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Report "G20"   6-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: G20

berlusconi annuncia: obama mi ha invitato - claudio tito ( da "Repubblica, La" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: dal G20 di Washington. Il consigliere diplomatico di Berlusconi, Bruno Archi, è volato più di una volta nella capitale statunitense per prendere contatto con lo staff «obamiano». E l´ambasciatore italiano, Castellaneta, ha ripetutamente cercato di inserire Berlusconi nel calendario della White House.

la disputa sulla porta d'oriente - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: al G20 di Londra, la «moralizzazione» del sistema invocata da francesi e tedeschi, rinunciando a imporre gli stimoli fiscali chiesti in partenza. Dal compromesso (confortato dai miliardi supplementari di cui è stato dotato l´FMI) è nato un grande successo psicologico senz´altro utile a ristabilire la fiducia.

Politichese e politica. Lo scontro a distanza tra Berlusconi e Franceschini ( da "AmericaOggi Online" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: al termine dei vertici del G20 a Londra e della Nato a Strasburgo che si sono susseguiti. Del resto, anche Franceschini, attaccando in contemporanea e con durezza l'alleato Antonio Di Pietro che si candida alle europee ("voti e preferenze buttati via"), dimostra che la contrapposizione è entrata in una seconda fase.

L'ITALIA ha certamente avuto un ruolo positivo nel ritiro del veto della Turchia alla nomin... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana. Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (

IL CORAGGIO DI SCEGLIERE LA SOLUZIONE GLOBALE ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi Crisi, G20 e segnali di ripresa IL CORAGGIO DI SCEGLIERE LA SOLUZIONE GLOBALE

LE decisioni prese dal G20 nella riunione di Londra meritano una più meditata lettura poten... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: SAVONA LE decisioni prese dal G20 nella riunione di Londra meritano una più meditata lettura potendo rappresentare il punto di svolta di una crisi finanziaria ed economica che aveva tutti i tratti della drammaticità. Ci sono voluti due anni dall'inizio della crisi perché i grandi della terra trovassero un accordo su un punto che appare chiaramente nelle prime righe del Comunicato:

dal nostro corrispondente NEW YORK - E' auspicabile che la Tur... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Direi la serietà con cui i Paesi hanno negoziato al G20. C'è stato un grande cambiamento: nessuno ha ottenuto tutto quel che voleva, ma tutti hanno ottenuto qualcosa. Si era deciso di trovare il compromesso, e quando c'è volontà di collaborare si può ben sperare per il futuro». E questo costituisce un grande cambiamento?

Alle decisioni di Londra le borse americane hanno risposto ancora di no, mentre quelle del r... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: mld di dollari evidenziati nel Comunicato dei G20 di Londra, circa 2 mila sono stati stanziati per salvataggi e ricapitalizzazioni di banche e assicurazioni, altrettanti per il sostegno dell'attività produttiva e il residuo per il sociale. L'iniezione di 1.100 miliardi mette a disposizione delle agenzie sovranazionali (Fmi, Banca mondiale e altre istituzioni con compiti specifici)

È IL momento del chat chat chat della segretaria: uno studio realizzato ... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: magari durante un G20 molto delicato, sente l'esigenza di alleggerire la tensione gridando «Mr. Obamaaaaaa!», va ringraziato di tutto cuore. Lo fa per patriottismo. Anzi, se per distrarsi un po' volesse lanciare anche un gavettone a Sua Maestà la regina d'Inghilterra Elisabetta II, dovremmo capirlo e sostenerlo.

Esso veniva giustificato dai turchi con l'affermazione che Rasmussen non desse sufficie... ( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana. Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (

Draghi: bene il rapporto de Larosière ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: nel quale siedono tutti i regulator dei mercati finanziari dei Paesi G20, oltre a Spagna e Commissione europea. Draghi ha tra l'altro annunciato che già prima della fine di aprile, a Washington, Fondo monetario internazionale e Fsb, insieme, presenteranno un rapporto congiunto sul nuovo sistema di early warning per tenere sotto controllo i focolai di instabilità finanziaria,

Tremonti: così cambiano gli Ias ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Il G20 di Londra ha dato un segnale in materia di vigilanza, in Europa si è appena avviata una discussione concreta e la posizione italiana è quella di proseguire di concerto con gli altri Paesi. Molti colleghi –ha spiegato Tremonti –

UN CONTINENTE MARGINALE ( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: 1 LA UE DOPO IL G20 E STRASBURGO UN CONTINENTE MARGINALE di ANGELO PANEBIANCO C on la crisi mondiale siamo entrati in una fase di accelerazione della storia. Processi in atto da tempo arrivano, inaspettatamente, a maturazione. Fino a poco tempo addietro si riteneva che ci sarebbero voluti ancora molti anni, forse decenni,

Banca dati a San Marino per l'anti-riciclaggio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: decisioni assunte a Londra dal G20 – che rivoluziona i rapporti tra il sistema bancario italiano e quello sammarinese. Un database che dovrebbe contenere i dati identificativi di clienti, anche italiani, degli istituti di credito del Titano, per facilitare le operazioni di adeguata verifica previste dall'articolo 18 del decreto legislativo 231/07 in materia di riciclaggio.

Il Pd: sui media premier nervoso Ma per il Pdl ( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Altri leader vanno al G8 o al G20 per prendere decisioni, lui va per divertirsi, come a una gita scolastica: corna, grida, cucù... È il nervosismo tipico di chi capisce che il suo ciclo sta finendo». E poi: «Berlusconi minaccia di prendere misure dure contro i giornali. Nessuno ha più paura delle sue minacce».

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Ha visto le foto e i filmati di Berlusconi al G20? «Non tutti, ma quanto basta per concluderne che si è ammantato della popolarità di Obama, forse a tratti con troppa disinvoltura. Del resto lo ha fatto, sia pure con più riserbo, anche il premier inglese Brown. Il mondo intero idolatra Obama, sospetto che molti altri leader vorrebbero essere come lui.

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: e delle battute di Berlusconi al G20? «Secondo me, si è lasciato trascinare un po', forse perché era la prima volta che si trovava in quel consesso. Tutti sappiamo che può essere molto vivace e trasgredire qualche piccola regola. È già accaduto in circostanze più normali, come quando commise una gaffe su Obama dandogli per scherzo dell'' abbronzato'».

Il Papa: ( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: G20 di Londra, il Papa aveva scritto una lettera a Gordon Brown invocando attenzione per l' Africa e «gli altri Paesi meno sviluppati ». Il mondo deve «volgere lo sguardo» al continente dimenticato e coinvolgerlo nelle decisioni, come ha detto nel suo viaggio in Camerun e Angola: «Le nazioni africane siano viste non solo come destinatarie dei piani e delle soluzioni elaborate da>

Le banche e il capitale delle imprese ( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: 22 G20 E «TREMONTI BOND» Le banche e il capitale delle imprese di MASSIMO MUCCHETTI I l G 20 di Londra ha stanziato altri 1100 miliardi di dollari per rilanciare il credito, la crescita e il lavoro. Ma alla Confindustria bastano le misure già prese dal governo italiano, a saldi sostanzialmente invariati di finanza pubblica,

PALAZZO GRAZIOLI BERLUSCONI GIOCA IN CASA ( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: durante il G20 di Londra, ha ottenuto che il suo incontro con il presidente russo Dmitrij Medvedev avesse luogo all'Ambasciata degli Stati Uniti piuttosto che all'ambasciata di Russia. È questa la ragione per cui la Svizzera è diventata il luogo preferito per gli incontri internazionali bilaterali quando nessuno dei due Stati vuole lasciare all'

Anche a Londra il buon Obama sotto le aspettative ( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: I grandi del G20 londinese non hanno riconosciuto nel Grande Taumaturgico nessuna di quelle virtù che gli si attribuivano: non la leadership politica e morale, non il potere carismatico e nemmeno quell'aura che mette l'interlocutore in soggezione. Avesse ragione lei, caro Granzotto?

Ma Obama non è Kennedy ( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Anche al G20 di Londra, al posto del richiesto «stimolo fiscale globale», aveva ottenuto solo più fondi per il Fmi, anche a Londra Barack Obama ha scelto di fingersi soddisfatto, valorizzando gli aspetti multilaterali, come il ritorno della Francia nella struttura militare atlantica, l?

Il premier a Mosca con gli imprenditori ( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Sicuramente un'immagine da ricordare, insieme a quella del G20 che ha appena immortalato un Silvio Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione che l'Italia vuole svolgere per il disgelo tra Mosca e Washington.

I "trafficanti di uomini" ( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90%

Piazza Affari, volano Unicredit e Fiat">Borse in rialzo, continua l'effetto G20 Piazza Affari, volano Unicredit e Fiat ( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Economia Mercati/ Continua l'effetto G20: Borse Ue in rialzo Lunedí 06.04.2009 09:12 Le misure adottate dal G20 continuano a fornire un supporto psicologico ai mercati. Avvio in deciso rialzo per i listini Ue. A Londra l'indice Ftse 100 avanza dello 0,58% a 4.052,86 punti. A Milano il Mibtel sale dell'1,09% a 13.

Obama umile, mediatore e informale. L'analisi ( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica 05.04.2009 12:48 Di Alessandro Luigi Perna Rivoluzione G20 al vertice di Londra: nessuno vince ma il mondo non è più lo stesso. Ci eravamo infatti abituati allo scontro ideologico ed eventualmente armato tra comunismo e capitalismo,

Obama umile, mediatore e informale. L'analisi pag.1 ( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica 05.04.2009 12:48 Ma a Londra è stata anche sancita per l'ennesima volta la distanza tra Europa e America e la mancanza di coesione nell'Unione Europea, un limite che non le consente di influire sui destini del mondo pur producendo il 22,

Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 ( da "Monde, Le" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Ce G20 n'est ni un succès, ni un échec" Revue de presse Après le G20 : "Il faut maintenant transformer l'essai" Décryptage G20 : quatre orientations décisives pour essayer de sauver l'économie mondiale Edition abonnés Thématique : Les enjeux du G20 Sur le même sujet Compte rendu Rémunération des patrons : Christine Lagarde d'

Barack Obama en Turquie pour resserrer les liens avec un "allié stratégique" ( da "Monde, Le" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Sur le même sujet Eclairage Sommets du G20 et de l'OTAN : la méthode Obama Décryptage "Un nouveau départ" dans les relations russo-américaines Eclairage Un pas vers la réduction des armements nucléaires Réactions Le rapprochement russo-américain désoriente Varsovie Les faits Washington et Pékin intensifient leur coopération Portfolio Etats-Unis-Iran : trente ans de face-

Mr. Geox e gli ospiti del principe Carlo ( da "Corriere Economia" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Geox e gli ospiti del principe Carlo Cena al G20. Le «vacanze» di Beniamino Anselmi A fare gli onori di casa, come da protocollo, è stata la Regina Elisabetta . Ma dietro le quinte del G20 si è dato da fare anche Carlo. Il Principe di Galles ne ha approfittato per invitare a colazione a Buckingham Palace un gruppo ristretto di manager e industriali impegnati nell'ambiente,

Il check up di primavera ( da "Corriere Economia" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: inaspettata ripresina delle vendite di auto e agli impegni presi dai leader politici del G20. Un'inedita voglia di ottimismo? L'inflazione e i tassi di interesse continueranno 3 a scendere? Per il momento sì. Jean-Claude Trichet, dopo aver annunciato giovedì scorso il taglio del costo del denaro in Europa, ha chiarito che l'1,25% potrebbe non essere il livello minimo.

Con le commodity torna la speranza ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: ZAMPAGLIONE Mentre il presidente cinese Hu Jintao partecipava a Londra ai lavori del G20 e mentre, proprio alla vigilia del vertice di Londra, incontrava per la prima volta Obama, Pechino continuava a fare incetta di metalli non preziosi, a cominciare dal rame, di cui è già il maggiore acquirente mondiale. Sempre la settimana scorsa la China Minmetals ha raggiunto un accordo per rilevare,

La notte buia che il G20 non illumina ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: 1 La notte buia che il G20 non illumina MARCELLO DE CECCO A che punto è la notte? Ancora molto lontana dall?alba, a stare ai dati che vengono dall?economia. In un crescendo di pessimismo il Fmi ha dato in pochi mesi tre previsioni sul pil mondiale, ciascuna peggiore della precedente.

Il purgatorio dell'Ocse per i paradisi fiscali ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: far sperare di salvare il salvabile nonostante il G20 di giovedì scorso abbia lanciato il roboante annuncio sulla "fine di un'epoca". Una speranza condivisa tanto da chi negli impenetrabili istituti di credito offshore occulta le proprie ricchezze, quanto per i loro angeli custodi. Una montagna di soldi che, contando anche i centri extraeuropei supera i 7000 miliardi di dollari,

Ma sull'oro si abbatte la "scure" delle vendite dell'Fmi ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: Cos?è successo? Che a Londra il G20 ha autorizzato il Fondo Monetario a vendere parte delle sue riserve in oro per reperire le risorse necessarie ad aiutare i paesi in difficoltà. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

Ottovolante L'operatore anziano e l'entusiasmo dei mercati ma il rally è già finito ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: a sorpresa, del G20 di Londra. Ma i mercati, nella loro follia, forse qualcosa avevano capito ? commenta l?Operatore Anziano visto che negli ultimi due mesi sono saliti del 25 per cento, quasi avessero fiutato che tutto sarebbe finito bene (e non male, come erroneamente, si riteneva).

San Marino, tra inchieste e scandali l'età dell'oro è finita già da un pezzo ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: E la pressione del G20 contro i paradisi fiscali che ha inserito San Marino nella lista grigia. «Un paradiso? San Marino lo era, oggi non lo è più. Le sue banche sono sputtanate sorride il tabaccaio Hisham che vende sigarette 50 centesimi meno care dell?Italia gli unici vantaggi per i due milioni di turisti che ci visitano ogni anno oltre ai tabacchi,

Foto di gruppo per sancire un annuncio "storico" ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)
Argomenti: G 20

Abstract: immagine del G20 svoltosi a a Londra la scorsa settimana. Oltre alle risorse economiche, i mille miliardi messi in campo per contrastare la crisi, sono state prese importanti decisioni sulle regole dei mercati, le più importanti delle quali riguardano una soluzione all?


Articoli

berlusconi annuncia: obama mi ha invitato - claudio tito (sezione: G20)

( da "Repubblica, La" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Pagina 9 - Interni Berlusconi annuncia: Obama mi ha invitato "Prepareremo il G8". Ma la data non c´è. Turchia nella Ue: la Lega rilancia il no Italia "scavalcata" da Zapatero, che ieri ha incontrato il presidente americano CLAUDIO TITO DAL NOSTRO INVIATO PRAGA - «Il presidente Obama mi ha invitato a Washington e ci andrò prossimamente, la data è ancora da definire». All´appuntamento ci lavorava da tempo. In questi giorni aveva provato a stringere i tempi. Alla fine, dopo il sumit Ue-Usa di Praga, Silvio Berlusconi ha ottenuto uno spiraglio nell´agenda del presidente americano. I dettagli non sono stati ancora puntualizzati. A Palazzo Chigi sperano che l´incontro si possa tenere prima del G8 della Maddalena fissato per luglio. «Comunque - ha ripetuto il premier - ci siamo parlati un mare di volte in questi giorni. D´altronde c´è una consonanza tale di vedute che sarà solo una visita di cortesia, come presidente del G8 e per preparare i temi del G8». Eppure, per Palazzo Chigi non sembra affatto una tappa «di cortesia». Gli uomini del Cavaliere hanno provato a organizzare il faccia a faccia fin da novembre, dal G20 di Washington. Il consigliere diplomatico di Berlusconi, Bruno Archi, è volato più di una volta nella capitale statunitense per prendere contatto con lo staff «obamiano». E l´ambasciatore italiano, Castellaneta, ha ripetutamente cercato di inserire Berlusconi nel calendario della White House. In questi giorni di vertici internazionali, il nostro presidente del Consiglio è stato l´unico membro del G8 che non ha ricevuto udienza dall´inquilino della Casa Bianca. Che invece ieri, nell´ultima giornata trascorsa a Praga, ha incontrato perfino il premier spagnolo Zapatero e a quello greco Karamanlis. Una situazione che ha creato più di un nervosismo nella squadra berlusconiana. Tant´è che il nostro premier ha sferrato ieri l´ultimo approccio chiedendo esplicitamente un appuntamento. E ricevendo un sì, per ora vago: «Prima o poi». E´ però bastato a Berlusconi per sdrammatizzare: «Gli ho detto, ridendo, che i giornalisti italiani attribuiscono molta importanza al fatto che non c´è stato questo bilaterale. E poi gli ho detto: se me lo chiedi, io te lo concedo... «. Del resto, in questi giorni il mirino del Cavaliere è puntato sui giornali. Dopo lo sfogo di sabato, anche ieri non ha nascosto ai suoi collaboratori di non aver gradito affatto i titoli dei quotidiani. Sta di fatto che in questi giorni Berlusconi ha tentato in ogni modo di avvicinare Obama. A Londra lo ha chiamato ad alta voce e ha improvvisato la foto insieme a Medvedev. Ieri, invece, gli ha fatto «i complimenti: Barack ha confermato tutte le aspettative nei suoi confronti e ha fatto veramente un´ottima impressione a tutti noi per la sua visione, la sua saggezza, la sua chiarezza e anche per la sua umiltà, per il suo modo di proporsi che ci ha colpito profondamente». «Io e il presidente degli Stati Uniti - ha insistito - abbiamo poi detto esattamente le stesse cose anche sulla crisi: non dobbiamo lasciare a casa nessuno di quanti perdono il posto di lavoro». Non solo. Anche le banche e i «grandi gruppi industriali» non vanno abbandonati al loro destino. In una certa misura Berlusconi ha voluto tendere la mano a Washington anche sul capitolo Afghanistan: «La priorità è la sicurezza delle prossime elezioni, per dimostrare a tutti, anche al popolo afgano, che non si torna indietro». A suo giudizio, inoltre, l´Ue può aiutare a costruire un accordo di libero scambio con il Pakistan anche se, al contrario dell´Iran, «l´arma nucleare ce l´ha già: non dobbiamo preoccuparci solo per l´Iran». Gli Stati Uniti e l´Unione europea, insomma, devono essere «diffusori di civiltà e democrazia» intervenendo per sanare «le ferite che si aprono nel mondo». Pure sull´ingresso della Turchia nell´Ue, il Cavaliere si è schierato con Obama contro la Francia e la Germania. Ritiene che si possa raggiungere un «compromesso» per cui Ankara sarà un membro dell´Unione «ma si rimanda la possibilità di un libero flusso dei cittadini». Su questo punto, però, il premier dovrà fare i conti in casa con la Lega. «Sulla Turchia - ha avvertito subito il ministro Roberto Calderoli riferendosi al presidente Usa - decidiamo noi europei. Se vuole, la faccia entrare negli Stati Uniti». Prima di lasciare Praga, infine, il premier italiano è tornato sul ruolo svolto nella nomina di Rasmussen al vertice della Nato. «Mi hanno ringraziato tutti - è il suo vanto - . Senza il nostro intervento, non ci sarebbe stata questa nomina».

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la disputa sulla porta d'oriente - (segue dalla prima pagina) (sezione: G20)

( da "Repubblica, La" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Pagina 7 - Esteri La disputa sulla Porta d´oriente Il mondo musulmano valeva bene una messa, ossia una polemica con alcuni grandi alleati europei Dopo l´arroganza di Bush, Obama seduce con il suo stile: la superpotenza diventa comprensiva (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Diciamo che ha dimostrato i suoi limiti. Prima di partire per Istanbul, prestigioso balcone sul mondo musulmano, Obama ha sostenuto l´ingresso della Turchia nell´Unione Europea, ben sapendo quante controversie susciti la questione nelle nostre capitali, e non ignorando lo stallo dei negoziati cominciati quattro anni fa. Nonostante questo il neo presidente americano ha rilanciato l´idea, una delle poche condivise con il suo predecessore, e ha affrontato il rifiuto netto di Nicolas Sarkozy e quello più sfumato di Angela Merkel. I quali sono arrivati, diversi ma puntuali. Tanto era inevitabile, e opportuno, il messaggio propiziatorio lanciato ai turchi prima di arrivare sulle sponde del Bosforo, tanto era scontata la reazione franco-tedesca. Il mondo musulmano (sul quale Barack Obama si affaccia in queste ore) valeva bene una messa, ossia una polemica con alcuni tra i maggiori alleati europei. La grande apertura politico - diplomatica promossa dal neo presidente appena entrato alla Casa Bianca tende ad attenuare, ad annullare quello che è stato chiamato (a nostro avviso in modo improprio) lo scontro tra civiltà, tra l´Occidente e il mondo musulmano, tradottosi dopo l´11 settembre, negli anni di Bush jr, in veri e propri conflitti, e in una profonda avversione nei confronti degli Stati Uniti d´America in una regione strategicamente essenziale. Dopo avere celebrato, in gran pompa, il sessantesimo compleanno della Nato, che può apparire come una santa alleanza occidentale di fronte all´Oriente musulmano ostile o in ebollizione, la visita in Turchia vuole anche smorzare questa impressione. è vero che la Turchia è uno storico caposaldo dell´Alleanza atlantica, e la stretta qualifica di «nazione musulmana» le si addice soltanto in parte, essendo una Repubblica laica. Come del resto è un paese in bilico tra l´Europa e l´Asia. Ma il rifiuto di ammetterla nell´Unione europea assume un significato assai più vasto. Suscita inevitabili risentimenti anche fuori dai suoi confini, nel mondo musulmano, che si sente respinto. Insomma la tappa sul Bosforo ha per Barack Obama un notevole valore. E dovrebbe avere una forte eco nella vasta regione che si stende a Oriente. La Turchia è inoltre al centro della ragnatela di rapporti discreti o segreti tessuta dalla diplomazia americana in Medio Oriente e nell´Asia centrale, subito dopo l´investitura di Obama. Afgani e pakistani si incontrato questa settimana ad Ankara. E sempre Ankara svolge un´intensa opera di mediazione tra Israele e la Siria; ed anche tra gli Stati Uniti e l´Iran; e, insieme all´Egitto, tra Hamas e l´Autorità palestinese. è attraverso la Turchia che le truppe americane dovrebbero transitare lasciando l´Iraq. Un passaggio che provocò una grave crisi con gli Stati Uniti, quando Bush jr attaccò Saddam Hussein nel 2003. Quella guerra inquinò i rapporti tra la superpotenza e il fedele alleato, preoccupato, anzi colto dal panico, all´idea che dal caos iracheno potesse nascere uno Stato curdo, e di riflesso una secessione dei curdi di Turchia. Il messaggio lanciato da Barack Obama era dunque largamente motivato. E la scontata replica franco-tedesca, di fronte all´intrusione americana negli affari europei, poteva essere digerita. Nicolas Sarkozy ha reagito dicendo «quelli sono affari nostri». Nella forma è stato garbato nella sostanza è stato fermo. Fino allora l´arte del compromesso aveva consentito ragionevoli, intelligenti, mutue concessioni. Senza intaccare la global regulation del sistema finanziario basato sul liberismo (come hanno scritto insieme New York Times e Wall Street Journal) Barack Obama ha favorito, al G20 di Londra, la «moralizzazione» del sistema invocata da francesi e tedeschi, rinunciando a imporre gli stimoli fiscali chiesti in partenza. Dal compromesso (confortato dai miliardi supplementari di cui è stato dotato l´FMI) è nato un grande successo psicologico senz´altro utile a ristabilire la fiducia. Ed è dimostrando comprensione che più tardi, alla riunione della Nato, Barack Obama ha accolto i rifiuti europei di aumentare sul serio la loro presenza in Afghanistan. Lo stile Obama, dopo l´arroganza di Bush jr, ci ha ampiamente sedotto. Con lui la superpotenza è diventata comprensiva. Ma c´è un limite. La questione turca, nonostante la posizione franco-tedesca, divide i paesi membri dell´Unione. L´idea espressa dal presidente americano non è quindi in contrasto con quelle di tutti gli europei. La Spagna è in favore della Turchia. Per Zapatero l´Europa acquisterebbe un valore strategico che oggi a volte le manca. Madrid non ha torto. Londra e Roma pensano più o meno la stessa cosa. Sono favorevoli. Parigi e Berlino sono contrarie per motivi interni. I francesi hanno votato «no», al referendum sulla costituzione europea, anche perché gli antieuropeisti, contrari all´immigrazione, fecero credere che si trattava di una tappa verso un´invasione di lavoratori musulmani turchi. è stato il tono della reazione di Nicolas Sarkozy a rivelare che la seduzione dell´ospite americano stava perdendo la sua efficacia. Il presidente francese ha detto in sostanza ad Obama di non intromettersi negli affari interni europei, anche se quel che suggeriva non era in contrasto con le idee di molti europei. è stato come se volesse ridimensionare, porre dei limiti al fascino esercitato da Obama nei giorni che ha passato sul Vecchio Continente. Giorni in cui ha involontariamente messo in luce lo scarso fascino dei colleghi europei. Adesso basta, ne hai fatto troppo, gli ha detto , quasi fosse geloso, Sarkozy.

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Politichese e politica. Lo scontro a distanza tra Berlusconi e Franceschini (sezione: G20)

( da "AmericaOggi Online" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Politichese e politica. Lo scontro a distanza tra Berlusconi e Franceschini di Federico Guiglia 06-04-2009 Il confronto a distanza conferma che tutto li separa, perfino la scelta dei temi su cui polemizzare. Se il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, punta sulla politica estera, Dario Franceschini, il leader del Pd, preferisce la politica interna. È come se maggioranza e opposizione ormai viaggiassero su binari diversi, e con obiettivi diversi. Il Cavaliere ha bisogno di costruire con Obama il rapporto che aveva con Bush, e di continuare a esercitare, anche in vista del prossimo G8 che si terrà in Italia, un ruolo differente rispetto a quelli del duo Merkel-Sarkozy in Europa. Da qui l'intervento italiano per contribuire a far digerire alla Turchia la nomina del danese Rasmussen alla segreteria generale della Nato; oltre che per far accettare ai francesi e pure ai tedeschi, quando sarà, l'ampliamento dell'Unione europea alla Turchia stessa. Berlusconi vuole ritagliarsi in campo internazionale quel credito che gli oppositori gli negano in ambito nazionale. Molto diversa è l'esigenza di Franceschini, il leader del Pd che in due mesi -da oggi al voto europeo- si gioca tutto, e che perciò ha bisogno di cavalcare ogni genere di malcontento anti-governativo: dalla manifestazione in piazza con la Cgil, alla manifestazione d'ironia con cui ieri ha liquidato la brutta polemica aperta dal presidente del Consiglio coi giornalisti italiani. "Minaccia misure dure", ha detto Franceschini, "perché i giornali riprendono le sue gaffe. Ma nessuno si spaventa più per le sue minacce. Lui va ai vertici come se fosse in gita scolastica". Ha reagito anche il sindacato dei giornalisti, definendo di "inaudita gravità" le parole del Cavaliere. Franceschini attribuisce il nervosismo di Berlusconi all'"inesorabile fine del suo ciclo politico". Tuttavia, così dicendo, si guadagna a sua volta l'ironia del portavoce di Berlusconi, secondo il quale il ciclo che sta finendo in Italia "è quello della sinistra" (Paolo Bonaiuti). Come si vede, siamo già in campagna elettorale. Anche questo dovrebbe suggerire a presidenti e ministri di non polemizzare mai, quando si trovano all'estero e per missioni internazionali, su quel che avviene nel cortile di casa. Ma l'abitudine malsana s'è incrostata da decenni, e non c'è verso di sradicarla. E così diventa sempre più arduo per tutti distinguere il politichese dalla grande politica. Per esempio nell'annuncio dato dal presidente del Consiglio sull'invito ricevuto da Obama per andare in America, e sulla sintonia tra i due presidenti "su tutto", al termine dei vertici del G20 a Londra e della Nato a Strasburgo che si sono susseguiti. Del resto, anche Franceschini, attaccando in contemporanea e con durezza l'alleato Antonio Di Pietro che si candida alle europee ("voti e preferenze buttati via"), dimostra che la contrapposizione è entrata in una seconda fase. Nella prima riguardava, e ancora riguarda la crisi economica con tutte le sue ricette per affrontarla. E si svolge a due tesi. "Misure di pura propaganda", dice l'opposizione delle scelte del governo. "L'Italia resiste meglio degli altri Paesi", replica l'esecutivo. Inutile illudersi: ognuno resta convinto della propria idea. Ma forse la verità dei fatti sta a metà delle due versioni, come spesso succede in politica. Adesso la nuova sfida fra centrodestra e centrosinistra è sul come raccogliere il maggiore consenso possibile degli italiani, elettori prossimi di europee e di amministrative. E quindi anche le battute, le telefonate, i minuti passati o non passati da Berlusconi con Obama, tutto finisce nel calderone bollente dello scontro fra schieramenti. www.la7.it/guiglia

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L'ITALIA ha certamente avuto un ruolo positivo nel ritiro del veto della Turchia alla nomin... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi di CARLO JEAN L'ITALIA ha certamente avuto un ruolo positivo nel ritiro del veto della Turchia alla nomina del primo ministro danese, Anders Fogh Rasmussen, a Segretario generale della Nato. Esso veniva giustificato dai turchi con l'affermazione che Rasmussen non desse sufficienti garanzie di saper trattare efficacemente con il mondo islamico. Non si era infatti scusato per la pubblicazione, nel 2006 in Danimarca, di vignette su Maometto. Non era poi intervenuto per oscurare una Tv curda, che attaccava il governo di Ankara. Il rifiuto di nominare Rasmussen avrebbe messo in serie difficoltà il presidente Obama. Esso avrebbe compromesso l'immagine di unità della Nato e della stessa leadership del nuovo corso degli Usa. Avrebbe anche inciso negativamente sugli esiti della visita di due giorni che il presidente americano ha oggi iniziato in Turchia. Della mediazione svolta il presidente turco, Abdullah Gul, ha ringraziato sia Obama che il presidente del Consiglio italiano, Berlusconi. Si è dato da fare anche Rasmussen, affermando che, durante la partecipazione all'"Incontro fra le civilizzazioni" previsto ad Istanbul oggi e domani esprimerà le proprie scuse per le vignette e chiederà al suo governo di chiudere la Tv curda, qualora ne risultassero chiari legami con i terroristi del Pkk. Sull'importanza del ruolo svolto dall'Italia si è scatenato il finimondo. Particolarmente pungenti sono stati non solo i media italiani, soprattutto d'opposizione, ma anche quelli esteri, soprattutto i francesi. Anche questo è comprensibile. I successi hanno sempre molti padri! Italia e Francia hanno poi due politiche opposte nei riguardi della Turchia. L'Italia è il solo grande Paese europeo favorevole alla sua ammissione all'Ue. Inoltre, ha stretti legami economici e finanziari con la Turchia. I due premier , Berlusconi ed Erdogan, si sentono spesso ed hanno ottimi rapporti. Infine, il primo ha indubbiamente approfittato dell'occasione per guadagnare qualche punto nei suoi rapporti con gli Usa. Essi sono molto buoni, ma non sono più quelli dei tempi di Bush. Sul fatto che l'Italia abbia giocato un ruolo non c'è dubbio. Se non lo avesse avuto, il presidente Gul non avrebbe ringraziato Berlusconi «per il duro lavoro svolto», cioè quello di far cambiare idea al premier Tayyip Erdogan il più duro oppositore alla nomina di Rasmussen. È impossibile dire quale sia stata esattamente l'importanza della mediazione italiana ed in che cosa sia consistita. Beninteso, qualsiasi accordo doveva essere approvato da Obama. Approfittando degli ottimi legami politici ed economici con la Turchia, Berlusconi era in grado di fare un'efficace "brokeraggio". Poteva chiedere ad Erdogan senza mezzi termini che cosa voleva in cambio del ritiro del veto su Rasmussen. Che ci sia riuscito, dovrebbe far piacere a tutti. È infatti anche una dimostrazione del peso dell'Italia nei rapporti con un Paese tanto importante non solo per il Mediterraneo, ma anche per l'intero Medio Oriente, per il Caucaso e per l'Asia Centrale. Lo dimostrano le mediazioni turche fra la Siria ed Israele e quella fra l'Afghanistan ed il Pakistan. Gli eccellenti rapporti fra Roma ed Ankara non erano stati guastati neppure dall'annuncio che alla riunione del G8 di La Maddalena, l'Italia inviterà come osservatore l'Egitto, Paese leader del mondo arabo. La Turchia pensava di avere tutti i titoli per essere invitata lei, anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana. Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (che continua ad essere un ambasciatore italiano), quello di assistente del Segretario generale per le questioni del disarmo e quello di inviato speciale per l'Afghanistan. Inoltre, sembra abbia anche ottenuto qualche promessa dall'Ue: la partecipazione all'Agenzia europea della difesa ed il rinvio di un anno dell'apertura dei propri porti ed aeroporti alle navi ed aerei greco-ciprioti. In un negoziato avviene sempre così: si scambia un interesse con un altro. Erdogan non poteva uscirne a mani vuote, dato il consenso che la sua opposizione alla nomina di Rasmussen aveva in Turchia e nell'intero mondo islamico. Il prezzo pagato mi sembra tutto sommato modesto, rispetto ai vantaggi che ne hanno tratto l'Italia ed anche la Nato. Il vertice non poteva chiudersi con un disaccordo. Si è trattato quindi di un buon affare. Beninteso, esso non ha fatto piacere a Parigi, in primo luogo ma forse è una malignità perché la Francia non aveva avuto la "parte del leone". Ciò spiega in parte almeno la durezza con cui Sarkozy ha criticato ieri Obama per aver detto a Praga, alla riunione dell'Ue, che gli Usa auspicavano l'entrata della Turchia nell'Unione. Ha ricordato al presidente americano che si tratta di un affare europeo, che va deciso dai soli europei, i quali non devono sentirsi dire che cosa fare o non fare. È stata un'uscita un po' strana, soprattutto per l'enfasi con cui è stata fatta. Se l'obiettivo francese nel rientrare nella struttura di comando integrata della Nato era quello di attivare "rapporti speciali" con gli Usa, simili a quelli che ha il Regno Unito, la stessa cosa poteva essere detta in modo meno aggressivo.

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IL CORAGGIO DI SCEGLIERE LA SOLUZIONE GLOBALE (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

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Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi Crisi, G20 e segnali di ripresa IL CORAGGIO DI SCEGLIERE LA SOLUZIONE GLOBALE

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LE decisioni prese dal G20 nella riunione di Londra meritano una più meditata lettura poten... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

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Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi di PAOLO SAVONA LE decisioni prese dal G20 nella riunione di Londra meritano una più meditata lettura potendo rappresentare il punto di svolta di una crisi finanziaria ed economica che aveva tutti i tratti della drammaticità. Ci sono voluti due anni dall'inizio della crisi perché i grandi della terra trovassero un accordo su un punto che appare chiaramente nelle prime righe del Comunicato: "Una crisi globale richiede una soluzione globale". Questa soluzione, ancora sotto forma di impegno, si innesta nelle soluzioni nazionali che, nonostante ammontino complessivamente in 5 mila mld di dollari, non erano state finora capaci di ristabilire la fiducia tra gli investitori e i consumatori. Un'iniezione di ulteriori 1.100 mld, questa volta affidati alle capaci mani internazionali del Fondo monetario di Washington, e la fissazione di nuove regole contro gli avventurieri della finanza, anch'esse in gran parte affidate al Board di nuova costituzione guidato da Mario Draghi e all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (l'Ocse) con sede a Parigi, potrebbero infatti raggiungere il risultato di ricreare la fiducia. Alle decisioni di Londra le borse americane hanno risposto ancora di no, mentre quelle del resto del mondo di sì; occorre però aspettare che maturino su esse più fondate valutazioni. È pur vero che gli Stati Uniti, da cui ha origine la crisi, sono attualmente i più colpiti, ma sono anche il Paese che, insieme alla Cina, ha reagito con maggiore fermezza; gli americani destinando ingenti somme per il salvataggio delle banche e società finanziarie, i cinesi per sostituire domanda interna alla domanda estera. Dei 5 mila mld di dollari evidenziati nel Comunicato dei G20 di Londra, circa 2 mila sono stati stanziati per salvataggi e ricapitalizzazioni di banche e assicurazioni, altrettanti per il sostegno dell'attività produttiva e il residuo per il sociale. L'iniezione di 1.100 miliardi mette a disposizione delle agenzie sovranazionali (Fmi, Banca mondiale e altre istituzioni con compiti specifici) risorse per sostenere i Paesi in difficoltà o per promuovere lo sviluppo ma, al di là di questo importante intervento, ha grande valore simbolico l'aver disposto la creazione di 250 miliardi di dollari equivalenti in forma di Diritti speciali di prelievo, la moneta internazionale "tenuta in frigo", alla cui ideazione, che data dal 1968, diedero un apporto determinante e lungimirante i nostri Guido Carli e Rinaldo Ossola. Questa non è una decisione che sostituisce il dollaro dalla sua posizione centrale nel sistema dei pagamenti internazionali, anzi potrebbe rafforzarlo, risolvendo alcuni dei loro problemi di finanziamento estero. I nostri lettori ricorderanno certamente i dubbi che avevamo ripetutamente sollevati da questa colonna circa la stabilità del dollaro in caso di successo della ripresa economica americana. Che i G20 siano convinti d'aver preso una serie di decisioni importanti è testimoniato dal fatto che nel Comunicato in parola si sono avventurati ad affermare che l'insieme dei provvedimenti raddoppieranno il saggio di sviluppo globale, dal 2% previsto al 4% ottenibile. Che essi credano in questa possibilità è anche testimoniato dal fatto che, coscienti dell'entità delle manovre espansive monetarie attuate, nello stesso Comunicato si fa cenno alla necessità di definire fin d'ora un'exit strategy, ossia una strategia di intervento che, a causa di un possibile ritorno dell'inflazione, prepari gli strumenti per non costringere le banche centrali a strozzare la ripresa produttiva appena essa si presenta. Di ciò si è anche parlato nel fine settimana allo Workshop Ambrosetti di Villa d'Este facendo insorgere il dubbio che non siamo ancora certi dell'exit strategy per uscire dalla crisi, che già siamo costretti a parlare dell'exit strategy per uscire dalla ripresa! Ovviamente una ripresa che abbia le stesse caratteristiche "irrazionali esuberanti" della precedente.

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dal nostro corrispondente NEW YORK - E' auspicabile che la Tur... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

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Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi ANNA GUAITAdal nostro corrispondente NEW YORK - «E' auspicabile che la Turchia entri nell'Ue, perché il mondo islamico prenda ad esempio la Turchia, invece che l'Iran». Lawrence Korb pensa che la visita di Barack Obama sia la perfetta conclusione di un viaggio che è servito a cambiare positivamente la politica estera Usa. Consigliere militare del presidente Ronald Reagan, e poi viceministro della Difesa, Korb è oggi uno dei più ascoltati esperti di strategia e di politica estera Usa: Un successo su tutto il fronte? Ma non è più un successo di immagine che di risultati concreti? «Noi oggi corriamo un rischio: che gli americani vogliano abbracciare l'isolazionismo e occuparsi solo dei problemi interni. Il successo del viaggio permetterà a Obama di convincere i propri concittadini che il multilateralismo è la scelta giusta, ma renderà più facile anche per i leader europei continuare a collaborare con gli Usa». Cosa le è piaciuto di più in questo viaggio? «Direi la serietà con cui i Paesi hanno negoziato al G20. C'è stato un grande cambiamento: nessuno ha ottenuto tutto quel che voleva, ma tutti hanno ottenuto qualcosa. Si era deciso di trovare il compromesso, e quando c'è volontà di collaborare si può ben sperare per il futuro». E questo costituisce un grande cambiamento? «E' un cambiamento rispetto agli anni della presidenza Bush. Con il presidente Obama abbiamo smesso di vedere l'Europa divisa fra amici e meno amici. Ora vediamo l'Europa come un tutt'uno, un alleato con cui cercare una strada comune. Non abbracciamo più la strategia dell'epoca Bush "unilateralismo prima e multilateralismo dopo". Siamo passati a "multilateralismo prima, e unilateralismo solo come soluzione estrema"». Questa speranza di Obama di abolire le armi nucleari, espressa proprio nel giorno in cui la Corea del nord lancia un missile, le sembra realistica? «Non succederà subito, ma è importante che si cammini in quella direzione. E il fatto che il discorso sia stato tenuto proprio sullo sfondo della sfida norcoreana lo rende ancor più incisivo: solo quando le superpotenze diminuiranno i loro arsenali, avranno l'autorità morale di chiedere lo stesso agli altri Paesi. E' importante sia per i negoziati con la Corea che con l'Iran.» Come valuta la fermata in Turchia? «Obama ha sempre insistito che gli Usa non sono in guerra con il mondo islamico. Facendo visita a un Paese musulmano moderato lancia un segnale importante, perché noi speriamo che il resto del mondo islamico scelga la Turchia come modello, invece che l'Iran. E se la Turchia sarà ammessa nell'Unione Europea, sarà un ulteriore segnale di apertura a coloro nel mondo islamico che rifiutano la lezione violenta dei jihadisti».

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Alle decisioni di Londra le borse americane hanno risposto ancora di no, mentre quelle del r... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

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Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi di PAOLO SAVONA Alle decisioni di Londra le borse americane hanno risposto ancora di no, mentre quelle del resto del mondo di sì; occorre però aspettare che maturino su esse più fondate valutazioni. È pur vero che gli Stati Uniti, da cui ha origine la crisi, sono attualmente i più colpiti, ma sono anche il Paese che, insieme alla Cina, ha reagito con maggiore fermezza; gli americani destinando ingenti somme per il salvataggio delle banche e società finanziarie, i cinesi per sostituire domanda interna alla domanda estera. Dei 5 mila mld di dollari evidenziati nel Comunicato dei G20 di Londra, circa 2 mila sono stati stanziati per salvataggi e ricapitalizzazioni di banche e assicurazioni, altrettanti per il sostegno dell'attività produttiva e il residuo per il sociale. L'iniezione di 1.100 miliardi mette a disposizione delle agenzie sovranazionali (Fmi, Banca mondiale e altre istituzioni con compiti specifici) risorse per sostenere i Paesi in difficoltà o per promuovere lo sviluppo ma, al di là di questo importante intervento, ha grande valore simbolico l'aver disposto la creazione di 250 miliardi di dollari equivalenti in forma di Diritti speciali di prelievo, la moneta internazionale "tenuta in frigo", alla cui ideazione, che data dal 1968, diedero un apporto determinante e lungimirante i nostri Guido Carli e Rinaldo Ossola. Questa non è una decisione che sostituisce il dollaro dalla sua posizione centrale nel sistema dei pagamenti internazionali, anzi potrebbe rafforzarlo, risolvendo alcuni dei loro problemi di finanziamento estero. I nostri lettori ricorderanno certamente i dubbi che avevamo ripetutamente sollevati da questa colonna circa la stabilità del dollaro in caso di successo della ripresa economica americana. Che i G20 siano convinti d'aver preso una serie di decisioni importanti è testimoniato dal fatto che nel Comunicato in parola si sono avventurati ad affermare che l'insieme dei provvedimenti raddoppieranno il saggio di sviluppo globale, dal 2% previsto al 4% ottenibile. Che essi credano in questa possibilità è anche testimoniato dal fatto che, coscienti dell'entità delle manovre espansive monetarie attuate, nello stesso Comunicato si fa cenno alla necessità di definire fin d'ora un'exit strategy, ossia una strategia di intervento che, a causa di un possibile ritorno dell'inflazione, prepari gli strumenti per non costringere le banche centrali a strozzare la ripresa produttiva appena essa si presenta. Di ciò si è anche parlato nel fine settimana allo Workshop Ambrosetti di Villa d'Este facendo insorgere il dubbio che non siamo ancora certi dell'exit strategy per uscire dalla crisi, che già siamo costretti a parlare dell'exit strategy per uscire dalla ripresa! Ovviamente una ripresa che abbia le stesse caratteristiche "irrazionali esuberanti" della precedente.

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È IL momento del chat chat chat della segretaria: uno studio realizzato ... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi di ANTONELLO DOSE E MARCO PRESTA È IL momento del chat chat chat della segretaria: uno studio realizzato dall'Università di Melbourne ha dimostrato che gli impiegati i quali occupano parte dell'orario di lavoro navigando su Internet, magari su siti come YouTube o Facebook, producono il 9% in più dei colleghi che non lo fanno. Ora il problema è: chi lo dice al ministro Brunetta? Svagarsi un po' durante la giornata lavorativa è quindi utilissimo, perché la navigazione di intrattenimento, una sorta di crociera telematica, serve a mantenere la concentrazione alta e vigile. Insomma, le armi di distrazione di massa non solo non sono pericolose, ma, anzi, danno degli innegabili benefici. Suscita scalpore questa notizia che ci giunge dall'Australia, in un momento così particolare per la nostra Pubblica Amministrazione, in cui le statali (non nel senso delle vie Appia, Tuscolana, Aurelia, Cassia...) protestano energicamente contro l'accusa di fare shopping invece che lavorare. E pensare che nei mesi scorsi molte aziende italiane, pubbliche e private, hanno oscurato Facebook in ufficio, ritenendo che il social network sia distraente per i lavoratori. Sarà per questo che le Poste funzionano maluccio, perché ai suoi dipendenti è stato vietato di ottenere e offrire amicizia online, anche considerando che offrire e, soprattutto, ottenere amicizia da un utente in coda da ore per una raccomandata, è decisamente difficile. In passato, il comune di Napoli ha tentato di regolamentare l'accesso su Facebook: non più di un'ora al giorno, in piccoli blocchi di dieci minuti. Vista la situazione globale, ormai il concetto di rateizzazione si applica anche ai passatempi. Si prospetta però all'orizzonte un problema sindacale molto serio: il concetto di "distrazione" cambia, probabilmente, da dipendente a dipendente, e tutti hanno il sacrosanto diritto di ricaricarsi come meglio credono. Questo renderà necessario, all'interno dei luoghi di lavoro, allestire campi da tennis, piscine, aree per gli scacchi e il modellismo, per la giostra del saraceno, per il tiro con l'arco e la pesca d'altura, a seconda dei gusti del personale. Qualche problema potrebbe sorgere per quanto riguarda il deltaplano e il bob a due, ma siamo sicuri che nel nostro Paese si troverà una soluzione soddisfacente anche di fronte a piccoli problemi di questo genere. Senza dubbio, una pratica viene sbrigata molto più rapidamente dopo aver completato un puzzle di 3.000 pezzi o aver costruito la piramide di Cheope con i fiammiferi. Insomma, in Italia diventerà sempre più difficile distinguere il lavoro dal dopolavoro, il briefing dal cral. Si tratta però di un fenomeno che si sta allargando a macchia d'olio anche a settori inattesi, dove il limite tra la serietà e il divertimento dovrebbe essere molto chiaro. Se serve a diventare più produttivi, ben venga. Quindi, se chi svolge un lavoro serissimo, ad esempio presidente del Consiglio, magari durante un G20 molto delicato, sente l'esigenza di alleggerire la tensione gridando «Mr. Obamaaaaaa!», va ringraziato di tutto cuore. Lo fa per patriottismo. Anzi, se per distrarsi un po' volesse lanciare anche un gavettone a Sua Maestà la regina d'Inghilterra Elisabetta II, dovremmo capirlo e sostenerlo. Dopo, riprenderà a lavorare meglio per tutti noi.

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Esso veniva giustificato dai turchi con l'affermazione che Rasmussen non desse sufficie... (sezione: G20)

( da "Messaggero, Il" del 06-04-2009)

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Lunedì 06 Aprile 2009 Chiudi di CARLO JEAN Esso veniva giustificato dai turchi con l'affermazione che Rasmussen non desse sufficienti garanzie di saper trattare efficacemente con il mondo islamico. Non si era infatti scusato per la pubblicazione, nel 2006 in Danimarca, di vignette su Maometto. Non era poi intervenuto per oscurare una Tv curda, che attaccava il governo di Ankara. Il rifiuto di nominare Rasmussen avrebbe messo in serie difficoltà il presidente Obama. Esso avrebbe compromesso l'immagine di unità della Nato e della stessa leadership del nuovo corso degli Usa. Avrebbe anche inciso negativamente sugli esiti della visita di due giorni che il presidente americano ha oggi iniziato in Turchia. Della mediazione svolta il presidente turco, Abdullah Gul, ha ringraziato sia Obama che il presidente del Consiglio italiano, Berlusconi. Si è dato da fare anche Rasmussen, affermando che, durante la partecipazione all'"Incontro fra le civilizzazioni" previsto ad Istanbul oggi e domani esprimerà le proprie scuse per le vignette e chiederà al suo governo di chiudere la Tv curda, qualora ne risultassero chiari legami con i terroristi del Pkk. Sull'importanza del ruolo svolto dall'Italia si è scatenato il finimondo. Lo hanno contestato soprattutto i francesi. Anche questo è comprensibile. I successi hanno sempre molti padri! Italia e Francia hanno poi due politiche opposte nei riguardi della Turchia. L'Italia è il solo grande Paese europeo favorevole alla sua ammissione all'Ue. Inoltre, ha stretti legami economici e finanziari con la Turchia. I due premier , Berlusconi ed Erdogan, si sentono spesso ed hanno ottimi rapporti. Infine, il primo ha indubbiamente approfittato dell'occasione per guadagnare qualche punto nei suoi rapporti con gli Usa. Essi sono molto buoni, ma di certo ne escono rafforzati. Sul fatto che l'Italia abbia giocato un ruolo non c'è dubbio. Se non lo avesse avuto, il presidente Gul non avrebbe ringraziato Berlusconi «per il duro lavoro svolto», cioè quello di far cambiare idea al premier Tayyip Erdogan il più duro oppositore alla nomina di Rasmussen. È impossibile dire quale sia stata esattamente l'importanza della mediazione italiana ed in che cosa sia consistita. Beninteso, qualsiasi accordo doveva essere approvato da Obama. Approfittando degli ottimi legami politici ed economici con la Turchia, Berlusconi era in grado di fare un'efficace "brokeraggio". Poteva chiedere ad Erdogan senza mezzi termini che cosa voleva in cambio del ritiro del veto su Rasmussen. Che ci sia riuscito, dovrebbe far piacere a tutti. È infatti anche una dimostrazione del peso dell'Italia nei rapporti con un Paese tanto importante non solo per il Mediterraneo, ma anche per l'intero Medio Oriente, per il Caucaso e per l'Asia Centrale. Lo dimostrano le mediazioni turche fra la Siria ed Israele e quella fra l'Afghanistan ed il Pakistan. Gli eccellenti rapporti fra Roma ed Ankara non erano stati guastati neppure dall'annuncio che alla riunione del G8 di La Maddalena, l'Italia inviterà come osservatore l'Egitto, Paese leader del mondo arabo. La Turchia pensava di avere tutti i titoli per essere invitata lei, anche perché membro del G20, candidata ad entrare nell'Ue e Paese di rilevanza geopolitica crescente, anche nei riguardi della proliferazione nucleare iraniana. Evidentemente, la Turchia per ritirare il veto ha ottenuto talune compensazioni. Esse hanno riguardato l'assegnazione di posti di responsabilità nell'Alleanza: quello di assistente del Vicesegretario generale della Nato (che continua ad essere un ambasciatore italiano), quello di assistente del Segretario generale per le questioni del disarmo e quello di inviato speciale per l'Afghanistan. Inoltre, sembra abbia anche ottenuto qualche promessa dall'Ue: la partecipazione all'Agenzia europea della difesa ed il rinvio di un anno dell'apertura dei propri porti ed aeroporti alle navi ed aerei greco-ciprioti. In un negoziato avviene sempre così: si scambia un interesse con un altro. Erdogan non poteva uscirne a mani vuote, dato il consenso che la sua opposizione alla nomina di Rasmussen aveva in Turchia e nell'intero mondo islamico. Il prezzo pagato mi sembra tutto sommato modesto, rispetto ai vantaggi che ne hanno tratto l'Italia ed anche la Nato. Il vertice non poteva chiudersi con un disaccordo. Si è trattato quindi di un buon affare. Beninteso, esso non ha fatto piacere a Parigi, in primo luogo ma forse è una malignità perché la Francia non aveva avuto la "parte del leone". Ciò spiega in parte almeno la durezza con cui Sarkozy ha criticato ieri Obama per aver detto a Praga, alla riunione dell'Ue, che gli Usa auspicavano l'entrata della Turchia nell'Unione. Ha ricordato al presidente americano che si tratta di un affare europeo, che va deciso dai soli europei, i quali non devono sentirsi dire che cosa fare o non fare. È stata un'uscita un po' strana, soprattutto per l'enfasi con cui è stata fatta. Se l'obiettivo francese nel rientrare nella struttura di comando integrata della Nato era quello di attivare "rapporti speciali" con gli Usa, simili a quelli che ha il Regno Unito, la stessa cosa poteva essere detta in modo meno aggressivo.

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Draghi: bene il rapporto de Larosière (sezione: G20)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-05 - pag: 3 autore: Il Governatore preannuncia un documento congiunto di Financial stability board e Fmi Draghi: bene il rapporto de Larosière Rossella Bocciarelli ROMA «Il rapporto de Larosière è un contributo importante al processo che porta a rafforzare la vigilanza finanziaria a livello nazionale, regionale e internazionale ». è convinto dell'efficacia della strada scelta in Europa per arrivare a un'armonizzazione sostanziale delle normative di controllo su mercati e intermediari il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ieri è intervenuto all'Ecofin nella sua qualità di presidente del Financial Stability board, l'organismo che ha appena visto rafforzato il suo mandato a Londra, nel quale siedono tutti i regulator dei mercati finanziari dei Paesi G20, oltre a Spagna e Commissione europea. Draghi ha tra l'altro annunciato che già prima della fine di aprile, a Washington, Fondo monetario internazionale e Fsb, insieme, presenteranno un rapporto congiunto sul nuovo sistema di early warning per tenere sotto controllo i focolai di instabilità finanziaria, basato sull'uso degli stress test. Il fatto che i lavori del Fsb vadano nella stessa direzione delle raccomandazioni del gruppo de Larosière, ha sottolineato, riflette i progressi già realizzati nel processo di rafforzamento delle fondamenta del sistema finanziario globale. «Una delle lezioni della crisi – ha ricordato Draghi – sta nel fatto che è necessaria una maggiore cooperazione e coordinamento internazionale. Come sottolinea il rapporto de Larosière, viviamo in un mondo economico e finanziario integrato ed è interesse di tutti promuovere armonizzazione delle regole e standard di vigilanza comuni a livello mondiale ». Ciò che in particolare va sostenuto del rapporto de Larosière, ha detto Draghi, è «l'approccio macroprudenziale alla normativa». In sostanza, ha spiegato, uno dei motivi per i quali la nostra struttura di norme e di vigilanza si è rivelata carente va ricercato nel fatto che tanto le normative quanto le prassi di supervisione si concentrano sulle singole istituzioni finanziarie e tengono troppo poco conto della stabilità e della buona salute del sistema finanziario nel suo insieme. «Un approccio macroprudenziale richiede attenzione ai settori nei quali c'è una comune esposizione (com'è stato il caso dell'immobiliare) che attraversa le varie imprese finanziarie; richiede di considerare le interrelazioni tra i fenomeni e anche l'impatto del comportamento collettivo dei soggetti economici sul rischio aggregato». Il Governatore non si è nascosto, naturalmente, che, al di là dei principi generali, la definizione degli strumenti appropriati per fare vigilanza macroprudenziale sul sistema finanziario sarà «uno sforzo complesso e multilaterale» che richiede non solo più dati e indicatori per identificare il rischio sistemico, ma anche una ben definita cornice istituzionale per indicare quali siano le authority, quali i mandati e quali le responsabilità di controllo attribuite. Insomma, regole semplici non ve ne sono. Ma, dice Draghi «de Larosière formula proposte di grande aiuto in questo campo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Tremonti: così cambiano gli Ias (sezione: G20)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-05 - pag: 3 autore: Tremonti: così cambiano gli Ias Dino Pesole PRAGA. Dal nostro inviato L'Ecofin informale di Praga chiude i battenti, si registra un primo passo in avanti sul fronte della modifica delle regole contabili, a partire dal mark to market, ma resta sul tappeto il nodo del rafforzamento della vigilanza europea sulla base del rapporto de Larosière. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, fa il punto dello stato attuale della discussione in Europa sulle due questioni tuttora sul tappeto e giudica in ogni caso "significativo" il contenuto della raccomandazione adottata dal Consiglio sui criteri contabili. Ora il passo successivo dovrebbe consistere nel far proprie rapidamente le stesse regole decise dagli Stati Uniti. «Hanno appena cambiato un criterio Ias. Dobbiamo farlo anche noi anche adottando lo stesso testo. Basta scaricarlo da Google e dargli una benedizione europea». Tremonti parla brevemente con i giornalisti prima che lo spazioaereo sopra Praga venga precluso al traffico per l'arrivo del presidente americano Barack Obama. La constatazione di partenza è che quella sui criteri contabili è questione solo apparentemente tecnica. In realtà è tutta politica, ed emerge chiara la divaricazione tra gli Stati Uniti, che «in una notte con una decisione del Congresso cambiano le regole contabili», e l'Europa i cui percorsi decisionali scontano le lunghezze e le divergenze di sempre. Il G20 di Londra ha dato un segnale in materia di vigilanza, in Europa si è appena avviata una discussione concreta e la posizione italiana è quella di proseguire di concerto con gli altri Paesi. Molti colleghi –ha spiegato Tremonti – si sono posti concretamente il problema di come spiegare ai propri concittadini che con qualche cambiamento tecnico si sia risolto il tutto. Serve di più, perché in molti Paesi «è stato il contribuente a pagare i fallimenti bancari. In effetti è difficile sostenere che sia tornato tutto a posto con qualche cambiamento tecnico. Serve di più, ma è un di più su cui stiamo discutendo». Sul lavoro, resta forte la preoccupazione per gli effetti della crisi globale in atto. è preferibile prevenire piuttosto che curare, «conservare i lavoratori nelle fabbriche invece di mandarli via e magari non ritornano». Per ora il Governo resta attestato agli 8 miliardi stanziati in favore degi ammortizzatori sociali, ma nel bilancio sono presenti «fondi impressionanti che vengono fuori di volta in volta». Risorse che possono essere dirottate a favore della spesa sociale. Infine una battuta sulle polemiche seguite alla pubblicazione dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2006. Tremonti respinge l'accusa di un allentamento sul fronte della lotta all'evasione: «Sono dati che risalgono al governo Prodi, che sosteneva di aver prima intercettato, poi bloccato e infine iniziato a ridurre l'evasione fiscale». © RIPRODUZIONE RISERVATA DECISIONE RAPIDA «Seguire gli Stati Uniti, anche adottando lo stesso testo». «Per la spesa sociale si potrebbero spostare fondi impressionanti»

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UN CONTINENTE MARGINALE (sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 06/04/2009 - pag: 1 LA UE DOPO IL G20 E STRASBURGO UN CONTINENTE MARGINALE di ANGELO PANEBIANCO C on la crisi mondiale siamo entrati in una fase di accelerazione della storia. Processi in atto da tempo arrivano, inaspettatamente, a maturazione. Fino a poco tempo addietro si riteneva che ci sarebbero voluti ancora molti anni, forse decenni, prima che la Cina potesse pretendere per sé il ruolo di co-gestore, su un piano di parità con gli Stati Uniti, degli affari mondiali. Invece, a causa della crisi, è quanto ora sta avvenendo. Il messaggio più chiaro del G20, moralismo dei Paesi europei sui paradisi fiscali a parte, è che la crisi finirà, quando finirà, in virtù dell'azione congiunta di Stati Uniti e Cina. La ricca Europa rischia così una progressiva emarginazione, un ruolo sempre più subalterno nella governance del sistema internazionale. La controprova, questa volta sul piano politico-strategico, si è avuta al vertice dell'Alleanza atlantica (come ben risulta dall'analisi di Franco Venturini sul Corriere di ieri). Sembra che l'Europa (i governi non meno delle opinioni pubbliche) abbia fatto finta di non capire che cosa intendesse dire Obama quando ha sostenuto che Al Qaeda è più pericolosa per gli europei che per gli americani. Intendeva dire: la guerra in Afghanistan vi riguarda molto da vicino, se perdiamo là, se l'islamismo radicale vince in Afghanistan galvanizzando ovunque gli estremisti, voi europei pagherete un prezzo molto più alto di noi americani. Dal momento che nei vostri territori (e non in America) l'estremismo islamico è di casa, dal momento che siete voi il ventre molle dell'Occidente. Come ha reagito l'Europa? Con una promessa di maggiore impegno che non può non essere giudicata da Obama irrisoria (tremila soldati in più per il periodo delle elezioni in Afghanistan e centomila dollari in più per la ricostruzione). L'America di Obama porterà il proprio contingente a 68 mila uomini. Gli europei o continueranno a non essere presenti o ad esserlo con contingenti insufficienti tenuto conto della gravità della situazione. D'altra parte, non è pensabile che anche quei Paesi europei della Nato che sono intervenuti in Afghanistan possano fare di più. Per la ristrettezza delle risorse e soprattutto per ragioni politiche, a causa del fatto che, complessivamente, la maggioranza degli europei non si sente coinvolta, non pensa che valga la pena di morire per Kabul. Tutto ciò è più che comprensibile ma l'ineluttabile conseguenza è che, con un impegno massiccio dell'America in Afghanistan e un'Europa o assente o presente in modo insufficiente, comunque vada a finire la guerra, la Nato ne uscirà male. Di sicuro, gli europei non potranno aspirare, come alcuni hanno immaginato in tempi passati, a «riequilibrare » politicamente i rapporti fra Stati Uniti e Europa dentro l'alleanza. Non solo, ma gli americani dovranno per forza interrogarsi su quanto serva la Nato quando i giochi diventano davvero pesanti. Ciò non segnerà la fine dell'alleanza ma ridimensionerà la sua importanza agli occhi dell'Amministrazione americana. Perderà peso l'unica arena nella quale gli europei potrebbero svolgere un ruolo politico-strategico rilevante. CONTINUA A PAGINA 22

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Banca dati a San Marino per l'anti-riciclaggio (sezione: G20)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-04-05 - pag: 20 autore: Circolare della Banca d'Italia per facilitare le verifiche Banca dati a San Marino per l'anti-riciclaggio Ranieri Razzante A San Marino una banca dati per gli adempimenti antiriciclaggio. è la novità di rilievo contenuta nella circolare emanata dalla Banca d'Italia il 20 marzo – ben prima delle decisioni assunte a Londra dal G20 – che rivoluziona i rapporti tra il sistema bancario italiano e quello sammarinese. Un database che dovrebbe contenere i dati identificativi di clienti, anche italiani, degli istituti di credito del Titano, per facilitare le operazioni di adeguata verifica previste dall'articolo 18 del decreto legislativo 231/07 in materia di riciclaggio. Bankitalia, rispondendo ad alcuni quesiti posti dall'Abi, fornisce importanti chiarimenti su alcune spinose questioni insorte a seguito delle comunicazioni già inviate alle banche italiane, per lo più limitative dell'operatività su assegni e bonifici provenienti o negoziati presso banche site in San Marino. La circolare non risparmia alcun adempimento agli intermediari italiani: anzi li richiede particolarmente "rafforzati" nei rapporti interbancari o diretti con clientela residente in San Marino, o che comunque operi attraverso gli istituti collocati nel territorio della Repubblica. Per esempio, viene chiarito che il censimento nelle anagrafi bancarie dei soggetti di San Marino, fermo restando l'obbligo di effettuarlo, potrà essere fatto utilizzando codici particolari, a uso interno delle banche, in modo da assicurare la prosecuzione dello scambio dei pagamenti con controparti sammarinesi nel circuito domestico, senza per questo essere costretti a operare su quello estero. Si deve però evitare l'attribuzione dei codici di settore di attività economica (Sae), previsti dalla normativa italiana societaria e bancaria, a controparti sammarinesi, utilizzando solo quelli relativi al «resto del mondo», ed esplicitati nelle circolari ad hoc già emanate dalla Banca d'Italia. Se una semplificazione viene concessa nella materia dei rapporti tra i due Stati, è quella che consente di derogare all'obbligo di segnalazione, a fini statistici, dei movimenti da e verso Stati esteri attraverso la «comunicazione valutaria statistica » e la matrice valutaria, che a oggi le banche italiane devono produrre a Bankitalia anche considerando San Marino. Per il resto, va rimarcato che le carte di pagamento emesse da banche italiane e gli assegni circolari di banche italiane emessi da parte di intermediari sammarinesi (i quali non hanno autonome facoltà in questo senso), richiedono l'applicazione in toto degli obblighi di adeguata verifica del soggetto cliente, dell'eventuale soggetto per conto del quale si instaura il rapporto; questi oneri ricadranno sulle banche italiane, le quali, fino all'entrata a regime della base dati, dovranno acquisire informazioni in altro modo (copie di documenti di identità e verifica di qualsiasi altro documento riferibile al cliente e al titolare effettivo). Le informazioni sulla clientela per conto della quale opera un istituto di San Marino dovranno essere acquisite dalle banche italiane anche in caso di rapporti diretti con esso, come i classici conti di corrispondenza o per i servizi di tramitazione. La banca dati dovrà contemplare la possibilità di accesso diretto alle basi informative, fino all'acquisizione (comunque richiesta) di copia dei documenti di identità. Da approfondire, invece, l'obbligo di inserire nell'archivio unico informatico i dati raccolti in sede di adeguata verifica: la Banca d'Italia non precisa che ci si dovrà fermare a quelli identificativi, mentre i dati sullo scopo e natura del rapporto e sul titolare effettivo non si devono notoriamente inserire nell'archivio. Particolarmente stretti i tempi di attuazione: la circolare concede al massimo due mesi per l'adozione di queste misure. Ciò rende l'idea della perentorietà con la quale l'organo di vigilanza sulle banche ha voluto una volta per tutte intervenire su questa delicata e ormai annosa vicenda. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Pd: sui media premier nervoso Ma per il Pdl (sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Lo scontro Capezzone: perché i direttori di alcune tv non capiscono che si danneggiano? Il Pd: sui media premier nervoso Ma per il Pdl «la falsificazione c'è» DAL NOSTRO INVIATO AMALFI Dario Franceschini è in piedi, sotto le volte dell'arsenale dell'XI secolo, i ragazzi della «Scuola politica» del Pd seduti per terra. «Ho visto un certo nervosismo del presidente del Consiglio verso i giornali che riprendono le sue gaffes. >Altri leader vanno al G8 o al G20 per prendere decisioni, lui va per divertirsi, come a una gita scolastica: corna, grida, cucù... È il nervosismo tipico di chi capisce che il suo ciclo sta finendo». E poi: «Berlusconi minaccia di prendere misure dure contro i giornali. Nessuno ha più paura delle sue minacce». Le reazioni del Pdl sono massicce. Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dice che «l'invidia spinge Franceschini: il ciclo politico che sta finendo in Italia è quello della sinistra. Franceschini è una piccola e friabile meteora». Soprattutto, però, si torna sui giornali e la tv. Cicchitto: «Il presidente Berlusconi è oggetto di un sistematico attacco mediatico fondato sulla falsificazione delle notizie e la manipolazione delle immagini». Cita la vicenda di una frase a Sarkozy sulla Bruni, la telefonata al premier turco Erdogan mentre Angela Merkel era in attesa, il «comiziaccio elettorale» di Di Pietro a Che tempo che fa. Conclude: «Si sta esagerando». «Possibile dice Daniele Capezzone che qualche direttore non comprenda che così facendo ad essere minata è la credibilità della stampa?». E Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl: «Si attende l'ultimo atto: il tentativo di interdizione nei confronti dei giornalisti rei di non spingere la propria faziosità fino a far male al Paese». Così che Giuseppe Giulietti, presidente di «Articolo 21», afferma di temere «un editto bulgaro bis», dopo quello contro Biagi e Santoro nel 2001. E il leader Udc, Casini, esorta Berlusconi ad occuparsi della crisi e non dell'informazione, «di cui è monopolista». Dario Franceschini, all'arsenale di Amalfi, ha parlato anche della crisi: «La destra pensa che se ne esca solo con interventi strutturali e sovranazionali, e per il resto 'arrangiatevi'. Noi progressisti pensiamo che il governo dovrebbe occuparsi prima di tutto dei più deboli, sfruttati, poveri, quelli costretti a rubare la pasta nei supermercati». Ha parlato di Europa. Lui non si candida, ha ripetuto: «No alla sfida di Berlusconi, che chiede preferenze e non resterà nemmeno un minuto a Strasburgo ». E ha parlato di «Ambiente e futuro », il tema su cui 1600 giovani hanno studiato qui: «L'Italia deve diventare il paese leader nell'economia verde». Quattro proposte: piano di riqualificazione energetica degli edifici pubblici, investimenti sul trasporto pubblico, no al nucleare e grandi investimenti sulle energie rinnovabili, riqualificazione energetica degli edifici privati. Infine, il Partito democratico: «Non faremo provini per individuare i più telegenici, saranno scelti i più bravi, chi ha più studiato». Con tono paterno, quasi papale: «Tornate a casa, organizzate corsi di formazione, discutete sul domani, ma mai attorno ai cognomi dei leader nazionali, nemmeno al mio. Il rinnovamento si fa mandando via quelli che meritano di essere mandati via». Amen. Andrea Garibaldi La pacca Obama saluta Berlusconi. Vicino a loro, Sarkozy e Merkel

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(sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Visto dagli Usa / 1 Luntz, già sondaggista del Cavaliere «Silvio?Entusiasmopositivo» WASHINGTON Da quasi 20 anni, da quando aiutò Rudolph Giuliani a farsi eleggere sindaco di New York, Frank Luntz è uno dei più autorevoli «pollster» repubblicani. Maestro dei «focus group», i cittadini che commentano in diretta i discorsi dei candidati, condusse in passato sondaggi anche per Berlusconi e il premier israeliano Netanyahu. A suo giudizio, «lo showmanship», il gusto dello spettacolo del nostro capo di governo, è positivo. «Manifestazioni di entusiasmo dice raramente nuocciono, per quanto siano oggetto di polemiche in Italia». Ha visto le foto e i filmati di Berlusconi al G20? «Non tutti, ma quanto basta per concluderne che si è ammantato della popolarità di Obama, forse a tratti con troppa disinvoltura. Del resto lo ha fatto, sia pure con più riserbo, anche il premier inglese Brown. Il mondo intero idolatra Obama, sospetto che molti altri leader vorrebbero essere come lui. Obama è carismatico e il suo carisma li aiuta». Ma Berlusconi è stato educatamente richiamato dalla regina Elisabetta... «L'etichetta non è il forte di Berlusconi. È un uomo vitale, spontaneo, che ama l'attenzione ed è quasi sempre se stesso, dovunque si trovi e con chiunque sia. Per me non è un connotato negativo in un politico, specialmente in momenti difficili come l'attuale». Allude alla crisi finanziaria ed economica? «Sì. Berlusconi dimostra energia ed ottimismo, due qualità di cui oggi c'è bisogno. Non è tanto una strategia elettorale quanto una questione di carattere. Guardi che a ostentare queste due qualità è proprio Obama ». Non pensa che gli atteggiamenti di Berlusconi diano fastidio a qualche altro leader? «Perché? Semmai contribuiscono ad alleviare le tensioni. Fosse stato al posto suo, il suo predecessore Prodi sarebbe rimasto sullo sfondo, oppure si sarebbe messo in un angolo a leggere un libro. Meglio Berlusconi che fa sorridere e discutere e cerca di avere buoni rapporti con tutti». Perché allora tante polemiche in Italia? «Non saprei. L'Italia non è un Paese facile. Ma lo ha eletto premier tre volte». E. C. Frank Luntz Con la società «Luntz Maslansky Strategic Research» cura l'immagine di colossi multinazionali tra cui Coca Cola e At&T

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(sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 06/04/2009 - pag: 7 Visto dagli Usa / 2 L'ex leader neocon Perle «Haildifettodelprotagonismo» WASHINGTON Per Richard Perle, l'immagine ormai famosa di Berlusconi tra Obama e Medvedev, tutti e tre sorridenti, «va bene per l'album fotografico dell'Università», ossia è quasi adolescenziale. L'ex sottosegretario alla Difesa ed ex leader neocon definisce il Cavaliere «un premier che fa le cose in maniera diversa dagli altri», ma che in sostanza non si discosta dalla politica tradizionale. «Si presta a critiche dichiara Perle, che frequenta i vertici mondiali da quando negoziò il disarmo nucleare con la ex Urss ma le critiche lasciano il tempo che trovano». Che cosa le è parso del «body language» e delle battute di Berlusconi al G20? «Secondo me, si è lasciato trascinare un po', forse perché era la prima volta che si trovava in quel consesso. Tutti sappiamo che può essere molto vivace e trasgredire qualche piccola regola. È già accaduto in circostanze più normali, come quando commise una gaffe su Obama dandogli per scherzo dell'' abbronzato'». Pensa che con la foto volesse proporsi come mediatore tra Obama e Medvedev? «Forse. Ma personalmente io non lo vedo in quel ruolo perché ha chiuso gli occhi davanti a comportamenti inaccettabili da parte della Russia, e ce ne sono stati parecchi. Ha buoni rapporti con Mosca come li ha con Washington, ma con Mosca potrebbe essere più fermo». Ha sorpreso anche la regina Elisabetta... «Non me ne stupisco, Berlusconi delle volte fa un po' il buffone, scientemente, credo. È un lato bizzarro della sua personalità, e non lo dico con cattiveria. Ma ciò non porta a conseguenze serie. Ha il difetto del protagonismo, come molti altri politici». Che sia anche un tentativo di tenere l'Italia in primo piano in vista del G8 alla Maddalena? «Non voglio essere cattivo, ma l'Italia non ha il peso dell'America, della Cina, o anche solo della Germania. Da un punto di vista americano, ci ha dato appoggi preziosi, ma non ha sempre accolto le nostre istanze. Presumo che al G8, nelle vesti di ospite, Berlusconi sarà più contenuto e più impegnato. Dovrà dirigerne i lavori, e dovrà dimostrare di esserne all'altezza». Ennio Caretto Richard Perle Ex leader neocon, già sottosegretario alla Difesa di Reagan, è stato tra gli «architetti» della politica irachena di George Bush

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Il Papa: (sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 06/04/2009 - pag: 14 Immigrati e solidarietà Il Pontefice ricorda le vittime degli sbarchi: non possiamo rassegnarci a simili tragedie Il Papa: «Mai più stragi in mare» Appello all'Unione europea: urgente una strategia con i Paesi africani Benedetto XVI è tornato a difendere le nazioni africane: «Non siano viste solo come destinatarie di piani elaborati da altri» CITTÀ DEL VATICANO «Vorrei ricordare con grande pena i nostri fratelli e sorelle africani che pochi giorni fa hanno trovato la morte nel Mare Mediterraneo, mentre cercavano di raggiungere l'Europa ». In piazza San Pietro e più oltre ci sono centomila fedeli arrivati per la celebrazione solenne della Domenica delle Palme, e all'Angelus Benedetto XVI torna a far sentire la sua voce alla comunità internazionale: «Non possiamo rassegnarci a tali tragedie che purtroppo si ripetono da tempo! Le dimensioni del fenomeno rendono urgenti strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani, come pure l'adozione di adeguate misure umanitarie, per impedire che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli». Già alla vigilia del G20 di Londra, il Papa aveva scritto una lettera a Gordon Brown invocando attenzione per l' Africa e «gli altri Paesi meno sviluppati ». Il mondo deve «volgere lo sguardo» al continente dimenticato e coinvolgerlo nelle decisioni, come ha detto nel suo viaggio in Camerun e Angola: «Le nazioni africane siano viste non solo come destinatarie dei piani e delle soluzioni elaborate da altri». Solidarietà, «primato dei poveri», distribuzione della ricchezza. Temi che preludono all'imminente enciclica sociale. Così ora Benedetto XVI ricorda gli affogati nel Mediterraneo e ripete: «Mentre prego per le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace, vorrei osservare che questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione solo quando le popolazioni africane, con l'aiuto della comunità internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre». Ieri è intervenuto anche il comitato nazionale immigrati in Italia: per chiedere «parità di diritti» contro i disegni di legge che «generano insicurezza». Ma Benedetto XVI guarda al mondo intero, e tra l'altro chiede ai «Paesi che non lo hanno ancora fatto» di «firmare senza indugio» la convenzione Onu per mettere al bando mine antipersona e munizioni a grappolo: in Angola, incontrando i mutilati della guerra civile, ne aveva visto di persona gli effetti. Temi forti in un giorno di sole e festa, tra palme e ulivi e i giovani australiani che hanno consegnato la Croce della Gmg ai ragazzi spagnoli. Aprendo i riti della Settimana Santa, Benedetto XVI ha spiegato che «non esiste una vita riuscita senza sacrificio ». E parlando di sé, il grande teologo che sognava forse di tornare ai suoi studi è sembrato accennare alla sua stessa elezione a pontefice: «Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto 'sì' ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita». Gian Guido Vecchi Due simboli di Lampedusa Sopra, il cimitero dove vengono sepolti i clandestini morti durante le traversate e dei quali resta ignota l'identità. In basso l'altro cimitero, quello dei barconi dei viaggi della speranza ( Emblema/Rizzo) Con la palma Benedetto XVI ieri nella Domenica delle Palme (Infophoto/ Picciarella)

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Le banche e il capitale delle imprese (sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 06/04/2009 - pag: 22 G20 E «TREMONTI BOND» Le banche e il capitale delle imprese di MASSIMO MUCCHETTI I l G 20 di Londra ha stanziato altri 1100 miliardi di dollari per rilanciare il credito, la crescita e il lavoro. Ma alla Confindustria bastano le misure già prese dal governo italiano, a saldi sostanzialmente invariati di finanza pubblica, per mettere le banche con le spalle al muro. Al Liquidity Day, Emma Marcegaglia aveva dichiarato: «Dopo i Tremonti bond, le banche non hanno più alibi per restringere il credito alle aziende meritevoli». Che cosa accadrà, dunque? La risposta del mondo del credito, meglio dirselo prima, sarà condizionata dalla forza patrimoniale e dalla qualità degli attivi delle banche destinatarie dell'aiutino di Stato. Dopo lo stentoreo commento della leader degli industriali, si è scritto che le banche potranno erogare 15 euro di prestiti aggiuntivi per ogni euro di obbligazioni speciali sottoscritte dal Tesoro. Poiché queste arriveranno a 10-12 miliardi, dovremmo avere 150-180 miliardi di credito in più all'economia. Ma la realtà non è così semplice. Intanto, per prestare una simile somma aggiuntiva le banche dovrebbero aumentare di una cifra analoga la raccolta o smobilizzare gli investimenti migliori. Farlo in tal misura e con una finalità, il sostegno ai bisognosi, che incorpora un maggior rischio, potrebbe avere nel tempo i suoi effetti sui tassi attivi e passivi. E tanto più li potrebbe avere ove si ricordi che, ancora pochi mesi fa, il governo parlava con toni allarmati della tenuta delle banche italiane invitandole a portare il core tier 1 almeno a 8. Ora i Tremonti bond aumentano sì il patrimonio di vigilanza, ma, se aumentano in proporzione anche gli impieghi, i ratios restano gli stessi di prima. Delle due l'una, potremmo dire: o l'allarme originario era infondato oppure, a questo punto, vogliamo comprare due pani al prezzo di uno. In realtà, a risolvere il dilemma sarà la recessione, durante la quale la domanda globale di credito si riduce mentre si percepisce con maggiore acutezza quanto sia cruciale il credito di sopravvivenza. È su quest'ultimo fronte che si stanno scatenando la paura, comprensibile e giustificabile, delle famiglie e delle imprese con l'acqua alla gola e la demagogia della politica e delle associazioni di categoria, comprensibile anch'essa in un regime democratico, ma assai meno giustificabile. Qui non ci sono i buoni e i cattivi, le impreseeconomia reale monde da ogni furbizia e le banche-economia finanziaria grondanti di ogni peccato. Non foss'altro perché l'azionariato delle banche, fino a ieri affamato di rendimenti e incurante dei rischi connessi, è formato in larga parte da imprese e imprenditori che nelle azioni bancarie hanno investito una parte della propria ricchezza. Abbiamo visto e rivedremo infuocate trasmissioni televisive che, pescando dentro un universo di decine di milioni di rapporti bancari, racconteranno numerose storie di ordinaria ottusità delle aziende di credito. Riascolteremo gli appelli allo Stato debitore affinché torni a pagare i fornitori in tempi meno tragicamente lunghi. Ma alla fine la soluzione non sta tanto nel denunciare, come pur si deve, le patologie del credito quanto nell'affrontare la fisiologia del capitale che manca. Quando ti si chiude sotto gli occhi il mercato di sbocco dei tuoi prodotti e non sai quando si riaprirà, il credito bancario diventa qualcosa di molto simile alla condivisione del rischio imprenditoriale. E allora non è solo una questione di liquidità, sanabile a colpi di Tremonti bond, ma è anche e soprattutto una questione di idee nuove e di potere, sì: anche di potere. Domandiamoci: la «banca senza più alibi» deve finanziare l'impresa o l'imprenditore ovvero ancora, nelle società maggiori, l'azionista di riferimento che comanda sui gruppi piramidali con i soldi degli stolti, per dirla con Luigi Einaudi? Deve sostenere lo sviluppo o puntellare il controllo? In teoria, la risposta è ovvia: l'impresa, lo sviluppo. Nella realtà dei consigli di amministrazione delle banche non va sempre così. Capita che ci siano debitori più uguali degli altri ai quali la fiducia viene concessa non in base alle garanzie ma in base a relazioni privilegiate. E a chi relazioni non ha viene spesso riservata un'attenzione minore, magari anche a causa del gigantismo che allontana le banche grandissime dal territorio. Ciò detto, la valutazione del merito di credito non è scomparsa. Come riferisce l'ultimo rapporto Mediobanca-Unioncamere, «solo» il 30% delle medie imprese ha incontrato difficoltà nell'accesso al credito negli ultimi 6 mesi e, combinazione, si tratta delle imprese che, nello scoring Mediobanca-Unioncamere, hanno il rating più basso e perciò hanno dovuto sopportare giri di vite tanto più stretti quanto meno risultavano affidabili: in prima battuta, l'innalzamento dei tassi, poi la limitazione dell'erogato, quindi l'aumento delle garanzie, la richiesta di rientro e infine, per il 3%, la negazione del prestito. È in tale contesto che si apre la questione dell'adeguatezza del capitale all'epoca dei Tremonti bond. Accanto ai sostegni d'emergenza quali il rinvio delle rate dei mutui a lavoratori e imprese in cassa integrazione, le banche dovrebbero coinvolgere gli azionisti delle imprese, di ogni dimensione, in operazioni di più ampia prospettiva. Se credono nel futuro, gli azionisti non chiedano soltanto prestiti ma mettano anche nuovo capitale di rischio nelle loro società. Un vecchio socialista, Rino Formica, diceva del suo partito: il convento è povero ma i frati sono ricchi. Vale anche nel mondo dell'impresa, se è vero che dal 1998 al 2007, come si legge nel rapporto di Mediobanca su un campione di 2020 società, la quota di valore aggiunto destinata ai profitti lordi è passata dal 27 al 38% mentre quella diretta al lavoro è scesa dal 54 al 41%. E tuttavia può capitare che un buon numero di frati non sia abbastanza ricco ma i loro conventi restino meritevoli. Tocca allora alla banca prefinanziare a medio-lungo termine, sia direttamente che attraverso strumenti come il private equity, la ricapitalizzazione dell'impresa. Liberato dall'incubo della scadenza e del ricatto dei tassi, l'imprenditore lavorerà e, alla fine, tra 5-8 anni, ripagherà la bancaamica secondo i contratti e senza mendicare raccomandazioni dal prefetto.

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PALAZZO GRAZIOLI BERLUSCONI GIOCA IN CASA (sezione: G20)

( da "Corriere della Sera" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 06/04/2009 - pag: 23 Risponde Sergio Romano PALAZZO GRAZIOLI BERLUSCONI GIOCA IN CASA Che cosa pensa degli incontri politici che Berlusconi, presidente del Consiglio, tiene a casa sua invece che in sedi istituzionali? A me personalmente la cosa dà estremamente fastidio, perché questo mi fa sentire suddito e non cittadino. Non pensa che gli «invitati» perdano un po' la faccia? Paolo Preci, Milano Caro Preci, E siste una regola valida al tempo stesso per lo sport, gli affari e la diplomazia. Chi gioca in casa parte generalmente con un punto di vantaggio. È questa la ragione per cui Barack Obama, durante il G20 di Londra, ha ottenuto che il suo incontro con il presidente russo Dmitrij Medvedev avesse luogo all'Ambasciata degli Stati Uniti piuttosto che all'ambasciata di Russia. È questa la ragione per cui la Svizzera è diventata il luogo preferito per gli incontri internazionali bilaterali quando nessuno dei due Stati vuole lasciare all'altro la scelta del campo. Berlusconi si serve delle sue residenze, anziché degli uffici dello Stato, perché vuole essere, letteralmente, «padrone di casa », con tutti i vantaggi psicologici, piccoli e grandi, che possono derivare da questo ruolo. È giusto? Certamente no. Il presidente del Consiglio può organizzare a casa sua, se lo desidera, gli incontri informali e le riunioni di partito. Ma dovrebbe trattare gli affari dello Stato nelle sedi delle pubbliche istituzioni. Credo che lei commetterebbe un errore tuttavia se giungesse alla conclusione che le abitudini di Berlusconi sono una anomalia esclusivamente italiana. Il nostro presidente è la versione estrema di uno stile che si è andato progressivamente affermando in questi ultimi decenni e che ha finito per contaminare quasi tutti i leader dei Paesi democratici. I primi ad adottarlo sono stati gli uomini politici americani, sempre più inclini a farsi accompagnare da mogli e figli nelle cerimonie ufficiali e a esibirli di fronte alle telecamere. Qualcuno ha sostenuto che questa nuova abitudine giova alle donne, finalmente libere di uscire in tal modo dai luoghi domestici a cui erano abitualmente confinate. A me sembra che vengano usate per garantire agli elettori la rispettabilità del marito e costrette a recitare un ruolo ancillare. Preferirei che la vita pubblica di un uomo politico continuasse a essere nettamente separata dalla sua vita privata. Ma questo nuovo stile è parso un progresso ed è stato imitato anche in Europa. Da allora le cose sono peggiorate. Tony Blair ha permesso che le sue vacanze toscane venissero raccontate come un evento pubblico. Bill Clinton ha invitato i suoi amici e finanziatori a trascorrere un weekend alla Casa Bianca assegnando ai più generosi la stanza da letto di Abraham Lincoln. L'orto di Michelle Obama alla Casa Bianca è stato descritto come un modello di correttezza ecologica. Gerhard Schröder ha celebrato la nascita del partenariato strategico russo-tedesco con due eventi privati: l'adozione di una bambina russa e la carica di presidente del comitato degli azionisti di Nord Sea AG, la società fondata per la costruzione di un gasdotto finanziato dai due Paesi nel Mare del Nord. Non appena eletto Nicolas Sarkozy è andato a trascorrere qualche giorno di vacanza nello yacht di un amico finanziere. La rottura del suo matrimonio con Cécilia, il corteggiamento di Carla Bruni, la luna di miele prematrimoniale in Giordania e il matrimonio all'Eliseo sono stati rappresentati come altrettanti spettacoli di corte. I presidenti si comportano come monarchi e la frontiera tra pubblico e privato sembra destinata a scomparire. Lei lascia intendere che i visitatori convocati a Palazzo Grazioli dovrebbero sentirsi un po' sudditi. Credo che la parola giusta sia «cortigiani ».

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Anche a Londra il buon Obama sotto le aspettative (sezione: G20)

( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

n. 14 del 2009-04-06 pagina 46 Anche a Londra il buon Obama sotto le aspettative di Redazione Caro Granzotto, e così la prima uscita in grande stile di Barack Obama s'è trasformata in un flop. I grandi del G20 londinese non hanno riconosciuto nel Grande Taumaturgico nessuna di quelle virtù che gli si attribuivano: non la leadership politica e morale, non il potere carismatico e nemmeno quell'aura che mette l'interlocutore in soggezione. Avesse ragione lei, caro Granzotto? Forse non lo è o forse è presto per dirlo, ma Obama sembra in tutto e per tutto una «sòla». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Ma Obama non è Kennedy (sezione: G20)

( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

n. 14 del 2009-04-06 pagina 0 Ma Obama non è Kennedy di Maria Giovanna Maglie Non è stato un grande successo, al contrario la debolezza della proposta politica internazionale del presidente democratico americano, Barack Obama, si è vista tutta nei giorni d’Europa. Non solo è lontana la grande Berlino del presidente al quale si ispira platealmente, quel John Kennedy tanto lontano e anche tanto sopravvalutato perché la morte santifica tutti, ma anche la sua piccola Berlino, quella della campagna elettorale del 2008, quando il candidato fu accolto come l’esempio del nuovo leader. Questa volta i black bloc e i finti pacifisti dei quali si credeva amico hanno inscenato guerriglie che avrebbero fatto l’invidia di George W. Bush. Il discorso conclusivo di Praga, in tipico stile «I have a dream», stavolta la fine delle armi atomiche, non poteva avere peggiore cornice del lancio di un missile a lunga gittata della Corea del Nord verso il Giappone, chiaramente un prova generale di sperimentazioni più pericolose, sicuramente una risposta provocatoria, in violazione delle norme delle Nazioni Unite, alle offerte di dialogo avanzate dall’Amministrazione americana. Ma anche in Europa il presidente ha i suoi problemi. Il conflitto è stato evidente nel braccio di ferro per eleggere il nuovo segretario della Nato, dove la Turchia ha giocato pesante mettendo gli Stati Uniti, suoi grandi sponsor, in difficoltà, e nello scontro con il presidente francese Sarkozy sull’opportunità di far entrare la Turchia nell’Unione Europea. Infine, anche il risultato e l’accordo di potenziamento della missione in Afghanistan sono più annunciati che ottenuti concretamente, e le sbandierate nuove relazioni positive con Mosca sono tutte da verificare. Per l’Afghanistan Obama non ha avuto nuove truppe combattenti; dopo averne inviate altre 17mila, in aggiunta alle 38mila già in campo, Washington si aspettava dagli alleati contributi che non sono arrivati. Barack si è consolato spiegando che «tutti i Paesi Nato hanno già truppe in zona di pericolo, gli addestratori che mandano non sono meno importanti delle truppe combattenti». Di certo la Nato ha sostenuto il suo approccio strategico che prevede la ricostruzione del Paese, lotta ai talebani e attenzione al Pakistan, ma si tratta di un successo dimezzato. Anche al G20 di Londra, al posto del richiesto «stimolo fiscale globale», aveva ottenuto solo più fondi per il Fmi, anche a Londra Barack Obama ha scelto di fingersi soddisfatto, valorizzando gli aspetti multilaterali, come il ritorno della Francia nella struttura militare atlantica, l’adesione dei nuovi membri, Albania e Croazia, le possibilità che altri possano entrare, il rilancio dei rapporti con la Russia. Obama si è sicuramente speso per la scelta del nuovo Segretario generale, e insieme ad Angela Merkel e a Silvio Berlusconi, ha ottenuto il consenso del premier turco Erdogan, che non voleva Rasmussen perché, da premier in Danimarca, difese giustamente il giornale che aveva pubblicato le vignette su Maometto. Ma ha dovuto promettere l’impegno Nato a combattere il terrorismo del Pkk curdo, e piegarsi alla scelta di almeno due generali turchi negli alti comandi alleati. Anche con la Russia il presidente americano annuncia progressi più che incassarne. Vuole ottenere che Mosca faccia pressioni sul governo iraniano perché blocchi il nucleare e aiuti gli Stati Uniti a far arrivare truppe fresche in Afghanistan; ma in cambio dovrebbe rinunciare al progetto dello scudo spaziale in Europa centrale, all’espansione della Nato in Europa Orientale, all’impegno nell’area del Caucaso. Barack Obama, infine, ha deciso di lanciare la campagna di apertura ai Paesi islamici, anche i più fondamentalisti, e contemporaneamente ha lanciato allarmi di attentati in casa e in Europa. Ma se è vero che l’Europa non deve cadere nel tranello di pensare che la minaccia di Al Qaida sia passata solo perché «io sono il presidente e George W. Bush non lo è più», se è verissimo che l’organizzazione fondata da Osama bin Laden continua ad avere il mondo occidentale nel mirino ed è «più probabile che lanci un serio attacco terroristico qui in Europa, in una città, piuttosto che negli Usa», allora il presidente dovrebbe riflettere sull’opportunità di dialogare con i nemici degli Stati Uniti in tutto il mondo e in particolare in Medio Oriente. L’Iran gli ha chiesto sostanziali cambiamenti nella politica estera come precondizione per il dialogo. La Siria che l’America fermi l’indagine delle Nazioni Unite sull’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, i talebani pretendono addirittura il completo ritiro delle truppe straniere dall’Afghanistan prima di prendere in considerazione il dialogo. I moderati, gli alleati storici dell’Occidente, sono invece sconcertati e spaventati. Fuori dalla demagogia, è questo il primo inquietante bilancio del presidente del sogno. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Il premier a Mosca con gli imprenditori (sezione: G20)

( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

n. 14 del 2009-04-06 pagina 3 Il premier a Mosca con gli imprenditori di Redazione Nel segno di «rapporti economici ai massimi storici» inizia oggi a Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria, Ice e Abi che vedrà là la partecipazione di circa 1200 imprenditori, 500 tra enti e imprese e 12 gruppi bancari. Il premier si tratterrà nella capitale russa fino a domani - ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino - quando ci sarà l'incontro con il presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Sin da oggi, però, con Vladimir Putin, collega premier ma anche amico di lunga data del presidente del Consiglio italiano, inizia un fitto programma di iniziative, che si concluderà all'aeroporto Vnukovo-2 con una probabile «chicca»: Berlusconi e Putin ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia Aeronautica (Finmeccanica) e dalla russa Sukhoi. Sicuramente un'immagine da ricordare, insieme a quella del G20 che ha appena immortalato un Silvio Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione che l'Italia vuole svolgere per il disgelo tra Mosca e Washington. La missione in Russia è focalizzata su temi economici, ed ha ha lo scopo di accrescere ulteriormente la presenza commerciale italiana, già molto ben rappresentata: «Possiamo incrementare ancora la nostra presenza - dice il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia - a vantaggio anche delle piccole e medie imprese, che hanno tutte le carte in regola per presentarsi come partner affidabili». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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I "trafficanti di uomini" (sezione: G20)

( da "Giornale.it, Il" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati, lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in Nord America. Scritto in Varie Non commentato » (1 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II "continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 49 ) » (5 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr 09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 111 ) » (7 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 26Mar 09 Una nuova "Inchiesta sulla Sindone" S'intitola "Inchiesta sulla Sindone" il nuovo libro del vaticanista (e amico) Marco Tosatti, in libreria in questi giorni, edito da Piemme. Un ottimo modo per prepararsi all'ostensione del 2010 e per fare il punto sulla misteriosa immagine dell'uomo morto crocifisso, che una controversa datazione al radiocarbonio nel 1988 ritenne d'età medioevale, pur essendoci numerosissimi altri indizi che la facevano risalire, invece, al primo secolo dell'era cristiana. Tosatti descrive la storia del lino sul quale - in modo inspiegabile, e più inspiegabile oggi che vent'anni fa - si è impressa un'immagine che rappresenta un negativo fotografico. Una delle parti del libro che mi ha colpito di più è quella dedicata all'esame al radiocarbonio, sulla cui correttezza è lecito sollevare più di un dubbio: i risultati dei tre laboratori, infatti, non avevano il margine minimo di compatibilità stabilito, e si sarebbe dovuto ripetere nuovamente il test. Senza contare che proprio questo esame ha fallito clamorosamente, datando come vecchie di 400 anni foglie di platano raccolte il giorno prima, oppure stabilendo al 1600 la fattura di una tovaglia moderna, o ancora datando all'800 dopo Cristo dipinti africani che avevano invece solo undici anni. Con contributi scientifici e nuove testimonianze, il libro mostra quanto si faccia bene a dubitare su quel dato che permise di affermare che la Sindone sarebbe in reltà un manufatto medioevale. Anche se bisogna sempre tener presente il metodo di Dio, applicabile anche a questo caso: lasciare sempre sufficiente luce per chi vuole credere, e sufficiente tenebra per chi non vuole credere. Scritto in Varie Commenti ( 124 ) » (16 votes, average: 4.56 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il Papa in Africa, un bilancio di due viaggi Visitando l'Africa, nei suoi sei giorni di permanenza nel Continente nero, Benedetto XVI ha compiuto due viaggi. Due viaggi molto diversi tra di loro. Il primo è quello reale, segnato dal contatto con le folle del Camerun e dell'Angola, dai temi che il Papa ha trattato nei discorsi e nelle omelie, dall'impatto con le contraddizioni di due capitali dove ricchezza e povertà estreme convivono fianco a fianco. L'altro viaggio è quello virtuale, quello su cui si sono accapigliati commentatori, burocrati e sondaggisti occidentali, che hanno accusato Ratzinger di irresponsabilità per aver detto ciò che tutti dovrebbero ormai riconoscere e che è attestato da studi scientifici: la distribuzione di preservativi non è il metodo efficace per combattere la diffusione dell'Aids in questi Paesi. Per tre giorni, nei Paesi europei così come negli Stati Uniti, mentre il Papa parlava di povertà, sviluppo, diritti umani, si è discusso di profilattici. Per poi passare, durante i successivi tre giorni, a parlare di aborto terapeutico, sulla base di una frase pronunciata da Benedetto XVI in un discorso forte sui mali che affliggono l'Africa.La macchina mediatico-politica, una volta messa in moto, non si è più fermata. E così in Francia, dove impallinare il Pontefice sembra diventato ultimamente uno sport nazionale, si sono fatti sondaggi e sondaggini per dimostrare che almeno metà dei cattolici del Paese chiedono a Ratzinger di dimettersi. La sensazione, leggendo dichiarazioni di alcuni ministri e dei loro portavoce, è che per la prima volta dopo molto tempo, il Papa non sia più circondato da quel rispetto attribuito a una personalità super partes, ma sia considerato un capo partito, sottoposto al tiro incrociato delle quotidiane dichiarazioni tipiche del «pastone» politico. C'è chi lo invita al silenzio, chi lo invita a lasciare, chi gli spiega cosa dire e come dirlo.Così, sedici discorsi pronunciati in terra africana, si sono ridotti a due-frasi-due, la prima delle quali peraltro pronunciata in modo estemporaneo durante la conferenza stampa tenuta sull'aereo. L'impressione è che Benedetto XVI non sia eccessivamente preoccupato di questa crescente ostilità. Mai come in questi giorni si è colta l'enorme distanza tra viaggio reale e viaggio virtuale. E se è vero che la critica montante presso certe burocrazie occidentali non ha precedenti recenti, bisognerà pure ricordare che critiche ferocissime vennero mosse a Giovanni Paolo II nei primi anni del suo pontificato. Così come va richiamata alla memoria la sofferenza e l'isolamento di Paolo VI, nel momento in cui prese decisioni coraggiose come l'Humanae vitae, divenendo segno di contraddizione.Che cosa resta, dunque, del viaggio di Benedetto in Camerun e Angola? Prima ancora e più ancora dei messaggi lanciati dal Papa per la lotta alla povertà, per la dignità della donna, per un'economia che non sia disumana, per l'educazione e lo sviluppo, resta una presenza e una straordinaria corrente di simpatia umana, che ha avuto il suo culmine in Angola. Tanta gente semplice e straordinaria, ha trascorso ore ed ore sotto il sole per salutare non Joseph Ratzinger, ma il successore di Pietro, venuto fino a qui per confermare i fratelli nella fede. E in Paesi travagliati da tragiche guerre intestine, abusi, soprusi, miserie, violenze, l'abbraccio di Pietro, il suo sorriso e la sua vicinanza hanno contato di più di mille discorsi. Scritto in Varie Commenti ( 109 ) » (15 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Luanda, due morti allo stadio prima dell'arrivo del Papa La notizia si è diffusa solo in serata: verso le ore 13, al momento dell'apertura delle porte dello stadio dove Benedetto XVI ha poi incontrato i giovani, un ragazzo e una ragazza sono morti schiacciati nella calca. Secondo un'altra versione i due, quattordici e sedici anni, si sono sentiti male a causa del caldo e della disidratazione. Ci sono stati anche otto feriti. Né il Papa né il suo seguito non sono stati informati (se lo avesse saputo, avrebbe pregato per le vittime insieme ai giovani durante l'incontro). Soltanto ad ora di cena Benedetto XVI l'ha saputo. Le notizie sono ancora frammentarie e imprecise. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (6 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Ennesimo caso mediatico sul Papa. Speriamo sia abortito. Cari amici, qualcuno già ieri e poi soprattutto oggi ha letto il passaggio del discorso del Papa ai politici angolani dedicato all'aborto come come uno schierarsi dello stesso Benedetto XVI dalla parte del vescovo di Recife sul caso della bambina violentata e rimasta incinta di due gemelli. Lettura indebita perché, come ha spiegato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, «Non ha parlato assolutamente di aborto terapeutico, non ha detto che deve essere rifiutato sempre: il Papa è contro il concetto di salute riproduttiva che rintroduce largamente l'aborto come mezzo di controllo delle nascite». Scritto in Varie Commenti ( 58 ) » (9 votes, average: 4.56 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 20Mar 09 Luanda, calore umano e resistenza fisica di Benedetto Cari amici, alle 12.37 siamo atterrati all'aeroporto di Luanda, in Angola. La vista dall'aereo è impressionante: una distesa a perdita d'occhio di case e casupole per lo più diroccate, che lambivano quasi i bordi della pista dove il Boeing 777-200 dell'Alitalia ha toccato terra. Se in Camerun faceva caldo, qui fa caldissimo. Un clima torrido, l'asfalto quasi liquefatto. Sono bastati pochi minuti di attesa davanti al padiglione dell'aeroporto per stenderci tutti. Avevamo sinceramente paura per il Papa, che ha dovuto ascoltare gli inni e stringere le mani dei notabili per molti minuti. Poi, sotto uno striminzito palchetto, Ratzinger ha ascoltato stando in piedi il discorso del presidente Dos Santos. Infine ha preso la parola, e ha pronunciato il suo discorso, peraltro non breve, al quale ha aggiunto un paragrafo dedicato alle vittime delle inondazioni che nei giorni scorsi hanno sconvolto alcune zone dell'Angola. Nonostante la giornata veramente faticosa di ieri a Yaoundé, e il caldo che avrebbe steso chiunque, Benedetto XVI ha portato a termine il suo saluto in portoghese, prima di "imbarcarsi" sulla papamobile. Anche qui, come in camerun, accoglienza festosissima, con la gente accalcata sulle strade per salutare il passaggio del corteo papale. Scritto in Varie Commenti ( 17 ) » (9 votes, average: 4.89 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Mar 09 Chi fa la lezione al Papa sull'Africa Oggi divampa la polemica per le parole di Benedetto XVI sui preservativi. Si stracciano le vesti ministri francesi, tedeschi e belgi; interviene l'Unione europea. Dal sito del settimanale "Vita", vi propongo questa riflessione di Riccardo Bonacina: «A salire in cattedra, oggi, sono stati gli stessi responsabili di aver fatto carta straccia di tutti gli impegni internazionali da qualche decennio in qua. A parlare sono gli stessi rappresentanti di quei Governi che non arrossiscono neppure per aver fallito e tradito l'obiettivo fissato alla conferenza di Barcellona del 2002 di destinare agli aiuti internazionali lo 0,33 per cento del PIL entro il 2006. Di aver tradito e fallito un ulteriore impegno, quello preso nel 2004 sugli Obiettivi del Millennio, quando firmarono e controfirmarono con inchiostro invisibile l'impegno di innalzare la quota per la cooperazione allo sviluppo sino allo 0,7% del Pil entro il 2015. E ancora la promessa del G8 2005 che disse di voler raddoppiare l'aiuto all'Africa.Come stiano le cose l'ha spiegato poche settimane fa l'Ocse."I Paesi donatori avevano promesso di aumentare i loro finanziamenti di circa 50 miliardi di dollari l'anno entro il 2015, a partire dai livelli del 2004 - si legge nel Development Co-operation Report pubblicato in questi giorni - ma le proiezioni dell'OCSE rispetto alla destinazione di questi fondi registrano una caduta complessiva di circa 30 miliardi ciascun anno. I numeri sono abbastanza eloquenti: tra 2006 e 2007 i Paesi di area Ocse hanno diminuito il loro impegno dell'8,5% a livello internazionale, con punte del 29,6% per il Regno unito, del 29,8% del Giappone, del 16,4% della Francia e dell'11,2% del Belgio. Anche l'Italia perde terreno: meno 2,6% nel 2007". Scritto in Varie Commenti ( 243 ) » (12 votes, average: 4.5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 L'abbraccio di Yaoundé a Papa Benedetto Cari amici, sul Giornale di domani potrete leggere la cronaca della prima giornata africana del Papa. Ciò che ci ha detto sull'aereo, il suo primo discorso a Yaoundé. Scrivo queste righe un po' in fretta, per comunicarvi ciò che è avvenuto al nostro arrivo: una folla di decine di migliaia di persone ha salutato il Papa lungo tutto il percorso dall'aeroporto alla città. Un'accoglienza bella, spontanea, festosissima. Uno spettacolo davvero unico di sorrisi, balli, entusiasmo, simpatia. Non solo verso il Papa, ma anche verso di noi giornalisti, che chiudevamo il lungo corteo, e che non abbiamo mai smesso di salutare persone di tutte le età che si sbracciavano per darci il benvenuto, perché avevamo viaggiato con Benedetto XVI. Mi ha colpito la povertà di alcuni quartieri che abbiamo oltrepassato e non dimenticherò facilmente i tantissimi volti di bambini sorridenti che hanno reso davvero speciale il nostro arrivo. Scritto in Varie Commenti ( 63 ) » (10 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono Andrea Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti Categorie Varie (338) Ultime discussioni Artefice1: Filippo Caro ..fosse vero .farei di tutto, CON-Sentendo. Lo immaginavo già: (Anche perché me lo... Filippo: Dear Artefice, alias Mr. Senso, non voglio snobbarti. Perciò tento di dialogare. Forse ho capito un dieci... Filippo: Caro giacobino Roberto, la Chiesa non è un Moloch travestito da Cerbero, pronto a ringhiare sul popolo per... mauro: Caro Roberto, Lei ha usato paroli troppo delicate. Avrebbe dovuto affermare che in Italia si sta andando verso... roberto: Caro Filippo Aggiungo: a mio avviso liberalismo e libertarismo non sono in antitesi con l'essere un... 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Grazie. Corrado: Mi scuso per la .http://blog.ilgiornale. it/tornielli/2008/07/02/roma-e -fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read "How can I tell the difference from phalaris grass that has DMT in it?" at Home & Garden The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares Llovera Abiura: Comment on Thornborn, un Dan Brown cattolico? by Rovere I più votati Violenze e minacce, dobbiamo vigilare - 107 Votes La comunione nella mano, la fine dell'inginocchiatoio - 57 Votes Milano e il motu proprio, la colpa è della stampa - 54 Votes La preoccupazione dei vescovi per il regime di Chavez - 51 Votes In difesa del cardinale Tettamanzi - 48 Votes Se lo storico replica: "Lei non sa chi sono io!" - 48 Votes Il Papa non andrà alla Sapienza - 42 Votes Ancora sugli statuti del Cammino, approvati dalla Chiesa - 40 Votes Il parroco trevigiano trasforma l'oratorio in moschea - 39 Votes Ebrei salvati da Pio XII: Bruno Ascoli, guardia palatina - 39 Votes Recent Posts I "trafficanti di uomini" Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Crisi, inizia il G20. 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Piazza Affari, volano Unicredit e Fiat">Borse in rialzo, continua l'effetto G20 Piazza Affari, volano Unicredit e Fiat (sezione: G20)

( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Economia Mercati/ Continua l'effetto G20: Borse Ue in rialzo Lunedí 06.04.2009 09:12 Le misure adottate dal G20 continuano a fornire un supporto psicologico ai mercati. Avvio in deciso rialzo per i listini Ue. A Londra l'indice Ftse 100 avanza dello 0,58% a 4.052,86 punti. A Milano il Mibtel sale dell'1,09% a 13.695 punti. Cresce dell'1,1% a 4.433 punti il Dax di Francoforte e a Parigi il Cac 40 avanza dello 0,92% a 2.986,09 punti. A Milano bene il comparto bancario, con Unicredit a +5,57% dopo che venerdi' i soci delle fondazioni hanno trovato un accordo sulla lista unitaria di maggioranza, Banco popolare +4,91%, Bp Milano +1,01%, Bmps +3,37% e Intesa Sanpaolo +0,92%. Ancora in salita le quotazioni di Fiat, che guadagna il 5,09% e supera i 7 euro per azione; nel comparto, Pirelli guadagna il 6,93%. Positivi gli energetici, con Eni +1,42%, Saipem +2,37%, Snam rete gas +0,13%, Enel +1,67% e A2a +1,57%; bene anche gli assicurativi e il lusso, con Bulgari che guadagna il 3,99%. Nel comparto editoriale, scatta Rcs, che recupera il 7,04%; Seat guadagna l'8,82% mentre la Consob sta monitorando l'andamento del titolo. Tra i pochi segni negativi ci sono Telecom Italia, -0,86% nel giorno dell'assemblea di Telecom Italia Media, e Parmalat, che perde lo 0,13%. Chiusura in netto rialzo anche per la borsa di Tokyo, sospinta dal calo dello yen che aiuta le esportazioni nipponiche. Il Nikkei 225 ha terminato gli scambi con un progresso dell'1,24%, a 8.857 punti. Rally anche per le altre borse asiatiche, che puntano su un miglioramento della situazione economica. Hong Kong avanza del 3,40%, Shanghai arretra dello 0,23%, Taiwan sale dello 0,48% e Seul guadagna l'1,10%. tags: borse piazza affri mibtel wall street nikkei

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Obama umile, mediatore e informale. L'analisi (sezione: G20)

( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica 05.04.2009 12:48 Di Alessandro Luigi Perna Rivoluzione G20 al vertice di Londra: nessuno vince ma il mondo non è più lo stesso. Ci eravamo infatti abituati allo scontro ideologico ed eventualmente armato tra comunismo e capitalismo, due sistemi sociali in violenta antitesi per cui valeva la pena combattere e morire. Adesso è tutta roba vecchissima. Dopo il crollo dell'Urss si è passati allo scontro tra democrazie e dittature con il mondo diviso in due tra governi autoritari (fascisti, comunisti, islamici, personali) e governi liberali democraticamente eletti. E abbiamo assistito in Occidente alla frattura tra coloro che volevano espandere la democrazia a suon di cannonate e quelli che invece preferivano espanderla a suon di contratti da miliardi, convinti che gli scambi commerciali avrebbero veicolato i valori liberali occidentali. Da una parte c'erano gli americani con le loro dottrine neoconservatrici e unilateraliste e dall'altra gli europei, con le loro dottrine di softpower e multilateralismo. Anche quella però adesso è roba vecchia. Cena a Downing Street GUARDA LA GALLERY Nell'era della crisi globale non ci sono più amici e nemici. C'è un unico credo unificante: il mercato globale. E di conseguenza un'unica filosofia politica obbligata: il multilateralismo. A nessuno importa più chi sono i paesi dove acquistiamo prodotti, chiediamo prestiti, investiamo e vendiamo. Non c'è più neppure nessuna considerazione strategica in prospettiva su chi possa essere un partner oggi e un avversario armato domani. A contare adesso è quanto denaro ciascun governo ha nei propri forzieri e in che misura può metterlo sul piatto per far ripartire l'economia internazionale. L'interconnessione globale di finanza e mercati, impermeabile a qualsiasi considerazione ideologica, ci ha proiettato in un mondo completamente nuovo. Le alleanze economiche e finanziarie consolidatesi alla fine della seconda guerra mondiale sono state rivoluzionate. E il battesimo ufficiale di questa nuova era è stato il G20 di Londra. Nella capitale inglese si è infatti delineato il mondo del futuro. Bruxelles, manifestazione anti-globalizzazione GUARDA LA GALLERY Gli Stati Uniti sono diventati finalmente (per molti) multilaterali non perché hanno cambiato per davvero ideologia ma perché costretti, avendo perso la loro leadership finanziaria ed economica, ad abdicare anche alla loro leadership politica. Non sono infatti più l'economia trainante del pianeta né quella che dispone delle risorse necessarie per rilanciare il commercio mondiale. I nuovi protagonisti della scena internazionale e riconosciuti partner da Washington sono coloro che contribuiscono a espandere i consumi globali e che possono prestare denaro agli USA. Cioè la Cina, la nuova potenza in espansione e senza morale, la cui crescita economica dipende dai consumi del mercato americano e la cui stabilità finanziaria dipende dalla possibilità di Washington di restituirle i prestiti che le ha fatto. Il governo cinese ha colto consapevolmente la palla al balzo per entrare nell'olimpo del pianeta e condizionarne il futuro a suo favore. Al G20 è stato informalmente sancito che il rapporto tra le due sponde del Pacifico conterà d'ora in poi molto di più di quello tra le due sponde dell'Atlantico. Scontri a Londra, un morto GUARDA LA GALLERY CLICCA QUI PER GUARDARE IL VIDEO DEGLI SCONTRI pagina successiva >>

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Obama umile, mediatore e informale. L'analisi pag.1 (sezione: G20)

( da "Affari Italiani (Online)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

G20 / Obama umile, mediatore e informale. Il piccolo "kid" è cresciuto alla svelta Domenica 05.04.2009 12:48 Ma a Londra è stata anche sancita per l'ennesima volta la distanza tra Europa e America e la mancanza di coesione nell'Unione Europea, un limite che non le consente di influire sui destini del mondo pur producendo il 22,3% della ricchezza mondiale contro il 20,8 degli Stati Uniti. L'Inghilterra di Gordon Brown, alleato privilegiato degli USA da sempre e da sempre ponte tra il nuovo mondo e quello vecchio, ha ribadito che in campo economico ha molte più affinità con Washington che con le capitali europee. In comune hanno il sistema capitalistico di stampo anglosassone, gli errori commessi che hanno causato il collasso della finanza internazionale, e infine le soluzioni per farla risorgere attraverso l'espansione della spesa pubblica. Entrambi non credono a ricette protezionistiche (anche se Obama al riguardo non è affatto coerente) ma anzi predicano l'apertura senza limiti dei mercati internazionali. E infine non hanno nessuna paura dell'inflazione perché fortemente indebitati per salvare i rispettivi paesi dalla bancarotta. Esattamente idee opposte a quelle di Germania e Francia, che invece non credono all'espansione della propria spesa pubblica senza prestare attenzione ai deficit di bilancio e all'inflazione. Manifestazione a Londra contro il G20, le immagini degli scontri GUARDA LA GALLERY L'unica espansione di spesa che hanno previsto è quella che salva i propri risparmiatori dal fallimento delle banche e i lavoratori dalla disoccupazione attraverso il wellfare. A dare una mano all'economia degli States con massicci investimenti di stato e una diminuzione delle tasse non ci pensano per niente: sono gli americani ad aver combinato il casino, sono loro a doverselo risolvere. Come obiettivo per il G20 Parigi e Berlino si erano poste la revisione delle regole finanziarie internazionali, la limitazione dei bonus ai dirigenti e la lotta ai paradisi fiscali - i capri espiatori additati all'opinione pubblica per salvare i governi dalla critica sociale. Si sono presentate al vertice con le idee chiare e spalleggiandosi a vicenda. Dietro di loro l'Italia che condivideva gran parte delle loro opinioni ma preferiva defilarsi in vista del G8 del prossimo giugno in Sardegna. Alla fine Francia e Germania hanno ottenuto quello che volevano o quasi la Cina è riuscita a salvare i suoi paradisi fiscali. Ma parlando a nome proprio e non di tutta l'Unione Europea hanno dimostrato ancora una volta l'intrinseca debolezza del vecchio continente. Che con l'euro continua a essere una potenza economica ma rimane un nano politico. Ancora per molto tempo. < < pagina precedente

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Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 (sezione: G20)

( da "Monde, Le" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 LEMONDE.FR avec AFP et Reuters | 06.04.09 | 06h57 * Mis à jour le 06.04.09 | 10h31 Réagissez Classez Imprimez Envoyez Partagez Partagez : AP/Alastair Grant "Le redémarrage des marchés de crédit, qui restent encore gelés, est également essentiel. La reprise du commerce international constituera également un test de fin de crise", explique Dominique Strauss-Kahn. Le G20 a contribué à restaurer la confiance, "ce qui est décisif pour que l'économie reparte", estime le directeur général du FMI, Dominique Strauss-Kahn, confirmant le scénario d'une reprise au premier semestre 2010 à partir des Etats-Unis, dans un entretien au Figaro. Le "succès de ce G20, la détermination des chefs d'Etat et de gouvernement, les décisions qui ont été prises, constituent un élément du retour à la confiance, ce qui est décisif pour que l'économie reparte", juge M. Strauss-Khan. Il confirme son scénario d'une reprise l'an prochain. La fin de la baisse des prix de l'immobilier américain "constituera un signe important", "on peut penser qu'on n'est pas trop loin du plancher, d'où notre schéma de reprise au premier semestre 2010", dit-il. "Le redémarrage des marchés de crédit, qui restent encore gelés, est également essentiel. La reprise du commerce international constituera également un test de fin de crise", ajoute-t-il. Sur le même sujet Compte rendu Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 Entretien "Celui qui veut frauder n'aura nulle part où se cacher" Zoom Quand Denis Kessler "se paye" les agences de notation Compte rendu Matthieu Pigasse : "Ce G20 n'est ni un succès, ni un échec" Revue de presse Après le G20 : "Il faut maintenant transformer l'essai" Décryptage G20 : quatre orientations décisives pour essayer de sauver l'économie mondiale Edition abonnés Thématique : Les enjeux du G20 Sur le même sujet Compte rendu Rémunération des patrons : Christine Lagarde d'accord avec le Parlement Compte rendu Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 Compte rendu Le rachat de Sun Microsystems par IBM compromis Les faits Les plaintes se multiplient contre le montant des factures liées à l'Internet mobile Les faits Le Luxembourg et la Belgique ont du mal à accepter leur inscription sur la liste "grise" de l'OCDE Sur le même sujet Les faits Une vingtaine de morts dans l'attaque d'une mosquée chiite au Pakistan Compte rendu Obama et Sarkzoy s'opposent sur l'entrée de la Turquie dans l'UE Compte rendu Le FMI compte sur la reprise au premier semestre 2010 Les faits Obama milite pour un monde débarrassé des armes nucléaires Interrogé sur l'absence d'efforts supplémentaires dans les plans de relance nationaux, le patron du FMI juge que "le problème principal aujourd'hui, ce n'est pas d'augmenter les plans de relance" car en 2009, "le résultat est presque à la hauteur de ce que le FMI avait demandé en février : une relance équivalente à environ 2 % du PIB". Pour 2010, "l'important est que les Etats aient déclaré être prêts à en faire davantage si cela s'avérait nécessaire", ajoute-t-il. M. Strauss-Kahn minimise aussi la différence d'envergure entre les plans européen et américain. "Quand on tient compte de la protection sociale, des 'stabilisateurs automatiques', bien plus forts en Europe, l'écart n'est pas si grand", selon lui. "500 milliards de dollars de ressources supplémentaires seront disponibles avant la fin de l'année", affirme M. Strauss-Kahn, en évoquant par ailleurs les sommes allouées par le G20 au FMI. Il souligne que l'expérience du FMI et des "122 crises" de son histoire montre que le retour à la croissance ne se fait pas avant que le système bancaire soit assaini.

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Barack Obama en Turquie pour resserrer les liens avec un "allié stratégique" (sezione: G20)

( da "Monde, Le" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Barack Obama en Turquie pour resserrer les liens avec un "allié stratégique" LE MONDE | 06.04.09 | 10h10 * Mis à jour le 06.04.09 | 10h41 Réagissez Classez Imprimez Envoyez Partagez Partagez : Prague, Istanbul, Ankara, envoyés spéciaux L'effigie de Barack Obama trône désormais dans les boutiques turques aux côtés de celles d'Atatürk et du sultan Mehmet, conquérant de Constantinople. Ici comme ailleurs, le nouveau président américain, qui est arrivé dimanche 5 avril en Turquie pour une visite de 48 heures, a la cote. Il est devenu aux yeux des Turcs "le dirigeant politique le plus fiable" du monde, avec 40 % de suffrages, alors que George W. Bush, avec 9 %, était devenu presque aussi impopulaire en Turquie que Ben Laden. Sur le même sujet Eclairage Sommets du G20 et de l'OTAN : la méthode Obama Décryptage "Un nouveau départ" dans les relations russo-américaines Eclairage Un pas vers la réduction des armements nucléaires Réactions Le rapprochement russo-américain désoriente Varsovie Les faits Washington et Pékin intensifient leur coopération Portfolio Etats-Unis-Iran : trente ans de face-à-face tendu Edition abonnés Archive : "Obama et Medvedev veulent surmonter l'héritage des années Bush" Mais cela ne signifie pas que toutes les susceptibilités envers l'"allié stratégique" américain soient définitivement levées. A preuve, le feuilleton de la nomination du nouveau secrétaire général de l'OTAN. La liste des contreparties qu'aurait obtenues Ankara pour lever son opposition à la nomination du premier ministre danois, Anders Fogh Rasmussen, se lisait, dans la presse turque de dimanche, comme celle de tous les griefs nourris envers ses partenaires occidentaux. Bravades patriotiques à l'appui : "La Turquie a gagné le bras de fer", proclame le quotidien populaire à fort tirage Sabah. Le premier ministre, Recep Tayyip Erdogan, "a résisté jusqu'à la fin, obtenant des concessions majeures", précise le journal. Depuis que l'administration Bush a accepté, en 2008, de fournir le soutien des satellites d'observation américains aux raids aériens de l'armée turque contre les bases du Parti des travailleurs du Kurdistan (PKK) dans le nord de l'Irak, les relations se sont réchauffées. La visite de Barack Obama, qui a été ajoutée tardivement à son voyage en Europe (son épouse Michelle est repartie dimanche à Washington, arguant d'engagements prévus auparavant), souligne l'intérêt de l'administration Obama pour un pays qui cumule les avantages stratégiques. Les Etats-Unis, qui préparent leur retrait d'Irak, espèrent pouvoir compter sur l'aide des Turcs pour maintenir la stabilité dans ce pays. Ils ont aussi apprécié la médiation turque entre Israël et la Syrie. LES NÉGOCIATIONS D'ADHÉSION À l'UE PATINENT Le processus de désarmement doit permettre à la Turquie de mettre en avant ses atouts, généralement reconnus, de médiateur régional – en l'occurrence avec l'Iran. Alors que le dossier afghan, nouvelle priorité de Washington, est celui où Ankara joue déjà un rôle important en appui des efforts américains. Outre le millier d'hommes que la Turquie fournit à la FIAS (Force internationale d'assistance à la sécurité), autour de Kaboul, Ankara, traditionnellement proche des Afghans comme des Pakistanais, organise des sommets entre les deux pays. Le troisième a eu lieu le 1er avril à Ankara. Comme son prédécesseur, Barack Obama est favorable à l'adhésion de la Turquie à l'Union européenne. Dimanche, à Prague, il a présenté cette perspective comme "un signe important" qui serait envoyé au monde musulman. Elle contribuerait à "forger une relation fondée sur le respect mutuel et des intérêts communs" entre les Occidentaux et les musulmans, a-t-il dit. Pendant la réunion, personne n'a osé commenter sa petite phrase. Les Européens, désorganisés par la crise politique qui secoue la présidence tchèque de l'Union, ont préféré insister sur la lutte contre le réchauffement climatique, leurs efforts en Afghanistan ou les relations économiques bilatérales. Mais en marge de ce sommet Etats-Unis-Union européenne, les réactions ne se sont pas fait attendre. "Je suis opposé à cette entrée, je le reste, et je crois pouvoir dire qu'une grande majorité des Etats membres est sur la position de la France", a lancé Nicolas Sarkozy, sur TF1. "C'est aux pays membres de l'Union européenne de décider", a-t-il ajouté. Un peu plus tard, Angela Merkel a elle aussi pris ses distances avec M. Obama. "Nous débattons encore" pour savoir s'il faut accorder l'adhésion ou un "partenariat privilégié" à Ankara, a précisé la chancelière allemande. Les chrétiens-démocrates allemands sont, comme la droite française, favorables à la seconde option, contre l'avis de leur partenaire de coalition, le parti social-démocrate. "Il est clair qu'il y a des opinions différentes" au sein des Vingt-Sept, a reconnu Mme Merkel. Le Royaume-Uni, l'Italie et les pays nordiques sont d'infatigables partisans de l'adhésion de la Turquie, qu'ils considèrent comme un pays stratégique sur le plan diplomatique, et énergétique. Ouvertes en 2005, les négociations d'adhésion patinent. Seuls dix chapitres – sur trente-cinq – ont été ouverts; un seul refermé. Le conflit entre Ankara et Chypre, dont la Turquie occupe la partie nord, empêche tout progrès concernant l'Union douanière. La France met par ailleurs son veto à l'ouverture de certains chapitres tels que l'entrée dans la zone euro; les institutions et la politique agricole qui présupposent, selon Paris, l'adhésion à l'Union. Mais la France n'a pas bloqué l'ensemble du processus. Philippe Ricard, Sophie Shihab et Corine Lesnes

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Mr. Geox e gli ospiti del principe Carlo (sezione: G20)

( da "Corriere Economia" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere Economia sezione: Economia data: 06/04/2009 - pag: 5 La stanza dei bottoni a cura di Carlo Cinelli e Federico De Rosa Mr. Geox e gli ospiti del principe Carlo Cena al G20. Le «vacanze» di Beniamino Anselmi A fare gli onori di casa, come da protocollo, è stata la Regina Elisabetta . Ma dietro le quinte del G20 si è dato da fare anche Carlo. Il Principe di Galles ne ha approfittato per invitare a colazione a Buckingham Palace un gruppo ristretto di manager e industriali impegnati nell'ambiente, con i quali, tra una portata e l'altra, ha fatto il punto sul climate change e sullo sviluppo dell'economia «verde ». Per l'Italia c'erano l'ambasciatore Giancarlo Aragona , il patron di Geox, Mario Moretti Polegato , il vicepresidente della Barilla, Paolo Barilla e Nino Tronchetti Provera , patron di Ambienta, il primo fondo italiano specializzato sull'ambiente. Ai quali il Principe Carlo ha dato appuntamento per il 28 aprile a Roma, dove verrà per promuovere The Prince of Wales's Corporate Leaders Group on Climate Change : la prima lobby ambientale del mondo. *** L'anno scorso, nel pieno dello scontro tra Alessandro Profumo e Salvatore Mancuso per la guida del Banco di Sicilia, Beniamino Anselmi aveva pensato bene di prendersi una vacanza in Patagonia, nonostante in gioco ci fosse l'assetto di vertice della banca di cui all'epoca era amministratore delegato. Una coincidenza. Che si è ripetuta, però, la scorsa settimana quando in Piazza Meda i sindacati che governano Bpm hanno tirato fuori dal cilindro il nome del banchiere piacentino, nella speranza di riuscire a trovare, dopo numerosi tentativi andati a vuoto, il consenso necessario a sbloccare la corsa per la successione a Roberto Mazzotta . E mentre Fabi, Fiba, Uilca e Fisac si «scontravano» sulla sua candidatura, Anselmi dov'era? Di nuovo in vacanza. Pare alle Maldive. Dove è stato raggiunto dalla notizia che nel gioco dei veti incrociati il suo nome era stato bruciato. *** In attesa di «Italo», il nuovo treno superveloce di Ntv, investimento di famiglia (del padre Luca Cordero di Montezemolo con Diego Della Valle e Gianni Punzo ), Matteo Montezemolo testa il Frecciarossa delle Fs. Giovedì 2 aprile, sul Milano- Venezia (destinazione Cortina), arrivo con mezz'ora di ritardo su due e mezza scarse da tabella. Gli investimenti di famiglia, avrà pensato, hanno davanti un'autostrada. *** Il club del bollino. Il presidente del Gestore dei servizi elettrici (Gse), Carlo Andrea Bollino voleva un incontro con la stampa. La liberalizzazione del mercato, le nuove frontiere dell'energia verde, piani a lungo termine per il solare ma, anche e soprattutto, il nucleare i temi in agenda. Ha provveduto Raffaella Viglione che ha immediatamente convocato martedì scorso alla Rosetta tutti gli iscritti a «lettera 22», l'associazione dei giornalisti di centrodestra presieduta da Paolo Corsini . Tra i soci sostenitori mezza (ex) An: da Maurizio Gasparri a Giorgia Meloni . Altezza Elisabetta II, regina d'Inghilterra Reuters In carrozza Matteo Montezemolo, attende «Italo» Ansa

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Il check up di primavera (sezione: G20)

( da "Corriere Economia" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

Corriere Economia sezione: Economia data: 06/04/2009 - pag: 14 Il check up di primavera Rimbalzo, utili, deflazione, Btp, valute: tutti i dubbi da sciogliere L e sorti dei tassi e quelle della Borsa, le predizioni impossibili e la lettura delle statistiche: ecco cinque domande e cinque risposte per fare il punto della situazione dopo il taglio dei tassi della Bce e con i listini che stanno risalendo. 1 Il rialzo della Borsa in onda dal 9 marzo potrebbe essere una vera inversione di tendenza? Nessuno, dopo la débacle che ha riportato i mercati indietro di dodici anni, si azzarda a dare per certo l'annientamento dell'Orso. Anche perché, per quello che valgono, le statistiche storiche dicono che quando le Borse vanno in cerca di stabilità dopo un ribasso eccellente, i bear market rally (cioè i rialzi «effimeri ») possono raggiungere ampiezze notevoli. Uno studio di Credit Suisse ricorda che sia nel 1929, che in Giappone negli anni Novanta, ci furono e la crisi non era finita rialzi estemporanei dei listini pari o superiori al 50% in almeno quattro occasioni. In questo caso il recupero è del 20-30%: l'entità non dice nulla, quindi. Per decretare la fine del ribasso ci vuole continuità e soprattutto stabilità, mentre la capacità dei mercati di oscillare (indice Vix) è sempre intorno al 40%, circa il doppio della media storica. 2 I dati macro economici a volte sembrano contradditori. Quali ci diranno se il peggio è passato? Per gli investitori azionari il faro nella notte devono essere gli utili aziendali. Nel corso degli ultimi mesi le stime sul crollo dei profitti si sono rincorse al ribasso. Oggi, per esempio, Goldman Sachs stima che nel 2009 per le aziende europee quotate, finanziari compresi, il calo sarà del 38% mentre per il 2010 ci si può aspettare un miglioramento del 19%. Se le cifre sono azzeccate, in tutto il crollo degli utili nel biennio più nero sarà stato del 55%. Ma i listini non guardano solo alla crescita delle società. Fino ad oggi molti indicatori dell'economia reale, quali per esempio la disoccupazione, le vendite di automobili, la fiducia dei consumatori e naturalmente le tendenze del Pil e dell'inflazione sono stati elementi in grado di gettare nel panico i listini da un momento all'altro. Ma qualcosa sta cambiando. Per la prima volta la settimana scorsa le Borse hanno ignorato (o quasi) l'ennesimo dato negativo sulla disoccupazione americana di fronte all'inaspettata ripresina delle vendite di auto e agli impegni presi dai leader politici del G20. Un'inedita voglia di ottimismo? L'inflazione e i tassi di interesse continueranno 3 a scendere? Per il momento sì. Jean-Claude Trichet, dopo aver annunciato giovedì scorso il taglio del costo del denaro in Europa, ha chiarito che l'1,25% potrebbe non essere il livello minimo. I prezzi al consumo in Europa sono freddi o sottozero. La Spagna in marzo è finita in deflazione: il costo della vita nazionale è diminuito dello 0,1%. In Italia siamo ancora ad una crescita di poco superiore all'1% su base annua, ma il rischio spagnolo vale per tutti i paesi europei. Il problema è che, a un certo punto, l'enorme massa monetaria degli stimoli governativi, e i debiti nazionali fatti per salvare le banche, possano portare il sistema all'eccesso opposto, in un clima di iperinflazione. Oggi sembra fantascienza, ma forse non bisogna sottovalutare l'ipotesi. 4 I titoli di Stato restano ancora un porto sicuro per gli investimenti? Quali alternative si possono valutare per non ridurre al minimo i rendimenti ma senza alzare troppo la posta dei rischi? I titoli di Stato sono ancora l'asset più ricercato dagli investitori in cerca di sicurezza. Anche se di recente alcune aste di gilt inglesi accolte con freddezza hanno fatto intravedere un rischio saturazione (troppi debiti) non peregrino. I prezzi sono ai massimi e i rendimenti ai minimi, anche se ulteriori tagli del costo del denaro potrebbero portare a nuovi record per i bond euro. Anche nel campo dei corporate bond, dove in Europa tra gennaio e marzo ci sono state emissioni per cifre enormi, superiori del 60% rispetto a quelle dello stesso periodo del 2008, non mancano timori di sovraffollamento e di sostenibilità. Tutti questi debiti non diventeranno un pesce troppo grosso da ingoiare? Certo i rendimenti (e ovviamente i rischi) sono ben più elevati rispetto a quelli dei prestiti pubblici. 5 L'euro nei prossimi mesi sarà più forte o più debole, soprattutto nei confronti del dollaro Usa? Le ultime scommesse valutarie vedono l'euro di nuovo forte. Oggi il dollaro è tornato sopra 1,34 e, per molti osservatori, è difficile ipotizzare una moneta Usa meno anemica. Perché, paradossalmente, la ripresa porterà lontano dalla moneta Usa eccessivamente indebitata le scelte degli investitori che negli ultimi mesi l'avevano trattata come valuta rifugio quando il panico era al massimo.

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Con le commodity torna la speranza (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

COPERTINA pag. 1 Con le commodity torna la speranza ARTURO ZAMPAGLIONE Mentre il presidente cinese Hu Jintao partecipava a Londra ai lavori del G20 e mentre, proprio alla vigilia del vertice di Londra, incontrava per la prima volta Obama, Pechino continuava a fare incetta di metalli non preziosi, a cominciare dal rame, di cui è già il maggiore acquirente mondiale. Sempre la settimana scorsa la China Minmetals ha raggiunto un accordo per rilevare, sborsando 1,2 miliardi di dollari, le operazioni della società mineraria australiana Oz Minerals, seconda produttrice mondiale di zinco. E altre acquisizioni del genere dovrebbero essere annunciate tra breve.L’attivismo cinese ha contribuito a una sorprendente ripresa delle commodities, a cominciare dai metalli industriali. I prezzi del rame, sono saliti del 31% dall’inizio dell’anno, quelli dello zinco del 9,3 e del piombo del 27. La fiammata si è riflessa nelle quotazioni azionarie. Nel primo trimestre del 2009, mentre il Dow Jones faceva le bizze e toccava i minimi degli ultimi 12 anni, le società che operano nei metalli non ferrosi hanno registrato sulla piazza americana una crescita del 16,1%, e il comparto minerario è aumentato del 9,8. Qualche analista ha interpretato questi movimenti come segnali di una svolta nella crisi. Non c’è dubbio che gli investitori aspettino con ansia, dopo una tempesta economica così lunga che i mercati raggiungano il bottom da cui ripartire. E se Obama ha accennato i "primi dati incoraggianti", il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha dichiarato la settimana scorsa che un miglioramento della situazione globale è possibile sin dalla fine di quest’anno. In questo contesto i movimenti in atto nelle commodity offrono uno scorcio interessante. E’ un mercato che funge da barometro non solo delle aspettative del mondo delle imprese, ma di giochi strategici a livello di grandi investitori e di governi, come quello cinese, per meglio posizionarsi nei nuovi equilibri che verranno a determinarsi con la ripresa. I metalli potrebbero diventare uno strumento privilegiato per chi vuole difendersi – comprando futures, etf, etc dai pericoli di una inflazione provocata dalle maximanovre di stimolo economico e dall’alto indebitamento pubblico. E potrebbero essere un modo per la Cina e altri paesi di diversificare le loro riserve valutarie. Il campo delle commodity è ampio. Vi figurano comparti che rispondono a logiche diverse: com’è il caso del petrolio, dominato dall’Opec, da interessi politici e dalle decisioni, a volte bizzarre, di qualche dittatore; o dei metalli preziosi, a cominciare dall’oro, che è il bene rifugio per eccellenza; o anche delle derrate agricole. Per il settore dei metalli di base, cioè quelli industriali, il boom è cominciato relativamente tardi. All’inizio del millennio, in coincidenza con l’esplosione industriale asiatica, e in particolare della Cina, si è vista una domanda crescente di queste materie prime che si è poi intrecciata con la progressiva "finanziarizzazione" delle commodity. Pechino, che fino alla fine degli anni ‘90 era un esportatore di metalli, ne ha fatto incetta in Africa e in Australia. Ha superato gli Usa come importatore di rame cileno. Intanto, facendo leva sui futures scambiati a Chicago, gli hedge fund e le banche di Wall Street come la Goldman Sachs, hanno avviato operazioni speculative in grande stile. Investitori minori, spaventati dalla volatilità dei futures, si sono invece serviti negli Usa degli Etf (Exchange traded funds) e in Europa dei Etc (Exchange traded commodities) per diversificare il loro portafoglio con fondi specializzati in singole commodity. Tutto questo ha portato a una crescita impetuosa delle quotazioni. «Alla fine del 2007 c’è stata una tragica inversione di tendenza», ricorda Mario Quarti, excountry manager per l’Italia della Bank of America e conoscitore del mercato delle materie prime. «La consapevolezza che i prezzi dei metalli industriali erano legati a proiezioni irrealistiche di crescita economica ha portato a un crollo delle quotazioni». Mentre le industrie riducevano le scorte, la bolla si è sgonfiata: alcuni metalli hanno perso tre quarti del prezzo, altri addirittura due terzi. Il fondo, è stato toccato tra novembre e dicembre 2008. A differenza però di tutte le altre categorie di asset, che ancora languono, i metalli di base stanno registrando nel 2009, dopo due trimestri di flessioni sensibili (25 e 35%), un inaspettato risveglio. Come interpretarlo? La prima spiegazione può essere che, a dispetto degli allarmi sulla disoccupazione, della stasi dei consumi e delle difficoltà nel credito, gli operatori vedono le prime speranze di una ripresa e vogliono approfittare dei bassi prezzi. Una seconda ragione coinvolge il mondo della finanza che vede i metalli come una delle poche opportunità di investimento. Il paladino di questo indirizzo è Jim Rogers, 56 anni, cofondatore insieme a George Soros del celebre Quantum Fund: Rogers ha sempre avuto il pallino delle commodity, guadagnando miliardi e creando un suo indice (Rogers international commodities index). In questa fase è uno strenuo difensore degli investimenti nei metalli e continua a fare proseliti, anche per il timore di un risveglio dell’inflazione. Per il momento i prezzi non accennano a salire. Ma a dispetto delle analisi tranquillizzanti di molti economisti, tra cui Luca Paolazzi della Confindustria, che vedono il permanere di un clima deflazionistico, c’è inquietudine tra gli investitori sui rischi delle misure per stimolare la ripresa economica. Gli Usa, oltre a varare la legge da 787 miliardi per difendere l’occupazione, proseguono nel quantitative easing, lo stampare soldi aumentando la circolazione della moneta. Ciò aumenta il debito pubblico americano, che è già di 11mila miliardi di dollari. Il rischio? Che inneschi la spirale inflazionistica. Di qui la maggiore attenzione con cui gli investitori, anche piccoli, guardano ai metalli come difesa, garanzia e opportunità di profitto. Il terzo elemento per qualcuno il più importante che spinge in alto i prezzi dei metalli è la strategia della Cina. Pechino, che potenzia a ritmi sostenuti gli stock strategici di rame e altri minerali, ha due obiettivi: garantirsi canali di approvvigionamento stabili (e a lungo termine) per le sue industrie e per il fabbisogno interno (il rame è molto importante nelle nuove costruzioni). Il secondo obiettivo cinese riguarda il futuro del dollaro. La Cina ha accumulato, grazie ai surplus commerciali, certificati del tesoro americano per mille miliardi di dollari e guarda con preoccupazione alle prospettive delle valute e dell’inflazione. Prima del G20 aveva lanciato l’ipotesi di usare i diritti speciali di prelievo dell’Fmi come base di una nuova valuta per le riserve mondiali. Molti osservatori ritengono che Pechino stia ora perseguendo una diversificazione rispetto ai titoli del Tesoro americani rame e altri metalli alle sue riserve valutarie. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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La notte buia che il G20 non illumina (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

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COPERTINA pag. 1 La notte buia che il G20 non illumina MARCELLO DE CECCO A che punto è la notte? Ancora molto lontana dall’alba, a stare ai dati che vengono dall’economia. In un crescendo di pessimismo il Fmi ha dato in pochi mesi tre previsioni sul pil mondiale, ciascuna peggiore della precedente. Il ribasso riguarda non solo i paesi sviluppati ma anche gli emergenti, che qualcuno sperava sarebbero rimasti indenni dal contagio. La Cina esibisce il suo 6% di crescita 2009, ma in termini cinesi è un dato pessimo e comprende una componente negativa per le regioni del miracolo che dal sud del paese esportano in tutto il mondo. Il Giappone si aspetta un’incredibile discesa del 6%. Quanto a noi e ai tedeschi, ci disputiamo un calo del 4%. A girare il cannocchiale, non c’è paese che sfugga alla recessione innescata dal crac della finanza, al contagio che viene dal plesso New YorkLondra. Nelle due cittàsimbolo del capitalismo atlantico, che finora si è proposto ad esempio, si sta consumando un’implosione del sistema finanziario senza precedenti, con una demolizione rapida dell’enorme leva messa in piedi in vent’anni di cosiddette liberalizzazioni. Il sistema finanziario privato angloamericano è rimasto senza capitale, è insolvente. Ora un piano che come hanno spiegato economisti quali Stiglitz e Phelps costerà carissimo ai contribuenti americani e forse a quelli del resto del mondo, ricapitalizzerà le banche, facendo loro vendere titoli tossici e dando un grande pasto gratis agli investitori che vorranno comprare quelle ecoballe finanziarie a prezzi artificialmente sostenuti dal governo americano. Devono averlo capito, i leader del G20, che non potevano uscire dal loro incontro senza sostanziosi impegni a far fronte tutti insieme alla catastrofe, evitando che si trasformi in un’Armageddon. Nella lunga vigilia della riunione si è messa in rilievo ogni possibile fonte di discordia tra europei e americani, americani e cinesi, sviluppati ed emergenti. Tedeschi e francesi volevano iniziative precise per ridurre la strafottenza dei paradisi fiscali ove si rifugia una gigantesca parte della ricchezza e che fanno parte integrante delle transazioni dei mercati finanziari internazionali. Inglesi, americani e cinesi (padroni di Hong Kong e Macao) erano restii a sottoscrivere impegnative proposte. Stessa solfa per la regolazione dei mercati. Gli europei insistevano perchè il G20 terminasse con iniziative precise di controllo sulle capacità di leva della finanza ombra, degli hedge fund, delle società di rating, per la centralizzazione delle transazioni più rischiose in mercati organizzati riducendo quelle over the counter a prezzi inventati in base a modelli cervellotici. I gestori del centro della finanza, che per vent’anni hanno fatto soldi a palate inventando strumenti sempre più esoterici di transazione finanziaria, resistevano, o almeno così si diceva fino alla vigilia. Cinesi e russi chiedevano che si mettesse in piedi un meccanismo di sostituzione del dollaro come moneta internazionale con un incremento dei diritti speciali di prelievo. Per perorare la causa il governatore della Banca popolare della Cina ha prodotto un lucido scrittarello, che pare uscito dalla penna di uno studente di economia della Cambridge dei miei tempi, tanto è devotamente (e perfidamente) keynesiano. Il direttore del Fmi, Strauss Kahn ricordava che dalle cento crisi finanziarie studiate dai suoi economisti non si era usciti senza prima aver risanato il sistema bancario del paese coinvolto. Onestamente, devo confessare che la mia paura del futuro è aumentata quando ho letto il comunicato finale della riunione londinese. I capi di stato e di governo devono avere avuto a disposizione informazioni ancor più fosche di quelle note al pubblico se, superando le loro conclamate differenze di punti di vista e di interessi, sono riusciti a costruire in un giorno un programma di impegni riformistici che supera di slancio le divisioni della vigilia e si impegna su quasi tutti i punti cruciali. Qualche diplomatico escamotage ha permesso di raggiungere l’accordo sui paradisi fiscali: di fronte a Sarkozy e Merkel che reclamavano che fossero chiamati per nome e additati alla esecrazione pubblica, e a Hu Jintao che altrettanto fermamente si opponeva, è intervenuto con notevoli capacità di mediazione Obama e il comunicato invece di nominarli indica il luogo (la pubblicazione dell’Ocse) dove si trovano uno ad uno. Ma l’esecrazione è espressa e il comunicato si è spinto ad affermare che l’era del segreto bancario è finita. Speriamo sia vero. Su altri punti importanti l’accordo è stato raggiunto probabilmente a fatica. L’impegno più importante è quello a fornire di mezzi adeguati il Fmi, ridotto a un ruolo marginale per l’esiguità delle risorse, e permettergli di svolgere la sua funzione di aiuto a paesi in disequilibrio in aree come l’Europa orientale e l’America latina dalle quali la finanza privata è fuggita a gambe levate al primo manifestarsi della crisi. Il Fondo ha dal 1944 accumulato preziose esperienze di intervento e, libero ora dalle fisime del consenso di Washington che lo ha impastoiato per vent’anni al servizio della finanza privata americana, potrà realizzare le sue potenzialità di vigile del fuoco internazionale. I capi di stato e di governo hanno compensato la malleabilità cinese sui paradisi fiscali dando direttiva al Fmi di emettere una corposa tranche di Diritti Speciali di Prelievo, quella moneta internazionale che, si presume, distribuita ai membri del Fmi, finirà dopo parecchi giri nelle riserve del Paese di Mezzo, a compensare l’eccessiva quantità di dollari che già vi si trova. Obama si è impegnato a convincere il Congresso a ratificare l’Emendamento 4 allo Statuto del Fondo, che sanciva qualche anno fa un’altra distribuzione di Dsp e che il Congresso ha caparbiamente rifiutato di approvare. Sulla supervisione finanziaria e la regolamentazione di istituzioni e mercati il comunicato è ricco di nobili propositi ma povero di specifiche descrizioni su come raggiungerli. Si auspica una collaborazione che permetta di controllare il sistema finanziario nel suo complesso e si enumerano i principi ai quali la vigilanza su intermediari e mercati deve ispirarsi. Sono frasi tornite e dal perfetto suono, quelle composte dagli estensori del documento, ma quanto ai mezzi specifici per far seguire i fatti alle intenzioni, il comunicato mette in campo un’edizione rinnovata del Financial Stability Forum. Ne faranno parte , oltre ai Venti, i membri del FSF, la Spagna e la Commissione Europea. Il nuovo organo collaborerà col Fmi allo scopo di fornire sistemi di avvertimento preventivo sui rischi macroeconomici e finanziari e sulle azione necessarie ad affrontarli. I firmatari del comunicato si impegnano poi a rimodellare i sistemi di regolamentazione, così da dare alle autorità la capacità di identificare i rischi macroprudenziali; vigilare su istituzioni, strumenti e mercati che abbiano rilevanza sistemica, compresi per la prima volta gli hedge fund; implementare le dure regole introdotte dal Fsf sulla remunerazione dei manager; di agire quando sarà completato il risanamento per migliorare la qualità del capitale nel sistema bancario. In futuro la vigilanza deve prevenire la leva finanziaria eccessiva e richiedere che il capitale sia accumulato dalle istituzioni nei momenti favorevoli. I firmatari si impegnano anche a riformare e unificare in breve tempo gli standard di contabilità internazionale e a vigilare e regolamentare le Agenzie di Rating , curando che esse seguano le regole di buona condotta internazionale, specie per quel che riguarda i conflitti di interesse. Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle. Come metterlo in pratica, dopo averlo disegnato? Qui il comunicato si ferma a riprendere fiato ma, quando ci aspetteremmo una enumerazione altrettanto corposa degli strumenti che si intende fornire alla bisogna, i Venti passano a trattare un altro argomento. Alla fine, dunque, la paura è certo aumentata, attizzata dall’atteggiamento dei venti leader, sul quale si è già fatto commento. Ad essa non fa da sufficiente antidoto la fiducia nella capacità dei capi di stato e di governo riuniti a Londra di far seguire a parole tanto nobili fatti altrettanto convincenti. Se ne esce con il segreto timore che non di veri impegni si tratti, ma di intenzioni sulle quali molto si dovrà ancora lavorare per trasformarle in misure e strategie effettive. Opzioni, alle quali si può sempre rinunciare se il tempo si rimette al bello o da trasformare in vere misure se la bufera persiste o si aggrava ancora di più. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Il purgatorio dell'Ocse per i paradisi fiscali (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

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COPERTINA pag. 1 Il purgatorio dell’Ocse per i paradisi fiscali L’INCHIESTA/3 ALBERTO D'ARGENIO ALBERTO D’ARGENIO «Tra paradiso e inferno c'è di mezzo il purgatorio». E' questa la speranza dei più ottimisti tra chi vive e lucra sui centri offshore, quei paradisi fiscali ai quali i Grandi del mondo hanno dichiarato una guerra senza quartiere. O almeno, questa è la promessa del vertice di Londra. Ma per i più avveduti il loro mondo non si sgretolerà in un attimo: ci vorranno anni di negoziati per fare piazza pulita dei conti segreti degli evasori.Un periodo sufficientemente lungo da far sperare di salvare il salvabile nonostante il G20 di giovedì scorso abbia lanciato il roboante annuncio sulla "fine di un'epoca". Una speranza condivisa tanto da chi negli impenetrabili istituti di credito offshore occulta le proprie ricchezze, quanto per i loro angeli custodi. Una montagna di soldi che, contando anche i centri extraeuropei supera i 7000 miliardi di dollari, quattro volte il Pil italiano. In Europa sono i soliti noti: Lussemburgo all'interno della Ue, Svizzera, Liechtenstein e Andorra fuori. Poi ci sono Austria e Belgio, non propriamente centri offshore ma gelosi custodi del segreto bancario per i non residenti. «C'è paura confessano gli esperti del settore ma c'è anche la consapevolezza che il mondo dei paradisi fiscali non può crollare nel giro di qualche settimana». In sostanza nessuno crede che secoli di storia e di loschi segreti possano essere spazzati da un colpo di spugna. Eppure i centri offshore negli ultimi mesi sono stati al centro di scandali colossali e la peggior crisi economica degli ultimi settant'anni ha fatto di loro un bersaglio dei grandi leader: Obama, Sarkozy e Merkel. Si è mossa l'Unione Europea, si sono mossi gli Stati Uniti e, infine, il G20, che della lotta al segreto bancario ha fatto la propria bandiera. I paradisi sono così diventati un ambìto trofeo da sventolare di fronte all'opinione pubblica stremata dalla recessione e i loro forzieri un luogo dove rastrellare miliardi sommersi con cui puntellare i conti pubblici dissanguati dai piani anticrisi (gli Usa, ad esempio, stimano che nei paradisi ogni anno spariscono 100 miliardi di dollari sottratti al fisco). E così il nervosismo serpeggia, la paura è palpabile. Chi può si guarda in giro, come ad Andorra, piccolo principato sui Pirenei in bilico tra Spagna e Francia. Si alzano gli occhi verso le montagne innevate e si immagina un futuro dove turismo e sci possano sostituire gli introiti della finanza segreta. Magari con l'aiuto di quei Paesi i cui governi imporranno lo smantellamento. Ma altrove è più difficile immaginare una nuova vita: in Svizzera, ad esempio, sostituire i miliardi stranieri che contribuiscono al 25% del Pil nazionale non sarà facile (300 miliardi arrivano dall'Italia). Ecco perché tutti si preparano ad una resistenza ad oltranza. I primi segnali sono arrivati lo scorso anno con lo scandalo dei conti segreti tedeschi nel Liechtenstein, poi ci si è messo il caso Madoff in Lussemburgo e infine la crisi economica, il terremoto che ha scatenato la soluzione finale del G20. E così dalle minacce degli ultimi anni, per la prima volta, si è passati ai fatti, inserendo tutti i centri offshore del Vecchio Continente nella bozza di lista nera Ocse con i paesi che non cooperano. Sono poi partite le pressioni bilaterali come quella di Sarkozy, che ha minacciato Andorra di lasciarla senza principe (per tradizione il presidente francese condivide il titolo di regnante con un vescovo spagnolo). I risultati si sono visti subito: alla vigilia del G20 di Londra tutti i paradisi europei, almeno in apparenza, sono caduti come birilli, facendo concessioni fino a poche settimane prima inimmaginabili. Andorra, Austria, Belgio, Liechtenstein, Lussemburgo e Svizzera hanno promesso di rivedere il segreto bancario e di adeguarsi agli standard Ocse in materia di mutua assistenza amministrativa e si sono impegnati ad accrescere lo scambio di informazioni con gli altri paesi. Con una postilla fondamentale: lo faranno solo "caso per caso" e su "richiesta concreta e giustificata" da parte delle autorità giudiziarie e fiscali dei paesi in cui risiedono gli evasori. Tutti, inoltre, hanno ricordato che per mettersi in regola ci vorranno "anni di negoziati", al termine dei quali bisognerà cambiare le leggi nazionali e stipulare una serie di accordi bilaterali con i singoli governi a caccia dei forzieri nascosti. Aperture che gli hanno evitato di finire nella "lista nera" definitiva che l'Ocse ha pubblicato a poche ore dalla fine del G20 londinese di giovedì scorso, bensì in quella "grigia", che comprende i paradisi che si sono impegnati a collaborare per smantellare il segreto. Gli addetti ai lavori di entrambi gli schieramenti sanno che le vere trattative iniziano ora e saranno tanto dure quanto lunghe. Lo dimostrano le dure reazioni a caldo di Lussemburgo e Svizzera all'indomani del G20. E la tesi è confermata dai massimi responsabili della Commissione europea, braccio armato dei governi Ue nella lotta al segreto bancario: «Ci vorrà del tempo spiegano a Bruxelles negozieremo per anni, loro porranno mille ostacoli, avanzeranno le richieste più strane per rallentarli ma alla fine hanno preso un impegno dal quale non si potranno tirare indietro e il mondo ci ha dato un mandato preciso». Come dire, prima o poi il segreto bancario cadrà e su richiesta di un giudice che indaga sulla criminalità organizzata, sulla droga, sul riciclaggio o semplicemente sull'evasione fiscale, i paradisi dovranno alzare il velo sui conti dell’indagato, ma la partita per arrivare a questo risultato sarà lunga e imprevedibile. Alla fine il dorato mondo della finanza segreta qualche privilegio potrebbe conservarlo, potrebbe risultare ridimensionato, ma non distrutto. C'è poi il problema di come fare uscire i soldi nascosti nei conti svizzeri e degli altri paradisi del Vecchio Continente: lo scudo fiscale europeo ipotizzato solo due settimane fa nel corso dell'ultimo summit Ue potrebbe rivelarsi una maxioperazione di riciclaggio di denaro sporco. E poi la comunità internazionale non può permettersi di lasciare sul lastrico i paradisi fiscali nel cuore dell'Europa. Come nel caso dei coltivatori del papavero afghano o della coca colombiana, colpire semplicemente i loro campi non basta. E' necessario dare un'alternativa e altre fonti di guadagno. Insomma, i paradisi di tutto il mondo, compresi quelli asiatici e caraibici, faranno catenaccio, giocheranno di sponda per darsi reciprocamente manforte in modo da rallentare e condizionare la trattativa globale. Una strategia che a Bruxelles conoscono bene, così è sempre stato e così sempre sarà. Ecco perché si inizia a preparare l'offensiva: in un documento segreto circolato tra i ministri delle Finanze europei si capisce che i piani di guerra devono ancora essere messi a punto. Per ora, ad esempio, nel testo riservato la Commissione europea non parla di "sanzioni" per chi non collaborerà. Si limita a chiedere una "cassetta degli attrezzi" per convincerli a diventare più trasparenti e per incastrarli ipotizza una strategia "del bastone e della carota". La carota sarebbe un aiuto a cambiare pelle, il bastone una punizione come "la messa al bando" delle filiali dei gruppi europei che operano nei paradisi fiscali e il "divieto" per questi di piazzare nell'Ue «prodotti originati nei paesi non cooperativi». Si tratta di strumenti già esistenti, e non di nuove armi. Intanto i funzionari lavorano ad una "comunicazione" che inizi ad abbozzare un nuovo e più penetrante approccio. Ma sarà un lavoro lungo e complesso che giustifica i più ottimisti: «Prima di finire all'inferno passeremo un lungo soggiorno al purgatorio». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Ma sull'oro si abbatte la "scure" delle vendite dell'Fmi (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

COPERTINA pag. 2 Ma sull’oro si abbatte la "scure" delle vendite dell’Fmi il caso L’oro, come tutte le commodity, dall’inizio dell’anno ha conosciuto un "rally" con rialzi sostenuti e acquisti massicci. Ma nelle ultime 24 ore della settimana scorsa il vento è cambiato: nella sola giornata di venerdì, all’indomani del vertice di Londra, il metallo ha perso 11,60 dollari per chiudere a Londra a quota 897,30, allontanandosi dalla quota 1000 che sembrava a portata di mano. Cos’è successo? Che a Londra il G20 ha autorizzato il Fondo Monetario a vendere parte delle sue riserve in oro per reperire le risorse necessarie ad aiutare i paesi in difficoltà. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Ottovolante L'operatore anziano e l'entusiasmo dei mercati ma il rally è già finito (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

COPERTINA pag. 4 Ottovolante L’operatore anziano e l’entusiasmo dei mercati ma il rally è già finito «Tutti contenti per le conclusioni, un po’ a sorpresa, del G20 di Londra. Ma i mercati, nella loro follia, forse qualcosa avevano capito – commenta l’Operatore Anziano visto che negli ultimi due mesi sono saliti del 25 per cento, quasi avessero fiutato che tutto sarebbe finito bene (e non male, come erroneamente, si riteneva). E adesso? E’ ovvio che non si potrà salire di un altro 20 per cento tanto presto. E è anche ovvio che la spinta propulsiva di questo rialzo si è un po’ esaurita, forse è addirittura finita. Ma credo anche che i minimi stanno alle nostre spalle»". New tech. Comincia a diffondersi l’uso di Joya in qualche ipermercato. Si tratta di una specie di uovo di Colombo inventato dai ragazzi della Datalogic. In sostanza, quando si entra nel punto vendita si ritira un affaretto che sembra un telefonino e poi si va a fare la spesa e a riempire il proprio carrello. Joya (silenziosamente) legge i codici a barre dei prodotti che finiscono nel carrello e, quando si va alla cassa, basta consegnarlo all’addetto e il conto è immediatamente fatto, senza bisogno di tirare fuori tutti i prodotti e di "battere" i prezzi. Insomma, Joya è una specie di ombra che ti segue e prende nota di quello che compri. Milano 2015. Il calvario dell’Expò milanese sembra non finire mai. Dopo un anno di risse e di traffici, il vertice dell’organismo che deve occuparsi della cosa non è ancora a posto. E si comincia a sentire l’odore di speculazioni immobiliari e di malavita organizzata, ancora prima di aprire il primo cantiere e di posare la prima pietra. Marco Vitale, uno dei migliori professionisti della città, si candida per "garantire" trasparenza e correttezza amministrativa. Non gli daranno retta, ovviamente, ma sbagliano: sarebbe la persona giusta nel posto giusto. Avatar ospedalieri. L’hitech avanza negli ospedali. L’Ibm ha messo a punto un sistema che produce in pratica un avatar tridimensionale del paziente sul quale viene "scritta" la cartella clinica del paziente, facilmente leggibile quindi dai medici (ecco la frattura all’osso, qui nel polmone c’è una macchia sospetta, ecc.). I ragazzi di Modena della Expert (i fenomeni del linguaggio naturale) hanno messo la loro tecnologia nel sito web dell’azienda sanitaria di Trento, così uno può chiedere: vorrei una visita pediatrica, quando trovo il medico? Oppure: mi serve una radiografia alla spalle, quando e dove devo andare? Tutto scritto così come si parla. Bevilonga. Per chi invece sta benissimo comincia, 10 maggio, la Bevilonga di Rocca de’ Giorgi (Oltrepò pavese), a Villa Conte Vistarino. Si passeggia per qualche bella tenuta vinicola, in mezzo alle colline, e ogni tanto, piccola sosta in una cascina o sotto un portico per gustare un Pinot nero, una bonarda, un buttafuoco. Il tutto a prezzi modesti. Un’idea divertente e originale. Con una sola controindicazione: come tornano a casa (in macchina) i gitanti che hanno passato la giornata a bere tutto il (buon) vino bevibile dell’Oltrepò? Consiglio: portatevi dietro il nonno (con patente) e non fatelo bere. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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San Marino, tra inchieste e scandali l'età dell'oro è finita già da un pezzo (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

COPERTINA pag. 6 San Marino, tra inchieste e scandali l’età dell’oro è finita già da un pezzo LUCIANO NIGRO «Sulla lotta al riciclaggio dobbiamo essere feroci». Sale una nebbia minacciosa sul monte Titano mentre Gabriele Gatti, segretario di Stato alle Finanze, democristiano, 56 anni, da un quarto di secolo dominus della politica sammarinese, pronuncia un impegno così duro per un paese di trentamila anime che ha prosperato su un’economia più plumbea del cielo. Un paese dove proliferano le società anonime, l’evasione fiscale non è reato, il segreto bancario è più impenetrabile di quello Svizzero e 14 miliardi di euro riempiono i forzieri delle sue 12 banche e 54 finanziarie. Come dire, mezzo milione per ogni cittadino, un miliardo di vecchie lire a testa, vecchi e bambini compresi. «In questi giorni abbiano rischiato di entrare nella lista nera dell’Ocse sospira Gatti e siamo fuori dalla white list dei paesi affidabili. Se non vogliamo finire in ginocchio San Marino non può avere ombre. Dobbiamo sconfiggere la nomea di paese accerchiato dalla Guardia di Finanza, fare mea culpa sui mancati controlli delle banche, allentare il segreto bancario, disciplinare le società anonime». Addio antica terra della libertà di evadere le tasse, falsificare fatture, riciclare denaro. Dove non riuscirono papi e imperatori, dai cui tributi i sammarinesi si dichiararono «liberi» nel 1296, forse riuscirà la pressione dei magistrati italiani a caccia di chi ricicla il denaro, che fanno scattare le manette per interi cda. E la pressione del G20 contro i paradisi fiscali che ha inserito San Marino nella lista grigia. «Un paradiso? San Marino lo era, oggi non lo è più. Le sue banche sono sputtanate sorride il tabaccaio Hisham che vende sigarette 50 centesimi meno care dell’Italia gli unici vantaggi per i due milioni di turisti che ci visitano ogni anno oltre ai tabacchi, sono per la benzina, i profumi e i liquori». La tabaccheria di Hisham, origine egiziana, cittadino di San Marino, è a Serravalle accanto alla sede di Banca Asset che nell’autunno 2007 è stata travolta da un’inchiesta che ha portato all’arresto del presidente e di mezzo cda per associazione a delinquere e truffa. Da allora il Titano vive giorni inquieti. Per la prima volta il sancta sanctorum della finanza si è sentito violato. Il presidente della Banca centrale si è dimesso dopo pochi mesi, sostituto pochi giorni fa dal nuovo governo. Altre indagini si sono aggiunte. Altre banche tremano. E ogni giorno la cronaca riserva notizie clamorose. Il 17 marzo lungo la via Consolare, a due passi dal cartello "benvenuti nell’antica terra della libertà" la Guardia di Finanza blocca due persone, marito e moglie, commercianti di auto usate che esportano illegalmente 120 mila euro in contanti e assegni. Pochi giorni fa la polizia tributaria di Milano scopre 300 milioni di evasione dell’Iva, arresta 12 persone e sequestra sul Titano 400 milioni. Non che in passato fosse il paese dei campanelli. Coperti dal segreto bancario sul monte che si erge tra il Montefeltro e il mare di Rimini arrivavano soldi di ogni tipo: una parte del tesoro di Wanna Marchi, 14 miliardi di lire del Sisde occultati da un gruppo di 007 infedeli, denaro degli scandali Tucker e Parmalat e dei presunti rapitori del piccolo Tommaso Onofri. Persino tre milioni del collaboratore di Vittorio Emanuele nell’estate 2006, che portò in manette il principe di Savoia. San Marino ha sempre attratto l’illegalità. «Un tempo racconta un dirigente di banca non si pagavano le tasse sui conti correnti, l’evasione non era reato, il segreto bancario una certezza. L’unica cosa vietata erano le transazioni con banche italiane. Così la gente arrivava con i contanti, valigie piene di soldi in nero, e doveva tornare a prenderli come i due coniugi pizzicati dalla Finanza». Uscivano tir di fatture false, dalla Repubblica, e nascevano come funghi le società senza nome. Una pacchia per le aziende italiane che aggiravano l’Iva, triangolando col Titano. «Brutto riconosce il dirigente ma non un sistema criminale. C’erano quattro banche storiche, una garanzia per tutti. Poi negli ultimi dieci anni la mutazione genetica». Nascono otto nuovi istituti di credito, improvvisati, senza controlli. Uno all’anno. Asset è uno di questi. Il sistema viene scoperchiato da un magistrato forlivese, Fabio Di Vizio. Inchieste su inchieste. L’Italia e il mondo intero mettono la piccola Repubblica nel mirino. Così il paradiso fiscale rischia di trasformarsi in un inferno. «O cambiamo o per la nostra economia sono guai», riconosce oggi Gatti. Ma i sammarinesi si adegueranno? «Devono capire che non conta avere un’economia sommersa, ma una pulita, con fatture di un paese per bene». Addio paradiso? «Dobbiamo abolire il nero e scommettere sul fisco leggero per attirare capitali. In fondo, il differenziale tra la nostra Monofase e l’Iva è di 56 punti. E le tasse su redditi e imprese sono un terzo dell’Italia. Se non un paradiso saremo comunque convenienti per la bassa intensità fiscale». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Foto di gruppo per sancire un annuncio "storico" (sezione: G20)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 06-04-2009)

Argomenti: G 20

COPERTINA pag. 6 Foto di gruppo per sancire un annuncio "storico" Un’immagine del G20 svoltosi a a Londra la scorsa settimana. Oltre alle risorse economiche, i mille miliardi messi in campo per contrastare la crisi, sono state prese importanti decisioni sulle regole dei mercati, le più importanti delle quali riguardano una soluzione all’anomalia rappresentata dai paradisi fiscali e regole più severe su soggetti come gli hedge fund, ritenuti tra i responsabili dei grandi squilibri finanziari mondiali che hanno aperto la strada alla recessione. E’ stata dichiarata la «fine dei paradisi fiscali», ma in realtà il complesso processo è stato solo avviato. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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