Abstract: Europa non è stata all'altezza dell'occasione: non ha ancora usato questa crisi per promuovere soluzioni comuni ai problemi globali. Al contrario, all'avvicinarsi del G 20, le divergenze acuitesi col peggioramento della situazione finanziaria rischiano di minare ciascuno dei tre grandi progetti europei degli ultimi 50 anni.>
Piano anticrisi di
Zingaretti: arriva un coro di sì ( da "Corriere
della Sera" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi inevitabilmente slitterà
dal piano dei mercati finanziari a quello reale. Per questo occorre alzare
subito un argine a difesa della piccola e media impresa romana e laziale e
sostenere la proposta di Nicola Zingaretti di unire le risorse e di finalizzarle
per grandi progetti infrastrutturali e turistici.
Gasdotti, la crisi spinge
i soci Galsi al rinvio ( da "Corriere
della Sera" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria permettendo,
perché a consigliare gli azionisti a prendere tempo non sarebbero
esclusivamente la definizione dei dettagli dell'opera (relativi al percorso sul
fondale, e a deviazioni come quella causata dalla nave da guerra francese) e le
autorizzazioni che la regione Sardegna deve ancora concedere.
(
da "Resto del Carlino, Il (Bologna)"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 13 «Ma il settore non è in crisi.
Banche, aiutateci» L'INTERVISTA ELISABETTA Brunelli, presidente di Confedilizia
Emilia Romagna, sorpresa da questi dati? «No. Si sapeva che la crisi
finanziaria e l'aumento dei tassi e quindi dei mutui avrebbero provocato una
flessione.
Spini: Assemblea
all'Arci della Sinistra ( da "Nazione,
La (Firenze)" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria: dalle banche al
portafoglio delle famiglie», con l'intervento, oltre a Spini, di Giorgio
Ruffolo, economista, Fabio Basagni, membro del Royal Institute of International
Affairs e dirigente del Movimento dei repubblicani europei, e Federico Romero,
ordinario di storia del Nord America all'Università di Firenze.
L'Ocse prevede più
disoccupati Sacconi invita alla prudenza
( da "Unita, L'"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria si espanda e
diventi una crisi sociale con effetti che lasciano il segno sui lavoratori più
vulnerabili e sulle famiglie a più basso reddito». Tra le raccomandazioni
dell'Ocse, dunque, la promozione «della domanda di lavoro evitando nel
frattempo gli eccessi di licenziamenti», provvedere a dare «delle reti di
protezione adeguata per chi perde il lavoro e per la
Pace sociale addio È
ritornata la lotta di classe qualcosa contro
( da "Riformista, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: inizio dell'inverno 2008 con
l'apertura della grande crisi finanziaria e nei mesi successivi con la
conseguente crisi economica "il sol dell'avvenire" del capitalismo è
tramontato e il grande castello delle sue promesse è crollato insieme ai titoli
in Borsa, ai fondi pensione e alle obbligazioni bancarie, ai posti di lavoro.
Una scossa politica per il
G20 ( da "Unita,
L'" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: risultati utili ai mercati
finanziari ed all'economia. La tesi americana che la crisi finanziaria è stata
anticipata e accelerata dalla crisi da domanda, da impoverimento di massa, non
è infondata: nel 2007, dopo anni di crescita continua di export e Pil mondiali,
si ebbe una forte decelerazione di entrambi mentre i primi fallimenti di banche
si ebbero solo un anno dopo nel 2008,
LA ricerca della
credibilitÀ ( da "Unita,
L'" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria ha accelerato
drammaticamente. La disoccupazione cresce ora anche in Europa. L'America che
viene a trovarci, osserva Paul Krugman, ha perso nella crisi del suo sistema
finanziario gran parte della propria credibilità. Eppure, dal punto di vista di
un'Europa che continua ad essere dominata dalle divisioni e dalla incapacità di
pensare una strategia unitaria di risposta
Usa, l'Huffington Post in
controtendenza assume giornalisti ma saranno investigatori
( da "Adnkronos"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: l'Huffington Post in controtendenza
assume giornalisti ma saranno investigatori Il blog liberal ha deciso di
arruolare 10 reporter tra i tanti licenziati dalle redazioni americane. Avranno
il compito di indagare sulla crisi finanziaria commenta 0 vota 0 tutte le
notizie di ESTERI ultimo aggiornamento: 31 marzo, ore 08:39
Non è ancora finita, ma
sono ottimista ( da "Stampa,
La" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crede che la crisi finanziaria non
sia ancora finita ma si dice fiducioso e speranzoso. Il messaggio lo lancia dal
convegno «L'Italia in gabbia» organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera.
«Sommando tutto siamo abbastanza forti - spiega - ma se mi dicono che la crisi
è finita allora dico non ancora.
g20, per la cina un posto
a tavola - francesco morosini ( da "Mattino
di Padova, Il" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: PER LA CINA UN POSTO A TAVOLA FRANCESCO
MOROSINI Il G20 di martedì, a Londra, è per la crisi finanziaria. Facile, però,
che sia un G2, ovvero un confronto/scontro fra Washington e Pechino. Ovvero un
match di diplomazia monetaria ben descritto da quelle «operazioni di guerra
non-militari» (barriere ecologiche/tariffarie all'import;
posto a tavola per la cina
- francesco morosini ( da "Nuova
Venezia, La" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: i Paesi più industrializzati, più i
«new comers») di martedì, a Londra, è per la crisi finanziaria. Facile, però,
che sia un G2, ovvero un confronto/scontro fra Washington e Pechino. Ovvero un
match di diplomazia monetaria ben descritto da quelle «operazioni di guerra
non-militari» (barriere ecologiche/tariffarie all'import;
Approvato il bilancio
Negri Bossi ( da "Polimerica"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sono derivate dalla situazione di
crisi finanziaria e dei mercati che ha determinato una sensibile contrazione
dei volumi e dei margini del settore delle presse ad iniezione. Una situazione
che ha interessato l'intero comparto delle macchine ad iniezione: "Il
fatturato dei produttori europei sul mercato mondiale si è ridotto di quasi il
6% nel 2008 rispetto al periodo precedente;
Cina: Adb taglia stime
crescita al 7% nel 2009 dal precedente 8,2%
( da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: impatto della crisi finanziaria in
atto. L'istituto, con sede a Manila, aveva indicato nel suo report di dicembre
una previsione di +8,2% per il Pil cinese 2009. Per il primo trimestre, l'Adb
si aspetta un +6% dopo il +6,8% dell'ultimo quarto del 2008. Secondo
l'istituto, le politiche fiscali e monetarie messe in campo da Pechino
potrebbero riportare la crescita 2010 all'
*** Santander:vende 32,5%
gruppo petrolifero Cepsa a Ipic (Abu Dhabi)
( da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria, ha concordato la
vendita della sua quota del 32,5% nella compagnia petrolifera spagnola Cepsa al
fondo sovrano di Abu Dhabi, Ipic, al prezzo di 33 euro per azione (31,5 euro la
chiusura di ieri). Lo ha annunciato il ceo di Santander, Alfred Saenz, in una
nota, nella quale si precisa che anche la utility spagnola Union Fenosa ha
deciso di cedere la sua quota del
Fortis fa orecchie da
mercante ai conti 2008: titolo in evidenza in Borsa
( da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sul listino di Bruxelles il titolo
della società di servizi finanziari, travolta dalla crisi finanziaria e
suddivisa l'anno scorso tra lo Stato olandese e quello belga nell'ambito di un
salvataggio pubblico guadagna il 4,54% a 1,405 euro. L'istituto ha comunicato
questa mattina i conti dell'esercizio 2008, che si è chiuso con una perdita di
28 miliardi di euro,
L'Ocse vede contrazione
del pil del 4,3% nell'area ( da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: necessaria - ha aggiunto il
direttore generale dell'Ocse, Anguel Gurria - un'azione decisiva a veloce da
parte dei Governi per evitare che la crisi finanziaria si espanda e diventi una
crisi sociale con effetti che lasciano il segno sui lavoratori più vulnerabili
e sulle famiglie a più basso reddito". (Riproduzione riservata)
La crisi colpisce anche il
mondo del lusso: per gli analisti calo delle vendite nel 2009
( da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi colpisce anche il mondo
del lusso: per gli analisti calo delle vendite nel 2009 (31 Marzo 2009 - 08:08)
MILANO (Finanza.com) - Il magico mondo del lusso non si salva dalla crisi
finanziaria mondiale: le vendite nell'abbigliamento segneranno una battuta d?
Fortis: chiude 2008 con
rosso da 28 miliardi ( da "Trend-online"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la banca travolta dalla crisi
finanziaria, ha chiuso il 2008 con una perdita di 28 mld di euro. La perdita e'
superiore alle stime e si confronta con l'utile di 3,99 miliardi del 2007. Lo
riferisce l'agenzia Bloomberg citando un comunicato. Poche settimane fa, il
gruppo aveva indicato di puntare su una perdita di 22,5 miliardi di euro,
Torna il buio sulle Borse:
in fumo 127 miliardi ( da "Avvenire"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: SACCÒ L a fiducia che nelle ultime
settimane aveva trascinato il recupero dei mercati finanziari è stata sepolta
ieri da una pioggia di cattive notizie. La peggiore è stata il «no» della Casa
Bianca ai piani di General Motors e Chrysler. Ma ce ne sono state anche altre:
il primo salvataggio di una banca spagnola, le incertezze di Ocse e Bce sulle
possibilità di ripresa nel 2010,
Altro che BRETTON WOODS
( da "Manifesto, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e gli altri meccanismi e
comportamenti finanziari che hanno contribuito alla débâcle finanziaria
asiatica o comunque hanno rischiato di produrre nuove crisi. In realtà queste
istituzioni, invece di regolare il capitale finanziario, hanno fatto propria la
strategia del settore privato della «autoregolamentazione».
Banche e imprese: Come
migliorare l'intesa ( da "Denaro,
Il" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria affondi anche
l'economia reale". Nel corso del convegno moderato da Enzo Agliardi,
caporedattore del Denaro che si è soffermato sui pericoli legati alla
"stretta del credito", alla mancanza del sostegno creditizio al mondo
delle imprese, sono stati affrontati in modo strutturato e sistematico i temi
legati al miglioramento delle relazioni tra le imprese bancarie
COMUNICAZIONE. Si apre
domani a Perugia il Festival Internazionale del Giornalismo
( da "HelpConsumatori"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il ruolo dei media nella crisi
finanziaria internazionale, il post giornalismo e i nuovi linguaggi della
comunicazione, e la libertà dei giornalisti in rapporto alla pubblicità.
Saranno poi dedicati ampi spazi all'informazione in prima linea contro le mafie,
ai new media e alle nuove frontiere dell'informazione, e al "giornalismo
degli altri",
G20/ MEDVEDEV: SERVE
RADICALE REVISIONE SISTEMA FINANZIARIO -2-
( da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La Russia ritiene infatti che
l'attuale crisi finanziaria mondiale "e' attribuibile ad alcuni problemi
nel funzionamento del sistema di valute di riserva". E "stando cosi'
le cose, si dovrebbe pensare di creare un migliore equilibrio e decidere in che
modo questo sistema possa funzionare" ha detto il presidente.
DOHA/ PRENDE IL VIA
VERTICE PAESI ARABI-LATINO AMERICANI
( da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aprire mercati alternativi e
affrontare crisi finanziaria" -->Roma, 31 mar. (Apcom) - A quattro anni
dal primo appuntamento in Brasile nel 2005 organizzato per iniziativa del
presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva, nella capitale del Qatar,
Doha, ha preso il via stamane il II vertice tra i 22 paesi membri della Lega
Araba e 12 paesi dell'America Latina.
Banche: Saccomanni, forse
nostri parametri su capitale piu' rigidi
( da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in un intervento alla presentazione
del libro di Rainer Masera sulla crisi finanziaria. "Ci siamo sempre
battuti per regole comuni a livello internazionale per la valutazione della
qualita' del capitale e "abbiamo la sensazione che certi coefficienti
dell'8 per cento o del 10 per cento siano diversi da quelli di altri".
OCSE:RECESSIONE PER TUTTI,
PIL -4,3% NEL 2009 ( da "Wall
Street Italia" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I dati sono contenuti in un
documento dal titolo 'Nuove prospettive globali', nel quale si prevede che
''nel 2010 la crescita tornera' debolmente positiva, in quanto il
consolidamento del settore finanziario, la perdita di ricchezza generale e gli
effetti della crisi finanziaria, continueranno ad influenzare l'attivita'
economica''.(ANSA).
Crisi: Cardia, nuove
regole siano essenziali ed equivalenti
( da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del libro di Rainer Masera sulla
crisi finanziaria, anche l'importanza della trasparenza dei bilanci: "Da
quando sono alla Consob ho scoperto che c'e' il bilancio sopra e sotto la riga;
quello che sta sotto puo' distruggere la buona comprensione o addirittura provoca
il travisamento di quello che viene prospettato al risparmiatore che finisce
per essere la vittima di questa catena"
Allarme sulla
disoccupazione: l'Ocse la vede a due cifre
( da "Panorama.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dopo i mercati finanziari e le
banche è quindi ora la volta del mondo del lavoro e della sostenibilità
sociale, componente fondamentale, secondo [3] il ministro del Welfare, Maurizio
Sacconi, della stabilità economica. "Occorre ricostruire il circolo della
fiducia, partendo dalla protezione sociale, dalle persone.
BANCA MONDIALE: PIL
GLOBALE 2009 IN FORTE FRENATA AL -1,7%
( da "ITnews.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Solo nel 2010, dice la Banca, ''la
crescita tornera' debolmente positiva, in quanto il consolidamento del settore
finanziario, la perdita di ricchezza generale e gli effetti della crisi
finanziaria, continueranno ad influenzare l'attivita' economica''.
GIUSY FRANZESE ROMA. PIù
CHE UN'ACCUSA è UN'AMARA CONSTATAZIONE : ...
( da "Mattino, Il (Benevento)"
del 31-03-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: Trasformandosi in men che non si
dica da crisi finanziaria e bancaria a crisi dell'economia reale. A rimarcarlo
sono le previsioni ribadite ieri proprio durante il summit romano, dal
direttore generale dell'Ocse, Anguel Gurria: «Nel 2010 il tasso di
disoccupazione nell'area Ocse potrebbe avvicinarsi al 10% nella maggior parte
dei Paesi».
Dalla Chiesa cattolica 300
milioni per i poveri e una risposta a Fini: in Italia lo Stato etico non c'è
( da "Rai News 24"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Consapevoli della gravità e
dell'ampiezza della crisi finanziaria ed economica in atto - si legge nel
documento conclusivo del Consiglio permanente - i membri del consiglio
permanente hanno formalizzato la costituzione di un fondo di garanzia a
sostegno delle famiglie numerose o gravate da malattia o disabilità che abbiano
perso ogni fonte di reddito,
"Italia. Much
more": la risposta dell'Enit alla crisi
( da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: coinvolgono non solo i mercati
europei ed oltreoceano tradizionali, molti dei quali duramente colpiti dalla
crisi finanziaria ed economica ma, per la prima volta, anche quelli emergenti
come la Russia o il Brasile. Si mantengono stabili o in crescita alcuni Paesi
dell?Est Europa (Rep. Ceca, Ungheria, Polonia) e dell?Asia (Cina, India e
Corea)”
Crisi, la Cei attiva fondo
di 300 milioni per le famiglie povere
( da "Sestopotere.com"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: delle famiglie per consentire loro
di superare questa fase di crisi. Consapevoli della gravità e dell?ampiezza
della crisi finanziaria ed economica in atto, i membri del Consiglio Episcopale
Permanente della CEI hanno formalizzato la costituzione di un fondo di garanzia
a sostegno delle famiglie numerose o gravate da malattia o disabilità che
abbiano perso ogni fonte di reddito,
gennaro39 ha detto: Un
appello a tutti coloro che inviano un scritto ai giornali!! Per cortesia
evitate di usare parolacce e sproloqui, indipendentemente dal tema ed dalle
persone ( da "KataWeb
News" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Milano (-5,31%) fanalino
di coda. Crollano le banche e la Fiat
( da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha ricordato quanto la crisi
finanziaria abbia assunto dimensioni globali. La task force creata
dall'Amministrazione Obama ha indicato che la tutela dal fallimento (Chapter 11
secondo la legge americana) potrebbe essere l'opzione migliore per Gm, il cui numero
uno, Richard Wagoner, è stato costretto alle dimissioni.
Il Comune ridimensionale
manifestazioni pasquali ( da "Sicilia,
La" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Effetti della crisi finanziaria a
San Cataldo Il Comune ridimensiona le manifestazioni pasquali Mazzarino. Il
dissenso nel Pd fa vacillare la candidatura a sindaco del prof. Serafino Gueli.
Ecco quanto si legge in una lettera firmata da Enzo Marino e Enzo Mantione.
Approvato lo schema di
bilancioLo strumento ( da "Sicilia,
La" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Approvato lo schema di bilancioLo
strumento finanziario, esitato dalla Giunta, è stato trasmesso agli uffici di
presidenza del Consiglio Comune costretto a "stringere la cinghia"
per la crisi finanziaria e per le "Municipalizzate". Dopo il rilascio
dei locali dove era ubicata la delegazione comunale del quartiere Sacro Cuore,
in via Risorgimento,
Sicilia a macchia di
leopardo tra montagne di spazzatura e isole felici
( da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: si avvia verso una situazione di
grave crisi finanziaria anche l'Alto Belice ambiente, società che opera nel
comprensorio del Monrealese. Non mancano, tuttavia le mosche bianche, in grado
di fornire un servizio inappuntabile. Tra queste, la società Ct 5, dove sono
già attivi gli impianti di compostaggio e di selezione del secco.
UN'EUROPA POLITICA PER
AIUTARE L'ECONOMIA ( da "Lavoce.info"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Negli Stati Uniti, a ostacolare la
pulizia del sistema finanziario è una avversione ideologica all'intervento
pubblico nei mercati finanziari. Al contrario, in Europa è la difficoltà di
arrivare a un accordo sulla suddivisione dell'onere tra i vari stati europei a
complicare la soluzione del debito pendente.
Ibt, la ripresa ha bisogno
di un software ( da "Trentino"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Analogo processo s'è manifestato
nella crisi finanziaria, scoppiata con i subprime Usa e dilagata rapidamente
nel mondo. E' successo, ha spiegato Zadra, che regolatori e controllori avevano
costruito una sorta di perfettissima "fabbrica" in cui ogni singolo
processo era vigilato e monitorato da abili ingegneri della finanza.
Ocse: Frena Pil nel 2009
(-4,3%), banche italiane meno esposte
( da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dal dopoguerra, causata dalla crisi
finanziaria globale e aggravata dal collasso del commercio. Ma non è
paragonabile alla Grande Depressione degli anni Trenta. I numeri sono
attualmente pessimistici sulla crescita mondiale ma ci sono valide ragioni per
sperare in una ripresa nel 2010.
Biden frena sugli aiuti al
centroamerica: Serve "pazienza"
( da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha detto Biden ricordando gli
sforzi che la nuova amministrazione sta compiendo per arginare gli effetti
della crisi finanziaria internazionale. Dinanzi ai capi di Stato del Costa
Rica, Oscar Arias, del Guatemala, Alvaro Colom, del Salvador, Antonio Saca, e
del Panama, MartÍn Torrijos, il vicepresidente Usa detto che la “politica è
l?arte del possibile”
Gente al potere: e
cambiatelo questo sistema finanziario pag.1
( da "Trend-online"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e cambiatelo questo sistema
finanziario PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Alfonso Tuor ,
31.03.2009 18:19 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!!
i principali responsabili della crisi, il compito di acquistare grazie a linee
di credito garantite dallo Stato i titoli tossici e i prestiti in sofferenza
delle banche.
G20, tanto rumore per
poco. E l'America non fa più paura.
( da "Giornale.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per
tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente
solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione
dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è
che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Ora è crisi anche per lui
( da "AprileOnline.info"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a ogni forma di protezionismo, che
fa "male" all'economia. "Grazie", in questo senso, al primo
ministro inglese Gordon Brown che non si è fatto intimidire dalla protesta dei
lavoratori inglesi che volevano cacciare gli italiani, la cui azienda aveva
vinto, qualche settimana fa, una gara d'appalto per la realizzazione di un
nuovo impianto della Total.
Crisi all'ombra del
gigante ( da "AprileOnline.info"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha promesso un approccio congiunto
alla crisi dell'auto. Le tra grandi sorelle di Detroit (Ford, General Motors e
Chrysler) hanno numerosi stabilimenti anche in terra canadese. Quando, assieme
alla crisi finanziaria prima, economica dopo, è esplosa quella del settore
delle quattro ruote, ne hanno risentito soprattutto le fabbriche di oltre
frontiera.
Dai vescovi, 300 milioni
per i più poveri e una risposta a Fini
( da "Panorama.it"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ampiezza della crisi finanziaria ed
economica in atto". Dando corpo ad una iniziativa annunciata fin dal [4]
consiglio permanente dello scorso gennaio, ha spiegato Crociata, la Cei ha
raggiunto un accordo con l'Associazione bancaria italiana, la quale si è fatta
carico di fare da interfaccia con i singoli istituti di credito garantendo un
effetto di "
REP.CECA/ TOPOLANEK
PRESENTA 5 ALTERNATIVE DOPO CADUTA GOVERNO
( da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per dare un esecutivo al Paese in
modo da affrontare la crisi finanziaria e concludere in modo competente la
presidenza Ue. "Il nuovo governo dovrà essere formato in modo tale da
includere esperti e avere un sostegno politico a largo raggio", ha
aggiunto Paroubek spiegando che questo esecutivo, così composto, dovrà
occuparsi della bozza della Finanziaria 2010.
PORSCHE/ UTILI
QUADRUPLICATI A 5,5 MLD PRIMO SEM., MALE VENDITE
( da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2009 subiranno una forte
contrazione a causa della crisi finanziaria. La Porsche ha registrato nel primo
semestre, terminato il 31 gennaio 2009, utili per 5,5 miliardi di euro rispetto
a 1,3 miliardi dell'anno precedente, grazie all'aumentata quota in Volkswagen.
Ma Porsche non è restata immune alla crisi che ha colpito tutto il settore
auto, con le vendite che sono calate del 12,
G20, il Papa scrive a
Brown "Garantire famiglie e lavoratori"
( da "KataWebFinanza"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
G20, il Papa scrive a
Brown "Garantire famiglie e lavoratori"
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
Papa a Brown prima del
G20: non dimenticate l'Africa ( da "Reuters
Italia" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per affrontare la crisi finanziaria
globale non deve dimenticare l'Africa. Il Pontefice, che nei giorni scorsi ha
visitato il Camerun e l'Angola, ha segnalato che il Sud Africa sarà l'unica
nazione del continente a essere presente al summit del Gruppo dei 20. "La
situazione deve suscitare una profonda riflessione tra i partecipanti al
summit,
##G20/ Russia fa asse con
Cina, Medvedev: nuovo ordine... ( da "Virgilio
Notizie" del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La Russia in particolare ritiene
che l'attuale crisi finanziaria mondiale "e' attribuibile ad alcuni
problemi nel funzionamento del sistema di valute di riserva", dice
Medvedev. E "stando cosi' le cose, si dovrebbe pensare di creare un migliore
equilibrio e decidere in che modo questo sistema possa funzionare" ha
detto il presidente.
##G20/ RUSSIA FA ASSE CON
CINA, MEDVEDEV: NUOVO ORDINE... -2-
( da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La Russia in particolare ritiene
che l'attuale crisi finanziaria mondiale "e' attribuibile ad alcuni
problemi nel funzionamento del sistema di valute di riserva", dice
Medvedev. E "stando cosi' le cose, si dovrebbe pensare di creare un
migliore equilibrio e decidere in che modo questo sistema possa
funzionare" ha detto il presidente.
G20, Obama e Michelle a
Londra spno accompagnati da 500 persone
( da "KataWebFinanza"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: da capo di Stato in un vertice
internazionale che sar tutto dedicato alla crisi finanziaria e alle ricette
coordinate dei paesi. Nella valigetta Obama avr la sua proposta di adottare
piani di stimolo economico intorno al 2 per cento del Pil, nel tentativo di
convincere un Europa recalcitrante all'idea di mettersi al pari degli Usa sugli
interventi per la crisi.
G20, Obama e Michelle a
Londra spno accompagnati da 500 persone
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: da capo di Stato in un vertice
internazionale che sarà tutto dedicato alla crisi finanziaria e alle ricette
coordinate dei paesi. Nella valigetta Obama avrà la sua proposta di adottare
piani di stimolo economico intorno al 2 per cento del Pil, nel tentativo di
convincere un Europa recalcitrante all'idea di mettersi al pari degli Usa sugli
interventi per la crisi.
A PARIGI CENTO LAVORATORI
INFURIATI "RAPISCONO" IL MILIARDARIO (IN EURO) PINAULT UN'ORA DI
TENSIONE E POI LA POLIZIA LIBERA IL PADRONE DI GUCCI, SAINT LAURENT, ETC.
CINQUE DIRIGENT ( da "Dagospia.com"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: caccia al manager comincia a essere
un vero a proprio fenomeno in un'Europa scossa dalla crisi finanziaria. Non si
tratta certo di un caso senza precedenti in Francia: solo il 12 marzo scorso
l'amministratore delegato della Sony francese era stato virtualmente
sequestrato dai dipendenti e costretto a passare la notte nella fabbrica di
Pontonx-sur-l'Adour, che chiuderà ad aprile;
diciamolochiaro ha detto:
Gennaro ma che dici? Intanto firmati con un nome spagnolo e non napoletano,
dato che DA COME SCRIVI si vede lontano un kilometro che sei straniero.
( da "KataWeb News"
del 31-03-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Stampa, La" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Hu Jintao
pretende che i Paesi emergenti abbiano più voce all'interno del Fondo
[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Nemici-amici, Stati Uniti e Cina terranno domani
il primo meeting al massimo livello dal cambio della guardia a Washington. Nel
faccia a faccia, i presidenti Obama e Hu Jintao dovranno rimettere nelle scarpe
i sassolini che si sono levati i due governi negli ultimi mesi, e trovare la
parole giuste per non lasciare Londra più lontani di quanto non lo siano oggi.
Il ministro americano del Tesoro Tim Geithner, appena nominato, aveva esordito
riferendosi alla Cina come a dei «manipolatori» della loro valuta, di fatto
chiedendo una rivalutazione dello yuan. E Pechino aveva ribattuto con un
uno-due che non poteva essere più sonoro. Con una prima mossa lo stesso premier
cinese Wen Jimbao aveva espresso seria «preoccupazione» per il fatto che le
riserve valutarie cinesi sono sbilanciate in titoli di Stato americani,
ammonendo gli Usa a non esagerare in una politica dispendiosa che può attivare
l'inflazione e minare i 1000 miliardi di bond in dollari oggi nei forzieri
cinesi. E una settimana fa il governatore della banca centrale cinese Zhou
Xiaochuan ha pugnalato il dollaro: «per le transazioni commerciali serve una
valuta internazionale», aveva scritto. Ed era arrivato a indicare il rimpiazzo
del biglietto verde con i «diritti speciali di prelievo», sorta di scudo
sintetico per la contabilità del Fmi in cui sono ora rappresentate le valute
forti, ma che dovrebbe essere riformato, secondo la Cina, per accogliere le
monete emergenti. Proprio sul terreno del Fmi si giocherà al G20 la partita più
dura. Obama vuole rafforzarne il peso, e spinge per un apporto di 500 miliardi
di dollari che renda il Fondo in grado di sostenere le economie più deboli,
come è avvenuto di recente con Islanda e Pakistan. In tutto, il Fmi ha erogato
circa 50 miliardi in prestiti a 13 Paesi negli ultimi 12 mesi. Gli Usa faranno
la loro parte nel rifinanziamento con 100 miliardi, che comunque richiederanno
tempi più lunghi perchè in America è previsto il voto del Congresso per questi
contributi. Uno stesso ammontare dovrebbe venire al Fmi sia dal Giappone sia
dalla Unione Europea. Ma quando Obama chiederà un simile esborso a Hintao si
sentirà fare una controproposta in tre punti. La cifra è troppo alta, al
massimo i miliardi potranno essere 50; e comunque verranno solo in cambio di un
maggiore potere per sè e per gli altri Paesi emergenti, che non sono nella
stanza dei bottoni, le cui chiavi sono ora in mano al francese Dominique
Strauss-Khan. Usa e Ue si spartiscono per tradizione le presidenze delle
istituzioni globali, Banca mondiale agli Usa e Fmi all'Europa, ma questo
equilibrio non riflette più il contributo al Pil mondiale delle diverse aree
del mondo. Il G20 che sta soppiantando come super-appuntamento tra i potenti il
vecchio G8 è già una presa d'atto. Secondo:il presidente cinese insisterà con
Obama, e poi con gli altri leader occidentali, per un ulteriore rafforzamento
della sua quota di rappresentanza nei consessi decisionali, dopo l'incremento
ad hoc che la stessa Cina, la Turchia, la Corea del sud e il Messico avevano
ottenuto meno di due anni fa. Fissare le quote-Paese è decisivo per determinare
i contributi delle diverse economie e i diritti di voto nell'assemblea. La Cina
ha già fatto sapere che il criterio per stimare gli obblighi di finanziamento
di una nazione non dovrebbe essere la dimensione delle sue riserve valutarie,
bensì la produzione pro capite, che nel caso di Cina e India è ancora bassa.
Terza mossa: la Cina potrebbe sottoscrivere bond del Fmi, se
il Fondo deciderà di emetterli raccogliendo per la prima volta risorse sul
mercato dei capitali. Più che una promessa, è la minaccia di ridurre i titoli
del governo Usa nelle riserve cinese. Infine, Pechino darà anche una paradossale
lezione di capitalismo: no al protezionismo, dirà Hintao ad Obama.
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( da "City" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
L'ong: "10 milioni di bambini alla fame" Dieci milioni di
bambini nel mondo rischiano di morire di fame nel corso dei prossimi anni a
causa della crisi finanziaria internazionale. È partendo da una serie di numeri impressionanti
che la ong Save the Children ha lanciato un appello ai leader del G20 di
giovedì. 31 marzo 2009
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( da "Stampa, La" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
VILLAR PEROSA
APPELLO ANCHE AI POLITICI DOPO IL LORO LICENZIAMENTO Il documento inviato ai
mass media sarà distribuito con un volantinaggio "Scusate i disagi causati
da tutti i nostri scioperi" Lettera aperta dei 77 dipendenti della
Stabilus [FIRMA]DEVIS ROSSO Altri 77 lavoratori senza posto di lavoro. La
Stabilus, multinazionale tedesca leader mondiale nella produzione di ricambi e
accessori auto, chiuderà lo stabilimento di Villar Perosa. Colpita
dalla crisi finanziaria
americana, la Stabilus ha annunciato una sovracapacità produttiva e un piano di
risanamento aziendale. Risultato: la chiusura degli stabilimenti che sono
all'estero. Per i lavoratori di Villar Perosa è stato un fulmine a ciel sereno.
«L'azienda spiega Enrico Tron della Fim-Cisl di Pinerolo funzionava bene.
L'ambiente interno è sempre stato ottimo. C'erano turni a scorrimento e, se
necessario, si lavorava sabato e domenica per rispettare i tempi di produzione
e consegne. Oggi lo stabilimento paga colpe non sue, ma derivanti dalla
situazione internazionale». All'indomani dei presidi e dei cortei dei
lavoratori per cercare di recuperare una situazione che appare ormai
compromessa («Abbiamo sempre contribuito al benessere dell'azienda e oggi, di
colpo, ci ritroviamo con la lettera di licenziamento in mano», scrivono i
dipendenti), gli operai si affidano anche ad una lettera per sensibilizzare
l'opinione pubblica. «Ci scusiamo per i disagi che vi stiamo provocando con la
nostra manifestazione dicono i dipendenti della Stabilus - ma fino a qualche
giorno fa, ovvero quando avevamo il lavoro, forse anche noi eravamo poco
sensibili a queste cose, ma la nostra storia insegna che nessuno è intoccabile.
Non sappiamo nemmeno bene in quale modo potreste aiutarci dicono -, ma la
vostra pazienza e già un segno di solidarietà. Aiutateci a non gettare la
spugna. Scioperare e manifestare è inutile perché ormai i giochi sono fatti?».
I lavoratori chiedono poi aiuto alla politica: «Siamo in periodo di campagna
elettorale dicono -, e una pacca sulle spalle non la si nega a nessuno, ma ci
serve altro dalla politica, magari un po' di protagonismo in meno e qualche
idea in più, provando a capire quale sarà il futuro di queste valli». Nel
Pinerolese che perde un altro tassello della propria produzione industriale
emerge però un paradosso: «Perché in periodo di crisi
la Stabilus, tedesca, concentra le proprie aziende in Germania dice Tron
mentre l'Indesit, che ha capitali italiani, chiude e trasferisce la produzione
in Polonia?».
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( da "Stampa, La" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
SERRAVALLE.OGGI
ALTRO SUMMIT I sindacati della Kme "Contro i 70 esuberi contratti di
solidarietà" Verso la cassa integrazione straordinaria alla Kme, mentre
tra i dipendenti scatta la paura della «lista» degli esuberi. I lavoratori si
aspettano molto da un nuovo incontro oggi a Firenze tra la dirigenza del
Gruppo, l'Unione Industriali di Alessandria e i sindacati Fim e Fiom. Si
affronterà solo la questione riguardante i 70 esuberi del sito di Serravalle.
Domani sarà presa in esame la situazione globale, legata ai 215 licenziamenti
annunciati per l'intero gruppo: Serravalle, Fornaci di Barga e gli uffici di
Firenze. «L'azienda ha annunciato per Serravalle un esubero di 70 persone -
dice Gianni Garofalo, segretario provinciale Fim Cisl - e pensa di intervenire
legando i licenziamenti a 30 pensionamenti utilizzando poi la cassa
integrazione e la mobilità. Ma il numero delle persone prepensionabili non è
suffragato da prove certe. Se il numero scendesse a 10, significherebbe che a
Serravalle ci sarebbero 60 persone il cui futuro sarebbe un'incognita. Che fine
faranno allora? La proposta che presenteremo in trattativa, è di intervenire
con contratti di solidarietà, ovvero lavorare meno ma lavorare tutti. In questo
caso si eviterebbe ogni forma di licenziamento perché dopo un anno, alla fine
del percorso, il contratto potrebbe essere prorogato di un altro anno e ciò
servirebbe a uscire dalla fase acuta della crisi».
«Come Rsu - aggiunge Corrado Bagnasco - cercheremo di affrontare nei dettagli
la situazione del sito di Serravalle, partendo dai dati certi che ci darà
l'azienda e insieme cercare di organizzare il lavoro». La crisi
della Kme è divampata con le speculazioni del mercato del rame che da 2 mila
dollari alla tonnellata salì a oltre 8 mila dollari. Diventando
il prodotto meno competitivo sul mercato, quando il prezzo è sceso
drasticamente c'è stata la crisi finanziaria che si è tradotta in crisi industriale. Gli accordi definitivi tra dipendenti e Gruppo Kme
saranno siglati a Roma al Ministero del Lavoro: i lavoratori sperano entro la
fine di aprile.
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( da "KataWeb News"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 14 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno
di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine
massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per
facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di
interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000
euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero»,
un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie
l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo
legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha
protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che
alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!
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( da "Italia Oggi (MarketingOggi)"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi Numero
076 pag. 21 del 31/3/2009 | Indietro Crisi? Lusso senza
qualità addio MARKETING OGGI Di Francesca Sottilaro Gli scenari 2009 secondo
l'indagine Fondazione Altagamma. Focus su clienti e taglio dei costi Margini al
palo (-21%), sopravvive chi investe sul prodotto Comunicare (e produrre)
qualità aspettando che la recessione faccia il suo corso. è una via obbligata
quella dei marchi dell'alto di gamma alle prese con la più endemica crisi finanziaria e dei consumi degli ultimi dieci anni. Il
consiglio di fare un passo indietro per rendere più credibile al mercato e ai
potenziali clienti il proprio biglietto da visita arriva dal cuore della
Fondazione Altagamma riunitasi ieri a Milano per studiare gli scenari di un
incerto 2009. «Invito gli imprenditori a non perdere di vista il lungo
termine», ha spiegato Leonardo Ferragamo, presidente di Altagamma, «con la
consapevolezza che il breve periodo sarà molto difficile, perché in gioco c'è
la sopravvivenza stessa delle aziende». Le indicazione elaborate dagli analisti
di Merrill Lynch, Deutsche Bank, Bain and company e Bernstein parlano di «un
significativo calo» dei consumi per l'anno in corso, con pesanti ripercussioni
sul settore casa (-15%), su quello di orologeria e gioielli (-12%) e
sull'abbigliamento (-9%), mentre i comparti che limiteranno le perdite saranno
quello di scarpe e accessori (-9%) e di profumi e cosmetica (-4,1%) ultimo
status symbol da esibire anche in tempi di crisi. In
generale, i margini per l'intero settore del lusso nel 2009 sono stimati in
perdita del 21%. E anche a livello geografico non se la passa bene. Tutti i
paesi ad eccezione della Cina e più debolmente dell'America Latina prevedono un
segno negativo, mentre l'Italia appare più in sofferenza rispetto al resto
dell'Europa Occidentale. «è vero che la crisi è
soprattutto finanziaria», spiega Paola Durante,
director della divisione Investment banking di Merrill Lynch, «ma promozione
del marchio e investimenti sul prodotto restano le voci di spesa su cui le
aziende non devono risparmiare anche in questo stato di transizione». Sul banco
degli imputati vi è però qualche distrazione dei marchi del lusso. «Complici
noi consumatori e la voglia di spendere la qualità è stata alcune volte
sacrificata nonostante i prezzi in vetrina», sottolinea a ItaliaOggi, «mentre a
livello produttivo, studiando le singole realtà sono ancora troppi gli sprechi,
è qui che bisogna intervenire, ma mai a scapito del brand». Sullo sfondo la
relazione di Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce che
non lascia spazio a equivoci. «La produzione economica», ha detto ieri, «non
tornerà sugli stessi livelli precedenti alla crisi, semmai su un livello più basso».
A detta di molti, se ogni débcle finanziaria del passato ha lasciato il segno questa è destinata a riportare
il focus sulla qualità e la relazione con il cliente. «Dopo la crisi petrolifera degli anni 70 è nato
il prêt-à-porter, mentre la bolla cinese degli anni 90 ha portato alla
globalizzazione del lusso», sottolinea Armando Branchini, segretario
generale di Fondazione Altagamma, «oggi parlerei di un venir meno della bolla
del lusso e un ritorno ai valori». I consigli che fanno scuola? «Prima di tutto
non tradire i consumatori», sottolinea Stefano Sassi, presidente e
amministratore delegato di Valentino, «i prezzi alti non giustificati dalla
valenza del prodotto sono destinati a sparire per far spazio al lusso di grande
qualità, l'unico lusso». Basta insomma a magliette da 5 dollari vendute a 200
euro, oltraggio a chi spende e facilmente aggredibili dal comparto fast fashion
e largo invece a una concezione veritiera dell'alto di gamma. «A soffrire»,
aggiunge Claudia D'Arpizio, partner di Bain & company, specializzata in
moda e lusso, «sarà chi non garantirà la necessaria durabilità». Mentre reggerà
sempre il settore bellezza: come dire moriremo poveri ma senza rughe.
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( da "Italia Oggi (MarketingOggi)"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi Numero
076 pag. 23 del 31/3/2009 | Indietro Meno fiducia verso le
banche? La gdo inglese ne approfitta MARKETING Di Marco A. Capisani
Chi non ha paura della crisi finanziaria internazionale? Tesco, probabilmente. Anzi: l'insegna britannica
della grande distribuzione organizzata (nella foto) intende approfittare del
calo di fiducia dei risparmiatori verso le banche e lancerà in 30 punti vendita
inglesi, entro la fine dell'anno, il nuovo marchio Tesco bank. Tra i
prodotti offerti dal nascente istituto, ci saranno pacchetti assicurativi, di
risparmio e carte di credito mentre, tra quelli in cantiere, ipoteche
immobiliari e conti corrente. Tesco ottimizza così l'esperienza fatta con Tesco
personal finance (Tpf), banca commerciale telefonica e on-line del gruppo
britannico (fino alla scorsa estate partecipata anche da Royal bank of
Scotland), e soprattutto fa tesoro dei risultati ottenuti dalla sperimentazione
dello stesso marchio bancario in un supermercato di Glasgow, dal 2006 a oggi.
Telecomunicazioni e vendite dirette sono, invece, gli altri settori in cui il
gruppo distributivo di Sua maestà avrebbe intenzione di investire per la sua
strategia di sviluppo dei prossimi anni.
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( da "Finanza e Mercati"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Deutsche Bahn
spia gli addetti e il chief executive si dimette da Finanza&Mercati del
31-03-2009 Hartmut Mehdorn, chief executive di Deutsche Bahn, si è dimesso
dall'incarico dopo che le ferrovie tedesche hanno ammesso di aver spiato
migliaia di dipendenti. Mehdorn è stato al vertice di Deutsche Bahn per quasi
un decennio, raddoppiando il giro d'affari dell'azienda e
portandola a un passo dalla privatizzazione, operazione prevista per lo scorso
autunno ma in stand-by per la crisi finanziaria. Mehdorn ha dichiarato di non essere al corrente dello
spionaggio interno ma, chiedendo scusa per quanto successo, ha scelto di
lasciare per permettere una più rapida soluzione della vicenda.
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( da "Arena, L'" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 PROVINCIA Pagina 35 POVEGLIANO Convegno sulla crisi
con direttori di banche La ricaduta nella realtà locale della crisi economica sarà l'argomento di una conferenza che si
terrà nella sala civica Savoldo, di fronte a villa Balladoro, giovedì alle
20,45. Al convegno, organizzato dal Gruppo di Centro per Povegliano,
parteciperanno il direttore della Caritas diocesana, i presidenti provinciali
della Confcommercio e dei costruttori edili, il presidente dell'associazione
imprenditori Villafranca e i direttori delle banche di Povegliano. «Si
discuterà e si potranno avere informazioni», spiega Leonardo Biasi, vicesindaco
ed esponente del gruppo, «su alcuni aspetti della situazione attuale: le
difficoltà che incontrano le aziende del circondario e le conseguenze
sull'occupazione nei prossimi mesi». Nodi centrali della crisi finanziaria che ha investito i
mercati è infatti l'apertura del credito alle industrie da parte delle banche
che, in caso di difficoltà, possono accedere ai fondi messi a disposizione
dallo Stato. Inoltre, le serie ricadute sui posti di lavoro nelle aziende in crisi. «Cercheremo risposte»,
spiega Biasi, «anche alle domande più comuni: se le famiglie, per esempio, sono
ancora in grado di pagare i mutui, se sta aumentando il numero dei nuovi poveri
nel nostro paese, se i nuclei familiari stanno cambiando le loro abitudini nei
consumi, se c'è qualche elemento di certezza per dire quando questa crisi economica finirà». Inoltre, durante la serata, un
esperto parlerà della legge regionale sull'ampliamento degli immobili.GI.BO.
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( da "Repubblica, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 33 -
Commenti OBAMA, il G20 e l´EUROPA che non c´è TIMOTHY GARTON ASH Questa
settimana Barack Obama sarà a Londra e scoprirà che al tavolo del G20 una
grande potenza è assente: l´Europa. Dei venti leader del vertice mondiale
cinque saranno europei, in rappresentanza di Francia, Germania, Gran Bretagna e
Ue, ma il tutto sarà minore della somma delle sue parti. Ci saranno tanti
europei ma nessuna Europa. Il premier britannico Gordon Brown parlando al
Parlamento europeo la scorsa settimana ha detto che l´Europa ha un ruolo
straordinario nel guidare il mondo ad affrontare le sfide della
globalizzazione. Sarà, ma al momento fa impressione come non riesca ad assumere
quel ruolo. La risposta europea alla crisi finanziaria ed economica più grave
mai verificatasi dall´avvio del processo di integrazione europea più di
cinquant´anni orsono è stata una risposta debole e frammentaria. Sia la Cina
che gli Usa hanno varato massicci interventi di stimolo all´economia. A
confronto finora l´Europa ha messo sul tavolo solo bruscolini. Secondo le stime
recenti dell´economista francese Nicolas Baverez i pacchetti di stimolo europei
ammontano complessivamente al 1,5 per cento circa del Pil, negli Usa al 12 per
cento. Gli europei fanno quindi relativamente poco ma sono dediti ad altre due
loro caratteristiche attività: si litigano i bruscolini, e trovano da ridire
sugli americani. L´economista Christoph Schmidt, uno dei cosiddetti cinque
"saggi" consulenti del governo tedesco, rimprovera aspramente agli
Stati Uniti di gonfiare il debito nazionale e di rischiare l´inflazione
stampando moneta. Non ha torto, ma al contempo la Germania aspetta ancora una
volta che i consumatori americani risollevino l´export tedesco spendendo quei
dollari. è un po´ come sputare nel piatto dove si mangia. La solidarietà
europea non si estende neppure agli altri europei. La settimana scorsa i
governi della Ue ancora litigavano a Bruxelles sulla ripartizione di un fondo
per le infrastrutture del valore di 5 miliardi di euro. Un´inezia. La Francia
non è l´unica ad aver introdotto misure nazionali di stimolo che di fatto
limitano la concorrenza leale sancita nell´ambito del mercato unico europeo.
Quanto ai cugini poveri dell´Europa dell´Est, sono in gran parte lasciati a
badare a se stessi � anche se i ricchi europei dell´Ovest intercederanno
graziosamente presso l´Fmi perché sia più generoso. La visita di Obama in
Europa, che lo vedrà dopo il G20 al vertice Nato e a Praga per un incontro
Ue-Usa, avrà come oggetto anche la politica estera e di sicurezza. Ad essere
onesti gli europei hanno dato vita ad una azione comune in campo diplomatico
con l´Iran, anche se resta da vedere se questa unità d´intenti sopravvivrà ad
una richiesta americana di inasprire le sanzioni economiche contro Teheran. Su
gran parte degli altri grandi temi dell´agenda di Obama � Afghanistan,
Pakistan, i rapporti con Russia e Cina, la proliferazione nucleare � l´Europa
è assente. Ci sono i singoli paesi europei. Diversamente da George W. Bush agli
esordi del primo mandato il presidente Obama ha l´attitudine, sia sotto il
profilo ideologico che pratico, a collaborare con un´Europa più forte e più
unita. Ma neppure Obama può operare assieme a qualcosa che non esiste.
Guardando al passato si comincia a capire che da un decennio l´Europa tenta di
sviluppare un´azione unica senza riuscirci. Un decennio iniziato con il
progetto ambizioso di una Costituzione europea che si conclude con quello che
sarà il destino del trattato di Lisbona, obiettivo assai più modesto, appeso al
tentativo di persuadere gli irlandesi a trasformare il loro no in un sì con
metodi di dubbio carattere democratico. Se avessimo speso metà del tempo
sprecato nel dibattito costituzionale semplicemente a coordinare meglio il
nostro operato in base ai trattati esistenti, ci troveremmo oggi in una
posizione migliore. L´Europa non fa seguire i fatti alle parole. Ciascuno stato
membro dell´Ue ha una qualche responsabilità in questo caos, al pari della
leadership istituzionale a Bruxelles. Ma la colpa è da attribuire soprattutto
ai tre stati membri più grandi. è stato il "no" francese ad uccidere
il trattato costituzionale originale. Il governo del New Labour è andato al
potere in Gran Bretagna nel 1997 promettendo un´era del tutto nuova nei
rapporti di questo paese con l´Europa. Invece la Gran Bretagna è tornata al suo
comportamento usuale, preferisce fare da spalla a Washington piuttosto che
essere tra i primi attori sul palcoscenico europeo. Il primo ministro
britannico davanti al Parlamento europeo ha detto che la Gran Bretagna «non si
considera un´isola staccata dall´Europa, ma un paese al centro dell´Europa».
Beh, parli per lui. Dubito che questo valga per la maggior parte dei
britannici. In realtà, ispirato da Brown, invito i sondaggisti britannici a
porre ad un campione rappresentativo dell´opinione pubblica del mio paese
questa precisa domanda: «Considera la Gran Bretagna un paese al centro
dell´Europa?». Ammesso che sia vero che la Gran Bretagna si "vede"
così, non è certo come ci vedono gli altri, in Europa o oltre i confini
europei. L´impegno europeo della Gran Bretagna scemerà ulteriormente sotto i
conservatori, se vinceranno le prossime elezioni. Senza la Gran Bretagna non
può esistere una politica estera europea seria. Ma il maggior cambiamento si è
avuto in Germania. Dieci anni fa Helmut Kohl aveva appena lasciato l´incarico
di cancelliere. La Germania era ancora il principale paese europeo, quello più
impegnato nel processo di unificazione. Si levavano però voci, da destra e da
sinistra, che invitavano la Germania a uscire dall´ombra e a diventare un paese
"normale", intendendo più simile alla Francia e alla Gran Bretagna. A
dieci anni di distanza queste voci hanno trionfato. L´odierna repubblica di
Berlino non si fa scrupoli ad anteporre i propri interessi nazionali a breve
termine. Magari non è quello che personalmente preferisce Angela Merkel, ma
nell´anno del voto la competizione elettorale è intensa e a vincere non saranno
i politici che propongono di sacrificare anche un solo posto di lavoro, un solo
euro o un solo soldato tedesco ai più ampi interessi europei o dell´Occidente.
«Che cosa? Salvarli a nostre spese?», è il grido populista degli alleati della
Merkel, quei politici della Csu che lottano per sopravvivere in Baviera. I
socialdemocratici, alle prese con la sfida populista lanciata da un partito che
si chiama La Sinistra, non se la passano meglio. Non è una novità che Francia e
Gran Bretagna abbiano un comportamento da Francia e Gran Bretagna. Plus ca
change, plus c´est la meme chose. La novità è che la Germania oggi ha un
comportamento da Francia e Gran Bretagna. Così come stanno le cose né gli
americani né i cinesi vedono l´Europa come partner unitario, coeso. Pare che il
G20 sia sempre più accettato come nuovo contesto istituzionale finalizzato
all´azione collettiva globale, quanto meno nell´ambito della politica finanziaria e economica, ma niente più che un contesto.
Perché questi contesti funzionino è imprescindibile, dietro le quinte, una
coalizione strategica dei principali attori. A Pechino, da dove scrivo, come a
Washington, sempre più spesso si sente parlare di un "G2" all´interno
del G20. G2 significa Usa e Cina. Ma è l´Ue, non la Cina ad avere un´economia
pari in dimensioni a quella statunitense. In particolare in politica economica
la coalizione strategica dovrebbe essere il G3. Ma l´Europa dov´è? Se l´Europa
si tira indietro e rinuncia al ruolo ancora disponibile che sia gli Usa che la
Cina tutto sommato vorrebbero che interpretasse, non si tratta di una scelta
consapevole. Ma anche quella di non scegliere è una scelta. Se andiamo avanti
così noi europei avremo scelto di non restare uniti e finiremo per andare
ognuno per conto suo. www. timothygartonash.com Traduzione di Emilia Benghi
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( da "Repubblica, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XI - Roma
Al via l´apertura di una seconda sede: almeno 120 assunzioni fra tecnici ed
analisti di bilancio La Consob raddoppia a Roma un "argine" contro la crisi VALENTINA CONTE Roma diventerà la capitale finanziaria d´Italia. Muta lo scenario,
aumentano le funzioni della Consob, vera "diga" contro la crisi finanziaria. E le sedi: l´autorità
di vigilanza guidata da Lamberto Cardia sta per inaugurare la sua seconda sede
romana, vicina al quartier generale di piazza Verdi, funzionale
all´accresciuta mole di lavoro. E sta per assumere un numero di analisti e
funzionari superspecializzati (il personale è equiparato a quello della Banca
d´Italia) non inferiore a 120 ma che potrebbe arrivare a 3-400. è una grossa
notizia per l´economia romana, la consacrazione del ruolo centrale che assume
la finanza in una piazza considerata finora fuori dai grandi giochi del
capitale, quello che conta, non quello delle "partecipazioni
statali". L´innovazione è stata tale da far riscrivere il testo unico
della finanza, decalogo per il controllore del mercato. Il progetto di
espandere i mezzi per risolvere i problemi della finanza ha coinvolto con un
potenziamento la sede milanese e poi quella romana, dove la Consob ha base in
via G.B.Martini. La legge del risparmio consente di sbloccare la pianta
organica, ferma a 450 unità e salita un anno fa a 700, mentre i dipendenti sono
570: limite ulteriormente superabile per adeguarsi alle nuove necessità visto
che è fissato con un semplice decreto del ministero dell´Economia. Con ogni
probabilità sarà ampliato: il bando di gara pubblicato nei giorni scorsi per
l´appalto del sistema informativo (base d´asta 25,6 milioni, gara in maggio)
prevede la revisione di 780 pc, 327 stampanti, 1.052 telefoni e la gestione
della sicurezza, ma cita esplicitamente «l´apertura di una nuova sede a Roma».
Nuova di zecca, come i computer.
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( da "Tirreno, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 7 -
Pontedera Studenti e lezione di economia e legalità PONTEDERA. Gli studenti del
"Marconi" a lezione di economia e legalità. In occasione delle
manifestazioni per la Legalità che si sono svolte in questi giorni anche l'Itis
"G. Marconi" si è fatto promotore di iniziative per favorire la
riflessione su questo tema. Due incontri in cui gli studenti diventano essi
stessi testimoni. Nel primo è parlato di crisi del'29
rapportata all'oggi, nel secondo di legalità, giustizia, rapporto fra
magistratura e cittadini. Un esperto del mondo bancario e finanziario, il dott.
Enrico Pelosini, e un giudice per le indagine preliminari, il dott. Simone
Silvestri. Dopo aver seguito alcune lezioni in classe sia sulla situazione
storica in cui si sono sviluppate le due crisi
finanziarie ed economiche, sia sulla legalità partendo dai più recenti fatti di
cronaca, gli studenti delle classi quarte e quinte hanno partecipato a queste
lezioni ormai non insolite per gli studenti del Marconi. Enrico
Pelosini ha descritto la "crisi del '29" individuandone le cause per poi riflettere sulle
possibili affinità con quella attuale e le differenze profonde: la prima fu una
crisi di eccesso di
produzione di beni mentre l'attuale è da assegnare alla crisi finanziaria e non dell'industria.
Il Gip Silvestri, partendo dalla descrizione di un caso, ha approfondito le
tematiche generali dei rapporti tra Magistratura, opinione pubblica e
cittadinanza definendo con grande attenzione la differenza tra queste due
realtà per poi passare alla definizione del concetto di imparzialità delle
leggi e della amministrazione della Giustizia. Le lezioni fanno parte del
progetto "Vivere la Storia" coordinata dai docenti Daniela Bernardini
e Luigi Puccini. Stavolta i testimoni della storia sono stati proprio i giovani
con i loro problemi legati all'inserimento nel mondo del lavoro,
all'indebitamento delle famiglie, alla perdita della sicurezza economica, ma
anche al confronto con il diverso, con i cambiamenti sociali, con la riforma
della giustizia. Tante le domande alla fine degli interventi: dai mutui dei
genitori alle spese per l'apertura dei conti bancari; dalla sicurezza dei
cittadini alle ronde, al rapporto tra mondo politico e magistratura.
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( da "Repubblica, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 6 -
Economia Pericolo default Idee comuni Il commissario all´Economia alla vigilia
del G20: l´Europa parlerà con una voce sola Almunia: "Ancora rischi dal
credito ma forse la primavera sta arrivando" I paesi dell´euro devono fare
di tutto per evitare di trovarsi in situazione di rischio, noi non possiamo
intervenire Tra Ue e Usa punti di intesa molto importanti, due anni fa un tale
grado di consenso sarebbe stato inimmaginabile ANDREA BONANNI DAL NOSTRO
INVIATO BRUXELLES - Si aspetta una serie di decisioni concrete e importanti
contro la crisi dal vertice del G20 a cui parteciperà dopodomani a Londra, e
allo stesso tempo comincia a sperare che si possa intravedere la fine del
tunnel della recessione. Pur con tutta la sua abituale prudenza, il commissario
europeo agli affari economici, Joaquin Almunia, appare quasi ottimista. «Forse
sta davvero arrivando la primavera», commenta ricevendo nel suo ufficio un
ristretto gruppo di giornalisti. Commissario, i britannici, che lo ospitano,
sembrano voler abbassare le aspettative sui risultati del G20. Sarà l´ennesima
delusione? «E perché mai? Io credo invece che ci saranno conclusioni importanti
su almeno cinque temi molto concreti. Primo: c´è un forte grado di consenso
sulle politiche macroeconomiche da adottare per superare la crisi, sia in campo
monetario sia in campo di politiche di bilancio. Secondo: ci
sarà un chiaro impegno a combattere il protezionismo e a rilanciare il commercio mondiale. Terzo: ci saranno
risultati concreti per rafforzare il Fmi e le altre istituzioni finanziarie internazionali. Quarto: c´è
accordo su una lunga lista di azioni per migliorare la regolamentazione e la
supervisione dei mercati finanziari. Quinto: si deciderà di rafforzare e in qualche modo
istituzionalizzare il Financial Stability Forum allargandone la partecipazione
dal G8 al G20 più la Commissione. Mi sembra che siano risultati molto
positivi». Chi parlerà a nome dell´Europa? «Parlerà la presidenza, che sarà
presente. Parlerà la Commissione. Parleranno i paesi europei che fanno parte
del G20 e che hanno una posizione comune su tutti i punti in discussione.
L´Europa parlerà con una voce unica, come risulta dagli incontri preparatori da
cui è emerso un alto grado di consenso». Secondo lei esiste davvero un diverso
approccio filosofico tra americani ed europei? «Non direi proprio. Quando
discutiamo di regolamentazione, i punti di accordo sono molto importanti. Lo
stesso vale per l´approccio macroeconomico. Se pensiamo solo a due, tre anni
fa, prima della crisi, un simile grado di consenso e di coordinamento tra
Europa e Stati Uniti sarebbe stato del tutto inimmaginabile». La crisi ha
cambiato tutto, allora? «Solo due anni fa, il Fmi non aveva richieste di
intervento e stava studiando una riduzione del personale. Ora ha una lista di
domande per soddisfare le quali potrà più che raddoppiare i propri fondi. Due
anni fa l´idea corrente era che la regolamentazione finanziaria
fosse pericolosa e che occorresse lasciar fare al mercato. Ora tutti sono a
favore di una regolamentazione del mercato, dei prodotti finanziari
e delle istituzioni comuni. Due anni fa nessuno voleva utilizzare le politiche
di bilancio per intervenire sull´economia. Ora si discute solo della misura in
cui le politiche di bilancio devono intervenire. Un sacco di cose sono cambiate
con la crisi». Che cosa pensa della proposta cinese di creare una nuova valuta
di riferimento basata sui diritti di prelievo del Fmi? «E´ una vecchia idea di
Keynes che può e deve essere presa in considerazione. Ma sul breve e medio
periodo occorre essere realisti e sapere che il dollaro continuerà ad essere la
valuta internazionale di riferimento». Esiste ancora un rischio di default per
i paesi europei dentro e fuori dall´area euro? «Fuori dall´euro ci sono tre
paesi che hanno beneficiato dell´aiuto del Fmi e dell´Unione europea e che,
grazie a questi interventi, hanno evitato il rischio default. Spero che non si
presentino altri casi, anche se evidentemente non posso escluderlo. Per i paesi
dell´Unione monetaria, invece, non possiamo intervenire direttamente, perché il
Trattato vieta sia sostegni diretti dell´Unione al loro indebitamento sia che
la Bce compri sul mercato primario i loro titoli di debito. Quindi il messaggio
è che i paesi dell´euro devono fare tutto il necessario per evitare di trovarsi
in situazione di rischio. Per ora lo stanno facendo e noi rafforzeremo la
sorveglianza in questo senso». L´Ocse presenterà una previsione catastrofica
che vede in Europa una recessione del 4,2%. Conferma queste cifre? «Analizziamo
tutte le previsioni, che in questa fase sono piuttosto divergenti. Ma non le
commento. Io ho presentato le stime della Commissione a metà gennaio, due mesi
e mezzo fa. Prevedevamo un calo dell´1,9%. Da allora, purtroppo, tutti i
fattori di rischio sono andati peggiorando. Ma fino al 4 maggio, quando
presenteremo le nuove previsioni, non intendo dare cifre». Non ci sono segnali
positivi dunque? «A dire il vero, negli ultimi dieci giorni hanno cominciato ad
arrivare segnali che fanno pensare che si sia ormai raggiunto il fondo del
precipizio. Le vendite immobiliari negli Usa, l´indice delle previsioni di
acquisti delle imprese, le aspettative dei consumatori che hanno rallentato il
ritmo di discesa: si tratta naturalmente si indicazioni parziali da cui non si
possono trarre conclusioni definitive. Ma forse davvero sta arrivando la
primavera. Il problema resta il mercato del credito. E´ quello il vero collo di
bottiglia che strozza ogni possibilità di ripresa. In questo campo è urgente
fare di più: aumentare la trasparenza, rendere note le perdite. Se non si
risolve il problema degli asset tossici e di quelli dubbi, sarà difficile
uscire dalla crisi».
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( da "Manifesto, Il" del
31-03-2009)
Argomenti: Crisi
CARA DETROIT
Francesco Paternò Mary Margaret, di Chicago, lascia un post sul sito del New
York Times che lacera: «Desidererei che mi spiegassero chiaramente la
differenza tra l'amministratore delegato della General Motors e
l'amministratore delegato di Aig assicurazioni. E perché quei pirati finanziari
sono tenuti al loro posto». Sono passate solo quattro ore da quando
l'amministrazione Obama si è messa al volante dell'auto di Detroit. Cacciando
preventivamente il numero uno della Gm e obbligando la Chrysler a trovare un
accordo definitivo con la Fiat, pena la sua chiusura - l'azienda da sola non ha
più ragione di esistere, a giudizio dell'amministrazione. Il post dice crudo
che il presidente fa ciò che non ha fatto con le banche e i banchieri, le
origini del grande crack. È il dilemma di oggi. Sull'auto, il presidente
americano mette in moto uno stato che dà i soldi e che decide. Nazionalizza
(dicendo di non volerlo fare, «non c'è né interesse né intenzione di gestire la
Gm») quella industria che lui chiama «un emblema dell'American spirit». Obama
disegna uno stato che interviene e che gestisce lì dove sono i soldi pubblici,
cioè quelli dei cittadini. Esalta (addirittura) le capacità manageriali dei
dirigenti della Fiat e a loro chiede di fatto di provare a salvare la Chrysler.
È un agire che cancella ogni sospetto di protezionismo. In casa Gm, e soltanto
quale precondizione per discutere ancora e non per concedere immediatamente
altri prestiti agevolati, fa saltare la testa di Wagoner. CONTINUA|PAGINA3 Il
numero uno della Gm è imputato di aver fatto perdere al gruppo 82 miliardi di
dollari nei soli ultimi tre anni e di aver sbriciolato il valore del titolo del
98% , crollato a 1,2 dollari per azione contro i 60 di nemmeno nove anni
fa, quando lui divenne il capo. Ma ora il top manager potrebbe portarsi a casa
una liquidazione di oltre 20 milioni di dollari. C'è il rischio di una nuova
storiaccia tipo quella dei manager dell'Aig. Per l'auto, Obama si rivolge alla
nazione con un discorso ricco di toni e di sostanza che ricordano quelli con
cui ha già vinto la battaglia per la Casa Bianca. Addossa tutti gli errori che
hanno affossato questa industria a chi ha avuto la massima responsabilità
politica e manageriale, «da Washington a Detroit». Assolve i lavoratori e loro
famiglie, cui però chiede ancora - «come a tutti» - sacrifici occupazionali.
Promette che non lascerà «svanire» l'industria delle quattro ruote e che anzi
«gli Stati Uniti d'America guideranno il mondo nella costruzione della prossima
generazione di auto pulite». Come dire, il sogno americano non finisce a
Detroit. Dimostra coraggio, sapendo che a ogni nuova concessione di aiuti può
seguire soltanto un'altra richiesta di aiuti. Dall'economia reale come dalla
finanza, su cui Obama deve però ancora cambiare marcia, se non è troppo tardi.
Lo farà? La speranza sta in un altro post del New York Times (subissato ieri da
commenti, in poche ore). È di un lettore che si firma Furhgen e che suggerisce:
«La Gm è un buon inizio per completare il lavoro».
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( da "Manifesto, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20 La recessione
dagli occhi blu Marco d'Eramo Mai nella storia era successo che per una crisi finanziaria fosse tirato in ballo
il colore degli occhi. Eppure è quel che ha fatto il presidente del Brasile,
Luiz Inácio Lula da Silva, quando venerdì scorso ha detto che responsabili
della crisi mondiale non
sono certo né indios né neri, ma bianchi: «banchieri dagli occhi azzurri»
(questa frase ricorda la celebre invettiva che 50 anni fa aveva lanciato
Malcolm X contro le «diavolesse dagli occhi blu»: ma allora si trattava
solo di ribaltare il colore da sempre associato al demonio, il «nero come il
carbone»). CONTINUA|PAGINA11 D'altra parte, mai nella storia era successo che
paesi di recente industrializzazione si battessero contro il protezionismo,
mentre stati più ricchi fossero tentati dalla protezione dei propri mercati
nazionali: in fondo le barriere doganali erano sempre state l'unico riparo che
avevano le industrie deboli e meno competitive per difendersi da quelle più
avanzate. Ma era prima dell'out-sourcing. Oggi sono Brasile, Cina e India a
scagliarsi contro le tentazioni protezionistiche di Europa e Usa. Sabato
scorso, in Cile, Lula ha poi rincarato la sua accusa addebitando la recessione
non solo al premier britannico Gordon Brown e al vicepresidente Usa Joe Biden,
ma anche al premier spagnolo José Zapatero, pur stimato dalla sinistra europea:
in fondo, in Amazzonia gringos sono chiamati non solo gli yankees, ma tutti noi
«bianchi», anche quando non abbiamo né fisico né occhi vichinghi. E l'iberico Banco
di Santander non è stato meno spregiudicato, per non dire suicidario, della
newyorkese Lehman Brothers o della britannica Royal Bank of Scotland. Chissà
cosa dirà dopodomani Lula a Barack Obama quando s'incontreranno a Londra per il
summit del G20: Obama non è bianco e non ha occhi azzurri, ma dovrà
rappresentare i banchieri anglosassoni e i loro misfatti. Potrebbe ripetersi in
campo economico quel paradosso che già si verifica in Afghanistan dove
l'escalation ordinata dal neopresidente Usa ha fatto dire a Tom Hayden che «il
primo presidente afroamericano degli Stati uniti pare voglia addossarsi il
'fardello dell'uomo bianco'», termine coniato a fine '800 dal romanziere
Rudyard Kipling per designare la missione coloniale dell'Occidente. E già nei
numeri il passaggio dal G8 al G20 rappresenta la prima crepa nel vecchio ordine
economico post-coloniale. Il G7 (divenuto G8 con l'aggiunta della Russia dopo
la fine della guerra fredda) rappresentava le potenze che si erano scontrate
nella seconda guerra mondiale: Usa, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia,
Italia e Canada - in ordine di rilevanza economica. Era il residuo di un
passato che non corrisponde più alla nuova realtà planetaria in cui sono emerse
altre, imprescindibili potenze economiche. Di fronte alle dimensioni da
cataclisma che aveva assunto la crisi, nel novembre
scorso (Obama aveva già vinto le elezioni), George Bush ospitò a Washington il
primo G20 cui partecipavano - oltre agli 8 - anche Arabia Saudita, Argentina,
Australia, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Spagna,
Sudafrica, Turchia ed Unione europea. Quando i 20 paesi si accomiatarono e si
dettero appuntamento ad aprile a Londra, pensavano che nel frattempo il quadro
economico mondiale sarebbe radicalmente cambiato, proprio perché Obama avrebbe
governato già da più di 2 mesi: anche qui erano enormi (forse sproporzionate)
le aspettative che su di lui si appuntavano. I più ottimisti si sbilanciavano
fino a vedere Londra come una nuova Bretton Woods, la stazione turistica
montana del Vermont dove nel 1944 fu sancito il nuovo ordine monetario e
finanziario mondiale postbellico, fondato sulla parità fissa tra dollaro e oro,
parità che sarebbe stata abbandonata nell'agosto 1971. Un obiettivo tanto
ambizioso è stato ora accantonato non solo perché è assolutamente
irrealizzabile in un vertice di un solo giorno, il tempo di stringersi la mano,
farsi fotografare e firmare i vaghi accordi di principio concordati dagli
sherpa. Ma anche perché a questo vertice i partecipanti ci giungono in ordine
sparso e con obiettivi opposti. I colossi emergenti (Cina, Brasile e India)
vogliono assicurazioni che i mercati ricchi non si spingano più in là nella via
protezionistica, il Buy American di Obama e l'achetez français di Nicholas
Sarkozy. Più in generale, il «resto del mondo» cercherà di mettere «sotto
processo il capitalismo anglosassone», come titolava domenica il New York
Times, e di eroderne il predominio assoluto. Dove per capitalismo s'intendono
non solo l'ammontare di capitale e i suoi detentori, ma anche le regole di
funzionamento imposte, lo strapotere dei grandi studi legali, delle agenzie di
certificazione di bilancio e di rating (tutte rigorosamente Usa). Insomma è
«anglosassone» la costituzione non solo materiale ma formale dell'ordine
capitalista mondiale. Un ordine in cui per tutti i paesi del mondo a diventare
la regola era stata la deregulation planetaria. Sotto processo quindi non è
solo l'America, ma il combinato dei due epicentri del capitalismo mondiale,
Wall Street e la City. Ha ragione Lula: per quanto voglia smarcarsi, Gordon
Brown sarà ritenuto responsabile in prima persona dei disastri cui assistiamo:
in fondo lui è stato il ministro dell'economia che tra il 1997 e il 2006,
grazie al lassismo dei controlli, ha fatto della City la City. Né riuscirà
facile al resto dell'Europa smarcarsi dall'abbraccio mortale del capitalismo
anglosassone: quanto a malcostume speculativo, i colossi tedeschi non cedono il
passo a nessuno: in fondo nel salvataggio di Hypo Real Estate, il governo di
Angela Merkel ha infuso più di 109 miliardi di dollari (alla faccia del
«capitalismo renano»!). Ma al vertice G20 la posta principale in gioco resterà
sempre il problema di come regolamentare la finanza mondiale. In teoria gli
Stati uniti si dicono pronti ad avallare un organo di controllo sopranazionale.
In pratica si sta ripetendo, in campo finanziario, lo stesso scenario cui
abbiamo assistito sul Tribunale internazionale dell'Aja in cui gli Usa
accettano qualunque giurisdizione internazionale, purché garantisca l'immunità
dei cittadini statunitensi. Così, gli Usa sono pronti ad accettare qualunque
controllo sulle attività finanziarie, basta che un'autorità esterna non possa
ficcare il naso negli affari delle banche Usa. È la stessa impunità extraterritoriale
di cui, grazie alle clausole dei trattati del dopoguerra, godono i soldati Usa
di stanza nei vari paesi che ospitano basi americane. E il dollaro - grazie al
suo statuto privilegiato - già gode in sostanza di una forma di immunità
monetaria: una valuta che può svalutare senza svalutare, visto che deficit e
debiti continuano a essere contabilizzati in dollari. Non a caso il siluro più
minaccioso contro lo strapotere del capitalismo anglosassone lo ha lanciato il
governatore della Banca centrale di Cina, Zhou Xiaochuan, quando ha avanzato la
proposta (un ballon d'essai?) di una nuova moneta internazionale, fondata su un
paniere di valute, che sostituisca il dollaro come moneta di riferimento per
gli scambi mondiali. Questa sì che sarebbe una nuova Bretton Woods: ma i
rapporti di forza non sono ancora maturi per una tale rivoluzione, tanto che
l'amministrazione Obama si è subito affrettata a definire inopportuna e
superflua una tale innovazione.
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( da "Manifesto, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
DIARIO DELLA
CRISI Borse: finisce l'illusione Industria KO in Giappone Come era prevedibile,
il «rally» borsistico delle scorse settimane - il maggiore dal 1938, almeno per
Wall street, balzata del 21% in 14 giorni - non è durato a lungo. Profondo rosso ieri per tutti i mercati
finanziari globali, spinti al ribasso dai settori
più travagliati, automobilistico e bancario, ma anche dalla consapevolezza che
la crisi è tutt'altro che passata. Piazza Affari, la peggiore in Europa, ha
perso il 6,57% (lo S&P/Mib), seguita da Francoforte (-5,10%), Parigi
(-4,27%) e Londra (-3,49%). A New York a X ore dalla chiusura, l'indice
Dow Jones perdeva il 4,14%, mentre il Nasdaq era giù del 3,5%. A peggiorare la
situazione, e a raffreddare gli animi degli speculatori di borsa, sono stati
anche un buon numero di dati economici, come ad esempio la caduta della fiducia
delle imprese europee, caduta a 94,5 punti, ovvero il minimo mai raggiunto dal
1985. Le condizioni dell'economia reale europea sono nere: il Pil della
Germania - motore dell'Europa unita - potrebbe cadere del 4 o del 5% nel primo
trimestre. Lo ha detto ieri Axel Weber, presidente della Bundesbank, che si è
anche detto stupito di come la disoccupazione non sia ancora balzata alle
stelle, visto che il mercato del lavoro è molto più «americanizzato» che in
passato. Rimanendo in Europa, la banca centrale spagnola ha preso il controllo
di una cassa di risparmio locale, la Caja Castilla-La Mancha, e il governo ne
ha garantito le passività (9 miliardi di euro). Dati terribili anche dal
Giappone, dove la produzione industriale è calata in febbraio del 9,4% rispetto
al mese precedente, e del 38,4% rispetto al febbraio 2008. Negli Usa continuano
intanto ad aumentare i tassi di insolvenza dei mutui immobiliari, passati in un
anno dal 6,2% al 7,5% del totale. c.l.d.b.
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( da "Manifesto, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
articolo Il
meeting dei paesi più ricchi del mondo in programma a Londra dovrebbe servire a
dare una risposta coordinata e globale alla crisi. Ma
anziché creare nuove istituzioni, si chiedono soluzioni a quelle, come il Fondo
monetario internazionale, che fin qui sono state parte del problema Altro che
BRETTON WOODS COMUNQUE VADA, IL «G20» SARÀ UN FALLIMENTO Walden Bello* Se mai
una conferenza internazionale è stata destinata al fallimento, questo è il caso
del prossimo meeting G20 di Londra, presentato come «una nuova Bretton Woods»
da cui dovrebbe scaturire una risposta coordinata e globale alla depressione in
atto, e creare un nuovo ordine di governance economica globale, proprio come la
prima Conferenza di Bretton Woods diede vita all'ordine multilaterale mondiale
del secondo dopoguerra. In primo luogo, la sede appropriata per una impresa
così ambiziosa è l'Onu, e non un raggruppamento informale dei paesi più ricchi
del mondo con una rappresentanza simbolica del Sud del mondo con scarsa
legittimità. Il G20 è un club esclusivo, mentre gli architetti dell'ordine di
Bretton Woods cercarono di essere il più possibile inclusivi, intitolando il
meeting «Conferenza monetaria e finanziaria delle
Nazioni unite» e chiamando a raccolta i rappresentanti di 44 paesi sia pure nel
bel mezzo della guerra mondiale, nel luglio 1944. In secondo luogo,
questo meeting si è attribuito il compito di realizzare in un giorno solo
quello che gli architetti di Bretton Woods fecero in 21 giorni. Possiamo già
scorgere i contorni del comunicato finale: un'intesa ampia su poche questioni,
nascondendo le differenze sui dettagli chiave. Per contro, gli architetti di
Bretton Woods, tra i quali vi era l'economista britannico John Maynard Keynes,
sapevano che il diavolo è nei dettagli e impiegarono tre settimane a elaborare
l'accordo finale. A Londra conterà l'immagine, non la sostanza. Guasti
dell'«autoregolamentazione» In terzo luogo, per dare una risposta al crollo
economico globale a Londra si tenterà di utilizzare una serie di istituzioni fallimentari
invece di crearne di nuove, come avvenne invece a Bretton Woods. Il G20, il
Financial Stability Forum e Basilea II sono le istituzioni attivate per gestire
la creazione di una nuova architettura finanziaria
globale; eppure, tutte e tre erano state create o avviate dopo la crisi finanziaria asiatica per proporre una struttura di
regolamentazione globale, ma non hanno fatto niente per regolare i derivati, la
vendita allo scoperto, gli hedge funds, e gli altri
meccanismi e comportamenti finanziari che hanno contribuito alla débâcle finanziaria asiatica o comunque hanno
rischiato di produrre nuove crisi. In realtà queste istituzioni, invece di regolare il capitale
finanziario, hanno fatto propria la strategia del settore privato della
«autoregolamentazione». Tra i mantra che esse hanno ripetuto, e così
facendo legittimato, c'erano: l'idea che il controllo sui capitali fosse
negativo per le economie in via di sviluppo; l'idea che la vendita allo
scoperto, o speculazione sulla movimentazione di titoli prestati, fosse
un'operazione di mercato legittima; e l'idea che i derivati - o titoli che
permettono di scommettere sui movimenti di un determinato asset -
«perfezionassero» il mercato. Il loro messaggio implicito era che il modo
migliore di regolare il mercato fosse lasciare questo compito agli stessi
operatori del mercato, che avevano sviluppato modelli sofisticati ma affidabili
di «valutazione del rischio». Dunque oggi si chiede a istituzioni che sono
state una parte del problema di diventare una parte centrale della soluzione.
Comunque l'aspetto più problematico della soluzione G20 è costituito dal Fondo
monetario internazionale (Fmi). Gli Usa e l'Unione europea stanno cercando di
incrementare il capitale dell'Fmi portandolo da 50 a 500 miliardi di dollari.
Poi l'Fmi presterebbe questi soldi ai paesi in via di sviluppo per stimolare le
loro economie, e il segretario Usa al Tesoro Tim Geithner ha proposto che sia
proprio il Fondo a supervisionare questo esercizio globale. Il diritto feudale
europeo In primo luogo, c'è la questione della rappresentanza, che continua a
preoccupare molta parte del Sud del mondo. Per quanto riguarda il diritto di
voto all'Fmi, finora sono stati apportati solo cambiamenti marginali.
Nonostante la richiesta di un maggior potere di voto per i membri del Sud del
mondo, i paesi ricchi sono ancora ampiamente sovrarappresentati nel consiglio
di amministrazione, mentre i paesi in via di sviluppo - specialmente l'Asia e
l'Africa - sono largamente sottorappresentati. L'Europa ha un terzo delle
poltrone e pretende il diritto feudale di nominare sempre un europeo come
managing director. Gli Usa hanno quasi il 17% delle poltrone, cosa questa che
dà loro il potere di veto. In secondo luogo, c'è la performance del Fondo
monetario internazionale durante la crisi finanziaria
asiatica del 1997, che ha fatto naufragare la sua credibilità. Il Fondo ha
contribuito a determinare la crisi, spingendo i paesi
asiatici a eliminare i controlli sui capitali e a liberalizzare i loro settori
finanziari, e promuovendo sia l'entrata massiccia di capitale speculativo, sia
la sua uscita destabilizzante al primo segno di crisi.
Esso ha poi spinto i governi a tagliare le spese, pensando che il problema
fosse l'inflazione, quando invece avrebbe dovuto chiedere una maggiore spesa
pubblica per contrastare il crollo del settore privato. Questa misura
prociclica ha finito per accelerare il crollo che ha portato alla recessione a
livello regionale. Infine, i miliardi di dollari dei fondi di salvataggio non
sono andati a salvare le economie che stavano crollando, ma a compensare le
istituzioni finanziarie straniere per le loro perdite, un esempio da manuale di
«azzardo morale» o l'incoraggiamento a comportamenti irresponsabili per quanto
riguarda la concessione di prestiti. La Thailandia ha saldato il suo conto con
l'Fmi nel 2003 e ha dichiarato la sua «indipendenza finanziaria».
Il Brasile, il Venezuela e l'Argentina hanno fatto lo stesso, e l'Indonesia ha
dichiarato la sua intenzione di imitarli. Altri paesi hanno fatto altrettanto,
preferendo rafforzare le loro riserve di valuta estera per difendersi dagli
eventi esterni, piuttosto che contrarre nuovi prestiti con l'Fmi. Questo
fenomeno ha portato alla crisi finanziaria dell'Fmi,
perché la maggior parte dei suoi introiti proveniva dai pagamenti dei maggiori
paesi in via di sviluppo indebitati. I fautori dell'Fmi dicono che oggi esso
vede il vantaggio di una massiccia spesa in disavanzo e che, con Richard Nixon,
può dire: «Ora siamo tutti keynesiani». In molti però non sono d'accordo.
Eurodad, una Ong che monitora i prestiti erogati dall'Fmi, segnala che i
prestiti concessi ai paesi in via di sviluppo sono ancora accompagnati da
condizioni onerose. Inoltre alcuni prestiti erogati molto recentemente dall'Fmi
incoraggiano ancora la liberalizzazione finanziaria e
bancaria. E nonostante l'attuale orientamento a puntare sullo stimolo
finanziario - per cui alcuni paesi, come gli Usa, invitano i governi a portare
la propria azione di stimolo almeno al 2% del Pil - l'Fmi chiede ancora ai
paesi che contraggono un prestito ma dispongono di poche entrate, di fissare
come tetto per la spesa in disavanzo l'1% del Pil. Infine c'è la questione se
il Fondo sappia davvero ciò che sta facendo. La sua quasi totale incapacità di
previsione della crisi finanziaria che si andava
profilando mina gravemente la sua credibilità. Nella consultazione articolo IV
del 2007 con gli Usa, il suo board ha affermato: «Il sistema finanziario ha
mostrato una capacità di recupero impressionante, anche rispetto alle recenti
difficoltà nel mercato dei mutui subprime». In breve, non solo il Fondo ha
fallito miseramente con le sue prescrizioni ma, nonostante una scuderia di
economisti che dovrebbero essere tutti di prim'ordine, ha mancato completamente
anche per quanto riguarda le sue responsabilità di sorveglianza. Per quanto
ampie siano le risorse che il G20 metterà a disposizione dell'Fmi, è del tutto
evidente che ci sarà scarso interesse internazionale a un programma di stimolo
globale gestito dal Fondo. Nello spirito di Keynes La risposta del Nord del
mondo alla crisi attuale, che consiste nel riesumare
istituzioni fossilizzate, ricorda il famoso detto di Keynes: «La difficoltà non
sta tanto nello sviluppare nuove idee, quanto nello sfuggire a quelle vecchie».
Così, nello spirito di Keynes, proviamo a rispondere alla domanda su cosa
bisognerebbe fare per dare una risposta globale alla crisi.
In primo luogo, invece del G20, il Segretario generale dell'Onu e l'Assemblea
generale dovrebbero convocare una sessione speciale dell'Onu per disegnare il
nuovo ordine multilaterale globale. Come per la Conferenza di Bretton Woods,
anche questo dovrebbe essere un processo inclusivo, e la sessione di lavoro
dovrebbe durare svariate settimane. Un risultato chiave potrebbe essere la creazione
di una struttura finanziaria mondiale transitoria -
con una rappresentanza universale nei suoi livelli decisionali - cui affidare
il compito di coordinare l'attuale impresa globale. In secondo luogo,
bisognerebbe aiutare immediatamente i paesi ad affrontare la crisi;
i debiti dei paesi in via di sviluppo nei confronti delle istituzioni del Nord
dovrebbero essere cancellati. Ciò permetterebbe ai paesi in via di sviluppo di
accedere a maggiori risorse e avrebbe un effetto di stimolo maggiore dei soldi
dell'Fmi. In terzo luogo, l'elemento principale dell'architettura della nuova
governance globale dovrebbe essere costituito da strutture regionali per
trattare le questioni finanziarie, compresa la finanza per lo sviluppo, e non
da un altro sistema finanziario in cui le risorse e il potere siano
monopolizzati dai paesi del Nord del mondo mediante istituzioni - come appunto
l'Fmi - centralizzate e dominate da loro. In Asia orientale, il raggruppamento
«Asean Plus Three» (l'acronimo Asean sta per Association of South-East Asian
Nations - Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale, ndt) o
«Iniziativa di Chiang Mai» è un'esperienza promettente che va estesa, ma che ha
anche bisogno di essere ridisegnata in modo che possa dare maggiormente conto
del suo operato ai popoli della regione. In America Latina sono già in corso
molte iniziative regionali promettenti, come l'Alternativa bolivariana per le
Americhe e la Banca del Sud. Qualunque nuovo ordine globale deve avere come
pilastri istituzioni regionali che rispondano del proprio operato. Naturalmente
ci sono degli interventi da fare immediatamente, nel contesto di una
trasformazione più a lungo termine, fondamentale e strategica, di un sistema
capitalistico globale che è andato in pezzi. In breve, la crisi
attuale va vista come una grande opportunità di creare un nuovo sistema, un
sistema che ponga fine non solo alla fallimentare governance globale
neoliberista, ma anche alla dominazione euro-americana dell'economia mondiale
mettendo al suo posto un ordine più decentrato, deglobalizzato e democratico. *
Walden Bello è professore di sociologia presso l'Università delle Filippine a
Diliman. È inoltre presidente della Freedom from Debt Coalition e analista
presso Focus on the Global South, un istituto di ricerca e advocacy con sede a
Bangkok. Copyright Ips/il manifesto Traduzione Marina Impallomeni Foto: ANDY
WARHOL, «DOLLAR SIGNS», 1982 SOTTO, JOHN MAYNARD KEYNES DURANTE LA CONFERENZA
DI BRETTON WOODS (1944)
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( da "Italia Oggi"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi
sezione: Marketing Oggi data: 31/03/2009 - pag: 21 autore: di Francesca
Sottilaro Gli scenari 2009 secondo l'indagine Fondazione Altagamma. Focus su
clienti e taglio dei costi Crisi? Lusso senza qualità addio Margini al palo
(-21%), sopravvive chi investe sul prodotto Comunicare (e produrre) qualità
aspettando che la recessione faccia il suo corso. È una via obbligata quella
dei marchi dell'alto di gamma alle prese con la più endemica crisi
finanziaria e dei consumi degli ultimi dieci anni. Il consiglio di fare
un passo indietro per rendere più credibile al mercato e ai potenziali clienti
il proprio biglietto da visita arriva dal cuore della Fondazione Altagamma
riunitasi ieri a Milano per studiare gli scenari di un incerto 2009. «Invito
gli imprenditori a non perdere di vista il lungo termine», ha spiegato Leonardo
Ferragamo, presidente di Altagamma, «con la consapevolezza che il breve periodo
sarà molto difficile, perché in gioco c'è la sopravvivenza stessa delle
aziende».Le indicazione elaborate dagli analisti di Merrill Lynch, Deutsche
Bank, Bain and company e Bernstein parlano di «un significativo calo» dei consumi
per l'anno in corso, con pesanti ripercussioni sul settore casa (-15%), su
quello di orologeria e gioielli (-12%) e sull'abbigliamento (-9%), mentre i
comparti che limiteranno le perdite saranno quello di scarpe e accessori (-9%)
e di profumi e cosmetica (-4,1%) ultimo status symbol da esibire anche in tempi
di crisi.In generale, i margini per l'intero settore
del lusso nel 2009 sono stimati in perdita del 21%. E anche a livello
geografico non se la passa bene. Tutti i paesi ad eccezione della Cina e più debolmente
dell'America Latina prevedono un segno negativo, mentre l'Italia appare più in
sofferenza rispetto al resto dell'Europa Occidentale.«È vero che la crisi è soprattutto finanziaria»,
spiega Paola Durante, director della divisione Investment banking di Merrill
Lynch, «ma promozione del marchio e investimenti sul prodotto restano le voci
di spesa su cui le aziende non devono risparmiare anche in questo stato di
transizione». Sul banco degli imputati vi è però qualche distrazione dei marchi
del lusso. «Complici noi consumatori e la voglia di spendere la qualità è stata
alcune volte sacrificata nonostante i prezzi in vetrina», sottolinea a
ItaliaOggi, «mentre a livello produttivo, studiando le singole realtà sono
ancora troppi gli sprechi, è qui che bisogna intervenire, ma mai a scapito del
brand». Sullo sfondo la relazione di Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato
esecutivo della Bce che non lascia spazio a equivoci. «La produzione
economica», ha detto ieri, «non tornerà sugli stessi
livelli precedenti alla crisi, semmai su un livello più basso». A detta di molti, se ogni
débâcle finanziaria del
passato ha lasciato il segno questa è destinata a riportare il focus sulla
qualità e la relazione con il cliente. «Dopo la crisi petrolifera degli anni 70 è nato il prêt-à-porter, mentre la
bolla cinese degli anni 90 ha
portato alla globalizzazione del lusso», sottolinea Armando Branchini,
segretario generale di Fondazione Altagamma, «oggi parlerei di un venir meno
della bolla del lusso e un ritorno ai valori». I consigli che fanno scuola?
«Prima di tutto non tradire i consumatori», sottolinea Stefano Sassi,
presidente e amministratore delegato di Valentino, «i prezzi alti non
giustificati dalla valenza del prodotto sono destinati a sparire per far spazio
al lusso di grande qualità, l'unico lusso». Basta insomma a magliette da 5
dollari vendute a 200 euro, oltraggio a chi spende e facilmente aggredibili dal
comparto fast fashion e largo invece a una concezione veritiera dell'alto di
gamma. «A soffrire», aggiunge Claudia D'Arpizio, partner di Bain & company,
specializzata in moda e lusso, «sarà chi non garantirà la necessaria
durabilità». Mentre reggerà sempre il settore bellezza: come dire moriremo
poveri ma senza rughe.
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( da "Italia Oggi"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi
sezione: Marketing data: 31/03/2009 - pag: 23 autore: di Marco A. Capisani Meno
fiducia verso le banche? La gdo inglese ne approfitta Chi
non ha paura della crisi finanziaria internazionale? Tesco, probabilmente. Anzi: l'insegna britannica
della grande distribuzione organizzata (nella foto) intende approfittare del
calo di fiducia dei risparmiatori verso le banche e lancerà in 30 punti vendita
inglesi, entro la fine dell'anno, il nuovo marchio Tesco bank. Tra i
prodotti offerti dal nascente istituto, ci saranno pacchetti assicurativi, di
risparmio e carte di credito mentre, tra quelli in cantiere, ipoteche
immobiliari e conti corrente.Tesco ottimizza così l'esperienza fatta con Tesco
personal finance (Tpf), banca commerciale telefonica e on-line del gruppo
britannico (fino alla scorsa estate partecipata anche da Royal bank of
Scotland), e soprattutto fa tesoro dei risultati ottenuti dalla sperimentazione
dello stesso marchio bancario in un supermercato di Glasgow, dal 2006 a
oggi.Telecomunicazioni e vendite dirette sono, invece, gli altri settori in cui
il gruppo distributivo di Sua maestà avrebbe intenzione di investire per la sua
strategia di sviluppo dei prossimi anni.
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-03-31 - pag: 1 autore: LE COLPE DEI MANAGER Azzerato
un secolo di gloria di Aldo Bernacchi I ndustria ciclica per eccellen-za,
strettamente legata all'andamento del Pil, quella mondiale dell'auto non poteva
non risentire del crollo delle economie, con il prodotto lordo di molti Paesi
finito sotto zero. La crisi
finanziaria senza precedenti che ha fatto fallire
banche dal nobile passato, ha avuto un devastante impatto anche sul credito al
consumo paralizzando il principale canale che ha alimentato per anni le vendite
delle auto. Continua u pagina 2
l'articolo prosegue in altra pagina
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-31 - pag: 5 autore: I venti leader
dovrebbero concordare nuovi finanziamenti agli scambi globali Dal summit una
spinta al commercio Il G-20 ci riprova. L'allarme lanciato la settimana scorsa
dalla Wto, secondo cui il commercio mondiale crollerà del 9% quest'anno, mostra
che uno dei motori principali della crescita degli ultimi decenni è ingrippato
e non potrà trainare l'economia globale fuori dalla crisi. Allora, provano a
ripartire dal commercio giovedì a Londra i leader dei grandi Paesi industriali
e delle nuove potenze emergenti, dopo il fallimento del debutto del nuovo
gruppo a Washington lo scorso novembre, quando si impegnarono a chiudere il
Doha Round entro fine anno e a non adottare misure di restrizioni degli
commerci, promesse entrambe disattese. L'urgenza di agire su più fronti, dal
commercio, alla spinta alla crescita, alle riforme del sistema finanziario è stata riportata ieri drammaticamente alla
ribalta dalla pesante caduta dei mercati finanziari.
Da questo secondo summit, peraltro, secondo quello che emerge dalle prime bozze
del comunicato cui lavorano gli sherpa dei capi di Stato e di Governo,
difficilmente potrà uscire molto di più di una reiterazione degli impegni a non
far danni ulteriori agli scambi commerciali, compresa la rinuncia ai margini di
manovra che pure verrebbero consentiti dalle regole Wto (e che quasi tutti
hanno ampiamente sfruttato da novembre in poi) e l'imprimatur alla Wto stessa
per pubblicare una "lista nera" dei trasgressori. L'impegno più
concreto,anche se la cifra finale è lasciata ai negoziati dell'ultima
ora,dovrebbe venire dalla creazione di nuovi finanziamenti al commercio, per
far fronte al crollo delle linee di credito che ha aggravato la contrazione
degli scambi. Il padrone di casa, il premier britannico Gordon Brown, ha
parlato di 100 miliardi di dollari. Il G-20 parlerà di obiettivo di ritorno
alla crescita entro la fine del 2010: per ottenerlo, dovrebbe
non solo impedire il ritorno del protezionismo, ma vedere per allora gli effetti di una politica monetaria
aggressiva e dei piani di stimolo fiscale,sui quali per la verità l'accordo è
più che altro di facciata, visto che gli Stati Uniti invocano un ulteriore sforzo
dei principali partner e gli europei, a partire dai tedeschi, sono riluttanti,
o quanto meno sono convinti di aver già dato. Le aspettative su questo fronte
sono modeste. L'altra cifra che andrà definita a Londra è quella che riguarda
l'aumento delle risorse del Fondo monetario per soccorrere i Paesi in
difficoltà a causa della crisi. Si dovrebbe andare al di là del raddoppio delle
attuali risorse, pari a 250 miliardi di dollari, visto che il Giappone ha già
firmato per 100 miliardi, l'Unione europea per altri 100 e dovranno arrivare
gli impegni di Stati Uniti, Arabia Saudita e Cina. Pechino vuole che al suo
maggior coinvolgimento corrisponda un maggior peso dentro l'Fmi e lo avrà,
anche se non subito. Sui cambiamenti del sistema finanziario
globale, destinati a rimettere in movimento il mercato del credito e a
rivederne la struttura per evitare il ripetersi di crisi come quella in corso,
il G-20 farà sue le linee indicate dal Financial Stability Forum (forse
ribattezzato Financial Stability Board e ormai già allargato agli emergenti e
alla Spagna) sotto la guida di Mario Draghi: regole per tutti, compresi hedge
fund, agenzie di rating e paradisi fiscali, supervisione delle banche globali
attraverso collegi di vigilanza, rafforzamento (non appena le condizioni lo
consentano) del capitale delle banche. Intanto, un network di 120 imprese di
Italia, Francia, Spagna e Portogallo, il Consiglio di cooperazione economica,
consegnerà oggi al presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude
Trichet, in vista del G-20, otto raccomandazioni, che riguardano fra l'altro
politiche di allentamento del credit crunch, un approccio anticiclico alla
regolamentazione finanziaria e la definizione di «vie
d'uscita»dalle misure straordinarie quando arriverà la ripresa. A.Me. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA L'ALTRO DOSSIER CHIAVE Atteso anche il potenziamento
delle risorse del Fondo monetario internazionale, che potrebbe andare oltre il
raddoppio a 500 miliardi
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-31 - pag: 6 autore: Isae. Il basso
indebitamento di famiglie e imprese baluardo contro la crisi
Risparmi privati, atout italiano ROMA La situazione finanziaria
dell'Italia appare decisamente più equilibrata e molto meno rischiosa di quanto
evidenzia l'attuale spread di 140 punti base sui bund tedeschi se, insieme al
debito pubblico, si considera anche la posizione finanziaria
netta del settore privato, cioè la ricchezza finanziaria
( elevata) e i debiti (relativamente bassi) di famiglie e imprese. A richiamare
l'attenzione dei mercati su quelli che nel confronto internazionale vanno
considerati punti di forza del nostro Paese è l'Isae.L'Istituto
di studi e analisi economica ha infatti dedicato la sua nota mensile a un esame
comparato della struttura finanziaria dei Paesi Ocse. L'Isae ricorda ad esempio che quando
l'indebitamento delle famiglie è elevato una crisi
finanziaria, come ben sanno ormai americani e
inglesi, può avere effetti molto significativi sui consumi e sulle prospettive
dell'economia reale. «Da questo punto di vista – si sottolinea nella
nota – la posizione italiana appare la più solida dell'area Ocse, con un
indebitamento complessivo delle famiglie inferiore alla metà del Pil ( 48%),
mentre Paesi come Danimarca, Irlanda, Paesi bassi, Portogallo, Regno Unito e
Stati Uniti presentano un indebitamento familiare superiore alla ricchezza prodotta
ogni anno ». Quanto alle imprese italiane, si collocano a metà classifica dei
paesi Ocse tanto sul versante della ricchezza che su quello dell'indebitamento
(lo stock, in quest'ultimo caso è pari a 2 volte il Pil). Ma ci sono paesi
europei (Belgio, Spagna e Svezia) nei quali i debiti sono pari a 4 volte il
valore del Pil. Naturalmente, rimarcano gli economisti Isae «queste
caratteristiche non possono isolare l'economia italiana dalle ripercussioni
della crisi finanziaria e, specificamente, dai rischi di
una contrazione creditizia, tenuto conto anche del fatto che in ogni caso la
quota di indebitamento a breve di famiglie e imprese è andata aumentando negli
ultimi anni». Al momento i paesi che possono vantare la situazione finanziaria complessiva (pubblica e privata) più equilibrata
sono Germania e Austria. Per contro, la maggiore concentrazione di indicatori
negativi per una o più categorie di operatori sono Belgio, Giappone, Irlanda,
Portogallo e i paesi anglosassoni. R.Boc. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-31 - pag: 14 autore: Metodo
scientifico e crisi economica Le conclusioni di coloro che vedono nell'attuale
crisi il segno evidente d'un eccesso di deregolamentazione finanziaria
sono metodologicamente sbagliate. La falsità di una teoria la si deduce
certamente tramite esperimento ma stando bene attendi ad adottare quel
procedimento “a spizzico” che Karl Popper sosteneva essere l'unico davvero
percorribile in un ambito scientifico inesplorato, quale è la scienza sociale.
Negli ultimi anni gli “elementi”principali in ambito economico sono stati tre:
una politica dei tassi d'interesse bassissimi da parte della Fed; la parità
politica artificiale del cambio yuan/dollaro;la deregolamentazione dei mercati finanziari. Ora, conosciamo con certezza le
conseguenze di soli due di questi tre “elementi”:tassi d'interesse bassissimie
cambio artificiale. Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi.Ciò che sapevamo
in precedenza della deregolamentazione finanziaria era,
invece, nulla. E nulla sappiamo, perché non possiamo dire come avrebbe agito la
deregolamentazione in assenza di tassi d' interesse economicamente finti ma
politicamente resi reali. Detto ciò, tutte le argomentazioni contrarie alla
deregolamentazione bancaria vacillano se non crollano.Per ora l'unica risposta
negativa data dai fatti è quella contro l'intervento pubblico sul mercato della
moneta e su quello dei cambi. Massimo Bassetti Roma B reve ma efficace lezione
di epi-stemologia. Non entro nel merito delle osservazioni (si scatenino gli
esperti), ma apprezzo la lezione di umiltà che il lettore raccomanda agli
studiosi, anche di scienze sociali. Ne va della loro (residua) credibilità.
Anche a me pare che, molto spesso, prevalga la tentazione di leggere i fatti a
seconda delle conclusioni che se ne vogliono trarre, piuttosto che adattare le
seconde ai primi. E questo non è un atteggiamento molto diverso da quello che
rimproveriamo appunto come causa della crisi attuale. Dunque, ben vengano
Popper,col suo invito a verificare se le teorie reggono alla falsificazione, e
a non trarre conclusioni affrettate da un'esperienza magari limitata;l'Adam
Smith filosofo morale recentemente riproposto da Amartya Sen; e David Hume,
colsuoscetticismomitigato. • Avvocati in Parlamento Suonano fuori dal coro le
parole di Oreste Dominioni, presidente dell'Unione Camere Penali: «Da tempo
dico che è inaccettabile vedere in tribunale l'avvocato che è appena uscito
dall'aula parlamentare. La professione dell'avvocato è troppo importante per
cui chi sceglie la politica dovrebbe sospendersi dall'Ordine finché dura il
mandato. Per i magistrati, consiglierei un nuovo concorso se vogliono rientrare
in ruolo dopo l'esperienza politica». Certo il professor Dominioni solleva una
questione annosa: quel che è certo è che i magistrati attualmente in
aspettativa per mandato parlamentare sono di fatto impossibilitati ad applicare
nell'esercizio della loro professione le leggi alla cui stesura danno un
contributo determinante, grazie alle loro competenze; altrettanto non si può
dire degli avvocati, numerosi dei quali sono componenti delle Commissioni
Giustizia di Senato e Camera, nonché ovviamente votano a favore o contro
emendamenti e articoli di legge, oltre che in commissione, anche in aula. Nell'esercizio
dell'attività forense possono essi stessi invocare l'applicazione delle norme
alla cui redazione hanno contribuito. Certo, il problemaè complesso, anche
perché chi potrà quantificare la riduzione del reddito che procurerà la
sospensione della professione, una volta che l'avvocato cessi dal mandato
parlamentare? Quel che è certo è che gli avvocati che continuano ad esercitare
la professione, per lo meno, per questioni di sin troppo evidente opportunità,
dovrebbero astenersi dal far parte delle Commissioni Giustizia dei due rami del
Parlamento. Giuseppe Barbanti e-mail
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-31 - pag: 15 autore: Copenhagen, il
verde che conviene Hedegaard: «Il nuovo Protocollo post-Kyoto salverà il
pianeta e anche l'economia» di Marco Magrini S ono almeno tre anni che Connie
Hedegaard attende con impazienza il 2009, l'anno più importante della sua vita. O
quantomeno, della sua vita politica. Ministro danese dell'Ambiente dal 2004,
quando aveva 44 anni, ex giornalista, sarà la presidente e la playmaker del
summit Onu sul clima che lei stessa è riuscita – in tempi non sospetti – a
portare a Copenhagen. Una lungimiranza invidiabile: a dicembre, con ogni
probabilità, verrà firmato il Protocollo di Copenhagen, che rimpiazzerà quello
di Kyoto dal 2013 in
poi. «No, non è il mio anno – si schermisce – questo è solo l'anno delle
decisioni. Per raggiungere l'obiettivo,c'è da mettere d'accordo 191 Paesi sui
tagli alle emissioni di gas-serra, in modo da riformare il nostro antiquato
sistema energetico, da rivitalizzare l'economia e creare posti di lavoro».
Facile a dirsi, difficile a farsi. Come la stessa Hedegaard sa benissimo. «Il
primo degli annuali vertici Onu sul clima al quale ho partecipato – racconta il
ministro durante una recente visita a Roma – fu quello di Buenos Aires, nel
2004: mi fece impressione, ascoltare così tante parole e assistere a così pochi
fatti». è così, per ingaggiare la sfida dei fatti alle parole, che lei stessa
decide di invitare 25 ministri dell'Ambiente in Groenlandia (ovvero in terra
danese) per vedere i ghiacci che si sciolgono e per discutere insieme, «senza
funzionari e burocrati al seguito». «Quella riunione informale ebbe così tanto
successo che, al vertice di Nairobi del 2006, decidemmo di fare qualcosa di
più». Sulla carta, il summit 2009 doveva toccare a qualche Paese sudamericano,
forse il Brasile. Ma la Danimarca riesce a convincere tutti. Così, il prossimo
dicembre, a meno di clamorosi colpi di scena, il nome della capitale danese
entrerà nella storia. Al successivo vertice di Bali, dopo l'ennesimo fiume di parole,
quei 191 Paesi decidono soltanto di decidere nel 2009, a Copenhagen.
«Stavolta, non possiamo fallire », dice la Hedegaard con percepibile
determinazione. «Come ha dimostrato il Protocollo di Kyoto, ci vogliono anni,
prima che un trattato internazionale entri in funzione. Quindi non abbiamo
tempo da perdere: il cambiamento climatico sta accelerando e, come ci dice la
comunità scientifica, abbiamo da dimezzare le emissioni mondiali entro 40
anni». In compenso, anche il clima politico è cambiato. «Sono stata a
Washington di recente: è come andare in una nuova città. L'amministrazione
Obama assicura di voler introdurre in America un sistema di cap and trade », il
taglio delle emissioni attraverso un meccanismo di mercato che Bush rifiutava.
«La visita a Pechino di Hillary Clinton aveva solo due punti all'ordine del
giorno: la crisi finanziaria e i cambiamenti
climatici». La Cina – sin qui esentata da Kyoto – dimostra d'essere pronta a
fare la sua parte, anche se «resta da decidere l'anno in cui i tagli alle sue
emissioni diventeranno obbligatori». Sì, ma i Paesi più avversi alla diplomazia
climatica, come l'Arabia Saudita?«Ci sono stata a gennaio – risponde il
ministro – e stanno preparando ingenti progetti nel solare. Fra qualche
decennio, esporterà più elettricità rinnovabile che petrolio». Secondo la
signora Hedegaard, che due anni fa ha cambiato il proprio incarico da
"ministro dell'Ambiente" a "ministro per l'Energia e il
Clima" (prontamente imitata da Australia e Gran Bretagna), «i tempi sono
così cambiati che il dibattito sul clima va avanti nonostante la crisi finanziaria in corso. Soltanto cinque anni fa, non
sarebbe successo». Per rilanciare l'economia americana,Obama ha puntato 150
miliardi di dollari sul tavolo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica,
con l'obiettivo di salvare l'ambiente e creare al tempo stesso cinque milioni
di posti di lavoro. La Danimarca ha già dimostrato che si può fare. «Negli anni
70 – osserva il ministro – eravamo dipendenti al 100% dal petrolio
mediorientale». Fu allora, che il Governo decise di puntare sulle rinnovabili,
a cominciare dall'energia eolica, visto che in Danimarca il vento non manca. I
successivi Governi hanno mantenuto la barra dritta e «oggi produciamo il 130%
del fabbisogno energetico: siamo diventati esportatori netti». Certo, nel
frattempo la Danimarca ha trovato dei giacimenti di petrolio e di gas nel Mare
del Nord. Però «il 19% della nostra energia viene dalle rinnovabili, che sale a
quota 28% se si parla della produzione di elettricità. Bruciando i rifiuti
domestici ed agricoli, produciamo elettricità e insieme calore per il
riscaldamento decentralizzato delle case. La danese Vestas è leader mondiale
nell'eolico. E non ci sono dubbi: i settori delle rinnovabili e dell'efficienza
energetica sono quelli che hanno aumentato di più l'occupazione e l'export,
negli ultimi anni». Se la Danimarca voleva dare l'esempio, c'è riuscita. Ma
tutto questo non implica che il summit di Copenhagen sarà una passeggiata.
Anzi. Non a caso, Connie Hedegaard è arrivata a Roma in questi giorni per
chiedere tutto il sostegno dell'Italia, che ha la presidenza di turno del G8.
«In calendario c'è il G8 dei ministri dell'Ambiente, convocato il mese prossimo
a Siracusa. E poi il vertice di luglio alla Maddalena», per il quale Obama ha
recentemente scritto a Berlusconi. «I negoziati veri e propri saranno a
Copenhagen in sede Onu – commenta Hedegaard –ma dobbiamo riuscire a discutere
prima, a gettare le fondamenta dell'accordo,e trovare le necessarie risorse
finanziarie». Nella sua agenda,l'opzione di un insuccesso non è contemplata.
«Nel passato –conclude il ministro globetrotter – la diplomazia del clima è
stata soffocata dai veti incrociati e dall'inazione. Quest'anno, siamo mossi da
un reale senso d'urgenza. E anche dal senso di responsabilità. Spero che non ci
sia più nessuno che voglia ostacolare questo processo senza pagare un alto
prezzo politico». Il 2009 è l'anno delle decisioni. Se arriveranno per davvero,
sarà anche l'annus mirabilis di Connie Hedegaard. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LAVORO DIPLOMATICO Non possiamo permetterci di fallire: il G-8 della Maddalena
sarà fondamentale per preparare il terreno a un accordo. Superare il pericolo
dei veti incrociati Ex giornalista. Connie Hedegaard, 48 anni, ministro per
l'Energia e il Clima della Danimarca
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-31 - pag: 20 autore: Sviluppo.
Confindustria Veneto critica il piano della Lega Aiuti a chi non delocalizza:
Tomat boccia la proposta Nicoletta Picchio ROMA Non se lo aspettava e non gli
piace. Per un motivo semplice e pragmatico: «In questo momento di crisi per le aziende italiane qualsiasi forma di protezionismo e di limitazione del mercato è assolutamente negativa. Al
contrario, vanno favorite al massimo le condizioni di libero scambio». Andrea
Tomat, da gennaio presidente degli industriali del Veneto e ancora prima
dell'associazione di Treviso, conosce da protagonista i fattori che hanno
motivato la crescita al galoppo della sua Regione. Non può condividere,
quindi, la novità che è stata inserita nel testo del decreto sugli incentivi,
frutto di un emendamento della Lega: potranno beneficiare delle agevolazioni solo
le aziende che si impegnano a non delocalizzare. Bisognerà vedere se la norma
resterà in piedi nella votazione in aula alla Camera, in ogni caso l'attuazione
ha bisogno di un via libera della Ue che secondo gli esperti è assai
improbabile. Ma intanto è messa nero su bianco. E Tomat protesta, chiedendo di
modificare il testo: «Il nostro territorio è potuto crescere in modo
significativo grazie all'internazionalizzazione, un fenomeno che ha portato più
posti di lavoro e più ricchezza». Ma la ricetta non vale solo per il Veneto:
«Lo schema di uscita dalla crisi prevede non solo l'appoggio del sistema
bancario, ma anche una maggiore presenza dell'Italia sui nuovi mercati e nei
Paesi in via di sviluppo. Mettere limiti protezionistici vuol dire raggiungere
l'effetto contrario». Eppure l'iniziativa è partita dalla Lega, un partito che
certamente in passato ha sostenuto una politica di dazi e protezionismo
e che continua ad averlo nel proprio Dna, ma che ha avuto anche un exploit alle
ultime elezioni proprio nel Nord-Est. «Probabilmente non c'èstata una lettura
corretta dei fenomeni economici di questo territorio e di come si sono
concretizzati. Lo sviluppo comporta l'internazionalizzazione e l'apertura degli
scambi. Questa impostazione deve essere compresa dai protagonisti della
politica». Anche perchè la crisi nonè finita: «Stiamo vivendo probabilmente la
fase più dura». C'è chi dice che il peggio è alle spalle: «C'è una differenza
temporale di rilevazione degli effetti della crisi. L'auto, per esempio, ha
cominciato a tirare il freno prima, mentre l'effetto sui fornitori si sta
sentendo adesso». E comunque Tomat per ora non vede la fine in tempi brevi:
«Non sono mai stato catastrofista. Ma bisogna guardare la realtà con realismo:
è presto per dire che ne siamo fuori ». Proprio nei giorni scorsi Tomat ha
riunito i vertici di Confindustria Veneto per fare il punto sulle prospettive
della crisi e sugli strumenti necessari a superare questa fase: «Abbiamo
sottolineato la necessità di ammortizzatori sociali adeguati e l'appoggio delle
banche per ottenere credito. Confindustria si è impegnata su tutto il
territorio nazionale e noi lo stiamo facendo a livello locale». © RIPRODUZIONE
RISERVATA LE MOTIVAZIONI «Siamo cresciuti con l'internazionalizzazione, che ha
portato più posti di lavoro e più ricchezza; è un errore puntare sul protezionismo»
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-31 - pag: 37 autore: Diritto
dell'economia. Decreto attuativo entro tre mesi dall'entrata in vigore della
Comunitaria 2008 Revisione, direttiva in stand-by Si allungano i tempi per il
recepimento delle disposizioni Ue Valentina Melis MILANO Razionalizzare il
sistema dei controlli sulla contabilità e sulla gestione delle società, per
renderli meno gravosi soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese,
va bene. Ma attenzione a tutelare anche l'interesse dei finanziatori pubblici e
privati, del Fisco e dell'intero sistema economico. Questo il messaggio che
arriva da commercialisti e revisori contabili, interpellati dal Sole 24 Ore
dopo l'inchiesta che ha messo in luce la diminuzione, in due anni, del 53,4%
delle Srl dotate di collegio sindacale, passate da 38.702 del 2006 a 18.043 del 2008 (si
veda «Il Sole 24 Ore del Lunedì» di ieri). Il tutto mentre appare ancora in
alto mare, secondo indiscrezioni che arrivano dal ministero dell'Economia, la
(ri)scrittura del decreto legislativo che dovrà recepire la direttiva
2006/43/Ce relativa alle revisioni dei conti annuali e dei conti consolidati.
Il provvedimento è annoverato tra quelli dell'allegato B al disegno di legge
comunitaria 2008 in
discussione alla Camera, ovvero tra i decreti legislativi che dovranno essere
adottati entro tre mesi dall'entrata in vigore della stessa legge. «Sarebbe
opportuna una razionalizzazione della normativa italiana in tema di governance
– spiega Mario Boella, presidente dell'Associazione italiana revisori contabili
– suddividendo con chiarezza ruoli, funzioni e responsabilità tra la pluralità
di soggetti oggi incaricati, a vario titolo, di eseguire controlli e che si
relazionano con i revisori». Il che non si traduce, secondo Boella, nella
necessità di nuove leggi: «Si potrebbe cominciare identificando i punti di
sovrapposizione–prosegue – con l'individuazione di soluzioni operative nei
modelli organizzativi aziendali, per passare a interventi normativi di natura
regolamentare o legislativa laddove ce ne fosse la necessità». Il varo del
decreto legislativo per attuare la direttiva 43/ 2006, infine, secondo Boella,
potrebbe essere l'«opportunità per realizzare una sistematica armonizzazione
delle norme vigenti in tema di revisione », anche accorpandole in un testo
unico. Insiste sul «modello italiano » e sul ruolo del collegio sindacale il
presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti
contabili, Claudio Siciliotti. «Credo che la crisi
finanziaria ed economica mondiale – spiega – abbia dimostrato l'utilità
di un controllo a monte della correttezza delle scelte aziendali, e non solo a
valle. A mio avviso, ad esempio, il controllo operato dal collegio dei revisori
andrebbe esteso anche al di sotto della soglia dei 120mila euro di capitale
nelle Srl in cui si gestiscono fondi pubblici superiori al capitale di rischio
o in quelle che utilizzano mezzi di terzi in misura nettamente superiore ai
mezzi propri, ovvero con un elevato livello di indebitamento». Sulla
diminuzione delle Srl dotate di collegio sindacale, Siciliotti aggiunge:
«Disponiamo di statistiche in base alle quali falliscono più Srl delle Spa, e
più quelle senza collegio sindacale, di quelle che invece ne sono dotate».
Infine, l'ipotesi di privare i collegi sindacali dei compiti di revisione sui
bilanci, prevista dalla prima bozza di decreto legislativo per il recepimento
della direttiva 43/2006, elaborata nella scorsa legislatura, è per Siciliotti
«una preclusione senza senso». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-03-31 - pag: 37 autore: INTERVENTO Coordinamento cercasi dopo le ondate delle riforme di
Paolo Montalenti* L a crisi finanziaria mondiale ha focalizzato l'attenzione di istituzioni, operatori,
esperti e cittadini sulla banca, la finanza, i mercati
finanziari, i riflessi sull'economia reale. I temi
della corporate governance rischiano di sfumare in secondo piano. Ma
agli interventi di emergenza dovranno seguire le scelte regolatorie di lungo
periodo per riequilibrare il sistema. In questa prospettiva il tema dei
controlli interni, in particolare per le società quotate, mantiene un ruolo
centrale, che non deve essere offuscato. Nell'ordinamento italiano gli
interventi in materia di controlli, dalla «miniriforma delle società per
azioni» (legge 216/74) alla legge per la tutela del risparmio ( legge 262/05)
sono stati numerosi e anche correlati al contesto europeo e internazionale.
Significativo, altresì, l'apporto del Codice di Autodisciplina. Ma il
susseguirsi di interventi legislativi ha creato, più che un sistema, un
«reticolo» di controllori e una «sommatoria» di tipologie di controlli che
suscitano non poche perplessità. è stato davvero raggiunto un punto di
equilibrio tra necessità di prevenire (irregolarità contabili e fiscali,
conflitti di interessi, abusi di maggioranza, false informazioni al mercato
eccetera.) e rischio di imporre alle imprese vincoli o costi eccessivi? E si
sono create sinergie positive o si sono prodotte sovrapposizioni e
duplicazioni? Operatori ed esperti concordano nel giudicare necessarie una
significativa semplificazione e soprattutto una chiarificazione di ruoli e
funzioni allo scopo di evitare gli eccessi di sovrapposizioni di competenze.
L'overlapping più che stimolare cooperazioni virtuose produce «conflitti di
competenza negativa ».Le iniziative dell'Osservatorio sul diritto societario
della Camera di commercio di Milano e di Assonime paiono confermare questa
tesi. Il compito non è facile. La stessa espressione «controllo» è ormai
difficile da decifrare, perché è utilizzata per indicare concetti e funzioni
assai diversi: dall'influenza dominante su di una società controllata alla
valutazione di merito delle scelte gestionali; dalla verifica di legalità al
giudizio di correttezza istruttoria e procedurale; dal controllo preventivo
sull'idoneità delle procedure e degli assetti organizzativi adottati al
controllo successivo sul loro concreto funzionamento; dalla vigilanza diretta
sull'operatività delle funzioni d'impresa alla vigilanza indiretta effettuata
attraverso l'assunzione di informazioni. Le categorie stesse – controllo di
lega-lità, di legalità sostanziale, di correttezza contabile, di correttezza
amministrativa, di efficacia, di efficienza,di merito –dovrebbero dunque essere
rimeditate. Anche la compresenza di organi affini – ad esempio comitato audit e
collegio sindacale – potrebbe essere messa in discussione. A mio avviso si deve
piuttosto lavorare in una diversa direzione: tentare di eliminare o almeno
ridurre le sovrapposizioni di competenze o, quanto meno, le duplicazioni di
funzioni. In questa prospettiva si possono formulare alcune ipotesi di lavoro,
relativamente alle società quotate, senza prendere posizione sulla questione se
si debba intervenire in sede normativa o di autodisciplina o se invece sia
sufficiente una condivisa revisione interpretativa. Si potrebbe anzitutto
ipotizzare una limitazione della funzione di controllo del collegio sindacale
ai profili di legalità sostanziale (escludendo espressamente controllo
contabile, controllo di correttezza gestionale, valutazioni di merito) e
prevedere l'attribuzione del controllo sul rispetto dei principi di corretta
amministrazione nonché sull'adeguatezza degli assetti organizzativi al comitato
audit. Quanto alle procedure amministrative e contabili per la formazione dei
bilanci, si dovrebbe limitare la competenza del dirigente preposto ai documenti
contabili alla predisposizione delle procedure, affidare alla società di
revisione la verifica d'adeguatezza, attribuire al sistema di controllo interno
la verifica sull'effettiva applicazione. L'organismo di vigilanza 231 è poi,
come noto, privo di regolamentazione quanto a composizione, nomina, durata,
revoca, funzioni: si dovrebbe almeno chiarire che le sue competenze sono
esclusivamente circoscritte alla verifica delle procedure relative alla
prevenzione dei reati rilevanti agli effetti della responsabilità
amministrativa. La chiarificazione deve, infine, investire anche i sistemi
alternativi di governance. Mi limito a un profilo: nel modello dualistico si
dovrebbe prevedere che lo statuto debba stabilire le funzioni di alta direzione
attribuite al consiglio di sorveglianza, introdurre l'obbligo di istituire il
comitato audit nell'ambito di questo organo, statuire espressamente che i
rapporti tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza siano
disciplinati da un regolamento interno. Si tratta di ipotesi di lavoro su cui
riflettere: ciò che è sicuro è che semplificazione e razionalizzazione sono
esigenze da tutti avvertite come non più differibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA
* Ordinario di Diritto commerciale, Università di Torino MANDATI DA CHIARIRE Da
ridefinire i compiti degli organismi che attualmente presiedono alle fasi di
vigilanza e controllo
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-31 - pag: 7 autore: G-8 lavoro. Sacconi:
l'«early warning» non può basarsi solo su indicatori finanziari «L'Fmi sorvegli
anche il rischio sociale» Giorgio Pogliotti ROMA Ripensare il ruolo del Fondo
monetario internazionale incorporando anche gli indicatori sociali, perché
«sono strettamente legati la sostenibilità sociale e la stabilità finanziaria». è il messaggio che arriva dal documento
conclusivo del G8 Lavoro (allargato ieri a India, Cina, Messico, Brasile,
Sudafrica ed Egitto) organizzato dalla presidenza italiana, in vista del G20 di
Londra che si occuperà della stabilità finanziaria.
L'appello degli otto ministri del Lavoro è a seguire il principio "people
first": «L'early warning,utile ad anticipare eventuali fenomeni – ha detto
il ministro italiano Maurizio Sacconi – deve esserefatto con indicatori sia di
carattere finanziario che sociale. Bisogna tenere conto non solo dell'impatto
delle spese di Welfare sui bilanci pubblici, ma anche dell'equilibrio e della
coesione sociale». Il documento contiene l'invito diretto alle organizzazioni
internazionali «Fmi, Ocse e Ilo a prendere in considerazione il mercato del
lavoro e gli impatti sociali nelle loro attività di consulenza e collaborazione
con i governi», affinché «un'efficace occupazione e politiche di protezione
sociale riescano a mitigare gli impatti della crisi,
assicurando una ripresa sostenibile». Del resto la crisi
sembra destinata ad appesantirsi: per il 2009 l'Ocse prevede un calo del 4,3% del Pil
nei 30 Paesi dell'area, con un 2010 «prevalentemente piatto». Le previsioni
sono «un po' più pessimistiche di quelle di poche settimane fa» ha spiegato il
segretario generale, Anguel Gurria, anticipando al G8 l'economic outlook che
sarà pubblicato oggi. La disoccupazione «potrebbe avvicinare il 10%» – ha
aggiunto Gurria – nella maggior parte dei Paesi nel 2010, «praticamente senza
eccezione», e «questo significa 25 milioni di persone in più solo nell'area»
dei 30 membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Di fronte a questo scenario, per Gurria è necessaria «un'azione
decisiva eveloce da parte dei governi per evitare che la crisi finanziaria si espanda e diventi
una crisi sociale», con
«effetti che lasciano il segno sui lavoratori più vulnerabili e sulle famiglie
a più basso reddito». Ma nonostante da tempo ormai i principali osservatori
internazionali e nazionali concordino nel tracciare lo stesso quadro a tinte
fosche, il Governo italiano continua ad invitare alla cautela. Secondo
il ministro degli Affari esteri, Franco Frattini, «alcuni indicatori
sull'andamento della disoccupazione preoccupano », ma «è necessaria la massima
cautela per quanto riguarda le stime», perché «le cifre spesso appaiono non
coordinate e danno messaggi non coincidenti ». Intanto, i rappresentanti delle
organizzazioni sindacali internazionali si sono incontrati nel pomeriggio con
una delegazione del Pd guidata dal segretario Dario Franceschini che ha
assicurato il sostegno delle loro proposte, anche in sede parlamentare. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA OCSE Gurria anticipa le ultime stime: -4,3% il Pil
dell'area nel 2009, piatto nel 2010 Disoccupazione verso quota 10 per cento
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-31 - pag: 7 autore: «Le Pmi siano pronte
a fondersi» Marcegaglia: serve più capitalizzazione - Bene Obama sulle energie
rinnovabili Emilio Bonicelli MODENA. Dal nostro inviato Emma Marcegaglia,
numero uno degli imprenditori italiani, ha ben presenti le ultime elaborazioni
dell'Ufficio Studi di Confindustria che indicano «qualche piccolo segnale di
miglioramento » nella seconda parte dell'anno e una crescita dello 0,8% nel
2010. Per questo, parlando a Modena a 800 capitani d'azienda dell'Emilia
Romagna, li invita a «gettare lo sguardo oltre la crisi» per iniziare a
riflettere su «quale mondo avremo davanti» una volta passata la tempesta sui
mercati. Bisogna prepararsi alle nuove sfide, con «più efficienza, maggiore
capitalizzazione, pronti a fare acquisizioni». Sono strategie indispensabili
perché lo scenario economico futuro sarà molto diverso da quello cui siamo
stati abituati. Per due o tre anni «ci sarà una domanda mondiale ridotta», il
credito sarà «più difficile» e partirà una stagione di fusioni e aggregazioni.
Le aziende devono iniziare a “tararsi” in vista di questo nuovo scenario,
«lavorando ancora di più sull'efficienza», «aumentando la capitalizzazione»,
anche nelle piccole e medie società, facendo molta attenzione a «non essere
solo prede, ma capaci di acquistare quote di mercato, aggregando concorrentio
altre aziende». Il dialogo con gli imprenditori si allarga poi agli altri temi
di attualità, a iniziare dal G-20 che prende il via dopodomani. Emma
Marcegaglia si aspetta che ne escano «poche decisioni concrete», che diano
l'impressione di un reale «passo avanti ». Solo così si potrà dare fiducia al
mondo, evitando «dichiarazioni vuote e un po' finte». Il tema fondamentale è
quello del credito: «Bisogna lavorare – dice – per ripristinare il
funzionamento corretto del sistema bancario e finanziario». Servono «nuove
regole», spiega Emma Marcegaglia, ma gli imprenditori sono «contrari a un
eccesso di regolazione » per evitare che si inneschi una «ulteriore restrizione
del credito». No deciso inoltre a ogni forma di protezionismo «che avrebbe l'unico
effetto di allungare la crisi» e che sarebbe un «disastro» per l'Italia, che ha
fatto dell'export un punto di forza. Sul fronte interno il presidente di Confindustria
indica tre obiettivi su cui orientare le risorse disponibili: «Ammortizzatori
sociali, credito, opere locali ». Da qui la richiesta che si allenti il
patto di stabilità interno per gli enti locali, così da favorire i piccoli
investimenti in manutenzioni e infrastrutture. «Sono interventi che possono
partire subito, dando sostegno vero alla domanda interna». In proposito quanto
scritto nell'emendamento al provvedimento legislativo in approvazione «aggiunge
troppo poco in questa direzione e non è sufficiente ». Essenziale poi il
rifinanziamento del Fondo di garanzia e «tutto» il Fondo deve essere
utilizzabile nel 2009, perché «la crisi è adesso». Sul tema degli
ammortizzatori sociali Emma Marcegaglia sottolinea la necessità di “rendere
esecutivi” gli otto miliardi dell'accordo Stato-Regioni. Insieme ai sindacati
Confindustria inoltre chiede un «allungamento automatico dei tempi della Cassa
integrazione, da 52 settimane a 104, perché già ci sono casi in cui la Cig si
sta esaurendo». Infine la nuova frontiera industriale delle energie
rinnovabili. Positiva «la volontà di Obama di investire in questo senso »,
anche in vista di un accordo globale sul clima. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-03-31 - pag: 25 autore: LETTERA DA HANOI Il
Vietnam si rifugia nei consumi interni di Romeo Orlandi* L a crescita
spettacolare degli ultimi anni ha reso paradossalmente il Vietnam più fragile.
Il suo inserimento nella titanica macchina della manifattura asiatica lo ha
fatto emergere dalla palude del sottosviluppo, ma ne ha decretato la dipendenza
immediata dalla congiuntura internazionale. La ripercussione della crisi è
dirompente in un Paese con una export led growth. Il calo della domanda
internazionale sta avendo anche in Vietnam gli stessi effetti che appaiono
nelle cronache eco-nomiche dell'Asia: fabbriche chiuse, uffici deserti,
container vuoti. Si diffonde inoltre il timore di un massiccio ritiro dei
capitali che il Paese aveva attratto con una politica lungimirante che
coniugava il basso costo di produzione,la stabilità politica, la grande
dimensione del mercato interno. Nella crisi, i capitali sono maggiormente
garantiti nei Paesi industrializzati, dove l'intervento dei Governi assicura
contro il rischio di tracolli finanziari. L'Asia non appare così forte e
determinata e dunque è immaginabile un esodo, dalle dimensioni ancora
imprecise, di capitali. Un protezionismo finanziario sta sostituendo quello commerciale. Recentemente la
World Bank ha corretto al ribasso le previsioni di crescita per il
Vietnam,attestandole per il 2009 su una prudente valore del 5,5%. Il Governo
non ha molti margini di manovra:le sue riserve sono esigue, la bilancia
commerciale è in passivo, l'inflazione da poco ridimensionata. è
previsto un pacchetto fiscale teso a sostenere la domanda globale, ma il suo
importo di 6 miliardi di dollari appare insufficiente. Il tasso di interesse è
stato ridotto per stimolare gli investimenti e la moneta (il dong) è stata
svalutata del 3% per rilanciare le esportazioni, nel timore generale di
innescare una corsa al ribasso delle proprie valute tra i Paesi asiatici.
Nonostante la sua crescita, il Paese non ha la struttura e i muscoli
sufficienti per un'azione indipendente.Erroneamente viene classificato come un
Cina in miniatura. Non ne ha ovviamente la dimensione politica e anche le
dotazioni strutturali appaiono ancora insufficienti. Le grandi città risentono
ancora dell'economia dei villaggi e non si sono ancora trasformate in
megalopoli inquietanti. L'uscita dalla crisi appare avviata su due binari. Il
primo è una moderazione delle ambizioni, verso una crescita più equilibrata che
dia respiro al mercato interno. Consumi e investimenti pubblici possono essere
incoraggiati per compensare,almeno parzialmente, il calo dell'export. Il Paese
ha una secolare tradizione contadina che gli ha dato stabilità e che ora può
dare forza a una domestic led growth, congiuntamente all'intervento pubblico
per la costruzione di infrastrutture. Il secondo percorso è segnato dalla
strategia delle alleanze. L'Asean,di cui fa parte dal 1995,siè rivelato angusto
e poco efficace in termini economici. Ad esclusione di Singapore, nessun Paese
del Sud-Est asiatico ha relazioni commerciali importanti con il Vietnam.
L'associazione è frammentata e risente del suo marchio politico alla nascita.
Ora le divisioni ideologiche sono tramontate, ma l'Asean non riesce ad avere
nello scacchiere del Pacifico una voce unica e autorevole. I rapporti con la
Cina risentono di vecchie frizioni e di pragmatismo corrente. Hanoi è compressa
tra le necessità di buon vicinato e il timore che questo possa trasformarsi in
un vassallaggio economico. La sua aspirazione è diversificare le relazioni,
dando respiro ai rapporti con gli Usa e Ue. è forte la consapevolezza che le
nazioni asiatiche siano fondamentalmente concorrenti, quando invece il Paese ha
bisogno del recupero delladomanda dai Paesi industrializzati. Sono i soli a
poter diventare partner, in un ventaglio di iniziative che una globalizzazione
ragionata impone: commercio, investimenti, outsourcing, uso sapiente delle
risorse. Va in questa direzione la visita del prossimo dicembre in Italia del
presidente della Repubblica Nguyen Minh Triet. * Osservatorio Asia ©
RIPRODUZIONE RISERVATA STRATEGIA DI RIPIEGO Domanda e investimenti pubblici
possono essere incoraggiati per compensare in parte il calo dell'export
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( da "Sole 24 Ore, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-03-31 - pag: 25 autore: M&M Conto
salato per un Paese ben poco affidabile «M amma mia! La crisi ci ha veramente
reso più poveri degli italiani?» titolava il quotidiano inglese The Guardian lo
scorso dicembre in piena tormenta finanziaria. Poveri di affidabilità, si
potrebbe aggiungere. Vero o meno, questa è in ogni caso una percezione diffusa
del Sistema Paese Italia oltre Manica e (perché no?) in molti altri Paesi,
avanzati ed emergenti. E questo contribuisce a penalizzare la competitività
dell'Italia Inc. Anche perché, come qualcuno ha rilevato nel corso dei lavori
Aspen di cui parliamo qui a lato, la comunità degli investitori esteri è
piccola e lì, spesso e volentieri, vale il passaparola. A maggior ragione, in
un mondo globalizzato dove il fattore velocità d'azione gioca un ruolo
importante, specie nelle decisioni di investimento. La
mancanza di regole affidabili e la confusione istituzionale presentano peraltro
un conto ancor più salato in tempi di protezionismo commerciale, quanto finanziario. Gli investimenti esteri nella
Penisola si concentrano per il 60% nel settore manifatturiero e per il 13% in
quello del commercio, due settori dove si è riusciti a creare competitività e
maggiore efficienza. Ma la strada da percorrere è lunga in un sistema
dove la farraginosità delle norme suona come un modo per favorire gli insider e
tener fuori i nuovi outsider. E il tempo stringe, se si vuole giocare ancora
una propria partita nel mondo post-crisi. Proprio la crisi generalizzata
potrebbe peraltro servire a recuperare terreno. Basterebbe volerlo e agire sul
fronte di una concreta politica industriale volta a individuare e a incentivare
i settori dove attrarre i capitali esteri. E nel contempo potenziare il fronte
politica estera economica, che altri Paesi concorrenti hanno già adeguato al
mondo dei nuovi equilibri geostrategici. Un cammino che non potrà che partire
dall'abbattimento della contrapposizione stranieri-italiani. Una rivoluzione
per un Paese e una classe dirigente ancora troppo provinciali. Ma una strada
obbligata verso il mondo che verrà. S. Cr. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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( da "Messaggero, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 Chiudi IL SUMMIT dei capi di Stato e di governo del G20 che si terrà a
Londra il 2 aprile è stato preceduto da un gran numero di riunioni, soprattutto
a livello europeo, ma anche mondiale. L'aumento del turismo politico e
diplomatico significa sempre due cose. Intanto, che gli sherpa non sono giunti
a conclusioni condivise e che non hanno le idee chiare sulle soluzioni e forse
neppure sui problemi da discutere nel vertice. Poi, esso serve a mascherare sia
l'incapacità di prendere decisioni nazionali che la volontà di nascondersi
dietro la foglia di fico del vincolo esterno, per giustificare le scelte fatte.
Di fatto, nella riunione di Londra si scontreranno due tesi opposte. Da un
lato, i dottrinari, apostoli dei "massimi sistemi", che pretendono
che il G20 definisca un nuovo ordine economico mondiale. Dall'altro, i
pragmatici-realisti puri e duri. Essi cercano soprattutto di indurre gli altri
Paesi a prendere provvedimenti corrispondenti ai propri interessi e preferenze.
I primi si porranno l'interrogativo se la crisi attuale segni la fine della
globalizzazione e del capitalismo. Affermeranno che sono inadeguate le regole
attuali ed inefficaci i controlli. Proporranno regole ed istituzioni più o meno
messianiche per creare un nuovo ordine economico mondiale, "trasparente,
stabile e giusto". Fino a poco tempo fa parlavano di una seconda Bretton
Woods. Oggi l'espressione è scomparsa, ma l'intenzione di farla rimane. È
un'utopia. L'Ue non è riuscita a gestire unitariamente la crisi. È un mistero
come si possa pensare di trovare un accordo nel G20, fra Paesi con interessi e
percezioni tanto differenti. Il rischio è che, correndo dietro alle chimere,
non solo non venga fatto il poco di buono che è possibile, ma che si creino
ulteriori guai. In realtà tale rischio non è molto elevato. Ci penseranno Obama
e Hu Jintao ad evitarlo. Forse, le cose serie verranno decise in quello che
Fred Bergsten ha denominato G2, cioè da Chimerica (China and America).
Contrapposti ai benintenzionati fautori dell'ordine nuovo, sono i
pragmatici-minimalisti. Essi non indulgeranno ad uno scontro ideologico
globale. Non perderanno tempo a discutere di Stato e mercato, di liberismo, di
"mercatismo" e di liberalismo, di ritorno di Keynes o di validità
della globalizzazione. Cercheranno invece di individuare il massimo comun
denominatore per coordinare, nel limite del possibile, le scelte fatte dai
singoli Paesi. Si propongono obiettivi più modesti: la stabilità, la crescita e
la creazione dei posti di lavoro. Essi non credono nelle crociate morali per
purificare l'economia e la finanza. Sono contrari alle discussioni accademiche
se sia fallito il mercato o lo Stato od entrambi. Molti di loro sono persuasi
che la crisi sia stata causata dagli squilibri strutturali esistenti nell'economia
mondiale ad esempio, dal fatto che gli Usa, al contrario dei cinesi, consumino
più di quanto producano. Tali squilibri non possono essere modificati da nuove
regole, per quanto buone esse siano. Per questo, anziché ricercare il meglio,
si limitano ad evitare il peggio e di fare guai. Beninteso, nella riunione del
G20, si svolgeranno interessanti discussioni fra gli Usa che vogliono che gli
europei stimolino maggiormente l'economia e questi ultimi che non ne vogliono
sapere. Come scusa, sosterranno che nei loro stimoli andrebbero considerate le
loro maggiori provvidenze sociali, proprie del capitalismo renano. Le
discussioni saranno però inutili. Non indurranno gli Stati a modificare le loro
decisioni. Tutti, poi, concorderanno sul fatto che, essendo la finanza globale,
anche la vigilanza dovrebbe esserlo. Ma nessuno accetterà di cedere la propria
vigilanza nazionale. Non siamo riusciti a farlo neppure in Eurolandia! Alla
fine tutti si dichiareranno d'accordo su due concetti, sostenuti sin dall'inizio
dai realisti. Il primo è che causa, sviluppo e portata della crisi sono ancora
sconosciuti. Sono influenzate dall'"economia della paura". Ciò impone
una grande cautela, per evitare rimedi che possano aggravare il male. Perciò
non vanno modificate regole, che bene o male hanno funzionato, almeno fino al
primo shock petrolifero. Verranno però costituiti vari gruppi di lavoro per
modificarle, accontentando così i sostenitori del nuovo ordine economico
mondiale. Il secondo concetto che dominerà la riunione è quello del "prius
vivere, deinde philosophari". Taluni provvedimenti urgenti verranno presi,
come l'aumento delle disponibilità finanziarie del Fondo monetario
internazionale, una maggiore rappresentatività dei Paesi emergenti negli
organismi decisionali, forse un rilancio del Doha Round e aiuti per l'Est
europeo, e così via. Per il resto, ci si limiterà a
condannare il protezionismo,
ad esaltare i meriti del commercio e del libero mercato ed a censurare gli
stipendi eccessivi dei banchieri e la loro eccessiva propensione al rischio.
Insomma, le aspettative riposte nel G20 verranno deluse. Modifiche delle regole
si faranno "a bocce ferme", quando la crisi sarà finita. Solo
allora se ne potranno valutare gli impatti sugli assetti geoeconomici e
geopolitici globali. Il nuovo ordine mondiale, come quello attuale, non sarà
fondato solo su regole e principi etici, ma sui rapporti di potenza. Per ora
non si sa quali questi ultimi saranno dopo la crisi.
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( da "marketpress.info"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 IMMOBILIARE: PER LA PRIMA VOLTA DA DIECI ANNI SCENDONO I PREZZI Bologna,
31 marzo 2009 - Nomisma analizza l’andamento del mercato
di tredici città italiane di grandezza intermedia (Ancona, Bergamo, Brescia,
Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno, Taranto, Trieste e Verona)
in relazione agli ultimi 12 mesi. Anche in corrispondenza di queste realtà
urbane si è manifestata la crisi del mercato
immobiliare con un peggioramento su tutti i fronti: domanda, numero di compravendite
(parrebbe addirittura che la riduzione delle transazioni sia più marcata nelle
città di secondo rango rispetto alle città metropolitane) e valori di
compravendita e locazione. Della crisi sul mercato
della compravendita sta parzialmente beneficiando il settore della locazione,
con una indicazione di maggiore interesse nei confronti di questa forma
contrattuale, per lo meno sino a quando la disponibilità di credito non si
andrà a ricomporre ed i prezzi di compravendita risulteranno inferiori a quelli
attuali, date le aspettative deflazionistiche sul mercato immobiliare. I
canoni, però, evidenziano un calo, dal momento che l’offerta
risulta comunque abbondante e la capacità reddituale delle famiglie è bloccata.
I prezzi, per la prima volta da almeno un decennio, flettono: -2,2% per le abitazioni
nuove,-2,4% per quelle usate, -1,5% per gli uffici, -2% per i negozi, -1,9% per
i capannoni, mentre i box auto e garage sono gli unici a far segnare lievi
variazioni positive (+0,9%). Si tratta di variazioni negative che interessano
pressoché tutte le città considerate. Le difficoltà nel concludere le
transazioni si traducono in un consistente allungamento dei tempi di vendita.
Perdura quindi la tendenza manifestatasi a partire dal 2004 e che, nel giro di
qualche anno, ha causato pressoché il raddoppio delle tempistiche di vendita,
portandole ad attestarsi fra i 6 e i 7 mesi, con l’eccezione
dei box auto per i quali i tempi di vendita – considerando anche il più
contenuto importo unitario dei beni – si assestano sui 4 mesi. Se si considerano, a
proposito delle abitazioni, i tempi di vendita delle nuove case, si rileva che
il mercato della nuova edilizia risulta connotato da tempistiche
tendenzialmente più elevate del segmento dell’usato.
Considerando che, in genere, la nuova edilizia è appannaggio delle zone di
espansione, si può ben comprendere come siano queste ultime, in genere
decentrate rispetto al nucleo urbano storico, a denotare una maggiore
sofferenza, anche in considerazione del fatto che qui l’offerta
è più
abbondante. Per il 2009, la previsione è di un’ulteriore
riduzione del numero di transazioni di abitazioni (che però, non dovrebbe
avvicinare quella già vissuta) e che potrà attestarsi nell’ordine di un
8-10%, portando così le compravendite di abitazioni sulle 620-630 mila unità con una
flessione dei valori immobiliari stimabile nel 7-8% per ritornare ad una
sostanziale stabilità nominale nel 2010. Come il credito ha influito sulla crisi del settore: questo il tema al centro del Terzo
Quaderno per l’Economia di Nomisma ‘La
centralità del credito nella crisi del settore
immobiliare": questo il tema al centro del Terzo Quaderno sull’Economia
a cura di Nomisma, pubblicazione periodica che si propone di approfondire e
comprendere alcuni temi legati all’economia. In questo numero, curato da
Giorgio De Rita, Luca Dondi Dall´orologio, Marco Marcatili, Nomisma ha voluto
focalizzare l’attenzione al ruolo che il sistema
dell’offerta di credito svolge, o potrà svolgere, nel determinare le
condizioni di ripresa del mercato immobiliare, tema su cui non si è ancora forse
abbastanza dibattuto, mentre molto si è detto sulla crisi
finanziaria, sulle sue cause e sulle possibili vie d’uscita.
Le dinamiche del mercato immobiliare sono specchio e chiave interpretativa
dell’andamento
più generale dei parametri macroeconomici, tanto nelle fasi espansive quanto (o
forse soprattutto) in quelle recessive (in termini di volumi e di valori), come
testimonia l’andamento più recente. Sul bene immobile si
riflettono, infatti, strategie di medio lungo periodo mirate alla crescita del patrimonio,
suggestioni di corto respiro (l’ansia di vendere per
timore di un crollo dei prezzi), tentativi di definire una corretta allocazione
degli investimenti e, più in generale, esigenze di protezione verso i rischi del futuro. .
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( da "Messaggero, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 Chiudi di LUCIANO COSTANTINI ROMA La ripresa passa per le politiche
sociali. Anzi, le politiche sociali sono il motore stesso della ripresa. L'uomo
è al centro della società ed è la fiducia il carburante essenziale per far
camminare la società. In questo caso per farla ripartire. E' stata la sfiducia
ad innescare il circolo vizioso della crisi ed ora va
invertito il ciclo. Un impegno che rientra nelle prerogative degli organismi
internazionali e delle parti sociali, ma devono essere poi i governi a
pianificare interventi e traguardi. E' questo, nella sostanza, il messaggio di
chiusura del G8 dei ministri del Lavoro del Social Summit che oggi si trasforma
in G14 attraverso un allargamento del tavolo ai membri di Cina, India, Brasile,
Messico, Sud Africa ed Egitto. Il documento finale invita «gli organismi
internazionali, in particolare il Fondo monetario internazionale, l'Ocse e
l'Ilo a prendere in considerazione l'impatto sociale nelle loro attività a
fianco dei governi». Perchè la crisi morderà ancora.
Anzi. Secondo le stime del segretario, Angel Gurria, quest'anno il Pil
dell'area Ocse viaggia verso il meno 4,3% e il prossimo anno la crescita sarà
prevalentemente piatta. Nere anche le previsioni sul tasso di disoccupazione
che nel 2010 potrebbe avvicinarsi al 10%, senza salvare quasi nessun Paese. In
definitiva, la crisi potrebbe produrre 25 milioni di
disoccupati in più. «Certo - ha commentato il ministro degli Esteri, Franco
Frattini - alcuni dati sull'occupazione preoccupano, ma anche io come il
collega Sacconi, invito alla massima cautela su dati statistici che in alcuni
casi appaiono non coordinati da istituto e istituto e spesso impongono
correzioni a breve distanza dalla loro pubblicazione». Certo per il futuro
servirà più attenzione. «Perchè - ha puntualizzato il ministro Sacconi - le
organizzazioni internazionali non hanno saputo nè prevenire
nè prevedere nè provvedere alla crisi. E questo non può più accadere. Siamo entrati nella crisi finanziaria ed economica senza
rendercene conto e senza che nessuno ci avesse minimamente avvisato. Non
possiamo scoprire che l'Argentina salta dopo che è già saltata nè venire a
sapere che siamo pieni di titoli tossici dopo che hanno già invaso il mercato».
Però la crisi può cambiare il nostro futuro. Sacconi
ne è convinto: «Si tratta di agire sul rapporto di fiducia dove ha cominciato
ad intaccarsi, ossia sui mercati finanziari coniugando
la stabilità finanziaria con la sostenibilità sociale.
Una visione che verrà girata al G20 di Londra». La crisi
è di dimensioni globali: investe tutti i Paesi, uomini e donne. Ma i più
danneggiati sono i lavoratori adulti o anziani. Sono i lavoratori che hanno
ancora un'aspettativa di vita di almeno 30 anni. «Condannarli così presto - ha
lamentato il titolare del nostro dicastero del Welfare - significa anche un
impoverimento di molte famiglie perchè spesso hanno ancora figli piccoli». E
poi la condizione delle donne «già condannate a percorsi discontinui e ora
doppiamente colpite». Ovviamente, particolare attenzione va rivolta anche ai
giovani «che rischiano di rimanere intrappolati ai margini di un mercato del
lavoro di scarsa qualità». Questi giovani lavoratori vanno riqualificati
attraverso nuove opportunità come quelle offerte da impieghi nel settore
dell'ambiente e del sociale. Invito, quasi una esortazione, del direttore
generale dell'Ilo, Juan Somavia: «In giro per il mondo ci sono circa 90 milioni
di nuovi entranti nel mondo del lavoro ogni anno che cercano un impiego
decente. Rischiamo di deludere la maggior parte di loro quest'anno e forse
anche nei successivi. Serve un Patto globale».
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( da "Milano Finanza (MF)"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione:
Commenti & Analisi data: 31/03/2009 - pag: 9 autore: di Angelo de Mattia
Signori partecipanti al G20, non sprecate la crisi. Lo
chiede il mondo Domani sera sono di scena i preliminari del G20 di Londra. È
corretta la raffigurazione metaforica, comparsa su Der Spiegel, dei membri di
tale organismo in piedi sulla prua del Titanic? O dovrebbe riguardare tutti i
Paesi, purtroppo, e non solo i leader? Ma poi, non è ancora evitabile l'esito
Titanic, soprattutto se il G20 dimostra di volere veramente essere
l'architettura della futura governance globale? Perché un pessimismo così
spinto, ora che si manifesta qualche segno di speranza, nonostante il non
positivo andamento del mercato nella giornata di ieri, e prima ancora di
conoscere i risultati del summit? Già circola un'informale bozza di documento
conclusivo dei lavori del convegno, al quale il presidente degli Stati Uniti
prende parte per la prima volta portando nel «carniere» non solo il piano anticrisi, in particolare per la sistemazione dei titoli
tossici, ma anche la decisione di subordinare, quantomeno de facto,
l'erogazione di sostegni pubblici al settore dell'auto alle immediate
dimissioni dei manager che non hanno conseguito risultati positivi, come
accaduto con il numero uno della General Motors, Richard Wagoner. Una mossa,
forse anche un po' tardiva considerati i risultati di GM, che ha lo scopo di
rispondere alle diffuse proteste dei cittadini americani contro le
remunerazioni sproporzionate dei manager, di affermare, cogliendo la crisi che «non va sprecata» secondo l'espressione di un
consigliere di Obama, principi di giustizia commutativa e distributiva, di
predisporre una base concreta per le discussioni che si svolgeranno nel G20
proprio sul tema del trattamento dei manager. GM e Chrysler «non ci sono
ancora, devono fare di più», ha detto il presidente Usa e l'Amministrazione ha
fissato tempi precisi per la revisione dei piani industriali di risanamento
dell'una e dell'altra casa automobilistica. Quasi contemporaneamente, in
Francia è stato dimissionato l'amministratore delegato di Peugeot-Citroën (e
forse non è estranea la moral suasion del governo).Nel fine-settimana sono
state numerose le manifestazioni, in diversi Paesi europei, con dure reazioni contro le smodate retribuzioni di chi non ha
saputo prevenire la crisi finanziaria e che, anzi, ha contribuito ad alimentarla per il modo in cui ha
ottenuto l'aggancio delle remunerazioni a strategie di breve periodo nella
produzione degli utili e a politiche di raccolta del risparmio e di
trasferimento del rischio alla base della crisi. C'è una differenza con ciò che è accaduto in un non
lontano passato: si ricordano, in campo finanziario, le tumultuose
manifestazioni, spesso seguite da gravi incidenti, soprattutto in occasione
delle riunioni fuori sede del Fondo monetario internazionale e della Banca
mondiale, che poi si decise, per ragioni di sicurezza, di fare svolgere
esclusivamente a Washington. Oggi, infatti, non sembra che venga contestato lo
svolgimento del summit londinese; ma dura è la reazione, non infrequentemente
all'insegna del populismo, contro coloro che si ritengono avere concorso alla crisi. Naturalmente, non ci si può piegare a manifestazioni,
che per di più potrebbero coltivare anche i germi di atti di violenza.
Tuttavia, è necessario cogliere in tempo i segnali che provengono dalla società
civile, prima che, superata la fisiologia della reazione, le vicende della crisi vengano strumentalizzate per altre finalità.In questi
giorni si è parlato di ritorno alla lotta di classe, ma pare difficile che un tale
schema marxiano, fondato su forze produttive e rapporti di produzione,
plusvalore e proletariato, possa trapiantarsi in un contesto che vede insieme
risparmiatori traditi, soggetti no global, fasce deboli della popolazione che
reclamano risarcimenti, politiche economiche e sociali adeguate insieme con un
generale indirizzo di deglobalizzazione, magari sintonizzandosi con il ricorso
a questo concetto, sia pure con finalità diverse, in atto anche nel mondo
finanziario.Ma, al di là di ciò che chiedono le varie proteste organizzate, è
la crisi che esige dal G20 risposte precise, di rapida
attuazione, non generici impegni e aspettative. Se, oltre alle affermazioni di
principio contro il protezionismo e per una globalizzazione sostenibile, si
riuscirà a corrispondere alle esigenze sia di ulteriori stimoli fiscali, per
contrastare la recessione e sospingere la crescita con apporti dei diversi
Paesi, raggiungendo finalmente una mediazione innanzitutto in Europa, sia di
regole che entrino in vigore rapidamente in tema di paradisi fiscali, rischi
degli intermediari, patrimonializzazione e controlli, hedge fund, remunerazione
dei manager, si potrà dire che il summit avrà avuto un esito positivo,
interrompendo in tal modo la serie di incontri internazionali che si concludono
con documenti i quali si soffermano su tutto e sul contrario di tutto. Un altro
punto importante sarà il rafforzamento del Financial Stability Forum che si
dovrebbe trasformare in Financial Stability Board e del quale andrebbero meglio
chiariti i compiti e i rapporti con il Fondo monetario, le cui risorse
dovrebbero essere accresciute, e la Banca mondiale. Poiché la riforma delle
istituzioni internazionali non può essere realizzata «a pezzi e bocconi»,
sarebbe necessario che il G20 affrontasse un primo esame della generale
revisione dell'architettura finanziaria
internazionale, che poi sarà oggetto di valutazione nel prossimo G8, nel quale
si dovrebbe affrontare il tema di un nuovo ordine monetario e finanziario
internazionale.Obama, innanzitutto, deve conseguire, per dare un riscontro di
consenso alla sua politica, un risultato apprezzabile nel vertice di Londra,
nella partecipazione al quale si concreta la sua prima uscita internazionale.
Sarà anche l'occasione per verificare più approfonditamente i rapporti non solo
con l'Europa, ma anche e soprattutto con la Cina. Il presidente Usa ha anche la
necessità di una pronta attuazione degli impegni che il vertice avrà
assunto.L'Europa, dal canto suo, dovrebbe dimostrare nel vertice di saper
condurre unitariamente un'iniziativa di carattere globale. I temi che saranno
affrontati hanno particolari ricadute per il Vecchio continente. In specie, la
questione delle remunerazioni dei manager parla direttamente a essa, così come
parla all'Italia, sia pure in condizioni diverse da quelle di altri Paesi. Ma
ormai la linea del temperamento, se si vuole dell'autoregolamentazione o
dell'autoriduzione, dei trattamenti squilibrati appare senza ritorno. Non è un
caso, qui da noi, di «auri sacra fames», come si è verificato in alcune vicende
negli Usa e in Inghilterra. Ma non godiamo di extraterritorialità. E pur stando
bene attenti a non cadere nella trappola della demagogia, occorre muoversi
anche in questo campo.
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( da "Messaggero, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 Chiudi di CARLO JEAN Molti di loro sono persuasi che la crisi sia stata
causata dagli squilibri strutturali esistenti nell'economia mondiale ad
esempio, dal fatto che gli Usa, al contrario dei cinesi, consumino più di
quanto producano. Tali squilibri non possono essere modificati da nuove regole,
per quanto buone esse siano. Per questo, anziché ricercare il meglio, si
limitano ad evitare il peggio e di fare guai. Beninteso, nella riunione del
G20, si svolgeranno interessanti discussioni fra gli Usa che vogliono che gli
europei stimolino maggiormente l'economia e questi ultimi che non ne vogliono
sapere. Come scusa, sosterranno che nei loro stimoli andrebbero considerate le
loro maggiori provvidenze sociali, proprie del capitalismo renano. Le
discussioni però non indurranno gli Stati a modificare le loro decisioni.
Tutti, poi, concorderanno sul fatto che, essendo la finanza globale, anche la
vigilanza dovrebbe esserlo. Ma nessuno accetterà di cedere la propria vigilanza
nazionale. Non siamo riusciti a farlo neppure in Eurolandia! Alla fine tutti si
dichiareranno d'accordo su due concetti, sostenuti sin dall'inizio dai
realisti. Il primo è che causa, sviluppo e portata della crisi sono ancora
sconosciuti. Sono influenzate dall'"economia della paura". Ciò impone
una grande cautela, per evitare rimedi che possano aggravare il male. Il
secondo concetto che dominerà la riunione è quello del "prius vivere,
deinde philosophari". Taluni provvedimenti urgenti verranno presi, come l'aumento
delle disponibilità finanziarie del Fondo monetario internazionale, una
maggiore rappresentatività dei Paesi emergenti negli organismi decisionali,
forse un rilancio del Doha Round e aiuti per l'Est europeo, e così via. Per il
resto, ci si limiterà a condannare il protezionismo, ad esaltare i meriti del
commercio e del libero mercato ed a censurare gli stipendi eccessivi dei
banchieri e la loro eccessiva propensione al rischio. Insomma, le aspettative
riposte nel G20 verranno deluse. Le modifiche delle regole si faranno "a
bocce ferme", quando la crisi sarà finita. Solo allora se ne
potranno valutare gli impatti sugli assetti geoeconomici e geopolitici globali.
Il nuovo ordine mondiale, come quello attuale, non sarà fondato solo su regole
e principi etici, ma sui rapporti di potenza. Per ora non si sa quali questi
ultimi saranno dopo la crisi.
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( da "Messaggero, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 Chiudi di DANIELE ARCHIBUGI TUTTO il pianeta guarda con il fiato sospeso
al vertice dei capi di governo di Londra del 2 aprile prossimo. Da quanto verrà
annunciato dal G20 potrebbero dipendere la possibilità di trovare un posto di lavoro,
di rifinanziare un mutuo, di accedere ad un credito per una piccola impresa e,
nelle parti più povere del mondo, addirittura mandare a letto i propri figli
con la pancia piena. Tante speranze e tanti timori, ma è il G20 l'istituzione
adatta per affrontarli? Sotto il profilo della legittimità, il G20 non ne ha
alcuna. Si tratta una istituzione che non ha neppure un impiegato, non ha una
sede e tanto meno uno statuto. E, nonostante il nome, non ha neppure 20 Stati
membri: ne ha solamente 19, a
cui si aggiunge di rinforzo il rappresentante dell'Unione Europea. I governi
membri non sono certamente dei pesi piuma: rappresentano, come loro stessi
spesso ci rammentano, l'85 per cento della produzione mondiale, l'80 per cento
del commercio e due terzi della popolazione. Ma questi sono titoli meramente
quantitativi, e ci dicono ben poco sulla legittimità. Al Bangladesh non basta
avere una popolazione sei volte maggiore a quella dell'Arabia Saudita per far
parte del gruppo. Il continente africano è rappresentato solo dal Sudafrica. Ma
il G20 difetta di logica anche per quanto riguarda il reddito: Spagna, Iran,
Taiwan, Olanda e Polonia hanno un Prodotto interno lordo superiore a quello di
Arabia Saudita, Argentina e Sudafrica ma non sono tra gli invitati. Come si deve
sentire quel terzo della popolazione del mondo i cui rappresentanti statali non
sono stati neppure invitati al Vertice? Ci sono ben 173 Stati del mondo che
sono rimasti fuori dalla porta e che non possono far altro che aspettare il
responso di quello che verrà deciso a Londra. Si tratta di un terzo della
popolazione mondiale che ha tutti i problemi degli altri due terzi, e spesso
molti altri ancora, ma in questa occasione non hanno voce in capitolo. Sempre
meglio del G8, si potrà obiettare, che raggruppa i governi di solo il 14 per
cento della popolazione mondiale e tutti nel Nord del mondo. Si può sostenere
che allargare la riunione e farne un G192, una sorta di Assemblea Generale
dell'Onu in gita scolastica, renderebbe l'incontro più rappresentativo ma anche
inconcludente perché non ci sarebbe la possibilità di prendere decisioni
effettive. La crisi dei mercati finanziari ha bisogno
di messaggi forti, e questi possono provenire solo da quei governi che hanno le
risorse per darli. Pensato inizialmente per essere una camera di compensazione
rispetto al G8 dando una tribuna anche ai Paesi del Sud, il G20 è rimasto da
una parte intrappolato in una logica inter-governativa e dall'altra nel
rappresentare interessi troppo divergenti per raggiungere un consenso. Il
Documento preparatorio del padrone di casa, il governo
inglese, richiede di scongiurare il protezionismo e di chiudere quanto prima il Doha Round, senza tuttavia
indicare quali concessioni dovrebbero fare i Paesi più ricchi a quelli più
poveri. Supplica di riaffermare gli obiettivi in termini di Assistenza
Ufficiale allo Sviluppo, senza però indicare come. L'unico punto
qualificante, a testimonianza che l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca ha
qualche effetto nell'arido linguaggio dei Vertici internazionali, è il
riferimento ad una "low-carbon recovery"; una ripresa economica non
inquinante. Per quanto vago sugli strumenti, oggi il G20 ha finalmente
inscritto sulla propria Agenda la necessità di aumentare la regolazione sui mercati, mentre per anni e anni ha dibattuto della trinità
liberalizzazioni-privatizzazioni-deregolamentazioni. Riconosce finalmente che i
mercati sono fallibili e che è necessario un maggiore
intervento pubblico. Richiede di riformare il Fondo Monetario Internazionale e
la Banca Mondiale, aumentando le risorse disponibili e modificando le quote.
Rivendica la necessità di aumentare l'assistenza ufficiale allo sviluppo anche
come strategia di sostegno della domanda. Tutte cose che non parranno affatto
originali ai veri esclusi delle passate edizioni come di quella attuale del
G20. Contestatori sotto le finestre dei vertici hanno avanzato le stesse
proposte da anni e anni. Ma la crisi ha reso tutti più umili. I governi dentro
sembrano oggi essere più disposti ad ascoltare le idee degli eretici. I
contestatori sentono una accresciuta responsabilità di fornire risposte
concrete e percepiscono che il pericolo maggiore è che al timone dell'economia
mondiale non ci sia proprio nessuno capace di correggere la rotta. Ma rimane il
sospetto che sia proprio il formato del vertice G20 ad essere poco adatto ad
ascoltare i bisogni dei sei miliardi di cittadini che sono rimasti a casa.
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( da "marketpress.info"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Martedì 31 Marzo
2009 PARLAMENTO EUROPEO: PANORAMICA SULLA SESSIONE PLENARIA: G. BROWN E CRISI
ECONOMICA Strasburgo, 31 marzo 2009 - Settimana intensa a Strasburgo: approvate
nuove misure di sicurezza per l´aviazione, regole per cosmetici più sicuri e tassa
minima sulle sigarette. Il Premier britannico Gordon Brown e quello ceco Mirek
Topolanek hanno espresso punti di vista diversi sulla crisi finanziaria. Sostegno al mercato
dell´auto e tutela dei lavoratori. Lunedì: Obiettivo di Sviluppo del Millennio,
cosmetici più sicuri Ad aprire la sessione è stato il presidente del Parlamento
Europeo, Hans-gert Pöttering, commemorando le vittime delle deportazioni di
massa fatte in Unione Sovietica in occasione del 60esimo anniversario.
Il ricordo è andato alle migliaia di cittadini innocenti deportati dalla
Lettonia, Lituania ed Estonia nei Gulag, i famigerati campi di concentramento
sovietici. A seguire un invito a fare di più sull´Obiettivo di Sviluppo del
Millennio rivolto all´Europa intera. L´obiettivo resta dimezzare la povertà
estrema entro il 2015. Cosmetici più sicuri: un nuovo set di regole per
assicurare che solo i reali effetti di un prodotto cosmetico vengano menzionati
nelle pubblicità e scritti sulle etichette. Martedì: Lotta al fumo e sviluppo
regionale - Per lottare contro il fumo il Parlamento ha proposto di alzare le
tasse su sigarette e tabacco. Questo porterebbe le accise minime a 1,50 euro a
pacchetto entro il 2014. Politica regionale: richiesta una maggiore chiarezza
sulla divisione delle competenze e responsabilità sulle politiche regionali tra
i governi centrali dei Paesi membri e le realtà locali. Nel pomeriggio il
Premier britannico Gordon Brown è intervenuto in Aula sulla riunione del G20
che si terrà a Londra il 2 aprile. Gordon Brown ha dichiarato che il Regno
Unito dovrebbe essere "non al seguito dell´Europa ma al centro
dell´Europa". Ha poi aggiunto che l´Ue deve assumere un ruolo da leader
nel riformare globalmente il mondo finanziario. "Non c´è una vecchia
Europa, né una nuova Europa, nessun est né Ovest. C´è solo un´Europa. L´europa
in cui viviamo". Diverse reazioni dai leader politici dei vari gruppi.
Joseph Daul, presidente del Ppe, ha accolto con favore lo spirito pro-europeo
del discorso, ma non ha apprezzato una dichiarazione del leader britannico
fatta nel suo Paese: "Lavoro britannico per cittadini brtannici". I
socialisti hanno accolto calorosamente le parole di Gordon Brown. Il leader
liberale Graham Watson gli ha chiesto se, in questo periodo di crisi, stesse rimpiangendo la sua avversione a far entrare
la sterlina nella zona euro. Duro, invece, il commento di Monica Frassoni,
copresidente dei Verdi, che ha dato la colpa della crisi
economica alla politica promossa dal governo Brown. In serata è stata
affrontata la crisi del mercato automobilistico. Nel
settore sono impiegati 12 milioni di lavoratori europei. I deputati sono
favorevoli ad aiutare il settore esorcizzando ogni forma di protezionismo. Le
case poduttrici dovranno però ad investire e costruire auto più verdi ed
efficienti. Mercoledì: dibattito con Topolánek - A tener banco il dibattito con
il Primo Ministro ceco Topolanek intervenuto in Aula il giorno dopo la mozione
di sfiducia del Parlamento ceco contro il suo Governo. Topolanek si è impegnato
ad onorare il turno di presidenza ceca al Consiglio dell´Unione Europea
nonostante la crisi interna. Nel suo discorso ha
lodato il pacchetto di rilancio di 400 miliardi di euro stanziato dall´Ue ed i
75 miliardi per dare solidità al Fondo Monetario Internazionale decisi dai
leader dei 27 Stati europei al vertice di Primavera. Bene anche i 5 miliardi
destinati all´energia, infrastrutture e trasporti. Controversa la posizione di
Topolanek sugli Stati Uniti che, secondo lui, "stanno ripetendo gli errori
degli anni Trenta, come stimolare l´economia in modo troppo esteso e tendere al
protezionismo. Si tratta di passi che, combinati nel tempo, non possono che
portare ad effetti negativi". Joseph Daul, presidente del Ppe, ha
commentato che "non ci saranno soluzioni nazionali", mentre Martin
Schulz dei socialisti ha messo in dubbio la capacità di Topolanek di essere
all´altezza della situazione. L´ue non dovrebbe "intervenire a questo
livello". Sempre mercoledì gli eurodeputati hanno approvato il "Cielo
unico europeo", un pacchetto che, tramite blocchi funzionali dello spazio
aereo, permetterà di percorrere rotte più brevi e a minor costo migliorando
anche la sicurezza dei voli. Inoltre è stata modifica la normativa sulla
rilevazione degli identificatori biometrici obbligatori –
immagine del volto
e impronte delle dieci dita – dei richiedenti il
visto: solo per chi ha più di 12 anni. Giovedì: relazioni Ue-usa nell´era
Obama, aiuti alimentari per i poveri Nell´ultimo giorno di plenaria i
parlamentari hanno parlato di relazioni con gli Stati Uniti in nome di una "nuova
alleanza transatlantica per rafforzare i legami tra Europa e America con la
nuova amministrazione Obama". Infine l´appello per un maggior aiuto
alimentare ai poveri in Europa da parte delle istituzioni. . <<BACK
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( da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari -
data: 2009-03-31 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa
Banche giù, l'Europa brucia 127 miliardi di Giacomo Ferrari Seat Pagine Gialle
Scatta l'aumento di capitale e il titolo cresce del 151%. Stop agli ordini al
meglio I titoli dell'auto e delle banche hanno frenato ieri le Borse,
determinando in Europa una diminuzione di 127 miliardi di euro della
capitalizzazione complessiva. Hanno pesato i cambi dei vertici di Gm e Peugeot
avvenuti nel weekend, ma anche le prese di beneficio dopo i recenti rialzi. In
Italia, dove gli indici hanno ceduto più che altrove (-5,31% il Mibtel, -6,57%
l'S&P-Mib), il quadro dei 40 titoli guida del listino è desolante: nemmeno
uno ha chiuso in progresso e la classifica delle perdite vede ai primi due
posti il Banco Popolare (-12,85%), sul quale hanno avuto un impatto negativo i
risultati della controllata Italease diffusi sabato, e Unicredit (-12,58%).
Nello stesso comparto, in forte calo Intesa-Sanpaolo (-9,63%) e Monte Paschi (-9,36%).
Quanto all'auto, la caduta del settore a livello internazionale non ha
risparmiato Fiat, nonostante le buone notizie sul fronte dell'alleanza con
Chrysler. Il titolo del Lingotto ha lasciato sul campo il 9,35%, scendendo
nuovamente sotto quota 5 euro. In qualche modo legato al settore è anche il
calo di Pirelli (-9%), che fornisce pneumatici alle case costruttrici. Ribassi
significativi, inoltre, per Alleanza (-7,9%), Atlantia (-6,2%), Mediolanum
(-6,82%), Saipem (-6,29%) e Unipol (-8,4%). Fuori dall'S&P-Mib, infine,
rally di Seat Pagine Gialle, in rialzo del 151% a 0,61 euro, con scambi pari al
6% del capitale, nel primo giorno dell'aumento di capitale: Borsa Italiana ha
disposto per oggi il divieto di immettere ordini senza limiti di prezzo.
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( da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-31 num:
- pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Francoforte Hypo Re, entra lo Stato
e il titolo vola (g.fer.) — La notizia, trapelata durante il fine settimana,
che lo Stato tedesco ha acquistato l'8,7% del capitale ha fatto scattare del
30,7%, a 1,49 euro, il titolo di Hypo Real Estate, il gigante tedesco dei mutui
bancari in gravi difficoltà finanziarie. Secondo
istituto privato commerciale in Germania, Hypo Re sarà nazionalizzato entro il
prossimo 30 giugno, come deciso dal Parlamento la scorsa settimana. La quota,
acquisita tramite il fondo federale di aiuti al settore bancario (Soffin),
rappresenta dunque il primo passo verso il completo passaggio della banca sotto
il controllo pubblico.
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( da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-31 num:
- pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano Tiscali crolla, poi esclude
la ricapitalizzazione (g.fer.) — Dopo la pubblicazione dei conti venerdì
scorso, chiusi con un «rosso» di 242,7 milioni, ieri il titolo Tiscali è stato
bersagliato dalle vendite, tanto che a fine seduta il calo del prezzo di
riferimento era pari al 20,02%. A Piazza Affari si è diffuso il timore che la società
telefonica debba fare ricorso a un aumento del capitale, eroso dalle perdite.
Ma in serata è stata la stessa società (che aveva annunciato un accordo con i
creditori fino a fine giugno mentre procede la rinegoziazione del debito
bancario) a smentire la circostanza: «Allo stato attuale — spiega una nota —
non è previsto alcun aumento».
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( da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della
Sera - NAZIONALE - sezione: Terza Pagina - data: 2009-03-31 num: - pag: 39 categoria: REDAZIONALE Alfonso Gianni e la crisi del liberismo Il nuovo «libretto
rosso» di chi spera nella Cina P er molti la crisi
finanziaria internazionale è fonte di angoscia, ma
Alfonso Gianni la vive con un certo sollievo, visto che «oggi il confronto fra
destra e sinistra potrebbe essere meno impari di un tempo». L'autore del
saggio Goodbye liberismo (Ponte alle Grazie, pp. 361, € 16,50) ritiene che
siano venuti al pettine i nodi di uno sviluppo distorto, sul quale si era
innestata l'egemonia culturale dei paladini del mercato. La trascorsa fase di
espansione produttiva era contraddistinta in America, nota Gianni, «dalla
sostanziale invarianza, se non diminuzione, del valore reale delle retribuzioni
e dalla crescente precarizzazione della forza lavoro», per cui l'unico modo di
proseguire sulla via dei consumi di massa era praticare il «credito su larga
scala» alle famiglie. Un meccanismo che si è inceppato con il disastro dei
mutui subprime. L'altro punto su cui il libro insiste è la coincidenza tra
l'esaurimento di una «fase della globalizzazione capitalistica» e «la fine
dell'egemonia americana e l'inizio di quella asiatica e cinese in particolare
», dato che ormai non è più l'Occidente «a trainare il sistema su scala
mondiale». Proprio questo mutamento sembra però inficiare non poco la
praticabilità delle ricette suggerite da Gianni: rilancio e riforma dell'Onu
(senza più diritto di veto delle grandi potenze), governo globale della
finanza, ripresa del conflitto sociale, assunzione dei contenuti proposti dal
movimento «altermondialista » (o no-global). Infatti la Cina resta un Paese
ferocemente geloso della sua sovranità nazionale, con un regime a partito unico
che nega le libertà politiche e sindacali. Il suo sarà forse, come scrive
Gianni, un inedito «capitalismo entro una crisalide statuale socialista», ma
certo appare quanto meno azzardato sostenere che «ricorda abbastanza da vicino
il modello europeo degli anni Sessanta ». E non sembra molto realistico
confidare nei fermenti di «nuova sinistra » che si agitano a Pechino. Se
l'alternativa viene dal gigante asiatico, conviene usare qualche cautela nel
rallegrarsi per il declino dell'influenza americana. C'è il rischio concreto di
rimpiangerla. Anche a sinistra. Alfonso Gianni, ex deputato di Rifondazione
comunista, ha scritto diversi libri con Fausto Bertinotti Antonio Carioti • Il
saggio di Alfonso Gianni «Goodbye liberismo» sarà presentato a Milano domani
alle 18 presso la libreria Feltrinelli di piazza Duomo. Interverranno: Dario Di
Vico, Onorio Rosati, Cristina Tajani, Ferdinando Targetti
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(sezione:
crisi)
(
da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-31 num: - pag: 34 categoria: REDAZIONALE VERTICE G 20: LETTERA APERTA AI LEADER DELLA UE «Noi europei non cederemo all'egoismo» I n una >crisi economica di questa portata l'Europa dovrebbe dare il
meglio di sé. I deboli dovrebbero essere protetti dai forti. I forti, a loro
volta, dovrebbero indicare la strada di una strategia europea comune. Fino a
ora, però, l'Europa non è stata all'altezza dell'occasione:
non ha ancora usato questa crisi per promuovere soluzioni comuni ai problemi globali. Al
contrario, all'avvicinarsi del G 20, le divergenze acuitesi col peggioramento
della situazione finanziaria rischiano di minare ciascuno dei tre grandi progetti europei
degli ultimi 50 anni. Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale,
l'Europa ha goduto di pace e prosperità come mai prima. Ciò si deve soprattutto
alla creazione del mercato interno europeo, che ha integrato le economie dei
differenti stati membri in una comunità basata sulla libertà di movimento di
persone, capitali, beni e servizi. Ma le regole di concorrenza che tengono
insieme il mercato interno rischiano di venir travolte da aiuti di Stato varati
con esclusiva attenzione all'interesse economico nazionale di più corto
respiro. La crisi finanziaria ha messo chiaramente in
luce le virtù del secondo grande progetto europeo, la creazione di una moneta
comune. Senza la quale alcuni Stati membri della zona euro avrebbero potuto
trovarsi in difficoltà molto maggiori. Ma è anche emerso quanto il progetto
dell'euro sia ancora incompiuto: ha una banca centrale, ma non ha un Tesoro
centrale e la supervisione del sistema bancario è lasciata alle autorità
nazionali. La mancanza di solidarietà all'interno dell'eurozona, o con i nuovi
stati membri del mercato interno, potrebbe tradursi in un rischio per
l'eurozona stessa. Il terzo progetto sotto pressione è il consolidamento dello
storico allargamento dell'Ue verso l'Est. La vitalità economica dei nuovi Stati
membri ha avvantaggiato tutta l'Unione negli ultimi anni. Ma le dichiarazioni
protezionistiche di qualche leader europeo e la riluttanza di qualche Stato
membro a offrire assistenza finanziaria alle economie
più vulnerabili hanno spinto alcuni a vedere in certi vecchi Stati membri
l'intenzione di «disfare l'allargamento». Una nuova ondata di populismo e
nazionalismo rischia di minare i principi fondamentali dell'Unione europea,
basati sulla solidarietà, la tolleranza e l'impegno per una società aperta. In
vista del prossimo vertice del G 20 il 2 aprile 2009, l'Europa si trova in
una posizione difficile. I suoi Stati membri sono troppi integrati per poter
sviluppare risposte puramente nazionali, ma troppi divisi per puntare su un
obiettivo comune. Mostrare visione e leadership per definire una posizione coordinata
è di vitale importanza per i leader europei. è il momento di risposte
istituzionali creative a livello europeo sulla regolamentazione e sul bilancio.
è il momento di stimolare l'economia in modo selettivo e temporaneo, ad esempio
attraverso un New Deal ambientale. I leader europei dovrebbero prendere in
considerazione la creazione di task force presiedute dalla Commissione europea
per proteggere e rafforzare il mercato unico. Così come dovrebbero valutare
misure innovative per sostenere l'euro come gli euro bond o una versione
europea del Fondo monetario internazionale (Fmi). I leader dell'Europa
occidentale dovrebbero sforzarsi di mostrare solidarietà ai loro colleghi
dell'Est — anche attraverso aiuti speciali per quelli impegnati a entrare
nell'eurozona — anziché mantenere l'atteggiamento attuale di «ciascuno per sé».
E tutti i Paesi ricchi dovrebbero esplorare modalità di assistenza al mondo in
via di sviluppo alle prese con una calamità finanziaria
che non ha contribuito a creare. Sosteniamo l'idea del Fmi di emettere Diritti
speciali di prelievo, con i Paesi ricchi che prestano i propri ai Paesi più
poveri. Il G 20 è generalmente considerato il precursore di un nuovo ordine
politico globale. Invece di esporre le proprie divergenze interne al resto del
mondo, i leader europei devono mostrare che l'Europa può contribuire in maniera
significativa a risolvere i nuovi problemi internazionali. L'Unione europea è
nata come un progetto economico finalizzato a obiettivi politici. Mentre
permane la crisi economica, solo un'azione politica
coraggiosa a livello europeo salverà l'economia europea e l'intero progetto
europeo.
(
da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera - ROMA - sezione: Cronaca di Roma - data: 2009-03-31 num: - pag: 2
categoria: REDAZIONALE Favorevoli Anche Francesco Giro, sottosegretario di
Forza Italia, dice «questa proposta non cada nel vuoto» Piano anticrisi di
Zingaretti: arriva un coro di sì Dal sottosegretario ai Beni culturali
Francesco Giro di Forza Italia alla Cgil: nel giorno della pubblicazione sul
Corriere dell'intervista al presidente della Provincia Nicola Zingaretti,
arriva un coro di sì. Zingaretti (Pd) ha proposto di unire «progetti e
finanziamenti» a Regione, Campidoglio e governo nazionale per attuare «un piano
strategico di sviluppo economico che permetta all'area metropolitana di Roma di
crescere e di superare la crisi». Si attende la risposta del Campidoglio, ma
dagli altri soggetti interessati è già arrivata la disponibilità. Anche da chi,
come Francesco Giro, non appartiene all'area politica di Zingaretti: «L'appello
lanciato da Zingaretti non deve cadere nel vuoto. Sviluppare insieme al Comune
di Roma e alla Regione un piano territoriale anti-crisi per la Capitale e il
suo territorio provinciale è una proposta positiva e di buon senso che coincide
perfettamente con l'obiettivo di una collaborazione fra le diverse istituzioni
territoriali fissato dal sindaco Alemanno nel suo programma elettorale e
ribadito nel suo discorso di esordio di fronte al Consiglio comunale. La crisi inevitabilmente slitterà dal piano dei mercati finanziari a quello reale. Per questo
occorre alzare subito un argine a difesa della piccola e media impresa romana e
laziale e sostenere la proposta di Nicola Zingaretti di unire le risorse e di
finalizzarle per grandi progetti infrastrutturali e turistici. Roma
riuscirà ad esercitare i nuovi poteri che gli affida la riforma del federalismo
se farà prevalere i momenti della coesione e della condivisione politica in
questi momenti così impegnativi e difficili per le famiglie, per le imprese,
per il lavoro. L'iniziativa di Zingaretti va in questa direzione». favorevole
anche il giudizio della Cgil, con il segretario Claudio Di Berardino: «Bene il
metodo di lavoro proposto da Zingaretti anche perché in tempi di grave crisi
economica e sociale come quella che sta attraversando anche il nostro
territorio è sempre più necessario ed urgente realizzare a livello locale un
lavoro interistituzionale». Di Berardino, Cgil Bene il metodo di lavoro
proposto da Zingaretti, è necessario in tempi di grave crisi economica come
questa
(
da "Corriere della Sera"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-31 num: - pag: 31
categoria: REDAZIONALE Ritardo Sonatrach, Edison, Enel, Hera e Sardegna
Gasdotti, la crisi spinge i soci Galsi al rinvio » che
coinvolgerebbe forzatamente il sistema bancario. Anche la diminuzione dei
consumi di gas del sistema industriale potrebbe essere uno degli argomenti a
favore di un ulteriore riflessione. Alcune pubblicazioni internazionali
specializzate sull'energia sono nette a questo proposito, e addebitano senza
mezzi termini la possibile mossa dei soci Galsi a un «brusco calo della domanda
di gas in Italia». Non sarebbe però in pericolo MILANO — Ci si è messo di mezzo
anche l'aggiramento del relitto sottomarino della corazzata francese Danton,
affondata dai siluri tedeschi nel 1917. Ma se il progetto di gasdotto Algeria-
Italia «Galsi» si avvia a un rinvio di almeno sei mesi non è esclusivamente per
questioni pratiche: parecchi dei motivi più rilevanti sono legati alla stretta
internazionale in corso. A decidere sullo slittamento saranno il prossimo 27
aprile il consiglio di amministrazione e l'assemblea della joint-venture che
vede in maggioranza gli algerini di Sonatrach (41,6%), seguiti da Edison
(20,8), Enel (15,6), dalla finanziaria sarda Sfirs
(11,5%) e dai bolognesi di Hera (10,4%). In caso affermativo, come allo stato
sembra molto probabile, la decisione finale sull'investimento (1,2 miliardi di
euro) sarà quindi rimandata a dicembre 2009, anche se i soci non disperano di
poter centrare ugualmente l'obiettivo delle prime forniture di metano entro la
data prevista del 2012. Crisi finanziaria permettendo, perché a consigliare gli azionisti a prendere tempo
non sarebbero esclusivamente la definizione dei dettagli dell'opera (relativi
al percorso sul fondale, e a deviazioni come quella causata dalla nave da
guerra francese) e le autorizzazioni che la regione Sardegna deve ancora
concedere. Ad avere un peso determinante sarebbe la situazione del
credito, visto che l'opera richiede un «project financing il finanziamento
approvato proprio pochi giorni fa dall'Unione europea, che nell'ambito delle
misure per contrastare la crisi ha stanziato per il
Galsi 120 milioni di euro, utilizzabili entro il 2010. Con otto miliardi di
metri cubi di gas di importazione l'anno il Galsi fa parte di quel manipolo di
opere (Igi, South Stream, Tap e rigassificatori) che dovrebbero alleviare la
dipendenza energetica del sistema Italia. Stefano Agnoli Il ministro algerino
Chakib Khelil
(sezione: crisi)
(
da "Resto del Carlino,
Il (Bologna)" del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACHE
pag. 13 «Ma il settore non è in crisi. Banche, aiutateci» L'INTERVISTA ELISABETTA Brunelli, presidente
di Confedilizia Emilia Romagna, sorpresa da questi dati? «No. Si sapeva che la crisi finanziaria e l'aumento dei tassi
e quindi dei mutui avrebbero provocato una flessione. Ma ora i tassi stanno
tornando a diminuire» Dunque è ottimista per il futuro? «Gli italiani rispetto
al resto degli europei sono più risparmiatori e investono di più nel mattone,
quindi il settore non andrà in crisi, ma le banche
devono tornare a fare il loro mestiere non solo verso le imprese ma anche verso
chi acquista casa» A. Gold.
(
da "Nazione, La
(Firenze)" del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
CRONACA
FIRENZE pag. 6 Spini: «L'Europa segua Obama» Assemblea all'Arci della Sinistra
TACCUINO ELETTORALE L'EUROPA deve corrispondere al grande sforzo che
l'amministrazione Obama sta facendo per rilanciare l'economia e al tempo stesso
per orientarla in senso sociale e ambientale. Questo è il senso dell'iniziativa
che la lista «Spini per Firenze» ha programmato all'SMS di Rifredi sul tema «Crisi finanziaria: dalle banche al portafoglio delle famiglie», con l'intervento,
oltre a Spini, di Giorgio Ruffolo, economista, Fabio Basagni, membro del Royal
Institute of International Affairs e dirigente del Movimento dei repubblicani
europei, e Federico Romero, ordinario di storia del Nord America all'Università
di Firenze. LA DESTRA Contro «il duopolio Pd-Pdl che ha segnato la morte
della politica», nasce a Firenze Popolo-città-nazione. Lista civica attorno
alla quale si sono coalizzati i principali movimenti dell'estrema destra, o,
come si amano definire, «dell'area nazionale». Puntando come candidato a sindaco
su Paolo Poggi, 47 anni, coordinatore provinciale della Destra, approdato al
movimento di Francesco Storace dopo un passato nel Msi e in An. Corrado
Olivotti, classe '54, ex consigliere comunale di An a Scandicci, è il candidato
alla presidenza della Provincia. Capolista sono Romolo Paolinelli, presidente
provinciale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, e Marco Cellai,
responsabile fiorentino del partito di Forza Nuova. IN VISTA delle prossime
scadenze elettorali la neonata Associazione Sinistra per la Costituzione ha
convocato per giovedì sera, 2 aprile, alle 21.15 al circolo Arci di via delle
Porte Nuove un'assemblea per definire il programma di attività e la necessaria
struttura organizzativa. «Un'assemblea spiega Anna Soldani cui sono invitati
tutti coloro che sono interessati a una politica unitaria della sinistra che
abbia al centro l'attuazione e la difesa rigorosa della Costituzione e della
democrazia partecipata». Image: 20090331/foto/103.jpg
(
da "Unita, L'"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
L'Ocse
prevede più disoccupati Sacconi invita alla prudenza MASSIMO FRANCHI Messo in
secondo piano dal congresso fondativo del Pdl, Roma sta ospitando il cosiddetto
G8 sociale. Il summit fra i ministri del Lavoro, sindacati e organizzazioni
internazionali in preparazione del G20 di Londra, è arrivato a scrivere un
documento comune. A presentarlo è stato il ministro Sacconi che lo ha
introdotto con una dichiarazione molto dura contro buona parte degli invitati.
«Le organizzazioni internazionali non hanno saputo nè prevedere, nè provvedere
alla grande crisi. Ci hanno dato tanti numeri ma non
quello della crisi». Il ministro ha precisato che non
si trattava di un attacco: «Oggettivamente è accaduto così, è un amara
considerazione che tutti abbiamo fatto, sono state fatte tante previsioni anche
relativamente utili, ma la vera previsione, cioè l'allarme precoce, nessuno
l'ha dato». Ora, ha concluso Sacconi, «chiedo maggiore cautela, non per
nascondere la realtà ma per non evocare il peggio mentre stiamo cercando di
ricostruire il clima di fiducia». L'OCSE RISPONDE A SACCONI Per tutta risposta,
il direttore generale dell'Ocse Anguel Gurria ha sfornato stime sul 2009 molto
più vicine a quelle della Cgil che a quelle del governo. «Per l'area Ocse (in
pratica il cosiddetto mondo occidentale, Ndr) il pil va verso -4,3%. La
disoccupazione potrebbe avvicinare il 10% nella maggior parte dei paesi nel
2010, praticamente senza eccezione, e questo significa 25 milioni di persone
solo nell'area Ocse». Ancora peggio, dal punto di vista delle parole di
Sacconi, sono le previsioni sull'anno prossimo, quello della sperabile ripresa.
«Presumibilmente - continua Gurria - nel 2010 sarà prevalentemente piatto,
forse un po' sopra o sotto la linea». Le sue conclusioni sembrano quelle di
Epifani: «È necessario - ha aggiunto Gurria - un'azione decisiva e veloce da
parte dei governi per evitare che la crisi finanziaria si espanda e diventi una crisi sociale con effetti che lasciano il segno sui lavoratori più
vulnerabili e sulle famiglie a più basso reddito». Tra le raccomandazioni
dell'Ocse, dunque, la promozione «della domanda di lavoro evitando nel
frattempo gli eccessi di licenziamenti», provvedere a dare «delle reti di
protezione adeguata per chi perde il lavoro e per la famiglie con
reddito basso», mettere in campo azioni «decisive centrate sui rischi che
corrono i giovani in questa situazione» lavorativa. PD E SINDACATI: LA CRISI È
GRAVE L'incontro ha fornito poi l'occasione per un incontro tra una delegazione
del Pd, guidata da Dario Franceschini, e i rappresentanti dei sindacati
internazionali, fra cui Epifani, Bonanni e Angeletti. «Abbiamo registrato una
convergenza - ha riferito Cesare Damiano, responsabile Lavoro del Pd - sulla
valutazione della gravità della crisi, crisi che invece il governo si ostina a sottovalutare».
Mentre Sacconi accusava gli organismi internazionali di non aver previsto la crisi e chiedeva ora più cautela, l'Ocse sfornava gli ultimi
dati: pil al -4,3%, disoccupazione al 10%. Numeri uguali a quelli della Cgil...
(
da "Riformista, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pace
sociale addio È ritornata la lotta di classe qualcosa contro I motivi e le
condizioni per una ripresa del conflitto ci sono proprio tutti Possiamo
chiamarla rabbia populista. Possiamo usare questa definizione e altre ancora
nei confronti delle manifestazioni che in questi giorni hanno infiammato le
capitali europee contro i Governi dei Paesi industrializzati o le proteste, non
sempre beneducate, nei confronti dei grandi manager che continuavano a ricevere
con i bonus enormi quantità di denaro. Possiamo anche continuare a esorcizzare
ciò che sta avvenendo e dire - come fanno osservatori pur acuti- che non siamo
di fronte a una nuova fase della lotta di classe. Lo ha fatto di recente anche
un intellettuale molto ascoltato nell'establishment europeo come Alain Minc
ricordando che in queste proteste non c'è né un salariato organizzato, né una
classe dirigente. Ma questo è davvero un motivo sufficiente per non riconoscere
che stiamo entrando in una nuova fase di conflitto sociale? Non sarebbe più
facile, invece che cercare definizioni esorcizzanti o rassicuranti, guardare ai
tanti fenomeni di protesta diversi fra loro come l'inizio di una fase in cui il
disincanto nei confronti di un mondo che non mantenuto la sua promessa di
benessere è diventato protesta e lotta? Lo so, si fa fatica a pronunciare
queste parole, ma, se non si nasconde la testa sotto la sabbia, si vede con
chiarezza che i motivi e le condizioni per una ripresa del conflitto ci sono
proprio tutti. Viviamo in un pianeta in cui, malgrado le grandi stupidaggini
raccontate sulla fine del lavoro, i produttori, gli operai, i salariati, sono
di più e non di meno di quando c'era una classe operaia compatta e diretta da
sindacati e partiti di sinistra. Per il semplice e non confutabile motivo che
l'autoproduzione si va riducendo e aumenta la produzione di beni e di
conseguenze le aziende manifatturiere. Oggi la terra è un pianeta più operaio
di quanto lo sia stato in passato. In questo pianeta non solo le disuguaglianze
sono aumentate - lo ha ricordato qualche giorno fa sul Corriere della sera
Mario Monti e non solo lui - ma c'è una vera e propria polarizzazione fra
ricchezza e povertà. In poche parole non solo è cresciuta la distanza fra
ricchi e poveri, ma si è ridotta la fascia di quelli che stanno in mezzo, del
ceto medio, della fascia sociale a cui i poveri potevano aspirare. Questo
pianeta operaio e diseguale ha un filo che unifica la condizione dei salariati,
dall'estremo oriente emergente, alla vecchia Europa sindacalizzata: il lavoro è
associato alla precarietà e all'assenza o alla limitazione di tutele e diritti.
Mai esistiti lì, dove lo slancio economico degli ultimi decenni non ha neppure
permesso di pensarci, fortemente ridimensionati nei Paesi in cui il movimento
operaio e gli Stati liberali li avevano fatti crescere nei decenni passati. Un
elemento che rende per la prima volta la condizione operaia in tutto il pianeta
simile nell'incertezza del futuro e nella richiesta di tutele. Questo mondo
operaio, precario e diseguale è stato tenuto a bada per molto tempo dalla
fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive" di un capitalismo che,
sviluppandosi e globalizzandosi avrebbe ridistribuito una ricchezza le cui
briciole poi sarebbero arrivate anche agli ultimi. Un mondo in cui le maggiori
diseguaglianze, il restringimento dei diritti erano solo un passo necessario
per andare avanti sulla via dello sviluppo. Così si è raccontato e a questo in
molti hanno creduto. All'inizio dell'inverno 2008 con
l'apertura della grande crisi finanziaria e nei mesi successivi con la conseguente crisi economica "il sol
dell'avvenire" del capitalismo è tramontato e il grande castello delle sue
promesse è crollato insieme ai titoli in Borsa, ai fondi pensione e alle
obbligazioni bancarie, ai posti di lavoro. È una storia, quella dei
fallimenti e dei salvataggi, che oramai conosciamo a memoria e tuttavia non è
ancora finita. Quelle che non riusciamo ancora a vedere sono le conseguenze che
il grande fallimento economico finanziario e ideologico ha messo in moto. È
riemersa in America e in Europa, ma anche in Cina, per le poche notizie che
riescono ad arrivare, una rabbia per le ingiustizie e le diseguaglianze che
pareva finora sopita, ma che la delusione ideologica e la consapevolezza di una
precarietà che non è condizione temporanea, ma permanente e, soprattutto, senza
futuro hanno risvegliato. Da essa nascono le rivolte ignorate e censurate degli
operai cinesi, la riuscita dello sciopero generale francese e la ribellione
contro i bonus dei manager, le manifestazioni contro le troppo poco efficaci
politiche degli Stati nazionali. Da essa nasce anche la manifestazione della
Cgil sabato prossimo. Da esse, ancora, le preoccupazioni e le decisioni da
parte di alcuni capi di governo inimmaginabili fino a a qualche tempo fa. Obama
che licenzia di fatto l'amministratore delegato della Gm, Sarkozy che per
decreto, contro il parere della Confindustria francese, vieta i bonus dei
manager le cui aziende ricevono aiuti dallo Stato. Da esse, infine, la ricerca
di nuova visione etica del capitalismo propugnata da Tremonti. L'illusione
della pace sociale è finita. È bene tenere gli occhi aperti. Perché il
conflitto non si presenterà necessariamente nelle forme che abbiamo conosciuto
nel Novecento, perché non avrà necessariamente le stesse richieste e gli stessi
obiettivi. E tuttavia esigerà una risposta. «Credo che i grandi partiti della
sinistra dovrebbero approfittare dell'occasione per tornare ad occuparsi di
giustizia sociale» suggeriva ieri perfino Bill Emmot, ex direttore
dell'Economist. di Ritanna Armeni 31/03/2009
(
da "Unita, L'"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Una
scossa politica per il G20 Obama, l'auto e la crisi Dal
G20 di Londra tutti aspettano decisioni ma con priorità diverse, gli europei
per una riforma dei mercati finanziari, gli emergenti
per impegni contro il protezionismo, l'America per
maggiori stimoli alla domanda. Appare chiaro che per Obama e per Hu Jintao la
priorità deve oggi rivolgersi alla parte economica della crisi
mondiale, il vuoto di domanda e la sovraproduzione. L'auto è l'epigone di
questa crisi e ben ha fatto Obama a porre dure
condizioni alle 3 big che continuano a chiedere soldi. L'aut aut alla Chrysler
di approvare la Joint venture con la Fiat e le dimissioni dell'ad della GM,
Wagoner sono segnali forti: i soldi del contribuente non vanno sprecati. Gli europei
dovranno rispondere alle richieste di Cina e S.U. di maggiori stimoli alla
domanda. Il confronto tra le risorse impegnate sinora in Europa, in percentuale
del Pil e a prescindere dagli aiuti alle banche, sono 3- 4 volte inferiori a
quelli fatti in America e in Cina. Sul tavolo ci sarà anche una proposta cinese
di una "valuta globale" che gradualmente sostituisca il dollaro, come
strumento di riserva delle banche centrali. Se Londra non sarà un'altra Bretton
Woods, è sperabile che produca risultati utili ai mercati finanziari ed all'economia. La
tesi americana che la crisi finanziaria è stata anticipata e accelerata dalla crisi da domanda, da impoverimento di massa, non è infondata: nel
2007, dopo anni di crescita continua di export e Pil mondiali, si ebbe una
forte decelerazione di entrambi mentre i primi fallimenti di banche si ebbero
solo un anno dopo nel 2008,
a marzo la Bears Stearn ed a settembre la Lehman
Brothers. Perciò Obama, dopo aver soccorso le banche e stimolato la domanda,
chiede agli europei di non stare alla finestra fidando solo sul rilancio del
mercato Usa.
(
da "Unita, L'"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
LA
ricerca della credibilitÀ Obama e l'Europa Arriva Obama in Europa, atterrerà
mercoledì a Londra per partecipare al G20. Neanche un anno è passato dalla sua
visita da candidato, quando Berlino lo accolse con una folla kennedyana e
maggiore leggerezza d'animo. Nel frattempo la crisi
finanziaria ha accelerato drammaticamente. La
disoccupazione cresce ora anche in Europa. L'America che viene a trovarci,
osserva Paul Krugman, ha perso nella crisi del suo sistema finanziario gran parte della propria credibilità.
Eppure, dal punto di vista di un'Europa che continua ad essere dominata dalle
divisioni e dalla incapacità di pensare una strategia unitaria di risposta
alla crisi, si guarda all'America in cerca di
leadership. Lo fa istintivamente la sinistra, che sta raggiungendo il fondo del
proprio spaseamento ideologico e politico. Ma lo fa anche la destra, Sarkozy ha
dichiarato di non voler essere associato ad un G20 che non prenda reali
decisioni, implicitamente augurandosi che le pressioni statunitensi riescano a
smuovere le incertezze dei suoi colleghi continentali. Tra le proposte forti si
annovera quella di una professoressa di Londra, che suggerisce a Gordon Brown
di riunciare al suo seggio al Fondo Monetario Internazionale per favorire un
maggior coinvolgimento dei paesi emergenti nella soluzione alla crisi finanziaria, ed una rappresentazione unitaria
dell'Europa su scala mondiale. Una proposta che è stata ascoltata ma
probabilmente considerata troppo ardita. Le indiscrezioni fatte filtrare al
Financial Times fanno presagire un G20 dalle conclusioni pompose e di scarsa
concretezza, per via della resistenza dei paesi europei a misure radicali. Le
idee innovative, anche rischiose, ma necessarie in un contesto inedito come
quello attuale, rimangono prerogativa dei cugini d'oltreoceano.
(
da "Adnkronos"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Usa, l'Huffington Post in controtendenza assume giornalisti ma saranno
investigatori Il blog liberal ha deciso di arruolare 10 reporter tra i tanti
licenziati dalle redazioni americane. Avranno il compito di indagare sulla crisi finanziaria commenta 0 vota 0 tutte
le notizie di ESTERI ultimo aggiornamento: 31 marzo, ore 08:39
(
da "Stampa, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
TREMONTI
«Non è ancora finita, ma sono ottimista» Il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti, crede che la crisi
finanziaria non sia ancora finita ma si dice
fiducioso e speranzoso. Il messaggio lo lancia dal convegno «L'Italia in
gabbia» organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera. «Sommando tutto siamo
abbastanza forti - spiega - ma se mi dicono che la crisi è finita allora dico non ancora. Però ho oggettivamente
un profondo senso di fiducia e speranza comparativamente rispetto al resto e
considerando la storia e il presente di questo paese».
(
da "Mattino di Padova,
Il" del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 1
- Prima Pagina G20, PER LA CINA UN POSTO A TAVOLA FRANCESCO
MOROSINI Il G20 di martedì, a Londra, è per la crisi
finanziaria. Facile, però, che sia un G2, ovvero un
confronto/scontro fra Washington e Pechino. Ovvero un match di diplomazia
monetaria ben descritto da quelle «operazioni di guerra non-militari» (barriere
ecologiche/tariffarie all'import; embargo; blocco dell'export di
tecnologie strategiche) della cui importanza per la teoria bellica parlano
Qiuao Liang e Wang Xiangsui (ufficiali dell'Esercito popolare di Cina) in
«Guerra senza limiti». Tra queste «operazioni» primeggiano le svalutazioni,
cioè dei «bombardamenti monetari» (analoghi per intenzione ai reali) sulle
industrie «nemiche» a tutela delle proprie; tant'è che poi si ha guerra economica
se la replica è di equivalenti svalutazioni competitive. Tuttavia, oggi Pechino
pensa alla svalutazione del dollaro come a un atto ostile anche su un altro
versante: quello dell'abbattimento del valore dei titoli-debito Usa in
portafoglio del Celeste Impero grazie al suo «eccesso di risparmio» (parole del
governatore della Federal Reserve Bernanke). SEGUE A PAGINA 8
(
da "Nuova Venezia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
OGGI IL
G20 POSTO A TAVOLA PER LA CINA FRANCESCO MOROSINI Il G20 (i
Paesi più industrializzati, più i «new comers») di martedì, a Londra, è per la crisi finanziaria. Facile, però, che sia
un G2, ovvero un confronto/scontro fra Washington e Pechino. Ovvero un match di
diplomazia monetaria ben descritto da quelle «operazioni di guerra
non-militari» (barriere ecologiche/tariffarie all'import; embargo;
blocco dell'export di tecnologie strategiche) della cui importanza per la
teoria bellica parlano Qiuao Liang e Wang Xiangsui (ufficiali dell'Esercito
popolare di Cina) in «Guerra senza limiti». Tra queste «operazioni» primeggiano
le svalutazioni, cioè dei «bombardamenti monetari» (analoghi per intenzione ai
reali) sulle industrie «nemiche» a tutela delle proprie; tant'è che poi si ha
guerra economica se la replica è di equivalenti svalutazioni competitive.
Tuttavia, oggi Pechino pensa alla svalutazione del dollaro come a un atto
ostile anche su un altro versante: quello dell'abbattimento del valore dei
titoli-debito Usa in portafoglio del Celeste Impero grazie al suo «eccesso di
risparmio» (parole del governatore della Federal Reserve Bernanke). SEGUE A
PAGINA 8
(
da "Polimerica"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Approvato
il bilancio Negri Bossi Scritto dalla redazione [calato] 31 marzo 2009 @
09:31:11 CEST Fatturato consolidato in flessione del 24% e perdite per oltre 13
milioni di euro nel bilancio del costruttore milanese di presse ad iniezione.
Chiuso lo stabilimento di Monza, mobilità per 40 addetti. Il Consiglio di
Amministrazione di Negri Bossi, società milanese attiva nella progettazione e
commercializzazione di presse per lo stampaggio ad iniezione di materie
plastiche, appartenente al Gruppo Sacmi - ha approvato nei giorni scorsi il
bilancio consolidato e il progetto di bilancio d'esercizio 2008. Nell'anno
appena trascorso, il costruttore italiano ha registrato perdite significative,
che - come spiega la stessa società - sono derivate dalla
situazione di crisi finanziaria e dei mercati che ha determinato una sensibile contrazione dei
volumi e dei margini del settore delle presse ad iniezione. Una situazione che
ha interessato l'intero comparto delle macchine ad iniezione: "Il
fatturato dei produttori europei sul mercato mondiale si è ridotto di quasi il
6% nel 2008 rispetto al periodo precedente; considerando invece il
numero di macchine vendute la contrazione risulta del 18% circa". Per
quanto concerne i conti Negri Bossi, nel 2008 i ricavi totali consolidati sono
ammontati a 97,8 milioni di euro, in flessione del 24,0% rispetto al 2007 (128,7
milioni di euro). In decisa contrazione le esportazioni: 57 milioni di euro
contro 78,8 milioni di euro del 2007, quindi con una caduta del -27,7%. I
ricavi delle vendite all'estero hanno rappresentato lo scorso anno il 57,9% del
fatturato complessivo del Gruppo, contro il 61% dell'esercizio 2007. Il Margine
operativo lordo (Ebitda) prima di ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti
ai fondi è stato negativo per 11,1 milioni di euro, a fronte di un Ebitda
positivo per 2,8 milioni nell'esercizio 2007. Anche il Risultato operativo
(Ebit), negativo per 13,9 milioni di euro, mostra un netto peggioramento
rispetto al 2007 (+0,3 milioni di euro). Il risultato netto consolidato è sceso
a -15,8 milioni di euro, contro una perdita di 6,6 milioni di euro nel 2007.
Dal bilancio di esercizio di Negri Bossi risultano perdite complessive per 13,2
milioni di euro a fronte di un capitale sociale di 24,2 milioni di euro e di un
patrimonio netto pari 12,6 milioni di euro. "Gia nel corso dell'esercizio
2008 si sono intraprese alcune azioni ed alcuni interventi tesi a portare
avanti una profonda ristrutturazione della società volta al sostanziale
recupero di redditività attraverso misure atte a ridurre strutturalmente la
base dei costi e aumentare l'efficacia commerciale anche attraverso
un'integrazione con le altre organizzazioni commerciali del Gruppo - nota
Eugenio Emiliani, Amministratore Delegato di Negri Bossi -. In seguito alla
chiusura dello stabilimento di Monza avvenuta a novembre 2008 e
all'integrazione della produzione nella sede principale della società si sono
creati i presupposti per la riduzione di costi generali, per l'ottimizzazione
dei livelli di magazzino e per una più razionale ed efficiente gestione della
produzione. Per realizzare tali obiettivi si sono operate modifiche alla
struttura organizzativa e si e già operata nel corso dell'esercizio una
riduzione di personale attraverso un'operazione di mobilita che ha riguardato
oltre 40 dipendenti¨. "In generale il nuovo orientamento strategico è teso
a concentrare l'azienda su un perimetro meno vasto di prodotti e mercati, con
l'obiettivo di recuperare efficacia nell'azione commerciale e nella capacita di
sviluppo di prodotti di qualita ed efficienza nel rapporto tra i costi delle
strutture ed i volumi di vendita", ha concluso Emiliani.
(
da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Cina:
Adb taglia stime crescita al 7% nel 2009 dal precedente 8,2% (Il Sole 24 Ore
Radiocor) - Milano, 31 mar - L'Asian Development Bank (Adb) ha tagliato le
stime di crescita dell'economia cinese portandole al 7% quest'anno a causa
dell'impatto della crisi
finanziaria in atto. L'istituto, con sede a Manila,
aveva indicato nel suo report di dicembre una previsione di +8,2% per il Pil
cinese 2009. Per il primo trimestre, l'Adb si aspetta un +6% dopo il +6,8%
dell'ultimo quarto del 2008. Secondo l'istituto, le politiche fiscali e
monetarie messe in campo da Pechino potrebbero riportare la crescita 2010 all'8%.
Fon- (RADIOCOR) 31-03-09 09:53:47 (0047) 3 NNNN
(
da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
***
Santander:vende 32,5% gruppo petrolifero Cepsa a Ipic (Abu Dhabi) Anche Union
Fenosa vende il suo 5% al fondo sovrano (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Madrid, 31
mar - Santander, uno dei gruppi bancari piu' in difficolta' in Spagna a causa
della crisi finanziaria, ha
concordato la vendita della sua quota del 32,5% nella compagnia petrolifera
spagnola Cepsa al fondo sovrano di Abu Dhabi, Ipic, al prezzo di 33 euro per
azione (31,5 euro la chiusura di ieri). Lo ha annunciato il ceo di Santander,
Alfred Saenz, in una nota, nella quale si precisa che anche la utility spagnola
Union Fenosa ha deciso di cedere la sua quota del 5% in Cepsa a Ipic
alle stesse condizioni. Il fondo arabo diventera' cosi' il secondo azionista di
Cepsa dietro alla francese Total. Red-mir-y- (RADIOCOR) 31-03-09 09:06:33
(0036) 3 NNNN
(
da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Fortis
fa orecchie da mercante ai conti 2008: titolo in evidenza in Borsa (31 Marzo
2009 - 10:28) MILANO (Finanza.com) - Fortis non si cura dei conti 2008 e balza
in Borsa. Sul listino di Bruxelles il titolo della società
di servizi finanziari, travolta dalla crisi
finanziaria e suddivisa l'anno scorso tra lo Stato
olandese e quello belga nell'ambito di un salvataggio pubblico guadagna il
4,54% a 1,405 euro. L'istituto ha comunicato questa mattina i conti
dell'esercizio 2008, che si è chiuso con una perdita di 28 miliardi di euro,
oltre le previsioni degli analisti di mercato. La società ha comunque detto che
i propri coefficienti patrimoniali restano robusti. (Micaela Osella -
Riproduzione riservata)
(
da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
L'Ocse
vede contrazione del pil del 4,3% nell'area (31 Marzo 2009 - 08:44) MILANO
(Finanza.com) - L'Ocse ha messo mano ieri alle proprie stime di crescita
dell'area. Il Pil è ora atteso in calo del 4,3% e presumibilmente nel 2010 sarà
prevalentemente piatto. Il tasso di disoccupazione potrebbe avvicinarsi al 10%
nella maggior parte dei Paesi nel 2010 nell'area Ocse. "E' necessaria - ha aggiunto il direttore generale dell'Ocse, Anguel
Gurria - un'azione decisiva a veloce da parte dei Governi per evitare che la crisi finanziaria si espanda e diventi
una crisi sociale con
effetti che lasciano il segno sui lavoratori più vulnerabili e sulle famiglie a
più basso reddito". (Riproduzione riservata)
(
da "Finanza.com"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
La crisi colpisce anche il mondo del lusso: per gli analisti
calo delle vendite nel 2009 (31 Marzo 2009 - 08:08) MILANO (Finanza.com) - Il
magico mondo del lusso non si salva dalla crisi finanziaria
mondiale: le vendite nell'abbigliamento segneranno una battuta d’arresto dell'8,7% nel 2009. E gli altri settori del mercato – sempre della moda – non se la passano meglio:
-6,2% per borse e scarpe, -12,3% per la gioielleria, -15,4% per il decoro della
tavola e -4,8% per profumi e cosmetica. A pronosticare questa contrazione delle vendite
sono i maggiori analisti internazionali, da Merrill Lynch a Deutsche Bank,
passando per Bernstein & Bain&Co, nell’ambito
dell’Altagamma consensus, analisi previsionale di settore, presentata ieri
a Milano. Questa volta non ci sono dubbi: il settore mondiale del lusso è entrato
in una fase di crisi nera, dopo il rallentamento del
2008 quest’anno potrebbe segnare nuovi record negativi. Le
stime indicano però un secondo semestre migliore del primo. (Micaela Osella -
Riproduzione riservata)
(
da "Trend-online"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Fortis:
chiude 2008 con rosso da 28 miliardi ANSA NEWS, clicca qui per leggere la
rassegna di Ansa , 31.03.2009 09:25 Scopri le migliori azioni per fare trading
questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 31 MAR - Fortis, la banca
travolta dalla crisi finanziaria, ha chiuso il 2008 con una perdita di 28 mld di euro. La perdita
e' superiore alle stime e si confronta con l'utile di 3,99 miliardi del 2007.
Lo riferisce l'agenzia Bloomberg citando un comunicato. Poche settimane fa, il
gruppo aveva indicato di puntare su una perdita di 22,5 miliardi di euro,
annunciando l'impossibilita' di versare il dividendo.
(
da "Avvenire"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA
31-03-2009 ECONOMIA E MERCATI Torna il buio sulle Borse: in fumo 127 miliardi A
picco banche e settore auto. Ai minimi in Europa la fiducia di imprese e
consumatori lunedì nero Dopo due settimane di recuperi ieri sono tornate le
vendite A pesare, l'incertezza sui salvataggi dei colossi Usa delle quattro
ruote (Gm -20%) e di una cassa di risparmio spagnola. Milano peggiore in
Europa: giù del 6,6% DA MILANO PIETRO SACCÒ L a fiducia che
nelle ultime settimane aveva trascinato il recupero dei mercati finanziari è stata sepolta ieri
da una pioggia di cattive notizie. La peggiore è stata il «no» della Casa
Bianca ai piani di General Motors e Chrysler. Ma ce ne sono state anche altre:
il primo salvataggio di una banca spagnola, le incertezze di Ocse e Bce sulle
possibilità di ripresa nel 2010, la fiducia di imprese e consumatori
europei, ai minimi storici. Travolti da un rinnovato pessimismo i mercati europei hanno bruciato 127 miliardi di
capitalizzazione. La piazza peggiore a causa del peso delle banche sul listino
è stata Milano, che ha perso il 6,6%. La migliore, Londra, ha chiuso con un -
3,5%. Giù del 4,3% Parigi, -5,1% a Francoforte. La giornata di tonfi era stata
aperta da Tokyo, che quando in Italia erano le otto del mattino aveva già
chiuso la peggiore seduta degli ultimi due mesi e mezzo: - 4,5%. Mentre Wall
Street ha perso il 3,2%. Un terremoto partito da Washington. La bocciatura dei
piani di Chrysler e Gm da parte di Barack Obama ha lanciato due segnali negativi
ai mercati. Il primo è che l'aiuto dei governi per le
grandi aziende in crisi non è scontato. Il secondo è che quando lo Stato
interviene per evitare il fallimento di un'impresa come nel caso di Gm, in cui
è stato allontanato l'amministratore delegato Rick Wagoner vuole anche prendere
decisioni importanti sulla gestione dell'azienda. Segnali che ai mercati non sono piaciuti, e che si aggiungono all'ipotesi,
non scartata dalla Casa Bianca, del fallimento dei due gruppi di Detroit. La
paura generalizzata ha affondato tutti i titoli delle quattro ruote. L'indice
Dj Stoxx di settore è caduto di otto punti percentuali. In Italia Fiat ha
lasciato il 9,3%, in Germania Daimler ha perso il 9,3%, in Francia Renault ha
lasciato il 10,6% e Peugeot (dopo il licenziamento del presidente, deciso dal
cda) ha chiuso con un -9,2%. Nel frattempo a Wall Street le azioni di General
Motors precipitavano (oltre il -20%) e quelle di Chrysler cedevano l'8,45%,
recuperando qualcosa dopo l'annuncio dell'accordo con Fiat. La spinta
ribassista arrivata dall'auto è stata accompagnata da quella delle banche. La
ripresa dei mercati era stata guidata proprio dal
settore del credito, che sembrava avere ritrovato una prima stabilità. Le
prospettive sono però peggiorate bruscamente dopo che la Banca di Spagna ha
salvato con 9 miliardi di euro la Caja Castilla, aggiungendo Madrid alla lista
dei governi che hanno dovuto salvare una banca. A minare l'ottimismo si sono
aggiunte le indiscrezioni su altri 2 miliardi di svalutazioni di titoli tossici
al vaglio della svizzera Ubs e l'annuncio di Barclays, che sarà esclusa dal
piano di protezione degli asset inglese. L'indice europeo delle banche è caduto
del 7%, con cali generalizzati su tutti i mercati. A
New York Citigroup ha perso quasi il 10%, Bank of America oltre il 12%. Sullo
sfondo l'aumentare dell'incertezza sulla ripresa economica. A marzo gli indici
che misurano la fiducia di aziende e consumatori europei (l'Esi e il Bci) sono
crollati al livello più basso dalla loro introduzione, nel 1985, ha annunciato la
Commissione Ue. Mentre l'Ocse ha corretto al ribasso le sue stime sul Pil 2009
e 2010: quest'anno il calo degli stati membri sarà del 4,3%, e l'anno prossimo
si va verso una crescita zero. «Le previsioni sono incerte » come ha confermato
il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. I mercati
aspettano di capire cosa succederà, concentrati sui due appuntamenti di
giovedì: la decisione della Bce in materia di tassi di interesse ed il vertice
G20 a Londra.
(
da "Manifesto, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
COMUNQUE
VADA, IL «G20» SARÀ UN FALLIMENTO Altro che BRETTON WOODS Il meeting dei paesi
più ricchi del mondo in programma a Londra dovrebbe servire a dare una risposta
coordinata e globale alla crisi. Ma anziché creare
nuove istituzioni, si chiedono soluzioni a quelle, come il Fondo monetario
internazionale, che fin qui sono state parte del problema Walden Bello* Se mai
una conferenza internazionale è stata destinata al fallimento, questo è il caso
del prossimo meeting G20 di Londra, presentato come «una nuova Bretton Woods»
da cui dovrebbe scaturire una risposta coordinata e globale alla depressione in
atto, e creare un nuovo ordine di governance economica globale, proprio come la
prima Conferenza di Bretton Woods diede vita all'ordine multilaterale mondiale
del secondo dopoguerra. In primo luogo, la sede appropriata per una impresa
così ambiziosa è l'Onu, e non un raggruppamento informale dei paesi più ricchi
del mondo con una rappresentanza simbolica del Sud del mondo con scarsa legittimità.
Il G20 è un club esclusivo, mentre gli architetti dell'ordine di Bretton Woods
cercarono di essere il più possibile inclusivi, intitolando il meeting
«Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni
unite» e chiamando a raccolta i rappresentanti di 44 paesi sia pure nel bel
mezzo della guerra mondiale, nel luglio 1944. In secondo luogo,
questo meeting si è attribuito il compito di realizzare in un giorno solo
quello che gli architetti di Bretton Woods fecero in 21 giorni. Possiamo già
scorgere i contorni del comunicato finale: un'intesa ampia su poche questioni,
nascondendo le differenze sui dettagli chiave. Per contro, gli architetti di
Bretton Woods, tra i quali vi era l'economista britannico John Maynard Keynes,
sapevano che il diavolo è nei dettagli e impiegarono tre settimane a elaborare
l'accordo finale. A Londra conterà l'immagine, non la sostanza. Guasti
dell'«autoregolamentazione» In terzo luogo, per dare una risposta al crollo
economico globale a Londra si tenterà di utilizzare una serie di istituzioni
fallimentari invece di crearne di nuove, come avvenne invece a Bretton Woods.
Il G20, il Financial Stability Forum e Basilea II sono le istituzioni attivate
per gestire la creazione di una nuova architettura finanziaria
globale; eppure, tutte e tre erano state create o avviate dopo la crisi finanziaria asiatica per proporre una struttura di
regolamentazione globale, ma non hanno fatto niente per regolare i derivati, la
vendita allo scoperto, gli hedge funds, e gli altri
meccanismi e comportamenti finanziari che hanno contribuito alla débâcle finanziaria asiatica o comunque hanno
rischiato di produrre nuove crisi. In realtà queste istituzioni, invece di regolare il capitale
finanziario, hanno fatto propria la strategia del settore privato della
«autoregolamentazione». Tra i mantra che esse hanno ripetuto, e così
facendo legittimato, c'erano: l'idea che il controllo sui capitali fosse
negativo per le economie in via di sviluppo; l'idea che la vendita allo
scoperto, o speculazione sulla movimentazione di titoli prestati, fosse
un'operazione di mercato legittima; e l'idea che i derivati - o titoli che
permettono di scommettere sui movimenti di un determinato asset -
«perfezionassero» il mercato. Il loro messaggio implicito era che il modo
migliore di regolare il mercato fosse lasciare questo compito agli stessi
operatori del mercato, che avevano sviluppato modelli sofisticati ma affidabili
di «valutazione del rischio». Dunque oggi si chiede a istituzioni che sono
state una parte del problema di diventare una parte centrale della soluzione.
Comunque l'aspetto più problematico della soluzione G20 è costituito dal Fondo monetario
internazionale (Fmi). Gli Usa e l'Unione europea stanno cercando di
incrementare il capitale dell'Fmi portandolo da 50 a 500 miliardi di dollari.
Poi l'Fmi presterebbe questi soldi ai paesi in via di sviluppo per stimolare le
loro economie, e il segretario Usa al Tesoro Tim Geithner ha proposto che sia
proprio il Fondo a supervisionare questo esercizio globale. Il diritto feudale
europeo In primo luogo, c'è la questione della rappresentanza, che continua a
preoccupare molta parte del Sud del mondo. Per quanto riguarda il diritto di
voto all'Fmi, finora sono stati apportati solo cambiamenti marginali.
Nonostante la richiesta di un maggior potere di voto per i membri del Sud del
mondo, i paesi ricchi sono ancora ampiamente sovrarappresentati nel consiglio
di amministrazione, mentre i paesi in via di sviluppo - specialmente l'Asia e
l'Africa - sono largamente sottorappresentati. L'Europa ha un terzo delle
poltrone e pretende il diritto feudale di nominare sempre un europeo come
managing director. Gli Usa hanno quasi il 17% delle poltrone, cosa questa che
dà loro il potere di veto. In secondo luogo, c'è la performance del Fondo
monetario internazionale durante la crisi finanziaria
asiatica del 1997, che ha fatto naufragare la sua credibilità. Il Fondo ha contribuito
a determinare la crisi, spingendo i paesi asiatici a
eliminare i controlli sui capitali e a liberalizzare i loro settori finanziari,
e promuovendo sia l'entrata massiccia di capitale speculativo, sia la sua
uscita destabilizzante al primo segno di crisi. Esso
ha poi spinto i governi a tagliare le spese, pensando che il problema fosse
l'inflazione, quando invece avrebbe dovuto chiedere una maggiore spesa pubblica
per contrastare il crollo del settore privato. Questa misura prociclica ha
finito per accelerare il crollo che ha portato alla recessione a livello
regionale. Infine, i miliardi di dollari dei fondi di salvataggio non sono
andati a salvare le economie che stavano crollando, ma a compensare le
istituzioni finanziarie straniere per le loro perdite, un esempio da manuale di
«azzardo morale» o l'incoraggiamento a comportamenti irresponsabili per quanto
riguarda la concessione di prestiti. La Thailandia ha saldato il suo conto con
l'Fmi nel 2003 e ha dichiarato la sua «indipendenza finanziaria».
Il Brasile, il Venezuela e l'Argentina hanno fatto lo stesso, e l'Indonesia ha
dichiarato la sua intenzione di imitarli. Altri paesi hanno fatto altrettanto,
preferendo rafforzare le loro riserve di valuta estera per difendersi dagli
eventi esterni, piuttosto che contrarre nuovi prestiti con l'Fmi. Questo
fenomeno ha portato alla crisi finanziaria dell'Fmi,
perché la maggior parte dei suoi introiti proveniva dai pagamenti dei maggiori
paesi in via di sviluppo indebitati. I fautori dell'Fmi dicono che oggi esso
vede il vantaggio di una massiccia spesa in disavanzo e che, con Richard Nixon,
può dire: «Ora siamo tutti keynesiani». In molti però non sono d'accordo.
Eurodad, una Ong che monitora i prestiti erogati dall'Fmi, segnala che i
prestiti concessi ai paesi in via di sviluppo sono ancora accompagnati da
condizioni onerose. Inoltre alcuni prestiti erogati molto recentemente dall'Fmi
incoraggiano ancora la liberalizzazione finanziaria e
bancaria. E nonostante l'attuale orientamento a puntare sullo stimolo finanziario
- per cui alcuni paesi, come gli Usa, invitano i governi a portare la propria
azione di stimolo almeno al 2% del Pil - l'Fmi chiede ancora ai paesi che
contraggono un prestito ma dispongono di poche entrate, di fissare come tetto
per la spesa in disavanzo l'1% del Pil. Infine c'è la questione se il Fondo
sappia davvero ciò che sta facendo. La sua quasi totale incapacità di
previsione della crisi finanziaria che si andava
profilando mina gravemente la sua credibilità. Nella consultazione articolo IV
del 2007 con gli Usa, il suo board ha affermato: «Il sistema finanziario ha
mostrato una capacità di recupero impressionante, anche rispetto alle recenti
difficoltà nel mercato dei mutui subprime». In breve, non solo il Fondo ha
fallito miseramente con le sue prescrizioni ma, nonostante una scuderia di
economisti che dovrebbero essere tutti di prim'ordine, ha mancato completamente
anche per quanto riguarda le sue responsabilità di sorveglianza. Per quanto
ampie siano le risorse che il G20 metterà a disposizione dell'Fmi, è del tutto
evidente che ci sarà scarso interesse internazionale a un programma di stimolo
globale gestito dal Fondo. Nello spirito di Keynes La risposta del Nord del
mondo alla crisi attuale, che consiste nel riesumare
istituzioni fossilizzate, ricorda il famoso detto di Keynes: «La difficoltà non
sta tanto nello sviluppare nuove idee, quanto nello sfuggire a quelle vecchie».
Così, nello spirito di Keynes, proviamo a rispondere alla domanda su cosa
bisognerebbe fare per dare una risposta globale alla crisi.
In primo luogo, invece del G20, il Segretario generale dell'Onu e l'Assemblea
generale dovrebbero convocare una sessione speciale dell'Onu per disegnare il
nuovo ordine multilaterale globale. Come per la Conferenza di Bretton Woods,
anche questo dovrebbe essere un processo inclusivo, e la sessione di lavoro
dovrebbe durare svariate settimane. Un risultato chiave potrebbe essere la
creazione di una struttura finanziaria mondiale
transitoria - con una rappresentanza universale nei suoi livelli decisionali -
cui affidare il compito di coordinare l'attuale impresa globale. In secondo
luogo, bisognerebbe aiutare immediatamente i paesi ad affrontare la crisi; i debiti dei paesi in via di sviluppo nei confronti
delle istituzioni del Nord dovrebbero essere cancellati. Ciò permetterebbe ai
paesi in via di sviluppo di accedere a maggiori risorse e avrebbe un effetto di
stimolo maggiore dei soldi dell'Fmi. In terzo luogo, l'elemento principale
dell'architettura della nuova governance globale dovrebbe essere costituito da
strutture regionali per trattare le questioni finanziarie, compresa la finanza
per lo sviluppo, e non da un altro sistema finanziario in cui le risorse e il
potere siano monopolizzati dai paesi del Nord del mondo mediante istituzioni -
come appunto l'Fmi - centralizzate e dominate da loro. In Asia orientale, il
raggruppamento «Asean Plus Three» (l'acronimo Asean sta per Association of
South-East Asian Nations - Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale,
ndt) o «Iniziativa di Chiang Mai» è un'esperienza promettente che va estesa, ma
che ha anche bisogno di essere ridisegnata in modo che possa dare maggiormente
conto del suo operato ai popoli della regione. In America Latina sono già in
corso molte iniziative regionali promettenti, come l'Alternativa bolivariana
per le Americhe e la Banca del Sud. Qualunque nuovo ordine globale deve avere
come pilastri istituzioni regionali che rispondano del proprio operato.
Naturalmente ci sono degli interventi da fare immediatamente, nel contesto di
una trasformazione più a lungo termine, fondamentale e strategica, di un
sistema capitalistico globale che è andato in pezzi. In breve, la crisi attuale va vista come una grande opportunità di creare
un nuovo sistema, un sistema che ponga fine non solo alla fallimentare
governance globale neoliberista, ma anche alla dominazione euro-americana
dell'economia mondiale mettendo al suo posto un ordine più decentrato,
deglobalizzato e democratico. * Walden Bello è professore di sociologia presso
l'Università delle Filippine a Diliman. È inoltre presidente della Freedom from
Debt Coalition e analista presso Focus on the Global South, un istituto di
ricerca e advocacy con sede a Bangkok. Copyright Ips/il manifesto Traduzione
Marina Impallomeni
(
da "Denaro, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Avellino
credito Banche e imprese: Come migliorare l'intesa Filomena Labruna Migliorare
il rapporto tra banche e imprese in un momento difficile per l'economia.
L'argomento è stato al centro di un incontro che si è tenuto ad Ariano irpino
nella sala conferenze del museo civico comunale. Ad aprire i lavori Angelo
Morella, portavoce dell'associazione "Città e Territorio".
"L'iniziativa è stata promossa", spiega, "per dare voce alle
istanze del territorio e risposte agli imprenditori i quali temono che l'onda lunga
della crisi finanziaria affondi
anche l'economia reale". Nel corso del convegno moderato da Enzo Agliardi,
caporedattore del Denaro che si è soffermato sui pericoli legati alla
"stretta del credito", alla mancanza del sostegno creditizio al mondo
delle imprese, sono stati affrontati in modo strutturato e sistematico i temi
legati al miglioramento delle relazioni tra le imprese bancarie e quelle
di altri settori produttivi. Per Costantino Capone, presidente della Camera di
commercio di Avellino, il ruolo delle banche è fondamentale in una fase
difficile come questa e in un territorio dove vi sono aree sprovviste di Adsl.
"In uno momento di crisi straordinaria",
afferma, "le banche devono avere comportamenti straordinari, devono
sostenere gli imprenditori e le famiglie per far ripartire i consumi".
L'ente camerale metterà a disposizione un milione di euro per abbattere gli
interessi in conto capitale delle pratiche finanziate dai Confidi. Lucio
Donadio direttore generale Confidi Pmi Campania, afferma che i Confidi
rappresentano uno strumento in grado di creare un circolo virtuoso nel rapporto
tra banche e piccole e medie imprese, assolutamente essenziale per garantire il
rilancio e lo sviluppo dell'economia. "E' il momento dei Confidi",
afferma, "una leva quanto mai opportuna dal momento che potrebbero
incidere positivamente sulla situazione di generale rallentamento che ha
caratterizzato gli investimenti". Poi gli interventi di Michele Blasi
della divisione imprese del Banco di Napoli. "E' necessario migliorare la
comunicazione tra banche e imprese", afferma, "e per fare questo
occorre evitare il turn over dei funzionari". Anche per Giuseppe Verde
direttore del centro imprese Avellino Unicredit Banca di Roma è indispensabile
"una maggiore fiducia tra tutti gli operatori economici per ridurre
l'impatto della crisi". Verde annuncia che il
gruppo sta dando il via libera a 3 richieste di finanziamento su 4 e di queste
il 40% riguarda aziende che hanno chiuso il bilancio in perdita. Infine Antonio
Petitto, presidente della Banca di credito cooperativo Irpina. Molto apprezzato
il suo intervento in cui rimarca la necessità di lavorare insieme nella massima
coesione, per uscire dalla crisi e rilanciare
l'economia. "Puntiamo a sostenere un processo di crescita equilibrato",
afferma, "che parta dalle eccellenze del territorio, la filiera
agroalimentare e ambientale e la valorizzazione del turismo rurale ed
enogastronomico. Essere vicini al territorio", continua Petitto,
"significa che le nostre radici e la vitalità nascono dal territorio e ad
esso ritornano". Infine i ringraziamenti all'associazione "Città e
territorio" per aver realizzato un momento di confronto tra i
rappresentanti del sistema economico locale in cui sono state affrontate in
maniera concreta le tematiche del credito e dello sviluppo. del 31-03-2009 num.
(
da "HelpConsumatori"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
News
COMUNICAZIONE. Si apre domani a Perugia il Festival Internazionale del
Giornalismo 31/03/2009 - 10:53 Al via domani la terza edizione del Festival
Internazionale del Giornalismo che, fino a domenica 5 aprile, ospiterà a
Perugia oltre 200 giornalisti da tutto il mondo. La manifestazione si apre con
una welcome session che darà il benvenuto ai 200 volontari che sono stati selezionati
per collaborare all'organizzazione dell'evento. Studenti e appassionati di
giornalismo tra i 18 e i 24 anni che arrivano da diversi paesi: Canada,
Australia, India, Brasile, Russia, Svizzera, Inghilterra, Spagna, Portogallo,
Tunisia, Lituania. Seymour Hersh, noto giornalista investigativo che scrive per
il settimanale americano The New Yorker, e Sergio Romano, editorialista del
Corriere della Sera, sono solo un esempio dei partecipanti ai numerosi
appuntamenti, che si terranno nei teatri e nei palazzi storici del centro
medievale di Perugia. Alcuni dei temi trattati dagli oltre 40
incontri-dibattiti in programma, saranno il problematico rapporto tra verità e
realtà nell'informazione, il ruolo dei media nella crisi finanziaria internazionale, il
post giornalismo e i nuovi linguaggi della comunicazione, e la libertà dei
giornalisti in rapporto alla pubblicità. Saranno poi dedicati ampi spazi
all'informazione in prima linea contro le mafie, ai new media e alle nuove
frontiere dell'informazione, e al "giornalismo degli altri",
su diritti umani e libertà di stampa. 2009 - redattore: VC
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20/
Medvedev: serve radicale revisione sistema finanziario -2- di Apcom "Si
dovrebbe pensare di creare migliore equilibrio tra valute" -->Mosca, 31
mar. (Apcom-Nuova Europa) - Per Medvedev va rivisto il compito delle
istituzioni finanziarie mondiali, "l'oggetto del loro lavoro, qualunque
esse siano" oltre a "rafforzare finanziariamente
e istituzionalmente" gli stessi istituti. "Si tratta di una questione
controversa" ha precisato. Quanto poi al sistema valutario "alcuni
dei nostri partner sostengono che tutto va bene in questo ambito e sarebbe
sufficiente rafforzare la base monetaria mondiale solo un po', a partire dal
dollaro. La nostra posizione e' diversa". La Russia
ritiene infatti che l'attuale crisi finanziaria mondiale "e' attribuibile ad alcuni problemi nel
funzionamento del sistema di valute di riserva". E "stando cosi' le cose,
si dovrebbe pensare di creare un migliore equilibrio e decidere in che modo
questo sistema possa funzionare" ha detto il presidente. "La
questione della creazione di una sovra-moneta nazionale potrebbe diventare
fondamentale nel prossimo futuro. Molti ne parlano". I Diritti speciali di
prelievo (Dsp) - le unita' di conto del Fondo Monetario Internazionale, il cui
valore e' ricavato da un paniere di valute nazionali - "vengono menzionati
in questo contesto", ha precisato Medvedev, aggiungendo che "questo
tema non e' probabilmente cosi' rilevante per il prossimo vertice, ma,
sicuramente, potrebbe passare in primo piano nel prossimo futuro". Un
nuovo sistema monetario internazionale per sostituire quello corrente, basato
sul dollaro e' stata anche la proposta formulata da Joseph Stiglitz, vincitore
nel 1994 del Premio Nobel per l'economia e responsabile di una commissione di
esperti incaricati dalle Nazioni Unite di valutare le riforme necessarie a
favorire la stabilita' e l'uguaglianza economica globale. Secondo Stiglitz,
occorre una riforma completa dell'attuale sistema delle riserve finanziarie
globali, costituendone uno nuovo, ad esempio sulla base dell'ampliamento dei
Dsp, l'unita di conto convenzionale creata nel 1969 dal Fmi come moneta per le
transazioni tra le banche centrali. Dal canto suo Medvedev ha espresso la
speranza che nel corso del summit a Londra del 2 aprile si vorra' iniziare una
discussione sul concetto di "un nuovo accordo di Bretton Woods", che
determini la "nuova vita" del sistema finanziario nei "decenni a
venire". Per il Cremlino la questione sara', senza dubbio, al centro
dell'attenzione al prossimo vertice del G20. Il presidente russo ha
sottolineato "la necessita' di cominciare a parlare fin da ora" anche
"su altri settori di competenza". A ulteriori discussioni potrebbero
prendere parte non solo i paesi dei "venti" ma anche altri Stati,
perche' i vantaggi di questo sistema copriranno un lungo periodo di tempo.
"E' piu' importante che la riunione di Londra non diventi semplicemente un
vertice dei principali paesi del mondo" ma che si apra alla discussione
"sull'architettura finanziaria globale".
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Doha/
Prende il via vertice paesi arabi-latino americani di Apcom Per "aprire
mercati alternativi e affrontare crisi finanziaria"
-->Roma, 31 mar. (Apcom) - A quattro anni dal primo appuntamento in Brasile
nel 2005 organizzato per iniziativa del presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula
da Silva, nella capitale del Qatar, Doha, ha preso il via stamane il II vertice
tra i 22 paesi membri della Lega Araba e 12 paesi dell'America Latina. Ad aprire
la seduta trasmessa dalla tv araba al Jazeera è stato lo Sheikh Sheikh Hamad
bin Khalifa, emiro il paese ospitante il Qatar. "Vi è un grande
avvicinamento tra gli stati arabi e latini su molti temi", ha detto
l'Emiro che ha auspicato "nuovi ponti per stringere ulteriori legami per
raggiungere le speranze" comuni. Dopo l'intervento dell'Emiro, ha quindi
preso la parola, Michelle Bachelet, presidente del Cile che ha la presidenza di
turno dell'Unione dei paesi dell'America Latina. "Desideriamo trasferire l'esperienze
e le conquiste acquisite nel nostro contenente per i paesi arabi", ha
detto Bachelet. Aprire mercati alternativi e mettere a punto un meccanismo
congiunto di cooperazione finanziaria per affrontare
le ripercussioni della crisi economica globale,
incentivando la cooperazione bilaterale: è il principale tema nell'agenda dei
partecipanti. Dal primo vertice bilaterale, gli scambi si sono triplicati: a
beneficiarne in America Latina è stato soprattutto il Brasile, mentre il
Mercosur (Mercato comune sudamericano, di cui fanno parte Brasile, Argentina,
Uruguay, Paraguay e Venezuela, con Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù come
stati associati) ha avviato negoziati per accordi di libero scambio con il
Consiglio di cooperazione del Golfo Persico (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar,
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), e con Egitto e Giordania. Al vertice di
oggi si parlerà anche del conflitto israelo-palestinese: la recente offensiva
israeliana nella Striscia di Gaza ha suscitato in molti paesi dell'America
Latina forti reazioni di solidarietà con la popolazione palestinese spingendo
Venezuela e Bolivia a rompere le relazioni diplomatiche con Israele. Non è
esclusa una presa di posizione a sostegno del presidente sudanese Omar al
Bashir colpito da un mandato d'arresto emesso dalla Corte penale internazionale
per crimoni di guerra nel Darfur. Il presidente venezuelano Hugo Chavez,
intervistato dalla tv al Jazeera, prima dell'inizio dei lavori, ha affermato
che il suo paese "è pronto a combattere per difendere il Sudan". A
Doha sono presenti, tra gli altri, otto presidenti latino-americani, tra cui il
venezuelano Hugo Chavez, il brasiliano Lula, l'argentina Cristina Fernandez e
il paraguayano Fernando Lugo, presidente di turno del Mercosur. Tra i capi di
stato arabi presenti, spiccano quelli del colonnello libico Muammer Gheddafi e
del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa.
(
da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Banche:
Saccomanni, forse nostri parametri su capitale piu' rigidi (Il Sole 24 Ore
Radiocor) - La Banca d'Italia ha "la sensazione" che nella
valutazione del capitale delle banche italiane "applichiamo parametri piu'
rigidi". Ad indicarlo e' il direttore generale della Banca d'Italia,
Fabrizio Saccomanni, in un intervento alla presentazione
del libro di Rainer Masera sulla crisi finanziaria. "Ci siamo sempre battuti per regole comuni a livello
internazionale per la valutazione della qualita' del capitale e "abbiamo
la sensazione che certi coefficienti dell'8 per cento o del 10 per cento siano
diversi da quelli di altri". Ggz-y- (RADIOCOR) 31-03-09 11:50:56
(0133) 5 NNNN
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Ocse:recessione
per tutti, pil -4,3% nel 2009 di ANSA Istituto, calo paesi del 2,7%.Banca
mondiale, pil globale -1,7% -->(ANSA) - ROMA, 31 MAR - Tutti i paesi
dell'area Ocse subiranno nel 2009 una ''forte recessione'' con un calo del Pil
del 4,3%: la debolezza rimarra' nel 2010.E' quanto si legge nell'Economic
outlook interim report dell'Ocse. A livello mondiale il Pil vedra' un ribasso
del 2,7% per poi risalire dell'1,2% nel 2010. Anche la Banca Mondiale taglia le
proprie stime di crescita mondiale. Per il 2009 prevede una contrazione del pil
globale dell'1,7%, segnando cosi' il primo dato negativo dalla Seconda Guerra
Mondiale. In particolare, nell'area euro, secondo la Banca Mondiale, il pil si
attestera' al -2,7%, negli Usa al -2,4%, in Giappone al -5,3%. I dati sono contenuti in un documento dal titolo 'Nuove
prospettive globali', nel quale si prevede che ''nel 2010 la crescita tornera'
debolmente positiva, in quanto il consolidamento del settore finanziario, la
perdita di ricchezza generale e gli effetti della crisi
finanziaria, continueranno ad influenzare
l'attivita' economica''.(ANSA).
(
da "TgFin.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi:
Cardia, nuove regole siano essenziali ed equivalenti Il caso direttiva opa e
l'interpretazione autorita' francese (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 31 mar -
Per la riforma dei mercati "sevono nuove regole ma essenziali: il mercato
non ha bisogno di molte regole ma della vivacita' di chi vi opera".
Lamberto Cardia, presidente della Consob, sottolinea alla presentazione del libro di Rainer Masera sulla crisi
finanziaria, anche l'importanza della trasparenza
dei bilanci: "Da quando sono alla Consob ho scoperto che c'e' il bilancio
sopra e sotto la riga; quello che sta sotto puo' distruggere la buona
comprensione o addirittura provoca il travisamento di quello che viene
prospettato al risparmiatore che finisce per essere la vittima di questa
catena". Il presidente della Consob sottolinea l'importanza di
regole equivalenti: "nell'attuazione delle direttive molti paesi hanno
creato normative a tutela del loro sistema". Il riferimento alla Francia
e' esplicito. Cardia ricorda la direttiva sull'opa e l'intervento della Consob
francese nei confronti di operatori italiani con la minaccia di bloccare la
loro operativita' oltralpe. Un episodio che, auspica Cardia, in futuro non si
dovra' piu' ripetere ma di cui si dovranno occupare le autorita' legislative.
"La Consob tiene alla trasparenza e alla tutela dei risparmiatori: non
compete alla Consob verificare che in futuro questo non si possa piu'
verificare". Ggz (RADIOCOR) 31-03-09 12:40:09 (0177) 3 NNNN
(
da "Panorama.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
-
Economia - http://blog.panorama.it/economia - Allarme sulla disoccupazione:
l'Ocse la vede a due cifre Posted By redazione On 30/3/2009 @ 12:07 In
Headlines, NotiziaHome | No Comments Mettere le persone al centro. È questo il
senso del [1] G8 del Lavoro, il Social Summit, che fino a martedì 31 marzo
discuterà a Roma delle politiche sociali, di tutela e di sostegno, necessarie
per tutelare i lavoratori colpiti in tutto il mondo dalle conseguenze della
crisi economica internazionale. Conseguenze che, secondo un allarme lanciato
dall'[2] Ocse, potrebbero portare dall'anno prossimo tassi di disoccupazione
"a due cifre". Dopo i mercati
finanziari e le banche è quindi ora la volta del
mondo del lavoro e della sostenibilità sociale, componente fondamentale,
secondo [3] il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, della stabilità
economica. "Occorre ricostruire il circolo della fiducia, partendo dalla
protezione sociale, dalle persone. Siamo qui per affrontare insieme la
dimensione umana della crisi" ha sottolineato il ministro inaugurando la
tre giorni del vertice "contro la quale servono misure tempestive e
mirate, anche temporanee per proteggere il reddito. Misure che salvaguardino la
base produttiva e l'occupazione consentendo così di affrontare anche la
formazione dei lavoratori". Le conseguenze della crisi sono del resto già
evidenti nelle stime degli istituti internazionali. Secondo l'[4] Ilo il numero
di disoccupati potrebbe aumentare di 50 milioni di persone nel 2009, dopo gli
11 milioni in più registrati nel 2008, e la recessione del mercato del lavoro
potrebbe essere "prolungata" per 4-5 anni dopo la ripresa economica.
E secondo l'Ocse le prospettive non sono rosee: la ripresa arriverà nel 2010,
dopo un ulteriore rallentamento quest'anno, e sarà "sottotono",
comunque sotto il potenziale dell'area. In più il tasso di disoccupazione entro
l'anno prossimo si avvicinerà - in tutti i Paesi del G8 e anche in quelli
membri dell'organizzazione - a tassi "a due cifre", cioè almeno al
10%. I sindacati mondiali temono inoltre 200 milioni di lavoratori a rischio
povertà. Come già di fronte alle previsioni di Confindustria, che
"realisticamente" secondo il vicepresidente [5] Alberto Bombassei
indicavano una perdita di 500.000 posti in Italia in 2 anni, Sacconi invita
però ad andarci piano con le stime: "Andrei cauto con le diverse previsioni
che continuano ad essere prodotte", ha detto "perchè spesso le stesse
organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle. Non aiuta il continuo
prodursi di previsioni in sequenza l'una con l'altra". Di fronte ai
"deficit della politica" sulle tutele sociali, i sindacati mondiali,
anche loro seduti al tavolo del summit, invocano un cambiamento di rotta già al
G20 di Londra e poi al [6] G8 della Maddalena, chiedendo, per bocca del
segretario generale della Uil Luigi Angeletti, di parteciparvi con un proprio
rappresentante. Risposta immediatamente positiva da parte del governo: "il
governo incontrerà i sindacati alla vigilia del G8 alla Maddalena, così come
fece a Genova", ha assicurato Sacconi. "Questa è una testimonianza
dell'importanza attribuita dal premier Silvio Berlusconi al dialogo
sociale".
(
da "ITnews.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Roma, 31
mar.(Adnkronos) - Per il 2009 Pil globale in calo dell'1,7%. Si tratta del
primo dato negativo dalla Seconda Guerra Mondiale. E' la stima della Banca
Mondiale contenuta in un documento dal titolo 'Nuove prospettive globali'.
Nell'area euro il pil segnera' quest'anno una flessione del 2,7%, negli Usa al
-2,4%, in Giappone al -5,3%. Solo nel 2010, dice la Banca,
''la crescita tornera' debolmente positiva, in quanto il consolidamento del
settore finanziario, la perdita di ricchezza generale e gli effetti della crisi finanziaria, continueranno ad
influenzare l'attivita' economica''.
(
da "Mattino, Il
(Benevento)" del 31-03-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino,
Il (Nazionale))
Argomenti: Crisi
GIUSY
FRANZESE Roma. Più che un'accusa è «un'amara constatazione»: «Come è possibile
che nessuno dei grandi previsori internazionali ci aveva minimamente allarmato
dell'arrivo di una crisi di così grande dimensione?
Non possiamo scoprire che siamo zeppi di titoli tossici dopo che si sono già
propagati nelle economie, o che un Paese come l'Argentina salti dopo che è già
saltato». Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, parte da questa
constatazione per spiegare il senso del documento finale della due giorni del
G8 sociale svoltosi a Roma. Un documento che in sostanza chiede al G20 del 2
aprile di Londra di affrontare insieme ai temi della stabilità finanziaria anche quelli della sostenibilità sociale. Perché
se c'è un'altra lezione che si può trarre da questa crisi
è che in un mondo globalizzato la tempesta fa presto a spostarsi, a coinvolgere
e stravolgere altri continenti, altri paesi e la vita di centinaia di migliaia
di persone. Trasformandosi in men che non si dica da crisi finanziaria e bancaria a crisi dell'economia reale. A rimarcarlo
sono le previsioni ribadite ieri proprio durante il summit romano, dal
direttore generale dell'Ocse, Anguel Gurria: «Nel 2010 il tasso di
disoccupazione nell'area Ocse potrebbe avvicinarsi al 10% nella maggior parte
dei Paesi». Nel 2007 - fa notare sempre l'Ocse - il tasso di
disoccupazone fu del 5,6%. «Questo implica che nel 2010 ci saranno circa 25
milioni di disoccupati in più rispetto al 2007». Una previsione
raccapricciante. Ma nemmeno delle peggiori. Secondo l'Ilo per la fine di
quest'anno i disoccupati nel mondo potrebbero aumentare di 40 milioni di
persone. Entrambe le stime - che il nostro governo, con il ministro degli
Esteri Frattini e quello del Lavoro, Sacconi, non nasconde di considerare
troppo pessimistiche - sono contenute nel documento finale che verrà consegnato
al G20. Il direttore generale dell'Ocse, inoltre, ha anticipato anche l'outlook
che sarà pubblicato oggi sul prodotto interno lordo. Anche in questo caso le
previsioni sono pessime: i Paesi dell'area Ocse nel 2009 potrebbero perdere il
4,3% del pil. E il 2010? meglio non attendersi troppo: secondo Gurria
l'economia sarà «prevalentemente piatta». Il rischio è che a pagare le
conseguenze maggiori alla fine siano le fasce più deboli, i giovani, le donne,
i lavoratori che si avvicinano alla pensione. Per questo la riunione del G8
sociale a Roma (l'ultima del genere ci fu a Copenaghen agli inizi degli anni
'90) ha scelto come slogan «people firts», ovvero fare in modo che siano le
persone i beneficiari ultimi delle azioni dei governi per superare la grande crisi. Quelli che perdono il lavoro, ma anche quelli che non
lo trovano. «In giro per il mondo - è il pronostico del direttore generale
dell'Ilo, Juan Somavia, di fronte alla sessione allargata del G8 che ha preso
il via nel pomeriggio e che continuerà stamane (il G14 con Cina, India,
Brasile, Messico, Sud Africa ed Egitto) - ci sono circa 90 milioni di nuovi
entranti nel mondo del lavoro ogni anno che stanno cercando un lavoro decente.
Noi rischiamo di deludere la maggior parte di loro quest'anno e forse anche
negli anni successivi». E anche in questo caso l'appello al G20 è lo stesso
lanciato in mattinata: «Rendere le politiche sociali il driver, il motore della
crescita economica». Argomento di cui si è discusso ancora in serata, durante
la cena offerta ai rappresentanti dei 14 Paesi a Villa Madama dal premier
Berlusconi. Tra due giorni a Londra, nella riunione dei capi di Stato e di
governo delle 20 maggiori economie, non si potrà non tenere conto anche di
questo aspetto. Sarà il primo viaggio Oltreoceano di Obama da quando è
presidente degli Usa e gli occhi sono tutti puntati su di lui, sulla sua
volontà di vedere e immaginare un mondo nuovo.
(
da "Rai News 24"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Roma |
31 marzo 2009 Dalla Chiesa cattolica 300 milioni per i poveri e una risposta a
Fini: in Italia lo Stato etico non c'è Colletta nelle parrochie per i più
poveri Un fondo di garanzia a sostegno delle famiglie in difficoltè per la crisi economica, raccolto con una colletta nazionale in
tutte le chiese italiane. E' questa l'iniziativa della Chiesa cattolica
italiana illustrata questa mattina a Roma, presso la sala stampa di Radio
vaticana, da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale
italiana (Cei), a conclusione della riunione del Consiglio episcopale
permanente tenutosi nei giorni scorsi. "Consapevoli
della gravità e dell'ampiezza della crisi finanziaria ed economica in atto - si legge nel documento conclusivo del
Consiglio permanente - i membri del consiglio permanente hanno formalizzato la
costituzione di un fondo di garanzia a sostegno delle famiglie numerose o
gravate da malattia o disabilità che abbiano perso ogni fonte di reddito,
dando forma al progetto già abbozzato nella sessione di gennaio". Da 20
mila a 30 mila le famiglie che secondo le prime stime potranno accedere al
fondo. L'aiuto sarà di 500 euro al mese, per un anno. Esteso anche al secondo,
se le condizioni di necessità permarranno. Destinatari Il fondo sarà
indirizzato alle famiglie con almeno tre figli a carico oppure segnate da
situazioni di grave malattia o disabilità, o che abbiano perso ogni fonte di
reddito e permettera' loro di ottenere un prestito bancario mensile per dodici
o ventiquattro mesi da restituire a condizioni di favore quando le stesse
persone avranno trovato un'occupazione. Colletta Il fondo sarà finanziato con
una colletta nazionale che si terrà in tutte le chiese italiane domenica 31
maggio, nel giorno della Pentecoste. Per accedere al fondo basterà rivolgersi
al parroco che potrà indirizzare le persone richiedenti alla Caritas diocesana,
che segnalera' il caso alle banche, che in una quindicina di giorni elargiranno
il sostegno. L'iniziativa va ad aggiungersi alle decine attivate dalle diocesi
a livello locale. A Fini La Chiesa cattolica "non ha simpatia per nessuno
Stato etico, che esiste dove c'è costrizione, e non mi sembra questo il
caso", ha detto il segretario generale della Conferenza episcopale
italiana, mons. Mariano Crociata, rispondendo così indirettamente al presidente
della Camera Gianfranco Fini sul testamento biologico. Quanto ai deputati
cattolici che dovranno esaminare il ddl, "ognuno ha sufficientemente
coscienza e discernimento per fare la propria scelta seguendo i propri ideali e
il bene del Paese".
(
da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono
inserite. INT - “Italia. Much more”: la risposta dell’Enit alla crisi Roma, 31
mar (Velino) - Per due mesi, aprile-maggio, alla vigilia di una stagione estiva
che si annuncia incerta, per quanto riguarda l’afflusso
degli ospiti stranieri, i più importanti broadcast di mercati strategici per il
nostro paese, cioè Germania, Austria e Svizzera, Regno Unito, Usa Canada e
l’area web, lanceranno un messaggio promo-pubblicitario che vuole evocare la
dimensione onirica ed emozionale del viaggio in Italia. Entro il frame di
“Italia. Much more “la campagna oromozionale 2009 – realizzata per l’Enit dalla Rai e da Rai Trade – propone un
caleidoscopio di immagini molto suggestive per catturare e sorprendere
l’ospite straniero, inducendolo a scegliere
l’Italia come meta di vacanze, diversificando la tipologia di location
offerta o di messaggio, in funzione del target di riferimento. Tre le versioni
realizzate in formato Hd dello spot promozionale di 60, 30 e 15 secondi che sarà
mandato in onda sulle principali reti televisive nazionali, nel prime time e
con la maggiore affinità rispetto al target di riferimento. Con i passaggi spot
sui principali canali Tv dei paesi di area tedesca, del Nord America e sulle
principali emittenti del Regno Unito, verrà aumentata la “forza d’urto” sui mercati mondiali raggiungendo un effetto
moltiplicatore di “impressions” molto elevato. L’Enit-Agenzia utilizzerà i
filmati in tutto il mondo e in tutte le attività e le iniziative che porrà in essere
per assolvere il suo ruolo istituzionale (convegni, conferenze stampa, fiere,
workshop, “settimane italiane”, ecc.). Negli Usa e nell’area tedesca (Germania, Austria e Svizzera), la
diffusione del messaggio promo-pubblicitario sul web sarà realizzata in
sinergia con i maggiori gruppi editoriali, la stampa specializzata e i
principali siti web del settore viaggi. Finalizzata alla promozione specifica
sul mercato americano, “Italy hospitality truck” attraverso i quali il messaggio
sull’ospitalità italiana verrà veicolato attraverso
due mezzi personalizzati, che viaggeranno e stazioneranno nelle maggiori aree
metropolitane degli Usa. “Con “Italia. Much more” l’Enit-Agenzia nazionale
del turismo dà un sostegno concreto e un forte impulso alla promozione del brand
Italia sui mercati internazionali, in un momento delicato per il settore del
turismo, sia a livello internazionale sia domestico, combinando esperienze
reali e virtuali, che colpiscano e stimolino i turisti fornendo loro, al tempo
stesso, spunti utili per rendere più coinvolgente e ricca l’esperienza”, sostiene il presidente
dell’Enit-Agenzia, Matteo Marzotto. “Per le festività pasquali,
l‘andamento dei maggiori mercati dell’incoming italiano, che emerge
dal monitoraggio dell’Agenzia dei tour operator,
presenta in generale segno negativo, con flessioni della domanda più o meno
consistenti, anche a causa dei negativi effetti dei tassi di cambio delle
principali monete. Le contrazioni dei flussi turistici – aggiunge Marzotto – coinvolgono
non solo i mercati europei ed oltreoceano tradizionali, molti dei quali
duramente colpiti dalla crisi finanziaria ed economica
ma, per la prima volta, anche quelli emergenti come la Russia o il Brasile. Si
mantengono stabili o in crescita alcuni Paesi dell’Est Europa (Rep. Ceca, Ungheria, Polonia) e
dell’Asia (Cina, India e Corea)”. Per direttore generale, Eugenio Magnani
“gli spot televisivi della campagna promozionale 2009 rappresentano lo
strumento ideale per far scoprire la molteplice varietà delle bellezze naturali,
artistiche e culturali del nostro paese attraverso l’attrattiva molto nota dei mega Brands - Roma, Venezia e
Napoli - e quella cosiddetta minore dei Sub Brands che funzionano da
catalizzatori inimitabili per gli ospiti stranieri, consentendo un turismo
nuovo, più economico, durante tutto l’arco
dell’anno. E si affiancano strategicamente – secondo Magnani - alla
promozione di un sito dedicato: www.italiamuchmore.com che permetterà allo
spettatore di scoprire, attraverso lo strumento contemporaneo del web 2.0, ciò che
veramente di ‘much more’ più dare
l’offerta italiana, sia al potenziale che al recente viaggiatore”. “Much
more non è solo uno slogan: è il modo nuovo di intendere l’unione delle
forze per il futuro dell’Italia – ha detto Carlo Nardello, amministratore
delegato di Rai Trade -. Enit e Rai Trade perseguono lo stesso obiettivo: la
promozione del nostro paese. Siamo ambasciatori della bellezza italiana. Le
nostre esigenze si sono sposate sotto l’unica
idea che si debba fare e proporre ‘molto
di più’. Quella di ‘Much more Italy’ è una campagna che è nata
dentro Rai Trade proprio per questi motivi. In questi mesi, lavorando
‘molto di più’, abbiamo incrementato la vendita di audiovisivo
italiano nel mondo e, quindi, abbiamo contribuito in modo fattivo alla
percezione internazionale che in Italia ci sia molto di più dei soliti luoghi
comuni. è lo stesso significato della campagna che presentiamo oggi. Non solo.
Con Enit lanciamo un modello di collaborazione fra settori industriali del
paese che potrebbe cambiare in poco tempo l'immagine dell’Italia nel resto del mondo. Uniti si vince e si può
dare, per l’appunto,‘molto più’ a tutti coloro che amano la
bellezza”. “La realizzazione degli spot televisivi per Enit - sottolinea il vicedirettore
commerciale Rai, Stefania Cinque - ha rappresentato un’importante conferma del ruolo del Gruppo Rai nello
sviluppo di progetti di comunicazione per le esigenze istituzionali” In
particolare, i prodotti audiovisivi sviluppati da Rai Trade e i messaggi della
campagna promozionale Enit – grazie alle sinergie e alle complessive
potenzialità distributive del Gruppo Rai – potranno essere diffusi nel circuito
internazionale gestito da NewCo Rai International (che attualmente, attraverso
il suo canale generalista Rai Italia e le offerte tematiche mirate, raggiunge
oltre 20 milioni di abitazioni, con un’audience
potenziale superiore ai 60 milioni di telespettatori). (red/sch) 31 mar 2009
15:02
(
da "Sestopotere.com"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi,
la Cei attiva fondo di 300 milioni per le famiglie povere (31/3/2009 13:19) |
(Sesto Potere) - Roma - 31 marzo 2009 - Il Consiglio Episcopale Permanente
della CEI si è riunito a Roma dal 23 al 26 marzo 2009. Si è aperto nel
pomeriggio del 23 marzo 2009 con la prolusione del Cardinale Presidente Sua
Em.za Card. Angelo Bagnasco. Oggi, alle 12.00 presso Sala Marconi di Radio
Vaticana , si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Comunicato
finale presieduta da S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI
. Fra gli elementi indicati all'opinione pubblica la costituzione di un fondo di
garanzia da 300 milioni a sostegno delle famiglie per consentire loro di
superare questa fase di crisi. Consapevoli della
gravità e dell’ampiezza della crisi finanziaria ed economica in atto, i membri del
Consiglio Episcopale Permanente della CEI hanno formalizzato la costituzione di
un fondo di garanzia a sostegno delle famiglie numerose o gravate da malattia o
disabilità che abbiano perso ogni fonte di reddito, dando forma al progetto già
abbozzato nella sessione di gennaio. L’annuncio
del Vangelo esige, infatti, costante attenzione alle necessità concrete dei
fratelli, perché la comunione ecclesiale si sostanzi di fattiva carità. Il
fondo si pone l’obiettivo di permettere
alle famiglie con almeno tre figli a carico oppure segnate da situazioni di
grave
malattia o disabilità, che abbiano perso o perderanno ogni fonte di reddito, di
ottenere dal sistema bancario un prestito mensile per dodici o ventiquattro
mesi, da restituire a condizioni di favore quando avranno ritrovato il lavoro,
così da poter fare fronte alle spese per la casa e alle necessità più
impellenti. Si tratta di un segno di speranza, finalizzato ad aiutare un numero
di casi necessariamente contenuto, ma significativo per la tipologia scelta.
Esso si affianca alla capillare azione di carità svolta dalle Caritas diocesane
e dalle organizzazioni del volontariato cattolico e sociale e non intende
sostituirsi ai doverosi e irrinunciabili interventi che competono allo Stato e
agli enti pubblici. Il fondo sarà finanziato con una colletta nazionale, che si
terrà in tutte le chiese italiane domenica 31 maggio, solennità di Pentecoste.
Il gesto tradizionale della colletta ci richiama a uno stile di Chiesa che si
ricorda delle membra più deboli soprattutto nei momenti di più grave difficoltà
e lo fa in tutti i modi possibili, sapendo che proprio nelle membra più deboli
è Cristo stesso a rendersi presente e a identificarsi. è un atto che educa alla
solidarietà e alla condivisione, all’apertura
del cuore e alla generosità, a non vivere solo per se stessi, ripiegati sui
propri problemi e sui propri interessi, ma con cuore fraterno e
compassionevole: spiega il Consiglio Episcopale Permanente della CEI .
(
da "KataWeb News"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 17 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin
Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva
immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine
massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per
facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di
interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000
euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero»,
un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie
l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo
legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha
protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone
che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!
(
da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Milano
(-5,31%) fanalino di coda. Crollano le banche e la Fiat Rino Lodato Lunedì nero
per le Borse mondiali. E in una sola seduta si sono dissolte le speranze di una
ripresa duratura. L'indice Dj Stoxx 600, che fotografa l'andamento dei
principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, ha perso il
3,79%, che equivale a 127 miliardi di euro bruciati in una sola giornata. A
trascinare i listini da un lato i timori di un possibile fallimento dei colossi
dell'auto di Detroit, GM e Chrysler, dopo che l'amministrazione Usa ne ha
bocciato i piani di ristrutturazione e, dall'altro, il primo intervento di
salvataggio pubblico di una banca - una cassa di risparmio regionale - in
Spagna. Dunque particolarmente prese di mira anche le banche, dopo che il salvataggio
da parte della Spagna della banca regionale Caja Castilla la Mancha, la prima
operazione di questo tipo nel paese dall'inizio delle turbolenze, ha ricordato quanto la crisi finanziaria abbia assunto dimensioni globali. La task force creata dall'Amministrazione
Obama ha indicato che la tutela dal fallimento (Chapter 11 secondo la legge
americana) potrebbe essere l'opzione migliore per Gm, il cui numero uno,
Richard Wagoner, è stato costretto alle dimissioni. Washington si è
impegnata a sostenere l'attività del costruttore per i prossimi 60 giorni,
mentre non si è pronunciata sulla richiesta di 16,6 miliardi di dollari di
aiuti supplementari della casa americana. Nel pomeriggio Obama ha confermato
quanto fatto rilevare dalla task force e ha aggiunto che «la mia
Amministrazione offrirà a Gm e Chrysler un periodo di tempo limitato per
lavorare con i creditori, i sindacati, e gli altri azionisti per ristrutturare
in maniera profonda e che giustifichi i nuovi investimenti pubblici». Sulla
scia del calo registrato in Asia, l'Europa si è avviata in calo e ha accelerato
dopo l'apertura di Wall Street che, dopo i primi scambi, andava ancora più giù
con l'S&P che arrivava a perdere il 5%. In leggero recupero dai minimi, il
Dow Jones chiudeva a -3,22%, Nasdaq -2,81%, S&P500 -3,43%. L'indice Nikkei
di Tokyo, ha perso il 4,5% dopo che la in un mese aveva recuperato il 14%
(migliore performance dal 1995). Euro in calo. Chiusura debole per l'euro nei
confronti del dollaro con il rapporto di parità fissato a 1,3145 da 1,3295
venerdì sera. L'euro cede anche sullo yen a 128,02 (da 129,91), sulla sterlina
a 0,9269 (da 0,9285) e sul franco svizzero a 1,5163 (1,5189). Debole anche il
dollaro che scende rispetto allo yen (da 97,87 a 97,35) e alla
sterlina (da 1,4320 a
1,4177), mentre si rafforza rispetto al franco svizzero (da 1,1464 a 1,1533). Le
Borse. Il Dax a Francoforte ha ceduo il 5,1%, il Cac40 a Parigi il 4%, il
Ftse100 a Londra il 3,49%, l'Aex ad Amsterdam il 4,79%, l'Ibex-35 a Madrid il 4,12%, lo Smi a
Zurigo il 2,6%. Nella mattinata, nell'area Asia-Pacifico, la Borsa di Tokyo
aveva perso il 4,53%, Hong Kong (-4,70%), Sydney (-1,70%). Piazza Affari.
Milano maglia nera in Europa in una giornata dove tutte le Piazze sono tornate
a perdere in modo pesante zavorrate da banche e settore auto. Il Mibtel ha
ceduto il 5,31% e l'S&P/Mib il 6,57%. A soffrire è stato prima di tutti il
Banco Popolare che ha ceduto il 12,85%. Male anche UniCredit che nelle ultime
cinque sedute ha perso il 18% dopo aver guadagnato il 94% circa dai minimi del
6 marzo. Sempre fra i bancari, Intesa Sanpaolo ha ceduto il 9,63% e Mps il
9,36%. Fiat ha perso quota 5 euro chiudendo in calo del 9,35%. Sul Lingotto
hanno pesato le parole del presidente Barack Obama che ha dato il via libera
all'alleanza Chrysler-Fiat ma ha dato un mese di tempo per rivedere i termini
dell'accordo. Fra i titoli dell'S&P Mib non c'è stata una sola chiusura in
positivo. Per vedere il segno più bisogna guardare a Iride (+5,15%) e Enia
(+4,9%) che hanno brindato al via libera alla fusione delle due utility.
Progresso record anche per Seat Pagine Gialle (+151%) nel primo giorno di
aumento di capitale anche se le ragioni del boom sono soprattutto tecniche.
Male invece Tiscali (-20,02%). Giù anche Arena (-21,4%) e Cell Terapeutics (-19,29%)
mentre i conti con utili in crescita hanno spinto Beghelli (+16%).
(
da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Effetti della crisi finanziaria
a San Cataldo Il Comune ridimensiona le manifestazioni pasquali Mazzarino. Il
dissenso nel Pd fa vacillare la candidatura a sindaco del prof. Serafino Gueli.
Ecco quanto si legge in una lettera firmata da Enzo Marino e Enzo Mantione. «Qualche
settimana fa, alcuni componenti del Partito Democratico, riunitisi nelle sedi
non appropriate, hanno deciso per tutto il Pd ed hanno "lanciato"
sulla stampa la candidatura a Sindaco per tutto il centro sinistra del prof.
Serafino Gueli. Alcuni di noi, appresa la notizia abbiamo emesso un comunicato
stampa dicendo chiaramente che il metodo scelto non era corretto e che la
candidatura del prof. Gueli, al di là della persona, probabilmente non avrebbe
riscontrato il consenso di tutto il centro sinistra. Il prof. Gueli si è
incontrato con i partiti minori del centro sinistra e gli hanno manifestato il
mancato gradimento della candidatura a Sindaco. In questi giorni abbiamo
"tastato" gli umori dell'elettorato e durante la riunione dell'esecutivo
del Pd di venerdì 27 è emerso un forte e diffuso dissenso per la candidatura
del prof. Gueli, il quale, in questa fase, non riscuote il consenso del centro
sinistra, non è condivisa da chi nel Pd raccoglie la maggioranza dei consensi,
è percepita dall'opinione pubblica come funzionale alla vittoria del
rappresentante di Berlusconi. Il dissenso nel Pd - continua la nota - è
sfociato tra l'altro nelle dimissioni del dottor Enzo Marino da vice presidente
del Pd e lo stesso ha rimesso al Partito la carica istituzionale di assessore.
Noi non condividiamo e non sosteniamo una candidatura progettata al sicuro
fallimento. Ci facciamo carico di individuare, in tempi brevi un candidato che
riscuota il più ampio consenso possibile del centro sinistra e che vada anche
oltre e ci porti al successo nella prossima competizione elettorale». Concetta
Santagati
(
da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Approvato lo schema di bilancioLo strumento finanziario,
esitato dalla Giunta, è stato trasmesso agli uffici di presidenza del Consiglio
Comune costretto a "stringere la cinghia" per la crisi
finanziaria e per le "Municipalizzate".
Dopo il rilascio dei locali dove era ubicata la delegazione comunale del
quartiere Sacro Cuore, in via Risorgimento, toccherà tra
qualche giorno alla Multiservizi traslocare. La società in house presieduta
dall'avvocato Carmelo Ruta, sta per lasciare la sede di via San Giuliano
Macallè per e stabilirsi al Palazasi di via Resistenza Partigiana, nello stesso
immobile dove è stata allocata alcuni giorni fa la delegazione comunale del S.
Cuore. Il rilascio dell'immobile comporterà per il bilancio della Multiservizi
un risparmio di circa 60 mila euro. Resterà, però, la questione dei numerosi
mezzi in dotazione al sodalizio visto che nell'attuale sede si disponeva di
locali idonei. Non sarebbe da scartare l'ipotesi di utilizzare il vecchio
macello di via Fontana ed anche l'area dell'ex Foro boario che andrebbe
rivalutata anche se in atto è disimpegnata. Al Palazasi andranno, in ogni modo,
gli uffici amministrativi e, quasi certamente, al momento, i mezzi andranno
nella sede dell'attuale autoparco di via Sorda-Sampieri. Il trasferimento della
società Multiservizi in via Resistenza Partigiana è apparso opportuno oltre che
per il risparmio economico anche perchè si opererà a stretto contatto con
l'Ufficio Manutenzioni del Comune e la Protezione Civile. GI. BU.
(
da "Sicilia, La"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Sicilia
a macchia di leopardo tra montagne di spazzatura e isole felici Palermo.
L'emergenza rifiuti è diffusa a macchia di leopardo tra le nove province
siciliane. Tra le situazioni più «calde», l'area pedemontana dell'Etna, di
pertinenza della società «Simeto Ambiente». Le difficoltà economiche della
società impediscono il pagamento regolare degli stipendi. Il malessere che
serpeggia tra i dipendenti causa continui ritardi nella raccolta con
conseguente accumulo di spazzature sulle strade. Non molto diversa è la
situazione nel comprensorio su cui opera il Coinres, in provincia di Palermo.
La continua emergenza riguarda tutti i Comuni gestiti dalla società, ma si
palesa in maniera più drammatica su quelli costieri, dove, a fasi alterne, si
vivono veri e propri rischi igienico-sanitari. Grandi difficoltà anche in
provincia di Enna, per l'Ato Me 1 e, soprattutto, per l'Ato 2 dove gli affanni
gestionali sono ancora più evidenti. Nel Palermitano, si
avvia verso una situazione di grave crisi finanziaria anche l'Alto Belice ambiente, società che opera nel comprensorio
del Monrealese. Non mancano, tuttavia le mosche bianche, in grado di fornire un
servizio inappuntabile. Tra queste, la società Ct 5, dove sono già attivi gli
impianti di compostaggio e di selezione del secco. In provincia di
Palermo, con la società Pa 5 si registrano anche alti livelli di raccolta
differenziata. Isole felici si trovano anche in alcuni Comuni dell'Agrigentino
o al confine tra Agrigento e Trapani, realtà in cui la raccolta differenziata si
attesta pure su buone percentuali. «Una buona raccolta differenziata – ha spiegato Salvatore Raciti, direttore
dell'Osservatorio sui rifiuti dell'Arra – si associa sempre ad un servizio
efficiente. Sono elementi non connessi ma inscindibili. E se è vero che ci può essere
un buon servizio senza raccolta differenziata, è impossibile il contrario.
Questo è il motivo per cui nelle realtà in cui si raggiungono buone percentuali
di raccolta differenziata, si registrano gestioni e servizi di raccolta
virtuosi». L'Arra, Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, ha inviato delle
linee guida ai Comuni, fino ad oggi rimaste disattese, per risolvere le
problematiche economiche degli Ato. Ad esempio, l'Ufficio aveva invitato le
amministrazioni comunali a costituire un capitolo di spesa, non pignorabile,
dove fare confluire le risorse ottenute attraverso la Tarsu e le altre somme
che i Comuni devono versare per pareggiare l'importo da corrispondere agli Ato.
«Purtroppo – ha continuato Raciti – i Comuni spesso
falliscono
nel riscuotere la Tarsu e ciò si ripercuote sulla stabilità finanziaria
degli Ato. Le cose non vanno meglio laddove si è passati dalla Tarsu alla
tariffa, cioè all'esazione diretta delle somme versate dai cittadini per i
servizi ambientali. È fondamentale che il disegno di legge allo studio in
Commissione proceda nel suo percorso, soprattutto per quel che riguarda le
norme relative ai disequilibri finanziari e alle premialità da introdurre per i
cittadini e per i Comuni che osservano comportamenti corretti dal punto di
vista ambientale e che portano quindi a una gestione efficace dela raccolta e
dello smaltimento dei rifiuti». Catania 5 o Enna 1, ad esempio, sono già
passati dal regime dell'imposta alla tariffa ma, è evidente, non hanno avuto
maggiore successo dei Comuni nel farsi pagare dai cittadini Maria Modica
(
da "Lavoce.info"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
>UN'EUROPA
POLITICA PER AIUTARE L'ECONOMIA di Lars Bovenberg 31.03.2009 L'Europa si trova
di fronte a un bivio: o arriva a una più stretta integrazione politica in grado
di sostenere l'integrazione economica oppure vedrà disintegrarsi i mercati europei, e la conseguenza sarà la caduta degli
standard di vita e il sorgere di tensioni politiche internazionali. Non sarebbe
la prima volta che una crisi costringe l'Unione Europea a passi avanti sulla
strada di una maggiore cooperazione. Anche di questi problemi si parlerà al
Festival dell'Economia di Trento (29 maggio - 1° giugno) dedicato al tema
"Identità e crisi globale". L'Europa si trova di fronte a un bivio: o
arriva a una più stretta integrazione politica in grado di sostenere
l'integrazione economica oppure vedrà disintegrarsi i mercati
europei, e la conseguenza sarà la caduta degli standard di vita e il sorgere di
tensioni politiche internazionali. Non sarebbe la prima volta che una crisi
costringe l'Europa a passi avanti sulla strada di una maggiore cooperazione
politica. (...) COLPITO IL CUORE DEL SISTEMA BANCARIO La crisi del credito ha
colpito il cuore del sistema finanziario: perdite tra
i mile e i duemila miliardi di dollari sul mercato statunitense dei subprime
hanno eroso le riserve delle banche. A seconda della leva implicita nel
coefficiente di riserva (le riserve come percentuale dei prestiti in essere),
la capacità massima di credito si è ridotta di un multiplo delle perdite delle
riserve. Inoltre, mercati più avversi al rischio hanno
indotto le banche ad alzare il coefficiente di riserva. Nel complesso, la crisi
ha ridotto l'attuale capacità di credito di circa 20mila miliardi di dollari.
Figura 1 - Tassi di interesse sul mercato dei capitali(a), gennaio 1999 - marzo
2009 Differenziale Nominale (a) differenziali dei tassi di interesse tra
corporate bond a 7-10 anni con rating BBB e titoli di stato a 10 anni. Sebbene
gli alti tassi di interesse sui prestiti bancari implichino un rendimento
interessante sul capitale bancario (vedi figura1), ricapitalizzare il sistema
si è rivelato difficile per due ragioni. La prima è un problema di selezione
avversa. Se una banca si mette alla ricerca di nuovo capitale, gli investitori
lo interpretano come un segnale di scarsa qualità dei suoi attivi sono. Il meccanismo
opera anche tra paesi: ogni paese vuole segnalare che le sue banche sono in
salute. Una seconda e più importante ragione è il free-riding. Una
ricapitalizzazione può avviarsi con successo solo se qualcuno è disposto a
sobbarcarsi le perdite pregresse. Chi ha un deposito in banca, chi detiene bond
e i governi hanno un interesse comune a eliminare il debito pendente, ma
ciascuno di loro preferisce che a farlo sia uno degli altri. La Svezia ha
gestito bene la crisi del credito che ha investito il paese nel 1991 perché è
riuscita a risolvere rapidamente la questione. Al contrario, negli anni Novanta
il Giappone ha lasciato il problema del debito pendente si incancrenisse. UN
PROBLEMA PER L'EUROPA Nel caso di banche transnazionali, il problema della
suddivisione degli oneri è ancora più complesso perché vi è coinvolto più di un
governo. Negli Stati Uniti, a ostacolare la pulizia del
sistema finanziario è una
avversione ideologica all'intervento pubblico nei mercati
finanziari. Al contrario, in Europa è la difficoltà
di arrivare a un accordo sulla suddivisione dell'onere tra i vari stati europei
a complicare la soluzione del debito pendente. Ciò spiega perché i premi
per il rischio delle istituzioni finanziarie europee
sono superiori a quelli degli Stati Uniti (figura2). E spesso i contribuenti
costretti a ricapitalizzare le banche chiedono con forza che la maggiore
capacità di credito che ne deriva sia utilizzata nel loro paese. Il risultato è
una frammentazione dei mercati europei, un danno per
l'attività economica dei paesi che non hanno grandi banche nazionali e in
generale un appesantimento delle relazioni intereuropee. Figura 2 -
differenziale tassi di interesse, tutte le scadenze, gennaio 2007- 12 marzo
2009 Stati Uniti Euro area (a) differenziali dei tassi di interesse tra
corporate bond a 7-10 anni di rating BBB e titoli di stato con ting AAA, tutte
le scadenze. Con la crisi del credito che ne alza i costi e ne diminuisce la
disponibilità, le società non finanziarie si rivolgono
al mercato dei capitali e dei titoli societari. Sul lato dell'offerta,
tuttavia, gli investitori esitano ad acquistare azioni o obbligazioni alla luce
del concreto rischio di investimento (vedi la volatilità dei prezzi delle
azioni nella figura 3). (...) Figura 3 - Volatilità (a,b), 1999-2009 Stati
Uniti Euro area (a) Volatilità: per gli Stati Uniti S&P 500, per l'Europa
MSCI EURO STOXX 50. (b) Volatilità: la volatilità implicita riflette la
deviazione standard attesa dei mutamenti percentuali dei prezzi di borsa in un
periodo fino a tre mesi, come impliciti nei prezzi di opzione negli indici dei
prezzi di borsa. In tempi così incerti, gli investitori preferiscono affidare
il loro denaro alle banche, perché i depositi bancari sono coperti da un
sistema di garanzie e, ancor più importante, gli investitori sono consapevoli
che i governi non permetteranno alle loro banche di fallire dopo la disastrosa
esperienza di Lehman Brothers. Ma nonostante l'afflusso di depositi, la
capacità di credito delle banche resta limitata. Con le banche non
sufficientemente capitalizzate, lo sfasamento tra una forte domanda di capitale
e di obbligazioni societarie e una notevole offerta di depositi bancari non è
facilmente risolvibile. Ecco perché devono entrare in scena i governi: se non
assorbono l'offerta di risparmio nella forma dei depositi bancari emettendo
debito pubblico, lo sfasamento porterà a una grave contrazione della domanda
aggregata. I governi dovrebbero utilizzare il capitale così acquisito per
finanziare la spesa o per acquistare obbligazioni societarie in modo da
stimolare gli investimenti privati. In quest'ultimo caso, i contribuenti
assumono il ruolo del patrimonio bancario nel farsi carico del rischio. Questa
scelta, tuttavia, fa sorgere importanti problemi nell'ambito dell'Unione Europea.
Per esempio, i governi come dovrebbero selezionare i titoli societari senza
favorire le imprese nazionali a scapito di quelle estere? Un problema simile
sorgerebbe se la Bce dovesse aumentare l'offerta di moneta (quantitative
easing) acquistando di titoli d Stato o obbligazioni. Inoltre, alcuni paesi
europei sono hanno difficoltà ad emettere ulteriore debito pubblico perché i mercati finanziari mettono in dubbio la loro solvibilità, in
parte perché questi stessi governi sono considerati responsabili di aver
rimpinguato le riserve di banche troppo grandi rispetto alla propria capacità
fiscale. La natura frammentata dei poteri fiscali in Europa rende difficile
stimolare l'economia e, ancor più importante, ristabilire la fiducia nel
sistema finanziario e ridurre le tensioni all'interno
della zona euro. Un'altra questione importante sollevata dalla domanda di
capitale di rischio riguarda la posizione degli azionisti. L'attivismo
dell'azionista è spesso indicato come una delle cause della crisi. E questo
attivismo è in parte dovuto alle mancanze nella supervisione del sistema
bancario: alle banche è stato concesso di assumere eccessivi rischi aggregati
con troppo poco capitale. Tuttavia, limitare i diritti degli azionisti in modo
indiscriminato è controproducente: nuoce all'offerta di capitale nel momento in
cui la società ha un urgente bisogno di capitale di rischio. PIANO EUROPEO
L'analisi precedente indica un percorso che l'Europa dovrebbe intraprendere per
affrontare la crisi del sistema finanziario. In primo luogo,
dovrebbe adottare regole europee per l'assicurazione dei depositi e per la
distribuzione degli oneri tra i governi e i creditori se le riserve delle
banche divengono troppo basse per salvaguardare i depositi. Gli accordi sulla
suddivisione degli oneri dovrebbero essere coerenti con le responsabilità di
regolamentazione dei vari paesi. Dovrebbe anche offrire forme di garanzia
europea per i paesi che affrontano difficoltà finanziarie
e dare mandato alla Bce per un “quantitative
easing”, cosicché la banca centrale possa acquistare titoli pubblici e
privati. Il Patto di stabilità e crescita dovrebbe essere rafforzato per
combattere l'azzardo morale che potrebbe derivare dall'introduzione di queste
garanzie. Serve anche maggiore chiarezza sui diritti e doveri degli azionisti,
in tutti i settori, ma per le banche in particolare, quando queste verranno di
nuovo privatizzate. Se le riserve scendono sotto una determinata soglia, gli
azionisti di riferimento dovrebbero ricapitalizzare le banche. Se non lo fanno,
i governi devono espropriarli. L'Europa dovrebbe poi imporre sanzioni
coordinate contro gli stati membri che utilizzano gli aiuti di Stato per
proteggere le industrie nazionali. Le regole di vigilanza del settore finanziario andrebbero armonizzate in tutta Europa per
evitare che una competizione nella regolamentazione eroda la solvibilità del
sistema finanziario. E infine, andrebbe facilitato il
coordinamento globale tra Stati Uniti, Cina ed Europa: per farlo l'Europa
dovrebbe parlare con un'unica voce negli incontri internazionali che affrontano
sfide globali, quali i cambiamenti climatici e la creazione di mercati aperti.
(
da "Trentino"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Ibt, la
ripresa ha bisogno di un software Visioni: il pessimismo di Zadra, la prudenza
di Bogni, la soluzione di Salvatori Oltre cento banche a convegno a Marrakech
per il lancio di Gesbank Evolution il nuovo programma gestionale di Informatica
Bancaria Trentina realizzato con la Fondazione Kessler TRENTO. Il sistema
finanziario mondiale è fuori controllo. La tecnologia spinta produce più
disastri che successi. Uno scenario pericoloso e sgangherato in cui, forse, si
apre lo spazio per un'innovazione meno estrema. Tre prospettive emerse dal
convegno organizzato da Informatica Bancaria Trentina a Marrakech per celebrare
la realizzazione, in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler, del nuovo
software Gesbank Evolution. Un esempio riuscito di collaborazione tra piccola
impresa e ricerca. Il sistema finanziario è impazzito. Tuttavia non bisogna
disperare. Imprese anche piccole, ma con idee chiare, ed una ricerca che
intraprenda le strade dell'innovazione aprono spiragli di speranza per la
ripresa. Questa la conclusione, con una punta d'ottimismo della volontà, che si
può trarre dal convegno di Ibt. Dove, del resto, si celebrava il successo di un
prodotto e del suo aggiornamento, mica un fallimento. APOCALISSE. Un
bell'esempio, una case history, considerato che un relatore di peso come
Giuseppe Zadra, direttore dell'Associazione Bancaria Italiana, ha tracciato un
quadro apocalittico della finanza globale. «E' un sistema fuori controllo» ha
detto, aggiungendo per chi si fosse innamorato di Obama, che «non si vede nei
provvedimenti presi da governi ed autorità, alcuna seria proposta di
soluzione». Tempi grami. Zadra, in verità, ha analizzato il rapporto tra
ricerca di base e banche, sostenendo che i tempi lunghi e l'incertezza dei
risultati della prima, non trovano le seconde attrezzate per sostenerne il
finanziamento. Una situazione divenuta paralizzante, figlia di una
globalizzazione che aveva visto prima l'Occidente lasciare ai Paesi in via di
sviluppo (ormai sviluppati) gli investimenti ad alta intensità di lavoro, per
poi scoprire che si erano trasferite altrove anche le produzioni ad alta
intensità di capitale. I computer, oggi, nemmeno più li costruiscono a
Singapore, ma in Cina. E' emigrata non solo l'industria matura, ma anche
quell'avanzata. Insomma, è la globalizzazione bellezza e non c'è niente da
fare. Analogo processo s'è manifestato nella crisi finanziaria, scoppiata con i
subprime Usa e dilagata rapidamente nel mondo. E' successo, ha spiegato Zadra,
che regolatori e controllori avevano costruito una sorta di perfettissima
"fabbrica" in cui ogni singolo processo era vigilato e monitorato da
abili ingegneri della finanza. I quali, probabilmente accecati da una
mal digerita idea del libero mercato, non hanno visto (è l'ipotesi buonista)
che nella loro fabbrica del credito si erano costruite linee che sfornavano
prodotti tossici che, una volta infilati nei prodotti buoni, hanno creato
l'attuale cataclisma. «Ci vorranno anni per risanare la situazione» ha detto il
direttore dell'Abi, lasciando intendere che è una delle ragioni che lo hanno
indotto ad annunciare, per luglio, la sua pensione. La platea di Marrakech non
era fatta di imprenditori o risparmiatori i quali, visto che oggi sono dalla
parte di chi ottiene con fatica credito e rendimenti, avrebbero potuto
domandargli dove mai fossero i regolatori e gli "ingegneri" nostrani
quando, ben prima dei subprime Usa, la banche vendevano per buoni titoli Cirio
e Parmalat e, fino al lunedì successivo al fallimento, Lehman Brothers. Ma a
Marrakech c'erano presidenti e direttori di Bcc e Casse Rurali (non aderenti
all'Abi) e l'interrogativo, forse per cortesia, è rimasto nell'aria. PRUDENZA.
Meno pessimista, invece, il contributo di Rudi Bogni, già banchiere "private"
dell'Ubs. Nonostante abbia elencato i disastri della tecnologia spinta - «solo
3 progetti su 10 hanno successo» - ha intravisto una strada per la ripresa nei
processi d'innovazione affrontati «con la consapevolezza dei limiti e delle
potenzialità, con le professionalità migliori e con la disciplina».
L'innovazione, insomma, non si nutre solo di grandi progetti ed investimenti
(magari necessari, spesso fallimentari), ma anche di buon senso, di attenzione
al mercato, di flessibilità. E' il caso di Ibt, se si vuole, che ha sviluppato
un prodotto, oggi rinnovato, procedendo passo dopo passo con investimenti,
assunzione di personale, espansione sul mercato. Uno scenario tipo delineato da
Gianluca Salvatori, amministratore delegato da Euricse, istituto di ricerca
della Cooperazione, che tra il modello ormai decaduto della
"corporation" che somma ricerca e produzione e la futuristica Apple -
«non un pezzo dell'i-phone è prodotto da Stewe Jobs» - vede nella nascita di
nuove nicchie produttive un possibile spazio d'inserimento per le medie e
piccole imprese innovative. SPERANZA. «E' quanto è accaduto negli ultimi
vent'anni negli Usa dove non le banche, ma il venture capitale ha finanziato
questo processo. Uno spazio» ha aggiunto «dove, se sapranno riconoscere le potenzialità
delle imprese, potrebbero operare anche Bcc e Casse Rurali». Una visione
positiva che apprezza il buon senso realistico di Bogni e riscatta il
pessimismo di Zadra. Del resto il mondo, anche se disastrato da finanzieri e
banchieri, procede. E non si può tutti andare al mare. (r.c.c.)
(
da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono
inserite. ECO - Ocse: Frena Pil nel 2009 (-4,3%), banche italiane meno esposte
Roma, 31 mar (Velino) - L’economia mondiale è “nel
mezzo della più profonda e sincronizzata recessione” dal dopoguerra, causata dalla crisi
finanziaria globale e aggravata dal collasso del
commercio. Ma non è paragonabile alla Grande Depressione degli anni Trenta. I
numeri sono attualmente pessimistici sulla crescita mondiale ma ci sono valide
ragioni per sperare in una ripresa nel 2010. Grazie anche alle risposte
date dai governi. L’Italia poi vanta, per
quanto riguarda il sistema bancario, una situazione molto più solida di quella
di altri paesi. è quanto rileva l’Ocse nell’Interim Outlook. La
previsione è di una contrazione del Pil mondiale del 2,7 per cento quest’anno, seguito da +1,2 per cento nel 2010. Per i paesi
dell’area Ocse, compresa l’Italia, la prognosi punta al -4,3 per
cento nel 2009 e al -0,1 per cento l’anno prossimo, con i primi accenni di
una debole ripresa nel primo semestre 2010. Per fermare “l’emorragia economica” è essenziale “attuare senza
ritardo una strategia coerente contro il disordine che regna sui mercati dei
capitali”. Per le stime odierne, diffuse in vista della riunione del G20 il 2
aprile a Londra, i rischi sono peraltro più sul lato di un ulteriore peggioramento,
avvertono gli economisti dell’Organizzazione che
riunisce i 31 paesi più industrializzati del mondo. L’irrigidimento delle
condizioni finanziarie e la perdita di fiducia generalizzata - indica
l’Outlook - continueranno a pesare sull’attività
economica quest’anno prima che si affacci una ripresa indotta
dall’azione di sostegno delle politiche monetarie e di bilancio, dal
miglioramento delle economie non-Ocse e sempre che trovi riscontro
l’aspettativa che lo stress sui mercati finanziari “si dissolva verso la
fine del 2009”.
La disoccupazione è stimata in aumento dal 7,5 per cento del primo trimestre
2009 al 10 per cento nel 2010, mentre l’inflazione
decelererà a livelli molto bassi all’interno dell’area, restando in
territorio
negativo in Giappone. Negli Usa (Pil -4 per cento nel 2008 e 0,0 per cento nel
2010), la contrazione, particolarmente brusca nel breve termine per la
correzione degli stock, continuerà nel corso dell’anno,
ma a un tasso minore, grazie allo stimolo fiscale, alla progressiva
stabilizzazione dei mercati finanziari e al minore impatto negativo proveniente
dal settore immobiliare. “Entro i primi mesi del 2010 questi fattori dovrebbero
spingere l’economia fuori dalla recessione”, la crescita
dovrebbe tornare
positiva e accelerare a livelli che saranno comunque sotto il potenziale a fine
anno. Con un output gap vicino al 10 per cento e un tasso di disoccupazione
oltre il 10 per cento, l’inflazione scenderà vicino
allo zero nel 2010 (0,5 per cento dopo -0,4 per cento nel 2009). Anche l’economia della zona euro (Pil -4,1 per cento nel 2009
seguito da -0,3 per cento) nel breve termine avrà una netta contrazione per la
correzione degli stock. Il calo continuerà a “un tasso più moderato per il
resto del 2009”,
ma
sarà “molto moderata” anche la ripresa che si farà vedere nel corso del 2010.
Con un output gap superiore all’8 per cento e la
disoccupazione vicina al 12 per cento nel 2010 (da 7,5 per cento nel 2008), il
tasso di inflazione scenderà probabilmente vicino allo zero (0,6 per cento e 0,7
per cento). Situazione ancora peggiore per il Giappone (Pil -6,6 per cento
quest’anno e -0,5 per cento il prossimo), perché il
calo della domanda estera sarà tale da controbilanciare gli effetti dello
stimolo sulla domanda interna. L’output gap
supererà il 10 per cento a fine 2010, la disoccupazione salirà al 5,6 per
cento, mentre l’inflazione resterà negativa nei due anni (-1,2 per cento e
-1,3 per cento). E poi la nota sul nostro sistema bancario. Le banche italiane
sono finora
apparse meno esposte ai prodotti finanziari a rischio rispetto a quelle di
altri grandi paesi, e lo sono state sia come investitori che come emittenti,
rileva l’Ocse. Questo “in parte è dovuto a un
atteggiamento più conservatore” degli istituti di credito della
penisola, e “anche a una certa maggiore cautela regolamentare sull’erogazione di mutui”. Tuttavia l’ente parigino
mette anche i rilievo che “le due maggiori banche, che pesano per un terzo
dell’intero settore, contano acquisizioni nei paesi dell’Europa orientale, dove in alcuni casi i problemi sono
più gravi”. Inoltre “nonostante quella che appare una situazione complessiva
più favorevole, gli standard sull’erogazione di credito sono stati inaspriti
nella stessa misura degli altri paesi europei, forse perché i livelli di
patrimonializzazione sono bassi”, in parte a causa di un trattamento
“conservatore” sulle definizioni dei requisiti di capitalizzazione da parte del
regolatore. (mal) 31 mar 2009 14:04
(
da "Velino.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Il
Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono
inserite. EST - Biden frena sugli aiuti al centroamerica: Serve “pazienza” San
José, 31 mar (Velino/Velino Latam) - “Pazienza e tolleranza”. Così il
vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sintetizzato alla stampa la linea
che Washington adotterà con i paesi dell’America centrale,
riuniti a San José - Cost Rica - proprio per incontrare il numero due della
Casa Bianca. Gli Stati Uniti approfondiranno il dialogo con la regione ma per
il momento non possono permettersi impegni finanziari aggiuntivi. “Se
riusciremo a far ripartire l’economia vedrete
che non solo avremo la volontà ma anche i mezzi per andare oltre il semplice
scambio commerciale”, ha detto Biden ricordando gli sforzi che la nuova
amministrazione sta compiendo per arginare gli effetti della crisi finanziaria internazionale. Dinanzi ai capi di Stato
del Costa Rica, Oscar Arias, del Guatemala, Alvaro Colom, del Salvador, Antonio
Saca, e del Panama, MartÍn Torrijos, il vicepresidente Usa detto che la
“politica è l’arte del possibile”. Il
presidente del paese anfitrione, Arias, ha “ringraziato” per l’approccio realistico mostrato da Biden, sottolineando
dunque che per realizzare “molti dei nostri propositi” ci vorrà tempo e
pazienza. Nell’agenda dei colloqui era entrata, tra le altre cose, anche
l’ipotesi di una capitalizzazione del Banco Centroamericano de IntegraciÓn
EconÓmica e una nuova iniezione di liquidi per la lotta al narcotraffico. Tutte
proposte che dovranno attendere tempi migliori. Non è invece intenzione di
Washington nominare un interlocutore unico per la regione, figura che si era
detto avrebbe potuto ricoprire lo stesso Arias. “Non stiamo cercando un
interlocutore - ha detto Biden -. La relazione che cerchiamo è diretta, da
paese a paese”. (red/fae) 31 mar 2009 17:33
(
da "Trend-online"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Gente al
potere: e cambiatelo questo sistema finanziario PRIMO
PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Alfonso Tuor , 31.03.2009 18:19
Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! i principali
responsabili della crisi,
il compito di acquistare grazie a linee di credito garantite dallo Stato i
titoli tossici e i prestiti in sofferenza delle banche. Questo è pure il
senso delle diverse operazioni da migliaia di miliardi di dollari lanciate
dalla banca centrale americana. Tali operazioni vengono finanziate o attraverso
l’ampliamento del disavanzo statale
(quest’anno il deficit federale americano supererà il 12% del PIL) o
attraverso la stampa di nuovi dollari da parte della Federal Reserve (si
prevede che la base monetaria che è già raddoppiata, raddoppierà un’altra volta entro la fine dell’anno). Questi
interventi plurimiliardari, avviati a partire dall’agosto del 2007, non
hanno né risanato il sistema bancario (per ora ne hanno solo evitato il
collasso), né impedito che la crisi finanziaria si
trasformasse in una durissima recessione globale. Europei e cinesi in testa
stanno ora capendo che l’amministrazione Obama si è
piegata ai voleri di Wall Street e che quindi il buco nero nascosto nei bilanci
delle banche rischia di risucchiare tutto e tutti. La conseguenza a breve
termine di queste politiche è una crisi di fiducia nei
titoli con cui gli Stati finanziano il debito pubblico. I segnali premonitori
non mancano: l’ultimo in ordine di tempo
è venuto dalla Gran Bretagna, dove per la prima volta da sette anni a questa parte è
fallita un’asta di titoli pubblici, nonostante la
decisione della Banca d’Inghilterra di acquistarne per più di 100 miliardi
di euro. La
crisi del debito pubblico è destinata a provocare un’ulteriore escalation degli interventi delle banche centrali.
Queste ultime sarebbero chiamate a comprarne in grandi quantità e a stampare
ulteriore moneta. Con quali conseguenze? Una forte inflazione, se vi sarà l’interludio di una breve ripresa, oppure in alcuni Paesi
(i principali segue pagina >>
(
da "Giornale.it, Il"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Dunque,
ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti
principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti
fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti,
che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione
degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le
riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza
sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a
nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America
e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso
di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo
le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che,
inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno
l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E
per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della
stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma
la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha
vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama
non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla
necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza
della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio
generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa
ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare
i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al
75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio
confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su
altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa
Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei
marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i
governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da
abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul
passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di
Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo
non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi
si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a
un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania,
democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 4 ) » (2 voti, il voto medio è:
5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS
Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il
Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere
che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15
anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti
conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi
meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista
(ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un
centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo
stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti,
Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd,
che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha
saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post
comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di
appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia
e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà
riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai
militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta
sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc,
che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori.
Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità.
Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica,
pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto
medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009
Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09
Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo
parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto
colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la
lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato
questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati
(finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I
mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono
sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa
queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci
bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e
penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del
benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i
mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda
e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi
torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non
limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri,
gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il
mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale.
Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi,
banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti (
91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog
di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati
finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro
americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare
lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street.
Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo
di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto
dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche
che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds
che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle
agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno
un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre
economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che
sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto
scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali
del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere
gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti
bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati,
cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille
miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga
superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per
risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più
diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi
in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta
globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro
lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle
intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e
le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito
pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci
vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono
strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in
banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina,
globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è:
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete
a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne
dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo
pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un
grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa
recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha
sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo
elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi
secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non
paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra
categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in
spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo,
giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di
5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS
Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e
degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza.
Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha
impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo
però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste
degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i
manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di
fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le
forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso
accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è
relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma
è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza
musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone,
che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade
all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il
controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire
dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che
lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe
minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una
ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne
rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della
religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente
da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa
retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare?
Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana
privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano
facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo,
francia, immigrazione, islam Commenti ( 179 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle
Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le
Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato.
Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà,
proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha
annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a
credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero
così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si
sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti
qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di
rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito
per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di
Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche,
e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del
Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio
è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma
questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più
grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima
d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro
cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro
americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare
il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli
investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini,
sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli
stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi
(mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le
scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane,
sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148
miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il
mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E'
l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da
disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove
ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi.
E' convinto che la crisi potrà
essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno
permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che
Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso
che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la
nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche,
capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie
nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4
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14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di
immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi
migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati
pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano
abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per
tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è
accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad
alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se
la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est
peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione,
molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti,
dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di
vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa.
L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato
l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero.
«C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di
persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un
forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre
estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo
Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità
internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare
qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole
aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato
per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre:
siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova
ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del
genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra
tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in
società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia,
notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di
rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un
articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la
nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda
il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè
anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del
Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese
straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a
sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non
intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la
tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello
americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%.
Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo
cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno
nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a
testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita
solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri
finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia
efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni
americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi
testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della
Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli
altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica)
perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di
riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno
in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la
leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è
la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa,
economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 47 ) » (5 voti, il voto medio
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di
stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso
che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la
libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una
semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono
liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli
altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma
anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una
testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono
essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di
rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro
di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del
Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione
cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania
aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti
"avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a
pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del
Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono
indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che
costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di
espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci
garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni
scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia,
democrazia, giornalismo Commenti ( 63 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un
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all'europa ke con... bo.mario: La difficoltà che questi incontri producano
qualcosa di reale è sempre esistita. Che Obama dica che USA... Dekebalos:
Salve, Sarà un bel dibattito su questo argomento, dott. Foa ! La aspettavo con
questo argomento, non... Franco Parpaiola: Salve. Marina sei semplicemente
fantastica, non combiare mai,rimani così come sei, la Veranda non... Ultime
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(
da "AprileOnline.info"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Ora è
crisi anche per lui Francesco Scommi , 31 marzo 2009, 18:45 L'Ocse offre un
quadro sconfortante della situazione economica italiana. Il Pil italiano, in
linea con la tendenza di tutti i paesi industrializzati, scende pesantemente
nel 2009: meno 4,3 per cento, nel 2010 ripresa che non basterà a far uscire il
Paese dalla recessione. Confermano la cupezza della crisi Confindustria, la
Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. Berlusconi preoccupato per
i disoccupati, ma assicura: "Non lasceremo nessuno indietro". Sinora,
rivendica il premier, è stato fatto tutto bene Europa, cresce la protesta
Juncker: "La crisi occupazionale mette a rischio la coesione
sociale". In Francia i lavoratori "sequestrano" i dirigenti
della Caterpillar. Alta tensione in Grecia in vista dello sciopero generale
giovedì prossimo Crisi, la Chiesa scende in campo Accordo tra Cei e Abi: i
vescovi garantiscono un fondo di 30 milioni da raccogliere con una colletta
nelle parrocchie, mentre gli istituti di credito si impegnano ad erogare un
sussidio da 500 euro al mese per le coppie sposate prive di reddito da lavoro,
con tre figli o malati a carico L'Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, meglio nota come Ocse (riunisce i 31 paesi più
industrializzati del mondo), offre dati catastrofici in vista del G20, in
programma a Londra tra due giorni. Cominciamo dall'Italia: quest'anno, già
inquadrato da tutti gli attori del sistema (istituti economici e associazioni
sindacali e imprenditoriali), come il più duro della crisi, vedrà il Prodotto
interno lordo calare addirittura del 4,3%. Per l'anno prossimo è prevista una
risalita, che tuttavia non basterà a tirare fuori il Paese dalla recessione:
meno 0,4%. Anche il Fondo monetario internazionale si prepara a rivedere al
ribasso le stime sul Pil italiano, previsto a gennaio in calo del 2,1% nel
2009. Le nuove proiezioni, ha spiegato una fonte all'agenzia di stampa Reuters,
saranno molto più basse della vecchia previsione ma comunque "leggermente
migliori" rispetto al calo del 4,3% contenuto nell'Outlook dell'Ocse. La
recessione, si legge nell'Economic Outlook dell'Ocse, è destinata a diventare
"più profonda nel 2009 a
causa della forte caduta degli investimenti, della contrazione dei mercati
dell'export e dell'incertezza che colpirà la spesa al consumo". La ripresa
"sarà lenta e la disoccupazione crescerà profondamente quest'anno e nel
2010", attestandosi rispettivamente al 9,2% e al 10,7%. Il deficit si
amplierà raggiungendo quasi il 5% del Pil nel 2009 e il 6% nel 2010. I brutti
dati italiani sono in linea con quelli dell'area Ocse e dei cugini della moneta
unica . Il Pil dei Paesi Ocse, dice l'Outlook, va verso una contrazione del
4,3% nel 2009 per poi rimanere sostanzialmente piatto nel 2010, quando dovrebbe
scendere dello 0,1%. Nell'area euro, invece, il Pil dovrebbe registrare una
flessione del 4,1% quest'anno e dello 0,3% il prossimo. La previsione è che la
seconda parte del prossimo anno riservi all'Occidente, trainato dagli Usa, una
ripresa che attenuerà il rigore del lungo inverno economico. L'economia che non
cresce ha effetti anche sull'inflazione. Nella zona euro, fa sapere Eurostat
(l'Ufficio di statistica europeo), ha fatto registrare a marzo un crollo
record, fermandosi allo 0,6% contro l'1,2% di febbraio. E' il livello piu'
basso mai registrato dalla creazione dell'attuale indice Eurostat per i prezzi
al consumo nel 1996 e da quando, nel 1999, è nata la zona euro. Analoghe le
stime italiane, diffuse dall'Istat: l'inflazione nel nostro Paese a marzo è
scesa all'1,2%, dall'1,6% di febbraio. I prezzi, su base mensile, sono
aumentati dello 0,1%. A livello tendenziale, il tasso è il più basso dal 1969.
Il nostro Paese sta male come il resto del cosiddetto mondo industrializzato e,
per rendersene conto, oltre al citato Ocse, basta fare riferimento ai dati
diffusi da una terza istuzione, la Banca Mondiale, che aveva già preannunciato
in gennaio che il globo sarebbe entrato in recessione quest'anno, ma è la prima
volta che fornisce i dati precisi del peggioramento. Per i Paesi
industrializzati la stima della Banca Mondiale è di una recessione del 2,9%
quest'anno (- 0,1% la stima di dicembre), mentre per i Paesi in via di sviluppo
la stima è ancora di una crescita del 2,1%, in netto rallentamento tuttavia dal
4,5% previsto in dicembre e dal +5,8% del 2008. Sempre negativi i numeri
"aggregati" forniti dalla Banca mondiale: quest'anno il Pil globale
dovrebbe scendere dell'1,7% e quello di Eurolandia del 2,7%. Inevitabile che la
contrazione globale si rifletta sulle imprese. In questo senso è impietosa
Confindustria che stima un crollo della produzione industriale italiana: a
marzo scende del 20,1% su base tendenziale, dopo il crollo del 20% segnato a
febbraio. Su base mensile la contrazione è del 2,7% e segue il -3,7% di febbraio.
La contrazione della domanda si traduce in una riduzione significativa delle
commesse alle imprese: i nuovi ordini diminuiscono a marzo 2009 sia su febbraio
(- 6,6%, dati destagionalizzati) sia su marzo 2008 (-12,1%, dati grezzi). A
febbraio erano scesi del 6,6% su gennaio e del 10,3% su base annua. I
consumatori lanciano l'allarme sulla spesa alimentare: quest'anno ogni famiglia
potrebbe spendere fino a 560 euro in più per mangiare. Davanti all'apocalisse
previsionale il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è preoccupato
soprattutto del fronte occupazionale. L'ha detto alla conferenza stampa del
social summit del G8: "Ci saranno, secondo le stime, 20 milioni di posti
di lavoro in meno nel 2010" e ha messo in guardia: "L'economia
mondiale e quella italiana dovranno affrontare ancora almeno due anni, due anni
e mezzo di difficoltà" a causa della crisi. E' la prima volta che è così
esplicito sulla portata della recessione, è sempre oscillato tra ottimismo di
maniera e minimizzazioni di opportunità. A un certo punto è parso perfino
sfidare il rigore tremontiano: "Io dico anche, oso dire, ma non ne ho mai
parlato con gli altri ministri, neanche con il ministro dell'Economia, che non
sono neppure spaventato se dovessimo aumentare il nostro deficit, il nostro
debito pubblico, per affrontare una spesa comunque provvisoria, di assoluta
primaria importanza. Una spesa - ha concluso il premier - che viene prima di
qualunque altra necessità". Ma Berlusconi ha rivendicato: "Abbiamo
fatto quanto dovevamo fare, abbiamo agito bene, tempestivamente, con rigore e
buon senso", perfino indicando ad altri la strada: "Dopo il mio
incontro con Paulson e Bush", gli Usa "hanno messo sul piatto 700
miliardi di dollari per salvare gli istituti di credito". Il Cavaliere
continua a promettere: "Al congresso del Pdl l'ho detto: non lasceremo
nessuno indietro. Non ci si può disinteressare dei lavoratori, noi abbiamo
garantito ai nostri cittadini che nessuno sarà lasciato indietro. Interverremo
con la Cig che darà l'80 per cento ma anche arrivando al 100 per cento grazie a
sussidi". Il governo poi, ha detto il premier, intende aiutare "chi
vuol diventare imprenditore" e lo sviluppo di nuove imprese e pensa di
escludere "da qualsiasi tassazione per i primi tre anni" le nuove
iniziative imprenditoriali. "Intendiamo - ha concluso il presidente del
Consiglio - attivare forme di incoraggiamento all'imprenditorialità e
all'autoimpiego. Anche questo significa non restare con le mani in mano: daremo
incentivi a chi, nel caso restasse senza lavoro, decidesse di dedicarsi a forme
di intrapresa personale". Secco no, invece, a ogni
forma di protezionismo, che
fa "male" all'economia. "Grazie", in questo senso, al primo
ministro inglese Gordon Brown che non si è fatto intimidire dalla protesta dei
lavoratori inglesi che volevano cacciare gli italiani, la cui azienda aveva
vinto, qualche settimana fa, una gara d'appalto per la realizzazione di un
nuovo impianto della Total. Chiusura con suggestione in vista del G20:
"Credo che dovremo lavorare insieme a tutti gli altri colleghi per uscire
da questa crisi con un patto globale, capace di trasformare il pessimismo in
ottimismo, la sfiducia in fiducia e la paura in speranza".
(
da "AprileOnline.info"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Crisi
all'ombra del gigante Andrea Scarchilli, 30 marzo 2009, 23:43 Canada In secondo
o in terzo piano, sui nostri mass media, le difficoltà del vicino degli Stati
Uniti. Inevitabili, vista l'integrazione delle rispettive economie. Si
intrecciano la partita della Chrysler, che ha ottenuto in extremis il prestito
salva - vita dal governo di Ottawa, e quella della candidatura di Toronto a
ospitare i giochi panamericani del 2015, che potrebbero diventare volano
importante per la ripresa Le analisi della crisi internazionale
globale si sviluppano, dalle nostre parti, perlopiù sull'asse Stati uniti -
Unione europea. I dati economici americani, su tutti quelli sul Prodotto
interno lordo e la disoccupazione, vengono di volta in volta analizzati e
confrontati con i precedenti. I politici e gli economisti sono consapevoli che
l'Europa si rialzerà solo dopo, e a rimorchio, del gigante americano. I destini
delle due entità politiche sono legati a filo doppio. Eppure esiste, al di là
dell'oceano, un Paese che guarda alla reazione americana alla crisi con più ansia di noi, e ha risentito del tracollo
della superpotenza più pesantemente dei Paesi dell'Ue. Si tratta del Canada,
gigante territoriale e forza economica (è membro del G8) prosperato all'ombra
del cugino a stelle e strisce, con cui confina a settentrione. Il Canada ha un
territorio enorme, secondo per estensione solo alla Russia, in gran parte,
viste le temperature polari che caratterizzano il Nord e il Centro del Paese,
disabitato. Il 75 per cento dei canadesi vive entro i 250 chilometri dal
confine con gli Usa. Il Canada conta circa 33 milioni di abitanti, più o meno
la metà dell'Italia e dieci volte di meno degli Stati Uniti. Ha una popolazione
dalle etnie molteplici, dove le "fondatrici" (i britannici e i francesi)
superano di poco la metà del totale degli abitanti. Il resto è una somma di
minoranze, gli italiani sono più di 700mila. La comunità dei nostri
connazionali a Toronto è la seconda del mondo, dopo quella di New York. I
canadesi possono vantare un tenore di vita superiore a quello degli americani.
L'economia è forte, sostanzialmente integrata con quella con gli Stati Uniti.
Il Canada vive del commercio con il gigante americano: il 75 per cento delle
sue esportazioni (meccanica, elettronica, acciaio, per citare alcuni dei
settori più importanti) va a finire a là. Per questo se nell'ultimo trimestre
del 2008 il Pil americano cala di circa il 6 per cento, quello canadese gli va
dietro a ruota: meno 3,4. Record negativo da 18 anni a questa parte. Questo per
far intendere quanto i due mondi sono, economicamente, un corpo solo. La
circostanza viene sottolineata da tutti i presidenti americani con un omaggio
simbolico. Subito dopo l'elezione, i nuovi inquilini della Casa Bianca sono
soliti recarsi, per il primo viaggio all'estero, a Ottawa. Solo George W. Bush
ha voluto rompere la tradizione, scegliendo il Messico più vicino alle proprie
origini e a quelle del fedele elettorato del Sud. Barack Obama l'ha
ripristinata, nel febbraio scorso. A Ottawa, in una conferenza stampa congiunta
con il premier canadese (conservatore), Stephen Harper, ha
promesso un approccio congiunto alla crisi dell'auto. Le tra grandi sorelle di Detroit (Ford, General
Motors e Chrysler) hanno numerosi stabilimenti anche in terra canadese. Quando,
assieme alla crisi finanziaria prima, economica dopo, è esplosa quella del settore delle
quattro ruote, ne hanno risentito soprattutto le fabbriche di oltre frontiera.
Più che negli Stati Uniti, si sono cominciati a bruciare posti di lavoro. Delle
tre multinazionali dell'auto a stelle e strisce, quella che se la sta vedendo
peggio è la Chrysler, che vanta in quel territorio più di novemila addetti. La
Chrysler ora minaccia di chiudere i battenti a Ottawa e dintorni. La trattativa
con i sindacati uniti nella "Canadian auto workers" si è arenata. I
rappresentanti dei lavoratori hanno rifiutato l'offerta della major americana:
20 dollari in meno in busta paga oraria (al momento la quota è 76 dollari,
benefit e pensioni compresi), per arrivare a costi simili a quella dei rivali
della Toyota. La Caw si è asserragliata sull'accordo che aveva già raggiunto
con la General Motors, che non aveva tagliato la busta oraria limitandosi a
congelarla per 36 mesi e a bloccare i bonus di fine anno. Il nulla di fatto è
piombato sui lavoratori e sull'opinione pubblica come un macigno: i manager
della Chrysler avevano posto come condizione essenziale per la sopravvivenza
della produzione canadese proprio la compressione dei costi, e avevano fissato
come soglia temporale ultima per il raggiungimento di un accordo la fine di
marzo. All'avvicinarsi della scadenza dell'ultimatum il governo canadese,
spaventato dalla catastrofe sociale che si sarebbe determinata con la fuga
dell'azienda automobilistica di Detroit, ha concesso a Chrysler un prestito -
salva vita, pur intimando, stavolta, che si chiuda l'accordo di partnership con
Fiat (una convergenza di massima già c'è ed è stata ri -annunciata nelle stesse
ore) entro la fine di aprile. Ottawa ritiene insufficienti anche le garanzie date
da Gm, e su questo versante ha chiesto un nuovo piano entro la fine di maggio.
A ulteriore conferma della simbiosi con gli americani, c'è il dato che le
richieste presentate ai vertici di Chrysler e Gm sono le stesse, scadenze
comprese, che Obama ha rivolto alle due major di Detroit. Il ministro
dell'Industria Tom Clement ha giustificato lo stanziamento complessivo di circa
tre miliardi di dollari (compresi quelli messi sul piatto dalla Provincia
dell'Ontario) con la necessità di garantire lo stipendio ai dipendenti. In
Canada, insomma, la crisi economica è sentita, ed è
paragonabile allo choc che stanno subendo gli Usa. I cittadini si augurano che
una boccata d'ossigeno arrivi dalla vittoria della gara che oppone Toronto (al
centro dell'Ontario, la Provincia più industrializzata del Paese) alla
colombiana Bogotà e alla peruviana Lima per l'assegnazione dei giochi
panamericani del 2015. Escluse le Olimpiadi, i "Pan am games" sono la
più grande manifestazione sportiva multidisciplinare al mondo. Sarebbe un'ancora
di salvataggio importante, visto che - si calcola - produrrebbe, per
l'allestimento delle infrastrutture, 17mila nuovi posti di lavoro. L'offerta di
investimento per i giochi, tuttavia, è scesa dagli iniziali 1,8 a 1,4 miliardi di
dollari. La crisi economica e sociale ha indotto
l'esecutivo a restringere un po' i cordoni della borsa. A novembre si saprà se
Toronto, e il Canada, ce l'avranno fatta.
(
da "Panorama.it"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
- Italia
- http://blog.panorama.it/italia - Dai vescovi, 300 milioni per i più poveri e
una risposta a Fini Posted By redazione On 31/3/2009 @ 15:12 In Headlines | 1
Comment Un fondo di garanzia da circa 30 milioni di euro in grado di generare
prestiti bancari per 300 milioni da destinare alle famiglie in difficoltà a
causa della crisi è stato istituito dalla Conferenza
episcopale italiana grazie ad un accordo con l'[1] Abi, l'associazione bancaria
italiana. Potranno farne richiesta di accesso le famiglie regolari con tre
figli o malati a carico che abbiano perso ogni fonte di reddito. Ecco la
risposta della Chiesa cattolica italiana illustrata questa mattina a Roma,
presso la sala stampa di Radio vaticana, dal [2] segretario generale della
Conferenza episcopale, monsignor [3] Mariano Crociata, il quale ne ha anche
approfondito il significato "di comunione e solidarietà" della
Chiesa, consapevole "della gravità e dell'ampiezza
della crisi finanziaria ed
economica in atto". Dando corpo ad una iniziativa annunciata fin dal [4]
consiglio permanente dello scorso gennaio, ha spiegato Crociata, la Cei ha
raggiunto un accordo con l'Associazione bancaria italiana, la quale si è fatta
carico di fare da interfaccia con i singoli istituti di credito garantendo un
effetto di "decuplicazione" delle erogazioni rispetto
all'ammontare del fondo di garanzia messo a disposizione dai vescovi. Il fondo
sarà finanziato con una colletta nazionale che si terrà in tutte le chiese
italiane domenica 31 maggio, solennità di Pentecoste, ma vi si potrà
contribuire anche per altre vie, per esempio attraverso conti correnti bancari
da istituire ad hoc, in modo da favorire "azioni di solidarietà dentro e
fuori dalla comunità ecclesiale". La Cei conta di raggiungere così
l'obiettivo di 30 milioni di euro, che si tradurrebbe in prestiti alle famiglie
più bisognose per un totale di 300 milioni di euro. Potranno accedervi,
attraverso i centri [5] Caritas delle parrocchie, le famiglie regolari, anche
straniere e non cattoliche, purchè con almeno tre figli o malati a carico e che
abbiano perso il lavoro ed ogni fonte di reddito. "Non è un'elemosina ai
poveri" ha tenuto a sottolineare il segretario della Cei "ma un
intervento nel rispetto della dignità delle persone che potranno restituire
quanto percepito, a tassi contingentati da definire e nei tempi loro possibili,
quanto ricevuto". Se ciò non fosse possibile, interverrà il fondo di
garanzia che, in caso di mancato utilizzo, sarà invece distribuito tra le
diocesi per aiuti diretti. L'iniziativa - è stato anche chiarito - si affianca
a quelle già avviate in molte diocesi italiane ([6] a cominciare da quella di
Milano dello scorso dicembre), i cui benefici non saranno cumulabili a quella
nazionale, ed è tesa, fra l'altro, a sottolineare l'immagine "di una
Chiesa unita impegnata nell'annuncio del Vangelo anche attraverso una costante
attenzione alle necessità concrete di chi ha bisogno". Presentando il
fondo di garanzia, monsignor Crociata è tornato anche sul bio-testamento e sui
dubbi espressi dal presidente della Camera [7] Gianfranco Fini al Congresso del
Pdl. "Ognuno ha sufficiente capacità di fare sue valutazioni. Lo Stato
etico mi sembrerebbe altra cosa e la Chiesa non ha mai avuto simpatia per
questo tipo di situazione, che esiste dove ci sono delle costrizioni. Non mi
sembra questo il caso". Sul biotestamento, quindi: "I vescovi
rispettano l'autonomia del Parlamento e non intendono ingerire
nall'elaborazione e nei tempi della legge sul fine vita". Un accenno poi
della Conferenza episcopale italiana al nodo immigrazione. I vescovi italiani
infatti hanno fatto sapere di seguire "con grande pena" le [8]
notizie sugli ultimi naufragi di clandestini e hanno ribadito che "chi
arriva sul territorio nazionale va accolto e accompagnato", trattato come
una persona.
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Rep.ceca/
Topolanek presenta 5 alternative dopo caduta governo di Apcom Opposizione vuole
elezioni anticipate il 20 ottobre -->Roma, 31 mar. (Apcom-Nuova Europa) -
Sono cinque le alternative che il primo ministro dimissionario ceco Mirek
Topolanek propone per uscire dalla crisi dopo il voto
di sfiducia della scorsa settimana che lo ha costretto a rimettere l'incarico.
Si va da una settimana di vita per l'esecutivo uscente fino a un limbo da
concludersi in autunno, cioè alla data delle elezioni anticipate che
l'opposizione chiede per il 20 ottobre, scrive Ctk. Topolanek, che è anche
presidente del partito di maggioranza, l'Ods, ha dichiarato che il governo
potrebbe lasciare la scena in una settimana, oppure rimanere fino a dopo
Pasqua, o fino alla fine di aprile, per votare il pacchetto anti-crisi. La terza opzione prevede che l'esecutivo possa
rimanere in carica fino a dopo le elezioni europee che si svolgeranno a giugno.
La quarta ipotesi rinvia le dimissioni alla fine della presidenza di turno
dell'Unione europea, il 30 giugno. Infine l'ultima possibilità presentata da
Topolanek riguarda una tregua fino a ottobre, quando si andrà al voto
anticipato. Jiri Cunek, presidente dei Cristianodemocratici (Kdu-Csl), parte
della coalizione, ha dichiarato che entro la prossima settimana le
consultazioni dovranno avere un punto d'arrivo. L'ex vicepremier ha aggiunto
che il voto si dovrebbe svolgere il 17 ottobre. "Stiamo cercando un punto
di incontro che ci aiuterà a formare un governo. C'è la volontà di dare vita a
un esecutivo a termine che governi in estate", ha aggiunto Topolanek.
Intanto i colloqui tra maggioranza e opposizione per trovare una soluzione
"forte" continuano. Il leader dei Socialdemocratici (Cssd), Jiri
Paroubek, in particolare, intende spingere per la creazione di un governo di
tecnici al più presto possibile, per dare un esecutivo al
Paese in modo da affrontare la crisi finanziaria e concludere in modo competente la presidenza Ue. "Il nuovo
governo dovrà essere formato in modo tale da includere esperti e avere un
sostegno politico a largo raggio", ha aggiunto Paroubek spiegando che
questo esecutivo, così composto, dovrà occuparsi della bozza della Finanziaria
2010.
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Porsche/
Utili quadruplicati a 5,5 mld primo sem., male vendite di Apcom Possibile
slittamento aumento quota in Volkswagen -->Milano, 31 mar. (Apcom) - Il
costruttore tedesco di auto di lusso Porsche ha più che quadruplicato gli utili
nel primo semestre fiscale grazie ai proventi derivanti dalla quota in
Volkswagen, ma ha annunciato che le vendite delle sue auto di lusso nel 2009 subiranno una forte contrazione a causa della crisi finanziaria. La Porsche ha
registrato nel primo semestre, terminato il 31 gennaio 2009, utili per 5,5
miliardi di euro rispetto a 1,3 miliardi dell'anno precedente, grazie
all'aumentata quota in Volkswagen. Ma Porsche non è restata immune alla crisi che ha colpito tutto il settore
auto, con le vendite che sono calate del 12,8% a tre miliardi di euro
rispetto ai 3,5 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente. Il gruppo
tedesco ha annunciato di prevedere un peggioramento delle vendite dei propri
modelli per tutto il 2009 e che la crisi in corso sta
costringendo tutti i costruttori a ridurre la produzione. Porsche, che a
gennaio è arrivata a controllare circa il 51% di Volkswagen e si è già
garantita un finanziamento da 10 miliardi di euro da un pool di banche per
aumentarne la quota, ha confermato l'intenzione di volere accrescere il proprio
peso in Volkswagen, ma ha anche spiegato che potrebbe incontrare difficoltà
nell'attuale fase di mercato. Porsche, che ha registrato un aumento dell'indebitamento
netto a 9 miliardi di euro rispetto ai 3,1 miliardi che aveva a luglio 2008,
potrebbe, secondo gli analisti, avere difficoltà ad aumentare il proprio
pacchetto in Volkswagen al 75% ed essere costretta a utilizzare la linea di
credito da 10 miliardi per fronteggiare l'indebitamento.
(
da "KataWebFinanza"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20, il
Papa scrive a Brown "Garantire famiglie e lavoratori" Benedetto XVI
CITTA' DEL VATICANO - In occasione del G20 di Londra, Benedetto XVI ha scritto
al primo ministro britannico Gordon Brown. Ecco il testo integrale del
messaggio: "Nella Sua recente visita in Vaticano, Ella ha voluto
cortesemente informarmi sul Vertice delle 20 economie pi grandi del mondo, che
si terr a Londra nei giorni 2-3 aprile 2009, allo scopo di coordinare con
urgenza le misure necessarie per stabilizzare i mercati finanziari e consentire
alle aziende e alle famiglie di superare il presente periodo di grave
recessione, per rilanciare una crescita sostenibile dell'economia mondiale e
per riformare e rafforzare sostanzialmente i sistemi di governabilit globale
affinch tale crisi non si ripeta nel futuro".
"Vorrei ora, con questa mia lettera, manifestare a Lei e ai Capi di Stato
e ai Capi di Governo che parteciperanno al Vertice il ringraziamento della
Chiesa Cattolica, cos come il mio apprezzamento personale, per gli alti obiettivi
che l'incontro si propone e che si fondano sulla convinzione, condivisa da
tutti i Governi e gli Organismi internazionali partecipanti, che l'uscita
dall'attuale crisi globale solo si pu realizzare
insieme, evitando soluzioni improntate all'egoismo nazionalistico e al
protezionismo". "Scrivo questo messaggio di ritorno dall'Africa, dove
ho potuto toccare con mano sia la realt di una povert bruciante e di una
esclusione cronica, che la crisi rischia di aggravare
drammaticamente, sia le straordinarie risorse umane di cui quel Continente gode
e che pu mettere a disposizione dell'intero pianeta". "Il Vertice di
Londra, cos come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi
pratici di urgenza si limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90%
del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa
subsahariana presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale
situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione,
perch appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono
quelli che soffrono di pi i danni di una crisi di cui
non portano la responsabilit. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno
pi potenzialit per contribuire al progresso di tutti". "Occorre
pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti
nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinch
sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinch le misure e i
provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti".
"Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per
il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir
meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti
economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il
commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che,
quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in s stesse la radice
del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido la fiducia nell'uomo.
Perci tutte le misure proposte per arginare la crisi
devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e
stabilit ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli,
l'etica nelle finanze". "La crisi attuale ha
sollevato lo spettro della cancellazione o della drastica riduzione dei piani
di aiuto estero, specialmente per l'Africa e per gli altri Paesi meno
sviluppati. L'aiuto allo sviluppo, comprese le condizioni commerciali e
finanziarie favorevoli ai Paesi meno sviluppati e la remissione del debito
estero dei Paesi pi poveri e pi indebitati, non stata la causa della crisi e, per un motivo di giustizia fondamentale, non deve
esserne la vittima". "Se un elemento centrale della crisi attuale da riscontrare in un deficit di etica nelle
strutture economiche, questa stessa crisi ci insegna
che l'etica non "fuori" dall'economia, ma "dentro" e che
l'economia non funziona se non porta in s l'elemento etico". "Perci,
la rinnovata fiducia nell'uomo, che deve informare ogni passo verso la
soluzione della crisi, trover la sua migliore
concretizzazione nel coraggioso e generoso potenziamento di una cooperazione
internazionale capace di promuovere un reale sviluppo umano ed integrale. La
fattiva fiducia nell'uomo, soprattutto la fiducia negli uomini e nelle donne pi
povere - dell'Africa e di altre regioni del mondo colpite dalla povert estrema
- sar la prova che veramente si vuole uscire dalla crisi
senza esclusioni e in modo permanente e che si vuole evitare decisamente il
ripetersi di situazioni simili a quelle che oggi ci tocca vivere".
"Vorrei inoltre unire la mia voce a quella degli appartenenti a diverse
religioni e culture che condividono la convinzione che l'eliminazione della
povert estrema entro il 2015,
a cui si sono impegnati i Governanti nel Vertice ONU del
Millennio, continua ad essere uno dei compiti pi importanti del nostro
tempo". "Implorando la benedizione di Dio per il Vertice di Londra e
per tutti gli incontri multilaterali che, in questi tempi, cercano di trovare
elementi per la soluzione della crisi finanziaria,
colgo l'occasione per esprimerLe di nuovo, Onorevole Sig. Primo Ministro, la
mia stima e porgerLe un deferente e cordiale saluto". 31/03/2009 - 21:00
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20, il
Papa scrive a Brown "Garantire famiglie e lavoratori" Benedetto XVI
CITTA' DEL VATICANO - In occasione del G20 di Londra, Benedetto XVI ha scritto
al primo ministro britannico Gordon Brown. Ecco il testo integrale del
messaggio: "Nella Sua recente visita in Vaticano, Ella ha voluto
cortesemente informarmi sul Vertice delle 20 economie più grandi del mondo, che
si terrà a Londra nei giorni 2-3 aprile 2009, allo scopo di coordinare con
urgenza le misure necessarie per stabilizzare i mercati finanziari e consentire
alle aziende e alle famiglie di superare il presente periodo di grave
recessione, per rilanciare una crescita sostenibile dell'economia mondiale e
per riformare e rafforzare sostanzialmente i sistemi di governabilità globale
affinché tale crisi non si ripeta nel futuro".
"Vorrei ora, con questa mia lettera, manifestare a Lei e ai Capi di Stato
e ai Capi di Governo che parteciperanno al Vertice il ringraziamento della
Chiesa Cattolica, così come il mio apprezzamento personale, per gli alti
obiettivi che l'incontro si propone e che si fondano sulla convinzione,
condivisa da tutti i Governi e gli Organismi internazionali partecipanti, che
l'uscita dall'attuale crisi globale solo si può
realizzare insieme, evitando soluzioni improntate all'egoismo nazionalistico e
al protezionismo". "Scrivo questo messaggio di ritorno dall'Africa,
dove ho potuto toccare con mano sia la realtà di una povertà bruciante e di una
esclusione cronica, che la crisi rischia di aggravare
drammaticamente, sia le straordinarie risorse umane di cui quel Continente gode
e che può mettere a disposizione dell'intero pianeta". "Il Vertice di
Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per
motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano
il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa
subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale
situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione,
perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono
quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui
non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno
più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre
pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti
nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché
sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i
provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti".
"Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per
il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir
meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti
economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il
commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che,
quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la
radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia
nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi
devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e
stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e
controlli, l'etica nelle finanze". "La crisi
attuale ha sollevato lo spettro della cancellazione o della drastica riduzione
dei piani di aiuto estero, specialmente per l'Africa e per gli altri Paesi meno
sviluppati. L'aiuto allo sviluppo, comprese le condizioni commerciali e
finanziarie favorevoli ai Paesi meno sviluppati e la remissione del debito
estero dei Paesi più poveri e più indebitati, non è stata la causa della crisi e, per un motivo di giustizia fondamentale, non deve
esserne la vittima". "Se un elemento centrale della crisi attuale è da riscontrare in un deficit di etica nelle
strutture economiche, questa stessa crisi ci insegna
che l'etica non è "fuori" dall'economia, ma "dentro" e che
l'economia non funziona se non porta in sé l'elemento etico".
"Perciò, la rinnovata fiducia nell'uomo, che deve informare ogni passo
verso la soluzione della crisi, troverà la sua
migliore concretizzazione nel coraggioso e generoso potenziamento di una
cooperazione internazionale capace di promuovere un reale sviluppo umano ed
integrale. La fattiva fiducia nell'uomo, soprattutto la fiducia negli uomini e
nelle donne più povere - dell'Africa e di altre regioni del mondo colpite dalla
povertà estrema - sarà la prova che veramente si vuole uscire dalla crisi senza esclusioni e in modo permanente e che si vuole
evitare decisamente il ripetersi di situazioni simili a quelle che oggi ci
tocca vivere". "Vorrei inoltre unire la mia voce a quella degli
appartenenti a diverse religioni e culture che condividono la convinzione che
l'eliminazione della povertà estrema entro il 2015, a cui si sono
impegnati i Governanti nel Vertice ONU del Millennio, continua ad essere uno
dei compiti più importanti del nostro tempo". "Implorando la
benedizione di Dio per il Vertice di Londra e per tutti gli incontri
multilaterali che, in questi tempi, cercano di trovare elementi per la
soluzione della crisi finanziaria, colgo l'occasione
per esprimerLe di nuovo, Onorevole Sig. Primo Ministro, la mia stima e porgerLe
un deferente e cordiale saluto". 31/03/2009 - 21:00
(
da "Reuters Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
CITTA'
DEL VATICANO (Reuters) - In una lettera resa pubblica oggi dal Vaticano, Papa
Benedetto XVI ha detto al premier britannico Gordon Brown che il vertice del
G20, che si tiene a partire da giovedì a Londra, per
affrontare la crisi finanziaria globale non deve dimenticare l'Africa. Il Pontefice, che nei
giorni scorsi ha visitato il Camerun e l'Angola, ha segnalato che il Sud Africa
sarà l'unica nazione del continente a essere presente al summit del Gruppo dei
20. "La situazione deve suscitare una profonda riflessione tra i
partecipanti al summit, dato che coloro la cui voce ha meno forza sulla
scena politica sono precisamente quelli che soffrono di più degli effetti
dannosi di una crisi di cui non portano la
responsabilità", dice il Papa. Per Benedetto XVI, è necessario rivolgersi
al multilateralismo delle Nazioni Unite e delle organizzazioni collegate
"al fine di sentire le voci di tutti i Paesi e di garantire che le misure
e i passi fatti ai vertici G20 siano sostenuti da tutti". Papa Ratzinger
ha detto che la crisi economica minaccia la
cancellazione o la drastica riduzione dei programmi di aiuto, specialmente per
l'Africa, che per il Pontefice non è la causa della crisi
e non può divenirne la vittima. Benedetto XVI ha detto che "soluzioni
segnate da qualsiasi egoismo o protezionismo nazionale" vanno evitate per
trovare una via d'uscita dalla crisi.
(
da "Virgilio Notizie"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
Mosca,
31 mar. (Apcom-Nuova Europa) - La Russia in particolare
ritiene che l'attuale crisi finanziaria mondiale "e' attribuibile ad alcuni problemi nel
funzionamento del sistema di valute di riserva", dice Medvedev. E
"stando cosi' le cose, si dovrebbe pensare di creare un migliore
equilibrio e decidere in che modo questo sistema possa funzionare" ha
detto il presidente. "La questione della creazione di una
sovra-moneta nazionale potrebbe diventare fondamentale nel prossimo futuro.
Molti ne parlano". Dunque al centro un rilancio dei Diritti speciali di
prelievo, per ora considerati 'oggetto virtuale'. I Dsp - unita' di conto del
Fondo Monetario Internazionale, il cui valore e' ricavato da un paniere a base
di dollaro, euro, yen e sterlina - "vengono spesso menzionati in questo
contesto", ha precisato Medvedev, aggiungendo che "questo tema non e'
probabilmente cosi' rilevante per il prossimo vertice, ma, sicuramente,
potrebbe passare in primo piano nel prossimo futuro". A ulteriori
discussioni potrebbero prendere parte non solo i paesi dei "venti" ma
anche altri Stati, perche' i vantaggi di questo sistema copriranno un lungo
periodo di tempo. "E' piu' importante che la riunione di Londra non diventi
semplicemente un vertice dei principali paesi del mondo" ma che si apra
alla discussione "sull'architettura finanziaria
globale". Sulla stessa linea oltre a Cina e Russia, c'e' anche Astana.
Nursultan Nazarbaev, il presidente del Kazakistan, ha rilanciato una proposta
di una valuta globale unica. Peraltro otto anni fa un altro leader controverso,
il malaysiano Mahatir Mohamad, aveva riproposto, con argomentazioni non troppo
diverse, la stessa idea. "Dovrebbe essere creata una valuta internazionale,
che non appartenga a nessun paese", aveva detto l'uomo che, con la sua
ferma guida a Kuala Lumpur, era riuscito a tenere la Malaysia quasi fuori dallacrisi economica asiatica del 1997. Un'altra voce arrivata
dal quel mondo in via di sviluppo, che oggi sempre piu' preme per assumere
visibilità nel gioco della politica mondiale.
(
da "Wall Street Italia"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
##G20/
Russia fa asse con Cina, Medvedev: nuovo ordine... -2- di Apcom I Diritti
speciali di prelievo al centro dell'attenzione -->Mosca, 31 mar.
(Apcom-Nuova Europa) - La Russia in particolare ritiene che
l'attuale crisi finanziaria
mondiale "e' attribuibile ad alcuni problemi nel funzionamento del sistema
di valute di riserva", dice Medvedev. E "stando cosi' le cose, si
dovrebbe pensare di creare un migliore equilibrio e decidere in che modo questo
sistema possa funzionare" ha detto il presidente. "La
questione della creazione di una sovra-moneta nazionale potrebbe diventare
fondamentale nel prossimo futuro. Molti ne parlano". Dunque al centro un
rilancio dei Diritti speciali di prelievo, per ora considerati 'oggetto virtuale'.
I Dsp - unita' di conto del Fondo Monetario Internazionale, il cui valore e'
ricavato da un paniere a base di dollaro, euro, yen e sterlina - "vengono
spesso menzionati in questo contesto", ha precisato Medvedev, aggiungendo
che "questo tema non e' probabilmente cosi' rilevante per il prossimo
vertice, ma, sicuramente, potrebbe passare in primo piano nel prossimo
futuro". A ulteriori discussioni potrebbero prendere parte non solo i
paesi dei "venti" ma anche altri Stati, perche' i vantaggi di questo sistema
copriranno un lungo periodo di tempo. "E' piu' importante che la riunione
di Londra non diventi semplicemente un vertice dei principali paesi del
mondo" ma che si apra alla discussione "sull'architettura finanziaria globale". Sulla stessa linea oltre a Cina e
Russia, c'e' anche Astana. Nursultan Nazarbaev, il presidente del Kazakistan,
ha rilanciato una proposta di una valuta globale unica. Peraltro otto anni fa
un altro leader controverso, il malaysiano Mahatir Mohamad, aveva riproposto,
con argomentazioni non troppo diverse, la stessa idea. "Dovrebbe essere
creata una valuta internazionale, che non appartenga a nessun paese",
aveva detto l'uomo che, con la sua ferma guida a Kuala Lumpur, era riuscito a
tenere la Malaysia quasi fuori dalla crisi economica
asiatica del 1997. Un'altra voce arrivata dal quel mondo in via di sviluppo,
che oggi sempre piu' preme per assumere visibilità nel gioco della politica
mondiale.
(
da "KataWebFinanza"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20,
Obama e Michelle a Londra spno accompagnati da 500 persone LONDRA - L'Air Force
One del presidente americano, Barack Obama, atterrato questa sera all'aeroporto
londinese di Stansted. Obama e la moglie Michelle arriveranno nel centro di
Londra, in elicottero. Inizia cos la sette giorni a cavallo tra Europa e
Turchia del presidente americano Barack Obama e della moglie Michelle. Domani,
alla vigilia del vertice del G20, Obama incontrer per la prima volta nella
capitale britannica il premier cinese Hu Jintao e il presidente della
Federazione russa, Dmitri Medvedev. Al G20 di gioved Barack far il suo
'debutto' da capo di Stato in un vertice internazionale che
sar tutto dedicato alla crisi finanziaria e alle ricette coordinate dei paesi. Nella valigetta Obama avr
la sua proposta di adottare piani di stimolo economico intorno al 2 per cento
del Pil, nel tentativo di convincere un Europa recalcitrante all'idea di
mettersi al pari degli Usa sugli interventi per la crisi. Obama e sua moglie Michelle sono accompagnati da uno
staff di 500 persone e da un corteo di limousine in cui spicca "The
Beast", la Cadillac presidenziale. Nell'esagerazione dei numeri figurano
anche 200 agenti dei servizi segreti e un'equipe medica di sei persone (con
tanto di chirurgo e infermieri). Solo Michelle avr a sua disposizione uno staff
di otto persone, tra cui segretaria, addetta stampa e guardie del corpo. I temi
che verranno portati alla riunione del G20 di Londra e poi del G8 di luglio
alla Maddalena sono stati tracciati dai ministri del Lavoro degli otto paesi pi
industrializzati e da quelli di India, Cina Brasile, Messico, Sud Africa ed
Egitto al G8 Social Summit 2009 che si svolto oggi a Roma. "E' necessario
ricostruire un circolo di fiducia senza dimenticare che disoccupazione e povert
sono una perdita di potenziale economico e umano" ha detto il ministro del
Lavoro, Maurizio Sacconi che in questi giorni ha guidato a Roma i lavori
dell'assise internazionale sul Lavoro che ha visto anche la partecipazione di
organismi internazionali come l'Ocse, l'Ilo e il Fondo Monetario
Internazionale. Il nuovo patto globale dovr quindi avere come punto di
riferimento le persone: e da qui promuovere l'occupazione, sostenere il reddito
e le capacit professionali, puntando anche a migliorare i sistemi di protezione
sociale come "motori di un circolo virtuoso di fiducia" e quindi
della ripresa dell'economia e dell'occupazione. "I sistemi di protezione
sociale, dalla salute alle pensioni, fino all'istruzione, sono importanti
stabilizzatori automatici anticiclici" si legge infatti nel documento
finale della presidenza italiana secondo la quale "il sostegno al reddito
delle famiglie, riferito anche alle pensioni future, si traduce in consumi,
investimenti, risparmio, sostenendo la ripresa". Non solo: adeguati
sistemi di protezione sociale possono infatti creare anche opportunit per nuovi
posti di lavoro. Quelli collegati ai servizi sociali, i cosiddetti 'white
jobs', che si aggiungono ai 'green jobs' per promuovere attivit in sintonia con
la protezione ambientale. Oltre ad un parametro per le azioni dei governi
quello della sostenibilit sociale dovr per essere anche un parametro per le
organizzazioni come Fmi, Ilo e Ocse che, si legge nel documento finale della
presidenza, "dovrebbero tenere conto dell'impatto sociale sul mercato del
lavoro nella loro attivit di monitoraggio". Anche oggi il ministro del
Lavoro non ha mancato di stigmatizzare il loro ruolo: "possiamo dirci
insoddisfatti del ruolo che le organizzazioni internazionali hanno avuto nel
momento in cui ci avrebbero dovuto preavvisare della crisi
che stava arrivando, come si fa con gli early warning". Proprio oggi
mentre arrivavano le nuove stime dell'Ocse sulla recessione e sul forte calo
del Pil, con l'invito, diretto all'Italia, a focalizzare gli aiuti ai
disoccupati, l'Fmi ha raccomandato al vertice dei ministri del lavoro di Roma
misure di stimolo per l'economia nei paesi del G20 per il 2% del Pil nel 2009 e
nel 2010. Con tali misure, dice l'organismo, si possono "salvare 20
milioni di posti di lavoro". 31/03/2009 - 21:45
(
da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
G20,
Obama e Michelle a Londra spno accompagnati da 500 persone LONDRA - L'Air Force
One del presidente americano, Barack Obama, è atterrato questa sera
all'aeroporto londinese di Stansted. Obama e la moglie Michelle arriveranno nel
centro di Londra, in elicottero. Inizia così la sette giorni a cavallo tra
Europa e Turchia del presidente americano Barack Obama e della moglie Michelle.
Domani, alla vigilia del vertice del G20, Obama incontrerà per la prima volta
nella capitale britannica il premier cinese Hu Jintao e il presidente della
Federazione russa, Dmitri Medvedev. Al G20 di giovedì Barack farà il suo
'debutto' da capo di Stato in un vertice internazionale che
sarà tutto dedicato alla crisi finanziaria e alle ricette coordinate dei paesi. Nella valigetta Obama avrà
la sua proposta di adottare piani di stimolo economico intorno al 2 per cento
del Pil, nel tentativo di convincere un Europa recalcitrante all'idea di
mettersi al pari degli Usa sugli interventi per la crisi. Obama e sua moglie Michelle sono accompagnati da uno
staff di 500 persone e da un corteo di limousine in cui spicca "The
Beast", la Cadillac presidenziale. Nell'esagerazione dei numeri figurano
anche 200 agenti dei servizi segreti e un'equipe medica di sei persone (con
tanto di chirurgo e infermieri). Solo Michelle avrà a sua disposizione uno
staff di otto persone, tra cui segretaria, addetta stampa e guardie del corpo.
I temi che verranno portati alla riunione del G20 di Londra e poi del G8 di
luglio alla Maddalena sono stati tracciati dai ministri del Lavoro degli otto
paesi più industrializzati e da quelli di India, Cina Brasile, Messico, Sud
Africa ed Egitto al G8 Social Summit 2009 che si è svolto oggi a Roma. "E'
necessario ricostruire un circolo di fiducia senza dimenticare che disoccupazione
e povertà sono una perdita di potenziale economico e umano" ha detto il
ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi che in questi giorni ha guidato a Roma i
lavori dell'assise internazionale sul Lavoro che ha visto anche la
partecipazione di organismi internazionali come l'Ocse, l'Ilo e il Fondo
Monetario Internazionale. Il nuovo patto globale dovrà quindi avere come punto
di riferimento le persone: e da qui promuovere l'occupazione, sostenere il
reddito e le capacità professionali, puntando anche a migliorare i sistemi di
protezione sociale come "motori di un circolo virtuoso di fiducia" e
quindi della ripresa dell'economia e dell'occupazione. "I sistemi di
protezione sociale, dalla salute alle pensioni, fino all'istruzione, sono
importanti stabilizzatori automatici anticiclici" si legge infatti nel
documento finale della presidenza italiana secondo la quale "il sostegno
al reddito delle famiglie, riferito anche alle pensioni future, si traduce in
consumi, investimenti, risparmio, sostenendo la ripresa". Non solo:
adeguati sistemi di protezione sociale possono infatti creare anche opportunità
per nuovi posti di lavoro. Quelli collegati ai servizi sociali, i cosiddetti
'white jobs', che si aggiungono ai 'green jobs' per promuovere attività in
sintonia con la protezione ambientale. Oltre ad un parametro per le azioni dei
governi quello della sostenibilità sociale dovrà però essere anche un parametro
per le organizzazioni come Fmi, Ilo e Ocse che, si legge nel documento finale
della presidenza, "dovrebbero tenere conto dell'impatto sociale sul
mercato del lavoro nella loro attività di monitoraggio". Anche oggi il
ministro del Lavoro non ha mancato di stigmatizzare il loro ruolo:
"possiamo dirci insoddisfatti del ruolo che le organizzazioni internazionali
hanno avuto nel momento in cui ci avrebbero dovuto preavvisare della crisi che stava arrivando, come si fa con gli early
warning". Proprio oggi mentre arrivavano le nuove stime dell'Ocse sulla
recessione e sul forte calo del Pil, con l'invito, diretto all'Italia, a
focalizzare gli aiuti ai disoccupati, l'Fmi ha raccomandato al vertice dei
ministri del lavoro di Roma misure di stimolo per l'economia nei paesi del G20
per il 2% del Pil nel 2009 e nel 2010. Con tali misure, dice l'organismo, si
possono "salvare 20 milioni di posti di lavoro". 31/03/2009 - 21:45
(
da "Dagospia.com"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
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| Segnala articolo --> A PARIGI CENTO LAVORATORI INFURIATI
"RAPISCONO" IL MILIARDARIO (IN EURO) PINAULT - UN’ORA DI TENSIONE E POI LA POLIZIA LIBERA IL PADRONE DI
GUCCI, SAINT LAURENT, ETC. - CINQUE DIRIGENTI DELLA CATERPILLAR SONO STATI
SEQUESTRATI NELLA SEDE DI GRENOBLE Da Stampa.it Nel tardo pomeriggio parigino,
cento lavoratori infuriati hanno preso d'assalto la macchina del miliardario e
leader nel mercato del lusso Francois-Henri Pinault. Il manager aveva appena
concluso una riunione nella sede del suo gruppo Ppr; dopo un'ora di tensione la
Polizia l'ha liberato. Salma Hayek Pinault, ultima vittima della reazione dei
lavoratori colpiti dalla crisi economica, è uno degli
uomini più ricchi di Francia con patrimonio stimato nel 2007 a 14,5 miliardi di
euro. È proprietario di un vasto gruppo che va dal marchio Gucci alla casa
d'aste Christiès. In Italia possiede tra l'altro Palazzo Grassi a Venezia.
Francois Pinault Ma quello di Parigi non è l'unico episodio di frustrazione sul
lavoro. In mattinata cinque i dirigenti della Caterpillar France sono stati
sequestrati nella sede di Grenoble da un gruppo di dipendenti, che chiedevano
di rinegoziare il piano di ristrutturazione aziendale che prevede il
licenziamento di 733 persone su un totale di 2.800. Oltre al direttore della
sede di Grenoble, Nicolas Polutnick, sono stati ostaggi dei lavoratori anche il
direttore del personale, un responsabile del servizio del personale, il
responsabile dei prodotti europei e quello della sezione acquisti. I dipendenti
hanno chiesto in particolare un'indennità di licenziamento pari a tre mensilità
per ogni anno di anzianità, con un tetto massimo di 30mila euro, così come la
non dismissione degli impianti: l'azienda propone invece un'indennità fissata
al 60% della mensilità con un tetto massimo di 10mila euro. Polutnick da parte
sua ha spiegato ai giornalisti - fatti passare dai dipendenti - che un piano di
ristrutturazione è un «procedimento complesso» e che senza la libertà di
movimento sarà difficile poter arrivare a un negoziato; alla domanda se fossero
sotto sequestro, ha risposto: «Tiratene le conclusioni che volete». FRANCIA La caccia al manager comincia a essere un vero a proprio fenomeno in
un'Europa scossa dalla crisi finanziaria. Non si tratta certo di un caso senza precedenti in Francia: solo
il 12 marzo scorso l'amministratore delegato della Sony francese era stato
virtualmente sequestrato dai dipendenti e costretto a passare la notte nella
fabbrica di Pontonx-sur-l'Adour, che chiuderà ad aprile; e non si può
evitare di notare come nelle ore immediatamente successive sia stato concluso
un accordo che migliorava sensibilmente le condizioni di allontanamento dei
lavoratori. Il 23 marzo era invece toccato al direttore dello stabilimento
della 3M di Pithiviers, liberato dei giorni dopo dietro l'impegno a riprendere
i negoziati sulle condizioni di allontanamento di 110 dipendenti il prossimo
primo aprile. SCIOPERO GENERALE IN FRANCIA Azioni causate dalla grave
situazione di crisi e che per la maggior parte dei
sindacati sono «legittime»: «Non dico di approvarle, ma mettetevi nei panni di
questi lavoratori che non hanno nulla da perdere», sottolineava un
rappresentante di Force Ouvriere, mentre Cgt e Solidaires facevano notare come
«la violenza fatta ai dipendenti vittime di un licenziamento è ben più grave».
Il governo di Parigi non ha finora criticato quanto accaduto e ha anzi definito
«scandalose» le riduzioni del personale decise da molte aziende e giustificate
con le necessità di tagliare i costi dettate dalla crisi.
[31-03-2009]
(
da "KataWeb News"
del 31-03-2009)
Argomenti: Crisi
senza il
mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009
alle 14:15 — Autore: babelick — 16 commenti Gentile ambasciatore Terracciano,
complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha
inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza
italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un
diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto
è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata.
Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di
partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e
regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non
c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di
demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno
di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di
progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi
Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine
massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per
facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di
interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000
euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero»,
un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie
l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo
legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha
protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone
che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!