deve ritenersi costituzionale e, quindi, il divieto, al di sopra di quel limite, deve essere normalmente applicato?. Ed il mancato intervento del legislatore per colmare il ?buco?, ha indotto la stessa Corte costituzionale, con sentenze additive, ad individuare tale minimo nel trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensione lavoratori dipendenti dallo stesso legislatore (art. 17, comma 1°, L. n. 843/1978). La Sezione prima giurisdizionale d?appello, presso la quale è incardinato il gravame, con l?ordinanza n. 73/2008/Q, ripercorre la evoluzione della giurisprudenza costituzionale in materia, menzionando le sentenze n. 172/1991, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell?art. 17, comma 1°, l. n. 843/1978 (nella parte in cui non prevedeva che nei confronti di titolari di due pensioni, pur restando vietato il cumulo di i.i.s., si dovesse far salvo il minimo INPS); n. 204/1992, dichiarativa della illegittimità costituzionale della medesima norma là dove non prevedeva il divieto di cumulo della i.i.s con la retribuzione in costanza di lavoro alle dipendenze di terzi, nonché dell?art. 15 d.l. n. 663 del 1979, convertito nella l. n. 33 del 1980, limitatamente agli incrementi della i.i.s. accertati dal 1.gennaio 1979, non risultando determinata la misura della retribuzione oltre la quale rilevavano la esclusione od il congelamento della stessa i.i.s.; la sentenza n. 494/1993, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell?art. 99, comma 2°, del d.P.R. n. 1092/1973, il quale stabiliva che ?al titolare di più pensioni o assegni l?indennità integrativa speciale compete a un solo titolo?, nella parte in cui non prevedeva che, fermo il divieto di cumulo, dovesse farsi salvo l?importo pari al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti; e l?ordinanza n. 438/1998, secondo cui il divieto di cumulo deve ritenersi venuto meno in forza delle sentenze n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992, rispettivamente per la i.i.s. e la tredicesima mensilità, mancando la fissazione del limite al di sotto del quale il divieto poteva essere operante. Ricordato che, per effetto dell?art. 15, comma 3°, della l. 23.12.1994 n. 724, dal 1° gennaio 1995, anche la i.i.s., assoggettata a contribuzione, rientrava nella base pensionabile, e che, per il successivo comma 5° dello stesso art. 15 (in seguito abrogato con l?art. 776 della l. n.296/2006), le norme sulla i.i.s si sarebbero dovute applicare limitatamente alle pensioni liquidate fino al 31.12.1994 ed alle pensioni di reversibilità ad esse relative, cita poi la sentenza n. 516 e l?ordinanza n. 517 del novembre 2000, nelle quali la Corte costituzionale si è nuovamente pronunciata in tema di i.i.s. In tali pronunce, puntualizza il Giudice rimettente, ?il Giudice delle leggi ha ribadito:1) che un divieto generalizzato di cumulo di indennità di contingenza (o equivalenti) sia legittimo dal punto di vista costituzionale quando, in presenza di diversi trattamenti di servizio o di pensione, non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore pensionato e della sua famiglia o del pensionato con pluralità di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere escluso;2) che spetta al legislatore la scelta tra diverse soluzioni, con possibilità di distinguere la disciplina del cumulo anche con ragionevoli differenziazioni temporali collegate alla diversa natura e funzione della anzidetta indennità e alla progressiva trasformazione- anche per effetto del conglobamento pensionistico- della incidenza del problema a partire dalla legge 23.12.1994, n. 724; 3) che la disposizione sul cumulo della indennità, contenuta nell?art. 2, comma settimo, della legge 27 maggio 1959, n,324 (sostituito dell?art.4 del d.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1081), è da ritenersi espunta dal sistema per abrogazione (ordinanza n. 438 del 1998), in base alla clausola abrogativa generale contenuta nell?art. 254 del t.u. 1092 del 1973, nonché a seguito della sostanziale trasfusione in altra norma (art. 99, secondo e quinto comma, dello stesso t.u.) contenente la disciplina completa riguardo all?anzidetto cumulo, dichiarata costituzionalmente illegittima con le sentenze n. 566 del 1989 e n. 493 del 1993; 4) che l?art. 130, ultimo comma, del d.P.R. n. 1092/1973 non ha un contenuto autonomo e presuppone l?esistenza di un divieto di cumulo valido ed operante e non può riguardare ormai l?indennità integrativa speciale, per cui non ha un legame attuale con il preteso divieto di cumulo della stessa indennità; 5) che un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere, sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra diverse soluzioni possibili?. Prosegue il Giudice rimettente che ?sulla scorta di tali pronunzie del Giudice delle leggi, le Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n.14/QM del 2003-in seguito confermata dalla sentenza n.2/QM del 2006- rilevarono come nelle ricordate decisioni la Corte costituzionale avesse ?tenuto ben distinta l?ipotesi di cumulo dell?indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione da quella della doppia pensione, emettendo nel primo caso sentenze di mero annullamento e, nel secondo caso, sentenze additive che hanno avuto l?effetto di estendere alle disposizioni recanti il divieto di cumulo della indennità integrativa speciale nei confronti del titolare di due pensioni il principio della salvaguardia del minimo INPS contenuto nell?art.17, 1° comma, della legge n.843 del 1978?. ?In definitiva, secondo le Sezioni Riunite, ?in ipotesi di fruizione di doppio trattamento di pensione non è consentito il cumulo della indennità integrativa speciale?e ?il titolare di due pensioni ha diritto a percepire la indennità integrativa speciale sulla seconda pensione soltanto nei limiti necessari per ottenere l?integrazione della pensione sino all?importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti(c.d. minimo INPS).? Soggiunge peraltro il Giudice rimettente che la maggioranza dei giudici di merito sono andati in diverso avviso risolvendo il problema del cumulo di i.i.s. su più trattamenti di pensioni nel senso di ritenere che il diritto a tale emolumento, a seguito del giudizio di incostituzionalità, avesse riguadagnato la sua integrale espansione. Riferisce quindi sull?ulteriore interpello della Corte costituzionale sulla questione di costituzionalità dell?art.99, comma 2, del d.P.R. n.1092 del 1973, per contrasto con gli artt 3 e 38 della Costituzione, effettuato con ordinanze varie ed esitato nella ordinanza n.89 del l?8.3.2005 di quest?ultima, nella quale il Giudice delle leggi ha ritenuto che la questione fosse manifestamente inammissibile non avendo i rimettenti espressamente affermato che nessuna altra interpretazione della norma censurata fosse possibile e tanto meno hanno esposto le ragioni di tale esclusione; precisando che anche l?ulteriore tentativo di sollecitare una pronuncia della Corte costituzionale sul problema del divieto di cumulo di i.i.s. su due pensioni, si è risolto con la restituzione degli atti per una nuova valutazione-con implicazioni sulla stessa ammissibilità - della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate alla luce della sopravvenuta legge n.296/2006, costituente ius superveniens rispetto al quadro normativo considerato nei giudizi a quibus. Ha, infatti, osservato il Giudice delle leggi nell?ordinanza n.119 del 2008 ?? che l?art.1, comma 776, di tale legge ha abrogato l?art.15, comma 5, della legge n.724 del 1994, mentre l?art. 1, comma 774 della medesima legge ha dettato una norma di interpretazione autentica relativa al computo dell?indennità integrativa speciale per le pensioni di reversibilità, applicabile indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta(si veda sul punto la recente sentenza n.74 del 2008); che la citata abrogazione dell?art.15, comma5, della legge n.724 del 1994 ha, di fatto, eliminato anche il riferimento alla perdurante applicabilità- quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e a quelle di reversibilità ad esse riferite- delle disposizioni relative alla corresponsione della indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall?art.2 della legge n.324 del 1959 e successive modificazioni. Stante siffatta pronuncia le tre Sezioni giurisdizionali centrali di appello, ripreso l?esame delle cause concernenti il tema in discussione, sono tutte pervenute a pronunce confermative della giurisprudenza formatasi con le precedenti sentenze di queste Sezioni riunite( nn.14/QM/2003 e 2/QM/2006), statuendo che, in applicazione dello art. 99, comma 2, del t.u. n. 1092/1972, ritenuto tuttora vigente per le pensioni liquidate fino al 31.12.1994, non spettasse la i.i.s per intera sulla seconda pensione percepita, con salvezza del trattamento minimo previsto per il Fondo pensione lavoratori dipendenti (Sezione I, sentenze nn. 236, 295/2008; Sezione II, sentenze nn. 252, 296, 332; Sezione III, sentenze nn.163,187,190,191, 216,217 e 238/2008). Opposto è invece l?orientamento espresso dalla Sezione d?appello della Regione Sicilia nelle sentenze nn.281, 309 e 313/2008, tutte successive all?ordinanza n119/2008, ritenuta irrilevante in quanto priva di efficacia interpretativa. Tale Sezione, riallacciandosi alla pronuncia contenuta nella sentenza n.516 del 2000, ha confermato che un divieto generalizzato di cumulo di indennità di contingenza (o equivalente) non possa ritenersi più vigente in presenza di diversi trattamenti di pensione, qualora non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo(o, altro sistema con indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore pensionato e della sua famiglia o del pensionato con pluralità di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto stesso debba essere necessariamente escluso. Soggiunge il Giudice rimettente che contrasto sussiste, in modo diffuso e variegato, anche tra le sezioni giurisdizionali territoriali, alcune ritenendo che, per le pensioni anteriori al 1995, spetti, sul secondo trattamento, solo l?integrazione al minimo INPS (Sezione Veneto, Sezione Umbria, Sezione Campania, Sezione Lombardia); altre l?intera i.i.s. (Sezione Toscana, Sezione Sardegna, Sezione Emilia Romagna, Sezione Lazio, Sezione Liguria, Sezione Friuli Venezia Giulia). Osserva il Giudice rimettente che la questione del cumulo con riferimento al titolare di due pensioni, entrambe decorrenti da data anteriore al 1995, appare di non facile soluzione, potendosi addurre più di una argomentazione a favore dell?una o dell?altra delle soluzioni prospettate e che la stessa giurisprudenza di questa Sezioni Riunite, in sede di questioni di massima, appare datata, a seguito della ordinanza n. 119/2008 della Corte costituzionale, che ha chiesto a questo Giudice contabile una nuova valutazione della questione di diritto alla luce dello ius superveniens costituito dalla normativa della legge n. 296/2006. E stante il delineato contrasto giurisprudenziale, il Giudice ?a quo? ritiene necessario il deferimento alle Sezioni riunite per una nuova pronuncia sulla questione di massima circa la perdurante applicabilità della disciplina della I.I.S. con riferimento al titolare di due pensioni,decorrenti entrambe da data anteriore al 1.1.1995, a seguito della entrata in vigore della legge 27.12.2006, n. 296. Con l?ordinanza n. 170/2008 del 23.12.2008, emessa nel giudizio sui ricorsi di B.V. e di L.S., il primo titolare di pensione privilegiata ordinaria, privata della indennità integrativa speciale dal 2.5.1966 al 3.12.1985- periodo durante il quale prestava opera retribuita alle dipendenze dello Stato- indennità poi ripristinata dal 4.12.1985, contestualmente alla non corresponsione di analoga indennità sulla pensione ordinaria di quiescenza, concessagli da quest?ultima data; la seconda titolare di pensione privilegiata di reversibilità 1^ categoria dal 19.2.2002(da diretta del 1971), con indennità integrativa riconosciuta nel solo importo differenziale necessario per integrare il minimo INPS in quanto titolare di pensione ordinaria diretta amministrata dall?INPDAP e sulla quale veniva corrisposta l?i.i.s intera, la Sezione Toscana, in composizione monocratica, - e che aveva rimesso con l?ordinanza n.58 del 30.3.2006 la questione di legittimità costituzionale- sollevata dal difensore- dell?art.92,comma 2°, del d.P.R. n.1092/1973, esitata nella citata ordinanza della Corte costituzionale n.119 del 24.4.2008, e che, frattanto, con la sentenza n.350 del 19.5.2008 su altro giudizio, sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale, aveva statuito che, a seguito del mutato quadro normativo determinato dalla sopravvenuta normativa indicata dalla Corte costituzionale, a decorrere dal 1° gennaio 1995 non era più applicabile il divieto di cumulo - ritiene utile procedere a sua volta al deferimento della stessa questione sollevata dalla Sezione prima di appello, in relazione ai giudizi suindicati, per meglio precisare la sua posizione, in quanto diversificata, in una prima fase, nella motivazione, da quella della Sezione siciliana d?appello ed, in una seconda fase(successiva alla ordinanza n.58/2006 di remissione alla Corte costituzionale) differenziata rispetto alla posizione della stessa Sezione siciliana e di altre Sezioni regionali in quanto pervenuta a conclusioni limitative della decorrenza del cumulo dell?i.i.s. in misura intera su plurime pensioni. Precisa la Sezione Toscana che, nel sottoporre a critica la pronunzia delle SS.RR. 14/QM/2003, che aveva ritenuto tuttora vigente il divieto di cumulo su plurime pensioni con salvezza del minimo INPS, essa aveva ritenuto che le sentenze n.494/1993 e n.376/1994 della Corte costituzionale, benché avessero un dispositivo tipico di una sentenza additiva, nella motivazione esponevano principi già formulati nella sentenza n.566/1989(indubbiamente ablatoria), dichiarativa della illegittimità costituzionale dell?art.99, comma 5°, del t.u. n.1092/1973 sotto lo stesso profilo della violazione dell?art.36 Cost. e che la successiva sentenza n. 516/2000, certamente ablatoria, offrisse la giusta chiave di lettura delle sentenze n. 376/1994 e n. 494/1993 (riguardante legge statale) quali sentenze anch?esse ablatorie; e, d?altra parte, appare significativo che il Giudice delle leggi, nel pronunziare la illegittimità costituzionale, con effetto ablatorio, della disposizione di cui alla tab.O, lett.B), 3°comma, della L.R. siciliana n. 45/1981 relativa al divieto di cumulo dell?i.i.s. su plurime pensioni, non abbia esteso la stessa pronunzia, ex art. 27 della legge cost. n.1/1953, all?analoga disposizione dell?art. 99, comma 2°, del T.U. n. 1092/1973, se considerata tuttora esistente. Il successivo suo orientamento espresso nella ordinanza n.58 del 30.3.2006 di rimessione alla Corte costituzionale, derivava dalla sentenza delle SS.RR. n. 2/QM/2006, che aveva confermato il divieto di cumulo su plurime pensioni. Passando all?esame della ordinanza n. 119/2008 della Corte costituzionale, che ha restituito gli atti ai giudici rimettenti per una nuova valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate alla luce dello ? jus superveniens?, la Sezione Toscana osserva che tale dispositivo sottintende il convincimento che il segnalato jus supervniens abbia una valenza tale da rimuovere la prospettata situazione di illegittimità costituzionale, talché una corretta interpretazione- costituzionalmente orientata- della sopravvenuta legge n.296/2006 consenta di risolvere la problematica del cumulo dell?i.i.s su plurime pensioni. E approfondendo alcuni punti in motivazione della sua sentenza n.350/2008, espressiva dell?orientamento da ultimo assunto dalla Sezione, si sofferma, in primo luogo, sul passaggio ove si afferma che, ?? con la norma di interpretazione autentica all?esame(art.1,comma 774, della L n.296/2006:n.d.r) il legislatore ha inteso considerare la indennità integrativa speciale, a decorrere dal 1° gennaio 1995 e indipendentemente dalla data di liquidazione della pensione ? parte integrante del trattamento pensionistico?, rendendola, per così dire, ontologicamente conglobata nella pensione per effetto dell?art.15, comma 3, della citata legge 23 dicembre 1994 n.724?.Osserva il Giudice referente che in realtà non vi è contraddizione tra l?affermazione che l?abrogazione dell?art.15, comma 5°, della l.n.724/1994 non può decorrere che dalla data di entrata in vigore della legge n.296/2006 e la conclusione secondo cui con la norma di interpretazione autentica di cui al comma 774 il legislatore ha inteso riconoscere la i.i.s dal 1° gennaio 1995, per effetto del conglobamento della medesima: la finalità dei due commi nn.774 e 776 della legge n.296/2006 era evidentemente quella di eliminare una disposizione di favore dei superstiti, quella individuata dalla sentenza n.2/QM/2002 delle SS:RR., eliminando, con un effetto secondario, forse neppure percepito dal legislatore, anche il riferimento alla perdurante applicabilità- quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 ed a quelle di reversibilità ad esse riferite- delle disposizioni relative alla i.i.s sui trattamenti di pensione previste dall?art.2 della legge 324/1959: si è parlato-non a caso- di ?conferma della cancellazione dall?ordinamento dell?art.15, comma 5°, L. n.724/1994, in quanto l?abrogazione operata dal comma 776 della L.n. 296/2006 ha appunto valenza confermativa e rafforzativa di una abrogazione, che, in effetti, era già avvenuta con l?interpretazione autentica effettuata dal comma 774 della legge dell? 1, comma 41, della legge n. 335/1995 concernente l?estensione al settore pubblico della disciplina del trattamento pensionistico di reversibilità vigente nel settore privato, ribaltando una interpretazione culminata nella sentenza n.8/QM/2002 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti. Soggiunge il Giudice deferente che se è vero che l?interpretazione autentica di cui all?art.1 comma 774 citato è espressamente riferita alle pensioni di reversibilità sorte dopo il 1995 ma relative a pensioni anteriori al 31.12.1994, è anche vero che, in tanto si può applicare alle predette pensioni la disciplina prevista dall?art.1, comma 41°, della legge n.335/1995, a decorrere dal 17/8/19958(e non quella stabilita dall?art.15, comma 5°, della legge n.774/1994), in quanto al momento della entrata in vigore della legge 335/1995 - per effetto del conglobamento previsto a decorrere dal 1.1.1995 dall?art.3 della legge 23 dicembre 1994 - la i.i.s. aveva perso la sua natura di assegno accessorio divenendo parte integrante delle pensioni dirette cui esse si riferiscono: ne consegue che lo stesso legislatore- a decorrere dalla data di operatività del conglobamento, cioè dal 1° gennaio 1995_ ha ritenuto l?indennità integrativa speciale parte integrante anche dei trattamenti diretti precedenti al 31.12.1994, come si desume dall?inciso ?indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta? contenuto nella stessa norma di interpretazione autentica di cui all?art.1, comma 774, della legge n.296/2006. E considerato che i giudizi sopraindicati deducono una fattispecie di cumulabilità di i.i.s su plurime pensioni, nell?intento di integrare il già disposto deferimento della questione di massima con motivazioni che consentono una visione più completa del quadro giurisprudenziale, si dispone la remissione degli atti alle SS.RR. Con memoria depositata il 9.1.2009 si è costituito l?Avv. Filippo de Jorio, per delega degli Avv.ti Giuseppe e Carlo Basso, difensori di C.M., sostenendo che dopo la sentenza n. 566/1989 della Corte costituzionale la disposizione sul divieto di cumulo di cui all?art. 99 del d.P.R. n.1092 è stata espunta dall?ordinamento giuridico e che non sono possibili, neppure da parte della stessa Corte costituzionale e tanto meno da parte del Giudice contabile, sentenze manipolative, comprese le sentenze nn. 14/2003 e 2/2006 delle SS.RR., che introducono il concetto del c.d. ?minimo INPS?, in chiaro contrasto con l?art. 36 della Costituzione. Solo al legislatore è dato intervenire sulla materia, come ha fatto con la legge n. 724/1994 (art. 15, comma 3°), ove è stato definitivamente riconosciuto che la i.i.s. costituisce parte integrante degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, sui quali si determina la pensione; con la legge n. 335/1995, che riconosce che la i.i.s è parte integrante della retribuzione e poi della pensione che è stipendio differito ed infine con la legge n. 296/2006 (finanziaria del 2007) che definisce la i.i.s ?componente essenziale del complessivo trattamento pensionistico?, con una norma interpretativa avente efficacia retroattiva. Le sentenze delle SS.RR. n.1/2000/QM, che ha introdotto la nozione di ?nullatenenza?, nn. 14/2003 e 2/2006, che hanno introdotto il concetto del minimo INPS, frutto di una interpretazione ricostruttiva delle sentenze nn 204/1992 e 494/1993, sono inutiliter datae, perché continuano ad operare su di una norma che non c? è più e sono, comunque, superate dall?art. 1 comma 774 della citata legge n296/2006, che per le pensioni di reversibilità nate prima della data di entrata in vigore della legge n.335/1995, assicura il 100% e per quelle nate dopo assicura il 60% della i.i.s. Il difensore richiama quindi le pronunzie nn.438/1998, 516/2000, 517/2000, 89/2005, 74/2008 e 119/2008- che alcune sezioni della Corte tenderebbero ad ignorare- secondo le quali il giudice rimettente muove dall?erroneo presupposto della persistenza nell?ordinamento vigente di un divieto di cumulo su pensioni o retribuzioni, mentre un tal divieto, ormai caducato, non può rivivere sotto forma di interpretazione e senza un intervento del legislatore. Anche la Corte di cassazione in varie pronunzie sul tema specifico della doppia I.I.S tra pensioni pubbliche e private, seguendo le richiamate sentenze della Corte costituzionale, ha statuito che la iis su due pensioni si corrispondono entrambe interamente. Tornando sul criterio del minimo INPS, il difensore osserva che esso è inapplicabile, poiché nessuna pensione pubblica( a parte quelle tabellari) è mai stata o può essere inferiore al minimo INPS. Svolge quindi una rassegna delle sentenze della Sezione III centrale e della Sezione d?appello della Sicilia, della Sezione Toscana e della Sezione Puglia, favorevoli a riconoscere il diritto alla doppia indennità integrativa nel caso di due pensioni, formulando le richieste conclusionali di decidere esprimendo l?avviso che la doppia I.I.S è dovuta in costanza di doppio trattamento pubblico sia di servizio che di pensione; che ogni distinzione tra stipendio e pensione è cedevole perché sono ontologicamente la stessa cosa; che per le pensioni di reversibilità spetta la doppia i.i.s. al 100% se nate prima del 16.9.1995 ed il 60% se nate dopo; che alla deducente, poiché il coniuge è deceduto dopo l?entrata in vigore della legge n335/1995, compete la i.i.s al 60%, esclusa ogni applicazione di formule riduttive come il minimo INPS. Con memoria depositata il 16.1.2009 si è costituito l?I.N.P.D.A.P., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Edoardo Urso e Dario Marinuzzi, chiedendo, sul tema della i.i.s. sulla seconda pensione, la conferma delle precedenti sentenze n.14/QM/2003 e n. 2/QM/2006, in quanto, nonostante l?abrogazione dell?art.15 comma 5, della legge 23.12.1974, n.724, operata dall?art.1, comma 776 della legge n.296/2006, in materia di i.i.s. su duplice trattamento pensionistico, il comma 3 della stessa legge n.724/1994, mai abrogato, prevede che il conglobamento riguarda solo le pensioni, di reversibilità e non, decorrenti a far data dal 1.1.1995. A tale conclusione i difensori dell?INPDAP giungono dopo la ricostruzione della evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale(sentenze nn.172/1991 e n.494/1993, ritenute di natura additiva manipolativa, che hanno dichiarato la illegittimità rispettivamente dell?art. 17, comma 1°, della legge n.843/1978 e dell?art.99, comm2°, del d.P.R. n.1092/1973, nella parte in cui non prevedono la salvezza, sul secondo trattamento di pensione, del minimo INPS) e di queste SS.RR. (sentenze n. 14/QM/2003 e 2/QM/2006), nonché attraverso l?analisi della recente normativa di cui all?art.1, commi 774 e 776, della legge n.296/2006, compiuta alla luce della sentenza n. 74/2008 e della ordinanza n.119/2008 della Corte costituzionale. Soffermandosi in particolare su quest?ultima pronunzia, i difensori dell?INPDAP osservano che la questione di costituzionalità del citato art. 99, secondo comma, nella formulazione ora vigente a seguito della sentenza n.494 del 1993, è ormai irrilevante, proprio a seguito dell?art.1, comma 774 della legge n.296/2006(ritenuto costituzionalmente legittimo della sentenza n.74 della Corte costituzionale), il quale ha valorizzato la i.i.s. nella ridotta misura del 60% sui trattamenti di reversibilità. Ed, in effetti, se non è ormai più consentito computare la i.i.s. in misura intera su trattamenti di reversibilità liquidati successivamente al 1995,cumulando piiù i.i.s in misura intera, non si vede come possa giungersi a tale risultato qualora gli stessi trattamenti siano entrambi diretti, e più favorevoli al pensionato. Tesi questa - accolta dalle Sezioni centrali di appello in modo univoco- che ritiene vigente la disposizione dell?art. 99, comma 2°, del d.P.R. n. 1092/1973, così come letta, interpretata ed in parte manipolata dalla Corte costituzionale da oltre un decennio, seguendo in toto le articolate statuizioni delle Sezioni riunite, dalle quali non si vedono ragioni per discostarsene. Conclusivamente, i difensori dell?INPDAP non condividono la osservazione formulata nella ordinanza n.73/2008 della Sezione prima centrale deferente sulla non spendibilità delle sentenze delle SS.RR. Con memoria depositata il 16.1.2009 si è costituito, per L.S. e B.V., sui ricorsi per i quali la Sezione Toscana ha formulato l?ordinanza di deferimento n.170/2008, l?Avv. Paolo Guerra, loro difensore, il quale, rilevato che dal dubbio di costituzionalità, ventilato dalle SS.RR. nelle due pronunzie nn.14/QM/2003 e 2/QM/2006, in relazione alla incidenza del c.d conglobamento della i.i.s sulla pensione disposto dall?art. 15, comma 3, della legge n.724/1994 sulle posizioni precedenti il 31.12.1994, hanno tratto l?impulso i deferimenti alla Corte costituzionale nel corso del 2006, e puntualizzato che al momento dello scrutinio di costituzionalità(12.2.2008) era sopravvenuta(nelle more) la legge 296/2006, che all?art.1, commi 774 e 776, aveva sostanzialmente inciso sulla disciplina relativa alla corresponsione della indennità integrativa speciale, sottolinea che la Corte costituzionale con l?ordinanza n. 119 del 24.4.2008, restituendo gli atti ai giudici rimettenti, per una nuova valutazione della rilevanza e della manifesta infondatezza delle questioni sollevate, ha, tra l?altro, osservato che ? la citata abrogazione dell?art.15, comma 5, della legge 724 del 1994, ha, di fatto, eliminato anche il riferimento alla perdurante applicabilità- quanto alle pensioni liquidate fino al 31.12.1994 e a quelle di reversibilità ad esse riferite- delle disposizioni relative alla indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previsti dall?art.2 della legge n.324 del 1959 e successive modificazioni?; e che ?l?art. 1, comma 774, della medesima ha dettato una norma d?interpretazione autentica relativa al computo dell?indennità integrativa speciale per le pensioni di reversibilità, applicabile indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta?(tenuto conto che nella precedente sentenza n.74/2008 la stessa Corte aveva evidenziato che ? a decorrere? dal 1.1.1995, l?i.i.s. è divenuta ?parte integrante? di ogni trattamento pensionistico ?diretto? indipendentemente dalla relativa decorrenza).Osserva l?Avv. Guerra che il quadro normativo di riferimento della dedotta questione si è venuto modificando a seguito della legge n.296/2006, sia per quanto implicitamente si deduce dall?art. 1, comma 774, sulla natura della i.i.s annessa alle pensioni anteriori al 31.12.1994, sia per l?avvenuta ?rafforzativa? ma espressa abrogazione dell?art.15, comma 5°, della legge 774!994, disposta dal successivo comma 776. Ritiene il difensore Guerra che, se la interpretazione autentica del citato comma 774 è segnatamente riferita alle pensioni di reversibilità sorte dopo l?entrata in vigore della l.n.335/1995 ma relative a pensioni ?dirette? fruite dal dante causa prima del 31.12.1994, la norma ?d?interpretazione autentica comunque chiarisce che in tanto si può applicare alle predette pensioni di reversibilità la disciplina prevista dall?art.1, comma 41, della l.n.335/1995 e non quella stabilita dall?art.15, comma quinto, della legge n. 72471994, in quanto al momento della entrata in vigore della l. n. 335/1995 l?indennità integrativa speciale aveva già perso (l. 724/94) la natura di assegno accessorio divenendo ?parte integrante delle pensioni dirette? cui esse si riferiscono (anche se corrisposta con assegno separato). Per ?rafforzare? la predetta interpretazione, il legislatore, all?art.1, comma 776, ha disposto l?abrogazione dell?art.15, comma quinto, della l.n.724/1994. Tale interpretazione, oltre a rafforzare la interpretazione autentica secondo cui era stata già eliminata la disposizione di favore per le pensioni di reversibilità sorte dopo il 1.1.1995 e riferite a pensioni dirette anteriori a detta data, prevista dall?art.15, comma quinto, della l.n.724/1994, ha avuto l?effetto secondario- forse non percepito dal legislatore - di eliminare ? ?anche il riferimento alla perdurante applicabilità - quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 ed alle pensioni di reversibilità ad esse riferite - delle disposizioni relative alla corresponsione della indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previsti dall?art. 2 della legge n. 334 del 1959? (Corte cost. n. 119/2008), facendo venir meno l?applicabilità dell?art. 99, secondo comma, del T.U. n. 1092/1973, indipendentemente dalla sua esistenza o meno nell?ordinamento a seguito della sentenza 494/1993. Ne consegue, secondo il difensore, che in ipotesi di più pensioni (dirette e di reversibilità) con decorrenza anteriore al 1.1.1995, non potrebbe essere negato il diritto al cumulo intero della i.i.s. E? dunque esatto quanto incidentalmente rilevato nella ordinanza ?interlocutoria? n.119/2008 dalla Corte costituzionale e dagli attuali Giudici deferenti, che le massime delle Sezioni riunite non sono più spendibili, considerato l?attuale mutato quadro normativo. Con memoria depositata in data 16.1.2009 il Procuratore generale, rilevata l?ammissibilità della deferita questione per il ?quid novi?- rispetto a quelle analoghe, risolte con le precedenti sentenze di massima - contenuto nella prospettazione del giudice rimettente con il riferimento all?art.1, commi 774 e 776 della legge n. 296/2006 ed all?ordinanza n. 119/2008 della Corte costituzionale e svolto un puntuale escursus sull?evoluzione legislativa (artt.2, commi 6 e 7, l. n. 324/1959; 4 d.P.R. n.1081/1970; 99, commi 2 e 5, d.P.R. n.1092/1973; 17, comma 1, l. n. 843/1978, integrato dall?art.15 d.l n. 663/1979, con. I l. n. 33/1980l) e sulla giurisprudenza costituzionale formatasi sul tema (sentenze nn.566/1989, 172/1991, 204/1992, 494/1993, 376/1994 (sull?art. 4 l.r. n.17/1978 Regione Sicilia), osserva che dalla lettura comparata delle sentenze della stessa Corte emerge che essa ha sempre tenuto distinte le due situazioni: titolare di due pensioni e pensionato che presti opera lavorativa retribuita, disponendo in modo differenziato nei due casi, ferma la declaratoria di incostituzionalità, nel primo caso legando il divieto di cumulo della i.i.s. sulla seconda pensione all?importo corrispondente al trattamento minimo INPS, nel secondo caso rimettendo al legislatore la determinazione della retribuzione al disotto del quale il divieto sarebbe legittimo. Ed in effetti il Governo aveva presentato al Senato nel giugno 1993 un disegno di legge(n.1316) che teneva conto delle indicazioni della Corte costituzionale disciplinando ex novo la i.i.s corrisposta ai titolari di pensione; esso, dopo essere stato abbinato ad altri testi normativi, di accompagnamento della finanziaria 1993, non è stato trasfuso nel testo approvato(legge 24.12.1993,n.537). La successiva evoluzione pensionistica ha visto la soppressione della i.i.s per le nuove pensioni mediante il conglobamento(art.15 legge n.724/1994), scegliendo di lasciare per il passato la situazione come determinata dalle sentenze della Corte costituzionale. In tale contesto si manifestarono vari e persistenti contrasti giurisprudenziali, che resero necessari ripetuti interventi delle SS.RR., dalla sentenza n. 100/C del 13.7.1994 alla sentenza n.1/2000/QM del 3.1.2000, seguite, a loro volta, la prima dalla pronunzia n.438/1998 e la seconda dalle pronunzie 516 e 517 del 21.11.2000 della Corte costituzionale, fino alla sentenza delle SS.RR. n.14/2003/QM, che, affrontando per la prima volta il tema della fruizione della doppia pensione, ha affermato la permanenza del divieto di cumulo della i.i.s., con diritto, peraltro, alla percezione sulla seconda pensione della i.i.s. nei limiti necessari per l?integrazione della pensione fino al minimo INPS. E tale essendo il quadro normativo, rimodulato da cogenti sentenze della Corte costituzionale, non può il giudice disapplicare le norme( part. l?art.99, co 2, t.u. n.1092/1973) che dispongono il divieto di cumulo delle i.i.s nell?ipotesi di due pensioni, come integrate dal giudice delle leggi, ma solo deferirne l?esame alla Corte costituzionale, qualora le ritenga di dubbia costituzionalità. E proprio per tale motivo alcune Sezioni territoriali hanno riproposto la questione di costituzionalità dell?art.99, comma 2, t.u. n.1092/1973, che la Corte ha dichiarato inammissibile in quanto prospettata in chiave meramente interpretativa, lasciando immutati i termini del problema, senza prendere posizione sui dubbi suscitati nei Giudici rimettenti in ragione delle diverse soluzioni adottate dalla stessa Corte con sentenze ablatorie circa il divieto di cumulo tra i..i.s. su pensione e retribuzione e con sentenze additive-manipolative circa il cumulo di i.i.s su due pensioni. Con la sentenza n.2/2006/QM le SS.RR. hanno riconfermato quanto statuito dalla precedente sentenza n.14/2003/QM circa la vigenza del divieto di cumulo di cui all?art.99, comma 2, come integrato dalla sentenza n. 494/1993 Corte cost., e, quindi, con salvezza del minimo INPS. Rispetto al quadro normativo ed alle statuizioni dell?organo nomofilattico il requirente ritiene che né le disposizioni contenute nella l.n.296/2006 ai commi 774 e 776 dell?art.1, né la ordinanza n.119/2008 della Corte costituzionale possano costituire una modifica della disciplina relativa al divieto di cumulo in ipotesi di plurime pensioni, costituendo il comma 774 un intervento restrittivo in ordine alla i.i.s. sulla pensione di reversibilità, per la quale una sentenza delle SS.RR.(n.8/2002/QM) riconosceva la stessa indennità in misura intera, ed il comma 776, che abroga l?art.15, comma 5, della legge n.724/1994, risponde, come specificato dalla sentenza n.74/2008 della stessa Corte cost., ad una esigenza di ordine sistematico imposta dalle vicende che hanno segnato la sua applicazione, e cioè, precisa il requirente, per rafforzare l?interpretazione autentica del comma 774, anche se estende i suoi effetti alle pensioni dirette. Comunque, poiché l?abrogazione ha effetto solo dal 1.1.2007, l?esame delle sue conseguenze giuridiche esula dalla tematica del presente giudizio incidentale, ove è in discussione la spettanza di i.i.s per pensioni nettamente precedenti. Rilevato che ad una ordinanza di restituzione degli atti del giudice delle leggi non può attribuirsi alcuna efficacia atta a nuove interpretazioni o a conferme di interpretazioni già date, essendo il richiamo allo ius supeveniens, anche solo eventualmente incidente sulle norme sulle quali era richiesto lo scrutinio, un atto dovuto e spettando al giudice di merito apprezzarne la rilevanza e la non manifesta infondatezza; che i dubbi di ragionevolezza e di uguaglianza tra la condizione del pensionato che presta opera retribuita ed il titolare di plurime pensioni, sono dovuti al permanere di una situazione sperequata addebitabile al legislatore e che, peraltro, l?assetto normativo attuale riproduce quello originario, dopo l?introduzione dell?art.17 della legge n.843/1978, ove una disciplina più favorevole era dettata per i pensionati lavoratori privati rispetto ai titolari di doppia pensione; che una disciplina differenziata e più sfavorevole al cumulo prevista dalla disciplina sulle pensioni di guerra, è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale; che il diverso regime tra le pensioni liquidate prima e quelle liquidate dopo il 31.12.1994, trova la sua giustificazione nel fluire del tempo, come più volte affermato dal giudice delle leggi, il requirente ribadisce che si può ritenere che la persistenza del divieto di cumulo in ipotesi di plurimi trattamenti di pensioni non sia in contrasto con i principi costituzionali. Conclude, pertanto, chiedendo che alla questione di massima si dia la soluzione nel senso della perdurante applicabilità della disciplina della i.i.s. con riferimento al titolare di due pensioni, decorrenti entrambe da data anteriore al 1.1.1995, anche a seguito della entrata in vigore della legge 27.12.2006,n. 296. Con memoria integrativa depositata il 21.1.2009, l?Avv. Guerra prospetta le varie ipotesi formulabili nel concorso tra pensioni dirette e/o pensioni di reversibilità, confidando in una decisione di massima che dirima ogni dubbio in ordine alla cumulabilità della i.i.s. intera su più contestuali pensioni anteriori al 1.1.1995 e su più pensioni di reversibilità sorte dopo il 1.1.1995 e riferite a pensioni dirette precedenti tale data(indipendentemente, per queste ultime, dall?applicazione della disciplina dell?art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995). Con memoria depositata il 26.1.2009 i difensori dell?INPDAP, preso atto del deferimento della questione di massima anche da parte della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, formulano preliminarmente la eccezione di inammissibilità, trattandosi di un giudice di primo grado, mentre il presupposto per investire le SS.RR. di una siffatta questione è ravvisabile nella esistenza di un effettivo contrasto giurisprudenziale orizzontale tra giudici di appello. La stessa questione è altresì inammissibile in quanto la sentenza n. 350/2008, sulla quale il giudice rimettente afferma di voler offrire ulteriori chiarimenti atti a meglio delineare i termini della questione deferita dalla Sezione Prima d?appello, è sotto impugnativa dinanzi alle Sezioni centrali. Per il merito, richiamano le deduzioni già formulate e versate in atti nella distinta questione di massima n. 250/SR/QM. Con memoria depositata il 27 c.m. si è costituita l?Avvocatura generale dello Stato per il Ministero dell?economia e finanze, confermando che l?art. 99, comma secondo, del d.P.R. n. 1092/1973 è tuttora vigente, con conseguente divieto di cumulo integrale di i.i.s, salvaguardato il principio del minimo INPS, come già affermato dalle sentenze n. 14/QM/2003 e n. 2/QM/2006. Nella odierna pubblica udienza, terminata la esposizione del relatore, il Presidente, preso atto della dichiarazione dell?Avv. Filippo de Jorio di rinuncia all?intervento nell?interesse della Sig.ra D.S.A., per la quale egli stesso e gli Avv.Domenico Bonaiuti e Fernando Ianniello avevano depositato apposita memoria, apre il dibattimento Inizia l?Avv.Filippo de Jorio, che riprende e sviluppa gli argomenti esposti nella memoria di costituzione per C.M., rimarcando che la sentenza centrale e risolutiva di tutta la problematica del cumulo delle indennità integrative speciali su pensione e retribuzione rimane pur sempre la sentenza n. 566/1989 della Corte costituzionale che ha posto nel nulla il divieto di cumulo, sia per il caso di pensione e retribuzione sia per il caso di duplice trattamento di pensione, essendo quest?ultima uno stipendio differito; divieto, comunque, considerato incostituzionale anche dalle successive decisioni della Corte nn. 516 e 517/2000. E peraltro, il problema del il c.d. minimo INPS, cui fanno riferimento le precedenti sentenze delle SS.RR. nn. 14/QM2003 e 2/QM/2006, in realtà neppure sussiste per le pensioni ordinarie, tutte di importo superiore a tale minimo, sicché tali pronunzie sono inutiliter datae. Occorre, invece, ripartire dallo invito contenuto nella ordinanza n. 119/2008, a riconsiderare la intera problematica alla luce della sopravvenuta normativa contenuta nell?art. 1, commi 774, 775 e 776 legge n. 296/2006, da porre in relazione con la sentenza n. 8/QM/2002 delle SS.RR. Risulta così confermato che, in realtà, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha sempre detto che la indennità integrativa speciale va corrisposta per intera anche sulla seconda pensione, non dimenticando che la tutela del bilancio statale è compito che spetta al Parlamento. Il comma 776, di abrogazione dell?art.15, comma 5, della legge n. 794/1994, va applicato dalla data di entrata in vigore della legge n.296/2006. L?Avv. Guerra, puntualizzato che la ordinanza di deferimento della Sezione giurisdizionale Toscana deve ritenersi ammissibile, in quanto mirata a conoscere l?orientamento delle SS.RR. nel contesto della normativa sopravvenuta, per eventualmente ritornare alla Corte costituzionale e stante il contrasto insorto tra le Sezioni centrali di appello e la Sezione di appello della Regione Sicilia, si sofferma a riconsiderare l?orientamento di quest?ultima, muovendosi nella prospettiva, suggerita dalla stessa Corte costituzionale, di un?interpretazione costituzionalmente orientata. In tale prospettiva la sentenza n.494/1993, sebbene si presenti come sentenza additiva, non è in realtà a ?rime obbligate?, ed appare non propriamente in linea con il dettato costituzionale, come è dato capire dalla successiva sentenza n.516/2000, che ha riconsiderato il tema del divieto di cumulo, giudicandolo incompatibile con la Costituzione fino a quando non sarà fissato il limite del secondo trattamento complessivo, al di sotto del quale esso può considerarsi legittimo. In questa ottica, la questione, non è più quella di interpretare l?art. 99, secondo comma, del t.u. n.1092/1973, ma, accogliendo l?invito della Corte costituzionale, farne una lettura costituzionalmente orientata. Comunque dal 1.1.1995, per effetto dell?art.15, comma 3, della legge n.724/2004, la indennità integrativa speciale ha cambiato natura, trasformandosi da elemento accessorio in parte costitutiva della pensione, venendo conglobata nella base pensionabile. La legge n. 296/2006, con l?art. 1,comma 774, ha interpretato il sistema a vantaggio dei percettori di due pensioni, forse anche senza avvedersene, assumendo la i.i.s come parte integrante del trattamento pensionistico. E la Corte costituzionale, con l?ordinanza n. 119/2008 ha confermato il mutamento di natura della i.i.s .considerandola appunto parte integrante della pensione. Se così non fosse, rimarrebbero ancora dubbi di costituzionalità. L?avv. Marinuzzi, difensore dell?INPDAP, ribadisce la eccezione di inammissibilità della questione posta dalla Sezione Toscana, in quanto il contrasto che ne rende deferibile la soluzione deve instaurarsi tra sezioni di appello, mentre nella attuale situazione le Sezioni centrali di appello sono concordemente orientate nel senso di ritenere ancora sussistente il divieto di cumulo con salvaguardia del minimo INPS sulla seconda pensione. Rimane, peraltro, solo il diverso avviso della Sezione d?appello per la regione siciliana, che non ha riproposto la questione, avendo ritenuto, a seguito della ordinanza n.89/2006 della Corte costituzionale, di poter risolvere la questione sul piano interpretativo. Risultato questo inaccettabile, dovendosi, invece ribadire, che nella pensione di reversibilità la indennità integrativa speciale compete in misura ridotta, come, peraltro, riconosce la stessa Sezione siciliana. Conferma poi che in caso di duplice trattamento di pensione, la i.i.s sul secondo trattamento va corrisposta in misura ridotta al minimo INPS, che, peraltro, si aggiorna nel tempo. La giurisprudenza delle SS.RR., sul punto in discussione, rimane, quindi, tuttora valida e spendibile. L?Avv. Urso, altro difensore dell?INPDAP, si sofferma, tra l?altro, sullo ius superveniens, costituito dai commi 774,775 e 776, dell?art.1 della legge n.296/2006, rilevando che, interpretato anche alla luce della sentenza n.74/2008 della Corte costituzionale, esso non riguarda i trattamenti pensionistici anteriori al 1.1.1995, non essendo ricavabile dal sistema una ulteriore retroattività che consenta di oltrepassare tale data. La legge n.296/2006 non ha, pertanto, modificato, l?assetto già definitosi con la normativa precedente, quale interpretata dalla Corte costituzionale e dalle precedenti sentenze della SS.RR. L?Avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro ribadisce che dallo ius superveniens non emerge alcun conglobamento per le vecchie pensioni antecedenti al 1.1.1995 e quindi alla questione va data risposta negativa, confermando la sussistenza del divieto di cumulo previsto dal secondo comma dell?art.99 del t.u. n. 1092/1973. Il Procuratore generale, rilevato che si pone un problema preliminare di rilevanza in quanto non per tutti i soggetti dei giudizi a quibus sussiste la condizione della duplice pensione concessa prima del 1.1.1995, data posta come discrimine nella questione deferita, ribadisce che il conglobamento della i.i.s vale solo per le pensioni aventi decorrenza successiva al 1.1.1995 e che la abolizione del divieto di cumulo non può che operare dal 1.1.2007, data di entrata in vigore della legge 296/2007, ispirata a finalità restrittive della pubblica finanza. DIRITTO Preliminarmente le SS.RR. debbono valutare la fondatezza della eccezione di inammissibilità formulata, sotto vari profili, dalla difesa dell?INPDAP e quella di rilevanza prospettata dal Procuratore generale. Sostiene l?INPDAP che la questione, quale proposta dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, non è ammissibile sia sotto il profilo della posizione del giudice rimettente, non legittimato, in quanto organo di primo grado, a deferire questioni di massima, riservate, per giurisprudenza di queste stesse SS.RR, alle Sezioni di appello, quando tra di esse sia insorto contrasto nella interpretazione delle norme di cui si deve fare applicazione; sia sotto il profilo della programmata, e poi attuata, impugnazione della sentenza n.350/2008, per la quale la stessa sezione territoriale ha ritenuto di dover accedere al giudizio instaurato, iscritto al n. 250/SR/QM presso queste SS.RR, con la ordinanza n. 73/2008 della Sezione prima giurisdizionale centrale d?appello. La eccezione così formulata appare superabile, sotto il primo aspetto, in quanto quello della Sezione toscana, è prospettato come intervento adesivo ad altro legittimamente instaurato, sotto il profilo ora considerato, con la finalità di meglio lumeggiare le ragioni che stanno all?origine della proposta questione, riannodantesi alla problematica suscitata dalla ordinanza della Corte costituzionale n.119/2008, avendo essa, come altre due sezioni(Sezione per le regione Abruzzo e Sezione Terza centrale di appello) rimesso, con ordinanze dell?anno 2006, alla Corte costituzionale il giudizio di costituzionalità della disposizione sul divieto di cumulo di indennità integrative su due trattamenti di pensione, contenuta nell?art. 99,comma 2, del d.P.R. n. 1092/1973, sulla quale potrebbe aver interferito, appunto secondo la Corte costituzionale (ordinanza n. 119/2008 e sentenza n. 74/2008 in essa richiamata) la sopravvenuta(nelle more del giudizio di costituzionalità) normativa contenuta nei commi 774,775 e 776 dell?art.1 della legge n. 296/2006: trattasi, per così dire, di una legittimazione singolare, giustificata anche dalla particolare problematicità della questione, e che, in quanto tale, trova copertura nella legge (art. 1, comma 7, d.l. n. 453/1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 19/1994 e successive modifiche, che abilita anche le sezioni giurisdizionali regionali a deferire questioni di massima alle SS.RR). Anche sotto il secondo profilo la eccezione di inammissibilità appare superabile, poiché le fattispecie che hanno dato luogo al deferimento sono oggetto di due giudizi pendenti presso la Sezione toscana, che non hanno dato ancora luogo a nessuna pronuncia in quanto sospesi proprio perché su di essi si è innestata la questione di massima deferita. Passando alla eccezione formulata dal Procuratore generale, sotto il profilo della rilevanza e cioè per la ricaduta che la emananda pronuncia di queste Sezioni Riunite può avere ai fini della definizione dei giudizi a quibus, occorre riconoscere che effettivamente per due di essi, quelli concernenti C.M. e L.S., titolari di due pensioni, una delle quali successiva al 1.1.1995, limite temporale posto dal quesito nel quale si sostanzia la deferita questione di massima, la emananda decisione di queste SS.RR. non avrebbe alcuna rilevanza. La questione rimane comunque rilevante per il giudizio relativo a B.V., titolare di due trattamenti di pensione entrambi anteriori alla prefissata data del 1.1.1995, stante la formulazione del quesito del giudice rimettente: ?applicabilità della disciplina della I.I.S. con riferimento al titolare di due pensioni, decorrenti entrambe da data anteriore al 1.1.1995, a seguito dell?entrata in vigore della legge 27.12.2006 n.296?. Passando all?esame del merito della questione deferita, appare utile riconsiderare l?intero svolgimento che il tema del cumulo della i.i.s. ha avuto nelle pronunzie della Corte costituzionale e nelle sentenze più rilevanti di queste SS.RR., per poi passare ad un esame puntuale della disciplina entrata in vigore successivamente al 31.12.1994 fino alla legge n.296/2006, per verificare come l?evoluzione normativa ha interferito a sua volta sull?assetto ordinamentale quale determinatosi con le pronunzie della Corte costituzionale. Con sentenza n.566 del 1989 la Corte costituzionale dichiarò l?illegittimità dell?art. 99, comma 5, del d.P.R. n. 1092 del 1973, per il quale l?indennità integrativa speciale era ?sospesa nei confronti del titolare di pensione o di assegno che presti opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, amministrazioni pubbliche o enti pubblici, anche se svolgono attività lucrative?: non era infatti stabilito ?il limite dell?emolumento per le attività? alle quali la norma si riferiva, dovendosi invece ritenere ?ammissibile, al di sotto di tale limite, il cumulo integrale tra trattamento pensionistico e retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione della indennità integrativa?. Con sentenza n.172 del 1991, fu dichiarata l?illegittimità costituzionale dell?art.17, comma 1, della legge n.843 del 1978, nella parte in cui non prevedeva che nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, dovesse farsi salvo un importo pari al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Con sentenza n.204 del 1992 fu dichiarata l?illegittimità dell?art. 17, comma 1, della legge n.843 del 1978 anche nella parte in cui prevedeva che l?indennità integrativa speciale non era ?cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi?, fatto ?salvo l?importo corrispondente al trattamento minimo per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti? e dell?art. 15 del d.l. n. 663 del 1979 convertito nella legge n. 33 del 1980, per il quale ?nei confronti dei pensionati con rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi alla data del 31 dicembre 1978 aventi diritto all?indennità integrativa speciale a norma delle disposizioni vigenti?il divieto di cumulo di cui al citato art. 17, comma 1, si applicava ?limitatamente agli incrementi dell?indennità stessa accertati del 1° gennaio 1979 in poi?: non era infatti determinata la misura della retribuzione oltre la quale rilevavano, rispettivamente, l?esclusione e il congelamento dell?indennità. A proposito di tali due sentenze, deve notarsi la singolarità della derivazione del ?minimo INPS?, poi ripetuto nelle altre sentenze sul divieto di cumulo di indennità integrativa su più pensioni, mutuato da sede impropria, riguardando l?art.17, comma 1, della l.n.843/1978 il cumulo di pensione e retribuzione alla dipendenze di terzi; situazione per la quale con le successive sentenze, pur esse prospettate sotto l?insegna dell?art.36 Cst., come già per la normativa esaminata nella precedente sentenza n.566/1989, si è adottato un criterio di scrutinio ed una tipologia di pronuncia assolutamente diversi, con esiti finali opposti, avendo la prima (172/91), considerata meramente additiva, assunto la stabile soluzione di una immediata compiuta disciplina, totalmente estranea al contesto normativo esaminato, riguardante il diverso caso di cumulo di i.i.s. per pensione e retribuzione e con effetti, in seguito, considerati ablatori per la protratta inerzia del legislatore a por mano ad una ridisciplina della materia. E che dopo tutto ha dato luogo al sentimento di ingiustizia, che ha peraltro più volte sospinto a successive rimessioni alla Corte costituzionale, ma senza esito, essendo rimasta la dicotomia tra le ipotesi di i.i.s su due trattamenti di pensione su cui è rimasto il divieto di cumulo e l?ipotesi di i.i.s. su pensione e retribuzione; compostosi solo per la Regione Sicilia, per la accidentalità o per la buona sorte, di una disciplina nata originariamente imbozzolata nella stessa disposizione, come si vedrà in prosieguo (sentenza 516/2000). Con sentenza n. 494 del 1993, la Corte costituzionale dichiarò poi la illegittimità costituzionale dell?art. 99, comma 2, del d.P.R. n. 1092 del 1973, che stabiliva che ?al titolare di più pensioni o assegni l?indennità integrativa speciale compete a un solo titolo?, nella parte in cui non prevedeva che, fermo il divieto di cumulo, dovesse però farsi salvo l?importo pari al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Con la sentenza n.516 del 2000, la Corte costituzionale dichiarò la illegittimità della tabella O, lett. B, terzo comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (nuove norme per il personale dell?Amministrazione regionale), nella parte in cui non determina il trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni od assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennità di contingenza ed indennità similari. Questa sentenza, come prima si accennava, resta dissonante dalle precedenti sul tema del divieto di cumulo, in quanto svolge lo scrutinio di costituzionalità di una disposizione che accomuna la ipotesi di indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione a quella di i.i.s su più trattamenti di pensione con riferimento a quello stesso parametro che venne adottato nelle precedenti sentenze n. 566/1989 e n. 376/1994 e cioè l?art. 36 della Costituzione, senza fare alcun cenno al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, evocato nella sola seconda sentenza resa sull?art. 99, comma secondo, del d.P.R, n. 1092/1973; circostanza questa che lasciò perplessi molti operatori del diritto, consentendo peraltro alla Sezione d?appello della Regione Sicilia di mantenere una linea giurisprudenziale differenziata da quella delle Sezioni centrali d?appello anche con riferimento alle pensioni statali e quindi in applicazione di quest?ultima disposizione (sentenze nn. 149/2005 e 7/2006). Con sentenza n. 14/QM del 2003- in seguito confermata dalla sentenza n. 2/QM del 2006- le Sezioni Riunite di questa Corte rilevavano come nelle citate decisioni la Corte costituzionale avesse ?tenuto ben distinta l?ipotesi di cumulo dell?indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione da quella di doppia pensione, emettendo nel primo caso sentenze di mero annullamento e, nel secondo caso, sentenze additive che hanno avuto l?effetto di estendere alle disposizioni recanti il divieto di cumulo della indennità integrativa speciale nei confronti del titolare di due pensioni il principio della salvaguardia del minimo INPS contenuto nell?art.17,1° comma, della legge n.843 del 1978?. In definitiva, per le Sezioni riunite ?in ipotesi di fruizione di doppio trattamento di pensione non è consentito il cumulo della indennità integrativa speciale? e ?il titolare di due pensioni ha diritto a percepire la indennità integrativa speciale sulla seconda pensione soltanto nei limiti necessari per ottenere l?integrazione della pensione sino all?importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti(c.d. minimo INPS). La questione della legittimità costituzionale dell?art.99, comma 2, del d.P.R. n.1092 del 1973, nella parte in cui non determina la misura del trattamento oltre il quale diventi operante, per i titolari di più pensioni, il divieto di cumulo della indennità integrativa speciale, per contrasto con gli artt 3 e 38 della Costituzione, è stata successivamente di nuovo rimessa all?esame della Corte costituzionale con ordinanze di varie Sezioni di questa Corte (Sezione giurisdizionale Sardegna: ordinanza n.847/2003, Sezione giurisdizionale d?appello della regione Sicilia: ordinanze nn.845, 846 e 847), nelle quali era, tra l?altro, affermato, che, secondo la sentenza n.516 del 2000 spetterebbe al legislatore la scelta tra le diverse soluzioni. Ma, con l?ordinanza n.89 dell?8.3.2005, la Corte costituzionale ha rilevato che ?i remittenti non hanno espressamente affermato che nessuna altra interpretazione della norma censurata è possibile se non quella che genera i dubbi di costituzionalità da loro manifestati e tanto meno hanno esposto le ragioni di tale esclusione?: ha ritenuto pertanto che la questione fosse ?manifestamente inammissibile? . La stessa questione è stata ancora rimessa al Giudice delle leggi. Ma con ordinanza n.119 del 2008 la Corte costituzionale ha disposto la restituzione degli atti alle Sezioni rimettenti, chiedendo ?una nuova valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni da loro sollevate?, dopo l?entrata in vigore dell?art.1, comma 776, della legge n.266 del 2006. Orbene, l?art. 1 della legge n.266 del 2006 ha stabilito, al comma 774, che l?estensione a tutte le forme esclusive e sostitutive della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti del pensionato vigente nell?ambito del regime di assicurazione generale obbligatoria, prevista dall?art.1, comma 41, della legge n.335 del 1995, va interpretata nel senso che per le pensioni di reversibilità liquidate dopo l?entrata in vigore della legge n.335 del 1995, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l?indennità integrativa speciale è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità. Per conseguenza, il successivo comma 776 ha espressamente abrogato l?art.15,comma 5°,della legge n.724 del 1994, che aveva stabilito: ?le disposizioni relative alla corresponsione della indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione, previste dall?art. 2 della l.27.5. 1959, n.324 e successive modificazione e integrazioni, sono applicabili limitatamente alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 ed alle pensioni di reversibilità ad esse riferite?. Combinando entrambi i disposti dei surriferiti commi 774 e 776, si è pervenuti, anche sulla suggestione di alcuni passaggi delle pronunce n. 74 e n.119 della Corte costituzionale, alla conclusione, patrocinata nel presente giudizio dal difensore del ricorrente nel giudizio a quo, che il legislatore ha riconfigurato la indennità integrativa speciale come elemento costitutivo del trattamento di pensione, sia diretto che di reversibilità. A tale conclusione sembrano far da supporto le espressioni contenute nel primo di tali commi: ?indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta?, l?indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, ?parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito?, è attribuita nella percentuale prevista per il trattamento di reversibilità? e la contestuale abrogazione, con il successivo comma 776, dell?art. 15, comma 5° della legge 724/1994, che, come si è visto, richiamava, per le pensioni liquidate anteriormente al 31.12.1994, la norma introduttiva sulla indennità integrativa speciale(art.2 legge n.324 del 1959).Va, però, considerato che il tema della disposizione in esame, non è quello della natura della indennità integrativa speciale, divenuta parte costitutiva del trattamento di pensione ormai dal 1.1.1995, ma la aliquota del complessivo trattamento di pensione di reversibilità, non più ragguagliato, per il coniuge superstite del dipendente pubblico in regime esclusivo o sostitutivo, al 50%(oppure 100%, secondo la giurisprudenza di questa Corte), ma al 60% della pensione del dante causa. Anche la i.i.s., qualunque ne sia la natura(e ciò spiega le surricordate proposizioni), va pur essa ragguagliata ad una percentuale della pensione del dante causa e non corrisposta più per intera, come invece sostenuto in una assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte. E? noto infatti che la prevalente giurisprudenza di questa Corte si è orientata nel senso che le disposizioni recate dall?art.1, comma 41, dovessero avere effetto soltanto per le pensioni di reversibilità che traessero titolo da pensioni dirette liquidate dal 1.1.1995; e l?orientamento si basava essenzialmente sulla considerazione che le nuove disposizioni non avevano implicitamente abrogato l?art.15, comma 5, della legge n.724/1994. E? significativo, a tal riguardo, sottolineare che la sentenza delle SS.RR. n.8/2002/QM del 17.4.2002(che ha condiviso tale orientamento) ha espressamente enunciato il principio: ?In ipotesi di decesso del pensionato, titolare di trattamento di riposo, liquidato prima del 31.12.1994, il consequenziale trattamento di reversibilità deve essere in ogni caso liquidato secondo le norme di cui all?art. 15, comma 5, della L. 23.12.1994, n.724, indipendentemente dalla data della morte del dante causa. L?art.1, comma 41, della l.8.8.1995, n.335, non ha effetto abrogativo della l. 23.12.1994,n.724?. La conseguente abrogazione, operata con il successivo 776° comma va, pertanto, letta in combinato disposto con il precedente comma 774 e riferita pur essa alle pensioni di reversibilità: nel sistema normativo relativo alle pensioni di reversibilità, ricondotte nell?alveo della assicurazione generale obbligatoria, con il comma 774 della legge n.266/2006, e che quindi inglobano anche la indennità integrativa, perde di senso il comma 5° dell?art.15 della legge n.724/1994(punto di forza della citata giurisprudenza, contrastata dal legislatore proprio con il comma 774 succitato), relativamente alle pensioni di reversibilità, che, pertanto, viene abrogato con il comma 776 relativamente a tali pensioni. Va, peraltro, rilevato, che la parte dispositiva del citato comma 5°, relativa alle pensioni dirette, si prospetta, a ben vedere, come la reiterazione, specularmente invertita(interpretazione ex adverso), del precedente comma 3° dello stesso art.15, dal quale è già ricavabile la compiuta disciplina della indennità integrativa speciale, dovendosi esso leggere, per le pensioni antecedenti al 1.1.1995, in combinato disposto con l?intero titolo VI-Assegni accessori, del d.P.R. n.1092/1973, quale modellato dalle succitate sentenze della Corte costituzionale, come acutamente rilevato in dibattimento dal difensore dell?INPDAP. Deve comunque puntualizzarsi che l?abrogazione del 5° comma dell?art. 15 in esame ha effetti dall?entrata in vigore della legge n. 296/2006 (1.1.2007) e quindi non ha rilievo per il periodo anteriore a tale data; ai fini della soluzione della presente questione tale periodo rimane regolato dalla disciplina all?epoca vigente, ivi incluso il richiamato titolo VI del d.P.R. n. 1092/1973. Ed, in effetti, la legge n. 296 del 2006 non ha abrogato il comma 3 dell?art. 15 della legge n. 724 del 1994 che ha così disposto: ?in attesa della armonizzazione delle basi contributive previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all?art.1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, iscritte alle forme di previdenza esclusive dell?assicurazione obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle stesse forme di previdenza, la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa la indennità integrativa speciale, ovvero indennità di contingenza, ovvero l?assegno per il costo della vita spettante?. La mancata abrogazione di tale norma, che avvia il processo di omogeneizzazione del trattamento di pensione dei pubblici dipendenti, in regime esclusivo e sostitutivo di quello vigente nel sistema dell?assicurazione generale obbligatoria, mantenendo così in vita il discrimine tra le pensioni antecedenti e quelle successive al 1.1.1995, anche nella fase della compiuta omogeneizzazione delle pensioni di reversibilità, è la manifestazione chiara, a chi ne voglia intendere i dettami, della intenzione del legislatore di voler continuare, per le pensioni liquidate fino al 31.12.1994, a considerare tuttora applicabile la precedente disciplina, ivi incluso il divieto di cumulo della indennità integrativa su due o più trattamenti di pensione, di cui al mai abrogato, e neppure annullato dalla Corte costituzionale, comma secondo dell?art 99 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: per le pensioni liquidate prima del 1°.1.1995, per le quali l?indennità integrativa speciale costituiva un mero assegno accessorio, la legge n. 296 del 2006 non ha in realtà apportato alcuna innovazione, e non ha in particolare previsto alcuna riliquidazione con inserimento dell?indennità integrativa speciale nella base pensionabile. Come già aveva evidenziato la sentenza delle Sezioni riunite n.2/QM/2006, va considerato che ? il diverso trattamento dell?i.i.s. per le pensioni liquidate fino al 31.12.1994 è essenzialmente una norma di salvaguardia di miglior trattamento per le posizioni pregresse, poiché consente ai titolari di pensione liquidata appunto prima del 1.1.1995 di conservare l?indennità integrativa speciale nella misura intera, senza le riduzioni conseguenti ad un suo inserimento nella base pensionabile?. Discorso, peraltro, non più valido, alla luce della sopravvenuta disposizione dell?art. 1, coma 41, della legge n. 335/1995, come interpretato dall?art. 1, comma 774, della l. n. 296/2006, per le pensioni di reversibilità ?sorte a decorrere dall?entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335?. Viene, comunque, fatto salvo, per effetto del citato comma 775 dell?art.1 legge 296/2006 quanto riconosciuto in sentenze passate in giudicato, da riassorbire con i successivi miglioramenti pensionistici. Certo, il mantenimento, in tal modo, del carattere ?accessorio? delle indennità integrative speciali sulle pensioni liquidate prima del 1°.1.1995 ha comportato anche, per i titolari di più pensioni tutte anteriori a tale data, la permanenza dei limiti del cumulo delle indennità stesse posti dall?art. 99, comma 2, del d.P.R. n. 1092 del 1973, nel testo modificato dalla Corte costituzionale. Ma si tratta dell?inevitabile conseguenza di un?innovazione che intendeva appunto salvaguardare, per i titolari di una sola pensione, le situazioni pregresse. In definitiva, in ragione dell?art. 99, comma 2°, del d.P.R. n. 1092 del 1973, vigente nel testo modificato dalla Corte costituzionale tuttora non sussiste, in caso di pensioni liquidate, come nella deferita questione, prima del 1°.1.1995, il diritto al cumulo della indennità integrativa speciale in misura intera su due trattamenti di pensione, dovendosi assicurare sul secondo trattamento solo il minimo INPS. Le pur ingegnose argomentazioni del difensore del ricorrente, ispirate al tentativo di ricondurre ad unità il sistema, quanto meno dal 1°.1.1995, per dedurne una sorta di diritto alla riliquidazione delle pensioni, senza il divieto di cumulo, per la mutata natura della i.i.s., non più elemento accessorio, ma parte costitutiva delle pensioni, non appaiono confortate dall?evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale e dall?andamento del cammino legislativo: il legislatore, in effetti, non ha mai stabilito, che il principio del divieto di cumulo, consacrato nella disposizione contenuta nel secondo comma dell?art. 99 succitato, sia venuto meno anche per le pensioni liquidate prima della data suindicata; e neppure ha previsto che per tali pensioni si procedesse alla riliquidazione dalla stessa data, corrispondendo per intera la indennità integrativa speciale anche sulla seconda pensione, pur nella forma di emolumento accessorio della pensione e non costitutivo della base pensionabile. Il quadro normativo sembra mutare a partire dal 1.1.2007, con l?entrata in vigore della legge n. 296/2006, che, con l?art. 1, comma 776, abroga l?art. 15, comma 5, della legge n. 724/1994. Per il periodo anteriore resta operante la normativa vigente, con lo spartiacque dell?art. 15 l. n. 724/1994, nella sua complessa e modulata articolazione. E volendo, per compiutezza di analisi stimolata anche dalla ordinanza n. 119/2008 della Corte costituzionale, soffermarsi sugli scenari futuri quali si prospettano per il periodo decorrente dal 1.1.2007, data di entrata in vigore della legge 27.12.2006, n. 296, si deve allora prendere atto che l?applicazione dell?art. 15, comma 5, ha comportato talvolta la duplice corresponsione dell?indennità integrativa speciale (in misura intera su entrambe le pensioni, oppure in misura ridotta al minimo INPS sulla seconda pensione) sia su due pensioni dirette entrambe sorte entro il 31 dicembre 1994 (ad es. su una privilegiata diretta e su una ordinaria di quiescenza) sia su una diretta sorta entro tale data che su una privilegiata, che, ancorché sorta dopo, era riferibile a quella diretta in essere a quella data. Il legislatore ha ritenuto perciò di intervenire con la finanziaria 2007 per contenere la spesa pensionistica (come riconosce la Corte cost.). Per stabilire se effettivamente lo jus superveniens recato dalla legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), ritenuto influente dalla Corte cost. (ordinanza n. 119), abbia inciso sul problema del cumulo della i.i.s su plurimi trattamenti di pensione in capo ad un solo soggetto le due anzidette ipotesi vanno tenute distinte. Per quanto riguarda le pensioni dirette fino al 1994 era prevista l?aggiunta alla voce pensione dell?i.i.s (in misura intera o ridotta al minimo INPS ) come appunto indennità aggiuntiva, mentre per quelle sorte dal 1.1.1995 l?indennità, sottoposta a contributo durante l?attività di servizio, entrava a far parte integrante della base pensionabile (art. 15, comma 3, l.n-724/1994), perdendo così la sua originaria natura di assegno accessorio e si fondeva nella pensione concretamente spettante sulla base pensionabile per così dire ?conglobata?. Sembra così che l?abrogazione dell?intera norma già racchiusa nel citato art. 15, comma 5, della l. n. 724/1994, abrogazione recata dal comma 776 dell?art. 1 della legge n. 296/2006 abbia l?effetto che a decorrere del 1° gennaio 2007 (entrata in vigore della stessa abrogazione) non possa attribuirsi alcuna i.i.s come indennità aggiuntiva alla pensione, né in via amministrativa, né su ricorso giurisdizionale. Trattasi però di una soluzione che non tiene conto della natura dello stesso comma 5° e della realtà effettiva e giuridica che si era determinata per la abusata interpretazione datane da questa Corte, con la massiva giurisprudenza culminata con la sentenza n. 8/2002/QM e che la legge n. 296/2006 è venuta a correggere. La disposizione contenuta nel comma 5° in esame si poneva in successione simmetrica alla precedenti due disposizioni, recanti la vera innovazione della l. n. 724/1994, concernenti, l?una, la inclusione della indennità integrativa, assoggettata a contribuzione, nella base pensionabile delle pensioni liquidate con decorrenza dal 1.1.1995 (comma 3°) e l?altra, a questa simmetrica, che ragguagliava le pensioni di reversibilità dei superstiti, derivate da tali pensioni, all?aliquota in vigore nel regime dell?assicurazione generale obbligatoria per l?invalidità, la vecchiaia e i superstiti (comma 4°). Appariva, pertanto, già evidente, che l?innovazione non si potesse riferire alla pensioni decorrenti antecedentemente al 1.1.1995, che rimanevano quali esse erano con la disciplina loro propria, quale si era venuta conformando con le varie pronunzie della Corte costituzionale. Si trattava di una disposizione di mero raccordo, in realtà priva di un contenuto precettivo che non fosse già desumibile dalle precedenti due disposizioni e dettata con la finalità specifica di rendere chiaro che le pensioni di reversibilità, derivanti da pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994, rimanevano ancorate nella loro disciplina al vecchio regime. Questa normativa, con la riforma organica delle pensioni attuata con la legge 16.8.1995, n. 335, è stata coinvolta nella disposizione contenuta nell?art 1. comma 41, che, nel processo di integrazione degli ordinamenti, ha stabilito che ?La disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato nell?ambito del regime dell?assicurazione obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime?facendo ? salvi i trattamenti più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimenti sui futuri miglioramenti.? La sentenza n. 8/QM/2002, confermando la natura transitoria della disposizione contenuta nel 5° comma dell?art. 15 della legge n. 724/1994, ha escluso che la suindicata nuova normativa, contenuta nella legge organica sulle pensioni erogate in relazione a prestazione di lavoro presso enti pubblici e privati datori di lavoro, trovasse applicazione per le pensioni di reversibilità di pubblici dipendenti derivanti da pensioni dirette liquidate entro il 31 dicembre 1994, le quali andavano in ogni caso liquidate secondo le disposizioni di cui all?art. 15, comma 5°, l. n. 23 dicembre 1994, n. 724, indipendentemente dalla data di morte del dante causa, atteso che l?art. 1, comma 41 l. 8 agosto 1995 n. 335, non ha abrogato il richiamato comma 5° dell?art. 15 della l. n. 724/1994. La interpretazione autentica contenuta nel comma 774 della legge 296/2006, rovescia il prevalente orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti in materia di pensioni di reversibilità, come sopra formatosi, riconducendo anche le pensioni dei pubblici dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all?art 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazione ed integrazioni nell?alveo dell?assicurazione obbligatoria, come aveva già fatto l?originario art 1, comma 41, della l. n. 724/1994, ora autenticamente interpretato. L?abrogazione del comma 5°, nella sua parte precettiva di norma pur sempre transitoria e di raccordo tra l?ordinamento antecedente al 1.1.1995 e quello successivo e non essa stessa instaurativa dei due blocchi di normative costituenti tali distinti ordinamenti, connessa com?era al tema delle pensioni di reversibilità, non poteva che cadere, in una operazione legislativa che mirava essenzialmente allo scopo di liberare l?ordinamento delle incrostazioni e distorsioni derivate da una prassi giurisprudenziale considerata sbagliata, tanto è vero che dei benefici per suo mezzo attribuiti si dispone espressamente il recupero con i futuri miglioramenti delle pensioni. Ma eliminata la norma transitoria non si elimina anche il precedente ordinamento che essa raccordava al nuovo, il quale rimane qual?era con la tuttora vigenza del divieto di cumulo come previsto dalle disposizioni che lo contemplano così come conformate dalla Corte costituzionale. Conclusivamente, queste Sezioni Riunite risolvono la questione deferita dichiarando che le disposizioni recate dalla legge 27.12.2006,n.296, art.1, comma 774, relativo alla interpretazione autentica dell?art. 1, comma 41 della legge n 335 del 1995, sulla indennità integrativa speciale su pensioni di reversibilità, comma 775, che fa salvi tutti i trattamenti in materia così come attribuiti da giudicati, con riassorbimento sui futuri miglioramenti e comma 776, che, con disposizione simmetrica a quella contenuta nel precitato comma 774 (sentenza n. 74/2008 della Corte costituzionale), abroga, con effetto dal 1.1.2007 (data di entrata in vigore della stessa legge n. 296/2006), l?art. 15, comma 5, della legge n. 724/1994, non ha modificato l?assetto normativo valevole per il periodo anteriore a tale ultima data, quale modellatosi con le varie sentenze della Corte costituzionale, relativo al tema del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti di pensione per il periodo antecedente al 1°.1.1995. P.Q.M. La Corte dei conti, a Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, dichiara: che è ammissibile la deferita questione di massima; che essa è rilevante limitatamente al ricorso n. 54012 proposto da B.V.; che essa va risolta nel senso che: - per il periodo precedente all?entrata in vigore della legge 27.12.2006, n. 296 resta applicabile la disciplina della IIS con riferimento al titolare di due pensioni decorrenti entrambe da data anteriore al 1.1.1995; - a decorrere dall?entrata in vigore della legge 27.12.2006 n. 296: - cessata per le pensioni di reversibilità l?applicabilità della norma abrogata dal comma 776, dell?art. 1, non può essere riliquidata l?IIS su tale pensione in godimento; - si applica, ricorrendone i presupposti, la disposizione del comma 775. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

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Procura, Siniscalchi: "Roberti, una nomina opportuna" (sezione: Giustizia)

( da "Caserta News" del 20-03-2009)

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Venerdì 20 Marzo 2009 Procura, Siniscalchi: "Roberti, una nomina opportuna" GIUSTIZIA | Salerno Vincenzo Siniscalchi, avvocato, più volte deputato dell'Ulivo ed attualmente vice-Presidente della V Commissione sugli incarichi direttive e semidirettivi del CSM: >.

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ITALIA, UN PAESE FONDATO SUI CONFLITTI D'INTERESSE AGENDA DI SALADINO: MENTRE ERA SOTTO LA LENTE DI DE MAGISTRIS, SI INCONTRAVA CON DI PIETRO (PRIMA NEGAVA E POI AMMISE) - DE MAG (sezione: Giustizia)

( da "Dagospia.com" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

HomePage | Segnala articolo --> ITALIA, UN PAESE FONDATO SUI CONFLITTI D?INTERESSE ? AGENDA DI SALADINO: MENTRE ERA SOTTO LA LENTE DI DE MAGISTRIS, SI INCONTRAVA CON DI PIETRO (PRIMA NEGAVA E POI AMMISE) - DE MAGISTRIS è INDAGATO, E TONINO CHE FA? LO CANDIDA LO STESSO... Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica per "Il Giornale" Incroci pericolosi sul filo del conflitto d'interessi. A percorrerli l'ex pm più famoso d'Italia, Antonio Di Pietro, e l'ex pm più discusso del momento, Luigi De Magistris. Le loro rotte si sono già sfiorate in passato, più volte, ben prima dell'ultimo idillio elettorale. Il «matrimonio» politico stava per celebrarsi nel febbraio 2008, e fu proprio De Magistris a render pubblico l'abbocco: «Di Pietro mi ha chiesto se volessi candidarmi in Parlamento. Gli ho risposto di no, dicendogli che voglio continuare a fare il magistrato». Luigi De Magistris Nel giro di un anno ha cambiato idea. Estromesso dalla sua procura, privato della «sua» inchiesta, è finito al Tribunale del riesame di Napoli. Dove la strada s'è incrociata di nuovo con il leader Idv. Tonino ha infatti visto il figlio e molti notabili del suo partito coinvolti in un filone di quella stessa Appaltopoli partenopea che ha riportato in prima pagina proprio De Magistris, relatore della decisione del Riesame che confermava il carcere per Alfredo Romeo e lanciava pesanti accuse a Francesco Rutelli. Su questo «conflitto d'interessi» il Codacons ha impugnato al Tar il via libera del Csm alla candidatura di De Magistris: «Prima di dare l'ok alla candidatura avrebbe dovuto accertare» che la scelta di scendere in politica «non sia stata presa quando il magistrato decideva sulla vicenda Romeo, nella quale risulta implicato anche il figlio di Antonio Di Pietro». Il tutto, proprio per evitare sospetti e dietrologie. Ma il «conflitto d'interessi», però, non riguarda solamente i rapporti tra i due ex pm ma passa anche per il tramite di Antonio Saladino, indagato principe dell'inchiesta Why not. Mentre era sotto la lente dell'inquirente De Magistris, Saladino si incontrava più volte con Di Pietro. Il quale, dopo aver affermato che dell'indagato non ricordava «né il nome né il volto né chi sia», di fronte alle precisazioni dello stesso Saladino con riferimento a tre faccia a faccia, ammise gli incontri. Antonio Saladino Scoprendosi garantista: «Non so se Saladino abbia commesso qualcosa di penalmente rilevante e mi auguro che non sia così - disse Di Pietro - i miei rapporti con lui non sono stati né opachi né illeciti. Solo incontri elettorali, senza alcun altro fine». Saladino da un lato ricambiò il favore, raccontando al Riformista di aver fatto addirittura fatto saltare un appuntamento perché, avendo ricevuto un avviso di garanzia, non riteneva opportuno incontrarlo «per non creargli imbarazzo». A sollecitare l'incontro, per Di Pietro, fu un certo Angelino Arminio, la stessa persona indicata da Nicola Mancino quale suo collaboratore, autore di una telefonata a Saladino considerata «sospetta» da De Magistris. E ancora. Successivamente Saladino ha spiegato che degli incontri finalizzati ad accordi elettorali con Tonino vi era «ovviamente ampio riscontro nelle conversazioni telefoniche intercettate». Telefonate che, però, non si trovano negli atti depositati, e che hanno evitato a Di Pietro processi mediatici puntualmente devastanti per chiunque si fosse solo avvicinato a Saladino. Gli esempi si sprecano. Tra i tanti, quello dell'ex presidente dell'Anm Antonio Luerti, costretto alle dimissioni per aver incontrato accidentalmente, negli uffici del ministro in via Arenula, l'indagato che era in visita al Guardasigilli. Antonio Di Pietro Anche delle pagine delle agende sequestrate a Saladino da De Magistris, sulle quali - secondo il periodico Tempi - vi sarebbero stati appuntati gli incontri con Di Pietro, non s'è più saputo niente. Appena 4 mesi fa, infine, Di Pietro annunciò in pompa magna il divieto di candidarsi nell'Idv per chiunque fosse indagato. Ora che il suo nuovo «pupillo» De Magistris è sotto inchiesta a Roma, Tonino è di fronte a un dilemma. Escluderlo, oppure fare uno strappo alla regola. Come ha fatto per se stesso quando era finito lui indagato per le frasi su Giorgio Napolitano e la mafia. [20-03-2009]

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Kirghizistan/ Parlamento: elezioni presidenziali il 23 (sezione: Giustizia)

( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Roma, 20 mar. (Ap-Nuova Europa) - Il Parlamento del Kirghizistan ha approvato il 23 luglio come data in cui si terranno le elezioni presidenziali. I deputati hanno votato all'unanimità a favore della data consigliata dalla Commissione affari costituzionali. La Corte costituzionale aveva stabilito ieri che le presidenziali dovranno aver luogo entro il 25 ottobre. L'attuale presidente Kurmanbek Bakiev ha già fatto sapere che intende concorrere per un secondo mandato.

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C'è UN PRINCIPIO DELLA FISICA CHE è MOLTO UTILE PER DESCRIVERE LE DINAMICHE DI ... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)

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«C'è un principio della fisica che è molto utile per descrivere le dinamiche di emigrazione dei fenomeni criminali: se sopra un corpo, come può essere il territorio occupato da un clan, agisce la forza dello Stato, il corpo reagisce con un'altra forza chiamata reazione. Di qui l'emigrazione dell'interesse criminale in luoghi ritenuti apparentemente più sicuri». Franco Robertri, nuovo procuratore della Repubblica di Salerno, spiega così, nel corso di una intervista, la possibilità che il sanguinario clan dei Casalesi possa aver messo radici nella realtà salernitana, a partire dagli appalti pubblici. «Non commento fatti che ancora non conosco ma, in linea generale, i clan tendono ad emigrare quando nel loro territorio di nascita c'è la pressione dello Stato». Franco Roberti, sessantuno anni, si insedierà al terzo piano dle palazzo di giustizia a metà aprile. Per lui voto unanime del Csm con le parole del vice presidente Nicola Mancino: «A Salerno serve una svolta per lavorare con serenità e ordine». MANZO A PAG. 35

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ANTONIO MANZO C'è UN PRINCIPIO DELLA FISICA CHE è MOLTO UTILE PER DESCRIVERE... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

ANTONIO MANZO «C'è un principio della fisica che è molto utile per descrivere le dinamiche di emigrazione dei fenomeni criminali soprattutto quando essi incidono in territori geograficamente circoscritti anche se con diramazioni di attività e di interessi oltre gli stessi confini originari...». Qual'è questo principio, procuratore Roberti? «Quello, ed è tra i fondamentali della fisica, di azione e reazione: se sopra un corpo, come può essere il territorio occupato da un clan, agisce la forza dello Stato, il corpo reagisce con un'altra forza chiamata reazione. Di qui l'emigrazione dell'interesse criminale in luoghi ritenuti apparentemente più sicuri». Di qui la possibilità, ad esempio, che il clan dei Casalesi pressato efficacemente dallo Stato nella sua terra d'origine, trovi conveniente oltre che strategicamente utile occupare territori diversi, come potrebbe essere quello salernitano... «In via generale abbiamo sperimentato, e certificato anche con le inchieste, che esiste una capacità espansiva dei clan come diretta conseguenza della pressione esercitata dallo Stato. Non conosco ancora approfonditamente la particolarità del caso-Salerno ma va decisamente verificata». Franco Roberti, sessantuno anni, è il nuovo procuratore della Repubblica di Salerno. Arriva dopo una emergenza istituzionale che, per quattro mesi, ha fatto registrare un conflitto tra procure destinato a restare nella storia nazionale, non solo giudiziaria. Dal suo nuovo ufficio al terzo piano del palazzo di giustizia si vede uno spicchio di mare e di golfo. E lui sa, per attitudine e per hobby, che ogni navigazione è un sogno di libertà ma anche una frontiera del rischio. Disse un giorno a Napoli, nel pieno di uno scontro tra ambienti giudiziari e mondo politico nato dopo un'azione anti-global della polizia a piazza Municipio: «La procura non è nostra, ci stiamo dentro per servire. Abbiamo il dovere di dare sempre una risposta efficiente alla domanda di giustizia dei cittadini». Con quale animo arriva alla guida della procura di Salerno? «Profondamente onorato di assumere la guida di una sede prestigiosa di ufficio giudiziario». Una sede che richiede un supplemento di anima e di impegno, soprattutto dopo quel che è accaduto. «L'unanime indicazione del Csm mi impegna ancor di più a lavorare in un clima di serena operatività. Arrivo tra colleghi magistrati e colleghi amministrativi di grande professionalità con i quali sono sicuro di poter dare vita a un lavoro sereno e, ripeto, produttivo». Se dovesse sintetizzare un programma di lavoro? «Utilizzerei due parole: serenità ed efficacia». Il vice presidente Mancino proprio a Salerno parlò di svolta necessaria... «Sono state le sue parole anche nella dichiarazione di voto in mio favore espressa al plenum del Csm». Arriverà per metà aprile, il procuratore Roberti. Sostituirà un collega, Luigi Apicella, fatto bersaglio di una pesante sanzione disciplinare - sospensione dalle funzioni e dallo stipendio - che la stessa vittima definisce come il frutto amaro di comportamenti ispirati da «due pesi e due misure» rispetto ai magistrati calabresi. Il nuovo procuratore conosce Salerno ancheper l'esperienza maturata alla Direzione Nazionale Antimafia nell'epoca Vigna spesso vissuta, fianco a fianco, con un collega come Corrado Lembo, ora procuratore della Repubblica a Santa Maria Capua Vetere. Proprio Lembo e Roberti nel giugno del 2002 furono gli autori di un lavoro a «quattro mani» sui modi, ne illustrarono quindici, di infiltrazione dei clan negli appalti. Sette anni fa, anticiparono quel che sta accadendo in questi giorni proprio a Salerno: lo sbarco dei Casalesi negli appalti pubblici. A partire dalla «General Impianti sas», l'impresa di Pasquale e Giuseppe Setola, il sanguinario boss casertano che vince e fa vincere appalti.

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DALLA NON DISCRIMINAZIONE ALLA VERA PARITà è IL TEMA DELLA LECTIO MAGIST... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

«Dalla non discriminazione alla vera parità» è il tema della «lectio magistralis» che la professoressa Maria Rita Saulle, giudice della Corte Costituzionale, terrà stamane all'Ateneo. La lezione si inserisce nel corso di aggiornamento e perfezionamento professionale in Diritto dell'Unione Europea Applicato, diretto dalla professoressa Angela Di Stasi, che si svolge con il patrocinio del Consiglio Nazionale Forense. Sono previsti gli indirizzi di saluto del magnifico rettore Raimondo Pasquino, del prefetto Claudio Meoli, del preside della facoltà di Giurisprudenza Enzo Maria Marenghi, del direttore del Dipartimento di Diritto Pubblico Generale e teoria delle istituzioni, Luigi Kalb, del coordinatore scientifico del corso, Massimo Panebianco e della professoressa Angela Di Stasi. Se fino a qualche anno fa la normativa italiana si è preoccupata di evitare le discriminazioni, sanzionandole, ora la prospettiva è cambiata, soprattutto se il tema viene affrontato in un'ottica comunitaria. Si è infatti registrato un importante passo avanti verso una reale parità, con la previsione di interventi ed azioni positive per garantirla.

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L'ASSOCIAZIONE CULTURALE SALERNITANA "VERITATIS SPLENDOR", PRESIEDUTA DAL PROFESSORE MARCO DI MATTEO... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Salerno)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

L'Associazione Culturale salernitana "Veritatis Splendor", presieduta dal professore Marco Di Matteo, in collaborazione con l'Università "Suor Orsola Benincasa" ha organizzato per oggi un convegno di studi su Giuseppe Capograssi (Sulmona 1889-Roma 1956), tra i maggiori filosofi del diritto italiani. Insegnò nelle Università di Sassari, Macerata, dove fu anche rettore, Padova, Napoli e Roma. Ricoprì gli incarichi di membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e di giudice presso la Corte Costituzionale. Fu tra i fondatori dell'UGCI (Unione Giuristi Cattolici Italiani) di cui fu anche primo presidente. Nell'occasione, sarà presentato il volume "La vita etica" (Ed. Bompiani, 2008)..Al convegno, che sarà presieduto dal prof. De Sanctis, Rettore del "Suor Orsola Benincasa" di Napoli, inteverranno i professori. Acocella, Naddeo, Di Matteo, Mercadante, presidente della Fondazione "Giuseppe Capograssi".

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PUBBLICITà DEI VERBALI SUL CASO PANSA-BERTOLASO. LO HA STABILITO IL CONSIGLIO GIUDIZIARIO - UNA... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Circondario Nord)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Pubblicità dei verbali sul caso Pansa-Bertolaso. Lo ha stabilito il Consiglio giudiziario - una sorta di Csm distrettuale - rendendo pubblica parte dello scontro tra il procuratore Giovandomenico Lepore e i due pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. Dodici voti a sei: così il Consiglio ha stabilito di togliere il segreto su voti e verbali delle sedute dedicate alle divergenze sulla gestione del fascicolo che vede indagati, tra gli altri, il prefetto Alessandro Pansa, il sottosegretario antirifiuti Guido Bertolaso, l'ex commissario ai rifiuti Corrado Catenacci. Dodici voti per ottenere la «desegretazione dei verbali» della seduta dello scorso primo dicembre, al termine delle audizioni del procuratore Lepore, dei due pm «ribelli» e dell'aggiunto Aldo De Chiara. Una seduta in cui si decise di interessare il Csm - il caso è finito alla settima commissione, che si occupa di problemi organizzativi e non disciplinari - per ottenere risposte sul braccio di ferro interno alla Procura, sulla gestione di un fascicolo stralcio ancora in via di definizione. Ma qual era il motivo dello scontro tra Lepore e i due sostituti? E cosa emerge dai verbali indirizzati al Csm, rimasti segreti fino alla seduta di lunedì scorso? Lo scontro nasce sulla gestione dell'inchiesta «rompiballe», sfociato la scorsa primavera in 25 arresti ai domiciliari a carico, tra gli altri, dell'ex ad di Impregilo Malvagna e della numero due della Protezione civile Marta Di Gennaro. È il 24 luglio scorso, quando in Procura si assiste alla frattura tra Lepore e i due pm: Sirleo e Noviello vogliono mandare a giudizio 33 indagati, tra cui Pansa e Bertolaso, ipotizzando i reati di truffa e traffico di rifiuti. Di diverso avviso, il procuratore Lepore (nel frattempo nominato dal governo Berlusconi procuratore regionale per far fronte all'emergenza rifiuti). Lepore decide di stralciare le posizioni di Pansa, Bertolaso, Catenacci e di altri quattro indagati, iscritti per ultimo nel fascicolo, per consentire a tutti gli stessi tempi difensivi. Una decisione che non piace. E che provoca lo strappo: i due pm, infatti, non ci stanno e non firmano la richiesta di processo per i restanti 25 indagati, che in questi mesi sono stati poi rinviati a giudizio dal gup Raffaele Piccirillo. Il caso finisce al Consiglio giudiziario e al Csm. Ora, l'ultima svolta. A chiedere la desegretazione dei verbali, in particolare, quelli di Movimenti riuniti e di Mi, più tre avvocati componenti del Consiglio. Contro: autorevoli esponenti del distretto, come Roberto D'Aiello e il pm anticamorra Raffaello Falcone. Dagli atti desegretati, emergono gli interventi dei due sostituti pg Massimo Galli e di Giuseppe Lucantonio. Entrambi sottolineano la mancata motivazione scritta della decisione di Lepore di stralciare i sette indagati. Entrambi parlano di revoca del fascicolo ai due titolari originari dell'inchiesta, a loro volta costretti a difendere autonomia e dignità professionale. Di altro avviso, invece, il procuratore generale Vincenzo Galgano che difende l'operato del capo dei pm Lepore. l.d.g.

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ROSANNA BORZILLO NAPOLI NON PUò MORIRE E NON MORIRà PERCHé HA ANCORA TANTE C... (sezione: Giustizia)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Rosanna Borzillo «Napoli non può morire e non morirà perché ha ancora tante cose da dire ai suoi abitanti e al mondo intero». Lo dice il cardinale Sepe alla presentazione del libro Mille Napoli. La Comunità di Sant'Egidio e la città di don Gino Battaglia, edito da Guida (pagg. 314, euro 18). «Un testo - dice l'arcivescovo - nel quale emergono atti e fatti che indicano la grande mobilità di questa città che noi tutti possiamo rendere migliore». Nonostante le sue difficoltà: «Nonostante tutti i suoi problemi - aggiunge Marco Impagliazzo, presidente della Comunità - e nonostante ancora adesso a distanza di 35 anni per qualcuno sono attuali le parole di quel giovane che, nel 1973, si tolse la vita in via Toledo scrivendo "Ritengo sia impossibile vivere in una città come questa"». Il lavoro e l'impegno della Comunità di Sant'Egidio hanno evidenziato, come spiega Gennaro Matino, vicario episcopale per le Comunicazioni sociali: «Napoli non è solo la palla al piede dell'Italia intera, ma può e deve diventare esemplare». Grazie anche al lavoro spesso invisibile condotto dalla Comunità in ogni quartiere a rischio, a fianco degli ultimi e «degli anziani - che per il filosofo Aldo Masullo - sono i più poveri tra tutti perché privi del futuro e del presente. Poveri persino della speranza e verso i quali Sant'Egidio ha portato solidarietà e presenza». Come verso i bambini. «I duemila di Sant'Egidio - dice Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte Costituzionale - cercano di insegnare parole, di superare una realtà frammentata collegando esistenze individuali e puntando sulle nuove generazioni». Nel libro di don Gino Battaglia si legge tutto questo con lucidità». Alle spalle un sogno: una missione per la pace, un progetto comune su cui lavorare perché «Napoli possa diventare città del dialogo, superando l'intolleranza e l'indifferenza e quella sorta di indulgenza vesso se stessa che ne rallenta la ricerca di una sua ineguagliabile identità».

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Via libera alla Grotta del Ventaglio (sezione: Giustizia)

( da "Sicilia, La" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

cutgana, itinerario turistico Via libera alla Grotta del Ventaglio Sabato 21 marzo alle 10, a Palazzo Vermexio di Siracusa (piazza Duomo, 4), si terrà la cerimonia d'inaugurazione del Master di II livello in Diritto tributario (a.a. 2008/09) della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania, con la Lectio Magistralis del prof. Franco Gallo, ordinario di Diritto tributario alla facoltà di Giurisprudenza della Luiss e Giudice della Corte Costituzionale, dal titolo Il federalismo fiscale. Gallo - che è anche Accademico dei Lincei - è attualmente condirettore del Centro di ricerche giuridiche applicate (CeradiI) dell'Università romana. Alla manifestazione - promossa dalla facoltà di Giurisprudenza dell'Università etnea, dall'Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di Siracusa e dal Consorzio Universitario Archimede -, interverranno anche il sindaco di Siracusa Roberto Visentin, il presidente della provincia Nicola Bono, il coordinatore scientifico del master, prof. Salvatore La Rosa, docente di Diritto tributario all'Università, il direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate Castrenze Giamportone, il presidente dell'Ordine dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili di Siracusa, Gaetano Ambrogio, e il presidente del Consorzio Universitario Archimede, Salvo Baio.

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Aggressione e insulto razzista a un avversario: il giudice ferma per sei turni uno straniero del Silea (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Aggressione e insulto razzista a un avversario: il giudice ferma per sei turni uno straniero del Silea Venerdì 20 Marzo 2009, TREVISO - (m.mir.) Juniores (ma anche Allievi e Terza categoria) in evidenza in maniera negativa in campo disciplinare. Ecco le decisioni dei giudici sportivi provinciali. TERZA CATEGORIA - Quattro gare: Gianluca Cattarin (Fanzolo) per aver pestato il piede all'arbitro a gioco fermo. Tre gare: Federico Checuz (Tarzo Revine Lago) per insulti all'arbitro. Una gara: Roveda (Boccadistrada), P. De Franceschi, Ceccato (Pederobba), Gasparetto (Fanzolo), Monè (Padernello), Moro, Zabotti (Ardita Pro), Fantuzzi, Diedhiou, Mazzer (Feletto), Bussolin (CSM Resana), Zanatta (Postioma), N. Sartorato (Rovere), Guolo (S. Antonino), Corato (S. Gaetano), Bresolin, Mattiuzzo (Volpago). Ammenda 50 euro al S. Giuseppe. Coppa Provincia Treviso: Due gare a Trentin (Suseganese); una a Agello, Tosetto (CSM Resana); Inibizione fino al 31 marzo a Mattiuz (dir. Follinese). Del. Bassano: Una gara a Peruccon, Campana (Union Borso). Del. Basso Piave: Una gara a M. Ramon, F. Moro (Biancade). JUNIORES - Gara persa per 3-0, un punto di penalizzazione e 150 euro di ammenda al S. Vendemiano per non essersi presentato in campo il Porto Mansuè l'11 marzo. Sei gare: Demokrat Makica (Silea) per aver afferrato per il collo un avversario proferendo espressione razziale ma al Silea affermano che non è andata così. Due gare: Zuccato (Fossalunga), Gerolimetto (Godigese). Una gara: Konsegre (Fontane), Bonavia, Stefani (Pro Mogliano), Monticelli (Silea), Bandiera (Treville), Squizzato, Baggio, Sbrissa (CSM Resana), Vinciguerra (Badoere), Tafaj (Paese), Zago (Casale), Zuccato (Fossalunga), Girgenti (Milan Guarda), Moro (Pro Roncade), Tonon (Sanfiorese). Inibizione fino al 7 aprile a Bertoni (dir. Parè). Del Bassano: Una gara a Montini (Pedemontana). ALLIEVI - Quattro gare: Alessandro Di Madero (Città di Asolo) per aver spinto più volte sul collo e sul petto un avversario e minacce. Due gare: Bytyqi (Montello), Rustemi, Tombolato (Godigese), Biondo (Postioma), Favaro (Istrana), Sergi (Città di Asolo), Lucena (Fossalunga), Cortese (Riese Vallà), Baccega (Opitergina), Rutigliano (Campigo), Baciu (Cappella Maggiore), Carnio (Casale), Hudorovich (Parè). Inibizione fino al 31 marzo a Casula (dir. Gorghense). Ammenda 30 euro a S. Gaetano e Cordignano. GIOVANISSIMI - Una gara: Battistella (Nervesa), Tonon (Padernello), Tobaldo (Preganziol), Reginato (Giov. Ezzelina), Buoro (Opitergina), Piovesana (S. Bona). Inibizione fino al 24 marzo a Campoglioni (dir. Giovani Lia Piave), ammenda 50 euro al S. Gaetano (insulti all'arbitro). ESORDIENTI - Inibizione fino al 7 aprile a Cussiol (Dir. Preganziol); squalifica fino al 24 marzo a Da Ros (all. Ardita Pero); ammenda 40 euro al Vedelago (offese all'arbitro). CALCIO A 5 - Serie C: una gara a Laino (Altamarca). Serie C2: una gara a Cardin (Prisma S. Polo), Mattiuzzo, Zinetti (Colfosco), Gelupi (Condor) Bernardi (Montebelluna), Bolzan (Moinet Mareno Oderzo); inibizione fino al 23/3 a Daniel (dir. Pederobba); ammenda 90 euro al S. Lucia Mille (insulti all'arbitro). Serie D: una gara Borrelli (Real Evolution), Savarese (Postioma), Gatto (Spresiano), Campagnolo, Cunego (Loria).

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Il Pubblico Ministero Luigi De Magistris, a suo tempo titolare della delicata inchiesta Why not?, si... (sezione: Giustizia)

( da "Gazzettino, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Venerdì 20 Marzo 2009, Il Pubblico Ministero Luigi De Magistris, a suo tempo titolare della delicata inchiesta Why not?, si è candidato alle elezioni europee nelle liste dell'Italia dei Valori. Lo stesso De Magistris ha sentito l'esigenza di assicurare che la sua scelta è "irreversibile" e che quindi non tornerà a fare il magistrato anche nel caso che non venga eletto. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, è andato più in là auspicando una legge che vieti ai magistrati entrati in politica di "tornare alla toga". È una legge che in realtà avrebbe dovuto essere approvata da tempo vista anche la pletora di magistrati che negli ultimi anni sono passati alla politica, molti dei quali, finita l'esperienza in Parlamento, sono tornati a fare il mestiere che facevano prima. Perché un magistrato che ha militato in un partito e poi è tornato a fare il P.M. o il giudice perde quell'immagine di imparzialità che è essenziale alla sua delicatissima funzione. E non ci si può affidare alla correttezza personale del magistrato, alla sua professionalità, perché la questione non riguarda lui, che può anche riuscire a tornare a svolgere il suo compito sgombro di qualsiasi pregiudiziale politica, perché la questione ha un rilievo pubblico e attiene alla fiducia che devono avere nella sua imparzialità i cittadini che si trova ad inquisire e più in generale l'opinione pubblica. Insomma, per usare un'antica formula, il magistrato è come la moglie di Cesare che "non solo deve essere onesta, ma deve anche apparire onesta". Non mi fermerei però qui. Dovrebbe essere vietato per legge al magistrato di lasciare la toga per entrare in Parlamento, in questo o quel partito. Perché in questo modo getta un'ombra su tutta la sua attività pregressa. Il cittadino può legittimamente pensare che in questa o quella occasione il Magistrato ha agito non secondo il suo dovere di imparzialità, ma condizionato dalle sue convinzioni politiche. È vero che la Costituzione stabilisce che l'elettorato passivo è un diritto che appartiene a tutti i cittadini e quindi anche ai magistrati. Bene, ecco un'occasione per modificare la Costituzione senza lederne i principi fondamentali, anzi rafforzandoli perché la divisione fra i tre poteri dello Stato, esecutivo, legislativo e giudiziario, devono rimanere il più possibile netti. Quello del magistrato, che giudica della vita dei cittadini, che può togliere loro la libertà, non è un mestiere come un altro. Dovrebbe essere una vocazione, una missione, com'era una volta; che comporta quindi dei sacrifici che agli altri cittadini non sono richiesti. Ha detto bene il giudice Fausto Materia, segretario di Unicost: "Un magistrato che crede fino in fondo al suo lavoro non dovrebbe mai pensare di entrare in politica". Infine dovrebbe essere limitata in modo drastico la possibilità del magistrato di esprimere e liberamente il proprio pensiero, e questo è un compito che non può spettare che al suo organo di autogoverno, il Csm. Innanzitutto su inchieste in corso a lui affidate. Questa smania di "esternare" è uno degli elementi che più ha screditato la magistratura italiana dando così la possibilità a manigoldi di ogni tipo di mettere in dubbio la validità delle inchieste, anche quelle svolte in modo ineccepibile. In altri tempi, che purtroppo non sono più i nostri, che son quelli dello sbarco generale, un magistrato si esprimeva solo "per atti e documenti". In secondo luogo il magistrato dovrebbe astenersi dal manifestare opinioni politiche e dal partecipare a manifestazioni politiche. Per le solite ragioni: perché in tal modo getta un'ombra sulla sua imparzialità. Sono sacrifici duri, ma indispensabili. Ci sono funzioni che comportano doveri che gli altri cittadini non hanno e anche una limitazione dei diritti che gli altri cittadini hanno. Il Capo dello Stato, cui funzione è di essere "super partes", non può esprimere liberamente il suo pensiero e dichiarare la sua preferenza per questo o quel partito. E nemmeno farla capire. La stessa cosa vale per il singolo magistrato, anch'esso obbligato dalla sua funzione ad essere "super partes". La Magistratura se vuole il rispetto che le è dovuto deve anche meritarselo. Si eviterebbero così, almeno si spera, anche quegli attacchi del tutto strumentali che le sono stati portati in questi anni da individui con la coscienza sporca che, per salvarsi, non avevano altro mezzo che infangare quella degli altri. www.massimofini.it

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VIOLENZA SU DONNE:PER QUELLA DOMESTICA ANCORA POCHI ARRESTI (sezione: Giustizia)

( da "Adnkronos" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

VIOLENZA SU DONNE:PER QUELLA DOMESTICA ANCORA POCHI ARRESTI AL CSM INCONTRO CON CAPI PROCURE PER DISCUTERE FENOMENO commenta 0 vota 0 tutte le notizie di CRONACA ultimo aggiornamento: 20 marzo, ore 16:03

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Insidia stradale, pozzanghera, responsabilità da cose in custodia, insussistenza (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Insidia stradale, pozzanghera, responsabilità da cose in custodia, insussistenza Tribunale Piacenza, sentenza 02.12.2008 Stampa | Segnala | Condividi Insidia stradale - pozzanghera ? responsabilità da cose in custodia ? insussistenza [artt. 2051-2043 c.c.] Ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità ex art. 2051 c.c., per l'impossibilità in concreto dell'effettiva custodia del bene demaniale, l'ente pubblico risponde dei danni da detti beni, subiti dall'utente, secondo la regola generale dettata dall'art. 2043 c.c., che non prevede alcuna limitazione della responsabilità dell'amministrazione per comportamento colposo alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto. In questo caso graverà sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene demaniale della strada, fatto di per sé idoneo in linea di principio a configurare il comportamento colposo della P.A., sulla quale ricade invece l'onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali ad esempio la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia. Tanto in ipotesi di responsabilità oggettiva della P.A. ex art. 2051 c.c., quanto in ipotesi di responsabilità della stessa ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del soggetto danneggiato nell'uso di bene demaniale (che sussiste anche quando egli abbia usato il bene demaniale senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) esclude la responsabilità dell'amministrazione, se tale comportamento è idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, integrando altrimenti un concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227 comma 1 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all'incidenza causale del comportamento del danneggiato. (1-4) (1) In materia di cose in custodia e rovina della cosa, si veda Cassazione civile , sez. III, sentenza 30.01.2009 n° 2481. (2) In materia di parcheggio a pagamento e furto dell?autovettura, si veda Cassazione civile , sez. III, sentenza 27.01.2009 n° 1957. (3) In materia di insidia stradale ed appalto alla manutenzione, si veda Cassazione civile , sez. III, sentenza 23.01.2009 n° 1691. (4) Si veda il focus VIOLA, Obbligo di custodia della strada e responsabilità del Comune. Tra i contributi della dottrina più recente, si vedano: - COMPORTI, La responsabilità per i danni da omessa o cattiva manutenzione stradale, in La Responsabilità Civile, 2008, 11; - FILIPPI, Danno causato da immobile e ricerca del custode responsabile ex art. 2051 c.c., in La Responsabilità Civile, 2008, 02; - DONADONI, La responsabilità civile nella pubblica amministrazione tra onere di custodia e cd. "insidia" (o "trabocchetto"), in Contratto e Impr., 2008, 4-5; - CARBONE V., Responsabilità per danni cagionati da cosa in custodia, ex art. 2051 c.c., in Il Corriere Giuridico, 2008, 10. (Fonte: Altalex Massimario 11/2009) Tribunale di Piacenza Sentenza 2 dicembre 2008 SVOLGIMENTO Promuovendo la presente controversia, F. C. esponeva che in data 14/11/2000, allorquando era alla guida della sua autovettura, aveva subito un incidente, impattando contro un muro di cemento posto a margine della strada statale 45 che stava percorrendo in direzione Bobbio-Perino, dopo avere perso il controllo dell'auto; che il sinistro era stato cagionato da un'anomalia stradale, rappresentata da una pozzanghera di rilevanti dimensioni e profondità formatasi sulla carreggiata; che detta pozzanghera si era formata a seguito dell'ostruzione della canalina di scolo a margine della carreggiata, in seguito al sedimentarsi di rifiuti di ogni genere; che di tale fatto doveva rispondere, per omessa pulizia e manutenzione, l'A., ente preposto al mantenimento dell'efficienza e delle condizioni di sicurezza della strada; che nessuna censura, nemmeno per statuire un concorso di colpa, poteva essere mossa nei confronti dell'attrice, che guidava ad una velocità estremamente moderata ed addirittura in terza marcia. Sulla base di tale narrativa ed invocata l'applicazione dell'art. 2051 c.c., la F. chiedeva la condanna dell'A. a ristorare il danno biologico, il danno morale ed il danno patrimoniale subiti, complessivamente quantificati in poco più di 17 mila euro. Costituendosi in giudizio, resisteva l'A.. In diritto, la convenuta deduceva l'applicabilità al caso di specie del solo art. 2043 c.c., non già dell'art. 2051 c.c. asseritamente inapplicabile alla PA od all'ente gestore delle strade, e l'assenza di ogni responsabilità in ragione dell'inconfigurabilità di un'insidia o trabocchetto, unica figura ritenuta idonea a fondare la responsabilità di un ente pubblico nel caso di sinistri stradali, per essere la pozzanghera perfettamente visibile. In fatto, eccepiva comunque l'eccessività del danno lamentato e la concorrente colpa della F.. La causa veniva istruita con tre CTU: una affidata al PI Negri per verificare le cause del sinistro; una seconda, sempre affidata allo stesso PI Negri, per individuare i danni subiti dal veicolo; una terza, affidata al dottor Q., per calcolare il danno biologico subito dall'attrice. MOTIVI DELLA DECISIONE a) La vicenda oggetto di causa ripropone la vexata quaestio del tipo e dell'ambito della disciplina applicabile in caso di incidente avvenuto su strada pubblica, e della possibilità di configurare al riguardo una responsabilità, concorrente od esclusiva, dell'ente che della stessa e delle relative pertinenze è proprietario o custode, quale nel caso di specie è l'ente pubblico economico A.. Relativamente a detta problematica, è noto che, secondo la tradizionale e più datata giurisprudenza, senza dubbio influenzata dall'esigenza, allora avvertita e sopra indicata, di garantire alla P.A. una posizione di privilegio nell'ambito dell'operatività del sistema civilistico, alla materia de qua non è applicabile l'art. 2051 c.c.; deve invece riconoscersi, in favore dell'utente danneggiato dall'utilizzo di beni demaniali in ragione dell'omessa od insufficiente manutenzione delle strade pubbliche, l'applicabilità, unicamente ed esclusivamente, del generale principio di cui all'art. 2043 c.c.. Alla stregua di tale orientamento, l'amministrazione incontra, nell'esercizio del suo potere discrezionale di vigilanza, controllo e manutenzione dei beni di natura demaniale, limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza, ed in particolare dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere ex art. 2043 c.c. In applicazione di tale norma, l'amministrazione è tenuta a far sì che il bene demaniale non sia fonte generatrice di un danno a terzi, a cagione della colposa violazione di specifici doveri di comportamento stabiliti da norme di legge o di regolamento, in modo tale da evitare che possa scaturirne danno per gli utenti che sullo stato di praticabilità delle strade ripongono ragionevole affidamento. In tale contesto, la giurisprudenza ha elaborato la figura dell'insidia o trabocchetto, quale situazione per l'utente di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile, e quindi non evitabile con l'ordinaria diligenza (tra le molteplici pronunce, cfr. le datate Cass. n. 2806/1966, Cass. n. 385/1969, Cass. n. 2244/1969, Cass. n. 3816/1969; più recentemente, Cass. n. 11250/2002, Cass. n. 14993/2002, Cass. n. 15710/2002, Cass. n. 16356/2002, Cass. n. 17152/2002, Cass. n. 1571/2004, Cass. n. 10132/2004, Cass. n. 10654/2004, Cass. n. 22592/2004). Tuttavia, tale figura, inizialmente intesa quale mero elemento sintomatico dell'attività colposa dell'amministrazione, è successivamente stata ricostruita come indice tassativo ed ineludibile della responsabilità dell'amministrazione (Cass. n 22592/2004), con onere della prova della sua esistenza a carico del danneggiato (Cass. n. 10654/2004, Cass. n. 11250/2002, Cass. n. 7938/2001). a1) Successivamente, la giurisprudenza ha invece iniziato a ritenere concettualmente ed astrattamente configurabile, nei confronti della P.A., la responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c. relativamente ai danneggiamenti subiti a seguito dell'utilizzo di strade pubbliche. Sulla scia di sempre più stringenti critiche dottrinali, si è infatti preso atto che il ritenere non applicabile alla P.A., per tali beni, la responsabilità da custodia, ma solo quella ex art. 2043 c.c., rappresenta un ingiustificato privilegio e, di riflesso, un ingiustificato deteriore trattamento per gli utenti danneggiati; viceversa, l'applicazione dell'art. 2051 c.c. si presta ad una migliore salvaguardia e ad un miglior bilanciamento degli interessi in gioco in conformità ai principi dell'ordinamento giuridico e al sentire sociale. Tuttavia, in una prima fase, l'operatività del principio è stata sminuita dalla considerazione che la norma in parola deve ritenersi applicabile solo con riferimento a beni demaniali che consentono in concreto un controllo ed una vigilanza idonei ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo, e quindi non anche ai beni di notevole estensione e suscettibili di generalizzata utilizzazione. E ciò è stato argomentato sulla base dell'insegnamento della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 156/1999, ha chiarito che non viola il dettato costituzionale l'interpretazione dell'art. 2051 c.c. che ne esclude l'applicabilità alla P.A. "allorché sul bene di sua proprietà non sia possibile - per la notevole estensione di esso e le modalità d'uso, diretto e generale, da parte di terzi - un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti". Pertanto, con specifico riguardo alle strade, l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. è stata esclusa con riferimento a quelle statali (Cass. n. 16179/2001) ed alle autostrade (Cass. n. 12314/1998, Cass. n. 921/1988); mentre è stata viceversa ammessa relativamente alle strade di proprietà del Comune (Cass. n. 11446/2003, Cass. n. 11749/1998, Cass. n. 4673/1996) o della Provincia, nonché alle pertinenze della sede stradale (Cass. n. 13087/2004) ed anche autostradale (Cass. n. 488/2003, Cass. n. 298/2003), alle scarpate (Cass. n. 10759/1998) ed alle zone limitrofe alla sede stradale di proprietà della P.A. (Cass. n. 17907/2003, Cass. n. 11366/2002). a2) Ancora più recentemente, la Suprema Corte ha ulteriormente avanzato la linea di tutela dell'utilizzatore delle strade pubbliche, escludendo l'automatismo interpretativo secondo cui la ricorrenza delle caratteristiche della demanialità o patrimonialità del bene, dell'uso diretto della cosa e dell'estensione della medesima, sia da ritenersi idonea ad automaticamente escludere l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., atteso che l'esclusione di tale responsabilità è da ricondurre solo all'oggettiva impossibilità dell'esecuzione del potere di controllo, il cui onere della prova ricade in capo alla stessa P.A. (Cass. n. 488/2003, Cass. n. 1144/2003, Cass. n. 6515/2004, Cass. n. 19653/2004, Cass. n. 3651/2006). A conforto di tali conclusioni, viene richiamata la stessa sentenza di Corte Cost. n. 156/1999, la quale ha effettivamente ritenuto che non è invocabile la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. allorquando la P.A. non può esercitare sulla res un controllo "continuo, efficace ed idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti"; ma ha altresì chiarito come la "notevole estensione del bene" e "l'uso generale e diretto" da parte di terzi, costituiscono "meri indici" dell'impossibilità di un concreto esercizio del potere di controllo e vigilanza sul bene medesimo, e come quindi detta impossibilità non possa farsi discendere dalla mera natura demaniale del bene, dovendo essa se del caso riscontrarsi solamente all'esito "di un'indagine condotta dal giudice con riferimento al caso singolo, e secondo criteri di normalità". a3) A tale ultimo insegnamento, nettamente maggioritario ed oramai addirittura pacifico nella giurisprudenza di legittimità successiva al 2005 (tre le più recenti, cfr. Cass. n. 11511/2008, Cass. n. 7403/2007, Cass. n. 2308/2007, Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 3651/2006), questo Tribunale intende dare continuità, trattandosi di orientamento interpretativo che si appalesa corretto e che va quindi ribadito. Va infatti sottolineato che la norma dell'art. 2051 c.c., come del resto già da tempo posto in rilievo anche dalla migliore dottrina, contempla quali due unici presupposti applicativi la custodia e la derivazione del danno dalla cosa. Il primo presupposto, id est la custodia, consiste nel potere di effettiva disponibilità e controllo della cosa. Custodi sono infatti tutti i soggetti, pubblici o privati, che hanno il possesso o la detenzione della cosa (da ultimo, Cass. n. 20317/2005), e custodi sono anzitutto i proprietari. Quale proprietaria delle strade pubbliche ex art. 16 L. n. 2248/1865 All. F, l'obbligo di relativa manutenzione in capo alla P.A. discende non solo da specifiche norme (art. 14 C.d.S.; per le strade ferrate, art. 8 DPR n. 753/1980; per le strade comunali e provinciali, art. 28 L. n. 2248/1865 All. F; per i Comuni, art. 5 RD n. 2506/1923), ma anche dal generale obbligo di custodia, con conseguente operatività nei confronti dell'ente della presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c. in caso di omessa prevenzione. Il dovere di custodia e la correlata responsabilità ex art. 2051 c.c. non vengono meno per la P.A. nemmeno laddove il bene demaniale-strada sia destinatario di lavori di manutenzione affidati a terzi, nel caso in cui non vi sia stato il totale trasferimento a del potere di fatto sulla res ed il potere di fatto sulla cosa risulti quindi solo in parte trasferito a terzi, atteso che in tal caso l'ente proprietario deve sull'opera continuare ad esercitare la opportuna vigilanza ed i necessari controlli, (Cass. n. 20825/2006, Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 6515/2004, Cass. n. 2963/1999, Cass. n. 11855/1998, Cass. n. 5539/1997, Cass. n. 5007/1996). In particolare, con riguardo a lavori stradali eseguiti in appalto, causativi di sinistro per mancanza di cartelli di segnalazione e conseguente invisibilità dell'esatta ubicazione del pericolo, è configurabile la concorrente responsabilità tanto dell'appaltatore -in relazione al suo obbligo di custodire il cantiere, di apporre e mantenere efficiente la segnaletica, nonché di adottare tutte le cautele prescritte dall'art. 8 CdS- quanto dall'amministrazione committente, in relazione al suo dovere di vigilare sull'esecuzione delle opere date in concessione, ed altresì di emettere i provvedimenti necessari per la sicurezza del traffico. Ne consegue che, se l'area di cantiere è stata completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con assoluto divieto del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area non potrà che risponderne esclusivamente l'appaltatore, quale unico custode della stessa. Se invece l'area su cui vengono realizzati i lavori è ancora contestualmente adibita a tale traffico, ciò denota che l'ente titolare della strada ne ha conservato la custodia, sia pure insieme all'appaltatore, utilizzando la strada ai fini della circolazione: ciò comporta che la responsabilità per danni subiti dall'utente a causa dei lavori in corso su detta strada graverà su entrambi detti soggetti, salvo poi l'eventuale azione di regresso dell'ente proprietario della strada nei confronti dell'appaltatore a norma dei comuni principi in tema di responsabilità solidale ex art. 2055 comma 2 c.c. Circa il secondo requisito della custodia, e cioè il nesso causale rappresentato dalla derivazione del danno dalla cosa, si osserva che il danneggiato, secondo la regola generale in tema di responsabilità civile extracontrattuale, è tenuto a darne la prova. Tale prova del nesso causale va peraltro ritenuta assolta con la dimostrazione che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa (ex aliis, Cass. n. 2075/2002 e Cass. n. 2331/2001), in ragione di un processo in atto o una situazione determinatasi, ancorché provocati da elementi esterni (tra le tante, Cass. n. 10641/2002 e Cass. n. 4480/2001), che conferiscano cioè alla cosa quella che in giurisprudenza si è a volte indicata come "idoneità al nocumento", non richiedendosi viceversa anche la prova dell'intrinseca dannosità o pericolosità (qualità viceversa rilevante per la diversa fattispecie prevista dall'art. 2050 c.c.) della cosa medesima. Tutte le cose, anche quelle normalmente innocue, sono infatti suscettibili di assumere ed esprimere potenzialità dannose in ragione di particolari circostanze, e in conseguenza di un processo dannoso provocato da elementi esterni (Cass. n. 3041/1997), risultando ormai superata la distinzione tra cose inerti e cose intrinsecamente dannose in quanto idonee a produrre lesione a persone e cose in virtù di connaturale forza dinamica o per l'effetto di concause umane o naturali (ex pluribus, cfr. Cass. n. 14606/2004, Cass. n. 4480/2001, Cass. n. 6616/2000). La derivazione del danno dalla cosa può essere peraltro dal danneggiato offerta anche per presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo, e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che avrebbe normalmente evitato il danno (da ultimo, cfr. Cass. n. 2308/2007 e Cass. n. 3651/2006). La norma di cui all'art. 2051 c.c. non richiede, invero, altri e diversi presupposti applicativi, ulteriori rispetto alla prova da parte del danneggiato della sussistenza dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa. In particolare, al danneggiato non può farsi carico della prova dell'insidia o trabocchetto, trattandosi di fattispecie estranee alla responsabilità ex art. 2051 c.c., che tantomeno possono pertanto considerarsi (diversamente da quanto affermato, tra le ultime, da Cass. n. 22592/2004; cfr. in particolare Cass. n. 15383/2006 e Cass. n. 3651/2006) indici tassativi ai fini della configurabilità della responsabilità della P.A.: così facendo, infatti, si opererebbe un'interpretazione della norma contraria al suo tenore letterale e sostanziale, aggravando la posizione probatoria del danneggiato al fine di limitare le ipotesi di responsabilità della P.A. e creare di un ingiustificato privilegio a suo favore. Né è necessaria, d'altro canto, la dimostrazione dell'insussistenza di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo propria del custode e quindi per il medesimo inevitabili, giacché è al custode che incombe la prova del fortuito (Cass. n. 2075/2002). Nel porre infatti una responsabilità presunta a carico del soggetto che si trova in una data relazione con la cosa, la norma determina un'inversione probatoria rispetto alla regola generale in tema di illecito extracontrattuale posta dall'art. 2043 c.c.: l'onere della prova incombe cioè, diversamente che nella detta ipotesi generale, in capo non già al danneggiato, bensì a chi si trova nella particolare situazione che gli attribuisce i poteri di disponibilità e controllo sulla cosa. La responsabilità ex art. 2051 c.c. integra quindi un'ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva, che trova piena giustificazione in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisce al custode (cfr. in particolare Cass. n. 15383/2006, che confuta convincentemente la tesi di Cass. n. 3651/2006, la quale aveva parlato di responsabilità colposa aggravata dall'inversione dell'onere della prova; nella più recente giurisprudenza, cfr. anche Cass. n 21684/2005, Cass. n. 376/2005, Cass. n. 5236/2004, Cass. n. 10641/2002), così come il fortuito penalistico ex art. 45 c.p. esclude non già la colpevolezza, ma lo stesso nesso causale. Non rileva, quindi, la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa. Ne consegue che, in aderenza al piano disposto letterale della norma, tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità (rilevante non già ad escludere la colpa, bensì quale profilo oggettivo, al fine di accertare l'eccezionalità del fattore esterno, sicché anche un'utilizzazione estranea alla naturale destinazione della cosa diviene prevedibile dal custode laddove largamente diffusa in un determinato ambiente sociale) e dell'inevitabilità, a nulla viceversa rilevando che il danno risulti causato da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell'inizio del rapporto di custodia (ex multis Cass. n. 5326/2005, Cass. n. 15429/2004, Cass. n. 472/2003, Cass. n. 12219/2003; Cass. n. 5578/2003; Cass. n. 472/2003). Acutamente, è stato osservato che rileva solo "il fatto della cosa, non già "il fatto dell'uomo', poiché la responsabilità si fonda sul mero rapporto di custodia, e solo lo stato di fatto, non già l'obbligo di custodia, può assumere rilievo nella fattispecie. Il profilo del comportamento del responsabile è di per sé estraneo alla struttura della normativa; né può esservi reintrodotto attraverso la figura della presunzione di colpa per mancata diligenza nella custodia, giacché il solo limite previsto dall'articolo in esame è l'esistenza del caso fortuito, non l'assenza di colpa, tanto che la dottrina parla al riguardo di "rischio da custodia', più che di "colpa nella custodia' Il fortuito -che va inteso nel senso più ampio comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato, purché detto fatto costituisca la causa esclusiva del danno (Cass. n. 5326/2005, Cass. n. 11264/1995, Cass. n. 1947/1994)- esclude così il nesso causale e non già la colpa, essendo suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all'elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Infatti, la responsabilità si fonda non su un comportamento o un'attività del custode, ma su una relazione di custodia intercorrente tra questi e la cosa dannosa, ed il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore (id est il caso fortuito), che attiene non ad un comportamento del responsabile come nelle prove liberatorie degli artt. 2047, 2048, 2050 e 2054 c.c., ma alle modalità di causazione del danno. Pertanto e con riferimento all'onere della prova, all'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo; il convenuto per liberarsi dovrà invece provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. La ratio di tale accollo del costo del danno non è più la colpa, ma un criterio oggettivo, che tuttavia rimane fuori dalla norma. Ricorda Cass. n. 15383/2006 che tale criterio fu individuato nella deep pocket negli ordinamenti di common law e nella richesse oblige della tradizione francese, mentre nell'affinamento dottrinale successivo si è ritenuto che la ratio vada individuata nel principio dell'esposizione al pericolo o all'assunzione del rischio, ovvero nell'imputare il costo del danno al soggetto che aveva la possibilità della cost-benefit analysis, per cui deve sopportarne la responsabilità, per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo nel modo più conveniente. In altre parole e da altra angolazione, al custode si imputa la responsabilità, giacché è al soggetto che trae profitto dalla cosa, secondo il brocardo cuius commoda eius et incomoda, che deve addebitarsi la responsabilità. Tuttavia, se la custodia presuppone il potere di governo della res, e cioè il potere di controllare la cosa, di modificare la situazione di pericolo creatasi, nonché di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno (da ultimo e per tutte, cfr. Cass. n. 7403/2007), certamente l'esistenza della custodia non può essere a priori esclusa in relazione alla natura demaniale del bene; ma neppure può essere ritenuta in ogni caso sussistente anche quando vi è l'oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di pericolo. Se il potere di controllo è oggettivamente impossibile, non vi è custodia, e quindi non vi è responsabilità dell'amministrazione, ai sensi dell'art. 2051 c.c. Ove tale attività di controllo non sia oggettivamente possibile, non potrà invocarsi alcuna responsabilità della P.A., proprietaria del bene demaniale, a norma dell'art. 2051 c.c., per mancanza di un elemento costitutivo della custodia e cioè la controllabilità della cosa, residuando, se ne ricorre gli estremi, la responsabilità di cui all'art. 2043 c.c. Indici sintomatici dell'impossibilità del controllo del bene demaniale sono la notevole estensione e l'uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti; ma tali elementi non attestano in modo automatico l'impossibilità di custodia. La possibilità o l'impossibilità di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza, dalle quali rispettivamente dipendono l'applicabilità o la non applicabilità dell'art. 2051 c.c., non si atteggiano peraltro univocamente in relazione a tutti i tipi di beni demaniali, ma vanno accertati in concreto da parte del giudice di merito. Segnatamente, per i beni del demanio stradale la possibilità in concreto della custodia, nei termini sopra detti, va esaminata non solo in relazione all'estensione delle strade, ma anche alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico di volta in volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti. Per le autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l'apprezzamento relativo alla effettiva possibilità del controllo alla stregua degli indicati parametri, non può che indurre a conclusioni in via generale affermativa, e dunque a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c. (Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 298/2003, Cass. n. 488/2003). Figura sintomatica della possibilità dell'effettivo controllo di una strada del demanio stradale comunale è invece che la stessa si trovi all'interno della perimetrazione del centro abitato (da ultimo, cfr. Cass. n. 23924/2007, Cass. n. 4962/2007, Cass. n. 20825/2006, Cass. n. 15779/2006, Cass. n. 15383/2006). Infatti, la localizzazione della strada all'interno di tale perimetro, dotato di una serie di altre opere di urbanizzazione e, più in generale, di pubblici servizi che direttamente o indirettamente sono sottoposti ad attività di controllo e vigilanza costante da parte del Comune, denotano la possibilità di un effettivo controllo e vigilanza della zona, per cui sarebbe arduo ritenere che eguale attività risulti oggettivamente impossibile in relazione al bene stradale. Ove l'oggettiva impossibilità della custodia renda inapplicabile l'art. 2051 c.c., come detto, la tutela risarcitoria del danneggiato rimane esclusivamente affidata alla disciplina di cui all'art. 2043 c.c. Peraltro, relativamente a tale norma va specificato che la responsabilità dell'amministrazione per danni conseguenti all'utilizzo di bene demaniale da parte del soggetto danneggiato, non può essere limitata ai soli casi di insidia o trabocchetto, essendosi già chiarito che essi vanno intesi come meri elementi sintomatici della responsabilità pubblica, ma essendo ben possibile che la stessa possa anche individuarsi nella singola fattispecie in un diverso comportamento colposo dell'amministrazione. Limitare aprioristicamente la responsabilità della P.A. per danni subiti dagli utenti dei beni demaniali alle sole ipotesi della presenza di insidia o trabocchetto, non trova alcuna base normativa nella lettera dell'art. 2043 c.c., e rappresenterebbe un'indubbia posizione di privilegio per la parte pubblica (in questo senso, Cass. n. 5445/2006). Una volta ritenuta l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 2043 c.c., alla stregua dei principi generali il riparto dell'onere probatorio vedrà gravare sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene demaniale, segnatamente della strada, ciò che è di per sé idoneo, in linea di principio, a configurare il comportamento colposo della P.A.; su quest'ultima ricadrà invece l'onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali, nella teorica dell'insidia o trabocchetto, la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia. In ogni caso, secondo il costante indirizzo di legittimità, il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato postulato dall'art. 112 c.p.c., non osta a che il Giudice renda una pronuncia in base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante, id est l'art. 2051 c.c. in luogo dell'art. 2043 c.c., laddove la pronuncia si fondi su fatti ritualmente allegati e provati, essendovi solo il divieto di attribuire alla parte un bene della vita diversa da quello richiesto (tra le ultime, Cass. n. 2308/2007, Cass. n. 11039/2006, Cass. n. 17764/2005; specificamente, per Cass. n. 12694/1999, "non viola il principio della corrispondenza tra chiesto e giudicato il giudice che, investito di una domanda di risarcimento ex art. 2043 c.c., fondi l'accoglimento della domanda sulla responsabilità oggettiva ex art 2051 c.c. Sia nell'ipotesi che la fattispecie rientri nell'art. 2043 c.c. sia che rientri nell'art. 2051 c.c., è rilevante l'eventuale comportamento colposo del danneggiato, poiché esso incide sul nesso causale. Invero, l'interruzione del nesso di causalità può essere anche l'effetto del comportamento sopravvenuto dello stesso danneggiato, quando il fatto di costui si ponga come unica ed esclusiva causa dell'evento di danno, sì da privare dell'efficienza causale e da rendere giuridicamente irrilevante il precedente comportamento dell'autore dell'illecito. Corollario di detto principio è la regola posta dall'art. 1227 comma 1 c.c., certamente applicabile alla fattispecie de qua (ex pluribus, Cass. n. 7403/2007, Cass. n. 4962/2007, Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 5445/2006, Cass. n. 3651/2006, Cass. n. 20334/2004, Cass. n. 19653/2004, Cass. n. 11414/2004, Cass. n. 6516/2004, Cass. n. 17152/2002, Cass. n. 15710/2002, Cass. n. 2067/2002, Cass. n. 10641/2002, Cass. n. 7727/2000), il quale prevede la riduzione del risarcimento in presenza della colpa del danneggiato. Ciò avviene, secondo la più recente ed accorta impostazione dogmatica, non tanto in virtù del principio di autoresponsabilità postulato dalla tradizionale dottrina per imporre ai potenziali danneggiati doveri di attenzione e diligenza e per indurli a contribuire, insieme con gli eventuali responsabili, alla prevenzione dei danni che potrebbero colpirli; quanto piuttosto per il citato principio di causalità, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile (da ultimo, Cass. n. 15383/2006). La regola di cui all'art. 1227 c.c. va allora inquadrata esclusivamente nell'ambito del rapporto causale ed è espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso (per tutte, Cass. n. 6988/2003). La colpa del creditore-danneggiato, stante la genericità dell'art. 1227 comma 1 c.c. punto, sussiste non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore-danneggiato di un obbligo giuridico, ma anche nella violazione della norma comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica. Se tanto avviene in caso di concorso del comportamento colposo del danneggiato nella produzione del danno, per eguale ragione il comportamento commissivo o omissivo colposo del danneggiato, che sia sufficiente da solo a determinare l'evento, esclude il rapporto di causalità delle cause precedenti. In questa ottica, la diligenza del comportamento dell'utente del bene demaniale, e segnatamente della strada demaniale, va valutata anche in relazione all'affidamento che era ragionevole porre nell'utilizzo ordinario di quello specifico bene demaniale, con riguardo alle specifiche condizioni di luogo e di tempo: in questi termini il colpevole comportamento del danneggiato modula la corretta applicazione del principio della causalità adeguata ai fini del nesso causale, o escludendolo o dando un apporto concorrente. In applicazione di tale principio, la diligenza che è richiesta al danneggiato nell'uso del bene demaniale, costituito nella specie da strada, sarà diversa a seconda che si tratti di una strada campestre o del corso principale della città, pur facendo capo entrambe allo stesso demanio stradale dello stesso Comune, proprio perché il danneggiato fa affidamento su una diversa attività di controllo-custodia in relazione ai due tipi di strada dello stesso demanio. Così inquadrato sotto il profilo eziologico il comportamento colposo del danneggiato-utente del bene demaniale, va osservato che esso non concreta un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, che deve essere esaminata anche d'ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte, sempre ovviamente che risultino prospettati gli elementi di fatto su cui si fonda il comportamento colposo del danneggiato (Cass. n. 15383/2006, Cass. n. 4799/2001, Cass. n. 13403/2000 e Cass. n. 13460/1999). a4) In ragione di tutto quanto sopra ed in perfetta aderenza all'insegnamento da ultimo espresso da Cass. n. 15383/2006, vanno allora affermati i seguenti principi di diritto: - - La responsabilità ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia, anche nell'ipotesi di beni demaniali in effettiva custodia della P.A., ha carattere oggettivo e, perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiante. - - La presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non sia possibile esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa. L'estensione del bene demaniale e l'utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte di terzi, sono solo figure sintomatiche dell'impossibilità della custodia da parte della P.A., mentre elemento sintomatico della possibilità di custodia del bene del demanio stradale comunale è che la strada, dal cui difetto di manutenzione è stato causato un danno, si trovi nel perimetro urbano delimitato dallo stesso Comune, pur dovendo dette circostanze, proprio perché solo sintomatiche, essere sottoposte al vaglio in concreto da parte del giudice di merito. - - Ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità ex art. 2051 c.c., per l'impossibilità in concreto dell'effettiva custodia del bene demaniale, l'ente pubblico risponde dei danni da detti beni, subiti dall'utente, secondo la regola generale dettata dall'art. 2043 c.c., che non prevede alcuna limitazione della responsabilità dell'amministrazione per comportamento colposo alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto. In questo caso graverà sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene demaniale della strada, fatto di per sé idoneo in linea di principio a configurare il comportamento colposo della P.A., sulla quale ricade invece l'onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali ad esempio la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia. - - Tanto in ipotesi di responsabilità oggettiva della P.A. ex art. 2051 c.c., quanto in ipotesi di responsabilità della stessa ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del soggetto danneggiato nell'uso di bene demaniale (che sussiste anche quando egli abbia usato il bene demaniale senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) esclude la responsabilità dell'amministrazione, se tale comportamento è idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, integrando altrimenti un concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227 comma 1 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all'incidenza causale del comportamento del danneggiato. b) Le conclusioni sopra esposte consentono di fornire le coordinate per la soluzione del caso che qui occupa. Ritenuta l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. (in particolare, con riferimento alla responsabilità ex art. 2051 dell'ANAS per la mancata manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, cfr. Cass. n. 3651/2006), spettava alla convenuta ANAS dar prova che il sinistro è avvenuto per caso fortuito. Invece, non solo ANAS non ha provato, e per la verità nemmeno dedotto, l'esistenza di tale fortuito; ma anzi, è stata addirittura l'attrice a dar prova dell'inesistenza di tale fortuito, e della presenza piuttosto di una rilevante condotta colposa della convenuta. Risulta infatti per tabulas dai rilievi effettuati nell'immediatezza dei fatti ad opera dei carabinieri, che l'odierna attrice ha perso il controllo del mezzo "a causa di una grossa pozzanghera di acqua creatasi sulla corsia di marcia per la pioggia" (cfr. all. 1 citazione). Ribadisce e spiega il CTU, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, sul punto nemmeno contestata dalle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato, che il sinistro è stato effettivamente cagionato dalla "anomala presenza sul piano viabile di una pozzanghera d'acqua di dimensioni tali da occupare pressoché completamente la semicarreggiata", con ciò provocando una "grave instabilità nella marcia dell'autovettura... fino a determinare un altrettanto grave sbandamento"; che la formazione della pozzanghera è "ascrivibile alla totale ostruzione" della cunetta di scolo; che tale ostruzione è dovuta alla "mancata periodica manutenzione ordinaria" (pag. 12-14 perizia). Discende, in conclusione, che non solo non vi è prova del caso fortuito, unica circostanza che consentirebbe di escludere la responsabilità dell'ANAS, ma vi è addirittura prova della colpa di parte convenuta. Né può ritenersi esistente un concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c., atteso che l'attrice "stava procedendo con inserita la terza marcia ed alla velocità di 79 km/h, quindi da ritenersi prudenziale ed abbondantemente al di sotto del limite massimo previsto dal C.d.S. per le strade extraurbane" (pag. 13 perizia), ciò che risulta sostanzialmente confermato anche dal fatto che la P.S., intervenuta in loco nell'immediatezza dei fatti, non ha ritenuto di elevare alcuna contravvenzione all'attrice. Sotto questo profilo nessuna rilevanza ha la circostanza, capitolata in sede di memoria ex art. 184 c.p.c. ed attinente a circostanza non contestata (per questo non ammessa alla richiesta prove testimoniale), che qualche centinaia di metri prima del luogo in cui il sinistro si è verificato, era posizionato un cartello stradale indicante strasa sdrucciolevole, proprio perché la causa del sinistro è addebitabile alla presenza della pozzanghera di cui sopra si è detto; e comunque, perché nessun rilievo può essere mosso, in ragione di quanto già argomentato, alla prudenza nella guida da parte dell'attrice. c) Detto dell'an della responsabilità di ANAS, può ora passarsi a trattare del quantum. Con riferimento al danno non patrimoniale, il CTU Q., con motivazione pienamente condivisibile e nemmeno contestata dalle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato, ha spiegato che le lesioni subite dalla F. consistono nel 4% di danno biologico permanente, in 15 giorni di ITT, in 10 giorni di ITP al 75%, in 25 giorni di ITP al 50%. Pertanto, sulla base dei parametri liquidatori dell'art. 139 D.Lgs. n. 209/2005 aggiornato dal DM 24/6/2008, tenuto conto di un'età di 32 anni al momento del sinistro nel 2000, spetta alla ricorrente un complessivo risarcimento per danno biologico di Euro 4.808,66 (ed in particolare, Euro 3.336,56 per danno biologico permanente; sulla base teorica di euro 42,06 giornaliere per ITT, Euro 630,9 per ITT, Euro 315,45 per ITP al 75%, Euro 525,75 per ITP al 50%). Circa il danno morale, stimasi equo procedere al cd. appesantimento del punto biologico di circa un terzo (cfr. Cass. Sez Un. n. 26972/2008), portando il complessivo danno non patrimoniale ad Euro 6.400,00. Su tale somma capitale, che integra all'evidenza un debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi legali sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 14/11/2000, al saldo. Tuttavia, essendo la somma capitale già calcolata all'attualità ed in ragione della difficoltà di procedere alla devalutazione, in piena aderenza all'insegnamento dalla Suprema Corte, gli interessi possono essere calcolati sulla somma integralmente rivalutata, ma da un momento intermedio tra il fatto e la sentenza, id est il 1/1/2005. Quanto al danno patrimoniale, la CTU medica del dottor Q. ha ritenuto congrue e documentate spese mediche per Euro 72,30; la CTU meccanica del PI Negri ha invece ritenuto che le spese per la riparazione del veicolo ammontano ad Euro 7.005,77. Pertanto, sommando tali due poste ed aggiungendo equitativamente ex art. 1226 c.c. altri 350 euro per i dieci giorni di fermo tecnico dell'auto (cfr. penultima pagina perizia), il danno patrimoniale deve essere conteggiato in complessivi Euro 7428,07. Su tale somma, non calcolata all'attualità ed integrante anch'essa debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 14/11/2000, al saldo. d) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall'art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo in assenza di nota, sono quindi poste a carico della soccombente parte convenuta ed a favore della vittoriosa parte attrice. Per gli stessi principi in tema di soccombenza, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con i separati decreti indicati in dispositivo, sono definitivamente poste a carico di parte convenuta. Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, a seguito del suo trasferimento al Tribunale di Piacenza nominato Istruttore il 11/6/2008 di un migliaio di fascicoli tutti già calendarizzati, all'udienza del 21/10/2008, ed in tale udienza è stato introitato a decisione con concessione di termini abbreviati ex art. 190 c.p.c. p.q.m. il Tribunale di Piacenza in composizione monocratica definitivamente pronunciando sulla causa proposta da F. C. nei confronti di A.N.A.S. s.p.a. Ente Nazionale per le strade nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa - - dichiara tenuta e condanna A. s.p.a. Ente nazionale per le strade, a pagare a F. C. per danno non patrimoniale Euro 6.400,00, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata dal 1/1/2005 al saldo; - - dichiara tenuta e condanna A. s.p.a. Ente nazionale per le strade, a pagare a F. C. per danno patrimoniale Euro 7.428,07, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata dal 14/11/200 al saldo; - - dichiara tenuta e condanna A. s.p.a. Ente nazionale per le strade, a rifondere a F. C. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per diritti ed onorari, Euro 200,00 per rimborsi, oltre IVA, CPA ed art. 14 TP; - - pone definitivamente a carico di A. s.p.a. Ente nazionale per le strade le spese di CTU, già liquidate in coso di causa con separati decreti 6/4/2005, 12/9/2005 e 10/11/2005. Piacenza, 2/12/2008. Stampa | Segnala | Condividi |

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Battisti/ Lula cerca via d'uscita con l'aiuto della Corte (sezione: Giustizia)

( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Roma, 20 mar. (Apcom) - Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva è intenzionato a non autorizzare l'estradizione in Italia dell'ex militante dei Pac Cesare Battisti. Ma vorrebbe evitare uno scontro istituzionale con la Corte Suprema: per cui se i giudici decidessero di riappropriarsi del potere ultimo di decisione sulle richieste di asilo - oggi nelle mani del Ministero della Giustizia - non si opporrebbe al provvedimento. Questo il messaggio che Lula avrebbe inviato ai giudici della Corte, secondo quanto riporta il quotidiano brasiliano O Estado de Sao Paulo, nel tentativo di sottrarsi a una situazione che nei termini attuali non può che portargli svantaggi. Se infatti LUla si opponesse all'estradizione nonostante l'eventuale sì della Corte, entrerebbe in conflitto con il potere giudiziario, mentre in caso contrario esautorerebbe di fatto il proprio ministro della Giustizia, Tarso Genro. Per riuscire a sganciarsi da questa situazione Lula spera dunque nell'aiuto della Corte stessa, riunitasi per esaminare il caso e che dovrà pronunciarsi su tre questioni diverse. La prima e più spinosa è se la concessione dell'asilo interrompa l'iter della richiesta di estradizione presso la Corte (precedente che valse ad annullare il processo in corso per il colombiano Oliverio Medina). I giudici favorevoli all'estradizione potranno argomentare che l'iter processuale compete al potere giudiziario e non può essere interrotto dall'esecutivo; o in alternativa che l'esecutivo può sospendere, concendendo l'asilo, la richiesta di estradizione ma non il processo, e questo dunque - essendo già approdato alla Corte - seguirebbe il suo corso. Se poi i giudici decidessero che i poteri di concedere l'asilo ora di competenza del Ministro sono incostituzionali - come spererebbe Lula - la questione non si porrebbe più. Superato questo scoglio, i giudici dovrebbero decidere se i crimini per i quali è stato condannato Battisti possano essere considerati politici o se si tratti invece (come pare sia opinione della maggior parte dei giudici) di atti terroristici, per i quali non è prevista la concessione dell'asilo; se l'ex membro dei Pac sia stato processato in modo equo e se corra rischi di persecuzioni una volta tornato in Italia. Infine verrà discussa l'estradizione vera e propria, per la cui concessione l'unica precondizione è che la pena dell'ergastolo inflitta a Battisti - che non esiste nell'ordinamento brasiliano - sia commutata in trent'anni di carcere. Va sottolineato che se - e solo se - i poteri del Ministero della Giustizia venissero revocati la decisione della Corte in merito all'estradizione diverrebbe vincolante: il Presidente in questo caso non potrebbe rifiutarsi di firmare il provvedimento. Lula sarebbe dunque pronto a pagare il prezzo politico di vedersi togliere il potere discrezionale sulle estradizioni a favore della Corte Suprema, pur di evitare uno scontro istituzionale: un caso come quello attuale - in cui la magistratura potrebbe autorizzare un'estradizione e il Presidente decidere di negarla - è infatti inedito in Brasile e la legge vigente non prevede alcuna soluzione alternativa di arbitrato fra i due poteri.

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L'Asia si aiuta da sola pag.1 (sezione: Giustizia)

( da "Trend-online" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

L'Asia si aiuta da sola PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Morningstar , 20.03.2009 17:05 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! degli ultimi 11 anni toccato nello stesso mese del 2008. Segno, spiegano gli economisti che l?economia del Paese sta zoppicando. A tirare su il morale ci ha pensato però la Malesia che ha annunciato un progetto biennale da 60 miliardi di ringitt (circa 13 miliardi di euro) in misure fiscali e interventi di sostegno alle imprese. Sul fronte dei bilanci aziendali lo scenario resta fosco. La maggior parte delle aziende dell?export sta lanciando warning sugli utili previsti per quest?anno. Fanno eccezione alcune società di trasporto, come la Sinotrans Shipping che, grazie alla ripresa della domanda di materie prime da parte della Cina, stanno riempiendo le casse. Ancora problemi, invece, per i produttori di microchip come Csm e Gd Midea che stanno pagando la debolezza della domanda mondiale.

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TRASPORTI. Alitalia: Federconsumatori ricorre contro monopolio Roma-Linate (sezione: Giustizia)

( da "HelpConsumatori" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

News TRASPORTI. Alitalia: Federconsumatori ricorre contro monopolio Roma-Linate 20/03/2009 - 16:29 "La CAI sfrutta la sua posizione predominante sulla tratta Roma-Milano Linate e impone ai consumatori costi eccessivi dei biglietti": questa la denuncia fatta oggi, durante una conferenza stampa, dal Presidente della Federconsumatori Rosario Trefiletti, che ha annunciato il ricorso al TAR contro il monopolio dei voli Alitalia. Anche la Provincia di Milano e altri Enti locali della Lombardia interverranno ad adjuvandum nel ricorso, come faranno anche il Movimento Difesa del Cittadino e Assoutenti, i cui presidenti Antonio Longo e Mario Finzi erano presenti all'iniziativa. Il Comune di Milano era rappresentato dal vicepresidente del Consiglio comunale Davide Corridore, che ha portato tra l'altro la sua testimonianza di viaggiatore: "Oggi ho pagato 324 ¬ per il solo viaggio di andata Milano-Roma...se avessi fatto anche il ritorno avrei risparmiato 1 ¬!". "La nostra - ha aggiunto Trefiletti - vuole essere anche una dura protesta per questa vera e propria sospensione della concorrenza, che favorisce soltanto la cordata, a danno dei cittadini e delle altre imprese". Gli avvocati di Federconsumatori Mammolo, Zamagni e Portinaro hanno illustrato i motivi del ricorso. Tutto nasce con la legge 166/2008,che per aiutare la cordata CAI sospende per tre anni le competenze dell'Autorità Antitrust sull'analisi del possibile monopolio. L'Autorità è costretta a limitarsi ad alcune "raccomandazioni" per il livello delle tariffe. Naturalmente senza alcun risultato, come provano i costi altissimi delle tariffe sulla tratta. Federconsumatori quindi ha impugnato questo provvedimento perché in contrasto con norme europee e costituzionali e chiede che il TAR ne sospenda l'efficacia, rinviandolo alla Corte Costituzionale. Nel suo intervento, Longo ha citato anche l'esempio della tratta Roma-Brindisi, sulla quale è venuta meno la concorrenza tra Alitalia ed Air One, che offriva più voli e costi più bassi per i viaggiatori. "Cercheremo di coinvolgere gli Enti locali del Salento - ha detto Longo - tenendo conto che mentre tra Roma e Milano i viaggiatori possono ormai scegliere anche l'opzione ferroviaria dell'Alta velocità, sempre più concorrenziale, tra Roma e la Puglia continuano ad esserci collegamenti ferroviari molto lenti; per andare a Lecce occorrono sempre 6 ore". 2009 - redattore: GA

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Lula non vuole l'estradizione (sezione: Giustizia)

( da "AprileOnline.info" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Lula non vuole l'estradizione , 20 marzo 2009, 17:46 Caso Battisti Il caso dell'ex terrorista italiano continua a tener banco nella stampa del pese Carioca. Secondo il quotidiano "Estado de S. Paulo", potrebbe creare lo spunto per una piccola rivoluzione nell'ordinamento del potere a Brasilia Il presidente brasiliano, Luis Inacio Lula da Silva, non intende estradare l'ex terrorista italiano Cesare Battisti se spetterà a lui la decisione finale del caso. Lo rivela oggi il quotidiano 'Estado de S. Paulo', secondo il quale però Lula non intende entrare in conflitto con il Supremo Tribunal Federal (la Corte Costituzionale brasiliana), che sta giudicando in questi giorni la richiesta di estradizione da parte dell'Italia e la concessione dell'asilo politico da parte del ministro della Giustizia, Tarso Genro. L'ex terrorista Cesare Battisti sarà estradato in Italia solo se il Supremo Tribunal Federal (Stf, la Corte costituzionale brasiliana) cambierà la giurisprudenza attuale e toglierà al presidente Luiz Inacio Lula da Silva la decisione finale sui casi di estradizione. Che Lula sia contrario all'estradizione di Battisti è sempre stato chiaro, e lo ribadisce oggi un articolo di prima pagina del quotidiano Estado de S.Paulo, che afferma che "in questi giorni collaboratori e amici del presidente si stanno dando da fare presso i membri del Stf per evitare a Lula l'imbarazzo di una scelta difficile e sconveniente". Doppiamente difficile e sconveniente, scrive il quotidiano: se infatti Lula dovesse dar via libera all'estradizione, sconfesserebbe il suo ministro della Giustizia, Tarso Genro, che ha concesso a Battisti l'asilo politico in contrapposizione al Comitato brasiliano per i rifugiati politici (Conare), dopo averlo apertamente appoggiato nella sua decisione. Se invece decidesse di salvaguardare l'ex terrorista anche se il Stf si dovesse pronunciare contro l'asilo e favore dell'estradizione, Lula si metterebbe in rotta di collisione con il massimo organo della magistratura brasiliana (cosa che ha sempre finora evitato di fare), creerebbe inevitabilmente un conflitto tra potere giudiziario e potere esecutivo ai massimi livelli in Brasile, e si inimicherebbe ulteriormente il governo Berlusconi, che potrebbe poi far ricorso alle massime assise internazionali. L'unica via d'uscita, scrive ancora il giornale paulista nella sua analisi, sarebbe che il STF si prenda la responsabilità di cambiare la giurisprudenza attuale, che da' al Supremo Tribunal solo un ruolo consultivo e "autorizzativi". Il Stf potrebbe decidere - e l'attuale presidente dell'organo, Gilmar Mendes, è decisamente favorevole a quest'ipotesi - di rendere le proprie sentenze punto finale dell'iter giuridico, senza più bisogno dell'avallo presidenziale. Una piccola rivoluzione nell'ordinamento del potere a Brasilia, per la quale il caso Battisti diventerebbe solo l'occasione e il terreno di scontro.

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Aumentano le denunce di violenze in famiglia ma non gli arresti (sezione: Giustizia)

( da "Rai News 24" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Roma | 20 marzo 2009 Aumentano le denunce di violenze in famiglia ma non gli arresti La casa un luogo pericoloso Sono in aumento le denunce di donne costrette a subire violenze tra le mura domestiche, ma ancora carente, nella maggior parte dei casi, e' la tutela che viene loro offerta: Nel distretto di Roma, emerge dalla ricerca, nell'arco di 3 anni (dal 2006 al 2008) sono solo 25 i casi di arresto in flagranza eseguiti dalle forze di polizia nei confronti di uomini violenti con la propria compagna, mentre nel solo 2007, in una piccola citta' come Alessandria, sono stati 17. Un esempio virtuoso di coordinamento tra investigatori, procura e operatori sociali, che si riscontra anche in citta' quali Torino e Milano. Le violenze domestiche e in famiglia sono state oggi al centro di un incontro che si e' svolto al Csm, su iniziativa della Sesta Commissione, che ha aperto una pratica alla luce del contenuto di un dossier messo a punto dall'Associazione 'Donne in rete contro la violenza onlus', la quale raggruppa 54 centri di assistenza alle donne disseminati nel territorio nazionale. "Non c'e' omogeneneita' di prassi operative nelle diverse sedi giudiziarie - rilevano Teresa Manente e Manuela Ulivi, avvocati che si occupano da oltre 20 anni delle violenze in famiglia - mentre ci sarebbe bisogno di tempestivita' nell'azione giudiziaria. Quando una donna decide di denunciare, per lei il rischio cresce. Non dimentrichiamo che nel 2008 sono state 113 le donne uccise dal proprio compagno. Serve non solo prevenzione ma anche tutela". In particolare, nel dossier presentato al Csm, l'associazione denuncia un'"insufficiente sensibilita' da parte delle forze di polizia al momento di raccolta della denuncia". Le donne, pero', sembrano piu' decise, rispetto al passato, a denunciare i soprusi che avvengono in casa: in alcuni tribunali si e' registrato un aumento del 30% delle denunce nell'ultimo anno, anche se si stima che solo il 7% dei casi di violenza domestica esca allo scoperto. Ancora poche, poi, si rivolgono al giudice, in sede civile, per chiedere un ordine di allontanamento dell'uomo che le maltratta: tra il 2006 e il 2008 sono state presentate 578 domande in 15 tribunali, ma solo il 19% di queste sono state accolte immediatamente, prima di instaurare il contraddittorio e convocare le parti.

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Corte Costituzionale: no alla tassa di depurazione delle acque se il processo non avviene (sezione: Giustizia)

( da "Quotidiano.it, Il" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Corte Costituzionale: no alla tassa di depurazione delle acque se il processo non avviene Acquasanta Terme | Ecco la copia di una lettera inviata oggi al CIIP ed al Comune di Acquasanta, sull'illegittimità da parte degli utenti di pagare la tassa di depurazione delle acque se il processo non viene effettuato. Da Giuseppe Orsini, segretario nazionale del Movimento Elia - Elettori liberi ed attivi, riceviamo la lettera inviata al Direttore Generale del CIIP di Ascoli e al Sindaco di Acquasanta Terme, dopo la sentenza che dichiara "illegittimo" il pagamento della tariffa di depurazione dell'acqua in quanto non esistono impianti atti a tale processo. Oggetto: Tariffa depurazione non dovuta perché incostituzionale. Con la presente invito formalmente CIIP e Comune di Acquasanta Terme a cessare l'addebito della tariffa per la depurazione delle acque reflue per la utenza intestata: Giuseppe Orsini (residente ad Ostia Lido) relativamente all'abitazione sita a Quintodecimo di Acquasanta Terme (AP). Dati della utenza: Cod. Cliente 38788 - ULM 43922 - Codice Contratto 1985C38524. Contestualmente chiedo il rimborso di quanto pagato per la depurazione delle acque reflue negli anni trascorsi. La duplice richiesta (cessazione di addebito e rimborso del pregresso) ha origine dalla Sentenza n. 335 del 10.10.'08 della Corte Costituzionale relativamente all'art. 14, c. 1, della "legge Galli" (l. n. 36/'94) e l'art. 155, c. 1, del Codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152/'06). La sentenza succitata dichiara "illegittimo" l'addebito della tariffa riferita al servizio di depurazione delle acque agli utenti nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. E' noto a CIIP e Comune di Acquasanta Terme che a Quintodecimo (ed in molte altre frazioni del Comune di Acquasanta) è diffusissimo l'uso di vasche o pozzi Imhoff, totalmente privi di manutenzione e le acque reflue non vengono depurate. Il danno è doppio: ambientale ed economico per gran parte dei Cittadini, residenti e non. Informo che come Segretario del "Movimento Elia - Elettori liberi ed attivi" mi sento in dovere di rendere pubblico - a mezzo stampa - il contenuto della presente lettera per informare i Cittadini sul contenuto della Sentenza della Corte Costituzionale e possano liberamente decidere in conseguenza. 20/03/2009

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CASSAZIONE/ ANCHE A SEPARATA CON COLPA PENSIONE REVERSIBILITÀ EX (sezione: Giustizia)

( da "Wall Street Italia" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Cassazione/ Anche a separata con colpa pensione reversibilità ex di Apcom Non basta essere 'colpevoli' della separazione per perderla -->Roma, 20 mar. (Apcom) - Non basta essere "colpevoli" della separazione per perdere il diritto alla "reversibilità" della pensione dell'ex coniuge. La Cassazione, richiamando una sentenza della Corte costituzionale di ben 22 anni fa, ha "cancellato" una decisione della Corte d'appello di Lecce che invece aveva negato ad un'anziana donna il diritto alla pensione dell'ex marito deceduto. Secondo i giudici pugliesi il fatto che a suo tempo la separazione tra i due coniugi fosse stata addebitata alla "colpa" della donna, impediva oggi di riconoscere a questa il diritto alla reversibilità dell'assegno pensionistico. Una conclusione "anacronistica", ha sottolineato di fatto la Cassazione con la sentenza 6684, visto che nel 1987 la Consulta ha espressamente specificato che "il coniuge separato per colpa o con addebito è equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite", non ha importanza se separato o no, "in favore del quale opera la presunzione legale di sopravvivenza vivenza a carico del lavoratore" deceduto. Insomma, almeno a fini pensionistici ciò che Dio ha unito nemmeno la morte può separare.

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Cassazione/ Anche a separata con colpa pensione (sezione: Giustizia)

( da "Virgilio Notizie" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Roma, 20 mar. (Apcom) - Non basta essere "colpevoli" della separazione per perdere il diritto alla "reversibilità" della pensione dell'ex coniuge. La Cassazione, richiamando una sentenza della Corte costituzionale di ben 22 anni fa, ha "cancellato" una decisione della Corte d'appello di Lecce che invece aveva negato ad un'anziana donna il diritto alla pensione dell'ex marito deceduto. Secondo i giudici pugliesi il fatto che a suo tempo la separazione tra i due coniugi fosse stata addebitata alla "colpa" della donna, impediva oggi di riconoscere a questa il diritto alla reversibilità dell'assegno pensionistico. Una conclusione "anacronistica", ha sottolineato di fatto la Cassazione con la sentenza 6684, visto che nel 1987 la Consulta ha espressamente specificato che "il coniuge separato per colpa o con addebito è equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite", non ha importanza se separato o no, "in favore del quale opera la presunzione legale di sopravvivenza vivenza a carico del lavoratore" deceduto. Insomma, almeno a fini pensionistici ciò che Dio ha unito nemmeno la morte può separare.

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VIOLENZA DONNE/ SEMINARIO CSM:CRESCONO MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA (sezione: Giustizia)

( da "Wall Street Italia" del 20-03-2009)

Argomenti: Giustizia

Violenza donne/ Seminario Csm:crescono maltrattamenti in famiglia di Apcom Poche le denunce; donne contro forze ordine: "devono fare meglio" -->Roma, 20 mar. (Apcom) - Sono in aumento i fenomeni di violenza domestica, soprattutto i maltrattamenti in famiglia ai danni delle donne; eppure, il ricorso all'arresto o a misure coercitive per il partner violento resta una misura 'eccezionale', quasi mai applicata. Per questo, la sesta commissione del Csm ha tenuto oggi un seminario-audizione a porte chiuse, nel tentativo, spiega il consigliere Fabio Roia, di "studiare insieme a chi opera sul campo il fenomeno". Al centro del dibattito di oggi al Csm una ricerca dell'associazione 'Avvocate della rete dei centri antiviolenza e delle Case delle donne'. L'indagine parla di "insufficiente sensibilità soprattutto da parte delle forze dell'ordine, che si manifesta con il tentativo di dissuadere la donna a presentare denuncia"; un comportamento, si legge nel testo, che viene riscontrato persino nei casi di violenza sessuale, "se risalenti nel tempo o non supportati da elementi di prova". Il dossier raccolto dall'associazione, non è tenero nemmeno con la magistratura, per "l'eccessiva durata delle indagini", la "mancanza di un'effettiva specializzazione" delle toghe, lo "scarso ricorso" a misure di carattere coercitivo per il partner violento. Ci sarebbe invece bisogno "della massima tempestività dell'intervento giudiziario", hanno spiegato le rappresentanti dell'associazione, come testimoniano tragicamente i dati: 113 donne uccise dall'ex partner violento dopo aver tentato di uscire dalla situazione di maltrattamento. Secondo l'Istat, le donne picchiate o sottoposte a violenza sessuale o psicologia dal marito o dal partner sono 3 milioni e le denunce rappresentano solo il 7% della realtà, ma sono comunque in un aumento (la media nazionale segna un più 30%). Quello dei maltrattamenti in famiglia è comunque un fenomeno trasversale, che riguarda tutte le classi sociali e le aree del Paese e che, secondo alcuni magistrati, starebbe aumentando soprattutto all'interno dei matrimoni misti, quelli con partner stranieri. In pochissimi casi, però, le forze dell'ordine arrestano in flagranza il maltrattatore: esemplari i casi di Roma dove dal 2006 al 2008 gli arresti, come rivelano i dati messi insieme dal Csm, sono stati solo 25, e di Arezzo (nemmeno uno) a fronte dei 17 fatti ad Alessandria nel solo 2007. Più numerosi i provvedimenti coercitivi adottati dai magistrati, anche se la situazione varia parecchio a seconda degli uffici giudiziari: i più "virtuosi" sono stati Milano, con 121 provvedimenti coercitivi disposti dal pm nel 2008, e Torino con 172. "Dove c'è una procura che funziona, sensibilizzazione e sinergia tra istituzioni, c'è una risposta immediata di magistratura e polizia", ha chiosato Roia. La situazione però cambia se si guarda ai provvedimenti di allontanamento dei mariti violenti adottati in sede civile in via d'urgenza: a Milano solo 2 in tre anni su 64 casi esaminati, a fronte dei 22 di Bologna su 66 .

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