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Report "crisi"   4-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

agentediviaggi ha detto: io invece non capisco come paesi supermega industrializzati come Germania e Giappone vengono dati per la fine del 2009 a -5, l'Italia a -4, e per la Spagna ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

La crisi economica? Per il nobel Krugman non mancano le risorse, ma la comprensione ( da "Giornale di Brescia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria scatenata dall'allegra finanza degli anni precedenti stava scivolando verso la depressione, Krugman veniva insignito del Nobel per l'economia. Una sorta di rivincita su chi lo aveva aspramente criticato. L'economista di Princeton ha così ripreso in mano il suo libro del 1999 aggiornandolo per indagare più a fondo le cause della crisi odierna e per illustrare le

Pezzali candidato? A giorni la decisione ( da "Gazzetta di Mantova, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amministrativa affrontando la crisi finanziaria che squasserà dalle fondamenta i Comuni nei prossimi anni. A crederci, sembrerebbe il Pdl, al quale non dispiacerebbe la candidatura forte di Pezzali. Titubante invece la Lega, oggi tentata a correre da sola con il candidato Mario Luppi e non più disponibile a sostenere un'eventuale intesa con il Pdl e candidato il sindaco uscente Mauro Ghizzi.

Spilamberto. Il Pd: il governo congela 6 milioni di euro ( da "Gazzetta di Modena,La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tutto aggravato dalla crisi finanziaria ed economica: si chiede a gran voce di rilanciare l'economia e poi si nega a chi potrebbe la possibilità di farlo. Per questo il Partito democratico di Spilamberto, assieme ad altre forze politiche (Pdci, Prc, Idv, Pri, Verdi e Psi), ha deciso di chiamare a raccolta i cittadini per raccogliere la loro protesta e farla pervenire al governo.

"Sui conti off-shore 11 mila 500 miliardi" ( da "Stampa, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dalla deregulation dei mercati finanziari, negli Anni '70, il numero dei paradisi fiscali è più che triplicato. Oltre 600 miliardi di dollari sono confluiti dall'Africa subsahariana in massicci trasferimenti di capitale fin dal 1975 e per lo più sono scomparsi, finiti in conti segreti o in compagnie offshore in posti come Jersey,

La prof. Campra al Leardi Sui bilanci quali effetti della crisi finanziaria Domani alle... ( da "Stampa, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: bilanci quali effetti della crisi finanziaria Domani alle 10,30, nell'aula magna dell'Istituto Leardi di Casale ultimo appuntamento di Professione Ragioniere, attività formativa in collaborazione con l'Associazione Ex Allievi. Il ciclo di conferenze riservate agli studenti di 4ª e 5ª del corso Commerciale si conclude con la conferenza «Gli effetti della crisi finanziaria sul bilancio»

Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale ( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi la politica dell'azienda è mantenere la pressione pubblicitaria standard, ma con un occhio attento all'evoluzione della crisi finanziaria internazionale e alle sue ripercussioni sui consumi nazionali. Ferrero ha diversi prodotti in comunicazione per promuovere i quali ha realizzato campagne molto diverse: la più tradizionale è quella di Kinder basata su un testimonial sportivo

Campagna di Russia per il Made in Italy ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I presupposti per un dietrofront dei russi c'erano, alla luce della crisi finanziaria del Paese. Per giunta, oggi il 20% di Gazpromneft vale in Borsa circa 2 miliardi di dollari, dunque assai meno dello strike price della call. Eppure, negli ultimi giorni le prospettive di una retromarcia russa si sono allentate.

I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono gi&#... ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I presupposti per un dietrofront dei russi c'erano, alla luce della crisi finanziaria del Paese. Per giunta, oggi il 20% di Gazpromneft vale in Borsa circa 2 miliardi di dollari, dunque assai meno dello strike price della call. Eppure, negli ultimi giorni le prospettive di una retromarcia russa si sono allentate.

Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: insaziabile dei russi per le firme e i beni di lusso viene messo a dieta dalla crisi finanziaria. E se molte aziende di moda da inizio anno hanno chiuso i battenti a Mosca (Manolo Blahnik, Diesel, Alexander McQueen e Kookai) , il gruppo Burani, che in tutto il territorio russo ha 65 punti vendita, a oggi non sembra risentire dei venti gelidi provenienti dall'ex Unione Sovietica.

Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa. ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: insaziabile dei russi per le firme e i beni di lusso viene messo a dieta dalla crisi finanziaria. E se molte aziende di moda da inizio anno hanno chiuso i battenti a Mosca (Manolo Blahnik, Diesel, Alexander McQueen e Kookai) , il gruppo Burani, che in tutto il territorio russo ha 65 punti vendita, a oggi non sembra risentire dei venti gelidi provenienti dall'ex Unione Sovietica.

Wall St. col Cuore oltre l'Ostacolo ( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Una discesa e un assestamento del Vix al di sotto del Vxn - ricordiamo che dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2007 il primo indice ha effettuato uno storico sorpasso sul secondo - confermerebbe il calo delle tensioni sul settore finanziario e un ritorno a una percezione del rischio normale. In attesa di questi ulteriori sviluppi, rimaniamo positivi.

Salvagente alle imprese in crisi ( da "Giorno, Il (Lodi)" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria: le sfide della Regione Lombardia a supporto delle imprese». «Pavia è ultima nella graduatoria regionale degli aiuti e della previsione per gli investimenti 2009 - ha detto il consigliere regionale leghista, Lorenzo Demartini - anche perché il 60% degli imprenditori denuncia un inasprimento da parte delle banche per quanto riguarda l'

All'estero non siamo presi sul serio, neanche travestiti ( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sotto accusa per avere provocato la crisi finanziaria e ormai praticamente sostituita, nell'immaginario economico del nuovo millennio, dal profilo rapace del suo grande creditore, la Cina comunista e stracapitalista insieme, l'immagine dell'Italia, o almeno quella del suo presidente del consiglio, resiste all'usura del tempo.

Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale ( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi la politica dell'azienda è mantenere la pressione pubblicitaria standard, ma con un occhio attento all'evoluzione della crisi finanziaria internazionale e alle sue ripercussioni sui consumi nazionali.Ferrero ha diversi prodotti in comunicazione per promuovere i quali ha realizzato campagne molto diverse: la più tradizionale è quella di Kinder basata su un testimonial sportivo

Rbs dice no ai compensi dei manager ( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è diventata uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti.Hampton ha cercato di placare gli azionisti annunciando un programma di consistenti tagli alle spese e la promessa di tornare a distribuire dividendi «

L'Antitrust attacca le professioni ( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il libero mercato tanto paventato dall'Antitrust deriva da un'ideologia deteriore, «da cui discende la crisi finanziaria che attanaglia e attanaglierà nei prossimi anni non solo le economie ma le popolazioni dei principali paesi nel mondo».

di Fabrizio Goria Mille miliardi contro la crisi ( da "Riformista, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di Fabrizio Goria Mille miliardi contro la crisi G20. Gli Stati Uniti hanno combattuto la battaglia per convincere gli altri grandi a politiche comuni di deficit spending per contrastare gli effetti del rallentamento economico e del pasticcio finanziario innescato dai subprime. I soldi stanziati dagli americani sono molti più di quanto si creda.

Sui paradisi fiscali un impegno da coordinare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Difficile negare che esista un legame tra eccessi finanziari e ingiustizie sociali. Uno studio della Bundesbank ("Funktionale Umverteilung") dimostra come dal 2000 al 2007 una quota superiore al 10% del reddito totale si sia spostata dal lavoro al capitale. Solo la crisi finanziaria ha ridotto nel 2008 il divario, di ben un terzo.

Quattro liste in cerca di accordi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: utilizzati nella strutturazione di complesse architetture finanziarie (prime tra tutti, gli hedge fund), i secondi si prestano principalmente a occultare fondi di non residenti, consentendo loro di sottrarsi alle pretese, non solo fiscali, dei Paesi di appartenenza. La crisi finanziaria mondiale ha colmato le distanze, accomunando le due categorie nella censura dei Paesi industrializzati.

gli economisti si dividono sul g20 "misure reali". "no, è scenografia" - giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: travolto i mercati finanziari, osserva che «nel suo insieme il G20 è stato positivo e ha avuto successo, c´è stato un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non è la soluzione di tutto». Secondo Roubini «è stato positivo l´impegno del G20 sull´aumento dei finanziamenti all´Fmi», così come il sostegno al commercio internazionale e la regolamentazione del sistema finanziario.

Francia-Italia, la partita Edison è tutta da giocare ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crollate per la crisi dei mercati finanziari. L'operazione è seguita dall'amministratore delegato della holding bresciana, Pietro Modiano, che opera in stretto contatto con Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo e banchiere vicino da sempre sia a Zaleski sia alla componente bresciana di A2A.

Il capitalismo si vede dalle élite ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il capitalismo si vede dalle élite di Carlo Carboni L e analisi riguardanti le cause dell'attuale crisi convergono nell'imputarle alle degenerazioni del turbo capitalismo a trazione finanziaria e tecnologica manifestatesi negli ultimi anni (per Bastasin, si veda Il Sole 24 Ore del 25 febbraio scorso, il 2004 è stato «l'anno galeotto») e alla «superclasse» che lo pilotava (D.

Hedge al congiuntivo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria internazionale, e di mettere in discussione qualche luogo comune. Difendiamola: nei vertici, in Borsa e nelle scuole. E non solo nell'interessedeiliberisti. • Tv senza pudore Io capisco. Capisco che abbiamo bisogno di distrarci, e non pensare sempre ai tanti lavoratori che improvvisamente si sono trovati nella disperazione per aver perso il posto di lavoro,

Raddoppio di Blackberry: fatturato record per Rim ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: società dei Blackberrys potrebbe quindi ritornare entro la fine dell'anno ai livelli di settembre, alla vigilia della crisi finanziaria. La società ha offerto previsioni rosee per il resto dell'anno, un evento raro in questo periodo di crisi. Il successo dell'azienda nel contenere i costi dovrebbe consentire di alzare i margini lordi di profitto al 43-44% nel trimestre marzomaggio;

Draghi: spiragli dall'economia ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Ci sono ora segnali positivi sui mercati finanziari e sul mercato immobiliare negli Stati Uniti, anche se bisogna stare attenti - ha messo in guardia il Governatore - a non interpretare una rondine per primavera, perché sono segnali semplicemente di un rallentamento nel deterioramento».

Serravalle, in Borsa il 20% ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: considerato lo stato di salute attuale dei mercati finanziari. «Siamo ottimisti – dichiara Fabio Terragni, presidente della Pedemontana Spa –. In primis, per il rapporto di partenariato con Banca Intesa infrastrutture (Intesa SanPaolo). Poi perché stiamo raccogliendo numerose manifestazioni d'interesse da parte di banche nazionali,

Nasce il livello intermedio tra vigilanza nazionale e Fmi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Alcuni di questi hanno ormai un peso sui mercati finanziari che non può essere ignorato e al tempo stesso l'inclusione nell'Fsb consentirà loro di avvalersi delle esperienze dei mercati più avanzati, anche in modo da poter evitare di ripeterne gli errori. alessandro.merli@lsole24ore.

Sì alle Regole ma con metodo ( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria internazionale in atto, e reclamare solo nuovi «lacci e lacciuoli» alla libertà degli scambi non rafforza i mercati, né ripristina quei sentimenti di sicurezza, di tranquillità e di speranza su cui poggia la fiducia. Ebbene, le autorità monetarie e finanziarie degli Stati Uniti sono alla ricerca delle vie più convenienti da percorrere per ricostruire la fiducia

i vecchi fantasmi dell'alleanza - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Atlantico dalle conseguenze sociali e politiche della più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta; dalla minaccia terroristica del dopo 11 settembre e dal conseguente impegno della stessa Alleanza in Afghanistan; e, per quanto riguarda in particolare l´Europa, dai non semplici rapporti con la Russia, strascichi di una guerra fredda emersi l´estate scorsa,

L'euro ha fatto da scudo agli italiani di fronte ai contraccolpi della crisi finanziaria globale. Lo... ( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha fatto da scudo agli italiani di fronte ai contraccolpi della crisi finanziaria globale. Lo ha detto il membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, Lorenzo Bini Smaghi (nella foto), a margine della cerimonia di apertura di una mostra sull'euro organizzata dalla Banca d'Italia a Roma, spiegando che «questa è la prima volta che gli italiani affrontano una crisi e,

CNA e CO.FIDI Puglia a sostegno delle imprese ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria si è abbattuta su una situazione già di sofferenza, creando tra gli imprenditori forti apprensioni per la tenuta del sistema produttivo, dato che sono proprio le micro e piccole imprese ad essere più esposte e vulnerabili nel rapporto con il mercato creditizio.

in memoria del divo giulio e della sua sfida ( da "Unita, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La casa editrice passò una gravissima crisi finanziaria tra il 1983 e il 1987. Finì con Mondadori. Che cosa resta? L'eterno confronto tra la ricerca più alta e l'aspirazione ai grandi numeri, tra l'egemonia culturale per mezzo secolo fino al nostro Sessantotto e la commercializzazione, tra il rigore della vecchia Einaudi e la contaminazione di Stile Libero (

VINCENZO ORTOLINA Una benedizione sorprendente Da cattolico che sta serenamente nel centrosini... ( da "Unita, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il quale ha parlato anche recentemente di una società malata di relativismo e di nichilismo, a riguardo della conseguente crisi di valori, e in particolare del fallimento dei matrimoni, non si è accorto che, in questi decenni, tale crisi, che ha investito pesantemente le stesse famiglie cattoliche, è anche, se non prevalentemente, frutto della cultura materialista,

C'è una lettera di Gianni Rodari che comincia: Muy querido y distinguido hidalgo editorial... ( da "Unita, L'" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La casa editrice passò una gravissima crisi finanziaria tra il 1983 e il 1987. Finì con Mondadori. Che cosa resta? L'eterno confronto tra la ricerca più alta e l'aspirazione ai grandi numeri, tra l'egemonia culturale per mezzo secolo fino al nostro Sessantotto e la commercializzazione, tra il rigore della vecchia Einaudi e la contaminazione di Stile Libero (

Etica e capitali Lo scudo Ue e il piano ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nella capitalizzazione diretta delle imprese, il 70% fu reinvestito nei mercati finanziari (non certo solo italiani) ed il 20% in immobili e beni di lusso. Ora l'aria è un po' diversa. E di indulgenza fiscale nessuno parla più molto volentieri. Mario Sensini Imprese Allo studio uno schema per il reinvestimento nelle imprese

senza titolo........... ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Nome Titolo Tel. Prezzo Var. Var. Min Max Capitaliz Rif. Rif. 02-01-2009 Anno Anno (in milioni (euro) (in %) (in %) (euro) (euro) di euro) IGD * ................................(IGD) 0,921 -2,59 -18,54 0,813 1,369 285,5 Il Sole 24 Ore.

Rbs, no dei soci ai super compensi ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Il caso a Londra Rbs, no dei soci ai super compensi (g.fer.) Tagli alle spese e il ritorno del dividendo «prima possibile»: queste promesse, fatte all'assemblea dei soci dall'amministratore delegato Philip Hampton, hanno fatto lievitare i titoli di Royal Bank of Scotland,

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amministratore delegato di Intesa poi ribadito che dalla crisi finanziaria «usciranno vincitrici le banche che hanno l'orgoglio di essere banche commerciali», quelle «dove l'attività finanziaria non c'è o è minimale». «Istituti come il nostro, che hanno fatto le ristrutturazioni in tempi di vacche grasse ora si trovano avvantaggiati», ha sottolineato.>

Pirelli ancora su, frena Enel ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Pirelli ancora su, frena Enel Qualche vendita di beneficio ha frenato la prima parte della seduta di ieri a Piazza Affari, che era reduce dal forte rialzo di giovedì.

Prysmian vola sulla commessa russa ( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Prysmian vola sulla commessa russa (g.fer.) Prysmian sul podio dell'S&P-Mib ieri a Piazza Affari. Il titolo della società leader mondiale nei cavi ad alta tensione ha guadagnato l'8,20% risalendo oltre quota 8 euro (8,445 la quotazione di riferimento),

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Probabilmente anche perché gli Stati non si sono comportati come negli anni Trenta: «Non si sono chiusi nel protezionismo, hanno abbassato i tassi d'interesse, hanno immesso liquidità, hanno impiegato risorse per far ripartire l'economia. E stanno collaborando ». Non ci sarà una ricetta univ ersale, un solo modo di uscire dalla crisi, ma un coordinamento sì.

La Fiat prova a mettere il turbo e la Cgil ingrana la retromarcia ( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: obietta che forse non è il modo giusto per fare ridecollare il Pil depresso dalla crisi finanziaria, l'esponente della sinistra Cgil ribatte: «La crisi la deve pagare chi l'ha provocata. Fino a quando non ci rimetteranno lorsignori, noi andremo avanti». Cosa significhi concretamente lo si capisce invece da alcuni recenti episodi di cronaca sindacale passati più o meno inosservati.

Barack e la strategia dell'umiltà ( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Gli Usa hanno bisogno degli altri; del sostegno della Banca centrale europea per stabilizzare il sistema finanziario; dei risparmi dei cinesi e dei fondi degli sceicchi arabi per acquistare i Buoni del Tesoro;

Dow completa acquisizione di Rohm and Haas ( da "Polimerica" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: effetto della crisi finanziaria e del fallimento della joint-venture K-Dow con la kuwaitiana Petrochemicals Industries Company. Come richiesto dalla Federal Trade Commission (FTC), nei prossimi 240 giorni Dow dovrà dismettere alcuni assets: tra questi, gli impianti di Clear Lake in Texas, per la produzione di acido acrilico ed esteri,

Il Rigoletto/ Aziende italiane, che orgoglio ( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la ricetta anti-crisi di Calabrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre,

CGIL: LE SINISTRE SI RITROVANO A FIANCO DI EPIFANI ( da "ITnews.it" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: separate dalle scelte politiche, le sinistre si sono ritrovate oggi, fianco a fianco, alla manifestazione indetta dalla Cgil a Roma. A fare da collante, dopo i mesi delle incomprensioni e delle reciproche accuse, le critiche alla politica economica con cui il governo Berlusconi sta affrontando la crisi finanziaria internazionale.

I vecchi fantasmi dell'alleanza ( da "Repubblica.it" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Atlantico dalle conseguenze sociali e politiche della più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta; dalla minaccia terroristica del dopo 11 settembre e dal conseguente impegno della stessa Alleanza in Afghanistan; e, per quanto riguarda in particolare l'Europa, dai non semplici rapporti con la Russia, strascichi di una guerra fredda emersi l'estate scorsa,

agentediviaggi ha detto: non credo conroe che le cancellerie europee avranno il coraggio di snocciolare dati simili, faranno come Zapatero che truccherà i dati. ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Ue/ Poettering: Sosterrò ingresso Pdl nel Ppe ( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Altro argomento caldo è la crisi finanziaria sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessità di risolverla trovando una linea comune d'intervento: "La convinzione alla base della nostra po­litica è che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale.

G20/ Premier etiope soddisfatto per risultati vertice per ( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: abbiano presentato due grandi agende al vertice, per misure forti contro la crisi finanziaria e per altri 50 miliardi di dollari di aiuti all'Africa - ha detto Zenawi, citato oggi dal quotidiano sudanese Sudan Tribune - e il vertice ha, più o meno, risposto in modo positivo a queste preoccupazioni africane sollevate durante il summit".

G20/ PREMIER ETIOPE SODDISFATTO PER RISULTATI VERTICE PER AFRICA ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: abbiano presentato due grandi agende al vertice, per misure forti contro la crisi finanziaria e per altri 50 miliardi di dollari di aiuti all'Africa - ha detto Zenawi, citato oggi dal quotidiano sudanese Sudan Tribune - e il vertice ha, più o meno, risposto in modo positivo a queste preoccupazioni africane sollevate durante il summit".

UE/ POETTERING: SOSTERRÒ INGRESSO PDL NEL PPE ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Altro argomento caldo è la crisi finanziaria sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessità di risolverla trovando una linea comune d'intervento: "La convinzione alla base della nostra po­litica è che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale.

AGENDA DEGLI AVVENIMENTI DI SABATO 4 E DOMENICA 5 APRILE 2009 ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontro sulla crisi finanziaria tra il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il capo del Fmi Dominique Strauss-Kahn, e il presidente della Banca mondiale Robert Zoellick Strasburgo - Proteste contro il summit Nato organizzate dal gruppo "Stop the War" - Seconda giornata del summit Nato Corea del Nord - Da oggi possibile lancio del controverso satellite coreano DOMENICA 5 Cile -

Dominio ".eu", tre anni di vita tre milioni di siti ( da "Stampaweb, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale.

PDL: POETTERING, SOSTERRO' SUO INGRESSO NEL PPE. ( da "Asca" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Altro argomento caldo e' la crisi finanziaria ed economica sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessita' di risolverla trovando una linea comune d'intervento: ''La convinzione alla base della nostra politica e' che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale.

G20, crisi: 1100 miliardi di dollari a disposizione dell'FMI , l'ok dell'Ue ( da "Sestopotere.com" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari. L'accordo raggiunto dal G20 è stato accolto con soddisfazione dall'UE, che ha ispirato misure per impedire i comportamenti troppo disinvolti della banche che sono all'origine della crisi finanziaria. Riprendendo le proposte europee, i leader del Gruppo dei 20 hanno annunciato misure per promuovere la trasparenza e prevenire minacce alla stabilità del sistema e l'

PDL: POETTERING, SOSTERRO' SUO INGRESSO NEL PPE ( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Altro argomento caldo e' la crisi finanziaria ed economica sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessita' di risolverla trovando una linea comune d'intervento: ''La convinzione alla base della nostra politica e' che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale.

Quale futuro per l'occupazione ( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Cultura società Quale futuro per l'occupazione Ecco gli effetti della crisi in corso sulle variabili della realtà Floro Ernesto Caroleo* e Francesco Pastore** Per parlare del futuro dell'occupazione è forse opportuno fare alcune brevi premesse sulle conseguenze reali della pesante crisi finanziaria che stiamo vivendo.

Bei aumenta il capitale: Ora è a quota 232,4 mld ( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'aumento era stato inizialmente previsto per il 2010, l'operazione è stata anticipata per fronteggiare la crisi finanziaria ed economica. L'aumento di capitale sarà effettuato attraverso il trasferimento da riserve addizionali Bei e quindi non costringerà gli Stati Ue a prevedere risorse addizionali. del 04-04-2009 num.

Crisi, Tremonti: Ecofin chiede a Iasb revisione mark to market ( da "Reuters Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "C'è stata la scelta indicativa di cambiare le regole contabili così come in America, così in Europa", ha detto Tremonti.

CRISI: TREMONTI,SU VIGILANZA MERCATI NON BASTANO SOLO MODIFICHE TECNICHE. ( da "Asca" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: CRISI: TREMONTI,SU VIGILANZA MERCATI NON BASTANO SOLO MODIFICHE TECNICHE (ASCA) - Praga, 4 apr - La crisi finanziaria ha dimostrato che la vigilanza sui mercati in Europa necessita di cambiamenti rilevanti, non soltanto di modifiche puramente tecniche.

CRISI, TREMONTI: ECOFIN CHIEDE A IASB REVISIONE MARK TO MARKET ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "C'è stata la scelta indicativa di cambiare le regole contabili così come in America, così in Europa", ha detto Tremonti.

BLOCCARNE UNO PER PAGARNE CENTO. L'ABBIAMO PRESO E FINALMENTE L'AZIENDA HA SALDATO G... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: Perchè la crisi finanziaria ha mostrato chiaramente, e a tutti, i limiti del sistema. E allora bisogna riscrivere le regole e riassegnare al lavoro il giusto valore. Il rischio di un populismo che sconfina nella violenza di piazza è molto forte di questi tempi.

GERARDO AUSIELLO UNA RIDUZIONE DELLE INDENNITà DI ASSESSORI E CONSIGLIERI REGIONALI PER OTTE... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009) + 6 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: i problemi scaturiti dalla crisi finanziaria e la necessità di destinare le risorse ad alcuni interventi urgenti: «Stiamo attraversando - chiarisce il governatore - un momento difficile a causa della crisi economica internazionale. La giunta è già intervenuta in queste settimane stanziando 120 milioni di euro per integrare il reddito di cassintegrati e precari,

babelick ha detto: così se assaltano le banche crolla un sistema e non ne abbiamo uno pronto di riserva. ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Accerchiato da tre in motoe rapinato di ventimila euro ( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anziché farsi pagare in denaro (vista la cronica crisi finanziaria dell'azienda) decise di incassare l'equivalente della somma in biglietti aerei da utilizzare in un anno, con la possibilità di rinnovare la validità dei ticket-volo anche per l'anno seguente. Si badi: 25 mila euro di «voli» da spendere in due anni.

CRISI/POETTERING:FUTURO DI TUTTI DIPENDE DA UE,NO A PROTEZIONISMI ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il presidente del Parlamento europeo si è soffermato nel corso della sua lettura ad analizzare lo scottante argomento della crisi finanziaria, facendo notare come "gli stessi Stati Uniti hanno accettato una maggiore trasparenza nella gestione del sistema finanziario". Un aspetto su cui, come ha fatto notare Pöttering, "oggi si registra un consenso più ampio tra Usa ed Ue".

ECOFIN, TREMONTI: DISCUSSIONE APERTA SU VIGILANZA UE ( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "I ministri chiedono allo Iasb di lavorare da vicino con il Fasb per arrivare ad un trattamento e a un'applicazione identica degli standard", dice la nota ufficiale dell'Ecofin.

diciamolochiaro ha detto: Sono d'accordo su quasi tutto quello che avete detto, meno con Babe in un post piu' sotto che paventa accordi strategici per un do ut des. ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
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Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Nel 2010 torna <Sex&the City> ( da "Corriere.it" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nella crisi economica mondiale. LA SFIDA - L'attrice Sarah Jessica Parker ha già un'idea su come affrontare la sfida: «Sarà bello risolvere il problema di come intrecciare il lusso in cui vivono le protagoniste e la crisi finanziaria». E promette: «L'ultima volta vi abbiamo raccontato una storia intelligente e sofisticata sui cuori spezzati.

babelick ha detto: Dio santo berlusconi...ma non ha freni inibitori quell'uomo? :( prima si fa rimproverare dalla regina come un moccioso in gita,poi fa aspettare il premier tedesc ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

diciamolochiaro ha detto: E ora passiamo alla presunta affidabilità della Spagna. ( da "KataWeb News" del 04-04-2009)
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Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

04/04/2009 21:31 BRASILE: POLEMICHE PER FRASE LULA SU CRISI ECONOMICA E OCCHI AZZURRI ( da "ITnews.it" del 04-04-2009)
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Abstract: una recente frase del presidente Luiz Inacio Lula che ha parlato di crisi finanziaria mondiale causata da "comportamenti irrazionali di gente bianca con gli occhi azzurri, che prima sembrava sapessero tutto e ora non sanno niente". La frase della discordia, pronunciata la Lula in occasione della visita in Brasile del primo ministro britannico Gordon Brown, "e' stata una metafora",


Articoli

agentediviaggi ha detto: io invece non capisco come paesi supermega industrializzati come Germania e Giappone vengono dati per la fine del 2009 a -5, l'Italia a -4, e per la Spagna (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

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senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 44 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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La crisi economica? Per il nobel Krugman non mancano le risorse, ma la comprensione (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 04/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:cultura La crisi economica? Per il nobel Krugman non mancano le risorse, ma la comprensione Dalla folla ammassata a Wall Street nel 1929, ai colletti bianchi della Lehman Brothers che nei mesi scorsi hanno lasciato gli uffici con le loro cose raccolte in una scatola di cartone. Immagini figlie della depressione economica che ci si era illusi di aver sconfitto per sempre ma che è riapparsa come un virus, cogliendo di sorpresa gli scienziati. Nel nostro caso gli scienziati colti di sorpresa (non proprio tutti, ma quasi) sono gli economisti non di rado pronti a giurare di aver trovato la formula magica di una crescita permanente. Nel 2003 il Premio Nobel per l'economia Robert Lucas tenne il discorso presidenziale all'assemblea annuale della prestigiosa American Economic Association per convincere i suoi ascoltatori che la macroeconomia, nata negli anni Trenta in risposta alla Grande Depressione, aveva predisposto gli strumenti essenziali per evitare una rovinosa ricaduta. Ben Bernanke, che di lì a poco sarebbe diventato il Presidente della Federal Reserve, esprimeva, sia pure in termini leggermente diversi, opinioni analoghe. Come si conciliavano quei discorsi con la depressione che pochi anni prima aveva colpito il Giappone e che non era ancora stata superata? Con la cecità dei loro autori? Con l'umana tendenza alla rimozione? O più semplicemente, come sospettava Keynes di fronte alla crisi del '29, con l'incomprensione di quel che stava accadendo sotto gli occhi di tutti? Non lo sapremo mai. Sappiamo invece che fin dal 1999 Paul Krugman aveva raccontato con precisione le crisi che avevano devastato l'Asia e l'America Latina ammonendo che potevano accadere anche da noi. Allora venne considerato poco meno di un profeta di sventura, com'era accaduto ad Aby Warburg alla vigilia del crollo di Wall Street. Per ironia della sorte, nel settembre del 2008, proprio mentre la crisi finanziaria scatenata dall'allegra finanza degli anni precedenti stava scivolando verso la depressione, Krugman veniva insignito del Nobel per l'economia. Una sorta di rivincita su chi lo aveva aspramente criticato. L'economista di Princeton ha così ripreso in mano il suo libro del 1999 aggiornandolo per indagare più a fondo le cause della crisi odierna e per illustrare le misure che occorre adottare perché fenomeni del genere non si ripetano («Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008», Garzanti). A parere dell'autore la crisi ha le sue origini nella finanza senza regole che non ha esitato a gettarsi in speculazioni irresponsabili, nella concessione di credito che le banche non hanno saputo (o voluto) selezionare, nella bolla immobiliare che non poteva proseguire indefinitamente. Quando il convoglio impazzito è giunto al capolinea e si sono tirate le somme, si è constatato che tutto era sfuggito di mano. Che fare, adesso? Nazionalizzare le banche, sostenere i consumi, aiutare i disoccupati? Oppure appellarsi alla «distruzione creatrice» cara a Schumpeter secondo il quale le crisi hanno la funzione di eliminare dal mercato le inefficienze ovunque esse si annidano? (In questo caso, sia detto per inciso, l'unica cosa che possiamo fare è assistere passivamente all'opera risanatrice del mercato). Krugman è un tenace sostenitore della prima opzione: «Per la prima volta in due generazioni - osserva - la prosperità di gran parte del mondo è minacciata a causa dei fallimenti dal lato della domanda: la spesa privata è insufficiente per garantire il pieno utilizzo delle capacità produttive». Per poi concludere: nel nostro mondo «non sono le risorse, o le virtù, a mancare, ma la capacità di comprensione». Il che è davvero un bel guaio. Giovanni Vigo

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Pezzali candidato? A giorni la decisione (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Mantova, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Porto. Anche il Pdl lo vorrebbe fra i suoi Pezzali candidato? A giorni la decisione PORTO MANTOVANO. Continua ad essere in movimento la situazione politica in vista delle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno. A sinistra le primarie di coalizione hanno indicato in Maurizio Salvarani, leader di Vivere Porto, il candidato dell'intesa Porto Insieme che avrà come vice Gabriele Lanfredi (Pd-Porto democratica). Ma resta alta l'attesa per capire cosa farà l'ex sindaco Remo Pezzali, la cui discesa in campo potrebbe sconvolgere gli equilibri che sono stati fin qui raggiunti. La risposta verà nei primi giorni dlela prossima settimana quando il carismatico ex primo cittadino scioglierà le riserve. A frenarlo, in questo momento, le ancora parziali risposte all'idea di una «grande coalizione», un'intesa al di sopra dei partiti la sola, secondo Pezzali, in grado di dare solidità amministrativa affrontando la crisi finanziaria che squasserà dalle fondamenta i Comuni nei prossimi anni. A crederci, sembrerebbe il Pdl, al quale non dispiacerebbe la candidatura forte di Pezzali. Titubante invece la Lega, oggi tentata a correre da sola con il candidato Mario Luppi e non più disponibile a sostenere un'eventuale intesa con il Pdl e candidato il sindaco uscente Mauro Ghizzi. Ghizzi non sembra avere l'appoggio proprio di Pezzali e quindi si ritroverebbe isolato sulla scacchiera politica. Il sindaco uscente ha preso contatti con l'Italia dei Valori, che però nutre qualche dubbio e potrebbe rilanciare proponendo il proprio referente provinciale Benedetta Graziano, come candidato della lista porto, Sviluppo e Solidarietà.

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Spilamberto. Il Pd: il governo congela 6 milioni di euro (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Modena,La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Spilamberto. Il Pd: il governo congela 6 milioni di euro SPILAMBERTO. Sei milioni di euro "congelati" dal governo: è la denuncia del Pd cittadino. Il segretario di circolo del Pd di Spilamberto, Daniela Barozzi, attacca la politica del governo che penalizza i Comuni virtuosi e premia quelli in dissesto. «Sei milioni di euro è la cifra che il Comune di Spilamberto ha a disposizione per fare investimenti e manutenzioni e che, a causa della finanziaria del Governo Berlusconi, non può spendere, nemmeno per pagare opere già avviate - spiega Barozzi - L'ultima legge finanziaria nega ai Comuni, anche ai più virtuosi, la possibilità di spendere i soldi messi da parte per investire sul proprio territorio. Allo stesso tempo però, il governo premia con una pioggia di milioni Comuni come Catania, che il centrodestra ha portato sull'orlo della bancarotta. Siamo quindi ad un paradosso: i Comuni "formichine", come Spilamberto, vengono puniti, quelli che hanno "cicaleggiato" vengono premiati. Per Spilamberto questo vuol dire meno servizi, meno lavoro per le imprese ed i commercianti locali, il tutto aggravato dalla crisi finanziaria ed economica: si chiede a gran voce di rilanciare l'economia e poi si nega a chi potrebbe la possibilità di farlo. Per questo il Partito democratico di Spilamberto, assieme ad altre forze politiche (Pdci, Prc, Idv, Pri, Verdi e Psi), ha deciso di chiamare a raccolta i cittadini per raccogliere la loro protesta e farla pervenire al governo. E' stata avviata, fra le altre iniziative, una raccolta di firme a sostegno di tale mobilitazione, e quindi tutti i cittadini sono invitati a recarsi presso i punti di raccolta per aderire alla protesta, far sentire la loro voce, chiedere di potersi giovare dei frutti del buon governo locale, contrastare la crisi e sostenere lo sviluppo di Spilamberto. Le firme si raccolgono presso la sede del Pd in via S. Adriano 9 e nei banchetti allestiti la domenica in piazza Caduti, il mercoledì e il sabato davanti alla Coop».

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"Sui conti off-shore 11 mila 500 miliardi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

"Sui conti off-shore 11 mila 500 miliardi" Era un pomeriggio caldo e senza un alito di vento dell'agosto 1995 e l'atmosfera nel mio ufficio di Saint Helier, Jersey, era soffocante. Ero consigliere economico in questo paradiso fiscale delle Channel Island, uno dei tanti satelliti offshore della City di Londra. Davanti a me sedevano un multimilionario con la moglie e i loro sei consiglieri finanziari e legali. Gli chiesi come mai non aveva pagato un penny di tasse sul reddito in cinque anni. Si difese così: i miei amici milionari non pagano le tasse e i miei consulenti mi hanno detto che non occorre, perché avrei dovuto? Avrebbe potuto essere il manifesto dei facoltosi di tutto il mondo: siamo ricchi, noi, siamo diversi, le tasse sono per i poveretti. In seguito, per curiosità, verificai la sua affermazione sui ricconi del Jersey ed era in gran parte vera. La maggior parte, in effetti, pagava tasse sorprendentemente basse e, in almeno la metà dei casi, nulla del tutto. I più ricchi del pianeta si sono isolati dal resto della società e si sono creati un impero economico offshore dove possono sentirsi liberi da ogni regola e da ogni obbligo, lasciando a noi i conti da pagare. Questo era l'universo parallelo e segreto che avevo iniziato a indagare negli Anni '80: vivere nel Jersey mi garantiva una copertura perfetta. Alcune cifre possono aiutare a capire l'estensione del marciume. Dalla deregulation dei mercati finanziari, negli Anni '70, il numero dei paradisi fiscali è più che triplicato. Oltre 600 miliardi di dollari sono confluiti dall'Africa subsahariana in massicci trasferimenti di capitale fin dal 1975 e per lo più sono scomparsi, finiti in conti segreti o in compagnie offshore in posti come Jersey, Lussemburgo, Svizzera e Londra. La portata di questo scandalo è sconvolgente. Secondo stime prudenti gli individui più ricchi del mondo hanno parcheggiato 11 mila 500 miliardi di dollari offshore, con una perdita secca di 250 miliardi da versare in tasse ogni anno. È più della cifra richiesta dall'Onu per il Millenium project per combattere la povertà globale. Ma è solo parte del quadro: l'evasione fiscale delle corporazioni è ancora maggiore. Secondo la Banca Mondiale i flussi di capitale frutto di attività criminali, corruzione ed evasione che passano i confini vanno da 1.000 a 1.600 miliardi di dollari all'anno. La metà proviene dalle economie dei Paesi sviluppati. I Paesi ricchi spendono correntemente circa 100 miliardi di dollari all'anno in aiuti: per ogni dollaro che va in soccorsi, da 5 a 8 svaniscono nel nulla. L'evasione fiscale in questo quadro rappresenta la parte maggiore: le imposte sul commercio in particolare sono la parte più rilevante con un ammontare tra i 700 e 1.000 miliardi di dollari. Storicamente non c'è mai stato un tale divario tra ricchi e poveri. Perché è stato permesso tutto questo? I paradisi fiscali sono il cuore dei mercati finanziari globali con oltre 2.000 miliardi di dollari che ogni giorno passano per i loro circuiti. E tuttavia il loro ruolo nel minare ogni regola e nel distruggere l'integrità del sistema tributario nazionale non è ancora stato compreso. I tentativi di affrontare il problema sono stati pietosi e hanno incontrato una forte resistenza. Avvocati, contabili e banchieri che lavorano per i super ricchi hanno collaborato a realizzare nuove strutture legali e finanziarie e contano su governi forti per fissare regole e contesti. Intanto le nazioni più influenti, in particolare Gran Bretagna e Stati Uniti hanno ostacolato le riforme mentre la società civile rifugge l'argomento spaventata dalla sua complessità. Londra è diventata il principale centro finanziario offshore. Negli Anni '50 durante il periodo postcoloniale, l'Inghilterra trainava sviluppo e investimenti e la City ristagnava. La decolonizzazione permise all'Inghilterra di creare una rete di stati semiautonomi per dirigere flussi di capitali verso Londra. Quasi la metà dei paradisi fiscali del mondo, incluse le isole Cayman, le isole del Canale, le British Virgin Islands e le Bermuda hanno stretti legami con la Gran Bretagna e ospitano i maggiori centri finanziari offshore gestiti da professionisti della City espatriati. Ma la Gran Bretagna sostiene di non essere un paradiso fiscale. La Gran Bretagna non è la sola, certo. Tutti sappiamo del segreto bancario svizzero, per esempio, o delle consorterie criminali in Liechtenstein. Singapore attrae denaro sporco dall'Asia e dall'Europa. Il sistema fiscale statunitense permette alle persone facoltose, soprattutto i latinoamericani, di mantenere segreta la loro identità quando investono in buoni del tesoro Usa. E con il crescere dei Paesi in lizza è nata una vera gara nell'offrire incentivi a questo genere di investimenti. Garanzia del segreto e leggi deboli sono la maggiore attrattiva. Nel 1990 l'Ocse tentò di denunciare lo scandalo con il suo rapporto sulle «tasse dannose» ma l'iniziativa fu neutralizzata dall'amministrazione Bush. Le compagnie di potere e i super ricchi, supportati da una capillare struttura di intermediari finanziari hanno sfruttato questa gara a toccare il fondo. Nemmeno le nazioni più potenti riescono a resistere alle pressioni. «Tagliateci le tasse, o ci trasferiremo in Irlanda, o in Svizzera», dicono le aziende. «Offriteci un trattamento di favore, o ce ne andiamo». I governi tremano a queste minacce, e cedono. I risultati sono disastrosi. La mancanza di regole nei paradisi fiscali è stata una delle cause, la maggiore, della crisi attuale: non è un caso se molti dei veicoli di investimento strutturati e dei fondi obbligazionari sono nati in posti come Jersey e Grand Cayman. Così, il carico fiscale è passato da chi poteva sopportarlo a lavoratori e consumatori. Producendo meno posti di lavoro, incremento della povertà e una maggiore ineguaglianza sociale. Questa è una maledizione per i Paesi poveri, ma non solo per loro: l'ex segretario al Tesoro americano Larry Summers ha osservato che se la distribuzione dei redditi negli Usa fosse la stessa del 1979, oggi l'80% degli americani più poveri avrebbe 670 miliardi di dollari in più, 8.000 dollari a famiglia mentre i più ricchi ne avrebbero 670 in meno, circa 500.000 dollari a famiglia. Gli economisti e la cooperazione hanno a lungo ignorato questa economia «sommersa». Molti economisti ortodossi non vedono nemmeno nella politica offshore un fenomeno politico o economico. La Banca Mondiale e il Fmi non hanno incluso nelle loro analisi il modo in cui i paradisi fiscali destabilizzano i mercati finanziari, permettendo che i rischi siano nascosti in complesse strutture occulte nè hanno studiato il loro ruolo nel creare divario sociale e povertà. O come incoraggino la criminalità offrendo ospitalità a evasori, imbroglioni e trafficanti, diventando di fatto fiancheggiatori della corruzione che ha stroncato tanti Paesi. Per 50 anni il cancro dei paradisi fiscali ha diffuso le sue metastasi attraverso l'economia mondiale, provocando scompensi e minando la democrazia. Troncare questa crescita maligna deve diventare una priorità globale. Per fortuna vediamo i segni di un cambiamento in questo senso. Obama già da candidato aveva proposto lo Stop Tax Haven Abuse Act, segno che anche gli americani ne hanno abbastanza. Il Tax Justice Network sta dando l'allarme e le associazioni non governative si stanno unendo alla protesta. Tornando a Jersey, vedo radunarsi nubi minacciose. I giovani isolani non possono permettersi l'alto costo della vita ed emigrano. Il tasso di povertà è strabiliante per un'economia che ha il più alto reddito pro capite del mondo. L'economia dell'isola ora dipende dal suo status di paradiso fiscale e le contromisure causeranno danni anche maggiori. Gli abitanti, ora consapevoli del ruolo della loro isola nell'impoverire il mondo, cominciano a vergognarsi. Copyright: New Internationalist

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La prof. Campra al Leardi Sui bilanci quali effetti della crisi finanziaria Domani alle... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

La prof. Campra al Leardi Sui bilanci quali effetti della crisi finanziaria Domani alle 10,30, nell'aula magna dell'Istituto Leardi di Casale ultimo appuntamento di Professione Ragioniere, attività formativa in collaborazione con l'Associazione Ex Allievi. Il ciclo di conferenze riservate agli studenti di 4ª e 5ª del corso Commerciale si conclude con la conferenza «Gli effetti della crisi finanziaria sul bilancio» tenuta da Maura Campra, coordinatrice della Facoltà di Economia a Palazzo Hughues.

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Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi Numero 080  pag. 11 del 4/4/2009 | Indietro Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale MARKETING OGGI Una comunicazione incentrata sul prodotto, molto attenta all'economia reale, mai a quella virtuale quella della Ferrero, l'azienda che guida la classifica 2008 dei top spender in Italia. «Il nostro primo pensiero, come ha sempre sostenuto Michele Ferrero», fanno sapere dal gruppo, «deve essere la soddisfazione del consumatore che deve conoscere il prodotto e le sue qualità. Noi siamo fermamente convinti che la consistenza nel messaggio rafforzi la marca e la sua identità». In questo periodo di crisi la politica dell'azienda è mantenere la pressione pubblicitaria standard, ma con un occhio attento all'evoluzione della crisi finanziaria internazionale e alle sue ripercussioni sui consumi nazionali. Ferrero ha diversi prodotti in comunicazione per promuovere i quali ha realizzato campagne molto diverse: la più tradizionale è quella di Kinder basata su un testimonial sportivo di forte impatto, la più innovativa è invece quella di Gran Soleil che prevede dopo una prima fase di «awareness», molto legata al motivo musicale, una seconda fase basata su una comunicazione di tipo più informativo. Entrambi gli spot sono stati realizzati in collaborazione con l'agenzia creativa Pubbliregia. Nel caso di Kinder la campagna on air è quello che vede Valentina Vezzali, nel ruolo di atleta agonista e di mamma, promuovere insieme a suo figlio Pietro il nuovo spot di Kinder Cereali. La seconda campagna Gran Soleil invece è dedicata al lancio di una nuova categoria di prodotto che implica nuove modalità di preparazione e di consumo. Il consumatore deve essere invitato dallo spot a prepararlo correttamente per imparare a gustare al meglio un dessert che prima del consumo deve passare dallo stato liquido a quello solido.

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Campagna di Russia per il Made in Italy (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Campagna di Russia per il Made in Italy Eni, Enel e Finmeccanica guideranno la missione italiana di Ice, ministero dello sviluppo e Confindustria. Sul tavolo le call di Gazprom. Più le sorprese di 500 aziende al seguito (ben 30 le quotate). A iniziare da Maire Tecnimont di Luca Testoni - 04-04-2009 OBIETTIVO MOSCA/1 I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono già state preparate. La missione italiana d'aprile in Russia, guidata dal ministero per lo Sviluppo economico assieme a Ice e Confindustria, porterà a Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk circa 500 aziende. Di queste, una trentina sono quotate a Piazza Affari. Si va dalla meccanica (Carraro, Biesse, Brembo, Prima Industrie) alle infrastrutture (Buzzi, Maire Tecnimont, Trevi, Telecom e Prysmian, che ha annunciato venerdì 3 aprile una commessa da 20 milioni a San Pietroburgo), dalle banche (Mps, Banco Popolare, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Unicredit) fino all'alimentare (Cremonini, La Doria). Si attendono annunci significativi: per esempio, si parla di un accordo in arrivo per Maire Tecnimont. Soprattutto, però, il viaggio a Mosca dovrebbe rivelarsi cruciale per le tre grandi partecipate del Tesoro: Finmeccanica (vedere articolo a pagina 21) e le «cugine» Eni ed Enel. Queste hanno un tavolo comune di negoziato con Gazprom. Dal quale potranno uscire indicazioni chiave sul futuro delle due società in terra di Russia e non solo. Al punto che l'ad di Eni, Paolo Scaroni, già giovedì 2 aprile era a Mosca per parlare con il presidente di Gazprom Alexey Miller. Per preparare le polveri, appunto. AFFARE GAZPROM. Il negoziato con il colosso russo del gas è determinante per Eni dal punto di vista finanziario. Gazprom ha in mano una call che risale a due anni fa (coincidenza, al 4 aprile 2007), quando Eni ed Enel pagarono 5,8 miliardi di dollari per l'asta degli asset petroliferi della fallita Yukos. Nel pacchetto c'era anche il 20% della ex-Sibneft (oggi Gazpromneft) che la sola Eni si impegnò a rilevare in una sorta di portage per Gazprom. Cui, appunto, l'avrebbe rigirato due anni più tardi (dunque, oggi) per un valore di 3,7 miliardi oltre ai costi dell'operazione. Scaroni, nel corso della presentazione del bilancio a Londra a metà febbraio, aveva parlato di un valore di 4,3 miliardi di dollari, per un rendimento del 9% annuo. Un bel pacchetto di denaro, già previsto nei budget del Cane a sei zampe. Tanto che la prospettiva di una rinuncia (o un rinvio al 2012) dell'esercizio della call da parte dei russi aveva messo in allarme il listino sul rischio che Eni potesse trovarsi a corto di liquidità e dovesse in qualche modo ricorrere al mercato. Lo stesso Scaroni aveva parlato chiaro: «Se Gazprom non esercita l'opzione, Eni diventa d'emblée una società diversa, con un balzo immediato del 10% dell'output, ma con la necessità di rivedere il proprio piano strategico, a cominciare dalle acquisizioni». I presupposti per un dietrofront dei russi c'erano, alla luce della crisi finanziaria del Paese. Per giunta, oggi il 20% di Gazpromneft vale in Borsa circa 2 miliardi di dollari, dunque assai meno dello strike price della call. Eppure, negli ultimi giorni le prospettive di una retromarcia russa si sono allentate. Una traccia in questo senso arriva anche dalla mossa di bilancio di Gazprom che, proprio ultimamente, ha presentato una quarta trimestrale 2008 con una sorprendente svalutazione di 9,8 miliardi di dollari per la controllata Gazpromneft. Perché questa mossa, si sono chiesti gli analisti, se Miller aveva viceversa necessità di regalarsi un utile consistente, tale da garantire un livello di dividendo accettabile al Cremlino? Per giunta, con un downgrade in arrivo (Moody's ha tagliato il rating venerdì 3 aprile da A3 a Baa1)? La risposta, appunto, potrebbe riguardare il negoziato con Eni. Presentare a Scaroni un asset assai svalutato consente ai russi maggiori margini di sconto in un'eventuale trattativa. Non è detto, infatti, che le due società non trovino un'alternativa al pagamento cash dei 4,3 miliardi di dollari. Eni, per esempio, potrebbe accettare forniture di gas, oppure asset energetici. Del resto, non va dimenticato che la liaison con Gazprom è assai più vasta della call, ed è certificata dagli accordi del novembre 2006. Proprio quelli cui, guarda caso, faceva riferimento la nota Eni in merito all'incontro tra Scaroni e Miller. E sui quali si fonda la realizzazione del South Stream (la mega pipeline che connetterà l'Asia centrale al Sud Europa) e la strategia di asset swap nel dowstream, con Gazprom atteso nel giacimento libico di Elephant. In cambio, magari, di nuove opportunità per Eni in Siberia. LA SPONDA ENEL. Sugli asset siberiani entra in gioco anche Enel. Il gruppo di Fulvio Conti, infatti, era a fianco di Eni nell'aprile 2007 per quanto all'acquisizione del pacchetto ex-Yukos. Oltre al 20% di Gazpromneft, c'erano tre società produttive nella ricca (di gas) penisola di Yamal (Arcticgaz, Urengoil e Neftegaztechnologia) per cui la società Severenergia (Eni al 60% ed Enel al 40%) ha sborsato circa 2,1 miliardi di dollari. Ebbene, Gazprom ha una call in scadenza anche sul 51% di questi asset. L'esercizio dell'opzione sarebbe un benvenuto aiuto finanziario per Enel (almeno 400 milioni), ma soprattutto un positivo passo strategico. Con Gazprom, signore incontrastato dei gasdotti russi, nel capitale, il gas di Yamal si garantisce un passepartout verso le centrali Enel sparse per la Russia. Il gruppo di Conti, infatti, ha il controllo di Ogk-5, ossia di quattro impianti: uno a Tver (Russia centrale), uno a Stavropol (Russia meridionale) e due sugli Urali (di cui uno a Ekaterinburg). Per Enel è fondamentale avere certezza di rifornimenti. In Ogk-5, dopo due Opa, Conti controlla il 55,8% del capitale, dopo essere sceso dal 60% grazie all'entrata di un partner d'eccezione (la Bers). E trattative per la cessione di un'altra piccola quota erano state avviate con la World Bank. Insomma, Enel vuole garantirsi un ambiente «sicuro». Perché la Russia è ormai un campo di gioco importante: nel 2008 il gruppo ha prodotto nel Paese 40,7 miliardi di chilowattora, cifra già confrontabile con i 96 miliardi di kwh generati in Italia. E perché lo sarà in misura crescente. Conti, infatti, punta a investire 2,1 miliardi di euro tra il 2009 e il 2013 nella ex terra degli Zar.

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I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono gi&#... (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono gi&#... di Redazione - 04-04-2009 I fuochi artificiali si vedranno tra lunedì 6 e giovedì 9 aprile. Ma le polveri sono già state preparate. La missione italiana d'aprile in Russia, guidata dal ministero per lo Sviluppo economico assieme a Ice e Confindustria, porterà a Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk circa 500 aziende. Di queste, una trentina sono quotate a Piazza Affari. Si va dalla meccanica (Carraro, Biesse, Brembo, Prima Industrie) alle infrastrutture (Buzzi, Maire Tecnimont, Trevi, Telecom e Prysmian, che ha annunciato venerdì 3 aprile una commessa da 20 milioni a San Pietroburgo), dalle banche (Mps, Banco Popolare, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Unicredit) fino all'alimentare (Cremonini, La Doria). Si attendono annunci significativi: per esempio, si parla di un accordo in arrivo per Maire Tecnimont. Soprattutto, però, il viaggio a Mosca dovrebbe rivelarsi cruciale per le tre grandi partecipate del Tesoro: Finmeccanica (vedere articolo a pagina 21) e le «cugine» Eni ed Enel. Queste hanno un tavolo comune di negoziato con Gazprom. Dal quale potranno uscire indicazioni chiave sul futuro delle due società in terra di Russia e non solo. Al punto che l'ad di Eni, Paolo Scaroni, già giovedì 2 aprile era a Mosca per parlare con il presidente di Gazprom Alexey Miller. Per preparare le polveri, appunto. AFFARE GAZPROM. Il negoziato con il colosso russo del gas è determinante per Eni dal punto di vista finanziario. Gazprom ha in mano una call che risale a due anni fa (coincidenza, al 4 aprile 2007), quando Eni ed Enel pagarono 5,8 miliardi di dollari per l'asta degli asset petroliferi della fallita Yukos. Nel pacchetto c'era anche il 20% della ex-Sibneft (oggi Gazpromneft) che la sola Eni si impegnò a rilevare in una sorta di portage per Gazprom. Cui, appunto, l'avrebbe rigirato due anni più tardi (dunque, oggi) per un valore di 3,7 miliardi oltre ai costi dell'operazione. Scaroni, nel corso della presentazione del bilancio a Londra a metà febbraio, aveva parlato di un valore di 4,3 miliardi di dollari, per un rendimento del 9% annuo. Un bel pacchetto di denaro, già previsto nei budget del Cane a sei zampe. Tanto che la prospettiva di una rinuncia (o un rinvio al 2012) dell'esercizio della call da parte dei russi aveva messo in allarme il listino sul rischio che Eni potesse trovarsi a corto di liquidità e dovesse in qualche modo ricorrere al mercato. Lo stesso Scaroni aveva parlato chiaro: «Se Gazprom non esercita l'opzione, Eni diventa d'emblée una società diversa, con un balzo immediato del 10% dell'output, ma con la necessità di rivedere il proprio piano strategico, a cominciare dalle acquisizioni». I presupposti per un dietrofront dei russi c'erano, alla luce della crisi finanziaria del Paese. Per giunta, oggi il 20% di Gazpromneft vale in Borsa circa 2 miliardi di dollari, dunque assai meno dello strike price della call. Eppure, negli ultimi giorni le prospettive di una retromarcia russa si sono allentate. Una traccia in questo senso arriva anche dalla mossa di bilancio di Gazprom che, proprio ultimamente, ha presentato una quarta trimestrale 2008 con una sorprendente svalutazione di 9,8 miliardi di dollari per la controllata Gazpromneft. Perché questa mossa, si sono chiesti gli analisti, se Miller aveva viceversa necessità di regalarsi un utile consistente, tale da garantire un livello di dividendo accettabile al Cremlino? Per giunta, con un downgrade in arrivo (Moody's ha tagliato il rating venerdì 3 aprile da A3 a Baa1)? La risposta, appunto, potrebbe riguardare il negoziato con Eni. Presentare a Scaroni un asset assai svalutato consente ai russi maggiori margini di sconto in un'eventuale trattativa. Non è detto, infatti, che le due società non trovino un'alternativa al pagamento cash dei 4,3 miliardi di dollari. Eni, per esempio, potrebbe accettare forniture di gas, oppure asset energetici. Del resto, non va dimenticato che la liaison con Gazprom è assai più vasta della call, ed è certificata dagli accordi del novembre 2006. Proprio quelli cui, guarda caso, faceva riferimento la nota Eni in merito all'incontro tra Scaroni e Miller. E sui quali si fonda la realizzazione del South Stream (la mega pipeline che connetterà l'Asia centrale al Sud Europa) e la strategia di asset swap nel dowstream, con Gazprom atteso nel giacimento libico di Elephant. In cambio, magari, di nuove opportunità per Eni in Siberia. LA SPONDA ENEL. Sugli asset siberiani entra in gioco anche Enel. Il gruppo di Fulvio Conti, infatti, era a fianco di Eni nell'aprile 2007 per quanto all'acquisizione del pacchetto ex-Yukos. Oltre al 20% di Gazpromneft, c'erano tre società produttive nella ricca (di gas) penisola di Yamal (Arcticgaz, Urengoil e Neftegaztechnologia) per cui la società Severenergia (Eni al 60% ed Enel al 40%) ha sborsato circa 2,1 miliardi di dollari. Ebbene, Gazprom ha una call in scadenza anche sul 51% di questi asset. L'esercizio dell'opzione sarebbe un benvenuto aiuto finanziario per Enel (almeno 400 milioni), ma soprattutto un positivo passo strategico. Con Gazprom, signore incontrastato dei gasdotti russi, nel capitale, il gas di Yamal si garantisce un passepartout verso le centrali Enel sparse per la Russia. Il gruppo di Conti, infatti, ha il controllo di Ogk-5, ossia di quattro impianti: uno a Tver (Russia centrale), uno a Stavropol (Russia meridionale) e due sugli Urali (di cui uno a Ekaterinburg). Per Enel è fondamentale avere certezza di rifornimenti. In Ogk-5, dopo due Opa, Conti controlla il 55,8% del capitale, dopo essere sceso dal 60% grazie all'entrata di un partner d'eccezione (la Bers). E trattative per la cessione di un'altra piccola quota erano state avviate con la World Bank. Insomma, Enel vuole garantirsi un ambiente «sicuro». Perché la Russia è ormai un campo di gioco importante: nel 2008 il gruppo ha prodotto nel Paese 40,7 miliardi di chilowattora, cifra già confrontabile con i 96 miliardi di kwh generati in Italia. E perché lo sarà in misura crescente. Conti, infatti, punta a investire 2,1 miliardi di euro tra il 2009 e il 2013 nella ex terra degli Zar.

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Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa di Maria Giardini - 04-04-2009 OBIETTIVO MOSCA/3 L'appetito insaziabile dei russi per le firme e i beni di lusso viene messo a dieta dalla crisi finanziaria. E se molte aziende di moda da inizio anno hanno chiuso i battenti a Mosca (Manolo Blahnik, Diesel, Alexander McQueen e Kookai) , il gruppo Burani, che in tutto il territorio russo ha 65 punti vendita, a oggi non sembra risentire dei venti gelidi provenienti dall'ex Unione Sovietica. Anzi, dal quartier generale della società di «lusso accessibile» ribadiscono l'andamento positivo degli ordini. Sulla Piazza Rossa, infatti, l'inflazione è tornata a salire così veloce che i prezzi dei prodotti di largo consumo aumentano ogni giorno: da gennaio il carovita è già arrivato al 2,9%. E se il ritmo viene mantenuto al 3% ogni mese e mezzo, anche la previsione semiufficiale del 17% a fine 2009 potrebbe essere ampiamente superata. A contribuire significativamente alla crescita dell'inflazione è la forte svalutazione del rublo pilotata dalla Banca centrale e voluta dal governo. Di fatto, per un Paese che importa gran parte dei prodotti finiti ed esporta principalmente energia, la moneta indebolita si traduce in un aumento poco controllabile dei prezzi dell'import. E mentre cambia la fisionomia della domanda, il mercato di Mosca, abituato al lusso e al glamour a tutti i costi, si adatta alla qualità dell'offerta. Perché alla moda i russi non rinunciano. Ma dalla passione per il glamour, sono passati, e passeranno, a una maggiore attenzione al rapporto qualità e prezzo. E forse il segreto dell'andamento, finora positivo, nel mercato russo di Mariella Burani è stato proprio il buon rapporto tra il prodotto offerto e il prezzo accessibile. «A oggi, gli ordini autunno-inverno sono andati bene - puntualizza Giovanni Burani, amministratore delegato della società quotata a Piazza Affari - Certo, il momento non è dei migliori ma prevediamo una ripresa del mercato entro la fine di quest'anno». Parlando più in generale, il manager dell'azienda emiliana è abbastanza tranquillo per il futuro: «I dati di fatturato del bimestre gennaio-febbraio mostrano una crescita del 2%. L'andamento della campagna vendite autuno-inverno 2009-2010 in corso ci permette di confermare le prospettive nel medio-lungo periodo». In effetti, il gruppo fondato nel 1960 dai genitori di Walter, Giovanni e Mariella Burani soffre molto meno dell'attuale crisi rispetto ad altri competitor, soprattutto grazie al suo posizionamento sui mercati. «Siamo forti soprattuto nei Paesi emergenti e in Europa - sottolinea l'ad - Nonostante il dollaro debole, gli Stati Uniti, così come il Giappone, sono meno importanti per noi». Nonostante tutto, però, i dati di bilancio del 2008 hanno mostrato qualche incertezza, e l'esercizio si è chiuso in perdita per 55,2 milioni di euro rispetto a un utile di 16,8 milioni del 2007. Per contro, il fatturato è risultato in crescita a 700 milioni, con un incremento del 3,9% rispetto al 2007. L'ebitda si è attestato a 87,8 milioni (+5,3%), mentre la posizione finanziaria netta è stata pari a 238,2 milioni. Il cda, nell'interesse di ottimizzare la liquidità, ha ritenuto opportuno non proporre all'assemblea la distribuzione di un dividendo, «anche se - precisa Giovanni Burani - contiamo di tornare a distribuirlo già dal prossimo anno». Nel frattempo, per razionalizzare la struttura societaria attraverso l'accorciamento della catena di controllo (con i conseguenti risparmi dei costi di gestione), ci sarà la fusione tra Mariella Burani Fashion Group e Antichi Pellettieri. L'operazione, per quanto riguarda Mariella Burani, sarà curata da Mediobanca. Antichi Pellettieri sarà invece seguita da Equita. Le banche d'affari si occuperanno di valutare gli impatti finanziari dell'operazione. Ma tra i piani della società per l'anno in corso c'è anche l'intenzione di effettuare delle cessioni di attività no core poco redditizie che potrebbero essere quelle legate alla gioielleria. L'azienda, infatti, vuole concentrare le forze sul core business, ovvero sull'abbigliamento e sulla pelletteria.

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Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa. (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Mariella Burani non teme i venti gelidi della Piazza Rossa di Maria Giardini - 04-04-2009 L'appetito insaziabile dei russi per le firme e i beni di lusso viene messo a dieta dalla crisi finanziaria. E se molte aziende di moda da inizio anno hanno chiuso i battenti a Mosca (Manolo Blahnik, Diesel, Alexander McQueen e Kookai) , il gruppo Burani, che in tutto il territorio russo ha 65 punti vendita, a oggi non sembra risentire dei venti gelidi provenienti dall'ex Unione Sovietica. Anzi, dal quartier generale della società di «lusso accessibile» ribadiscono l'andamento positivo degli ordini. Sulla Piazza Rossa, infatti, l'inflazione è tornata a salire così veloce che i prezzi dei prodotti di largo consumo aumentano ogni giorno: da gennaio il carovita è già arrivato al 2,9%. E se il ritmo viene mantenuto al 3% ogni mese e mezzo, anche la previsione semiufficiale del 17% a fine 2009 potrebbe essere ampiamente superata. A contribuire significativamente alla crescita dell'inflazione è la forte svalutazione del rublo pilotata dalla Banca centrale e voluta dal governo. Di fatto, per un Paese che importa gran parte dei prodotti finiti ed esporta principalmente energia, la moneta indebolita si traduce in un aumento poco controllabile dei prezzi dell'import. E mentre cambia la fisionomia della domanda, il mercato di Mosca, abituato al lusso e al glamour a tutti i costi, si adatta alla qualità dell'offerta. Perché alla moda i russi non rinunciano. Ma dalla passione per il glamour, sono passati, e passeranno, a una maggiore attenzione al rapporto qualità e prezzo. E forse il segreto dell'andamento, finora positivo, nel mercato russo di Mariella Burani è stato proprio il buon rapporto tra il prodotto offerto e il prezzo accessibile. «A oggi, gli ordini autunno-inverno sono andati bene - puntualizza Giovanni Burani, amministratore delegato della società quotata a Piazza Affari - Certo, il momento non è dei migliori ma prevediamo una ripresa del mercato entro la fine di quest'anno». Parlando più in generale, il manager dell'azienda emiliana è abbastanza tranquillo per il futuro: «I dati di fatturato del bimestre gennaio-febbraio mostrano una crescita del 2%. L'andamento della campagna vendite autuno-inverno 2009-2010 in corso ci permette di confermare le prospettive nel medio-lungo periodo». In effetti, il gruppo fondato nel 1960 dai genitori di Walter, Giovanni e Mariella Burani soffre molto meno dell'attuale crisi rispetto ad altri competitor, soprattutto grazie al suo posizionamento sui mercati. «Siamo forti soprattuto nei Paesi emergenti e in Europa - sottolinea l'ad - Nonostante il dollaro debole, gli Stati Uniti, così come il Giappone, sono meno importanti per noi». Nonostante tutto, però, i dati di bilancio del 2008 hanno mostrato qualche incertezza, e l'esercizio si è chiuso in perdita per 55,2 milioni di euro rispetto a un utile di 16,8 milioni del 2007. Per contro, il fatturato è risultato in crescita a 700 milioni, con un incremento del 3,9% rispetto al 2007. L'ebitda si è attestato a 87,8 milioni (+5,3%), mentre la posizione finanziaria netta è stata pari a 238,2 milioni. Il cda, nell'interesse di ottimizzare la liquidità, ha ritenuto opportuno non proporre all'assemblea la distribuzione di un dividendo, «anche se - precisa Giovanni Burani - contiamo di tornare a distribuirlo già dal prossimo anno». Nel frattempo, per razionalizzare la struttura societaria attraverso l'accorciamento della catena di controllo (con i conseguenti risparmi dei costi di gestione), ci sarà la fusione tra Mariella Burani Fashion Group e Antichi Pellettieri. L'operazione, per quanto riguarda Mariella Burani, sarà curata da Mediobanca. Antichi Pellettieri sarà invece seguita da Equita. Le banche d'affari si occuperanno di valutare gli impatti finanziari dell'operazione. Ma tra i piani della società per l'anno in corso c'è anche l'intenzione di effettuare delle cessioni di attività no core poco redditizie che potrebbero essere quelle legate alla gioielleria. L'azienda, infatti, vuole concentrare le forze sul core business, ovvero sull'abbigliamento e sulla pelletteria.

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Wall St. col Cuore oltre l'Ostacolo (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ANALISI TECNICA Wall St. col Cuore oltre l'Ostacolo I mercati rialzano la testa (indici a +25% dai minimi) e si prepara un panic buying dei gestori sottopesati rispetto ai benchmark. S&P500 al test 835-45 di Redazione - 04-04-2009 Ancora un'ottava molto positiva, nonostante un avvio in forte lettera. Il rally partito dai minimi del 6 marzo rimane tonico, con gli indici che sono tornati in accelerazione al test dei massimi di periodo dopo alcune sedute di assestamento. Il recupero dai minimi si aggira sul 25% per gli indici principali, con rimbalzi di alcuni settori particolarmente volatili (tra cui banche e auto) del 75% circa. Il fatto che i rialzi si siano estesi a tutti i comparti, dai trasporti ai consumi durevoli, dal software alla tecnologia, conferma che ci troviamo di fronte a un rimbalzo solido, anche se inserito all'interno di un quadro tecnico più ampio che rimane ancora molto debole. Un bear-market rally, come abbiamo ricordato più volte, ma non per questo meno interessante. Basti pensare che gli spazi di apprezzamento rimangono ancora di tutto rispetto. Una risalita verso i livelli di fine settembre 2008, precedenti al crash di ottobre-novembre, vorrebbe dire un guadagno di un ulteriore 30% dai livelli correnti. Se le resistenze in fase di test saranno superate al rialzo, com'è lecito ipotizzare, potrebbe verificarsi una sorta di panic buying: i gestori, particolarmente sottopesati rispetto ai benchmark di riferimento sarebbero «costretti» a correre ad acquisti generalizzati per non trovarsi completamente spiazzati. Il rialzo potrebbe così autoalimentarsi, consentendo l'avvio di una seconda gamba rialzista verso gli obiettivi indicati. Per mantenere un'impostazione tonica, gli indici Usa devono mantenersi al di sopra dei seguenti supporti: 765/80 per l'S&P500, 7.400/550 per il Dow Jones Industrial e 1.485-1.500 per il Nasdaq Composite. Le resistenze sotto attacco, il cui superamento (confermato) farebbe partire una nuova ondata di acquisti, sono le seguenti: 835/45, 8.000/300 e 1.600/50, rispettivamente, con primi obiettivi importanti del rialzo individuabili in area 935/45, 9.000/100 e 1.900. Una conferma dell'imminente nuovo strappo rialzista verrebbe da un calo della volatilità implicita che, nonostante si sia dimezzata rispetto ai picchi di fine ottobre 2008, non è più ridiscesa sui livelli precedenti il fallimento di Lehman dello scorso settembre. Se il Vix scendesse al di sotto di 40-41 e quindi del supporto critico in area 35-37, il segnale sarebbe davvero molto positivo per l'azionario. Una discesa e un assestamento del Vix al di sotto del Vxn - ricordiamo che dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2007 il primo indice ha effettuato uno storico sorpasso sul secondo - confermerebbe il calo delle tensioni sul settore finanziario e un ritorno a una percezione del rischio normale. In attesa di questi ulteriori sviluppi, rimaniamo positivi.

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Salvagente alle imprese in crisi (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Lodi)" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

PAVIA pag. 11 Salvagente alle imprese in crisi Il consigliere regionale Demartini: monitoreremo le banche ECONOMIA di MANUELA MARZIANI PAVIA LIQUIDITÀ che manca da parte delle banche e interventi promossi ai quali gli imprenditori pavesi spesso non accedono. «Pavia è maglia nera». È stato ripetuto spesso ieri mattina durante il convegno organizzato da Finlombarda, «Crisi finanziaria: le sfide della Regione Lombardia a supporto delle imprese». «Pavia è ultima nella graduatoria regionale degli aiuti e della previsione per gli investimenti 2009 - ha detto il consigliere regionale leghista, Lorenzo Demartini - anche perché il 60% degli imprenditori denuncia un inasprimento da parte delle banche per quanto riguarda l'accesso al credito. Nei prossimi giorni la prefettura comincerà a svolgere il ruolo di osservatore, ma sarebbe meglio se inviasse i dati mensilmente, non ogni trimestre per velocizzare gli interventi». E, SECONDO Carlo Porcari consigliere regionale del Pd, per cominciare a dare ossigeno alle imprese, «i Comuni devono ridurre i tempi di pagamento, perché un'azienda non può aspettare anni per ottenere un saldo». Un accento sulla tempistica degli aiuti è stato posto anche da Piero Mossi, presidente della Camera di commercio. «Sono state messe in campo delle misure - ha detto -, ma si deve pensare ad aiuti tampone per chi non riesce a sopravvivere. E bisogna farlo immediatamente o potrebbe essere inutile, perché alla fine della crisi potremmo rischiare di non trovare più le imprese di oggi». Che Pavia sia in fondo alle classifiche, però, il direttore dell'Associazione Industriali non lo vuole sentire, anche se non ha negato la gravità della situazione: «Il termometro è il ricorso alla cassa integrazione. Nel 2008 sono state erogate 150 mila ore, nei primi mesi di quest'anno siamo già a un milione che diventeranno 5 al 31 dicembre. LA SITUAZIONE è pesante e impone altri ammortizzatori sociali». «Aiutiamo gli impenditori - lo ha incalzato il presidente di Finlombarda, Giampaolo Chirichelli - perché da Pavia a noi arrivano poche domande per i bandi che promuoviamo e compilate male». La ricetta del presidente dell'Associazione Artigiani, Rino Malinverno, per smuovere il mercato, invece è rivolta ai Comuni: «Devono effettuare interventi di straordinaria manutenzione del loro patrimonio edilizio per dare ossigeno alle imprese». Più drastico il presidente della Confapi Pavia, Aurelio Albani, che ha richiesto per le piccole imprese «mutui a 10-15 anni al 3%, tasse al 30% e uno spostamento dei versamenti che effettuano a giugno. Altrimenti manteniamo noi lo Stato», ha concluso. Image: 20090404/foto/2307.jpg

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All'estero non siamo presi sul serio, neanche travestiti (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 04/04/2009 - pag: 6 autore: Diego Gabutti G20 e dintorni All'estero non siamo presi sul serio, neanche travestiti Finirà anche la crisi, prima o dopo. Svanirà il ricordo delle violente sgambettate sociali che hanno atterrato milioni di lavoratori e di risparmiatori. Ne usciremo deglobalizzati oppure riglobalizzati. Saremo più europei «che pria», come diceva Petrolini, o più sinoamericani, oppure sino e basta, trangugiati dal grande salvadanaio giallo come monetine sgranocchiate dalle macchinette del poker elettronico. Vivremo meglio o peggio. Saremo scampati (oppure no) all'apocalisse. Ma le immagini della crisi che resteranno impresse nella memoria dei posteri saranno queste due: i manager sequestrati dalla piazza noglobal per essersi favolosamente arricchiti mentre tutti gli altri s'impoverivano e s'indebitavano, e il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi che viene bacchettato da Sua Maestà la Regina d'Inghilterra perché sta facendo troppo chiasso, come un liceale in gita scolastica, alla riunione londinese del G2o. «Mister Obama! Mister Obama!» strilla il Cavaliere nelle orecchie della regina, che incrocia dalle sue parti con un abito rosa, il cappellino, l'aria dignitosissima, immemore del chiasso fatto sui tabloid (e nei secoli) dai suoi discendenti e dai suoi avi. «I'm Mister Berlusconi!», strilla il Cavaliere rivolto al presidente americano. Più tardi Berlusconi vorrà anche la foto-ricordo: lui che abbraccia Obama e altri potenti della terra (ma soprattutto Obama, il politico più trendy del momento) con l'aria di non essersi mai divertito tanto. Berlusconi sorride da un orecchio all'altro e anche gli altri sorridono. Sono tutti molto divertiti (tranne la regina, naturalmente). Berlusconi, si sa, è un politico che conta poco, come conta poco l'Italia, ma è un tipo piacevole. E così, mentre s'appanna l'immagine della potenza americana, sotto accusa per avere provocato la crisi finanziaria e ormai praticamente sostituita, nell'immaginario economico del nuovo millennio, dal profilo rapace del suo grande creditore, la Cina comunista e stracapitalista insieme, l'immagine dell'Italia, o almeno quella del suo presidente del consiglio, resiste all'usura del tempo.Per quanto ingombrante, non è poi un'immagine così brutta: la politica incravattata, ideologica e contegnosa ha fatto il suo tempo, da noi come dappertutto. Pensate alla vita sentimentale di Sarkozy o alle battute di caccia alla tigre siberiana di Vladimir Putin. Fascisti e mafiosi a parte, ma in qualche modo persino loro, almeno a giudicare dal Padrino di Coppola e dalla velocità con la quale negli anni venti e trenta si diffuse nel mondo il Mussolini-style, gl'italiani sono stati sempre dei gran simpaticoni. All'estero, negli anni novanta, sono piaciuti persino i nostri magistrati, nessuno dei quali ha mai avuto l'aria del buontempone. Ma c'è il solito ma: non siamo presi sul serio, nemmeno travestiti da economisti, tipo Giulio Tremonti nei talk show, oppure da statisti, come Berlusconi in gita scolastica a Londra mentre l'ombra della Crisi incombe. Nessuno si aspetta che il Cavaliere, come un supereroe, salvi il mondo dai manager mai sazi di bonus e dai titoli tossici. Ma si può contare sul fatto che continuerà a fare «cucù», oppure le corna, agli altri capi di stato.

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Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Marketing Oggi data: 04/04/2009 - pag: 11 autore: Ferrero: il prodotto in primo piano, guardando all'economia reale Una comunicazione incentrata sul prodotto, molto attenta all'economia reale, mai a quella virtuale quella della Ferrero, l'azienda che guida la classifica 2008 dei top spender in Italia. «Il nostro primo pensiero, come ha sempre sostenuto Michele Ferrero», fanno sapere dal gruppo, «deve essere la soddisfazione del consumatore che deve conoscere il prodotto e le sue qualità. Noi siamo fermamente convinti che la consistenza nel messaggio rafforzi la marca e la sua identità». In questo periodo di crisi la politica dell'azienda è mantenere la pressione pubblicitaria standard, ma con un occhio attento all'evoluzione della crisi finanziaria internazionale e alle sue ripercussioni sui consumi nazionali.Ferrero ha diversi prodotti in comunicazione per promuovere i quali ha realizzato campagne molto diverse: la più tradizionale è quella di Kinder basata su un testimonial sportivo di forte impatto, la più innovativa è invece quella di Gran Soleil che prevede dopo una prima fase di «awareness», molto legata al motivo musicale, una seconda fase basata su una comunicazione di tipo più informativo. Entrambi gli spot sono stati realizzati in collaborazione con l'agenzia creativa Pubbliregia.Nel caso di Kinder la campagna on air è quello che vede Valentina Vezzali, nel ruolo di atleta agonista e di mamma, promuovere insieme a suo figlio Pietro il nuovo spot di Kinder Cereali. La seconda campagna Gran Soleil invece è dedicata al lancio di una nuova categoria di prodotto che implica nuove modalità di preparazione e di consumo. Il consumatore deve essere invitato dallo spot a prepararlo correttamente per imparare a gustare al meglio un dessert che prima del consumo deve passare dallo stato liquido a quello solido.

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Rbs dice no ai compensi dei manager (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Mercati e Finanza data: 04/04/2009 - pag: 40 autore: assemblea Rbs dice no ai compensi dei manager L'assemblea di Royal bank of Scotland ha bocciato il programma di remunerazioni dei dirigenti della banca, salvata dal fallimento grazie all'intervento dello stato, che ne è ora il principale azionista. Il voto non è vincolante, ma è una chiara espressione della rabbia per la pensione da un milione di dollari all'anno concessa all'ex a.d. di Rbs, Fred Goodwin, sotto la cui gestione la banca britannica si lanciò nelle operazioni sui derivati che l'hanno portata al collasso. Ad avere votato contro il documento è stato il 90,42% degli azionisti, riuniti a Edimburgo. Nel suo discorso all'assemblea, il presidente di Rbs, Philip Hampton, ha chiesto che sia messa fine alla «pubblica fustigazione» per gli errori commessi dalla società in passato. Hampton ha però criticato l'acquisizione dell'olandese Abn Amro decisa da Goodwin e ha sottolineato che «alcune pratiche che erano accettabili ai tempi del boom non possono esserlo ora, se mai lo sono state», riferendosi alla sponsorizzazione di un team di Formula Uno e all'ordine, poi cancellato, di un jet aziendale. Rbs, un pò come l'americana Aig, è diventata uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti.Hampton ha cercato di placare gli azionisti annunciando un programma di consistenti tagli alle spese e la promessa di tornare a distribuire dividendi «il prima possibile». Royal bank of Scotland ha chiuso il 2008 con la perdita più elevata mai registrata da qualunque gruppo della Gran Bretagna: una voragine da 24,1 miliardi di sterline. I costi scenderanno di 2,5 miliardi di sterline l'anno, con ulteriori tagli all'organico non ancora quantificati. In Gran Bretagna sono già state licenziate 2.700 persone. Intanto Hampton ha confermato la propria fiducia nel responsabile finanziario del gruppo, Guy Whittaker.

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L'Antitrust attacca le professioni (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Ingegneri data: 04/04/2009 - pag: 37 autore: Il Consiglio nazionale esprime sconcerto e preoccupazione dopo l'indagine sugli ordini L'Antitrust attacca le professioni Gli ingegneri: quello dell'autorità è un approccio ideologico Una vera e propria campagna mediatica montata ad arte contro i liberi professionisti. È questo, in estrema sintesi, il giudizio che il Consiglio nazionale degli ingegneri dà della recente indagine conoscitiva riguardante il settore degli ordini professionali realizzata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Un attacco che crea sconcerto e viva preoccupazione in tutta la categoria e al quale il mondo ingegneristico sta rispondendo in maniera pronta e decisa, attraverso una capillare e massiccia comunicazione a tutti i livelli delle proprie ragioni. Una mobilitazione che è partita dagli ordini provinciali, che hanno il dovere di informare gli iscritti di quanto si va dicendo sulla «loro» pelle, per arrivare sino alle più alte sfere istituzionali. Nei giorni scorsi il Consiglio nazionale degli ingegneri, a firma del presidente, Paolo Stefanelli, ha inviato un telegramma all'onorevole Silvio Berlusconi, presidente del consiglio dei ministri, nel quale si sottolinea come i risultati e le richieste contenute nell'indagine dell'Antitrust siano «in evidente contrasto con gli indirizzi provenienti dai suddetti ambienti governativi». Insomma, la ferita è aperta e brucia. Nelle 133 pagine del documento dell'Autorità si legge, tra le altre cose, che «la maggior parte degli ordini sta resistendo ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani che va dunque rafforzata per garantire maggior concorrenza nei servizi professionali». Ma gli ingegneri non rispondono alle accuse con facili e improbabili slogan; da sempre i professionisti sono abituati a ragionare e argomentare le proprie tesi accompagnandole con i fatti. Prima, però, si impone una riflessione su una questione di metodo, che non è certa sfuggita e che merita un'attenta analisi. «Quello dell'Antitrust», sottolinea Paolo Stefanelli, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, «è un attacco diretto nei confronti del mondo professionale. La cosa che più mi ha ferito, però, è che l'indagine dell'Antitrust è stata presentata in pompa magna sulla maggior parte degli organi di stampa e nelle televisioni nazionali senza dar vita ad un dibattito, ad un confronto con le parti interessate. La mia domanda, dunque», insiste l'ingegner Stefanelli, «è molto semplice: perché non si è accettato il dialogo? Forse si vogliono imbavagliare e zittire definitivamente i liberi professionisti?». E allora ecco che pare legittimo chiedersi quali siano le reali finalità dell'Autorità di vigilanza, che dovrebbe limitarsi a depositare in parlamento le conclusioni della sua indagine, e che invece è andata molto più in là, con un «tam tam» mediatico di enormi proporzioni. Facciamo un passo indietro: la concretezza degli ingegneri, dicevamo, in questo caso assolutamente pertinente. Il Cni, in una nota, informa che nei confronti dell'Autorità lo sconcerto deriva «soprattutto dalla mancata considerazione dei dati di fatto, dei numeri, che caratterizzano il mondo delle libere professioni e, in particolare, la professione di ingegnere in Italia. Nelle 133 pagine della sua indagine, l'Antitrust non ha avuto modo di citarne uno di numero».Ed allora eccoli i numeri su cui occorre confrontarsi, al di là degli approcci ideologici. Innanzitutto, va detto che l'Italia vanta il maggior numero di liberi professionisti in tutta Europa: soltanto gli ingegneri, per fare un esempio, sono ben 207 mila. Ma non è mica finita qui: l'esame di stato, di cui l'Autorità richiede, in contrasto con il dettato costituzionale, la sostituzione con il titolo accademico abilitante, non costituisce un ostacolo all'accesso alla professione di ingegnere, visto che la quota di promossi si attesta mediamente al 90% dei candidati. Inoltre, pur in presenza dell'esame di stato abilitante, il numero dei professionisti è enormemente cresciuto negli ultimi anni; quello degli ingegneri è passato da 121.000 nel 1997 sino, appunto, a 207.000 nel 2007. Conti alla mano, stiamo parlando di un incremento che supera il 70%. Altra questione, il sistema dei minimi tariffari. «Nonostante la presenza di un regime tariffario vincolante, recentemente smantellato», spiegano al Cni, «i redditi professionali degli ingegneri sono stati sempre tra i più bassi di tutti i paesi europei: il 25% circa degli ingegneri che svolgono la libera professione ha un reddito professionale inferiore a 20.000 euro annui. Nel nostro paese le tariffe vincolanti, determinate dal governo e quindi ritenute legittime dalla stessa Corte di giustizia europea, hanno avuto un ruolo calmierante dei prezzi delle prestazioni professionali, a garanzia degli utenti. La libera ribassabilità dei corrispettivi nel settore dei lavori pubblici sta determinando (con ribassi massimi nell'ordine del 90%) l'espulsione dei professionisti più giovani da tale mercato con, peraltro, un risparmio minimo (pari allo 0,4% del costo complessivo dell'opera) per le stazioni appaltanti».Una corsa malata alla liberalizzazione più sfrenata, dunque, che non trova nessun riscontro nelle altre realtà del panorama professionale internazionale. Basti pensare agli Stati Uniti, tradizionalmente considerata da tutti la patria del liberismo economico. Nel paese a stelle e strisce, alle Associations professionali degli ingegneri (governate da consigli i cui membri sono esclusivamente liberi professionisti) è attribuito l'accreditamento dei corsi universitari utili per l'accesso all'esame di stato abilitante (lì presente e valevole a livello esclusivamente statale e non federale), la gestione dello stesso esame abilitante, l'aggiornamento professionale (quasi sempre obbligatorio) degli iscritti, il controllo deontologico sugli stessi. Insomma, tutti questi sono fatti, non parole. Il libero mercato tanto paventato dall'Antitrust deriva da un'ideologia deteriore, «da cui discende la crisi finanziaria che attanaglia e attanaglierà nei prossimi anni non solo le economie ma le popolazioni dei principali paesi nel mondo».

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di Fabrizio Goria Mille miliardi contro la crisi (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

di Fabrizio Goria Mille miliardi contro la crisi G20. Gli Stati Uniti hanno combattuto la battaglia per convincere gli altri grandi a politiche comuni di deficit spending per contrastare gli effetti del rallentamento economico e del pasticcio finanziario innescato dai subprime. I soldi stanziati dagli americani sono molti più di quanto si creda. di Fabrizio Goria Mille miliardi contro la crisi. È la cifra emersa dal G20 di Londra. Ma a quanto ammonta la spesa programmata dagli Stati Uniti a partire da dicembre 2007? A più di 7 trilioni e mezzo di dollari. Sommando le varie uscite da parte di Federal Reserve e Tesoro, si scopre che le due istituzioni hanno elargito rispettivamente più di 5 trilioni e quasi 2 trilioni di dollari. Tutto senza contare le garanzie poste dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) sui depositi dei correntisti fino a 250mila dollari a persona. Ben Bernanke, governatore della Fed, ha più volte manifestato l'intenzione di dare ascolto agli operatori di mercato, foraggiandoli con liquidità a basso costo e sostenendone le perdite. Il più celebre programma della banca centrale statunitense è il Term Asset-Backed Loan Facility (TALF), per poco più di un trilione di dollari. Ma scorrendo gli interventi visti finora, si parte dal Term Auction Facility per quasi 500 miliardi di dollari a sostegno dei derivati strutturati. Il TAF è datato 12 dicembre 2007 e ha segnato l'inizio delle azioni della banca centrale per sostenere il mondo finanziario. Dopo i fallimenti di Bear Stearns (marzo 2008) e il salvataggio di AIG (settembre 2008) furono messi a disposizione rispettivamente 29 e 46 miliardi. Altri 8 miliardi di dollari sono stati erogati per il sostegno delle asset backed commercial paper. Questa decisione, insieme al Commercial Paper Funding Facility di 1800 miliardi, sta cercando di porre un freno ai rossi di bilancio delle società coinvolte. Dopo la svalutazione di questo genere di prodotti nell'arco di pochissimi giorni a seguito del fallimento di Lehman Brothers, come documentato dal centro studi dell'economista Nouriel Roubini, il mercato della carta commerciale rischiava di far crollare l'intero sistema. Uno degli agenti colpevoli in modo indiretto della crisi finanziaria sono gli special purpuse vehicles (SPV), le società-fantasma create ad hoc per effettuare le cartolarizzazioni, i cui bilanci non vengono consolidati fintanto che l'SPV è in attivo. A supporto di tale segmento è stato creato il Money Market Investor Funding Facility, per 600 miliardi complessivi. Ancora, altri 312 miliardi sono stati destinati all'implementazione dei servizi di finanziamento interbancari, con lo Swap Line Program. Infatti, dopo Lehman, Bernanke ha deciso di agire sui tassi overnight, che valutano il gradiente di fiducia di un istituto di credito rispetto agli altri, basandosi sui prestiti interbancari con termine a un giorno. Infine, il Term Securities Lending Facility, con uno stanziamento iniziale di 107 miliardi, ad aiuto di tutti i debiti non assicurati presenti sul mercato. A oggi, tuttavia, i mercati concordano sull'inefficacia di tali operazioni: l'indice Vix, sulla volatilità finanziaria dei titoli quotati sulle piazze mondiali, conferma la tendenza di sfiducia. Sul versante governativo, il Tesoro ha messo in conto una spesa di quasi due trilioni di dollari, escludendo il Troubled Asset Relief Program (TARP), o Piano Paulson, e il nuovo Public Private Partnership Investment Program (PPIP), promosso dall'attuale Segretario al Tesoro, Timothy Geithner. Va specificato che queste risorse non sono contemplate nelle sole leggi di bilancio annuali, ma fanno parte di interventi straordinari decisi dal Congresso. Il programma di stimolo fiscale di Obama vale 787 miliardi, mentre le iniezioni di liquidità per contrastare le perdite di Fannie Mae e Freddie Mac sono state per 400 miliardi. Analogo discorso per Citigroup e Bank of America, i cui asset sono stati sottoposti a garanzia federale per totali 414 miliardi di dollari. Forte anche il sostegno per il settore immobiliare, quello che ha scatenato la crisi che stiamo vivendo: 75 miliardi a favore dei titolari di mutui abitativi. Anche il credito al consumo, secondo quanto previsto dal PPIP, sarà interessato dai piani di aiuto statali. Dopo le perdite verificatesi nell'ultimo trimestre per le due più grosse società di emissione di carte di credito, Mastercard e Visa, Geithner aveva anticipato che non avrebbe lasciato crollare un altro segmento finanziario statunitense. Di contro, il mondo dell'automotive, al centro delle polemiche per la ventilata ipotesi di amministrazione controllata per General Motors e Chrysler. Detroit ha ricevuto nel complesso 25 miliardi, comprese le società minori. In previsioni ci sono gli ulteriori sei miliardi di dollari nel caso la casa guidata da Robert Nardelli definisse e concludesse l'accordo con la Fiat di Sergio Marchionne. In ogni caso, anche considerando per valida l'eventualità di un fallimento delle due case, l'ammontare complessivo degli interventi sono stati destinati al mercato degli immobili. 04/04/2009

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Sui paradisi fiscali un impegno da coordinare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-04 - pag: 1 autore: DOPO IL G-20 Sui paradisi fiscali un impegno da coordinare di Carlo Bastasin N elle ore che hanno preceduto e seguito il G-20 di Londra, il legame tra protesta sociale e crisi economicaè emerso talvolta con violenza: rapimenti di manager in Francia, assalti alle banche nella City, proteste negli Stati Uniti afflitti da nuove povertà. Ovunque si avverte un sentimento non generico di insofferenza verso i simboli del capitalismo globale e delle grandi disuguaglianze, con cui i capi di governo dei maggiori Paesi devono imparare a confrontarsi senza scorciatoie populiste. Il senso di ingiustizia cresce man mano che vengono alla luce i comportamenti irresponsabili dei banchieri di Wall Street. Le testimonianze personali del loro fallimento hanno tolto l'incanto a un mondo che travestiva l'avidità con gli abiti dell'invincibilità e trafugava per eroismo ciò che era abuso. Il disincanto non sarà passeggero né innocuo. Descrivendo il malessere sociale ai tempi di Weimar, Elias Canetti definiva la crisi economica come una grande metafora «del disorientamento psicosociale e della svalutazione civica» che avrebbe poi condotto gli europei verso le dittature del secolo scorso. La novità politica di oggi è invece che i governi, in alcuni casi corresponsabili dei fallimenti degli ultimi anni, si sono schierati al fianco della protesta con piena forza retorica. Barack Obama, legittimo emblema dell'homo novus, ha condannato pubblicamente gli abusi dei manager, ha tassato al 90% i bonus dei banchieri, ha tagliato la testa ai vertici delle imprese automobilistiche. Nicolas Sarkozy ha usato toni concilianti nei confronti delle proteste anti-manager e alzato i toni accusatori contro il mercato e il capitalismo, mentre il ministro delle Finanze tedesco ha usato metafore belliche nell'attaccare le ricche trincee svizzere del capitalismo nascosto. Il comunicato finale del G-20 si apre con l'osservazione che la crescita per essere sostenibile deve essere condivisa. Difficile negare che esista un legame tra eccessi finanziari e ingiustizie sociali. Uno studio della Bundesbank ("Funktionale Umverteilung") dimostra come dal 2000 al 2007 una quota superiore al 10% del reddito totale si sia spostata dal lavoro al capitale. Solo la crisi finanziaria ha ridotto nel 2008 il divario, di ben un terzo. Continua u pagina 5 l'articolo prosegue in altra pagina

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Quattro liste in cerca di accordi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-04 - pag: 2 autore: Quattro liste in cerca di accordi Alla classificazione degli Stati dovranno seguire intese bilaterali sulla trasparenza Carlo Galli Riparte dal G-20 di Londra l'opera di contrasto ai paradisi fiscali e finanziari. Il summit segna infatti un importante momento di convergenza, sul piano politico e sul piano tecnico. Sul piano politico, è stata finalmente raggiunta un'intesa sui criteri per individuare Stati e territori «non cooperativi». Il confronto ha riscaldato le ore precedenti alla chiusura del vertice, in cui i rappresentanti dei vari Paesi hanno cercato di difendere le rispettive aree di influenza. Alla fine, l'accordo politico è stato reso più agevole affidando la pubblicazione della lista alla terzietà dell'Ocse. Sotto il profilo tecnico,l'accordo ha accomunato la censura nei confronti: –sia dei paradisi fiscali veri e propri (vale a dire Stati e territori con fiscalità modesta o assentee una regolamentazione in materia di istituzioni finanziarie altrettanto blanda); –sia dei paradisi finanziari,caratterizzati innanzitutto dall'assenza di trasparenza dovuta al segreto bancario ( Come Austria, Svizzera, Lussemburgo e Belgio). Se, infatti, i primi sono stati molto utilizzati nella strutturazione di complesse architetture finanziarie (prime tra tutti, gli hedge fund), i secondi si prestano principalmente a occultare fondi di non residenti, consentendo loro di sottrarsi alle pretese, non solo fiscali, dei Paesi di appartenenza. La crisi finanziaria mondiale ha colmato le distanze, accomunando le due categorie nella censura dei Paesi industrializzati. Il comunicato conclusivo del vertice sancisce così l'impegno politico per la protezione del gettito dei Paesi partecipanti e per la fine del segreto bancario. I punti di partenza La convergenza nell'individuazione dei criteri e nella conseguente compilazione delle liste parte dal 1998, con il primo rapporto Ocse in materia di concorrenza fiscale dannosa ( Harmful Tax Competition. An Emerging Global Issue). Fin dalle origini, obiettivo principale dell'organizzazione è stato lo scambio di informazioni, nel presupposto che la concorrenza fiscale dovesse essere frenata, ma che fosse necessaria la piena trasparenza per consentire ai Paesi di origine dei capitali di applicare le rispettive norme di contrasto a elusione ed evasione fiscale. Si considerava quindi «dannoso» non tanto il regime fiscale particolarmente favorevole in termini di aliquota, ma quello finalizzato ad attrarre capitali esteri offrendo in cambio la segretezza necessaria per sottrarsi al Fisco dei propri Paesi di origine. L'Ocse ha quindi puntato sulla negoziazione con gli Stati dai regimi in origine considerati «dannosi » perché poco trasparenti, per ottenerne un impegno politico a introdurre la necessaria permeabilità (in primo luogo, per scambio di informazioni). A una prima fase, in cui l'opera di pressione politica ha registrato un buon numero di Paesi impegnati a introdurre norme di maggiore trasparenza e a cooperare con i Paesi industrializzati – la lista finale dei Paesi non cooperativi comprendeva soltanto Andorra, Liechtenstein e Principato di Monaco è seguita una fase di relativo stallo. L'attività di contrasto ha conosciuto nuovo impulso a seguito della crisi finanziaria mondiale, che ha indebolito la posizione dei paradisi fiscali più trasparenti ma utilizzati nelle operazioni finanziarie internazionali e sui quali l'azione di Stati Uniti e Regno Unito non era mai stata particolarmente incisiva. Negli ultimi mesi, invece, negli Usa sono stati presentati tre progetti di legge sul contrasto ai paradisi fiscali, mentre il Regno Unito ha avviato un dibattito parlamentare sul pregiudizio erariale ascrivibile alle Dipendenze della Corona (segnatamente le Isole Britanniche). I risultati Si è arrivati così, da giovedì sera, alla compilazione di una lista in quattro parti, in cui i Paesi sono stati classificati in funzione della loro adesione agli standard internazionali sullo di scambio di informazioni in materia fiscale. Lo standard elaborato dall'Ocse con l'ausilio di Stati terzi e approvato dal Consiglio dei ministri finanziari del G20 e dal Comitato Onu di esperti in materia di Cooperazione fiscale internazionale, prevede che le informazioni siano sempre scambiate su richiesta, senza poter invocare il segreto bancario o altro interesse di natura fiscale del Paese a cui le informazioni sono richieste. Fanno parte della lista di Stati conformi allo standard i maggiori Paesi industrializzati, ma anche Stati normalmente considerati paradisi fiscali, come Jersey, Guernsey, l'Isola di Man o gli Emirati Arabi Uniti. Nella prima lista «grigia» vi sono i paradisi fiscali che si sono impegnati politicamente ad adottare gli standard di trasparenza e che in molti casi hanno già sottoscritto accordi bilaterali ( evidenziati nel grafico). La seconda lista «grigia» elenca gli Stati che non sono considerati paradisi fiscali a livello internazionale ma che non hanno ancora attuato gli standard internazionali di trasparenza. Fanno parte di questo gruppo anche Austria, Belgio e Lussemburgo, che però, al pari della Svizzera, avrebbero già iniziato le negoziazioni con i propri partner pattizi per attuare un pieno scambio di informazioni. La lista nera, con soli quattro Paesi, è stata oggetto di varie modifiche nel pomeriggio di giovedì, fino a raggingere l'assetto attuale. Una nuova lista sarà prodotta a giugno, probabilmente per il G8 della Maddalena, per verificare se l'impegno politico a una maggiore trasparenza avrà trovato una prima attuazione. Prima di allora, si attendono novità anche dal nuovo meeting franco tedesco. Stallo italiano Il summit londinese non ha effetti immediati per l'Italia, che non ha concluso alcun accordo per lo scambio di informazioni con paradisi fiscali. Le black list previste dal nostro ordinamento differiscono significativamente da quelle Ocse. Se a livello internazionale la piena censura ha colpito solo i quattro Stati presenti nella lista nera, le black list del nostro ordinamento elencano quasi tutti i Paesi presenti nella lista «grigia» dei paradisi fiscali, nonché vari Stati presenti con l'Italia nella lista «bianca» (Barbados, Guernsey, Jersey e Isola di Man). Questa distanza dagli standard internazionali potrà essere colmata con la redazione delle liste previste dal nuovo articolo 168-bis del Testo Unico, che identificheranno i Paesi e i territori che consentono adeguato scambio di informazioni. è invece del tutto superato a livello internazionale il riferimento al livello di tassazione, ancora previsto in Italia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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gli economisti si dividono sul g20 "misure reali". "no, è scenografia" - giorgio lonardi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 21 - Economia Cernobbio, primo bilancio sul summit. Roubini: ora la finanza è regolata. Roach: gli Usa sprecano Gli economisti si dividono sul G20 "Misure reali". "No, è scenografia" GIORGIO LONARDI DAL NOSTRO INVIATO CERNOBBIO - Economisti divisi qui a Cernobbio sui risultati del G20. Al Workshop Finanza di Ambrosetti emerge il contrasto fra lo scetticismo di Stephen Roach, presidente di Morgan Stanley Asia («al G20 darei un 10 per gli sforzi e la scenografia e un 6 scarso per le decisioni»), e l´ottimismo di Jacob Frenkel, vice presidente di Aig: «Il 50% della sfida per risolvere i problemi è identificarli e a Londra ci siano riusciti. Ed è positivo l´accordo tra i capi di Stato». Mentre Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa San Paolo, sottolinea come «il G20 sia stato un vero successo perché tiene più in conto l´equilibrio del mondo». In effetti quello fra Roach e Frenkel è apparso come un vero e proprio duello verbale. «So che chi mi sta accanto non condividerà le mie parole», ha esordito Roach riferendosi a Frenkel, «ma il G20 è stato di molte parole e di poca sostanza: oggi il problema principale per il mondo sono gli squilibri globali destabilizzanti tra nazioni che risparmiano troppo poco, come gli Usa, e Paesi che risparmiano troppo come la Cina». Ecco perché, secondo Roach, il G20 conta poco, al contrario del G2 formato da Usa e Cina, cioè «dal maggiore consumatore e dal maggiore produttore del mondo». Il giudizio di Roach non è piaciuto a Norbert Walter, capo economista di Deutsche Bank per cui «il vero G2 è quello formato da Usa ed Europa in materia di definizione delle regole». Poi Walter ha aggiunto: «Se c´è un modo di ripensare le regole globali, Usa e Ue sono i primi che possono definire standard validi nel tempo». Mentre Frenkel ha rifiutato l´idea di un G20 «come una partita di calcio in cui qualcuno vince e qualcun altro perde. Siamo come passeggeri di un stesso aereo e dobbiamo essere contenti che i piloti vedano le cose nello stesso modo». Quanto a Nouriel Roubini, professore di Economia alla Stern School of Business della New York University, uno dei pochissimi economisti ad aver previsto lo tsunami che avrebbe travolto i mercati finanziari, osserva che «nel suo insieme il G20 è stato positivo e ha avuto successo, c´è stato un ampio accordo su una nutrita gamma di questioni, ma non è la soluzione di tutto». Secondo Roubini «è stato positivo l´impegno del G20 sull´aumento dei finanziamenti all´Fmi», così come il sostegno al commercio internazionale e la regolamentazione del sistema finanziario. Sul trattamento degli asset tossici, invece, «i problemi di ogni Paese verranno risolti dalle Autorità nazionali. Non è possibile un piano globale al riguardo». Riguardo ai piani di stimolo fiscale elaborati dai vari Paesi per contrastare la crisi, Roubini non ha dubbi: «Sono misure di breve termine». E ha sostenuto che nel medio termine si dovrà fare affidamento sulla domanda interna da parte del settore privato. E l´Italia? Per Roubini qui da noi «la recessione non sarà né peggiore né migliore rispetto agli altri Paesi dell´Eurozona. L´Italia ha un sistema finanziario sano, ben sorvegliato dalla Banca d´Italia. I problemi in Italia sono più che altro strutturali».

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Francia-Italia, la partita Edison è tutta da giocare (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-04 - pag: 12 autore: NO COMMENT ... Francia-Italia, la partita Edison è tutta da giocare I l presidente del consiglio di gestione della A2A, Giuliano Zuccoli, ha indossato la fascia tricolore e, nel nome dell'italianità, è uscito allo scoperto mettendo in discussione i rapporti con Edf, il colosso francese dell'energia, in Edison, di cui entrambe le società sono azioniste, direttamente o indirettamente. La risposta dei francesi è stata, almeno per il momento, un silenzio talmente silenzioso da risultare assordante. Contemporaneamente anche Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison e molto stimato in casa Edf, ha preferito soprassedere. Così lo stesso Zuccoli ha tirato il freno delle polemiche, ma la partita è aperta e tutto lascia prevedere che gli animi si riaccenderanno presto. Edf controlla metà di Edison. Poco più del 30% indirettamente tramite la finanziaria Transalpina e il 19% circa direttamente. A2A, tramite Delmi che è azionista di Transalpina al 50%, è azionista di Edison al 30 per cento. In sintesi, i francesi hanno, di fatto, la maggioranza assoluta. Ma giocano in trasferta e, di conseguenza, i rapporti di forza andranno verificati sul campo. Sul versante opposto, A2A ha possibilità di recuperare posizioni importanti in vista della resa dei conti. Lo può fare puntando sulla quota di titoli, un rotondo 10%, in portafoglio al finanziere Romain Zaleski. Il salvataggio di Zaleski passa dal congelamento dei debiti in attesa della vendita delle partecipazioni azionarie del gruppo, crollate per la crisi dei mercati finanziari. L'operazione è seguita dall'amministratore delegato della holding bresciana, Pietro Modiano, che opera in stretto contatto con Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo e banchiere vicino da sempre sia a Zaleski sia alla componente bresciana di A2A. Ecco perché, ancora una volta, i riflettori vanno accesi su Bazoli, il cui ruolo si conferma centrale nonostante i cambiamenti del quadro politico (Bazoli è, per tradizione, riferimento di buona parte del mondo di centro-sinistra). Attualmente il 10% di Edison controllato da Zaleski risulta in pegno alle banche e, in particolare, a Intesa Sanpaolo e UniCredit.Su tale quota c'è una prelazione di Transalpina (che è per metà Edison-Edf e per metà A2A) ma l'acquisto dell'intero 10% rappresenta per Zuccoli (A2A)la possibilità di accrescere la forza d'urto ( anche se dovrà fare i conti, oltre che con i francesi, con la difficoltà di trovare le risorse necessarie per l'acquisto, essendo A2A partecipata dai Comuni di Milano e Brescia). Al di là degli equilibri nell'azionariato, la convinzione generale è che il nodo rappresentato dalla gestione di Edison vada prima o poi sciolto in quanto su scelte strategiche la contrapposizione tra Edf e A2A risulta evidente. Per esempio, gli uomini di Edf sono convinti che Edison debba essere sempre più radicata sul mercato retail, cioè nell'offerta d'energia elettrica e gas ai singoli consumatori privati. Immaginabili le perplessità di A2A, che si trova a fare i conti con un concorrente in più (e che, fra l'altro, ha adottato una politica di sconti tariffari determinata). Un secondo esempio riguarda le scelte d'internazionalizzazione. Per A2A, a parte le divergenze sulla campagna acquisti in Egitto, lo sviluppo all'estero ha importanza fondamentale. Assai minore, invece, è l'interesse dei francesi, dato che Edf è già molto presente sui mercati internazionali. Ecco perché la partita per il controllo di Edison è già cominciata, anche se il patto tra gli azionisti scade tra un anno e mezzo. * fabio.tamburini@lsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA BAZOLI IN CAMPO Il banchiere ha un ruolo chiave per i rapporti con Zaleski e i bresciani di A2A di Fabio Tamburini

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Il capitalismo si vede dalle élite (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-04 - pag: 12 autore: Il capitalismo si vede dalle élite di Carlo Carboni L e analisi riguardanti le cause dell'attuale crisi convergono nell'imputarle alle degenerazioni del turbo capitalismo a trazione finanziaria e tecnologica manifestatesi negli ultimi anni (per Bastasin, si veda Il Sole 24 Ore del 25 febbraio scorso, il 2004 è stato «l'anno galeotto») e alla «superclasse» che lo pilotava (D. J. Rothkopf, Superclass. La nuova élite globale e il mondo che sta realizzando), composta non solo da grandi magnati del capitalismo multinazionale, ma sempre più da top Ceo della finanza e delle banche, editori e direttori di testate influenti, politici e statisti, professori ed esponenti della cultura di fama mondiale. Questi gruppi - minoranze elitarie emergenti nell'ultimo ventennio - hanno in comune il fatto che il loro successo dipende dalle reti di relazioni di cui dispongono: sono élite di networking. Un tempo per essere potenti occorreva essere élite per nascita, mentre oggi per essere élite occorre essere potentie le net-élite hanno dimostrato di esserlo. Esse sono state, in effetti, le vestali del capitalismo globale. Tuttavia, la crisi attuale le ha messe con le spalle al muro, inchiodandole alle loro responsabilità, soprattutto per via di quella loro propensione a usare reti di relazioni per imporre la loro influenza. Vocate alla leadership, le net-élite sarebbero accusate di aver discrezionalmente, se non arbitrariamente, eluso regole degli Stati e dei mercati o di averne surrogato l'assenza con pratiche di capitalismo relazionale: Bernard Madoff è l'icona negativa ed estrema della relazionalità spinta fino alla cinica frode finanziaria. Tuttavia, oggi il capitalismo relazionale presenta due facce. La prima, positiva, meno esplorata, ha il profilo della relazionalità di qualità, che è indispensabile per élite pluraliste e moderne. Non solo le élite, ma anche la società ha mostrato di essere molto sensibile agli "ultrapoteri" forniti dalle tecnologie per aumentare le opportunità di relazionalità e comunicazione. Gran parte delle nostre attività dipende dal nostro senso di connessione e di relazione ed è ovvio che questo sia vero a maggior ragione per gli alti cerchi del potere. C'è dunque un high concept della capacità relazionale e di connessione in quanto abilità metodologica, interdisciplinare, che può giocare un ruolo molto positivo nella capacità di trasformare abilità in risorse. Il professore universitario di successo, ad esempio, ha in genere molte relazioni di lungo raggio con i suoi colleghi, ma anche con autorità politiche, con protagonisti dell'informazione e, sempre più spesso, con manager. La possibilità di interscambio, di conseguenza, è elevata tra le net-élite: opinion makers che diventano deputati, manager che entrano in politica, ma anche politici che entrano nel mondo degli affari. C'è però una faccia negativa del capitalismo relazionale, un low concept che lo vede come un fenomeno che inquina la competizione, ad esempio all'interno di una grande azienda (con relazioni amicali, parentali ecc.), ma anche come un fenomeno che inquina la corporate governance e rende spesso le grandi società di fatto non contendibili (grazie all'incrocio tra piramidi societarie e patti di sindacato come denunciato in Italia dall'indagine dell'Agcm, 2009). Le manifestazioni degenerative del capitalismo relazionale possono assumere le sembianze del crony capitalism che secondo la nota immagine di Burton W. Folsom ( The Myth of the Robber Barons) crea un ceto di imprenditori politici, da distinguere da quelli che si confrontano sul mercato senza particolari aiuti statali e che sono imprenditori di mercato. Crony capitalism indica quindi un inquinamento collusivo delle rispettive sfere di competenza, condito da favoritismi amicali, cetuali e nepotismi, non solo in economia, ma in molte attività in cui di fatto latita la competizione che viene surrogata dall'esistenza di gruppi ristretti tra loro collegati in networking con relazioni personali e di lobbing. Robert Reich, discutendo dello stato precario della democrazia nel mondo globale ( Supercapitalismo, 2008), ha sottolineato la crescita esponenziale delle attività di lobbing negli States nell'ultimo ventennio. Essa si è accompagnata con una marcata finanziarizzazione della politica (campagne elettorali sempre più costose) che ha di fatto favorito la discrezionalità e l'autoreferenzialità espresse dalle valutazioni e dalle decisioni di moral hazard prese da Ceo apicali, punto focale dell'attuale crisi finanziaria. Come evitare le forme degenerative di relazionalità? Nelle società contemporanee e complesse non è semplice, anche perché il capitalismo relazionale conosce, ad esempio in Europa, diverse interpretazioni e manifestazioni nei vari Paesi. Tuttavia, una ricetta generale ci sarebbe:il ripristino di un'effettiva circolazione delle élite darebbe grande beneficio a un rinnovamento di cui si sente il bisogno nel mondo globale e nelle singole nazioni: infatti, meno un personaggio ristagna nella sua funzione dirigente e meno probabili sono sedimentazioni re-lazionali negative, come nei casi di prassi cetuali, di clientelismo, favoritismi personali e nepotismo. Al capitalismo relazionale che produce aristocrazie e discrezionalità va contrapposto non lo statalismo, che è in parte cultura di quel sistema, ma il diritto e l'assunzione di responsabilità e di nuove regole. Il sistema ritroverà fiducia con la ripresa economica, ma, soprattutto, se i cittadini di questo mondo globale avranno la percezione di un rinnovamento morale e sociale degli alti circoli del potere, anche per regolare i poteri emergenti di relazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE PROSPETTIVE La soluzione non è lo statalismo - è necessario creare un sistema di regole per favorire il ricambio delle leadership DISEGNO DI UMBERTO GRATI

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Hedge al congiuntivo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-04 - pag: 12 autore: Hedge al congiuntivo Estendere regole e vigilanza a tutti i mercati finanziari, strumenti e istituzioni, «compresi gli hedge fund, che sono individualmente o collettivamente d'importanza sistemica»: così il Sole 24 Ore, riferendo sulle indicazioni del Financial Stability Forum. Dice proprio così, usa un "sono" che ontologicamente accomuna, non un "siano" che analiticamente discerna. Escludendo di attribuire al Governatore Draghi l'uso di un indicativo al posto di un congiuntivo, la residua speranza è di poterlo attribuire al traduttore. Come sarà l'originale?Inglese,s'immagina,dato che lì,a differenza delle nostre banche e di Palazzo Chigi, quello si parla. Come sarà? Might be? Un sogno. May be?Una fantasia.Non rimane che l'intrinseca ambivalenza dell'"are".Triste vita,di questi tempi, quella di un liberista, costretto ad attaccare le sue speranze all'ambiguità di un verbo. Franco Debenedetti M essa così, gli hedge fund avrebbero intrigato anche Shakespeare: ci avrebbe ricavato una nuova versione della Commedia degli equivoci o un sequel, magari Gli allegri compari di Wall Street. Noi teniamoci stretta la forza del congiuntivo, che ci consente di leggere con la giusta luce la crisi finanziaria internazionale, e di mettere in discussione qualche luogo comune. Difendiamola: nei vertici, in Borsa e nelle scuole. E non solo nell'interessedeiliberisti. • Tv senza pudore Io capisco. Capisco che abbiamo bisogno di distrarci, e non pensare sempre ai tanti lavoratori che improvvisamente si sono trovati nella disperazione per aver perso il posto di lavoro, né sempre ai poveri cristi che nella speranza di una vita diversa, la vita la perdono in mare; e neppure alle morti nere chiamate bianche. Capisco che ogni tanto conviene guardare in televisione anche trasmissioni serene, magari di canzoni, come X Factor su Raidue,che l'altra sera ho visto con piacere. Poi ho cambiato canale, sono andato su Raiuno, solo per pochi minuti. C'era una specie di palcoscenico, con il primo attore che parlava di sangue, del sangue di una povera ragazza uccisa con feroce violenza, e in primo piano un computer e una bicicletta. Ognuno si distrae a suo modo, ho pensato. E poi ho pensato ancora: ma i giudici che si occupano del caso, saranno contenti che qualcuno faccia una sorta di processo in televisione? E ancora: la sventurata ragazza morta, sarà contenta che a parlare del suo sangue, delle macchie del suo sangue sparso, non siano solo le persone costrette dal proprio lavoro (carabinieri, giudici, periti, cronisti, eccetera), ma anche un conduttore che fa spettacolo? Sarà contenta la sventurata ragazza morta che si parli e si straparli in televisione della sua tragica morte e tante volte si faccia il suo nome? Da piccolo mi avevano insegnato una preghiera in latino: «Requiem aeternam dona eis Domine et lux perpetua luceat eis, requiescant in pace. Amen». La conoscerà qualche conduttore tv? Lettera firmata La paga del tirocinante In epoca di grave crisi economica mi fa un po' sorridere vedere nella mia busta paga (da tirocinante) una ritenuta fiscale, al netto delle detrazioni, di 130,44¬ su 750¬ totali al mese... Nessun contributo previdenziale, solo tasse (aliquota del 23%); io ho 23 annie ho due genitori che fortunatamente lavorano entrambi, e per di più ho la fortuna di lavorare con un'azienda seria che paga i tirocini, ma chi invece passa da rinnovo a rinnovo, non perché studente ma perché non trova altro tipo di lavoro, non dovrebbe godere di un trattamento fiscale migliore, soprattutto di questi tempi? Luciano Lavecchia email La rivincita di Keynes Berlusconi keynesiano? Ma non era liberale? Ebbene sì, abbiamo visto anche questo. Ma non lo biasimo: anzi, sono compiaciuto. è la rivincita dell'economia dal volto umano: di Keynes, del keynesismo e dei keynesiani. Massimo Coppa Zenari Ischia (NA)

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Raddoppio di Blackberry: fatturato record per Rim (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-04 - pag: 29 autore: Media. Il produttore del palmare balza del 21% a Wall Street: ricavi a +84% Raddoppio di Blackberry: fatturato record per Rim Utili trimestrali in crescita del 26% a 512 milioni $ Daniela Roveda LOS ANGELES Nel boom e nella recessione, la domanda mondiale di Blackberrys non accenna a diminuire. Anzi, un bilancio anticrisi che ha superato tutte le previsioni ha fatto volare ieri del 21% il titolo della canadese Research in Motion (Rim), produttrice dei popolari gadgets per la mail, al livello più alto degli ultimi sei mesi, un aumento sufficiente a trascinare al rialzo l'intero listino del Nasdaq. Un risultato ancor più eccezionale in una giornata in cui il governo ha reso noto che l'economia Usa ha perso altri 663mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 26 anni. La Research in Motion ha venduto 7,8 milioni di Blackberrys nel trimestre tra dicembre e febbraio;il fatturato è quindi salito dell' 84% a 3,5 miliardi di dollari grazie a sconti, iniziative promozionali e il lancio di nuovi modelli durante l'importante stagione natalizia. I profitti sono balzati del 26% a 512 milioni di dollari, e i margini lordi si sono stabilizzati al 40 per cento. Pochi analisti si aspettavano che la Rim potesse mantenere alti gli utili e abbassare i prezzi allo stesso tempo. La società di recente ha adottato una nuova strategia volta a conquistare la massa dei consumatori (inizialmente i suoi telefonini intelligenti erano destinati alla clientela aziendale) ma i nuovi modelli Storm e Pearl - il primo con un touch screen simile all'iPhone della Apple e il secondo pieghevole - sono stati accolti con favore dal vasto pubblico: le vendite annuali sono raddoppiate. Le preoccupazioni di Wall Street sulla capacità della Rim di navigare nella recessione e allo stesso tempo lanciare nuovi modelli adatti a tutte le categorie di consumatori avevano pesato sul titolo negli ultimi due mesi, ma gli ultimi risultati trimestrali hanno dissipato le nubi. Il rimbalzo di ieri ha portato le quotazioni oltre i 59 dollari, un aumento che ha consentito di recuperare tutte le perdite di inizio anno. I bilanci della Research in Motion sono stati accolti con una valanga di «upgrades» da parte degli analisti di Wall Street: il Credit Suisse per esempio ha elevato il target sul titolo per il resto del 2009 da 52 a 65 dollari per azione; la Ubs da 52 a 65 dollari per azione; la Bmo Capital markets da 52 a 72; la Caris& Caris da 60 a 80; la Rbc Capital Markets da 75 a 80; e la Cowen ha alzato il voto sulle prospettive dell'azienda. Se le previsioni degli analisti dovessero realizzarsi, il titolo della società dei Blackberrys potrebbe quindi ritornare entro la fine dell'anno ai livelli di settembre, alla vigilia della crisi finanziaria. La società ha offerto previsioni rosee per il resto dell'anno, un evento raro in questo periodo di crisi. Il successo dell'azienda nel contenere i costi dovrebbe consentire di alzare i margini lordi di profitto al 43-44% nel trimestre marzomaggio; il fatturato dovrebbe restare sui 3,5 miliardi di dollari, i profitti attorno a 88-97 centesimi per azione e il numero di abbonati, arrivato a 25 milioni, potrebbe continuare a crescere dopo l'aumento netto di 3,9 milioni registrato nell'ultimo trimestre. In un'atmosfera complessivamente positiva, qualche analista ha esortato tuttavia alla cautela. Brian Modoff della Deutsche Bank ha avvertito che l'ingresso nel mercato di massa espone la Research in Motion alle fluttuazioni dei gusti dei consumatori in un settore estremamente competitivo come quello dei telefonini intelligenti. Per continuare a guadagnare quote di mercato, la Rim dovrà continuare ad innovare e ciò potrebbe creare pressioni sui margini di profitto in futuro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Draghi: spiragli dall'economia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-04 - pag: 7 autore: Draghi: spiragli dall'economia Tremonti invita l'Europa a seguire gli Stati Uniti sulle norme contabili Enrico Brivio Dino Pesole PRAGA. Dai nostri inviati Una crisi profonda e complessa, che sta attanagliando tutto il mondo, ma che nel suo processo di deterioramento sta ora mostrando qualche segnale di rallentamento. Non vuole «fare profezie», ma apre spiragli di speranza sul futuro della congiuntura mondiale il Governatore Mario Draghi, parlando a margine dell'Ecofin informale di Praga nella sua veste di presidente di un Financial Stability Board dai poteri appena rafforzati dal G-20. Draghi ha avvertito che l'attuale recessione è unica in quanto «combina una velocità di diffusione e una dimensione senza precedenti», esibisce una interrelazione molto articolata tra finanza ed economia reale ed «è sincronizzata globalmente, in quanto qualche mese fa non c'era un Paese che andava bene». Per Draghi si tratta di componenti da tenere tutte sott'occhio.«Ci sono ora segnali positivi sui mercati finanziari e sul mercato immobiliare negli Stati Uniti, anche se bisogna stare attenti - ha messo in guardia il Governatore - a non interpretare una rondine per primavera, perché sono segnali semplicemente di un rallentamento nel deterioramento». Anche per il presidente dell'Eurogruppo. Jean-Claude Juncker, in una situazione congiunturale «non buona, ci sono segnali incoraggianti ma non numerosi », mentre il commissario Ue agli Affari economici Joaquin Almunia ha avvertito che Bruxelles il 4 maggio rivedrà al ribasso le stime economiche in quanto «i dati sul commercio estero e sulla produzione industriale continuano a essere molto deboli e in terreno negativo». Il presidente della Bce, JeanClaude Trichet, non ha escluso nuovi cali dei tassi, ma ha espresso fiducia che le decisioni prese dal G20 «siano quello che serve per ristabilire la fiducia, l'importante è ora metterle in pratica rapidamente». A incrinare il clima di convergenza internazionale anticrisiè però esplosa una nuova frattura transatlantica sugli standard contabili. La decisione delle autorità americane del Fasb, su pressione del Congresso, di rendere più flessibile la valutazione degli asset tossici (con più margini discrezionali per le banche nel marktomarket), ha allarmato i ministri Ue in quanto rischia di creare un grande squilibrio competitivo. Lo Iasb, che fissa gli standard europei, ha tempi più lunghi e ha iniziato una consultazione che potrebbe impiegare mesi. «Se aspettiamo lo Iasb ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Peer SteinbrÜck nel lungo periodo saremo tutti morti, economicamente». Anche Giulio Tremonti ha insistito sul fatto che l'Europa deve allinearsi al piano di allentamento delle regole contabili approvato negli Usa. «Il macchinismo politico dell'Europa - ha spiegato - è lento rispetto alla capacità decisionale degli Stati Uniti ». Secondo il ministro si deve fare in fretta. «Non possiamo fare i templari del mercato - ha concluso quando il tempio del mercati ha cambiato i criteri». L'analisi del ministro dell'Economia è però accompagnata dalla constatazione che in altri tempi il travolgente incedere degli eventi che dai mercati si è trasferito all'economia reale avrebbe provocato scontri, enormi tensioni sociali se non addirittura guerre. Al contrario alla globalizzazione si può attribuire gran parte della crisi ma occorre riconoscerle il merito di aver assicurato «un alto grado di pace civile e politica». Per Tremonti, la lunga sequenza di vertici internazionali dallo scorso autunno in poi è il chiaro segno del ritorno in grande stile della politica, ed è questo il fattore decisivo che ha impedito finora che la crisi degenerasse in «scontri e disagi sociali». Un lento, ma significativo progresso che dal G-20 di Washington fino al meeting di Londra ha consentito di passare dai piani di azioni «coordinati» a quelli «collettivi »: «Fino ad un anno fa, i governi agivano ognuno per conto proprio ». Ora i Paesi mettono in campo misure nazionali «che diventano interdipendenti. Decidono di fare la stessa cosa, ma fanno questa cosa in comune. è il principio di una governance mondiale». All'interno di questo nuovo contesto, l'Europa cerca una strada comune, e l'idea di Tremonti è che occorra una nuova versione del piano Delors. Attenzione però a quella che Tremonti definisce «l'ossessiva iterazione di dati e notizie negative, che rischiano di produrre un senso diffuso di sfiducia, con il risultato di vanificare l'effetto degli stimoli diretti all'economia». CLIMA DIVERSO Dal vertice europeo arriva un messaggio di maggior fiducia dopo i risultati concreti del summit di Londra Meno pessimisti. Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (a sinistra) con il commissario Ue Joaquin Almunia INFOPHOTO

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Serravalle, in Borsa il 20% (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-04 - pag: 33 autore: Infrastrutture. L'operazione porterebbe nelle casse dell'Ente 350 milioni di euro - Le critiche della Lega «Serravalle, in Borsa il 20%» Penati (Provincia di Milano): quotazione prevista nel 2010 Marco Morino MILANO Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano, rilancia con forza il progetto per la quotazione in Borsa della Milano Serravalle, la concessionaria che gestisce l'autostrada per Genova e le tangenziali milanesi e di cui Palazzo Isimbardi possiede il 53% delle quote. «Si è esaurito il ruolo della Provincia come azionista di maggioranza di Serravalle » dice Penati, parlando ieri alla presentazione del progetto definitivo della Pedemontana lombarda, il grande asse autostradale che permetterà, dal 2015, di raggiungere lo scalo di Malpensa partendo dalla zona di Bergamo in meno di un'ora (tagliando fuori il nodo di Milano). «Il lavoro delle istituzioni non è fare l'esattore al casello. Il mio impegno – aggiunge Penati – è che la Serravalle si quoti in Borsa e si vada verso una partecipazione molto più contenuta del socio Provincia di Milano». Nel pomeriggio, raggiunto telefonicamente dal Sole 24 Ore, Penati precisa i contorni del suo progetto: «Ribadisco l'impegno a collocare in Borsa il 20% della Milano Serravalle entro il 2010. La quotazione dovrebbe portare nelle casse della Provincia circa 350 milioni di euro. Di tale somma, 100 milioni saranno destinati alla creazione di un grande fondo metropolitano, che coinvolgerà anche fondazioni bancarie, Auser e Cassa depositi e prestiti, per finanziare l'housing sociale (alloggi a basso costo)». La Lega però protesta: «Da mesi – nota il capogruppo "lumbard" in Provincia di Milano, Fabio Meroni – continua a mancare il numero legale in Consiglio provinciale perché pezzi della maggioranza sono in dissenso con il presidente della Provincia. Delle due l'una: o Penati pensa di collocare Serravalle in Borsa senza il voto del Consiglio provinciale oppure il presidente, come al solito, sta giocando». La Serravalle, a sua volta, è azionista di maggioranza (68%) di Autostrada Pedemontana lombarda Spa, la concessionaria della futura autostrada ( a pedaggio) Bergamo-Malpensa. In questi giorni è stato formalizzato l'ingresso, nel capitale della Pedemontana, di alcune banche: Banca Intesa infrastrutture (26%), Ubi banca e Bcc (5% complessivo). Dopo l'ingresso dei soci finanziari, Penati riconferma la volontà di aprire ulteriormente l'azionariato della Pedemontana, autorizzando la Serravalle a cedere una seconda tranche di azioni (33%), questa volta a soci industriali, ad esempio costruttori e progettisti. Ieri, con la presentazione del progetto definitivo, la Pedemontana ha compiuto un ulteriore avanzamento, anche se l'appuntamento cruciale resta l'approvazione in sede Cipe, prevista per fine luglio/inizio agosto. Vi sono tuttavia da sciogliere alcuni nodi legati al piano finanziario.L'opera costerà, nel complesso, 4,7-4,8 miliardi di euro: un miliardo e 245 milioni sono stati stanziati dallo Stato, il resto sarà finanziato con l'equity (500 milioni) e con il debito (i restanti tre miliardi di euro). Un impegno non da poco, considerato lo stato di salute attuale dei mercati finanziari. «Siamo ottimisti – dichiara Fabio Terragni, presidente della Pedemontana Spa –. In primis, per il rapporto di partenariato con Banca Intesa infrastrutture (Intesa SanPaolo). Poi perché stiamo raccogliendo numerose manifestazioni d'interesse da parte di banche nazionali, compresa la Cdp e internazionali per finanziare il progetto». Ciò che conta, per attirare i finanziatori privati, è fissare un adeguato rendimento sul capitale investito. «Sotto il 7% non possiamo andare» chiarisce Terragni. © RIPRODUZIONE RISERVATA HOUSING SOCIALE Cento milioni saranno destinati alla creazione di un fondo metropolitano, che coinvolgerà fondazioni bancarie, Auser e Cdp

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Nasce il livello intermedio tra vigilanza nazionale e Fmi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-04 - pag: 7 autore: Il Financial Stability Board Nasce il livello intermedio tra vigilanza nazionale e Fmi Alessandro Merli LONDRA. Dal nostro inviato G iovedì sera, alla fine del G-20 di Londra,il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, teneva anzi tutto a precisare quello che il Financial Stability Board, il nuovo organismo per promuovere la stabilità finanziaria, non sarà. «Non è un regolatore globale e non è un'autorità di vigilanza globale», ha detto Draghi, che è stato il presidente del Financial Stability Forum e lo sarà del nuovo Board, appena creato dai leader dei grandi Paesi industriali e delle più importanti economie emergenti. Sono stati gli sviluppi della crisi, e la preoccupazione dei Venti di normalizzare la situazione del sistema finanziario internazionale e soprattutto di minimizzare il rischio che eventi devastanti come quelli dell'ultimo anno e mezzo possano ripetersi, a determinare la metamorfosi dell'Fsf in un organismo con maggiori poteri e una struttura rafforzata. La precisazione di Draghi non è oziosa. I Paesi del G-20 non sono affatto unanimi sul fatto di avere un regolatore o un ente di supervisione globale e anche durante gli incontri di Londra, gli Stati Uniti si sono premurati di far sapere che una cessione di sovranità nazionale sulla fissazione delle regole della finanza e sulla vigilanza delle istituzioni americane sarebbe stata inaccettabile. Il lavoro dell'Fsb si svolgerà quindi da un lato in stretto coordinamento con le autorità nazionali di vigilanza bancaria e di controllo dei mercati e con le istituzioni che già esistono per fissare degli standard comuni e dall'altro a fianco del Fondo monetario, cui viene demandata la valutazione dei sistemi finanziari dei singoli Paesi e la corretta applicazione delle regole fissate a livello internazionale e poi messe in atto a livello nazionale. L'Fsb non avrà, di suo, poteri di imposizione delle regole, né di sanzione agli inadempienti. All'Fsb viene anche assegnato un altro compito nuovo e non facile: quello di creare, insieme al Fondo monetario, un sistema di "preallarme" che metta sull'avviso i Paesi e la comunità finanziaria internazionale sul formarsi delle condizioni per lo scoppio di una crisi. Il G-20 ha dato mandato a Fsb e Fmi di condurre il primo di questi esercizi di ricognizione dell'orizzonte della finanza globale già entro le riunioni del Fondo e della Banca mondiale a Washington di fine aprile. «è una funzione delicata ha osservato uno dei partecipanti al summit londinese - c'è il rischio che Fsb e Fmi possano essere come un meteorologo che avvistando un orizzonte molto nuvoloso preveda tempesta. Non sempre queste tempeste poi si verificano. Nel caso della finanza,però,c'è ilrischio che il solo fatto di suonare l'allarme possa far precipitare la situazione, contribuendo a provocare gli stessi eventi che si cerca di prevenire». Il nuovo mandato assegnato all'Fsb amplia sensibilmente i poteri che erano stati orginariamente assegnati al Financial Stability Forum, creato alla fine degli anni 90 dal G-7 dopo la crisi asiatica e il cui primo presidente fu l'ex capo della Bundesbank, Hans Tietmeyer. Da organismo di consultazione delle autorità dei maggiori Paesi, con la responsabilità di studiare particolari aspetti della finanza globale (per esempio gli hedge fund ei centri offshore), l'Fsf si è poi trasformato progressivamente, soprattutto con lo scoppio della crisi globale, pochi mesi dopo l'assunzione della presidenza da parte di Draghi, in un organismo con sempre maggiore capacità di coordinamento. Quello della cooperazione internazionale nella gestione delle crisi (una lacuna evidenziata da diversi episodi negli ultimi mesi, a partire dal collasso di Lehman Brothers) è uno dei temi di cui l'Fsf si è occupato in modo particolare in vista del G-20 di Londra. L'allargamento ai Paesi emergenti, deciso da qualche mese,ma sanzionato anch'esso dal vertice di questa settimana, fornirà «un grande valore aggiunto », ha detto Draghi giovedì. Alcuni di questi hanno ormai un peso sui mercati finanziari che non può essere ignorato e al tempo stesso l'inclusione nell'Fsb consentirà loro di avvalersi delle esperienze dei mercati più avanzati, anche in modo da poter evitare di ripeterne gli errori. alessandro.merli@lsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA LE METAMORFOSI Creato alla fine degli anni 90 come organo consultivo, negli ultimi tempi ha conquistato influenza e capacità di coordinamento

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Sì alle Regole ma con metodo (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Sì alle Regole ma con metodo --> Sabato 04 Aprile 2009 PRIMA, pagina 1 e-mail print Chi bene amministra la cosa comune rende naturale l'osservanza di taluni obblighi, divieti e/o limitazioni. Se si vieta la sosta in varie zone di una città, ma si rende così impossibile l'uso dell'auto per assoluta mancanza di fatto di parcheggi, quel divieto volgerà a non essere rispettato o ad essere aggirato, sovente in proporzioni tali da rendere di fatto inapplicabili sanzioni dissuasive. L'amministrazione locale perderà stima e consenso presso i cittadini. Il divieto di sosta congiunto con adeguate aree di parcheggio, sì che la circolazione di auto sia scorrevole, ma nessuna strada abbia vetture ferme a ridurne la carreggiata, verrà invece rispettato e quasi gradito, anche per il motivo che le zone, destinate a ospitare le macchine allorché ferme, divengono aree dove si avverte sicurezza e tranquillità per quanto riguarda le stesse autovetture. Il cittadino, insomma, deve avvertire il vantaggio, e non il disagio, di rispettare gli obblighi, i divieti e le limitazioni. Queste riflessioni, comuni ai miei cortesi lettori, si applicano in più campi; anche in ordine alla disciplina dei mercati finanziari, che va completata e resa più puntuale nei controlli, ma non trasformata in una serie di obblighi, di divieti e di limitazioni che di fatto rendano impossibile la libertà dei mercati. Magari con la giustificazione di eliminare per tale via i paradisi fiscali che, al contrario, fiorirebbero. La ricostituzione di un clima di fiducia per quanto attiene ai mercati monetari e finanziari integrati non poggia sui vincoli a negoziare, ma sull'efficacia dei controlli a carico degli intermediari che si interpongono negli scambi, sì che non ci si avveda, a posteriori, per esempio, che quegli intermediari sono tutti carenti, in proporzione non piccola, di mezzi propri in rapporto agli impegni assunti. La fiducia, leggo sul dizionario del professor De Mauro, è «il sentimento di sicurezza, tranquillità, speranza, et similia, che deriva dal confidare in qualcuno o in qualche cosa, nelle possibilità proprie e altrui». La sicurezza, la tranquillità e la speranza che una banca sia adeguatamente organizzata, disponga di risorse umane e di capacità professionali per cui possa operare con piena consapevolezza e trasparenza nei confronti delle controparti, non dipendono dai divieti o dalle limitazioni al suo operare, ma dai controlli delle autorità preposte alla vigilanza, che assicurino sia l'osservanza di comportamenti professionali trasparenti ed efficienti, sia la capacità di onorare ogni impegno. Non riconoscere le carenze dei controllori nella crisi finanziaria internazionale in atto, e reclamare solo nuovi «lacci e lacciuoli» alla libertà degli scambi non rafforza i mercati, né ripristina quei sentimenti di sicurezza, di tranquillità e di speranza su cui poggia la fiducia. Ebbene, le autorità monetarie e finanziarie degli Stati Uniti sono alla ricerca delle vie più convenienti da percorrere per ricostruire la fiducia degli operatori; riconoscono che le regole di mercato vanno implementate; ammettono l'errore di principio di attribuire a priori a ogni intermediario, in quanto catalogato come tale - per esempio una banca -, la capacità di operare in ogni campo e non solo dopo il vaglio attento, da parte della vigilanza cui è sottoposto, del proprio grado di organizzazione e di disponibilità di risorse umane e di abilità professionali specifiche all'uopo; sono convinti che la «securitisation» degli attivi degli intermediari non possa significare senz'altro trasferimento senza garanzia dei rischi; e così via. Ma quelle autorità sanno anche che togliere il segreto bancario in qualche Paese, come vorrebbero alcuni «giustizieri» europei, non è l'elemento prioritario per ricostituire la fiducia dei risparmiatori. Nuove regole sì, ma con metodo. La libertà dei mercati è un plus. Tancredi Bianchi 04/04/2009 nascosto-->

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i vecchi fantasmi dell'alleanza - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 31 - Commenti I VECCHI FANTASMI DELL´ALLEANZA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Gliene offre l´occasione la presenza di Barack Obama. Un neopresidente americano la cui visione del mondo è assai diversa da quella del suo predecessore, anche per quanto riguarda il ruolo e la natura dell´Alleanza; e la cui presenza coincide con un momento gravato da rilevanti problemi irrisolti. Un momento appesantito sulle due sponde dell´Atlantico dalle conseguenze sociali e politiche della più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta; dalla minaccia terroristica del dopo 11 settembre e dal conseguente impegno della stessa Alleanza in Afghanistan; e, per quanto riguarda in particolare l´Europa, dai non semplici rapporti con la Russia, strascichi di una guerra fredda emersi l´estate scorsa, con la crisi georgiana. In quelle settimane è stato come se i fantasmi sepolti nell ´89, sotto le rovine del Muro, e poi usciti dalla Storia nel ´91, con l´implosione dell´Unione Sovietica, si agitassero all´improvviso nelle tombe. Quest´impressione è stata particolarmente viva nell´Europa centrale, nei paesi appena entrati nella Nato («come in un rifugio»), un tempo satelliti dell´Urss, e storicamente inquieti per la vicinanza geografica della Russia. Queste diverse dinamiche geopolitiche, senza uno stretto nesso, hanno reso attuale la necessità di rafforzare il legame transatlantico, i cui valori e significati non sono valutati soltanto con un´ottica militare. La necessità non è condivisa da tutti sul nostro Continente, anzi è avversata da non pochi, lo dimostrano in queste ore le manifestazioni ostili alla celebrazione del compleanno della Nato (l´Organizzazione, appunto, dell´Alleanza), in cui molti vedono un puro strumento dell´egemonia americana. Mentre altri, pur non manifestando, si chiedono a cosa serva quell´alleanza dal momento che, con la dissoluzione del Patto di Varsavia, l´alleanza dell´impero sovietico defunto, essa ha perduto la sua iniziale ragion d´essere. Il dibattito è particolarmente vivo in Francia, dove Nicolas Sarkozy, annullando la decisione presa dal generale de Gaulle nel ´66 (che espulse dal paese le basi militari americane e svincolò l´esercito francese dal comando integrato, pur restando nell´Alleanza), ha scelto di ritornare in pieno nella Nato, con la sola eccezione del «Gruppo dei piani nucleari», per conservare l´autonomia della forza atomica nazionale. Nell´opposizione di sinistra, ma anche tra i gollisti tradizionalisti, il ritorno nel comando integrato suscita reazioni che vanno dalla perplessità all´indignazione. Poiché si tratterebbe di un tradimento dell´eredità gollista, e di una rinuncia all´indipendenza rispetto alla superpotenza americana. In realtà la Francia ha già via via reintegrato, di fatto, tutte le componenti dell´organizzazione, e quarantatrè anni dopo, in una situazione internazionale cambiata, non fa una grande differenza che dei generali francesi occupino dei posti di responsabilità nel «Comitato dei piani di difesa», dove si prendono le decisioni militari. Perché, dice Sarkozy, rinunciare a posti di comando, quando partecipando sul terreno a operazioni come quella in Afghanistan, si devono eseguire ordini superiori impartiti da altri? Il presidente non ha del tutto torto, ma, psicologicamente e simbolicamente, il pregiudizio resta. Il ritorno della Quinta Repubblica nel comando integrato è «come un bel mazzo di fiori» ossequiosamente offerto, in occasione del 60esimo anniversario della Nato, al neopresidente americano nella bella città francese di Strasburgo, dice con ironia un esponente della sinistra antiatlantica parigina. In realtà il vecchio antiatlantismo non ha molti motivi per sopravvivere o deve essere riveduto e corretto. Ossia adeguato a quello che adesso è l´Alleanza atlantica, la quale ha anagraficamente sessant´anni, ma, avendo avuto più vite, nella sua più recente e ancora indeterminata versione è, appunto, costretta a riflettere su quello che farà da grande. Essa ha saputo sopravvivere alla fine della guerra fredda, vinta senza sparare un solo colpo di cannone. E si è adattata alla nuova realtà internazionale. Invece di scomparire come un´organizzazione militare ormai inutile, ha al contrario esteso le sue competenze e la sua area d´azione. Poteva spodestarla una difesa europea, ma questo non è avvenuto perché gli europei non sono stati capaci di crearne una, impediti dai costi e dai nazionalismi, oltre che dal timore di urtare la Nato dominata dagli americani. Il dinamismo della Nato postsovietica è servito anzitutto, in un primo tempo, a una vasta operazione di allargamento nell´Europa centrale e orientale, ansiose di ritornare in Europa e di sottoscrivere al tempo stesso un´assicurazione anti-russa. L´Alleanza atlantica è cosi arrivata sotto le mura dell´ex impero sovietico, ferendo l´orgoglio della Santa Russia, postcomunista. Ma l´evoluzione militare è avvenuta con la guerra nei Balcani, in Bosnia e nel Kosovo, quando gli europei si sono resi conto di non essere in grado di contenere la fiammata di violenza ai confini dell´Unione. L´Onu non essendosi rivelata all´altezza, essi si sono rivolti alla Nato, scoprendo che gli americani erano più che riluttanti ad intervenire. James Baker, il sottosegretario americano dell´epoca, disse: «We don´t have a dog in this fight». In sostanza: quella guerra non ci riguarda. è sotto la pressione dei governi europei (in Italia governava la sinistra) e delle opinioni pubbliche, compresa quella americana, sensibilizzate dai massacri e dalla pulizia etnica, che la Nato intervenne. E fu il suo battesimo di fuoco, fuori dai suoi confini, ossia non in difesa di uno Stato membro dell´Alleanza, come prevede l´articolo 5. Il grande salto è poi avvenuto con l´Afghanistan. L´estensione del raggio d´azione dall´Europa all´Asia è avvenuta attraverso diverse tappe. Ma quella è adesso la grande spedizione, di cui Barack Obama parlerà oggi a Strasburgo con i capi di Stato o di governo dei ventotto paesi dell´Alleanza. La Croazia e l´Albania sono gli ultimi arrivati. L´America di Bush jr avrebbe voluto integrare nella Nato l´Ucraina e la Georgia. Ma gli europei l´hanno impedito per non urtare la Russia. Per non provocarla. Ricordo questo episodio perché dimostra come nell´Alleanza atlantica gli Stati Uniti non esercitino l´egemonia di un tempo, pur restando di gran lunga la decisiva e insuperabile potenza militare. Nel 2003, non solo la Francia con un unico piede nella Nato, ma anche la Germania, membro a pieno titolo e fino allora disciplinato, condannò apertamente la guerra di Bush jr in Iraq. E oggi gli europei impegnati in Afghanistan respingono le richieste di aumentare gli effettivi dei loro contingenti, mentre Barack Obama, deciso a dedicare a quel conflitto tutti gli sforzi consentiti dal graduale disimpegno in Iraq, conta di raddoppiare, quasi, quelli americani. Di portarli da 38000 a 68000 entro la fine dell´anno. La vecchia Nato, che inquadrava di fatto l´Europa, si sarebbe trasformata, sostengono gli atlantisti più fervidi, in qualcosa di simile a «un´Onu transatlantica, riservata ai paesi democratici, e destinata a operare nel mondo». Penso che si possa essere atlantisti secondo le situazioni. Non ci può essere un culto della Nato. La Nato può essere una colonna vertebrale in un mondo disarticolato. Con Obama è certamente una colonna vertebrale meno rigida che con Bush jr. Diventa un altro strumento. Non soltanto di guerra. Il dialogo con l´Iran, finora intrattabile, è appena iniziato a un tavolo dell´Alleanza, sul tema dell´Afghanistan. La « dichiarazione sulla sicurezza dell´alleanza» che verrà adottata a Strasburgo nelle prossime ore dovrebbe servire da traccia per la futura concezione strategica, da presentare a Lisbona nel 2010, quando l´Alleanza nata sessant´anni fa dovrà decidere cosa fare da grande. Ossia quando il mondo multipolare oggi in gestazione comincerà precisarsi. Con la Cina, l´India, il Brasile sempre più presenti sulla ribalta. La Nato si dovrà adeguare. E noi potremo liberamente giudicarla, come oggi, per quel che fa non per quel che è.

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L'euro ha fatto da scudo agli italiani di fronte ai contraccolpi della crisi finanziaria globale. Lo... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 04 Aprile 2009 Chiudi L'euro ha fatto da scudo agli italiani di fronte ai contraccolpi della crisi finanziaria globale. Lo ha detto il membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, Lorenzo Bini Smaghi (nella foto), a margine della cerimonia di apertura di una mostra sull'euro organizzata dalla Banca d'Italia a Roma, spiegando che «questa è la prima volta che gli italiani affrontano una crisi e, andando all'estero, grazie all'euro, non si sentono impoveriti. La moneta unica rappresenta uno strumento di grande stabilità».

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CNA e CO.FIDI Puglia a sostegno delle imprese (sezione: crisi)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Mezzogiorno sezione: XPUBBLICITA data: 04/04/2009 - pag: 8 CNA e CO.FIDI Puglia a sostegno delle imprese Il mondo della piccola impresa e dell'artigianato è certamente fra i principali fruitori del credito bancario, in questi anni abbiamo visto le imprese attraversare diversi momenti di difficoltà, come ben sappiamo le crisi sono cicliche basti pensare a quando avevamo tassi di interessi che arrivavano al 20% ma mai abbiamo assistito ad un rapporto banca/impresa così logorato. La liquidità delle imprese è a rischio, per effetto del peggioramento delle condizioni in essere con le banche: rientri forzati, revoche, ritardi e incagli nell'erogazione di finanziamenti, sofferenze ed escussioni delle garanzie. La crisi finanziaria si è abbattuta su una situazione già di sofferenza, creando tra gli imprenditori forti apprensioni per la tenuta del sistema produttivo, dato che sono proprio le micro e piccole imprese ad essere più esposte e vulnerabili nel rapporto con il mercato creditizio. Per cui in questo momento è fondamentale concentrarsi prima di tutto sull'individuazione dei principali fattori di cambiamento che agiscono sul mondo della finanza, sui nuovi bisogni delle imprese nell'ambito della gestione finanziaria e sui nuovi orientamenti delle politiche di sviluppo regionale. Per affrontare queste sfide, le imprese necessitano di un polmone finanziario sicuro ed affidabile a medio lungo termine, questa stabilità è fondamentale per ridurre i rischi connessi a tutte le attività imprenditoriali ed a maggior ragione vale per gli investimenti innovativi che hanno un rischio più elevato. La solidità finanziaria, diviene quindi elemento decisivo per dare nuovo vigore e rendere più dinamico il nostro sistema produttivo, consente nuovi investimenti e attiva alleanze fra imprese finalizzate alla ricerca, all'innovazione organizzativa, gestionale e tecnologica di processo e di prodotto ed alla penetrazione e al consolidamento sui mercati globali. Necessitano garanzie, prestiti partecipativi, acquisizione a scadenza di quote di minoranza e di intervento di riequilibrio della struttura finanziaria dell'impresa. Senza una finanza orientata allo sviluppo dei territori, pronta a sostenere l'impegno, la creatività, la dedizione e le capacità dei nostri imprenditori, vecchi e nuovi, non andremo molto lontano. Grande importanza assumerà in futuro il ruolo delle garanzie dei Confidi, ma da solo non basta all'attività delle garanzie bisognerà affiancare quella di tutor, realizzando così una funzione di accompagnamento e di assistenza associate, in materia di finanza d'impresa. In questa ottica, alcuni piccoli passi in avanti sono già stati fatti, la CNA Provinciale di Bari sta istituendo uno staff che sia in grado di assistere l'impresa nell'elaborazione dei progetti da presentare alla Regione per i bandi in uscita. Pensiamo ai bandi per le imprese svantaggiate o a quelli per le micro imprese, ai PIA ecc. La CO.FIDI PUGLIA ha firmato una convenzione con Unicredit Banca di Roma relativa al progetto Impresa Italia, che da la possibilità alle imprese di accedere a mutui chirografari e ipotecari senza limiti di importi, elemento principale della convenzione è che sono comprese le ristrutturazioni finanziarie. Dobbiamo quindi fare presto e soprattutto non possiamo che puntare sull'esperienza e la professionalità delle strutture esistenti: non possiamo sperimentare o inventare nulla! D'altro canto gli interventi nazionali non interessano, se non del tutto in via marginale, la realtà pugliese, in quanto gli interventi di controgaranzia sono stati assicurati dalla Regione; i fondi antiusura sono spariti per magia. Per cui non ci resta che puntare sulla Regione Puglia che tanto sta facendo in questi giorni per i confidi e per le imprese nei termini di interventi diretti ma anche e soprattutto adottando un approccio che contemporaneamente punta ad accrescere capacità e competenza delle strutture indicando la via delle fusioni fra più strutture esistenti come per il percorso necessario e fondamentale per fornire alle imprese un servizio all'altezza delle sfide attuali. Quindi, tocca a noi svolgere una funzione di assistenza, informazione e formazione, che, insieme alla capacità di intermediazione creditizia e finanziaria è sempre più il vero valore aggiunto dell'associazione. Con questo spirito stiamo affrontando il futuro del sistema del credito della CNA, consapevoli che se sosteniamo le imprese sosteniamo anche il sistema territoriale nel suo complesso. Teresa Pellegrino Direttrice COFIDI Puglia

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in memoria del divo giulio e della sua sfida (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

in memoria del divo giulio e della sua sfida ORESTE PIVETTA C'è una lettera di Gianni Rodari che comincia: Muy querido y distinguido hidalgo editorial señor don Julio Einaudi de Turin y Pinerol, marques de via Biancamano... come in un quadro del Moroni, di profilo o di trequarti, il busto stretto nel corpetto ricamato, nobilmente altezzoso, un po' dandy delle lettere e delle stampe e di altro sicuramente, elegante da gran signore di campagna, cui piacciono i colori e i tagli morbidi, seduttore indubbiamente mentre ti parla sussurrando un po' a strascico con le parole, le labbra in una piega tra l'ironia e lo scetticismo sui tempi che verranno. Don Julio è morto nel 1999 e dunque aveva le sue buone ragioni per credere che le cose non sarebbero andate granché bene. Il divo Giulio (lasciamo stare Tremonti), il Principe, dovendogli perdonare qualche debolezza, qualche paura, molte civetterie, piccoli egoismi. Rifare la storia chiederebbe chilometri di pagine. Luisa Mangoni, bravissima storica, ne ha impiegate un migliaio (Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta. Bollati Boringhieri), per fermarsi agli anni sessanta: trent'anni appena e ne mancherebbero altri 30 o 40 o 50, perché anche l'eredità conta. Ho conosciuto Giulio Einaudi. Una volta, tardi negli anni, dopo la grande crisi che avrebbe condotto la sua impresa nell'orbita di Mondadori, lo incontrai nello stand a Francoforte, seduto in disparte e in solitudine: stanco e un po' naufrago... Sempre lo avvicinavo con molti tremori e timori. In fondo era anche da vivo un monumento e noi della generazione sessantottina con aspirazioni intellettualine dovevamo moltissimo a lui e alla sua casa editrice. L'elenco dei nostri debiti sarebbe enorme. Tanto per fare qualche esempio: I persuasori occulti di Vance Packard, L'uomo a una dimensione di Marcuse, L'io diviso di Laing, I dannati della terra di Frantz Fanon o Colletti bianchi di Wright Mills, dove per la prima volta si vedeva o si intuiva scritto di «proletarizzazione dei ceti medi», che per noi italiani era già una rivoluzione. Tutte letture, capite qui e là, che stavano alle spalle del miglior Sessantotto, quello libertario e novatore, internazionalista e pacifista, prima che tutto precipitasse nelle burocrazie dei partitini con i loro capi e capetti, fino alla tragedia del terrorismo. Senza contare ovviamente quanto era avvenuto prima o nei dintorni, quanto Giulio Einaudi aveva appena pubblicato, tra italiani e stranieri, e che a pagine o a frammenti di pagine era entrato nella nostro cultura non solo scolastica: Brecht e Gadda, Lukàcs e i francofortesi, Elsa Morante, Lalla Romano, Nuto Revelli, Basaglia, Fenoglio e Pavese e Levi-Strauss e Frazer e poi, o soprattutto per noi che eravamo anche comunisti e addirittura pici, Antonio Gramsci, tutte le opere di Antonio Gramsci. I Quaderni dal carcere videro la luce editoriale definitivamente (cioè in edizione critica) solo nel 1975 a cura di Valentino Gerratana e con la benedizione di Palmiro Togliatti, benedizione che risaliva a dieci anni prima, al 1964. I RAPPORTI CON IL PCI «Ci vorrà un po' di tempo», preannunciava il segretario del Pci. Come lo stesso Einaudi Giulio racconta nell'unico libro veramente suo della vita, Frammenti di memoria (pubblicato da Rizzoli, però). I rapporti tra Einaudi e il Pci furono lunghi e intensi, non solo per la pubblicazione di Gramsci (con la prima edizione delle Lettere dal carcere nel 1947) e di molte opere gradite al partito e non solo per alcune iniziative commerciali (la biblioteca Einaudi nelle sezioni del Pci), ma anche nel confronto aperto tra le varie anime einaudiane, azionista, filocomunista, liberale. Anime che in un certo senso sono testimonianza del percorso, della vita, degli incontri del fondatore, che alla nascita respirò cultura liberale, ascoltando il padre Luigi, il professore di scienza delle finanze e il presidente della repubblica, che camminava tra i vigneti di Dogliani leggendo l'Economist, che discuteva della differenza tra liberalismo e liberismo con Benedetto Croce... Giulio Einaudi conobbe Gobetti, faceva propaganda durante il fascismo per Giustizia e Libertà, divenne editore insieme con Leone Ginzburg, l'azionista nato cento anni fa e morto nelle carceri fasciste, e sistemò i suoi primi uffici, nel 1933, in un vecchio stabile di via Arcivescovado 7 a Torino, dove, prima, proprio Gramsci aveva diretto l'Ordine Nuovo. Durante la guerra, si rifugiò in Svizzera, ma tornò attraverso i valichi della Val Ferret, per partecipare alla lotta partigiana, accolto oltre confine da Ugo Pecchioli. Poi verrà la liberazione e la ripresa senza le censure e le barriere di un tempo del lavoro, insieme con uomini preziosi come Felice Balbo, «la mente pensante della sinistra cristiana», Pavese, Vittorini, Franco Venturi, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Antonio Giolitti, Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Carlo Muscetta, riprendendo la tradizione di incontri, discussioni, scontri a volte assai duri, nel segno comunque di un'opera collettiva, per quanto combattuta. PENSARE I LIBRI Giaime Pintor (che sarebbe morto nel '43 mentre cercava di organizzare la resistenza antifascista nel Lazio) qualche anno prima aveva così descritto quell'impresa comune: «Einaudi Pavese Ginzburg Muscetta e io seduti intorno a un tavolo abbiamo discusso di libri uno a uno. Un notevole esercizio di intelligenza: raramente ho visto cinque persone così agguerrite su un argomento». Annota Giulio Einaudi: «Era il novembre '41, in piena guerra, si discuteva il programma della collezione Universale...». "Pensare i libri", come dice splendidamente il titolo del libro di Luisa Mangoni, è una fatica collettiva, che ha bisogno di un regista e Giulio Einaudi lo fu, primus inter pares e conduttore determinato, capace di unire tante persone e di suonare la tastiera delle loro voci, «lui il pianista che solo conosce la musica», come scrisse Giulio Bollati, uno degli einaudiani. Einaudi il seduttore ebbe anche il merito di intuire che si poteva raggiungere con la cultura un vasto pubblico «oltre quello solito dei raffinati» e che ci si doveva tenere lontani dalla «piccole chiesuole di marca fiorentina». Insomma pensò subito che si potesse diventare editore d'alta cultura, ma che ci si potesse aprire al presente e che il pubblico potesse apprezzare. Vendere molto,anche se questo significava ovviamente investire, produrre e rischiare molto. Einaudi alla fine si arrese. La casa editrice passò una gravissima crisi finanziaria tra il 1983 e il 1987. Finì con Mondadori. Che cosa resta? L'eterno confronto tra la ricerca più alta e l'aspirazione ai grandi numeri, tra l'egemonia culturale per mezzo secolo fino al nostro Sessantotto e la commercializzazione, tra il rigore della vecchia Einaudi e la contaminazione di Stile Libero (l'ultima onnivora collana), tra i grandi classici e le formiche che nel loro piccolo s'incazzano, il libretto di battute e aforismi redatto da Gino e Michele, voluto da Oreste del Buono, che vendette moltissimo e fece scandalo tra gli einaudiani doc. Era il 1991, Giulio Einaudi era ancora presidente e di fronte ai temporali incombenti continuava il suo cammino. Dieci anni fa moriva Einaudi, il fondatore della casa editrice che pubblicò insostituibili pagine, nella speranza che la cultura potesse diventare patrimonio comune e nel lavoro collettivo delle più belle menti della nostra Italia

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VINCENZO ORTOLINA Una benedizione sorprendente Da cattolico che sta serenamente nel centrosini... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

VINCENZO ORTOLINA Una benedizione sorprendente Da cattolico che sta serenamente nel centrosinistra, mi stupisce e mi colpisce la benedizione, così solenne e così convinta, dell'Osservatore Romano al partito del Popolo della libertà. Il più capace di esprimere, dice il giornale, i valori comuni della popolazione italiana, tra i quali quelli cattolici costituiscono una parte non secondaria. Sarà. Io ho però la sensazione che questo mondo cattolico, politicamente moderato o sedicente tale, che condivide, giustamente, il giudizio del cardinale Ruini, il quale ha parlato anche recentemente di una società malata di relativismo e di nichilismo, a riguardo della conseguente crisi di valori, e in particolare del fallimento dei matrimoni, non si è accorto che, in questi decenni, tale crisi, che ha investito pesantemente le stesse famiglie cattoliche, è anche, se non prevalentemente, frutto della cultura materialista, edonista, consumista (e volgare) diffusa a piene mani, in primis, proprio dai media berlusconiani. Berlusconi e soci, vecchi e nuovi, modelli di virtù cristiane no, per favore! Vittorio Melandri Pd e Pse C'è qualcosa di stonato nell'affermazione di Franceschini relativa al fatto che il Pd non entrerà nel Pse, alla fine ho capito cos'è. L'affermazione non è completa, il Pd, cioè i suoi eletti non entreranno nel Pse, ma gli ex Ds ne usciranno. Ecco così la cosa mi torna più chiara. Maria Lucia Ciliberti L'integrazione è fondamentale Sono anch'io la mamma di un bimbo disabile e ho letto l'sms della signora Irene Ponti, rabbrividendo. Da ieri, da quando ho letto il vostro articolo sul futuro dei nostri bimbi, sono angosciata, perché i nostri figli, più di tutti gli altri dovranno crescere in un paese in cui non è possibile essere diversi, deboli, senza venire ghettizzati e isolati. Credo però nello strumento dell'informazione, della divulgazione, della conoscenza, e nel nostro dovere di batterci non solo per il futuro dei nostri figli ma per tutto, perché da questa lotta possa nascere un modo di vedere e capire diverso e dove la scuola sia il primo posto di integrazione, accoglienza e crescita. Tante mamme, e non solo di bimbi disabili, penso si troveranno unite in una battaglia contro chi non vuole vedere crescere uomini, ma soldatini perfetti con un unico pensiero. Giovan Sergio Benedetti Carità con riserva Complimenti alla Chiesa che si muove anch'essa a favore delle famiglie in difficoltà per la crisi, creando un fondo da oltre 300 milioni cui attingere. Solo un po' di burocrazia, Le famiglie candidate all'aiuto devono però essere in regola coi precetti cattolici. Niente per le famiglie di conviventi. Sembra infatti che anche Gesù Cristo, ai bambini che si presentavano affamati e assetati, chiedesse il certificato di matrimonio dei genitori in bollo da quattordici denari. Solo chi si trova in stato vegetativo ne è esonerato, anzi è obbligato, che sia figlio di sposati o di conviventi, comunque a mangiare ed a dissetarsi. Gianni Toffali La laicità di Fini Il Popolo delle libertà è fatto. Nei tre giorni "costituenti", i relatori hanno più volte ribadito che il nuovo soggetto politico fonderà le sue radici sui cosiddetti principi non negoziabili. Peccato che Fini abbia manifestato in più circostanze, propositi di tutt'altra tendenza. Sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico, sull'eutanasia, sul caso Englaro, sull'aborto, sul diritto di voto agli immigrati e sulla Chiesa, Fini ha espresso opinioni del tutto simili alla sinistra. A conferma della sua deriva laicista ed anticlericale, basti pensare al "meno male che Fini c'è", proferito dall'icona dell'ateismo italiano Eugenio Scalfari. Gabriella Petrella Amici fraterni Si potrebbe ricordare al nostro grande premier che la crisi è partita sì dagli Stati Uniti ma quando c'era il suo fraterno amico Bush? Invece di ridicolizzarci con le sue pietosissime performances potrebbe rispettare almeno l' onorabilità di tanti onestissimi italiani stando zitto?

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C'è una lettera di Gianni Rodari che comincia: Muy querido y distinguido hidalgo editorial... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

C'è una lettera di Gianni Rodari che comincia: Muy querido y distinguido hidalgo editorial señor don Julio Einaudi de Turin y Pinerol, marques de via Biancamano... come in un quadro del Moroni, di profilo o di trequarti, il busto stretto nel corpetto ricamato, nobilmente altezzoso, un po' dandy delle lettere e delle stampe e di altro sicuramente, elegante da gran signore di campagna, cui piacciono i colori e i tagli morbidi, seduttore indubbiamente mentre ti parla sussurrando un po' a strascico con le parole, le labbra in una piega tra l'ironia e lo scetticismo sui tempi che verranno. Don Julio è morto nel 1999 e dunque aveva le sue buone ragioni per credere che le cose non sarebbero andate granché bene. Il divo Giulio (lasciamo stare Tremonti), il Principe, dovendogli perdonare qualche debolezza, qualche paura, molte civetterie, piccoli egoismi. Rifare la storia chiederebbe chilometri di pagine. Luisa Mangoni, bravissima storica, ne ha impiegate un migliaio (Pensare i libri. La casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta. Bollati Boringhieri), per fermarsi agli anni sessanta: trent'anni appena e ne mancherebbero altri 30 o 40 o 50, perché anche l'eredità conta. Ho conosciuto Giulio Einaudi. Una volta, tardi negli anni, dopo la grande crisi che avrebbe condotto la sua impresa nell'orbita di Mondadori, lo incontrai nello stand a Francoforte, seduto in disparte e in solitudine: stanco e un po' naufrago... Sempre lo avvicinavo con molti tremori e timori. In fondo era anche da vivo un monumento e noi della generazione sessantottina con aspirazioni intellettualine dovevamo moltissimo a lui e alla sua casa editrice. L'elenco dei nostri debiti sarebbe enorme. Tanto per fare qualche esempio: I persuasori occulti di Vance Packard, L'uomo a una dimensione di Marcuse, L'io diviso di Laing, I dannati della terra di Frantz Fanon o Colletti bianchi di Wright Mills, dove per la prima volta si vedeva o si intuiva scritto di «proletarizzazione dei ceti medi», che per noi italiani era già una rivoluzione. Tutte letture, capite qui e là, che stavano alle spalle del miglior Sessantotto, quello libertario e novatore, internazionalista e pacifista, prima che tutto precipitasse nelle burocrazie dei partitini con i loro capi e capetti, fino alla tragedia del terrorismo. Senza contare ovviamente quanto era avvenuto prima o nei dintorni, quanto Giulio Einaudi aveva appena pubblicato, tra italiani e stranieri, e che a pagine o a frammenti di pagine era entrato nella nostro cultura non solo scolastica: Brecht e Gadda, Lukàcs e i francofortesi, Elsa Morante, Lalla Romano, Nuto Revelli, Basaglia, Fenoglio e Pavese e Levi-Strauss e Frazer e poi, o soprattutto per noi che eravamo anche comunisti e addirittura pici, Antonio Gramsci, tutte le opere di Antonio Gramsci. I Quaderni dal carcere videro la luce editoriale definitivamente (cioè in edizione critica) solo nel 1975 a cura di Valentino Gerratana e con la benedizione di Palmiro Togliatti, benedizione che risaliva a dieci anni prima, al 1964. I RAPPORTI CON IL PCI «Ci vorrà un po' di tempo», preannunciava il segretario del Pci. Come lo stesso Einaudi Giulio racconta nell'unico libro veramente suo della vita, Frammenti di memoria (pubblicato da Rizzoli, però). I rapporti tra Einaudi e il Pci furono lunghi e intensi, non solo per la pubblicazione di Gramsci (con la prima edizione delle Lettere dal carcere nel 1947) e di molte opere gradite al partito e non solo per alcune iniziative commerciali (la biblioteca Einaudi nelle sezioni del Pci), ma anche nel confronto aperto tra le varie anime einaudiane, azionista, filocomunista, liberale. Anime che in un certo senso sono testimonianza del percorso, della vita, degli incontri del fondatore, che alla nascita respirò cultura liberale, ascoltando il padre Luigi, il professore di scienza delle finanze e il presidente della repubblica, che camminava tra i vigneti di Dogliani leggendo l'Economist, che discuteva della differenza tra liberalismo e liberismo con Benedetto Croce... Giulio Einaudi conobbe Gobetti, faceva propaganda durante il fascismo per Giustizia e Libertà, divenne editore insieme con Leone Ginzburg, l'azionista nato cento anni fa e morto nelle carceri fasciste, e sistemò i suoi primi uffici, nel 1933, in un vecchio stabile di via Arcivescovado 7 a Torino, dove, prima, proprio Gramsci aveva diretto l'Ordine Nuovo. Durante la guerra, si rifugiò in Svizzera, ma tornò attraverso i valichi della Val Ferret, per partecipare alla lotta partigiana, accolto oltre confine da Ugo Pecchioli. Poi verrà la liberazione e la ripresa senza le censure e le barriere di un tempo del lavoro, insieme con uomini preziosi come Felice Balbo, «la mente pensante della sinistra cristiana», Pavese, Vittorini, Franco Venturi, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Antonio Giolitti, Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Carlo Muscetta, riprendendo la tradizione di incontri, discussioni, scontri a volte assai duri, nel segno comunque di un'opera collettiva, per quanto combattuta. PENSARE I LIBRI Giaime Pintor (che sarebbe morto nel '43 mentre cercava di organizzare la resistenza antifascista nel Lazio) qualche anno prima aveva così descritto quell'impresa comune: «Einaudi Pavese Ginzburg Muscetta e io seduti intorno a un tavolo abbiamo discusso di libri uno a uno. Un notevole esercizio di intelligenza: raramente ho visto cinque persone così agguerrite su un argomento». Annota Giulio Einaudi: «Era il novembre '41, in piena guerra, si discuteva il programma della collezione Universale...». "Pensare i libri", come dice splendidamente il titolo del libro di Luisa Mangoni, è una fatica collettiva, che ha bisogno di un regista e Giulio Einaudi lo fu, primus inter pares e conduttore determinato, capace di unire tante persone e di suonare la tastiera delle loro voci, «lui il pianista che solo conosce la musica», come scrisse Giulio Bollati, uno degli einaudiani. Einaudi il seduttore ebbe anche il merito di intuire che si poteva raggiungere con la cultura un vasto pubblico «oltre quello solito dei raffinati» e che ci si doveva tenere lontani dalla «piccole chiesuole di marca fiorentina». Insomma pensò subito che si potesse diventare editore d'alta cultura, ma che ci si potesse aprire al presente e che il pubblico potesse apprezzare. Vendere molto,anche se questo significava ovviamente investire, produrre e rischiare molto. Einaudi alla fine si arrese. La casa editrice passò una gravissima crisi finanziaria tra il 1983 e il 1987. Finì con Mondadori. Che cosa resta? L'eterno confronto tra la ricerca più alta e l'aspirazione ai grandi numeri, tra l'egemonia culturale per mezzo secolo fino al nostro Sessantotto e la commercializzazione, tra il rigore della vecchia Einaudi e la contaminazione di Stile Libero (l'ultima onnivora collana), tra i grandi classici e le formiche che nel loro piccolo s'incazzano, il libretto di battute e aforismi redatto da Gino e Michele, voluto da Oreste del Buono, che vendette moltissimo e fece scandalo tra gli einaudiani doc. Era il 1991, Giulio Einaudi era ancora presidente e di fronte ai temporali incombenti continuava il suo cammino.

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Etica e capitali Lo scudo Ue e il piano (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 04/04/2009 - pag: 31 Rientri Lo studio a Bruxelles Etica e capitali Lo scudo Ue e il piano «Prestito Italia» ROMA «Prestito Italia». Dopo il G-20 di Londra, e la decisione di dare un giro di chiave definitivo sui paradisi fiscali, la spinta per il rimpatrio dei capitali detenuti all'estero diventa sempre più forte. E sebbene in Europa se ne siano cominciati a studiare gli aspetti tecnici solo da pochi giorni, il piano, per quel che riguarda l'Italia, ha già un nome. Niente di ufficiale, ma l'idea alla quale i tecnici del Tesoro italiano hanno cominciato a lavorare con i colleghi, e della quale si è discusso anche nell'Ecofin informale di Praga, inizia ad avere anche i suoi connotati. Sarà, si spiega, «un'operazione etica». A differenza dello scudo fiscale del 2001-2, e di quello immediatamente successivo (che venne esteso dalle persone fisiche alle imprese), grazie al quale riemersero la bellezza di 80 miliardi di euro, questa volta si ipotizza il rientro fisico dei capitali. In compenso non si pagherebbe la 'tassa', che allora fu quasi simbolica, appena il 2,5% dell'importo con un incasso per lo Stato di meno di due miliardi di euro. La condizione vincolante, questa volta, sarebbe il reinvestimento dei fondi nel circuito economico fiaccato dalla crisi. Con almeno un paio di meccanismi. Uno diretto, che potrebbe essere l'obbligo per gli imprenditori che rimpatriano i fondi di capitalizzare la propria impresa. L'altro indiretto, con l'accensione, appunto, di un «Prestito Italia ». Magari con la sottoscrizione di una particolare tipologia di titoli pubblici, alla quale nei giorni scorsi aveva accennato anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Un'emissione speciale il cui ricavato sarebbe destinato al finanziamento dell'economia reale, ovvero alla capitalizzazione delle imprese che lamentano, in questa fase, una scarsa disponibilità di credito bancario. Nessuno si sbilancia sulle possibili dimensioni dell'operazione. Quel che è certo è che di soldi 'italiani' in giro per il mondo, parcheggiati soprattutto in quei paesi che garantiscono la tutela del segreto bancario, ce ne sono ancora parecchi. Secondo gli esperti solo nella vicina Svizzera, dalla quale emersero nel 2001-2003 circa il 60% delle somme recuperate grazie allo scudo fiscale, ci sarebbero ancora almeno 300 miliardi di euro di capitali italiani. Se il giro di vite sui paradisi fiscali promesso dal G-20 dovesse scattare davvero, e a maggior ragione in virtù di un accordo internazionale, o quanto meno europeo, le cifre in ballo sarebbero rilevantissime. Come il beneficio per l'economia, grazie al vincolo 'etico' e al rientro obbligato (con conseguente ampliamento della base imponibile) dei capitali. Lo scudo fiscale varato in Italia negli anni scorsi imponeva, del resto, solo la denuncia della loro esistenza. Allora, si stima, i fondi riportati alla luce vennero impiegati solo per il 10% nella capitalizzazione diretta delle imprese, il 70% fu reinvestito nei mercati finanziari (non certo solo italiani) ed il 20% in immobili e beni di lusso. Ora l'aria è un po' diversa. E di indulgenza fiscale nessuno parla più molto volentieri. Mario Sensini Imprese Allo studio uno schema per il reinvestimento nelle imprese

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senza titolo........... (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Nome Titolo Tel. Prezzo Var. Var. Min Max Capitaliz Rif. Rif. 02-01-2009 Anno Anno (in milioni (euro) (in %) (in %) (euro) (euro) di euro) IGD * ................................(IGD) 0,921 -2,59 -18,54 0,813 1,369 285,5 Il Sole 24 Ore...................(S24) 1,947 +2,47 -14,61 1,530 2,466 83,7 Ima *................................(IMA) 12,350 -0,64 -7,56 11,941 13,519 423,3 Immsi...............................(IMS) 0,580 +3,29 -19,22 0,499 0,760 198,8 Impregilo ..........................(IPG) 2,130 +1,91 +3,15 1,711 2,237 855,3 Impregilo rnc ..................(IPGR) 7,485 +6,93+11,97 5,361 7,444 12,0 Indesit ..............................(IND) 2,510+ 16,88 -42,37 1,630 4,418 273,2 Indesit rnc ......................(INDR) 3,310+ 18,21 -25,11 1,950 4,500 1,7 Intek .................................(ITK) 0,349 +0,14+16,53 0,237 0,352 121,6 Intek r ...........................(ITKRP) 0,755 +0,13 +7,86 0,522 0,752 11,4 Intek w11.....................(WIT11) 0,050 -4,21+25,88 0,030 0,058 Interpump *.........................(IP) 2,817 +2,08 -36,69 2,015 4,406 213,1 Intesa SanPaolo.................(ISP) 2,165 +1,64 -14,76 1,380 2,720 25318,5 Intesa SanPaolo rnc ........(ISPR) 1,500 +3,09 -20,00 0,929 2,019 1361,3 Inv e Sviluppo Med.........(IESM) 0,650 -7,14 -33,67 0,623 0,980 33,0 Inv e Sviluppo Med w09(WIES9) 0,014 -2,14+71,25 0,006 0,013 Inv e Sviluppo Med w11(WIESM) 0,025 -32,25 0,023 0,040 Invest e Sviluppo...............(IES) 0,082 +0,86 -1,21 0,047 0,098 19,8 Ipi Spa................................(IPI) 1,293 -11,43 1,149 2,005 53,1 Irce * ................................(IRC) 1,520 -0,65 -1,81 1,302 1,835 42,8 Iride..................................(IRD) 0,980 -0,41 +5,72 0,632 0,982 724,4 Isagro *.............................(ISG) 2,920 -3,15+13,18 2,423 3,547 52,1 It Holding ..........................(ITH) IT WAY * ...........................(ITW) 3,628 +1,04 -27,20 3,361 5,220 15,9 Italcementi ..........................(IT) 8,310 +2,03 -9,58 6,538 9,711 1469,1 Italcementi rnc ..................(ITR) 4,135 -0,36 -23,43 3,489 5,986 444,4 Italmobiliare .....................(ITM) 23,650 +5,11 -22,74 19,137 33,880 519,8 Italmobiliare rnc .............(ITMR) 16,810 +1,57 -17,60 12,727 23,379 271,4 Juventus FC * .........(JUVE) 0,700 +2,12 -10,83 0,649 0,873 141,5 Kaitech......................(KRE) 0,186 -1,75 -28,71 0,167 0,297 165,3 Kinexia ............................(KNX) 2,240 +5,66+14,87 1,400 2,209 16,8 KME Group......................(KME) 0,638 +2,24+37,95 0,454 0,650 149,3 JK L M KME Group rnc..............(KMER) 0,965 +4,44+30,41 0,695 0,940 17,9 KME Group w09 .......(WKME09) 0,030 +2,39 -21,05 0,019 0,052 La Doria *.....................(LD) 1,648 +3,00+56,06 0,915 1,601 49,6 Landi Renzo * ....................(LR) 2,700 -2,17 -19,88 2,196 3,498 315,1 Lazio................................(SSL) 0,320 -2,74 -4,48 0,275 0,349 21,8 Lottomatica ......................(LTO) 12,770 -0,16 -27,40 12,072 18,010 1940,1 Luxottica ..........................(LUX) 11,980 -2,44 -5,97 9,571 13,469 5614,3 Maire Tecnimont.........(MT) 1,420 +0,71 -5,33 0,996 1,638 459,5 Management e C.............(MEC) 0,555 -0,36+21,44 0,334 0,545 255,0 Marcolin..........................(MCL) 1,235 +21,44 1,017 1,405 74,8 Mariella Burani FG *......(MBFG) 7,400 +0,95 -27,59 7,274 10,125 217,5 MARR *.........................(MARR) 5,030 -0,40 -8,55 4,562 5,556 335,0 Mediacontech .................(MCH) 2,145+ 11,31 +4,02 1,736 2,416 19,1 Mediaset...........................(MS) 3,658 +4,50 -10,96 3,101 4,520 4241,0 Mediobanca ......................(MB) 6,770 +1,20 -8,02 4,853 7,959 5497,3 Mediolanum....................(MED) 2,697 -0,09 -12,77 2,060 3,172 1955,0 Mediterranea Acque ........(MEA) 2,030 -0,73 -10,57 1,284 2,309 156,3 Mid Industry Cap..............(MIC) 14,880 -0,13 -0,80 13,400 15,500 56,5 Mid Industry Cap w10(WMIC10) 0,109 +5,83 -60,79 0,065 0,278 Milano Ass. ........................(MI) 1,830 +0,05 -20,69 1,121 2,320 1020,7 Milano Ass. rnc ................(MIR) 1,977 -1,15 -16,76 1,234 2,426 61,1 Mirato *...........................(MRT) 4,500 +2,62 -2,91 3,463 4,935 77,0 Mittel................................(MIT) 2,788 -0,09 -12,62 2,429 3,248 197,9 MolMed..........................(MLM) 1,100+ 19,57 +1,01 0,778 1,144 109,2 Mondadori ........................(MN) 2,462 +0,72 -32,53 2,297 3,740 641,5 Mondo Tv *......................(MTV) 3,425 +1,63 2,740 4,617 15,2 Monrif ............................(MON) 0,396 -2,22 -11,80 0,402 0,495 60,7 Monte Paschi Si. ...........(BMPS) 1,046 -0,85 -32,95 0,791 1,579 5761,6 Montefibre.........................(MF) 0,166 -0,06 -22,62 0,125 0,224 21,4 Montefibre rnc ..............(MFNC) 0,211 -0,94 -13,49 0,135 0,250 5,4 Mutuionline * ..................(MOL) 3,598 -0,07+30,82 2,750 3,599 142,2

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Rbs, no dei soci ai super compensi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Il caso a Londra Rbs, no dei soci ai super compensi (g.fer.) Tagli alle spese e il ritorno del dividendo «prima possibile»: queste promesse, fatte all'assemblea dei soci dall'amministratore delegato Philip Hampton, hanno fatto lievitare i titoli di Royal Bank of Scotland, che a Londra hanno chiuso a 30,6 pence, con una crescita dell' 8,51%. Nel corso della stessa assemblea, gli azionisti hanno bocciato con una maggioranza piuttosto netta (il 90,42%) il piano di remunerazione dei dirigenti della banca. Il voto non è vincolante, ma è stato letto come un nuovo segnale di protesta per la pensione d'oro (1 milione di dollari) concessa all'ex amministratore delegato Fred Goodwin. Philip Hampton ceo di Rbs

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 04/04/2009 - pag: 33 Accordi L'amministratore delegato dell'istituto: dalla crisi usciranno vincitrici le banche commerciali «Entro l'estate prenderemo Intesa Vita» Passera: rileveremo il 50%. Non escludiamo possibili acquisizioni «Siamo stati avvantaggiati dall'aver fatto la ristrutturazione in tempi di vacche grasse» DAL NOSTRO INVIATO CERNOBBIO (Como) È destinato a chiudersi «entro l'estate» il processo che riporterà Intesa Sanpaolo in possesso del 100% di Intesa Vita dopo lo scioglimento della joint venture al 50% con le assicurazioni Generali. E «per la fine dell'anno» il gruppo bancario intende completare il riassetto delle proprie attività assicurative. Così ha spiegato ieri l'amministratore delegato Corrado Passera, parl ando a margine del workshop Ambrosetti in corso a villa d'Este. «Riprenderemo il controllo dell'intero 100% di Intesa Vita e questo ci darà la possibilità di fare un riordino importante delle nostre quattro compagnie del settore - ha sottolineato -. Sono convinto che ne verrà fuori una bellissima società, leader sul mercato italiano ». Ad accorciare i tempi del passaggio di Intesa Vita contribuisce il fatto che si tratta di «un'azienda che conosciamo ». «Sarà una cosa facile», ha assicurato Passera. Niente è stato comunque ancora deciso per quanto riguarda il pagamento. Il mese scorso l'amministratore delegato del gruppo assicurativo triestino, Giovanni Perissinotto, aveva espresso il suo favore per una risoluzione in contanti, ma senza chiudere la strada ad altre opzioni. A Cernobbio, intervenend o alla sessione del workshop riservata ai giovani imprenditori, Passera ha anche parlato delle possibilità di una crescita dimensionale di Intesa Sanpaolo attraverso acquisizioni: «Non escludo assolutamente l'ipotesi di cogliere opportunità di sviluppo», ha osservato, mettendo però in guardia contro quelli che ha definito «i costi della complessità». A suo parere, proprio la crisi finanziaria ed economica mondiale potrebbe aprire spiragli nuovi «in settori dove vogliamo diventare più grandi», ma «bisogna avere la saggezza di individuare dove si trova il confine oltre il quale i costi eccedono il bene degli azionisti». L'>amministratore delegato di Intesa poi ribadito che dalla crisi finanziaria «usciranno vincitrici le banche che hanno l'orgoglio di essere banche commerciali», quelle «dove l'attività finanziaria non c'è o è minimale». «Istituti come il nostro, che hanno fatto le ristrutturazioni in tempi di vacche grasse ora si trovano avvantaggiati», ha sottolineato. Giancarlo Radice Manager Il numero uno di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera

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Pirelli ancora su, frena Enel (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Pirelli ancora su, frena Enel Qualche vendita di beneficio ha frenato la prima parte della seduta di ieri a Piazza Affari, che era reduce dal forte rialzo di giovedì. Alla fine, però, il bilancio si è chiuso ancora una volta con un rialzo (+0,53% l'indice S&P-Mib, +0,07% il Mibtel), archiviando così una settimana particolarmente positiva. Nell'ambito dei titoli principali si sono distinti in particolare Prysmian e Unicredit, con rialzi significativi (rispettivamente +8,2% e +7,47%). Nel primo caso hanno pesato la raccomandazione buy da parte di Berenberg Bank e, soprattutto, l'annuncio di una nuova commessa, del valore di 20 milioni di euro, per la realizzazione di una rete elettrica a San Pietroburgo (in Russia la società italiana ha peraltro in programma investimenti per 10 miliardi nel settore dei cavi ad alta tensione). Quanto a Unicredit, il progresso replica quello di giovedì, in una giornata di fitte consultazioni tra i principali soci per definire la lista dei futuri consiglieri. Anche Pirelli ha confermato il trend positivo (+5,58% il progresso messo a segno), trainato sostanzialmente dal comparto automobilistico, all'interno del quale Fiat, dopo una seduta in altalena, ha fatto un nuovo passo avanti (+1,78%) dopo l'eccezionale exploit della vigilia. Altri rialzi particolarmente importanti hanno poi riguardato, sempre nel paniere dei 40 titoli più capitalizzati, Mediaset (+4,5%), Geox (+3,93%) e Buzzi-Unicem (+3,87%). Sul fronte dei ribassi, infine, spiccano alcuni energetici ( Enel ha ceduto il 3.56%, mentre Eni ha lasciato sul campo il 3,14%), ai quali si aggiunge Campari (-3,26%). Fiat «tiene» Dopo l'exploit della vigilia, titoli del Lingotto in altalena. Alla fine guadagnano l'1,78%

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Prysmian vola sulla commessa russa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 04/04/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Prysmian vola sulla commessa russa (g.fer.) Prysmian sul podio dell'S&P-Mib ieri a Piazza Affari. Il titolo della società leader mondiale nei cavi ad alta tensione ha guadagnato l'8,20% risalendo oltre quota 8 euro (8,445 la quotazione di riferimento), con 3,1 milioni di pezzi scambiati. A sostenere gli acquisti, oltre al giudizio positivo di una banca d'affari, è stata la notizia di una nuova commessa che la società si è aggiudicata per la realizzazione di una rete elettrica a San Pietroburgo. In Russia l'azienda italiana ha già una presenza significativa: tra il 2007 e il 2008 ha acquisito numerosi contratti nell'ambito di un piano di investimenti da 10 miliardi di euro. Valerio Battista ad di Prysmian

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 04/04/2009 - pag: 35 Festival Nordest Il negoziato tra Italia e Usa «Sì a Fiat-Chrysler, ma nozze a ostacoli» Zakaria: la vera svolta sarà l'auto elettrica «I sindacati Usa hanno reso l'auto americana non competitiva e nonostante questo restano forti» DAL NOSTRO INVIATO ROVERETO - «Chrysler potrà imparare da Fiat. Detroit potrà imparare da Torino. Ma il mio consiglio alla famiglia Agnelli e alla Fiat è: attenzione con Chrysler, la situazione è difficile. I sindacati Usa hanno reso l'auto americana non competitiva e restano forti». E' il commento sull'alleanza nell'auto spinta e «benedetta» anche da Barack Obama di Fareed Zakaria, guru ascoltato dal pubblico americano, saggista, direttore dell'edizione internazionale di «Newsweek», conduttore di talk show della Cnn. Ieri l'autore del bestseller «L'era post-americana» è intervenuto a Rovereto alla seconda edizione del Festival delle città impresa organizzato dalla rivista «Nordesteuropa.it» e dal «Corriere della sera» con il sostegno di Unicredit e Telecom Italia. Intervistato da Dario Di Vico, vicedirettore del «Corriere della Sera», Zakaria si è definito ottimista sulla crisi, ha promosso il G20 e i governi di fronte alla tempesta economica e finanziaria, ha applaudito al presidente americano Obama per tutto ciò che ha fatto in soli 75 giorni, e ha anche detto che per passare dall'età del petrolio a quella dell'energia «sostenibile » e dell'auto elettrica la direzione è segnata e, passo dopo passo, ci vorranno non più di 15-20 anni per il traguardo definitivo. L'ottimismo di Zakaria coglie i dati e i piccoli segnali che provengono da economia e Borse, ma soprattutto si basa sulla storia. Cita anche Mark Twain: «La storia ci insegna che prima o poi smette di piovere. Questa è la recessione peggiore dagli anni Trenta, ma oggi la gente comincia a pensare che non è la fine del mondo, non è la fine della finanza o del capitalismo. Si ricomincia a comprare ciò che è necessario. Insomma, si vede la luce in fondo al tunnel». Probabilmente anche perché gli Stati non si sono comportati come negli anni Trenta: «Non si sono chiusi nel protezionismo, hanno abbassato i tassi d'interesse, hanno immesso liquidità, hanno impiegato risorse per far ripartire l'economia. E stanno collaborando ». Non ci sarà una ricetta univ ersale, un solo modo di uscire dalla crisi, ma un coordinamento sì. E per tutto questo Zakaria assegna un voto ai governi mondia-- li: discreto. Per Obama invece è «dieci pieno»: in 75 giorni ha fatto un piano per la crisi bancaria, per l'edilizia, per l'energia rinnovabile, piani con finanziamenti seri. E poi la svolta con l'Iran, in Afghanistan, in Iraq». La crisi però non la risolverà l'America. Bensì «ci vuole uno sforzo comune. La risolveremo insieme ». Come? «C'è un paese che ne è rimasto fuori: il Canada. Perché è conservatore e non ha cambiato le regole nel mondo banc ario, non ha moltiplicato l'effetto leva. Sarà un paese 'noioso' ma ha dimostrato buon senso. Ecco, dopo le 'bolle' e la finanza a superdebito dobbiamo tornare al buon senso». Per l'Europa c'è però un problema: «I governi devono legittimarla, non scaricare su Bruxelles le decisioni impopolari». Fra i leader del vecchio continente Zakaria preferisce il premier inglese Gordon Brown. «Ma non ha un forte contatto con le gente. Berlusconi ce l'ha. Chissà, forse la cosa migliore sarebbe una via di mezzo». Sergio Bocconi Sergio Marchionne

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La Fiat prova a mettere il turbo e la Cgil ingrana la retromarcia (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 81 del 2009-04-04 pagina 3 La Fiat prova a mettere il turbo e la Cgil ingrana la retromarcia di Antonio Signorini L'azienda in ripresa chiede orari più flessibili all'Iveco di Brescia e turni anche il sabato e la domenica a Melfi. Il sindacato blocca tutto RomaLa ricetta anticrisi della Cgil? Soffocare i primi venticelli della ripresa, vanificare l'effetto degli incentivi per l'auto, mettere in difficoltà la Fiat in vista dell'accordo con Chrysler, scherzano - ma nemmeno troppo - sindacalisti, che evidentemente non appartengono alla confederazione guidata da Guglielmo Epifani, ma che conoscono bene le fabbriche. E sanno come si muove il vero motore del sindacato di sinistra, la Fiom. Per capire quello che la Cgil vuole fare non bisogna cercare tra gli slogan delle piazze dedicate al tema. L'ispirazione generale la può spiegare Giorgio Cremaschi, esponente della Fiom: «Deve essere chiaro a tutti - dice - che si sta aprendo una stagione di lotte». E a chi obietta che forse non è il modo giusto per fare ridecollare il Pil depresso dalla crisi finanziaria, l'esponente della sinistra Cgil ribatte: «La crisi la deve pagare chi l'ha provocata. Fino a quando non ci rimetteranno lorsignori, noi andremo avanti». Cosa significhi concretamente lo si capisce invece da alcuni recenti episodi di cronaca sindacale passati più o meno inosservati. Battaglie delle tute blu della Cgil, in particolare nel gruppo Fiat, che gli altri sindacati hanno interpretato come un freno ai segnali di ripresa registrati nel settore auto. La linea dura dei metalmeccanici della Cgil si è ad esempio fatta sentire a Melfi. Stabilimento importante perché è lì che si producono le auto a gas metano e Gpl, che stanno vendendo molto in Italia, e ancora di più in Germania. L'azienda aveva chiesto straordinari e il terzo turno nel fine settimana, ma la Fiom ha detto no e minacciato lo sciopero. Una nevicata che ha ritardato la consegna di alcuni pezzi ha costretto l'azienda ad annullare gli straordinari. E quindi lo scontro è stato evitato, ma non è detto che la situazione non si ripresenti. Se gli ordini continueranno a ritmo sostenuto la fabbrica dovrà produrre di più. Fiom permettendo. «Tutti a dire che bisogna superare la crisi e a manifestare, ma quando poi si presentano opportunità reali, come a Melfi, si perdono le occasioni», spiega il segretario nazionale della Uilm, Eros Panicali. Quello che è peggio, aggiunge Carmine Vaccaro della Uil di Melfi, «è che il contratto firmato anche dalla Fiom dà la possibilità all'azienda di comunicare», gli straordinari di sabato o di domenica. Non è materia di trattativa. In questo modo, commenta il sindacalista, «si rischia di perdere il treno degli incentivi». Argomentazioni che non convincono la Fiom. «Noi - ribatte Cremaschi - non facciamo straordinari mentre altri stabilimenti sono chiusi e se li chiederanno di nuovo noi faremo sciopero». Se invece i lavoratori volessero farli e guadagnare di più? «Buon per loro, ma noi guardiamo alla solidarietà. A noi non interessa perdere». L'altro caso è quello della Iveco di Brescia. L'azienda, adesso chiusa e con i lavoratori in cassa integrazione, ha prospettato ai sindacati un piano di investimenti da 20 milioni di euro a fronte di una riorganizzazione del lavoro, dei tempi. Pause più corte e più frequenti per sfruttare al meglio le macchine. «Dicono che i tempi li deve decidere il sindacato, ma è una stupidaggine», spiega ancora Panicali. «Sono le aziende che decidono i tempi. Noi possiamo trattare il come». La Fiom invece si è opposta e per questo sta tenendo a bagnomaria la trattativa e, quindi, chiusi i cancelli. «Il fatto è che l'azienda ha subordinato gli investimenti a una condivisione sindacale che al momento non c'è. Io non me la sento di mandare a monte un'azienda». In generale manca, secondo Panicali, la «motivazione politica». Quella della Fiom sembra chiara. Ma tocca anche all'azienda. «Bisogna capire se l'Iveco vuole fare l'intesa comunque, con chi ci sta. Se lo vuole fare noi andremo avanti». Un precedente ci sarebbe già. A Termoli, tre giorni fa, è stato siglato un accordo su straordinari, terzo turno di venerdì e di sabato. La Fiom non ha firmato. Ma lo stabilimento che produce i piccoli motori che vanno forte grazie agli incentivi, lavora a pieno ritmo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Barack e la strategia dell'umiltà (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 81 del 2009-04-04 pagina 7 Barack e la strategia dell'umiltà di Redazione Non capita mai che alla fine di una conferenza stampa, i giornalisti si alzino in piedi per applaudire un leader politico. Con Obama è successo giovedì sera a Londra al termine del G20 e a tributargli l'ovazione sono stati i cronisti stranieri, non quelli americani. Non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Ieri in Germania Obama ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. Raissa è stata la prima vera first lady della storia russa, Michelle colei che ha osato toccare in pubblico la Regina Elisabetta. Quando, domani, il presidente americano lascerà Istanbul per rientrare a Washington, non c'è dubbio che il suo bilancio personale sarà straordinariamente positivo. Ben venga la svolta: la sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. E al vertice della Nato è molto improbabile che strappi un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio di nuove truppe in Afghanistan. Eppure queste erano considerate priorità irrinunciabili dall'Amministrazione, che nelle scorse settimane ha esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazioni e tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Gli Usa hanno bisogno degli altri; del sostegno della Banca centrale europea per stabilizzare il sistema finanziario; dei risparmi dei cinesi e dei fondi degli sceicchi arabi per acquistare i Buoni del Tesoro; della crescita globale per riconvertire un'economia pericolosamente indebitata e incentrata sui consumi. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. È stato lui a risolvere in extremis la lite tra Sarkozy e il presidente Hu Jintao sui paradisi fiscali, che ha rischiato di far fallire il vertice londinese. Con pazienza e dedizione ha fatto la spola tra i due leader, trovando il compromesso che scongiura l'iscrizione di Macao e Hong Kong nella lista nera. È stato lui ad ammettere che il suo Paese ha sbagliato nel gestire alcune crisi del mondo. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. È sempre una potenza, ma forse non più super. http://blog.ilgiornale.it/foa © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Dow completa acquisizione di Rohm and Haas (sezione: crisi)

( da "Polimerica" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dow completa acquisizione di Rohm and Haas Scritto dalla redazione [calato] 03 aprile 2009 @ 09:35:40 CEST Nasce Dow Advanced Materials, con vendite per oltre 14 miliardi di dollari. Anche le ultime formalità sono state espletate e da oggi le azioni ordinarie di Rohm and Haas non saranno più negoziate in Borsa. Si chiude così una delle principali operazioni di concentrazione nel campo dei materiali avanzati e della chimica di specialità; operazione che fino all'ultimo momento ha rischiato di arenarsi sotto l'effetto della crisi finanziaria e del fallimento della joint-venture K-Dow con la kuwaitiana Petrochemicals Industries Company. Come richiesto dalla Federal Trade Commission (FTC), nei prossimi 240 giorni Dow dovrà dismettere alcuni assets: tra questi, gli impianti di Clear Lake in Texas, per la produzione di acido acrilico ed esteri, con i relativi business nell'acido acrilico glaciale, butilacrilato e etilacrilato in Nord America, America Centrale e Sud America, oltre alle attività nel lattice tecnico UCAR Emulsion Systems in Nord America e nei pigmenti plastici “hollow” in Nord America. Nel frattempo, è già stato raggiunto un accordo con K+S Aktiengesellschaft per la cessione delle attività nei sali di Rohm and Haas, concentrate nella società Morton International. La fusione tra i due gruppi chimici statunitensi darà vita alla divisione Dow Advanced Materials, con vendite per 14 miliardi di dollari e l'obiettivo di sfruttare opportunità di crescita per ulteriori 3 miliardi di dollari. L'unione delle attività dei due gruppo dovrebbe comportare sinergie sui costi pari a 1,3 miliardi di dollari l’anno, grazie a risparmi nelle funzioni acquisti congiunti e centralizzazione dei servizi. Secondo la società americana, la divisione Dow Advanced Materials offrirà una presenza geografica più estesa, reti commerciali consolidate e tecnologie complementari. Inoltre, avrà uno dei più ampi programmi di ricerca e sviluppo nel settore chimico. Sotto il profilo finanziario, Dow ha deciso di esercitare l’opzione che prevede che Haas Family Trusts effettui un ulteriore investimento di 500 milioni di dollari nel capitale Dow. Tale decisione è in linea con il piano Dow di rimborsare entro la fine del 2009 il prestito “ponte” per il finanziamento dell’acquisizione di Rohm and Haas attraverso la cessione di attività, l’emissione di azioni e obbligazioni e la riduzione, già annunciata, del dividendo Dow per preservare liquidità. "Il completamento di questa transazione rafforza la posizione di Dow attraverso la trasformazione del nostro portfolio di business – ha commentato il chairman e CEO di Dow, Andrew N. Liveris –. E’ una giornata importante per tutti i nostri interlocutori e il nostro impegno è di definire un piano chiaro e misurabile per soddisfare le esigenze di investitori, dipendenti, clienti e fornitori anche nell’attuale difficile congiuntura macroeconomica. La nostra priorità è assicurare un’efficace integrazione di Rohm and Haas che massimizzi le sinergie e le opportunità offerte da questa transazione”.

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Il Rigoletto/ Aziende italiane, che orgoglio (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Il Rigoletto/ Puntare sulla manifattura: la ricetta anti-crisi di Calabrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre, nel suo ultimo libro "Orgoglio industriale", in uscita in questi giorni. Il giornalista non ha dubbi: l'industria medio e medio-grande sarà protagonista del "quarto capitalismo" e l'Italia ha un esercito di 4.600 imprese all'avanguardia sul piano dell'innovazione, in grado di conquistare la leadership su tutti i mercati internazionali. Abbiamo, infatti, pensato per anni che il nostro Paese avrebbe progressivamente abbandonato la produzione industriale per diventare un'economia di servizi, spiega Calabrò. E ci siamo sentiti dire che le manifatture sarebbero state destinate alla chiusura e che un po' alla volta questo Paese sarebbe diventato un Paese dove l'economia dei "beni immateriali" sarebbe stata la fonte principale di ogni ricchezza. Poi è arrivata la crisi della finanza e improvvisamente ci stiamo rendendo conto che non è così. Anzi, è proprio l'industria che ci salverà. Il libro racconta con semplicità e chiarezza che l'Italia rimane insomma un grande Paese industriale, il secondo d'Europa dopo la Germania. E ci regala un viaggio capillare alla scoperta della parte più vitale dell'imprenditoria italiana, mettendo in luce dati, fatti e personaggi, e spiegando come considerare con occhi nuovi un settore della nostra economia che tanto spesso è stato sottovalutato. Da Torino all'Emilia Romagna, è sufficiente attraversare il Nord Italia per rendersi conto di quanto sia capillare e vivo il tessuto di imprese la cui missione è produrre e vendere in tutto il mondo prodotti reali, fisici, materiali e non semplici pezzi di carta. Certo negli ultimi trent'anni l'industria è molto cambiata, ma non ha mai smesso di produrre ed esportare beni, apprezzati in ogni angolo del Pianeta. Orgoglio industriale Antonio Calabrò Mondadori pp.192 17,00 euro tags: orgoglio industriale antonio calabrò crisi pmi

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CGIL: LE SINISTRE SI RITROVANO A FIANCO DI EPIFANI (sezione: crisi)

( da "ITnews.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 4 apr. - (Adnkronos) - Divise dal voto dell'aprile 2008, separate dalle scelte politiche, le sinistre si sono ritrovate oggi, fianco a fianco, alla manifestazione indetta dalla Cgil a Roma. A fare da collante, dopo i mesi delle incomprensioni e delle reciproche accuse, le critiche alla politica economica con cui il governo Berlusconi sta affrontando la crisi finanziaria internazionale.

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I vecchi fantasmi dell'alleanza (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'Alleanza atlantica celebra in queste ore, a Strasburgo, in Francia, e a Kehl, sull'altra sponda del Reno, in Germania, il sessantesimo compleanno, ed è un'opportunità per riflettere su quel che farà da grande. Cioè nel futuro. Gliene offre l'occasione la presenza di Barack Obama. Un neopresidente americano la cui visione del mondo è assai diversa da quella del suo predecessore, anche per quanto riguarda il ruolo e la natura dell'Alleanza; e la cui presenza coincide con un momento gravato da rilevanti problemi irrisolti. Un momento appesantito sulle due sponde dell'Atlantico dalle conseguenze sociali e politiche della più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta; dalla minaccia terroristica del dopo 11 settembre e dal conseguente impegno della stessa Alleanza in Afghanistan; e, per quanto riguarda in particolare l'Europa, dai non semplici rapporti con la Russia, strascichi di una guerra fredda emersi l'estate scorsa, con la crisi georgiana. In quelle settimane è stato come se i fantasmi sepolti nell '89, sotto le rovine del Muro, e poi usciti dalla Storia nel '91, con l'implosione dell'Unione Sovietica, si agitassero all'improvviso nelle tombe. Quest'impressione è stata particolarmente viva nell'Europa centrale, nei paesi appena entrati nella Nato ("come in un rifugio"), un tempo satelliti dell'Urss, e storicamente inquieti per la vicinanza geografica della Russia. Queste diverse dinamiche geopolitiche, senza uno stretto nesso, hanno reso attuale la necessità di rafforzare il legame transatlantico, i cui valori e significati non sono valutati soltanto con un'ottica militare. La necessità non è condivisa da tutti sul nostro Continente, anzi è avversata da non pochi, lo dimostrano in queste ore le manifestazioni ostili alla celebrazione del compleanno della Nato (l'Organizzazione, appunto, dell'Alleanza), in cui molti vedono un puro strumento dell'egemonia americana. Mentre altri, pur non manifestando, si chiedono a cosa serva quell'alleanza dal momento che, con la dissoluzione del Patto di Varsavia, l'alleanza dell'impero sovietico defunto, essa ha perduto la sua iniziale ragion d'essere. OAS_RICH('Middle'); Il dibattito è particolarmente vivo in Francia, dove Nicolas Sarkozy, annullando la decisione presa dal generale de Gaulle nel '66 (che espulse dal paese le basi militari americane e svincolò l'esercito francese dal comando integrato, pur restando nell'Alleanza), ha scelto di ritornare in pieno nella Nato, con la sola eccezione del "Gruppo dei piani nucleari", per conservare l'autonomia della forza atomica nazionale. Nell'opposizione di sinistra, ma anche tra i gollisti tradizionalisti, il ritorno nel comando integrato suscita reazioni che vanno dalla perplessità all'indignazione. Poiché si tratterebbe di un tradimento dell'eredità gollista, e di una rinuncia all'indipendenza rispetto alla superpotenza americana. In realtà la Francia ha già via via reintegrato, di fatto, tutte le componenti dell'organizzazione, e quarantatrè anni dopo, in una situazione internazionale cambiata, non fa una grande differenza che dei generali francesi occupino dei posti di responsabilità nel "Comitato dei piani di difesa", dove si prendono le decisioni militari. Perché, dice Sarkozy, rinunciare a posti di comando, quando partecipando sul terreno a operazioni come quella in Afghanistan, si devono eseguire ordini superiori impartiti da altri? Il presidente non ha del tutto torto, ma, psicologicamente e simbolicamente, il pregiudizio resta. Il ritorno della Quinta Repubblica nel comando integrato è "come un bel mazzo di fiori" ossequiosamente offerto, in occasione del 60esimo anniversario della Nato, al neopresidente americano nella bella città francese di Strasburgo, dice con ironia un esponente della sinistra antiatlantica parigina. In realtà il vecchio antiatlantismo non ha molti motivi per sopravvivere o deve essere riveduto e corretto. Ossia adeguato a quello che adesso è l'Alleanza atlantica, la quale ha anagraficamente sessant'anni, ma, avendo avuto più vite, nella sua più recente e ancora indeterminata versione è, appunto, costretta a riflettere su quello che farà da grande. Essa ha saputo sopravvivere alla fine della guerra fredda, vinta senza sparare un solo colpo di cannone. E si è adattata alla nuova realtà internazionale. Invece di scomparire come un'organizzazione militare ormai inutile, ha al contrario esteso le sue competenze e la sua area d'azione. Poteva spodestarla una difesa europea, ma questo non è avvenuto perché gli europei non sono stati capaci di crearne una, impediti dai costi e dai nazionalismi, oltre che dal timore di urtare la Nato dominata dagli americani. Il dinamismo della Nato postsovietica è servito anzitutto, in un primo tempo, a una vasta operazione di allargamento nell'Europa centrale e orientale, ansiose di ritornare in Europa e di sottoscrivere al tempo stesso un'assicurazione anti-russa. L'Alleanza atlantica è cosi arrivata sotto le mura dell'ex impero sovietico, ferendo l'orgoglio della Santa Russia, postcomunista. Ma l'evoluzione militare è avvenuta con la guerra nei Balcani, in Bosnia e nel Kosovo, quando gli europei si sono resi conto di non essere in grado di contenere la fiammata di violenza ai confini dell'Unione. L'Onu non essendosi rivelata all'altezza, essi si sono rivolti alla Nato, scoprendo che gli americani erano più che riluttanti ad intervenire. James Baker, il sottosegretario americano dell'epoca, disse: "We don't have a dog in this fight". In sostanza: quella guerra non ci riguarda. È sotto la pressione dei governi europei (in Italia governava la sinistra) e delle opinioni pubbliche, compresa quella americana, sensibilizzate dai massacri e dalla pulizia etnica, che la Nato intervenne. E fu il suo battesimo di fuoco, fuori dai suoi confini, ossia non in difesa di uno Stato membro dell'Alleanza, come prevede l'articolo 5. Il grande salto è poi avvenuto con l'Afghanistan. L'estensione del raggio d'azione dall'Europa all'Asia è avvenuta attraverso diverse tappe. Ma quella è adesso la grande spedizione, di cui Barack Obama parlerà oggi a Strasburgo con i capi di Stato o di governo dei ventotto paesi dell'Alleanza. La Croazia e l'Albania sono gli ultimi arrivati. L'America di Bush jr avrebbe voluto integrare nella Nato l'Ucraina e la Georgia. Ma gli europei l'hanno impedito per non urtare la Russia. Per non provocarla. Ricordo questo episodio perché dimostra come nell'Alleanza atlantica gli Stati Uniti non esercitino l'egemonia di un tempo, pur restando di gran lunga la decisiva e insuperabile potenza militare. Nel 2003, non solo la Francia con un unico piede nella Nato, ma anche la Germania, membro a pieno titolo e fino allora disciplinato, condannò apertamente la guerra di Bush jr in Iraq. E oggi gli europei impegnati in Afghanistan respingono le richieste di aumentare gli effettivi dei loro contingenti, mentre Barack Obama, deciso a dedicare a quel conflitto tutti gli sforzi consentiti dal graduale disimpegno in Iraq, conta di raddoppiare, quasi, quelli americani. Di portarli da 38000 a 68000 entro la fine dell'anno. La vecchia Nato, che inquadrava di fatto l'Europa, si sarebbe trasformata, sostengono gli atlantisti più fervidi, in qualcosa di simile a "un'Onu transatlantica, riservata ai paesi democratici, e destinata a operare nel mondo". Penso che si possa essere atlantisti secondo le situazioni. Non ci può essere un culto della Nato. La Nato può essere una colonna vertebrale in un mondo disarticolato. Con Obama è certamente una colonna vertebrale meno rigida che con Bush jr. Diventa un altro strumento. Non soltanto di guerra. Il dialogo con l'Iran, finora intrattabile, è appena iniziato a un tavolo dell'Alleanza, sul tema dell'Afghanistan. La " dichiarazione sulla sicurezza dell'alleanza" che verrà adottata a Strasburgo nelle prossime ore dovrebbe servire da traccia per la futura concezione strategica, da presentare a Lisbona nel 2010, quando l'Alleanza nata sessant'anni fa dovrà decidere cosa fare da grande. Ossia quando il mondo multipolare oggi in gestazione comincerà precisarsi. Con la Cina, l'India, il Brasile sempre più presenti sulla ribalta. La Nato si dovrà adeguare. E noi potremo liberamente giudicarla, come oggi, per quel che fa non per quel che è. (4 aprile 2009

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agentediviaggi ha detto: non credo conroe che le cancellerie europee avranno il coraggio di snocciolare dati simili, faranno come Zapatero che truccherà i dati. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 46 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Ue/ Poettering: Sosterrò ingresso Pdl nel Ppe (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 4 apr. (Apcom) - Parità tra Europa e Usa, più regole e controllo per il settore bancario e sul futuro del Pdl nel Ppe porte aperte a tutti perché "se il Pdl entrerà nel Ppe naturalmente nessuno potrà essere escluso dalle posizioni all'interno del partito". A dirlo è Hans-Gert Poettering, presidente del Parlamento Europeo, in un'intervista a 'Il Foglio'. Poettering, che da ieri è in Italia, oggi sarà a Roma per partecipare alla Lettura Annuale 2009 organizzata dalla Fondazione Magna Carta nella Chiesa di Santa Marta in piazza del Collegio Romano. Il presidente del Parlamento europeo interviene sui temi di politica internazionale ed in particolare sui rapporti tra Ue ed Usa chiarendo che "la part­nership e l'amicizia con gli Stati Uniti sono molto importanti per l'Europa, così come il ruolo che ha avuto la Nato nel difendere i valori occidentali. L'Unione europea è un progetto politico e come tale ci offre la possibilità di essere un partner nell'Alleanza atlantica alla pari con gli americani". E sulle critiche spesso rivolte all'Ue di poca partecipazione ad azioni concrete Poettering spiega che "i paesi eu­ropei danno il loro con­tributo: siamo impegnati in Iraq e in Afghanistan. Anche se a volte noi e gli Stati Uniti abbiamo interessi diversi, in li­nea di principio condividiamo gli stessi". Altro argomento caldo è la crisi finanziaria sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessità di risolverla trovando una linea comune d'intervento: "La convinzione alla base della nostra po­litica è che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale. Difen­diamo l'economia sociale di mercato, non siamo a favore del sistema capitalistico. E per quanto riguarda il settore finanziario e bancario abbiamo bisogno di più controllo, di più trasparenza e di ordine, questa è la sfida. Siamo contenti che l'America sembri andare nella stessa direzione". E sulla decisione dei leader del G20 di stanziare un trilione di dollari per le istituzioni inter­nazionali si mostra favorevole spiegando che si tratta di "un'enorme somma di denaro, soprattutto quella stanziata per il Fondo monetario. Ma ora, oltre che spen­dere soldi, abbiamo bisogno di regole. C'è bisogno di agire perché il settore bancario deve darsi un ordine". In evidenza poi anche le prossime elezioni europee che per Poettering potranno essere un'occasione per rilanciare l'Europa, un'Europa dove secondo lui non si ripete mai abbastanza che quello che unisce davvero sono i valori. E sul futuro allargamento dell'Unione il presidente del Parlamento europeo chiarisce che la priorità è "ratifi­care il Trattato di Lisbona, dobbiamo fare sì che l'Ue sia pronta al 21esimo secolo. Una volta che avremo rafforzato l'Europa allora potremo pensare ad allargarci". Infine spazio alla politica italiana ed al futuro del Popolo della Libertà nel Ppe con Poettering che precisa: "Quando il Pdl chiederà di en­trare nel Ppe io personalmente lo sosterrò". Mentre sul ruolo della componente di An e su un possibile incarico nel board di Gianfranco Fini il presidente del Parlamento europeo dice: "Spero che tutti i candidati del nuovo partito, e specialmente quelli della vecchia An, condividano davvero gli stessi valori del Ppe. Se il Pdl entrerà nel Ppe na­turalmente nessuno potrà essere escluso dalle posizioni all'interno del partito".

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G20/ Premier etiope soddisfatto per risultati vertice per (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 4 apr. (Apcom) - Il premier etiope Meles Zenawi, Presidente del Nuovo partenariato per lo sviluppo in Africa (Nepad), si è detto soddisfatto delle conclusioni del vertice dei leader del G20 di Londra. "Noi (l'Africa) abbiano presentato due grandi agende al vertice, per misure forti contro la crisi finanziaria e per altri 50 miliardi di dollari di aiuti all'Africa - ha detto Zenawi, citato oggi dal quotidiano sudanese Sudan Tribune - e il vertice ha, più o meno, risposto in modo positivo a queste preoccupazioni africane sollevate durante il summit". Anche il Presidente sudafricano Kgalema Motlanthe, presente al vertice con Zenawi, ha espresso ieri soddisfazione per i risultati ottenuti a Londra. I leader del G20 hanno infatti deciso di triplicare le risorse a disposizione del Fondo monetario internazionale (Fmi), portandole a 750 miliardi di dollari, per sostenere i Paesi colpiti dalla crisi; hanno stanziato altri 250 miliardi di dollari per il cosiddetto 'Special Drawing Rights' ('diritti speciali di prelievo') del Fmi; hanno garantito alla Banca mondiale e ad altri istituzioni finanziarie 100 miliardi di dollari per prestiti ai Paesi poveri; hanno assicurato 250 miliardi al commercio internazionale; e infine, hanno annunciato la disponibilità di 50 miliardi di dollari per "sostenere le tutele sociali, rafforzare il commercio e salvaguardare lo sviluppo dei Paesi a basso reddito". Secondo Zenawi, le decisioni prese dal G20 sono frutto anche dei colloqui avuti prima del vertice dai leader africani con il premier britannico Gordon Brown.

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G20/ PREMIER ETIOPE SODDISFATTO PER RISULTATI VERTICE PER AFRICA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20/ Premier etiope soddisfatto per risultati vertice per Africa di Apcom Zenawi: "I leader hanno risposto alle preoccupazioni africane" -->Roma, 4 apr. (Apcom) - Il premier etiope Meles Zenawi, Presidente del Nuovo partenariato per lo sviluppo in Africa (Nepad), si è detto soddisfatto delle conclusioni del vertice dei leader del G20 di Londra. "Noi (l'Africa) abbiano presentato due grandi agende al vertice, per misure forti contro la crisi finanziaria e per altri 50 miliardi di dollari di aiuti all'Africa - ha detto Zenawi, citato oggi dal quotidiano sudanese Sudan Tribune - e il vertice ha, più o meno, risposto in modo positivo a queste preoccupazioni africane sollevate durante il summit". Anche il Presidente sudafricano Kgalema Motlanthe, presente al vertice con Zenawi, ha espresso ieri soddisfazione per i risultati ottenuti a Londra. I leader del G20 hanno infatti deciso di triplicare le risorse a disposizione del Fondo monetario internazionale (Fmi), portandole a 750 miliardi di dollari, per sostenere i Paesi colpiti dalla crisi; hanno stanziato altri 250 miliardi di dollari per il cosiddetto 'Special Drawing Rights' ('diritti speciali di prelievo') del Fmi; hanno garantito alla Banca mondiale e ad altri istituzioni finanziarie 100 miliardi di dollari per prestiti ai Paesi poveri; hanno assicurato 250 miliardi al commercio internazionale; e infine, hanno annunciato la disponibilità di 50 miliardi di dollari per "sostenere le tutele sociali, rafforzare il commercio e salvaguardare lo sviluppo dei Paesi a basso reddito". Secondo Zenawi, le decisioni prese dal G20 sono frutto anche dei colloqui avuti prima del vertice dai leader africani con il premier britannico Gordon Brown.

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UE/ POETTERING: SOSTERRÒ INGRESSO PDL NEL PPE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ue/ Poettering: Sosterrò ingresso Pdl nel Ppe di Apcom Spero tutti i candidati nuovo partito condividano stessi valori -->Roma, 4 apr. (Apcom) - Parità tra Europa e Usa, più regole e controllo per il settore bancario e sul futuro del Pdl nel Ppe porte aperte a tutti perché "se il Pdl entrerà nel Ppe naturalmente nessuno potrà essere escluso dalle posizioni all'interno del partito". A dirlo è Hans-Gert Poettering, presidente del Parlamento Europeo, in un'intervista a 'Il Foglio'. Poettering, che da ieri è in Italia, oggi sarà a Roma per partecipare alla Lettura Annuale 2009 organizzata dalla Fondazione Magna Carta nella Chiesa di Santa Marta in piazza del Collegio Romano. Il presidente del Parlamento europeo interviene sui temi di politica internazionale ed in particolare sui rapporti tra Ue ed Usa chiarendo che "la part­nership e l'amicizia con gli Stati Uniti sono molto importanti per l'Europa, così come il ruolo che ha avuto la Nato nel difendere i valori occidentali. L'Unione europea è un progetto politico e come tale ci offre la possibilità di essere un partner nell'Alleanza atlantica alla pari con gli americani". E sulle critiche spesso rivolte all'Ue di poca partecipazione ad azioni concrete Poettering spiega che "i paesi eu­ropei danno il loro con­tributo: siamo impegnati in Iraq e in Afghanistan. Anche se a volte noi e gli Stati Uniti abbiamo interessi diversi, in li­nea di principio condividiamo gli stessi". Altro argomento caldo è la crisi finanziaria sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessità di risolverla trovando una linea comune d'intervento: "La convinzione alla base della nostra po­litica è che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale. Difen­diamo l'economia sociale di mercato, non siamo a favore del sistema capitalistico. E per quanto riguarda il settore finanziario e bancario abbiamo bisogno di più controllo, di più trasparenza e di ordine, questa è la sfida. Siamo contenti che l'America sembri andare nella stessa direzione". E sulla decisione dei leader del G20 di stanziare un trilione di dollari per le istituzioni inter­nazionali si mostra favorevole spiegando che si tratta di "un'enorme somma di denaro, soprattutto quella stanziata per il Fondo monetario. Ma ora, oltre che spen­dere soldi, abbiamo bisogno di regole. C'è bisogno di agire perché il settore bancario deve darsi un ordine". In evidenza poi anche le prossime elezioni europee che per Poettering potranno essere un'occasione per rilanciare l'Europa, un'Europa dove secondo lui non si ripete mai abbastanza che quello che unisce davvero sono i valori. E sul futuro allargamento dell'Unione il presidente del Parlamento europeo chiarisce che la priorità è "ratifi­care il Trattato di Lisbona, dobbiamo fare sì che l'Ue sia pronta al 21esimo secolo. Una volta che avremo rafforzato l'Europa allora potremo pensare ad allargarci". Infine spazio alla politica italiana ed al futuro del Popolo della Libertà nel Ppe con Poettering che precisa: "Quando il Pdl chiederà di en­trare nel Ppe io personalmente lo sosterrò". Mentre sul ruolo della componente di An e su un possibile incarico nel board di Gianfranco Fini il presidente del Parlamento europeo dice: "Spero che tutti i candidati del nuovo partito, e specialmente quelli della vecchia An, condividano davvero gli stessi valori del Ppe. Se il Pdl entrerà nel Ppe na­turalmente nessuno potrà essere escluso dalle posizioni all'interno del partito".

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AGENDA DEGLI AVVENIMENTI DI SABATO 4 E DOMENICA 5 APRILE 2009 (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Agenda degli avvenimenti di sabato 4 e domenica 5 aprile 2009 di Apcom -->Roma, 4 apr. (Apcom) - Questa l'agenda degli avvenimenti in Italia e all'estero dei giorni sabato 4 e domenica 5 aprile 2009. ITALIA POLITICA SABATO 4 Roma - Dario Franceschini, Massimo D'Alema e i leader di sinistra alla manifestazione nazionale della Cgil - Pier Ferdinando Casini conclude l'assemblea nazionale dell'Udc Milano - Il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini partecipa al convegno "La sfida dei giovani per il Buon governo della Lombardia" Altre città Edolo (Bs) - Il ministro delle Riforme Umberto Bossi inaugura il monumento ai carabinieri Cernobbio - Si chiudono i lavori del workshop Ambrosetti, partecipano tra gli altri il ceo di Unicredit Alessandro Profumo e il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta Strasburgo - Conferenza stampa del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a conclusione del vertice Nato Amalfi - Il segretario Dario Franceschini partecipa alla terza giornata di lavori della Scuola politica del Pd DOMENICA 5 Roma - Conferenza stampa dei promotori del referendum sulla legge elettorale CITTA' DEL VATICANO - Benedetto XVI celebra la Messa della Domenica delle Palme in San Pietro Altre città Amalfi - Il segretario Dario Franceschini conclude i lavori della Scuola politica del Pd Milano - Si svolge il convegno di Forza Nuova "La nostra Europa: popoli e tradizione contro banche e usura" ECONOMIA E FINANZA SABATO 4 Roma - Manifestazione nazionale della Cgil "Futuro sì indietro no" DOMENICA 5 Mosca - Inizia missione in Russia organizzata da Confindustria, Ice, Abi CRONACA E ALTRO DOMENICA 5 Milano - Il ministro della Cultura Sandro Bondi partecipa all'inaugurazione della mostra dedicata a Michelangelo ESTERO UNIONE EUROPEA SABATO 4 Praga - Si conclude la riunione informale del Consiglio Ecofin DOMENICA 5 Praga - Si svolge il vertice dei capi di Stato e di Governo della Ue con il presidente degli Stati Uniti d'America NUOVA EUROPA SABATO 4 Russia - Mosca, Dmitri Medvedev incontra il presidente del Cile, la signora Michelle Bachelet Slovacchia - Secondo turno presidenziali, ballottaggio tra Gasparovic e Radicova Repubblica ceca - Praga, arriva Barack Obama e si apre il vertice Ue-Usa DOMENICA 5 Macedonia - Ballottaggio elezioni presidenziali Moldova - Elezioni legislative Mosca - Inizia visita presidente dell'Anp Abu Mazen Repubblica ceca MONDO SABATO 4 Francia - Parigi, incontro sulla crisi finanziaria tra il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il capo del Fmi Dominique Strauss-Kahn, e il presidente della Banca mondiale Robert Zoellick Strasburgo - Proteste contro il summit Nato organizzate dal gruppo "Stop the War" - Seconda giornata del summit Nato Corea del Nord - Da oggi possibile lancio del controverso satellite coreano DOMENICA 5 Cile - Primarie interne alla coalizione di governo in vista delle

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Dominio ".eu", tre anni di vita tre milioni di siti (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

BRUXELLES A tre anni dal suo lancio il dominio internet «.eu» conferma il suo successo iniziate. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio «.eu» è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale. Per sentirsi, e mostrarsi «europei» privati e piccole imprese, multinazionali e Ong, gruppi di riflessione hanno adottato il dominio «.eu» per contrassegnare la loro presenza sul web. All’inizio del mese scorso la Svezia, che da luglio avrà la presidenza di turno del Consiglio europeo, ha compiuto un gesto simbolico diventando il primo Stato membro dell’Ue ad adottare il dominio «.eu» per il sito ufficiale della presidenza dell’Unione europea: www.se2009.eu. «Si tratta di un segnale incoraggiante che, spero, sarà seguito da numerose altre presidenze in futuro», ha dichiarato Viviane Reding, commissaria responsabile della Società dell’informazione e dei media. Il dominio «.eu» ha consolidato la propria posizione tra i dieci più grandi domini di primo livello del mondo, assieme a «.com», «.net» e «.org». Il numero di registrazioni di nomi di dominio «.eu» da suo lancio il 7 aprile 2006 è aumentato fino a raggiungere i tre milioni all’inizio di quest’anno. Nel marzo 2009 i nomi di dominio «.eu» registrati hanno sfiorato i 3.050.000. La maggior parte dei nomi di dominio «.eu» è stata registrata nei paesi dell’Ue che contano il maggior numero di abitanti e presentano i più forti tassi di diffusione di internet in rapporto alla popolazione. La Germania è sempre in testa, con il 30%, seguita da Paesi Bassi (14%), Regno Unito (12%), Francia (8%) e Polonia (6%). Il calcolo in rapporto alla popolazione vede invece in testa Cipro, con 66,1 domini «.eu» ogni mille abitanti, seguita dal Lussemburgo con il 54,9/1.000 e dall’Olanda con il 24.7/1.000. Poi si scende, si scende ancora e con il 2,7/1.000 troviamo Lituania, Finlandia e Italia, dietro ci sono Grecia, Spagna, Bulgaria, Portogallo e Romania, che chiude la lista con uno 0,9/1.000.

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PDL: POETTERING, SOSTERRO' SUO INGRESSO NEL PPE. (sezione: crisi)

( da "Asca" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

PDL: POETTERING, SOSTERRO' SUO INGRESSO NEL PPE (ASCA) - Roma, 4 apr - ''Quando il Pdl chiedera' di entrare nel Ppe, io personalmente lo sosterro'''. E' quanto il presidente del parlamento europeo Hans Gert Poettering ha dichiarato in una intervista al quotidiano 'Il Foglio'. Sul ruolo della componente di An e su un possibile incarico nel board di Gianfranco Fini, Poettering ha detto di sperare che ''tutti i candidati del nuovo partito, e specialmente quelli della vecchia An, condividano davvero gli stessi valori del Ppe. Se il Pdl entrera' nel Ppe naturalmente nessuno potra' essere escluso dalle posizioni all'interno del partito''. Pottering, che da ieri e' in Italia, oggi sara' a Roma per partecipare alla Lettura Annuale 2009 organizzata dalla Fondazione Magna Carta nella Chiesa di Santa Marta in piazza del Collegio Romano, dalle ore 10. Nell'intervista pubblicata oggi il presidente del Parlamento europeo interviene sui temi di politica internazionale ed in particolare sui rapporti tra Ue ed Usa chiarendo che ''la partnership e l'amicizia con gli Stati Uniti sono molto importanti per l'Europa, cosi' come il ruolo che ha avuto la Nato nel difendere i valori occidentali. L'Unione europea e' un progetto politico e come tale ci offre la possibilita' di essere un partner nell'Alleanza atlantica alla pari con gli americani''. E sulle critiche spesso rivolte all'Ue di poca partecipazione ad azioni concrete Pottering spiega che ''i paesi europei danno il loro contributo: siamo impegnati in Iraq e in Afghanistan. Anche se a volte noi e gli Stati Uniti abbiamo interessi diversi, in li-nea di principio condividiamo gli stessi''. Altro argomento caldo e' la crisi finanziaria ed economica sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessita' di risolverla trovando una linea comune d'intervento: ''La convinzione alla base della nostra politica e' che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale. Difendiamo l'economia sociale di mercato, non siamo a favore del sistema capitalistico. E per quanto riguarda il settore finanziario e bancario abbiamo bisogno di piu' controllo, di piu' trasparenza e di ordine, questa e' la sfida. Siamo contenti che l'America sembri andare nella stessa direzione''. E sulla decisione dei leader del G20 di stanziare un trilione di dollari per le istituzioni internazionali si mostra favorevole spiegando che si tratta di ''un'enorme somma di denaro, soprattutto quella stanziata per il Fondo monetario. Ma ora, oltre che spendere soldi, abbiamo bisogno di regole. C'e' bisogno di agire perche' il settore bancario deve darsi un ordine''. Per quanto riguiarda le prossime elezioni europee per Pottering potranno essere un'occasione per rilanciare l'Europa. Un'Europa dove secondo lui non si ripete mai abbastanza che quello che unisce davvero sono i valori. E sul futuro allargamento dell'Unione il presidente del Parlamento europeo chiarisce che la priorita' e' ''ratificare il Trattato di Lisbona, dobbiamo fare si' che l'Ue sia pronta al 21esimo secolo. Una volta che avremo rafforzato l'Europa allora potremo pensare ad allargarci''. min/sam/ss

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G20, crisi: 1100 miliardi di dollari a disposizione dell'FMI , l'ok dell'Ue (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20, crisi: 1100 miliardi di dollari a disposizione dell'FMI , l'ok dell'Ue (4/4/2009 12:20) | (Sesto Potere) - Bruxelles - 4 aprile 2009 - Per salvare l'economia mondiale, il G20 decide di mettere 1100 miliardi di dollari (832 miliardi di euro) a disposizione dell'FMI e di altre istituzioni internazionali e di imporre regole più rigorose ai mercati finanziari. L'accordo raggiunto dal G20 è stato accolto con soddisfazione dall'UE, che ha ispirato misure per impedire i comportamenti troppo disinvolti della banche che sono all'origine della crisi finanziaria. Riprendendo le proposte europee, i leader del Gruppo dei 20 hanno annunciato misure per promuovere la trasparenza e prevenire minacce alla stabilità del sistema e l'assunzione di rischi eccessivi. Tra i rimedi adottati figurano nuove regole sulle retribuzioni e sui bonus dei banchieri - che hanno suscitato l'indignazione popolare - e provvedimenti contro i paradisi fiscali che si rifiutano di comunicare informazioni finanziarie. Il vertice di Londra è stato il secondo incontro dei membri del G20 dedicato alla crisi finanziaria globale, che costituisce la peggiore recessione dagli anni '30. La precedente riunione si era svolta a novembre a Washington. Per aiutare i paesi in difficoltà, i leader hanno promesso 500 miliardi di dollari (370 miliardi di euro) di nuovi fondi all'FMI, le cui risorse salgono così a 750 miliardi di dollari (556 miliardi di euro). Il contributo dell'UE ammonta a 75 miliardi di euro. Sarà inoltre aumentata di 250 miliardi di dollari (185 miliardi di euro) la linea di credito per prelievi allo scoperto a disposizione dei membri in situazione critica. In quanto prestatore di ultima istanza, l'FMI aveva chiesto un aumento delle sue risorse dopo essere recentemente intervenuto per salvare più di una decina di paesi. Altri 100 miliardi di dollari (74 miliardi di euro), distribuiti da banche istituite dai paesi donatori, saranno disponibili per finanziare lo sviluppo, mentre 250 miliardi di dollari (185 miliardi di euro) serviranno a rimettere in moto i flussi commerciali. Queste somme si aggiungono al denaro già pompato nell'economia mondiale dai governi e dalle banche centrali in tutto il mondo. Secondo i leader, lo stimolo dovrebbe raggiungere entro l'anno prossimo un volume di 5000 miliardi di dollari (3700 miliardi di euro), una somma senza precedenti, che dovrebbe permettere di creare milioni di posti di lavoro nel mondo. Il G20 ha invitato l'Organizzazione mondiale per il commercio (OMC) a denunciare i paesi che ricorrono al protezionismo e si è impegnato a concludere rapidamente i negoziati di Doha sul commercio, che potrebbero apportare all'economia mondiale uno stimolo del valore di 150 miliardi di dollari. In linea con le raccomandazioni dell'UE, il piano del G20 affida alle istituzioni finanziarie internazionali un ruolo più importante nel vigilare sui rischi economici e dà ai paesi emergenti e in via di sviluppo maggior voce in capitolo in tali istituzioni.

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PDL: POETTERING, SOSTERRO' SUO INGRESSO NEL PPE (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

(ASCA) - Roma, 4 apr - ''Quando il Pdl chiedera' di entrare nel Ppe, io personalmente lo sosterro'''. E' quanto il presidente del parlamento europeo Hans Gert Poettering ha dichiarato in una intervista al quotidiano 'Il Foglio'. Sul ruolo della componente di An e su un possibile incarico nel board di Gianfranco Fini, Poettering ha detto di sperare che ''tutti i candidati del nuovo partito, e specialmente quelli della vecchia An, condividano davvero gli stessi valori del Ppe. Se il Pdl entrera' nel Ppe naturalmente nessuno potra' essere escluso dalle posizioni all'interno del partito''. Pottering, che da ieri e' in Italia, oggi sara' a Roma per partecipare alla Lettura Annuale 2009 organizzata dalla Fondazione Magna Carta nella Chiesa di Santa Marta in piazza del Collegio Romano, dalle ore 10. Nell'intervista pubblicata oggi il presidente del Parlamento europeo interviene sui temi di politica internazionale ed in particolare sui rapporti tra Ue ed Usa chiarendo che ''la partnership e l'amicizia con gli Stati Uniti sono molto importanti per l'Europa, cosi' come il ruolo che ha avuto la Nato nel difendere i valori occidentali. L'Unione europea e' un progetto politico e come tale ci offre la possibilita' di essere un partner nell'Alleanza atlantica alla pari con gli americani''. E sulle critiche spesso rivolte all'Ue di poca partecipazione ad azioni concrete Pottering spiega che ''i paesi europei danno il loro contributo: siamo impegnati in Iraq e in Afghanistan. Anche se a volte noi e gli Stati Uniti abbiamo interessi diversi, in li-nea di principio condividiamo gli stessi''. Altro argomento caldo e' la crisi finanziaria ed economica sulla quale il presidente del Parlamento Europeo si dice convinto della necessita' di risolverla trovando una linea comune d'intervento: ''La convinzione alla base della nostra politica e' che viviamo nel mercato ma che questo ha una dimensione sociale. Difendiamo l'economia sociale di mercato, non siamo a favore del sistema capitalistico. E per quanto riguarda il settore finanziario e bancario abbiamo bisogno di piu' controllo, di piu' trasparenza e di ordine, questa e' la sfida. Siamo contenti che l'America sembri andare nella stessa direzione''. E sulla decisione dei leader del G20 di stanziare un trilione di dollari per le istituzioni internazionali si mostra favorevole spiegando che si tratta di ''un'enorme somma di denaro, soprattutto quella stanziata per il Fondo monetario. Ma ora, oltre che spendere soldi, abbiamo bisogno di regole. C'e' bisogno di agire perche' il settore bancario deve darsi un ordine''. Per quanto riguiarda le prossime elezioni europee per Pottering potranno essere un'occasione per rilanciare l'Europa. Un'Europa dove secondo lui non si ripete mai abbastanza che quello che unisce davvero sono i valori. E sul futuro allargamento dell'Unione il presidente del Parlamento europeo chiarisce che la priorita' e' ''ratificare il Trattato di Lisbona, dobbiamo fare si' che l'Ue sia pronta al 21esimo secolo. Una volta che avremo rafforzato l'Europa allora potremo pensare ad allargarci''.

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Quale futuro per l'occupazione (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Cultura società Quale futuro per l'occupazione Ecco gli effetti della crisi in corso sulle variabili della realtà Floro Ernesto Caroleo* e Francesco Pastore** Per parlare del futuro dell'occupazione è forse opportuno fare alcune brevi premesse sulle conseguenze reali della pesante crisi finanziaria che stiamo vivendo. Le conseguenze di breve periodo sono alquanto intuitive. Vi sono molti studi recenti che esaminano, in un'ottica comparativa, gli episodi di recessione che sono avvenuti nell'ultimo secolo. La principale lezione che si ricava è che la crisi attuale sarà probabilmente molto più costosa della altre dal momento che deriva da simultanei scricchiolii del sistema creditizio e stagnazione dei prezzi delle attività. Altri due elementi fanno venire il sospetto che la crisi attuale avrà effetti drammatici sulle variabili reali. Essa è stata preceduta da forti oscillazioni dei prezzi del petrolio e ciò, come è ben noto, influisce pesantemente sulla produzione attraverso le conseguenze sui consumi e sugli investimenti. Inoltre, sempre sulla base delle esperienze passate, si può facilmente prevedere che il carattere globale della crisi porterà ad una intensificazione dei suoi effetti nel prossimo futuro. Osservando le crisi nate da crack creditizi che si sono verificate nell'ultimo secolo, due studiosi,Reinhart e Rofogoff, mostrano che i prezzi in termini reali delle case si sono in media ridotti del 35,5% tra i due successivi picchi e il periodo medio della crisi è durato 6 anni. I prezzi reali del capitale azionario si sono ridotti in media del 55,5% e la durata media del ciclo negativo è stata di 3 anni e mezzo. Il tasso di disoccupazione si è ridotto in media del 7% e il ciclo è durato 4 anni. Il GDP reale si è ridotto di 10 punti percentuali circa e la durata della crisi è stata di 2 anni. Nei tre anni successivi alla crisi, il debito pubblico in termini reali è aumentato in media dell'86%. Questi sono gli effetti di breve periodo. Tuttavia è forse il caso di spendere qualche parola anche sugli effetti di lungo periodo. Le crisi producono processi di profonda ristrutturazione produttiva. I settori più esposti subiscono drastici tagli di produzione con conseguenti chiusure di stabilimenti e riduzioni del personale occupato. Le imprese che vogliono sopravvivere devono innovare prodotti, processi produttivi e la propria organizzazione interna ed esterna. I cambiamenti produttivi contribuiscono alla nascita di nuove imprese e di nuovi settori magari collocati in aree geografiche diverse da prima. Gli stili di vita e le abitudini di consumo cambiano radicalmente. La visione ottimistica dello sviluppo economico prevede che nel lungo periodo gli effetti finali sull'occupazione saranno positivi. Infatti, dopo una iniziale più o meno drastica riduzione dell'occupazione, la ristrutturazione produttiva porterà benefici in termini di nuova occupazione anche se con profonde riallocazioni della stessa tra settori e aree geografiche. Tuttavia, dopo gli shock petroliferi degli anni 70, le crisi finanziarie cominciano ad avere sempre più effetti negativi di lungo periodo. Nei decenni successivi si è verificato uno straordinario cambiamento tecnologico e strutturale: è finito il sistema di produzione fordista; è aumentata la produzione di beni immateriali; è cresciuto il settore dei servizi a scapito del manifatturiero; si è affermata l'economia della conoscenza; si sono modificate profondamente le qualifiche e le competenze richieste. Anche la crisi attuale è foriera di profondi cambiamenti strutturali se guardiamo per esempio a quello che potrà derivare dalla crisi delle imprese automobilistiche e alla necessità di sviluppare nuove forme di rifornimento energetico a seguito alle alterazioni del clima che i vecchi sistemi di produzione stanno producendo. Guardando al mercato del lavoro, il cambiamento strutturale ha contribuito ad aumentare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. L'adeguamento delle qualifiche e delle competenze ai nuovi bisogni produttivi ha richiesto molto più tempo, per l'alto contenuto di competenze tecnologiche richieste, e si sono dovute affrontare profonde riforme dei sistemi di istruzione e di formazione professionale. E' aumentata enormemente la disoccupazione strutturale. Quali sono state le risposte di policy a tale cambiamento? Partendo dagli anni '80 la risposta comune è stata un mix di ricette monetariste, volte alla stabilità dei prezzi, accompagnate a riforme del mercato del lavoro con l'obiettivo di aumentare la flessibilità salariale e contrattuale per facilitare il cambiamento strutturale. Se per esempio guardiamo alla crisi del 1993 in Italia, anno in cui si sono persi nel nostro paese più di un milione di occupati posti di lavoro, le autorità pubbliche si sono mosse in linea con questa impostazione di policy: si è cercato di dare maggiore possibilità di controllo da parte della Banca d'Italia degli aggregati monetari, si è proceduto ad un Patto Sociale che ha portato alla fine della Scala Mobile e all'attuazione di riforme volte a rendere più flessibile il mercato del lavoro. Il ciclo occupazionale positivo iniziato a partire dalla metà degli anni novanta e protrattosi fino all'inizio del 2000, sembrerebbe dare ragione ad una tale impostazione di policy, non solo in Italia. Nell'Europa a 15 dal 1995 i disoccupati si sono ridotti di 5 milioni e questa riduzione si è verificata in 11 dei 15 paesi europei. Si sono, inoltre prodotti 21 milioni di nuovi occupati. Tuttavia di recente è diventata sempre più evidente la fragilità di una tale politica. Per restare nell'ambito delle riforme del mercato del lavoro, numerosi paesi europei hanno affrontato il problema della flessibilità del lavoro adottando riforme a due livelli: ovvero rendendo flessibili alcuni tipi di contratto (contratti temporanei) al margine (riguardanti solo una parte dei lavoratori, vale a dire quelli che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro) senza toccare i lavoratori permanenti. Tuttavia questo modo di procedere sembra aver causato profonde segmentazioni nel mercato del lavoro, ineguaglianze sociali, rischi crescenti nella evoluzione delle carriere lavorative, costi pagati solo dai lavoratori temporanei che sono esclusi dai sistemi di protezione sociale (specialmente i giovani). La nuova strategia europea per l'occupazione sembra partire proprio dalla considerazione delle conseguenze di tali riforme portate avanti dai singoli stati membri e ha modificato di recente i propri obiettivi, introducendo il concetto di flexicurity. In altri termini, viene sottolineato che per aumentare l'occupabilità è necessario accompagnare le politiche di flessibilità con sistemi di sostegno al reddito e con politiche del lavoro attive. Il problema, quindi, diventa più complesso e comprende la necessità di adottare politiche volte ad accrescere il capitale umano e riforme dei sistemi scolastici e di formazione professionale. In conclusione, quale lezione possiamo trarre dalla crisi attuale per il futuro dell'occupazione? Come abbiamo detto vi è il forte sospetto che la crisi sarà molto seria e profondi saranno i processi di ristrutturazione produttiva. Vi sono due strade che possono essere perseguite per uscire da essa. La prima consiste nell'aspettare che il mercato guidi la ristrutturazione produttiva, magari adottando una qualche forma di sostegno di breve periodo ai disoccupati e, quindi, a beneficio dei soli lavoratori permanenti. Il secondo modo consiste nell'anticipare il cambiamento strutturale investendo in flexicurity e specialmente in capitale umano e nella organizzazione delle risorse umane. * ordinario di Politica Economica, Università di Napoli Parthenope e presidente dell'Associazione Italiana degli Economisti del Lavoro ** professore aggregato di Economia Politica, Seconda Università di Napoli del 04-04-2009 num.

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Bei aumenta il capitale: Ora è a quota 232,4 mld (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Borsa & Mercati europa Bei aumenta il capitale: Ora è a quota 232,4 mld Il board della Banca europea per gli investimenti (Bei) approva un aumento di capitale di 67 miliardi portando il capitale sottoscritto a 232,4 miliardi. L'aumento era stato inizialmente previsto per il 2010, l'operazione è stata anticipata per fronteggiare la crisi finanziaria ed economica. L'aumento di capitale sarà effettuato attraverso il trasferimento da riserve addizionali Bei e quindi non costringerà gli Stati Ue a prevedere risorse addizionali. del 04-04-2009 num.

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Crisi, Tremonti: Ecofin chiede a Iasb revisione mark to market (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

PRAGA (Reuters) - L'Ecofin ha formulato una raccomandazione allo Iasb per modificare le regole contabili per l'iscrizione in bilancio degli asset sulla scia di quanto deciso negli Stati Uniti. Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti conversando con i cronisti al termine dell'Ecofin di Praga. Lo Iasb, l'International accounting standards board, è l'organismo indipendente europeo che redige le regole contabili. L'equivalente americano dello Iasb, il Financial accounting standards board (Fasb), si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "C'è stata la scelta indicativa di cambiare le regole contabili così come in America, così in Europa", ha detto Tremonti. Il ministro ha confermato che l'Ecofin ha discusso delle ricadute che ci potrebbero essere per le società europee, banche in particolare, dalle nuove e più flessibili regole americane.

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CRISI: TREMONTI,SU VIGILANZA MERCATI NON BASTANO SOLO MODIFICHE TECNICHE. (sezione: crisi)

( da "Asca" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI: TREMONTI,SU VIGILANZA MERCATI NON BASTANO SOLO MODIFICHE TECNICHE (ASCA) - Praga, 4 apr - La crisi finanziaria ha dimostrato che la vigilanza sui mercati in Europa necessita di cambiamenti rilevanti, non soltanto di modifiche puramente tecniche. Lo ha affermato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, parlando con i giornalisti al termine dell'Ecofin informale di Praga. Il tema della vigilanza e' stato affrontato nella sessione odierna dell'Ecofin, ''ma la discussione e' soltanto iniziata''. Tremonti ha spiegato che la posizione dell'Italia ''e' quella di andare insieme agli altri Paesi, senza scostamenti''. E molti degli altri Paesi chiedono modifiche di sostanza del sistema. ''Molti colleghi nel corso della discussione hanno detto: 'Come faccio a tornare al mio Paese, dove sono stati i contribuenti a pagare per i fallimenti delle banche, e dire che si fara' solo qualche cambiamento tecnico?'''. lsa/sam/ss

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CRISI, TREMONTI: ECOFIN CHIEDE A IASB REVISIONE MARK TO MARKET (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi, Tremonti: Ecofin chiede a Iasb revisione mark to market -->PRAGA (Reuters) - L'Ecofin ha formulato una raccomandazione allo Iasb per modificare le regole contabili per l'iscrizione in bilancio degli asset sulla scia di quanto deciso negli Stati Uniti. Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti conversando con i cronisti al termine dell'Ecofin di Praga. Lo Iasb, l'International accounting standards board, è l'organismo indipendente europeo che redige le regole contabili. L'equivalente americano dello Iasb, il Financial accounting standards board (Fasb), si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "C'è stata la scelta indicativa di cambiare le regole contabili così come in America, così in Europa", ha detto Tremonti. Il ministro ha confermato che l'Ecofin ha discusso delle ricadute che ci potrebbero essere per le società europee, banche in particolare, dalle nuove e più flessibili regole americane.

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BLOCCARNE UNO PER PAGARNE CENTO. L'ABBIAMO PRESO E FINALMENTE L'AZIENDA HA SALDATO G... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Benevento))

Argomenti: Crisi

«Bloccarne uno per pagarne cento. L'abbiamo preso e finalmente l'azienda ha saldato gli stipendi». Festeggiano così sul loro blog i dipendenti del call center della società Omnia Service di Milano, che mercoledì scorso in 300 hanno bloccato il direttore generale, Fernando Ruzza, perché in attesa degli stipendi da più di un mese. È solo l'ultimo degli episodi che hanno segnato una settimana di passione per topmanager e super-ricchi in giro per il mondo. In Francia è stato «temporaneamente sequestrato» dai suoi dipendenti addirittura Francois Henry Pinault, il miliardario del lusso, simbolo di quella ricchezza facile che, in tempo di crisi, i lavoratori non riescono più a digerire. Intanto negli Usa, dopo la figuraccia planetaria legata ai 165 milioni di dollari di bonus dei manager del colosso assicurativo Aig, Barack Obama ha deciso di dare un segnale forte. Ha mandato a casa lo zar della General Motors, Rick Wagoner, uno dei grandi feudatari del potere economico a stelle e strisce. Messaggio chiaro alle aziende in difficoltà: se volete che lo Stato vi aiuti basta con i super bonus e con gli stipendi da capogiro. «Equità o populismo?» si chiedeva, giorni fa, in un editoriale il Financial Times. Tutt'e due le cose forse ma quel che è certo è che gli eccessi ai limiti dell'eversione degli ultimi giorni hanno radici profonde nella disuguaglianza crescente che ha lacerato, negli ultimi decenni, la società occidentale. Nel suo bel libro «Goodbye liberismo» Alfonso Gianni dedica al tema un intero capitolo. E cita dati e numeri incontrovertibili. In America, la famiglia Walton (proprietaria dei magazzini Wal Mart) ha un patrimonio di 90 miliardi di dollari, nella classifica Forbes 2005 dei più ricchi del mondo sono 4 i Walton che occupano a pari merito la dodicesima posizione con oltre 20 miliardi di patrimonio a testa. Ma il dato più impressionante è che i fortunati Walton insieme dispongono di una ricchezza pari a 120 milioni di americani, cioè il 40% della popolazione più povera degli Usa. E non è tutto. Negli Usa il rapporto fra i salari medi dei lavoratori e gli stipendi dei massimi dirigenti di azienda è passato da 1 a 30 del 1970 a 1 a 500 nel 2000. Inoltre il quotidiano britannico «The Guardian» ha rilevato che nel 2007 130 top manager con uno stipendio superiore al milione di sterline hanno in un solo anno incrementato il loro reddito del 17% a fronte dei comuni lavoratori che hanno visto crescere il loro stipendio mediamente del 4%. Insomma siamo dinnanzi ad un fenomeno sociale di dimensioni macroscopiche che oggi sembra aver raggiunto il suo punto di rottura. Perchè la crisi finanziaria ha mostrato chiaramente, e a tutti, i limiti del sistema. E allora bisogna riscrivere le regole e riassegnare al lavoro il giusto valore. Il rischio di un populismo che sconfina nella violenza di piazza è molto forte di questi tempi. E limitarsi a cavalcare gli umori e i malumori della gente non servirebbe a nulla.

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GERARDO AUSIELLO UNA RIDUZIONE DELLE INDENNITà DI ASSESSORI E CONSIGLIERI REGIONALI PER OTTE... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 04-04-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Benevento)) (Mattino, Il (Caserta)) (Mattino, Il (Salerno)) (Mattino, Il (Circondario Nord)) (Mattino, Il (City)) (Mattino, Il (Circondario Sud2))

Argomenti: Crisi

GERARDO AUSIELLO Una riduzione delle indennità di assessori e consiglieri regionali per ottenere un risparmio di 2,4 milioni di euro all'anno. È la manovra messa a punto dalla giunta di Palazzo Santa Lucia su proposta del governatore Antonio Bassolino. Ieri, infatti, l'esecutivo ha approvato un disegno di legge che prevede il taglio degli stipendi e dei rimborsi: attualmente le indennità mensili lorde sono pari all'80% di quelle che percepiscono i componenti della Camera dei deputati. Il provvedimento della giunta, invece, fissa la nuova percentuale al 65% dell'indennità parlamentare. Ciò significa che ogni mese si potrà ottenere un risparmio pro capite di 2.896,64 euro, comprensivo anche del contenimento dei rimborsi spese. Alla base della decisione, spiega Bassolino, i problemi scaturiti dalla crisi finanziaria e la necessità di destinare le risorse ad alcuni interventi urgenti: «Stiamo attraversando - chiarisce il governatore - un momento difficile a causa della crisi economica internazionale. La giunta è già intervenuta in queste settimane stanziando 120 milioni di euro per integrare il reddito di cassintegrati e precari, mentre altre misure sono in corso di definizione. Con questo provvedimento abbassiamo i costi della politica e destiniamo le risorse risparmiate al contrasto alla povertà e al sistema del welfare». «Chi amministra la cosa pubblica - aggiunge - deve sempre mettere al centro le necessità di chi è più debole». A questo punto il disegno di legge passa all'attenzione del consiglio regionale: «C'è la richiesta di procedura abbreviata. Auspico dunque - conclude Bassolino - che l'assemblea lo approvi con la massima urgenza». Ma già si levano le prime critiche: per Salvatore Ronghi (Mpa) «è scandaloso che proprio quel Bassolino delle consulenze e dello sperpero delle risorse pubbliche, il presidente di quella giunta che ha devastato la sanità campana, il leader di quel centrosinistra che ha alimentato i carrozzoni clientelari e spreconi delle società miste si faccia paladino della battaglia per il taglio dei costi della politica, per poi essere pronto a scappare di fronte alle responsabilità così come è avvenuto nei giorni scorsi quando ben due sedute sono state annullate per l'assenza della giunta. Gli chiederemo conto sugli sprechi dei soldi della comunità campana». Michele Grimaldi, segretario regionale dei Giovani Democratrici, fa invece appello alla serietà dell'assemblea campana: «È necessario approvare il prima possibile il provvedimento sulla riduzione degli stipendi. Bisogna guardare meno all'immagine e più alla sostanza». Favorevoli, poi, Gianfranco Valiante, Luigi Anzalone, Antonio Amato (Pd) e Roberto Castelluccio (Fi). Ma in aula si preannuncia battaglia: nei giorni scorsi, infatti, Bassolino è già intervenuto per sventare un colpo di mano dei consiglieri regionali che, modificando all'unanimità in commissione gli appositi regolamenti, hanno assegnato le auto blu a tutti e 600 euro al mese per i rimborsi chilometrici (calcolati su tremila chilometri anche senza presentazione del titolo di viaggio). Misure che lo stesso governatore ha definito «sbagliate» chiedendo alla maggioranza di respingerle: «Vanno - ha affermato - nella direzione opposta a quella giusta, vale a dire della maggiore sobrietà in politica».

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babelick ha detto: così se assaltano le banche crolla un sistema e non ne abbiamo uno pronto di riserva. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 47 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Accerchiato da tre in motoe rapinato di ventimila euro (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Accerchiato da tre in moto e rapinato di ventimila euro Biglietti aerei in cambio di pubblicità sugli autobus. L'episodio risale al 2003 ed è frutto di un atto deliberativo del Consiglio d'amministrazione dell'azienda municipale trasporti che allora dispose di effettuare su alcuni autobus di linea Amt la pubblicità di una compagnia aerea nazionale per un valore orientativo di 25 mila euro. Fin qui nulla da obiettare senonché il Consiglio, anziché farsi pagare in denaro (vista la cronica crisi finanziaria dell'azienda) decise di incassare l'equivalente della somma in biglietti aerei da utilizzare in un anno, con la possibilità di rinnovare la validità dei ticket-volo anche per l'anno seguente. Si badi: 25 mila euro di «voli» da spendere in due anni. Oggi un volo andata e ritorno Catania- Roma, prezzo intero, si aggira sui 250 euro. Per farne cosa? Per andare dove visto che si tratta pur sempre di un azienda di trasporti locale? E' quello che si chiede il consigliere del Pd Saro D'Agata che ieri ha presentato sull'argomento una interrogazione al sindaco con richiesta di urgente risposta scritta. D'Agata, messo a conoscenza della delibera, che però risale a sei anni fa, non avanza sospetti, ma vuole vederci chiaro e ha chiesto al primo cittadino di conoscere per quale motivo allora venne decisa una modalità di pagamento simile, la destinazione dei voli, i nominativi che hanno usufruito dei biglietti e, soprattutto, la motivazione dei viaggi che per il consigliere Pd «dovrebbe essere motivata esclusivamente nell'ambito dei servizi a favore dell'Amt». D'Agata, inoltre, non sa spiegarsi come un appalto sia stato deciso senza una relativa gara pubblica: «Se non mi sbaglio - ha spiegato - anche sulla pubblicità bisognerebbe prevedere una gara visto e considerato che le compagnie aeree che operano a Catania sono numerose. Ma quel che vorrei principalmente conoscere - ha aggiunto- è perché farsi pagare una cifra non certo modesta in biglietti aerei. Mi chiedo, Per andare dove? Tutti insieme alla Federtrasporti?». Dall'Amt ieri nessun commento.

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CRISI/POETTERING:FUTURO DI TUTTI DIPENDE DA UE,NO A PROTEZIONISMI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/Poettering:Futuro di tutti dipende da Ue,no a protezionismi di Apcom "In Unione non bisogna tornare indietro" -->Roma, 4 apr. (Apcom) - "Il futuro dell'Italia e dei Paesi europei dipende dall'Europa. Da un'Europa espressione dell'unione dei valori". A dirlo è Hans-Gert Pöttering, presidente del Parlamento europeo, che questa mattina ha partecipato alla Lettura Annuale 2009 organizzata dalla Fondazione Magna Carta. Un evento che ha avuto come tema quello delle elezioni europee e le prospettive di un rilancio dell'Unione Europea. Il presidente del Parlamento europeo si è soffermato nel corso della sua lettura ad analizzare lo scottante argomento della crisi finanziaria, facendo notare come "gli stessi Stati Uniti hanno accettato una maggiore trasparenza nella gestione del sistema finanziario". Un aspetto su cui, come ha fatto notare Pöttering, "oggi si registra un consenso più ampio tra Usa ed Ue". Riguardo all'atteggiamento che dovrà avere l'Europa di fronte alla crisi il presidente del Parlamento europeo ha precisato che "dobbiamo resistere alle spinte protezionistiche perché la distruzione del Mercato Unico Europeo porterebbe a far scomparire dalla scena internazionale l'Europa ed i singoli paesi membri". "Dobbiamo invece - ha ribadito Pöttering - difendere la stabilità della moneta unica ed il mercato unico secondo una visione che è quella di un'economia sociale di mercato. Di un'economia che non sia fine a se stessa ma dei cittadini". Pottering nel corso del suo intervento ha ricordato come nel 1979, anno del suo arrivo a Bruxelles, "l'Europa fosse divisa da muri e campi minati mentre adesso rispecchia un'unità che poggia su valori quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani, il principio di sussidiarietà e la pace". Un'Unione che secondo il presidente del Parlamento europeo deve essere protetta per evitare di mettere a repentaglio tutto quello che è stato fatto: "La storia si costruisce quotidianamente, non bisogna tornare indietro ma fare opera di convincimento perché il futuro dell'Italia e dei Paesi europei dipende dall'Ue. Un'Italia forte è possibile grazie ad un'Europa forte". Pöttering ha poi affrontato il tema della questione religiosa e del rapporto tra cultura diverse ricordando che "bisogna evitare la lotta tra civiltà ma impegnarsi per una tolleranza reciproca". "Il dialogo - ha concluso Pöttering - tra culture diverse ha successo soltanto se la strada della tolleranza è a doppio senso e ciò significa che in Europa dobbiamo difendere i nostri valori così come dobbiamo farlo all'estero".

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ECOFIN, TREMONTI: DISCUSSIONE APERTA SU VIGILANZA UE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ecofin, Tremonti: discussione aperta su vigilanza Ue -->PRAGA (Reuters) - La discussione sulla vigilanza finanziaria in Europa "è molto aperta". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti dopo che oggi, all'Ecofin di Praga, sono emerse le divergenze tra Gran Bretagna e gli altri Paesi europei su come procedere nel piano di riforma. "Abbiamo iniziato a parlarne. È una discussione molto aperta. La posizione dell'Italia è quella di stare con gli altri", ha detto Tremonti. "Dobbiamo rafforzare la struttura di supervisione europea. Abbiamo chiesto alla Commissione europea di formulare specifiche proposte sulla vigilanza", ha spiegato in conferenza stampa il ministro delle Finanze ceco Miroslav Kalousek, che ha subito aggiunto di attendersi un lungo confronto tra i vari Paesi europei. Il gruppo di lavoro designato dalla Commissione europea e presieduto da Jacques De Larosiere ha suggerito un progetto che prevede la creazione di un nuovo organismo, il Consiglio europeo per i rischi sistemici, presieduto dal presidente della Bce. Il Consiglio dovrebbe raccogliere informazioni rilevanti ai fini della stabilità finanziaria, formulare raccomandazioni e allertare in caso di rischio. La Gran Bretagna guarda con perplessità al progetto perché vuole tutelare le transazioni finanziarie che passano per la City londinese, dalla quale il governo trae un elevato gettito fiscale. Francia e Germania vogliono invece una riforma della vigilanza più incisiva per prevenire nuove crisi finanziarie. "Sosteniamo pienamente l'idea di una vigilanza macroprudenziale ma non crediamo che questa debba far capo necessariamente al presidente della Bce", ha sintetizzato un alto funzionario britannico. La Bce ha cercato di smussare le perplessità della Gran Bretagna dicendo che il nuovo organismo dovrebbe includere tutti i membri del Sistema europeo di banche centrali a livello di Europa dei 27, non solo Eurozona. UE SI ADEGUI A USA SU CRITERI CONTABILI L'Ecofin ha poi formulato una raccomandazione allo Iasb affinché modifichi le regole contabili per l'iscrizione in bilancio degli asset sulla scia di quanto deciso negli Stati Uniti. "C'è stata la scelta indicativa di cambiare le regole contabili. Così come in America, così in Europa", ha detto Tremonti. Lo Iasb, l'International accounting standards board, è l'organismo indipendente europeo che redige le regole contabili. L'equivalente americano dello Iasb, il Financial accounting standards board (Fasb), si è piegato giovedì alle pressioni del mondo finanziario consentendo una maggiore flessibilità nella valutazione in bilancio dei titoli tossici, all'origine della crisi finanziaria. "I ministri chiedono allo Iasb di lavorare da vicino con il Fasb per arrivare ad un trattamento e a un'applicazione identica degli standard", dice la nota ufficiale dell'Ecofin. L'Ecofin teme infatti che l'allentamento dei criteri contabili negli Stati uniti possa portare a distorsioni della concorrenza e penalizzare le banche europee, soggette a vincoli più stringenti. "Sistemi contabili convergenti a livello globale così come l'assicurazione di un'adeguata trasparenza della situazione finanziaria delle banche sono la chiave per ristabilire la fiducia nei mercati finanziari", dicono i ministri nella nota. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano

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diciamolochiaro ha detto: Sono d'accordo su quasi tutto quello che avete detto, meno con Babe in un post piu' sotto che paventa accordi strategici per un do ut des. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 48 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Nel 2010 torna <Sex&the City> (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Cinema Nel 2010 arriva «Sex and the City 2» Il sequel del film tratterà anche il tema della crisi economica. Il primo film incassò 415 milioni di dollari Sarah Jessica Parker (Reuters) LOS ANGELES - Le ragazze di «Sex and the City» torneranno sul grande schermo con il sequel del primo film. Visto il successo del primo lungometraggio, la Warner Bros e la New Line hanno annunciato la data di uscita nelle sale di «Sex and the City 2», fissata per il 28 maggio del 2010. Nel cast ancora una volta: Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Cynthia Nixon e Kristin Davis. La regia è di Michael-Patrick King. Il primo adattamento cinematografico della serie televisiva ha incassato al botteghino 415 milioni di dollari, quindi rivedremo Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda ancora una volta alle prese con le loro stravaganti storie sentimentali ma questa volta saranno coinvolte, anche loro, nella crisi economica mondiale. LA SFIDA - L'attrice Sarah Jessica Parker ha già un'idea su come affrontare la sfida: «Sarà bello risolvere il problema di come intrecciare il lusso in cui vivono le protagoniste e la crisi finanziaria». E promette: «L'ultima volta vi abbiamo raccontato una storia intelligente e sofisticata sui cuori spezzati. Questa volta vogliamo che i nostri spettatori rimangano davvero colpiti». Confermato anche il regista Michael Patrick King che tornerà dietro la macchina da presa per dirigere una storia basata su un suo copione originale. Beh, considerando cosa rappresentano i personaggi del film e quanto bene sanno descrivere la realtà di oggi di molte donne che vivono nelle metropoli urbane, e non solo degli States, ci sembrerebbe strano non vedere altri episodi cinematografici che raccontino le loro vicissitudini d'amore e non solo... Candace Bushnell, la creatrice dei romanzi da cui è stata tratta la famosa serie di telefilm trasmessa dal network americano Hbo ha, intanto, firmato un contratto con la casa editrice Harper-Collins per pubblicare due romanzi, il primo in uscita nel 2010, che racconteranno gli anni del liceo del personaggio interpretato al cinema da Sarah Jessica Parker. Viene quindi il dubbio che si pensi anche ad una versione "teenager", in cui si parli di liceo, primi amori, mode passeggere, sfide con gli adulti, ma con la stessa determinazione, lo stesso stile deciso e ironico del "Sex and the city" versione "adulta". L'ideatrice ha ipotizzato che Miley Cyrus possa interpretare bene il ruolo della giovane Carrie Bradshaw. Ma questo non crediamo basterà a saziare la voglia di rivedere le attrici ormai mitiche che, piuttosto che ritornare al liceo, qualche annetto in più ormai ce l'hanno. Ma un numero 2 di "Sex and the City il film" al cinema sarà possibile solo se gli sceneggiatori si presentano con una storia davvero valida. Queste sono le parole delle protagoniste, che non vogliono fare passi falsi. Sarah Jessica Parker su tutte. Proprio ad "Us Magazine" ha dichiarato in questi giorni: "Se riusciamo a raccontare dei fatti che aggiungono qualcosa al telefilm e anche al primo film allora vale la pena provarci. Per anni siamo piaciuti ai nostri spettatori, non capita spesso di avere un successo così lungo, per questo è giusto ragionare su questa fortuna." stampa |

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babelick ha detto: Dio santo berlusconi...ma non ha freni inibitori quell'uomo? :( prima si fa rimproverare dalla regina come un moccioso in gita,poi fa aspettare il premier tedesc (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 49 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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diciamolochiaro ha detto: E ora passiamo alla presunta affidabilità della Spagna. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 51 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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04/04/2009 21:31 BRASILE: POLEMICHE PER FRASE LULA SU CRISI ECONOMICA E OCCHI AZZURRI (sezione: crisi)

( da "ITnews.it" del 04-04-2009)

Argomenti: Crisi

Brasilia, 4 apr. (Adnkronos/Dpa) - Non si placano le polemiche in Brasile, e non solo, per una recente frase del presidente Luiz Inacio Lula che ha parlato di crisi finanziaria mondiale causata da "comportamenti irrazionali di gente bianca con gli occhi azzurri, che prima sembrava sapessero tutto e ora non sanno niente". La frase della discordia, pronunciata la Lula in occasione della visita in Brasile del primo ministro britannico Gordon Brown, "e' stata una metafora", aveva assicurato immediatamente il segretario alla presidenza, Marco Aurelio Garcia.

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