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Report "Diritti umani"   8-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Diritti umani

Lavoriamo insieme, Dario ( da "EUROPA ON-LINE" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: Ci riferiamo in particolare alla lotta per i diritti umani, per la promozione della democrazia nel mondo, per la creazione di condizioni strutturali di una politica di pace. Su questo terreno è difficile negare il contributo che i radicali hanno assicurato nel corso degli anni, con iniziative e lotte che hanno consentito di conseguire importanti successi (l?

Il dopo Abu Grahib. Il carcere della tortura, degli abusi e delle umiliazioni inflitte ai prigionieri ( da "Articolo21.com" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: nelle nostre carceri la convenzione di Ginevra sui diritti umani è rispettata, il detenuto è trattato con dignità e rispetto, c'è assistenza medica sette giorni su sette e sono dati tre pasti al giorno. Mi occupo di prigionieri iracheni innocenti". Già perché, secondo le attuali normative, possono trascorrere da un minimo di 1 mese al massimo di 5 anni prima che venga determinata l'

Guantanamo/ Binyam Mohamed: MI5 hanno avuto ruolo in torture ( da "Virgilio Notizie" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: I servizi segreti britannici hanno avuto un ruolo nelle torture "medievali" subite in Marocco da Binyam Mohamed, che ha passato sette anni nelle prigioni militari americane, prima a Bagram, in Afghanistan, e poi a Guantanamo, a Cuba. Lo ha affermato lo stesso Mohamed, cittadino etiope con residenza nel Regno Unito, in un'intervista al Mail on Sunday.

OTTO MARZO/1 ( da "Gazzetta di Mantova, La" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: testimoniano nei processi contro i responsabili di violazioni dei diritti umani, lanciano campagne per l'uguaglianza, fondano movimenti per i diritti umani. Proprio a seguito di tutte queste attività, moltissime donne vanno incontro a violazioni dei diritti umani e corrono rischi spesso superiori a quelli affrontati dagli uomini.

tutti senza alcuna distinzione. In questa terra più che mai un vescovo è chiamato ... ( da "Alto Adige" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: Karl Golser sa che nulla è più scontato: non la tolleranza, non i diritti umani, non la stessa possibilità di sopravvivenza del genere umano. La vera sfida è e rimane la pace. Una pace intesa come pienezza di umanità, come dignità riconosciuta per tutti, come giustizia e armonia, pur nelle differenti situazioni e culture.

Donne, ancora luci e ombre ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: ma spesso dei più elementari diritti umani. Sarebbe infinitamente piacevole poter scrivere che le donne del pianeta terra in festa per l'8 marzo, Festa internazionale della donna, vedono finalmente realizzato il grande sogno dell'emancipazione. Dopo secoli di sottomissione hanno chiaramente compreso che la loro emancipazione dipende,

<Il mio 8 marzo? Sola e reclusa in casa> ( da "Giornale.it, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: La Cina dichiara di rispettare i diritti umani. «Sicuramente non quelli di mio marito o i miei. Chen è cieco ed ora pure malato, per legge non dovrebbe stare in prigione. Ho chiesto la scarcerazione e mi hanno risposto che per lui questo diritto non vale. Ho chiesto una visita medica e non mi hanno risposto.

concretezza e mistero nelle vicende umane ( da "Messaggero Veneto, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: umiliazione della dignità e dei diritti umani delle persone. È molto importante vivere esperienze di trasfigurazione per contribuire a trasfigurare la realtà in modo che le figure siano sempre più figure umane. È fondamentale che la ricchezza di queste esperienze di luce e profondità si depositano nel patrimonio interiore, a cui poter attingere nei momenti di particolare fatica,

violenza contro le donne la provincia ha un piano ( da "Messaggero Veneto, Il" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: ordine e di un programma di educazione sui diritti umani, oltre a un preciso impegno per il progetto "Una casa per ricominciare": sono queste le richieste contenute nell'ordine del giorno approvato, ieri mattina, all'unanimità dal consiglio provinciale, nell'ambito della seduta pubblica tematica promossa alla vigilia della Giornata internazionale della donna.

Don Giuseppe Monticelli Il ricordo di un sacerdote eccezionale Spettabile redazione, questa lettera è per ringraziare pubblicamente una persona speciale che è venuta a mancare prop ( da "Eco di Bergamo, L'" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: e del diritto. Dopo un trimestre «speso» a far capire l'articolo 2 della Costituzione sui Diritti Umani, l'attualità della Dichiarazione universale diritti umani e a dare ad ognuno un lavoro da fare sulla violazione della stessa, che gioia sentirli parlare dei bambini-soldato, degli squadroni della morte, della figura di Gandhi,

E adesso la gara riparte nel segno dell'altruismo ( da "Giorno, Il (Brianza)" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: emancipazione femminile ai diritti umani. Sono alcuni dei temi su cui gli studenti sestesi hanno riflettuto e si sono confrontati da quando, nel 1987, è nato il concorso «Sesto e i suoi studenti». Ormai un appuntamento tradizionale, con oltre 400 lavori che arrivano ogni anno dalle scuole primarie e secondarie non solo di Sesto,

LIBERTA' DI SOPRUSO ( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: Dal che si ricava che uno sciopero dei servizi o dei trasporti è una patente violazione dei diritti di libertà di tutti. Lo sciopero nasce, nell'800, nelle fabbriche, e in quel contesto il danno è tra le parti in causa, tra un prestatore d'opera e il suo datore di lavoro. Invece nell'odierno andazzo italico il cittadino diventa ostaggio,

Gli appunti segreti: così Reagan tentò di convertire Gorbaciov ( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: Dopo aver parlato di coesistenza pacifica e diritti umani, la conversazione prese una piega inattesa. Secondo i resoconti, Reagan disse a Gorbaciov che quanto stava per dirgli doveva rimanere assolutamente segreto e che se mai qualcosa fosse trapelato, lui avrebbe negato tutto. Poi il presidente cominciò a parlare in favore della tolleranza religiosa in Urss,

Genova e Milano, celle piene Turni per stare in piedi ( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: REDAZIONALE Allarme carceri Grechi (Corte d'appello) su San Vittore: così si pratica la tortura Genova e Milano, celle piene Turni per stare in piedi Crisi anche a Regina Coeli e Poggioreale: letti a castello con tre brande A Milano sono stati tolti i tavolini per fare spazio e per mangiare si usa un pezzo di cartone appoggiato a un secchio ROMA —

8 marzo- Un ramo di mimosa per non dimenticare ( da "Cittàdellaspezia.com" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: diventando così il simbolo del sacrificio per la libertà e per i diritti umani. Questa vicenda sembra prendere spunto da un disastro simile realmente avvenuto nel 1911 alla Triangle Shirtwaist Company di New York, in cui morirono oltre 140 persone, tra cui molte donne, che si erano rese protagoniste tempo prima di importanti mobilitazioni.

Bra: eutanasia,dibattito con l'europarlamentare Carlo Casini ( da "Targatocn.it" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: attualmente insegna diritto internazionale, diritti umani e bioetica presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma. E? autore di numerose pubblicazioni su argomenti giuridici e bioetici. Parlamentare europeo, eletto nell?UDC, fa parte della Commissione giuridica e della Commissione diritti umani.

Medico in pronto soccorso e due volte sindaco a Fratta ( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: alla Pace e ai Diritti umani. A conferma di un impegno quotidiano davvero totale, è l'unico assessore provinciale a non aver sospeso il suo incarico professionale in favore della carica pubblica che ricopre quale professione. Virgili, infatti, è medico di primo intervento al pronto soccorso dell'ospedale di viale Tre martiri a Rovigo.

Amici di Gheddafi? ( da "AmericaOggi Online" del 08-03-2009)
Argomenti: Diritti umani

Abstract: problema del razzismo e la prevaricazione dei diritti umani nel mondo avesse come principale imputato lo Stato di Israele. Cioè paesi che hanno gravissime mancanze in tema di diritti umani, diventano giudici dell'unica vera democrazia esistente in Medio Oriente. Ora, che Israele nei confronti dell'occupazione dei territori palestinesi abbia commesso e continui a commettere gravi errori,


Articoli

Lavoriamo insieme, Dario (sezione: Diritti umani)

( da "EUROPA ON-LINE" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Lavoriamo insieme, Dario GIANFRANCO SPADACCIA GIANFRANCO SPADACCIA Caro Franceschini, abbiamo valutato positivamente, dopo la tua elezione, i primi segni di una ripresa di iniziativa politica del Pd, che sembra porre fine a un lungo periodo di incertezza. E anche di paralisi, che il continuo innalzamento dei toni della contrapposizione e della polemica non solo non riusciva a nascondere ma rendeva più evidente. Questo ci fa sperare (e per quanto ci riguarda ci impegna) nella possibilità di una ripresa del dialogo anche fra Pd e radicali, un dialogo e una collaborazione fino ad ora risultati impossibili nonostante la comune appartenenza ai gruppi parlamentari. L?atteggiamento nei nostri confronti era oscillato infatti tra una solo apparentemente tollerante indifferenza e una esplicita volontà di esclusione e di annullamento delle nostre posizioni e della nostra stessa presenza. Noi guardiamo con preoccupazione alla possibilità di una crisi e di una implosione del Pd e riteniamo che essa si ripercuoterebbe negativamente sulla situazione politica italiana e sull?intero centrosinistra. E pur essendo profondi i nostri dissensi rispetto alle scelte fino ad oggi prevalenti del Pd, non siamo una forza politica settaria, non ispiriamo la nostra politica al ?tanto peggio tanto meglio? e crediamo di aver dato prova, nei rapporti politici, di lealtà e di capacità di lavoro comune sia nel governo Prodi sia all?interno dei gruppi parlamentari del Pd. Proprio per questo noi riteniamo che sia urgente una iniziativa comune sulle questioni e sui temi sui quali almeno apparentemente non esistono elementi di dissenso e al contrario potrebbe esistere una proficua collaborazione e sinergia. Da tempo, avvertendo i segni premonitori della cosiddetta questione morale, avevamo proposto l?istituzione di una Anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati per introdurre criteri di trasparenza nella gestione della cosa pubblica ad ogni livello della vita politica e amministrativa. Ci siamo rivolti a tutte le istituzioni interessate e a tutte le forze politiche e, fra queste, naturalmente in primo luogo al Pd. Se si escludono la disponibilità dimostrata dal compagno Fontanelli e alcune risposte positive da parte di alcune amministrazioni locali, è stata finora impossibile una iniziativa nazionale che facesse di questa proposta una questione centrale, una scelta prioritaria, che avrebbe dovuto essere ritenuta tanto più necessaria ed urgente in vista degli appuntamenti elettorali in due importanti regioni come l?Abruzzo e la Sardegna e ora alla vigilia di una diffusa prova amministrativa in coincidenza con le elezioni europee. Abbiamo avuto su questo un successo importante nel Parlamento europeo, che ha adottato le nostre proposte, e un segno di attenzione da parte del presidente Fini nel dibattito sul bilancio interno della camera. Dal Pd abbiamo avuto invece soltanto dichiarazioni di intenzioni a cui non sono seguiti iniziative e impegni conseguenti. Si è ancora in tempo alla vigilia di una importante campagna elettorale per rimediare a questa inerzia e a questa disattenzione. Noi siamo disponibili a metterci a disposizione per una vera campagna comune ma solo se si vuole fare di questo un obiettivo da conseguire con la lotta politica e non uno dei tanti punti programmatici destinati poi a restare lettera morta. La questione morale non può essere solo una questione giudiziaria, è una questione di legalità, di trasparenza e di buon governo, che ha bisogno di risposte politiche e legislative. Ed è innanzitutto una questione di volontà politica. Noi non vogliamo naturalmente sottovalutare gli elementi di dissenso che pure esistono a cominciare dalla nostra analisi delle degenerazioni partitocratriche della nostra democrazia che ci spingono a denunciare un caso Italia e a parlare di una situazione ormai di ?non democrazia? anche se pensiamo che alle reazioni indignate e alla irritazione sarebbe preferibile e forse opportuna pure su questo una discussione priva di pregiudiziali. E tuttavia esiste o dovrebbe esistere un ampio spazio di condivisione ideale e politica su cui sarebbe urgente e auspicabile un confronto in vista di una azione comune. Ci riferiamo in particolare alla lotta per i diritti umani, per la promozione della democrazia nel mondo, per la creazione di condizioni strutturali di una politica di pace. Su questo terreno è difficile negare il contributo che i radicali hanno assicurato nel corso degli anni, con iniziative e lotte che hanno consentito di conseguire importanti successi (l?istituzione del tribunale penale per i crimini di guerra nell?ex Jugoslavia, il trattato per la corte penale internazionale per i crimini contro l?umanità, la moratoria per la pena di morte), che sono stati per altro fra i pochi successi dell?Italia nella politica internazionale. Ugualmente necessaria dovrebbe essere una azione comune per la ripresa del processo di integrazione politica dell?Unione europea, che sta pericolosamente retrocedendo verso forme di coordinamento intergovernativo. Ed è singolare che, proprio su questi problemi, nonostante le convergenze con alcuni parlamentari e dirigenti, sia mancata invece una azione comune. Non nascondiamo di trovarci in una preoccupante situazione di imbarazzo e di insofferenza. La scelta che ci avete a suo tempo imposto di entrare nelle vostre liste (così diversa dal privilegio elargito all?Italia dei Valori), alla luce dell?esperienza di questo primo anno di legislatura rischia di rivelarsi come un tentativo di inglobarci, non per utilizzare la nostra peculiarità e il nostro contributo, ma per annullare ? anche con la complicità del partito Raiset ? la nostra presenza e la nostra capacità di iniziativa. Se fosse così sarebbe difficile non trarne le conseguenze. Se invece non è questo il vostro obiettivo allora è urgente riprendere nei nostri rapporti un cammino positivo.

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Il dopo Abu Grahib. Il carcere della tortura, degli abusi e delle umiliazioni inflitte ai prigionieri (sezione: Diritti umani)

( da "Articolo21.com" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Il dopo Abu Grahib. Il carcere della tortura, degli abusi e delle umiliazioni inflitte ai prigionieri di Elisabetta Reguitti Kholud Al Bassam è nata in Iraq. Nel 1984 è diventata cittadina americana. Si dice "orgogliosa di lavorare per la democrazia in Iraq". Ha iniziato come mediatrice culturale e oggi questa signora dallo sguardo pacioso e rassicurante - che immagino intenta a curare il giardino di una casa "american style" insieme al marito e ai quattro figli - è la consulente dell'amministrazione Usa per la gestione dei detenuti politici. Inutile cercare su Google qualcosa che la riguardi: il suo nome è protetto da segreto militare. Kholud Al Bassam è stata invitata in Italia e a Brescia ha partecipato ad una serie di incontri sul tema della "tutela dei diritti dell'uomo". Incontri promossi, tra gli altri, anche dall'associazione "Carcere e territorio" presieduta da Carlo Alberto Romano e che da anni opera nelle strutture carcerarie della città lombarda. Manco a farlo apposta quindi nello stesso giorno in cui Obama annuncia che entro il 2010 finirà la guerra in Iraq, Al Bassam parla delle carceri irachene (gestite dagli americani) di Cropper, Taji, Buca camp (il più grande penitenziario al mondo che verrà chiuso entro giugno) ma soprattutto parla di Bagdad Central Prison che ha riaperto il 21 febbraio scorso: il dopo Abu Grahib. Il carcere della tortura, degli abusi e delle umiliazioni inflitte ai prigionieri. Un capitolo nero della storia e che gli americani hanno voluto lasciarsi alle spalle. Kholud Al Bassam non lo dice chiaramente. Lo lascia piuttosto intendere. Quando afferma ad esempio che "nelle nostre carceri la convenzione di Ginevra sui diritti umani è rispettata, il detenuto è trattato con dignità e rispetto, c'è assistenza medica sette giorni su sette e sono dati tre pasti al giorno. Mi occupo di prigionieri iracheni innocenti". Già perché, secondo le attuali normative, possono trascorrere da un minimo di 1 mese al massimo di 5 anni prima che venga determinata l'eventuale "colpevolezza, una minaccia per la sicurezza". Kholud Al Bassam dice che il numero dei detenuti (che nel 2005 erano circa 25 mila) starebbe diminuendo drasticamente. "Ogni mese vengono rilasciate 1500 persone e ogni volta viene organizzata una festa". Poi fa scorrere su uno schermo le immagini che documentano come oggi viene gestita questa struttura che può accogliere fino al 14mila detenuti (il doppio dei detenuti della Lombardia tanto per intenderci); un carcere nel quale si alternano militari americani e iracheni. Afferma con orgoglio: "L'America mi ha insegnato la libertà di pensiero e di vivere - dice -. Sono orgogliosa del lavoro che stiamo svolgendo. Attualmente Bagdad Central Prison è gestito in accordo con il ministero degli Interni iracheno. Oggi con soldi del Governo americano. "Domani?" domandano dal pubblico. Al Bassam apre le braccia senza dare una risposta. In ogni caso oggi si organizzano corsi con programmi scolastici locali (in un Paese in cui il 60% della popolazione è analfabeta) riconosciuti dal sistema scolastico iracheno. Corsi di falegnameria, agricoltura, lettura, lingua inglese ma anche per l'utilizzo di personal computer. "Abbiamo istituito percorsi educativi per i ragazzi che prevedono anche lo studio e la conoscenza della cultura islamica con insegnanti volontari iracheni". Approfondimenti del tutto necessari in un Paese nel quale, secondo Al Bassam, il fanatismo religioso può spingere a comportamenti efferati: come nel caso di un giovane che, condizionato da Al Quaeda, era in attesa di uscire dal carcere per ammazzare la madre. Solo in quel modo, infatti, si sarebbe potuto guadagnare un posto in Paradiso. Così racconta la rappresentante del Governo americano felice per il risultato contrario ottenuto grazie alla conoscenza del "vero sapere dell'Islam" che il ragazzo ha potuto acquisire proprio tra le mura del carcere. Insieme a volontari suoi connazionali. Kholud Al Bassam è sopravvissuta all'esplosione di un razzo, alle pallottole dei cecchini, alle schegge di una bomba. "Credo che il lavoro che svolgo insieme a tutto il mio staff sia una possibilità di cambiamento e che possa fare la differenza". Anche per le donne irachene. "Mi sento vicina a tutte le donne che vengono trattenute dagli americani; non rispettate dalla società irachena - afferma -. A Bagdad Central Prison è stata abolita la promiscuità (anche rispetto ai 38 ragazzi detenuti per omicidio) e le detenute sono custodite da soldati donne" assicura il funzionario Al Bassam che spiega i programmi di reinserimento realizzati in collaborazione con il ministero iracheno delle Politiche femminili. "Molte donne si sono avvicinate al suicidio come kamikaze. Scelte indotte purtroppo dalla povertà più che per convincimento religioso". Bagdad Central Prison dunque oggi rappresenta un "sistema alternativo di gestione di un carcere" nel quale l?età media di quanti entrano oscilla tra i 18 e i 29 anni. "In Iraq stiamo costruendo la democrazia mattone dopo mattone" ribadisce la consulente americana con sangue iracheno. reguitti@articolo21.com

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Guantanamo/ Binyam Mohamed: MI5 hanno avuto ruolo in torture (sezione: Diritti umani)

( da "Virgilio Notizie" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Londra, 8 mar. (Apcom) - I servizi segreti britannici hanno avuto un ruolo nelle torture "medievali" subite in Marocco da Binyam Mohamed, che ha passato sette anni nelle prigioni militari americane, prima a Bagram, in Afghanistan, e poi a Guantanamo, a Cuba. Lo ha affermato lo stesso Mohamed, cittadino etiope con residenza nel Regno Unito, in un'intervista al Mail on Sunday. Secondo l'ex detenuto di Guantanamo, 30 anni, rientrato lo scorso 23 febbraio in Gran Bretagna, MI5 hanno fornito informazioni e dati ai marocchini. "Quando ho capito che i britannici cooperavano con le persone che mi torturavano, mi sono sentito perso", ha raccontato Mohamed. "Quando hanno cominciato a farmi domande su questioni segnalate dai britannici la mia situazione è peggiorata. I britannici mi hanno venduto", ha attaccato il cittadino etiope. In un comunicato il Foreign Office ha affermato di "detestare la tortura e di non averla mai ordinato o tollerata". Arrestato nell'aprile del 2002 durante un viaggio in Pakistan, Mohamed ha accettato di parlare della sua esperienza al settimanale britannico, senza ricevere alcun compenso, a condizione che la sua intervista fosse messa a disposizione degli altri media.

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OTTO MARZO/1 (sezione: Diritti umani)

( da "Gazzetta di Mantova, La" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

OTTO MARZO/1 OTTO MARZO/1 La provocazione sulle pensioni Come regalo per l'8 marzo, in maniera quasi provocatoria e in tutta fretta, il Governo Berlusconi si appresta ad aumentare l'età pensionabile delle donne a 65 anni: si parte con le lavoratrici statali e degli enti pubblici, del resto le prime a subire gli indegni attacchi da parte del ministro della funzione pubblica, ma appare già chiaro che l'intenbto dell'attacco persecutorio diretto a tutte le lavoratrici. Il pretesto sarebbe di dare corso ad una sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante la parità di trattamento economico fra i sessi, ma dietro le ipocrite dichiarazioni sulla parità provenienti da un governo che per tutto il resto toglie diritti alle donne tentando di cancellare decenni di conquiste raggiunte grazie le lotte del movimento delle donne e dei lavoratori, resta la cruda realtà del taglio rilevante alla spesa pensionistica sempre a danno dei lavoratori e in particolare delle donne. La condizione femminile in Italia, del resto, è la peggiore d'Europa sia per disoccupazione che per salario, carriera, anni di lavoro e pensioni. Il ministro Brunetta non dice che oggi più che mai la maggioranza delle donne non arriva alla pensione nemmeno a 60 anni di età perchè svolge lavori precari oppure perchè viene licenziata per prima, soprattutto nei momenti di crisi come quello che stiamo attraversando: figurarsi a 65! Brunetta poi nasconde che le donne, da sempre, lavorano di più, arrivando anche a lavorare complessivamente 60/65 ore settimanali tra attività sui posti di lavoro e lavoro in casa, ovvimente, non pagato. Perché Brunetta e il suo governo non rendono nota la quantificazione della enorme ricchezza prodotta dalle donne nell' economia del paese con i lavori domestici, di cura e il lavoro riproduttivo che dovrebbero essere sommati a quello produttivo, visto che permettono allo Stato di risparmiare sulla spesa sociale e in particolare sui servizi socio - assistenziali, sanitari, scolastici, educativi che da anni proprio lo Stato e gli enti locali non garantiscono più in base a quei principi di eguaglianza ed esigibilità che la nostra Costitutzione prevedeva. A causa dell'effettivo svuotamento della praticabilità dei principi costituzionali non rinunciabili, attrraverso la riforma dell'art 117 e la normativa che ne è seguita, anche e soprattutto a livello regionale (la Lombardia è stata l'apripista della esternalizzazione dei servizi ed ora lo è della loro eliminazione), si è istituzionalizzata l'assegnazione e quindi l' affidamento della gestione dei servizi stessi, a soggetti privati in base alla logica del mercato, ovviamente antitetica alle esigenze di tutelare adeguatamente e senza diseguaglianze i diritti delle classi lavoratrici ed in particolare delle donne. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il livello di subordinazione oggettiva e sociale delle donne, la mercificazione dei corpi, la banalizzazione delle relazioni fra i sessi, il maschilismo eclatante e la diffusione degli atteggiamenti comportamentali aggressivi e violenti verso le donne, l'attacco alle condizioni di lavoro e di vita delle donne, rappresentano la logica conseguenza della politica che questo governo e la sua espansione culturale tendono ad affermare in tutti i modi con una compiacenza politica troppo spesso trasversale. Il movimento delle donne tuttavia non si è fermato, ha reagito e reagisce alla violenza di ogni tipo e oggi è in prima fila nella lotta per il lavoro e i diritti. Monica Perugini Proletari Comunicazione militante OTTO MARZO/2 Un omaggio alle attiviste In occasione della Giornata internazionale delle donne, Amnesty International rende omaggio alle attiviste per i diritti umani che, in ogni parte del mondo, tra difficoltà e repressione spesso crescenti, svolgono un ruolo di primo piano per migliorare la situazione dei diritti umani. In quanto madri, sorelle, figlie, mogli, partner e, prima ancora, cittadine e attiviste, le donne sono in prima fila nella difesa dei propri diritti umani e di quelli dellintera società in cui vivono. Contrastano l'impunità che troppo spesso circonda i casi di violenza sulle donne, danno aiuto alle vittime che chiedono giustizia, dirigono progetti per la protezione delle sopravvissute alla violenza sessuale, testimoniano nei processi contro i responsabili di violazioni dei diritti umani, lanciano campagne per l'uguaglianza, fondano movimenti per i diritti umani. Proprio a seguito di tutte queste attività, moltissime donne vanno incontro a violazioni dei diritti umani e corrono rischi spesso superiori a quelli affrontati dagli uomini. La credibilità e la legittimità della loro azione viene sovente messa in dubbio quando simpegnano su temi, come i diritti sessuali e riproduttivi o la libertà despressione, considerati una minaccia ai valori dominanti, culturali e religiosi, dei contesti in cui agiscono. Quando le donne sfidano queste regole sociali, si trovano marginalizzate, colpite da pregiudizi, ostracismo e violenza anche da parte delle comunità di cui fanno parte. Questo raccontano le parole di Shahla, un'attivista afgana che dirige una casa rifugio per donne a rischio di violenza domestica, sessuale e matrimoni forzati: 'Sto ricevendo minacce di morte e hanno tentato di rapire mio figlio di nove anni. Le persone che mi minacciano mi stanno dicendo chiaramente che dovrei chiudere la casa rifugio e che se non lo faccio ne pagherò le conseguenze'. Nonostante qualche miglioramento nel rispetto dei diritti delle donne, le coraggiose attiviste afgane che osano sfidare la discriminazione subiscono di frequente intimidazioni e attacchi dai leader locali, alcuni dei quali membri del governo centrale, dai talebani e da altre forze anti-governative e, a volte, dalle loro stesse famiglie. Simile è la situazione delle attiviste iraniane della Campagna per l'eguaglianza che, a causa della loro lotta per porre fine alla discriminazione legale contro le donne, sono perseguitate dalle autorità. Oltre 50 di esse sono state imprigionate a causa del loro impegno. Amnesty International lancia nove azioni per il rispetto dei diritti umani delle donne in altrettanti paesi: Afghanistan, Grecia, Haiti, Iran, Iraq Liberia, Nepal, Sudafrica e Venezuela. Il gruppo mantovano di Amnesty prende parte all'azione globale e invita a sottoscrivere gli appelli sul sito www.amnesty.it. Gruppo Mantovano di Amnesty International APAM Quanti disagi con le nuove linee Oggi pomeriggio, diretti in centro, alla fermata dell'Apam in viale Vaschi-piazza D'Acquisto costatiamo che l'autobus, invece di arrivare all'orario stabilito, sul display è previsto in arrivo dopo 11 minuti. Non faccio in tempo a commentare il mio disappunto, che vedo spuntare il pulmino della nuova circolare CC, da lì a un minuto, (che senso hanno allora gli 11 minuti segnalati?) siamo tutti in viaggio. Oggi, penso, è un giorno fortunato. Dopo un paio d'ore, in via Verdi ci apprestiamo a riprendere la stessa circolare che sul pannello è indicata in arrivo. Invece, non si vede e anzi, da lì a pochi minuti il tabellone annulla la scritta precedente e annuncia un'attesa di 11 minuti. Accidenti, questa volta non mi sento fortunato. Il pannello segna 8 minuti all'arrivo, quando pensiamo, anziché stare fermi sotto l'ombrello, di avere tutto il tempo per recarci alla fermata successiva, quella accanto alla chiesa di S. Lorenzo: ma non facciamo in tempo ad arrivare che l'autobus ci supera, una lieve corsa ci permette comunque di poter salire esattamente alle 17,45. Arrivati in viale Risorgimento, mi sorprendo nel costatare che il mezzo fa un giro intono all'isolato dei Vigili del Fuoco per ritornare poi sullo stesso viale Risorgimento. A questo punto mi viene il dubbio di poter mai tornare a casa mia; chiedo se avrò la possibilità di arrivare in viale Vaschi e l'autista mi assicura che, dopo essere passato da corso della Libertà, proseguirà lungo Pradella ricalcando il vecchio percorso della ex Circolare Tre. Purtroppo dopo la lunga fermata effettuata in corso della Libertà, anche se il tabellone luminoso all'interno della vettura indicava la fermata in corso Vitorio Emanuele 1, l'autista gira per via Bonomi rifacendo daccapo il percorso verso il centro. Alla richiesta di spiegazioni, da parte mia e di altri viaggiatori ugualmente allarmati, l'autista ci annuncia che via telefono ha ricevuto l'ordine di rifare il giro. Inoltre non ricorda di avermi garantito l'arrivo in viale Vaschi. Mia moglie ha difficoltà di deambulazione: solo per questo motivo non cedo alla tentazione di scendere... Finalmente, dopo aver ammirato per seconda volta Mantova al crepuscolo sotto una pioggia battente, ritorniamo in Pradella, dove l'autista abbandona velocemente il mezzo lasciando il motore in moto, senza perciò attendere il collega di turno. Quest'ultimo si mette alla guida un po' meravigliato di non trovare il collega, e ci deposita finalmente nei pressi di casa, dopo 59 minuti di sequestro sulla lunga tratta via Verdi-viale Vaschi. Con tutta la buona volontà e pur concedendo che su un nuovo percorso possano verificarsi inconvenienti, vi pare un sistema per incentivare l'uso dei mezzi Apam? Franco Maffezzoli

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tutti senza alcuna distinzione. In questa terra più che mai un vescovo è chiamato ... (sezione: Diritti umani)

( da "Alto Adige" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

tutti senza alcuna distinzione. In questa terra più che mai un vescovo è chiamato ... tutti senza alcuna distinzione. In questa terra più che mai un vescovo è chiamato ad essere riferimento non solo di chi si riconosce nella chiesa cattolica, ma anche di tutti coloro che lavorano per il bene comune. Joseph Gargiter (che fu vescovo di Bressanone dal 1952 e di Bolzano-Bressanone dal 1964 al 1986) si spese totalmente per dare all'Alto Adige un contributo di pacificazione in anni tutt'altro che facili. Era il dopoguerra, tempo di ricostruzione più morale che non materiale. La chiesa locale e la popolazione apparivano percorse da divisioni, incomprensioni e rancori. Gargitter intuì che andava ricercata una via concreta per dire che al di là delle differenze di lingua, di idee e di scelta, c'è qualcosa che impone agli uomini di agire nel senso della reciproca appartenenza. C'è un'unità che viene prima delle divisioni, c'è una comunanza di valori che precede le differenze culturali. Egli si profilò come un pastore capace - pur tra le incomprensioni - di rivolgersi con coraggio a tutti i gruppi linguistici e lavorò per la creazione di una diocesi il cui territorio coincidesse con quello della provincia. Solo così si sarebbe potuto dare risposta ai problemi comuni partendo da una guida pastorale unitaria. Il suo successore Wilhelm Egger (vescovo dal 1986 fino allo scorso agosto) raccolse l'eredità di Gargitter sforzandosi di consolidare la via dell'unità. Il suo motto - "syn" - lo dice chiaramente. "Insieme" significa che anche le differenze hanno senso se vissute come contributo originale che ognuno apporta ad un contesto di comune appartenenza. Si trattava ora di dare contenuto pratico e quotidiano ad una unità che rischia sempre di rimanere nel campo delle buone intenzioni se non viene tradotta in scelte, comportamenti e atteggiamenti. Egger operò in un periodo storico in cui, conclusa la vertenza internazionale attorno al "caso altoatesino", sembrava che si potesse finalmente "parlare d'altro". Tuttavia una realtà di confine non cessa mai di far emergere contraddizioni e di lanciare sfide. Non è mai opportuno abbassare la guardia. Così proprio nel momento della pacificazione emergevano nuovi "disagi" a dire che il modello adottato, per quanto buono, è sempre lontano dall'essere perfetto. Da quei tardi anni'80 il mondo è cambiato completamente. In Italia il terremoto ha sconquassato una realtà politica producendo nuovi precari equilibri; l'Europa prosegue con costanza (e con fatica) il suo cammino di unificazione; le tensioni Est-Ovest hanno lasciato il posto alle cosiddette "guerre di civiltà"; i nazionalismi hanno insanguinato i Balcani e gli interessi economici hanno spinto a guerre in Africa e in Medio Oriente. La globalizzazione pervade ogni settore, dall'economia, all'ambiente alla comunicazione. E si diffonde la sfiducia nel futuro, il pessimismo globale. In questa realtà un poco inquietante mons. Karl Golser sa che nulla è più scontato: non la tolleranza, non i diritti umani, non la stessa possibilità di sopravvivenza del genere umano. La vera sfida è e rimane la pace. Una pace intesa come pienezza di umanità, come dignità riconosciuta per tutti, come giustizia e armonia, pur nelle differenti situazioni e culture. E poiché questa "pace" sembra oggi davvero una chimera ecco che Golser, uomo di chiesa, suggerisce di ancorarla, per così dire, al di fuori dell'uomo stesso, in un "luogo" sicuro. Ecco perché egli mette Cristo a fondamento della pace. Ciò non significa rivendicare una "pace cristiana". Infatti la pace riguarda tutti indistintamente. Però i cristiani possono riconoscere in Cristo il fondamento della pace. Questo darà loro fiducia quando si troveranno di fronte ad un fallimento e d'altra parte li carica di responsabilità: è come dire che coloro che lavorano contro la pace operano contro Cristo stesso. Un'idea questa, non senza conseguenze. Mons. Golser è un esperto di etica, cioè di valori. In questo tempo in cui prevalgono un pragmatismo amorale ed una sfiducia che conduce all'individualismo e al privato, è quanto mai opportuno che ci sia qualcuno in grado di dare concretezza alle idee, di suggerire comportamenti coerenti e di offrire indicazioni su come perseguire la pace con mezzi adeguati. Questa terra, l'Alto Adige Sudtirolo, si attende molto dal suo nuovo vescovo. Ma è meglio non dimenticare che la pace autentica si raggiunge solamente con il contributo di tutti, di ogni singolo cittadino ed in particolare di coloro che formano la classe dirigente. Paolo Valente

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Donne, ancora luci e ombre (sezione: Diritti umani)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

FESTA DELL'8 MARZO Donne, ancora luci e ombre Caro direttore, si dice comunemente che la donna è l'altra metà del cielo, ma purtroppo questo cielo non splende ancora di luce propizia per gran parte delle donne del pianeta. Sono molti e drammatici i motivi che impediscono una vita dignitosa, il realizzarsi non solo di pari opportunità, utilizzo di risorse ed autodeterminazione, ma spesso dei più elementari diritti umani. Sarebbe infinitamente piacevole poter scrivere che le donne del pianeta terra in festa per l'8 marzo, Festa internazionale della donna, vedono finalmente realizzato il grande sogno dell'emancipazione. Dopo secoli di sottomissione hanno chiaramente compreso che la loro emancipazione dipende, in primo luogo, dal grado di istruzione e consapevolezza raggiunto, dalla capacità di lotta, dalla partecipazione attiva nel processo politico in corso, dai risultati che unitamente saprano raggiungere. Questa premessa ha la propria radice nella storia dell'evoluzione femminile, così com'è andata precisandosi e configurandosi nel corso dei secoli e si connota come l'elemento decisivo che ha profondamente mutato la condizione della donna. Ciò non significa che le tappe raggiunte sono uguali e definitive su tutto il fronte, al contrario l'evoluzione del rapporto con l'altro sesso è caratterizzata da «luci e ombre»: molto è stato fatto, ma ancora molto resta da fare. Oltre 14 milioni di donne italiane vittime di stupri, violenza fisica o psicologica, nella maggior parte dei casi ad opera dei propri partners; circa 1.100.000 hanno subìto comportamenti persecutori. In larghissima parte (oltre il 90%) le violenze non vengono denunciate. È l'inquietante risultato emerso da una indagine realizzata dall'Istat. Sul piano dell'uguaglianza vi sono ancora ragguardevoli ostacoli da superare, ad iniziare dalla discriminazione, ma anche il superamento di questa condizione avanza sui binari dello sviluppo economico, sociale e culturale, col superamento della povertà. Nel delineare, sia pure sommessamente, una strategia, occorre tenere conto delle diverse sfaccettature che il problema della parità presenta, avendo riguardo del peso politico elettorale delle masse femminili e della pressione che può essere esercitata per fare avanzare le loro legittime rivendicazioni. Se consideriamo la Costituzione repubblicana, ad essa dobbiamo riferirci sul piano nazionale; così come dobbiamo riferirci sul piano internazionale agli obiettivi prefigurati dalle Nazioni Unite, che indicano nell'uguaglianza, nello sviluppo e nella pace i traguardi che le donne devono raggiungere. È nel contesto storico politico presente che occorre reclamare con forza, realisticamente, è nelle diverse articolazioni dello Stato, Regioni, Province e Comuni che si deve particolare riguardo alla questione femminile e segnatamente: che i parlamentari siano sollecitati ad operare sul piano legislativo, ad uniformarsi alle richieste delle Nazioni Unite; che i Governi promuovano più opportunità educative, di impiego, di remunerazione, di formazione, di accesso alle strutture sanitarie, culturali e ricreative; che le Regioni istituiscano osservatori aperti al volontariato per vigilare, promuovere, sollecitare interventi, garantire le condizioni di pari dignità a tutti i livelli, divulgando informazioni riguardanti i diritti comuni. Non saremo certo noi ad insegnare alle donne le strade che devono percorrere per liberarsi dall'apartheid, per conquistare una Patria libera, per la pace, per riemergere dalle profonde solitudini, dallo sconforto, per liberarsi dall'indigenza, dall'emigrazione forzata, dalla violenza, dalla prostituzione coatta. La priorità assoluta nella difesa della dignità va alle donne che vivono in stato di schiavitù. Perciò, viva l'8 marzo, Festa delle donne di tutto il mondo. Ma con uno sguardo vigile in difesa delle conquiste, di quelle che ancora aspettano di essere realizzate. Avendo presente, come disse la donna che veniva dal Kosovo, madre Teresa di Calcutta, che «se realizzi i tuoi obiettivi troverai falsi amici e nemici veri. Non importa, realizzali!». Renato Bettinzioli

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<Il mio 8 marzo? Sola e reclusa in casa> (sezione: Diritti umani)

( da "Giornale.it, Il" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

n. 58 del 2009-03-08 pagina 13 «Il mio 8 marzo? Sola e reclusa in casa» di Gian Micalessin La moglie di Chen Guangcheng, un dissidente incarcerato dal regime comunista cinese per aver denunciato la politica degli aborti forzati sulle donne, racconta i soprusi a cui è stata sottoposta in questi anni dalla polizia «L'ho rivisto a dicembre, era la prima volta da quando nel 2006 l'hanno condannato e sbattuto in carcere. Non è stato bello... stava malissimo era piegato dalla dissenteria... ha un'infezione intestinale, ma loro non lo curano, non gli danno nemmeno l'acqua bollita. In quelle condizioni può solo peggiorare. Mi è preso un colpo, non credevo di trovarlo in quello stato... alla fine abbiamo parlato solo della sua malattia, delle sue condizioni che peggiorano giorno dopo giorno. Da allora non penso ad altro... domani è la festa della donna, ma per me c'è poco da festeggiare... l'8 marzo lo passerò sola e prigioniera». La voce di Yuan Weijing echeggia lontana, rimbomba in quella casa di Linyi nella remota regione orientale della provincia cinese di Shandong. Lei ha 33 anni e un tempo sognava solo di fare l'insegnante. Poi quattro anni fa l'incubo. Le autorità del posto sono accusate da Pechino di non applicare le regole sulla limitazione delle nascite. I burocrati reagiscono, costringono settemila donne incinte ad abortire, condannano alla sterilizzazione forzata chiunque abbia già figli. L'unico ad opporsi è il marito di Yuan. Si chiama Chen Guangcheng, è un ragazzo cieco con il pallino della legalità. Non ha potuto laurearsi, ma ha seguito i corsi di legge all'università, ha studiato diritto per passione. La tragedia delle donne di Linyi diventa la sua battaglia. Denuncia i soprusi, difende le vittime, accusa il partito. Grazie a lui il mondo scopre gli orrori della legge sul figlio unico e la tragedia di 130mila cinesi costrette, ogni anno, all'aborto forzato. Il regime sbatte in carcere Chen e - nel novembre 2006 - lo condanna a 4 anni e 3 mesi di galera. Yuan prende il suo posto, si trasforma in una pasionaria in lotta per i diritti delle donne e di quel marito cieco e senza colpe condannato a marcire in galera. Ma oggi Yuan Weijing, raggiunta al telefono dal Giornale, racconta di sentirsi triste, sola e dimenticata. «Sono sola e prigioniera, loro sono lì sotto, se mi affaccio li vedo. Non mi fanno uscire, non mi fanno andare da nessuna parte, posso solo far la spesa e mi seguono anche lì. Mi hanno tagliato il telefono di casa per togliermi internet, non posso leggere i giornali, non posso incontrare nessuno. L'unico legame con il mondo esterno è questo cellulare. Se mi chiede dell'8 marzo e della festa della donna le posso raccontare come sarà il mio, sarà una giornata triste e oscura, sarà la giornata di una donna prigioniera e sorvegliata a vista». È sicura di poter parlare? «Perché non dovrei? Cos'altro mi possono fare? Hanno condannato mio marito con accuse ridicole, hanno distrutto la mia famiglia, mi hanno tolto la libertà e ora cercano di seppellirmi viva. Ho dovuto mandare mio figlio da mia madre, a cento chilometri da qui, altrimenti non poteva neppure andare a scuola... dopo questo cosa possono farmi ancora? Dico solo la verità, non posso aver paura». Chi sono quelli che la controllano? «All'inizio erano poliziotti o funzionari, ora sono gente comune assoldata dal governo per controllarmi, rendermi la vita impossibile, proibirmi di vedere chiunque, isolarmi dal mondo. Qui nelle campagne è pieno di disoccupati pronti a tutto per qualche soldo. Con un lavoro regolare guadagnerebbero 30 yuan (3 euro) al giorno, facendo la guardia a me ne prendono cento... capirà che i volontari non mancano. E il governo non può venir accusato di nulla». La Cina dichiara di rispettare i diritti umani. «Sicuramente non quelli di mio marito o i miei. Chen è cieco ed ora pure malato, per legge non dovrebbe stare in prigione. Ho chiesto la scarcerazione e mi hanno risposto che per lui questo diritto non vale. Ho chiesto una visita medica e non mi hanno risposto. Hanno usato accuse false per imprigionarlo e ora lo tengono in condizioni disumane. Sua madre l'ha visto un mese fa e racconta che sta sempre peggio. Lei pensa che i nostri diritti siano rispettati? Non ho commesso nessun reato, nessuna irregolarità e mi hanno sepolta viva. Mio marito non ha mai commesso nulla d'illegale ed è in prigione. Lui lo diceva, in Cina la legge scritta è una cosa, la realtà un'altra». Perché lo vogliono in prigione? «Per condannarlo a 4 anni e 3 mesi l'hanno accusato di aver bloccato il traffico e danneggiato la proprietà pubblica, ma sono invenzioni... le autorità lo odiano perché ha fatto perder loro la faccia. Lui era inorridito da quanto succedeva qui attorno. Ogni giorno cento donne d'ogni villaggio erano costrette alla sterilizzazione forzata. Il distretto conta 12 villaggi e quindi solo qui c'erano quotidianamente 1200 sterilizzazioni. Lui non lo sopportava, non riusciva a tacere. Voleva eliminare quelle pratiche, cancellarle. La legge, diceva, non lo permette, ma loro se ne fregano, perseguitano le donne per far bella figura con il partito. Lui li ha svergognati e loro ora non lo perdonano». Come funziona la legge sul figlio unico? «Dopo il primo figlio maschio ti propongono, ma in verità ti costringono, la sterilizzazione forzata. Se hai avuto una femmina puoi farne un altro, ma dopo è finita, devi farti sterilizzare. La legge non lo prevede, ma se rifiuti prendono tuo marito, tua madre, tuo padre, tutti i parenti... fino a quando non ti presenti. Qui nelle campagne tutti però tentano di trasgredire... i contadini hanno bisogno dei figli per lavorare i campi e farsi mantenere da vecchi». Come scoprono chi è incinta? «Le donne in età fertile devono sottoporsi a controlli periodici, chi resta incinta senza permesso del governo viene fatta abortire. Qualcuna sfugge ai controlli spostandosi con la scusa del lavoro, ma dopo un paio di controlli saltati ti mandano a cercare... chi fa la spia riceve dei premi e quindi prima o dopo vieni denunciata e costretta all'aborto anche se sei all'ultimo mese». Chi l'aiuta? «Nessuno. Sopravvivo con i soldi dei premi che mio marito ha ricevuto dall'estero. La gente qui sa che non abbiamo fatto nulla di male, ma se lo tiene per sé. È povera gente: magari ci sostiene moralmente, ma non ha né la forza, né il coraggio di far nulla. Qui se alzi la testa il regime ti schiaccia». Spera ancora? «Spero che lo liberino, spero di rivederlo, spero in voi che avete la libertà e potete raccontare la nostra storia. Solo così non verremo dimenticati. Solo così forse torneremo a vivere». © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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concretezza e mistero nelle vicende umane (sezione: Diritti umani)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Pagina 19 - Pordenone Concretezza e mistero nelle vicende umane Le nostre vicende umane si svolgono quotidianamente concentrando concretezza e mistero; possiamo leggere gli atteggiamenti, i comportamenti, i fatti fenomeno logicamente, per come si realizzano. Nello stesso tempo siamo rinviati alle dimensioni più profonde, percepibili con minore evidenza rispetto alle quali le nostre interpretazioni ed espressioni risultano inadeguate: possono ugualmente riguardare i sentimenti, l'amore, l'amicizia, le delusioni, la malattia, il dolore, la morte, la fede. Ci stupiamo infatti di noi stessi per vissuti e situazioni inedite positive e negative, lo stesso nei confronti degli altri. Dato che nella vita sono decisive le relazioni è riguardo a esse che le sorprese e le smentite sono maggiormente significative. Di noi stessi e degli altri spesso viviamo una concezione fatta da pregiudizi, da giudizi, da schemi interpretativi scontati che possono occultare dimensioni interiori presenti, ma ancora sconosciute o appena intuite. Ugualmente si può essere suggeriti e coinvolti talmente da una determinata e strumentale interpretazione della realtà da prestare a essa credito, anche se di fatto la realtà è diversa e come tale va scoperta con l'attenzione, l'osservazione, lo studio, la rilevazione, i contributi, i confronti veritieri. Il Vangelo di questa domenica (Marco 9, 2-10) ci racconta l'esperienza della trasfigurazione; cioè dell'intuizione e della percezione che i tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni hanno vissuto riguardo alla profondità umano-divina della persona di Gesù, oltre la sua figura fino a quel momento da loro conosciuta. L'esperienza è avvenuta su un alto monte, luogo della solitudine, della riflessione, della contemplazione e della preghiera. Per narrarla l'autore del Vangelo utilizza il linguaggio e i simboli propri della cultura e delle religione di quel tempo: gli abiti di Gesù diventano splendidi e bianchissimi; la nube, segno nella Bibbia della presenza di Dio, avvolge le persone presenti e una voce da essa si fa sentire: «Questo è il figlio unico, che io amo. Ascoltatelo!»; lo stato di beatitudine dei discepoli: «Maestro, è bello per noi stare qui! Prepareremo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Infatti sono presenti a far emergere la memoria storica anche Elia, il profeta della fede autentica, per questo perseguitato e costretto a fuggire e Mosè, leader del cammino di liberazione del popolo dalla schiavitù dell'Egitto. L'esperienza è illuminante e coinvolgente proprio la profondità dell'essere: ha un conclusione nel tempo cronologico e i discepoli vedono di nuovo Gesù solo. Mentre scendono dal monte il Maestro ordina di non raccontare a nessuno quell'evento prima che il Figlio dell'uomo sia risorto dai morti. I discepoli ubbidiscono a quest'ordine, ma discutono fra loro che cosa Gesù voglia dire con le parole "risorgere dai morti". Come quel giorno su quel monte hanno sperimentato i tre discepoli, anche noi abbiamo vissuto e possiamo vivere esperienze profonde di trasfigurazione: cioè dell'andar oltre le situazioni considerate normali, abituali, scontate, già conosciute; possono essere il silenzio la contemplazione, la preghiera, la rivelazione profonda dell'anima nell'amore e nell'amicizia, la percezione della dedizione gratuita, della fedeltà perseverante. Anche la corporeità che esprime la profondità dell'anima nei momenti belli e positivi, e nelle situazioni di malattia, di sofferenza, di morte. La trasfigurazione conduce all'essenzialità, alle dimensioni che veramente valgono, che resistono, che permangono e ci rivela tutte le situazioni di ingiustizia, di violenza, di guerra, di umiliazione della dignità e dei diritti umani delle persone. È molto importante vivere esperienze di trasfigurazione per contribuire a trasfigurare la realtà in modo che le figure siano sempre più figure umane. È fondamentale che la ricchezza di queste esperienze di luce e profondità si depositano nel patrimonio interiore, a cui poter attingere nei momenti di particolare fatica, oscurità e dolore.

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violenza contro le donne la provincia ha un piano (sezione: Diritti umani)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

La festa dell'8 marzo. Osservatorio con i Servizi sociali, l'Ass e le forze dell'ordine Documento unitario approvato nel corso di un consiglio straordinario Violenza contro le donne la Provincia ha un piano La promozione di campagne di informazione contro la violenza sulle donne, di un osservatorio in sinergia con servizi sociali, Ass e forze dell'ordine e di un programma di educazione sui diritti umani, oltre a un preciso impegno per il progetto "Una casa per ricominciare": sono queste le richieste contenute nell'ordine del giorno approvato, ieri mattina, all'unanimità dal consiglio provinciale, nell'ambito della seduta pubblica tematica promossa alla vigilia della Giornata internazionale della donna. Promotrici dell'ordine del giorno, che impegna sia la giunta che il presidente, sono state le consigliere provinciali Angela Giorgione e Silvia Altran. Il testo prende le mosse dalla considerazione che i fenomeni di violenza sulle donne sono sempre più frequenti e che nel 95 per cento dei casi i maltrattamenti avvengono tra le mura di casa, per fare poi riferimento alla Costituzione, alla Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1994, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e alla legge 154 del 2001 contenente le misure contro la violenza nelle relazioni familiari. L'ordine del giorno intende porre rimedio alle violenze attraverso quella che è definita una vera e propria mobilitazione istituzionale, comprendente quattro punti. Il primo è la promozione di iniziative di sensibilizzazione e di campagne contro le violenze sulle donne e sui minori e ogni forma di discriminazione, in collaborazione con la commissione Pari opportunità della Provincia. Si richiede poi l'istituzione di un osservatorio, in accordo con i servizi sociali, con l'Ass e con le forze dell'ordine: con il compito di coordinamento e di monitoraggio delle azioni di contrasto alla violenza sulle donne. Terzo punto è la promozione di un programma di educazione e di formazione sui diritti umani per le scuole, come nella campagna di Amnesty international "Mai più violenza sulle donne". Infine il presidente e l'assessore competente sono impegnati a essere portavoce nei confronti della Regione per accertarsi che siano aumentati gli stanziamenti per "Una casa per ricominciare". Agli altri tre consigli provinciali del Friuli Venezia Giulia sarà chiesto di approvare l'ordine del giorno, inoltre tutti i componenti del tavolo tecnico provinciale saranno contattati per il rinnovo del protocollo d'intesa per il coordinamento delle azioni. I lavori sono stati introdotti dal presidente del consiglio provinciale, Alessandro Fabbro: «Quando le consigliere Giorgione e Altran mi hanno proposto un consiglio provinciale tematico alla vigilia della Giornata internazionale della donna, ho acconsentito immediatamente, perché hanno voluto fortemente scrivere un documento da cui nessuna forza politica si sentisse esclusa. Con questo spirito è nato un documento condiviso, di principi e contenuti, di idee e impegni, che vincolerà l'amministrazione ad azioni che manterranno questa Provincia nelle posizioni più avanzate su questi temi». Francesca Santoro

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Don Giuseppe Monticelli Il ricordo di un sacerdote eccezionale Spettabile redazione, questa lettera è per ringraziare pubblicamente una persona speciale che è venuta a mancare prop (sezione: Diritti umani)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Don Giuseppe Monticelli Il ricordo di un sacerdote eccezionale Spettabile redazione, questa lettera è per ringraziare pubblicamente una persona speciale che è venuta a mancare proprio in questi giorni --> Domenica 08 Marzo 2009 LETTERE, pagina 29 e-mail print Don Giuseppe Monticelli Il ricordo di un sacerdote eccezionale Spettabile redazione, questa lettera è per ringraziare pubblicamente una persona speciale che è venuta a mancare proprio in questi giorni. Don Giuseppe Monticelli non c'è più, ma il suo ricordo rimarrà sempre vivo. Sincero e disinteressato è stato il suo contributo pastorale alla nostra comunità parrocchiale di Gandosso. Diversi anni fa abbiamo avuto l'opportunità e la fortuna di condividere con lui il nostro cammino di fede e ci ha arricchito di umanità, di sensibilità e di apertura verso i più deboli e i più bisognosi. Ha sempre accolto tutti con il suo grande sorriso aperto e cordiale. La sua intelligenza insieme alla grande ricchezza d'animo fanno di lui una persona veramente indimenticabile. Grazie don Giuseppe. Lettera firmata Spot sull'ateismo Una provocazione che ci costringe a riflettere Spettabile redazione, ho appreso la tremenda notizia dalla televisione e dai giornali: «Dio probabilmente non esiste, goditi la vita». E adesso come facciamo? L'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti ha lanciato la campagna pubblicitaria per l'ateismo con queste scritte comparse a caratteri cubitali sugli autobus di alcune importanti città del mondo occidentale. Per fortuna che, in omaggio al razionalismo, è stato utilizzato il calcolo delle probabilità: «probabilmente» non significa «sicuramente», quindi abbiamo ancora qualche speranza. Speriamo che rifacciano i calcoli. Rifate i calcoli, amici atei, rifateli a mano però, senza la calcolatrice. Grazie anche per avermi detto che posso godermi la vita, da solo non sarei mai riuscito a capirlo. Naturalmente, a parte gli scherzi, dipende da cosa si intende per «godersi la vita». Per troppe persone oggi godersi la vita significa fregare il prossimo, egoismo, individualismo. Per altri significa estraniarsi dalla realtà. Ma non è certamente questo il caso dell'Associazione atei, loro hanno una tradizione culturale e filosofica di tutto rispetto. Mi piace quindi pensare che anche un ateo possa essere d'accordo con Sant'Agostino. Egli, in una lettera indirizzata ad una signora romana e commentata dal Papa nel capitolo 11 dell'enciclica Spe Salvi, scrisse: «In fondo vogliamo una sola cosa, la vita beata, la vita che è semplicemente vita, semplicemente felicità». Ecco dunque, amici, la domanda che è scritta nel cuore di ogni uomo, il desiderio di ciascuno di noi: la vita beata. Una notizia interessante è che nemmeno gli atei mettono più in discussione l'esistenza storica di Gesù Cristo. Come nessuno può ragionevolmente dubitare che siano esistiti Giulio Cesare, Carlo Magno, Napoleone, Garibaldi, così nessuno, neppure un ateo, può ragionevolmente dubitare dell'esistenza storica di Gesù. È già un buon punto di partenza, e «probabilmente» anche di arrivo. Mi dispiace non essere un bravo cristiano. Mi dispiace per il Signore, per la Chiesa, per la mia famiglia e la mia comunità, per la gente che incontro. Mi dispiace essere un cristiano part-time, tuttavia non posso tacere il presentimento soave che la vita beata c'entri qualcosa con Gesù, con Cristo che era, è e sarà. Di più non so dire, ognuno è libero. Libero di scommettere e puntare, qualcosa o tutto, su chi vuole. Comunque è doveroso ringraziare gli amici atei perché la loro provocazione ci costringe ad un'autocritica: se il mondo ci vede come persone che non sanno godersi la vita significa che dobbiamo cambiare qualcosa. Dobbiamo ritrovare l'essenziale, lasciar perdere i formalismi, la presunzione che spesso abbiamo di essere migliori degli altri, l'ossequio forse a volte un po' eccessivo verso i ricchi e i potenti. L'essenziale non ha involucri, né vesti preziose. L'essenziale è un bambino, quel Bambino che da oltre duemila anni ci chiede di essere riconosciuto e accolto e che troppo spesso trova porte chiuse proprio in noi cristiani. L'altro motivo per il quale dobbiamo ringraziare gli atei è che essi hanno fatto da tramite, anche senza saperlo, alla Provvidenza. È straordinario vedere quali strumenti sa usare la Provvidenza, quale fantasia, quale astuzia. Stavolta ha utilizzato degli autobus per proporci un viaggio spirituale, la meta non è una località turistica ma un luogo dell'anima. Autobus che ci riconsegnano a noi stessi, il viaggio della vita, il viaggio alla ricerca di Colui che ci ha già trovato. E tutto a costo zero! Le spese infatti sono state gentilmente pagate (è il colmo!) da un'associazione di atei. Questo sì che è godersi la vita! Carlo Vallenzasca Seriate lazec@libero.it Dopo la riforma Gelmini L'amarezza di una prof di Diritto Spettabile redazione, quanta disillusione? Ore otto, sala professori di un liceo di scienze umane. Sono arrivata, come al solito in anticipo sul mio orario, è un mio difetto, sì, nonostante ciò che dice l'on. Brunetta e parte dell'opinione pubblica, anche gli insegnanti a volte vanno a lavorare, nonostante il clima intorno induca alla fuga. Sto pensando all'argomento da fare oggi in classe, affinché i miei ragazzi, sempre attenti e riflessivi e non atti al bullismo, capiscano la bellezza della Costituzione, risultato di un lungo cammino, e del diritto. Dopo un trimestre «speso» a far capire l'articolo 2 della Costituzione sui Diritti Umani, l'attualità della Dichiarazione universale diritti umani e a dare ad ognuno un lavoro da fare sulla violazione della stessa, che gioia sentirli parlare dei bambini-soldato, degli squadroni della morte, della figura di Gandhi, che tenerezza vedere l'incontro dei saperi, e che gioia trasmetterla. Ed oggi «toccherà» all'articolo 3 della Costituzione sull'uguaglianza, e sarà entusiasmante vedere l'incontro tra le idee dei «miei» ragazzi, scardinare gli eventuali pregiudizi, considerare il lavoro dei Padri costituenti, far vedere i filmati dell'istituto Luce. E così creare futuri cittadini consapevoli, non pilotando le loro idee, la coscienza e la professionalità non lo consentirebbe, ma cercando di farli crescere e capire la realtà che attraversano per essere poi in grado di creare un mondo diverso da quello che abbiamo creato noi adulti. Si, perché nel mio cuore di docente con tanti anni di insegnamento alle spalle, ma ancora con tanto entusiasmo, alberga la tristezza che tutto ciò avrà una fine. Riforma Gelmini, applicazione 2010, poche fredde parole (anche se nella lettura degli obiettivi ridondanti di paroloni), e prospetti orari che determinano l'abolizione del diritto da tante scuole e l'insegnamento della Costituzione effettuato dai docenti di lettere, storia? e noi della AO19? Ma che importanza vuoi che abbia per chi ha raggiunto i vertici del potere, legiferare che una materia, anziché un'altra sarà insegnata da una classe di concorso anziché un'altra. La politica è così, vero? Certamente i saperi si possono incrociare, completarsi, ma le reali competenze appartengono a chi ha approfondito, studiato per tanti anni alcune tematiche che lo hanno appassionato, coinvolto, ma a chi dirlo in un clima di finta democrazia? Chi ascolterà le parole di un docente, uno dei tanti, che, comunque, nonostante tutto, continuerà a credere fermamente della delicatezza del proprio compito e nell'educazione alla legalità! Rosanna Lioveri Bergamo «Casta» e disoccupazione I politici assumano personale Spettabile redazione, mi si conceda, sulle orme di altri lettori, un piccolo sfogo contro certe vergogne di questo governo. In primo luogo, anche se l'argomento è già stato trattato fin quasi alla nausea (ma purtroppo mai recepito), sugli emolumenti dei vari onorevoli, senatori, assessori, segretari e via dicendo, che suonano come uno schiaffo al povero operaio, pensionato, cassaintegrato, ecc. Non è sicuramente con lo stomaco pieno che si possono affrontare nel modo migliore certe crisi: chi ha fame si arrabatta per un tozzo di pane e questo dovrebbero provarlo anche loro. Perché allora, con certi stipendi, non li si obbliga ad assumere, di tasca loro e senza ovviamente scaricarlo come spese di rappresentanza o quant'altro, un cameriere in più, o un autista, un giardiniere, un factotum od una segretaria? Si risolverebbe almeno parzialmente il problema della disoccupazione e loro non ne risentirebbero più di tanto. Oltretutto il governo ha ammesso, con molto ritardo, la gravità della crisi, questo a dimostrazione che da quelle parti non si sente più di tanto. E visto che attualmente si parla molto della legge Brunetta su sfaticati, lavativi, lazzaroni ed assenteisti, l'argomento che avete trattato non molto tempo fa sugli europarlamentari, non certo assidui frequentatori anche per questioni importanti che ci riguardano personalmente (vedi Cesare Battisti), capita a fagiolo: perché il dipendente pubblico viene punito da questa legge e loro no, senza ovviamente dimenticare i vari onorevoli e senatori? Non hanno forse gli stessi diritti-doveri? Anzi, per la posizione che si trovano ad occupare dovrebbero essere l'esempio. E i «pianisti»? Nelle aziende un dipendente che timbra il cartellino al posto di un collega viene licenziato. Questo e tanto altro ancora mi spinge a pensare che il governo ami rivisitare il vecchio adagio che dice: «Armiamoci e partite!». E qui mi fermo per rispetto al vostro giornale sulla brevità degli articoli, ma ci sarebbero molte colonne da riempire. Gianni Nosari Treviolo Endocrinologia Grazie Gianni bravo volontario in ospedale Egregio direttore, volevo attraverso il suo giornale ringraziare il signor Gianni, volontario nel reparto di Endocrinologia degli Ospedali Riuniti, per come amorevolmente si è preso cura di mia madre e di come ha risolto il problema burocratico che ci avrebbe costretto a ritornare di nuovo in ospedale, visto che non sono di Bergamo. Ho sempre dubitato, per esperienza vissuta in prima persona, sui servizi di volontario, ma dall'assistenza ricevuta dal signor Gianni mi sono ricreduta, ricreduta dal fatto che queste persone, che se pur non conosciamo, fanno il possibile per aiutare gli altri. Rinnovo i miei ringraziamenti al gentile signor Gianni. Con ammirazione. Laura Piscopo 08/03/2009 nascosto-->

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E adesso la gara riparte nel segno dell'altruismo (sezione: Diritti umani)

( da "Giorno, Il (Brianza)" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

SESTO pag. 20 E adesso la gara riparte nel segno dell'altruismo LA NUOVA EDIZIONE SESTO SAN GIOVANNI DALL'EUROPA unita al razzismo, dall'emancipazione femminile ai diritti umani. Sono alcuni dei temi su cui gli studenti sestesi hanno riflettuto e si sono confrontati da quando, nel 1987, è nato il concorso «Sesto e i suoi studenti». Ormai un appuntamento tradizionale, con oltre 400 lavori che arrivano ogni anno dalle scuole primarie e secondarie non solo di Sesto, ma anche di Cologno e Cinisello. «Volontari: un mondo di altruismo e solidarietà» sarà il tema della prossima edizione. Entro fine marzo gli elaborati dovranno pervenire al Comitato promotore, in vista della premiazione di maggio. V.B.D.

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LIBERTA' DI SOPRUSO (sezione: Diritti umani)

( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-08 num: - pag: 1 autore: di GIOVANNI SARTORI categoria: REDAZIONALE SCIOPERI E REGOLE LIBERTA' DI SOPRUSO Q uasi da sempre il diritto di sciopero è stato abusato dagli scioperanti e tollerato oltre ogni misura da tutti i nostri governi. Ora il governo Berlusconi si propone di disciplinarlo. è una decisione tempestiva e più che mai necessaria, visto che ci aspettano tempi durissimi di dilagante disoccupazione e, di riflesso, di esasperato «ribellismo» con blocchi di strade, ferrovie, aeroporti e anche di servizi pubblici: blocchi che saranno «cattivi», carichi di rabbia e infiammati dalla disperazione. Come qualsiasi indovino avrebbe indovinato, a Epifani, e con lui alla Cgil, la cosa non piace per niente. Tra le sue tante obiezioni emerge la tesi che il diritto di sciopero è una «libertà fondamentale». Sì, nei limiti; ma assolutamente no fuori limiti. La regola fondante di tutte le libertà è che la mia libertà non deve danneggiare né ostacolare la libertà di nessun altro. Cioè, la mia libertà è delimitata dalla libertà degli altri (e viceversa). Dal che si ricava che uno sciopero dei servizi o dei trasporti è una patente violazione dei diritti di libertà di tutti. Lo sciopero nasce, nell'800, nelle fabbriche, e in quel contesto il danno è tra le parti in causa, tra un prestatore d'opera e il suo datore di lavoro. Invece nell'odierno andazzo italico il cittadino diventa ostaggio, e anche vittima, di un conflitto che non lo riguarda. Libertà o sopruso? A me sembra libertà di sopruso. Tantovero che negli Stati Uniti lo sciopero dei servizi (ivi inclusi i trasporti) è quasi sempre vietato, e che i conflitti di questo tipo sono sottoposti ad arbitrato obbligatorio. Ricordo due casi. Nel 1981 i controllori del traffico aereo, forti della loro insostituibilità (così credevano), sfidarono il divieto di sciopero. Il presidente Reagan li licenziò tutti in tronco, e non mi risulta che furono mai reintegrati. Certo è che da allora nessuno si è riprovato. L'altro caso, quello della City Transit Authority di New York che ogni giorno fa entrare e uscire da Manhattan 7,5 milioni di passeggeri, è del 20 dicembre 2005. Quello sciopero, che era appunto illegale, non durò nemmeno due giorni. Il pomeriggio del 20 il giudice competente (proprio non siamo in Italia) impose al sindacato una multa di un milione di dollari al giorno. Il sindacato capitolò subito. Invece il nostro legislatore prevede multe individuali. Campa cavallo. Tornando in patria, sulla proposta che uno sciopero debba essere proclamato da un sindacato rappresentativo del 51 per cento della categoria in agitazione, Epifani obietta così: «Ma perché può scioperare il 51 per cento e il 49 no? Che senso ha?». La risposta è facile: ha esattamente lo stesso senso di tutte le decisioni prese a maggioranza. Quando poi votiamo con il principio maggioritario in collegi uninominali, può persino accadere che il primo, il più votato, prenda tutto (il seggio) con meno del 40 per cento dei voti. è la regola maggioritaria, bellezza. Sono tutte cose che Epifani sa benissimo. Proprio per questo mi sconcerta che qui il Nostro si atteggi a difensore dei suoi «nanetti», del pulviscolo dei micidiali sindacati autonomi (spesso di quattro gatti) che ci affliggono. E mi sembra un pessimo segno, perché gli scioperi selvaggi e le occupazioni non aiuteranno in alcun modo la crisi economica, ma anzi la aggraveranno. Essendo noi già malati gravi.

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Gli appunti segreti: così Reagan tentò di convertire Gorbaciov (sezione: Diritti umani)

( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-08 num: - pag: 12 categoria: REDAZIONALE Fede e politica Il leader sovietico sviò il discorso Gli appunti segreti: così Reagan tentò di convertire Gorbaciov Durante i colloqui a tu per tu del 1988 L'uomo della perestrojka ripeteva «Grazie a Dio», ma era un modo di dire. Replicò: «Sono battezzato ma non credente» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — «Slava Bogu », grazie a Dio, continuava a ripetere Michail Gorbaciov. è da sempre una delle esclamazioni più comuni e amate dai russi. E lo era anche al tempo dell'Unione Sovietica, segretario generale del partito compreso, con buona pace del comunismo ateo e materialista. Ma per Ronald Reagan quelle due parole, che spesso chiudevano o aprivano le frasi del suo interlocutore, erano un indizio, forse un inconscio segnale di fede. Eterno ottimista, il presidente americano che da falco si fece colomba e riaprì il dialogo con l'Impero del Male, era convinto che il leader della perestrojka fosse in grado di cambiare il sistema sovietico. E pensava che la religione potesse essere il grimaldello per riuscirci. Ma probabilmente Reagan fece anche di più. Secondo lo storico James Mann, della Johns Hopkins University, cercò addirittura di convincere segretamente il leader comunista dell'esistenza di Dio. Come rivela lo studioso in un saggio pubblicato ieri sul Wall Street Journal, avvenne nel 1988 a Mosca, durante il quarto vertice tra i capi delle due Superpotenze. A prova della sua tesi, Mann cita gli appunti presi dai consiglieri della Casa Bianca presenti al primo colloquio del summit moscovita, finora top-secret e da poco accessibili nella Reagan Library, la biblioteca presidenziale di Simi Valley, in California. Dopo aver parlato di coesistenza pacifica e diritti umani, la conversazione prese una piega inattesa. Secondo i resoconti, Reagan disse a Gorbaciov che quanto stava per dirgli doveva rimanere assolutamente segreto e che se mai qualcosa fosse trapelato, lui avrebbe negato tutto. Poi il presidente cominciò a parlare in favore della tolleranza religiosa in Urss, apprezzando le aperture del segretario generale verso la Chiesa Ortodossa, ma chiedendogli cosa ne pensasse di inserire la libertà di professione religiosa, di tutte le fedi, fra i diritti del popolo. Gorbaciov, battezzato ma non credente, aggirò la domanda. Cercò di ridimensionare il problema religioso in Urss, ammettendo gli eccessi del passato, ma in fondo promettendo che la perestrojka, espandendo la democrazia avrebbe allargato anche gli spazi di libertà della religione. Fu a questo punto, racconta Mann, che Reagan cambiò passo. E da un sforzo in favore della tolleranza religiosa, si cimentò in un diretto tentativo di promuovere la fede del suo partner in Dio. Disse di avere la lettera di una vedova di un soldato sovietico, morto durante la Seconda Guerra Mondiale, un non-credente che prima di essere ucciso in battaglia scrisse alcune parole su un foglio, pregando che Dio lo accettasse. Gorbaciov provò a cambiar tema, parlando della cooperazione nello spazio. Ma Reagan non si lasciò sviare, notando come lo spazio stia in direzione del cielo. E mentre l'incontro si avviava alla fine, il presidente si fece via via più insistente e personale. Citò perfino il caso di suo figlio Ron, anche lui ateo come Gorbaciov: «Il presidente — raccontano le minute — disse che il suo più grande desiderio era di servire a suo figlio il pranzo più squisito per poi chiedergli se credesse che ci fosse un cuoco ». La conversazione finì su queste note. Secondo uno dei consiglieri che riassunse il dialogo, Rudolf Perina, «Reagan pensò di poter convertire Gorbaciov o fargli vedere la luce». Ma l'altro scriba, l'ex sotto-segretario di Stato Thomas Simons, ha una visione meno romantica: in un'intervista rilasciata tre anni fa, disse che il tema religioso fu in realtà sollevato da Reagan per far abilmente deviare i colloqui da temi più sostanziali. Eppure, come ricorda Mann, non era la prima volta che un presidente americano nutriva ambizioni missionarie: nove anni prima Jimmy Carter, che era anche un pastore battista, aveva detto al dittatore sud-coreano Park Chung Hee: «Vorrei che conoscesse Dio». E comunque, secondo lo studioso, l'ossessione della fede non era in Reagan puramente strumentale. Più volte per esempio aveva discusso con Colin Powell, suo consigliere per la Sicurezza nazionale, se Gorbaciov non fosse in segreto molto devoto. Paolo Valentino \\ Perché non includi la libertà religiosa tra i diritti? Così ognuno potrà frequentare la propria chiesa \\ Ho una lettera di un soldato russo ucciso nella Seconda guerra mondiale. Chiese a Dio: salvami se muoio \\ Mio figlio Ron è ateo. Vorrei servirgli il pranzo più squisito e chiedergli se crede che ci sia un cuoco

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Genova e Milano, celle piene Turni per stare in piedi (sezione: Diritti umani)

( da "Corriere della Sera" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2009-03-08 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE Allarme carceri Grechi (Corte d'appello) su San Vittore: così si pratica la tortura Genova e Milano, celle piene Turni per stare in piedi Crisi anche a Regina Coeli e Poggioreale: letti a castello con tre brande A Milano sono stati tolti i tavolini per fare spazio e per mangiare si usa un pezzo di cartone appoggiato a un secchio ROMA — Nelle celle da 13 metri quadrati del carcere di Latina ora si dorme in 6 perché tutti i giorni arrivano gli «sfollati» da Regina Coeli ormai satura fino al soffitto. Così l'emergenza sovraffollamento, che sta investendo le carceri «circondariali» costruite nell'Ottocento nelle grandi città, ora viene scaricata in provincia con operazioni di «sfollamento » che costano il doppio perché poi i detenuti vanno tradotti ai processi. A San Vittore (Milano), a Marassi (Genova), a Regina Coeli (Roma) e a Poggioreale (Napoli) è ormai prassi montare la terza branda sui letti a castello: a Marassi, chi dorme in alto ha praticamente il naso schiacciato contro la volta. Meglio comunque dei nuovi giunti ai quali, nelle giornate nere, viene dato un materassino da stendere sul pavimento. Nel VI raggio di San Vittore, non ristrutturato, nelle celle da 5 si convive in 8 e i detenuti devono fare a turno per stare in piedi. Dalle «stanze» sono stati tolti i tavolini per fare spazio (per mangiare si usa un pezzo di cartone appoggiato a un secchio) e le mensole per gli oggetti hanno la profondità di un pacchetto di sigarette. Con il sovraffollamento sparisce il «trattamento»: si diradano i colloqui con gli educatori, i posti di lavoro (spesini, manutenzione) vengono centellinati, i medici fanno fatica a stare dietro a tutti. Nella prima settimana di marzo, le presenze registrate nei 206 istituti dell'amministrazione penitenziaria hanno sfiorato quota 60.500, confermando l'incremento di 800 unità al mese: così per tornare alla fotografia pre-indulto, 61.500 detenuti, mancano pochi giorni. Chi sta peggio sono i detenuti in attesa di giudizio (circa 30 mila) che in buona parte sono stranieri. A San Vittore può succedere che le presenze siano anche 1.400 (capienza di 800 posti) e a poco è servito il recente allarme del presidente della Corte d'Appello, Giuseppe Grechi: se «in un a cella ci sono 8 detenuti quando ce ne dovrebbero essere 3» si finisce per «esercitare la tortura a pochi passi dal Duomo ». Ma queste sono «parole inaccettabili...», ha poi commentato l'ex procuratore antiterrorismo Franco Ionta che dall'estate 2008 è il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). E proprio il capo del Dap, che dal 2 marzo è anche commissario straordinario per l'emergenza, deve preparare entro il 2 maggio il piano per la costruzione di nuove carceri voluto dal Guardasigilli Angelino Alfano. Sessanta giorni per decidere se costruire nuove sezioni accanto ai penitenziari esistenti o nuovi istituti, per la cui realizzazione però ci vuole tempo. Il Dap ha già inviato al ministero uno «schema di peniteziario tipo per 400 posti detentivi ad aggregazione radiale». Però, spiega al Corriere Ionta, «decideremo caso per caso..., ma è chiaro che con più penale c'è bisogno di più carcere». Il piano stima 13 mila posti in più entro il 2012, ma «gli interventi in corso con fine lavori nel biennio 2009-2010» prevedono 4.907 posti in più. Il 13 febbraio, il capo del Dipartimento ha però sollecitato «talune modifiche» legislative, chiedendo al ministro di utilizzare «professionalità esterne» mentre il governo parla di dirigenti generali dello Stato e di prefetti in pensione. «Particolare rilievo», scrive inoltre Ionta, «va dato alla mancata previsione di corresponsione di compensi sia al Capo del Dipartimento che ai suoi ausiliari nonché ai tecnici coinvolti nel progetto. Per tale verso appare opportuna una norma che stabilisca i criteri per la corresponsione di tali compensi... ». Dino Martirano Emergenza San Vittore a Milano: tante brande e pochi spazi

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8 marzo- Un ramo di mimosa per non dimenticare (sezione: Diritti umani)

( da "Cittàdellaspezia.com" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

8 marzo- Un ramo di mimosa per non dimenticare Come spesso accade nella società attuale, estremamente consumistica e modaiola, il più delle volte si perde il senso reale ed intrinseco delle ricorrenze. Un esempio calzante è la celebrazione dell'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, conosciuta più comunemente come la festa della donna. Se si pensa all'8 marzo, viene subito in mente mimosa (mai così lontana come in questo inverno, così freddo ed acquoso) e bande di donne urlanti e festanti che si radunano in improbabili gruppi in ristoranti e pizzerie, riappropriandosi della loro libertà e personalità, troppo spesso alienate tra mura domestiche, mariti, figli e panni da stirare. Serate divertenti, festose, tra fiori gialli e cotillons, in cui s'incontra in giro dalla ragazzina alla donna matura, tutte accomunate dalla voglia di dimenticare, almeno per qualche ora, i problemi e le responsabilità della vita quotidiana. A volte lo spettacolo offerto non è dei più edificanti, specialmente quando la serata prosegue in locali dove si può trovare il belloccio o il tronista di turno che si esibisce in spettacolini di dubbio gusto; ed ecco la signora di mezz'età, sempre impeccabile nell'aspetto e nel comportamento, offrire un'immagine di se che mai avremmo voluto vedere Ma è veramente questa la parità che le donne vogliono? Comunque, a parte l'ironia e la rivisitazione in chiave un po' grottesca di quella che è oggi per molti la festa della donna, credo sia importante ricordare il vero significato di questa data, per far sì che le ragazze di oggi, che saranno donne domani, non dimentichino il senso di questo giorno. Stabilire con precisione l'origine di questa ricorrenza non è semplice. Una versione, per alcuni leggenda metropolitana, in effetti mai documentata, risale al 1908, e narra che a New York alcune lavoratrici di un'azienda tessile, la Cotton, iniziarono uno sciopero per protestare contro le terribili condizioni di lavoro a cui erano costrette. Diversi giorni dopo, proprio l'8 marzo, il proprietario della fabbrica, tale Johnson, bloccò alle operaie qualsiasi via d'uscita, e diede fuoco al cotonificio. Le 129 operaie furono tutte bruciate vive, diventando così il simbolo del sacrificio per la libertà e per i diritti umani. Questa vicenda sembra prendere spunto da un disastro simile realmente avvenuto nel 1911 alla Triangle Shirtwaist Company di New York, in cui morirono oltre 140 persone, tra cui molte donne, che si erano rese protagoniste tempo prima di importanti mobilitazioni. Questo fatto è sicuramente tra quelli ricordati nella giornata della donna, anche se in realtà è successivo alla data in cui si celebrò per la prima volta tale ricorrenza, il 28 febbraio 1909 negli Stati Uniti, su istituzione del Partito Socialista americano. L'anno successivo si tenne la prima conferenza internazionale delle donne nell'ambito della seconda internazionale socialista a Copenaghen, dove più di 100 donne rappresentanti di 17 paesi scelsero d'istituire una festa per onorare la lotta femminile per l'ottenimento dell'uguaglianza sociale. Un altro momento storico importante si ebbe in Russia il 23 febbraio del 1917 (8 marzo del nostro calendario), quando le donne russe si ritrovarono unite a manifestare contro la morte di 2 milioni di soldati in guerra, e le loro proteste continuarono fintanto vennero loro riconosciuti importanti diritti, tra i quali quello di voto. Nel 1946 l'Unione Donne Italiane (UDI) prepara il primo 8 marzo nell'Italia del dopoguerra, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti sociali e politici delle donne, e scegliendo la mimosa come simbolo della giornata. Da allora si festeggia regolarmente l'8 marzo, anche se la massima partecipazione si è avuta a partire dagli anni 70, anni in cui esplodono movimenti femministi che operano molto attivamente per l'emancipazione delle donne. Al di là di date, leggende, corsi e ricorsi storici, la cosa importante da non dimenticare è che tutto quello che oggi ci pare scontato, il lavoro, gli asili nido, i diritti civili, il divorzio, il nuovo diritto di famiglia, i consultori, la legge 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza, la legge contro la violenza sessuale, gli assegni e i congedi per maternità, le quote rosa, è tutto frutto di decenni di dure lotte e sacrifici da parte delle nostre antenate e progenitrici, che meritano tutto il nostro rispetto e la nostra gratitudine. Alessandra Tascherio

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Bra: eutanasia,dibattito con l'europarlamentare Carlo Casini (sezione: Diritti umani)

( da "Targatocn.it" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Bra: eutanasia,dibattito con l'europarlamentare Carlo Casini Le recente vicenda di Eluana Englaro ha posto al centro del dibattito pubblico la questione relativa al testamento biologico. Come è noto, è in discussione in parlamento una legge sul fine vita che dovrebbe regolare la questione. Ma le domande sono tante e l?incertezza è molta. Che cosa vuol dire esattamente accanimento terapeutico? L?idratazione e la nutrizione sono una necessità imprescindibile per la persona vivente o possono essere considerate una terapia di cui si può fare a meno? Quale deve essere il compito del medico nelle fasi che precedono la fine della vita umana? Infine, che cosa si intende propriamente per morte? Per fare chiarezza su questi problemi - ma anche per ribadire la frema opposizione a qualsiasi disegno di legge che introduca forme larvate di eutanasia - il Movimento per la Vita, insieme al Centro Culturale Pier Giorgio Frassati e in collaborazione organizzano a Bra, sabato 14 marzo alle 21, presso la Sala Conferenze del Centro Culturale Arpino, un incontro al quale parteciperà il presidente del Movimento on. Carlo Casini. Al dibattito -che sarà moderato da Paolo Bulgarini- interverranno anche Ferdinando Cancelli, medico della 'Fondazione F.A.R.O.' e Luigi Ferraro, Presidente Associazione 'Amici di Daniela'. L?on. Carlo Casini è stato tra i fondatori del Movimento per la Vita. Già componente del Comitato Nazionale di bioetica e del direttivo di 'Scienza e Vita', è membro della Pontificia Accademia per la vita. Dopo una lunga carriera in magistratura, attualmente insegna diritto internazionale, diritti umani e bioetica presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma. E? autore di numerose pubblicazioni su argomenti giuridici e bioetici. Parlamentare europeo, eletto nell?UDC, fa parte della Commissione giuridica e della Commissione diritti umani. .

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Medico in pronto soccorso e due volte sindaco a Fratta (sezione: Diritti umani)

( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Medico in pronto soccorso e due volte sindaco a Fratta Domenica 8 Marzo 2009, Debutta giovanissima Tiziana Virgili sulla scena amministrativa locale. Nel 1985, a 26 anni, da poco laureata in medicina, si candida per il consiglio comunale di Fratta, suo comune di residenza. Non viene eletta, ma già nel 1990 entra nell'assise frattese come consigliere. Nel 1994 diventa sindaco e nel 1998 viene riconfermata con un voto quasi plebiscitario. Al secondo mandato, il presidente della Provincia Federico Saccardin la chiama nella sua squadra e Virgili si propone, e viene scelta, per l'assessorato ai Servizi sociali, all'Immigrazione, alla Pace e ai Diritti umani. A conferma di un impegno quotidiano davvero totale, è l'unico assessore provinciale a non aver sospeso il suo incarico professionale in favore della carica pubblica che ricopre quale professione. Virgili, infatti, è medico di primo intervento al pronto soccorso dell'ospedale di viale Tre martiri a Rovigo.

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Amici di Gheddafi? (sezione: Diritti umani)

( da "AmericaOggi Online" del 08-03-2009)

Argomenti: Diritti umani

Amici di Gheddafi? di Stefano Vaccara 08-03-2009 Di questi l'attenzione delle prime pagine è solo sulla crisi economica, ormai non più solo forte recessione ma sempre più somigliante ad una terrificante "great depression". Eppure Obama, presidente da solo sei settimane, non può occuparsene di più di quello che sta già facendo. I risultati del suo tanto frenetico quanto "cool" interventismo si potranno giudicare tra mesi, quindi un po' di calma sarebbe opportuna anche da parte di chi già punta il dito contro la Casa Bianca. Con Bush, che non faceva nulla, mostrare di aver calma era sì da irresponsabili, concedere ora ad Obama un decimo della pazienza accordata al suo predecessore sarebbe da virtuosi. Vogliamo quindi occuparci di diritti umani, perché le borse in picchiata e la disoccupazione in salita non dovrebbero comunque distrarre dai crimini che solo la specie degli esseri umani riesce a infliggere sui propri simili. Non è qui nostro compito tessere lodi, ma semmai sottolineare ipocrisie e difetti di chi ha il potere di intervenire e non fa abbastanza. Sul rispetto dei diritti umani, lo abbiamo già sottolineato in passato, il grave difetto dei governi che si autodefiniscono con troppa enfasi "paladini", resta la coerenza. Cioè una presa di posizione giusta e coraggiosa di un governo democratico rispetto ai diritti umani, troppo spesso viene mortificata da un altro atto dettato dalla convenienza, o come si dice nel gergo delle relazioni internazionali, dall'"interesse nazionale". C'è soddisfazione nel constatare che il governo italiano, in Europa, sia stato il primo a cogliere il messaggio proveniente dagli Usa e dal Canada, cioè dei due paesi che recentemente avevano annunciato che non avrebbero partecipato ai lavori della conferenza Onu sul razzismo che si terrà a fine aprile nella sede di Ginevra. Conferenza chiamata anche "Durban II". Infatti, in quella precedente riunione internazionale che si tenne in Sud Africa nel 2001, grazie all'influenza sui lavori esercitata da paesi come l'Iran e soprattutto la Libia, apparve che il problema del razzismo e la prevaricazione dei diritti umani nel mondo avesse come principale imputato lo Stato di Israele. Cioè paesi che hanno gravissime mancanze in tema di diritti umani, diventano giudici dell'unica vera democrazia esistente in Medio Oriente. Ora, che Israele nei confronti dell'occupazione dei territori palestinesi abbia commesso e continui a commettere gravi errori, illegalità e persino, come i bombardamenti recenti su Gaza, crimini, nessuno vuole sminuirlo. Israele ha le sue colpe, e la comunità internazionale, soprattutto quella che tiene alla sicurezza e al futuro di questo Stato, non deve aver titubanze nel criticare certe azioni. Come avviene nei rapporti personali, anche nelle relazioni tra stati un vero amico è anche quello che non ha paura di dirti che sbagli. Ma che sotto le bandiere delle Nazioni Unite si organizzi una messa in scena dove a regimi tra i più illiberali e dispotici del mondo, che nei loro anni al potere hanno commesso i più gravi crimini sui diritti umani dei loro stessi popoli, ecco venga data l'opportunità di ergersi a giudici morali di altri paesi molto più democratici e responsabili, è ridicolo oltre che irresponsabile. Quindi ottimo il ministro degli Esteri italiano Frattini a indicare agli altri paesi europei la decisione da prendere riguardo a questa "Durban II". Speriamo adesso che il governo Berlusconi non ci ripensi dopo la sbandierata dichiarazione del Vaticano, che a questi lavori si dovrebbe invece partecipare, perché così si potranno "migliorare" certe dichiarazioni... Si può migliore l'antisemitismo? Così pure ha deciso la Francia. Ma soprattutto, riguardo al discorso della coerenza sui diritti umani, speriamo che il governo Berlusconi sia in futuro più prudente nel perseguire i suoi "interessi nazionali" con certi stati, perché le imbarazzanti genuflessioni, "scuse" e "perdono" recitati davanti a Gheddafi, qualsiasi sia lo scopo dell'"affare" da raggiungere, rende poi ridicole e vuote certe posizioni come sulla conferenza Onu di Ginevra. In questi giorni, mentre finalmente si reagisce e si porta all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale le responsabilità del leader sudanese Bashir per i crimini commessi in Darfur (un genocidio), senza alcuna sorpresa è la Libia di Gheddafi quella che all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu si impegna di più a rendere vano il mandato di cattura spiccato dal Tribunale internazionale. E allora, con un paese come la Libia, finché ci sarà al potere un regime come quello di Gheddafi, si potrà convivere, ma perché esserne "amici"? Quale cittadino italiano vuole essere "amico" del regime che ordinava le bombe sugli aerei civili?

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