CENACOLO
DEI COGITANTI |
RISPOSTAI giudici che
piacciono a Berlusconi sono quelli che accettano i suoi inviti a cena. Quello
... ( da "Unita,
L'" del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: situazione è analoga a quella del
giudice penale che andasse a cena con il suo imputato durante il processo e
sembra a me davvero grave che il CSM ed il suo presidente non abbiano ancora
detto nulla su un episodio così grave. Giusto, sicuramente, preoccuparsi
dell'immagine del paese nell'imminenza del G8. Giusto almeno altrettanto, però,
preoccuparsi dell'immagine della Suprema Corte.
La sinistra nemica del
paese. Colle categorico ( da "Manifesto,
Il" del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Attaccato da destra per non aver
aderito all'appello del Quirinale, il leader dell'Italia dei valori Antonio Di
Pietro chiede piuttosto al capo dello stato di inviare un messaggio alla Corte
costituzionale sul caso dei giudici, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano,
che hanno cenato col Cavaliere e con il guardasigilli Angelino Alfano.
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Pronunciamento netto del giudice
dopo la sentenza della Corte Costituzionale «Fecondazione assistita anche per
coppie non sterili» Il tribunale di Bologna: sì all'analisi preimpianto
dell'embrione ROMA Saltano gli steccati della legge sulla fecondazione
artificiale, sotto i colpi dei giudici. Un'ordinanza del tribunale di Bologna
depositata due giorni fa aggiunge novità e rafforza,
Trattato di Lisbona, sì
della Corte tedesca ma ratifica rinviata
( da "Corriere della Sera"
del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: sì della Corte tedesca ma ratifica
rinviata «Prima rafforzare i poteri del Parlamento» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO La Corte Costituzionale tedesca ha detto ieri che il Trattato di
Lisbona non è in contraddizione con la Carta Fondamentale. Ma ne ha rimandato
la ratifica e ha posto una condizione che indica l'orientamento della Germania:
I giudici tedeschi
ritardano il via libera al Trattato di Lisbona
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: PANORAMA I giudici tedeschi
ritardano il via libera al Trattato di Lisbona La Corte costituzionale tedesca
dà l'ok con riserva alla ratifica del Trattato di Lisbona. I giudici hanno
chiesto al parlamento una legge per rafforzare le prerogative delle camere, in
modo da sopperire al «deficit» democratico delle istituzioni comunitarie.
Berlino rimanda il
Trattato Ue ( da "Sole
24 Ore, Il" del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale promuove la
Carta ma sospende la ratifica già varata dal Bundestag Berlino rimanda il
Trattato Ue Serve una legge per rafforzare i poteri del parlamento nazionale
Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La Corte costituzionale ha
dato ieri il suo atteso benestare al Trattato di Lisbona,
Situazione al collasso
Argomenti:
Giustizia
Abstract: avverte il presidente della Corte
Costituzionale, Francesco Amirante, intervenendo ieri alla conferenza stampa,
«occorre impedire che ci siano regressioni nella tutela dei diritti
fondamentali con la motivazione della straordinarietà delle situazioni». La
«intollerabilità» denunciata da Antigone riguarda anche le condizioni di lavoro
degli operatori penitenziari «
Vito: "Alla cena coi
giudici non si parlò del Lodo Alfano"
( da "Repubblica.it"
del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: parte dei giudici della Consulta
rispetto al prossimo giudizio di costituzionalità sul Lodo Alfano. Il lodo,
ribatte Quagliariello, "non è un provvedimento su Berlusconi, né la corte
costituzionale è un tribunale chiamato a pronunciarsi sulla colpevolezza o
sull'innocenza del presidente del Consiglio, come invece parrebbe di capire
leggendo le parole della senatrice Finocchiaro.
Lodo Alfano, scontro Di
Pietro-Bondi ( da "Stampaweb,
La" del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dimettersi dal suo incarico per
restituire dignità al suo ufficio e a quello della Corte costituzionale»
chiamata a decidere sulla costituzionalità del Lodo Alfano. Il ministro per i
rapporti con il Parlamento, Elio Vito, spiega che nel corso di quella cena non
si è parlato della legge che stabilisce la sospensione dei processi per le
prime quattro cariche dello Stato ma al leader dell?
Caso Consulta, lite Di
Pietro-Bondi ( da "Stampaweb,
La" del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dimettersi dal suo incarico per
restituire dignità al suo ufficio e a quello della Corte costituzionale»
chiamata a decidere sulla costituzionalità del Lodo Alfano. Il ministro per i
rapporti con il Parlamento, Elio Vito, spiega che nel corso di quella cena non
si è parlato della legge che stabilisce la sospensione dei processi per le
prime quattro cariche dello Stato ma al leader dell?
Il giudice Mazzella scrive
a Berlusconi "Siamo oggetto di barbarie"
( da "Repubblica.it"
del 01-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: il ministro della Giustizia
Angelino Alfano, insieme ad un altro giudice costituzionale, Paolo Maria
Napolitano, e al senatore Carlo Vizzini che ha scatenato polemiche feroci
sull'opportunità che due giudici dell'Alta Corte si incontrino alla viilia di
una importante decisione sul Lodo Alfano che la Consulta dovrà giudicare a
settembre.
il giudice della corte:
inviterò ancora berlusconi ( da "Repubblica,
La" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Scontro Di Pietro-Bondi Il giudice
della Corte: inviterò ancora Berlusconi ROMA - Il giudice della Corte
Costituzionale Luigi Mazzella sfida le critiche con una lettera aperta al
premier Berlusconi: «Caro presidente, caro Silvio, non è la prima volta e non
sarà l´ultima che ti invito a cena».
parzialità confessa -
(segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica,
La" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: sia quello di un giudice della
Corte Costituzionale, se non arriva ancora a farci disperare del futuro del
nostro diritto e della nostra Costituzione (c´è ben altro, per fortuna, alla
Consulta), ci fa interrogare però con angoscia sul degrado del nostro discorso
pubblico, e sul senso dello Stato che circola in ambienti giuridici e politici
tutt´altro che marginali.
cure gratis ai trans,
volata in regione - ava zunino ( da "Repubblica,
La" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: le parti che erano anche nella
legge della Regione Toscana e che sono state impugnate presso la Corte
Costituzionale. Ci rivediamo martedì prossimo. Mi aspetto che sia votata da
tutta la maggioranza, poi naturalmente ognuno si assume le proprie responsabilità».
La legge dovrà anche avere il via libera del tavolo di monitoraggio nazionale
che sorveglia i conti della sanità ligure.
estate romana, tutto il
calendario oggi il numero speciale del trovaroma
( da "Repubblica, La"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Diciotto sentenze della Corte
costituzionale, quattro referendum e le leggi Maccanico, Gasparri e Gentiloni -
sostengono gli autori che presenteranno il testo oggi pomeriggio a Montecitorio
alla presenza di Massimo D´Alema e del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi -
non sono bastati per affrancare, di fatto, la televisione italiana dal
controllo politico.
Obiettivo: razionalizzare
il processo ( da "Italia
Oggi" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: giurisprudenza della Corte
costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del
codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di
assicurare la concentrazione delle tutele. Tra i punti da riordinare anche il
sistema delle impugnazioni e la riassunzione del processo, che per l'ipotesi di
sentenze di altri ordini giurisdizionali risulta,
Sul filo sottile della
governance Ue ( da "Sole
24 Ore, Il" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: GlistrappidiSarkozyelaConsultatedescaspingonoversolarevisionedelPattodistabilità
di Carlo Bastasin L a motivazione della sentenza emessa mercoledì dalla Corte
costituzionale tedesca può cambiare volto all'Europa. Accolte con superficiale
compiacimento negli angiporti di Bruxelles e della politica comunitaria, le 147
pagine diffuse da Karlsruhe fissano dei vincoli pesantissimi agli impegni
europei del più importante tra i paesi della Ue.
Un'ipotesi. Per ora
accantonata ( da "Manifesto,
Il" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che solo la Corte costituzionale
potrebbe rimuovere, eppure elevare a rango di 007 il personale dei voli
presidenziali «creerebbe un automatismo», come spiega il senatore Pd Felice
Casson che ieri ha presentato un'interrogazione parlamentare. Ci si potrebbe
addirittura avvalere del «divieto di rendere testimonianza in giudizio» sull'
Parole oltranziste Adesso
tocca a lui porre rimedio ( da "Manifesto,
Il" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: CSM) «Parole oltranziste Adesso
tocca a lui porre rimedio» Andrea Fabozzi «Sono sorpreso, è una lettera
oltranzista». Non è facile coinvolgere Vincenzo Siniscalchi - consigliere del
Csm in quota Pd - in una polemica. Giurista e avvocato di fama, Siniscalchi ha
il passo del garantista ostinato e ci tiene al rispetto della sfera privata.
Via libera al sindaco
sull'ordine pubblico ( da "Sole
24 Ore, Il" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Dalla Corte costituzionale Via
libera al sindaco sull'ordine pubblico Guglielmo Saporito Via libera dalla
Corte costituzionale alle ordinanze sindacali emesse a tutela della sicurezza
urbana. Lo afferma la sentenza n.196 di ieri, 1Ú luglio, la quale respinge i
dubbi su un decreto del ministro dell'Interno dell'agosto 2008.
Promosse le soglie di
fallibilità ( da "Sole
24 Ore, Il" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: pag: 31 autore: Corte
costituzionale. Respinta la questione di legittimità sull'onere probatorio del
debitore Promosse le soglie di fallibilità Quasi impossibile invece la verifica
affidata ai creditori o al Pm Giovanni Negri MILANO Supera l'esame di costituzionalità
uno dei cardini della riforma del diritto fallimentare.
Dichiarazioni senza abusi
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo precisa la Corte costituzionale
con la sentenza n. 197 scritta da Giuseppe Frigo e depositata ieri. è stata
così giudicata infondata la questione di legittimità sollevata dal tribunale di
Siracusa sui commi 5 e 6 dell'articolo 503 del Codice di procedura penale.
Joe Slovo RESISTE ALL'ANC
( da "Manifesto, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale ha dato il
suo verdetto: l'occupazione di Joe Slovo è illegale. Questo era l'ultimo grado
di giudizio. Ora dovete decidere se opporvi alla decisione o negoziare una
ricollocazione. Naturalmente non devo dirvi io che, se la vostra scelta sarà la
resistenza, il governo potrà cacciarvi con la forza».
Cena premier-giudici, Di
Pietro all'attacco ( da "Corriere
della Sera" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: aveva già provocato perplessità e
critiche, visto che il prossimo ottobre la Corte costituzionale dovrà
esprimersi sulla costituzionalità del Lodo Alfano, la legge che sospende i
processi per le alte cariche. Ma ieri lo scontro si è spostato alla Camera,
dove Antonio Di Pietro ha presentato una interrogazione al governo sul caso.
I toni
( da "Corriere della Sera"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: la cena di alcune settimane fa tra
Silvio Berlusconi, alcuni esponenti del governo e due giudici della Corte
costituzionale è la conferma dei sospetti di sempre; ed un ottimo episodio da
spendere per aiutare il referendum chiesto dall'Italia dei valori contro il
«lodo Alfano»: la legge che sospende i processi per le più alte cariche dello
Stato.
E Mazzella scrive al
Cavaliere
Argomenti:
Giustizia
Abstract: incipit di una lettera aperta al
premier Silvio Berlusconi con cui il giudice della Corte Costituzionale, Luigi
Mazzella, garantisce all' «amico di vecchia data» che la cena a casa sua,
contestata dal Pd e dall'Idv, non è stata la prima e «non sarà certo l'ultima
fino al momento in cui scrive un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse
privarci delle nostre libertà personali ».
Fatti gravissimi La Corte,
deve tenersi lontana dalla politica
( da "Unita, L'" del
02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Fatti gravissimi La Corte, deve
tenersi lontana dalla politica I giudici della Corte Costituzionale tacciono,
parlano con le loro sentenze. E in caso di conflitti d'interesse si astengono»,
spiega la costituzionalista Tania Groppi. Come giudica l'intera vicenda?
Scoppia il caso Consulta
Mazzella scrive: Caro Silvio... ( da "Unita,
L'" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale. Un caso senza
precedenti con scenari che investono direttamente, come arbitro, il presidente
della Consulta Francesco Amirante. Ieri pomeriggio il governo, interrogato
dall'Italia dei Valori, ha ammesso nell'aula di Montecitorio che «nelle prime
due settimane di maggio» c'è stata una cena a casa del giudice Costituzionale Luigi
Mazzella a cui hanno partecipato
Decreto sulle ronde, ok
del Senato ( da "Corriere
delle Alpi" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: lo invita a non compromettere
ulteriormente l'immagine della Corte Costituzionale, giudicando del tutto
inopportuno quell'incontro privato. La bufera è destinata a durare ancora con
Di Pietro che insiste sulle loro dimissioni e chiede l'intervento di Napolitano
e del Presidente della Corte Costituzionale.
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che solo la Corte costituzionale
potrebbe rimuovere, eppure elevare a rango di 007 il personale dei voli
presidenziali «creerebbe un automatismo», come spiega il senatore Pd Felice
Casson che ieri ha presentato un'interrogazione parlamentare. Ci si potrebbe
addirittura avvalere del «divieto di rendere testimonianza in giudizio» sull'
Parzialità confessa Il
senso dello Stato ( da "Repubblica.it"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: sia quello di un giudice della
Corte Costituzionale, se non arriva ancora a farci disperare del futuro del
nostro diritto e della nostra Costituzione (c'è ben altro, per fortuna, alla
Consulta), ci fa interrogare però con angoscia sul degrado del nostro discorso
pubblico, e sul senso dello Stato che circola in ambienti giuridici e politici
tutt'altro che marginali.
Giudici a cena con il
premier Il Colle: ( da "Repubblica.it"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: interferirebbe nella sfera di
insindacabile autonomia della Corte Costituzionale". Motivo del contendere
una cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, cui hanno
partecipato Silvio Berlusconi, il ministro della Giustizia Angelino Alfano,
insieme ad un altro giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano, e al
senatore Carlo Vizzini che ha scatenato polemiche feroci sull'
Giudici a cena con
Berlusconi Il Quirinale: "Non interferiamo"
( da "Stampaweb, La"
del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: nella sfera di insindacabile
autonomia della Corte". Ma così viene ribaltata la verità, che è un?altra:
sono stati i due giudici della Consulta, Luigi Mazzella e Paolo Maria
Napolitano, a ledere l?autonomia della Corte Costituzionale, rivendicando
l?intima amicizia e invitando a cena, ripromettendosi di farlo ancora, l?
La Corte boccia parte
della riforma Gelmini ( da "Stampaweb,
La" del 02-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo ha stabilito la Corte
costituzionale dichiarando parzialmente illegittime alcune norme del decreto
sviluppo del giugno 2008, quelle che realizzavano consistenti risparmi di spesa
sulla scuola a partire dal prossimo anno scolastico. Due i punti dichiarati
incostituzionali dai giudici della Consulta, alle prese con i ricorsi delle
Regioni:
bocciati i tagli della
gelmini la consulta: riforma illegittima - salvo intravaia
( da "Repubblica, La"
del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Alta Corte ha detto no anche alla
chiusura delle mini-scuole: compito regionale SALVO INTRAVAIA Dopo il Tar del
Lazio, anche la Corte Costituzionale boccia un pezzo della Riforma Gelmini. Con
l´attesissima sentenza depositata ieri in tarda serata, l´Alta Corte ha
ricusato i provvedimenti del governo sull´accorpamento degli istituti e la
chiusura delle miniscuole.
L'etica della giustizia e
la moglie di Cesare ( da "Italia
Oggi" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ma solo se la Corte costituzionale
dichiarerà illegittima la legge. Di Pietro ha parlato addirittura di violazione
o di lacerazione della sacralità della Consulta, ma tutta l'opposizione
protesta chiedendo le dimissioni dei due giudici e comunque almeno la loro
astensione dal giudizio sul lodo, sulla scorta però di argomenti tratti dall'
L'albo dei tecnici
laureati piace agli ingegneri ( da "Italia
Oggi" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Ma unificare ha spiegato poi Sabino
Cassese, giudice della Corte costituzionale, vuol dire soprattutto
«salvaguardare le singole figure professionali consentendo di assicurare
l'interdisciplinarità e di mettere a disposizione dell'economia un patrimonio
di conoscenze e di servizi relativi all'industria, al territorio e alle
tecnologie».
Reti scolastiche, decide
la regione ( da "Italia
Oggi" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo ha stabilito la Corte
costituzionale con la sentenza n. 200 di ieri dichiarando parzialmente
illegittime alcune norme (art. 64) della legge 133/2008, quelle che
realizzavano consistenti risparmi di spesa sulla scuola a partire dal prossimo
anno scolastico. Due i punti dichiarati incostituzionali dai giudici della
Consulta,
Chi è la talpa? Se la cena
si fosse svolta a Palazzo Grazioli sarebbe stato sufficiente dare la...
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Vice di Napolitano a Palazzo
Marescialli, forse anche meglio della Corte costituzionale. A proposito di
giustizia, in Transatlantico si torna a parlare di brutte novità in arrivo
dall'Abruzzo per due parlamentari della maggioranza, un senatore ed un
deputato. Sanità ma anche il contributo, molto alto, chiesto ai candidati al
Parlamento.
Tutti abbassino i toni, la
Corte saprà essere come sempre imparziale . E alla fine, ...
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Gli occhi restano puntati per ore
sul Colle dove coabitano, dirimpettai, Quirinale e Corte. La Presidenza della
Repubblica fa sapere di non poter intervenire «perché sarebbe un'interferenza
nella sfera di insindacabile autonomia della Corte Costituzionale». Io no, dice
il Colle, ma la Corte sarebbe il caso che intervenisse. Succede a pomeriggio
avanzato.
Bocciato il ministro
Scuole da chiudere decideranno Regioni e Comuni
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte Costituzionale boccia
Maria Stella Gelmini su due "materie", ritenuti di competenza
regionale (ed otto Regioni erano state a promuovere il ricorso alla Consulta,
nell'agosto scorso): il primo riguarda la definizione tramite regolamento
ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete
scolastica.
Francesco Briguglio
Politico buffone Recentemente la corte superiore della magistratura ha de...
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale Come cittadino
desidero esprimerLe direttamente tutta la mia indignazione e sdegno per la
vicenda dei giudici Paolo Maria Napolitano e Luigi Mazzella a cena con
Berlusconi. Poiché leggo sui media che il fatto è stato da loro stessi ammesso,
ritengo la cosa gravissima per la credibilità dell'istituzione che
rappresentano e per il giudizio che la Corte è chiamata
Consulta imparziale sul
lodo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: © RIPRODUZIONE RISERVATA LA
POLEMICA Il giudice Napolitano: la richiesta di dimissioni è un tentativo di
intimidazione Ma poco dopo la Corte chiede di abbassare i toni In prima linea.
Il presidente della Corte costituzionale Francesco Amirante CONTRASTO
Censura parziale dalla
Consulta per i tagli alla scuola ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo ha sancito la Corte
costituzionale bocciando ieri (con la sentenza n. 200) due passaggi del decreto
voluto dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (contenuti per la
precisione nelle lettere f-bis) e f-ter) dell'articolo 64, comma 4, del decreto
legge n.
Non possumus del Colle:
Per i 15 regole speciali ( da "Manifesto,
Il" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La prima è che la corte
Costituzionale deve giudicare sulle leggi dunque su questioni astratte. La
seconda è che si fa affidamento sull'autorevolezza dei componenti della Corte.
La terza è che nei giudizi il collegio costituzionale non può scendere sotto
gli undici componenti (su quindici) dunque astensioni e ricusazioni
metterebbero a rischio (
Argomenti:
Giustizia
Abstract: nel 1969 la Corte Costituzionale
italiana spiegò con queste parole perché riteneva giusto che le donne andassero
in pensione prima degli uomini: «Rientra fra i poteri del legislatore anche
quello di limitare nel tempo il periodo in cui la donna venga distratta dalle
cure familiari e di consentire che, giunta ad una certa età,
Il presidente della
Consulta
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima
Pagina data: 03/07/2009 - pag: 1 Lodo Alfano Il presidente della Consulta
«Saremo imparziali» «La Consulta sarà imparziale»: sul lodo Alfano intervento
del presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante, dopo il caso dei
due giudici che avevano cenato col premier Berlusconi. ALLE P
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima
Pagina data: 03/07/2009 - pag: 1 La Corte Costituzionale «Piccole scuole, no ai
tagli» A P
Il Quirinale costretto a
intervenire per tutelare l'
Argomenti:
Giustizia
Abstract: mese nel quale è prevista la
sentenza della Corte costituzionale, centrodestra e centrosinistra giocano una
partita decisiva. E che tale fosse lo si è visto fin dai primi passi del provvedimento.
Quando Napolitano si trovò oggetto di sfottò e intimazioni, nelle piazze e in
Parlamento, e fu obbligato a precisare per iscritto le ragioni della propria
firma.
Il presidente della
Consulta: saremo imparziali ( da "Corriere
della Sera" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dopo la richiesta di dimissioni per
due membri della Corte costituzionale che hanno cenato con il premier Il
presidente della Consulta: saremo imparziali Amirante: non alzare i toni. Ma
tra i giudici c'è malumore dopo il caso Mazzella. La nota del Colle ROMA La
Corte costituzionale «nella sua collegialità deciderà, come ha sempre fatto, in
serenità e con imparzialità e obiettività,
La Consulta boccia i tagli
delle piccole scuole ( da "Corriere
della Sera" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo ha stabilito la Corte
costituzionale dichiarando illegittime alcune norme del decreto sullo Sviluppo
del giugno 2008, contestato da prof e sindacati per gli interventi di
razionalizzazione nella scuola (accorpamento classi concorso, ridefinizione
programmi e orari, nuovi criteri formazione classi, maestro unico, revisione
degli organici)
Donne in pensione più
tardi ma meno tasse sui loro stipendi
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: ma le parole della Corte
Costituzionale di quaranta anni fa oggi sbalorditive, eppure limpidissime nel
chiarire la vera logica della differenziazione sopravvissuta fino a oggi
dovrebbero indurci a parificare al più presto i limiti di età per la pensione anche
nel settore privato.
IL PROCESSO CONTRO MADOFF
UN GIUDIZIO PURITANO ( da "Corriere
della Sera" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale produce
giudizi importanti dopo discussioni di grande interesse giuridico. I ricorsi
contro la pena capitale sono numerosi e talora efficaci. Ma lo spettacolo dei
detenuti che languiscono per anni nella cella della morte prima di conoscere la
loro sorte non è degno di un Paese civile.
La Consulta boccia la
Gelmini ( da "Corriere
delle Alpi" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: da parte della Corte costituzionale
delle norme sui tagli alla scuola. «La sentenza infatti - afferma la
parlamentare - dichiara l'illegittimità costituzionale del famigerato articolo
64 della manovra estiva dello scorso anno. La Gelmini e tutto il governo
davanti alle proteste e ai rilievi dell'opposizione e del mondo della scuola
non si sono mai fermati.
Caso Mazzella: Abbassare i
toni ( da "Corriere
delle Alpi" del 03-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Dei due giudici della Corte
costituzionale ne discuterà il 6 ottobre la stessa Consulta. La data è lontana,
ma la polemica è viva, dopo la rivelazioni dell'Espresso. Ieri c'è stato
l'intervento pubblico di Francesco Amirante, che delle Corte è il presidente.
Ha detto due cose.
Il rigore è la strada
giusta ( da "Sole
24 Ore, Il" del 04-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte costituzionale definisce
la sicurezza come un obiettivo che autorizza all'adozione di «misure preventive
e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il
complesso dei beni giuridici fondamentali sui quali si regge l'ordinata e
civile convivenza, nonché alla sicurezza delle istituzioni,
Regioni più libere sulla
rete scolastica ( da "Sole
24 Ore, Il" del 04-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: 200 depositata il 2 luglio dalla
Corte costituzionale (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). La Consulta ha fatto
chiarezza su due punti: spetta a Regioni ed enti locali definire criteri, tempi
e modalità per ridimensionare la rete scolastica; la chiusura o l'accorpamento
delle scuole nei piccoli Comuni è competenza delle autonomie locali.
L'idea di un sabbatico dopo
il vertice dei Grandi ( da "Corriere
della Sera" del 04-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Perché più del lodo Alfano che
rischia di essere cassato dalla Corte Costituzionale, più della riforma della
giustizia che doveva marciare di pari passo con il federalismo fiscale e invece
è ferma al palo, sono la crisi economica e l'Abruzzo le priorità da affrontare
e risolvere, pena il crollo della fiducia con un elettorato che - nonostante
tutto - continua a sostenerlo.
Bossi e il premier: i
Servizi usano le donne ( da "Corriere
della Sera" del 04-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Silvio Berlusconi e i due giudici
della Corte Costituzionale Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano. Cena
durante la quale si sarebbe parlato del «lodo Alfano». Il leader del-- l'Italia
dei Valori Antonio Di Pietro ha chiesto l'immediato intervento del presidente
della Corte Costituzionale Francesco Amirante, ha nuovamente invitato i due
giudici a dimettersi e li ha accusati di «
Ora nelle valli alpine
vogliono ridiscutere i tagli delle mini-classi
( da "Stampa, La" del 05-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: CORTE COSTITUZIONALE Ora nelle
valli alpine vogliono ridiscutere i tagli delle mini-classi Amministratori
locali soddisfatti della sentenza della Corte costituzionale che ha respinto i
tagli alle scuole di montagna ipotizzati dalla riforma Gelmini, stabilendo che
l'eventuale riorganizzazione scolastica spetta alle Regioni.
A pranzo coi giudici:
oltraggio alla Corte ( da "Unita,
L'" del 05-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: hanno dimostrato incroci e rapporti
contro natura (la natura costituzionale) tra istituzioni dello Stato e hanno
chiesto al Paese una rivoluzione, ovvero una stagione straordinaria di impegno
politico, non per cambiare il mondo ma per tornare alla normalità legale,
morale e politica. Per esempio la Corte Costituzionale.
I magistrati ora sperano
Tutti i
Argomenti:
Giustizia
Abstract: i prevedibili ricorsi alla Corte
costituzionale. Ma sarà tardi. Tra un anno o più, gli effetti negativi della
riforma si saranno già verificati. Finora, prima che dal Quirinale trapelassero
le perplessità del capo dello Stato, hanno parlato tutti gli organismi a cui
fanno capo le toghe, dal primo presidente della Corte di Cassazione all'ultimo
giudice della più lontana periferia.
Disobbedienti alla
sicurezza ( da "Manifesto,
Il" del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: in modo da poter sollevare
obiezione di fronte la corte costituzionale». Sulla parte normativa e sulla
tutela giuridica sia agli immigrati che agli ufficiali civili - dagli
insegnanti ai medici - che potrebbero incappare in sanzioni per essersi rifiutati
di segnalare i clandestini, sta lavorando anche la Cgil.
LA PORCATA UN PO' MENO
PORCA ( da "Unita,
L'" del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: di probabilità di essere cancellata
dalla Corte Costituzionale e dunque di non entrare mai in vigore, o una legge
porca ma solo un po', che rischia di restare in vigore per sempre. Ora però è
il caso di parlarne, visto quel che sta accadendo con la porchissima legge Al
Fano sulle intercettazioni (a proposito: mercoledì sera, notte bianca
anti-bavaglio all'Alpheus di Roma)
LEGGE 40 IL BUONSENSO
ALL'IMPROVVISO ( da "Unita,
L'" del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che amplia la sentenza della Corte
Costituzionale dello scorso marzo in materia di fecondazione assistita. Essa
giunge in risposta a una coppia di Firenze non sterile, che si era rivolta a un
centro di Bologna, la Tecnobios, per accedere alle tecniche di provetta dopo
l'esperienza di un primo figlio colpito da distrofia di Duchenne trasmessagli
da un genitore.
Nel mirino l'esclusione
delle inchieste in corso ( da "Sole
24 Ore, Il" del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: anche alla luce delle sentenze
della Corte costituzionale. Di qui l'invito, non a cancellarla ( come
piùd'uno,nel Governo e nella maggioranza aveva pensato), ma a riformularla.
L'articolo 34 dice: «Le disposizioni della presente legge non si applicano ai
procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore».
La Toscana fa da sé su
piano-casa e immigrazione ( da "Sole
24 Ore, Il (Del Lunedi)" del
06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: impugnazione alla Corte
costituzionale) è destinata a scontrarsi con il "pacchetto sicurezza"
approvato dal Parlamento il 2 luglio che ha introdotto il reato di immigrazione
clandestina. La legge sull'immigrazione, peraltro, ha seguito di poche
settimane un'altra norma toscana che sembra fare lo sgambetto, seppur in modo
elegante,
Schifani: approfondimenti
sulla giustizia Rallentare le lancette, voto dopo l'estate
( da "Corriere della Sera"
del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: a suo parere «la Corte
Costituzionale ha sempre mostrato piena e totale autonomia, dunque non credo
che un incontro conviviale possa far modificare la valutazione di chi dovrà
esprimersi sul provvedimento». In ogni caso per il premier dopo la pausa estiva
si prepara una ripresa delicatissima, per via di un incrocio ad alto rischio,
La Corte Costituzionale
salva i precari ( da "Stampaweb,
La" del 06-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte Costituzionale si avvia a
bocciare la norma anti-precari che, nell?agosto dello scorso anno, ha tentato
di arginare gli effetti dei numerosi ricorsi dei lavoratori a termine delle
Poste che si erano rivolti al giudice per ottenere un?assunzione a tempo
indeterminato.
Le piccole scuole sono
salve ( da "Corriere
delle Alpi" del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: più che arriva dalla Corte
Costituzionale. Nei giorni scorsi, infatti, la Corte Costituzionale ha ricusato
alcuni provvedimenti del governo, in particolare quelli sull'accorpamento degli
istituti e sulla chiusura delle piccole scuole. La Consulta ha ribadito che la
competenza è strettamente regionale e che lo Stato non può dimensionare la rete
scolastica attraverso i regolamenti.
Corte Costituzionale
boccia norma contro i precari delle Poste
( da "Corriere delle Alpi"
del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Misura contenuta nella manovra 2008
Corte Costituzionale boccia norma contro i precari delle Poste ROMA. La Corte
Costituzionale si avvia a dichiarare l'illegittimità della norma anti-precari
adottata con la manovra dell'agosto 2008 per arginare gli effetti dei numerosi
ricorsi dei lavorati a termine nelle Poste.
consulta:
"incostituzionale il decreto contro i precari" - roberto petrini
( da "Repubblica, La"
del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: la decisione della Corte
Costituzionale provocherà naturalmente un notevole costo per le Poste che si
troveranno a dover fronteggiare un notevole numero di assunzioni. La sentenza
della Corte è stata salutata con soddisfazione dal Pd. «Il governo sulla
questione dei precari delle Poste aveva creato un´ingiustificabile disparità di
trattamento fra situazioni identiche ?
"ronde pericolose se
legate ai partiti più risorse alle forze dell'ordine" - davide carlucci
( da "Repubblica, La"
del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che invece andrebbero potenziate: è
questo il vero problema da anni irrisolto Il presidente emerito della Corte
costituzionale: le istituzioni hanno il dovere di controllare i curriculum
DAVIDE CARLUCCI per Valerio Onida, presidente emerito della Corte
costituzionale, giurista di fama internazionale, le ronde non dovrebbero
esistere. Però ci sono.
Errata corrige per
salvarsi ( da "Italia
Oggi" del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dalla Corte Costituzionale nella
citata sentenza, come un prerequisito ineliminabile in un processo di
regolamentazione a carattere delegificante. Probabilmente si dovrà ricorrere ad
un errata corrige.Si tratta di un caso di evidente ingorgo istituzionale
(sentenza prima del decreto presidenziale o dpr dopo la sentenza) forse dovuto
alla casualità dato che il dpr in questione,
La Corte Costituzionale
boccia l'anti-precari Per le Poste rischio crac
( da "Unita, L'" del
07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: La Corte Costituzionale boccia
«l'anti-precari» Per le Poste rischio crac Lo scorso 23 giugno i giudici hanno
affossato la sanatoria del governo La sentenza rimette in discussione migliaia
di cause di lavoro Sull'azienda di Sarmi incombono 15mila ricorsi.
Il governo ha decretato:
Precari per sempre , titolava L'Unità il 27 luglio di un ann...
( da "Unita, L'" del
07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: tornando ai dubbi di legittimità
costituzionale della norma, è lo stesso Ialongo a riferire ai deputati che «su
18 ricorsi alla Corte costituzionale in materia di contratto a tempo
determinato dodici sono relativi a Poste italiane e sei ad altre aziende». Tra
queste ci sono «la Rai e Ferrovie dello Stato».
La fronda del clero
iraniano ( da "Sole
24 Ore, Il" del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: è come se in Italia una sentenza
della Corte costituzionale non venisse accettata come legittima da parte dei
giudici costituzionali) Khamenei, che per ora ha vinto la battaglia sulle
strade ma non ancora la guerra contro i riformisti, ha spostato il problema
all'esterno, lanciando un nuovo monito all'Occidente perché non interferisca
negli affari interni del Paese.
L'Europa è forte se guarda
in faccia la realtà ( da "Sole
24 Ore, Il" del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: impegnata in un salvataggio delle
banche per centinaia di miliardi a spese dei contribuenti), la Corte
costituzionale ha stabilito "paletti" rigidi agli impegni di Berlino,
imponendo di non recepire direttive europee (che impattano sulla vita quotidiana
dei cittadini) approvate a maggioranza senza previa consultazione del
parlamento nazionale.
Intercettazioni, quel
rinvio che piace anche alla Camera
( da "Corriere della Sera"
del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: del Quirinale o della Corte
Costituzionale? Meglio cercare di premunirsi. Penso sia preferibile una norma
che - magari non sarà scritta nel modo in cui l'avevamo pensata - ma produce
gli stessi effetti, è inattaccabile, e se possibile anche condivisa». Il
presidente del Senato ha mutato lo scenario, evitato il muro contro muro con
l'opposizione e lo scontro frontale con il Colle.
La Corte sui precari delle
Poste: vanno assunti, non indennizzati
( da "Corriere della Sera"
del 07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: errore dei vecchi dirigenti La
Corte sui precari delle Poste: vanno assunti, non indennizzati ROMA Sono più di
diecimila i lavoratori precari, soprattutto delle Poste, che possono tornare a
sperare in un'assunzione a tempo indeterminato grazie alla sentenza della Corte
Costituzionale che dichiarerà illegittima la norma adottata con il decreto
fiscale dell'
La battaglia delle
diciotto ore infiamma l'estate della scuola
( da "Stampa, La" del
07-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: alla luce della sentenza emanata
appena qualche giorno fa dalla Corte Costituzionale (che dichiara che lo Stato
non ha il potere di ridimensionare la rete scolastica sul territorio) la
Regione chiede la sospensione, adesso a prendere la parola sono i Cobas.
Oggetto della loro attenzione è la formazione, ritenuta da loro illegittima, di
alcune cattedre con oltre 18 ore settimanali;
Caccia ad altre 11 specie
( da "Corriere delle Alpi"
del 08-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: del Consiglio di Stato e della
Corte Costituzionale nei confronti della normativa nazionale e regionale di
recepimento della direttiva Cee in materia di fauna selvatica, ricordando la
censura della Consulta nei confronti della Lombardia per aver scelto lo scorso
anno, lo strumento della legge, anziché della deliberazione amministrativa per
regolamentare la caccia in deroga.
Corte conti accentra gli interpelli
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 08-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: prescrizione per i rimborsi dei
canoni di depurazione bocciati dalla Corte costituzionale con la sentenza
335/2008, che hanno diviso le sezioni fra chi ha proposto un termine
quinquennale e chi ha allungato il calendario fino a 10 anni. L'atto di indirizzo
depositato ora dalla sezione delle Autonomie cerca di prevenire questi
problemi, con un meccanismo che però prova a non intaccare la «
Niente più vincoli per
l'eolico ( da "Sole
24 Ore, Il (Sud)" del 08-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: P
Indonesia al voto, il
presidente Yudhoyono verso la conferma
( da "Manifesto, Il"
del 08-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: due giorni fa la Corte
costituzionale ha stabilito che anche i cittadini non registrati nelle liste
elettorali avranno la possibilità di votare. Basterà recarsi alle urne
provvisti di un documento di identità valido. La decisione segue una massiccia
campagna di proteste condotta da politici, attivisti civili e leader religiosi
che invocavano il "
Ricordi di un girotondino
( da "Corriere della Sera"
del 08-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: della Corte costituzionale. Si
emenda con lo spessore analitico di Furio Colombo, che fa scudo al Quirinale in
quanto «ultima soglia di difesa tra illegalità e legalità». E biasima
l'«ossessione per il dialogo» non senza offrirne una acuta esegesi storica,
individuando nell'ansia di legittimazione del vecchio Pci la radice della
scarsa attitudine dei suoi eredi allo scontro frontale.
la corte dei conti accusa
i deputati ( da "Repubblica,
La" del 09-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Sarà la Corte costituzionale a
stabilire se, per la prima volta, ai deputati dell´Ars può essere contestato un
danno erariale: l´aumento «irragionevole» del numero delle ambulanze del
servizio "118". Quarantanove in più. Nell´elenco dei colpevoli, per
la Procura della Corte dei conti, ci sono anche i componenti dalla commissione
Sanità che,
Dal ministro svolta a
sorpresa: ora il rilancio è più facile
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 09-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte costituzionale a favore delle
Fondazioni ad indurre il ministro a tornare sui suoi passi, mentre oggi la
scelta di Tremonti è il frutto di una autonoma scelta strategica che ha per
obiettivo il sostegno all'economia reale. Dunque, più deducibilità fiscale per
le banche sulle perdite di portafoglio in linea con gli standard europei e in
cambio di una moratoria bancaria sulle
Di Pietro attacca l'Italia
sull'Herald Tribune: "Democrazia in pericolo"
( da "Stampaweb, La"
del 09-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Dopo le denuncie di
incostituzionalità sul testo da parte di «più di 100 costituzionalisti», viene
ricordato che il 6 ottobre la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sullo
"scudo" per le alte cariche, e raccontata la cena nella casa del
giudice della Consulta Mazzella cui presero parte anche Berlusconi ed il
ministro della Giustizia Alfano.
Francia, nuovo affondo al
p2p lo stop arriverà dal giudice ( da "Repubblica.it"
del 09-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: che la Corte Costituzionale,
chiamata di nuovo a pronunciarsi, bocci alcuni aspetti dell'Hadopi. Anche se
così fosse, però, le altre pene (super multa e fino a un anno di carcere)
sarebbero sufficienti come deterrente. Il punto però è un altro: resta da
vedere la reale efficacia dell'Hadopi, dal momento che tutto dovrà passare da
indagini e processi.
Oggi la decisione dei
giudici ( da "Corriere
delle Alpi" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: voci di corridoio, parlassero di un
orientamento ad accogliere la richiesta della procura. In realtà richieste di
questo tipo, come trapela dal palazzo di giustizia, sarebbero state rigettate
in diversi casi dalla Corte Costituzionale. Da qua lo scioglimento della
riserva nella stessa giornata di oggi.
Di Pietro: In Italia
democrazia a rischio ( da "Corriere
delle Alpi" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Il 6 ottobre ci sarà la pronuncia
della Corte costituzionale. Berlusconi e il suo ministro della giustizia Alfano
hanno cenato in casa di Mazzella, presente Paolo Maria Napolitano, che come lui
fa parte della Consulta. La comunità internazionale, dice Di Pietro, eserciti
pressioni perché la Corte sia libera di decidere in piena indipendenza.
Cassazione, c'è rimedio
all'errore ( da "Italia
Oggi" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: questo il principio espresso ieri
con ordinanza della Corte Costituzionale. Con l'ordinanza (n. 207, redattore
Paolo Grossi) la Consulta ha statuito che sono revocabili per errore di fatto
le ordinanze pronunciate dalla Corte di cassazione che dichiarano inammissibile
il ricorso. La Corte costituzionale, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato
l'illegittimità parziale dell'
Società miste out
( da "Italia Oggi" del
10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: anche superato il vaglio di
costituzionalità (Corte costituzionale, 1° agosto 2008, n. 236) dal momento che
è stato riconosciuto che norme come quella sul divieto di extraterritorialità
«rientrano nella competenza esclusiva del legislatore statale perché funzionali
alla definizione dei confini tra l'attività amministrativa e l'attività di
impresa soggetta alle regole del mercato»
Dalla Consulta il segnale
atteso è arrivato. Se ieri mattina, nel Transatlantico pr...
( da "Unita, L'" del
10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte Costituzionale ha annullato
il rinvio a giudizio del ministro Altero Matteoli per favoreggiamento in una
storia di abusi edilizi. Il «segnale atteso», però, non riguarda la figura
dell'allora ministro dell'Ambiente, né tanto meno le prerogative della Camera
(che adesso dovrà decidere se il reato per il quale Matteoli era stato rinviato
a giudizio sia o meno di pertinenza del
Ha battezzato il secondo
giorno del G8 attaccando il governo dalle colonne dell'Herald Tribune<...
( da "Unita, L'" del
10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: e sulla prossima decisione della
Corte Costituzionale, già compromessa, secondo il leader Idv, dalla cena di
Berlusconi a casa del giudice Luigi Mazzella. L'ex pm chiede ai governi dei
paesi amici di esercitare «la pressione necessaria» per assicurare che la
Consulta decida in piena libertà «così da scongiurare che la nostra democrazia
venga trasformata in una dittatura di fatto»
Revocazione a tutto campo
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: con cui la Corte costituzionale ha
dichiarato illegittimo l'articolo 391-bis, primo comma, del Codice di procedura
civile (come modificato dall'articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio
2006, n. 40) per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, appunto,
«nella parte in cui non prevede l'esperibilità del rimedio della revocazione
per errore di fatto,
Liti sul sommerso al
giudice ordinario ( da "Sole
24 Ore, Il" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Corte di Cassazione con la sentenza
15846, depositata il 7 luglio. La pronuncia dovrebbe completare il quadro in
materia di sanzioni per lavoro nero, dopo vari interventi sia delle Sezioni
unite sia della Corte costituzionale. La circolare interamministrativa 56/ 2002
aveva sostenuto la giurisdizione delle Commissioni tributarie per le sanzioni
amministrative in materia di lavoro
Il marchio radio-tv
nazionale non prevale su quello locale
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: pag: 30 autore: Corte
Costituzionale. Illegittima la norma antitrust Il marchio radio-tv nazionale
non prevale su quello locale Alessandro Galimberti Il divieto di utilizzo di un
marchio radiotelevisivo locale che ne richiama uno nazionale, anche se il primo
è più risalente o addirittura registrato, è incostituzionale.
Consolo: attacchi assurdi
contro di me, ora è stata fatta giustizia
( da "Corriere della Sera"
del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: esulta per la sentenza della Corte
costituzionale. «Questa decisione premia chi ha fiducia nella giustizia. Io ero
convinto di aver ragione e oggi la pronuncia della Consulta suona come una
conferma di quello che io sostenevo». Lei aveva presentato una proposta di
legge riguardante i reati ministeriali.
Matteoli, nullo il rinvio
a giudizio ( da "Corriere
della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: Lo ha stabilito la Corte
costituzionale, sciogliendo un conflitto che si era venuto a creare fra
Montecitorio e due uffici giudiziari di Firenze e Livorno. E' l'epilogo di una
vicenda cominciata nel 2003, quando Matteoli era ministro dell'Ambiente.
Durante una telefonata, chiese al prefetto di Livorno se fosse indagato per
abusi edilizi commessi sull'
UNA STRANA IDEA DI
DEMOCRAZIA ( da "Corriere
della Sera" del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: dalla Corte costituzionale. Che,
poi, come scrive Di Pietro nel suo appello, «secondo il pronunciamento di oltre
100 costituzionalisti, la legge Alfano sia stata definita incostituzionale
perché viola l'articolo 3 della Costituzione italiana secondo il quale 'tutti i
cittadini sono uguali davanti alla legge' »,
Carceri, l'allarme di
Mancino "Misure urgenti contro il sovraffollamento"
( da "Repubblica.it"
del 10-07-2009)
Argomenti:
Giustizia
Abstract: pur esprimendo parere favorevole
alle norme del "pacchetto sicurezza" in tema di regime carcerario
duro, ha evidenziato l'obbligo di "dare attuazione ai principi affermati
dalla Corte Costituzionale e, dunque, a consentire che il regime in oggetto
venga applicato conformemente alla Costituzione". OAS_RICH('Middle'); (10
luglio 2009
( da "Unita, L'" del
01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
RISPOSTAI giudici
che piacciono a Berlusconi sono quelli che accettano i suoi inviti a cena.
Quello cui non credevo si sarebbe mai arrivati, tuttavia, è che un giudice
della Corte Costituzionale, quello che dovrebbe fornire in questi giorni un
parere di legittimità sulla legge che sancisce l'immunità del premier
(salvandolo, in questo caso, dalle conseguenze del caso Mills) si incontri a
cena con lui e con il ministro di giustizia che a quel provvedimento ha dato il
nome (il lodo Alfano). Ha detto efficacemente Casson che la situazione è analoga a quella del giudice penale che andasse a
cena con il suo imputato durante il processo e sembra a me davvero grave che il
CSM ed il suo presidente
non abbiano ancora detto nulla su un episodio così grave. Giusto, sicuramente,
preoccuparsi dell'immagine del paese nell'imminenza del G8. Giusto almeno
altrettanto, però, preoccuparsi dell'immagine della Suprema Corte.
Interverrà il CSM? Verrà, quel giudice invitato ad
astenersi nel momento di un giudizio decisivo per gli interessi di quelli che
con così poco tatto lo hanno invitato a cena?
( da "Manifesto, Il" del
01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
PAPI SENZA TREGUA
«La sinistra nemica del paese. Colle categorico» Micaela Bongi L'appello di
Giorgio Napolitano per «una tregua delle polemiche» di qui al G8, un appello
rivolto alla politica e, clamorosamente, anche all'informazione, suona stonato
in più di una redazione. Su Repubblica è Massimo Giannini a rispondere che quel
che avviene a Villa Certosa o palazzo Grazioli, quel che accade alla procura di
Bari o «nell'abitazione di qualche irresposabile giudice costituzionale»
che dovrà pronunciarsi sul lodo Alfano e intanto invita a cena il premier e il
ministro di giustizia, «non sono polemiche», ma «fatti». E «dove esistono i
fatti c'è il giornalismo, che non può e non deve mai conoscere tregua». Ma
anche il Sole 24 ore - sebbene la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia
apprezzi e rinnovi da parte sua l'invito del capo dello stato - in un
editoriale non firmato sottolinea, a proposito delle vicende di Silvio
Berlusconi: «Non un dettaglio dell'affaire è rimasto occulto e la verità,
qualunque essa sia, emergerà come sempre nel rispetto del governo e delle
notizie». Alla fine, mentre il Pd resta defilato, è Silvio Berlusconi a
appropriarsi completamente dell'esorbitante monito quirinalizio schiacciando su
di sé il capo dello stato. Il Cavaliere, che a quanto pare non ritiene di
essere tra i destinatari del messaggio del Colle, parte di nuovo lancia in
resta: «All'Italia serve meno invidia personale, meno odio politico tra le
parti». E rilancia: «Ieri il presidente della repubblica ha detto basta, diamo
una tregua al nostro paese, almeno per il G8 e spero che venga seguito questo
suggerimento» che è anzi «un imperativo categorico, perché il G8 è davvero
importante». E così nelle parole del premier l'appello in favore della tregua
assume il tono dell'intimidazione. Espressamente al quotidiano diretto da Ezio
Mauro in mattinata si era già dedicato il ministro e coordinatore del Pdl
Sandro Bondi: «Stupisce il tono quasi seccato e arrogante con cui il
superpartito di Repubblica risponde oggi all'appello misurato e pieno di buon
senso del presidente Napolitano con un 'comunicato' a firma di Massimo
Giannini». Ancora più minaccioso e fosco pretenderebbe di essere il portavoce
pidiellino Daniele Capezzone: «Ricadendo in un vizio antico, che ha
accompagnato molte stagioni, inclusi alcuni dei momenti più drammatici della
storia italiana degli ultimi trent'anni, Repubblica pretende di 'dare la linea'
al Quirinale. La sensazione è che la rana di Largo Fochetti si stia gonfiando sempre
di più. La rilettura di Fedro dovrebbe suggerire maggiore prudenza». Con queste
premesse, Berlusconi da Napoli riparte all'attacco della «sinistra nemica del
paese» ma anche della Cgil, accusata di aver organizzato le contestazioni
contro di lui, e allora «la sinistra si dovrebbe vergognare». A completare il
quadro, ancora dal Pdl interviene Antonio Leone, vicepresidente della camera:
«Fermare le polemiche in vista del G8 era auspicabile, ma che non sia solo una
tregua». Attaccato da destra per non aver aderito
all'appello del Quirinale, il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro
chiede piuttosto al capo dello stato di inviare un messaggio alla Corte costituzionale sul caso dei giudici,
Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, che hanno cenato col Cavaliere e con
il guardasigilli Angelino Alfano.
( da "Corriere della Sera"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Cronache data: 01/07/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 01/07/2009 - pag: 22 Ue Riaffermata la centralità delle
decisioni nazionali Trattato di Lisbona, sì della Corte
tedesca ma ratifica rinviata «Prima rafforzare i poteri del Parlamento» DAL
NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO La Corte Costituzionale tedesca ha detto ieri che
il Trattato di Lisbona non è in contraddizione con la Carta Fondamentale. Ma ne
ha rimandato la ratifica e ha posto una condizione che indica l'orientamento
della Germania: l'Europa non è federalista o un superstato, come dicono
alcuni ma è un'Europa delle nazioni. La Corte di Karlsruhe, infatti, ha
stabilito che, per essere pienamente accettato nel Paese, il Trattato deve
essere accompagnato da un esplicito rafforzamento dei poteri del Parlamento
tedesco: su una serie di materie, nulla potrà essere deciso solo a Bruxelles e
questo concetto dovrà diventare legge tedesca. «Per riassumere, la Legge Fondamentale
dice sì al Trattato di Lisbona ha spiegato il giudice che ha presieduto il
giudizio, Andreas Vosskuhle . Ma domanda un rafforzamento delle responsabilità
parlamentari al livello nazionale». È l'affermazione della centralità del
Parlamento nazionale come organismo nel quale si esprime la democrazia: su temi
come la polizia, l'esercito, il fisco, la legislazione sociale, le leggi sulla
famiglia, il diritto penale, Bundestag e Bundesrat (Camera bassa e Camera alta)
saranno, per quanto riguarda la Germania, il cuore del processo decisionale
anche dopo l'entrata in vigore del Trattato europeo. In un'appendice alla sua
ratifica, dovrà essere precisato che il Parlamento tedesco svolge un ruolo nel
dare forma alle decisioni prese a Bruxelles: probabilmente, questo significherà
che il governo di Berlino dovrà coinvolgerlo sulle questioni che si discutono
nel Consiglio europeo. Con questa decisione, la Corte di Karlsruhe ha tolto uno
degli ultimi ostacoli alla ratifica di Lisbona. Di sicuro, infatti, gli emendamenti
alla legge chiesti saranno introdotti in poco più di due mesi: la maggioranza è
ampia e i tempi sono già stati stabiliti accorciando le vacanze dei
parlamentari. Il Bundestag discuterà gli emendamenti il 26 agosto e li voterà
l'8 settembre; il Bundesrat li approverà il 18 settembre. A quel punto, il
presidente federale Horst Köhler firmerà il Trattato. Perché entri in vigore
nei 27 membri della Ue mancheranno poi solo il referendum irlandese, in
ottobre, e le firme dei presidenti di Polonia e Repubblica Ceca. Le reazioni
politiche alla decisione della Corte sono state di grande sollievo, segno che
una certa ansia, anche se non palesata, correva nei maggiori partiti tedeschi.
Pochi si aspettavano una bocciatura ma, se per qualche ragione fosse arrivato uno
stop, il caos in cui sarebbe finita la Ue sarebbe stato consistente. La
cancelliera Angela Merkel ha invece potuto dire che ieri è stata «una buona
giornata per il Trattato di Lisbona». E su questo tono si sono tenuti buona
parte dei commenti, compreso quello del presidente della Commissione europea
José Manuel Barroso: tutti sottolineano che il processo di ratifica va avanti
senza sostanziali intoppi e ci sono i tempi per finire il processo entro il
2009. Diverso solo il punto di vista della Linke di Oskar Lafontaine e di
alcuni conservatori della Csu bavarese che avevano portato il caso a Karlsruhe:
anche molti di loro si sono detti soddisfatti della sentenza, ma perché
ribadisce la sovranità nazionale e la democrazia. Danilo Taino
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-07-01 - pag: 1 autore: PANORAMA I
giudici tedeschi ritardano il via libera al Trattato di Lisbona La Corte costituzionale tedesca dà l'ok con
riserva alla ratifica del Trattato di Lisbona. I giudici hanno chiesto al
parlamento una legge per rafforzare le prerogative delle camere, in modo da
sopperire al «deficit» democratico delle istituzioni comunitarie. Il
processo di ratifica resta quindi sospeso. Il Bundestag vuole rimediare in
fretta: a fine settembre in Germania si terranno le elezioni. u pagina8
Precipita Airbus alle Comore: 152 morti Un Airbus A310 della compagnia Yemeniaè
precipitato nell'Oceano indiano davanti alle isole Comore: 152 i morti, un
sopravvissuto. La Francia: aereo «bandito». u pagina 11 Pechino blocca il
filtro anti-pornografia sul web Il governo di Pechino ha fermato il progetto
«Diga verde»: prevedeva l'installazione nei computer di un software che avrebbe
bloccato l'accesso ai siti internet pornografici. u pagina 12 Pd: Chiamparino
rinuncia a candidarsi alla segreteria Sergio Chiamparino non si candiderà alla
segreteria del Pd. Per il sindaco di Torino la campagna è incompatibile con il
ruolo di primo cittadino. Oggi il programma di Pierluigi Bersani. u pagina 16
Dr No, il cattivo di 007, non è marchio in esclusiva La firma del cattivo che
voleva eliminare James Bond nel film «007, licenza di uccidere» non è un
marchio ad uso esclusivo ma un titolo protetto da diritto d'autore. Lo ha
ribadito il Tribunale Ue. u pagina 33 Morta la coreografa tedesca Pina Bausch è
morta ieri a 68 anni la ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch, inventrice
del teatro della danza contemporaneo. Solo cinque giorni prima aveva scoperto
di avere un tumore. u pagina 14
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-07-01 - pag: 8 autore: Germania. La
Corte costituzionale
promuove la Carta ma sospende la ratifica già varata dal Bundestag Berlino
rimanda il Trattato Ue Serve una legge per rafforzare i poteri del parlamento
nazionale Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La Corte costituzionale ha dato ieri il suo
atteso benestare al Trattato di Lisbona, respingendo i ricorsi
presentati a suo tempo da un gruppo di deputati tedeschi. I giudici tuttavia
hanno imposto al parlamento di introdurre cambiamenti alla legislazione
nazionale, rallentando ancora il processo di ratifica della Germania. «Per
riassumere la nostra posizione - ha detto il giudice Andreas Vosskuhle leggendo
la sentenza - si potrebbe dire che la Legge fondamentale dice sì al Trattato di
Lisbona, ma impone un rafforzamento delle prerogative parlamentari a livello
nazionale ». Il parlamento tedesco dovrà ora rafforzare il suo potere
decisionale nell'applicazione delle leggi europee. Secondo la Corte, tenuto
conto del «deficit strutturale di democrazia » dell'Unione europea, i diritti
del parlamento devono essere chiariti esplicitamente in una legge«per garantire
l'efficacia del diritto di voto» dei cittadini tedeschi e «assicurarsi» che
l'Unione «non oltrepassi le sue competenze ». Relatore è stato un giudice di
origine italiana, Udo Di Fabio. L'establishment politico - che ha accolto con
un sospiro di sollievo la decisione della Corte di Karlsruhe - ha fatto sapere
ieri che il parlamento dovrebbe riunirsi in sessione straordinaria il 26 agosto
e l'8 settembre, prima quindi del voto federale, per varare il più presto possibile
una nuova legge di adozione del Trattato di Lisbona. «La Corte - ha aggiunto
Vosskuhle- è convinta che quest'ultimo ostacolo verrà superato presto ». Ha
commentato dal canto suo il cancelliere Angela Merkel: «Il Trattato di Lisbona
ha fatto un grande passo avanti». Il ricorso era stato presentato da una
cinquantina di deputati all'indomani della ratifica parlamentare nel 2008.
Assodato ormai il benestare tedesco, il Trattato di Lisbona, che deve dare
all'Unione un nuovo e più moderno assetto istituzionale, deve essere approvato
da tre paesi su ventisette: la Polonia, la Repubblica Ceca e l'Irlanda, che
terrà nei prossimi mesi un nuovo referendum. Nel giugno 2008, il paese aveva
bocciato il testo in occasione di un primo voto popolare. Per molti versi la decisione
della Corte di Karlsruhe elimina una grande incertezza sul futuro del Trattato
ed evita all'Unione, se la scelta fosse stata di segno opposto, una crisi che
sarebbe potuta essere spaventosa. Ciò detto, come non chiedersi se la sentenza
tedesca non sia anche il riflesso di un europeismo sempre più freddo? Non è un
caso se il cancelliere Merkel avesse inviato a Karlsruhe addirittura due
ministri, quello degli Interni e quello degli Esteri, a rispondere alle domande
della Corte in un'audizione pubblica che si tenne in febbraio. In questo senso,
il ricorso- presentato da deputati soprattutto cristiano- sociali ed ex
comunisti - era stato preso molto sul serio. Il timore dei parlamentari- tra i
quali anche Franz Ludwig Graf von Stauffenberg, figlio del colonnello che tentò
di uccidere Hitler il 20 luglio del 1944- è che il Trattato di Lisbona possa
portare a un eccessivo indebolimento dei parlamenti nazionali dei singoli stati
membri ed essere contrario ai principi di democrazia. Già in passato la Corte costituzionale aveva espresso dubbi sui rapporti normativi
tra la Germania e l'Unione. Per esempio, nel 1993, i giudici avevano dato il
loro benestare al Trattato di Maastricht, ma si erano dati nel contempo
l'impegno di essere «un punto di controllo» dell'evoluzione giuridica
dell'Unione. La Legge fondamentale del 1949 non prevede il referendum in
Germania. Il Trattato di Lisbona era stato quindi approvato nell'aprile 2008
dal Bundestag con 514 sì e 58 no. Ci si può legittimamente chiedere se un voto
popolare- voluto dal 77% dei tedeschi secondo un recente sondaggio di Open
Europe - avrebbe avuto lo stesso risultato. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCADENZA
ELETTORALE I deputati accelerano per approvare le riforme prima del voto di
settembre Soddisfatta la Merkel: «Fatto un passo avanti»
( da "Manifesto, Il"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CARCERE - Presentato
il rapporto di Antigone Situazione al collasso «Oltre il tollerabile» Stefano
Milani ROMA Nel carcere di Favignana, a Trapani, detenuti e poliziotti vivono e
lavorano come talpe. Tutto è sotto terra: gli uffici, l'infermeria, le celle, i
bagni. In quello di Brescia, le persone restano rinchiuse dietro le sbarre in
media 22 ore al giorno. Al penitenziario romano di Regina Coeli si dorme per
terra su materassi di fortuna, l'acqua calda è un optional e all'ultimo piano i
rubinetti sono totalmente a secco. A fine 2008 è stato lanciato l'allarme
sifilide. All'Ucciardone di Palermo i posti letto disponibili sono 378, ma i
detenuti nel 2008 sono arrivati ad essere oltre in
( da "Repubblica.it"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA - Alla cena a
casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, cui
hanno partecipato Silvio Berlusconi, il ministro della Giustizia Angelino
Alfano, insieme ad un altro giudice costituzionale,
Paolo Maria Napolitano, e al senatore Carlo Vizzini, non si è parlato del Lodo
che porta il nome del Guardasigilli, che la Consulta inizierà ad esaminare il 6
di ottobre. Lo ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito,
durante il question time alla Camera, rispondendo così ad un'interrogazione del
presidente dell'Idv Antonio Di Pietro. L'incontro, secondo Vito, "non ha
avuto in alcun modo ad oggetto i temi relativi all'agenda della Corte costituzionale nè ipotesi di riforma del Titolo IV della
Costituzione. Tale riforma compete al Parlamento, anche su iniziativa del
governo". "Tranquillizzo gli onorevoli interroganti: le iniziative
del governo in materia di Giustizia - conclude Vito - saranno rispondenti al
programma presentato al corpo elettorale e che gli elettori hanno
premiato". La cena, continua Vito, non è stata organizzata dal Governo, ma
"molte settimane prima" dallo stesso Mazzella e vi hanno partecipato
anche le consorti degli invitati. Eppure le polemiche non si placano e la
spiegazione non convince l'opposizione, mentre crescono le adesioni - un
migliaio di email sono arrivate a Repubblica - all'appello che circola su
Internet per le dimissioni dei due giudici costituzionali. Il Pd continua a
definire "gravissimo" l'incontro nella residenza privata del giudice
Mazzella. "Puo' dire cio' che vuole, ma io trovo che decisamente non stia
bene invitare qualcuno a casa propria, sul quale si è chiamati a decidere. Un
magistrato, soprattutto se sta alla Corte Costituzionale, non dovrebbe mai
farlo'', dice Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Partito
Democratico. E il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, illustrando alla Camera
la sua interpellanza, parla di toghe spregiudicate che con la loro condotta
hanno "infangato la sacralità della Corte Costituzionale" e giudica
la risposta di Vito "insoddisfacente e inaccettabile". Toni forti,
che il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, non gradisce. Ne segue un
battibecco in aula, con Bondi che alle parole di Di Pietro grida più volte
"Vergognati", inveendo contro gli scranni dell'Idv, e poi lascia
l'aula. OAS_RICH('Middle'); Per il vicepresidente vicario dei senatori Pdl
Gaetano Quaglieriello è invece "del tutto ininfluente" l'invito a
cena al premier Silvio Berlusconi da parte dei giudici
della Consulta rispetto al prossimo giudizio di costituzionalità sul Lodo
Alfano. Il lodo, ribatte Quagliariello, "non è un provvedimento su
Berlusconi, né la corte costituzionale è un tribunale chiamato a
pronunciarsi sulla colpevolezza o sull'innocenza del presidente del Consiglio,
come invece parrebbe di capire leggendo le parole della senatrice Finocchiaro.
Il lodo Alfano è una norma di diritto e di civiltà, rispetto alla quale la
consulta è chiamata soltanto a stabilire l'osservanza del dettato costituzionale e la rispondenza ai rilievi formulati nel
2004 dalla corte stessa, rispondenza su cui in
autorevoli sedi si sono avute già indicazioni piuttosto chiare. E' evidente -
conclude - che rispetto a tutto questo un invito a cena è del tutto
ininfluente". (1 luglio 2009
( da "Stampaweb, La"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA Lite in Aula
alla Camera sulla cena a casa del giudice costituzionale
Luigi Mazzella cui hanno partecipato il premier Silvio Berlusconi, il ministro
della Giustizia, Angelino Alfano, e un altro giudice costituzionale
Paolo Maria Napolitano. A perdere la calma è il ministro dei Beni Culturali,
Sandro Bondi, che, spazientito dalle parole del leader Idv Antonio Di Pietro,
lo attacca: «È solo lei che infanga lItalia, si vergogni!».
Tutto comincia con la risposta del governo ad una interrogazione dellex
pm che chiede «per quale ragione avete organizzato e realizzato quella cena» e, rivolto al Guardasigilli, «se
non ritenga doveroso a questo punto ed ora che la tresca è stata scoperta
dimettersi dal suo incarico per restituire dignità al suo ufficio e a quello
della Corte costituzionale» chiamata a decidere sulla
costituzionalità del Lodo Alfano. Il ministro per i rapporti con il Parlamento,
Elio Vito, spiega che nel corso di quella cena non si è parlato della legge che
stabilisce la sospensione dei processi per le prime quattro cariche dello Stato
ma al leader dellIdv non basta. «Con il vostro concorso e con il
concorso di quei due giudici spregiudicati - attacca lex
pm - voi avete infangato la sacralità della Corte ed oggi, noi che abbiamo a
cuore la sua imparzialità e la sua indipendenza, la vediamo totalmente minata.
Ora non sapremo mai se
qualsiasi decisione sarà presa il 6 ottobre sarà frutto di una valutazione
assunta in totale indipendenza o se invece sarà il frutto di una cena carbonara
e piduista realizzata quella sera». Il primo ad alzare la voce, secondo quanto
riportato dallo stenografico della seduta, è il deputato del Pdl Salvatore Cicu
che si rivolge alla presidenza: «Come si può permettere di usare questi
termini!». E quando lex pm chiede le dimissioni di Alfano e dei
due giudici costituzionali Roberto Tortoli sbotta: «Sei lunico reo confesso qua
dentro!». Quindi, nel sentire il leader dellIdv che attacca il governo
per aver «infangato la Corte costituzionale e le valutazioni che dovrà
svolgere», anche il placido Ministro Bondi perde la pazienza: «È solo lei che infanga
lItalia, si vergogni!». A difendere Di Pietro è il capogruppo Idv
in commissione Giustizia, Federico Palomba: «Presidente, il Governo non si deve
permettere di minacciare i deputati...».
( da "Stampaweb, La"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA Lite in Aula
alla Camera sulla cena a casa del giudice costituzionale
Luigi Mazzella cui hanno partecipato il premier Silvio Berlusconi, il ministro
della Giustizia, Angelino Alfano, e un altro giudice costituzionale
Paolo Maria Napolitano. A perdere la calma è il ministro dei Beni Culturali,
Sandro Bondi, che, spazientito dalle parole del leader Idv Antonio Di Pietro,
lo attacca: «È solo lei che infanga lItalia, si vergogni!».
Tutto comincia con la risposta del governo ad una interrogazione dellex
pm che chiede «per quale ragione avete organizzato e realizzato quella cena» e,
rivolto al Guardasigilli, «se non ritenga doveroso a questo punto ed ora che la tresca è stata
scoperta dimettersi dal suo incarico per restituire dignità al suo ufficio e a
quello della Corte costituzionale» chiamata a decidere
sulla costituzionalità del Lodo Alfano. Il ministro per i rapporti con il Parlamento,
Elio Vito, spiega che nel corso di quella cena non si è parlato della legge che
stabilisce la sospensione dei processi per le prime quattro cariche dello Stato
ma al leader dellIdv non basta. «Con il vostro concorso e
con il concorso di quei due giudici spregiudicati - attacca lex pm - voi avete
infangato la sacralità della Corte ed oggi, noi che abbiamo a cuore la sua
imparzialità e la sua indipendenza, la vediamo totalmente minata. Ora non
sapremo mai se qualsiasi decisione sarà presa il 6 ottobre sarà frutto di una valutazione
assunta in totale indipendenza o se invece sarà il frutto di una cena carbonara
e piduista realizzata quella sera». Il primo ad alzare la voce, secondo quanto
riportato dallo stenografico della seduta, è il deputato del Pdl Salvatore Cicu
che si rivolge alla presidenza: «Come si può permettere di usare questi
termini!». E quando lex pm chiede le dimissioni di Alfano e dei
due giudici costituzionali Roberto Tortoli sbotta: «Sei lunico reo
confesso qua dentro!». Quindi, nel sentire il leader dellIdv che attacca il
governo per aver «infangato la Corte costituzionale e le valutazioni
che dovrà svolgere», anche il placido Ministro Bondi perde la pazienza: «È solo
lei che infanga lItalia, si vergogni!». A difendere Di
Pietro è il capogruppo
Idv in commissione Giustizia, Federico Palomba: «Presidente, il Governo non si
deve permettere di minacciare i deputati...». E intanto il giudice della Corte
Costituzionale, Luigi Mazzella scrive una lettera al Cavaliere: «Caro presidente,
caro Silvio...». È questo lincipit della lettera aperta al
premier con cui il giudice Mazzella garantisce all «amico di vecchia
data» che la cena a casa sua, contestata dal Pd e dallIdv, non è stata la
prima e «non sarà certo lultima fino al momento in cui - scrive - un nuovo
totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà
personali». Mazzella esprime una certezza: «Lamore per la
libertà e la fiducia nellintelligenza e nella grande civiltà degli
italiani che entrambi nutriamo ci consente di guardare alla barbarie di cui siamo fatti
oggetto in questi giorni con sereno distacco». Ecco il testo integrale della
lettera aperta di Mazzella a Berlusconi. «Caro Presidente, caro Silvio, ti
scrivo una lettera aperta perchè cominciando seriamente a dubitare del fatto
che le pratiche dellOvra (la polizia segreta fascista, ndr)
siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo, non voglio cadere nel
tranello di essere accusato, da parte di chi necessariamente ne ignorerà il
contenuto, di averti
inviato una missiva carbonara e piduistà, secondo il colorito
linguaggio di un parlamentare. Ritenevo in buona fede di essere un uomo libero
in un Paese ancora libero e di avere il diritto umanò di invitare a casa
mia un amico di vecchia data quale tu sei». «Ho sempre intrattenuto con te - scrive Mazzella -
rapporti di grande civiltà e di reciproca e rispettosa stima. Vederti in
compagnia di persone a me altrettanto care e conversare tutti assieme in
tranquilla amicizia non mi era sembrato un misfatto. A casa mia, come tu sai
per vecchia consuetudine, la cena è sempre curata da una domestica fidata (e
basta!). Non vi sono cioè possibili spionì, come li avrebbe
definiti Totò. Chi abbia potuto raccontare un fantasioso contenuto delle nostre
conversazioni a tavola
inventandosi tutto di sana pianta - è sottolineato nella lettera - resta un
mistero che i grandi inquisitori del nostro Paese dovrebbero approfondire prima
di lanciare accuse e anatemi. La libertà di cronaca è una cosa, la licenza di
raccontare frottole ad ignari lettori è ben altra! Soprattutto quando il fine
non è proprio nobile». «Caro Silvio, a parte il fatto che non era quella la
prima volta che venivi a casa mia e che non sarà certo lultima
fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà
personali, mi sembra doveroso dirti per correttezza che la prassi delle cene
con persone di riguardo in casa di persone perbene non è stata certo inaugurata
da me ma ha lunga data nella storia civile del nostro Paese. Molti miei attuali
ed emeriti colleghi della Corte Costituzionale hanno sempre ricevuto nelle loro
case, come è giusto che sia, alte personalità dello Stato e potrei fartene un
elenco chilometrico». «Caro presidente - conclude la lettera -, lamore
per la libertà e la fiducia nella intelligenza e nella grande civiltà degli
italiani che entrambi nutriamo ci consente di guardare alla barbarie di cui
siamo fatti oggetto in questi giorni con sereno distacco. LItalia
continuerà ad essere, ne sono
sicuro, il Paese civile in cui una persona perbene potrà invitare alla sua
tavola un amico stimato. Con questa fiducia, un caro saluto».
( da "Repubblica.it"
del 01-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA - "Caro
Silvio, siamo oggetto di barbarie ma ti inviterò ancora a cena", firmato
Luigi Mazzella. Il giudice costituzionale, dopo le
polemiche, scioglie le riserve e sceglie la strada dello scontro aperto con i
critici. Motivo del contendere una cena a casa del giudice costituzionale,
cui hanno partecipato Silvio Berlusconi, il ministro della
Giustizia Angelino Alfano, insieme ad un altro giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano,
e al senatore Carlo Vizzini che ha scatenato polemiche feroci sull'opportunità
che due giudici dell'Alta Corte si incontrino alla viilia di una importante
decisione sul Lodo Alfano che la Consulta dovrà giudicare a settembre. E
la lettera arriva nel giorno dello scontro il Aula fra Antonio Di Pietro e il
ministro Sandro Bondi a colpi di "vergogna". Il leader dell'Udc:
"Mazzella è reo confesso si dimetta". La lettera. "Caro
Presidente, caro Silvio, ti scrivo una lettera aperta perché sto cominciando
seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra (la polizia segreta
fascista, ndr) siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo".
"Ho sempre intrattenuto con te - scrive Mazzella - rapporti di grande
civiltà e di reciproca e rispettosa stima. Vederti in compagnia di persone a me
altrettanto care e conversare tutti assieme in tranquilla amicizia non mi era
sembrato un misfatto. A casa mia, come tu sai per vecchia consuetudine, la cena
è sempre curata da una domestica fidata (e basta!). Non vi sono cioè possibili
'spioni', come li avrebbe definiti Totò. Chi abbia potuto raccontare un
fantasioso contenuto delle nostre conversazioni a tavola inventandosi tutto di
sana pianta - è sottolineato nella lettera - resta un mistero che i grandi
inquisitori del nostro Paese dovrebbero approfondire prima di lanciare accuse e
anatemi. La libertà di cronaca è una cosa, la licenza di raccontare frottole ad
ignari lettori è ben altra! Soprattutto quando il fine non è proprio
nobile". OAS_RICH('Middle'); "Caro Silvio, a parte il fatto che non
era quella la prima volta che venivi a casa mia e che non sarà certo l'ultima
fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci
delle nostre libertà personali, mi sembra doveroso dirti per correttezza che la
prassi delle cene con persone di riguardo in casa di persone perbene non è
stata certo inaugurata da me ma ha lunga data nella storia civile del nostro
Paese. Molti miei attuali ed emeriti colleghi della Corte Costituzionale hanno
sempre ricevuto nelle loro case, come è giusto che sia, alte personalità dello
Stato e potrei fartene un elenco chilometrico". "Caro presidente -
conclude la lettera -, l'amore per la libertà e la fiducia nella intelligenza e
nella grande civiltà degli italiani che entrambi nutriamo ci consente di
guardare alla barbarie di cui siamo fatti oggetto in questi giorni con sereno
distacco. L'Italia continuerà ad essere, ne sono sicuro, il Paese civile in cui
una persona perbene potrà invitare alla sua tavola un amico stimato. Con questa
fiducia, un caro saluto". La polemica. "Non si è parlato di Lodo
Alfano", ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito,
durante il question time alla Camera, rispondendo così ad un'interrogazione del
leader dell'Idv. "Tranquillizzo gli onorevoli interroganti: le iniziative
del governo in materia di Giustizia - conclude Vito - saranno rispondenti al
programma presentato al corpo elettorale e che gli elettori hanno premiato".
Eppure le polemiche non si placano e la spiegazione non convince l'opposizione,
mentre crescono le adesioni - un migliaio di email sono arrivate a Repubblica -
all'appello che circola su Internet per le dimissioni dei due giudici
costituzionali. Il Pd continua a definire "gravissimo" l'incontro
nella residenza privata del giudice Mazzella. "Può dire ciò che vuole, ma
io trovo che decisamente non stia bene invitare qualcuno a casa propria, sul
quale si è chiamati a decidere. Un magistrato, soprattutto se sta alla Corte
Costituzionale, non dovrebbe mai farlo'', dice Anna Finocchiaro, presidente dei
senatori del Partito Democratico. E il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro,
illustrando alla Camera la sua interpellanza, parla di toghe spregiudicate che con
la loro condotta hanno "infangato la sacralità della Corte
Costituzionale" e giudica la risposta di Vito "insoddisfacente e
inaccettabile". Poi, presa visione della lettera, il capo dell'Idv è
ancora più duro: "Se ne deve andare". ''Con la sua lettera Mazzella è
reo confesso. Infatti - afferma dice Di Pietro - egli ammette di essere un
amico di vecchia data e di avere rapporti di frequentazione e di intimità con
il plurimputato Silvio Berlusconi, senza rendersi conto che egli e' anche
giudice della Corte Costituzionale che deve esprimersi sulla legittimità del
Lodo Alfano, cioé proprio su quella legge che Berlusconi si e' confezionare per
non farsi processare. Anche uno studente di giurisprudenza capirebbe
l'abnormità di questo caso, e lo stesso Mazzella non può non capirlo.
Insistiamo con la richiesta di dimissioni e ci appelliamo al presidente della
Corte Costituzionale e al presidente della Repubblica affinché intervengano su
un fatto così grave che mortifica la credibilità, la sacralità e l'autonomia della
Consulta''. (1 luglio 2009
( da "Repubblica, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 1 - Prima
Pagina Sfida senza precedenti di Mazzella dopo la cena con Berlusconi.
L´opposizione: compromette la Consulta, si dimetta. Scontro
Di Pietro-Bondi Il giudice della Corte: inviterò ancora Berlusconi ROMA - Il
giudice della Corte Costituzionale Luigi Mazzella sfida le critiche con una
lettera aperta al premier Berlusconi: «Caro presidente, caro Silvio, non è la
prima volta e non sarà l´ultima che ti invito a cena». Polemiche dal Pd,
mentre Antonio Di Pietro attacca chiedendo le dimissioni del magistrato. è
scontro con il ministro Sandro Bondi. Milella e tito a pagina 12 SEGUE A P
( da "Repubblica, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 37 - Commenti
PARZIALITà CONFESSA (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina XI - Genova
Cure gratis ai trans, volata in Regione Pronta la legge, i verdi incalzano:
"La voti tutta la maggioranza" Dopo il Pride Il sostegno per la
terapia ormonale era stato chiesto da Wladimir Luxuria durante l´evento finale
della parata in piazza De Ferrari AVA ZUNINO A pochi giorni dal Gay Pride, la
Regione Liguria si prepara ad approvare una legge contro le discriminazioni
sessuali e a contribuire alle spese sostenute dai transessuali per le terapie
ormonali. Il sostegno delle spese per gli ormoni era stato chiesto da Vladimir
Luxuria durante l´evento conclusivo della parata, in piazza De Ferrari. «Le
strade che sto cercando di percorrere sono due: o l´inserimento del
provvedimento nella legge contro le discriminazioni sessuali che porteremo in
consiglio prima di agosto, oppure un provvedimento della giunta, che intendo
chiedere direttamente al presidente Claudio Burlando», ha detto ieri la
capogruppo dei verdi in Regione, Cristina Morelli, aggiungendo che la legge
contro le discriminazioni sessuali, da lei stessa depositata tre anni fa e mai
discussa, ora è in dirittura d´arrivo. «Ne abbiamo discusso in una riunione di
maggioranza - ha spiegato Morelli - stiamo modificando il testo e stiamo
togliendo le parti che erano anche nella legge della Regione
Toscana e che sono state impugnate presso la Corte Costituzionale. Ci rivediamo
martedì prossimo. Mi aspetto che sia votata da tutta la maggioranza, poi
naturalmente ognuno si assume le proprie responsabilità». La legge dovrà anche
avere il via libera del tavolo di monitoraggio nazionale che sorveglia i conti
della sanità ligure. «è necessario - spiega Morelli - perché oltre a
stabilire provvedimenti su istruzione e formazione, la legge affida un ruolo
alle Asl e ai consultori in materia di prevenzione, informazione e assistenza».
Costi che, se arriverà il benestare della maggioranza, potrebbero riguardare
anche le terapie ormonali: «il cui costo, tanto per dare un parametro, in
Toscana è stato di 4 mila euro per trenta pazienti. Una cifra irrisoria», ha
detto Morelli. Intanto dal pdl Matteo Rosso tuona: «non ho mai visto la Morelli
battersi per quei malati che non hanno accesso a farmaci perché costano troppo
o a esami diagnostici per le lunghe liste di attesa». Lei replica: «Rosso ha
dichiarato più volte pubblicamente di essere contro le discriminazioni, perciò
mi aspetto anche il suo voto». Michele Boffa, capogruppo del Pd, spiega: «Nella
proposta della Morelli non c´è il tentativo di far diventare privilegiato chi è
emarginato ma quello di riconoscere a queste persone diritti e opportunità al
pari di tutti gli altri».
( da "Repubblica, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina XIX - Roma In
edicola La presentazione Estate Romana, tutto il calendario oggi il numero
speciale del Trovaroma Lo scontro fra tv e politica nel libro di Debenedetti e
Pilati Politica e televisione legate a doppio nodo e al centro di uno scontro
decennale. Un´anomalia tutta italiana, sostengono Franco Debenedetti e Antonio
Pilati nel libro edito da Einaudi "La guerra dei trent´anni. Politica e
televisione in Italia 1975-2008". Diciotto sentenze
della Corte costituzionale,
quattro referendum e le leggi Maccanico, Gasparri e Gentiloni - sostengono gli
autori che presenteranno il testo oggi pomeriggio a Montecitorio alla presenza
di Massimo D´Alema e del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - non sono
bastati per affrancare, di fatto, la televisione italiana dal controllo
politico.
( da "Italia Oggi"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Magistrati Tar data: 02/07/2009 - pag: 15 autore: Caterina Criscenti magistrato
amministrativo cosa prevede la legge 69/2009 sulla semplificazione Obiettivo:
razionalizzare il processo Entrerà in vigore il 4 luglio prossimo la legge 18
giugno 2009 n. 69 contenente «Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo
civile».Settantadue articoli, racchiusi in sei capi, che incidono su differenti
settori. Si spazia dall'»innovazione» in materia di comunicazioni elettroniche
(capo I), alla «semplificazione» (capo II), anche del procedimento
amministrativo, ad un variegato «piano industriale» per la p.a. (capo III),
passando per consistenti interventi nell'ambito della «giustizia» (capo IV), in
primo luogo civile, per approdare alle «privatizzazioni» (capo V), con una
norma sul patrimonio dello Stato spa ed una sulle società pubbliche, e
concludere con la clausola di salvaguardia a favore delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano (capo VI). Tra le novità
ben sette norme delega (artt. 11, 12, 33, 44, 54, 60 e 65)
per l'adozione, da parte del Governo, nei prossimi mesi, di decreti
legislativi, quattro dei quali riguarderanno il mondo della giustizia. Al riassetto della
disciplina del processo amministrativo è dedicato l'art.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-02 - pag: 13 autore: Sul filo
sottile della governance Ue GlistrappidiSarkozyelaConsultatedescaspingonoversolarevisionedelPattodistabilità
di Carlo Bastasin L a motivazione della sentenza emessa mercoledì dalla Corte costituzionale tedesca può cambiare
volto all'Europa. Accolte con superficiale compiacimento negli angiporti di
Bruxelles e della politica comunitaria, le 147 pagine diffuse da Karlsruhe
fissano dei vincoli pesantissimi agli impegni europei del più importante tra i
paesi della Ue. Forse è vero che la sentenza non frena la corsa di un
Trattato di Lisbona ormai svuotato di significato dalle precedenti modifiche,
ma impone d'ora in poi che Berlino non accetti più le decisioni a maggioranza
degli organi comunitari senza consultare prima i parlamenti tedeschi in ognuno
dei casi in cui le innovazioni legislative europee tocchino la vita quotidiana
dei cittadini tedeschi. Teoricamente ogni decisione di Bruxelles potrà essere
soggetta ad approvazione nazionale, perché è solo dalla nazione, secondo i
giudici costituzionali, che discende la sovranità. Con la sofisticata ignoranza
che li distingue, i giudici tedeschi, isolati nella cittadina del Sud del
paese, non vogliono vedere la realtà di un'Europa in cui non esiste più nulla
di legittimamente nazionale, perché tutto ciò che viene deciso a Berlino, Roma o
Parigi si ripercuote su ogni altro paese. Nemmeno la crisi li ha illuminati.
Sotto il peso del "deficit democratico", pongono la politica europea
in un equilibrio impossibile. Su un piatto della bilancia c'è il ritorno alle
sovranità nazionali, sull'altro la costruzione di una compiuta vita democratica
che ora manca in Europa per "ragioni strutturali". Per avanzare verso
l'integrazione politica non restano a Berlino che due strade: una è quella
suggerita da Larry Siedentop dieci anni fa, basata su un senato europeo in cui
sono rappresentati i parlamentari nazionali. La seconda prevede una nuova forma
di condivisione politica tra paesi dell'euro. Ma quanto è realistico che
avvenga oggi un'accelerazione istituzionale? In tutte le cancellerie si è
impegnati a studiare al microscopio il discorso del presidente francese Nicolas
Sarkozy di fronte alle camere riunite a Versailles. Sarkozy ha chiesto che
l'Europa cambi dopo lacrisi economica: «L'Europa deve dotarsi dei mezzi per
partecipare alla trasformazione del mondo ». Non è entrato nel dettaglio,
osservando che questo non è ancora il momento per discutere del «progetto
europeo della Francia». Ma ha gettato comunque un'esca appetitosa nelle acque
profonde del dibattito. Molti hanno collegato il discorso di Sarkozy a
precedenti richiami sulla necessità proprio di un governo economico della zona
euro. Tuttavia con il discorso di Versailles il presidente francese ha aperto
una faglia profonda nel terreno comune su cui un nuovo progetto istituzionale
dovrebbe svilupparsi. Annunciando politiche di incremento della spesa pubblica
a dispetto dei vincoli di Maastricht, Sarkozy ha gettato nella costernazione i
partner tedeschi, come pensare a un governo comune su basi tanto divergenti?
Nelle passate settimane il parlamento di Berlino aveva adottato una modifica
della Costituzione che rafforza la disciplina di bilancio. L'obiettivo
dichiarato alcuni mesi fa dalla cancelleria era di estendere all'intera zona
euro l'adozione dei "freni fiscali" all'indebitamento pubblico. La scelta
di Sarkozy - «con me non si faranno politiche di austerità » - è parsa
contraddittoria fino alla provocazione. Con un filo di paranoia, il quotidiano
Faz ha denunciato una deriva antieuropea da parte di Parigi. La linea
socio-gollista di Philippe Seguin, contrario a suo tempo alla cessione di
sovranità di Maastricht, avrebbe prevalso nelle menti del primo ministro
FranÇois Fillon, del presidente dell'Ump Xavier Bertrand e del consigliere del
presidente Henry Guaino. Tutti e tre avevano votato "no" al referendum
su Maastricht del '92 e ora avrebbero convinto Sarkozy a un repubblicanesimo
nazionale privo di remore. A Berlino c'è più cautela. La lezione della crisi
finanziaria è densa di implicazioni per lo sviluppo istituzionale della zona
euro. Gli squilibri strutturali tra i paesi sono ampi, all'eccesso di risparmio
dell'economia tedesca corrispondono deficit nella maggior parte dei paesi
partner. Se Parigi scegliesse la strada dell'allargamento del deficit, Berlino
si troverebbe in parte a finanziarlo attraverso la domanda di obbligazioni in
euro dei fondi pensione. Il problema per la Germania va alla radice del modello
di paese esportatore, disposto a sacrificare i consumi interni (tenendo bassi i
salari rispetto alla produttività) pur di conquistare quote di mercato. Una
strategia che la Germania ha conquistato con fatica recuperando il rango di
campione delle esportazioni mondiali. Alla recente riunione del Consiglio per
le relazioni Italia-Usa a Venezia, Fred Bergsten, direttore del Peterson Institute,
ha definito «neo-mercantilisti» i paesi che cercano in tal modo di uscire dalla
crisi. Ma a Berlino la critica viene respinta con l'argomento
dell'invecchiamento demografico: i tedeschi diventano sempre più anziani e
sempre meno in grado di sostenere il proprio livello di vita attraverso il
lavoro, per questa ragione stanno accumulando risparmio che dovrebbe essere
investito in paesi ad alta crescita in grado di garantire tassi elevati di
rendimento del capitale. Il paradosso è però che lo squilibrio interno alla
zona euro, se non governato, porterebbe il risparmio tedesco a finanziare altri
paesi a rendimento declinante, come appunto la Francia e la Spagna. Un segnale
della portata delle riflessioni sotterranee tedesche è emerso all'inizio del
mese in un discorso tenuto a Budapest dal ministro degli Esteri, Frank Walter
Steinme-ier, candidato socialdemocratico alla cancelleria. Secondo Steinmeier,
la crisi impone di riflettere sulla governance dell'unione monetaria, anche in
considerazione delle divergenze strutturali tra i paesi dell'eurozona. Per
poterle gestire si propone un coordinamento politico più forte e quindi il
superamento dell'Agenda di Lisbona (un tema su cui si riflette anche a livello
Ue) e del suo metodo di coordinamento poco incisivo. è la prima volta che da
Berlino si rende pubblica la riflessione- comune a livello tecnico - sulla
necessità di governare le divergenze strutturali dei paesi euro. Ma Steinmeier
è stato esplicito anche nel chiedere maggiore coordinamento sia in materia
fiscale sia di politica sociale. Può sembrare normale per un leader
socialdemocratico opporre al dumping fiscale e salariale degli altri paesi una
sede istituzionale di governo comune, ma è vero il contrario: in Germania anche
l'Spd ha sempre difeso la Tarifautonomie , cioè il principio che garantisce
alle parti sociali il diritto di fissare i termini contrattuali dei rapporti di
lavoro. In contrasto con la linea ufficiale del governo tedesco, Steinmeier ha
anche sostenuto la necessità di un maggior coordinamento delle politiche di
bilancio dei paesi europei, intendendo non solo il rispetto dei vincoli di
Maastricht, ma anche la realizzazione di politiche comuni di stimolo dal lato
della domanda, rimaste dolorosamente assenti nella risposta europea alla crisi
finanziaria. La prospettiva di un'Unione europea paralizzata da un governo
britannico conservatore, schierato con le fazioni più euroscettiche del
parlamento europeo, sta facendo emergere la zona euro come ambito istituzionale
in cui sarebbe possibile far progredire l'integrazione. Finora Berlino aveva
rifiutato un confronto pubblico per timore di aprire la porta a interferenze
politiche che potessero mettere a rischio l'autonomia della Banca centrale
europea, ma il quadro di intervento prefigurato da Steinmeier, con maggiore
omogeneità nelle politiche salariali e minori divergenze strutturali, dovrebbe
rendere più facile, non più difficile, la politica monetaria della Bce. Per
Angela Merkel un'iniziativa francotedesca è probabilmente prematura. Qualsiasi
confronto dovrebbe ripartire da un ripensamento del Patto di stabilità ormai
inadeguato a regolare bilanci pubblici fuori controllo. La Germania è nel pieno
di una difficile campagna elettorale e anche se la Merkel è favorita, non è
ancora possibile prevedere quale coalizione prevarrà. Ora la sentenza di
Karlsruhe impedisce di usare il canale diplomatico per costruire intese
"di rapina". Non c'è alternativa alla strada più dura per
l'integrazione europea: il confronto politico con l'opinione pubblica attraverso
le istituzioni democratiche. Una strada finora evitata o fallita.
carlo.bastasin@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA LE PROSPETTIVE Un
negoziato tra i maggiori azionisti di Bruxelles non è ancora ipotizzabile:
incombe l'appuntamento delle elezioni per il cancellierato Leadership. Il
presidente francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel AFP
( da "Manifesto, Il" del
02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
POLITICA E SOCIETÀ
«Un'ipotesi. Per ora accantonata» E. Ma. E. Ma. L'ipotesi era stata presa in
considerazione dal governo, ma sarebbe stata «subito accantonata». Per ora. La
smentita alla notizia apparsa ieri sul Corriere della Sera - secondo la quale
Silvio Berlusconi avrebbe deciso di trasferire il personale addetto ai voli di
stato alle dipendenze del Rud, l'apparato interforze dei servizi segreti
militari (Aise), in modo da secretare più facilmente l'identità degli ospiti
viaggianti - è ufficiale. E attendibile, perché opposta direttamente davanti al
Copasir dal sottosegretario Gianni Letta. Il delegato dalla presidenza del
Consiglio all'intelligence, infatti, ieri, durante un già previsto incontro col
Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti presieduto da Francesco
Rutelli, ha negato - secondo diverse fonti - che ci sia «alcuna decisione del
governo» in tal senso. Una tale disposizione sarebbe di una «gravità inaudita»,
come ha denunciato l'Italia dei valori, perché «sarebbe un tentativo bello e
buono di insabbiare la verità e di ostacolarla ora e sempre» sugli ospiti
privati di Berlusconi a bordo degli aerei della Repubblica italiana. Anche se
il premier potrebbe in qualsiasi caso opporre il segreto di Stato davanti alle
inchieste della magistratura adducendo «motivi di sicurezza e riservatezza» che solo la Corte costituzionale potrebbe rimuovere, eppure elevare a rango di 007 il personale
dei voli presidenziali «creerebbe un automatismo», come spiega il senatore Pd
Felice Casson che ieri ha presentato un'interrogazione parlamentare. Ci si
potrebbe addirittura avvalere del «divieto di rendere testimonianza in
giudizio» sull'eventuale uso illecito degli "aerei blu".
( da "Manifesto, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
SINISCALCHI (CSM) «Parole oltranziste Adesso tocca a
lui porre rimedio» Andrea Fabozzi «Sono sorpreso, è una lettera oltranzista».
Non è facile coinvolgere Vincenzo Siniscalchi - consigliere del Csm in quota Pd
- in una polemica. Giurista e avvocato di fama, Siniscalchi ha il passo del
garantista ostinato e ci tiene al rispetto della sfera privata. Ma il
caso del giudice costituzionale Mazzella che rivendica una continua
frequentazione a cena con Berlusconi è la classica ultima goccia nel vaso.
«Francamente questa di Mazzella è una lettera oltranzista - dice Siniscalchi -
qui non stiamo parlando del De amicitia di Cicerone ma di una cosa molto più
semplice: dell'opportunità di assumere certi comportamenti in considerazione
del ruolo istituzionale che si ricopre. È un valore che quando si verificano
alcune coincidenze dev'essere assolutamente tenuto in considerazione». Mazzella
dice: in un paese civile è legittimo invitare alla propria tavola un amico
stimato. Ha torto? Ma qui nessuno sta mettendo in dubbio il valore dell'amicizia.
Non di meno questa appassionata difesa della libertà con toni quasi da
martirologio suscita delle ragionevoli perplessità. In questi giorni sembra
quasi che l'esaltazione assoluta e totalizzante del privato stia diventando una
categoria etica di nuovo tipo. Per cui si confonde addirittura la difesa ovvia
delle proprie libertà con la possibile messa in gioco di quei grandi valori che
accompagnano l'esercizio della funzione pubblica. Come la funzione di giudice
costituzionale o quella di presidente del Consiglio, di ministro e di quanti
altri hanno partecipato a quella cena. Le perplessità poi aumentano in
considerazione del momento in cui si è svolta e per la prossima scadenza che
vede impegnato l'ospite in un giudizio di alto valore che riguarda l'amico.
Immagina i sospetti e le polemiche se la Corte dovesse salvare il Lodo Alfano?
Immagino l'imbarazzo degli altri giudici costituzionali, l'enfatizzazione di
questa vicenda colpisce in primo luogo quelli che dovranno giudicare il Lodo.
Il codice di procedura civile obbliga il giudice «commensale abituale»
dell'imputato ad astenersi. A maggior ragione non dovrebbe astenersi un giudice
costituzionale? Ho fiducia che una vicenda del genere non debba scomodare delle
forme tortuose di soluzione giuridica. Ho fiducia che si determineranno dei
comportamenti sensibili in relazione al ruolo che si ricopre. Un giurista come
Mazzella credo che vorrà porre avanti ad ogni soluzione bizantina una scelta
che non metta in imbarazzo né se stesso né gli altri. Un altro giudice
costituzionale nominato dal centrodestra, Vaccarella, si dimise perché si
sentiva pressato dalle dichiarazioni dei politici. Una cena con il premier non
è una pressione più forte? Anche questo deve rientrare nella valutazione tutta
individuale che dovrà fare il giudice Mazzella. A me pare che qualche volta
queste questioni vengano sollevate - e non so se sarà questo il caso - per
creare dei problemi alla libertà del giudizio degli altri giudici
costituzionali. Il governo si è giustificato dicendo che non era una cena
organizzata da Berlusconi. È la classica excusatio non petita, fa pensare a una
coda di paglia.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-02 - pag: 27 autore: Dalla Corte costituzionale Via libera al sindaco sull'ordine pubblico Guglielmo Saporito
Via libera dalla Corte costituzionale alle ordinanze sindacali emesse a tutela della sicurezza urbana.
Lo afferma la sentenza n.196 di ieri, 1Ú luglio, la quale respinge i dubbi su
un decreto del ministro dell'Interno dell'agosto 2008. Il decreto,
definendo l'incolumità e la sicurezza urbana in attuazione di misure di
sicurezza urgenti (articolo 6 del Dl 92/08), elenca nel dettaglio le situazioni
in cui i sindaci sono autorizzati ad adottare provvedimenti di pubblica
sicurezza e di ordine pubblico. Accattonaggio, danneggiamenti, scadimento della
qualità urbana, incuria, occupazioni abusive, intralcio alla viabilità e al
decoro urbano, abusivismo commerciale, prostituzione su strada sono così
diventati oggetto di specifiche ordinanze sindacali. In ciò una provincia
autonoma ha visto la possibile invasione di potestà legislative primarie,
affidatele in materia di tutela del patrimonio storico artistico, paesaggio,
viabilità, commercio e altresì in materia di pubblica sicurezza. La Corte costituzionale, pur specificando di non valutare i rapporti
tra la sicurezza urbana e la sfera di libertà delle persone, chiarisce che il
decreto del ministro dell'Interno ha a oggetto la tutela della sicurezza
pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati, volta
alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e
civile convivenza nella comunità nazionale. Ben possono quindi i sindaci
esercitare poteri finalizzati all'attività di prevenzione e repressione dei
reati, fermo restando il rispetto del confine tra l'attività di prevenzione e
la normale polizia amministrativa, confine che potrà essere delimitato in sede
di controlli giurisdizionali. Trova quindi conferma la legittimità delle
ordinanze sindacali quali quella espressa dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno,
in tema di prostituzione sulle vie consolari: oltre alla sentenza del Tar Lazio
12222 del dicembre 2008, ora anche il giudice delle leggi conferma
l'utilizzabilità di ordinanze per la tutela della convivenza civile. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-02 - pag: 31 autore:
Corte costituzionale.
Respinta la questione di legittimità sull'onere probatorio del debitore
Promosse le soglie di fallibilità Quasi impossibile invece la verifica affidata
ai creditori o al Pm Giovanni Negri MILANO Supera l'esame di costituzionalità
uno dei cardini della riforma del diritto fallimentare. La Corte costituzionale ha infatti giudicato inammissibile la
questione di legittimità sollevata dal tribunale di Napoli sull'attribuzione
all'imprenditore dell'onere di dimostrare la sua collocazione al di sotto delle
soglie di fallibilità e, quindi, di essere esonerato dal fallimento. Ma la
Consulta si è anche pronunciata sulla legittimità delle soglie stesse e sulla
loro corrispondenza alla delega. Per i giudici napoletani addossare sul
debitore l'onere di provare la sua assoggettabilità o meno al fallimento può
far dipendere l'apertura della procedura concorsuale da un comportamento del
debitore stesso, che normalmente non ha nulla a che vedere con l'importanza
dell'attività esercitata e con le ripercussioni del dissesto dell'imprenditore
sul sistema economico: l'effetto sarebbe quello di provocare dichiarazioni di
fallimento inutili. In discussione ci sarebbe quindi una violazione
dell'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo dell'irragionevolezza della
norma che è stata introdotta dal decreto legislativo n. 169 del 2007 per porre
un argine al drastico crollo delle dichiarazioni di fallimento originate dalla
nuova Legge fallimentare. Una diminuzione che la stessa Corte ritiene di dovere
in gran parte attribuire all'incertezza sulla ripartizione dell'onere della
prova. La Consulta però, sentenza n. 198, depositata ieri e scritta da Paolo
Maria Napolitano, ha respinto la tesi del tribunale di Napoli. La sentenza ha innanzitutto
messo in evidenza come l'individuazione di oggettivi criteri quantitativi
indirizzati a delimitare i soggetti esclusi da fallimento corrisponde a uno
degli obiettivi della legge delega da cui è poi scaturita la riforma che era
quello della riduzione degli imprenditori che possono fallire. «è infatti
evidente – si legge – che la oggettivizzazione dei criteri di discernimento tra
soggetti che possono essere dichiarati falliti e soggetti esonerati dal
fallimento comporta, ex se, data la minore complessità della relativa attività
di accertamento e valutazione, sia un'accelerazione della procedura che una
semplificazione della disciplina fallimentare». Quanto all'interesse
dell'imprenditore a ottenere la dichiarazione di fallimento, e quindi alla volontà
di aggirare i requisiti di fallibilità, la Consulta osserva che la Legge
fallimentare prevede a carico del debitore che chiede il proprio fallimento
adempimenti istruttori tali da evitare le preoccupazioni del tribunale. Lo
stesso beneficio dell'esdebitazione prevede poi la collaborazione con gli
organi della procedura, difficile da fare coesistere con la condotta di chi
occulta la propria contabilità quanto alle soglie. In termini generali, infine,
la Corte sottolinea che sarebbe quasi impossibile per il creditore, ma anche
per il pubblico ministero, fare fronte al ribaltamento dell'onere probatorio: è
infatti l'imprenditore il soggetto abilitato a potere esporre in maniera
esauriente la propria esposizione debitoria. Starà poi al giudice, al quale,
riconosce la sentenza, è attribuito un potere d'indagine "officioso",
evitare la possibilità che siano dichiarati fallimenti che, date le
caratteristiche del debitore, sarebbero ingiustficati. © RIPRODUZIONE RISERVATA
VIA LIBERA I nuovi limiti per la pronuncia della dichiarazione sono in linea
con l'esigenza di evitare l'inizio di procedure irrilevanti
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-02 - pag: 31 autore: Procedura penale.
Diritto di difesa Dichiarazioni senza abusi MILANO Le dichiarazioni rese da un
imputato possono continuare a essere limitatamente utilizzate nel processo
penale come prova dei fatti riferiti anche quando non vi hanno assistito gli
avvocati dei coimputati. Lo precisa la Corte costituzionale con la sentenza n. 197
scritta da Giuseppe Frigo e depositata ieri. è stata così giudicata infondata
la questione di legittimità sollevata dal tribunale di Siracusa sui commi 5 e 6
dell'articolo 503 del Codice di procedura penale. Secondo i giudici
siciliani le disposizioni violerebbero l'articolo 24 della Costituzione perché
attribuirebbero pieno valore probatorio a dichiarazioni nei confronti di
soggetti che non sono stati in grado di fare valere in quell'occasione il
proprio diritto di difesa. La Corte fa però osservare comeil recupero
probatorio per effetto delle disposizioni contestate di dichiarazioni raccolte
in violazione del generale principio di formazione della prova nel
contraddittorio delle parti è giustificato. Non opera infatti per
l'affermazione di responsabilità di soggetti diversi dal dichiarante. La
modifica alla disciplina dell'interrogatorio prevede oggi che prima del suo
inizio la persona deve essere avvisata che le sue dichiarazioni potranno essere
utilizzate nei suoi confronti e che se saranno rese su fatti che coinvolgono
altri verrà assunto l'ufficiodi testimone.La conclusione è poi la stessa anche
quando esiste una situazione di incompatibilità all'assunzione dell'ufficio di
testimone. Le norme oggetto di censura hanno così, nella lettura della Corte,
un significato diverso da quelli ipotizzato dal tribunale di Siracusa:
comportano infatti che le dichiarazioni rese nelle fasianteriori al giudizio
dell'imputato possono essere utilizzate, per quanto riguarda la responsabilità
dei coimputati, solo per valutare la credibilità del dichiarante. A meno che
gli stessi coimputati diano il loro assenso all'utilizzabilità piena oppure
siano presenti forti indizi di una testimonianza resa sotto pressione. «Il che
rende coerente – conclude la Corte – la disciplina anche con quanto è disposto
dall'articolo 513, comma 1, Codice di procedura penale, che ammette la lettura
in dibattimento delle dichiarazioni rese dall'imputato nelle fasi anteriori
quando egli sia contumace o assente o rifiuti di rendere l'esame,ma
significativamente aggiunge che "tali dichiarazioni non possono essere
utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i
presupposti di cui all'articolo 500 comma 4"». G. Ne. © RIPRODUZIONE
RISERVATA I CRITERI Limitato l'utilizzo degli atti nei confronti degli altri
imputati quando non è stato rispettato il contraddittorio
( da "Manifesto, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
reportage Joe Slovo
RESISTE ALL'ANC A ridosso di Cape Town, fra lamiere e fango, l'opposizione di
una township allo sgombero decretato dal governo è diventata il simbolo della
lotta alle evictions Stefano Liberti INVIATO A CAPE TOWN La comunità è radunata
al completo. Uomini, donne, bambini, perfino i cani sono venuti ad ascoltare
l'avvocato bianco arrivato dalla città. Steve Kahanovitz prende la parola: «La Corte costituzionale ha dato il suo verdetto: l'occupazione di Joe Slovo è illegale.
Questo era l'ultimo grado di giudizio. Ora dovete decidere se opporvi alla
decisione o negoziare una ricollocazione. Naturalmente non devo dirvi io che,
se la vostra scelta sarà la resistenza, il governo potrà cacciarvi con la
forza». Insediamento spontaneo creato una ventina di anni fa da
immigrati venuti dalla provincia dell'Eastern Cape, Joe Slovo è un insieme di
shacks di lamiera e legno ammassati in un terreno fangoso nel quartiere di
Langa, dieci minuti di macchina dal centro di Cape Town, a ridosso
dell'autostrada N2 per l'aeroporto. Un negozietto di alimentari, una pompa per
l'acqua e una ventina di bagni in condizioni disastrose sono il patrimonio
comune di questo gruppo di occupanti, che negli ultimi tempi si è gadagnato una
certa notorietà a livello nazionale. Questo insediamento all'apparenza anonimo
- simile ai nostri campi rom - è diventato infatti il simbolo della lotta
contro le evictions, gli sgomberi ordinati e spesso condotti in modo coatto dal
governo dell'African National Congress (Anc). La resistenza della comunità è
iniziata nel 2006, quando il ministero degli alloggi ha fatto sapere agli
abitanti che sarebbero stati cacciati e ricollocati temporaneamente a Delft, un
quartiere al di là dell'aeroporto, a più di
( da "Corriere della Sera"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 02/07/2009 - pag: 16 Partiti e giustizia Fini e
Schifani ricevuti da Napolitano, che rinnova l'invito alla «tregua tra forze
politiche» Cena premier-giudici, Di Pietro all'attacco «Decideranno sul Lodo
Alfano, devono dimettersi». Bondi: vergogna ROMA Aveva chiesto una «tregua» tra
le forze politiche in vista di un delicato G8. E ieri Giorgio Napolitano, in un
incontro al Quirinale con i presidenti delle Camere, Renato Schifani e
Gianfranco Fini, è tornato a parlare della necessità che calino i toni, che
scemi una polemica politica che ha avuto, negli ultimi due mesi, toni
altissimi. Ma non sembra proprio che l'appello abbia sortito effetti
miracolosi, visto che anche il Capo dello stato ha dovuto prendere atto dell'ennesima,
rovente polemica esplosa ieri a proposito di una cena che si tenne lo scorso
maggio in casa di un giudice della Consulta, Luigi Mazzella, con ospiti un
altro giudice della Corte, Paolo Maria Napolitano e soprattutto Silvio
Berlusconi, Gianni Letta e il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
L'incontro, svelato dal settimanale l'Espresso, aveva già
provocato perplessità e critiche, visto che il prossimo ottobre la Corte costituzionale dovrà esprimersi sulla
costituzionalità del Lodo Alfano, la legge che sospende i processi per le alte
cariche. Ma ieri lo scontro si è spostato alla Camera, dove Antonio Di Pietro
ha presentato una interrogazione al governo sul caso. Alla risposta data
dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, che ha parlato di un
«incontro conviviale » al quale hanno preso parte anche le consorti di alcuni
invitati, nel quale non si è discusso del Lodo Alfano nè di riforma della
giustizia, e organizzato precedentemente alla decisione di fissare la sentenza
sullo stesso Lodo al 6 ottobre, il leader dell'Idv ha ribattuto con estrema
durezza, chiedendo le dimissioni dei giudici e del ministro Alfano perché si è
trattato di una «riunione carbonara e piduista» tra due giudici e un premier
«pluri-inquisito». Parole che hanno incendiato l'aula della Camera, dove il
ministro Bondi, mentre Di Pietro parlava, è sbottato più volte in un «vergogna,
vergogna! » prima di abbandonare il banco del governo per protesta. Ma mentre
con Di Pietro si schierava anche il Pd, che con Anna Finocchiaro definisce
«gravissimo» il fatto che un giudice ceni con colui sul quale dovrà giudicare,
ecco che lo stesso Mazzella ha provveduto a gettare altra benzina sul fuoco.
Infatti, con una lettera aperta al premier, ha rivendicato il suo diritto di cenare
con un vecchio amico, come ha fatto in passato e farà in futuro. Parole che
fanno insorgere Di Pietro, che parla di Mazzella come «reo confesso», e il Pd
che invita a «non compromettere l'immagine della Corte». P.D.C. IL COMMENTO di
Luigi Ferrarella nella pagina Idee & Opinioni In Aula Il leader dell'Idv,
Antonio Di Pietro, in Aula: ha chiesto le dimissioni del Guardasigilli e dei
due «giudici spregiudicati» che hanno cenato con il premier
( da "Corriere della Sera"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 02/07/2009 - pag: 17 La Nota di Massimo Franco
Un'offensiva mirata che può produrre esiti imprevedibili I toni sono così
perentori e al limite dell'insulto, da depotenziare le critiche. Ma
probabilmente, Antonio Di Pietro li ha usati di proposito. Nella sua ottica, la cena di alcune settimane fa tra Silvio Berlusconi, alcuni
esponenti del governo e due giudici della Corte costituzionale è la conferma dei sospetti di sempre; ed un ottimo episodio da
spendere per aiutare il referendum chiesto dall'Italia dei valori contro il
«lodo Alfano»: la legge che sospende i processi per le più alte cariche dello
Stato. Il fatto che a tavola fosse presente il ministro della Giustizia,
Angelo Alfano, a suo avviso è un'ulteriore aggravante. La Consulta fra alcuni
mesi si dovrà pronunciare proprio sulla legittimità di quella legge. E dunque
si tratterebbe di due «giudici spregiudicati» che col premier avrebbero
«infangato la sacralità della Corte costituzionale».
Per questo l'ex pm di Mani pulite chiede le loro dimissioni e quelle del
Guardasigilli. Certo, l'episodio mostra usanze molto italiane, che possono
lasciare perplessi. Ma sono abitudini trasversali: non a caso, per rintuzzare
l'offensiva dipietrista approdata rumorosamente in Parlamento, il Pdl ricorda
le antiche frequentazioni dell'opposizione con magistrati e membri della Corte.
La tesi del leader dell'Idv viene così rovesciata. L'incontro che il governo
definisce «conviviale », non è stato fatto per influenzare la Consulta. Semmai
sarebbe il contrario: per la maggioranza, è Di Pietro con il suo attacco a fare
pressioni sulla Corte perché bocci una norma riscritta dalla coalizione
berlusconiana tenendo conto delle indicazioni costituzionali e di quelle del
presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Viene dunque rilanciato il
sospetto che Di Pietro e il Pd, che considera quella cena «inopportuna e lesiva
del prestigio della Consulta », stiano ripercorrendo «la via giudiziaria contro
il premier». In realtà, l'Idv persegue la sua strategia: conquistare consensi
con l'antiberlusconismo, costringendo il Pd ad inseguirlo; e confermarsi il
custode dell'alleanza fra una parte del centrosinistra e settori della
magistratura. In questo caso, infatti, ad essere messi sotto accusa sono i due
giudici: Luigi Mazzella, a casa del quale è avvenuto l'incontro, e Paolo Maria
Napolitano. Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, ritiene che «non
stia bene invitare a casa propria qualcuno sul quale si è chiamati a decidere».
Osservata a distanza, la polemica ruota intorno all'atteggiamento da tenere con
Berlusconi. Maliziosamente, da palazzo Chigi si sottolinea il silenzio di
Luciano Violante, additato a lungo come uomo-cerniera fra sinistra e
magistratura. Ma la vicenda è destinata a non chiudersi presto. Ieri Mazzella
ha pubblicizzato una lettera a Berlusconi nella quale gli annuncia che lo
inviterà di nuovo. E Di Pietro ne approfitta per chiedere un intervento di
Napolitano contro il «reo confesso». È una china che può portare ad una sovraesposizione
della Consulta; ed alla sua delegittimazione. Se Di Pietro l'ha messo nel
conto, si tratta di un azzardo calcolato. Altrimenti, l'esito può essere
imprevedibile. \\ Di Pietro chiede l'intervento di Napolitano contro i due
giudici della Consulta
( da "Corriere della Sera"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 02/07/2009 - pag: 17 Il personaggio Il
giudice-romanziere: in casa mia non ci sono gli spioni di Totò E Mazzella
scrive al Cavaliere «No al totalitarismo, ti inviterò ancora» Il membro della
Consulta: altri miei colleghi ricevono alte personalità ROMA «Caro presidente,
caro Silvio...». È questo l'incipit di una lettera aperta
al premier Silvio Berlusconi con cui il giudice della Corte Costituzionale,
Luigi Mazzella, garantisce all' «amico di vecchia data» che la cena a casa sua,
contestata dal Pd e dall'Idv, non è stata la prima e «non sarà certo l'ultima
fino al momento in cui scrive un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse
privarci delle nostre libertà personali ». Mazzella esprime una
certezza: «l'amore per la libertà e la fiducia nell'intelligenza e nella grande
civiltà degli italiani che entrambi nutriamo ci consente di guardare alla
barbarie di cui siamo fatti oggetto in questi giorni con sereno distacco». La
missiva, resa nota dall'Ansa, nel tardo pomeriggio, dopo la bagarre della
Camera, aveva lo scopo di sottolineare il carattere unicamente conviviale della
cena offerta dal giudice al premier Berlusconi, insieme al ministro della
giustizia Angelino Alfano. Ma allo stesso tempo mette in evidenza un clima
ancora molto teso, nonostante il recente appello del Capo dello Stato,
Napolitano. Nel testo Manzella spiega che ha scritto «una lettera aperta»
perché comincia «seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra (la
polizia segreta fascista, ndr) siano definitivamente cessate con la caduta del
fascismo» e quindi non vuole «cadere nel tranello di essere accusato, da parte
di chi necessariamente ne ignorerà il contenuto, di averti inviato una missiva
'carbonara e piduista', secondo il colorito linguaggio di un parlamentare». In
secondo luogo,la lettera evoca la presenza malevola di spioni. («A casa mia,
come tu sai per vecchia consuetudine, la cena è sempre curata da una domestica
fidata (e basta!). Non vi sono cioè possibili spioni, come li avrebbe definiti
Totò. Chi abbia potuto raccontare un fantasioso contenuto delle nostre
conversazioni a tavola inventandosi tutto di sana pianta - è sottolineato nella
lettera - resta un mistero»). Terzo, il giudice se la prende con la stampa: «La
libertà di cronaca è una cosa, la licenza di raccontare frottole ad ignari
lettori è ben altra! Soprattutto quando il fine non è proprio nobile». Ma
soprattutto lascia intendere che altri giudici, su altre sponde politiche,
intrattengono rapporti altrettanto conviviali: «Molti miei attuali ed emeriti
colleghi della Corte Costituzionale hanno sempre ricevuto nelle loro case, come
è giusto che sia, alte personalità dello Stato e potrei fartene un elenco
chilometrico ...». Mazzella infine rivendica «in buona fede di essere un uomo
libero in un Paese ancora libero e di avere il diritto umano di invitare a casa
mia un amico di vecchia data quale tu sei». Nei giorni scorsi, Mazzella aveva
replicato a Di Pietro che gli chiedeva di astenersi dal giudizio sul lodo
Alfano, dichiarando di essere «libero e onesto». Il riferimento agli spioni di
Totò, rivelano la sua nascita campana. Giurista, è stato nominato Avvocato
Generale dello Stato il 13 dicembre 2001. Dal 14 novembre 2002 al 2 dicembre
2004 è stato Ministro della funzione pubblica nel Governo Berlusconi II. E'
stato eletto eletto giudice della Corte Costituzionale nel giugno 2005
dall'allora maggioranza di centrodestra. Ma non solo di legge si occupa,
Mazzella. Ha scritto anche romanzi, con un riferimento al mondo femminile. Il primo
di stampo familiare («Un gioco malandrino di finestre e di balconi») ambientato
in una Salerno che si snoda lungo l'arco degli ultimi settant'anni,
registrandone cambiamenti e atmosfere. E l'anno scorso «Il chiodo nella sabbia»
che racconta il lungo viaggio di un uomo del Sud attraverso le tante tappe di
una vita, ciascuna segnata da una donna straordinaria: dall'infanzia vissuta
con madre, nonne e tante zie a contendersi l'affetto dell'ultimo arrivato,
all'adolescenza nel dopoguerra e i primi rapporti con l'altro sesso, alle
esperienze della maturità negli anni del boom e della liberazione sessuale.
M.Antonietta Calabrò \\ A casa mia, come tu sai per vecchia consuetudine, la
cena è curata da una domestica fidata. Non vi sono cioè 'spioni', come li avrebbe
definiti Totò. Chi abbia raccontato le nostre conversazioni è un mistero
( da "Unita, L'" del
02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Fatti
gravissimi La Corte, deve tenersi lontana dalla politica I giudici della Corte
Costituzionale tacciono, parlano con le loro sentenze. E in caso di conflitti
d'interesse si astengono», spiega la costituzionalista Tania Groppi. Come
giudica l'intera vicenda? «Trovo molto grave che il presidente del Consiglio e il ministro
della Giustizia abbiano partecipato a una cena con due giudici della Consulta,
per di più a casa di uno di questi. Tutto ciò mentre pende, di fronte alla
Corte, una questione delicata che coinvolge il premier e che prende il nome dal
ministro: il Lodo Alfano. È già grave che dei giudici della Corte, eletti dal
Parlamento e chiamati a valutare le leggi, si incontrino con dei politici in
ambienti privati. In Germania la Corte è a Karlsruhe, lontana dalla capitale,
per evitare contatti anche accidentali con politici». Mazzella ha rinnovato
l'invito a Berlusconi con una lettera all'Ansa... «È ancora più grave, tanto
più in un caso di legge ad personam. La cosa migliore sarebbe tacere: i giudici
della Corte Costituzionale parlano con le loro sentenze. Certo non con i
comunicati all'Ansa». Cosa accade in casi di conflitti d'interesse? «I giudici
si astengono dal votare le sentenze, anche su casi di cui si sono occupati da
avvocati». I due giudici dovrebbero dimettersi? Il governo giustifica tutto...
«Dovrebbero astenersi. Ma se si sentono limitati nelle loro libertà personali e
vogliono frequentare i loro amici politici... allora la Corte non è il posto
giusto per loro. Che il governo dica "non si è parlato di Lodo
Alfano", è ovvio». Potrebbe essere applicato l'articolo 16 del
regolamento, che prevede la sospensione o la rimozione? «Si applica per atti
gravissimi. In questo caso è il presidente a redarguire i giudici, li richiama
ad avere un comportamento più consono in futuro, e ad astenersi. Il problema è
interno alla Corte. Si sta scardinando una tradizione che finora è riuscita a
tenere la Consulta fuori dalla tempesta». NATALIA LOMBARDO Tania Groppi
( da "Unita, L'" del
02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Scoppia il caso
Consulta Mazzella scrive: «Caro Silvio...» CLAUDIA FUSANI E adesso scoppia
anche il caso Corte Costituzionale. Un caso senza
precedenti con scenari che investono direttamente, come arbitro, il presidente
della Consulta Francesco Amirante. Ieri pomeriggio il governo, interrogato
dall'Italia dei Valori, ha ammesso nell'aula di Montecitorio che «nelle prime
due settimane di maggio» c'è stata una cena a casa del giudice Costituzionale
Luigi Mazzella a cui hanno partecipato il premier, il sottosegretario
Letta, il ministro Guardasigilli Alfano, un altro giudice della Consulta Paolo
Napolitano e il senatore Vizzini. In quella bicchierata tra amici,«il Lodo
Alfano non è stato argomento di discussione». Un paio d'ore dopo il question
time, il giudice Mazzella ha inviato all'Ansa una lettera pubblica in cui rivendica
le sue cene con il premier, gli rinnova l'invito alla faccia della «barbarie di
cui siamo stati oggetto in questi giorni» e paragona le notizie dei giornali
alle «pratiche dell'Ovra», la polizia segreta fascista. Gran commis alla Corte
C'era un tempo in cui i giudici della Consulta, i giudici dei giudici, dovevano
essere al di sopra di tutto e parte di nulla. Parlare solo tramite sentenze e
meno che mai scrivere lettere aperte al Presidente del Consiglio alla vigilia
di una pronuncia come quella sul Lodo Alfano (6 ottobre) che riguarda
direttamente il premier. Quel tempo rischia di essere finito. Dopo le
rivelazioni dell'Espresso della scorsa settimana - la cena, gli ospiti, gli
argomenti di discussione, dalla riforma del Csm all'azzeramento dei pm - Pd e
Idv hanno denunciato l'inciucio più pericoloso per la tenuta democratica e le
forti ipoteche sull'autonomia della Corte. Di Pietro ha presentato
un'interrogazione a cui il governo risponde ieri, alle 15, aula semideserta, 13
deputati nei banchi del Pdl, due in quelli della Lega,
( da "Corriere delle Alpi"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Decreto sulle ronde,
ok del Senato Ma scoppia la polemica sulla «cena carbonara» tra i giudici e il
ministro ROMA. Nel giorno in cui al Senato si vota la fiducia al disegno di
legge sulla sicurezza, alla Camera scoppia il caso del lodo Alfano. Dopo le rivelazioni
dell'Espresso, la cena privata tra due giudici della Corte Costituzionale e
parte del governo è finita nel mirino delle opposizioni, sollevata in aula da
un'interrogazione dell'Italia dei Valori. «Una cena carbonara e piduista» ha
attaccato Di Pietro. Di Pietro ha chiesto le dimissioni dei due giudici Luigi
Mazzella, Paolo Maria Napolitano e del ministro della giustizia Alfano, anche
lui presente insieme al premier Berlusconi e Gianni Letta. Quella sera, anche
altri due commensali, i presidenti delle commissioni affari costituzionali di
Camera e Senato Donato Bruno e Carlo Vizzini. Quanto basta per far scatenare
sospetti, a pochi mesi dalla decisione della Consulta sulla regolarità lodo
Alfano (che evita i processi a Berlusconi). Il governo affida le sue difese al
ministro per i rapporti col parlamento Vito, per il quale è stata «una cena
conviviale, senza nulla di male e prima che fosse fissata la discussione sul
Lodo Alfano. «Avete infangato la Corte», replica Di Pietro. Ad infiammare le
opposizioni ci pensa poi il padrone di casa Luigi Mazzella che in una lettera
conferma «quella cena, non sarà la prima né l'ultima, caro Silvio ti inviterò
ancora, fino quando un nuovo totalitarismo ci priverà della libertà personale».
Il Pd chiede con una nuova interpellanza contenuti e argomenti di quella cena, lo invita a non compromettere ulteriormente l'immagine della
Corte Costituzionale, giudicando del tutto inopportuno quell'incontro privato.
La bufera è destinata a durare ancora con Di Pietro che insiste sulle loro
dimissioni e chiede l'intervento di Napolitano e del Presidente della Corte
Costituzionale. Durante la giornata, al Senato il clima tra maggioranza
e opposizione era stato meno rovente, nonostante fin dal primo mattino il
governo avesse chiesto il voto di fiducia per il controverso disegno di legge
sulla sicurezza, già modificato in prima lettura alla Camera. Tre articoli
blindati e accorpati, tre voti, due dei quali già incassati in serata mentre il
terzo giungerà questa mattina. Un sì che secondo la maggioranza «onora gli
impegni presi con gli elettori» in tema di sicurezza e immigrazione
clandestina. Per l'opposizione invece, su ronde e reato di clandestinità «il
governo è diviso e sconta l'egemonia della Lega Nord».
( da "Manifesto, Il"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
POLITICA E SOCIETÀ
«Un'ipotesi. Per ora accantonata» E. Ma. L'ipotesi era stata presa in
considerazione dal governo, ma sarebbe stata «subito accantonata». Per ora. La
smentita alla notizia apparsa ieri sul Corriere della Sera - secondo la quale
Silvio Berlusconi avrebbe deciso di trasferire il personale addetto ai voli di
stato alle dipendenze del Rud, l'apparato interforze dei servizi segreti
militari (Aise), in modo da secretare più facilmente l'identità degli ospiti
viaggianti - è ufficiale. E attendibile, perché opposta direttamente davanti al
Copasir dal sottosegretario Gianni Letta. Il delegato dalla presidenza del
Consiglio all'intelligence, infatti, ieri, durante un già previsto incontro col
Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti presieduto da Francesco
Rutelli, ha negato - secondo diverse fonti - che ci sia «alcuna decisione del
governo» in tal senso. Una tale disposizione sarebbe di una «gravità inaudita»,
come ha denunciato l'Italia dei valori, perché «sarebbe un tentativo bello e
buono di insabbiare la verità e di ostacolarla ora e sempre» sugli ospiti
privati di Berlusconi a bordo degli aerei della Repubblica italiana. Anche se
il premier potrebbe in qualsiasi caso opporre il segreto di Stato davanti alle
inchieste della magistratura adducendo «motivi di sicurezza e riservatezza» che solo la Corte costituzionale potrebbe rimuovere, eppure elevare a rango di 007 il personale
dei voli presidenziali «creerebbe un automatismo», come spiega il senatore Pd
Felice Casson che ieri ha presentato un'interrogazione parlamentare. Ci si
potrebbe addirittura avvalere del «divieto di rendere testimonianza in
giudizio» sull'eventuale uso illecito degli "aerei blu".
( da "Repubblica.it"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
L'IDEA che ogni
comportamento e ogni scelta personale di chi riveste funzioni pubbliche
delicatissime debbano essere sottratti a qualunque obbligo - anche elementare -
di opportunità, di misura e di riservatezza è semplicemente aberrante. E
rovescia nella sostanza delle cose - mentre pretende di applicarlo
letteralmente - un caposaldo dell'etica liberale. Che questo modo di ragionare
- dove si eleva l'anomia e l'arbitrio individuale a principio universale di
condotta - sia quello di un giudice della Corte
Costituzionale, se non arriva ancora a farci disperare del futuro del nostro
diritto e della nostra Costituzione (c'è ben altro, per fortuna, alla
Consulta), ci fa interrogare però con angoscia sul degrado del nostro discorso
pubblico, e sul senso dello Stato che circola in ambienti giuridici e politici
tutt'altro che marginali. La lettera aperta che il giudice Mazzella ha
scritto al presidente del Consiglio è un testo troppo meschino per essere
veramente preoccupante dal punto di vista culturale: ci senti dentro un'aria di
combriccole, di tavole imbandite, di domestiche fedeli e di chiacchiere, che
nulla ha che fare con quello che dovrebbe essere lo spirito, il costume, lo
stile mentale di un grande Servitore del diritto e della giustizia, quali che
siano i suoi punti di riferimento ideali. I giudici costituzionali avrebbero da
rispettare uno status, che qui risulta violato nella forma e nella sostanza.
Non c'è nella lettera una sola parola che rimandi all'altissima funzione ricoperta
da chi la scrive, e ai doveri che essa prescrive - doveri scritti e non
scritti: nulla di nulla; un silenzio agghiacciante. OAS_RICH('Middle'); Il
punto più grave è però un altro. Con questa lettera, il giudice Mazzella si
colloca apertamente dal lato di una parte politica, di cui usa gli stessi
argomenti, e dal cui fondo ideologico si rivela interamente catturato. A questo
punto non ha importanza cosa si siano davvero detti nella cena con il
presidente del Consiglio e con il ministro Alfano (anch'egli un suo vecchio
amico, o convenuto alla bisogna?). Non ha importanza se abbiano o meno parlato
di questo o di quell'argomento. Il giudice ora si è fatto parte - litem suam
fecit, come si dice in quel latinetto che dovrebbe essergli familiare - e in un
modo così clamoroso e intenzionale che sfiora la provocazione. E dunque non può
giudicare in una contesa cruciale - il cosiddetto "lodo Alfano",
appunto - per quella parte che egli ha così spudoratamente deciso di
abbracciare pubblicamente. Come sempre in questi casi, la questione privata
diventa inevitabilmente pubblica, e la dismisura dei comportamenti personali si
trasforma in violazione di principi giuridici fondamentali. A questo punto, il
minimo che si possa chiedere è che il giudice scelga di astenersi dal partecipare
alle sedute in cui la Corte, in autunno, sarà chiamata a giudicare sulla
costituzionalità delle norme che assicurano l'impunità alle più alte cariche
dello Stato. Egli, per atti concludenti, si è già espresso in merito, e, come
sa benissimo, questo è inammissibile. Non è più questione di amicizia con il
premier. È il principio della terzietà del giudice, che è stato violato con la
sua lettera. Se ne renda conto, e faccia quanto deve: quanto noi tutti ci
aspettiamo da lui. È ancora in tempo. (2 luglio 2009
( da "Repubblica.it"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA - Negli
ambienti del Quirinale si rileva che non alcun fondamento istituzionale la
richiesta, "relativa alla questione sollevata anche in sede parlamentare,
di un intervento del presidente della Repubblica che interferirebbe
nella sfera di insindacabile autonomia della Corte Costituzionale". Motivo
del contendere una cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, cui hanno partecipato Silvio Berlusconi, il
ministro della Giustizia Angelino Alfano, insieme ad un altro giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano,
e al senatore Carlo Vizzini che ha scatenato polemiche feroci sull'opportunità
che due giudici dell'Alta Corte si incontrino alla vigilia di una importante
decisione sul Lodo Alfano che la Consulta dovrà giudicare a settembre. Il
problema dell'inopportunita' di quella cena era stata sollevato da una
interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv. La notizia,
invece, era stata data dall'Espresso. (2 luglio 2009
( da "Stampaweb, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA Giudici a cena
con Silvio Berlusconi. Negli ambienti del Quirinale si rileva che non ha alcun
fondamento istituzionale la richiesta, relativa alla questione sollevata anche
in sede parlamentare, di un intervento del presidente della Repubblica che
interferirebbe nella sfera di insindacabile autonomia della Corte
Costituzionale. Immediata la reazione di Antonio Di Pietro: «Da ambienti del
Quirinale si apprende che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
sosterrebbe di non poter interferire "nella sfera di insindacabile
autonomia della Corte". Ma così viene ribaltata la verità, che è unaltra:
sono stati i due giudici della Consulta, Luigi Mazzella e Paolo Maria
Napolitano, a ledere lautonomia della Corte Costituzionale, rivendicando
lintima amicizia e invitando a cena, ripromettendosi di farlo ancora,
limputato Silvio Berlusconi,
sotto processo per gravi reati, le cui sorti giudiziarie dipendono anche dalle
loro decisioni. Al presidente Napolitano chiediamo, dunque, non di interferire
nelle decisioni della Consulta, ma lesatto contrario, ossia
di ripristinare la credibilità e la sacralità di questo organo costituzionale,
compito che spetta solo a lui in quanto garante della Costituzione». Come il
suo collega Luigi Mazzella anche il giudice costituzionale
Paolo Maria Napolitano non ha intenzione di astenersi dalla seduta della Corte
che il 6 ottobre deciderà sul lodo Alfano. Anzi, Napolitano dice di ritenere
che la richiesta di dimissioni, avanzata dallIdv nei confronti
dei due giudici che hanno partecipato alla cena con il premier Berlusconi e con il ministro
della Giustizia Alfano, «possa essere interpretata come un tentativo di
intimidazione». E giudica una «reazione spropositata» quella suscitata dalla
notizia della cena col premier. Se gli si chiede a quale genere di
intimidazione si riferisca, Napolitano spiega: «Non sono un dietrologo. Sto ai
fatti, e cioè che cè stata una reazione violenta e
sproporzionata rispetto al tipo di contestazione. E la contestazione quale era?
Quella di essere andato a cena col presidente del consiglio in carica?»
( da "Stampaweb, La"
del 02-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA Lo Stato, in
particolare il ministero dellIstruzione, non può ridimensionare
la rete scolastica sul territorio perchè si tratta di una competenza delle
Regioni. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dichiarando parzialmente illegittime alcune norme del decreto
sviluppo del giugno 2008, quelle che realizzavano consistenti risparmi di spesa
sulla scuola a partire dal prossimo anno scolastico. Due i punti dichiarati
incostituzionali dai giudici della Consulta, alle prese con i ricorsi delle
Regioni: lassegnazione al ministero dellIstruzione
del compito di definire criteri, tempi e modalità per la determinazione e
larticolazione dellazione di ridimensionamento della rete
scolasticà; e il fatto che anche lo Stato, oltre a Regioni ed enti locali,
possa nel caso di chiusura
o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni,
prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli
utenti». La sentenza, depositata stasera in cancelleria e redatta dal giudice
Alfonso Quaranta, fa riferimento allarticolo 117 della
Costituzione che disciplina le competenze legislative di Stato e Regioni. I
criteri di definizione della rete scolastico hanno «una diretta e immediata
incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze
socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere
apprezzate in sede regionale», osserva la Corte. Le disposizioni in questione
non possono essere «qualificate come norma generale
sullistruzionè» ma al contrario «invadono spazi riservati alla potestà legislativa delle
Regioni», sostiene la Consulta.
( da "Repubblica, La"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 23 - Cronaca
Bocciati i tagli della Gelmini la Consulta: riforma illegittima No agli
accorpamenti scolastici. Il ministro: rilievi marginali L´Alta
Corte ha detto no anche alla chiusura delle mini-scuole: compito regionale
SALVO INTRAVAIA Dopo il Tar del Lazio, anche la Corte Costituzionale boccia un
pezzo della Riforma Gelmini. Con l´attesissima sentenza depositata ieri in
tarda serata, l´Alta Corte ha ricusato i provvedimenti del governo
sull´accorpamento degli istituti e la chiusura delle miniscuole. I
giudici della Consulta ritengono che la gestione della rete scolastica sia di
competenza delle Regioni e hanno, quindi, bocciato due punti dell´articolo 64
del decreto legge 112 del mese di giugno del 2008: la cosiddetta Finanziaria
estiva predisposta dall´esecutivo, che dà al ministro dell´istruzione
Mariastella Gelmini la possibilità di riformare l´intero sistema formativo
italiano con una serie di Regolamenti ministeriali. Sono due i punti contestati
dai giudici costituzionali: la definizione tramite regolamento ministeriale di
criteri, tempi e modalità per dimensionare la rete scolastica e l´attribuzione
anche allo Stato (e non soltanto alle Regioni e agli enti locali) delle misure
necessarie a ridurre i disagi causati dalla chiusura o accorpamento di scuole
nei piccoli comuni. "è una vittoria delle Regioni - commenta a caldo
Mariangela Bastico, responsabile scuola per il Partito democratico - che hanno
il riconoscimento pieno della loro competenza in materia di rete scolastica. La
Gelmini, tanto per intenderci, non può chiudere scuole - continua la Bastico -
con un regolamento». Ma il ministro la pensa diversamente. «Posto che è stata
riconosciuta la legittimità costituzionale
dell´impianto complessivo della riforma, va precisato che a proposito delle due
disposizioni di cui è stata affermata l´incostituzionalità - ha osservato il
ministro - nessuno dei provvedimenti attuativi dell´articolo 64 si fonda su di
esse». «Per questo - ha concluso la Gelmini - i punti giudicati
incostituzionali sono da ritenersi marginali e da tempo superati». In sostanza,
pare di capire, il taglio di 133 mila posti in tre anni colpirà ugualmente la
scuola italiana. Sulla chiusura delle scuole nei piccoli comuni, meno di un
anno fa (ad ottobre del 2008) regioni e governo andarono allo scontro:
allorché, con una norma introdotta alla chetichella in un decreto legge sulla
sanità, l´esecutivo esautorava le regioni inadempienti in tema di accorpamento e
chiusura di piccoli plessi. Anche perché nel 2001 la riforma del titolo quinto
della Costituzione riscrisse l´articolo 117, affidando allo Stato la competenza
esclusiva su norme di carattere generale ma affidando, come materia di
legislazione concorrente, l´Istruzione alle regioni. In quella occasione, il
governo fu costretto ad una clamorosa marcia indietro e in sede di conversione
del decreto legge (a dicembre 2008) alleggerì i toni del provvedimento, che
venne comunque mantenuto. Così, otto regioni (Piemonte, Emilia Romagna,
Toscana, Lazio, Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia) si rivolsero alla Corte
costituzionale che ieri ha detto la parola fine: la
rete scolastica è di competenza regionale. Che fine farà il regolamento sulla
rete scolastica pubblicato in gazzetta proprio due giorni fa? Avrà
ripercussioni, anche politiche, sulla riforma della scuola messa in cantiere
dal governo. Intanto, dopo il dietro front sull´Inglese potenziato alla scuola
media - bocciato dal Tar Lazio - i sindacati contestano gli ulteriori tagli
agli organici. Tagli che a settembre priveranno le scuole di 57 mila unità di
personale. «Anche la Corte si è resa conto che questa riforma ubbidisce
soltanto alla logica dei numeri», chiosa Francesco Scrima, leader della Cisl
scuola.
( da "Italia Oggi"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
I commenti data: 03/07/2009 - pag: 2 autore: di Ennio Fortuna IL PUNTO L'etica
della giustizia e la moglie di Cesare Il giudice costituzionale
Luigi Mazzella, già avvocato generale dello Stato, ha intrattenuto a cena in
casa sua il premier Silvio Berlusconi, il ministro della giustizia Alfano, i due
presidenti delle commissioni giustizia di Camera e Senato e un altro collega,
come lui eletto dal Parlamento alla Consulta su designazione dei partiti di
centro-destra. Mazzella è anche autore di un interessante progetto di riforma
dell'organizzazione della giustizia in cui spicca l'idea, cara al premier,
della separazione delle carriere di giudici e pm. Della cena qualcuno ha
parlato (era prevedibile) e, ovviamente, è scoppiata violenta la polemica con
l'opposizione che ha trovato inaccettabile e comunque criticabile l'incontro
conviviale a poche settimane dalla data in cui la Consulta sarà chiamata a
pronunciarsi sulla legittimità del lodo Alfano che sospende i processi contro
le più alte cariche dello stato e concretamente ha imposto la sospensione del
processo di Milano per il fatto di corruzione dell'avvocato inglese Mills che
poi è stato condannato, mentre quello a carico di Berlusconi (inizialmente
unico e poi separato) ricomincerà da zero, ma solo se la
Corte costituzionale dichiarerà
illegittima la legge. Di Pietro ha parlato addirittura di violazione o di
lacerazione della sacralità della Consulta, ma tutta l'opposizione protesta
chiedendo le dimissioni dei due giudici e comunque almeno la loro astensione
dal giudizio sul lodo, sulla scorta però di argomenti tratti dall'ordinamento
processuale ordinario. Sotto il profilo strettamente tecnico mi sembra infatti
di poter affermare che nel giudizio di costituzionalità di una legge non c'è
spazio per l'eventuale astensione del giudice. Il giudizio riguarda infatti una
norma di legge e non una persona, e non possono quindi invocarsi argomenti che
si rifanno ai rapporti personali tra il giudice e l'accusato, tra il giudice e
la persona offesa dal reato, ovvero tra il giudice e l'attore o il convenuto in
un processo civile. Inoltre la legge sul giudizio di costituzionalità obbliga
il giudice a partecipare a tutte le udienze, salvo che sia legittimamente
impedito. Il che conferma che in tale tipologia di giudizio non opera
l'istituto dell'astensione. Ma il giudice Mazzella ha certamente e gravemente
sbagliato, come l'altro giudice presente alla cena. Come ripeteva continuamente
l'indimenticabile presidente Sandro Pertini, la giustizia è come la moglie di
Cesare, deve essere terza e imparziale ma anche apparire tale. Anche se non si
è neppure accennato al lodo, le circostanze erano tali da farlo ritenere
possibile ed anzi molto probabile.
( da "Italia Oggi"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Professioni data: 03/07/2009 - pag: 31 autore: ieri la celebrazione degli 80
anni dalla nascita delle tre professioni L'albo dei tecnici laureati piace agli
ingegneri Periti industriali, geometri e periti agrari conquistano l'appoggio
del Cni La riforma si fa in tre, anzi in quattro. E l'Ordine dei tecnici
laureati per l'ingegneria, quell'albo cioè per i professionisti di I livello di
area tecnica, è un traguardo sempre più vicino. Caduto anche l'ultimo baluardo
degli ingegneri che più di tutti ostacolavano questa riforma, le categorie dei
geometri, periti agrari e periti industriali puntano dritti alla meta. Lo hanno
ribadito in occasione della celebrazione degli 80 anni dalla nascita delle tre
professioni ieri a Roma. Insomma, e questa è la novità, anche il presidente
degli ingegneri Paolo Stefanelli ha sciolto le riserve sul futuro albo del
quale, spiega, va risolto esclusivamente il nodo delle competenze: «Il problema
nominale è legato alla confusione sulle competenze. Sciolto questo, il resto è
di facile risoluzione». Anche perché, sulle altre questioni, i quattro
presidenti sembrano vederla allo stesso modo: non solo per l'esistenza di due
soli livelli professionali (triennali e quinquennali) ma anche sulla
distinzione netta dei percorsi formativi universitari. E a esortare gli
ingegneri a non continuare a difendere i propri spazi è stato anche Luigi
Vitali (Pdl), relatore di un progetto di legge ad hoc che invita la categoria
ad aprirsi per non rimare schiacciati dalla concorrenza. Ma, in attesa delle
grandi riforme e di quella complessiva sulle professioni, le tre categorie non
sono state a guardare. E hanno dato già il via a un coordinamento a tre il cui
battesimo è avvenuto ufficialmente ieri e che, per altro, va nella direzione
auspicata dal ministro della giustizia, ribadita dal suo sottosegretario
Elisabetta Casellati presente all'incontro, di procedere per un riordino del sistema
per aree di competenza. Lo stesso Stefano Zappalà ha confermato che il progetto
di unificazione realizza i principi sintetizzati nella direttiva 36/05. Plaude
all'unificazione delle tre categorie anche Mariagrazia Siliquini relatrice in
commissione giustizia alla camera sulla riforma delle professioni. Ma unificare ha spiegato poi Sabino Cassese, giudice della Corte costituzionale, vuol dire soprattutto
«salvaguardare le singole figure professionali consentendo di assicurare
l'interdisciplinarità e di mettere a disposizione dell'economia un patrimonio
di conoscenze e di servizi relativi all'industria, al territorio e alle
tecnologie». Un anniversario, quindi, per non dimenticare le radici di
cui, come ha detto Andrea Bottaro presidente dei periti agrari «siamo
assolutamente fieri», ma soprattutto per lanciare il messaggio che, ha
incalzato Giuseppe Jogna, numero uno dei periti industriali, «il nostro destino
sta nelle nostre mani». «E questo», ha chiuso Fausto Savoldi, presidente dei
geometri, «lo faremo soprattutto per il futuro dei nostri giovani».
( da "Italia Oggi"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Giustizia e Società data: 03/07/2009 - pag: 24 autore: Riforma Gelmini, due no
dalla Consulta Reti scolastiche, decide la regione Lo Stato, in particolare il
ministero dell'Istruzione, non può ridimensionare la rete scolastica sul territorio
perchè si tratta di una competenza delle Regioni. Lo ha
stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 200 di ieri dichiarando parzialmente
illegittime alcune norme (art. 64) della legge 133/2008, quelle che
realizzavano consistenti risparmi di spesa sulla scuola a partire dal prossimo
anno scolastico. Due i punti dichiarati incostituzionali dai giudici della
Consulta, alle prese con i ricorsi delle Regioni: l'assegnazione al
ministero dell'Istruzione del compito di definire 'criteri, tempi e modalità
per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della
rete scolastica'; e il fatto che anche lo Stato, oltre a Regioni ed enti
locali, possa 'nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici
aventi sede nei piccoli comuni, prevedere specifiche misure finalizzate alla
riduzione del disagio degli utenti».La sentenza, redatta dal giudice Alfonso
Quaranta, fa riferimento all'articolo 117 della Costituzione che disciplina le
competenze legislative di Stato e Regioni. I criteri di definizione della rete
scolastico hanno «una diretta e immediata incidenza su situazioni strettamente
legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze socio-economiche
di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede
regionale», osserva la Corte. Le disposizioni in questione non possono essere
«qualificate come 'norma generale sull'istruzione'» ma al contrario «invadono
spazi riservati alla potestà legislativa delle Regioni», sostiene la
Consulta.Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha espresso
apprezzamento per il giudizio della Consulta, sottolineando che e' stato
conservato l'impianto del riordino del sistema scolastico e che i punti
giudicati incostituzionali sono marginali. «Va precisato», spiega, «che in
particolare per quel che riguarda il dimensionamento nei piccoli Comuni la
norma dichiarata incostituzionale risulta superata
dall'articolo 3 del Dl. 154/2008. Per quel che riguarda invece criteri, tempi e
modalita' per ridimensionare la rete scolastica si era gia' proceduto a trovare
un accordo nella conferenza Stato-Regioni-Enti locali. Per questo i punti
giudicati incostituzionali sono da ritenersi marginali e da tempo superati».
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Chi è la talpa? Se
la cena si fosse svolta a Palazzo Grazioli sarebbe stato sufficiente dare la
colpa agli uomini della scorta, oppure seguire il profumo delle solite pennette
tricolore fino alle cucine. Ma a casa del giudice Mazzella no. Lui stesso l'ha
precisato nell'insolita lettera aperta a Silvio: «A casa mia, come tu sai, la
cena è sempre curata da una domestica fidata (e basta!). Non vi sono cioè
possibili spioni». Ma allora chi è stato? Mistero. L'unica cosa certa,
raccontano, è che da quella sera ne sono trascorse molte prima che Gianni Letta
tornasse ad accompagnare il premier in un'occasione conviviale. Ad uno attento
alla riservatezza come lui non deve essere piaciuta affatto l'organizzazione
della serata: i presenti erano davvero troppi. Non solo dentro casa Mazzella ma
anche affacciati alle finestre. Non è mica un condominio qualunque quello lì.
Ieri sul Colle erano parecchio irritati. Con Di Pietro soprattutto, al quale
era già stato chiarito che la sua abitudine di chiamare in causa il Capo dello
Stato rende solo le cose più difficili. Il Presidente non può apparire come
colui che risponde al leader dell'Italia dei Valori. Per questo il Colle ha
diramato una nota per chiarire di non poter intervenire. È altrettanto vero,
però, che al Qurinale non c'è affatto indifferenza per quel che sta accadendo:
silente ma non assente, avrebbe detto Ciampi. Lo conferma la dichiarazione del
presidente della Consulta, Francesco Amirante, che assicura che la Corte sarà
imparziale ed obbiettiva nel giudicare il Lodo Alfano. Certo, il premier
avrebbe dormito sonni più tranquilli se fosse riuscito a portare al palazzo
della Consulta Gaetano Pecorella. Ma era indagato per favoreggiamento a
Brescia. Però, a ottobre, quell'ipotesi di reato sarà prescritta e per Pecorella
diventerà praticabile un altro obiettivo. Mancano dieci mesi ma lui si è già
confidato con più di un amico: la vicepresidenza del Csm. Vice
di Napolitano a Palazzo Marescialli, forse anche meglio della Corte costituzionale. A proposito di
giustizia, in Transatlantico si torna a parlare di brutte novità in arrivo
dall'Abruzzo per due parlamentari della maggioranza, un senatore ed un
deputato. Sanità ma anche il contributo, molto alto, chiesto ai candidati al
Parlamento.
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CLAUDIA FUSANI
«Tutti abbassino i toni, la Corte saprà essere come sempre imparziale». E alla
fine, forse un po' in ritardo e in modo, per molti, non del tutto convincente,
il presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante cerca di chiudere
il caso Consulta. Ma la ferita alla sacralità di una delle massime istituzioni
della Repubblica resta aperta. «Se in mattinata non ci fosse stata la presa di
posizione del Quirinale, Amirante non avrebbe neppure parlato» si fa notare in
ambienti della Consulta. Il 6 ottobre il Lodo Breve riepilogo: una settimana fa
L'Espresso pubblica il resoconto di una cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella a cui partecipano il premier,
il sottosegretario Letta, il ministro Alfano, il senatore Vizzini e un altro
giudice Paolo Maria Napolitano. Tema della cena, «conviviale» l'ha definita il
ministro Vito in aula a Montecitorio due giorni fa, la riforma della giustizia,
del Csm e del pm. Un po' come dire mezza Costituzione. Nelle more, è lecito
immaginare, anche il Lodo Alfano, cioè la costituzionalità della legge che
rende improcessabile il premier. La cena avviene a maggio. Il 26 giugno la
Consulta fissa la data dell'avvio della discussione sul Lodo: il 6 ottobre.
Quella cena è come se il giudice e l'imputato virtuale, Berlusconi, avessero
sbicchierato insieme prima di arrivare a sentenza. Il conflitto è palese. Mai
successo. Le opposizione insorgono, più di tutte l'Italia dei valori che chiede
«le dimissioni dei due giudici spregiudicati». Mercoledì, quindi, il caso
arriva in Parlamento. E Mazzella, rompendo la tradizione che vuole i giudici
costituzionali lontani dai fatti della politica, scrive una lettera aperta
all'Ansa in cui dice che inviterà molte altre volte a cena «il caro Silvio» a
cui è legato da lunga e antica amicizia. Una sfida. Che si complica ieri quando
si aggiungono le dichiarazioni del giudice Napolitano: «Non mi dimetto, non mi
astengo, questa è un'intimidazione». Il caso, quindi, « non esiste». E La
Consulta è giudice di se stessa. Gli occhi restano puntati
per ore sul Colle dove coabitano, dirimpettai, Quirinale e Corte. La Presidenza
della Repubblica fa sapere di non poter intervenire «perché sarebbe
un'interferenza nella sfera di insindacabile autonomia della Corte
Costituzionale». Io no, dice il Colle, ma la Corte sarebbe il caso che
intervenisse. Succede a pomeriggio avanzato. «Ancora una volta - scrive
nella nota Amirante - dalla Presidenza della Repubblica viene la giusta
indicazione di quali debbano essere i rapporti tra le istituzioni. La Corte
deciderà come sempre in modo imparziale e obiettivo». Dal presidente emerito
Cesare Ruperto arrivano parole pesanti: «Seguo con molta sofferenza e in
silenzio quello che sta succedendo». Non si doveva arrivare a questo punto. La
carriera dei 2 giudici Vale la pena ricordare come Mazzella e Napolitano sono
arrivati alla Consulta. Il primo si mette in luce tra il 2001 e il 2002 come
avvocato dello Stato per i suoi scritti sul pm che deve diventare avvocato
dell'accusa. Nel 2003 diventa ministro della Funzione Pubblica ma quando serve
un posto per Baccini (dicembre 2004), Mazzella si fa da parte in silenzio. Il 6
giugno 2005 viene nominato dal Parlamento giudice costituzionale.
Non troppo diversa l'ascesa al Colle di Napolitano giudice: capo dell'ufficio
del personale del Senato, capo di gabinetto di Gianfranco Fini, il governo lo
fa diventare poi Consigliere di Stato. Un incarico breve ma sufficiente per
maturare il diritto di entrare alla Consulta (luglio 2006). Insomma, due ottimi
funzionari di Stato che, a occhio e croce, devono quasi tutto al premier. La
nota del presidente della Consulta cerca di chiudere il caso della cena tra
Berlusconi e i giudici costituzionali che dovranno decidere sul Lodo Alfano.
Ruperto: «Seguo con sofferenza e in silenzio».
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Bocciato il ministro
Scuole da chiudere decideranno Regioni e Comuni È tempo d'esami e il ministro
viene rimandato, come s'usava un tempo. La Corte
Costituzionale boccia Maria Stella Gelmini su due "materie", ritenuti
di competenza regionale (ed otto Regioni erano state a promuovere il ricorso
alla Consulta, nell'agosto scorso): il primo riguarda la definizione tramite
regolamento ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la
rete scolastica. In pratica, lo sforbiciare da Roma delle piccole scuole
delle comunità montane e dei piccoli paesi, intenzione che aveva allarmato
molte località che si vedevano depauperate dalla volontà della Gelmini di
toglier loro la scuola. Pratica che fu scongiurata già al tempo, attraverso il
ritiro della norma con un decreto legge, ma che restava "pendente".
La seconda insufficienza che la Consulta appioppa al ministro è sulla
conseguente volontà di attribuire anche allo Stato (e non soltanto a Regioni e
enti locali) le misure necessarie a ridurre i disagi causati proprio dalla
chiusura o accorpamento di scuole nei piccoli comuni. Su come metter mano alla
presenza di scuole sul territorio decideranno le Regioni e i Comuni, dunque:
questo decide la sentenza n.200 che dichiara l'illegittimità costituzionale
di parte dell'articolo 64 del decreto sullo sviluppo economico, convertito in
legge nell'agosto 2008. Farà giurisprudenza Ma le motivazioni della lunga
sentenza (38 pagine) fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto
delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. E se sul ricasco
più simbolico dell'allora regolamento-Gelmini il ministro è stato fermato,
sull'impianto generale ha ricevuto un sostanziale via libera: il sistema
generale dell'istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale -
scrive la Consulta. E così non è stata intaccata la parte che contiene i tagli
concreti (gli 8 miliardi di euro e i 132 mila fra docenti e personale Ata,
rispettivamente 87 mila e 44.500) e le modalità per mettere in vigore le norme
per consentire quei tagli, dove le Regioni, l'opposizione e i sindacati
speravano di trovare un pertugio. «Abbiamo scongiurato l'invasione di campo»,
commenta la senatrice del Pd Mariangela Bastico, già sottosegretaria
all'Istruzione e oggi ministro ombra dei Rapporti con le Regioni. «La Corte ha
fermato le mani della Gelmini sulle scuole delle piccole comunità, impedendone
una chiusura d'ufficio. Le comunità locali potranno governare questo delicato
processo senza temere la mannaia del ministro». Che accetta la decisione della
Consulta, notando come sia «stato conservato l'impianto del riordino del
sistema scolastico». Che adesso dovrà trovar forma giuridica e attuativa,
perché anche ieri alla Camera si è discusso su un'interpellanza, già circolata
al Senato, ripresentata dalle deputate Ghizzoni e Coscia, che mette a nudo
l'incompletezza della normativa e denuncia «l'inesistenza del tanto proclamato
Piano programmatico, che viene derubricato a mero documento a uso interno
dell'amministrazione, e la mancata adozione dei suoi Regolamenti attuativi,
termine scaduto il 25 giugno». La Corte Costituzionale accoglie in parte il
ricorso delle otto Regioni italiane. Resta però intaccato l'impianto generale,
e quindi la possibilità di attuare i tagli al bilancio (8 miliardi) e al
personale docente e Ata: 132 lavoratori.
( da "Unita, L'" del
03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Francesco Briguglio
Politico buffone Recentemente la corte superiore della
magistratura ha decretato che dare del buffone a un politico non è reato se
quest'ultimo si è dimostrato particolarmente incompetente. Mi è subito venuto
in mente il contratto che Silvio Berlusconi stipulò con gli Italiani a Porta a
Porta nel 2001 nel quale si impegnava ad alzare la pensione minima, per i
nullatenenti senza reddito, fino a un milione delle veccie lire.
Disgraziatamente io appartengo proprio a questa fascia di reddito ed
effettivamente per due anni, precisamente dal 2002, la mia pensione da 480 euro
è stata aumentata fino a 512 euro pari appunto a un milione delle vecchie lire;
dico disgraziatamente perché dopo due anni questo aumento è stato revocato ed
ho ricominciato a percepire 480 euro. Non solo, ma ho dovuto anche restituire
il fantomatico aumento che in due anni ammonta a circa 1000 euro e che mi viene
ora defalcato dalla pensione in comode rate di 31 euro. Non mi resta che
concludere con la lampante considerazione che il sig. Berlusconi politicamente
parlando è un vero buffone che farebbe meglio a ritirarsi e tornare a fare
solamente l'imprenditore. Saluti a tutti Mancini Amando Un vecchio sgradevole
In una città devastata dalla tragedia il premier ha voluto provarci di nuovo
ma, questa volta gli è andata meno meglio delle altre. Ormai, dove va, il
vecchio settantreenne presidente del Consiglio, corruttore in primo grado e
"papi" di giovani ragazze anche minorenni, viene accolto tra fischi e
applausi che identificano sempre più socialmente, nella classe ricca o
benestante, quella che subisce meno la crisi o che, addirittura ci guadagna
pure, i sostenitori del premier e negli «altri» gli oppositori. La brava gente
che lo votava o la ha votato sta aprendo gli occhi, i lavoratori dipendenti che
pagano ogni dannato centesimo di questa crisi si stanno stancando di queste
esibizioni. Berlusconi è venuto a Viareggio ma per dire cosa? Per fare cosa?
Per «usare» l'ennesima tragedia per tentar di risalire nei sondaggi ma questo i
viareggini, veri, non lo sopportano. Elena Indignato Al Presidente della Corte Costituzionale Come cittadino desidero esprimerLe
direttamente tutta la mia indignazione e sdegno per la vicenda dei giudici
Paolo Maria Napolitano e Luigi Mazzella a cena con Berlusconi. Poiché leggo sui
media che il fatto è stato da loro stessi ammesso, ritengo la cosa gravissima
per la credibilità dell'istituzione che rappresentano e per il giudizio che la
Corte è chiamata ad esprimere il 6 ottobre sulla costituzionalità del
Lodo Alfano. Penso che questi due giudici dovrebbero come minimo dimettersi
dalla Consulta. Roberto Giannitelli Giorgio Ambrosoli Una sera d'inverno di 18
anni fa (era il 1991), io, mio padre e un amico avvocato entrammo in un cinema
di Frosinone (allora ancora non esistevano i multisala) per vedere il film Un
eroe borghese, dedicato alla memoria dell'avvocato Giorgio Ambrosoli, ucciso su
mandato di Michele Sindona. Nella sala eravamo solo noi tre, nonostante un cast
di tutto riguardo(tra gli altri, Michele Placido e Fabrizio Bentivoglio).
Questo la dice lunga su un Paese senza memoria, che dimentica i suoi figli
migliori per esaltare le gesta impure di mascalzoni ed affaristi. Mi piace
pensare a Giorgio Ambrosoli semplicemente come una persona perbene, un uomo a
cui vorrei assomigliare. Gianfranco Gli otto bagni di Tarantino Complimenti per
l'articolo di Fierro. Finalmente siamo tornati al grande giornalismo di
inchiesta e di denuncia. Sublime lo scoop sugli otto bagni della villa di
Tarantino. Ma non fermatevi qui, ora vogliamo sapere quanti bagni ci sono nella
villa di Berlusconi. ERRATA CORRIGE Mancava la firma dello chef La rubrica Lo
chef consiglia, di Andrea Camilleri e Saverio Lodato, pubblicata ieri a pag.
36, per uno spiacevole errore, non reca la firma di Andrea Camilleri. Ce ne
scusiamo con l'interessato e con i lettori.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-07-03 - pag: 17 autore: Politica e
giustizia. Amirante dopo lo scontro sulla cena governo-giudici: decisione sarà
obiettiva come sempre «Consulta imparziale sul lodo» Napolitano: infondato
chiedere l'intervento del capo dello stato sulla Corte Donatella Stasio ROMA
Dopo Luigi Mazzella, nuova benzina sul fuoco delle polemiche è stata versata
ieri da Paolo Maria Napolitano, l'altro giudice costituzionale
finito nella bufera per la cena (a casa Mazzella) con Silvio Berlusconi, Gianni
Letta, il guardasigilli Alfano e il presidente della commissione Affari
costituzionali del Senato Carlo Vizzini a pochi mesi dalla decisione sul Lodo
Alfano. Tempo due ore, e il presidente della Consulta Francesco Amirante prende
carta e penna e scrive un comunicato, tanto secco quanto eloquente. Poche righe
dal taglio rigorosamente istituzionale in cui ringrazia il Quirinale per aver
riconosciuto «l'insindacabile autonomia della Corte » e invita «tutti» - a
cominciare dai due componenti della Corte «ad abbassare i toni», ricordando che
«la collegialità» è e sarà sempre una garanzia di imparzialità delle decisioni
della Corte. Dopo le polemiche di mercoledì alla Camera, rinfocolate dalla
lettera aperta di Mazzella a Berlusconi, ieri il Presidente della Repubblica ha
fatto sapere, in via informale, che un suo intervento nella vicenda - richiesto
dall'Idv per difendere «la sacralità» della Corte - sarebbe «un'interferenza
nella sfera di insindacabile autonomia » della Consulta. Parole che, pochi
minuti dopo, vengono lette dal giudice Napolitano come conferma indiretta della
correttezza dell'operato suo e di Mazzella. Il giudice ne parla al telefono con
l'Ansa e non esita a definire «un tentativo di intimidazione», una «reazione
«violenta e sproporzionata » la richiesta di dimissioni avanzata da Antonio Di
Pietro. Il giudice spiega che, «per ignoranza o per malafede», qualcuno
«confonde» i giudici costituzionali con i giudici ordinari: questi ultimi non
possono cenare o pranzare con persone che devono giudicare, «ma noi non
giudichiamo mica il presidente del Consiglio. Noi giudichiamo sulle leggi».
Come tale, dunque, va presa la decisione del 6 ottobre sul Lodo Alfano. Nessun
riferimento al fatto che lo scudo per le alte cariche è stato varato dal
Governo per sospendere tre procedimenti pendenti riguardanti il premier e che,
perciò, è considerato una legge ad personam. Perciò l'opposizione chiede a
Mazzella e a Napolitano di astenersi (Pd) o di dimettersi (Idv). L'articolo 151
del Codice di procedura civile considera espressamente come causa di astensione
del giudice l'essere«commensale abituale di una delle parti», ciò che Mazzella
ha detto di sé e di Berlusconi, suo «amico» di vecchia data, al quale ha
rinnovato l'invito a cena.La norma si applica anche ai giudici amministrativi
mentre per quelli della Consulta non c'è un'analoga previsione esplicita, anche
perché mai si è ipotizzato un caso del genere. Napolitano, nella dichiarazione
all'Ansa, insiste sulla differenza tra giudici ordinari e costituzionali, e
alla domanda se nei giorni scorsi gli è mai arrivata da Amirante una richiesta
di chiarimento sulla cena a casa Mazzella, risponde: «Assolutamente no». Anzi,
racconta che il giorno in cui è stata pubblicata la notizia era a cena con
alcuni colleghi alla Casina Valadier e «nessuno mi ha parlato dell'accaduto; né
il presidente né il vicepresidente Ugo De Siervo mi hanno rivolto alcuna
richiesta né ho notato un calo di cordialità nei miei confronti». A Palazzo
della Consulta, però, c'è molto imbarazzo. Anche perché mai due giudici avevano
esternato tanto e in questo modo. Di Pietro risponde al giudice Napolitano che
«non può pensare che tutti siano fessi »: il Lodo Alfano non è una legge
qualsiasi, ma ha «un solo e specifico interessato: l'imputato Berlusconi, suo
commensale, amico suo e del giudice Mazzella, di cui entrambi rivendicano
l'intimità e la frequentazione ». Il leader dell'Idv osserva poi che,
«nonostante la buona volontà di Amirante»,l'imparzialità della Corte «risulta
compromessa » e insiste affinché il Quirinale «ripristini la credibilità» della
Corte, compito che «spetta solo a lui in quanto garante della Costituzione ».
Stavolta, però, il Pd non lo segue: «Di Pietro smetta di usare il Capo dello
Stato per dare maggiore forza alle proprie polemiche politiche ». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA POLEMICA Il giudice Napolitano: la
richiesta di dimissioni è un tentativo di intimidazione Ma poco dopo la Corte
chiede di abbassare i toni In prima linea. Il presidente della Corte costituzionale Francesco Amirante
CONTRASTO
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-03 - pag: 33 autore: Istruzione. Stop al
Dl 112/08 Censura parziale dalla Consulta per i tagli alla scuola Marco
Bellinazzo ROMA Dovranno essere regioni ed enti locali ad attuare il cuore
della riforma Gelmini e a ridimensionare la rete scolastica. Lo ha sancito la Corte costituzionale bocciando ieri (con la sentenza n. 200) due passaggi del decreto
voluto dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (contenuti per la
precisione nelle lettere f-bis) e f-ter) dell'articolo 64, comma 4, del decreto
legge n. 112 del 2008, entrambe aggiunte dalla legge di conversione n.
133). Nello stesso giorno, però, in una sorta di corto circuito normativo, è
stato pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n. 151 il Dpr datato 20 marzo 2009
n. 81 con cui il Governo dà attuazione alla «riorganizzazione della rete
scolastica e al razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane». Secondo il
ministro Gelmini l'impatto della sentenza n. 200, che ha salvato in ogni caso
l'impianto complessivo del riordino operativo dal prossimo anno scolastico, è
marginale: «Nessuno dei provvedimenti attuativi dell'articolo 64 si fonda su di
esse – si legge in una nota del ministero diffusa in serata – e in particolare
per quel che riguarda il dimensionamento nei piccoli comuni la norma dichiarata
incostituzionale risulta superata dall'articolo 3 del
Dl 154/08. Mentre per quel che riguarda tempi e modalità per ridimensionare la
rete scolastica si era già proceduto a trovare un accordo nella Conferenza
Stato-regioni-enti locali». Nel dettaglio le censure della Consulta si sono
concentrate sulla definizione di criteri, tempi e modalità per ridimensionare
la rete scolastica e sulla potestà di definire le misure necessarie a ridurre i
disagi causati dalla chiusura o dall'accorpamento di scuole nei piccoli comuni.
Secondo i giudici costituzionali questi profili della riforma – in virtù della
divisione delle competenze legislative fra Stato e Regioni – non possono essere
disciplinati da Roma, ma devono essere le realtà locali a provvedere in base
alle effettive esigenze del territorio. «La definizione di criteri, tempi e
modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di
ridimensionamento della rete scolastica ha un'immediata incidenza sulle
esigenze socio-economiche di ciascun territorio che ben possono e devono essere
apprezzate in sede regionale – osserva la Corte – con la precisazione che non
possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità dell'offerta
formativa e, dunque, sulla didattica». Così come spetta a Regioni ed enti
locali la facoltà «di prevedere misure volte a ridurre il disagio degli utenti
del servizio scolastico, proprio per l'impatto che tali eventi hanno sulle
comunità insediate nel territorio». Dichiarate incostituzionali le lettere
f-bis) e f-ter) del comma 4 dell'articolo 64, perciò, dovrà essere verificato
ora quali parti del Dpr 81/09 immediatamente riconducibili ai rilievi accolti
dalla Corte saranno travolti. Secondo il presidente della Conferenza delle Regioni,
Vasco Errani, «la pronuncia sembra confermare gli interrogativi e i problemi
che le Regioni hanno sollevato in questi mesi». © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Manifesto, Il"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
LA CORTE I giudici
si sono blindati da soli Non possumus del Colle: «Per i 15 regole speciali»
Andrea Fabozzi È inutile e sbagliato attendersi un intervento del Capo dello
stato sulla corte Costituzionale. È il pensiero di
Giorgio Napolitano al quale non è piaciuto per nulla leggere della cena
galeotta tra due giudici costituzionali, il presidente del Consiglio e il
ministro della giustizia. Al presidente sono piaciute ancora meno le rumorose
rivendicazioni prima del giudice Mazzella poi del (solo omonimo) giudice
Napolitano. Ma il Quirinale non interverrà proprio per rispettare
«l'insindacabile autonomia» della Consulta. La precisazione arriva dal Colle in
risposta ai ripetuti appelli di Antonio Di Pietro. All'ex pm il capo dello
stato deve ricordare i principi costituzionali: la Corte gode di un'autonomia
assoluta anche nel controllo dei comportamenti dei suoi membri. L'unico potere
di intervento è assegnato al presidente della Consulta ma è tanto limitato da
essere stato utilizzato una sola volta nella storia. E nemmeno fino in fondo
(era il 1987 e il giudice incolpato si dimise prima). Il presidente della
Repubblica ieri ha caldeggiato e condiviso l'invito ad abbassare i toni del
presidente Amirante. Di più non può fare. Perché ai giudici delle leggi è riconosciuta
una garanzia speciale che non ha nessun altro giudice: quella di non poter
essere ricusati da nessuno né costretti all'astensione. Una garanzia che i
giudici costituzionali si sono dati da soli e che alcuni giuristi considerano
inopportuna. Ma che è prevista dal 1956 nelle «Norme integrative per i giudizi
davanti alla corte Costituzionale» e che ha resistito
alla revisione di quelle norme che è stata fatta nel 2008. Si tratta
dell'articolo 16 delle norme integrative: «Le norme relative all'astensione e
alla ricusazione dei giudici non sono applicabili». Mai, tranne in un caso che
riguarda proprio il presidente della Repubblica: il giudizio per alto
tradimento e attentato alla Costituzione. Per tutto il resto i giudici sono
intoccabili. L'astensione è affidata a quella «sensibilità istituzionale» che
nel caso dei giudici in questione latita. In pratica quella dei giudici
costituzionali è una auto-garanzia. In forza di questo «regolamento» - che la
Corte ha stabilito per se stessa - a loro e solo a loro non si applica
l'articolo 51 del codice di procedura civile che prevede la ricusazione del
giudice «commensale abituale» del suo imputato. Per questo Mazzella ha potuto
rivendicare la lunga frequentazione a tavola con Berlusconi senza avere nulla
da temere. Le ragioni di questa disciplina speciale sono presto dette. La prima è che la corte Costituzionale deve giudicare sulle leggi dunque su questioni
astratte. La seconda è che si fa affidamento sull'autorevolezza dei componenti
della Corte. La terza è che nei giudizi il collegio costituzionale non può scendere sotto gli undici componenti (su quindici)
dunque astensioni e ricusazioni metterebbero a rischio (ma nel caso
davvero straordinario in cui fossero coinvolti cinque giudici) l'operatività
della Consulta. Nel caso della legge in questione, il lodo Alfano,
l'astrattezza è solo teorica. Riguarda quattro persone con nome e cognome e una
delle quattro - il presidente del Consiglio - ha partecipato alla cena
galeotta. Ma non c'è astrattezza nemmeno quando la Consulta deve giudicare sui
conflitti di attribuzione (ad esempio per procedimenti che riguardano un
parlamentare) o su un atto amministrativo. E siccome prima che giudici
costituzionali i suoi componenti spesso sono stati avvocati ci sono stati anche
casi in cui un ex difensore abbia dovuto giudicare una questione che riguardava
il suo ex assistito. In questi casi non sempre ma quasi sempre il giudice si è
volontariamente astenuto. E torna utile ricordare che pochi mesi fa il
centrodestra ha cercato di eleggere alla Consulta Gaetano Pecorella, cioè il
difensore a Milano di Silvio Berlusconi. Secondo il costituzionalista Andrea
Pertici le norme integrative che la Consulta si è data da sé andrebbero riviste
per quanto riguarda la ricusazione e l'astensione. «Probabilmente - spiega il
professore che insegna diritto pubblico a Pisa - le norme previste all'articolo
51 del codice di procedura civile non sono le più adatte, ma per la corte Costituzionale si potrebbero prevedere apposite cause
di astensione e ricusazione». Nell'attesa ci sarebbe bisogno di quella
«sensibilità istituzionale» dei giudici Mazzella e Napolitano che il Colle ha
aspettato invano.
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 03/07/2009 - pag: 1 Lettera sul lavoro Pressione
fiscale ridotta come incentivo all'occupazione «Donne più tardi in pensione ma
meno tasse» di PIETRO ICHINO C aro direttore, nel 1969 la
Corte Costituzionale italiana spiegò con queste parole perché riteneva giusto
che le donne andassero in pensione prima degli uomini: «Rientra fra i poteri
del legislatore anche quello di limitare nel tempo il periodo in cui la donna
venga distratta dalle cure familiari e di consentire che, giunta ad una certa
età, essa torni ad accudire esclusivamente la famiglia». CONTINUA A P
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/07/2009 - pag: 1 Lodo Alfano Il
presidente della Consulta «Saremo imparziali» «La Consulta sarà imparziale»:
sul lodo Alfano intervento del presidente della Corte Costituzionale, Francesco
Amirante, dopo il caso dei due giudici che avevano cenato col premier
Berlusconi. ALLE P
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/07/2009 - pag: 1 La Corte
Costituzionale «Piccole scuole, no ai tagli» A P
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 03/07/2009 - pag: 15 Dietro le quinte Il capo dello
Stato ribadisce l'autonomia della Consulta Il Quirinale costretto a intervenire
per tutelare l'«equilibrio tra poteri» Amarezza per il pressing venuto da Di Pietro
ROMA Il fastidio e il disagio sono gli stessi che si potevano cogliere nel
comunicato diffuso poche settimane fa dal Quirinale per rispondere alla
provocazione dell'attore di satira e blogger Beppe Grillo («il presidente si
spieghi o si dimetta »), sulla ratifica del contestatissimo Lodo Alfano. Un
fastidio e un disagio rafforzati dal fatto di doversi ripetere, stavolta su una
richiesta di intervento censorio nei confronti di due giudici costituzionali
per la loro cena con il premier, ricordando a tutti alcune regole base fissata
dalla Carta. Norme, dicono con qualche sospiro d'impazienza dal Colle, che
dovrebbero essere ben conosciute da chi ricopre responsabilità pubbliche. E si
osserva che in entrambe le vicende Giorgio Napolitano, mentre con la sua non-interferenza
tutela «l'autonomia della Consulta », difende anche le proprie prerogative e
mette così in salvo «l'equilibrio tra i poteri dello Stato». Oscillano tra lo
sconcerto, la preoccupazione e la puntigliosa ansia di farsi capire, gli umori
del presidente della Repubblica, dopo l'ultimo pressing del leader dell'Italia
dei valori, Antonio Di Pietro. Sentirsi chiamato in causa con una perentoria
sollecitazione a «ripristinare la credibilità e la sacralità» del giudice delle
leggi (con il sottinteso che, in caso di inerzia, si renderebbe evidentemente
colpevole di omissione), è una di quelle ruvidezze della lotta politica di
questa stagione che più lo irritano. Sono mosse che, come del resto certi
«avvertimenti» di segno opposto fattigli arrivare in passato da ambienti del
governo la prova di forza su Eluana Englaro valga per tutti tendono a
coinvolgere il Quirinale in polemiche e dispute parlamentari e mediatiche «del
tutto estranee all'esercizio delle sue funzioni di garanzia». In quanto tali,
da respingere con la massima fermezza. Il problema, oggi, è che la nuova bufera
è stata scatenata ad appena quattro giorni dal richiamo del capo dello Stato
per «una tregua» bilanciata, in maniera di preservare l'immagine internazionale
dell'Italia in vista del vicino appuntamento del G8. Appello divenuto dunque
l'ennesimo «messaggio in bottiglia» che nessuno raccoglie. Un guaio aggravato
dalla constatazione, ieri sera, che neppure alcune spiegazioni tecniche su
regolamenti e sanzioni che disciplinano la vita della Consulta (spiegazioni
fatte filtrare tramite le agenzie di stampa a sostegno della nota ufficiosa),
sono riuscite a imporre un autentico ripensamento. E analoga indifferenza è
toccata in definitiva alla sortita di Francesco Amirante, che ha cercato di agire
di sponda con il Quirinale e di ripristinare nei suoi esatti contorni i termini
della questione, assicurando «serenità, imparzialità e obiettività nel prossimo
pronunciamento » dell'organo da lui presieduto. Come molte altre volte,
insomma, qualcuno pretenderebbe che l'inquilino del Colle surrogasse
l'opposizione (quale che sia in quel dato momento) in una fase di particolare
debolezza. Un destino sul quale anche Ciampi potrebbe dare ampia testimonianza
a proposito del lodo Schifani, di cui il lodo Alfano è, pur con diverse
correzioni, «figlio». Di qui a ottobre, mese nel quale è
prevista la sentenza della Corte costituzionale, centrodestra e centrosinistra giocano una partita decisiva. E
che tale fosse lo si è visto fin dai primi passi del provvedimento. Quando
Napolitano si trovò oggetto di sfottò e intimazioni, nelle piazze e in
Parlamento, e fu obbligato a precisare per iscritto le ragioni della propria
firma. Capo dello Stato Il presidente Giorgio Napolitano Marzio Breda
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 03/07/2009 - pag: 14 Politica e giustizia Le polemiche
nate dopo la richiesta di dimissioni per due membri della
Corte costituzionale che
hanno cenato con il premier Il presidente della Consulta: saremo imparziali
Amirante: non alzare i toni. Ma tra i giudici c'è malumore dopo il caso
Mazzella. La nota del Colle ROMA La Corte costituzionale «nella sua collegialità deciderà, come ha sempre fatto, in
serenità e con imparzialità e obiettività, le questioni sottoposte al
suo esame». Nel pomeriggio di ieri con una nota il presidente della Consulta,
Francesco Amirante, senza mai far riferimento al Lodo Alfano è intervenuto
sulle polemiche sollevate intorno alla cena del maggio scorso che ha visto alla
stessa tavola il premier Berlusconi, il Guardasigilli, Alfano, il presidente
della commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini e i giudici
costituzionali Mazzella e Napolitano. Dopo aver ringraziato il capo dello Stato
che ha ribadito l'autonomia della Consulta («ancora una volta dalla presidenza
della Repubblica viene la giusta indicazione di quali debbano essere i rapporti
tra le istituzioni»), Amirante ha aggiunto: «Per quanto mi riguarda ho accolto
e accolgo l'invito a tutti rivolto a non contribuire ad alzare i toni del
dibattito pubblico». Con un riferimento neppure troppo velato alla
lettera-aperta inviata da Mazzella a Berlusconi, che più di un maldipancia ha
creato all'interno della Corte. Il comunicato del presidente è giunto infatti
al termine di una giornata di fibrillazione per la Consulta, a seguito
dell'iniziativa senza precedenti di Mazzella. Esso sembra esprimere un punto di
equilibrio: la Corte giudicherà il Lodo Alfano nella sua collegialità (quindi
al completo anche con Mazzella e Napolitano), ma si chiede un abbassamento dei
toni della polemica anche da parte dei giudici. Oltre che dei politici, a
partire da Di Pietro. La mattinata è iniziata con una serie di riunioni (anche
se la settimana è bianca, e quindi il collegio non si riunisce). C'è chi dà per
sicuro un lungo incontro tra Amirante e Mazzella (il cui ufficio è il primo,
accanto a quello del presidente al secondo piano del palazzo della Consulta).
Le linee del centralino sono state bollenti per ore. E anche il secondo giudice
della cena, ospite a casa Mazzella, Paolo Maria Napolitano, è uscito allo
scoperto. Ha sostenuto di non aver avuto nessuna richiesta di chiarimento
(«Assolutamente, no») da parte di Amirante e che ciò non è avvenuto neppure nei
giorni precedenti. Infine il giudice Napolitano ha annunciato: «Io non mi
astengo e non mi dimetto». Nessuno, del resto può obbligarlo ad agire
diversamente: dal momento che nell'ottobre dell'anno scorso la Corte ha varato
alcune norme integrative al regolamento generale per cui non si può più chiedere
l'astensione o la ricusazione di qualcuno dei giudici. È altrettanto vero però
che i giudici sono removibili, ma solo dalla Corte stessa (è questa anche
l'autonomia cui ha fatto riferimento il presidente della Repubblica) con una
decisione presa a maggioranza dei due terzi. Non sono possibili invece semplici
censure nei confronti di chi si reputa possa aver leso il prestigio della Corte
con il suo comportamento. C'è quindi solo l'estrema ratio della sospensione,
procedimento attivabile, anche su richiesta anche di un solo giudice, dal
presidente della Corte, che nomina una commissione di tre colleghi per la
relazione ed entro trenta giorni fissa la seduta per la decisione. C'è stato un
solo caso di procedimento di rimozione: quello del giudice Ferrari nel giugno
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Cronache data: 03/07/2009 - pag: 29 La riforma Via libera al resto del
«pacchetto» voluto dal ministro La Consulta boccia i tagli delle piccole scuole
«Decidono le Regioni». La Gelmini: c'è l'accordo ROMA L'accorpamento o la chiusura
di piccole scuole, anche se con pochi iscritti, non può essere deciso dal
ministro dell'Istruzione perché si tratta di una competenza delle Regioni. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dichiarando illegittime alcune norme del decreto sullo Sviluppo
del giugno 2008, contestato da prof e sindacati per gli interventi di
razionalizzazione nella scuola (accorpamento classi concorso, ridefinizione
programmi e orari, nuovi criteri formazione classi, maestro unico, revisione
degli organici). Un punto a favore dell'opposizione, che però deve
incassare il via libera della Corte ai principali aspetti della riforma
Gelmini. Il ricorso delle Regioni è scattato dopo che il ministero, con una
norma, aveva previsto la possibilità di sostituirsi agli enti territoriali nel
caso che questi non avessero garantito gli interventi di razionalizzazione,
cioè la chiusura delle scuole sottoutilizzate. In incontri successivi, alla
Conferenza Stato- Regioni, mentre il ricorso seguiva la sua strada, è stata
raggiunta un'intesa. La Gelmini e i governatori hanno deciso di fissare entro
il 2010 dei criteri sul dimensionamento della rete scolastica. E sui futuri
incontri peserà il parere della Consulta. I punti dichiarati incostituzionali
dai giudici, dopo i ricorsi delle Regioni, riguardano l'assegnazione al
ministero del compito di definire «criteri, tempi e modalità per l'azione di
ridimensionamento della rete scolastica» e il fatto che anche lo Stato, oltre a
Regioni ed enti locali, possa, «nel caso di chiusura o accorpamento degli
istituti scolastici nei piccoli comuni, prevedere specifiche misure finalizzate
alla riduzione del disagio degli utenti». Nessun riferimento ai «tagli» nella
scuola, ma alle competenze in una materia concorrente. «Prendo atto con
soddisfazione delle decisioni assunte dalla Consulta ha detto il ministro posto
che è stata riconosciuta la legittimità costituzionale
dell'impianto complessivo dell'articolo 64 del Dl 112/2008. Per quanto riguarda
le due disposizioni di cui è stata affermata l'incostituzionalità, va osservato
che su criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica si era
già proceduto a trovare un accordo nella conferenza Stato- Regioni-Enti
Locali». Per la senatrice Mariangela Bastico, responsabile scuola del Pd, la
decisione della Corte costituzionale «è una vittoria
importante delle Regioni che hanno ottenuto il riconoscimento della propria
competenza in materia di dimensionamento della rete scolastica». La sentenza,
redatta dal giudice Alfonso Quaranta, fa riferimento all'articolo 117 della
Costituzione. «Il sistema generale dell'istruzione riveste carattere nazionale
scrive la Consulta , non essendo ipotizzabile che si fondi su una autonoma
iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall'osservanza dei
principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni in
nessun caso giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di
conciliare, da un lato, basilari esigenze di uniformità di disciplina della
materia su tutto il territorio nazionale, e dall'altro, esigenze autonomistiche
che, sul piano locale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di
scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto in ciascuna Regione».
Ministro Mariastella Gelmini in una primaria di Segrate (Emblema) Giulio
Benedetti
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Opinioni data: 03/07/2009 - pag: 12 LETTERA SUL LAVORO Donne in
pensione più tardi ma meno tasse sui loro stipendi di PIETRO ICHINO SEGUE DALLA
PRIMA Una sentenza del novembre scorso della Corte di Giustizia europea ha
condannato invece l'Italia a rimuovere questa differenza di trattamento, almeno
nel settore dell'impiego pubblico. E, poiché l'Italia non se ne è data per
intesa, ora la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione, che
potrebbe costarci molto cara se non ci affretteremo a ottemperare. Molti ancora
oggi, a destra come a sinistra, non si rassegnano a questo obbligo comunitario;
ma le parole della Corte Costituzionale di quaranta anni fa
oggi sbalorditive, eppure limpidissime nel chiarire la vera logica della
differenziazione sopravvissuta fino a oggi dovrebbero indurci a parificare al
più presto i limiti di età per la pensione anche nel settore privato. È
indispensabile per rompere il circolo vizioso della discriminazione che
alimenta se stessa: «Poiché tu donna hai sopportato una parte maggiore del
lavoro informale di cura familiare, in cambio ti mandiamo in pensione prima;
poiché ti mandiamo in pensione prima, non lamentarti se ti riserviamo più il
lavoro domestico che il lavoro professionale». Accade così che, a parità di
popolazione con la Gran Bretagna, in Italia ci siano 4 milioni di donne in meno
nel mercato del lavoro. Resta l'obiezione: le donne perdono il «risarcimento»
della possibilità di pensione anticipata, ma la discriminazione ai loro danni,
in azienda come in casa, resta quella di prima. È vero. E questo è il motivo
per cui tutte le risorse che si risparmiano con la parificazione graduale delle
età pensionistiche, ma anche molte di più, dovranno essere «restituite» alle
donne, con misure vigorose di promozione della parità effettiva. In questo
spirito è stata presentata recentemente da tre donne che conoscono bene il
problema, Marina Piazza, Anna Maria Ponzellini e Anna Soru, una proposta
interessante: scambiare l'innalzamento dell'età pensionabile con il
riconoscimento ai fini previdenziali dei periodi dedicati alla cura familiare.
Come? Per esempio, estendendo la tutela per la maternità (compresa la
contribuzione figurativa) a tutte le madri, anche se non impegnate in un
rapporto di lavoro; ma anche assicurando a ogni coppia di genitori dei congrui
periodi di congedo (con contribuzione figurativa e indennità pari al 60% della
retribuzione), ulteriori rispetto a quelli già oggi disponibili e proporzionati
al numero dei figli. Il problema è che dei congedi parentali godono molto di
più le donne degli uomini, anche perché le mogli guadagnano mediamente meno dei
rispettivi mariti: è più conveniente, quindi, che in famiglia il reddito di
lavoro parzialmente sacrificato sia quello femminile. Si corre così di nuovo il
rischio che l'incremento della protezione alimenti il circolo vizioso a danno
del tasso di occupazione femminile, oggi in Italia innaturalmente basso. Un
modo per uscirne è questo: una detassazione selettiva dei redditi di lavoro
femminile, come «azione positiva» finalizzata a produrre quell'aumento drastico
dell'occupazione regolare delle donne che l'Unione Europea ci chiede e finora
non siamo stati capaci di realizzare. Oggi su uno stipendio mensile di mille
euro gravano 110 euro di imposta. Ridurre quei 110 euro a 10 per le
retribuzioni delle donne costerebbe allo Stato circa 4 miliardi l'anno: è, lira
più lira meno, quello che è costata l'abolizione dell'Ici sulle case dei più
ricchi, disposta dal governo all'inizio di questa legislatura. In parte,
comunque, questa misura si ripagherebbe da sola, per effetto dell'allargamento
della base produttiva: domanda e offerta di lavoro femminile sono infatti molto
più elastiche rispetto al lavoro maschile, quindi risponderebbero bene
all'incentivo. E quando in famiglia ci sarà un reddito tassato di più e uno
tassato di meno, sarà più facile che a essere sacrificato parzialmente con la
richiesta di congedo parentale sia quello tassato di più. Per la copertura
finanziaria di questa misura fiscale basterebbe il 5 per cento dei 70 miliardi
che lo Stato spende ogni anno per l'equilibrio del bilancio pensionistico. Ne
varrebbe davvero la pena. In un convegno svoltosi nei giorni scorsi a Milano il
deputato della maggioranza Giuliano Cazzola si è detto disponibile per
un'iniziativa di questo genere. Se anche i ministri Tremonti e Sacconi lo
fossero, una iniziativa bipartisan di questo genere potrebbe, nel giro di pochi
anni, cambiare faccia al mercato del lavoro italiano. BEPPE GIACOBBE Senatore
del Pd
( da "Corriere della Sera"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Lettere al Corriere data: 03/07/2009 - pag: 49 Risponde Sergio Romano
IL PROCESSO CONTRO MADOFF UN GIUDIZIO PURITANO Massima sentenza di 150 anni al
finanziere Bernard Madoff per il suo famoso e diabolico «Ponzi scheme» che ha
devastato migliaia di investitori nel mondo. Ora aiutateci a ricordare che cosa
è successo a Callisto Tanzi e compagnia bella nello scandalo Parmalat, un altro
chiaro paragone tra il nostro sistema giudiziario e quello americano. Come
facciamo a lasciare che queste cose continuino a succedere, contribuendo ulteriormente
alla mancanza di rispetto che il resto del mondo ha per l'Italia? Aurora Pezza
pezzag@hotmail.com Cara Signora, I l confronto con la giustizia italiana è
stato, negli scorsi giorni, la reazione spontanea di molti corrispondenti e
commentatori. Era inevitabile e giusto. Ben venga tutto ciò che può servire a
dare la sveglia al governo, alla classe politica e all'ordine giudiziario. Ma
non mi chieda, per favore, di entusiasmarmi per un processo in cui il giudice
permette ad alcuni rappresentanti della parte offesa di pronunciare arringhe
emotive contro l'imputato e commenta la propria sentenza con una sorta di
sermone puritano. E non mi chieda di pensare che 150 anni siano una pena
razionale. Sono, nella migliore delle ipotesi, una pena retorica, demagogica,
declamatoria; e, nella peggiore delle ipotesi, vendicativa. Non basta. Siamo
sicuri che i sei mesi passati dal giorno dell'arresto di David Madoff siano
bastati a ricostruire la rete di amicizie e complicità che si nasconde
probabilmente dietro la frode del finanziere di New York? La sola persona
imputata, oltre a Madoff, è il suo contabile. È davvero possibile che questa
raffinata macchina funzionasse grazie alla sovrumana abilità di due sole
persone? I tribunali che emanano sentenze rapide ed esemplari assomigliano alle
corti marziali più di quanto non assomiglino alle Aggiungo, cara signora, che
non mi è piaciuta questa ennesima infatuazione di molti italiani per i modelli
istituzionali americani. Gli Stati Uniti hanno tradizioni giudiziarie molto
diverse dalle nostre. Sono un Paese di «common law» dove i giudici possono
creare il diritto ed hanno una irresistibile tendenza ad esprimere gli umori
popolari piuttosto che lo spirito delle leggi. Hanno una storia di migranti
religiosi e audaci pionieri in cui il diritto è stato spesso impartito
bruscamente e sommariamente. Alcune pagine della storia giudiziaria americana,
dal pregiudizio razziale dei tribunali del Sud alla furiosa campagna
anticomunista del primo dopoguerra in cui incapparono Sacco e Vanzetti, non
sono né ammirevoli né invidiabili. Gli Stati Uniti sono una grande democrazia
che riesce a correggere le proprie sbandate. La Corte costituzionale produce giudizi
importanti dopo discussioni di grande interesse giuridico. I ricorsi contro la
pena capitale sono numerosi e talora efficaci. Ma lo spettacolo dei detenuti
che languiscono per anni nella cella della morte prima di conoscere la loro
sorte non è degno di un Paese civile. E non credo che i reati economici,
per quanto gravi, possano essere equiparati, di fatto, ai reati di sangue.
Insomma la nostra giustizia, cara signora, ha molti mali. Ma dovranno essere
curati con la nostra cultura giuridica, non con quella degli Stati Uniti.
( da "Corriere delle Alpi"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
La Consulta boccia
la Gelmini Dichiarati parzialmente incostituzionali i tagli alla scuola
previsti dal ministro ROMA. La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente
illegittime le norme sui 'tagli' alla scuola che il ministro dell'Istruzione
Mariastella Gelmini ha previsto a partire dal 2009-2010. I giudici della
Consulta hanno di fatto salvato, ritenendolo di competenza esclusiva statale,
l'impianto complessivo degli interventi contenuti nel decreto sullo sviluppo
economico di cui, però, sono stati bocciati due punti: la definizione tramite
regolamento ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la
rete scolastica; l'attribuzione anche allo Stato (e non soltanto alle Regioni e
agli enti locali) delle misure necessarie a ridurre i disagi causati dalla
chiusura o accorpamento di scuole nei piccoli comuni. La sentenza è stata
depositata stasera in cancelleria. Per la Corte, infatti, solo in questi due
punti - mentre tutte le altre contestazioni mosse da otto Regioni sono state
dichiarate inammissibili, infondate o superate da nuove norme - è stato violato
l'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa dello Stato e delle
Regioni sulla base delle modifiche apportate dalla riforma del titolo V della
Costituzione nel 2001. «Finalmente i nodi vengono al pettine. La Consulta
conferma i dubbi da noi sempre espressi sulla legittimità dei provvedimenti che
il governo ha assunto in questo anno contro la scuola pubblica». Così la
deputata del Pd Manuela Ghizzoni commenta la parziale «bocciatura» da parte della Corte costituzionale delle norme sui tagli alla scuola. «La sentenza infatti -
afferma la parlamentare - dichiara l'illegittimità costituzionale del famigerato articolo 64 della manovra estiva dello scorso
anno. La Gelmini e tutto il governo davanti alle proteste e ai rilievi
dell'opposizione e del mondo della scuola non si sono mai fermati. Ora
questa tracotanza trova una netta battuta d'arresto. Alla Consulta resta da
valutare a questo punto quanto sollevato dal Pd in un'interpellanza urgente,
cioé la legittimità della delegificazione in materia di norme generali per
l'istruzione, avvenuta proprio con quell'articolo 64 della manovra estiva dello
scorso anno».
( da "Corriere delle Alpi"
del 03-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Napolitano e
Amirante cercano di stemperare le polemiche sulla Consulta Caso Mazzella:
«Abbassare i toni» di Renato Venditti ROMA. Il capo dello Stato Giorgio
Napolitano e il presidente della Consulta Francesco Amirante provano a gettare
acqua sul fuoco in cui rischia di rimanere bruciata la credibilità della Corte.
Succede all'indomani degli attacchi sferrati alla Camera dal leader dell'Idv Antonio
Di Pietro. La richiesta di dimissioni avanzata dal leader dell'Idv nei
confronti di Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, i due «giudici
spregiudicati» che in maggio hanno partecipato a una cena con il premier Silvio
Berlusconi, con il sottosegretario Letta e il Guardasigilli Angelino Alfano, ha
incontrato un secco altolà da parte del Colle, al quale ha fatto seguito un
«invito a tutti ad abbassare i toni» che si é levato da palazzo della Consulta.
Dei due giudici della Corte costituzionale ne discuterà il 6 ottobre la stessa Consulta. La data è lontana,
ma la polemica è viva, dopo la rivelazioni dell'Espresso. Ieri c'è stato
l'intervento pubblico di Francesco Amirante, che delle Corte è il presidente.
Ha detto due cose. La prima è che la «giusta indicazione» viene dal
presidente della Repubblica, che ha invitato tutti ad abbassare i toni,
raccomandando il reciproco rispetto delle istituzioni. L'altra notazione è il
ricordo della «collegialità» della Corte quando verrà il suo giudizio sul lodo
Alfano, la legge che salva le quattro alte cariche dello Stato (Quirinale,
Senato, Camera e palazzo Chigi). Agli inviti ad astenersi, quando verrà il
giorno del giudizio sulla costituzionalità del lodo Alfano, Paolo Maria
Napolitano ha risposto che non ha intenzione di farlo. La richiesta di
dimissioni avanzata dall'Idv di Di Pietro è, per il Napolitano della Consulta,
un «tentativo di intimidazione».
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-04 - pag: 13 autore: PRIORITARIA LA
COLLETTIVITà Il rigore è la strada giusta di Nicolò Zanon L e scelte contenute
nel pacchetto sicurezza appena approvato possono essere giudicate alla luce di
due valori-cardine, entrambi di livello costituzionale.
Da una parte, l'indispensabile tutela dei diritti fondamentali di libertà che
la nostra Costituzione assicura a ogni individuo, cittadino italiano o meno.
Dall'altra, la cruciale esigenza di difesa della sicurezza pubblica, che è
sicurezza di tutti e di ciascuno. La Corte costituzionale definisce la sicurezza
come un obiettivo che autorizza all'adozione di «misure preventive e repressive
dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni
giuridici fondamentali sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza,
nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni».
La difesa della sicurezza così intesa è un bene non estraneo alle stesse
ragioni di esistenza dello stato moderno: si accetta di esserne cittadini e di
rispettarne le leggi, a condizione che lo stato sia in grado di assicurare
protezione e sicurezza, in particolare ai più deboli. Nel nostro ordinamento,
le decisioni di una maggioranza parlamentare - purché sempre contenute
all'interno del quadro costituzionale - possono quindi
legittimamente oscillare a seconda dell'indirizzo politico prevalente, e
privilegiare ora la più ampia libertà individuale, ora la sicurezza pubblica.
Con l'approvazione del disegno di legge in questione, la bilancia è ora
inclinata dalla parte della sicurezza. Non in generale, forse, ma certamente
con riferimento ad alcuni fenomeni come l'immigrazione. In effetti, ad
attirarel'attenzione sono soprattutto le norme che disciplinano la condizione
giuridica (non già di tutti gli stranieri, ma solo, si badi) degli
extracomunitari irregolari. Ma la circostanza che non si condividano le scelte
della maggioranza politica su questo aspetto non dovrebbe autorizzare giudizi
affrettati. Una legge che non piace e non si condivide non per questo solo è incostituzionale. Anche su queste materie la giurisprudenza costituzionale si è espressa, chiarendo che la
regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio
nazionale è collegata alla ponderazione di molti interessi, tra i quali proprio
la sicurezza, la sanità pubblica, i vincoli di carattere internazionale. Questa
valutazione, dice la Corte, spetta al legislatore, che ha in materia un'ampia
discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione,
soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente
irragionevoli (sentenza 104 del 2008). E dunque, come giudicare alcune delle
regole più controverse? Il reato di clandestinità fa discutere, ma, al di là di
alcuni dettagli normativi sui quali è giusto approfondire, questa scelta
repressiva non è in generale così irragionevole come qualcuno pensa. Ancora la
Corte costituzionale (sentenza 21 del 2009) chiarisce
che un fenomeno come quello dei flussi migratori clandestini è legittimamente
contrastabile in quanto rilevante proprio ai fini della tutela della sicurezza
e dell'ordine pubblico interno. Ed è difficile negare che l'immigrazione
clandestina contribuisca in modo decisivo ad alimentare bacini di illegalità,
capaci non solo di minare la sicurezza dei cittadini, ma anche di suscitare in
questi pericolose forme di intolleranza e xenofobia. Inoltre, se si considerano
le disposizioni che puniscono il favoreggiamento all'immigrazione illegale o lo
sfruttamento di esseri umani, va considerato che è la stessa Unione Europea a
chiedere agli stati membri di prevedere un quadro penale per la repressione del
favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali. Non
sitratta,ovviamente,di nutrire un'indiscriminata e anacronistica paura dello
straniero, ma di pretendere che chiunque desideri entrare nella nostra società
e integrarsi in essa lo faccia rispettando le leggi, così come è richiesto ai
cittadini. L'integrazione è veramente tale solo se avviene nella legalità. Per
ottenere questo obbiettivo, può non essere irragionevole anche un accorto uso
dello strumento penale, anche se le politiche dell'immigrazione non possono
ovviamente esaurirsi in esso. © RIPRODUZIONE RISERVATA LO STRUMENTO PENALE
Chiunque desideri entrare nella società e integrarsi lo deve fare nel rispetto
delle leggi, così come è richiesto ai cittadini italiani SBARCHI Immigrati
sulla prua di una nave della marina militare al largo di Porto Empedocle, nel
Canale di Sicilia
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-04 - pag: 25 autore: Istruzione. Le
conseguenze della sentenza della Consulta sulla riforma Gelmini Regioni più
libere sulla rete scolastica Luigi Illiano ROMA Sul ridimensionamento della
rete scolastica il ministero dell'Istruzione non potrà più usare la carta
dell'ultimatum per fare pressione sulle regioni. è l'effetto concreto della
sentenza n. 200 depositata il 2 luglio dalla Corte costituzionale (si veda «Il Sole 24 Ore»
di ieri). La Consulta ha fatto chiarezza su due punti: spetta a Regioni ed enti
locali definire criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete
scolastica; la chiusura o l'accorpamento delle scuole nei piccoli Comuni è
competenza delle autonomie locali. La decisione della Corte costituzionale è arrivata in seguito a una raffica di
ricorsi presentati dalle Regioni contro la parte della manovra d'estate
(articolo 64 della legge 133/08) che interveniva sulla riorganizzazione del
sistema scolastico nazionale, soprattutto in tema di tagli del personale,
previsti per ottenere i risparmi programmati. I ricorsi sono stati in gran
parte giudicati inammissibili: l'impianto complessivo ha superato l'esame, in
quanto si tratta di disposizioni di ordine generale e, quindi, di esclusiva
competenza dello Stato. La bocciatura ha riguardato, nello specifico, le
lettere f) bis e f) ter del comma 4 contenuto nell'articolo 64. La sentenza non
dovrebbe avere effetti concreti clamorosi perché proprio sul ridimensionamento,
lo scorso novembre, in Conferenza StatoRegioni (dopo un estenuante braccio di
ferro) il Governo ha deciso di fare un passo indietro e raggiungere un accordo:
le Regioni dovrebbero mettere a punto il riordino della rete scolastica entro
il 2010. Intanto alcune Regioni hanno già provveduto al ridimensionamento,
nella direzione indicata dalla Consulta. La differenza sta nel fatto che,
scaduto il termine del 2010, il Governo non potrà - comunque - intervenire con
poteri sostitutivi. Una coincidenza di date ha fatto incrociare la sentenza
della Corte costituzionale con la pubblicazione in
«Gazzetta Ufficiale » del regolamento che si occupa proprio della
riorganizzazione della rete scolastica e dell'utilizzo delle risorse umane
della scuola». Il testo, con buona probabilità, dovrà essere ricalibrato alla
luce della sentenza. Va sottolineato che la Consulta non è intervenuta sui
tagli agli organici della scuola. Anzi, i ricorsi specifici sono stati
respinti. E la sentenza non interviene sulla facoltà del ministero di definire
gli organici assegnati alle Regioni. Saranno queste ultime, poi, a stabilire in
via esclusiva - come distribuire il personale tra le scuole, secondo criteri
dettati dalle esigenze territoriali. Ma, come spesso accade, la riduzione degli
organici prevista da Viale Trastevere potrebbe saltare ugualmente per motivi
molto concreti e non per la sentenza della Consulta. Ad esempio, il
ridimensionamento è fissato con criteri che potrebbero risultare inapplicabili
soprattutto nelle regioni del Sud, dove buona parte delle scuole sono ospitate
in strutture del tutto inadeguate, prese in affitto da privati, spesso si
tratta di appartamenti. Le autonomie locali potranno far valere le ragioni
della sicurezza e della mancanza di certificazioni adeguate (impossibili da
ottenere, nelle attuali condizioni) per sfondare qualsiasi parametro assegnato,
soprattutto nel numero di alunni da distribuire nelle classi. Il regolamento
fissa i criteri per la definizione degli organici e per la formazione delle
classi, dall'infanzia alle superiori. Il testo contiene anche le indicazioni
per il tempo pieno e per quello prolungato e per l'insegnamento della lingua
straniera. Slittato il primo via libera per l'Agenzia nazionale di valutazione
del sistema universitario e della ricerca (Anvur) che sembrava dover arrivare
dalla riunione del Consiglio dei ministri di ieri. L'approvazione dovrebbe
arrivare il prossimo 17 luglio. Su proposta del ministro dell'Università,
Mariastella Gelmini, il Governo ha nominato Enrico Saggese alla presidenza
dell'Agenzia spaziale italiana (Asi). © RIPRODUZIONE RISERVATA RIORDINO IN ATTO
Il ridimensionamento degli istituti dovrà essere completato entro il 2010 ma il
Governo non potrà intervenire in via sostitutiva
( da "Corriere della Sera"
del 04-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 04/07/2009 - pag: 3 Il premier L'idea di un
sabbatico dopo il vertice dei Grandi Settegiorni SEGUE DALLA PRIMA Dopo il varo
del Dpef, chiesto con insistenza in questi giorni da Gianfranco Fini,
Berlusconi organizzerà molto probabilmente il summit di governo a Santa
Margherita Ligure, invocato da molti suoi ministri. E sarà allora che si
congederà dal «teatrino », lasciandosi alle spalle Roma, Milano, la Sardegna,
le storie di festini e di donnine che hanno minato la sua immagine. È
consapevole che la sua assenza scatenerà la solita ridda di ipotesi e
supposizioni, perché com'è accaduto sempre in questi casi la mancanza di
Berlusconi sarà riempita dalle voci sulla sua vita privata e sul suo stato di
salute. Via dalla folla, darà indirettamente una risposta a Nanni Moretti: il
Cavaliere si nota di più quando non c'è. «Tornerò come nuovo», si è limitato a
dire il premier. E se una tregua come quella chiesta dal capo dello Stato per
il G8 è soggetta agli umori di quanti la sottoscrivono, una promessa dipende
dalla forza di volontà di chi s'impegna a mantenerla. Sarà stata la pressione
dei figli, l'irritazione di un amico come Fedele Confalonieri, l'avvilimento
del suo braccio destro Gianni Letta, o più semplicemente una personale presa di
coscienza, sta di fatto che il Cavaliere scomparirà dalla scene, si prenderà un
sabbatico: «Approfitterò dell'estate per capire come ripartire. Con il governo.
Con il partito. E anche con me stesso». Berlusconi si prepara a una svolta
politica e di vita. E a decrittare le poche parole che si è concesso, non si
capisce se sia più importante l'idea che gli frulla in mente per dare un nuovo
impulso al Pdl - qualcosa di simile al discorso del predellino - o piuttosto
l'abbandono dei maglioncini girocollo sotto il doppiopetto e delle bisbocce.
Chissà se tutto ciò basterà per porre una definitiva distanza dalle vicende che
lo inseguono e che in privato lo mostrano stanco, stressato, davvero al limite
della sopportazione, conscio com'è di essere ancora «nel mirino», esposto ad
eventi che potrebbero incidere sul suo ruolo. Di certo la svolta è necessaria,
anzi obbligata, per un presidente del Consiglio che in autunno dovrà guidare il
Paese per un sentiero stretto e impervio. Perché più del
lodo Alfano che rischia di essere cassato dalla Corte Costituzionale, più della
riforma della giustizia che doveva marciare di pari passo con il federalismo
fiscale e invece è ferma al palo, sono la crisi economica e l'Abruzzo le
priorità da affrontare e risolvere, pena il crollo della fiducia con un
elettorato che - nonostante tutto - continua a sostenerlo. Non
foss'altro per assenza di un'alternativa. Le «scosse» politiche passano intanto
per le scosse sismiche. Ed è vero che ieri Gianni Letta ha elogiato Giulio
Tremonti perché «ha indicato una linea e un metodo» per rimettere in piedi
l'Abruzzo. Ma ci sarà un motivo se ancora l'altro ieri il sindaco dell'Aquila,
Massimo Cialente, era preoccupato per il futuro della sua città: «La situazione
è delicata sotto molti punti di vista. Quello fiscale, per esempio. Dal primo
gennaio il governo ha previsto che i miei cittadini debbano tornare a pagare le
tasse. Quali, se da noi le fabbriche sono cadute? Se i negozi del centro
storico sono chiusi? A Berlusconi l'ho detto, lui mi ha risposto di star
tranquillo. Però ho paura che così l'Aquila finisca per spopolarsi». Ma è
soprattutto sulla crisi economica che dopo l'estate il premier dovrà usare
nuovi vocaboli e lanciare nuovi messaggi. Perché al ministero dello Sviluppo
Economico ci sono 62 tavoli aperti per altrettante aziende in difficoltà, e non
ci sono più funzionari a cui affidare i dossier che si moltiplicano. Non era
mai accaduto nella storia un simile evento. In crisi non sono solo le grandi
imprese, su cui è posta l'attenzione dei media. È «la caduta degli invisibili
», come l'ha definita ieri sul Corriere Dario Di Vico, il vero dramma che
imporrà al governo di trovare una soluzione per fronteggiare l'aumento dei
disoccupati. La foto di un Paese in ginocchio potrebbe compromettere il premier
più di una foto osée. Per questo serve un altro Berlusconi, e il Cavaliere l'ha
capito. Francesco Verderami La svolta «Una tregua per capire come ripartire.
Con il governo. Con il partito. E con me stesso»
( da "Corriere della Sera"
del 04-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 04/07/2009 - pag: 12 Ad Arcore Il leader leghista:
dietro queste porcate ci sono sempre gli agenti, prima impiegavano le bombe
Bossi e il premier: i Servizi usano le donne Intercettazioni, allarme dei pm
antimafia. Alfano al Quirinale per discutere del ddl ROMA «I servizi segreti
sono una brutta roba». «Dietro a queste porcate ci sono sempre i servizi».
«Invece di farsi accompagnare dai servizi, è meglio farsi accompagnare dalla
gente della Lega o dalla polizia come faccio io, i servizi prima usavano le
bombe, adesso usano le donne...». È un Bossi senza freni quello che difende il
premier Berlusconi dal palco della festa della Brianza ad Arcore. L'inchiesta
di Bari e i racconti scandalistici? Bugie, per il capo della Lega, messe in
giro dall'interno dei servizi segreti. «Non credo nemmeno a una parola sulla
faccenda delle donne. Io non riesco mai ad essere solo neppure quando vado al
cesso, figuriamoci lui. Magari avesse tempo per fare quello che si dice. Glielo
auguriamo, ma mi sa che è solo una pompata fatta in campagna elettorale dagli
altri». Più «pittoresco» che mai Umberto Bossi ha vivacizzato ieri una giornata
politica dai temi caldi ma molto seri. Il presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano ha incontrato al Quirinale il ministro della Giustizia Angelino
Alfano sul ddl intercettazioni e ha sottolineato l'importanza di recuperare in
Parlamento un confronto sereno e costruttivo, mentre al Csm i giudici antimafia
si sono riuniti con i consiglieri della VI Commissione e hanno espresso le loro
«forti preoccupazioni» sulle ripercussioni che questo testo potrebbe avere
sulla lotta alla criminalità organizzata. Il punto più dibattuto del ddl resta
quello degli «evidenti indizi di colpevolezza»: se mancano non è possibile
chiedere le intercettazioni. Al Palazzo dei Marescialli c'erano i procuratori
delle principali sedi giudiziarie delle regioni del Sud a più alto tasso di
criminalità, e c'era il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Dopo la
riunione i consiglieri Pepino, Roia e Palombi hanno sottolineato che se «è vero
che le restrizioni in materia previste dal ddl intercettazioni non riguardano i
reati di mafia, i processi di mafia non nascono mai da una denuncia precisa sul
reato mafia: vengono soprattutto dalle indagini su reati comuni come il racket
e il traffico di droga», reati per i quali il ddl prevede la necessità degli
«evidenti indizi di colpevolezza » per le intercettazioni. Secondo Roia, «ci
sarà un arretramento delle indagini». Fuori dalle sedi istituzionali non si
sono spente le tensioni sull'ormai famosa cena di maggio alla quale hanno
partecipato lo stesso ministro Alfano, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i due giudici della Corte Costituzionale
Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano. Cena durante la quale si sarebbe
parlato del «lodo Alfano». Il leader del-- l'Italia dei Valori Antonio Di
Pietro ha chiesto l'immediato intervento del presidente della Corte
Costituzionale Francesco Amirante, ha nuovamente invitato i due giudici a
dimettersi e li ha accusati di «riverenza mista a servilismo» anche per
la loro ostinazione nel «non volersi astenere dalla votazione del 6 ottobre
prossimo sul lodo Alfano». «È più riprovevole una cena con almeno altre dieci
persone ha replicato durissimo il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio
Cicchitto oppure un pm che accettava prestiti e regali di ogni genere, da una
Mercedes a capi di abbigliamento, calzini e mutande?». Ma la cena dei due
giudici con Berlusconi e Alfano, dice Pierluigi Castagnetti del Pd, «è un
indebolimento della democrazia a cui non possiamo abituarci. Non era una cena
con le signore, si parlava di lodo Alfano». «Vita mondana? Quando vado a cena
m'informo sempre su chi sarà presente è stato il commento del presidente
dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara . Ognuno ha il suo modo di
vita. Ognuno risponde di se stesso. Per me è importante lo stile di vita che ha
un giudice». Mariolina Iossa Il Quirinale Giorgio Napolitano ha ricevuto ieri
Alfano: preme per un confronto «sereno» sul dossier intercettazioni Il
Guardasigilli Angelino Alfano ha illustrato al Capo dello Stato il disegno di
legge, difendendolo punto per punto Il Csm Ieri i magistrati antimafia hanno
espresso al Csm (sopra, il vicepresidente Mancino) le loro «forti
preoccupazioni»
( da "Stampa, La" del
05-07-2009)
Argomenti: Giustizia
SENTENZA. CORTE COSTITUZIONALE Ora nelle valli alpine vogliono ridiscutere
i tagli delle mini-classi Amministratori locali soddisfatti della sentenza
della Corte costituzionale
che ha respinto i tagli alle scuole di montagna ipotizzati dalla riforma
Gelmini, stabilendo che l'eventuale riorganizzazione scolastica spetta alle
Regioni. «Non ho ancora avuto modo di leggere la sentenza nei dettagli;
importante, comunque, che venga fissato un principio - spiega Renata Salvano,
componente del gruppo di lavoro Regione-Ufficio scolastico regionale per le
scuole di montagna -. A questo punto i numeri e parametri della
riorganizzazione andranno discussi nella Conferenza Stato-Regioni. Per le
scuole di montagna era già prevista una deroga sul numero di alunni, anziché 50
si era scesi a 20. Soglia pur sempre difficile da raggiungere nei piccoli paesi
delle valli. Per questo motivo era stato richiesto di tener conto anche di
altri parametri, come le distanze, la qualità degli edifici». Soddisfatto del
pronunciamento della Corte anche Silvano Dovetta, ex assessore provinciale alla
Montagna e presidente della Comunità montana Valle Varaita, che aveva votato
anche un ordine del giorno per il mantenimento del polo scolastico di Sampeyre.
«Speriamo ora di poter salvare la nostra scuola - spiega Dovetta -. E' giusto
che sulla riorganizzazione decida un'ente collegato al territorio come la
Regione. Le situazioni cambiano da luogo a luogo; non possono, quindi, essere
applicati parametri generali». Positivo il commento alla sentenza anche da parte
dell'Uncem (Unione comuni montani). «Sono le Regioni ad avere la competenza
sulla rete scolastica e sul suo assetto - dice il presidente dell'Uncem
Piemonte, Lido Riba -, su questo la Consulta ha dato ragione alle otto Regioni
che hanno presentato ricorso contro i tagli. La riforma del ministro avrebbe
dovuto tagliare 400 scuole del Piemonte, la maggior parte in territorio
montano, creare accorpamenti e pluriclassi. Un'assurdità. La scuola rimane uno
dei pochissimi servizi presenti nelle valli, va difesa e mantenuta. Il ministro
Gelmini aveva considerato solo il criterio numerico per la chiusura». \
( da "Unita, L'" del
05-07-2009)
Argomenti: Giustizia
A pranzo coi
giudici: oltraggio alla Corte Il giudice nel dire «io pranzo con chi voglio» ci
comunica che fa parte della sua storia frequentare il premier quando vuole
Furio Colombo Hanno avuto ragione i Radicali, che da anni denunciano un Paese
fuori dalla legalità, hanno dimostrato incroci e rapporti
contro natura (la natura costituzionale) tra istituzioni dello Stato e hanno chiesto al Paese una
rivoluzione, ovvero una stagione straordinaria di impegno politico, non per
cambiare il mondo ma per tornare alla normalità legale, morale e politica. Per
esempio la Corte Costituzionale. Due giudici della suprema Corte vanno a
pranzo con gli "imputati", ovvero il Presidente del Consiglio e il
ministro della Giustizia il cui "lodo" (il lodo Alfano che esime
Berlusconi da qualunque processo) potrebbe essere dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte e dunque sparire. È
avvenuto che alcuni nervi della massima istituzione di garanzia del Paese sono
stati messi fuori uso. Penso all'Honduras. Se vi sbarazzate per un momento
della parte teatrale e primitiva del golpe honduregno (soldati, carri armati,
coprifuoco) notate subito che vi sono somiglianze fra i due eventi. In Honduras
si rimuove il presidente della Repubblica sostituito dal Presidente della
Camera, e si dispongono i soldati a guardia del nuovo ordine. In Italia si
rimuove la credibilità e la dignità della Suprema Corte attraverso due giudici
che, a quanto pare, si sono prestati. Non solo. ma hanno rivendicato come un diritto
ciò che hanno fatto. Ognuno dei due giudici che si sono deliberatamente seduti
a tavola con il ministro della Giustizia e con il capo dell'esecutivo, ha,
infatti, scritto una lettera pubblica. Il giudice Mazzella si è rivolto al
presidente del Consiglio con cui è stato a tavola con queste parole: «Caro
Presidente, caro Silvio». La lettera è un proclama di presa di possesso
dell'intero territorio che dovrebbe separare il governo dalla Corte Suprema. Il
gesto consegna la Corte Nelle mani dell'uomo di potere che ha tutto da temere
dalla Corte se essa resta integra e indipendente. Il secondo giudice, Paolo
Maria Napolitano, scrive al Corriere della Sera con toni di scontro senza
quartiere: «Il furore dell'attacco denigratorio (la semplice pubblicazione della
notizia, ndr) necessita di una immediata risposta e non consente di attendere i
tempi dei nostri procedimenti giudiziari... La brutale campagna di aggressione
determinerebbe il convincimento che è in atto un tentativo per condizionare la
Corte nella sua futura attività intimidendo alcuni suoi componenti». È
interessante qui notare il rovesciamento, deliberatamente pubblico, dei ruoli.
Si definisce "intimidito" il giudice seduto accanto alla parte che
deve essere giudicata e che detiene tutto il potere. E l'intimidazione verrebbe
da chi difende i giudici non seduti accanto al potere esecutivo (che è anche un
immenso potere economico). Il giudice Napolitano non ha difficoltà a scrivere,
con lo stesso proposito di mettersi, come il collega, di guardia al terreno
conquistato (aggancio della Corte al potere esecutivo) e lo presidia con questa
ferma dichiarazione: «Il presidente del Consiglio non è soggetto ad alcun tipo
di giudizio da parte della Corte. Il cosiddetto lodo Alfano è una delle tante
questioni che la Corte affronta, non certo la più importante. I costituenti
hanno voluto che nella Corte confluissero giudici di diversa nomina, ciascuno
con la propria storia, la propria sensibilità giuridica, le proprie personali
conoscenze». Dunque il giudice nel dire "io pranzo con chi voglio" ci
comunica che fa parte della sua storia, ed è un suo privilegio, frequentare il
presidente del Consiglio quando vuole. Ma - come si è detto - quel presidente
del Consiglio è protetto, contro numerose imputazioni e processi, dal
"cosiddetto" lodo Alfano che esime il Primo ministro da ogni
procedimento giudiziario. E il "cosiddetto" lodo Alfano dovrà essere
giudicato costituzionale o cancellato come incostituzionale dalla Suprema Corte. Se incostituzionale,
Berlusconi perde all'istante il suo scudo giudiziario e finisce sotto processo.
Dunque la questione è piuttosto importante. Ed è importante il
"pronunciamento" dei due giudici che compaiono in due scene. Nella
prima si fanno cogliere accanto alla persona che dalla sentenza della Corte ha
tutto da perdere o tutto da guadagnare; nella seconda attaccano, da politici
militanti, chiunque osi scandalizzarsi. La prima e la seconda scena confermano
ciò che Pannella e i Radicali dicono da molti anni. Il Paese è in pericolo
perché è fuori dalla legalità. Raramente però l'illegalità è apparsa così
scoperta e in modo così teatrale, al punto da sembrare un avvertimento. Certo
un passo nel vuoto, fuori dallo Stato di diritto.
( da "Corriere della Sera"
del 05-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 05/07/2009 - pag:
( da "Manifesto, Il"
del 06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
RAZZISMO DI STATO Si
incrina la linea «morbida» ufficiale del Vaticano sulle norme anti-immigrazione
votate dal parlamento. Le gerarchie non sono tutte con la Santa Sede. Oggi in
molte chiese verrà affisso un documento in cui si legge che «il razzismo è
ormai a norma di legge». Mentre le associazioni preparano campagne per rendere
la normativa inapplicabile LA LEGGE RAZZIALE Il cardinale Tettamanzi contro la
linea ufficiale del Vaticano. Cattolici e laici preparano il boicottaggio
Disobbedienti alla sicurezza Cinzia Gubbini ROMA ROMA Non è un attacco frontale
al pacchetto sicurezza, ma il messaggio arriva forte e chiaro. Il cardinale di
Milano Dionigi Tettamanzi ha dedicato ieri un passaggio della sua omelia a quei
provvedimenti dei «paesi ricchi» che creano sofferenze agli immigrati.
L'occasione per l'affondo è stata una messa celebrata nel duomo con i vescovi
provenienti da Africa, America latina e Asia che fanno parte della delegazione
del G8. «Milioni di persone al mondo - ha detto Tettamanzi - subiscono ingiuste
e drammatiche sofferenze, costrette come sono a migrare. Molte di queste - ha
continuato - sono causate ai migranti talvolta da discutibili provvedimenti
messi in atto da quei paesi ricchi che dovrebbero maggiormente impegnarsi in
percorsi di accoglienza e integrazione seri, ragionati e rigorosi». Quale sia
il pensiero del cardinale è noto a tutti. Ma stavolta la sua è una sorta di
«disobbedienza» alle alte sfere vaticane, visto che proprio l'altro ieri - con
un'iniziativa piuttosto inedita - la sala stampa del Vaticano ha ritenuto di
dover precisare che le affermazioni dell'arcivescovo Agostino Marchetto («il
pacchetto sicurezza porterà dolore») erano da considerarsi «a titolo
personale». Tettamanzi la sua opinione - evidentemente discordante da quella
del papa - ha deciso di non tenerla per sé. D'altronde il comunicato della
Santa Sede ha lasciato l'amaro in bocca a quella parte della chiesa che da
sempre lavora al fianco dei migranti. E che il giorno dopo l'approvazione del
pacchetto sicurezza è stata pronta a rispondere, nonostante l'estate incalzante.
La «disobbedienza civile», la volontà di mettere in campo un boicottaggio della
legge è la parola d'ordine che circola tra le associazioni e i movimenti che
sono più vicini agli immigrati, e che questa volta coinvolge anche settori più
ampi, dagli insegnanti ai medici. Ma per vederne l'effetto bisognerà
probabilmente aspettare settembre. Intanto, invece, i preti si mettono
all'opera. Pax Christi ha pubblicato sul suo sito un volantino, chiedendo a
tutti di stamparlo e di affiggerlo nelle chiese o di leggerlo dall'altare
stamattina o domenica prossima. Dice «Dolore e orrore perché il razzismo è
ormai "a norma di legge"», e prosegue segnalando passi dal vecchio e
nuovo testamento. «Di sicuro verrà affisso in diverse città, dal nord al sud - dice
don Nandino Capovilla, coordinatore di Pax Christi - ci hanno già chiamato da
Milano, Pistoia, Catania e da molte altre città». Qualcuno ha già preso
l'iniziativa da solo, come Antonio Lalla, il prete di Bonefro (provincia di
Campobasso) che ha fatto esporre fuori dalla chiesa di San Nicola lo striscione
«Io ospito i clandestini. E tu?». L'approvazione del ddl che introduce il reato
di clandestinità potrebbe provocare anche forme di protesta più clamorose. «Ne
stiamo discutendo, ma vorremmo proporre un digiuno eucaristico», annuncia don
Tonio Dall'Olio di Libera. Il digiuno eucaristico significa non celebrare la
messa «è ancora un'ipotesi, ma potrebbe essere un giusto modo di opporsi a una
gerarchia ecclesiale che non è in grado di difendere la parola del Vangelo. Io
certamente inizierò la mia messa di domani (oggi, ndr) dicendo che non ha senso
spezzare il pane se poi non siamo in grado di opporci alla divisione della
stessa famiglia umana». Ma la disobbedienza civile è anche la parola d'ordine
delle associazioni laiche. L'Arci, ad esempio, sta già studiando un nuovo
vademecum da stampare in più lingue su come tutelarsi dal pacchetto sicurezza
(qualche mese fa un'analoga iniziativa provocò le critiche del comune di
Milano). Ma non solo: i circoli Arci continueranno a tesserare tutti senza
chiedere documenti e a offrire servizi come i corsi di italiano e il doposcuola
per i bambini stranieri anche agli irregolari. Pur sapendo che di questi tempi
anche il solo fatto di ospitare immigrati crea sospetto e ripercussioni: diversi
circoli negli ultimi mesi sono stati presi di mira. Controlli di polizia e
carabinieri costanti, a volte anche in stile blitz contro la mafia, come è
successo all'inizio dell'anno a Latina. E ancora: «Dobbiamo avviare cause
pilota - dice il responsabile immigrazione Filippo Miraglia - su tutta la parte
della legge che impone il permesso di soggiorno per l'accesso agli atti civili,
in modo da poter sollevare obiezione di fronte la corte costituzionale». Sulla parte normativa e sulla tutela giuridica sia agli
immigrati che agli ufficiali civili - dagli insegnanti ai medici - che
potrebbero incappare in sanzioni per essersi rifiutati di segnalare i
clandestini, sta lavorando anche la Cgil. Che rivolge al governo una
proposta da non prendere sottogamba. «Calcoliamo che ci sono attualmente un
milione di lavoratori senza permesso di soggiorno in Italia - dice il
responsabile immigrazione Piero Soldini - se è vero, come sostiene il ministro
Maroni, che questi provvedimenti vogliono colpire soltanto chi commette reati.
E se è vero, come sostiene ancora Maroni, che il reato di clandestinità non
colpirà chi già vive e lavora qui, ipotesi peraltro surreale, allora devono
dare una risposta. E questa risposta non può che essere una regolarizzazione».
Intanto il tavolo di associazioni che ha lavorato con l'Unicef e di cui fa
parte anche il sindacato invierà una lettera al presidente della Repubblica per
chiedere di vigilare sugli effetti della legge. Foto: LO STRISCIONE ESPOSTO
SULLA CHIESA DI SAN NCIOLA A BONEFRO (CAMPOBASSO)
( da "Unita, L'" del
06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
LA PORCATA UN PO'
MENO PORCA ORA D'ARIA Nel 2005, dovendo farsi carico della legge Cirielli
salva-Previti che il senatore Cirielli aveva appena rinnegato, il
sottosegretario forzista alla Giustizia, Luigi Vitali, raccontò di averne
parlato con Berlusconi. Questi gli aveva domandato: «Davvero la legge è una
porcata?». L'aulico sottosegretario aveva risposto: «Non è più porca di tante
altre». Nessuno, allora, si domandò se si possano misurare le leggi in base
alla loro maggiore o minore porchitudine. Né se sia meglio una legge
porchissima che ha il 99% di probabilità di essere
cancellata dalla Corte Costituzionale e dunque di non entrare mai in vigore, o
una legge porca ma solo un po', che rischia di restare in vigore per sempre.
Ora però è il caso di parlarne, visto quel che sta accadendo con la porchissima
legge Al Fano sulle intercettazioni (a proposito: mercoledì sera, notte bianca
anti-bavaglio all'Alpheus di Roma) dopo l'intervento di moral suasion
del Quirinale. Qualche ingenuo ha brindato all'iniziativa del capo dello Stato
di convocare il Guardagingilli Angelino Jolie per comunicargli che, così come
la legge è uscita dalla Camera, lui non la firma. Dunque va «migliorata» al
Senato, per allargare un po' la libertà di stampa e il potere dei giudici di intercettare
ancora un po' (quasi che si potesse trattare sui princìpi, come al mercato). In
realtà, c'è tutt'altro che da stare allegri. Anzitutto perché le porcate non si
migliorano: si cancellano e basta. A nessuno verrebbe in mente di migliorare un
cumulo di letame con una goccia di Chanel, n. 5. Eppoi, come lo stesso
Presidente ripete continuamente, «mentre il Parlamento lavora, il capo dello
Stato tace». Cioè attende che la legge venga approvata, per poi valutare se
promulgarla o rinviarla alle Camere. Eppure sempre più spesso, con una prassi
decisamente «creativa», il Colle fa sapere in anticipo al governo quali leggi
firmerà e quali no. Col risultato che poi, se la legge viene modificata su
richiesta del Quirinale, il Quirinale ne diventa coautore e corresponsabile,
mettendo la Consulta in grave imbarazzo (esclusi gli ermellini compagni di
merende di Al Tappone, s'intende). Lo scopo della moral suasion sulla porcata
Al Fano è duplice: «migliorarla» un tantino, per renderla un po' meno porca; e
risparmiare a un governo già abbastanza screditato l'ennesima figuraccia. Così
ora la porcata porchissima verrà trasformata in una porcata porchina, magari
con due-tre giorni di galera in meno per i giornalisti e due-tre
intercettazioni in più per i magistrati. Al Tappone avrà portato a casa ciò che
vuole in barba alla Costituzione, e con l'avallo e il timbro del Quirinale. E
le speranze che la Consulta faccia a pezzi la porcata diminuiranno di un bel
po'. Bel risultato, non c'è che dire. PS. Ringrazio i colleghi e lettori che mi
hanno scritto dispiaciuti per il mio commiato dall'Unità (con cui continuo per
tutta l'estate questo appuntamento). Chi vuole proseguire il dialogo con me, mi
trova su antefatto.it e voglioscendere.it
( da "Unita, L'" del
06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
LEGGE 40 IL
BUONSENSO ALL'IMPROVVISO A volte viene da pensare che le soluzioni più limpide
alle materie più sottili e controverse possano poggiare sui pilastri del buon
senso. Che sia un pensiero ingenuo o consolatorio, o che sia cinico ritenere
che così in effetti sia, non sappiamo dirlo. Sappiamo, però, che entrare nel
merito delle questioni e scoprirne la relativa trasparenza e semplicità ha
talvolta qualcosa di sorprendente. Proprio questo stesso stupore suscita
un'ordinanza del tribunale di Bologna depositata pochi giorni fa, che amplia la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso
marzo in materia di fecondazione assistita. Essa giunge in risposta a una
coppia di Firenze non sterile, che si era rivolta a un centro di Bologna, la
Tecnobios, per accedere alle tecniche di provetta dopo l'esperienza di un primo
figlio colpito da distrofia di Duchenne trasmessagli da un genitore. A
questo centro i due avevano chiesto, in particolare, di poter effettuare una
diagnosi pre-impianto dell'embrione, così da poter essere certi di avviare la
gravidanza di un nascituro sano. In ottemperanza dei molti vincoli della Legge
40 era stato risposto loro che quel tipo di esame non era possibile. I due non
si sono dati per vinti: così oggi viene infine riconosciuto il diritto di una
coppia non sterile, che già ha prole, ad avvalersi delle tecniche mediche di
fecondazione artificiale. E viene perciò presa seriamente in considerazione
l'esigenza che può motivare a quel passo una coppia di questo tipo. L'ordinanza
dice che «il divieto di diagnosi preimpianto pare irragionevole e incongruente
col sistema normativo se posto in parallelo con la diffusa pratica della
diagnosi prenatale, altrettanto invasiva del feto, rischiosa per la gravidanza,
ma perfettamente legittima»; e che tale diagnosi deve essere ritenuta perciò
«ammissibile come il diritto di abbandonare l'embrione malato e di ottenere il
solo trasferimento di quello sano». Si dispone, perciò, che il trattamento
avvenga «previa diagnosi pre-impianto di un numero minimo di 6 embrioni»; che
il medico proceda «in considerazione dell'età e del rischio di gravidanze
plurigemellari pericolose»; e che provveda al congelamento «per un futuro
impianto degli embrioni risultati idonei che non sia possibile trasferire
immediatamente e comunque di quelli con patologia». Con quale razionalità,
finora, si ammettevano le pratiche diagnostiche di amniocentesi - con tutte le
complicazioni e i rischi che esse comportano - e si vietava una prassi molto
meno invasiva e lesiva per il nascituro come la diagnosi pre-impianto? Qualcosa
che potremmo qualificare, per semplicità, solo in base alla negazione più
radicale del «buon senso»? Scrivere a: info@italiarazzismo.it
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: POLITICA E SOCIETA data: 2009-07-05 - pag: 10 autore: Le perplessità
del Colle. La norma transitoria «irrazionale»: va riformulata ma non cancellata
Nel mirino l'esclusione delle inchieste in corso Donatella Stasio ROMA Tra le
numerose mine (almeno cinque) di cui è cosparso il Ddl sulle intercettazioni,
c'è anche l'articolo 34, quella norma transitoria che, nei giorni scorsi, è
stata usata come alibi per dimostrare che il giro di vite (tranne per le
sanzioni a giornalisti e a editori) non si applicherebbe ai procedimenti in
corso e, quindi, non è stato concepito «ad personam », ovvero per sterilizzare
inchieste " eccellenti".Ma l'articolo 34 è una norma kamikaze, in
fortissimo odore di incostituzionalità, destinata a far saltare in aria anche i
procedimenti pendenti e, quindi, a produrre, in mancanza di una tempestiva e
corretta riformulazione, effetti diametralmente opposti a quelli dichiarati.
Della norma transitoria (oltre che delle altre nel mirino del Capo dello Stato)
si è parlato venerdì, nell'incontro al Quirinale tra il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano e il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
Una norma «irrazionale», è stato spiegato al guardasigilli, di fronte alla
quale il Quirinale avrebbe difficoltà a promulgare la riforma, anche alla luce delle sentenze della Corte costituzionale. Di qui l'invito, non a
cancellarla ( come piùd'uno,nel Governo e nella maggioranza aveva pensato), ma
a riformularla. L'articolo 34 dice: «Le disposizioni della presente legge non
si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore».L'indicazione
del Colle non è nel senso di sostituirla con la clausola di stile secondo cui
la legge entra in vigore trascorsi i canonici 15 giorni dalla pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale, perché gli effetti sarebbero dirompenti, ma,
piuttosto, di riscriverla in modo «razionale», specificando, ad esempio, che le
intercettazioni già acquisite sono utilizzabili come prova e che quelle in
corso possono essere prorogate per un certo periodo di tempo. Una
riformulazione che, a prescindere dagli altri aspetti «delicati» del Ddl,
anch'essi da correggere, elimini le vistose disparità di trattamento derivanti
dal testo attuale. Supponiamo che a maggio 2009 siano stati commessi due
omicidi: in un caso il procedimento inizia subito, nell'altro, invece, parte
dopo l'entrata in vigore della riforma. Nel primo caso, il magistrato potrà
intercettare secondo le vecchie regole e gli ascolti potranno essere
pubblicati; nel secondo caso, no. L'intercettabilità - ovvero il ricorso a uno
strumento invasivo della libertà di comunicazione - dipenderebbe, quindi, da un
fatto accidentale: l'inizio del procedimento. Sul quale, peraltro, non vi è
alcuna certezza (non a caso, nelle norme transitorie si fa riferimento ai
processi, e non ai procedimenti in corso. Quand'è, infatti, che comincia un
procedimento? Supponiamo che, scoperto un omicidio, venga aperto un fascicolo
contro ignoti e che solo dopo l'entrata in vigore della legge sia individuato
il presunto colpevole, iscritto quindi nel registro degli indagati. Il
procedimento pendente è unico o ci sono due procedimenti diversi? Le
interpretazioni variano e con la riforma sarà la bagarre, perché a seconda
della risposta, scatteranno regole molto diverse. Se il procedimento si
considera pendente, si può intercettare sulla base delle vecchie e più
elastiche norme; gli ascolti rilevanti possono essere riportati nell'ordinanza
di custodia cautelare e sono pubblicabili. Se il procedimento si considera
nuovo, scatta il giro di vite sulle intercettazioni, il divieto di riportarle
nell'ordinanza di custodia cautelare e il silenzio tombale della stampa, con
multe salatissime anche per gli editori in caso di violazione. Quanti indagati
accetteranno un trattamento così vistosamente diverso, senza rivolgersi alla
Consulta? Tra l'altro, il caos interpretativo riguarderebbe pure la libertà di
stampa perché in caso di violazione degli attuali vincoli di pubblicazione,
anche nei «procedimenti pendenti » potrebbe scattare la salatissima multa
stabilita per gli editori, che rischia di trasformarsi in una forma indiretta
di pressione sul giornalista. © RIPRODUZIONE RISERVATA I POSSIBILI CORRETTIVI
Le registrazioni già acquisite possono essere utilizzate come prova e quelle in
corso potrebbero essere prorogate per un certo periodo
( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)"
del 06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore del
lunedì sezione: RAPPORTI TOSCANA data: 2009-07-06 - pag: 21 autore: Le leggi.
Norme criticate dalla destra La Toscana fa da sé su piano-casa e immigrazione
Sul fronte legislativo, non si può certo dire che i rapporti tra la Giunta Martini
e il Governo Berlusconi siano idilliaci. A separare i due esecutivi è il colore
politico, ma anche una reciproca insofferenza per i primati e le fughe in
avanti, che in più di una occasione entrambi i "contendenti" hanno
attuato. L'ultimo braccio di ferro riguarda la legge toscana sull'immigrazione,
confezionata dalla Giunta regionale e approvata dal Consiglio lo scorso 1
giugno, col voto contrario del centro- destra. La normativa prevede servizi e
aiuti per gli extracomunitari titolari di permesso di soggiorno (ricerca della
casa, tirocinio, formazione, assistenza imprenditoriale) e, nell'intento di
garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti a ogni persona,
contempla anche " interventi specifici" a favore di chi non ha
permesso di soggiorno, in particolare servizi urgenti e indifferibili in campo
sociale (dormitori e pasti) e assistenziale (le cure mediche). Previsto anche
l'accesso al medico pediatra per i minori senza permesso di soggiorno. La legge
toscana, che ha provocato la dura reazione del centro destra (Berlusconi ha
annunciato l'impugnazione alla Corte costituzionale) è destinata a scontrarsi
con il "pacchetto sicurezza" approvato dal Parlamento il 2 luglio che
ha introdotto il reato di immigrazione clandestina. La legge sull'immigrazione,
peraltro, ha seguito di poche settimane un'altra norma toscana che sembra fare
lo sgambetto, seppur in modo elegante, al Governo: si tratta della legge
sul piano-casa,mirata a disciplinare l'ampliamento e la demolizione/
ricostruzione delle abitazioni in attuazione dell'intesa Governo-Regioni di
fine marzo. Quella legge – che la Toscana ha approvato a tempo di record, il 5
maggio scorso, prima regione in Italia – in realtà limita fortemente le
possibilità di intervento sulle villette e sui piccoli condomini, per effetto
dell'introduzione di una serie di vincoli (il primo dei quali è l'impossibilità
di derogare alle previsioni dei piani regolatori). Di fatto, dunque,
l'operazione ideata dal Presidente del Consiglio per sostenere l'edilizia è
stata recepita dalla Toscana in versione "dimagrante", al punto che i
costruttori ipotizzano che, nella migliore delle ipotesi, interesserà il 4% del
patrimonio abitativo regionale. La Toscana ha combattuto battaglie anche con un
Governo amico come quello Prodi, in seguito all'approvazione, nell'estate 2007,
di una disciplina regionale sui contratti pubblici che limitava fortemente il
subappalto, in contrasto (addirittura) col parere dell'ufficio legislativo
regionale. Il Governo Prodi presentò ricorso contro la legge Toscana (furono
impugnati alla Corte costituzionale nove articoli per
invasione delle competenze statali), ma il motivo del contendere cadde a
seguito di una sentenza della Consulta che, pur pronunciandosi sulla normativa
di un'altra Regione, spinse la Toscana a cancellare di fatto la sua legge. Sul
sole24ore.com il testo integrale della legge toscana sul piano casa ©
RIPRODUZIONE RISERVATA DURA REAZIONE Il premier ha annunciato l'impugnazione di
fronte alla Corte costituzionale della legge che
prevede aiuti agli extracomunitari
( da "Corriere della Sera"
del 06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 06/07/2009 - pag: 13 Il personaggio La seconda carica
dello Stato e la necessità di spostare l'esame del provvedimento per «garantire
un confronto più pacato» Schifani: approfondimenti sulla giustizia Rallentare
le lancette, voto dopo l'estate Il presidente del Senato su Napolitano: lui non
è animato dall'antiberlusconismo ROMA Non fermerà l'orologio di Palazzo Madama,
però intende «rallentarne le lancette », «assicurare il tempo necessario per gli
approfondimenti», «garantire un confronto il più pacato e costruttivo possibile
tra gli schieramenti». Di fatto Renato Schifani raccoglie le sollecitazioni di
Giorgio Napolitano e mira a spostare «dopo l'estate» il voto sull'«intero
pacchetto giustizia» che è all'esame del Senato. Chiederà a governo e
maggioranza di «non porre diktat sulle scadenze», e contemporaneamente inviterà
l'opposizione a «collaborare senza alcun pregiudizio» nella valutazione dei
testi. Il «pacchetto» a cui fa riferimento il presidente del Senato contiene la
riforma del processo penale ma soprattutto il disegno di legge sulle
intercettazioni, vero nodo politico che potrebbe innescare uno scontro
istituzionale, se non venissero apportate le modifiche al testo chieste dal
Quirinale. Ed è proprio per non esasperare la situazione che la seconda carica
dello Stato vuol cambiare il «timing». La motivazione è anche una difesa delle
«prerogative» del ramo del Parlamento che presiede: se è vero che la Camera si
è presa un anno per esaminare il ddl sulle intercettazioni prima di votarlo,
non capisce perché il Senato dovrebbe licenziarlo in appena tre settimane. «Non
si tratta di decreti è la tesi di Schifani non ci sono scadenze imposte, perciò
l'Assemblea di Palazzo Madama ha il diritto-dovere di discutere in modo
approfondito su temi così delicati e strategici». Non smette di tenere insieme
l'«intero pacchetto giustizia», ma è chiaro quale sia oggi la mina da
disinnescare: «Certe leggi hanno bisogno di una lunga gestazione. E allora ci
si prenda il tempo necessario. Sono convinto che tornerà utile per il futuro».
Di necessità virtù, Schifani confida che questo passaggio possa far «abbassare
i toni tra maggioranza e opposizione, presupposto politico indispensabile per
migliorare i rapporti tra gli schieramenti, e primo passo verso un confronto
sulle riforme». Ecco, «il tempo serve a creare questi presupposti». Sulle
riforme si vedrà. Comunque «la fase di decantazione», «la diversa tempistica»,
«non significa mettere in freezer» i provvedimenti, quanto «trovare una
soluzione», una «formula di mediazione». E la «formula di mediazione» è
indispensabile per cancellare le obiezioni del Quirinale sulle intercettazioni.
Obiezioni che Napolitano avrebbe anticipato al presidente del Senato prima di
ricevere il Guardasigilli. Per tre quarti d'ora il capo dello Stato si sarebbe
intrattenuto con Schifani evidenziando giusto le «gravi carenze» del testo.
L'inquilino di Palazzo Madama interpellato non conferma né smentisce, né
intende «entrare nel merito della modificabilità» del provvedimento. Resta
forse il suo rimpianto per la proposta avanzata tempo addietro e non accolta,
quando aveva invitato a dividere la parte del ddl legata al «diritto di
cronaca» da quella più strettamente connessa alle indagini giudiziarie. Ora è
«troppo tardi», dato che «la fase avanzata di discussione preclude l'ipotesi
dello spacchettamento». Oggi l'unica soluzione è «rallentare le lancette » per
cercare «la mediazione». Quello di Schifani non è solo un modo per scongiurare
uno scontro istituzionale, ma per sottolineare le «ottime relazioni» con il
Colle e riconoscere a Napolitano «il senso dello Stato» che lo guida nelle
decisioni: «Perché Napolitano è ben diverso da certi suoi predecessori. Si è
dimostrato uomo delle istituzioni, a più riprese, e non può essere messo certo
in discussione». Dopo un anno di relazioni legate alla carica che ricopre, il
presidente del Senato si è formato un'opinione sull'inquilino del Colle: «Tiene
al rispetto dei ruoli, si muove con grande attenzione, e ovviamente oppone dei
distinguo quando lo ritiene opportuno e necessario. Ma non c'è nelle sue scelte
un'ostilità preconcetta verso il centrodestra, né coltiva il pregiudizio verso
il presidente del Consiglio». Non è insomma «animato » dall'antiberlusconismo,
«e questo suo ruolo di garante a volte lo ha esposto ad attacchi immotivati e
grevi, frutto di una cultura dell'odio che in politica non dovrebbe esserci».
Schifani ovviamente non fa nomi, né fa riferimento a precise situazioni, ma il
modo in cui esprime vicinanza solidale al presidente della Repubblica richiama
alla memoria gli attacchi che il capo dello Stato subisce ormai con cadenza
regolare dall'area giustizialista incarnata politicamente da Antonio Di Pietro.
Come non pensarci quando evocando il recente appello del Colle per una «tregua»
durante il G8 dice che «spesso Napolitano si è assunto le proprie
responsabilità nell'interesse nazionale»? Resta da capire quali reazioni abbia
suscitato la mossa sulle intercettazioni del Quirinale a Palazzo Chigi.
Schifani conosce bene Silvio Berlusconi, sa che ha posto particolare attenzione
a questo provvedimento, «e ogni premier vorrebbe che le sue leggi fossero
approvate rapidamente. Ma sono certo che il presidente del Consiglio non vuole
strappi con il presidente della Repubblica». S'intuisce come, in questo
difficile tornante politico, il Cavaliere non intenda sostenere uno scontro
istituzionale con il Colle. Già sono molti i fronti da controllare, compreso
quello aperto dalle polemiche per la sua cena con due giudici della Consulta,
che dopo l'estate dovranno esaminare il «lodo Alfano ». Schifani ridimensiona
il caso, a suo parere «la Corte Costituzionale ha sempre
mostrato piena e totale autonomia, dunque non credo che un incontro conviviale
possa far modificare la valutazione di chi dovrà esprimersi sul provvedimento».
In ogni caso per il premier dopo la pausa estiva si prepara una ripresa
delicatissima, per via di un incrocio ad alto rischio, se davvero il
Senato posticiperà all'autunno l'esame del ddl sulle intercettazioni. E allora
non si capisce perché, nell'eterno duello sulla giustizia, Berlusconi annunci
sfide che alla fine non porta a compimento. L'inquilino di Palazzo Madama non
scende nella vicenda politica, si limita a ricordare che «dopo appena un anno
il governo ha approvato numerose riforme, dal federalismo fiscale al pacchetto
sulla sicurezza. Senza dimenticare l'importantissima modifica del processo
civile, da cui l'esecutivo è voluto partire. Le riforme si faranno, proprio per
questo occorre il massimo sforzo per dialogare con l'opposizione ». Ma
Schifani, lontano dal suo scranno istituzionale, resta sempre un esponente del
centrodestra e nei suoi colloqui non manca di rilevare che «rispetto al passato
si nota il cambio di passo»: «L'alleanza tra Pdl e Lega si dimostra solida, e
pur nel confronto capace di tener fede agli impegni presi con l'elettorato. È
tutta un'altra storia rispetto alla legislatura 2001-2006, quando pezzi di
maggioranza svolsero un ruolo di freno nell'azione di governo». Si riferisce
all'Udc? Francesco Verderami «Più collaborazione» Il presidente Renato
Schifani, 58 anni
( da "Stampaweb, La" del
06-07-2009)
Argomenti: Giustizia
La Corte
Costituzionale si avvia a bocciare la norma anti-precari che, nellagosto
dello scorso anno, ha tentato di arginare gli effetti dei numerosi ricorsi dei
lavoratori a termine delle Poste che si erano rivolti al giudice per ottenere unassunzione
a tempo indeterminato. Una norma inclusa nella manovra della scorsa estate e su
cui erano già sorti dubbi di costituzionalità, dubbi ritenuti non infondati
dalla corte dappello di Bari che, ad ottobre, si era
rivolta alla Consulta
per decidere sulla legittimità della norma sollevata dal legale di una
dipendente di Poste Italiane. Secondo indiscrezioni apprese dallagenzia
di stampa Ansa, la Corte avrebbe deciso che la norma sarebbe in contrasto con
il principio di uguaglianza
in quanto prevede un trattamento diverso per le violazioni della legge sul
contratto di lavoro tra lavoratori che hanno fatto causa prima o dopo il 22
agosto del 2008. La norma contestata prevede infatti che al lavoratore con un
giudizio pendente a quella data non spetti lassunzione a tempo
indeterminato e il risarcimento delle retribuzioni maturate bensì un indennizzo
di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di sei mensilità
dellultima busta paga. Il diritto allassunzione non viene toccato, invece, per chi ha deciso
di fare causa dopo il 22 agosto. «La sentenza sui precari che starebbe per
essere ufficializzata dalla Consulta è giusta e doverosa», commenta il
segretario generale della Slc Cgil, Emilio Miceli, secondo il quale «Poste Italiane
aveva immaginato una sorta di articolo 18 dei precarì, pensando
che si potessero monetizzare in luogo dellassunzione le sentenze di
reintegro dei giudici». È una sentenza che «elimina una disuguaglianza di
trattamento tra lavoratori che avevano presentato lo stesso riscorso ma che sarebbero andati
incontro a una risposta differenziata per il semplice fatto di aver consultato
il giudice in date diverse», afferma anche il segretario nazionale Ugl
comunicazioni, Salvatore Muscarella. Ma a puntare lindice contro la prevedibilità della
pronuncia della Corte è lopposizione. «È una buona notizia»,
commenta il leader dellIdv, Antonio di Pietro, che imputa al governo di
continuare a «calpestare i principi della Costituzione», di rimanere «sordo,
incurante dei posti di
lavoro a rischio e della disparità creata tra i lavoratori». «Larroganza
e il dilettantismo dellesecutivo sono stati bloccati» e «ancora una volta
è la Corte Costituzionale a dichiarare illegittima una misura voluta dal
governo», afferma anche
il responsabile lavoro del Pd, Cesare Damiano.
( da "Corriere delle Alpi"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
«Le piccole scuole
sono salve» Dopo la sentenza della Consulta, la Regione rassicura Secondo
Fistarol è uno strumento utile a chi si batte per difendere i plessi Donazzan
convinta che servano più risorse BELLUNO. «L'ho sempre detto e lo ribadisco: le
scuole di montagna non corrono pericoli». L'assessore regionale all'istruzione
Elena Donazzan ribadisce quanto aveva già affermato nei mesi scorsi, a
proposito della riforma Gelmini, ma stavolta c'è un elemento in più che arriva dalla Corte Costituzionale. Nei giorni scorsi,
infatti, la Corte Costituzionale ha ricusato alcuni provvedimenti del governo,
in particolare quelli sull'accorpamento degli istituti e sulla chiusura delle
piccole scuole. La Consulta ha ribadito che la competenza è strettamente
regionale e che lo Stato non può dimensionare la rete scolastica attraverso i
regolamenti. Sarà dunque la Regione Veneto a indicare quante scuole e
quante classi rimarranno attive nei piccoli comuni di montagna, anche se i
problemi non sono di certo risolti. «La sentenza non tocca l'impianto della
riforma», spiega ancora l'assessore Donazzan, «ma riconosce la competenza delle
Regioni riguardo alla programmazione. A mio parere, però, questo crea ancora
più confusione. Se la spesa per la scuola è dello Stato, sarebbe giusto che
anche le decisioni fossero dello Stato, altrimenti, oltre alla competenze,
bisognerebbe dare alle Regioni anche le finanze necessarie». In effetti è vero
che le Regioni possono assumere decisioni autonome, ma se lo Stato taglia i
fondi (si parla di quasi 8 miliardi di euro in meno), c'è ben poco margine di
azione. «Auspico», conclude l'assessore, «che il percorso avviato dalla nostra
giunta per ottenere maggiori forme di autonomia abbia buon esito. Noi chiediamo
competenze sulle assunzioni degli insegnanti e sulla gestione del personale.
Per quanto riguarda il prossimo anno scolastico, ci stiamo lavorando: vedremo
cosa succede». A livello nazionale il Partito Democratico continua a battersi
per contenere le peggiori conseguenze alla riforma Gelmini e la sentenza
fornisce uno strumento in più, come spiega il senatore Maurizio Fistarol: «La
Corte annulla il provvedimento solo su quel punto, ma peserà molto su tutta la
trattativa Stato-Regioni e offre una sponda a chi si batte per difendere i
piccoli plessi scolastici». Ma Fistarol evidenzia che il pericolo non si può
considerare scampato: «Al di là delle norme, la cosiddetta riforma si sostanzia
in un gigantesco taglio e vanno fatti i conti con questo. Ma è certamente
meglio se i tagli sono chirurgici, decisi cioé il più possibile vicino al
territorio». Le simulazioni dei mesi scorsi vedevano la soppressione di una
dozzina di plessi e la creazione di 5 pluriclassi; oltre a una contrazione di
oltre cento insegnanti. «Bisogna vedere come andrà a finire», conclude il
senatore Fistarol. «Il Pd prosegue l'iniziativa a difesa della scuola,
rafforzato dalla sentenza e con la mozione che chiede al governo maggiori
risorse. Speriamo di strappare un impegno politico e sostanziale. Nei confronti
della Regione però devono muoversi anche le istituzioni locali, Comuni e
Provincia».
( da "Corriere delle Alpi"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Misura
contenuta nella manovra 2008 Corte Costituzionale boccia norma contro i precari
delle Poste ROMA. La Corte Costituzionale si avvia a dichiarare l'illegittimità
della norma anti-precari adottata con la manovra dell'agosto 2008 per arginare
gli effetti dei numerosi ricorsi dei lavorati a termine nelle Poste. La decisione è stata presa in un
delle ultime camere di consiglio della Consulta che nei prossimi giorni
depositerà le motivazioni. Ad essere stato bocciato è l'art. 4 bis del decreto
legislativo 368 del 2001 introdotto dal decreto fiscale della scorsa estate.
Secondo la Corte - si è inoltre appreso - la norma sarebbe irrazionale e in
contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione). L'articolo
4bis che si avvia a cadere sotto la scure della Consulta prevede che, in caso
di violazione delle legge in materia di contratto di lavoro, al lavoratore con
un giudizio pendente alla data del 22 agosto 2008 non spetti l'assunzione a
tempo indeterminato e il risarcimento delle retribuzioni maturate bensì un
indennizzo di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di sei
mensilità dell'ultima busta paga. Il diritto all'assunzione non viene toccato,
invece, per chi ha deciso di fare causa dopo il 22 agosto. In questo modo, però
si verrebbe a creare una disparità di trattamento.
( da "Repubblica, La"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina 25 - Economia
Consulta: "Incostituzionale il decreto contro i
precari" In gioco 25mila assunzioni alle Poste Interessati 25mila
lavoratori a termine della Spa ma anche di altri settori come editoria e
trasporti ROBERTO PETRINI ROMA - La Corte Costituzionale boccia la norma
anti-precari varata nel decretone dell´estate scorsa dal governo Berlusconi. Il
provvedimento "salva" circa 25 mila precari e stagionali delle Poste,
ma riguarda anche il personale di altre aziende, dagli aeroporti all´editoria.
La decisione è stata presa in una delle ultime camere di consiglio della
Consulta che nei prossimi giorni depositerà le motivazioni. A cadere sotto la
scure della Corte è stato l´articolo 4 bis del decretone fiscale di Tremonti
varato l´estate scorsa e modificato in Parlamento da un emendamento blitz del centrodestra.
La norma fu già tacciata di incostituzionalità dal Servizio studi della Camera
e dalle opposizioni durante una violenta polemica parlamentare. L´articolo
prevede l´erogazione di un mero indennizzo monetario, invece della assunzione a
tempo indeterminato, per i lavoratori precari che erano stati tenuti in
attività in modo irregolare e che, per questo motivo, avevano fatto causa alla
propria azienda. Il decretone, oltre a trasformare il diritto all´assunzione in
un semplice indennizzo, colpiva in modo «selettivo»: infatti il risarcimento
era previsto solo per i lavoratori che avevano un giudizio pendente fino al 22
agosto del 2008, mentre coloro che avevano intentato la causa di lavoro dopo
quella data potevano contare sull´assunzione a tempo indeterminato. Questo
meccanismo è caduto sotto la censura della Corte Costituzionale
a seguito di 19 ricorsi presentati in tutta Italia - proprio perché precari con
identiche situazioni contrattuali irregolari avrebbero avuto diversi esiti solo
in base alla data di
apertura del contenzioso legale con la propria azienda. Se i giudizi pendenti
si risolveranno in futuro a favore dei precari, la decisione della Corte
Costituzionale provocherà naturalmente un notevole costo per le Poste che si
troveranno a dover fronteggiare un notevole numero di assunzioni. La sentenza
della Corte è stata salutata con soddisfazione dal Pd. «Il governo sulla
questione dei precari delle Poste aveva creato un´ingiustificabile disparità di
trattamento fra situazioni identiche ha dichiarato Cesare Damiano,
responsabile per i problemi del lavoro del Pd -. Disparità che si è poi estesa
a tutti i precari che all´entrata in vigore della norma avevano un procedimento
in corso con l´obiettivo della stabilizzazione. Ora l´arroganza e il dilettantismo
dell´esecutivo sono stati bloccati». Aggiunge Di Pietro (Idv): «La pronuncia è
una buona notizia». Anche la Cgil ha espresso un giudizio positivo: «La
sentenza della Consulta sui precari è giusta e doverosa
ha detto il segretario generale Slc-Cgil Emilio Miceli -. Poste Italiane aveva immaginato una
sorta di "articolo 18 dei precari" pensando che si potesse
monetizzare in luogo dell´assunzione le sentenze di reintegro dei giudici e
così sarebbe stato cancellato con un colpo di spugna il percorso lavorativo
precario di tantissimi anni».
( da "Repubblica, La"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina XIII - Milano
I compiti Le priorità "Ronde pericolose se legate ai partiti Più risorse
alle forze dell´ordine" Onida: stimoliamo tutti i cittadini a segnalare
quello che non va Trovare le situazioni di degrado e sporcizia, curare il
decoro urbano possono essere attività utili, ma non c´è nessun bisogno di
affidarle a gruppi organizzati Queste formazioni non devono interferire con le
attività di polizia, che invece andrebbero potenziate: è
questo il vero problema da anni irrisolto Il presidente emerito della Corte costituzionale: le istituzioni hanno il
dovere di controllare i curriculum DAVIDE CARLUCCI per Valerio Onida,
presidente emerito della Corte costituzionale, giurista di fama internazionale, le ronde non dovrebbero
esistere. Però ci sono. Bisogna, in qualche modo, conviverci? «I comuni
possono anche non attivarle». Ma possono farlo: sono legali. «Salvo che, in
futuro, possano essere dichiarate incostituzionali. Non è facile immaginare un
percorso del genere, ma se gli appartenenti a una ronda commettessero qualcosa
di illegale qualcuno forse potrebbe impugnare la legge». Per ora, comunque,
possono operare tranquillamente. Come si fa a evitare casi come quello dei Blue
Berets, la cui attività è stata sospesa dal Comune dopo che Repubblica ha reso
noto che il presidente è iscritto al Msi di Gaetano Saya? «Ripeto: l´istituto è
negativo in sé. Ma è ancora più pericoloso se è legato a partiti. Dovrebbe
essere l´amministrazione comunale a tenere la guida delle cose, a non lasciarsi
condizionare da iniziative partigiane, a individuare meglio i bisogni dei
cittadini e le forme con cui rispondere. Valutando bene i curriculum dei
promotori e i loro trascorsi politici». Don Virginio Colmegna, presidente della
Casa della carità, da sempre impegnato per l´integrazione dei nomadi, critica
le ronde ma apre la strada a possibili "custodi sociali" che anziché
favorire la conflittualità coltivino la prossimità con gli stranieri. «Sì, ma
se pensa a delle "ronde d´integrazione" torno a non essere convinto.
Invece che istituire nuove forme di controllo parapoliziesco bisogna dedicarsi
alla rilevazione dei bisogni, alla conoscenza dell´altro. Dedicando a questo
più risorse». Tornando alle ronde vere e proprie, qual è il limite che non devono
assolutamente superare? «Non devono esercitare alcun potere. Non devono avere
connotazioni partitiche o partigiane. Non devono interferire nell´attività di
ordine pubblico, riservata alle forze dell´ordine. Che andrebbero potenziate:
questo è il vero problema, che resta sempre più sullo sfondo». Da anni però
esistono, in varie parti d´Italia e anche in comuni governati dal
centrosinistra, forme di sorveglianza civica che si limitano alla segnalazione
preventiva di fenomeni che possano sfociare in reati. Il suo giudizio resta
negativo? «A mio giudizio c´è stato un inseguimento, anche da parte del
centrosinistra, di un´impostazione culturale che non gli appartiene. Ma non
voglio fare di tutte le erbe un fascio, non escludo che ci siano anche
esperienze positive. Girare nelle situazioni di degrado e di sporcizia,
occuparsi del controllo del decoro urbano, verificare il lavoro delle aziende
delle pulizie: tutto questo va bene. Ma non ci dovrebbero esserci appositi
gruppi che fanno questo. Dovrebbero essere tutti i cittadini a segnalare a chi
di dovere queste situazioni. Le faccio un esempio». Prego. «Andando in carcere
a Bollate per lavoro ho scoperto che a Rho-Fiera è stato cambiato il capolinea
dell´autobus. Ma la palina non informa i passeggeri del cambiamento. Sono
tornato dopo giorni e la palina è sempre lì, con la vecchia indicazione. Ho
telefonato anche al numero verde dell´Atm. Ma poi alla fine un passeggero mi ha
detto: "Ma cosa vuole chiedere, siamo in Italia...". Ecco, è questo
che va contrastato incoraggiando la cultura civica. La capacità, cioè, che i
cittadini, segnalando che c´è qualcosa che non va, riescano a determinare
interventi positivi. Senza delegare alle ronde».
( da "Italia Oggi"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Azienda Scuola data: 07/07/2009 - pag: 13 autore: Nicola Colajanni
Tempi&riforme Errata corrige per salvarsi Le prospettive del regolamento
contestato Strana tempistica, il regolameto sulla riorganizzazione della rete
scolastica -formulato ai sensi dell'art.64,comma 4 della legge 133/08- è stato
emanato con il dpr n. 81, uscito sulla Gazzetta ufficiale il 3 luglio 2009, ed
è entrato in vigore dal successivo 4 luglio.Il regolamento non sembra
modificato rispetto a quello approvato in seconda lettura dal Consiglio dei
ministri il 27 febbraio 2009. Esso nelle note all'art.1 riporta ancora,
riferendo del comma 4 dell'art. 64, le lettere f-bis) ed f- ter) abrogate dalla
sentenza n.200 della Consulta, uscita sulla stessa Gazzetta il giorno prima. La
questione, che si dovrebbe risolvere nei prossimi giorni, riguarda la
possibilità di pubblicare un regolamento ormai privato dei criteri che ne
avevano consentito l'adozione riconosciuti invia di principio, dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza, come un
prerequisito ineliminabile in un processo di regolamentazione a carattere
delegificante. Probabilmente si dovrà ricorrere ad un errata corrige.Si tratta
di un caso di evidente ingorgo istituzionale (sentenza prima del decreto
presidenziale o dpr dopo la sentenza) forse dovuto alla casualità dato che il
dpr in questione, firmato il 20 marzo dal presidente della Repubblica,
posteggiato per oltre tre mesi non si sa dove perché il sottosegretario
all'istruzione, Giuseppe Pizza, non ne ha parlato nella recente discussione
parlamentare, è giunto probabilmente non troppo di recente alla Gazzetta Ufficiale.Del
resto proprio all'articolo 1, comma 1, del regolamento si prevede che «alla
definizione dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete
scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione delservizio
scolastico, si provvede con decreto avente natura regolamentare, del ministro
dell'istruzione, dell'uniniversità e della ricerca, adottato di concerto con il
ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza
Unificata». Non è un caso che tale Intesa prevista entro il 15 giugno non si
sia realizzata ed è del tutto prevedibile che un'intesa non realizzata, forse
perché il relativo regolamento non era ancora vigente, possa realizzarsi ora
che il regolamento quasi certamente non esiste più.Gli altri articoli del
regolamento, da quelli riguardanti la definizione delle dotazioni organiche
nazionali a quelli riguardanti gli organici dei singoli ordini e gradi di
istruzione, con una rivisitazione alla luce della predetta sentenza, potrebbero
trovare posto in nuovo regolamento.
( da "Unita, L'" del
07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
La
Corte Costituzionale boccia «l'anti-precari» Per le Poste rischio crac Lo
scorso 23 giugno i giudici hanno affossato la sanatoria del governo La sentenza
rimette in discussione migliaia di cause di lavoro Sull'azienda di Sarmi
incombono 15mila ricorsi. Il costo? Un miliardo di euro
( da "Unita, L'" del
07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
GIUSEPPE VESPO Il
governo ha decretato: Precari per sempre», titolava L'Unità il 27 luglio di un
anno fa. Qualcuno nella confusione della manovra estiva aveva inserito una
norma che venne subito ribattezzata la legge «anti-precari». Una sorta di
sanatoria, per legare le mani ai giudici del Lavoro e - si pensò ai tempi -
fare un favore a qualcuno. I magistrati, in sostanza, non avrebbero più potuto
obbligare le aziende a riassumere - a tempo indeterminato - i lavoratori
precari che ne avevano diritto. Tutti quei dipendenti, cioè, che avevano fatto
causa al datore di lavoro per l'ingiustificato ricorso a contratti a tempo
determinato. Al posto della stabilizzazione, dall'entrata in vigore della
norma, i lavoratori avrebbero potuto ottenere un indennizzo. Nel corso di
quest'anno sono stati diversi i Tribunali che hanno sollevato dubbi di
legittimità costituzionale. I primi, nell'ottobre
scorso, furono le Corti d'appello di Bari e di Genova. Il 23 giugno i giudici
della Consulta - relatore l'avvocato Luigi Mazzella - hanno discusso e votato
la norma anti-precari ed entro luglio renderanno pubblica la loro sentenza. Che
è sfavorevole alla legge, ritenuta non in linea con i dettami della
Costituzione. La sentenza, che ha visto un voto quasi unanime (14 contro uno) rimette
in discussione migliaia di cause in corso, molte delle quali interessano Poste
Italiane, che fino a cinque mesi fa - come ricordava il presidente di Poste,
Giovanni Ialongo, lo scorso 25 marzo in Commissione Trasporti - ne aveva almeno
«15mila in attesa di pronuncia da parte del giudice». Mentre, tornando ai dubbi di legittimità costituzionale della norma, è lo stesso Ialongo a riferire ai deputati che «su
18 ricorsi alla Corte costituzionale in materia di contratto a tempo determinato dodici sono relativi
a Poste italiane e sei ad altre aziende». Tra queste ci sono «la Rai e Ferrovie
dello Stato». Il cui numero di contenziosi, però, non sarebbe
paragonabile a quello della società guidata dall'amministratore delegato
Massimo Sarmi, che vanta precedenti importanti. Il 12 marzo scorso secondo
quanto accertato dalla relazione della Corte dei Conti sulla «gestione
finanziaria di Poste Italiane per l'esercizio 2007», il «totale dei ricorsi
giudiziari avviati contro la Società fin dai tempi della fase di trasformazione
in Spa sono quantificabili, a maggio 2008, nel considerevole numero di 43.851
procedimenti». Da questi, «sono stati riammessi 25mila (lavoratori ndr) a
seguito della pronuncia del giudice, con conseguente trasformazione dei
contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato», racconta
Ialongo ai deputati. Ai quali ricorda che, per ridurre il peso delle cause,
l'azienda ha firmato coi sindacati due accordi: il primo il 13 gennaio 2006 e
l'altro il 10 luglio 2008. Cosa prevedono questi accordi? Per capirlo, secondo
i sindacati che li hanno firmati, bisogna dividere in tre gruppi i 25mila
lavoratori che Ialongo definisce «riammessi» dal giudice. 4mila non hanno
aderito al patto sindacati-azienda, continuando l'iter giudiziale in Tribunale.
Circa 10mila avevano già in primo o in secondo grado vinto la loro causa con
l'azienda, che si impegnava a riassumerli subito a patto che restituissero i
risarcimenti riconosciuti dai giudici per i periodi di non lavoro. Mentre gli
altri, sottoscrivendo gli accordi, hanno deciso di rientrare in un bacino al
quale l'azienda si è impegnata - fino al 2010 - a fare ricorso. Fino ad oggi di
questi circa 15mila solo 4.700 sarebbero stati assunti a tempo indeterminato.
Per questo i sindacati chiedono ora di rivedere i patti, perché non credono che
l'azienda riuscirà a rispettarli. Ma cosa c'è dietro questo balletto di cifre,
ricorsi e patti? Una montagna di denaro, raccolto nel "Fondo vertenze con
il personale" delle Poste, che secondo la Corte dei Conti nel 2007
nonostante la «diminuzione del fenomeno del contenzioso» - anche a seguito
degli accordi sindacati - è cresciuto dell'85%, toccando quota 262milioni di
euro. Per questo, scrivono i giudici contabili, «è auspicabile un monitoraggio
del fenomeno e la massima attenzione per evitare l'insorgenza di nuove liti».
Un problema evidenziato dallo stesso Sarmi, il 24 febbraio alla Commissione
Lavori pubblici del Senato. «Ognuna di queste cause che arriva a sentenza ci
costa dai 70mila ai 90mila euro oltre a crearci notevoli difficoltà».
Moltiplicando i ricorsi che a marzo risultavano in attesa di pronuncia ai costi
indicati dal manager il rischio per le Poste è quello di avere un buco di un
miliardo. L'anomalia. Questo, spiega Sarmi, a causa dell'anomalia dei provvedimenti
di reintegra. «Non discuto tanto la decisione del giudice sul fatto che questo
tipo di rapporto di lavoro debba prevedere poi un'assunzione, quanto il dover
pagare chi viene reintegrato per sentenza del giudice dal periodo in cui ha
svolto il rapporto di lavoro fino ad oggi». Cioè dover pagare al dipendente i
contributi persi durante il periodo di non lavoro. «Il problema - chiude Sarmi
- consiste nel fatto che Poste Italiane ha un fondo di 400 milioni di euro che
deve usare per questo motivo». Effetti collaterali del precariato. Ai quali
qualcuno l'anno scorso ha tentato di porre rimedio inserendo, un sabato
pomeriggio di piena estate, nel maxi-emendamento la norma anti-precari. Era il
27 luglio del 2008, due settimane dopo l'ultimo accordo firmato da Poste e
sindacati per creare un bacino di lavoratori dal quale assumere alla bisogna,
invitando gli ex dipendenti precari a rinunciare ai ricorsi. Nel giro di due
settimane, insomma, si tentò di dare a colpi di decreto una bella sfoltita alle
migliaia di contenziosi aperti davanti ai giudici del Lavoro. Ora la Corte
Costituzionale ha sancito l'incostituzionalità di quella norma, riconoscendo i
diritti lesi di migliaia di precari. L'inchiesta
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2009-07-07 - pag: 8 autore: Teheran. I religiosi di Qom
contestano la regolarità del voto La fronda del clero iraniano Vittorio Da Rold
La teocrazia islamica in Iran è sotto attacco ideologico: dopo che domenica un
gruppo di religiosi riformisti della città santa di Qom ha messo in dubbio la
va-lidità del voto del 12 giugno, la guida suprema iraniana,l'ayatollah Ali
Khamenei, che ne aveva ratificato la regolarità durante il famoso sermone
all'Università di Teheran, si è sentito messo in discussione come mai era
avvenuto nei 30 anni dalla fondazione della Repubblica islamica. Per uscire
dalla grave situazione di incertezza giuridica oltre che politica (è come se in Italia una sentenza della Corte costituzionale non venisse accettata
come legittima da parte dei giudici costituzionali) Khamenei, che per ora ha
vinto la battaglia sulle strade ma non ancora la guerra contro i riformisti, ha
spostato il problema all'esterno, lanciando un nuovo monito all'Occidente
perché non interferisca negli affari interni del Paese. «Ammoniamo i
leader di alcuniPaesi occidentali a non interferire negli affari interni
dell'Iran, o la nazione reagirà», ha detto la guida suprema citato dalla tv di
Stato. «I dirigenti dei Paesi arroganti, quelli che hanno messo il naso negli
affari interni della Repubblica islamica, dovrebbero essere consapevoli del
fatto che qualunque siano le differenze all'interno del popolo iraniano, la
gente serrerà il pugno contro loro», ha ribadito Khamenei. Ma il gruppo di religiosi
riformisti della città santa di Qom, mettendo in dubbio la regolarità delle
elezioni presidenziali del 12 giugno,ha sfidato proprio l'autorità ultima di
Khamenei e la legittimità del prossimo governo che sarà guidato dal presidente
Mahmoud Ahmadinejad. Quando Khomeini, il fondatore del regime iraniano, espose
nel 1979 la sua personale interpretazione dell'Islam politico secondo cui i
giuristi islamici ricevono direttamente da Dio il potere di governare e di
essere gli arbitri ultimi, mise la figura della guida suprema al centro del
sistema di potere sciita. I religiosi,riuniti nell'Associazione degli
insegnanti e ricercatori del seminario di Qom, esprimendo dubbi
sull'imparzialità del Consiglio dei guardiani, hanno messo in discussione
proprio l'autorità della Guida suprema. I religiosi di Qom hanno sfidato
Khamenei sul piano teologico, mentre le proteste popolari dopo il discorso
dello stesso Khamenei sono andate ancora più avanti affermando che la
legittimità del voto non discende dalla volontà divina ma dalla volontà
popolare. Ecco perché Khamenei reagisce con forza puntando l'indice contro gli
stranieri:ha capito che è l'esistenza del regime ad essere a rischio. In questa
strategia rientra anche l'arresto di cittadini stranieri. Una studentessa universitaria
francese si trova in carcere dal primo luglio, con l'accusa di spionaggio. Lo
ha detto il ministero degli Esteri francese. «La Francia condanna fermamente
l'arresto e la detenzione da parte dell'Iran di una universitaria francese»,
afferma un comunicato del ministero. La giovane donna è stata arrestata
all'aeroporto mentre stava lasciando il paese dopo avervi trascorso cinque
mesi. L'ambasciatore iraniano a Parigi è stato convocato ieri dal ministero. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA STRANIERI NEL MIRINO Una studentessa universitaria
francese è in arresto dal 1Úluglio con l'accusa di spionaggio Parigi:
liberatela subito «Nemico esterno». L'ayatollah Ali Khamenei ha nuovamente
accusato l'Occidente di ingerenza AP/ LAPRESSE
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-07 - pag: 14 autore: PIT STOP ...
L'Europa è forte se guarda in faccia la realtà A che punto è l'Europa?Non è
cosa dioggi,né delle prossime settimane, ma arriverà il momento in cui si
dovranno tirare le somme. E con tutta probabilità, se prevarrà il realismo,
dovremo constatare che l'Europa e lo "spirito" che fin qui l'ha
sostenuta hanno bisogno di "resettare" strumenti e obiettivi per
alzare di nuovo il livello della sfida ed entrare in sintonia con il comune
sentire dei suoi popoli. Facendo tesoro di cosa è successo negli ultimi due
anni e non sottovalutando i segnali che, complice una crisi aspira-tutto,
spuntano qua e là nella disattenzione pressoché generale. Per cominciare,
dobbiamo prendere atto che la crisi innescata dal crollo dei mutui negli Usa ha
messo in discussione due capisaldi della costruzione europea dai primi anni
Novanta a oggi. Uno è l'Europa dei parametri di Maastricht, saltati per forza
di cose a motivo dei massicci interventi degli Stati-nazione per ridare fiato
alle economie e salvare le banche.L'altro,figlio della stessa madrecrisi, è
l'arretramento della politica comunitaria pro-concorrenza. Per entrambi i casi
si parla di un passo indietro temporaneo e, riguardo la logica dei parametri,
di un ineludibile processo di rientro al quale dovranno sottoporsi tutti i
paesi che hanno "sforato". Tutto bene, ma per nulla scontato:l'Europa
(forse allargatasi troppo, ecco un altro problema serio sullo sfondo) non è
riuscita a produrre politiche comuni di stimolo e ha lasciato il campo aperto
agli stati nazionali, che hanno depotenziato il Patto di stabilità. Non a caso
il presidente francese Nicolas Sarkozy, in questo disallineandosi dalla
posizione tedesca nell'euro- zona, ha detto che non adotterà politiche di
contenimento della spesa. Non è andata meglio per il Trattato di Lisbona. Per
superare il "no" irlandese e avviare Dublino al secondo
referendum,l'Irlanda ha preteso e ottenuto una serie di garanzie vincolanti sul
sistema di tassazione, legislazione anti-aborto e neutralità militare. A sua
volta, in Germania (impegnata in un salvataggio delle
banche per centinaia di miliardi a spese dei contribuenti), la Corte costituzionale ha stabilito
"paletti" rigidi agli impegni di Berlino, imponendo di non recepire
direttive europee (che impattano sulla vita quotidiana dei cittadini) approvate
a maggioranza senza previa consultazione del parlamento nazionale.
Entrambi i casi dimostrano quanto lo spirito nazionale sia in ripresa. Vanno in
questa direzione due altri fatti: la scarsa affluenza alle urne (il calo
prosegue dal 1979) per le elezioni europee, nonostante da Bruxelles e da
Strasburgo passi ormai la gran parte delle decisioni politiche cruciali; e
l'affermazione di un partito trasversale, tra l'euroscettico e l'estremista,
che tutto è meno che il battistrada dell'Europa che abbiamo conosciuto dagli
anni Novanta a questa parte. Illuderci che il problema non esista sarebbe un
altro errore. Per (ri)cominciare a parlare di Europa forte e unita occorre
guardare in faccia la realtà per quella che è. Quella propria di istituzioni politicamente
grigie, macchinose, impigrite e a scarsa o nulla propensione a una vera
leadership. Le stesse che hanno appena decretato (era ora) l'azzeramento degli
standard di vendita dei prodotti ortofrutticoli comunitari, ma che non
s'accorgono che il sentire europeo si va sfarinando sotto i loro occhi.
guido.gentili@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA I VERI OBIETTIVI
Bruxelles si occupa troppo di inezie, dimenticando spesso i problemi dei
cittadini di Guido Gentili
( da "Corriere della Sera"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Politica data: 07/07/2009 - pag: 16 Il retroscena Intercettazioni,
quel rinvio che piace anche alla Camera ROMA Quando ieri è passata a salutare
Gianfranco Fini, Giulia Bongiorno non aveva il piglio rivendicativo di chi
l'aveva detto. Nessuna matita rossa e blu in mano, sebbene la proposta avanzata
da Renato Schifani di spostare dopo l'estate l'esame al Senato del ddl sulle
intercettazioni era il segno delle difficoltà che si erano evidenziate già alla
Camera. Ma non è tutto sbagliato e da rifare, «perciò l'idea del rinvio va
bene», ha commentato la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio:
«In fondo non c'è alcuna urgenza. E qualsiasi soluzione consenta di ponderare
il testo e portare a casa il risultato, è una buona soluzione». Fini ha
condiviso il suo ragionamento. D'altronde, la scorsa settimana, dopo la visita
al Quirinale, si era reso conto che non c'erano altri modi per superare le
perplessità sollevate dal capo dello Stato. Giorgio Napolitano aveva immaginato
che governo e maggioranza puntassero ad accelerare l'approvazione del
provvedimento a palazzo Madama, e aveva voluto anticipare le sue obiezioni su
alcuni punti del testo, riferendole alle cariche istituzionali e al ministro
della Giustizia. Fini si era congedato dal colloquio con la certezza che non ci
fosse un'ostilità del presidente della Repubblica alla riforma, «anzi concorda
sulla necessità di ridurre gli eccessi» nelle intercettazioni, «e i suoi
suggerimenti sono costruttivi». L'inquilino di Montecitorio ha ribadito ieri a
«Giulia» che «una mediazione è necessaria », preoccupato com'è di alcune
carenze del testo, a partire dal vuoto normativo lasciato nei casi di indagini
contro ignoti. La mediazione si proverà al Senato, va in tal senso la proposta di
Schifani. Anche perché nel governo nessuno oggi intende aprire un fronte con il
Colle mentre sul lodo Alfano pende la spada di Damocle della Consulta. La
Bongiorno ha incrociato le dita, conscia che «qualsiasi legge in materia di
giustizia è difficilissima», per via dell'ostilità di un mondo spesso
autoreferenziale e refrattario ai cambiamenti: «Ma se c'è una riforma che in
Parlamento si può varare anche con l'appoggio di gran parte dell'opposizione, è
quella sulle intercettazioni». Per questo si augura che «vengano seguite le
indicazioni di Napolitano», perché «voglio che la materia sia regolamentata».
Al provvedimento ci tiene, «dobbiamo portarlo a casa» ha detto a Fini. Non
foss'altro per la fatica che è costata. Un anno di liti anche feroci con Nicolò
Ghedini, come possono esserlo le liti tra colleghi. Deputati della stessa
maggioranza che non le rivolgevano più la parola, additandola da sabotatrice.
Il premier che dopo una cena in cui avevano discusso sulla legge, aveva
commentato: «Toglietemela dai piedi». Con il presidente della Camera che la
incoraggiava ad andare avanti: «Trova un punto di compromesso e vai avanti,
Giulia». E intanto la difendeva con il Cavaliere, nei colloqui riservati:
«Silvio, guarda che lei non è contraria alla riforma. Segnala dei problemi». Un
testo via l'altro, una correzione via l'altra. Con le difficoltà tecniche e
quelle politiche che si sovrapponevano, perché il sostegno della Lega era
andato progressivamente scemando con l'approssimarsi del federalismo fiscale, e
pure il presidente della Camera doveva tener conto dell'imminente congresso del
Pdl: «Mi raccomando, Giulia. Niente strappi». Fino all'intesa siglata agli
inizi di marzo, con una concessione sul «diritto di cronaca» e un cambio di
aggettivo sugli indizi che avrebbero consentito l'uso delle intercettazioni: da
«gravi» ad «evidenti». «È il massimo della mediazione possibile», aveva
chiosato «Giulia», che sperava di strappare ancora qualcosa in Aula con gli
emendamenti. Gioco stoppato dal governo con il voto di fiducia. Ma è vero o no
che già allora giunsero dal Colle quei dubbi che Napolitano ha rimarcato
ufficialmente la scorsa settimana? Ieri Fini e la Bongiorno non hanno avuto
bisogno di darsi una risposta. La conoscevano da tempo. Semmai la presidente
della commissione Giustizia auspica ora che il centrodestra «faccia tesoro» di
questa vicenda, e «applichi di qui in avanti un nuovo metodo»: «Perché
rischiare di mettere a repentaglio il lavoro di mesi e mesi, magari rimanendo
impigliati in rilievi di natura tecnica, e nelle obiezioni del
Quirinale o della Corte Costituzionale? Meglio cercare di premunirsi. Penso sia
preferibile una norma che - magari non sarà scritta nel modo in cui l'avevamo
pensata - ma produce gli stessi effetti, è inattaccabile, e se possibile anche
condivisa». Il presidente del Senato ha mutato lo scenario, evitato il muro
contro muro con l'opposizione e lo scontro frontale con il Colle. Se
così sarà, alla terza versione del ddl ne seguirà una quarta. E arriverà alla
Camera. Ma tutto si muove attorno a equilibri delicatissimi. In autunno, per
far saltare tutto, basterà un niente. E la sentenza della Consulta sul lodo
Alfano non è un niente... La linea di Fini Il presidente della Camera, reduce
dall'incontro al Colle della scorsa settimana, condivide la proposta di
Schifani Commissione giustizia Giulia Bongiorno, presidente della Commissione
giustizia, propone di superare il muro contro muro e di usare un nuovo metodo
Francesco Verderami
( da "Corriere della Sera"
del 07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 07/07/2009 - pag: 29 La sentenza La questione riguarda
diecimila contratti in lista d'attesa. Cazzola (Pdl): errore
dei vecchi dirigenti La Corte sui precari delle Poste: vanno assunti, non
indennizzati ROMA Sono più di diecimila i lavoratori precari, soprattutto delle
Poste, che possono tornare a sperare in un'assunzione a tempo indeterminato
grazie alla sentenza della Corte Costituzionale che dichiarerà illegittima la
norma adottata con il decreto fiscale dell'agosto 2008. Ieri
un'anticipazione dell'Ansa ha dato per imminente la pronuncia d'incostituzionalità.
Secondo indiscrezioni i voti favorevoli alla bocciatura sarebbero stati 14
contro uno. La vicenda nasce dall'approvazione in Parlamento di una norma,
fortemente voluta da An e Lega, secondo cui ai lavoratori precari con giudizio
pendente alla data del 22 agosto 2008 non spettava l'assunzione a tempo
indeterminato e il risarcimento delle retribuzioni maturate, bensì un
indennizzo di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di sei
mensilità dell'ultima busta paga. Di conseguenza l'assunzione rimaneva
impregiudicata per coloro cui era stata riconosciuta da sentenza passata in
giudicato e per coloro che avessero iniziato la causa dopo quella data. Un
meccanismo rispetto al quale lo stesso ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi,
aveva preso le distanze. Secondo la Corte, interpellata da 19 Tribunali, la
norma sarebbe irrazionale e in contrasto con il principio di uguaglianza
(articolo 3 della Costituzione). La decisione, cui ora dovranno fare fronte
economicamente le Poste, soddisfa la Slc-Cgil, secondo cui è «giusta e doverosa
», ma anche l'Ugl. «È una buona notizia», commenta il leader dell'Idv, Antonio
Di Pietro, Concorda il responsabile lavoro del Pd, Cesare Damiano. «La sentenza
non poteva essere diversa» dice Giuliano Cazzola, (Pdl) vicepresidente
commissione Lavoro, che se la prende con gli amministratori di Poste, «i cui
errori hanno determinato una pletora di assunzioni ». A suo tempo, conclude,
«ho chiesto al governo perché non era stata promossa azione di responsabilità».
Antonella Baccaro
( da "Stampa, La" del
07-07-2009)
Argomenti: Giustizia
SINDACATI.UN
DOCUMENTO DIFFIDA I DIRIGENTI La battaglia delle diciotto ore infiamma l'estate
della scuola Cobas all'attacco «In molti casi è stato violato il contratto»
[FIRMA]STEFANIA ZORIO BIELLA Sulla scuola continua a pendere la scure dei tagli
agli organici avviati dal ministero dell'Istruzione. Mentre alla luce della sentenza emanata appena qualche giorno fa dalla
Corte Costituzionale (che dichiara che lo Stato non ha il potere di
ridimensionare la rete scolastica sul territorio) la Regione chiede la sospensione,
adesso a prendere la parola sono i Cobas. Oggetto della loro attenzione è la
formazione, ritenuta da loro illegittima, di alcune cattedre con oltre 18 ore
settimanali; motivo per cui diffidano sia il dirigente generale
dell'ufficio scolastico regionale Francesco De Sanctis, che il dirigente
dell'ufficio scolastico provinciale Piergiorgio Giannone, chiedendo la
riconduzione delle ore di insegnamento di tutti i professori nel limite delle
18 ore obbligatorie. I Cobas avvalorano la loro tesi facendo riferimento ad
alcune norme del Contratto nazionale scuola e della finanziaria del 2002: «Una
pratica assolutamente illegittima - scrivono nel documento inviato sia agli
uffici scolastici regionali che a quelli provinciali - in quanto è notorio che
senza l'assenso dell'interessato non è possibile lo svolgimento di ore di
lezione oltre a quelle contrattualmente previste, mentre è accettabile solo nel
caso in cui restino ancora ore non assegnate quali spezzoni di supplenza, a
docenti a tempo determinato inseriti nelle graduatorie a esaurimento
provinciali». A riprova della tesi di illegittimità dell'attribuzione di
cattedre con oltre 18 ore settimanali, i Cobas richiamano anche le norme che ne
regolano la retribuzione: «Sono considerate attività straordinarie - spiega
Giuseppe Iaria in rappresentanza dei Comitati di base della scuola - e per
questo compensate in misura inferiore rispetto alle ore di insegnamento
obbligatorio, pari a 1/78 dello stipendio mensile. La legge parla chiaro quindi
noi vogliamo semplicemente sottolineare che ogni insegnante è libero di
rifiutarsi di fare più di 18 ore». Gli uffici del provveditorato di Biella non
rilasciano dichiarazioni in merito. A quanto sembra, però, dai dati in possesso
degli stessi uffici, le assegnazioni delle cattedre considerate dai Cobas
illegittime nella nostra provincia sarebbero circa 20 su 600.
( da "Corriere delle Alpi"
del 08-07-2009)
Argomenti: Giustizia
L'ambientalista
Bettin: «Ennesima concessione alla lobby» Caccia ad altre 11 specie Ieri in
commissione il via libera alle deroghe Province ed associazioni chiedono di
estendere gli abbattimenti a nutrie e cinghiali VENEZIA. La Quarta commissione
- Agricoltura, caccia, pesca - del Consiglio regionale, ha approvato con i voti
di Pdl (astenuto Bond) e Lega Nord, (contrari Pd, Idv e Verdi), il testo di
legge per la caccia in deroga. In particolare il consigliere dei Verdi Bettin,
si è opposto «ad una nuova strage di uccelli in deroga alle leggi nazionali ed
europee, che rappresenta l'ennesima concessione alla lobby, sempre meno
numerosa ma sempre più potente». Il provvedimento ripropone, in vista
dell'apertura della stagione venatoria - in programma l'11 settembre - la
possibilità da parte dei cacciatori di abbattere capi di specie avicole vietate
dalla direttiva Cee (79/409 del 1979). Il testo licenziato dalla commissione,
unificazione di due progetti presentati, dalla Giunta e dalla Lega. Il primo
prevede che nella stagione 2009-
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 08-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-08 - pag: 31 autore: Enti locali. Atto
di indirizzo della magistratura contabile dopo le novità della manovra d'estate
Corte conti accentra gli interpelli Sui temi dubbi le sezioni regionali
dovranno chiedere a Roma Gianni Trovati MILANO L'attività consultiva della
Corte dei conti per Comuni e Province torna a guardare al centro. Il primo
segnale era stato lanciato dieci giorni fa con la manovra d'estate, che ha
previsto la possibilità (all'articolo 17, comma 32) per le sezioni riunite
della magistratura contabile di adottare «pronunce di orientamento generale »
sui temi che dividono i pareri delle sezioni regionali di controllo. Ora a
entrare in campo è direttamente la sezione centrale delle Autonomie, che
aggiorna (con la delibera 9/2009) gli «indirizzi e criteri generali» per il
lavoro dei magistrati sul territorio. Quando si troveranno sul tavolo una
questione complessa, suscettibile di risposte non univoche, le sezioni
regionali dovranno sospendere il giudizio, rimandando il tutto a una pronuncia
da parte della sezione delle Autonomie. Al centro dell'attenzione di entrambi
gli interventi c'è una delle attività più di successo negli ultimi anni della
Corte dei conti, cioè la consulenza a sindaci e presidenti di provincia in
difficoltà con l'interpretazione delle normative contabili. Complice anche
l'intricarsi delle regole finanziarie, gli amministratori locali hanno
sfruttato a fondo questa opportunità, e i pareri resi dai magistrati contabili
locali sono passati dai 22 del 2004 ai 508 dell'anno scorso.Con prese di
posizione che a volte hanno fatto discutere, come accaduto recentemente in
Lombardia (la sezione di gran lunga più attiva) con i pareri sul trattamento
contabile dei proventi da dismissioni o sui dubbi di co-stituzionalità della
norma del Patto di stabilità che blocca i pagamenti nelle casse degli enti. In
altri casi, invece, gli stessi quesiti si sono affacciati più volte in diverse
sezioni regionali, ottenendo risposte differenti: è il caso, negli ultimi mesi,
dei termini di prescrizione per i rimborsi dei canoni di
depurazione bocciati dalla Corte costituzionale con la sentenza 335/2008, che hanno diviso le sezioni fra chi ha
proposto un termine quinquennale e chi ha allungato il calendario fino a 10
anni. L'atto di indirizzo depositato ora dalla sezione delle Autonomie cerca di
prevenire questi problemi, con un meccanismo che però prova a non intaccare la
«competenza esclusiva» della sezione regionale. Saranno infatti le corti
territoriali a valutare, con «un'istruttoria di adeguata completezza», la
possibilità di offrire autonomamente una risposta che garantisca «uniformità di
giudizio e ponderazione di tutti gli interessi coinvolti ». Quando questo non
sarà possibile, le articolazioni regionali si rivolgeranno (tramite i loro
presidenti) alla sezione delle Autonomie, che con un proprio «avviso»
sostituirà il parere della sezione regionale. Questo potere sostitutivo scadrà
entro un «ragionevole termine» (però non precisato) dalla richiesta, e non
riguarda le pronunce pendenti. Più "centralista", invece,
l'intervento della manovra d'estate. La norma infatti affida al presidente
della Corte il compito di impegnare le sezioni riunite per dettare a tutti i
magistrati contabili indirizzi omogenei su temi specifici.
gianni.trovati@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA ORIENTAMENTI UNITARI La
delibera nasce per evitare le difformità nelle indicazioni espresse su molti
argomenti dalle strutture periferiche
( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)"
del 08-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Sud sezione:
BASILICATA data: 2009-07-08 - pag: 12 autore: Energia. La Consulta boccia la
norma della Regione sull'ubicazione degli impianti Niente più vincoli per
l'eolico L'Aper: «Ora le linee guida nazionali non sono più rinviabili» P
( da "Manifesto, Il"
del 08-07-2009)
Argomenti: Giustizia
JAKARTA Ex generale
di 59 anni, il capo dello stato è dato vincente al primo turno nel paese
islamico più popoloso del pianeta Indonesia al voto, il presidente Yudhoyono
verso la conferma Fernando Amaral Con un decennio di democrazia sulle spalle
(nel 1999 gli indonesiani parteciparono per la prima volta a un'elezione
democratica, dopo trenta anni di dittatura) l'Indonesia elegge oggi il nuovo
presidente. A contendersi il mandato a capo della nazione, di durata
quinquennale, sono il presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono e altri due
candidati: Megawati Sukarnoputri (già presidente nel triennio 2001-2004),
figlia di Sukarno, primo presidente dell'Indonesia indipendente; l'attuale
vicepresidente Yusuf Kalla, che non è riuscito a raggiungere un accordo con lo
stesso Yudhoyono e ha deciso di correre da solo. Sono 171 milioni gli aventi
diritto al voto nel paese islamico più popoloso al mondo che solo nell'aprile
scorso ha rinnovato il Parlamento, confermando la fiducia al Partito
democratico (Pd) di Yudhoyono, che ha ottenuto oltre il 20,8% dei voti e dunque
la maggioranza relativa nell'assemblea legislativa. Ex generale di 59 anni,
Yudhoyono è dato in vantaggio da tutti i sondaggi, registrando nell'immediata
vigilia del voto una popolarità vicina al 67%. Nemmeno la condanna per
corruzione di Aulia Pohan, ex presidente della Banca centrale e suo parente, avvenuta
solo poche settimane fa, sembra aver intaccato i consensi di cui gode il
presidente. Eppure la lotta alla corruzione è stato uno dei suoi cavalli di
battaglia per conquistare la fiducia dei cittadini. Sarà per il suo carisma di
ex militare ma nel contempo leader moderato e moderno; sarà per i buoni
risultati in economia (il paese che ha resistito bene alla crisi economica, e
il Pil è cresciuto del 4,4% nel primo trimestre 2009); sarà per la sua abilità
a negoziare con i partiti islamici (lo appoggia una larga coalizione che
comprende i principali partiti confessionali); sarà per la sua solida alleanza
con i «poteri forti» del paese (con lui il vice presidente sarà il vice
governatore della Banca centrale, Boediono); sarà forse anche per l'abilità canora
sfoggiata in campagna elettorale (il presidente ha perfino inciso un Cd di
canzoni romantiche): per tutte queste ragioni, secondo alcuni osservatori,
Yudhoyono potrebbe anche ottenere la maggioranza relativa dei voti, evitando
così il secondo turno, in programma eventualmente a settembre. Autodefinitosi
«centrista», nel 2004 Yudhoyono è stato il primo presidente indonesiano eletto
a suffragio universale diretto, sei anni dopo la caduta del dittatore Suharto.
Megawati Sukarnoputri cerca invece un ritorno in primo piano sulla scena
politica, alla guida del Partito democratico indonesiano di lotta (Pdi-P): si è
però alleata con l'ex generale Prabowo Subianto, molto controverso, candidato
alla vicepresidenza. A fianco di Yousuf Kalla, candidato dello storico partito
Golkar, c'è poi un'altra vecchia conoscenza della scena politica indonesiana:
l'ex generale Wiranto, già capo dell'esercito indonesiano e ministro della
Difesa all'epoca del referendum del '99 che sancì l'indipendenza di Timor Est
da Giacarta, inquisito come mandante delle stragi che seguirono quel doloroso
passaggio della storia recente. Per contrastare lo strapotere di Yudhoyono, gli
altri due candidati hanno giocato un'ultima carta e vinto una battaglia che
però potrebbe risultare poco significativa: due giorni fa
la Corte costituzionale ha
stabilito che anche i cittadini non registrati nelle liste elettorali avranno
la possibilità di votare. Basterà recarsi alle urne provvisti di un documento
di identità valido. La decisione segue una massiccia campagna di proteste
condotta da politici, attivisti civili e leader religiosi che invocavano il
"diritto di voto per tutti". *Lettera22
( da "Corriere della Sera"
del 08-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Terza Pagina data: 08/07/2009 - pag: 39 Polemiche Padellaro e la
sinistra fratricida Ricordi di un girotondino A vvezzi alla sinistra votata
all'autodistruzione, ecco un punto di vista originale in quanto estremo: quello
degli sconfitti tra gli sconfitti. Io gioco pulito (Baldini Castoldi Dalai, pp.
188, e 17,50) è un libro a più voci pensato da Antonio Padellaro in un momento
di disfatta plurima: la sua, di direttore defenestrato dall'«Unità » dopo
averla guidata con vigore in anni di berlusconismo prima vincente, poi battuto
e infine trionfante; quella di un riformismo incapace di salvarsi dai morsi
letali dei micropartiti nella breve stagione del Prodi-bis, ma soprattutto di
darsi un'autosufficienza almeno morale nella nuova veste di «Partito
democratico»; e infine del movimento girotondino, che all'«Unità» aveva trovato
casa senza scalfire una nomenklatura educata all'egemonia e dunque refrattaria
all'eterodirezione. Padellaro racconta tutto, compresi gli scontri con i
dirigenti ds e pd, le telefonate di fuoco con Fassino, le lettere gelide di
D'Alema. Si toglie più di un sassolino con Veltroni, che pure lui stesso (e ha
la franchezza di ricordarlo) aveva celebrato in campagna elettorale con toni
che il «Corriere » aveva definito «da Ventennio», e che ora viene descritto
come un leader che ha prima ingannato gli elettori e poi è scappato. Colloquia
con Marco Travaglio e per svariate pagine gli tiene fermo Giorgio Napolitano
mentre quello lo prende a sberle: «Il peggior presidente da Leone a oggi»
perché non ha fatto le barricate sul lodo Alfano, ma lo ha consegnato al più
efficace vaglio di legittimità della Corte costituzionale. Si emenda con lo
spessore analitico di Furio Colombo, che fa scudo al Quirinale in quanto
«ultima soglia di difesa tra illegalità e legalità». E biasima l'«ossessione
per il dialogo» non senza offrirne una acuta esegesi storica, individuando
nell'ansia di legittimazione del vecchio Pci la radice della scarsa attitudine
dei suoi eredi allo scontro frontale. Infine, Padellaro dà ospitalità
agli altri sodali della sua conduzione Tabucchi, Stajano, Dalla Chiesa, Beha,
Chierici, Amurri per testimonianze appassionate quanto crepuscolari. Ora, dovrebbe
attenuare il suo risentimento (sfogato in puntute interviste al «Giornale»,
strafelice di sguazzarci), il fatto che «l'Unità» non abbia smarrito la sua
ragione sociale, con il Cavaliere che continua ad additarla in pubblico e a
insolentirne i cronisti, e Travaglio che ne ha presidiato a piacimento la terza
pagina salvo poi saltare sul carro del «Fatto quotidiano», l'invenzione con cui
proprio Padellaro da settembre potrebbe dare il colpo di grazia al giornale di
Gramsci. Perché, nella frusta ritualità dei sinistrati e delle loro avanguardie
giacobine, resta incoercibile la vocazione al cannibalismo: prassi secolare,
prima di consegnarsi alle fauci dei caimani di turno. Antonio Padellaro
Gianluca Mercuri
( da "Repubblica, La"
del 09-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Pagina II - Palermo
Inchiesta sul voto che portò all´aumento delle ambulanze del "118".
Ricorso alla Consulta: "Siamo insindacabili" La Corte dei conti
accusa i deputati L´UDIENZA della Consulta si terrà al termine dell´estate. E
stabilirà se un magistrato contabile può spingersi oltre quello che finora è
stato un confine invalicabile: il portone di Palazzo dei Normanni. Sarà la Corte costituzionale a stabilire se, per la prima volta, ai deputati dell´Ars può
essere contestato un danno erariale: l´aumento «irragionevole» del numero delle
ambulanze del servizio "118". Quarantanove in più. Nell´elenco dei
colpevoli, per la Procura della Corte dei conti, ci sono anche i componenti
dalla commissione Sanità che, nell´autunno di quattro anni fa, votarono
l´allargamento del parco mezzi. E che adesso rischiano di pagare di tasca
propria l´allegro utilizzo delle finanze regionali, al pari di amministratori e
burocrati. C´era in ballo, quel 19 ottobre del 2005, la proroga dei contratti
di 578 soccorritori. E alcuni deputati della maggioranza di centrodestra -
Formica, Dina, Mercadante, Edoardo Leanza, Basile, Arecidiacono, Moschetto e
Confalone - non si limitarono a dare un parere di rito a un "atto
aggiuntivo" della giunta che aggiungeva 64 ambulanze al parco mezzi esistenti.
Quel gruppo di parlamentari presentò un emendamento a quell´atto per mettere a
disposizione della Sise, la società che gestisce il "118", altre 49
autoambulanze di tipo A/B, ovvero senza medico a bordo, peraltro non
contemplate dalla normativa nazionale. Il funzionario dell´assessorato presente
alla seduta, Michele Saladino, segnalò «l´inopportunità» di quell´atto che,
disse, avrebbe potuto provocare problemi finanziari. Ma l´emendamento passò,
con il voto contrario del ds Antonello Cracolici e l´astensione di Giovanni
Manzullo (Margherita). La giunta Cuffaro dovette varare un secondo atto
aggiuntivo per recepire quell´indicazione che giungeva dall´Assemblea. Di lì a
qualche mese il numero delle ambulanze del "118" salì sino a 230, per
una cifra record di 3.009 dipendenti. «Non emerge da alcun dato la necessità di
ampliare il parco mezzi», ha scritto poi la sezione di controllo in un rapporto
sul "118". E ha preso a indagare anche la Procura della Corte dei
conti. Il sostituto procuratore generale Gianluca Albo - convinto che quel sì
della commissione non abbia valore politico ma abbia inficiato un procedimento
amministrativo - ha scritto all´Ars chiedendo il verbale della seduta. E anche
«le generalità e la residenza dei deputati che avevano deliberato con voto
favorevole gli emendamenti». Una richiesta ardita, che qualcuno dalle parti di
Palazzo dei Normanni ha definito «poliziesca». Il segretario generale
dell´Assemblea, Giovanni Tomasello, ha risposto fornendo solo il bollettino dei
lavori della commissione Sanità e precisando che questo documento, in ogni
caso, «non poteva essere utilizzato per sindacare l´attività politica di
qualsivoglia organo dell´Ars». La Corte, il 7 novembre del 2008, con una nota
stavolta firmata anche dal procuratore regionale Guido Carlino, ha inoltrato
nuovamente la richiesta. E allora il presidente dell´Ars, Francesco Cascio, ha
chiesto alla giunta regionale di fare ricorso alla Corte costituzionale,
sollevando il conflitto di attribuzione. «I giudizi dell´Ars sono insindacabili»,
è la tesi degli avvocati della Regione. Ma ora gli inquilini del Parlamento
siciliano - cui un giorno l´ex commissario dello Stato Gianfranco Romagnoli
rimproverò «una certa tendenza a concedere benefici con i portafogli altrui» -
attendono con ansia la pronuncia della Consulta. e. la.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 09-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-09 - pag: 11 autore: ANALISI Dal ministro
svolta a sorpresa: ora il rilancio è più facile di Franco Locatelli C hi si
aspettava uno scontro al calor bianco tra il ministro dell'Economia e le banche
o nuove scintille tra l'inquilino di via XX Settembre e la Banca d'Italia deve
ricredersi. Sarà stato il clima del G8 che incombeva o sarà stata la
consapevolezza delle difficoltà del momento,ma più che duelli l'assemblea
annuale dell'Abi di ieri ci ha regalato una svolta. Giulio Tremonti, è vero, ci
ha abituato alle sorprese, ma questa volta ha saputo secretarla fino all'ultimo
e rifarsi, con qualche civetteria, alla cultura ebraica e al pensiero di
Roosevelt, per ricordare che «nelle cose umane c'è un ciclo misterioso» e che
adesso «pare arrivato anche per noi il momento di un nuovo inizio». Di sicuro
il ministro dell'Economia è tra quelli che amano più la discontinuità che il
continuismo e la proposta che ha messo ieri sul tavolo dell'Abi non ha il
sapore né di una tregua né di un'improvvisazione. Non è una tregua perché
Tremonti non propone affatto alle banche un armistizio ma piuttosto uno scambio
politico che segni «un nuovo inizio». Non è un'improvvisazione perché il
ministro sa benissimo che, in questa fase della crisi del credito, il problema
non è solo o tanto quello della liquidità quanto quello della solvibilità e
della qualità del portafoglio. Infatti di una miglior deducibilità fiscale
delle perdite sui crediti per le banche ne aveva appena parlato il presidente
Corrado Faissola nella sua relazione all'assemblea dell'Abi ma, ancor prima e
soprattutto, il governatore Mario Draghi nelle Considerazioni finali
dell'assemblea annuale della Banca d'Italia di fine maggio e, in seguito,
l'Assonime. L'apertura a sorpresa di Tremonti alle banche ricorda lo
sconvolgente passaggio dalla guerra alla pace con le Fondazioni di qualche anno
fa, ma con una differenza di non poco conto: allora c'era stata una pronunzia
della Corte costituzionale a favore delle Fondazioni ad indurre il ministro a tornare sui
suoi passi, mentre oggi la scelta di Tremonti è il frutto di una autonoma
scelta strategica che ha per obiettivo il sostegno all'economia reale. Dunque,
più deducibilità fiscale per le banche sulle perdite di portafoglio in linea
con gli standard europei e in cambio di una moratoria bancaria sulle
scadenze più pressanti dei crediti delle imprese e di un signficativo
rafforzamento della patrimonializzazione delle imprese. Il senso dello scambio
politico suggerito dal ministro è tutto qui e, come in precedenza i Tremonti
bond, ha il preciso scopo di spingere le banche – strigliate come non era mai
successo prima dal Governatore Draghi in un curioso scambio delle parti – ad
aprire con più lungimiranza il rubinetto del credito. Specialmente verso le
piccole e medie imprese e senza più l'alibi né delle restrizioni fiscali né dei
parametri di Basilea2 e degli Ias che possono e debbono cambiare. Naturalmente
resta tutta da verificare e da costruire la strumentazione tecnica necessaria a
rendere praticabile l'ipotesi tremontiana. E di questo si comincerà a parlare
nel tavolo Governo-banche-imprese dalla settimana prossima. Ma agli osservatori
più attenti non è sfuggito che lo stesso presidente dell'Abi, oltre a usare un
tono molto conciliante nell'autodifesa della categoria perfino sulla vexata
quaestio dei prefetti, abbia trovato il modo di sottolineare in anticipo come
il costo per la finanza pubblica dei due interventi fiscali che stanno più a
cuore alle banche (la piena deducibilità delle rettifiche di valore su crediti
e il regime dell'Iva di gruppo) «non sarebbe rilevante». Mentre «sarebbero
notevoli i benefici per le imprese». L'apertura del Governo al confronto, con
banche e imprese, in vista di soluzioni innovative e condivise per il rilancio
del credito al servizio dell'economia reale è il piatto forte della giornata di
ieri, ma non è l'unica incoraggiante novità. Essenziale è il fattore tempo e
pertinente appare il carattere di tempestività che il ministro ha voluto dare alla
sua proposta («ora, proprio ora, occorre fare qualcosa di più») che potrebbe
assumere «la forma di un avviso comune», modulato sulla volontarietà delle
banche, non in un orizzonte temporale indefinito o lontano ma «entro il mese di
agosto». E meglio ancora sarebbe se, come suggerisce Emma Marcegaglia, un
accordo di questa portata potesse maturare già prima delle ferie.
franco.locatelli@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA LA MOSSA Il senso
dello scambio politico è nella spinta ad aprire con più lungimiranza il
rubinetto del credito
( da "Stampaweb, La"
del 09-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA «Appello alla
comunità internazionale. La democrazia in Italia è in pericolo»: è il titolo
che campeggia a caratteri cubitali della pagina di "advertisement"
(pubblicità) sullInternational Hearld Tribune acquistata dal
leader di Idv Antonio
Di Pietro. A destra della pagina cè una foto gigante di
Di Pietro, che sovrasta il simbolo di Idv. Il testo è tutto puntato sul lodo
Alfano, il cui meccanismo viene brevemente spiegato in inglese nei contenuti. Dopo le
denuncie di incostituzionalità sul testo da parte di «più di 100
costituzionalisti», viene ricordato che il 6 ottobre la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sullo
"scudo" per le alte cariche, e raccontata la cena nella casa del
giudice della Consulta Mazzella cui presero parte anche Berlusconi ed il
ministro della Giustizia Alfano. «Faccio appello - si conclude il
messaggio di Di Pietro - alla comunità internazionale perchè faccia circolare
queste informazioni ed eserciti la pressione necessaria per assicurare i
principi di libertà democratica e di indipendenza della Consulta, così da
scongiurare che la nostra democrazia in Italia venga trasformata in una
dittatura di fatto».
( da "Repubblica.it"
del 09-07-2009)
Argomenti: Giustizia
LA GUERRA dura al
peer to peer continua, non si lascia certo intimorire dall'accusa di essere
anticostituzionale. Il ministro della giustizia
francese ha presentato infatti l'Hadopi II, la seconda versione della
severissima legge per proteggere il diritto d'autore online. Recepisce e tenta
di aggirare la bocciatura che la prima Hadopi ha incassato dal Consiglio costituzionale. Una novità sostanziale è che deve essere un
giudice a stabilire la pena per gli utenti colti a fare peer to peer pirata. La
prima Hadopi invece dava questo potere a un'autorità amministrativa,
calpestando così - come ribadito dal Consiglio Costituzionale - il diritto
dell'utente a eque indagini e a difendersi in un processo. La pena, a
discrezione del giudice, potrà essere un anno di sospensione dell'accesso a
internet, multa fino a 300 mila euro o due anni di galera. Il che farebbe
comunque dell'Hadopi una delle più severe leggi anti-peer to peer al mondo.
Resta il meccanismo dei tre colpi: l'utente riceve un primo e un secondo
avviso, dal proprio provider (del tenore: "ti abbiamo scoperto a fare peer
to peer, smetti immediatamente"). Al terzo sgarro, si procede con l'iter
giudiziario (mentre secondo la precedente Hadopi, a questo punto scattava
subito la sanzione). Ma non è finita. La nuova Hadopi si preoccupa anche di un
caso: se l'abbonato a internet non coincide con l'autore "del delitto",
cioè se è una terza parte a utilizzare la connessione per fare peer to peer. In
questo caso, l'abbonato è punito per negligenza, a una multa fino a 1.500 euro
e a una sospensione dell'abbonamento per massimo un mese. Chi perde l'accesso
internet non può attivarlo con un altro provider: rischia una multa aggiuntiva
di 3.750 euro. Multa anche per il provider se non ubbidisce all'ordine del
giudice di scollegare l'utente entro 15 giorni: 3.750 euro. OAS_RICH('Middle');
Il testo della legge è passato oggi al Senato francese, il 21 sarà al vaglio e
poi andrà Assemblea (sono due rami che funzionano in modo simile ai nostri
Camera e Senato). Sarkozy ha già detto che intende accelerare i tempi perché
l'Hadopi diventi legge a tutti gli effetti, completa anche delle sanzioni (che
ora mancano, dopo la bocciatura del Consiglio). "La nuova Hadopi,
accettando che si debba passare da un iter giudiziario, recepisce una critica
fatta dal Consiglio. Resta in piedi un secondo appunto, però: la sproporzione
tra la colpa e la pena, cioè tra peer to peer e la sospensione dell'accesso
internet, perché il Consiglio considera quest'ultimo un diritto inalienabile
dei cittadini", spiega Guido Scorza, avvocato tra i massimi esperti di
internet e diritto d'autore. È sempre possibile, insomma, che
la Corte Costituzionale, chiamata di nuovo a pronunciarsi, bocci alcuni aspetti
dell'Hadopi. Anche se così fosse, però, le altre pene (super multa e fino a un
anno di carcere) sarebbero sufficienti come deterrente. Il punto però è un
altro: resta da vedere la reale efficacia dell'Hadopi, dal momento che tutto
dovrà passare da indagini e processi. È impensabile che i tribunali
vengano sommersi da cause contro utenti peer to peer (problema che la prima
Hadopi pensava di aggirare appunto con un'Autorità dai super poteri). È
possibile quindi che si farà come già avviene ora in Italia: cause contro gli
utenti che più creano problemi al diritto d'autore, cioè quelli che hanno un
proprio server peer to peer o che condividono una grande quantità di album (magari
"pre-release", cioè prima che escano nei negozi). Si è già visto come
questa strategia, adottata in Italia da anni, riesca solo, forse, a rallentare
la crescita del peer to peer; non a fermarlo. Improbabile che la Francia abbia
migliore fortuna, a meno che non decida di dedicare risorse extra per
combattere gli utenti peer to peer. (9 luglio 2009
( da "Corriere delle Alpi"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
CASO DE VALIERE Oggi
la decisione dei giudici FALCADE. è attesa per oggi la decisione dei giudici
della Corte d'Appello di Belluno (presidente Arturo Toppan) sulla richiesta
avanzata dalla procura della Repubblica di sospendere il processo ad Aziz
Moulay, il presunto omicida di Federico De Valiere. Una decisione che si terrà
rigorosamente stamane nonostante, voci di corridoio,
parlassero di un orientamento ad accogliere la richiesta della procura. In
realtà richieste di questo tipo, come trapela dal palazzo di giustizia,
sarebbero state rigettate in diversi casi dalla Corte Costituzionale. Da qua lo
scioglimento della riserva nella stessa giornata di oggi.
( da "Corriere delle Alpi"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
LA DENUNCIA SUL
«TRIBUNE» Di Pietro: «In Italia democrazia a rischio» Il leader dell'Idv ha
acquistato una pagina sul giornale inglese per scongiurare «il grande pericolo
di una dittatura di fatto» ROMA. Antonio Di Pietro ha comprato a Londra una
pagina dell'Herald Tribune, e altre ne pagherà, per denunciare e scongiurare il
rischio che la democrazia italiana «venga trasformata in una dittatura di
fatto». Accanto al testo c'è una sua grande foto, oltre al simbolo dell'Italia
dei valori. La denuncia è così argomentata: più di cento esperti della materia
hanno definito incostituzionale il lodo Alfano, che
salva da ogni processo le quattro più alte cariche dello Stato. Il 6 ottobre ci sarà la pronuncia della Corte costituzionale. Berlusconi e il suo
ministro della giustizia Alfano hanno cenato in casa di Mazzella, presente
Paolo Maria Napolitano, che come lui fa parte della Consulta. La comunità
internazionale, dice Di Pietro, eserciti pressioni perché la Corte sia libera
di decidere in piena indipendenza. Oggi, questo appello sarà pubblicato
anche sul «The Guardian», per ribadire - dice Di Pietro - «che in Italia c'è il
pericolo di una informazione controllata che nasconde le notizie». Tra i
commenti, uno del ministro Rotondi difende il lodo Alfano, dicendo che è
«uguale alle leggi di altri paesi europei». Santo Versace, Pdl, parla di «colpo
di sole» e di denigrazione della democrazia, al solo scopo di attaccare
Berlusconi. E così a nome dei giovani Pdl, Francesco Pasquale dice che Antonio
Di Pietro «è ancora peggiore dei no global».(r.v.)
( da "Italia Oggi"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Diritto e Fisco data: 10/07/2009 - pag: 32 autore: Pagina a cura di Antonio
Ciccia CORTE COSTITUZIONALE/ Secondo i giudici diritto di difesa violato
dall'irrimediabilità Cassazione, c'è rimedio all'errore Lo sbaglio di tipo
materiale rende revocabile l'ordinanza C'è rimedio agli errori materiali della
cassazione.E' questo il principio espresso ieri con
ordinanza della Corte Costituzionale. Con l'ordinanza (n. 207, redattore Paolo
Grossi) la Consulta ha statuito che sono revocabili per errore di fatto le
ordinanze pronunciate dalla Corte di cassazione che dichiarano inammissibile il
ricorso. La Corte costituzionale, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato l'illegittimità
parziale dell'articolo 391-bis, primo comma, del codice di procedura civile,
appunto nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto, ai
sensi dell'art. 395, primo comma, n. 4), codice procedura civile, per le
ordinanze pronunciate dalla Corte di cassazione a norma dell'art. 375, primo
comma, n. 1), dello stesso codice.A rivolgersi alla Consulta è stata la stessa
cassazione in un caso un cui è stato dichiarato inammissibile un ricorso per
cassazione, in quanto non era stata chiamata in guidizio una parte del tutto
estranea al processo, ma indicata dalla stessa cassazione.Contro questa
ordinanza la parte interessata (a coltivare il ricorso in cassazione) ha
proposto la revocazione delll'ordinanza per errore materiale e da qui è venuto
fuori il problema di legittimità costituzionale, in
quanto la norma processuale di riferimento non prevede la possibilità di
impugnazione.A questa lacuna ha rimediato la Consulta con l'ordinanza in esame.
Il problema riguarda l'articolo 395, primo comma, numero 4), del codice di
procedura civile, che esclude la revocazione per le ordinanze pronunciate in
camera di consiglio a norma dell'articolo 375, primo comma, numero 1), del
medesimo codice, con le quali venga dichiarata la inammissibilità del ricorso
per cassazione. Una norma di questo tipo è stata ritenuta contrastante con il
principio di uguaglianza (articolo 3 della costituzione) e con il diritto di
difesa (articolo 24 della costituzione). Ha osservato, infatti, la consulta che
il diritto di difesa risulterebbe gravemente violato se l'errore di fatto non
fosse rimediabile quando è commesso dalla cassazione. Se il giudice sbaglia e
da qui ne deriva una grave ingiustizia (l'impossibilità di celebrare un grado
di giudizio) e se non fosse possibile porre rimedio attraverso uno specifico
istituto processuale, allora veramente si concretizza l'illegittimità costituzionale. Da qui la conseguenza che in presenza di un
errore di tipo percettivo causa della declaratoria
di inammissibilità del ricorso, a norma dell'articolo 375, primo comma, numero
1), codice procedura civile, deve essere ammessa la revocazione; poiché l'articolo 391-bis del
medesimo codice non lo prevede, la consulta lo ha bocciato e lo ha integrato,
con la conseguenza che, per effetto della sentenza in esame è possibile la
revocazione per errore di fatto.
( da "Italia Oggi"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ItaliaOggi sezione:
Enti Locali data: 10/07/2009 - pag: 12 autore: di Andrea Mascolini Il Tar Sicilia
ha escluso un raggruppamento di imprese Società miste out Vietato affiancarle
in una gara Un concorrente ad una gara di appalto non può presentarsi in
raggruppamento con una società mista perché a queste ultime è vietata la
partecipazione alle gare; in questi casi la stazione appaltante non deve
ammettere il raggruppamento alla gara; il divieto previsto dalla legge Bersani
è oggettivo e imperativo, oltre che legittimato dalla Corte costituzionale.
È quanto afferma il Tar Sicilia, sezione terza, con la sentenza del 18 giugno
2009, n. 1161, che prende in esame la questione della partecipazione delle
società miste alle gare di appalto, con argomentazioni che si caratterizzano
per la loro completezza e chiarezza e che prendono in esame profili di diritto
nazionale e comunitario. La vicenda riguardava una gara bandita dal comune di
Messina per l'affidamento del servizi di ingegneria e architettura di importo
presunto pari a 500 mila euro. La procedura di verifica dei requisiti, condotta
sui primi due in graduatoria è stata negativa, pertanto il comune ha
aggiudicato l'appalto alla terza classificata, dopo regolare verifica sui
requisiti dichiarati. Il primo in graduatoria impugna l'aggiudicazione ma il
Tar censura a monte il fatto che il ricorrente sia stato ammesso a partecipare
alla gara. Infatti, il concorrente si presentava in raggruppamento con una
società partecipata, fra l'altro, dalla provincia regionale di Messina, dal
Consorzio Asi della provincia di Messina, dal comune di Milazzo, oltre che
dallo stesso comune di Messina che bandiva la gara. Il raggruppamento, quindi,
proprio in virtù della partecipazione della spa mista a fianco del progettista,
non doveva neanche essere ammesso a partecipare alla procedura di affidamento,
anche perché sarebbe incorso nella connessa incapacità legale e a contrarre
prevista dall'articolo 13 del decreto legge n. 223 del 2006, come modificato e
convertito dalla legge n. 296/06 (legge Bersani). La sentenza entra quindi nel
merito della ratio della norma prendendo innanzitutto le mosse
dall'orientamento della Corte di giustizia ed evidenziando come essa abbia
considerato le società miste «un elemento di disturbo del mercato privato»,
puntando alla tendenziale esclusività della attività economica a favore
dell'azionista. La nostra giurisprudenza, sottolinea la sentenza dei giudici
siciliani, si è espressa analogamente ponendo in luce il rischio che la
partecipazione della spa mista determini situazioni di privilegio per alcune
imprese, quando queste ultime usufruiscano, sostanzialmente, di un aiuto di
stato, vale a dire di una provvidenza economica pubblica atta a diminuirne o
coprirne i costi. Si tratta, dice la sentenza, di un privilegio che non deriva
tanto da un contributo diretto, quanto da una «posizione di mercato avvantaggiata
rispetto alle altre imprese». In altre parole, avendo la spa mista una
partecipazione sul mercato garantita e sicura è come se disponesse di una sorta
di minimo garantito che consente alla società di essere competitiva nelle gare
pubbliche oltre che sul mercato privato. Il Tar afferma che in questo modo si
«induce e incoraggia il capitalismo di stato» e si determina «l'espulsione
delle imprese private marginali». In questo quadro di tendenziale disfavore che
vedeva le spa miste partecipare a gare previa verifica da parte delle
commissioni giudicatrici del fatto che esse non avessero distolto risorse e
mezzi per i servizi da rendere alla collettività di riferimento, si inserisce
la norma del 2006 che introduce una violazione oggettiva e «imperativa», come
di recente ha affermato la giurisprudenza amministrativa. La norma della legge
Bersani, sottolinea il Tar Sicilia, ha anche superato il
vaglio di costituzionalità (Corte costituzionale, 1° agosto 2008, n. 236) dal momento che è stato riconosciuto
che norme come quella sul divieto di extraterritorialità «rientrano nella
competenza esclusiva del legislatore statale perché funzionali alla definizione
dei confini tra l'attività amministrativa e l'attività di impresa soggetta alle
regole del mercato». La ratio delle limitazioni per le società miste
risiede quindi proprio nella tutela dell'interesse pubblico su quello privato,
«rafforzando e tutelando il libero gioco della concorrenza, assicurando una
parità effettiva fra tutti gli operatori economici».
( da "Unita, L'" del
10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Dalla Consulta il
«segnale atteso» è arrivato. Se ieri mattina, nel Transatlantico praticamente
deserto, ci si accostava agli sparuti capannelli di deputati, si sentiva
parlare solo di questo. Cioè della sentenza con cui la Corte
Costituzionale ha annullato il rinvio a giudizio del ministro Altero Matteoli
per favoreggiamento in una storia di abusi edilizi. Il «segnale atteso», però,
non riguarda la figura dell'allora ministro dell'Ambiente, né tanto meno le
prerogative della Camera (che adesso dovrà decidere se il reato per il quale
Matteoli era stato rinviato a giudizio sia o meno di pertinenza del
tribunale dei ministri). Il punto è un altro e, come spiegava ieri mattina un
tecnico del diritto ad un gruppetto di deputati, riguarda l'orientamento della
Consulta in materia di guarentigie delle cariche istituzionali. Infatti se è
vero che ci sono «evidenti differenze», come faceva notare uno degli ex
avvocati di Silvio Berlusconi, è altrettanto vero che (come avrebbe anche
confermato un membro del Csm) la decisione su Matteoli consente di immaginare
la strada che prenderà la Consulta quando dovrà esaminare il Lodo. Nemmeno nel
Popolo delle libertà si attendevano una buona notizia in tempi così rapidi:
tanto è vero che, tre giorni fa, i commissari del Pdl della Giunta per le
autorizzazioni di Montecitorio avevano chiesto che sulla vicenda dell'ex
ministro dell'Ambiente fosse comunque presa una decisione, anche in pendenza di
giudizio. Eppure che qualcosa si stessa muovendo lo si sarebbe potuto intuire
dall'attivismo dell'avvocato Niccolò Ghedini. Nel pomeriggio di mercoledì, con
tutta la maggioranza chiusa in Aula a votare, ha avuto almeno cinque incontri
bilaterali (stile G8) con diversi interlocutori, tra i quali il presidente
della commissione giustizia del Senato Berselli. A questo punto è difficile
dire se la tregua per il G8, alla quale ha lavorato il presidente Napolitano,
metterà al riparo la Corte costituzionale dai commenti
che, nell'informalità della buvette, ancora ieri veniva fatti sulla
«inopportunità della cena a casa del giudice Mazzella» La famosa cena alla
quale presero parte, con Gianni Letta e il presidente del Consiglio, due
giudici della Consulta e il ministro della Giustizia.
( da "Unita, L'" del
10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
SUSANNA TURCO Ha
battezzato il secondo giorno del G8 attaccando il governo dalle colonne
dell'Herald Tribune, grazie a una pagina comprata dal suo partito per rivolgere
un appello alla comunità internazionale. E oggi, ultima giornata del summit,
farà altrettanto con il Guardian. È l'ultima strategia comunicativa di Antonio
Di Pietro: «L'ho fatto perché la stampa italiana parla di forma e si occupa del
nulla», spiega lo stesso ex pm sul suo blog. Così, mentre il Financial Times
(smentito da Palazzo Chigi) ventila l'ipotesi di un G8 "intercettato"
- ossia dotato di un sistema di collegamenti audio per consentire alla
delegazione italiana di ascoltare ciò che dicono le altre -, l'edizione europea
dell'Herald Tribune pubblica a caratteri cubitali il titolo dipietrista:
«Democracy is in danger in Italy, la democrazia in Italia è in pericolo». Il
testo dell'appello è centrato sul lodo Alfano - il cui meccanismo viene
brevemente spiegato in inglese - e sulla prossima decisione
della Corte Costituzionale, già compromessa, secondo il leader Idv, dalla cena
di Berlusconi a casa del giudice Luigi Mazzella. L'ex pm chiede ai governi dei
paesi amici di esercitare «la pressione necessaria» per assicurare che la
Consulta decida in piena libertà «così da scongiurare che la nostra democrazia
venga trasformata in una dittatura di fatto». Oggi, su The Guardian, Di
Pietro ribadirà che «c'è il pericolo di una informazione controllata che
nasconde le notizie e il rischio di una deriva anti-costituzionale».
«Continueremo ad acquistare spazi sui quotidiani internazionali», ha spiegato il
leader Idv, «perché abbiamo visto che in Italia una forza politica dell'8 per
cento può essere completamente oscurata». L'iniziativa dell'Idv, che ovviamente
non piace al centrodestra, è accolta con freddezza anche dal Pd, più attento
alla tregua chiesta da Napolitano per il G8. Enrico Letta lo dice
esplicitamente: «Non penso che la democrazia sia in pericolo». La polemica
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-10 - pag: 30 autore: Processo civile.
Più chance per far valere l'errore di fatto in Cassazione Revocazione a tutto
campo ROMA La revocazione per errore di fatto può essere utilizzata, al termine
di una causa, anche in presenza di un errore "percettivo" che abbia
determinato ladichiarazione di inammissibilità del ricorso ( pronunciata in
camera di consiglio) dalla Cassazione, con la conseguenza di rendere definitiva
la pronuncia impugnata. L'effetto estensivo dell'ambito di applicazione della
"revocazione" deriva dalla sentenza n. 207 – depositata ieri – con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 391-bis, primo comma, del
Codice di procedura civile (come modificato dall'articolo 16 del decreto
legislativo 2 febbraio 2006, n. 40) per violazione degli articoli 3 e 24 della
Costituzione, appunto, «nella parte in cui non prevede l'esperibilità del
rimedio della revocazione per errore di fatto, ai sensi dell'articolo
395, primo comma, n. 4), del codice di procedura civile, per le ordinanze
pronunciate dalla Corte di cassazione a norma dell'articolo 375, primo comma, n.
1), dello stesso Codice». In pratica, spiega la Consulta, condividendo nel suo
ragionamento le considerazioni svolte proprio dalla Cassazione che aveva
sollevato la questione nell'agosto del 2008: «(...) risulterebbe priva di
ragionevolezza la scelta normativa di circoscrivere l'istituto della
revocazione per errore di fatto alle sole ordinanze della Corte di cassazione,
le quali, all'esito della procedura camerale di cui all'articolo 375 del Codice
di rito, accolgono o respingono il ricorso nel merito o lo dichiarano
inammissibile per mancanza dei motivi o difetto dei quesiti, precludendo,
invece, la possibilità di adottare il rimedio straordinario - il cui scopo è
quello di "eliminare una decisione fondata su un accertamento la cui
verità è smentita e contraddetta dalle risultanze di causa" - in
riferimento alle altre ordinanze che abbiano dichiarato inammissibile il
ricorso per altre ragioni». Secondo la Corte costituzionale
– che ha richiamato in proposito diversi precedenti su materie affini – il
diritto di difesa, garantito in ogni stato e grado del procedimento
dall'articolo 24, secondo comma, della Carta fondamentale, «risulterebbe
gravemente offeso» se l'errore di fatto, così come descritto dall'articolo 395,
primo comma, numero 4), del codice di procedura civile (si tratta dell'errore
di fatto determinate sull'esito della controversia e risultante dagli atti o
documenti della causa) «non fosse suscettibile di emenda per essere stato
commesso dal giudice cui spetta il potere-dovere della nomofilachia». M. Bel. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA IMPUGNAZIONI Il rimedio è utilizzabile anche per la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso pronunciata dalla Cassazione in
camera di consiglio
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-10 - pag: 30 autore: Sanzioni. Decisione
a Sezioni unite Liti sul sommerso al giudice ordinario Antonio Iorio La carenza
di giurisdizione delle commissioni tributarie per le sanzioni irrogate
dall'agenzia delle Entrate in materia di lavoro nero comporta la cassazione
delle eventuali sentenze pronunciate dai giudici tributari e la rimessione
delle parti innanzi al giudice del lavoro. A stabilirlo sono le Sezioni unite
civili della Corte di Cassazione con la sentenza 15846,
depositata il 7 luglio. La pronuncia dovrebbe completare il quadro in materia
di sanzioni per lavoro nero, dopo vari interventi sia delle Sezioni unite sia
della Corte costituzionale.
La circolare interamministrativa 56/ 2002 aveva sostenuto la giurisdizione
delle Commissioni tributarie per le sanzioni amministrative in materia di
lavoro nero irrogate dall'agenzia delle Entrate. Nel medesimo senso si
erano espresse le Sezioni unite della Corte di cassazione, intervenute più
volte. Successivamente, la Corte costituzionale
(sentenza 130/ 2008) ha radicalmente mutato il quadro interpretativo desumibile
dall'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, sottraendo alle commissioni
tributarie la giurisdizione in materia di sanzioni per l'utilizzo di lavoratori
irregolari, in quanto conseguenti a violazioni di disposizioni che non hanno
natura tributaria. In particolare, la Corte costituzionale
ha evidenziato che l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie
non aventi natura tributaria comportava la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali e che
l'illegittima attribuzione poteva derivare, direttamente, da una espressa
disposizione legislativa che ampliava la giurisdizione tributaria a materie non
tributarie ovvero, indirettamente, dall'erronea qualificazione di "tributaria"
data dal legislatore (o dall'interprete) a una particolare materia. Con la
sentenza depositata nei giorni scorsi (15846/2009) le Sezioni unite hanno ora
chiarito che la carenza di giurisdizione delle commissioni tributarie determina
la necessità di cassare eventuali decisioni emesse da quei giudici e, in base
al principio della translatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale
e viceversa, occorre rimettere le parti innanzi al giudice ordinario ( giudice
del lavoro) come per le controversie in materia di previdenza obbligatoria. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-07-10 - pag: 30 autore:
Corte Costituzionale. Illegittima la norma antitrust Il marchio radio-tv
nazionale non prevale su quello locale Alessandro Galimberti Il divieto di
utilizzo di un marchio radiotelevisivo locale che ne richiama uno nazionale,
anche se il primo è più risalente o addirittura registrato, è incostituzionale. La Consulta, con
la sentenza 206/2009 depositata ieri, ha accolto il ricorso del circuito locale
«Radio Kiss Kiss Italia» contro la norma che, nel caso specifico, favoriva la
rete nazionale «Radio Kiss Kiss Network», e ha dichiarato incompatibile con la
Carta l'articolo 2, comma 2-bis, della legge 78/ 1999 («Norme per losviluppo
equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il
mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo»). La legge in
vigore, in sostanza, crea un doppio binario (locale e nazionale) per l'utilizzo
dei marchi identificativi delle emittenti, ma impone un sacri-ficio
unidirezionale, e anche retroattivo, nei casi di sovrapposizione totale o
parziale dei segni " aziendali":a perderci,stando all'articolo 2,
comma 2-bis, è sempre e solo il marchio locale, che deve cedere il passo a
quello conosciuto su una scala territoriale più vasta. Eppure in tutti i gradi
di giudizio amministrativo, Radio Kiss Kiss Italia – che trasmette nel Lazio e
in Campania in virtù della concessione rilasciata nel marzo del '94 – si era
vista superare dal network nazionale: sia l'Agcom sia il Tar del Lazio avevano
diffidato l'emittente regionale dall'utilizzo del marchio del network più
esteso (e anch'esso, tra l'altro, sostenuto da regolare licenza, comunque
successiva). Diversi i punti di «irrazionalità » della legge messi in luce dai
giudici costituzionali, a cominciare dalla retroattività dell'articolo 2: vero
è che questa «è manifestazione della discrezionalità del legislatore», ma
«l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva incontra una serie di limiti»
che salvaguardano, tra l'altro «fondamentali valori di civiltà giuridica, tra i
quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza e
la tutela dell'affidamento legittimamente sorto». Pertanto la norma è
«intrinsecamente irrazionale, perché», contraddicendo la sua stessa natura,
«confligge con la libertà economica di disporre del marchio e con la libertà
spettante a tutti di manifestare il proprio pensiero». In sintesi, l'articolo 2
della legge 78/99 riduce «l'effettività dell'accesso al mercato delle
comunicazioni alle emittenti non aventi dimensioni nazionali ». La scelta di
politica legislativa di privilegiare i network più grandi non è comunque, per
il futuro e in linea di principio, esclusa «ma è irragionevole incidere su
diritti già legittimamente acquisiti sulla base di una normativa anteriore,
quando questi ultimi non solo non contrastano con norme costituzionali, ma
concorrono a realizzarne le finalità». Invece, a oggi, per inquadrare la
questione con i motivi del ricorso, «la preferenza indiscriminata accordata
alle emittenti nazionali si risolve in un privilegio lesivo del principio di
uguaglianza, in quanto, da un lato, opera a danno di soggetti normalmente più
deboli e, dall'altro, sovverte lo statuto dell'emittenza radiotelevisiva, che
invece riconosce alle emittenti locali un pieno titolo costituzionale
per l'esercizio della loro attività». © RIPRODUZIONE RISERVATA POSIZIONE
DOMINANTE Secondo la Consulta l'articolo censurato urta con i principi di
libera iniziativa economica e di manifestazione del pensiero
( da "Corriere della Sera"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Cronache data: 10/07/2009 - pag: 23 Il difensore Consolo: attacchi
assurdi contro di me, ora è stata fatta giustizia ROMA «E' una bella
soddisfazione». Giuseppe Consolo, deputato Pdl, difensore del ministro
Matteoli, esulta per la sentenza della Corte costituzionale. «Questa decisione premia
chi ha fiducia nella giustizia. Io ero convinto di aver ragione e oggi la
pronuncia della Consulta suona come una conferma di quello che io sostenevo».
Lei aveva presentato una proposta di legge riguardante i reati ministeriali.
«Per l'esattezza, il mio progetto di legge intendeva semplicemente regolare
l'applicazione di una legge costituzionale che risale
al 1989 e riguarda, appunto, chi ha competenza a stabilire se un reato
attribuito a un ministro è commesso nell'esercizio delle sue funzioni». Ora che
la Consulta ha detto chiaramente che la decisione spetta alla Camera, la sua
proposta diventa superflua. «Infatti non è più necessario discuterla. Però non
posso dimenticare che per aver semplicemente prospettato una soluzione logica,
un modo per fare chiarezza su una materia delicata, sono diventato oggetto di
attacchi e a volte di scherno. Addirittura qualcuno è arrivato a coniare
l'espressione lodo Consolo, attribuendomi l'intenzione di voler estendere
l'immunità ai ministri anche per i reati comuni. Una cosa assurda». Lei fa
parte della giunta per le autorizzazioni che deve decidere su Matteoli. «Come
suo difensore, naturalmente mi asterrò al momento del voto». M.Ne. Pdl Giuseppe
Consolo
( da "Corriere della Sera"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Cronache data: 10/07/2009 - pag: 23 Conflitto La Consulta dà torto al
giudice: sarà la Camera a dire se il ministro sarà processato Matteoli, nullo
il rinvio a giudizio ROMA Sarà la Camera a decidere se il ministro dei Trasporti
Altero Matteoli dev'essere processato o no. Lo ha stabilito
la Corte costituzionale,
sciogliendo un conflitto che si era venuto a creare fra Montecitorio e due
uffici giudiziari di Firenze e Livorno. E' l'epilogo di una vicenda cominciata
nel 2003, quando Matteoli era ministro dell'Ambiente. Durante una telefonata,
chiese al prefetto di Livorno se fosse indagato per abusi edilizi commessi
sull'isola d'Elba. Il prefetto non aveva ancora ricevuto comunicazione
dell'indagine a suo carico. Perciò le parole del ministro furono considerate
illecite. Fu aperta un'inchiesta che contemplava i reati di favoreggiamento e
rivelazione di segreti d'ufficio. Quando però il pubblico ministero di Livorno
esaminò la faccenda gli sembrò che non comportasse reati e chiese l'archiviazione.
Invece il Gip, il giudice per le indagini preliminari, ritenne che ci fossero
le condizioni per mantenere aperto il caso. E mandò avanti il procedimento
senza chiedere l'autorizzazione a procedere. Giudicava la telefonata di
Matteoli un atto non compiuto nelle funzioni di ministro. Perciò non comportava
la necessità di un via libera parlamentare. A questo punto, però, la Camera dei
deputati insorse. Era presidente a Montecitorio Fausto Bertinotti, durante il
governo Prodi. L'aula approvò a larga maggioranza la decisione di trasmettere
il quesito alla Corte costituzionale, perché decidesse
chi deve stabilire se un reato può essere considerato ministeriale o no. In
altre parole, un magistrato può procedere contro un ministro se giudica che il
reato a lui attribuito non è stato commesso nelle funzioni ministeriali? Nel
frattempo l'avvocato Giuseppe Consolo (deputato di An), difensore di Matteoli,
aveva presentato un progetto di legge che chiariva una norma costituzionale
del 1989, riguardante appunto i reati ministeriali. Il testo non è stato mai
discusso, e ora è superato dalla pronuncia della Consulta che, secondo alcune
indiscrezioni, è stata presa a maggioranza. Il relatore della causa, il
vicepresidente Ugo De Siervo, si sarebbe dissociato, per cui sarà un altro
giudice a scrivere le motivazioni. Ora che il dilemma è stato chiarito, il caso
Matteoli dovrà essere esaminato dalla Camera. La giunta per le autorizzazioni
di Montecitorio se ne occuperà mercoledì prossimo, 15 luglio. Già nella seduta del
7 luglio scorso la giunta aveva esaminato il caso e i membri del Pdl avevano
chiesto di archiviare la pratica. Ma Donatella Ferranti, del Pd, aveva
obiettato che era imminente una pronuncia della Corte costituzionale
ed era opportuno attendere che i supremi giudici facessero conoscere il loro
parere, che ora è arrivato, e suona favorevole alla tesi di Matteoli. Marco
Nese Il ministro Altero Matteoli è accusato di violazione del segreto
istruttorio e favoreggiamento
( da "Corriere della Sera"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 10/07/2009 - pag: 1 DI PIETRO E L'APPELLO SUI
GIORNALI STRANIERI UNA STRANA IDEA DI DEMOCRAZIA di PIERO OSTELLINO S e non è
un tentativo di indurre Paesi terzi a interferire nella nostra politica
interna, è una manifestazione di sfiducia nelle istituzioni repubblicane alle
quali, come parlamentare, ha giurato fedeltà. Non ci sono altre parole per
definire l'«appello» di Di Pietro alla «Comunità internazionale» pubblicato a
pagamento sull'Herald Tribune affinché eserciti «la necessaria pressione per
assicurare che i principi della libertà democratica e di indipendenza della
Corte costituzionale siano sostenuti al fine di
impedire che la democrazia in Italia si trasformi in una dittatura di fatto».
aggiunge le prerogative del presidente della Repubblica. Già approvata dal
Parlamento e controfirmata dal presidente, sarà giudicata, il 6 ottobre, dalla Corte costituzionale. Che, poi, come scrive Di Pietro nel suo appello, «secondo il
pronunciamento di oltre 100 costituzionalisti, la legge Alfano sia stata
definita incostituzionale
perché viola l'articolo 3 della Costituzione italiana secondo il quale 'tutti i
cittadini sono uguali davanti alla legge' », è un'opinione legittima
quanto quella contraria, rientra nel fisiologico dibattito politico
democratico, ma non fa, evidentemente, testo. Antonio Di Pietro, come laureato
in legge, ex magistrato, parlamentare, tutto ciò lo dovrebbe sapere. Se con
l'«appello alla comunità internazionale » egli mostra di ignorarlo, vuol dire
non solo che non sa che cosa sia la democrazia liberale, non solo che non crede
che l'Italia lo sia, ma che ha un'idea della democrazia alquanto inquietante.
Qui, la situazione giudiziaria di Silvio Berlusconi non c'entra. Siamo di
fronte a un parlamentare che delegittima oltre che una maggioranza di governo
liberamente eletta, la qual cosa rimane ancora nei limiti del confronto
politico anche il Parlamento, il presidente della Repubblica e dubita persino
della legittimità della Corte costituzionale, che
potrebbe nei prossimi mesi respingere, senza scandalo, il lodo Alfano. Uno
spirito, quello di Di Pietro, autoritario che mal sopporta, oggi, di fare
politica dentro il perimetro costituzionale, e che
così facendo getta anche qualche ombra sul suo passato di magistrato.
postellino@corriere.it
( da "Repubblica.it"
del 10-07-2009)
Argomenti: Giustizia
ROMA - Il
vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Nicola Mancino,
auspica "la rapida adozione di misure che possano attenuare l'attuale
situazione di disagio dovuta al sovraffollamento delle carceri". Mancino
si è così espresso portando il suo saluto alla riunione del Coordinamento
Nazionale dei Magistrati di sorveglianza che si è tenuta nella Sala Conferenze
del Consiglio Superiore della Magistratura. L'ex presidente del Senato, dopo
aver richiamato i principi costituzionali che presiedono all'esecuzione della
pena (funzione rieducativa, garanzia dell'inviolabilità personale anche nei
confronti di chi è sottoposto a legittime restrizioni della libertà, divieto di
trattamenti contrari al senso di umanità), ha sostenuto che "in tale
prospettiva risulta ancora più evidente la gravità dell'attuale
sovraffollamento delle carceri, che, di fatto, si traduce in un ostacolo
all'attuazione del percorso rieducativo dei detenuti e, più in generale, alla
realizzazione dei loro diritti fondamentali e, segnatamente, del diritto alla
salute". Infine, Mancino si è soffermato sull'applicazione dell'art.41 bis
dell'ordinamento che prevede l'adozione di un regime carcerario maggiormente
afflittivo in funzione di una più efficace lotta alla criminalità organizzata.
Il vice presidente del Csm ha ricordato la delibera del 10 giugno 2009
approvata dal Consiglio che, pur esprimendo parere
favorevole alle norme del "pacchetto sicurezza" in tema di regime
carcerario duro, ha evidenziato l'obbligo di "dare attuazione ai principi
affermati dalla Corte Costituzionale e, dunque, a consentire che il regime in
oggetto venga applicato conformemente alla Costituzione".
OAS_RICH('Middle'); (10 luglio 2009