CENACOLO
DEI COGITANTI |
Lingua Madre: il Caucaso
anticipa la Fiera del Libro ( da "Stampa,
La" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Slavoj Zizek parleranno di
fondamentalismi tolleranza e diritti umani [FIRMA]LUCA INDEMINI Lingua Madre,
nata come sezione della Fiera Internazionale del Libro nel 2005, diventa da
quest' anno un progetto permanente, con una programmazione articolata nell'arco
dei dodici mesi, che consolidando il rapporto con Terra Madre, vuole promuovere
un'idea di sviluppo sostenibile a 360 gradi.
Vendola: "Vi prego di
vincere per i diritti umani e il lavoro"
( da "Stampa, La" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nel senso migliore su diritti
umani, scuola e sanità pubblica». L'Italia: «Vedete in quale oblio siamo
precipitati». Arriverà l'accenno a Veline e Berlusconi. Tornando ai temi:
primo, difendere i diritti umani e sociali, secondo non cedere all'oblio.
Vendola: «Siamo di fronte a progressive violazioni dei diritti umani anche qui.
"così sono sfuggita a
quella forca ma altre mille donne rischiano la vita" - francesca caferri
( da "Repubblica, La"
del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: sotto l´effetto della tortura In
Iran tantissimi ragazzi e ragazze sono arrestati e uccisi come se niente fosse
Dobbiamo continuare a fare pressione in nome della democrazia FRANCESCA CAFERRI
Aveva 16 anni Marina Nemat quando fu arrestata per «attività rivoluzionaria» in
Iran: uno meno di Delara Darabi.
iran, addio al telefono:
"aiuto, mi impiccano" - vanna vannuccini
( da "Repubblica, La"
del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: fatti circolare dalle organizzazioni
per la difesa dei diritti umani, avevano commosso il mondo. Sono un
impressionante diario di brutalità, torture, disperazione e solitudine. Per
rappresaglia, le autorità carcerarie avevano però reso la sua vita ancora più
difficile, impedendole di ricevere visite e limitando i contatti con l´avvocato
a due brevi telefonate mensili.
vattimo (idv) "fiera
del libro da boicottare" ( da "Repubblica,
La" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: scandalizzato per chi organizza
manifestazioni culturali dimenticando i diritti umani, quando invece di questi
temi si riempie sempre la bocca». Così dice il candidato alle europee per Idv
Gianni Vattimo. Ieri, insieme con un gruppo di International solidarity
moviment, il filosofo ha annunciato che anche quest´anno la Fiera del Libro
sarà boicottata per la presenza dell´Egitto.
LA SFIDA CRUDELE DI UN
REGIME ( da "Corriere
della Sera" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Non è che i primi violino i diritti
umani e i secondi no. La differenza è che nel caso dei regimi autoritari la
violazione di quei diritti è la norma, rispecchia la quotidianità dei rapporti
fra potere politico e sudditi, mentre nel caso dei regimi democratici è
l'eccezione.
Evin, la fabbrica delle
torture ( da "Corriere
della Sera" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la fabbrica delle torture
WASHINGTON Fino a poco tempo fa sull'elenco telefonico di Teheran l'indirizzo
era «Consultorio per il disordine di comportamento». In realtà il «consultorio
» è la prigione di Evin. Uno dei carceri che fanno parte di un network esteso
dove sono rinchiusi oppositori, dissidenti, spie e criminali comuni.
Abstract: 15 Dialogo e diritti umani Benjamin Barber «Così l'ala dura risponde a Obama» WASHINGTON Per Benjamin Barber, l'autore di Guerra santa contro McMondo, le crescenti violazioni dei diritti umani in Iran sono «un'operazione preventiva dei conservatori» per intimidire non solo l'opposizione ma anche i moderati e per rimanere al potere.
Argomenti: Diritti umani
Abstract: «Aiuto, mi impiccano» L'Iran uccide
Delara Assassinata la giovane pittrice, accusata di omicidio. L'ultima
telefonata per chiedere aiuto alla madre. Amnesty: «Sui diritti umani gli
ayatollah continuano a provocare l'Occidente». Ottantaquattro esecuzioni in 4
mesi ALLE PAGINE 22- 23
L'onda militante dei
Modena Il nuovo disco targato City Ramblers tra ritmi zigani e combat-folk Un
filo di vento e la speranza tornerà/ Un filo di vento, per pietà .
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: leggono i primi articoli della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il disco racconta l'«onda» buona
della protesta studentesca, il dramma di chi fugge dalla guerra, i rom
«malvisti in ogni dove», le morti sul lavoro e molto altro ancora, con stili,
generi e idiomi che si rincorrono, dal reggae al folk irlandese, dalla
tammuriata sudista ai ritmi tzigani e all'irruenza punk.
L'ultima telefonata di
Delara Mamma, ora mi impiccano ( da "Unita,
L'" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: gli attivisti per i diritti umani
mobilitatisi in suo soccorso, la speranza che le autorità volessero concedere
un rinvio di due mesi. Cosa sia accaduto per far precipitare la vicenda verso
l'epilogo più crudele, non è chiaro. Un giornale iraniano, Etemad, scrive che a
mettere la corda al collo di Delara, venerdì mattina,
La sostanza è atroce di
per sé: un assassinio commesso dietro il paravento di una sentenza...
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: gli attivisti per i diritti umani
mobilitatisi in suo soccorso, la speranza che le autorità volessero concedere
un rinvio di due mesi. Cosa sia accaduto per far precipitare la vicenda verso
l'epilogo più crudele, non è chiaro. Un giornale iraniano, Etemad, scrive che a
mettere la corda al collo di Delara, venerdì mattina,
Sui diritti umani gli
ayatollah sfidano l'Occidente ( da "Unita,
L'" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: «Sui diritti umani gli ayatollah
sfidano l'Occidente» La vicepresidente di Amnesty Asia: sul caso Darabi hanno
accelerato i tempi per timore delle pressioni internazionali UMBERTO DE
GIOVANNANGELI Quello condotto contro Delara Darabi è stato un processo iniquo;
enzo golino Silone tra le
macerie L'articolo "Quando la terra trema... E dal sisma nasce il ro...
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Io ho 25 anni sono laureanda in
Culture e Diritti Umani a Bologna. Il mio sogno sarebbe quello di poter
lavorare nei centri antiviolenza con le donne e per le donne e in generale
nell'ambito delle pari opportunità. In questi anni ho svolto tirocini, il
servizio civile, ho partecipato a scuole, convegni manifestazioni perché sento sempre
il bisogno di aumentare le mie conoscenze.
Lista Idv Dopo Israele,
arriva il no all'Egitto Vattimo boicotta ancora la Fiera del Libro
( da "Giornale.it, Il"
del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nel mirino del filosofo del
pensiero debole a causa dei diritti umani. «Sono scandalizzato e mi vergogno
sempre di più di chi non ha il minimo di coscienza e organizza le
manifestazioni a costo dei diritti umani e se ne riempie la bocca». Un tema di
cui Vattimo parlerà nella campagna elettorale dell'Idv che lo candida alle
Europee nella circoscrizione Nord-Ovest.
Gran Bretana, deportazioni
più facili ( da "Stampaweb,
La" del 03-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: in modo sostanziale la
legiaslazione nazionale in tema di diritti umani. L'obiettivo, dichiarato è
semplificare la deportazIone di terroristi e criminali stranieri. L'attuale
legge sui diritti umani, datata 1998, attraverso la quale la convenzione europea
dei diritti umani è entrata a far parte del corpo di leggi del Regno, finora è
stata infatti utilizzata con successo - troppo,
Quello sceicco che
tortura, e che l'Italia bipartisan corteggia
( da "Manifesto, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: che denuncia di essere stato anche
lui torturato. Ne ha altri due, che mostrano Issa mentre tortura degli
immigrati sudanesi. I video sono stati girati dal fratello di Nabulsi per
ordine dello stesso sceicco, che ama documentare le sessioni di tortura. Ora
però «il videotape complica l'affare Usa con gli Emirati», titola il New York
Times (2 maggio).
È morto il giornalista
Antonio Gambino ( da "Unita,
L'" del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Gambino aveva pubblicato diversi
libri, tra cui Storia del dopoguerra dalla Liberazione al potere Dc (1975,
Laterza) e L'imperialismo dei diritti umani (2001, Editori riuniti). I funerali
si terranno oggi a Roma alle 13 al tempietto egizio del cimitero del Verano.
Il 16 maggio del 2005
Hollman Morris era nel suo studio di registrazione a Bogotà. A casa, la b...
( da "Unita, L'" del
04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: il giornalista colombiano impegnato
sul fronte dei diritti umani, che il presidente Uribe ha pubblicamente
etichettato come «terrorista», vive sotto scorta. Già nel 2000 era stato
costretto a lasciare il suo Paese per un anno e mezzo trasferendosi in Spagna:
«Ho fatto un anno sabbatico nei Paesi Baschi» scherza.
Iran, giustiziata a 23
anni ( da "Sole
24 Ore, Il" del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: convenzione per i diritti dei
minori, a cui l'Iran ha aderito, vieta la condanna a morte di chi ha commesso
il delitto quando era minorenne, hanno protestato le organizzazioni a difesa
dei diritti umani. Un divieto che a Teheran resta sulla carta.Se l'Iran è il
secondo Paese al mondo per condanne a morte dopo la Cina, è il primo per
sentenze capitali contro persone minorenni all'
Dall'illecito tutto
virtuale arriva la condanna reale
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: di una violazione dei diritti
d'autore conseguente larealizzazione di copie del fantomatico arredo che
sarebbero state rivendute ad altri avatar in barba agli accordi convenuti tra i
contraenti. Il «signor» Serpentine ha trovato il successo avviando in Second
Life una industria di prodotti per l'intrattenimento per adulti (la Eros Llc)
La donna che fa tremare
Pechino ( da "Sole
24 Ore, Il" del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: terrà un'audizione riservata al
Comitato diritti umani sulla violazione dei diritti umani perpetrata dalla Cina
nei confronti del popolo uiguro. Perseguitati. Piccoli uiguri in silenzio
chiedono di poter seguire le lezioni a scuola nella loro lingua Pacifista.
Rebiya Kadeer. (62 anni), guida del popolo uiguro
Milano, la città
avvelenata raccontata da Corrado Stajano
( da "Corriere della Sera"
del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Nel suo saggio Stajano descrive
Milano come emblema di un «cupo trascorrer di tempi» (dalle stanze di tortura
per Giangiacomo Mora a Piazza Fontana) mentre la peste viene raccontata nella
sua realtà storica (la stessa narrata da Manzoni nei Promessi Sposi) e nella
sua valenza simbolica di «morbo morale» che avvelena la vita di persone e cose.
LA LEGGENDA DI
UN'ITALIA... ( da "Giornale.it,
Il" del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nel criticare le infrazioni di
Fidel Castro ai diritti umani dopo averlo per decenni osannato). Sentirmi
umiliato? Francamente non ci riesco. Men che meno in questo momento, mentre
rimbomba su ogni foglio e in ogni telegiornale il tuono del divorzio di
Veronica da Silvio, mentre poco ci manca che programmi della televisione
pubblica addebitino al potere il terremoto d?
Che manifesto ci state
preparando? ( da "Manifesto,
Il" del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Andrea Calderone, Prc L'Aquila
Sulla violazione dei diritti Nel Rapporto dell'Unione europea del 25 aprile
2009 sull'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo
di Strasburgo lo stato italiano è secondo, su 47 paesi europei, nella speciale
«classifica» per le violazioni dei Diritti dell'uomo.
Alunno elementare
imbarazza la Rice: "Perchè fu attuato il waterboarding?"
( da "Stampaweb, La"
del 04-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: altre torture adottate dopo l'11
settembre dalla Cia verso sospetti terroristi. Imprevedibili perchè la Rice si
trovava in una scuola elementare e l'autore della complicata
"question" era uno studente della quarta classe. In realtà, ha
raccontato al Washington Post la mamma del piccolo "inquisitore",
originariamente la domanda del piccolo Misha doveva essere ancora più dura e
solo l'
Il bambino torchia la
Rice:
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: noi non abbiamo mai torturato
nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una
violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase
che presentava qualche somiglianza con la famosa affermazione di Richard Nixon,
dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua intervista con David Frost,
Torino Chiamparino In una
parte minoritaria della maggioranza non c'è più fidu...
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la Tavola della pace e il
coordinamento nazionale degli Enti locali per la Pace e i Diritti Umani
organizzano dall'8 al 10 maggio, ad Assisi, il meeting nazionale «Per un'Europa
di Pace». Il meeting si svolge con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica,
Napolitano e il sostegno della rappresentanza in Italia della Commissione
Europea e della Regione Umbria.
Decisamente le favole non
abitano più qui, nel nostro vecchio mondo. E neppure nel Nuovo Mondo,...
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: accompagnerà oggi alla Camera dei
Deputati dove Rebiya terrà un'audizione riservata al Comitato diritti umani
sulla violazione dei diritti umani perpetrata dalla Cina nei confronti del suo
popolo. Nei prossimi giorni parlerà al Parlamento tedesco e a quello Europeo. A
Roma l'abbiamo incontrata. Quali sono le infrazioni più gravi commesse dai
cinesi nei confronti del popolo uiguro?
Torture, Rice spiazzata da
uno scolaro Pratiche legali perché volute da Bush
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: noi non abbiamo mai torturato
nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una
violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase
che presentava qualche somiglianza con la famosa affermazione di Richard Nixon,
dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua intervista con David Frost,
MEGLIO CENTO GIORNI DA OBAMA
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: quella legata al ricorso alla
tortura nel clima isterico e arroventato del post-11 settembre. Non soltanto
torturare non serve a nulla, ma distrugge, di solito, anche il torturatore.
Porvi fine senza tante sceneggiate, processi, ricorsi e amnistie, ma mettendo
un punto fermo, questo sì è un modo per fare politica e non farcela odiare.
"Mrs Rice cosa pensa
del water boarding?" ( da "Stampa,
La" del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: stata questa domanda sulla tortura,
posta da un bambino di 9 anni, a mettere in imbarazzo l'ex Segretario di Stato
Condoleezza Rice di fronte all'insolito pubblico di una quarta elementare di
Washington. Sulla carta il discorso della Rice al giovane pubblico della
«Jewish Primary Day School» si annunciava come un ritorno morbido sulla piazza
di Washington nella stagione di Obama.
La legge della guerra
( da "Manifesto, Il"
del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Se si vogliono veramente aiutare
gli afghani la missione deve cambiare di natura deve servire alla ricostruzione
e allo sviluppo del paese, oltre che alla protezione dei diritti umani, in
particolare delle donne (che nonostante i soldati occidentali continuano a non
avere diritti), altrimenti i taleban continueranno a proliferare e anche il
terrorismo di al Qaeda.
Antonio Gambino, un
giornalista da non dimenticare ( da "Manifesto,
Il" del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ipocrisia dell'Occidente (e in
particolare degli Stati Uniti), filistei paladini dei diritti umani, usati come
strumento d'ingerenza e sostenuti dall'«indicibile» intervento «umano
militare», accusatori del terrorismo dei poveri, ciechi rispetto a quello degli
stati («L'imperialismo dei diritti umani»; «Esiste davvero il terrorismo?
Tra i profughi del Darfur,
l'ultima Africa ( da "Corriere
della Sera" del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: opinione pubblica e denunciare la
continua violazione dei diritti umani nel Sudan occidentale. All'interno ci
sono alcune schede sul conflitto e sul quadro politico-giuridico al centro
dell'attenzione mondiale specie dopo il 4 marzo, quando la Corte penale
internazionale ha emesso un mandato d'arresto contro il presidente sudanese
Omar Al Bashir per crimini di guerra e contro l'
brachetti dai mille volti
"varietà" internazionale
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Pagina XVII - Genova Lo spettacolo
Il dibattito Brachetti dai mille volti "varietà" internazionale
Informazione e diritti umani confronto docenti-giornalisti
"perché le
torture?" così un bambino inchioda la rice - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: che non tortura», l´America che si
immagina migliore del resto del mondo e immune da pratiche indecenti, abbia
torturato quei prigionieri. E si chiedono se anch´essa possa scivolare nei
comportamenti che sempre rimprovera agli altri, purchè i massimi dirigenti del
governo dichiarino essere legale quello che legale non è,
laos, ventenne inglese
incinta "ora rischia la fucilazione"
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la ragazza è stata violentata in
carcere ed è incinta di cinque mesi: ma l´associazione per i diritti umani che
le ha assicurato assistenza, fino a oggi non ha confermato questa notizia. Il
viceconsole britannico a Bangkok è volato in Laos per tentare di incontrare la
ragazza e «assicurare che abbia una difesa adeguata».
Grecia, primi matrimoni
gay annullati ( da "Corriere.it"
del 05-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ricorso alla Corte Suprema e al
Tribunale europeo per i diritti umani ATENE - Un tribunale di Rodi ha annullato
due matrimoni gay celebrati nel giugno scorso nell'isola di Tilos, cerimonie
per le quali il movimento omosessuale aveva inneggiato come ad «una nuova alba
per la Grecia». Approfittando di un vuoto legislativo che non definisce
specificatamente come uomo e donna gli sposi,
Il governo del Laos adesso
rassicura
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: LE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI UMANI
LANCIANO L'ALLARME Il governo del Laos rassicura : la ragazza inglese incinta
non rischia la fucilazione La donna, 20 anni, è stata accusata di traffico di
eroina. È in carcere da 8 mesi VIENTIANE (LAOS) - Samantha Orobator, la
ventenne inglese incinta sotto processo per traffico di droga in Laos,
Bambino mette in crisi la
Rice:
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: noi non abbiamo mai torturato
nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una
violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase
che presentava qualche somiglianza con la famosa affermazione di Richard Nixon,
dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua intervista con David Frost,
associazioni, l'ars
moltiplica i contributi - emanuele lauria
( da "Repubblica, La"
del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Contributi da 100 mila euro per
sostenere il premio internazionale di scienze umane "Empedocle" di
Agrigento come il premio internazionale dei diritti umani organizzato
dall´associazione Acuarinto. E i musei, anche i più piccoli, noti o poco
frequentati: dal museo del giocattolo di Catania a quello sulla pena e sulla
tortura con sede a Bronte.
detenuto si impicca a
poggioreale - antonio tricomi ( da "Repubblica,
La" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Si potrebbe parlare per esempio
anche dei casi di autolesionismo. O di infermi che non possono nuocere a
nessuno ma restano dentro. Salvando il principio della certezza della pena, che
è sacrosanto, in questo carcere si consuma un´evidente violazione dei diritti
costituzionali. Sono sicura che Napolitano sarà sensibile a questa
problematica».
ateneo telematico, due
prof baresi indagati - giuliano foschini
( da "Repubblica, La"
del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Diritti umani, globalizzazione e
libertà fondamentali", bandito dall´università di Bari ma finanziato
dall´Ateneo telematico. La Colarusso è però una delle socie fondatrici della
Efiro, la onlus che ha promosso l´università campana. E alla famiglia Colarusso
fa capo anche la Eraclito srl che all´ateneo "Giustino Fortunato"
Indipendenza impossibile
lottiamo per l'autonomia ( da "Manifesto,
Il" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: per i diritti umani della Camera
dei deputati. Nei prossimi giorni a Washington affronterà l'assemblea del World
uyghur congress, dove una sua riconferma nel ruolo di presidente appare
scontata. Con Kadeer abbiamo discusso della strategia del movimento e della
situazione nello Xinjiang, dove gli uiguri (circa 8milioni) denunciano un
tentativo di assimilazione da parte di Pechino.
BOLIVIA, ACCUSATI
GOVERNATORE E IMPRENDITORI Il pm antiterrorismo: Denaro e case sicure alla
banda anti-Evo ( da "Manifesto,
Il" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: In una sparatoria piena di misteri,
tre dei presunti terroristi erano stati uccisi. Tra convolti nel complotto,
secondo il pm, anche un generale in pensione e un gruppo di «diritti umani»
guidato dal controverso anticastrista cubano Armando Valladares.
Gaza/Piombo fuso, rapporto
dell'Onu inchioda Israele ( da "Manifesto,
Il" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: E sempre ieri il Comitato
anti-tortura delle Nazioni Unite (Cat), ha denunciato l'utilizzo da parte del
Servizio generale di sicurezza israeliano di un centro di detenzione segreto
noto come «Installazione 1391», ubicato «in un luogo sconosciuto di Israele e
inaccessibile al Comitato internazionale della Croce rossa».
Per un'Europa dei diritti,
della laicità e delle libertà ( da "Manifesto,
Il" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: è stato in difesa delle garanzie e
dei diritti umani, troppo spesso trascurati e violati anche in Europa. Credo
che la presenza, nel parlamento europeo, di una sinistra molto attenta alla
difesa delle libertà e dei diritti sia fondamentale nella difficilissima fase
politica che è iniziata dopo l'11 settembre del 2001.
Diritti umani: con Teheran
fermezza e responsabilità ( da "Corriere
della Sera" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Opinioni data: 06/05/2009 - pag: 36
RISPOSTA ALL'ONOREVOLE SANTANCHÉ Diritti umani: con Teheran fermezza e
responsabilità di FRANCO FRATTINI C aro direttore, le parole dell'On. Santanché
sul Corriere di ieri mi offrono lo spunto per confermare l'impegno e l'attenzione
del governo italiano in difesa dei diritti fondamentali.
Tortura, una trappola per
gli Usa ( da "Corriere
della Sera" del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: i parametri sui quali infuriano
oggi le polemiche sulla tortura negli Stati Uniti. Per comprensibili ragioni,
molti sostenitori della decisione di Obama di abolire la tortura controbattono
alla posizione pragmatica di Cheney con una tesi ugualmente realistica,
affermando che la tortura non è il sistema migliore per tutelare la nostra
sicurezza.
Abstract: per i diritti umani della Camera dei deputati. Nei prossimi giorni a Washington affronterà l'assemblea del World uyghur congress, dove una sua riconferma nel ruolo di presidente appare scontata. Con Kadeer abbiamo discusso della strategia del movimento e della situazione nello Xinjiang, dove gli uiguri (circa 8milioni) denunciano un tentativo di assimilazione da parte di Pechino.>
Grecia, tribunale annulla
i primi due matrimoni gay ( da "Corriere.it"
del 06-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ricorso alla Corte Suprema e al
Tribunale europeo per i diritti umani ATENE - Un tribunale di Rodi ha annullato
due matrimoni gay celebrati nel giugno scorso nell'isola di Tilos, cerimonie
per le quali il movimento omosessuale aveva inneggiato come ad «una nuova alba
per la Grecia». Approfittando di un vuoto legislativo che non definisce
specificatamente come uomo e donna gli sposi,
Accolta con successo la
commedia recitata con Chiara Noschese
( da "Stampa, La"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: amore si è dissolto fino a
diventare tortura e atto d'accusa. Un testo non facile, a volte decisamente
cerebrale, che probabilmente si salva solo tenendo presente l'ironia di Gaber.
Barbareschi, affiancato da un'ottima Chiara Noschese, ha saputo rinfrescare la
parola gaberiana con garbati riferimenti all'attualità, e ha alleggerito i
dialoghi con frequenti inserimenti di canzoni (
Iran, ondata di esecuzioni
Cinque giustiziati rinvio per i due minorenni
( da "Unita, L'"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: contagocce e spesso in modo
incompleto tramite blogger e le associazioni di diritti umani. Tramite i
collegamenti iraniani dell'associazione Human Right Watch si viene a sapere che
la donna impiccata a Evin ieri aveva 28 anni e si chiamava Zeynab Nazarzadeh,
condannata a morte per aver ucciso il marito. Tramite il blogger Asieh Amini si
può ricostruire la storia di Kobra Najjar,
Flavia Lepre Appello per
gli aiuti umanitari a Gaza Ancora una delegazione umanitaria a cui vi...
( da "Unita, L'"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: infermieri ed attivisti per i
diritti umani, sono bloccate al valico di Erez senza alcuna motivazione.
Chiedo, con fermezza, che le Autorità israeliane rilascino il permesso di
entrata ai soccorritori di una popolazione allo stremo per la ferocia dei
bombardamenti subiti e per le disumane condizioni di isolamento e di
oppressione a cui è sottoposta.
L'AFGHANISTAN E LA NEBBIA
DELLE POLEMICHE ( da "Unita,
L'" del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ultimo rapporto della Commissione
Onu per i Diritti Umani indica 2.118 civili uccisi in azioni belliche nel 2008,
cioè il 40% in più dell'anno precedente). Ancora ieri la portavoce della Croce
Rossa Internazionale, Jessica Barry, ha denunciato la morte di almeno trenta
civili, in gran parte donne e bambini, in un villaggio nell'aerea di Farah a
causa di un raid aereo.
Daremo il carburante a chi
è diretto in Italia ( da "Manifesto,
Il" del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: con una solida tradizione di
accoglienza e di rispetto dei diritti umani. Nell'ultimo periodo, mi sembra che
stia tradendo questa tradizione. Perché, secondo lei, l'Italia avrebbe cambiato
politica? Non lo so. Ma so che chi cerca di sfruttare l'immigrazione per scopi
elettoralistici sbaglia. Tutti sanno che il problema dell'Italia non sono gli
immigrati che arrivano via mare.
Ieri 64 morti nei
combattimenti, migliaia di civili in fuga dal conflitto
( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Ma anche in Pakistan molte voci
liberal e gruppi per i diritti umani hanno criticato aspramente. Molti hanno
invocato sia argomenti di principio, sia strategici , sia la storia recente: un
accordo simile era già fallito in passato. In effetti i talebani non hanno
affatto disarmato, e hanno continuato ad attaccare le scuole.
Politiche COSMICHE
( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la tutela dei diritti umani, la
gestione partecipativa dei problemi globali - sui quali i cittadini del mondo
potrebbero acquisire i diritti e doveri di una nascente «cittadinanza
cosmopolitica». Per Archibugi la scommessa è di trasformare le rivendicazioni
dei movimenti globali in nuove istituzioni capaci di estendere la democrazia e
di porre vincoli alla sovranità degli stati,
Politiche COSMICHE.
( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la tutela dei diritti umani, la
gestione partecipativa dei problemi globali - sui quali i cittadini del mondo
potrebbero acquisire i diritti e doveri di una nascente «cittadinanza
cosmopolitica». Per Archibugi la scommessa è di trasformare le rivendicazioni
dei movimenti globali in nuove istituzioni capaci di estendere la democrazia e
di porre vincoli alla sovranità degli stati,
Torture Cia, niente
processo ai legali di Bush ( da "Sole
24 Ore, Il" del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Torture
Cia, niente processo ai legali di Bush Nessun processo contro i legali del
governo Bush che autorizzarono il waterboarding e altre tecniche assimilate
alla tortura negli interrogatori di sospetti terroristi. è questa, secondo il
quotidiano New York Times, la conclusione a cui è arrivato un rapporto
preliminare del dipartimento di Giustizia americano.
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: con una solida tradizione di
accoglienza e di rispetto dei diritti umani. Nell'ultimo periodo, mi sembra che
stia tradendo questa tradizione. Perché, secondo lei, l'Italia avrebbe cambiato
politica? Non lo so. Ma so che chi cerca di sfruttare l'immigrazione per scopi
elettoralistici sbaglia. Tutti sanno che il problema dell'Italia non sono gli
immigrati che arrivano via mare.
Aids, Ue: no
all'emendamento anti Vaticano ( da "Giornale.it,
Il" del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Assemblea sui diritti umani nel
mondo per il 2008. Cosa diceva l'emendamento Nel testo dell'emedamento
l?europarlamento sottolineava "l?importanza di promuovere i diritti in
materia di salute sessuale e riproduttiva quale presupposto di qualunque successo
nella lotta contro l?
In Libia i migranti
soccorsi in mare Maroni esulta: "Risultato storico"
( da "Repubblica.it"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Corte europea dei diritti umani ha
condannato le procedure del rimpatrio forzato disposto dal governo italiano
perchè lesive del diritto d'asilo. Allontanare persone dall'Italia senza averle
identificate e senza permettere l'accesso, per chi ne ha diritto, alle
procedure sul diritto d'asilo è un comportamento illegale al di fuori di ogni
legislazione nazionale ed internazionale"
Aids, l'Unione europea
dice no all'emendamento anti-Vaticano
( da "Giornale.it, Il"
del 07-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Assemblea sui diritti umani nel
mondo per il 2008. Cosa diceva l'emendamento Nel testo dell'emedamento
l?europarlamento sottolineava "l?importanza di promuovere i diritti in
materia di salute sessuale e riproduttiva quale presupposto di qualunque
successo nella lotta contro l?
Msf: ( da "Corriere.it" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: diritti umani ha condannato le
procedure del rimpatrio forzato disposto dal governo italiano perchè lesive del
diritto d'asilo». DIRITTI VIOLATI - «Allontanare persone dall'Italia senza
averle identificate e senza permettere l'accesso, per chi ne ha diritto, alle
procedure sul diritto d'asilo - ha precisato De Filippi - è un comportamento
illegale al di fuori di ogni legislazione
Europarlamento: bocciata
condanna al Papa sulle frasi nella lotta all'Aids ( da "Corriere.it" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Aids Contenuta nel Rapporto 2008
sui diritti umani nel mondo. Un caso simile anche al Parlamento spagnolo
STRASBURGO - Il Parlamento europeo ha bocciato con 253 voti, 199 a sostegno e
61 astensioni la mozione di condanna del Papa sulle frasi pronunciate da
Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Africa sull'utilizzo dei
preservativi nella prevenzione dell'
Rimpatriati in Libia
L'Onu: violati i diritti ( da "Stampa,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: non garantisce e non tutela i
diritti umani sanciti dalla Convezione di Ginevra, che non ha mai sottoscritto.
E, quindi, l'Italia non doveva riportare i clandestini a Tripoli ma garantire
loro la possibilità di chiedere la protezione umanitaria. Alla critica, il
ministro Maroni ha replicato che anche in Libia sono presenti organizzazioni
internazionali che potranno verificare l'
No a condanne su Aids e
condom ( da "Stampa,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: era inserito nel rapporto 2008
dell'Assemblea sui diritti umani. La diffusione dell'Aids «non si può superare
con la distribuzione dei condom che, anzi aumentano i problemi», aveva detto il
Pontefice. Anche in Spagna il Congresso dei deputati sottoporrà a dibattito una
proposta di riprovazione sulle frasi del Papa.
"Noi, studenti
cittadini d'Europa" ( da "Stampa,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Poi sulla difficile problematica
molto diffusa nell'America Latina, della difesa dei diritti umani che vengono
calpestati Carlos racconta: «Mio padre nel 1992 fu rapito da guerriglieri
comunisti del gruppo sovversivo Sendero Luminoso (equivalente alle Brigate
Rosse) e dopo vessazioni e intimidazioni fu liberato dietro il pagamento di una
somma di denaro».
le organizzazioni
umanitarie: gesto cinico - caterina pasolini ( da "Repubblica,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: contrario alle leggi internazionali
e al rispetto dei diritti umani. Protestano le organizzazioni umanitarie per la
sorte dei clandestini ripescati nel canale di Sicilia e rispediti direttamente
in Libia. Dalla Caritas all´Arci, da Medici senza frontiere a Save the Children
accusano il governo. Mentre l´Onu chiede di «riconsiderare la preoccupante
decisione».
immigrati, maroni esulta
"un trionfo riportarli in libia" - alberto custodero ( da "Repubblica,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Ma è stato proprio il Cir, ieri, a
«denunciare come l´Italia, con il respingimento, abbia violato la Convenzione
di Ginevra, la Convenzione europea sui diritti umani. E abbia esposto i migranti
al rischio di torture nei Paesi di provenienza».
tesori ritrovati e artisti
dal mondo per i diritti umani ( da "Repubblica,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Pagina I - Napoli STELLA CERVASIO E
TIZIANA COZZI A PAGINA XIV Le mostre Tesori ritrovati e artisti dal mondo per i
diritti umani SEGUE A PAGINA 14
artisti e registi del
mondo al madre per i diritti umani - stella cervasio ( da "Repubblica,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: diritti umani Il progetto è firmato
dall´associazione Art of the world: l´unico italiano presente è il napoletano
Francesco Jodice Il vero spazio dell´arte pubblica oggi è la cosiddetta rete,
la televisione, il cinema Certamente non più la piazza come una volta Il Dvd
sarà proiettato stasera alle 19 in via Settembrini: nel 2013 sarà ripreso nel
Forum delle culture STELLA CERVASIO
Presi e riportati in Libia
dall'Italia 227 disperati ( da "Corriere
delle Alpi" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Una pagina nera per i diritti
umani» MATTEO CORDA ROMA. «Li abbiamo respinti, non rimpatriati, l'eventuale
diritto di asilo non è compito del governo italiano ma di quello libico e da
oggi sarà sempre così». Per il ministro dell'Interno Roberto Maroni,
l'operazione dei 227 immigrati riconsegnati ieri mattina alla Libia
rappresentano una «svolta storica»
Io, sopravvissuto, vi
racconto la non vita nei lager del deserto ( da "Manifesto,
Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nostre speranze e rivela la
banalità della politica e la sua incapacità di rispettare i diritti umani.
Cedere queste persone a un paese che ancora oggi non riconosce questi diritti
fondamentali e non ha firmato la Convenzione di Ginevra, è esso stesso un
delitto contro l'umanità. Il 16 aprile abbiamo commemorato i morti del
Mediterraneo insieme a quelli del terremoto dell'Aquila.
AGGRESSIONE ALL UMANITÀ ( da "Manifesto,
Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Anche se non crediamo al diritto
naturale e tanto meno alla retorica dei diritti umani, soprattutto nell'epoca
delle guerre umanitarie, sappiamo che il limite minimo della comune condizione
umana è definito da quell'imperativo. Rinviando i barconi dei migranti in
Libia, il governo italiano ha deciso di rinunciare di fatto e di diritto a
qualsiasi minima considerazione umana.
Nessuna pietà per le donne
incinte, disidratate e prossime alla gravidanza. Nessuno scuprolo su... ( da "Unita,
L'" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: esprime soddisfazione per il
salvataggio dei migranti ma tace sul respingimento dell'Italia. È stata
l'Italia con tre motovedette a consegnare i naufraghi a Gheddafi. Respingimenti
fuori da ogni regola internazionale. Nessuno scrupolo: in Libia diritti umani
negati. Protesta l'Onu, la Cei e il tavolo «asilo».
La svolta storica nel
contrasto all'immigrazione clandestina è la regola del &... ( da "Unita,
L'" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: bilaterale prevede garanzie per il
rispetto dei diritti umani dei naufraghi da parte di Tripoli, le cui condizioni
di detenzione sono state denunciate da molti rapporti di Ong. Il loro destino
dunque - così come le relative notizie - dipende esclusivamente d alle autorità
libiche. L'accordo è già operativo dal 30 aprile scorso, come spiega il capo
della polizia Antonio Manganelli:
Touadì, Pd: una svolta che
nega i diritti umani ( da "Unita,
L'" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Touadì, Pd: una svolta che nega i
diritti umani «Per Maroni è una svolta storica. È vero, è una svolta ma contro
60 anni di diritti umani. Una svolta che non deve ripetersi», dice Jean-Leonard
Touadi, Pd, sulla vicenda delle navi italiane che hanno riportato in Libia i
migranti.
prelievi di innocenti in
archivio, polemica a londra ( da "Repubblica,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: A Londra sono conservati 4,5
milioni di campioni (di condannati e di innocenti). Il progetto di legge
prevede di conservare per 12 anni i profili di chi è scagionato dall´accusa di
reati gravi. L´opposizione e gli attivisti dei diritti umani chiedeno che il
Dna di innocenti non venga conservato.
Messaggio al Papa: fermare
i crociati ( da "Sole
24 Ore, Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Assemblea sui diritti umani nel
mondo per il 2008. Subito prima del voto, il cristiano democratico tedesco
Hartmut Nassauer è intervenuto con una mozione d'ordine durissima, chiedendo al
presidente della seduta Gérard Onesta (Verdi) di non procedere al voto
dell'emendamento in base a due motivazioni: innanzitutto, perché le
dichiarazioni del Papa sono del 17 marzo 2009 (
Arriva il biotestamento ( da "Corriere
della Sera" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nella Convenzione dei Diritti
Umani, nel Codice di deontologia medica e propone di istituire un Registro per
i residenti in cui raccogliere le dichiarazioni di volontà con riferimento ai
trattamenti di natura medica». «I residenti nel territorio del Municipio XI
potranno dichiarare - aggiunge - se intendono sottoporsi, in caso di malattie
non curabili,
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nostre speranze e rivela la
banalità della politica e la sua incapacità di rispettare i diritti umani.
Cedere queste persone a un paese che ancora oggi non riconosce questi diritti
fondamentali e non ha firmato la Convenzione di Ginevra, è esso stesso un
delitto contro l'umanità. Il 16 aprile abbiamo commemorato i morti del
Mediterraneo insieme a quelli del terremoto dell'Aquila.
Immigrati clandestini
rimpatriati in Libia Vaticano: "Violati i diritti dei rifugiati" ( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: per la realizzazione dei diritti
umani dei migranti in Italia. "La normativa internazionale, alla quale si
è appellata anche l'Onu - ha ricordato monsignor Agostino Marchetto - prevede
che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci
sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati 'rifugiati
presunti".
Clandestini, il Vaticano
all'attacco ( da "Stampaweb,
La" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ha violato le norme internazionali
sui diritti dei rifugiati», e anche alcune norme del pacchetto sicurezza, come
quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a «gravi difficoltà»
per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia. Lo afferma il
segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, Monsignor
Agostino Marchetto.
Rimpatrio, il Vaticano
attacca... ( da "Giornale.it,
Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ha violato le norme internazionali
sui diritti dei rifugiati" e anche alcune norme del pacchetto sicurezza,
come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a "gravi
difficoltà" per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia.
L'attacco è del segretario del pontificio consiglio per i migranti e gli
itineranti, monsignor Agostino Marchetto.
Parto per la Terra Santa
con il Papa. ( da "Giornale.it,
Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Violati i diritti umani dei
migranti"Fiat: "Offerta a breve" I governatori tedeschi:
"Dubbi sul progetto"Il Papa in Giordania: "Dialogo
ebrei-islam"Pdl: "Santoro? Uno spreco di denaro pubblico" E lui:
"Come Berlusconi"Governo, il Quirinale firma: Brambilla
ministro"Farmaci dalla Cina", indagati i vertici MenariniEcco cento
buoni motivi per il Giro dei 100 anniMogadiscio,
Migranti, il Vaticano
attacca il governo L'Osservatore ( da "Giornale.it,
Il" del 08-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ha violato le norme internazionali
sui diritti dei rifugiati" e anche alcune norme del pacchetto sicurezza,
come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a "gravi
difficoltà" per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia.
L'attacco è del segretario del pontificio consiglio per i migranti e gli
itineranti, monsignor Agostino Marchetto.
Vaticano:
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Il segretario del Pontificio
Consiglio per i migranti e gli itineranti Vaticano: «Lesi i diritti umani degli
immigrati riportati in Libia» Mons. Marchetto: «Violate le norme internazionali
sui diritti dei rifugiati». Fini: «Non violati diritti» CITTÀ DEL VATICANO - Il
rimpatrio dei clandestini in Libia «ha violato le norme internazionali sui
diritti dei rifugiati».
"L'Italia viola i
diritti umani" ( da "Stampa,
La" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: diritti umani" Clandestini e
sicurezza, il Vaticano preoccupato dalle scelte del governo L'Italia che
respinge in Libia i migranti intercettati in mare «preoccupa», perché dare
aiuto a chi si trova in condizioni gravi è una priorità. La dura presa di posizione
arriva dall'Osservatore Romano, dopo che contro il rimpatrio dei clandestini in
Libia aveva protestato già il segretario
La Chiesa e gli immigrati
respinti: diritti a rischio ( da "Corriere
della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: diritti umani». Al coro, si
uniscono Acli, Migrantes, Comunità di Sant'Egidio, Centro Astalli. Ma non c'è
solo la Libia perché, ora, il direttore per la Pastorale dei migranti della
Conferenza episcopale italiana, Gianromano Gnesotto, attacca anche sul ddl
sicurezza: «Se il reato di immigrazione clandestina non viene modificato
subiremo delle conseguenze notevoli anche per quanto
immigrati respinti, la
chiesa accusa "così si violano i diritti umani" - liana milella ( da "Repubblica,
La" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la Chiesa accusa "Così si
violano i diritti umani" Napolitano: rischio intolleranza. Un altro barcone
riportato a Tripoli Lo scontro La Russa appoggia la svolta di Maroni: "Ora
capiranno che sbarcare da noi non conviene più" LIANA MILELLA ROMA -
L´Italia «viola i diritti internazionali dei rifugiati».
fassino: mandarli via non
è uno scandalo - giovanna casadio ( da "Repubblica,
La" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: la lesione dei diritti umani
fondamentali». E anche Rosy Bindi - una cattolico-democratica consapevole della
necessità di rispondere al bisogno di sicurezza dei cittadini ma netta nella
condanna delle strumentalizzazioni della destra - denuncia la «violazione dei
diritti umani, una vergogna per l´Italia: il ministro Maroni rifletta».
La Chiesa all'attacco
"Lesi i diritti umani" ( da "Stampa,
La" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: attacco "Lesi i diritti
umani" Monsignor Marchetto «Così sono state violate le norme sui diritti
dei rifugiati» SCONTRO SUI RIMPATRI La polemica Secondo Maroni è una svolta
storica, per L'Osservatore Romano è un grave passo indietro [FIRMA]GUIDO
RUOTOLO ROMA Un fuoco di fila così concentrico raramente si era visto: il
Vaticano,
Usa, le nozze gay arrivano
in Parlamento ( da "Corriere
della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Post che un presidente popolare e
progressista si pronunci su un fondamentale tema di diritti umani e civili:
qual è la differenza concreta tra la sua posizione e l'affermazione pura e
semplice, che i matrimoni gay vadano riconosciuti in tutti i 50 Stati?». Una
risposta possibile è che Obama abbia davanti i sondaggi e non voglia in alcun
modo provocare una nazione ancora divisa.
La Chiesa e gli immigrati
respinti: diritti a rischio ( da "Corriere.it" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: sono stati violati i diritti
umani». Al coro, si uniscono Acli, Migrantes, Comunità di Sant'Egidio, Centro
Astalli. Ma non c'è solo la Libia perché, ora, il direttore per la Pastorale
dei migranti della Conferenza episcopale italiana, Gianromano Gnesotto,
attacca anche sul ddl sicurezza: «Se il reato di immigrazione clandestina
non viene modificato subi
l'onu: rispettate il
diritto d'asilo nei centri libici controlli difficili - caterina pasolini ( da "Repubblica,
La" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: «Il diritto europeo in materia di
asilo fa capo alla convenzione di Ginevra, al principio di non respingimento.
La corte di Strasburgo per i diritti umani ha poi detto che non si può
espellere persone verso paesi dove c´è il rischio che vengano torturate o siano
oggetto di trattamenti degradanti.
Berlusconi: riportare
indietro i clandestini ( da "Corriere
della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: e non è entrato ancora in Italia
vale il nostro diritto, previsto dai trattati internazionali, di respingerlo
nei luoghi da dove è partito. Non vedo in questo nessuna violazione dei diritti
umani». Compatti i ministri. Per Frattini «abbiamo solo applicato il patto
europeo firmato dai Paesi a dicembre», per Ignazio La Russa «va contro la legge
chi vuole impedire i respingimenti »
Libia, nel centro dei
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Dopo le accuse di violazione dei
diritti umani arrivate nelle ultime ore, le autorità libiche hanno deciso di
consentire una visita nelle strutture, vogliono mostrare al mondo come vengono
trattate queste persone. Quando si apre il padiglione dove sono i nigeriani e i
ghanesi, la scena vista all'inizio si ripete.
respingere gli immigrati?
galli tace - massimo vanni ( da "Repubblica,
La" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Galli tace Renzi e Spini lo
giudicano una violazione dei diritti umani MASSIMO VANNI Immigrati, l´ennesimo
barcone di clandestini rispedito in Libia dal ministro Maroni solleva le
proteste della Chiesa e spacca il Pd ma a Firenze getta un ponte tra centrosinistra
e sinistra. Mentre il candidato del Pdl Giovanni Galli preferisce non
pronunciarsi, ricordando di aver sempre detto che,
Caso Politkovskaja Noi
giornalisti sulle tracce del killer ( da "Sole
24 Ore, Il" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Noi giornalisti sulle tracce del
killer» Oltre ad Anna Politkovskaja, in Russia altri 3 giornalisti di «Novaja
Gazeta» sono stati uccisi in otto anni.L'ultima è Anastasia Baburova,
assassinata in gennaio con Stanislav Markelov, avvocato difensore dei diritti
umani. Nella nostra videointervista la giornalista Zoe Eroshok illustralo
sviluppo delle indagini
La Chiesa: Roma viola i
diritti umani ( da "Sole
24 Ore, Il" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: clandestini in Libia ha violato le
norme internazionali sui diritti dei rifugiati» mentre alcune norme del Ddl
sicurezza preludono a «gravi difficoltà» per la realizzazione dei «diritti
umani dei migranti». Dal fronte governativo, il sottosegretario all'Interno
Alfredo Mantovano spiega che il reato di ingresso clandestino «è funzionale a
rendere effettive» le espulsioni e che evocare,
Senato federale e rivedere
bicameralismo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: A rilanciare il premierato soft e
implicitamente la necessità del dialogo con l'opposizione è il presidente della
Camera Gianfranco Fini. Un paletto al premier e alle sue tentazioni
presidenzialiste dopo i paletti alla Lega sul tema dell'immigrazione e dei
diritti umani.
1.Tornare a guardare Se si
impara a guardare ci si accorge che i muri invisibili spuntano come fu... ( da "Unita,
L'" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Respingere una nave di immigrati
può significare condannarli alla morte o alla tortura. 3.Frontiere «giuste»? Le
frontiere nascono per rispondere a delle esigenze. In Francia le ragazze
cercano un'identità mettendosi il velo. Il muro di Gerusalemme è una risposta
al terrorismo, quello di Rio isola i ricchi dalle favelas.
Strage in Afghanistan Gli
Usa: Vittime tra i civili usati come scudi umani ( da "Unita,
L'" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: DIRITTI UMANI Riguardo alle
violazioni dei diritti umani in Afghanistan, l'organizzazione Human Rights
Watch (Hrw) denuncia il sempre più frequente ricorso ad armi chimiche. Hrw
invita le forze Nato a diffondere gli esiti dell'inchiesta su un episodio
avvenuto in marzo nella provincia di Kapisa, che ha avuto per vittima una
bambina di 8 anni,
L'Italia non si indigna
più Ma i diritti umani sono universali ( da "Unita,
L'" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Italia non si indigna più Ma i
diritti umani sono universali» Lisa Clark: militante pacifista, vicepresidente
uscente di "Beati i costruttori di Pace" e candidata alle Europee con
Sinistra e Libertà. Cosa ne pensa della vicenda dei respingimenti verso la Libia?
«Negli Usa tanti mi hanno chiesto cosa stesse succedendo in Italia, dicevano di
non riconoscere più il nostro paese.
Noi palestinesi senza
diritti Il Papa lo ricordi ( da "Unita,
L'" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: prima donna ad essere portavoce
della Lega Araba, paladina dei diritti umani nei Territori. Il Papa ha iniziato
la sua missione in Medio Oriente. La Santa Sede mette l'accendo sul carattere
pastorale della visita. «In nessun luogo al mondo come in Medio Oriente
religione e politica sono indissolubilmente legati.
Berlusconi con la Lega: No
a un'Italia multietnica ( da "Unita,
L'" del 10-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Oppure è solo che il G8 si fa in
Italia, e il leader libico ci sarà in qualità di presidente dell'Unione
africana. Il premier difende la linea del «respingimento» applicata dal
ministro Maroni: «Nessuno scandalo, né violazione del diritto internazionale né
dei diritti umani». L'annuncio: Gheddafi farà visita in Italia.
Arrestati i militari
condannati in Italia per l'omicidio di Mastinu ( da "Manifesto,
Il" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Si tratta del generale Santiago
Riveros (condannato in Italia all'ergastolo), del generale Fernando Verplaetsen
e del colonnello Luis Saadi Pepa. Il sottosegretario ai diritti umani del
governo argentino, Luis Alen, ha manifestato la volontà di far intervenire lo
stato nel processo a fianco delle parti civili.
Libia, nel centro dei
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Dopo le accuse di violazione dei
diritti umani arrivate nelle ultime ore, le autorità libiche hanno deciso di
consentire una visita nelle strutture, vogliono mostrare al mondo come
vengono trattate queste persone. Quando si apre il padiglione dove sono i nigeriani
e i ghanesi, la scena vista all'inizio si ripete.
Obama show al gala della
stampa ( da "Corriere
delle Alpi" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: vicine alla tortura, come lo stesso
Cheney ha confermato oggi ancora al talk show domenicale della Cbs. Obama ha
anche citato direttamente Rush Limbaugh, diventato di fatto il portavoce
ufficioso dei repubblicani insieme con Cheney. Viste le difficoltà del partito
all'opposizione, il presidente ha spiegato che non potrà usufruire degli aiuti
pubblici destinati alle strutture sull'
per un giorno stopper del
crystal palace - luigi bolognini ( da "Repubblica,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Ma è una tortura che mi sono scelto
io, quando ho deciso di fare lo stopper con Football Aid. Calciatore per un
giorno in uno stadio inglese, di quelli che normalmente si vedono in tv zeppi
di tifosi mezzi bevuti e canterini, quelli citati da tutti come templi del
calcio e dello spirito sportivo.
che razza di mondo
vogliamo costruire? - claudio martini ( da "Repubblica,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: sottoscritte dall´Italia ma non
tutte dalla Libia - e con il rispetto dei diritti umani. Una decisione che
preoccupa chi da tempo ha posto la difesa dei diritti umani al centro di ogni
azione politica. Ha prevalso una visione ristretta di cittadinanza contrapposta
alla concezione universale della tutela dei diritti della persona.
che razza di paese
vogliamo costruire? - claudio martini ( da "Repubblica,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: Stringere accordi anche con paesi
che si distinguono per violazioni più o meno sistematiche dei diritti umani può
essere giustificato se spinge quei paesi ad adeguare il più presto possibile i
loro comportamenti alle normative internazionali. La Corte europea ha stabilito
che «sono vietate le espulsioni collettive di stranieri». Così dice la Carta
dei diritti fondamentali.
la cia difende le tecniche
di interrogatorio "almeno si conservi la privazione del sonno" ( da "Repubblica,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: non facendola mettere al bando come
altre forme di tortura (waterboarding). Secondo la Cia la tecnica appare meno
violenta, ma la tesi è smentita da un rapporto di un ispettore della Cia del
2004. «Ai detenuti - è scritto - non veniva concesso di mangiare, nè di andare
al bagno. E se crollavano esausti le catene impedivano loro di cadere».
No all'Italia multietnica
del Pd ( da "Sole
24 Ore, Il" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: nessuna violazione di accordi
internazionali nè delle norme a tutela dei diritti umani ». Berlusconi, assieme
al titolare della Farnesina Franco Frattini, è a Palazzo Chigi per fare il
punto sulla politica estera anche in vista del G- 8 di luglio i cui contenuti –
spiega – dovranno essere discussi con l'amministrazione Usa.
Berlusconi difende Maroni:
Abstract: accordi internazionali e nulla che violi anche le norme sui diritti umani». Posizione ribadita diligentemente anche da Frattini, che rivendica l'applicazione del patto europeo siglato lo scorso dicembre dai leader dei paesi dell'Unione. «Se noi respingiamo i clandestini - spiega il titolare della Farnesina - lo facciamo in nome di Paesi come la Germania, la Spagna e la Polonia».
Argomenti: Diritti umani
Al via le manovre per il
nuovo Europarlamento ( da "Corriere
Economia" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: organismo allargato a molti Paesi
europei extracomunitari impegnato nella tutela dei diritti umani. Se non ce la
farà, Mauro, molto ben visto in Vaticano, viene considerato il naturale
capogruppo degli eurodeputati del Pdl, che dovrà gestire il non facile
inserimento nel Ppe della componente An, considerata da molti europopolari
«post-fascista».
Il Consiglio d'Europa
all'Italia "Basta respingimenti di migranti" ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: mina la possibilità per ogni essere
umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto
d'asilo". Questo il messaggio lanciato dal commissario per i diritti umani
del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg. "L'iniziativa italiana mina
totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo", afferma
Hammarberg all'AdnKronos,
Clandestini, il Consiglio
d'Europa contro l'Italia: basta respingimenti ( da "Stampaweb,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: mina la possibilità per ogni essere
umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto d?asilo». E'
questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani del Consiglio
d?Europa, Thomas Hammarberg, interpellato dall'agenzia Adnkronos International.
«L?iniziativa italiana mina totalmente il diritto di ogni essere umano di
ottenere asilo»
Il Papa in Israele: pace
con palestinesi ( da "Stampaweb,
La" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: viene messo in pericolo il
fondamento stesso di una corretta comprensione dei diritti umani inalienabili».
«Sfortunatamente, l?antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa
in molte parti del mondo», ha detto Benedetto XVI, per il quale «questo è
totalmente inaccettabile». «Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l?
L'alt del Consiglio d'Europa:
"Italia fermi i respingimenti" ( da "Corriere.it" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ricorrendo al diritto d'asilo».
Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani del Consiglio
d'Europa, Thomas Hammarberg, interpellato da Adnkronos International.
«L'iniziativa italiana mina totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere
asilo», afferma Hammarberg, aggiungendo: «Spero che l'Italia non vada avanti
con questa politica»
Consiglio d'Europa:
stop... ( da "Giornale.it,
Il" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: che mina la possibilità per ogni
essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto
d?asilo". Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani
del Consiglio d?Europa, Thomas Hammarberg. "L?iniziativa italiana mina
totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo" afferma
Hammarberg, aggiungendo: "Spero che l?
Respingimenti, Fini
insiste "Prima verificate il diritto d'asilo" ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: che mina la possibilità per ogni
essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto
d'asilo". Interviene il commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa Thomas Hammarberg. Dopo le critiche della Cei e della portavoce
dell'Agenzia Onu per i rifugiati, la politica introdotta dal governo per
gestire gli sbarchi degli immigrati in Italia,
Trasfusione coatta a
testimone di Geova, condannato l'ospedale ( da "Corriere.it" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: ma i sanitari avevano avuto
l'approvazione della Procura per il trattamento sanitario obbligatorio. Il
tribunale civile ha ritenuto esistente una violazione dei diritti del paziente
e ha riconosciuto alla moglie dell'uomo deceduto a causa della malattia di cui
era affetto un risarcimento morale di 20 mila euro. stampa |
Respingimenti, Consiglio
d'Europa... ( da "Giornale.it,
Il" del 11-05-2009)
Argomenti:
Diritti umani
Abstract: che mina la possibilità per ogni
essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto
d?asilo". Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani
del Consiglio d?Europa, Thomas Hammarberg. "L?iniziativa italiana mina
totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo" afferma
Hammarberg, aggiungendo: "Spero che l?
Migranti, alt del Consiglio d'Europa E Fini: Abstract: Secondo il commissario per i Diritti umani, Thomas Hammarberg, il respingimento degli immigrati clandestini verso la Libia «è un'iniziativa molto triste», che «mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto d'asilo».
Argomenti: Diritti umani
Abstract: viene messo in pericolo il fondamento stesso di una corretta comprensione dei diritti umani inalienabili». «Sfortunatamente, l?antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo», ha detto Benedetto XVI, per il quale «questo è totalmente inaccettabile». «Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l?
Abstract: importante e autorevole organizzazione internazionale non governativa di difesa dei diritti umani. Il Min. Maroni difende la correttezza dell'operato del governo sul piano del rispetto del diritto internazionale rivendicando il diritto dell'Italia al respingimento dei migranti verso il paese di partenza. Qual'è l'opinione di Amnesty in proposito?
Abstract: Europa Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani del Consiglio d?Europa, Thomas Hammarberg. "L?iniziativa italiana mina totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo" afferma Hammarberg, aggiungendo: "Spero che l?Italia non vada avanti con questa politica". Insomma, quella trovata dal governo italiano per rispondere all?
(
da "Stampa, La"
del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
SPECIALITÀ CULINARIE CIRCOLO DEI LETTORI DA DOMANI GLI INCONTRI FRA I PROTAGONISTI Martedì 12: cena armena con letture tratte dal libro di Sonya Orfalian Lingua Madre: il Caucaso anticipa la Fiera del Libro Gianni Vattimo e Slavoj Zizek parleranno di fondamentalismi tolleranza e diritti umani [FIRMA]LUCA INDEMINI Lingua Madre, nata come sezione della Fiera Internazionale del Libro nel 2005, diventa da quest' anno un progetto permanente, con una programmazione articolata nell'arco dei dodici mesi, che consolidando il rapporto con Terra Madre, vuole promuovere un'idea di sviluppo sostenibile a 360 gradi.>Memoria,
oralità e lingua saranno le tre linee guida per valorizzare la diversità
culturale e la salvaguardia delle memorie storiche e sociali. Altra importante
novità di Lingua Madre sarà un approfondimento annuale, dedicato a una
specifica area geografica, che in questo primo appuntamento sarà il Caucaso
Meridionale, zona spesso trascurata dai media, che pure comprende territori
complessi e spesso conflittuali, quali Armenia, Georgia e Azerbaijan. Reading,
proiezioni cinematografiche, concerti e degustazioni gastronomiche
permetteranno di focalizzare l'attenzione su questa terra di confine, ponte fra
Europa e Asia, un ricco quanto singolare «laboratorio di culture» del
Mediterraneo. Da domani a mercoledì 6 la sala tre del Cinema Massimo ospiterà
una retrospettiva sul Cinema Caucasico, curata dal Museo Nazionale del Cinema
(ingresso 5,50 euro, abbonamento 10 ingressi 30 euro), che riserverà ampio
spazio ai lavori di Atom Egoyan e sarà impreziosita mercoledì 5, alle 21, dalla
presenza in sala di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, al termine della
proiezione del loro «Ritorno a Khodorciur. Diario Armeno». Domani alle 21, con
«Lo sguardo della memoria. Il genocidio armeno raccontato da voci e immagini»,
i due documentaristi apriranno la serie di incontri al Circolo dei Lettori,
impreziositi ogni giorno dall'aperitivo armeno delle 19,30 (6 euro). Se martedì
5 parlerà la musica col reading-concerto di Fakhraddin Gafarov e Karim Guarkan,
il giorno successivo si rifletterà su temi di stringente attualità, quali
fondamentalismi, tolleranza, globalizzazione e diritti umani: protagonisti Gianni Vattimo e Slavoj Zizek, uno dei
più discussi filosofi del nostro tempo. Partendo dagli ultimi fatti che hanno
portato l'area alla ribalta internazionale, come il bombardamento russo della
Gerogia nell'estate scorsa, il convegno «Caucaso: cultura, storia e politica in
cambiamento» (venerdì 8, ore 10-18), grazie agli interventi di studiosi
internazionali ed esperti della Regione, vuole fare il punto sui cambiamenti
avvenuti nel Caucaso, dalla fine degli Anni '80 ad oggi. Prima di spostarsi dal
Circolo alla Fiera della Libro, martedì 12 è in programma una cena armena, con
le letture tratte da «La cucina d'Armenia» di Sonya Orfalian (25 euro,
prenotazioni allo 011/4326827). Info su www.circololettori.it/linguamadre09.
( da "Stampa, La" del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
INCONTRO.PER
VEDOVATO CON «SINISTRA E LIBERTA'» Vendola: "Vi prego di vincere per i
diritti umani e il lavoro" «Il Primo Maggio di
Parigi è la cura contro la tendenza a deprimerci» [FIRMA]MARIA PAOLA ARBEIA
NOVARA Nichi Vendola, presidente della Puglia e eurocandidato, fa tappa a
Novara per la campagna elettorale: «E parto subito con una nota positiva».
Invita i sostenitori di «Sinistra e Libertà» - che a loro volta appoggiano
Vedovato presidente della Provincia, di nuovo in corsa - a seguire la cura francese
«contro la tendenza della sinistra alla psicanalisi con tendenze depressive».
Primo applauso. «Pensate a Parigi e al milione e mezzo di cittadini in corteo
il Primo Maggio. C'è aria di Maggio Francese anche altrove». Lavoro, diritti e
vera libertà i temi, all'Albergo Parmigiano, sala affollata: «Di recente sono
stato a Marcinelle dove morirono in miniera anche 22 pugliesi. Lì i lavoratori
erano numeri. Ho incontrato un signore di 98 anni, era il numero 709 e mi ha
fatto da guida. Una grande lezione. Anche oggi rischiamo di avere
"numeri" invece di lavoratori con nome e diritti». Su Usa e Europa:
«Obama ha chiesto a Sarkozy di non chiudere sull'allargamento dell'Unione
Europea. Il presidente francese invece ha parlato come un Borghezio, un leghista
qualunque. Non ha colto la lungimiranza e la vera sfida. Soltanto un grande
continente moderno, che gestisce i flussi e non ghettizza, può vincere i
fondamentalismi. Sarkozy e altri non lo capiscono. Così l'Europa rischia sempre
più di sembrare una fortezza assediata. Obama negli Usa ha cambiato marcia e
"europeizza" nel senso migliore su diritti umani, scuola e sanità pubblica». L'Italia: «Vedete in quale oblio
siamo precipitati». Arriverà l'accenno a Veline e Berlusconi. Tornando ai temi:
primo, difendere i diritti umani e sociali, secondo non cedere
all'oblio. Vendola: «Siamo di fronte a progressive violazioni dei diritti umani anche qui. L'asticella si alza un poco ogni giorno. E'
pericoloso». Attenzione pure a «una certa cultura leghista che si diffonde pure
nel centrosinistra». Dà la carica a Vedovato, saluta Nicola Fonzo, Ilaria
Sorrentino, gli altri novaresi impegnati a vario titolo in campagna elettorale.
Rileva con ironia «il tenore gastronomico» del messaggio della paniscia di
Vedovato ma vuole parlare di ben altro per la sua «Sinistra e Libertà». Lavoro,
diritti, gli Usa di Obama che cercano il futuro nella lezione di un'Europa che
fu coraggiosa dopo la Seconda Guerra, «un'Europa con radici nella filosofia
greca e nel nostro Mare, culla di grandi religioni e culture. Anche per tutto
questo vi chiedo, vi prego di vincere a Novara».
( da "Repubblica, La" del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina 15 -
Esteri Continuare a lottare Parla Marina Nemat, condannata a morte in Iran,
riuscì a evitare l´esecuzione sposando il suo carceriere "Così sono
sfuggita a quella forca ma altre mille donne rischiano la vita" A 17 anni
aveva confessato ma, disse dopo, sotto l´effetto della
tortura In Iran tantissimi ragazzi e ragazze sono arrestati e uccisi come se
niente fosse Dobbiamo continuare a fare pressione in nome della democrazia
FRANCESCA CAFERRI Aveva 16 anni Marina Nemat quando fu arrestata per «attività
rivoluzionaria» in Iran: uno meno di Delara Darabi. Come lei, fu
torturata, costretta a confessare crimini che non aveva commesso e condannata a
morte. In carcere ha passato più di due anni. Poi una guardia carceraria
ossessionata da lei convinse le autorità prima a commutare la sua pena in
ergastolo e poi a liberarla. Marina fu costretta a sposare il carceriere: solo
alla sua morte riuscì a fuggire dall´Iran. Sulla sua vicenda ha scritto un
libro - "Prigioniera a Teheran" - diventato un best seller
internazionale. Signora Nemat, quale è stata la sua reazione quando ha saputo
di Delara Darabi? «Sono rimasta paralizzata. Non riuscivo a respirare. Non
riuscivo a parlare. Anche ora non posso crederci: la sua storia è così simile
alla mia che mi è sembrato di rivivere l´incubo. Io sono fuori dalle carceri
iraniane da anni, ma non posso dire di stare bene: ho ancora incubi e visioni.
E tutto è tornato fuori appena ho saputo della morte di quella povera ragazza».
Le autorità iraniane dicono che aveva confessato di essere colpevole... «Anche
io avevo confessato. Non so cosa, ma ho confessato qualunque cosa volevano
sentirsi dire. Anche la giornalista americana Roxana Saberi ha confessato.
Tutti confessano, nella speranza che l´incubo finisca, le torture termino.
Quando passi una settimana legata a una sedia con una benda sugli occhi. O
quando hai fame e ti lanciano la zuppa addosso. Quando ti minacciano. Chi non
confesserebbe?». Lei ha parlato di Roxana Saberi: poche ore dopo la morte di
Delara le autorità iraniane hanno annunciato che la sua condanna sarà rivista.
Crede che i due casi siano legati? «Non lo so. Può darsi che qualcuno abbia
scelto di uccidere Delara per dare un segnale, per dire "questo è quello
che siamo capaci di fare". E trattandosi di una iraniana è stato facile.
La Saberi è americana, per lei sarà diverso: ma ci sono migliaia di Delara
rinchiuse nelle carceri. Ragazze e ragazzi arrestati per motivi pretestuosi e
uccisi come se niente fosse. A centinaia sono morti mentre ero in carcere io:
sparivano e le famiglie non ricevevano neanche i corpi. Pensavo sempre che
presto sarebbe successo a me». Cosa può fare la comunità internazionale?
«Continuare a fare pressione. Usare i mezzi di comunicazione per arrivare in
Iran e far entrare nella testa dei milioni di giovani cresciuti solo con la
Rivoluzione un messaggio di democrazia. Non spetta a noi decidere per gli
iraniani, non dobbiamo dirgli noi che è tempo di eliminare la sharia. E non
possiamo pensare a un intervento armato. Ma possiamo continuare a spingere per
un cambiamento».
( da "Repubblica, La" del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina 15 -
Esteri Iran, addio al telefono: "Aiuto, mi impiccano" Giustiziata la
giovane pittrice accusata di omicidio, ignorata la sospensione della sentenza
Inutile la disperata corsa del padre verso il carcere Al suo arrivo, la donna
era morta VANNA VANNUCCINI «Mi impiccheranno fra pochi minuti, aiutatemi!».
Sono state queste le ultime parole di Delara Darabi, una ragazza iraniana di 23
anni rinchiusa da cinque nel carcere di Rasht e condannata a morte per
impiccagione per un omicidio confessato a 17 anni, di cui più tardi si è sempre
dichiarata innocente. Subito dopo queste parole il telefono le è stato
strappato di mano da un funzionario del carcere che ha confermato alla madre
l´esecuzione immediata, dicendo che la famiglia «non poteva fare più nulla».
Una disperata corsa in macchina del padre fino al penitenziario, riferisce
Etemad (l´unico giornale riformatore che ancora circola in Iran), è servita
solo per vedere uscire il veicolo che trasportava il corpo di Delara.
L´esecuzione della sentenza è stata decisa a sorpresa dalle autorità del
carcere, nonostante un ordine di sospensione della sentenza per due mesi emesso
il 19 aprile dal capo della magistratura iraniana, l´ayatollah Shahroudi,
nell´aspettativa che la famiglia di Delara potesse raggiungere un accordo con
quella della vittima per ottenere il perdono in cambio di un risarcimento in
denaro. Secondo la legge coranica, in caso di perdono una condanna a morte può
venire commutata in una pena carceraria. Etemad racconta che è stato proprio il
figlio della vittima a mettere la corda al collo di Delara, rifiutando la sua
estrema richiesta di perdono. «Il sangue si lava col sangue», ha detto. La
ragazza aveva uno straordinario talento di pittrice e i suoi quadri, fatti circolare dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, avevano commosso il mondo. Sono un impressionante diario di
brutalità, torture, disperazione e solitudine. Per rappresaglia, le autorità
carcerarie avevano però reso la sua vita ancora più difficile, impedendole di
ricevere visite e limitando i contatti con l´avvocato a due brevi telefonate
mensili. Alla fine le avevano tolto anche gli strumenti per dipingere.
«Sapere che cosa significa Del Ara? Significa prigioniera dei colori. Io che
dipingo da quando avevo quattro anni, a 17 ho perso i colori. Il mio rosso era
diventato di cobalto, al posto del cielo mettevo pennellate di grigio», aveva
scritto in uno dei quadri. Nel 2007 aveva tentato il suicidio tagliandosi le
vene, ma era stata salvata da una compagna di cella che aveva dato l´allarme.
Delara era stata condannata nel 2003 per omicidio a scopo di rapina di una
parente, mentre il fidanzato era stato condannato a dieci anni. Dopo l´iniziale
confessione, aveva spiegato di essere stata convinta a dirsi colpevole per
salvare il fidanzato maggiorenne. Lei non aveva ancora 17 anni al momento del
delitto, e secondo la Convenzione internazionale sui diritti dei minori,
ratificata dall´Iran, non poteva essere condannata a morte. Ma la sentenza del
tribunale di Rasht, confermata poi dalla Corte Suprema, era stata comunque
morte per impiccagione, e il tribunale ha respinto tutte le richieste di
revisione del processo presentate dall´avvocato, che ha sempre sostenuto
l´impossibilità per una ragazzina fragile come Delara di uccidere a coltellate
una donna che era il doppio della sua stazza. L´Ue ha espresso indignazione,
sottolineando che queste violazioni dei diritti umani «erodono
il terreno di fiducia con l´Iran». Non è la prima volta che tribunali iraniani
eseguono sentenze capitali senza avvertire i famigliari e gli avvocati, a
dispetto della stessa legge iraniana e delle decisioni del capo della
magistratura Shahroudi. Questi è considerato non abbastanza duro
nell´applicazione della sharia dagli integralisti radicali che si annidano in
molti tribunali. Ordinò ad esempio di sospendere le lapidazioni delle adultere,
che invece ancora oggi continuano. SEGUE A PAGINA 5
( da "Repubblica, La" del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina XV -
Torino Il caso Vattimo (Idv) "Fiera del Libro da boicottare" «Sono scandalizzato per chi organizza manifestazioni culturali
dimenticando i diritti umani, quando invece di questi temi si riempie sempre la bocca». Così
dice il candidato alle europee per Idv Gianni Vattimo. Ieri, insieme con un
gruppo di International solidarity moviment, il filosofo ha annunciato che
anche quest´anno la Fiera del Libro sarà boicottata per la presenza
dell´Egitto. Una contestazione definita «un dovere morale, culturale e
politico - spiega il presidente di Ism Alfredo Tradardi - perché emerga la
verità sul conflitto medio orientale». Particolarmente grave, spiegano «che sia
il ministro egiziano per la cultura, in carica da vent´anni a tenere nella
cerimonia inaugurale una lectio magistralis sul tema "Immaginare una
cultura per la pace e la tolleranza"».
( da "Corriere della Sera" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/05/2009 - pag: 1 DELARA GIUSTIZIATA
IN IRAN LA SFIDA CRUDELE DI UN REGIME di ANGELO PANEBIANCO I n Iran, una
giovane pittrice, Delara Darabi, è stata giustiziata per omicidio dopo un
processo che Amnesty International ha giudicato non equo, non rispettoso dei
diritti della difesa. Amnesty non è l'oracolo e la valutazione sui procedimenti
giudiziari che comportano pene capitali è sempre controversa. Ma la notizia segue
di poche settimane quella sulla condanna a otto anni «per spionaggio» alla
giornalista americana-iraniana Roxana Saberi e contribuisce a ribadire la fosca
reputazione del regime. Non più fosca di quella di altri regimi autoritari,
naturalmente. Ma con la differenza che l'Iran è una grande potenza regionale le
cui scelte in gran parte decideranno se ci sarà pace o guerra in Medio Oriente
nei prossimi anni. Sfrondata dagli usuali toni retorici, la questione della
violazione sistematica dei diritti umani incide in due
modi sui rapporti internazionali. Da un lato, radicalizza la distanza,
culturale e psicologica, fra i regimi democratici e i regimi autoritari.
Dall'altro, in caso di gravi contenziosi geo-politici, rende difficile trovare
forme di risoluzione pacifica delle controversie: nessuno può fidarsi di
nessuno. Ad esempio, nel caso dell'Iran e della sua volontà di diventare una
potenza nucleare, a fare paura non è la bomba nucleare iraniana in sé. A fare
paura è la bomba nucleare in mano a un regime come quello degli ayatollah.
Contro l'opinione di coloro che mettono sullo stesso piano i regimi autoritari
e quelli democratici ricordando le magagne di questi ultimi, si può osservare
che la differenza resta comunque netta. Non è che i primi
violino i diritti umani e i secondi no. La differenza è che nel caso dei regimi
autoritari la violazione di quei diritti è la norma, rispecchia la quotidianità
dei rapporti fra potere politico e sudditi, mentre nel caso dei regimi
democratici è l'eccezione. Quando una dura politica repressiva
all'interno si sposa, come in Iran, a una politica estera «rivoluzionaria », a
una proiezione aggressiva verso l'esterno (programma nucleare, appoggio ad
Hamas e Hezbollah, aspirazione all'egemonia regionale, minacce a Israele, radicale
contrapposizione ideologica all'Occidente), i margini di manovra per chi aspira
a instaurare un modus vivendi con la potenza in questione diventano quasi
nulli. Persino quando ci sarebbe, come c'è nei confronti del-- l'Iran,
l'interesse a trovare un accomodamento: contro l'Iran sarà infatti difficile
stabilizzare l'Iraq, trovare soluzioni al conflitto israeliano-palestinese,
concentrare ogni sforzo nella guerra afghano-pachistana. Né il pugno chiuso di
Bush né (finora) la mano tesa di Obama hanno prodotto risultati. L'Iran non dà
segnali di voler normalizzare i suoi rapporti con il resto del mondo.
Sfortunatamente, la normalizzazione non può esserci, e non ci sarà, senza
significativi cambiamenti del regime. Quanto meno, senza cambiamenti che
segnalino il passaggio dalla fase rivoluzionaria (iniziata con Khomeini nel
1979 e mai terminata) a quella post-rivoluzionaria. Il giorno in cui avvenisse
quel passaggio, l'inaugurazione di una politica estera più cauta e pragmatica
potrebbe accompagnarsi alla decisione di migliorare l'immagine internazionale
del regime. Ne conseguirebbe una minore propensione a fare uso del pugno di
ferro nei confronti degli iraniani. Al momento, però, di tutto questo non c'è
traccia alcuna.
( da "Corriere della Sera" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 03/05/2009 - pag: 15 Il carcere speciale La
prigione dove è stata picchiata a morte la fotografa Kazemi Evin, la fabbrica delle torture WASHINGTON Fino a poco tempo fa
sull'elenco telefonico di Teheran l'indirizzo era «Consultorio per il disordine
di comportamento». In realtà il «consultorio » è la prigione di Evin. Uno dei
carceri che fanno parte di un network esteso dove sono rinchiusi oppositori,
dissidenti, spie e criminali comuni. Ma per «lavorarseli» meglio i mullah
hanno creato «uffici» speciali gestiti direttamente dal ministero
dell'Intelligence e dai pasdaran. All'interno di Evin vi sono due sezioni
particolari. La 209 e la 325. La prima secondo fonti dell'opposizione dispone
di 90 celle di isolamento suddivise in 9 «corridoi». La seconda ha «gabbie» più
piccole. I prigionieri sono tenuti molto spesso bendati, indossano divise di
colore diverso da quello degli altri detenuti e in caso di problemi medici
vengono portati in un ambulatorio riservato solo ai «politici». In base alle
informazioni raccolte dagli esuli, la 209 e la 325 hanno subito
ristrutturazioni nel 2008. Cambiamenti eseguiti su ordine dell'ufficio del
presidente Ahmadinejad. E, infatti, sono state costruite delle salette
insonorizzate per le sedute di interrogatorio e altre dove si ricorre alla
tortura bianca. In queste celle la luce è tenuta costantemente accesa, il
detenuto così non ha alcuna possibilità di riposare. Con la privazione del
sonno e l'alterazione del ritmo biologico si sfianca il prigioniero inducendolo
a firmare qualsiasi confessione. Sistemi sofisticati che vengono alternati con
quelli brutali. Percosse, violenze, sevizie, pressioni psicologiche usando i
familiari come ostaggi. E' nella sezione 209 che è stata picchiata a morte la
fotografa irano-canadese Zahra Kazemi, arrestata proprio perché stava scattando
foto all'esterno di Evin. I segreti della prigione sono ben protetti dalle
autorità che cercano di dimostrare che la situazione all'interno è accettabile.
Nel 2007 hanno permesso la visita a un gruppo di giornalisti. I reporter hanno
potuto vedere solo alcune parti: ovviamente tutto era lindo, pulito, «normale
». Ma, nello stesso anno, i dirigenti della sicurezza hanno rifiutato l'accesso
a una delegazione di deputati. Volevano ispezionare la «209», però
l'intelligence non era d'accordo. Un no significativo. Il carcere della
capitale non è l'unico centro ad essere usato nella campagna di repressione.
Già sotto la presidenza del riformista Khatami, i pasdaran e l'intelligence hanno
moltiplicato i luoghi di detenzione in strutture segrete. E con loro avrebbero
collaborato i miliziani Basji e l'organizzazione Hezbollah (da non confondere
con il movimento libanese). Spesso si tratta di una serie di appartamenti o di
casermette trasformate in quelle che i servizi segreti chiamano «buchi neri».
La loro presenza è stata scoperta dai dissidenti dopo la detenzione di alcuni
loro compagni. In un rapporto diffuso nel marzo di quest'anno a Washington si
segnalano, ad esempio, la «prigione 59» all'interno della base militare di Vali
E Asr o quella di Khatam Ul Anbiya, realizzata in una zona residenziale. Nello
stesso dossier sono indicate le gravi violazioni commesse nel braccio femminile
del carcere di Rasht, lo stesso dove è stata impiccata la pittrice Delara
Derabi. G. O. La fortezza A Nord-Ovest di Teheran
(
da "Corriere della Sera"
del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere della Sera sezione: Esteri data: 03/05/2009 - pag: 15 Dialogo e diritti umani Benjamin Barber «Così l'ala dura risponde a Obama» WASHINGTON Per Benjamin Barber, l'autore di Guerra santa contro McMondo, le crescenti violazioni dei diritti umani in Iran sono «un'operazione preventiva dei conservatori» per intimidire non solo l'opposizione ma anche i moderati e per rimanere al potere. A suo parere le aperture di Barack Obama hanno messo in difficoltà Ahmadinejad e gli ayatollah schierati per lui, rendendone la condotta ancora più repressiva. Il filosofo politico rimprovera all'Occidente di premer troppo sull'Iran perché abbandoni il programma nucleare relegando in secondo piano il problema dei diritti umani: «Questa linea, non le aperture di Obama, è stata ed è controproducente». La soluzione, conclude Barber, «può essere soltanto a lungo termine: bisogna incentivare l'Iran a passare gradualmente alla democrazia, esiste un precedente, la Libia». In America, i repubblicani accusano Obama di debolezza, dicono che Ahmadinejad si faccia beffe di lui. «Secondo me invece la mano tesa di Obama è stata accolta favorevolmente da molti iraniani, e Ahmadinejad e i suoi sostenitori si sono dovuti difendere all'interno. Questa reazione del presidente del-- l'Iran e degli ayatollah, non l'offerta di trattare di Obama, è un segno di incipiente debolezza. Credo che li elettori iraniani ne terranno conto andando alle urne». Perché considera un errore l'enfasi posta dagli Usa e dalla Ue sul disarmo nucleare? «Perché ha permesso al potere a Teheran di passare per il custode della sicurezza nazionale non scordiamoci che l'Iran è circondato da potenze atomiche e di avere mano libera contro l'opposizione. Se l'Occidente avesse prestato più attenzione ai diritti umani, forse gli ultimi episodi in Iran non si sarebbero verificati. La maggioranza degli iraniani è fiera del programma nucleare, ma si vergogna della mancanza di libertà civili». Lei parla di incentivazione alla democrazia come l'unico modo di promuovere i diritti >umani. «La sola denuncia delle violazioni non
ha mai dato frutti. Un regime dittatoriale non cede a pressioni come le
sanzioni o l'isolamento. Bisogna operare sulla cultura, il costume, la
politica, l'economia delle nazioni, ma in modo positivo, dimostrando che una
società aperta, con dei media liberi, un libero mercato, è più stabile e
prospera. Non si può farlo in un anno, a volte occorrono decenni». Perché la
Libia è un buon esempio? «Perché con essa siamo passati dagli scontri al
dialogo. Abbiamo smesso di accusarla negoziando dietro le quinte, le abbiamo
aperto commerci, investimenti, fatto capire i vantaggi dell'integrazione con
l'Occidente. Oggi in Libia c'è una sia pur lenta evoluzione democratica. Mi
sembra che un altro Paese mediorientale si stia avviando sulla stessa strada:
la Siria». Ritiene che le elezioni in Iran segneranno una svolta verso la
democrazia? «Spero di sì, ma è troppo presto per dirlo. Ripeto: bisogna capire
che mentre il problema nucleare unifica gli iraniani le violazioni dei diritti umani li dividono. Su quanto Ahmadinejad sta facendo o anche
solo dicendo, per esempio contro Israele, è polemica in Iran. Le spinte per le
riforme sono destinate ad aumentare. Chiediamoci come aiutarle. Ritornando alla
politica di Bush? Certamente no. Diamo tempo a Obama e agli iraniani». Ennio
Caretto Benjamin Barber, filosofo politico, autore di «Guerra santa contro
McMondo»
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
«Aiuto, mi impiccano» L'Iran uccide
Delara Assassinata la giovane pittrice, accusata di omicidio. L'ultima
telefonata per chiedere aiuto alla madre. Amnesty: «Sui diritti umani gli ayatollah continuano a
provocare l'Occidente». Ottantaquattro esecuzioni in 4 mesi ALLE PAGINE 22- 23
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
L'onda militante dei Modena Il nuovo disco targato City
Ramblers tra ritmi zigani e combat-folk «Un filo di vento e la speranza
tornerà/ Un filo di vento, per pietà». DIEGO PERUGINI Dal 25 aprile sono
partiti con la «Carovana Libera», che hanno definito un «tour della legalità
contro le mafie sulle terre d'Italia». Una scelta coraggiosa e coerente, in
perfetto stile Modena City Ramblers, come del resto è il loro ultimo album,
Onda Libera, vigorosa e combattiva raccolta di canzoni sul nostro presente.
«Volevamo fosse proprio così - spiega Massimo "Ice" Ghiacci, uno dei
fondatori della band padana - Da sempre siamo osservatori critici della realtà
e ci piace confrontarci con tematiche spesso appiattite da media e politici. Il
filo conduttore è la libertà, una parola oggi usata in modo troppo
superficiale, ma che resta un valore fondamentale». DICHIARAZIONE MILITANTE
Militante sin dalla copertina, dove tra le righe di una bandiera si leggono i primi articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il disco racconta l'«onda» buona della protesta
studentesca, il dramma di chi fugge dalla guerra, i rom «malvisti in ogni
dove», le morti sul lavoro e molto altro ancora, con stili, generi e idiomi che
si rincorrono, dal reggae al folk irlandese, dalla tammuriata sudista ai ritmi
tzigani e all'irruenza punk. Ce n'è per tutti, anche per la Sinistra
italiana, ritratta in punta di metafora in Il naufragio del Lusitalia (Ballata
sull'orlo dell'abisso): «È dedicata al cosiddetto "popolo della
Sinistra", di cui noi facciamo parte. Un popolo illuso dal Pd, deluso
dagli eventi e ora allo sbando, in attesa di nuovi orizzonti». Emblematica
l'invocazione finale: «Un filo di vento e la speranza tornerà/ Un filo di
vento, per pietà». Nell'attesa, i Modena continuano a macinare i loro live fra
musica e impegno: oggi la «Carovana Libera» sarà a Castelvolturno, dove sorgerà
la cooperativa dedicata a Don Peppe Diana, ucciso dalla camorra. Domani
approderà in Piazza Santa Teresa a Brindisi, di fronte al Palazzo della Provincia,
insieme ai ragazzi della cooperativa Libera Terra.
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
L'ultima telefonata di Delara «Mamma, ora mi impiccano»
GABRIEL BERTINETTO La sostanza è atroce di per sé: un assassinio commesso
dietro il paravento di una sentenza di tribunale. Ma i particolari sono
addirittura agghiaccianti, perché prima di salire sulla forca nel carcere di
Rasht, in Iran, Delara Darabi è riuscita a chiamare al telefono la mamma,
implorando disperatamente aiuto: «Mamma, vogliono ammazzarmi. Vedo il patibolo,
mamma salvami». Poi ha chiesto di parlare al papà: «Voglio che veniate qui, per
amore di Dio, aiutatemi». IL COLTELLO NELLA PIAGA Una persona di media umanità avrebbe almeno avuto un moto di pietà davanti ad una
scena così straziante. Non l'addetto al crimine di Stato, che non ha saputo
fare altro che strappare il cellulare dalle mani di Delara e affondare con
protervia il coltello nella piaga, comunicando con ferocia: «Metteremo a morte
vostra figlia e non c'è niente che voi possiate fare al riguardo». I genitori
si sono precipitati al carcere, stringendo in mano una copia del Corano. Hanno
visto uscire dal portone un'ambulanza con le insegne del medico legale. Hanno
capito che trasportava il cadavere della povera figlia. Tragico primo maggio a
Rasht. Da undici giorni la sorte di Delara, condannata per un delitto commesso
(ma lei si proclamava innocente) quando era ancora minorenne, era appesa ad un
filo. L'esecuzione, fissata in un primo tempo per il 20 aprile, era stata
rinviata, anche per la pressante campagna delle organizzazioni umanitarie, Amnesty International fra le altre. Si era
diffusa ormai, fra i familiari della ragazza, gli avvocati, gli attivisti per i diritti umani mobilitatisi
in suo soccorso, la speranza che le autorità volessero concedere un rinvio di
due mesi. Cosa sia accaduto per far precipitare la vicenda verso l'epilogo più
crudele, non è chiaro. Un giornale iraniano, Etemad, scrive che a mettere la
corda al collo di Delara, venerdì mattina, ha voluto venire
personalmente uno dei figli della donna che la giovane, secondo il tribunale,
uccise durante un tentativo di rapina nel dicembre 2003. L'uomo avrebbe così
giustificato il proprio ruolo di vicario del boia: «Il sangue si lava col
sangue». Evidentemente i parenti della vittima avevano rifiutato il perdono,
impedendo la commutazione della pena. Ma decisivo deve essere stato anche il
recente arrivo di un nuovo magistrato a Rasht, un certo Javid Nia. Ha già fatto
lapidare a morte un condannato. L'altro giorno è stato lui a firmare l'ordine
di impiccagione per Delara. POESIA E PITTURA Il calvario di Delara Darabi
inizia il giorno in cui assieme al fidanzato Amir, 19 anni, tenta di derubare
un'anziana zia aggredendola in casa. La donna reagisce, Amir la colpisce con un
bastone, poi ordina alla giovane complice di prendere un coltello in cucina.
Uno dei due affonda la lama nella schiena della poveretta. Inizialmente Delara
confessa di essere stata lei. Poi però cambia completamente versiono e accusa
il fidanzato di averla convinta ad autoaccusarsi con il pretesto che, essendo
lei minorenne, non avrebbe rischiato la pena di morte. Così sarebbe infatti se
la Repubblica islamica rispettasse le convenzioni internazionali che vietano le
esecuzioni capitali per chi abbia commesso un crimine in età minorile. Gli
inquirenti comunque non hanno mai creduto alla ritrattazione. Delara fu
condannata a morte, Amir se la cavò con dieci anni di reclusione. Mentre si
batteva perché fosse creduta la sua innocenza, Delara affidava alla poesia ed
alla pittura il racconto del suo dolore. I suoi quadri vennero esposti in due
mostre a Teheran e a Stoccolma. Ma la disperazione a volte prevaleva, e un
giorno del 2007 fu salvata in extremis da una compagna di cella dopo avere
tentato il suicidio tagliandosi le vene dei polsi. Il giorno prima di essere
impiccata, Delara ha ricevuto la visita della mamma. Le ha detto che quando
fosse finalmente uscita dal carcere voleva riprendere gli studi. In quegli
stessi momenti in un'altra ala dell'edificio gli aguzzini allestivano il
patibolo. Di nascosto, senza avere il coraggio nemmeno di rispettare le loro
leggi che impongono di avvisare almeno 48 ore prima delle esecuzioni i
familiari e i legali dei condannati. Impiccata in Iran per un delitto compiuto,
per l'accusa, quando era minorenne. La mobilitazione internazionale non ha
salvato la vita a Delara Darabi. Disperata, prima di salire sul patibolo, ha
telefonato alla mamma.
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
La sostanza è atroce di per sé: un assassinio commesso
dietro il paravento di una sentenza di tribunale. Ma i particolari sono
addirittura agghiaccianti, perché prima di salire sulla forca nel carcere di
Rasht, in Iran, Delara Darabi è riuscita a chiamare al telefono la mamma,
implorando disperatamente aiuto: «Mamma, vogliono ammazzarmi. Vedo il patibolo,
mamma salvami». Poi ha chiesto di parlare al papà: «Voglio che veniate qui, per
amore di Dio, aiutatemi». IL COLTELLO NELLA PIAGA Una persona di media umanità avrebbe almeno avuto un moto di pietà davanti ad una
scena così straziante. Non l'addetto al crimine di Stato, che non ha saputo
fare altro che strappare il cellulare dalle mani di Delara e affondare con
protervia il coltello nella piaga, comunicando con ferocia: «Metteremo a morte
vostra figlia e non c'è niente che voi possiate fare al riguardo». I genitori
si sono precipitati al carcere, stringendo in mano una copia del Corano. Hanno
visto uscire dal portone un'ambulanza con le insegne del medico legale. Hanno
capito che trasportava il cadavere della povera figlia. Tragico primo maggio a
Rasht. Da undici giorni la sorte di Delara, condannata per un delitto commesso
(ma lei si proclamava innocente) quando era ancora minorenne, era appesa ad un
filo. L'esecuzione, fissata in un primo tempo per il 20 aprile, era stata
rinviata, anche per la pressante campagna delle organizzazioni umanitarie, Amnesty International fra le altre. Si era
diffusa ormai, fra i familiari della ragazza, gli avvocati, gli attivisti per i diritti umani mobilitatisi
in suo soccorso, la speranza che le autorità volessero concedere un rinvio di
due mesi. Cosa sia accaduto per far precipitare la vicenda verso l'epilogo più
crudele, non è chiaro. Un giornale iraniano, Etemad, scrive che a mettere la
corda al collo di Delara, venerdì mattina, ha voluto venire
personalmente uno dei figli della donna che la giovane, secondo il tribunale,
uccise durante un tentativo di rapina nel dicembre 2003. L'uomo avrebbe così
giustificato il proprio ruolo di vicario del boia: «Il sangue si lava col
sangue». Evidentemente i parenti della vittima avevano rifiutato il perdono,
impedendo la commutazione della pena. Ma decisivo deve essere stato anche il
recente arrivo di un nuovo magistrato a Rasht, un certo Javid Nia. Ha già fatto
lapidare a morte un condannato. L'altro giorno è stato lui a firmare l'ordine
di impiccagione per Delara. POESIA E PITTURA Il calvario di Delara Darabi inizia
il giorno in cui assieme al fidanzato Amir, 19 anni, tenta di derubare
un'anziana zia aggredendola in casa. La donna reagisce, Amir la colpisce con un
bastone, poi ordina alla giovane complice di prendere un coltello in cucina.
Uno dei due affonda la lama nella schiena della poveretta. Inizialmente Delara
confessa di essere stata lei. Poi però cambia completamente versiono e accusa
il fidanzato di averla convinta ad autoaccusarsi con il pretesto che, essendo
lei minorenne, non avrebbe rischiato la pena di morte. Così sarebbe infatti se
la Repubblica islamica rispettasse le convenzioni internazionali che vietano le
esecuzioni capitali per chi abbia commesso un crimine in età minorile. Gli
inquirenti comunque non hanno mai creduto alla ritrattazione. Delara fu
condannata a morte, Amir se la cavò con dieci anni di reclusione. Mentre si
batteva perché fosse creduta la sua innocenza, Delara affidava alla poesia ed
alla pittura il racconto del suo dolore. I suoi quadri vennero esposti in due
mostre a Teheran e a Stoccolma. Ma la disperazione a volte prevaleva, e un
giorno del 2007 fu salvata in extremis da una compagna di cella dopo avere
tentato il suicidio tagliandosi le vene dei polsi. Il giorno prima di essere
impiccata, Delara ha ricevuto la visita della mamma. Le ha detto che quando
fosse finalmente uscita dal carcere voleva riprendere gli studi. In quegli
stessi momenti in un'altra ala dell'edificio gli aguzzini allestivano il
patibolo. Di nascosto, senza avere il coraggio nemmeno di rispettare le loro leggi
che impongono di avvisare almeno 48 ore prima delle esecuzioni i familiari e i
legali dei condannati.
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
«Sui diritti umani gli ayatollah sfidano l'Occidente»
La vicepresidente di Amnesty Asia: sul caso Darabi hanno accelerato i tempi per
timore delle pressioni internazionali UMBERTO DE GIOVANNANGELI Quello condotto
contro Delara Darabi è stato un processo iniquo; iniquo rispetto agli stessi
standard della giustizia iraniani. La Corte che l'ha giudicata si è rifiutata
di prendere in considerazione prove a favore di Delara; il suo avvocato non è
stato informato (dell'impiccagione, ndr.) nonostante l'obbligo di legge di
avere comunicazione 48 ore prima dell'esecuzione». A denunciarlo è Hassiba Hadj
Sahroui, vice direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e
l'Asia. «I diritti umani - sottolinea Sahroui - devono
diventare una priorità nell'azione della comunità internazionale». La dirigente
di Amnesty sta seguendo direttamente anche un altro caso scottante che investe
l'Iran: quello della giornalista Roxana Saberi, condannata a otto anni di
reclusione per spionaggio a favore degli Usa. Amnesty International ha chiesto il
rilascio immediato e senza condizioni della giornalista. Roxana Saberi,
denuncia Hassiba Hadj Sahroui, «è solo una pedina degli sviluppi politici in
corso tra Iran e Usa». La pedina di un gioco sporco. «Il fatto che le accuse
siano di volta in volta cambiate, dal momento del suo arresto fino al processo,
indicano chiaramente che le autorità iraniane cercano qualsiasi scusa per
tenerla in prigione». Nonostante i ripetuti appelli delle organizzazioni umanitarie, Delara Darabi è stata giustiziata. «Un atto gravissimo
che viene a conclusione di un processo iniquo; iniquo rispetto agli stessi
standard, del tutto opinabili, di giustizia iraniani.». L'esecuzione è avvenuta
nonostante fosse stata accordata all'imputata, il 19 aprile scorso, una
sospensione di due mesi della pena. «Quando parlo di processo iniquo e di una
condotta cinica da parte delle autorità iraniane, mi riferisco anche a questo.
Hanno voluto far presto. È come se avessero voluto evitare le proteste interne
e internazionali che avrebbero potuto salvare la vita a Delara. C'è da
aggiungere che questa triste, drammatica vicenda testimonia che persino le
decisioni presa dal potere giudiziario centrale (la sospensione di due mesi
della pena) non hanno nessuna incidenza e vengono disattese nei distretti provinciali.
L'esecuzione di Delara è un oltraggio al diritto umanitario,
ad un senso minimo di giustizia. La comunità internazionale non può, non deve
tacere di fronte a questo scempio. Così come deve fare i conti con un dato
inquietante.». Quale? «Dall'inizio dell'anno almeno 84 persone sono state
impiccate in Iran. Oggi sono oltre 150 i giovani, come Delara, condannati
all'impiccagione per omicidi commessi quando erano minorenni. Non
abbandoniamoli nelle mani del boia di Stato». Un altro caso scottante è quello
della giornalista irano-statunitense Roxana Saberi. «Roxana è ostaggio delle
relazioni non certo amichevoli tra Teheran e Washington. Se, come appare, è
detenuta solo per ragioni politiche legate ai rapporti dell'Iran con gli Usa o
per aver esercitato in modo pacifico il diritto alla libertà d'espressione,
Saberi è una prigioniera di coscienza e deve essere rilasciata immediatamente e
senza condizioni. L'annuncio da parte iraniana della revisione della sua
condanna è un primo passo ma non basta. La vicenda di Roxana come quella, ancor
più tragica di Delara, confermano quanto Amnesty documenta da tempo: è
difficile avere giustizia in Iran». Intervista a Hassiba Hadj Sahroui
( da "Unita, L'" del
03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
enzo golino Silone tra le macerie L'articolo "Quando
la terra trema... E dal sisma nasce il romanzo" di Maria Serena Palieri
(" l'Unità", 30 aprile 2009) ha ricordato le tracce del cataclisma
marsicano nei testi narrativi di Ignazio Silone, abruzzese di Pescina. Una sua
testimonianza fu pubblicata a cura di Paul Guth in "Le Figaro
Littéraire", 29 gennaio 1955. Eccone qualche brano (dalla Cronologia di
Bruno Falcetto in Ignazio Silone, "Romanzi e Saggi", vol. I, collana
I Meridiani Mondadori, 1998). «... s'è fatta d'improvviso una fitta nebbia. I
soffitti si aprivano lasciando cadere il gesso. In mezzo alla nebbia si
vedevano ragazzi che, senza dire una parola, si dirigevano verso le finestre.
Tutto questo è durato venti secondi, al massimo trenta. Quando la nebbia di
gesso si è dissipata, c'era davanti a noi un mondo nuovo. palazzi che non
esistevano più, strade scomparse, la città appiattita...E figure simili a
spettri fra le rovine (...)Un vecchio avaro, l'usuraio del villaggio, era
seduto su una pietra, avvolto in un lenzuolo come in un sudario. Il terremoto
l'aveva sorpreso a letto, come tanti altri. Batteva i denti per il freddo.
Chiedeva da mangiare. Nessuno lo aiutava. Gli dicevano: " Mangia le tue
cambiali". È morto così (...)Abbiamo assistito a scene che sconvolgevano
ogni elemento della condizione umana. / Famiglie numerose il cui unico
sopravvissuto era il figlio idiota...Il ricco che non aveva nemmeno una
camiciola di lana per difendersi dal freddo (...)Dopo cinque giorni ho
ritrovato mia madre. Era distesa presso il camino, senza ferite evidenti. Era
morta. Io sono molto sensibilie. Tuttavia non ho versato una lacrima. Qualcuno
ha creduto che non avessi cuore. Ma quando il dolore supera ogni limite, le
lacrime sono stupide...Mio fratello è stato trovato in un secondo tempo. A
forza di urlare aveva la bocca piena di polvere». All'epoca del terremoto - 13
gennaio 1915 - Silone aveva 15 anni: era nato il 1° maggio 1900. Margherita
Gombi Questo paese è anche mio È di questi giorni la notizia della candidatura
di alcune avvenenti ragazze del mondo della televisione alla corsa per le
prossime elezioni europee. Guardando le foto sui giornali, mi chiedo quale
esperienza politica abbiano alle spalle, che livello di militanza possiedano
queste donne che dovrebbero rappresentarci. Credo che per occuparsi della cosa
pubblica bisogna studiare, impegnarsi, stare a contatto con le persone per
poter capire quali sono le piccole e grandi difficoltà. Come tutti i mestieri
anche quella del politico non si può improvvisare a tavolino. Io ho 25 anni sono laureanda in Culture e Diritti Umani a Bologna. Il mio sogno sarebbe quello di poter lavorare
nei centri antiviolenza con le donne e per le donne e in generale nell'ambito
delle pari opportunità. In questi anni ho svolto tirocini, il servizio civile,
ho partecipato a scuole, convegni manifestazioni perché sento sempre il bisogno
di aumentare le mie conoscenze. Mio padre poco fa mi ha chiesto se in un
Paese come il nostro, vale ancora la pena avere un'etica e una coscienza. L'Italia
non è solo la Nazione di chi ci governa, ma anche la mia ed io come molti altri
continuerò a comportarmi in maniera civile. Alessandro Arbitrio Meglio
divorziare! Signora Veronica Lario, il fatto che suo marito, abbia
spettacolarizzato e a mio avviso degradato lo stile della politica italiana è
oramai sotto gli occhi di tutti, anche dei giornali stranieri. Signora Lario,
non si renda partecipe di questa spettacolarizzazione della politica italiana
alimentandola ulteriormente, lo faccia per rispettare noi italiani contribuenti
e la nostra immagine all'estero. Se non condivide le idee di suo marito e se il
suo comportamento lede la sua immagine, Le suggerisco di avviare le procedure
per il divorzio quanto prima, perché in Italia sono molto lunghe e prevedono 3
"inutili" anni di separazione. Filippo Testa Iconoclastia! Nessun
Cesare ebbe l'esposizione mediatica dei nostri politici; la presenza continua
di ministri e portavoce, appena si schiaccia il telecomando, genera nelle masse
un preoccupante senso di dipendenza. Mi stupisce constatare come, in tempi di
revival religioso, nessuno resusciti il movimento dell'Iconoclastia:
sviluppatosi a Bisanzio tra l'VIII e il IX secolo e nemico d'ogni culto
dell'immagine.
( da "Giornale.it, Il"
del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
n. 106 del 2009-05-03 pagina 8 Lista Idv Dopo Israele,
arriva il no all'Egitto Vattimo boicotta ancora la Fiera del Libro di Redazione
Ieri come oggi. Il docente in pensione Gianni Vattimo (nella foto) contesta
l'ospite d'onore della Fiera del libro, prevista dal 14 al 18 al Lingotto.
L'anno scorso bersagliò Israele che festeggiava i 60 anni della repubblica,
quest'anno toccherà all'Egitto, nel mirino del filosofo del
pensiero debole a causa dei diritti umani. «Sono
scandalizzato e mi vergogno sempre di più di chi non ha il minimo di coscienza
e organizza le manifestazioni a costo dei diritti umani e se ne
riempie la bocca». Un tema di cui Vattimo parlerà nella campagna elettorale
dell'Idv che lo candida alle Europee nella circoscrizione Nord-Ovest. Il
pensatore torinese ha parlato della contestazione alla presentazione
dell'International solidarity movement. La protesta è «un dovere morale
culturale e politico» ha detto Vattimo che attacca anche la scelta della lectio
magistralis «Immaginare la cultura per la pace e la tolleranza» assegnata al
ministro della Cultura egiziano perché «offende la nostra coscienza civile e
democratica e gli oppressi e i perseguitati in Egitto e in Palestina». ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Stampaweb, La"
del 03-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Il governo di Londra sta lavorando a un progetto che
dovrebbe modificare in modo sostanziale la legiaslazione
nazionale in tema di diritti umani. L'obiettivo, dichiarato è
semplificare la deportazIone di terroristi e criminali stranieri. L'attuale
legge sui diritti umani, datata 1998, attraverso la quale la convenzione europea dei
diritti umani è entrata a far parte del corpo di leggi del Regno, finora è
stata infatti utilizzata con successo - troppo, a parere del governo -
per impedire la deportazione di criminali e terroristi in Paesi dove
rischierebbero la tortura o altre minacce alla loro incolumità fino alla pena
di morte. Secondo il Sunday Times, «il più grande timore» di Phil Woolas, il
sottosegretario per lImmigrazione,sarebbe
scoprire che, a causa delle attuali restrizioni imposte dalla legge, «se Osama
Bin Laden fosse arrestato a Londra, non ci fosse concesso di deportarlo». Confessando
la propria frustrazione, Woolas ha dichiarato: «Non sono il sottosegretario per
lImmigrazione, sono il sottosegretario che
amministra le decisioni prese dai tribunali». Secondo le stime dei
conservatori, sarebbero almeno 4.000 i criminali stranieri che ogni anno vengono
condannati per reati quali furto, frode stupro o spaccio di droga, che anzichè
essere deportati, restano nel Regno Unito dopo aver scontato la loro
pena.www.timesonline.co.uk/
( da "Manifesto, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
EMIRATI ARABI UNITI Drammatico video incrina i rapporti
tra Usa e emiri. E l'Italia? Le visite di Fini, Schifani e Prodi, la base aerea
italiana... Quello sceicco che tortura, e che l'Italia bipartisan corteggia
Manlio Dinucci L'uomo è steso sulla sabbia, illuminato dai fari. Prima gli
sparano attorno per terrorizzarlo, poi cominciano a torturarlo. Sono le
immagini di un video di 45 minuti, di cui la Abc News ha trasmesso una parte
(http://abcnews.go.com/Blotter/story?id=7402099&page=1). La scena si svolge
nel 2004 negli Emirati arabi uniti. Il torturato è Mohammed Shah Poor, un
commerciante afghano di grano, accusato di aver imbrogliato lo sceicco Issa bin
Zayed al-Nahyan. Il torturatore è lo stesso sceicco, membro della famiglia
reale al potere, fratello dei ministri dell'interno e degli esteri. Aiutato da
poliziotti in divisa, sodomizza Poor con un pungolo elettrico, gli brucia i
testicoli, lo frusta, lo buca con un chiodo, gli versa sale sulle ferite e
infine gli passa sopra con un suv (si sente il rumore delle ossa che si
frantumano). Il video è stato portato come prova in un'azione legale intentata
da Bassam Nabulsi, cittadino statunitense già socio d'affari dello sceicco
Issa, che denuncia di essere stato anche lui torturato. Ne
ha altri due, che mostrano Issa mentre tortura degli immigrati sudanesi. I
video sono stati girati dal fratello di Nabulsi per ordine dello stesso
sceicco, che ama documentare le sessioni di tortura. Ora però «il videotape
complica l'affare Usa con gli Emirati», titola il New York Times (2 maggio).
L'«affare» è un imminente accordo in base al quale gli Usa forniranno agli
Emirati tecnologie e combustibili nucleari in cambio della «promessa» che non
saranno usati a fini militari. Ma, dopo che è venuto alla luce il video sulle
torture, nel Congresso si stanno levando voci contrarie all'accordo. A questo
punto, che cosa avverrà in Italia? Gli Emirati sono infatti nostro partner
privilegiato nel Golfo. Il presidente della Camera Gianfranco Fini è stato il
primo presidente di un parlamento dell'Unione europea a compiere una visita
ufficiale negli Emirati. Nella capitale Abu Dhabi, lo scorso gennaio, ha
dichiarato che a legare i due paesi non è solo lo scambio economico ma «la
reciproca conoscenza culturale e politica». Ha quindi sottoscritto un
protocollo di collaborazione tra i parlamenti dei due paesi. Ignorando però che
gli Emirati sono governati dal Consiglio supremo dei sovrani, che nomina il
capo di stato e il consiglio dei ministri, mentre l'assemblea federale
nazionale (il «parlamento») è composta di membri nominati dai sovrani (partiti
e sindacati sono proibiti) e può esprimere solo parere consultivo. Che la
tortura venga praticata negli Emirati, e non solo dallo sceicco Issa, è noto da
tempo. Ma su ciò è calato in Italia un silenzio bipartisan. Nel 2007, il
presidente Romano Prodi e la ministra Emma Bonino effettuarono una visita
ufficiale ad Abu Dhabi per rafforzare le relazioni economiche. E in
quell'occasione venne fondata a Roma l'associazione Italia - Emirati arabi
uniti, la cui presidenza è stata assunta nel gennaio 2009 (dopo la visita di
Fini) da Luca Barbareschi (An, ora Popolo della libertà), vicepresidente della
commissione trasporti e telecomunicazioni. Gli Emirati sono per l'Italia non
solo sede di affari: nella base di Al Bateen opera la task force italiana
«Air», con compiti di supporto alla guerra in Afghanistan e all'addestramento
delle truppe irachene. Lo scorso aprile vi si è recato il presidente del senato
Giuseppe Schifani, accompagnato (a riprova che «in parlamento siamo tutti
uniti») dalla senatrice Roberta Pinotti (Pd), già ministro ombra della difesa.
( da "Unita, L'" del
04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
È morto il giornalista Antonio Gambino Antonio Gambino,
giornalista e scrittore, è morto sabato a Roma dove era nato nel 1926. Ne ha
dato notizia il quotidiano «la Repubblica», per il quale Gambino si è occupato
a lungo di politica internazionale, tenendo anche dal 1955 al 1999
sull'Espresso la rubrica Taccuino internazionale. Gambino
aveva pubblicato diversi libri, tra cui Storia del dopoguerra dalla Liberazione
al potere Dc (1975, Laterza) e L'imperialismo dei diritti umani (2001, Editori riuniti). I funerali si terranno oggi a Roma alle
13 al tempietto egizio del cimitero del Verano.
( da "Unita, L'" del
04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Il 16 maggio del 2005 Hollman Morris era nel suo studio di
registrazione a Bogotà. A casa, la baby sitter che teneva i suoi due figli,
ricevette un pacchetto: conteneva un mazzo di fiori e un biglietto di
condoglianze per la morte di Morris. Da quel giorno, il
giornalista colombiano impegnato sul fronte dei diritti umani, che il presidente Uribe ha pubblicamente etichettato come
«terrorista», vive sotto scorta. Già nel 2000 era stato costretto a lasciare il
suo Paese per un anno e mezzo trasferendosi in Spagna: «Ho fatto un anno
sabbatico nei Paesi Baschi» scherza. Morris, 40 anni, già cronista del
quotidiano "El Espetador" e vincitore del Press Freedom Award in
Canada, conduce sul canale pubblico nazionale il programma
"Contravia" che dà voce ai settori più marginali del paese: i
campesinos sfollati dalle loro terre, gli indigeni, i poveri, i ragazzi di
strada, i familiari dei desaparecidos. Al momento il suo programma è sospeso
per mancanza di sponsor. E il conduttore, dopo essere stato ospite al Festival
del Giornalismo Internazionale di Perugia, è volato all''Aja, in Olanda, per la
proiezione del film sulla sua storia. Il titolo è "Temoin
Indesirable". Lei nel suo paese si sente un testimone indesiderato?
«Bisogna considerare che la Colombia è il secondo dramma umanitario
del mondo, lacerato da guerra e criminalità. Ma è un paese interessantissimo
dove fare giornalismo perché pieno di forza e di speranza». Perché è difficile
essere giornalista in Colombia? «Fino agli anni '80 era il paese con più
cronisti uccisi: 60 in trent'anni. Anche gli anni '90 sono stati duri. Adesso
con il governo Uribe ci sono meno morti ma una maggiore stigmatizzazione dei
"non allineati". Diventiamo, a volte, obiettivi militari. Il
presidente mi ha accusato di avere legami con il terrorismo: una
stigmatizzazione che in Colombia ha conseguenze dirette sulla vita del
destinatario. Ho ricevuto decine di e-mail con minacce di morte, mi
intercettano illegalmente, mi pedinano». Chi? «Difficile saperlo. Io denuncio
massacri che coinvolgono i paramilitari, forze illegali di estrema destra in
complicità con l'esercito. Molti colleghi vengono minacciati e si spaventano:
c'è anche un clima di autocensura. Muoversi, viaggiare nelle diverse regioni,
ormai fa paura. Faccio il giornalista da quando avevo 23 anni e posso dire che
oggi i media piccoli e indipendenti non hanno nessuna garanzia per esercitare
la professione». Di che cosa parla il suo programma "Contravia"?
«Dell'"altra Colombia". Che esiste nella clandestinità e nell'indifferenza.
La mobilitazione indigena, le stragi paramilitari, la lotta per la terra,
l'avvenire dei ragazzi. Oggi è difficilissimo accedere all'università. l'unico
sbocco per i giovani è la violenza. Se non ci preoccupiamo di costruire un
futuro per le nuove generazioni il paese esploderà». La trasmissione ha chiuso
per mancanza di sponsor: motivi politici? «Non credo. Non ci sono soldi, la
poca pubblicità è monopolizzata dai reality. La ministra dell'Istruzione in
America Latina è la tv, e la tv commerciale fa parte dei grandi gruppi di
potere. Agli altri restano le briciole». Quanti spettatori guardano
"Contravia"? «Un milione. Su 42 milioni di abitanti. Diffonderlo è un
lavoro faticoso. Parlo di argomenti ostici. Sui temi sociali c'è un problema di
formazione culturale delle persone». Lei ha famiglia. Sua moglie le chiede mai
di lasciar perdere? «Ho due figli, Daniela di 8 anni e Felipe di 4. Mi
preoccupo anche se le minacce sono rivolte solo contro di me: sono io il
pericolo più grande per la mia famiglia. Mia moglie è giornalista, quando ci
siamo conosciuti io avevo già una carriera avviata e una linea di lavoro di
denuncia. Sapeva com'ero, e ora, mentre il tempo passa, mi ripete che devo
continuare e mi appoggia». Lei è stato presentato come "il Saviano
dell'America Latina". Si sente così? «So chi è Roberto Saviano ma non
posso paragonare le due situazioni. Non sono l'unico giornalista sotto scorta
nel mio paese. Quel che è certo è che sono inaccettabili le minacce da
qualsiasi parte provengano. E l'intolleranza politica è la stessa dappertutto.
Vedo una forte coincidenza tra l'Italia, la Colombia e gran parte della stampa
mondiale: sono più i silenzi di quanto si racconti del mondo oggi. In tutto il
mondo. Non soltanto in Russia o in Cina». È l'accusa che molti studenti del
Festival del Giornalismo Internazionale a Perugia hanno rivolto a giornalisti e
direttori. Lo stato della stampa mondiale è questo? «Vede, il problema dell'umanità è la miseria. Bene: siamo sicuri di avere tutti gli
elementi di analisi? Ci sono grandi drammi dimenticati. Guerre, carestie,
epidemie, violenze sistematiche. A quanto pare non meritano attenzione, se non
saltuaria. Proprio a Perugia, ho visto giorni e giorni di trasmissioni
televisive per quella povera studentessa uccisa, Meredith. Ma per tutti gli
altri? Chi si occupa dei morti senza nome se non lo fanno i media?». A Perugia
è emerso un giornalismo in crisi non solo finanziaria ma soprattutto di
credibilità. Esiste una ricetta che possa salvarlo? «La soluzione è tornare
alla radici del mestiere. Riscoprire i grandi maestri. Ma bisogna soprattutto
essere un buon essere umano. L'essenza del giornalismo è il compromesso con la
gente, la mediazione tra la notizia e l'umanità. Non
il compromesso con il potere però: per loro dobbiamo essere scomodi». Ha
l'impressione che il suo lavoro abbia cambiato qualcosa? «Sì, ritengo che le
minacce da me ricevute derivino dall'efficacia delle denunce. Chi viola i
diritti umani non tollera che si racconti al mondo una
realtà diversa dalla sua». Chi è colpevole della situazione colombiana? «Non un
governo in particolare. Sono state la classe dirigente e quella imprenditoriale
colombiana a fare il paese che abbiamo. Cambiarlo sarà difficile ma non
impossibile. Il sogno, la meta, è poter lasciare ai nostri figli un paese in
pace». Il sequestro di Ingrid Bétancourt da parte delle Farc ha acceso a lungo
i riflettori sulla Colombia. È stato un bene o un male? «La stampa
internazionale ha trasformato la Colombia nel caso Bétancourt. Per sei anni non
c'è stato nient'altro: né desaparecidos nè 4 milioni di sfollati interni. Il
governo ha trasformato tutto in lotta alle Farc: una strategia mediatica molto
astuta resa possibile anche dalla pigrizia delle agenzie di stampa
internazionale che dividono il mondo in buoni e cattivi». Significa che, a suo
avviso, le Farc non sono un problema? «Sì, lo sono, ma non il principale.
Voglio dire che in poche occasioni il caso Bétancourt è servito a parlare della
complessità del caso Colombia. Le strumentalizzazioni non aiutano ad avere una
visione reale». Qual è allora il problema principale della Colombia? Il
narcotraffico? «La mancanza di una riforma agraria. I milioni di campesinos
scacciati dalle loro terre che vivono nomadi da un luogo all'altro, senza
rifugio né prospettive. E la violenza comune di cui la povertà riempie le
strade, che avvelena il presente e impedisce persino di sognare un futuro
diverso».
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-03 - pag: 8
autore: Pena di morte. Delara Darabi è stata impiccata per un delitto commesso
quando era minorenne Iran, giustiziata a 23 anni L'ultima telefonata: «Mamma,
salvami. Mi stanno uccidendo» Delara Darabi è morta. Impiccata, come le 84
persone (tra cui un'altra donna)giustiziate dall'inizio dell'anno dal regime
iraniano. Uccisa per un crimine commesso quando era ancora minorenne, senza che
neanche il suo avvocato fosse informato dell'esecuzione. A nulla sono valsi gli
appelli delle diplomazie occidentali, né la mobilitazione portata avanti dalle
organizzazioni a difesa dei diritti dell'uomo per rimandare l'impiccagione
della detenuta-pittrice e strapparla al braccio della morte. Non è servita
neppure l'offerta di un risarcimento ai familiari della donna per la cui
uccisione Delara è stata condannata. La legge del taglione ha prevalso; i
familiari della vittima, cugina del padre di Delara e madre di tre figli, non
hanno voluto sentire ragioni e la macchina della giustizia islamica ha così
seguito il suo corso. La vicenda di Delara ha commosso il mondo. «Mamma, mi
stanno impiccando. Ti prego, salvami », ha detto nella sua ultima telefonata.
Un funzionario del carcere di Rasht, nell'Iran settentrionale, le ha subito
strappato di mano il telefono: «Stiamo per giustiziare vostra figlia. Non c'è
nulla che possiate fare». A mettere la corda intorno al collo della ragazza è
stato il figlio della donna uccisa. «Il sangue si lava con il sangue », ha
tagliato corto. La vicenda di Delara risale a sei anni fa, quando lei di anni
ne aveva 17. Dopo essere stata convinta dal padre a consegnarsi alla polizia,
la ragazza confessò di essere stata l'esecutrice materiale del delitto commesso
con la complicità del fidanzato, condannato poi a dieci anni di carcere.
Secondo la legge islamica iraniana, il crimine - omicidio a scopo di rapina-
prevede la condanna a morte. Così come lo stupro,l'adulterio,il traffico di
droga e l'apostasia. In appello Delara aveva però ritrattato: era stato il suo
ragazzo a commettere il delitto. L'aveva costretta a confessare perché lui
sarebbe stato condannato a morte. Per lei, allora minorenne, poteva andare
diversamente. La convenzione per i diritti dei minori, a
cui l'Iran ha aderito, vieta la condanna a morte di chi ha commesso il delitto
quando era minorenne, hanno protestato le organizzazioni a difesa dei diritti umani. Un divieto che a Teheran resta sulla carta.Se l'Iran è il
secondo Paese al mondo per condanne a morte dopo la Cina, è il primo per
sentenze capitali contro persone minorenni all'epoca del delitto.Secondo
Amnesty International in Iran altri 150 giovani, condannati per omicidi
commessi quando avevano meno di 18 anni, sono rinchiusi nei bracci della morte.
E la dichiarazione rilasciata lo scorso anno dal vice procuratore generale
dello Stato, Hossein Zehbi, non fa ben sperare: per l'omicidio resterà in vigore
la pena di morte in base alla legge del taglione. Si apre invece qualche
spiraglio per Roxana Saberi, la giornalista iraniano-americana arrestata in
febbraio e condannata a otto anni per spionaggio. La sentenza sarà oggetto di
revisione, ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri, Manucher Mottaki.
Intanto la mobilitazione continua: professori e studenti dell'Università
dell'Illinois, dove studiava Roxana, hanno deciso di organizzare uno sciopero
della fame per la sua liberazione. Anche Roxana da molti giorni non mangia più,
da 11 giorni. R.Bon. © RIPRODUZIONE RISERVATA GIUSTIZIA ISLAMICA Ignorati gli
appelli dei Paesi occidentali e la convenzione sui diritti dei minori Sarà
invece rivista la sentenza contro la Saberi
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-05-03 -
pag: 22 autore: Il diritto su «Second Life» Dall'illecito tutto virtuale arriva
la condanna reale di Umberto Rapetto D ue «avatar» sono finiti in Tribunale.
Una coppia di personaggi immaginari – che «vivono» nel contesto
spazio-temporale di Second Life – hanno duellato dinanzi a magistrati in carne
e ossa, in una vera aula giudiziaria, circondati da carte bollate lontane
migliaia di miglia dalla realtà simulata del loro habitat telematico. è la storia
di «Stroker Serpentine » e di «Volkov Catteneo », della vendita di una speciale
alcova virtuale dalle prodigiose potenzialità erotiche, di
una violazione dei diritti d'autore conseguente larealizzazione di copie del fantomatico
arredo che sarebbero state rivendute ad altri avatar in barba agli accordi
convenuti tra i contraenti. Il «signor» Serpentine ha trovato il successo
avviando in Second Life una industria di prodotti per l'intrattenimento per
adulti (la Eros Llc) e realizzando, sullo stesso sito, un'isola proibita
di Amsterdam, che recentemente ha venduto a una vera società di comunicazione
olandese che ha pagato 50mila dollari altrettanto reali. «Mister» Catteneo,
incuriosito dalla possibilità di creare una vasta gamma di exploit sessuali con
altri avatar, compra il «SexGen bed» spendendo in Linden Dollars (la moneta di
Second Life) l'equivalente di 45 "verdoni" americani. Come accade con
software e videogame, l'immaterialità delle istruzioni che compongono una
invenzione informatica rende possibile – a dispetto di ogni regola o legge e di
ogni meccanismo di protezione da parte dell'autore – l'esecuzione di copie
illegali. Sfruttando questa opportunità illecita, l'avatar Catteneo riproduce
esemplari non autorizzati del prodigioso talamo digitale e li mette in vendita
a un prezzo pari a un terzo di quello praticato dall'avatar Serpentine. Siamo a
giugno 2007. La scorrettezza commerciale di Catteneo poggia su un'inammissibile
infrazione in materia di copyright e chi si è visto defraudato decide di far valere
i propri diritti: scatta così il primo procedimento in
cui non esistono la parte offesa, né il trasgressore, né l'oggetto del
contendere. Stroker Serpentine prende le sembianze del suo corrispondente
utente. Lui, Kevin Alderman che vive a Lutz in Florida, non esita a cercarsi un
avvocato, vero naturalmente. Il legale Francis Taney dello studio Buchanan,
Ingersoll & Rooney di Philadelphia acquisisce le prove della condotta in
danno al proprio cliente e si trova a dover scegliere tra una procedura stragiudiziale
davanti all'ufficio Dispute Resolution del Linden Lab Legal Department (che per
i curiosi o gli interessati si trova al numero 945 di Battery Street a San
Francisco) e una causa civile. L'agguerritissimo Taney sceglie la via della
Corte distrettuale e si rivolge a quella della Florida sulla base dello ius
loci della città in cui si trova la parte lesa. Se fosse valso un altro
principio la destinazione sarebbe potuta essere la California (dove ha sede la
società Linden, proprietaria di Second Life), oppure la Virginia (Stato in cui
si trova il server, individuabile – con un attento tracing – sulla West Langley
Lane a qualche chilometro dal quartier generale della Cia, con somma gioia di
cospiratori e malpensanti). L'avvocato – specializzato in diritto delle
tecnologie ed esperto di dispute ambientate in Rete – a marzo 2008 riesce a
ottenere un'ordinanza che diffida «Volkov Catteneo» dal continuare nel suo
comportamento illecito. Sì, ma chi si nasconde dietro il fantomatico avatar
così severamente ammonito e diffidato? Gli utenti di Second Life non sono
tenuti a dichiarare la loro effettiva identità agli altri frequentatori del
sito: le uniche informazioni attendibili sono presenti sui computer dei
Laboratori Linden e acquisibili attraverso l'analisi dei file di log in cui
vengono registrati tutti gli eventi. è lì che si scopre che l'avatar è stato
creato nel febbraio 2007, se ne conosce il numero IP di registrazione, si
risale dal pc alla connessione utilizzati... Mesi e mesi di indagini molto
sofisticate e soprattutto un errore imperdonabile commesso da chi si nasconde
dietro Catteneo: l'utilizzo della carta di credito e del circuito di pagamento
PayPal per l'acquisto di Linden Dollars da spendere nella realtà virtuale ha
portato a dare un nome e un volto a chi si riteneva imprendibile. Qualche
giorno fa la fine dell'epopea e il risorgere del diritto: il diciannovenne
Robert Leatherwood ha ammesso: «Io e Volkov Catteneo siamo la stessa persona».
© RIPRODUZIONE RISERVATA CONTRAFFAZIONE DIGITALE Rintracciato il «padrone» di
un avatar che ha copiato e rivenduto un software per adulti acquistato da un
altro avatar
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Il Sole-24 Ore sezione: STORIA E STORIE data: 2009-05-03 -
pag: 40 autore: Rebiya Kadeer La donna che fa tremare Pechino di Fernando
Mezzetti U n Dalai Lama al femminile. Musulmana. In tailleur, capo scoperto,
senza velo. Come lui, non violenta, ma determinata per le aspirazioni di
autonomia del suo popolo e della sua terra, il Xinjiang (Nuova Frontiera) per i
cinesi, Turkestan Orientale per lei e la popolazione autoctona. è Rebiya
Kadeer, 62 anni,una intera vita sotto l'autoritarismo del regime comunista, dal
2005 rifugiata negli Stati Uniti dopo sei di anni di carcere duro: prima dei
quali aveva ricevuto importanti riconoscimenti ufficiali per il suo successo
quale grande imprenditrice nella Cina delle riforme ma rimasta inflessibile
nell'imposizione del controllo Han sulle minoranze e nella politica di
assimilazione. La vicenda personale di questa donna indomita e del suo popolo è
ora in un libro che apparirà in libreria il 7 maggio, facendo conoscere
oppressioni in gran parte ignorate, e non soltanto perché una causa musulmana
non scalda i cuori. Grazie al carisma del Dalai Lama, da mezzo secolo in
esilio, onorato col Nobel e libero di perorarla ovunque, la causa del Tibet è
all'attenzione del mondo, mentre quella del Xinjiang, una delle cui città
storiche, Kashgar, era punto terminale della via della seta, resta in ombra, se
non ignota ai più. Vasta sei volte l'Italia, con meno di venti milioni di
abitanti, questa regione nel cuore dell'Asia, estremo occidente della Cina, a
cinque giorni di treno da Pechino attraverso il deserto del Gobi, ha una
popolazione di varie etnie turcomanne di religione islamica, la maggiore dei
quali è quella degli Uiguri, di ceppo e lingua turcheschi, e di fede sunnita, islamismo
laico. Ricca di petrolio e materie prime, strategicamente importante, a lungo
disputata con la Russia, nel 1949, dopo una breve stagione indipendentista, la
regione è stata annessa dalla Cina, che vi ha impresso il suo segno: durezza
del regime e progressiva sinizzazione, accentuatasi con lo sviluppo e le
riforme. Rebiya Kadeer è stata protagonista di questa stagione. Partita con
piccoli commerci da borsanerista, è arrivataa essere la donna più ricca della
Cina, a capo di un gruppo immobiliare e di grande distribuzione: onorata con la
nomina a membro dell'Assembleadel Popolo e della Conferenza politicoconsultiva,
delegata alla Conferenza Onu sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995. Si dedica
non solo agli affari, ma anche a attività sociali: orfanatrofi, beneficenza,
scuole in lingua uigura e iniziative per tener viva la cultura uigura sommersa
dall'imperialismo di quella han, predominante ufficialmentee sempre più nella
pratica con il crescente arrivo nella regione di cinesi propriamente detti. Col
crollo dell'Unione Sovietica e l'indipendenza delle repubbliche asiatiche da
Mosca, sorgono anche nella regione aspirazioni indipendentiste che Pechino
reprime duramente, con decine di morti, centinaia di arresti. Rebiya pro-testa,
in un discorso a porte chiuse alla sessione annuale dell'Assemblea del Popolo,
a Pechino, nel 1997, davanti al capo del partito e dello stato Jiang Zemin
denuncia la repressione, l'imperialismo culturale, lo sfruttamento delle
ricchezze della sua terra, che si sta modernizzando, ma al caro prezzo di
perdita di identità.è per lei l'inizio della fine, di angherie, persecuzioni.
Intanto è riuscita a far espatriare in America il marito, docente
universitario, e i figli più piccoli, ma lei, pur cacciata dagli incarichi
pubblici, resta a proseguire la sua lotta, finché nel 1999 viene arrestata,
mentre si appresta a incontrare una delegazione di politici americani. Poco
dopo sono messi in carcere anche i suoi figli maggiori: la crudeltà verso di
lei si spinge a farle sentire per telefono le loro grida e i loro pianti mentre
sono sotto tortura. Intanto, con l'11 settembre, la causa uigura di cui il
mondo aveva avuto qualche notizia con le repressioni negli anni Novanta, perde
ogni minimo sostegno: in nome della lotta al terrorismo islamico, Pechino è
indisturbata nel reprimere. Ma quella prigioniera di coscienza per la quale si
battono organizzazioni umanitarie – in Italia i
radicali di Pannella – e politici americani anche per dimostrare sensibilità
verso un Islam non estremista, è sempre più scomoda. Nel 2005, alla vigilia di
una visita di Condoleeza Rice, Rebiya è liberata e messa su un aereo per gli
Stati Uniti, mentre tre suoi figli restano in carcere. In America organizza gli
uiguri sparsi per il mondo, continua la sua lotta non violenta contro il
regime, e viene candidata al Nobel per la pace. Non lo ha avuto finora, ma le
sono stati assegnati importanti riconoscimenti. Benché pervaso di passione
identitaria culturale e denuncia politica, questo non è un saggio. Vi sono
pagine sulla dura instaurazione del potere comunista su una popolazione
musulmana in parte nomade, e sulle fasi più drammatiche dell'età maoista per le
quali c'è già un'abbondante memo-rialistica: fame e carestia tra il 1958 e il
1961 per il Grande balzo in avanti, la rivoluzione culturale con l'idolatria
per Mao e i processi di massa, accuse e delazioni fra parenti. Il maggior
interesse di queste memorie sono la saga famigliare di una ragazzetta in un
ambiente povero e lontano dalla modernità, la famiglia sradicata nei trasferimenti
di massa decisi dal potere, e su come in Cina si diventava imprenditori. C'è
lei, Rebiya, data in sposa a 15 anni a un uomo più anziano ma di buona
posizione, di cui sopporta angherie fino a ribellarsi e lasciarlo, con scandalo
nell'ambiente musulmano, provvedendo a mantenere i suoi 4 figli con un'attività
in proprio, quella di lavandaia, per poi passare al mercato nero: pagine
picaresche su avventurosi viaggi alla lontana Canton e ritorno carica di
mercanzia introvabile nello Xingjian, scorrerie fra venditori di tappeti e di
pelli di pecora, fino a che le riforme ammettono l'iniziativaprivata con cui si
arricchisce. Non solo in denaro, ma anche in sentimenti, andando a scovare un
perseguitato politico musulmano, abbandonato dalla moglie quand'era in carcere,
per sposarselo e curarsi dei suoi tre figli, mettendone poi al mondo con lui
altri quattro. C'è, qua e là, un eccesso di protagonismo, con lei che svetta su
tutti gli altri, tutti mezze figure. Solo lei determinata negli affari e senza
paura davanti al potere. Può essere irritante, ma forse è la realtà, come prova
la sua vicenda di ascesa nel businesse caduta in politica per aver denunciato
la realtà. Non è più la più ricca della Cina, ma certo la più ferma nella
lotta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 1 Rebiya Kadeer, «La guerriera gentile. Una
donna in lotta contro il regime cinese», Corbaccio, Milano, pagg. 396, Á 26,00;
1 Rebiya Kadeer martedì 5 maggio (alle 13), presso la Camera dei Deputati, terrà un'audizione riservata al Comitato diritti umani sulla violazione dei diritti umani perpetrata
dalla Cina nei confronti del popolo uiguro. Perseguitati. Piccoli uiguri in
silenzio chiedono di poter seguire le lezioni a scuola nella loro lingua
Pacifista. Rebiya Kadeer. (62 anni), guida del popolo uiguro
( da "Corriere della Sera"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 04/05/2009
- pag: 35 Incontri Milano, la città avvelenata raccontata da Corrado Stajano
Sarà presentato domani a Milano (Camera del Lavoro, Sala Buozzi, ore 18) La
città degli untori il nuovo libro (edito da Garzanti) di Corrado Stajano (
foto). All'incontro condotto da Ranieri Polese parteciperanno, oltre
all'autore, Gherardo Colombo e Claudio Magris. Nel suo
saggio Stajano descrive Milano come emblema di un «cupo trascorrer di tempi»
(dalle stanze di tortura per Giangiacomo Mora a Piazza Fontana) mentre la peste
viene raccontata nella sua realtà storica (la stessa narrata da Manzoni nei
Promessi Sposi) e nella sua valenza simbolica di «morbo morale» che avvelena la
vita di persone e cose.
( da "Giornale.it, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
n. 18 del 2009-05-04 pagina 1 LA LEGGENDA DI UNITALIA
"SEMILIBERA" di Mario Cervi Poiché la fondazione americana Freedom
house non solo ha collocato lItalia al 73° posto in una classifica
mondiale dellinformazione, ma lha declassata dallélite dei
Paesi
liberi alla mediocrità dei semiliberi, dovrei sentirmi, come giornalista,
umiliato. Sensazione questa che poteva essere soltanto aggravata dai servizi
che lUnità di ieri ha dedicato alla giovane
pittrice iraniana Delara Darabi, impiccata per un crimine commesso quando era minorenne e per
il quale si proclamava innocente, e alla resistente Yoana Sanchez tenuta in
sostanziale detenzione dal regime cubano. Non occorreva molto sforzo per
cogliere nelle pagine del quotidiano fondato da Antonio Gramsci lallusione a somiglianze profonde tra la
situazione di casa nostra e quelle dei regimi di Teheran e dellAvana.
(Osservo tra parentesi che hanno una bella faccia tosta, allUnità, nel
criticare le infrazioni di Fidel Castro ai diritti umani dopo
averlo per decenni osannato). Sentirmi umiliato? Francamente non ci riesco. Men
che meno in questo momento, mentre rimbomba su ogni foglio e in ogni
telegiornale il tuono del divorzio di Veronica da Silvio, mentre poco ci manca
che programmi della televisione pubblica addebitino al potere il terremoto dAbruzzo,
mentre i vignettisti faziosi assaporano un trionfale ritorno, mentre un
«commando» editorial-pamphlettistico costruisce le sue fortune diffusionali ed
economiche sullattacco incessante a Berlusconi. Freedom house ha di sicuro i suoi dotti criteri e
i suoi parametri. Nel mio piccolo oso contestarli. Chi abbia qualche uso di
mondo, e si guardi attorno in Italia, capisce al volo che questo nostro Paese è
un membro di pieno diritto - altro che parità con le isole Tonga - del club dei
liberi. Lo scrivo pur essendo consapevole degli innumerevoli difetti che per
altre ragioni e in altri campi lItalia ha. Ma i
galloni di democrazia autentica ce li meritiamo. So che gli schieramenti
opposti, nel fervore delle polemiche, insistono in affermazioni che portano
acqua al mulino di Freedom house. La sinistra - le cui motivazioni trovano
porte aperte in tutti i centri studi e i salotti mondiali del politicamente
corretto - sostiene che linformazione italiana è
condizionata perché un unico soggetto domina le televisioni, e in più alcuni
organi di stampa. Il che potrebbe essere sostenuto ragionevolmente se da quei
pulpiti mediatici fioccassero incensamenti al Cavaliere. Invece fioccano molte
contestazioni e malignità. Tanto che il Cavaliere oppone agli argomenti del Pd
e oltre un argomento uguale e contrario, quello duna
stampa che ha nei suoi confronti unostilità pregiudiziale. (Il che, senza
esagerare, non mi sembra campato in aria). Uninformazione non libera per
la sinistra e non libera per la destra è a mio avviso, e sarò forse banale in questa
considerazione terra-terra, uninformazione libera.
Con Montanelli ho avuto negli anni Settanta la convinzione che nei quotidiani
vi fosse un pericolo di conformismo ipocrita nel nome di usurpati valori antifascisti. I
comitati di redazione, ideologicamente tutti uguali, avrebbero voluto dei
giornali che fossero a loro immagine e somiglianza. La colpa della pericolosa
deriva - per combattere la quale nacque Il Giornale - non era delle strutture,
era di giornalisti e cittadini troppo silenziosi, insomma la leggendaria
maggioranza. Oggi quel rischio è passato. La società e con essa linformazione
hanno validi anticorpi per correggere gli unanimismi, e lo si è visto quando
sono state sollevate delicate questioni etiche. Tutte le Delara Darabi e tutte
le Yoana Sanchez del mondo avrebbero voluto vivere in Italia, altro che 73°
posto. Un Paese ideale per i perseguitati. Purtroppo anche per i malavitosi, ma
questo è un altro discorso. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4
- 20123 Milano
( da "Manifesto, Il"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Scritto&Parlato Che manifesto ci state preparando?
Valentino Parlato Caro Valentino Parlato, leggendo la vostra presentazione allo
speciale pubblicato in occasione del vostro 38° compleanno - a dieci euro.... e
io l'ho fedelmente comprato - mi è sembrato di capire che, nonostante
sottoscrizioni infinite, la situazione economica del giornale non sia proprio
florida. Ne intuisco i motivi, ma vorrei sapere - almeno per essere preparato -
se nella vostra «pentola» bolle qualche nuova sorpresa, se ci state preparando
nuovi numeri speciali a prezzo maggiorato, nuove sottoscrizioni o se - invece -
avete finalmente deciso di mettere mano ai costi. Cosa che avete più volte
ventilato, ma mai fatto. Insomma, che manifesto ci state preparando per il
futuro prossimo? Saluti affezionati. Giovanni Guerrero Caro Giovanni Guerrero,
siamo riusciti a raggiungere e superare i trentotto anni di vita, ma la
situazione non è affatto florida. Il calo di vendite e di pubblicità che
colpisce tutta la stampa su carta colpisce anche noi, anche i nostri lettori
subiscono le spinte del mercato. E questo non è buono. Non è buono perché basta
poco per mettere in passivo i nostri bilanci già all'osso e anche perché
pensavamo di avere un lettorato resistente alle spinte del mercato. Tutto
questo in un quadro generale che vede la retrocessione dell'Italia da «paese
con stampa libera» a paese con libertà di stampa «parziale». Questo ci dice il
rapporto della Freedom House, un'organizzazione indipendente fondata negli
Stati uniti nel 1941 e che ebbe per primo presidente Eleanor Roosevelt. Causa
principale di questa regressione - sempre secondo la Freedom House - è il
ritorno di Berlusconi al governo nel 2008. Come vedi resistere è difficile e se
resistiamo lo dobbiamo soprattutto alle sottoscrizioni e all'impegno dei nostri
lettori a sostenerci contro venti e tempeste. Ma tu, giustamente, poni la
questione del contenimento dei costi. Su questo piano nel recente passato
abbiamo proceduto a una serie di prepensionamenti che hanno ridotto il costo
del personale, ancora elevato. Ora siamo arrivati a una decisione dolorosa e
costosa: la riduzione del numero delle pagine. Da martedì prossimo il giornale
non sarà più a 20 pagine, ma a 16, cioè quattro pagine in meno. Rispetto ai
quotidiani che hanno addirittura 56 pagine, scendere a 16 non è cosa da poco.
Tuttavia è stato necessario e impegna tutti noi a essere più «scarni e
essenziali» come scriveva il quasi dimenticato Eugenio Montale. Cercate di
sostenere questo nostro ennesimo sforzo. Valentino Parlato Difendiamo Nedim
Gürsel Nedim Gürsel (intervistato dal manifesto e pubblicata il primo maggio in
ultima pagina, ndr) è uno scrittore turco ma di nazionalità francese. Per
l'ultimo suo romanzo, «Le figlie di Allah», il cinque maggio sarà processato da
un tribunale del suo paese d'origine (che da tempo chiede di aderire alla
Comunità europea). L'accusa che viene rivolta a Gürsel è che nel suo libro ci
sono pagine che offendono la religione musulmana. Come hanno fatto scrittori
come Antonio Tabucchi, Bernard Henry Levy, Tahar Ben Jelloum, Eric Orsenna, che
hanno sottoscritto una petizione a favore di Gürsel, vorrei invitare gli
operatori culturali e delle biblioteche a fare altrettanto, affinché difendendo
Gürsel e il suo romanzo vengano affermate (e sollecitate) la libertà di
espressione e di creazione in una nazione dove vengono violati i diritti più elementari (anche dalle stesse istituzioni). Il
romanzo «Le figlie di Allah» non rivolge un attacco diretto all'Islam, ma cerca
solo di capire qual è la causa di una certe violenza nella religione islamica.
Un intento sacrosanto, per cui non si giustifica l'azione di portare davanti a
un tribunale un romanziere. Mimmo Mastrangelo, mimmothomas@libero.it Potevate
non nominarlo? Dal manifesto del 1° maggio 2009 (apertura): «Oggi è la Festa
dei lavoratori. Più o meno stabili, più o meno precari. Manifestazioni in tutto
il mondo, contro la crisi scaricata sul lavoro. Tagliando occupazione,
sicurezza e salari. Cgil, Cisl, Uil tra i terremotati d'Abruzzo, May day a
Milano e Roma, concerto a piazza san Giovanni. Per un giorno senza Berlusconi».
Ma, almeno nel giorno «senza», non si poteva fare a meno di nominarlo? Con
affetto. Mario Badino (neopapà) L'Aquila, promesse mancate «Dodici miliardi di
euro: questa è la cifra che dovremmo trovare» per ricostruire l'Abruzzo, come
fu per il terremoto dell'Umbria e delle Marche». Queste le parole e la cifra
necessaria per la ricostruzione quantificata dal ministro Maroni un paio di
settimane fa (La Repubblica 14 aprile 2009). Ma già il provvedimento approvato
dal governo, riunito nel capoluogo abruzzese il 23 aprile, metteva a
disposizione un totale di 8 miliardi di euro in tre anni, di cui 1,5 per
fronteggiare l'emergenza e 6,5 miliardi per la ricostruzione. Allora c'era da
vantarsi che tutto sarebbe avvenuto in tre anni e senza mettere le mani in
tasca agli italiani. Per le famiglie che hanno perso la casa veniva previsto un
contributo a fondo perduto di 150 mila euro; per le case danneggiate 80 mila
euro. Insomma, tanti buoni motivi per dare o ridare il voto a Berlusconi, come
ho sentito più volte dire da chi ha creduto a quello stato pronto a commuoversi
davanti ai teleschermi e così largo di pubbliche promesse rassicuranti da
convincere anche i più dubbiosi. Lo slogan più utilizzato non è stato forse:
«Lo stato c'è e non vi abbandonerà?». Peccato che il decreto per l'Abruzzo in
vigore dal 28 aprile non rispecchi esattamente quanto promesso in questi
giorni. E' previsto un finanziamento di 1 miliardo e 152 milioni per il 2009 e
altri finanziamenti (5,8 miliardi) spalmati fino al 2032. Inoltre, nell'art. 3
«Ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili a uso non
abitativo; indennizzi a favore delle imprese», si legge che sono disposti la
concessione di contributi, anche con le modalità del credito di imposta (quindi
anticipati dalle tasche dei cittadini aquilani), e di finanziamenti agevolati
(sempre dalle tasche dei cittadini aquilani, anche se a tasso agevolato),
garantiti dallo stato, per la ricostruzione o riparazione delle abitazioni.
Ancora una volta i costi dell'emergenza saranno a carico dei cittadini che
potranno permetterselo, sperando di essere rimborsati. Ma, per la situazione
economica nazionale, non era già difficile arrivare a fine mese? E adesso, dove
sono le telecamere per le promesse non mantenute? Francesca Battella, Andrea Calderone, Prc L'Aquila Sulla violazione dei diritti Nel Rapporto dell'Unione europea del 25 aprile 2009
sull'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo lo stato italiano è secondo, su 47 paesi
europei, nella speciale «classifica» per le violazioni dei Diritti dell'uomo.
Se nel 2006 era ancora nella «media europea» e nel 2007 «guadagnava» il settimo
posto, ora è al secondo posto per gli abusi che colpiscono le fasce più
vulnerabili della popolazione, migranti e etnie «non italiche». Non è
propriamente il primo posto dei mondiali di calcio a Berlino nel 2006 ma,
insomma, il governo italiota si distingue e ci fa volare alto. Pasquale Vilardo
Senso di liberazione Cari direttori, libertà e liberazione sono due belle
parole. Con la prima però si può barare facilmente (si può dare l'illusione
della libertà), e facilmente se ne può abusare. Si parla sempre, ad esempio
della libertà in democrazia, ma spesso a essere liberi sono soltanto coloro che
hanno denaro e potere. Con il termine liberazione, è difficile barare e
difficilmente se ne fa abuso. E' una parola pregna di significati. Ha
un'accezione persino religiosa. Per gli ebrei la liberazione è l'esodo dall'Egitto,
la salvezza, il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Ma
per tutti coloro che sono stati oppressi, la liberazione ha il significato di
un passaggio da una condizione infelice a una felice. E la festa rende attuale
il ricordo di quel passaggio; rinnova la gioia di quel momento. Sostituirla con
la festa della libertà, come ha auspicato Silvio Berlusconi, significa non
averne compreso appieno il senso. Veronica Tussi
( da "Stampaweb, La"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
WASHINGTON Momenti imbarazzanti per l'ex Segretario di
Stato Condoleezza Rice che, alla sua prima uscita pubblica nella capitale dallinsediamento
del presidente Barack Obama, si è trovata a a dover affrontare domande
"impreviste", sul waterboarding e le altre torture
adottate dopo l'11 settembre dalla Cia verso sospetti terroristi. Imprevedibili
perchè la Rice si trovava in una scuola elementare e l'autore della complicata
"question" era uno studente della quarta classe. In realtà, ha
raccontato al Washington Post la mamma del piccolo "inquisitore",
originariamente la domanda del piccolo Misha doveva essere ancora più dura e
solo l'intervento delle maestre lo ha convinto a formularla in modo
diverso evitando, a tutti i costi, l'utilizzo della parola "tortura".
«Fatemi dire subito una cosa - ha comunque risposto, un pò spiazzata, la Rice -
il presidente Bush è sempre stato molto chiaro nel dire che avrebbe fatto di
tutto per proteggere il paese dopo l11
settembre. Ma allo stesso tempo è stato sempre molto chiaro nellaffermare che non avrebbe mai fatto
niente, proprio niente che fosse contrario alla legge ed i nostri obblighi
internazionali e che era disposto ad autorizzare solo pratiche legali per
difendere il paese». Ai bambini ha ricordato che «eravamo tutti terrorizzati
dallidea che il paese potesse essere attaccato
di nuovo, l11 settembre è stato il giorno più brutto del mio mandato di
governo, costretta a vedere 3mila americani morire: ed in quelle condizioni
difficili il presidente non era pronto a fare qualcosa di illegale, spero che
la gente capisca che stavamo cercando di difendere il paese». Non si tratta
comunque della prima volta che la Rice è costretta a difendere in pubblico le
"controverse pratiche di interrogatorio", equiparate a vere e proprie
torture, adottate da Bush e che lei è stata una dei primi ad approvare. La
scorsa settimana, per esempio, si era trovata sotto il fuoco di fila delle
domande degli studenti della sua Stanford, luniversità
della California dove la Rice è tornata ad insegnare conclusa lesperienza
a Washington. Anche in quelloccasione aveva difeso la legalità delle
scelte dalla passata amministrazione: «per definizione, se sono state
autorizzate dal presidente non violano i nostri obblighi nei confronti della
convenzione
contro la tortura». Frase, hanno sottolineato commentatori americani, che
riecheggia la famigerata affermazione di Richard Nixon: «se è fatto dal
presidente allora non è illegale».
( da "Corriere.it"
del 04-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Visita dell'ex segretario di stato in una scuola
elementare di Washington Bambino mette in crisi la Rice: «Perché facevate le
torture?» Alunno di 10 anni contro l'amministrazione Bush. La replica: «Solo
politiche legali per proteggere l'America» WASHINGTON - Un bambino di dieci
anni ha messo in difficoltà l'ex segretario di Stato Usa. Ha chiesto a
Condoleezza Rice perchè l'amministrazione Bush torturava i sospetti terroristi.
E lei, invitata a tenere un discorso in una scuola elementare di Washington, ha
risposto che il presidente George W. Bush «ha sempre espresso la volontà di
autorizzare solo politiche legali per proteggere l'America». La Rice ha detto
ai bambini che il presidente Bush «ha detto in modo chiaro che desiderava fare
tutto il possibile per proteggere l'America. Dopo l'11 settembre volevamo
proteggere il paese. Ma ha anche sempre detto che non avremmo mai fatto niente
di illegale o contro i nostri impegni internazionali». «SONO STATI MOMENTI
DIFFICILI» - «Dovete capire che sono stati momenti molto difficili - ha
aggiunto la Rice - Avevamo tutti il terrore di un altro attacco contro il
paese. L'11 settembre è stato il giorno peggiore della mia vita. Ma anche in
questa situazione il presidente Bush non aveva alcuna intenzione a fare cose
illegali». La Rice, interrogata sullo stesso argomento la scorsa settimana alla
Stanford University, aveva dato una risposta che aveva suscitato qualche
perplessità, affermando che «noi non abbiamo mai torturato
nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una
violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase che presentava qualche somiglianza con la famosa
affermazione di Richard Nixon, dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua
intervista con David Frost, che «quando il presidente Usa fa qualcosa,
per definizione non è illegale». stampa |
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Torino Chiamparino «In una parte minoritaria della
maggioranza non c'è più fiducia in me e nella mia amministrazione. Ma non mi
dimetto, la città non capirebbe». Così il sindaco di Torino Sergio Chiamparino
è intervenuto ieri in Consiglio comunale per chiarire la situazione della
maggioranza alla luce di quanto è avvenuto sulla fusione Iride-Enia. Europee
Assisi e la pace A un mese dalle elezioni europee, la
Tavola della pace e il coordinamento nazionale degli Enti locali per la Pace e
i Diritti Umani organizzano dall'8 al 10 maggio, ad Assisi, il meeting
nazionale «Per un'Europa di Pace». Il meeting si svolge con l'Alto Patronato
del Presidente della Repubblica, Napolitano e il sostegno della rappresentanza
in Italia della Commissione Europea e della Regione Umbria. Ad Assisi
s'incontreranno in duemila: studenti, giovani, insegnanti, dirigenti
scolastici, amministratori locali e operatori delle associazioni della società
civile. lega Renzo Bossi «Non sarò io a chiedere di essere candidato ma se me
lo chiederà il capo per le mie competenze, sono pronto». Lo ha detto Renzo
Bossi, ventenne figlio del ministro per le Riforme, Umberto, a chi gli chiedeva
se intenda candidarsi. Quando arriverà il momento, Bossi pensa di partire dal
territorio. «A me non frega nulla di Roma, mi interessa il territorio - ha
spiegato il figlio del leader della Lega Nord-, a Roma vado per conoscere le
leggi e poi spiegarle sul territorio». Brevi
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Decisamente le favole non abitano più qui, nel nostro
vecchio mondo. E neppure nel Nuovo Mondo, che pure qualche mese fa ci ha fatto
vivere un'entusiasmante variazione sul tema di Cenerentola, con il Palazzo che
spalanca le porte al figlio dei reietti. Una favola nuova, inaudita,
stravagante, travolgente ci viene da un mondo antico sì, ma così remoto da
apparirci impensabile. La storia ha movenze da romanzo d'appendice e la
protagonista subisce tremende angherie prima di potersi ricongiungersi al suo "sposo
adorato". Ma non è ancora detto che diventi principessa. Per ora è solo
candidata. Al Nobel: per la pace. Si chiama Rebiya Kadeer ed è uigura. Come?
Sì, del Uiguristan. Mai sentito? Lei lo chiama spesso Turchestan Orientale. Non
c'è su tutti gli atlanti, ma per orientarsi basta sapere che confina con la
Regione autonoma del Tibet, la Mongolia, la Russia, il Kazakistan, il
Kirghizistan, il Tagikistan, l'Afghanistan e il Pakistan. Il nome ufficiale
imposto dalla Cina è Provincia Autonoma Uigura dello Xinjiang, ma per gli
indipendentisti il nome è offensivo e Rebiya si rifiuta di parlare cinese, che
pure conosce bene. Così per il suo viaggio a Roma è stata ingaggiata una
traduttrice, unica italiana a conoscere l'uiguro, che l'accompagnerà
oggi alla Camera dei Deputati dove Rebiya terrà un'audizione riservata al
Comitato diritti umani sulla violazione dei diritti umani perpetrata
dalla Cina nei confronti del suo popolo. Nei prossimi giorni parlerà al
Parlamento tedesco e a quello Europeo. A Roma l'abbiamo incontrata. Quali sono
le infrazioni più gravi commesse dai cinesi nei confronti del popolo uiguro?
«La privazione della libertà, a cominciare da quella di usare la nostra lingua,
che deriva dal turco ed è molto diversa dal cinese. È vietato insegnare
l'uiguro nelle scuole, è vietato parlarlo negli uffici pubblici. A noi è
vietato anche praticare la nostra religione, che è prevalentemente l'islam, ma
anche il cristianesimo che ha avuto una notevole diffusione. Agli uiguri è
stato ritirato il passaporto, per riaverlo bisogna pagare circa 3mila euro, una
somma enorme. Se vengono messi in carcere gli uiguri non ricevono cure mediche.
I cinesi vogliono farci fuggire per occupare totalmente il paese». Nel suo
libro lei racconta che nel territorio uiguro del Lap Nur sono stati effettuati
test atomici di superficie e che di conseguenza sono nati molti bambini senza
occhi né orecchie. Continuano queste prove? «No, sono state sospese, ma le
conseguenze sono ancora presenti. E la Cina non manda dottori per curare chi è
affetto da mali terribili. Anzi, è proprio qui che vengono mandati molti malati
cinesi di Aids, nella speranza di contagiare la popolazione locale». In Cina
esiste un rigoroso controllo delle nascite: è permesso un figlio solo, due
nelle campagne. Lei ne ha avuti 11. Come ha fatto? E si praticano ancora gli
aborti forzati, al nono mese di gravidanza come stava per succedere a lei? «La
politica del figlio unico è stata imposta nel 1979 e il mio primo figlio è nato
nel '63, quando io avevo 15 anni. Per l'ultimo ho dovuto ribellarmi in ospedale
perché non facessero a me e ad altre donne l'iniezione che avrebbe ucciso la
creatura quando già cominciavano i dolori del parto. Sì, questa pratica
orribile esiste ancora. L'American Uiguri Association ha stilato recentemente
un elenco di donne costrette ad abortire al nono mese». Lei è stata
un'imprenditrice famosa, al 7° posto nella classifica dei più ricchi della
Cina. Dopo la fuga dallo Uiguristan verso gli Stati Uniti è riuscita a
conservare parte dei suoi averi? «No, ho perso tutto. I figli che vivono con
noi in Virginia lavorano, mio marito e io scriviamo. E siano aiutati
dall'Associazione degli uiguri d'America». Nella sua biografia ha scritto:
"solo a pancia piena si può riflettere sulla libertà". Cosa voleva
dire esattamente? «Proprio questo: senza soldi e senza cibo non si riesce a
pensare. Tutte le energie sono concentrate sulla necessità di sopravvivere. La
Cina non dà lavoro agli uiguri perché quando si è alla fame non si pensa alla
libertà. La situazione del Turchestan Orientale è drammatica: esattamente come
quella del Tibet». Lei è stata intraprendente anche in amore. Fu lei a
dichiararsi al suo secondo marito? «Sì e fu un'iniziativa che non rientrava
nelle tradizioni. Gli dissi che mi ero innamorata di lui dal primo momento che
l'avevo visto, che avevo 29 anni e sei figli, ma che il mio amore era quello di
una vergine. "Sono intelligente, bella, sono una donna speciale",
esclamai. E aggiunsi che dal suo sguardo avevo capito che gli piacevo. Lui
sorrise imbarazzato, poi mi disse che non poteva sposarmi e che io gli sembravo
pericolosa. Ci rimasi male ma continuai a pensare a lui. Passarono sei mesi e
lui tornò portandomi un quaderno con 260 poesie d'amore». Quindi vi sposaste
subito? «Il mio adorato aveva deciso, ma io dovevo prima metterlo al corrente
delle mie esigenze. Gli dissi che dovevo ungere le sbarre che limitano la
libertà del popolo uiguro. Il governo cinese non ci avrebbe mai concesso il
potere spontaneamente, perciò era necessario che io mettessi insieme un
patrimonio per poter avere influenza. E per questo volevo continuare i miei
commerci. "Prima devo servire i miei compatrioti - gli dissi - e poi posso
essere tua moglie". Ma aggiunsi che non doveva essere geloso né triste per
causa mia e che avevo bisogno del suo sostegno. Non posso immaginare la mia
vita senza di lui».
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Torture, Rice spiazzata da uno scolaro «Pratiche legali
perché volute da Bush» UMBERTO DE GIOVANNANGELI Lezione di giornalismo. E di
coraggio civile. A impartirla è un bambino di nove anni. A riceverla è
Condoleezza Rice. L'ex segretaria di Stato Usa «interrogata» da un bambino di
quarta elementare sul «waterboarding» e le altre torture adottate dalla Cia con
i sospetti terroristi. Quella che fino a pochi mesi fa è stata tra le donne più
potenti del mondo si è trovata a dover affrontare imbarazzanti, ed
effettivamente non previste domande, sui metodi duri di interrogatorio
approvati, tra gli altri, anche da lei durante l'amministrazione Bush, in
occasione della sua visita ad una scuola elementare ebraica di Washington,
prima sua uscita pubblica nella capitale dall'insediamento del presidente
Barack Obama. MISHA ALL'ATTACCO Dopo prevedibili domande sulla sua infanzia
nell'Alabama segregazionista, è arrivata quella di Misha Lerner che ha chiesto
cosa ne pensasse la Rice delle critiche espresse da Obama sui metodi di
interrogatorio duro adottati dall'amministrazione Bush. In realtà, ha
raccontato al Washington Post la mamma del bambino, Imma Lerner,
originariamente la domanda del piccolo Misha era ancora più dura e le maestre
lo hanno convinto a formularla in modo diverso evitando la parola tortura.
«Fatemi dire subito una cosa - è stata la risposta della un po' spiazzata Rice
- il presidente Bush è sempre stato molto chiaro nel dire che avrebbe fatto di
tutto per proteggere il Paese dopo l'11 settembre. Ma allo stesso tempo è stato
sempre molto chiaro nell'affermare che non avrebbe mai fatto niente, proprio
niente che fosse contrario alla legge ed i nostri obblighi internazionali e che
era disposto ad autorizzare solo pratiche legali per difendere il Paese». Ai
bambini ha ricordato che «eravamo tutti terrorizzati dall'idea che il Paese
potesse essere attaccato di nuovo, l'11 settembre è stato il giorno più brutto
del mio mandato di governo, costretta a vedere 3mila americani morire: ed in
quelle condizioni difficili il presidente non era pronto a fare qualcosa di
illegale, spero che la gente capisca che stavamo cercando di difendere il
Paese». CONDI PROVA A DIFENDERSI Non è la prima volta che la Rice è costretta a
difendere in pubblico le controverse pratiche di interrogatorio, equiparate a
vere e proprie torture ora anche da esponenti dell'amministrazione Obama,
adottate da Bush e che lei è stata una dei primi ad approvare, secondo quanto
emerge da documenti pubblicati recentemente. L'altra settimana si era trovata
sotto il fuoco di fila delle domande degli studenti della sua Stanford,
l'università della California dove la Rice è tornata ad insegnare conclusa
l'esperienza a Washington. Interrogata sullo stesso argomento, «Condi» aveva
dato una risposta che aveva suscitato qualche perplessità, affermando che «noi non abbiamo mai torturato nessuno: per definizione, se
autorizzata dal presidente, questa non è una violazione dei nostri impegni con
la Convenzione Contro la Tortura» una frase che presentava qualche somiglianza con la famosa
affermazione di Richard Nixon, dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua
intervista con David Frost, che «quando il presidente Usa fa qualcosa,
per definizione non è illegale». Invece quelle pratiche sono illegali. A
testimoniarlo sono anche le foto, il cui contenuto l'Unità ha anticipato nei
giorni scorsi, che il Pentagono si è impegnato a rendere pubbliche entro il 28
maggio. Foto di abusi, di torture. Che rispondono alla domanda del piccolo
Misha molto più delle giustificazioni di Condi Rice. Ha 9 anni. Il suo nome è
Misha Lerner. Ha alzato la manina e senza scomporsi ha chiesto conto all'ex
segretaria di Stato Usa, Condoleezza Rice, delle torture inflitte da agenti
della Cia a presunti terroristi.
( da "Unita, L'" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
MEGLIO CENTO GIORNI DA OBAMA COME CAMBIA L'AMERICA Non
fosse per altro, Obama meriterebbe di passare alla storia per essere riuscito,
con un solo colpo di spugna, a farci dimenticare lo sguardo perennemente
stralunato e stupefatto del suo predecessore, quel Bush che concorre al premio
per il peggior Presidente degli Stati Uniti. A Obama è toccata la successione
nel momento in cui tutto andava male: la strategia di stabilizzazione in Iraq
ormai fallita e quella in Afghanistan in via di fallimento; le banche che
crollavano una dopo l'altra, le case automobilistiche in sfacelo, la
disoccupazione dilagante. Un Paese sull'orlo del baratro, che neppure un
Berlusconi avrebbe avuto l'ardire di caricarsi sulle spalle. In 100 giorni di
fuoco e fiamme, pur senza risolvere tutto (ci vorrà più tempo, e una bacchetta
magica), Obama ha mostrato all'America e al mondo che un governo può prendere
decisioni che possono anche cambiare la storia, in certi casi, e comunque
orientare i destini delle persone in modo nuovo. Tra il primo e il centesimo
(più o meno) dei suoi giorni al potere Obama ha (tra le altre) preso due
decisioni che sono tanto politicamente importanti quanto originali e innovative
per l'opinione pubblica mondiale. All'inizio del mandato ha stupito tutti con
una dichiarazione in sé ovvia e banale ma che nessuno aveva il coraggio di
fare: l'offerta all'Iran di avviare una discussione aperta anche se difficile,
lenta, problematica l'esatto contrario di
quanto Bush aveva fatto per otto testardi anni. E ora, ha sdoganato i torturatori della Cia (quasi
tutti, fuori dagli Usa, ne avevamo colto l'esistenza) cancellando sì le loro
colpe, ma anche aprendo i dossier che ne contenevano i misfatti e, più che
altro, i misfattori: il Vice-Presidente Cheney, il Segretario di Stato Rice, il
ministro della Giustizia Ashcroft: non ignoti e oscuri funzionari ma alcuni dei
massimi rappresentanti del più importante Stato del mondo. Parlare con l'Iran
non è altro che ciò che un corretto approccio diplomatico suggerirebbe a
chiunque; il difficile non era farlo ma deciderlo. L'Iran (elezioni di giugno
prossimo permettendo) è oggi la chiave simbolica per qualsiasi sviluppo nella
crisi mediorientale, che aspetta come ossigeno uno sblocco dopo Gaza e dopo
l'insediamento del nuovo governo in Israele. Ha principalmente rilevanza
interna ma rassicura tutti noi l'altra
iniziativa,
quella legata al ricorso alla tortura nel clima isterico e
arroventato del post-11 settembre. Non soltanto torturare non serve a nulla, ma
distrugge, di solito, anche il torturatore. Porvi fine senza tante sceneggiate,
processi, ricorsi e amnistie, ma mettendo un punto fermo, questo sì è un modo
per fare politica e non farcela odiare. Cento di questi giorni, mister
Obama!
( da "Stampa, La" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
UN BAMBINO DI 9 ANNI "Mrs Rice cosa pensa del water
boarding?" [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Che cosa
pensa delle critiche sollevate dal presidente Obama sui metodi adoperati
dall'Amministrazione Bush per ottenere informazioni dai detenuti?». E' stata questa domanda sulla tortura, posta da un bambino di 9
anni, a mettere in imbarazzo l'ex Segretario di Stato Condoleezza Rice di
fronte all'insolito pubblico di una quarta elementare di Washington. Sulla
carta il discorso della Rice al giovane pubblico della «Jewish Primary Day
School» si annunciava come un ritorno morbido sulla piazza di Washington nella
stagione di Obama. E all'inizio infatti tutto sembrava andare liscio: la
Rice aveva parlato del suo amore per i viaggi, del sostegno per Israele e
dell'importanza di apprendere lingue straniere. Anche le prime domande erano
state innocue, del tipo: «Che cosa ha significato crescere in una città
segregata come Birmingham in Alabama? o «Per quali qualità vuole essere
ricordata?». Poi però a prendere la parola è stato il piccolo e combattivo
Misha Lerner, di Bethesda, che le ha posto senza preamboli il quesito che
evocava le torture sui detenuti di Guantanamo. L'ex Segretario di Stato prima
ha mostrato una certa sorpresa, ha detto di essere «riluttante a criticare il
presidente Obama» ma poi si è lasciata prendere la mano, difendendo a spada
tratta l'operato dell'Amministrazione repubblicana: «Il presidente Bush ha
detto con chiarezza che avrebbe fatto di tutto per proteggere il Paese dopo
l'11 settembre, ma ha anche detto che non avrebbe fatto nulla contro le nostre
leggi e i nostri obblighi internazionali». Solo pochi giorni prima Condi Rice
si era dovuta difendere dalle critiche degli studenti dell'Università di
Stanford, in California, affermando che «non abbiamo torturato nessuno» ma
scivolando nel dire che il «waterboarding», l'affogamento simulato, era legale
solo perché «autorizzato dal presidente». L'imprevista domanda di Misha Lerner
ha avuto l'effetto di rilanciare le polemiche seguite alla risposta data a
Stanford. Ma per Condi poteva andare anche peggio. Ad assicurarlo è Irene,
madre dell'intraprendente alunno, che ha svelato il retroscena della domanda:
«Hanno chiesto a mio figlio di addolcire la domanda iniziale aui aveva pensato,
perché lui avrebbe voluto chiederle se trovandosi a lavorare per Obama avrebbe
proposto ancora le torture...».
( da "Manifesto, Il"
del 05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
COMMENTO La legge della guerra Giuliana Sgrena Toyota
Corolla. Macchina ad alta velocità che si lancia... Regole rispettate. Siamo in
guerra. Le stesse parole di quel 4 marzo 2005 mi rimbombano in testa. Cambiano
solo i protagonisti: a sparare adesso sono gli italiani non gli americani, la
vittima è una ragazzina di tredici anni, allora era morto Nicola Calipari.
Cambia il luogo: Afghanistan invece dell'Iraq, ma lo scenario è lo stesso,
quello della guerra. Maledetta guerra, vietata dalla nostra costituzione. Per
completare il quadro manca ancora un termine: impunità, che comunque sarà
garantita anche questa volta. Come sempre. CONTINUA|PAGINA7 E' come un flash
back, un incubo che ritorna. Ma non è vero: è un incubo che si ripete, che si
moltiplica all'infinito. Il ministro degli esteri Frattini ha parlato,
riferendosi alla tredicenne Behnooshahr, che è una vittima del terrorismo. Non
è vero: è vittima degli italiani che le hanno sparato, è vittima - non la
prima, non sarà l'ultima - della guerra che l'Italia alimenta, mascherandosi
ipocritamente dietro una «missione di pace», invece di disinnescare dando la
parola alla politica. E questa è una spirale che non arresta il terrorismo, che
anzi dalla situazione trae linfa. Questa tredicenne innocente e inconsapevole è
una vittima dei soldati italiani, come contro Calipari sono stati gli americani
a sparare. E se dietro quell'assassinio (di Calipari) c'erano dei complici
nessuno ha voluto rivelarlo. L'impunita innanzitutto e il silenzio che soffoca
e uccide due volte. Non ci si può nascondere dietro il «tragico incidente».
Tragico lo è sicuramente ma non si puo liquidare la morte di una ragazzina come
un incidente. Cosi come non si può attribuire la responsabilita alla «maledetta
Corolla», la «macchina dei kamikaze» si dice, ed è come se parlassimo in Italia
di una «maledetta Punto», vale a dire di una delle macchine più diffuse. Toyota
Corolla allora come oggi. E allora come oggi la vittima era seduta dietro. Oggi
gli spari hanno colpito da dietro: c'è una sola spiegazione, evidentemente la
macchina stava superando la pattuglia senza lanciarsi contro. L'Italia è in
guerra, ha detto qualcuno, e invece non dovrebbe esserlo. Ma l'Italia in guerra
lo è davvero, quello che è successo domenica è un'ulteriore dimostrazione e
allora occorre uscire dalla guerra senza se e senza ma. Siamo andati in guerra
agli ordini di Bush, per ora Obama non ha dato segnali di cambiamento rispetto
all'Afghanistan e quindi la situazione andrà continuamente peggiorando. E se
non ci sarà una svolta politica, l'Italia si troverà sempre più invischiata in
un conflitto in cui evidentemente - come del resto sempre - le principali
vittime sono civili. Dopo quello che è successo domenica come si potrà ancora
parlare di buoni rapporti dei soldati italiani con la popolazione civile? I
soldati hanno sparato dopo aver inaugurato un ospedale pediatrico (!), una
circostanza che dimostra ancora una volta che le azioni umanitarie
vanno affidate ai civili e non ai militari. Se si vogliono
veramente aiutare gli afghani la missione deve cambiare di natura deve servire
alla ricostruzione e allo sviluppo del paese, oltre che alla protezione dei
diritti umani, in particolare delle donne (che nonostante i soldati
occidentali continuano a non avere diritti), altrimenti i taleban continueranno
a proliferare e anche il terrorismo di al Qaeda.
( da "Manifesto, Il" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Antonio Gambino, un giornalista da non dimenticare Antonio
Gambino non è più con noi in questo mondo e, sebbene la sua vita sia stata
lunga e piena, la sua scomparsa ferisce. Ci sembra ingiusta e inattesa, come sempre
quando viene a mancare una persona ancora viva e importante. È un'amputazione
dolorosa, umanamente e politicamente. Antonio è stato un protagonista del
gruppo politico-giornalistico che aveva dato vita negli anni '50 all'Espresso,
e poi, nei '70, a La Repubblica; e su quelle pagine, per più di quarant'anni,
ha tenuto aperta una preziosa rubrica, finestra intelligente (dove hanno spesso
soffiato venti di controcorrente) sugli avvenimenti internazionali. Antonio non
è stato comunque solamente questo. Oltre al suo impegno di storico («Storia del
dopoguerra dalla Liberazione al potere democristiano»; «Intervista a De
Gasperi»), egli è stato - via via accentuando la sua vena di polemista - un
militante politico. Non posso che definirlo così per il coraggio delle sue
denunce contro la retorica europeista («Europa invertebrata», «Vivere con la
bomba»), ma soprattutto contro l'ipocrisia dell'Occidente
(e in particolare degli Stati Uniti), filistei paladini dei diritti umani, usati come strumento d'ingerenza e sostenuti dall'«indicibile»
intervento «umano militare», accusatori del terrorismo dei poveri, ciechi
rispetto a quello degli stati («L'imperialismo dei diritti umani»; «Esiste davvero il terrorismo?»). E' stato anche e
forse soprattutto un critico durissimo di Israele, non aprioristico e
ideologico, perché conosceva assai bene quel paese e la drammatica storia del
popolo ebraico, e le sue critiche erano dunque sempre precise e sofferte. Con
lui ho condiviso una grande amicizia per Wael Zwaeter, primo rapprentante in
Italia di Al Fatah, assassinato dal Mossad a Roma nel 1972. Luciana Castellina
A sua moglie Caterina Cardona, ai suoi figli Evelina e Simone, le condoglianze
della redazione e di tutto il collettivo de Il Manifesto
( da "Corriere della Sera"
del 05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 05/05/2009
- pag: 43 Reportage Antonella Napoli racconta l'emergenza umanitaria
Tra i profughi del Darfur, l'ultima Africa U n viaggio tra i rifugiati nei
campi profughi del Darfur, testimonianze di sopravvissuti alle violenze dei
janjaweed, sanguinarie milizie arabe che dal febbraio 2003 massacrano la gente
della regione, i volti e gli sguardi delle principali vittime del conflitto: le
donne. Tutto ciò è raccolto nel libro Volti e colori del Darfur (Edizioni Gorée,
pp. 160, ¬ 15). Il volume scritto da Antonella Napoli, giornalista e presidente
di Italians for Darfur, un'associazione che si occupa da anni della crisi in
atto in questa regione del Sudan grande quanto la Francia, è strutturato
intorno a un reportage realizzato in uno dei campi più grandi di Al Fasher
(capitale del Nord Darfur), dove sono stipati oltre 50 mila sfollati. Il
racconto degli stupri e dei bombardamenti, che si riescono a documentare con
sempre maggiore difficoltà, è corredato da una serie di scatti, realizzati
dall'autrice, che mostrano momenti di vita quotidiana, spesso ai limiti della
sopravvivenza. Una descrizione della realtà che ogni giorno scandisce la vita
di un popolo colpito forse dalla più grave emergenza umanitaria
attualmente in corso. Il libro, cui è legata anche una mostra itinerante che
sarà dal 15 maggio alla Fiera del libro di Torino, è stato realizzato per
sensibilizzare l'opinione pubblica e denunciare la continua
violazione dei diritti umani nel Sudan occidentale. All'interno ci sono alcune schede sul
conflitto e sul quadro politico-giuridico al centro dell'attenzione mondiale
specie dopo il 4 marzo, quando la Corte penale internazionale ha emesso un
mandato d'arresto contro il presidente sudanese Omar Al Bashir per crimini di
guerra e contro l'umanità. Oltre a fornire un
inquadramento generale sulla questione, attraverso un'analisi della storia
moderna del Darfur, della sua articolata composizione etnica, dei suoi
equilibri politici, Volti e colori del Darfur colpisce dritto al cuore del
lettore con le sue storie di violenza e dolore, impresso negli occhi delle
giovani che hanno subito ogni genere di soprusi. Donne poco più che adolescenti
come Amina, diciotto anni, ultima arrivata ad Al Salam Camp, che non ha neanche
una tenda per proteggere se stessa e il suo bimbo, un maschio di pochi mesi.
Amina racconta degli uomini arrivati nel villaggio in groppa a dei cammelli,
che l'hanno trascinata fuori dalla sua capanna dove si trovava da sola perché
il marito era fuori alla ricerca di legna e radici. Ricorda di come l'hanno
picchiata e violentata e del dolore provato quando il suo uomo non ha voluto
credere a quello che le era successo. Quando poi ha scoperto di essere incinta,
lui non l'ha più voluta e se n'è andato. Di storie come questa ne racconta
tante l'autrice. Ognuna racchiude in sé un frammento del grande dramma che vive
questa regione straziata dalla guerra, le cui conseguenze umanitarie,
dalla lettura di questo libro, emergono in tutta la loro drammaticità. Massimo
A. Alberizzi malberizzi@corriere.it
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina XVII - Genova Lo spettacolo
Il dibattito Brachetti dai mille volti "varietà" internazionale
Informazione e diritti umani
confronto docenti-giornalisti
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina 16 - Esteri "Perché le torture?" così un
bambino inchioda la Rice Condi in imbarazzo tra gli alunni delle elementari Il
bimbo è parso poco soddisfatto della risposta dell´ex consigliere di Bush Il
piccolo si chiama Misha Lerner, figlio di immigrati russi, nove anni VITTORIO
ZUCCONI WASHINGTON - I bambini. Sono sempre i bambini a scoprire che il re è
nudo, anche se in questo caso nuda era la ex regina della diplomazia americana,
Condi Rice, costretta a spiegare, senza successo, che cosa sia la tortura ai
fanciulli. Eppure, le insegnanti della quarta elementare raccolti nella
Sinagoga di Washington erano state accuratamente indottrinate dal direttore,
quando avevano saputo della visita che l´ex segretaria di stato Condoleezza
Rice avrebbe fatto alle classi, e le maestre avevano preparato i bambini,
preselezionando le domande che avrebbero potuto rivolgere all´illustre ospite,
per non metterla in imbarazzo. Questa visita a una scuola elementare ebraica
era la prima «rentrée» pubblica della Rice nella capitale che l´aveva vista per
quattro anni al timone della politica estera nazionale, e altri quattro come
massima consigliere per la sicurezza nazionale, al fianco del Presidente Bush,
e dunque l´incontro con gli scolaretti voleva essere un ritorno morbido sulla
scena. Ma poi spunta il solito bambino, quello con la mano alzata fino a quando
non gli danno retta. «Che cosa pensa delle cose che Obama sta dicendo dei
metodi di interrogatorio usati dal Presidente Bush?» domanda Misha Lerner,
figlio di immigrati russi, dall´alto dei suoi nove anni, sotto lo sguardo
terrorizzato della madre e delle insegnanti che lo avevano convinto a non usare
almeno la parolaccia proibita - «tortura» - come lui avrebbe voluto fare. Ma
tutti, Rice per prima, avevano capito benissimo a che cosa alludesse e l´ex
segretaria di Stato ha dovuto remare. «Il nostro dovere, carino, era quello di
proteggere l´America dopo l´11 settembre», «fare tutto quello che si poteva
fare», «ma niente che non fosse autorizzato dal Presidente e quindi legale».
Poi, un po´ più lamentosa: «Spero che tu capisca, Misha, che tutta la nazione
capisca che noi stavamo soltanto cercando di proteggere la nazione». Misha si è
rimesso a sedere, poco soddisfatto dalla risposta che non ha risposto, come poi
dirà la madre, piccola voce bianca di una nazione intera che ancora cerca di
capire perchè l´America «che non tortura», l´America che si
immagina migliore del resto del mondo e immune da pratiche indecenti, abbia
torturato quei prigionieri. E si chiedono se anch´essa possa scivolare nei
comportamenti che sempre rimprovera agli altri, purchè i massimi dirigenti del
governo dichiarino essere legale quello che legale non è, soltanto
perchè così vogliono. E la Rice non sa davvero che cosa rispondere, oltre la
formula classica del «lo abbiamo fatto per il vostro bene». Pochi giorni prima
dell´incontro con gi scolaretti delle elementari a Washington, aveva dovuto
affrontare i meno teneri studenti dell´università di Stanford, in California,
che l´avevano rosolata sul punto chiave del caso torture, sulla falsa dottrina,
cara a Bush, della legalità definita dal sovrano. La tesi del «tutto ciò che è
presidenziale è legale» sostenuta dalla Rice a Stanford e poi ripetuta ai
bambini, non convince, fa paura, in una nazione che ancora crede ai limiti del
potere esecutivo e che ricorda come questa fosse stata esattamente la «dottrina
Nixon» quando cercava di salvarsi dal processo di impeachment e dalle
dimissioni forzate. Non persuade neppure Obama e i suoi, che si contorcono in
questi giorni fra la rivelazione delle torture inflitte ai prigionieri,
certamente illegali, e il timore di aprire una Norimberga, un processo formale
a chi le volle, come Bush e il suo burattinaio Cheney, a chi le accettò e le
fece passare, secondo la classica formula dell´»ubbidire agli ordini», come la
Rice o il direttore della Cia Goss, riaprendo una piaga infetta. «Il passato è
passato, non camminiamo con la testa voltata all´indietro» invocava Peggy
Noonan, una delle voci più moderate della generazione reaganiana, mentre Dick
Cheney, l´oscuro principe del regno Bush, è tornato inopportunamente a
ringhiare in pubblico per difendere quella pratiche di interrogatorio, come
l´annegamento simulato, il waterboarding già entusiasticamente praticato dai
Santi Inquisitori su eretici e marrani, che sono inequivocabilmente torture.
Quello che in realtà tutti vorrebbero, dal team Obama agli ex bushisti meno
fanatici come la Rice, sarebbe ammettere il peccato ma senza mandare al rogo i
peccatori, voltare pagina, giustificarsi con lo stato di emergenza e di panico
nelle ore dopo l´11 settembre. Ma ci sono sempre i bambini, come Misha, o i
vecchi che si comportano da bambini, come il capriccioso Cheney, che non
vogliono star buoni e scuotono gli scheletri dagli armadi. Alla fine della
visita alla scuola elementare, la Rice è andata a cercare quel bambino che
l´aveva messa in difficoltà come mai neppure i Putin, gli Chirac o i Blair
avevano fatto e ha voluto farsi fare una foto con lui, che sorrideva
imbarazzato, ma poi l´ha abbracciata, perchè nove anni sono nove anni.
( da "Repubblica, La"
del 05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina 16 - Esteri Inglese arrestata per droga La ragazza
in cella per droga: "Violentata in carcere" Laos, ventenne inglese
incinta "Ora rischia la fucilazione" Laos, ventenne incinta "Ora
rischia la fucilazione" LONDRA - La Gran Bretagna si mobilita per Samantha
Orobator, 20 anni, nigeriana residente a Londra, detenuta da nove mesi in Laos,
dove rischia la fucilazione. Fu fermata all´aeroporto di Wattay ad agosto con
650 grammi di eroina, quantità di droga per la quale in Laos è prevista la pena
di morte. Secondo gli amici, la ragazza è stata violentata
in carcere ed è incinta di cinque mesi: ma l´associazione per i diritti umani che le ha assicurato assistenza, fino a oggi non ha confermato
questa notizia. Il viceconsole britannico a Bangkok è volato in Laos per
tentare di incontrare la ragazza e «assicurare che abbia una difesa adeguata».
( da "Corriere.it" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
A Rodi accolto un ricorso della procura che aveva
sostenuto l'illegalità delle unioni Grecia, tribunale annulla i primi due
matrimoni gay L'avvocato delle due coppie annuncia ricorso
alla Corte Suprema e al Tribunale europeo per i diritti umani ATENE - Un tribunale di Rodi ha annullato due matrimoni gay
celebrati nel giugno scorso nell'isola di Tilos, cerimonie per le quali il
movimento omosessuale aveva inneggiato come ad «una nuova alba per la Grecia».
Approfittando di un vuoto legislativo che non definisce specificatamente come
uomo e donna gli sposi, due coppie, una maschile e una femminile, si
unirono in matrimonio. IL RICORSO - Tra gli sposi figurava la esponente
dell'Unione greca di gay e lesbiche (Olke) Evangelia Vlami. I matrimoni erano stati
celebrati dal sindaco socialista di Tilos Anastassios Aliferis. Il tribunale di
Rodi ha ora accolto un ricorso della procura che aveva sostenuto l'illegalità
delle unioni. L'avvocato delle due coppie, Vassilis Chidaris, citato dai media,
ha annunciato un ricorso alla Corte Suprema ed in ultima istanza al Tribunale
europeo per i diritti umani. stampa |
( da "Corriere.it" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
LE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI UMANI
LANCIANO L'ALLARME Il governo del Laos rassicura : la ragazza inglese incinta
non rischia la fucilazione La donna, 20 anni, è stata accusata di traffico di
eroina. È in carcere da 8 mesi VIENTIANE (LAOS) - Samantha Orobator, la
ventenne inglese incinta sotto processo per traffico di droga in Laos, non sarà condannata a morte. La
rassicurazione è venuta dal portavoce del ministero degli Esteri di Vientiane,
Khenthong Nuanthasing, che ha ricordato come il diritto penale del Paese
asiatico proibisca di infliggere la pena capitale a una donna incinta. LA
VICENDA - Il portavoce ha dichiarato alla Cnn che il processo si dovrebbe
aprire la prossima settimana. Samantha era stata arrestata il 5 agosto dopo
esser stata trovata in possesso di mezzo chilo di eroina, una quantità che
normalmente porta a una condanna alla fucilazione. Lei si era difesa sostenendo
di esser stata costretta a trasportarla per conto terzi. Secondo il suo
avvocato, la ragazza è rimasta incinta a gennaio, dopo esser stata violentata
in prigione, e dovrebbe dare alla luce un bambino a settembre. Ma il governo
sostiene che si tratti di una seconda gravidanza, la cui origine è da
accertare, dopo che già al momento dell'arresto la ragazza aveva detto di
essere incinta da due mesi del suo ragazzo, ma poi aveva perso il figlio per
un'infezione vaginale. LE ASSOCIAZIONI - Secondo l'associazione per i diritti umani «Reprieve», il processo è stato anticipato di un anno
per impedire all'imputata - che non ha mai incontrato un avvocato - di avere un
difensore. La donna sarebbe dovuta comparire davanti al giudice lunedì ma il
processo è stato rinviato a questa settimana, anche se nessuna data esatta è
stata confermata. Un incontro tra l'avvocato Anna Morris - dell'associazione
«Reprieve» - e l'imputata è stato autorizzato per martedì. L'avvocato ha
confermato che nel paese asiatico la pena prevista per il traffico di droga è
la pena di morte: «Non le è stato ancora assegnato un avvocato», ha dichiarato
, «siamo preoccupati che la sua udienza potrebbe essere molto rapida rispetto a
quello che normalmente succede in altri paesi». LA MADRE - Il Laos è un regime
comunista dal 1975 e si trova al centro del cosiddetto «Triangolo d'oro» del traffico
di droga, tra Thailandia e Birmania. Dal 2003, 39 persone sono state fucilate
per traffico di droga. Samantha Orobator, cittadina inglese di origini
nigeriane, era partita da Londra l'estate scorsa per una vacanza in Olanda,
proseguendo poi per il sud-est asiatico, quando è stata arrestata in Laos. La
madre, Jane Orobator, ha parlato con la figlia l'ultima volta in luglio -
quando la ragazza era ancora in Olanda- e non aveva idea che si trovasse in
Laos: «Mi appello al governo inglese, alle autorità del Laos perché la
rilascino e la lascino tornare da me», ha supplicato in un video. stampa |
( da "Corriere.it" del
05-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Visita dell'ex segretario di stato in una scuola
elementare di Washington Bambino mette in crisi la Rice: «Perché facevate le
torture?» Alunno di 10 anni contro l'amministrazione Bush. La replica: «Solo
politiche legali per proteggere l'America» WASHINGTON - Condoleezza Rice è
stata messa in difficoltà da un bambino di quarta elementare, durante una sua
visita alla "Jewish Primary Day School". Misha Lerner, di 9 anni, le
ha chiesto del waterboarding (l'annegamento simulato praticato dalla Cia sui
sospetti terroristi dietro autorizzazione di George W. Bush) e le altre
tecniche di interrogatorio assimilate alla tortura. E lei, colta di sorpresa,
ha risposto che il presidente George W. Bush «ha sempre espresso la volontà di
autorizzare solo politiche legali per proteggere l'America». La Rice ha detto
ai bambini che il presidente Bush «ha detto in modo chiaro che desiderava fare
tutto il possibile per proteggere l'America. Dopo l'11 settembre volevamo
proteggere il paese. Ma ha anche sempre detto che non avremmo mai fatto niente
di illegale o contro i nostri impegni internazionali». «SONO STATI MOMENTI
DIFFICILI» - «Dovete capire che sono stati momenti molto difficili - ha
aggiunto la Rice - Avevamo tutti il terrore di un altro attacco contro il
paese. L'11 settembre è stato il giorno peggiore della mia vita. Ma anche in
questa situazione il presidente Bush non aveva alcuna intenzione a fare cose
illegali». La Rice, interrogata sullo stesso argomento la scorsa settimana alla
Stanford University, aveva dato una risposta che aveva suscitato qualche
perplessità, affermando che «noi non abbiamo mai torturato
nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una
violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase che presentava qualche somiglianza con la famosa
affermazione di Richard Nixon, dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua
intervista con David Frost, che «quando il presidente Usa fa qualcosa,
per definizione non è illegale». stampa |
( da "Repubblica, La"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina IV - Palermo Associazioni, l´Ars moltiplica i
contributi Dai Legionari di Cristo all´Accademia degli zelanti: spese per dieci
milioni di euro Con un accordo bipartisan ricomparsi i fondi cancellati dalla
tabella H EMANUELE LAURIA Centoquattordici nuovi enti finanziati, per una spesa
di quasi dieci milioni di euro. La tabella H formalmente non c´è più ma i
contributi non spariscono. Anzi, si espandono a macchia d´olio fra i freddi
numeri del bilancio. Ecco l´incantesimo di Sala d´Ercole. Tre commi che
cancellano la vecchia tabella, tradizionale fonte di finanziamento (e
sopravvivenza) per associazioni e centri studi, e rimandano al documento
contabile, dove i sussidi vengono riproposti attraverso i capitoli siglati con
le lettere «A» e «F». E lì, a sorpresa, non solo vengono mantenuti i
beneficiari della vecchia tabella ma spunta una miriade di nuove sigle. Che
fanno riferimento a tutti i partiti rappresentati all´Ars, nessuno escluso.
L´arcano è svelato con la prima copia ufficiale del bilancio, faticosamente
uscita da Palazzo dei Normanni. Fino a ieri pomeriggio, nessuno fra i deputati
dell´Ars aveva voluto fornire anticipazioni su quest´aspetto della manovra.
Cominciamo il viaggio dalla rubrica dei beni culturali, dove una tempesta di
nuovi, piccoli, contributi (per lo più dai 50 ai 100 mila euro) va a bagnare
114 fra associazioni culturali, musei, centri studi, bande e cooperative
sociali. L´anno scorso non c´erano, nella tabella H. La spesa? Nove milioni 356
mila euro. Un mare magnum dove annega ogni giudizio di valore. C´è davvero di
tutto: dal contributo in favore dei «legionari di Cristo» (100 mila euro)
all´Osservatorio dell´autonomia (50 mila euro) che evidentemente sta a cuore a
un presidente autonomista. Ogni provincia ha la sua buona razione di
contributi. Quella etnea, quella del governatore, ha una fetta consistente: i
130 mila euro per l´Accademia degli zelanti e dei dafnici con sede ad Acireale,
i 50 mila euro per l´associazione Ancora di Catania, la stessa somma per il
centro studi di Acicatena. Ma stavolta è la Sicilia occidentale a fare la parte
del leone: con i 200 mila euro per l´unione giuristi cattolici di Agrigento, ad
esempio, o i 150 mila per l´associazione Il girasole di Palermo, i 100 mila per
l´associazione Seneca ancora nel capoluogo, i 50 mila per l´associazione Città
di Salemi che finiscono nel paese amministrato da Vittorio Sgarbi, fresco
candidato dell´Mpa alle Europee. Finanziato il centro internazionale di cultura
filosofica Giovanni Gentile di Castelvetrano come la onlus La vie en rose di
Paceco. Contributi da 100 mila euro per sostenere il premio
internazionale di scienze umane "Empedocle" di Agrigento come il
premio internazionale dei diritti umani organizzato
dall´associazione Acuarinto. E i musei, anche i più piccoli, noti o poco
frequentati: dal museo del giocattolo di Catania a quello sulla pena e sulla
tortura con sede a Bronte. La Regione pensa ai presepi: soldi per quello
di Custonaci, ed è una conferma, ma pure per quello di Agira. Dietro ogni
iniziativa c´è uno sponsor. Fare ambiente, che riceve 100 mila euro, è
presieduta dall´ex assessore regionale Nicolò Nicolosi (oggi vicino a
Lombardo), l´Accademia della politica è una creatura di Bartolo Sammartino, già
vicesindaco di Palermo e deputato di An. Tirano un sospiro di sollievo i centri
studi vicini alla sinistra: il La Torre, il Gramsci che raddoppia la propria
dotazione (da 72 a 150 mila euro), il «Rossitto» che nacque su iniziativa dell´ex
sindaco di Ragusa Giorgio Chessari. Enti che portano già nel nome una
collocazione politico-culturale chiara (l´istituto socialista di studi storici
che ha sede a Messina) ed altri diluiti nel capitolo della lotta alla mafia. Ma
il capitolo destinato ad associazioni, fondazioni e centri studi impegnati in
questo settore perde 70 mila rispetto all´anno scorso.
( da "Repubblica, La"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina VI - Napoli Angelica Varga, la rom condannata per
aver rapito una bimba a Ponticelli, scrive una lettera al Capo dello Stato
Detenuto si impicca a Poggioreale Quarto suicidio, la garante dei reclusi
scrive al Quirinale "Presidente Napolitano, aiutami" Adriana Tocco
"Carcere troppo affollato, calpestati i diritti
sanciti dalla Costituzione" Domani la prima udienza del processo d´appello
"Non ho rapito nessuno, ho sedici anni, voglio solo abbracciare mia
figlia" ANTONIO TRICOMI La mattina del Primo Maggio si è impiccato,
annodando le lenzuola alle sbarre della sua cella. Nel carcere di Poggioreale.
Si chiamava Graziano Iorio, aveva quarant´anni e due figli. Era dentro per aver
violato le consegne degli arresti domiciliari. Graziano è stato il quarto, quest´anno:
quattro suicidi in quattro mesi nell´imponente penitenziario borbonico, che ha
una capienza di 1387 detenuti e ne ospita invece 2646. Lo denuncia Adriana
Tocco, garante regionale delle persone sottoposte a misure di privazione della
libertà personale. Il caso viene segnalato anche dall´associazione Antigone.
«Intendo richiamare l´attenzione del presidente della Repubblica e del ministro
della Giustizia», dice Adriana Tocco. Denunciando uno stato di cose in
contrasto con l´articolo 27 della Costituzione, che recita: "Le pene non
possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato". Il detenuto impiccatosi il Primo Maggio
era stato arrestato per possesso di un grammo di cocaina. Condannato agli
arresti domiciliari, aveva violato la consegna recandosi a tarda ora, racconta
Adriana Tocco, in un bar di proprietà di alcuni parenti, a trenta metri da casa
sua. Tradotto in carcere l´11 marzo, rifiutava il cibo e l´ora d´aria. «Dai
racconti dei familiari - riferisce il garante regionale dei detenuti - emerge
il quadro di un uomo con evidenti fragilità psicologiche, aggravate da una
storia di dipendenza da sostanze stupefacenti e da un tentativo pregresso di
suicidio. Sempre i familiari riferiscono che fosse in trattamento con
psicofarmaci. Un quadro che, se rispondente al vero, porta a interrogarci se il
carcere fosse il luogo più idoneo per saldare il suo debito con la giustizia».
Nei primi quattro mesi dell´anno, prima di Iorio, altri tre detenuti si sono
uccisi. Il terzo, un ragazzo di 27 anni, era appena entrato in carcere: elusa
la sorveglianza, si è gettato da un pianerottolo. «L´assistenza psicologica ai
detenuti è stata ridotta, dopo i recenti tagli, a venti ore al mese: che peso
può avere in un carcere che conta cento ingressi al giorno?», si chiede la
Tocco. «I casi di suicidio sono indicativi della condizione disumana in cui
vivono i reclusi, ma è solo la punta dell´iceberg. Si
potrebbe parlare per esempio anche dei casi di autolesionismo. O di infermi che
non possono nuocere a nessuno ma restano dentro. Salvando il principio della
certezza della pena, che è sacrosanto, in questo carcere si consuma un´evidente
violazione dei diritti costituzionali. Sono sicura che Napolitano sarà sensibile a questa
problematica».
( da "Repubblica, La"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Pagina V - Bari Ateneo telematico, due prof baresi
indagati Truffa e falso per i corsi a Benevento: acquisiti tutti i documenti
Gli accertamenti avviati con una segnalazione dell´ex deputata Alba Sasso
GIULIANO FOSCHINI Associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso.
E´ questa l´accusa che la procura di Bari muove a una decina di persone ai
vertici della Giustino Fortunato, l´università telematica di Benevento legata a
doppio filo con un gruppo di docenti baresi. Non a caso sono stati coinvolti, a
vario titolo, anche l´ex rettore dell´Ateneo campano, il costituzionalista Aldo
Loiodice e il professore di Diritto ecclesiastico barese, Gaetano Dammacco,
componente del consiglio di amministrazione dell´università privata campana.
Nei giorni scorsi gli uomini del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di
Finanza, su ordine del sostituto procuratore del tribunale di Bari, Francesca
Pirrelli, sono stati negli uffici dell´Ateneo di Benevento dove hanno
sequestrato carte, delibere e computer, compreso quello di Marianna Colarusso,
la figlia di uno dei fondatori dell´università, anche lei indagata. L´indagine
della procura di Bari è nata proprio da una vicenda che la riguardava
direttamente. La Colarusso era risultata infatti vincitrice di un dottorato di
ricerca con relativa borsa di studio in "Diritti umani,
globalizzazione e libertà fondamentali", bandito dall´università di Bari
ma finanziato dall´Ateneo telematico. La Colarusso è però una delle socie
fondatrici della Efiro, la onlus che ha promosso l´università campana. E alla
famiglia Colarusso fa capo anche la Eraclito srl che all´ateneo "Giustino
Fortunato" fornisce le tecnologie per le lezioni a distanza. A
sollevare il caso era stata con un´interrogazione parlamentare il deputato dei
Ds, Alba Sasso. Ma l´allora sottosegretario Luciano Modica aveva risposto
sostenendo che fosse tutto in regola. «L´assegnazione delle tre borse di studio
- aveva detto - è avvenuta, come prevede la normativa vigente, in base alla
graduatoria di merito dei candidati formulata dalla commissione giudicatrice,
senza alcuna discrezionalità da parte delle università consorziate né tantomeno
di soggetti esterni ad esse. Non è quindi possibile affermare che la dottoressa
Colarusso - aveva aggiunto - ha usufruito proprio della borsa di studio messa a
disposizione dall´università telematica "Giustino Fortunato"». La
tesi evidentemente non ha convinto la Procura di Bari e la Guardia di Finanza
che hanno continuato a indagare e ora ipotizzano qualcosa di più grosso rispetto
a un semplice concorso pilotato.
( da "Manifesto, Il"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
CINA Parla Rebiya Kadeer, leader degli uiguri
«Indipendenza impossibile lottiamo per l'autonomia» Michelangelo Cocco ROMA
ROMA I suoi primi 60 anni Rebiya Kadeer li ha vissuti come sulle montagne
russe. La leader in esilio degli uiguri dello Xinjiang (regione del nord ovest
della Cina, a maggioranza musulmana) ha sperimentato lunghi anni di povertà e
una breve, enorme ricchezza frutto dei suoi commerci attraverso la Cina;
l'onore di un seggio nel Congresso nazionale del popolo e le sofferenze di
cinque anni di detenzione politica. Questi e altri capitoli dell'esistenza di
Kadeer - tre volte candidata al Nobel per la pace - sono raccontati
nell'autobiografia «La guerriera gentile», appena pubblicata da Corbaccio.
Membro del partito radicale transnazionale, lunedì e martedì «la madre degli
uiguri», come ama definirsi, era a Roma, dove ieri ha preso parte a una seduta
del Comitato per i diritti umani della Camera
dei deputati. Nei prossimi giorni a Washington affronterà l'assemblea del World
uyghur congress, dove una sua riconferma nel ruolo di presidente appare
scontata. Con Kadeer abbiamo discusso della strategia del movimento e della
situazione nello Xinjiang, dove gli uiguri (circa 8milioni) denunciano un
tentativo di assimilazione da parte di Pechino. L'ultima tappa della sua
vita la vede a capo del World uyghur congress (Wuc). Che bilancio traccia di
questi tre anni a capo dell'ombrello delle associazioni della diaspora uigura?
Fin dal 2006 il mio obiettivo è stato quello di riunire tutti gli uiguri
dispersi ai quattro angoli del pianeta, creando varie associazioni che si
riconoscessero nel Wuc. Questi gruppi stanno facendo conoscere al mondo i problemi
del nostro popolo e si stanno occupando di promuovere la nostra lingua, storia
e cultura tra le nuove generazioni costrette a vivere lontane dal Turkestan
orientale (il nome con cui gli uiguri chiamano lo Xinjiang, ndr). E negli
ultimi tre anni, per la prima volta, le nostre istanze sono state portate
all'attenzione dei parlamenti di Unione Europea, Stati Uniti e Germania, dove
ho avuto l'onore d'intervenire. Riuscite a mantenere contatti con lo Xinjiang,
nonostante le rigide misure di sicurezza messe in atto dalle autorità di
Pechino? Essendo stati bollati dalla Cina come «organizzazione terroristica»,
ci è particolarmente difficile. Ciononostante abbiamo le nostre fonti. Malgrado
il fatto che chiunque provi a consultare siti internet che parlano di me o
della nostra organizzazione venga trattato come «terrorista». Non crede che lo
sviluppo economico della Cina - che ha portato alla costruzione di
infrastrutture e all'aumento del reddito nello Xinjiang - sia appannaggio anche
degli uiguri? Ad avvantaggiarsi dello sviluppo del Turkestan orientale è
soltanto Pechino. Mentre le nostre risorse naturali - gas, petrolio, uranio e
tante altre - vengono trasferite verso l'interno, noi uiguri siamo esclusi dal
mercato del lavoro e, attraverso il divieto d'insegnamento della lingua uigura,
la nostra cultura viene cancellata. La marginalizzazione economica degli uiguri
è stata raggiunta con i bingtuan, grandi strutture produttive militarizzate -
sorte soprattutto lungo le frontiere con l'Asia centrale - e destinate a dare
casa e lavoro a milioni d'immigrati han. Nel suo libro racconta di proteste
spontanee inscenate negli anni '80 e '90 dalla popolazione uigura contro la
presenza dei coloni han. E oggi? Ora le uniche manifestazioni di dissenso che
ci sono consentite sono quelle all'estero. Dopo le aperture degli anni '80 e
'90 siamo tornati a una situazione simile a quella della Rivoluzione culturale.
Qual è il suo rapporto con gli han, etnia maggioritaria in Cina? Con gli han si
possono avere ottime relazioni, di comprensione e rispetto reciproco. Ma la
situazione cambia con gli immigrati nel Turkestan orientale. Lì ci hanno reso
la vita impossibile: il solo fatto di parlare di politica, dei problemi della
nostra gente, porta gli uiguri a essere etichettati come «separatisti»,
«fondamentalisti islamici», «terroristi». Prima delle Olimpiadi dell'agosto
2008, Pechino ha diffuso notizie di attentati nello Xinjiang. Che informazioni
avete su quegli episodi? Sono state delle messinscene. Quello che invece non ha
avuto alcun risalto ma che è un fatto reale è che, nel periodo precedente i
Giochi, 15mila uiguri sono stati arrestati o fermati con l'accusa di
«terrorismo». Grazie al palcoscenico offerto dalla più importante
manifestazione sportiva, le autorità di Pechino hanno fatto credere al mondo
che nel Turkestan orientale ci fossero migliaia di terroristi, legittimando
così un'ulteriore stretta repressiva nei confronti del nostro popolo. Nel
febbraio scorso il ministro degli esteri statunitense Hillary Clinton, in
visita a Pechino, ha detto: faremo pressioni per i diritti dell'uomo, ma in
questo momento l'economia viene prima di ogni altra cosa. Avete perso il vostro
principale alleato? Purtroppo in questo momento la crisi economica è al primo
posto nell'agenda delle grandi potenze. Ma le nostre pressioni nei confronti
del Dipartimento di stato americano sono continue e ho fiducia che potremo
continuare a ricevere da Washington l'appoggio di cui abbiamo bisogno.
Protestate perché Islamabad ha recentemente consegnato a Pechino nove uiguri
che in Pakistan si addestravano per attaccare la Cina. Pechino non ha diritto a
difendersi? Negli scorsi anni il Pakistan ha consegnato agli Stati Uniti 21
uiguri catturati in Afghanistan. Queste persone sono poi state giudicate
innocenti da Washington: alcuni di loro hanno trovato asilo in Albania, di
altri attendiamo ancora la liberazione. Lasciamo da parte i presunti
terroristi. Non teme che nelle condizioni d'isolamento in cui è costretto lo
Xinjiang a prevalere tra il suo popolo possa essere un'interpretazione
fondamentalista dell'islam? Tradizionalmente gli uiguri non hanno nulla a che
fare col fondamentalismo. Ogni giorno però nel Turkestan orientale degli uiguri
vengono arrestati perché accusati di essere fondamentalisti islamici. Per Pechino
un «terrorista» e un «integralista» sono la stessa cosa. Sono etichette che ci
appiccicano per nascondere le loro politiche nei nostri confronti: divieto
della diffusione della letteratura uigura, trasferimento forzato delle ragazze
uigure all'interno della Cina, controllo delle nascite, limitazioni al culto
islamico, immigrazione di milioni di han e mancanza di lavoro per noi,
esecuzioni di detenuti politici. Lo Xinjiang è l'unica regione della Cina dove
vengono ancora eseguite condanne a morte a carico dei prigionieri politici. Se
la Cina vi concedesse una autonomia reale, rinuncereste al sogno di un
Turkestan orientale indipendente? Noi chiediamo libertà. Oggi soltanto una
minoranza del nostro popolo spera nell'indipendenza. Ci battiamo per un'autonomia
vera, come quella richiesta dal Dalai Lama per il Tibet. E questa autonomia
potremo ottenerla soltanto all'interno di un processo più generale: quello
della democratizzazione della Cina, di cui si avvantaggerebbero tutti i popoli,
non solo gli uiguri. Se ci dessero libertà, saremmo disposti anche a vivere con
i milioni di coloni han che sono stati spediti nella nostra patria.
( da "Manifesto, Il"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
BOLIVIA, ACCUSATI GOVERNATORE E IMPRENDITORI Il pm
antiterrorismo: «Denaro e case sicure alla banda anti-Evo» Il pubblico
ministero boliviano che indaga sul caso della presunta banda accusata di voler
«provocare la divisione del paese» e di attentare alla vita del presidente Evo
Morales e di altri esponenti del governo, ha coinvolto nel caso il governatore
della provincia di Santa Cruz, Ruben Costas, e numerosi imprenditori delle
province ribelli. Il pm Marcelo Sosa ha detto che Costas, il presidente del «Comitè
pro Santa Cruz» Branco Marinkovic, il presidente della federazione allevatori
di Santa Cruz Guido Nayar, il leader degli imprenditori Pedro Lloviò e il
presidente della «Camera agropecuaria del Oriente» Mauricio Roca avrebbero
appoggiato le attività della presunta banda terrorista con denaro, appartamenti
e informazioni. Il gruppo - cinque persone guidate dal boliviano-ungherese
Eduardo Sosza - era stato attaccato il 16 aprile dalle teste di cuoio boliviane
in un albergo di Santa Cruz. In una sparatoria piena di
misteri, tre dei presunti terroristi erano stati uccisi. Tra convolti nel
complotto, secondo il pm, anche un generale in pensione e un gruppo di «diritti
umani» guidato dal controverso anticastrista cubano Armando
Valladares.
( da "Manifesto, Il"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
«MASSACRI DELIBERATI» Gaza/Piombo fuso, rapporto dell'Onu
inchioda Israele Michelangelo Cocco Israele è responsabile di sei gravi
incidenti al personale e agli edifici delle Nazioni unite durante «Piombo
fuso», l'attacco contro la Striscia di Gaza che - tra il 27 dicembre 2008 e il
18 gennaio 2009 - causò la morte di 1.417 palestinesi. A sostenerlo è un
rapporto indipendente commissionato dal segretario generale dell'Onu, Ban
Ki-moon. Il documento, che è stato trasmesso ieri al Consiglio di Sicurezza,
denuncia che durante i 22 giorni di massacri, installazioni Onu sono state
attaccate intenzionalmente dall'aviazione e dall'esercito di Tel Aviv. «In sei
dei nove incidenti (analizzati nel rapporto) i morti, i feriti e i danni sono
stati causati da azioni militari delle Forze di difesa di Israele», si legge
nel rapporto. Durante «Piombo Fuso», l'esercito israeliano aveva colpito anche
la sede dell'Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e alcune scuole locali
gestite dall'Onu. L'indagine smentisce anche la versione israeliana su uno dei
massacri più orribili di quella campagna militare: nessun palestinese - è
scritto nel documento - sparò dalla «Fakhura» (nel campo profughi di Jabaliya),
la scuola che il 6 gennaio 2009 fu bersagliata dall'artiglieria israeliana che
uccise 42 civili davanti all'ingresso dell'edificio. Il governo di Tel Aviv ha
reagito con rabbia alle accuse: «Lo spirito del documento e il suo linguaggio
sono tendenziosi e completamente sbilanciati e ignorano i fatti così come erano
stati presentati alla commissione» recita il comunicato del ministero degli
esteri. Ban Ki-moon ha sottolineato che il documento reso pubblico ieri non ha
valore legale e quindi non è vincolante. Tuttavia nel testo si raccomanda
esplicitamente d'indagare Israele per «crimini di guerra». È difficile
immaginare che tanto la Commissione Onu su «Piombo fuso» presieduta dal giudice
Goldstone, il cui resoconto è atteso entro il luglio prossimo, quanto la Corte
penale internazionale, il cui procuratore generale, Luis Moreno Ocampo, non ha
ancora deciso se aprire contro lo Stato ebraico un'inchiesta per «crimini di
guerra» e «crimini contro l'umanità», possano non tener conto del rapporto. E sempre ieri il Comitato anti-tortura delle Nazioni Unite (Cat),
ha denunciato l'utilizzo da parte del Servizio generale di sicurezza israeliano
di un centro di detenzione segreto noto come «Installazione 1391», ubicato «in
un luogo sconosciuto di Israele e inaccessibile al Comitato internazionale
della Croce rossa». Secondo le informazioni fornite dal Cat «alcuni
ufficiali israeliani sottopongono i detenuti palestinesi a trattamenti che
violano la Convenzione (contro la tortura, ndr) prima, durante e dopo gli
interrogatori». Con una risposta scritta, Israele ha respinto le accuse:
«L'agenzia per la sicurezza non utilizza quel centro da anni e non vi è stato
effettuato alcun interrogatorio. Inoltre non viene utilizzato come centro di
detenzione dal 2006».
( da "Manifesto, Il"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Per un'Europa dei diritti, della laicità e delle libertà
Mauro Palma In Europa sinistra e libertà sono due parole che vanno d'accordo.
In Europa destra e libertà sono una contraddizione. Da sempre il mio impegno,
prima con Antigone, poi nelle istituzioni europee, è stato
in difesa delle garanzie e dei diritti umani, troppo
spesso trascurati e violati anche in Europa. Credo che la presenza, nel
parlamento europeo, di una sinistra molto attenta alla difesa delle libertà e
dei diritti sia fondamentale nella difficilissima fase politica che è iniziata
dopo l'11 settembre del 2001. Per questo ho accettato la proposta di
candidarmi nelle liste di Sinistra e libertà. Giro l'Europa dagli Urali
all'Atlantico da più di un decennio per ispezionare carceri, centri di detenzione
per immigrati, caserme, posti di polizia e ospedali psichiatrici. Con il
Comitato contro la tortura interveniamo in prima persona in 47 paesi, in ogni
luogo ci sia il rischio di tortura e di trattamenti disumani
e degradanti. Era la metà degli anni '80 quando usciva come allegato del
manifesto la rivista Antigone. Già allora la nostra era una critica profonda
dell'emergenza. In quegli anni c'era l'emergenza terroristica. Noi contestavamo
gli strappi continui allo stato costituzionale di diritto. Contestavamo gli
eccessi di pena, gli arresti facili, la persecuzione dei reati di opinione. Di
emergenza in emergenza siamo all'oggi, con una destra che sotto lo slogan della
sicurezza propone norme palesemente razziste e intrise di violenza
istituzionale. In giro per l'Europa, proprio in questi giorni torno dalla
Cecenia, si verifica costantemente come il sistema delle regole e dei diritti umani siano ormai a rischio. Il welfare occidentale sta
tragicamente lasciando spazio a forme sempre più estese di controllo penale,
fino al corpo stesso delle donne e degli uomini. L'Europa che invece vorremmo è
quella dei diritti, della laicità e delle libertà, l'Europa del reddito
garantito ai tempi della crisi. Perché i diritti sociali sono interdipendenti
con quelli civili e politici. L'Europa non riesce più a tradurre la propria
storia e il proprio passato di pensiero e di cultura in un presente che parli
il linguaggio universale dell'uguaglianza e della libertà. Timorosa per il
declino delle ideologie che l'hanno attraversata, non sembra trovare valori e
aspirazioni che superino un'unione economica sempre più effimera in tempi di
crisi . Valori e modelli che possano costituire riferimenti profondi e duraturi
per le nuove generazioni. È un'Europa ansiosa, lacerata da una crescente
disuguaglianza delle chance di vita di chi la abita e dalla drastica
restrizione dei processi di inclusione, dovuta al progressivo venire meno delle
reti dei diritti sociali costruite nel corso del XX secolo. Un'Europa che
sempre più spesso risponde ai suoi cittadini in termini di egoistica difesa, di
«egoismo proprietario», e di richiesta, sempre crescente e dunque mai
appagabile, di «sicurezza». L'Europa vive due profonde contraddizioni. La
prima, al proprio interno, dovuta alla crescita del divario tra coloro che
«hanno» - reddito, lavoro, mezzi di conoscenza, disponibilità finanziarie,
cittadinanza - e coloro che «non hanno». E' chi non ha nemmeno accesso a
diritti, beni e servizi essenziali a costituire una fascia di povertà che
progressivamente si amplia sempre di più. La seconda contraddizione nasce
dall'essere un riferimento internazionale sempre più interrogato da uomini e
donne dei paesi più poveri, e in maggiore espansione demografica, che chiedono
integrazione e che impongono il confronto con altre culture. È questa Europa
timorosa che dobbiamo cambiare per evitare una definitiva sottrazione di spazi
di libertà sempre più necessari. * Presidente del comitato europeo contro la
tortura. Candidato indipendente per Sinistra e libertà nella circoscrizione
Centro
( da "Corriere della Sera"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere della Sera sezione: Opinioni
data: 06/05/2009 - pag: 36 RISPOSTA ALL'ONOREVOLE SANTANCHÉ Diritti umani: con Teheran fermezza e responsabilità di FRANCO FRATTINI C aro
direttore, le parole dell'On. Santanché sul Corriere di ieri mi offrono lo
spunto per confermare l'impegno e l'attenzione del governo italiano in difesa
dei diritti fondamentali. Un impegno che non comincia con la decisione
italiana di abbandonare i lavori della Conferenza di Ginevra e che si muove
lungo il filo ininterrotto di azioni che hanno visto tutti gli schieramenti
politici italiani animati dalla stessa comune volontà. A cominciare dalla
battaglia per la moratoria della pena di morte, una battaglia che ha visto e
vede l'Italia raccogliere, alle Nazioni Unite, crescenti consensi presso la
comunità internazionale. Abbiamo reagito all'improvvisa esecuzione di Delara
Darabi sollecitando la Presidenza ceca ad una ferma presa di posizione europea
e ne abbiamo condiviso le parole di ferma condanna e di richiesta all'Iran
perché ottemperi ai precisi obblighi derivanti dall' adesione alla Convenzione
internazionale per i diritti dei minori, che vieta l'esecuzione di persone
minorenni all' epoca dei fatti loro imputati. Coglieremo le prossime occasioni
di incontro già in agenda con le autorità iraniane per esprimere il nostro
sconcerto di fronte ad una decisione che appare in forte contraddizione proprio
con quell'annuncio di sospensione di due mesi della pena di morte fatto dalle
stesse autorità iraniane appena pochi giorni fa, il 19 aprile. La difesa dei
diritti, la lotta per la loro affermazione, in realtà e condizioni difficili,
obbligano anche a considerare una prospettiva più lunga. Anche di fronte
purtroppo alla crescente preoccupazione per ulteriori prossime esecuzioni di
minorenni mentre riprende la terribile condanna della lapidazione. Non abbiamo
mai cessato di dire pane al pane alle autorità iraniane, in questa come in
altre materie che incendiano il mondo. Ma c'è un'etica della responsabilità che
oggi suggerisce di combattere questo fronte della battaglia per i diritti senza
dismettere fermezza e costanza attenti a non pregiudicare atteggiamenti
costruttivi e a non far chiudere preziosi canali di dialogo.
( da "Corriere della Sera"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 06/05/2009 -
pag: 36 L'AMERICA TRA DIRITTI E SICUREZZA Tortura, una
trappola per gli Usa di IAN BURUMA Q uando gli venne chiesto, nel settembre
2006, se si fossero incontrati ostacoli particolari negli interrogatori dei
prigionieri «di alto profilo» a Guantánamo e altrove, il presidente George W.
Bush pronunciò le celebri parole: «Noi non usiamo la tortura». La definizione
di tortura è notoriamente sfuggevole, ma già da tempo sappiamo che l'ex presidente
intendeva, come si suol dire, economizzare sulla verità. Come minimo, gli
interrogatori dei prigionieri contravvenivano alla Convenzione di Ginevra,
ratificata dal governo americano, che vieta «ogni trattamento crudele, disumano
o degradante». Legare un uomo a un asse e versargli l'acqua in faccia fino a
sfiorare l'annegamento, oppure lasciare il detenuto nudo e coperto di
escrementi, in piedi, con le mani legate sopra la testa per giorni, finché le
sue gambe si gonfiano a dismisura, forse non corrispondono a tortura nelle
disposizioni emanate dai legali del governo, pur essendo tali pratiche crudeli,
disumane e degradanti. Il primo intervento di Barack Obama, nel suo ruolo
presidenziale, è stato quello di mettere subito al bando la tortura. Il problema
adesso è come fare i conti con il passato, e in modo specifico con il fatto che
queste azioni non sono state semplicemente condonate, bensì ordinate dai
massimi rappresentanti del governo americano. Che fare allora, processare i
responsabili, compreso l'ex presidente, per aver violato la legge? Rendere
pubblici tutti i particolari di queste operazioni? Istituire una commissione
speciale per condurre le indagini? O non sarebbe forse meglio, nelle parole del
presidente Obama, «guardare al futuro e non al passato »? In realtà, e Obama
l'ha capito al volo, quest'ultima soluzione appare impossibile, perché il
rifiuto di esaminare il passato potrebbe gravare il futuro di rischi ancora
maggiori. L'ex vicepresidente Dick Cheney ha affermato in diverse occasioni di non
aver nessun rimpianto riguardo quelle che preferisce chiamare «tecniche
pesanti» di interrogatorio, come il finto annegamento, perché hanno messo «il
Paese al riparo» da ulteriori attacchi terroristici. Il bando emanato da Obama,
a suo parere, lascia l'America «indifesa». Si capisce pertanto che in questo
momento, con il Paese dilaniato dal «dibattito sulla tortura», la posta in
gioco è altissima. Da un lato ci sono Cheney e i suoi alleati, che vedono la
tortura in termini pratici: se esiste una minaccia grave alla nostra sicurezza
collettiva, persino la democrazia più liberale deve sporcarsi le mani. Sul
versante opposto troviamo coloro che condannano la tortura in modo assoluto,
come un abominio morale, inammissibile sempre e comunque. È questa, in realtà,
la posizione legale di coloro che hanno ratificato la Convenzione di Ginevra.
Non sono questi, tuttavia, i parametri sui quali infuriano
oggi le polemiche sulla tortura negli Stati Uniti. Per comprensibili ragioni,
molti sostenitori della decisione di Obama di abolire la tortura controbattono
alla posizione pragmatica di Cheney con una tesi ugualmente realistica,
affermando che la tortura non è il sistema migliore per tutelare la nostra
sicurezza. Sopraffatto dal dolore, il prigioniero è pronto a dire qualsiasi
cosa, fornendo così informazioni poco affidabili. I critici di Cheney
propendono invece per tecniche di interrogatorio più sofisticate, che si
rivelano non soltanto più umane (e lecite), ma anche più efficaci. Per spiegare
questo punto all'opinione pubblica, la quale, negli Stati Uniti, è ancora
facilmente persuasa dalle argomentazioni di Cheney, e cioè che la tortura è
giustificata se salva vite umane, diversi analisti e politici liberali hanno
invocato la creazione di una commissione speciale che faccia chiarezza sui
misfatti della precedente amministrazione. Questo servirà, a loro avviso, a
dimostrare inconfutabilmente che la tortura è controproducente. Non solo
danneggia gravemente l'immagine del Paese, e lo stato di diritto, ma rischia di
far aumentare, anziché diminuire, gli episodi di terrorismo. I vantaggi
intellettuali e politici di tale posizione sono palesi. L'attuale governo non
può permettersi di cadere nella trappola di Cheney e addossarsi la
responsabilità di eventuali futuri attacchi terroristici, solo per aver abolito
la tortura. Ma sono questi i termini corretti sui quali costruire il dibattito?
Se la tortura è un male assoluto, qualunque siano le circostanze, la questione
dell'efficacia se funziona spesso, raramente o mai diventa irrilevante. Anzi,
impostando il dibattito su questa linea si corre il pericolo di annacquare il
principio morale. Resta da chiedersi perché è necessario condannare
irrevocabilmente la tortura, mentre altre azioni di guerra, come i
bombardamenti, che causano maggiori danni in termini di vite umane, appaiono
accettabili come azioni difensive. Anche i bombardamenti, ovviamente, possono
risultare crimini di guerra se utilizzati come atto di terrore contro una
popolazione disarmata. Talvolta, però, l'uccisione e il ferimento dei civili è
conseguenza di operazioni militari che non possono essere classificate
automaticamente come crimini di guerra. Questo è vero, purché l'obiettivo
principale non sia quello di infliggere deliberatamente dolore o umiliazione a
un individuo inerme anche se nemico. Nel caso della tortura, l'obiettivo invece
è proprio questo. Ecco perché la tortura si distingue da altre azioni belliche.
traduzione di Rita Baldassarre
(
da "Manifesto, Il"
del 06-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
CINA «Indipendenza impossibile lottiamo per l'autonomia» Parla Rebiya Kadeer, leader degli uiguri Michelangelo Cocco ROMA I suoi primi 60 anni Rebiya Kadeer li ha vissuti come sulle montagne russe. La leader in esilio degli uiguri dello Xinjiang (regione del nord ovest della Cina, a maggioranza musulmana) ha sperimentato lunghi anni di povertà e una breve, enorme ricchezza frutto dei suoi commerci attraverso la Cina; l'onore di un seggio nel Congresso nazionale del popolo e le sofferenze di cinque anni di detenzione politica. Questi e altri capitoli dell'esistenza di Kadeer - tre volte candidata al Nobel per la pace - sono raccontati nell'autobiografia «La guerriera gentile», appena pubblicata da Corbaccio. Membro del partito radicale transnazionale, lunedì e martedì «la madre degli uiguri», come ama definirsi, era a Roma, dove ieri ha preso parte a una seduta del Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati. Nei prossimi giorni a Washington affronterà l'assemblea del World uyghur congress, dove una sua riconferma nel ruolo di presidente appare scontata. Con Kadeer abbiamo discusso della strategia del movimento e della situazione nello Xinjiang, dove gli uiguri (circa 8milioni) denunciano un tentativo di assimilazione da parte di Pechino.>L'ultima tappa
della sua vita la vede a capo del World uyghur congress (Wuc). Che bilancio
traccia di questi tre anni a capo dell'ombrello delle associazioni della
diaspora uigura? Fin dal 2006 il mio obiettivo è stato quello di riunire tutti
gli uiguri dispersi ai quattro angoli del pianeta, creando varie associazioni
che si riconoscessero nel Wuc. Questi gruppi stanno facendo conoscere al mondo
i problemi del nostro popolo e si stanno occupando di promuovere la nostra
lingua, storia e cultura tra le nuove generazioni costrette a vivere lontane
dal Turkestan orientale (il nome con cui gli uiguri chiamano lo Xinjiang, ndr).
E negli ultimi tre anni, per la prima volta, le nostre istanze sono state
portate all'attenzione dei parlamenti di Unione Europea, Stati Uniti e
Germania, dove ho avuto l'onore d'intervenire. Riuscite a mantenere contatti
con lo Xinjiang, nonostante le rigide misure di sicurezza messe in atto dalle
autorità di Pechino? Essendo stati bollati dalla Cina come «organizzazione
terroristica», ci è particolarmente difficile. Ciononostante abbiamo le nostre
fonti. Malgrado il fatto che chiunque provi a consultare siti internet che
parlano di me o della nostra organizzazione venga trattato come «terrorista».
Non crede che lo sviluppo economico della Cina - che ha portato alla
costruzione di infrastrutture e all'aumento del reddito nello Xinjiang - sia
appannaggio anche degli uiguri? Ad avvantaggiarsi dello sviluppo del Turkestan
orientale è soltanto Pechino. Mentre le nostre risorse naturali - gas,
petrolio, uranio e tante altre - vengono trasferite verso l'interno, noi uiguri
siamo esclusi dal mercato del lavoro e, attraverso il divieto d'insegnamento
della lingua uigura, la nostra cultura viene cancellata. La marginalizzazione
economica degli uiguri è stata raggiunta con i bingtuan, grandi strutture
produttive militarizzate - sorte soprattutto lungo le frontiere con l'Asia
centrale - e destinate a dare casa e lavoro a milioni d'immigrati han. Nel suo
libro racconta di proteste spontanee inscenate negli anni '80 e '90 dalla popolazione
uigura contro la presenza dei coloni han. E oggi? Ora le uniche manifestazioni
di dissenso che ci sono consentite sono quelle all'estero. Dopo le aperture
degli anni '80 e '90 siamo tornati a una situazione simile a quella della
Rivoluzione culturale. Qual è il suo rapporto con gli han, etnia maggioritaria
in Cina? Con gli han si possono avere ottime relazioni, di comprensione e
rispetto reciproco. Ma la situazione cambia con gli immigrati nel Turkestan
orientale. Lì ci hanno reso la vita impossibile: il solo fatto di parlare di
politica, dei problemi della nostra gente, porta gli uiguri a essere
etichettati come «separatisti», «fondamentalisti islamici», «terroristi». Prima
delle Olimpiadi dell'agosto 2008, Pechino ha diffuso notizie di attentati nello
Xinjiang. Che informazioni avete su quegli episodi? Sono state delle
messinscene. Quello che invece non ha avuto alcun risalto ma che è un fatto
reale è che, nel periodo precedente i Giochi, 15mila uiguri sono stati
arrestati o fermati con l'accusa di «terrorismo». Grazie al palcoscenico
offerto dalla più importante manifestazione sportiva, le autorità di Pechino
hanno fatto credere al mondo che nel Turkestan orientale ci fossero migliaia di
terroristi, legittimando così un'ulteriore stretta repressiva nei confronti del
nostro popolo. Nel febbraio scorso il ministro degli esteri statunitense
Hillary Clinton, in visita a Pechino, ha detto: faremo pressioni per i diritti
dell'uomo, ma in questo momento l'economia viene prima di ogni altra cosa.
Avete perso il vostro principale alleato? Purtroppo in questo momento la crisi
economica è al primo posto nell'agenda delle grandi potenze. Ma le nostre
pressioni nei confronti del Dipartimento di stato americano sono continue e ho
fiducia che potremo continuare a ricevere da Washington l'appoggio di cui
abbiamo bisogno. Protestate perché Islamabad ha recentemente consegnato a
Pechino nove uiguri che in Pakistan si addestravano per attaccare la Cina.
Pechino non ha diritto a difendersi? Negli scorsi anni il Pakistan ha
consegnato agli Stati Uniti 21 uiguri catturati in Afghanistan. Queste persone
sono poi state giudicate innocenti da Washington: alcuni di loro hanno trovato
asilo in Albania, di altri attendiamo ancora la liberazione. Lasciamo da parte
i presunti terroristi. Non teme che nelle condizioni d'isolamento in cui è
costretto lo Xinjiang a prevalere tra il suo popolo possa essere
un'interpretazione fondamentalista dell'islam? Tradizionalmente gli uiguri non
hanno nulla a che fare col fondamentalismo. Ogni giorno però nel Turkestan
orientale degli uiguri vengono arrestati perché accusati di essere
fondamentalisti islamici. Per Pechino un «terrorista» e un «integralista» sono
la stessa cosa. Sono etichette che ci appiccicano per nascondere le loro
politiche nei nostri confronti: divieto della diffusione della letteratura
uigura, trasferimento forzato delle ragazze uigure all'interno della Cina,
controllo delle nascite, limitazioni al culto islamico, immigrazione di milioni
di han e mancanza di lavoro per noi, esecuzioni di detenuti politici. Lo
Xinjiang è l'unica regione della Cina dove vengono ancora eseguite condanne a
morte a carico dei prigionieri politici. Se la Cina vi concedesse una autonomia
reale, rinuncereste al sogno di un Turkestan orientale indipendente? Noi
chiediamo libertà. Oggi soltanto una minoranza del nostro popolo spera
nell'indipendenza. Ci battiamo per un'autonomia vera, come quella richiesta dal
Dalai Lama per il Tibet. E questa autonomia potremo ottenerla soltanto
all'interno di un processo più generale: quello della democratizzazione della
Cina, di cui si avvantaggerebbero tutti i popoli, non solo gli uiguri. Se ci
dessero libertà, saremmo disposti anche a vivere con i milioni di coloni han
che sono stati spediti nella nostra patria. ( da "Corriere.it"
del 06-05-2009) Argomenti: Diritti umani A Rodi accolto un ricorso della procura che aveva
sostenuto l'illegalità delle unioni Grecia, tribunale annulla i primi due
matrimoni gay L'avvocato delle due coppie annuncia ricorso
alla Corte Suprema e al Tribunale europeo per i diritti umani ATENE - Un tribunale di Rodi ha annullato due matrimoni gay
celebrati nel giugno scorso nell'isola di Tilos, cerimonie per le quali il
movimento omosessuale aveva inneggiato come ad «una nuova alba per la Grecia».
Approfittando di un vuoto legislativo che non definisce specificatamente come
uomo e donna gli sposi, due coppie, una maschile e una femminile, si
unirono in matrimonio. IL RICORSO - Tra gli sposi figurava la esponente
dell'Unione greca di gay e lesbiche (Olke) Evangelia Vlami. I matrimoni erano stati
celebrati dal sindaco socialista di Tilos Anastassios Aliferis. Il tribunale di
Rodi ha ora accolto un ricorso della procura che aveva sostenuto l'illegalità
delle unioni. L'avvocato delle due coppie, Vassilis Chidaris, citato dai media,
ha annunciato un ricorso alla Corte Suprema ed in ultima istanza al Tribunale
europeo per i diritti umani. «Sapevamo dall'inizio che
sarebbe stato un percorso difficile, ma restiamo ottimisti perchè nessun
articolo di alcuna legge nazionale vieta espressamente questi matrimoni» ha
detto Grigori Valianatos portavoce dell'Olke. «Ricorreremo alla Corte suprema e
al Tribunale europeo dei diritti umani e alla fine
vinceremo», ha spiegato assicurando che resta valida la speranza di «una nuova
alba per la Grecia», frase con cui il movimento salutò le unioni. I due
matrimoni celebrati a Tilos sono rimasti un caso isolato in Grecia ma, assicura
Valianatos, solo «perchè il movimento, e soprattutto i sindaci aspettano
l'esito dell'iter giudiziario, poi si vedrà». stampa | ( da "Stampa, La" del
07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Teatro. Accolta con successo la commedia recitata con
Chiara Noschese Teatro Alfieri gremito martedì sera per Luca Barbareschi e
Chiara Noschese, protagonisti della commedia «Il caso di Alessandro e Maria» di
Giorgio Gabere Sandro Luporini. Vicenda emblematica della fine di un'epoca (si
era nel periodo del «riflusso» verso il privato) e di una visione tutta
particolare (quella del Signor G), il testo narra di un gioco al massacro fra
due ex amanti, il cui amore si è dissolto fino a diventare
tortura e atto d'accusa. Un testo non facile, a volte decisamente cerebrale,
che probabilmente si salva solo tenendo presente l'ironia di Gaber.
Barbareschi, affiancato da un'ottima Chiara Noschese, ha saputo rinfrescare la
parola gaberiana con garbati riferimenti all'attualità, e ha alleggerito i
dialoghi con frequenti inserimenti di canzoni (non di Gaber),
interpretate dagli stessi attori e dal gruppo del saxofonista jazz Marco
Zurzolo. Numerosi applausi a scena aperta e lunga ovazione al termine.\ ( da "Unita, L'" del
07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Iran, ondata di esecuzioni Cinque giustiziati rinvio per i
due minorenni RACHELE GONNELLI Il boia non conosce soste in Iran. Dopo
l'impiccagione della ventidueenne Delara Darabi lo scorso primo maggio e la
lapidazione di un uomo di trent'anni, due giorni fa, condannato per adulterio
in una provincia remota ai confini con l'Azerbaigian, ieri altre cinque pene
capitali sono state eseguite. Anche se radio e tg locali hanno parlato del
doppio. Tre uomini e una donna sono stati impiccati nel carcere di Evin, alla
periferia di Teheran. Un altro condannato ha fatto la stessa fine a Khash,
città della provincia del Sistan-Baluchistan. Si chiamava Abdolbaret Nurzehi. A
Evin, dove dall'inizio dell'anno sono già 98 le persone mandate a morte,
avrebbero dovuto essere giustiziati anche due ragazzi appena maggiorenni. Amir
Khaleqi che oggi ha vent'anni e Safar Angooti, di 19. Come Delara sono stati
condannati per un omicidio commesso quando erano minorenni. Avevano
rispettivamente 16 e 17 anni. Da allora ogni giorno hanno atteso nel braccio
della morte la loro ora, che era fissata per mercoledì 6 maggio. Dopo la
vibrata protesta dell'avvocato che difende le giovani vite a Teheran, Mohammad
Mostafaei, legale di Delara e dei due ragazzi che attendevano il patibolo
-protesta che gli è costata un'ora e mezzo di arresto - all'ultimo momento
l'ayatollah Shahrudi ha rinviato la loro esecuzione. Un altro mese di tempo. Lo
stesso ayatollah aveva concesso altri due mesi di vita anche a Delara, che è
stata in ogni caso impiccata. Le notizie arrivano dall'Iran con il contagocce e spesso in modo incompleto tramite blogger e le
associazioni di diritti umani. Tramite i collegamenti iraniani dell'associazione Human Right
Watch si viene a sapere che la donna impiccata a Evin ieri aveva 28 anni e si
chiamava Zeynab Nazarzadeh, condannata a morte per aver ucciso il marito.
Tramite il blogger Asieh Amini si può ricostruire la storia di Kobra Najjar,
impiccata martedì dopo 12 anni di carcere, quando sperava in una grazia. Si
viene a sapere che altri due ragazzi che avevano commesso il loro crimine
quando erano minorenni sono stati uccisi prima di Delara. Uno di loro Molla Gal
Hassan, afghano, arrestato quando aveva 17 anni, è morto con un cappio al collo
lo scorso 21 gennaio. ALTRI 130 NEL BRACCIO DELLA MORTE Ce ne sarebbero altri
130 di detenuti che attendono di oltrepassare «l'ultimo miglio» in Iran. Molti
hanno commesso i loro crimini da ragazzini. La legge iraniana consente, in
spregio alla Convenzione dei diritti del bambino dell'Onu, che la pena capitale
in casi particolarmente gravi possa essere comminata persino a bambini e
bambine di appena 9 anni. L'Iran - ricorda Amnesty International nel suo
rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo - è il secondo paese dopo la
Cina per numero di esecuzioni capitali, ma è primo in rapporto alla
popolazione. Tre quarti delle esecuzioni su scala mondiale, 1718 su 2.930, nel
2008 sono avvenute in Cina. In Iran l'anno scorso sono state messe a morte
almeno 346 persone, tra cui otto minorenni al momento del reato. Sono stati
impiccati ieri in Iran quattro uomini e una donna che ha ucciso il marito.
Sospesa invece ma per un breve tempo la pena capitale a due ragazzi che avevano
16 e 17 anni al momento del delitto. ( da "Unita, L'" del
07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Flavia Lepre Appello per gli aiuti umanitari
a Gaza Ancora una delegazione umanitaria a cui viene
negato l'ingresso nella Striscia di Gaza al valico di Erez!! Le Ong Crocevia e
Re.Co.Sol rappresentate da medici, infermieri ed attivisti
per i diritti umani, sono bloccate al valico di Erez senza alcuna motivazione.
Chiedo, con fermezza, che le Autorità israeliane rilascino il permesso di
entrata ai soccorritori di una popolazione allo stremo per la ferocia dei
bombardamenti subiti e per le disumane condizioni di isolamento e di
oppressione a cui è sottoposta. Chiedo una vibrata protesta da parte
delle Autorità italiane nei confronti dei rappresentanti di uno Stato che
perpetra questi crimini che non possono essere ignorati, pena un' inaccettabile
complicità politica e morale. Leonardo Castellano La lega, la grappa e l'erba
Premesso che da esemplare tipico di "occidentale orgogliosamente
nevrotico" non ho mai provato nessuno stupefacente e nessuna droga (mentre
non disdegno un bicchiere di vino o un buon cocktail), di fronte alla
liberalizzazione della produzione casalinga di grappa, chiesta dalla Lega di
Bossi, nella misura di 50 litri per anno (a testa? a famiglia? questo non è
chiaro; comunque si tratterebbe di più di 4 litri al mese!), mi viene da
chiedere: e con quale motivazione si potrebbe respingere la richiesta di
liberalizzare la produzione casalinga di "erba"? magari a soli 30
grammi l'anno? Qual è il punto di discrimine? il fatto che 4 e passa litri di
grappa (magari al metanolo) al mese rimbambiscono meno di meno di 3 grammi al
mese di "erba"? ma ci facciano il piacere! MARIO SACCHI Ci si indigna
ancora Condivido quanto ha scritto Pietro Spataro sul privato dell'imperatore.
Mi chiedo, però, quante volte, negli ultimi 7/8 anni, ci siamo detti, scritti,
ripetuti, ragionamenti più o meno simili, senza che nulla cambiasse, anzi.
Basterebbe scorrere gli archivi del nostro giornale per trovare quanti
editoriali di Colombo e Padellaro, quante lettere di lettori, ecc.. Giova
comunque ripetere. Sia il Direttore sia Spataro hanno ripreso, mi pare
condividendola, l'affermazione del corrispondente del Time secondo il quale in
Italia non c'è più la capacità d'indignarsi. Sono certo che non è così.
L'indignazione c'è, eccome, ma ormai non trova sfogo pubblico. In tanti la
sfogano, reciprocamente, al telefono, in ufficio, con lo scambio d'opinioni nei
ritrovi con gli amici. Dove altro, se no, dopo che il centrosinistra ha
assassinato i girotondi e si è suicidato? Il problema è che il vasto popolo
degli indignati, che esiste, non trova più chi sappia e voglia aggregarlo e
soprattutto abbia le carte in regola per farlo. ugo gobbi (universitÀ DEL
molise) L'Orgia del potere a Ballarò Cara Direttrice, il film indimenticabile
«L'Orgia del potere», il regista Costa Gavras, l'anno il Sessantanove. Un
giovane magistrato va a sbattere in una storia che sembra di ordinaria violenza
politica. Mentre indaga, sentirà però² due o tre altissimi generali, uno
appresso all'altro descrivere l'aggressore del deputato socialista Lambrakis, con
le stesse, identiche, concordate, bugiarde parole: «era agile e veloce come una
tigre». Nei tanti anni che sono trascorsi, incuriosirmi sui bugiardi che
ripetono come pappagalli la frase «agile e veloce come una tigre» o comunque un
suo equivalente, è diventata per me una specie di piccola mania tutta politica.
E in questi giorni di illustri divorzi e affannati intrecci sui doveri del
pubblico e i diritti del privato, specialmente a Ballarò, non ho sentito che
difensori d'ufficio di Berlusconi ripetere a pappagallo ogni opportuno
equivalente di «agile e veloce come una tigre». Mi sono chiesto se quel
bellissimo film di Costa Gavras me lo ricordassi soltanto io. Poi un dubbio mi
ha raggelato: se siano loro a considerarsi molto furbi mentre sono sufficientemente
stupidi da rivelarsi senza volerlo, senza saperlo; o se furbi siano veramente,
incomparabilmente e senza difesa; e contino in piena tranquillità sulla
infinita stupidità nostra, noi gente comune che Gaetano Salvemini definì¬ una
volta «pecore cieche e matte che sembra abbiano tanto bisogno di cani mastini e
pastori infallibili». ( da "Unita, L'" del
07-05-2009) Argomenti: Diritti umani L'AFGHANISTAN E LA NEBBIA DELLE POLEMICHE GLI ITALIANI E
LA TRAGEDIA DI HERAT Perché in Italia non si può parlare dei fatti senza
scadere subito in polemiche? Me lo chiedo dopo la tragica morte della bimba
afgana di tredici anni colpita domenica scorsa da una pattuglia italiana ad
Herat. Di questo fatto, gravissimo in sé, alcuni quotidiani nazionali hanno
dato letture volutamente "fuori contesto", incapaci di raccontare
semplicemente gli avvenimenti e senza fornire un quadro di insieme su quello
che sta accadendo ora in Afghanistan. È giusto quindi ritornare ai dati nella
loro oggettività. E partire da una premessa: in Afghanistan i nostri militari
stanno operando molto bene, con prudenza e con efficacia, già da sette anni;
prova ne è che è questo il primo episodio che vede coinvolti soldati italiani.
Detto questo, è giusto pretendere che siano attivate le procedure necessarie
per appurare la verità su tutta la vicenda: modalità e dinamica dell'evento,
rispetto delle procedure previste dalle regole di ingaggio. Tutto il positivo
che è stato compiuto finora dalla cooperazione militare e civile corre il
rischio, in ogni istante, di essere annullato da eventi drammatici come quello
che adesso vede coinvolta l'Italia. Di settimana in settimana, stiamo
assistendo ad un aumento nel numero di vittime civili (l'ultimo
rapporto della Commissione Onu per i Diritti Umani
indica 2.118 civili uccisi in azioni belliche nel 2008, cioè il 40% in più
dell'anno precedente). Ancora ieri la portavoce della Croce Rossa
Internazionale, Jessica Barry, ha denunciato la morte di almeno trenta civili,
in gran parte donne e bambini, in un villaggio nell'aerea di Farah a causa di
un raid aereo. Questi eventi non si possono leggere solo come numeri né,
tantomeno, come danni collaterali. È evidente che c'è un cambio di
atteggiamento da parte della popolazione civile verso le forze della
coalizione, alimentato da comprensibili diffidenze e rancori. D'altronde la
popolazione afgana, come la maggior parte degli italiani, non distingue tra le
due missioni, Enduring Freedom e Isaf, che hanno obiettivi e natura
completamente diversi. Così, mentre Enduring Freedom - con un progressivo
aumento dei raid statunitensi - sta provocando numerose vittime tra i civili,
la missione Isaf a guida Nato (dove è impegnata anche l'Italia che coopera con
le comunità locali) registra un incremento costante degli attentati contro le
sue forze. L'Afghanistan continua ad avere bisogno di impegno internazionale,
militare ed economico. Purtroppo di fronte all'assenza di strategia del nostro
governo e ai silenzi del ministro della Difesa - che non prevede neppure la
contemporaneità dei diversi interventi, civile e militare - c'è il pericolo di
rendere debole e sempre più inefficace la presenza della coalizione: senza
futuro per gli afgani e senza una futura exit strategy per il nostro Paese. ( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani BONNICI «Non ci faremo intimidire da Maroni» «Daremo il
carburante a chi è diretto in Italia» INVIATO A MALTA È fermo e risoluto, il
ministro dell'interno Carmelo Mifsud Bonnici. «Non ci faremo più mettere i
piedi in testa dall'Italia. D'ora in poi difenderemo i nostri interessi». Dopo
l'ultimo incidente in mare di ieri, Bonnici ha deciso di ribadire quella che
sarà d'ora in poi la politica ufficiale della Valletta sulla questione del
salvataggio. Signor ministro, ci risiamo. Una nuova barca contesa tra voi e
Roma. Questa volta l'hanno presa gli italiani. La prossima volta toccherà a
voi? L'italia ha tratto salvo questa barca perché gli obblighi internazionali
glielo indicano. Io sono sorpreso del fatto che ogni volta che si verifica un
caso di questo tipo, il ministero degli interni italiano punti il dito contro
di noi. Quelle persone dovevano essere portate a Lampedusa perché era il porto
sicuro più vicino. Cosa farete la prossima volta che incontrerete una barca di
immigrati nella acque di vostra competenza? Noi siamo sempre rispettosi dei
nostri obblighi internazionali. Siamo quindi pronti a portare soccorso a chi si
trova in difficoltà nelle nostre acque Sar (search and rescue ndr). Soccorso
non vuol dire tuttavia solo portare a terra, ma anche eventualmente fornire
acqua, cibo e carburante a chi sta facendo un viaggio diretto altrove, ossia in
Italia. La quasi totalità degli immigrati sbarcati qua erano diretti in realtà
nel vostro paese. È inaccettabile che si cerchi di far passare l'idea che
«Malta non fa abbastanza». Al contrario noi, che siamo un piccolo paese, ci
facciamo carico degli immigrati che sono diretti da voi. Nell'ultimo anno,
abbiamo soccorso e portato a Malta più di 3400 immigrati. In termini paragone,
è come se a Lampedusa arrivassero in un anno 400mila persone. Il ministro
dell'interno Roberto Maroni dice che gli immigrati sono nelle vostre acque Sar
e quindi li dovete portare da voi... Il diritto internazionale parla chiaro: le
acque Sar danno la competenza per il coordinamento del soccorso. Noi
coordiniamo i soccorsi, ma poi si deve applicare la regola del «porto sicuro
più vicino». E' singolare che, nel caso della motovedetta maltese respinta la
settimana scorsa dall'Italia con 66 immigrati a bordo, il vostro governo abbia
detto, per bocca dell'ambasciatore qui a Malta, che «Lampedusa non è un porto
sicuro perché non c'è un ospedale». Se lo dicesse ai lampedusani - o ai turisti
che d'estate vanno a visitare l'isola - non credo che sarebbero contenti. Ma,
se il problema sono le acque Sar, perché non accettate un ridimensionamento
della vostra zona, decisamente grande per le vostre dimensioni? Io non credo
che questo principio delle acque Sar si possa rinegoziare sotto il peso del ricatto
italiano. Il sistema ha funzionato così per decenni. Non mi sembra giusto che
noi rivediamo le nostre acque Sar perché l'Italia non vuole sottostare ai
propri obblighi internazionali. Siamo entrambi membri dell'Unione europea. Non
si è mai visto, all'interno dell'Ue, che uno stato grande ingaggi un simile
braccio di ferro con uno stato più piccolo. Noi siamo piccoli ma risoluti: non
ci lasceremo intimidire. D'ora in avanti, e sempre nel rispetto delle
convenzioni internazionali, difenderemo in ogni sede in nostri interessi. Lei
ha incontrato Maroni a Bruxelles. Che vi siete detti? Io pensavo che dopo il
caso del mercantile Pinar, che l'Italia ha infine accolto dopo quattro giorni
che era rimasto in mezzo al mare, la situazione fosse chiara e non ci sarebbero
stati altri incidenti. D'altronde anche il commissario alla sicurezza e alla
giustizia interna Jacques Barrot ha detto chiaramente che avevamo ragione noi e
che il Pinar doveva essere fatto attraccare nel porto sicuro più vicino, ossia
Lampedusa. Non è passata una settimana e Maroni ha fatto riesplodere il caso,
facendo respingere la nostra motovedetta e facendo dire che a Lampedusa non
c'era navi per soccorrere gli immigrati. Qui non si può giocare con la vita
delle persone: i minimi standard umanitari avrebbero
imposto un comportamento diverso. L'Italia è un grande paese, con una solida tradizione di accoglienza e di rispetto dei
diritti umani. Nell'ultimo periodo, mi sembra che stia tradendo questa
tradizione. Perché, secondo lei, l'Italia avrebbe cambiato politica? Non lo so.
Ma so che chi cerca di sfruttare l'immigrazione per scopi elettoralistici
sbaglia. Tutti sanno che il problema dell'Italia non sono gli immigrati che
arrivano via mare. Si tratta di una cifra minima rispetto alla reale
presenza di immigrati irregolari sul vostro territorio. Mi sembra che la
politica di Maroni sia un puro diversivo, per distogliere l'attenzione da altri
problemi. ( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani PAKISTAN Rotti gli accordi raggiunti a febbraio tra
taleban e governo, l'esercito lancia l'offensiva. È ormai guerra nella valle
dello Swat Ieri 64 morti nei combattimenti, migliaia di civili in fuga dal
conflitto Marina Forti L'esercito pakistano ha lanciato una serie di attacchi
contro le milizie dei «talebani pakistani» attorno a Mingora, principale città
della valle dello Swat, nel Pakistan nord-occidentale. E sebbene i militari al
comando dell'operazione non vogliano usare la parola «offensiva», sembra
proprio che di questo si tratti. Gli abitanti di Mingora, raggiunti per
telefono da diversi cronisti, riferiscono che rinforzi di truppe stanno
arrivando in camion, e la notizia è stata confernata da alcuni ufficiali. I
combattimenti di ieri hanno fatto almeno 64 morti tra i talebani e un paio tra
i soldati, secondo fonti delle forze di sicurezza pakistane, a cui si devono
aggiungere 27 guerriglieri uccisi durante un altro attacco dell'esercito nel
vicino distretto di Buner - anche se non ci sono conferme indipendenti, né da
parte dei taleban. Tra gli obiettivi colpiti ieri dall'esercito pakistano con
artiglieria pesante ed elicotteri, oltre ai quartieri delle milizie taleban
fuori Mingora, una miniera di smeraldi di cui questi avevano preso il controllo
(le pietre dure sono tra le prime fonti di reddito della zona, soprattutto dopo
il collasso del turismo). La guerra dello Swat è ricominciata dunque, e come in
ogni guerra il primo effetto è la fuga della popolazione civile. Migliaia hanno
cominciato martedì a fuggire da Mingora, aggiungendosi ai circa 38mila già
sfollati negli ultimi mesi. E il governo si prepara ad accogliere fino a
800mila sfollati, circa la metà della popolazione dello Swat, 1,6 milioni. Noto
fino a un paio d'anni fa come luogo di turismo, lo Swat era balzato alle
cronache nel febbraio scorso per un controverso) accordo di pace tra il governo
centrale di Islamabad e i «taleban pakistani»: lo stato accettava di applicare
la sharia nello Swat e di permettere ai locali teologi di istituire le loro
corti islamiche, e i taleban avrebbero deposto le armi impegnandosi anche a
lasciare in pace le scuole femminili e le ong sociali (negli ultimi due anni
ripetutamente attaccate). I combattimenti cominciati ieri segnano dunque anche
il definitivo collasso di quegli accordi. L'intesa era stata siglata in pompa
magna tra il capo del governo della Provincia della Frontiera di Nordovest (in
rappresentanza di Islamabad) e un mullah, Sufi Mohammad, accompagnato da un
secondo mullah, Fazlullah, con i rispettivi stati maggiori. Il primo è
l'anziano capo di un movimento ultraislamico che da anni rivendica il diritto
di imporre la legge coranica nel distretto di Malakand, di cui lo Swat è parte.
Il secondo, detto anche «radio mullah» per i proclami che lancia dalla sua
radio, è suo genero ed è il capo di una milizia chiamata Tehreek-e-Taliban
Pakistan - i talebani pakistani, appunto, che dai distretti semiautonomi
«tribali» della frontiera afghana hanno esteso la loro presenza armata nello
Swat un paio d'anni fa. L'accordo ha allarmato gli alleati occidentali (e
l'offensiva di queste ore è con ogni probabilità stata dettata dalle pressioni
del principale alleato di Islamabad, gli Usa: il presidente Zardari, da lunedì
a Washington, voleva presentarsi con qualche risultato da esibire). Ma anche in Pakistan molte voci liberal e gruppi per i diritti umani hanno criticato aspramente. Molti hanno invocato sia argomenti
di principio, sia strategici , sia la storia recente: un accordo simile era già
fallito in passato. In effetti i talebani non hanno affatto disarmato, e hanno
continuato ad attaccare le scuole. Due video diffusi dai talebani hanno
suscitato indignazione: uno mostrava la «sentenza» in cui una giovane donna
veniva frustata per presunto adulterio, l'altro la lapidazione di due adulteri.
Poi i talebani hanno occupato il vicino distretto di Buner. Le forze pakistane
hanno reagito. Ora entrambe le parti si accusano a vicenda di aver violato gli
accordi, durati meno di tre mesi. ( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Politiche COSMICHE La crisi economica alimenta le speranze
di un modello di governance planetaria basato su parole chiave come
uguaglianza, nonviolenza e azione diretta. Un sentiero di lettura a partire da
un volume sulla democrazia cosmopolita e da una raccolta di saggi sulle forme
di aggregazione dopo l'era dei partiti di massa INNOVAZIONI TRA GLOBALE E
LOCALE Mario Pianta La crisi finanziaria internazionale ha rivelato la
fragilità del mercato come strumento di regolazione dell'ordine globale e ha
ridato improvvisa legittimità all'azione degli stati nazionali. In tutti i
paesi, nei governi, nei partiti e nei movimenti, sociali c'è chi, da un lato, è
tentato dalla nostalgia di pensare che tutto possa tornare come prima;
dall'altro, c'è chi invece sostiene che dopo la lunga globalizzazione
neoliberista la politica e la democrazia debbano ridefinirsi radicalmente. Due
libri aiutano a tracciare le mappe del cambiamento, verso l'«alto» dei processi
globali e verso il «basso» della partecipazione dei cittadini. Cittadini del
mondo. Verso una democrazia cosmopolitica, di Daniele Archibugi (Il Saggiatore,
pp. 320, euro 20) disegna i contorni di un mondo possibile dopo l'epoca della
sovranità degli stati nazionale. Dopo la politica. Democrazia, società civile e
crisi dei partiti, a cura di Duccio Zola (Edizioni dell'Asino, euro 12) esplora
invece le pratiche di democrazia dopo l'era della politica monopolizzata dai
partiti. Su scala globale il «vuoto» di democrazia e capacità di governo è
apparso evidente nell'inconcludente vertice del G20 del 2 aprile scorso a
Londra, che ha tentato di mantenere gli attuali rapporti di potere attraverso
forme più «multilaterali» di global governance. Una via alternativa alle copnclusioni
del g20 londinese è la democrazia cosmopolitica proposta nel volume da
Archibugi, che delinea un sistema di governo a più livelli ed estende i
fondamenti della democrazia - diritti, partecipazione, poteri di controllo -
oltre i confini nazionali. Tra nonviolenza e controllo popolare Alcuni passi in
questa direzione sono già stati compiuti, ad esempio il Tribunale penale
internazionale all'Aja deve tutelare i diritti umani
fondamentali di tutti i cittadini del mondo e dispone per questo di un'autorità
che scavalca quella degli stati. Altre azioni «cosmopolitiche» riguardano le
richieste per rafforzare, democratizzare e rendere più autonome dai paesi più
potenti le istituzioni sovranazionali legittime - come le Nazioni Unite, di cui
fanno parte i 192 paesi del pianeta - e affidare a loro - anziché a un gruppo
ristretto scelto dai più ricchi - responsabilità specifiche su problemi
globali. Così, in contrapposizione al G20, l'Onu terrà a giugno la sua
«Conferenza sulla crisi economica e finanziaria mondiale e sull'impatto sullo
sviluppo», da cui potrebbero venire risposte alla crisi più condivise,
democratiche ed efficaci che non dagli incontri ristretti di Washington e
Londra. Ma i protagonisti sulla scena globale non sono solo gli stati. Un altro
insieme di proposte della democrazia cosmopolitica riguarda il riconoscimento
ai cittadini del mondo di un insieme di nuovi diritti e doveri che superino
quelli nazionali, e la creazione di nuove istituzioni sovranazionali che siano
indipendenti dai governi degli stati e rispondano invece ai cittadini o alla
società civile di tutti i paesi. Gli esempi comprendono la creazione di una
Assemblea parlamentare delle Nazioni unite dove siano rappresentati i cittadini
(o i parlamenti) - anziché i governi - del pianeta, il coinvolgimento di
organizzazioni della società civile nei meccanismi di decisione delle
organizzazioni sovranazionali, la creazione di un Consiglio per i diritti umani con un forte ruolo delle organizzazioni non
governative, e così via. Proposte di questo tipo emergono, nel libro di
Archibugi, da una visione della democrazia fondata su tre principi:
nonviolenza, controllo popolare e uguaglianza politica, che va al di là degli
aspetti più immediati - presenza di elezioni, partiti, libertà d'informazione.
Tali principi, per essere effettivi su scala nazionale, devono affermarsi anche
a livello globale. La nonviolenza definisce una condizione necessaria per la
democrazia: l'accettazione di preventive regole condivise - che escludono l'uso
della forza - su come si può ottenere o perdere il potere politico. Il
controllo popolare deve riguardare anche le decisioni prese da altri stati (o
da poteri economici transnazionali) e che hanno conseguenze sui cittadini di un
singolo paese. L'uguaglianza politica deve portare a definire una comunità di
cittadini del mondo con uguali diritti e doveri sui temi di rilievo globale.
Sono evidenti qui i paralleli con le richieste avanzate dai movimenti globali
che - da Seattle nel 1999 a Londra nel 2009 - si sono opposti alla
globalizzazione neoliberista in nome della democrazia e della giustizia
economica e sociale. Il volume individua alcuni temi di azione prioritaria - il
controllo sull'uso della forza, l'accettazione delle diversità culturali,
l'autodeterminazione dei popoli, il monitoraggio degli affari interni e la tutela dei diritti umani, la gestione
partecipativa dei problemi globali - sui quali i cittadini del mondo potrebbero
acquisire i diritti e doveri di una nascente «cittadinanza cosmopolitica». Per
Archibugi la scommessa è di trasformare le rivendicazioni dei movimenti globali
in nuove istituzioni capaci di estendere la democrazia e di porre vincoli alla
sovranità degli stati, in un sistema di «costituzionalismo globale» in
cui il nuovo possa convivere con l'attuale sistema inter-statale. Cinque
modelli concreti di quest'ordine «ibrido» sono esaminati nella seconda parte di
Cittadini del mondo, con i casi delle Nazioni unite, degli interventi umanitari, dell'«esportazione della democrazia»,
dell'autodeterminazione dei popoli e dei contesti multilinguistici. Ritroviamo
qui uno dei punti di forza del volume: la capacità di unire una solida visione
complessiva con la concretezza delle proposte, in parte già praticate
dall'evoluzione dei rapporti internazionali e dal ruolo crescente della società
civile mondiale. Meno convincente è invece lo schema che contrappone
un'uniforme democrazia (nella sua versione liberale più standard) a un generico
autoritarismo (in sostanza: l'assenza di elezioni politiche), mentre il rapporto
tra democrazia e capitalismo su scala globale non viene affrontato. Il potere
delle élite Le idee chiave per essere Cittadini del mondo si intrecciano bene
alle proposte di Dopo la politica per le pratiche a scala nazionale. Qui è in
gioco la ridefinizione della politica, oltre una democrazia rappresentativa
svuotata e mediatizzata, controllata dalle élite e dai partiti. I contributi
raccolti in Dopo la politica. Democrazia, società civile e crisi dei partiti
esplorano così i meccanismi di tale declino e suggeriscono alcune direzioni per
un rinnovamento radicale della politica. Il punto di partenza, individuato dal
saggio di Jürgen Habermas, è la fine della politica dello stato sociale come si
è affermata nel dopoguerra nei paesi europei. La debolezza della politica come
strumento per «temperare» il capitalismo, la burocratizzazione del welfare e la
forza dei mercati globali sono alla radice della caduta di efficacia e consenso
di una politica nazionale fondata sulla redistribuzione promessa dal welfare. Per
Habermas, la via d'uscita passa per un maggior spazio riconosciuto alla
solidarietà come principio di regolazione sociale, rispetto ai meccanismi
dominati dal potere dello stato e dal mercato, e per una espansione della sfera
pubblica e dei processi di comunicazione che la caratterizzano. La prospettiva
della democrazia deliberativa proposta da Habermas incontra così la società
civile intesa come una sfera pubblica che vede protagonisti i cittadini e le
loro relazioni sociali, tema questo al centro del capitolo di Duccio Zola. Il
rinnovamento della democrazia può trovare terreno fertile in quest'incontro,
che offre nuove modalità di definizione delle identità, di aggregazione degli
interessi, di accordo sulle procedure per decidere sul bene comune. Resta aperta
tuttavia la questione dei rapporti tra le attività della società civile e i
processi istituzionali che caratterizzano la politica degli stati nazionali, un
terreno senza regole, segnato da pratiche e comportamenti differenziati, e da
una continua capacità della politica tradizionale di esercitare controllo e
potere sulla società. La pratica del consenso Ma esiste una capacità della
società civile di «reinventare» la democrazia? La risposta è nel capitolo di
Donatella della Porta, che presenta i risultati di una ricerca europea sulla
democrazia nei movimenti globali. Nelle risposte di duecento organizzazioni
sociali europee, le idee e le pratiche di democrazia all'interno dei movimenti
ruotano intorno a tre valori chiave: la partecipazione diretta (e la critica
della rappresentanza), l'autonomia (delle esperienze, dei livelli territoriali,
e la critica delle gerarchie), il metodo deliberativo del consenso (e la
critica alle procedure di votazione). Tutto ciò ha alimentato i conflitti per
chiedere più democrazia ai poteri politici ed economici sovranazionali e ha
aperto la strada a una visione della politica come partecipazione, con un
significativo avvicinamento tra richieste all'esterno di democratizzazione
della politica e pratiche di democrazia all'interno della società civile.
Quanto ai rapporti con le autorità politiche, è significativo che forti
pratiche conflittuali non escludano forme di collaborazione con le istituzioni,
soprattutto a livello locale e nazionale. Gli altri saggi - di Ekkehart Krippendorf,
Carlo Donolo, Luigi Bobbio, Giuseppe Cotturri - aggiungono nuove prospettive
sulle forme di autogoverno e di partecipazione sociale, mentre le conclusioni
sono di Pino Ferraris e Giulio Marcon. CONTINUA|PAGINA12 ( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Politiche COSMICHE La crisi economica alimenta le speranze
di un modello di governance planetaria basato su parole chiave come
uguaglianza, nonviolenza e azione diretta. Un sentiero di lettura a partire da
un volume sulla democrazia cosmopolita e da una raccolta di saggi sulle forme
di aggregazione dopo l'era dei partiti di massa INNOVAZIONI TRA GLOBALE E
LOCALE Mario Pianta La crisi finanziaria internazionale ha rivelato la
fragilità del mercato come strumento di regolazione dell'ordine globale e ha
ridato improvvisa legittimità all'azione degli stati nazionali. In tutti i
paesi, nei governi, nei partiti e nei movimenti, sociali c'è chi, da un lato, è
tentato dalla nostalgia di pensare che tutto possa tornare come prima;
dall'altro, c'è chi invece sostiene che dopo la lunga globalizzazione
neoliberista la politica e la democrazia debbano ridefinirsi radicalmente. Due
libri aiutano a tracciare le mappe del cambiamento, verso l'«alto» dei processi
globali e verso il «basso» della partecipazione dei cittadini. Cittadini del
mondo. Verso una democrazia cosmopolitica, di Daniele Archibugi (Il Saggiatore,
pp. 320, euro 20) disegna i contorni di un mondo possibile dopo l'epoca della
sovranità degli stati nazionale. Dopo la politica. Democrazia, società civile e
crisi dei partiti, a cura di Duccio Zola (Edizioni dell'Asino, euro 12) esplora
invece le pratiche di democrazia dopo l'era della politica monopolizzata dai
partiti. Su scala globale il «vuoto» di democrazia e capacità di governo è
apparso evidente nell'inconcludente vertice del G20 del 2 aprile scorso a
Londra, che ha tentato di mantenere gli attuali rapporti di potere attraverso
forme più «multilaterali» di global governance. Una via alternativa alle
copnclusioni del g20 londinese è la democrazia cosmopolitica proposta nel
volume da Archibugi, che delinea un sistema di governo a più livelli ed estende
i fondamenti della democrazia - diritti, partecipazione, poteri di controllo -
oltre i confini nazionali. Tra nonviolenza e controllo popolare Alcuni passi in
questa direzione sono già stati compiuti, ad esempio il Tribunale penale
internazionale all'Aja deve tutelare i diritti umani
fondamentali di tutti i cittadini del mondo e dispone per questo di un'autorità
che scavalca quella degli stati. Altre azioni «cosmopolitiche» riguardano le
richieste per rafforzare, democratizzare e rendere più autonome dai paesi più
potenti le istituzioni sovranazionali legittime - come le Nazioni Unite, di cui
fanno parte i 192 paesi del pianeta - e affidare a loro - anziché a un gruppo
ristretto scelto dai più ricchi - responsabilità specifiche su problemi
globali. Così, in contrapposizione al G20, l'Onu terrà a giugno la sua
«Conferenza sulla crisi economica e finanziaria mondiale e sull'impatto sullo
sviluppo», da cui potrebbero venire risposte alla crisi più condivise,
democratiche ed efficaci che non dagli incontri ristretti di Washington e
Londra. Ma i protagonisti sulla scena globale non sono solo gli stati. Un altro
insieme di proposte della democrazia cosmopolitica riguarda il riconoscimento
ai cittadini del mondo di un insieme di nuovi diritti e doveri che superino
quelli nazionali, e la creazione di nuove istituzioni sovranazionali che siano
indipendenti dai governi degli stati e rispondano invece ai cittadini o alla
società civile di tutti i paesi. Gli esempi comprendono la creazione di una
Assemblea parlamentare delle Nazioni unite dove siano rappresentati i cittadini
(o i parlamenti) - anziché i governi - del pianeta, il coinvolgimento di
organizzazioni della società civile nei meccanismi di decisione delle
organizzazioni sovranazionali, la creazione di un Consiglio per i diritti umani con un forte ruolo delle organizzazioni non
governative, e così via. Proposte di questo tipo emergono, nel libro di
Archibugi, da una visione della democrazia fondata su tre principi:
nonviolenza, controllo popolare e uguaglianza politica, che va al di là degli
aspetti più immediati - presenza di elezioni, partiti, libertà d'informazione.
Tali principi, per essere effettivi su scala nazionale, devono affermarsi anche
a livello globale. La nonviolenza definisce una condizione necessaria per la
democrazia: l'accettazione di preventive regole condivise - che escludono l'uso
della forza - su come si può ottenere o perdere il potere politico. Il controllo
popolare deve riguardare anche le decisioni prese da altri stati (o da poteri
economici transnazionali) e che hanno conseguenze sui cittadini di un singolo
paese. L'uguaglianza politica deve portare a definire una comunità di cittadini
del mondo con uguali diritti e doveri sui temi di rilievo globale. Sono
evidenti qui i paralleli con le richieste avanzate dai movimenti globali che -
da Seattle nel 1999 a Londra nel 2009 - si sono opposti alla globalizzazione
neoliberista in nome della democrazia e della giustizia economica e sociale. Il
volume individua alcuni temi di azione prioritaria - il controllo sull'uso
della forza, l'accettazione delle diversità culturali, l'autodeterminazione dei
popoli, il monitoraggio degli affari interni e la tutela
dei diritti umani, la gestione partecipativa dei problemi globali - sui quali i
cittadini del mondo potrebbero acquisire i diritti e doveri di una nascente
«cittadinanza cosmopolitica». Per Archibugi la scommessa è di trasformare le
rivendicazioni dei movimenti globali in nuove istituzioni capaci di estendere
la democrazia e di porre vincoli alla sovranità degli stati, in un
sistema di «costituzionalismo globale» in cui il nuovo possa convivere con
l'attuale sistema inter-statale. Cinque modelli concreti di quest'ordine «ibrido»
sono esaminati nella seconda parte di Cittadini del mondo, con i casi delle
Nazioni unite, degli interventi umanitari,
dell'«esportazione della democrazia», dell'autodeterminazione dei popoli e dei
contesti multilinguistici. Ritroviamo qui uno dei punti di forza del volume: la
capacità di unire una solida visione complessiva con la concretezza delle
proposte, in parte già praticate dall'evoluzione dei rapporti internazionali e
dal ruolo crescente della società civile mondiale. Meno convincente è invece lo
schema che contrappone un'uniforme democrazia (nella sua versione liberale più
standard) a un generico autoritarismo (in sostanza: l'assenza di elezioni
politiche), mentre il rapporto tra democrazia e capitalismo su scala globale
non viene affrontato. Il potere delle élite Le idee chiave per essere Cittadini
del mondo si intrecciano bene alle proposte di Dopo la politica per le pratiche
a scala nazionale. Qui è in gioco la ridefinizione della politica, oltre una
democrazia rappresentativa svuotata e mediatizzata, controllata dalle élite e
dai partiti. I contributi raccolti in Dopo la politica. Democrazia, società
civile e crisi dei partiti esplorano così i meccanismi di tale declino e
suggeriscono alcune direzioni per un rinnovamento radicale della politica. Il
punto di partenza, individuato dal saggio di Jürgen Habermas, è la fine della
politica dello stato sociale come si è affermata nel dopoguerra nei paesi
europei. La debolezza della politica come strumento per «temperare» il
capitalismo, la burocratizzazione del welfare e la forza dei mercati globali
sono alla radice della caduta di efficacia e consenso di una politica nazionale
fondata sulla redistribuzione promessa dal welfare. Per Habermas, la via
d'uscita passa per un maggior spazio riconosciuto alla solidarietà come
principio di regolazione sociale, rispetto ai meccanismi dominati dal potere
dello stato e dal mercato, e per una espansione della sfera pubblica e dei
processi di comunicazione che la caratterizzano. La prospettiva della
democrazia deliberativa proposta da Habermas incontra così la società civile
intesa come una sfera pubblica che vede protagonisti i cittadini e le loro
relazioni sociali, tema questo al centro del capitolo di Duccio Zola. Il
rinnovamento della democrazia può trovare terreno fertile in quest'incontro,
che offre nuove modalità di definizione delle identità, di aggregazione degli
interessi, di accordo sulle procedure per decidere sul bene comune. Resta
aperta tuttavia la questione dei rapporti tra le attività della società civile
e i processi istituzionali che caratterizzano la politica degli stati
nazionali, un terreno senza regole, segnato da pratiche e comportamenti
differenziati, e da una continua capacità della politica tradizionale di
esercitare controllo e potere sulla società. La pratica del consenso Ma esiste
una capacità della società civile di «reinventare» la democrazia? La risposta è
nel capitolo di Donatella della Porta, che presenta i risultati di una ricerca
europea sulla democrazia nei movimenti globali. Nelle risposte di duecento
organizzazioni sociali europee, le idee e le pratiche di democrazia all'interno
dei movimenti ruotano intorno a tre valori chiave: la partecipazione diretta (e
la critica della rappresentanza), l'autonomia (delle esperienze, dei livelli
territoriali, e la critica delle gerarchie), il metodo deliberativo del
consenso (e la critica alle procedure di votazione). Tutto ciò ha alimentato i
conflitti per chiedere più democrazia ai poteri politici ed economici
sovranazionali e ha aperto la strada a una visione della politica come
partecipazione, con un significativo avvicinamento tra richieste all'esterno di
democratizzazione della politica e pratiche di democrazia all'interno della
società civile. Quanto ai rapporti con le autorità politiche, è significativo
che forti pratiche conflittuali non escludano forme di collaborazione con le
istituzioni, soprattutto a livello locale e nazionale. Gli altri saggi - di
Ekkehart Krippendorf, Carlo Donolo, Luigi Bobbio, Giuseppe Cotturri -
aggiungono nuove prospettive sulle forme di autogoverno e di partecipazione
sociale, mentre le conclusioni sono di Pino Ferraris e Giulio Marcon.
CONTINUA|PAGINA12 Per Pino Ferraris, dopo la politica dei partiti deve seguire
una diffusa «politicizzazione dal sociale», magari con una «confederazione»
leggera delle esperienze sociali che hanno progetti di cambiamento, su basi
solidaristiche. Giulio Marcon definisce questo percorso come il passaggio dalla
«monarchia dei partiti» alla «repubblica della politica», in cui ogni forma di
politica diffusa - nei movimenti, nelle associazioni, nel terzo settore, nei
gruppi locali, nel sindacato, etc. - abbia la stessa dignità e riconoscimento
della politica dei partiti nel definire il bene comune e le decisioni da
prendere. Tanto a livello globale che nazionale, la possibilità di partecipare
in prima persona e di esercitare un controllo sulle decisioni restano i due
pilastri su cui costruire il futuro della democrazia, al tramonto dell'epoca in
cui lo stato nazionale e la politica dei partiti definivano l'unica arena della
democrazia. ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-07 - pag: 11
autore: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Torture Cia, niente
processo ai legali di Bush Nessun processo contro i legali del governo Bush che
autorizzarono il waterboarding e altre tecniche assimilate alla tortura negli
interrogatori di sospetti terroristi. è questa, secondo il quotidiano New York
Times, la conclusione a cui è arrivato un rapporto preliminare del dipartimento
di Giustizia americano. Dal dossier di oltre 200 pagine (che non è ancora
definitivo e deve essere approvato dal ministro della Giustizia, Eric H.
Holder) emergerebbe cioè che i legali commisero gravi errori nello scrivere i
memorandum diffusi il mese scorso dall'amministrazione Obama - quelli che
giustificarono l'uso della tortura - ma un processo non è giudicato necessario.
Se la decisione finale del Governo Obama sarà questa, si tratterà di una doccia
fredda per gli attivisti che si battono per tutelare i diritti civili. Le loro
speranze si erano riaccese il 21 aprile scorso, quando Obama aveva lasciato
aperta la possibilità di mettere sotto accusa chi aveva autorizzato l'uso della
tortura negli interrogatori della Cia ai tempi dell'amministrazione Bush,
precisando tuttavia che la decisione sarebbe stata presa dal ministro della
Giustizia. Al centro della vicenda è soprattutto il destino di tre legali
dell'era Bush che hanno stilato i memo: Hohn Yoo, Jay S. Bybee e Steven G.
Bradbury. Nei loro confronti potrebbe essere raccomandata all'ordine degli
avvocati un'azione disciplinare, dal rimprovero alla radiazione dall'albo. Una
fonte che ha avuto accesso al rapporto ha tuttavia affermato che il
dipartimento di Giustizia non avrebbe raccomandato nessuna azione contro
Bradbury. ( da "Manifesto, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani BONNICI «Daremo il carburante a chi è diretto in Italia»
«Non ci faremo intimidire da Maroni» stefano liberti INVIATO A MALTA È fermo e
risoluto, il ministro dell'interno Carmelo Mifsud Bonnici. «Non ci faremo più
mettere i piedi in testa dall'Italia. D'ora in poi difenderemo i nostri
interessi». Dopo l'ultimo incidente in mare di ieri, Bonnici ha deciso di
ribadire quella che sarà d'ora in poi la politica ufficiale della Valletta
sulla questione del salvataggio. Signor ministro, ci risiamo. Una nuova barca
contesa tra voi e Roma. Questa volta l'hanno presa gli italiani. La prossima
volta toccherà a voi? L'italia ha tratto salvo questa barca perché gli obblighi
internazionali glielo indicano. Io sono sorpreso del fatto che ogni volta che
si verifica un caso di questo tipo, il ministero degli interni italiano punti
il dito contro di noi. Quelle persone dovevano essere portate a Lampedusa
perché era il porto sicuro più vicino. Cosa farete la prossima volta che
incontrerete una barca di immigrati nella acque di vostra competenza? Noi siamo
sempre rispettosi dei nostri obblighi internazionali. Siamo quindi pronti a
portare soccorso a chi si trova in difficoltà nelle nostre acque Sar (search
and rescue ndr). Soccorso non vuol dire tuttavia solo portare a terra, ma anche
eventualmente fornire acqua, cibo e carburante a chi sta facendo un viaggio
diretto altrove, ossia in Italia. La quasi totalità degli immigrati sbarcati
qua erano diretti in realtà nel vostro paese. È inaccettabile che si cerchi di
far passare l'idea che «Malta non fa abbastanza». Al contrario noi, che siamo
un piccolo paese, ci facciamo carico degli immigrati che sono diretti da voi.
Nell'ultimo anno, abbiamo soccorso e portato a Malta più di 3400 immigrati. In
termini paragone, è come se a Lampedusa arrivassero in un anno 400mila persone.
Il ministro dell'interno Roberto Maroni dice che gli immigrati sono nelle
vostre acque Sar e quindi li dovete portare da voi... Il diritto internazionale
parla chiaro: le acque Sar danno la competenza per il coordinamento del
soccorso. Noi coordiniamo i soccorsi, ma poi si deve applicare la regola del
«porto sicuro più vicino». E' singolare che, nel caso della motovedetta maltese
respinta la settimana scorsa dall'Italia con 66 immigrati a bordo, il vostro
governo abbia detto, per bocca dell'ambasciatore qui a Malta, che «Lampedusa
non è un porto sicuro perché non c'è un ospedale». Se lo dicesse ai lampedusani
- o ai turisti che d'estate vanno a visitare l'isola - non credo che sarebbero
contenti. Ma, se il problema sono le acque Sar, perché non accettate un
ridimensionamento della vostra zona, decisamente grande per le vostre
dimensioni? Io non credo che questo principio delle acque Sar si possa
rinegoziare sotto il peso del ricatto italiano. Il sistema ha funzionato così
per decenni. Non mi sembra giusto che noi rivediamo le nostre acque Sar perché
l'Italia non vuole sottostare ai propri obblighi internazionali. Siamo entrambi
membri dell'Unione europea. Non si è mai visto, all'interno dell'Ue, che uno
stato grande ingaggi un simile braccio di ferro con uno stato più piccolo. Noi
siamo piccoli ma risoluti: non ci lasceremo intimidire. D'ora in avanti, e
sempre nel rispetto delle convenzioni internazionali, difenderemo in ogni sede
in nostri interessi. Lei ha incontrato Maroni a Bruxelles. Che vi siete detti?
Io pensavo che dopo il caso del mercantile Pinar, che l'Italia ha infine
accolto dopo quattro giorni che era rimasto in mezzo al mare, la situazione
fosse chiara e non ci sarebbero stati altri incidenti. D'altronde anche il
commissario alla sicurezza e alla giustizia interna Jacques Barrot ha detto
chiaramente che avevamo ragione noi e che il Pinar doveva essere fatto
attraccare nel porto sicuro più vicino, ossia Lampedusa. Non è passata una
settimana e Maroni ha fatto riesplodere il caso, facendo respingere la nostra
motovedetta e facendo dire che a Lampedusa non c'era navi per soccorrere gli
immigrati. Qui non si può giocare con la vita delle persone: i minimi standard umanitari avrebbero imposto un comportamento diverso.
L'Italia è un grande paese, con una solida tradizione di
accoglienza e di rispetto dei diritti umani. Nell'ultimo
periodo, mi sembra che stia tradendo questa tradizione. Perché, secondo lei,
l'Italia avrebbe cambiato politica? Non lo so. Ma so che chi cerca di sfruttare
l'immigrazione per scopi elettoralistici sbaglia. Tutti sanno che il problema
dell'Italia non sono gli immigrati che arrivano via mare. Si tratta di
una cifra minima rispetto alla reale presenza di immigrati irregolari sul
vostro territorio. Mi sembra che la politica di Maroni sia un puro diversivo,
per distogliere l'attenzione da altri problemi. ( da "Giornale.it, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani n. 109 del 2009-05-07 pagina 0 Aids, Ue: no
all'emendamento anti-Vaticano di Redazione Il parlamento europeo ha bocciato un
emendamento con il quale si condannavano le parole critiche di Benedetto XVI
sull'uso del preservativo come mezzo di prevenzione dell'Aids. Tra i firmatari
c'era il radicale italiano Cappato Strasburgo - Nel suo recente viaggio in
Africa il Papa aveva criticato fortemente l'uso del profilattico come strumento
di lotta contro l'Aids. Questa presa di posizione aveva suscitato pesanti
polemiche politiche, coinvolgendo anche il mondo scientifico. Oggi il
parlamento europeo ha bocciato con 253 voti, contro i 199 a sostegno, e 61
astensioni un emendamento che condannava le recenti dichiarazioni di Benedetto
XVI contro luso del preservativo quale mezzo di lotta
allAids. Lemendamento, firmato dal radicale italiano Marco Cappato
e dalla liberale olandese Sophia int Veld, era inserito nel rapporto
annuale dellAssemblea sui diritti umani nel
mondo per il 2008. Cosa diceva l'emendamento Nel testo dell'emedamento leuroparlamento
sottolineava "limportanza di promuovere i diritti in materia di
salute sessuale e riproduttiva quale presupposto di qualunque successo nella
lotta contro lHiv/Aids, che causa perdite enormi in termini di vite umane
e di sviluppo economico, colpendo in modo particolare le regioni più povere del
mondo". Inoltre si condannavano fermamente "le recenti dichiarazioni
con cui Papa Benedetto XVI ha bandito luso del preservativo avvertendo che il
suo uso potrebbe addirittura determinare un aumento del rischio di
contagio". Diritti ed educazione Nel documento si
paventava anche il rischio che tali dichiarazioni potessero ostacolare
"gravemente la lotta contro lo Hiv/Aids"; poi si ricordava "che
lemancipazione delle donne contribuisce
anche a contrastare lo Hiv/Aids"; infine si invitavano "i governi e
gli Stati membri ad agire insieme per promuovere i diritti e leducazione
in materia di salute sessuale e riproduttiva, anche riguardo alluso
del preservativo quale strumento efficace nella lotta contro questo
flagello". © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123
Milano ( da "Repubblica.it"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani PALERMO - Rispediti in Libia direttamente dal mare, senza
toccare terra. Svolta nella politica dell'immigrazione italiana. I 227 migranti
che hanno raggiunto su tre carrette del mare il Canale di Sicilia non saranno
ospitati nei campi di accoglienza di Lampedusa. Le tre motovedette italiane,
due della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza, che ieri hanno
soccorso i clandestini, sono già approdate nel porto di Tripoli.
L'autorizzazione è giunta in nottata, dopo una trattativa tra le autorità italiane
e quelle libiche . Maroni: "Svolta contro i clandestini". Esulta il
ministro dell'Interno. Secondo Roberto Maroni, quello che sta succedendo in
queste ore con la Libia "può rappresentare una svolta nel contrasto
all'immigrazione clandestina. Un risultato storico", continua il ministro.
"Se l'operazione fatta oggi continuerà il problema del contrasto tra
Italia e Malta sull'accoglimento dei clandestini sarà risolto perchè in
qualunque acqua si trovino i barconi saranno rispediti in Libia da dove sono
partiti". Msf: "Comportamento illegale". Ma protestano i Medici
Senza Frontiere: "Il rimpatrio forzato è un atto illegale - sostiene
l'organizzazione umanitaria - fuori da ogni
legislazione italiana ed internazionale". Spiega Loris De Filippi,
direttore delle operazioni di Msf Italia: "Nel maggio 2005, la Corte europea dei diritti umani ha
condannato le procedure del rimpatrio forzato disposto dal governo italiano
perchè lesive del diritto d'asilo. Allontanare persone dall'Italia senza averle
identificate e senza permettere l'accesso, per chi ne ha diritto, alle
procedure sul diritto d'asilo è un comportamento illegale al di fuori di ogni
legislazione nazionale ed internazionale". (7 maggio 2009 ( da "Giornale.it, Il"
del 07-05-2009) Argomenti: Diritti umani n. 109 del 2009-05-07 pagina 0 Aids, l'Unione europea dice
no all'emendamento anti-Vaticano di Redazione Il parlamento europeo ha bocciato
un emendamento con il quale si condannavano le parole critiche di Benedetto XVI
sull'uso del preservativo come mezzo di prevenzione dell'Aids Strasburgo - Nel
suo recente viaggio in Africa il Papa aveva criticato fortemente l'uso del
profilattico come strumento di lotta contro l'Aids. Questa presa di posizione
aveva suscitato pesanti polemiche politiche, coinvolgendo anche il mondo
scientifico. Oggi il parlamento europeo ha bocciato con 253 voti, contro i 199
a sostegno, e 61 astensioni un emendamento che condannava le recenti
dichiarazioni di Benedetto XVI contro luso
del preservativo quale mezzo di lotta allAids. Lemendamento, firmato dal radicale
italiano Marco Cappato e dalla liberale olandese Sophia int
Veld, era inserito nel rapporto annuale dellAssemblea sui diritti umani nel
mondo per il 2008. Cosa diceva l'emendamento Nel testo dell'emedamento leuroparlamento sottolineava "limportanza
di promuovere i diritti in materia di salute sessuale e riproduttiva quale
presupposto di qualunque successo nella lotta contro lHiv/Aids, che causa
perdite enormi in termini di vite umane e di sviluppo economico, colpendo in modo particolare le regioni più
povere del mondo". Inoltre si condannavano fermamente "le recenti
dichiarazioni con cui Papa Benedetto XVI ha bandito luso
del preservativo avvertendo che il suo uso potrebbe addirittura determinare un aumento del rischio di
contagio". Diritti ed educazione Nel documento si
paventava anche il rischio che tali dichiarazioni potessero ostacolare
"gravemente la lotta contro lo Hiv/Aids"; poi si ricordava "che
lemancipazione delle donne contribuisce
anche a contrastare lo Hiv/Aids"; infine si invitavano "i governi e gli
Stati membri ad agire insieme per promuovere i diritti e leducazione
in materia di salute sessuale e riproduttiva, anche riguardo alluso del
preservativo quale strumento efficace nella lotta contro questo flagello". © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano ( da "Corriere.it"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani «Si violano le regole sul diritto di asilo. Il governo ci
ripensi» Msf: «I rimpatri forzati sono illegali» L'associazione dei medici
volontari: «E' un atto fuori da ogni legislazione italiana e internazionale»
ROMA - Medici Senza Frontiere Italia critica duramente il gesto compiuto dal
governo italiano di rimpatrio forzato: «E' un atto illegale - sostiene
l'organizzazione - fuori da ogni legislazione italiana ed internazionale».
«Siamo molto preoccupati e sorpresi - dice Loris De Filippi, direttore delle operazioni
di Msf Italia - oltre che contrariati dalle affermazioni del ministro Maroni
secondo le quali questa norma sarebbe un risultato storico. Ricordo che nel
maggio 2005 la Corte europea dei diritti umani ha condannato le procedure del rimpatrio forzato disposto dal
governo italiano perchè lesive del diritto d'asilo». DIRITTI VIOLATI -
«Allontanare persone dall'Italia senza averle identificate e senza permettere
l'accesso, per chi ne ha diritto, alle procedure sul diritto d'asilo - ha
precisato De Filippi - è un comportamento illegale al di fuori di ogni
legislazione nazionale ed internazionale». E poi - si chiede l'operatore
di Msf - «cosa accade a queste persone una volta rimpatriate? Ad esempio si sa
che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra. Questi rimpatri sono
un fatto gravissimo». Critiche da Msf vengono mosse anche all'allontanamento in
mare di migranti, un'azione «contro persone in difficoltà e - ha precisato De
Filippi - lo testimoniamo anche noi che da anni siamo presenti a Lampedusa e
Malta. Ogni trasporto arbitrario rappresenta una violazione gravissima che in
alcuni casi mette a rischio anche la vita delle persone, spesso invece hanno
diritto all'asilo». APPELLO AL GOVERNO - «Speriamo - ha proseguito - in un
ripensamento rapido del governo sulla norma e proveremo ad incontrarlo per
capire come mai non recepisce la condanna del consiglio d'Europa. Vogliamo però
essere chiari: noi - ha concluso - siamo a Lampedusa ma non siamo responsabili
di questo nuovo trend operativo». stampa | ( da "Corriere.it"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Presentata dal radicale Marco Cappato e dalla liberale
olandese Sophia in't Veld Europarlamento: bocciata condanna al Papa sulle frasi
nella lotta all'Aids Contenuta nel Rapporto 2008 sui
diritti umani nel mondo. Un caso simile anche al Parlamento spagnolo
STRASBURGO - Il Parlamento europeo ha bocciato con 253 voti, 199 a sostegno e
61 astensioni la mozione di condanna del Papa sulle frasi pronunciate da
Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Africa sull'utilizzo dei
preservativi nella prevenzione dell'Aids. L'emendamento, firmato dal
radicale italiano Marco Cappato e dalla liberale olandese Sophia in't Veld, era
inserito nel rapporto annuale dell'Assemblea sui diritti umani
nel mondo per il 2008. La diffusione dell'Aids in Africa «non si può superare
con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi», aveva
detto il pontefice. EMENDAMENTO - Questo il testo dell'emendamento bocciato:
«L'Europarlamento sottolinea l'importanza di promuovere i diritti in materia di
salute sessuale e riproduttiva quale presupposto di qualunque successo nella
lotta contro l'Hiv/Aids, che causa perdite enormi in termini di vite umane e di
sviluppo economico, colpendo in modo particolare le regioni più povere del
mondo; condanna fermamente le recenti dichiarazioni con cui Papa Benedetto XVI
ha bandito l'uso del preservativo avvertendo che il suo uso potrebbe
addirittura determinare un aumento del rischio di contagio; teme che tali
dichiarazioni ostacoleranno gravemente la lotta contro lo Hiv/Aids; ricorda che
l'emancipazione delle donne contribuisce anche a contrastare lo Hiv/Aids;
invita i governi e gli Stati membri ad agire insieme per promuovere i diritti e
l'educazione in materia di salute sessuale e riproduttiva, anche riguardo
all'uso del preservativo quale strumento efficace nella lotta contro questo
flagello». SPAGNA - Anche in Spagna il Congresso dei deputati ha deciso di
sottoporre a dibattito una proposta di riprovazione sulle frasi del Papa. Una
scelta «incomprensibile» che «ha ferito tutti i cattolici spagnoli e
soprattutto noi come pastori della Chiesa», ha detto il cardinale Antonio Maria
Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale
spagnola. «Non si può impedire al Papa di parlare agli spagnoli e il diritto di
libertà di espressione è strettamente legato alla libertà religiosa», ha
affermato il cardinale. «La speranza è che, in sede di dibattito, la
maggioranza dei parlamentari abbia rispetto dei diritti del Santo Padre e dei
cattolici». I due principali partiti spagnoli, il Psoe del premier José Luis
Zapatero e il Partido Popular (opposizione), hanno fatto sapere che non
voteranno a favore della mozione di censura al Papa. stampa | ( da "Stampa, La" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani CLANDESTINI Rimpatriati in Libia L'Onu: violati i diritti
LE TAPPE Il prefetto Manganelli «Da aprile Tripoli ha recuperato molte barche
dirette da noi» LA LINEA DURA L'Sos Mercoledì scorso, due imbarcazione con 140
clandestini a bordo lanciano un Sos che viene intercettato dalle autorità
italiane mentre i barconi si trovano a 35 miglia dall'isola di Lampedusa, in
acque di competenza delle autorità maltesi. Malta si rifiuta di avviare i
soccorsi e le autorità italiane dirottano in zona un cargo
italiano.[FIRMA]GUIDO RUOTOLO ROMA E' euforico il ministro dell'Interno,
Roberto Maroni: «E' una svolta nella lotta alla immigrazione clandestina,
l'operazione che ha portato al respingimento nelle acque internazionali, di
competenza maltese, di tre barconi con 227 clandestini. I nostri mezzi li hanno
consegnati alle autorità libiche, il paese da dove erano salpati». Durissime le
reazioni dell'opposizione e delle organizzazioni umanitarie.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, manifesta forte
preoccupazione: «E' uno strappo, una violazione della Convenzione di Ginevra
che sancisce il principio del non respingimento». Persino il direttore
dell'Ufficio pastorale degli immigrati e dei rifugiati della Fondazione
Migrantes della Cei, la Conferenza episcopale italiana, don Giandomenico
Gnesotto, è dubbioso: «Ricordo all'Italia che va verificato l'effettivo
trattamento di chi viene mandato in Libia». La critica - espressa anche da
organizzazioni umanitarie e del volontariato - è che
la Libia non garantisce e non tutela i diritti umani sanciti dalla Convezione di Ginevra, che non ha mai
sottoscritto. E, quindi, l'Italia non doveva riportare i clandestini a Tripoli
ma garantire loro la possibilità di chiedere la protezione umanitaria. Alla critica, il ministro Maroni ha replicato che anche in
Libia sono presenti organizzazioni internazionali che potranno verificare l'esistenza
di eventuali richieste di protezione umanitaria. Maroni
è convinto che siamo di fronte a un successo del governo italiano, della sua
diplomazia, che ha reso operativo con i libici un accordo sottoscritto dal suo
predecessore, Giuliano Amato, sul pattugliamento delle coste libiche e sulle
azioni congiunte di contrasto al racket dei clandestini. «Sarò presente, il 14
maggio, a Gaeta, da dove salperanno per la Libia le sei motovedette italiane
che sarannno consegnate alle autorità libiche». L'accordo per il pattugliamento
delle coste. Le sei motovedette con personale libico e «osservatori»,
«ufficiali di collegamento», italiani opereranno nelle acque territoriali
libiche. Quelle italiane, nelle acque internazionali. E' questo l'accordo che
entrerà in vigore a metà mese. E sul quale il ministro dell'Interno punta molto
per ridurre, azzerare, il flusso di clandestini in arrivo in Italia dal mare.
Ieri mattina, dunque, i mezzi della Guardia di finanza sono entrati nel porto
di Tripoli, con i 227 clandestini raccolti su tre barconi l'altro giorno.
Un'operazione non di soccorso, nel senso che le tre imbarcazioni non
presentavano «problemi» di tenuta. Sono state le autorità libiche a chiedere
all'Italia di trasferire i clandestini sui nostri mezzi, fornendo le coordinate
delle tre imbarcazioni, le indicazioni dei telefoni satellitari in dotazione
dei trafficanti che avevano organizzato il viaggio, e i numeri telefonici dei
referenti italiani dell'organizzazione criminale. Nel corso della conferenza
stampa tenuta al Viminale dal ministro Maroni, il prefetto Antonio Manganelli,
direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza, ha rivelato che almeno dal
30 aprile scorso i libici hanno portato a termine diverse operazioni di
«recupero» delle imbarcazioni stipate di clandestini che si stavano dirigendo
verso le coste italiane. Il ministro Maroni ha ricordato che la «svolta» del
primo respingimento in mare è il frutto dell'intesa raggiunta con i libici da
un anno. Il respingimento avrà le sue regole d'ingaggio. Fino a che punto non
c'è il rischio che si ripeta la sciagura del Kater I Rades, l'imbarcazione
albanese affondata con il suo carico di clandestini, da un mezzo della Marina
militare italiana il venerdì santo del 1997? Risponde Maroni: «La filosofia di
queste regole è semplice: «Prima di qualunque cosa, garantire la vita delle
persone». Plaudendo alla «svolta», il presidente del Senato, Renato Schifani,
ricorda: «Si tratta di una forma di contrasto a quel fenomeno di immigrazione
clandestina che deve trovare sicuramente soluzione attraverso una mediazione
politica e non con la forza». 1 ( da "Stampa, La" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Europarlamento «No a condanne su Aids e condom»
L'Europarlamento boccia la condanna al Papa sulle frasi nella lotta all'Aids.
Strasburgo dice no alla mozione contro le frasi pronunciate da Benedetto XVI
durante il suo viaggio in Africa sull'utilizzo dei preservativi nella
prevenzione dell'Aids. L'emendamento, firmato dal radicale Marco Cappato e
dalla liberale olandese Sophia in't Veld, era inserito nel
rapporto 2008 dell'Assemblea sui diritti umani. La
diffusione dell'Aids «non si può superare con la distribuzione dei condom che,
anzi aumentano i problemi», aveva detto il Pontefice. Anche in Spagna il
Congresso dei deputati sottoporrà a dibattito una proposta di riprovazione
sulle frasi del Papa. Una scelta «incomprensibile» che «ferisce tutti i
cattolici», protestano i vescovi spagnoli. ( da "Stampa, La" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani LICEO CLASSICO E IPSIA LOMBARDI. CAMILLA BIANCO, LINDA
PORTIOLI E CARLOS ALBERTO CIRILO MESTANZA "Noi, studenti cittadini
d'Europa" Gli studenti cittadini d'Europa. Ecco che cosa raccontano i
vincitori del concorso regionale: per ragioni di spazio non riusciamo a
pubblicare integralmente i testi. Camilla Bianco Linda Portioli ed io,
studentesse della II A del Liceo classico, seguite dalla prof Adriana Rosini,
abbiamo scelto di trattare il problema delle migrazioni. Abbiamo incentrato il
nostro sguardo sull'Europa, che in questi ultimi anni deve affrontare la sfida
di grandi flussi migratori provenienti dall'Africa e da altre zone povere del
mondo e abbiamo formulato le nostre proposte su come governare questi processi
e garantire l'integrazione e la coesione del nuovo contesto multiculturale e
multietnico. Abbiamo partecipato ad un incontro tenuto dal prof. Majocchi,
docente di Storia dell'Europa Occidentale. La tesina mi ha consentito di
vincere una delle due borse di studio, che mi darà modo di partecipare al
seminario di formazione federalista. Carlos Alberto Cirilo Mestanza E' uno
studente della V B Odontotecnico dell'Ipsia Lombardi, Carlos Alberto Cirilo
Mestanza, il vincitore del prestigioso «Diventiamo cittadini Europei». Carlos
Alberto è originario di Ancash, in Perù; nel 2005 si è trasferito in Italia con
la famiglia, si è iscritto all'Ipsia Lombardi dove frequenta il quinto anno.
Fin dall'inizio ha instaurato ottimi rapporti coi compagni di classe.
«Eclettico e lettore instancabile di testi storici, si è rivelato
particolarmente sensibile alle problematiche politiche, sociali ed economiche
del Novecento», così lo definisce la prof. Maria Pia Dellarole, coordinatrice
del progetto. Lo studente ha raccontato le migrazioni. Particolare spazio è
stato dato alle soluzioni che l'Unione Europea può dare per aiutare
l'integrazione degli immigrati; secondo l'autore è necessaria una leadership
non ideologica ma pragmatica e umana per affrontare l'immigrazione disordinata.
Per aiutare l'Africa, bisogna investire per creare benessere e l'Unione Europea
deve aiutare i paesi con delle democrazie incipienti e favorirne il
consolidamento. Poi sulla difficile problematica molto
diffusa nell'America Latina, della difesa dei diritti umani che vengono
calpestati Carlos racconta: «Mio padre nel 1992 fu rapito da guerriglieri
comunisti del gruppo sovversivo Sendero Luminoso (equivalente alle Brigate
Rosse) e dopo vessazioni e intimidazioni fu liberato dietro il pagamento di una
somma di denaro». Nel ricordo di un momento così doloroso, Carlos vuole
dedicare la vincita del concorso a persone care come gli zii Melquiades Saenz,
Luz Tello e Clodomiro Jo e a sua madre Rosa Mestanza e al suo defunto padre
Nicolas Cirilo. ( da "Repubblica, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 2 - Cronaca Da Amnesty International a Medici senza
frontiere: in questo modo l´Italia non rispetta la Convenzione di Ginevra Le
organizzazioni umanitarie: gesto cinico CATERINA
PASOLINI ROMA - Un gesto preoccupante, cinico e violento, contrario
alle leggi internazionali e al rispetto dei diritti umani. Protestano
le organizzazioni umanitarie per la sorte dei clandestini ripescati nel canale di
Sicilia e rispediti direttamente in Libia. Dalla Caritas all´Arci, da Medici
senza frontiere a Save the Children accusano il governo. Mentre l´Onu chiede di
«riconsiderare la preoccupante decisione». Tre i punti fondamentali. Non
è stata data ai migranti la possibilità, prevista dalle Convenzione di Ginevra,
di chiedere asilo. Vengono mandati in un paese che non ha ratificato le
convenzioni internazionali sui diritti umani. Senza
dimenticare «che è fondamentale che il principio internazionale di non
respingimento continui ad essere integralmente rispettato», dice l´Alto
commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Antonio Guterres. Preoccupato
perché questo «incidente mostra un radicale mutamento delle politiche
migratorie del governo italiano», ancor più allarmante «per la mancanza di
trasparenza con cui si è svolto». Loro, che si occupano dei più deboli, che
conoscono le rotte dei disperati, che hanno visitato «i campi» libici di
accoglienza più volte bocciati dalle organizzazioni internazionali, temono per
il futuro di quei clandestini. «Non sappiamo chi se ne farà carico. Se verranno
rimandati nei paesi dai quali sono fuggiti finiranno in carcere, sparendo nel
nulla come è già accaduto. Oppure resteranno per anni senza tutela in quei
campi dove il rispetto dei diritti umani è bassissimo.
Non possiamo lavarcene le mani, siamo responsabili del loro destino», dice
Oliviero Forti, responsabile ufficio immigrazione della Caritas. «Ricacciare
quei disperati è assurdo e incivile. Una prova di forza inaccettabile, un atto
elettorale visto che non sembra esserci un piano, un progetto», sbotta Valerio
Neri di Save the children che ricorda come ai clandestini non sia stata
concessa la possibilità di chiedere asilo prevista dalla Convenzione di
Ginevra. E molti lo avrebbero ottenuto visto che su cento richieste cinquanta
ottengono lo status di rifugiato. Non solo. vengano mandati in un paese che non
ha ratificato la convenzione sui diritti umani, che
non è attrezzato a dare asilo. Un comportamento, ricorda, già sanzionato dalla
Corte europea che nel 2005 aveva condannato l´Italia per aver fatto
respingimenti collettivi alla volta delle città libiche. Punta il dito anche
Filippo Miraglia dell´Arci. «La Libia è stata più volte denunciata per il
mancato rispetto dei diritti umani, trattata gli
irregolari in maniera indegna detenendoli in veri e propri lager, oppure
abbandonandoli nel deserto o ancora rispedendoli nelle terre d´origine anche
nel caso in cui ci siano guerre e persecuzioni». Un avvenimento terribile, lo
giudica Loris de Filippi, presidente di Medici senza frontiere. «Questo
rimpatrio forzato e cinico è contrario alle leggi internazionali e metterà
l´Italia al bando delle nazioni civilizzate». ( da "Repubblica, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 2 - Cronaca Immigrati, Maroni esulta "Un
trionfo riportarli in Libia" La protesta dell´Onu: un errore, ripensateci
Il governo I radicali: violato il diritto, i 227 migranti respinti senza la
possibilità di chiedere asilo ALBERTO CUSTODERO ROMA - «I clandestini non li
facciamo entrare». Scandisce appena sei parole il ministro dell´Interno Roberto
Maroni per spiegare la nuova politica dell´immigrazione «del respingimento» che
sostituisce, da ieri, quella del «rimpatrio». Eccola «la svolta storica»
annunciata trionfalmente da Maroni: i 227 migranti intercettati mercoledì sera
nel Canale di Sicilia sono stati rispediti al mittente, cioè alla Libia, su
richiesta delle stesse autorità libiche, a bordo di motovedette italiane quando
ancora si trovavano in acque internazionali. In sostanza, è l´inizio del
pattugliamento misto che diventerà routine a partire dal 15 maggio. Ma perché
prima tutto questo non avveniva? «Per il motivo semplice - chiarisce il
titolare del Viminale - che la Libia non ha mai accettato prima di riprendersi
indietro migranti non libici partiti dalle loro coste». Che cosa ha dato in
cambio l´Italia, o meglio il governo Berlusconi per ottenere questa
disponibilità della Libia? Per Maroni, il rispetto degli accordi del dicembre
del 2007 e dell´agosto del 2008. «Ci avete fatto un mazzo così per mesi - ha
spiegato il ministro leghista ai giornalisti - contestandoci di aver firmato un
accordo che la Libia non voleva accettare, e ora che lo rispetta ci rifate il
mazzo?». L´annuncio trionfale che Maroni fa del «respingimento» degli immigrati
dal mezzo del mare è arrivata ieri, giorno del suicidio dei una donna immigrata
rinchiusa nel Cie romano di Ponte Galeria. Vigilia della Festa della Polizia.
Nonostante Maroni abbia incassato «la soddisfazione del commissario europeo
Barrot», il «respingimento» dei 227 migranti ha suscitato la «preoccupazione»
di Save the children «per i minori presenti fra i migranti». E provocato
proteste anche dal mondo della politica. I radicali sono pronti a denunce in
sede internazionale contro i «respingimenti forzati». Per Paolo Ferrero,
segretario di Rifondazione comunista, «Maroni ha ben poco di cui vantarsi, anzi
dovrebbe vergognarsi di quello che ha fatto: l´Italia è e dovrebbe restare un
paese civile dove i profughi di guerra, a partire da donne e bambini del Corno
d´Africa che fuggono dai signori della guerra, vengono accolti e non respinti
alle frontiere. I deputati del Pd Siragusa e Sarubbi hanno definito
«agghiaccianti le dichiarazioni di esultanza degli esponenti del governo e
della maggioranza». Maroni, però, di fronte a queste polemiche, ha tagliato
corto: «Io il clandestino non lo faccio entrare - ha spiegato - lo respingo e
torna da dove è venuto senza entrare nel merito di chi è, e perché viene. In
Libia c´è il Consiglio italiano per i rifugiati che vigilerà se sono rispettati
gli obblighi internazionali». Ma è stato proprio il Cir,
ieri, a «denunciare come l´Italia, con il respingimento, abbia violato la
Convenzione di Ginevra, la Convenzione europea sui diritti umani. E abbia esposto i migranti al rischio di torture nei Paesi di
provenienza». ( da "Repubblica, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina I - Napoli STELLA CERVASIO E
TIZIANA COZZI A PAGINA XIV Le mostre Tesori ritrovati e artisti dal mondo per i
diritti umani SEGUE A
PAGINA 14 ( da "Repubblica, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina XV - Napoli L´associazione La rete Per il
sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale 22 cortometraggi di
tre minuti su cultura, dignità, sviluppo Artisti e registi del mondo al Madre
per i diritti umani Il progetto
è firmato dall´associazione Art of the world: l´unico italiano presente è il
napoletano Francesco Jodice Il vero spazio dell´arte pubblica oggi è la
cosiddetta rete, la televisione, il cinema Certamente non più la piazza come
una volta Il Dvd sarà proiettato stasera alle 19 in via Settembrini: nel 2013
sarà ripreso nel Forum delle culture STELLA CERVASIO «Il vero spazio
dell´arte pubblica oggi è la rete, la televisione, il cinema: certo non più
come una volta le piazze», dice Francesco Jodice, unico italiano nel progetto
di Art for The World di un film composto di corti dal titolo "Stories on
Human Rights" scelti anche dalla World Cinema Commission di Martin
Scorsese. E la sua è una profonda verità. Ieri la Fondazione Tramontano Arte ha
presentato il progetto di Art for The World, una Ong che agisce dal 96,
associata all´Onu per la diffusione dei diritti dell´uomo attraverso l´arte,
presieduta da Adelina CÜberyan von FÜrstenberg, curatrice che ha diretto Le
Magasin, il Centro d´arte contemporanea di Grenoble. Per il sessantesimo anniversario della Dichiarazione
universale dei diritti dell´uomo la curatrice, che aveva già lavorato su arte e
cinema con la mostra "Collateral" del marzo 2007 alla Bicocca di
Milano, ha chiesto a ventiquattro fra artisti e registi, di "leggere"
in 22 cortometraggi di tre minuti sei temi della Dichiarazione: cultura,
sviluppo, dignità e giustizia, ambiente, genere e partecipazione. Come un
prodotto dell´arte pubblica, che, in quanto no profit, non si può veicolare
nelle sale cinematografiche, il dvd "Stories on Human Rights" sarà
proiettato oggi alle 19 al Madre (via Settembrini, 79) per essere poi ripreso
nel programma "Peace maker a scuola", del Forum delle Culture del
2013 in cento scuole napoletane. Il dvd è già un oggetto di culto, composto
com´è delle immagini girate da artisti del mainstream, come Marina Abramovic -
che come sempre emoziona con un gruppo di bambini orientali che simulano
operazioni belliche, esecuzioni, assalti - , Pipilotti Rist, Teresa Serrano,
Dominique Gonzalez-Foerster (autrice l´anno scorso di una installazione alla
Bourgeois nella Turbine Hall di Londra) con Ange Leccia, Runa Islam, il
napoletano Francesco Jodice, la coppia di scrittori e cineasti israeliani Etgar
Keret e Shira Geffen, autori di "Jellyfish" premiato a Cannes nel
2007. E poi il regista cinese Zhang Ke Jia, autore delle due malinconiche
storie d´amore di "Still Life", Leone d´Oro a Venezia nel 2006;
l´iraniano Saman Salour ("Lonely Tune of Teheran" 2008); l´indiano
Murali Nair, Idrissa Oudèdraogo del Burkina Faso Premio speciale della Giuria
del Festival di Cannes per TilaÏ (La Legge) del 90.
Hany Abu-Assad (palestinese, "Paradise now", Oscar nel 2006), il
neozelandese Armagan Ballantyne (autore del film sui Maori "The Strenght
of Water"), Sergei Bodrov che ha girato una storia sulle adozioni in
Russia. Ed ancora Charles de Meaux, produttore dei video del tailandese
Apichatpong Weerasethakul (Joe), pure presente con un episodio, ma anche
artista che con Pierre Huyghe e Philippe Parreno nel 98
ha fondato la casa di produzione "Anna Sanders Film"; l´olandese
Bram Schouw, l´africano Abderrahmane Sissako, la brasiliana Daniela Thomas, la
bosniaca Jasmila Zbanic (Orso d´Oro 2006 per "Grbavica"), l´argentino
Pablo Trapero, il cui lungometraggio "Leonera" ha appena vinto un
premio al Torino International Glbt Film Festival. ( da "Corriere delle Alpi"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Presi e riportati in Libia dall'Italia 227 disperati
Maroni: storico accordo con Tripoli. L'Onu preoccupato: scelta da ripensare
Respinti tre barconi, nessuno sa se ci sono bimbi e donne incinte «Una pagina nera per i diritti umani» MATTEO
CORDA ROMA. «Li abbiamo respinti, non rimpatriati, l'eventuale diritto di asilo
non è compito del governo italiano ma di quello libico e da oggi sarà sempre
così». Per il ministro dell'Interno Roberto Maroni, l'operazione dei 227
immigrati riconsegnati ieri mattina alla Libia rappresentano una «svolta
storica» nella lotta all'immigrazione clandestina. Il messaggio è
rivolto anche all'Europa che per il ministro leghista non si è mai spesa a
sufficienza su questo problema. «Da oggi facciamo da soli», Frontex, l'agenzia
per la gestione delle frontiere creata dall'UE, il governo italiano la giudica
inefficace. «Ora - dice Maroni - chiediamo che Bruxelles adotti come modello di
riferimento questo del respingimento alla frontiera». Respinti. Non una parola
sull'odissea fra Malta e Lampedusa dei tre barconi, non una parola su quanti
minori fossero a bordo, sulle tre donne in stato interessante, sulla
nazionalità dei migranti (nessun libico, pare). Nessuna preoccupazione neppure
per le critiche rivolte dalle associazioni e dalle agenzie umanitarie.
Tra queste c'è l'alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, Antonio
Guterres, che giudica «sbagliata» la scelta del governo italiano, perché «sui
migranti respinti non è stato possibile valutare eventuali necessità di
protezione internazionale». Una scelta ancor più grave proprio perché, osserva
l'Unhcr, «la Libia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non
dispone di un sistema nazionale d'asilo efficiente». L'incidente preoccupa
l'agenzia dell'Onu che invita il governo italiano a rispettare la convenzione
di Ginevra proprio sul principio di non respingimento, per garantire protezione
a coloro che sono in fuga da guerre e persecuzioni. Durissimo il commento di
Medici senza Frontiere che giudica quella di ieri «una giornata nera per i
diritti umani». «Altro che avvenimento storico, ha
dichiarato il presidente in Italia Loris De Filippi, piuttosto si tratta di un
rimpatrio forzato e cinico, contrario alle leggi internazionali e che metterà l'Italia
al bando delle nazioni civilizzate». Già nel 2005, proprio per un caso di
rimpatrio forzato ricorda Msf, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea
dei diritti dell'uomo. Ma le polemiche sollevate non preoccupano il ministro
dell'Interno che ha giudicato infondate le critiche, ricordando piuttosto la
soddisfazione espressa anche dal Commissario europeo per la Giustizia libertà e
sicurezza Jacques Barrot. Questo è il modello più efficace spiega Maroni, «non
si confonda il rimpatrio con il respingimento che invece significa che chiunque
tenti di entrare illegalmente viene respinto: senza entrare nel merito su chi
è, perché lo vuol fare, che cosa è venuto a fare eccetera....». Insomma il
governo mette avanti tutta navi e motovedette, in applicazione del trattato
bilaterale italo-libico dell'agosto del 2008 e che costerà all'Italia 5
miliardi di dollari in 20 anni. «Dalla prossima settimana - annuncia ancora
Maroni - dal porto di Gaeta partiranno le motovedette che saranno in dotazione
alla guardia costiera libica e che serviranno per il pattugliamento congiunto
con le autorità italiane». «Si tratta di un accordo firmato dal mio
predecessore Giuliano Amato», ha osservato il ministro dell'Interno per
prevenire ogni possibile critica anche dal fronte dell'opposizione. Difficile
in questo caso prevedere le regole d'ingaggio e non serve che i cronisti gli
ricordino il drammatico speronamento da parte della motovedetta Sibilla della
nave Kadar nel marzo del '97, in cui morirono annegati oltre 80 immigrati. ( da "Manifesto, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani LA TESTIMONIANZA «Io, sopravvissuto, vi racconto la non
vita nei lager del deserto» Dagmawi Yimer Dagmawi Yimer* L'ipocrisia europea,
in questo caso italiana, si è fatto viva ancora un'altra volta ieri sera quando
il governo ha ricondotto in Libia tre «barche» su cui c'erano persone come me,
scappate dal proprio paese per motivi politici, cioè richiedenti asilo, gente
che chiede il riconoscimento dello status di rifugiato politico. E che poi,
quando riesce ad arrivare e non è respinto in mare, ottiene dal vostro stesso
governo la protezione umanitaria o l'asilo politico.
Ho vissuto nelle carcere libiche per diverse settimane. Non saprei dire quanto,
perché lì perdi la cognizione del tempo, dei giorni che passano sotto il peso
dei soprusi che subisci. In quelle carceri, sono stato picchiato, derubato,
trattato come una bestia. Infine, sono stato riportato nel lager di Kufra, nel
sud del paese, al confine con il Sudan, sulla rotta che viene dal Corno
d'Africa e che tutti noi emigranti in fuga dal regime dittatoriale di Addis
Abeba seguiamo. Kufra è un inferno. Vi sono stato condotto ammucchiato con
altri cento prigionieri in un container con piccole fessure solo per respirare.
Spesso chi viene arrestato a Tripoli o a Bengazi, nel nord della Libia, viene
condotto a Kufra. Qui viene venduto ai contrabbandieri, che poi lo liberano
solo previo pagamento di una somma variabile. Anche io sono stato venduto. Una
volta arrivato a Kufra, i poliziotti mi hanno ceduto agli intermediari. Gli
intermediari mi hanno chiesto dei soldi per liberarmi. Ho pagato. E ho potuto
continuare il mio viaggio. Altri giacciono ancora in quel luogo d'orrore e
negli altri centri di detenzione libici. Sono sopravissuto a tutte queste
trappole organizzate e nel luglio 2006 sono finalmente sbarcato a Lampedusa. Il
film «Come un uomo sulla terra» - che ho girato l'anno scorso insieme ad Andrea
Segre - racconta tutte le sofferenze che io e i miei compagni di viaggio
abbiamo subito prima di arrivare in Italia. Sofferenza che abbiamo subito anche
grazie agli accordi bilaterali tra Italia e Libia. In questi anni abbiamo molto
sperato che i problemi dei miei compagni ancora trattenuti in diverse prigioni
in Libia potessero risolversi. Ma la notizia di ieri distrugge queste nostre speranze e rivela la banalità della politica e la sua
incapacità di rispettare i diritti umani. Cedere
queste persone a un paese che ancora oggi non riconosce questi diritti
fondamentali e non ha firmato la Convenzione di Ginevra, è esso stesso un
delitto contro l'umanità. Il 16 aprile abbiamo commemorato i morti del Mediterraneo
insieme a quelli del terremoto dell'Aquila. Chi piangerà queste
centinaia di persone che hanno sperato di trovare asilo in questo paese e sono
state respinte senza essere identificate, fuggendo non soltanto dal loro paese
ma anche dalle condizioni disumane, impossibili da sopportare, di una vita da
clandestino in Libia, con il terrore permanente di venire rinchiusi in un
centro e di non rivedere più la luce? Tanti altri muoiono e moriranno fino a
quando la Libia non accetterà e non tratterà queste persone come persone umane,
e come rifugiati. E finché l'Italia, che pure ha alle spalle una lunga storia
di emigrazione, non smetterà di pensare al respingimento come l'unico modo di
trattare la questione dei rifugiati. Finché l'Italia non ritroverà le proprie
radici di paese civile ed accogliente, posso dire una sola parola: vergogna.
*Regista etiope, co-autore del film "Come un uomo sulla terra", che
racconta le sofferenze degli immigrati africani in transito per la Libia ( da "Manifesto, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani AGGRESSIONE ALL UMANITÀ Alessandro Dal Lago Quando
qualcuno, affamato, malato o bisognoso, bussa alla nostra porta, dovrebbe
scattare un imperativo primordiale al soccorso. Questo almeno sostengono le
mitologie religiose. L'umanità, prima ancora di
un'astrazione filosofica, è l'espressione di questo riflesso. Anche se non crediamo al diritto naturale e tanto meno alla
retorica dei diritti umani, soprattutto nell'epoca delle guerre umanitarie,
sappiamo che il limite minimo della comune condizione umana è definito da
quell'imperativo. Rinviando i barconi dei migranti in Libia, il governo
italiano ha deciso di rinunciare di fatto e di diritto a qualsiasi minima
considerazione umana. O meglio: ha stabilito che la cittadinanza,
italiana o occidentale che sia, è il requisito indispensabile perché qualcuno
sia trattato da essere umano. E dunque che abbia diritto a vivere, a essere
curato e trattato come una persona. Tra i migranti respinti senza nemmeno
mettere piede sul nostro sacro suolo ci sono persone in fuga dalla guerra,
dagli stermini e dalla fame. Impedendo loro persino di chiedere asilo e
riconsegnandoli ai porti d'imbarco, l'Italia li condanna alla detenzione, alle
angherie e, come è già documentato da anni, alla morte. Così nel nome della
difesa paranoica della nostra purezza territoriale che accomuna la maggioranza
di destra e parti consistenti dell'opposizione, noi rispediamo nel nulla i
nostri fratelli, uomini, donne e bambini. Proprio come, a diecimila chilometri
di distanza, in nome della nostra sicurezza, le nostre pallottole uccidono i
bambini e le nostre bombe cancellano dalla faccia della terra cento civili in
un colpo solo. A questo punto, non c'è nemmeno bisogno di insistere nelle
analisi. Il quadro appare chiaro. Dentro la nostra fortezza, norme discriminatorie,
che si appoggiano a una cultura trionfante della delazione pubblica e privata,
tengono in riga, nell'ombra e nello sfruttamento, gli stranieri di cui abbiamo
bisogno. Fuori, c'è l'espulsione preliminare, concordata con la Libia. Curiosi ricorsi
storici: i nostri ex colonizzati, a suo tempo decimati e rinchiusi nei campi di
concentramento di Graziani, si incaricano, in cambio di soldi, contratti e
autostrade, di respingere e internare i profughi e gli affamati di un
continente. Qui le leggi razziali, rispolverate da qualcuno, non c'entrano
proprio. C'è invece quella linea, profonda come la faglia di Sant'Andrea, che
separa il mondo sviluppato dal resto della terra. In un romanzo di Saramago, la
penisola iberica si staccava dall'Europa. Ma ora è questa che scava un fossato
incolmabile con la povertà esterna; la Lega è la punta estrema e paranoica di
questa cultura del respingimento. E in Italia, ventre d'occidente, non valgono
nemmeno le finzioni umanitarie di burocrati e giuristi
europei. Qui da noi, mentre la stampa si affanna intorno ai casi privati del
padrone, tutto è divenuto possibile. Ma ci si sbaglierebbe a credere che la
nostra sia un'eccezione. Dopotutto, il fascismo è nato in una pianura tra le
Alpi e gli Appennini. Oggi, l'Italia è l'avanguardia di un'aggressione all'umanità. ( da "Unita, L'" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani MARISTELLA IERVASI Nessuna pietà per le donne incinte,
disidratate e prossime alla gravidanza. Nessuno scuprolo su eventuali bimbi a
bordo. Tutti i 227 migranti naufraghi, intercettati e abbandonati per un giorno
nelle acque del Canale di Sicilia perchè infuriava l'ennesimo bisticcio tra
Malta e Italia sul salvataggio, alla fine sono stati deportati a Tripoli. Un
respingimento collettivo senza precedenti, al di fuori di ogni regola
consolidata. L'Onu gela l'Italia: «Il cambio di politica è un errore. Il
principio internazionale del non respingimento vale anche nelle acque
internazionali». Da qui l'appello alla retromarcia affichè questa prassi non si
ripeta più. Allibite tutte le organizzazioni umanitarie.
Protesta anche la Cei: «Migranti a rischio». L'italia e Malta hanno deciso
nella notte di risolvere la questione sbarchi nel Mediterraneo, avvitandosi
nelle pratiche di negazione del diritto e brindando alla «svolta» storica. E
invece la prospettiva che attende i migranti è una sola: le carceri libiche. Ma
all'Italia come a Malta questo non interessa. Anzi, sono state proprio tre
motovedette italiane a consegnare i naufraghi immigrati, stanchi e provati
dalla lunga traversata, nelle mani dei soldati del colonnello Gheddafi. E senza
alcuna verifica preventiva su chi fossero quelle persone disperate: da quali
paesi scappavano o quali torture e persecuzioni si erano lasciate alle spalle.
A nessuno è stato consentito riposare sulla terra ferma neppure un minuto. Tutti,
sono stati trasbordati dai barconi alle navi e rispediti in tutta fretta in
Libia. Un paese che non ha firmato la Convezione di Ginevra sui rifugiati e non
ha alcuna cultura sull'asilo. Violazione dei diritti
Prima Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i
rifugitati, poi Antònio Guterres (Unhcr) in persona, sottolineano che
«l'incidente mostra un radicale mutamento nelle politiche migratorie del
governo italiano e rappresenta una fonte di grave preoccupazione». La mancanza
di trasparenza dell'operazione ha fatto sì che Maroni quasi coniasse un
principio dell'esternalizzazione dell'asilo che non sta scritto da nessuno
parte, se non nell'accordo segreto tra Italia-Libia. Da qui l'invocazione Onu:
«Malta e l'Italia continuino ad assicurare alle persone salvate in mare e
bisognose di protezione internazionale pieno accesso al territorio e alla
procedura di asilo nell'Unione Europea». Fra le persone respinte in Libia ci
potrebbero essere dei profughi dell'Africa sub sahariana. E protesta anche la
Cei: «L'effettivo trattamento di chi viene mandato in Libia va verificato», ha
detto Giandomenico Gnesotto, direttore dell'Ufficio pastorale della Fondazione
Migrantes dell'episcopato italiano. Allibite tutte le organizzazioni umanitarie. Mentre il commissario europeo Jacques Barrot, esprime soddisfazione per il salvataggio dei migranti ma tace sul
respingimento dell'Italia. È stata l'Italia con tre motovedette a consegnare i
naufraghi a Gheddafi. Respingimenti fuori da ogni regola internazionale. Nessuno
scrupolo: in Libia diritti umani negati. Protesta l'Onu, la Cei e il tavolo «asilo». ( da "Unita, L'" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani FEDERICA FANTOZZI La «svolta storica» nel contrasto
all'immigrazione clandestina è la regola del «respingimento a mare», cioè alla
frontiera, degli immigrati. Senza identificarli. Senza che possano mettere
piede a terra. A prescindere da nazionalità, diritto all'asilo, minore età,
gravidanza. Il ministro dell'Interno Maroni vorrebbe imporlo come modello
europeo, da mercoledì notte in Italia è realtà: 227 persone sono state salvate
in acque internazionali di competenza maltese e riportate nel porto libico di
provenienza. respinti in mare È l'applicazione concreta del trattato
Italia-Libia, e la richiesta di intervento sarebbe partita proprio dal Paese
africano. Si è risolto così l'ennesimo braccio di ferro tra Roma e La Valletta
sui recuperi nel canale di Sicilia. E il 14 maggio cominceranno i
pattugliamenti congiunti delle coste libiche, con sei motovedette italiane
sotto il comando di Tripoli e italiani a bordo con compiti di addestramento e
non operativi. Con un'operazione senza precedenti, tre barconi con a bordo 227
clandestini sono stati avvicinati da altrettante motovedette che hanno
trasbordato i passeggeri facendo rotta sulla Libia. Alle 8,15 di ieri mattina
gli immigrati, stremati, sono entrati nel porto di Tripoli e presi in carico
dalle autorità libiche. A bordo 40 donne. Maroni non ha voluto dare notizie
precise sulla presenza di bambini, riferita da testimoni dello sbarco, dunque
non confermata nè smentita. Il ministro leghista rivendica l'evento come «un
successo dell'esecutivo», frutto di un anno di trattative: «Per la prima volta
il paese di provenienza degli immigrati ha accettato di riaccoglierli». Nessuna
contropartita per Gheddafi, afferma, in quanto è semplicemente entrato in
vigore un accordo già stipulato (con Berlusconi e prima Amato). Alla domanda se
l'Italia abbia ottenuto il via libera europeo sul principio del «respingimento
a mare», il ministro riferisce della «soddisfazione» espressa
dall'eurocommissario Barrot (che però è relativa al salvataggio dei tre barconi
nel canale di Sicilia, mentre sul rimpatrio in Libia non ha voluto commentare).
Contento il ministro dell'Interno maltese Bonnici dato che la svolta epocale
«risolve un problema anche a loro». nessuna garanzia di asilo Quanto alla sorte
degli immigrati, il titolare del Viminale risponde che «non è una
preoccupazione del governo italiano. Ci penseranno le organizzazioni umanitarie sul suolo libico. Noi ci preoccupiamo di chi
chiede asilo qui, non di chi lo chiede altrove». Né l'accordo bilaterale prevede garanzie per il rispetto dei diritti umani dei naufraghi da parte di Tripoli, le cui condizioni di
detenzione sono state denunciate da molti rapporti di Ong. Il loro destino
dunque - così come le relative notizie - dipende esclusivamente d alle autorità
libiche. L'accordo è già operativo dal 30 aprile scorso, come spiega il capo
della polizia Antonio Manganelli: «In Libia hanno già recuperato da soli
300 immigrati e arrestato gli scafisti». La seconda parte del trattato prevede
il pattugliamento congiunto delle coste libiche. Il 14 maggio partiranno da
Gaeta (con Maroni a bordo) le motovedette, sulle quali già si stanno
addestrando da due settimane gli equipaggi libici. «Se poi qualche barca
sfuggisse dal perimetro libico - ha detto Maroni mimando con le mani la
chiusura di una rete - Sarà comunque respinta in mare, salvaguardando il
principio della vita umana. Ora i trafficanti cercheranno altri sbocchi:
l'Italia non è più il ventre molle dell'immigrazione nel Mediterraneo». Più
cauto il Repubblicano Nucara: «L'Onu deve capire che l'Italia non è il
paradiso, la situazione è drammatica ma riguarda tutto l'Occidente». Maroni
conta di trasformare il pacchetto sicurezza in legge nei primi giorni della
settimana prossima: più tempo si perde, più clandestini escono dai Cie. Quanto
alla definizione di «leggi razziali» datane da Franceschini, il ministro
contrattacca: «Una vera e propria idiozia». Il ministro dell'Interno è
raggiante per la «svolta storica» nella lotta ai clandestini. L'accordo
Italia-Libia diventi «un modello europeo». Respinti senza sbarcarli né
identificarli 227 immigrati: sono di nuovo a Tripoli. ( da "Unita, L'" del
08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Touadì, Pd: una svolta che nega i
diritti umani «Per
Maroni è una svolta storica. È vero, è una svolta ma contro 60 anni di diritti umani. Una svolta che non deve
ripetersi», dice Jean-Leonard Touadi, Pd, sulla vicenda delle navi italiane che
hanno riportato in Libia i migranti. ( da "Repubblica, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 21 - Cronaca I punti Il caso Prelievi di innocenti
in archivio, polemica a Londra LONDRA - Anche in Gran Bretagna è polemica per
la nuova legge sul Dna. A Londra sono conservati 4,5
milioni di campioni (di condannati e di innocenti). Il progetto di legge
prevede di conservare per 12 anni i profili di chi è scagionato dall´accusa di
reati gravi. L´opposizione e gli attivisti dei diritti umani chiedeno che il Dna di innocenti non venga conservato. ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-08 - pag: 11
autore: Alla vigilia del viaggio in Palestina estremisti afghani contro il
proselitismo cattolico Messaggio al Papa: fermare i crociati Carlo Marroni
CITTà DEL VATICANO Basta proselitismo cristiano in Afghanistan o ci saranno
gravi conseguenze. Alla vigilia della partenza del viaggio in Medio Oriente - e
dell'uccisione di oltre cento civili nella provincia di Farah - i talebani
hanno minacciato Benedetto XVI di «fermare i crociati». Le minacce sono state
affidate a un comunicato pubblicato su un sito web vicino agli studenti
coranici (alemarah1.org): «L'Emirato islamico in Afghanistan (i talebani, Ndr)
chiede al Papa cristiano Benedetto XVI di impegnarsi per impedire che le
sciocche e irresponsabili azioni dei crociati turbino la sensibilità dei
ribelli musulmani, oppure dovrà aspettarsi una severa reazione ». Il
riferimento è alle immagini trasmesse giorni fa dalla rete tv Al Jazeera, in
cui si vedevano soldati Usa con bibbie tradotte in lingua locale. Il
proselitismo religioso nei confronti di musulmani è un crimine in Afghanistan e
in altri Paesi islamici. L'esercito statunitense ha comunque ribadito che i
soldati non possono fare opera di proselitismo, e che i testi sacri sono stati
confiscati e distrutti. Intanto ieri il Parlamento europeo ha bocciato con 253
voti, contro i 199 a sostegno, e 61 astensioni un emendamento che condannava le
recenti dichiarazioni di Ratzinger contro l'uso del preservativo quale mezzo di
lotta all'Aids. L'emendamento, firmato dal radicale italiano Marco Cappato e
dalla liberale olandese Sophia in't Veld, era inserito nel rapporto annuale
dell'Assemblea sui diritti umani nel mondo
per il 2008. Subito prima del voto, il cristiano democratico tedesco Hartmut
Nassauer è intervenuto con una mozione d'ordine durissima, chiedendo al
presidente della seduta Gérard Onesta (Verdi) di non procedere al voto
dell'emendamento in base a due motivazioni: innanzitutto, perché le
dichiarazioni del Papa sono del 17 marzo 2009 (durante il suo viaggio
verso il Camerun), mentre il rapporto dell'Europarlamento si riferisce al 2008
e poi perché, ha osservato, le si comparano «a violazioni dei diritti umani gravissime nel mondo, come le esecuzioni di condanne
capitali in Cina o la tortura». E sempre alla vigilia della partenza il Papa ha
nominato il nuovo segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, un
dicastero che ha stretta competenza sugli affari del Medio Oriente: si tratta
del gesuita slovacco Cyril Vasil, 44 anni, rettore del Pontificio istituto
orientale: sarà vice del prefetto, cardinale Leonardo Sandri, in partenza oggi
con il Papa. © RIPRODUZIONE RISERVATA A STRASBURGO L'Europarlamento boccia di
strettissima misura la mozione di condanna di Ratzinger per il discorso
africano sui preservativi ( da "Corriere della Sera"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Corriere della Sera sezione: Cronaca di Roma data:
08/05/2009 - pag: 9 XI Municipio Dopo l'esperienza di Cinecittà Arriva il
biotestamento Oggi nel consiglio del XI municipio si discute il testamento
biologico. Lo annuncia il presidente del XI municipio Andrea Catarci: «La
mozione proposta muove dai riferimenti generali contenuti nella Costituzione, nella Convenzione dei Diritti Umani, nel
Codice di deontologia medica e propone di istituire un Registro per i residenti
in cui raccogliere le dichiarazioni di volontà con riferimento ai trattamenti
di natura medica». «I residenti nel territorio del Municipio XI potranno
dichiarare - aggiunge - se intendono sottoporsi, in caso di malattie non
curabili, a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che
impediscano una normale vita di relazione. Inoltre potrà essere indicato un
tutore che possa rappresentare la volontà del malato non più in grado di
comunicare ». Catarci sottolinea che «la maggioranza locale di centro-sinistra,
composta da Pd, Sinistra e Libertà e Lista Civica per Rutelli, arriva compatta
all'appuntamento. ( da "Manifesto, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani LA TESTIMONIANZA «Io, sopravvissuto, vi racconto la non
vita nei lager del deserto» Dagmawi Yimer* L'ipocrisia europea, in questo caso
italiana, si è fatto viva ancora un'altra volta ieri sera quando il governo ha
ricondotto in Libia tre «barche» su cui c'erano persone come me, scappate dal
proprio paese per motivi politici, cioè richiedenti asilo, gente che chiede il
riconoscimento dello status di rifugiato politico. E che poi, quando riesce ad
arrivare e non è respinto in mare, ottiene dal vostro stesso governo la
protezione umanitaria o l'asilo politico. Ho vissuto
nelle carcere libiche per diverse settimane. Non saprei dire quanto, perché lì
perdi la cognizione del tempo, dei giorni che passano sotto il peso dei soprusi
che subisci. In quelle carceri, sono stato picchiato, derubato, trattato come
una bestia. Infine, sono stato riportato nel lager di Kufra, nel sud del paese,
al confine con il Sudan, sulla rotta che viene dal Corno d'Africa e che tutti
noi emigranti in fuga dal regime dittatoriale di Addis Abeba seguiamo. Kufra è
un inferno. Vi sono stato condotto ammucchiato con altri cento prigionieri in
un container con piccole fessure solo per respirare. Spesso chi viene arrestato
a Tripoli o a Bengazi, nel nord della Libia, viene condotto a Kufra. Qui viene
venduto ai contrabbandieri, che poi lo liberano solo previo pagamento di una
somma variabile. Anche io sono stato venduto. Una volta arrivato a Kufra, i
poliziotti mi hanno ceduto agli intermediari. Gli intermediari mi hanno chiesto
dei soldi per liberarmi. Ho pagato. E ho potuto continuare il mio viaggio.
Altri giacciono ancora in quel luogo d'orrore e negli altri centri di
detenzione libici. Sono sopravissuto a tutte queste trappole organizzate e nel
luglio 2006 sono finalmente sbarcato a Lampedusa. Il film «Come un uomo sulla
terra» - che ho girato l'anno scorso insieme ad Andrea Segre - racconta tutte
le sofferenze che io e i miei compagni di viaggio abbiamo subito prima di
arrivare in Italia. Sofferenza che abbiamo subito anche grazie agli accordi
bilaterali tra Italia e Libia. In questi anni abbiamo molto sperato che i
problemi dei miei compagni ancora trattenuti in diverse prigioni in Libia
potessero risolversi. Ma la notizia di ieri distrugge queste nostre speranze e rivela la banalità della politica e la sua
incapacità di rispettare i diritti umani. Cedere
queste persone a un paese che ancora oggi non riconosce questi diritti
fondamentali e non ha firmato la Convenzione di Ginevra, è esso stesso un
delitto contro l'umanità. Il 16 aprile abbiamo commemorato i morti del Mediterraneo
insieme a quelli del terremoto dell'Aquila. Chi piangerà queste
centinaia di persone che hanno sperato di trovare asilo in questo paese e sono
state respinte senza essere identificate, fuggendo non soltanto dal loro paese
ma anche dalle condizioni disumane, impossibili da sopportare, di una vita da
clandestino in Libia, con il terrore permanente di venire rinchiusi in un
centro e di non rivedere più la luce? Tanti altri muoiono e moriranno fino a
quando la Libia non accetterà e non tratterà queste persone come persone umane,
e come rifugiati. E finché l'Italia, che pure ha alle spalle una lunga storia
di emigrazione, non smetterà di pensare al respingimento come l'unico modo di
trattare la questione dei rifugiati. Finché l'Italia non ritroverà le proprie
radici di paese civile ed accogliente, posso dire una sola parola: vergogna.
*Regista etiope, co-autore del film "Come un uomo sulla terra", che
racconta le sofferenze degli immigrati africani in transito per la Libia ( da "Repubblica.it"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani CITTA' DEL VATICANO - Il rimpatrio dei clandestini in
Libia "ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati":
la protesta formale arriva dal segretario del Pontificio Consiglio per i
Migranti e gli Itineranti, monsignor Agostino Marchetto. Secondo il Vaticano,
anche alcune norme del pacchetto sicurezza, come quella sulla denuncia
obbligatoria dei medici, preludono a "gravi difficoltà" per la realizzazione dei diritti umani dei migranti
in Italia. "La normativa internazionale, alla quale si è appellata anche
l'Onu - ha ricordato monsignor Agostino Marchetto - prevede che i possibili
richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di
accertarlo, tutti i migranti siano considerati 'rifugiati presunti".
"Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i
governi - ha aggiunto - ma c'è bisogno comunque di rendere operative le norme
concordate e riaffermate più volte nelle sedi internazionali". Monsignor
Marchetto ha poi espresso la convinzione, già espressa più volte ma non
sottoscritta dalle massime autorità ecclesiastiche, che la legislazione
italiana in materia migratoria sia macchiata da un "peccato
originale", rappresentato dalla volontà di "criminalizzare gli
emigranti irregolari", una realtà di fronte alla quale "i cittadini
sono posti e devono giudicare". "Ciascuno si assumerà le proprie
responsabilità. Per quanto mi riguarda - ha concluso - cerco solo di
rappresentare la dottrina sociale della Chiesa che, nel valutare la soluzione
ad un problema impone di verificare non solo se è efficace, ma se è
giusta". (8 maggio 2009 ( da "Stampaweb, La"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani CITTA' DEL VATICANO Il rimpatrio dei clandestini in Libia
«ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati», e anche alcune norme del pacchetto sicurezza,
come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a «gravi
difficoltà» per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia. Lo afferma il segretario del Pontificio
Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, Monsignor Agostino Marchetto.
«La normativa internazionale, alla quale si è appellata anche lOnu
- ha ricordato monsignor Agostino Marchetto - prevede che i possibili
richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di
accertarlo, tutti i migranti siano considerati rifugiati presunti».
«Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi - ha
aggiunto - ma cè bisogno comunque di rendere
operative le norme concordate e riaffermate più volte nelle sedi
internazionali». Mons.Marchetto ha poi ribadito la sua convinzione, già
espressa più volte ma non sottoscritta dalle massime autorità ecclesiastiche, che
la legislazione italiana in materia migratoria sia macchiata da un «peccato
originale» rappresentato dalla volontà di «criminalizzare gli emigranti
irregolari», una realtà di fronte alla quale «i cittadini sono posti e devono
giudicare». Il segretario del dicastero vaticano per i migranti ha poi elogiato
lazione dei movimenti cattolici che hanno
criticato i recenti provvedimenti, auspicando che i loro appelli non rimangano
inascoltati. Negare di fatto ai clandestini il diritto alle cure e alleducazione
per i figli, pena la denuncia - ha osservato Marchetto - rappresenta «una
evidente violazione dei diritti fondamentali della
persona». «Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Per quanto mi riguarda
- ha concluso - cerco solo di rappresentare la dottrina sociale della chiesa
che, nel valutare la soluzione ad un problema impone di verificare non solo se
è efficace, ma se è giusta». ( da "Giornale.it, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani n. 110 del 2009-05-08 pagina 0 Rimpatrio, il Vaticano
attacca l'Italia: "Violati i diritti umani dei migranti" di Redazione Dopo il primo
rimpatrio di tre barconi carichi di immigrati e le critiche rivolte al governo
italiano da parte dell'Onu, il segretario pontificio monsignor Marchetto
rincara la dose: "I richiedenti asilo, finché non si verifica la loro
condizione, vanno comunque accolti. Violate le norme internazionali. In Italia
si criminalizzano gli immigrati irregolari". Oggi respinto un altro
barcone a Tripoli Città del Vaticano - Dopo l'Onu, il Vaticano. Il rimpatrio
degli immigrati in Libia "ha violato le norme
internazionali sui diritti dei rifugiati" e anche alcune norme del pacchetto
sicurezza, come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a
"gravi difficoltà" per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia. L'attacco è del segretario del
pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, monsignor Agostino
Marchetto. "La normativa internazionale, alla quale si è appellata
anche lOnu - ha ricordato monsignor Agostino
Marchetto - prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e
che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano
considerati rifugiati presunti". Attacco ai governi "Capisco che gli
attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi - ha aggiunto -, ma
cè bisogno comunque di rendere operative le
norme concordate e riaffermate più volte nelle sedi internazionali".
Monsignor Marchetto ha poi ribadito la sua convinzione, già espressa più volte,
ma non sottoscritta dalle massime autorità ecclesiastiche, che la legislazione italiana in materia
migratoria sia macchiata da un "peccato originale" rappresentato
dalla volontà di "criminalizzare gli emigranti irregolari", una
realtà di fronte alla quale "i cittadini sono posti e devono giudicare".
Negare di fatto ai clandestini il diritto alle cure e alleducazione
per i figli, pena la denuncia - ha osservato Marchetto - rappresenta "una
evidente violazione dei diritti fondamentali della
persona". "Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Per quanto
mi riguarda - ha concluso - cerco solo di rappresentare la dottrina sociale
della chiesa che, nel valutare la soluzione ad un problema impone di verificare
non solo se è efficace, ma se è giusta". Nuovo rimpatrio Seconda
operazione di "respingimento" di clandestini nel canale di Sicilia:
un barcone con 80 immigrati a bordo è stato riportato questa mattina nel porto
di Tripoli. Limbarcazione, riferisce il
Viminale, si trovava in difficoltà non lontano dalle coste libiche ed è stata
rimorchiata in nottata da un rimorchiatore in servizio presso una piattaforma dellEni.
Gli immigrati sono sbarcati al porto di Tripoli intorno alle 11 di questa
mattina: ad attenderli cerano delle ambulanze, che si sono occupate di
portare immediato occorso ai passeggeri più provati dalla traversata. Tutti gli altri, come
di prassi in Libia, sono stati consegnati ai funzionari del ministero dellInterno.
© SOCIETà
EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano ( da "Giornale.it, Il"
del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani Cari amici, tra qualche ora parto con Benedetto XVI per la
Terra Santa. E' un viaggio importante, delicato, affascinante. Il Papa
esprimerà la sua vicinanza ai cristiani che vivono notevoli difficoltà, parlerà
di pace e di riconciliazione. Il Giornale seguirà il viaggio con vari
reportage, e una speciale sezione è già attiva anche sul sito della nostra
testata. Cercherò di aggiornarvi anche via Internet, nella sezione online,
oltre che dalle pagine del quotidiano. Scritto in Varie Commenti ( 14 ) » (No
Ratings Yet) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07May 09 Ranjith, la nomina
può attendere La malattia, già ben superata, del cardinale Canizares, Prefetto
della Congregazione del Culto divino, ha fatto rimandare la pubblicazione della
nomina ad arcivescovo di Colombo - da tempo già decisa - del Segretario della
stessa Congregazione, l'arcivescovo cingalese Malcom Ranjith Patabendige Don.
C'è chi parla di giorni o settimane, chi addirittura di qualche mese. Di certo
sulla nomina del nuovo Segretario è in atto un braccio di ferro, dato il ruolo
chiave che quel dicastero ha nel portare avanti la riconciliazione sul
"campo di battaglia" della liturgia e nel cercare di attuare quella
"riforma della riforma" auspicata ormai diversi anni fa dall'allora
cardinale Joseph Ratzinger. Canizares, l'ex arcivescovo di Toledo
soprannominato "il piccolo Ratzinger", vorrebbe che Ranjith rimanesse
ancora a Roma. E nel caso probabile che non riesca a trattenerlo, vorrebbe come
numero due un collaboratore che prosegua sulla stessa linea. L'unica certezza è
che sarà un anglofono. Ma al momento è inutile fare nomi (che pure ci sono),
perché la situazione è in continua evoluzione. Scritto in Varie 1 Commento » (2
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 04May 09
"Angeli e demoni", il Vaticano non vuol fare pubblicità Il regista di
"Angeli e demoni", Ron Howard (indimenticabile Richie Cunningham del
telefilm "Happy Days"), ci ha tentato per settimane: voleva un
commento del Vaticano al suo nuovo film. Cercava una dichiarazione contraria,
un bell'attacco mediatico. Insomma qualcosa che gli permettesse di replicare il
successo ottenuto tre anni fa con il "Codice Da Vinci". Ma questa
volta - almeno per il momento, l'esperienza insegna che non bisogna mai dire
mai - il Vaticano sembra più attento e più accorto a non contribuire, suo
malgrado, a far da cassa di risonanza al kolossal. Va detto che "Angeli e
demoni" non attacca la fede cristiana come il "Codice Da Vinci",
e dunque certe reazioni di autorevoli cardinali e prelati del 2006, oggi
sarebbero oltremodo fuori luogo. Questo è l'articolo che pubblico sul Giornale
di oggi: il direttore dell'"Osservatore Romano", Gian Maria Vian,
sceglie l'arma dell'ironia e dice che commenterà il film solo se la produzione
garantirà 1000 abbonamenti al quotidiano vaticano per dieci anni, da
distribuire ad attori e registi di Hollywood, mentre padre Federico Lombardi,
direttore della Sala Stampa della Santa Sede, non commenta e non se ne
interessa. Ma rivela che stava per finire tra le comparse del film quando hanno
girato alcune scene in via della Conciliazione. Scritto in Varie Commenti ( 71
) » (4 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli ©
2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 30Apr
09 Liturgia, Ranjith va a Colombo. La salute di Canizares Ormai è deciso e la
pubblicazione della nomina potrebbe essere resa nota già nei prossimi giorni:
monsignor Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, attuale segretario della
Congregazione del culto divino, lascia una seconda volta la Curia romana per
tornare oin Sri Lanka. Sarà nominato arcivescovo di Colombo, e non si esclude,
per lui, la berretta cardinalizia in un prossimo concistoro. Vescovo ausiliare
di Colombo nel 1991, nel novembre 1995 gli venne assegnata la diocesi cingalese
di Ratnapura. Sei anni dopo, nell'ottobre 2001, Papa Wojtyla lo nominò
segretario aggiunto della Congregazione di Propaganda Fide, guidata dal
cardinale Crescenzio Sepe. I due non andarono molto d'accordo, e così, a
sorpresa, nell'aprile 2004 Ranjith - che non apparteneva al servizio
diplomatico della Santa Sede - fu nominato nunzio apostolico in Indonesia e
Timor Est. Il prelato, ben conosciuto dall'allora cardinale Ratzinger,
considerò l'allontanamento un'ingiusta punizione. Nessuno si sorprese, dunque,
che Benedetto XVI, pochi mesi dopo l'elezione, nel dicembre 2005, lo
richiamasse a Roma come segretario del Culto divino. Tutti pensavano che, al
momento della pensione per l'allora Prefetto, il cardinale nigeriano Francis
Arinze, sarebbe toccato al suo vice di prenderne il posto. Considerato dagli
avversari troppo vicino ai tradizionalisti e ai lefebvriani, a causa anche di
qualche intervista improvvida dai toni poco misurati, Ranjith ha visto prima
sfumare la possibilità della successione ad Arinze (anche se il nome
dell'attuale Prefetto, il pororato spagnolo Antonio Canizares Llovera, era tra
quelli suggeriti da lui), e ora viene allontanato per la seconda volta dalla
Curia romana. La sua presenza in prima linea sulla frontiera asiatica sarà
importante, perché lì si gioca una sfida decisiva per la Chiesa. Ma è difficile
non considerare la nomina un promoveatur ut amoveatur. Si conferma così quello
della liturgia come un ambito delicatissimo, teatro di "battaglie"
tra impostazioni diverse. Ed è significativo che Papa Ratzinger abbia deciso di
affidare il dialogo con i lefebvriani non alla Congregazione del Culto, ma a
quella per la Dottrina della Fede. Dal fine della scorsa settimana, il
cardinale Canizares è ricoverato al Policlinico Gemelli per una tromboflebite
(ne ha dato notizia il quotidiano spagnolo ABC). Lo stress delle ultime
settimane, legato alla designazione del successore di Ranjith, ne ha aggravato
le conseguenze. Il porporato, che si sta riprendendo bene, dovrà rimanere in
ospedale per due settimane e dunque - se la nomina a Colombo di Ranjith sarà
resa nota già sabato - difficilmente sarà contestualmente annunciato anche il
suo successore, sul cui nome nei sacri palazzi si è giocata una non facile
partita. Sarà, con tutta probabilità, un vescovo anglofono. Si tratta di una
nomina delicatissima e ben ponderata: il nuovo segretario avrà infatti un ruolo
chiave per poter contribuire a pacificare finalmente il "campo di
battaglia" liturgico, attuando al contempo con moderazione, a piccoli
passi, ma con determinazione, quella "riforma della riforma" liturgica
tanto auspicata da Benedetto XVI: senza inutili nostalgie per il passato né
sterili formalismi, guardando al futuro nel solco tracciato dal Concilio
Vaticano II e al tempo stesso correggendo con pazienza storture e abusi
liturgici. Negli ultimi anni i segretari del Culto si sono avvicendati con una
frequenza che non ha precedenti negli altri dicasteri curiali. In molti si
augurano che questa volta la scelta sia ben ponderata e l'eletto abbia davanti
a sé un tempo sufficiente per ambientarsi e collaborare efficacemente con il
Prefetto Canizares e con il Papa. Scritto in Varie Commenti ( 85 ) » (7 votes,
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 26Apr 09 Se il Papa
brinda alla coscienza prima che alla sua autorità Esce martedì in libreria il
volume Elogio della coscienza. La verità interroga il cuore (Edizioni
Cantagalli, pp. 176, euro 13,50), che raccoglie alcuni importanti testi di
Joseph Ratzinger. Quello che gli dà il titolo, è una conferenza tenuta dal
futuro Pontefice nel 1990 e riguarda il concetto moderno di coscienza in
rapporto a ciò che sulla coscienza insegna e crede la Chiesa. Il Papa aveva
fatto propria la celebre frase del cardinale John Henry Newman (nell'immagine):
«Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo -
cosa che non è molto indicato fare - allora io brinderei per il Papa. Ma prima
per la coscienza e poi per il Papa». Spiegandola nel suo significato più profondo
e mostrando come il Papa «non può imporre ai fedeli cattolici dei comandamenti,
solo perché egli lo vuole o perché lo ritiene utile. Una simile concezione
moderna e volontaristica dell'autorità può soltanto deformare l'autentico
significato teologico del papato». La «voce della verità», dice Benedetto XVI,
non è qualcosa di imposto dal di fuori, «il senso del bene è stato impresso in
noi», come dichiara sant'Agostino. «A partire da ciò siamo ora in grado di
comprendere correttamente il brindisi di Newman prima per la coscienza e solo
dopo per il Papa». Quest'ultimo, infatti, non impone dall'esterno, ma sviluppa
la memoria cristiana e la difende, insegnando e predicando ciò che corrisponde
a quella scintilla di Dio che è stata impressa nel cuore umano. Scritto in
Varie Commenti ( 111 ) » (9 votes, average: 4.11 out of 5) Loading ... Il Blog
di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
articolo a un amico 23Apr 09 Summit sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a
fine giugno La data prevista per l'uscita della nuova enciclica sociale è stata
stabilita per fine giugno, ma la decisione non può dirsi ancora definitiva
perché Benedetto XVI ha voluto "ristrutturare" il paragrafo dedicato
alla crisi finanziaria che ha messo in ginocchio le economie mondiali. Sabato
scorso, a Castelgandolfo, sono arrivati per un mini-summit i cardinali Angelo
Bagnasco, presidente della Cei; Camillo Ruini, suo predecessore; Angelo Scola,
patriarca di Venezia; Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Sono
porporati particolarmente legati a Ratzinger. Bagnasco, come presidente della
Cei, è impegnato nell'azione in favore delle famiglie colpite dalla crisi (con
un fondo di solidarietà), Ruini è consigliere stimato e ascoltato, Scola si è
occupato di etica e impresa, Schoenborn è stato allievo del Papa. Questo è
l'articolo che pubblico oggi sul Giornale. Proprio ieri, all'udienza generale,
parlando della figura del santo monaco Ambrogio Autperto, Benedetto XVI ha
accennato alla crisi, che, ha spiegato, è stata causata dalla
"cupidigia". Scritto in Varie Commenti ( 52 ) » (6 votes, average: 5
out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 Il Vaticano contro le
dichiarazioni di Ahmadinejad La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato
stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi che, riproponendo le
parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica - pur senza nominarlo
direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto a Ginevra le sue
affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere: "La Santa
Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per assumere posizioni
politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce
al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si tratta, invece, di
valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea
di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace
contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne,
afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del
mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti,
la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo
per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che è stato però
corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è un'esplicita
menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei Paesi che
hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le critiche
rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In particolare
quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato di creare
l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla vigilia
dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori
sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una
cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad
esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di
documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna
affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del
presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei
lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio
Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto
andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole
di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli),
comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza
programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e
circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una
lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (12
votes, average: 4.25 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009
Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09
Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato
ha replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo
belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di
Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice
sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state
rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha
dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una
autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti,
sottolineando anche l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale
dimensione morale ed educativa la battaglia contro l'Aids non sarà vinta».
Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale, aggiungo che è attesa nelle
prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la nomina del nuovo ministro
della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne arcicescovo di Radom
(Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al 2002 ha lavorato alla
Congregazione per la dottrina della fede ed è dunque ben conosciuto da Papa
Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi dicastero curiali di origine polacca
diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i cardinali Zenon Grocholewski
all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al Pontificio consiglio per i
laici). Scritto in Varie Commenti ( 33 ) » (12 votes, average: 3.83 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica sociale, i tempi
si allungano (a causa della crisi) Quando sarà pubblicata la terza enciclica di
Benedetto XVI? Il progetto iniziale prevedeva che uscisse l'anno scorso, le
prime anticipazioni - a partire dal titolo, "Caritas in veritate" -
risalgono infatti ai primi mesi del 2008. Doveva essere pubblicata nel
quarantesimo anniversario dell'enciclica "Populorum progressio" di
Paolo VI (marzo 1968), poi il cardinale Segretario di Stato disse che sarebbe
slittata probabilmente a ridosso dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine
anno il testo sembrava pronto, dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del
neo-arcivescovo di Monaco di Baviera, monsignor Marx. La crisi finanziaria
aveva provocato un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava
per certo che l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San
Giuseppe - e resa nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a
maggio (firmata il 1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra
definitivamente tramontare e nei sacri palazzi è opinione diffusa che
l'enciclica sociale possa vedere la luce a ridosso dell'estate, se tutto va
bene. Quali sono le cause del ritardo? Fonti autorevoli confermano al Giornale
che il problema sarebbe stato rappresentato proprio dalla parte aggiunta al
testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La stesura fin qui approntata,
infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del Pontefice che, ovviamente,
per passaggi "tecnici" di documenti così importanti, è solito
affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire, a chiedere
modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta dunque
essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato di
Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a
ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha
festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più
stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta
(Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le
nomine curiali attese nelle prossime settimane c'è quella del nuovo
"ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario cardinale
Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia
e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà al suo
posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere sostituito,
sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria di Stato,
invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci di una
promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano prive di
fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad arrivare le
promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin
(sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per
l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo Sardi,
che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il Papa per
la stesura dei discorsi e che dovrebbe ricevere un incarico presso l'Ordine di
Malta. Scritto in Varie Commenti ( 93 ) » (18 votes, average: 3.5 out of 5)
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Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per
la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi
della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso
responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo
al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone
colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima
possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua
vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della
Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai
terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile.
Scritto in Varie Commenti ( 73 ) » (16 votes, average: 3.38 out of 5) Loading
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Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della
lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli
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Ultime discussioni Quixote: Gesù non ha fissato alcun diritto di reciprocità
nell'amore per i fratelli (" infatti se amate... giovanni: Sono figlio di
una famiglia di otto fratelli e so bene che non tutti la pensiamo allo stesso
modo pur... sasso: Grazie,ma aspetterò per dire la mia, che piu persone si
esprimano in merito. Intanto aggiungo-Un ebreo,o... marina: Per Cherubino
"tutti gli ebrei non valgono un solo Fratello" e questa sarebbe una
parola da cristiano... Quixote: Nei nostri progenitori siamo sicuramente tutti
fratelli, materialmente fratelli perché discendiamo da... Gli articoli più
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Reaktion blogring.org: Blogring per andrea... phalaris: sul Filioque, ma sui
dogmi la sostanza cambia ben poco?? Grazie. Corrado: Mi scuso per la
.http://blog.ilgiornale. it/tornielli/2008/07/02/roma-e
-fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read "How can I tell the
difference from phalaris grass that has DMT in it?" at Home & Garden
The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares Llovera Abiura: Comment on Thornborn,
un Dan Brown cattolico? by Rovere I più votati Violenze e minacce, dobbiamo
vigilare - 107 Votes La comunione nella mano, la fine dell'inginocchiatoio - 57
Votes Milano e il motu proprio, la colpa è della stampa - 54 Votes La
preoccupazione dei vescovi per il regime di Chavez - 51 Votes In difesa del
cardinale Tettamanzi - 48 Votes Se lo storico replica: "Lei non sa chi
sono io!" - 48 Votes Il Papa non andrà alla Sapienza - 42 Votes Ancora
sugli statuti del Cammino, approvati dalla Chiesa - 40 Votes Il parroco trevigiano
trasforma l'oratorio in moschea - 39 Votes Ebrei salvati da Pio XII: Bruno
Ascoli, guardia palatina - 39 Votes Recent Posts Parto per la Terra Santa con
il Papa Ranjith, la nomina può attendere "Angeli e demoni", il
Vaticano non vuol fare pubblicità Liturgia, Ranjith va a Colombo. La salute di
Canizares Se il Papa brinda alla coscienza prima che alla sua autorità Summit
sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a fine giugno Il Vaticano contro le
dichiarazioni di Ahmadinejad Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della
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del 08-05-2009) Argomenti: Diritti umani n. 110 del 2009-05-08 pagina 0 Migranti, il Vaticano
attacca il governo L'Osservatore: "Un dovere il soccorso" di
Redazione Dopo il primo rimpatrio il segretario pontificio monsignor Marchetto:
"I richiedenti asilo, finché non si verifica la loro condizione, vanno
comunque accolti. Violate le norme internazionali". L'Osservatore Romano:
"Il soccorso è un dovere". E la Cei: "Preoccupazione per il
pacchetto sicurezza" Città del Vaticano - Dopo l'Onu, il Vaticano. Il
rimpatrio degli immigrati in Libia "ha violato le
norme internazionali sui diritti dei rifugiati" e anche alcune norme del pacchetto
sicurezza, come quella sulla denuncia obbligatoria dei medici, preludono a
"gravi difficoltà" per la realizzazione dei diritti umani dei migranti in Italia. L'attacco è del segretario del
pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, monsignor Agostino
Marchetto. "La normativa internazionale, alla quale si è appellata
anche lOnu - ha ricordato monsignor Agostino
Marchetto - prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino
a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati
rifugiati presunti". Attacco ai governi "Capisco che gli attuali
flussi misti complicano le cose anche per i governi - ha aggiunto -, ma cè
bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e riaffermate più
volte nelle sedi internazionali". Monsignor Marchetto ha poi ribadito la
sua convinzione, già espressa più volte, ma non sottoscritta dalle massime autorità ecclesiastiche, che la
legislazione italiana in materia migratoria sia macchiata da un "peccato
originale" rappresentato dalla volontà di "criminalizzare gli
emigranti irregolari", una realtà di fronte alla quale "i cittadini
sono posti e devono giudicare". Negare di fatto ai clandestini il diritto
alle cure e alleducazione per i figli, pena la
denuncia - ha osservato Marchetto - rappresenta "una evidente violazione
dei diritti fondamentali della persona". "Ciascuno si
assumerà le proprie responsabilità. Per quanto mi riguarda - ha concluso -
cerco solo di rappresentare la dottrina sociale della chiesa che, nel valutare
la soluzione ad un problema impone di verificare non solo se è efficace, ma se
è giusta". L'Osservatore Romano: "Soccorso è dovere" "Diverse
organizzazioni umanitarie hanno espresso critiche nei
confronti di questa operazione. Preoccupa il fatto - scrive l'Osservatore
Romano - che fra i migranti possa esserci chi è nelle condizioni di poter
chiedere asilo politico. E si ricorda anzitutto la priorità del dovere di
soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di bisogno. I
migranti devono poi essere ricoverati presso strutture che possano fornire
adeguate garanzie di assistenza e di rispetto dei diritti
umani". La Cei: "Molta preoccupazione"
Preoccupazione è espressa anche dalla Cei. A farsi portavoce dei vescovi è
padre Gianromano Gnesotto, direttore dellufficio
per la pastorale degli immigrati esteri in Italia e dei profughi. "Se
questo presunto reato di clandestinità non viene in qualche modo modificato -
afferma alla radio Vaticana - subiremo delle conseguenze notevoli non soltanto
per quanto riguarda gli immigrati, ma anche per quanto riguarda i diritti fondamentali quali quelli della salute o dellistruzione.
Indubbiamente,
nel dibattito politico - prosegue Gnesotto - sembra che questo sia un punto che
alcune forze politiche tengono fermo". La replica di Fini "Il
respingimento degli immigrati in Libia è tuttaltro
che contrario al diritto internazionale, ma non sempre rende possibile la verifica necessaria
circa lesistenza tra i respinti di uomini e donne
che hanno il diritto di avanzare la richiesta di asilo politico". Lo ha
detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini. "Questo punto - ha
proseguito Fini - è oggetto di attenzione e coloro che conoscono queste questioni
hanno affrontato il tema con la prudenza necessaria. Bisogna vedere se è
possibile verificare se tra i respinti cè
chi ha diritto a richiedere asilo. Il respingimento - ha detto Fini - non è
contrario ai
diritti internazionali e nemmeno alle linee guida
delle organizzazioni internazionali. Capisco lOnu
che fa un riferimento doveroso allobbligo di garantire il rispetto del
diritto di asilo ma molti stati ricorrono alle politiche di respingimento
proprio
perché è un diritto tuttaltro che contrario ai
principi internazionali". Nuovo rimpatrio Seconda operazione di
"respingimento" di clandestini nel canale di Sicilia: un barcone con
80 immigrati a bordo è stato riportato questa mattina nel porto di Tripoli. Limbarcazione,
riferisce il Viminale, si trovava in difficoltà non lontano dalle coste libiche
ed è stata rimorchiata in nottata da un rimorchiatore in servizio presso una
piattaforma dellEni. Gli immigrati sono sbarcati al porto di Tripoli intorno
alle 11
di questa mattina: ad attenderli cerano delle
ambulanze, che si sono occupate di portare immediato occorso ai passeggeri più
provati dalla traversata. Tutti gli altri, come di prassi in Libia, sono stati
consegnati ai funzionari del ministero dellInterno. © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano ( da "Corriere.it"
del 09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il segretario del Pontificio
Consiglio per i migranti e gli itineranti Vaticano: «Lesi i diritti umani degli immigrati riportati in
Libia» Mons. Marchetto: «Violate le norme internazionali sui diritti dei rifugiati». Fini: «Non violati
diritti» CITTÀ
DEL VATICANO - Il rimpatrio dei clandestini in Libia «ha violato le norme
internazionali sui diritti dei
rifugiati». È la posizione espressa dal segretario del Pontificio Consiglio per i
migranti e gli itineranti, monsignor Agostino Marchetto. Ma anche alcune norme
del pacchetto sicurezza, come quella sulla denuncia obbligatoria dei
clandestini da parte dei medici, preludono a «gravi difficoltà» per la
realizzazione dei diritti umani
dei migranti in Italia, ha aggiunto mons. Marchetto. VIOLATA NORMATIVA
INTERNAZIONALE - «La normativa internazionale, alla quale si è appellata anche
l'Onu, prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che,
fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati
"rifugiati presunti"», ha chiarito il segretario del Pontificio
consiglio. «Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i
governi, ma c'è bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e
riaffermate più volte nelle sedi internazionali». Mons. Marchetto ha poi
ribadito la sua convinzione, già espressa più volte ma non sottoscritta dalle
massime autorità ecclesiastiche, che la legislazione italiana in materia
migratoria sia macchiata da un «peccato originale» rappresentato dalla volontà
di «criminalizzare gli emigranti irregolari». ASSUMERSI LE RESPONSABILITÀ - Il
segretario ha poi elogiato l'azione dei movimenti cattolici che hanno criticato
i recenti provvedimenti, auspicando che i loro appelli non rimangano
inascoltati. Negare di fatto ai clandestini il diritto alle cure e
all'istruzione per i figli, pena la denuncia, ha osservato Marchetto,
«rappresenta un'evidente violazione dei diritti
fondamentali della persona. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Per
quanto mi riguarda, cerco solo di rappresentare la dottrina sociale della
Chiesa che, nel valutare la soluzione a un problema, impone di verificare non
solo se è efficace, ma se è giusta». OSSERVATORE ROMANO - Ma critiche
all'azione italiana sono giunte anche dall quotidiano «Osservatore Romano» che
venerdì ha scritto: «Diverse organizzazioni umanitarie
hanno espresso critiche nei confronti di questa operazione. Preoccupa il fatto
- scrive il giornale vaticano - che fra i migranti possa esserci chi è nelle
condizioni di poter chiedere asilo politico. E si ricorda anzitutto la priorità
del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di
bisogno. I migranti - prosegue il quotidiano d'Oltretevere - devono poi essere
ricoverati presso strutture che possano fornire adeguate garanzie di assistenza
e di rispetto dei diritti umani».
FINI - E sulle polemiche nate dalla decisione del governo di respingere le
imbarcazioni dei clandestini il presidente della Camera Gianfranco Fini
risponde, nella videochat sul sito della Camera: «Capisco l'Onu, ma il
respingimento dei clandestini non è in contrasto con il diritto fondamentale
dell'uomo. Certo la questione è complicata e il punto difficile è che il
respingimento non sempre rende possibile la verifica di chi ha il diritto ad
avanzare la richiesta dell'asilo politico». stampa | ( da "Stampa, La" del
09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Fini attacca la Lega sulla proposta di metrò solo per
milanesi: oltraggio alla dignità delle persone, è come l'apartheid
"L'Italia viola i diritti umani"
Clandestini e sicurezza, il Vaticano preoccupato dalle scelte del governo
L'Italia che respinge in Libia i migranti intercettati in mare «preoccupa»,
perché dare aiuto a chi si trova in condizioni gravi è una priorità. La dura
presa di posizione arriva dall'Osservatore Romano, dopo che contro il rimpatrio
dei clandestini in Libia aveva protestato già il segretario del
Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, monsignor Agostino
Marchetto. E la Cei carica a testa bassa contro il nuovo pacchetto sicurezza
del governo, per l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che
allarma i vescovi perché mette a rischio diritti fondamentali. Una norma che la
Conferenza episcopale invita a rivedere. Intanto è scontro tra Gianfranco Fini
e la Lega sulla proposta di metrò solo per i milanesi. «È come l'apartheid», ha
tuonato il presidente della Camera. Bertini, La Mattina, Marzolla, Ruotolo e
Sapegno DA PAGINA 2 A PAGINA 5 ( da "Corriere della Sera"
del 09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 09/05/2009
- pag: 5 La Chiesa e gli immigrati respinti: diritti a rischio Monsignor
Marchetto attacca. Ma il Vaticano: posizioni personali. Fassino: azione
legittima, noi lo facemmo ROMA La Chiesa, dalla Cei alla Caritas, critica la
«nuova fase» inaugurata dal ministro Roberto Maroni (Lega) contro i
clandestini: «Una decisione inaccettabile, che mette a rischio i diritti fondamentali
», attaccano i gesuiti. Sul respingimento dei migranti in Libia, l'Osservatore
Romano in una cronaca dà spazio alle accuse dell'Alto commissario dell'Onu per
i rifugiati (Unhcr): «Preoccupa riferisce l'organo della Santa Sede il fatto
che tra i migranti possa esserci chi è nelle condizioni di poter chiedere asilo
politico». E per Savino Pezzotta, presidente del Consiglio italiano per i
rifugiati, «sono stati violati i diritti umani». Al coro, si uniscono Acli, Migrantes, Comunità di Sant'Egidio,
Centro Astalli. Ma non c'è solo la Libia perché, ora, il direttore per la
Pastorale dei migranti della Conferenza episcopale italiana, Gianromano
Gnesotto, attacca anche sul ddl sicurezza: «Se il reato di immigrazione
clandestina non viene modificato subiremo delle conseguenze notevoli anche per
quanto riguarda i diritti fondamentali quali la salute o
dell'istruzione». Tutto questo, tuttavia, non cambia la posizione del governo
che ieri ha rispedito in Libia un barcone con 80 irregolari. Nel giorno in cui
il presidente della Repubblica dice che bisogna privilegiare la cooperazione
internazionale nel contrasto all'immigrazione clandestina, al ministro per le
politiche comunitarie, Andrea Ronchi (Pdl), spetta la difesa di Maroni: «Le
critiche dell'Onu sono totalmente ingiustificate e un po' offensive ». Stavolta
condivide il presidente Gianfranco Fini: «Capisco l'Onu, ma non sono stati
violati i diritti umani». Il Pd fa notare che il
governo è stato accusato dall'Onu e dalle organizzazioni cattoliche: «Valgono
più le loro parole che le nostre», dice Dario Franceschini. Eppure, Piero
Fassino rompe il fronte: «Il respingimento alle frontiere è un un'azione
legittima di contrasto all'immigrazione clandestina prevista da tutti i
documenti Ue e dagli accordi internazionali e praticata anche durante il
governo di centro sinistra». Fassino riconosce la correttezza delle critiche
dell'Onu ma ammette che individuare in mare chi ha diritto all'asilo sarebbe
una «procedura difficile da gestire». Però, sul punto, attacca monsignor
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti: «Non si
può respingere chi chiede aiuto perché fugge da luoghi di guerra, se prima non
si esamina la richiesta di asilo». Ma dalla segreteria di Stato vaticana
trapela tuttavia una certa irritazione: «Quelle di monsignor Marchetto sono
posizioni personali». Per padre Gnesotto della Cei «va verificato l'effettivo
trattamento di chi viene mandato in Libia». Infine, la Caritas: «L'85% delle
donne migranti arrivano sulle nostre coste dopo aver subito uno stupro». Dino
Martirano Consiglio per i migranti Per monsignor Agostino Marchetto, segretario
del Pontificio consiglio per i migranti, il respingimento dei clandestini in
Libia «ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati» Viminale
Per il ministro dell'Interno Roberto Maroni il respingimento dei clandestini
rappresenta «una svolta storica nel contrasto dell'immigrazione illegale che
arriva sulle coste italiane» ( da "Repubblica, La"
del 09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 2 - Cronaca Immigrati respinti, la Chiesa accusa "Così si violano i diritti umani" Napolitano: rischio intolleranza. Un altro barcone
riportato a Tripoli Lo scontro La Russa appoggia la svolta di Maroni: "Ora
capiranno che sbarcare da noi non conviene più" LIANA MILELLA ROMA -
L´Italia «viola i diritti internazionali dei rifugiati». Lo dice la
Chiesa contro il ministro Maroni. Un altro barcone pieno di clandestini viene
rispedito in Libia (ma un secondo è scortato a Porto Empedocle). Napolitano
sponsorizza «la cooperazione internazionale» perché bisogna evitare «fenomeni
di intolleranza». Maroni non esita sulla nuova politica dei clandestini
rispediti al mittente. Né si ferma sul ddl sicurezza, col nuovo reato di
clandestinità, che marcia verso la fiducia. Insorge la gerarchia cattolica,
Vaticano, Cei, Osservatore romano, associazioni di base. Parla di «diritti dei
rifugiati violati» e protesta su due fronti: il respingimento che impedisce
politiche di asilo e il reato d´immigrazione, il «peccato originale» che
criminalizza gli stranieri. Maroni, a parole, fa professione di umanità («La vita delle persone viene prima di ogni altra
considerazione e ispira l´attività di search and rescue»), poi ribadisce che il
"modello" anti-clandestini sarà «respingerli, senza entrare nel
merito di chi sei e dei motivi per cui sei venuto». L´Italia non s´occuperà
dell´asilo, lo farà la Libia che però, ricorda la Caritas, «non ha firmato la
convenzione di Ginevra sui diritti dell´uomo». Ed è un fatto che «l´85% delle
donne arriva a Lampedusa dopo aver subito violenza». La Chiesa sobbalza.
Monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i
migranti, protesta perché «i possibili richiedenti asilo restano
"rifugiati presunti" e non vanno respinti finché non sia stato
accertato il loro stato». L´Osservatore Romano insiste sulla «priorità del dovere
di soccorso». La Conferenza dei vescovi guarda alla nuova legge. Padre
Gianromano Gnesotto, direttore dell´Ufficio per la pastorale dei immigrati,
alla Radio vaticana, vede «a rischio il riconoscimento dei valori fondamentali
alla salute e all´istruzione», chiede un passo indietro sul reato, almeno una
«via di mezzo» che distingua tra chi «entra illegalmente» e chi da anni non
riesce a ottenere il permesso. è l´allarme di Caritas, Acli, Sant´Egidio,
Jesuit refugee servive. Il sottosegretario all´Interno Mantovano spiega che il
reato «è funzionale a rendere effettive le espulsioni, non prevede sanzioni
detentive, si estingue con l´espulsione». Ma non basta per chi teme l´inizio di
una grande caccia. Con Maroni si schiera il ministro della Difesa La Russa,
l´operazione Libia è positiva «perché così si fa capire che non conviene più
sbarcare in Italia». Il presidente delle Camera Fini esita: «Il respingimento
non è in contrasto con i diritti dell´uomo», ma sarebbe meglio verificare «se
tra i respinti c´è chi chiede asilo». Il commissario Ue alla giustizia Jacques
Barrot richiama al «realismo», ma intanto raccoglie notizie su un caso che la
portavoce del commissariato Onu per i rifugiati Boldrini definisce «una brutta
sorpresa». ( da "Repubblica, La"
del 09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 3 - Cronaca Fassino: mandarli via non è uno
scandalo Ma il Pd si spacca. E Amato: andava accertato se c´erano richiedenti
asilo Franceschini:, valgono le parole delle organizzazioni umanitarie
GIOVANNA CASADIO ROMA - Sembra un´affermazione buttata lì. Ma Piero Fassino non
è uomo d´improvvisazioni. Quando il responsabile Esteri del Pd dice che «il
respingimento» del barcone degli immigrati in Libia «non è uno scandalo», e poi
aggiunge che «si è fatto anche nel passato quando eravamo noi al governo», sta
prendendo le distanze dal coro "buonista". La politica
sull´immigrazione del primo partito d´opposizione - è la sua opinione - deve
sapere gestire, governare l´emergenza clandestini. Non ci si può semplicemente
uniformare alle posizioni della Chiesa. Non si può lasciare l´impressione che
rigore e preoccupazione per la sicurezza siano il terreno in cui il
centrodestra scorrazza indisturbato. Quindi non solo è legittimo e «fa parte
del diritto internazionale e dei trattati che sono stati firmati anche dall´Italia»,
ma è dovuto in taluni casi il rimpatrio. Consapevole tuttavia Fassino che «il
problema posto dall´Onu c´è, ma è di difficile gestione perché in poche ore su
un barcone in alto mare accertare la natura dell´immigrato, se profugo o
clandestino, non è cosa semplice» e che «il diritto internazionale prevede il
soccorso». Nel Pd le sue parole suscitano molti malumori. C´è chi parla di
«scivolone» dell´ex segretario dei Ds. Chi di un´uscita mattutina - le
dichiarazioni le fa a Radio 24 - non ben ponderata. Marco Minniti si limita a
dire che «le voci sono diverse, bisogna garantire rispetto dei rifugiati».
Beppe Fioroni che «non saranno i sondaggi» a convincere i cattolici del
centrosinistra a sottoscrivere «la lesione dei diritti umani fondamentali». E anche Rosy Bindi - una cattolico-democratica
consapevole della necessità di rispondere al bisogno di sicurezza dei cittadini
ma netta nella condanna delle strumentalizzazioni della destra - denuncia la
«violazione dei diritti umani, una vergogna per l´Italia: il ministro Maroni rifletta».
A prendere le distanze da Fassino è anche Giuliano Amato, l´ex ministro
dell´Interno che firmò l´accordo di pattugliamento misto con la Libia. In
questo caso non ha dubbi: «Se gli immigrati erano a bordo delle nostre navi e
quindi sul territorio italiano, scattava il nostro obbligo giuridico di
accertare la presenza di richiedenti asilo. Rimandare indietro loro viola il
principio di "non refoulement" a cui siamo internazionalmente e
costituzionalmente vincolati». Sbagliato, insomma. Il segretario del Pd, Dario
Franceschini non entra nel merito della questione-Libia se non per dire che
«non c´è stato bisogno delle nostre parole, perché stanno parlando tutte le
organizzazioni umanitarie e di diritto internazionale.
Valgono più le loro parole che le nostre». A grattare sotto le dichiarazioni di
maniera, resta nel Pd la contrapposizione tra il richiamo alla realpolitik e
l´indignazione; tra le risposte concrete (Enrico Morando è tra quelli per cui
«una forma adeguata di respingimenti ci dev´essere nel rispetto della
legalità») e l´altolà umanitario. L´ex premier Massimo
D´Alema, che pure è stato tra più convinti sostenitori degli accordi per i
rimpatri, cerca di coniugare: «Le esigenze di sicurezza non possono però ledere
i diritti umani». ( da "Stampa, La" del
09-05-2009) Argomenti: Diritti umani IMMIGRATI I precedenti nel Mediterraneo La Chiesa all'attacco "Lesi i diritti umani" Monsignor Marchetto «Così sono state violate le norme sui diritti dei rifugiati» SCONTRO SUI RIMPATRI La polemica Secondo Maroni è
una svolta storica, per L'Osservatore Romano è un grave passo indietro
[FIRMA]GUIDO RUOTOLO ROMA Un fuoco di fila così concentrico raramente si era
visto: il Vaticano, la Conferenza episcopale, le organizzazioni umanitarie e di volontariato di riferimento: il bersaglio
delle critiche è il «respingimento» in mare dei tre barconi di immigrati
riportati l'altro giorno in Libia, da dove erano salpati, da mezzi italiani.
L'«Osservatore Romano» a metà giornata riassume la posizione ufficiale del
Vaticano: «Preoccupa il fatto che fra i migranti possa esserci chi è nelle
condizioni di poter chiedere asilo politico. E si ricorda anzitutto la priorità
del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di
bisogno. I migranti devono poi essere ricoverati presso strutture che possano
fornire adeguate garanzie di assistenza e di rispetto dei diritti
umani». Il «respingimento» in mare di 227 immigrati,
presentato dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, come «una svolta storica
nel contrasto al racket dei clandestini» (ieri, un'altra azione di
respingimento: un barcone con 77 immigrati è stato trainato nel porto di
Tripoli da un rimorchiatore di una piattaforma Eni) solleva un vespaio di
polemiche anche politiche. A caldo - e «L'Osservatore Romano» lo riporta -
l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva espresso
«grave preoccupazione» per la violazione della Convenzione di Ginevra. Ma dalla
Cei arrivano pesanti critiche anche al pacchetto sicurezza del governo
Berlusconi, in particolare all'introduzione del reato di immigrazione
clandestina: il direttore dell'Ufficio per la pastorale degli immigrati, padre
Gianromano Gnesotto, ha spiegato a Radio Vaticano le ragioni delle
preoccupazioni dei vescovi: «Le norme, oltre a mettere a repentaglio i diritti umani degli immigrati,
mettono in pericolo, più in generale, il riconoscimento dei diritti
fondamentali alla salute e all'istruzione di tutti i cittadini». Esplicita il
segretario del dicastero vaticano (Pontificio consiglio) per i migranti,
monsignor Agostino Marchetto: «Negare di fatto ai clandestini il diritto alle
cure e all'educazione per i figli, pena la denuncia, rappresenta una evidente
violazione dei diritti fondamentali della persona».
Sui barconi, e sul fronte politico, si notano dei distinguo all'interno del Pd.
Massimo D'Alema: «Le esigenze di sicurezza non possono andare contro il
rispetto delle regole, delle convenzioni internazionali e dei diritti umani a cui il nostro Paese
è tenuto come ogni altro paese civile. Spero che se ne possa discutere». Piero
Fassino: «Migliaia di operazioni di respingimento, soprattutto quelle alle
frontiere terrestri, sono avvenute anche con i governi di centrosinistra. Anche
con noi c'erano gli accordi bilaterali per la riammissione degli immigrati.
Certo, la questione delicata è quella dei possibili richiedenti asilo, certe
decisioni si devono prendere nel giro di poche ore...». E Marco Minniti, alla
fine, riassume: «L'Italia non può limitarsi all'accompagnamento. Il nostro
dovere non si ferma nel porto di Tripoli. Dobbiamo farci carico delle
preoccupazioni degli organismi delle Nazioni Unite». Il ministro vaticano ai
migranti, monsignor Marchetto, invita a riflettere: «La normativa
internazionale, alla quale si è appellata anche l'Onu, prevede che i possibili
richiedenti asilo non siano respinti e che, fino a che non ci sia modo di
accertarlo, tutti i migranti siano considerati "rifugiati presunti".
Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi ma
c'è bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e riaffermate più
volte nelle sedi internazionali». Anche su questo tema il presidente della
Camera, Gianfranco Fini, precisa la sua posizione: «Il respingimento non è in
contrasto con i diritti fondamentali dell'uomo e
nemmeno con le linee guida delle organizzazioni internazionali, ma non sempre
rende possibile la verifica, che è necessaria, circa l'esistenza, tra coloro
che volevano approdare in un altro Stato e vengono respinti, di uomini e donne
che abbiano il diritto di avanzare richiesta di asilo politico. Ho visto che
coloro che conoscono queste questioni hanno affrontato il tema con la prudenza
che è necessaria». 7 maggio Rimpatriati in Libia Tre motovedette italiane, due
della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza, riportano a Tripoli 228
immigrati intercettati nella serata precedente a Sud di Lampedusa. Maroni: «È
un risultato storico a cui abbiamo lavorato per un anno». 8 maggio Altri 80
«respinti» Seconda operazione di «respingimento» di clandestini nel Canale di
Sicilia: un barcone con 80 immigrati a bordo è ricondotto nel porto di Tripoli.
L'imbarcazione, riferisce il Viminale, si trovava in difficoltà non lontano
dalle coste libiche ed è stata rimorchiata in nottata. ( da "Corriere della Sera"
del 09-05-2009) Argomenti: Diritti umani Corriere della Sera sezione: Esteri data: 09/05/2009 -
pag: 19 Rivoluzione Massachusetts, Vermont, Connecticut, Iowa e Maine hanno
approvato i matrimoni tra coppie dello stesso sesso Usa, le nozze gay arrivano
in Parlamento Il sì del distretto di Columbia porta il confronto al Congresso.
La Casa Bianca tace DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Una nuova Rivoluzione
Americana parte dal New England, mette piede nelle piane del Mid- West e
ritrova echi potenti fino alla West Coast californiana. Con la firma del
governatore del Maine, John Baldacci, sono saliti a 5 gli Stati Usa che hanno
legalizzato i matrimoni gay. E potrebbero diventare 6 già lunedì, se anche il
governatore del New Hampshire darà il suo viatico alla legge appena approvata
dal Congresso locale. Cinque anni dopo il Massachusetts, ancora una volta
battistrada dell'Unione come lo fu nella rivolta anti-inglese e nella battaglia
contro la schiavitù, in un solo mese il Vermont, il Connecticut e perfino
l'Iowa, cuore rurale del Paese profondo, hanno legalizzato il matrimonio di
coppie omosessuali. Le Hawaii lo riconoscono da tempo, senza però rilasciare in
proprio licenze matrimoniali. Lo fa anche lo Stato di New York, dove il
governatore David Patterson ha presentato in aprile una legge per la legalizzazione
vera e propria. Il New Jersey dovrebbe seguire a ruota. Parlare di un'onda
irresistibile non è esagerato. Il vento dell'Est ha infatti riaperto il
dibattito anche in California, dove un referendum costituzionale in novembre
aveva rovesciato la decisione favorevole della locale Corte Suprema e
reintrodotto il divieto. Entro qualche settimana, i giudici dovranno
pronunciarsi sulla costituzionalità dell' azione referendaria e potrebbero
restituire legalità alle nozze tra omosessuali. E da ultimo, martedì, il
Distretto di Columbia, quello della capitale Washington, ha votato per il
riconoscimento dei matrimoni gay celebrati in altri Stati. La decisione offre
l'inattesa opportunità di un confronto politico a livello federale, visto che
tutte le leggi del Distretto devono essere approvate dal Congresso. Ma la
rivoluzione in corso contrasta con lo strano silenzio della nuova
Amministrazione, che fin qui ha evitato ogni commento, nonostante gay e
lesbiche siano stati fra i più entusiastici sostenitori della candidatura di
Barack Obama. «È il più grande passo in avanti dei diritti civili del nostro
tempo e il presidente non ha ancora detto nulla», nota Steve Clemons, della New
American Foundation. In campagna elettorale, preoccupato di non alienarsi il
voto cristiano, Obama aveva tentato la quadratura del cerchio, dicendosi
favorevole al riconoscimento delle unioni di fatto e contrario a un divieto
federale sui matrimoni gay. Ma aveva evitato di pronunciarsi a favore di questi
ultimi, sostenendo che erano materia per gli Stati. Il portavoce della Casa
Bianca, Robert Gibbs, ha detto che la posizione del presidente «non è
cambiata». E questo ha provocato i commenti negativi dei commentatori liberal,
che accusano Obama di ipocrisia e di «non voler spendere capitale politico
sulla sua stessa retorica ». «È tempo ha scritto il premio Pulitzer Eugene
Robinson sul Washington Post che un presidente popolare e
progressista si pronunci su un fondamentale tema di diritti umani e civili: qual è la differenza concreta tra la sua posizione e
l'affermazione pura e semplice, che i matrimoni gay vadano riconosciuti in
tutti i 50 Stati?». Una risposta possibile è che Obama abbia davanti i sondaggi
e non voglia in alcun modo provocare una nazione ancora divisa. Il
cambio di stagione è in corso, la nuova rivoluzione in atto, ma il 54% degli
adulti americani si dice tuttora convinto che le nozze fra omosessuali non
debbano essere riconosciute. Paolo Valentino Unione legale Un matrimonio
omosessuale a Des Moines, in Iowa (Ap/Charlie Neibergall) ( da "Corriere.it"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani doopo il respingimento in libia La Chiesa e gli immigrati
respinti: diritti a rischio Monsignor Marchetto attacca. Ma il Vaticano:
posizioni personali. Fassino: azione legittima, noi lo facemmo ROMA La Chiesa,
dalla Cei alla Caritas, critica la «nuova fase» inaugurata dal ministro
Roberto Maroni (Lega) contro i clandestini: «Una decisione inaccettabile, che
mette a rischio i diritti fondamentali », attaccano i gesuiti. Sul
respingimento dei migranti in Libia, l'Osservatore Romano in una cronaca dà
spazio alle accuse dell'Alto commissario dell'Onu per i rifugiati (Unhcr):
«Preoccupa riferisce l'organo della Santa Sede il fatto che tra i migranti
possa esserci chi è nelle condizioni di poter chiedere asilo politico». E per
Savino Pezzotta, presidente del Consiglio italiano per i rifugiati, «sono stati violati i diritti umani». Al coro,
si uniscono Acli, Migrantes, Comunità di Sant'Egidio, Centro Astalli. Ma non
c'è solo la Libia perché, ora, il direttore per la Pastorale dei migranti
della Conferenza episcopale italiana, Gianromano Gnesotto, attacca anche sul
ddl sicurezza: «Se il reato di immigrazione clandestina non viene modificato
subiremo delle conseguenze notevoli anche per quanto riguarda i
diritti fondamentali quali la salute o dell'istruzione». Tutto questo,
tuttavia, non cambia la posizione del governo che ieri ha rispedito in Libia
un barcone con 80 irregolari. Nel giorno in cui il presidente della
Repubblica dice che bisogna privilegiare la cooperazione internazionale nel
contrasto all'immigrazione clandestina, al ministro per le politiche
comunitarie, Andrea Ronchi (Pdl), spetta la difesa di Maroni: «Le critiche
dell'Onu sono totalmente ingiustificate e un po' offensive ». Stavolta
condivide il presidente Gianfranco Fini: «Capisco l'Onu, ma non sono stati
violati i diritti umani». Il Pd fa notare che il governo
è stato accusato dall'Onu e dalle organizzazioni cattoliche: «Valgono più le
loro parole che le nostre», dice Dario Franceschini. Eppure, Piero Fassino
rompe il fronte: «Il respingimento alle frontiere è un un'azione legittima di
contrasto all'immigrazione clandestina prevista da tutti i documenti Ue e
dagli accordi internazionali e praticata anche durante il governo di centro
sinistra». Fassino riconosce la correttezza delle critiche dell'Onu ma ammette
che individuare in mare chi ha diritto all'asilo sarebbe una «procedura
difficile da gestire». Però, sul punto, attacca monsignor Agostino Marchetto,
segretario del Pontificio consiglio per i migranti: «Non si può respingere chi
chiede aiuto perché fugge da luoghi di guerra, se prima non si esamina la
richiesta di asilo». Ma dalla segreteria di Stato vaticana trapela tuttavia una
certa irritazione: «Quelle di monsignor Marchetto sono posizioni personali».
Per padre Gnesotto della Cei «va verificato l'effettivo trattamento di chi
viene mandato in Libia». Infine, la Caritas: «L'85% delle donne migranti
arrivano sulle nostre coste dopo aver subito uno stupro». Dino Martirano
stampa | ( da "Repubblica, La"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 6 - Cronaca L´allarme di Laura Boldrini, portavoce
dell´Unhcr: non si possono respingere i profughi L´Onu: rispettate il diritto
d´asilo nei centri libici controlli difficili "I migranti ci parlano del
loro viaggio attraverso il deserto e verso l´Italia come di un inferno"
CATERINA PASOLINI ROMA - Lei, che di rifugiati si occupa per l´Alto
Commissariato, che conosce i campi nel mondo dove vengono rinchiusi, è
preoccupata. Misura le parole ma mette dei paletti Laura Boldrini, portavoce
dell´Unhcr, l´agenzia Onu. L´Italia non rispetta diritti e convenzioni?
«Respingere in Libia gli immigrati entra in rotta di collisione col diritto di
asilo, così come è regolato da leggi nazionali, europee e internazionali.
Esiste infatti il principio del non respingimento nel caso di gente bisognosa
di protezione». Il governo dice che sono clandestini. «Non lo sono. Il più
delle volte sono rifugiati e lo dimostra il fatto che la metà di quelli che
arrivano a Lampedusa e chiede asilo lo ottiene dall´Italia dopo un accurato
lavoro che vede la collaborazione di prefetti e dell´Unhcr in 15 commissioni.
Ecco, vorremmo che si intensificasse la collaborazione che c´è sempre stata col
governo italiano». E la Libia? «La Libia non ha firmato la convenzione di
Ginevra sui diritti dei rifugiati, non ha un sistema di asilo in linea con gli
standard previsti e non possiamo entrare in tutti i centri di detenzione».
Quindi? «Non siamo in grado di garantire la loro effettiva protezione se
vengono rispediti in Libia, dove stiamo lavorando per avere un riconoscimento
formale della nostra presenza potendo così entrare nei centri». Cosa raccontano
i richiedenti asilo? «Parlano del loro viaggio attraverso il deserto, in Libia
e verso l´Italia, come di un inferno, dove hanno subito trattamenti disumani, violenze, abusi. Soprattutto le donne. E quando sono
nei centri di detenzione tutto è discrezionale, non hanno certezza del diritto
né di quanto ci resteranno». Che fare? Visto che sono stati mandati in un paese
che non ha firmato la convenzione di Ginevra, per l´Unhcr sarebbe importante
che l´Italia ottenga dalla Libia delle rassicurazioni che le persone bisognose
di protezione non verranno rimandate nei paesi di origine da cui sono fuggite a
causa di persecuzione. In passato purtroppo ci sono state situazioni di questo
genere e di alcuni non si è mai più saputo nulla». Cosa dice l´Europa? «Il diritto europeo in materia di asilo fa capo alla convenzione
di Ginevra, al principio di non respingimento. La corte di Strasburgo per i
diritti umani ha poi detto che non si può espellere persone verso paesi dove
c´è il rischio che vengano torturate o siano oggetto di trattamenti degradanti.
è questo vale anche quando si respinge». ( da "Corriere della Sera"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/05/2009
- pag: 5 Berlusconi: riportare indietro i clandestini «Non vogliamo un'Italia
multietnica, quella è un'idea dell'opposizione» ROMA Non vede nessuno scandalo
nel respingimento dei clandestini il premier Silvio Berlusconi. Anche perché la
sua idea e quella del governo vanno in una direzione diversa dall'«Italia
multietnica» che vuole la sinistra. E per replicare alle proteste dell'Onu e
alle dure critiche della Chiesa, e dare il pieno appoggio alla linea della
fermezza inaugurata dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, ha tenuto ieri
una conferenza stampa a Palazzo Chigi insieme con il ministro degli Esteri
Franco Frattini. L'Italia, ha detto il presidente del Consiglio, «non ha
violato gli accordi internazionali. Non vedo nessuno scandalo. La sinistra con
i suoi precedenti governi aveva aperto le porte ai clandestini provenienti da
tutti i Paesi. Quindi, l'idea della sinistra era ed è quella di un' Italia
multietnica. La nostra idea non è così». La sua idea, spiega Berlusconi, è
invece quella di «accogliere solo quei cittadini che sono nelle condizioni di
poter chiedere asilo politico e che mettono piede sul nostro suolo, intendendo
con suolo anche le nostre acque territoriali. Per chi invece viene individuato
fuori dalle acque territoriali e non è entrato ancora in
Italia vale il nostro diritto, previsto dai trattati internazionali, di
respingerlo nei luoghi da dove è partito. Non vedo in questo nessuna violazione
dei diritti umani». Compatti i ministri. Per Frattini «abbiamo solo applicato il
patto europeo firmato dai Paesi a dicembre», per Ignazio La Russa «va contro la
legge chi vuole impedire i respingimenti ». A Roberto Maroni non resta
che ribadire la linea della fermezza: «I respingimenti continueranno», ha
detto, e proprio ieri altri 162 migranti sono stati rimpatriati in Libia,
mentre Berlusconi annunciava che nei prossimi giorni il leader libico Gheddafi
verrà in Italia per una visita di Stato, («cosa importante che testimonia i
buoni rapporti tra i due Paesi»), visita che prelude ad una serie di accordi
che favoriranno le imprese italiane nei progetti infrastrutturali da 100
miliardi messi a punto dal governo libico. L'Italia non «multietnica» di
Berlusconi, opposta all'Italia «multietnica» della sinistra, ha fatto subito
insorgere l'opposizione, ricompattandola dopo le dichiarazioni di Fassino in
favore della liceità dei respingimenti. Al punto che le polemiche si sono
spostate dalla pura questione dei clandestini riaccompagnati in Libia alle politiche
per l'immigrazione dell'Italia, al ddl sulla sicurezza e alla proposta della
Lega di Milano di posti riservati ai residenti milanesi nella metropolitana. «È
vero, noi abbiamo un'idea diversa dell'Italia ha replicato al premier la
responsabile Cultura del Pd Giovanna Melandri . La vogliamo multietnica,
pluralista, libera, un Paese fondato sul lavoro e sul rispetto, un Paese in cui
non conta il colore della pelle, la razza o la religione ma l'onestà e la
sincerità del cuore». Insorge anche Italia dei Valori, Leoluca Orlando denuncia
il rischio che «ronde e deportazioni ricaccino l'Italia al tempo del
nazifascismo» e il leader Antonio Di Pietro se la prende con i provvedimenti
«xenofobi e razzisti» del governo ma sui respingimenti accusa anche l'Europa,
che «lascia Italia sola a farsi carico di un problema che è invece di tutta
l'Unione». Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, respinge quasi
inorridito l'idea della metropolitana per i milanesi e s'indigna per questa
sorta di «Ku Klux Klan milanese del secondo dopoguerra »; chiede: «Che cosa c'è
di civile in tutto questo?» e si preoccupa per «queste pulsioni razziste nella
maggioranza». «Scandalosi sono i comportamenti e le parole di questo governo
manifestamente xenofobo e discriminatorio», ha detto il segretario di
Rifondazione comunista Paolo Ferrero. Il premier ll premier Silvio Berlusconi
assieme al ministro degli Esteri Franco Frattini alla conferenza stampa di ieri
Mariolina Iossa ( da "Corriere della Sera"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/05/2009
- pag: 6 Il reportage Originari di Ghana e Sierra Leone, riaccompagnati nei
loro Paesi entro 2 settimane Libia, nel centro dei «respinti» «Ma proveremo a
ritornare» Tripoli: i clandestini? Possiamo portarveli a San Pietro DAL NOSTRO
INVIATO TRIPOLI La luce filtra dalle sbarre delle finestre, loro stanno accasciati
sulle stuoie, sono scalzi, hanno lo sguardo smarrito. Appena la porticina si
apre balzano in piedi, cercano di uscire nel cortile. Vogliono spiegare,
raccontare, chiedere aiuto. C'è chi conosce qualche parola di inglese, chi si
arrangia con il francese. Hanno la pelle molto scura, la maggior parte sembra
provenire dai Paesi dell'Africa subsahariana. I poliziotti li ammassano contro
il muro, intimano loro di stare seduti. «Potete parlare, se qualcuno di voi ha
qualcosa da chiedere può farlo», gridano. Un ragazzo che dice di avere 16 anni
quasi implora: «Mi chiamo Emmanuel, vengo dalla Sierra Leone, i miei genitori
sono a Londra. Ero partito per raggiungerli. I soldi per il viaggio me li ha
dati mia nonna. Adesso non ho più niente, ma voglio andare da loro. Vi prego ci
sarà un modo per riuscire a tornare dì là». Centro di accoglienza di Twescha,
35 chilometri a sud di Tripoli. Eccoli gli immigrati che la Libia ha accettato
di riprendersi. Mercoledì scorso erano sui barconi intercettati nelle acque
maltesi. Nella notte sono stati trasferiti sulle motovedette italiane che hanno
effettuato l'operazione di respingimento, provocando un caso internazionale, e
sono tornati in porto. Li hanno divisi per nazionalità e ora li tengono in
questi stanzoni in attesa di riportarli a casa. Non c'è alcuna speranza che
possano rimanere, entro due settimane saranno organizzati i voli per il
rientro. E tutto ricomincerà daccapo. Perché, come chiarisce Suleyman, ghanese
di 24 anni «noi non possiamo restare in Africa. Vogliamo andare in Europa,
raggiungere la Grecia. E prima o poi ci riusciremo. Mettiamo i soldi da parte,
lavoriamo per pagare i trasferimenti. Un pezzo di strada per volta fino alla
costa. Poi ci imbarcano». C'è chi sogna la Germania, chi sostiene di avere
parenti in Italia. Samwi ha 19 anni, gli ultimi quattro mesi li ha trascorsi in
un casa di Al Zwara la cittadina all'estremo sud del Paese dove i mercanti di
uomini ammassano la loro «merce» ad aspettare l'ok degli scafisti. Pensava di
esserci riuscito e invece la sua traversata non è durata neanche 100 miglia e
si dispera. Traore, 20 anni, tira fuori un documento per dimostrare che lui è
già entrato nel programma di protezione per i rifugiati, dice che lo ricevuto
ad Abidjan, in Costa d'Avorio. Ma se gli chiedi come mai era su una di quelle
barche non sa rispondere, non è in grado di spiegare perché non ha sfruttato
questa occasione per provare ad avere una nuova vita. I centri di accoglienza
qui sono gestiti dalla polizia, gli agenti di guardia che chiariscono di aver
già avviato le verifiche sul tesserino sostengono che potrebbe essere falso. Dopo le accuse di violazione dei diritti umani arrivate nelle ultime ore, le autorità libiche hanno deciso di
consentire una visita nelle strutture, vogliono mostrare al mondo come vengono
trattate queste persone. Quando si apre il padiglione dove sono i nigeriani e i
ghanesi, la scena vista all'inizio si ripete. Sono quasi tutti ragazzi.
Si tirano su, ti circondano «perché devi mandare un messaggio, dire che stiamo
bene ma che vogliamo essere liberi». Negano di aver ricevuto maltrattamenti,
non hanno segni visibili di percosse. Ricordano di essere rimasti per ore e ore
su quei barconi che rischiavano di andare alla deriva. «Abbiamo avuto tanta
paura, era buio, potevamo morire», ripetono come in una litania. Fram ha la
faccia da ragazzino, racconta di avere 17 anni, di essere giunto dal Gambia. E
sostiene di non sapere dove si trova. «Libia? Non capisco. Io volevo andare a
Malta». Le donne che erano sui barconi sono state trasferite nel centro di
Zawia, 40 chilometri a nord della capitale. Lì finiscono anche i bambini, ma la
polizia locale assicura che a bordo l'altra sera non ce n'era nemmeno uno. Le
femmine erano 37 e una ventina erano con il marito. «Li abbiamo messi insieme,
ma anche loro dovranno lasciare il Paese», chiariscono i responsabili delle
strutture. I centri di accoglienza sono cinti da un muro alto, circondati dal
filo spinato. I portoni sono di ferro, la sorveglianza è affidate alle guardie
armate. Non ci sono limiti di permanenza, ma si cerca di non farli restare più
di 15 giorni. «Perché chiarisce il direttore di Twescha siamo sempre in emergenza,
anche in questi giorni ci sono 400 persone in più». Al ministero dell'Interno
dicono che in Libia ci sono «almeno un milione e mezzo di stranieri che vuole
raggiungere l'Europa. Noi spendiamo ogni anno due miliardi e mezzo di dollari
per gestire il fenomeno dell'immigrazione clandestina e non siamo più in grado
di sostenere il fenomeno». Abdal Muammed, un alto funzionario della sicurezza
che ha trattato con l'Italia l'accordo per effettuare i pattugliamenti
congiunti, sa bene quante critiche si siano scatenate dopo le operazioni
effettuate in acque internazionali. Ma non appare disposto a subire gli
attacchi: «Non credo possibile che qualcuno pensi di aver risolto il problema
dell'immigrazione clandestina mandando sei motovedette a controllare il mare.
Noi siamo pronti a collaborare con il governo di Roma e lo stiamo dimostrando.
Ma è l'Europa che deve farsi carico di questa situazione, avviare quei progetti
negli Stati d'origine che promette da anni. E soprattutto, l'Unione deve
rispettare gli impegni presi nei mesi scorsi: quando abbiamo condotto la
mediazione per liberare le infermiere bulgare, sono stati siglati accordi per
l'avvio della sorveglianza radar delle nostre frontiere meridionali. Non ne
abbiamo saputo più nulla». Alla durissima presa di posizione del Vaticano, il
rappresentante del governo libico risponde con altrettanta fermezza: «Quando
abbiamo allentato i controlli siamo stati accusati di mandare la gente a
morire. Ora che abbiamo deciso di potenziarli ci accusano di violare i diritti umani. Noi siamo aperti a tutti i tipi di cooperazione, se
volete possiamo portare a piazza San Pietro tutti gli stranieri che le vostre
navi hanno portato qui. Bisogna capire che la Libia da sola non ce la fa,
queste persone scappano dalla fame, non dalla guerra. La coscienza dell'Europa
deve svegliarsi perché noi proveremo a fermare chi affronta il mare per avere
una vita migliore, però saremo costretti a fermarci se continueremo ad essere
il luogo di transito di tutta l'Africa. E saremo costretti a sospendere i
controlli delle frontiere verso l'esterno qualora ci rendessimo conto che il
peso migratorio sta diventando troppo pesante». Le condizioni I centri di
accoglienza, cinti da un muro alto e circondati da filo spinato, sono gestiti
dalla polizia. Non ci sono limiti di permanenza Fiorenza Sarzanini ( da "Repubblica, La"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina V - Firenze Respingere gli immigrati? Galli tace Renzi e Spini lo giudicano una violazione dei diritti umani MASSIMO VANNI Immigrati, l´ennesimo barcone di clandestini
rispedito in Libia dal ministro Maroni solleva le proteste della Chiesa e
spacca il Pd ma a Firenze getta un ponte tra centrosinistra e sinistra. Mentre
il candidato del Pdl Giovanni Galli preferisce non pronunciarsi, ricordando di
aver sempre detto che, in tema di immigrati, l´accoglienza deve essere
coniugata con la legalità. «E´ sorprendente che il centrodestra, che si
definisce il partito dei cattolici, faccia finta di ascoltare la Chiesa solo
quando gli fa comodo», attacca invece il candidato del centrosinistra Matteo
Renzi. «La penso come monsignor Marchetto, segretario del Pontificio consiglio
per i migranti, ma soprattutto come le convenzioni umanitarie
e gli accordi internazionali - insiste Renzi - per bloccare il traffico di
carne umana si deve intervenire alla fonte, contro il racket, non contro
duecento disperati che si avventurano in mare alla ricerca di un futuro
migliore». E il responsabile esteri del Pd Piero Fassino che invece pensa che
il caso degli immigrati respinti «non è uno scandalo»? «Tra il rispetto che si
deve a Fassino e quello che si deve alle convenzioni internazionali scelgo
quest´ultimo», taglia corto il candidato del centrosinistra. «C´è un rispetto
che si deve alla Costituzione e alla Carta dei diritti
fondamentali dell´uomo», sostiene anche Valdo Spini, il candidato «socialista»,
come tiene a dire, sostenuto da Rifondazione, Verdi, Comunisti e Sinistra per
la Costituzione. «L´aver respinto il barcone dei clandestini senza aver
esaminato l´eventuale diritto d´asilo è un gesto che viola la Carta dei diritti dell´uomo», insiste Spini. E´ necessario ed urgente,
secondo lui che «l´Italia si dia un codice di comportamento coerente con la
Carta dei diritti dell´uomo». E il fatto che la Chiesa
«abbia sentito il bisogno di intervenire» protestando contro la decisione del
governo Berlusconi, «condannata dall´agenzia dei rifugiati Onu», la dice lunga:
«E´ una posizione giusta». Che dire poi di Fassino e delle nuove discussioni
interne al Pd? «C´è un tema sul quale il Partito democratico non si divide?
Vorrei ricordare che Obama ha vinto non offuscando ma sottolineando i valori
dei Democratici americani», dice Spini dopo aver trascorso la mattinata al
cinema Odeon, dove a ricordare la scomparsa di Andrea Frazzi, uno dei registi
del «Don Milani» televisivo, è arrivato anche l´attore Sergio Castellitto. Mario
Razzanelli, il candidato sindaco della lista civica «Firenze C´è» non è in
disaccordo: «Le persone che arrivano in queste condizioni per prima cosa vanno
aiutate, tutto il resto viene dopo». Ma aggiunge polemico: «Il fatto che la
crisi economica abbia portato i nostri anziani residenti a ridurre i consumi
alimentari fa vergogna a chi ha governato la città negli ultimi anni». SEGUE A
PAGINA V ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-09 -
pag: 5 autore: VIDEOINTERVISTA Caso Politkovskaja «Noi
giornalisti sulle tracce del killer» Oltre ad Anna Politkovskaja, in Russia
altri 3 giornalisti di «Novaja Gazeta» sono stati uccisi in otto anni.L'ultima
è Anastasia Baburova, assassinata in gennaio con Stanislav Markelov, avvocato
difensore dei diritti umani. Nella nostra videointervista la giornalista Zoe Eroshok
illustralo sviluppo delle indagini ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data:
2009-05-09 - pag: 16 autore: Immigrazione. Dura reazione di Cei e Vaticano al
rimpatrio in Libia dei migranti e al Ddl sicurezza: no al reato di clandestinità
La Chiesa: Roma viola i diritti umani
Alt di Fini ai bus separati: incostituzionale - Berlusconi smorza: da Lega solo
battuta ROMA Il respingimento in Libia dei clandestini, che il ministro
dell'Interno Roberto Maroni aveva definito una «svolta» e un «successo», si è
trasformato in un boomerang politico. L'attacco più duro, esteso alla politica
della sicurezza del Governo, arriva dalla Chiesa che, per bocca della più alte
gerarchie, parla di violazione dei diritti
fonadamentali delle persone. Ma anche sulla proposta del leghista Matteo
Salvini (riservare alcuni vagoni della metropolitana alle donnee ai milanesi)
non si placa la polemica. Il premier Silvio Berlusconi tenta di liquidarla come
una «battuta», una «provocazione», e invita a «non sprecare altro tempo»
sull'argomento; qualche ora prima, il presidente della Camera Gianfranco Fini
aveva detto, invece, che quella di Salvini è «un'offesa alla Costituzione e
alla dignità delle persone, a prescindere dal colore della pelle, dalla razza e
dalla lingua». Impossibile non tornare con il ricordo all'America del 1855,
quando una donna nera, Rose Parks, si rifiutò di alzarsi da un posto
dell'autobus riservato ai bianchi, aprendo la strada alla battaglia per i diritti civili dei neri americani, guidata da Martin Luther
King. «Non si può non ricordare e ridere di certe proposte che sono segnali
gravissimi dice il segretario del Pd Dario Franceschini - . Le parole hanno un
peso, non bisogna sottovalutarle ma denunciarle». Quanto al Ddl sicurezza,
stavolta il leader del Pd ha buon gioco a rimandare alle parole delle
organizzazioni umanitarie e della Chiesa «perché non
sembri che anche in questo caso ci sia un attacco strumentale dell'opposizione
». E il suo partito definisce «sorprendente» la decisione di Fini di dichiarare
«ammissibili» i tre maxiemendamenti al Ddl, su cui il Governo porrà la fiducia
martedì prossimo. Ma ieri, le bordate maggiori contro la politica della
sicurezza del Governo sono venute dalla Chiesa. La Cei punta il dito contro il
reato di clandestinità e le sue ricadute, che rischiano, dice padre Gianromano
Gnesotto, di trasformare gli immigrati in «non persone» e mettono a repentaglio
il riconoscimento dei diritti fondamentali alla salute
e all'istruzione di tutti i cittadini. Bisogna «modificarlo» chiedono i
vescovi. L'Osservatore romano esprime «preoccupazione » sul respingimento in
Libia dei migranti perché tra loro può esserci chi «è nelle condizioni di
chiedere asilo politico», e comunque è «prioritario» dare «soccorso» a chi «si
trova in gravi condizioni di bisogno». Per Monsignor Agostino Marchetto,
segretario del Pontificio Consiglio per i migranti, «il rimpatrio dei clandestini in Libia ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati» mentre alcune norme del Ddl sicurezza preludono a
«gravi difficoltà» per la realizzazione dei «diritti umani dei migranti». Dal fronte governativo, il sottosegretario
all'Interno Alfredo Mantovano spiega che il reato di ingresso clandestino «è
funzionale a rendere effettive» le espulsioni e che evocare, come fa la
Cei, il mancato rispetto della tutela sanitaria o di altri diritti
fondamentali è «singolare» perché i medici, in base al Codice penale, hanno
l'obbligo di denunciare un delitto «a meno che il referto esponga la persona
assistita a un procedimento penale ». Se le critiche puntano a «questioni
specifiche, possono essere approfondite e trovare risposta una ad una; altro è
invece – dice Mantovano – contestare una politica di prevenzione della
clandestinità». Ma spara a zero contro il reato di clandestinità e, in
generale, contro le norme sugli immigrati, anche il Pd. Un «cancro per la
nostra democrazia», le definisce Donatella Ferranti, riferendosi anche «al
divieto di matrimonio quando manca il permeso di soggiorno, all'impossibilità
per i genitori irregolari o senza passaporto di riconoscere i figli nati in
Italia»; «un manifesto di intolleranza, un insieme di norme razziste» dice
Livia Turco, secondo cui il reato di clandestinità è «la madre di tutti i
guai».E se Massimo D'Alema invita il Governo a «discutere» sul respingimento degli
immigrati in Libia, perché le esigenze di sicurezza «non possono andare contro
il rispetto delle regole, delle convenzioni internazionali e dei diritti umani a cui il nostro Paese
è tenuto come ogni altro Paese civile», per Rosy Bindi, il respingimento in
Libia «è semplicemente una vergogna». D. St. © RIPRODUZIONE RISERVATA «LEGGI
RAZZIALI» Franceschini rilancia le accuse. L'invito di D'Alema: «Le esigenze di
sicurezza non vadano contro le regole internazionali, si rifletta» ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data:
2009-05-09 - pag: 16 autore: L'EX LEADER DI AN «Senato federale e rivedere
bicameralismo» «Credo che il federalismo debba essere completato con una sorta
di Senato delle autonomie e delle regioni e il bicameralismo debba essere
rivisto». Lo schema è quello della "bozza Violante", condivisa
dall'opposizione e dal capo dello Stato Giorno Napolitano ( che pochi giorni fa
ha ricordato che «non si stravolge la Costituzione in nome della
governabilità»): più poteri al premier ma senza rivoluzionare l'impianto
parlamentarista della nostra Costituzione. A rilanciare il
premierato soft e implicitamente la necessità del dialogo con l'opposizione è
il presidente della Camera Gianfranco Fini. Un paletto al premier e alle sue
tentazioni presidenzialiste dopo i paletti alla Lega sul tema dell'immigrazione
e dei diritti umani. ( da "Unita, L'" del
10-05-2009) Argomenti: Diritti umani 1.Tornare a guardare Se si impara a guardare ci si accorge
che i muri invisibili spuntano come funghi. Tornare a guardare significa prima
di tutto averne voglia e disponibilità. Cambiare punto di vista per cambiare il
proprio sguardo. 2. Coscienze «callose» Esercitare la coscienza, sempre: ecco
come non abituarsi a ciò che normale non è. Chiedersi le conseguenze di quello
che facciamo. Respingere una nave di immigrati può
significare condannarli alla morte o alla tortura. 3.Frontiere «giuste»? Le
frontiere nascono per rispondere a delle esigenze. In Francia le ragazze
cercano un'identità mettendosi il velo. Il muro di Gerusalemme è una risposta al
terrorismo, quello di Rio isola i ricchi dalle favelas. Se la frontiera
è giusta risolve il problema, altrimenti lo nasconde semplicemente. 4.Ossessi
dalla differenza La paura spinge a cercare la differenza. E questa politica
della paura è stata costruita ad arte. Ma il mondo non si divide in bianco e
nero, ci sono infinite gradazioni di grigio. 5.Lo sguardo dei media Il
giornalismo deve tornare a raccontare quello che vediamo. Uscire dalle
redazioni e dalle agenzie, parlare con gli immigrati, i clandestini, gli
irregolari e farsi dire cosa c'è al di là dei luoghi comuni. ROSSELLA BATTISTI
rbattisti@unita.it 5 risposte da Daniela de Robert Giornalista del Tg2, esperta
di questioni sociali ( da "Unita, L'" del
10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Strage in Afghanistan Gli Usa: «Vittime tra i civili usati
come scudi umani» GA.B. L'evidenza non può essere
negata. L'orribile strage di lunedì notte a Bala Buluk, presso Farah, c'è
stata. I raid americani hanno provocato la morte di molti civili che si
trovavano nelle stesse case in cui si erano rifugiati i talebani. Ma la commissione
d'inchiesta congiunta delle autorità militari Usa e afghane non conferma che il
numero delle vittime sia così elevato (147) come sostengono i funzionari
governativi dei villaggi colpiti. Parla di un «numero imprecisato di persone
seppellite in fosse comuni» dopo il massacro. CINISMO TALEBANO E chiama in
causa il cinismo dei miliziani che hanno costretto gli abitanti dei villaggi a
restare con loro, sperando di poterli usare come scudi umani
per evitare di essere bombardati. «L'inchiesta congiunta -afferma il comunicato
finale- conferma che dei civili sono stati uccisi durante la battaglia, ma non
è in grado di determinare con certezza chi tra le vittime fossero combattenti
talebani e chi no, perchè tutti i cadaveri sono stati sepolti». «L'indagine -si
legge ancora nel testo- porta a credere che i talebani deliberatamente abbiano
costretto la gente dei villaggi dentro case da cui poi loro attaccarono le
forze dell'esercito afghano e della coalizione». Commentando il massacro, il
presidente dell'Afghanistan Hamid Karzai ha definito «inaccettabile» che gli
Usa ricorrano ad attacchi aerei che provocano morti e feriti tra i civili. In
un'intervista televisiva Karzai ha chiesto che si metta fine a questo tipo di
operazioni. DIRITTI UMANI Riguardo alle violazioni dei
diritti umani in Afghanistan, l'organizzazione Human Rights Watch (Hrw)
denuncia il sempre più frequente ricorso ad armi chimiche. Hrw invita le forze
Nato a diffondere gli esiti dell'inchiesta su un episodio avvenuto in marzo
nella provincia di Kapisa, che ha avuto per vittima una bambina di 8 anni,
bruciata da proiettili al fosforo bianco. La poveretta, di nome Razia, rimase
gravemente ustionata quando la sua casa fu colpita da un ordigno contenente
quella sostanza, che ha la caratteristica di prendere fuoco al contatto con
l'aria. Il fosforo può essere usato legalmente in guerra per fare luce, creare
cortine fumogene, bruciare edifici. Ma è proibito usarlo come arma offensiva.
Secondo il padre di Razia le truppe straniere spararono il proiettile mentre
davano la caccia a ribelli talebani. Nel caso specifico le forze sul campo
erano francesi e statunitensi. Secondo la portavoce Nato, Jennifer Willis,
un'indagine interna ha giudicato «molto improbabile» che colpi esplosi dalle
truppe Nato abbiano colpito l'edificio, e ha sollevato l'ipotesi che fossero
piuttosto proiettili di mortaio di provenienza talebana. Gli americani
ammettono di avere ucciso dei civili nel raid aereo vicino a Farah, in
Afghanistan. Ma accusano i talebani di avere costretto gli abitanti dei
villaggi a seguirli per usarli come scudi umani. ( da "Unita, L'" del
10-05-2009) Argomenti: Diritti umani «L'Italia non si indigna più Ma i
diritti umani sono universali» Lisa Clark: militante pacifista, vicepresidente
uscente di "Beati i costruttori di Pace" e candidata alle Europee con
Sinistra e Libertà. Cosa ne pensa della vicenda dei respingimenti verso la
Libia? «Negli Usa tanti mi hanno chiesto cosa stesse succedendo in Italia,
dicevano di non riconoscere più il nostro paese. Ma non mi stupisce che
questo governo si comporti così, mi spaventa che le persone non si indignino
più». Lei è uno dei firmatari dell'appello per l'organizzazione di una serie di
manifestazioni nella città di mare contro i respingimenti. Perché? «Mare
significa spostamento di popoli e questo ha reso possibile la nascita e
l'evoluzione della civiltà. Anche di quella italiana, se mai esiste ancora
civiltà in un paese che non prova più compassione». Trova che il clima nei
confronti dei migranti sia cambiato? «Sono statunitense e quando vedo che
l'Italia sceglie la via della criminalizzazione dello straniero mi ricordo di
Sacco e Vanzetti e di tutte le generazioni di italiani emigrati negli Usa. Nei
loro confronti per decenni sono stati alimentati quegli stessi stereotipi e
pregiudizi che oggi alcuni partiti riversano beceramente sui migranti». Cosa ne
pensa del nuovo reato di immigrazione clandestina? «È assurdo che una persona
venga trattata come un criminale solo per ciò che è scritto sul suo passaporto.
Ho fatto per anni le file in Questura per il rinnovo del permesso di soggiorno.
Io, bianca e nordamericana, non sono mai stata trattata come un cittadino
africano o cinese. Ma i diritti umani non possono
essere subordinati alla regolarità dei documenti». Lei è italiana da pochi
giorni... «Da quindici giorni. Avevo fatto domanda per la cittadinanza quando
negli Usa era presidente Bush e in Italia Prodi. Oggi ci sono Obama e
Berlusconi. La sorte a volte sa essere davvero ironica: mi sa che la scelta mi
si è ritorta contro». MASSIMO SOLANI Lisa Clark ( da "Unita, L'" del
10-05-2009) Argomenti: Diritti umani «Noi palestinesi senza diritti Il Papa lo ricordi» L'ex
ministra dell'Anp : «Benedetto XVI vedrà con i propri occhi come è stata
ridotta Betlemme Il Muro spezza in mille pezzi la Cisgiordania» UMBERTO DE
GIOVANNANGELI Il Papa parla di dialogo, di comprensione; auspica una pace
ragionevole. Reclama giustizia e dignità per la Terrasanta. Dignità e giustizia
è quello che noi palestinesi cerchiamo da tempo, per le quali ci battiamo. Ma
dignità e giustizia sono state calpestate a Gaza, dove un milione e mezzo di
palestinesi sono costretti a vivere isolati dal mondo, rinchiusi in una enorme
prigione a cielo aperto; dignità e giustizia non crescono all'ombra del Muro
edificato da Israele in Cisgiordania. Benedetto XVI non chiuda gli occhi di
fronte a questa tragedia». La visita del Papa in Terrasanta vista da da una
delle figure più autorevoli della dirigenza palestinese: Hanan Ashrawi,
parlamentare e più volte ministra dell'Anp, prima donna ad
essere portavoce della Lega Araba, paladina dei diritti umani nei Territori. Il Papa ha iniziato la sua missione in Medio
Oriente. La Santa Sede mette l'accendo sul carattere pastorale della visita.
«In nessun luogo al mondo come in Medio Oriente religione e politica sono
indissolubilmente legati. Ogni parola del Papa sarà valutata in questa
doppia chiave. Benedetto XVI auspica il dialogo, sottolinea la necessità di
operare per una pace ragionevole, evoca i diritti dei popoli. Ma c'è un popolo
i cui diritti sono negati, calpestati: è il popolo palestinese. Una verità storica
che non può essere oscurata dagli errori compiuti dalla dirigenza di Fatah e
dalla falsa alternativa di Hamas». Il Papa visiterà Betlemme e uno dei campi
profughi della Cisgiordania. «Il Papa vedrà con i suoi occhi a cosa è stata
ridotta Betlemme: una città-ghetto, chiusa dal Muro; quel Muro che spezza in
mille frammenti territoriali la Cisgiordania palestinese, dividendo villaggi,
separando famiglie, distruggendo centinaia di ettari di terra, la nostra terra,
coltivabili. Un popolo ghettizzato: questa è la condizione del popolo
palestinese. Una condizione che senza un deciso intervento della comunità
internazionale, a cominciare dagli Usa, è destinata a peggiorare ulteriormente
visto l'interlocutore con cui abbiamo a che fare.». A cosa si riferisce? «Al
governo dei falchi e dei coloni guidato dal duo Netanyahu-Lieberman. Un governo
che ha chiaramente affermato di non sentirsi vincolato dagli accordi fin qui
sottoscritti, un governo il cui ministro degli Esteri (Avigdor Lieberman) ha
più volte sostenuto di non credere in una pace fondata sul principio dei due
Stati, entrando di fatto in rotta di collisione con l'amministrazione Obama».
Lei ha una visione decisamente pessimistica della nuova leadership israeliana,
in particolare di Lieberman. «Pessimistica? Direi realista. Su Lieberman non
potrei dire di più e di meglio di quanto recentemente affermato dall'ex
presidente della Knesset (parlamento israeliano, ndr.) Avraham Burg: Lieberman
è una minaccia evidente per la democrazia israeliana, ha detto. Per la
democrazia israeliana e per il rilancio del processo di pace, aggiungo io». A
ricevere a Betlemme Benedetto XVI sarà il presidente dell'Anp, Abu Mazen. Un
leader dimezzato, secondo molti. «Non da oggi mi batto per un rinnovamento
profondo della classe dirigente palestinese. Non è solo un problema di nomi, ma
dei meccanismi di selezione. È un problema di democrazia. Ma esercitare la
democrazia senza uno Stato, in un regime di occupazione, è un'impresa ardua per
tutti». Israele chiede al Papa parole chiare contro il negazionismo. «Ho sempre
condannato le tesi negazioniste, soprattutto quando esse vengono mascherate da
una solidarietà strumentale con il popolo palestinese. L'antisemitismo non deve
avere mai diritto di cittadinanza nelle nostre fila. La nostra lotta è per uno
Stato in più, quello palestinese, e non per uno in meno, lo Stato d'Israele. Ma
la destra oltranzista israeliana non può usare l'Olocausto per rivendicare una
legittimazione a priori di ogni atto di forza compiuto da Israele. La tragedia
dei lager nazisti non giustifica lo scempio di vite umane compiuto a Gaza. Mi
auguro che il Papa sappia trovare le parole per affermare questa doppia
verità». Intervista a Hanan Ashrawi ( da "Unita, L'" del
10-05-2009) Argomenti: Diritti umani Berlusconi con la Lega: «No a un'Italia multietnica»
SIMONE COLLINI Nessuna violazione dei diritti umani, il «respingimento» dei clandestini non deve suscitare
scandalo e l'Italia non deve essere un paese multietnico. Più tutta una serie
di altre affermazioni che Silvio Berlusconi inanella una dietro l'altra durante
una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Ma quelle sul rimpatrio forzato verso la
Libia si distinguono, anche se nei 62 minuti che rimane a parlare con al fianco
Franco Frattini il presidente del Consiglio non esita a sostenere che la crisi
economica «è in gran parte psicologica» e che la sinistra la guarda «quasi con
soddisfazione», oppure trova pure il modo di far sapere che i sondaggi appena
visionati danno il Pdl al 45% e il suo personale gradimento al 75% nonostante
la «campagna mediatica scatenata sulla base di un cumulo di falsità», o che a "Porta
a Porta" non ci è andato «volentieri» ma solo perché «costretto» da quanto
scritto dai giornali. Le due facce Che poi Berlusconi ai giornalisti mostra
volentieri la faccia sorridente: «Vi abbiamo fatto saltare un pomeriggio di
vacanza», dice arrivando in sala stampa per un appuntamento che non era
previsto. Il fatto è che l'indignazione espressa dal mondo cattolico per la
«linea del respingimento» esige un intervento diretto del premier. Che mostra
il suo sostegno al ministro dell'Interno Roberto Maroni mostrando sul tema
dell'immigrazione la stessa faccia dura della Lega. No al multietnico «La
sinistra con i suoi precedenti governi aveva aperto le porte ai clandestini
provenienti da tutti i Paesi. Quindi l'idea della sinistra era ed è quella di
un'Italia multietnica. La nostra idea non è così». Parole che Berlusconi
pronuncia come se niente fosse, difendendo la decisione di rispedire in Libia
tre barconi carichi di immigrati. «Siamo assolutamente in linea con le
disposizioni europee. Mi sembra che non sia stato bene inteso ciò che è
successo, non c'è nulla che violi gli accordi internazionali e nulla che violi
anche le norme sui diritti umani».
Parole tra l'altro funzionali, da una parte, a mandare un segnale di
rassicurazione verso l'elettorato cattolico già scosso dalle vicende private
del premier, dall'altra a non lasciare alla Lega campo totalmente libero sul
fronte immigrazione. Respingimento forever Così, mentre dall'Aquila Maroni
annuncia che la linea dei respingimenti «continuerà finché gli sbarchi non
cesseranno» perché le polemiche sono «infondate», il premier annuncia che
l'Italia accoglierà «solo chi ha le condizioni per ottenere l'asilo politico»,
che in mare si darà «assistenza» e che però per i barconi con uomini e donne
che verranno trovati in acque internazionali «vale il nostro diritto di
respingerli». Ora e sempre Bossi-Fini Tutte scelte che per Berlusconi né devono
generare «scandalo» né richiedono modifiche all'attuale legislazione. Tant'è
vero che alla domanda se ci siano in vista cambiamenti alla legge Bossi-Fini,
il capo del governo scuote la testa: «Non c'è nessun progetto di cambiamento
che io conosca, nessuna proposta di modifica è arrivata sul mio tavolo».
Infine, l'annuncio di un evento presentato come praticamente storico: «Il leader
libico Gheddafi farà una visita di qualche giorno in Italia. È una cosa
importante visto che da moltissimi anni non veniva da noi. Questo testimonia i
buoni rapporti tra i due paesi». Oppure è solo che il G8 si
fa in Italia, e il leader libico ci sarà in qualità di presidente dell'Unione
africana. Il premier difende la linea del «respingimento» applicata dal
ministro Maroni: «Nessuno scandalo, né violazione del diritto internazionale né
dei diritti umani». L'annuncio: Gheddafi farà visita in Italia. ( da "Manifesto, Il"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani ARGENTINA Arrestati i militari condannati in Italia per
l'omicidio di Mastinu Il giudice del tribunale di San Martín, Juan Manuel Yalj,
tra il 28 ed il 30 aprile 2009 ha ordinato la comparizione, svolto
l'interrogatorio di garanzia e disposto l'arresto di Juan Carlos Gerardi,
Roberto Rossin, Alejandro Puertas y Héctor Maldonado in relazione al sequestro
e all'omicidio del sindacalista italiano Martino Mastinu avvenuto nel 1976. Il
prefetto navale Gerardi e gli altri sottufficiali, che erano stati condannati
per gli stessi fatti a 24 anni di reclusione dalla II° Corte d'assise di Roma
nel 2000 (sentenza divenuta definitiva con la conferma della Cassazione nel
2003), sono stati trasferiti alla Unità penitenziaria di Marcos Paz. José Luis
Porchetto, anch'egli condannato in Italia, risulta deceduto. Il giudice Yalj
aveva precedentemente indagato e arrestato alcuni alti ufficiali dell'esercito
argentino per lo stesso crimine. Si tratta del generale
Santiago Riveros (condannato in Italia all'ergastolo), del generale Fernando
Verplaetsen e del colonnello Luis Saadi Pepa. Il sottosegretario ai diritti umani del governo argentino, Luis Alen, ha manifestato la volontà di
far intervenire lo stato nel processo a fianco delle parti civili. ( da "Corriere.it"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Originari di Ghana e Sierra Leone, riaccompagnati nei loro
Paesi entro 2 settimane Libia, nel centro dei «respinti» «Ma proveremo a
ritornare» Tripoli: i clandestini? Possiamo portarveli a San Pietro Dal nostro
inviato Fiorenza Sarzanini TRIPOLI La luce filtra dalle sbarre delle finestre,
loro stanno accasciati sulle stuoie, sono scalzi, hanno lo sguardo smarrito.
Appena la porticina si apre balzano in piedi, cercano di uscire nel cortile.
Vogliono spiegare, raccontare, chiedere aiuto. C'è chi conosce qualche parola
di inglese, chi si arrangia con il francese. Hanno la pelle molto scura, la
maggior parte sembra provenire dai Paesi dell'Africa subsahariana. I poliziotti
li ammassano contro il muro, intimano loro di stare seduti. «Potete parlare, se
qualcuno di voi ha qualcosa da chiedere può farlo», gridano. Un ragazzo che
dice di avere 16 anni quasi implora: «Mi chiamo Emmanuel, vengo dalla Sierra
Leone, i miei genitori sono a Londra. Ero partito per raggiungerli. I soldi
per il viaggio me li ha dati mia nonna. Adesso non ho più niente, ma voglio
andare da loro. Vi prego ci sarà un modo per riuscire a tornare dì là».
Centro di accoglienza di Twescha, 35 chilometri a sud di Tripoli. Eccoli gli
immigrati che la Libia ha accettato di riprendersi. Mercoledì scorso erano sui
barconi intercettati nelle acque maltesi. Nella notte sono stati trasferiti
sulle motovedette italiane che hanno effettuato l'operazione di respingimento,
provocando un caso internazionale, e sono tornati in porto. Li hanno divisi
per nazionalità e ora li tengono in questi stanzoni in attesa di riportarli a
casa. Non c'è alcuna speranza che possano rimanere, entro due settimane saranno
organizzati i voli per il rientro. E tutto ricomincerà daccapo. Perché, come
chiarisce Suleyman, ghanese di 24 anni «noi non possiamo restare in Africa.
Vogliamo andare in Europa, raggiungere la Grecia. E prima o poi ci riusciremo.
Mettiamo i soldi da parte, lavoriamo per pagare i trasferimenti. Un pezzo di
strada per volta fino alla costa. Poi ci imbarcano». C'è chi sogna la Germania,
chi sostiene di avere parenti in Italia. Samwi ha 19 anni, gli ultimi quattro
mesi li ha trascorsi in un casa di Al Zwara la cittadina all'estremo sud del
Paese dove i mercanti di uomini ammassano la loro «merce» ad aspettare l'ok degli
scafisti. Pensava di esserci riuscito e invece la sua traversata non è durata
neanche 100 miglia e si dispera. Traore, 20 anni, tira fuori un documento per
dimostrare che lui è già entrato nel programma di protezione per i rifugiati,
dice che lo ricevuto ad Abidjan, in Costa d'Avorio. Ma se gli chiedi come mai
era su una di quelle barche non sa rispondere, non è in grado di spiegare perché
non ha sfruttato questa occasione per provare ad avere una nuova vita. I centri
di accoglienza qui sono gestiti dalla polizia, gli agenti di guardia che
chiariscono di aver già avviato le verifiche sul tesserino sostengono che
potrebbe essere falso. Dopo le accuse di violazione dei
diritti umani arrivate nelle ultime ore, le autorità libiche hanno deciso di
consentire una visita nelle strutture, vogliono mostrare al mondo come
vengono trattate queste persone. Quando si apre il padiglione dove sono i nigeriani
e i ghanesi, la scena vista all'inizio si ripete. Sono quasi tutti
ragazzi. Si tirano su, ti circondano «perché devi mandare un messaggio, dire
che stiamo bene ma che vogliamo essere liberi». Negano di aver ricevuto
maltrattamenti, non hanno segni visibili di percosse. Ricordano di essere
rimasti per ore e ore su quei barconi che rischiavano di andare alla deriva.
«Abbiamo avuto tanta paura, era buio, potevamo morire», ripetono come in una
litania. Fram ha la faccia da ragazzino, racconta di avere 17 anni, di essere
giunto dal Gambia. E sostiene di non sapere dove si trova. «Libia? Non capisco.
Io volevo andare a Malta». Le donne che erano sui barconi sono state
trasferite nel centro di Zawia, 40 chilometri a nord della capitale. Lì
finiscono anche i bambini, ma la polizia locale assicura che a bordo l'altra
sera non ce n'era nemmeno uno. Le femmine erano 37 e una ventina erano con il
marito. «Li abbiamo messi insieme, ma anche loro dovranno lasciare il Paese»,
chiariscono i responsabili delle strutture. I centri di accoglienza sono cinti
da un muro alto, circondati dal filo spinato. I portoni sono di ferro, la
sorveglianza è affidate alle guardie armate. Non ci sono limiti di permanenza,
ma si cerca di non farli restare più di 15 giorni. «Perché chiarisce il direttore
di Twescha siamo sempre in emergenza, anche in questi giorni ci sono 400
persone in più». Al ministero dell'Interno dicono che in Libia ci sono «almeno
un milione e mezzo di stranieri che vuole raggiungere l'Europa. Noi spendiamo
ogni anno due miliardi e mezzo di dollari per gestire il fenomeno
dell'immigrazione clandestina e non siamo più in grado di sostenere il
fenomeno». Abdal Muammed, un alto funzionario della sicurezza che ha trattato
con l'Italia l'accordo per effettuare i pattugliamenti congiunti, sa bene quante
critiche si siano scatenate dopo le operazioni effettuate in acque
internazionali. Ma non appare disposto a subire gli attacchi: «Non credo
possibile che qualcuno pensi di aver risolto il problema dell'immigrazione
clandestina mandando sei motovedette a controllare il mare. Noi siamo pronti
a collaborare con il governo di Roma e lo stiamo dimostrando. Ma è l'Europa
che deve farsi carico di questa situazione, avviare quei progetti negli Stati
d'origine che promette da anni. E soprattutto, l'Unione deve rispettare gli
impegni presi nei mesi scorsi: quando abbiamo condotto la mediazione per
liberare le infermiere bulgare, sono stati siglati accordi per l'avvio della
sorveglianza radar delle nostre frontiere meridionali. Non ne abbiamo saputo
più nulla». Alla durissima presa di posizione del Vaticano, il rappresentante
del governo libico risponde con altrettanta fermezza: «Quando abbiamo
allentato i controlli siamo stati accusati di mandare la gente a morire. Ora
che abbiamo deciso di potenziarli ci accusano di violare i diritti umani. Noi siamo aperti a tutti i tipi di cooperazione, se
volete possiamo portare a piazza San Pietro tutti gli stranieri che le vostre
navi hanno portato qui. Bisogna capire che la Libia da sola non ce la fa,
queste persone scappano dalla fame, non dalla guerra. La coscienza
dell'Europa deve svegliarsi perché noi proveremo a fermare chi affronta il mare
per avere una vita migliore, però saremo costretti a fermarci se continueremo
ad essere il luogo di transito di tutta l'Africa. E saremo costretti a
sospendere i controlli delle frontiere verso l'esterno qualora ci rendessimo
conto che il peso migratorio sta diventando troppo pesante». stampa | ( da "Corriere delle Alpi"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani STATIN UNITI Obama show al gala della stampa Autoironico,
non risparmia battute spaziando da Hillary a Cheney NEW YORK. Un Barack Obama
scatenato, un vero e proprio "first comedian": al gala della stampa
della Casa Bianca, sabato sera a Washington, il presidente degli Stati Uniti ha
avuto battute per tutti, amici e nemici, e spesso le ha proprio azzeccate,
facendo ridere di gusto i presenti. L'ex rivale Hillary Clinton, ora Segretario
di Stato; il suo vice Joe Biden, un chiaccherone; il predecessore di Biden,
Dick Cheney, il cattivo di turno accoppiato all'umorista super conservatore
Rush Limbaugh. Quello di Obama è stato un esordio alla grande, con una battuta
pronta per tutti, anche per i giornalisti, che "hanno votato tutti per
me". O anche sulle ormai famosissime braccia nude della moglie Michelle.
Molto azzeccata è stata la battuta su Hillary: ormai così vicina che al suo
ritorno dal Messico (dove c'è l'influenza suina), "ha tenuto ad
abbracciarmi", ha spiegato il presidente a un parterre di vip, tra le risate
generali. Oltre ai più famosi giornalisti, spiccavano star di Hollywood come
Demi Moore e Ashton Kutcher, registi come Steven Spielberg e George Lucas,
musicisti come Sting e Jon Bon Jovi. C'era anche la stilista italiana Donatella
Versace, che al Washington Post ha spiegato di seguire la politica da vicino,
non solo negli Usa, anche in Francia e in Germania. Obama ha iniziato spiegando
di essere lì per festeggiare il decimo anniversario quotidiano dei suoi cento
primi giorni. E, "cosa farò nei miei prossimi cento giorni? Sto seriamente
considerando di perdere la calma...". "Non vedo Dick Cheney tra noi
questa sera", ha proseguito riferendosi all'ex vicepresidente, tra i più
critici nei confronti della nuova amministrazione. "Credo sia impegnato a
scrivere il suo libro di memorie. Si intitola Come sparare agli amici e
interrogare la gente". Un'allusione diretta a un incidente di caccia che
lo aveva coinvolto in prima persone e al suo appoggio per tecniche di
interrogatorio vicine alla tortura, come lo stesso Cheney
ha confermato oggi ancora al talk show domenicale della Cbs. Obama ha anche
citato direttamente Rush Limbaugh, diventato di fatto il portavoce ufficioso
dei repubblicani insieme con Cheney. Viste le difficoltà del partito
all'opposizione, il presidente ha spiegato che non potrà usufruire degli aiuti
pubblici destinati alle strutture sull'orlo del fallimento "anche
perchè Limbaugh non è un'azienda in difficoltà ". Decisamente più pesante
di Obama è stata l'umorista nera Wanda Sykes. Se il primo presidente
afro-americano della storia degli Stati Uniti non farà bene, potrà sempre
sfruttare la sua metà bianca, ha detto la donna prima di spiegare che se Biden
venisse catturato dai terroristi non sarebbe necessario torturalo per farlo
parlare. Chiacchierone com'è basta fargli normali domande, ma sarà lui a
torturare i terroristi con le sue parole senza fine. Al di là delle battute,
Obama ha riservato una parte del suo intervento per ringraziare la stampa e
sottolineare l'importanza che ha per la tenuta della democrazia il lavoro dei
giornalisti, molti dei quali hanno perso il lavoro in questi mesi. La serata ha
permesso di raccogliere fondi per oltre 130 mila dollari. ( da "Repubblica, La"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina XVII - Milano Per un giorno stopper del Crystal
Palace LUIGI BOLOGNINI Ma non sta mai fermo, sto
maledetto Coombes, anche quando la palla è lontanissima: continua a correre,
svaria sulle fasce (malgrado sia un centravanti), detta il passaggio. «Stop it, please, Tony», e lui
sorridente: «It´s my dream». Il suo sogno, ma il mio incubo, costretto come
sono ad arrancare sbanfando dietro a questo tracagnotto misirizzi quarantenne
che mi scappa ora qua ora là nei dintorni dell´area di rigore a Selhurst Park,
lo stadio del Crystal Palace, periferia Sud-est di Londra. Ma
è una tortura che mi sono scelto io, quando ho deciso di fare lo stopper con
Football Aid. Calciatore per un giorno in uno stadio inglese, di quelli che
normalmente si vedono in tv zeppi di tifosi mezzi bevuti e canterini, quelli
citati da tutti come templi del calcio e dello spirito sportivo. Campi
calpestati nei decenni da campioni come Matthews, Best, Keegan, Rooney: per
questo è nata Football Aid, l´associazione benefica dei club britannici. Ogni
società mette a disposizione il proprio impianto (campo e spogliatoi) per una
partita l´anno. A giocare sono persone qualsiasi che partecipano ad aste su
Internet, tipo eBay. Chi offre di più vince la maglia che vuole, e può essere
una mitica tipo il 7 del Manchester United, o una un po´ meno, tipo la 15 del
Crystal Palace. La mia. SEGUE A PAGINA IV ( da "Repubblica, La"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina I - Firenze Governo e migranti Che razza di mondo
vogliamo costruire? CLAUDIO MARTINI Ma che razza di mondo vogliamo costruire? I
fatti di questi giorni reclamano una risposta. Se è giusto battersi per la
libertà del popolo tibetano è altrettanto giusto farlo nei confronti dei
migranti in fuga da guerre, genocidi, miseria e schiavitù. I diritti umani non si difendono in base alle nostre convenienze.
Perciò è sbagliata la decisione di respingere in Libia i migranti diretti in
Italia e in Europa. La decisione del Governo è in aperto contrasto con le
convenzioni internazionali - sottoscritte dall´Italia ma
non tutte dalla Libia - e con il rispetto dei diritti umani. Una
decisione che preoccupa chi da tempo ha posto la difesa dei diritti umani al centro di ogni azione politica. Ha prevalso una visione
ristretta di cittadinanza contrapposta alla concezione universale della tutela
dei diritti della persona. Così si disconosce il significato della
Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 (e
di tutte le altre convenzioni approvate compreso quella di Ginevra), e si
chiude gli occhi sulla complessa realtà del mondo globalizzato. E´ una logica
che la Lega sta promuovendo a tutto campo, sul problema della salute o
dell´istruzione di bambini e immigrati irregolari, ma che rischia di essere
fatta propria da tutto il Governo. SEGUE A PAGINA III ( da "Repubblica, La"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina III - Firenze CHE RAZZA DI PAESE VOGLIAMO
COSTRUIRE? CLAUDIO MARTINI (segue dalla prima di cronaca) L´adesione alle
convenzioni internazionali non è una formalità. Va anzi adeguata la
legislazione nazionale ai principi sottoscritti che non diventano «facoltativi»
se si ritiene entrino in conflitto con interessi nazionali. Stringere accordi anche con paesi che si distinguono per
violazioni più o meno sistematiche dei diritti umani può essere
giustificato se spinge quei paesi ad adeguare il più presto possibile i loro
comportamenti alle normative internazionali. La Corte europea ha stabilito che
«sono vietate le espulsioni collettive di stranieri». Così dice la Carta dei
diritti fondamentali. Già nel 2005 il Parlamento europeo aveva invitato
«le autorità italiane e tutti gli Stati membri ad astenersi dall´effettuare
espulsioni collettive di richiedenti asilo e di migranti irregolari verso la
Libia o altri paesi e ad assicurare l´esame individuale delle domande di asilo
nonché il rispetto del principio di non espulsione». L´Italia si è sempre
distinta per l´impegno sul rispetto dei diritti umani,
vedi la moratoria per la pena di morte. Per questo più che sentirsi offesi
dalle critiche dell´Onu occorre discutere i comportamenti di un governo e di un
ministro che con questo gesto minano una credibilità da tutti riconosciuta. La
Toscana chiede si cambi rotta: questa è una terra che da sempre si è distinta
per l´impegno in difesa dei diritti umani e che ancora
oggi mantiene un impegno attivo, dall´ospitalità di scrittori e intellettuali
perseguitati nei loro paesi al meeting che ogni anno coinvolge oltre 9mila
studenti e loro insegnanti in un percorso di formazione sul tema dei diritti.
Questo impegno va perseguito sempre, non solo in base ai sondaggi, ma anche
quando comporta difficoltà non facilmente risolvibili e che potranno esserlo
solo con la cooperazione a livello internazionale. Affrontarlo unilateralmente
significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà, scaricando il problema sui
paesi vicini, giocando sulla pelle di persone che cercano di sfuggire a
condizioni di violenza e paura. Respingerli senza interrogarsi sul loro diritto
all´asilo è una violazione di leggi internazionali. E´ la mancanza di un
sentimento di umanità che dovremmo conoscere bene per
averlo vissuto a lungo sulla nostra pelle. L´autore è il presidente della
Regione Toscana ( da "Repubblica, La"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Pagina 17 - Esteri La Cia difende le tecniche di
interrogatorio "Almeno si conservi la privazione del sonno"
WASHINGTON - «Mi volete dire che di fronte a nessun tipo di minaccia voi
deciderete di non usare la privazione del sonno con un detenuto?» Così l´ex
direttore della Cia, Michael Hayden, ha cercato di convincere l´amministrazione
Obama a conservare almeno questa "tecnica di interrogatorio", non facendola mettere al bando come altre forme di tortura
(waterboarding). Secondo la Cia la tecnica appare meno violenta, ma la tesi è
smentita da un rapporto di un ispettore della Cia del 2004. «Ai detenuti - è
scritto - non veniva concesso di mangiare, nè di andare al bagno. E se
crollavano esausti le catene impedivano loro di cadere». ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 11-05-2009) Argomenti: Diritti umani Il Sole-24 Ore sezione: POLITICA E SOCIETA data:
2009-05-10 - pag: 17 autore: Immigrazione. Il premier: non apriremo le porte a
tutti come ha fatto la sinistra - «Presto Gheddafi verrà in Italia» «No
all'Italia multietnica del Pd» Berlusconi: sì alla linea del Viminale, i
rimpatri forzati non sono uno scandalo Barbara Fiammeri ROMA La linea dura
sull'immigrazione non è solo della Lega e del ministro dell'Interno ma di tutto
il Governo. Il rimpatrio forzato dei clandestini raccolti in mare «non è uno
scandalo», afferma Silvio Berlusconi, che dice «no» all'Italia multietnica
«voluta dalla sinistra» colpevole, quando era al governo, «di aver aperto le
porte a ai clandestini provenienti da tutti i Paese». Alle critiche del
Vaticano il premier preferisce evitare di rispondere, spiegando che «non è
stato beninteso quel che abbiamo fatto» perchè la decisione, di riportare in
Libia gli immigrati sorpresi in acque internazionali, «è assolutamente in linea
con le disposizioni europee» e dunque non c'è stata «nessuna violazione di
accordi internazionali nè delle norme a tutela dei diritti umani
». Berlusconi, assieme al titolare della Farnesina Franco Frattini, è a Palazzo
Chigi per fare il punto sulla politica estera anche in vista del G- 8 di luglio
i cui contenuti – spiega – dovranno essere discussi con l'amministrazione Usa.
Che ha già dato l'ok,però,per la collocazione logistica del vertice all'Aquila.
Per la sua visita a Washington non è stata invece ancora fissata la data («le
diplomazie stanno consultando le agende dei due presidenti») ma Berlusconi
assicura che «ci sarà». Nel frattempo a Roma arriverà Muammar Gheddafi: «Non
accadeva da moltissimi anni», sottolinea il premier ricordando la chiusura del
contenzioso con la Libia che, oltre ad offrire «eccellenti opportunità» per le
imprese, consente all'Italia «di non accettare i clandestini che arrivano sulle
nostre coste». I rimpatri dunque continueranno perchè – insiste il premier
–«l'Italia accoglierà solo chi ha le condizioni per ottenere l'asilo politico
». Una tesi perfettamente in linea questa volta con quella della Lega, ma assai
distante da quella portata avanti dal presidente della Camera Gianfranco Fini
che proprio nei giorni scorsi aveva parlato di un'Italia sempre più multietnica
(«la generazione Ballottelli », l'aveva definita). I due sono sempre più
distanti e da tempo si sono pressocchè interrotte le frequentazioni. Ma questa
sponsorizzazione della linea dura, nonostante le preoccupazioni espresse
apertamente dal Vaticano, vanno però lette anche in chiave elettorale.
Berlusconi non vuole offrire sponde al suo principale concorrente. Il Carroccio
continua a essere dato in crescita e attrae anche gli elettori del Pdl. Di qui
la scelta di premere sull'acceleratore cavalcando i temi cari alla Lega anche a
costo di incrinare momentaneamente i rapporti con i vertici della Chiesa già
provati dall'affaire LarioNoemi. Una vicenda che Berlusconi vuole allontanare
al più presto dall'attenzione dell'opinione pubblica nonostante il favore degli
ultimi sondaggi, che confermerebbero- secondo il premierun gradimento del 75%.
Anche la conferenza stampa di ieri rientra in questa strategia. Berlusconi ha
ripercorso le tappe di questi ultimi 12 mesi, dall'intervento russo in Georgia
alla crisi finanziaria che – insiste – è in gran parte «psicologica» mentre
«l'opposizione purtroppo sembra quasi guardarla con soddisfazione ». Il premier
rivendica la centralità acquisita dall'Italia in politica estera grazie alla
sua azione personale: «Ho una militanza che dura da 15 anni e nelle riunioni,
visto che sono il leader più anziano, prendo la parola per primo e questo mi
consente di impostare in un certo modo le argomentazioni e poi intervengo per
ultimo per trarre le conclusioni ». Frattini conferma: «Siamo tra i pochi a
poter dialogare con tutti gli attori internazionali » e a mo' d'esempio ricorda
che il presidente egiziano Hosni Mubarak si rivolge a Berlusconi chiamandolo
«brother, fratello». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA RISPOSTA ALLA CHIESA
«Rispettate le norme europee e i diritti umani» Sul
G-8 ok dagli Usa alla caserma Gdf, incerta la data della visita a Washington
(
da "Manifesto, Il"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani IMMIGRATI Berlusconi difende Maroni: «No all'Italia multietnica» «Respingimenti legittimi, la Libia è un paese amico» Carlo Lania ROMA «Nessuno scandalo» per il respingimento degli immigrati in Libia. «Non siamo come la sinistra, che vuole la società multietnica: la nostra idea è quella di accogliere solo chi ha le condizioni per ottenere l'asilo politico». E comunque nella scelta di consegnare centinaia di disperati, donne e bambini compresi, nella mani dei poliziotti libici «non c'è nulla che violi gli accordi internazionali». Silvio Berlusconi scende in difesa di Roberto Maroni. Dopo due giorni di fuoco, durante i quali sul Viminale e le sue politiche contro gli immigrati sono piovute accuse sia dall'Onu che dalla Chiesa, il premier decide che è arrivato il momento di rassicurare l'alleato leghista sull'intenzione del governo di non fare marcia indietro, neanche sulla decisione di mettere la fiducia sul disegno di legge sicurezza che, tra l'altro, introduce quel reato di clandestinità tanto criticato dalla Chiesa. E per farlo Berlusconi chiama a raccolta mezzo governo, dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che gli siede accanto durante una conferenza stampa tenuta nel pomeriggio a palazzo Chigi, a quello della Giustizia Angelino Alfano allo stesso Roberto Maroni, che anche ieri ha ribadito come «la linea dei respingimenti continuerà finché gli sbarchi non cesseranno». Un fuoco di fila messo in campo al solo scopo di mostrare al Carroccio quella compattezza intorno alle sue proposte della quale lo steso Maroni non fa mistero di dubitare. Ma l'occasione è buona anche per dare una bordata a Gianfranco Fini, che nei giorni scorsi aveva parlato della necessità di rimettere mano alla legge sull'immigrazione che porta il suo nome e quello di Umberto Bossi: «Non sono al corrente di nessun progetto di cambiamento», dice infatti il premier zittendo così il presidente della Camera. La difesa delle nuove misure anti-immigrati è a tutto campo, a partire proprio dai tanto criticati respingimenti. «In questi giorni abbiamo avuto una ricaduta positiva sulla possibilità di non accettare immigrati clandestini dalle coste libiche», dice il premier, rivendicando questa possibilità come il risultato dell'accordo raggiunto con la Libia sui danni di guerra. «Abbiamo chiuso un contenzioso che si trascinava da quarant'anni», dice infatti Berlusconi, soddisfatto per le possibili ricadute economiche per le imprese italiane che, spiega «saranno in prima fila nell'assegnazione degli appalti». A farne le spese, però, per ora sono gli immigrati che dopo giorni di navigazione si vedono trascinare indietro verso il punto di partenza. L'operazione, che impedisce di verificare la presenza a bordo delle imbarcazioni di quanti potrebbero avere diritto all'asilo politico è stata bollata come «vergognosa» dal Vaticano. Ma il premier, solitamente molto attento a ogni sospiro proveniente da Oltretevere, questa volta preferisce far finta di niente: «Non vedo alcuno scandalo», dice. «Noi siano assolutamente in linea con le disposizioni europee, non c'è nulla che violi gli >accordi
internazionali e nulla che violi anche le norme sui diritti
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all'emendamento anti-Vaticano (sezione: Diritti
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Rimpatriati in Libia L'Onu: violati i
diritti (sezione: Diritti
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No a condanne su Aids e condom (sezione: Diritti umani)
"Noi, studenti cittadini
d'Europa" (sezione: Diritti
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le organizzazioni umanitarie: gesto
cinico - caterina pasolini (sezione: Diritti
umani)
immigrati, maroni esulta "un trionfo
riportarli in libia" - alberto custodero (sezione: Diritti umani)
tesori ritrovati e artisti dal mondo per
i diritti umani (sezione: Diritti
umani)
artisti e registi del mondo al madre per
i diritti umani - stella cervasio (sezione: Diritti umani)
Presi e riportati in Libia dall'Italia
227 disperati (sezione: Diritti
umani)
Io, sopravvissuto, vi racconto la non
vita nei lager del deserto (sezione: Diritti
umani)
AGGRESSIONE ALL UMANITÀ (sezione: Diritti umani)
Nessuna pietà per le donne incinte,
disidratate e prossime alla gravidanza. Nessuno scuprolo su... (sezione: Diritti umani)
La svolta storica nel contrasto
all'immigrazione clandestina è la regola del &... (sezione: Diritti umani)
Touadì, Pd: una svolta che nega i diritti
umani (sezione: Diritti
umani)
prelievi di innocenti in archivio,
polemica a londra (sezione: Diritti
umani)
Messaggio al Papa: fermare i crociati (sezione: Diritti umani)
Arriva il biotestamento (sezione: Diritti umani)
Immigrati clandestini rimpatriati in
Libia Vaticano: "Violati i diritti dei rifugiati" (sezione: Diritti umani)
Clandestini, il Vaticano all'attacco (sezione: Diritti umani)
Rimpatrio, il Vaticano attacca... (sezione: Diritti umani)
Parto per la Terra Santa con il Papa. (sezione: Diritti umani)
Migranti, il Vaticano attacca il governo
L'Osservatore (sezione: Diritti
umani)
Vaticano:
"L'Italia viola i diritti
umani" (sezione: Diritti
umani)
La Chiesa e gli immigrati respinti:
diritti a rischio (sezione: Diritti
umani)
immigrati respinti, la chiesa accusa
"così si violano i diritti umani" - liana milella (sezione: Diritti umani)
fassino: mandarli via non è uno scandalo
- giovanna casadio (sezione: Diritti
umani)
La Chiesa all'attacco "Lesi i
diritti umani" (sezione: Diritti
umani)
Usa, le nozze gay arrivano in Parlamento (sezione: Diritti umani)
La Chiesa e gli immigrati respinti:
diritti a rischio (sezione: Diritti
umani)
l'onu: rispettate il diritto d'asilo nei
centri libici controlli difficili - caterina pasolini (sezione: Diritti umani)
Berlusconi: riportare indietro i clandestini (sezione: Diritti umani)
Libia, nel centro dei
respingere gli immigrati? galli tace -
massimo vanni (sezione: Diritti
umani)
Caso Politkovskaja Noi giornalisti sulle
tracce del killer (sezione: Diritti
umani)
La Chiesa: Roma viola i diritti umani (sezione: Diritti umani)
Senato federale e rivedere bicameralismo (sezione: Diritti umani)
1.Tornare a guardare Se si impara a
guardare ci si accorge che i muri invisibili spuntano come fu... (sezione: Diritti umani)
Strage in Afghanistan Gli Usa: Vittime
tra i civili usati come scudi umani (sezione: Diritti umani)
L'Italia non si indigna più Ma i diritti
umani sono universali (sezione: Diritti
umani)
Noi palestinesi senza diritti Il Papa lo
ricordi (sezione: Diritti
umani)
Berlusconi con la Lega: No a un'Italia
multietnica (sezione: Diritti
umani)
Arrestati i militari condannati in Italia
per l'omicidio di Mastinu (sezione: Diritti
umani)
Libia, nel centro dei
Obama show al gala della stampa (sezione: Diritti umani)
per un giorno stopper del crystal palace -
luigi bolognini (sezione: Diritti
umani)
che razza di mondo vogliamo costruire? -
claudio martini (sezione: Diritti
umani)
che razza di paese vogliamo costruire? -
claudio martini (sezione: Diritti
umani)
la cia difende le tecniche di
interrogatorio "almeno si conservi la privazione del sonno" (sezione: Diritti umani)
No all'Italia multietnica del Pd (sezione: Diritti umani)
Berlusconi difende Maroni:
( da "Unita, L'" del
11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Misratah, la Guantanamo del colonnello Gheddafi Seicento
eritrei in fuga dalla dittatura affamati e vittime della
tortura nel carcere a 210 chilometri a est di Tripoli. Tra loro donne e bambini
GABRIELE DEL GRANDE Di notte, quando cessano il vociare dei prigionieri e gli
strilli della polizia, dal cortile del carcere si sente il rumore del mare.
Sono le onde del Mediterraneo, che schiumano sulla spiaggia, a un centinaio di
metri dal muro di cinta del campo di detenzione. Siamo a Misratah, 210
km a est di Tripoli, in Libia. E i detenuti sono tutti richiedenti asilo
politico eritrei, arrestati al largo di Lampedusa o durante le retate nei
quartieri degli immigrati a Tripoli. Vittime collaterali della cooperazione
italo libica contro l'immigrazione. Drammatico esempio di cosa rischia di
diventare il diritto d'asilo nella civile Europa. In questa prigione si trovano
più di 600 persone, tra cui 58 donne e diversi bambini e neonati. Sono in
carcere da ormai tre anni, ma nessuno di loro è stato processato. Dormono in
camere senza finestre di 4 metri per 5, fino a 20 persone, buttati per terra su
stuoini e materassini di gommapiuma. Di giorno si riuniscono nel cortile su cui
si affacciano le camere, sotto lo sguardo vigile della polizia. Sono ragazzi
tra i 20 e i 30 anni. La loro colpa? Aver tentato di raggiungere l'Europa per
chiedere asilo politico. Da anni la diaspora eritrea passa da Lampedusa.
Dall'aprile del 2005 almeno 6.000 profughi della ex colonia italiana sono approdati
sulle coste siciliane, in fuga dalla dittatura di Isaias Afewerki. La
situazione a Asmara continua a essere critica. Amnesty International denuncia
continui arresti e vessazioni di oppositori e giornalisti. E la tensione con
l'Etiopia resta alta, cosicché almeno 320.000 ragazzi e ragazze sono costretti
al servizio militare, a tempo indeterminato, in un paese che conta solo 4,7
milioni di abitanti. Molti disertano e scappano per rifarsi una vita. La
maggior parte dei profughi si ferma in Sudan: oltre 130.000 persone. Tuttavia
ogni anno migliaia di uomini e donne attraversano il Sahara per raggiungere la
Libia e da lì imbarcarsi per il paese dei vecchi colonizzatori: l'Italia. Chi
raggiunge la Sicilia ottiene un permesso di soggiorno come rifugiato politico,
in base al diritto internazionale e all'articolo 10 della Costituzione
italiana. Chi invece viene arrestato prima dell'imbarco finisce qui. Dietro le
sbarre. Per anni. La prima volta che sentii parlare di Misratah fu nella
primavera del 2007, durante un incontro a Roma con il direttore dell'Alto
commissariato dei rifugiati a Tripoli, Mohamed al Wash. Pochi mesi dopo, nel
luglio del 2007, insieme alla associazione eritrea Agenzia Habeshia, riuscimmo
a stabilire un contatto telefonico con un gruppo di prigionieri eritrei che
erano riusciti a introdurre un telefono cellulare nel campo. Si lamentavano
delle condizioni di sovraffollamento, della scarsa igiene dei bagni, e delle
precarie condizioni di salute, specie di donne incinte e neonati. E accusavano
gli agenti di polizia di avere molestato sessualmente alcune donne durante le
prime settimane di detenzione. Il caso divenne pubblico, se ne occupò Amnesty e
fu presentata una interrogazione al Parlamento europeo. Il direttore del centro
di detenzione, colonnello 'Ali Abu 'Ud, conosce i report internazionali su
Misratah, ma respinge le accuse al mittente: "Tutto quello che dicono è
falso" dice sicuro di sé seduto alla scrivania, in giacca e cravatta,
dietro un mazzo di fiori finti, nel suo ufficio al primo piano. Dalla finestra
si vede il cortile dove sono radunati oltre 200 detenuti. S. è uno di loro.
"Fratello - dice -, siamo in una pessima situazione, siamo torturati,
mentalmente e fisicamente. Siamo qui da due anni e non conosciamo quale sarà il
nostro futuro. Siamo tutti eritrei. Io sono venuto in Libia nel 2005. Cerchiamo
asilo politico". Nella stanza si S. dormono 18 ragazzi, su coperte e
materassini di gommapiuma stesi sul pavimento. La stanza misura quattro metri
per cinque. Al centro, una pentola gorgoglia sopra un fornellino da campeggio.
Ma prima di andare oltre, il direttore del centro interrompe l'intervista.
Negli ultimi due anni l'Onu ha favorito il rilascio di circa 200 persone dal
carcere di Misratah, soprattutto donne e bambini, accolte come rifugiati in
Italia, Svezia, Norvegia, Svizzera, Canada e Romania. Ma il concetto di asilo
politico sfugge alle autorità libiche. Eritrei o nigeriani, vogliono tutti
andare in Europa. E visto che l'Europa chiede di controllare la frontiera, e
paga bene per farlo, l'unica soluzione sono le deportazioni. E per chi non
collabora con le ambasciate - come i rifugiati eritrei - la detenzione diventa
a tempo indeterminato. L'Italia e l'Unione europea non potrebbero chiedere di
meglio al loro nuovo cane da guardia. Il reportage
( da "Corriere Economia"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Corriere Economia sezione: Economia data: 11/05/2009 -
pag: 11 Offshore a cura di Ivo Caizzi icaizzi@corriere.it Al via le manovre per
il nuovo Europarlamento Il compromesso italo-polacco spinge Mauro (pdl) verso
la presidenza. Partita aperta nella sinistra L 'Europarlamento ha chiuso la sua
legislatura la settimana scorsa a Strasburgo concludendo le ultime manovre
sotterranee tra i gruppi politici in vista della riapertura del 14 luglio
prossimo, con i nuovi eletti alle europee del giugno prossimo. Un «euroinciucio
» ha confermato anche la lottizzazione della presidenza dell'unica istituzione
Ue eletta direttamente dai cittadini. I popolari del Ppe e i socialisti del
Pse, rispettivamente primo e secondo gruppo per numero di seggi, si sono
spartiti ancora questa poltrona quinquennale per due anni e mezzo ciascuno.
L'Italia potrebbe tornare a esprimere un presidente dell'Europarlamento 30 anni
dopo il dc Emilio Colombo. Mario Mauro di Forza Italia ha buone possibilità di
battere la concorrenza nel Ppe dell'ex premier polacco Jerzy Buzek grazie a un
compromesso che porterebbe all'Italia la presidenza dell'Assemblea Ue e alla
Polonia la guida del Consiglio d'Europa di Strasburgo, l'organismo
allargato a molti Paesi europei extracomunitari impegnato nella tutela dei
diritti umani. Se non ce la farà, Mauro, molto ben visto in Vaticano, viene
considerato il naturale capogruppo degli eurodeputati del Pdl, che dovrà
gestire il non facile inserimento nel Ppe della componente An, considerata da
molti europopolari «post-fascista». Possibili alternative, condizionate
dai risultati elettorali e dalle nuove candidature berlusconiane, appaiono il
capodelegazione uscente, Stefano Zappalà di Forza Italia, e Cristiana
Muscardini di An, nell'ultimo mandato co-presidente della destra europea Uen.
Le ambizioni di Vito Bonsignore sono offuscate dal suo passato coinvolgimento
in Tangentopoli. Il candidato socialista alla presidenza dell'Europarlamento
dovrebbe essere il tedesco Martin Schulz. Il Pd appare orientato a confluire
nel Pse attraverso un nuovo gruppo autonomo, ma in caso di insuccesso
elettorale l'alleanza potrebbe dissolversi per mantenere gli ex ds con i
socialisti e gli ex Margherita con i liberaldemocratici dell'Alde. Il
capodelegazione uscente dei ds Gianni Pittella corre insieme a più noti
candidati Pd come l'ex sindacalista Sergio Cofferati o il giornalista tv David
Sassoli. La Lega conferma Mario Borghezio. L'Udc ha messo in lista il
principeballerino Emanuele Filiberto di Savoia e il neo-cattolico Magdi Allam.
L'Italia dei Valori punta sul magistrato Luigi De Magistris per rilanciare la
lotta alla corruzione nell'euroburocrazia. Lo sbarramento elettorale al 4%
dovrebbe cancellare dall'Europa la storica presenza dei radicali di Marco
Pannella, aggressivi difensori dei diritti umani in
politica e spesso filo-confindustriali in economia. La co-presidente dei verdi
europei Monica Frassoni si è candidata con Sinistra e Libertà di Claudio Fava.
Ma l'addio alla coalizione Ulivo e l'autolesionistica litigiosità della
sinistra italiana possono tagliare fuori anche i comunisti Giusto Catania,
Roberto Musacchio, Vittorio Agnoletto e Umberto Guidoni. Ex Pm Luigi de
Magistris, eurocandidato dell'Italia dei Valori Imago economica
( da "Repubblica.it"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
BRUXELLES - Il respingimento degli immigrati clandestini
verso la Libia "è un'iniziativa molto triste", che "mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da
repressione e violenza, ricorrendo al diritto d'asilo". Questo il
messaggio lanciato dal commissario per i diritti umani del
Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg. "L'iniziativa italiana mina
totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo", afferma
Hammarberg all'AdnKronos, aggiungendo: "Spero che l'Italia non vada
avanti con questa politica". Insomma, quella trovata dal governo italiano
per rispondere all'emergenza sbarchi "non è una buona soluzione", ha
sottolineato ancora Hammarberg dicendosi "totalmente in linea con le
posizioni espresse dal Vaticano. Queste persone - ha avvertito ancora Hammarberg
- devono avere una chance per ottenere asilo. Ora in Italia tutto questo
diventa impossibile". Il commissario per i diritti umani
ha tuttavia spezzato una lancia in favore del ministro dell'Interno, Roberto
Maroni, invitando l'Unione europea a fare di più per sostenere il nostro Paese
a rispondere all'emergenza sbarchi. "Credo che il ministro Maroni agisca
in questo modo perchè a Bruxelles ha trovato soltanto il silenzio
dell'Ue". In questo contesto, ha avvertito Hammarberg, "anche
l'Unione europea deve essere più responsabile e seria, mettendosi all'ascolto
di quei Paesi come l'Italia o Malta che a nome di tutta l'Unione devono
affrontare questa sfida. Spero davvero che l'Unione europea aiuti maggiormente
l'Italia", ha concluso il commissario. OAS_RICH('Middle'); (11 maggio 2009
( da "Stampaweb, La"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
BRUXELLES Il respingimento degli immigrati clandestini
verso la Libia «è uniniziativa molto
triste», che «mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da
repressione e violenza, ricorrendo al diritto dasilo». E' questo il
messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani del
Consiglio dEuropa, Thomas Hammarberg, interpellato
dall'agenzia Adnkronos International. «Liniziativa italiana mina
totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo», afferma
Hammarberg, aggiungendo: «Spero che lItalia non vada
avanti con questa politica». Insomma, quella trovata dal governo italiano per
rispondere allemergenza sbarchi «non è una buona soluzione», ha
sottolineato ancora Hammarberg dicendosi «totalmente in linea con le posizioni
espresse dal
Vaticano». «Queste persone - ha avvertito ancora Hammarberg contattato
telefonicamente nel corso di una sua missione a Madrid - devono avere una
chance per ottenere asilo. Ora in Italia tutto questo diventa impossibile». Il
commissario per i diritti umani ha tuttavia spezzato
una lancia in favore del ministro dellInterno,
Roberto Maroni, invitando lUnione europea a fare di più per sostenere il
nostro Paese a rispondere allemergenza sbarchi. «Credo che il ministro
Maroni agisca in questo modo perchè a Bruxelles ha trovato soltanto il
silenzio dellUe». In questo contesto, ha
avvertito Hammarberg, «anche lUnione europea deve essere più responsabile
e seria, mettendosi allascolto di quei Paesi come lItalia o Malta
che a nome di tutta lUnione devono affrontare questa sfida». «Spero
davvero che lUnione europea aiuti maggiormente
lItalia», ha concluso il commissario. Il governo italiano però tira
dritto e apre un nuovo fronte. «Sugli immigrati con status di rifugiati abbiamo
chiesto allUnione Europea di applicare il principio della solidarietà. Noi ci
occupiamo della prima accoglienza, come è giusto che sia; dopodichè la
sistemazione dei rifugiati devessere a carico di
tutti i Paesi dellUe», ha detto il ministro dellInterno, Roberto
Maroni, stamani, a Imperia, a margine dellinaugurazione
della nuova caserma dei Vigili del Fuoco. «LItalia - ha proseguito Maroni
- è il Paese che ha il maggior flusso di immigrati clandestini nel
Mediterraneo, essendone la porta di ingresso. Tra questi immigrati, ci sono coloro che non hanno diritto allo
status di rifugiato e, pertanto, vengono rimpatriati. Coloro che ne hanno
diritto, perchè fuggono dalla guerra e vogliono vivere in Europa, sono accolti.
Ma tutto il peso è sempre a carico dellItalia».
Sul principio di solidarietà, Maroni ha annunciato che si tratta di una
richiesta al vaglio del Commissario Europeo. «Spero - ha concluso Maroni - che
venga introdotta nel prossimo programma del vertice di Stoccolma dellUnione
Europea, trattandosi di una richiesta estremamente legittima». Il rimpatrio di
clandestini intercettati in acque internazionali sta provocando un durissimo
scontro fra i poli. E la polemica è divenuta ancora più aspra dopo le
dichiarazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi contro «lidea
della
sinistra di unItalia multietnica» cui è seguita
una presa di posizione della Cei. «Non si possono utilizzare i barconi degli
immigrati e dei disperati come spot elettorali», ha sottolineato Dario
Franceschini. «Siamo daccordo nel contrastare in maniera ferma la clandestinità, ma non
in questi termini», ha aggiunto il leader del Pd. «Laffermazione
del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non ha senso», ha spiegato
Massimo DAlema, «come hanno detto giustamente i vescovi italiani e
lOnu, lItalia è già una società multietnica in cui convivono migliaia
di persone di etnie diverse. Esse sono indispensabili al funzionamento della
nostra società». Non tutti nel Pd sono però sulla stessa linea. Francesco
Rutelli ha accusato il governo di «inadeguatezza» a fronte degli sbarchi di
clandestini. Tuttavia, ha aggiunto, «se noi pensassimo di reagire mandando un
messaggio opposto (in Italia entri
chiunquè) sbaglieremmo alla grande». Dunque, ha spiegato, bisogna «respingere
senza ipocrisie limmigrazione clandestina, organizzare senza paura e
con costanza lintegrazione». E dal centrodestra è
arrivato un plauso alle parole dellex ministro dei Beni culturali.
«Apprezzo molto la posizione di Francesco Rutelli sui clandestini, finalmente
dallopposizione parla un uomo di Sato», ha dichiarato il ministro per lattuazione
del Programma di governo, Gianfranco Rotondi. Alle preoccupazioni della Cei,
poi, così ha risposto Fabrizio Cicchitto: «Non cè nessun sottinteso
razzismo in tutto ciò, ma lobiettivo di evitare che lItalia
diventi il ventre molle dellEuropa». Dalla Lega, Stefano Stefani, ha
insistitosulla diversa missione della Chiesa e dello Stato. «La carità
cristiana della Chiesa è infinita, ed è giusto che sia così per una grande
virtù. Non sono infinite, invece, le risorse del Welfare», ha commentato il
presidente della commissione Esteri alla Camera. «I vescovi si occupano di
anime», ha aggiunto, «noi dobbiamo occuparci di persone in carne e ossa».
( da "Stampaweb, La"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
GERUSALEMME «Tragicamente, il popolo ebraico ha
sperimentato le terribili conseguenze di ideologie che negano la fondamentale
dignità di ogni persona umana». Lo ha detto Benedetto XVI, che oggi è arrivato
in Israele. Per questo «è giusto e conveniente che, durante la mia permanenza
io abbia lopportunità di onorare la memoria dei sei
milioni di Ebrei vittime della Shoah, e di pregare affinchè lumanità non abbia mai più ad essere
testimone di un crimine di simile enormità». «Come molti altri prima di me, vengo
per pregare nei luoghi santi, e pregare in modo speciale per la pace: pace qui
nella Terra Santa e pace in tutto il mondo», sono state le prime parole che ha
pronunciato al suo arrivo a Tel Aviv. «La Santa Sede e lo Stato di Israele
condividono molti valori, primo fra tutti limpegno
di riservare alla religione il suo legittimo posto nella vita della società»,
ha detto il Papa nel discorso allaeroporto di Tel Aviv, in risposta al
saluto del presidente Shimon Peres. «Il giusto ordine delle relazioni sociali presuppone ed esige il
rispetto per la libertà e la dignità di ogni essere umano, che cristiani,
musulmani ed ebrei credono ugualmente essere creato da un Dio amorevole e
destinato alla vita eterna. Quando la dimensione religiosa della persona umana
viene negata o posta ai margini, viene messo in pericolo il fondamento stesso
di una corretta comprensione dei diritti umani inalienabili».
«Sfortunatamente, lantisemitismo continua
a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo», ha detto Benedetto XVI, per il quale «questo è
totalmente inaccettabile». «Ogni sforzo deve essere fatto per combattere lantisemitismo
dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad
ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo». «Gli occhi del mondo
sono sui popoli di questa regione, mentre essi lottano per giungere ad una
soluzione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze»,
ha detto il Papa. «Le speranze di innumerevoli uomini, donne e bambini per un
futuro più sicuro e più stabile dipendono dallesito
dei negoziati di pace fra Israeliani e Palestinesi». «In unione con tutti gli
uomini di buona volontà - aggiunge il Pontefice - supplico quanti sono
investiti di responsabilità ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una
soluzione giusta alle enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano
vivere in pace in una patria che sia la loro, allinterno
di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti. A tale riguardo, spero e
prego che
si possa presto creare un clima di maggiore fiducia, che renda capaci le parti
di compiere progressi reali lungo la strada verso la pace e la stabilità».
( da "Corriere.it"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
«L'unione europea si impegni di più sull'emergenza
sbarchi» Immigrati, il Consiglio d'Europa: «L'Italia fermi i respingimenti» Il
commissario per i Diritti umani Hammarberg: «Non è una
buona soluzione» MILANO - Il respingimento degli immigrati clandestini verso la
Libia «è un'iniziativa molto triste», che «mina la possibilità per ogni essere
umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al
diritto d'asilo». Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, interpellato da
Adnkronos International. «L'iniziativa italiana mina totalmente il diritto di
ogni essere umano di ottenere asilo», afferma Hammarberg, aggiungendo: «Spero
che l'Italia non vada avanti con questa politica». Insomma, quella
trovata dal governo italiano per rispondere all'emergenza sbarchi «non è una
buona soluzione», ha sottolineato ancora Hammarberg dicendosi «totalmente in
linea con le posizioni espresse dal Vaticano». «L'UE FACCIA DI PIU'» - «Queste
persone - ha avvertito ancora Hammarberg contattato telefonicamente nel corso
di una sua missione a Madrid - devono avere una chance per ottenere asilo. Ora
in Italia tutto questo diventa impossibile». Il commissario per i diritti umani ha tuttavia spezzato una lancia in favore del ministro
dell'Interno, Roberto Maroni, invitando l'Unione europea a fare di più per
sostenere il nostro Paese a rispondere all'emergenza sbarchi. «Credo che il
ministro Maroni agisca in questo modo perchè a Bruxelles ha trovato soltanto il
silenzio dell'Ue». In questo contesto, ha avvertito Hammarberg, «anche l'Unione
europea deve essere più responsabile e seria, mettendosi all'ascolto di quei
Paesi come l'Italia o Malta che a nome di tutta l'Unione devono affrontare
questa sfida». «Spero davvero che l'Unione europea aiuti maggiormente
l'Italia», ha concluso il commissario. COS'E' - Il Consiglio d'Europa, che non
va confuso con gli organi dell'Unione europea, fu istituito il 5 maggio 1949
allo scopo di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico
comune in Europa, organizzato nel rispetto della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo e di altri testi di riferimento relativi alla tutela
dell'individuo. stampa |
( da "Giornale.it, Il"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
n. 19 del 2009-05-11 pagina 0 Consiglio d'Europa: stop
respingimenti E Fini: "Verificare se c'è diritto d'asilo" di
Redazione L'Europa se la prende con il governo, ma avverte: "L'Ue aiuti
l'Italia". Frattini: "Agiamo nel rispetto delle regole, il patto è stato
siglato a dicembre". Fini: "La pratica non è illegale, ma verificare
il diritto d'asilo". E Malta non autorizza l'ingresso nel porto della
Valletta della nave Spica della marina italiana con 69 migranti: ritornano
verso Porto Empedocle Roma - Il respingimento degli immigrati clandestini verso
la Libia "è uniniziativa molto
triste, che mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione
e violenza, ricorrendo al diritto dasilo". Questo il messaggio
lanciato dal commissario per i Diritti umani del Consiglio dEuropa,
Thomas Hammarberg. "Liniziativa italiana mina totalmente il diritto
di ogni essere umano di ottenere asilo" afferma Hammarberg, aggiungendo:
"Spero che lItalia non vada avanti con questa politica".
Insomma, quella trovata dal governo italiano per rispondere allemergenza
sbarchi "non è una buona soluzione", ha sottolineato ancora
Hammarberg dicendosi "totalmente in linea con le posizioni espresse dal
Vaticano. Queste persone devono avere una chance per ottenere asilo. Ora in Italia tutto questo diventa
impossibile". Il commissario per i diritti umani ha
tuttavia spezzato una lancia in favore del ministro dellInterno,
Roberto Maroni, invitando lUnione europea a fare di più per sostenere il
nostro Paese a rispondere allemergenza sbarchi. "Credo che il
ministro Maroni agisca in questo modo perché a Bruxelles ha trovato soltanto il
silenzio dellUe". In questo contesto, ha
avvertito Hammarberg, "anche lUnione europea deve essere più
responsabile e seria, mettendosi allascolto di quei Paesi come lItalia
o Malta che a nome di tutta lUnione devono affrontare questa sfida. Spero
davvero che lUnione europea aiuti maggiormente lItalia" ha
concluso il commissario. Critiche da Fini "Respingere limmigrato
clandestino non viola il diritto internazionale, ma abbiamo anche noi il dovere,
come tutti gli altri Paesi, di verificare se tra coloro che vengono respinti cè
chi ha diritto di chiedere lasilo". Lo ha detto il presidente della
Camera, Gianfranco Fini, in visita ufficiale in Algeria. Per Fini si tratta comunque
"di un tema così delicato che non è possibile affrontarlo in modo
superficiale o, peggio ancora propagandistico. Un conto - puntualizza - è limmigrato
clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di chiedere asilo. Si tratta di due
posizioni che non possono essere trattate allo stesso modo". La replica di
Frattini La strategia del governo italiano sullimmigrazione
è "rispettosa delle politiche dellUe". Lo ha sottolineato il
ministro degli Esteri Franco Frattini. "LUe
- ha fatto notare Frattini - ha approvato un 'patto europeo' per
limmigrazione lo scorso dicembre", di cui "uno dei capisaldi è
che i clandestini che vengono intercettati in alto mare, non nelle acque
territoriali di un paese europeo, debbono essere riaccompagnati al porto di
provenienza". Tutto questo, ha sottolineato il ministro, si svolge nel
rispetto dell"obbligo assoluto di salvare
la vita delle persone in mare. Noi - ha ribadito - stiamo rispettando
niente più e niente meno che una regola europea adottata il dicembre
scorso". Malta dice no E' ancora braccio di ferro sull'immigrazione. Il
governo maltese non ha autorizzato lingresso
nel porto della Valletta della nave Spica della marina militare, con a bordo 69
migranti, tra i quali 16 donne, recuperati ieri nel canale di Sicilia. Il
salvataggio è avvenuto a circa 70 miglia sud di Lampedusa, in acque di
competenza maltese per quanto riguarda le operazioni Sar di ricerca e soccorso.
Il pattugliatore, che in questo momento è fermo al limite delle acque
territoriali maltesi, stava facendo rientro da Tripoli, dove aveva trasferito
ieri mattina altri 162 extracomunitari respinti in Libia dalle autorità
italiane. Il futuro Sta facendo rotta verso Porto Empedocle la nave Spica che
ieri ha recuperato nel Canale di Sicilia 69 migranti, tra i quali 16 donne. La
decisione è stata presa dalle autorità italiane, dintesa
con quelle maltesi che hanno coordinato le operazioni. Larrivo del
pattugliatore a Porto Empedocle è previsto nel tardo pomeriggio di oggi. Dopo gli scontri
diplomatici nei giorni scorsi tra Italia e Malta legati alla vicenda della
Pinar, il mercantile turco rimasto fermo per quattro giorni con 144 migranti a
bordo in attesa di un accordo sulla loro destinazione finale, La Valletta aveva
detto di condividere pienamente la linea dei respingimenti adottato dal governo
italiano. "Società multietnica? Questione demografica" "Non
credo abbia molto senso dire: voglio una società multietnica oppure no, perchè
è innanzitutto una questione demografica. E anche una questione molto complessa
che inevitabilmente riguarderà la società italiana nel prossimo futuro a
prescindere dalla collocazione di questa o di quella forza politica". Lo
dice il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in visita ufficiale in
Algeria e aggiunge: "in Italia, come negli altri paesi europei, il numero
degli stranieri è aumentato ed è destinato ad aumentare per ragioni
demografiche. Perciò una politica lungimirante in tema di immigrazione deve
basarsi certamente su una garanzia di sicurezza e legalità, ma anche su di una
forte cooperazione internazionale. Nellambito
di questa politica bisogna poi chiedersi che cosa significhi davvero integrare
coloro che legalmente stanno in un paese diverso da quello in cui sono nati". © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Repubblica.it" del
11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
BRUXELLES - "Respingere l'immigrato clandestino non
viola il diritto internazionale, ma abbiamo il dovere di verificare se tra
coloro che vengono respinti c'è chi ha diritto di chiedere l'asilo". Si
smarca dalla linea dura del governo il presidente della Camera Gianfranco Fini,
in visita ufficiale in Algeria. "Un conto - puntualizza Fini - è
l'immigrato clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di
chiedere asilo. Si tratta di due posizioni che non possono essere trattate allo
stesso modo. Respingere l'immigrato che vuole entrare clandestinamente - spiega
il presidente della Camera - non viola il diritto internazionale. E' il diritto
internazionale che lo prevede, ma è giusto che venga verificata la sussistenza
dei requisiti per chiedere l'asilo prima di riaccompagnare il clandestino al
paese da cui proviene". "Italia multietnica? Questione
demografica". Il presidente della Camera si smarca dalla linea introdotta
dal ministero dell'Interno e prende le distanze dalla dichiarazione del premier
che aveva assicurato di "non volere un'Italia multietnica": "Non
credo abbia molto senso dire che si voglia o meno una società multietnica: è
una questione demografica. In Italia e nel resto della Ue, il numero degli
stranieri è aumentato, ed è destinato a salire ancora per ragioni demografiche.
Per questo - osserva - una politica lungimirante in tema di immigrazione deve
basarsi certamente su una garanzia di sicurezza e legalità, ma anche su una
forte cooperazione internazionale". Consiglio d'Europa:
"Fermatevi". Sulla linea dura del nostro governo interviene anche il
Consiglio d'Europa: "Respingere gli immigrati clandestini direttamente in
Libia è un'iniziativa molto triste, che mina la possibilità
per ogni essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al
diritto d'asilo". Interviene il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg. Dopo le critiche della
Cei e della portavoce dell'Agenzia Onu per i rifugiati, la politica introdotta
dal governo per gestire gli sbarchi degli immigrati in Italia, anche il
Consiglio d'Europa boccia "l'iniziativa italiana che viola il diritto di
ogni essere umano di ottenere asilo politico. Spero che l'Italia non vada
avanti con questa politica". OAS_RICH('Middle'); Vescovi e Onu contrari.
Critici erano stati anche i vescovi. Il segretario generale della Conferenza
dei vescovi monsignor Mariano Crociata ieri ha affermato che il nostro paese
"è già multiculturale", è "un dato di fatto", anzi "un
valore". E avversa alla politica dei "respingimenti" si era
detta anche Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr, l'Agenzia Onu per i
rifugiati: "Respingere in Libia gli immigrati entra in rotta di collisione
col diritto di asilo, così come è regolato da leggi nazionali, europee e
internazionali. Esiste infatti il principio del non respingimento nel caso di
gente bisognosa di protezione". "Agli stranieri una chance".
Contrario adesso si dice il commissario per i diritti umani
del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg che, dichiarandosi "totalmente in
linea con le posizioni espresse dal Vaticano, giudica la strategia del governo
italiano una cattiva soluzione. "Agli stranieri che raggiungono l'Italia -
ha avvertito ancora Hammarberg - devono avere una chance per ottenere asilo.
Ora in Italia tutto questo diventa impossibile". Il commissario per i
diritti umani ha tuttavia spezzato una lancia in
favore del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, invitando l'Unione europea a
fare di più per sostenere il nostro Paese a rispondere all'emergenza sbarchi.
"Credo che il ministro Maroni agisca in questo modo perchè a Bruxelles ha
trovato soltanto il silenzio dell'Ue". In questo contesto, ha avvertito
Hammarberg, "anche l'Unione europea deve essere più responsabile e seria,
mettendosi all'ascolto di quei Paesi come l'Italia o Malta che a nome di tutta
l'Unione devono affrontare questa sfida. Spero davvero che l'Unione europea
aiuti maggiormente l'Italia", ha concluso il commissario. (11 maggio 2009
( da "Corriere.it"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
La vicenda al San Carlo. Alla vedova i danni morali Trasfusione
forzata a testimone di Geova Ospedale dovrà risarcire 20 mila euro I sanitari
ebbero l'ok della Procura, ma il tribunale civile ritiene siano stati violati i
diritti del paziente MILANO - Per avere sottoposto a
trasfusione un paziente, che per motivi religiosi l'aveva rifiutata, un
ospedale, il San Carlo di Milano, dovrà risarcire il danno alla moglie di R.
L., ministro del culto per i testimoni di Geova. L'uomo, affetto da neoplasia
gastrica, si era opposto al trattamento, ma i sanitari
avevano avuto l'approvazione della Procura per il trattamento sanitario
obbligatorio. Il tribunale civile ha ritenuto esistente una violazione dei diritti del paziente e ha riconosciuto alla moglie dell'uomo deceduto a
causa della malattia di cui era affetto un risarcimento morale di 20 mila euro.
stampa |
( da "Giornale.it, Il"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
n. 19 del 2009-05-11 pagina 0 Respingimenti, Consiglio
d'Europa e Fini critici di Redazione Il Consiglio d'Europa se la prende con il
governo, ma avverte: "L'Ue aiuti l'Italia". Frattini: "Agiamo
nel rispetto delle regole". Fini: "Pratica non illegale, ma
verificare il diritto d'asilo". E Malta non autorizza l'ingresso nel porto
della Valletta della nave Spica della marina italiana con 69 migranti Roma - Il
respingimento degli immigrati clandestini verso la Libia "è uniniziativa
molto triste, che mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da
repressione e violenza, ricorrendo al diritto dasilo". Questo il
messaggio lanciato dal commissario per i Diritti umani
del Consiglio dEuropa, Thomas Hammarberg. "Liniziativa
italiana mina totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere
asilo" afferma Hammarberg, aggiungendo: "Spero che lItalia non
vada avanti con questa politica". Insomma, quella trovata dal governo
italiano per rispondere allemergenza sbarchi
"non è una buona soluzione", ha sottolineato ancora Hammarberg
dicendosi "totalmente in linea con le posizioni espresse dal Vaticano.
Queste persone devono avere una chance per ottenere asilo. Ora in Italia tutto
questo diventa impossibile". Il commissario per i diritti umani
ha tuttavia spezzato una lancia in favore del ministro dellInterno,
Roberto Maroni, invitando lUnione europea a fare di più per sostenere il
nostro Paese a rispondere allemergenza sbarchi. "Credo che il ministro Maroni agisca in questo
modo perché a Bruxelles ha trovato soltanto il silenzio dellUe".
In questo contesto, ha avvertito Hammarberg, "anche lUnione europea
deve essere più responsabile e seria, mettendosi allascolto di quei Paesi
come lItalia o Malta che a nome di tutta lUnione
devono affrontare questa sfida. Spero davvero che lUnione europea aiuti
maggiormente lItalia" ha concluso il commissario. Critiche da Fini
"Respingere limmigrato clandestino non viola il diritto
internazionale, ma abbiamo anche noi il dovere, come tutti gli altri Paesi, di
verificare se tra coloro che vengono respinti cè
chi ha diritto di chiedere lasilo". Lo ha detto il presidente della
Camera, Gianfranco Fini, in visita ufficiale in Algeria. Per Fini si tratta comunque "di un tema così
delicato che non è possibile affrontarlo in modo superficiale o, peggio ancora
propagandistico. Un conto - puntualizza - è limmigrato
clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di chiedere
asilo. Si tratta di due posizioni che non possono essere trattate allo stesso
modo". "Società multietnica? Questione demografica" "Non
credo abbia molto senso dire: voglio una società multietnica oppure no, perché
è innanzitutto una questione demografica. E anche una questione molto complessa
che inevitabilmente riguarderà la società italiana nel prossimo futuro a
prescindere dalla collocazione di questa o di quella forza politica"
cotninua Fini. "In Italia, come negli altri Paesi europei, il numero degli
stranieri è aumentato ed è destinato ad aumentare per ragioni demografiche.
Perciò una politica lungimirante in tema di immigrazione deve basarsi
certamente su una garanzia di sicurezza e legalità, ma anche su di una forte
cooperazione internazionale. Nellambito di questa
politica
bisogna poi chiedersi che cosa significhi davvero integrare coloro che
legalmente stanno in un paese diverso da quello in cui sono nati". La
replica di Frattini La strategia del governo italiano sullimmigrazione
è "rispettosa delle politiche dellUe". Lo ha sottolineato il ministro
degli Esteri Franco Frattini. "LUe
- ha fatto notare Frattini - ha approvato un 'patto europeo' per
limmigrazione lo scorso dicembre", di cui "uno dei capisaldi è
che i clandestini che vengono intercettati in alto mare, non nelle acque territoriali di un
paese europeo, debbono essere riaccompagnati al porto di provenienza".
Tutto questo, ha sottolineato il ministro, si svolge nel rispetto dell"obbligo
assoluto di salvare la vita delle persone in mare. Noi - ha ribadito - stiamo rispettando niente più e
niente meno che una regola europea adottata il dicembre scorso". Malta
dice no E' ancora braccio di ferro sull'immigrazione. Il governo maltese non ha
autorizzato lingresso nel porto della Valletta
della nave Spica della marina militare, con a bordo 69 migranti, tra i quali 16
donne, recuperati ieri nel canale di Sicilia. Il salvataggio è avvenuto a circa
70 miglia sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese per quanto riguarda
le operazioni Sar di ricerca e soccorso. Il pattugliatore, che in questo
momento è fermo al limite delle acque territoriali maltesi, stava facendo
rientro da Tripoli, dove aveva trasferito ieri mattina altri 162
extracomunitari respinti in Libia dalle autorità italiane. Il futuro Sta
facendo rotta verso Porto Empedocle la nave Spica che ieri ha recuperato nel
Canale di Sicilia 69 migranti, tra i quali 16 donne. La decisione è stata presa
dalle autorità italiane, dintesa con quelle
maltesi che hanno coordinato le operazioni. Larrivo del pattugliatore a Porto Empedocle è previsto
nel tardo pomeriggio di oggi. Dopo gli scontri diplomatici nei giorni scorsi
tra Italia e Malta legati alla vicenda della Pinar, il mercantile turco rimasto
fermo per quattro giorni con 144 migranti a bordo in attesa di un accordo sulla
loro destinazione finale, La Valletta aveva detto di condividere pienamente la
linea dei respingimenti adottato dal governo italiano. © SOCIETà EUROPEA DI
EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
(
da "Corriere.it"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
alt dal consiglio d'europa: «un'iniziativa molto triste» Fini: «Respingimenti legali, nel rispetto del diritto all'asilo» Il presidente della Camera: «L'Italia multietnica? È una questione demografica» MILANO - «Respingere l'immigrato clandestino non viola il diritto internazionale». Gianfranco Fini interviene nel dibattito politico sulla linea dura del governo contro gli sbarchi. Il presidente della Camera, però, ci tiene a puntualizzare che «anche noi abbiamo come tutti gli altri il dovere di verificare se tra quelli che vengono respinti ci siano persone che hanno il diritto di richiedere asilo». In ogni caso, afferma Fini, il tema «è cosi delicato da non poter essere affrontato in maniera superficiale o, peggio ancora, propagandista. Un conto - puntualizza - è l'immigrato clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di chiedere asilo. Si tratta di due posizioni che non possono essere trattate allo stesso modo». ITALIA MULTIETNICA - Il presidente della Camera torna poi sulle recenti frasi del premier, Silvio Berlusconi, contro l'idea di «un'Italia multietnica». «È una questione demografica - spiega Fini - non credo abbia molto senso dire che si voglia o meno una società multietnica o meno. In Italia e nel resto dell'Ue, il numero degli stranieri è aumentato, ed è destinato a salire ancora per ragioni demografiche. Per questo - osserva - una politica lungimirante in tema di immigrazione deve basarsi certamente su una garanzia di sicurezza e legalità, ma anche su una forte cooperazione internazionale: perché nessun migrante è mai felice di andarsene dalla propria terra. Nell'ambito di queste politiche, bisogna poi chiedersi cosa davvero significhi integrare coloro che legalmente stanno in un Paese diverso da quello di origine. È fallito il modello degli immigrati come enclave isolata rispetto alla società, così come è fallito il modello dell'assimilazione. Ora - ragiona il presidente della Camera - bisogna riflettere, e non è un problema solo italiano, cosa significhi integrare quegli stranieri di cui le società europee hanno necessità». ALT DAL CONSIGLIO D'EUROPA - Nel frattempo, arriva al governo italiano la dura critica del Consiglio d'Europa (da non confondere però con gli organi dell'Unione europea). Secondo il commissario per i Diritti umani, Thomas Hammarberg, il respingimento degli immigrati clandestini verso la Libia «è un'iniziativa molto triste», che «mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorrendo al diritto d'asilo». «L'iniziativa italiana mina totalmente il diritto di ogni essere umano di ottenere asilo», afferma Hammarberg all'Adnkronos. «Spero che l'Italia non vada avanti con questa politica». Insomma, quella trovata dal governo italiano per rispondere all'emergenza sbarchi «non è una buona soluzione», ha sottolineato ancora Hammarberg dicendosi «totalmente in linea con le posizioni espresse dal Vaticano». FRATTINI - Una presa di posizione, quella di Hammarberg, che secondo Franco Frattini «era prevedibile». «Ma noi - aggiunge il ministro degli Esteri - siamo vincolati da una decisione dell'Unione europea». Una soluzione per tutelare chi fugge dalla violenza e chiede asilo, così come invita a fare il Consiglio d'Europa, per il ministro esiste, e cioè «fare in modo che le richieste di asilo partano direttamente dai Paesi di origine e transito». Per questo Frattini invita l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ad aprire un ufficio ad hoc in Libia. Anche perché, spiega, in media su 100 persone la metà chiede asilo e di queste la metà lo ottiene. Quindi «non è che noi possiamo consentire a 100 clandestini di entrare per accogliere circa 20 domande d'asilo». stampa |
( da "Stampaweb, La"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
GERUSALEMME I nomi dei morti nella Shoah non sono
dimenticati e ci parlano affinchè mai più un simile orrore possa disonorare lumanità. E' questo l'appello pronunciato
da Benedetto XVI nellatteso discorso
pronunciato al Memoriale dello "Yad Vashem", monumento alla Memoria dellOlocausto,
contenente alcune urne con le ceneri di vittime dei vari campi di
concentramento. Alla presenza del Presidente dello Stato di Israele, Shimon
Peres, dello Speaker del Knesset, Reuven Rivlin, e del Presidente del Consiglio dello "Yad Vashem",
Rabbino Israel Meir Lau, si è svolta la Memorial Ceremony, nel corso della
quale il Papa ha acceso la fiamma perpetua e deposto una corona di fiori.
Quindi ha incontrato sei sopravvissuti dellOlocausto
e ha pronunciato un discorso. «Sono giunto qui - ha affermato Benedetto XVI - per
soffermarmi in silenzio davanti a questo monumento, eretto per onorare la
memoria dei milioni di ebrei uccisi nellorrenda
tragedia della Shoah. Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i
loro nomi:
questi sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei loro compagni di
prigionia, e di quanti sono decisi a non permettere mai più che un simile
orrore possa disonorare ancora lumanità». «Come molti altri prima di me,
vengo per pregare nei luoghi santi, e pregare in modo speciale per la pace:
pace qui nella Terra Santa e pace in tutto il mondo», sono state le prime
parole che ha pronunciato al suo arrivo a Tel Aviv. «La Santa Sede e lo Stato
di Israele condividono molti valori, primo fra tutti limpegno di riservare alla religione
il suo legittimo posto nella vita della società», ha detto il Papa nel discorso
allaeroporto di Tel Aviv, in risposta al
saluto del presidente Shimon Peres. «Il giusto ordine delle relazioni sociali
presuppone ed esige il rispetto per la libertà e la dignità di ogni essere
umano, che cristiani, musulmani ed ebrei credono ugualmente essere creato da un
Dio amorevole e destinato alla vita eterna. Quando la dimensione religiosa
della persona umana viene negata o posta ai margini, viene messo in pericolo il
fondamento stesso di una corretta comprensione dei diritti umani
inalienabili». «Sfortunatamente, lantisemitismo
continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo», ha
detto Benedetto XVI, per il quale «questo è totalmente inaccettabile». «Ogni sforzo
deve essere fatto per combattere lantisemitismo
dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli
appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo». «Gli
occhi del
mondo sono sui popoli di questa regione, mentre essi lottano per giungere ad
una soluzione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante
sofferenze», ha detto il Papa. «Le speranze di innumerevoli uomini, donne e
bambini per un futuro più sicuro e più stabile dipendono dallesito
dei negoziati di pace fra Israeliani e Palestinesi». «In unione con tutti gli
uomini di buona volontà - aggiunge il Pontefice - supplico quanti sono
investiti di responsabilità ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una soluzione giusta alle
enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano vivere in pace in una
patria che sia la loro, allinterno di confini
sicuri ed internazionalmente riconosciuti. A tale riguardo, spero e prego che
si possa presto creare un clima di maggiore fiducia, che renda capaci le parti di
compiere progressi reali lungo la strada verso la pace e la stabilità».
( da "Stampaweb, La"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
Nella giornata del 6 maggio tre barconi di migranti al
largo di Lampedusa chiedono soccorso alle autorità italiane. Ne nasce un
contenzioso aspro tra Italia e Malta per stabilire quale Stato debba
intervenire per prestare assistenza, alla fine risolto dall'intervento della
Guardia costiera italiana. Successivamente, dopo una trattativa tra Libia e
Italia, il Viminale decide che le persone trovate in mare devono essere
immediatamente respinte senza bisogno di accertarne l'identità e perciò,
accompagnati da tre motovedette italiane, 227 migranti, tra cui 40 donne,
vengono condotti al porto di Tripoli. Secondo il ministro dell'Interno Maroni
siamo davanti ad una "svolta nel contrasto all'immigrazione
clandestina" resa possibile dalla applicazione del Trattato di amicizia,
partenariato e cooperazione tra Italia e Libia ratificato dal Parlamento
italiano nel febbraio 2009. A questo punto però scoppia la polemica. L'Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati esprime preoccupazione per la
sorte dei naufraghi riportati in Libia senza
un'adeguata valutazione delle loro possibili necessità di protezione
internazionale.Il Vaticano per bocca del segretario del Pontificio
Consiglio per
i Migranti e gli Itineranti Mons. Agostino Marchetto parla di evidente
violazione dei diritti umani della
persona. Per fare il punto sulla vicenda abbiamo
chiesto il parere di Christine Weise, neo presidente della sezione italiana di
Amnesty International, importante e autorevole organizzazione
internazionale non governativa di difesa dei diritti umani. Il Min. Maroni difende la correttezza dell'operato del governo
sul piano del rispetto del diritto internazionale rivendicando il diritto
dell'Italia al respingimento dei migranti verso il paese di partenza. Qual'è
l'opinione di Amnesty in proposito? Il respingimento verso la Libia è
stato effettuato senza verificare se le persone sulle navi siano fuggite da
situazioni in cui il rispetto dei loro diritti e
addirittura la loro sopravvivenza era in pericolo. In casi di questo genere, il
diritto marittimo internazionale prevede che le persone vengano fatte sbarcare
e messe in salvo nel primo porto sicuro. Si tratta di un imperativo umanitario che viene prima di ogni altra considerazione.
Inoltre, non è stato verificato se si trattava di rifugiati ai quali sarebbe
spettato il diritto di asilo. Negli ultimi mesi, il 75% delle persone migranti
arrivate a Lampedusa hanno chiesto asilo e alla metà di loro è stato
riconosciuto il diritto di asilo, quindi non si tratta di una pura ipotesi
teorica. In un comunicato Amnesty denuncia la violazione dell'art. 33 della
Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiati e dell'art. 3 della
Convenzione europea dei diritti umani.
A che vi riferite? Larticolo 3 della CEDU
(Convenzione europea dei diritti umani)
riguarda il divieto di tortura e di trattamenti disumani,
crudeli e degradanti e insieme alla Convenzione di Ginevra del 1951 è una delle
basi di quello che nel diritto internazionale è chiamato il principio di non-refoulement,
cioè il divieto di respingere persone verso paesi in cui la loro vita,
incolumità o i loro diritti umani
sarebbero in pericolo. In Libia, persone migranti e rifugiate non solo
rischiano torture o maltrattamenti, ma spesso vengono rinviate nei paesi di
origine dove possono correre gravi rischi. In quel caso di refoulement
a catena, la responsabilità rimarrebbe comunque dellItalia che ha
respinto i rifugiati in prima istanza. Fate anche accenno all'intesa tra Italia
e Libia criticando la mancanza di trasparenza su alcuni aspetti dell'accordo. La cooperazione tra Italia e
Libia da molti anni è stata caratterizzata da scarsissima trasparenza, per anni
non si è saputo quasi nulla. Laccordo
dellagosto 2008 tra Berlusconi e Gheddafi è stato reso noto solo qualche
mese dopo la firma, e la ratifica da parte del parlamento è stata rapidissima,
consentendo solo una parziale consultazione con la società civile e gli
organismi non governativi. Purtroppo quello che è successo è anche il risultato
di tale scarsa trasparenza nella cooperazione con la Libia. Un secondo aspetto
che critichiamo è il fatto che lItalia non abbia
chiesto alla Libia nessuna garanzia in materia di diritti umani, nonostante la Libia non abbia firmato la Convenzione
di Ginevra e non abbia una procedura dasilo
efficiente. A quali conseguenze si espone il governo italiano per la
inosservanza degli obblighi stabiliti dalla normativa internazionale sui diritti umani? Ci aspettiamo che
gli organismi internazionali che più volte in questi anni hanno richiamato lItalia
a tenere conto dei rischi che i migranti corrono in Libia, continuino a porre attenzione
a questa prassi. Ad esempio, lAlto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso grave preoccupazione, esortando
le autorità italiane a riconsiderare la loro decisione e a far sì che questa prassi non si
ripeta. E' sanzionabile la condotta del governo italiano e quali iniziative
intende prendere Amnesty in sede nazionale e internazionale? Amnesty
International in casi come questi segnala le proprie preoccupazioni agli organisimi
internazionali sui diritti umani.
Continueremo a lavorare con le altre Organizzazioni non governative a tutti i
livelli, richiamando lattenzione
dellopinione pubblica su questi temi e queste violazioni. Continuerà
anche la nostra azione di lobby nei confronti delle autorità italiane. È importante
che le nostre richieste siano supportate dallopinione
pubblica perché le istituzioni si rendano conto che in Italia non cè una
volontà compatta della popolazione di esporre le persone migranti a violazioni dei diritti
umani. Di questo ce ne rendiamo conto ogni giorno
nelle nostre campagne. * oneGreenTech (già membro del Servizio Rifugiati di
Amnesty Italia, responsabile Servizio Tematiche Internazionali, e membro
dell'esecutivo circoscrizionale di Lazio e Lombardia)
( da "Giornale.it, Il"
del 11-05-2009)
Argomenti: Diritti umani
n. 19 del 2009-05-11 pagina 0 Respingimenti, la Ue:
"Sono normali" Ma Fini: "Verificare il diritto d'asilo" di
Redazione Il Consiglio d'Europa se la prende con il governo, ma avverte:
"L'Ue aiuti l'Italia". Frattini: "Agiamo nel rispetto delle
regole". Fini: "Pratica non illegale, ma verificare il diritto
d'asilo". Ma il commissario della Giustizia Barrot alla Boniver:
"Pratica normale perché in acque internazionali" Roma - Il
respingimento degli immigrati clandestini verso la Libia "è uniniziativa
molto triste,
che mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione e
violenza, ricorrendo al diritto dasilo". Il
Consiglio d'Europa entra ancora una volta a piedi uniti sulle cose italiane.
Poi il presidente della Camera Fini, da Algeri, sottolinea che: "I respingimenti
sono previsti, ma va verificato il diritto d'asilo". A dimirimere la
questione interviene il commissario alla Giustizia Ue Barrot che definisce i
rimpatri dei clandestini: "Una pratica normale". Critico il consiglio
d'Europa Questo il messaggio lanciato dal commissario per i Diritti
umani del Consiglio dEuropa, Thomas
Hammarberg. "Liniziativa italiana mina totalmente il diritto di ogni
essere umano di ottenere asilo" afferma Hammarberg, aggiungendo:
"Spero che lItalia non vada avanti con questa politica".
Insomma, quella trovata dal governo italiano per rispondere allemergenza
sbarchi "non è una buona soluzione", ha sottolineato ancora
Hammarberg dicendosi "totalmente in linea con le posizioni espresse dal
Vaticano. Queste persone devono avere una chance per ottenere asilo. Ora in
Italia tutto questo diventa impossibile". Il commissario per i diritti umani ha tuttavia spezzato una lancia in favore del ministro
dellInterno, Roberto Maroni, invitando
lUnione europea a fare di più per sostenere il nostro Paese a rispondere allemergenza
sbarchi. "Credo che il ministro Maroni agisca in questo modo perché a
Bruxelles ha trovato soltanto il silenzio dellUe". In questo
contesto, ha avvertito Hammarberg, "anche lUnione europea deve essere più responsabile e seria,
mettendosi allascolto di quei Paesi come
lItalia o Malta che a nome di tutta lUnione devono affrontare
questa sfida. Spero davvero che lUnione europea aiuti maggiormente
lItalia" ha concluso il commissario. Critiche da Fini "Respingere limmigrato
clandestino non viola il diritto internazionale, ma abbiamo anche noi il
dovere, come tutti gli altri Paesi, di verificare se tra coloro che vengono
respinti cè chi ha diritto di chiedere lasilo". Lo ha detto il
presidente della
Camera, Gianfranco Fini, in visita ufficiale in Algeria. Per Fini si tratta
comunque "di un tema così delicato che non è possibile affrontarlo in modo
superficiale o, peggio ancora propagandistico. Un conto - puntualizza - è limmigrato
clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di chiedere asilo.
Si tratta di due posizioni che non possono essere trattate allo stesso
modo". "Società multietnica? Questione demografica" "Non
credo abbia molto senso dire: voglio una società multietnica oppure no, perché
è innanzitutto una questione demografica. E anche una questione molto complessa
che inevitabilmente riguarderà la società italiana nel prossimo futuro a
prescindere dalla collocazione di questa o di quella forza politica"
cotninua Fini. "In Italia, come negli altri Paesi europei, il numero degli
stranieri è aumentato ed è destinato ad aumentare per ragioni demografiche.
Perciò una politica lungimirante in tema di immigrazione deve basarsi
certamente su una garanzia di sicurezza e legalità, ma anche su di una forte
cooperazione internazionale. Nellambito di questa
politica bisogna poi chiedersi che cosa significhi davvero integrare coloro che
legalmente stanno in un paese diverso da quello in cui sono nati". La
replica di Frattini La strategia del governo italiano sullimmigrazione
è "rispettosa delle politiche dellUe". Lo ha sottolineato il
ministro degli Esteri Franco Frattini. "LUe - ha fatto notare
Frattini - ha approvato un 'patto europeo' per limmigrazione lo scorso
dicembre", di cui "uno dei capisaldi è che i clandestini che
vengono intercettati in alto mare, non nelle acque territoriali di un paese
europeo, debbono essere riaccompagnati al porto di provenienza". Tutto
questo, ha sottolineato il ministro, si svolge nel rispetto dell"obbligo
assoluto di salvare la vita delle persone in mare. Noi - ha ribadito - stiamo
rispettando niente più e niente meno che una regola europea adottata il
dicembre scorso". Barrot dà il placet Ue Il commissario Ue alla giustizia,
Jacques Barrot "ha considerato i respingimenti un fatto normale perché
avvengono in acque internazionali". Lo ha detto la presidente del comitato
interparlamentare Schengen, Margherita Boniver, al termine di un incontro con
il commissario Ue a Bruxelles. Malta dice no E' ancora braccio di ferro
sull'immigrazione. Il governo maltese non ha autorizzato lingresso
nel porto della Valletta della nave Spica della marina militare, con a bordo 69
migranti, tra i quali 16 donne, recuperati ieri nel canale di Sicilia. Il
salvataggio è avvenuto a circa 70 miglia sud di Lampedusa, in acque di competenza
maltese per quanto riguarda le operazioni Sar di ricerca e soccorso. Il
pattugliatore, che in questo momento è fermo al limite delle acque territoriali
maltesi, stava facendo rientro da Tripoli, dove aveva trasferito ieri mattina
altri 162 extracomunitari respinti in Libia dalle autorità italiane. Il futuro
Sta facendo rotta verso Porto Empedocle la nave Spica che ieri ha recuperato
nel Canale di Sicilia 69 migranti, tra i quali 16 donne. La decisione è stata
presa dalle autorità italiane, dintesa con quelle
maltesi che hanno coordinato le operazioni. Larrivo del pattugliatore a
Porto Empedocle è previsto nel tardo pomeriggio di oggi. Dopo gli scontri
diplomatici nei giorni scorsi tra Italia e Malta legati alla vicenda
della Pinar, il mercantile turco rimasto fermo per quattro giorni con 144
migranti a bordo in attesa di un accordo sulla loro destinazione finale, La
Valletta aveva detto di condividere pienamente la linea dei respingimenti adottato
dal governo italiano. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 -
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