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Report "crisi"   5-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Homo nihil l'involuzione della specie ( da "Stampa, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria globale contribuirà alla nascita dell'Homo nihil? «Sì, sarà un fattore potente dell'epigenetica. A farne le spese è la classe intermedia, chi non è né ricco né povero. In questo strato sociale finora c'è stata una mobilità bi-direzionale.

La tradizione vincente dei cori ( da "Trentino" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un periodo come questo di crisi finanziaria, la Federazione può dormire sonni tranquilli: «Pur senza ritoccare la quota di iscrizione, ferma da diversi anni - ha commentato Franceschinelli - siamo riusciti a raggiungere la parità di bilanco e quindi possiamo guardare al futuro con serenità e ottimismo.

Stati generali del rock, scarica gratis i quattro brani finalisti ( da "Stampa, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è aumentato del 2% nel 2009, raggiungendo il quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari nel mondo. Chitarre ruggenti, virtuosismo folk, poesia al pianoforte, hip hop da battaglia.

Da noi la domenica spezzatino In Spagna il sabato omaggio ( da "Stampa, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.

[FIRMA]GIULIA ZONCA Non siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro l&#... ( da "Stampa, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.

diciamolochiaro ha detto: il resto domani. Ho sonno. A proposito, qualcuno ha le cifre dei soldati in Afghanistan nazione per nazione? Vorrei capire i 5.000 soldati che si aggiunge ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Dolomiti Card, generate 30mila presenze ( da "Corriere delle Alpi" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha confermato il grande exploit dell'anno precedente nonostante la crisi finanziaria abbia colpito duro i mercati turistici di riferimento del prodotto Dolomiti Card, ovvero i paesi dell'Est. Le vendite sono state migliorate anche per quanto riguarda i paesi del Nord Europa e per la prima volta sono state vendute Card a gruppi provenienti dal Regno Unito.

Ecofin, proteggere i posti di lavoro ( da "Libertà" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.

banca di credito popolare aperte tre nuove filiali ( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A dispetto della crisi finanziaria, il consiglio di amministrazione ha chiuso l´esercizio 2008 con un utile netto di 12,7 milioni di euro, in linea con quello del 2007, e un aumento dei prestiti del 13 per cento. La ricetta anticrisi: prodotti tradizionali e incremento della presenza sul territorio, con l´apertura di tre nuove filiali.

"la crisi aumenta i conflitti ma gli anni 70 sono lontani" - stefano rossi ( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è vero però che la crisi economica è anche crisi di valori. Sta montando una forte tensione, dovuta alla mobilitazione spontanea di soggetti molto diversi tra loro contro ingiustizie palesi, ad esempio i manager liquidati di milioni di dollari. Lo dice anche Obama, che non è socialista».

ai giovani del pd chiedo coraggio e unità - claudio martini ( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del municipalismo egoistico, del nuovo protezionismo spacciato per amor patrio. Generosità. Questa la seconda parola chiave. I giovani sanno essere generosi, nel volontariato, nei movimenti, in famiglia. Questo senza perdere di vista le ingiustizie profonde del nostro tempo, purtroppo crescenti e sempre più intollerabili.

Il denaro non nasce sugli alberi ( da "Arena, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dalla crisi finanziaria non si torna indietro: la "normalità" dei primi anni del millennio, in cui i popoli ricchi si facevano prestare da quelli poveri i soldi per consumare più di quello che erano in grado di produrre, non rivivranno mai. Il G20 appenca concluso a Londra potrebbe segnare il primo passo di una lunga marcia verso il buonsenso oppure un'

Praga blindata per Obama Attesa per il suo discorso ( da "Unita, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in casa di euroscettici - ha un'agenda ampia, protezionismo, nodi della politica estera e cambiamenti climatici. Ma la parte ufficiale della visita rischia di essere oscurata da quella più popolare del discorso pubblico di Obama, dalla piazza del castello. Un enorme palco è stato allestito al centro della fortezza e c'è molta attesa.

PRAGA - : le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari euro ( da "Adige, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.

VITTORIA PRISCIANDARO (segue dalla prima pagina) ( da "Adige, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di fronte alla crisi finanziaria e alla recessione in atto, per aiutare le industrie si differiscono le mete che ci si era prefissati, si mette la testa nella sabbia, ma l'urgenza resta. (...). Il problema dell'ambiente è comunque più ampio: manca una controparte politica alla globalizzazione mondiale, le Nazioni Unite hanno poco potere,

penalizzare le eccellenze sarebbe una politica miope - riccardo varaldo ( da "Tirreno, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FONDI PUBBLICI IN TEMPO DI CRISI PENALIZZARE LE ECCELLENZE SAREBBE UNA POLITICA MIOPE RICCARDO VARALDO L'attuale crisi finanziaria ed economica, con i suoi connotati di straordinaria gravità, ha reso gli Stati primi interlocutori nella difesa dei sistemi finanziari e nel rilancio dell'economia, oltre che per fronteggiare gli effetti più dirompenti sul tessuto sociale.

Questa settimana il "Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere della Sera di domeni ( da "Riformista, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In tempi di crisi finanziaria si fatica a trovare credito sul mercato. Il Governo tra le misure messe a punto ha così deciso di trasformare la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) in una sorta di investment bank che metterà a disposizone delle piccole e medie imprese la ragguardevole somma di 8 miliardi di euro.

L'altra classe Borghesia van cercando ( da "Riformista, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del quale troverete in questi giorni un piccolo volume in libreria sulla crisi finanziaria La veduta corta, il Mulino, 14,00 euro) una volta dette una definizione acuta del sentirsi borghese, come parafrasi di classe dirigente: nel susseguirsi delle generazioni famigliari, borghese - spiegò - è chi non è il primo in famiglia a parlare una lingua straniera.

Effetto domino: anche i proprietari in difficoltà ( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: complice la crisi finanziaria e il conseguente aumento degli inquilini morosi, il numero dei piccoli proprietari di immobili che si ritrovano in situazioni di questo tipo avrebbe subìto un aumento del 15% da settembre a oggi. E i protagonisti sarebbero sempre più frequentemente i cittadini stranieri, «i primi a sentire gli effetti della crisi»

Europa, timori per i lavoratori Tremonti: tenerli in fabbrica ( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.

La banca che va bene? Quella dei poveri ( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Che succede ai poveri in tempi di crisi? «Questa crisi finanziaria è partita da un paese preciso, dove molti stanno perdendo denaro o case, ma molti milioni di persone soffriranno e più sono povere e più soffriranno, perché perderanno lavoro e cibo. Il sistema economico funziona così, sei associato alle crisi più che ai vantaggi.

dal nostro inviato CERNOBBIO (Como) Il 2009 ormai è perso... ( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: accanto a ciò sarebbe stato indispensabile rafforzare i regolamenti e le attività di controllo sugli istituti finanziari che operano nei mercati dei capitali». A questo proposito il G20 ha fissato paletti importanti. «Gli interventi possono essere suddivisi in due tipologie. La prima riguarda la trasparenza dei mercati finanziari, fondamentale per poter valutare concretamente i rischi.

DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan... ( da "Messaggero, Il (Metropolitana)" del 05-04-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. Il secondo è l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per anni il funzionamento dei

DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan... ( da "Messaggero, Il (Ancona)" del 05-04-2009) + 8 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. Il secondo è l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per anni il funzionamento dei

dal nostro inviato CERNOBBIO - Intesa Sanpaolo e Unicredit fanno irruzione su... ( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: svolta storica favorita comunque dalla normativa Mifid che due anni fa ha rivoluzionato le piattaforme per la negoziazione degli strumenti finanziari. In più questi operativi alternativi nascono - anche alla luce della crisi finanziaria mondiale - con la finalità di ridurre al massimo i costi del trading. Per cambiare pelle Tlx si doterà di un nuovo modello di business ormai definito.

dal nostro inviato CERNOBBIO - Gli industriali protestano perchè... ( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: seconda e ultima giornata del workshop Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari. Presentata da Massimo Mucchetti, dimostra che, secondo l'elaborazione dei bilanci redatta da Piazzetta Cuccia e dall'organizzazione delle Camere di commercio, la verità, quindi, è un'altra. Partiamo dal circuito vizioso imprese-credito-banche intitolato "Le difficoltà di accesso al credito",

Powergres cambia assetto e diventa holding ( da "Resto del Carlino, Il (Modena)" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: soprattutto una serie di accordi industriali e commerciali tesi a rafforzare la natura di organizzazione reticolare alla base della visione imprenditoriale della Powergres. La crisi finanziaria ma principalmente strutturale del settore offre nuove ed interessanti opportunità se interpretate dalle aziende che vedono nella globalizzazione la loro sfida. Image: 20090405/foto/7079.jpg

Tremonti: allarme occupazione, licenziare non aiuta la ripresa ( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: generate dalla disoccupazione provocata dalla crisi finanziaria, preoccupa l'Unione europea e convince a lanciare messaggi per rassicurare i cittadini a rischio di restare senza lavoro. Al Consiglio informale Ecofin a Praga dei ministri finanziari dei 27 Paesi membri, a cui hanno partecipato i governatori delle banche centrali, il commissario Ue per gli Affari economici,

La crisi ha rimpicciolito il container ( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il mondo è anche di fronte a un'onda silenziosa di protezionismo e di nazionalismo economico. A parte i ben conosciuti casi di Buy American contenuto nel pacchetto di stimolo varato dal Congresso degli Stati Uniti e di aiuti di La dirigente «Nel Vecchio Continente arrivano sempre meno prodotti dalla Cina e dall'Asia emergente»

Ma l'Fbi non crede ai talebani ( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Bagni di sangue che stanno costringendo l'America del tempo della crisi finanziaria a interrogarsi sulla sua latente ed esplosiva violenza, e la libertà di circolare armati. Killer Jiverly Wong ha ucciso 13 persone in un centro per immigrati a Binghamton (dal «Daily News») Ennio Caretto

Salviamo le case storiche di Piedicastello ( da "Trentino" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tanto più preziosa oggi che la crisi finanziaria globale ha mostrato i deleteri effetti della speculazione immobiliare, trasformatasi in rapina sistematica del territorio. Oggi quelle case costituiscono una testimonianza di civiltà e di memoria, posto che la solidarietà cooperativa è il fondamento dell'identità autonomistica trentina.

Ecofin, più tutele per i lavoratori ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti.

Camilleri vola in vetta Ostellino guida i saggi ( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tra le novità: il ritorno della letteratura vista da Claudio Magris, la società secondo Aldo Schiavone e la crisi finanziaria spiegata da Beda Romano e Tommaso Padoa- Schioppa. Nella Varia, Legrottaglie racconta la fede ritrovata e lo chef Ferran Adrià dà lezioni di cucina. (s. col.)

La dimensione umana della crisi mondiale al centro del G8 romano ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: asse renano) versus il binomio Obama/Brown su: ripartizione del costo della crisi finanziaria iniziale, rafforzamento del FMI chiamato a gestire un trilione di dollari, lista nera e grigia dei 70 paradisi fiscali, riciclaggio dei titoli tossici, governance degli "hedge funds", super bonus ai manager disonesti (piano Draghi).

Obama è il nuovo Gorbaciov?. ( da "Giornale.it, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Gb/ Tony Blair "oratore" guadagna seimila sterline al minuto ( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.

babelick ha detto: la spagna potrà fare un pò di testa propria coi contingenti militari,però in ambito economico è correttissima,rispet gli accordi molto più di altri paesi e non t ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

CRISI/ GB, MINISTRO DARLING: MEA CULPA SU PREVISIONI RECESSIONE ( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi finanziaria.

GB/ TONY BLAIR ORATORE GUADAGNA SEIMILA STERLINE AL MINUTO ( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.

L'inutile senza capacità di Croce ( da "Avvenire" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: politiche o riforme economiche per uscire dal buio di una crisi finanziaria, sociale, ecologica, energetica, ma soprattutto etica che affonda le sue radici nel profondo del cuore dell'uomo, dove risiede la libertà di scegliere tra il bene che illumina l'esistenza e il male che oscura la terra. E noi possiamo scegliere se salvare la famiglia o la carriera, il mercato o i posti di lavoro,

Nerviano, per salvare il centro anticancro in campo le istituzioni ( da "Avvenire" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il cui sostegno di 200 milioni di euro promesso cinque anni fa è venuto a mancare determinando la crisi finanziaria, si sia interessato alla questione incaricando il ministro della Ricerca, Maria Stella Gelmini, che dovrebbe aver reperito una parte dei fondi per la salvezza. Anche il governatore lombardo Roberto Formigoni è intenzionato a fare la sua parte.

Crisi/ Gb, ministro Darling: mea culpa su previsioni ( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi finanziaria.

annamaria_10 ha detto: Beati voi che riuscite a scoprire lati positivi di Berlusconi, per conto mio lo vorrei morto.Senza mezzi termini. ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? ( da "Giornale.it, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Super-stipendi scandalosi altro che statali fannulloni ( da "Gazzettino, Il" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dove oggi sono più evidenti più che mai le distorsioni, le disuguaglianze reali e le incongruità che hanno anche contribuito alla crisi finanziaria ed economica. Potrà così veramente aiutare i dipendenti delle piccole aziende. Roberto Nocchi Treviso

conroe ha detto: La Repubblica: "Al via il vertice Usa-Ue di Praga, il presidente americano difende l'istanza di Ankara, la Francia conferma il suo no. ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Domenico Bonaccorsi di Reburdone e altri rappresentanti del ondo dell'agrumicoltura per affrontare la grave crisi del settore e le proposte e le misure da adottare da parte del Governo Berlusconi. Sinistra in piazza Lunedì conferenza stampa sulla crisi finanziaria Rifondazione, Comunisti italiani, Sd, Comitato di lotta contro la Tarsu, Iqbal Masih, ass.

Le aziende in crisi in PrefetturaA Palazzo del governo ( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interventi da fare per fronteggiare la crisi finanziaria. Per tutti i servizi a richiesta individuale c'è da applicare il pagamento dei ticket, che tecnicamente lo si configura come "compartecipazione", forse per addolcire la pillola. Le famiglie e l'utente singolo dovranno corrispondere una certa somma ai fini dell'utilizzo del campo sportivo,

la vignetta ( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mai più furbizie e manovre finanziarie scorrette che hanno avvelenato l'economia e le banche. Globalizzando la crisi finanziaria e dei mercati. Adottando un'etica populistica, ha tagliato i bonus, ai manager delle banche che, anche durante una delle più gravi crisi economiche che hanno «stritolato» il Paese, hanno mantenuto atteggiamenti immorali e «

Blair, oratore da 7300 euro al minuto ( da "Corriere.it" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora.

babelick ha detto: è giovane come tutti i paesi musulmani,prospettiv economiche tutte ancora da vedersi (pil + basso di quello dei paesi ex comunisti)e rischio integralismo altissi ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Future S&PMib: prosegue il rimbalzo ( da "Trend-online" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ancora i dati macro continuano a suggerire che il tasso potenziale di crescita delle economie avanzate verrà condizionato dall'attuale crisi finanziaria e conseguentemente la recessione dovrebbe protrarsi per tutto il 2009, con un ritorno a tassi positivi di espansione nel 2010. Le motivazioni sono da ricercarsi nella crescita di quei paesi, che è stata segue pagina >>

ITALIA-RUSSIA/ DOMANI BERLUSCONI A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI ( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo".

Italia-Russia/ Domani Berlusconi a Mosca, rapporti ai ( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo".

conroe ha detto: Repubblica 'a la une': "Attacchi alla stampa, il Pd a Berlusconi: "E' nervoso perché il suo ciclo sta finendo" " A 72 anni ancora il ciclo? Suvvia... ( da "KataWeb News" del 05-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


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Homo nihil l'involuzione della specie (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Homo nihil l'involuzione della specie Diceva Totò in Miseria e nobiltà, commedia di Eduardo Scarpetta: «A casa nostra, nel caffellatte non ci mettiamo niente: né il caffè né il latte». Questa battuta surreale ha guidato l'antropologo Alberto Salza nello scrivere il suo ultimo libro, tanto che l'ha fatta stampare in grandi caratteri rossi sulla quarta di copertina. Nelle 400 pagine di Niente (Sperling & Kupfer, pp. 223, e18), Salza racconta come si vive quando manca tutto: cibo, acqua, casa, salute, scuola, pace, diritti, storia. È una discesa agli inferi della povertà estrema. Che non è ancora la miseria. «La povertà - spiega Salza - è come lo strip-tease: ti togli il cappotto, il vestito, gli slip, finché sei nudo. La miseria va oltre: è la radiografia che fa vedere le ossa». I miserabili non lottano neppure, si lasciano andare alla deriva. Sempre più respinti ai margini, precipitano al di là. E così diventando invisibili, scivolano poco per volta in un mondo separato, senza possibilità di ritorno. Salza annuncia l'emergere di una nuova specie: accanto all'Homo sapiens si profila l'Homo nihil. L'uomo che non ha niente, ma proprio niente. «In Kenya - racconta - l'ho visto con i miei occhi. Il popolo turkana si divide ormai in quelli che hanno il telefonino e quelli che non ce l'hanno. I primi si sposano tra loro. I secondi, pure. Così i due tipi umani divergono, le differenze diventano sempre più forti, fino a originare specie diverse. Però ho visto un turkana parlare al cellulare in una cabina telefonica abbandonata. Gli ho domandato perché lo facesse. Mi ha risposto che lì si prendeva meglio...». La tesi della comparsa dell'Homo nihil è solo una provocazione o una teoria scientifica? «Mi convinco sempre più che sia un'ipotesi scientifica - dice Salza - . Oggi sappiamo che oltre alla genetica c'è l'epigenetica, cioè quell'insieme di condizioni ambientali che farà dei nostri nipoti qualcosa di diverso da noi. La nutrizione, l'ambiente più o meno inquinato, lo stress, la situazione sociale influenzano l'espressione dei geni. Ormai conosciamo un'ottantina di geni sensibili all'imprinting ambientale. L'aumento e l'isolamento dei poverissimi nel loro ambiente malsano, rigidamente separato da quello dei ricchi, si configura come un'autentica speciazione, prima culturale e poi, con il tempo, biologica». La crisi finanziaria globale contribuirà alla nascita dell'Homo nihil? «Sì, sarà un fattore potente dell'epigenetica. A farne le spese è la classe intermedia, chi non è né ricco né povero. In questo strato sociale finora c'è stata una mobilità bi-direzionale. Qualcuno scendeva, qualcuno saliva. Io, per esempio sono figlio di un operaio ma ho potuto laurearmi. Oggi vediamo molti figli di laureati che non hanno più i mezzi per andare all'Università. La società globale è come una clessidra: chi è sopra può scivolare sotto, chi è sotto non può risalire». Quanti sono i poveri in marcia su una strada senza ritorno? Risposta complessa. Il concetto di povertà è elusivo. Dipende da dove sei, chi sei, quali sogni hai. La Banca Mondiale ha fissato la soglia di povertà a un dollaro al giorno. Cosa che fa andare Salza in bestia, lui che ha girato l'Africa più povera, gli slums delle metropoli d'Asia e d'America, le periferie d'Europa, e ha anche lavorato in programmi umanitari di organismi internazionali: «Dove c'entra la qualità, misurare una quantità non significa niente». In ogni modo, per quel che valgono le statistiche, su 6,7 miliardi di esseri umani, quasi un miliardo e mezzo vivono con un dollaro al giorno, e tre miliardi con meno di due. Molti di essi, però, se avessero un dollaro, non saprebbero che cosa comprare. Gli affetti, i diritti, le speranze non si pagano in dollari. Un reddito zero è accettabile in un ecosistema che ti sfama e ti lascia un po' di tempo per guardare il cielo, il mare, i fiori. Pare che nel mondo circoli una quantità di denaro cinque volte maggiore di tutti i prodotti acquistabili: se è così, anche l'uomo più ricco del pianeta potrebbe sentirsi frustrato nel toccare i limiti del suo denaro. Oltre quei limiti, i soldi servono solo a comprare altri soldi. È la finanza, la cattiva finanza che ha creato la crisi globale. Dal 2008 la popolazione metropolitana supera quella rurale, le baraccopoli dilagano, cresce la criminalità, i ricchi si chiudono in ghetti del lusso. C'è un modo per uscire dal meccanismo crudele che sta generando l'Homo nihil? «Sì, ma la ricetta non è nel buonismo, nella solidarietà. Troppo poco. Ci vuole la condivisione. In gran parte è un problema di conoscenza. Finora noi antropologi sul campo andavamo a spiegare ai popoli ricchi come vivono i popoli poveri. Occorre rovesciare questo tipo di consulenza. Dobbiamo andare tra i popoli poveri a spiegare come vivono quelli ricchi, solo rovesciando il punto di vista si riuscirà a mantenere una permeabilità tra i due mondi. Paradossalmente, questo discorso va avanti attraverso la forza militare: gli americani in Afghanistan hanno imparato che conoscere e farsi conoscere conta più delle armi». I bit sono senza peso, viaggiano veloci, non costano. Pochi anni fa sembrava che la rete di Internet sarebbe diventata lo strumento della democrazia globale. Non è più così? «Internet servirebbe - dice Salza - ma le manca una prolunga di seimila chilometri: il computer non può funzionare senza elettricità e non credo nei computer a manovella mitizzati da Negroponte. La soluzione può venire dai pannelli fotovoltaici. Peccato che con la crisi finanziaria i loro costi siano improponibili». Nel suo libro Salza si dipinge come un puro osservatore, una specie di telecamera. «L'essere un po' autistico mi aiuta», dice. L'antropologo si ferma alla diagnosi? «Al contrario. Fotografata la situazione, io credo in una antropologia interventista, bisogna andare sul campo e, quando serve, modificare il campo. Succede anche in guerra, Afghanistan incluso. Tra americani e talebani, l'antropologo è il terzo combattente». Ma anche questa sarà una guerra lunga.

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La tradizione vincente dei cori (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

La tradizione vincente dei cori Ieri l'assemblea della Federazione che riunisce 187 gruppi di Nicola Morandi TRENTO. «I nostri cori sono realtà vive e vitali, con buona pace di qualcuno che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto». Con queste parole, nell'assemblea di ieri, il presidente della Federazione cori del Trentino Sergio Franceschinelli ha tratto il bilancio di un 2008 che ha visto l'associazione muoversi a pieno regime. Una realtà, quella dell'associazione, che ha alle spalle un percorso partito 45 anni fa, quando, a un tavolo dell'albergo Pavone di Trento (in via Oss Mazzurana, oggi non esiste più), prese il via quell'unione canora che qualche anno dopo si chiamò Federazione cori del Trentino. A ricordare passo per passo i primi 45 anni di vita dell'associazione ci pensa un libro, «Quarantacinque anni di storia 1963 - 2008». Secondo il presidente, la Federazione è testimone oggi di questa tradizione e ha sempre più credibilità e consapevolezza. Non solo parole, però, a ieri sono arrivati anche i numeri: sono sette le formazioni ("Monte Persego" di Barcom, "Arcobaleno" sezione giovani di Ossana, "Voci in accordo" di Povo, le sezioni bianche e giovanili de "Il Diapason", "Vocinmusica" di Trento e il Coro polifonico Gianferrari di Trento) che si sono aggiunte durante il 2008 al già cospicuo numero di cori iscritti. E siamo a un totale di 187 formazioni (76 maschili, 67 misti, 13 femminili, 31 cori di voci bianche) con 5480 coristi, di cui 3464 maschi e 2016 femmine. Saranno i servizi offerti ai soci o le proposte formative e di aggiornamento o le iniziative indirizzate ai giovani ad attrarre così tanti consensi, fatto sta che, in un periodo come questo di crisi finanziaria, la Federazione può dormire sonni tranquilli: «Pur senza ritoccare la quota di iscrizione, ferma da diversi anni - ha commentato Franceschinelli - siamo riusciti a raggiungere la parità di bilanco e quindi possiamo guardare al futuro con serenità e ottimismo. Il nostro autofinanziamento supera il 40% del nostro budget complessivo e supera le spese totali e le spese generali di funzionamento. Ciò significa che i contributi pubblici vanno tutti in attività e servizi a favore dei soci». E allora come non cogliere le parole del presidente, girandole all'assessore provinciale Franco Panizza presente all'assemblea? «L'articolo della finanziaria tanto contestato - ha chiuso l'assessore - diventa uno strumento in più a sostegno dei sodalizi artistici e quindi anche dei cori. Se abbiamo gli strumenti dobbiamo usarli soprattutto quando trattiamo aspetti non monetizzabili».

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Stati generali del rock, scarica gratis i quattro brani finalisti (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

MULTIMEDIA TECNOLOGIA Oggi su www.lastampa.it Stati generali del rock, scarica gratis i quattro brani finalisti Dominio «.eu» tre anni di vita tre milioni di siti A tre anni dal suo lancio il dominio internet «.eu» conferma il successo iniziale. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è aumentato del 2% nel 2009, raggiungendo il quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari nel mondo. Chitarre ruggenti, virtuosismo folk, poesia al pianoforte, hip hop da battaglia. Nel suo blog Luca Castelli racconta la sua esperienza di giurato agli Stati generali del rock, il concorso per giovani band che funziona da selezione regionale per il festival estivo Italia Wave. Gli mp3 delle canzoni dei quattro finalisti sono in download gratuito sul sito. a cura di Carla Reschia

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Da noi la domenica spezzatino In Spagna il sabato omaggio (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Da noi la domenica spezzatino In Spagna il sabato omaggio [FIRMA]GIULIA ZONCA Non siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro l'Europa del pallone, messi come tutti gli altri. L'Italia occupa una domenica intera, questa, dalle 13 alle 21, per la maratona che dovrebbe dimostrare quanta fame di calcio ancora c'è e quante nicchie di mercato si possono occupare subappaltando il pranzo di famiglia e in Spagna, persi dentro una guerra tra emittenti, regalano partite. Un modo come un altro per destabilizzare il listino prezzi dei novanta minuti. La Sexta ha proposto ieri Valladolid-Barcellona e Malaga-Real Madrid, una via l'altra, in chiaro. Mentre la concorrenza, la rete Avs, litigava per far entrare le sue telecamere sul campo del Recreativo Huelva. Lì, un'intesa tra club per i diritti l'hanno trovata, hanno costituito un G-30 ma poi firmato troppi contratti tv che non si incastrano tra loro. Il risultato è una guerra aperta e un calo drastico di pubblico che aspetta di capire su quale canale finirà la squadra preferita prima di comprare i biglietti per andare allo stadio. Ogni settimana un club diverso denuncia danni e mancati incassi, causa cattiva gestione del satellite, e finisce sempre con la lega spagnola che obbliga tutti ad aprire le porte e rispettare i confusi accordi. In Inghilterra tentano di darsi un codice morale sullo sport in tv. Il governo ha chiesto a una commissione di esperti di elaborare una lista di eventi classificati «come i gioielli della corona» ovvero dirette indispensabili all'intero Paese che non possono essere spostate dalla tv libera. L'idea è saltata fuori dopo un'importante partita di cricket sequestrata dai canali a pagamento. Un parlamentare si è seccato e l'ha buttata sul patriottico: «Forse abbiamo perso un campione del futuro, perché un bambino che poteva emozionarsi davanti a questo spettacolo non l'ha visto». Il «Telegraph», maligno, ricorda che degli intoccabili già esistono in un promemoria a uso televisivo datato 1998. Mondiali ed Europei di sport «nazionali» non vanno nascosti, come la finale di Fa Cup (che ora già però vacilla) e quella della coppa scozzese, le partite di campionato possono finire in zona pagamento purché resti una sintesi, ma il rugby, che ancora compare nella lista dei gioielli della corona, oggi è già quasi tutto criptato. Gli intoccabili vanno rivisti e aggiornati, magari qualche campione di domani verrà sacrificato in nome degli incassi di oggi. La Spagna ha ribattezzato il momento, «la stagione del caos», l'Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.

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[FIRMA]GIULIA ZONCA Non siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro l&#... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]GIULIA ZONCA Non siamo soli. Almeno quando si parla di diritti tv stiamo ancora dentro l'Europa del pallone, messi come tutti gli altri. L'Italia occupa una domenica intera, questa, dalle 13 alle 21, per la maratona che dovrebbe dimostrare quanta fame di calcio ancora c'è e quante nicchie di mercato si possono occupare subappaltando il pranzo di famiglia e in Spagna, persi dentro una guerra tra emittenti, regalano partite. Un modo come un altro per destabilizzare il listino prezzi dei novanta minuti. La Sexta ha proposto ieri Valladolid-Barcellona e Malaga-Real Madrid, una via l'altra, in chiaro. Mentre la concorrenza, la rete Avs, litigava per far entrare le sue telecamere sul campo del Recreativo Huelva. Lì, un'intesa tra club per i diritti l'hanno trovata, hanno costituito un G-30 ma poi firmato troppi contratti tv che non si incastrano tra loro. Il risultato è una guerra aperta e un calo drastico di pubblico che aspetta di capire su quale canale finirà la squadra preferita prima di comprare i biglietti per andare allo stadio. Ogni settimana un club diverso denuncia danni e mancati incassi, causa cattiva gestione del satellite, e finisce sempre con la lega spagnola che obbliga tutti ad aprire le porte e rispettare i confusi accordi. In Inghilterra tentano di darsi un codice morale sullo sport in tv. Il governo ha chiesto a una commissione di esperti di elaborare una lista di eventi classificati «come i gioielli della corona» ovvero dirette indispensabili all'intero Paese che non possono essere spostate dalla tv libera. L'idea è saltata fuori dopo un'importante partita di cricket sequestrata dai canali a pagamento. Un parlamentare si è seccato e l'ha buttata sul patriottico: «Forse abbiamo perso un campione del futuro, perché un bambino che poteva emozionarsi davanti a questo spettacolo non l'ha visto». Il «Telegraph», maligno, ricorda che degli intoccabili già esistono in un promemoria a uso televisivo datato 1998. Mondiali ed Europei di sport «nazionali» non vanno nascosti, come la finale di Fa Cup (che ora già però vacilla) e quella della coppa scozzese, le partite di campionato possono finire in zona pagamento purché resti una sintesi, ma il rugby, che ancora compare nella lista dei gioielli della corona, oggi è già quasi tutto criptato. Gli intoccabili vanno rivisti e aggiornati, magari qualche campione di domani verrà sacrificato in nome degli incassi di oggi. La Spagna ha ribattezzato il momento, «la stagione del caos», l'Inghilterra vara il protezionismo e noi spalmiamo. L'ultima volta è successo nel gennaio 2000, Parma-Juve servita al posto del brunch (non siamo europei solo per questioni pallonare). Dissero che era un esperimento, oggi si replica con un po' d'ansia. Esiste anche la possibilità che la moltiplicazione degli orari e degli ascolti non riesca.

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diciamolochiaro ha detto: il resto domani. Ho sonno. A proposito, qualcuno ha le cifre dei soldati in Afghanistan nazione per nazione? Vorrei capire i 5.000 soldati che si aggiunge (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 52 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Dolomiti Card, generate 30mila presenze (sezione: crisi)

( da "Corriere delle Alpi" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dolomiti Card, generate 30mila presenze Centrato l'obiettivo di aumentare gli incassi e il flusso degli stranieri SAN VITO. Si chiude questa settimana la stagione invernale 2008/2009 del Consorzio Dolomiti Card. La vendita di skipass (oltre 30.000 presenze turistiche ed un aumento notevole dell'incasso generato) ha confermato il grande exploit dell'anno precedente nonostante la crisi finanziaria abbia colpito duro i mercati turistici di riferimento del prodotto Dolomiti Card, ovvero i paesi dell'Est. Le vendite sono state migliorate anche per quanto riguarda i paesi del Nord Europa e per la prima volta sono state vendute Card a gruppi provenienti dal Regno Unito. I risultati ovviamente sono stati conseguiti compiendo grandi sforzi dal punto di vista promozionale. L'ufficio commerciale, infatti, in sinergia col Consorzio Dolomiti e grazie al contributo delle società impianti, dei Consorzi, della Regione Veneto e della Camera di Commercio, ha promosso il prodotto Dolomiti Card presenziando a diverse manifestazioni fieristiche e borse del turismo in tutta Italia (Venezia, Roma, Milano, Rimini, Modena, Genova) ed Europa (Stoccolma, Amsterdam, Madrid, Helsinki, Vienna, Praga, Budapest, Londra, Monaco, Bruxelles, Berlino, Varsavia, Poznan, Katowice). Altro strumento molto utile alla vendita si è rivelato il sito www.dolomiticard.it tradotto anche in lingua svedese, ungherese, inglese, tedesca, ceca e polacca grazie ad un contributo della Cm Valle del Boite. Per la stagione invernale 2009/2010 sarà on line anche la versione in lingua spagnola visto che la Spagna, attraverso accordi già siglati con i principali tour operator e network di agenzie che vendono il prodotto neve, dalla prossima stagione invernale diventerà uno dei mercati di riferimento. Il Consorzio, per dare ulteriore forza e visibilità all'area, sta studiando inoltre con il Consorzio Dolomiti e la Fondazione Studi Tizianeschi la possibilità di una promozione in terra spagnola che abbia come protagoniste le opere del grande pittore cadorino presenti al museo Prado di Madrid. Il sodalizio turistico ha poi già pianificato diverse azioni promozionali per la prossima stagione invernale: in questa primavera infatti presenzierà a workshop e fiere turistiche a Stoccarda, Londra, Goteborg, Copenhagen e Colonia; in autunno si concentrerà sui mercati dell'Est Europa presentandosi a Varsavia, Poznan, Budapest, Praga e Zagabria. (a.s.)

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Ecofin, proteggere i posti di lavoro (sezione: crisi)

( da "Libertà" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ecofin, proteggere i posti di lavoro In alto mare la riforma della vigilanza sulle banche PRAGA - «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Per il commissario europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perchè se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti. Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in molti settori - ha ammonito Almunia - perchè la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono colpite». Le imprese strangolate dalla stretta del credito, infatti, sono sempre più costrette a prendere drastiche decisioni sul fronte occupazionale. «Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della difesa e la creazione di posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione. L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in piazza contro la crisi. «Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Tempi non brevi e modalità ancora da definire per la riforma della vigilanza europea sulle banche che sarà operativa, nel migliore dei casi, non prima della fine del 2010. Dopo la corsa in avanti unilaterale degli Stati Uniti per il varo di regole contabili più flessibili per le banche, l'Europa chiede invece, questa volta all'unanimità, di adeguarsi rapidamente per evitare che le proprie istituzioni finanziarie siano svantaggiate rispetto alle rivali Usa. Ugo Caltagirone 05/04/2009

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banca di credito popolare aperte tre nuove filiali (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XI - Napoli Torre del Greco/3 Banca di credito popolare aperte tre nuove filiali Bilancio positivo per la Banca di credito popolare di Torre del Greco. A dispetto della crisi finanziaria, il consiglio di amministrazione ha chiuso l´esercizio 2008 con un utile netto di 12,7 milioni di euro, in linea con quello del 2007, e un aumento dei prestiti del 13 per cento. La ricetta anticrisi: prodotti tradizionali e incremento della presenza sul territorio, con l´apertura di tre nuove filiali.

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"la crisi aumenta i conflitti ma gli anni 70 sono lontani" - stefano rossi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina V - Milano La manifestazione L´analisi Il docente della Statale: il clima è diverso, per ora "La crisi aumenta i conflitti ma gli anni 70 sono lontani" Galli: la sinistra deve ritrovare un ruolo forte Se non ci fosse questo contesto sociale sarebbe passata inosservata Ora tutto dipenderà dalle forze dell´ordine Alla opposizione serve un salto generazionale perché negli ultimi quindici anni ha prodotto risposte culturali non all´altezza STEFANO ROSSI Una crisi che chiude un´epoca, non un ritorno agli anni Settanta. Giorgio Galli, politologo e docente della Statale, studioso dei partiti e delle relazioni fra ideologia politica e misticismo irrazionalistico, riassume così la sua analisi sul momento che sta vivendo la città. Professor Galli, oggi si tiene il convegno di Forza Nuova. Alla Statale ci sono stati scontri fra studenti di destra e di sinistra. Stanno tornando gli anni Settanta? «No. Anzitutto siamo di fronte a una enorme crisi economica. In secondo luogo, siamo all´esito di una crisi politica aperta 15 anni fa con Mani Pulite. In un certo modo, chiude un cerchio il fatto che Mario Chiesa sia stato arrestato di nuovo in questi giorni. Infine, negli anni Settanta c´era una sinistra che oggi manca». Che cosa intende dire? «Che all´epoca esistevano manifestazioni di estremismo ma ad esse rispondeva una politica forte del Pci, del Psi. Pure il Partito radicale fu capace di trasformare la protesta in rivendicazione di diritti civili. Ora questa sinistra è molto meno presente». E gli incidenti alla Statale? «Mi sembra si tratti di scaramucce. Lo stesso penso di altri segnali, come il corteo contro la chiusura del centro sociale Conchetta, un provvedimento che sarebbe stato meglio evitare per non suscitare reazioni. è vero però che la crisi economica è anche crisi di valori. Sta montando una forte tensione, dovuta alla mobilitazione spontanea di soggetti molto diversi tra loro contro ingiustizie palesi, ad esempio i manager liquidati di milioni di dollari. Lo dice anche Obama, che non è socialista». Perfino Forza Nuova è anticapitalista. Il convegno è intitolato "popoli e tradizioni contro banche e poteri forti". «Forza Nuova appare anticapitalista e antiamericana ma nelle sue pubblicazioni è contro i migranti, le donne troppo emancipate, ostenta i valori del cristianesimo tradizionale. Infatti domani (oggi per chi legge) i dirigenti seguiranno la messa in latino. Se si è al fianco di una Chiesa che impone con una perentorietà sconosciuta da decenni ai parlamentari italiani di votare una legge sul non testamento biologico, questo è populismo, non anticapitalismo». Questo miscuglio ideologico può pescare nel disagio diffuso cui lei faceva cenno? «Non verso destra, perché lì c´è già la Lega, un fenomeno populista ben più radicato di Forza Nuova. L´opinione pubblica di sinistra, invece, ha un altro problema: è scarsamente rappresentata. A Milano, negli ultimi 15 anni, la crisi ha prodotto risposte culturali a destra, non a sinistra, da dove non viene nulla di nuovo da tempo. Serve un salto generazionale». Ha citato i centri sociali. «La loro cultura politica guarda agli anni Settanta, è superata. Mobilitarsi solo sul piano dell´antifascismo è inadeguato rispetto alle emergenze attuali». Lei descrive una Chiesa romana conservatrice e aggressiva. Quella milanese com´è? «Tutto l´opposto. Cerca di aiutare chi è più in difficoltà, capisce che dopo tutto questo nemmeno il capitalismo sarà più quello di prima». Per oggi ci sono da temere scontri? «Se non ci fosse il contesto che sappiamo, l´iniziativa di Forza Nuova sarebbe passata inosservata, una manifestazione di libertà del pensiero. Così assume un significato preoccupante e sarebbe stato sensato rinunciare. Ma tutto dipenderà dalle forze dell´ordine. Non ci saranno migliaia di dimostranti come in questi giorni a Strasburgo, se la polizia agirà con saggezza la piazza non si trasformerà in una polveriera. Vanno evitati incidenti come quelli del marzo di tre anni fa in corso Buenos Aires».

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ai giovani del pd chiedo coraggio e unità - claudio martini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina II - Firenze AI GIOVANI DEL PD CHIEDO CORAGGIO E UNITà CLAUDIO MARTINI (segue dalla prima di cronaca) Mai come oggi i giovani sono importanti e decisivi: bisogna ascoltarli con apertura e convinzione. Coraggio. Ai giovani serve anzitutto tanto coraggio, per non abbattersi di fronte alla crisi, alla disgregazione sociale e culturale, alla volgarità dell´ignoranza, alle ingiustizie dilaganti. Gli spazi di rinnovamento ci sono, basta vederli e coglierli. Coraggio significa non accettare l´andazzo, il pensiero unico, il conformismo indotto dal potere di chi ha vinto. Vuol dire andare controcorrente, non arrendersi all´invisibilità, al silenzio e al vuoto intorno alle politiche di illusione e di menzogna. Vuol dire rifiutare la deriva della xenofobia, dell´individualismo assunto come mito, del municipalismo egoistico, del nuovo protezionismo spacciato per amor patrio. Generosità. Questa la seconda parola chiave. I giovani sanno essere generosi, nel volontariato, nei movimenti, in famiglia. Questo senza perdere di vista le ingiustizie profonde del nostro tempo, purtroppo crescenti e sempre più intollerabili. E´ da loro che deve venire la forza e l´indignazione per rilanciare il valore dell´uguaglianza in modi e contenuti diversi dal passato. La politica deve fondarsi sul bene comune, sul rifiuto del voto di scambio e dell´esasperata personalizzazione. L´ambizione personale non deve mai arrivare a danneggiare l´immagine del proprio partito. Unità. E´ soprattutto su questo concetto che mi voglio soffermare. Questa è la parola oggi più preziosa. E per le giovani generazioni deve essere più facile perseguirla. Loro non hanno sulle spalle il fardello delle divisioni del secolo scorso e nemmeno quelle connesse al laborioso parto del Pd. Sono liberi da schemi e correnti, possono portare nel partito la coesione e l´amalgama che ancora manca. Lo spettacolo di disarmonia dell´Unione è purtroppo proseguito, in certa misura, anche nel Pd, creando sconcerto e delusione. E poi c´è chi, da fuori, approfitta delle nostre divisioni. Abbiamo davanti agli occhi uno stridente paradosso: alcuni dicono che nel Pd ci sono troppe anime e troppi contrasti, è impossibile farle convivere, il progetto fallirà (o è già fallito). Altri invece (talvolta gli stessi�) ci spingono ad accentuare queste differenze e contrasti, enfatizzandole e alimentando strumentalmente ogni diversità di opinione, trasformando il confronto in polemiche e sollecitandoci sempre e comunque a competere tra di noi. E così il circolo vizioso si alimenta. Il tema dell´identità e della coesione del Pd richiede invece intelligenza, pazienza, lavoro e fatica. Nulla è scontato, facile, risolutivo. Innovazione e convivenza non sono obiettivi alternativi, possono coabitare nello stesso partito: diciamolo a chi spera e gode nel vederci bisticciare. L´autore è il presidente della Regione Toscana

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Il denaro non nasce sugli alberi (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 ECONOMIA Pagina 41 Il denaro non nasce sugli alberi Il denaro, come spesso si ripete ai bambini, non cresce sugli alberi. Vero: perché una volta con gli alberi si faceva la carta e sulla carta si stampavano le banconote, mentre oggi basta una registrazione elettronica; sicché il denaro, con gli alberi, non c'entra più un bel niente. Però non ha certamente perso d'importanza, e le maggiori banche mondiali (esclusa la Bce) stanno oggi cercando in ogni modo di crearlo dal nulla per rivitalizzare l'economia. L'ultimo metodo che hanno escogitato è detto quantitative easing in inglese e per ora non c'è una traduzione italiana. Vuol dire che dopo aver portato praticamente a zero i tassi d'interesse, le banche centrali si sono messe a comprare dalle banche commerciali i titoli di Stato, dando in cambio moneta corrente. Ciò, secondo gli intenti, ha due conseguenze. Primo, lo stock di titoli di Stato disponibili per il mercato si contrae, il che vuol dire che i prezzi si alzano e i tassi scendono. Secondo, le banche hanno più denaro da prestare e poiché i tassi sono scesi, la platea dei possibili prenditori si allarga. Ne deriverebbe un mondo felice in cui chi ha bisogno di credito lo trova più facilmente e l'economia marcia che è un piacere. What a wondeful world it would be, come dice la canzone - se non fosse che il ragionamento zoppica. Il problema è che le banche devono prestare a chi dà concrete garanzie di usare bene il denaro, altrimenti si riparte con un irresponsabile carosello di denaro facile, del tipo di quello che ci ha portati alle strettezze attuali. E di degni prenditori, nei Paesi sviluppati, c'è una certa scarsità. Le nostre imprese non sono competitive, la differenza nei salari rispetto ai Paesi di recente sviluppo non è più compensata da una supremazia tecnologica. Chi merita il credito non si trova da noi, si trova in Cina, in Brasile, in India. I governanti e i banchieri centrali affetti da keynesismo di ritorno si stanno preoccupando solo della domanda, di sorreggerla e sitmolarla, mentre il problema vero è dal lato dell'offerta. Con il ritiro degli attivi tossici, il sostegno a banche e imprese decotte, il taglio dei tassi e buon ultimo il quantitative easing si guadagna tempo, ma se non si agisce dal lato dell'offerta non si sarà fatto altro che rimandare un futuro crollo ancora maggiore di quello odierno. Dalla crisi finanziaria non si torna indietro: la "normalità" dei primi anni del millennio, in cui i popoli ricchi si facevano prestare da quelli poveri i soldi per consumare più di quello che erano in grado di produrre, non rivivranno mai. Il G20 appenca concluso a Londra potrebbe segnare il primo passo di una lunga marcia verso il buonsenso oppure un'altra ciclopica manifestazione di incompetenza da parte dei Grandi del pianeta. Easing o non easing.  

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Praga blindata per Obama Attesa per il suo discorso (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Praga blindata per Obama Attesa per il suo discorso «Yes we can say not to Us military base». Uno striscione sul ponte delle Legioni, primo assaggio della «marcia degli invisibili» in programma oggi a Praga, per spiegare al nuovo presidente americano che il 70 per cento della popolazione della Repubblica ceca non vuole ospitare un pezzo dello scudo spaziale voluto da Bush. Dopo gli scontri che hanno accompagnato il vertice Nato e il G20 di Londra, Praga ha messo in campo 3000 uomini e blindato il percorso del presidente Obama, arrivato ieri in serata. Viale Evropska, che conduce dall'aeroporto al centro, è sotto chiave, agli abitanti è stato persino consigliato di chiudere le finestre. Il vertice Ue-Usa - in casa di euroscettici - ha un'agenda ampia, protezionismo, nodi della politica estera e cambiamenti climatici. Ma la parte ufficiale della visita rischia di essere oscurata da quella più popolare del discorso pubblico di Obama, dalla piazza del castello. Un enorme palco è stato allestito al centro della fortezza e c'è molta attesa. Migliaia di persone sono in arrivo da tutto il Paese. Secondo anticipazioni, Obama parlerà di «green economy», di come cioè uscire dalla crisi gettando basi per un diverso modo di produrre e di usare l'energia. Ma non è escluso che il presidente americano possa fare qualche accenno anche allo scudo spaziale. Tra i temi all'esame del vertice Ue-Usa, un posto di primo piano sarà invece l'Afghanistan. Ad introdurre l'argomento alla presenza dei 27 e di Obama sarà Berlusconi, con una relazione centrata sui problemi dell'area, Pakistan incluso. C'è solo da augurarsi che non dia in escandescenze alla presenza del presidente Usa e che si ricordi di spegnere il cellulare. Come al cinema.

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PRAGA - : le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari euro (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

PRAGA - «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente PRAGA - «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Per il commissario europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perché se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti. Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in molti settori - ha ammonito Almunia - perché la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono colpite». «Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della difesa e la creazione di posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione. L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in piazza contro la crisi. «Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Ma i ministri si sono occupati anche di questioni prettamente finanziarie. Si prevedono tempi non brevi e modalità ancora da definire per la riforma della vigilanza europea sulle banche che sarà operativa, nel migliore dei casi, non prima della fine del 2010. Dopo la corsa in avanti unilaterale degli Stati Uniti per il varo di regole contabili più flessibili per le banche, l'Europa chiede invece, questa volta all'unanimità, di adeguarsi rapidamente per evitare che le proprie istituzioni finanziarie siano svantaggiate rispetto alle rivali Usa. All'Ecofin i ministri delle finanze dell'Unione, come spiegato dal ministro Tremonti al termine dei lavori, concordano sui principi ma non vanno più in là di un inizio di discussione sulla bozza Larosiere per la riforma della vigilanza. «La discussione è aperta» ha sintetizzato il ministro che di recente ha più volte sottolineato l'importanza di una vigilanza comune europea, affidata magari alla Bce. Una posizione fortemente osteggiata da diversi paesi, primo fra tutti la Gran Bretagna, con divergenze che si sono riproposte fortemente nella giornata di ieri. A chiedere così «risposte rapide e credibili» sono nella conferenza finale il Commissario per gli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Dal canto suo Trichet ribadisce che la Bce è pronta ad assumere un ruolo più forte nell'ambito della vigilanza macro-prudenziale, quella tesa a prevenire crisi sistemiche. L'Ecofin ha comunque apprezzato le decisioni del G20 che, fra l'altro, ha attribuito al neonato Fsb presieduto da Mario Draghi, il compito di coordinare le autorità nazionali sulla vigilanza per le «istituzioni sistemiche» ovvero quelle così diffuse internazionalmente da essere in grado di mettere in crisi l'intero sistema in caso di problemi. L'Europa non vuole rimanere indietro anche sul fronte delle regole contabili dopo che gli Usa hanno annunciato unilateralmente di renderle più flessibili mandando a casa i principi un tempo bandiera del capitalismo. 05/04/2009

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VITTORIA PRISCIANDARO (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

VITTORIA PRISCIANDARO (segue dalla prima pagina) VITTORIA PRISCIANDARO (segue dalla prima pagina) ... La sicurezza non è garantita al cento per cento, come tanti incidenti hanno dimostrato. È vero che importiamo energia dalla Francia e da altri Paesi, ma ci sono anche nazioni come l'Austria che hanno detto no al nucleare. Infine la messa a punto di un piano energetico nucleare richiede tempi lunghi, mentre ci sono altre cose che si potrebbero fare già da adesso e non vengono prese in considerazione». Il nostro Paese partecipa alla cordata per una revisione del protocollo di Kyoto. In generale, come giudica l'operato dei nostri Governi sulle tematiche ambientali? «Ho l'impressione che l'Italia sia come uno studente che non abbia fatto i compiti a casa. Altre nazioni, come per esempio la Germania, si sono mosse verso le energie rinnovabili, sono riuscite a diminuire le loro emissioni di biossido di carbonio, hanno goduto di alcuni risultati anche economici grazie alle loro innovazioni. Purtroppo in Italia questo non c'è stato, è mancata una politica organica. Attualmente, di fronte alla crisi finanziaria e alla recessione in atto, per aiutare le industrie si differiscono le mete che ci si era prefissati, si mette la testa nella sabbia, ma l'urgenza resta. (...). Il problema dell'ambiente è comunque più ampio: manca una controparte politica alla globalizzazione mondiale, le Nazioni Unite hanno poco potere, e le convenzioni sono difficili da rispettare. Così è per Kyoto: occorre che non siano solo dichiarazioni di buona volontà ma anche decisioni esecutive, con sanzioni per chi non le rispetta. Oggi ha la meglio la politica del più forte e anche certe forme di energia vengono utilizzate come forme di pressione politica, perché alcuni Paesi sono dipendenti dalle risorse energetiche prodotte da altri: basti pensare a quanto accade in Ucraina con il gas della Russia. Comunque, il futuro dipende molto anche dagli Stati Uniti, ma le aperture ambientaliste del presidente Obama fanno ben sperare». La tematica ambientale è stata in passato contrapposta all'antropocentrismo cristiano. Un conflitto sanato? «La religione cristiana non è antropocentrica, come dice una vecchia accusa. È invece teocentrica, nel senso che ci riferiamo alla creazione come espressione della carità di Dio. Anche se l'uomo è visto come il coronamento della creazione, è sempre posto in relazione con gli altri esseri creati, che hanno la loro dignità e il loro valore. Fino al Medioevo l'uomo si sentiva inserito in un grande cosmo; poi, con l'era moderna, si è messo al centro del mondo, ha prodotto progresso ma senza rispettare le leggi della natura e si è creata una frattura. Adesso abbiamo due correnti: una panteistica, che vorrebbe ritornare alle religioni primitive, quelle indiane o africane, in cui tutto è sacro e la natura viene quasi divinizzata; e poi un antropocentrismo relazionale, in cui la responsabilità è concentrata sulla persona, libera e in grado quindi di sentire l'urgenza di una conversione ecologica, di cambiare rotta per arrivare alla sostenibilità. Già alla fine degli anni '70 il Papa diceva che la teologia aveva dimenticato la creazione, concentrandosi sulla storia della salvezza, sull'Esodo. Adesso l'esegesi è attenta anche al creato, a quello che Dio ha benedetto e ci ha affidato». Quanto è diffusa tra i cattolici questa sensibilità? «Sulla tematica ambientale negli ultimi dieci anni c'è stata una crescita continua. All'assemblea ecumenica di Graz si era cercato di costituire una Rete europea di responsabili dell'ambiente e nelle Chiese cattoliche, a parte la Germania e i Paesi scandinavi, non c'erano responsabili nazionali né uffici dedicati all'ambiente. Dal '99 al 2004 abbiamo avuto sei consultazioni, convocando un vescovo e un esperto di ogni nazione, e qualcosa è cresciuto. Nel '99 la Cei ha istituto il gruppo di lavoro Responsabilità per il creato, che ha fatto incontri nazionali, pubblicazioni e sussidi per le scuole. Stiamo lavorando perché l'ambiente non sia solo interesse di alcuni teologi moralisti. All'interno della Cei mi impegnerò perché questa dimensione venga accolta da un maggior numero di diocesi e sempre di più approfondita». L'Associazione dei moralisti italiani ha discusso di recente su "Carità e giustizia per il bene comune". Che cosa significa questo slogan in un Paese che difficilmente riesce a ritrovarsi unito? «Il termine "bene comune" non è considerato nelle teorie economiche. Si parte sempre dall'individuo orientato al proprio profitto e si vedono i singoli operatori. L'apporto delle piccole comunità, della famiglia ma anche delle associazioni, non viene tenuto in conto, si ignora il principio della sussidiarietà. Un giudice della Corte costituzionale tedesca diceva che la società liberal-democratica vive di presupposti che essa stessa non può darsi. La solidarietà è necessaria per assicurare la convivenza, il rispetto, le virtù. Il bene di tutti non è garantito da una maggioranza se questa è costituita da egoisti che, attraverso il lobbismo, fanno passare le loro vedute. Lo Stato che si è ritirato e vuole solo regolamentare i rapporti sociali, ha dunque bisogno dell'impegno culturale che nasce dal basso, dalle Chiese, dalle religioni, dalle famiglie, perché tutto questo costruisce il tessuto sociale». La teologia morale viene interpellata dalle tante domande nuove che nascono dalla nostra società. Lei come interpreta questa disciplina? «Il compito della teologia morale è stato descritto molto bene dal Concilio Vaticano II che, al numero 16 del decreto Optatam Totius, dice che la sua funzione è illuminare la vocazione dei cristiani di portare frutti di carità per il bene dell'umanità. Non si tratta dunque di puntare sui peccati, di dare giudizi, ma di aiutare in positivo le persone a sviluppare la vita di fede nel quotidiano. È un duplice compito: verso i fedeli, in aiuto al Magistero della Chiesa, e verso l'umanità intera, proponendo norme universali. Nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Papa ha puntato sul problema della legge morale naturale, che è base comune per tutta l'umanità». È anche sull'interpretazione della legge naturale che il dibattito è acceso... «Per "legge naturale" intendiamo la natura dell'uomo e non quella fuori da lui, non la biologia, la medicina o l'evoluzione. Si tratta di investigare la persona umana, libera, con alcuni tratti che però sono inalienabili. Già la differenza tra maschio e femmina, la malattia, la morte, sono cose comuni a tutte le persone e sulle quali bisogna riflettere. Ci sono alcuni assunti di base, dai quali però non sempre è facile far discendere delle norme concrete. D'altra parte, proprio perché non è detto che ogni cosa debba essere sempre immutabile, è richiesto uno studio continuo. Lo stesso Santo Padre ha più volte invitato i teologi moralisti ad approfondire i problemi della legge naturale. E prossimamente la Commissione teologica internazionale pubblicherà un nuovo documento dedicato proprio alla legge naturale e alla ricerca di un'etica universale». Sono tante le tematiche delicate. Partiamo dalla relazione omosessuale: non può essere vero amore? «L'amore ha diverse forme. Il problema è se questo amore debba trovare un'espressione sessuale. C'è differenza tra l'unione maschio-femmina, da cui nascono dei figli, e il rapporto tra persone di uno stesso sesso. Le quali avranno sicuramente bisogno di una qualche tutela giuridica, che però non può essere definita matrimonio. Penso a un tipo di tutela individuale riguardo l'eredità, la visita ai malati, la casa. Quando si tratta quest'argomento si rischia di fare subito un discorso ideologico, da una parte e dall'altra, ma un "no" su tutti i fronti non penso sia sempre utile. Alcune cose devono crescere in maniera più organica». Che cosa pensa a proposito del dibattito sul testamento biologico? «Ritengo che ci sia una certa politica che vuole utilizzare alcuni casi - come quello di Welby o di Eluana Englaro - per arrivare a determinate conseguenze. Ci sono e ci saranno sempre dei casi limite, ma partire da questi per mobilitare l'opinione pubblica e cambiare le leggi è sbagliato. In alcune situazioni di "coscienza perplessa", ritengo che si debba lasciare l'ultima scelta al medico, se veramente è in buona comunicazione con i familiari. È difficile definire cos'è accanimento terapeutico e cosa no. Il problema è questa giuridicizzazione della medicina che viene importata dagli Stati Uniti: il medico ha sempre paura che gli si possa fare causa e allora applica tutte le terapie possibili. Così l'alleanza terapeutica, il rapporto di fiducia con il paziente, non viene più considerato. Dopo il caso Englaro e le sentenze della Corte di Cassazione e di Appello, anche la Cei si è mossa per dire che ci vuole una qualche legislazione sulla dichiarazione anticipata di trattamento. Il clima attuale del dibattito non mi piace, avrei preferito un maggiore silenzio, come aveva chiesto il cardinale Tettamanzi, e vicinanza ai familiari». Quali priorità si dà come vescovo? «Sono nel mio motto, "Cristo nostra pace". Mi collego al motto del mio predecessore, il vescovo Egger, "Syn" (insieme), e lo allargo a tutte le dimensioni delle società, la giustizia, l'ecologia, i problemi sociali, le nuove sfide. Puntando su Cristo, sul nostro Battesimo. Partiamo da un'identità chiara anche per affrontare la sfida della convivenza e dell'accoglienza, tra italiani, tedeschi, ladini e immigrati». Vescovo e teologo. Come pensa di vivere questo doppio ruolo? «I teologi devono accogliere il Magistero e collaborare con i vescovi. Ma possono anche essere avanti, come profeti che aprono piste che poi il Magistero percorre. A volte abbiamo troppa presenza del Magistero, dichiarazioni un po' precipitose dei vescovi su argomenti che richiederebbero prima un dibattito più approfondito tra i teologi. Occorrerebbe avere degli spazi in cui le cose potessero maturare serenamente, per poi giungere a un pronunciamento del Magistero. In una società mediatica c'è forte pressione a fare esprimere i pastori. Ora dovrò anche considerare la collegialità con gli altri vescovi. E sarà interessante vedere le cose da quest'altro versante». 05/04/2009

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penalizzare le eccellenze sarebbe una politica miope - riccardo varaldo (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

FONDI PUBBLICI IN TEMPO DI CRISI PENALIZZARE LE ECCELLENZE SAREBBE UNA POLITICA MIOPE RICCARDO VARALDO L'attuale crisi finanziaria ed economica, con i suoi connotati di straordinaria gravità, ha reso gli Stati primi interlocutori nella difesa dei sistemi finanziari e nel rilancio dell'economia, oltre che per fronteggiare gli effetti più dirompenti sul tessuto sociale. Il G20 di Londra conferma appieno questa linea che assegna all'intervento pubblico in chiave multilaterale, da gestire con il Fondo Monetario Internazionale e il Financial Stability Board, un ruolo insostituibile per uscire dalla crisi e rendere più sostenibile il processo di globalizzazione. Più Stato, sì ma come L'enormità dei compiti assegnati agli Stati, per restituire solidità ai sistemi finanziari e nel contempo intervenire a fondo nel tessuto economico e sociale, ci fa uscire sempre più dai paradigmi del liberal-capitalismo occidentale con tutto ciò che ne consegue. Si sente un gran bisogno di garanzie per un efficiente ed efficace impiego delle enormi masse di risorse pubbliche che la crisi sta mettendo in campo. C'è in particolare la necessità di dare un ordine di priorità all'impiego delle risorse scarse disponibili, cercando di attivare le migliori potenzialità industriali, con politiche tese a ridare slancio al commercio e agli investimenti internazionali. Le modalità con cui si attueranno interventi di sostegno pubblico a favore dell'economia reale sono destinate ad imprimere un segno decisivo. In assenza di interventi appropriati, sostanziosi pezzi del nostro tessuto industriale ed economico, costituito da una miriade di piccole imprese, rischiano di indebolirsi irrimediabilmente per il repentino declino dell'offerta di credito e l'assenza di un adeguato mercato dei capitali, oltre che per il crescente peso delle distorsioni nazionali nella concorrenza internazionale. D'altro canto, interventi pubblici erronei rischiano di dirottare risorse verso impieghi e interlocutori inefficienti con effetti distorsivi nella selezione delle imprese. E comportano una efficacia ridotta a medio periodo, impegnando risorse pubbliche che generano un carico eccessivo di debito pubblico per le generazioni future. Attenti al merito L'adozione di criteri meritocratici nella politica industriale è sempre un fatto problematico ed oggi sembra quasi una scelta antipopolare. Tuttavia occorre avere il coraggio di non disperdere gli interventi e le risorse altrimenti si rischia di sacrificare il consolidamento e il potenziamento di quelle eccellenze imprenditoriali, presenti nei sistemi produttivi locali, che sono l'asset fondamentale della nostra economia. Occorrono le lenti bifocali per guardare oltre che alla necessità tattica di calmierare gli effetti sociali ed economici immediati della crisi, anche a grandi obiettivi e progetti strategici. Da un lato ciò significa investire importanti risorse pubbliche nei campi strategici delle reti telematiche, dell'energia, dei trasporti e delle materie prime, che alimentano un importante indotto di investimenti e di occupazione e generano esternalità positive a vasto raggio. Dall'altro lato significa avere un'attenzione lungimirante verso il tessuto nervoso del sistema industriale, valorizzando e rilanciando al meglio sia le eccellenze industriali del made in Italy che le meno note eccellenze imprenditoriali del Research in Italy, costituito dalle piccole imprese innovative che vengono incubate dai laboratori di ricerca di eccellenza e da industrie di avanguardia come Finmeccanica, Telecom e Fiat. Le Pmi sono la risorsa Nel quadro tracciato, tre linee di politica industriale assumono un carattere di priorità per il nostro Paese: 1) salvare le eccellenze manifatturiere del Made in Italy e del suo indotto con interventi tesi ad evitare che la stretta creditizia penalizzi le imprese virtuose, che si sono ammodernate, hanno fatto investimenti materiali e immateriali, si sono dotate di capitale umano qualificato, hanno accresciuto la loro apertura internazionale; 2) approfittare della crisi per rafforzare strutturalmente le piccole imprese, incentivando fusioni e aggregazioni e rendendo più solida la loro struttura finanziaria, per renderle meno dipendenti dal credito bancario; 3) compiere sforzi mirati per riequilibrare il nostro modello di specializzazione produttiva e rinnovare il sistema industriale con interventi tesi a sostenere nascita e crescita di imprese innovative create da una nuova generazione di imprenditori con una più avanzata preparazione tecnologica. Questo menù della politica industriale risente della situazione del momento ma vuole creare condizioni e strumenti per guardare oltre la crisi, considerando che questa è destinata ad incidere in profondità e ad esercitare un potente effetto di "distruzione creatrice" alla Schumpeter. E' ormai accertato che in futuro avremo sistemi economici e finanziari, strutture industriali, sistemi imprenditoriali e mercati molto rinnovati. E' un mondo diverso da quello ereditato dal recente passato in cui la leva finanziaria ha esercitato un potente influsso sull'economia reale, nonché sulla crescita della domanda di beni e servizi privati. Il che ha ritardato potenziamento e ammodernamento delle infrastrutture e dell'offerta di beni e servizi pubblici di interesse generale.

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Questa settimana il "Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere della Sera di domeni (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Questa settimana il "Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 29 marzo 2009 Questa settimana il "Premio Polena" per l'articolo più interessante va a Massimo Mucchetti con "Se la Cassa diventa banca delle banche" pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 29 marzo 2009. In tempi di crisi finanziaria si fatica a trovare credito sul mercato. Il Governo tra le misure messe a punto ha così deciso di trasformare la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) in una sorta di investment bank che metterà a disposizone delle piccole e medie imprese la ragguardevole somma di 8 miliardi di euro. L'impressione, scrive Mucchetti, è che il Governo prima parla e solo poi pensa alle conseguenze. La Cdp lavora con il risparmio privato raccolto dal Bancoposta. I buoni postali, sebbene vengano riscattti in media dopo 5-6 anni, sono rimborsabili a vista (non a caso via si applica la riserva obbligatoria come per i depositi bancari). Finora la raccolta è stata impiegata per finanziare la pubblica mministrazione che è per definizione il soggetto più solvibile esistente sul mercato. Ma dal 2009 una parte di questa raccolta andrà alle banche che la gireranno appunto alle pmi secondo il loro merito di credito. L'iniziativa, secondo Mucchetti, pone quattro questioni. Prima questione: come si concilia un'erogazione necessariamente a medio-lungo termine (7-10 anni) con una raccolta formalmente a breve quale è la raccolta postale? Seconda questione: se il risparmio postale costa il 2,5-3%, a quale tasso la Cdp presterà alle banche? Terza questione: la Cdp porrà dei vincoli di tasso e di scadenza al risparmio postale convogliato verso le imprese? Quarta e ultima questione: quale impatto avrà l'assunzione del "rischio banca" sul patrimonio della Cassa? Se pensiamo che la Cdp non è ancora vigilata da Bankitalia (il ritardo nell'emanazione del relativo regolamento è dovuto agli ormai storici contrasti con il ministero dell'Economia) e che essa amministra il risparmio raccolto presso le fasce più indifese della popolazione, il quadro che ne risulta non è propriamente rassicurante. Il testo completo dell'articolo è disponibile su www.ilriformista.it e su www.polena.net. 05/04/2009

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L'altra classe Borghesia van cercando (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'altra classe Borghesia van cercando Potere. Tre libri ripropongono il tema della costruzione di una classe dirigente. Della sua lunga stagione al "Corriere" Ottone ne racconta la mancanza di coraggio. Una responsabilità mai assunta? Intanto ci si auto-analizza attraverso una memorialistica «letteraria e anticonformista». Fino al romanzo di formazione di Fiore, dove il futuro dei figli che dovrebbero comandare un giorno «ha già un movente» di dolore. di Marco Ferrante Nel centenario della nascita di Indro Montanelli, il libro di Piero Ottone appena uscito per Longanesi, Italia mia - il paese che abbiamo sognato e che non c'è, (pag.189, euro 15) farà discutere per i giudizi che l'autore dà della sua stagione al Corriere della Sera che diresse o per la rievocazione della vicenda del titolo del giornale all'indomani dell'attentato delle Br: il nome del giornalista colpito dal commando compariva solo nel sommario, cosa che Montanelli considerò uno sgarbo. Incuriosirà per i suoi giudizi su Gianni Agnelli o per le valutazione su se stesso ragazzo e il fascismo. In realtà questa memoria di 189 pagine contiene un elemento pamphlettistico che scavalca i ricordi personali e - come avverte il sottotitolo - entra nel vivo di un tema controverso, la classe dirigente italiana: «Il nostro vero male è dunque la mancanza di una classe dirigente». La trama del ragionamento è sostanzialmente basata sulla considerazione che la nostra borghesia si è sottratta alle responsabilità di classe dirigente, perché in fondo Ottone sottoscrive l'idea che - a parte qualche eccezione - noi non abbiamo una borghesia disponibile a fare rischiose assunzioni di responsabilità. E del resto la vicenda berlusconiana non è altro che il compimento di un processo naturale di sostituzione della classe politica primorepubblicana già accarezzato da altri, e realizzatosi in concomitanza con il lento suicidio politico che si chiude definitivamente con Tangentopoli. La questione borghese è per l'Italia un dibattito ciclico. Da Tangentopoli in avanti è stata rivitalizzata dall'insorgere di una elitè - di provenienza o di cultura economica - che, nella maggior parte dei casi non persuasa dal berlusconismo, si è affacciata sul crepaccio della politica sempre incerta se fare o non fare il salto. È la storia di Carlo Azeglio Ciampi innanzitutto (l'unica con un percorso compiuto), ma anche di Mario Monti, di Lamberto Dini, Tommaso Padoa-Schioppa, di Luca di Montezemolo, Giulio Tremonti, Domenico Siniscalco, lo stesso Mario Draghi, dei grandi banchieri, a cominciare da Giovanni Bazoli cui Beniamino Andreatta chiese la disponibilità per assumere la leadership del centrosinistra, per finire ad Alessandro Profumo per molto tempo indicato come un futuro leader possibile o Corrado Passera, per il quale la politica, l'impegno pubblico, è già dentro la struttura ontologica della banca per il paese. Dunque, una classe dirigente borghese esiste, è tentata dall'idea di assumere responsabilità non solo tecniche, ma ha pudore della sua soggettività, resta un corpo in ombra, non sa circoscrivere il suo perimetro a partire dalla definizione di sé. Tommaso Padoa-Schioppa (del quale troverete in questi giorni un piccolo volume in libreria sulla crisi finanziaria La veduta corta, il Mulino, 14,00 euro) una volta dette una definizione acuta del sentirsi borghese, come parafrasi di classe dirigente: nel susseguirsi delle generazioni famigliari, borghese - spiegò - è chi non è il primo in famiglia a parlare una lingua straniera. Marta Dassù, direttore di Aspen Institute Italia e della rivista Aspenia ha appena pubblicato una raffinata memoria personale (Mondo privato e altre storie, Bollati Boringhieri, 10,00 euro) che implicitamente, via via che il racconto procede, suggerisce dell'identità borghese altre ipotesi interessanti, significative e sognanti, per certi versi. Anche qui essere borghesi significa praticare una leggera esterofilia («La mamma decise definitivamente che la scuola italiana - il suo altrove si estendeva all'intera nazione, avrebbe voluto essere inglese - era uno schifo»), ma significa soprattutto essere sportivi, leggermente anticonformisti, praticare discussioni sulla letteratura e su questa dividersi: «Il Falcone maltese me lo aveva regalato il papà: per lui, che tornava a casa verso le sette di sera e si versava un doppio whisky, Hammett era meglio di Chandler. Per me è sempre stato l'opposto. Per lui che giocava alla sala corse di via Faentina, Dostoevskij era meglio di Tolstoj. Per me è sempre stato il contrario: ho letto "Guerra e pace" sotto il banco in seconda liceo». Da questo punto di vista - l'assiduità con i libri - essere borghesi, e da qui proiettarsi in una dimensione di classe dirigente, significa anche preservare la memoria e concettualizzarla in una forma letteraria. Questo è tipicamente italiano. E Marta Dassù si iscrive a quella categoria di memorialisti italiani, che fermano, in una forma che non è quasi mai romanzo, una precisa dimensione sociale. La lista è lunga e diseguale: va da Iris Origo ad Antonio Delfini, da Cesare Garboli a Carmelo Samonà, eccetera eccetera. Naturalmente il rapporto tra la dimensione borghese dell'esistenza e quella dell'assunzione di responsabilità di classe dirigente si declina in molti modi diversi, non solo la continuità generazionale, ma anche il progresso personale, la formula del riscatto della volontà, cioè Martin Eden e il romanzo di formazione come ascesa individuale. In questi giorni l'editore Minimum fax ha pubblicato il romanzo di un semiesordiente Peppe Fiore del tutto esplicito sin dal titolo: La futura classe dirigente. L'accoglienza è stata eccellente, il libro è spiritoso e malinconico. C'è un signore, un ingegnere, che viene intervistato in una inchiesta televisiva e parla dei suoi figli e di uno dice: «Fa l'archeologo. Conduce quotidianamente le sue battaglie perse con assessori, piani regolatori, autorizzazioni municipali e attraverso l'inutilità del suo essere archeologo io scopro ogni giorno di più l'inutilità di essere italiano. Ormai tutti e due parliamo pochissimo. Eppure a volte, solo a volte, io ho l'impressione di sentire uno spiffero del dolore che provano». Candidando così il dolore attuale dei figli, la futura classe dirigente, a un'ipotesi di movente. 05/04/2009

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Effetto domino: anche i proprietari in difficoltà (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Effetto domino: anche i proprietari in difficoltà --> Domenica 05 Aprile 2009 CRONACA, pagina 16 e-mail print La crisi della casa colpisce anche i piccoli proprietari La crisi non risparmia neppure i piccoli proprietari immobiliari. Anzi, con l'impennata del numero degli sfratti, di cui l'80% del totale per morosità, sembra aumentare anche il numero dei piccoli proprietari in difficoltà. A lanciare l'allarme è Gaetano D'Andrea, presidente dell'Associazione piccoli proprietari immobiliari (Asppi) di Bergamo, che parla di un aumento dei casi in cui gli inquilini, sfrattati per morosità, grazie alla concessione di diversi rinvii, continuano a rimanere nell'appartamento che avrebbero dovuto lasciare libero a seguito del mancato pagamento dell'affitto. Questo in attesa che gli enti locali assegnino loro una casa popolare idonea. Assegnazione che in realtà, soprattutto negli ultimi tempi, richiede spesso dei tempi lunghi. La conseguenza è che i proprietari dell'appartamento, i quali spesso devono sostenere le rate del mutuo contratto per l'acquisto dell'abitazione, non solo non percepiscono la cifra pattuita per l'affitto, ma non possono neppure affidare l'appartamento a un altro inquilino. Casi di questo tipo a Bergamo e provincia sembrano essere aumentati a dismisura negli ultimi tempi: complice la crisi finanziaria e il conseguente aumento degli inquilini morosi, il numero dei piccoli proprietari di immobili che si ritrovano in situazioni di questo tipo avrebbe subìto un aumento del 15% da settembre a oggi. E i protagonisti sarebbero sempre più frequentemente i cittadini stranieri, «i primi a sentire gli effetti della crisi», come spiega D'Andrea, il quale cita il caso di un cittadino marocchino che, grazie ad una serie di rinvii, continua a rimanere nell'appartamento da cui è stato sfrattato da ormai due anni: «In questo caso l'inquilino, un marocchino che vive con la moglie e i due figli in un Comune dell'hinterland - spiega D'Andrea - ha ottenuto tre rinvii e non è escluso che ne possa ottenere ancora. Il problema sta nel fatto che questo cittadino è entrato in graduatoria per l'assegnazione di una casa popolare. Ma il Comune, messo alle strette dal Patto di stabilità, in realtà non ha più potuto costruire alloggi. Finché non troveranno un'abitazione ritenuta idonea l'inquilino potrebbe continuare a rimanere nell'appartamento». A farne le spese in questo caso è il titolare: «In pratica il proprietario dell'abitazione si ritrova a doversi assumere un onere che in realtà non è del privato ma del pubblico. Questo con gravi conseguenze per i titolari degli immobili: parliamo di persone che hanno investito denaro o contratto mutui per acquistare un appartamento e che in casi di questo tipo si trovano in difficoltà». Una situazione che stando ai dati rilevati da Asppi sta diventano sempre più preoccupante in quanto molto spesso lascia i proprietari senza possibilità di scelta: «Nel caso in cui i proprietari debbano ancora finire di pagare le rate del mutuo - conclude D'Andrea - succede che l'unica soluzione è quella di vendere l'appartamento». De. Ci. 05/04/2009 nascosto-->

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Europa, timori per i lavoratori Tremonti: tenerli in fabbrica (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Europa, timori per i lavoratori Tremonti: tenerli in fabbrica --> Il ministro: «La Cgil? Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è» La questione sociale preoccupa l'Ecofin: la tensione sale in molti Paesi Domenica 05 Aprile 2009 GENERALI, pagina 9 e-mail print PRAGA«Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia Giulio Tremonti sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, la Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet. Parola d'ordine: non licenziare Per il commissario europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perché se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti. Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in molti settori - ha ammonito Almunia - perché la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono colpite». Le imprese strangolate dalla stretta del credito, infatti, sono sempre più costrette a prendere drastiche decisioni sul fronte occupazionale. «Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della difesa e della creazione di posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione. L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in piazza contro la crisi. «Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Poi si dice d'accordo sul fatto che sul fronte occupazionale «è meglio prevenire che curare» e che è certamente «meglio tenere i lavoratori in fabbrica piuttosto che mandarli via, e magari non tornano più». Il ministro ribadisce quindi come il bilancio statale in Italia contiene «fondi impressionanti che vengono fuori di volta in volta» e che possono essere spostati a favore della spesa sociale. «Uscire dalla crisi? Con Silvio» Per uscire dalla crisi, Tremonti comunque «non ha dubbi» e giudica Berlusconi più affidabile del segretario del Pd, Dario Franceschini. Parlando a margine dei lavori dell'Ecofin di Praga Tremonti si è chiesto: «Chi vi dà più tranquillità per uscire dalla crisi? Berlusconi o Franceschini? Io non ho dubbi e scelgo Berlusconi». Un altro tema toccato dal ministro dell'Economia alla fine dei lavori dell'Ecofin è atato quello del fisco. I dati sulle dichiarazioni fiscali 2007 pubblicati venerdì si riferiscono «al 2006», quando c'era il governo Prodi, puntualizza Tremonti, che contesta così l'allarme «di una parte dell'opposizione che sostiene che i dati indicano un aumento dell'evasione fiscale». Quindi, sostiene ancora il ministro, «parlare di evasione fiscale in questi termini è irresponsabile perché è un incentivo all'evasione». «L'evasione fiscale - conclude il ministro dell'Economia - è oggi da parte dell'opposizione l'evasione dalla realtà e dalla verità». Ugo Caltagirone 05/04/2009 nascosto-->

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La banca che va bene? Quella dei poveri (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

La banca che va bene? Quella dei poveri --> L'economista bengalese che ha fondato la Grameen Bank: prestiamo soldi a persone ritenute insolvibili Recuperiamo il 98% dei crediti, poggiamo sull'economia reale: dietro ogni dollaro si sono polli e capre Domenica 05 Aprile 2009 GENERALI, pagina 13 e-mail print L'economista bengalese Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri», ha parlato a Milano, su invito del presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, della crisi economica, a partire dal suo particolare osservatorio della Grameen Bank, l'istituto di credito che fa piccoli prestiti a persone indigenti e ritenute insolvibili dal sistema bancario tradizionale. Prima della conferenza ha incontrato i giornalisti. Cosa pensa della crisi in corso? «Quindici anni fa era già chiaro che qualcosa non funzionava. Trentatré anni fa, in un villaggio del Bangladesh, tentai di convincere le banche a finanziare gli artigiani e i contadini e rifiutarono, perché non li ritenevano solvibili. I poveri si sono rivelati debitori più affidabili dei ricchi. Oggi mi chiedono come fa a funzionare la Grameen Bank, visto che abbiamo sfidato tutte le regole, abbiamo fatto esattamente l'opposto. Ha funzionato perché io non sapevo niente di tecniche bancarie. Ho potuto pensare con la testa fresca, senza sentire l'obbligo di seguire sentieri già tracciati. Ho usato solo il buonsenso, una cosa che hanno tutti. Abbiamo creato una banca perché le banche tradizionali non volevano aiutarci e ci siamo sempre sentiti ripetere che non potevamo durare». Invece, con alti e bassi, l'idea del microcredito si è affermata. Ma adesso la Grameen Bank non rischia di essere travolta dalla situazione mondiale? «La Grameen punta sulle donne povere, sono il 97% degli 8 milioni di clienti in Bangladesh, dove prestiamo un milione di dollari al mese. Non abbiamo aiuti dal governo, tutto il denaro è movimentato dalla gente. Il sistema di credito è molto localizzato, ognuna delle 2600 filiali si arrangia a muovere e recuperare il denaro nella sua zona. Non ci sono depositi trasferiti dalla centrale. É così da quando l'abbiamo fondata. Siamo molto vicini all'economia reale: dietro ogni dollaro ci sono polli, cesti, frutta, capre... non c'è carta. Siamo molto terrra terra. L'impatto della crisi per il momento non ci ha toccato». I poveri sono più affidabili di Madoff? «Recuperiamo il 98,32% dei crediti, dal 1995 stiamo in piedi da soli senza donatori, depositi e risorse sono sufficienti a coprire i prestiti. E il 65% dei clienti ha attraversato la soglia della povertà». I suoi critici sostengono che il credito è solo una delle molle economiche e che la microfinanza ha i suoi incerti. «È vero. Accanto al microcredito facciamo altro: per esempio mandare i bambini a scuola con prestiti appositi per pagare le rette. Abbiamo introdotto delle borse di studio per i migliori e adesso abbiamo una generazione di medici, ingegneri, avvocati e insegnanti che per se stessi e le loro famiglie possono rompere la catena della povertà intergenerazionale. Sono le madri, quasi sempre analfabete, e non per loro scelta, che appena hanno la possibilità spediscono i figli a scuola e guai se non studiano. Tutto quello che abbiamo dovuto fare per creare una generazione nuova è stato di aprire una banca e accompagnare i loro sforzi». Che succede ai poveri in tempi di crisi? «Questa crisi finanziaria è partita da un paese preciso, dove molti stanno perdendo denaro o case, ma molti milioni di persone soffriranno e più sono povere e più soffriranno, perché perderanno lavoro e cibo. Il sistema economico funziona così, sei associato alle crisi più che ai vantaggi. E questa crisi non è l'unica: nel 2008 sono partite anche quella alimentare, quella energetica, quella ambientale e sono tutte connesse, non vanno affrontate in modo separato. Eppure tutte le altre crisi sono scomparse dai giornali, campeggia solo la crisi finanziaria. Per un po' i prezzi scenderanno, ma poi? Se è il sistema che è responsabile della povertà, allora bisogna cercare la risposta nel sistema che è fatto di istituzioni, politiche, concetti». I ricchi sentono la crisi delle banche, i poveri quella del lavoro? «Solo un terzo della popolazione mondiale è servito dalle banche convenzionali, gli altri due terzi non esistono. Così, ora che c'è la crisi e con i canali finanziari in secca le banche cessano i servizi finanziari, i due terzi del mondo non non ne risentono, perché si tratta di servizi dei quali comunque non hanno mai potuto godere». Lei sostiene che la povertà dipende dal capitalismo? «Sostengo che molti problemi del mondo, compresa la povertà, derivano da un'interpretazione troppo ristretta del mercato e del profitto: che il mercato si autoregoli, che il profitto sia l'unico obiettivo di un imprenditore, che la ricerca di ricchezza per sé porti a meravigliosi risultati collettivi. Come se gli uomini d'affari fossero isolati da ogni contesto, emozione, dimensione esistenziale al di fuori del denaro da guadagnare. Ma non siamo uomini unidimensionali». Sarà, ma quel che si vede in questi mesi è proprio tutto legato al profitto individuale. «E infatti il sistema sta crollando. Perché non possiamo pensare a due tipi di profitto, che portino a due tipi di affari, non necessariamente in contrasto fra loro? Uno massimizzerà il profitto, l'altro massimizzerà il profitto sociale. Se fai assistenza, il tuo denaro non torna indietro. Se fai affari sociali, il tuo denaro torna indietro dopo che è servito allo scopo. Non guadagnerai soldi, per quello serve l'economia del primo tipo che massimizza il profitto. Ma non li perderai nemmeno e guadagnerai in benessere collettivo. Che non è poco, perché più gente sta meglio, più sicuro vivi anche tu, più il mondo è stabile. E il tuo denaro che ritorna indietro può servire molte volte a creare affari sociali se tu vuoi. Gli investitori in un affare sociale potranno avere indietro i loro soldi, ma non i dividendi che saranno reinvestiti nel progetto». É quello che in Italia si chiama Terzo Settore, privato sociale. Organizzazioni come le mutue, le banche popolari di un secolo fa partirono su presupposti di questo tipo e funzionarono. «Infatti, se non c'è perdita, un affare sociale funziona. Un altro modo di fare business sociale è di creare un'impresa che fa profitto, ma con un azionariato di poveri. La Grameen Bank ha clienti che sono anche azionisti poveri. Oppure ci possono essere imprese, per esempio ospedali privati, che fanno pagare tariffe diverse a poveri e ricchi dando le stesse cure. O, ancora, là dove ci sono donatori, le donazioni si possono trasformare in investimenti per creare un'impresa che realizzi l'opera, ma i cui azionisti siano i poveri». Sembra troppo semplice. «Noi abbiamo creato due imprese di questo tipo: uno yogurtificio in joint venture con la Danone che fabbrica yougurt vitaminizzato per i bambini del Bangladesh che viene venduto a un prezzo molto basso. E anche i contenitori non sono di plastica, ma di un amido commestibile in modo che si usi tutto, come con il cono gelato. L'altra è una clinica oftalmica che opera le cataratte e a prezzi differenziati, 10.000 interventi l'anno. La Danone è stato il primo grosso investitore sociale... quando ho spiegato la cosa e han detto sì, pensavo non avessero capito bene e ho ricominciato da capo a spiegare. Invece avevano capito, ci hanno creduto, ci hanno aperto la strada per altre partnership. Un'altra azienda è la Grameen Watercompany. In Bangladesh milioni di bambini bevono acqua all'arsenico, acqua inquinata. Vendiamo un litro d'acqua per 4 penny, di solito una bottiglia costa un euro. Non ci facciamo profitto, ma andiamo in pareggio. Quando si tratta di aziende, qualcuno mi chiede se non mi sento usato. Può darsi, ma sono qui per essere usato, se significa portare avanti il business sociale». Però ci vuole il donatore. «L'investitore sociale. Potremmo avere una borsa che tratta solo azioni di imprese sociali, costruita con tutti gli strumenti necessari: rating, terminologia, misurazione degli impatti, manager esperti... che so, un Social Wall Street Journal!». I poveri sanno gestire le cose complesse o hanno sempre bisogno di un aiuto esterno? «La povertà non è creata dai poveri, ma dal sistema, è artificiale, non naturale. Non si può biasimare la gente per la sua situazione. Se prendi un albero e lo metti in in un vaso con poca terra, dove non può sviluppare le proprie potenzialità, resterà un bonsai. I poveri sono gente bonsai, il credito dà loro la possibilità di svilupparsi. Qualcuno diventerà una quercia e qualcuno un arbusto. Ma questo capita a tutti no? La società è ancora così meschina da negare opportunità al 60 % della popolazione mondiale». L'uomo è egoista. «È questo il punto. Se si incorpora nella teoria economica questo, che gli uomini non sono solo egoisti, cambia tutto. Il concetto ristretto di affari nasce dal presupposto che gli uomini siano egoisti. È vero, lo siamo perché questo ci difende, ci permette di vivere. Ma negli uomini coesistono le due grandi forze dell'egoismo e dell'abnegazione e a volte la seconda è perfino più forte della prima. In ogni caso ci sono entrambe e quindi l'economia deve tener conto di entrambe queste spinte, non solo di una». La tecnologia può aiutarci a uscire dalla crisi? «La tecnologia e la creatività che abbiamo a disposizione possono risolvere moltissimi dei nostri problemi. Se non avviene è perché queste due grandissime risorse vengono indirizzate solo a fare denaro, non a "fare" benessere e qualità della vita. È un concetto di guadagno più allargato. Per esempio, nessuno al mondo dev'essere senza scarpe: abbiamo sfidato Adidas a progettare una scarpa a un dollaro. A volte le cose non si inventano perché nessuno le chiede. È stimolante anche per i progettisti. In Germania abbiamo avviato un progetto contro la malaria, la Volkswagen sta progettando un mezzo di trasporto economico con un motore che possa essere usato anche per pompare, o generare elettricità...un motore multiuso. Occorre andare alla radice dei problemi e avere uno sguardo diverso». Sta nascendo un progetto Grameen anche in Italia: sarà una banca? «Non sarà una banca ma sarà una struttura indirizzata a creare e sostenere lavoro autonomo, perché il lavoro dipendente è destinato a diminuire». Le rimesse degli immigrati che nesso hanno con il social business per creare sviluppo? «Nel mio libro dei sogni ho messo un mondo senza visti né passaporti. Parliamo sempre del villaggio globale, ma quando si tratta di visti, il villaggio ce lo dimentichiamo. Con meno separazione avremo meno difficoltà. Possiamo usare le rimesse per creare imprese sociali per chi arriva e deve sistemarsi, possiamo usarle per aiutare i paesi d'origine, le due cose vanno fatte insieme. La gente disperata si muove comunque. Bisogna dare una speranza per fermarla» Torniamo alla crisi: sarà dura come dicono? «Sarà una crisi terribile, ma abbiamo anche l'opportunità di guardare oltre e creare un sistema completamente diverso, proprio perché siamo nell'occhio del ciclone. Questa opportunità viene trascurata nel dibattito pubblico. Invece, si cambia proprio quando le cose vanno male. A volte non è più possibile aggiustare l'auto vecchia, bisogna comprarne una nuova... Questo è il nostro momento e la nostra opportunità, altrimenti torneremo al vecchio sistema e ripeteremo gli stessi errori e avremo gli stessi problemi ciclicamente. Se restiamo all'interno del sistema e del ragionamento solito, le regole non serviranno. Meglio smontare tutto e riutilizzare gli stessi elementi ma in un modo diverso, per avere un risultato diverso. In economia è venuto il momento di cambiare macchina... dobbiamo arrivare a un sistema finanziario inclusivo, anche i poveri e i mendicanti devono aver accesso ai servizi. Il microcredito per esempio deve essere fatto rientrare nel sistema finanziario. Un sistema economico dove crescono non i rischi ma la sicurezza, non l'inquinamento ma il recupero dell'ambiente per noi e i nostri figli. Oggi possiamo farlo, se usiamo le energie e le idee per questo sforzo. Dobbiamo discutere tutti i giorni su quello che vogliamo riprogettare e perché». Dopo la Grameen Bank ha un altro sogno? «Lasciare alla prossima generazione un mondo più sicuro e più pulito, un mondo meno povero, il mio sogno è che la povertà si vada a vedere nei musei, per capire cos'era». Susanna Pesenti 05/04/2009 nascosto-->

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dal nostro inviato CERNOBBIO (Como) Il 2009 ormai è perso... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 Chiudi CLAUDIA GUASCOdal nostro inviato CERNOBBIO (Como) Il 2009 «ormai è perso», la questione è «se e quando nel 2010 la situazione migliorerà». Jacob Frenkel è un banchiere di vasta esperienza che di crisi ne ha viste tante, ma anche lui di fronte a questo crollo ha bisogno di raccogliere le idee. Presidente del G30, il gruppo di "supersaggi" dell'economia, è stato ai vertici dell'Fmi e governatore della banca centrale d'Israele dal '91 al 2000. Da economista dice: «Il 50% delle sfide sta nell'identificare il problema e nell'indirizzare le soluzioni». E da esperto dei mercati aggiunge: «Poi bisogna vedere come viene attuata la fase operativa. Personalmente ritengo che se le misure politiche e le decisioni assunte dal G20 verranno implementate, possa esistere una buona opportunità di un'inversione di tendenza l'anno prossimo». Quali sono gli indicatori che ci possono confortare su una possibile ripresa? «Le previsioni si basano sulla supposizione che le riforme in tema di regolamentazione e di supervisione siano effettivamente adottate, così come il pacchetto di stimoli già approvato. Un fattore importante è che la crisi attuale è di fiducia. I mercati sono diventati disfunzionali e il credito non è stato ampliato, in tutto il mondo le banche centrali sono state impegnate nell'espansione della loro politica monetaria mentre i governi si sono concentrati sull'espansione delle politiche fiscali. Se da un lato queste azioni erano necessarie, dall'altro non è stato abbastanza. Perché accanto a ciò sarebbe stato indispensabile rafforzare i regolamenti e le attività di controllo sugli istituti finanziari che operano nei mercati dei capitali». A questo proposito il G20 ha fissato paletti importanti. «Gli interventi possono essere suddivisi in due tipologie. La prima riguarda la trasparenza dei mercati finanziari, fondamentale per poter valutare concretamente i rischi. C'è un consenso generale sul fatto che buona parte di questa crisi derivi proprio dal fallimento della gestione dei rischi. La seconda tipologia è contabile, ovvero bisogna fare in modo che i report finanziari siano una fotografia della realtà, che la riflettano e non la distorcano. E molto opportunamente nel rapporto del G20 è stato deciso di ridurre il livello di prociclicalità in tema di standard contabili. Oggi quando le cose vanno male vengono mostrate peggio di quello che sono, quando vanno bene si presentano ancora meglio. Ecco, questa visione irrealistica è pericolosa e va impedita». La crisi però è stata innescata anche dall'abuso della leva finanziaria. «E' cosa certa che i mercati si siano resi troppo vulnerabili, portando la leva finanziaria a livelli irragionevoli. Ma non è possibile costruire un edificio di tanti piani su fondamenta deboli, se si toglie un mattone la casa crolla. E ora siamo di fronte a una crisi globale, che ha avuto sugli Usa un impatto più evidente rispetto agli altri Paesi poiché in diverse occasioni le banche in Europa si sono dimostrate più attente nell'esporsi a rischi eccessivi. Vero però che quegli istituti che si sono avventurati nell'acquisto di prodotti esotici ne hanno pagato le conseguenze a caro prezzo».

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DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Metropolitana)" del 05-04-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero, Il (Ostia)) (Messaggero, Il)

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 Chiudi di ROMANO PRODI DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevano creato. Non nel caso del recente G20. La crisi economica che sta colpendo davvero tutti ha spinto infatti verso una saggezza collettiva che da qualche tempo non si vedeva. Questa volta la paura è stata una saggia consigliera. Non che siamo di fronte a decisioni già completamente operative, ma è certo cominciato un cammino nella giusta direzione. Cerchiamo ora di riassumere i passi di questo cammino.Il primo passo è naturalmente l'impegno di operare con maggiore rigore nel riattivare la crescita e nel creare posti di lavoro. Anche se le cifre prospettate per questo obiettivo non trovano evidentemente ancora riscontro nelle decisioni concrete dei governi, l'impegno nel favorire una ripresa globale è chiaro e da tutti condiviso. Il secondo passo, già più concreto e delineato in termini operativi, è quello dell'introduzione di nuovi interventi per la regolamentazione dei mercati finanziari. È stato infatti deciso di creare una struttura (chiamata Financial stability forum) con il compito di estendere a livello mondiale la regolamentazione e la sorveglianza dei mercati finanziari, a partire dagli strumenti che, con la loro incontrollata espansione, sono stati alla base della presente crisi. Vi sono due corollari di questa decisione che, messi in atto seriamente, possono davvero rendere più difficili future crisi mondiali. Il primo corollario è l'azione contro i paradisi fiscali, che sono stati il combustibile che ha alimentato il fuoco della crisi finanziaria. Il secondo è l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per anni il funzionamento dei mercati e reso impossibile accordi sulla trasparenza anche all'interno dell'Unione Europea. Una terza decisione riguarda la comune volontà di tutti i Paesi del G20 di rinunciare alle misure protezionistiche e di impegnarsi a chiudere al più presto i negoziati di Doha sulle nuove regole del commercio internazionale. Anche questo può sembrare un fatto tecnico ma è invece un contributo di importanza enorme per uscire dalla crisi in modo ordinato. Ed è ancora una volta da sottolineare che questo è stato possibile perché intorno allo stesso tavolo sedevano sia i grandi Paesi ricchi che le nuove potenze emergenti come Cina, India e Brasile. Era stato infatti soprattutto il conflitto fra Paesi ricchi e Paesi emergenti che aveva in passato bloccato questa trattativa. È inoltre di importanza vitale l'impegnarsi (come è stato solennemente dichiarato) a non ricorrere a svalutazioni competitive delle monete ma di agire in questo campo in modo cooperativo e responsabile. Come osservavo in precedenza non si tratta ancora di decisioni immediatamente esecutive ma dell'inizio di un processo di riforme veramente globali. A cui si aggiunge (in questo caso con una decisione già operativa) un ingente aumento di quattro volte delle risorse a disposizione del fondo monetario internazionale per l'aiuto ai Paesi in difficoltà e per ricostruire le condizioni di crescita nei Paesi emergenti. Ed è a questo proposito da rilevare la grande importanza che il comunicato del G20 ha riservato alla dimensione umana della crisi nei Paesi più poveri e all'impegno prioritario e specifico nei confronti dell'Africa Subsahariana. Speriamo che finalmente si faccia qualcosa nei tempi e nei modi dovuti. Non è semplice a questo punto stabilire a chi attribuire il merito di questi risultati migliori del previsto, perché essi non sono mai esclusivi di nessuno. Un paio di risoluzioni in materia sono tuttavia necessarie. In primo luogo Obama ha mostrato non solo una forte leadership personale ma una capacità di dialogo che mancava all'amministrazione precedente. E questa leadership si è puntualmente incontrata con una capacità di direzione e coordinamento insieme tecnico e politico che porta da parte di un Gordon Brown, in cui le capacità personali si fondono con una forte tensione etica. L'ultimo e forse più importante aspetto da mettere in rilievo è che le decisioni (buone o cattive che siano) possono essere prese solo da un organismo, come il G20, che rappresenta davvero i vecchi e i nuovi protagonisti della politica mondiale. Posso infatti testimoniare che già da parecchi anni nelle riunioni del G8 emergeva in modo sempre più chiaro la difficoltà di prendere decisioni senza che attorno al tavolo sedessero la Cina, l'India e il Brasile. La riunione del G20 è una conferma, fortunatamente in positivo, di questo inarrestabile cammino della storia. Non resta che prenderne atto e trarne le dovute conseguenze.

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DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevan... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Ancona)" del 05-04-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero, Il (Pesaro)) (Messaggero, Il (Civitavecchia)) (Messaggero, Il (Umbria)) (Messaggero, Il (Latina)) (Messaggero, Il (Abruzzo)) (Messaggero, Il (Frosinone)) (Messaggero, Il (Viterbo)) (Messaggero, Il (Rieti))

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 Chiudi di ROMANO PRODI DI SOLITO i grandi vertici mondiali finiscono col deludere le aspettative che essi stessi avevano creato. Non nel caso del recente G20. La crisi economica che sta colpendo davvero tutti ha spinto infatti verso una saggezza collettiva che da qualche tempo non si vedeva. Questa volta la paura è stata una saggia consigliera. Non che siamo di fronte a decisioni già completamente operative, ma è certo cominciato un cammino nella giusta direzione. Cerchiamo ora di riassumere i passi di questo cammino.Il primo passo è naturalmente l'impegno di operare con maggiore rigore nel riattivare la crescita e nel creare posti di lavoro. Anche se le cifre prospettate per questo obiettivo non trovano evidentemente ancora riscontro nelle decisioni concrete dei governi, l'impegno nel favorire una ripresa globale è chiaro e da tutti condiviso. Il secondo passo, già più concreto e delineato in termini operativi, è quello dell'introduzione di nuovi interventi per la regolamentazione dei mercati finanziari. È stato infatti deciso di creare una struttura (chiamata Financial stability forum) con il compito di estendere a livello mondiale la regolamentazione e la sorveglianza dei mercati finanziari, a partire dagli strumenti che, con la loro incontrollata espansione, sono stati alla base della presente crisi. Vi sono due corollari di questa decisione che, messi in atto seriamente, possono davvero rendere più difficili future crisi mondiali. Il primo corollario è l'azione contro i paradisi fiscali, che sono stati il combustibile che ha alimentato il fuoco della crisi finanziaria. Il secondo è l'azione per superare l'abitudine (comune anche ai Paesi europei sia al di qua che al di là del canale della Manica) di fare concorrenza agli altri adottando regole più permissive. Questi due corollari potrebbero sembrare esclusivamente tecnici ma la concorrenza nel fisco e nella permissività delle regole ha avvelenato per anni il funzionamento dei mercati e reso impossibile accordi sulla trasparenza anche all'interno dell'Unione Europea. Una terza decisione riguarda la comune volontà di tutti i Paesi del G20 di rinunciare alle misure protezionistiche e di impegnarsi a chiudere al più presto i negoziati di Doha sulle nuove regole del commercio internazionale. Anche questo può sembrare un fatto tecnico ma è invece un contributo di importanza enorme per uscire dalla crisi in modo ordinato. Ed è ancora una volta da sottolineare che questo è stato possibile perché intorno allo stesso tavolo sedevano sia i grandi Paesi ricchi che le nuove potenze emergenti come Cina, India e Brasile. Era stato infatti soprattutto il conflitto fra Paesi ricchi e Paesi emergenti che aveva in passato bloccato questa trattativa. È inoltre di importanza vitale l'impegnarsi (come è stato solennemente dichiarato) a non ricorrere a svalutazioni competitive delle monete ma di agire in questo campo in modo cooperativo e responsabile.

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dal nostro inviato CERNOBBIO - Intesa Sanpaolo e Unicredit fanno irruzione su... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 Chiudi dal nostro inviato CERNOBBIO - Intesa Sanpaolo e Unicredit fanno irruzione sui mercati, candidandosi a diventare un player alternativo non solo a Borsa spa, ormai di proprietà assoluta di Lse, la borsa inglese, ma anche a Deutsche Bourse e Euronext. Tlx, la Società-Mercato, controllata al 50% da Banca Imi, investment bank di Intesa e al 50% da Unicredit, che organizza e gestisce mercati per la negoziazione telematica di strumenti finanziari, si prepara a cambiare pelle. La settimana scorsa, secondo quanto ricostruito da Il Messaggero a latere del Workshop Ambrosetti, i due soci bancari avrebbero definito i nuovi patti parasociali per disciplinare il controllo congiunto, propedeutici al nuovo modello di business tendente ad aprire le porte a tutti gli intermediari, non solo a Intesa e Unicredit. Tlx non sarà quindi più una società captive, ma vuole diventare un vero operatore di mercato. Quindi concorrente diretto di Borsa italiana, di cui Intesa e Unicredit sono state tra le banche principali azioniste all'epoca della privatizzazione nel '98. Ad ottobre 2007 Piazza Affari si è integrata col London Stock exchange e nell'operazione i principali soci italiani sono diventati azionisti della holding con sede a Londra: Unicredit possiede il 5,57%, Intesa il 5,23%. Ma ormai nella governance del nuovo polo europeo gli equilibri si sono spostati, specie dopo il blitz di metà febbraio che ha portato alla nomina di Xavier Rolet, un ex Lehman, alla carica di amministratore delegato, al posto di Massimo Capuano che, in base all'agreement stipulato all'epoca delle nozze, avrebbe dovuto sostituire Clara Fourse. Tutto questo fa da sponda a una svolta storica favorita comunque dalla normativa Mifid che due anni fa ha rivoluzionato le piattaforme per la negoziazione degli strumenti finanziari. In più questi operativi alternativi nascono - anche alla luce della crisi finanziaria mondiale - con la finalità di ridurre al massimo i costi del trading. Per cambiare pelle Tlx si doterà di un nuovo modello di business ormai definito. E per iniziare la nuova vita, è in attesa delle autorizzazioni della Consob, di Bankitalia e dell'Antitrust europeo necessari in relazione al nuovo modello organizzativo. r. dim.

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dal nostro inviato CERNOBBIO - Gli industriali protestano perchè... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 05 Aprile 2009 Chiudi ROSARIO DIMITOdal nostro inviato CERNOBBIO - Gli industriali protestano perchè i rubinetti delle banche li lasciano a secco. I banchieri ribattono: non è vero, sono aperti. Il governo per trovare una soluzione specie alla luce della tempesta finanziaria, ha coniato i Tremonti bond per foraggiare le imprese (e le famiglie bisognose) attraverso il rafforzamento delle banche. Ma una indagine sui bilanci curata da Mediobanca e Unioncamere spiega che lo spauracchio paventato dal mondo industriale è marginale: solo lo 0,9% delle richieste di finanziamento non è stato esaudito o gli istituti hanno messo al rientro (rimborso anticipato) il cliente. Dice Alessandro Profumo: «Le banche svolgono una funzione sociale, non si possono disperdere le risorse dei depositanti». Non solo. Ma se nel 1993 la Borsa immetteva circa 3 miliardi di euro da destinare alle imprese quotate, col tempo la tendenza si è invertita e nel 2008, la Borsa ha drenato 27 miliardi dalle imprese quotate. Numeri che fanno discutere perchè ribaltano convincimenti consolidati. Questa indagine ha dominato la seconda e ultima giornata del workshop Ambrosetti sullo scenario dei mercati finanziari. Presentata da Massimo Mucchetti, dimostra che, secondo l'elaborazione dei bilanci redatta da Piazzetta Cuccia e dall'organizzazione delle Camere di commercio, la verità, quindi, è un'altra. Partiamo dal circuito vizioso imprese-credito-banche intitolato "Le difficoltà di accesso al credito", secondo un censimento aggiornato agli ultimi sei mesi. Che tiene conto quindi dell'acuirsi della crisi e dei suoi effetti. Dalle cifre riportate, però, i problemi riguardano solo meno del 30%. Infatti il 17,1% "non ha mai richiesto credito". Il 53,1% "non ha incontrato difficoltà nell'accesso al credito negli ultimi 6 mesi". Il 29,8% "ha incontrato difficoltà nell'accesso al credito bancario", sempre nel semestre più recente. E le maggiori difficoltà emerse sono per imprese con ordinativi esteri 2009 in calo (31%); imprese con fatturato 2008 in diminuzione (33%); imprese che nel 2008 non hanno investito (34%), infine imprese localizzate al sud (35%). All'interno del 29,8% che ha trovato resistenze per ottenere finanziamenti, al 3,3% non è stato aperto il rubinetto, cioè gli è stato rifiutato il prestito oppure la banca ha intimato all'impresa di restituire il fido. Questa percentuale, corrisponde quindi, a meno dell'1% del totale. Al 17,3% sono state chieste maggiori garanzie reali, cioè contropartite, come pegni, in cambio del finanziamento. Al 45,2% sono state poste limitazioni nell'ammontare del credito erogato, cioè il prestito concesso all'impresa è stato più basso di quello chiesto. Infine al 27,8% sono stati praticati tassi più onerosi. Il mondo delle imprese lamenta anche che negli ultimi tempi è stata presa d'assalto dalla Borsa. Da una tabella analitica che spazia dal 1993 al 2008 risulta infatti che 16 anni fa le imprese quotate raccoglievano dalla Borsa fra aumenti di capitale (7,7 miliardi) e offerte pubbliche di sottoscrizione (ops) legate a ricapitalizzazione 8,1 miliardi; gli impieghi intesi come opa, offerte pubbliche di vendita e dividendi si attestavano a 5,1 miliardi: il saldo era positivo per le imprese per 2,9 miliardi. Gradualmente la tendenza si è capovolta: gli impieghi sono cresciuti rispetto alla raccolta determinando un saldo netto negativo di 27 miliardi. Al dibattito provocato dall'indagine è intervenuto, fra gli altri, Profumo: l'a.d. di Unicredit ha detto che bisogna essere rigorosi nella selezione del credito (di qui la «funzione sociale») dentro un ragionamento più ampio dove non sempre le imprese sono disposte a rischiare negli investimenti. E che parlando da banca a banca bisogna tener conto che istituti come Unicredit operano in oltre 20 paesi con 20 legislazioni diverse: questo consente di usufruire di economie di scala che assicurano vantaggi competitivi.

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Powergres cambia assetto e diventa holding (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Modena)" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

SASSUOLO pag. 17 Powergres cambia assetto e diventa holding ECONOMIA LA CAPOGRUPPO CONTROLLERA' ANCHE LE AFFILIATE ALL'ESTERO LA SASSOLESE Powergres s.r.l. si riorganizza per affrontare , nel corso del quinto esercizio dalla nascita, il consolidamento e l'espansione delle proprie attività. A partire da aprile, la Powergres s.r.l. diventa una holding, avendo conferito tutte le sue attività commerciali, logistiche e operative in genere ad una società appena costituita , della quale detiene l'intero capitale sociale. LA DENOMINAZIONE della nuova società è Powergres S.p.A. capitalizzata con 4,3 milioni di euro. Forte della valorizzazione della sua controllata S.p.A. e alleggerita della gestione delle attività operative , la Holding Powergres s.r.l. può ora rivolgere le sue attenzioni a gestire il suo gruppo, che allo stato è composto dalle stessa Powergres S.p.A. partecipata interamente ma anche dalla Powergres Boemia e da Caracalla Italian Wellness s.r.l., anch'esse partecipate al 100%, e dalla iLUXE s.r.l. di cui detiene una quota rilevante. Le nuove sfide, spiega l'amministratore unico Donato Mancini (nella foto) riguardano soprattutto l'espansione verso i mercati asiatici e magrebini. Ma soprattutto una serie di accordi industriali e commerciali tesi a rafforzare la natura di organizzazione reticolare alla base della visione imprenditoriale della Powergres. La crisi finanziaria ma principalmente strutturale del settore offre nuove ed interessanti opportunità se interpretate dalle aziende che vedono nella globalizzazione la loro sfida. Image: 20090405/foto/7079.jpg

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Tremonti: allarme occupazione, licenziare non aiuta la ripresa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 05/04/2009 - pag: 6 Tremonti: allarme occupazione, licenziare non aiuta la ripresa Almunia e Trichet: l'Europa protegge i lavoratori Il ministro: le misure prese per i più vulnerabili per ora bastano e non sfondano il deficit pubblico DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PRAGA L'aumento delle tensioni sociali in molti Stati, generate dalla disoccupazione provocata dalla crisi finanziaria, preoccupa l'Unione europea e convince a lanciare messaggi per rassicurare i cittadini a rischio di restare senza lavoro. Al Consiglio informale Ecofin a Praga dei ministri finanziari dei 27 Paesi membri, a cui hanno partecipato i governatori delle banche centrali, il commissario Ue per gli Affari economici, lo spagnolo Joaquin Almunia, e il responsabile dell'Economia Giulio Tremonti hanno esortato a non affrontare la congiuntura economica negativa tagliando posti di lavoro. Anche il presidente della Banca centrale europea, il francese Jean-Claude Trichet, ha espresso «preoccupazione » per la disoccupazione in aumento. «Dobbiamo proteggere i lavoratori delle aziende colpite dalla crisi mantenendoli nei posti di lavoro il più a lungo possibile», ha dichiarato Almunia. Tremonti ha escluso che i licenziamenti e i prepensionamenti possano essere la soluzione alla crisi. «Prevenire è meglio che curare ha detto il ministro dell'Economia . Conservare i lavoratori nelle fabbriche è meglio che mandarli via, e magari non tornano più». Trichet ha sottolineato che la sua Bce favorisce la stabilità dei prezzi proprio perché «essenziale per garantire crescita e la creazione di posti di lavoro». Tremonti ha commentato la manifestazione di protesta del sindacato Cgil in Italia, invitando al dialogo. «Prima finisce la protesta e inizia la proposta meglio è», ha affermato il ministro aggiungendo che «è interesse della nostra politica conservare la coesione sociale e la tenuta del nostro sistema sociale con mezzi e metodi da vedere». Questi mezzi devono «aiutare chi ne ha bisogno », ma per il ministro non possono essere «una cambiale in bianco o un assegno scoperto che poi pagano i contribuenti ». Tremonti ha difeso gli interventi attuati rispettando i vincoli di spesa: «Nel bilancio pubblico abbiamo fatto la scelta di spostare una parte molto grossa di soldi verso una causale sociale, che non provoca sfondamenti del deficit e per ora è sufficiente». Almunia ha confermato che si stanno «affrontando le conseguenze sociali della crisi» e che in maggio la presidenza ceca di turno dell'Ue ha programmato un vertice sull'occupazione. «Le tensioni sociali stanno salendo in alcune aree e in alcuni settori perché la disoccupazione sta crescendo e i cittadini chiedono risposte, hanno paura», ha detto il commissario spagnolo. A Bruxelles hanno ipotizzato la perdita di sei milioni di posti di lavoro nell'Ue entro il 2010. Tremonti ha provocatoriamente domandato se «nel pieno della crisi volete essere governati da Berlusconi o da Franceschini? Io non ho dubbi ». Ha anche replicato alle critiche dell'opposizione agli ultimi dati sull'evasione fiscale smentendo un aumento del fenomeno perché «sono dati del 2006, quando c'era il governo Prodi, il quale sosteneva di aver prima intercettato, poi bloccato e infine iniziato a ridurre l'evasione fiscale». Ivo Caizzi

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La crisi ha rimpicciolito il container (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 05/04/2009 - pag: 10 Globalizzazione Per otto anni il volume del traffico è cresciuto al ritmo medio del 10 per cento. Oggi le navi arrivano semivuote Tariffe Il cargo che soltanto dieci mesi fa arrivava ad incassare 230 mila dollari al giorno ora non riesce a superare i 2.400 La crisi ha rimpicciolito il container Calo record (meno 20 per cento) ad Amburgo il primo porto per il commercio con i Paesi asiatici DAL NOSTRO INVIATO AMBURGO Come in tutti i porti del mondo, ad Amburgo i pensionati guardano le navi. I nomi, le operazioni di carico e scarico, la provenienza, la destinazione, le merci che trasportano, il tonnellaggio, il colore dei container e le loro scritte esotiche. Diventano esperti. Oggi, sono anche termometri della crisi. «Noto con dispiacere che le navi-container sull'Elba sono cariche solo per un terzo ha calcolato Erdmute Wedgmann, 70 anni, pensionata . Per me è una novità e per Amburgo è un male». Fotografia perfetta della recessione: il commercio mondiale è crollato e il cancello principale di ingresso delle merci asiatiche in Europa soffre, lo si vede a occhio nudo. «L'anno scorso le cose sono andate bene dice Claudia Roller, la presidente di Hafen Hamburg Marketing, l'organizzazione che segue lo sviluppo del porto principale della Germania . Le importazioni verso l'Europa transitate da qui sono calate dello 0,5% ma le esportazioni sono salite dello 0,7. Certo, quest'anno registra una caduta». A differenza dei pensionati, Frau Roller non dà cifre, tende a mettere la faccia positiva davanti alla crisi. Per un porto che è uno dei grandi successi della globalizzazione dei commerci e i cui volumi di traffico negli otto anni precedenti al 2008 erano sempre cresciuti di oltre il 10%, il 2009 è però una svolta. Comunque la si guardi, una svolta che preoccupa. Il 46% dei container pieni di merci che dalle fabbriche cinesi di Shanghai e del Guandong entrano in Europa passa da qui. «Abbiamo registrato un grosso calo dei volumi dalla Cina ammette la signora Roller . La tendenza era già visibile nel marzo 2008, ma è diventata consistente a fine anno e in questi primi mesi del 2009. Più o meno la calcolerei attorno al 20%». I consumatori del Vecchio Continente comprano meno giocattoli, meno magliette, meno sedie, meno borse prodotte in Cina e nell'Asia emergente, quelle merci che negli anni scorsi sono arrivate in quantità sempre maggiori dai porti di Singapore, di Hong Kong e del Sudest asiatico. Claudia Roller mostra nervi saldi. «No, questa crisi non è la fine della globalizzazione giura . È che ci prendiamo un attimo di respiro». Dopo anni di crescita a due cifre dei volumi delle merci, in effetti il porto di Amburgo era arrivato a una situazione di stress preoccupante. «La sottocapacità era un fatto strutturale, non riuscivamo a tenere dietro alla crescita dell'attività delle compagnie marittime che operano nel porto spiega la presidente . Ora, siamo in una situazione di sovracapacità». All'improvviso, ci sono cioè dei pezzi di porto non utilizzati, manodopera in eccesso, navi che arrivano o partono mezze vuote. Il porto di Amburgo andrà avanti nel progetto di abbassare di un metro il fondale, per consentire a navi-cargo sempre più grandi di entrare nel fiume Elba, ma i piani di espansione per costruire altri terminali sono stati rallentati di tre, quattro, cinque anni. «L'Autorità portuale condurrà una revisione delle necessità di crescita dice Frau Roller . Ci muoveremo a seconda di come crescerà il commercio internazionale». Non lontano, il porto di Bremenhaven importantissimo per l'esportazione e l'importazione di automobili perché incorpora un centro di assemblaggio e rifinitura dei veicoli ha già annunciato qualche migliaio di licenziamenti. Nella Città libera e anseatica di Amburgo, gloria storica dello spirito commerciale del Nord della Germania, si accorciano i tempi di lavoro, qualche linea di navigazione commerciale taglia un po' di posti, ma licenziamenti di massa non ci sono per ora stati. Il ridimensionamento dei simboli della globalizzazione, però, è in pieno corso. Per esempio, le meganavi per il trasporto di container sembrano di colpo dinosauri senza futuro. «Per il mondo dello shipping quel gigantismo era una follia conviene Frau Roller . È una lezione che molti impareranno: troppe grandi navi in pochissimo tempo, ora ci sono linee che rinegoziano i contratti di costruzione in corso, altre che cercano di bloccare i cantieri, altre che cancellano le opzioni di acquisto». Sarà insomma un mondo di scambi ridimensionato: i pensionati sulle rive dell'Elba lo hanno capito. La Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, prevede che nel 2009 gli scambi mondiali crolleranno del nove per cento. È la contrazione maggiore dai tempi della Grande Depressione per quello che, dal dopoguerra a oggi, è stato il grande motore della crescita e della creazione di ricchezza, il commercio internazionale. Oltre alla caduta dei consumi e della domanda, il mondo è anche di fronte a un'onda silenziosa di protezionismo e di nazionalismo economico. A parte i ben conosciuti casi di Buy American contenuto nel pacchetto di stimolo varato dal Congresso degli Stati Uniti e di aiuti di La dirigente «Nel Vecchio Continente arrivano sempre meno prodotti dalla Cina e dall'Asia emergente»

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Ma l'Fbi non crede ai talebani (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 05/04/2009 - pag: 19 Indagini Secondo le autorità l'omicida non sopportava di aver perso il posto «Nostra la strage negli Usa» Ma l'Fbi non crede ai talebani L'annuncio di Mehsud. La polizia: «Il killer era depresso» WASHINGTON Ha fatto irruzione nella sede dell'American civic association di Binghamton come un terrorista, con due pistole in pugno, il giubbotto antiproiettile addosso, e ha aperto il fuoco all'impazzata, senza pronunciare parola. Ma Jiverly Wong, il vietnamita naturalizzato americano che ha assassinato 13 persone nel centro d'accoglienza immigrati della pacifica cittadina dello Stato di New York, e si è poi suicidato, non era collegato ai tabebani, come invece rivendicato da un loro leader in Pakistan, Baitullah Mehsud. «Era un folle e un codardo ha dichiarato il capo della polizia Joseph Zikusky :aveva preparato la strage, ma quando ha sentito le sirene, si è tolto la vita. Smentisco che sia stato terrorismo». Che cosa abbia spinto all'eccidio Wong, 41 anni, da 14 in America, non è ancora chiaro. Forse il crollo del suo «American dream», dovuto alla scarsa conoscenza dell'inglese, al suo crescente isolamento, alla perdita negli ultimi anni di tre posti di lavoro, il primo all'Ibm (ma non è certo), il secondo come camionista in California, il terzo al SopVac, una ditta di elettrodomestici, alla ossessione che gli americani gli mancassero di rispetto. Due ex colleghi, Kevin Green e Donald Ackley, hanno detto al Daily News che «era un solitario che ce l'aveva con il nostro Paese, che parlava solo di armi e ogni sabato andava al tiro a segno, e che una volta minacciò di uccidere il presidente ». «Ci chiedevamo hanno aggiunto se sarebbe stato capace di compiere un massacro ». Zikuski non ha fatto ipotesi sui motivi della furia omicida di Wong, che riscuoteva 200 dollari settimanali di disoccupazione e viveva con il padre e la sorella, ma ha spiegato che l'Fbi ne sta tracciando il ritratto psicologico. Ha confermato che possedeva le due pistole da una dozzina di anni, e che fino a marzo aveva frequentato l'American civic association. Potrebbe essere stata un'atroce vendetta la sua, tanto più assurda in quanto perpetrata contro i suoi pari, che avrebbe fatto molte più vittime se una volontaria del centro, l'italo-americana Shirley DeLucia, ferita al ventre, non avesse simulato la morte e chiamato la polizia. La donna e altri tre feriti gravi ora sono fuori pericolo. Il centro non chiuderà i battenti. Per l'America e per il mondo degli immigrati i morti provenivano da 9 Paesi diversi il trauma è intollerabile. Il mese scorso, in analoghe stragi erano morte 44 persone, 11 in Alabama. A Oakland in California, il 21 marzo, erano già caduti in uno scontro a fuoco con un criminale 4 agenti. Bagni di sangue che stanno costringendo l'America del tempo della crisi finanziaria a interrogarsi sulla sua latente ed esplosiva violenza, e la libertà di circolare armati. Killer Jiverly Wong ha ucciso 13 persone in un centro per immigrati a Binghamton (dal «Daily News») Ennio Caretto

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Salviamo le case storiche di Piedicastello (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Salviamo le case storiche di Piedicastello In questi giorni tutti hanno assistito alla denuncia dei disagi, fatta da una donna anziana residente nelle case di Piedicastello gia di proprietà dell'Italcementi e ora della Federazione delle Cooperative e in procinto di essere acquistate dalla Provincia Autonoma di Trento. Assieme alla denuncia l'anziana donna ha avanzato la richiesta, sacrosanta, di sperare di restare nel quartiere dove rimangono vivi i ricordi di una vita vissuta. Sono solidale con la richiesta fatta e credo che sia il modo migliore e giusto per parlare di riqualificazione del quartiere a Piedicastello, mantenendo sul luogo le persone che hanno fatto parte di quella storia. Questa è la situazione e l'aspettativa di altrettante famiglie che risiedono nelle 3 case ex Italcementi rimaste e che non conoscono ancora il loro futuro. Si tratta complessivamente di 11 famiglie residenti nelle case in Lung'Adige San Nicolò n. 4 e in Via Papiria n. 25, formate da persone anziane, giovani, operai o vedove di operai che hanno lavorato nello stabilimento Italcementi. L'incertezza del futuro, accanto ai disagi di convivenza a stretto contatto con i ruderi dello stabilimento in stato degrado, producono nelle famiglie grandi disagi e richiedono una maggiore attenzione non soltanto sotto l'aspetto della vigilanza pubblica. La bonifica di parte dello stabilimento da materiali altamente pericolosi come l'amianto, partita in questi giorni è certamente un passo positivo ma non sufficiente ad assicurare le persone residenti. I tempi di attesa per la definizione dei passaggi di proprietà delle aree, lo studio, la progettazione e la realizzazione di opere definitive, non saranno certamente brevi e ciò produce angoscia tra le persone. Qualunque sia il futuro di quella zona e le scelte che saranno fatte, non si potrà, a mio parere, non tenere in considerazione sin da subito e con priorità, il rapporto che le parti proprietarie delle aree dovranno tenere direttamente con le persone che abitano nelle case garantendo loro un'informazione costante sull'evolversi dei lavori, senza venirne a conoscenza attraverso gli organi d'informazione; la manutenzione degli appartamenti abitati e impegnandosi a fare sì che nella nuova progettazione ci siano anche alloggi e garantita la possibilità di rimanere nel quartiere alle famiglie. Luciano Martinello PIEDICASTELLO Le case di Via Papiria e San Nicolò adiacenti all'Italcementi sono le prime case "popolari" del Trentino, le antenate dell'Itea, uno dei vanti sociali dell'autonomia. Vennero costruite - come ricorda Aldo Gorfer nel suo libro-guida "Trento città del Concilio" fra il 1897 e il 1901 dalla Società di Mutuo Soccorso Artieri, per dare alloggio gli operai e alle famiglie lavoratrici delle fabbriche che numerose sorgevano a Piedicastello. Prima dell'Italcementi erano infatti in funzione due fabbriche di chiodi, una fonderia di campane (la Colbacchini, dove venne fusa "MariaDolens", la campana dei caduti di Rovereto) una scuola di ricamo ed uno stabilimento vinicolo, il famoso "Eller e Mosna". Non mancava una fabbrica di birra, la Frizzi. Era un sobborgo laborioso Piedicastello, e quelle case, modeste, ma dignitose, tutte con il loro piccolo giardino ed orto, costituirono un grande esempio urbano di solidarietà comunitaria, tanto più preziosa oggi che la crisi finanziaria globale ha mostrato i deleteri effetti della speculazione immobiliare, trasformatasi in rapina sistematica del territorio. Oggi quelle case costituiscono una testimonianza di civiltà e di memoria, posto che la solidarietà cooperativa è il fondamento dell'identità autonomistica trentina. Le case sono tuttora molto più civili e vivibili di tanti alveari condominiali. Qualsiasi sia il futuro di Piedicastello (e davvero la città si augura che non vi finiscano relegati, in una sorta di ghetto estraneo, gli istituti scolastici, le scuole devono mescolarsi alle attività urbane, ai negozi, al lavoro, alle residenze, non formare una cittadella chiusa) quelle case devono rimanere come testimonianza di un periodo forte del riscatto sociale e anche urbanistico trentino. Cancellarle o "razionalizzarle", ripetendo le demolizioni operate a Bolzano alle Semirurali, sarebbe imperdonabile. Piedicastello è il nucleo originario della città di Trento. L'auspicio è che le nuove soluzioni di traffico gli restituiscano l'antica vivibilità, dopo il colpo mortale inferto al tessuto umano del sobborgo dall'evacuazione forzata del 4 novembre 1963, quando 122 famiglie per 244 persone furono costrette ad abbandonare le loro case per una ventilata minaccia di caduta massi dal Doss Trento. L'ordinanza comunale fu revocata nel 1965, dopo le opere di risanamento delle pareti rocciose, ma da quell'esodo Piedicastello si sta riprendendo appena ora, dopo quasi mezzo secolo. Piedicastello non può sopportare un altro esodo.

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Ecofin, più tutele per i lavoratori (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Pagina 215 Vertice a Praga dei ministri finanziari Ue per trovare soluzioni all'emorragia di buste paga in Europa Ecofin, più tutele per i lavoratori Vertice a Praga dei ministri finanziari Ue per trovare soluzioni all'emorragia di buste paga in Europa Tremonti: è meglio tenere le persone in fabbrica --> Tremonti: è meglio tenere le persone in fabbrica «Meglio tenere i lavoratori in fabbrica che mandarli via»: le parole del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sintetizzano lo stato d'animo dei ministri finanziari europei, la cui preoccupazione principale è oramai sempre più il crescere della disoccupazione e delle tensioni sociali nel Vecchio Continente. ECOFIN Alla fine della riunione dell'Ecofin a Praga lo hanno detto a chiare lettere il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Per il commissario europeo la parola d'ordine deve essere una sola: «Proteggere il più possibile i lavoratori colpiti dalla crisi e mantenerli al lavoro il più a lungo possibile». Spetta ai singoli Stati decidere come, ma l'emorragia di posti di lavoro in corso in Europa va assolutamente interrotta. Evitando soprattutto il dilagare dei licenziamenti collettivi. Perché se la ripresa potrebbe arrivare nel 2010 e consolidarsi nel 2011, le conseguenze sociali della crisi finanziaria ed economica potrebbero farsi sentire ben al di là. La questione sociale, dunque, è diventata il tema centrale di un Ecofin informale che, dopo le decisioni del G20 di Londra, sulle questioni più strettamente finanziarie non ha prodotto particolari passi in avanti. LA DISOCCUPAZIONE Del resto i numeri del crollo occupazionale nel Vecchio Continente, a partire dalla zona euro, sono sotto gli occhi di tutti. E la disoccupazione nell'Ue è attesa almeno al 10% alla fine del 2009. Il che vorrebbe dire almeno 6 milioni di disoccupati in più. «Le tensioni sociali stanno salendo in molte aree e in molti settori», ha ammonito Almunia, «perché la disoccupazione cresce e sempre più famiglie sono colpite». Le imprese strangolate dalla stretta del credito, infatti, sono sempre più costrette a prendere drastiche decisioni sul fronte occupazionale. BCE «Preoccupato» si è detto anche il solitamente prudente Trichet, sottolineando come sul fronte della difesa e la creazione di posti di lavoro «tutto è in mano ai singoli Stati». Anche se l'azione della Bce, sempre mirata a garantire la stabilità dei prezzi nel medio termine, può continuare a contribuire molto sul fronte della crescita e, dunque, dell'occupazione. TREMONTI L'appello dall'Ecofin arriva nel giorno in cui in Italia la Cgil è scesa in piazza contro la crisi. «Prima finisce la protesta e inizia la proposta, meglio è», ha commentato Tremonti dalla capitale della Repubblica Ceca, chiedendo alle parti sociali di avanzare istanze «che siano giuste non solo nel fine, che è quello di aiutare, ma anche nel mezzo». Poi si dice d'accordo sul fatto che sul fronte occupazionale «è meglio prevenire che curare» e che è certamente «meglio tenere i lavoratori in fabbrica piuttosto che mandarli via, e magari non tornano più». Il ministro ribadisce quindi come il bilancio statale in Italia contiene «fondi impressionanti che vengono fuori di volta in volta» e che possono essere spostati a favore della spesa sociale.

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Camilleri vola in vetta Ostellino guida i saggi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Libri data: 05/04/2009 - pag: 33 IL PUNTO DELLA SETTIMANA Camilleri vola in vetta Ostellino guida i saggi U n guardiano di capre in vetta alla Top Ten: è Giurlà, protagonista delle «metamorfosi» di Camilleri. Dietro, exploit di Gomorra che ritorna tra i migliori dieci e si piazza secondo, facendo scivolare di un posto Vargas e Smith; in salita, invece, Giordano e l'ultimo Larsson. Negli Stranieri, stabile la cinquina di testa, rientra Grossman, salgono Simenon, Meyer e Barbery, che festeggia ottanta settimane in classifica; l'unica nuova entrata è il fantasy di Trudi Canavan. Nessuna novità, invece, negli Italiani dove guadagnano posizioni Mazzantini e Scurati e si rivedono Niffoi e Calvetti. Più vivace la situazione nei Saggi: sale in vetta Lo stato canaglia di Ostellino e La santa casta di Rendina è da podio. Tra le novità: il ritorno della letteratura vista da Claudio Magris, la società secondo Aldo Schiavone e la crisi finanziaria spiegata da Beda Romano e Tommaso Padoa- Schioppa. Nella Varia, Legrottaglie racconta la fede ritrovata e lo chef Ferran Adrià dà lezioni di cucina. (s. col.)

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La dimensione umana della crisi mondiale al centro del G8 romano (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Commenti Pagina 348 La dimensione umana della crisi mondiale al centro del G8 romano --> Il G8 sociale allargato si è tenuto a Roma dal 29 al 31 marzo scorsi a livello ministeriale, sotto presidenza italiana. I Paesi partecipanti erano: del G8, Usa, Canada, Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna, Giappone, Russia; dei Paesi emergenti, Cina, India, Brasile, Messico, Sud-Africa, Egitto. Di fatto, un G14, con l'attiva partecipazione della Commissione europea, dell'Ufficio internazionale del Lavoro, FMI (Fondo monetario internazionale) e Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Il tema in discussione era il lavoro e specificatamente la sua dimensione sociale nella crisi globale. Da qui lo slogan: "Le persone prima di tutto"-"people first". L'esercizio del G8 allargato è prassi consolidata da due anni, G8 in Germania nel 2007 e G8 in Giappone nel 2008. E ciò perché di fronte agli squilibri mondiali e alla crisi globale, i Paesi industrializzati debbono fare i conti con l'aumento della povertà nel mondo e col mutare dei rapporti di forza, principalmente con i Paesi emergenti. Nei precedenti G8 allargati (Germania, Giappone), ci si era focalizzati sui cambiamenti climatici/surriscaldamento globale e povertà nel mondo. Benché si fecero progressi, in entrambi, nell'analisi obiettiva delle ricadute del non rispetto delle regole e di quelle sulla povertà (non ratifica del protocollo di Kyoto da parte degli Usa e impegni vuoti per combattere la povertà nel mondo, in primis in Africa), le critiche dei capi di Stato e di governo dei Paesi emergenti sui capi omologhi degli industrializzati furono molto severe per mancanza di concrete operatività da parte dei Paesi ricchi. Nel G8 sociale allargato di Roma, l'incremento della disoccupazione presente e prevista per il 2010 (cinquantamilioni di senza lavoro in più nel mondo) è stato motivo di seria preoccupazione perché tocca non solo i Paesi emergenti ma anche quelli industrializzati (ventimilioni di disoccupati in più nel 2010, secondo le previsioni attualizzate dell'Ocse). È perciò necessario valorizzare la componente lavoro nella crisi con un programma di "disoccupazione tutelata" (piano Obama) e/o assicurare ammortizzatori sociali per coloro che perdono il posto di lavoro, precari compresi, come praticati in Europa (Germania, Francia, Svezia). L'obiettivo è la difesa della "coesione sociale", la cui tenuta è messa a rischio dai recenti moti di rabbia del ceto medio soprattutto nei Paesi industrializzati contro manager spregiudicati (Usa), con l'aggravante di segnali di sequestri di manager in Europa (Francia) da parte delle maestranze delle stesse imprese. Si tratta di brutti segnali che, se ripetuti su larga scala, rischiano di rompere la "coesione sociale". Le misure emerse nel G8 sociale allargato di Roma dovranno essere tradotte in decisioni operative dai capi di Stato e di governo al G8 allargato (G14, G16) di La Maddalena a luglio. Oltre alla tematica lavoro, sarà trattata quella sui cambiamenti climatici/surriscaldamento globale (su esplicita richiesta del presidente Obama), con lo slogan "Climate & people first" ("Il clima e le persone prima di tutto"). Superando le incertezze della vigilia, il summit del G20 a Londra di giovedì scorso si è concluso con successo, grazie al quale i capi di Stato e di governo più potenti della Terra si sono meritati un sospiro di sollievo. Perché le incertezze provenivano, in larga misura, dalla posizione intransigente del binomio Merkel/Sarkozy (asse renano) versus il binomio Obama/Brown su: ripartizione del costo della crisi finanziaria iniziale, rafforzamento del FMI chiamato a gestire un trilione di dollari, lista nera e grigia dei 70 paradisi fiscali, riciclaggio dei titoli tossici, governance degli "hedge funds", super bonus ai manager disonesti (piano Draghi). Trattasi del primo successo storico di un G20 dal suo primo lancio dieci anni fa, reso possibile dalla flessibilità pragmatica del nuovo presidente Barack Obama e dal ruolo attivo ma discreto del premier cinese Hu Jintao (asse G2, Cina/Usa). Il premier Gordon Brown ha ottenuto una vittoria di riconoscenza perché presiederà, ancora quest'anno, un altro summit G20. Il successo di questo gruppo significa, infine, che il prossimo G8 in luglio a La Maddalena sarà l'ultimo, perché superato obiettivamente dallo stesso G20. Il premier Silvio Berlusconi, che assume la presidenza di quest'ultimo G8 allargato per trattare tematiche cruciali quali la lotta alla povertà nel mondo (Africa), la difesa e protezione del lavoro, la difesa dell'ambiente per uno sviluppo sostenibile, "le persone e il clima prima di tutto", ha in mano un mandato internazionale di un'avvincente sfida per il successo del prossimo vertice in Sardegna. ANTONIO MARONGIU (marongiuantonio@tiscali.it)

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Obama è il nuovo Gorbaciov?. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 2 ) » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 40 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 50 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. 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Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Pagine Biografia Pannello di controllo Login Entries RSS Comments RSS WordPress.com Photos Feed RSS di questo blog Feed RSS dei commenti al blog Il Blog di Marcello Foa © 2009 disclaimer Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti

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Gb/ Tony Blair "oratore" guadagna seimila sterline al minuto (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 5 apr. (Apcom) - E' l'ex primo ministro Tony Blair il "conferenziere" più pagato al mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi 400mila sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno nell'Università di Manila. Lo riferisce il Sunday Times spiegando che da quando ha lasciato Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha guadagnato circa 15 milioni di sterline. Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: "La politica è molto importante, ma molto cose che accadono non sono un granché" oppure "la religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il male". Mentre molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora. Oltre ai compensi per la sua attività di oratore, Blair guadagna circa 2 milioni di sterline l'anno come consulente alla banca di investimenti, JP Morgan Chase, e circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto per il Zurich Financial Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni di sterline per le sue memorie.

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babelick ha detto: la spagna potrà fare un pò di testa propria coi contingenti militari,però in ambito economico è correttissima,rispet gli accordi molto più di altri paesi e non t (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 53 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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CRISI/ GB, MINISTRO DARLING: MEA CULPA SU PREVISIONI RECESSIONE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Gb, ministro Darling: mea culpa su previsioni recessione di Apcom Il cancelliere vedrà al ribasso le stime di crescita -->Roma, 5 apr. (Apcom) - Il Cancelliere allo Scacchiere Alistair Darling ha ammesso oggi di aver sbagliato le sue previsioni sulla recessione in atto nel Regno Unito. "La crisi è peggio di quanto avessi immaginato" ha ammesso il ministro, in un'intervista al Sunday Times. Il cancelliere -riferisce il domenicale - rivedrà dunque al ribasso le stime di crescita nel budget che presenterà il prossimo 22 aprile: l'economia è infatti rallentata del 3 per cento e il declino economico è ben tre volte peggiore di quanto pronosticato nel suo pre-budget report dello scorso novembre. In base a tali previsioni il debito pubblico per il prossimo anno fiscale per il Regno Unito sarà ben superiore a quanto previsto da Darling sei mesi fa (118 miliardi di sterline) e secondo gli economisti supererà il tetto dei 150 miliardi di dollari. I commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi finanziaria.

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GB/ TONY BLAIR ORATORE GUADAGNA SEIMILA STERLINE AL MINUTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Gb/ Tony Blair "oratore" guadagna seimila sterline al minuto di Apcom Malgrado la crisi la sua parcella non è diminuita -->Roma, 5 apr. (Apcom) - E' l'ex primo ministro Tony Blair il "conferenziere" più pagato al mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi 400mila sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno nell'Università di Manila. Lo riferisce il Sunday Times spiegando che da quando ha lasciato Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha guadagnato circa 15 milioni di sterline. Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: "La politica è molto importante, ma molto cose che accadono non sono un granché" oppure "la religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il male". Mentre molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora. Oltre ai compensi per la sua attività di oratore, Blair guadagna circa 2 milioni di sterline l'anno come consulente alla banca di investimenti, JP Morgan Chase, e circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto per il Zurich Financial Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni di sterline per le sue memorie.

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L'inutile senza capacità di Croce (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

POLITICA 05-04-2009 L'ULTIMA RIFLESSIONE QUARESIMALE L'inutile «osanna» senza capacità di Croce GENNARO MATINO « V enuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra» ( Mc15,33). A nulla era servito l'ingresso trionfante a Gerusalemme. Accolto come il figlio di Davide, benedetto come colui che viene nel nome del Signore, ora il Maestro è solo, inchiodato sul legno della croce. E come sempre quando l'aspirazione al potere calpesta la giustizia, quando per trenta denari si è pronti a vendere se stessi, quando l'egoismo uccide l'amore il giudizio di Dio oscura la terra. La storia si ripete ogni volta che l'uomo abbandona sulle croci del mondo i suoi fratelli più deboli. A poco serve oggi, domenica delle palme, agitare l'ulivo della pace e gridare: «Osanna nell'alto dei cieli» se, come i discepoli al Getsèmani, non sappiamo vegliare accanto a chi implora: «Padre, allontana da me questo calice». A nulla serve inventarsi strategie politiche o riforme economiche per uscire dal buio di una crisi finanziaria, sociale, ecologica, energetica, ma soprattutto etica che affonda le sue radici nel profondo del cuore dell'uomo, dove risiede la libertà di scegliere tra il bene che illumina l'esistenza e il male che oscura la terra. E noi possiamo scegliere se salvare la famiglia o la carriera, il mercato o i posti di lavoro, la dignità dell'uomo o la sua cupidigia. «È necessario ammoniva Paolo VI più di trent'anni fa ... il rinnovamento interiore dell'uomo: dell'uomo che pensa, e pensando ha smarrito la certezza nella Verità; dell'uomo che lavora, e lavorando ha avvertito d'essersi tanto estroflesso da non possedere più abbastanza il proprio personale colloquio; dell'uomo che gode e si diverte e tanto fruisce dei mezzi eccitanti una sua gaudente esperienza da sentirsene presto annoiato e deluso». Fra una settimana celebriamo la Santa Pasqua, la vittoria definitiva della vita sulla morte, ma per risorgere un giorno è necessario essere vivi adesso, è necessaria una coraggiosa presa di coscienza per operare un cambiamento di orientamento, di mentalità. «Bisogna rifare l'uomo dal di dentro spiegava senza mezzi termini, Paolo VI . È ciò che il Vangelo chiama conversione, chiama penitenza, chiama metànoia» ( Apostolorum Limina, 1974). Se non invertiamo la rotta non arriveremo da nessuna parte, chi ha sbagliato direzione può correre all'impazzata ma non arriverà mai alla meta giusta. E mai come in questo nostro tempo, in cui per correre troppo non ci siamo accorti che lungo la strada abbiamo perso la bussola e ci siamo ritrovati altrove, è necessario fermarsi a riflettere sul senso della nostra vita, della nostra fede. Se apparteniamo a Cristo, «non possiamo essere come quei molti che mercanteggiano la parola di Dio» ( 2 Cor 2,17), se crediamo nel Risorto, dobbiamo partecipare alle sue sofferenze per partecipare alla sua gloria. Se vogliamo assistere alla nostra trasfigurazione, dobbiamo saper rimanere accanto a chi, sfigurato dal dolore, dalla fame, dall'ingiustizia e dalla nostra indifferenza, rimane solo sulla croce. Se davvero vogliamo essere uomini della resurrezione, luce del mondo, come direbbe il Maestro, ogni qual volta si oscura la terra dovremmo ricordare che il Figlio di Dio, che avrebbe potuto salvare se stesso, scelse di rimanere inchiodato alla croce per assumere su di sé il dolore del mondo. Ad una umanità che chiedeva l'intervento prodigioso di Dio nella storia, Gesù rispose sacrificando se stesso, per insegnarci la via del riscatto che passa necessariamente attraverso la strada della condivisione e della solidarietà. Se fosse sceso dalla croce, avrebbe salvato se stesso ma avrebbe abbandonato l'umanità alle sue croci. Ora sta a noi fare una scelta di fede: se crediamo nella resurrezione dobbiamo rinascere dall'alto per superare la notte. «Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» ( 1 Cor 15,19). E allora, soli con le nostre domande irrisolte, imputeremo a Dio i nostri fallimenti e come i passanti sotto la croce gli diremo: «Salva te stesso scendendo dalla croce» ( Mc 15,30).

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Nerviano, per salvare il centro anticancro in campo le istituzioni (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 05-04-2009 Nerviano, per salvare il centro anticancro in campo le istituzioni Domani convocato il tavolo di confronto sulla crisi Si devono trovare al più presto i 30 milioni necessari DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI D omani potrebbe essere la giornata decisiva per salvare la Nms, la Nerviano medical sciences. Il destino dell'azienda di ricerca sui farmaci oncologici più importante d'Italia, di proprietà della congregazione religiosa dei Figli dell'Immacolata Concezione, fondata dal venerabile padre Luigi Monti è ormai nelle mani delle istituzioni locali e nazionali. Saranno loro infatti a decidere la data di convocazione del tavolo istituzionale comprendente Regione, Ministero della ricerca, provincia di Milano, Comune di Nerviano e sindacati che salverebbe l'azienda dal fallimento. La garanzia del tavolo istituzionale, consentirebbe infatti di sbloccare i crediti bancari per terminare la sperimentazione di un nuovo farmaco anticancro che a luglio dovrebbe essere presentato al colosso farmaceutico americano P- fizer. Altre ipotesi sono l'ingresso di nuovi soci nella compagine aziendale o lo sblocco dei fondi governativi promessi nell'accordo di cinque anni fa e mai stanziati Sono in ballo non solo 700 posti di la- voro, tra dipendenti e indotto, ma un patrimonio di ricerca di interesse mondiale. L'azienda era già destinata a chiudere nel 2004, quando venne rilevata dalla Congregazione dalla newyorkese Pfizer, Il primo punto del rilancio consisteva nell'arrivare a produrre un nuovo farmaco antitumorale destinato al mercato occidentale. In questo momento la Nms è arrivata alla fine della fase due, in dirittura d'arrivo del ciclo produttivo. Una volta che le molecole verranno brevettate e prodotte dalla casa farmaceutica americana, i ricavi della Nms verranno destinati alle missioni e alle attività della congregazione, per vendere gli antitumorali a prezzo di costo nei paesi in via di sviluppo, dove le morti di cancro stanno aumentando in maniera esponenziale. Ogni anno, ad esempio, si ammalano 160mila bambini di tumore in tutto il pianeta, L'80 per cento, circa 130mila, si trova nei paesi poveri. U- no su due è destinato alla morte per mancanza di cure adeguate. La Congregazione, che si è esposta anticipando i fondi finora, fa notare l'interesse evidente che questa attività scientifica ricopre non solo per il nostro Paese. E i ricercatori sono talmente motivati che sono arrivati a pagare di tasca propria le cavie quando sono iniziate le difficoltà. Ora i lavoratori, che nei giorni scorsi hanno ricevuto la solidarietà di colleghi ricercatori e l'interesse delle istituzioni, attraverso i sindacati hanno fatto sapere che domani attendono la svolta altrimenti minacciano azioni «ancor più incisive ed eclatanti» come riprendere scioperi, bloccare l'azienda e occupare di nuovo la statale del Sempione. La proprietà dal canto suo ribadisce che non ha nessuna intenzione di gettare la spugna. Giovedì scorso. ha inviato una lettera di poche righe alla rappresentanza sindacale in cui lascia intendere che per domani dovrebbero aprirsi degli spiragli, anzi «nuovi passi decisivi». Quali?. Sembra che il governo, il cui sostegno di 200 milioni di euro promesso cinque anni fa è venuto a mancare determinando la crisi finanziaria, si sia interessato alla questione incaricando il ministro della Ricerca, Maria Stella Gelmini, che dovrebbe aver reperito una parte dei fondi per la salvezza. Anche il governatore lombardo Roberto Formigoni è intenzionato a fare la sua parte. «Sto lavorando da diverso tempo e sottotraccia fa sapere il governatore lombardo perchè la situazione è molto delicata, ma la Regione Lombardia e anch'io personalmente abbiamo preso contatti a 360 gradi, in ogni direzione». Resta da capire se sarà il Pirellone o il ministero a convocare il tavolo. Rassicurazioni sull'azione responsabile delle istituzioni sono arrivate ai lavoratori dal prefetto di Milano, Valerio Lombardi e dalla Lega Nord, che siede in maggioranza al governo e in Lombardia. Ora servono fatti concreti per colmare un ritardo incredibile da parte del pubblico. L'apertura del tavolo istituzionale consentirebbe di ricevere i crediti bancari dall'Unicredit per continuare l'attività. Servirebbero circa 30 milioni di euro, oltre all'attivazione della cassa integrazione per portare avanti il piano industriale già sviluppato e rendere autosufficiente Nerviano entro un anno. La congregazione possiede azioni, date in garanzia a Unicredit: se la banca potesse svincolare queste risorse finanziarie (pare 45 milioni di euro), si potrebbero reperire il necessario per terminare la ricerca. Restano poche ore per salvare una delle eccellenze italiane in campo scientifico, per rassicurare 700 famiglie e dare un futuro diverso agli malati di cancro. In gioco non ci sono soltanto 700 posti di lavoro, ma anche la speranza di guarigione di tanti bambini malati di cancro nei Paesi poveri La congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione impegnata a garantire la continuità a una delle eccellenze italiane della farmaceutica

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Crisi/ Gb, ministro Darling: mea culpa su previsioni (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 5 apr. (Apcom) - Il Cancelliere allo Scacchiere Alistair Darling ha ammesso oggi di aver sbagliato le sue previsioni sulla recessione in atto nel Regno Unito. "La crisi è peggio di quanto avessi immaginato" ha ammesso il ministro, in un'intervista al Sunday Times. Il cancelliere -riferisce il domenicale - rivedrà dunque al ribasso le stime di crescita nel budget che presenterà il prossimo 22 aprile: l'economia è infatti rallentata del 3 per cento e il declino economico è ben tre volte peggiore di quanto pronosticato nel suo pre-budget report dello scorso novembre. In base a tali previsioni il debito pubblico per il prossimo anno fiscale per il Regno Unito sarà ben superiore a quanto previsto da Darling sei mesi fa (118 miliardi di sterline) e secondo gli economisti supererà il tetto dei 150 miliardi di dollari. I commenti del ministro arrivano nel giorno in cui i sondaggi mostrano una piccola rimonta per i laburisti, il cui sostegno è cresciuto di 3 punti percentuali nell'ultimo mese, grazie all'impegno del primo ministro Gordon Brown sulla scena internazionale nella gestione della crisi finanziaria.

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annamaria_10 ha detto: Beati voi che riuscite a scoprire lati positivi di Berlusconi, per conto mio lo vorrei morto.Senza mezzi termini. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 58 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 7 ) » (2 voti, il voto medio è: 3.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 41 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 52 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. 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Marina, non metterti allo stesso livello di coloro i quali credono di essere dei padreterni... mason antonio: Torniamo tra i normali.L'imperatore Adriano, cugino di Traiano,è l'imperatore Adriano.... Ultime news Obama: "Pace senza armi nucleari" Usa e Francia divisi sulla TurchiaCosì Epifani ha fatto il funerale alla CgilImmigrati, il Papa alla Ue: mai più tragedie del mareSei in carcere? 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Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Pagine Biografia Pannello di controllo Login Entries RSS Comments RSS WordPress.com Photos Feed RSS di questo blog Feed RSS dei commenti al blog Il Blog di Marcello Foa © 2009 disclaimer Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti

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Super-stipendi scandalosi altro che statali fannulloni (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Super-stipendi scandalosi altro che statali fannulloni Domenica 5 Aprile 2009, Leggo sul Gazzettino del primo aprile qualcosa, che suona per me proprio come un bel "pesce d'aprile": "Statali in pensione un anno dopo". Sono un dipendente pubblico, già al centro di un'ampia operazione di moralizzazione del settore, fannullone, assenteista, ecc., ecc. (Brunetta docet), quindi particolarmente "sensibile" in questo momento. La proposta di ritardare il pensionamento di un anno ad una sola categoria di lavoratori, di quattro o cinque milioni di persone, viene da un signore che di economia e finanza se ne dovrebbe intendere: il presidente degli industriali di Padova, Francesco Peghin. Questo "servirebbe a reperire risorse più adeguate per politiche a sostegno del reddito e dell'occupazione dei lavoratori". A prescindere dalla palese contraddizione che se vanno in pensione un anno dopo anche i loro posti di lavoro si renderanno disponibili per i disoccupati con un anno di ritardo, non è altrettanto palese il vantaggio per i lavoratori delle "piccole aziende ed i cosiddetti atipici". Mentre meditavo su queste considerazioni scorgo un'altra notizia: "Tagliati i bonus dei supermanager". E prosegue: "Bonus in calo del 60% nel 2008 per il presidente di Assicurazioni Generali, Antoine Bernheim, e gli amministratori delegati Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot". Il presidente ha percepito per il 2008 un bonus di circa 900 mila euro, rispetto ai 2,2 milioni dell'anno precedente, mentre gli amministratori delegati hanno incassato bonus per 664 mila euro rispetto a 1,6 milioni del 2007. I compensi complessivi, continua la notizia, sono calati del 30% per tutti e tre: il primo incassa 3,2 milioni, gli altri circa 2,5 milioni. Il presidente degli industriali dovrebbe conoscere molto bene, non solo le retribuzioni dei supermanager, ma di tutto quel mondo che non è servizio pubblico, dove troppo spesso neanche le retribuzioni lo sono. Dove oggi sono più evidenti più che mai le distorsioni, le disuguaglianze reali e le incongruità che hanno anche contribuito alla crisi finanziaria ed economica. Potrà così veramente aiutare i dipendenti delle piccole aziende. Roberto Nocchi Treviso

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conroe ha detto: La Repubblica: "Al via il vertice Usa-Ue di Praga, il presidente americano difende l'istanza di Ankara, la Francia conferma il suo no. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 59 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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(sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il sen. Gasparri ieri ha incontrato il sindaco «A Catania un gruppo di coraggiosi sta cercando di risanare le casse» Udc Neocommissario cittadino I vicecommissari provinciali dell'Udc e il senatore Mimmo Sudano hanno commentato ieri positivamente la nomina del nuovo commissario cittadino Iano Lombardo (nella foto): «è un ulteriore conferma del consenso che ultimamente l'Udc riscuote come forza politica alternativa ai due più grandi schieramenti e indica il forte gradimento del lavoro svolto in provincia di Catania dal nostro commissario Totò Cuffaro». All'Excelsior Il ministro Ronchi incontra le categorie produttive Domani lunedì alle 18 all'hotel Excelsior il ministro per le Politiche comunitarie on. Andrea Ronchi, accompagnato dal suo portavoce in Sicilia sen. Nino Strano incontrerà il presidente di Confagricoltura dott. Diena, il presidente di Confindustria Catania, dott. Domenico Bonaccorsi di Reburdone e altri rappresentanti del ondo dell'agrumicoltura per affrontare la grave crisi del settore e le proposte e le misure da adottare da parte del Governo Berlusconi. Sinistra in piazza Lunedì conferenza stampa sulla crisi finanziaria Rifondazione, Comunisti italiani, Sd, Comitato di lotta contro la Tarsu, Iqbal Masih, ass. Itaca, Opne Mind, Arci e altre realtà domani alle 11 in piazza Duomo presenteranno le iniziative per chiedere le dimissioni del sindaco e la dichiarazione del dissesto. Martedì alle 18, in contemporanea con la riunione del Consiglio, si terrà un sit in in piazza Duomo.

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Le aziende in crisi in PrefetturaA Palazzo del governo (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Le aziende in crisi in PrefetturaA Palazzo del governo si è parlato dell'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese Servizi sociali con ticket da pagare. I tagli al bilancio che sono stati previsti e la rigida applicazione della legge regionale 328 non consentono soluzioni diverse ai fini degl'interventi da fare per fronteggiare la crisi finanziaria. Per tutti i servizi a richiesta individuale c'è da applicare il pagamento dei ticket, che tecnicamente lo si configura come "compartecipazione", forse per addolcire la pillola. Le famiglie e l'utente singolo dovranno corrispondere una certa somma ai fini dell'utilizzo del campo sportivo, della mensa, del trasporto scolastico. L'importo varia a seconda del reddito dichiarato ed in base anche ad alcuni parametri adottati dall'apposito regolamento comunale che è in vigore. Per i diversamente abili ci saranno inoltre due servizi particolarmente importanti per la loro qualità della vita che comportano il pagamento del ticket: il trasporto a mezzo scuolabus nel turno pomeridiano e il servizio di telesoccorso. "Non possiamo coprire i costi - ha detto a chiare lettera l'assessore ai servizi sociali Enzo Scarso - ed abbiamo dovuto attenerci a quanto ci dice la 328. Questo nonostante ci rendiamo conto dell'importanza dei due servizi per favorire l'integrazione a scuola e l'assistenza sanitaria". In sede di conferenza del gruppo che sta predisponendo il piano socio-sanitario che coinvolge i quattro comuni del comprensorio s'è deciso di puntare nell'anno in corso sia sui giovani che sui cittadini migranti. "Pensiamo di privilegiare queste due aree -ha ribadito ancora Scarso - perchè le riteniamo strategiche. I giovani infatti vivono una fase di disadattamento e vogliamo offrire loro delle opportunità per migliorarsi e inserirsi nella società. Per i migranti vogliamo favorire in particolare progetti di integrazione sociale per prevenire fenomeni di rigetto che sfociano poi in episodi di criminalità o disaffezione". Le iniziative progettuali a favore degli stranieri non regolarizzati e residenti nel territorio prevedono, tra l'altro, dei corsi di alfabetizzazione, acculturazione e d'impegno in attività ludiche proprio per prevenire e favorire l'integrazione. E' questo l'aspetto più importante del piano di zona che il comprensorio si accinge a mettere a punto, tenendo conto anche delle diversità esistenti nel territorio dei quattro comuni a livello di presenze d'immigrati. GIORGIO BUSCEMA

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la vignetta (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

la vignetta Aveva cominciato la sua campagna, come da prassi politica consolidata: gli annunci. Aveva detto: «Yes We can» («Sì. Noi possiamo cambiare l'America». Diventato presidente, lo ha concretizzato nel più credibile: «Yes We do» («Sì. Noi lo facciamo»). Ed ha cominciato a realizzare gli impegni, già dopo alcuni giorni. Era il primo presidente di colore. Era fatta! Per abbattere l'ultimo ostacolo alla vera uguaglianza e alla non discriminazione per il colore della pelle. Ora doveva cambiare l'America. Lo aveva promesso. Voleva dimostrare agli americani e al mondo che tutti erano uguali... Non poteva fallire, sarebbe stato un colpo mortale alla credibilità del cambiamento: del «Yes We can». Aveva promesso la chiusura della «scandalosa vergogna» americana degli ultimi anni: la prigione di Guantanamo. Per Obama, quella maniera di trattare i prigionieri era inconciliabile con i principi di rispetto «antropologico e dei diritti umani», con la Costituzione, con l'avversione alla tortura. Decideva per la riduzione della presenza militare in Iraq. Anche questo era un indice della volontà del cambiamento, nella presenza e nella politica, verso le aree di conflitto e di tensione. Più conciliazione e più dialogo. Affermava, il principio del reciproco riconoscimento e rispetto,dei diversi sistemi politici e religiosi. E' stato un «centometrista felino», quasi figlio del vento, nel proporre un piano di aiuto alle banche per proteggere i risparmiatori americani impauriti e arrabbiati. E altrettanto determinato e autoritario è stato nel ripulire le banche dai titoli tossici. I suoi primi atti nel settore del credito propongono un nuovo rigore morale, nella finanza e nell'economia: mai più crediti e prestiti indiscriminati, mai più furbizie e manovre finanziarie scorrette che hanno avvelenato l'economia e le banche. Globalizzando la crisi finanziaria e dei mercati. Adottando un'etica populistica, ha tagliato i bonus, ai manager delle banche che, anche durante una delle più gravi crisi economiche che hanno «stritolato» il Paese, hanno mantenuto atteggiamenti immorali e «bulimia di denaro», attribuendosi ricompense milionarie. Prima le inchieste e gli interrogatori, davanti le commissioni parlamentari: successivamente si sono spalancate le porte delle carceri. Così Bernie Madoff, l'eponimo dei grandi distruttori di ricchezza privata della storia americana, è finito in carcere assieme ad un avido gruppo di manager ,senza scrupoli. E, senza grande clamore, ha dato risposte alla rabbia di coloro che perdevano la casa e il posto di lavoro. E hanno visto i loro risparmi bancari dimezzarsi o azzerarsi. La politica italiana è stata più melassica, con simili scandali che hanno recentemente scosso il mondo finanziario italiano. E questa, è storia recente! Obama ha allacciato una linea diretta con l'Iran e il popolo iraniano. Ha privilegiato i rapporti umani le cose semplici, l'amicizia la famiglia, essere tutti uomini dello stesso pianeta che guardano al futuro dei nostri figli; alla pace e alla sicurezza del continente e a vivere in pace con i propri vicini; al progresso e al benessere di tutti i popoli. «Ma avete anche grandi responsabilità –ha enfatizzato –: abbandonare le armi e le minacce e aprire al dialogo, all'incontro e alla pacifica convivenza». In questa sua politica si riconosce un «retaggio storico» dei suoi avi. Giancarlo D'Agata

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Blair, oratore da 7300 euro al minuto (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

e il sunday times attacca: strapagato per dire banalità Blair, oratore da 7300 euro al minuto L'ex premier britannico guadagna cifre da capogiro con le conferenze. Oltre 16 milioni di euro in meno di 2 anni MILANO - Una carriera da ex decisamente lucrosa. E' l'ex primo ministro Tony Blair il «conferenziere» più pagato al mondo: nel suo ultimo intervento nelle Filippine ha guadagnato quasi 400mila sterline (440mila euro) per due interventi di mezz'ora ciascuno nell'Università di Manila. ale a dire oltre 7300 euro al minuto. Lo riferisce il Sunday Times spiegando che da quando ha lasciato Downing Street, nel giugno 2007, Blair ha guadagnato circa 15 milioni di sterline (oltre 16.600.000 euro) I SUOI INTERVENTI - Il domenicale, non senza ironia, riporta poi alcuni passaggi degli stra-pagati interventi dell'ex primo ministro, come: «La politica è molto importante, ma molto cose che accadono non sono un granché» oppure «la religione può essere una fonte di ispirazione o una scusa per il male». Mentre molti conferenzieri - come Bill Clinton - hanno tagliato i loro compensi in seguito alla crisi finanziaria globale, la parcella di Tony Blair, 55 anni, è rimasta invariata, aggiunge il Times. L'ex vice presidente Usa Al Gore, ora uno dei volti principali della campagna contro i cambiamenti climatici, guadagna circa 100mila euro (110mila euro) per un intervento di un'ora. Oltre ai compensi per la sua attività di oratore, Blair guadagna circa 2 milioni di sterline l'anno come consulente alla banca di investimenti, JP Morgan Chase, e circa 500mila sterline per lo stesso incarico svolto per il Zurich Financial Service. Ha inoltre firmato un contratto da 4,6 milioni di sterline per le sue memorie. stampa |

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babelick ha detto: è giovane come tutti i paesi musulmani,prospettiv economiche tutte ancora da vedersi (pil + basso di quello dei paesi ex comunisti)e rischio integralismo altissi (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 61 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Future S&PMib: prosegue il rimbalzo (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Future S&PMib: prosegue il rimbalzo DERIVATI, clicca qui per leggere la rassegna di Roberto Ercolino , 05.04.2009 17:24 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Analisi settimanale al 3 aprile 2009 Pivot Supporti: 16.300 - 14.450 Pivot Resistenze: 17.600 - 18.500 Alle prese con la conferma del superamento della resistenza ai 16.300 punti, il derivato conclude un’ottava che può definirsi interessante, ma che non fuga ancora in maniera definitiva i dubbi sulla durata e l’obiettivo del rimbalzo. Se taluni operatori sono stati invogliati a chiudere parzialmente le posizioni aperte di recente al fine di monetizzare gli utili generati su di un orizzonte operativo di breve, non hanno certamente azzerato le posizioni in vista di ulteriori possibili allunghi verso i livelli citati nei report precedenti: 16.300, 17.300/600 e 18.500 restano i presumibili target suggeriti dall’analisi grafica. Mentre siamo ora di fronte al test della media a 65 giorni, come indicato nello scorso commento, ed il cross potrebbe incidere sulla visione di medio termine del mercato nell’ipotesi di un superamento deciso dei 17.000 punti, constatiamo che le medie più lente ancora non accennano ad una reazione. Vi è, infatti, da considerare che tra i 40 titoli dell’indice sottostante, nessuna quotazione tra i componenti dell’S&PMib presenta ha una tendenza positiva di lungo, mentre sul breve le quotazioni sono quasi tutte impostate al rialzo. Da sottolineare il valore dell’open interest che dai 40.000 lotti di inizio marzo si è portato agli attuali 31.000 contratti aperti, indicazione a nostro avviso rilevante per interpretare il trend. Ancora i dati macro continuano a suggerire che il tasso potenziale di crescita delle economie avanzate verrà condizionato dall'attuale crisi finanziaria e conseguentemente la recessione dovrebbe protrarsi per tutto il 2009, con un ritorno a tassi positivi di espansione nel 2010. Le motivazioni sono da ricercarsi nella crescita di quei paesi, che è stata segue pagina >>

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ITALIA-RUSSIA/ DOMANI BERLUSCONI A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Italia-Russia/ Domani Berlusconi a Mosca, rapporti ai massimi di Apcom Ricco programma di incontri con Putin e Medvedev -->Mosca, 5 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Nel segno di "rapporti economici ai massimi storici" inizia domani a Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria, Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella capitale russa fino a martedì - ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino - quando incontrerà il Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già da domani però con Vladimir Putin, collega premier e 'amico' di lunga data, inizia un fitto programma che si concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi e Putin ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia Areonautica (Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare, dopo lo scatto al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e Washington. La missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale ambito la collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i massimi storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria, consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da 23,9 a 26,5 miliardi di euro, con un aumento dell'11 per cento rispetto al 2007. Il ritmo della crescita, ovviamente, ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo". Ovviamente l'energia non può passare in secondo piano. Non a caso giovedì scorso il numero uno di Eni, Paolo Scaroni è volato a Mosca per incontrare nel quartier generale di Gazprom il suo omologo Aleksei Miller. Si è parlato di "progressi" compiuti nel progetto South Stream e dei rapporti tra Mosca e Kiev per il passaggio delle forniture. Ma un vero tema 'caldo' per il colosso dell'oro blu è l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi aveva corredato di voci di un possibile passo indietro dell'Aquila Bicipite. Ma che la visita di Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. Circa il 70 per cento delle nostre importazioni dalla Russia è costituito da gas e petrolio, sottolineava il premier a Ria. "L'aspetto interessante della missione è che sarà estesa a realtà economiche lontane da Mosca e ad altre regioni, tra cui San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk. In conclusione, la Russia e' per l'Italia un partner strategico imprescindibile, politicamente ed economicamente. La nostra è un'amicizia a tutto campo". In particolare si prevedono - secondo fonti di Apcom - intese per la cooperazione nel settore delle comunicazioni tra i Ministeri italiano dello Sviluppo Economico e russo delle Comunicazioni, dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili tra Sviluppo Economico e ministero russo dell'Energia, più una serie di accordi tra gruppi ed imprese strategiche. Tra i player a siglare Finmeccanica, Eni, Transneft, Rosneft, Strojtransgaz, Inter RAO EES, Zarubezhneft, Enipower, Rostekhnologii, Ferrovie Russe; è previsto inoltre un accordo tra 'Unione Russa Imprenditori ed Industriali' e Confindustria. E tra Vneshekonombank e SACE due ulteriori intese: la prima per linee di credito concesse da banche straniere alla Vneshekonombank; la seconda per la realizzazione di uno schema di finanziamento per la vendita del Superjet 100 sul mercato internazionale.(segue)

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Italia-Russia/ Domani Berlusconi a Mosca, rapporti ai (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mosca, 5 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Nel segno di "rapporti economici ai massimi storici" inizia domani a Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria, Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella capitale russa fino a martedì - ha reso noto nei giorni scorsi il Cremlino - quando incontrerà il Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già da domani però con Vladimir Putin, collega premier e 'amico' di lunga data, inizia un fitto programma che si concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi e Putin ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia Areonautica (Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare, dopo lo scatto al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e Washington. La missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale ambito la collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i massimi storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria, consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da 23,9 a 26,5 miliardi di euro, con un aumento dell'11 per cento rispetto al 2007. Il ritmo della crescita, ovviamente, ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo". Ovviamente l'energia non può passare in secondo piano. Non a caso giovedì scorso il numero uno di Eni, Paolo Scaroni è volato a Mosca per incontrare nel quartier generale di Gazprom il suo omologo Aleksei Miller. Si è parlato di "progressi" compiuti nel progetto South Stream e dei rapporti tra Mosca e Kiev per il passaggio delle forniture. Ma un vero tema 'caldo' per il colosso dell'oro blu è l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi aveva corredato di voci di un possibile passo indietro dell'Aquila Bicipite. Ma che la visita di Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. Circa il 70 per cento delle nostre importazioni dalla Russia è costituito da gas e petrolio, sottolineava il premier a Ria. "L'aspetto interessante della missione è che sarà estesa a realtà economiche lontane da Mosca e ad altre regioni, tra cui San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk. In conclusione, la Russia e' per l'Italia un partner strategico imprescindibile, politicamente ed economicamente. La nostra è un'amicizia a tutto campo". In particolare si prevedono- secondo fonti di Apcom - intese per la cooperazione nel settore delle comunicazioni tra i Ministeri italiano dello Sviluppo Economico e russo delle Comunicazioni, dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili tra Sviluppo Economico e ministero russo dell'Energia, più una serie di accordi tra gruppi ed imprese strategiche. Tra i player a siglare Finmeccanica, Eni, Transneft, Rosneft, Strojtransgaz, Inter RAO EES, Zarubezhneft, Enipower, Rostekhnologii, Ferrovie Russe; è previsto inoltre un accordo tra 'Unione Russa Imprenditori ed Industriali' e Confindustria. E tra Vneshekonombank e SACE due ulteriori intese: la prima per linee di credito concesse da banche straniere alla Vneshekonombank; la seconda per la realizzazione di uno schema di finanziamento per la vendita del Superjet 100 sul mercato internazionale.(segue)

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conroe ha detto: Repubblica 'a la une': "Attacchi alla stampa, il Pd a Berlusconi: "E' nervoso perché il suo ciclo sta finendo" " A 72 anni ancora il ciclo? Suvvia... (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 05-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 62 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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