CENACOLO
DEI COGITANTI |
Homo nihil l'involuzione
della specie ( da "Stampa,
La" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria globale
contribuirà alla nascita dell'Homo nihil? «Sì, sarà un fattore potente
dell'epigenetica. A farne le spese è la classe intermedia, chi non è né ricco
né povero. In questo strato sociale finora c'è stata una mobilità
bi-direzionale.
La tradizione vincente dei
cori ( da "Trentino"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in un periodo come questo di crisi
finanziaria, la Federazione può dormire sonni tranquilli: «Pur senza ritoccare
la quota di iscrizione, ferma da diversi anni - ha commentato Franceschinelli -
siamo riusciti a raggiungere la parità di bilanco e quindi possiamo guardare al
futuro con serenità e ottimismo.
Stati generali del rock,
scarica gratis i quattro brani finalisti
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha
rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è aumentato del 2%
nel 2009, raggiungendo il quinto posto tra i domini di primo livello geografico
più popolari nel mondo. Chitarre ruggenti, virtuosismo folk, poesia al
pianoforte, hip hop da battaglia.
Da noi la domenica
spezzatino In Spagna il sabato omaggio
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Inghilterra vara il protezionismo e
noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita
al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero
che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la
possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.
[FIRMA]GIULIA ZONCA Non
siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro
l&#... ( da "Stampa,
La" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Inghilterra vara il protezionismo e
noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita
al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero
che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la
possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.
diciamolochiaro ha detto:
il resto domani. Ho sonno. A proposito, qualcuno ha le cifre dei soldati in Afghanistan
nazione per nazione? Vorrei capire i 5.000 soldati che si aggiunge
( da "KataWeb News" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Dolomiti Card, generate
30mila presenze ( da "Corriere
delle Alpi" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha confermato il grande exploit
dell'anno precedente nonostante la crisi finanziaria abbia colpito duro i
mercati turistici di riferimento del prodotto Dolomiti Card, ovvero i paesi
dell'Est. Le vendite sono state migliorate anche per quanto riguarda i paesi
del Nord Europa e per la prima volta sono state vendute Card a gruppi
provenienti dal Regno Unito.
Ecofin, proteggere i posti
di lavoro ( da "Libertà"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione
sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo
le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie
non ha prodotto particolari passi in avanti.
banca di credito popolare
aperte tre nuove filiali ( da "Repubblica,
La" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A dispetto della crisi finanziaria,
il consiglio di amministrazione ha chiuso l´esercizio 2008 con un utile netto
di 12,7 milioni di euro, in linea con quello del 2007, e un aumento dei
prestiti del 13 per cento. La ricetta anticrisi: prodotti tradizionali e
incremento della presenza sul territorio, con l´apertura di tre nuove filiali.
"la crisi aumenta i
conflitti ma gli anni 70 sono lontani" - stefano rossi
( da "Repubblica, La"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è vero però che la crisi economica
è anche crisi di valori. Sta montando una forte tensione, dovuta alla
mobilitazione spontanea di soggetti molto diversi tra loro contro ingiustizie
palesi, ad esempio i manager liquidati di milioni di dollari. Lo dice anche
Obama, che non è socialista».
ai giovani del pd chiedo
coraggio e unità - claudio martini
( da "Repubblica, La"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del municipalismo egoistico, del
nuovo protezionismo spacciato per amor patrio. Generosità. Questa la seconda
parola chiave. I giovani sanno essere generosi, nel volontariato, nei
movimenti, in famiglia. Questo senza perdere di vista le ingiustizie profonde
del nostro tempo, purtroppo crescenti e sempre più intollerabili.
Il denaro non nasce sugli
alberi ( da "Arena,
L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dalla crisi finanziaria non si
torna indietro: la "normalità" dei primi anni del millennio, in cui i
popoli ricchi si facevano prestare da quelli poveri i soldi per consumare più
di quello che erano in grado di produrre, non rivivranno mai. Il G20 appenca concluso
a Londra potrebbe segnare il primo passo di una lunga marcia verso il buonsenso
oppure un'
Praga blindata per Obama
Attesa per il suo discorso ( da "Unita,
L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in casa di euroscettici - ha
un'agenda ampia, protezionismo, nodi della politica estera e cambiamenti
climatici. Ma la parte ufficiale della visita rischia di essere oscurata da
quella più popolare del discorso pubblico di Obama, dalla piazza del castello.
Un enorme palco è stato allestito al centro della fortezza e c'è molta attesa.
PRAGA -
Argomenti:
Crisi
Abstract: le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione
sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo
le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie
non ha prodotto particolari passi in avanti.
VITTORIA PRISCIANDARO
(segue dalla prima pagina) ( da "Adige,
L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di fronte alla crisi finanziaria e
alla recessione in atto, per aiutare le industrie si differiscono le mete che
ci si era prefissati, si mette la testa nella sabbia, ma l'urgenza resta.
(...). Il problema dell'ambiente è comunque più ampio: manca una controparte
politica alla globalizzazione mondiale, le Nazioni Unite hanno poco potere,
penalizzare le eccellenze
sarebbe una politica miope - riccardo varaldo
( da "Tirreno, Il" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: FONDI PUBBLICI IN TEMPO DI CRISI
PENALIZZARE LE ECCELLENZE SAREBBE UNA POLITICA MIOPE RICCARDO VARALDO L'attuale
crisi finanziaria ed economica, con i suoi connotati di straordinaria gravità,
ha reso gli Stati primi interlocutori nella difesa dei sistemi finanziari e nel
rilancio dell'economia, oltre che per fronteggiare gli effetti più dirompenti
sul tessuto sociale.
Questa settimana il
"Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo
Mucchetti con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul
Corriere della Sera di domeni ( da "Riformista,
Il" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In tempi di crisi finanziaria si
fatica a trovare credito sul mercato. Il Governo tra le misure messe a punto ha
così deciso di trasformare la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) in una sorta di
investment bank che metterà a disposizone delle piccole e medie imprese la
ragguardevole somma di 8 miliardi di euro.
L'altra classe Borghesia
van cercando ( da "Riformista,
Il" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del quale troverete in questi
giorni un piccolo volume in libreria sulla crisi finanziaria La veduta corta,
il Mulino, 14,00 euro) una volta dette una definizione acuta del sentirsi
borghese, come parafrasi di classe dirigente: nel susseguirsi delle generazioni
famigliari, borghese - spiegò - è chi non è il primo in famiglia a parlare una
lingua straniera.
Effetto domino: anche i
proprietari in difficoltà ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: complice la crisi finanziaria e il
conseguente aumento degli inquilini morosi, il numero dei piccoli proprietari
di immobili che si ritrovano in situazioni di questo tipo avrebbe subìto un
aumento del 15% da settembre a oggi. E i protagonisti sarebbero sempre più
frequentemente i cittadini stranieri, «i primi a sentire gli effetti della
crisi»
Europa, timori per i lavoratori
Tremonti: tenerli in fabbrica ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione
sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo
le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie
non ha prodotto particolari passi in avanti.
La banca che va bene?
Quella dei poveri ( da "Eco
di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Che succede ai poveri in tempi di
crisi? «Questa crisi finanziaria è partita da un paese preciso, dove molti
stanno perdendo denaro o case, ma molti milioni di persone soffriranno e più
sono povere e più soffriranno, perché perderanno lavoro e cibo. Il sistema
economico funziona così, sei associato alle crisi più che ai vantaggi.
dal nostro inviato
CERNOBBIO (Como) Il 2009 ormai è perso...
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: accanto a ciò sarebbe stato
indispensabile rafforzare i regolamenti e le attività di controllo sugli
istituti finanziari che operano nei mercati dei capitali». A questo proposito
il G20 ha fissato paletti importanti. «Gli interventi possono essere suddivisi
in due tipologie. La prima riguarda la trasparenza dei mercati finanziari,
fondamentale per poter valutare concretamente i rischi.
DI SOLITO i grandi vertici
mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan...
( da "Messaggero, Il (Metropolitana)"
del 05-04-2009) + 2 altre fonti
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. Il secondo è
l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua
che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando
regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente
tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha
avvelenato per anni il funzionamento dei
DI SOLITO i grandi vertici
mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan...
( da "Messaggero, Il (Ancona)"
del 05-04-2009) + 8 altre fonti
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. Il secondo è
l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua
che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando
regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente
tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha
avvelenato per anni il funzionamento dei
dal nostro inviato
CERNOBBIO - Intesa Sanpaolo e Unicredit fanno irruzione su...
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: svolta storica favorita comunque
dalla normativa Mifid che due anni fa ha rivoluzionato le piattaforme per la
negoziazione degli strumenti finanziari. In più questi operativi alternativi
nascono - anche alla luce della crisi finanziaria mondiale - con la finalità di
ridurre al massimo i costi del trading. Per cambiare pelle Tlx si doterà di un
nuovo modello di business ormai definito.
dal nostro inviato
CERNOBBIO - Gli industriali protestano perchè...
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: seconda e ultima giornata del
workshop Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari. Presentata da
Massimo Mucchetti, dimostra che, secondo l'elaborazione dei bilanci redatta da
Piazzetta Cuccia e dall'organizzazione delle Camere di commercio, la verità,
quindi, è un'altra. Partiamo dal circuito vizioso imprese-credito-banche
intitolato "Le difficoltà di accesso al credito",
Powergres cambia assetto e
diventa holding ( da "Resto
del Carlino, Il (Modena)" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: soprattutto una serie di accordi
industriali e commerciali tesi a rafforzare la natura di organizzazione
reticolare alla base della visione imprenditoriale della Powergres. La crisi
finanziaria ma principalmente strutturale del settore offre nuove ed
interessanti opportunità se interpretate dalle aziende che vedono nella
globalizzazione la loro sfida. Image: 20090405/foto/7079.jpg
Tremonti: allarme
occupazione, licenziare non aiuta la ripresa
( da "Corriere della Sera"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: generate dalla disoccupazione
provocata dalla crisi finanziaria, preoccupa l'Unione europea e convince a
lanciare messaggi per rassicurare i cittadini a rischio di restare senza
lavoro. Al Consiglio informale Ecofin a Praga dei ministri finanziari dei 27 Paesi
membri, a cui hanno partecipato i governatori delle banche centrali, il
commissario Ue per gli Affari economici,
La crisi ha rimpicciolito
il container ( da "Corriere
della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il mondo è anche di fronte a
un'onda silenziosa di protezionismo e di nazionalismo economico. A parte i ben
conosciuti casi di Buy American contenuto nel pacchetto di stimolo varato dal
Congresso degli Stati Uniti e di aiuti di La dirigente «Nel Vecchio Continente
arrivano sempre meno prodotti dalla Cina e dall'Asia emergente»
Argomenti:
Crisi
Abstract: Bagni di sangue che stanno
costringendo l'America del tempo della crisi finanziaria a interrogarsi sulla
sua latente ed esplosiva violenza, e la libertà di circolare armati. Killer
Jiverly Wong ha ucciso 13 persone in un centro per immigrati a Binghamton (dal
«Daily News») Ennio Caretto
Salviamo le case storiche
di Piedicastello ( da "Trentino"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tanto più preziosa oggi che la
crisi finanziaria globale ha mostrato i deleteri effetti della speculazione
immobiliare, trasformatasi in rapina sistematica del territorio. Oggi quelle
case costituiscono una testimonianza di civiltà e di memoria, posto che la
solidarietà cooperativa è il fondamento dell'identità autonomistica trentina.
Ecofin, più tutele per i
lavoratori ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione
sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo
le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie
non ha prodotto particolari passi in avanti.
Camilleri vola in vetta
Ostellino guida i saggi ( da "Corriere
della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Tra le novità: il ritorno della
letteratura vista da Claudio Magris, la società secondo Aldo Schiavone e la
crisi finanziaria spiegata da Beda Romano e Tommaso Padoa- Schioppa. Nella
Varia, Legrottaglie racconta la fede ritrovata e lo chef Ferran Adrià dà lezioni
di cucina. (s. col.)
La dimensione umana della
crisi mondiale al centro del G8 romano
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: asse renano) versus il binomio
Obama/Brown su: ripartizione del costo della crisi finanziaria iniziale,
rafforzamento del FMI chiamato a gestire un trilione di dollari, lista nera e
grigia dei 70 paradisi fiscali, riciclaggio dei titoli tossici, governance
degli "hedge funds", super bonus ai manager disonesti (piano Draghi).
Obama è il nuovo
Gorbaciov?. ( da "Giornale.it,
Il" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per
tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente
solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione
dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è
che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Gb/ Tony Blair
"oratore" guadagna seimila sterline al minuto
( da "Virgilio Notizie"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: hanno tagliato i loro compensi in
seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è
rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno
dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna
circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.
babelick ha detto: la
spagna potrà fare un pò di testa propria coi contingenti militari,però in
ambito economico è correttissima,rispet gli accordi molto più di altri paesi e
non t ( da "KataWeb
News" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
CRISI/ GB, MINISTRO
DARLING: MEA CULPA SU PREVISIONI RECESSIONE
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I commenti del ministro arrivano
nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il
cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie
all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella
gestione della crisi finanziaria.
GB/ TONY BLAIR ORATORE
GUADAGNA SEIMILA STERLINE AL MINUTO
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: hanno tagliato i loro compensi in
seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è
rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno
dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna
circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.
L'inutile
Argomenti:
Crisi
Abstract: politiche o riforme economiche per
uscire dal buio di una crisi finanziaria, sociale, ecologica, energetica, ma
soprattutto etica che affonda le sue radici nel profondo del cuore dell'uomo,
dove risiede la libertà di scegliere tra il bene che illumina l'esistenza e il
male che oscura la terra. E noi possiamo scegliere se salvare la famiglia o la
carriera, il mercato o i posti di lavoro,
Nerviano, per salvare il
centro anticancro in campo le istituzioni
( da "Avvenire" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il cui sostegno di 200 milioni di
euro promesso cinque anni fa è venuto a mancare determinando la crisi
finanziaria, si sia interessato alla questione incaricando il ministro della
Ricerca, Maria Stella Gelmini, che dovrebbe aver reperito una parte dei fondi
per la salvezza. Anche il governatore lombardo Roberto Formigoni è intenzionato
a fare la sua parte.
Crisi/ Gb, ministro
Darling: mea culpa su previsioni ( da "Virgilio
Notizie" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I commenti del ministro arrivano
nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il
cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie
all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella
gestione della crisi finanziaria.
annamaria_10 ha detto:
Beati voi che riuscite a scoprire lati positivi di Berlusconi, per conto mio lo
vorrei morto.Senza mezzi termini.
( da "KataWeb News" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Dal G20 pochi fatti, molto
ottimismo. Basterà? ( da "Giornale.it,
Il" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per
tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente
solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione
dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è
che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Super-stipendi scandalosi
altro che statali fannulloni ( da "Gazzettino,
Il" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dove oggi sono più evidenti più che
mai le distorsioni, le disuguaglianze reali e le incongruità che hanno anche
contribuito alla crisi finanziaria ed economica. Potrà così veramente aiutare i
dipendenti delle piccole aziende. Roberto Nocchi Treviso
conroe ha detto: La
Repubblica: "Al via il vertice Usa-Ue di Praga, il presidente americano
difende l'istanza di Ankara, la Francia conferma il suo no.
( da "KataWeb News" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Sicilia,
La" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Domenico Bonaccorsi di Reburdone e
altri rappresentanti del ondo dell'agrumicoltura per affrontare la grave crisi
del settore e le proposte e le misure da adottare da parte del Governo
Berlusconi. Sinistra in piazza Lunedì conferenza stampa sulla crisi finanziaria
Rifondazione, Comunisti italiani, Sd, Comitato di lotta contro la Tarsu, Iqbal
Masih, ass.
Le aziende in crisi in
PrefetturaA Palazzo del governo ( da "Sicilia,
La" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: interventi da fare per fronteggiare
la crisi finanziaria. Per tutti i servizi a richiesta individuale c'è da
applicare il pagamento dei ticket, che tecnicamente lo si configura come
"compartecipazione", forse per addolcire la pillola. Le famiglie e
l'utente singolo dovranno corrispondere una certa somma ai fini dell'utilizzo
del campo sportivo,
la vignetta
( da "Sicilia, La" del
05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: mai più furbizie e manovre
finanziarie scorrette che hanno avvelenato l'economia e le banche.
Globalizzando la crisi finanziaria e dei mercati. Adottando un'etica
populistica, ha tagliato i bonus, ai manager delle banche che, anche durante
una delle più gravi crisi economiche che hanno «stritolato» il Paese, hanno
mantenuto atteggiamenti immorali e «
Blair, oratore da 7300
euro al minuto ( da "Corriere.it"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: hanno tagliato i loro compensi in
seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è
rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno
dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna
circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.
babelick ha detto: è
giovane come tutti i paesi musulmani,prospettiv economiche tutte ancora da
vedersi (pil + basso di quello dei paesi ex comunisti)e rischio integralismo
altissi ( da "KataWeb
News" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Future S&PMib:
prosegue il rimbalzo ( da "Trend-online"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ancora i dati macro continuano a
suggerire che il tasso potenziale di crescita delle economie avanzate verrà
condizionato dall'attuale crisi finanziaria e conseguentemente la recessione
dovrebbe protrarsi per tutto il 2009, con un ritorno a tassi positivi di
espansione nel 2010. Le motivazioni sono da ricercarsi nella crescita di quei
paesi, che è stata segue pagina >>
ITALIA-RUSSIA/ DOMANI
BERLUSCONI A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha risentito nella seconda metà
dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore
delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento
del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei
hanno fatto registrare il segno negativo".
Italia-Russia/ Domani
Berlusconi a Mosca, rapporti ai ( da "Virgilio
Notizie" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha risentito nella seconda metà
dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore
delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento
del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei
hanno fatto registrare il segno negativo".
conroe ha detto:
Repubblica 'a la une': "Attacchi alla stampa, il Pd a Berlusconi: "E'
nervoso perché il suo ciclo sta finendo" " A 72 anni ancora il ciclo?
Suvvia... ( da "KataWeb
News" del 05-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Homo nihil
l'involuzione della specie Diceva Totò in Miseria e nobiltà, commedia di
Eduardo Scarpetta: «A casa nostra, nel caffellatte non ci mettiamo niente: né
il caffè né il latte». Questa battuta surreale ha guidato l'antropologo Alberto
Salza nello scrivere il suo ultimo libro, tanto che l'ha fatta stampare in
grandi caratteri rossi sulla quarta di copertina. Nelle 400 pagine di Niente
(Sperling & Kupfer, pp. 223, e18), Salza racconta come si vive quando manca
tutto: cibo, acqua, casa, salute, scuola, pace, diritti, storia. È una discesa
agli inferi della povertà estrema. Che non è ancora la miseria. «La povertà -
spiega Salza - è come lo strip-tease: ti togli il cappotto, il vestito, gli
slip, finché sei nudo. La miseria va oltre: è la radiografia che fa vedere le
ossa». I miserabili non lottano neppure, si lasciano andare alla deriva. Sempre
più respinti ai margini, precipitano al di là. E così diventando invisibili,
scivolano poco per volta in un mondo separato, senza possibilità di ritorno.
Salza annuncia l'emergere di una nuova specie: accanto all'Homo sapiens si
profila l'Homo nihil. L'uomo che non ha niente, ma proprio niente. «In Kenya -
racconta - l'ho visto con i miei occhi. Il popolo turkana si divide ormai in
quelli che hanno il telefonino e quelli che non ce l'hanno. I primi si sposano
tra loro. I secondi, pure. Così i due tipi umani divergono, le differenze
diventano sempre più forti, fino a originare specie diverse. Però ho visto un
turkana parlare al cellulare in una cabina telefonica abbandonata. Gli ho
domandato perché lo facesse. Mi ha risposto che lì si prendeva meglio...». La
tesi della comparsa dell'Homo nihil è solo una provocazione o una teoria
scientifica? «Mi convinco sempre più che sia un'ipotesi scientifica - dice
Salza - . Oggi sappiamo che oltre alla genetica c'è l'epigenetica, cioè
quell'insieme di condizioni ambientali che farà dei nostri nipoti qualcosa di
diverso da noi. La nutrizione, l'ambiente più o meno inquinato, lo stress, la
situazione sociale influenzano l'espressione dei geni. Ormai conosciamo
un'ottantina di geni sensibili all'imprinting ambientale. L'aumento e
l'isolamento dei poverissimi nel loro ambiente malsano, rigidamente separato da
quello dei ricchi, si configura come un'autentica speciazione, prima culturale
e poi, con il tempo, biologica». La crisi finanziaria globale contribuirà
alla nascita dell'Homo nihil? «Sì, sarà un fattore potente dell'epigenetica. A
farne le spese è la classe intermedia, chi non è né ricco né povero. In questo
strato sociale finora c'è stata una mobilità bi-direzionale. Qualcuno
scendeva, qualcuno saliva. Io, per esempio sono figlio di un operaio ma ho
potuto laurearmi. Oggi vediamo molti figli di laureati che non hanno più i
mezzi per andare all'Università. La società globale è come una clessidra: chi è
sopra può scivolare sotto, chi è sotto non può risalire». Quanti sono i poveri
in marcia su una strada senza ritorno? Risposta complessa. Il concetto di
povertà è elusivo. Dipende da dove sei, chi sei, quali sogni hai. La Banca Mondiale
ha fissato la soglia di povertà a un dollaro al giorno. Cosa che fa andare
Salza in bestia, lui che ha girato l'Africa più povera, gli slums delle
metropoli d'Asia e d'America, le periferie d'Europa, e ha anche lavorato in
programmi umanitari di organismi internazionali: «Dove c'entra la qualità,
misurare una quantità non significa niente». In ogni modo, per quel che valgono
le statistiche, su 6,7 miliardi di esseri umani, quasi un miliardo e mezzo
vivono con un dollaro al giorno, e tre miliardi con meno di due. Molti di essi,
però, se avessero un dollaro, non saprebbero che cosa comprare. Gli affetti, i
diritti, le speranze non si pagano in dollari. Un reddito zero è accettabile in
un ecosistema che ti sfama e ti lascia un po' di tempo per guardare il cielo,
il mare, i fiori. Pare che nel mondo circoli una quantità di denaro cinque
volte maggiore di tutti i prodotti acquistabili: se è così, anche l'uomo più
ricco del pianeta potrebbe sentirsi frustrato nel toccare i limiti del suo
denaro. Oltre quei limiti, i soldi servono solo a comprare altri soldi. È la
finanza, la cattiva finanza che ha creato la crisi
globale. Dal 2008 la popolazione metropolitana supera quella rurale, le
baraccopoli dilagano, cresce la criminalità, i ricchi si chiudono in ghetti del
lusso. C'è un modo per uscire dal meccanismo crudele che sta generando l'Homo
nihil? «Sì, ma la ricetta non è nel buonismo, nella solidarietà. Troppo poco.
Ci vuole la condivisione. In gran parte è un problema di conoscenza. Finora noi
antropologi sul campo andavamo a spiegare ai popoli ricchi come vivono i popoli
poveri. Occorre rovesciare questo tipo di consulenza. Dobbiamo andare tra i
popoli poveri a spiegare come vivono quelli ricchi, solo rovesciando il punto
di vista si riuscirà a mantenere una permeabilità tra i due mondi.
Paradossalmente, questo discorso va avanti attraverso la forza militare: gli
americani in Afghanistan hanno imparato che conoscere e farsi conoscere conta
più delle armi». I bit sono senza peso, viaggiano veloci, non costano. Pochi
anni fa sembrava che la rete di Internet sarebbe diventata lo strumento della
democrazia globale. Non è più così? «Internet servirebbe - dice Salza - ma le
manca una prolunga di seimila chilometri: il computer non può funzionare senza
elettricità e non credo nei computer a manovella mitizzati da Negroponte. La
soluzione può venire dai pannelli fotovoltaici. Peccato che con la crisi finanziaria i loro costi siano improponibili». Nel suo
libro Salza si dipinge come un puro osservatore, una specie di telecamera.
«L'essere un po' autistico mi aiuta», dice. L'antropologo si ferma alla
diagnosi? «Al contrario. Fotografata la situazione, io credo in una
antropologia interventista, bisogna andare sul campo e, quando serve,
modificare il campo. Succede anche in guerra, Afghanistan incluso. Tra
americani e talebani, l'antropologo è il terzo combattente». Ma anche questa
sarà una guerra lunga.
( da "Trentino" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
La tradizione
vincente dei cori Ieri l'assemblea della Federazione che riunisce 187 gruppi di
Nicola Morandi TRENTO. «I nostri cori sono realtà vive e vitali, con buona pace
di qualcuno che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto». Con queste parole,
nell'assemblea di ieri, il presidente della Federazione cori del Trentino
Sergio Franceschinelli ha tratto il bilancio di un 2008 che ha visto
l'associazione muoversi a pieno regime. Una realtà, quella dell'associazione,
che ha alle spalle un percorso partito 45 anni fa, quando, a un tavolo
dell'albergo Pavone di Trento (in via Oss Mazzurana, oggi non esiste più),
prese il via quell'unione canora che qualche anno dopo si chiamò Federazione
cori del Trentino. A ricordare passo per passo i primi 45 anni di vita dell'associazione
ci pensa un libro, «Quarantacinque anni di storia 1963 - 2008». Secondo il
presidente, la Federazione è testimone oggi di questa tradizione e ha sempre
più credibilità e consapevolezza. Non solo parole, però, a ieri sono arrivati
anche i numeri: sono sette le formazioni ("Monte Persego" di Barcom,
"Arcobaleno" sezione giovani di Ossana, "Voci in accordo"
di Povo, le sezioni bianche e giovanili de "Il Diapason",
"Vocinmusica" di Trento e il Coro polifonico Gianferrari di Trento)
che si sono aggiunte durante il 2008 al già cospicuo numero di cori iscritti. E
siamo a un totale di 187 formazioni (76 maschili, 67 misti, 13 femminili, 31
cori di voci bianche) con 5480 coristi, di cui 3464 maschi e 2016 femmine.
Saranno i servizi offerti ai soci o le proposte formative e di aggiornamento o
le iniziative indirizzate ai giovani ad attrarre così tanti consensi, fatto sta
che, in un periodo come questo di crisi
finanziaria, la Federazione può dormire sonni
tranquilli: «Pur senza ritoccare la quota di iscrizione, ferma da diversi anni
- ha commentato Franceschinelli - siamo riusciti a raggiungere la parità di
bilanco e quindi possiamo guardare al futuro con serenità e ottimismo.
Il nostro autofinanziamento supera il 40% del nostro budget complessivo e
supera le spese totali e le spese generali di funzionamento. Ciò significa che
i contributi pubblici vanno tutti in attività e servizi a favore dei soci». E
allora come non cogliere le parole del presidente, girandole all'assessore
provinciale Franco Panizza presente all'assemblea? «L'articolo della finanziaria tanto contestato - ha chiuso l'assessore -
diventa uno strumento in più a sostegno dei sodalizi artistici e quindi anche
dei cori. Se abbiamo gli strumenti dobbiamo usarli soprattutto quando trattiamo
aspetti non monetizzabili».
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
MULTIMEDIA
TECNOLOGIA Oggi su www.lastampa.it Stati generali del rock, scarica gratis i
quattro brani finalisti Dominio «.eu» tre anni di vita tre milioni di siti A
tre anni dal suo lancio il dominio internet «.eu» conferma il successo
iniziale. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è
aumentato del 2% nel 2009, raggiungendo il quinto posto tra i domini di primo
livello geografico più popolari nel mondo. Chitarre ruggenti, virtuosismo folk,
poesia al pianoforte, hip hop da battaglia. Nel suo blog Luca Castelli
racconta la sua esperienza di giurato agli Stati generali del rock, il concorso
per giovani band che funziona da selezione regionale per il festival estivo
Italia Wave. Gli mp3 delle canzoni dei quattro finalisti sono in download
gratuito sul sito. a cura di Carla Reschia
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Da noi la domenica
spezzatino In Spagna il sabato omaggio [FIRMA]GIULIA ZONCA Non siamo soli.
Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro l'Europa del pallone,
messi come tutti gli altri. L'Italia occupa una domenica intera, questa, dalle
13 alle 21, per la maratona che dovrebbe dimostrare quanta fame di calcio
ancora c'è e quante nicchie di mercato si possono occupare subappaltando il
pranzo di famiglia e in Spagna, persi dentro una guerra tra emittenti, regalano
partite. Un modo come un altro per destabilizzare il listino prezzi dei novanta
minuti. La Sexta ha proposto ieri Valladolid-Barcellona e Malaga-Real Madrid,
una via l'altra, in chiaro. Mentre la concorrenza, la rete Avs, litigava per
far entrare le sue telecamere sul campo del Recreativo Huelva. Lì, un'intesa
tra club per i diritti l'hanno trovata, hanno costituito un G-30 ma poi firmato
troppi contratti tv che non si incastrano tra loro. Il risultato è una guerra
aperta e un calo drastico di pubblico che aspetta di capire su quale canale
finirà la squadra preferita prima di comprare i biglietti per andare allo
stadio. Ogni settimana un club diverso denuncia danni e mancati incassi, causa
cattiva gestione del satellite, e finisce sempre con la lega spagnola che
obbliga tutti ad aprire le porte e rispettare i confusi accordi. In Inghilterra
tentano di darsi un codice morale sullo sport in tv. Il governo ha chiesto a
una commissione di esperti di elaborare una lista di eventi classificati «come
i gioielli della corona» ovvero dirette indispensabili all'intero Paese che non
possono essere spostate dalla tv libera. L'idea è saltata fuori dopo
un'importante partita di cricket sequestrata dai canali a pagamento. Un
parlamentare si è seccato e l'ha buttata sul patriottico: «Forse abbiamo perso un
campione del futuro, perché un bambino che poteva emozionarsi davanti a questo
spettacolo non l'ha visto». Il «Telegraph», maligno, ricorda che degli
intoccabili già esistono in un promemoria a uso televisivo datato 1998.
Mondiali ed Europei di sport «nazionali» non vanno nascosti, come la finale di
Fa Cup (che ora già però vacilla) e quella della coppa scozzese, le partite di
campionato possono finire in zona pagamento purché resti una sintesi, ma il
rugby, che ancora compare nella lista dei gioielli della corona, oggi è già
quasi tutto criptato. Gli intoccabili vanno rivisti e aggiornati, magari
qualche campione di domani verrà sacrificato in nome degli incassi di oggi. La
Spagna ha ribattezzato il momento, «la stagione del caos», l'Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000,
Parma-Juve servita al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni
pallonare). Dissero che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia.
Esiste anche la possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti
non riesca.
( da "Stampa, La" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
[FIRMA]GIULIA ZONCA
Non siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro
l'Europa del pallone, messi come tutti gli altri. L'Italia occupa una domenica
intera, questa, dalle 13 alle 21, per la maratona che dovrebbe dimostrare
quanta fame di calcio ancora c'è e quante nicchie di mercato si possono
occupare subappaltando il pranzo di famiglia e in Spagna, persi dentro una
guerra tra emittenti, regalano partite. Un modo come un altro per destabilizzare
il listino prezzi dei novanta minuti. La Sexta ha proposto ieri
Valladolid-Barcellona e Malaga-Real Madrid, una via l'altra, in chiaro. Mentre
la concorrenza, la rete Avs, litigava per far entrare le sue telecamere sul
campo del Recreativo Huelva. Lì, un'intesa tra club per i diritti l'hanno
trovata, hanno costituito un G-30 ma poi firmato troppi contratti tv che non si
incastrano tra loro. Il risultato è una guerra aperta e un calo drastico di
pubblico che aspetta di capire su quale canale finirà la squadra preferita
prima di comprare i biglietti per andare allo stadio. Ogni settimana un club
diverso denuncia danni e mancati incassi, causa cattiva gestione del satellite,
e finisce sempre con la lega spagnola che obbliga tutti ad aprire le porte e
rispettare i confusi accordi. In Inghilterra tentano di darsi un codice morale
sullo sport in tv. Il governo ha chiesto a una commissione di esperti di
elaborare una lista di eventi classificati «come i gioielli della corona»
ovvero dirette indispensabili all'intero Paese che non possono essere spostate
dalla tv libera. L'idea è saltata fuori dopo un'importante partita di cricket
sequestrata dai canali a pagamento. Un parlamentare si è seccato e l'ha buttata
sul patriottico: «Forse abbiamo perso un campione del futuro, perché un bambino
che poteva emozionarsi davanti a questo spettacolo non l'ha visto». Il
«Telegraph», maligno, ricorda che degli intoccabili già esistono in un
promemoria a uso televisivo datato 1998. Mondiali ed Europei di sport «nazionali»
non vanno nascosti, come la finale di Fa Cup (che ora già però vacilla) e
quella della coppa scozzese, le partite di campionato possono finire in zona
pagamento purché resti una sintesi, ma il rugby, che ancora compare nella lista
dei gioielli della corona, oggi è già quasi tutto criptato. Gli intoccabili
vanno rivisti e aggiornati, magari qualche campione di domani verrà sacrificato
in nome degli incassi di oggi. La Spagna ha ribattezzato il momento, «la
stagione del caos», l'Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima
volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita al posto del brunch (non
siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero che era un esperimento,
oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la possibilità che la
moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 52 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi
minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei
super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene
per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni
di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente
Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato
l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il
federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del
partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la
butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve,
anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile
delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il
presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano
tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche
perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in
casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di
Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per
decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi
finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure
Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese
sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a
pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare
la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito
dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff
dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5%
come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati
del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo
sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte
perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi
internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie
sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle
zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi
200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una
denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti
mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli
ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun
distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008,
su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una
disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente
politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure
restrittive: oltre all'aumento da
( da "Corriere delle Alpi"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Dolomiti Card,
generate 30mila presenze Centrato l'obiettivo di aumentare gli incassi e il
flusso degli stranieri SAN VITO. Si chiude questa settimana la stagione
invernale 2008/2009 del Consorzio Dolomiti Card. La vendita di skipass (oltre
30.000 presenze turistiche ed un aumento notevole dell'incasso generato) ha confermato il grande exploit dell'anno precedente nonostante
la crisi finanziaria abbia
colpito duro i mercati turistici di riferimento del prodotto Dolomiti Card,
ovvero i paesi dell'Est. Le vendite sono state migliorate anche per quanto
riguarda i paesi del Nord Europa e per la prima volta sono state vendute Card a
gruppi provenienti dal Regno Unito. I risultati ovviamente sono stati
conseguiti compiendo grandi sforzi dal punto di vista promozionale. L'ufficio
commerciale, infatti, in sinergia col Consorzio Dolomiti e grazie al contributo
delle società impianti, dei Consorzi, della Regione Veneto e della Camera di
Commercio, ha promosso il prodotto Dolomiti Card presenziando a diverse
manifestazioni fieristiche e borse del turismo in tutta Italia (Venezia, Roma,
Milano, Rimini, Modena, Genova) ed Europa (Stoccolma, Amsterdam, Madrid,
Helsinki, Vienna, Praga, Budapest, Londra, Monaco, Bruxelles, Berlino,
Varsavia, Poznan, Katowice). Altro strumento molto utile alla vendita si è
rivelato il sito www.dolomiticard.it tradotto anche in lingua svedese,
ungherese, inglese, tedesca, ceca e polacca grazie ad un contributo della Cm
Valle del Boite. Per la stagione invernale 2009/2010 sarà on line anche la
versione in lingua spagnola visto che la Spagna, attraverso accordi già siglati
con i principali tour operator e network di agenzie che vendono il prodotto
neve, dalla prossima stagione invernale diventerà uno dei mercati di
riferimento. Il Consorzio, per dare ulteriore forza e visibilità all'area, sta
studiando inoltre con il Consorzio Dolomiti e la Fondazione Studi Tizianeschi
la possibilità di una promozione in terra spagnola che abbia come protagoniste
le opere del grande pittore cadorino presenti al museo Prado di Madrid. Il
sodalizio turistico ha poi già pianificato diverse azioni promozionali per la
prossima stagione invernale: in questa primavera infatti presenzierà a workshop
e fiere turistiche a Stoccarda, Londra, Goteborg, Copenhagen e Colonia; in
autunno si concentrerà sui mercati dell'Est Europa presentandosi a Varsavia,
Poznan, Budapest, Praga e Zagabria. (a.s.)
( da "Libertà" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ecofin, proteggere i
posti di lavoro In alto mare la riforma della vigilanza sulle banche PRAGA -
«Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del
ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei
ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre
più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio
Continente. Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a
chiare lettere il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin
Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Per il commissario
europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i
lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro
il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma
l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta.
Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perchè se la
ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire
ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un
Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più
strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.
Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire
dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è
attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni
di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in
molti settori - ha ammonito Almunia - perchè la disoccupazione cresce e sempre
più famiglie sono colpite». Le imprese strangolate dalla stretta del credito,
infatti, sono sempre più costrette a prendere drastiche decisioni sul fronte
occupazionale. «Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet,
sottolineando come sul fronte della difesa e la creazione di posti di lavoro
«tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata
a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a
contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione.
L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in
piazza contro la crisi. «Prima finisce la protesta e
inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della
Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano
giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Tempi
non brevi e modalità ancora da definire per la riforma della vigilanza europea
sulle banche che sarà operativa, nel migliore dei casi, non prima della fine
del 2010. Dopo la corsa in avanti unilaterale degli Stati Uniti per il varo di
regole contabili più flessibili per le banche, l'Europa chiede invece, questa
volta all'unanimità, di adeguarsi rapidamente per evitare che le proprie
istituzioni finanziarie siano svantaggiate rispetto alle rivali Usa. Ugo
Caltagirone 05/04/2009
( da "Repubblica, La"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XI - Napoli
Torre del Greco/3 Banca di credito popolare aperte tre nuove filiali Bilancio
positivo per la Banca di credito popolare di Torre del Greco. A dispetto della crisi finanziaria, il consiglio di amministrazione ha chiuso l´esercizio 2008 con
un utile netto di 12,7 milioni di euro, in linea con quello del 2007, e un
aumento dei prestiti del 13 per cento. La ricetta anticrisi: prodotti tradizionali e incremento della presenza sul
territorio, con l´apertura di tre nuove filiali.
( da "Repubblica, La"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina V - Milano La
manifestazione L´analisi Il docente della Statale: il clima è diverso, per ora
"La crisi aumenta i conflitti ma gli anni 70 sono
lontani" Galli: la sinistra deve ritrovare un ruolo forte Se non ci fosse
questo contesto sociale sarebbe passata inosservata Ora tutto dipenderà dalle
forze dell´ordine Alla opposizione serve un salto generazionale perché negli
ultimi quindici anni ha prodotto risposte culturali non all´altezza STEFANO
ROSSI Una crisi che chiude un´epoca, non un ritorno
agli anni Settanta. Giorgio Galli, politologo e docente della Statale, studioso
dei partiti e delle relazioni fra ideologia politica e misticismo
irrazionalistico, riassume così la sua analisi sul momento che sta vivendo la
città. Professor Galli, oggi si tiene il convegno di Forza Nuova. Alla Statale
ci sono stati scontri fra studenti di destra e di sinistra. Stanno tornando gli
anni Settanta? «No. Anzitutto siamo di fronte a una enorme crisi
economica. In secondo luogo, siamo all´esito di una crisi
politica aperta 15 anni fa con Mani Pulite. In un certo modo, chiude un cerchio
il fatto che Mario Chiesa sia stato arrestato di nuovo in questi giorni.
Infine, negli anni Settanta c´era una sinistra che oggi manca». Che cosa
intende dire? «Che all´epoca esistevano manifestazioni di estremismo ma ad esse
rispondeva una politica forte del Pci, del Psi. Pure il Partito radicale fu
capace di trasformare la protesta in rivendicazione di diritti civili. Ora
questa sinistra è molto meno presente». E gli incidenti alla Statale? «Mi
sembra si tratti di scaramucce. Lo stesso penso di altri segnali, come il
corteo contro la chiusura del centro sociale Conchetta, un provvedimento che
sarebbe stato meglio evitare per non suscitare reazioni. è
vero però che la crisi
economica è anche crisi di valori. Sta montando una forte tensione, dovuta alla mobilitazione
spontanea di soggetti molto diversi tra loro contro ingiustizie palesi, ad
esempio i manager liquidati di milioni di dollari. Lo dice anche Obama, che non
è socialista». Perfino Forza Nuova è anticapitalista. Il convegno è
intitolato "popoli e tradizioni contro banche e poteri forti". «Forza
Nuova appare anticapitalista e antiamericana ma nelle sue pubblicazioni è
contro i migranti, le donne troppo emancipate, ostenta i valori
del cristianesimo tradizionale. Infatti domani (oggi per chi legge) i dirigenti
seguiranno la messa in latino. Se si è al fianco di una Chiesa che impone con
una perentorietà sconosciuta da decenni ai parlamentari italiani di votare una
legge sul non testamento biologico, questo è populismo, non anticapitalismo».
Questo miscuglio ideologico può pescare nel disagio diffuso cui lei faceva
cenno? «Non verso destra, perché lì c´è già la Lega, un fenomeno populista ben
più radicato di Forza Nuova. L´opinione pubblica di sinistra, invece, ha un
altro problema: è scarsamente rappresentata. A Milano, negli ultimi 15 anni, la
crisi ha prodotto risposte culturali a destra, non a
sinistra, da dove non viene nulla di nuovo da tempo. Serve un salto
generazionale». Ha citato i centri sociali. «La loro cultura politica guarda
agli anni Settanta, è superata. Mobilitarsi solo sul piano dell´antifascismo è
inadeguato rispetto alle emergenze attuali». Lei descrive una Chiesa romana
conservatrice e aggressiva. Quella milanese com´è? «Tutto l´opposto. Cerca di
aiutare chi è più in difficoltà, capisce che dopo tutto questo nemmeno il capitalismo
sarà più quello di prima». Per oggi ci sono da temere scontri? «Se non ci fosse
il contesto che sappiamo, l´iniziativa di Forza Nuova sarebbe passata
inosservata, una manifestazione di libertà del pensiero. Così assume un
significato preoccupante e sarebbe stato sensato rinunciare. Ma tutto dipenderà
dalle forze dell´ordine. Non ci saranno migliaia di dimostranti come in questi
giorni a Strasburgo, se la polizia agirà con saggezza la piazza non si
trasformerà in una polveriera. Vanno evitati incidenti come quelli del marzo di
tre anni fa in corso Buenos Aires».
( da "Repubblica, La"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina II - Firenze
AI GIOVANI DEL PD CHIEDO CORAGGIO E UNITà CLAUDIO MARTINI (segue dalla prima di
cronaca) Mai come oggi i giovani sono importanti e decisivi: bisogna ascoltarli
con apertura e convinzione. Coraggio. Ai giovani serve anzitutto tanto coraggio,
per non abbattersi di fronte alla crisi, alla disgregazione sociale e
culturale, alla volgarità dell´ignoranza, alle ingiustizie dilaganti. Gli spazi
di rinnovamento ci sono, basta vederli e coglierli. Coraggio significa non
accettare l´andazzo, il pensiero unico, il conformismo indotto dal potere di
chi ha vinto. Vuol dire andare controcorrente, non arrendersi all´invisibilità,
al silenzio e al vuoto intorno alle politiche di illusione e di menzogna. Vuol
dire rifiutare la deriva della xenofobia, dell´individualismo assunto come
mito, del municipalismo egoistico, del nuovo protezionismo spacciato per amor patrio.
Generosità. Questa la seconda parola chiave. I giovani sanno essere generosi,
nel volontariato, nei movimenti, in famiglia. Questo senza perdere di vista le
ingiustizie profonde del nostro tempo, purtroppo crescenti e sempre più
intollerabili. E´ da loro che deve venire la forza e l´indignazione per
rilanciare il valore dell´uguaglianza in modi e contenuti diversi dal passato.
La politica deve fondarsi sul bene comune, sul rifiuto del voto di scambio e
dell´esasperata personalizzazione. L´ambizione personale non deve mai arrivare
a danneggiare l´immagine del proprio partito. Unità. E´ soprattutto su questo
concetto che mi voglio soffermare. Questa è la parola oggi più preziosa. E per
le giovani generazioni deve essere più facile perseguirla. Loro non hanno sulle
spalle il fardello delle divisioni del secolo scorso e nemmeno quelle connesse
al laborioso parto del Pd. Sono liberi da schemi e correnti, possono portare
nel partito la coesione e l´amalgama che ancora manca. Lo spettacolo di
disarmonia dell´Unione è purtroppo proseguito, in certa misura, anche nel Pd,
creando sconcerto e delusione. E poi c´è chi, da fuori, approfitta delle nostre
divisioni. Abbiamo davanti agli occhi uno stridente paradosso: alcuni dicono
che nel Pd ci sono troppe anime e troppi contrasti, è impossibile farle
convivere, il progetto fallirà (o è già fallito). Altri invece (talvolta gli
stessi�) ci spingono ad accentuare queste differenze e contrasti,
enfatizzandole e alimentando strumentalmente ogni diversità di opinione,
trasformando il confronto in polemiche e sollecitandoci sempre e comunque a
competere tra di noi. E così il circolo vizioso si alimenta. Il tema dell´identità
e della coesione del Pd richiede invece intelligenza, pazienza, lavoro e
fatica. Nulla è scontato, facile, risolutivo. Innovazione e convivenza non sono
obiettivi alternativi, possono coabitare nello stesso partito: diciamolo a chi
spera e gode nel vederci bisticciare. L´autore è il presidente della Regione
Toscana
( da "Arena, L'" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 ECONOMIA Pagina 41 Il denaro non nasce sugli alberi Il denaro, come spesso
si ripete ai bambini, non cresce sugli alberi. Vero: perché una volta con gli
alberi si faceva la carta e sulla carta si stampavano le banconote, mentre oggi
basta una registrazione elettronica; sicché il denaro, con gli alberi, non
c'entra più un bel niente. Però non ha certamente perso d'importanza, e le
maggiori banche mondiali (esclusa la Bce) stanno oggi cercando in ogni modo di
crearlo dal nulla per rivitalizzare l'economia. L'ultimo metodo che hanno
escogitato è detto quantitative easing in inglese e per ora non c'è una
traduzione italiana. Vuol dire che dopo aver portato praticamente a zero i
tassi d'interesse, le banche centrali si sono messe a comprare dalle banche
commerciali i titoli di Stato, dando in cambio moneta corrente. Ciò, secondo
gli intenti, ha due conseguenze. Primo, lo stock di titoli di Stato disponibili
per il mercato si contrae, il che vuol dire che i prezzi si alzano e i tassi
scendono. Secondo, le banche hanno più denaro da prestare e poiché i tassi sono
scesi, la platea dei possibili prenditori si allarga. Ne deriverebbe un mondo
felice in cui chi ha bisogno di credito lo trova più facilmente e l'economia
marcia che è un piacere. What a wondeful world it would be, come dice la
canzone - se non fosse che il ragionamento zoppica. Il problema è che le banche
devono prestare a chi dà concrete garanzie di usare bene il denaro, altrimenti
si riparte con un irresponsabile carosello di denaro facile, del tipo di quello
che ci ha portati alle strettezze attuali. E di degni prenditori, nei Paesi
sviluppati, c'è una certa scarsità. Le nostre imprese non sono competitive, la
differenza nei salari rispetto ai Paesi di recente sviluppo non è più
compensata da una supremazia tecnologica. Chi merita il credito non si trova da
noi, si trova in Cina, in Brasile, in India. I governanti e i banchieri
centrali affetti da keynesismo di ritorno si stanno preoccupando solo della
domanda, di sorreggerla e sitmolarla, mentre il problema vero è dal lato
dell'offerta. Con il ritiro degli attivi tossici, il sostegno a banche e
imprese decotte, il taglio dei tassi e buon ultimo il quantitative easing si
guadagna tempo, ma se non si agisce dal lato dell'offerta non si sarà fatto altro
che rimandare un futuro crollo ancora maggiore di quello odierno. Dalla crisi finanziaria non si torna indietro: la "normalità" dei primi anni
del millennio, in cui i popoli ricchi si facevano prestare da quelli poveri i
soldi per consumare più di quello che erano in grado di produrre, non
rivivranno mai. Il G20 appenca concluso a Londra potrebbe segnare il primo
passo di una lunga marcia verso il buonsenso oppure un'altra ciclopica
manifestazione di incompetenza da parte dei Grandi del pianeta. Easing o non
easing.
( da "Unita, L'" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Praga blindata per
Obama Attesa per il suo discorso «Yes we can say not to Us military base». Uno
striscione sul ponte delle Legioni, primo assaggio della «marcia degli
invisibili» in programma oggi a Praga, per spiegare al nuovo presidente
americano che il 70 per cento della popolazione della Repubblica ceca non vuole
ospitare un pezzo dello scudo spaziale voluto da Bush. Dopo gli scontri che
hanno accompagnato il vertice Nato e il G20 di Londra, Praga ha messo in campo
3000 uomini e blindato il percorso del presidente Obama, arrivato ieri in
serata. Viale Evropska, che conduce dall'aeroporto al centro, è sotto chiave,
agli abitanti è stato persino consigliato di chiudere le finestre. Il vertice
Ue-Usa - in casa di euroscettici - ha un'agenda ampia, protezionismo, nodi della politica
estera e cambiamenti climatici. Ma la parte ufficiale della visita rischia di
essere oscurata da quella più popolare del discorso pubblico di Obama, dalla
piazza del castello. Un enorme palco è stato allestito al centro della fortezza
e c'è molta attesa. Migliaia di persone sono in arrivo da tutto il
Paese. Secondo anticipazioni, Obama parlerà di «green economy», di come cioè
uscire dalla crisi gettando basi per un diverso modo di produrre e di usare
l'energia. Ma non è escluso che il presidente americano possa fare qualche
accenno anche allo scudo spaziale. Tra i temi all'esame del vertice Ue-Usa, un
posto di primo piano sarà invece l'Afghanistan. Ad introdurre l'argomento alla
presenza dei 27 e di Obama sarà Berlusconi, con una relazione centrata sui
problemi dell'area, Pakistan incluso. C'è solo da augurarsi che non dia in
escandescenze alla presenza del presidente Usa e che si ricordi di spegnere il
cellulare. Come al cinema.
( da "Adige, L'" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
PRAGA - «Meglio
tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro
dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri
finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il
crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente
PRAGA - «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole
del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei
ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più
il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio
Continente. Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a
chiare lettere il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin
Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Per il commissario
europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i
lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro
il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma
l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta.
Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perché se la
ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi
finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire
ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un
Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più
strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.
Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire
dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è
attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni
di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in
molti settori - ha ammonito Almunia - perché la disoccupazione cresce e sempre
più famiglie sono colpite». «Preoccupato» si è detto anche il solitamente
prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della difesa e la creazione di
posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della
Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può
continuare a contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque,
dell'occupazione. L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la
Cgil è scesa in piazza contro la crisi. «Prima finisce
la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla
capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare
istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche
nel mezzo». Ma i ministri si sono occupati anche di questioni prettamente
finanziarie. Si prevedono tempi non brevi e modalità ancora da definire per la
riforma della vigilanza europea sulle banche che sarà operativa, nel migliore
dei casi, non prima della fine del 2010. Dopo la corsa in avanti unilaterale
degli Stati Uniti per il varo di regole contabili più flessibili per le banche,
l'Europa chiede invece, questa volta all'unanimità, di adeguarsi rapidamente
per evitare che le proprie istituzioni finanziarie siano svantaggiate rispetto
alle rivali Usa. All'Ecofin i ministri delle finanze dell'Unione, come spiegato
dal ministro Tremonti al termine dei lavori, concordano sui principi ma non
vanno più in là di un inizio di discussione sulla bozza Larosiere per la
riforma della vigilanza. «La discussione è aperta» ha sintetizzato il ministro
che di recente ha più volte sottolineato l'importanza di una vigilanza comune
europea, affidata magari alla Bce. Una posizione fortemente osteggiata da
diversi paesi, primo fra tutti la Gran Bretagna, con divergenze che si sono
riproposte fortemente nella giornata di ieri. A chiedere così «risposte rapide
e credibili» sono nella conferenza finale il Commissario per gli affari
economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude
Trichet. Dal canto suo Trichet ribadisce che la Bce è pronta ad assumere un
ruolo più forte nell'ambito della vigilanza macro-prudenziale, quella tesa a
prevenire crisi sistemiche. L'Ecofin ha comunque
apprezzato le decisioni del G20 che, fra l'altro, ha attribuito al neonato Fsb
presieduto da Mario Draghi, il compito di coordinare le autorità nazionali
sulla vigilanza per le «istituzioni sistemiche» ovvero quelle così diffuse
internazionalmente da essere in grado di mettere in crisi
l'intero sistema in caso di problemi. L'Europa non vuole rimanere indietro
anche sul fronte delle regole contabili dopo che gli Usa hanno annunciato
unilateralmente di renderle più flessibili mandando a casa i principi un tempo
bandiera del capitalismo. 05/04/2009
( da "Adige, L'" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
VITTORIA
PRISCIANDARO (segue dalla prima pagina) VITTORIA PRISCIANDARO (segue dalla
prima pagina) ... La sicurezza non è garantita al cento per cento, come tanti
incidenti hanno dimostrato. È vero che importiamo energia dalla Francia e da
altri Paesi, ma ci sono anche nazioni come l'Austria che hanno detto no al
nucleare. Infine la messa a punto di un piano energetico nucleare richiede
tempi lunghi, mentre ci sono altre cose che si potrebbero fare già da adesso e
non vengono prese in considerazione». Il nostro Paese partecipa alla cordata
per una revisione del protocollo di Kyoto. In generale, come giudica l'operato
dei nostri Governi sulle tematiche ambientali? «Ho l'impressione che l'Italia
sia come uno studente che non abbia fatto i compiti a casa. Altre nazioni, come
per esempio la Germania, si sono mosse verso le energie rinnovabili, sono
riuscite a diminuire le loro emissioni di biossido di carbonio, hanno goduto di
alcuni risultati anche economici grazie alle loro innovazioni. Purtroppo in
Italia questo non c'è stato, è mancata una politica organica. Attualmente, di fronte alla crisi finanziaria e alla recessione in atto, per aiutare le industrie si
differiscono le mete che ci si era prefissati, si mette la testa nella sabbia,
ma l'urgenza resta. (...). Il problema dell'ambiente è comunque più ampio:
manca una controparte politica alla globalizzazione mondiale, le Nazioni Unite
hanno poco potere, e le convenzioni sono difficili da rispettare. Così è
per Kyoto: occorre che non siano solo dichiarazioni di buona volontà ma anche
decisioni esecutive, con sanzioni per chi non le rispetta. Oggi ha la meglio la
politica del più forte e anche certe forme di energia vengono utilizzate come
forme di pressione politica, perché alcuni Paesi sono dipendenti dalle risorse
energetiche prodotte da altri: basti pensare a quanto accade in Ucraina con il
gas della Russia. Comunque, il futuro dipende molto anche dagli Stati Uniti, ma
le aperture ambientaliste del presidente Obama fanno ben sperare». La tematica
ambientale è stata in passato contrapposta all'antropocentrismo cristiano. Un
conflitto sanato? «La religione cristiana non è antropocentrica, come dice una
vecchia accusa. È invece teocentrica, nel senso che ci riferiamo alla creazione
come espressione della carità di Dio. Anche se l'uomo è visto come il
coronamento della creazione, è sempre posto in relazione con gli altri esseri
creati, che hanno la loro dignità e il loro valore. Fino al Medioevo l'uomo si
sentiva inserito in un grande cosmo; poi, con l'era moderna, si è messo al
centro del mondo, ha prodotto progresso ma senza rispettare le leggi della
natura e si è creata una frattura. Adesso abbiamo due correnti: una
panteistica, che vorrebbe ritornare alle religioni primitive, quelle indiane o
africane, in cui tutto è sacro e la natura viene quasi divinizzata; e poi un
antropocentrismo relazionale, in cui la responsabilità è concentrata sulla
persona, libera e in grado quindi di sentire l'urgenza di una conversione
ecologica, di cambiare rotta per arrivare alla sostenibilità. Già alla fine
degli anni '70 il Papa diceva che la teologia aveva dimenticato la creazione,
concentrandosi sulla storia della salvezza, sull'Esodo. Adesso l'esegesi è
attenta anche al creato, a quello che Dio ha benedetto e ci ha affidato».
Quanto è diffusa tra i cattolici questa sensibilità? «Sulla tematica ambientale
negli ultimi dieci anni c'è stata una crescita continua. All'assemblea
ecumenica di Graz si era cercato di costituire una Rete europea di responsabili
dell'ambiente e nelle Chiese cattoliche, a parte la Germania e i Paesi
scandinavi, non c'erano responsabili nazionali né uffici dedicati all'ambiente.
Dal '99 al 2004 abbiamo avuto sei consultazioni, convocando un vescovo e un
esperto di ogni nazione, e qualcosa è cresciuto. Nel '99 la Cei ha istituto il
gruppo di lavoro Responsabilità per il creato, che ha fatto incontri nazionali,
pubblicazioni e sussidi per le scuole. Stiamo lavorando perché l'ambiente non
sia solo interesse di alcuni teologi moralisti. All'interno della Cei mi
impegnerò perché questa dimensione venga accolta da un maggior numero di
diocesi e sempre di più approfondita». L'Associazione dei moralisti italiani ha
discusso di recente su "Carità e giustizia per il bene comune". Che
cosa significa questo slogan in un Paese che difficilmente riesce a ritrovarsi
unito? «Il termine "bene comune" non è considerato nelle teorie
economiche. Si parte sempre dall'individuo orientato al proprio profitto e si
vedono i singoli operatori. L'apporto delle piccole comunità, della famiglia ma
anche delle associazioni, non viene tenuto in conto, si ignora il principio
della sussidiarietà. Un giudice della Corte costituzionale tedesca diceva che
la società liberal-democratica vive di presupposti che essa stessa non può
darsi. La solidarietà è necessaria per assicurare la convivenza, il rispetto,
le virtù. Il bene di tutti non è garantito da una maggioranza se questa è
costituita da egoisti che, attraverso il lobbismo, fanno passare le loro
vedute. Lo Stato che si è ritirato e vuole solo regolamentare i rapporti
sociali, ha dunque bisogno dell'impegno culturale che nasce dal basso, dalle
Chiese, dalle religioni, dalle famiglie, perché tutto questo costruisce il
tessuto sociale». La teologia morale viene interpellata dalle tante domande
nuove che nascono dalla nostra società. Lei come interpreta questa disciplina?
«Il compito della teologia morale è stato descritto molto bene dal Concilio
Vaticano II che, al numero 16 del decreto Optatam Totius, dice che la sua
funzione è illuminare la vocazione dei cristiani di portare frutti di carità
per il bene dell'umanità. Non si tratta dunque di puntare sui peccati, di dare
giudizi, ma di aiutare in positivo le persone a sviluppare la vita di fede nel
quotidiano. È un duplice compito: verso i fedeli, in aiuto al Magistero della
Chiesa, e verso l'umanità intera, proponendo norme universali. Nel sessantesimo
anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Papa ha
puntato sul problema della legge morale naturale, che è base comune per tutta
l'umanità». È anche sull'interpretazione della legge naturale che il dibattito
è acceso... «Per "legge naturale" intendiamo la natura dell'uomo e
non quella fuori da lui, non la biologia, la medicina o l'evoluzione. Si tratta
di investigare la persona umana, libera, con alcuni tratti che però sono
inalienabili. Già la differenza tra maschio e femmina, la malattia, la morte,
sono cose comuni a tutte le persone e sulle quali bisogna riflettere. Ci sono
alcuni assunti di base, dai quali però non sempre è facile far discendere delle
norme concrete. D'altra parte, proprio perché non è detto che ogni cosa debba
essere sempre immutabile, è richiesto uno studio continuo. Lo stesso Santo
Padre ha più volte invitato i teologi moralisti ad approfondire i problemi
della legge naturale. E prossimamente la Commissione teologica internazionale
pubblicherà un nuovo documento dedicato proprio alla legge naturale e alla
ricerca di un'etica universale». Sono tante le tematiche delicate. Partiamo
dalla relazione omosessuale: non può essere vero amore? «L'amore ha diverse
forme. Il problema è se questo amore debba trovare un'espressione sessuale. C'è
differenza tra l'unione maschio-femmina, da cui nascono dei figli, e il
rapporto tra persone di uno stesso sesso. Le quali avranno sicuramente bisogno
di una qualche tutela giuridica, che però non può essere definita matrimonio.
Penso a un tipo di tutela individuale riguardo l'eredità, la visita ai malati,
la casa. Quando si tratta quest'argomento si rischia di fare subito un discorso
ideologico, da una parte e dall'altra, ma un "no" su tutti i fronti
non penso sia sempre utile. Alcune cose devono crescere in maniera più
organica». Che cosa pensa a proposito del dibattito sul testamento biologico?
«Ritengo che ci sia una certa politica che vuole utilizzare alcuni casi - come
quello di Welby o di Eluana Englaro - per arrivare a determinate conseguenze.
Ci sono e ci saranno sempre dei casi limite, ma partire da questi per
mobilitare l'opinione pubblica e cambiare le leggi è sbagliato. In alcune
situazioni di "coscienza perplessa", ritengo che si debba lasciare
l'ultima scelta al medico, se veramente è in buona comunicazione con i
familiari. È difficile definire cos'è accanimento terapeutico e cosa no. Il
problema è questa giuridicizzazione della medicina che viene importata dagli
Stati Uniti: il medico ha sempre paura che gli si possa fare causa e allora
applica tutte le terapie possibili. Così l'alleanza terapeutica, il rapporto di
fiducia con il paziente, non viene più considerato. Dopo il caso Englaro e le
sentenze della Corte di Cassazione e di Appello, anche la Cei si è mossa per
dire che ci vuole una qualche legislazione sulla dichiarazione anticipata di
trattamento. Il clima attuale del dibattito non mi piace, avrei preferito un
maggiore silenzio, come aveva chiesto il cardinale Tettamanzi, e vicinanza ai
familiari». Quali priorità si dà come vescovo? «Sono nel mio motto,
"Cristo nostra pace". Mi collego al motto del mio predecessore, il
vescovo Egger, "Syn" (insieme), e lo allargo a tutte le dimensioni
delle società, la giustizia, l'ecologia, i problemi sociali, le nuove sfide.
Puntando su Cristo, sul nostro Battesimo. Partiamo da un'identità chiara anche
per affrontare la sfida della convivenza e dell'accoglienza, tra italiani,
tedeschi, ladini e immigrati». Vescovo e teologo. Come pensa di vivere questo
doppio ruolo? «I teologi devono accogliere il Magistero e collaborare con i
vescovi. Ma possono anche essere avanti, come profeti che aprono piste che poi
il Magistero percorre. A volte abbiamo troppa presenza del Magistero,
dichiarazioni un po' precipitose dei vescovi su argomenti che richiederebbero
prima un dibattito più approfondito tra i teologi. Occorrerebbe avere degli
spazi in cui le cose potessero maturare serenamente, per poi giungere a un
pronunciamento del Magistero. In una società mediatica c'è forte pressione a fare
esprimere i pastori. Ora dovrò anche considerare la collegialità con gli altri
vescovi. E sarà interessante vedere le cose da quest'altro versante».
05/04/2009
( da "Tirreno, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
FONDI
PUBBLICI IN TEMPO DI CRISI PENALIZZARE LE ECCELLENZE SAREBBE UNA POLITICA MIOPE
RICCARDO VARALDO L'attuale crisi finanziaria ed economica,
con i suoi connotati di straordinaria gravità, ha reso gli Stati primi
interlocutori nella difesa dei sistemi finanziari e nel rilancio dell'economia,
oltre che per fronteggiare gli effetti più dirompenti sul tessuto sociale. Il G20 di Londra conferma appieno
questa linea che assegna all'intervento pubblico in chiave multilaterale, da
gestire con il Fondo Monetario Internazionale e il Financial Stability Board,
un ruolo insostituibile per uscire dalla crisi e
rendere più sostenibile il processo di globalizzazione. Più Stato, sì ma come
L'enormità dei compiti assegnati agli Stati, per restituire solidità ai sistemi
finanziari e nel contempo intervenire a fondo nel tessuto economico e sociale,
ci fa uscire sempre più dai paradigmi del liberal-capitalismo occidentale con
tutto ciò che ne consegue. Si sente un gran bisogno di garanzie per un
efficiente ed efficace impiego delle enormi masse di risorse pubbliche che la crisi sta mettendo in campo. C'è in particolare la necessità
di dare un ordine di priorità all'impiego delle risorse scarse disponibili,
cercando di attivare le migliori potenzialità industriali, con politiche tese a
ridare slancio al commercio e agli investimenti internazionali. Le modalità con
cui si attueranno interventi di sostegno pubblico a favore dell'economia reale
sono destinate ad imprimere un segno decisivo. In assenza di interventi
appropriati, sostanziosi pezzi del nostro tessuto industriale ed economico,
costituito da una miriade di piccole imprese, rischiano di indebolirsi irrimediabilmente
per il repentino declino dell'offerta di credito e l'assenza di un adeguato
mercato dei capitali, oltre che per il crescente peso delle distorsioni
nazionali nella concorrenza internazionale. D'altro canto, interventi pubblici
erronei rischiano di dirottare risorse verso impieghi e interlocutori
inefficienti con effetti distorsivi nella selezione delle imprese. E comportano
una efficacia ridotta a medio periodo, impegnando risorse pubbliche che
generano un carico eccessivo di debito pubblico per le generazioni future.
Attenti al merito L'adozione di criteri meritocratici nella politica
industriale è sempre un fatto problematico ed oggi sembra quasi una scelta
antipopolare. Tuttavia occorre avere il coraggio di non disperdere gli
interventi e le risorse altrimenti si rischia di sacrificare il consolidamento
e il potenziamento di quelle eccellenze imprenditoriali, presenti nei sistemi
produttivi locali, che sono l'asset fondamentale della nostra economia.
Occorrono le lenti bifocali per guardare oltre che alla necessità tattica di
calmierare gli effetti sociali ed economici immediati della crisi,
anche a grandi obiettivi e progetti strategici. Da un lato ciò significa
investire importanti risorse pubbliche nei campi strategici delle reti
telematiche, dell'energia, dei trasporti e delle materie prime, che alimentano
un importante indotto di investimenti e di occupazione e generano esternalità
positive a vasto raggio. Dall'altro lato significa avere un'attenzione
lungimirante verso il tessuto nervoso del sistema industriale, valorizzando e
rilanciando al meglio sia le eccellenze industriali del made in Italy che le
meno note eccellenze imprenditoriali del Research in Italy, costituito dalle
piccole imprese innovative che vengono incubate dai laboratori di ricerca di
eccellenza e da industrie di avanguardia come Finmeccanica, Telecom e Fiat. Le
Pmi sono la risorsa Nel quadro tracciato, tre linee di politica industriale
assumono un carattere di priorità per il nostro Paese: 1) salvare le eccellenze
manifatturiere del Made in Italy e del suo indotto con interventi tesi ad
evitare che la stretta creditizia penalizzi le imprese virtuose, che si sono
ammodernate, hanno fatto investimenti materiali e immateriali, si sono dotate
di capitale umano qualificato, hanno accresciuto la loro apertura
internazionale; 2) approfittare della crisi per
rafforzare strutturalmente le piccole imprese, incentivando fusioni e
aggregazioni e rendendo più solida la loro struttura finanziaria,
per renderle meno dipendenti dal credito bancario; 3) compiere sforzi mirati
per riequilibrare il nostro modello di specializzazione produttiva e rinnovare
il sistema industriale con interventi tesi a sostenere nascita e crescita di
imprese innovative create da una nuova generazione di imprenditori con una più
avanzata preparazione tecnologica. Questo menù della politica industriale
risente della situazione del momento ma vuole creare condizioni e strumenti per
guardare oltre la crisi, considerando che questa è
destinata ad incidere in profondità e ad esercitare un potente effetto di
"distruzione creatrice" alla Schumpeter. E' ormai accertato che in
futuro avremo sistemi economici e finanziari, strutture industriali, sistemi
imprenditoriali e mercati molto rinnovati. E' un mondo diverso da quello
ereditato dal recente passato in cui la leva finanziaria
ha esercitato un potente influsso sull'economia reale, nonché sulla crescita
della domanda di beni e servizi privati. Il che ha ritardato potenziamento e
ammodernamento delle infrastrutture e dell'offerta di beni e servizi pubblici
di interesse generale.
( da "Riformista, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Questa settimana il
"Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti
con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere
della Sera di domenica 29 marzo 2009 Questa settimana il "Premio
Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti con
"Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere
della Sera di domenica 29 marzo
( da "Riformista, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
L'altra classe
Borghesia van cercando Potere. Tre libri ripropongono il tema della costruzione
di una classe dirigente. Della sua lunga stagione al "Corriere" Ottone
ne racconta la mancanza di coraggio. Una responsabilità mai assunta? Intanto ci
si auto-analizza attraverso una memorialistica «letteraria e anticonformista».
Fino al romanzo di formazione di Fiore, dove il futuro dei figli che dovrebbero
comandare un giorno «ha già un movente» di dolore. di Marco Ferrante Nel
centenario della nascita di Indro Montanelli, il libro di Piero Ottone appena
uscito per Longanesi, Italia mia - il paese che abbiamo sognato e che non c'è,
(pag.189, euro 15) farà discutere per i giudizi che l'autore dà della sua
stagione al Corriere della Sera che diresse o per la rievocazione della vicenda
del titolo del giornale all'indomani dell'attentato delle Br: il nome del
giornalista colpito dal commando compariva solo nel sommario, cosa che
Montanelli considerò uno sgarbo. Incuriosirà per i suoi giudizi su Gianni
Agnelli o per le valutazione su se stesso ragazzo e il fascismo. In realtà
questa memoria di 189 pagine contiene un elemento pamphlettistico che scavalca
i ricordi personali e - come avverte il sottotitolo - entra nel vivo di un tema
controverso, la classe dirigente italiana: «Il nostro vero male è dunque la
mancanza di una classe dirigente». La trama del ragionamento è sostanzialmente
basata sulla considerazione che la nostra borghesia si è sottratta alle
responsabilità di classe dirigente, perché in fondo Ottone sottoscrive l'idea
che - a parte qualche eccezione - noi non abbiamo una borghesia disponibile a
fare rischiose assunzioni di responsabilità. E del resto la vicenda berlusconiana
non è altro che il compimento di un processo naturale di sostituzione della
classe politica primorepubblicana già accarezzato da altri, e realizzatosi in
concomitanza con il lento suicidio politico che si chiude definitivamente con
Tangentopoli. La questione borghese è per l'Italia un dibattito ciclico. Da
Tangentopoli in avanti è stata rivitalizzata dall'insorgere di una elitè - di
provenienza o di cultura economica - che, nella maggior parte dei casi non
persuasa dal berlusconismo, si è affacciata sul crepaccio della politica sempre
incerta se fare o non fare il salto. È la storia di Carlo Azeglio Ciampi
innanzitutto (l'unica con un percorso compiuto), ma anche di Mario Monti, di
Lamberto Dini, Tommaso Padoa-Schioppa, di Luca di Montezemolo, Giulio Tremonti,
Domenico Siniscalco, lo stesso Mario Draghi, dei grandi banchieri, a cominciare
da Giovanni Bazoli cui Beniamino Andreatta chiese la disponibilità per assumere
la leadership del centrosinistra, per finire ad Alessandro Profumo per molto
tempo indicato come un futuro leader possibile o Corrado Passera, per il quale
la politica, l'impegno pubblico, è già dentro la struttura ontologica della
banca per il paese. Dunque, una classe dirigente borghese esiste, è tentata
dall'idea di assumere responsabilità non solo tecniche, ma ha pudore della sua
soggettività, resta un corpo in ombra, non sa circoscrivere il suo perimetro a
partire dalla definizione di sé. Tommaso Padoa-Schioppa (del
quale troverete in questi giorni un piccolo volume in libreria sulla crisi finanziaria La veduta corta, il
Mulino, 14,00 euro) una volta dette una definizione acuta del sentirsi
borghese, come parafrasi di classe dirigente: nel susseguirsi delle generazioni
famigliari, borghese - spiegò - è chi non è il primo in famiglia a parlare una
lingua straniera. Marta Dassù, direttore di Aspen Institute Italia e
della rivista Aspenia ha appena pubblicato una raffinata memoria personale
(Mondo privato e altre storie, Bollati Boringhieri, 10,00 euro) che
implicitamente, via via che il racconto procede, suggerisce dell'identità
borghese altre ipotesi interessanti, significative e sognanti, per certi versi.
Anche qui essere borghesi significa praticare una leggera esterofilia («La
mamma decise definitivamente che la scuola italiana - il suo altrove si
estendeva all'intera nazione, avrebbe voluto essere inglese - era uno schifo»),
ma significa soprattutto essere sportivi, leggermente anticonformisti,
praticare discussioni sulla letteratura e su questa dividersi: «Il Falcone
maltese me lo aveva regalato il papà: per lui, che tornava a casa verso le
sette di sera e si versava un doppio whisky, Hammett era meglio di Chandler.
Per me è sempre stato l'opposto. Per lui che giocava alla sala corse di via
Faentina, Dostoevskij era meglio di Tolstoj. Per me è sempre stato il
contrario: ho letto "Guerra e pace" sotto il banco in seconda liceo».
Da questo punto di vista - l'assiduità con i libri - essere borghesi, e da qui
proiettarsi in una dimensione di classe dirigente, significa anche preservare
la memoria e concettualizzarla in una forma letteraria. Questo è tipicamente
italiano. E Marta Dassù si iscrive a quella categoria di memorialisti italiani,
che fermano, in una forma che non è quasi mai romanzo, una precisa dimensione
sociale. La lista è lunga e diseguale: va da Iris Origo ad Antonio Delfini, da
Cesare Garboli a Carmelo Samonà, eccetera eccetera. Naturalmente il rapporto
tra la dimensione borghese dell'esistenza e quella dell'assunzione di
responsabilità di classe dirigente si declina in molti modi diversi, non solo
la continuità generazionale, ma anche il progresso personale, la formula del
riscatto della volontà, cioè Martin Eden e il romanzo di formazione come ascesa
individuale. In questi giorni l'editore Minimum fax ha pubblicato il romanzo di
un semiesordiente Peppe Fiore del tutto esplicito sin dal titolo: La futura
classe dirigente. L'accoglienza è stata eccellente, il libro è spiritoso e
malinconico. C'è un signore, un ingegnere, che viene intervistato in una
inchiesta televisiva e parla dei suoi figli e di uno dice: «Fa l'archeologo.
Conduce quotidianamente le sue battaglie perse con assessori, piani regolatori,
autorizzazioni municipali e attraverso l'inutilità del suo essere archeologo io
scopro ogni giorno di più l'inutilità di essere italiano. Ormai tutti e due
parliamo pochissimo. Eppure a volte, solo a volte, io ho l'impressione di
sentire uno spiffero del dolore che provano». Candidando così il dolore attuale
dei figli, la futura classe dirigente, a un'ipotesi di movente. 05/04/2009
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Effetto domino:
anche i proprietari in difficoltà --> Domenica 05 Aprile 2009 CRONACA,
pagina 16 e-mail print La crisi della casa colpisce
anche i piccoli proprietari La crisi non risparmia
neppure i piccoli proprietari immobiliari. Anzi, con l'impennata del numero
degli sfratti, di cui l'80% del totale per morosità, sembra aumentare anche il
numero dei piccoli proprietari in difficoltà. A lanciare l'allarme è Gaetano
D'Andrea, presidente dell'Associazione piccoli proprietari immobiliari (Asppi)
di Bergamo, che parla di un aumento dei casi in cui gli inquilini, sfrattati
per morosità, grazie alla concessione di diversi rinvii, continuano a rimanere
nell'appartamento che avrebbero dovuto lasciare libero a seguito del mancato
pagamento dell'affitto. Questo in attesa che gli enti locali assegnino loro una
casa popolare idonea. Assegnazione che in realtà, soprattutto negli ultimi
tempi, richiede spesso dei tempi lunghi. La conseguenza è che i proprietari
dell'appartamento, i quali spesso devono sostenere le rate del mutuo contratto
per l'acquisto dell'abitazione, non solo non percepiscono la cifra pattuita per
l'affitto, ma non possono neppure affidare l'appartamento a un altro inquilino.
Casi di questo tipo a Bergamo e provincia sembrano essere aumentati a dismisura
negli ultimi tempi: complice la crisi
finanziaria e il conseguente aumento degli inquilini
morosi, il numero dei piccoli proprietari di immobili che si ritrovano in
situazioni di questo tipo avrebbe subìto un aumento del 15% da settembre a
oggi. E i protagonisti sarebbero sempre più frequentemente i cittadini
stranieri, «i primi a sentire gli effetti della crisi», come spiega D'Andrea, il quale cita il caso di un
cittadino marocchino che, grazie ad una serie di rinvii, continua a rimanere
nell'appartamento da cui è stato sfrattato da ormai due anni: «In questo caso
l'inquilino, un marocchino che vive con la moglie e i due figli in un Comune
dell'hinterland - spiega D'Andrea - ha ottenuto tre rinvii e non è escluso che
ne possa ottenere ancora. Il problema sta nel fatto che questo cittadino è
entrato in graduatoria per l'assegnazione di una casa popolare. Ma il Comune,
messo alle strette dal Patto di stabilità, in realtà non ha più potuto
costruire alloggi. Finché non troveranno un'abitazione ritenuta idonea
l'inquilino potrebbe continuare a rimanere nell'appartamento». A farne le spese
in questo caso è il titolare: «In pratica il proprietario dell'abitazione si
ritrova a doversi assumere un onere che in realtà non è del privato ma del
pubblico. Questo con gravi conseguenze per i titolari degli immobili: parliamo
di persone che hanno investito denaro o contratto mutui per acquistare un
appartamento e che in casi di questo tipo si trovano in difficoltà». Una
situazione che stando ai dati rilevati da Asppi sta diventano sempre più
preoccupante in quanto molto spesso lascia i proprietari senza possibilità di
scelta: «Nel caso in cui i proprietari debbano ancora finire di pagare le rate
del mutuo - conclude D'Andrea - succede che l'unica soluzione è quella di
vendere l'appartamento». De. Ci. 05/04/2009 nascosto-->
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Europa, timori per i
lavoratori Tremonti: tenerli in fabbrica --> Il ministro: «La Cgil? Prima
finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è» La questione sociale
preoccupa l'Ecofin: la tensione sale in molti Paesi Domenica 05 Aprile 2009
GENERALI, pagina 9 e-mail print PRAGA«Meglio tenere i lavoratori in fabbrica
che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia Giulio Tremonti
sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui
preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione
e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. Alla fine della riunione
dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue agli
Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, la Banca
centrale europea, Jean-Claude Trichet. Parola d'ordine: non licenziare Per il
commissario europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più
possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e
mantenerli al lavoro il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati
decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va
assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti
collettivi. Perché se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel
2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica
potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è
diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del
G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto
particolari passi in avanti. Del resto i numeri del crollo occupazionale
nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono sotto gli occhi di
tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il
che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in più. «Le tensioni sociali
stanno salendo in molte aree e in molti settori - ha ammonito Almunia - perché
la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono colpite». Le imprese
strangolate dalla stretta del credito, infatti, sono sempre più costrette a
prendere drastiche decisioni sul fronte occupazionale. «Preoccupato» si è detto
anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della
difesa e della creazione di posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati».
Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi
nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul fronte della crescita
e, dunque, dell'occupazione. L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in
Italia la Cgil è scesa in piazza contro la crisi.
«Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato
Tremonti dalla capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di
avanzare istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare,
ma anche nel mezzo». Poi si dice d'accordo sul fatto che sul fronte
occupazionale «è meglio prevenire che curare» e che è certamente «meglio tenere
i lavoratori in fabbrica piuttosto che mandarli via, e magari non tornano più».
Il ministro ribadisce quindi come il bilancio statale in Italia contiene «fondi
impressionanti che vengono fuori di volta in volta» e che possono essere
spostati a favore della spesa sociale. «Uscire dalla crisi?
Con Silvio» Per uscire dalla crisi, Tremonti comunque
«non ha dubbi» e giudica Berlusconi più affidabile del segretario del Pd, Dario
Franceschini. Parlando a margine dei lavori dell'Ecofin di Praga Tremonti si è
chiesto: «Chi vi dà più tranquillità per uscire dalla crisi?
Berlusconi o Franceschini? Io non ho dubbi e scelgo Berlusconi». Un altro tema
toccato dal ministro dell'Economia alla fine dei lavori dell'Ecofin è atato
quello del fisco. I dati sulle dichiarazioni fiscali 2007 pubblicati venerdì si
riferiscono «al 2006», quando c'era il governo Prodi, puntualizza Tremonti, che
contesta così l'allarme «di una parte dell'opposizione che sostiene che i dati
indicano un aumento dell'evasione fiscale». Quindi, sostiene ancora il
ministro, «parlare di evasione fiscale in questi termini è irresponsabile
perché è un incentivo all'evasione». «L'evasione fiscale - conclude il ministro
dell'Economia - è oggi da parte dell'opposizione l'evasione dalla realtà e
dalla verità». Ugo Caltagirone 05/04/2009 nascosto-->
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
La banca che va
bene? Quella dei poveri --> L'economista bengalese che ha fondato la Grameen
Bank: prestiamo soldi a persone ritenute insolvibili Recuperiamo il 98% dei
crediti, poggiamo sull'economia reale: dietro ogni dollaro si sono polli e
capre Domenica 05 Aprile 2009 GENERALI, pagina 13 e-mail print L'economista
bengalese Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», ha parlato a Milano, su
invito del presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, della crisi economica, a partire dal suo particolare osservatorio
della Grameen Bank, l'istituto di credito che fa piccoli prestiti a persone
indigenti e ritenute insolvibili dal sistema bancario tradizionale. Prima della
conferenza ha incontrato i giornalisti. Cosa pensa della crisi
in corso? «Quindici anni fa era già chiaro che qualcosa non funzionava.
Trentatré anni fa, in un villaggio del Bangladesh, tentai di convincere le
banche a finanziare gli artigiani e i contadini e rifiutarono, perché non li
ritenevano solvibili. I poveri si sono rivelati debitori più affidabili dei
ricchi. Oggi mi chiedono come fa a funzionare la Grameen Bank, visto che
abbiamo sfidato tutte le regole, abbiamo fatto esattamente l'opposto. Ha
funzionato perché io non sapevo niente di tecniche bancarie. Ho potuto pensare
con la testa fresca, senza sentire l'obbligo di seguire sentieri già tracciati.
Ho usato solo il buonsenso, una cosa che hanno tutti. Abbiamo creato una banca
perché le banche tradizionali non volevano aiutarci e ci siamo sempre sentiti
ripetere che non potevamo durare». Invece, con alti e bassi, l'idea del
microcredito si è affermata. Ma adesso la Grameen Bank non rischia di essere
travolta dalla situazione mondiale? «La Grameen punta sulle donne povere, sono
il 97% degli 8 milioni di clienti in Bangladesh, dove prestiamo un milione di
dollari al mese. Non abbiamo aiuti dal governo, tutto il denaro è movimentato
dalla gente. Il sistema di credito è molto localizzato, ognuna delle 2600
filiali si arrangia a muovere e recuperare il denaro nella sua zona. Non ci
sono depositi trasferiti dalla centrale. É così da quando l'abbiamo fondata.
Siamo molto vicini all'economia reale: dietro ogni dollaro ci sono polli,
cesti, frutta, capre... non c'è carta. Siamo molto terrra terra. L'impatto
della crisi per il momento non ci ha toccato». I
poveri sono più affidabili di Madoff? «Recuperiamo il 98,32% dei crediti, dal
1995 stiamo in piedi da soli senza donatori, depositi e risorse sono
sufficienti a coprire i prestiti. E il 65% dei clienti ha attraversato la
soglia della povertà». I suoi critici sostengono che il credito è solo una
delle molle economiche e che la microfinanza ha i suoi incerti. «È vero.
Accanto al microcredito facciamo altro: per esempio mandare i bambini a scuola
con prestiti appositi per pagare le rette. Abbiamo introdotto delle borse di
studio per i migliori e adesso abbiamo una generazione di medici, ingegneri,
avvocati e insegnanti che per se stessi e le loro famiglie possono rompere la
catena della povertà intergenerazionale. Sono le madri, quasi sempre
analfabete, e non per loro scelta, che appena hanno la possibilità spediscono i
figli a scuola e guai se non studiano. Tutto quello che abbiamo dovuto fare per
creare una generazione nuova è stato di aprire una banca e accompagnare i loro
sforzi». Che succede ai poveri in tempi di crisi? «Questa crisi
finanziaria è partita da un paese preciso, dove
molti stanno perdendo denaro o case, ma molti milioni di persone soffriranno e
più sono povere e più soffriranno, perché perderanno lavoro e cibo. Il sistema
economico funziona così, sei associato alle crisi più che ai vantaggi. E questa crisi
non è l'unica: nel 2008 sono partite anche quella alimentare, quella
energetica, quella ambientale e sono tutte connesse, non vanno affrontate in
modo separato. Eppure tutte le altre crisi sono
scomparse dai giornali, campeggia solo la crisi finanziaria.
Per un po' i prezzi scenderanno, ma poi? Se è il sistema che è responsabile
della povertà, allora bisogna cercare la risposta nel sistema che è fatto di
istituzioni, politiche, concetti». I ricchi sentono la crisi
delle banche, i poveri quella del lavoro? «Solo un terzo della popolazione
mondiale è servito dalle banche convenzionali, gli altri due terzi non
esistono. Così, ora che c'è la crisi e con i canali
finanziari in secca le banche cessano i servizi finanziari, i due terzi del
mondo non non ne risentono, perché si tratta di servizi dei quali comunque non
hanno mai potuto godere». Lei sostiene che la povertà dipende dal capitalismo?
«Sostengo che molti problemi del mondo, compresa la povertà, derivano da
un'interpretazione troppo ristretta del mercato e del profitto: che il mercato
si autoregoli, che il profitto sia l'unico obiettivo di un imprenditore, che la
ricerca di ricchezza per sé porti a meravigliosi risultati collettivi. Come se
gli uomini d'affari fossero isolati da ogni contesto, emozione, dimensione
esistenziale al di fuori del denaro da guadagnare. Ma non siamo uomini
unidimensionali». Sarà, ma quel che si vede in questi mesi è proprio tutto
legato al profitto individuale. «E infatti il sistema sta crollando. Perché non
possiamo pensare a due tipi di profitto, che portino a due tipi di affari, non
necessariamente in contrasto fra loro? Uno massimizzerà il profitto, l'altro
massimizzerà il profitto sociale. Se fai assistenza, il tuo denaro non torna
indietro. Se fai affari sociali, il tuo denaro torna indietro dopo che è
servito allo scopo. Non guadagnerai soldi, per quello serve l'economia del
primo tipo che massimizza il profitto. Ma non li perderai nemmeno e guadagnerai
in benessere collettivo. Che non è poco, perché più gente sta meglio, più
sicuro vivi anche tu, più il mondo è stabile. E il tuo denaro che ritorna
indietro può servire molte volte a creare affari sociali se tu vuoi. Gli
investitori in un affare sociale potranno avere indietro i loro soldi, ma non i
dividendi che saranno reinvestiti nel progetto». É quello che in Italia si
chiama Terzo Settore, privato sociale. Organizzazioni come le mutue, le banche
popolari di un secolo fa partirono su presupposti di questo tipo e
funzionarono. «Infatti, se non c'è perdita, un affare sociale funziona. Un
altro modo di fare business sociale è di creare un'impresa che fa profitto, ma
con un azionariato di poveri. La Grameen Bank ha clienti che sono anche
azionisti poveri. Oppure ci possono essere imprese, per esempio ospedali
privati, che fanno pagare tariffe diverse a poveri e ricchi dando le stesse
cure. O, ancora, là dove ci sono donatori, le donazioni si possono trasformare
in investimenti per creare un'impresa che realizzi l'opera, ma i cui azionisti
siano i poveri». Sembra troppo semplice. «Noi abbiamo creato due imprese di
questo tipo: uno yogurtificio in joint venture con la Danone che fabbrica
yougurt vitaminizzato per i bambini del Bangladesh che viene venduto a un
prezzo molto basso. E anche i contenitori non sono di plastica, ma di un amido
commestibile in modo che si usi tutto, come con il cono gelato. L'altra è una
clinica oftalmica che opera le cataratte e a prezzi differenziati, 10.000
interventi l'anno. La Danone è stato il primo grosso investitore sociale...
quando ho spiegato la cosa e han detto sì, pensavo non avessero capito bene e
ho ricominciato da capo a spiegare. Invece avevano capito, ci hanno creduto, ci
hanno aperto la strada per altre partnership. Un'altra azienda è la Grameen
Watercompany. In Bangladesh milioni di bambini bevono acqua all'arsenico, acqua
inquinata. Vendiamo un litro d'acqua per 4 penny, di solito una bottiglia costa
un euro. Non ci facciamo profitto, ma andiamo in pareggio. Quando si tratta di
aziende, qualcuno mi chiede se non mi sento usato. Può darsi, ma sono qui per
essere usato, se significa portare avanti il business sociale». Però ci vuole
il donatore. «L'investitore sociale. Potremmo avere una borsa che tratta solo
azioni di imprese sociali, costruita con tutti gli strumenti necessari: rating,
terminologia, misurazione degli impatti, manager esperti... che so, un Social
Wall Street Journal!». I poveri sanno gestire le cose complesse o hanno sempre
bisogno di un aiuto esterno? «La povertà non è creata dai poveri, ma dal
sistema, è artificiale, non naturale. Non si può biasimare la gente per la sua
situazione. Se prendi un albero e lo metti in in un vaso con poca terra, dove
non può sviluppare le proprie potenzialità, resterà un bonsai. I poveri sono
gente bonsai, il credito dà loro la possibilità di svilupparsi. Qualcuno
diventerà una quercia e qualcuno un arbusto. Ma questo capita a tutti no? La
società è ancora così meschina da negare opportunità al 60 % della popolazione
mondiale». L'uomo è egoista. «È questo il punto. Se si incorpora nella teoria
economica questo, che gli uomini non sono solo egoisti, cambia tutto. Il
concetto ristretto di affari nasce dal presupposto che gli uomini siano
egoisti. È vero, lo siamo perché questo ci difende, ci permette di vivere. Ma
negli uomini coesistono le due grandi forze dell'egoismo e dell'abnegazione e a
volte la seconda è perfino più forte della prima. In ogni caso ci sono entrambe
e quindi l'economia deve tener conto di entrambe queste spinte, non solo di
una». La tecnologia può aiutarci a uscire dalla crisi?
«La tecnologia e la creatività che abbiamo a disposizione possono risolvere
moltissimi dei nostri problemi. Se non avviene è perché queste due grandissime
risorse vengono indirizzate solo a fare denaro, non a "fare" benessere
e qualità della vita. È un concetto di guadagno più allargato. Per esempio,
nessuno al mondo dev'essere senza scarpe: abbiamo sfidato Adidas a progettare
una scarpa a un dollaro. A volte le cose non si inventano perché nessuno le
chiede. È stimolante anche per i progettisti. In Germania abbiamo avviato un
progetto contro la malaria, la Volkswagen sta progettando un mezzo di trasporto
economico con un motore che possa essere usato anche per pompare, o generare
elettricità...un motore multiuso. Occorre andare alla radice dei problemi e
avere uno sguardo diverso». Sta nascendo un progetto Grameen anche in Italia:
sarà una banca? «Non sarà una banca ma sarà una struttura indirizzata a creare
e sostenere lavoro autonomo, perché il lavoro dipendente è destinato a
diminuire». Le rimesse degli immigrati che nesso hanno con il social business
per creare sviluppo? «Nel mio libro dei sogni ho messo un mondo senza visti né
passaporti. Parliamo sempre del villaggio globale, ma quando si tratta di
visti, il villaggio ce lo dimentichiamo. Con meno separazione avremo meno
difficoltà. Possiamo usare le rimesse per creare imprese sociali per chi arriva
e deve sistemarsi, possiamo usarle per aiutare i paesi d'origine, le due cose
vanno fatte insieme. La gente disperata si muove comunque. Bisogna dare una
speranza per fermarla» Torniamo alla crisi: sarà dura
come dicono? «Sarà una crisi terribile, ma abbiamo
anche l'opportunità di guardare oltre e creare un sistema completamente
diverso, proprio perché siamo nell'occhio del ciclone. Questa opportunità viene
trascurata nel dibattito pubblico. Invece, si cambia proprio quando le cose
vanno male. A volte non è più possibile aggiustare l'auto vecchia, bisogna
comprarne una nuova... Questo è il nostro momento e la nostra opportunità,
altrimenti torneremo al vecchio sistema e ripeteremo gli stessi errori e avremo
gli stessi problemi ciclicamente. Se restiamo all'interno del sistema e del
ragionamento solito, le regole non serviranno. Meglio smontare tutto e
riutilizzare gli stessi elementi ma in un modo diverso, per avere un risultato
diverso. In economia è venuto il momento di cambiare macchina... dobbiamo
arrivare a un sistema finanziario inclusivo, anche i poveri e i mendicanti
devono aver accesso ai servizi. Il microcredito per esempio deve essere fatto
rientrare nel sistema finanziario. Un sistema economico dove crescono non i
rischi ma la sicurezza, non l'inquinamento ma il recupero dell'ambiente per noi
e i nostri figli. Oggi possiamo farlo, se usiamo le energie e le idee per questo
sforzo. Dobbiamo discutere tutti i giorni su quello che vogliamo riprogettare e
perché». Dopo la Grameen Bank ha un altro sogno? «Lasciare alla prossima
generazione un mondo più sicuro e più pulito, un mondo meno povero, il mio
sogno è che la povertà si vada a vedere nei musei, per capire cos'era». Susanna
Pesenti 05/04/2009 nascosto-->
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 Chiudi CLAUDIA GUASCOdal nostro inviato CERNOBBIO (Como) Il 2009 «ormai è
perso», la questione è «se e quando nel 2010 la situazione migliorerà». Jacob
Frenkel è un banchiere di vasta esperienza che di crisi ne ha viste tante, ma
anche lui di fronte a questo crollo ha bisogno di raccogliere le idee.
Presidente del G30, il gruppo di "supersaggi" dell'economia, è stato
ai vertici dell'Fmi e governatore della banca centrale d'Israele dal '91 al
2000. Da economista dice: «Il 50% delle sfide sta nell'identificare il problema
e nell'indirizzare le soluzioni». E da esperto dei mercati
aggiunge: «Poi bisogna vedere come viene attuata la fase operativa.
Personalmente ritengo che se le misure politiche e le decisioni assunte dal G20
verranno implementate, possa esistere una buona opportunità di un'inversione di
tendenza l'anno prossimo». Quali sono gli indicatori che ci possono confortare
su una possibile ripresa? «Le previsioni si basano sulla supposizione che le
riforme in tema di regolamentazione e di supervisione siano effettivamente
adottate, così come il pacchetto di stimoli già approvato. Un fattore
importante è che la crisi attuale è di fiducia. I mercati
sono diventati disfunzionali e il credito non è stato ampliato, in tutto il
mondo le banche centrali sono state impegnate nell'espansione della loro
politica monetaria mentre i governi si sono concentrati sull'espansione delle
politiche fiscali. Se da un lato queste azioni erano necessarie, dall'altro non
è stato abbastanza. Perché accanto a ciò sarebbe stato
indispensabile rafforzare i regolamenti e le attività di controllo sugli
istituti finanziari che
operano nei mercati dei
capitali». A questo proposito il G20 ha fissato paletti importanti. «Gli
interventi possono essere suddivisi in due tipologie. La prima riguarda la
trasparenza dei mercati finanziari, fondamentale per poter valutare concretamente i rischi.
C'è un consenso generale sul fatto che buona parte di questa crisi derivi proprio
dal fallimento della gestione dei rischi. La seconda tipologia è contabile,
ovvero bisogna fare in modo che i report finanziari
siano una fotografia della realtà, che la riflettano e non la distorcano. E
molto opportunamente nel rapporto del G20 è stato deciso di ridurre il livello
di prociclicalità in tema di standard contabili. Oggi quando le cose vanno male
vengono mostrate peggio di quello che sono, quando vanno bene si presentano
ancora meglio. Ecco, questa visione irrealistica è pericolosa e va impedita».
La crisi però è stata innescata anche dall'abuso della leva finanziaria.
«E' cosa certa che i mercati si siano resi troppo
vulnerabili, portando la leva finanziaria a livelli
irragionevoli. Ma non è possibile costruire un edificio di tanti piani su
fondamenta deboli, se si toglie un mattone la casa crolla. E ora siamo di
fronte a una crisi globale, che ha avuto sugli Usa un impatto più evidente
rispetto agli altri Paesi poiché in diverse occasioni le banche in Europa si
sono dimostrate più attente nell'esporsi a rischi eccessivi. Vero però che
quegli istituti che si sono avventurati nell'acquisto di prodotti esotici ne
hanno pagato le conseguenze a caro prezzo».
( da "Messaggero, Il (Metropolitana)"
del 05-04-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero,
Il (Ostia)) (Messaggero, Il)
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 Chiudi di ROMANO PRODI DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col
deludere le aspettative che essi stessi avevano creato. Non nel caso del
recente G20. La crisi economica che sta colpendo
davvero tutti ha spinto infatti verso una saggezza collettiva che da qualche
tempo non si vedeva. Questa volta la paura è stata una saggia consigliera. Non
che siamo di fronte a decisioni già completamente operative, ma è certo cominciato
un cammino nella giusta direzione. Cerchiamo ora di riassumere i passi di
questo cammino.Il primo passo è naturalmente l'impegno di operare con maggiore
rigore nel riattivare la crescita e nel creare posti di lavoro. Anche se le
cifre prospettate per questo obiettivo non trovano evidentemente ancora
riscontro nelle decisioni concrete dei governi, l'impegno nel favorire una
ripresa globale è chiaro e da tutti condiviso. Il secondo passo, già più
concreto e delineato in termini operativi, è quello dell'introduzione di nuovi
interventi per la regolamentazione dei mercati finanziari. È stato infatti
deciso di creare una struttura (chiamata Financial stability forum) con il
compito di estendere a livello mondiale la regolamentazione e la sorveglianza dei
mercati finanziari, a partire dagli strumenti che, con la loro incontrollata
espansione, sono stati alla base della presente crisi.
Vi sono due corollari di questa decisione che, messi in atto seriamente,
possono davvero rendere più difficili future crisi
mondiali. Il primo corollario è l'azione contro i paradisi fiscali, che sono
stati il combustibile che ha alimentato il fuoco della crisi
finanziaria. Il secondo è l'azione per superare
l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del
canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più
permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma
la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per
anni il funzionamento dei mercati e reso impossibile accordi sulla
trasparenza anche all'interno dell'Unione Europea. Una terza decisione riguarda
la comune volontà di tutti i Paesi del G20 di rinunciare alle misure
protezionistiche e di impegnarsi a chiudere al più presto i negoziati di Doha
sulle nuove regole del commercio internazionale. Anche questo può sembrare un
fatto tecnico ma è invece un contributo di importanza enorme per uscire dalla crisi in modo ordinato. Ed è ancora una volta da
sottolineare che questo è stato possibile perché intorno allo stesso tavolo
sedevano sia i grandi Paesi ricchi che le nuove potenze emergenti come Cina,
India e Brasile. Era stato infatti soprattutto il conflitto fra Paesi ricchi e
Paesi emergenti che aveva in passato bloccato questa trattativa. È inoltre di
importanza vitale l'impegnarsi (come è stato solennemente dichiarato) a non
ricorrere a svalutazioni competitive delle monete ma di agire in questo campo
in modo cooperativo e responsabile. Come osservavo in precedenza non si tratta
ancora di decisioni immediatamente esecutive ma dell'inizio di un processo di
riforme veramente globali. A cui si aggiunge (in questo caso con una decisione
già operativa) un ingente aumento di quattro volte delle risorse a disposizione
del fondo monetario internazionale per l'aiuto ai Paesi in difficoltà e per
ricostruire le condizioni di crescita nei Paesi emergenti. Ed è a questo
proposito da rilevare la grande importanza che il comunicato del G20 ha
riservato alla dimensione umana della crisi nei Paesi
più poveri e all'impegno prioritario e specifico nei confronti dell'Africa
Subsahariana. Speriamo che finalmente si faccia qualcosa nei tempi e nei modi
dovuti. Non è semplice a questo punto stabilire a chi attribuire il merito di
questi risultati migliori del previsto, perché essi non sono mai esclusivi di
nessuno. Un paio di risoluzioni in materia sono tuttavia necessarie. In primo
luogo Obama ha mostrato non solo una forte leadership personale ma una capacità
di dialogo che mancava all'amministrazione precedente. E questa leadership si è
puntualmente incontrata con una capacità di direzione e coordinamento insieme
tecnico e politico che porta da parte di un Gordon Brown, in cui le capacità
personali si fondono con una forte tensione etica. L'ultimo e forse più
importante aspetto da mettere in rilievo è che le decisioni (buone o cattive
che siano) possono essere prese solo da un organismo, come il G20, che
rappresenta davvero i vecchi e i nuovi protagonisti della politica mondiale.
Posso infatti testimoniare che già da parecchi anni nelle riunioni del G8
emergeva in modo sempre più chiaro la difficoltà di prendere decisioni senza
che attorno al tavolo sedessero la Cina, l'India e il Brasile. La riunione del
G20 è una conferma, fortunatamente in positivo, di questo inarrestabile cammino
della storia. Non resta che prenderne atto e trarne le dovute conseguenze.
( da "Messaggero, Il (Ancona)"
del 05-04-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero,
Il (Pesaro)) (Messaggero, Il (Civitavecchia)) (Messaggero, Il (Umbria))
(Messaggero, Il (Latina)) (Messaggero, Il (Abruzzo)) (Messaggero, Il
(Frosinone)) (Messaggero, Il (Viterbo)) (Messaggero, Il (Rieti))
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 Chiudi di ROMANO PRODI DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col
deludere le aspettative che essi stessi avevano creato. Non nel caso del recente
G20. La crisi economica che sta colpendo davvero tutti
ha spinto infatti verso una saggezza collettiva che da qualche tempo non si
vedeva. Questa volta la paura è stata una saggia consigliera. Non che siamo di
fronte a decisioni già completamente operative, ma è certo cominciato un
cammino nella giusta direzione. Cerchiamo ora di riassumere i passi di questo
cammino.Il primo passo è naturalmente l'impegno di operare con maggiore rigore
nel riattivare la crescita e nel creare posti di lavoro. Anche se le cifre
prospettate per questo obiettivo non trovano evidentemente ancora riscontro
nelle decisioni concrete dei governi, l'impegno nel favorire una ripresa
globale è chiaro e da tutti condiviso. Il secondo passo, già più concreto e
delineato in termini operativi, è quello dell'introduzione di nuovi interventi
per la regolamentazione dei mercati finanziari. È stato infatti deciso di
creare una struttura (chiamata Financial stability forum) con il compito di
estendere a livello mondiale la regolamentazione e la sorveglianza dei mercati
finanziari, a partire dagli strumenti che, con la loro incontrollata
espansione, sono stati alla base della presente crisi.
Vi sono due corollari di questa decisione che, messi in atto seriamente,
possono davvero rendere più difficili future crisi
mondiali. Il primo corollario è l'azione contro i paradisi fiscali, che sono
stati il combustibile che ha alimentato il fuoco della crisi
finanziaria. Il secondo è l'azione per superare
l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del
canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più
permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma
la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per anni
il funzionamento dei mercati e reso impossibile accordi sulla
trasparenza anche all'interno dell'Unione Europea. Una terza decisione riguarda
la comune volontà di tutti i Paesi del G20 di rinunciare alle misure
protezionistiche e di impegnarsi a chiudere al più presto i negoziati di Doha
sulle nuove regole del commercio internazionale. Anche questo può sembrare un
fatto tecnico ma è invece un contributo di importanza enorme per uscire dalla crisi in modo ordinato. Ed è ancora una volta da
sottolineare che questo è stato possibile perché intorno allo stesso tavolo
sedevano sia i grandi Paesi ricchi che le nuove potenze emergenti come Cina,
India e Brasile. Era stato infatti soprattutto il conflitto fra Paesi ricchi e
Paesi emergenti che aveva in passato bloccato questa trattativa. È inoltre di
importanza vitale l'impegnarsi (come è stato solennemente dichiarato) a non
ricorrere a svalutazioni competitive delle monete ma di agire in questo campo
in modo cooperativo e responsabile.
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 Chiudi dal nostro inviato CERNOBBIO - Intesa Sanpaolo e Unicredit fanno
irruzione sui mercati, candidandosi a diventare un player alternativo non solo
a Borsa spa, ormai di proprietà assoluta di Lse, la borsa inglese, ma anche a
Deutsche Bourse e Euronext. Tlx, la Società-Mercato, controllata al 50% da
Banca Imi, investment bank di Intesa e al 50% da Unicredit, che organizza e
gestisce mercati per la negoziazione telematica di strumenti finanziari, si
prepara a cambiare pelle. La settimana scorsa, secondo quanto ricostruito da Il
Messaggero a latere del Workshop Ambrosetti, i due soci bancari avrebbero
definito i nuovi patti parasociali per disciplinare il controllo congiunto,
propedeutici al nuovo modello di business tendente ad aprire le porte a tutti
gli intermediari, non solo a Intesa e Unicredit. Tlx non sarà quindi più una
società captive, ma vuole diventare un vero operatore di mercato. Quindi
concorrente diretto di Borsa italiana, di cui Intesa e Unicredit sono state tra
le banche principali azioniste all'epoca della privatizzazione nel '98. Ad
ottobre 2007 Piazza Affari si è integrata col London Stock exchange e
nell'operazione i principali soci italiani sono diventati azionisti della
holding con sede a Londra: Unicredit possiede il 5,57%, Intesa il 5,23%. Ma
ormai nella governance del nuovo polo europeo gli equilibri si sono spostati,
specie dopo il blitz di metà febbraio che ha portato alla nomina di Xavier
Rolet, un ex Lehman, alla carica di amministratore delegato, al posto di
Massimo Capuano che, in base all'agreement stipulato all'epoca delle nozze,
avrebbe dovuto sostituire Clara Fourse. Tutto questo fa da sponda a una svolta storica favorita comunque dalla normativa Mifid che due
anni fa ha rivoluzionato le piattaforme per la negoziazione degli strumenti
finanziari. In più questi operativi alternativi nascono - anche alla luce della
crisi finanziaria mondiale
- con la finalità di ridurre al massimo i costi del trading. Per cambiare pelle
Tlx si doterà di un nuovo modello di business ormai definito. E per
iniziare la nuova vita, è in attesa delle autorizzazioni della Consob, di
Bankitalia e dell'Antitrust europeo necessari in relazione al nuovo modello
organizzativo. r. dim.
( da "Messaggero, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Domenica 05 Aprile
2009 Chiudi ROSARIO DIMITOdal nostro inviato CERNOBBIO - Gli industriali
protestano perchè i rubinetti delle banche li lasciano a secco. I banchieri
ribattono: non è vero, sono aperti. Il governo per trovare una soluzione specie
alla luce della tempesta finanziaria, ha coniato i
Tremonti bond per foraggiare le imprese (e le famiglie bisognose) attraverso il
rafforzamento delle banche. Ma una indagine sui bilanci curata da Mediobanca e
Unioncamere spiega che lo spauracchio paventato dal mondo industriale è
marginale: solo lo 0,9% delle richieste di finanziamento non è stato esaudito o
gli istituti hanno messo al rientro (rimborso anticipato) il cliente. Dice
Alessandro Profumo: «Le banche svolgono una funzione sociale, non si possono
disperdere le risorse dei depositanti». Non solo. Ma se nel 1993 la Borsa
immetteva circa 3 miliardi di euro da destinare alle imprese quotate, col tempo
la tendenza si è invertita e nel 2008, la Borsa ha drenato 27 miliardi dalle
imprese quotate. Numeri che fanno discutere perchè ribaltano convincimenti
consolidati. Questa indagine ha dominato la seconda e
ultima giornata del workshop Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari. Presentata da
Massimo Mucchetti, dimostra che, secondo l'elaborazione dei bilanci redatta da
Piazzetta Cuccia e dall'organizzazione delle Camere di commercio, la verità,
quindi, è un'altra. Partiamo dal circuito vizioso imprese-credito-banche
intitolato "Le difficoltà di accesso al credito", secondo un
censimento aggiornato agli ultimi sei mesi. Che tiene conto quindi dell'acuirsi
della crisi e dei suoi effetti. Dalle cifre riportate, però, i problemi
riguardano solo meno del 30%. Infatti il 17,1% "non ha mai richiesto
credito". Il 53,1% "non ha incontrato difficoltà nell'accesso al credito
negli ultimi 6 mesi". Il 29,8% "ha incontrato difficoltà nell'accesso
al credito bancario", sempre nel semestre più recente. E le maggiori
difficoltà emerse sono per imprese con ordinativi esteri
( da "Resto del Carlino, Il (Modena)"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
SASSUOLO pag. 17
Powergres cambia assetto e diventa holding ECONOMIA LA CAPOGRUPPO CONTROLLERA'
ANCHE LE AFFILIATE ALL'ESTERO LA SASSOLESE Powergres s.r.l. si riorganizza per
affrontare , nel corso del quinto esercizio dalla nascita, il consolidamento e l'espansione
delle proprie attività. A partire da aprile, la Powergres s.r.l. diventa una
holding, avendo conferito tutte le sue attività commerciali, logistiche e
operative in genere ad una società appena costituita , della quale detiene
l'intero capitale sociale. LA DENOMINAZIONE della nuova società è Powergres
S.p.A. capitalizzata con 4,3 milioni di euro. Forte della valorizzazione della
sua controllata S.p.A. e alleggerita della gestione delle attività operative ,
la Holding Powergres s.r.l. può ora rivolgere le sue attenzioni a gestire il
suo gruppo, che allo stato è composto dalle stessa Powergres S.p.A. partecipata
interamente ma anche dalla Powergres Boemia e da Caracalla Italian Wellness
s.r.l., anch'esse partecipate al 100%, e dalla iLUXE s.r.l. di cui detiene una
quota rilevante. Le nuove sfide, spiega l'amministratore unico Donato Mancini
(nella foto) riguardano soprattutto l'espansione verso i mercati asiatici e
magrebini. Ma soprattutto una serie di accordi industriali
e commerciali tesi a rafforzare la natura di organizzazione reticolare alla
base della visione imprenditoriale della Powergres. La crisi finanziaria ma principalmente
strutturale del settore offre nuove ed interessanti opportunità se interpretate
dalle aziende che vedono nella globalizzazione la loro sfida. Image:
20090405/foto/7079.jpg
( da "Corriere della Sera"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 05/04/2009 - pag: 6 Tremonti: allarme occupazione,
licenziare non aiuta la ripresa Almunia e Trichet: l'Europa protegge i
lavoratori Il ministro: le misure prese per i più vulnerabili per ora bastano e
non sfondano il deficit pubblico DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PRAGA L'aumento
delle tensioni sociali in molti Stati, generate dalla
disoccupazione provocata dalla crisi finanziaria, preoccupa l'Unione europea e convince a lanciare messaggi per
rassicurare i cittadini a rischio di restare senza lavoro. Al Consiglio
informale Ecofin a Praga dei ministri finanziari dei 27 Paesi membri, a cui
hanno partecipato i governatori delle banche centrali, il commissario Ue per
gli Affari economici, lo spagnolo Joaquin Almunia, e il responsabile
dell'Economia Giulio Tremonti hanno esortato a non affrontare la congiuntura
economica negativa tagliando posti di lavoro. Anche il presidente della Banca
centrale europea, il francese Jean-Claude Trichet, ha espresso «preoccupazione
» per la disoccupazione in aumento. «Dobbiamo proteggere i lavoratori delle
aziende colpite dalla crisi mantenendoli nei posti di
lavoro il più a lungo possibile», ha dichiarato Almunia. Tremonti ha escluso
che i licenziamenti e i prepensionamenti possano essere la soluzione alla crisi. «Prevenire è meglio che curare ha detto il ministro
dell'Economia . Conservare i lavoratori nelle fabbriche è meglio che mandarli
via, e magari non tornano più». Trichet ha sottolineato che la sua Bce
favorisce la stabilità dei prezzi proprio perché «essenziale per garantire
crescita e la creazione di posti di lavoro». Tremonti ha commentato la
manifestazione di protesta del sindacato Cgil in Italia, invitando al dialogo.
«Prima finisce la protesta e inizia la proposta meglio è», ha affermato il
ministro aggiungendo che «è interesse della nostra politica conservare la
coesione sociale e la tenuta del nostro sistema sociale con mezzi e metodi da
vedere». Questi mezzi devono «aiutare chi ne ha bisogno », ma per il ministro
non possono essere «una cambiale in bianco o un assegno scoperto che poi pagano
i contribuenti ». Tremonti ha difeso gli interventi attuati rispettando i
vincoli di spesa: «Nel bilancio pubblico abbiamo fatto la scelta di spostare
una parte molto grossa di soldi verso una causale sociale, che non provoca
sfondamenti del deficit e per ora è sufficiente». Almunia ha confermato che si
stanno «affrontando le conseguenze sociali della crisi»
e che in maggio la presidenza ceca di turno dell'Ue ha programmato un vertice
sull'occupazione. «Le tensioni sociali stanno salendo in alcune aree e in
alcuni settori perché la disoccupazione sta crescendo e i cittadini chiedono
risposte, hanno paura», ha detto il commissario spagnolo. A Bruxelles hanno
ipotizzato la perdita di sei milioni di posti di lavoro nell'Ue entro il 2010.
Tremonti ha provocatoriamente domandato se «nel pieno della crisi
volete essere governati da Berlusconi o da Franceschini? Io non ho dubbi ». Ha
anche replicato alle critiche dell'opposizione agli ultimi dati sull'evasione
fiscale smentendo un aumento del fenomeno perché «sono dati del 2006, quando
c'era il governo Prodi, il quale sosteneva di aver prima intercettato, poi
bloccato e infine iniziato a ridurre l'evasione fiscale». Ivo Caizzi
( da "Corriere della Sera"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Focus Vuota data: 05/04/2009 - pag: 10 Globalizzazione Per otto anni
il volume del traffico è cresciuto al ritmo medio del 10 per cento. Oggi le
navi arrivano semivuote Tariffe Il cargo che soltanto dieci mesi fa arrivava ad
incassare 230 mila dollari al giorno ora non riesce a superare i 2.400 La crisi
ha rimpicciolito il container Calo record (meno 20 per cento) ad Amburgo il
primo porto per il commercio con i Paesi asiatici DAL NOSTRO INVIATO AMBURGO
Come in tutti i porti del mondo, ad Amburgo i pensionati guardano le navi. I
nomi, le operazioni di carico e scarico, la provenienza, la destinazione, le
merci che trasportano, il tonnellaggio, il colore dei container e le loro
scritte esotiche. Diventano esperti. Oggi, sono anche termometri della crisi.
«Noto con dispiacere che le navi-container sull'Elba sono cariche solo per un
terzo ha calcolato Erdmute Wedgmann, 70 anni, pensionata . Per me è una novità
e per Amburgo è un male». Fotografia perfetta della recessione: il commercio
mondiale è crollato e il cancello principale di ingresso delle merci asiatiche
in Europa soffre, lo si vede a occhio nudo. «L'anno scorso le cose sono andate
bene dice Claudia Roller, la presidente di Hafen Hamburg Marketing,
l'organizzazione che segue lo sviluppo del porto principale della Germania . Le
importazioni verso l'Europa transitate da qui sono calate dello 0,5% ma le
esportazioni sono salite dello 0,7. Certo, quest'anno registra una caduta». A
differenza dei pensionati, Frau Roller non dà cifre, tende a mettere la faccia
positiva davanti alla crisi. Per un porto che è uno dei grandi successi della
globalizzazione dei commerci e i cui volumi di traffico negli otto anni
precedenti al 2008 erano sempre cresciuti di oltre il 10%, il 2009 è però una
svolta. Comunque la si guardi, una svolta che preoccupa. Il 46% dei container
pieni di merci che dalle fabbriche cinesi di Shanghai e del Guandong entrano in
Europa passa da qui. «Abbiamo registrato un grosso calo dei volumi dalla Cina
ammette la signora Roller . La tendenza era già visibile nel marzo 2008, ma è
diventata consistente a fine anno e in questi primi mesi del 2009. Più o meno
la calcolerei attorno al 20%». I consumatori del Vecchio Continente comprano
meno giocattoli, meno magliette, meno sedie, meno borse prodotte in Cina e
nell'Asia emergente, quelle merci che negli anni scorsi sono arrivate in
quantità sempre maggiori dai porti di Singapore, di Hong Kong e del Sudest
asiatico. Claudia Roller mostra nervi saldi. «No, questa crisi non è la fine
della globalizzazione giura . È che ci prendiamo un attimo di respiro». Dopo
anni di crescita a due cifre dei volumi delle merci, in effetti il porto di
Amburgo era arrivato a una situazione di stress preoccupante. «La sottocapacità
era un fatto strutturale, non riuscivamo a tenere dietro alla crescita
dell'attività delle compagnie marittime che operano nel porto spiega la
presidente . Ora, siamo in una situazione di sovracapacità». All'improvviso, ci
sono cioè dei pezzi di porto non utilizzati, manodopera in eccesso, navi che
arrivano o partono mezze vuote. Il porto di Amburgo andrà avanti nel progetto
di abbassare di un metro il fondale, per consentire a navi-cargo sempre più
grandi di entrare nel fiume Elba, ma i piani di espansione per costruire altri
terminali sono stati rallentati di tre, quattro, cinque anni. «L'Autorità
portuale condurrà una revisione delle necessità di crescita dice Frau Roller .
Ci muoveremo a seconda di come crescerà il commercio internazionale». Non
lontano, il porto di Bremenhaven importantissimo per l'esportazione e
l'importazione di automobili perché incorpora un centro di assemblaggio e
rifinitura dei veicoli ha già annunciato qualche migliaio di licenziamenti.
Nella Città libera e anseatica di Amburgo, gloria storica dello spirito
commerciale del Nord della Germania, si accorciano i tempi di lavoro, qualche
linea di navigazione commerciale taglia un po' di posti, ma licenziamenti di
massa non ci sono per ora stati. Il ridimensionamento dei simboli della
globalizzazione, però, è in pieno corso. Per esempio, le meganavi per il
trasporto di container sembrano di colpo dinosauri senza futuro. «Per il mondo
dello shipping quel gigantismo era una follia conviene Frau Roller . È una
lezione che molti impareranno: troppe grandi navi in pochissimo tempo, ora ci
sono linee che rinegoziano i contratti di costruzione in corso, altre che
cercano di bloccare i cantieri, altre che cancellano le opzioni di acquisto».
Sarà insomma un mondo di scambi ridimensionato: i pensionati sulle rive
dell'Elba lo hanno capito. La Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio,
prevede che nel 2009 gli scambi mondiali crolleranno del nove per cento. È la
contrazione maggiore dai tempi della Grande Depressione per quello che, dal
dopoguerra a oggi, è stato il grande motore della crescita e della creazione di
ricchezza, il commercio internazionale. Oltre alla caduta dei consumi e della
domanda, il mondo è anche di fronte a un'onda silenziosa di
protezionismo e di
nazionalismo economico. A parte i ben conosciuti casi di Buy American contenuto
nel pacchetto di stimolo varato dal Congresso degli Stati Uniti e di aiuti di
La dirigente «Nel Vecchio Continente arrivano sempre meno prodotti dalla Cina e
dall'Asia emergente»
( da "Corriere della Sera"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Cronache data: 05/04/2009 - pag: 19 Indagini Secondo le autorità
l'omicida non sopportava di aver perso il posto «Nostra la strage negli Usa» Ma
l'Fbi non crede ai talebani L'annuncio di Mehsud. La polizia: «Il killer era
depresso» WASHINGTON Ha fatto irruzione nella sede dell'American civic
association di Binghamton come un terrorista, con due pistole in pugno, il
giubbotto antiproiettile addosso, e ha aperto il fuoco all'impazzata, senza
pronunciare parola. Ma Jiverly Wong, il vietnamita naturalizzato americano che
ha assassinato 13 persone nel centro d'accoglienza immigrati della pacifica
cittadina dello Stato di New York, e si è poi suicidato, non era collegato ai
tabebani, come invece rivendicato da un loro leader in Pakistan, Baitullah
Mehsud. «Era un folle e un codardo ha dichiarato il capo della polizia Joseph
Zikusky :aveva preparato la strage, ma quando ha sentito le sirene, si è tolto
la vita. Smentisco che sia stato terrorismo». Che cosa abbia spinto all'eccidio
Wong, 41 anni, da
( da "Trentino" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Salviamo le case
storiche di Piedicastello In questi giorni tutti hanno assistito alla denuncia
dei disagi, fatta da una donna anziana residente nelle case di Piedicastello
gia di proprietà dell'Italcementi e ora della Federazione delle Cooperative e
in procinto di essere acquistate dalla Provincia Autonoma di Trento. Assieme
alla denuncia l'anziana donna ha avanzato la richiesta, sacrosanta, di sperare
di restare nel quartiere dove rimangono vivi i ricordi di una vita vissuta.
Sono solidale con la richiesta fatta e credo che sia il modo migliore e giusto
per parlare di riqualificazione del quartiere a Piedicastello, mantenendo sul
luogo le persone che hanno fatto parte di quella storia. Questa è la situazione
e l'aspettativa di altrettante famiglie che risiedono nelle 3 case ex
Italcementi rimaste e che non conoscono ancora il loro futuro. Si tratta
complessivamente di 11 famiglie residenti nelle case in Lung'Adige San Nicolò
n. 4 e in Via Papiria n. 25, formate da persone anziane, giovani, operai o
vedove di operai che hanno lavorato nello stabilimento Italcementi. L'incertezza
del futuro, accanto ai disagi di convivenza a stretto contatto con i ruderi
dello stabilimento in stato degrado, producono nelle famiglie grandi disagi e
richiedono una maggiore attenzione non soltanto sotto l'aspetto della vigilanza
pubblica. La bonifica di parte dello stabilimento da materiali altamente
pericolosi come l'amianto, partita in questi giorni è certamente un passo
positivo ma non sufficiente ad assicurare le persone residenti. I tempi di
attesa per la definizione dei passaggi di proprietà delle aree, lo studio, la
progettazione e la realizzazione di opere definitive, non saranno certamente
brevi e ciò produce angoscia tra le persone. Qualunque sia il futuro di quella
zona e le scelte che saranno fatte, non si potrà, a mio parere, non tenere in
considerazione sin da subito e con priorità, il rapporto che le parti
proprietarie delle aree dovranno tenere direttamente con le persone che abitano
nelle case garantendo loro un'informazione costante sull'evolversi dei lavori,
senza venirne a conoscenza attraverso gli organi d'informazione; la
manutenzione degli appartamenti abitati e impegnandosi a fare sì che nella
nuova progettazione ci siano anche alloggi e garantita la possibilità di
rimanere nel quartiere alle famiglie. Luciano Martinello PIEDICASTELLO Le case
di Via Papiria e San Nicolò adiacenti all'Italcementi sono le prime case
"popolari" del Trentino, le antenate dell'Itea, uno dei vanti sociali
dell'autonomia. Vennero costruite - come ricorda Aldo Gorfer nel suo
libro-guida "Trento città del Concilio" fra il 1897 e il 1901 dalla
Società di Mutuo Soccorso Artieri, per dare alloggio gli operai e alle famiglie
lavoratrici delle fabbriche che numerose sorgevano a Piedicastello. Prima
dell'Italcementi erano infatti in funzione due fabbriche di chiodi, una
fonderia di campane (la Colbacchini, dove venne fusa "MariaDolens",
la campana dei caduti di Rovereto) una scuola di ricamo ed uno stabilimento
vinicolo, il famoso "Eller e Mosna". Non mancava una fabbrica di
birra, la Frizzi. Era un sobborgo laborioso Piedicastello, e quelle case,
modeste, ma dignitose, tutte con il loro piccolo giardino ed orto, costituirono
un grande esempio urbano di solidarietà comunitaria, tanto
più preziosa oggi che la crisi finanziaria globale ha mostrato i deleteri effetti della speculazione
immobiliare, trasformatasi in rapina sistematica del territorio. Oggi quelle
case costituiscono una testimonianza di civiltà e di memoria, posto che la
solidarietà cooperativa è il fondamento dell'identità autonomistica trentina.
Le case sono tuttora molto più civili e vivibili di tanti alveari condominiali.
Qualsiasi sia il futuro di Piedicastello (e davvero la città si augura che non
vi finiscano relegati, in una sorta di ghetto estraneo, gli istituti
scolastici, le scuole devono mescolarsi alle attività urbane, ai negozi, al
lavoro, alle residenze, non formare una cittadella chiusa) quelle case devono
rimanere come testimonianza di un periodo forte del riscatto sociale e anche
urbanistico trentino. Cancellarle o "razionalizzarle", ripetendo le
demolizioni operate a Bolzano alle Semirurali, sarebbe imperdonabile.
Piedicastello è il nucleo originario della città di Trento. L'auspicio è che le
nuove soluzioni di traffico gli restituiscano l'antica vivibilità, dopo il
colpo mortale inferto al tessuto umano del sobborgo dall'evacuazione forzata
del 4 novembre 1963, quando 122 famiglie per 244 persone furono costrette ad
abbandonare le loro case per una ventilata minaccia di caduta massi dal Doss
Trento. L'ordinanza comunale fu revocata nel 1965, dopo le opere di risanamento
delle pareti rocciose, ma da quell'esodo Piedicastello si sta riprendendo
appena ora, dopo quasi mezzo secolo. Piedicastello non può sopportare un altro
esodo.
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Economia Pagina 215
Vertice a Praga dei ministri finanziari Ue per trovare soluzioni all'emorragia
di buste paga in Europa Ecofin, più tutele per i lavoratori Vertice a Praga dei
ministri finanziari Ue per trovare soluzioni all'emorragia di buste paga in
Europa Tremonti: è meglio tenere le persone in fabbrica --> Tremonti: è
meglio tenere le persone in fabbrica «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica
che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti,
sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui
preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione
e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. ECOFIN Alla fine della
riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue
agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce,
Jean-Claude Trichet. Per il commissario europeo la parola d'ordine deve essere
una sola: «Proteggere il più possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro il più a lungo possibile».
Spetta ai singoli Stati decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in
corso in Europa va assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare
dei licenziamenti collettivi. Perché se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e
consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica
potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è
diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del
G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto
particolari passi in avanti. LA DISOCCUPAZIONE Del resto i numeri del
crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono
sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10%
alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in
più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in molti settori», ha
ammonito Almunia, «perché la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono
colpite». Le imprese strangolate dalla stretta del credito, infatti, sono sempre
più costrette a prendere drastiche decisioni sul fronte occupazionale. BCE
«Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando
come sul fronte della difesa e la creazione di posti di lavoro «tutto è in mano
ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la
stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul
fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione. TREMONTI L'appello
dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in piazza contro
la crisi. «Prima finisce la protesta e inizia la
proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della Repubblica
Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano giuste non
solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Poi si dice
d'accordo sul fatto che sul fronte occupazionale «è meglio prevenire che
curare» e che è certamente «meglio tenere i lavoratori in fabbrica piuttosto
che mandarli via, e magari non tornano più». Il ministro ribadisce quindi come
il bilancio statale in Italia contiene «fondi impressionanti che vengono fuori
di volta in volta» e che possono essere spostati a favore della spesa sociale.
( da "Corriere della Sera"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Libri data: 05/04/2009 - pag: 33 IL PUNTO DELLA SETTIMANA Camilleri
vola in vetta Ostellino guida i saggi U n guardiano di capre in vetta alla Top
Ten: è Giurlà, protagonista delle «metamorfosi» di Camilleri. Dietro, exploit
di Gomorra che ritorna tra i migliori dieci e si piazza secondo, facendo
scivolare di un posto Vargas e Smith; in salita, invece, Giordano e l'ultimo
Larsson. Negli Stranieri, stabile la cinquina di testa, rientra Grossman,
salgono Simenon, Meyer e Barbery, che festeggia ottanta settimane in
classifica; l'unica nuova entrata è il fantasy di Trudi Canavan. Nessuna
novità, invece, negli Italiani dove guadagnano posizioni Mazzantini e Scurati e
si rivedono Niffoi e Calvetti. Più vivace la situazione nei Saggi: sale in
vetta Lo stato canaglia di Ostellino e La santa casta di Rendina è da podio. Tra le novità: il ritorno della letteratura vista da Claudio
Magris, la società secondo Aldo Schiavone e la crisi
finanziaria spiegata da Beda Romano e Tommaso Padoa-
Schioppa. Nella Varia, Legrottaglie racconta la fede ritrovata e lo chef Ferran
Adrià dà lezioni di cucina. (s. col.)
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Commenti Pagina 348
La dimensione umana della crisi mondiale al centro del
G8 romano --> Il G8 sociale allargato si è tenuto a Roma dal 29 al 31 marzo
scorsi a livello ministeriale, sotto presidenza italiana. I Paesi partecipanti
erano: del G8, Usa, Canada, Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna, Giappone,
Russia; dei Paesi emergenti, Cina, India, Brasile, Messico, Sud-Africa, Egitto.
Di fatto, un G14, con l'attiva partecipazione della Commissione europea,
dell'Ufficio internazionale del Lavoro, FMI (Fondo monetario internazionale) e
Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Il tema in
discussione era il lavoro e specificatamente la sua dimensione sociale nella crisi globale. Da qui lo slogan: "Le persone prima di
tutto"-"people first". L'esercizio del G8 allargato è prassi
consolidata da due anni, G8 in Germania nel 2007 e G8 in Giappone nel 2008. E
ciò perché di fronte agli squilibri mondiali e alla crisi
globale, i Paesi industrializzati debbono fare i conti con l'aumento della povertà
nel mondo e col mutare dei rapporti di forza, principalmente con i Paesi
emergenti. Nei precedenti G8 allargati (Germania, Giappone), ci si era
focalizzati sui cambiamenti climatici/surriscaldamento globale e povertà nel
mondo. Benché si fecero progressi, in entrambi, nell'analisi obiettiva delle
ricadute del non rispetto delle regole e di quelle sulla povertà (non ratifica
del protocollo di Kyoto da parte degli Usa e impegni vuoti per combattere la
povertà nel mondo, in primis in Africa), le critiche dei capi di Stato e di
governo dei Paesi emergenti sui capi omologhi degli industrializzati furono
molto severe per mancanza di concrete operatività da parte dei Paesi ricchi.
Nel G8 sociale allargato di Roma, l'incremento della disoccupazione presente e
prevista per il 2010 (cinquantamilioni di senza lavoro in più nel mondo) è
stato motivo di seria preoccupazione perché tocca non solo i Paesi emergenti ma
anche quelli industrializzati (ventimilioni di disoccupati in più nel 2010,
secondo le previsioni attualizzate dell'Ocse). È perciò necessario valorizzare
la componente lavoro nella crisi con un programma di
"disoccupazione tutelata" (piano Obama) e/o assicurare ammortizzatori
sociali per coloro che perdono il posto di lavoro, precari compresi, come praticati
in Europa (Germania, Francia, Svezia). L'obiettivo è la difesa della
"coesione sociale", la cui tenuta è messa a rischio dai recenti moti
di rabbia del ceto medio soprattutto nei Paesi industrializzati contro manager
spregiudicati (Usa), con l'aggravante di segnali di sequestri di manager in
Europa (Francia) da parte delle maestranze delle stesse imprese. Si tratta di
brutti segnali che, se ripetuti su larga scala, rischiano di rompere la
"coesione sociale". Le misure emerse nel G8 sociale allargato di Roma
dovranno essere tradotte in decisioni operative dai capi di Stato e di governo
al G8 allargato (G14, G16) di La Maddalena a luglio. Oltre alla tematica
lavoro, sarà trattata quella sui cambiamenti climatici/surriscaldamento globale
(su esplicita richiesta del presidente Obama), con lo slogan "Climate
& people first" ("Il clima e le persone prima di tutto").
Superando le incertezze della vigilia, il summit del G20 a Londra di giovedì
scorso si è concluso con successo, grazie al quale i capi di Stato e di governo
più potenti della Terra si sono meritati un sospiro di sollievo. Perché le
incertezze provenivano, in larga misura, dalla posizione intransigente del
binomio Merkel/Sarkozy (asse renano) versus il binomio
Obama/Brown su: ripartizione del costo della crisi
finanziaria iniziale, rafforzamento del FMI chiamato
a gestire un trilione di dollari, lista nera e grigia dei 70 paradisi fiscali,
riciclaggio dei titoli tossici, governance degli "hedge funds", super
bonus ai manager disonesti (piano Draghi). Trattasi del primo successo
storico di un G20 dal suo primo lancio dieci anni fa, reso possibile dalla
flessibilità pragmatica del nuovo presidente Barack Obama e dal ruolo attivo ma
discreto del premier cinese Hu Jintao (asse G2, Cina/Usa). Il premier Gordon
Brown ha ottenuto una vittoria di riconoscenza perché presiederà, ancora
quest'anno, un altro summit G20. Il successo di questo gruppo significa,
infine, che il prossimo G8 in luglio a La Maddalena sarà l'ultimo, perché
superato obiettivamente dallo stesso G20. Il premier Silvio Berlusconi, che
assume la presidenza di quest'ultimo G8 allargato per trattare tematiche
cruciali quali la lotta alla povertà nel mondo (Africa), la difesa e protezione
del lavoro, la difesa dell'ambiente per uno sviluppo sostenibile, "le
persone e il clima prima di tutto", ha in mano un mandato internazionale
di un'avvincente sfida per il successo del prossimo vertice in Sardegna.
ANTONIO MARONGIU (marongiuantonio@tiscali.it)
( da "Giornale.it, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ammettiamolo: questo
viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama.
La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga
accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika.
Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi
rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre,
batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal
carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante
popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere
ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né
irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di
strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia
di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale.
L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss,
quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con
l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al
mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti
quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi,
quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un
grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a
varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un
impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove
truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle
elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato
pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per
la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie
tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di
sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta
debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a
provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli
Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben
sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un
capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader
che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto
ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che
tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un
periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di
superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande
Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo,
germania, francia Commenti ( 2 ) » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di
Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a
un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha
parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader
hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così:
tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare
i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si
accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento
dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per
il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le
agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il
dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i
bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che
altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà
autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le
fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici",
ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a
procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano.
L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale)
rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e
l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da
quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina,
India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto
nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare
una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato
insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a
rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma
strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri
gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava
le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e
siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a
iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo,
nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma ,
cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che
il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi
mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati,
infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto
controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare
l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania,
globalizzazione, europa, francia Commenti ( 40 ) » (4 voti, il voto medio è:
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che
tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia
di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche,
accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un
morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi
frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un
altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama
dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena
del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con
Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un
paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono
due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente
minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego
perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager
Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora
isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor
trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di
minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare
che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano
assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi
d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il
megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella
italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana
come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e
non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione,
era obama, spin, crisi, comunicazione, società,
europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione,
giornalismo Commenti ( 41 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E
l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e
domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo
vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con
pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a
una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali,
nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo
strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione:
questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda
il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale,
l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio
economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due
mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle
industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di
dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama,
con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione
europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata
da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca
hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più
importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata
manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco,
esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia
da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti
pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui
economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo
l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà
inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a
poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe
al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da
indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così
debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a
Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio
di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo
non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi
si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a
un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania,
democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 50 ) » (5 voti, il voto medio
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il
Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile
prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da
oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i
partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi
meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista
(ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra,
dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della
finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi
esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito
perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare
una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come
già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi
pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An,
che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo
partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica,
programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere
un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e
sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel
medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica,
condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico,
democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un
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RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce
la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia
e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa
affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la
sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato
questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati
(finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I
mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre".
La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste
considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene,
forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso
che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere
intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati
finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e
offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
( da "Virgilio Notizie"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 5 apr. (Apcom)
- E' l'ex primo ministro Tony Blair il "conferenziere" più pagato al
mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi 400mila
sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno nell'Università
di Manila. Lo riferisce il Sunday Times spiegando che da quando ha lasciato
Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha guadagnato circa 15 milioni di
sterline. Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli
stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: "La politica è molto
importante, ma molto cose che accadono non sono un granché" oppure
"la religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il
male". Mentre molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella
di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice
presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i
cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un
intervento di un'ora. Oltre ai compensi per la sua attività di oratore,
Blair guadagna circa 2 milioni di sterline l'anno come consulente alla banca di
investimenti, JP Morgan Chase, e circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto
per il Zurich Financial Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni
di sterline per le sue memorie.
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 53 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso
il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera;
meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta,
ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così
faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello
Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve
smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà
di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia
tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun
organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo
di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici
europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo
della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi
istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia,
crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio
primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama
nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che
ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda
le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla
rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad
altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è
descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino
americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio
eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste.
Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco,
scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al
mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma,
Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi
finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure
Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese
sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a
pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare
la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito
dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff
dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5%
come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati
del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo
sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte
perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi
internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla
politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere
dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200
organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia
contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati»,
«retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per
l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli
immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una
popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una
disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente
politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure
restrittive: oltre all'aumento da
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi/ Gb, ministro
Darling: mea culpa su previsioni recessione di Apcom Il cancelliere vedrà al
ribasso le stime di crescita -->Roma, 5 apr. (Apcom) - Il Cancelliere allo
Scacchiere Alistair Darling ha ammesso oggi di aver sbagliato le sue previsioni
sulla recessione in atto nel Regno Unito. "La crisi
è peggio di quanto avessi immaginato" ha ammesso il ministro, in
un'intervista al Sunday Times. Il cancelliere -riferisce il domenicale -
rivedrà dunque al ribasso le stime di crescita nel budget che presenterà il
prossimo 22 aprile: l'economia è infatti rallentata del 3 per cento e il
declino economico è ben tre volte peggiore di quanto pronosticato nel suo
pre-budget report dello scorso novembre. In base a tali previsioni il debito
pubblico per il prossimo anno fiscale per il Regno Unito sarà ben superiore a
quanto previsto da Darling sei mesi fa (118 miliardi di sterline) e secondo gli
economisti supererà il tetto dei 150 miliardi di dollari. I
commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi mostrano una
piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3 punti
percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro Gordon
Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi
finanziaria.
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Gb/ Tony Blair
"oratore" guadagna seimila sterline al minuto di Apcom Malgrado la crisi la sua parcella non è diminuita -->Roma, 5 apr.
(Apcom) - E' l'ex primo ministro Tony Blair il "conferenziere" più
pagato al mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi
400mila sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno
nell'Università di Manila. Lo riferisce il Sunday Times spiegando che da quando
ha lasciato Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha guadagnato circa 15 milioni
di sterline. Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli
stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: "La politica è molto
importante, ma molto cose che accadono non sono un granché" oppure
"la religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il
male". Mentre molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella
di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente
Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti
climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di
un'ora. Oltre ai compensi per la sua attività di oratore, Blair guadagna
circa 2 milioni di sterline l'anno come consulente alla banca di investimenti,
JP Morgan Chase, e circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto per il
Zurich Financial Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni di
sterline per le sue memorie.
( da "Avvenire" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
POLITICA 05-04-
( da "Avvenire" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA 05-04-2009
Nerviano, per salvare il centro anticancro in campo le istituzioni Domani
convocato il tavolo di confronto sulla crisi Si devono
trovare al più presto i 30 milioni necessari DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI D omani
potrebbe essere la giornata decisiva per salvare la Nms, la Nerviano medical
sciences. Il destino dell'azienda di ricerca sui farmaci oncologici più
importante d'Italia, di proprietà della congregazione religiosa dei Figli
dell'Immacolata Concezione, fondata dal venerabile padre Luigi Monti è ormai
nelle mani delle istituzioni locali e nazionali. Saranno loro infatti a
decidere la data di convocazione del tavolo istituzionale comprendente Regione,
Ministero della ricerca, provincia di Milano, Comune di Nerviano e sindacati
che salverebbe l'azienda dal fallimento. La garanzia del tavolo istituzionale,
consentirebbe infatti di sbloccare i crediti bancari per terminare la
sperimentazione di un nuovo farmaco anticancro che a luglio dovrebbe essere
presentato al colosso farmaceutico americano P- fizer. Altre ipotesi sono
l'ingresso di nuovi soci nella compagine aziendale o lo sblocco dei fondi
governativi promessi nell'accordo di cinque anni fa e mai stanziati Sono in
ballo non solo 700 posti di la- voro, tra dipendenti e indotto, ma un patrimonio
di ricerca di interesse mondiale. L'azienda era già destinata a chiudere nel
2004, quando venne rilevata dalla Congregazione dalla newyorkese Pfizer, Il
primo punto del rilancio consisteva nell'arrivare a produrre un nuovo farmaco
antitumorale destinato al mercato occidentale. In questo momento la Nms è
arrivata alla fine della fase due, in dirittura d'arrivo del ciclo produttivo.
Una volta che le molecole verranno brevettate e prodotte dalla casa
farmaceutica americana, i ricavi della Nms verranno destinati alle missioni e
alle attività della congregazione, per vendere gli antitumorali a prezzo di
costo nei paesi in via di sviluppo, dove le morti di cancro stanno aumentando
in maniera esponenziale. Ogni anno, ad esempio, si ammalano 160mila bambini di
tumore in tutto il pianeta, L'80 per cento, circa 130mila, si trova nei paesi
poveri. U- no su due è destinato alla morte per mancanza di cure adeguate. La
Congregazione, che si è esposta anticipando i fondi finora, fa notare
l'interesse evidente che questa attività scientifica ricopre non solo per il
nostro Paese. E i ricercatori sono talmente motivati che sono arrivati a pagare
di tasca propria le cavie quando sono iniziate le difficoltà. Ora i lavoratori,
che nei giorni scorsi hanno ricevuto la solidarietà di colleghi ricercatori e
l'interesse delle istituzioni, attraverso i sindacati hanno fatto sapere che
domani attendono la svolta altrimenti minacciano azioni «ancor più incisive ed
eclatanti» come riprendere scioperi, bloccare l'azienda e occupare di nuovo la
statale del Sempione. La proprietà dal canto suo ribadisce che non ha nessuna
intenzione di gettare la spugna. Giovedì scorso. ha inviato una lettera di
poche righe alla rappresentanza sindacale in cui lascia intendere che per
domani dovrebbero aprirsi degli spiragli, anzi «nuovi passi decisivi». Quali?.
Sembra che il governo, il cui sostegno di 200 milioni di
euro promesso cinque anni fa è venuto a mancare determinando la crisi finanziaria, si sia interessato
alla questione incaricando il ministro della Ricerca, Maria Stella Gelmini, che
dovrebbe aver reperito una parte dei fondi per la salvezza. Anche il
governatore lombardo Roberto Formigoni è intenzionato a fare la sua parte.
«Sto lavorando da diverso tempo e sottotraccia fa sapere il governatore
lombardo perchè la situazione è molto delicata, ma la Regione Lombardia e
anch'io personalmente abbiamo preso contatti a 360 gradi, in ogni direzione».
Resta da capire se sarà il Pirellone o il ministero a convocare il tavolo.
Rassicurazioni sull'azione responsabile delle istituzioni sono arrivate ai
lavoratori dal prefetto di Milano, Valerio Lombardi e dalla Lega Nord, che
siede in maggioranza al governo e in Lombardia. Ora servono fatti concreti per
colmare un ritardo incredibile da parte del pubblico. L'apertura del tavolo
istituzionale consentirebbe di ricevere i crediti bancari dall'Unicredit per
continuare l'attività. Servirebbero circa 30 milioni di euro, oltre
all'attivazione della cassa integrazione per portare avanti il piano
industriale già sviluppato e rendere autosufficiente Nerviano entro un anno. La
congregazione possiede azioni, date in garanzia a Unicredit: se la banca
potesse svincolare queste risorse finanziarie (pare 45 milioni di euro), si
potrebbero reperire il necessario per terminare la ricerca. Restano poche ore
per salvare una delle eccellenze italiane in campo scientifico, per rassicurare
700 famiglie e dare un futuro diverso agli malati di cancro. In gioco non ci
sono soltanto 700 posti di lavoro, ma anche la speranza di guarigione di tanti
bambini malati di cancro nei Paesi poveri La congregazione dei Figli
dell'Immacolata Concezione impegnata a garantire la continuità a una delle
eccellenze italiane della farmaceutica
( da "Virgilio Notizie"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 5 apr. (Apcom)
- Il Cancelliere allo Scacchiere Alistair Darling ha ammesso oggi di aver
sbagliato le sue previsioni sulla recessione in atto nel Regno Unito. "La crisi è peggio di quanto avessi immaginato" ha ammesso
il ministro, in un'intervista al Sunday Times. Il cancelliere -riferisce il
domenicale - rivedrà dunque al ribasso le stime di crescita nel budget che
presenterà il prossimo 22 aprile: l'economia è infatti rallentata del 3 per
cento e il declino economico è ben tre volte peggiore di quanto pronosticato
nel suo pre-budget report dello scorso novembre. In base a tali previsioni il
debito pubblico per il prossimo anno fiscale per il Regno Unito sarà ben
superiore a quanto previsto da Darling sei mesi fa (118 miliardi di sterline) e
secondo gli economisti supererà il tetto dei 150 miliardi di dollari. I commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi
mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3
punti percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro
Gordon Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi finanziaria.
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 58 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno,
cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Giornale.it, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ammettiamolo: questo
viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama.
La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga
accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika.
Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi
rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre,
batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal
carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante
popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere
ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né
irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di
strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia
di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale.
L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss,
quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con
l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al
mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti
quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi,
quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un
grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a
varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un
impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove
truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle
elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato
pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per
la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie
tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di
sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta
debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a
provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli
Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben
sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un
capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader
che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto
ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che
tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un
periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di
superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande
Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo,
germania, francia Commenti ( 7 ) » (2 voti, il voto medio è: 3.5 su un massimo
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Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto
ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri
era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed
è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo,
perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia
analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato
poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano
previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che
intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le
norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. -
secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire
le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè
ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno
dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle
banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente
il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi
non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di
una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto
proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma
che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei
prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche
erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno
diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più
di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male.
L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla
crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la
psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando
l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è
comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin,
era obama, banche, capitalismo, crisi, società,
economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia
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articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo).
Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City,
spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono
stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla
Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri
sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha
parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei
preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di
Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini?
Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale.
Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico
oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la
seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta
contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che
le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli
spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli
animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime.
Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi
siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi
d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste,
giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e,
purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che
negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato
inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un
decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il
megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella
italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana
come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e
non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in
manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione,
società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia,
globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore
per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a
Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma
questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni
probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un
impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro
i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel
cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in
discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più
importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un
pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via
del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama,
in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche
e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500
miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane
l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato
di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera
tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I
consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà
con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di
varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della
risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico,
senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più
importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di
un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui
consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la
straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri
dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington
pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma
nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a
respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al
vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto
traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di
essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più
lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta
un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il
mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi.
Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi,
economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione,
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Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi
un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente,
perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla
maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in
Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una
sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il
libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra,
dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della
finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi
esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito
perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare
una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come
già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi
pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An,
che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo
partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica,
programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere
un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e
sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel
medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte,
autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico,
democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un
massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce
la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia
e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa
affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la
sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato
questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati
(finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I
mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono
sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa
queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci
bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e
penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del
benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i
mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda
e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
( da "Gazzettino, Il"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Super-stipendi
scandalosi altro che statali fannulloni Domenica 5 Aprile 2009, Leggo sul
Gazzettino del primo aprile qualcosa, che suona per me proprio come un bel
"pesce d'aprile": "Statali in pensione un anno dopo". Sono
un dipendente pubblico, già al centro di un'ampia operazione di moralizzazione
del settore, fannullone, assenteista, ecc., ecc. (Brunetta docet), quindi
particolarmente "sensibile" in questo momento. La proposta di
ritardare il pensionamento di un anno ad una sola categoria di lavoratori, di
quattro o cinque milioni di persone, viene da un signore che di economia e
finanza se ne dovrebbe intendere: il presidente degli industriali di Padova,
Francesco Peghin. Questo "servirebbe a reperire risorse più adeguate per
politiche a sostegno del reddito e dell'occupazione dei lavoratori". A
prescindere dalla palese contraddizione che se vanno in pensione un anno dopo
anche i loro posti di lavoro si renderanno disponibili per i disoccupati con un
anno di ritardo, non è altrettanto palese il vantaggio per i lavoratori delle
"piccole aziende ed i cosiddetti atipici". Mentre meditavo su queste
considerazioni scorgo un'altra notizia: "Tagliati i bonus dei
supermanager". E prosegue: "Bonus in calo del 60% nel 2008 per il
presidente di Assicurazioni Generali, Antoine Bernheim, e gli amministratori
delegati Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot". Il presidente ha
percepito per il 2008 un bonus di circa 900 mila euro, rispetto ai 2,2 milioni
dell'anno precedente, mentre gli amministratori delegati hanno incassato bonus
per 664 mila euro rispetto a 1,6 milioni del 2007. I compensi complessivi,
continua la notizia, sono calati del 30% per tutti e tre: il primo incassa 3,2
milioni, gli altri circa 2,5 milioni. Il presidente degli industriali dovrebbe
conoscere molto bene, non solo le retribuzioni dei supermanager, ma di tutto
quel mondo che non è servizio pubblico, dove troppo spesso neanche le
retribuzioni lo sono. Dove oggi sono più evidenti più che
mai le distorsioni, le disuguaglianze reali e le incongruità che hanno anche
contribuito alla crisi finanziaria ed economica. Potrà così veramente aiutare i dipendenti delle
piccole aziende. Roberto Nocchi Treviso
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 59 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che
gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Sicilia, La"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il sen. Gasparri
ieri ha incontrato il sindaco «A Catania un gruppo di coraggiosi sta cercando
di risanare le casse» Udc Neocommissario cittadino I vicecommissari provinciali
dell'Udc e il senatore Mimmo Sudano hanno commentato ieri positivamente la
nomina del nuovo commissario cittadino Iano Lombardo (nella foto): «è un
ulteriore conferma del consenso che ultimamente l'Udc riscuote come forza
politica alternativa ai due più grandi schieramenti e indica il forte
gradimento del lavoro svolto in provincia di Catania dal nostro commissario
Totò Cuffaro». All'Excelsior Il ministro Ronchi incontra le categorie
produttive Domani lunedì alle 18 all'hotel Excelsior il ministro per le
Politiche comunitarie on. Andrea Ronchi, accompagnato dal suo portavoce in
Sicilia sen. Nino Strano incontrerà il presidente di Confagricoltura dott.
Diena, il presidente di Confindustria Catania, dott. Domenico
Bonaccorsi di Reburdone e altri rappresentanti del ondo dell'agrumicoltura per
affrontare la grave crisi
del settore e le proposte e le misure da adottare da parte del Governo
Berlusconi. Sinistra in piazza Lunedì conferenza stampa sulla crisi finanziaria Rifondazione,
Comunisti italiani, Sd, Comitato di lotta contro la Tarsu, Iqbal Masih, ass.
Itaca, Opne Mind, Arci e altre realtà domani alle
( da "Sicilia, La" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Le aziende in crisi in PrefetturaA Palazzo del governo si è parlato
dell'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese Servizi sociali
con ticket da pagare. I tagli al bilancio che sono stati previsti e la rigida
applicazione della legge regionale 328 non consentono soluzioni diverse ai fini
degl'interventi da fare per fronteggiare la crisi finanziaria. Per tutti i servizi a
richiesta individuale c'è da applicare il pagamento dei ticket, che
tecnicamente lo si configura come "compartecipazione", forse per
addolcire la pillola. Le famiglie e l'utente singolo dovranno corrispondere una
certa somma ai fini dell'utilizzo del campo sportivo, della mensa, del
trasporto scolastico. L'importo varia a seconda del reddito dichiarato ed in
base anche ad alcuni parametri adottati dall'apposito regolamento comunale che
è in vigore. Per i diversamente abili ci saranno inoltre due servizi
particolarmente importanti per la loro qualità della vita che comportano il
pagamento del ticket: il trasporto a mezzo scuolabus nel turno pomeridiano e il
servizio di telesoccorso. "Non possiamo coprire i costi - ha detto a
chiare lettera l'assessore ai servizi sociali Enzo Scarso - ed abbiamo dovuto
attenerci a quanto ci dice la 328. Questo nonostante ci rendiamo conto
dell'importanza dei due servizi per favorire l'integrazione a scuola e
l'assistenza sanitaria". In sede di conferenza del gruppo che sta
predisponendo il piano socio-sanitario che coinvolge i quattro comuni del
comprensorio s'è deciso di puntare nell'anno in corso sia sui giovani che sui
cittadini migranti. "Pensiamo di privilegiare queste due aree -ha ribadito
ancora Scarso - perchè le riteniamo strategiche. I giovani infatti vivono una
fase di disadattamento e vogliamo offrire loro delle opportunità per
migliorarsi e inserirsi nella società. Per i migranti vogliamo favorire in
particolare progetti di integrazione sociale per prevenire fenomeni di rigetto
che sfociano poi in episodi di criminalità o disaffezione". Le iniziative
progettuali a favore degli stranieri non regolarizzati e residenti nel
territorio prevedono, tra l'altro, dei corsi di alfabetizzazione,
acculturazione e d'impegno in attività ludiche proprio per prevenire e favorire
l'integrazione. E' questo l'aspetto più importante del piano di zona che il
comprensorio si accinge a mettere a punto, tenendo conto anche delle diversità
esistenti nel territorio dei quattro comuni a livello di presenze d'immigrati.
GIORGIO BUSCEMA
( da "Sicilia, La"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
la vignetta Aveva
cominciato la sua campagna, come da prassi politica consolidata: gli annunci.
Aveva detto: «Yes We can» («Sì. Noi possiamo cambiare l'America». Diventato
presidente, lo ha concretizzato nel più credibile: «Yes We do» («Sì. Noi lo
facciamo»). Ed ha cominciato a realizzare gli impegni, già dopo alcuni giorni.
Era il primo presidente di colore. Era fatta! Per abbattere l'ultimo ostacolo
alla vera uguaglianza e alla non discriminazione per il colore della pelle. Ora
doveva cambiare l'America. Lo aveva promesso. Voleva dimostrare agli americani
e al mondo che tutti erano uguali... Non poteva fallire, sarebbe stato un colpo
mortale alla credibilità del cambiamento: del «Yes We can». Aveva promesso la
chiusura della «scandalosa vergogna» americana degli ultimi anni: la prigione
di Guantanamo. Per Obama, quella maniera di trattare i prigionieri era
inconciliabile con i principi di rispetto «antropologico e dei diritti umani»,
con la Costituzione, con l'avversione alla tortura. Decideva per la riduzione
della presenza militare in Iraq. Anche questo era un indice della volontà del
cambiamento, nella presenza e nella politica, verso le aree di conflitto e di
tensione. Più conciliazione e più dialogo. Affermava, il principio del
reciproco riconoscimento e rispetto,dei diversi sistemi politici e religiosi.
E' stato un «centometrista felino», quasi figlio del vento, nel proporre un
piano di aiuto alle banche per proteggere i risparmiatori americani impauriti e
arrabbiati. E altrettanto determinato e autoritario è stato nel ripulire le
banche dai titoli tossici. I suoi primi atti nel settore del credito propongono
un nuovo rigore morale, nella finanza e nell'economia: mai più crediti e
prestiti indiscriminati, mai più furbizie e manovre
finanziarie scorrette che hanno avvelenato l'economia e le banche.
Globalizzando la crisi finanziaria e dei mercati. Adottando un'etica populistica, ha tagliato i
bonus, ai manager delle banche che, anche durante una delle più gravi crisi economiche che hanno «stritolato»
il Paese, hanno mantenuto atteggiamenti immorali e «bulimia di denaro»,
attribuendosi ricompense milionarie. Prima le inchieste e gli interrogatori,
davanti le commissioni parlamentari: successivamente si sono spalancate le
porte delle carceri. Così Bernie Madoff, l'eponimo dei grandi distruttori di
ricchezza privata della storia americana, è finito in carcere assieme ad un
avido gruppo di manager ,senza scrupoli. E, senza grande clamore, ha dato
risposte alla rabbia di coloro che perdevano la casa e il posto di lavoro. E
hanno visto i loro risparmi bancari dimezzarsi o azzerarsi. La politica
italiana è stata più melassica, con simili scandali che hanno recentemente
scosso il mondo finanziario italiano. E questa, è storia recente! Obama ha
allacciato una linea diretta con l'Iran e il popolo iraniano. Ha privilegiato i
rapporti umani le cose semplici, l'amicizia la famiglia, essere tutti uomini
dello stesso pianeta che guardano al futuro dei nostri figli; alla pace e alla
sicurezza del continente e a vivere in pace con i propri vicini; al progresso e
al benessere di tutti i popoli. «Ma avete anche grandi responsabilità ha
enfatizzato : abbandonare le armi e le minacce e aprire al dialogo,
all'incontro e alla pacifica
convivenza». In questa sua politica si riconosce un «retaggio storico» dei suoi
avi. Giancarlo D'Agata
( da "Corriere.it" del
05-04-2009)
Argomenti: Crisi
e il sunday times
attacca: strapagato per dire banalità Blair, oratore da 7300 euro al minuto
L'ex premier britannico guadagna cifre da capogiro con le conferenze. Oltre 16
milioni di euro in meno di 2 anni MILANO - Una carriera da ex decisamente
lucrosa. E' l'ex primo ministro Tony Blair il «conferenziere» più pagato al
mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi 400mila
sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno nell'Università
di Manila. ale a dire oltre 7300 euro al minuto. Lo riferisce il Sunday Times
spiegando che da quando ha lasciato Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha
guadagnato circa 15 milioni di sterline (oltre 16.600.000 euro) I SUOI
INTERVENTI - Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli
stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: «La politica è molto
importante, ma molto cose che accadono non sono un granché» oppure «la
religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il male». Mentre
molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i
loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta
invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei
volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa
100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora. Oltre ai
compensi per la sua attività di oratore, Blair guadagna circa 2 milioni di
sterline l'anno come consulente alla banca di investimenti, JP Morgan Chase, e
circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto per il Zurich Financial
Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni di sterline per le sue
memorie. stampa |
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 61 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Trend-online"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Future S&PMib:
prosegue il rimbalzo DERIVATI, clicca qui per leggere la rassegna di Roberto
Ercolino , 05.04.2009 17:24 Scopri le migliori azioni per fare trading questa
settimana!! Analisi settimanale al 3 aprile 2009 Pivot Supporti: 16.300 -
14.450 Pivot Resistenze: 17.600 - 18.500 Alle prese con la conferma del
superamento della resistenza ai 16.300 punti, il derivato conclude unottava
che può definirsi interessante, ma che non fuga ancora in maniera definitiva i
dubbi sulla durata e lobiettivo del rimbalzo. Se taluni operatori sono stati invogliati
a chiudere parzialmente le posizioni aperte di recente al fine di monetizzare
gli utili generati su di un orizzonte operativo di breve, non hanno certamente
azzerato le posizioni in vista di ulteriori possibili allunghi verso i livelli
citati nei report precedenti: 16.300, 17.300/600 e 18.500 restano i presumibili
target suggeriti dallanalisi grafica. Mentre siamo ora di fronte
al test della media a 65 giorni, come indicato nello scorso commento, ed il
cross potrebbe incidere
sulla visione di medio termine del mercato nellipotesi di un
superamento deciso dei 17.000 punti, constatiamo che le medie più lente ancora
non accennano ad una reazione. Vi è, infatti, da considerare che tra i 40
titoli dellindice sottostante, nessuna quotazione tra i componenti dellS&PMib presenta ha una tendenza
positiva di lungo, mentre sul breve le quotazioni sono quasi tutte impostate al
rialzo. Da sottolineare il valore dellopen interest che dai
40.000 lotti di inizio marzo si è portato agli attuali 31.000 contratti aperti, indicazione a
nostro avviso rilevante per interpretare il trend. Ancora i dati macro
continuano a suggerire che il tasso potenziale di crescita delle economie
avanzate verrà condizionato dall'attuale crisi finanziaria
e conseguentemente la recessione dovrebbe protrarsi per tutto il 2009, con un
ritorno a tassi positivi di espansione nel 2010. Le motivazioni sono da
ricercarsi nella crescita di quei paesi, che è stata segue pagina >>
( da "Wall Street Italia"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Italia-Russia/
Domani Berlusconi a Mosca, rapporti ai massimi di Apcom Ricco programma di
incontri con Putin e Medvedev -->Mosca, 5 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Nel
segno di "rapporti economici ai massimi storici" inizia domani a
Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine
politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria,
Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella capitale russa fino a martedì
- ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino - quando incontrerà il Presidente
della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già da domani però con Vladimir Putin,
collega premier e 'amico' di lunga data, inizia un fitto programma che si
concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi e Putin ai comandi del
Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia Areonautica
(Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare, dopo lo scatto
al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il
leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a
suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e Washington. La
missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale ambito la
collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i massimi
storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il
presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del
viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata
dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali
italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale
partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria,
consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono
particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra
Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare
ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio
assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio
commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da
( da "Virgilio Notizie"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mosca, 5 apr.
(Apcom-Nuova Europa) - Nel segno di "rapporti economici ai massimi
storici" inizia domani a Mosca la visita del presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi, culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto
l'egida di Confindustria, Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella
capitale russa fino a martedì - ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino -
quando incontrerà il Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già da
domani però con Vladimir Putin, collega premier e 'amico' di lunga data, inizia
un fitto programma che si concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi
e Putin ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia
Areonautica (Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare,
dopo lo scatto al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente,
mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca
Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e
Washington. La missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale
ambito la collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i
massimi storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il
presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del
viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata
dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali
italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale
partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria,
consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono
particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra
Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare
ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio
assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio
commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da
( da "KataWeb News"
del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 62 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle
calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente
nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè
prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da