Il Papa:
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20Abstract: G20 di Londra, il Papa aveva scritto una lettera a Gordon Brown invocando attenzione per l' Africa e «gli altri Paesi meno sviluppati ». Il mondo deve «volgere lo sguardo» al continente dimenticato e coinvolgerlo nelle decisioni, come ha detto nel suo viaggio in Camerun e Angola: «Le nazioni africane siano viste non solo come destinatarie dei piani e delle soluzioni elaborate da>
Le banche e il capitale
delle imprese ( da "Corriere
della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: 22 G20 E «TREMONTI BOND» Le banche
e il capitale delle imprese di MASSIMO MUCCHETTI I l G 20 di Londra ha
stanziato altri 1100 miliardi di dollari per rilanciare il credito, la crescita
e il lavoro. Ma alla Confindustria bastano le misure già prese dal governo
italiano, a saldi sostanzialmente invariati di finanza pubblica,
PALAZZO GRAZIOLI
BERLUSCONI GIOCA IN CASA ( da "Corriere
della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: durante il G20 di Londra, ha
ottenuto che il suo incontro con il presidente russo Dmitrij Medvedev avesse
luogo all'Ambasciata degli Stati Uniti piuttosto che all'ambasciata di Russia.
È questa la ragione per cui la Svizzera è diventata il luogo preferito per gli
incontri internazionali bilaterali quando nessuno dei due Stati vuole lasciare
all'
Anche a Londra il buon
Obama sotto le aspettative ( da "Giornale.it,
Il" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: I grandi del G20 londinese non
hanno riconosciuto nel Grande Taumaturgico nessuna di quelle virtù che gli si
attribuivano: non la leadership politica e morale, non il potere carismatico e
nemmeno quell'aura che mette l'interlocutore in soggezione. Avesse ragione lei,
caro Granzotto?
Ma Obama non è Kennedy
( da "Giornale.it, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Anche al G20 di Londra, al posto
del richiesto «stimolo fiscale globale», aveva ottenuto solo più fondi per il
Fmi, anche a Londra Barack Obama ha scelto di fingersi soddisfatto,
valorizzando gli aspetti multilaterali, come il ritorno della Francia nella struttura
militare atlantica, l?
Il premier a Mosca con gli
imprenditori ( da "Giornale.it,
Il" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Sicuramente un'immagine da
ricordare, insieme a quella del G20 che ha appena immortalato un Silvio
Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il
capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione che
l'Italia vuole svolgere per il disgelo tra Mosca e Washington.
I "trafficanti di
uomini" ( da "Giornale.it,
Il" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: inizia il G20. Il Papa scrive a
Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al
premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche
passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che
lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare
gli Stati che rappresentano il 90%
Piazza Affari, volano
Unicredit e Fiat">Borse in rialzo, continua l'effetto G20 Piazza
Affari, volano Unicredit e Fiat ( da "Affari
Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Economia Mercati/ Continua
l'effetto G20: Borse Ue in rialzo Lunedí 06.04.2009 09:12 Le misure adottate
dal G20 continuano a fornire un supporto psicologico ai mercati. Avvio in
deciso rialzo per i listini Ue. A Londra l'indice Ftse 100 avanza dello 0,58% a
4.052,86 punti. A Milano il Mibtel sale dell'1,09% a 13.
Obama umile, mediatore e
informale. L'analisi ( da "Affari
Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: G20 / Obama umile, mediatore e
informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica
05.04.2009 12:48 Di Alessandro Luigi Perna Rivoluzione G20 al vertice di
Londra: nessuno vince ma il mondo non è più lo stesso. Ci eravamo infatti
abituati allo scontro ideologico ed eventualmente armato tra comunismo e
capitalismo,
Obama umile, mediatore e
informale. L'analisi pag.1 ( da "Affari
Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: G20 / Obama umile, mediatore e
informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica
05.04.2009 12:48 Ma a Londra è stata anche sancita per l'ennesima volta la
distanza tra Europa e America e la mancanza di coesione nell'Unione Europea, un
limite che non le consente di influire sui destini del mondo pur producendo il
22,
Le FMI compte sur la
reprise au premier semestre 2010 ( da "Monde,
Le" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Ce G20 n'est ni un succès, ni un
échec" Revue de presse Après le G20 : "Il faut maintenant transformer
l'essai" Décryptage G20 : quatre orientations décisives pour essayer de
sauver l'économie mondiale Edition abonnés Thématique : Les enjeux du G20 Sur
le même sujet Compte rendu Rémunération des patrons : Christine Lagarde d'
Barack Obama en Turquie
pour resserrer les liens avec un "allié stratégique"
( da "Monde, Le"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Sur
le même sujet Eclairage Sommets du G20 et de l'OTAN : la méthode Obama
Décryptage "Un nouveau départ" dans les relations russo-américaines
Eclairage Un pas vers la réduction des armements nucléaires Réactions Le
rapprochement russo-américain désoriente Varsovie Les faits Washington et Pékin intensifient leur
coopération Portfolio Etats-Unis-Iran : trente ans de face-
Mr. Geox e gli ospiti del
principe Carlo ( da "Corriere
Economia" del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Geox e gli ospiti del principe
Carlo Cena al G20. Le «vacanze» di Beniamino Anselmi A fare gli onori di casa,
come da protocollo, è stata la Regina Elisabetta . Ma dietro le quinte del G20
si è dato da fare anche Carlo. Il Principe di Galles ne ha approfittato per
invitare a colazione a Buckingham Palace un gruppo ristretto di manager e
industriali impegnati nell'ambiente,
Il check up di primavera
( da "Corriere Economia"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: inaspettata ripresina delle vendite
di auto e agli impegni presi dai leader politici del G20. Un'inedita voglia di
ottimismo? L'inflazione e i tassi di interesse continueranno 3 a scendere? Per il momento
sì. Jean-Claude Trichet, dopo aver annunciato giovedì scorso il taglio del
costo del denaro in Europa, ha chiarito che l'1,25% potrebbe non essere il
livello minimo.
Con le commodity torna la
speranza ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: ZAMPAGLIONE Mentre il presidente
cinese Hu Jintao partecipava a Londra ai lavori del G20 e mentre, proprio alla
vigilia del vertice di Londra, incontrava per la prima volta Obama, Pechino
continuava a fare incetta di metalli non preziosi, a cominciare dal rame, di
cui è già il maggiore acquirente mondiale. Sempre la settimana scorsa la China
Minmetals ha raggiunto un accordo per rilevare,
La notte buia che il G20
non illumina ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: 1 La notte buia che il G20 non
illumina MARCELLO DE CECCO A che punto è la notte? Ancora molto lontana
dall?alba, a stare ai dati che vengono dall?economia. In un crescendo di
pessimismo il Fmi ha dato in pochi mesi tre previsioni sul pil mondiale,
ciascuna peggiore della precedente.
Il purgatorio dell'Ocse
per i paradisi fiscali ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: far sperare di salvare il salvabile
nonostante il G20 di giovedì scorso abbia lanciato il roboante annuncio sulla
"fine di un'epoca". Una speranza condivisa tanto da chi negli
impenetrabili istituti di credito offshore occulta le proprie ricchezze, quanto
per i loro angeli custodi. Una montagna di soldi che, contando anche i centri
extraeuropei supera i 7000 miliardi di dollari,
Ma sull'oro si abbatte la
"scure" delle vendite dell'Fmi
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: Cos?è successo? Che a Londra il G20
ha autorizzato il Fondo Monetario a vendere parte delle sue riserve in oro per
reperire le risorse necessarie ad aiutare i paesi in difficoltà. Scopri come
ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
Ottovolante L'operatore
anziano e l'entusiasmo dei mercati ma il rally è già finito
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: a sorpresa, del G20 di Londra. Ma i
mercati, nella loro follia, forse qualcosa avevano capito ? commenta
l?Operatore Anziano visto che negli ultimi due mesi sono saliti del 25 per
cento, quasi avessero fiutato che tutto sarebbe finito bene (e non male, come
erroneamente, si riteneva).
San Marino, tra inchieste
e scandali l'età dell'oro è finita già da un pezzo
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)"
del 06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: E la pressione del G20 contro i
paradisi fiscali che ha inserito San Marino nella lista grigia. «Un paradiso?
San Marino lo era, oggi non lo è più. Le sue banche sono sputtanate sorride il
tabaccaio Hisham che vende sigarette 50 centesimi meno care dell?Italia gli
unici vantaggi per i due milioni di turisti che ci visitano ogni anno oltre ai
tabacchi,
Foto di gruppo per sancire
un annuncio "storico" ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)" del
06-04-2009)
Argomenti:
G 20
Abstract: immagine del G20 svoltosi a a
Londra la scorsa settimana. Oltre alle risorse economiche, i mille miliardi
messi in campo per contrastare la crisi, sono state prese importanti decisioni
sulle regole dei mercati, le più importanti delle quali riguardano una
soluzione all?
( da "Repubblica, La"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Pagina 9 -
Interni Berlusconi annuncia: Obama mi ha invitato "Prepareremo il
G8". Ma la data non c´è. Turchia nella Ue: la Lega rilancia il no Italia
"scavalcata" da Zapatero, che ieri ha incontrato il presidente
americano CLAUDIO TITO DAL NOSTRO INVIATO PRAGA - «Il presidente Obama mi ha
invitato a Washington e ci andrò prossimamente, la data è ancora da definire».
All´appuntamento ci lavorava da tempo. In questi giorni aveva provato a
stringere i tempi. Alla fine, dopo il sumit Ue-Usa di Praga, Silvio Berlusconi
ha ottenuto uno spiraglio nell´agenda del presidente americano. I dettagli non
sono stati ancora puntualizzati. A Palazzo Chigi sperano che l´incontro si
possa tenere prima del G8 della Maddalena fissato per luglio. «Comunque - ha
ripetuto il premier - ci siamo parlati un mare di volte in questi giorni.
D´altronde c´è una consonanza tale di vedute che sarà solo una visita di
cortesia, come presidente del G8 e per preparare i temi del G8». Eppure, per
Palazzo Chigi non sembra affatto una tappa «di cortesia». Gli uomini del
Cavaliere hanno provato a organizzare il faccia a faccia fin da novembre, dal G20 di
Washington. Il consigliere diplomatico di Berlusconi, Bruno Archi, è volato più
di una volta nella capitale statunitense per prendere contatto con lo staff
«obamiano». E l´ambasciatore italiano, Castellaneta, ha ripetutamente cercato
di inserire Berlusconi nel calendario della White House. In questi
giorni di vertici internazionali, il nostro presidente del Consiglio è stato
l´unico membro del G8 che non ha ricevuto udienza dall´inquilino della Casa
Bianca. Che invece ieri, nell´ultima giornata trascorsa a Praga, ha incontrato
perfino il premier spagnolo Zapatero e a quello greco Karamanlis. Una
situazione che ha creato più di un nervosismo nella squadra berlusconiana.
Tant´è che il nostro premier ha sferrato ieri l´ultimo approccio chiedendo
esplicitamente un appuntamento. E ricevendo un sì, per ora vago: «Prima o poi».
E´ però bastato a Berlusconi per sdrammatizzare: «Gli ho detto, ridendo, che i
giornalisti italiani attribuiscono molta importanza al fatto che non c´è stato
questo bilaterale. E poi gli ho detto: se me lo chiedi, io te lo concedo... «.
Del resto, in questi giorni il mirino del Cavaliere è puntato sui giornali.
Dopo lo sfogo di sabato, anche ieri non ha nascosto ai suoi collaboratori di
non aver gradito affatto i titoli dei quotidiani. Sta di fatto che in questi
giorni Berlusconi ha tentato in ogni modo di avvicinare Obama. A Londra lo ha
chiamato ad alta voce e ha improvvisato la foto insieme a Medvedev. Ieri,
invece, gli ha fatto «i complimenti: Barack ha confermato tutte le aspettative
nei suoi confronti e ha fatto veramente un´ottima impressione a tutti noi per
la sua visione, la sua saggezza, la sua chiarezza e anche per la sua umiltà,
per il suo modo di proporsi che ci ha colpito profondamente». «Io e il
presidente degli Stati Uniti - ha insistito - abbiamo poi detto esattamente le
stesse cose anche sulla crisi: non dobbiamo lasciare a casa nessuno di quanti
perdono il posto di lavoro». Non solo. Anche le banche e i «grandi gruppi
industriali» non vanno abbandonati al loro destino. In una certa misura
Berlusconi ha voluto tendere la mano a Washington anche sul capitolo
Afghanistan: «La priorità è la sicurezza delle prossime elezioni, per
dimostrare a tutti, anche al popolo afgano, che non si torna indietro». A suo
giudizio, inoltre, l´Ue può aiutare a costruire un accordo di libero scambio
con il Pakistan anche se, al contrario dell´Iran, «l´arma nucleare ce l´ha già:
non dobbiamo preoccuparci solo per l´Iran». Gli Stati Uniti e l´Unione europea,
insomma, devono essere «diffusori di civiltà e democrazia» intervenendo per
sanare «le ferite che si aprono nel mondo». Pure sull´ingresso della Turchia
nell´Ue, il Cavaliere si è schierato con Obama contro la Francia e la Germania.
Ritiene che si possa raggiungere un «compromesso» per cui Ankara sarà un membro
dell´Unione «ma si rimanda la possibilità di un libero flusso dei cittadini».
Su questo punto, però, il premier dovrà fare i conti in casa con la Lega.
«Sulla Turchia - ha avvertito subito il ministro Roberto Calderoli riferendosi
al presidente Usa - decidiamo noi europei. Se vuole, la faccia entrare negli
Stati Uniti». Prima di lasciare Praga, infine, il premier italiano è tornato
sul ruolo svolto nella nomina di Rasmussen al vertice della Nato. «Mi hanno
ringraziato tutti - è il suo vanto - . Senza il nostro intervento, non ci
sarebbe stata questa nomina».
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Pagina 7 - Esteri
La disputa sulla Porta d´oriente Il mondo musulmano valeva bene una messa,
ossia una polemica con alcuni grandi alleati europei Dopo l´arroganza di Bush,
Obama seduce con il suo stile: la superpotenza diventa comprensiva (SEGUE DALLA
PRIMA PAGINA) Diciamo che ha dimostrato i suoi limiti. Prima di partire per
Istanbul, prestigioso balcone sul mondo musulmano, Obama ha sostenuto
l´ingresso della Turchia nell´Unione Europea, ben sapendo quante controversie
susciti la questione nelle nostre capitali, e non ignorando lo stallo dei
negoziati cominciati quattro anni fa. Nonostante questo il neo presidente
americano ha rilanciato l´idea, una delle poche condivise con il suo
predecessore, e ha affrontato il rifiuto netto di Nicolas Sarkozy e quello più
sfumato di Angela Merkel. I quali sono arrivati, diversi ma puntuali. Tanto era
inevitabile, e opportuno, il messaggio propiziatorio lanciato ai turchi prima
di arrivare sulle sponde del Bosforo, tanto era scontata la reazione
franco-tedesca. Il mondo musulmano (sul quale Barack Obama si affaccia in
queste ore) valeva bene una messa, ossia una polemica con alcuni tra i maggiori
alleati europei. La grande apertura politico - diplomatica promossa dal neo
presidente appena entrato alla Casa Bianca tende ad attenuare, ad annullare
quello che è stato chiamato (a nostro avviso in modo improprio) lo scontro tra
civiltà, tra l´Occidente e il mondo musulmano, tradottosi dopo l´11 settembre,
negli anni di Bush jr, in veri e propri conflitti, e in una profonda avversione
nei confronti degli Stati Uniti d´America in una regione strategicamente
essenziale. Dopo avere celebrato, in gran pompa, il sessantesimo compleanno
della Nato, che può apparire come una santa alleanza occidentale di fronte
all´Oriente musulmano ostile o in ebollizione, la visita in Turchia vuole anche
smorzare questa impressione. è vero che la Turchia è uno storico caposaldo
dell´Alleanza atlantica, e la stretta qualifica di «nazione musulmana» le si
addice soltanto in parte, essendo una Repubblica laica. Come del resto è un
paese in bilico tra l´Europa e l´Asia. Ma il rifiuto di ammetterla nell´Unione
europea assume un significato assai più vasto. Suscita inevitabili risentimenti
anche fuori dai suoi confini, nel mondo musulmano, che si sente respinto.
Insomma la tappa sul Bosforo ha per Barack Obama un notevole valore. E dovrebbe
avere una forte eco nella vasta regione che si stende a Oriente. La Turchia è
inoltre al centro della ragnatela di rapporti discreti o segreti tessuta dalla
diplomazia americana in Medio Oriente e nell´Asia centrale, subito dopo
l´investitura di Obama. Afgani e pakistani si incontrato questa settimana ad
Ankara. E sempre Ankara svolge un´intensa opera di mediazione tra Israele e la
Siria; ed anche tra gli Stati Uniti e l´Iran; e, insieme all´Egitto, tra Hamas
e l´Autorità palestinese. è attraverso la Turchia che le truppe americane
dovrebbero transitare lasciando l´Iraq. Un passaggio che provocò una grave
crisi con gli Stati Uniti, quando Bush jr attaccò Saddam Hussein nel 2003.
Quella guerra inquinò i rapporti tra la superpotenza e il fedele alleato,
preoccupato, anzi colto dal panico, all´idea che dal caos iracheno potesse
nascere uno Stato curdo, e di riflesso una secessione dei curdi di Turchia. Il
messaggio lanciato da Barack Obama era dunque largamente motivato. E la
scontata replica franco-tedesca, di fronte all´intrusione americana negli
affari europei, poteva essere digerita. Nicolas Sarkozy ha reagito dicendo
«quelli sono affari nostri». Nella forma è stato garbato nella sostanza è stato
fermo. Fino allora l´arte del compromesso aveva consentito ragionevoli,
intelligenti, mutue concessioni. Senza intaccare la global regulation del
sistema finanziario basato sul liberismo (come hanno scritto insieme New York
Times e Wall Street Journal) Barack Obama ha favorito, al G20 di Londra, la «moralizzazione» del
sistema invocata da francesi e tedeschi, rinunciando a imporre gli stimoli
fiscali chiesti in partenza. Dal compromesso (confortato dai miliardi
supplementari di cui è stato dotato l´FMI) è nato un grande successo
psicologico senz´altro utile a ristabilire la fiducia. Ed è dimostrando
comprensione che più tardi, alla riunione della Nato, Barack Obama ha accolto i
rifiuti europei di aumentare sul serio la loro presenza in Afghanistan. Lo
stile Obama, dopo l´arroganza di Bush jr, ci ha ampiamente sedotto. Con lui la
superpotenza è diventata comprensiva. Ma c´è un limite. La questione turca,
nonostante la posizione franco-tedesca, divide i paesi membri dell´Unione.
L´idea espressa dal presidente americano non è quindi in contrasto con quelle
di tutti gli europei. La Spagna è in favore della Turchia. Per Zapatero
l´Europa acquisterebbe un valore strategico che oggi a volte le manca. Madrid
non ha torto. Londra e Roma pensano più o meno la stessa cosa. Sono favorevoli.
Parigi e Berlino sono contrarie per motivi interni. I francesi hanno votato
«no», al referendum sulla costituzione europea, anche perché gli
antieuropeisti, contrari all´immigrazione, fecero credere che si trattava di
una tappa verso un´invasione di lavoratori musulmani turchi. è stato il tono
della reazione di Nicolas Sarkozy a rivelare che la seduzione dell´ospite
americano stava perdendo la sua efficacia. Il presidente francese ha detto in
sostanza ad Obama di non intromettersi negli affari interni europei, anche se
quel che suggeriva non era in contrasto con le idee di molti europei. è stato
come se volesse ridimensionare, porre dei limiti al fascino esercitato da Obama
nei giorni che ha passato sul Vecchio Continente. Giorni in cui ha
involontariamente messo in luce lo scarso fascino dei colleghi europei. Adesso
basta, ne hai fatto troppo, gli ha detto , quasi fosse geloso, Sarkozy.
Torna all'inizio
( da "AmericaOggi Online"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Politichese e
politica. Lo scontro a distanza tra Berlusconi e Franceschini di Federico
Guiglia 06-04-2009 Il confronto a distanza conferma che tutto li separa,
perfino la scelta dei temi su cui polemizzare. Se il presidente del Consiglio,
Silvio Berlusconi, punta sulla politica estera, Dario Franceschini, il leader
del Pd, preferisce la politica interna. È come se maggioranza e opposizione
ormai viaggiassero su binari diversi, e con obiettivi diversi. Il Cavaliere ha
bisogno di costruire con Obama il rapporto che aveva con Bush, e di continuare
a esercitare, anche in vista del prossimo G8 che si terrà in Italia, un ruolo
differente rispetto a quelli del duo Merkel-Sarkozy in Europa. Da qui
l'intervento italiano per contribuire a far digerire alla Turchia la nomina del
danese Rasmussen alla segreteria generale della Nato; oltre che per far
accettare ai francesi e pure ai tedeschi, quando sarà, l'ampliamento
dell'Unione europea alla Turchia stessa. Berlusconi vuole ritagliarsi in campo
internazionale quel credito che gli oppositori gli negano in ambito nazionale.
Molto diversa è l'esigenza di Franceschini, il leader del Pd che in due mesi
-da oggi al voto europeo- si gioca tutto, e che perciò ha bisogno di cavalcare
ogni genere di malcontento anti-governativo: dalla manifestazione in piazza con
la Cgil, alla manifestazione d'ironia con cui ieri ha liquidato la brutta
polemica aperta dal presidente del Consiglio coi giornalisti italiani.
"Minaccia misure dure", ha detto Franceschini, "perché i giornali
riprendono le sue gaffe. Ma nessuno si spaventa più per le sue minacce. Lui va
ai vertici come se fosse in gita scolastica". Ha reagito anche il
sindacato dei giornalisti, definendo di "inaudita gravità" le parole
del Cavaliere. Franceschini attribuisce il nervosismo di Berlusconi
all'"inesorabile fine del suo ciclo politico". Tuttavia, così
dicendo, si guadagna a sua volta l'ironia del portavoce di Berlusconi, secondo
il quale il ciclo che sta finendo in Italia "è quello della sinistra"
(Paolo Bonaiuti). Come si vede, siamo già in campagna elettorale. Anche questo
dovrebbe suggerire a presidenti e ministri di non polemizzare mai, quando si
trovano all'estero e per missioni internazionali, su quel che avviene nel
cortile di casa. Ma l'abitudine malsana s'è incrostata da decenni, e non c'è
verso di sradicarla. E così diventa sempre più arduo per tutti distinguere il
politichese dalla grande politica. Per esempio nell'annuncio dato dal
presidente del Consiglio sull'invito ricevuto da Obama per andare in America, e
sulla sintonia tra i due presidenti "su tutto", al
termine dei vertici del G20
a Londra e della Nato a Strasburgo che si sono susseguiti. Del resto, anche
Franceschini, attaccando in contemporanea e con durezza l'alleato Antonio Di
Pietro che si candida alle europee ("voti e preferenze buttati via"),
dimostra che la contrapposizione è entrata in una seconda fase. Nella
prima riguardava, e ancora riguarda la crisi economica con tutte le sue ricette
per affrontarla. E si svolge a due tesi. "Misure di pura propaganda",
dice l'opposizione delle scelte del governo. "L'Italia resiste meglio
degli altri Paesi", replica l'esecutivo. Inutile illudersi: ognuno resta
convinto della propria idea. Ma forse la verità dei fatti sta a metà delle due
versioni, come spesso succede in politica. Adesso la nuova sfida fra
centrodestra e centrosinistra è sul come raccogliere il maggiore consenso
possibile degli italiani, elettori prossimi di europee e di amministrative. E
quindi anche le battute, le telefonate, i minuti passati o non passati da
Berlusconi con Obama, tutto finisce nel calderone bollente dello scontro fra
schieramenti. www.la7.it/guiglia
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi di CARLO JEAN L'ITALIA ha certamente avuto un ruolo positivo nel
ritiro del veto della Turchia alla nomina del primo ministro danese, Anders
Fogh Rasmussen, a Segretario generale della Nato. Esso veniva giustificato dai
turchi con l'affermazione che Rasmussen non desse sufficienti garanzie di saper
trattare efficacemente con il mondo islamico. Non si era infatti scusato per la
pubblicazione, nel 2006 in
Danimarca, di vignette su Maometto. Non era poi intervenuto per oscurare una Tv
curda, che attaccava il governo di Ankara. Il rifiuto di nominare Rasmussen
avrebbe messo in serie difficoltà il presidente Obama. Esso avrebbe compromesso
l'immagine di unità della Nato e della stessa leadership del nuovo corso degli
Usa. Avrebbe anche inciso negativamente sugli esiti della visita di due giorni
che il presidente americano ha oggi iniziato in Turchia. Della mediazione
svolta il presidente turco, Abdullah Gul, ha ringraziato sia Obama che il
presidente del Consiglio italiano, Berlusconi. Si è dato da fare anche
Rasmussen, affermando che, durante la partecipazione all'"Incontro fra le
civilizzazioni" previsto ad Istanbul oggi e domani esprimerà le proprie
scuse per le vignette e chiederà al suo governo di chiudere la Tv curda, qualora
ne risultassero chiari legami con i terroristi del Pkk. Sull'importanza del
ruolo svolto dall'Italia si è scatenato il finimondo. Particolarmente pungenti
sono stati non solo i media italiani, soprattutto d'opposizione, ma anche
quelli esteri, soprattutto i francesi. Anche questo è comprensibile. I successi
hanno sempre molti padri! Italia e Francia hanno poi due politiche opposte nei
riguardi della Turchia. L'Italia è il solo grande Paese europeo favorevole alla
sua ammissione all'Ue. Inoltre, ha stretti legami economici e finanziari con la
Turchia. I due premier , Berlusconi ed Erdogan, si sentono spesso ed hanno
ottimi rapporti. Infine, il primo ha indubbiamente approfittato dell'occasione
per guadagnare qualche punto nei suoi rapporti con gli Usa. Essi sono molto
buoni, ma non sono più quelli dei tempi di Bush. Sul fatto che l'Italia abbia
giocato un ruolo non c'è dubbio. Se non lo avesse avuto, il presidente Gul non
avrebbe ringraziato Berlusconi «per il duro lavoro svolto», cioè quello di far
cambiare idea al premier Tayyip Erdogan il più duro oppositore alla nomina di
Rasmussen. È impossibile dire quale sia stata esattamente l'importanza della
mediazione italiana ed in che cosa sia consistita. Beninteso, qualsiasi accordo
doveva essere approvato da Obama. Approfittando degli ottimi legami politici ed
economici con la Turchia, Berlusconi era in grado di fare un'efficace
"brokeraggio". Poteva chiedere ad Erdogan senza mezzi termini che
cosa voleva in cambio del ritiro del veto su Rasmussen. Che ci sia riuscito,
dovrebbe far piacere a tutti. È infatti anche una dimostrazione del peso
dell'Italia nei rapporti con un Paese tanto importante non solo per il
Mediterraneo, ma anche per l'intero Medio Oriente, per il Caucaso e per l'Asia
Centrale. Lo dimostrano le mediazioni turche fra la Siria ed Israele e quella
fra l'Afghanistan ed il Pakistan. Gli eccellenti rapporti fra Roma ed Ankara
non erano stati guastati neppure dall'annuncio che alla riunione del G8 di La
Maddalena, l'Italia inviterà come osservatore l'Egitto, Paese leader del mondo
arabo. La Turchia pensava di avere tutti i titoli per essere invitata lei, anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica
crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana.
Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune
compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità
nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (che
continua ad essere un ambasciatore italiano), quello di assistente del
Segretario generale per le questioni del disarmo e quello di inviato speciale
per l'Afghanistan. Inoltre, sembra abbia anche ottenuto qualche promessa
dall'Ue: la partecipazione all'Agenzia europea della difesa ed il rinvio di un
anno dell'apertura dei propri porti ed aeroporti alle navi ed aerei
greco-ciprioti. In un negoziato avviene sempre così: si scambia un interesse
con un altro. Erdogan non poteva uscirne a mani vuote, dato il consenso che la
sua opposizione alla nomina di Rasmussen aveva in Turchia e nell'intero mondo
islamico. Il prezzo pagato mi sembra tutto sommato modesto, rispetto ai
vantaggi che ne hanno tratto l'Italia ed anche la Nato. Il vertice non poteva
chiudersi con un disaccordo. Si è trattato quindi di un buon affare. Beninteso,
esso non ha fatto piacere a Parigi, in primo luogo ma forse è una malignità
perché la Francia non aveva avuto la "parte del leone". Ciò spiega in
parte almeno la durezza con cui Sarkozy ha criticato ieri Obama per aver detto
a Praga, alla riunione dell'Ue, che gli Usa auspicavano l'entrata della Turchia
nell'Unione. Ha ricordato al presidente americano che si tratta di un affare
europeo, che va deciso dai soli europei, i quali non devono sentirsi dire che
cosa fare o non fare. È stata un'uscita un po' strana, soprattutto per l'enfasi
con cui è stata fatta. Se l'obiettivo francese nel rientrare nella struttura di
comando integrata della Nato era quello di attivare "rapporti
speciali" con gli Usa, simili a quelli che ha il Regno Unito, la stessa
cosa poteva essere detta in modo meno aggressivo.
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì
06 Aprile 2009 Chiudi Crisi, G20 e segnali
di ripresa IL CORAGGIO DI SCEGLIERE LA SOLUZIONE GLOBALE
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi di PAOLO SAVONA LE decisioni prese dal G20 nella riunione di Londra meritano
una più meditata lettura potendo rappresentare il punto di svolta di una crisi
finanziaria ed economica che aveva tutti i tratti della drammaticità. Ci sono
voluti due anni dall'inizio della crisi perché i grandi della terra trovassero
un accordo su un punto che appare chiaramente nelle prime righe del Comunicato:
"Una crisi globale richiede una soluzione globale". Questa soluzione,
ancora sotto forma di impegno, si innesta nelle soluzioni nazionali che,
nonostante ammontino complessivamente in 5 mila mld di dollari, non erano state
finora capaci di ristabilire la fiducia tra gli investitori e i consumatori.
Un'iniezione di ulteriori 1.100 mld, questa volta affidati alle capaci mani
internazionali del Fondo monetario di Washington, e la fissazione di nuove
regole contro gli avventurieri della finanza, anch'esse in gran parte affidate
al Board di nuova costituzione guidato da Mario Draghi e all'Organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo economico (l'Ocse) con sede a Parigi, potrebbero
infatti raggiungere il risultato di ricreare la fiducia. Alle decisioni di
Londra le borse americane hanno risposto ancora di no, mentre quelle del resto
del mondo di sì; occorre però aspettare che maturino su esse più fondate
valutazioni. È pur vero che gli Stati Uniti, da cui ha origine la crisi, sono
attualmente i più colpiti, ma sono anche il Paese che, insieme alla Cina, ha
reagito con maggiore fermezza; gli americani destinando ingenti somme per il
salvataggio delle banche e società finanziarie, i cinesi per sostituire domanda
interna alla domanda estera. Dei 5 mila mld di dollari evidenziati nel
Comunicato dei G20 di Londra, circa 2 mila sono stati
stanziati per salvataggi e ricapitalizzazioni di banche e assicurazioni,
altrettanti per il sostegno dell'attività produttiva e il residuo per il
sociale. L'iniezione di 1.100 miliardi mette a disposizione delle agenzie
sovranazionali (Fmi, Banca mondiale e altre istituzioni con compiti specifici)
risorse per sostenere i Paesi in difficoltà o per promuovere lo sviluppo ma, al
di là di questo importante intervento, ha grande valore simbolico l'aver
disposto la creazione di 250 miliardi di dollari equivalenti in forma di
Diritti speciali di prelievo, la moneta internazionale "tenuta in
frigo", alla cui ideazione, che data dal 1968, diedero un apporto
determinante e lungimirante i nostri Guido Carli e Rinaldo Ossola. Questa non è
una decisione che sostituisce il dollaro dalla sua posizione centrale nel
sistema dei pagamenti internazionali, anzi potrebbe rafforzarlo, risolvendo
alcuni dei loro problemi di finanziamento estero. I nostri lettori ricorderanno
certamente i dubbi che avevamo ripetutamente sollevati da questa colonna circa
la stabilità del dollaro in caso di successo della ripresa economica americana.
Che i G20 siano convinti d'aver preso una serie di
decisioni importanti è testimoniato dal fatto che nel Comunicato in parola si
sono avventurati ad affermare che l'insieme dei provvedimenti raddoppieranno il
saggio di sviluppo globale, dal 2% previsto al 4% ottenibile. Che essi credano
in questa possibilità è anche testimoniato dal fatto che, coscienti dell'entità
delle manovre espansive monetarie attuate, nello stesso Comunicato si fa cenno
alla necessità di definire fin d'ora un'exit strategy, ossia una strategia di
intervento che, a causa di un possibile ritorno dell'inflazione, prepari gli
strumenti per non costringere le banche centrali a strozzare la ripresa
produttiva appena essa si presenta. Di ciò si è anche parlato nel fine
settimana allo Workshop Ambrosetti di Villa d'Este facendo insorgere il dubbio
che non siamo ancora certi dell'exit strategy per uscire dalla crisi, che già
siamo costretti a parlare dell'exit strategy per uscire dalla ripresa!
Ovviamente una ripresa che abbia le stesse caratteristiche "irrazionali
esuberanti" della precedente.
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi ANNA GUAITAdal nostro corrispondente NEW YORK - «E' auspicabile che
la Turchia entri nell'Ue, perché il mondo islamico prenda ad esempio la
Turchia, invece che l'Iran». Lawrence Korb pensa che la visita di Barack Obama
sia la perfetta conclusione di un viaggio che è servito a cambiare
positivamente la politica estera Usa. Consigliere militare del presidente
Ronald Reagan, e poi viceministro della Difesa, Korb è oggi uno dei più
ascoltati esperti di strategia e di politica estera Usa: Un successo su tutto
il fronte? Ma non è più un successo di immagine che di risultati concreti? «Noi
oggi corriamo un rischio: che gli americani vogliano abbracciare
l'isolazionismo e occuparsi solo dei problemi interni. Il successo del viaggio
permetterà a Obama di convincere i propri concittadini che il multilateralismo
è la scelta giusta, ma renderà più facile anche per i leader europei continuare
a collaborare con gli Usa». Cosa le è piaciuto di più in questo viaggio? «Direi la serietà con cui i Paesi hanno negoziato al G20. C'è stato un grande cambiamento:
nessuno ha ottenuto tutto quel che voleva, ma tutti hanno ottenuto qualcosa. Si
era deciso di trovare il compromesso, e quando c'è volontà di collaborare si
può ben sperare per il futuro». E questo costituisce un grande cambiamento?
«E' un cambiamento rispetto agli anni della presidenza Bush. Con il presidente
Obama abbiamo smesso di vedere l'Europa divisa fra amici e meno amici. Ora
vediamo l'Europa come un tutt'uno, un alleato con cui cercare una strada
comune. Non abbracciamo più la strategia dell'epoca Bush "unilateralismo
prima e multilateralismo dopo". Siamo passati a "multilateralismo
prima, e unilateralismo solo come soluzione estrema"». Questa speranza di
Obama di abolire le armi nucleari, espressa proprio nel giorno in cui la Corea
del nord lancia un missile, le sembra realistica? «Non succederà subito, ma è
importante che si cammini in quella direzione. E il fatto che il discorso sia
stato tenuto proprio sullo sfondo della sfida norcoreana lo rende ancor più incisivo:
solo quando le superpotenze diminuiranno i loro arsenali, avranno l'autorità
morale di chiedere lo stesso agli altri Paesi. E' importante sia per i
negoziati con la Corea che con l'Iran.» Come valuta la fermata in Turchia?
«Obama ha sempre insistito che gli Usa non sono in guerra con il mondo
islamico. Facendo visita a un Paese musulmano moderato lancia un segnale
importante, perché noi speriamo che il resto del mondo islamico scelga la
Turchia come modello, invece che l'Iran. E se la Turchia sarà ammessa
nell'Unione Europea, sarà un ulteriore segnale di apertura a coloro nel mondo
islamico che rifiutano la lezione violenta dei jihadisti».
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi di PAOLO SAVONA Alle decisioni di Londra le borse americane hanno
risposto ancora di no, mentre quelle del resto del mondo di sì; occorre però
aspettare che maturino su esse più fondate valutazioni. È pur vero che gli
Stati Uniti, da cui ha origine la crisi, sono attualmente i più colpiti, ma
sono anche il Paese che, insieme alla Cina, ha reagito con maggiore fermezza;
gli americani destinando ingenti somme per il salvataggio delle banche e
società finanziarie, i cinesi per sostituire domanda interna alla domanda
estera. Dei 5 mila mld di dollari evidenziati nel
Comunicato dei G20 di
Londra, circa 2 mila sono stati stanziati per salvataggi e ricapitalizzazioni
di banche e assicurazioni, altrettanti per il sostegno dell'attività produttiva
e il residuo per il sociale. L'iniezione di 1.100 miliardi mette a disposizione
delle agenzie sovranazionali (Fmi, Banca mondiale e altre istituzioni con
compiti specifici) risorse per sostenere i Paesi in difficoltà o per
promuovere lo sviluppo ma, al di là di questo importante intervento, ha grande
valore simbolico l'aver disposto la creazione di 250 miliardi di dollari equivalenti
in forma di Diritti speciali di prelievo, la moneta internazionale "tenuta
in frigo", alla cui ideazione, che data dal 1968, diedero un apporto
determinante e lungimirante i nostri Guido Carli e Rinaldo Ossola. Questa non è
una decisione che sostituisce il dollaro dalla sua posizione centrale nel
sistema dei pagamenti internazionali, anzi potrebbe rafforzarlo, risolvendo
alcuni dei loro problemi di finanziamento estero. I nostri lettori ricorderanno
certamente i dubbi che avevamo ripetutamente sollevati da questa colonna circa
la stabilità del dollaro in caso di successo della ripresa economica americana.
Che i G20 siano convinti d'aver preso una serie di
decisioni importanti è testimoniato dal fatto che nel Comunicato in parola si
sono avventurati ad affermare che l'insieme dei provvedimenti raddoppieranno il
saggio di sviluppo globale, dal 2% previsto al 4% ottenibile. Che essi credano
in questa possibilità è anche testimoniato dal fatto che, coscienti dell'entità
delle manovre espansive monetarie attuate, nello stesso Comunicato si fa cenno
alla necessità di definire fin d'ora un'exit strategy, ossia una strategia di
intervento che, a causa di un possibile ritorno dell'inflazione, prepari gli
strumenti per non costringere le banche centrali a strozzare la ripresa
produttiva appena essa si presenta. Di ciò si è anche parlato nel fine
settimana allo Workshop Ambrosetti di Villa d'Este facendo insorgere il dubbio
che non siamo ancora certi dell'exit strategy per uscire dalla crisi, che già
siamo costretti a parlare dell'exit strategy per uscire dalla ripresa!
Ovviamente una ripresa che abbia le stesse caratteristiche "irrazionali
esuberanti" della precedente.
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi di ANTONELLO DOSE E MARCO PRESTA È IL momento del chat chat chat
della segretaria: uno studio realizzato dall'Università di Melbourne ha
dimostrato che gli impiegati i quali occupano parte dell'orario di lavoro
navigando su Internet, magari su siti come YouTube o Facebook, producono il 9%
in più dei colleghi che non lo fanno. Ora il problema è: chi lo dice al
ministro Brunetta? Svagarsi un po' durante la giornata lavorativa è quindi
utilissimo, perché la navigazione di intrattenimento, una sorta di crociera
telematica, serve a mantenere la concentrazione alta e vigile. Insomma, le armi
di distrazione di massa non solo non sono pericolose, ma, anzi, danno degli
innegabili benefici. Suscita scalpore questa notizia che ci giunge
dall'Australia, in un momento così particolare per la nostra Pubblica
Amministrazione, in cui le statali (non nel senso delle vie Appia, Tuscolana,
Aurelia, Cassia...) protestano energicamente contro l'accusa di fare shopping
invece che lavorare. E pensare che nei mesi scorsi molte aziende italiane,
pubbliche e private, hanno oscurato Facebook in ufficio, ritenendo che il
social network sia distraente per i lavoratori. Sarà per questo che le Poste
funzionano maluccio, perché ai suoi dipendenti è stato vietato di ottenere e
offrire amicizia online, anche considerando che offrire e, soprattutto,
ottenere amicizia da un utente in coda da ore per una raccomandata, è
decisamente difficile. In passato, il comune di Napoli ha tentato di
regolamentare l'accesso su Facebook: non più di un'ora al giorno, in piccoli
blocchi di dieci minuti. Vista la situazione globale, ormai il concetto di
rateizzazione si applica anche ai passatempi. Si prospetta però all'orizzonte
un problema sindacale molto serio: il concetto di "distrazione"
cambia, probabilmente, da dipendente a dipendente, e tutti hanno il sacrosanto
diritto di ricaricarsi come meglio credono. Questo renderà necessario,
all'interno dei luoghi di lavoro, allestire campi da tennis, piscine, aree per
gli scacchi e il modellismo, per la giostra del saraceno, per il tiro con
l'arco e la pesca d'altura, a seconda dei gusti del personale. Qualche problema
potrebbe sorgere per quanto riguarda il deltaplano e il bob a due, ma siamo
sicuri che nel nostro Paese si troverà una soluzione soddisfacente anche di
fronte a piccoli problemi di questo genere. Senza dubbio, una pratica viene
sbrigata molto più rapidamente dopo aver completato un puzzle di 3.000 pezzi o
aver costruito la piramide di Cheope con i fiammiferi. Insomma, in Italia
diventerà sempre più difficile distinguere il lavoro dal dopolavoro, il
briefing dal cral. Si tratta però di un fenomeno che si sta allargando a
macchia d'olio anche a settori inattesi, dove il limite tra la serietà e il
divertimento dovrebbe essere molto chiaro. Se serve a diventare più produttivi,
ben venga. Quindi, se chi svolge un lavoro serissimo, ad esempio presidente del
Consiglio, magari durante un G20 molto delicato, sente l'esigenza di alleggerire la tensione
gridando «Mr. Obamaaaaaa!», va ringraziato di tutto cuore. Lo fa per
patriottismo. Anzi, se per distrarsi un po' volesse lanciare anche un gavettone
a Sua Maestà la regina d'Inghilterra Elisabetta II, dovremmo capirlo e
sostenerlo. Dopo, riprenderà a lavorare meglio per tutti noi.
Torna all'inizio
( da "Messaggero, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Lunedì 06 Aprile
2009 Chiudi di CARLO JEAN Esso veniva giustificato dai turchi con
l'affermazione che Rasmussen non desse sufficienti garanzie di saper trattare
efficacemente con il mondo islamico. Non si era infatti scusato per la
pubblicazione, nel 2006 in
Danimarca, di vignette su Maometto. Non era poi intervenuto per oscurare una Tv
curda, che attaccava il governo di Ankara. Il rifiuto di nominare Rasmussen
avrebbe messo in serie difficoltà il presidente Obama. Esso avrebbe compromesso
l'immagine di unità della Nato e della stessa leadership del nuovo corso degli
Usa. Avrebbe anche inciso negativamente sugli esiti della visita di due giorni
che il presidente americano ha oggi iniziato in Turchia. Della mediazione
svolta il presidente turco, Abdullah Gul, ha ringraziato sia Obama che il
presidente del Consiglio italiano, Berlusconi. Si è dato da fare anche
Rasmussen, affermando che, durante la partecipazione all'"Incontro fra le
civilizzazioni" previsto ad Istanbul oggi e domani esprimerà le proprie
scuse per le vignette e chiederà al suo governo di chiudere la Tv curda,
qualora ne risultassero chiari legami con i terroristi del Pkk. Sull'importanza
del ruolo svolto dall'Italia si è scatenato il finimondo. Lo hanno contestato
soprattutto i francesi. Anche questo è comprensibile. I successi hanno sempre
molti padri! Italia e Francia hanno poi due politiche opposte nei riguardi
della Turchia. L'Italia è il solo grande Paese europeo favorevole alla sua
ammissione all'Ue. Inoltre, ha stretti legami economici e finanziari con la Turchia.
I due premier , Berlusconi ed Erdogan, si sentono spesso ed hanno ottimi
rapporti. Infine, il primo ha indubbiamente approfittato dell'occasione per
guadagnare qualche punto nei suoi rapporti con gli Usa. Essi sono molto buoni,
ma di certo ne escono rafforzati. Sul fatto che l'Italia abbia giocato un ruolo
non c'è dubbio. Se non lo avesse avuto, il presidente Gul non avrebbe
ringraziato Berlusconi «per il duro lavoro svolto», cioè quello di far cambiare
idea al premier Tayyip Erdogan il più duro oppositore alla nomina di Rasmussen.
È impossibile dire quale sia stata esattamente l'importanza della mediazione
italiana ed in che cosa sia consistita. Beninteso, qualsiasi accordo doveva
essere approvato da Obama. Approfittando degli ottimi legami politici ed economici
con la Turchia, Berlusconi era in grado di fare un'efficace
"brokeraggio". Poteva chiedere ad Erdogan senza mezzi termini che
cosa voleva in cambio del ritiro del veto su Rasmussen. Che ci sia riuscito,
dovrebbe far piacere a tutti. È infatti anche una dimostrazione del peso
dell'Italia nei rapporti con un Paese tanto importante non solo per il
Mediterraneo, ma anche per l'intero Medio Oriente, per il Caucaso e per l'Asia
Centrale. Lo dimostrano le mediazioni turche fra la Siria ed Israele e quella
fra l'Afghanistan ed il Pakistan. Gli eccellenti rapporti fra Roma ed Ankara
non erano stati guastati neppure dall'annuncio che alla riunione del G8 di La
Maddalena, l'Italia inviterà come osservatore l'Egitto, Paese leader del mondo
arabo. La Turchia pensava di avere tutti i titoli per essere invitata lei, anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica
crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana.
Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune
compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità
nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (che
continua ad essere un ambasciatore italiano), quello di assistente del Segretario
generale per le questioni del disarmo e quello di inviato speciale per
l'Afghanistan. Inoltre, sembra abbia anche ottenuto qualche promessa dall'Ue:
la partecipazione all'Agenzia europea della difesa ed il rinvio di un anno
dell'apertura dei propri porti ed aeroporti alle navi ed aerei greco-ciprioti.
In un negoziato avviene sempre così: si scambia un interesse con un altro.
Erdogan non poteva uscirne a mani vuote, dato il consenso che la sua
opposizione alla nomina di Rasmussen aveva in Turchia e nell'intero mondo
islamico. Il prezzo pagato mi sembra tutto sommato modesto, rispetto ai
vantaggi che ne hanno tratto l'Italia ed anche la Nato. Il vertice non poteva
chiudersi con un disaccordo. Si è trattato quindi di un buon affare. Beninteso,
esso non ha fatto piacere a Parigi, in primo luogo ma forse è una malignità
perché la Francia non aveva avuto la "parte del leone". Ciò spiega in
parte almeno la durezza con cui Sarkozy ha criticato ieri Obama per aver detto
a Praga, alla riunione dell'Ue, che gli Usa auspicavano l'entrata della Turchia
nell'Unione. Ha ricordato al presidente americano che si tratta di un affare
europeo, che va deciso dai soli europei, i quali non devono sentirsi dire che
cosa fare o non fare. È stata un'uscita un po' strana, soprattutto per l'enfasi
con cui è stata fatta. Se l'obiettivo francese nel rientrare nella struttura di
comando integrata della Nato era quello di attivare "rapporti
speciali" con gli Usa, simili a quelli che ha il Regno Unito, la stessa
cosa poteva essere detta in modo meno aggressivo.
Torna all'inizio
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-05 - pag: 3 autore: Il Governatore
preannuncia un documento congiunto di Financial stability board e Fmi Draghi:
bene il rapporto de Larosière Rossella Bocciarelli ROMA «Il rapporto de
Larosière è un contributo importante al processo che porta a rafforzare la
vigilanza finanziaria a livello nazionale, regionale e internazionale ». è
convinto dell'efficacia della strada scelta in Europa per arrivare a
un'armonizzazione sostanziale delle normative di controllo su mercati e
intermediari il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ieri è
intervenuto all'Ecofin nella sua qualità di presidente del Financial Stability
board, l'organismo che ha appena visto rafforzato il suo mandato a Londra, nel quale siedono tutti i regulator dei mercati finanziari dei
Paesi G20, oltre a Spagna e
Commissione europea. Draghi ha tra l'altro annunciato che già prima della fine
di aprile, a Washington, Fondo monetario internazionale e Fsb, insieme,
presenteranno un rapporto congiunto sul nuovo sistema di early warning per
tenere sotto controllo i focolai di instabilità finanziaria, basato
sull'uso degli stress test. Il fatto che i lavori del Fsb vadano nella stessa
direzione delle raccomandazioni del gruppo de Larosière, ha sottolineato,
riflette i progressi già realizzati nel processo di rafforzamento delle
fondamenta del sistema finanziario globale. «Una delle lezioni della crisi – ha
ricordato Draghi – sta nel fatto che è necessaria una maggiore cooperazione e
coordinamento internazionale. Come sottolinea il rapporto de Larosière, viviamo
in un mondo economico e finanziario integrato ed è interesse di tutti
promuovere armonizzazione delle regole e standard di vigilanza comuni a livello
mondiale ». Ciò che in particolare va sostenuto del rapporto de Larosière, ha
detto Draghi, è «l'approccio macroprudenziale alla normativa». In sostanza, ha
spiegato, uno dei motivi per i quali la nostra struttura di norme e di
vigilanza si è rivelata carente va ricercato nel fatto che tanto le normative
quanto le prassi di supervisione si concentrano sulle singole istituzioni
finanziarie e tengono troppo poco conto della stabilità e della buona salute
del sistema finanziario nel suo insieme. «Un approccio macroprudenziale
richiede attenzione ai settori nei quali c'è una comune esposizione (com'è
stato il caso dell'immobiliare) che attraversa le varie imprese finanziarie;
richiede di considerare le interrelazioni tra i fenomeni e anche l'impatto del
comportamento collettivo dei soggetti economici sul rischio aggregato». Il
Governatore non si è nascosto, naturalmente, che, al di là dei principi
generali, la definizione degli strumenti appropriati per fare vigilanza
macroprudenziale sul sistema finanziario sarà «uno sforzo complesso e
multilaterale» che richiede non solo più dati e indicatori per identificare il
rischio sistemico, ma anche una ben definita cornice istituzionale per indicare
quali siano le authority, quali i mandati e quali le responsabilità di
controllo attribuite. Insomma, regole semplici non ve ne sono. Ma, dice Draghi
«de Larosière formula proposte di grande aiuto in questo campo». © RIPRODUZIONE
RISERVATA
Torna all'inizio
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-05 - pag: 3 autore: Tremonti: così
cambiano gli Ias Dino Pesole PRAGA. Dal nostro inviato L'Ecofin informale di
Praga chiude i battenti, si registra un primo passo in avanti sul fronte della
modifica delle regole contabili, a partire dal mark to market, ma resta sul
tappeto il nodo del rafforzamento della vigilanza europea sulla base del
rapporto de Larosière. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, fa il punto
dello stato attuale della discussione in Europa sulle due questioni tuttora sul
tappeto e giudica in ogni caso "significativo" il contenuto della
raccomandazione adottata dal Consiglio sui criteri contabili. Ora il passo
successivo dovrebbe consistere nel far proprie rapidamente le stesse regole
decise dagli Stati Uniti. «Hanno appena cambiato un criterio Ias. Dobbiamo
farlo anche noi anche adottando lo stesso testo. Basta scaricarlo da Google e
dargli una benedizione europea». Tremonti parla brevemente con i giornalisti
prima che lo spazioaereo sopra Praga venga precluso al traffico per l'arrivo
del presidente americano Barack Obama. La constatazione di partenza è che
quella sui criteri contabili è questione solo apparentemente tecnica. In realtà
è tutta politica, ed emerge chiara la divaricazione tra gli Stati Uniti, che
«in una notte con una decisione del Congresso cambiano le regole contabili», e
l'Europa i cui percorsi decisionali scontano le lunghezze e le divergenze di
sempre. Il G20 di Londra ha dato un segnale in materia
di vigilanza, in Europa si è appena avviata una discussione concreta e la
posizione italiana è quella di proseguire di concerto con gli altri Paesi.
Molti colleghi –ha spiegato Tremonti – si sono posti concretamente il problema
di come spiegare ai propri concittadini che con qualche cambiamento tecnico si
sia risolto il tutto. Serve di più, perché in molti Paesi «è stato il
contribuente a pagare i fallimenti bancari. In effetti è difficile sostenere
che sia tornato tutto a posto con qualche cambiamento tecnico. Serve di più, ma
è un di più su cui stiamo discutendo». Sul lavoro, resta forte la
preoccupazione per gli effetti della crisi globale in atto. è preferibile
prevenire piuttosto che curare, «conservare i lavoratori nelle fabbriche invece
di mandarli via e magari non ritornano». Per ora il Governo resta attestato
agli 8 miliardi stanziati in favore degi ammortizzatori sociali, ma nel
bilancio sono presenti «fondi impressionanti che vengono fuori di volta in
volta». Risorse che possono essere dirottate a favore della spesa sociale.
Infine una battuta sulle polemiche seguite alla pubblicazione dei dati relativi
alle dichiarazioni dei redditi del 2006. Tremonti respinge l'accusa di un
allentamento sul fronte della lotta all'evasione: «Sono dati che risalgono al
governo Prodi, che sosteneva di aver prima intercettato, poi bloccato e infine
iniziato a ridurre l'evasione fiscale». © RIPRODUZIONE RISERVATA DECISIONE
RAPIDA «Seguire gli Stati Uniti, anche adottando lo stesso testo». «Per la
spesa sociale si potrebbero spostare fondi impressionanti»
Torna all'inizio
( da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 06/04/2009 - pag: 1 LA UE DOPO
IL G20 E STRASBURGO UN
CONTINENTE MARGINALE di ANGELO PANEBIANCO C on la crisi mondiale siamo entrati
in una fase di accelerazione della storia. Processi in atto da tempo arrivano,
inaspettatamente, a maturazione. Fino a poco tempo addietro si riteneva che ci
sarebbero voluti ancora molti anni, forse decenni, prima che la Cina
potesse pretendere per sé il ruolo di co-gestore, su un piano di parità con gli
Stati Uniti, degli affari mondiali. Invece, a causa della crisi, è quanto ora
sta avvenendo. Il messaggio più chiaro del G20,
moralismo dei Paesi europei sui paradisi fiscali a parte, è che la crisi
finirà, quando finirà, in virtù dell'azione congiunta di Stati Uniti e Cina. La
ricca Europa rischia così una progressiva emarginazione, un ruolo sempre più
subalterno nella governance del sistema internazionale. La controprova, questa
volta sul piano politico-strategico, si è avuta al vertice dell'Alleanza
atlantica (come ben risulta dall'analisi di Franco Venturini sul Corriere di
ieri). Sembra che l'Europa (i governi non meno delle opinioni pubbliche) abbia
fatto finta di non capire che cosa intendesse dire Obama quando ha sostenuto
che Al Qaeda è più pericolosa per gli europei che per gli americani. Intendeva
dire: la guerra in Afghanistan vi riguarda molto da vicino, se perdiamo là, se
l'islamismo radicale vince in Afghanistan galvanizzando ovunque gli estremisti,
voi europei pagherete un prezzo molto più alto di noi americani. Dal momento
che nei vostri territori (e non in America) l'estremismo islamico è di casa, dal
momento che siete voi il ventre molle dell'Occidente. Come ha reagito l'Europa?
Con una promessa di maggiore impegno che non può non essere giudicata da Obama
irrisoria (tremila soldati in più per il periodo delle elezioni in Afghanistan
e centomila dollari in più per la ricostruzione). L'America di Obama porterà il
proprio contingente a 68 mila uomini. Gli europei o continueranno a non essere
presenti o ad esserlo con contingenti insufficienti tenuto conto della gravità
della situazione. D'altra parte, non è pensabile che anche quei Paesi europei
della Nato che sono intervenuti in Afghanistan possano fare di più. Per la
ristrettezza delle risorse e soprattutto per ragioni politiche, a causa del
fatto che, complessivamente, la maggioranza degli europei non si sente
coinvolta, non pensa che valga la pena di morire per Kabul. Tutto ciò è più che
comprensibile ma l'ineluttabile conseguenza è che, con un impegno massiccio
dell'America in Afghanistan e un'Europa o assente o presente in modo
insufficiente, comunque vada a finire la guerra, la Nato ne uscirà male. Di
sicuro, gli europei non potranno aspirare, come alcuni hanno immaginato in
tempi passati, a «riequilibrare » politicamente i rapporti fra Stati Uniti e
Europa dentro l'alleanza. Non solo, ma gli americani dovranno per forza
interrogarsi su quanto serva la Nato quando i giochi diventano davvero pesanti.
Ciò non segnerà la fine dell'alleanza ma ridimensionerà la sua importanza agli
occhi dell'Amministrazione americana. Perderà peso l'unica arena nella quale
gli europei potrebbero svolgere un ruolo politico-strategico rilevante.
CONTINUA A PAGINA 22
Torna all'inizio
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-04-05 - pag: 20 autore: Circolare della
Banca d'Italia per facilitare le verifiche Banca dati a San Marino per
l'anti-riciclaggio Ranieri Razzante A San Marino una banca dati per gli
adempimenti antiriciclaggio. è la novità di rilievo contenuta nella circolare
emanata dalla Banca d'Italia il 20 marzo – ben prima delle decisioni assunte a
Londra dal G20 – che rivoluziona i rapporti tra il
sistema bancario italiano e quello sammarinese. Un database che dovrebbe
contenere i dati identificativi di clienti, anche italiani, degli istituti di
credito del Titano, per facilitare le operazioni di adeguata verifica previste
dall'articolo 18 del decreto legislativo 231/07 in materia di riciclaggio.
Bankitalia, rispondendo ad alcuni quesiti posti dall'Abi, fornisce importanti
chiarimenti su alcune spinose questioni insorte a seguito delle comunicazioni
già inviate alle banche italiane, per lo più limitative dell'operatività su
assegni e bonifici provenienti o negoziati presso banche site in San Marino. La
circolare non risparmia alcun adempimento agli intermediari italiani: anzi li
richiede particolarmente "rafforzati" nei rapporti interbancari o
diretti con clientela residente in San Marino, o che comunque operi attraverso
gli istituti collocati nel territorio della Repubblica. Per esempio, viene
chiarito che il censimento nelle anagrafi bancarie dei soggetti di San Marino,
fermo restando l'obbligo di effettuarlo, potrà essere fatto utilizzando codici
particolari, a uso interno delle banche, in modo da assicurare la prosecuzione
dello scambio dei pagamenti con controparti sammarinesi nel circuito domestico,
senza per questo essere costretti a operare su quello estero. Si deve però
evitare l'attribuzione dei codici di settore di attività economica (Sae),
previsti dalla normativa italiana societaria e bancaria, a controparti
sammarinesi, utilizzando solo quelli relativi al «resto del mondo», ed
esplicitati nelle circolari ad hoc già emanate dalla Banca d'Italia. Se una
semplificazione viene concessa nella materia dei rapporti tra i due Stati, è
quella che consente di derogare all'obbligo di segnalazione, a fini statistici,
dei movimenti da e verso Stati esteri attraverso la «comunicazione valutaria
statistica » e la matrice valutaria, che a oggi le banche italiane devono
produrre a Bankitalia anche considerando San Marino. Per il resto, va rimarcato
che le carte di pagamento emesse da banche italiane e gli assegni circolari di
banche italiane emessi da parte di intermediari sammarinesi (i quali non hanno
autonome facoltà in questo senso), richiedono l'applicazione in toto degli
obblighi di adeguata verifica del soggetto cliente, dell'eventuale soggetto per
conto del quale si instaura il rapporto; questi oneri ricadranno sulle banche
italiane, le quali, fino all'entrata a regime della base dati, dovranno
acquisire informazioni in altro modo (copie di documenti di identità e verifica
di qualsiasi altro documento riferibile al cliente e al titolare effettivo). Le
informazioni sulla clientela per conto della quale opera un istituto di San
Marino dovranno essere acquisite dalle banche italiane anche in caso di
rapporti diretti con esso, come i classici conti di corrispondenza o per i
servizi di tramitazione. La banca dati dovrà contemplare la possibilità di
accesso diretto alle basi informative, fino all'acquisizione (comunque
richiesta) di copia dei documenti di identità. Da approfondire, invece,
l'obbligo di inserire nell'archivio unico informatico i dati raccolti in sede
di adeguata verifica: la Banca d'Italia non precisa che ci si dovrà fermare a
quelli identificativi, mentre i dati sullo scopo e natura del rapporto e sul
titolare effettivo non si devono notoriamente inserire nell'archivio.
Particolarmente stretti i tempi di attuazione: la circolare concede al massimo
due mesi per l'adozione di queste misure. Ciò rende l'idea della perentorietà
con la quale l'organo di vigilanza sulle banche ha voluto una volta per tutte
intervenire su questa delicata e ormai annosa vicenda. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Torna all'inizio
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Lo scontro Capezzone: perché i direttori di alcune tv non capiscono che si danneggiano? Il Pd: sui media premier nervoso Ma per il Pdl «la falsificazione c'è» DAL NOSTRO INVIATO AMALFI Dario Franceschini è in piedi, sotto le volte dell'arsenale dell'XI secolo, i ragazzi della «Scuola politica» del Pd seduti per terra. «Ho visto un certo nervosismo del presidente del Consiglio verso i giornali che riprendono le sue gaffes. >Altri
leader vanno al G8 o al G20
per prendere decisioni, lui va per divertirsi, come a una gita scolastica:
corna, grida, cucù... È il nervosismo tipico di chi capisce che il suo ciclo
sta finendo». E poi: «Berlusconi minaccia di prendere misure dure contro i
giornali. Nessuno ha più paura delle sue minacce». Le reazioni del Pdl
sono massicce. Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio,
dice che «l'invidia spinge Franceschini: il ciclo politico che sta finendo in
Italia è quello della sinistra. Franceschini è una piccola e friabile meteora».
Soprattutto, però, si torna sui giornali e la tv. Cicchitto: «Il presidente
Berlusconi è oggetto di un sistematico attacco mediatico fondato sulla
falsificazione delle notizie e la manipolazione delle immagini». Cita la
vicenda di una frase a Sarkozy sulla Bruni, la telefonata al premier turco
Erdogan mentre Angela Merkel era in attesa, il «comiziaccio elettorale» di Di
Pietro a Che tempo che fa. Conclude: «Si sta esagerando». «Possibile dice
Daniele Capezzone che qualche direttore non comprenda che così facendo ad
essere minata è la credibilità della stampa?». E Quagliariello, vicepresidente
dei senatori del Pdl: «Si attende l'ultimo atto: il tentativo di interdizione
nei confronti dei giornalisti rei di non spingere la propria faziosità fino a far
male al Paese». Così che Giuseppe Giulietti, presidente di «Articolo 21»,
afferma di temere «un editto bulgaro bis», dopo quello contro Biagi e Santoro
nel 2001. E il leader Udc, Casini, esorta Berlusconi ad occuparsi della crisi e
non dell'informazione, «di cui è monopolista». Dario Franceschini, all'arsenale
di Amalfi, ha parlato anche della crisi: «La destra pensa che se ne esca solo
con interventi strutturali e sovranazionali, e per il resto 'arrangiatevi'. Noi
progressisti pensiamo che il governo dovrebbe occuparsi prima di tutto dei più
deboli, sfruttati, poveri, quelli costretti a rubare la pasta nei
supermercati». Ha parlato di Europa. Lui non si candida, ha ripetuto: «No alla
sfida di Berlusconi, che chiede preferenze e non resterà nemmeno un minuto a
Strasburgo ». E ha parlato di «Ambiente e futuro », il tema su cui 1600 giovani
hanno studiato qui: «L'Italia deve diventare il paese leader nell'economia
verde». Quattro proposte: piano di riqualificazione energetica degli edifici
pubblici, investimenti sul trasporto pubblico, no al nucleare e grandi
investimenti sulle energie rinnovabili, riqualificazione energetica degli
edifici privati. Infine, il Partito democratico: «Non faremo provini per
individuare i più telegenici, saranno scelti i più bravi, chi ha più studiato».
Con tono paterno, quasi papale: «Tornate a casa, organizzate corsi di
formazione, discutete sul domani, ma mai attorno ai cognomi dei leader
nazionali, nemmeno al mio. Il rinnovamento si fa mandando via quelli che
meritano di essere mandati via». Amen. Andrea Garibaldi La pacca Obama saluta
Berlusconi. Vicino a loro, Sarkozy e Merkel
(sezione: G20)
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Visto dagli Usa / 1
Luntz, già sondaggista del Cavaliere «Silvio?Entusiasmopositivo» WASHINGTON Da
quasi 20 anni, da quando aiutò Rudolph Giuliani a farsi eleggere sindaco di New
York, Frank Luntz è uno dei più autorevoli «pollster» repubblicani. Maestro dei
«focus group», i cittadini che commentano in diretta i discorsi dei candidati,
condusse in passato sondaggi anche per Berlusconi e il premier israeliano
Netanyahu. A suo giudizio, «lo showmanship», il gusto dello spettacolo del
nostro capo di governo, è positivo. «Manifestazioni di entusiasmo dice
raramente nuocciono, per quanto siano oggetto di polemiche in Italia». Ha visto le foto e i filmati di Berlusconi al G20? «Non tutti, ma quanto basta per
concluderne che si è ammantato della popolarità di Obama, forse a tratti con
troppa disinvoltura. Del resto lo ha fatto, sia pure con più riserbo, anche il
premier inglese Brown. Il mondo intero idolatra Obama, sospetto che molti altri
leader vorrebbero essere come lui. Obama è carismatico e il suo carisma
li aiuta». Ma Berlusconi è stato educatamente richiamato dalla regina
Elisabetta... «L'etichetta non è il forte di Berlusconi. È un uomo vitale,
spontaneo, che ama l'attenzione ed è quasi sempre se stesso, dovunque si trovi
e con chiunque sia. Per me non è un connotato negativo in un politico,
specialmente in momenti difficili come l'attuale». Allude alla crisi
finanziaria ed economica? «Sì. Berlusconi dimostra energia ed ottimismo, due
qualità di cui oggi c'è bisogno. Non è tanto una strategia elettorale quanto
una questione di carattere. Guardi che a ostentare queste due qualità è proprio
Obama ». Non pensa che gli atteggiamenti di Berlusconi diano fastidio a qualche
altro leader? «Perché? Semmai contribuiscono ad alleviare le tensioni. Fosse
stato al posto suo, il suo predecessore Prodi sarebbe rimasto sullo sfondo,
oppure si sarebbe messo in un angolo a leggere un libro. Meglio Berlusconi che
fa sorridere e discutere e cerca di avere buoni rapporti con tutti». Perché
allora tante polemiche in Italia? «Non saprei. L'Italia non è un Paese facile.
Ma lo ha eletto premier tre volte». E. C. Frank Luntz Con la società «Luntz
Maslansky Strategic Research» cura l'immagine di colossi multinazionali tra cui
Coca Cola e At&T
(sezione: G20)
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Visto dagli Usa / 2 L'ex leader neocon Perle
«Haildifettodelprotagonismo» WASHINGTON Per Richard Perle, l'immagine ormai
famosa di Berlusconi tra Obama e Medvedev, tutti e tre sorridenti, «va bene per
l'album fotografico dell'Università», ossia è quasi adolescenziale. L'ex sottosegretario
alla Difesa ed ex leader neocon definisce il Cavaliere «un premier che fa le
cose in maniera diversa dagli altri», ma che in sostanza non si discosta dalla
politica tradizionale. «Si presta a critiche dichiara Perle, che frequenta i
vertici mondiali da quando negoziò il disarmo nucleare con la ex Urss ma le
critiche lasciano il tempo che trovano». Che cosa le è parso del «body
language» e delle battute di Berlusconi al G20? «Secondo me, si è lasciato
trascinare un po', forse perché era la prima volta che si trovava in quel
consesso. Tutti sappiamo che può essere molto vivace e trasgredire qualche
piccola regola. È già accaduto in circostanze più normali, come quando commise
una gaffe su Obama dandogli per scherzo dell'' abbronzato'». Pensa che con
la foto volesse proporsi come mediatore tra Obama e Medvedev? «Forse. Ma
personalmente io non lo vedo in quel ruolo perché ha chiuso gli occhi davanti a
comportamenti inaccettabili da parte della Russia, e ce ne sono stati parecchi.
Ha buoni rapporti con Mosca come li ha con Washington, ma con Mosca potrebbe
essere più fermo». Ha sorpreso anche la regina Elisabetta... «Non me ne
stupisco, Berlusconi delle volte fa un po' il buffone, scientemente, credo. È
un lato bizzarro della sua personalità, e non lo dico con cattiveria. Ma ciò
non porta a conseguenze serie. Ha il difetto del protagonismo, come molti altri
politici». Che sia anche un tentativo di tenere l'Italia in primo piano in
vista del G8 alla Maddalena? «Non voglio essere cattivo, ma l'Italia non ha il
peso dell'America, della Cina, o anche solo della Germania. Da un punto di
vista americano, ci ha dato appoggi preziosi, ma non ha sempre accolto le
nostre istanze. Presumo che al G8, nelle vesti di ospite, Berlusconi sarà più
contenuto e più impegnato. Dovrà dirigerne i lavori, e dovrà dimostrare di
esserne all'altezza». Ennio Caretto Richard Perle Ex leader neocon, già
sottosegretario alla Difesa di Reagan, è stato tra gli «architetti» della
politica irachena di George Bush
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
della Sera sezione: Cronache data: 06/04/2009 - pag: 14 Immigrati e solidarietà
Il Pontefice ricorda le vittime degli sbarchi: non possiamo rassegnarci a
simili tragedie Il Papa: «Mai più stragi in mare» Appello all'Unione europea:
urgente una strategia con i Paesi africani Benedetto XVI è tornato a difendere
le nazioni africane: «Non siano viste solo come destinatarie di piani elaborati
da altri» CITTÀ DEL VATICANO «Vorrei ricordare con grande pena i nostri
fratelli e sorelle africani che pochi giorni fa hanno trovato la morte nel Mare
Mediterraneo, mentre cercavano di raggiungere l'Europa ». In piazza San Pietro
e più oltre ci sono centomila fedeli arrivati per la celebrazione solenne della
Domenica delle Palme, e all'Angelus Benedetto XVI torna a far sentire la sua
voce alla comunità internazionale: «Non possiamo rassegnarci a tali tragedie
che purtroppo si ripetono da tempo! Le dimensioni del fenomeno rendono urgenti
strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani, come pure l'adozione
di adeguate misure umanitarie, per impedire che questi migranti ricorrano a
trafficanti senza scrupoli». Già alla vigilia del G20 di Londra, il Papa aveva scritto una lettera a Gordon Brown
invocando attenzione per l' Africa e «gli altri Paesi meno sviluppati ». Il
mondo deve «volgere lo sguardo» al continente dimenticato e coinvolgerlo nelle
decisioni, come ha detto nel suo viaggio in Camerun e Angola: «Le nazioni
africane siano viste non solo come destinatarie dei piani e delle soluzioni
elaborate da altri». Solidarietà, «primato dei poveri», distribuzione
della ricchezza. Temi che preludono all'imminente enciclica sociale. Così ora
Benedetto XVI ricorda gli affogati nel Mediterraneo e ripete: «Mentre prego per
le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace, vorrei osservare che
questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione
solo quando le popolazioni africane, con l'aiuto della comunità internazionale,
potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre». Ieri è intervenuto anche il
comitato nazionale immigrati in Italia: per chiedere «parità di diritti» contro
i disegni di legge che «generano insicurezza». Ma Benedetto XVI guarda al mondo
intero, e tra l'altro chiede ai «Paesi che non lo hanno ancora fatto» di
«firmare senza indugio» la convenzione Onu per mettere al bando mine
antipersona e munizioni a grappolo: in Angola, incontrando i mutilati della
guerra civile, ne aveva visto di persona gli effetti. Temi forti in un giorno
di sole e festa, tra palme e ulivi e i giovani australiani che hanno consegnato
la Croce della Gmg ai ragazzi spagnoli. Aprendo i riti della Settimana Santa,
Benedetto XVI ha spiegato che «non esiste una vita riuscita senza sacrificio ».
E parlando di sé, il grande teologo che sognava forse di tornare ai suoi studi
è sembrato accennare alla sua stessa elezione a pontefice: «Se getto uno
sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti
in cui ho detto 'sì' ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti
della mia vita». Gian Guido Vecchi Due simboli di Lampedusa Sopra, il cimitero
dove vengono sepolti i clandestini morti durante le traversate e dei quali
resta ignota l'identità. In basso l'altro cimitero, quello dei barconi dei
viaggi della speranza ( Emblema/Rizzo) Con la palma Benedetto XVI ieri nella
Domenica delle Palme (Infophoto/ Picciarella)
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
della Sera sezione: Opinioni data: 06/04/2009 - pag: 22 G20 E «TREMONTI BOND» Le banche e il
capitale delle imprese di MASSIMO MUCCHETTI I l G 20 di Londra ha stanziato
altri 1100 miliardi di dollari per rilanciare il credito, la crescita e il
lavoro. Ma alla Confindustria bastano le misure già prese dal governo italiano,
a saldi sostanzialmente invariati di finanza pubblica, per mettere le
banche con le spalle al muro. Al Liquidity Day, Emma Marcegaglia aveva
dichiarato: «Dopo i Tremonti bond, le banche non hanno più alibi per
restringere il credito alle aziende meritevoli». Che cosa accadrà, dunque? La
risposta del mondo del credito, meglio dirselo prima, sarà condizionata dalla
forza patrimoniale e dalla qualità degli attivi delle banche destinatarie
dell'aiutino di Stato. Dopo lo stentoreo commento della leader degli
industriali, si è scritto che le banche potranno erogare 15 euro di prestiti
aggiuntivi per ogni euro di obbligazioni speciali sottoscritte dal Tesoro.
Poiché queste arriveranno a 10-12 miliardi, dovremmo avere 150-180 miliardi di
credito in più all'economia. Ma la realtà non è così semplice. Intanto, per
prestare una simile somma aggiuntiva le banche dovrebbero aumentare di una
cifra analoga la raccolta o smobilizzare gli investimenti migliori. Farlo in
tal misura e con una finalità, il sostegno ai bisognosi, che incorpora un
maggior rischio, potrebbe avere nel tempo i suoi effetti sui tassi attivi e
passivi. E tanto più li potrebbe avere ove si ricordi che, ancora pochi mesi
fa, il governo parlava con toni allarmati della tenuta delle banche italiane invitandole
a portare il core tier 1 almeno a 8. Ora i Tremonti bond aumentano sì il
patrimonio di vigilanza, ma, se aumentano in proporzione anche gli impieghi, i
ratios restano gli stessi di prima. Delle due l'una, potremmo dire: o l'allarme
originario era infondato oppure, a questo punto, vogliamo comprare due pani al
prezzo di uno. In realtà, a risolvere il dilemma sarà la recessione, durante la
quale la domanda globale di credito si riduce mentre si percepisce con maggiore
acutezza quanto sia cruciale il credito di sopravvivenza. È su quest'ultimo
fronte che si stanno scatenando la paura, comprensibile e giustificabile, delle
famiglie e delle imprese con l'acqua alla gola e la demagogia della politica e
delle associazioni di categoria, comprensibile anch'essa in un regime
democratico, ma assai meno giustificabile. Qui non ci sono i buoni e i cattivi,
le impreseeconomia reale monde da ogni furbizia e le banche-economia
finanziaria grondanti di ogni peccato. Non foss'altro perché l'azionariato
delle banche, fino a ieri affamato di rendimenti e incurante dei rischi
connessi, è formato in larga parte da imprese e imprenditori che nelle azioni
bancarie hanno investito una parte della propria ricchezza. Abbiamo visto e
rivedremo infuocate trasmissioni televisive che, pescando dentro un universo di
decine di milioni di rapporti bancari, racconteranno numerose storie di
ordinaria ottusità delle aziende di credito. Riascolteremo gli appelli allo
Stato debitore affinché torni a pagare i fornitori in tempi meno tragicamente
lunghi. Ma alla fine la soluzione non sta tanto nel denunciare, come pur si
deve, le patologie del credito quanto nell'affrontare la fisiologia del
capitale che manca. Quando ti si chiude sotto gli occhi il mercato di sbocco
dei tuoi prodotti e non sai quando si riaprirà, il credito bancario diventa
qualcosa di molto simile alla condivisione del rischio imprenditoriale. E
allora non è solo una questione di liquidità, sanabile a colpi di Tremonti
bond, ma è anche e soprattutto una questione di idee nuove e di potere, sì:
anche di potere. Domandiamoci: la «banca senza più alibi» deve finanziare
l'impresa o l'imprenditore ovvero ancora, nelle società maggiori, l'azionista
di riferimento che comanda sui gruppi piramidali con i soldi degli stolti, per
dirla con Luigi Einaudi? Deve sostenere lo sviluppo o puntellare il controllo?
In teoria, la risposta è ovvia: l'impresa, lo sviluppo. Nella realtà dei
consigli di amministrazione delle banche non va sempre così. Capita che ci
siano debitori più uguali degli altri ai quali la fiducia viene concessa non in
base alle garanzie ma in base a relazioni privilegiate. E a chi relazioni non
ha viene spesso riservata un'attenzione minore, magari anche a causa del
gigantismo che allontana le banche grandissime dal territorio. Ciò detto, la
valutazione del merito di credito non è scomparsa. Come riferisce l'ultimo
rapporto Mediobanca-Unioncamere, «solo» il 30% delle medie imprese ha
incontrato difficoltà nell'accesso al credito negli ultimi 6 mesi e,
combinazione, si tratta delle imprese che, nello scoring
Mediobanca-Unioncamere, hanno il rating più basso e perciò hanno dovuto
sopportare giri di vite tanto più stretti quanto meno risultavano affidabili:
in prima battuta, l'innalzamento dei tassi, poi la limitazione dell'erogato,
quindi l'aumento delle garanzie, la richiesta di rientro e infine, per il 3%,
la negazione del prestito. È in tale contesto che si apre la questione
dell'adeguatezza del capitale all'epoca dei Tremonti bond. Accanto ai sostegni
d'emergenza quali il rinvio delle rate dei mutui a lavoratori e imprese in
cassa integrazione, le banche dovrebbero coinvolgere gli azionisti delle
imprese, di ogni dimensione, in operazioni di più ampia prospettiva. Se credono
nel futuro, gli azionisti non chiedano soltanto prestiti ma mettano anche nuovo
capitale di rischio nelle loro società. Un vecchio socialista, Rino Formica,
diceva del suo partito: il convento è povero ma i frati sono ricchi. Vale anche
nel mondo dell'impresa, se è vero che dal 1998 al 2007, come si legge nel
rapporto di Mediobanca su un campione di 2020 società, la quota di valore
aggiunto destinata ai profitti lordi è passata dal 27 al 38% mentre quella
diretta al lavoro è scesa dal 54 al 41%. E tuttavia può capitare che un buon
numero di frati non sia abbastanza ricco ma i loro conventi restino meritevoli.
Tocca allora alla banca prefinanziare a medio-lungo termine, sia direttamente
che attraverso strumenti come il private equity, la ricapitalizzazione
dell'impresa. Liberato dall'incubo della scadenza e del ricatto dei tassi,
l'imprenditore lavorerà e, alla fine, tra 5-8 anni, ripagherà la bancaamica
secondo i contratti e senza mendicare raccomandazioni dal prefetto.
(
da "Corriere della Sera"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 06/04/2009 - pag: 23 Risponde
Sergio Romano PALAZZO GRAZIOLI BERLUSCONI GIOCA IN CASA Che cosa pensa degli
incontri politici che Berlusconi, presidente del Consiglio, tiene a casa sua
invece che in sedi istituzionali? A me personalmente la cosa dà estremamente
fastidio, perché questo mi fa sentire suddito e non cittadino. Non pensa che
gli «invitati» perdano un po' la faccia? Paolo Preci, Milano Caro Preci, E
siste una regola valida al tempo stesso per lo sport, gli affari e la
diplomazia. Chi gioca in casa parte generalmente con un punto di vantaggio. È
questa la ragione per cui Barack Obama, durante il G20 di Londra, ha ottenuto che il suo
incontro con il presidente russo Dmitrij Medvedev avesse luogo all'Ambasciata
degli Stati Uniti piuttosto che all'ambasciata di Russia. È questa la ragione
per cui la Svizzera è diventata il luogo preferito per gli incontri
internazionali bilaterali quando nessuno dei due Stati vuole lasciare all'altro
la scelta del campo. Berlusconi si serve delle sue residenze, anziché degli
uffici dello Stato, perché vuole essere, letteralmente, «padrone di casa », con
tutti i vantaggi psicologici, piccoli e grandi, che possono derivare da questo
ruolo. È giusto? Certamente no. Il presidente del Consiglio può organizzare a
casa sua, se lo desidera, gli incontri informali e le riunioni di partito. Ma
dovrebbe trattare gli affari dello Stato nelle sedi delle pubbliche
istituzioni. Credo che lei commetterebbe un errore tuttavia se giungesse alla
conclusione che le abitudini di Berlusconi sono una anomalia esclusivamente
italiana. Il nostro presidente è la versione estrema di uno stile che si è
andato progressivamente affermando in questi ultimi decenni e che ha finito per
contaminare quasi tutti i leader dei Paesi democratici. I primi ad adottarlo
sono stati gli uomini politici americani, sempre più inclini a farsi
accompagnare da mogli e figli nelle cerimonie ufficiali e a esibirli di fronte
alle telecamere. Qualcuno ha sostenuto che questa nuova abitudine giova alle
donne, finalmente libere di uscire in tal modo dai luoghi domestici a cui erano
abitualmente confinate. A me sembra che vengano usate per garantire agli
elettori la rispettabilità del marito e costrette a recitare un ruolo ancillare.
Preferirei che la vita pubblica di un uomo politico continuasse a essere
nettamente separata dalla sua vita privata. Ma questo nuovo stile è parso un
progresso ed è stato imitato anche in Europa. Da allora le cose sono
peggiorate. Tony Blair ha permesso che le sue vacanze toscane venissero
raccontate come un evento pubblico. Bill Clinton ha invitato i suoi amici e
finanziatori a trascorrere un weekend alla Casa Bianca assegnando ai più
generosi la stanza da letto di Abraham Lincoln. L'orto di Michelle Obama alla
Casa Bianca è stato descritto come un modello di correttezza ecologica. Gerhard
Schröder ha celebrato la nascita del partenariato strategico russo-tedesco con
due eventi privati: l'adozione di una bambina russa e la carica di presidente
del comitato degli azionisti di Nord Sea AG, la società fondata per la
costruzione di un gasdotto finanziato dai due Paesi nel Mare del Nord. Non
appena eletto Nicolas Sarkozy è andato a trascorrere qualche giorno di vacanza
nello yacht di un amico finanziere. La rottura del suo matrimonio con Cécilia,
il corteggiamento di Carla Bruni, la luna di miele prematrimoniale in Giordania
e il matrimonio all'Eliseo sono stati rappresentati come altrettanti spettacoli
di corte. I presidenti si comportano come monarchi e la frontiera tra pubblico
e privato sembra destinata a scomparire. Lei lascia intendere che i visitatori
convocati a Palazzo Grazioli dovrebbero sentirsi un po' sudditi. Credo che la
parola giusta sia «cortigiani ».
(
da "Giornale.it, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
n. 14
del 2009-04-06 pagina 46 Anche a Londra il buon Obama sotto le aspettative di
Redazione Caro Granzotto, e così la prima uscita in grande stile di Barack
Obama s'è trasformata in un flop. I grandi del G20 londinese non hanno riconosciuto nel
Grande Taumaturgico nessuna di quelle virtù che gli si attribuivano: non la
leadership politica e morale, non il potere carismatico e nemmeno quell'aura
che mette l'interlocutore in soggezione. Avesse ragione lei, caro Granzotto?
Forse non lo è o forse è presto per dirlo, ma Obama sembra in tutto e per tutto
una «sòla». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "Giornale.it, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
n. 14
del 2009-04-06 pagina 0 Ma Obama non è Kennedy di Maria Giovanna Maglie Non è
stato un grande successo, al contrario la debolezza della proposta politica
internazionale del presidente democratico americano, Barack Obama, si è vista
tutta nei giorni dEuropa. Non solo è lontana
la grande Berlino del presidente al quale si ispira platealmente, quel John
Kennedy tanto lontano e anche tanto sopravvalutato perché la morte santifica
tutti, ma anche la sua piccola Berlino, quella della campagna elettorale del 2008, quando il
candidato fu accolto come lesempio del nuovo
leader. Questa volta i black bloc e i finti pacifisti dei quali si credeva
amico hanno inscenato guerriglie che avrebbero fatto linvidia di George
W. Bush. Il discorso conclusivo di Praga, in tipico stile «I have a dream», stavolta
la fine delle armi atomiche, non poteva avere peggiore cornice del lancio di un
missile a lunga gittata della Corea del Nord verso il Giappone, chiaramente un
prova generale di sperimentazioni più pericolose, sicuramente una risposta
provocatoria, in violazione delle norme delle Nazioni Unite, alle offerte di
dialogo avanzate dallAmministrazione americana.
Ma anche in Europa il presidente ha i suoi problemi. Il conflitto è stato
evidente nel braccio di ferro per eleggere il nuovo segretario della Nato,
dove la Turchia ha giocato pesante mettendo gli Stati Uniti, suoi grandi
sponsor, in difficoltà, e nello scontro con il presidente francese Sarkozy sullopportunità di far entrare la Turchia nellUnione
Europea. Infine, anche il risultato e laccordo
di potenziamento della missione in Afghanistan sono più annunciati che ottenuti
concretamente, e le sbandierate nuove relazioni positive con Mosca sono tutte
da verificare. Per lAfghanistan Obama non ha avuto nuove truppe combattenti; dopo
averne inviate altre 17mila, in aggiunta alle 38mila già in campo, Washington
si aspettava dagli alleati contributi che non sono arrivati. Barack si è
consolato spiegando che «tutti i Paesi Nato hanno già truppe in zona di
pericolo, gli addestratori che mandano non sono meno importanti delle truppe
combattenti». Di certo la Nato ha sostenuto il suo approccio strategico che
prevede la ricostruzione del Paese, lotta ai talebani e attenzione al Pakistan,
ma si tratta di un successo dimezzato. Anche al G20 di
Londra, al posto del richiesto «stimolo fiscale globale», aveva ottenuto solo
più fondi per il Fmi, anche a Londra Barack Obama ha scelto di fingersi
soddisfatto, valorizzando gli aspetti multilaterali, come il ritorno della
Francia nella struttura militare atlantica, ladesione
dei nuovi membri, Albania e Croazia, le possibilità che altri possano entrare,
il rilancio dei rapporti con la Russia. Obama si è sicuramente speso per la
scelta del nuovo Segretario generale, e insieme ad Angela Merkel e a Silvio
Berlusconi, ha ottenuto il consenso del premier turco Erdogan, che non voleva
Rasmussen perché, da premier in Danimarca, difese giustamente il giornale che
aveva pubblicato le vignette su Maometto. Ma ha dovuto promettere limpegno Nato a combattere il terrorismo del Pkk curdo, e
piegarsi alla scelta di almeno due generali turchi negli alti comandi alleati.
Anche con la Russia il presidente americano annuncia progressi più che
incassarne. Vuole ottenere che Mosca faccia pressioni sul governo iraniano
perché blocchi il nucleare e aiuti gli Stati Uniti a far arrivare truppe
fresche in Afghanistan; ma in cambio dovrebbe rinunciare al progetto dello
scudo spaziale in Europa centrale, allespansione
della Nato in Europa Orientale, allimpegno nellarea del Caucaso.
Barack Obama, infine, ha deciso di lanciare la campagna di apertura ai Paesi
islamici, anche i più fondamentalisti, e contemporaneamente ha lanciato allarmi
di attentati in casa e in Europa. Ma se è vero che lEuropa non deve
cadere nel tranello
di pensare che la minaccia di Al Qaida sia passata solo perché «io sono il
presidente e George W. Bush non lo è più», se è verissimo che lorganizzazione fondata da Osama bin Laden continua ad
avere il mondo occidentale nel mirino ed è «più probabile che lanci un
serio attacco terroristico qui in Europa, in una città, piuttosto che negli
Usa», allora il presidente dovrebbe riflettere sullopportunità di dialogare con i nemici degli Stati Uniti
in tutto il mondo e in particolare in Medio Oriente. LIran gli ha
chiesto sostanziali cambiamenti nella politica estera come precondizione per il
dialogo. La Siria che lAmerica fermi
lindagine delle Nazioni Unite sullomicidio dellex premier
libanese Rafiq Hariri, i talebani pretendono addirittura il completo ritiro delle
truppe straniere dallAfghanistan prima di
prendere in considerazione il dialogo. I moderati, gli alleati storici
dellOccidente, sono invece sconcertati e spaventati. Fuori dalla
demagogia, è questo il primo inquietante bilancio del presidente del sogno. ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "Giornale.it, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
n. 14
del 2009-04-06 pagina 3 Il premier a Mosca con gli imprenditori di Redazione
Nel segno di «rapporti economici ai massimi storici» inizia oggi a Mosca la
visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine politico della
super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria, Ice e Abi che
vedrà là la partecipazione di circa 1200 imprenditori, 500 tra enti e imprese e
12 gruppi bancari. Il premier si tratterrà nella capitale russa fino a domani -
ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino - quando ci sarà l'incontro con il
presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Sin da oggi, però, con
Vladimir Putin, collega premier ma anche amico di lunga data del presidente del
Consiglio italiano, inizia un fitto programma di iniziative, che si concluderà
all'aeroporto Vnukovo-2 con una probabile «chicca»: Berlusconi e Putin ai
comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia
Aeronautica (Finmeccanica) e dalla russa Sukhoi. Sicuramente
un'immagine da ricordare, insieme a quella del G20 che ha appena immortalato un Silvio Berlusconi sorridente,
mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca
Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione che l'Italia vuole
svolgere per il disgelo tra Mosca e Washington. La missione in Russia è
focalizzata su temi economici, ed ha ha lo scopo di accrescere ulteriormente la
presenza commerciale italiana, già molto ben rappresentata: «Possiamo
incrementare ancora la nostra presenza - dice il presidente di Confindustria,
Emma Marcegaglia - a vantaggio anche delle piccole e medie imprese, che hanno
tutte le carte in regola per presentarsi come partner affidabili». © SOCIETà
EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "Giornale.it, Il"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
All'Angelus
di ieri il Papa ha parlato degli immigrati vittime dei "trafficanti di
uomini". Quando pensiamo a forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente
Paesi sottosviluppati, lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha
profondamente colpito questa intervista video realizzata dal direttore di Fides
Luca De Mata per uno dei suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un
immigrato sudamericano in Nord America. Scritto in Varie Non commentato » (1
votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il
Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera
Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario
della morte di Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di
Giovanni Paolo II "continua a essere vivo nel cuore della gente" e
aver citato la fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato
del momento attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate
attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel
quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza
cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di
più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli
"recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che
essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a
Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di
speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di
speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è
possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie
Commenti ( 49 ) » (5 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea
Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un
amico 01Apr 09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno
dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche
passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che
lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare
gli Stati che rappresentano il 90% del PIL e l'80% del commercio
mondiale. In questo contesto, l'Africa subsahariana è presente con un unico
Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i
partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la
cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più
i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo
termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di
tutti". "Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti
multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad
essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e
affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo stesso tempo,
vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi
finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un
corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli
strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i
sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano
oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento.
L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò tutte le misure
proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire
sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite
opportune regole e controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie
Commenti ( 111 ) » (7 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea
Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un
amico 26Mar 09 Una nuova "Inchiesta sulla Sindone" S'intitola
"Inchiesta sulla Sindone" il nuovo libro del vaticanista (e amico)
Marco Tosatti, in libreria in questi giorni, edito da Piemme. Un ottimo modo
per prepararsi all'ostensione del 2010 e per fare il punto sulla misteriosa
immagine dell'uomo morto crocifisso, che una controversa datazione al
radiocarbonio nel 1988 ritenne d'età medioevale, pur essendoci numerosissimi
altri indizi che la facevano risalire, invece, al primo secolo dell'era
cristiana. Tosatti descrive la storia del lino sul quale - in modo
inspiegabile, e più inspiegabile oggi che vent'anni fa - si è impressa
un'immagine che rappresenta un negativo fotografico. Una delle parti del libro
che mi ha colpito di più è quella dedicata all'esame al radiocarbonio, sulla
cui correttezza è lecito sollevare più di un dubbio: i risultati dei tre
laboratori, infatti, non avevano il margine minimo di compatibilità stabilito,
e si sarebbe dovuto ripetere nuovamente il test. Senza contare che proprio
questo esame ha fallito clamorosamente, datando come vecchie di 400 anni foglie
di platano raccolte il giorno prima, oppure stabilendo al 1600 la fattura di
una tovaglia moderna, o ancora datando all'800 dopo Cristo dipinti africani che
avevano invece solo undici anni. Con contributi scientifici e nuove
testimonianze, il libro mostra quanto si faccia bene a dubitare su quel dato
che permise di affermare che la Sindone sarebbe in reltà un manufatto
medioevale. Anche se bisogna sempre tener presente il metodo di Dio,
applicabile anche a questo caso: lasciare sempre sufficiente luce per chi vuole
credere, e sufficiente tenebra per chi non vuole credere. Scritto in Varie
Commenti ( 124 ) » (16 votes, average: 4.56 out of 5) Loading ... Il Blog di
Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
articolo a un amico 24Mar 09 Il Papa in Africa, un bilancio di due viaggi
Visitando l'Africa, nei suoi sei giorni di permanenza nel Continente nero,
Benedetto XVI ha compiuto due viaggi. Due viaggi molto diversi tra di loro. Il
primo è quello reale, segnato dal contatto con le folle del Camerun e
dell'Angola, dai temi che il Papa ha trattato nei discorsi e nelle omelie,
dall'impatto con le contraddizioni di due capitali dove ricchezza e povertà
estreme convivono fianco a fianco. L'altro viaggio è quello virtuale, quello su
cui si sono accapigliati commentatori, burocrati e sondaggisti occidentali, che
hanno accusato Ratzinger di irresponsabilità per aver detto ciò che tutti
dovrebbero ormai riconoscere e che è attestato da studi scientifici: la
distribuzione di preservativi non è il metodo efficace per combattere la
diffusione dell'Aids in questi Paesi. Per tre giorni, nei Paesi europei così
come negli Stati Uniti, mentre il Papa parlava di povertà, sviluppo, diritti
umani, si è discusso di profilattici. Per poi passare, durante i successivi tre
giorni, a parlare di aborto terapeutico, sulla base di una frase pronunciata da
Benedetto XVI in un discorso forte sui mali che affliggono l'Africa.La macchina
mediatico-politica, una volta messa in moto, non si è più fermata. E così in
Francia, dove impallinare il Pontefice sembra diventato ultimamente uno sport
nazionale, si sono fatti sondaggi e sondaggini per dimostrare che almeno metà
dei cattolici del Paese chiedono a Ratzinger di dimettersi. La sensazione,
leggendo dichiarazioni di alcuni ministri e dei loro portavoce, è che per la
prima volta dopo molto tempo, il Papa non sia più circondato da quel rispetto
attribuito a una personalità super partes, ma sia considerato un capo partito,
sottoposto al tiro incrociato delle quotidiane dichiarazioni tipiche del
«pastone» politico. C'è chi lo invita al silenzio, chi lo invita a lasciare,
chi gli spiega cosa dire e come dirlo.Così, sedici discorsi pronunciati in
terra africana, si sono ridotti a due-frasi-due, la prima delle quali peraltro
pronunciata in modo estemporaneo durante la conferenza stampa tenuta
sull'aereo. L'impressione è che Benedetto XVI non sia eccessivamente
preoccupato di questa crescente ostilità. Mai come in questi giorni si è colta
l'enorme distanza tra viaggio reale e viaggio virtuale. E se è vero che la
critica montante presso certe burocrazie occidentali non ha precedenti recenti,
bisognerà pure ricordare che critiche ferocissime vennero mosse a Giovanni
Paolo II nei primi anni del suo pontificato. Così come va richiamata alla
memoria la sofferenza e l'isolamento di Paolo VI, nel momento in cui prese
decisioni coraggiose come l'Humanae vitae, divenendo segno di contraddizione.Che
cosa resta, dunque, del viaggio di Benedetto in Camerun e Angola? Prima ancora
e più ancora dei messaggi lanciati dal Papa per la lotta alla povertà, per la
dignità della donna, per un'economia che non sia disumana, per l'educazione e
lo sviluppo, resta una presenza e una straordinaria corrente di simpatia umana,
che ha avuto il suo culmine in Angola. Tanta gente semplice e straordinaria, ha
trascorso ore ed ore sotto il sole per salutare non Joseph Ratzinger, ma il
successore di Pietro, venuto fino a qui per confermare i fratelli nella fede. E
in Paesi travagliati da tragiche guerre intestine, abusi, soprusi, miserie,
violenze, l'abbraccio di Pietro, il suo sorriso e la sua vicinanza hanno
contato di più di mille discorsi. Scritto in Varie Commenti ( 109 ) » (15
votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09
Luanda, due morti allo stadio prima dell'arrivo del Papa La notizia si è
diffusa solo in serata: verso le ore 13, al momento dell'apertura delle porte
dello stadio dove Benedetto XVI ha poi incontrato i giovani, un ragazzo e una
ragazza sono morti schiacciati nella calca. Secondo un'altra versione i due,
quattordici e sedici anni, si sono sentiti male a causa del caldo e della
disidratazione. Ci sono stati anche otto feriti. Né il Papa né il suo seguito
non sono stati informati (se lo avesse saputo, avrebbe pregato per le vittime
insieme ai giovani durante l'incontro). Soltanto ad ora di cena Benedetto XVI
l'ha saputo. Le notizie sono ancora frammentarie e imprecise. Scritto in Varie
Commenti ( 43 ) » (6 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea
Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un
amico 21Mar 09 Ennesimo caso mediatico sul Papa. Speriamo sia abortito. Cari
amici, qualcuno già ieri e poi soprattutto oggi ha letto il passaggio del
discorso del Papa ai politici angolani dedicato all'aborto come come uno
schierarsi dello stesso Benedetto XVI dalla parte del vescovo di Recife sul
caso della bambina violentata e rimasta incinta di due gemelli. Lettura
indebita perché, come ha spiegato il direttore della Sala Stampa della Santa
Sede, padre Federico Lombardi, «Non ha parlato assolutamente di aborto terapeutico,
non ha detto che deve essere rifiutato sempre: il Papa è contro il concetto di
salute riproduttiva che rintroduce largamente l'aborto come mezzo di controllo
delle nascite». Scritto in Varie Commenti ( 58 ) » (9 votes, average: 4.56 out
of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS
Commenti Invia questo articolo a un amico 20Mar 09 Luanda, calore umano e
resistenza fisica di Benedetto Cari amici, alle 12.37 siamo atterrati
all'aeroporto di Luanda, in Angola. La vista dall'aereo è impressionante: una
distesa a perdita d'occhio di case e casupole per lo più diroccate, che
lambivano quasi i bordi della pista dove il Boeing 777-200 dell'Alitalia ha
toccato terra. Se in Camerun faceva caldo, qui fa caldissimo. Un clima torrido,
l'asfalto quasi liquefatto. Sono bastati pochi minuti di attesa davanti al
padiglione dell'aeroporto per stenderci tutti. Avevamo sinceramente paura per
il Papa, che ha dovuto ascoltare gli inni e stringere le mani dei notabili per
molti minuti. Poi, sotto uno striminzito palchetto, Ratzinger ha ascoltato
stando in piedi il discorso del presidente Dos Santos. Infine ha preso la
parola, e ha pronunciato il suo discorso, peraltro non breve, al quale ha
aggiunto un paragrafo dedicato alle vittime delle inondazioni che nei giorni
scorsi hanno sconvolto alcune zone dell'Angola. Nonostante la giornata
veramente faticosa di ieri a Yaoundé, e il caldo che avrebbe steso chiunque,
Benedetto XVI ha portato a termine il suo saluto in portoghese, prima di "imbarcarsi"
sulla papamobile. Anche qui, come in camerun, accoglienza festosissima, con la
gente accalcata sulle strade per salutare il passaggio del corteo papale.
Scritto in Varie Commenti ( 17 ) » (9 votes, average: 4.89 out of 5) Loading
... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti
Invia questo articolo a un amico 18Mar 09 Chi fa la lezione al Papa sull'Africa
Oggi divampa la polemica per le parole di Benedetto XVI sui preservativi. Si
stracciano le vesti ministri francesi, tedeschi e belgi; interviene l'Unione
europea. Dal sito del settimanale "Vita", vi propongo questa
riflessione di Riccardo Bonacina: «A salire in cattedra, oggi, sono stati gli
stessi responsabili di aver fatto carta straccia di tutti gli impegni
internazionali da qualche decennio in qua. A parlare sono gli stessi
rappresentanti di quei Governi che non arrossiscono neppure per aver fallito e
tradito l'obiettivo fissato alla conferenza di Barcellona del 2002 di destinare
agli aiuti internazionali lo 0,33 per cento del PIL entro il 2006. Di aver
tradito e fallito un ulteriore impegno, quello preso nel 2004 sugli Obiettivi
del Millennio, quando firmarono e controfirmarono con inchiostro invisibile
l'impegno di innalzare la quota per la cooperazione allo sviluppo sino allo
0,7% del Pil entro il 2015. E ancora la promessa del G8 2005 che disse di voler
raddoppiare l'aiuto all'Africa.Come stiano le cose l'ha spiegato poche
settimane fa l'Ocse."I Paesi donatori avevano promesso di aumentare i loro
finanziamenti di circa 50 miliardi di dollari l'anno entro il 2015, a partire dai livelli
del 2004 - si legge nel Development Co-operation Report pubblicato in questi
giorni - ma le proiezioni dell'OCSE rispetto alla destinazione di questi fondi
registrano una caduta complessiva di circa 30 miliardi ciascun anno. I numeri
sono abbastanza eloquenti: tra 2006 e 2007 i Paesi di area Ocse hanno diminuito
il loro impegno dell'8,5% a livello internazionale, con punte del 29,6% per il
Regno unito, del 29,8% del Giappone, del 16,4% della Francia e dell'11,2% del
Belgio. Anche l'Italia perde terreno: meno 2,6% nel 2007". Scritto in
Varie Commenti ( 243 ) » (12 votes, average: 4.5 out of 5) Loading ... Il Blog
di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo
a un amico 17Mar 09 L'abbraccio
di Yaoundé a Papa Benedetto Cari amici, sul Giornale di domani potrete leggere
la cronaca della prima giornata africana del Papa. Ciò che ci ha detto
sull'aereo, il suo primo discorso a Yaoundé. Scrivo queste righe un po' in
fretta, per comunicarvi ciò che è avvenuto al nostro arrivo: una folla di
decine di migliaia di persone ha salutato il Papa lungo tutto il percorso
dall'aeroporto alla città. Un'accoglienza bella, spontanea, festosissima. Uno
spettacolo davvero unico di sorrisi, balli, entusiasmo, simpatia. Non solo
verso il Papa, ma anche verso di noi giornalisti, che chiudevamo il lungo
corteo, e che non abbiamo mai smesso di salutare persone di tutte le età che si
sbracciavano per darci il benvenuto, perché avevamo viaggiato con Benedetto
XVI. Mi ha colpito la povertà di alcuni quartieri che abbiamo oltrepassato e
non dimenticherò facilmente i tantissimi volti di bambini sorridenti che hanno
reso davvero speciale il nostro arrivo. Scritto in Varie Commenti ( 63 ) » (10
votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti
Chi sono Sono Andrea Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964,
laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma
e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti
Categorie Varie (338) Ultime discussioni Artefice1: Filippo Caro ..fosse vero
.farei di tutto, CON-Sentendo. Lo immaginavo già: (Anche perché me lo...
Filippo: Dear Artefice, alias Mr. Senso, non voglio snobbarti. Perciò tento di
dialogare. Forse ho capito un dieci... Filippo: Caro giacobino Roberto, la
Chiesa non è un Moloch travestito da Cerbero, pronto a ringhiare sul popolo
per... mauro: Caro Roberto, Lei ha usato paroli troppo delicate. Avrebbe dovuto
affermare che in Italia si sta andando verso... roberto: Caro Filippo Aggiungo:
a mio avviso liberalismo e libertarismo non sono in antitesi con l'essere un...
Gli articoli più inviati Il voto "veltroniano" di Maria: lettera
blasfema di don Farinella - 13 Emails Messe show, facciamo un catalogo? - 10
Emails Accordo tra S.Sede e lefebvriani, conto alla rovescia - 9 Emails Nasce a
Roma la prima parrocchia personale in rito antico - 8 Emails Caso Williamson,
Benedetto XVI scrive ai vescovi - 8 Emails Amato ai santi e il gesuita spagnolo
Ladaria al Sant'Uffizio - 7 Emails Neocatecumenali, il Papa ha approvato gli
statuti - 6 Emails Neocatecumenali, faranno la comunione in piedi - 6 Emails La
battaglia finale - 5 Emails Dopo la messa tridentina, in Cattolica cambiano
l'altare - 5 Emails Ultime news An error has occured; the feed is probably
down. Try again later. Blog Amici Dio: pace o dominio Il blog di Accattoli Il
blog di Francesco Agnoli il blog di Fratel Ettore Il blog di Giacomo Galeazzi
il blog di Jesùs Bastante Il blog di Magister il blog di Marcello Foa Il blog
di Marco Tosatti Il blog di Matteo L. Napolitano Il blog di Phil Pullella Il
blog di Raffaella il blog di Riccardo Bonacina Il blog di Rodari il blog di
Stefano Tramezzani Blogroll Il sito di Radio Maria Siti Utili Avvenire Fides Il
sito di Radio Maria Il sito sul cardinale Siri Korazym La Santa Sede Sito web
ilGiornale.it Sussidiario.net April 2009 M T W T F S S « Mar 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Archivio dei post
April 2009 (3) March 2009 (15) February 2009 (13) January 2009 (14) December
2008 (13) November 2008 (13) October 2008 (18) September 2008 (14) August 2008
(8) July 2008 (17) June 2008 (17) May 2008 (19) April 2008 (16) March 2008 (15)
February 2008 (15) January 2008 (14) December 2007 (13) November 2007 (18)
October 2007 (16) September 2007 (18) August 2007 (19) July 2007 (30) Trackback
recenti den Fall Williamson exsultet.net: Papstbrief als Reaktion blogring.org:
Blogring per andrea... phalaris: sul Filioque, ma sui dogmi la sostanza cambia
ben poco?? Grazie. Corrado: Mi scuso per la .http://blog.ilgiornale.
it/tornielli/2008/07/02/roma-e -fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read
"How can I tell the difference from phalaris grass that has DMT in
it?" at Home & Garden The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares
Llovera Abiura: Comment on Thornborn, un Dan Brown cattolico? by Rovere I più
votati Violenze e minacce, dobbiamo vigilare - 107 Votes La comunione nella
mano, la fine dell'inginocchiatoio - 57 Votes Milano e il motu proprio, la
colpa è della stampa - 54 Votes La preoccupazione dei vescovi per il regime di
Chavez - 51 Votes In difesa del cardinale Tettamanzi - 48 Votes Se lo storico
replica: "Lei non sa chi sono io!" - 48 Votes Il Papa non andrà alla
Sapienza - 42 Votes Ancora sugli statuti del Cammino, approvati dalla Chiesa -
40 Votes Il parroco trevigiano trasforma l'oratorio in moschea - 39 Votes Ebrei
salvati da Pio XII: Bruno Ascoli, guardia palatina - 39 Votes Recent Posts I
"trafficanti di uomini" Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia
ridotto a slogan Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive
a Gordon Brown Una nuova "Inchiesta sulla Sindone" Il Papa in Africa,
un bilancio di due viaggi Luanda, due morti allo stadio prima dell'arrivo del
Papa Ennesimo caso mediatico sul Papa. Speriamo sia abortito. Luanda, calore
umano e resistenza fisica di Benedetto Chi fa la lezione al Papa sull'Africa
L'abbraccio di Yaoundé a Papa Benedetto Pagine About Disclaimer I miei libri
Pio XII. Un uomo sul trono di Pietro Pannello di controllo Login Entries RSS
Comments RSS WordPress.com Photos Feed RSS di questo blog Feed RSS dei commenti
al blog Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 disclaimer Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti
(
da "Affari Italiani
(Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Economia Mercati/ Continua l'effetto G20:
Borse Ue in rialzo Lunedí 06.04.2009 09:12 Le misure adottate dal G20
continuano a fornire un supporto psicologico ai mercati. Avvio in deciso rialzo
per i listini Ue. A Londra l'indice Ftse 100 avanza dello 0,58% a 4.052,86
punti. A Milano il Mibtel sale dell'1,09% a 13.695 punti. Cresce
dell'1,1% a 4.433 punti il Dax di Francoforte e a Parigi il Cac 40 avanza dello
0,92% a 2.986,09 punti. A Milano bene il comparto bancario, con Unicredit a
+5,57% dopo che venerdi' i soci delle fondazioni hanno trovato un accordo sulla
lista unitaria di maggioranza, Banco popolare +4,91%, Bp Milano +1,01%, Bmps
+3,37% e Intesa Sanpaolo +0,92%. Ancora in salita le quotazioni di Fiat, che
guadagna il 5,09% e supera i 7 euro per azione; nel comparto, Pirelli guadagna
il 6,93%. Positivi gli energetici, con Eni +1,42%, Saipem +2,37%, Snam rete gas
+0,13%, Enel +1,67% e A2a +1,57%; bene anche gli assicurativi e il lusso, con
Bulgari che guadagna il 3,99%. Nel comparto editoriale, scatta Rcs, che
recupera il 7,04%; Seat guadagna l'8,82% mentre la Consob sta monitorando
l'andamento del titolo. Tra i pochi segni negativi ci sono Telecom Italia, -0,86%
nel giorno dell'assemblea di Telecom Italia Media, e Parmalat, che perde lo
0,13%. Chiusura in netto rialzo anche per la borsa di Tokyo, sospinta dal calo
dello yen che aiuta le esportazioni nipponiche. Il Nikkei 225 ha terminato gli scambi
con un progresso dell'1,24%, a 8.857 punti. Rally anche per le altre borse
asiatiche, che puntano su un miglioramento della situazione economica. Hong
Kong avanza del 3,40%, Shanghai arretra dello 0,23%, Taiwan sale dello 0,48% e
Seul guadagna l'1,10%. tags: borse piazza affri mibtel wall street nikkei
(
da "Affari Italiani
(Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
G20 / Obama umile, mediatore e
informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica
05.04.2009 12:48 Di Alessandro Luigi Perna Rivoluzione G20
al vertice di Londra: nessuno vince ma il mondo non è più lo stesso. Ci eravamo
infatti abituati allo scontro ideologico ed eventualmente armato tra comunismo
e capitalismo, due sistemi sociali in violenta antitesi per cui valeva la
pena combattere e morire. Adesso è tutta roba vecchissima. Dopo il crollo
dell'Urss si è passati allo scontro tra democrazie e dittature con il mondo
diviso in due tra governi autoritari (fascisti, comunisti, islamici, personali)
e governi liberali democraticamente eletti. E abbiamo assistito in Occidente
alla frattura tra coloro che volevano espandere la democrazia a suon di cannonate
e quelli che invece preferivano espanderla a suon di contratti da miliardi,
convinti che gli scambi commerciali avrebbero veicolato i valori liberali
occidentali. Da una parte c'erano gli americani con le loro dottrine
neoconservatrici e unilateraliste e dall'altra gli europei, con le loro
dottrine di softpower e multilateralismo. Anche quella però adesso è roba
vecchia. Cena a Downing Street GUARDA LA GALLERY Nell'era della crisi globale
non ci sono più amici e nemici. C'è un unico credo unificante: il mercato
globale. E di conseguenza un'unica filosofia politica obbligata: il
multilateralismo. A nessuno importa più chi sono i paesi dove acquistiamo
prodotti, chiediamo prestiti, investiamo e vendiamo. Non c'è più neppure
nessuna considerazione strategica in prospettiva su chi possa essere un partner
oggi e un avversario armato domani. A contare adesso è quanto denaro ciascun
governo ha nei propri forzieri e in che misura può metterlo sul piatto per far
ripartire l'economia internazionale. L'interconnessione globale di finanza e
mercati, impermeabile a qualsiasi considerazione ideologica, ci ha proiettato
in un mondo completamente nuovo. Le alleanze economiche e finanziarie
consolidatesi alla fine della seconda guerra mondiale sono state rivoluzionate.
E il battesimo ufficiale di questa nuova era è stato il G20
di Londra. Nella capitale inglese si è infatti delineato il mondo del futuro.
Bruxelles, manifestazione anti-globalizzazione GUARDA LA GALLERY Gli Stati
Uniti sono diventati finalmente (per molti) multilaterali non perché hanno
cambiato per davvero ideologia ma perché costretti, avendo perso la loro
leadership finanziaria ed economica, ad abdicare anche alla loro leadership
politica. Non sono infatti più l'economia trainante del pianeta né quella che dispone
delle risorse necessarie per rilanciare il commercio mondiale. I nuovi
protagonisti della scena internazionale e riconosciuti partner da Washington
sono coloro che contribuiscono a espandere i consumi globali e che possono
prestare denaro agli USA. Cioè la Cina, la nuova potenza in espansione e senza
morale, la cui crescita economica dipende dai consumi del mercato americano e
la cui stabilità finanziaria dipende dalla possibilità di Washington di
restituirle i prestiti che le ha fatto. Il governo cinese ha colto
consapevolmente la palla al balzo per entrare nell'olimpo del pianeta e
condizionarne il futuro a suo favore. Al G20 è stato
informalmente sancito che il rapporto tra le due sponde del Pacifico conterà
d'ora in poi molto di più di quello tra le due sponde dell'Atlantico. Scontri a
Londra, un morto GUARDA LA GALLERY CLICCA QUI PER GUARDARE IL VIDEO DEGLI
SCONTRI pagina successiva >>
(
da "Affari Italiani
(Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
G20 / Obama umile, mediatore e
informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica
05.04.2009 12:48 Ma a Londra è stata anche sancita per l'ennesima volta la
distanza tra Europa e America e la mancanza di coesione nell'Unione Europea, un
limite che non le consente di influire sui destini del mondo pur producendo il
22,3%
della ricchezza mondiale contro il 20,8 degli Stati Uniti. L'Inghilterra di
Gordon Brown, alleato privilegiato degli USA da sempre e da sempre ponte tra il
nuovo mondo e quello vecchio, ha ribadito che in campo economico ha molte più
affinità con Washington che con le capitali europee. In comune hanno il sistema
capitalistico di stampo anglosassone, gli errori commessi che hanno causato il
collasso della finanza internazionale, e infine le soluzioni per farla
risorgere attraverso l'espansione della spesa pubblica. Entrambi non credono a
ricette protezionistiche (anche se Obama al riguardo non è affatto coerente) ma
anzi predicano l'apertura senza limiti dei mercati internazionali. E infine non
hanno nessuna paura dell'inflazione perché fortemente indebitati per salvare i
rispettivi paesi dalla bancarotta. Esattamente idee opposte a quelle di
Germania e Francia, che invece non credono all'espansione della propria spesa
pubblica senza prestare attenzione ai deficit di bilancio e all'inflazione.
Manifestazione a Londra contro il G20, le immagini
degli scontri GUARDA LA GALLERY L'unica espansione di spesa che hanno previsto
è quella che salva i propri risparmiatori dal fallimento delle banche e i
lavoratori dalla disoccupazione attraverso il wellfare. A dare una mano
all'economia degli States con massicci investimenti di stato e una diminuzione
delle tasse non ci pensano per niente: sono gli americani ad aver combinato il
casino, sono loro a doverselo risolvere. Come obiettivo per il G20 Parigi e Berlino si erano poste la revisione delle
regole finanziarie internazionali, la limitazione dei bonus ai dirigenti e la
lotta ai paradisi fiscali - i capri espiatori additati all'opinione pubblica
per salvare i governi dalla critica sociale. Si sono presentate al vertice con
le idee chiare e spalleggiandosi a vicenda. Dietro di loro l'Italia che
condivideva gran parte delle loro opinioni ma preferiva defilarsi in vista del
G8 del prossimo giugno in Sardegna. Alla fine Francia e Germania hanno ottenuto
quello che volevano o quasi la Cina è riuscita a salvare i suoi paradisi
fiscali. Ma parlando a nome proprio e non di tutta l'Unione Europea hanno
dimostrato ancora una volta l'intrinseca debolezza del vecchio continente. Che
con l'euro continua a essere una potenza economica ma rimane un nano politico.
Ancora per molto tempo. < < pagina precedente
(
da "Monde, Le"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Le FMI
compte sur la reprise au premier semestre 2010 LEMONDE.FR avec AFP et Reuters |
06.04.09 | 06h57 * Mis à jour le 06.04.09 | 10h31 Réagissez Classez Imprimez
Envoyez Partagez Partagez : AP/Alastair Grant "Le redémarrage des marchés
de crédit, qui restent encore gelés, est également essentiel. La reprise du
commerce international constituera également un test de fin de crise",
explique Dominique Strauss-Kahn. Le G20 a contribué à
restaurer la confiance, "ce qui est décisif pour que l'économie
reparte", estime le directeur général du FMI, Dominique Strauss-Kahn,
confirmant le scénario d'une reprise au premier semestre 2010 à partir des
Etats-Unis, dans un entretien au Figaro. Le "succès de ce G20, la détermination des chefs d'Etat et de gouvernement,
les décisions qui ont été prises, constituent un élément du retour à la
confiance, ce qui est décisif pour que l'économie reparte", juge M.
Strauss-Khan. Il confirme son scénario d'une reprise l'an prochain. La fin de
la baisse des prix de l'immobilier américain "constituera un signe
important", "on peut penser qu'on n'est pas trop loin du plancher,
d'où notre schéma de reprise au premier semestre 2010", dit-il. "Le
redémarrage des marchés de crédit, qui restent encore gelés, est également
essentiel. La reprise du commerce international constituera également un test
de fin de crise", ajoute-t-il. Sur le même sujet Compte rendu Le FMI
compte sur la reprise au premier semestre 2010 Entretien "Celui qui veut
frauder n'aura nulle part où se cacher" Zoom Quand Denis Kessler "se
paye" les agences de notation Compte rendu Matthieu Pigasse : "Ce G20 n'est
ni un succès, ni un échec" Revue de presse Après le G20 : "Il faut maintenant
transformer l'essai" Décryptage G20 : quatre orientations décisives pour essayer de sauver
l'économie mondiale Edition abonnés Thématique : Les enjeux du G20 Sur le même sujet Compte rendu
Rémunération des patrons : Christine Lagarde d'accord avec le Parlement
Compte rendu Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 Compte rendu
Le rachat de Sun Microsystems par IBM compromis Les faits Les plaintes se
multiplient contre le montant des factures liées à l'Internet mobile Les faits
Le Luxembourg et la Belgique ont du mal à accepter leur inscription sur la
liste "grise" de l'OCDE Sur le même sujet Les faits Une vingtaine de
morts dans l'attaque d'une mosquée chiite au Pakistan Compte rendu Obama et
Sarkzoy s'opposent sur l'entrée de la Turquie dans l'UE Compte rendu Le FMI
compte sur la reprise au premier semestre 2010 Les faits Obama milite pour un
monde débarrassé des armes nucléaires Interrogé sur l'absence d'efforts
supplémentaires dans les plans de relance nationaux, le patron du FMI juge que
"le problème principal aujourd'hui, ce n'est pas d'augmenter les plans de
relance" car en 2009, "le résultat est presque à la hauteur de ce que
le FMI avait demandé en février : une relance équivalente à environ 2 % du
PIB". Pour 2010, "l'important est que les Etats aient déclaré être
prêts à en faire davantage si cela s'avérait nécessaire", ajoute-t-il. M.
Strauss-Kahn minimise aussi la différence d'envergure entre les plans européen
et américain. "Quand on tient compte de la protection sociale, des
'stabilisateurs automatiques', bien plus forts en Europe, l'écart n'est pas si
grand", selon lui. "500 milliards de dollars de ressources
supplémentaires seront disponibles avant la fin de l'année", affirme M.
Strauss-Kahn, en évoquant par ailleurs les sommes allouées par le G20 au FMI. Il souligne que l'expérience du FMI et des
"122 crises" de son histoire montre que le retour à la croissance ne
se fait pas avant que le système bancaire soit assaini.
(
da "Monde, Le"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Barack
Obama en Turquie pour resserrer les liens avec un "allié stratégique"
LE MONDE | 06.04.09 | 10h10 * Mis à jour le 06.04.09 | 10h41 Réagissez Classez
Imprimez Envoyez Partagez Partagez : Prague, Istanbul, Ankara, envoyés spéciaux
L'effigie de Barack Obama trône désormais dans les boutiques turques aux côtés
de celles d'Atatürk et du sultan Mehmet, conquérant de Constantinople. Ici
comme ailleurs, le nouveau président américain, qui est arrivé dimanche 5 avril
en Turquie pour une visite de 48 heures, a la cote. Il est devenu aux yeux des
Turcs "le dirigeant politique le plus fiable" du monde, avec 40 % de
suffrages, alors que George W. Bush, avec 9 %, était devenu presque aussi
impopulaire en Turquie que Ben Laden. Sur le même sujet
Eclairage Sommets du G20 et
de l'OTAN : la méthode Obama Décryptage "Un nouveau départ" dans les
relations russo-américaines Eclairage Un pas vers la réduction des armements
nucléaires Réactions Le rapprochement russo-américain désoriente Varsovie Les
faits Washington et Pékin intensifient leur coopération Portfolio
Etats-Unis-Iran : trente ans de face-à-face tendu Edition abonnés
Archive : "Obama et Medvedev veulent surmonter l'héritage des années
Bush" Mais cela ne signifie pas que toutes les susceptibilités envers
l'"allié stratégique" américain soient définitivement levées. A
preuve, le feuilleton de la nomination du nouveau secrétaire général de l'OTAN.
La liste des contreparties qu'aurait obtenues Ankara pour lever son opposition
à la nomination du premier ministre danois, Anders Fogh Rasmussen, se lisait,
dans la presse turque de dimanche, comme celle de tous les griefs nourris
envers ses partenaires occidentaux. Bravades patriotiques à l'appui : "La
Turquie a gagné le bras de fer", proclame le quotidien populaire à fort tirage
Sabah. Le premier ministre, Recep Tayyip Erdogan, "a résisté jusqu'à la
fin, obtenant des concessions majeures", précise le journal. Depuis que
l'administration Bush a accepté, en 2008, de fournir le soutien des satellites
d'observation américains aux raids aériens de l'armée turque contre les bases
du Parti des travailleurs du Kurdistan (PKK) dans le nord de l'Irak, les
relations se sont réchauffées. La visite de Barack Obama, qui a été ajoutée
tardivement à son voyage en Europe (son épouse Michelle est repartie dimanche à
Washington, arguant d'engagements prévus auparavant), souligne l'intérêt de
l'administration Obama pour un pays qui cumule les avantages stratégiques. Les
Etats-Unis, qui préparent leur retrait d'Irak, espèrent pouvoir compter sur l'aide
des Turcs pour maintenir la stabilité dans ce pays. Ils ont aussi apprécié la
médiation turque entre Israël et la Syrie. LES NÉGOCIATIONS D'ADHÉSION À l'UE
PATINENT Le processus de désarmement doit permettre à la Turquie de mettre en
avant ses atouts, généralement reconnus, de médiateur régional en l'occurrence avec l'Iran. Alors que le dossier
afghan, nouvelle priorité de Washington, est celui où Ankara joue déjà un rôle
important en appui des efforts américains. Outre le millier d'hommes que la Turquie fournit à
la FIAS (Force internationale d'assistance à la sécurité), autour de Kaboul,
Ankara, traditionnellement proche des Afghans comme des Pakistanais, organise
des sommets entre les deux pays. Le troisième a eu lieu le 1er avril à Ankara.
Comme son prédécesseur, Barack Obama est favorable à l'adhésion de la Turquie à
l'Union européenne. Dimanche, à Prague, il a présenté cette perspective comme
"un signe important" qui serait envoyé au monde musulman. Elle
contribuerait à "forger une relation fondée sur le respect mutuel et des
intérêts communs" entre les Occidentaux et les musulmans, a-t-il dit.
Pendant la réunion, personne n'a osé commenter sa petite phrase. Les Européens,
désorganisés par la crise politique qui secoue la présidence tchèque de l'Union,
ont préféré insister sur la lutte contre le réchauffement climatique, leurs
efforts en Afghanistan ou les relations économiques bilatérales. Mais en marge
de ce sommet Etats-Unis-Union européenne, les réactions ne se sont pas fait
attendre. "Je suis opposé à cette entrée, je le reste, et je crois pouvoir
dire qu'une grande majorité des Etats membres est sur la position de la
France", a lancé Nicolas Sarkozy, sur TF1. "C'est aux pays membres de
l'Union européenne de décider", a-t-il ajouté. Un peu plus tard, Angela
Merkel a elle aussi pris ses distances avec M. Obama. "Nous débattons
encore" pour savoir s'il faut accorder l'adhésion ou un "partenariat
privilégié" à Ankara, a précisé la chancelière allemande. Les
chrétiens-démocrates allemands sont, comme la droite française, favorables à la
seconde option, contre l'avis de leur partenaire de coalition, le parti
social-démocrate. "Il est clair qu'il y a des opinions différentes"
au sein des Vingt-Sept, a reconnu Mme Merkel. Le Royaume-Uni, l'Italie et les
pays nordiques sont d'infatigables partisans de l'adhésion de la Turquie,
qu'ils considèrent comme un pays stratégique sur le plan diplomatique, et
énergétique. Ouvertes en 2005, les négociations d'adhésion patinent. Seuls dix
chapitres sur trente-cinq
ont été ouverts; un seul refermé. Le conflit entre Ankara et Chypre, dont la
Turquie occupe la partie nord, empêche tout progrès concernant l'Union
douanière. La France met par ailleurs son veto à l'ouverture de certains
chapitres tels que l'entrée dans la zone euro; les institutions et la politique
agricole qui présupposent, selon Paris, l'adhésion à l'Union. Mais la France
n'a pas bloqué l'ensemble du processus. Philippe Ricard, Sophie Shihab et
Corine Lesnes
(
da "Corriere Economia"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
Economia sezione: Economia data: 06/04/2009 - pag: 5 La stanza dei bottoni a
cura di Carlo Cinelli e Federico De Rosa Mr. Geox e gli
ospiti del principe Carlo Cena al G20. Le «vacanze» di Beniamino Anselmi A fare gli onori di casa,
come da protocollo, è stata la Regina Elisabetta . Ma dietro le quinte del G20 si è dato da fare anche Carlo. Il
Principe di Galles ne ha approfittato per invitare a colazione a Buckingham
Palace un gruppo ristretto di manager e industriali impegnati nell'ambiente,
con i quali, tra una portata e l'altra, ha fatto il punto sul climate change e
sullo sviluppo dell'economia «verde ». Per l'Italia c'erano l'ambasciatore
Giancarlo Aragona , il patron di Geox, Mario Moretti Polegato , il
vicepresidente della Barilla, Paolo Barilla e Nino Tronchetti Provera , patron
di Ambienta, il primo fondo italiano specializzato sull'ambiente. Ai quali il
Principe Carlo ha dato appuntamento per il 28 aprile a Roma, dove verrà per
promuovere The Prince of Wales's Corporate Leaders Group on Climate Change : la
prima lobby ambientale del mondo. *** L'anno scorso, nel pieno dello scontro
tra Alessandro Profumo e Salvatore Mancuso per la guida del Banco di Sicilia,
Beniamino Anselmi aveva pensato bene di prendersi una vacanza in Patagonia,
nonostante in gioco ci fosse l'assetto di vertice della banca di cui all'epoca
era amministratore delegato. Una coincidenza. Che si è ripetuta, però, la
scorsa settimana quando in Piazza Meda i sindacati che governano Bpm hanno
tirato fuori dal cilindro il nome del banchiere piacentino, nella speranza di
riuscire a trovare, dopo numerosi tentativi andati a vuoto, il consenso
necessario a sbloccare la corsa per la successione a Roberto Mazzotta . E
mentre Fabi, Fiba, Uilca e Fisac si «scontravano» sulla sua candidatura,
Anselmi dov'era? Di nuovo in vacanza. Pare alle Maldive. Dove è stato raggiunto
dalla notizia che nel gioco dei veti incrociati il suo nome era stato bruciato.
*** In attesa di «Italo», il nuovo treno superveloce di Ntv, investimento di
famiglia (del padre Luca Cordero di Montezemolo con Diego Della Valle e Gianni
Punzo ), Matteo Montezemolo testa il Frecciarossa delle Fs. Giovedì 2 aprile,
sul Milano- Venezia (destinazione Cortina), arrivo con mezz'ora di ritardo su
due e mezza scarse da tabella. Gli investimenti di famiglia, avrà pensato,
hanno davanti un'autostrada. *** Il club del bollino. Il presidente del Gestore
dei servizi elettrici (Gse), Carlo Andrea Bollino voleva un incontro con la
stampa. La liberalizzazione del mercato, le nuove frontiere dell'energia verde,
piani a lungo termine per il solare ma, anche e soprattutto, il nucleare i temi
in agenda. Ha provveduto Raffaella Viglione che ha immediatamente convocato
martedì scorso alla Rosetta tutti gli iscritti a «lettera 22», l'associazione
dei giornalisti di centrodestra presieduta da Paolo Corsini . Tra i soci
sostenitori mezza (ex) An: da Maurizio Gasparri a Giorgia Meloni . Altezza
Elisabetta II, regina d'Inghilterra Reuters In carrozza Matteo Montezemolo,
attende «Italo» Ansa
(
da "Corriere Economia"
del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
Corriere
Economia sezione: Economia data: 06/04/2009 - pag: 14 Il check up di primavera
Rimbalzo, utili, deflazione, Btp, valute: tutti i dubbi da sciogliere L e sorti
dei tassi e quelle della Borsa, le predizioni impossibili e la lettura delle
statistiche: ecco cinque domande e cinque risposte per fare il punto della
situazione dopo il taglio dei tassi della Bce e con i listini che stanno
risalendo. 1 Il rialzo della Borsa in onda dal 9 marzo potrebbe essere una vera
inversione di tendenza? Nessuno, dopo la débacle che ha riportato i mercati
indietro di dodici anni, si azzarda a dare per certo l'annientamento dell'Orso.
Anche perché, per quello che valgono, le statistiche storiche dicono che quando
le Borse vanno in cerca di stabilità dopo un ribasso eccellente, i bear market
rally (cioè i rialzi «effimeri ») possono raggiungere ampiezze notevoli. Uno
studio di Credit Suisse ricorda che sia nel 1929, che in Giappone negli anni
Novanta, ci furono e la crisi non era finita rialzi estemporanei dei listini
pari o superiori al 50% in almeno quattro occasioni. In questo caso il recupero
è del 20-30%: l'entità non dice nulla, quindi. Per decretare la fine del
ribasso ci vuole continuità e soprattutto stabilità, mentre la capacità dei
mercati di oscillare (indice Vix) è sempre intorno al 40%, circa il doppio
della media storica. 2 I dati macro economici a volte sembrano contradditori.
Quali ci diranno se il peggio è passato? Per gli investitori azionari il faro
nella notte devono essere gli utili aziendali. Nel corso degli ultimi mesi le
stime sul crollo dei profitti si sono rincorse al ribasso. Oggi, per esempio,
Goldman Sachs stima che nel 2009 per le aziende europee quotate, finanziari
compresi, il calo sarà del 38% mentre per il 2010 ci si può aspettare un
miglioramento del 19%. Se le cifre sono azzeccate, in tutto il crollo degli
utili nel biennio più nero sarà stato del 55%. Ma i listini non guardano solo
alla crescita delle società. Fino ad oggi molti indicatori dell'economia reale,
quali per esempio la disoccupazione, le vendite di automobili, la fiducia dei
consumatori e naturalmente le tendenze del Pil e dell'inflazione sono stati
elementi in grado di gettare nel panico i listini da un momento all'altro. Ma qualcosa
sta cambiando. Per la prima volta la settimana scorsa le Borse hanno ignorato
(o quasi) l'ennesimo dato negativo sulla disoccupazione americana di fronte
all'inaspettata ripresina delle vendite di auto e agli
impegni presi dai leader politici del G20. Un'inedita voglia di ottimismo? L'inflazione e i tassi di
interesse continueranno 3 a
scendere? Per il momento sì. Jean-Claude Trichet, dopo aver annunciato giovedì
scorso il taglio del costo del denaro in Europa, ha chiarito che l'1,25%
potrebbe non essere il livello minimo. I prezzi al consumo in Europa
sono freddi o sottozero. La Spagna in marzo è finita in deflazione: il costo
della vita nazionale è diminuito dello 0,1%. In Italia siamo ancora ad una
crescita di poco superiore all'1% su base annua, ma il rischio spagnolo vale
per tutti i paesi europei. Il problema è che, a un certo punto, l'enorme massa
monetaria degli stimoli governativi, e i debiti nazionali fatti per salvare le
banche, possano portare il sistema all'eccesso opposto, in un clima di
iperinflazione. Oggi sembra fantascienza, ma forse non bisogna sottovalutare
l'ipotesi. 4 I titoli di Stato restano ancora un porto sicuro per gli
investimenti? Quali alternative si possono valutare per non ridurre al minimo i
rendimenti ma senza alzare troppo la posta dei rischi? I titoli di Stato sono
ancora l'asset più ricercato dagli investitori in cerca di sicurezza. Anche se
di recente alcune aste di gilt inglesi accolte con freddezza hanno fatto
intravedere un rischio saturazione (troppi debiti) non peregrino. I prezzi sono
ai massimi e i rendimenti ai minimi, anche se ulteriori tagli del costo del
denaro potrebbero portare a nuovi record per i bond euro. Anche nel campo dei
corporate bond, dove in Europa tra gennaio e marzo ci sono state emissioni per
cifre enormi, superiori del 60% rispetto a quelle dello stesso periodo del
2008, non mancano timori di sovraffollamento e di sostenibilità. Tutti questi
debiti non diventeranno un pesce troppo grosso da ingoiare? Certo i rendimenti
(e ovviamente i rischi) sono ben più elevati rispetto a quelli dei prestiti
pubblici. 5 L'euro
nei prossimi mesi sarà più forte o più debole, soprattutto nei confronti del
dollaro Usa? Le ultime scommesse valutarie vedono l'euro di nuovo forte. Oggi
il dollaro è tornato sopra 1,34 e, per molti osservatori, è difficile
ipotizzare una moneta Usa meno anemica. Perché, paradossalmente, la ripresa
porterà lontano dalla moneta Usa eccessivamente indebitata le scelte degli
investitori che negli ultimi mesi l'avevano trattata come valuta rifugio quando
il panico era al massimo.
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 1 Con le commodity torna la speranza ARTURO ZAMPAGLIONE
Mentre il presidente cinese Hu Jintao partecipava a Londra ai lavori del G20 e mentre, proprio alla vigilia del
vertice di Londra, incontrava per la prima volta Obama, Pechino continuava a
fare incetta di metalli non preziosi, a cominciare dal rame, di cui è già il
maggiore acquirente mondiale. Sempre la settimana scorsa la China Minmetals ha
raggiunto un accordo per rilevare, sborsando 1,2 miliardi di dollari, le
operazioni della società mineraria australiana Oz Minerals, seconda produttrice
mondiale di zinco. E altre acquisizioni del genere dovrebbero essere annunciate
tra breve.Lattivismo cinese ha contribuito a una
sorprendente ripresa delle commodities, a cominciare dai metalli industriali. I prezzi
del rame, sono saliti del 31% dallinizio
dellanno, quelli dello zinco del 9,3 e del piombo del 27. La fiammata si
è riflessa nelle quotazioni azionarie. Nel primo trimestre del 2009, mentre il
Dow Jones faceva le bizze e toccava i minimi degli ultimi 12 anni, le società che
operano nei metalli non ferrosi hanno registrato sulla piazza americana una
crescita del 16,1%, e il comparto minerario è aumentato del 9,8. Qualche
analista ha interpretato questi movimenti come segnali di una svolta nella
crisi. Non cè dubbio che gli investitori aspettino con
ansia, dopo una tempesta economica così lunga che i mercati raggiungano il
bottom da cui ripartire. E se Obama ha accennato i "primi dati
incoraggianti", il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha
dichiarato la settimana scorsa che un miglioramento della situazione globale è
possibile sin dalla fine di questanno.
In questo contesto i movimenti in atto nelle commodity offrono uno scorcio
interessante. E un mercato che funge da barometro non solo delle
aspettative del mondo delle imprese, ma di giochi strategici a livello di
grandi investitori e di governi, come quello cinese, per meglio posizionarsi
nei nuovi equilibri che verranno a determinarsi con la ripresa. I metalli
potrebbero diventare uno strumento privilegiato per chi vuole difendersi comprando futures, etf, etc dai pericoli di una
inflazione provocata dalle maximanovre di stimolo economico e dallalto
indebitamento pubblico. E potrebbero essere un modo per la Cina e altri paesi di
diversificare le loro riserve valutarie. Il campo delle commodity è ampio. Vi
figurano comparti che rispondono a logiche diverse: comè il caso del petrolio, dominato dallOpec, da
interessi politici e dalle decisioni, a volte bizzarre, di qualche dittatore; o dei
metalli preziosi, a cominciare dalloro,
che è il bene rifugio per eccellenza; o anche delle derrate agricole. Per il
settore dei metalli di base, cioè quelli industriali, il boom è cominciato
relativamente tardi. Allinizio del millennio, in coincidenza
con lesplosione industriale asiatica, e in
particolare della Cina, si è vista una domanda crescente di queste materie
prime che si è poi intrecciata con la progressiva
"finanziarizzazione" delle commodity. Pechino, che fino alla fine
degli
anni 90 era un esportatore di metalli, ne ha fatto
incetta in Africa e in Australia. Ha superato gli Usa come importatore di rame
cileno. Intanto, facendo leva sui futures scambiati a Chicago, gli hedge fund e
le banche di Wall Street come la Goldman Sachs, hanno avviato operazioni speculative
in grande stile. Investitori minori, spaventati dalla volatilità dei futures,
si sono invece serviti negli Usa degli Etf (Exchange traded funds) e in Europa
dei Etc (Exchange traded commodities) per diversificare il loro portafoglio con
fondi specializzati in singole commodity. Tutto questo ha portato a una
crescita impetuosa delle quotazioni. «Alla fine del 2007 cè stata una tragica inversione di tendenza», ricorda
Mario Quarti, excountry manager per lItalia della Bank of America e
conoscitore del mercato delle materie prime. «La consapevolezza che i prezzi
dei metalli industriali erano legati a proiezioni irrealistiche di crescita
economica ha portato a un crollo delle quotazioni». Mentre le industrie
riducevano le scorte, la bolla si è sgonfiata: alcuni metalli hanno perso tre
quarti del prezzo, altri addirittura due terzi. Il fondo, è stato toccato tra
novembre e dicembre 2008. A
differenza però di tutte le altre categorie di asset, che ancora languono, i
metalli di base stanno registrando nel 2009, dopo due trimestri di flessioni
sensibili (25 e 35%), un inaspettato risveglio. Come interpretarlo? La prima
spiegazione può essere che, a dispetto degli allarmi sulla disoccupazione,
della stasi dei consumi e delle difficoltà nel credito, gli operatori vedono le
prime speranze di una ripresa e vogliono approfittare dei bassi prezzi. Una
seconda ragione coinvolge il mondo della finanza che vede i metalli come una
delle poche opportunità di investimento. Il paladino di questo indirizzo è Jim
Rogers, 56 anni, cofondatore insieme a George Soros del celebre Quantum Fund:
Rogers ha sempre avuto il pallino delle commodity, guadagnando miliardi e
creando un suo indice (Rogers international commodities index). In questa fase
è uno strenuo difensore degli investimenti nei metalli e continua a fare
proseliti, anche per il timore di un risveglio dellinflazione. Per il momento i prezzi non accennano a
salire. Ma a dispetto delle analisi tranquillizzanti di molti economisti, tra
cui Luca
Paolazzi della Confindustria, che vedono il permanere di un clima
deflazionistico, cè inquietudine tra gli
investitori sui rischi delle misure per stimolare la ripresa economica. Gli
Usa, oltre a varare la legge da 787 miliardi per difendere loccupazione, proseguono
nel quantitative easing, lo stampare soldi aumentando la circolazione della
moneta. Ciò aumenta il debito pubblico americano, che è già di 11mila miliardi
di dollari. Il rischio? Che inneschi la spirale inflazionistica. Di qui la
maggiore attenzione con cui gli investitori, anche piccoli, guardano ai metalli
come difesa, garanzia e opportunità di profitto. Il terzo elemento per qualcuno
il più importante che spinge in alto i prezzi dei metalli è la strategia della
Cina. Pechino, che potenzia a ritmi sostenuti gli stock strategici di rame e
altri minerali, ha due obiettivi: garantirsi canali di approvvigionamento
stabili (e a lungo termine) per le sue industrie e per il fabbisogno interno
(il rame è molto importante nelle nuove costruzioni). Il secondo obiettivo
cinese riguarda il futuro del dollaro. La Cina ha accumulato, grazie ai surplus
commerciali, certificati del tesoro americano per mille miliardi di dollari e
guarda con preoccupazione alle prospettive delle valute e dellinflazione. Prima del G20 aveva
lanciato lipotesi di usare i diritti speciali di prelievo
dellFmi come base di una nuova valuta per le riserve mondiali. Molti
osservatori ritengono che Pechino stia ora perseguendo una diversificazione
rispetto ai titoli del Tesoro americani rame e altri metalli alle sue riserve
valutarie. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 1 La notte buia che il G20 non illumina MARCELLO
DE CECCO A che punto è la notte? Ancora molto lontana dallalba, a stare ai dati che vengono dalleconomia.
In un crescendo di pessimismo il Fmi ha dato in pochi mesi tre previsioni sul
pil mondiale, ciascuna peggiore della precedente. Il ribasso riguarda non solo i
paesi sviluppati ma anche gli emergenti, che qualcuno sperava sarebbero rimasti
indenni dal contagio. La Cina esibisce il suo 6% di crescita 2009, ma in
termini cinesi è un dato pessimo e comprende una componente negativa per le
regioni del miracolo che dal sud del paese esportano in tutto il mondo. Il
Giappone si aspetta unincredibile discesa del
6%. Quanto a noi e ai tedeschi, ci disputiamo un calo del 4%. A girare il
cannocchiale, non cè paese che sfugga alla recessione innescata dal
crac della finanza, al contagio che viene dal plesso New YorkLondra. Nelle due
cittàsimbolo del capitalismo atlantico, che finora si è proposto ad esempio, si
sta consumando unimplosione del sistema
finanziario senza precedenti, con una demolizione rapida dellenorme leva messa in piedi in ventanni di
cosiddette liberalizzazioni. Il sistema finanziario privato angloamericano è
rimasto senza capitale, è insolvente. Ora un piano che come hanno spiegato
economisti quali Stiglitz e Phelps costerà carissimo ai contribuenti americani e
forse a quelli del resto del mondo, ricapitalizzerà le banche, facendo loro
vendere titoli tossici e dando un grande pasto gratis agli investitori che
vorranno comprare quelle ecoballe finanziarie a prezzi artificialmente
sostenuti dal governo americano. Devono averlo capito, i leader del G20, che non potevano uscire dal loro incontro senza
sostanziosi impegni a far fronte tutti insieme alla catastrofe, evitando che si
trasformi in unArmageddon. Nella lunga
vigilia della
riunione si è messa in rilievo ogni possibile fonte di discordia tra europei e
americani, americani e cinesi, sviluppati ed emergenti. Tedeschi e francesi
volevano iniziative precise per ridurre la strafottenza dei paradisi fiscali
ove si rifugia una gigantesca parte della ricchezza e che fanno parte
integrante delle transazioni dei mercati finanziari internazionali. Inglesi,
americani e cinesi (padroni di Hong Kong e Macao) erano restii a sottoscrivere
impegnative proposte. Stessa solfa per la regolazione dei mercati. Gli europei
insistevano perchè il G20 terminasse con iniziative
precise di controllo sulle capacità di leva della finanza ombra, degli hedge
fund, delle società di rating, per la centralizzazione delle transazioni più
rischiose in mercati organizzati riducendo quelle over the counter a prezzi
inventati in base a modelli cervellotici. I gestori del centro della finanza,
che per ventanni hanno fatto soldi a palate inventando
strumenti sempre più esoterici di transazione finanziaria, resistevano, o almeno
così si diceva fino alla vigilia. Cinesi e russi chiedevano che si mettesse in
piedi un meccanismo di sostituzione del dollaro come moneta internazionale con
un incremento dei diritti speciali di prelievo. Per perorare la causa il
governatore della Banca popolare della Cina ha prodotto un lucido scrittarello,
che pare uscito dalla penna di uno studente di economia della Cambridge dei
miei tempi, tanto è devotamente (e perfidamente) keynesiano. Il direttore del
Fmi, Strauss Kahn ricordava che dalle cento crisi finanziarie studiate dai suoi
economisti non si era usciti senza prima aver risanato il sistema bancario del
paese coinvolto. Onestamente, devo confessare che la mia paura del futuro è
aumentata quando ho letto il comunicato finale della riunione londinese. I capi
di stato e di governo devono avere avuto a disposizione informazioni ancor più
fosche di quelle note al pubblico se, superando le loro conclamate differenze
di punti di vista e di interessi, sono riusciti a costruire in un giorno un
programma di impegni riformistici che supera di slancio le divisioni della
vigilia e si impegna su quasi tutti i punti cruciali. Qualche diplomatico
escamotage ha permesso di raggiungere laccordo
sui paradisi fiscali: di fronte a Sarkozy e Merkel che reclamavano che
fossero chiamati per nome e additati alla esecrazione pubblica, e a Hu Jintao
che altrettanto fermamente si opponeva, è intervenuto con notevoli capacità di
mediazione Obama e il comunicato invece di nominarli indica il luogo (la
pubblicazione dellOcse) dove si trovano uno
ad uno. Ma lesecrazione è espressa e il comunicato si è spinto ad
affermare che lera del segreto bancario è finita. Speriamo sia vero. Su
altri punti importanti laccordo è stato raggiunto probabilmente a fatica.
Limpegno
più importante è quello a fornire di mezzi adeguati il Fmi, ridotto a un ruolo
marginale per lesiguità delle risorse, e
permettergli di svolgere la sua funzione di aiuto a paesi in disequilibrio in
aree come lEuropa orientale e lAmerica latina dalle quali la finanza
privata è fuggita a gambe levate al primo manifestarsi della crisi. Il Fondo ha
dal 1944 accumulato preziose esperienze di intervento e, libero ora dalle
fisime del consenso di Washington che lo ha impastoiato per ventanni al servizio della finanza privata americana, potrà
realizzare le sue potenzialità di vigile del fuoco internazionale. I capi di
stato e di governo hanno compensato la malleabilità cinese sui paradisi fiscali
dando direttiva al Fmi di emettere una corposa tranche di Diritti Speciali di
Prelievo, quella moneta internazionale che, si presume, distribuita ai membri
del Fmi, finirà dopo parecchi giri nelle riserve del Paese di Mezzo, a
compensare leccessiva quantità di dollari che già vi si
trova. Obama si è impegnato a convincere il Congresso a ratificare lEmendamento 4 allo Statuto del Fondo, che sanciva
qualche anno fa unaltra distribuzione di Dsp e che il Congresso ha
caparbiamente rifiutato di approvare. Sulla supervisione finanziaria e la
regolamentazione di istituzioni e mercati il comunicato è ricco di nobili
propositi ma povero di specifiche descrizioni su come raggiungerli. Si auspica
una collaborazione che permetta di controllare il sistema finanziario nel suo
complesso e si enumerano i principi ai quali la vigilanza su intermediari e
mercati deve ispirarsi. Sono frasi tornite e dal perfetto suono, quelle
composte dagli estensori del documento, ma quanto ai mezzi specifici per far
seguire i fatti alle intenzioni, il comunicato mette in campo unedizione rinnovata del Financial Stability Forum. Ne faranno
parte , oltre ai Venti, i membri del FSF, la Spagna e la Commissione Europea.
Il nuovo organo collaborerà col Fmi allo scopo di fornire sistemi di
avvertimento preventivo sui rischi macroeconomici e finanziari e sulle azione
necessarie ad affrontarli. I firmatari del comunicato si impegnano poi a
rimodellare i sistemi di regolamentazione, così da dare alle autorità la
capacità di identificare i rischi macroprudenziali; vigilare su istituzioni,
strumenti e mercati che abbiano rilevanza sistemica, compresi per la prima
volta gli hedge fund; implementare le dure regole introdotte dal Fsf sulla
remunerazione dei manager; di agire quando sarà completato il risanamento per
migliorare la qualità del capitale nel sistema bancario. In futuro la vigilanza
deve prevenire la leva finanziaria eccessiva e richiedere che il capitale sia
accumulato dalle istituzioni nei momenti favorevoli. I firmatari si impegnano
anche a riformare e unificare in breve tempo gli standard di contabilità
internazionale e a vigilare e regolamentare le Agenzie di Rating , curando che
esse seguano le regole di buona condotta internazionale, specie per quel che
riguarda i conflitti di interesse. Vaste programme, direbbe il generale De
Gaulle. Come metterlo in pratica, dopo averlo disegnato? Qui il comunicato si
ferma a riprendere fiato ma, quando ci aspetteremmo una enumerazione
altrettanto corposa degli strumenti che si intende fornire alla bisogna, i
Venti passano a trattare un altro argomento. Alla fine, dunque, la paura è
certo aumentata, attizzata dallatteggiamento dei
venti leader, sul quale si è già fatto commento. Ad essa non fa da sufficiente
antidoto la fiducia nella capacità dei capi di stato e di governo riuniti a
Londra di far seguire a parole tanto nobili fatti altrettanto convincenti. Se ne esce
con il segreto timore che non di veri impegni si tratti, ma di intenzioni sulle
quali molto si dovrà ancora lavorare per trasformarle in misure e strategie
effettive. Opzioni, alle quali si può sempre rinunciare se il tempo si rimette
al bello o da trasformare in vere misure se la bufera persiste o si aggrava
ancora di più. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 1 Il purgatorio dellOcse per i paradisi
fiscali LINCHIESTA/3 ALBERTO D'ARGENIO ALBERTO DARGENIO «Tra paradiso e
inferno c'è di mezzo il purgatorio». E' questa la speranza dei più ottimisti
tra chi vive e lucra sui centri offshore, quei paradisi fiscali ai quali i
Grandi del mondo hanno dichiarato una guerra senza quartiere. O almeno, questa
è la promessa del vertice di Londra. Ma per i più avveduti il loro mondo non si
sgretolerà in un attimo: ci vorranno anni di negoziati per fare piazza pulita
dei conti segreti degli evasori.Un periodo sufficientemente lungo da far sperare di salvare il salvabile nonostante il G20 di giovedì scorso abbia lanciato il
roboante annuncio sulla "fine di un'epoca". Una speranza condivisa
tanto da chi negli impenetrabili istituti di credito offshore occulta le
proprie ricchezze, quanto per i loro angeli custodi. Una montagna di soldi che,
contando anche i centri extraeuropei supera i 7000 miliardi di dollari, quattro
volte il Pil italiano. In Europa sono i soliti noti: Lussemburgo all'interno
della Ue, Svizzera, Liechtenstein e Andorra fuori. Poi ci sono Austria e
Belgio, non propriamente centri offshore ma gelosi custodi del segreto bancario
per i non residenti. «C'è paura confessano gli esperti del settore ma c'è anche
la consapevolezza che il mondo dei paradisi fiscali non può crollare nel giro
di qualche settimana». In sostanza nessuno crede che secoli di storia e di
loschi segreti possano essere spazzati da un colpo di spugna. Eppure i centri
offshore negli ultimi mesi sono stati al centro di scandali colossali e la
peggior crisi economica degli ultimi settant'anni ha fatto di loro un bersaglio
dei grandi leader: Obama, Sarkozy e Merkel. Si è mossa l'Unione Europea, si
sono mossi gli Stati Uniti e, infine, il G20, che
della lotta al segreto bancario ha fatto la propria bandiera. I paradisi sono
così diventati un ambìto trofeo da sventolare di fronte all'opinione pubblica
stremata dalla recessione e i loro forzieri un luogo dove rastrellare miliardi
sommersi con cui puntellare i conti pubblici dissanguati dai piani anticrisi
(gli Usa, ad esempio, stimano che nei paradisi ogni anno spariscono 100
miliardi di dollari sottratti al fisco). E così il nervosismo serpeggia, la
paura è palpabile. Chi può si guarda in giro, come ad Andorra, piccolo
principato sui Pirenei in bilico tra Spagna e Francia. Si alzano gli occhi
verso le montagne innevate e si immagina un futuro dove turismo e sci possano
sostituire gli introiti della finanza segreta. Magari con l'aiuto di quei Paesi
i cui governi imporranno lo smantellamento. Ma altrove è più difficile
immaginare una nuova vita: in Svizzera, ad esempio, sostituire i miliardi
stranieri che contribuiscono al 25% del Pil nazionale non sarà facile (300
miliardi arrivano dall'Italia). Ecco perché tutti si preparano ad una
resistenza ad oltranza. I primi segnali sono arrivati lo scorso anno con lo
scandalo dei conti segreti tedeschi nel Liechtenstein, poi ci si è messo il
caso Madoff in Lussemburgo e infine la crisi economica, il terremoto che ha
scatenato la soluzione finale del G20. E così dalle
minacce degli ultimi anni, per la prima volta, si è passati ai fatti, inserendo
tutti i centri offshore del Vecchio Continente nella bozza di lista nera Ocse
con i paesi che non cooperano. Sono poi partite le pressioni bilaterali come
quella di Sarkozy, che ha minacciato Andorra di lasciarla senza principe (per
tradizione il presidente francese condivide il titolo di regnante con un
vescovo spagnolo). I risultati si sono visti subito: alla vigilia del G20 di Londra tutti i paradisi europei, almeno in apparenza,
sono caduti come birilli, facendo concessioni fino a poche settimane prima
inimmaginabili. Andorra, Austria, Belgio, Liechtenstein, Lussemburgo e Svizzera
hanno promesso di rivedere il segreto bancario e di adeguarsi agli standard
Ocse in materia di mutua assistenza amministrativa e si sono impegnati ad
accrescere lo scambio di informazioni con gli altri paesi. Con una postilla
fondamentale: lo faranno solo "caso per caso" e su "richiesta
concreta e giustificata" da parte delle autorità giudiziarie e fiscali dei
paesi in cui risiedono gli evasori. Tutti, inoltre, hanno ricordato che per
mettersi in regola ci vorranno "anni di negoziati", al termine dei
quali bisognerà cambiare le leggi nazionali e stipulare una serie di accordi
bilaterali con i singoli governi a caccia dei forzieri nascosti. Aperture che
gli hanno evitato di finire nella "lista nera" definitiva che l'Ocse
ha pubblicato a poche ore dalla fine del G20 londinese
di giovedì scorso, bensì in quella "grigia", che comprende i paradisi
che si sono impegnati a collaborare per smantellare il segreto. Gli addetti ai
lavori di entrambi gli schieramenti sanno che le vere trattative iniziano ora e
saranno tanto dure quanto lunghe. Lo dimostrano le dure reazioni a caldo di
Lussemburgo e Svizzera all'indomani del G20. E la tesi
è confermata dai massimi responsabili della Commissione europea, braccio armato
dei governi Ue nella lotta al segreto bancario: «Ci vorrà del tempo spiegano a
Bruxelles negozieremo per anni, loro porranno mille ostacoli, avanzeranno le
richieste più strane per rallentarli ma alla fine hanno preso un impegno dal
quale non si potranno tirare indietro e il mondo ci ha dato un mandato
preciso». Come dire, prima o poi il segreto bancario cadrà e su richiesta di un
giudice che indaga sulla criminalità organizzata, sulla droga, sul riciclaggio
o semplicemente sull'evasione fiscale, i paradisi dovranno alzare il velo sui
conti dellindagato, ma la partita per arrivare a questo
risultato sarà lunga e imprevedibile. Alla fine il dorato mondo della finanza
segreta qualche privilegio potrebbe conservarlo, potrebbe risultare
ridimensionato, ma non distrutto. C'è poi il problema di come fare uscire i
soldi nascosti nei conti svizzeri e degli altri paradisi del Vecchio
Continente: lo scudo fiscale europeo ipotizzato solo due settimane fa nel corso
dell'ultimo summit Ue potrebbe rivelarsi una maxioperazione di riciclaggio di
denaro sporco. E poi la comunità internazionale non può permettersi di lasciare
sul lastrico i paradisi fiscali nel cuore dell'Europa. Come nel caso dei
coltivatori del papavero afghano o della coca colombiana, colpire semplicemente
i loro campi non basta. E' necessario dare un'alternativa e altre fonti di
guadagno. Insomma, i paradisi di tutto il mondo, compresi quelli asiatici e
caraibici, faranno catenaccio, giocheranno di sponda per darsi reciprocamente
manforte in modo da rallentare e condizionare la trattativa globale. Una
strategia che a Bruxelles conoscono bene, così è sempre stato e così sempre
sarà. Ecco perché si inizia a preparare l'offensiva: in un documento segreto
circolato tra i ministri delle Finanze europei si capisce che i piani di guerra
devono ancora essere messi a punto. Per ora, ad esempio, nel testo riservato la
Commissione europea non parla di "sanzioni" per chi non collaborerà.
Si limita a chiedere una "cassetta degli attrezzi" per convincerli a
diventare più trasparenti e per incastrarli ipotizza una strategia "del
bastone e della carota". La carota sarebbe un aiuto a cambiare pelle, il
bastone una punizione come "la messa al bando" delle filiali dei
gruppi europei che operano nei paradisi fiscali e il "divieto" per
questi di piazzare nell'Ue «prodotti originati nei paesi non cooperativi». Si
tratta di strumenti già esistenti, e non di nuove armi. Intanto i funzionari
lavorano ad una "comunicazione" che inizi ad abbozzare un nuovo e più
penetrante approccio. Ma sarà un lavoro lungo e complesso che giustifica i più
ottimisti: «Prima di finire all'inferno passeremo un lungo soggiorno al
purgatorio». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 2 Ma sulloro si abbatte la
"scure" delle vendite dellFmi il caso Loro, come tutte le
commodity, dallinizio dellanno ha conosciuto
un "rally" con rialzi sostenuti e acquisti massicci. Ma nelle ultime
24 ore della settimana scorsa il vento è cambiato: nella sola giornata di
venerdì, allindomani del vertice di Londra, il metallo ha perso 11,60 dollari
per chiudere
a Londra a quota 897,30, allontanandosi dalla quota 1000 che sembrava a portata
di mano. Cosè successo? Che a Londra il G20 ha autorizzato il Fondo Monetario a vendere parte delle
sue riserve in oro per reperire le risorse necessarie ad aiutare i paesi in
difficoltà. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 4 Ottovolante Loperatore anziano e
lentusiasmo dei mercati ma il rally è già finito «Tutti contenti per le
conclusioni, un po a sorpresa, del G20 di Londra.
Ma i mercati, nella loro follia, forse qualcosa avevano capito commenta lOperatore Anziano visto che negli
ultimi due mesi sono saliti del 25 per cento, quasi avessero fiutato che tutto
sarebbe finito bene (e non male, come erroneamente, si riteneva). E adesso? E ovvio che non si potrà salire di un altro 20 per cento
tanto presto. E è anche ovvio che la spinta propulsiva di questo rialzo si è un
po esaurita, forse è addirittura finita. Ma credo anche che i minimi
stanno alle nostre spalle»". New tech. Comincia a diffondersi luso di Joya in qualche ipermercato. Si tratta di una
specie di uovo di Colombo inventato dai ragazzi della Datalogic. In sostanza,
quando si entra nel punto vendita si ritira un affaretto che sembra un
telefonino e poi si va a fare la spesa e a riempire il proprio carrello. Joya
(silenziosamente) legge i codici a barre dei prodotti che finiscono nel
carrello e, quando si va alla cassa, basta consegnarlo alladdetto e il conto è immediatamente fatto, senza
bisogno di tirare fuori tutti i prodotti e di "battere" i prezzi.
Insomma, Joya è una specie di ombra che ti segue e prende nota di quello che
compri. Milano 2015. Il calvario dellExpò
milanese sembra non finire mai. Dopo un anno di risse e di traffici, il vertice
dellorganismo che deve occuparsi della cosa non è ancora a posto. E si
comincia a sentire lodore di speculazioni
immobiliari e di malavita organizzata, ancora prima di aprire il primo cantiere
e di posare la prima pietra. Marco Vitale, uno dei migliori professionisti
della città,
si candida per "garantire" trasparenza e correttezza amministrativa.
Non gli daranno retta, ovviamente, ma sbagliano: sarebbe la persona giusta nel
posto giusto. Avatar ospedalieri. Lhitech
avanza negli ospedali. LIbm ha messo a punto un sistema che produce in pratica un
avatar tridimensionale del paziente sul quale viene "scritta" la
cartella clinica del paziente, facilmente leggibile quindi dai medici (ecco la
frattura allosso, qui nel polmone cè una macchia
sospetta, ecc.). I ragazzi di Modena della Expert (i fenomeni del linguaggio
naturale) hanno messo la loro tecnologia nel sito web dellazienda sanitaria di Trento, così uno può chiedere:
vorrei una visita pediatrica, quando trovo il medico? Oppure: mi serve una
radiografia alla spalle, quando e dove devo andare? Tutto scritto così come
si parla. Bevilonga. Per chi invece sta benissimo comincia, 10 maggio, la
Bevilonga di Rocca de Giorgi (Oltrepò pavese),
a Villa Conte Vistarino. Si passeggia per qualche bella tenuta vinicola, in
mezzo alle colline, e ogni tanto, piccola sosta in una cascina o sotto un
portico per gustare un Pinot nero, una bonarda, un buttafuoco. Il tutto a
prezzi modesti. Unidea divertente e
originale. Con una sola controindicazione: come tornano a casa (in macchina) i
gitanti che
hanno passato la giornata a bere tutto il (buon) vino bevibile dellOltrepò? Consiglio: portatevi dietro il nonno (con
patente) e non fatelo bere. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica
Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 6 San Marino, tra inchieste e scandali letà delloro è finita già da un pezzo LUCIANO NIGRO «Sulla lotta
al riciclaggio dobbiamo essere feroci». Sale una nebbia minacciosa sul monte
Titano mentre Gabriele Gatti, segretario di Stato alle Finanze, democristiano,
56 anni, da un quarto di secolo dominus della politica sammarinese, pronuncia
un impegno così duro per un paese di trentamila anime che ha prosperato su uneconomia più plumbea del cielo. Un paese dove
proliferano le società anonime, levasione fiscale non è reato, il segreto
bancario è più impenetrabile di quello Svizzero e 14 miliardi di euro
riempiono i forzieri delle sue 12 banche e 54 finanziarie. Come dire, mezzo
milione per ogni cittadino, un miliardo di vecchie lire a testa, vecchi e
bambini compresi. «In questi giorni abbiano rischiato di entrare nella lista
nera dellOcse sospira Gatti e siamo fuori dalla white
list dei paesi affidabili. Se non vogliamo finire in ginocchio San Marino non
può avere ombre. Dobbiamo sconfiggere la nomea di paese accerchiato dalla
Guardia di Finanza, fare mea culpa sui mancati controlli delle banche, allentare il
segreto bancario, disciplinare le società anonime». Addio antica terra della
libertà di evadere le tasse, falsificare fatture, riciclare denaro. Dove non
riuscirono papi e imperatori, dai cui tributi i sammarinesi si dichiararono
«liberi» nel 1296, forse riuscirà la pressione dei magistrati italiani a caccia
di chi ricicla il denaro, che fanno scattare le manette per interi cda. E la
pressione del G20 contro i paradisi fiscali che ha
inserito San Marino nella lista grigia. «Un paradiso? San Marino lo era, oggi
non lo è più. Le sue banche sono sputtanate sorride il tabaccaio Hisham che
vende sigarette 50 centesimi meno care dellItalia
gli unici vantaggi per i due milioni di turisti che ci visitano ogni anno oltre ai
tabacchi, sono per la benzina, i profumi e i liquori». La tabaccheria di
Hisham, origine egiziana, cittadino di San Marino, è a Serravalle accanto alla
sede di Banca Asset che nellautunno 2007 è
stata travolta da uninchiesta che ha portato allarresto del presidente e di mezzo cda per associazione
a delinquere e truffa. Da allora il Titano vive giorni inquieti. Per la prima
volta il sancta sanctorum della finanza si è sentito violato. Il presidente
della Banca centrale si è dimesso dopo pochi mesi, sostituto pochi giorni fa dal
nuovo governo. Altre indagini si sono aggiunte. Altre banche tremano. E ogni
giorno la cronaca riserva notizie clamorose. Il 17 marzo lungo la via
Consolare, a due passi dal cartello "benvenuti nellantica terra della libertà" la Guardia di Finanza
blocca due persone, marito e moglie, commercianti di auto usate che esportano
illegalmente 120 mila euro in contanti e assegni. Pochi giorni fa la polizia
tributaria di Milano scopre 300 milioni di evasione dellIva, arresta 12 persone e sequestra sul Titano 400
milioni. Non che in passato fosse il paese dei campanelli. Coperti dal segreto
bancario sul monte che si erge tra il Montefeltro e il mare di Rimini
arrivavano soldi di ogni tipo: una parte del tesoro di Wanna Marchi, 14
miliardi di lire del Sisde occultati da un gruppo di 007 infedeli, denaro degli
scandali Tucker e Parmalat e dei presunti rapitori del piccolo Tommaso Onofri.
Persino tre milioni del collaboratore di Vittorio Emanuele nellestate 2006, che portò in manette il principe
di Savoia. San Marino ha sempre attratto lillegalità.
«Un tempo racconta un dirigente di banca non si pagavano le tasse sui conti
correnti, levasione non era reato, il segreto bancario una certezza.
Lunica cosa vietata erano le transazioni con banche italiane. Così la gente
arrivava con i contanti, valigie piene di soldi in nero, e doveva tornare a
prenderli come i due coniugi pizzicati dalla Finanza». Uscivano tir di fatture
false, dalla Repubblica, e nascevano come funghi le società senza nome. Una
pacchia per le aziende italiane che aggiravano lIva,
triangolando col Titano. «Brutto riconosce il dirigente ma non un sistema
criminale. Cerano quattro banche storiche, una garanzia per tutti. Poi
negli ultimi dieci anni la mutazione genetica». Nascono otto nuovi istituti di
credito, improvvisati, senza controlli. Uno allanno.
Asset è uno di questi. Il sistema viene scoperchiato da un magistrato
forlivese, Fabio Di Vizio. Inchieste su inchieste. LItalia e il mondo
intero mettono la piccola Repubblica nel mirino. Così il paradiso fiscale rischia
di trasformarsi in un inferno. «O cambiamo o per la nostra economia sono guai»,
riconosce oggi Gatti. Ma i sammarinesi si adegueranno? «Devono capire che non
conta avere uneconomia sommersa, ma una pulita, con
fatture di un paese per bene». Addio paradiso? «Dobbiamo abolire il nero e
scommettere sul fisco leggero per attirare capitali. In fondo, il differenziale
tra la nostra Monofase e lIva è di 56 punti. E le
tasse su redditi e imprese sono un terzo dellItalia.
Se non un paradiso saremo comunque convenienti per la bassa intensità fiscale».
Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi
(
da "Affari e Finanza
(La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20
COPERTINA
pag. 6 Foto di gruppo per sancire un annuncio "storico" Unimmagine del G20 svoltosi a
a Londra la scorsa settimana. Oltre alle risorse economiche, i mille miliardi
messi in campo per contrastare la crisi, sono state prese importanti decisioni
sulle regole dei mercati, le più importanti delle quali riguardano una
soluzione allanomalia
rappresentata dai paradisi fiscali e regole più severe su soggetti come gli
hedge fund, ritenuti tra i responsabili dei grandi squilibri finanziari
mondiali che hanno aperto la strada alla recessione. E stata dichiarata la «fine dei paradisi fiscali», ma in realtà il
complesso processo è stato solo avviato. Scopri come ricevere sul tuo cellulare
Repubblica Gold condividi