CENACOLO  DEI COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

 


Report "Giustizia"  1-7 febbraio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Giustizia

I penalisti: separare le carriere ( da "Giornale di Brescia" del 01-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Come loro siamo parti nel processo e non vediamo per quale ragione dovremmo essere solo degli spettatori». L'avv. Pellizzari valuta anche i contenuti dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. «Oltre alla terribile conta di dati negativi - commenta - non c'è un momento propositivo e costruttivo in cui si cerchi di trovare rimedi ai mali della giustizia»

tribunale, più magistrati ( da "Messaggero Veneto, Il" del 01-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: inaugurazione dell'anno giudiziario del distretto del Fvg. Una valutazione positiva sullo sblocco de processi per le morti da amianto «ma occorre risolvere il problema del sottorganico». «I problemi della giustizia goriziana sono stati dunque in primo piano ieri a Trieste durante la cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario.

DOPO la Corte di Cassazione anche nelle Corti d'Appello si sono svolte le cerimonie d'inau... ( da "Messaggero, Il (Metropolitana)" del 01-02-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Giustizia

Abstract: che proprio in tema di giustizia mescolò vino vecchio e nuovo, con gli effetti nocivi che oggi ci affliggono. Il potere giudiziario è un tramite diretto tra lo Stato e i cittadini, è il profilo più autorevole dello Stato-comunità. Non gli giova essere frammentato in corpi giudiziari separati, oltretutto con status economici diversificati.

Ma questo sovrano quando riesce ad avere leggi, che sembrano corrispondere ai suoi bisogni, ... ( da "Messaggero, Il" del 01-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: che proprio in tema di giustizia mescolò vino vecchio e nuovo, con gli effetti nocivi che oggi ci affliggono. Il potere giudiziario è un tramite diretto tra lo Stato e i cittadini, è il profilo più autorevole dello Stato-comunità. Non gli giova essere frammentato in corpi giudiziari separati, oltretutto con status economici diversificati.

Giustizia, sette anni per una sentenza ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 01-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: non incidono sul concreto svolgimento dei processi». Insomma: bisogna riformare la giustizia nel senso di garantirne il buon funzionamento pensando «a un pubblico servizio reso ai cittadini». In quest'ottica il primo problema è la riduzione «degli intollerabili tempi dei processi». Per fare questo «non occorrono modifiche costituzionali ma riforme legislative e organizzative che,

Processi troppo lenti, la Giustizia è in affanno ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 01-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: sette per un verdetto civile: il problema della Giustizia è legato alla lentezza dei processi. Nell'inaugurare l'anno giudiziario del distretto di Corte d'appello della Sardegna il presidente Vicenzo Oliveri sottolinea che i rimedi non possono essere la separazione delle carriere fra giudice pm o la divisione del Csm.

addio tribunale? tempio prepara le barricate ( da "Nuova Sardegna, La" del 02-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: accentrare i magistrati in un ufficio giudiziario più grande sono state superate dal pensiero espresso dal primo presidente della Corte d'appello. Dal suo osservatorio prililegiato Vincenzo Oliveri, che conosce alla perfezione la situazione della giustizia in Gallura, non ha infatti sollecitato (come ha fatto l'Associazione nazionale magistrati) la chiusura degli uffici giudiziari,

Anno Giudiziario 2009: l'intervento del Presidente del Consiglio Nazionale Forense ( da "AltaLex" del 02-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Italia un paese poco affidabile per gli investitori a causa del suo sistema giudiziario, a ritenere il ruolo degli avvocati del tutto marginale. La cultura giuridica di cui siamo portatori insieme con coloro che autorevolmente amministrano la giustizia, la tradizione di libertà espressa per l?appunto dal ?libero foro?

"Sulla giustizia l'accordo è difficile" ( da "Corriere Adriatico" del 02-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: partono dalla necessità di far funzionarela macchina giudiziaria: processi più rapidipene certe, nessuna leggerezza quando sono in ballo libertà e privacy" "Sulla giustizia l'accordo è difficile" Veltroni tuona contro la maggioranza: vuole indebolire l'autonomia dei giudici ROMA - "Sulla Giustizia è difficile trovare un accordo se l'esecutivo insegue solo la separazione delle carriere,

Inaugurato anche a Catanzaro l'anno giudiziario. Il Pg Iannelli: ( da "Giornale di Calabria, Il" del 02-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dei tempi della giustizia "il vero processo è quello delle indagini preliminari celebrate sui media, è una manifestazione eclatante della barbarie a cui è giunta l'Italia". Un lungo applauso tributato in piedi dai componenti della Corte d'appello di Catanzaro, della Procura generale e da tutti i partecipanti alla inaugurazione dell'Anno giudiziario ha salutato la conclusione dell'

processi civili: lentezza e confusione ( da "Nuova Sardegna, La" del 03-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: giudiziario - si sono rivelati peggiori del male, giacchè non è stata perseguita una coerente impostazione medianteuna visione generale dei problemi della giustizia». Per Oliveri «un'imponente e disordinata produzione legislativa si è sovrapposta in modo irrazionale ceusando incertezze e instabilità nella disciplina processuale e una ancor più grave precarietà sul piano organizzativo,

Tribunale, 30 tecnici e computer in tilt ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 03-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: REDAZIONALE I problemi della giustizia Nella sede di piazza De Nicola cento apparecchi fuori uso Tribunale, 30 tecnici e computer in tilt In tutto il Veneto sono solo quattro. Il processo telematico ancora fermo Quindici tecnici assunti da ditte private, ma costano il doppio rispetto ai dipendenti del ministero BARI —

Ci sono "gravi indizi" di sconquasso giustizia ( da "Famiglia Cristiana" del 03-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Il ministro della Giustizia Angelino Alfano all'inaugurazione dell'Anno giudiziario a Napoli (foto Ansa). Le cause di tale disastro sono note da anni. Attualmente le denunce più pesanti che arrivano dal mondo giudiziario riguardano la carenza di mezzi e di personale, la dispersione di tanti piccoli Tribunali in troppe località,

il tribunale militare fu un abuso di crispi - francesco renda ( da "Repubblica, La" del 05-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: Ora a conferma di quello storico giudizio esce Il processo imperfetto. 1894 I Fasci siciliani alla sbarra (Sellerio, 2008) scritto dal dottor Rino Messina, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo, che dedica 445 pagine all´esame della vicenda giudiziaria del processo celebrato dal tribunale militare di guerra istituito da Crispi.

L'attacco alla separazione dei poteri ( da "AprileOnline.info" del 05-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: dotato di enormi poteri personali come in USA o in Francia, le soglie di sbarramento che permettono solo alle grandi lobbies di accedere ai parlamenti, sono altrettante misure che colpiscono il potere legislativo la cui indipendenza, come quella del potere giudiziario, viene incessantemente ridotta a profitto del potere esecutivo.

Laudati: questa mozione peserà ( da "Avvenire" del 06-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: che si arrivi a uno scontro fra potere giudiziario ed esecutivo, in Brasile? Non proprio. Lo strumento su cui puntare è l'esercizio di un sindacato di legittimità della Suprema Corte. Che, insieme alla pressione politico-diplomatica di Europa e Italia, potrebbe indurre il presidente Lula a chiedere al suo ministro quello che tecnicamente viene chiamato atto di '

Processo penale, si cambia ( da "Giornale di Brescia" del 07-02-2009)
Argomenti: Giustizia

Abstract: ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia, la riforma «in alcune parti è dannosa, in altre insoddisfacente. Accanto a proposte utili sono state inserite soluzioni che preoccupano», come le modifiche del rapporto tra pm e polizia giudiziaria. Le deleghe, «non sono la premessa migliore per ottenere una collaborazione da parte dell'Udc»


Articoli

I penalisti: separare le carriere (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Brescia" del 01-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Edizione: 01/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:brescia e provincia I penalisti: separare le carriere A Milano inaugurazione di protesta dell'Unione Camere Penali Da alcuni anni disertano l'appuntamento. Da due ne organizzano uno tutto loro. «Di protesta e costrutto». Gli avvocati dell'Unione delle camere penali si sono ritrovati a Milano mercoledì scorso per la loro inaugurazione dell'anno giudiziario. Erano in più di quattrocento, tra loro anche Luciano Violante, Emma Bonino, Niccolò Ghedini oltre al presidente della Corte d'appello milanese Giuseppe Grechi. «A monte di questa iniziativa c'è innanzitutto una protesta nei confronti dell'appuntamento istituzionale. L'anno giudiziario che si celebra nelle sedi di Corte d'appello ci vorrebbe presenti nei panni del convitato di pietra - dice l'avv. Fausto Pellizzari presidente dell'Unione delle Camere penali della Lombardia Orientale - e questo per un malinteso senso del nostro ruolo. Noi al pari dei magistrati ci sentiamo padroni di casa in Tribunale. Come loro siamo parti nel processo e non vediamo per quale ragione dovremmo essere solo degli spettatori». L'avv. Pellizzari valuta anche i contenuti dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. «Oltre alla terribile conta di dati negativi - commenta - non c'è un momento propositivo e costruttivo in cui si cerchi di trovare rimedi ai mali della giustizia». L'inaugurazione dell'Unione delle Camere penali, nell'intento dei suoi organizzatori, si propone di «parlare dei reali problemi della giustizia». A Milano tra le altre cose si è parlato di riforma della giustizia auspicando «riforme vere e non gattopardesche». Si è discusso innanzitutto di separazione delle carriere dei giudici. «È un passaggio non più rinviabile - dice l'avv. Pellizzari - per arrivare ad un processo in cui davvero accusa e difesa siano sullo stesso piano, in modo che non ne risulti vulnerata la terzietà del giudice». L'Ucpi inoltre auspica una disciplina dell'azione penale che ne assicuri in concreto l'obbligatorietà. «L'azione penale non può essere lasciata alla discrezionalità libera del pm. Alcuni reati - prosegue Pellizzari - rischiano di non essere perseguiti». Quanto alla riforma in senso più diffuso le Camere penali italiane auspicano un nuovo codice penale e una riforma sistematica di quello di procedura penale in modo da recuperare «l'autenticità di processo di parti». «Dev'essere questa l'occasione - ha detto concludendo Pellizzari - per rimediare alle molte norme che sono state emanate nella male interpretata esigenza di sicurezza dei cittadini. Ma che in realtà spesso violano i principi costituzionali e deprimono la qualità della giurisdizione». pi. pra.

Torna all'inizio


tribunale, più magistrati (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 01-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina 3 - Gorizia «Tribunale, più magistrati» Il pg Deidda: altrimenti tutti gli sforzi saranno vanificati ANNO GIUDIZIARIO «La macchina della giustizia nel capoluogo isontino si è rimessa in moto» Dapelo ha posto invece l'accento sul grave degrado del carcere, il "peggiore del Fvg" «Chi aspettava da tanti anni che la macchina della giustizia a Gorizia si rimettesse in moto può essere soddisfatto». Questa la considerazione espressa ieri dal procuratore generale di Trieste Beniamino Deidda all'inaugurazione dell'anno giudiziario del distretto del Fvg. Una valutazione positiva sullo sblocco de processi per le morti da amianto «ma occorre risolvere il problema del sottorganico». «I problemi della giustizia goriziana sono stati dunque in primo piano ieri a Trieste durante la cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Il procuratore generale Deidda ha espresso la propria soddisfazione per la chiusura dei primi processi (in aprile c'è stata la prima sentenza di condanna) e l'accelerata impressa con nuovi rinvii a giudizio nell'ambito dei procedimenti legati alle centinaia di casi di operai dei cantieri navalmeccanici di Monfalcone morti per malattie riconducibili all'esposizione all'amianto. Deidda ha ricordato che in seguito all'avocazione dei fascicoli da parte della Procura generale sono state chiuse 42 indagini per altrettante morti di operai esposti alla fibra killer. «La magistratura - ha sottolineato - ha trovato la forza di porre rimedio ai ritardi e alla richiesta di giustizia e così ha dimostrato che il processo può avere una ragionevole durata». Secondo Deidda, però, lo sforzo dei pubblici ministeri resterà inutile se non verrà adeguato l'organico attualmente operante nel palazzo di giustizia goriziana che da anni risulta gravemente sottodimensionato. A tale proposito il procuratore generale ha ricordato gli «importanti sviluppi» seguiti all'appello che lo stesso Deidda ha lanciato lo scorso anno circa la difficile situazione del tribunale di via Sauro culminati nella visita degli esponenti della prima commissione del Consiglio superiore della magistratura che ha poi adottato una risoluzione che ritiene «indifferibile la necessità di un intervento sulla pianta organica» dell'ufficio giudicante goriziano. «C'è da sperare - ha concluso Deidda - che si possa finalmente risolvere l'annosa questione di un tribunale ampiamente sotto dimensionato». Da registrare poi, sempre nel corso della giornata di ieri, le considerazioni del presidente della Corte d'appello Carlo Dapelo che oltre a ribadire i problemi della Procura goriziana, che si trova a fronteggiare una criminalità multiforme che comprende per esempio il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ha posto l'accento sulla situazione critica del carcere di via Barzellini, giudicato il peggiore della regione, e sottolineato anche come la struttura sia inadeguata e non offra garanzie dal punto di vista della sicurezza. Piero Tallandini

Torna all'inizio


DOPO la Corte di Cassazione anche nelle Corti d'Appello si sono svolte le cerimonie d'inau... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il (Metropolitana)" del 01-02-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero, Il)

Argomenti: Giustizia

Domenica 01 Febbraio 2009 Chiudi DOPO la Corte di Cassazione anche nelle Corti d'Appello si sono svolte le cerimonie d'inaugurazione dell'anno giudiziario, con relazioni e interventi che, nel fare un bilancio non esaltante dello stato della giustizia, invocano durature e urgenti riforme. I cittadini reclamano giustizia, nelle due forme di sentenze rese in tempi ragionevoli e di contenuto corrispondente allo spirito delle leggi e al bene comune. Una giustizia tardiva è denegata giustizia, lo è egualmente una giustizia ingiusta. Siamo, ormai da troppo tempo, su quel confine della delusione e della sfiducia verso la giustizia, valicato il quale questi stati d'animo si rivolgono verso lo Stato, perché la prima delle ragioni per il patto sociale fondativo dello Stato è che lo Stato renda ai cittadini quella giustizia, che altrimenti si farebbero da sé, con la violenza privata o con la vendetta. Occorre avere chiarezza su questa origine e natura della questione giustizia, per non ridurla ad un settore circoscritto della vita collettiva, al funzionamento di un qualsiasi apparato pubblico. Quando i magistrati denunciano le disfunzioni della giustizia, sembrano richiedere riforme procedurali, amministrative, entro la cornice esistente. Governo, opposizione, gruppi di opinione e di interessi vorrebbero non sfidare i magistrati e trovare la via di riforme cosiddette condivise, che somigliano a vestiti su misura fatti dal proprio sarto personale. Occorre invece porsi domande radicali. Perché si riconosca lo Stato di diritto, basta che si registri una distinzione formale tra i tre poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario, senza interferenze e conflitti? I tre poteri sono emanazione della sovranità popolare. Il Parlamento rappresenta il popolo e legittima con il consenso del popolo il governo. La giurisdizione amministra la giustizia in nome del popolo. Ma questo sovrano quando riesce ad avere leggi, che sembrano corrispondere ai suoi bisogni, le vede poi tradotte sempre in concreti atti di giustizia? La sicurezza, che è il bene atteso dai cittadini traverso il giudice penale, è compatibile con la diversità delle iniziative e delle decisioni giudiziarie e conseguente incertezza della pena e delle sue applicazioni? Il torto e la ragione nei processi civili e amministrativi dipendono dal dettato della legge o sempre di più dal fluttuare delle giurisprudenze? Ma andiamo oltre: la stessa cultura che si apprende e tramanda e innova nelle Facoltà giuridiche non tende forse a fornire un corredo per legislatori, giudici, avvocati di soli strumenti logici e tecnici? I Romani vedevano nel diritto il bonum e l'aequum, cioè il nesso tra valori etici e razionali. La loro eredità l'abbiamo dissipata. Fosse solo quella! In Assemblea costituente si discusse se non sarebbe stato opportuno ripristinare l'unità strutturale della giurisdizione, un unico ordine di giudici civili, penali, amministrativi, contabili, militari, in un unico palazzo di giustizia, ove fosse possibile al cittadino ottenere giustizia dal giudice competente, senza impigliarsi nella selva delle giurisdizioni separate, inconveniente al quale si vorrebbe porre rimedio con un tribunale dei conflitti. Le menti più illuminate tra i Padri costituenti non arrivarono con i loro progetti al testo definitivo della Carta costituzionale, che proprio in tema di giustizia mescolò vino vecchio e nuovo, con gli effetti nocivi che oggi ci affliggono. Il potere giudiziario è un tramite diretto tra lo Stato e i cittadini, è il profilo più autorevole dello Stato-comunità. Non gli giova essere frammentato in corpi giudiziari separati, oltretutto con status economici diversificati. Nel nostro Paese l'approccio dei cittadini con la giustizia esige sempre una intermediazione tecnica in crescente iperspecializzazione. Il distacco dai comuni privati fa dei giudici e dei legali non professioni, ma caste. Il diritto va semplificato, non solo nella quantità delle leggi, e nelle esondazioni giurisprudenziali, ma nella grammatica e nella sintassi della lingua dei giuristi, che deve poter essere intesa da quanti parlano l'italiano comune. Come si vede, la questione giustizia è un'insieme culturale e costituzionale. Non facciamole un lavoro da rammendo.

Torna all'inizio


Ma questo sovrano quando riesce ad avere leggi, che sembrano corrispondere ai suoi bisogni, ... (sezione: Giustizia)

( da "Messaggero, Il" del 01-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Domenica 01 Febbraio 2009 Chiudi di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA Ma questo sovrano quando riesce ad avere leggi, che sembrano corrispondere ai suoi bisogni, le vede poi tradotte sempre in concreti atti di giustizia? La sicurezza, che è il bene atteso dai cittadini traverso il giudice penale, è compatibile con la diversità delle iniziative e delle decisioni giudiziarie e conseguente incertezza della pena e delle sue applicazioni? Il torto e la ragione nei processi civili e amministrativi dipendono dal dettato della legge o sempre di più dal fluttuare delle giurisprudenze? Ma andiamo oltre: la stessa cultura che si apprende e tramanda e innova nelle Facoltà giuridiche non tende forse a fornire un corredo per legislatori, giudici, avvocati di soli strumenti logici e tecnici? I Romani vedevano nel diritto il bonum e l'aequum, cioè il nesso tra valori etici e razionali. La loro eredità l'abbiamo dissipata. Fosse solo quella! In Assemblea costituente si discusse se non sarebbe stato opportuno ripristinare l'unità strutturale della giurisdizione, un unico ordine di giudici civili, penali, amministrativi, contabili, militari, in un unico palazzo di giustizia, ove fosse possibile al cittadino ottenere giustizia dal giudice competente, senza impigliarsi nella selva delle giurisdizioni separate, inconveniente al quale si vorrebbe porre rimedio con un tribunale dei conflitti. Le menti più illuminate tra i Padri costituenti non arrivarono con i loro progetti al testo definitivo della Carta costituzionale, che proprio in tema di giustizia mescolò vino vecchio e nuovo, con gli effetti nocivi che oggi ci affliggono. Il potere giudiziario è un tramite diretto tra lo Stato e i cittadini, è il profilo più autorevole dello Stato-comunità. Non gli giova essere frammentato in corpi giudiziari separati, oltretutto con status economici diversificati. Nel nostro Paese l'approccio dei cittadini con la giustizia esige sempre una intermediazione tecnica in crescente iperspecializzazione. Il distacco dai comuni privati fa dei giudici e dei legali non professioni, ma caste. Il diritto va semplificato, non solo nella quantità delle leggi, e nelle esondazioni giurisprudenziali, ma nella grammatica e nella sintassi della lingua dei giuristi, che deve poter essere intesa da quanti parlano l'italiano comune. Come si vede, la questione giustizia è un'insieme culturale e costituzionale. Non facciamole un lavoro da rammendo.

Torna all'inizio


Giustizia, sette anni per una sentenza (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 01-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Cagliari e Provincia Pagina 1017 L'inaugurazione dell'anno giudiziario con la relazione del presidente della Corte d'appello Oliveri e dell'inviato del ministro Giustizia, sette anni per una sentenza L'inaugurazione dell'anno giudiziario con la relazione del presidente della Corte d'appello Oliveri e dell'inviato del ministro «Chiudere il tribunale di Lanusei e ingrandire Olbia» --> «Chiudere il tribunale di Lanusei e ingrandire Olbia» Tutti d'accordo sulla diagnosi: il problema della Giustizia è la lentezza dei processi. Ma sui rimedi magistratura e politica parlano lingue diverse anche se poi vorrebbero far squadra. Cinque anni per una sentenza penale, sette per un verdetto civile. Questo è il problema della Giustizia, in Sardegna come nel resto d'Italia. Eppure si discute di separazione delle carriere e privacy, di intercettazioni e costi, di modifica del Csm e adeguamento dell'obbligatorietà dell'azione penale. Come se tutto questo potesse sveltire i processi o evitare «vicende incredibili» quale lo scontro fra le procure di Salerno e Catanzaro, motivo di «amarezza e preoccupazione». Il presidente della Corte d'appello di Cagliari Vincenzo Oliveri non potrebbe essere più chiaro: «Queste ventilate riforme attengono ai rapporti tra politica e magistratura ma non incidono sul concreto svolgimento dei processi». Insomma: bisogna riformare la giustizia nel senso di garantirne il buon funzionamento pensando «a un pubblico servizio reso ai cittadini». In quest'ottica il primo problema è la riduzione «degli intollerabili tempi dei processi». Per fare questo «non occorrono modifiche costituzionali ma riforme legislative e organizzative che, senza sacrificare le insopprimibili garanzie dell'imputato, puntino ad assicurare maggior efficienza alle procedure in vista di una decisione giusta». Non c'è una poltrona libera nell'aula magna del Palazzo di giustizia dove si inaugura l'anno giudiziario, l'ultima cerimonia di Oliveri che presto andrà a dirigere la prestigiosa Corte d'appello di Palermo. Il primo pensiero dell'alto magistrato è per il Capo dello Stato Napolitano: «Siamo solidali perché neanche lui è indenne dagli attacchi che arrivano da più parti». Quindi va al nocciolo della questione, tanto cara alla magistratura quanto dimenticata dalla politica: «La giustizia soffre non per la vana attesa di riforme quanto per il parto di numerose riforme di tipo alluvionale». I ritardi, dunque, non sono dovuti a carenze interne, che ci sono ma incidono per una piccolissima parte, ma da altri fattori: cresce il contenzioso civile, il penale fa i conti con nuove organizzazioni criminali, intanto le risorse umane sono insufficienti. Non aiuta certo il recente divieto di designare nuovi magistrati a funzioni di pm o giudice monocratico visto che, specie nelle procure, ha creato una vera e propria emergenza. «Il pm è titolare dell'azione penale, senza la sua presenza le indagini sono destinate a segnare il passo». E meno male che tutti lavorano a dispetto delle gravi difficoltà e delle gigantesche scoperture delle piante organiche, giudici e pm, togati e onorari, dirigenti e personale amministrativo: «La produttività contrasta con le inconsistenti valutazioni del ministro della Funzione pubblica fondate su dati del tutto empirici per nulla corrispondenti alla realtà». Brunetta è servito. Eppure i rimedi ci sarebbero, a cominciare dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie. «In Ogliastra non è giustificata la sopravvivenza del Tribunale di Lanusei mentre in Gallura quella di Olbia è rimasta sezione distaccata del Tribunale di Tempio nonostante la progressiva espansione urbanistica della città». Si dovrebbero poi sopprimere o accorpare gli uffici inutili del giudice di pace e, soprattutto, coprire le piante organiche del personale amministrativo: in Sardegna il tasso di scopertura supera il 22% e i presidenti di tribunale «hanno dovuto ridurre drasticamente l'orario di apertura al pubblico delle cancellerie». Insomma, secondo Oliveri, applaudito dalla platea di magistrati, avvocati e forze dell'ordine, «non dei frutti avvelenati di un conflitto permanente hanno bisogno i cittadini ma di una magistratura in grado di assicurare una giustizia efficiente. I magistrati, però, devono evitare la sovraesposizione mediatica». Ma la politica parla un'altra lingua. D'accordo su Napolitano e pure sui processi-lumaca, l'inviato del ministro della Giustizia, Sergio Di Amato, snocciola le riforme: il progetto governativo sul processo civile, gli incentivi ai magistrati che vadano nelle sedi disagiate, il pacchetto, sicurezza, l'esercito sul territorio. E la giustizia penale: il problema principale è la «gogna mediatica invincibile e insopportabile, la professionalità dei magistrati, lo spreco di denaro per intercettazioni telefoniche e ambientali». Un dialogo fra sordi. Eppure si invoca un gioco di squadra «per guardare tutti insieme al bene del Paese». Oliveri aspetta la fine dell'intervento e commenta: «Non credo si possano ottenere ottimi risultati attraverso il ddl sulla giustizia alla luce dei tanti profili di incostituzionalità». MARIA FRANCESCA CHIAPPE

Torna all'inizio


Processi troppo lenti, la Giustizia è in affanno (sezione: Giustizia)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 01-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Prima Pagina Pagina 2 Cagliari. Inaugurato l'anno giudiziario, cinque anni per una sentenza penale Processi troppo lenti, la Giustizia è in affanno Cagliari.. Inaugurato l'anno giudiziario, cinque anni per una sentenza penale --> Cinque anni per una sentenza penale, sette per un verdetto civile: il problema della Giustizia è legato alla lentezza dei processi. Nell'inaugurare l'anno giudiziario del distretto di Corte d'appello della Sardegna il presidente Vicenzo Oliveri sottolinea che i rimedi non possono essere la separazione delle carriere fra giudice pm o la divisione del Csm. Bisogna piuttosto colmare i vuoti di organico e rivedere le circoscrizioni giudiziarie. In quest'ottica il Tribunale di Lanusei andrebbe accorpato a quello di Nuoro. CHIAPPE A PAGINA 17

Torna all'inizio


addio tribunale? tempio prepara le barricate (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 02-02-2009)

Argomenti: Giustizia

di Giampiero Cocco Addio tribunale? Tempio prepara le barricate Il sindaco Pintus: «Niente chiusura, al contrario gli uffici vanno potenziati» TEMPIO. Per il sindaco di Tempio Antonello Pintu le affermazioni del presidente della Corte d'Appello di Cagliari, Vincenzo Oliveri, che nell'inaugurare l'anno giudiziario della Sardegna ha auspicato la chiusura dei tribunali di Tempio e Lanusei trasferendo i magistrati e gli uffici giudiziari a Olbia «sono l'ennesima e ingiustificata ingerenza dei giudici nelle competenze della politica, un maldestro schiaffo del potere giudiziario a quello politico. Il presidente della Corte pensi a fare il magistrato e lasci la gestione del territorio, e degli uffici istituzionali esistenti, alle decisioni del potere esecutivo». «I giudici - ha detto Antonello Pintus - sostengono d'essere nel mirino della politica, ma in questo caso sono i cittadini della Gallura ad essere nelle mire della magistratura. Non riesco a capire in che modo si potrà assicurare meglio l'amministrazione della giustizia, ed effettuare risparmi in questo settore, semplicemente spostando un tribunale esistente da un secolo e mezzo (quello di Tempio) nell'altro capoluogo gallurese, Olbia. Invito invece l'alto magistrato di Cagliari a preoccuparsi delle carenze d'organico del tribunale gallurese, sollecitando il Csm e il ministero della Giustizia per l'invio di personale amministrativo e magistrati». La battaglia per il tribunale, assicura Antonello Pintus, è soltanto agli inizi: «muoveremo i nostri passi verso il governo nazionale non appena capiremo la portata delle dichiarazioni del presidente della Corte d'appello». Il motivo di fondo della forte preoccupazione di Antonello Pintus è semplice: se Tempio dovesse perdere il tribunale - l'ufficio più importante della Gallura - anche il tessuto socio-economomico della città, già in asfissia a causa di una profonda crisi nel settore trainante, l'industria del sughero, ne risentirebbe pesantemente. I numeri del tribunale di Tempio, la cui circoscrizione comprende l'intera Gallura e parte del Goceano, sono imponenti: tra soppravvenienze e affari trattati - in campo civile, panale e del lavoro -, si posiziona al terzo posto nell'isola. L'idea - già ventilata nei giorni scorsi dall'Associazione nazionale magistrati e cassata dal secco no di Silvio Berlusconi - di sopprimere i tribunali minori (come quelli di Tempio e Lanusei) per accentrare i magistrati in un ufficio giudiziario più grande sono state superate dal pensiero espresso dal primo presidente della Corte d'appello. Dal suo osservatorio prililegiato Vincenzo Oliveri, che conosce alla perfezione la situazione della giustizia in Gallura, non ha infatti sollecitato (come ha fatto l'Associazione nazionale magistrati) la chiusura degli uffici giudiziari, ma il trasferimento e potenziamento della sede centrale nel luogo dove reati e richieste di giustizia sono maggiori, cioè Olbia e il suo vasto hinterland. Che, da soli, producono all'incirca il 77 per cento del lavoro degli uffici giudiziari.

Torna all'inizio


Anno Giudiziario 2009: l'intervento del Presidente del Consiglio Nazionale Forense (sezione: Giustizia)

( da "AltaLex" del 02-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Anno Giudiziario 2009: l'intervento del Presidente del Consiglio Nazionale Forense Relazione di Guido Alpa 30.01.2009 Commenta | Stampa | Segnala | Condividi Se si vuole accedere alla prospettiva del mercato, senza giungere agli eccessi della ?commercializzazione? della professione, ben venga una disciplina che renda più competitiva l?Avvocatura italiana rispetto a quelle degli altri Paesi europei, e anche più competitiva rispetto alle altre professioni. Costituzionale | Anno giudiziario 2009 Inaugurazione Anno Giudiziario 2009 INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CNF Roma, 30 gennaio 2009 Signor Presidente della Repubblica, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Corte costituzionale, signor Ministro Guardasigilli, signor Primo Presidente, Signor Procuratore Generale, Eminenza Autorità civili e militari porgo a loro e a tutti gli intervenuti il deferente saluto del Consiglio nazionale forense e mio personale. Nel corso del congresso nazionale forense, che si è celebrato a Bologna nel novembre scorso, si è dedicato ampio spazio ai problemi della giustizia, resi particolarmente acuti dalla perpetuazione della crisi che investe ormai da decenni la macchina processuale del nostro Paese. La situazione si è aggravata vieppiù a causa della recessione economica che ha assunto dimensioni globali e una veemenza inaspettata. La recessione produrrà inevitabilmente effetti negativi anche sul contenzioso: è prevedibile la moltiplicazione delle azioni rivolte alla tutela del credito, l?instaurazione di procedure connesse alla insolvenza delle imprese, e più generalmente una soluzione conflittuale, anziché amichevole, delle controversie. L? Avvocatura, consapevole del suo ruolo e della responsabilità che ciascun cittadino deve assumersi in questi frangenti, senza perdere la speranza, ma anzi cercando di volgere le difficoltà del momento in un ammonimento ed in uno sprone per ridare credibilità al sistema e vigore allo sviluppo economico ? come ci ha esortato il Capo dello Stato nel suo discorso di fine d?anno - intende profondere il suo impegno nel modo più rigoroso per agevolare la situazione e contenere i tempi delle fasi cruciali. Al congresso si sono esaminate le possibile vie d?uscita alla situazione che già allora si stava delineando e che nei mesi successivi si è definita con contorni più netti La stato delle cose, illustrato con la consueta precisione dal Presidente della Suprema Corte continua ad essere preoccupante. I dati or ora declinati confermano la tendenza negativa già registrata negli anni passati, come emerge anche dal Rapporto del CEPEJ che ne ha fatto oggetto di esame comparativo con la situazione in cui versa la giustizia negli altri Paesi del Consiglio d?Europa. Pubblicato nell? ottobre scorso, i dati si riferiscono al 2006; il rapporto elabora statisticamente i tempi e i modi nei quali funziona la macchina della giustizia affidata agli apparati pubblici. E? amaro constatare che la giustizia civile ? a differenza di quella penale e di quella amministrativa - connota il nostro Paese in modo non encomiabile; in alcune tabelle, ad es. in quella riguardante il numero dei procedimenti pendenti e tempi del loro esaurimento ? il nostro Paese è in coda rispetto ai Paesi dell? Unione europea, ma purtroppo rispetto anche agli altri del continente, seguito solo dalla Bosnia Erzegovina. Questi dati riflettono tuttavia solo uno spicchio della situazione complessiva. Come tutte le analisi statistiche ed economiche che tengono conto dei dati più facilmente verificabili , dà spazio ai costi senza tener conto dei benefici. Quanto ai costi, la spesa in questo settore non risulta essere inferiore a quella stanziata in Paesi economicamente forti, come la Francia, la Germania o il Regno Unito; è evidente però che là dove il numero dei procedimenti e i tempi del loro esaurimento sono ridotti l?investimento produce effetti più considerevoli. Ma credo che sia necessario correggere quell?analisi almeno sotto due profili: l?ampio ricorso alla giustizia ordinaria, che costituisce un primato per noi; e questo è il segno che, pur in condizioni difficili, ai giudici togati continuano ad affidarsi milioni di cittadini, come dimostra il numero dei procedimenti pendenti; il costo della giustizia per i suoi utenti, che nel nostro Paese è ancora tollerabile e quindi non costituisce un ostacolo al suo accesso. Sarà allora una questione di ottimale distribuzione delle risorse, di completamento dell?organico, di migliore gestione della organizzazione amministrativa. A questo programma di miglioramento stiamo lavorando, in collegamento con gli Ordini distrettuali e territoriali e con i componenti dei consigli giudiziari, che ci aiutano a monitorare il sistema e a segnalarne le manchevolezze, oltre che i possibili rimedi. Solo in questo modo il diritto alla difesa, consacrato dall?art. 24 della Costituzione, che costituisce ancora uno dei grandi meriti che si possono ascrivere alla legge fondamentale, potrà essere compiutamente applicato, come si è avuto modo di sottolineare in occasione dei numerosi incontri di studio promossi, anche per merito della Corte costituzionale, in quest?anno fecondo che ha celebrato i sessanta anni della Costituzione repubblicana. Quanto ai rimedi, l?anno appena trascorso ha recato alcune importanti innovazioni. L? Avvocatura ha dato immediato riscontro e offerto la sua disponibilità alla creazione di organismi di conciliazione e mediazione presso i Tribunali, che potranno essere gestiti dagli Ordini forensi, con la partecipazione degli avvocati in veste di conciliatori e mediatori. Questo ruolo è espletato regolarmente nell?ambito della c.d. giustizia privata; ma è svolto dagli avvocati in via di supplenza nella veste di giudici onorari, il cui numero è quasi il doppio di quello dei giudici togati. Allo stesso modo l?Avvocatura ha accolto con favore, ed è quindi disponibile a realizzare compiutamente, il progetto in allestimento di estensione del processo telematico a tutte le procedure e in tutte le sedi. Anche le riforme - annunciate al congresso dal Ministro della Giustizia - sono state accolte con favore; alcune di esse per la verità erano già state oggetto di ripetute proposte e richieste dell?Avvocatura: dalla semplificazione dei riti processuali alla riorganizzazione normativa del sistema, dalla specializzazione dei giudici alla migliore definizione dei confini della giurisdizione, e così via; temi sui quali molto si è discusso, anche in quest?aula, grazie alle iniziative seminariali promosse dal Primo Presidente. Abbiamo anche esaminato qualche testo proposto in sede governativa e abbiamo partecipato alle audizioni delle commissioni parlamentari competenti. Attendiamo ora di esaminare la versione definitiva dei provvedimenti, che è stato annunciata come imminente, e confidiamo che ci sia data la possibilità di contribuire, sulla base dell?esperienza maturata diuturnamente nelle aule di giustizia, a che il testo posto in approvazione tenga conto delle esigenze che abbiamo segnalato. D?altra parte, questo è uno dei compiti istituzionali del Consiglio, al quale non intendiamo sottrarci. Abbiamo accolto con favore la decisione di introdurre nel nostro ordinamento una azione risarcitoria collettiva che assicuri ai consumatori quello strumento processuale che la Commissione europea ha raccomandato nel piano strategico di tutela dei consumatori per gli anni 2007-2013, con il Libro verde sui rimedi collettivi [COM(2008) 794 del 27 novembre 2008] e con il Rapporto sulla effettività e sull?efficacia dei rimedi collettivi, pubblicato il 23 dicembre scorso. Attendiamo, anche in questo settore, di esaminare il testo, grati se ci sarà data la possibilità di offrire la nostra collaborazione, questa volta non sulla base dell?esperienza, che dovrà essere costruita sul campo, ma sulla base dei principi di chiarezza, coerenza, efficacia a cui dovrebbero rispondere tutti i provvedimenti normativi ed in particolare questo , la cui redazione, come abbiamo potuto constatare esaminando il testo approvato dal Parlamento e poi saggiamente sospeso, implica particolari difficoltà di natura tecnica, oltre che scelte di natura politica. Siamo ovviamente disponibili a collaborare alla applicazione del Regolamento comunitario n. 1896 del 2006, entrato in vigore il 12 dicembre scorso, sul procedimento ingiuntivo, e alla applicazione del Regolamento comunitario n. 861 del 2007 , entrato in vigore il 1 gennaio scorso , sulle controversie di modesta entità, che semplifica i procedimenti relativi a controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale; le small claims potrebbero essere anche amministrate dagli stessi organismi di conciliazione e mediazione, ai quali il legislatore potrebbe affidare i compiti giudiziali previsti dal Regolamento, e ciò per non gravare ulteriormente il carico, già gravoso, della giustizia ordinaria. Le small claims richiamano alla mente la tutela dei diritti ?deboli?: non solo dei diritti dei soggetti deboli, i malati, gli anziani, i minori, gli immigrati, i poveri, ai quali l? Avvocatura sovviene, nei limiti consentiti dall?attuale legislazione e in adempimento della sua responsabilità sociale, ma anche dei diritti che pur essendo ?forti? dal punto di vista della loro garanzia costituzionale, sono tuttavia deboli perché non trovano nella macchina della giustizia e spesso anche nell? apparato istituzionale una adeguata tutela; mi riferisco in particolare ai diritti civili e al giusto processo. Il 6 dicembre scorso, data memorabile per la proclamazione universale dei diritti dell?uomo, è stata sottoscritta a Parigi la ?Carta degli avvocati nel mondo?, promossa dall? American Bar Association, dal Barreau des Avocats di Parigi e dal Consiglio nazionale forense, per consentire agli avvocati, che per loro costituzionale professione sono paladini dei diritti di libertà, di operare ovunque siano conculcati i diritti fondamentali. E? l?ulteriore impegno che abbiamo assunto, anche a testimoniare che, al di là dell?immagine spesso riduttiva quando non denigratoria dei mass media, per la verità non condivisa dall?opinione pubblica, come è risultato da recenti indagini sociologiche, gli avvocati non perdono mai di vista il loro compito essenziale, essere cioè custodi dei diritti. Ma per esser tali gli avvocati abbisognano di moderne regole, di regole che consentano un accesso selezionato, una formazione continua accurata, un procedimento disciplinare semplificato e spedito, una amministrazione degli albi più ordinata. Abbisognano cioè di una riforma radicale della professione, che ne esalti la funzione e ne ammoderni l?organizzazione. Alcuni progetti di legge dedicati alla riforma della disciplina della professione forense pendono ora in Parlamento; mi auguro che tutte le componenti dell? Avvocatura, come convenuto nel corso del congresso bolognese, siano in grado di predisporre al più presto un testo aggiornato in materia da sottoporre al legislatore. Se si vuole accedere alla prospettiva del mercato, senza giungere agli eccessi della ?commercializzazione? della professione, ben venga una disciplina che renda più competitiva l?Avvocatura italiana rispetto a quelle degli altri Paesi europei, e anche più competitiva rispetto alle altre professioni. Il Consiglio nazionale forense, insieme con tutte le componenti associative dell?Avvocatura, da anni si prodiga per migliorare la qualità della formazione e della prestazione professionale degli avvocati e ritiene perciò errata la prospettiva di quegli organismi internazionali, come la Banca mondiale degli investimenti (con i suoi Rapporti del 2004, 2007, 2008) o l?OCSE (con il suo Rapporto sulla competizione nelle professionali legali dell? 8 gennaio 2008), che , sotto il velo della efficienza del mercato, accreditano una ideologia della concorrenza che tende a privilegiare gli ordinamenti di common law rispetto quelli di civil law, a considerare l?Italia un paese poco affidabile per gli investitori a causa del suo sistema giudiziario, a ritenere il ruolo degli avvocati del tutto marginale. La cultura giuridica di cui siamo portatori insieme con coloro che autorevolmente amministrano la giustizia, la tradizione di libertà espressa per l?appunto dal ?libero foro?, l?impegno profuso nella difesa dei diritti della persona, dei rapporti familiari, dei rapporti economici, nei processi penali equi nella misura in cui la difesa non è minorata rispetto all?accusa, nei processi amministrativi e tributari dimostrano come l?Avvocatura possa cooperare attivamente nella amministrazione della giustizia e come possa, anche in questo difficile momento, contribuire a recuperare la prosperità del Paese. E? questo rinnovato impegno che assumo, dinanzi a Lei Presidente, e alle Autorità qui convenute, a nome dell?Avvocatura. Ringrazio tutti Loro per la cortese attenzione. Commenta | Stampa | Segnala | Condividi |

Torna all'inizio


"Sulla giustizia l'accordo è difficile" (sezione: Giustizia)

( da "Corriere Adriatico" del 02-02-2009)

Argomenti: Giustizia

"Abbiamo avanzatouna serie complessiva di proposte di riforma che partono dalla necessità di far funzionarela macchina giudiziaria: processi più rapidipene certe, nessuna leggerezza quando sono in ballo libertà e privacy" "Sulla giustizia l'accordo è difficile" Veltroni tuona contro la maggioranza: vuole indebolire l'autonomia dei giudici ROMA - "Sulla Giustizia è difficile trovare un accordo se l'esecutivo insegue solo la separazione delle carriere, lo svilimento del Csm o il blocco sostanziale delle intercettazioni come strumento d'indagine". E' quanto afferma il leader del Pd, Walter Veltroni, in una intervista sul mensile "Pocket", secondo l'anticipazione diffusa dallo stesso giornale. "Tutti provvedimenti - sottolinea Veltroni - che indeboliscono l'autonomia della magistratura senza rendere più efficiente la giustizia". "Noi - ricorda Veltroni - abbiamo avanzato una serie complessiva di proposte di riforma che partono dalla necessità di far funzionare la macchina giudiziaria: processi in tempi più rapidi, pene certe, nessuna leggerezza quando sono in ballo la libertà e la privacy dei cittadini. Dal governo - sottolinea invece - non è arrivata una proposta concreta, solo molte voci e molte divisioni". "Ma - aggiunge - siamo qui, aspettiamo di avere un pacchetto di proposte definitivo e forse qualcosa, anche nella maggioranza, si sta muovendo". "Mentre in Italia c'è una preoccupante emergenza giustizia, il governo pensa a fare regali alla criminalità e a limitare i poteri d'indagine della magistratura, eliminando le intercettazioni per tantissimi reati, anche gravi": afferma invece Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera. "Siamo secondi in Europa per numero di reati commessi e tra gli ultimi nel mondo per rapidità dei processi. Dati che dovrebbero far scattare l'allarme per una vera riforma della giustizia, che garantisca tempi rapidi e certezza della pena. Ma il governo pensa alle intercettazioni, a indebolire la magistratura e a mettere il bavaglio ai giornalisti", conclude il parlamentare. "I problemi della giustizia italiana sono in gran parte di organizzazione scientifica del lavoro", di "informatizzazione, produttività, efficienza, trasparenza" - tanto che gli "italiani credono che il 90% dei problemi sta proprio in questo" - e "non sono problemi di risorse, più che in altri settori della nostra pubblica amministrazione". E' quanto ha detto il ministro della Pubblica amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, ospite di Rtl 102.5, sottolineando che "siamo ancora allo stadio pre-industriale" e chiedendo ai magistrati di cambiare "mentalità". Considerando le "spese e il numero di magistrati e addetti", l'Italia, ha premesso Brunetta, "dedica alla giustizia un pezzo di Pil, di tasse quanto se non maggiore di quello degli altri paesi europei". All'indomani dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, Brunetta ha sostenuto che "non basta dire che la giustizia è allo sfascio", serve "un'autocritica", ha aggiunto indicando che la responsabilità di ciò è "certamente della politica, di parlamento e governi, ma anche dei magistrati e operatori al 50%". FRANCO LIMIDO,

Torna all'inizio


Inaugurato anche a Catanzaro l'anno giudiziario. Il Pg Iannelli: (sezione: Giustizia

)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 02-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Inaugurato anche a Catanzaro l'anno giudiziario. Il Pg Iannelli: Un applauso della platea, su sollecitazione del Presidente della Corte d'appello, Sirena, al Capo dello Stato "offeso dalle dichiarazioni di Di Pietro" CATANZARO. "Ben vengano norme più rigorose sulle intercettazioni telefoniche: finora ne hanno abusato tutti, magistrati e giornalisti, ma questi ultimi sono forse l'ultimo anello debole della catena". A dirlo è stato il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Jannelli, intervenendo all'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Parlando sempre delle intercettazioni Jannelli ha sottolineato che "costituiscono un mezzo di indagine tanto indispensabile quanto invasivo. Occorre trovare un punto di equilibrio, garantendo l'utilizzabilità solo di quelle che hanno rilevanza penale". Al riguardo Jannelli ha suggerito di affidare la decisione sull'utilizzo delle intercettazioni, così come delle perquisizioni, ad un organo collegiale. "Il pm - ha detto il pg - non può chiedere tabulati di un'utenza che sia o si sospetta di essere di un parlamentare e non potrà disinvoltamente trasferire intercettazioni, bene o male acquisite, da un procedimento ad un altro senza rispettare le rigorose regole previste dall'ordinamento". A giudizio di Jannelli, il fatto che, a causa dei tempi della giustizia "il vero processo è quello delle indagini preliminari celebrate sui media, è una manifestazione eclatante della barbarie a cui è giunta l'Italia". Un lungo applauso tributato in piedi dai componenti della Corte d'appello di Catanzaro, della Procura generale e da tutti i partecipanti alla inaugurazione dell'Anno giudiziario ha salutato la conclusione dell'intervento del procuratore generale, Enzo Jannelli. Nel suo intervento il pg ha esordito sostenendo che la cerimonia di quest'anno ha assunto un particolare significato "perché segue le ben note iniziative dei magistrati della Procura generale che hanno ritenuto di promuoverle nell'ambito di un corretto potere-dovere secondo legge, iniziative che hanno avuto vasta eco sui mass media, con allarmati interventi, per il contesto nel quale si collocavano, della politica. Ma il coinvolgimento, in prima persona, dei magistrati della Procura generale non può e non deve intaccare più di tanto la solennità ed il significato di questo consesso, deputato a una funzione di trasparente comunicazione verso le istituzioni e i calabresi dei problemi della giustizia". Jannelli ha quindi rivolto il saluto ai partecipanti a nome suo e dei componenti dell'ufficio "che tuttora rappresento", sottolineando quel tuttora con il tono della voce. Jannelli ha anche rivendicato "con soddisfazione" la conclusione delle indagini di Why Not, un procedimento "difficile, complesso, arduo per l'impostazione originaria" chiuso invece "entro il termine di poco più di un anno dall' avocazione e superando serie difficoltà organizzative e interferenze giudiziarie". Il presidente della Corte di Appello di Catanzaro, Pietro Antonio Sirena, ha espresso nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario "il dovuto omaggio al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ringraziandolo di vero cuore per tutto quello che ha fatto per la magistratura italiana e, in particolare, dopo l'attacco ingiustificato e strumentale subito nei giorni scorsi da un politico". Il riferimento evidente del presidente Sirena e' alle esternazioni rivolte, nei giorni scorsi, dal leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, al presidente della Repubblica. Anche nel corso degli interventi successivi, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, e' stata espressa solidarieta' al Capo dello Stato. "Ci sono molte riforme da fare ma la prima deve essere quella del Consiglio Superiore della Magistratura". Lo ha detto il deputato e vice segretario vicario dell'Udc, Mario Tassone, nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a Catanzaro. "Il Csm - ha aggiunto - non può più essere lasciato in queste condizioni. Da diversi anni mi astenevo dall'intervenire all'inaugurazione dell'anno giudiziario, ma quest'anno ho deciso di farlo per la particolarità della situazione. Dagli interventi ho avvertito una certa discontinuità rispetto al passato ed allora è necessario fare qualche breve considerazione". "La riforma - ha concluso Tassone - non è contro qualcuno. Le riforme devono essere condivise da tutti quando vanno nella direzione e nell'interesse del cittadino". "Quest'anno nutro un profondo disagio per la bufera che si è scatenata nei mesi scorsi". Lo ha detto il presidente dell'Ordine degli avvocati di Catanzaro, Giuseppe Iannello, nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. "Vogliamo però - ha aggiunto - cogliere questa occasione per manifestare tutta la nostra stima alla magistratura catanzarese". Riferendosi poi ai temi di carattere nazionale, il presidente dell'ordine degli avvocati di Catanzaro ha detto che "grande è la preoccupazione di tutti gli avvocati italiani sui temi della giustizia". "La situazione - ha concluso - è completamente insoddisfacente. La carenza di organico del personale di cancelleria e dei magistrati rende difficile la possibilità di dare risposte rapide ai cittadini". Il componente del consiglio nazionale degli avvocati, Antonio Baffa, ha invece ricordato che "la giustizia va concepita non come potere ma come servizio ai cittadini". (31-01-2009)

Torna all'inizio

processi civili: lentezza e confusione (sezione: Giustizia)

( da "Nuova Sardegna, La" del 03-02-2009)

Argomenti: Giustizia

GIUSTIZIA Processi civili: lentezza e confusione Si salvano solo i giudici di pace, che decidono in media in 500 giorni CAGLIARI. Ci hanno provato ad accelerare i processi civili, a far uscire dal pantano dell'attesa infinita le centinaia di fascicoli che raccontano di vicende legate a interessi, qualche volta decisivi per il benessere di famiglie e di società. Ma «i rimedi - ha osservato il presidente della corte d'appello Vincenzo Oliveri, nella relazione d'apertura dell'anni giudiziario - si sono rivelati peggiori del male, giacchè non è stata perseguita una coerente impostazione medianteuna visione generale dei problemi della giustizia». Per Oliveri «un'imponente e disordinata produzione legislativa si è sovrapposta in modo irrazionale ceusando incertezze e instabilità nella disciplina processuale e una ancor più grave precarietà sul piano organizzativo, determinando tra gli operatori una diffusa insoddisfazione a causa dei continui interventi normativi, che anzichè incidere sulle cause dell'emergenza hanno contribuito a perpetuarla e a renderla più grave». I numeri confermano il pessimismo dell'alto magistrato, malgrado il numero dei procedimenti civili definiti nei due grado di giudizio risulti nel periodo luglio 2007-luglio 2009 in sensibile crescita: a Cagliari sono stati 6480 in tribunale, il triplo che in tutti gli altri tribunali sardi messi insieme. In appello il numero è salito a 1132, mentre i giudici di pace sono riusciti a smaltire 11.091 cause, una cifra che la dice lunga sull'importanza che l'ufficio ha raggiunto nel corso degli anni. Ma se lo sguardo passa dalla tabella dei processi definiti a quella che illustra i procedimenti pendenti e sopravvenuti, l'ottimismo scompare di colpo: nel periodo osservato erano 5194 i fascicoli pendenti, addirittura 9195 quelli arrivati all'attenzione dei magistrati civili. Come dire che l'impegno dei giudici - togati e non - basta appena a salvare la faccia, perchè il numero dei ricorsi supera regolarmente quello delle sentenze. Un problema certamente legato alle croniche carenze d'organico sia nei ruoli della magistratura che in quelli del personale amministrativo. Ma anche a un sistema ormai arretrato, che genera tenpi biblici per lo smaltimento delle pratiche più semplici: la durata media dei processi civili è oggi nel distretto sardo di 1167 giorni in primo grado, di 1268 in appello e di poco più di 500 giorni davanti al giudice di pace. Per le cause di lavoro e previdenza, che dovrebbero beneficiare di una corsia preferenziale, la durata media è di 953 giorni in primo grado e di 421 in appello, mentre nelle cause di divorzio e di separazione giudiziale i tempi raggiungono ormai la media di 302 giorni in primo grado e di 220 in secondo. Ecco perchè - come suggerisce con forza il presidente Oliveri - è necessario e urgente intervenire sulle norme, ma prima lavorare per «disincentivare attraverso sanzioni pecuniarie il vero e proprio abuso del diritto alla tutela giurisdizionale che si manifesta nella presentazione di domande strumentali, palesemente infondate e dilatorie». Oliveri non l'ha detto, ma è opinione diffusa che manchi quasi del tutto ormai la funzione di filtro che rivestivano gli studi legali: se l'avvocato era utile anche per sconsigliare l'avvio di un ricorso civile lunghissimo e dispendioso, spesso - come ha sostenuto il presidente Oliveri anche dilatorio - oggi la crescita smisurata del numero dei legali ha costretto soprattutto i professionisti più giovani a lavorare in senso contrario. Il risultato è la moltiplicazione delle cause e l'intasamento dei tribunali, sommersi da fascicoli per questioni spesso di secondo e terzo piano. Più cause, più lunghi i tempi per la risoluzione delle controversie. E a farne le spese sono molto spesso gli interessi legittimi di cittadini e di società trascinate sull'orlo della rovina proprio dalla lunghezza dei procedimenti e dal ritardo nelle decisioni. (m.l)

Torna all'inizio

Tribunale, 30 tecnici e computer in tilt (sezione: Giustizia)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 03-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Corriere del Mezzogiorno - BARI - sezione: BARI - data: 2009-02-03 num: - pag: 5 categoria: REDAZIONALE I problemi della giustizia Nella sede di piazza De Nicola cento apparecchi fuori uso Tribunale, 30 tecnici e computer in tilt In tutto il Veneto sono solo quattro. Il processo telematico ancora fermo Quindici tecnici assunti da ditte private, ma costano il doppio rispetto ai dipendenti del ministero BARI — Nel tribunale civile di Bari lavorano trenta tecnici informatici, quanti sono in tutto il Nord Italia. Anzi: negli uffici giudiziario del Fiuli sono cinque, appena quattro in Veneto. La sperimentazione Eppure proprio a Bari il progetto per il processo civile telematico è fermo da circa un anno nonostante la città fosse stata scelta nel 2006 come sede pilota per questa rivoluzione e sono decine, circa cento, i computer abbandonati perché non funzionano. «La sperimentazione è andata bene ma purtroppo ci siamo fermati», conferma Pasquale Farinola, dirigente del coordinamento informatico del distretto di Puglia e Basilicata. «Servirebbero più risorse - prosegue - e una collaborazione fra tutte le figure giudiziarie per fare un vero salto di qualità». Resta allora un rebus l'elevato numero di impiegati coinvolti nella informatizzazione dei processi e nelle altre attività legate al web. «I tecnici non sono troppi - dice Farinola - abbiamo 250 domande di assistenza al giorno, ma sono piuttosto distribuiti male». Gli esterni Nel tribunale ci sono 15 informatici interni: si tratta di dipendenti dal ministero della Giustizia e il loro stipendio si aggira intorno ai 1500 euro; un altro gruppo di 15 tecnici è esterno, cioè dipende da ditte appaltatrici che curano per lo più l'assistenza dei pc: guadagnano quasi il doppio rispetto ai primi, lavorano otto ore al giorno in gestione di server, database, amministrazione reti, gestione e manutenzione di parchi software ed hardware, formazione ed altro, in rapporto diretto con gli operatori degli uffici giudiziari. Ma vengono a costare troppo. «Le risorse non sono eccessive - incalza Farinola - ma per stare nei costi abbiamo ridotto del 40% la spesa affidata alle ditte esterne. Ad esempio - continua il dirigente - ci sono soltanto due tecnici nei quattro tribunali della Basilicata e sono effettivamente pochi, lì servirebbero rinforzi ». L'archivio Intanto i progetti per realizzare la nuova sede dell'archivio del tribunale barese sono al vaglio di una commissione costituita da tecnici del Comune e da commissari della corte d'appello di Bari. Nei prossimi giorni sarà scelto il progetto vincitore del bando pubblicato dall'ufficio edilizia pubblica del Comune un mese fa, su spinta del presidente del tribunale Vito Savino. Attualmente l'archivio si trova in un grande scantinato del palazzo del giudice di Pace al quartiere San Paolo. Contiene decine di migliaia di carte accatastate ovunque. Fascicoli che vengono lasciati anche per terra in mancanza di spazio. Valentina Marzo

Torna all'inizio

Ci sono "gravi indizi" di sconquasso giustizia (sezione: Giustizia)

( da "Famiglia Cristiana" del 03-02-2009)

Argomenti: Giustizia

di Beppe Del Colle DALLA LENTEZZA DEI PROCESSI ALLE POLEMICHE SULLE INTERCETTAZIONI CI SONO "GRAVI INDIZI" DI SCONQUASSO GIUSTIZIA Sul tema della durata dei processi la Banca mondiale ci ha classificati al 156° posto su 181 nazioni. L'Italia condivide con tutto il mondo la crisi economico-finanziaria, e con Spagna e Francia l?angosciante questione dell?immigrazione. Ma è sola alle prese con un problema Giustizia che fa accapponare la pelle. Tale questione è esplosa negli ultimi mesi ed è questa settimana di fronte al Parlamento, chiamato a discutere e votare su un progetto di legge del Governo. Sul finire della scorsa settimana le aperture dell?Anno giudiziario alla Cassazione e in tutte le 29 Procure della Penisola hanno fornito le cifre di un vero e proprio disastro, culminate in quelle che riguardano l?inefficienza e la lunghezza dei processi: la Banca mondiale ci ha classificati al 156° posto su 181 nazioni. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano all'inaugurazione dell'Anno giudiziario a Napoli (foto Ansa). Le cause di tale disastro sono note da anni. Attualmente le denunce più pesanti che arrivano dal mondo giudiziario riguardano la carenza di mezzi e di personale, la dispersione di tanti piccoli Tribunali in troppe località, i ritardi nell?informatizzazione dei servizi, l?eccesso di burocrazia, la scarsa selettività fra i reati e i conflitti aperti davanti alle corti, molti dei quali potrebbero essere risolti senza ricorso ai processi. Il risultato è che, come ha detto il procuratore Grechi a Milano, «abbiamo un "debito pubblico" di cause civili pendenti che è quasi il doppio della Germania, più del triplo della Francia, più del quadruplo della Spagna». Per di più, e proprio per questo, solo a Roma ci sono 21 mila avvocati, a fronte di 44 mila in tutta la Francia. Il quadro desolante si arricchisce con l?aumento dei reati, con la pessima condizione delle carceri, con la progressiva crescita della non effettibilità della pena, e così via. Di fronte allo sconquasso ci si aspetterebbe un esame parlamentare del progetto di legge governativo libero da pregiudizi ideologici e strettamente politici, ma c?è un ma: si tratta di un progetto che, anziché badare agli aspetti pratici e immediati del sistema, da un lato offre altri tagli di spesa (del 40 per cento in tre anni), dall?altro propone rimedi "ordinamentali", come la riforma del Csm, la separazione delle carriere dei magistrati, un robusto ridimensionamento del ricorso alle intercettazioni telefoniche e ambientali (con microspie). Moltissimi magistrati sono d?accordo col giudizio drastico del senatore Casson, già Pm a Venezia e ora capogruppo del Pd nella commissione Giustizia di Palazzo Madama: «Nessuna riforma del Csm, o la separazione formale delle carriere, o il taglio delle intercettazioni, potrà abbreviare di un solo giorno nessuno dei milioni di processi pendenti, e non renderà in alcun modo più certa l?esecuzione della pena». Il conflitto fra Governo e magistratura è stato esacerbato ultimamente dalla sorte programmata delle intercettazioni (accusate di troppe ingerenze ingiustificate nella privacy dei cittadini) di cui si accorcia la durata, e che si consentono solo in presenza di "gravi indizi di colpevolezza", mentre finora si accettavano per "gravi indizi di reato". Bruno Vespa, su Il Gazzettino, ha proposto di limitare i danni sostituendo la parola "gravi" con "sufficienti". Ma rispondono in coro i giudici: con "sufficienti indizi di colpevolezza" si possono già disporre mandati d?arresto, non c?è bisogno di intercettazioni.

Torna all'inizio

il tribunale militare fu un abuso di crispi - francesco renda (sezione: Giustizia)

( da "Repubblica, La" del 05-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Pagina X - Palermo IL TRIBUNALE MILITARE FU UN ABUSO DI CRISPI il tribunale militare fu un abuso di crispi Sellerio pubblica un saggio che ricostruisce la vicenda giudiziaria seguita alle rivolte Rino Messina, di professione magistrato, ricostruisce il "procedimento mostruoso" che doveva essere affidato a una Corte d´assise FRANCESCO RENDA L a storia non è maestra di vita e non è solita dar lezione a nessuno. Le notizie che essa fornisce del nostro passato sono tuttavia sempre necessarie, non c´è paese civile che ne sia ignaro. I Fasci dei lavo ratori del 1892-94 nella nostra storia costituiscono un momento decisivo la cui sconfitta o il cui fallimento ha dato origine e fondamento alla questione meridionale. Oggi il Mezzogiorno non ha voce per far conoscere chiaro e forte quali diritti gli siano negati. La Sicilia in particolare sembra non avere uomini della sua classe dirigente capaci di guidarla. I Fasci del 1892-94 quella voce ebbero ed ebbero anche gli uomini cha la fecero sentire con forza possente. Furono i Fasci il primo grande movimento democratico popolare verificatosi in Italia dopo il 1860. Si chiamarono Fasci perché un bastone tutti lo rompono, un fascio di bastoni non potrebbe romperlo nessuno. Nel 1890 era stata celebrata la prima giornata del 1° maggio, festa del lavoro. Nel 1891 papa Leone XIII aveva promulgato l´enciclica Rerum Novarum, nel 1892 era nato il Partito socialista dei lavoratori italiani e nel 1893 sorsero i Fasci dei lavoratori. Ogni paese, ogni città, e Palermo, Catania e Messina in particolare, ebbero i propri Fasci con centinaia e migliaia di adesioni. A creare un movimento simile erano una decina di capi siciliani, Garibaldi Bosco di Palermo, Nicola Barbato di Piana dei Greci, Bernardino Verro di Corleone, Giuseppe De Felice Giuffrida di Catania, Petrina di Messina. Quanto al programma, corrispondeva proprio a ciò che alla Sicilia era necessario. I Fasci dei lavoratori avevano fame di terra e di libertà, e sete di giustizia. Attuarono il primo sciopero agrario italiano per l´applicazione dei Patti di Corleone. Rivendicarono il suffragio universale. Chiesero la riforma della fiscalità municipale. Si dichiaravano socialisti e miravano alla rivoluzione democratica popolare della Sicilia e del Mezzogiorno. Ma a chiedere tutto questo erano 300 mila lavoratori e poiché rappresentavano una cifra allora enorme incutevano paura. Forse di questo non tutti i dirigenti si resero conto e comunque la decisione socialista di escludere dalle proprie file chiunque non fosse proletario allo stato puro provocò tra i fasci, oltre che divisione, un irreparabile isolamento. Rimasti soli, nel dicembre 1893 furono presi d´assalto dalle forze reazionarie siciliane e nazionali, appoggiate dallo Stato e in meno di 20 giorni furono uccisi dall´esercito nelle strade e nelle piazze novanta, lavoratori colpevoli solamente di dimostrazioni non autorizzate. Poi, tornato Crispi alla presidenza del Consiglio, il 1° gennaio 1894 proclamò lo stato di assedio e istituì un tribunale militare di guerra che sottopose al suo giudizio tutti i capi dei Fasci tratti in arresto, successivamente condannati a decenni di carcere. La storiografia dei Fasci è stata raccontata tuttavia più dalla vicenda politica che da quella giudiziaria. Il solo dei contemporanei che sul tribunale militare di guerra pronunciò un giudizio di fuoco fu il capo dei socialisti italiani, Filippo Turati. «La lugubre commedia è finita - scrisse sulla Critica Sociale - Il sinedrio dei servi della spada che a dispetto della legge e dei fatti usurpò nome e autorità di tribunale di guerra, ha compiuto sui nostri valorosi amici di Palermo la brutale vendetta degli usurai e degli schiavisti siciliani». Ora a conferma di quello storico giudizio esce Il processo imperfetto. 1894 I Fasci siciliani alla sbarra (Sellerio, 2008) scritto dal dottor Rino Messina, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo, che dedica 445 pagine all´esame della vicenda giudiziaria del processo celebrato dal tribunale militare di guerra istituito da Crispi. Messina esprime disappunto sul fatto che gli storici politici non abbiano dedicato attenzione al processo. Ma una analoga osservazione si potrebbe ripetere per il suo libro. Sarebbe tuttavia una osservazione impropria. Il processo davanti il tribunale militare di guerra è un avvenimento di storia giudiziaria, la storiografia dei Fasci tutta politica e sociale ne era mancante, e il dottor Messina ha il merito di porre termine a siffatta lacuna. Ne Il processo imperfetto sono riportati in maniera completa e fedele gli atti ufficiali del processo custoditi presso il nostro Archivio di Stato palermitano. E già questo riempie una lacuna. Al lettore si offre inoltre la possibilità di seguire le fasi del dibattimento processuale con capitoli dedicati alla cronistoria, allo stato di assedio, agli arresti, al tribunale di guerra, allo svolgimento processuale, alla sentenza, al ricorso in Cassazione. Tuttavia, la sostanza del libro è tutto concentrata nel capitolo Il processo imperfetto. Ma imperfetto perché? A soddisfare tale domanda concorrono una serie di osservazioni di diritto e di merito che solo un esperto magistrato poteva essere in condizione di formulare. Non era affatto pacifico, argomenta Messina, che alla proclamazione di uno stato di assedio dovesse conseguire il deferimento di tutti i reati annessi e connessi ai tribunali militari di guerra; non era pacifico che il presidente del consiglio potesse istituire tribunali di guerra straordinari, come quello disposto a carico dei Fasci dei lavoratori; e ancor meno pacifico era che a quella giurisdizione militare dovessero essere sottoposti anche estranei alle forze militari. In breve, Rosario Garibaldi Bosco, Giuseppe De Felice Giuffrida, Nicola Barbato, Bernardino Verro e tanti altri per i reati loro imputati andavano deferiti ad una ordinaria corte di assise, non a un tribunale militare di guerra. Per questo e per tutta una serie di altre ragioni, che l´autore riporta con ampiezza di argomenti, ne é risultato un processo dal «procedimento mostruoso». Il giudizio storico comune ha sempre considerato il tribunale militare di guerra un grave errore politico del presidente del consiglio Francesco Crispi. Dopo il libro del dottor Messina quello di Crispi non è più solo un errore politico, ma anche un abuso di potere. E di quell´abuso di potere non ne fu estraneo neanche il potere giudiziario.

Torna all'inizio

L'attacco alla separazione dei poteri (sezione: Giustizia)

( da "AprileOnline.info" del 05-02-2009)

Argomenti: Giustizia

L'attacco alla separazione dei poteri Giustiniano Rossi, da Parigi, 05 febbraio 2009, 16:20 Francia L'ultima riforma annunciata, in ordine di tempo, è quella che prevede la soppressione del giudice istruttore, per farla finita - dice il presidente - con la tradizionale rivalità fra il mondo politico e quello giudiziario, per svuotare il principio dell'autonomia della magistratura dal potere politico, dicono i sindacati della magistratura e l'opposizione parlamentare Non è un caso se alla grande manifestazione del 29 gennaio a Parigi in difesa del potere d'acquisto di salari e pensioni, a sostegno dell'occupazione, contro la riduzione dei pubblici funzionari e per la difesa e il rilancio dei servizi pubblici hanno partecipato i sindacati dei magistrati e perfino quelli - caso rarissimo - degli avvocati. La crisi economica dilagante - quasi 300.000 posti di lavoro perduti nel solo 2008 e prospettive ancora peggiori per il 2009 - non ha arrestato la raffica di "riforme" dovute all'iniziativa di un uomo, capo della Destra, della maggioranza governativa e presidente della Repubblica, che ripete instancabilmente che il popolo gli ha affidato un mandato che intende, costi quel che costi, rispettare. L'ultima riforma annunciata, in ordine di tempo, è quella che prevede la soppressione del giudice istruttore, per farla finita - dice il presidente - con la tradizionale rivalità fra il mondo politico e quello giudiziario, per svuotare il principio dell'autonomia della magistratura dal potere politico, dicono i sindacati della magistratura e l'opposizione parlamentare. Con l'eliminazione dei giudici istruttori tutto il potere giudiziario viene concentrato nelle mani della magistratura giudicante, cioè dei procuratori: in Francia non esiste l'obbligatorietà dell'azione penale e qualsiasi indagine può essere accantonata se il procuratore della Repubblica - magari dietro richiesta del ministro della Giustizia, dal quale dipende - lo ritiene opportuno. Fra il XVII ed il XVIII secolo, quando le rivoluzioni borghesi, prima in Gran Bretagna e poi in Francia, fecero piazza pulita dell'assolutismo monarchico, uno dei concetti fondamentali elaborati dai loro pensatori, ben coscienti del desiderio di onnipotenza di cui sono vittime i governanti, fu quello della separazione dei poteri - esecutivo, legislativo e giudiziario - radicalmente diverso da quello sostenuto da Sarkozy (e Berlusconi) che rivendica l'esistenza di un "primato della legittimità politica su tutti i poteri". Sarkozy se la prende con i giudici istruttori, definendoli "gli uomini più potenti di Francia", in realtà solo lui ha il potere di "inventare" un tribunale arbitrale che regala al pluricondannato finanziere Bernard Tapie - diventato suo convinto sostenitore dopo essere stato un sostenitore altrettanto convinto di Mitterrand - 285 milioni di euro, sufficienti a pagare i suoi debiti (cioè a farli pagare ai contribuenti ) e intascare, con la sua gentile consorte, un bonus da una trentina di milioni, o di graziare - provocando la reazione indignata perfino del "centrista" FranÇois Bayrou - l'ex prefetto Jean-Charles Marchiani, condannato a tre anni di reclusione per corruzione e sotto processo per lo scandalo delle forniture di armi all'Angola, intimo del vero padrino politico del presidente, Charles Pasqua. La soppressione dei giudici istruttori non servirà certo a risolvere anzi aggraverà il problema dell'insabbiamento dei processi dovuto alle convenienze della politica interna e internazionale, come quelli, mai celebrati perché le relative inchieste sono state chiuse, riguardanti il sospetto di corruzione di Christian Poncelet, ex presidente del Senato, i trasferimenti di denaro in Giappone attribuiti a Jacques Chirac, le fortune di dubbia origine dei presidenti africani depositate in Francia, il ruolo attribuito alla BNP-Paribas negli affari di corruzione in Congo Brazzaville e Kinshasa. In Francia, il procuratore della Repubblica dipende dal ministro della Giustizia e dunque, quando le inchieste non piacciono al potere politico, non vengono aperte o vengono archiviate: dato che appariva inopportuna un'inchiesta sul massacro degli algerini a Parigi del 17 ottobre 1961- per citare solo un caso fra i tanti - nessun processo è stato celebrato e nessuna condanna pronunciata. In realtà la soppressione del giudice istruttore rappresenta un'ulteriore tappa nella trasformazione delle democrazie occidentali in regimi sostanzialmente autoritari, dove le elezioni sono libere ma milioni di persone sono impossibilitate a esercitare questo diritto perché non hanno quello ad un'istruzione adeguata, a un lavoro stabile e correttamente retribuito, a un tetto, all'assistenza sanitaria alla portata di tutti, a una pensione sufficiente ad affrontare serenamente la vecchiaia. Il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario, l'elezione diretta del Presidente della repubblica, dotato di enormi poteri personali come in USA o in Francia, le soglie di sbarramento che permettono solo alle grandi lobbies di accedere ai parlamenti, sono altrettante misure che colpiscono il potere legislativo la cui indipendenza, come quella del potere giudiziario, viene incessantemente ridotta a profitto del potere esecutivo.

Torna all'inizio

Laudati: questa mozione peserà (sezione: Giustizia)

( da "Avvenire" del 06-02-2009)

Argomenti: Giustizia

CRONACA 06-02-2009 Laudati: questa mozione peserà DA ROMA ANGELO PICARIELLO « U n'ottimo passo, che rafforza le nostre ragioni sul caso Battisti». Il magistrato Antonio Laudati è il direttore generale della Giustizia penale, incarico che fu di Giovanni Falcone. È partito proprio dalla sua scrivania il corposo fascicolo sul caso dell'ex terrorista, che l'ambasciata italiana ha messo a disposizione dei nostri legali per il ricorso contro la mancata estradizione. «Quel provvedimento non è solo uno schiaffo alle nostre istituzioni, ma ignora anche i pronunciamenti francesi e della Corte di Strasburgo: bene ha fatto l'Europarlamento a intervenire, per tutelare non solo le istituzioni italiane. E questo atto potrà pesare». Ma il Brasile rivendica, con Lula, il diritto a una «decisione sovrana». Diciamolo subito, questo è un caso molto difficile: se fosse una questione giuridica sarebbe già risolta, dopo almeno sei pronunciamenti. Contando, al di là delle sentenze italiane, quelle delle corti francesi che hanno detto sì all'estradizione, quella della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha giudicato «inammissibile» nel dicembre 2006 l'istanza di Battisti, come opportunamente ricorda la risoluzione approvata dall'Europarlamento. Ma persino la giustizia brasiliana, convalidando l'arresto, ci ha dato ragione. E negativo era stato anche il parere del comitato consultivo del ministero dell'Interno brasiliano per i rifugiati (tre contro due). Neanche di questo ha tenuto conto il ministro della Giustizia Genro. Ma ciò dimostra che la sua concessione dello status di rifugiato è un atto solo politico. Con argomenti, peraltro, irricevibili: possiamo esser accusati di essere lenti, garantisti, ma che non si pratichi in Italia il giusto processo, proprio non si può dire. Fra l'altro è inusuale che si motivi un provvedimento del genere con un giudizio 'di sistema' sul nostro ordinamento. Peraltro noi abbiamo motivato la nostra richiesta con riferimento ai soli reati di sangue commessi da Battisti, omettendo ogni addebito sul piano politico-eversivo. E si badi bene: in base al 'principio di specialità' sconterebbe, dopo l'estradizione, solo le condanne relative a questi. Ma dal Brasile si obietta anche sul processo che lo ha condannato. Tecnicamente è vero che è stato un processo 'contumaciale', ma solo perché Battisti si è dato latitante prima della sentenza, però non sono mancate le garanzie visto che il difensore di sua fiducia ha svolto fino in fondo il mandato. E poi non lo accusano, come si è detto, solo collaboratori di giustizia. Il presidente della Corte Suprema Mendes non esclude che, pur permanendo lo status di rifugiato, possa esserci l'assenso all'estradizione. Per la conoscenza del diritto che ho mi pare impossibile puntare su questa strada, contraria alle Convenzione di Ginevra oltre che alla logica. Allora, che strada resta? Il primo passaggio da superare è la dichiarazione di ammissibilità del nostro ricorso. Ottenuta questa si aprirebbe la possibilità di contestare sul piano della legittimità la decisione del ministro Genro di dichiararlo rifugiato politico. Dobbiamo sperare, allora, che si arrivi a uno scontro fra potere giudiziario ed esecutivo, in Brasile? Non proprio. Lo strumento su cui puntare è l'esercizio di un sindacato di legittimità della Suprema Corte. Che, insieme alla pressione politico-diplomatica di Europa e Italia, potrebbe indurre il presidente Lula a chiedere al suo ministro quello che tecnicamente viene chiamato atto di 'ripensamento'. Parla il direttore della Giustizia penale che ha curato la pratica: il nostro obiettivo è un sindacato di legittimità della Corte suprema al governo brasiliano per un "ripensamento"

Torna all'inizio

Processo penale, si cambia (sezione: Giustizia)

( da "Giornale di Brescia" del 07-02-2009)

Argomenti: Giustizia

Edizione: 07/02/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Riforme La «nuova» Giustizia Processo penale, si cambia Il Cdm approva il progetto Alfano: limiti all'azione dei pm e più poteri alla difesa Berlusconi: pronti alla modifica della Costituzione per eliminare i tre gradi di giudizio ROMA«Un buon lavoro nell'obiettivo che il Governo si prefigge: un processo giusto e rapido»: così il Guardasigilli Angelino Alfano ha definito il ddl di riforma del processo penale approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Ma l'opposizione grida al «colpo di mano» per le cinque deleghe al Governo a legiferare su notificazioni, misure cautelari, sospensione del processo per gli irreperibili, elezione dei pm onorari davanti ai giudici di pace, digitalizzazione. L'Anm considera la risposta del Governo alla richiesta di efficienza «molto deludente: i processi saranno ancora più lenti». Di Pietro: si demolisce la giustizia Il premier Silvio Berlusconi parla di un «disegno lungamente elaborato, su cui c'è stato il voto unanime di tutti i ministri» ma fa notare che «manca una norma che sta molto a cuore a tutti noi: quella in base alla quale un cittadino assolto da un tribunale non possa essere più chiamato ad un secondo o terzo grado dagli avvocati dell'accusa, magari solo per puntiglio o per perseverare nella giustezza della loro accusa perchè pagati e in carriera per questo». Per il premier si tratta di «un principio di democrazia, vedremo se sarà necessaria una riforma della Costituzione, ma riteniamo che la nostra riforma non sarà completata fino a quando non ci sarà anche questo tassello». Parole che fanno infuriare il leader di Idv Antonio Di Pietro: «Provvedimento dopo provvedimento si procede a ritmo forsennato verso la demolizione della giustizia in Italia». «Se è vero - continua l'ex pm - che un giudice può sbagliare una prima volta, può sbagliare sia nel condannare che nell'assolvere. È bene che vi sia un doppio controllo prima di assolvere o condannare qualcuno». I punti qualificanti del provvedimento riguardano i limiti all'azione del pm, la maggiore autonomia «restituita» alla polizia giudiziaria, più poteri alla difesa degli imputati. «Abbiamo come obiettivo, che si consoliderà nella proposta che faremo a breve di riforma della Costituzione, la perfetta parità tra accusa e difesa», ha spiegato Alfano. Il ministro è certo che sarà più efficace la lotta alla piccola criminalità «con la riattribuzione alla polizia giudiziaria di compiti e funzioni che per 40 anni aveva svolto con grande efficienza». Ci sono poi «misure di pura efficienza»: gli uffici giudiziari dovranno comunicare ogni tre mesi il dato del loro rendimento, e i risultati saranno pubblicati on line perchè sia chiaro «quali uffici vanno bene e quali male». «Di importantissimo rilievo» sono definite l'introduzione della regola della comunicazione online nel processo penale e civile; la digitalizzazione della giustizia e «le misure che sgraveranno da formalismi e consentiranno risparmi». Alfano tiene a sottolineare che «le forze di sinistra e l'opposizione come l'Udc ma anche l'Anm potranno ritrovare in questo testo le proposte che hanno formulato in questi mesi». Ma è proprio dall'opposizione, in particolare da Italia dei Valori, che arrivano le bordate più pesanti. Di Pietro considera «assurde» le cinque deleghe al Governo e contesta che i viceprocuratori onorari debbano essere eletti dal popolo perchè si corre il rischio di persone che per essere elette «finirebbero per fare accordi di lobby politica con l'elettorato di riferimento». Quanto ai limiti al rappresentante dell'accusa, l'ex pm di Mani Pulite dice che impedirgli di acquisire autonomamente le notizie di reato lo relega «al ruolo di notaio delle indagini svolte dalla polizia, che come è noto dipende dall'Esecutivo». L'Udc: no alle deleghe Per il Pd, secondo il ministro-ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia, la riforma «in alcune parti è dannosa, in altre insoddisfacente. Accanto a proposte utili sono state inserite soluzioni che preoccupano», come le modifiche del rapporto tra pm e polizia giudiziaria. Le deleghe, «non sono la premessa migliore per ottenere una collaborazione da parte dell'Udc», dice Michele Vietti. «Non vorremmo che anche in una materia così delicata come la Giustizia - dice - l'Esecutivo fosse colpito dalla sindrome dell'autosufficienza». Boccia il ddl Giovanni Russo Spena, responsabile giustizia di Prc, definendolo «una controriforma». Dalla maggioranza, Maurizio Gasparri plaude al ddl, «tassello fondamentale per quella che presto sarà la riforma organica di tutta la giustizia». Il capogruppo della Lega Nord Roberto Cota evidenzia i due obiettivi portati a casa dal Carroccio: l'elezione dei pm presso i giudici di pace e l'allargamento delle competenze delle Corti di assise, a cui partecipano i giudici popolari, «passaggi importanti per la costruzione di una giustizia amministrata in nome del popolo».

Torna all'inizio