CENACOLO DEI COGITANTI |
Reati d'opinione in rete, i
limiti del 50-bis ( da "Apogeonline"
del 15-02-2009)
Argomenti: Giustizia
Abstract: pieno monopolio del processo senza l'intervento del ministero. Al secondo comma dell'articolo 50-bis, tuttavia, si prevede che contro il provvedimento è ammesso ricorso presso l'autorità giudiziaria, la quale dovrà quindi sindacare su un provvedimento che avrà essa stessa stimolato (discrezionalmente o meno: come abbiamo detto la lettera della norma non è affatto chiara sul punto)
Politica: La riforma della Giustizia
( da "Sannio
Online, Il" del 16-02-2009)
Argomenti: Giustizia
Abstract: sul lavoro delle Commissioni Parlamentari Affari Giudiziari e dalla cronica difficoltà di fare prevalere in Parlamento una visione generale dei problemi della Giustizia. E? giustappunto in questo quadro che vanno introdotte e perseguite strategie di cambiamento! Strategie normative, strategie organizzative, strategie culturali (ossia volte ad affermare principi di riferimento)
DAVIGO, L'ULTIMO 'ROMPICOGLIONI' DI MANI PULITE "i
politici si prendono la prescrizione come se nulla fosse" "LA
POLIZIA? Più ARRESTANO Più SONO BRAVI" "Le cose peggiori sono
( da "Dagospia.com"
del 16-02-2009)
Argomenti: Giustizia
Abstract: La giustizia è lenta per molte ragioni, ma la più importante di tutti è che ci sono troppo processi». L'Anm dice che è un problema di risorse. «Sbaglia. L'Italia spende per la giustizia quello che spende la Gran Bretagna, dove fanno 300 mila processi penali l'anno.
( da "Apogeonline" del 15-02-2009)
Argomenti: Giustizia
13 Commenti Il ddl
ora alla Camera Reati d'opinione in rete, i limiti del 50-bis di Elvira
Berlingieri 09 Feb 2009 Il "pacchetto sicurezza" del governo s'è
arricchito al Senato di un emendamento contro i reati di opinione commessi
attraverso internet. Concepita sull'onda emotiva delle proteste per alcuni
gruppi di Facebook, la norma apre però enormi problemi
operativi e crea pericolosi precedenti giuridici Il 5 febbraio scorso il Senato
ha approvato il ddl n. 733 recante disposizioni in materia di sicurezza
pubblica con 154 voti favorevoli e 114 contrari. Il testo del provvedimento
presenta, tra le altre discusse misure, l'introduzione di disposizioni volte a
reprimere l'utilizzo di internet per commettere reati di opinione, come
l'apologia di reato o l'istigazione a delinquere. In modo particolare il testo
del disegno di legge introduce in capo al ministero dell'Interno il potere di emettere un decreto che ha come destinatari gli
Internet Service Provider, per imporre loro l'obbligo di filtrare i contenuti
ritenuti illegittimi al fine di renderli inaccessibili ai loro abbonati.
Prevede, inoltre, sanzioni amministrative pecuniarie in caso di mancata
ottemperanza al decreto che impone il filtraggio entro le successive 24 ore.
L'articolo 50-bis nel quale sono confluite le disposizioni che andremo a
esaminare , sembra essere stato presentato sull'onda emotiva causata dalla
presenza su Facebook di gruppi in favore di mafia e stupro, come dichiarato dal
proponente D'Alia negli scorsi giorni. Il senatore si è immediatamente opposto
all'adozione del ddl per altre ragioni politiche sostenendo invece che
l'emendamento concerne il «contrasto all'uso distorto e criminogeno di alcuni
social network su internet». Le reazioni in rete e sulla stampa sono state
immediate e preoccupate. Il timore principale, infatti, è che la nuova
regolamentazione possa essere utilizzata anche indirettamente come strumento
per oscurare contenuti "scomodi" prima dell'accertamento processuale
dei reati. In modo particolare, per quanto riguarda il decreto che dispone
l'oscuramento, il legislatore non ha specificato l'obbligo di motivazione, che
invece è sempre necessario per gli atti della magistratura, e coinvolge
soggetti sostanzialmente estranei ai reati, gli Isp appunto. Come se ciò non
bastasse, introduce l'intervento del governo in un procedimento penale, sinora
di competenza esclusiva della magistratura. La preoccupazione sale anche in
ordine alle modalità tecniche con cui il disposto, qualora dovesse superare il
vaglio della Camera, potrebbe essere adottato. Le problematiche sono
moltissime: analizziamo, quindi, in dettaglio il contenuto dell'articolo 50-bis
del ddl 733 cercando di individuare quale scenario potrebbe realizzarsi in caso
di sua approvazione. Il campo di applicazione L'articolo 50-bis, rubricato
Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o
di attività illecite compiuta a mezzo internet, dispone al primo comma che
Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle
leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da
altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di
ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via
telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a
comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto
l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività
alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari
a tal fine. La norma prevede, quindi, che nel caso in cui la magistratura stia
procedendo per uno dei reati indicati la stessa possa chiedere e ottenere da
parte del ministero dell'Interno un decreto che imponga ai provider l'obbligo
di oscuramento. Ci sono due punti chiave, quindi: il coinvolgimento dei
provider e l'intervento del ministero. Le tecniche di filtraggio Nel nostro
ordinamento gli obblighi di filtraggio e oscuramento di contenuti previsti in
capo ai provider concernono il materiale pedo-pornografico, i siti non
autorizzati che effettuano scommesse e il materiale coperto da diritto
d'autore. Per quanto riguarda l'obbligo di oscurare materiale
pedo-pornografico, la segnalazione dei siti da oscurare avviene a cura del
Centro nazionale per il contrasto alla pedo-pornografia. La stess legge che
istituisce il Centro impone ai provider l'obbligo (art. 19, che introduce
l'art. 14-ter) di segnalare al Centro informazioni relative ai reati previsti
nel caso ne vengano a conoscenza, pena sanzione amministrativa dai 50 ai 250
mila euro. I Monopoli di Stato, invece, redigono periodicamente un elenco dei
siti che devono essere oscurati a cura dei provider italiani pena sanzioni
pecuniarie dai 30 ai 180 mila euro. Se interpellati dalle autorità giudiziarie,
inoltre, i provider devono porre in essere «tutte le misure dirette ad impedire
l'accesso ai contenuti» in caso di violazioni di diritto d'autore, come
previsto dalla legge 128/04, pena una sanzione pecuniaria dai 50 ai 250 mila
euro. Come avvengono attualmente in Italia questo tipo di procedure di
filtraggio dei contenuti? In via generale, l'oscuramento di siti non legittimi
viene realizzato tramite un filtro a livello di Dns. Si impedisce, cioè, all'utente
finale di accedere al contenuto redirezionando l'indirizzo Ip pubblico dal
server su cui è ospitato il contenuto ritenuto illegittimo a un altro server
che avverte che la pagina è irraggiungibile. Questo metodo impedisce l'accesso
casuale ai contenuti, ma è anche facilmente aggirabile usando Dns di provider
non italiani, tipicamente gli Open Dns. I quali, non essendo soggetti alle
regolamentazioni del nostro paese, non effettuano alcun redirezionamento e
permettono agevolmente di navigare e visualizzare ogni contenuto nonostante i
filtri applicati dai provider italiani. Il metodo è stato usato recentemente
dalla magistratura italiana anche per "sequestrare" il server di The
Pirate Bay. È questo il caso che si verificherà se l'emendamento diventerà legge?
Il problema è di importanza non secondaria, proprio perché l'intento del
legislatore è quello di colpire attività capillari di manifestazione del
pensiero che possono rientrare nei reati inclusi nell'emendamento, e che
tipicamente si svolgono all'interno di social network come Facebook, per
l'appunto. Che, quindi, non sono caratterizzati da un dominio e da un Ip
indipendente, ma individuati a livello di piattaforma come servizi in sé e per
sé e capaci di ospitare molteplici utenti su uno stesso indirizzo Ip. La
conseguenza più preoccupante dell'applicazione di una simile tecnica sarebbe,
pertanto, quella di rendere irraggiungibile per gli utenti che usano i Dns dei
rispettivi provider l'accesso a tali piattaforme e ai loro servizi. Ma non
solo. Un contenuto, tante vite Il sacrificio rischia anche di essere
completamente inutile. I contenuti, soprattutto in questo momento storico,
possono essere ripresi e integrati all'interno di più piattaforme dai diversi
utenti che decidono di condividerli. Un testo (o un'immagine o un video), per
esempio, può essere citato o ripreso integralmente da uno o più blog e da uno o
più social network, con l'effetto pratico che il contenuto non si trova più
solamente sul server di origine ma su diversi altri, spesso commerciali e
pertanto non sotto il diretto controllo tecnico dell'utente. Ma la situazione è
ancora più complessa: i contenuti sono normalmente dotati di un feed Rss ed è
alta la probabilità che essi finiscano, in modo quasi immediato rispetto alla
loro pubblicazione, in un'applicazione che rende pubblici i feed condivisi.
Pensiamo a Google Reader o a FriendFeed, ma anche agli altri social network che
permettono all'utente di pubblicare contemporaneamente e sempre attraverso i
propri feed, qualsiasi attività compiuta in rete. Ancora più complesso potrebbe
essere il caso in cui la commissione del reato non avvenga attraverso un blog o
un contenuto comunque immediatamente riferibile alla presenza in rete
dell'autore, bensì in un commento. Ci sono blog che utilizzano servizi esterni
per permettere alle persone di commentare, come Haloscan o Disqus, ma è
possibile anche inserire commenti nei sistemi di social bookmarking come
Delicious oppure in FriendFeed stesso, che altro non fa se non proprio rendere
commentabili tutti i contenuti dotati di feed. Giusto per terminare il
labirinto del percorso che un contenuto può subire nell'attuale panorama
tecnologico, e sempre in via esemplificativa e non tassativa, applicazioni come
Yahoo! Pipes permettono di dotare di feed anche contenuti immessi in rete che
non ne sono provvisti, con la conseguenza che l'autore del contenuto potrebbe
non sapere nemmeno della utilizzazione e diffusione dei propri contenuti
tramite feed. Questo tipo di approccio esclude che il contenuto possa essere ritenuto
come pubblicato sempre ed esclusivamente presso una unica fonte, anche perché
il contenuto continua a circolare attraverso la condivisione effettuata dai
contatti dell'utente. L'attuale funzionamento delle applicazioni
"social", infatti, ha generalmente l'effetto di privare anche il
soggetto che per primo li ha immessi in rete della possibilità obiettiva di
controllare dove e come il proprio contenuto è stato incorporato o condiviso.
Inoltre, visto che il provvedimento nasce proprio in considerazione dello
specifico caso di Facebook e per le pagine create per aggregare più persone in
gruppi, l'unico effetto che l'oscuramento tramite Dns potrebbe raggiungere è
quello di oscurare Facebook nella sua interezza, e cioè criminalizzare un
intero servizio senza una base razionalmente e giuridicamente proporzionata,
quale potrebbe essere una sentenza passata in giudicato. La conseguenza più
probabile dell'applicazione del disposto dell'articolo 50-bis, anche qualora si
riuscisse a imporre un filtraggio più efficace di quello tramite Dns, sarebbe
dunque quella di creare un'imposizione legislativa che non avrebbe comunque la
possibilità di raggiungere in concreto gli effetti che si propone di
raggiungere. Non per come funziona il web contemporaneo, perlomeno. A conti
fatti, il disposto dell'articolo 50-bis sembra in concreto poter raggiungere il
solo effetto di creare un obbligo verso i provider che saranno destinatari
degli eventuali decreti del ministero, con la conseguenza di esporre i provider
stessi a un duplice rischio nel caso non riescano ad attivarsi entro le 24 ore
previste. Non solo alla sanzione amministrativa, dunque, ma anche alla
possibile imputazione di concorso nel reato per il quale si è chiesto
l'oscuramento, insieme all'autore della violazione, per avere agevolato la
commissione dell'illecito non avendo ottemperato agli ordini dell'autorità. Un
paradosso, questo, se si pensa alla difficoltà di individuare l'autore
originario dell'illecito in virtù di quanto abbiamo appena detto del
funzionamento della rete. L'intervento del ministero Se già a livello tecnico
sorgono dubbi sulla effettiva utilità del disposto dell'articolo 50-bis, è a
livello strettamente giuridico che le maggiori preoccupazioni trovano ingresso.
La procedura descritta dall'art. 50-bis, infatti, prevede che il ministero
dell'Interno possa discrezionalmente attivarsi a seguito di comunicazione della
magistratura per emettere il decreto di oscuramento. Mentre la discrezionalità
del ministero è evidenziata dall'uso del verbo "può", intendendo
quindi che non è detto che necessariamente il decreto venga emesso, non si
riesce a capire se la magistratura a sua volta "possa" o
"debba" effettuare tale comunicazione al ministero. Di fatto le
autorità giudiziarie già adesso, come nel caso relativo a The Pirate Bay già
ricordato, hanno il potere di ordinare ai provider
quanto in loro potere per rimuovere le violazioni. C'è
da dire che, nel caso The Pirate Bay, attualmente ancora in fase di
definizione, l'ordinanza di sequestro del Gip di Bergamo era stata annullata
per assenza di un requisito sostanziale dell'atto di sequestro, come abbiamo
avuto modo di analizzare in passato su Apogeonline. La previsione appare,
comunque, ancora più grave sotto il profilo della legittimità costituzionale
della procedura individuata. Il nostro ordinamento, infatti, si basa sul
principio della separazione dei poteri. Il potere giudiziario,
in particolare, è indipendente da tutti gli altri poteri (art. 101 della
Costituzione), compreso l'esecutivo. L'Italia ha visto solo in tempi
particolarmente oscuri l'ingerenza dell'esecutivo sul giudiziario,
con l'effetto di rendere l'amministrazione della giustizia
uno strumento politico. L'adesione all'attuale costituzione vigente imporrebbe
al massimo la creazione di una ulteriore modalità di sequestro da inserire nel
codice di procedura penale, lasciando comunque alla magistratura il pieno monopolio del processo senza l'intervento del ministero. Al
secondo comma dell'articolo 50-bis, tuttavia, si prevede che contro il
provvedimento è ammesso ricorso presso l'autorità giudiziaria, la quale dovrà
quindi sindacare su un provvedimento che avrà essa stessa stimolato
(discrezionalmente o meno: come abbiamo detto la lettera della norma non è
affatto chiara sul punto). I reati contemplati Le tipologie di reato
indicate nell'articolo 50-bis, seppure dal punto di vista giuridico non
aggiungano niente di nuovo a quello che il nostro ordinamento già prevede, per
il particolare panorama del web contemporaneo assumono forme particolarmente delicate
e facilmente equivocabili. Secondo la lettera della norma, la procedura può
essere avviata per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle
leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da
altre disposizioni penali. Le dinamiche della rete sono note quasi
esclusivamente a chi la rete la vive, per il semplice fatto che memi e forme di
critica e satira appaiono e scompaiono nel giro di pochi giorni, con codici
difficili da decrittare per chi non è coinvolto quotidianamente nella
conversazione globale. Non si tratta solo dei messaggi in sé e per sé, ma anche
di forme di comunicazione strettamente collegate alla specifica tecnologia
utilizzata - che in realtà possono esprimere forme di dissenso mentre, in tutta
apparenza e nella completa inconsapevolezza della tecnologia e della
conversazione o del singolo personaggio che sta esprimendo se stesso o le
proprie idee, potrebbe sembrare l'esatto contrario. Il web è un codice che si
evolve con grande rapidità: questa velocità ha l'effetto di rendere obsoleta
una specifica comunicazione anche dopo poche settimane, sebbene sempre
permanente in rete presso il blog o l'applicazione "social"
dell'utente. Questo argomento, delicato per le conseguenze che i fraintendimenti
possono comportare, impone non soltanto alla magistratura ma anche alle altre
istituzioni coinvolte nella legiferazione una ampia e profonda riflessione che
non può prescindere da una informazione e presa di coscienza della natura del
fenomeno che si intende regolare. Questo per garantire ai cittadini una
applicazione efficace, informata, effettiva e giusta delle leggi, e una
adeguata e proporzionata protezione da comportamenti che giustamente
l'ordinamento sanziona. Non è un compito facile, ma è possibile auspicare che i
cambiamenti avvengano per migliorare le cose. Elvira Berlingieri si occupa di
diritto d'autore e proprietà intellettuale, tutela del software e diritto delle
nuove tecnologie, conciliazione e mediazione. È consulente legale presso
privati e pubbliche amministrazioni. Docente e relatore in diversi master e
corsi di perfezionamento, tiene cicli di lezioni al master in e-Medicine
dell'Università di Firenze. Ha pubblicato il manuale Legge 2.0, il web tra
legislazione e giurisprudenza (Apogeo, 2008). In Rete: elvlog.wordpress.com
( da "Sannio Online, Il" del 16-02-2009)
Argomenti: Giustizia
Politica: La riforma
della Giustizia Pubblicato il 16-02-2009 di Giovanni Zarro Quale progetto per
la giustizia? Quale Riforma? E prima ancora quale
cultura? Quale cultura politica in materia di giustizia,
oggi?... Quale progetto per la giustizia? Quale
Riforma? E prima ancora quale cultura? Quale cultura politica in materia di giustizia, oggi? Dobbiamo riconoscere, da subito, che la
prevalente cultura, anche, politica del nostro popolo, appare refrattaria ad
accettare il primato della legge. La misura di questa riluttanza cambia a
seconda degli schieramenti politici; come gli atteggiamenti, piú o meno
rispettosi, verso le istituzioni giudiziarie. Ma?..la riluttanza è presente,
attiva e provoca danni alla Repubblica; perpetua un costume degli italiani non
all?altezza dei un Paese evoluto e tecnologicamente avanzato! Il denominatore
comune, che esibisce, è l?idea che l?interesse politico conti e valga di piú di
ogni altro! Basti ricordare la originaria, iniziale diffidenza verso la Corte
Costituzionale (le leggi le fa il parlamento e basta), l?uso degenere
dell?immunità parlamentare, le amnistie o gli indulti nati dalle posizioni
assunte da questi o quei gruppi di partito, fino ad una tal quale sovversione
istituzionale messa in atto sull?abbrivio degli interessi personali del
Presidente del Consiglio in carica. Tutto ciò, e si dica senza mezzi termini, è
figlio di una concezione distorta del ?primato della politica?. I suoi effetti
vengono poi esasperati e ?giustificati? dal pieno controllo degli ?avvocati?
sul lavoro delle Commissioni Parlamentari Affari Giudiziari e dalla cronica
difficoltà di fare prevalere in Parlamento una visione generale dei problemi della Giustizia. E? giustappunto in questo quadro
che vanno introdotte e perseguite strategie di cambiamento! Strategie
normative, strategie organizzative, strategie culturali (ossia volte ad
affermare principi di riferimento). Strategie che devono innervarsi su alcuni
grandi, essenziali snodi. Snodo numero uno. Le leggi ad personam. Sulla
materia, oggi, c?è una non irrilevante sensibilità sociale contro! Almeno
questo! Va detto, tuttavia, che il bilancio della situazione è, all?atto, meno
drammatico di quanto possa apparire. La Corte costituzionale ha dichiarato
incostituzionale la legge Pecorella (abolizione dell?appello per l?accusa).
Altrettanto era già avvenuto per il lodo Schifani. Neutralizzata dal diritto
internazionale la legge sulle rogatorie. Assai poco usata la legge Círami.
Restano la legge Cirielli (tempi di prescrizione) e la legge sul falso in
bilancio. E l?attuale lodo Alfano. (...) Incostituzionale, a parere di molti,
almeno per le modalità realizzative prescelte! Cosa fare? Forse, occorre
introdurre in Costituzione un nuovo principio! Un principio?. secondo cui le
nuove norme procedurali non possono valere per i procedimenti in corso. Ancora!
Forse, occorrerebbe aggiungere qualche limitazione (da studiare con il massimo
scrupolo) alla possibilità di applicare retroattivamente le rimodulazioni della
pena o la stessa abrogazione dei reati. In assenza di interventi di tal fatta,
il sistema sarà sempre esposto alla concezione distorta del ?primato della
politica?! A prescindere dalle conseguenze delle amnistie e degli indulti
?mirati?. Snodo numero due. Il ruolo della Cassazione. Il nostro sistema
accusatorio è, a differenza di altri sistemi di ugual natura, fondato su due
gradi di giudizio anziché su uno. Questa particolarità corrisponde a una
tradizione e a dei valori giuridici a cui è difficile rinunciare (e che è
giusto difendere). Quel che non è possibile accettare è invece l?esistenza di
un terzo grado di merito quale spesso diventa il giudizio di Cassazione,
concepita in Costituzione come pura Corte di legittimità. Questo ruolo svolto
impropriamente dalla Cassazione diventa, anch?esso empiricamente, un?insidia
alla ragionevole durata del processo, alla certezza della pena e alla stessa
domanda di giustizia. Snodo numero tre. I tempi dei processi. Il tema richiede l?adozione di un complesso
sistema di norme e di scelte organizzative. E forse su queste ultime vale la
pena, per novità, concentrare l?attenzione! La macchina della giustizia va gestita infatti come qualsiasi grande macchina
organizzativa. Va fornita di tempi, di obiettivi produttivi, di standard
lavorativi minimi, di criteri di priorità, anche di sanzioni per negligenza.
L?indipendenza del giudice si esprime nelle decisioni; non nella scelta
arbitraria dei giorni delle udienze, nella strutturazione dei propri compiti e
nella programmazione del tutto arbitraria, del loro svolgimento e della loro
definizione temporale! Torna cioè a proporsi l?idea di un manager giudiziario in grado di architettare il lavoro di ogni sede
complessa in modo da tener conto di una serie di vincoli: dai diritti dei
testimoni alle garanzie dell?imputato (da quanto il signor X è in carcere in
attesa di essere interrogato?) ai tempi di prescrizione. La vera sfida della giustizia moderna è la sua organizzazione ?industriale?;
l?organizzazione fondata sul manager! Altri snodi, ovviamente, possono essere
identificati. Ma questi appaiono quelli che meglio di altri sono in grado di
esprimere la discontinuità che si chiede rispetto alle tradizioni di rigidità,
di pigrizia, di inerzia giudiziaria e cioè: una legge uguale per tutti; una
domanda di giustizia protetta dai cavilli abusivi; una
magistratura tenuta a maggiori doveri verso il cittadino e verso le stesse
istituzioni. Ma?.. Nel concreto cosa ha fatto il Governo ed il Parlamento? Cosa
si sta facendo? Intanto, per i profili politici, va detto che gli italiani
percepiscono la questione giustizia come una vera e
propria priorità nazionale! Percepiscono la questione giustizia
come una emergenza che riguarda sia il settore penale che quello civile! Come
una questione che finisce per coinvolgere negativamente anche le possibilità di
sviluppo economico del nostro Paese! Ciò, impietosamente, viene messo in
rilievo anche da prestigiose istituzioni internazionali (si pensi al rapporto
CEPEJ 2006 ed al rapporto Doing Business della World Bank 2008). Da una parte!
Dall?altra va notata la necessità improcrastinabile di riconsegnare credibilità
e fiducia al sistema giudiziario italiano ed ai
cittadini! Ai cittadini che da utenti subiscono in prima persona
l?intollerabile lentezza delle procedure e da osservatori rimangono spesso
attoniti davanti ad eventi tanto mediaticamente clamorosi, quanto discutibili
sul piano istituzionale. In conseguenza, bisogna procedere con urgenza alle
riforme ordinamentali e processuali per ridare dignità alla giustizia
civile! Non meno ambizioso l?obiettivo di una nuova giustizia
penale! Ed ancora! Urge pensare ad un sistema di controlli! Un efficace sistema
di controllo per verificare la professionalità dei magistrati in modo da
garantire che il loro operato, doverosamente autonomo ed indipendente, non si
trasformi in autoreferenzialità o in mero arbitrio. Se è così?domandiamoci?come
procedere per riformare la Giustizia? Quale la tesi di fondo? Dare corso ad un
intervento che, da solo, risolva tutto? Pare di poter dire che ?non vi è un
singolo problema risolto il quale la giustizia nel suo
insieme ne benefici visibilmente. I problemi sono
tanti come molte sono le materie che chiedono una nuova disciplina! Insomma il
disegno si articola, e non può che riarticolarsi, in un intervento, plurimo ed
insieme complessivo; un intervento articolato che riguardi le Norme Antimafia,
il Processo Civile, il Processo Penale, le Riforme ordinamentali, le Misure di
efficienza di rango legislativo e non legislativo, gli Interventi sul sistema
carcerario, la Riforma della magistratura onoraria. Non basta! Bisogna
ritornare sul ruolo del Ministro di Grazia e Giustizia! Il Ministero della
Giustizia deve recuperare, anzi deve riappropriarsi, della funzione
organizzativa che l?art. 110 della Carta Costituzionale gli affida. La
Costituzione vuole che il ?modello organizzativo? del sistema giustizia sia di competenza del Ministro; ed al Ministro va
ricondotta l?organizzazione del Servizio Giustizia e la fornitura dei beni
materiali necessari. Ed ora, più partitamente, quali i problemi?
E quale il lavoro da compiere? Per il settore civile, il trascorrere degli anni
ha segnato una tendenza di base del tutto negativa! Al progressivo aumento
delle sopravvenienze che sono passate da 3.665.479 del 2001 alle 4.577.594 del
2007 non è corrisposta una pari tendenza alla loro progressiva definizione. A
ciò si aggiunga che la giacenza media dei procedimenti ordinari è pari a circa
960 giorni per il primo grado ed a 1509 giorni per il giudizio di appello. L?
arretrato, il non lavorato aumenta giorno dopo giorno! La durata del processo
subisce lo stesso destino! Per la giustizia penale, si
registra un aumento dei procedimenti iscritti sia contro indagati noti che
contro ignoti (rispettivamente pari a 1.534.320 e 1.831.237); si mantiene
sostanzialmente stabile il numero dei processi (pari a
1.263.205). Per la definizione del giudizio di primo grado la giacenza media
dei procedimenti è pari a circa 426 giorni (imputati noti) ed a 730 giorni per
il grado di appello. Per il sistema della Giustizia minorile, si fa notare che
in questi ultimi anni è stato amministrato non soltanto il disagio giovanile
dei minori italiani ma anche un ben più complesso fenomeno di interazione con
devianze minorili poste in essere da minori stranieri. Si evidenziano almeno
due fenomeni di peculiare gravità: la notevole incidenza della
tossicodipendenza nei fenomeni di disagio minorile nonché l?uso da parte della
criminalità organizzata di manovalanza minorile. Per il sistema penitenziario,
alla data del 25 gennaio 2009 si registrano 58.692 presenze, a fronte di una
capienza regolamentare di 42.957 posti e di un c.d. fabbisogno complessivo di
n. 63.443; dati che indicano chiaramente come la crescita dell?andamento delle
carcerazioni si sta rapidamente attestando sui livelli drammatici del periodo
?pre?indulto?. Vi sono altri problemi! La gestione del
personale amministrativo e la configurazione del ruolo della magistratura
onoraria. Su quest?ultimo punto. La volontà di un diverso riconoscimento del
ruolo della Magistratura onoraria è testato dalle varie ipotesi di riforma e
valorizzazione (anche con proposte innovative) che riguardano in particolare la
giustizia di prossimità erogata dai Giudici di Pace.
Analogamente essenziale il ruolo che il legislatore ha riconosciuto ai Giudici
Onorari di tribunale (c.d. GOT) ed ai Vice Procuratori Onorari (c.d. VPO)
prorogando al 31 dicembre 2009, il mandato in scadenza il 31dicembre
( da "Dagospia.com" del 16-02-2009)
Argomenti: Giustizia
HomePage | Segnala
articolo --> DAVIGO, L?ULTIMO ?ROMPICOGLIONI? DI MANI PULITE ? ?i politici
si prendono la prescrizione come se nulla fosse? ? ?LA POLIZIA? Più ARRESTANO
Più SONO BRAVI? ? ?Le cose peggiori sono state approvate all?unanimità? ? LA
VITTORIA SUL CAV? Claudio Sabelli Fioretti per "La Stampa" Di Pietro
è capo di un partito, Borrelli presidente del Conservatorio, D'Ambrosio
parlamentare, Colombo consulente editoriale. Dei magnifici cinque del pool Mani
Pulite, a calcare le aule giudiziarie è rimasto solo Piercamillo Davigo, giudice
alla Corte di Cassazione. PIERCAMILLO DAVIGO Sono passati esattamente 17 anni
dall'arresto di Mario Chiesa. Davigo ricorda il giorno in cui D'Ambrosio gli
chiese di entrare a far parte del pool. «Lo ammetto con un po' di vergogna.
Pensai: "Qui si passano un sacco di guai". Ma il giorno in cui dovevo
dare la mia risposta ci fu la strage di Capaci, e mi pentii moltissimo di aver
pensato di dire di no». E hai passato un sacco di guai. L'accusa era di
invadere il campo della politica... «Noi però pensavamo che la lotta alla
corruzione fosse condivisa...» Invece cominciarono a dire: toghe rosse... «In
America i procuratori distrettuali dei singoli Stati sono espressione dei
partiti. Ma nessuno si sogna di dire: "Ce l'ha con me per ragioni
politiche". E se un giorno un imputato islamico rifiutasse giudici
cristiani? E se un imputato nero rifiutasse un giudice bianco?». Ma è vero che
la giustizia è di sinistra? «Sciocchezza di dimensioni
ciclopiche. A voler sottilizzare, c'è maggiore inclinazione in senso conservatore.
Chi fa questo mestiere crede nella legalità, nell'ordine». Cossiga mi ha dato
queste definizioni: Borrelli, un aristocratico conservatore, D'Ambrosio, un
vero comunista, Davigo, un fascista, Colombo, un extra-parlamentare e Di
Pietro, uno di estrema destra. Corrispondono? «Borrelli lo definirei liberale».
D'Ambrosio, vero comunista? «Senatore dei Ds, non so se voglia dire vero
comunista». Colombo extra-parlamentare? «Assolutamente no». E Di Pietro estrema
destra? «Per carità. Di Pietro come molti, come me, ha una certa idea di legge
e ordine. Semmai l'anomalia è che la destra italiana sia favorevole alle leggi
che rendono difficile la repressione dei reati». Davigo fascista... «Un
magistrato non può essere fascista. Il suo compito è dare razionalità al
sistema. Tutto il contrario dell'uso della forza». Ma i magistrati hanno
opinioni politiche... «I magistrati interpretano la legge secondo la loro
sensibilità. Ma non si può pensare che uno condanni secondo il colore politico.
E' una visione gretta, tipica di quei politici che, siccome ragionano così,
pensano che anche noi ragioniamo così. Ma noi non ragioniamo così. Tanto più la
legge è precisa, tanto meno spazio hanno le nostre personali opinioni». La
legge è spesso interpretata. Non sarebbe meglio attenersi alla lettera?
«Omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione non
inferiore ad anni 21. E se cagioni la morte di una donna? Ai tempi della
Bicamerale, nella bozza Boato c'era la proposta di vietare l'interpretazione estensiva.
Se fosse passata, sarebbe stato impossibile condannare chi uccide una donna».
E' un caso paradossale. «Potremmo attenerci alla lettera se avessimo dei
legislatori in gamba. Ma così non è. Dal Parlamento escono spesso leggi
pessime, scritte in maniera ambigua affinché ognuno le possa leggere come gli
pare. E che non risolvono il nodo politico alla base della norma. Quindi la
decisione politica deve prenderla il giudice». BORRELLI Caratteristiche di un
magistrato? «Ha una notevole attitudine alla razionalità, fa poco uso di
pregiudizi». Anche voi avete i vostri pregiudizi... «Certo. Ricordo un mitico
presidente di Corte di Assise, che esordì in udienza dicendo:
"Carabinieri, portate gli assassini!". Siccome erano altri tempi,
nessuno lo ricusò». Che lavoro volevi fare da bambino? «Mi piaceva
l'astronomia. Guardavo la luna col cannocchiale». Ricordi di gioventù? «Il mio
paese, Candia Lomellina, nebbie terribili, neve, risaie. La vita terribile
delle mondariso». Eri bravo a scuola? «Non amavo lo studio. Ero indisciplinato.
Ogni tanto sette in condotta». Sei contento di aver fatto il giudice? «Mi
piace. E' una professione che garantisce indipendenza. Non mi è mai neppure
capitato che mi sia stato proposto qualcosa che ripugnasse la mia coscienza».
Quindi, se tornassi indietro... «Rifarei il giudice, nonostante tutto...».
Nonostante tutto? «Sono stato per anni oggetto di attacchi furibondi. Dal '93
al '98 ho sporto più di ottanta querele. Nessuna prima e nessuna dopo. Prima
ero buono, poi cattivissimo e poi sono tornato buono? Evidentemente ero oggetto
di attacchi furiosi per i processi che facevo». Che
cosa hanno scritto su di te? «Ricordo una trasmissione in cui si sosteneva che
io ricattavo il presidente di una sezione del tribunale di Milano per far condannare
degli imputati. Sullo sfondo un quadro con due maiali in toga abbracciati e un
coltello insanguinato». Hai fatto un sacco di soldi a forza di querele...
«Pochissimi. Il mio avvocato sì, parecchi». Antonio Di Pietro Quando vincevi
quanto ti liquidavano? «Dieci milioni, venti milioni, una volta sessanta». Cosa
ci hai fatto? «Ho comprato un garage e un'automobile». Il tuo primo caso
importante? «L'ufficio Iva di Pavia. Vennero arrestati 29 impiegati su 30 che
componevano l'ufficio». Corruzione... «Concussione. All'epoca io credevo nella
concussione». Non ci credi più? «Quelli che pagano dicono sempre di essere
stati concussi. Ma su migliaia di imprese di cui mi sono occupato tutte, tranne
una sola, avevano i soldi già pronti. Che concussione è se il concusso ha i
soldi pronti per il caso che lo concutano?». Hanno mai provato a corromperti?
«No. Gherardo Colombo sostiene che qualche volta ci hanno provato ma noi siamo
stupidi e non li abbiamo capiti». Esiste un'offerta a cui non si può dire di
no? «Non lo so. Ma non dipende solo dall'entità dell'offerta. Le persone
orgogliose, e io sono orgoglioso, non sono passibili di corruzione». Esiste un
punto debole? «Ho visto colleghi che hanno fatto cose impensabili per sistemare
il figlio. E qualche volta sono finiti nei guai per questo». Quando l'imputato
viene assolto, il pm ha sbagliato? «Un conto è che uno venga assolto perché le
prove dimostrano che non c'entra. Un conto è che le prove vengano meno. Tu lo
devi assolvere ma non vuol dire affatto che è innocente. Se non fai il giudice
ma lo storico, tu scrivi che quello è il mandante dell'omicidio, perché ci sono
degli elementi ragionevoli per ritenere che sia il mandante dell'omicidio». C'è
un segretario di un partito, Cesa, che è innocente anche se ha confessato il
suo reato... «Ha conquistato una prescrizione». Quindi è innocente. «Facciamo
un caso. Il mio vicino, quello cui affido mia figlia per accompagnarla a
scuola, viene accusato di essere un pedofilo. Finché non si pronuncia la Corte
di Cassazione è innocente. Ma io continuo ad affidargli mia figlia?». gerardo
colombo Applicato ai politici... «La Costituzione dice "i cittadini a cui
sono affidate pubbliche funzioni hanno dovere di adempiere ad esse con
disciplina ed onore". Disciplina ed onore è qualcosa di più che osservare
la legge. Tutti i politici si prendono la prescrizione come se nulla fosse. C'è
onore nell'accettare la prescrizione?». È meglio fare l'accusatore o il
giudicante? «Fare il Pm è più affascinante perché c'è la componente
investigativa, è una palestra di intelligenza. Però il Pm è costretto a
prendere decisioni nell'immediato, magari chiamato alle due di notte. E'
sollecitato a fare arresti in maniera esagerata dalla polizia giudiziaria». E
perché mai? «Per le forze di polizia c'è un indice di produttività. Se fanno
mille arresti sono considerati più bravi che se ne fanno 600. E allora tendono
ad arrestare, anche quando, come succede frequentemente, non ne ricorrono le
ragioni. La maggior parte degli arresti sono facoltativi. Come per le intercettazioni...».
Tocchiamo un tasto dolente... «Ho passato la mia vita a cercare di contenere le
richieste di intercettazioni che arrivavano dalle forze di polizia». Troppe,
dice il premier. «Le forze di polizia dipendono da lui. Che dia ordine alla
polizia di non farcene più richiesta». I giudici sono dei fannulloni? «Abbiamo
la più alta produttività d'Europa, probabilmente del mondo. La giustizia è lenta per molte ragioni, ma la più importante di tutti è che
ci sono troppo processi». L'Anm dice che è un problema di risorse. «Sbaglia. L'Italia
spende per la giustizia quello che spende la Gran Bretagna, dove fanno 300 mila processi penali l'anno. Noi ne facciamo tre milioni. Abbiamo ogni
anno più cause civili nuove di Francia, Spagna, Gran Bretagna messe insieme».
Che fare? «Perché mai un debitore in Italia dovrebbe pagare il suo creditore?
Pagherà fra anni, ammesso che venga condannato». E' sconsolante. «Il sistema
tutela i farabutti. Una volta la minaccia da parte delle persone per bene verso
le persone per male era: "Ti faccio causa". Adesso la minaccia da
parte delle persone per male verso le persone per bene è: "Fammi
causa!"». E allora? «Tu devi sapere che se violi la legge, avrai
conseguenze gravi. Dovrai pagare costi di processo elevati. La giustizia viene sempre dipinta con la bilancia e la spada.
Ma la spada dovrebbe colpire di più». E così passi per forcaiolo. «Perché mai
un italiano dovrebbe rispettare la legge? Bisogna fare regole che lo rendano
conveniente. Inoltre il contenzioso elevatissimo fa sì che devi ricorrere ai
giudici di pace. E i giudici di pace non sempre sono di qualità adeguata».
Silvio Berlusconi Perché? «Abbiamo 1200 posti vacanti per i magistrati
ordinari, i vincitori sono meno dei posti messi a concorso. Dall'università
esce una banda di somari e c'è una strage agli esami. Se non riesci a trovare
magistrati ordinari, vuol dire che gli altri sono a livello più basso. E se già
i magistrati fanno delle asinate, figuriamoci quelli che sono sotto quella
soglia». E il penale? «C'è un numero sterminato di reati possibili. Ogni anno
ne introducono di nuovi». Le depenalizzazioni... «Hanno depenalizzato la sfida
a duello. Sai che vantaggio. In compenso non hanno depenalizzato la
falsificazione dei biglietti del tram. Un reato per il quale si spendono
migliaia di euro e mesi di tempo, fino alla Cassazione, per un valore di un
euro. Io tante volte ho pensato: "Ma se tiro fuori l'euro del biglietto,
la piantiamo lì?"». In Cassazione per un biglietto del tram? «In Italia si
va sempre in appello». C'è un motivo? «Certo che c'è. In Francia, se chiedi
l'appello, la pena può anche aumentare. In Italia no, quindi non corri nessun
rischio. Eppoi le Corti d'Appello, su impugnazione del solo imputato, non
possono aumentare le pene. Se hanno processi con pene
diverse per fatti simili, non potendo alzare le pene minori livellano tutte le
pene al ribasso. Inoltre, se impugni eviti la galera. E prima o poi arriva
l'indulto, l'amnistia, la prescrizione, non si sa mai. Abbiamo avuto 35 fra
amnistie ed indulti in 50 anni. Per cui impugni». E' vero che in Italia ci sono
sei milioni di cittadini che evadono le tasse? «Non so se sono sei milioni. Ma
sono tanti sicuramente. Incentivati dai condoni. Basta fare un confronto tra i
redditi e le barche e le auto di grossa cilindrata... Può essere credibile che
il reddito degli avvocati sia un terzo di quello dei magistrati?». I condoni
hanno una loro funzione... «No. Costano e non fruttano niente». Tu non hai
condiviso la scelta di Gherardo Colombo di lasciare la magistratura. «Ha
scritto che ritiene di non poter fare nulla per rendere il sistema meno
ingiusto. Non credo che sia così». E la scelta di Di Pietro? «I magistrati non
devono passare immediatamente dalle funzioni giudiziarie a quelle politiche.
Non è possibile che l'arbitro si metta a giocare. Può rendere poco credibile
quello che hanno fatto prima. Ciò detto in tutti i Paesi al mondo i diritti
politici vengono tolti ai delinquenti e non ai giudici». Non sono pochi i
magistrati in politica. «Di tutti i fronti: D'Ambrosio, Violante, Giuseppe
Ayala, Tiziana Parenti, Nitto Palma, Luigi Bobbio, Alfredo Mantovano». La
politica è una cosa nobile... «Ma entri in una sfera dove la distinzione non è
più tra colpevole o innocente, ma tra amico o nemico». Sei favorevole a forme alternative
di pena? «Vuoi mandare un boss della Camorra a fare lavori socialmente utili?».
Ti hanno definito fascista, qualunquista, estremista, comunista... «Non sono
d'accordo tra loro». Ma tu che cosa ti senti? «Posso dirti che ho fatto due
volte il servizio militare. Ho fatto il richiamo alle armi e sono diventato
capitano». Cosa c'entra? «Mi sento al servizio dello Stato». Gerardo D'Ambrosio
Votano anche quelli al servizio dello Stato. «Saranno fatti miei? Il voto è
libero e segreto». Ma dirlo non è vietato. «Però io posso non dirlo e quindi
non lo dico». Qual è il reato più odioso? «Quello che offende i più deboli». Ma
allora sei di sinistra. «Se uno violenta un bambino, c'è questione di essere di
destra o di sinistra? L'etica del cavaliere medioevale era soccorrere i deboli
e gli orfani. Era di sinistra?». Hai detto che volevi «rivoltare l'Italia come
un calzino». «Non l'ho detto io. Lo disse Giuliano Ferrara. Il quale poi ebbe
l'impudenza di sostenere che l'avevo detto io. E' finita con una querela». E
invece l'altra frase...«l'arresto è un momento magico»... «Questa la scrisse il
Procuratore Maddalena in un libro. Io mi ero limitato a scrivere la
prefazione». Ma l'arresto è un momento magico? «Un imputato abituato a
comandare, a dominare, tende ad avere un comportamento simile anche nei
confronti degli inquirenti. Ma quando sente che gli si chiudono le porte alle
spalle si rende conto che qualcosa cambia. E lui cambia i suoi comportamenti
processuali». Il tuo collega Greco disse che l'Ulivo aveva fatto peggio di
Craxi in tema di giustizia. «Quando al governo c'è la
sinistra, la situazione della giustizia non migliora.
Ma c'è una differenza: i governi di centro destra ne fanno di talmente grosse
che non funzionano. Quelli di centro sinistra fanno cose meno eclatanti ma più
mirate. Le cose peggiori, quelle devastanti, sono state approvate
all'unanimità». Tu sei stato deferito al Csm... «Due volte». La prima volta?
«Sono stato prosciolto in istruttoria, con l'accusa di aver intimidito gli
ispettori. Però gli ispettori negavano di esser stati intimiditi». La seconda
volta? «L'intervista ad America Oggi». Dicesti che Berlusconi avrebbe dovuto
astenersi dal presiedere la conferenza Onu a Napoli perché era stato già
condannato ed era sottoposto a procedimenti penali molto gravi. «Questa è la
frase che uscì. Ma io non l'avevo detta e America Oggi, correttamente, visto
che era registrata, smentì». E tu che cosa avevi detto? «Che forse non era il
caso che il presidente del Consiglio andasse a presiedere una conferenza sulla
corruzione sapendo che era destinatario di un provvedimento in cui lo si
accusava di corruzione». Risultato? «Mi hanno assolto». Ti volevano ministro
del centro destra. «Me lo propose La Russa a nome di Fini. All'epoca la
magistratura era molto popolare. Cercavano un ritorno di popolarità». A Ballarò
te la sei presa con Paolo Mieli il quale sosteneva che le inchieste dei
magistrati mettono a rischio la stabilità delle istituzioni. «I governi non
cadono per i processi ma quando non hanno più la maggioranza.
La prova sono i governi Berlusconi». I processi
obiettivamente disturbano... «Quando il governo è particolarmente debole di
suo». Ma quando arrestate un politico... «I partiti si guardano bene dal
rimuovere i politici di dubbia moralità. Li lasciano al loro posto finché non
andiamo a prenderli noi. Ovvio che le ricadute politiche a questo punto sono
devastanti. Se il politico inquisito fosse già stato messo a riposo, la giustizia processerebbe un "ex", senza alcuna
conseguenza sul sistema». Casini ha fatto una proposta... «Finanziamento
pubblico ai partiti che hanno uno statuto democratico. Non basta. Debbono anche
rispettare le regole. Oggi i partiti sono associazioni non riconosciute. Due
segretari di partito, La Malfa e Buttiglione, essendo in minoranza, hanno
espulso la maggioranza». I tuoi nemici.. «Non ho nemici». Sei considerato un
rompicoglioni... «Mi è stato raccontato che un avvocato prima di stabilire la
parcella, chiese ad un imputato chi fosse il Pm. E l'altro: "Davigo".
"Allora voglio il doppio". Non scriverlo, sembrerebbe una vanteria».
Stai tranquillo, non lo scrivo. Gioco della torre... «Non se ne parla nemmeno».
[16-02-2009]