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Report "crisi"  28 maggio 2 giugno 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Facebook vale 10 miliardi? È solo un'interpretazione e peraltro poco credibile ( da "Stampa, La" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tenendo conto però della recente traiettoria dei mercati finanziari, il prezzo versato da Dst sembra ancora più caro. Le azioni dei giganti Microsoft e Google sono scese di circa il 45% dal novembre 2007. Ipotizzando un calo analogo per Facebook, DST starebbe pagando un premio del 20% rispetto al prezzo di ingresso di Microsoft.

Fopadiva, in mille cambiano idea ( da "Stampa, La" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a causa della grave crisi economica che ha coinvolto anche i mercati finanziari di riferimento». Lillaz spiega inoltre che di questa «risalita» hanno beneficiato «anche i mille aderenti che hanno trasferito la propria posizione individuale dal comparto prudente al comparto garantito, con il valore delle quote al 30 aprile 2009».

Dagli istituzionali feeling azionario ( da "Italia Oggi" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il risultato sembra suggerire che gli investitori pensano che il peggio della crisi finanziaria sia passato». Dall'indagine emerge anche la propensione a una maggiore diversificazione a favore di asset class alternative. Secondo i dati di bfinance, dal mese di ottobre 2008 il 24% ha aumentato l'esposizione sulle infrastrutture, mentre il 16% quella sul private equity.

( da "Tempo, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vengono definiti sconfinamenti e che generano la crisi finanziaria dell'utente. Sul fronte dei tassi l'argomento è a più facce. Tassi sui prestiti e remunerazione del risparmio. Con un terzo invitato, l'inflazione. I tassi salgono quando i prezzi aumentano e si crea inflazione. Diminuiscono quando c'è abbondanza di denaro e si è in presenza di ristagno della economia.

Il caso Fiat e l'economia del futuro. Il nuovo capitalismo ( da "AmericaOggi Online" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e poi a crollare rovinosamente con la vicenda dei mutui subprime americani quando ormai da qualche anno i protagonisti della scena finanziaria avevano immesso sul mercato nuovi prodotti e implementato nuove attività. Insomma le regole c'erano, ma non erano più adatte a governare il nuovo che nel frattempo era stato messo in circolazione in un mercato ormai divenuto globalizzato.

Usa, Cina e il ping pong planetario ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: continuerà a sviluppare i propri mercati finanziari e la propria capacità di generare attività finanziarie di alta qualità sul mercato interno. Ma ci vorrà del tempo. E nel frattempo gli Stati Uniti hanno i mercati finanziari più liquidi del pianeta. Anche questa interpretazione implica un riaffioramento degli squilibri globali una volta terminata la recessione,

Moody's: outlook negativo anche per le banche italiane ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: settore del credito europeo a ricevere un outlook negativo in questa fase di crisi, allineandosi alle prospettive delle banche degli altri Paesi. Un adeguamento che è la conseguenza dell'evoluzione della crisi da finanziaria a economica. «Inizialmente il sistema italiano si era dimostrato più resistente di quello di altri Paesi grazie alla sua minore esposizione agli asset tossici,

IL QUADRO GENERALE ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la crisi finanziaria che si è trasferita nell'economia reale,la qualità degli asset e gli indicatori sulla redditività delle banche italiane si sono deteriorati nel 2008 e potrebbero peggiorare ancora nel 2009 e nel 2010. I dati macroeconomici Il Pil scenderà del 3,5% nel 2009 e, sempre secondo Moody's,la disoccupazione salirà dal 6,

Pmi, storia della ritirata del credito ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in piena crisi finanziaria internazionale, si sarebbe trasformata in un vera e propria restrizione del credito: un +1% nominale che l'inflazione reale si mangia senza troppi problemi, ponendo le basi per un vero credit crunch. «Tuttavia puntualizza Pietro Modiano, ex direttore generale della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo-

La Consob egiziana blocca la scalata di France Telecom ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-28 - pag: 37 autore: La contesa su Egyptian Co. La Consob egiziana blocca la scalata di France Telecom L'offerta è «inadeguata». Con questa motivazione l'autorità egiziana sui mercati finanziari ha bocciato l'offerta avanzata da France Telecom ( nella foto il Ceo Didier Lombard) per rilevare la quota rimanente dei servizi mobili del gruppo Egyptian Co.

Deripaska tiene al palo Generali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oligarca indebolito dalla crisi finanziaria puntavano a rafforzare la quota del 38,46% di Ingosstrakh che Generali detiene dal 2007 insieme al fondo ceco di private equity Ppf Investments. Sembrava che le difficoltà economiche dell'ex businessman più ricco di Russia, che detiene il 61,54% di Ingosstrakh, avrebbero aiutato: «Quando era molto ricco -

Crisi, è caccia al colpevole : nel mirino le business school ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sono corsi sui nodi emersi Crisi, è caccia al «colpevole»: nel mirino le business school Simone Filippetti I tre nodi alla base della crisi finanziaria? Non sono materie degne da business school. Le politiche di remunerazione (con compensi drogati e stock option milionarie per super manager), l'organizzazione e le responsabilità nei board (mentre capita di vedere grandi banche d'

Un salvataggio europeo: nove governi in campo Londra difende Vauxhall ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: come se il protezionismo, cacciato a parole dal cancello principale, tornasse veloce e sicuro sulle quattro ruote, dal cancello del garage. Nell'incontro, vi sarà però uno scambio di informazioni e «segnali», che potrebbe tornare utile a tutti: la Ue è preoccupata per il «dossier disoccupazione» (diecimila posti in meno,

Maxi-perdite Ubs ma per i manager arrivano gli aumenti ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inizio della crisi finanziaria mondiale il gruppo ha infatti sofferto un'emorragia di personale d'alto livello. Il concorrente Crédit Suisse, per esempio, ha appena assunto un top manager di Ubs per guidare le sue attività nell'area Asia-Pacifico. Lo stesso Grübel ha ammesso che ad alcuni dirigenti sono stati concessi «aumenti si stipendio eccezionalmente elevati»

Faro di Moody's sulle banche ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: MILANO Dopo la crisi finanziaria, è l'economia reale a «mordere» i conti delle banche: Moody's ha ridotto «l'outlook » relativo al nostro comparto nazionale da stabile a negativo. La decisione, spiega il vice presidente Carlo Gori, considera l'impatto della crisi sull'economia reale e gli effetti negativi su redditività e qualità degli attivi delle banche italiane nel 2009-

Giù Wall Street, in Italia indici piatti ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Giù Wall Street, in Italia indici piatti Piazza Affari ha archiviato una nuova seduta positiva, anche se gli indici hanno guadagnato pochissime frazioni di punto (+0,07% l'S&P-Mib, +0,08% il Mibtel).

Più ricavi per Aveva Group e il titolo vola ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 Il caso a Londra Più ricavi per Aveva Group e il titolo vola (g.fer.) Il titolo di Aveva Group, società britannica leader nel software per gli impianti di energia, è cresciuto ieri del 10,09%, chiudendo sul listino di Londra a 704 pence.

L'ipotesi Danone spinge Parmalat ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 Il caso a Milano L'ipotesi Danone spinge Parmalat (g.fer.) Da Parigi arriva una debole smentita («Sono solo fantasie di analisti»), ma l'ipotesi che il colosso francese dell'alimentare Danone guardi a Parmalat è sicuramente credibile.

Il disagio sociale è in crescita ma il sindacato si allontana ( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nel 2006 le attività finanziarie erano salite al 70,4% e il contributo delle banche e del mercato obbligazionario alla copertura degli attivi era a sua volta balzata all' 84,8%. Una cosa assai più fluida. Sergio Marchionne è diventato un collettore di capitali di diversa provenienza: azionisti, banche e mercati finanziari certo,

CRISI: BROWN, COMMERCIO MONDIALE E' A RISCHIO ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La verita' - dice Brown - e' che il commercio mondiale la prima vittima della crisi finanziaria globale e si determina un circolo vizioso per cui il calo dell'export porta alla discesa della produzione, mentre l'aumento della perdita di posti di lavoro porta ad un ulteriore calo della domanda di consumi e delle esportazioni".

Crisi finanziaria ed energia. Qualcosa in comune? ( da "Blogosfere" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mag 0928 Crisi finanziaria ed energia. Qualcosa in comune? Pubblicato da Debora Billi alle 10:22 in Peak Oil Quando ho visto questo grafico (cliccatelo per vederlo meglio) sono rimasta un tantino basita. Si tratta di una ricerca svolta da uno dei sempre ottimi contributori di TOD, che esamina l'eventuale legame tra produzione,

Ma la "Obamaeconomics" è il solo modo per uscire dalla crisi? ( da "Blogosfere" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Vale la pena ascoltare la loro voce dissonante rispetto ai cantori della crescita: «Questa crisi, dunque, non è solo finanziaria ma è anche ambientale. Non dimentichiamo che nel Luglio 2008 il prezzo del petrolio superò i 140 dollari al barile, riducendo le aspettative di profitto ed innescando, secondo alcuni, la crisi finanziaria.

Papa: effetti della crisi su fasce deboli servono educatori autorevoli ed esemplari ( da "Repubblica.it" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi" ha detto Benedetto XVI. "Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie.

Fmi: Russia pronta a investire 10 mld dlr in bond ( da "Trend-online" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lo ha dichiarato il ministro delle finanze Alexei Kudrin. L'iniziativa vede l'appoggio del presidente Dmitri Medvedev, che ha detto di augurarsi che tali fondi vengano utilizzati per aiutare quei paesi, anche vicini alla Russia, che 'stanno soffrendo maggiormente per la crisi finanziaria'.

Banche: Moody's taglia rating di Nomura, a Baa2 ( da "Trend-online" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La decisione e' stata motivata dai danni prodotti dalla crisi finanziaria sul bilancio della banca. 'Le sfide per stabilizzare i guadagni continueranno', ha precisato Moody's in un comunicato nel quale sono state messe in luce anche le incertezze circa l'integrazione delle unita' di Lehman Brothers acquisite dalla stessa Nomura.

Non solo l'economia, in crisi i diritti umani ( da "Affari Italiani (Online)" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non solo l'economia, in crisi anche i diritti umani. Il rapporto Giovedí 28.05.2009 15:10 Quest'anno il Rapporto sui diritti globali, giunto alla sua settima edizione, esce nel pieno degli effetti della crisi finanziaria mondiale sulle economie reali di tutti i Paesi del pianeta.

Papa: la crisi pesa su fasce deboli e famiglie servono educatori autorevoli ed esemplari ( da "Repubblica.it" del 28-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi" ha detto. "Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie.

Il Papa sulla crisi: ( da "Corriere.it" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: generale dei vescovi italiani Il Papa sulla crisi: «Ancora grande sofferenza nonostante le misure» Benedetto XVI ha lodato la decisione della Cei di lanciare una colletta per chi ha perso il lavoro CITTÀ DEL VATICANO - «Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi.

Una forte innovazione sconfiggerà la crisi ( da "Alto Adige" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria che, da economista, ha inquadrato nella sua reale portata. Nessun tono disfattista o da scontata Cassandra, ma una riflessione ad ampio spettro - partendo dalla prima crisi petrolifera del'73 - per meglio comprendere i motivi che hanno generato la situazione finanziaria dello scorso autunno e le possibili o probabili "

Ecco i principali appuntamenti ( da "Trentino" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che ha trascorso molti anni ai vertici delle organizzazioni multilaterali e della ricerca accademica sull'economia dello sviluppo, cercherà di rispondere alle seguenti domande: come sarà il mondo dopo la crisi finanziaria che lo sta investendo? E quali regole possono permettere di evitare che si arrivi agli eccessi che l'hanno provocata?

Pdl Arriva Berlusconi Conto alla rovescia per l'arrivo di Silvio Berlusconi: mercoled... ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dalla crisi - ha detto Vietti - non si esce con il protezionismo ma aprendoci ancora di più all'Europa». In platea c'erano, tra gli altri, il presidente dell'Unione industriale Carbonato, e il direttore dell'organizzazione degli industriali, Gherzi, il presidente di Fondazione Crt, Comba, e gli onorevoli Pd, Vernetti e Calgaro.

8) il modello ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il protezionismo 1) I mestieri 7) Il consumo 2) L´azienda 10) La geopolitica 5) L´energia 8) Il modello 9) Il Paese sconfitto "La Cina vincitrice": l´occasione storica "Il tradimento dei risparmi": profitti e previdenza "Voglia di socialismo": vecchi e nuovi modelli "Il protezionismo rispettabile": ecco dove compreremo "Le professioni del futuro"

eutelia: posto in bilico per 35 lavoratori ( da "Tirreno, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ai vertici del colosso delle telecomunicazioni ora alle prese con una crisi finanziaria e di liquidità. L'imperativo è scongiurare che l'azienda mandi a casa i lavoratori, con una raffica di licenziamenti che potrebbe veramente prospettare brutte vacanze per gli impiegati dell'azienda. Sono tanti i bocconi amari che questi ultimi hanno dovuto ingoiare negli ultimi tre anni.

Gerarchia fair value ( da "Italia Oggi" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: indifferibile priorità in seguito alla crisi finanziaria globale: proprio il massiccio uso del fair value nei bilanci dei principali player finanziari è stato dai più considerato (non sempre a ragione) una delle concause del crollo dei mercati.La bozza licenziata ieri, con l'obiettivo di stimolare i commenti della comunità bilancistica internazionale entro il 29 settembre 2009,

Collegio sindacale, regole chiare ( da "Italia Oggi" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la recente crisi finanziaria mondiale ha messo a nudo tutti i limiti dell'attuale sistema economico e finanziario. Un'evidente responsabilità è certamente da attribuire alle disfunzioni conseguenti alla normativa esistente in merito alla governance delle imprese con particolare riferimento all'attività di controllo.

lo spirito - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è ancora chi oggi pensa di risolvere il problema dell´attuale crisi sostituendo i mercati finanziari con potenziali mercati assicurativi, alimentati dagli incontrollati credit defaults swaps, a protezione di macabre scommesse sull´insolvenza. Cioè quei derivati che Warren Buffett ha bollato come "armi finanziarie di distruzione di massa".

Troppo facile sparare sui derivati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: delle dimensioni della cartolarizzazione o dei livelli dell'esposizione con controparti nel mercato Otc. Che cosa salvare e che cosa buttare a mare dei derivati? Sono utili, se usati propriamente. Il mercato dei derivati consente a imprese e società finanziarie di cautelarsi contro il cambio, i tassi, la solvibilità di una controparte.

La cura anti-crisi non è l'inflazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Italia punta molto per il prossimo G-8 sui nuovi «global legal standard» per dare regole ai mercati finanziari. A cosa pensa? In politica non c'è copyright,non c'èl'ufficio brevetti. E comunque nel mondo c'era già, e crescente, la domanda di regole per l'economia. E tuttavia: gennaio 2008, Parigi, seminario con Sarkozy, Merkel e Blair.

Corea, Usa e Seul alzano l'allerta ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: riscontro sui mercati finanziari, dove gli investitori sembrano scommettere sulla mancanza di un serio pericolo di conflitto (tanto che la Borsa di Seul ha guadagnato ieri il 2,2% e il won ha recuperato sul dollaro). «Il Comando delle forze combinate ha alzato le Watch Conditions di un livello, allo stadio 2: la sorveglianza sarà intensificata con più aerei e personale mobilitato »

Alleanza governo-imprese sul biotech ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esposta alla crisi finanziaria e alla carenza di venture capital. Su questo fronte qualche risposta l'ha offerta il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero: «Il Governo sa che su questo settore bisogna investire: da questa crisi usciremo sapendo che le Pmi saranno un fattore di sviluppo a livello mondiale e che il modello italiano va sostenuto con normative e procedure ad hoc»

All'Italia il record dell'euroritenuta 2008 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Essendo stato il 2008 un anno segnato dalla crisi finanziaria e dunque non di grande afflusso di capitali, il primo posto italiano secondo alcuni esperti elvetici deriva dalla forte presenza di capitali italiani sulle obbligazioni, con una minore presenza sulle azioni. L'euroritenuta si applica appunto al reddito fisso e non agli investimenti azionari.

Dal pensiero a ll'azione consapevole ( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria è la fine di un paradigma, la fine di un modello. Tutti discorsi già sentiti a Terra Futura, scritti addirittura nelle sue parole chiave. Sì, lo abbiamo detto e lo diciamo. Ma riflettendoci bene Terra Futura ha già fatto qualcosa di più: ha presentato della alternative, delle buone pratiche che già in questi anni stanno costruendo un altro mondo possibile.

Subprime, Citi patteggia con la Sec ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: legali e con il governo Il conto della crisi si fa ogni giorno più costoso per le traballanti istituzioni finanziarie americane: Citigroup dovrà pagare una penale, ancora da definire, alla Sec per aver nascosto la realtà agli investitori sui famigerati mutui sub- prime. Ennesima tegola per la più grande banca commerciale al mondo travolta in pieno dalla crisi finanziaria ed ennesimo «

Corteo a Rho per gli spazi sociali in città ( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria è diventata crisi dell'economia reale e in questo contesto vengono chiuse aziende e lasciati a casa lavoratori, facendo diventare le aree dismesse (9 milioni di mq nella sola Milano) un ottimo affare per gli speculatori e, quindi, un'occasione per i poteri economici di portare avanti il disegno di città-

L'esplorazione mineraria continua ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria sembra aver però condizionato i progetti in fase avanzata: gli investimenti per questi sono calati ai minimi degli ultimi quattro anni. Inoltre sono solo 11 i piani che, nei sei mesi conclusi ad aprile, sono progrediti a uno stadio avanzato, contro i 18 che sono terminati nello stesso periodo.

Svolta cruciale per la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: evoluzione dei mercati finanziari globali. Nelle settimane precedenti a tale data, le Borse di tutto il mondo si erano avvitate in una corsa al ribasso apparentemente senza fine, provocando ondate di pessimismo sulle sorti del sistema finanziario e delle economie, e rendendo il compito sin troppo facile a chi volesse ogni giorno individuare nuovi motivi di sconforto.

Londra, la città globale che nega la sua crisi ( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è sconcertante questo understatement della crisi, per quanto in puro stile anglosassone. È mai possibile che la massima capitale globale della finanza globale non risenta della crisi finanziaria globale? I prezzi delle case sono scesi di un buon 30%, «ma in fondo sono solo tornati ai livelli sempre molto alti del 2006», ti obiettano.

Crisi e riforme Le Considerazioni di Draghi ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: statistiche sono le quarte Considerazioni di Draghi e le seconde dall'inizio della crisi finanziaria. Anche se sono le prime che affrontano il duro impatto del terremoto dei mercati sull'economia reale, caduta e non solo in Italia in profonda recessione. Ed è da qui, dalla crisi e dalle prospettive di ripresa della crescita, che partiranno le Considerazioni, quest'anno più stringate,

Frenano gli indici, corre A2A ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Frenano gli indici, corre A2A Buzzi-Unicem Su Buzzi-Unicem (-3,17%) hanno pesato le vendite di beneficio In leggero calo, ma nella media europea, le variazioni dei due principali indici di Piazza Affari (che si apprestano ad andare in pensione:

Infineon chiede aiuti statali e cade ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 Il caso a Francoforte Infineon chiede aiuti statali e cade (g.fer.) Reduce dal significativo rialzo di mercoledì (+3,78%), ieri Infineon, società di emiconduttori, ha ceduto il 7,07%, chiudendo alla Borsa di Francoforte a quota 2,17 euro.

Il digitale terrestre spinge Ti Media ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Il digitale terrestre spinge Ti Media (g.fer.) Lo sviluppo futuro del digitale terrestre fa bene a Telecom Italia Media (Ti Media) che ieri a Piazza Affari ha chiuso con un balzo del-- l' 11,17% a 0,1145 euro, nuovo massimo dell'anno, con 7,

Provincia, Progetto Molise ha idee precise ( da "Tempo, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non ancora sconfitta da una preoccupante crisi finanziaria, è bene puntare anche sulla valorizzazione e la promozione della nostra provincia cercando innanzitutto un'utenza più vicina per poi allargarsi all'estero. La società civile del Molise ha bisogno di rinnovamento, nel proseguire comunque i programmi della passata amministrazione Mauro che ha dimostrato la forza del centro-

( da "Avvenire" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: D a mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie.

emergenza ( da "Avvenire" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Gli scandali che hanno causato la crisi finanziaria hanno svelato la forte penetrazione delle cupole nei mercati internazionali». Colpa anche delle frontiere colabrodo: da Varsavia a Lisbona si può andare senza controlli... «E nella lotta non siamo seri»

L'allarme di Costa Le mafie assediano mezzo pianeta ( da "Avvenire" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Gli scandali che hanno causato e circondato la crisi finanziaria hanno svelato la forte penetrazione nei mercati delle mafie. Com'è potuta andare così e per quali ragioni? La crisi finanziaria è stata innanzi tutto di sfiducia, paralizzando quindi i prestiti interbancari e provocato una forte 'illiquidità' delle banche.

Londra, la che nega la sua crisi ( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è sconcertante questo understatement della crisi, per quanto in puro stile anglosassone. È mai possibile che la massima capitale globale della finanza globale non risenta della crisi finanziaria globale? I prezzi delle case sono scesi di un buon 30%, «ma in fondo sono solo tornati ai livelli sempre molto alti del 2006», ti obiettano.

Draghi, allarme disoccupati ( da "Corriere.it" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per la crisi finanziaria in atto anche se «molto resta ancora da fare» per «sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva». Una fiducia che «non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile» ha spiegato il Governatore leggendo le sue Considerazioni finali.

Draghi: riforme e tenuta conti per uscire da crisi ( da "Trend-online" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Malgrado tutto questo il governatore di Bankitalia intravede ''segnali incoraggianti'' per la crisi finanziaria in atto. ''Dalla meta' di marzo - spiega-le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate; le quotazioni di borsa sono tornate su livelli di inizio anno; gli indicatori qualitativi dell'economia reale mostrano un'attenuazione delle spinte recessive''.

Itway chiude il primo semestre dell'esercizio con ricavi pari a 57,7 mln pag.2 ( da "Trend-online" del 29-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a causa della velocità con cui si è manifestata la crisi finanziaria stessa. A questo va aggiunto il ritardo con cui è stato possibile concludere la procedura per la riduzione di circa il 16% del personale, prevista nel piano di razionalizzazione in atto. Tuttavia, a partire dal III° trimestre dell?

Lub e Ca'Foscari partner per svelare i segreti della finanza ( da "Alto Adige" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria poggia anche su queste lacune e su scarse competenze professionali, che con il master proponiamo di colmare». Le lezioni del MiFIN saranno in lingua inglese e si svolgeranno in parte a Bolzano e in parte a Venezia. I docenti saranno professori universitari ma anche esperti del settore nonché visiting professor provenienti da Stati Uniti e Inghilterra.

Le Fs: sull'Eurocity ( da "Alto Adige" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Karl Behmann BOLZANO Crisi mondiale: è colpa di Cina e islamici Vorrei mettere in rilievo due aspetti della attuale crisi finanziaria - economica che mi sembrano trascurati. E' un dato di fatto che la maggior parte del potere finanziario e bancario mondiale è in mano a stati e persone islamiche, indifferenti od ostili all'occidente.

La crisi non ferma l'A22 Utile a quota 63,9 milioni ( da "Alto Adige" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi non ferma l'A22 Utile a quota 63,9 milioni Ma cala il traffico pesante E nei primi mesi 2009 altra diminuzione dell'8% BOLZANO. Una società in salute che, seppur toccata dalla crisi finanziaria che si è riflessa in un calo del volume di traffico negli ultimi mesi dell'anno, ha chiuso il 2008 con risultati ragguardevoli.

L'analisi di Draghi sulla situazione economica del Paese. La sfida del futuro ( da "AmericaOggi Online" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Arrivano segnali di una qualche speranza solo dai mercati finanziari, con una leggera ripresa delle quotazioni. Ma sono gli stessi mercati che hanno amplificato la crisi nata nel luglio del 2007 sulla spinta rovinosa dei mutui subprime made in Usa. Quindi segnali mutevoli, fragili, soggetti a fluttuazioni improvvise.

Costa meno regolarizzare i debiti contributivi ( da "Italia Oggi (Lavoro e Previdenza)" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: PREVIDENZA Di Domenico Comegna Regolarizzare i debiti contributivi costa sempre meno dopo la decisione assunta al consiglio direttivo della Banca centrale europea, in seguito al perdurare della crisi finanziaria. A ricordarlo è l'Inps con la circ. n. 78/2009. Il nuovo valore del Tur (tasso ufficiale di riferimento) [...] Costo Punti per Abbonati: 0 - Costo Punti per Registrati:

Il direttore Rabotti: Â ( da "Tempo, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: innanzitutto alla missione istituzionale del Consorzio Asi ed in secondo luogo alla crisi finanziaria prima e poi a quella industriale che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza di molte aziende. In questa situazione, riescono a fare fronte con maggiore facilità al momento negativo del mercato quelle che innovano i prodotti in termini di funzionalità, affidabilità e qualità».

Nel Golfo la crisi è già finita E Dubai sorride di nuovo ( da "Borsa e Finanza" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: East si accingono a uscire dalla crisi finanziaria prima di tutti. L'Arabia Saudita, la più importante economia del mondo arabo e anche il maggior esportatore di petrolio del globo, torna così ad attrarre gli investitori, a partire dai fondi di Kkr. Intanto Qatar e Abu Dhabi sono tornati a operare sui mercati internazionali, mentre i listini azionari della regione puntano verso l'

Bankitalia. Draghi lancia l'allarme sull'economia italiana. Pil 05%, riforme subito ( da "AmericaOggi Online" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate" e se è vero che "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica" ormai molti previsori nel mondo sono convinti che "la crescita riprenderà nel 2010". - CRESCITA. A questo punto il dilemma è come agganciarla e, per un sistema come il nostro,

Costa meno regolarizzare i debiti contributivi ( da "Italia Oggi" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sempre meno dopo la decisione assunta al consiglio direttivo della Banca centrale europea, in seguito al perdurare della crisi finanziaria. A ricordarlo è l'Inps con la circ. n. 78/2009. Il nuovo valore del Tur (tasso ufficiale di riferimento) passato dall'1,25 all'1% ha efficacia diretta a decorrere dal 13 maggio. La normativa che disciplina la materia, l'articolo 14 della legge n.

Tokyo, balzo dell'industria> ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziari indiani che sono cresciuti di oltre il 3%, beneficiando anche dell'effetto traino dei titoli petroliferi. A spingere verso l'alto le azioni delle compagnie statali sono state le voci sempre più insistenti circa un possibile incremento dei prezzi dei carburanti, reso politicamente praticabile dalla nuova maggioranza di governo e finanziariamente urgente da un deficit fiscale,

Mediobanca arbitro della Roma ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La successiva esplosione della crisi finanziaria ed economica internazionale, che ha determinato la riduzione delle valutazioni degli asset (che, oltre alla As Roma, comprende le attività nello stoccaggio petrolifero e beni immobili), non ha certo aiutato Italpetroli. Il debito, invece, è rimasto immutato.

Riforme e si esce più forti dalla crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mentre i recenti segnali di miglioramento arrivano dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, non ancora da dati economici consolidati. Ciò che è quindi importante scongiurare, ha spiegato il Governatore, è il rischio di una seconda ondata di sfiducia da parte delle aziende, che potrebbe innescarsi di fronte a una caduta dell'occupazione e dei consumi interni.

"SIGNORI PARTECIPANTI... ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Non si ha finora evidenza di una significativa ripresa del protezionismo. I tassi d'interesse ufficiali sono stati ridotti drasticamente in tutte le principali economie. Tra l'ottobre del 2008 e l'inizio di maggio il Consiglio direttivo della BCE ha abbassato il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali di ,25 punti percentuali, fino all'1 per cento,

...NON FALSA SPERANZA, FIDUCIA OLTRE LA CRISI" ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per restituire vigore alle imprese, per riparare i mercati finanziari, per meritare la fiducia dei cittadini. La Banca d'Italia,nel Paese e nelle sedi internazionali, è impegnata nel migliorare il quadro regolamentare e nell'individuare le vulnerabilità e i rischi dell'attività bancaria e finanziaria.

Al via l'aumento di capitale Enel ( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: possibile comunque guardare al passato per trarre qualche utile indicazione: anche nel mezzo della terribile crisi finanziaria mondiale che nei mesi scorsi ha colpito le Borse di tutto il mondo, tra l'inizio della crisi (primi giorni di settembre del 2008) ed il picco di minimo delle quotazioni registrato a fine febbraio 2009, gli azionisti Enel hanno sofferto meno di altri investitori.

ALZARE ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: riflessi del trasferimento della crisi finanziaria sull'economia reale. In questo quadro non è privo di significato che le parole del governatore siano parse stavolta fare affidamento più sulla capacità di tenuta dei territori che sulle virtù della distruzione creativa. Attentissimo a dosare i toni del confronto con il governo, Draghi ha però mandato alla politica un preciso messaggio.

Wolf: ha prevalso la logica politica, arretra l'industria ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Insomma il protezionismo è passato da rischio a realtà? «Lo è diventato con altri mezzi: sussidi, aiuti, interventi. Non più con le barriere doganali». Ma così possono vincere solo i Paesi e i governi più forti. «Non so cosa voglia dire 'vincere'. Non dimentichiamo la sindrome del vincitore: se fai l'offerta più alta,

Il patto del gas tra Germania e Russia e la voluta da Putin ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sarà il primo grande affare tra governi nell'economia del dopo crisi finanziaria. Con un vincitore certo, la Russia di Vladimir Putin, e finanziatori altrettanto certi, la Germania di Angela Merkel e i contribuenti tedeschi. Si entra in un territorio nuovo, dove i muscoli di Stato sostituiscono il mercato.

Al via l'aumento di capitale Enel ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria mondiale che nei mesi scorsi ha colpito le Borse di tutto il mondo, tra l'inizio della crisi (primi giorni di settembre del 2008) ed il picco di minimo delle quotazioni di opzione. Negli anni a venire, al fine di disporre di una struttura finanziaria solida ed equilibrata, che permetta a Enel di mantenere e consolidare il proprio posizionamento strategico sul mercato

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo, ma stiamo toccando con mano i tentativi di andare nella direzione opposta». Così Corrado Passera all'inaugurazione della quarta edizione del Festival dell'Economia («Identità e crisi globale») in corso fino a lunedì a Trento. «Dalla politica, che per definizione è locale ha sostenuto il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo ci saremmo forse aspettati scelte più protezionistiche.

Offerta in opzione agli azionisti ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 3 FATTORI DI RISCHIO CONNESSI ALL'OFFERTA E AGLI STRUMENTI FINANZIARI OFFERTI 3.1 Rischi relativi alla liquidabilità e volatilità delle Azioni 3.2 Rischi connessi all'andamento del mercato dei diritti di opzione 3.3 Effetti diluitivi 3.4 Impegni di garanzia 3.5 Esclusione dei mercati in cui non è promossa l'Offerta 3.>

Enel frena Piazza Affari, bene StM ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Enel frena Piazza Affari, bene StM Le Borse europee fanno un piccolo passo avanti ma Piazza Affari archivia l'ultima seduta della settimana con l'S&P-Mib in calo dell'1,32% e il Mibtel dell'1,09%, chiudendo così in modo un po' inglorioso la loro stagione (

Lagardère interrogato, Eads in calo ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 Il caso a Parigi Lagardère interrogato, Eads in calo (g.fer.) L'inchiesta della magistratura francese scattata dopo i sospetti di insider trading che gravano su 17 tra dirigenti ed ex dirigenti di Eads ha portato ieri all'interrogatorio come testimoni di Arnaud Lagardère,

Tiscali ricapitalizza dopo l'intesa sul debito ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano Tiscali ricapitalizza dopo l'intesa sul debito (g.fer.) C'è l'accordo sul debito ma c'è anche la decisione di aumentare il capitale (l'operazione, per 190 milioni di euro, sarà sottoposta all'assemblea straordinaria a fine giugno).

Lontano Berlusconi, è toccato ai suoi offrire l'interpretazione governativa della relazion... ( da "Unita, L'" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che esistono concreti segnali incoraggianti per la crisi finanziaria in atto». Dimenticando fino a che punto quella crisi stava colpendo il paese, come i numeri e i problemi elencati da Draghi eloquentemente, drammaticamente, dimostravano. Poi ciascuno tirava acqua al proprio mulino: Calderoli a quello del federalismo, Brunetta a quello dei tornelli della pubblica amministrazione,

La passione della mediocrità ( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: QUESTIONE MORALE La passione della mediocrità Bruno Accarino Quando comparvero i primi segni della crisi finanziaria, non pochi osservarono, anche nelle nostre file, che si trattava di un fenomeno né inedito né sconvolgente: bastava sfogliare nei punti opportuni Il capitale di Marx per trovare i profili del sistema creditizio nella sua dipendenza dal modo di produzione dominante.

Draghi: Serve più protezione sociale ( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e dai mercati finanziari. La crisi intanto colpisce durissimo: disoccupati e cassintegrati sono già l'8,5% della forza lavoro, e tale quota «potrebbe salire oltre il 10%». Ciò costituisce un rischio: con meno reddito a disposizione, le famiglie potrebbero ridurre i consumi, e questo porterebbe le imprese a tagliare ulteriormente gli investimenti.

L'India non recede. A Tokyo prezzi giù ( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A conferma che la crisi finanziaria non è chiusa, ieri in Irlanda il governo ha fatto sapere che chiederà alla Commissione europea l'autorizzazione ad iniettare 4 miliardi di euro nel capitale della Anglo Irish Bank che, nazionalizzata lo scorso gennaio, ha accusato una perdita netta di 3,7 miliardi nel semestre al 31 marzo scorso.

Una parola chiave in difesa dell'Occidente ( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria viene metabolizzata in una dimensione biopolitica che a ben vedere altro non è che la straordinaria capacità del capitalismo di reinventarsi per continuare a guidare l'irresponsabile danza della dominazione sul pianeta. Violenza della politica La trasformazione del cittadino in consumatore è dunque la conseguenza necessaria della costruzione del politico come tecnologia.

Pechino cancella la perla uigura sulla Via della Seta ( da "Stampaweb, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di 584 miliardi di dollari in lavori pubblici per combattere la crisi finanziaria globale. Questo piano completerebbe lo smantellamento finora frammentario iniziato qualche decennio fa. Le mura della città, un terrapieno largo sette metri e alto dieci, sono state in larga parte demolite. Negli Anni 80 la città riempì e pavimentò il fossato che la circondava per creare un anello,

Draghi: ( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e dai mercati finanziari. La crisi intanto colpisce durissimo: disoccupati e cassintegrati sono già l'8,5% della forza lavoro, e tale quota «potrebbe salire oltre il 10%». Ciò costituisce un rischio: con meno reddito a disposizione, le famiglie potrebbero ridurre i consumi, e questo porterebbe le imprese a tagliare ulteriormente gli investimenti.

Il Papa a otto nuovi ambasciatori: ( da "Avvenire" del 30-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E in esso il Papa ha affrontato con parola accorate i temi della crisi economico-finanziaria mondiale, crisi che può trasformarsi, per i Paesi ad economia più fragile, in una vera e propria «catastrofe umana ». Le disparità tra Paesi sviluppati e non ha osservato il pontefice «sono aumentate a causa della crisi finanziaria ed economica attuale».

Imprese: i costi delle banche italiane sono i più alti di tutta l'Unione europea ( da "Tribuna di Treviso, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria) a marzo 2009 i tassi di interesse applicati dalle banche italiane, in particolar modo per i prestiti a breve termine, hanno penalizzato le imprese italiane in maniera più pesante rispetto a quelle Europee. «Le aziende italiane - dice Giuseppe Bortolussi segretario degli artigiani - hanno subito dei contraccolpi economici che non hanno eguali tra i principali competitori

C'è "Cocco... comics" un paese tra le nuvole ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: guido quindi non bevo»), di vignette di Davide Rizzi sulla crisi finanziaria e quelle di Emiliano Bruzzone su «Il Palio (degli asini) ridens». Inoltre sono stati coinvolti gli alunni delle scuole medie che esporranno le loro opere grafiche dedicate al mondo del vino. Ingresso libero. Info: 333/75.68.

Torna Rampini e parla del capitalismo irresponsabile ( da "Trentino" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Palazzo Bassetti, sede Btb: «Economie transfrontaliere e crisi finanziaria», con Davide Bassi, Gregorio De Felice, Lorenzo Dellai, Walter Lorenz, Mario Marangoni, Guenther Platter e Karlheinz Toechterle. Ore 16.30. Facoltà Economia: «Stati Uniti ed Europa di fronte alla crisi», collegamento video con Nicholas Bloom.

Lo sviluppo deve mirare a ridurre la disuglianza ( da "Trentino" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Laurent hanno tracciato una strada per uscire dalla crisi nel libro «La nuova ecologia politica. Economia e sviluppo umano». Fitoussi ne ha parlato ieri al Festival: «La crisi finanziaria mondiale, ma anche quella energetica ed alimentare ci riporta al rapporto essenziale che deve esistere tra la ripartizione dei "mezzi di sussistenza" e la ripartizione del "diritto a sussistere"

Numerosi gli ospiti ma affari scarsi ( da "Alto Adige" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di quelle che erano le aspettative vista la perdurante crisi finanziaria internazionale. Economicamente parlando è questo il problema che più preoccupa e che dovrebbe far riflettere le varie categorie «nostrane» che lavorano grazie al turismo ma con prezzi spesso esagerano. Si salvano, per il momento, solo i negozi di generi misti ed in particolare i supermercati dei vari paesi:

epifani: "premier assente spero che non abbia pesato la sua amicizia con putin" - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Infine penso che dovremo rimettere mano alla struttura del debito. Con una discussione a livello internazionale, una volta fissate le nuove regole dei mercati finanziari, per vedere come gestire il peso del debito senza compromettere investimenti e sviluppo e senza far ripartire l´inflazione».

draghi, radiografia di un paese malato - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Forse la crisi mondiale ha toccato il fondo e forse cesserà di sprofondare ulteriormente, ma la risalita "a riveder le stelle" sarà lenta specie in Europa e specie in Italia. 2. Gli effetti negativi della crisi finanziaria non si sono ancora scaricati sull´economia reale.

banca, assemblea con 1.300 soci ( da "Tirreno, Il" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia a livello generale entrando nel merito della crisi finanziaria. Da qui sono state illustrate le caratteristiche della situazione locale, del territorio Empolese Valdelsa. Sono stati poi descritti dal direttore generale Bosio nel dettaglio i dati del bilancio. Uno per tutti, la crescita della raccolta che aumenta del 17,61% sull'esercizio precedente.

Costo del denaro Le imprese italiane pagano di più ( da "Unita, L'" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria) a marzo 2009 i tassi di interesse applicati dalle banche italiane, in particolar modo per i prestiti a breve termine, hanno penalizzato le imprese italiane in maniera più pesante rispetto a quelle Europee. «Le aziende italiane - dice Giuseppe Bortolussi segretario degli artigiani - hanno subito dei contraccolpi economici che non hanno eguali tra i principali competitori

Belstaff dribbla la stretta con il franchising ( da "Tribuna di Treviso, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: restano i progetti di apertura del capitale a un partner, finanziario o industriale che sia. «Con Vf eravamo a un buon punto, la trattativa sarebbe andata in porto se non ci fosse stata la crisi finanziaria iniziata con il tracollo di Lehman Brothers - dice Malenotti - ma ora restiamo in attesa, possiamo ancora andare avanti con le nostre gambe.

Ma in Italia il denaro costa di più ( da "Arena, L'" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: inizio della fase più acuta della crisi finanziaria, fino a marzo 2009. La Cgia ha ipotizzato che l'esposizione bancaria delle imprese italianenel periodo preso in esame, pari a 952 miliardi di euro, sia la stessa in tutti i Paesi dell'Europa dei 15, e ha poi confrontato i costi per le imprese a seguito del tasso di interesse medio applicato in ciascun Paese.

Crisi finanziaria: energia e denaro sono infiniti? ( da "Blogosfere" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mag 0931 Crisi finanziaria: energia e denaro sono infiniti? Pubblicato da Eleonora Bianchini, Blogosfere Staff alle 07:00 in Tendenze & Scenari Di Debora Billi Quando ho visto questo grafico, scrive Debora Billi su Petrolio, sono rimasta un tantino basita.

L'ambiente non si salva a colpi di riunioni e summit ministeriali ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I temi in agenda nei "bigG" sono vari: crisi finanziaria globale, recessione dell'economia reale, incremento della disoccupazione, povertà nel Terzo mondo, soprattutto in Africa, ambiente/energia. L'analisi presente fa il punto sull'ultimo tema, aggiornando i precedenti approfondimenti pubblicati da L'Unione Sarda da due anni e mezzo circa.

Franceschini: basta promesse vane, non siamo tonti ( da "Avvenire" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Francia ha 40 multinazionali e il governo sta attuando protezionismo e aiuti nei loro confronti. Noi ne abbiamo cinque e certo non riusciremo a costruire le prossime 35 in qualche mese. Dobbiamo proteggere i quattro milioni di piccole e medie imprese che abbiamo ». Chi non rinuncia ad attaccare frontalmente Berlusconi sulle questioni giudiziarie è Antonio Di Pietro.

Palermo, caos-rifiuti nelle strade Rissa sfiorata in municipio ( da "Repubblica.it" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: opposizione chiede che a pagare siano gli ex amministratori dell'Amia che hanno creato la crisi finanziaria e invitano l'amministrazione a recuperare le somme non versate dagli evasori. Da 10 giorni la città è sommersa dai rifiuti per l'astensione dei lavoratori dell'Amia dal lavoro straordinario causa mancato rinnovo del contratto di servizio tra l'azienda e il comune.

Rifiuti a Palermo, sfiorata rissa in aula ( da "Stampaweb, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: opposizione chiede che a pagare siano gli ex amministratori dell?Amia che hanno creato la crisi finanziaria e invitano l?amministrazione a recuperare le somme non versate dagli evasori. Nell?aula consiliare c?è anche una delegazione di sindacalisti, inviatati a seguire i lavori.

Liberismo IN CADUTA LIBERA ( da "Manifesto, Il" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con il conseguente dirottamento di quote di profitto sui mercati finanziari per assicurare una crescita dei profitti senza accumulazione. Dall'inizio degli anni '80, «La fonte principale delle bolle finanziarie è la crescita tendenziale del profitto non accumulato che risulta essa stessa da un duplice movimento: da una parte, l'arretramento generalizzato dei salari e,

Salza, i Bot e le botti di vino ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mondo del vino è serio e si è sempre tenuto lontano dalla Borsa e dai mercati finanziari troppo volatili e non ha sbagliato». Il nuovo padrino scelto dall'Enoteca Regionale del Barolo ha dimostrato di gradire con convinzione il ruolo di testimonial. «Ho accettato questo riconoscimento perché credo che l'agricoltura dia un senso al lavoro e all'attenzione per il proprio territorio.

"Il mondo del vino resti fuori dalla Borsa" ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mondo del vino è serio e si è sempre tenuto lontano dalla Borsa e dai mercati finanziari troppo volatili e non ha sbagliato». Il nuovo padrino scelto dall'Enoteca Regionale del Barolo ha dimostrato di gradire con convinzione il ruolo di testimonial. «Ho accettato questo riconoscimento perché credo che l'agricoltura dia un senso al lavoro e all'attenzione per il proprio territorio.

Salza: " I Bot? Molto meglio le botti di vino" ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Molto meglio le botti di vino" L'agricoltura dà una lezione alle banche: legarsi al territorio «Lavorare la terra è faticoso ma poi si viene premiati» Il banchiere: "Il mondo del vino è serio e non è andato in Borsa" ROBERTO FIORI I mercati finanziari sono troppo incerti In questi anni la vite ha reso di più ALBA SEGUE DA PAGINA 55

Gli studenti processano gli economisti ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ECONOMIA DI TRENTO UNA GIURIA DI UNIVERSITARI METTE ALL'INDICE I COLPEVOLI DELLA CRISI FINANZIARIA Gli studenti processano gli economisti [FIRMA]STEFANO LEPRI INVIATO A TRENTO Chi sono i colpevoli della crisi finanziaria? Per gli economisti la condanna emessa è stata piuttosto blanda; per chi doveva vigilare sui mercati, e per i politici, è in arrivo un verdetto severo;

L'Euregio: obiettivo valido ( da "Alto Adige" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economie transfrontaliere ed Euregio a confronto con la crisi finanziaria: ne hanno parlato nella sede della banca di Trento e Bolzano, Lorenzo Dellai, l'imprenditore Mario Marangoni, i rettori delle università di Trento e Innsbruck Davide Bassi e Karlheinz Toechterle e Gregorio De Felice, capo dell'ufficio studi di Btb, che ha moderato.

Oggi si chiude con Glaeser, Manning e il Nobel Spence ( da "Trentino" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Facoltà Economia: conferenza di Alberto Giovannini «Crisi finanziaria», introduce Edoardo Gaffeo. Ore 10. Facoltà Sociologia: «Imprese italiane: un modello glocale per vincere la crisi?». Ore 10.30. Castello Buonconsiglio: conferenza di Fabrizio Zilibotti «Come recuperare il terreno perduto». Ore 10.

il federalismo all'italiana - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Tanta concordia fra Stato e regioni si basa sul dogma che il piano-casa aiuti a uscire dalla crisi economica. Ma la crisi finanziaria mondiale è stata innescata dalle perdite (oltre quattro trilioni di dollari secondo il Fmi) subite da banche e agenzie di credito americane per l´eccesso di mutui concessi per star dietro agli eccessi dell´offerta edilizia.

l'appello di vandana shiva "boicottiamo le aziende che distruggono l'ambiente" - (segue dalla copertina) francesca caferri ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: lo scoppio della bolla dei mutui, la crisi finanziaria globale - avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Che il modello di sviluppo cieco, che distrugge tutto intorno a sé, che punta solo al profitto, non funziona. Non funziona più. Eppure questo è il modello di sviluppo che sta distruggendo l´Amazzonia.

Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alla peggiore crisi finanziaria internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale. Obama è certamente fra i critici della deregulation, e il vertice del 15 giugno, negli auspici del premier italiano, potrebbe essere l'occasione per allargare in maniera decisiva il consenso intorno alla proposta di un nuovo codice.

Economisti messi al processo di studenti e professori ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sei volte colpevoli per: non aver previsto la crisi finanziaria; non averne compreso subito le conseguenze sull'economia; basarsi su modelli troppo astratti e matematizzati; esser risultati «negligentemente» all'oscuro delle trappole del mercato del credito; essersi astenuti da moniti nei confronti delle istituzioni finanziarie;

1.Dare credito Significa dare fiducia a chi ha necessità. Ovvero, fare banca: quello che da... ( da "Unita, L'" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impressione è che non si voglia davvero cambiare il sistema finanziario. Per questo, assieme alla Cisl presenteremo un appello al G8 per la sua regolamentazione, basato su quattro punti: mercati finanziari, fiscalità, legalità e sostenibilità. LUDOVICA JONA inchieste@unita.it 5 risposte da Fabio Salviato Presidente Banca popolare Etica

Quel voto troppo tiepido per l'Europa ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Oggi i problemi che ci investono coinvolgono l'Europa intera, dalla crisi finanziaria alla pressione dell'immigrazione; così come l'economia di Milano non può crollare senza ripercuotersi su Bologna o su Bari, ogni singolo Stato trascina in parte con sé, nel bene e nel male, tutti gli altri e ne è trascinato.

La sfida di Marchionne. Le scelte di Obama. L'assenza di Berlusconi ( da "AprileOnline.info" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Qualche autorevole osservatore estero dei mercati finanziari sospetta che dietro a questa "estrema prudenza" del governo italiano, ci sia anche l'amicizia tra Putin, Berlusconi e Schroeder, da una parte, e, dall'altra, "l'invidia" del nostro premier nei confronti del successo americano della FIAT, presieduta dal più giovane Luca Cordero di Montezemolo,

I fondi immobiliari italiani battono i "Reits" ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: facendo sprofondare il pianeta nella più grande crisi finanziaria ed economica mai vista dopo quella del 1929. I fondi immobiliari italiani, in questo frangente, hanno resistito meglio di tutti gli strumenti che, come i Reits (ne esistono di diverse tipologie ma ogni paese segue delle regole proprie) sono delle società immobiliari quotate.

L'Euribor cala ma le banche "ritoccano" lo spread ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esplosione della crisi finanziaria ha, infatti, travolto l?Euribor. Basti pensare che se a fine settembre dello scorso anno l?indice a 1 mese/365 quotava 5,12%, mentre attualmente è sotto la soglia dell?1% fissata dalla Bce per il tasso di riferimento. Tuttavia, proprio nel periodo in cui l?

Addio al boom, ora l'edilizia segna il passo costruzioni in calo e occupazione a rischio ( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: associazione nazionale dei costruttori edili: «La crisi economica e finanziaria globale, esplosa in tutta la sua gravità nella seconda metà del 2008, sta determinando significative ripercussioni anche sul comparto edilizio, colonna portante del sistema produttivo nazionale». Un concetto che trova la sua concretezza nei numeri del settore: «Le stime dell?

09:26 RIFIUTI: PALERMO SOFFOCA NEL PATTUME, 50 ROGHI DI CASSONETTI ( da "Agi" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'Amia e' infatti in grave crisi finanziaria e presenta un deficit di 150 milioni di euro benche' l'anno scorso l'amministrazione comunale guidata dal sindaco del Pdl Diego Cammarata abbia raddoppiato la Tarsu. Dopo l'aumento del 100%, a pochi mesi di distanza il Comune vuole incrementare la tariffa di un ulteriore 35%.

Vertice sull'emergenza rifiuti ( da "Stampaweb, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in grave crisi finanziaria e presenta un deficit di 150 milioni di euro benchè l?anno scorso l?amministrazione comunale guidata dal sindaco del Pdl Diego Cammarata abbia raddoppiato la Tarsu. In consiglio comunale ieri il dibattito è quasi finito in ressa, con le opposizioni decisamente contrarie ad un ulteriore rincaro Tarsu del 35%

Il Times: "Cade la maschera del clown" Libération: "Lo scandalo è alle calcagna" ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che è confrontata dalla crisi finanziaria globale. Non sono soltanto gli elettori italiani a domandarsi cosa sta succedendo. Se lo chiedono anche i perplessi alleati dell'Italia". Il Times pubblica anche una lunga corrispondenza dall'Italia, intitolata "Berlusconi blocca la pubblicazione di foto di giovani donne in bikini a un party nella sua villa"

Napolitano: "Serve più coesione" ( da "AprileOnline.info" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: soprattutto dinanzi alla crisi finanziaria ed economica e alle tensioni che attraversano il mondo. Ma 'più coesione sociale e nazionale' sono indispensabili anche per 'prendere finalmente la strada delle riforme necessarie al paese e al suo sviluppo'. Lo afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio in occasione della Festa nazionale della Repubblica del 2 giugno.

Quando si fermerà la caduta del dollaro? ( da "Trend-online" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anno di crisi finanziaria con una forza importante, tale da portare il cambio euro dollaro dai massimi a 1,60 fino a 1,24, sta pian piano perdendo considerazione. Le vendite, che l?hanno caratterizzato negli ultimi due mesi, hanno minato la rinnovata fiducia in quella che rimane, ad oggi, l?

Il Times: "Cade la maschera del clown" E la Faz lo paragona al padre degli dei ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che è confrontata dalla crisi finanziaria globale. Non sono soltanto gli elettori italiani a domandarsi cosa sta succedendo. Se lo chiedono anche i perplessi alleati dell'Italia". Gli altri quotidiani britannici. Il Times pubblica anche una lunga corrispondenza dall'Italia, intitolata "Berlusconi blocca la pubblicazione di foto di giovani donne in bikini a un party nella sua villa"


Articoli

Facebook vale 10 miliardi? È solo un'interpretazione e peraltro poco credibile (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Facebook vale 10 miliardi? È solo un'interpretazione e peraltro poco credibile La mossa africana di Vodafone rischia di favorire le sue rivali Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/ Ma come, Facebook vale 10 miliardi di dollari? Forse questa è l'interpretazione che il sito di social networking vorrebbe avallare. Ma è ben poco credibile. Può darsi che questa valutazione rappresenti un obiettivo per Facebook, ma oggi il valore reale dello studentato virtuale creato da Mark Zuckerberg è di gran lunga inferiore. Ciò non significa che la cifra annunciata sia completamente di fantasia. In base alle condizioni rese note martedì, il gruppo russo Digital Sky Technologies, specializzato in investimenti in Internet, starebbe versando 200 milioni di dollari in cambio di una partecipazione dell'1,96%, per un valore totale intorno ai 10 miliardi. Considerando che la società non genererà un flusso di cassa positivo almeno fino all'anno prossimo, il dato appare davvero impressionante. Certo, l'aumento di capitale operato da Facebook 18 mesi fa, a cui avevano contribuito anche Microsoft e il magnate di Hong Kong Li Ka-shing, aveva attribuito alla società un valore di 15 miliardi di dollari. Tenendo conto però della recente traiettoria dei mercati finanziari, il prezzo versato da Dst sembra ancora più caro. Le azioni dei giganti Microsoft e Google sono scese di circa il 45% dal novembre 2007. Ipotizzando un calo analogo per Facebook, DST starebbe pagando un premio del 20% rispetto al prezzo di ingresso di Microsoft. In ogni caso, per i normali investitori queste cifre sono ingannevoli. La società non ha venduto azioni ordinarie a Dst. Ha venduto azioni privilegiate. Facebook non ha rivelato i dettagli, ma queste azioni conferiscono diritti e privilegi speciali - e per questo valgono di più. Perciò, se la valutazione cui ambiscono Facebook e DST è di 10 miliardi di dollari, non è detto che rifletta il valore reale della società in questo momento. Dst si è anche impegnata ad acquistare azioni detenute dai dipendenti di Facebook per un controvalore di 100 milioni. Il prezzo di questi titoli fornirà un'indicazione più realistica del valore attuale di Facebook di quanto non appaia dai comunicati stampa. \ Con il contributo delVodafone ha spianato la strada al matrimonio tra due delle sue concorrenti principali. Il gigante della telefonia mobile inglese non intendeva certo favorire il legame tra Bharti Airtel e Mtn quando, nelle scorse settimane, ha superato gli ostacoli politici che si frapponevano all'aumento della partecipazione nella sua joint venture sudafricana. Probabilmente, però, il risultato sarà proprio questo. Non è una coincidenza che le rivali di Vodafone, che l'anno scorso avevano interrotto le trattative, stiano di nuovo tessendo le fila di un accordo. La vittoria legale di Vodafone ha stabilito un precedente che renderà più semplice, per Bharti, acquisire una quota del 49% e assumere il controllo effettivo della sudafricana Mtn. Certo, l'orgoglioso governo sudafricano non vedrà di buon occhio il passaggio in mani straniere di un secondo operatore mobile nazionale nell'arco di pochi mesi. L'operazione di Vodafone, le cui trattative si sono protratte per un anno, è stata sul punto di andare a rotoli proprio quattro giorni dopo l'insediamento del nuovo governo sudafricano di Jacob Zuma. Le autorità, che inizialmente avevano approvato la proposta di Vodafone di aumentare la partecipazione in Vodacom dal 50% al 65%, hanno ceduto alle pressioni dei sindacati e cercato di rivedere l'accordo. Vodafone è riuscita a far valere le sue ragioni in tribunale, ribaltando l'improvviso voltafaccia delle autorità. Esiste senz'altro il rischio che Zuma assuma un atteggiamento più risoluto nei confronti di Mtn. Per altri versi, però, l'accordo tra Mtn e Bharti potrà risultare più semplice rispetto a quello di Vodacom. In primo luogo, il governo non detiene partecipazioni in Mtn, mentre era uno dei principali Azionisti di Vodacom. Secondariamente, la proposta di Bharti prevede solo l'acquisizione di una quota del 49%, benché gli accordi collaterali siano strutturati in modo da conferire al gruppo indiano il controllo effettivo. Infine, i sindacati che hanno combattuto così duramente Vodafone non sembrano granché preoccupati della mossa di Bharti. Paradossalmente, il successo di Vodafone potrebbe rendere più semplice il matrimonio delle sue rivali. \ (Traduzioni a cura del Gruppo Logos)

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Fopadiva, in mille cambiano idea (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

PREVIDENZA.FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE Fopadiva, in mille cambiano idea «Scelte motivate dall'incertezza che continua a esserci nei mercati» Sono mille gli iscritti che in questi ultimi mesi hanno deciso di trasferire la propria posizione in Fopadiva passando dal comparto prudente a quello garantito. E' uno dei dati emersi durante la prima riunione del nuovo consiglio di amministrazione del Fondo pensione complementare istituito in Valle d'Aosta. Gli effetti delle turbolenze finanziarie ed economiche si fanno sentire anche sulle scelte fatte riguardo alla «seconda gamba» del sistema previdenziale. I nuovi amministratori del fondo hanno esaminato la situazione della nuova gestione «multicomparto», passaggio che si è concluso ad aprile di quest'anno. «Per il comparto prudente - dice il neo presidente Walter Lillaz - il rendimento netto positivo nel 2009 è pari al 2,906 per cento. La quota è tornata a livello di maggio 2008, recuperando gran parte del significativo calo che si era manifestato durante lo scorso anno, a causa della grave crisi economica che ha coinvolto anche i mercati finanziari di riferimento». Lillaz spiega inoltre che di questa «risalita» hanno beneficiato «anche i mille aderenti che hanno trasferito la propria posizione individuale dal comparto prudente al comparto garantito, con il valore delle quote al 30 aprile 2009». Resta il fatto che bisogna rimanere vigili. «Gli amministratori Fopadiva - dice ancora Lillaz - hanno rilevato che, tenuto conto del permanere di una situazione di estrema incertezza sui mercati, è necessario e opportuno continuare a monitorare e verificare con estrema attenzione l'andamento della gestione delle risorse finanziarie del fondo». Non solo. Aggiunge Lillaz: «Bisogna valutare la situazione e le prospettive generali dei mercati. Tenendo conto che il rendimento di un fondo pensione è da valutare nel medio e lungo periodo, in considerazione delle sue finalità previdenziali e non speculative». Il comparto garantito nel 2009 ha registrato un rendimento netto positivo di 1,598 per cento. Fopadiva può contare su circa 6400 associati, pubblici e privati, e su 330 datori di lavoro. L'attivo netto per le prestazioni è di circa 70 milioni di euro. L'assemblea dei delegati è formata da 60 componenti, 30 eletti dai lavoratori, altrettanti dagli imprenditori. Il Consiglio di amministrazione ha nominato presidente e vice, che sulla base del principio dell'alternanza in questo mandato spettano rispettivamente ai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Oltre al presidente Lillaz, come vice è stata nominata Luigina Borney, che era già componente del Cda. In consiglio di amministrazione siedono Ornella Badery, Enrico Di Martino, Marco Lucat e Pierre Noussan per i datori di lavoro e Massimo Balestra, Jean-Pierre Guichardaz, Mariandrea Nardo e Lucio Aldo Risini in rappresentanza dei lavoratori. Gli amministratori Fopadiva stanno lavorando a un terzo comparto, definito dinamico, pensato per i più giovani che hanno ancora molti anni davanti a loro prima della pensione.

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Dagli istituzionali feeling azionario (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Mercati e Finanza data: 28/05/2009 - pag: 39 autore: di Giovanni Legorano Secondo società di consulenza bfinance Dagli istituzionali feeling azionario Gli investitori istituzionali tornano a reinvestire sul mercato azionario. È quanto emerge dall'ultima indagine sull'asset allocation strategica dei fondi pensione e delle compagnie di assicurazione in Europa e Nord America, realizzata da bfinance, società di consulenza costituita nel 1999, che si occupa di selezione di fund manager per conto di investitori istituzionali come assicurazioni, fondi pensione, fondazioni bancarie, ecc. Secondo la società di consulenza, il 46% degli intervistati aumenterà l'esposizione sul mercato azionario nel 2009, mentre il 42% diminuirà l'esposizione sul reddito fisso. Tale risultato sarebbe in netta controtendenza con la serie di spostamenti difensivi sul comparto obbligazionario e sul cash avvenuti soprattutto nell'ultimo trimestre del 2008.Spiega David Vafai, a.d. di bfinance: «L'indagine indica un sorprendente cambiamento di opinione da parte degli investitori, con quasi la metà degli intervistati che si aspettano un aumento delle loro esposizioni sul mercato azionario nei prossimi 12 mesi rispetto al solo 19% emerso dall'indagine effettuata lo scorso ottobre. Il risultato sembra suggerire che gli investitori pensano che il peggio della crisi finanziaria sia passato». Dall'indagine emerge anche la propensione a una maggiore diversificazione a favore di asset class alternative. Secondo i dati di bfinance, dal mese di ottobre 2008 il 24% ha aumentato l'esposizione sulle infrastrutture, mentre il 16% quella sul private equity. La stessa tendenza è emersa anche sul comparto delle commodities e su quello immobiliare.Per quanto riguarda l'Italia, secondo Ottavia Sebastiani, direttore business development di bfinance, l'intenzione degli investitori istituzionali «è di reinvestire ciò che giaceva in cash». Inoltre, continua Sebastiani, per quanto riguarda le classi d'investimento alternative, ci sarebbe un maggiore interesse per il real estate, il private equity e le commodities.Migliora infine l'atteggiamento degli investitori istituzionali nei confronti delle strategie di active management rispetto alla fine del 2008. Infatti, malgrado il 24% abbia indicato di voler ridurre questo tipo di allocation, l'indagine precedente aveva ravvisato quest'intenzione nel 41% degli intervistati. Vafai sottolinea che «quest'ulteriore inversione di tendenza è probabilmente il risultato dei recenti rally dei mercati».

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(sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

stampa «La turbolenza finanziaria che ha colpito i maggiori paesi avanzati ha interrotto un lungo periodo di crescita, bassa inflazione, credito abbondante. di RICCARDO RICCARDI È presto per dire se è terminata». Così si era espresso il Governatore Draghi nelle Considerazioni finali il 31 maggio 2008. Il nostro banchiere centrale aveva, ancora aggiunto «ed è presto per valutare pienamente le conseguenze sulla economia reale: molto dipenderà dalle dimensioni e dalla rapidità del processo di ricapitalizzazione in corso presso le maggiori istituzioni finanziarie mondiali». È passato un anno, siamo curiosi di conoscere ora il pensiero di Draghi, che domani davanti a un pubblico di banchieri, industriali, economisti leggerà le sue considerazioni finali. L'appuntamento di Bankitalia è stato sempre un avvenimento stimolante che apre un grande dibattito con interpretazioni varie a seconda di come si vuole percepire il pensiero del capo della prestigiosa istituzione. Bisognerà vedere quale sarà il suo atteggiamento nei confronti del nostro sistema bancario. Il ministro Tremonti in merito alla scarsità del credito che le banche concederebbero alle imprese si è chiesto se è il cavallo che non beve o se qualcuno ha chiuso il rubinetto. Ha poi ammonito gli istituti creditizi a praticare condizioni più basse in linea con quelle europee. Attendiamo il Governatore. Che si soffermerà sull'impennata dei crediti deteriorati che derivano da mancati rimborsi di rate di prestiti ovvero da un utilizzo non corretto degli affidamenti ricevuti. Nel senso che si va oltre il limite di fido concesso determinando quelli, che, in termine tecnico, vengono definiti sconfinamenti e che generano la crisi finanziaria dell'utente. Sul fronte dei tassi l'argomento è a più facce. Tassi sui prestiti e remunerazione del risparmio. Con un terzo invitato, l'inflazione. I tassi salgono quando i prezzi aumentano e si crea inflazione. Diminuiscono quando c'è abbondanza di denaro e si è in presenza di ristagno della economia. Oggi i tassi di interesse sono bassi anche per il massiccio intervento dei governi che, iniettando liquidità, hanno salvato il sistema finanziario dal collasso che avrebbe mandato all'aria tutta l'economia mondiale. Di qui i tassi a buon mercato per favorire la ripresa. Ma il tasso basso, che è favorevole all'indebitamento statale, non remunera il risparmio, che soprattutto in Italia si sente mortificato. L'argomento non è da poco. Attendiamo il pensiero di Draghi.

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Il caso Fiat e l'economia del futuro. Il nuovo capitalismo (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il caso Fiat e l'economia del futuro. Il nuovo capitalismo di Emilio Manuelli 28-05-2009 Sarà un altro capitalismo quello che uscirà (ma non sappiamo quando) dalla crisi esplosa nell'agosto del 2007. Non sembra, ma fra poche settimane "celebreremo" due anni di recessione, forse la più dura dell'era moderna, dal momento che il confronto con quella pur tragica del 1929 regge assai poco, stante le diverse dimensioni dei mercati e dell'economia mondiale. Due anni che ci hanno insegnato molte cose utili per il futuro e fatto capire che molte altre non potranno ripetersi. È finita per sempre l'epoca dello yuppismo che ha caratterizzato gli anni d'oro dei mercati finanziari, l'era dei guadagni facili e delle grandi speculazioni ai danni della massa inconsapevole dei piccoli azionisti. È finita, crediamo per sempre, l'epoca della finanza allegra, quella dei prodotti incomprensibili ai più, seppellita definitivamente dall'indignazione dei risparmiatori e dei governi, spesso consapevoli complici di operazioni poco trasparenti. Arriverà una calvinistica stagione - forse già con il prossimo G8 ospitato dall'Italia - di regole e regolette, esattamente l'opposto, e siamo alla prima grande novità del nuovo mondo post 2009, del vasto processo di deregulation avviato nel mondo occidentale sul finire degli anni '90. Un ritorno al passato, quando tutte le attività economiche organizzate avevano un contrappeso fatto di enti preposti al controllo e di rigide impalcature regolatorie. Il castello ha cominciato a subire le prime crepe e poi a crollare rovinosamente con la vicenda dei mutui subprime americani quando ormai da qualche anno i protagonisti della scena finanziaria avevano immesso sul mercato nuovi prodotti e implementato nuove attività. Insomma le regole c'erano, ma non erano più adatte a governare il nuovo che nel frattempo era stato messo in circolazione in un mercato ormai divenuto globalizzato. Nel giro di pochi mesi avremo la nuova impalcatura, ma l'innovazione finanziaria non si fermerà: la lezione di questi anni ci ha insegnato che dovremo avere istituzioni di controllo flessibili, pronte al cambiamento per evitare un nuovo inevitabile crac. Un altro fondamentale insegnamento ci arriva dalla vicenda di questi giorni che caratterizza il futuro dell'industria automobilistica mondiale. Un'insipiente conduzione gestionale dei grandi gruppi multinazionali, a partire dalle tre grandi sorelle americane (Ford, General motors, Chrysler), ha portato al tracollo del settore in tutto il mondo: sono stati necessari ingenti interventi finanziari da parte dei governi sotto forma di ingresso nel capitale societario o attraversi incentivi al mercato di riferimento (è l'esempio italiano) per tenere in piedi le aziende in difficoltà. È questo va avanti da molti anni, fino al de profundis di queste settimane dopo che alla crisi commerciale e industriale si è aggiunta quella finanziaria. È in questo scenario che la cenerentola Fiat diventa protagonista, soprattutto grazie all'intraprendenza un po' guascona del suo leader Sergio Marchionne e dell'insperato sostegno di Barack Obama. Vedremo come finirà la puntata europea del giocatore Marchionne. Fra poche ore probabilmente conosceremo come andrà a finire la sua offerta per Opel, se il governo tedesco accetterà il suo rilancio al tavolo che vede in competizione altri giocatori. Ma comunque andrà a finire sarà un altro passo verso l'avverarsi della profezia dell'Avvocato Agnelli, che in tempi non sospetti ipotizzò la concentrazione del mercato mondiale in poche mani, cinque-sei aziende al massimo. Eppure erano gli anni, certo ricorderete, in cui impazzava lo slogan "piccolo è bello". E noi, con un sistema fatto al 90% di piccole e medie imprese, ci gonfiavamo il petto. La Grande Crisi ci ha insegnato però che a questo punto la ricerca di idonee dimensioni diventa una strada inevitabile (e già il nuovo leader Usa si sta muovendo in questo senso). Occorre percorrerla per forza, al di là del settore automobilistico che sta facendo obtorto collo da battistrada. Per ogni sistema industriale diventa indispensabile conseguire quelle dimensioni che possano garantire risparmiose economie di scala, razionamento dei costi e della forza lavoro, aumento del proprio peso contrattuale nei confronti delle istituzioni pubbliche e finanziarie. Non sarà facile, ma non esiste un'alternativa, lo si dovrà fare in fretta a partire da quei settori - pensiamo alle banche europee - che piùhanno subito gli effetti della crisi. Sarà anche per noi una rivoluzione epocale: al di là delle demagogiche e superficiali analisi di alcuni nostri governanti, dobbiamo porci come paese l'obiettivo della crescita dimensionale delle nostre imprese. Non si tratta di sparire, ma di mettere insieme le proprie forze. Dagli Agnelli in giù assistiamo ad una crisi del capitalismo familiare all'italiana: imprese più grandi saranno più forti, in grado di affrontare la concorrenza con un maggiore patrimonio, in grado di accrescere il loro peso nei confronti dei soggetti più forti.

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Usa, Cina e il ping pong planetario (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-28 - pag: 2 autore: Usa, Cina e il ping pong planetario Le merci all'America e i dollari a Pechino: la recessione finirà, ma le disparità resteranno di Barry Eichengreen I libri di storia del futuro, a seconda di dove saranno scritti, sceglieranno due diversi approcci per individuare le responsabilità dell'attuale crisi economica e finanziaria. Uno consisterà nel dare la colpa alla mancanza di regolamentazione, alle politiche monetarie con espansione dell'offerta di moneta allo stesso ritmo dell'inflazione, al tasso di risparmio troppo basso delle famiglie statunitensi. L'altro, promosso da alti funzionari americani di oggi e di ieri, come Alan Greenspan e Ben Bernanke, assegnerà la colpa all'immenso bacino di liquidità generato dai paesi ad alto tasso di risparmio dell'Asia Orientale e del Medio Oriente. Tutta questa liquidità, diranno i sostenitori di questo secondo approccio, da qualche parte doveva finire e la sua destinazione logica era il paese con i mercati finanziari più sviluppati, gli Stati Uniti, dove ha fatto salire i prezzi delle attività fino a livelli insostenibili. C'è un'unica cosa su cui entrambi gli schieramenti concordano: lo squilibrio dei risparmi a livello globale - bassi risparmi negli Stati Uniti e alti risparmi in Cina e in altri mercati emergenti - ha giocato un ruolo chiave nella crisi perché ha consentito agli americani di vivere al di sopra dei propri mezzi e ha incoraggiato finanzieri smaniosi di realizzare profitti con gli abbondanti fondi a disposizione a destinarli a un uso più speculativo. Se c'è una tesi che trova consensi unanimi è l'impossibilità di comprendere la bolla e la crisi senza prendere in considerazione il ruolo degli squilibri globali. Per impedire crisi future simili a questa bisogna dunque risolvere tale problema. Da questo punto di vista i primi segnali sono rassicuranti. Le famiglie americane hanno ricominciato a risparmiare. Il deficit commerciale statunitense è sceso da 60 miliardi di dollari al mese ad appena 27,6 miliardi, secondo i dati più recenti. Basta fare due conti e si capisce che i surplus del resto del mondo devono essersi ridotti di conseguenza. Ma quando le famiglie americane avranno rimesso in piedi i loro conti pensione, potrebbero tornare alle passate abitudini scialacquatrici. Anzi, l'amministrazione Obama e la Federal Reserve stanno facendo tutto il possibile per pompare la spesa degli americani. L'unico motivo per cuiil deficit commerciale Usa è in calo è che il paese è ancora in preda a una grave recessione, e questo parallelamente sta provocando un tracollo dell'importexport a stelle e strisce. Con la ripresa, sia la spesa per i consumi che il deficit della bilancia dei pagamenti potrebbero tornare ai livelli precedenti, e ci ritroveremmo di nuovo con gli Stati Uniti appesantiti da un deficit con l'estero pari al 6% del Pil. Non c'è stato nessun cambiamento dei prezzi relativi e nessun deprezzamento del dollaro di misura tale da indurre a prevedere una modifica permanente dei modelli di spesa e dei modelli di scambi commerciali. Se ci sarà o meno una riduzione permanente degli squilibri globali dipenderà principalmente da decisioni prese al di fuori degli Stati Uniti, in particolare in paesi come la Cina. E un pronostico su queste decisioni dipenderà a sua volta dai motivi che hanno spinto inizialmente gli altri paesi a tenere in piedi surplus tanto cospicui nella bilancia dei pagamenti. Una delle tesi a questo proposito è che i surplus commerciali di questi paesi hanno rappresentato un corollario delle politiche in favore di una crescita trainata dalle esportazioni, che hanno funzionato ottimamente per molto tempo. I leader cinesi sono comprensibilmente riluttanti ad abbandonare un modello ben collaudato. Non possono ristrutturare la loro economia dall'oggi al domani. Non possono trasferire con uno schiocco di dita gli operai che dipingono giocattoli per bambini a Guangdong a costruire scuole nella Cina occidentale. Hanno bisogno di tempo per costruire una rete di sicurezza sociale che incoraggi le famiglie cinesi a ridurre i loro risparmi precauzionali. Se questo punto di vista è corretto, possiamo aspettarci che gli squilibri globali riemergano una volta finita la recessione, con un riassetto che avverrà solo successivamente e in modo molto lento. L'altro punto di vista è che la Cina ha contribuito agli squilibri globali non tramite l'esportazione di prodotti, ma tramite l'esportazione di capitali. Quello che mancava alla Cina non era la domanda di beni di consumo ma l'offerta di asset finanziari di alta qualità, e questi asset li ha trovati negli Stati Uniti, soprattutto sotto forma di buoni del Tesoro e altri titoli pubblici, spingendo a sua volta altri investitori a investimenti più speculativi. Gli eventi recenti hanno fatto perdere credibilità agli Usa come fornitori di asset di alta qualità. E la Cina, da parte sua, continuerà a sviluppare i propri mercati finanziari e la propria capacità di generare attività finanziarie di alta qualità sul mercato interno. Ma ci vorrà del tempo. E nel frattempo gli Stati Uniti hanno i mercati finanziari più liquidi del pianeta. Anche questa interpretazione implica un riaffioramento degli squilibri globali una volta terminata la recessione, con una correzione molto graduale in un secondo momento. Uno sviluppo che potrebbe modificare questa previsione si verificherà se la Cina arriverà a considerare l'investimento in attività finanziarie statunitensi come un'impresa in perdita. I deficit di bilancio americani potrebbero, in un futuro non remoto, suscitare timori di perdite sui titoli pubblici Usa. Una politica che miri di fatto a sgonfiare il debito usando l'inflazione potrebbe alimentare ulteriormente queste paure. A quel punto la Cina toglierebbe il tappo, il dollaro precipiterebbe e la Fed sarebbe costretta ad alzare i tassi di interesse, facendo ripiombare gli Stati Uniti nella recessione. Ci sono due speranze per evitare questo esito disastroso. Una è fare affidamento sulla disponibilità cinese a stabilizzare gli Stati Uniti e l'economia mondiale. L'altra è che l'amministrazione Obama e la Fed forniscano dettagli sulle misure che prenderanno per eliminare il deficit di bilancio ed evitare l'inflazione una volta terminata la recessione. La seconda opzione è chiaramente preferibile. Dopo tutto, è sempre meglio avere il controllo sul proprio destino. L'autore insegna economia e politologia all'Università di Berkeley Copyright: Project Syndicate, 2009 (Traduzioni di Fabio Galimberti) LA SPERANZA Obama e la Fed forniscano dettagli sulle misure che prenderanno per eliminare il deficit di bilancio ed evitare l'inflazione dopo la recessione America, che passione. Una giovane cinese posa tra due immagini della bambola Barbie in un megastore di Shanghai IMAGINECHINA

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Moody's: outlook negativo anche per le banche italiane (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-28 - pag: 3 autore: Moody's: outlook negativo anche per le banche italiane Alessandro Graziani MILANO. L'agenzia internazionale Moody's rivede al ribasso le prospettive del settore bancario italiano. La decisione di ridurre l'outlook da stabile a negativo, spiega Moody's, è stata adottata prendendo in considerazione l'impatto della crisi sull'economia reale e il conseguente effetto negativo sulla redditività e qualità degli attivi delle banche italiane. L'outlook negativo «esprime la visione dell'agenzia di rating sulla possibile riduzione delle condizioni creditizie fondamentali dell'industria per i prossimi 12-18 mesi». Il sistema bancario italiano, dunque,è l'ultimo grande settore del credito europeo a ricevere un outlook negativo in questa fase di crisi, allineandosi alle prospettive delle banche degli altri Paesi. Un adeguamento che è la conseguenza dell'evoluzione della crisi da finanziaria a economica. «Inizialmente il sistema italiano si era dimostrato più resistente di quello di altri Paesi grazie alla sua minore esposizione agli asset tossici, all'attività di investment banking e alla raccolta di fondi nel mercato dei capitali – ha commentato da Moody's il vice president-senior analyst Carlo Gori – tuttavia la crisi finanziaria ora si é trasferita nell'economia reale e, come conseguenza, la qualità degli asset e gli indicatori sulla redditività delle banche italiane si sono deteriorati nel 2008 e potrebbero peggiorare ulteriormente nel 2009 e nel 2010». Da segnalare che, sempre secondo Moody's, l'allineamento dell'outlook a quello delle altre banche europee lascia comunque gli istituti italiani in una posizione migliore rispetto alle banche degli altri Paesi. I dati previsionali macroeconomici non sono confortanti (il Pil scenderà del 3,5% nel 2009 e, sempre secondo Moody's, la disoccupazione salirà dal 6,7% del 2008 al 9,2% nel 2009 e al 10,7% nel 2010), ma nel complesso le banche risentiranno meno di altri sistemi per la ridotta leva finanziaria di aziende e privati. In particolare,secondo l'analisi di Moody's, la crisi del settore immobiliare in Italia pesa meno che altrove. Il settore delle costruzioni rappresenta solo il 5% del Pil. Nell'ultimo decennio inoltre, il boom degli immo-bili c'è stato (+ 50%) ma in misura sensibilmente inferiore a quanto avvenuto in Spagna e Gran Bretagna (+150%). Inoltre, il debito medio delle famiglie italiane per i mutui è pari al 49% del reddito disponibile, contro il 90% dei Paesi dell'area euro e il 150% di Gran Bretagna e Stati Uniti. Se dall'immobiliare lo sguardo si volge alle imprese, la crisi di fa sentire per il calo della domanda e la riduzione dell'export. Ma anche in questo caso, il debito delle imprese è inferiore (76% del Pil) rispetto alla media delle aziende dell'eurozona (94%).Senza contare che, aggiunge l'analisi di Moody's, rispetto alle ultime crisi del 1993 e del 2002 il basso livello dei tassid'interesse rende meno pesante il costo dell'indebitamento per famiglie e imprese. In generale, la ridotta esposizione alla finanza del sistemaItalia rende tuttora le banche italiane meno vulnerabili dei competitor europei alle conseguenze della crisi. Che comunque si farà sentire, e non poco, sulla redditività. I fattori critici, individuati da Moody's, sono tre: bassa crescita degli impieghi, dovuta sia a una contrazione della domanda che alla maggior cautela da parte degli istituti; riduzione del margine d'interesse, calo sensibile delle commissioni, in particolare di quelle dell'asset management. I FATTORI POSITIVI Per l'agenzia il nostro sistema risentirà però meno di altri: minore la leva finanziaria di aziende e privati e il peso del settore immobiliare

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IL QUADRO GENERALE (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-28 - pag: 3 autore: IL QUADRO GENERALE Asset in peggioramento Secondo Moody's,con la crisi finanziaria che si è trasferita nell'economia reale,la qualità degli asset e gli indicatori sulla redditività delle banche italiane si sono deteriorati nel 2008 e potrebbero peggiorare ancora nel 2009 e nel 2010. I dati macroeconomici Il Pil scenderà del 3,5% nel 2009 e, sempre secondo Moody's,la disoccupazione salirà dal 6,7% del 2008 al 9,2% nel 2009 e al 10,7% nel 2010, ma nel complesso le banche risentiranno meno di altri sistemi per la ridotta leva finanziaria di aziende e privati.

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Pmi, storia della ritirata del credito (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-05-28 - pag: 15 autore: Pmi, storia della ritirata del credito Dall'aprile del 2006 si apre la forbice negli affidamenti fra grandi e piccoli imprenditori di Marco Alfieri e Paolo Bricco A te, sì. A te, no. Non ci sono soltanto le parole pronunciate martedì dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: «Molti dati indicano nelle banche un ritorno alla finanza fine a se stessa: cresce la raccolta, ma non aumentano gli impieghi per le imprese ». Da un grafico della Banca d'Italia spunta infatti la pistola fumante che dimostra il diverso flusso di denaro dalle banche alle aziende, a seconda della dimensione. Un fenomeno che, nelle sue cause più profonde, risalirebbe al Big Bang delle aggregazioni fra colossi, nel biennio 2006-2007. Anche se, oggi, il magmatico mondo dei piccoli è arrivato alla prova della restrizione del credito più robusto e solido finanziariamente di quanto non ci si aspettasse. Depositata la polvere sulle macerie del credito internazionale, il complicato rapporto fra banca e impresa produce anche in Italia una contrapposizione fra i grandi e i piccoli.Un antagonismo spesso silenzioso, ogni tanto esplicito, qualche volta espresso in modi vivaci, se non bruschi. Da una analisi di Via Nazionale su questo tema, così scabroso per il mondo della rappresentanza e della politica, emerge finalmente una certezza. In un contesto generale di notevole liquidità, dall'aprile del 2006i destini di quelli che si recano allo sportello divergono, a seconda della dimensione della loro azienda: smette di crescere la disponibilità a sostenere l'attività di chi ha meno di 20 dipendenti, mentre viene finanziata a piene mani quella delle aziende più strutturate. Il grafico è abbastanza impressionante: dal gennaio 2004 all'aprile 2006, tutto si svolge normalmente, senza una grande differenza fra piccoli e grandi. Perfino nell'estate del 2005,quella dell'assalto al cielo delle cooperative, degli immobiliaristi e dei new comers in-teressati a Bnl, ad Antonveneta e a Rcs, il sismografo di Via Nazionale non rileva alcuna divaricazione nel credito bancario concesso agli uni e agli altri: il tasso di crescita sui 12 mesi procede senza scossoni variando fra il 5 e l'8 per cento. Ancora nell'aprile di tre anni fa,il valore per tutte le aziende si attesta intorno al 7 per cento. Il tasso di crescita per i piccoli resta costante iniziando poi, alla fine del 2007, una lenta discesa che, a gennaio di quest'anno, in piena crisi finanziaria internazionale, si sarebbe trasformata in un vera e propria restrizione del credito: un +1% nominale che l'inflazione reale si mangia senza troppi problemi, ponendo le basi per un vero credit crunch. «Tuttavia puntualizza Pietro Modiano, ex direttore generale della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo- fra 2006 e 2008 nessuno ha mai negato i fidi ai piccoli. Piuttosto, molti di loro si sono autofinanziati. Non dimentichiamoci che quella è stata la stagione in cui le aziende hanno raccolto i frutti della ristrutturazione post-euro: nei casi migliori, hanno potuto anche evitare di venire in banca ». Nel grafico della Banca d'Italia, emerge plasticamente nella curva superiore la bolla composta dall'immobiliare,dal private equity e dalle operazioni a debito dei grandi gruppi: «Nella linea inferiore, quasi piatta, c'è invece la persistenza della virtù italiana dei piccoli », chiosa Modiano. Secondo una elaborazione della Banca d'Italia sui dati della Centrale dei bilanci, per quanto limitata al manifatturiero, fra 1999 e 2006 il leverage è non a caso calato per le aziende a bassa intensità tecnologica dal 56,5 al 51,6%, in quelle a medio- bassa dal 52,2 al 49,5%, in quelle a medioalta dal 51,8 al 44,7%, in quelle ad alta intensità tecnologica da 49,6 al 43,2 per cento. Il debito così si è ridotto. Proprio mentre di denaro, nelle banche, ce n'era molto. «Dunque - ragiona il banchiere, oggi alla guida della Carlo Tassara- le imprese piccole sono arrivate al 2006 con una fisiologia finanziaria sana e migliorata rispetto agli anni prima. Non tutte, ma molte hanno guadagnato bene: per questo non hanno avuto bisogno di chiedere più soldi in una stagione in cui l'offerta di credito è stata abbondante e a spread molto bassi. Cosa diversa è quello che succederà adesso, con la crisi economica che congela gli affari. Difficile prevedere quanto capiterà nei prossimi 12- 24 mesi». Qualunque sia la spiegazione per le piccole aziende, per quelle medio-grandi, invece, è stata indubbiamente tutta un'altra cosa.Da un tasso di crescita del 7% registrato nell'aprile 2006 si sale rapidamente fino al picco, toccato nel novembre del 2007, del 15 per cento. Da quel momento,inizia una graduale diminuzione della velocità della crescita che, comunque, per tutti i mesi successivi resta abbondantemente al di sopra del 10 per cento. Per poi tramutarsi in una sorta di atterraggio morbido: a gennaio di quest'anno, mentre le imprese con meno di 20 dipendenti sperimentano una vera e propria restrizione del credito, le altre possono comunque disporre di un tasso di crescita del 7 per cento. Niente male. Nei tre anni che hanno radicalmente cambiato gli equilibri nel rapporto fra banca e impresa, è la stessa industria del credito che ha sperimentato una profonda metamorfosi, atto conclusivo di una modernizzazione iniziata con la riforma della "foresta pietrificata" congegnata da Giuliano Amato nel 1992 e attuata da Antonio Fazio. Dopo l'uscita di scena di quest'ultimo e l'insediamento a Palazzo Koch di Mario Draghi, la moral suasion del nuovo governatore si è indirizzata soprattutto verso le aggregazioni. Il primo invito - «le banche devono concentrarsi» - è formulato da Draghi il 23 febbraio del 2006. è l'inizio: a maggio, salta la fusione Intesa-Capitalia; il 26 agosto è annunciata quella fra Sanpaolo e Intesa e, fra novembre e dicembre, si registra l'aggregazione fra la Banca Lombarda e la Bpu che porta a Ubi. è la stagione del mercato in movimento, che avrà il suo apice nella fusione fra Unicredit e Capitalia, il 17 maggio del 2007, concludendosi l'1 luglio di quell'anno con le nozze fra il Banco Popolare di Verona e Novara e la Banca Popolare Italiana. «Alla fine, la diminuzione della concorrenza - dice l'economista Giovanni Ferri, ex Banca Mondiale ed ex Banca d'Italia - ha comportato una riduzione del potere negoziale delle piccole imprese. Chi prima poteva rivolgersi a due banche, all'improvviso si è ritrovato un solo interlocutore ». Tutto questo lo si capisce analizzando i bollettini statistici della Banca d'Italia, dove si scopre che, dal 2001 al 2008, in media le banche per ogni affidato sono scese da 1,58 a 1,34. Per le imprese che hanno un accordato in banca compreso fra i 250mila e i 500mila euro, si cala da 1,75 a 1,46: «Il che - chiosa Ferri - significa che prima quasi tutte avevano due istituti, adesso molte ne hanno soltanto uno. In futuro, questo potrebbe comportare vantaggi con una relazione più stabile. Oggi ha accresciuto i costi delle imprese». La quota di fido accordata dalla prima banca è in media salita dal 53 al 60 per cento; per le imprese con un accordato fra i 250mila e i 500mila euro, è cresciuta da un già consistente 76 all'84%: i piccoli, dunque, sono tenuti per la collottola dalla banca di riferimento. Per loro, dal 2005 al 2008, l'accordato è cresciuto del 5%, mentre l'utilizzato è aumentato dell' 8%:gli istituti,che sull'accordato non incassano alcuna commissione, con loro si rivelano abbastanza parsimoniosi e tengono la mano chiusa. Tutto questo, peraltro, non ha comportato particolari miglioramenti negli assetti interni: «Le ultime aggregazioni, quelle verificatesi fra 2005 e 2008, non sembrano avere prodotto particolari guadagni di efficienza», afferma Ferri. Eros Compagnoni, 48 anni di Treviglio, ha un'azienda di 14 dipendenti che fa mobili d'arte dal 1954. Aveva cominciato suo padre. La tipica azienda familiare lombarda a tutto export (che vale il 70% su 2 milioni di fatturato), tra Russia, Ucraina e Paesi arabi. Una impresa sana e conosciuta sul territorio. Eppure i problemi con le banche non mancano. «Qualcosa si è rotto in coincidenza con la stagione delle grandi fusioni - sottolinea Compagnoni -. Agli Zunino e ai Coppola davano 10 in cambio di garanzia 1; per noi la proporzione era 6-7 a 10». Poi, certo, con la crisi i problemi sono deflagrati. «Fino a pagare il 9,75% di interessi sul fido di conto corrente, quasi da usura, nonostante abbia 250mila euro di titoli a garanzia ». Inoltre, «avevo chiesto un'estensione sul fido per 60mila euro per penetrare il mercato cinese dopo i contatti stretti al Salone del mobile, ma niente, anche qui. E lo stesso mi è successo per rifare i cataloghi». Per questo la moral suasion del governo, che spinge le banche a immettere liquidità nel sistema, a Eros Compagnoni sembra più che altro un deside-rata sterile. «L'impressione-dice-è che usino i Tremonti bond per tappare le loro falle, sistemare i ratios e ripatrimonializzarsi. O per prestare i soldi ai soliti grandi gruppi. Noi piccoli, di certo, continuamo a non vederli». Ricapitolando. è come se fossimo nel pieno della terza ondata. La prima è stata quella delle grandi fusioni del credito. Il gigantismo che fagocita i territori, portando le prime fughe dei tanti Eros Compagnoni d'Italia dai grandi istituti. La seconda ondata, invece, è più strategica. La dimensionalità non è indifferente al business, perché spinge a misurarti sui grandi numeri e sui grandi deal.L'introduzione di Basilea- 2 ha poi fatto il resto: «In questo modo le Pmi diventano sempre più interlocutori marginali »,conferma Compagnoni.La terza ondata scoppia con la crisi dei mutui subprime, estate 2007. La crisi di liquidità, le sofferenze sui mutui, lo sboom dei derivati, i crac di Borsa, insomma la cronaca di questi mesi.C'è poi, in questa dinamica, una questione regolamentare in apparenza formale, ma non irrilevante per la sostanza delle cose.Secondo la normativadella Banca d'Italia sui limiti alla concentrazione dei rischi, ciascuna posizione di rischio espressa da una singola impresa affidata va contenuta entro il limite del 25% del patrimonio di vigilanza del gruppo bancario, a livello consolidato. Il risultato è che, nel momento in cui dalla fusione di due banche ne nasce una con un patrimonio di vigilanza più robusto, la grande impresa che prima era cliente soltanto di una vedrà aumentare l'ammontare massimo teorico delle sue linee di credito. Nelle bolla dei grandi, in concreto, si trova di tutto:l'espansione di quanto resta del capitalismo privato novecentesco e delle imprese post- pubbliche,l'edilizia,gli operatori istituzionali. Nell'ultima relazione annuale di Draghi, che cita rilevazioni di Thomson Financial, si evidenzia come le società italiane, nel 2007, l'anno della forbice fra i grandi e i piccoli, abbiano annunciato 634 operazioni di concentrazione per un valore di 114 miliardi, 30 dei quali connessi all'acquisizione di Endesa da parte di Enel. Per citare alcune operazioni, la galassia Zaleski ha assorbito risorse per 5,4 miliardi, Gemina su Aeroporti ha impegnato 1,4 miliardi, Telco ha movimentato 4,1 miliardi. Se invece si consulta il Private Equity Monitor dell'Università di Castellanza (Pem), si constata come, tra il 2006 e il 2008, gli affari siano stati 17. Fra i più significativi, quelli su Grandi Navi Veloci, Fiat Avio, Valentino Fashion Group, Mps Asset Management, Ducati e Marazzi. Il valore complessivo delle transazioni è stato di 16,6 miliardi: 10,5 miliardi di debito, 6,1 miliardi di capitale proprio. Dunque,su 100 euro messi nell'operazione,63 sono state presi a prestito dalle banche. «In un momento di grande liquidità - ammette Roberto Del Giudice, direttore del Pem e capoeconomista dell'Aifi,l'associazione che raduna gli investitori di private equity e di venture capital - per le banche è stato obiettivamente più facile finanziare i grandi gruppi e gli operatori istituzionali che non gli artigiani e i piccoli imprenditori». © RIPRODUZIONE RISERVATA EFFETTI INDESIDERATI Ferri, ex Banca mondiale: «Le aggregazioni avvenute tra il 2005 e il 2008 non hanno portato particolari guadagni di efficienza» PASSATO E PRESENTE Pietro Modiano, presidente della Carlo Tassara: «Nessuno ha mai negato i fidi, molti si sono autofinanziati fino al 2006 ma ora la crisi congela gli affari»

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La Consob egiziana blocca la scalata di France Telecom (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-28 - pag: 37 autore: La contesa su Egyptian Co. La Consob egiziana blocca la scalata di France Telecom L'offerta è «inadeguata». Con questa motivazione l'autorità egiziana sui mercati finanziari ha bocciato l'offerta avanzata da France Telecom ( nella foto il Ceo Didier Lombard) per rilevare la quota rimanente dei servizi mobili del gruppo Egyptian Co. In un comunicato diffuso ieri il gruppo francese ha reso noto che potrebbe abbandonare il progetto di rilevare la quota restante di Egyptian Co per la telefonia mobile. Il gruppo transalpino contesta la decisione della Consob egiziana sostenendo che l'offerta è in linea con l'andamento del mercato: France Telecom ha messo sul piatto 237 sterline egiziane per azione (pari a 42,20 dollari), un prezzo che contiene un premio del 43% sulla media degli ultimi sei mesi. REUTERS

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Deripaska tiene al palo Generali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-28 - pag: 39 autore: Riassetti. Ristrutturato il debito, il magnate blocca il negoziato su Ingosstrakh Deripaska tiene al «palo» Generali Antonella Scott L'operazione Ingosstrakh, aveva detto il 24 aprile scorso il presidente di Assicurazioni Generali Antoine Bernheim, «è più nelle sue mani (di Oleg Deripaska, ndr) che nelle nostre». L'auspicio della compagnia italiana è espandere la propria presenza in Russia, e le trattative con l'oligarca indebolito dalla crisi finanziaria puntavano a rafforzare la quota del 38,46% di Ingosstrakh che Generali detiene dal 2007 insieme al fondo ceco di private equity Ppf Investments. Sembrava che le difficoltà economiche dell'ex businessman più ricco di Russia, che detiene il 61,54% di Ingosstrakh, avrebbero aiutato: «Quando era molto ricco - aveva confidato Bernheim nel corso dell'assemblea di bilancio- non ci rivolgeva la parola, ora invece sì. E forse in futuro ci cercherà lui». Invece, qualcosa è cambiato. I negoziati tra Generali e Basic Element, la holding di Deripaska, sarebbero interrotti. Lo scrive il quotidiano finanziario russo Vedomosti, citando tre fonti vicine a Basel. Secondo una di loro, l'ultima discussione tra le parti sul futuro di Ingosstrakh risale proprio ad aprile. Nel frattempo, Deripaska ha lanciato messaggi rassicuranti sul futuro del proprio impero, malgrado i debiti. L'ultimo è un'intervista di due giorni fa al Wall Street Journal in cui Olga Zinovieva, vice amministratore delegato di Basic Element, si lascia alle spalle il momento peggiore della crisi: un accordo con le banche per la ristrutturazione del debito, considerato imminente, permetterà a Deripaska di mantenere il controllo delle proprie attività principali, ha spiegato la signora Zinovieva. Oltre al futuro di Gaz, impegnata nella sfida Opel, questo dovrebbe garantire Rusal, centro dell'impero, e Ingosstrakh. Secondo Vedomosti, le trattative sono saltate sul prezzo. Interessati ad acquisire il controllo di Ingosstrakh, uno dei principali as-sicuratori russi, gli italiani avevano escluso le cifre avanzate dalla controparte. Nel marzo scorso l'amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto, aveva spiegato che l'intenzione era spendere circa 300 milioni di euro per arrivare a una quota di maggioranza: aggiungendo quindi una partecipazione di almeno il 12 per cento. Ma in aprile l'amministratore delegato di Ingosstrakh Aleksandr Grigorjev aveva fissato a 4-5 miliardi di dollari il valore di Ingosstrakh: «Di fronte a un'offerta di questo tipo Deripaska potrebbe iniziare a pensare di vendere», aveva detto. Alla base dell'impasse, in realtà, non è solo il prezzo. Deripaska non sarebbe più disposto a cedere agli italiani il controllo della compagnia. La chiave della svolta sono i negoziati con le banche che starebbero per ristrutturare i 7,4 miliardi di dollari di debiti di Rusal, primo produttore mondiale di alluminio. Quanto a Gaz, la compagnia automobilistica di Nizhnij Novgorod che ha un debi-to di 1,34 miliardi, all'inizio di aprile Deripaska disse che non finirà in bancarotta «in nessuna circostanza ». Il vicepremier russo Serghej Ivanov lo aveva confermato qualche giorno prima: Gaz non fallirà, disse, perché «dà lavoro a metà Nizhnij Novogorod». © RIPRODUZIONE RISERVATA TRATTATIVA DIFFICILE Non più pressato dal rischio di un crack, il finanziere ha cambiato atteggiamento: ora cerca di spuntare un prezzo più alto

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Crisi, è caccia al colpevole : nel mirino le business school (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-05-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-28 - pag: 39 autore: Leadership. Nei programmi non ci sono corsi sui nodi emersi Crisi, è caccia al «colpevole»: nel mirino le business school Simone Filippetti I tre nodi alla base della crisi finanziaria? Non sono materie degne da business school. Le politiche di remunerazione (con compensi drogati e stock option milionarie per super manager), l'organizzazione e le responsabilità nei board (mentre capita di vedere grandi banche d'affari senza nemmeno un consigliere esperto di finanza) e attenzione per gli azionisti di minoranza non figurano, se non in minima parte, nei corsi di studio degli Mba. Insomma, sono materie sconosciute negli ambiti master in amministrazione aziendale, di tante prestigiose università americane, vivaio della classe manageriale. Dopo la violenta esplosione della crisi, da mesi è iniziata la caccia alle streghe e nessuno è stato risparmiato. A turno come «untori» sono state additate le società di rating, colpevoli di aver dato il bollino verde a titoli tossici.Poi le finanziarie che hanno concesso prestiti troppo facili a famiglie insolventi. O ancora i fondi di private equity per aver gonfiato la bolla speculativa dell'M&A. E infine gli economisti. Ma ora l'interrogativosi sposta alla " fonte": manager spregiudicati e avidi sono anche il frutto delle blasonate (e costose) business school che sono state (e sono tuttora) la fucina di banchieri, finanzieri e manager. I signori Dick Fuld (l'ex ceo della defunta Lehman Brothers), Martin Sullivan (l'uomo che ha portato Aig vicina al crack), Bernie Madoff (l'ex presidente del Nasdaq responsabile della più grande truffa della storia, 50 miliardi di dollari) sono tutti usciti da prestigiosi Mba e percepivano compensi milionari. Quelle stesse scuole dove, si scopre non senza un pizzico di stupore, che quasi nessuno tratta i problemi messi in luce dalla crisi, mentre ci si preoccupa più di insegnare come avere la leadership e acquisire potere. Se il compito del management è gestire ci si aspetta che nel curriculum di ogni Mba ci siano corsi dedicati alla struttura del board, eppure in molte scuole americane di questi insegnamenti non c'è traccia. General Electric si è vista tagliare lo storico rating tripla A per colpa delle difficoltà della divisione Ge Finance, ma nel board del colosso Usa c'è una sola persona esperta di finanza. Ancor più clamoroso il caso di Citigroup, la più grande banca commerciale al mondo pesantemente colpita dalla crisi: c'è voluto lo spettro incombente di una nazionalizzazione per convincere la banca a nominare consiglieri con competenze finanziarie. D'altronde le aziende che vanno a pesca nei vivai degli Mba non danno altrettanti segnali di concretezza. Sul sito di Google si apprende che il colosso informatico cerca «talento e intelligenza, creatività e idealismo ».Goldman Sachs,che rimane la principale banca d'affari al mondo, vuole «persone interessate ai mercati finanzari ». La fiera dell'ovvio. Qualcuno, più furbo, cavalca l'onda d'indignazione popolare contro gli eccessi della finanza: J&J cerca figure con «etica e integrità». E in l'Italia? Il nostro Paese, estraneo da certi eccessi del turbocapitalismo, sembra aver prestato più attenzione a certi temi. Alla Sda Bocconi, l'Mba Fulltime prevede un corso specifico sulla corporate governance. «Da anni abbiamo corsi sull'argomento dove trattiamo anche dei diritti degli azionisti, strutturazione dei board e politiche di remunerazione e sono tenuti da un ex commissario Consob» rivendica Valter Lazzari responsabile Mba Fulltime. Si potrebbe obiettare che un solo modulo in due anni può non essere abbastanza vista la bufera scoppiata proprio a causa della scarsa governance dei mercati. Alla Luiss, afferma Franco Fontana direttore della Business School, «abbiamo corsi che trattano questi temi». «Possiamo avere colpe, ma quella di responsabili della crisi, no» conclude Lazzari. Dalla grande crisi del 2008, intanto, gli alunni degli Mba hanno già imparato una lezione. Visto che banche e industria sono in crisi, i futuri manager puntano ad andare a lavorare nella consulenza e nell'hi-tech. © RIPRODUZIONE RISERVATA BUIO ASSOLUTO Oggi non si trovano scuole che preparino i futuri manager su tematiche quali retribuzioni e stock option o formazione dei board

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Un salvataggio europeo: nove governi in campo Londra difende Vauxhall (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/05/2009 - pag: 2 Il vertice a Bruxelles Un salvataggio europeo: nove governi in campo Londra difende Vauxhall DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES - Domanda posta dal premier belga Herman van Rompuy: ma la partita per il futuro della Opel riguarda solo la Germania, o tutta Europa? Risposta giunta dal presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso: sì, la Opel e ciò che le ruota intorno «è un problema europeo». Cioè: un grattacapo di molti Stati Ue, e non più un problema transatlantico, anche se la casa madre della General Motors resta in America. Traduzione nei fatti della domanda, e anche della risposta: sul «problema europeo» dell'industria automobilistica è stato convocato sui due piedi a Bruxelles un vertice dei ministri dell'Industria e dell'Economia dei Paesi più interessati, una decina in tutto. Si terrà probabilmente domani (i dettagli vengono ancora discussi), e forse parteciperanno anche alcuni dirigenti della General Motors. Non vi sono da attendere decisioni operative a livello comunitario, poiché la competenza nazionale dei singoli Stati fa premio su tutto; e la corsa di ognuno ad aiutare le proprie fabbriche nazionali è ormai scatenata e poco controllabile: come se il protezionismo, cacciato a parole dal cancello principale, tornasse veloce e sicuro sulle quattro ruote, dal cancello del garage. Nell'incontro, vi sarà però uno scambio di informazioni e «segnali», che potrebbe tornare utile a tutti: la Ue è preoccupata per il «dossier disoccupazione» (diecimila posti in meno, se sono vere certe anticipazioni), e per gli ammortizzatori sociali sottoposti in vari Paesi a tensioni sempre più forti. Proprio ieri Lord Peter Mandelson, ministro britannico dell'Industria ed ex commissario Ue al Commercio estero, nonché padre storico del- Il premier belga Herman van Rompuy teme sacrifici negli impianti belgi di Opel per tutelare l'occupazione in Germania

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Maxi-perdite Ubs ma per i manager arrivano gli aumenti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 28/05/2009 - pag: 27 «Senza bonus rischio fuga» Maxi-perdite Ubs ma per i manager arrivano gli aumenti MILANO Rischia di allargarsi ulteriormente il solco che divide Ubs da buona parte dell'establishment politico svizzero, oltre che dall'opinione pubblica. Un mese fa il gruppo bancario era stato aspramente criticato per aver ceduto alle pressioni dell'amministrazione Barack Obama e aver consegnato alle autorità Usa una lista di nomi di cittadini americani con un conto corrente nella Confederazione, rinunciando così a garantirne la riservatezza. Ora, invece, Ubs è tornata nel mirino per aver concesso forti aumenti di stipendio ad alcuni dei suoi investment bankers proprio mentre l'istituto è stato appena salvato dalla bancarotta grazie all'iniezione di fondi pubblici per 6 miliardi franchi (circa 3,9 miliardi di euro). Tanto che ieri il Parlamento elvetico ha rilanciato una mozione per fissare dei «tetti» ai manager del gruppo bancario. Una proposta che per ora è stata bocciata dal governo, ma che sarà comunque discussa in commissione. Dal vertice di Ubs, ieri è però arrivata una secca replica all'ondata di critiche. «Abbiamo il diritto di remunerare il nostro personale a prezzi di mercato ha tagliato corto l'amministratore delegato Oswald Grübel altrimenti rischiamo di perdere i talenti migliori dell'istituto». Dall'inizio della crisi finanziaria mondiale il gruppo ha infatti sofferto un'emorragia di personale d'alto livello. Il concorrente Crédit Suisse, per esempio, ha appena assunto un top manager di Ubs per guidare le sue attività nell'area Asia-Pacifico. Lo stesso Grübel ha ammesso che ad alcuni dirigenti sono stati concessi «aumenti si stipendio eccezionalmente elevati», ma ha spiegato che le remunerazioni di Ubs «in certi settori d'attività erano scese a livelli molto inferiori alla media del mercato». Giancarlo Radice

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Faro di Moody's sulle banche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 28/05/2009 - pag: 29 Credito Duello a Bruxelles sulla nuova vigilanza europea Faro di Moody's sulle banche «Redditività giù nei conti 2009» MILANO Dopo la crisi finanziaria, è l'economia reale a «mordere» i conti delle banche: Moody's ha ridotto «l'outlook » relativo al nostro comparto nazionale da stabile a negativo. La decisione, spiega il vice presidente Carlo Gori, considera l'impatto della crisi sull'economia reale e gli effetti negativi su redditività e qualità degli attivi delle banche italiane nel 2009-2010. A indebolire il nostro settore sarà l'aumento di sofferenze e incagli sui finanziamenti. L'utile prima delle partite straordinarie è atteso in calo di un terzo nel 2009. Gli analisti sottolineano comunque che il sistema italiano è uno dei meno colpiti in Europa dalla crisi dei titoli tossici e che non saranno necessari, nemmeno per il futuro, forti interventi dello Stato a sostegno del sistema oltre ai Tremonti- Bond. Non è fonte di preoccupazione infine l'esposizione di Unicredit e Intesa Sanpaolo nei paesi dell'Est Europa. Per Moody's poi il rallentamento della crescita dei prestiti, già iniziato a fine 2008, «è in linea con gli altri principali paesi europei» ed è attribuibile sia a una minore domanda dalla clientela a causa della recessione sia a una ridotta offerta da parte delle banche, rese più prudenti da costi della raccolta, peggioramento della qualità degli attivi e necessità degli istituti di preservare il capitale: Moody's stima un indice Tier1 medio del 7,6% a fine 2009. Sempre ieri la Commissione europea ha presentato la riforma della supervisione europea, articolata intorno alla proposta del gruppo guidato da Jacques de Larosière di creare due organismi, uno per la supervisione macroeconomica e uno per la vigilanza sulla stabilità finanziaria. La strada è in salita vista la resistenza britannica a cedere sovranità nella vigilanza nazionale, anche se un portavoce britannico ha definito ieri le proposte della Commissione «un punto di partenza per ulteriori discussioni ». «Non c'è tempo per ulteriori rinvii», ha spiegato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, annunciando di puntare all'attuazione del nuovo sistema di vigilanza entro il 2010. Il commissario Ue agli affari monetari ed economici Joaquin Almunia ha definito la proposta di riforma una «svolta fondamentale ». S. Bo.

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Giù Wall Street, in Italia indici piatti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Giù Wall Street, in Italia indici piatti Piazza Affari ha archiviato una nuova seduta positiva, anche se gli indici hanno guadagnato pochissime frazioni di punto (+0,07% l'S&P-Mib, +0,08% il Mibtel). A perdere, invece, è stata Wall Street (-2% il Dow Jones, -1,11% il Nasdaq) dopo l'asta dei titoli del Tesoro quinquennali che ha registrato un'impennata dei rendimenti. A Milano Fondiaria-Sai e Parmalat hanno registrato, insieme con la Banca Popolare di Milano, i progressi maggiori fra le 40 società più capitalizzate del listino. In particolare, la compagnia assicurativa del gruppo Ligresti ha recuperato il 5,13% grazie al giudizio positivo di Deutsche Bank, mentre lo scatto della società alimentare (+4,37%) è legato alle voci di un possibile interessamento da parte del colosso francese Danone. Quanto alla Popolare Milano, il rimbalzo è stato pari al 4,58% e in questo caso il mercato sembra avere premiato le misure di rafforzamento patrimoniale (compresi 500 milioni di Tremonti bond) decise dal vertice dell'istituto. Significativi anche i progressi messi a segno da Bulgari (+2,58%), Buzzi-Unicem (+2,39%) ed Enel (+2%). Tra i valori dell'S&P-Mib in ribasso, si contano sulle dita di una mano quelli che hanno ceduto più di un punto percentuale. La maglia nera va ad Atlantia (-1,92%), penalizzata dalle vendite di beneficio dopo il balzo della vigilia. Seguono Ubi Banca (-1,35%), Mondadori (-1,18%) e Mediolanum (-1,06%). Ancora in leggero ribasso Fiat (-0,5%) in attesa delle decisioni del governo tedesco sulla vicenda Opel. La Consob, infine, ha prorogato fino al 31 luglio il blocco delle vendite allo scoperto. Proroga «scoperto» La Consob ha prorogato al 31 luglio il blocco delle vendite allo scoperto

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Più ricavi per Aveva Group e il titolo vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 Il caso a Londra Più ricavi per Aveva Group e il titolo vola (g.fer.) Il titolo di Aveva Group, società britannica leader nel software per gli impianti di energia, è cresciuto ieri del 10,09%, chiudendo sul listino di Londra a 704 pence. Il balzo arriva all'indomani della diffusione dei dati del bilancio annuale (chiuso il 31 marzo scorso), migliori del previsto. Le vendite sono salite infatti del 29%, toccando quota 164 milioni di sterline. In miglioramento anche l'utile prima delle tasse. Ma ha aiutato anche la giornata positiva del settore delle alte tecnologie, che scommette su una ripresa dell'economia mondiale e sul rinnovo dell'accordo tra Samsung e SanDisk. Richard Longdon ceo di Aveva

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L'ipotesi Danone spinge Parmalat (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 28/05/2009 - pag: 33 Il caso a Milano L'ipotesi Danone spinge Parmalat (g.fer.) Da Parigi arriva una debole smentita («Sono solo fantasie di analisti»), ma l'ipotesi che il colosso francese dell'alimentare Danone guardi a Parmalat è sicuramente credibile. Tanto più che l'aumento di capitale della società transalpina (3 miliardi di euro) corrisponde esattamente alla capitalizzazione raggiunta dall'azienda italiana guidata da Enrico Bondi. È partendo da questa considerazione che ieri Piazza Affari ha puntato i propri riflettori su Parmalat. Il titolo ha segnato un progresso del 4,37% con oltre 35 milioni di pezzi scambiati. E ha toccato, a quota 1,792 euro, il nuovo massimo dell'anno. Enrico Bondi ad di Parmalat

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Il disagio sociale è in crescita ma il sindacato si allontana (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 28/05/2009 - pag: 10 DOPO GLI INCIDENTI DI TORINO Il disagio sociale è in crescita ma il sindacato si allontana di MASSIMO MUCCHETTI K laus Franz, leader del sindacato Ig Metall nel consiglio della Opel, partecipa con autorevolezza riconosciuta dall'establishment tedesco alle decisioni sul futuro della casa automobilistica di Russelsheim. Gli italiani hanno cominciato a sentirne parlare mentre negli Stati Uniti e in Francia manipoli di licenziati e di licenziandi senza guida assediavano le ville dei banchieri di Wall Street e sequestravano manager e capitalisti, sia pure per poco. E mentre a Torino gruppi di operai estremisti della Fiat contestavano con violenza il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini, il più radicale dei sindacalisti, proprio al termine di una manifestazione sul caso Fiat-Opel. Strano paese l'Italia? Meno di quanto appaia, se si considera che nello stesso periodo la Fiom era stata messa in minoranza nell'assemblea della Piaggio di Pontedera, una sua storica roccaforte, dalle moderate Cisl e Uil. La concomitanza di contestazioni di segno opposto apre un serio interrogativo sulla capacità di rappresentanza del sindacalismo di sinistra, al quale, nell'eclisse di Rifondazione comunista, sembrava essere rimasta la funzione di costituzionalizzare, di tenere nei binari della non violenza, la protesta più disperata. La recessione fa emergere un diffuso disagio sociale, che però non si manifesta più nel conflitto sindacale. Nel decennio 1969-1978, le ore di lavoro perse per scioperi furono in media 143 milioni l'anno, con una punta di 302 milioni nell'autunno caldo. Nel decennio 1998-2008, si è scioperato in media per 5,8 milioni di ore ogni 12 mesi. Il sindacato italiano sembra aver sotterrato la sua arma più antica e temuta. Ma senza grandi risultati. Certo, ha contribuito all'ingresso del Paese nell'euro, e tuttavia la dinamica dei salari si è rivelata assai inferiore a quella dei redditi da capitale, lavoro autonomo e funzioni manageriali. La progressiva eclisse del conflitto classico segue profondi mutamenti nell'occupazione e nella struttura dell'impresa. Ancora alla fine degli anni Settanta l'industria assorbiva il 35% dei lavoratori dipendenti. Dopo trent'anni è scesa al 23%. La grande impresa manifatturiera, dove il sindacato aveva il suo storico insediamento, ha ridotto in modo ancor più marcato gli organici. Secondo la Fondazione Tagliacarne, le imprese sopra i 250 addetti hanno ridotto l'occupazione da 1,7 milioni di posti del 1971 ai 952 mila del 2008 e la sua quota dell'occupazione manifatturiera è calata dal 33,5 al 21,3%. La Fiat Mirafiori, a suo tempo il più grande stabilimento del mondo, è passata da 50 mila a 13 mila addetti. Le unità di lavoro dipendente dell'industria sono ancora superiori ai 4 milioni, cui si aggiungono altri 1,7 milioni nelle costruzioni e in agricoltura. Ma si vanno riconcentrando nelle aziende piccole, la cui quota dell'occupazione manifatturiera è passata dal 41,9 al 57,2% nei 38 anni considerati. E nell'universo dei piccoli, dei distretti industriali, il sindacato è assai meno presente. D'altra parte, l'impresa fordista, come viene definita la grande fabbrica ispirata all'esperienza dell'industriale Henry Ford, è stata stravolta dall'incesto con la finanza. Nel 1970 la Fiat, impresa fordista per eccellenza, finanziava un attivo composto per il 71,9% da industria e il 28,1% da finanza con capitali forniti per l'87,5% dagli azionisti e per il 12,5% dalle banche. Era una cosa molto solida: Agnelli e ciminiere. Nel 2006 le attività finanziarie erano salite al 70,4% e il contributo delle banche e del mercato obbligazionario alla copertura degli attivi era a sua volta balzata all' 84,8%. Una cosa assai più fluida. Sergio Marchionne è diventato un collettore di capitali di diversa provenienza: azionisti, banche e mercati finanziari certo, ma anche, e al momento soprattutto, governi e dipendenti. La Fiat, epitome dell'Italia industriale del Novecento, si prepara a negoziare nuovi diritti con i nuovi fornitori di capitali. E così l'arbitraggio tra gli stabilimenti, inevitabile se si conferma l' eccesso di capacità produttiva, avverrà attraverso la mediazione degli interessi corporativi, nello scambio tra livelli di efficienza attuali e competitività dei territori per costruire i livelli di efficienza futuri. E il sindacato italiano, se vuol conservare una radice industriale nella grande impresa, e non rifugiarsi nei settori protetti della pubblica amministrazione e dei servizi più o meno monopolistici e più o meno privatizzati, dovrà fare i conti con la realtà che cambia: la sua e quella dei Paesi con i quali si troverà in concorrenza. La Chrysler può sconcertare l'America conservatrice che teme il socialismo a ogni angolo di strada, ma ha poco da insegnare al di qua dell'Oceano: l'idea privatistica del welfare aziendale, che nei momenti d'oro aveva fatto della Uaw una potenza, si è rivelata insostenibile nel mercato concorrenziale e ora il fondo sanitario dei sindacati, pur fornendo il 55% del capitale della nuova Chrysler, avrà un solo seggio sui 9 del board, forse abbastanza per sorvegliare l'andamento di un investimento, certo insufficiente a partecipare alle decisioni. Diverso è il caso tedesco, dove i lavoratori, senza investire un euro, ossia senza «azionariato operaio» hanno la metà meno uno dei voti nel consiglio di sorveglianza che nomina il management e fa le strategie, perché al lavoro si riconosce una dignità altrove negata. Cgil, Cisl e Uil credevano di poter far meglio di tutti scioperando. Ma da tanti anni non lo fanno più. E che cosa è loro rimasto, a parte la forza di un'organizzazione burocratica che rischia di rivelarsi fine a se stessa? CHIARA DATTOLA

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CRISI: BROWN, COMMERCIO MONDIALE E' A RISCHIO (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI: BROWN, COMMERCIO MONDIALE E' A RISCHIO (AGI) - Washington, 28 mag. - Il premier britannico Gordon Brown, in un articolo sul Wall Street Journal, avverte che la crisi sta mettendo a dura prova il commercio mondiale e chiede un'azione urgente contro il protezionismo e le barriere doganali. Secondo Brown le economie mondiali devono impegnarsi per una cifra superiore ai 250 miliardi di dollari che all'ultimo G20 di Londra avevano destinato al rilancio del commercio globale. La contrazione del commercio ha ridotto in poverta' circa 100 milioni di persone. "La verita' - dice Brown - e' che il commercio mondiale la prima vittima della crisi finanziaria globale e si determina un circolo vizioso per cui il calo dell'export porta alla discesa della produzione, mentre l'aumento della perdita di posti di lavoro porta ad un ulteriore calo della domanda di consumi e delle esportazioni". 28/05/2009 - 10:59

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Crisi finanziaria ed energia. Qualcosa in comune? (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Mag 0928 Crisi finanziaria ed energia. Qualcosa in comune? Pubblicato da Debora Billi alle 10:22 in Peak Oil Quando ho visto questo grafico (cliccatelo per vederlo meglio) sono rimasta un tantino basita. Si tratta di una ricerca svolta da uno dei sempre ottimi contributori di TOD, che esamina l'eventuale legame tra produzione, energia e crisi finanziaria. Il risultato è quello che vedete: completamente assurdo. Fatta base 100 nel 1970, infatti, la produzione petrolifera (in verde) arriva a 200 per poi cominciare a ridiscendere; la produzione mondiale di energia primaria (in beige) passa appena i 200; il Prodotto Lordo Mondiale (in blu) raggiunge i 400. Il Dow Jones invece ha un percorso tutto suo: fino a circa la metà degli anni '80 segue coerentemente i "fondamentali" mondiali (produzione ed energia), poi arrivati agli anni '90 prende il volo fino a raggiungere il valore di 1600. Ridiscesa a 1000, ci sembra di vivere in un incubo che presto dovrà finire... e invece, probabilmente, la Borsa sta solo assaggiando un po' di realtà. Tutti erano felici di credere alla spirale della crescita infinita. Ma se il denaro rappresenta l'equivalente della realtà fisica, abbiamo mentito a noi stessi per un buon numero di anni. Così la risposta alla domanda del titolo pare proprio essere "no". Perché a nessuno è finora importato nulla dei fondamentali. E chissà se se ne accorgeranno, prima o poi.

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Ma la "Obamaeconomics" è il solo modo per uscire dalla crisi? (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Mag 0927 Ma la "Obamaeconomics" è il solo modo per uscire dalla crisi? Pubblicato da Silvio De Rossi, Blogosfere staff alle 19:09 in Economia ambientale di Marco Pagani «Siamo sicuri che la Obamaeconomics sia il solo modo per uscire dalla crisi?» E' la domanda che si pongono tre economisti "eterodossi", Mauro Bonaiuti , Joan Martinez Alier e Francois Schneider. Vale la pena ascoltare la loro voce dissonante rispetto ai cantori della crescita: «Questa crisi, dunque, non è solo finanziaria ma è anche ambientale. Non dimentichiamo che nel Luglio 2008 il prezzo del petrolio superò i 140 dollari al barile, riducendo le aspettative di profitto ed innescando, secondo alcuni, la crisi finanziaria. Tuttavia le politiche contro la crisi prevedono investimenti per aumentare la capacità produttiva, attraverso sussidi per produrre automobili, bulldozer, TIR, aerei, che dovrebbero contribuire a rendere più "verdi" queste industrie. Ma "bulldozer verdi" continueranno ad estrarre risorse naturali, le automobili "verdi" continueranno ad incrementare il traffico e l'inquinamento, i "TIR verdi" continueranno a trasportare merci in tutta Europa. » Le politiche neokeynesiane, volte a sostenere i consumi con un intervento pubblico, possono servire nella fase più acuta della crisi, ma a lungo andare non risolvono nulla e peggiorano solo la situazione. Qui di seguito riporto alcune delle loro proposte; sono tutte proposte di decrescita. Leggete il testo integrale sul sito della Rete per la decrescita. Continua a leggere su Eco Alfabeta.

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Papa: effetti della crisi su fasce deboli servono educatori autorevoli ed esemplari (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

CITTÀ DEL VATICANO - Gli effetti della crisi stanno colpendo ancora le fasce più deboli della popolazione, nonostante le misure prese finora, e di qui vi è la necessità di interventi di solidarietà e di aiuti. Lo ha detto il papa intervenendo questa mattina all'Assemblea generale della Cei. Benedetto XVI ha poi indicato ai vescovi gli impegni prioritari dei cattolici, dalla difesa della vita all'educazione, che in Italia, ha detto, assume i tratti dell'emergenza. "Fasce più deboli colpite dalla crisi". Benedetto XVI ha lodato la decisione della Cei di lanciare una colletta per costituire un fondo di prestiti a favore di nuclei familiari rimasti senza reddito per la perdita del lavoro. "Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi" ha detto Benedetto XVI. "Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie. Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l'iniziativa del fondo di solidarietà denominato Prestito della speranza". "Impegno a difesa della vita". Benedetto XVI ha incoraggiato l'impegno dei cattolici italiani "per la promozione di una diffusa mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un'attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà", ha precisato riferendosi a questioni aperte come l'aborto, l'eutanasia, la legge sul testamento biologico. Il Pontefice ha poi invitato in particolare il laicato cattolico italiano a operare concorde "affinchè non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull'uomo e la promozione dell'autentico bene delle persone e della società". OAS_RICH('Middle'); "Servono educatori autorevoli ed esemplari". Il problema dell'educazione, in Italia, si affronta se ci sono "educatori autorevoli" ed esemplari, ha sottolineato il Papa tornando a parlare "dell'urgenza e, perfino, dell'emergenza" educativa nel nostro paese. Nella "diletta nazione italiana" quella dell'educazione, che è una "esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa", oggi "tende ad assumere i tratti dell'urgenza e perfino dell'emergenza" ha detto Benedetto XVI. "Un vero educatore - ha aggiunto - mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare". "In Abruzzo ho percepito solidarietà". Durante la sua recente visita ai terremotati dell'Abruzzo, Benedetto XVI ha potuto rendersi conto di persona "dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche della fortezza d'animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato da tutte le parti d'Italia" ha ricordato il Papa nel suo discorso all'assemblea generale della Cei. (28 maggio 2009

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Fmi: Russia pronta a investire 10 mld dlr in bond (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Fmi: Russia pronta a investire 10 mld dlr in bond ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 28.05.2009 14:16 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - MOSCA, 28 MAG - La Russia e' pronta a investire 10 miliardi di dollari nella prima emissione obbligazionaria del Fondo monetario internazionale (Fmi). Lo ha dichiarato il ministro delle finanze Alexei Kudrin. L'iniziativa vede l'appoggio del presidente Dmitri Medvedev, che ha detto di augurarsi che tali fondi vengano utilizzati per aiutare quei paesi, anche vicini alla Russia, che 'stanno soffrendo maggiormente per la crisi finanziaria'.

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Banche: Moody's taglia rating di Nomura, a Baa2 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Banche: Moody's taglia rating di Nomura, a Baa2 ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 28.05.2009 14:15 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 28 MAG - Sforbiciata da parte di Moody's per il rating di Nomura. Ridotto di due livelli, a Baa2, il rating alla banca giapponese. La decisione e' stata motivata dai danni prodotti dalla crisi finanziaria sul bilancio della banca. 'Le sfide per stabilizzare i guadagni continueranno', ha precisato Moody's in un comunicato nel quale sono state messe in luce anche le incertezze circa l'integrazione delle unita' di Lehman Brothers acquisite dalla stessa Nomura.

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Non solo l'economia, in crisi i diritti umani (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

Non solo l'economia, in crisi anche i diritti umani. Il rapporto Giovedí 28.05.2009 15:10 Quest'anno il Rapporto sui diritti globali, giunto alla sua settima edizione, esce nel pieno degli effetti della crisi finanziaria mondiale sulle economie reali di tutti i Paesi del pianeta. Il castello di carte della finanza globalizzata, e infine impazzita come una maionese, è il frutto prevedibile e previsto di un sistema che drena ricchezze e risorse per concentrarle in poche mani. Le mani sono quelle delle corporation, dei potenti gruppi speculativi, degli imperi multinazionali che in questi decenni hanno attualizzato e imposto l'ideologia del liberismo senza regole e senza freni. Un pensiero unico che è riuscito a informare di sé e a soppiantare governi e sedi decisionali democratiche ed elettive, dunque la politica, gestendoli in proprio o trasformandoli in passivi e complici esecutori. Con la crisi globale resta aperto e si drammatizza il nodo dei salari e, più in generale, la grande e rimossa questione dei diritti economici e sociali, nei Paesi poveri così come in quelli sviluppati. Ma le cronache dai mari di questi giorni, dei barconi gonfi di umanità violata e dolente, cinicamente rispediti in Libia, ci ricordano che oltre alla crisi dell'economia reale c'è un'altra crisi da affrontare, altrettanto grave: quella dei diritti umani e di cittadinanza, connessi anche alla questione ambientale. Anche questi diritti sono drasticamente peggiorati, sin dentro il cuore delle nostra città. Anche quest'anno il Rapporto, un volume unico a livello internazionale per l'ampiezza e la sistematicità dei temi affrontati, fa il punto della situazione restituendoci lo stato di salute dei diritti nel mondo. La crisi finanziaria globale e i rischi del protezionismo, il mercato del lavoro e la precarietà, la sicurezza sul lavoro, il welfare, l'immigrazione, le guerre, l'ambiente e i diritti umani: il rapporto fotografa e analizza la globalizzazione per quello che è, mettendo in luce i punti più critici e delineando al contempo le direzioni da seguire per dare concreta attuazione a un'inversione di rotta. pagina successiva >>

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Papa: la crisi pesa su fasce deboli e famiglie servono educatori autorevoli ed esemplari (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 28-05-2009)

Argomenti: Crisi

CITTÀ DEL VATICANO - Gli effetti della crisi stanno colpendo ancora le fasce più deboli della popolazione, nonostante le misure prese finora, e continuano ad essere necessari interventi di solidarietà e aiuti. Lo ha detto il Papa intervenendo questa mattina all'Assemblea generale della Cei. Benedetto XVI ha poi indicato ai vescovi gli impegni prioritari dei cattolici, dalla difesa della vita all'educazione, che in Italia, ha detto, assume i tratti dell'emergenza. "Fasce più deboli colpite dalla crisi". Benedetto XVI ha lodato la decisione della Cei di lanciare una colletta per costituire un fondo di prestiti a favore di nuclei familiari rimasti senza reddito per la perdita del lavoro. "Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi" ha detto. "Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie. Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l'iniziativa del fondo di solidarietà denominato Prestito della speranza". "Impegno a difesa della vita". Benedetto XVI ha incoraggiato l'impegno dei cattolici italiani "per la promozione di una diffusa mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un'attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà", ha precisato riferendosi a questioni aperte come l'aborto, l'eutanasia, la legge sul testamento biologico. Il Pontefice ha poi invitato in particolare il laicato cattolico italiano a operare concorde "affinché non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull'uomo e la promozione dell'autentico bene delle persone e della società". OAS_RICH('Middle'); "Servono educatori autorevoli ed esemplari". Il problema dell'educazione, in Italia, si affronta se ci sono "educatori autorevoli" ed esemplari, ha sottolineato il Papa tornando a parlare "dell'urgenza e, perfino, dell'emergenza" educativa nel nostro paese. Nella "diletta nazione italiana" quella dell'educazione, che è una "esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa", oggi "tende ad assumere i tratti dell'urgenza e perfino dell'emergenza" ha detto Benedetto XVI. "Un vero educatore - ha aggiunto - mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare". "In Abruzzo ho percepito solidarietà". Durante la sua recente visita ai terremotati dell'Abruzzo, Benedetto XVI ha potuto rendersi conto di persona "dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche della fortezza d'animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato da tutte le parti d'Italia" ha ricordato il Papa nel suo discorso all'assemblea generale della Cei. (28 maggio 2009

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Il Papa sulla crisi: (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il pontefice all'Assemblea generale dei vescovi italiani Il Papa sulla crisi: «Ancora grande sofferenza nonostante le misure» Benedetto XVI ha lodato la decisione della Cei di lanciare una colletta per chi ha perso il lavoro CITTÀ DEL VATICANO - «Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari livelli». Lo ha detto il papa, intervenendo giovedì all'Assemblea generale dei vescovi italiani: «Gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie». FONDI DI SOLIDARIETA' - A questo proposito Benedetto XVI ha lodato la decisione della Cei di lanciare una colletta per costituire un fondo di prestiti a favore di nuclei familiari rimasti senza reddito per la perdita del lavoro: «Desidero esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l'iniziativa del fondo di solidarietà denominato "Prestito della speranza"». DIFENDERE SEMPRE VITA - Ricevendo i vescovi italiani il Papa ha anche caldeggiato «l'impegno per la promozione di una diffusa mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un'attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà». Tale impegno - ha sottolineato Benedetto XVI - è «ben testimoniato dal manifesto "Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine" delle associazioni cattoliche Scienza e vita, Forum delle famiglie e Retiinopera, impegnate «nell'operare affinchè non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull`uomo e la promozione dell`autentico bene delle persone e della società. I "sì" e i "no" che vi si trovano espressi disegnano i contorni di una vera azione educativa e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni persona». L'iniziative "Liberi per vivere" del laicato cattolico è stato lanciato in concomitanza con l'approvazione, al Senato, del disegno di legge sul testamento biologico, mentre alcune forze politiche hanno prospettato l'ipotesi di ricorrere al referendum abrogativo. stampa |

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Una forte innovazione sconfiggerà la crisi (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

di Pietro Marangoni Una forte innovazione sconfiggerà la crisi Cipolletta: «Segnali di ripresa probabilmente già da fine anno» Il presidente dell'Università di Trento spiega la genesi del crollo della finanza che ha determinato l'attuale congiuntura BOLZANO. «L'economista è un pò come il medico, lo si sente quando le cose non vanno bene: quando, come oggi, si parla di crisi». Così Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Università di Trento nonchè presidente delle Ferrovie dello Stato noto anche per essere stato per anni direttore generale di Confindustria, ospite ieri sera del Circolo Cittadino, ha esordito nel raccontare la genesi dell'attuale crisi finanziaria che, da economista, ha inquadrato nella sua reale portata. Nessun tono disfattista o da scontata Cassandra, ma una riflessione ad ampio spettro - partendo dalla prima crisi petrolifera del'73 - per meglio comprendere i motivi che hanno generato la situazione finanziaria dello scorso autunno e le possibili o probabili "ricette" che consentiranno la ripresa. Cipolletta non ha neppure fatto ricorso alle banalità della demonizzazione dei mangaer superpagati, delle banche "creative" o di dell'incompatibilità dei controllati-controllori. Pur sostenengo che «di fatto non è successo nulla e che la crisi è per i più essenzialmente psicologica» ha invece analizzato come nel passato sia stata la forte innovazione - sia essa di carattere tecnologico che finanziario - accompagnata dalle politiche di liberalizzazione (deregulation determinata anche dalla globalizzazione) ad aver garantito dal '90 fino a ieri una forte crescita dell'intera economia mondiale. E propio l'innovazione - secondo Cipolletta - sarà ancora la carte vincente che con ogni probabilità ci consentirà di superare anche questa difficile fase congiunturale. «Ritengo - ha affermato - che la ripresa sarà lenta e che si potrebbe avviare da fine anno o nel corso della prossima primavera. imporra ai Paesi più industrializzati, oggi tutti fortemente indebitati, una riduzione drastica della spesa pubblica. Ma nel contempo penso che siamo alla vigilia di un nuovo processo di innovazione che ci costringerà a cambiare tutto. In tal modo riptrenderemo a consumare e a produrre». Da parte sua il presidente Enrico Valentinelli, in apertura di serata, aveva posto l'accento sulla situazione economica altoatesina soffermandosi sul fatto che «anche noi subiamo i riflessi della crisi» in considerazione del fatto che in Alto Adige dovremo fare i conti con alcuni numeri negativi (disoccupazione, Pil) «cui non eravamo abituati». Valentinelli ha comunque sottolineato i punti di forza (prodotti di qualità e di nicchia) e ha auspicato l'attuazione «in tempi veloci» del pacchetto provinciale anticrisi.

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Ecco i principali appuntamenti (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Ecco i principali appuntamenti Si parte con il botto: due premi Nobel in un giorno TRENTO. Oggi inizia la quarta edizione del Festival dell'economia. Piazze, vie ed edifici storici saranno invase da quello che ormai viene definito il "popolo degli scoiattoli". Ecco tutti gli appuntamenti da non perdere, sia per chi è interessato agli incontri, sia per chi ha voglia di svagarsi. Si parte già alle ore 15, a Palazzo Geremia, con James Heckman, premio Nobel per l'Economia, che spiegherà di come i tratti della nostra personalità servono a predire una ampia gamma di comportamenti economici, dal successo scolastico alla performance sul mercato del lavoro. Alle 16.30 al Castello del Buonconsiglio invece ci sarà l'inaugurazione della manifestazione. Ospiti il sindaco Alessandro Andreatta, Tito Boeri, Innocenzo Cipolletta, Lorenzo Dellai, Gianfranco Fabi, Giuseppe Laterza e Corrado Passera. La giornata continua con George Akerlof, altro premio Nobel, che alle 18.30 nella Sala Depero della Provincia parlerà degli "animal spirits", cioè dagli istinti che muovono spesso gli individui. Questi impulsi tendono ad amplificare le fluttuazioni macroeconomiche, come quello collegato ad un improvviso crollo di fiducia che si è rivelato uno dei fattori scatenanti dell'attuale recessione. Le grandi conferenze della giornata terminano con Anne Krueger, alle ore 21 sempre in Sala Depero, che affronterà un tema centrale: come rafforzare il sistema monetario internazionale. La nota economista, che ha trascorso molti anni ai vertici delle organizzazioni multilaterali e della ricerca accademica sull'economia dello sviluppo, cercherà di rispondere alle seguenti domande: come sarà il mondo dopo la crisi finanziaria che lo sta investendo? E quali regole possono permettere di evitare che si arrivi agli eccessi che l'hanno provocata?

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Pdl Arriva Berlusconi Conto alla rovescia per l'arrivo di Silvio Berlusconi: mercoled... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pdl Arriva Berlusconi Conto alla rovescia per l'arrivo di Silvio Berlusconi: mercoledì 3 giugno, nel pomeriggio, il premier sarà in città per sostenere la candidatura di Claudia Porchietto alla Provincia. Udc L'Europa e la crisi Gli Udc Tabacci e Vietti, il sindaco Chiamparino e il leghista Cota si sono confrontati sul tema della crisi al Circolo della Stampa. Buona parte dell'incontro è stata però dedicata all'Alitalia, visto il ritardo con cui sono arrivati da Roma sindaco e Tabacci. «Voi leghisti - ha detto Tabacci - avete tenuto il sacco a chi s'è impadronito della compagnia penalizzando il Nord». La Fiat è stato l'altro grande tema, con Cota a chiedere tutele per i lavoratori italiani. «Dalla crisi - ha detto Vietti - non si esce con il protezionismo ma aprendoci ancora di più all'Europa». In platea c'erano, tra gli altri, il presidente dell'Unione industriale Carbonato, e il direttore dell'organizzazione degli industriali, Gherzi, il presidente di Fondazione Crt, Comba, e gli onorevoli Pd, Vernetti e Calgaro. Pdl La Russa a Torino Alle 10,30 il ministro La Russa incontra gli Alpini in piazza della Repubblica. Alle 11 gazebo e comizio (lato corso Giulio cesare). Alle 11,30 conferenza stampa presso The Club, piazza Cesare Augusto 15. Simbolo pensionati Lupi la spunta Il Consiglio di Stato ha bocciato il ricorso presentato dai Verdi del Sole che ride contro il simbolo dei Verdi Verdi con l'Orso che ride di Maurizio Lupi. Lista Bonino/Pannella Viale in Comune Alle ore 11, Silvio Viale sarà in Comune (Sala capigruppo) per la presentazione della delibera di iniziativa popolare per l'istituzione dell'Anagrafe degli eletti. Pd Placido e Esposito Alle 7,30 Placido, Esposito, Boccuzzi e Perna incontrano i lavoratori della Microtecnica in piazza Arturo Graf 147. Alle 10 Cofferati, Placido e Romeo incontrano i cittadini al mercato di via Nitti.

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8) il modello (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 45 - Cultura 4) Il risparmio 3) Il mercato 6) Il protezionismo 1) I mestieri 7) Il consumo 2) L´azienda 10) La geopolitica 5) L´energia 8) Il modello 9) Il Paese sconfitto "La Cina vincitrice": l´occasione storica "Il tradimento dei risparmi": profitti e previdenza "Voglia di socialismo": vecchi e nuovi modelli "Il protezionismo rispettabile": ecco dove compreremo "Le professioni del futuro": come diventeranno "Il consumo frugale": uno stile di vita "L´azienda è nuda": una cultura diversa "Piccole e grandi (ex) potenze": India e Africa "Il prossimo choc energetico": le risorse possibili "Il declino dell´impero Americano"

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eutelia: posto in bilico per 35 lavoratori (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 5 - Prato Eutelia: posto in bilico per 35 lavoratori Manifestazione di protesta davanti alla sede di Calenzano Il colosso delle telecomunicazioni ha deciso di cedere un ramo d'azienda PRATO. L'unica certezza è quella di poter tirare avanti fino al 30 giugno, quando verrà meno quel contratto di solidarietà che ha garantito loro lo stipendio per un anno. Consolazione troppo magra per 35 lavoratori (tra cui una decina di pratesi) dell'Eutelia di Calenzano che, ieri mattina, hanno protestato davanti ai cancelli di via di Le Prata. Adesso il loro destino è appeso a un filo, dopo che l'azienda, leader a livello nazionale nel mondo delle telecomunicazioni (è una spa quotata in borsa), ha annunciato l'imminente cessione di un ramo dell'azienda alla società Agile srl, con sede a Potenza. Nella loro stessa situazione si trovano circa altri duemila lavoratori, facenti capo alle altre sedi di Eutelia sparse su tutto il territorio nazionale. Ieri mattina, davanti agli stabilimenti di Calenzano, sventolavano tante bandiere della Fiom Cgil per dire no alle ultime manovre della famiglia Landi di Arezzo, ai vertici del colosso delle telecomunicazioni ora alle prese con una crisi finanziaria e di liquidità. L'imperativo è scongiurare che l'azienda mandi a casa i lavoratori, con una raffica di licenziamenti che potrebbe veramente prospettare brutte vacanze per gli impiegati dell'azienda. Sono tanti i bocconi amari che questi ultimi hanno dovuto ingoiare negli ultimi tre anni. «E pensare che il mercato non ci manca - fa notare Fernando Rossi, delegato sindacale della Fiom Cgil -, stiamo solo pagando il prezzo di una gestione fallimentare dell'azienda interessata solo a speculazioni finanziarie. Che gli industriali si comportino come finanzieri, ormai è un dato di fatto. Non è un male solo del tessile pratese». Rincara la dose Antonello Dossiè, un altro impiegato. «Sappiamo che a Prato molte aziende chiudono i battenti perchè non hanno più lavoro. Eutelia eroga tuttora servizi alle aziende sanitarie della Toscana». Non ne vogliono sapere i lavoratori di Calenzano, di confluire nel ramo dell'Agile srl, peraltro sempre di proprietà di Eutelia. «Ci si chiede come facciano oltre duemila lavoratori ad essere assorbiti in una società a responsabilità limitata. E pretendiamo che sia riaperta la trattativa al ministero dello Sviluppo economico per trovare una soluzione industriale che salvi tutti i posti di lavoro. Non ha senso spendere soldi per gli ammortizzatori sociali in mancanza di un piano di riconversione industriale e per gestire operazioni poco chiare. Se Eutelia vuole fallire lo dica chiaramente: faccia un passo indietro per permettere ad altri imprenditori di farsi avanti». Nell'incontro tra i sindacati e i vertici aziendali è sfumata la possibilità di una proroga del contratto di solidarietà. «Tutto sommato - ammettono i lavoratori - ci poteva andare peggio: il posto è stato salvaguardato a tutti». Niente cassa integrazione, dunque: lo strumento del contratto di solidarietà ha permesso all'azienda un'adeguata riduzione dei costi. Ma evidentemente non è bastata la sforbiciata che i lavoratori si sono ritrovati sullo stipendio: a Rossi, Dossiè e colleghi è stato scalato il 35% dalla busta paga (di cui il 60% erogato dall'Inps). Inquadrati al 5-6 livello impiegatizio, per un anno hanno lavorato tre giorni alla settimana, anzichè cinque, ma almeno si sono tenuti stretto il posto di lavoro. Tra venti giorni Eutelia dismetterà tutte le attività dell'information technology. «Non cederemo alla trappola dell'azienda. Continueremo con altre forme di mobilitazione - annunciano i rappresentanti sindacali - per chiedere al Governo che si faccia carico del destino di un'azienda così importante a livello nazionale». Maria Lardara

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Gerarchia fair value (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Giustizia e Società data: 29/05/2009 - pag: 27 autore: di Andrea Fradeani Lo Iasb ha elaborato una guida sulla determinazione Gerarchia fair value Misurazioni, l'affidabilità in scala Una guida per il fair value: la definizione si adegua a quella statunitense e arrivano tre tecniche di valutazione. Con una scala gerarchia sull'affidabilità della misurazione. L'International Accounting Standards Board (Iasb) ha pubblicato ieri, sul proprio sito web (http://www.iasb.org), la bozza della guida sulla determinazione del valore equo. Il documento contabile, uno dei più attesi dell'anno insieme al prossimo successore dello Ias 39, ha il compito di definire il concetto di valore equo e, soprattutto, d'indicare le modalità operative per la sua misurazione.La guida vuole quindi essere il punto di riferimento per tutti i principi contabili internazionali: uno dei punti deboli del modello Ifrs è proprio la frammentazione della nozione e delle indicazioni, peraltro non sempre coerenti fra loro, sulle modalità di determinazione del valore equo. Il lavoro dello Iasb sul tema, iniziato addirittura nel 2005, era divenuto un'indifferibile priorità in seguito alla crisi finanziaria globale: proprio il massiccio uso del fair value nei bilanci dei principali player finanziari è stato dai più considerato (non sempre a ragione) una delle concause del crollo dei mercati.La bozza licenziata ieri, con l'obiettivo di stimolare i commenti della comunità bilancistica internazionale entro il 29 settembre 2009, rappresenta anche un dimostrazione inequivocabile della volontà di convergenza fra standard Ifrs ed US Gaap: la guida dello standard setter londinese, difatti, è costruita proprio sulla base dell'attuale Sfas 157 (dedicato, quest'ultimo, appunto alla misurazione del valore equo).Iniziamo proprio dalla nuova definizione di fair value, identica a quella statunitense: «È il prezzo che si riceverebbe dalla vendita di una attività o che si pagherebbe per trasferire una passività attraverso un'ordinaria transazione fra gli operatori di mercato alla data di valutazione». Si tratta, quindi, di un «current exit price» frutto di un'ipotetica transazione non imposta o necessaria, svolta non dall'azienda che redige il bilancio ma da un qualsiasi venditore che dispone della stessa attività od è titolare della medesima passività, con riferimento al momento in cui la stima è realizzata.La guida indica, quindi, tre tecniche valutative che possono essere usate singolarmente o in combinazione fra loro purché, è questo il punto centrale, massimizzino l'uso di dati osservabili (ossia derivanti dal mercato) in luogo di quelli non osservabili (cioè frutto di stime): il valore di mercato, ossia l'impiego di prezzi derivanti da reali transazioni svolte per beni identici o similari; il valore dei flussi finanziari attesi, ossia la stima attualizzata delle entrate e delle uscite attese dall'attività o passività scambiata; il costo di sostituzione, ossia il prezzo necessario per rimpiazzare il bene a disposizione.Proprio per semplificare il giudizio, anche in termini di comparazione, del lettore del bilancio sul grado di attendibilità della valutazione al valor equo viene imposta, anche in questo caso per derivazione dallo Sfas 157, una scala gerarchica di affidabilità della misurazione effettuata (da evidenziare nelle note al bilancio d'esercizio). Il livello 1, la massima attendibilità, verrà attributo al fair value risultante dalla quotazione che l'elemento da valutare ha su di un mercato attivo; il livello 2 sarà assegnato al valore equo fondato su prezzi rilevati in mercati inattivi ovvero attivi ma per elementi similari; il livello 3, quello di maggiore criticità, riguarderà i casi in cui il fair value è frutto di congetture non supportate da valori di mercato riscontrabili. Proprio quest'ultima categoria, infine, viene messa sotto la lente d'ingrandimento per evidenziare agli stakeholder informazioni quali: acquisti, vendite, cambi di livello del periodo, utili o perdite registrate nonché variazioni nei parametri non di mercato impiegati nella valutazione.Insieme alla guida, che contiene anche un'appendice con le numerose modifiche proposte per i singoli Ias/Ifrs (laddove si fa riferimento al valore equo), è stato rilasciato un utile fascicolo di esempi illustrativi che permetterà di comprendere meglio le nuove regole, finalmente globali, sulla determinazione del fair value.

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Collegio sindacale, regole chiare (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Dottori Commercialisti data: 29/05/2009 - pag: 35 autore: di Corrado Baldini - Giunta Ungdcec - Delegato «Revisione e Collegio Sindacale» La richiesta dell'Unione nazionale giovani dottori commercialisti per le società non quotate Collegio sindacale, regole chiare Un limite agli incarichi a garanzia della qualità dei controlli L'introduzione di un limite quantitativo al numero degli incarichi ricoperti dallo stesso soggetto all'interno degli organi di controllo in società non quotate è una delle proposte in tema di Collegio sindacale contenute nel programma della recente Commissione di studio costituita dall'Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. La proposta è stata lanciata durante lo scorso 47° Congresso nazionale di Varese. La normativa attuale prevede infatti un limite massimo al numero degli incarichi solo per le società cosiddette «public» (il riferimento è alle delibere Consob n. 15915 del 3 maggio 2007 e n. 16515 del 18 giugno 2008). A parere dell'Unione nazionale occorre andare oltre ed estendere il limite al numero degli incarichi anche alle società non quotate, in quanto esiste un limite fisiologico oltre il quale l'attività svolta dal soggetto incaricato non è in grado di garantire la qualità dei controlli. Quella qualità del lavoro del revisore più volte richiamata dalla direttiva comunitaria n. 2006/43/Ce che introdurrà importanti novità in materia di controllo.Come da più parti evidenziato, la recente crisi finanziaria mondiale ha messo a nudo tutti i limiti dell'attuale sistema economico e finanziario. Un'evidente responsabilità è certamente da attribuire alle disfunzioni conseguenti alla normativa esistente in merito alla governance delle imprese con particolare riferimento all'attività di controllo. A questo proposito va sottolineato che il nostro paese, pur essendo stato interessato in modo molto pesante dagli effetti di tale crisi, ha «retto» meglio al contraccolpo, anche grazie ad una struttura di controllo poggiata su basi solide, come evidenziato dal premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, il quale ha sottolineato la bontà del modello italiano incentrato sull'istituzione del collegio sindacale. La modalità con la quale è strutturato il modello di controllo in Italia prevede, infatti, due livelli: uno a «valle» svolto dal soggetto incaricato del controllo contabile con importanti funzioni di verifica sulla correttezza delle rilevazioni dei fatti gestionali nelle scritture contabili e uno a «monte» svolto dal soggetto incaricato del controllo sulla gestione (il collegio sindacale appunto) che vigila e monitora costantemente sulle decisioni assunte dall'organo di gestione con possibilità di intervenire prima che le decisioni vengano assunte e conseguentemente prodotti gli effetti.Nonostante l'importante ruolo giocato dall'organo di controllo nella riduzione degli effetti negativi prodotti dalla crisi in atto, occorre guardare avanti, cambiare passo al fine di perfezionare l'istituto del collegio sindacale in Italia. Sul versante del controllo l'attuale normativa prevede l'obbligo di istituire l'organo di controllo solo al verificarsi di specifiche condizioni previste dalla normativa codicistica. Non sono pertanto soggette a tale obbligo e quindi escluse da ogni tipo di controllo “esterno” tutte quelle società che non soddisfano dette condizioni. A questo riguardo l'Unione Nazionale propone l'introduzione di ulteriori requisiti, con particolare riferimento a quelle imprese che presentano un elevato livello di indebitamento ovvero che hanno ricevuto contributi pubblici, al verificarsi delle quali le società «minori» siano obbligate a nominare un «controllore» esterno che possa verificare periodicamente la situazione della società in un'ottica di going concern.Relativamente alla nomina dell'organo di controllo, l'Unione Nazionale sottolinea la necessità di introdurre una procedura sistematica e automatica, laddove si renda obbligatoria la presenza di tale organo e, in caso di omissione da parte dell'assemblea dei soci, la previsione di una sanzione specifica a carico della società (che potrebbe arrivare fino alla messa in liquidazione) e dei componenti dell'organo amministrativo che non abbiano adempiuto a tale dovere. Da un'indagine dell'Inrc è emerso che a oggi sono circa 10 mila le società che non hanno provveduto a nominare l'organo di controllo.Sul versante della responsabilità del soggetto incaricato del controllo, l'Unione nazionale propone l'introduzione di una limitazione alla responsabilità patrimoniale dei soggetti che svolgono tale attività che non può essere equiparata a quella degli amministratori della società che rivestono un ruolo decisionale ma che dovrà essere necessariamente parametrata ad elementi oggettivi connessi alla funzione svolta (così come già previsto per la responsabilità del soggetto che svolge il controllo contabile relativamente alla sottoscrizione della dichiarazione dei redditi che prevede una sanzione rapportata al compenso percepito). L'introduzione di un limite alla responsabilità patrimoniale consentirà di coprire i rischi connessi all'attività di controllo attraverso la stipula di idonea polizza assicurativa che dovrà essere obbligatoriamente sottoscritta da tutti i soggetti che ricoprono incarichi di controllo sulla gestione e di controllo contabile con conseguente certezza del risarcimento in caso di comportamenti negligenti del singolo soggetto con benefici indiretti su tutto il sistema economico e finanziario.

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lo spirito - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 52 - Cultura LO SPIRITO ambiguo del denarO Dalla condanna di Agostino e Marx alle più recenti trasformazioni finanziarie avvenute sotto il segno della speculazione e del panico Ecco come è cambiato il concetto di ricchezza e di debito Nella riflessione del vescovo di Ippona ci sono indizi dell´odierna bolla finanziaria Avidità e irrazionalità sono state oggi teorizzate e poste alla base di un sistema che si sta disgregando (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Pubblichiamo il testo della lezione sull´economia tenuta ieri sera a Bologna dal professor Guido Rossi per il ciclo "Regina Pecunia" «E così vogliono legare il proprio denaro comprandosi una villa …(ma) là dove hai legato il tuo denaro non puoi legare la tua vita … (che) ti sarà chiesta indietro. Non avrai dunque la villa e la villa non avrà te». Appare questa una fantastica anticipazione della teoria Keynesiana dell´accumulazione e dell´amore per il denaro che riflettono ad un tempo il motore del capitalismo e la pulsione di morte che l´accompagna. E come non trovare in Agostino anche un indice, una traccia dell´inizio della terribile odierna bolla finanziaria che ha avuto origine negli Stati Uniti dai derivati dei sub-prime mortgages, dove il passaggio del denaro nell´immobile e dall´immobile al denaro ha finito per distruggere e l´immobile e il denaro. Commenterebbe Agostino: "non avrai dunque la villa e la villa non avrà te". Alla deificazione dell´oro, come simbolo della vera ricchezza, sinonimo ultimo del denaro e nello stesso tempo assicurazione contro la morte, una sorta di eternità garantita, corrisponde la deificazione dell´uomo che lo accumula. Nei Manoscritti economici-filosofici del 1844 di Carlo Marx (Torino 1949, p. 153) vi è un brano, che per la sua valenza esplicativa vale la pena citare testualmente: "Ciò che mediante il denaro io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso (…). Ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità (…). Io sono brutto ma posso comprarmi la più bella fra le donne. Quindi io non sono brutto. Il denaro è il bene supremo e quindi il suo possesso è buono". L´interesse composto che ci assicura contro il futuro e ci spinge verso il desiderio morboso della liquidità, garanzia di ricchezza contro la morte, ha il suo ultimo capolavoro nella ricchezza non più creata dal denaro posseduto, che si riproduce nell´interesse, ma dal debito. Ma il debito deve essere ripagato e l´economia degli ultimi vent´anni è stata basata sul presupposto che ha negato questo principio. Le tecniche sofisticate del capitalismo finanziario hanno invece trasformato il debito in uno strumento di creazione di ricchezza, della quale tutti potevano godere. E´ così iniziata l´età del leverage. E sulla leva finanziaria hanno operato nell´opacità, banche, fondi, enti finanziari di ogni forma e tipo, istituzioni pubbliche e private. Non si investiva più col proprio denaro, ma col denaro preso a prestito, sicché per essere finanziariamente adempienti e poter ripagare interessi e debiti il modello economico esigeva un continuo aumento dei prezzi e una continua rivalutazione del capitale investito. Ma la catena si è spezzata ad incominciare dai beni immobili la cui trasformazione in beni mobili (strumenti finanziari, derivati e così via) non ha più retto la continua autorivalutazione e l´autodistruzione è finita nella deriva economica di una civiltà colpita dalla nevrosi del denaro, la quale secondo un´asserzione perfetta di Keynes: "distrugge la bellezza del paesaggio perché gli splendori della natura non hanno alcun valore economico. E siamo capaci di spegnere il sole e le stelle, perché non pagano dividendi". L´attuale crisi dei mercati finanziari, dovuta alla loro naturale instabilità e incapacità di autoregolamentarsi, come hanno ammesso anche i più accesi idolatri del mercato, quando dotati di onestà intellettuale, come è capitato a Richard Posner, nel suo recentissimo libro "A Failure of Capitalism", sembra mettere in discussione molti dogmi passivamente recepiti per l´interpretazione dei comportamenti umani, fino a chiedersi se non sia il caso di ripristinare severe leggi contro l´usura. Il capitalismo finanziario ha dato ampio spazio alla fantasia degli animal spirits e ha spinto la creazione di una falsa ricchezza alle sue più contraddittorie paranoie, pensando novello Mida di fare l´alchimista col debito. E come Mida ha tutto perso di vista e rischiato la fame e l´eutanasia. La falsa ricchezza creata sul debito è finita in miseria. Eppure c´è ancora chi oggi pensa di risolvere il problema dell´attuale crisi sostituendo i mercati finanziari con potenziali mercati assicurativi, alimentati dagli incontrollati credit defaults swaps, a protezione di macabre scommesse sull´insolvenza. Cioè quei derivati che Warren Buffett ha bollato come "armi finanziarie di distruzione di massa". Il principio di Tomaso d´Aquino "Nummus non parit nummos", pur con qualche aggiustamento, è invece ancora il punto da cui bisogna partire. Sarebbe allora il tempo, come ho già sostenuto, di rovesciare la centralità del problema economico spostandola dal capitale al lavoro e finalmente scoprire che la vera ricchezza delle nazioni non è fissata dal denaro e dagli interessi di mercato, prodotti con le più spericolate operazioni che la fantasia degli operatori inventa, ma è fondata soprattutto sul lavoro, inteso questo nell´ampio senso di attività umana, di capacità dell´uomo di apprendere e applicare le sue conoscenze ai procedimenti di produzione e di consumo. La giustizia sociale vorrebbe allora che il prodotto del denaro, cioè l´interesse, fosse commisurato semmai alla produttività del lavoro così inteso e non al mercato d´azzardo. Invece il denaro è diventato l´oggetto stesso dei mercati dell´investimento. Il feticcio della liquidità è così risultato il più antisociale dei programmi di investimento delle istituzioni finanziarie, dove ciò che deve creare ricchezza è solo la liquidità. Ciò è accaduto non tanto o non solo perché avidità e stupidità dei singoli abbiano avuto il sopravvento ma perché avidità e irrazionalità sono state teorizzate e poste alla base di un sistema che si sta disgregando. Le sciocchezze e la paura vanno di pari passo nella quotidianità di oggi e di allora. La globalizzazione economica comporta ora una riflessione che coloro che governano un mondo del rischio totale trovino accordi per evitare le disparità di ricchezza fra i singoli e fra i Paesi ed una caotica ma generalizzata conflittualità distruttiva, secondo i fondamentali principi della Teoria della giustizia di John Rawls, e in modo particolare il principio di differenza, in base al quale se si fa migliorare la situazione dei più svantaggiati (singoli o Stati) migliora la situazione generale di tutti. Nell´usare una metafora che ho già più volte adottato, la Fenice dello sviluppo economico contemporaneo sta bruciando nel suo letto di arbusti che s´è costruita. La nuova Fenice che risorgerà dalle ceneri di quel giaciglio dovrà, sia in Occidente, sia in Oriente, nascere da radicali riforme istituzionali. E la stessa ormai inevitabile globalizzazione dovrà abbandonare i principi del Supercapitalismo, formulati da Robert Reich, per porre alla sua base accordi che privilegino i diritti dei cittadini e dei più svantaggiati. Essa non potrà che essere basata sulle libertà, sulla trasparenza e regolamentazione dei mercati, ma soprattutto su uno stato giuridico dettato dal diritto cosmopolitico di Immanuel Kant. Il quale sosteneva che «una federazione di Stati, avendo solo di mira la rimozione della guerra, è l´unico stato giuridico che sia compatibile con la loro libertà». Non è dunque il diritto cosmopolitico che può soggiacere alla forza del denaro, che invece comprime la libertà. Solo nell´Utopia di Tommaso il Moro e attraverso Per la pace perpetua di Kant si può dunque realizzare il sogno di una vera ricchezza. Ed è proprio una grande crisi come quella che attraversiamo, con forti tinte escatologiche, che può unire i popoli della terra in un disegno utopistico. Eppure il disegno può diventare meno utopistico se gli Stati riusciranno a creare un consenso generale intorno a principi (global legal standards) che obbediscano alle linee che ho appena tracciato, nella dimensione di un nuovo "contratto sociale".

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Troppo facile sparare sui derivati (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-29 - pag: 2 autore: «Troppo facile sparare sui derivati» Jean Tirole: «Sono strumenti finanziari utili ma da riorganizzare con regole più chiare» di Mario Margiocco «T utte le scappatoie che le vecchie regole lasciavano sono state ampiamente sfruttate, e abbiamo visto i risultati», dice Jean Tirole, 55 anni. Direttore della Scuola di economia di Tolosa, in Francia, di formazione Mit dove tuttora insegna, ex presidente della European economic association, Tirole è fra i massimi esperti mondiali di regole finanziarie. Sulle nuova regole si sta giocando soprattutto negli Stati Uniti una partita cruciale, per ora non chiarissima. Si tratta di rimettere su binari accettabili cartolarizzazioni e derivati, i due grandi pilastri della nuova finanza, due tecniche finanziarie che avevano creato un mercato Otc (Over the counter, fra due parti e senza regole) da 600mila miliardi di dollari, con relative laute commissioni bancarie. Queste pagate sul nozionale, cioè sulla somma dei contratti, oggi potenzialmente 450mila miliardi, equivalente a un sottostante reale di circa 30mila miliardi. Le banche cercano di salvarne il più possibile, naturalmente, perché è l'unica oggi fonte interessante di utili corposi. Ma c'è anche chi dice che occorrerebbe, per far ripartire questi mercati come sta avvenendo, avere un'analisi chiara e condivisa delle cause del disastroso 2007-2008, in modo da evitare le grandi trappole in cui invece il sistema è cascato. «Sarebbe molto meglio se invece di concentrarci su come risollevare un'istituzione finanziaria fallita - dice Lynn Stout, docente della Law School della Ucla, in California, specializzata in normativa finanziaria - ponessimo più attenzione su come evitare che le banche si mettano in condizione di fallire». Ma la spinta da Wall Street è al momento quella di ripartire. Anzi, il mercato è già ripartito, e il Tesoro di Washington vede ovviamente con favore la ripresa di fonti di liquidità per gli istituti malconci. Il risultato, però, è che al momento le regole le stanno riscrivendo soprattutto le grandi banche, che vogliono mantenere un club ristretto di operatori Otc, dove la sola JP Morgan controlla quasi il 50% del mercato. Solo per alcuni derivati, e nella versione standardizzata, cds in particolare, è prevista al momento una clearing house. In posizione vincente è l'Intercontinental exchange, Ice, che con l'appoggio del ministro del Tesoro Tim Geithner ha battuto la concorrenza Nyse e Cme, il Chicago mercantile exchange. L'Ice è strettamente legato alle maggiori banche di Wall Street, con le quali dividerà i profitti. Per il resto del mercato resterà la formula Otc classica, oppure via alcuni Central counterparty (Ccp), una sorta di terreno neutro fra i due contraenti. Il ruolo di Ccp, si prevede, verrà assicurato dalle attuali grandi banche. Nel dibattito che sul tema generale della crisi si sta conducendo sulle pagine del Sole 24 Ore si confrontano due tesi. Chi dice che il 2007-2008 ha rappresentato un incidente di percorso, pesante ma recuperabile. E chi sostiene invece che occorre cambiare, e che il capitalismo finanziario non potrà essere più lo stesso. Occorrono regole migliori e più stringenti a volte, ma il mercato non va messo in una camicia di forza, è la tesi di Tirole. In Europa, dove due giorni fa la Commissione Ue ha presentato le sue linee d'azione, più che le regole è mancata a volte la loro applicazione, che ha consentito ad esempio a numerose banche di indebitarsi all'eccesso, in alcuni casi più che negli Usa. Negli Stati Uniti invece si è assistito da oltre 20 anni a un attacco alle regole, che erano state in gran parte scritte o comunque ispirate da principi adottati durante il New Deal. E al momento, dato il peso di Wall Street a Washington, non c'è chiarezza, nonostante gli impegni in sede di G-8 e G-20. «Le banche sono di nuovo all'attacco in fatto di pressioni politiche, e vedono le nuove regole in modo molto chiaro: nulla di veramente significativo», dice Simon Johnson, docente al Mit, ex capo economista Fmi, consulente del Congresso e uno dei critici più decisi di Wall Street e di Geithner. Jean Tirole è uno dei massimi esperti mondiali sulle regole finanziarie, tema sul quale ha dibattuto recentemente anche alla Fondazione Mattei di Milano. La nuova finanza è statao no nei fatti un caso di capitalismo deviato? E che cosa occorre per riportarla nel giusto alveo, senza penalizzare il suo potenziale innovativo? Jean Tirole ha alcune risposte. Prima di scrivere nuove regole, è importante o no capire fino a che punto quanto accaduto è frutto di moral hazard, di eccesso di rischio cioè da parte di alcune mani forti convinte che qualcuno comunque le avrebbe salvate, e fino a che punto si tratta invece di evidenti errori di giudizio? Dobbiamo riscrivere le regole, migliori, non necessariamente più abbondanti. Le moltescappatoie esistenti sono state sistematicamente utilizzate. I testi avevano descritto tutti i rischi possibili del moral hazard, cioèdiun comportamento irresponsabile alla fine, eppure ben pochi nella comunità finanziaria avevano un quadro realistico di quanto fossero diffuse le scorciatoie rispetto ai regolamenti, dell'enormità delle posizioni off-balance, delle dimensioni della cartolarizzazione o dei livelli dell'esposizione con controparti nel mercato Otc. Che cosa salvare e che cosa buttare a mare dei derivati? Sono utili, se usati propriamente. Il mercato dei derivati consente a imprese e società finanziarie di cautelarsi contro il cambio, i tassi, la solvibilità di una controparte. Ma gli abusi sono stati tanti. I derivati sono stati scambiati in misura eccessiva sul mercato Otc invece che nelle sedi appropriate. Questo ha portato a una grande opacità e ha costretto le autorità a salvare a caro prezzo varie entità non regolate, come grosse banche d'affari, o Aig holdings, diventate difatto banche d'investimento.E questo per paura di un effetto domino. I regolatori devono preoccuparsi dei rischi da controparte e quindi sistemici, e devono usare le normative su capitali di riserva adeguati per incoraggiare istituzioni finanziarie regolate quali banche, assicurazioni e fondi pensione, a trattare i derivati su mercati regolamentati. E che cosa salvare della cartolarizzazione? Le cartolarizzazioni consentono a chi concede crediti di rivendere i titoli di debito e rifinanziarsi e suddividere il rischio, trasformano capitale inerte in capitale vivo e creano titoli che il mercato richiede. Ugualmente anche la cartolarizzazione è sfuggita di mano. La quota di mutui subprime cartolarizzati è raddoppiata, indebolendo l'incentivo di chi emetteva i mutui a rispettare le regole fondamentali di controllo del rischio. Le agenzie di rating non hanno fatto quanto dovuto. E le banche hanno disatteso i requisiti di capitale attraverso le voci fuori bilancio. Avevano promesso di riprendere a bilancio i veicoli creati extrabilancio nel caso questi trovassero difficoltà a rifinanziarsi sul mercato a breve. Invece si sono trovate esposte a queste voci extra in misura variabile dal 30 al 200% del capitale! La riforma dev'essere quindi su più fronti: insistere sulla trasparenza della frazione di prodotto cartolarizzato trattenuta da chi dà origine all'operazione,mutui o altro;regolare le agenzie di rating, che sono dei regolatori di fatto, visto che le loro classifiche hanno diretta influenza sul mercato; imporre requisiti di capitale più severi per le posizioni mantenute extra bilancio. Servono regole ufficiali che indichino quando su un particolare mercato si sta creando una bolla? Ci sono due problemi. Quando si può dire che c'è una bolla, cioè una sopravvalutazione di un asset? Ad esempio, nel caso immobiliare americano si trattava di una pura bolla - un eccesso di prezzo rispetto ai valori fondamentali - o il risultato dei vari sussidi dati dall'amministrazione Bush all'immobiliare? E poi, dovremmo farla esplodere? Il dibattito è stato dominato fin qui da quelli che dicevano "non fatela esplodere", guidati da Greenspan e Bernanke. Certo, teoria ed esperienza dicono che l'economia probabilmente entra in recessione se la bolla esplode e i bilanci delle imprese quindi smagriscono. Oggi il dibattito cerca di definire se le autorità devono essere preoccupate della stabilità di prezzo degli asset, e fino a che punto. Una cosa è chiara tuttavia: una buona applicazione della contabilità market value non dovrebbe prendere i prezzi troppo alla lettera in una situazione di bolla. E non solo perché la bolla può esplodere, ma anche perché se esplode lo fa quando il settore corporate ha più bisogno di liquidità. Questo indica che se non si rivedono le regole contabili del market value, i ratio di capitale devono essere più alti quando il mercato è alto per creare sufficienti protezioni al momento di sensibili ribassi. Si sta creando un mondo finanziario a due velocità, grosse entità regolate e piccole assai meno regolate? Sì e no. I grossi protagonisti saranno sempre al centro dell'attenzione perché una loro défaillance avrebbe rischi sistemici. Ma ci saranno sempre piccole entità regolate (banche retail, assicurazioni, fondi pensione) e grosse realtà non regolate. La regulation è spesso dettata dalla volontà di proteggere realtà potenzialmente indifese, depositanti, assicurati, futuri pensionati. A suo avviso la nuova finanza sarà una versione riveduta della vecchia e con regole migliori, o siamo nel mezzo di un grosso cambiamento per i modelli operativi dei mercati? I mercati finanziari saranno più piccoli, ma sempre centrali. Non credo stiamo cambiando paradigma, ma acquisendo una migliore coscienza sulla necessità di regole efficaci. Non solo supervisioni più efficaci, ma anche regole prudenziali macro. Intendo, non solo norme sui ratio di capitale di banche e assicurazioni, ma anche attenzione al generale equilibrio fra esposizioni a breve e a lungo. Questo perché se molte grosse istituzioni sono molto illiquide e devono fare ricorso in modo massiccio al mercato a breve, come nei casi recenti, la Fed e la Bce non hanno sceltae devono tenere i tassi artificialmente bassi per consentire a queste istituzioni di rifinanziarsi e sopravvivere. mario.margiocco@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA DOPO LA BOLLA Nuova finanza più piccola ma sempre centrale L'Europa chiede maggiori garanzie per il mercato «over the counter» Old America. Due donne in costume commemorano la Guerra di Secessione durante la scorsa celebrazione del Memorial Day a Washington REUTERS Jean Tirole. Nato nel 1953, è il direttore della Scuola di economia di Tolosa, in Francia, e insegna anche al Mit. è stato presidente della European economic association RéA

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La cura anti-crisi non è l'inflazione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-05-29 - pag: 3 autore: La cura anti-crisi non è l'inflazione Il caso Fiat-Opel insegna che pesa la politica degli Stati - Servono strumenti comuni come gli eurobond di Alberto Orioli I l ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, è uno dei medici che, al capezzale del malato-mondo, si consulta quotidianamente con i colleghi dell'Europa, del G-8 e del G-20 sul decorso della crisi globale. «Siamo ancora nella fase dell'impatto – è la diagnosi che formula con i colleghi – del pronto soccorso. I governi per ora devono occuparsi della tenuta di sistema. Poi verrà la fase due, quella della riabilitazione, delle riforme. Ma adesso l'emergenza è ancora in atto. Crisi deriva dal greco crisis, parola che vuol dire discontinuità e, quanto all'Europa, ha un impatto sul cuore ideologico del Vecchio Continente, che è il concetto stesso di mercato». Qual è la lezione del caso Fiat-Opel? Parto dall'origine.L'Unione europea è stata basata su due trattati-pilastro: il Trattato di Roma e il Trattato Euratom. Il cemento con cui è stato costruito il primo pilastro è stato ed è il mercato. Il mercato unico ha funzionato in modo straordinario e ha portato alla moneta unica. Il cemento con cui avrebbe dovuto essere costruito il secondo pilastro era l'intervento pubblico: un'industria come quella dell'energia non poteva essere sviluppata se non con la mano pubblica e su scala sovranazionale. A differenza del primo, il secondo pilastro è rimasto sulla carta. Dunque è rimasto solo il mercato come unica grande soluzione per i rapporti tra politica ed economia? La filosofia politica originaria dell'Unione espressa nei due trattati non era dominata dall'ideologia del "mercato". Il secondo trattato avrebbe dovuto essere totalmente pubblico; ma è rimasto solo il primo trattato e, dentro questo, è stata la storia successiva a spostare l'asse dell'equilibrio tra pubblico e privato sul quadrante esclusivo del privato, del mercato. Eppure anche nel Trattato di Roma c'erano –e a ben vedere ci sono ancora – spazi per forme di "politica industriale" nazionale e sovranazionale, per forme di politica "colbertiana". Sono tuttavia spazi che negli ultimi 10-15 anni si sono progressivamente chiusi. La dialettica sugli aiuti di Stato –dialettica tra divieto e permesso – si è progressivamente sviluppata nel senso del divieto. Divieto generale, sistemico: il mercato doveva essere posto al riparo dallo Stato in tutti i settori industriali. Ancora pochi mesi fa, alla domanda che ho fatto in Eurogruppo sel'intervento operato dal Governo inglese sulla banca Northern Rock fosse vietato o permesso la risposta fu: vietato. Poi le cose, come dimostrano anche le Lezioni sul futuro pubblicate sul Sole 24 Ore, sono cambiate. è intervenuta la dura legge della storia: il vertice di Parigi dell'ottobre scorso, il G-20 di Washington, il vertice di Berlino e il G-20 di Londra. è cambiato tutto in tema di aiuti di Stato a partire dagli interventi sull'industria bancaria che è stata largamente nazionalizzata sul presupposto della sua rilevanza sistemica e strategica. Ma ora sono in gioco anche interessi industriali. L'intervento pubblico si sta spostando dall'industria bancaria all'industria-industria. Dallo stato di necessità sistemica, tipico dell'intervento sull'industria bancaria, si sta passando a una logica di opportunità politica spinta fino agli interventi di merito sul ridisegno strategico di riorganizzazione industriale. Anche solo qualche mese fa si sarebbe levato altissimo il coro dei divieti ispirato dall'ideologia del mercato. Appunto, che fine ha fatto il mercato?C'è una certa differenza tra la necessità degli interventi sulle banche e l'opportunità degli interventi sull'industria:i primi sono motivati da una logica di sistema (senza le banche il sistema crolla), i secondi si sviluppano in una logica meno assoluta, più influenzata da meccaniche di politica pura. è chiaro che il passaggio dalla necessità assoluta all'opportunità marca un ruolo diverso dei governi. Non formulo valutazioni di merito, non dico che è giusto o sbagliato, mi limito a notare l'emergere progressivo di una politica nuova. Dunque della politica, e il caso FiatOpel lo insegna. La meccanica e la tempistica degli interventi dei governi sono influenzati dalle proiezioni di potere e di prestigio, a volte addirittura dai calendari elettorali. Ripeto: non formulo valutazioni di merito, mi limito a notare che i governi sono scesi dalla tribuna, sono entrati in campo e si sono messi a giocare anche loro e a fare partite diverse. Ad oggi si contano almeno 10 governi in campo. Non dico che è giusto o sbagliato, è troppo presto per valutare la partita industriale in atto, ma è già tempo per guardare al futuro dell'Europa. Quo vadis Europa?Per effetto della crisi– e dopo la crisi – l'intero assetto della Ue, un tempo basato sulla uniforme dottrina dogmatica, salvifica e unificante del mercato, sarà diverso per effetto dei massicci aiuti e interventi di Stato operati dall'autunno del 2008 e la formula politica nuova non potrà essere trovata nel meccanico, automatico ritorno a come era prima. Eppure dovrà essere di nuovo trovata, sopra queste discontinuità, una nuova unità europea in idee e strumenti comuni nuovi che diano corpo a politiche comuni dei governi, non più solo nazionali ma veramente europee. La formula unitaria dell'Europa non potrà più essere costituita solo dal mercato ma anche dalla politica. Politica non più basata solo sulla necessità, solo sull'opportunità, solo sulla casualità. Un'occasione potrà essere, per esempio, quel ritorno al secondo pilastro (quello che manca),all'energia,naturalmente alle forme nuove dell'energia, allaricerca. Sta pensando all'idea degli eurobond come mezzo per finanziare i grandi progetti europei? Sì l'idea degli eurobond non è un'idea finanziaria, è un'idea politica e ad alto valore simbolico. Non è un caso se gli Stati Uniti d'America iniziano la loro storia con il Tesoro di Alexander Hamilton. Per essere chiari, per l'Europa, la strategia di uscita dalla crisi non potrà essere basata sul solo mercato o su interventi pubblici più o meno coordinati, ma comunque nazionali. "Crisis", opportunità: la crisi può essere un'opportunità per fare progredire l'Europa e non solo in senso economico ma anche in senso politico. C'è già un esperimento di finanziamenti europei per infrastrutture:l'azione comune della Cassa depositi e prestiti italiana con le "gemelle" di Francia e Germania. è un test di laboratorio: ha preso forma a Nizza quando su proposta italiana fu costituito il fondo Marguerite che unisce in rete la Cdp, la Caisse des depot e la Kfw tedesca. è qualcosa che nel tempo potrà dimostrare in nuce la validità degli eurobond. Tuttavia mobilita poco più di un miliardo di euro. è un esperimento, non ha la simbologia politica che certo avrebbe una scelta sistemica sui bond europei. Ma è utile lo stesso. Oggi il governatore della Banca d'Italia, con molta probabilità, inviterà i governi a puntare tutto sulla crescita e sulle riforme. Come c'è la divisione dei poteri nella Costituzione, così c'è e deve esserci la divisione dei ruoli tra governo e autorità tecniche. In questi ultimi anni l'azione di Banca d'Italia è stata ineccepibile. La sovranità appartiene al popolo e, nel bene o nel male, la responsabilità politica è del governo che risponde al popolo. La politica economica la fa il governo ed è giusto che sia così.L'esecutivo è responsabile se organizza le sue decisioni sulla base di tutti i materiali tecnici che vengono prodotti. Come non è responsabile se li ignora, così non è responsabile se non li elabora, come deve fare, in forma non solo tecnica ma anche politica, rispondendo al giudizio che il popolo esprime in sede elettorale. L'Italia punta molto per il prossimo G-8 sui nuovi «global legal standard» per dare regole ai mercati finanziari. A cosa pensa? In politica non c'è copyright,non c'èl'ufficio brevetti. E comunque nel mondo c'era già, e crescente, la domanda di regole per l'economia. E tuttavia: gennaio 2008, Parigi, seminario con Sarkozy, Merkel e Blair. Nel mio intervento ho detto che, come il '900 è stato basato sulla regola del gold standard, così questo secolo doveva essere basato su di un legal global standard. Da allora il legal global standard è diventata un'«icona politica ». Il governo tedesco sta definendo una sua Carta, l'Ocse sta lavorando. Il nostro impegno è tanto culturale quanto politico e può integrare la stessa Carta di Berlino. Quali saranno le nuove regole? A questa altezza di tempo posso solo dire che per noi le regole non saranno da limitare alla finanza, ma da estendere all'economia nel suo insieme, alle giurisdizioni, alle proprietà, alla trasparenza, ai segreti. Le regole non possono essere solo tecniche, ma devono poggiare su basi etiche. Quando lei parla di etica, c'è subito chi le ribatte che torna lo Stato etico. Come risponde? Intendo che leregole non sono solo tecniche – un caso in cui l'aggettivorischia di cancellare il sostantivo – ma politiche e proprio per questo è un esercizio molto difficile. Non si tratta di criteri contabili, di ratios finanziari o di best practices. è una sfida di principio sui principi. è difficile ma non per questo meno necessaria. Ma il Financial stability board non serve a questo? Il Fsb è una struttura tecnica che definisce regole tecniche in rapporto non di opposizione ma di complementarietà con una più ampia tavola di regole. Una tavola che, se non sarà fatta quest'anno,dovrà comunque essere fatta in futuro perchè l'unica possibile base di fiducia e per evitare che la fine di questa crisi sia solo la preparazione della prossima. La lotta ai paradisi fiscali. Qual è la capacità sanzionatoria effettiva? Il problema dei paradisi non è tanto fiscale quanto legale. Nei paradisi il regime fiscale è un " collaterale" –naturalmente molto apprezzato – rispetto a un "principale" che è quello di poter usare giurisdizioni che hanno la forma ma non la sostanza delle giurisdizioni, dove i ratios sul debito hanno rapporti pari alle probabilità di vincita nei casinò, dove puoi "incorporare" in un veicolo non societario tutto quello che ti pare, dove la atipicità dei contratti e degli strumenti è la regola e non l'eccezione, dove i tempi di approvazione sono istantanei e i controlli nulli. Su questi, lo stop imposto dal G-20 di Londra è stato molto forte. Si è marcato in particolare il "game over" sul segreto bancario. La partita, però, è ancora aperta. Soprattutto in Europa.L'Europa con la Direttiva risparmio ha introdotto l'«euroritenuta » come corrispettivo per la legalizzazione del segreto bancario. In sostanza la Ue ha scambiato il segreto bancario per un piatto di "zuppa svizzera". Quello di «eurotitenuta »è un regime transitorio ma per modificarlo serve l'unanimità. E dunque il consenso dei paesi che lo comprendono come principio di diritto. All'opposto per i paesi che soffrono per l'evasione fiscale l'offerta di un rifugio comodo e sicuro per i denari sottratti al fisco è in sè un incentivo all'evasione fiscale, un pezzo essenziale del meccanismo di convenienza a evadere. Lo scudo fiscale. Si farà? Non esiste uno strumento europeo, così come non esiste un divieto europeo. La Commissione è stata molto chiara nel riaffermare il principio della sovranità fiscale autonoma degli stati, ponendo solo il principio della non distorsione del mercato europeo. Dopo il G-20 di Londra il laboratorio si è aperto in tutto il mondo. L'Ocse sta facendo analisi molto accurate e noi stiamo seguendo queste tracce. Può essere che alcuni materiali siano presentati al G8 di Lecce. Le banche e i Tremonti bond. Il cavallo (le banche) non beve o beve a fatica. Primo: non sono Tremonti bond. Sono uno strumento europeo che è applicato in altri paesi Ue. Sono uno strumento di patrimonio e non di debito e se un banchiere nota che costa troppo rispetto al debito, significa che non vuole capire o che cerca argomenti per non applicare lo strumento. Tra le banche aumenta la raccolta, ma non gli impieghi. La liquidità ancora non arriva alle imprese. Se aumenta la raccolta e non aumentano gli impieghi può essere che non ci sia domanda di credito ma può anche essere che le banche preferiscono investimenti di tipo finanziario. In tutte le sedi internazionali ti dicono che la liquidità immessa o in essere nel sistema finanziario (ciò che nel nostro caso è rappresentato dal risparmio) non passa ancora come dovrebbe dall'economia finanziaria all'economia reale. Un esempio: per molte delle operazioni sui col-laterali con la Bce si ha l'impressione che si tratti di una circolazione un po' troppo a circuito chiuso. Per suo conto il governo ha fatto davvero la sua parte per immettere liquidità nel sistema. Sul 2009 la Cassa depositi e prestiti immette 20 miliardi, altri 4 la Sace, altri 4 vengono dall'accordo Abi-governo- Bei,in più c'è l'effetto moltiplicatore forte soprattutto per i bond banche-Tesoro dove il moltiplicatore è da uno a dieci: per 10 miliardi di bond fanno 100 miliardi di maggiore credito alle imprese. Sono cifre enormi. In più abbiamo abbattuto il vecchio stock di rimborsi Iva; abbiamo fatto una saggia politica di rateizzazione fiscale e contributiva. Ora la discussione tra gli economisti è se l'imponente immissione di liquidità porti a un rischio-inflazione o a un'opportunitàinflazione? In giro per il mondo l'ipotesi di fare inflazione ha un nome elegante: exit strategy. Io sono contrario all'inflazione, anche per ragioni morali e politiche. L'Europa è comunque tutta costruita contro l'inflazione. L'inflazione non è la soluzione politica positiva e non può essere una soluzione europea. La pressione fiscale aumenta per effetto del calo del Pil. Le imprese ora chiedono la detassazione degli utili reinvestiti come misura per il rilancio. Siamo ancora nella fase di gestione della crisi, è la fase del pronto soccorso, la fase della riabilitazione verrà subito dopo. Finora la priorità è stata la tenuta di sistema e, tuttavia, già stiamo lavorando per una fase 2, quella della spinta e delle riforme. E le faremo non sotto l'impulso degli slogan, delle denunce, dei rapporti shock ma sulla base dei dati oggettivi e discutendo prima con le parti sociali. Le entrate fiscali soffrono, si parla di ritorno dell'evasione. Le entrate sono in linea con le stime e con le dinamiche legate alla crisi. Evasione? Vuole una prova che no? I nostri dati al 30 aprile indicano un calo dell'Iva del 6%,in Francia lo stesso dato è del 5,9%,cioè uguale.O mi dicono che è aumentata l'evasione anche a Parigi e allora non si tratta di un fenomeno italiano, oppure –come penso –sitratta di pura polemica politica, senza alcuna evidenza. Le imposte hanno una loro " elasticità" e fare ragionamenti istantanei sul rapporto imposte-Pil è solo un modo per fabbricare polemiche. Si aspettava che la rimodulazione dei fondi per il Sud avrebbe messo in crisi la giunta siciliana? Credo che le ragioni siano altre e che la crisi sia in fase di superamento. Per quanto riguarda i fondi pubblici niente è stato tolto e niente sarà tolto al Meridione. La questione meridionale è la principale questione nazionale così come il federalismo fiscale è la madre di tutte le riforme. Non ha senso pensare al Meridione come somma algebrica dei programmi regionali. Il Mezzogiorno è qualcosa in più di questa somma, serve una visione strategica nazionale. Il Nord ragiona e agisce in termini di sistema: il corridoio 5, l'asse Brennero Verona e così via. è quello che finora è mancato al Meridione: tra Palazzo Chigi e Regioni è necessario uno sforzo di discussione e di costruzione in una logica di interesse nazionale sulla base di una visione strategica meridionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL RAPPORTO CON LA BANCA D'ITALIA «La politica economica la fa il governo che risponde al popolo. L'esecutivo non può ignorare i suggerimenti tecnici» I «GLOBAL LEGAL STANDARD» Norme avanzate non limitate alla finanza: riguarderanno le giurisdizioni, le proprietà, i segreti e la trasparenza» «Per uscire dall'emergenza il mercato non basta». Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti CONTRASTO

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Corea, Usa e Seul alzano l'allerta (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-29 - pag: 8 autore: Tensione alla frontiera. Le truppe nella penisola si rafforzano dopo i test e le minacce di Pyongyang Corea, Usa e Seul alzano l'allerta Sorveglianza portata a livello due, il più alto dall'ottobre 2006 Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Dalle 7 e 15 di ieri mattina le forze armate sudcoreane (670mi-la effettivi) e quelle americane nella penisola (28.500 unità) hanno elevato lo stato di allerta, dopo che il regime nordcoreano - reduce dal test atomico di lunedì - ha dichiarato di non considerarsi più vincolato dall'armistizio del 1953e di essere pronto ad attaccare. Una dozzina dei più avanzati aerei da combattimento della Us Air Force- gli F-22 Raptor - stanno per arrivare nella base di Kadena, a Okinawa. La tensione lungo la linea di demarcazione e intorno ai confini marittimi contestati nel Mar Giallo - ultima frontiera da Guerra fredda - non trova però riscontro sui mercati finanziari, dove gli investitori sembrano scommettere sulla mancanza di un serio pericolo di conflitto (tanto che la Borsa di Seul ha guadagnato ieri il 2,2% e il won ha recuperato sul dollaro). «Il Comando delle forze combinate ha alzato le Watch Conditions di un livello, allo stadio 2: la sorveglianza sarà intensificata con più aerei e personale mobilitato », ha annunciato il ministero della Difesa di Seul: solo quattro volte dal 1982 " Watchcon" è stato elevato allo stadio 2, l'ultima poco dopo il primo test nucleare nordcoreano dell'ottobre 2006. è la prima volta da 15 anni che il Nord mostra di voler considerare non più valido l'armistizio, di cui ieri il Comando delle Nazioni Unite a guida americana ha ribadito l'obbligatorietà per tutti i firmatari e il suo intatto ruolo di «fondamento legale per il cessate il fuoco in Corea». Vari esperti militari temono la possibilità di un limitato scontro intorno al confine marittimo occidentale, area in cui il Nord ha dichiarato di «non poter garantire la sicurezza» della navigazione e già teatro di incidenti nel 1999 e nel 2002. Lo stesso governo sudcoreano, secondo indiscrezioni, mostra di attendersi ulteriori provocazioni nella regione, come il lancio di missili a corto raggio (Pyongyang ne ha lanciati già cinque dopo il test). A New York, intanto, è andato in scena un nuovo braccio di ferro tra lo schieramento guidato dal Giappone, che invoca sanzioni dure, e quello che fa capo a Cina e Russia, riluttante a introdurre misure troppo severe che renderebbero impossibile il ritorno di Pyongyang al tavolo dei negoziati a sei. Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Andrei Nesterenko, ha sottolineato che Mosca non contempla alternative a un approccio diplomatico: «Non vediamo la necessità di usare il linguaggio delle sanzioni ma piuttosto quella di mostrare pazienza e moderazione». Al contrario, il Giappone ha insistito per sanzioni che taglino le relazioni finanziarie di Pyongyang con il resto del mondo, estendano a un bando totale le restrizioni al commercio di armi (oggi riguardanti solo gli armamenti pesanti), proibiscano i viaggi all'estero di alti funzionari governativi e diano il via libera a effettivi controlli anche sulle navi dirette verso ( o provenienti dalla) Corea del Nord. Le minacce di guerra di Pyongyang sono arrivate proprio dopo che la Corea del Sud ha annunciato la sua adesione alla Proliferation Security Initiative, che prevede appunto la possibilità di ispezionare cargo in alto mare. Ieri sera in realtà è stata fatta circolare una bozza di risoluzione meno ambiziosa, preparata da Stati Uniti e Giappone e sottoposta ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Nel testo si legge che il Consiglio di Sicurezza «condanna nei termini più forti il test nucleare condotto il 25 maggio 2009 in flagrante violazione e inosservanza delle sue risoluzioni» e chiede «a tutti gli stati membri di applicare le misure adottate dalla risoluzione 1718». Le discussioni proseguiranno serrate in un weekend in cui è previsto anche un vertice tra il segretario alla Difesa Usa Robert Gates e i suoi colleghi giapponese e sudcoreano, a margine di una conferenza sulla sicurezza a Singapore. © RIPRODUZIONE RISERVATA BRACCIO DI FERRO ALL'ONU Lo schieramento occidentale, guidato dal Giappone, vuole una risoluzione dura, frenano Cina e Russia: «Il linguaggio delle sanzioni non serve»

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Alleanza governo-imprese sul biotech (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-05-29 - pag: 18 autore: Farmaci. Siglato un accordo per facilitare le fasi iniziali della ricerca - Credito più facile alle Pmi Alleanza governo-imprese sul biotech Sara Todaro ROMA Governo e imprese scommettono assieme sulla crescita della sperimentazione clinica biotecnologica in fase precoce. Per un periodo sperimentale di 12 mesi le aziende che intendono avviare studi iniziali sui medicinali (Fase I e II) potranno contare su tempi certi e procedure agevolate da parte degli organi di vigilanza; in cambio si impegneranno a effettuare le prime fasi di ricerca in Italia per almeno il 50% delle molecole in fase di discovery o preclinica. Questo il succo dell'accordo siglato ieri –presente il viceministro al Welfare, Ferruccio Fazio –da Guido Rasi,Dg dell'Agenzia italiana del farmaco, Enrico Garaci, presidente dell'Istituto speriore di Sanità e Roberto Gradnik, presidente di Assobiotec (Federchimica). L'impegno – assunto al termine dell'assemblea annuale dell'associazione che rappresenta un centinaio tra imprese e parchi tecnologici e scientifici attivi nelle biotecnologie in tutti i campi applicativi – giunge in un momento particolarmente delicato per il settore che vanta ormai 260 imprese, soprattutto piccole (73%), focalizzate sulla cura della salute (73%), con 5,4 miliardi di fatturato, 1,5 miliardi di investimenti e 41mila addetti, il 36% occupati in ricerca e sviluppo. «Il comparto è in crescita, ma senza interventi di supporto con la crisi in corso rischia il tracollo nel giro di un paio d'anni, pur disponendo di un'enorme potenzialità con 132 prodotti pronti per lo sviluppo», ha avvisato spiegato Gradnik, sollecitando «investimenti sul futuro e una azione coordinata a favore dell'innovazione». «Vanno superati timori e riserve di alcune parti politiche che in passato hanno impedito lo sviluppo dei rapporti accademia- industria. L'esperienza degli Usa dimostra che si tratta invece di un matrimonio fondamentale per lo sviluppo dei settori avanzati», ha convenuto Fazio, padrino della partnership. Accelerare le procedure non sarà però sufficiente: alle imprese – ha detto il presidente Assobiotec – serve l'ossigeno per far girare i motori. Tra le misure più attese, la stabilizzazione per almeno 10 anni del credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo (oggi valido solo per il triennio 2007- 2009);l'innalzamento dello stesso dal 40% al 50% per la ricerca commissionata a enti terzi; l'accantonamento del 10% dello stanziamento per le Pmi ad alta intensità di ricerca; l'eliminazione del meccanismo a prenotazione per accedere al questo beneficio oltre che l'innalzamento dello sgravio fiscale dal 10% al 25% per la ricerca e sviluppo, sostenuta in house dalle imprese, sul modello francese. Gradnik ha sollecitato anche l'avvio del bando per le scienze della vita di Industria 2015, che a tre anni dal lancio non è ancora stato emanato; l'avvio delle sperimentazioni in campo per l'agrobiotec concordate nel 2008; il riconoscimento a livello legislativo, dello status della piccola impresa innovativa, quella cioè che investendo in ricerca oltre il 30% del fatturato si ritrova ad essere la più esposta alla crisi finanziaria e alla carenza di venture capital. Su questo fronte qualche risposta l'ha offerta il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero: «Il Governo sa che su questo settore bisogna investire: da questa crisi usciremo sapendo che le Pmi saranno un fattore di sviluppo a livello mondiale e che il modello italiano va sostenuto con normative e procedure ad hoc». La promessa concreta: proseguire nei prossimi mesi il confronto con il sistema bancario perché alle Pmi «sia garantito l'accesso ai finanziamenti non solo in base alle garanzie di credito ma in base alla capacità di crescita delle imprese». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ASSOCIAZIONE Gradnik sollecita l'avvio del bando «scienze della vita» di Industria 2015: a tre anni dal lancio ancora non è stato emanato

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All'Italia il record dell'euroritenuta 2008 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2009-05-29 - pag: 29 autore: Svizzera. Il prelievo sui conti All'Italia il record dell'euroritenuta 2008 Lino Terlizzi LUGANO Aumenta l'euroritenuta in arrivo dalla Svizzera.E l'Italia supera la Germania nella graduatoria che comprende i Paesi della Ue. L'imposta sui redditi da interesse, o euroritenuta, riguarda le persone fisiche residenti nella Ue che hanno conti e patrimoni in Svizzera ed in altre piazze finanziarie europee in cui c'è il segreto bancario. I residenti nella Ue possono scegliere se dichiarare quanto hanno ai rispettivi Stati o pagare quest'imposta anonima. Dal luglio 2005 al luglio 2008 l'aliquota è stata del 15%, poi è salita al 20. In futuro arriverà al 30. La Confederazione resta la principale piazza di gestione di capitali internazionali e rappresenta quindi un termometro. Secondo i dati del ministero elvetico delle Finanze, nel 2008 l'euroritenuta in Svizzera è stata di 738,4 milioni di franchi (489 milioni di euro), in aumento rispetto ai 653,2 milioni di franchi del 2007. Agli Stati della Ue spettano i tre quarti dell'ammontare, come prevedono gli accordi tra Berna e Bruxelles, mentre alla Svizzera come Stato esattore è andato un quarto. In cifre, agli Stati Ue per il 2008 sono andati 553,8 milioni di franchi (367 milioni di euro), alla Svizzera 184,6 milioni di franchi. Per quanto riguarda le nazionalità dei patrimoni depositati in Svizzera, Roma e Berlino restano in testa, ma questa volta è prima l'Italia (95 milioni di euro) e seconda la Germania (91 milioni). Seguono Francia (47 milioni) e Regno Unito (28 milioni). Essendo stato il 2008 un anno segnato dalla crisi finanziaria e dunque non di grande afflusso di capitali, il primo posto italiano secondo alcuni esperti elvetici deriva dalla forte presenza di capitali italiani sulle obbligazioni, con una minore presenza sulle azioni. L'euroritenuta si applica appunto al reddito fisso e non agli investimenti azionari. La stessa ragione potrebbe spiegare una parte dell'aumento complessivo dell'euroritenuta, perché anche altri investitori potrebbero aver scelto l'anno scorso obbligazioni difensive. «In effetti, credo che dietro il marcato aumento dell'imposta nel 2008 –dice Franco Polloni, membro della direzione generale della banca elvetica BSI (Gruppo Generali), esperto di euroritenuta – vi siano tre fattori principali: il passaggio dell'aliquota a metà anno dal 15% al 20; il forte peso degli investimenti obbligazionari, vissuti come a minor rischio dagli italiani soprattutto, ma anche da altre nazionalità; probabili effetti valutari, considerando anche le oscillazioni che nell'anno hanno toccato franco, euro e altre monete». I residenti nella Ue che hanno dichiarato conti in Svizzera sono stati nel 2008 43mila, meno dei 63mila del 2007. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dal pensiero a ll'azione consapevole (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)

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Dal pensiero a ll'azione consapevole Ugo Biggeri* *Fondazione culturale Responsabilità etica www.ter Ci siamo, da oggi a domenica a Firenze c'è la sesta edizione di Terra Futura alla Fortezza da Basso. In questo 2009 di crisi viene voglia di dire: lo avevamo detto... Perché è una crisi che si aggiunge alle altre crisi: quella climatica, quella della fine del petrolio quella agricola, quella sociale. Una crisi figlia dell'idea che la crescita vada perseguita ad ogni costo, fosse anche virtuale e fraudolentala. La crisi finanziaria è la fine di un paradigma, la fine di un modello. Tutti discorsi già sentiti a Terra Futura, scritti addirittura nelle sue parole chiave. Sì, lo abbiamo detto e lo diciamo. Ma riflettendoci bene Terra Futura ha già fatto qualcosa di più: ha presentato della alternative, delle buone pratiche che già in questi anni stanno costruendo un altro mondo possibile. Ha contribuito ha costruire reti che hanno operato per il cambiamento, ha favorito incontri, lavori comuni. Da Terra Futura e dai suoi partner è partita la spinta che ha innescato il la voglia di confronto da cui è nato il "manifesto per la riforma della finanza" che è stato portato e approvato al recente congresso della Fiba Cisl. E dalle idee di Terra Futura è nato Zoes.it, la piattaforma web generata dagli utenti che è al servizio delle economie eque e sostenibili. Abbiamo iniziato con l'avventura di Terra Futura dopo l'esperienza del Social forum europeo, quando Bush era diventato da poco presidente degli Stati Uniti, e ancora si discuteva se i cambiamenti climatici erano davvero una cosa seria. Nessuno conosceva la finanza etica. Oggi non solo Obama è presidente, ma in Europa anche i governi di destra (con l'eccezione italiana) studiano e operano per un green new deal, per un impegno sempre maggiore nell'economia verde. Inoltre sono nate tantissime altre kermesse in Italia e nel mondo che hanno temi simili a quelli di Terra Futura. Forse i cambiamenti, nonostante tutto, ci sono. Sono sempre più lenti di quanto vorremmo. Ma ci sono. Dieci anni fa, in questo periodo, il movimento stava preparando le manifestazioni contro al Wto a Seattle. Oggi quel movimento non ha la spinta propulsiva di allora, ma a Terra Futura si vede come in realtà sia presente tra la gente, nelle buone pratiche di sostenibilità che crescono di anno in anno. Basterà perche fra dieci anni si abbia una società più sostenibile? Saskia Sassen, Houtard, Sachs, Hines, Danaher, George e molti altri pensatori di rilievo ci aiuteranno a capire in questi tre giorni. Le animazioni e gli espositori di Terra Futura ci mostreranno che un'economia che rispetti i valori delle persone può essere piacevole e desiderabile. La migliore risposta alla crisi determinata dall'economia irresponsabile per definizione - perché ideologicamente slegata dalle sue conseguenze sociali ambientali, culturali - è quella di continuare a costruire reti di economia responsabile. Reti che coinvolgano cittadini, imprese tradizionali, associazioni, istituzioni e quindi le scelte politiche. È la strada di vedere queste crisi come opportunità vere di cambiamento dell'economia. a partire dai nostri modelli di consumo. Terra Futura continua ad essere un bel tassello in questa strada.

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Subprime, Citi patteggia con la Sec (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-29 - pag: 41 autore: La crisi dei mutui. Il colosso Usa del credito sta trattando con le autorità di vigilanza: era accusata di aver nascosto le perdite Subprime, Citi patteggia con la Sec La transazione non chiuderebbe però tutte le incognite legali e con il governo Il conto della crisi si fa ogni giorno più costoso per le traballanti istituzioni finanziarie americane: Citigroup dovrà pagare una penale, ancora da definire, alla Sec per aver nascosto la realtà agli investitori sui famigerati mutui sub- prime. Ennesima tegola per la più grande banca commerciale al mondo travolta in pieno dalla crisi finanziaria ed ennesimo «scandalo» portato alla luce dal crack dei prestiti-spazzatura. Secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, Citi ha avviato un negoziato con la Sec per trovare un accordo su un'indagine partita due anni fa. La severa commissione di controllo americana sui mercati aveva aperto un dossier su Citi, e altre banche, nel 2007 proprio al momento in cui scoppiò il bubbone dei mutui subprime: Citi, allora guidata da Charles «Chuck» Prince, è sospettata di aver ingannato gli investitori non rivelando l'esatto ammontare dell'esposizione sui titoli derivanti da cartolarizzazioni di mutui subprime. I traballanti prestiti casa elargiti con eccessiva faciloneria a famiglie insolventi e magicamente trasformati in bond «tripla A» quando invece erano titoli spazzatura hanno di fatto dato il via alla crisi: il loro default, nell'estate del 2007, costò il tracollo di Bear Stearns e innescò una reazione a catena sul mercato che ha portato alla crisi attuale. La mossa della Sec potrebbe segnare l'avvio di una nuova fase in merito a numerose indagini civili dell'Autorità tutte partite nel 2007: la volontà della banca di cercare un accordo con la Sec (solitamente questi agreement hanno la forma di una multa in denaro) eviterebbe di dover fare un'ammissione di responsabilità, ma getterebbe nuova luce sulla "catena di sant'antonio"dei mutui subprime (che partiva dalle finanziarie di prestiti per arrivare ai portafogli di investitori istituzionali e fondi pensione di tutto il mondo). Ai primi di ottobre del 2007 Citi aveva fatto una stima preliminare, calcolando una perdita di 1,3 miliardi di dollari sul valore di asset legati ai mutui e prestiti per acquisizioni a leva. Due settimane dopo la stessa banca aveva annunciato un utile trimestrale crollato del 57% con perdite legate agli «asset tossici» lievitate a 1,83 miliardi dopo che l'agenzia di rating Moody's aveva tagliato il giudizio su quegli stessi asset. Passate altre due settimane, Citi si vide costretta a un'altra massiccia svalutazione, fino a 11 miliardi, sempre per l'esposizione sulle cartolarizzazioni di mutui. Solo più tardi Citi ammise che l'esatto ammontare dell'esposizione sui titoli garantiti da subprime era di 55 miliardi, inclusi 43 che non erano stati comunicati ai primi di ottobre. La cosa destò la preoccupazione della Sec che aprì indagini anche su Merrill Lynch ( poi salvata da Bank of America) e Lehman Brothers (fallita lo scorso settembre). L'esito dell'accordo non è scontato: Citi ha dalla sua parte alcuni argomenti giuridici che potrebbe far valere per cercare di disinnescare la mina della Sec. Avendo la banca ricevuto aiuti pubblici, nel caso sia costretta a pagare una multa, lo farebbe utilizzando in parte del denaro che, in ultima istanza, proviene dal contribuente americano.L'argomento nonè così infondato: secondo i giornali americani all'interno della stessa Sec c'è un grosso dibattito per capire se sia corretto che Citi paghi utilizzando risorse pubbliche. S. Fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO La banca, allora guidata da Prince, è sospettata di aver mentito sull'esatto ammontare dell'esposizione sui titoli diventati illiquidi

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Corteo a Rho per gli spazi sociali in città (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

DOMANI Corteo a Rho per gli spazi sociali in città Negli ultimi anni abbiamo assistito alla trasformazione del territorio metropolitano spinto dalla rendita fondiaria e dalla speculazione edilizia. Scintillanti grattacieli, uffici, centri congressi, hotel, centri commerciali, abitazioni per ceti medio-alti stanno radicalmente cambiando il volto della città. La crisi finanziaria è diventata crisi dell'economia reale e in questo contesto vengono chiuse aziende e lasciati a casa lavoratori, facendo diventare le aree dismesse (9 milioni di mq nella sola Milano) un ottimo affare per gli speculatori e, quindi, un'occasione per i poteri economici di portare avanti il disegno di città-vetrina. In questo contesto Expo 2015 rappresenta un acceleratore delle trasformazioni in quanto evento utilizzato per giustificare tutte le speculazioni da realizzare nell'area metropolitana e non solo. La direzione che ha preso lo sviluppo della metropoli comporterà l'esclusione di una moltitudine di soggetti dal processo di costituzione della città-vetrina che verranno «gestiti» attraverso il ricorso a politiche securitarie che vanno a colpire migranti, rom, writers, centri sociali, soggetti deboli. La crisi del welfare trasforma i problemi sociali in problemi di sicurezza e, quindi, il potere trasforma i soggetti esclusi in «invisibili», al massimo oggetto di carità in quanto «bisognosi», ma certamente non titolari di diritti. In questo contesto metropolitano il territorio di RhoPero, interessato dalla Fiera ed all'Expo, assume una sua particolare specificità. Proprio un anno fa veniva sgomberato il centro sociale SOS Fornace, un esempio di «riqualificazione dal basso» di un'area rimasta dismessa per una decina di anni che attraverso l'autogestione è stata riportata in vita facendola diventare un soggetto critico e conflittuale contro la ristrutturazione che sta subendo il nostro territorio. Proprio l'opposizione alla Fiera e all'Expo è stato il motivo principale dello sgombero. La ripresa di Cox18 ha dato un forte segnale in controtendenza rispetto a quello che sta succedendo da alcuni anni a Milano. Crediamo che sia il momento di iniziare a pensare il conflitto a un livello metropolitano, che guardi ai territori dove sono in corso processi di ristrutturazione e trasformazione. Per questo sabato 30 maggio attraverseremo la città di Rho con un corteo metropolitano che rivendichi spazi sociali dentro e contro la città-vetrina. Creiamo conflitto, liberiamo spazi, reclamiamo reddito, rivendichiamo diritti nella città vetrina di Expo 2015. Domani, corteo metropolitano, concentramento alle ore 15 alla stazione fs di Rho. Sos Fornace

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L'esplorazione mineraria continua (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-05-29 - pag: 44 autore: Australia. A ridimensionarsi sono i finanziamenti dei progetti in fase avanzata L'esplorazione mineraria continua Barbara Pezzotti SYDNEY Nonostante la crisi in atto, il boom di investimenti nel settore minerario australiano non si è spento. A rivelarlo è un report di Abare, l'Australian Bureau of Agricultural and Resource Economics, dal titolo «Minerals and Energy: Major Development Projects». Secondo il rapporto, nel periodo 2008-09 a tenere alto il livello degli investimenti sono state soprattutto le nuove esplorazioni, per le quali le compagnie minerarie del Paese- continente hanno speso la cifra record di 5,6 miliardi di dollari australiani (3,14 miliardi di euro). I progetti in fase avanzata hanno però mostrato qualche rallentamento. L'ultima stima sugli investimenti minerari complessivi, nei 12 mesi che termineranno a fine giugno, è di 35,92 miliardi di A$. L'anno scorso il record nel prezzo del greggio ha portato a un aumento del 36% nelle esplorazioni petrolifere, a 3 miliardi di dollari (1,7 miliardi di à ). I finanziamenti per le ricerche nel settore dei minerali ferrosi sono saliti del 14%, a 512 milioni (287 mln à ), mentre gli investimenti nell'oro sono calati del 20%,a 475 milioni (266 mln à ). La crisi finanziaria sembra aver però condizionato i progetti in fase avanzata: gli investimenti per questi sono calati ai minimi degli ultimi quattro anni. Inoltre sono solo 11 i piani che, nei sei mesi conclusi ad aprile, sono progrediti a uno stadio avanzato, contro i 18 che sono terminati nello stesso periodo. Un rallentamento evidente, se si considera che 58 nuovi progetti erano stati avviati nei sei mesi all'aprile del 2008. Nonostante ciò, la spesa totale per 74 progetti avanzati alla fine dello scorso aprile ha segnato un incremento del 16% rispetto ai sei mesi terminati alla fine di ottobre. A spiegare questa cifra è soprattutto l'impegno di Bhp Billiton in alcuni grandi progetti nel Western Australia. « Rapid Growth 5 nel comparto dei minerali ferrosi e lo sviluppo del North-West Shelf portati avanti da Bhp Billiton –afferma Alan Copeland, senior commodity analyst di Abare –hanno contribuito in maniera determinante a questa cifra ». In generale, i progetti nel Western Australia continuano a fare la parte del leone, rappresentando il 70% delle spese di capitale per i progetti avanzati. Per Abare c'è spazio per l'ottimismo. «Nell'industria mineraria australiana – commenta Copeland – ci sono ancora molti soldi da spendere, soprattutto nel carbone, nei minerali ferrosi e nei progetti sul gas. Non c'è dubbio che i consigli d'amministrazione stiano valutando questi progetti in un'ottica di lungo periodo, contando su un inevitabile futuro rafforzamento dell'economia mondiale». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Svolta cruciale per la ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM (BANCA MEDIOLANUM) data: 2009-05-29 - pag: 22 autore: Il Punto dei Mercati, di Vittorio Gaudio* Svolta cruciale per la ripresa Dopo il livello minimo del 6 marzo scorso, Wall Street ha ricominciato a crescere C on ogni probabilità, la data di venerdì 6 marzo 2009 passerà nei testi di storia economica per avere rappresentato un radicale ‘punto di svolta' nell'evoluzione dei mercati finanziari globali. Nelle settimane precedenti a tale data, le Borse di tutto il mondo si erano avvitate in una corsa al ribasso apparentemente senza fine, provocando ondate di pessimismo sulle sorti del sistema finanziario e delle economie, e rendendo il compito sin troppo facile a chi volesse ogni giorno individuare nuovi motivi di sconforto. Questo accadeva, nonostante nel frattempo potenti medicine fossero state iniettate nel corpo dei mercati: il piano Obama e i piani del Tesoro USA, gli stimoli infrastrutturali in Cina, l'aggressività non convenzionale della Federal Reserve e di altre Banche centrali. Nessuna reazione. Poi improvvisamente, la notizia-miccia: alcune grandi banche internazionali stanno facendo profitti da inizio 2009, nonostante i titoli tossici, le Borse, il calo delle commissioni, l'ingessamento del credito, la fuga dei talenti, e via dicendo. Dal livello ‘diabolico' di 666 dell'indice S&P 500 di Wall Street, che quel venerdì 6 marzo ha fatto toccare il punto minimo per la Borsa americana, si è innescato un rialzo straordinario di quasi 40 punti percentuali, il miglior ‘rally' su base bimestrale dagli anni Trenta, del secolo scorso. Questo improvviso cambiamento di umore è legato alle leggi arcane della Borsa: il mercato vede il suo minimo quando il pessimismo imperante ha portato anche l'ultimo venditore a liquidare le posizioni. Da quel momento, le quotazioni azionarie possono ripartire da nuove e più solide basi. A dimostrazione dell'ormai strettissima correlazione tra psicologia dei mercati e clima economico, la progressione positiva dei listini sta conducendo a una maggiore fiducia anche sulle prospettive dell'economia reale per i prossimi trimestri. Ci sembra quindi ragionevole affermare che il ‘livello 666' sia il minimo di questo ciclo borsistico, non più ripetibile, a meno di situazioni catastrofiche ed esogene ai mercati. Le Borse resteranno, certo, volatili e potranno vivere anche situazioni di rintracciamento nei prossimi mesi: tuttavia, se il punto di svolta è ormai alle nostre spalle, queste correzioni si presenteranno al risparmiatore come occasioni preziose per approfittare del ‘bull market' prossimo venturo. * Responsabile gestione Patrimoni di Mediolanum Il grafico riporta l'andamento dell'indice ‘S&P 500 Composite' della Borsa americana in questi ultimi mesi: in evidenza, il punto di svolta del 6 marzo scorso, che segna un'inversione di rotta

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Londra, la città globale che nega la sua crisi (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

GRAN BRETAGNA La crisi? «Qui non si sente molto», dicono in tanti, «il peggio deve ancora arrivare», ribattono altri. Londra, capitale finanziaria di portata mondiale, è convinta di non sentire la recessione. Ma per salvare le banche il governo ha aperto buchi nel bilancio: nel futuro incombono tagli alla spesa pubblica Londra, la «città globale» che nega la sua crisi Nella City continuano a circolare i soldi pompati dal governo, sui licenziamenti si stende un velo. Ma si prepara un futuro d'austerità Marco d'Eramo INVIATO A LONDRA INVIATO A LONDRA Un mistero aleggia sulla crisi che devasta l'economia mondiale. In qualunque città ti trovi, quando chiedi quanto grave è la recessione, la risposta che invariabilmente ti senti dare è la seguente: «La crisi è tremenda, feroce, ma in questa città è meno grave che altrove, qui si sente meno». A San Francisco, «la città è piccola e quindi c'è sempre penuria di case che i ricconi asiatici vogliono comunque comprare: le quotazioni immobiliari tengono abbastanza»; a Chicago «la crisi era stata violentissima negli anni '80 e ora si sente meno»; a Las Vegas «c'è un ridimensionamento, ma tutto sommato proprio nei tempi duri la gente ha bisogno di sognare»; a Leeds no, «perché è una città di colletti bianchi con tanto pubblico impiego» (vedi il manifesto del 21 maggio). «La crisi della città accanto», la potremmo chiamare. «Io stavo per darti la stessa risposta» mi dice Susan Watkins, direttrice della New Left Review, mentre mangiamo un boccone al Blacks, un club di Soho, a pochi passi dalla sede della rivista: il Blacks è ormai inevitabile punto di ritrovo per un nutrito drappello dell'intellighenzia progressista londinese, giornalisti, registi, fotografi, saggisti. «Infatti» dice Watkins, «tutti i soldi che il governo del New Labour ha pompato nelle banche continuano a girare nella City. Ci sono stati licenziamenti, alcuni esercizi hanno chiuso. Ma è stato in gran parte compensato dal calo della sterlina che ha fatto affluire molti più turisti». La crisi della città accanto si trasforma spesso nella «crisi della porta accanto»: quante volte ti senti dire: «Io non sono stato colpito personalmente dalla crisi, ma conosco uno che è stato licenziato proprio ieri»? In realtà, qui a Londra, come ovunque, potresti individuare la posizione politica del tuo interlocutore dal suo giudizio sulla gravità della crisi. «Il peggio deve ancora venire» mi dice la sindacalista e attivista Jane Shalice. Siamo seduti nel giardino di Bloomsbury Square in una rara mattinata di sole di questo maggio arcigno, freddino e piovoso: «Per salvare le banche, il governo di Gordon Brown sta scavando una voragine nel bilancio dello stato: per riempirla, il prossimo governo conservatore procederà a tagli pesanti della spesa pubblica e a licenziamenti nel pubblico impiego (qui tutti danno per scontato che alle prossime elezioni vincano i tories di David Cameron, ndr). E allora la crisi sarà durissima. Si fanno tanti paragoni con la Grande Depressione. Ma nel 1929, quando scoppiò la crisi, la disoccupazione non era al 25%. Solo tre anni, nel 1932, dopo arrivò a questo livello. Gli effetti veri li vedremo fra un paio di anni». Se per l'estrema sinistra il peggio deve ancora venire, per centristi e conservatori il peggio è ormai alle spalle. «Vi sono due scuole di pensiero», mi dice John Kampfner, già direttore del settimanale New Statesman e ora saggista e manager del sito (e magazine) Index on Censorship (Kampfner ha appena dato alle stampe Libertà in saldo, un libro che si chiede come mai, in tanti paesi, dalla Russia all'Italia, dalla Thailandia alla Gran Bretagna, i cittadini sono pronti a scambiare le proprie libertà e i propri diritti civili in cambio della sicurezza o della promessa di sicurezza). «Per una prima scuola di pensiero la crisi attuale è solo una cunetta nello sviluppo capitalistico, un dosso, brusco quanto si vuole, ma pur sempre solo un'ammaccatura. Per l'altra scuola di pensiero, siamo di fronte a una rottura vera e propria dell'ordine capitalistico. Per il momento non si può dire. Se il Prodotto interno lordo crolla di un 5%, per l'economia nazionale è una catastrofe, ma se tu devi ridurre il tuo livello di vita del 5%, puoi farlo senza risentirne troppo: esci un po' meno, compri un po' meno giornali, accorci un po' le tue vacanze, riduci un po' la qualità dei tuoi vestiti, rimandi alcune spese. Puoi anche ridurre del 10% il livello di vita e non risentirne. Certo, nella finanza e nella pubblicità stanno licenziando, ma il turn over è sempre stato vorticoso: alle dieci del mattino eri alle stelle e alle 17 sei sbattuto fuori. L'altra scuola di pensiero, quella de 'il peggio deve ancora venire' ha dalla sua la prospettiva del governo Tory. Fino a qualche mese fa Cameron era stato abile, aveva evitato il classico discorso conservatore di privatizzazioni selvagge e tagli alla spesa sociale, ma ora comincia a dire che stiamo entrando 'in un'era di austerità': comincia a promettere anche lui 'lacrime e sangue'. Ma anche se il peggio deve ancora venire, non so in che senso si parla di 'discontinuità capitalista'. Non ho mai capito cosa vuol dire l'espressione 'nuovo capitalismo'». Certo, è sconcertante questo understatement della crisi, per quanto in puro stile anglosassone. È mai possibile che la massima capitale globale della finanza globale non risenta della crisi finanziaria globale? I prezzi delle case sono scesi di un buon 30%, «ma in fondo sono solo tornati ai livelli sempre molto alti del 2006», ti obiettano. Fino a ieri, il massimo dello chic era fare il pendolare tra New York e Londra, i due centri della finanza mondiale, abitare «NyLon». Il ruolo di Londra e della sua City era stato garantito dalla deregulation finanziaria, dalla sregolatezza che ne aveva fatto «la capitale globale della criminalità globale», secondo un'espressione di Kampfner. Ora i governi parlano di reintrodurre almeno timidi controlli, di tassare almeno un po' i redditi alti: tutto ciò non farà perdere a Londra la sua leadership mondiale in settori chiave della finanza (come per esempio il mercato valutario, l'unica forma di speculazione che ha superato abbastanza indenne la crisi)? Curiosamente, nessuno qui prende in considerazione neanche la minima possibilità che Londra perda il suo status finanziario. Non si capisce se è ottimismo o è rifiuto dell'evidenza, uno state of denial, come nei tabagisti quando si parla dei danni del fumo. «I motivi fondamentali per cui i russi si sono stabiliti qui rimangono validi anche adesso, dice Kampfner, «anche se il governo Brown si è deciso infine ad aumentare le tasse portandole al 50% per i redditi oltre le 150.000 sterline, mentre finora c'era un'imposizione piatta del 40% per tutti i redditi superiori alle 40.000 sterline annue. Era una misura che i laburisti avrebbero dovuto prendere anni fa, al tempo delle vacche grasse, ma non ne hanno avuto il coraggio anche se era popolarissima. Ora invece i tabloid si scatenano (il London Life titola: 'I boss della City si mettono in fila per evitare la stangata della tassa al 50%'). Il Financial Times lancia l'allarme e minaccia che se davvero ci sarà una nuova regulation finanziaria, 'Nylon sarà soppiantata Shangkong' (Shanghai e Hongkong), ma a me sembra già dell'altroieri lo slogan che si recitava 'Shanghai, Mumbay, Dubai e Goodby'. Non vedo declino: Londra offre un insieme unico di vantaggi: gli oligarchi erano venuti qui per la lingua - l'inglese come tramite universale - , per l'esenzione fiscale sugli stranieri non residenti, soprattutto per le scuole di qualità per i figli». Con chiunque parli, la scelta della scuola è un fattore dirimente dello sviluppo dei quartieri londinesi: le case aumentano di prezzo nelle vicinanze delle buone scuole e si deprezzano intorno ai licei scadenti, mi conferma la preside di una scuola di Brixton: «Secondo le nostre regole, chi abita lontano da una buona scuola non potrà mai sperare d'iscrivervi i propri figli, quindi preferisce trasferirsi vicino a un istituto di qualità perché pensa che l'investimento renda in termini di carriera futura dei figli». Non vede un declino di Londra neanche Robin Murray, studioso dello sviluppo urbano, consulente di Ken Livingstone quando era presidente della Grande Londra (1980-86) contro la Thatcher, tanto che per farlo fuori la Lady di ferro abolì addirittura la figura istituzionale. Detto «Ken il rosso» perché dissidente di sinistra del Labour, Livingstone è stato poi il primo sindaco di Londra per due mandati, dal 2000 al 2008, prima di essere sconfitto dal candidato conservatore Boris Johnson. «C'è sempre stata una tensione tra l'anima industriale e l'anima finanziaria di Londra. E il New Labour di Tony Blair decise di puntare sulla finanza» mi dice Murray nella cucina della sua casa di Hackney, un quartiere ex industriale ed ex malfamato. «Quattro calcoli mostravano che a Londra i redditi del personale impiegato nel settore finanziario ammontavano a più di 70 miliardi di sterline l'anno, una cifra superiore al Pil di parecchi paesi. Noi volevamo far rivivere l'anima industriale di Londra, ma poi Livingstone si convinse che forse avevamo sbagliato a non favorire la finanza». Tento un'ultima volta di ottenere una risposta alla mia domanda su cosa succede a una città globale in tempi di crisi globale andando alla stazione di Kings Cross a prendere un treno per Cambridge. Percorro una stradina cinta dai muri secolari dell'antica università, entro in un sottopasso, salgo scale consunte. Göran Therborn è svedese ed è ordinario di sociologia. Studia le capitali in quanto rappresentazioni del potere e dirige un progetto comparato sulle capitali asiatiche, europee e africane, di cui ha pubblicato un primo volume. Mi fa aspettare che finisca di parlare con uno studente, prima di ricevermi nel suo studio spoglio, dove parliamo per un'ora e mezza, prima d'invitarmi a una cena rapida in un ristorantino turco. Therborn salta a suo agio tra gli edifici monumentali del mondo, dal parlamento di Budapest, fino al palazzo presidenziale del Malawi, fuori Lilongwe («il centro del potere in Africa è spesso fuori dalla capitale»). Per lui il potere delle città globali è sempre basato sullo stato nazionale. La sua è una critica abbastanza esplicita alla tesi di Saskia Sassen sulle «città globali»: «Stimo molto Saskia Sassen, ma la sua città globale era essenzialmente New York, che è un caso unico. Negli altri casi, come Londra e Tokyo, il ruolo di centro di comando dell'economia globale non può essere disgiunto da quello di capitale di uno stato nazionale e imperiale per di più. E la crisi attuale mostra che è sbagliata l'idea secondo cui le città globali sono indipendenti dallo stato nazionale». L'immagine di Londra che trasmette Therborn è spaesante. Per lui il potere politico vi è storicamente sottostimato: «Londra non ha gli Champs Elysées come Parigi; l'ufficio del primo ministro, al 10 di Downing street, è piccolino, quasi nascosto. Certo, c'è il palazzo reale, ma è quasi discosto: in evidenza c'è il potere dei contribuenti ricchi. Parlando di Londra, si sottovaluta sempre l'eredità dell'impero, si tende a estrapolare dal capitalismo americano. Ma le esperienze sono assai diverse. Se guardi le prime 500 imprese degli Stati uniti, assai poche sono basate a New York, la maggior parte è disseminata in tutti gli Usa. Non così a Londra, a Tokyo, a Parigi, dove è concentrata la quasi totalità delle corporations di quelle nazioni. E poi se guardi al richiamo finanziario di Londra, esso attrae soprattutto le sue ex colonie, il Medio Oriente, e la Russia per la sua storica alleanza. Quando le banche falliscono, le città globali battono cassa dallo stato nazionale. E poi c'è sempre stata una contraddizione tra Londra e il resto dell'Inghilterra. Londra non è mai stata la capitale dell'industria, neanche durante la rivoluzione industriale, neanche all'apogeo dell'impero. L'industria ha sempre avuto il suo centro a nord, Manchester, Liverpool, Leeds. Negli ultimi vent'anni si è diffusa l'immagine di una City ipertrofica su un'economia inglese rachitica: ma appunto, il peana della City è più un'immagine che altro, un effetto dell'autopubblicità che si facevano gli yuppies: la City continua a poggiare sull'ex impero». «Londra è un'isola nell'isola» mi aveva detto già Kampfner. Da questo punto di vista, le città sono assai antropomorfiche: come ognuno di noi umani è strenuamente convinto della propria insostituibile, irripetibile eccezionalità, così anche le città sono vissute dai propri cittadini ognuna come eccezionale, disobbediente a ogni logica. Ma anche le isole possono venire sommerse dai flutti. E - per quanto lo scivolamento sia impercettibile - è difficile che Londra possa tornare alla sua arroganza e al suo fasto precedenti. Foto: TURISTI DAVANTI AL CENTRO FINANZIARIO DI LONDRA /FOTO AP

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Crisi e riforme Le Considerazioni di Draghi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 29/05/2009 - pag: 35 Oggi assemblea Bankitalia Crisi e riforme Le Considerazioni «corte» di Draghi ROMA Con due giorni di anticipo rispetto al tradizionale appuntamento del 31 maggio che quest'anno cade di domenica, il Governatore Mario Draghi illustrerà stamattina le sue Considerazioni finali aprendo l'annuale assemblea della Banca d'Italia. Per chi ama le statistiche sono le quarte Considerazioni di Draghi e le seconde dall'inizio della crisi finanziaria. Anche se sono le prime che affrontano il duro impatto del terremoto dei mercati sull'economia reale, caduta e non solo in Italia in profonda recessione. Ed è da qui, dalla crisi e dalle prospettive di ripresa della crescita, che partiranno le Considerazioni, quest'anno più stringate, incisive e brevi delle precedenti. Al centro dell'analisi di Draghi saranno infatti le politiche da seguire per tornare a crescere con un ritmo in linea con le altre economie, una volta superata la situazione più buia. In questo quadro il governatore tornerà ad insistere anche sulla centralità del lavoro e dell'occupazione. Come sull'esigenza, sempre attuale, di prestare attenzione e risorse alla formazione e allo studio. E delle riforme. Come sempre c'è poi attesa per le riflessioni del governatore sulla situazione del sistema finanziario in generale e bancario in particolare. Sulle banche infatti, ha più volte osservato Draghi, pesa l'onere di far affluire credito all'economia e alle imprese e nello stesso tempo il dovere di valutare con attenzione la qualità dei prestiti e di rafforzare patrimonio e stabilità. S. Ta.

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Frenano gli indici, corre A2A (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Frenano gli indici, corre A2A Buzzi-Unicem Su Buzzi-Unicem (-3,17%) hanno pesato le vendite di beneficio In leggero calo, ma nella media europea, le variazioni dei due principali indici di Piazza Affari (che si apprestano ad andare in pensione: da lunedì prossimo saranno infatti ridenominati e modificati nel meccanismo di calcolo). L'S&P-Mib ha ceduto lo 0,8% e il Mibtel lo 0,53%. In diminuzione anche i volumi scambiati, per un controvalore di 2,2 miliardi di euro. Alla vigilia dell'assemblea che darà il via libera al rinnovo del consiglio di sorveglianza, A2A ha messo a segno la performance migliore (+2,3%) nell'ambito dei 40 valori più capitalizzati. Altri rialzi significativi hanno poi riguardato Mediaset (+1,85%), unico positivo, insieme con l'Espresso (+1,39%) tra gli editoriali; oltre a Tenaris (+1,79%), migliore tra i petroliferi, e Campari (+1,08%), al nuovo massimo dell'anno. Fuori dall'S&P-Mib, invece, occhi puntati su Mariella Burani: il titolo è balzato del 4,31% grazie alle indiscrezioni relative a un primo accordo con le banche creditrici sulla ridefinizione del debito. Più numerosi (e anche più consistenti) i ribassi nel paniere dei titoli principali. A cominciare da Buzzi-Unicem che ha subito l'impatto delle vendite di beneficio dopo il rialzo della vigilia, chiudendo in calo del 3,17%. Stessa motivazione per Autogrill (-2,73%), reduce dal record annuale raggiunto mercoledì. Le altre principali flessioni hanno riguardato infine alcuni bancari ( Ubi Banca -2,54%, Mediolanum -2,49%, Monte Paschi -2,08%) e un assicurativo, Unipol, che ha lasciato sul campo il 2,39% dopo il ridimensionamento del giudizio (da buy, comprare, a hold, mantenere) da parte di Deutsche Bank.

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Infineon chiede aiuti statali e cade (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 Il caso a Francoforte Infineon chiede aiuti statali e cade (g.fer.) Reduce dal significativo rialzo di mercoledì (+3,78%), ieri Infineon, società di emiconduttori, ha ceduto il 7,07%, chiudendo alla Borsa di Francoforte a quota 2,17 euro. A pesare sul titolo è stata l'indiscrezione, riportata dal Financial Times Deutschland, secondo la quale il gruppo avrebbe chiesto al governo tedesco un prestito garantito di 500 milioni di euro. I vertici di Infineon non hanno voluto commentare le voci, ma hanno confermato l'impegno a presentare un nuovo piano di rifinanziamento entro l'estate. Soltanto poche settimane fa Bank of America aveva migliorato il rating della società. Peter Bauer ceo di Infineon

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Il digitale terrestre spinge Ti Media (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 29/05/2009 - pag: 39 Il caso a Milano Il digitale terrestre spinge Ti Media (g.fer.) Lo sviluppo futuro del digitale terrestre fa bene a Telecom Italia Media (Ti Media) che ieri a Piazza Affari ha chiuso con un balzo del-- l' 11,17% a 0,1145 euro, nuovo massimo dell'anno, con 7,9 milioni di titoli scambiati contro una media negli ultimi tre mesi di 2,4 milioni. Il mercato è in attesa di sviluppi sulla presenza dell'azienda nel settore. L'advisor Merril Lynch sta infatti raccogliendo le offerte non vincolanti per una quota di minoranza di Telecom Italia Media Broadcasting, la società controllata da Ti Media titolare della licenza di operatore di rete in tecnica digitale. Berardino Libonati presidente Ti Media

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Provincia, Progetto Molise ha idee precise (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

stampa Elezioni Il movimento si pone l'obiettivo di individuare le potenzialità del territorio che consentiranno di superare la crisi economica attuale. Si punta soprattutto al rilancio del turismo Provincia, Progetto Molise ha idee precise Ieri sera conferenza stampa del senatore Gaetano Quagliariello. Le iniziative Silvia De Cristofaro Conferenza stampa ieri sera del vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, a Isernia per sostenere il candidato del centro destra alla presidenza della Provincia di Isernia Luigi Mazzuto. L'occasione è stata la presentazione della lista di «Progetto Molise». L'attenzione del movimento, costituitosi più di tre anni fa grazie alla passione per una politica a favore delle esigenze più reali dei cittadini, è puntata sul programma di Mazzuto che per la corsa alla presidenza verrà appunto affiancato dai candidati di Progetto Molise. Nella conferenza stampa di presentazione della lista, è proprio il coordinatore regionale Cosmo Galasso ad illustrare i contenuti del programma presentato dal movimento. Progetto Molise- ha specificato. Si pone l'obiettivo di individuare le potenzialità della nostra terra che ovviamente sono quelle del turismo. Per un giusto rilancio dell'economia,abbattuta ma non ancora sconfitta da una preoccupante crisi finanziaria, è bene puntare anche sulla valorizzazione e la promozione della nostra provincia cercando innanzitutto un'utenza più vicina per poi allargarsi all'estero. La società civile del Molise ha bisogno di rinnovamento, nel proseguire comunque i programmi della passata amministrazione Mauro che ha dimostrato la forza del centro-destra che noi sin dall'inizio abbiamo appoggiato. Doveroso il riferimento alla sicurezza nelle scuole. Il problema- ha specificato Galasso- va affrontato senza allarmismi. E' necessario restringere i tempi necessari per un controllo più approfondito dello stato di fatto nelle scuole della provincia e della cittadina di Isernia. Che sarà effettuato nei prossimi mesi, favoriti dalla chiusura dell'anno scolastico. Ad una precisa ricognizione, seguiranno certamente provvedimenti, programmazione ed interventi. I candidati in lista per le prossime elezioni di giugno- ha continuato Galasso-hanno manifestato un grande interesse per la politica. Ed è un mixer perfetto tra chi vuol davvero impegnarsi nel dare un proprio contributo per il miglioramento della vivibilità del nostro territorio.

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(sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

CHIESA 29-05-2009 «Solidarietà verso chi è colpito dalla crisi» Il vivo apprezzamento del Papa alla Cei per l'iniziativa del «Prestito della speranza» Pubblichiamo il discorso pronunciato alle 12 di ieri da Benedetto XVI nell'Aula del Sinodo, in Vaticano, durante l'incontro con i membri dell'Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. C ari fratelli vescovi italiani, sono lieto di incontrarvi ancora una volta tutti insieme, in occasione di questo significativo appuntamento annuale che vi vede riuniti in assemblea per condividere le ansie e le gioie del vostro ministero nelle diocesi della diletta nazione italiana. La vostra assemblea, infatti, esprime visibilmente e promuove quella comunione di cui la Chiesa vive, e che si attua anche nella concordia delle iniziative e dell'azione pastorale. Con la mia presenza vengo a confermare quella comunione ecclesiale che ho visto costantemente accrescersi e rinsaldarsi. In particolare, ringrazio il cardinale presidente che, a nome di tutti, ha confermato la fraterna adesione e la cordiale comunione con il magistero e il servizio pastorale del successore di Pietro, riaffermando così la singolare unità che lega la Chiesa in Italia alla Sede Apostolica. Ho ricevuto in questi mesi veramente tante commoventi testimonianze di questa adesione. Vi posso solo dire con tutto il cuore: grazie! In questo clima di comunione si può nutrire proficuamente della Parola di Dio e della grazia dei sacramenti il popolo cristiano, che sperimenta il profondo inserimento nel territorio, il vivo senso della fede e la sincera appartenenza alla comunità ecclesiale: tutto ciò grazie alla vostra guida pastorale, al servizio generoso di tanti presbiteri e diaconi, di religiosi e fedeli laici che, con assidua dedizione, sostengono il tessuto ecclesiale e la vita quotidiana delle numerose parrocchie disseminate in ogni angolo del Paese. Non ci nascondiamo le difficoltà che esse incontrano nel condurre i propri membri ad una piena adesione alla fede cristiana nel nostro tempo. Non a caso si invoca da varie parti un loro rinnovamento nel segno di una crescente collaborazione dei laici, e di una loro corresponsabilità missionaria. P er queste ragioni avete voluto opportunamente approfondire nell'azione pastorale l'impegno missionario, che ha caratterizzato il cammino della Chiesa in Italia dopo il Concilio, mettendo al centro della riflessione della vostra assemblea il compito fondamentale dell'educazione. Come ho avuto modo a più riprese di ribadire, si tratta di una esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa, che oggi tende ad assumere i tratti dell'urgenza e, perfino, dell'emergenza. Avete avuto modo, in questi giorni, di ascoltare, riflettere e discutere sulla necessità di porre mano ad una sorta di progetto educativo che nasca da una coerente e completa visione dell'uomo quale può scaturire unicamente dalla perfetta immagine e realizzazione che ne abbiamo in Cristo Gesù. È Lui il Maestro alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un'altissima vocazione alla quale ogni fedele, con diverse modalità, è chiamato. In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita, e la legittimità stessa dell'educazione è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e nell'uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci proviene da quella «speranza affidabile» ( Spe salvi, 1) che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo. In riferimento a questo fondato atto d'amore per l'uomo può sorgere una alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed ecclesiale. L a conclusione, domenica prossima, del triennio dell'Agorà dei giovani italiani, che ha visto impegnata la vostra Conferenza in un percorso articolato di animazione della pastorale giovanile, costituisce un invito a verificare il cammino educativo in atto e a intraprendere nuovi progetti per una fascia di destinatari, quella delle nuove generazioni, estremamente ampia e significativa per le responsabilità educative delle nostre comunità ecclesiali e della società tutta. L'opera formativa, infine, si allarga anche all'età adulta, che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione permanente. Nessuno è escluso dal compito di prendersi a cura la crescita propria e altrui verso la «misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13). L a difficoltà di formare autentici cristiani si intreccia fino a confondersi con la difficoltà di far crescere uomini e donne responsabili e maturi, in cui coscienza della verità e del bene e libera adesione ad essi siano al centro del progetto educativo, capace di dare forma ad un percorso di crescita globale debitamente predisposto e accompagnato. Per questo, insieme ad un adeguato progetto che indichi il fine dell'educazione alla luce del modello compiuto da perseguire, c'è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia. In questo Anno paolino, che abbiamo vissuto nell'approfondimento della parola e dell'esempio del grande Apostolo delle genti, e che avete in vari modi celebrato nelle vostre diocesi e proprio ieri tutti insieme nella Basilica di San Paolo fuori le mura, risuona con singolare efficacia il suo invito: «Fatevi miei imitatori» ( 1Cor 11,1). Una parola coraggiosa, ma un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che gli sono affidati. Ne siamo consapevoli noi stessi, posti come guide in mezzo al popolo di Dio, ai quali l'apostolo Pietro rivolge, a sua volta, l'invito a pascere il gregge di Dio facendoci «modelli del gregge» ( 1Pt 5,3). Anche questa è una parola sulla quale meditare. R isulta pertanto singolarmente felice la circostanza che ci vede pronti a celebrare, dopo l'anno dedicato all'Apostolo delle genti, un Anno sacerdotale. Siamo chiamati, insieme ai nostri sacerdoti, a riscoprire la grazia e il compito del ministero presbiterale. Questo ministero è un servizio alla Chiesa e al popolo cristiano che esige una profonda spiritualità. In risposta alla vocazione divina, tale spiritualità deve nutrirsi della preghiera e di una intensa unione personale con il Signore per poterlo servire nei fratelli attraverso la predicazione, i sacramenti, una ordinata vita di comunità e l'aiuto ai poveri. In tutto il ministero sacerdotale risalta, in tal modo, l'importanza dell'impegno educativo, perché crescano persone libere, veramente libere, e cioè responsabili, cristiani maturi e consapevoli. N on c'è dubbio che dallo spirito cristiano attinga vitalità sempre rinnovata quel senso di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore degli italiani e trova modo di esprimersi con particolare intensità in alcune circostanze drammatiche della vita del Paese, ultima delle quali è stato il devastante terremoto che ha colpito talune aree dell'A- bruzzo. Come già detto dal vostro presidente, ho avuto modo, nella mia visita a quella terra tragicamente ferita, di rendermi conto di persona dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche, questo è stato per me realmente molto impressionante, della fortezza d'animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato veramente da tutte le parti d'Italia. Le nostre comunità hanno risposto con grande generosità alla richiesta di aiuto che saliva da quella regione sostenendo le iniziative promosse dalla Conferenza episcopale tramite le Caritas. Desidero rinnovare ai vescovi abruzzesi e, attraverso di lo- ro, alle comunità locali l'assicurazione della mia costante preghiera e della perdurante affettuosa vicinanza. D a mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie. Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l'iniziativa del fondo di solidarietà denominato «Prestito della speranza », che avrà proprio domenica prossima un momento di partecipazione corale nella colletta nazionale, che costituisce la base del fondo stesso. Questa rinnovata richiesta di generosità, che si aggiunge alle tante iniziative indette da numerose diocesi, evocando il gesto della colletta promossa dall'apostolo Paolo a favore della Chiesa di Gerusalemme, è una eloquente testimonianza della condivisione dei pesi gli uni degli altri. In un momento di difficoltà, che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavoro, ciò diventa un vero atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore dei credenti. È un annuncio eloquente della conversione interiore generata dal Vangelo e una manifestazione toccante della comunione ecclesiale. na forma essenziale di carità su cui le Chiese in Italia sono vivamente impegnate è anche quella intellettuale. Ne è un esempio significativo l'impegno per la promozione di una diffusa U mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un'attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà. Tale impegno è ben testimoniato dal manifesto «Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine», che vede il laicato cattolico italiano concorde nell'operare affinché non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull'uomo e la promozione dell'autentico bene delle persone e della società. I «sì» e i «no» che vi si trovano espressi disegnano i contorni di una vera azione educativa e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni persona. Il pensiero torna dunque al tema centrale della vostra assemblea il compito urgente dell'educazione che esige il radicamento nella Parola di Dio e il discernimento spirituale, la progettualità culturale e sociale, la testimonianza dell'unità e della gratuità. C arissimi confratelli, pochi giorni appena ci separano dalla solennità di Pentecoste, in cui celebreremo il dono dello Spirito che abbatte le frontiere e apre alla comprensione della verità tutta intera. Invochiamo il Consolatore che non abbandona chi a Lui si rivolge, affidando- Gli il cammino della Chiesa in Italia e ogni persona che vive in questo amatissimo Paese. Venga su tutti noi lo Spirito di vita e accenda i nostri cuori col fuoco del suo infinito amore. Di cuore benedico voi e le vostre comunità! Benedetto XVI «Un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare quanti gli sono affidati». Di questo siamo consapevoli noi «posti come guide in mezzo al popolo di Dio» «Le Chiese in Italia sono vivamente impegnate anche nella carità intellettuale». Un esempio? L'opera di sostegno alla «mentalità a favore della vita» che si esprime nel manifesto «Liberi per vivere» Per rispondere all'attuale emergenza educativa, con un «adeguato progetto che indichi il fine dell'educazione alla luce del modello compiuto da perseguire, c'è bisogno di educatori autorevoli a cui i giovani possano guardare con fiducia» Roma: il discorso del Papa all'Assemblea generale della Cei (foto Gennari). Sopra: l'incontro nell'Aula del Sinodo, in Vaticano (foto Gennari)

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emergenza (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 29-05-2009 emergenza Dopo la frenata dell'11 settembre, le «piovre» hanno rialzato la testa. «Gli scandali che hanno causato la crisi finanziaria hanno svelato la forte penetrazione delle cupole nei mercati internazionali». Colpa anche delle frontiere colabrodo: da Varsavia a Lisbona si può andare senza controlli... «E nella lotta non siamo seri»

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L'allarme di Costa Le mafie assediano mezzo pianeta (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 29-05-2009 L'allarme di Costa Le mafie assediano mezzo pianeta Criminalità, una «minaccia sistemica» DA ROMA PINO CIOCIOLA S ulle nostre teste incombe una «minaccia sistemica» dalle criminalità organizzate di mezzo pianeta e «stiamo rischiando grosso». Senza contare che la crisi finanziaria mondiale sta aiutando le cento 'piovre' a lavare i soldi sporchi che circolano nel mondo. Il quale invece «non è serio nella lotta al riciclaggio», vero motore delle illegalità, «il cui lubrificante è la corruzione». Non va troppo per il sottile Antonio Maria Costa, vicesegretario generale delle Nazioni Unite e direttore esecutivo dell'Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc), quando gli si chiede le ragioni di un G8 dei ministri dell'Interno e della Giustizia, che si apre oggi a Roma: «La mafia è diventata internazionale e non solo quella italiana spiega : penso alla mafia cinese, a quella russa e quella colombiana, i cartelli albanesi e quelli nigeriani, i cartelli messicani...». Come nascono le mafie internazionali, direttore Costa? Con la globalizzazione ed è un risultato della fine dei blocchi Est e Ovest, perché la loro contrapposizione rendeva le vie e la vita assai più difficili alle criminalità che avevano voglia di uscire dai proprio confini. Nasce lì, poi cresce. Subisce una brusca frenata dopo l'11 settembre e l'introduzione delle severe limitazioni ad esempio ai flussi finanziari. Ma già da un po' le 'piovre' hanno più che rialzato la testa. La strategia dei trafficanti negli ultimi cinque o sei anni è transitare nelle regioni meno protette. Come l'Africa o le zone di conflitto. Risultato? Ora stiamo rischiando grosso. E non vedo i nostri Paesi reagire come dovrebbero. Quali sono i rapporti e gli intrecci internazionali fra le mafie Tenderebbero d'istinto a farsi guerre intestine, ma non conviene loro. Anzi, meglio trovare accordi e spartizioni... Certo. Ma quel che è più preoccupante è la penetrazione delle mafie nei sistemi economici. Gli scandali che hanno causato e circondato la crisi finanziaria hanno svelato la forte penetrazione nei mercati delle mafie. Com'è potuta andare così e per quali ragioni? La crisi finanziaria è stata innanzi tutto di sfiducia, paralizzando quindi i prestiti interbancari e provocato una forte 'illiquidità' delle banche. Allora certe banche via via sono diventate sempre più affamate di cash: contanti. E le uniche istituzioni al mondo che hanno contanti in abbondanza sono le istituzioni criminali. Perché? I controlli messi in piedi negli ultimi anni sui flussi di riciclaggio di denaro hanno quasi impedito alle mafie di riciclare attraverso le banche, costringendole a farlo nel mercato immobiliare e nell'industria dello spettacolo, ad esempio. Non è un bel quadro. Sa che cosa mi raccontava due mesi fa il Procuratore generale messicano Medina Mora? Un sequestro che hanno fatto in casa di un capomafia locale il cui soprannome è el chino, il cinese: duecentoventidue milioni di dollari in contanti. Neanche si riesce a immaginarli tutti quanti in uno stanzone ed in pacchetti uno sull'altro. Ma certe banche potrebbero anche chiedersi da dove arrivano quantità spropositate di contante... Dovrebbero chiederselo. Ma in questo momento diciamo che ce ne sono così affamate di 'liquidi' da non farlo troppo... Eppure non sarebbe proprio questo il primo caposaldo per combattere il riciclaggio? Infatti il principio basilare della lotta al riciclaggio è sempre stato 'conosci il tuo cliente'. Se viene qualcuno che non conosci a depositare cento dollari è un conto, ma se viene con una valigia di contante è tutt'altro discorso. Ma esistono banche 'severe' e banche più 'compiacenti' delle altre... Immagini un primo istituto finanziario che è decentrato e dove non fanno troppe domande sulla provenienza dei fondi ed un secondo istituto: si deposita una cifra enorme nel primo, che la trasferisce poco dopo al secondo. Quest'ultimo, ricevendola, chiede da dove arrivano i soldi, il primo istituto risponde che sono suoi e la faccenda è inevitabilmente chiusa. Direttore Costa, certo che il quadro sembra sempre più brutto. Perché non siamo seri: il mondo non è serio nella lotta al riciclaggio. Vengono in mente, a proposito invece di traffici di droga, armi ed esseri umani, anche certe frontiere colabrodo. Sa cosa c'è alle frontiere di certi Paesi come Afghanistan o Birmania: tremila autocarri, trecento prostitute, ma solo tre poliziotti e un cane (antidroga, ndr). E in Europa? Si può andare da Varsavia a Lisbona praticamente senza farsi controllare... Il direttore dell'Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc): il riciclaggio è il motore dell'illegalità. In certe parti del mondo banche troppo «compiacenti»

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Londra, la che nega la sua crisi (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

GRAN BRETAGNA - La crisi? «Qui non si sente molto», dicono in tanti, «il peggio deve ancora arrivare», ribattono altri. Londra, capitale finanziaria di portata mondiale, è convinta di non sentire la recessione. Ma per salvare le banche il governo ha aperto buchi nel bilancio: nel futuro incombono tagli alla spesa pubblica Londra, la «città globale» che nega la sua crisi Nella City continuano a circolare i soldi pompati dal governo, sui licenziamenti si stende un velo. Ma si prepara un futuro d'austerità Marco d'Eramo INVIATO A LONDRA Un mistero aleggia sulla crisi che devasta l'economia mondiale. In qualunque città ti trovi, quando chiedi quanto grave è la recessione, la risposta che invariabilmente ti senti dare è la seguente: «La crisi è tremenda, feroce, ma in questa città è meno grave che altrove, qui si sente meno». A San Francisco, «la città è piccola e quindi c'è sempre penuria di case che i ricconi asiatici vogliono comunque comprare: le quotazioni immobiliari tengono abbastanza»; a Chicago «la crisi era stata violentissima negli anni '80 e ora si sente meno»; a Las Vegas «c'è un ridimensionamento, ma tutto sommato proprio nei tempi duri la gente ha bisogno di sognare»; a Leeds no, «perché è una città di colletti bianchi con tanto pubblico impiego» (vedi il manifesto del 21 maggio). «La crisi della città accanto», la potremmo chiamare. «Io stavo per darti la stessa risposta» mi dice Susan Watkins, direttrice della New Left Review, mentre mangiamo un boccone al Blacks, un club di Soho, a pochi passi dalla sede della rivista: il Blacks è ormai inevitabile punto di ritrovo per un nutrito drappello dell'intellighenzia progressista londinese, giornalisti, registi, fotografi, saggisti. «Infatti» dice Watkins, «tutti i soldi che il governo del New Labour ha pompato nelle banche continuano a girare nella City. Ci sono stati licenziamenti, alcuni esercizi hanno chiuso. Ma è stato in gran parte compensato dal calo della sterlina che ha fatto affluire molti più turisti». La crisi della città accanto si trasforma spesso nella «crisi della porta accanto»: quante volte ti senti dire: «Io non sono stato colpito personalmente dalla crisi, ma conosco uno che è stato licenziato proprio ieri»? In realtà, qui a Londra, come ovunque, potresti individuare la posizione politica del tuo interlocutore dal suo giudizio sulla gravità della crisi. «Il peggio deve ancora venire» mi dice la sindacalista e attivista Jane Shalice. Siamo seduti nel giardino di Bloomsbury Square in una rara mattinata di sole di questo maggio arcigno, freddino e piovoso: «Per salvare le banche, il governo di Gordon Brown sta scavando una voragine nel bilancio dello stato: per riempirla, il prossimo governo conservatore procederà a tagli pesanti della spesa pubblica e a licenziamenti nel pubblico impiego (qui tutti danno per scontato che alle prossime elezioni vincano i tories di David Cameron, ndr). E allora la crisi sarà durissima. Si fanno tanti paragoni con la Grande Depressione. Ma nel 1929, quando scoppiò la crisi, la disoccupazione non era al 25%. Solo tre anni, nel 1932, dopo arrivò a questo livello. Gli effetti veri li vedremo fra un paio di anni». Se per l'estrema sinistra il peggio deve ancora venire, per centristi e conservatori il peggio è ormai alle spalle. «Vi sono due scuole di pensiero», mi dice John Kampfner, già direttore del settimanale New Statesman e ora saggista e manager del sito (e magazine) Index on Censorship (Kampfner ha appena dato alle stampe Libertà in saldo, un libro che si chiede come mai, in tanti paesi, dalla Russia all'Italia, dalla Thailandia alla Gran Bretagna, i cittadini sono pronti a scambiare le proprie libertà e i propri diritti civili in cambio della sicurezza o della promessa di sicurezza). «Per una prima scuola di pensiero la crisi attuale è solo una cunetta nello sviluppo capitalistico, un dosso, brusco quanto si vuole, ma pur sempre solo un'ammaccatura. Per l'altra scuola di pensiero, siamo di fronte a una rottura vera e propria dell'ordine capitalistico. Per il momento non si può dire. Se il Prodotto interno lordo crolla di un 5%, per l'economia nazionale è una catastrofe, ma se tu devi ridurre il tuo livello di vita del 5%, puoi farlo senza risentirne troppo: esci un po' meno, compri un po' meno giornali, accorci un po' le tue vacanze, riduci un po' la qualità dei tuoi vestiti, rimandi alcune spese. Puoi anche ridurre del 10% il livello di vita e non risentirne. Certo, nella finanza e nella pubblicità stanno licenziando, ma il turn over è sempre stato vorticoso: alle dieci del mattino eri alle stelle e alle 17 sei sbattuto fuori. L'altra scuola di pensiero, quella de 'il peggio deve ancora venire' ha dalla sua la prospettiva del governo Tory. Fino a qualche mese fa Cameron era stato abile, aveva evitato il classico discorso conservatore di privatizzazioni selvagge e tagli alla spesa sociale, ma ora comincia a dire che stiamo entrando 'in un'era di austerità': comincia a promettere anche lui 'lacrime e sangue'. Ma anche se il peggio deve ancora venire, non so in che senso si parla di 'discontinuità capitalista'. Non ho mai capito cosa vuol dire l'espressione 'nuovo capitalismo'». Certo, è sconcertante questo understatement della crisi, per quanto in puro stile anglosassone. È mai possibile che la massima capitale globale della finanza globale non risenta della crisi finanziaria globale? I prezzi delle case sono scesi di un buon 30%, «ma in fondo sono solo tornati ai livelli sempre molto alti del 2006», ti obiettano. Fino a ieri, il massimo dello chic era fare il pendolare tra New York e Londra, i due centri della finanza mondiale, abitare «NyLon». Il ruolo di Londra e della sua City era stato garantito dalla deregulation finanziaria, dalla sregolatezza che ne aveva fatto «la capitale globale della criminalità globale», secondo un'espressione di Kampfner. Ora i governi parlano di reintrodurre almeno timidi controlli, di tassare almeno un po' i redditi alti: tutto ciò non farà perdere a Londra la sua leadership mondiale in settori chiave della finanza (come per esempio il mercato valutario, l'unica forma di speculazione che ha superato abbastanza indenne la crisi)? Curiosamente, nessuno qui prende in considerazione neanche la minima possibilità che Londra perda il suo status finanziario. Non si capisce se è ottimismo o è rifiuto dell'evidenza, uno state of denial, come nei tabagisti quando si parla dei danni del fumo. «I motivi fondamentali per cui i russi si sono stabiliti qui rimangono validi anche adesso, dice Kampfner, «anche se il governo Brown si è deciso infine ad aumentare le tasse portandole al 50% per i redditi oltre le 150.000 sterline, mentre finora c'era un'imposizione piatta del 40% per tutti i redditi superiori alle 40.000 sterline annue. Era una misura che i laburisti avrebbero dovuto prendere anni fa, al tempo delle vacche grasse, ma non ne hanno avuto il coraggio anche se era popolarissima. Ora invece i tabloid si scatenano (il London Life titola: 'I boss della City si mettono in fila per evitare la stangata della tassa al 50%'). Il Financial Times lancia l'allarme e minaccia che se davvero ci sarà una nuova regulation finanziaria, 'Nylon sarà soppiantata Shangkong' (Shanghai e Hongkong), ma a me sembra già dell'altroieri lo slogan che si recitava 'Shanghai, Mumbay, Dubai e Goodby'. Non vedo declino: Londra offre un insieme unico di vantaggi: gli oligarchi erano venuti qui per la lingua - l'inglese come tramite universale - , per l'esenzione fiscale sugli stranieri non residenti, soprattutto per le scuole di qualità per i figli». Con chiunque parli, la scelta della scuola è un fattore dirimente dello sviluppo dei quartieri londinesi: le case aumentano di prezzo nelle vicinanze delle buone scuole e si deprezzano intorno ai licei scadenti, mi conferma la preside di una scuola di Brixton: «Secondo le nostre regole, chi abita lontano da una buona scuola non potrà mai sperare d'iscrivervi i propri figli, quindi preferisce trasferirsi vicino a un istituto di qualità perché pensa che l'investimento renda in termini di carriera futura dei figli». Non vede un declino di Londra neanche Robin Murray, studioso dello sviluppo urbano, consulente di Ken Livingstone quando era presidente della Grande Londra (1980-86) contro la Thatcher, tanto che per farlo fuori la Lady di ferro abolì addirittura la figura istituzionale. Detto «Ken il rosso» perché dissidente di sinistra del Labour, Livingstone è stato poi il primo sindaco di Londra per due mandati, dal 2000 al 2008, prima di essere sconfitto dal candidato conservatore Boris Johnson. «C'è sempre stata una tensione tra l'anima industriale e l'anima finanziaria di Londra. E il New Labour di Tony Blair decise di puntare sulla finanza» mi dice Murray nella cucina della sua casa di Hackney, un quartiere ex industriale ed ex malfamato. «Quattro calcoli mostravano che a Londra i redditi del personale impiegato nel settore finanziario ammontavano a più di 70 miliardi di sterline l'anno, una cifra superiore al Pil di parecchi paesi. Noi volevamo far rivivere l'anima industriale di Londra, ma poi Livingstone si convinse che forse avevamo sbagliato a non favorire la finanza». Tento un'ultima volta di ottenere una risposta alla mia domanda su cosa succede a una città globale in tempi di crisi globale andando alla stazione di Kings Cross a prendere un treno per Cambridge. Percorro una stradina cinta dai muri secolari dell'antica università, entro in un sottopasso, salgo scale consunte. Göran Therborn è svedese ed è ordinario di sociologia. Studia le capitali in quanto rappresentazioni del potere e dirige un progetto comparato sulle capitali asiatiche, europee e africane, di cui ha pubblicato un primo volume. Mi fa aspettare che finisca di parlare con uno studente, prima di ricevermi nel suo studio spoglio, dove parliamo per un'ora e mezza, prima d'invitarmi a una cena rapida in un ristorantino turco. Therborn salta a suo agio tra gli edifici monumentali del mondo, dal parlamento di Budapest, fino al palazzo presidenziale del Malawi, fuori Lilongwe («il centro del potere in Africa è spesso fuori dalla capitale»). Per lui il potere delle città globali è sempre basato sullo stato nazionale. La sua è una critica abbastanza esplicita alla tesi di Saskia Sassen sulle «città globali»: «Stimo molto Saskia Sassen, ma la sua città globale era essenzialmente New York, che è un caso unico. Negli altri casi, come Londra e Tokyo, il ruolo di centro di comando dell'economia globale non può essere disgiunto da quello di capitale di uno stato nazionale e imperiale per di più. E la crisi attuale mostra che è sbagliata l'idea secondo cui le città globali sono indipendenti dallo stato nazionale». L'immagine di Londra che trasmette Therborn è spaesante. Per lui il potere politico vi è storicamente sottostimato: «Londra non ha gli Champs Elysées come Parigi; l'ufficio del primo ministro, al 10 di Downing street, è piccolino, quasi nascosto. Certo, c'è il palazzo reale, ma è quasi discosto: in evidenza c'è il potere dei contribuenti ricchi. Parlando di Londra, si sottovaluta sempre l'eredità dell'impero, si tende a estrapolare dal capitalismo americano. Ma le esperienze sono assai diverse. Se guardi le prime 500 imprese degli Stati uniti, assai poche sono basate a New York, la maggior parte è disseminata in tutti gli Usa. Non così a Londra, a Tokyo, a Parigi, dove è concentrata la quasi totalità delle corporations di quelle nazioni. E poi se guardi al richiamo finanziario di Londra, esso attrae soprattutto le sue ex colonie, il Medio Oriente, e la Russia per la sua storica alleanza. Quando le banche falliscono, le città globali battono cassa dallo stato nazionale. E poi c'è sempre stata una contraddizione tra Londra e il resto dell'Inghilterra. Londra non è mai stata la capitale dell'industria, neanche durante la rivoluzione industriale, neanche all'apogeo dell'impero. L'industria ha sempre avuto il suo centro a nord, Manchester, Liverpool, Leeds. Negli ultimi vent'anni si è diffusa l'immagine di una City ipertrofica su un'economia inglese rachitica: ma appunto, il peana della City è più un'immagine che altro, un effetto dell'autopubblicità che si facevano gli yuppies: la City continua a poggiare sull'ex impero». «Londra è un'isola nell'isola» mi aveva detto già Kampfner. Da questo punto di vista, le città sono assai antropomorfiche: come ognuno di noi umani è strenuamente convinto della propria insostituibile, irripetibile eccezionalità, così anche le città sono vissute dai propri cittadini ognuna come eccezionale, disobbediente a ogni logica. Ma anche le isole possono venire sommerse dai flutti. E - per quanto lo scivolamento sia impercettibile - è difficile che Londra possa tornare alla sua arroganza e al suo fasto precedenti.

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Draghi, allarme disoccupati (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

crisi finanziaria, ci sono segnali incoraggianti ma molto resta ancora da fare Draghi, allarme disoccupati «Potranno arrivare al 10%» Le considerazioni finali: «Il Pil quest'anno cadrà del 5%» ROMA - Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, intravede «segnali incoraggianti» per la crisi finanziaria in atto anche se «molto resta ancora da fare» per «sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva». Una fiducia che «non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile» ha spiegato il Governatore leggendo le sue Considerazioni finali. Dalla metà di marzo - ha sottolineato Draghi - «le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate»; le quotazioni di Borsa sono tornate su livelli di inizio anno; «gli indicatori qualitativi dell'economia reale mostrano un'attenuazione delle spinte recessive». Tuttavia in Italia la crisi mondiale determinerà, secondo le previsioni più aggiornate, «una caduta del Pil di circa il 5% quest'anno», dopo la diminuzione di un punto nel 2008. LAVORO - I lavoratori in cassa integrazione e coloro che cercano un'occupazione, oggi pari all'8,5% della forza lavoro, potrebbero salire oltre il 10% ha spiegato ancora Draghi, che ha sottolineato come «gli interventi governativi a supporto delle famiglie meno abbienti e gli incentivi all'acquisto di beni durevoli stanno fornendo un temporaneo ausilio». La Banca d'Italia stima che «1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento. Tra i lavoratori a tempo pieno del settore privato - ha aggiunto Draghi - oltre 800mila, l'8% dei potenziali beneficiari, hanno diritto a un'indennità inferiore a 500 euro al mese. La prima preoccupazione della politica economica - ha sottolineato il Governatore - attiene al rischio di un ulteriore deterioramento del mercato del lavoro. La crisi ha reso più evidenti manchevolezze di lunga data del nostro sistema di protezione sociale: esso rimane frammentato. Lavoratori altrimenti identici ricevono trattamenti diversi solo perchè operano in un'impresa artigiana invece che in una più grande». IMPRESE - Il 40% delle imprese con oltre 20 dipendenti ridurrà il personale nel corso di quest'anno ha aggiunto ancora Draghi. «Si stima - ha spiegato Draghi - che due quinti delle imprese industriali e dei servizi con 20 e più addetti ridimensioneranno il personale quest'anno; la riduzione sarà probabilmente maggiore nelle imprese più piccole. Per oltre 2 milioni di lavoratori temporanei - ha aggiunto il governatore - il contratto giunge a termine nel corso di quest'anno; più del 40% è nei servizi privati, quasi il 20% nel settore pubblico; il 38% è nel Mezzogiorno». Per il sistema industriale ha precisato ancora Draghi«il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per asfissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è uno dei gravi rischi per la nostra economia». Le attese di calo del fatturato di oltre il 20% per molte aziende porta un taglio degli investimenti del 12% per il complesso di industrie e servizi e del 20% nella manifattura: «Valori eccezionali nel confronto storico», ha segnalato Draghi, ricordando che la crisi mette a repentaglio il processo di ammodernamento del sistema produttivo che stava dando i suoi frutti. L'indagine della Banca d'Italia evidenzia che «a risentire della crisi sono soprattutto le imprese piccole, sotto i 20 addetti; nella sola manifattura se ne contano in tutto quasi 500mila, con poco meno di due milioni di occupati». Per le sub-fornitrici di grandi imprese maggiori, «da cui subiscono tagli degli ordinativi e dilazioni nei pagamenti, è a volte a rischio la stessa sopravvivenza». Fra quelle con più di 20 dipendenti, la ristrutturazione aveva interessato metà delle 65mila imprese censite. E queste «si attendono un calo del fatturato nel 2009 nettamente inferiore alla media. A un estremo, le aziende finanziariamente più solide presenti in questo gruppo oggi attutiscono l'impatto dell'avversa congiuntura consolidando il primato tecnologico e diversificando gli sbocchi di mercato. Non sono poche, stimiamo più di 5.000, con quasi un milione di addetti. Alcune sembrano proiettate a trarre vantaggio dalla crisi, in termini di riposizionamento sul mercato». AMMORTIZZATORI SOCIALI - Contro una crisi che rischia di deteriorare ulteriormente il mercato del lavoro, non servono rivoluzioni, ma una riforma organica e rigorosa degli ammortizzatori sociali esistenti, che renda più universali i trattamenti ha sottolineato ancora il Governatore della Banca d'Italia, spiegando che il nuovo sistema può essere ridisegnato attorno ai due tradizionali strumenti: cassa integrazione e indennità di disoccupazione. CONTI PUBBLICI - Draghi poi avverte: volano spesa e disavanzo e il debito pubblico italiano torna ai livelli dei primi anni Novanta con il rischio «che sull'economia gravi a lungo una pressione fiscale molto elevata». Per correre ai ripari ha spiegato il Governatore «dobbiamo, da subito, puntare a conseguire una più alta crescita nel medio periodo». D'altra parte i numeri parlano chiaro: il disavanzo pubblico nel 2009 supererà il 4,5% e nel 2010 il 5%. L'incidenza della spesa primaria corrente salirà, nell'anno in corso, di tre punti percentuali. La spesa pubblica complessiva supererà largamente il 50% del Pil. Contemporaneamente si registra un calo delle entrate tributarie: nei primi quattro mesi dell'anno l'Iva riscossa è stata inferiore del 10% rispetto al corrispondente periodo del 2008. L'imposta sui redditi delle imprese, scesa di oltre il 9% nel 2008, potrebbe flettere in misura ancora maggiore nel 2009. Una volta superata la crisi, quindi, «il nostro paese si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione. Se - ha spiegato Draghi - dovessimo limitarci a tornare su un sentiero di bassa crescita come quello degli ultimi 15 anni, muovendo per di più da condizioni nettamente peggiori, sarebbe arduo riassorbire il debito pubblico e diverrebbe più cogente la necessità di politiche restrittive per garantirne la sostenibilità». RIFORME - Per scongiurare questo scenario occorre dunque «assicurare il riequilibrio prospettico dei conti pubblici, attuare quelle riforme che, da lungo tempo attese, consentano al nostro sistema produttivo di essere parte attiva della ripresa economica mondiale». In particolare «le misure di riduzione della spesa corrente vanno introdotte nella legislazione subito, anche se con effetti differiti, senza rinvii a ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative». Draghi propone anche di aumentare gradualmente l'età pensionabile per assicurare più reddito alle famiglie e un «potenziale produttivo» maggiore per l'economia. Per il governatore della Banca d'Italia «il graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento assicurerà l'erogazione di pensioni di importo medio unitario adeguato. Un più alto tasso di attività nella fascia da 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile delle famiglie sia il potenziale produttivo dell'economia». BANCHE - Il sistema bancario italiano dimostra la capacità di «resistere anche a scenari più sfavorevoli». È il risultato delle prove di resistenza allo stress (cioè a una evoluzione particolarmente sfavorevole della congiuntura economica) effettuate dalla Banca d'Italia spiega ancora Draghi. In questa fase di crisi economica serve però «lungimiranza» da parte delle banche nel valutare i finanziamenti da dare alle imprese, evitando quindi eccessive restrizioni nell'offerta di credito ha sottolineato Draghi. «Le banche italiane - ha detto Draghi - non hanno eredità pesanti nei loro bilanci. Utilizzino questo vantaggio nei confronti dei concorrenti per affrontare un presente e un futuro non facili. Valutino il merito di credito dei loro clienti - ha aggiunto il Governatore - con lungimiranza. Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni Cinquanta e Sessanta». Con la crisi, ha sottolineato il Governatore, «non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che metta a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi». ECONOMIA IRREGOLARE - Successivamente il Governatore ha affrontato il tema dell'evasione fiscale. Il peso dell'economia irregolare in Italia è «stimato in più del 15% dell'attività economica» ha reso noto Draghi. Un dato enorme, sottolinea il numero uno di Palazzo Koch, secondo cui «l'occultamento di una parte considerevole delle basi imponibili accresce l'onere imposto ai contribuenti ligi al dovere fiscale. È un fattore che riduce la competitività di larga parte delle imprese, determina iniquità e disarticola il tessuto sociale. Progressi nel contrasto alle attività irregolari», osserva Draghi, «consentirebbero di ridurre le aliquote legali, diminuendo dimensioni e ingiustizie». stampa |

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Draghi: riforme e tenuta conti per uscire da crisi (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Draghi: riforme e tenuta conti per uscire da crisi ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 29.05.2009 11:25 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - ROMA, 29 MAG - Riforme strutturali per garantire la tenuta dei conti pubblici e interventi che completino il riassetto degli ammortizzatori sociali. Sono le linee d'azione indicate dal Governatore della Banca d'Italia Draghi, per ''uscire piu' forti da questa crisi'',oltre alla ripresa degli investimenti pubblici e alle azioni di sostegno della domanda e del credito. Draghi prevede quest'anno una caduta di Pil del 5% e che i lavoratori in cig o in cerca di posto potrebbero salire oltre il 10%. Malgrado tutto questo il governatore di Bankitalia intravede ''segnali incoraggianti'' per la crisi finanziaria in atto. ''Dalla meta' di marzo - spiega-le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate; le quotazioni di borsa sono tornate su livelli di inizio anno; gli indicatori qualitativi dell'economia reale mostrano un'attenuazione delle spinte recessive''. ''L'operare degli stabilizzatori automatici-prosegue- dovrebbe accrescere il disavanzo pubblico nell'anno in corso di circa 2 punti percentuali del prodotto, a oltre il 4,5%; nel 2010, il disavanzo potrebbe superare il 5%''. Il sistema bancario italiano comunque dimostra la capacita' di ''resistere anche a scenari piu' sfavorevoli: e' il risultato delle prove di resistenza allo stress (cioe' a una evoluzione particolarmente sfavorevole della congiuntura economica) effettuate dalla Banca d'Italia'', osserva Draghi. (ANSA).

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Itway chiude il primo semestre dell'esercizio con ricavi pari a 57,7 mln pag.2 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 29-05-2009)

Argomenti: Crisi

Itway chiude il primo semestre dell'esercizio con ricavi pari a 57,7 mln NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di Pierpaolo Molinengo , 29.05.2009 18:08 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! di razionalizzazione dei costi e di miglioramento dell’efficienza operativa avviato dal management del Gruppo in Italia e negli altri Paesi in cui opera, a causa della velocità con cui si è manifestata la crisi finanziaria stessa. A questo va aggiunto il ritardo con cui è stato possibile concludere la procedura per la riduzione di circa il 16% del personale, prevista nel piano di razionalizzazione in atto. Tuttavia, a partire dal III° trimestre dell’esercizio 2008-09, il management conta di vedere i primi effetti sulla redditività della ristrutturazione avviata per affrontare la difficile situazione congiunturale.

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Lub e Ca'Foscari partner per svelare i segreti della finanza (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

«Lub» e Ca'Foscari partner per svelare i segreti della finanza Lezioni in inglese Partecipare costa 7.500 euro ma ci saranno delle borse di studio BOLZANO. Si chiama «MiFin» ed è offerto dalla Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell'Università Ca' Foscari di Venezia. è il nuovo master di primo livello presentato in conferenza stampa ieri mattina, al quale si potranno iscrivere non solo i laureati in Economia, ma anche chi ha studiato Ingegneria, Matematica e Fisica, Informatica o Giurisprudenza: il programma è infatti pensato per non esperti del settore. Ad illustrare il master è stato il suo coordinatore, il professor Maurizio Murgia. «è un master che fornisce un know how nel settore finanziario pensato per tutti coloro che hanno a che fare con le decisioni finanziarie, gli investimenti e l'analisi dei rischi», spiega Murgia. «Per capire quanto questo possa essere utile, basti pensare alla questione dei fondi pensione o ai bilanci di molti enti locali: se a gestire il denaro pubblico sono persone che non ne hanno la competenza, non c'è da stupirsi che le perdite siano notevoli. L'attuale crisi finanziaria poggia anche su queste lacune e su scarse competenze professionali, che con il master proponiamo di colmare». Le lezioni del MiFIN saranno in lingua inglese e si svolgeranno in parte a Bolzano e in parte a Venezia. I docenti saranno professori universitari ma anche esperti del settore nonché visiting professor provenienti da Stati Uniti e Inghilterra. La classe sarà composta da un minimo di 15 studenti fino a un massimo di 30, cosa che assicurerà uno stretto rapporto docenti/studenti. La frequenza alle lezioni si concentrerà nei primi quattro giorni della settimana, per dare modo agli studenti di impegnarsi nel team working e nell'approfondimento dei temi trattati a lezione nel resto del tempo. Partecipare al master costa 7.500 euro. «Stiamo cercando di offrire delle borse di studio, che saranno poi assegnate dal Consiglio didattico-scientifico sulla base del merito», ha detto il coordinatore. Gli studenti potranno concludere il master con una internship, la cui naturale prosecuzione è l'inserimento nel mondo del lavoro, o con la stesura di un Final Paper, che apre invece le porte al proseguimento del percorso accademico. Il diploma di master sarà rilasciato congiuntamente dalla Libera Università di Bolzano e dall'Università Ca' Foscari. Sono previste due sessioni di preiscrizione: dal 15 giugno al 17 luglio e dal 20 luglio al 7 agosto.

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Le Fs: sull'Eurocity (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Le Fs: sull'Eurocity Le Fs: sull'Eurocity non c'erano zecche Alcuni mezzi di informazione, alla notizia che un medico, a bordo di un treno internazionale (Eurocity 87 Monaco - Venezia del 21 maggio 2009), aveva constatato la presenza di una zecca addosso ad una viaggiatrice, hanno dedotto che la signora fosse stata punta sul treno e, addirittura, che il convoglio fosse infestato di parassiti. Di tutto ciò non solo non vi è alcuna evidenza ma, al contrario, tutti gli elementi acquisiti tendono ad escludere tale eventualità. A partire dalla dichiarazione rilasciata a Trenitalia dalla viaggiatrice, nella quale lei stessa afferma di non credere di aver preso la zecca sul treno, per proseguire con il referto sanitario che - secondo indiscrezioni - affermerebbe che la paziente è stata punta da una zecca probabilmente acquisita nel giardino di casa in campagna vicino a Monaco di Baviera, per finire ai controlli effettuati sulla vettura occupata dalla signora. La vettura, smontata di ogni arredo e sottoposta ad uno scrupoloso esame non ha evidenziato la presenza di alcun insetto o zecca. Per dovere di informazione occorre precisare che la stessa vettura era stata sottoposta a disinfestazione ciclica tre giorni prima, ossia il 18 maggio 2009, nell'impianto di Venezia, e che i successivi controlli di qualità ne avevano accertato la corretta esecuzione. Federico Fabretti Direttore Centrale Relazioni con i Media Ferrovie dello Stato Spa Ma il governo aumenta il numero dei ministri Da «votuleso» - nel senso di «non votante» - non ho mai dubitato del parassitismo del parlamentari. Ciò che adesso però mi meraviglia è il fatto che Berlusconi voglia diminuirne il numero mentre ha appena aumentato di cinque unità i membri del suo governo. E mi diverte il dissidio esploso nel «popolo delle libertà» - tra l'altro appena nato - tra Berlusconi e Fini in questo campo. E quando mi diverto mi vien sempre da giocare con le parole: fin da bambini ci hanno insegnato che la parola più lunga - ed anche l'unico endecasillabo - è un termine inconsistente - una sorta di ginnastica linguistica: «precipitevolissimevolmente». M'è venuta una parola altrettanto lunga ed endecasillabica - ma molto più densa di significato: al governo s'ammucchia molta gente disonorevolissimevolmente. Giancarlo Mariani BOLZANO Il tunnel? Arriverà tra circa 30 anni Gigantesca opera del nostro secolo, 56 km di galleria. Opera europea, con Italia, Austria e Germania. Accordo per il finanziamento. Superati ostacoli ed obiezioni: dove scaricare l'immenso materiale di scavo? E' inconvertibile, riutilizzabile. Con la galleria sparisce il rumore infernale di oltre duecento treni al giorno (che avremmo passando dall'asfalto alla rotaia). Con il tunnel rimarrà inalterato il paesaggio, il bel verde, la vegetazione in tutta la zona alpina. Per il tunnel si applicano le leggi base della cinematica e dinamica. E' risolto anche il caso di incendi. Evviva il tunnel più lungo del mondo, che sarà completato tra circa trent'anni. Sarà gran festa dell'Europa. ing. Karl Behmann BOLZANO Crisi mondiale: è colpa di Cina e islamici Vorrei mettere in rilievo due aspetti della attuale crisi finanziaria - economica che mi sembrano trascurati. E' un dato di fatto che la maggior parte del potere finanziario e bancario mondiale è in mano a stati e persone islamiche, indifferenti od ostili all'occidente. Che l'attuale situazione finanziaria sia dovuta molto a questo fatto è una conseguenza logica, anche se ci sono altre cause meno importanti. Un'altra evidenza trascurata dell'attuale crisi economica è la concorrenza spietata e sleale della Cina nel mercato globale attuale; se questo fosse fatto da un piccolo paese le conseguenze sarebbero molto minori, ma se è fatto da 1/6 dell'umanità, capiamo bene le conseguenze sono enormi. Finchè l'umanità, coi suoi organismi internazionali, in primo piano l'Onu, non scioglierà questi due modi, sarà impossibile un miglioramento sostanziale della situazione. Giorgio da Parma La mamma di un calciatore: grazie Virtus don Bosco Sono la mamma di un calciatore della Virtus Don Bosco, Davide Santachiara, e gradirei poter pubblicare questa lettera di elogio e di ringraziamento alla Società, ai suoi presidenti, dirigenti e allenatori. Aveva visto lontano l'occhio vigile di Poldo De Federizzi, quando vide Davide a giocare sui prati del Lido. «Ti aspetto al Righi in settembre, gli aveva detto». La cosa si è avverata, Davide aveva tre anni allora, e una telefonata del sig. De Federizzi gli fece iniziare l'attività in biancoverde. Dai pulcini in su fino alle promozioni in Promozione e Eccellenza, capitano della squadra, Davide ha avuto grandi soddisfazioni, arrivando a tornei in Italia e fuori, a Coverciano e anche a Disneyland. Scatta così un grazie da parte della nostra famiglia, oltre che di Davide, a tutta la Virtus, anche a quelli che non ci sono più, come il custode Bepi Mazzolo, che lo ha visto crescere e gli ha lavato tante divise, l'aiuto allenatore Primoh Teo, per arrivare a +utti i presidenti, dirigenti, allenatori, al sig. Bassetto, e, perchè no, a tutti i compagni di gioco. Un ringraziamento particolare ad una persona speciale, che ha creduto sempre a Davide e che, dicendo ad ogni inizio stagione «Santachiara non si svende» aiutandolo così a migliorare sempre nelle varie promozioni raggiunte, parliamo di Marchetto. A lui desidero aggiungere ancora Poldo De Federizzi, Renato Trappoli, Walter Seppi, Alfonso Stefani, Michele Terlizzi, Maron, e ancora Abate, Troiani, Rossi, Ambrosi, Andolfato, Santillo, Marzola, Vason, Vanin, Pignatelli, Toccoli e Pat Morini. Nadia Zanolini Mettetevi l'animo in pace i rossi non torneranno più Ho letto con attenzione una lettera di uno che credo vostro lettore oltre che seguace di Strada e sindacalista cigiellino, ed alla fine della lettura sono rimasto esterrefatto, il signore in questione ha aggiunto agli odiati di sempre, americani ed israeliani, anche i pakistani. Sconcerto totale, che abbia ricevuto anche lui la visita notturna dell'Arcangelo Gabriele, come l'innominabile, pena la morte? Che lo abbia messo a conoscenza di cose che nessuno sa, e mi sono chiesto perché non ha inserito anche la Russia, la Cina, l'Iran, la Siria, ecc. paesi notoriamente dalla tendenza sinistrosa, nella sua disanima rancorosa nei confronti di Israele e Stati Uniti, sta difendendo chi intende offendere nei confronti di chi intende difendersi dagli attaccanti, lui appoggia, non so se si rende conto, nazioni che notoriamente appoggiano chi ha affermato di voler eliminare Israele dalla carta geografica, forse secondo lui certe nazioni dovrebbero autoeliminarsi perché magari ritenute il demonio da certi "regimi"? Spero che con il tempo si ammorbidisca e lasci in pace chi cerca di vivere in pace e che la smetta di mettersi al fianco di certi regimi, approvandone i metodi e le aspirazioni. Le cito una frase di Giacomo Leopardi che diceva: I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto. Oppure ad essere ancora più profondi nel suo essere, traspare un pensiero di Eraclito: Bisogna volere l'impossibile, perché l'impossibile accada. Caro Giorgio, si metta l'animo in pace, i rossi non torneranno mai più, di "ciglioni" in Italia ve ne sono molti, e i masochisti sono molti di meno, mentre la maggioranza degli italiani ha capito chi e che cosa è il comunismo, che oltretutto per continuare ad esistere sbandiera sempre lo spauracchio del fantasma "fascista", mentre purtroppo di rossi ve ne sono ancora troppi e nessuno si augura di finire come la sua Corea del Nord, governata da... (ma a lei sembra una persona normale), oppure una nazione come la Cina, se le piacciono e le ama così tanto perché non si trasferisce da loro? Rolando Caldana Perché chiamare il maestro «perfido e malato»? Rispondo alla signora Eva Zanirato. Prendo visione della sua lettera al direttore del giorno 24 scorso. Non mi spiego come lei possa essere così dubbiosa sull'operato d'insegnanti acculturati e che "leggono molti libri nella loro vita". E' lei così sicura che la sua opinione sia giusta? Ricordi che per ora il maestro è solo indagato e... è cosa molto grave denominare una persona "perfida e malata". Il suo scritto denota un irrefrenabile odio verso quel maestro. E' giustissimo chiedere un accertamento, ma lasci però fare alla Giustizia e orienti il suo interesse verso suo figlio perché un errato comportamento e l'accentuare i fatti citati possono ledere la serenità del ragazzo. A.V.

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La crisi non ferma l'A22 Utile a quota 63,9 milioni (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi non ferma l'A22 Utile a quota 63,9 milioni Ma cala il traffico pesante E nei primi mesi 2009 altra diminuzione dell'8% BOLZANO. Una società in salute che, seppur toccata dalla crisi finanziaria che si è riflessa in un calo del volume di traffico negli ultimi mesi dell'anno, ha chiuso il 2008 con risultati ragguardevoli. è questo il quadro che emerge dal bilancio 2008 dell'A22, i cui risultati sono stati resi noti ieri dal cda a Trento. Il valore della produzione, pari a 327,2 milioni di euro, ha registrato un aumento di 10,9 milioni (+3%) rispetto al 2007. A tale risultato hanno contribuito gli introiti da pedaggio (284,8 milioni, +2,22%). Positiva si è confermate la gestione diretta delle aree di servizio (royalties corrispondenti a 34,8 milioni, +4,3% rispetto al 2007). I costi della produzione dell'esercizio (255,8 milioni, influenzati in particolare dal costo del personale) sono aumentati di 2,8 milioni di euro, mentre il margine operativo lordo, pari a 145,7 milioni, ha registrato un incremento di 7,9 milioni e rappresenta il 48% dei ricavi totali (46,1% nel 2007). Il reddito operativo di 71,3 milioni, evidenzia un incremento di circa 8 milioni (+12,7%), mentre il risultato prima delle imposte è di 96,5 milioni. L'esercizio 2008 si chiude con un utile pari, al netto delle imposte, a 63,9 milioni di euro, in sostanziale continuità con quello record registrato nel 2007 (65,7 milioni). Il cda ha deciso di proporre all'assemblea dei soci un dividendo di 13 euro. Continua l'accantonamento per il tunnel di base del Brennero: sono stati assegnati al fondo ferrovia altri 27,5 milioni di euro, che portano a 385,6 milioni l'accantonamento dal 1998 al 2008, che arriverà a 550 milioni totali entro il 2014. L'andamento complessivo dell'economia nazionale ha influito direttamente sulla richiesta di mobilità veicolare. Nel 2008 in A22 il dato relativo al veicolo teorico medio giornaliero si è contratto dell'1,96%: i veicoli effettivi transitati sono stati 70,6 milioni, la giornata maggiormente trafficata il 3 ottobre (183.679 veicoli in entrata, 185.779 veicoli in uscita). La contrazione del traffico si è peraltro accentuata nei primi mesi del 2009 (-8%), elemento questo che si rifletterà in modo significativo sui risultati di bilancio del corrente esercizio. Al termine della seduta di ieri, il consiglio di amministrazione ha convocato per il prossimo 29 giugno l'assemblea ordinaria dei soci che sarà poi chiamata ad approvare il bilancio. In quest'occasione si terrà anche un'assemblea straordinaria in cui sarà modificato lo statuto della società. In particolare l'articolo 3 è stato riformulato per rendere evidente con maggior chiarezza la possibilità che A22 possa occuparsi, oltre che della sua attività principale di costruzione e gestione di autostrade, anche di trasporto di merci su rotaia e di fonti di energia rinnovabili, (l'idrogeno): ambiti di attività che saranno sviluppati ancora di più in caso di mancato rinnovo della concessione.

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L'analisi di Draghi sulla situazione economica del Paese. La sfida del futuro (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

L'analisi di Draghi sulla situazione economica del Paese. La sfida del futuro Di Emilio Manuelli 30-05-2009 Normal 0 false false false MicrosoftInternetExplorer4 L''analisi asciutta, fredda, razionale, nello stile dell'uomo e della situazione che il Paese sta vivendo. Le tradizionali Considerazioni finali lette ieri dal Governatore della Banca d'Italia, consueta radiografia annuale dello stato dell'economia, esprimono una sintesi perfetta e incontestabile del gravissimo momento che ha travolto anche il nostro Paese sull'onda di una crisi per la quale, ha sottolineato, non abbiamo alcuna responsabilità. Mario Draghi, autorevole banchiere centrale che tiene molto all'autonomia di via Nazionale, non ha fatto sconti a nessuno e non ha voluto assecondare le spinte populiste e demagogiche tanto care alla nostra classe politica influenzata dall'imminente tornata elettorale. La riflessione che emerge dalla lettura delle diciannove pagine del documento non è incoraggiante: la crisi è ben lontana dalla fine, gli spunti di ottimismo per un'imminente uscita dal tunnel non sono concreti. Arrivano segnali di una qualche speranza solo dai mercati finanziari, con una leggera ripresa delle quotazioni. Ma sono gli stessi mercati che hanno amplificato la crisi nata nel luglio del 2007 sulla spinta rovinosa dei mutui subprime made in Usa. Quindi segnali mutevoli, fragili, soggetti a fluttuazioni improvvise. Manca del tutto invece una ripresa dell'economia reale, i dati sono in questo senso tutti ampiamente negativi. Draghi sottolinea addirittura l'inquietante dato di caduta del pil, quel prodotto interno lordo termometro della crescita di ricchezza di un paese: nei sei mesi che vanno dall'ottobre al marzo del 2009 abbiamo registrato un flessione del 7%. Roba da far impallidire la pur cruda crisi del '29. Esplode in queste settimane, in questi mesi, la ricaduta sociale della recessione: aumentano i disoccupati, è il boom del ricorso alla cassa integrazione. E in un frangente così difficile, così delicato, il nostro welfare si dimostra carente: sono inadeguati i paracadute sociali predisposti per affrontare un tempo di pace, non certo l'attuale drammatica contingenza congiunturale. Il Governo sta facendo molto, sembra dire il Governatore, ma non abbastanza: invoglia l'esecutivo a fare di più, a rivedere il sistema degli incentivi sociali, a spingere sulla leva di un riequilibrio della pressione fiscale per famiglie e imprese, a fare cose semplici, senza artifici, nei confronti del sistema economico. Sullo sfondo una terribile crisi di fiducia che paralizza lo scenario complessivo. Le famiglie, preoccupate per la stabilità del posto di lavoro e per un futuro reso incerto dall'evoluzione della recessione, non consumano più. Le imprese, poco coraggiose in questo momento, sono frenate al punto da bloccare qualsiasi politica di investimento. Le banche, le uniche salvatesi nel contesto mondiale, sono preoccupate per la congiuntura e riducono il potenziale di credito erogabile. Sono tre cani che legittimamente, considerata le attuali condizioni, si mordono la coda, ma nel far così impediscono il decollo, la ripresa. Dice Draghi che nonostante tutto è questo il momento per fare le riforme strutturali, quelle di non breve periodo, quelle in grado di organizzare e razionalizzare la spesa pubblica, a partire dalla previdenza. Per fare questo serve un Governo capace di ribaltare le aspettative e investire nel medio periodo, ma dubitiamo che le speranza del Governatore possano essere ben riposte considerata la sostanziale inerzia cui stiamo assistendo in questi mesi di dura recessione. A tal punto sembra giungere questo scetticismo di Mario Draghi che le ultime righe del suo intervento, quelle tradizionalmente destinate a lanciare il messaggio forte al Paese, sono soprattutto rivolte al settore privato. È un appello alle banche e alle imprese affinché siano in grado di ricostruire con i fatti la fiducia che la crisi ha fatto venir meno: alle prime è richiesto un ritorno al coraggio che negli anni del boom economico le rese protagoniste del rinascimento italiano del dopo guerra; alle seconde perché proteggano in questa fase critica la professionalità delle loro maestranze. Ma il Governatore non può sottacere che questo sforzo privato sarà inutile se non sostenuto da una spinta del pubblico, tesa a rilanciare gli investimenti e i consumi. È questa la sfida cui è chiamato un Governo reso molto forte dal consenso dell'elettorato.

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Costa meno regolarizzare i debiti contributivi (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi (Lavoro e Previdenza)" del 30-05-2009)

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ItaliaOggi Numero 127  pag. 34 del 30/5/2009 | Indietro Costa meno regolarizzare i debiti contributivi LAVORO E PREVIDENZA Di Domenico Comegna Regolarizzare i debiti contributivi costa sempre meno dopo la decisione assunta al consiglio direttivo della Banca centrale europea, in seguito al perdurare della crisi finanziaria. A ricordarlo è l'Inps con la circ. n. 78/2009. Il nuovo valore del Tur (tasso ufficiale di riferimento) [...] Costo Punti per Abbonati: 0 - Costo Punti per Registrati: 2      

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Il direttore Rabotti: Â (sezione: crisi)

( da "Tempo, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

stampa Consorzio Asi Il direttore Rabotti: «Polo dell'innovazione, attrazione aggiuntiva» Luca Sergio Direttore Francesco Rabotti, perché avete preso questa decisione di istituire il polo tecnologico dell'innovazione? «Risponde innanzitutto alla missione istituzionale del Consorzio Asi ed in secondo luogo alla crisi finanziaria prima e poi a quella industriale che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza di molte aziende. In questa situazione, riescono a fare fronte con maggiore facilità al momento negativo del mercato quelle che innovano i prodotti in termini di funzionalità, affidabilità e qualità». Per salvarsi gli imperativi sono ricerca ed innovazione? «È chiaro come tutte e due giochino un ruolo importante per la sopravvivenza. Mentre le grandi imprese o le multinazionali posseggono propri centri ricerca, le piccole sia per ragioni economiche che culturali difficilmente hanno risorse e per questo si rivolgono altrove per reperire le competenze necessarie a sviluppare un percorso di innovazione. Quindi un territorio che può mettere a disposizione strutture sia pubbliche che private per supportare le aziende offre un fattore di attrazione aggiuntivo e si trova sicuramente avvantaggiato rispetto ad altre realtà». Cosa si propone l'intesa? «Vogliamo attivare quel circolo virtuoso che vede strettamente legate ricerca, formazione ed impresa. La sinergia progettuale tra Pa.L.Mer, comune di Frosinone, Consorzio Asi ed incubatori Bic Lazio rappresenta la condizione ideale per raggiungere l'obiettivo di assicurare una stabile e duratura fase di sviluppo economico per il nostro territorio». Si tratta allora di interventi integrati? «Il nostro scopo è agevolare le imprese e favorire nuove attività andando incontro alle loro esigenze. L'Asi è il soggetto capofila di questo importante progetto che ha coinvolto le competenze pubbliche del territorio. L'iniziativa è aperta a quanti, soggetti pubblici e privati, vogliono dare un contributo alla crescita del territorio».

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Nel Golfo la crisi è già finita E Dubai sorride di nuovo (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Nel Golfo la crisi è già finita E Dubai sorride di nuovo Il Middle East torna ad attrarre investitori, come Kkr Giù i Cds, sale la fiducia. Dai pozzi sgorgano ancora dollari Riprende anche l'occupazione negli Emirati Arabi di Redazione - 30-05-2009 Mentre i loro principali clienti continuano a galleggiare nei mari della recessione, i produttori di petrolio del Golfo hanno riaperto i dossier sugli investimenti esteri per parcheggiare la loro ricchezza. La risalita del prezzo del greggio ben oltre i 50 dollari sta a significare che i Paesi del Middle East si accingono a uscire dalla crisi finanziaria prima di tutti. L'Arabia Saudita, la più importante economia del mondo arabo e anche il maggior esportatore di petrolio del globo, torna così ad attrarre gli investitori, a partire dai fondi di Kkr. Intanto Qatar e Abu Dhabi sono tornati a operare sui mercati internazionali, mentre i listini azionari della regione puntano verso l'alto, a partire dal saudita Tadawul All Share Index che ha chiuso la settimana scorsa con un rialzo su base annua del 26%, dopo una correzione al ribasso nel 2008 pari al 56,5 per cento. «La tenuta dei prezzi del greggio mette i Paesi del Golfo in una posizione migliore rispetto all'Europa e agli Usa», commenta Eckart Woertz da Dubai, un economista del Gulf Research Center. «Questo - continua - comporterà un rialzo della crescita nel 2010, cosa improbabile nei mercati occidentali». L'andamento dei prezzi, oggi stabilmente sopra il tetto dei 60 dollari, segna un incremento superiore all'80% rispetto al minimo di 34 dollari del 12 febbraio scorso. Le previsioni, inoltre, parlano di un'oscillazione tra i 50 e i 60 dollari per l'anno prossimo. Questi prezzi sono comunque assai lontani dal record di 147,27 dollari al barile dello scorso luglio, un prezzo che ha consentito ai produttori di accumulare un cuscino di riserve sufficiente a proteggerli dalla peggior recessione mai registrata dal 1945 fino a oggi. «Le quotazioni del greggio ripartono - dice Mohammed al Shihi, direttore generale del ministero dell'Economia degli Emirati Arabi Uniti - e in parallelo riparte la fiducia». Quest'anno l'economia saudita calerà dello 0,9%, secondo le previsioni di aprile 2009 del Fondo Monetario Internazionale, mentre gli Emirati Arabi Uniti dovrebbero calare dello 0,6% e il Kuwait dell'1,1%: molto meno, comunque, degli Usa (-2,8%), della Ue (-4%) e del Giappone (-6,2%). L'anno prossimo, al contrario, il Fondo monetario si aspetta che l'Arabia Saudita torni a crescere (+2,9%) e pure il Kuwait (+2,4%). Si spiega così perché i sei Stati del Gulf Cooperation Council, che assieme controllano il 40% delle riserve mondiali del greggio, stanno di nuovo attraendo capitali freschi dall'estero, come conferma la recente Ipo della jv in Qatar di Vodafone, che ha raccolto il mese scorso circa un miliardo di dollari. I Paesi esportatori del Golfo «hanno accumulato tali surplus e vantano tali ambizioni di crescita che le cose non potranno che andar bene», dice dalla Giordania il ceo della National Bank of Kuwait Sak Ibrahim Dabdoub. «Abbiamo già cominciato a vedere dei buoni affari qua e là», conclude. Gli investitori internazionali già rispondono: la conferenza di Euromoney a Riyadh ha raccolto la settimana scorsa 1.600 participanti, tra cui i rappresentanti di Bank of New York Mellon, Hsbc and Barclays Capital. I Paesi più allettanti? Abu Dhabi, che conta il 90% del greggio degli Emirati, assieme all'Arabia Saudita e al Qatar è il più importante produttore di gas liquido della regione, dice Simon Williams, chief regional economist di Hsbc in Dubai. Al contrario, la crisi del mercato immobiliare di Dubai, dopo il crollo di fine 2008, «sembra destinata a durare», spiega Timothy Ash, capo economista del settore emergenti di Rbs. Dubai ha accumulato finora debiti per 80 miliardi di dollari: per rientrare dalla crisi sono in programma progetti immobiliari «fronte mare» per una superficie pari al doppio dell'intera Hong Kong Island. Ma gli ingorghi di traffico, così comuni fino a un anno fa, sono svaniti, come la penuria di taxi. I prezzi degli immobili, intanto, sono crollati del 70 % dai massimi, secondo la stima di Ubs. Ma il Cds su Dubai, termometro del rischio, è sceso a 488 dai 977 di febbraio, mentre per l'Arabia Saudita il premio è sceso da 335 a 162 bp. I segni del risveglio si vedono: Emaar Properties, la più importante immobiliare degli Emirati, sta assumendo 1.600 persone. «Sono mercati stabili - commenta da Londra Emad Mostaque, specialista di Pictet per il Medio Oriente - L'anno prossimo quest'area guiderà la crescita degli Emergenti. Un titolo? Mi piace l'alimentare saudita Almarai». Riproduzione riservata Bloomberg

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Bankitalia. Draghi lancia l'allarme sull'economia italiana. Pil 05%, riforme subito (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Bankitalia. Draghi lancia l'allarme sull'economia italiana. Pil 05%, riforme subito 30-05-2009 Normal 0 false false false MicrosoftInternetExplorer4 ROMA. Un Pil in caduta di "circa il 5 per cento" e che tra ottobre 2008 e marzo 2009 ha lasciato sul terreno "oltre 7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente". Un deficit che quest'anno si accresce "di circa due punti, a oltre il 4,5%" e che "potrebbe superare il 5% nel 2010". Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi snocciola i dati di crescita e conti pubblici. Punta l'indice sulla crescita del debito e richiama a interventi rapidi, con tagli di spesa da fare "subito" e contrasto all'evasione fiscale che "consentirebbero di ridurre aliquote legali", far calare le tasse, "diminuendo distorsioni e ingiustizie". In appena 17 cartelle il Governatore della Banca d'Italia lancia il suo messaggio al Paese, chiudendo il 115esimo esercizio dell'Istituto, aprendo alle richieste avanzate dalle aziende sull'acceso al credito e riconoscendo al Governo quanto fatto per sostenere i redditi e per la riforma della pubblica amministrazione. Dal palco Draghi avverte che tanto resta da fare, anche perché "negli ultimi vent'anni la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi e tasse alte". Da Via Nazionale arrivano perciò segnali di incitamento, di stimolo, senza lasciare spazio al pessimismo: "la fiducia non si ricostruisce con la falsa speranza", spiega Draghi concludendo le sue quarte Considerazioni Finali, "ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile". Perché, afferma, "dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate" e se è vero che "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica" ormai molti previsori nel mondo sono convinti che "la crescita riprenderà nel 2010". - CRESCITA. A questo punto il dilemma è come agganciarla e, per un sistema come il nostro, svilupparla. "Ogni paese affronta la crisi con le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. La risposta è anche nazionale", osserva il numero uno di Palazzo Koch dopo aver riconosciuto la necessità di un maggiore coordinamento nella vigilanza internazionale e aver sottolineato l'importanza in questa direzione degli organismi internazionali, dal Fondo monetario internazionale al consiglio per la stabilità finanziaria (Fsb) da lui stesso presieduto. Gli effetti della crisi, afferma Draghi, "saranno per noi italiani più o meno gravi a seconda delle scelte che faremo". - RIFORME. Il banchiere centrale elenca le priorità: il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito". Tutti aspetti che "avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali, non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perché queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura". - CREDITO GARANTITO. Superare l'emergenza è un imperativo realizzabile, secondo Draghi. Perché comunque di emergenza si tratta: un calo del pil del 5% quest'anno dopo il meno uno del 2008 (-7% nel semestre ottobre-marzo appena trascorso); un disavanzo destinato a superare il 5% nel 2010, imprese che dal monitoraggio sul territorio condotto dalle filiali di Via Nazionale lamentano stime di un forte calo del fatturato, che per molte supererà il 20%. Le banche, avverte il Governatore, non devono far mancare ossigeno alle aziende. Non si può chiedere ai banchieri "di allentare la prudenza nell'erogare il credito: quel che si può e si deve chiedere è di affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze". Insomma valutino il merito di credito dei loro clienti "con lungimiranza". Gli istituti, ribadisce Draghi, "non hanno eredità pesanti nei loro bilanci" e gli stress test condotti finora "indicano la capacità del nostro sistema bancario di resistere anche a scenari più sfavorevoli", ma bisogna utilizzare questo vantaggio per affrontare "un presente e un futuro non facili". - OCCUPAZIONE. I più colpiti dalla crisi sono i lavoratori: quelli in cassa integrazione e quelli in cerca di nuova occupazione sono pari già all'8,5%, destinati a salire ad oltre il 10%. La ricetta per non far gravare su loro il taglio necessario delle spese e del riequilibrio prospettico dei conti pubblici consiste in una "riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori esistenti e ne renda più universali i trattamenti. Non occorre rivoluzionare il sistema attuale - osserva Draghi - lo si può ridisegnare intorno ai due tradizionali strumenti della cassa integrazione e dell'indennità di disoccupazione, adeguati e calibrati". - PENSIONI. Il graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento assicurerà l'erogazione di pensioni di importo adeguato, osserva il Governatore. "Un più alto tasso di attività tra i 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile sia il potenziale produttivo dell'economia". - RIPRISTINARE FIDUCIA. Per fare tutto questo, ribadisce Draghi, "occorre sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva": non è il lavoro di un giorno. Molto resta da fare per ricreare posti di lavoro, per restituire vigore alle imprese, per riparare i mercati finanziari, per meritare la fiducia dei cittadini".

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Costa meno regolarizzare i debiti contributivi (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Lavoro e Previdenza data: 30/05/2009 - pag: 34 autore: Domenico Comegna Costa meno regolarizzare i debiti contributivi Regolarizzare i debiti contributivi costa sempre meno dopo la decisione assunta al consiglio direttivo della Banca centrale europea, in seguito al perdurare della crisi finanziaria. A ricordarlo è l'Inps con la circ. n. 78/2009. Il nuovo valore del Tur (tasso ufficiale di riferimento) passato dall'1,25 all'1% ha efficacia diretta a decorrere dal 13 maggio. La normativa che disciplina la materia, l'articolo 14 della legge n. 448/1998 (il collegato alla Finanziaria 1999), indica quale tasso base il Tur (Tasso ufficiale di riferimento, ex Tus) e non più il prime rate, favorendo così, attraverso una minore incidenza degli oneri accessori, la regolamentazione spontanea dei debiti, anche in forma rateale, da parte dei datori di lavoro inadempienti nei confronti degli enti previdenziali. Il citato art. 14 della legge n. 448/1998 stabilisce che, con effetto dal 1° gennaio 1999, ferme restando le maggiorazioni previste in materia di regolamentazione rateale dei debiti contributivi e di sanzioni, in caso di ritardato o omesso versamento degli stessi, per la determinazione del tasso di interesse di differimento e di dilazione (art. 13 della legge n. 537/1981, modificato dall'articolo 2 della legge n. 389/1989 e successivamente dall'art. 3, comma 4, della legge n. 402/1996), è preso a base il Tasso ufficiale di riferimento (Tur). Essendo la misura del Tur fissata a partire dal 13 maggio in misura pari all'1%, ne consegue che gli interessi di dilazione da applicare alle rateazioni concesse dalla suddetta data deve essere calcolato sulla base del nuovo tasso del 7% (Tur maggiorato di sei punti, come previsto dall'art. 3, comma 4, della n. 402/1996). Nei casi di autorizzazione al differimento del termine di versamento dei contributi (come in presenza di richiesta per ferie collettive dell'azienda), a partire dalla contribuzione relativa al mese di maggio 2009 si applica l'aliquota del 7%.

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Tokyo, balzo dell'industria (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-05-30 - pag: 15 autore: Asia oltre la crisi. Ad aprile la produzione nipponica segna l'aumento mensile più forte dal 1953 Tokyo, balzo dell'industria Nel primo trimestre l'economia indiana batte le previsioni: +5,8% Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Marco Masciaga NEW DELHI Dalla prima e dalla terza economia asiatica arrivano segnali che fanno pensare che il peggio della crisi sia passato e che il miglioramento potrebbe consolidarsi nei prossimi mesi. La netta ripresa della produzione industriale giapponese e il Pil indiano sopra le attese hanno contribuito ieri a sostenere i mercati azionari del continente, che si trovano ai massimi da ottobre, con un recupero spettacolare rispetto ai minimi di marzo. Anche la Borsa di Seul negli ultimi due giorni ha ripreso ad avanzare nonostante le crescenti provocazioni militari e politiche della Corea del Nord: il primo ministro Han SeoungSoo ha dichiarato ieri di ritenere che sia passato il peggio per l'unica economia tra i paesi Ocse a essere sfuggita alla contrazione del Pil nel primo trimestre ( sebbene l'aumento sia stato solo dello 0,1%). Meglio delle attese è risultato il dato di aprile sulla produzione industriale giapponese, rimbalzata del 5,2% rispetto a marzo, quando le aziende avevano adottato drastici tagli. Si tratta dell'aumento mensile più alto mai verificatosi dal 1953 e si accompagna a prospettive di incremento anche per maggio e giugno: sono ormai in molti a prevedere il ritorno alla crescita del Pil nel secondo trimestre. Altri ritengono che la ripresa della domanda finale sia ancora in dubbio e che il recupero mensile di produzione ed export sia legato soprattutto alle dinamiche delle scorte. Le esportazioni di auto, per esempio, ad aprile sono rimaste in calo del 65% rispetto a un anno prima. I consumi interni non sono ripartite: ad aprile la spesa delle famiglie è scesa dell'1,3% rispetto, per il 14Úmese consecutivo, in un contesto ormai esplicito di deflazione (l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,1%) e di aumento della disoccupazione (+0,2 punti al 5%, massimo da cinque anni e mezzo). Ieri ha ricevuto il via libera dal parlamento la nuova maximanovra di stimolo all'economia da quasi 14mila miliardi di yen (100 miliardi di euro): bocciata alla Camera alta dominata dall'opposizione, è stata rivotata subito dalla Camera bassa ed è quindi diventata legge. Per rendere effettive varie misure, però, occorrerà il voto su normative specifiche: il premier Taro Aso estenderà sicuramente la sessione della dieta, probabilmente fino ad agosto, per poi chiamare gli elettori alle urne nella speranza che una ripresa estiva dell'economia faccia riguadagnare consensi alla maggioranza di governo. Anche l'India dà segnali di ripresa. Nel primo trimestre cresciuta del 5,8% su base annua, contro le previsioni comprese tra il 5 e il 5,2% fatte dalla maggioranza degli analisti. Il dato reso noto ieri è identico a quello registrato nell'ultimo trimestre del 2008 e si traduce in un'espansione vicina all'1,2% su base trimestrale e in una crescita complessiva, per l'anno fiscale 2008-2009, del 6,7%. Un dato più basso del 9% registrato un anno fa, ma ben al di sopra delle stime più ricorrenti degli ultimi mesi. A trascinare la terza economia asiatica nei primi tre mesi dell'anno sono stati soprattutto i settori agricolo, dei servizi e, più in generale, quella domanda interna che ha attutito l'impatto della recessione mondiale. Rispetto ad altre economie più orientate all'export, quella indiana dipende solo per il 15% dall'andamento dei consumi nei mercati esteri e ha risentito meno della crisi. «Il peggio è passato: credo che il paese sia all'inizio di un ciclo di crescita del Pil», spiega Rajeev Malik di Macquarie Capital. I dati di ieri sono stati accolti positivamente dai mercati finanziari indiani che sono cresciuti di oltre il 3%, beneficiando anche dell'effetto traino dei titoli petroliferi. A spingere verso l'alto le azioni delle compagnie statali sono state le voci sempre più insistenti circa un possibile incremento dei prezzi dei carburanti, reso politicamente praticabile dalla nuova maggioranza di governo e finanziariamente urgente da un deficit fiscale, al netto di quello dei singoli stati, di 70 miliardi di dollari, ovvero il 6,2% del Pil. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN RIPRESA Il Giappone vara nuovi stimoli per 100 miliardi di euro Il miglioramento della congiuntura dà fiato alle Borse della regione

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Mediobanca arbitro della Roma (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-05-30 - pag: 33 autore: Scontro tra UniCredit e Italpetroli sulla cessione della società Mediobanca «arbitro» della Roma Alessandro Graziani MILANO L a Italpetroli della famiglia Sensi si affida a Mediobanca per la gestione del debito. Ma non convince pienamente Uni Credit, maggior creditore della holding romana, che vorrebbe rientraredai crediti attraverso la cessione della As Roma. All'advisor,stando alle indiscrezioni, i Sensi avrebbero affidato il compito di effettuare una rapida ricognizione della situazione patrimoniale, per decidere poi le modalità di ristrutturazione del debito e la eventuale cessione di asset. Un mandato troppo generico, secondo fonti di UniCredit, che non intende più assecondare la tattica del rinvio dei Sensi. La decisione di Italpetroli di puntare su Mediobanca è maturata dopo l'incontro di giovedì tra i vertici della Italpetroli e Paolo Fiorentino, deputy ceo di UniCredit. Il gruppo bancario, che due anni fa ha inglobato Capitaliae con essa il dossier Italpetroli di cui detiene il 49%, è il principale creditore della holding della famiglia Sensi con un'esposizione di 277 milioni sui 365 complessivi. Una posizione «incagliata», poichè dalla fine di dicembre del 2008 il gruppo romano dei Sensi non paga gli interessi sul debito. Con il passare del tempo, si è visto che tutti i tentativi di Italpetroli di ripianare il debito attraverso la cessione di attività diverse dalla As Roma non sono andati a buon fine. Fino a qualche mese fa, i Sensi si erano affidati alla consulenza di Banca Finnat. Ma il mandato è scaduto da tempo, e Italpetroli ha gestito in proprio gli ultimi mesi di trattative per tentare di ripianare i debiti. Finchè giovedì scorso, i vertici di UniCredit hanno deciso di forzare i tempi intimando alla Italpetroli la rapida scelta di un advisor per assistere il gruppo nella messa a punto di un credibile piano di ristrutturazione e di cessione degli asset. Non risulta che UniCredit, per il momento, abbia ventilato l'ipotesi di chiedere pegni o altre forme di garanzia diretta sulle partecipazioni di Italpetroli. Ma sembra finita la fase della gestione «morbida» del dossier. Circa un anno fa UniCredit aveva rinunciato a esercitare un'opzione call sul 2% di Italpetroli, che avrebbe portato la banca al 51% della holding dei Sensi. Un segnale di disponibilità inviato alla famiglia guidata da Rosella Sensi, nella convinzione che Italpetroli si sarebbe impegnata nel risanamento del gruppo. La successiva esplosione della crisi finanziaria ed economica internazionale, che ha determinato la riduzione delle valutazioni degli asset (che, oltre alla As Roma, comprende le attività nello stoccaggio petrolifero e beni immobili), non ha certo aiutato Italpetroli. Il debito, invece, è rimasto immutato. E difficilmente potrà essere ricondotto a valori normali, senza la cessione di asset. L'arrivo di Mediobanca al fianco dei Sensi serve a dare maggiore credibilità a eventuali trattative per la cessione della As Roma (peraltro non esplicitate nel comunicato di Italpetroli), finora oggetto di interessamenti non sempre «bancariamente» credibili. è noto che Rosella Sensi non ha mai manifestatol'intenzione di cedere la Roma, continuando anzi a valutare il progetto di costruzione del nuovo stadio. Un anno fa, sembrava che la cessione fosse in dirittura d'arrivo con l'interesse di un pool di investitori guidato dal finanziere George Soros. Ma anche in quel caso non se ne fece nulla. Ora il contesto è cambiato. Non è detto che si arrivi in tempi rapidi alla cessione della Roma, certo la ristrutturazione del debito – sostengono da UniCredit – non può più essere differita. è vero che ogni decisione resta in mano alla famiglia Sensi. Ma è inutile dire che sull'intera vicenda assumerà un peso di rilievo anche il dialogo tra UniCredit e Mediobanca. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Riforme e si esce più forti dalla crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-05-30 - pag: 3 autore: Riforme e si esce più forti dalla crisi La disoccupazione verso il 10%: rivedere ammortizzatori sociali e pensioni - Banche al riparo Rossella Bocciarelli ROMA «Ogni paese affronta la crisi con le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. La risposta alla crisi è anche nazionale: i suoi effetti saranno per noi italiani più o meno gravi a seconda delle scelte che noi stessi faremo». Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi ha scelto ieri una chiave asciutta (meno di 17 cartelle, 6.398 parole) per spiegare ciò che il paese non può permettersi,di fronte a una crisi internazionale come quella attuale. Non può permettersi di lasciare aumentare la spesa pubblica senza alcun freno, per via del suo handicap storico, il debito pubblico; non può permettersi di stare fermo. «Negli ultimi vent'anni – ha ricordato – la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, tasse alte. Dobbiamo essere capaci di levare la testa dalle angustie di oggi per vedere più lontano». Per questo «una risposta incisiva all'emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni». «Uscire da questa crisi più forti è possibile» dice il Governatore ma occorrono atteggiamenti lungimiranti. Serve lungimiranza nella politica economica, che deve agire contro la crisi irrobustendo il sistema degli ammortizzatori sociali e che, al tempo stesso, dovrà procedere con decisione sulla strada delle riforme. Draghi ha sollecitato l'innalzamento graduale dell'età pensionabile effettivae un piano a medio termine per la riduzione della spesa primaria corrente che quest'anno salirà di 3 punti, mentre il deficit (anche per la forte riduzione delle entrate dovuta alla recessione) sarà al 4,5% nel 2009 e nel 2010 oltre il 5. Per la protezione sociale anti-disoccupazione, ha spiegato, «non occorre rivoluzionare il sistema attuale»; lo si può ridisegnare attorno a ciò che già esiste(Cig e indennità di disoccupazione ordinaria) affiancandovi una misura di sostegno al reddito per i casi attualmente non coperti; tra le misure anti-crisi Draghi ha sollecitato anche la riduzione dei tempi di pagamento dei debiti della Pa. Secondo il Governatore, però, è altrettanto necessario che anche le banche usino lo sguardo lungo, senza mettere a repentaglio né i loro bilanci, né i soldi dei depositanti: Draghi ha infatti evocato la figura di coloro che, come Raffaele Mattioli o Giuseppe Imbriani Longo, negli anni 50 e 60 finanziarono la ricostruzione del Paese. Oggi, ha spiegato, «occorre saper fare i banchieri anche quando le cose vanno male» e contenere al massimo il rischio di asfissia finanziaria per le aziende sane. Del resto, sulle conseguenze della crisi internazionale per l'economia italiana, il numero uno di Bankitalia è stato molto chiaro: «In Italia la crisi mondiale determinerà, secondo le previsioni più aggiornate, una caduta del Pil di circa il 5% quest'anno, dopo la diminuzione di un punto nel 2008». Non basta: nel semestre compreso fra ottobre 2008 e marzo 2009 la caduta della domanda estera ha provocato un blocco "precauzionale" dell'attività produttiva che ha fatto cadere il Pil di 7 punti percentuali in ragione d'anno, mentre i recenti segnali di miglioramento arrivano dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, non ancora da dati economici consolidati. Ciò che è quindi importante scongiurare, ha spiegato il Governatore, è il rischio di una seconda ondata di sfiducia da parte delle aziende, che potrebbe innescarsi di fronte a una caduta dell'occupazione e dei consumi interni. Draghi ha ricordato che per oltre 2 milioni di lavoratori a termine il contratto scade entro l'anno (il 38% di questi lavoratori è nel Mezzogiorno); inoltre, i lavoratori in cassa integrazione e quelli disoccupati sono già oggi l'8,5% della forza lavoro, e questa cifra potrebbe salire oltre il 10 per cento. Draghi ha fornito una fotografia nitida delle modalità con le quali le aziende stanno affrontando la crisi: c'è l'attesa di un forte calo del fatturato (più del 20%) e di una riduzione degli investimenti che oscilla dal 12 al 20% a seconda dei settori. Un'indagine Bankitalia mette anche in evidenza che tra le 65mila imprese con più di 20 addetti ce ne sono almeno 5mila che stanno reagendo bene alla cattiva congiuntura; ce ne sono però 6mila che soffrono molto, per essere state sorprese dalla crisi proprio mentre stavano facendo il salto tecnologico, dimensionale e si erano indebitate. Il Governatore ha poi fornito i dati sul credito alle imprese, che ad aprile ha registrato un tasso di crescita trimestrale nullo (era del 12% un anno fa) e ha spiegato che la frenata non è attribuibile solo alla caduta della domanda; inoltre, ha ricordato, è aumentato il divario dei costi di accesso al credito fra piccole e grandi imprese. Infine,ha parlato dell'impatto della crisi sulle banche, meno esposte delle consorelle straniere ai danni da finanza strutturata, ma non immuni dalle conseguenze negative in termini di maggiori sofferenze (Draghi ha nuovamente suggerito l'idea di una garanzia pubblica a fronte di cartolarizzazioni di tranches di nuovi prestiti di buona qualità). Il patrimonio delle banche italiane è di sopra degli standard minimi e resiste anche a una prova di stress appena realizzata in Bankitalia. Ma lo sforzo di rafforzare il capitale rimane una priorità. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA FIDUCIA «Non si costruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza. Ogni paese affronta le emergenze con le sue forze e le sue debolezze» LE SCELTE PER IL RILANCIO «La politica economica è oggi più difficile in Italia che in altri paesi». Azioni di stimolo limitate dal debito ma c'è spazio per interventi ANSA Appello alla fiducia. Mario Draghi e, a sinistra, il direttore generale della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni. Per le sue quarte Considerazioni il Governatore ha scelto la sintesi: meno di 17 cartelle

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"SIGNORI PARTECIPANTI... (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: TESTO data: 2009-05-30 - pag: 10 autore: “SIGNORI PARTECIPANTI... Meno tensioni sui mercati, ma il rischio che permane sull'evoluzione della congiuntura richiede, per la sua gravità, che si continui a sostenere l'economia con decisione e con tutti gli strumenti a disposizione S ignori Partecipanti, Autorità, Signore, Signori, la riforma organizzativa della Banca procede nei tempi programmati. Sono state già chiuse 18 Filiali, altre cesseranno di operare nei prossimi mesi. Alla fine di quest'anno, delle originarie 97 Filiali ne resteranno attive 58, di cui 6 specializzate in compiti di vigilanza bancaria e finanziaria e 25 dedicate, con strutture più snelle, alla Tesoreria dello Stato e a servizi informativi ai cittadini. La fabbricazione di banconote sarà riorganizzata, con l'accordo delle organizzazioni sindacali, al fine di accrescere la produzione e l'efficienza. La Banca d'Italia svolge da oltre un anno,a seguito della incorporazione dell'Ufficio italiano dei cambi, funzioni di contrasto al riciclaggio attraverso l'Unità di informazione finanziaria ( UIF),che opera all'interno della Banca ma con speciale autonomia. Le ha destinato risorse consistenti e qualificate.Nell'assolvere il suo compito l'UIF ha sviluppato utili sinergie con la Vigilanza. Ne beneficiano la stessa stabilità e la reputazione del sistema bancario. è intensa la collaborazione con la Magistratura e con la Guardia di Finanza, a cui vengono presentate, in numero crescente, denunce e segnalazioni. Nel gennaio di quest'anno Antonio Finocchiaro ha lasciato il Direttorio della Banca per assumere la carica di Presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Nel corso della sua lunga carriera egli ha dato alla Banca d'Italia, con rigore e dedizione, contributi importanti in campi diversi, dall'originario sviluppo dell'informatica alla gestione delle risorse umane e delle relazioni con i sindacati, alla organizzazione e gestione aziendale. Gli rivolgo un saluto affettuoso e riconoscente. Prende il suo posto nel Direttorio Anna Maria Tarantola, già Direttore centrale per la Vigilanza. Il personale dell'Istituto è chiamato dallo scorso anno a un impegno straordinario, commisurato alla difficoltà della crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo e alla eccezionalità delle risposte che sono richieste a ogni livello. Il terremoto in Abruzzo ha rappresentato una ulteriore, dolorosa sfida. Tutti stanno rispondendo con abnegazione, mettendo a frutto le alte doti professionali e umane che contraddistinguono la nostra compagine. Li ringrazio, a nome del Consiglio Superiore e del Direttorio. Resta da affrontare la questione dell'assetto proprietario della Banca. Quello attuale ha garantito per oltre 70 anni l'indipendenza e l'autonomia decisionale dell'Istituto. L'evoluzione della struttura del sistema bancario fa tuttavia emergere un'anomalia formale che è opportuno rimuovere. Siamo aperti a definire con i Partecipanti al nostro capitale e con il Governo una soluzione del problema che apporti beneficio a tutto il sistema. LA CRISI NEL MONDO Dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate; le quotazioni di borsa, pur tra oscillazioni, si sono risollevate, tornando sui livelli di inizio anno; gli indicatori qualitativi dell'economia reale mostrano un'attenuazione delle spinte recessive. Sono segnali incoraggianti. La probabilità di una deflazione, intesa come un declino prolungato e generalizzato dei prezzi, appare oggi modesta, anche perché le aspettative d'inflazione a medio e a lungo termine si mantengono vicine al 2 per cento. Tuttavia, il rischio che permane sull'evoluzione della congiuntura richiede, per la sua gravità, che sicontinui a sostenere l'economia con decisione e con tutti gli strumenti a disposizione. Si è consapevoli che occorrerà predisporre per tempo strategie di rientro dagli elevati disavanzi fiscali, dalla straordinaria creazione di liquidità che caratterizzano la situazione presente. Non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica: si prevede che la crescita riprenderà nel 2010. L'attesa generale per i prossimi mesi è di riduzioni di occupazione, di reddito, accompagnate dal permanere di volatilità sui mercati finanziari, con riflessi negativi sui consumi e sugli investimenti. Compito delle politiche economiche è attenuare la spirale negativa tra disoccupazione e consumi. La loro risposta è stata tempestiva, intensa e coordinata a livello internazionale. Non si ha finora evidenza di una significativa ripresa del protezionismo. I tassi d'interesse ufficiali sono stati ridotti drasticamente in tutte le principali economie. Tra l'ottobre del 2008 e l'inizio di maggio il Consiglio direttivo della BCE ha abbassato il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali di ,25 punti percentuali, fino all'1 per cento, il livello più basso mai raggiunto nei paesi dell'area. La riduzione si è riflessa sui tassi di mercato:l'Euribor a tre mesi è attualmente pari all'1, per cento, oltre punti percentuali in meno rispetto alla prima decade di ottobre. I tassi di interesse in euro a un anno sono allineati a quelli in dollari, lievemente inferiori a quelli in sterline. Le misure espansive adottate da tutte le banche centrali hanno prodotto un significativo ampliamento dei loro bilanci, in forme che riflettono le diverse strutture finanziarie. Nell'area dell'euro il credito bancario, con un peso sul prodotto pari a circa il 1 0 per cento, ha una importanza maggiore che negli Stati Uniti, dove questo rapporto è del 60 per cento. L'Eurosistema ha quindi finora concentrato gli interventi sulle banche. L'introduzione nell'ottobre scorso di un sistema di rifinanziamenti a tasso fisso e limitati soltanto dalla disponibilità di garanzie è stata una misura di grande rilevanza. Essa, insieme ad altre, ha permesso alle banche di far fronte alle esigenze di liquidità in una situazione di paralisi dei mercati monetari. Ha anche dato loro certezza circa il tasso che avrebbero pagato, per un periodo ben più lungo che in passato: le scadenze delle operazioni sono state allungate fino a sei mesi e, dal prossimo giugno, a dodici mesi. A fronte di questi prestiti le banche possono oggi dare in garanzia una varietà di titoli molto più ampia di quanto non fosse possibile in precedenza. Si è evitato un tracollo del sistema globale; ma né l'espansione monetaria né l'azione degli stabilizzatori automatici presenti nei bilanci pubblici sono state sufficienti a contrastare la caduta della domanda aggregata e i costi sociali della recessione. Dallo scorso autunno gli organismi internazionali sottolineano la necessità di una decisa azione discrezionale di bilancio, coordinata a livello internazionale ed estesa a tutti i principali paesi. In Europa il Consiglio dell'Unione ha richiesto di realizzare nel 2009 interventi di stimolo complessivamente pari all'1,5 per cento del prodotto dell'area. Nell'insieme dei paesi industriali e in molti di quelli emergenti, in primo luogo in Cina, la risposta delle politiche di bilancio è stata nettamente espansiva. L'entità,la durata e la composizione degli interventi sono differenziate e riflettono, in particolare, il diverso impatto della crisi, le condizioni iniziali delle finanze pubbliche e le dimensioni degli stabilizzatori automatici. La simultaneità delle politiche di stimolo messe in atto ne rafforza l'efficacia. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, nel 2009 il disavanzo di bilancio dei paesi avanzati raggiungerà quasi il 9 per cento del prodotto, per poi diminuire di un punto nel 2010. L'incidenza del debito pubblico lordo aumenterà tra il 2008 e il 2010 di 27 punti negli Stati Uniti, sfiorando il 100 per cento, e di 16 punti nell'area dell'euro, all'85 per cento. La necessità di collocare sul mercato nei prossimi due anni una ingente quantità di titoli pubblici esercita pressioni al rialzo suitassi di interesse;queste si accentueranno con l'attenuarsi della recessione e il conseguente rafforzamento della domanda di titoli di debito privati, ponendo un freno alla ripresa delle economie. Superata la crisi, l'incidenza del debito pubblico va decisamente ridotta. Tuttavia,l'esperienza passata mostra che senza il risanamento delle banche e senza una ripresa del circuito del credito la recessione sarà più lunga e la ripresa più lenta, nonostante l'eccezionale espansione dei disavanzi pubblici. Dopo il fallimento di Lehman Brothers nel settembre dello scorso anno, gli interventi dei governi a garanzia dei depositi e delle passività bancarie e a sostegno delle ricapitalizzazioni hanno evitato ulteriori dissesti; non sono stati sufficienti a impedire una contrazione del credito. I mercati finanziari ancora stentano a recuperare piena funzionalità. L'avversione al rischio resta elevata. A livello mondiale, le perdite contabilizzate nei bilanci delle banche negli ultimi due anni sono state pari a oltre 1.000 miliardi di dollari. I fondi per ricostituire il capitale degli intermediari sono derivati per poco meno della metà da interventi pubblici. In prospettiva, il fabbisogno di capitale degli intermediari va soddisfatto riattivando il mercato. Ne è condizione l'assoluta trasparenza degli attivi bancari. L'alone di incertezza che continua a circondare i bilanci delle banche limita l'afflusso di capitale privato, aumenta il livello di patrimonializzazione richiesto dal mercato e rende più stringente l'incentivo a ridurre gli attivi. Occorre un'azione volta a ristabilire certezza e credibilità degli attivi nei bilanci bancari. I provvedimenti, annunciati in vari paesi, di assicurazione o trasferimento a enti separati di parte dell'attivo possono incentivare l'emersione dei titoli più problematici. Ma, perché ritorni la fiducia nelle grandi istituzioni finanziarie internazionali, resta l'esigenza di un esercizio completo, internazionalmente coordinato, coerente, rigoroso, di trasparenza sui bilanci delle banche, già avviato negli Stati Uniti, in corso di preparazione in Europa. PROMUOVERE LA STABILITà FINANZIARIA La crisi ha le sue radici in distorsioni nel funzionamento dei mercati, in carenze di regolazione e supervisione e nei comportamenti degli intermediari, nei primi centri finanziari del mondo. La eccezionale liquidità che affluiva in quei centri, causata dai prolungati squilibri nel tasso di risparmio e nella bilancia dei pagamenti, contribuiva a tenere su livelli anormalmente bassi tassi di interesse, volatilità, costi di protezione dall'insolvenza. Ne risultava una generale sottovalutazione del rischio, con la conseguente sopravvalutazione delle attività finanziarie e immobiliari. Ne venivano mascherati i difetti di regolamentazione e quelli nella gestione dei rischi da parte delle più grandi banche del mondo. Una politica monetaria accomodante contribuiva all'artificiosa lievitazione dei volumi finanziari, permetteva il protrarsi di una situazione resa fondamentalmente instabile da quelle distorsioni, da quelle carenze. Il mercato rifiutava i pur timidi interventi delle politiche economiche; accecato, perdeva la propria capacità diagnostica; i suoi meccanismi autocorrettivi erano paralizzati. Un sistema finanziario in cui si coniughino innovazione e solidità, profitto e sostegno alle famigliee alle imprese dovrà avere più regole, più capitale, meno debito. La strategia globale che va emergendo è fondata su tre pilastri: le istituzioni finanziarie internazionali; i regolatori; le banche centrali. Il Fondo monetario internazionale assume ora un ruolo cruciale: le sue risorse sono state più che raddoppiate, è stata potenziata la sua capacità di intervento. Può oggi sostenere i paesi in difficoltà, in particolare le economie emergenti che più risentono della congiuntura avversa; la sua assistenza nella gestione degli squilibri evita il propagarsi sistemico della crisi. Al Fondo, insieme con il Financial Stability Board, è stata affidata l'analisi e la segnalazione preventiva dei rischi per la stabilità del sistema finanziario globale. è incoraggiante che anche i maggiori paesi abbiano finalmente accettato di essere periodicamente esaminati dal Fondo sulla solidità dei loro sistemi finanziari. Una sorveglianza multilaterale più pregnante che in passato potrà contribuire alla coerenza globale delle politiche economiche nazionali. Ma la correzione ordinata degli squilibri nelle bilance dei pagamenti non potrà che far perno su un mercato mondiale dei capitali in condizioni di piena funzionalità, al riparo da difetti di regolazione e controllo. Questo convincimento è all'origine della istituzione, da parte dei capi di Stato o di governo del G20, del Financial Stability Board. Il nuovo organismo è stato ampliato nella composizione e nel mandato rispetto al Financial Stability Forum; quest'ultimo aveva prodotto nell'aprile 2008 il primo rapporto sulle azioni da intraprendere per rimediare alle carenze della regolamentazione. Il Board ha ora la responsabilità di seguire le autorità nazionali nell'applicazione di quelle raccomandazioni, di coordinare i molti comitati di regolatori e contabili che determinano gli standard cui si attengono le banche, di proseguire nella costituzione dei collegi internazionali di supervisori per le istituzioni finanziarie più grandi. Requisiti di capitalizzazione e di liquidità più rigorosi, estensione del perimetro della regolamentazione anche a istituzioni non bancarie, completamento di Basilea 2 e modifica delle regole contabili al fine di diminuirne la prociclicità, vigilanza e regolamentazione più stringenti per le istituzioni che hanno dimensione tale da costituire un rischio sistemico; sono, queste, le azioni che descrivono il sentiero di lavoro del Financial Stability Board nei prossimi mesi. La Presidenza italiana del G8 conduce i lavori sulla definizione di un global standard per la proprietà, l'integrità e la trasparenza dell'attività economica e finanziaria internazionale. Con la crisi si è molto ampliato il consenso sulla necessità che le banche centrali includano espressamente tra i loro obiettivi la stabilità finanziaria; limitare il loro compito agli interventi riparatori dopo una crisi non è più ritenuto sufficiente. Si fa strada l'idea che le funzioni di politica monetaria e di vigilanza si rafforzino l'un l'altra. Il dibattito su questi temi è complesso ed è lungi dall'essere compiuto. In Europa è già in corso un processo di revisione di ampie parti del sistema di supervisione bancaria e finanziaria. Gli aspetti fondamentali di tale revisione sono da condividere; in alcuni punti il processo va rafforzato. L'attribuzione di compiti di vigilanza finalizzata alla stabilità sistemica a un Consiglio europeo è utile, se questo dispone di una effettiva capacità di intervento e opera in stretto raccordo con le autorità di vigilanza nazionali. Gli standard di vigilanza comuni dovrebbero essere, almeno in alcune aree, vincolanti e direttamente applicabili a livello nazionale. Occorre armonizzare i sistemi di garanzia dei depositanti e gli strumenti di intervento in caso di crisi. LE RIPERCUSSIONI DELLA CRISI IN ITALIA In Italia la crisi mondiale determinerà, secondo le previsioni più aggiornate, una caduta del PIL di circa il 5 per cento quest'anno, dopo la diminuzione di un punto nel 2008. Il crollo della domanda estera ha provocato una forte contrazione della produzione industriale e degli investimenti. La reazione delle imprese, in particolare di quelle più esposte al ciclo internazionale, è stata immediata: chiusura provvisoria di interi stabilimenti o linee produttive; riduzione, temporanea o permanente, della manodopera; rinvio degli acquisti, sia di semilavorati sia di beni capitali; dilazioni insolitamente lunghe dei pagamenti ai fornitori. Nei sei mesi da ottobre 2008 a marzo 2009 il PILè caduto in ragione d'anno di oltre 7 punti percentuali rispetto al semestre precedente. I recenti segnali di un affievolimento della fase più acuta della recessione provengono dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, più che dalle statistiche finora disponibili sull'economia reale. Il ritorno a una crescita duratura richiede che l'economia internazionale si riprenda stabilmente, che la debolezza del mercato del lavoro non si ripercuota ancora più duramente sui consumi interni, che si rafforzi la struttura del nostro sistema produttivo. L'OCCUPAZIONE E I CONSUMI Fra le misure prudenziali che le imprese hanno adottato per fronteggiare la recessione, quelle riguardanti il lavoro sono state di tre tipi: riorganizzazioni di turni e orari e blocco del turnover; ricorso alla Cassa integrazione; mancati rinnovi di contratti temporanei e licenziamenti. Quasi tutte le imprese hanno fatto ricorso al primo tipo di misure. La Cassa integrazione ordinaria è stata pure diffusamente usata e si è già rapidamente portata sui livelli massimi raggiunti durante la recessione del 1992-9 ; la sua copertura potenziale è tuttavia limitata – interessa un terzo dell'occupazione dipendente privata – e fornisce al lavoratore una indennità massima inferiore, in un mese, alla metà della retribuzione lorda media nell'industria. Si stima che due quinti delle imprese industriali e dei servizi con 20 e più addetti ridimensioneranno il personale quest'anno;la riduzione sarà probabilmente maggiore nelle imprese più piccole. Per oltre 2 milioni di lavoratori temporanei il contratto giunge a termine nel corso di quest'anno; più del 0 per cento è nei servizi privati, quasi il 20 nel settore pubblico; il 8 per cento è nel Mezzogiorno. I lavoratori in Cassa integrazione e coloro che cercano una occupazione sono già oggi intorno all'8,5 per cento della forza lavoro, una quota che potrebbe salire oltre il 10: proseguirebbe la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi, nonostante la forte riduzione dell'inflazione. Gli interventi governativi a supporto delle famiglie meno abbienti e gli incentivi all'acquisto di beni durevoli stanno fornendo un temporaneo ausilio. Un primo rischio per la fase ciclica che attraversiamo è una forte riduzione dei consumi interni, a cui le imprese potrebbero reagire restringendo ancora i loro acquisti di beni capitali e di input produttivi. LE IMPRESE E LA CRISI Grazie all'impegno delle nostre Filiali regionali, abbiamo svolto una indagine particolarmente approfondita sulle condizioni del sistema produttivo italiano, sulle difficoltà che le imprese incontrano, su come stanno reagendo alla crisi. L'attesa di un forte calo del fatturato, più del 20 per cento per molte imprese, e la grande incertezza circa la durata della crisi portano per l'anno in corso a piani di riduzione degli investimenti del 12 per cento nel complesso dell'industria e dei servizi, di oltre il 20 nella manifattura: valori eccezionali nel confronto storico. Un processo di ristrutturazione si era avviato in parti importanti del nostro sistema produttivo nella prima metà del decennio; prima della crisi se ne intravedevano già i frutti in termini di produttività e forza competitiva sui mercati esteri; questi tempi difficili lo mettono a repentaglio. Secondo la nostra indagine, circa metà delle 65.000 imprese dell'industria e dei servizi con almeno 20 addetti sono state coinvolte nel processo di ristrutturazione. Esse si attendono un calo del fatturato nel 2009 nettamente inferiore alla media. A un estremo, le aziende finanziariamente più solide presenti in questo gruppo oggi attutiscono l'impatto dell'avversa congiuntura consolidando il primato tecnologico e diversificando gli sbocchi di mercato. Non sono poche, stimiamo più di 5.000, con quasi un milione di addetti. Alcune sembrano proiettate a trarre vantaggio dalla crisi, in termini di riposizionamento sul mercato. All'altro estremo vi sono imprese che, avendo deciso di accrescere scala dimensionale, intensità tecnologica, apertura internazionale, si erano indebitate. Affrontano ora, con la crisi, il prosciugarsi dei flussi di cassa, l'irrigidirsi dell'offerta di credito bancario, la forte difficoltà ad accedere al mercato dei capitali; si tratta di almeno 6.000 aziende, che impiegano anch'esse quasi un milione di lavoratori. A risentire della crisi sono soprattutto le imprese piccole, sotto i 20 addetti; nella sola manifattura se ne contano in tutto quasi 500.000, con poco meno di due milioni di occupati. Per quelle che operano in qualità di sub-fornitrici di imprese maggiori, da cui subiscono tagli degli ordinativi e dilazioni nei pagamenti, è a volte a rischio la stessa sopravvivenza. Il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per asfissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è un secondo, grave rischio per la nostra economia. IL FINANZIAMENTO DELL'ECONOMIA Il deterioramento dell'economia tende a frenare i prestiti bancari. Ad aprile il tasso di crescita trimestrale del credito alle imprese non finanziarie si è annullato; era del 12 per cento un anno prima. Continuano a rallentare anche i prestiti alle famiglie. Minori investimenti industriali e immobiliari, minori consumi di beni durevoli spiegano parte del rallentamento. Ma è anche l'offerta di finanziamenti delle banche ad aver decelerato, innanzitutto per le difficoltà di provvista a medio e a lungo termine e per l'aumento del rischio di credito. Secondo la nostra indagine l'8 per cento delle imprese ha ricevuto un diniego a una richiesta di finanziamento; è il valore più elevato dalla metà degli anni Novanta; era meno del un anno fa. Oltre il 10 per cento delle imprese dichiara di aver ricevuto, da ottobre, richieste di rimborsi anticipati. Il fenomeno, più intenso nel Mezzogiorno, investe l'intero paese e riguarda anche aziende di dimensione non piccola. Non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare ilcredito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che metta a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi. Quel che si può e si deve chiedere alle nostre banche è di affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze. Va posta un'attenzione straordinaria alle prospettive di mediolungo periodo delle imprese che chiedono assistenza finanziaria. Continua a pagina 11 “ Le probabilità di una deflazione intesa come un declino prolungato e generalizzato dei prezzi appaiono oggi modeste l'articolo prosegue in altra pagina

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...NON FALSA SPERANZA, FIDUCIA OLTRE LA CRISI" (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: TESTO data: 2009-05-30 - pag: 11 autore: ...NON FALSA SPERANZA, FIDUCIA OLTRE LA CRISI” Abbiamo fatto un esercizio sui bilanci bancari: i risultati indicano la capacità del sistema di resistere anche a scenari più sfavorevoli Nella fase attuale occorre limitare la distribuzione degli utili u Continua da pagina 10 Nei metodi di valutazione, nelle procedure decisionali delle banche vanno tenute in conto tecnologia, organizzazione, dinamiche dei mercati di riferimento delle imprese. Le iniziative di potenziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese recentemente adottate dal Governo possono rafforzare il sostegno delle banche alle aziende di minore dimensione. Occorre anche valutare l'ipotesi di estendere,come in altri paesi, le forme di garanzia pubblica sui prestiti a una più ampia compagine di imprese, per un tempo limitato e con modalità tali da contenere le distorsioni nell'allocazione delle risorse. Ma è anche importante riattivare il mercato italiano delle cartolarizzazioni, che, se propriamente strutturate, restano un canale fondamentale di finanziamento. Le tranches meno rischiose di un portafoglio di finanziamenti prevalentemente di nuova erogazione potrebbero essere coperte da garanzia pubblica. Allo Stato non si richiederebbe un immediato esborso di fondi; a fronte della garanzia fornita, esso riceverebbe un'adeguata remunerazione. LE POLITICHE ANTICRISI La politica economica è oggi più difficile in Italia che in altri paesi. L'azione di sostegno alla domanda è limitata dal debito pubblico del passato. Gli interventi attuati finora per attenuare i costi sociali della recessione hanno soprattutto utilizzato risorse già stanziate per altri impieghi. Tuttavia, un'azione credibile e rigorosa di riequilibrio dei conti pubblici, in un orizzonte temporale prestabilito, può permettere una politica economica più incisiva. La prima preoccupazione attiene al rischio di un ulteriore deterioramento del mercato del lavoro. La crisi ha reso più evidenti manchevolezze di lunga data nel nostro sistema di protezione sociale. Esso rimane frammentato. Lavoratori altrimenti identici ricevono trattamenti diversi solo perché operano in un'impresa artigiana invece che in una più grande. Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento. Tra i lavoratori a tempo pieno del settore privato oltre 800.000, l'8 per cento dei potenziali beneficiari, hanno diritto a un'indennità inferiore a 500 euro al mese. Un buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro, finanziariamente in equilibrio nell'arco del ciclo economico, attenua la preoccupazione dei lavoratori, sostiene i consumi, accresce la mobilità tra imprese e settori, favorisce la riallocazione delle competenze individuali verso gli impieghi più produttivi. Un sostegno definito, non discrezionale, condizionato alla ricerca attiva di una occupazione – e qui un rafforzamento dei meccanismi di verifica è ineludibile – aumenta il senso di sicurezza delle persone, ne rende più certi i progetti, contiene la necessità di risparmi a fini precauzionali; riduce l'iniquità tra lavoratori più o meno tutelati. Opportunamente il Governo ha già incluso tra le misure anticrisi meccanismi temporanei di sostegno al reddito che agiscono anche in caso di sospensione dell'attività nelle imprese non coperte dalla Cassa integrazione. Ha inoltre previsto un intervento sperimentale a favore di una parte dei collaboratori a progetto. Va colta oggi l'occasione per una riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori sociali esistenti e ne renda più universali i trattamenti. Non occorre rivoluzionare il sistema attuale. Lo si può ridisegnare intorno ai due tradizionali strumenti della Cassa integrazione e dell'indennità di disoccupazione ordinarie, opportunamente adeguati e calibrati. Essi andrebbero affiancati da una misura di sostegno al reddito per i casi non coperti, come avviene quasi ovunque in Europa e come prospettato nel Libro bianco del Governo. Per i bassi salari potrebbe essere studiato un credito d'imposta: adottato con successo in molti paesi, esso potrebbe aiutare la regolarizzazione di posizioni sommerse. Tra le misure anticrisi rivolte al sistema produttivo sono prioritarie quelle tese ad allentare i problemi finanziari delle imprese, come gli interventi che si stanno definendo anche con il concorso della Cassa depositi e prestiti e della SACE. Un ulteriore, più diretto sostegno potrebbe venire dalla riduzione nei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche, pari a circa il 2,5 per cento del PIL. Nella stessa direzione potrebbe operare una temporanea sospensione dell'obbligo di versare all'INPS le quote di TFR non destinate ai fondi pensione, circa 0, punti percentuali del PIL l'anno. Entrambe le operazioni, pur determinando un aumento del ricorso ai mercati finanziari, non peggiorerebbero la posizione patrimoniale netta dello Stato. Le misure volte a mobilitare il risparmio privato nell'edilizia residenziale, che si auspica vengano rapidamente attuate nelle forme appropriate, contribuiranno alla ripresa degli investimenti. Vanno accelerati il completamento dei cantieri già aperti e la realizzazione di opere a livello locale, molte delle quali, per la loro contenuta dimensione, possono essere avviate in tempi brevi. IL RIEQUILIBRIO DEI CONTI PUBBLICIE LE POLITICHE STRUTTURALI La recessione si sta progressivamente ripercuotendo sul gettito tributario: in decelerazione nel corso del 2008, è sceso nell'ultimo bimestre dell'anno. Nell'intero 2008 il gettito dell'IVA è diminuito dell'1,5 per cento, a fronte di una crescita dei consumi del 2, , anche per effetto dello spostamento di questi verso beni essenziali ad aliquota più bassa. Nei primi quattro mesi del 2009 l'IVA riscossa è stata inferiore del 10 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente.L'imposta sui redditi delle imprese, scesa di oltre il 9 per cento nel 2008, potrebbe flettere in misura ancora maggiore nell'anno in corso. Oggi, solo il gettito dell'Irpef tiene. L'operare degli stabilizzatori automatici dovrebbe accrescere il disavanzo pubblico nell'anno in corso di circa 2 punti percentuali del prodotto, a oltre il ,5 per cento; nel 2010, il disavanzo potrebbe superare il 5 per cento. Anche senza considerare interventi aggiuntivi di sostegno dell'economia, al termine della crisi il peso del debito sul prodotto sarà comunque molto aumentato, riportandosi ai livelli dei primi anni Novanta. L'incidenza della spesa primaria corrente, che nel 2008 ha già toccato il valore massimo dal dopoguerra, salirà di punti percentuali nel 2009. La spesa pubblica complessiva supererà largamente il 50 per cento del PIL e, in assenza di interventi, tenderà a permanere su quel livello negli anni successivi. Vi è il rischio che sull'economia gravi a lungo una pressione fiscale molto elevata. Una volta superata la crisi, il nostro paese si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato – fisico e umano – depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione. Se dovessimo limitarci a tornare su un sentiero di bassa crescita come quello degli ultimi 15 anni, muovendo per di più da condizioni nettamente peggiorate, sarebbe arduo riassorbire il debito pubblico e diverrebbe al tempo stesso più cogente la necessità di politiche restrittive per garantirne la sostenibilità. Dobbiamo, da subito, puntare a conseguire una più alta crescita nel medio periodo. Occorre quindi agire su due fronti: assicurare il riequilibrio prospettico dei conti pubblici, attuare quelle riforme che, da lungo tempo attese, consentano al nostro sistema produttivo di essere parte attiva della ripresa economica mondiale. Le misure di riduzione della spesa corrente vanno introdotte nella legislazione subito, anche se con effetti differiti, senza rinvii a ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative. In molti casi si tratta di proseguire con maggior decisione lungo percorsi già intrapresi. Il graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento assicurerà l'erogazione di pensioni di importo unitario adeguato. Un più alto tasso di attività nella fascia da 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile delle famiglie sia il potenziale produttivo dell'economia. Nel 2008 il rendimento dei fondi pensione negoziali e dei fondi aperti è stato negativo per 6 e 1 punti percentuali, rispettivamente. Questi risultati non devono indurci a modificare il processo, avviato all'inizio degli anni Novanta, volto a favorire lo sviluppo di un secondo pilastro gestito con criteri di capitalizzazione. Un sistema misto resta nel lungo periodo preferibile a uno basato solo sulla ripartizione. Può essere tuttavia opportuno introdurre qualche correzione e integrazione. Occorre favorire la diffusione di prodotti che riducano in modo automatico la rischiosità del portafoglio all'avvicinarsi del momento di pensionamento e offrire titoli che consentano di meglio gestire i rischi su lunghi periodi di tempo. L'attuazione del federalismo fiscale dovrà contribuire al contenimento della spesa; creando uno stretto collegamento tra le decisioni di spesa e di prelievo, esso può determinare, senza rinunciare al principio di solidarietà, una maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse pubbliche. Nella riforma varata dal Parlamento è cruciale il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei costi standard nell'attribuzione delle risorse agli enti decentrati. Il riferimento alla spesa storica ha finora concorso a irrigidire il bilancio pubblico, determinando meccanismi inerziali nella dinamica della spesa. Molto ci si aspetta dalla progettata riforma della pubblica amministrazione: l'ampiezza dell'intervento, il rilievo attribuito alla misurazione e alla trasparenza dell'operato delle amministrazioni, la valorizzazione del merito costituiscono importanti elementi di novità. La loro efficacia dipenderà dal disegno dei sistemi di valutazione e dalle concrete regole organizzative. Progressi sono stati compiuti nella semplificazione e nel riordino della normativa e nella riduzione degli adempimenti burocratici, in particolare per l'avvio d'impresa. La produzione di nuova normativa continua tuttavia a caratterizzarsi per la complessità e l'opacità delle disposizioni. Gli oneri burocratici per l'attività d'impresa restano elevati, con ampie differenze sul territorio. Semplificazione normativa ed efficaciadell'azione pubblica sono condizioni necessarie per ridurre il peso dell'economia irregolare, stimato in più del 15 per cento dell'attività economica. L'occultamento di una parte considerevole delle basi imponibili accresce l'onere imposto ai contribuenti ligi al dovere fiscale. è un fattore che riduce la competitività di larga parte delle imprese, determina iniquità e disarticola il tessuto sociale. Progressi nel contrasto alle attività irregolari consentirebbero di ridurre le aliquote legali, diminuendo distorsioni e ingiustizie. è necessario elevare la qualità e quantità del capitale umano e delle infrastrutture fisiche. Sull'urgenza di accrescere i livelli di apprendimento nella scuola e nelle università mi sono soffermato lo scorso anno; gli sforzi di riforma in quest'area devono proseguire e intensificarsi. Le infrastrutture materiali sono un fattore cruciale per la competitività. Il divario tra la dotazione infrastrutturale dell'Italia e quella media degli altri principali paesi dell'Unione europea è più che triplicato negli ultimi vent'anni. Nelle grandi opere la mancata individuazione delle priorità di lungo periodo ha generato discontinuità e dispersione dei finanziamenti su una molteplicità di lavori: il numero di infrastrutture strategiche prioritarie è passato dagli originali 21 progetti a oltre 200. I tempi e i costi di completamento delle linee ferroviarie ad alta velocità, di ampliamento delle autostrade, ma anche di brevi raccordi e passanti, sono largamente superiori a quelli degli altri paesi europei: in Italia un chilometro di autostrada può costare più del doppio che in Francia o in Spagna. Ne sono causa l'incerta attribuzione delle competenze tra il livello decisionale nazionale e quello regionale, carenze nelle valutazioni ex-ante e nei rendiconti, continui cambiamenti di progetto. Difetti normativi limitano il ricorso al project financing. Il processo di liberalizzazione intrapreso negli anni passati non deve fermarsi o recedere. Nei paesi in cui i servizi sono meno liberalizzati le difficoltà di sviluppo dei settori tecnologicamente avanzati sono maggiori. Il caso dei servizi pubblici locali è esemplare di quanto la mancanza di una regolazione affidata a soggetti competenti e indipendenti dai gestori possa generare inefficienze e costi più alti per i consumatori. LA CRISI E LE BANCHE Negli anni passati il sistema bancario italiano è stato interessato da un ampio processo di trasformazione, stimolato dall'accresciuta concorrenza. Le numerose operazioni di fusione e acquisizione e il conseguente aumento della dimensione media e dell'efficienza hanno contribuito ad accrescere la resistenza alla crisi dei nostri intermediari. La crisi ha colto il sistema bancario italiano mentre si stavano completando le riorganizzazioni, si sperimentavano nuove forme di governance, si ampliava la presenza sui mercati esteri. Il sistema resta caratterizzato dalla netta prevalenza dell'attività di intermediazione creditizia a favore di famiglie e imprese; dal forte radicamento territoriale; da una struttura di bilancio nel complesso equilibrata. L'impatto della crisi sulle banche è stato da noi meno traumatico che in altri paesi, innanzitutto grazie a una esposizione contenuta verso i prodotti della finanza strutturata e a una minore dipendenza dalla raccolta all'ingrosso. Alla fine del 2008 gli strumenti di credito strutturati rappresentavano poco meno del 2 per cento dell'attivo dei principali gruppi bancari. Il rapporto tra raccolta all'ingrosso e provvista complessiva era per il nostro sistema del 29 per cento, contro una media del 1 nell'area dell'euro. Un modello di intermediazione fondamentalmente sano, insieme con un quadro regolamentare e una vigilanza particolarmente prudenti, hanno tenuto le banche italiane al riparo dagli effetti più devastanti delle turbolenze dei mercati. Non sono stati addossati ai contribuenti i costi di perdite e fallimenti osservati in altri paesi. Il sistema bancario non è però immune dalle conseguenze della crisi. Nel 2008 i profitti delle banche italiane si sono fortemente contratti. Il rendimento del capitale e delle riserve dei maggiori gruppi è sceso di cinque punti. I tassi attivi sono caduti rapidamente dallo scorso ottobre. Per i mutui alle famiglie, il tasso iniziale medio sulle nuove erogazioni è diminuito dal 5,6 al ,7 per cento in marzo nel comparto a tasso variabile. Anche per i mutui a tasso fisso la discesa dei tassi è stata rapida; si è ridotto considerevolmente il differenziale che esisteva ancora al principio dell'anno scorso fra l'Italia e la media dell'area dell'euro. Sui prestiti a breve termine alle imprese la riduzione dei tassi tra ottobre e marzo è stata in media di circa 2 punti percentuali. Ma è anche vero che i differenziali di rischio e di tasso tra prenditori si sono ampliati: è cresciuta la differenza tra il tasso sulle nuove operazioni di importo contenuto e quello sui prestiti di maggior valore; è aumentato il divario nei costi di accesso al credito tra piccole e grandi imprese; ne soffrono coloro che hanno oggi più bisogno di credito. Stanno aumentando rapidamente le sofferenze e gli impieghi classificati come “incagliati”, cioè con temporanee difficoltà di rimborso. L'esperienza precedente mostra che la recessione continuerà a pesare sulla qualità del credito anche per due o tre anni dopo l'inversione ciclica. In Italia, a differenza di altri grandi paesi, le svalutazioni dei crediti sono deducibili fiscalmente solo fino allo 0, per cento dei prestiti complessivi; la parte eccedente viene rateizzata in 18 anni. La norma diviene particolarmente stringente in questa fase recessiva, in cui crescono le pressioni a ridurre il credito per soddisfare i requisiti di capitalizzazione. IL PATRIMONIO DELLE BANCHE Nonostante il peggioramento della redditività, le banche hanno mantenuto il patrimonio al di sopra degli standard minimi. Alla fine dello scorso anno il coefficiente di patrimonializzazione dei maggiori gruppi, dato dal rapporto tra il patrimonio e le attività ponderate per il rischio, si collocava in media al 10, per cento. I coefficienti più elevati osservati all'estero riflettono sovente massicce iniezioni di capitale pubblico. Nel confronto internazionale, la leva finanziaria, misurata dal rapporto tra attività totali e patrimonio di base, è in Italia più contenuta. La Banca d'Italia valuta l'adeguatezza patrimoniale con criteri stringenti. Il peso degli strumenti di minore qualità sul patrimonio di base dei primi 5 gruppi bancari italiani è del 1 per cento, contro il 22 dei primi 15 gruppi bancari dell'area dell'euro. Le prove di resistenza allo stress, cioè a una evoluzione particolarmente sfavorevole della congiuntura economica, sono diventate prassi nell'azione di vigilanza già dal 2005, anno in cui il Fondo monetario internazionale condusse il suo programma di valutazione della stabilità del sistema finanziario italiano. Abbiamo appena completato un esercizio aggregato per valutare l'impatto sui bilanci bancari di un deterioramento della qualità del credito alle famiglie e alle imprese italiane nel biennio 2009-2010, nell'ipotesi di condizioni macroeconomiche più avverse di quelle previste per il nostro paese dalle principali organizzazioni internazionali. I risultati dell'esercizio indicano la capacità del nostro sistema bancario di resistere anche a scenari più sfavorevoli. Ma ho già avvertito in più occasioni che il rafforzamento del patrimonio è una priorità essenziale per il sistema bancario. Non si tratta solo di accrescere i presìdi a tutela della stabilità: è essenziale per competere alla pari con i principali intermediari; è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per mantenere i flussi di credito all'economia. Per questo, nella fase attuale occorre anche limitare la distribuzione degli utili. Molte banche lo hanno fatto. Il sacrificio richiesto oggi agli azionisti è compensato dalla maggiore solidità del loro investimento. I mercati hanno reagito positivamente. Rispetto alla metà di marzo i premi sui contratti di credit default swap delle maggiori banche italiane si sono più che dimezzati, un calo significativamente maggiore di quello osservato in media in Europa. Lo sforzo deve continuare. Sono ora disponibili gli strumenti pubblici per il rafforzamento patrimoniale previsti dalla legge. L'intervento dello Stato è temporaneo; l'azionariato privato dovrà sostituire i fondi pubblici non appena le condizioni di mercato lo consentiranno. ... Queste considerazioni sono scritte in un periodo di crisi generale, che ha precipitato il mondo nella difficoltà forse più grave dalla metà del secolo passato. Occorre sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva: fiducia nei mercati, nei loro protagonisti, nel futuro di milioni di persone, nel contratto sociale che ci lega. Uscire dalla crisi significa ricostruire questa fiducia. Non con artifici, ma con la paziente, faticosa comprensione dell'accaduto e dei possibili scenari futuri; con l'azione conseguente. Molto è stato fatto. Non è il lavoro di un giorno. Molto resta ancora da fare: per ricreare posti di lavoro, per restituire vigore alle imprese, per riparare i mercati finanziari, per meritare la fiducia dei cittadini. La Banca d'Italia,nel Paese e nelle sedi internazionali, è impegnata nel migliorare il quadro regolamentare e nell'individuare le vulnerabilità e i rischi dell'attività bancaria e finanziaria. Continueremo a migliorare la Vigilanza. Dobbiamo progredire nell'azione di salvaguardia di un sistema che anche grazie a quest'azione si è finora meglio di altridifeso. Ogni paese affronta la crisi con le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. La risposta alla crisi è anche nazionale: i suoi effetti saranno per noi italiani piùo meno gravi a seconda delle scelte che noi stessi faremo. Negli ultimi vent'anni la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte. Dobbiamo essere capaci di levare la testa dalle angustie di oggi per vedere più lontano. Una risposta incisiva all'emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni. Le banche italiane non hanno eredità pesanti nei loro bilanci. Utilizzino questo vantaggio nei confronti dei concorrenti per affrontare un presente e un futuro non facili. Valutino il merito di credito dei loro clienti con lungimiranza. Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni Cinquanta e Sessanta. Le imprese cerchino di continuare l'opera di razionalizzazione iniziata da pochi anni. Proteggano le professionalità accumulate dai lavoratori, che torneranno preziose in un futuro speriamo non lontano. Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito che sono state oggi delineate avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali: non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perché queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura. La fiducia non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile. “ Gli interventi attuati per attenuare i costi sociali della recessione hanno soprattutto utilizzato risorse già stanziate “ In decelerazione nel 2008 il gettito tributario è diminuito nell'ultimo bimestre; il disavanzo potrebbe superare il 4,5% “ Molto resta da fare per ricreare posti di lavoro, restituire vigore alle imprese, meritare la fiducia dei cittadini

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Al via l'aumento di capitale Enel (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM ( ENEL ) data: 2009-05-30 - pag: 18 autore: A cura di Enel Al via l'aumento di capitale Enel Il gruppo risponde ai suoi azionisti per informarli di questa importante operazione che consentirà ad Enel di rafforzarsi, aumentando la propria stabilità finanziaria, per affrontare le nuove sfide di business e per cogliere le opportunità future di mercato. In cosa consiste l'aumento di capitale Enel? L'aumento di capitale con diritto di opzione è l'offerta agli azionisti Enel di sottoscrivere ad un determinato prezzo nuove azione in proporzione alle vecchie azioni possedute. La proporzione è stabilita da un rapporto predefinito in base al quale per un determinato numero di azioni possedute dagli azionisti sono attribuite le nuove azioni. Gli azionisti sono obbligati ad aderire? Aderire all'operazione è un diritto e non un obbligo. Ogni azionista potrà scegliere se esercitare il diritto di opzione e sottoscrivere le azioni di nuova emissione oppure cedere il diritto di opzione. Perché Enel ha lanciato un aumento di capitale? Il processo di crescita internazionale di Enel è giunto a una fase di completamento e ha portato il Gruppo Enel a essere oltre che servire a rafforzare la struttura patrimoniale di Enel, consentendo alla stessa con ogni probabilità di mantenere gli attuali elevati livelli di rating sul merito di credito, offrirà al Gruppo Enel sufficienti margini di flessibilità, utili a consolidare il proprio posizionamento strategico. uno dei principali operatori nel settore energetico a livello mondiale, con un livello di diversificazione geografico e tecnologico particolarmente significativo. Forte del contributo delle attività acquistate all'estero, i risultati economici raggiunti sono stati estremamente positivi, nel 2008 i nostri ricavi consolidati sono aumentati del 40 per cento rispetto all'anno precedente, raggiungendo 61 miliardi 184 milioni di Euro, l'utile netto consolidato è salito del 35 per cento ed è giunto a sfiorare i 5 miliardi 300 milioni di Euro 1. Negli anni a venire, al fine di disporre di una struttura finanziaria solida ed equilibrata, che permetta a Enel di mantenere e consolidare il proprio posizionamento strategico sul mercato energetico, Enel ha attuato una politica di riduzione del proprio livello di leva finanziaria. Per questa ragione il gruppo ha deciso di rivolgersi al mercato: l'aumento di capitale infatti Qual è la nuova politica dei dividendi di Enel? L'aumento di capitale è uno dei cardini del nuovo piano strategico Enel che punta a portare il risultato di Gruppo a 4 miliardi di euro nel 2010, a 5 miliardi di euro nel 2013. Unita ad una politica selettiva di cessione di attività non strategiche e all'ottimizzazione degli investimenti, la prevista ricapitalizzazione ha consentito ad Enel di annunciare che, a cominciare dai risultati 2009, distribuirà ai suoi azionisti il 60% dell'utile netto consolidato ordinario. Enel ha distribuito 0,64 centesimi di dividendo per azione nel 2006, e 0,49 centesimi per azione nel 2007 e 2008: in tutto 1,62 euro per azione in tre anni, che portano il totale dalla privatizzazione ad oggi a 4,08 euro per azione2. La nuova politica dei dividendi, anche per il futuro continuerà verosimilmente a collocare Enel tra le aziende che offrono un dividendo con un rendimento tra i più significativi in Italia. Cosa si può aspettare l'azionista che aderisce all'aumento di capitale? L'investimento in azioni non può offrire ritorni garantiti, e nessuno può prevedere con certezza quale andamento avranno i mercati. è possibile comunque guardare al passato per trarre qualche utile indicazione: anche nel mezzo della terribile crisi finanziaria mondiale che nei mesi scorsi ha colpito le Borse di tutto il mondo, tra l'inizio della crisi (primi giorni di settembre del 2008) ed il picco di minimo delle quotazioni registrato a fine febbraio 2009, gli azionisti Enel hanno sofferto meno di altri investitori. In questo periodo nero per i mercati, le perdite al netto dei dividendi distribuiti per gli azionisti della tedesca E.On sono state del 47% e quelle per gli azionisti di Gaz de France sono state del 34%; le perdite per i titoli che compongono l'indice Mibtel della Borsa di Milano sono state del 42% e quelle per le società europee ricomprese nell'indice Dow Jones Eurostoxx Utilities sono state del 34%, mentre quelle per gli azionisti Enel sono state ridotte al 28%. La nuova Enel, leader globale dell'energia, vuole continuare ad essere un punto di riferimento per milioni di famiglie italiane: con il completamento dell'aumento di capitale, Enel si prepara a cogliere le opportunità che saranno offerte, nei prossimi mesi ed anni, dalla ripresa dei mercati e delle economie. 1, 2 I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Da sinistra a destra Piero Gnudi, Presidente, e Fulvio Conti, Amministratore Delegato di Enel

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ALZARE (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 30/05/2009 - pag: 1 ALZARE LO SGUARDO di DARIO DI VICO L a Comit di Raffaele Mattioli. Il governatore Mario Draghi non l'ha citata esplicitamente ma dietro il riferimento ai banchieri che finanziarono la ricostruzione e lo sviluppo degli anni '50 e '60 si intravede quel modello e quel-- l'esperienza, quella capacità di alzare lo sguardo. Molte ovviamente sono le differenze. Allora le banche erano pubbliche, diversissime erano le culture manageriali e lo spirito del tempo era naturalmente orientato, nella stagione post bellica, a costruire edifici solidi. La Comit aiutò centinaia di imprese a crescere e lo fece valutando i propri clienti con lungimiranza, come Draghi chiede oggi. Perché, come ha sottolineato, aggiungendo una nota al testo scritto, «occorre saper fare il banchiere anche quando le cose vanno male». Ma per non sbagliare è decisivo conoscere la storia delle singole imprese, le tecnologie, l'organizzazione, i mercati. In sostanza più cultura industriale si saprà mettere in campo, minore sarà la probabilità di andare incontro a cattive sorprese. L'invito di Draghi alla lungimiranza cade in un momento di obiettiva difficoltà delle banche, indicate nelle sedi imprenditoriali ma anche nel political game come insensibili davanti al grido di dolore delle piccole e medie imprese in lotta per la sopravvivenza. Il sistema industriale chiede liquidità e la principale controparte diventa il credito, la cui popolarità non è certo altissima. Si è arrivati a evocare un rischio usura come riflesso della stretta creditizia e Moody's ha rivisto al ribasso le prospettive delle nostre banche proprio per i riflessi del trasferimento della crisi finanziaria sull'economia reale. In questo quadro non è privo di significato che le parole del governatore siano parse stavolta fare affidamento più sulla capacità di tenuta dei territori che sulle virtù della distruzione creativa. Attentissimo a dosare i toni del confronto con il governo, Draghi ha però mandato alla politica un preciso messaggio. Guai a illudersi che si possa uscire dal tunnel della recessione solo per effetto delle dinamiche globali. «La risposta alla crisi è anche nazionale » ha scandito e ogni Paese la affronterà con le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. Nessuno ci farà sconti e noi che veniamo da venti anni di produttività stagnante e bassa crescita avremo maggiori difficoltà di altri a ripartire. Da qui il ruolo chiave che la Banca d'Italia assegna alle riforme viste come leva dello sviluppo ma anche come elemento per ri-meritare la fiducia dei cittadini e ri-fondare la speranza. Si cominci, ha detto il governatore, da un buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro, si prosegua con un graduale incremento dell'età pensionabile, si vada avanti nella riforma della pubblica amministrazione, non si abbandoni la via delle liberalizzazioni. Il richiamo di via Nazionale viene una settimana dopo l'analogo appello riformista formulato da Emma Marcegaglia e dimostra come il mondo dell'economia condivida le stesse preoccupazioni e sia motivato nel richiedere cambiamenti strutturali. Peccato che il Governatore nel suo discorso non abbia citato l'accordo tra governo e sindacati (con l'eccezione della Cgil) sulla rivisitazione del modello contrattuale. Si tratta in fondo di una riforma già fatta e propedeutica alla crescita della produttività e a salari più dignitosi. ddivico@corriere.it

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Wolf: ha prevalso la logica politica, arretra l'industria (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/05/2009 - pag: 2 L'editor dei commenti dell'Ft Wolf: ha prevalso la logica politica, arretra l'industria MILANO In certi momenti, la trattativa attorno a Opel è parsa un'edizione solo un po' più confusa del solito di un G8 allargato. I governi di Berlino, Mosca, Washington, Londra, più sei o sette, tutti al capezzale della stessa compagnia in crisi. Martin Wolf, direttore associato e capo dei commenti economici del Financial Times, non è sorpreso: preferisce dirsi «allibito». A questo punto della crisi, l'intervento pubblico non sorprende più perché è diventato la norma? «Però non si era ancora vista una mobilitazione così generalizzata. L'idea è che ogni Paese dove c'è un impianto, se ne debba assumere la responsabilità. La crisi è globale, sta distruggendo un certo numero di cattive imprese ma molte di queste operano internazionalmente. È un aspetto della globalizzazione». Con i governi così coinvolti, teme che ora s'inneschi uno scambio di favori su piani completamente diversi? «Mi pare inevitabile. Se parte un processo così fortemente politicizzato, diventa un mercato delle vacche. È quello che c'è da aspettarsi fra governi quando vogliono arrivare a un accordo. È per evitare fenomeni del genere che avevamo creato l'Unione europea e le regole sugli aiuti di Stato». Ora invece siamo diventati tutti un po' cinesi, con imprese puntellate e finanziate dai politici e dai burocrati. «Veramente gran parte delle imprese cinesi stanno sui mercati da sole. Siamo diventati peggio dei cinesi. Siamo tornati agli Anni '70 e alle liti nazionalistiche sul tessile, l'acciaio e l'industria dell'auto. Come allora». Insomma il protezionismo è passato da rischio a realtà? «Lo è diventato con altri mezzi: sussidi, aiuti, interventi. Non più con le barriere doganali». Ma così possono vincere solo i Paesi e i governi più forti. «Non so cosa voglia dire 'vincere'. Non dimentichiamo la sindrome del vincitore: se fai l'offerta più alta, molto probabilmente stai pagando troppo. L'effetto di questo accordo sarà di indebolire e far rimpicciolire l'industria europea dell'auto». Perché tanto pessimismo? «Il settore sta soffrendo, e lo sapevamo da prima della crisi, per un eccesso cronico di capacità produttiva. Se adesso manteniamo questa capacità, finiremo per avere un'industria meno innovativa e più debole di fronte alla concorrenza. E il costo poi lo sopporterà soprattutto il contribuente tedesco». Perché Vladimir Putin sembra tenere tanto a Opel? «Non riesco a capire. Magari pensa che possedere un'impresa occidentale rafforza la Russia. Fa parte dell'istinto nazionalista di un leader che non capisce il mercato e non l'ha ancora fatto sviluppare a vent'anni dal crollo dell'Urss». E del piano Fiat che pensa? «Mi sembrava il più razionale. Ho incontrato Sergio Marchionne e mi ha fatto una grande impressione». Federico Fubini Martin Wolf

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Il patto del gas tra Germania e Russia e la voluta da Putin (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/05/2009 - pag: 2 Retroscena Il patto del gas tra Germania e Russia e la «banca del popolo» voluta da Putin DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO - La nuova politica industriale di Stato del Ventunesimo secolo è vicina al suo battesimo. Se l'accordo tra la cordata rappresentata da Magna con General Motors e con il governo di Berlino andrà a buon fine, sarà il primo grande affare tra governi nell'economia del dopo crisi finanziaria. Con un vincitore certo, la Russia di Vladimir Putin, e finanziatori altrettanto certi, la Germania di Angela Merkel e i contribuenti tedeschi. Si entra in un territorio nuovo, dove i muscoli di Stato sostituiscono il mercato. La nuova proposta targata Magna-Sberbank-Gaz presentata ieri non è ancora chiara. Ma ci sono alcuni punti fermi. Magna, produttore canadese di componenti per automobili, ha una buona liquidità in cassa ma soffre parecchio della crisi: nel primo trimestre del 2009, il suo fatturato si è quasi dimezzato. Prenderà il 20% di Opel. Sberbank è la prima banca russa, pubblica, amata dal primo ministro Putin che la sogna come «banca del popolo», ma è in guai anche più seri di quelli delle banche occidentali. Prenderà il 35% di Opel. Gaz, produttore di automobili controllato dall'oligarca Oleg Deripaska, sta in un mercato, quello russo, che nel 2009 probabilmente crollerà del 60%. Prenderà lo zero per cento di Opel perché è senza soldi, ma promette di garantire un milione di auto tedesche vendute ogni anno tra Russia e Cina. Il resto delle azioni resterà per il 35% in mano alla Gm americana e per un 10% andrà ai dipendenti della casa automobilistica tedesca. Non un gran punto di partenza, bisogna dire. La cordata, però, ha sì debolezze ma ha anche un grande punto di forza. E' amata, da prima ancora che si sapesse cosa voleva fare, da gran parte della politica tedesca, soprattutto dai socialdemocratici che stanno al governo come partner dell'Unione Cdu-Csu della signora Merkel, e dai forti sindacati della Germania. E' difficile dire come sia esploso all'improvviso questo amore, visto che la proposta Magna- Sberbank-Gaz è molto onerosa e rischiosa per la Germania. Una risposta, però, c'è. Si chiama Gerhard Schröder. L'ex cancelliere, dopo avere perso le elezioni del 2005, è diventato un grande mediatore di affari internazionali che fonda la sua forza su un rapporto strettissimo con Putin e sulla rete di relazioni eccezionali che ha in Germania e in Occidente. E' presidente del comitato degli azionisti del Nord Stream, il controverso gasdotto controllato dalla moscovita Gazprom che collegherà Russia e Germania e irrita molti Paesi europei. Ha un ruolo da ago della bilancia nel consiglio di amministrazione della litigiosissima joint-venture petrolifera Bp-Tnk tra il gruppo britannico e un gruppo di investitori russi. Media affari in Iran. E sul caso Opel ha ispirato secondo le informazioni che circolano a Berlino la cordata Magna-Sberbank-Gaz. Ha capito che la crisi Opel era un'opportunità per Putin di mettere un piede in un gruppo ad alta tecnologia occidentale e ha pensato a una soluzione. Magna nel cui consiglio di sorveglianza siede Franz Vranitzky, ex cancelliere austriaco e socialdemocratico funziona da volto accettabile per l'opinione pubblica tedesca e nell'affare Opel di suo rischia poco. Dietro, stanno le armate russe: senza soldi, ma che si sono assicurate una promessa di prestito da quattro miliardi da Commerzbank, banca tedesca in cui il governo di Berlino ha da poco preso una quota del 25%. Sulla base del suo nome, poi, Schröder ha galvanizzato l'esercito socialdemocratico tedesco che ha subito alzato la bandiera Magna- Sberbank-Gaz: dai sindacati a Frank-Walter Steinmeier, leader della Spd e suo ex capo di gabinetto quando era cancelliere. Un capolavoro. Angela Merkel? Riesce a non nazionalizzare Opel, come in un primo momento voleva la Spd, e a non rompere troppo gli equilibri nel suo governo di Grande Coalizione. Nei prossimi giorni, però, avrà parecchi guai. Danilo Taino L'istituto di Mosca Sberbank è la prima banca russa pubblica, braccio finanziario del primo ministro

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Al via l'aumento di capitale Enel (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Pubblicita' data: 30/05/2009 - pag: 20 Al via l'aumento di capitale Enel Il gruppo risponde ai suoi azionisti per informarli di questa importante operazione che consentirà ad Enel di rafforzarsi, aumentando la propria stabilità finanziaria, per affrontare le nuove sfide di business e per cogliere le opportunità future di mercato. Da sinistra a destra Piero Gnudi, Presidente, e Fulvio Conti, Amministratore Delegato di Enel In cosa consiste l'aumento di capitale Enel? azione nel 2007 e 2008: in tutto 1,62 euro per azione in tre anni, che portano il totale dalla privatizzazione ad oggi a 4,08 euro per azione- 2 . La nuova politica dei dividendi, anche per il futuro continuerà verosimilmente a collocare Enel tra le aziende che offrono un dividendo con un rendimento oltre che servire a rafforzare la struttura patrimoniale di Enel, consentendo alla stessa con ogni probabilità di mantenere gli attuali elevati livelli di rating sul merito di credito, offrirà al Gruppo Enel sufficienti margini di flessibilità, utili a consolidare il proprio posizionamento strategico. Qual è la nuova politica dei dividendi uno dei principali operatori nel settore energetico a livello mondiale, con un livello di diversificazione geografico e tecnologico particolarmente significativo. Forte del contributo delle attività acquistate all'estero, i risultati economici raggiunti sono stati estremamente positivi, nel 2008 i nostri ricavi consolidati sono aumentati del 40 per cento rispetto all'anno precedente, raggiungendo 61 miliardi 184 milioni di Euro, l'utile netto consolidato è salito del 35 per cento ed è giunto a sfiorare i 5 miliardi 300 milioni di Euro tra i più significativi in L'aumento di capitale con diritto di opzione è l'offerta agli azionisti Enel di sottoscrivere ad un determinato prezzo nuove azione in proporzione alle vecchie azioni possedute. La proporzione è stabilita da un rapporto predefinito in base al quale per un determinato numero di azioni possedute dagli azionisti sono attribuite le nuove azioni. Gli azionisti sono obbligati ad aderire? Aderire all'operazione è un diritto e non un obbligo. Ogni azionista potrà scegliere se esercitare il diritto di opzione e sottoscrivere le azioni di nuova emissione oppure cedere il diritto di Enel? Italia. registrato a fine febbraio 2009, gli azionisti Enel hanno sofferto meno di altri investitori. In questo periodo nero per i mercati, le perdite al netto dei dividendi distribuiti per gli azionisti della tedesca E.On sono state del 47% e quelle per gli azionisti di Gaz de France sono state del 34%; le perdite per i titoli che compongono l'indice Mibtel della Borsa di Milano sono state del 42% e quelle per le società europee ricomprese nell'indice Dow Jones Eurostoxx Utilities sono state del 34%, mentre quelle per gli azionisti Enel sono state ridotte al 28%. La nuova Enel, leader globale dell'energia, vuole continuare ad essere un punto di riferimento per milioni di famiglie italiane: con il completamento dell'aumento di capitale, Enel si prepara a cogliere le opportunità che saranno offerte, nei prossimi mesi ed anni, dalla ripresa dei mercati e delle economie. 1- . L'aumento di capitale è uno dei cardini del nuovo piano strategico Enel che punta a portare il risultato di Gruppo a 4 miliardi di euro nel 2010, a 5 miliardi di euro nel 2013. Unita ad una politica selettiva di cessione di attività non strategiche e all'ottimizzazione degli investimenti, la prevista ricapitalizzazione ha consentito ad Enel di annunciare che, a cominciare dai risultati 2009, distribuirà ai suoi azionisti il 60% dell'utile netto consolidato ordinario. Enel ha distribuito 0,64 centesimi di dividendo per azione nel 2006, e 0,49 centesimi per Cosa si può aspettare l'azionista che aderisce all'aumento di capitale? L'investimento in azioni non può offrire ritorni garantiti, e nessuno può prevedere con certezza quale andamento avranno i mercati. È possibile comunque guardare al passato per trarre qualche utile indicazione: anche nel mezzo della terribile crisi finanziaria mondiale che nei mesi scorsi ha colpito le Borse di tutto il mondo, tra l'inizio della crisi (primi giorni di settembre del 2008) ed il picco di minimo delle quotazioni di opzione. Negli anni a venire, al fine di disporre di una struttura finanziaria solida ed equilibrata, che permetta a Enel di mantenere e consolidare il proprio posizionamento strategico sul mercato energetico, Enel ha attuato una politica di riduzione del proprio livello di leva finanziaria. Per questa ragione il gruppo ha deciso di rivolgersi al mercato: l'aumento di capitale infatti Perché Enel ha lanciato un aumento di capitale? Il processo di crescita internazionale di Enel è giunto a una fase di completamento e ha portato il Gruppo Enel a essere 1, 2 I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 30/05/2009 - pag: 32 Festival dell'economia a Trento «Gli errori del '29? Gli economisti non li ripeteranno» DAL NOSTRO INVIATO TRENTO In Italia, come in Europa, «non solo non c'è alcun ritorno al >protezionismo, ma stiamo toccando con mano i tentativi di andare nella direzione opposta». Così Corrado Passera all'inaugurazione della quarta edizione del Festival dell'Economia («Identità e crisi globale») in corso fino a lunedì a Trento. «Dalla politica, che per definizione è locale ha sostenuto il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo ci saremmo forse aspettati scelte più protezionistiche. Così non è stato. E anzi abbiamo visto lo sforzo di andare verso una governance globale. Le banche centrali hanno fatto scelte condivise e così è stato per il G20. Se il prossimo G8 facesse un passo nella direzione dei global legal standard suggeriti da Tremonti sarebbe un fatto positivo». Il processo di globalizzazione non si arresterà, ha detto ancora il banchiere, ma i sistemi che hanno già mostrato di reagire meglio alla crisi sono quelli «dove c'è più coesione sociale. E il modello italiano ha retto e reagito meglio di altre realtà». «In questi giorni parleremo molto anche delle responsabilità degli economisti, che non avevano capito ciò che stava accadendo, e del loro conformismo. E tuttavia, grazie alle indicazioni della scienza economica, ora sappiamo che non ci sarà un nuovo '33 dopo un nuovo '29, perché non ripeteremo gli stessi errori» ha detto da parte sua Tito Boeri, direttore scientifico del Festival. Il «popolo dello scoiattolo», però, ha già invaso il centro storico e molti hanno dovuto accontentarsi degli schermi esterni per le «lectio» dei premi Nobel, James Heckman, intervenuto sui rapporti tra economia e psicologia e sul contributo al reddito che viene dall' investimento sullo sviluppo della personalità dei bambini, e Gorge Akerlof, autore di «Animal Spirit», analisi degli istinti che influenzano le grandi tendenze economiche. Paola Pica Globalizzazione Passera: il processo non si arresterà, il modello italiano ha resistito meglio di altri

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Offerta in opzione agli azionisti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Pubblicita' data: 30/05/2009 - pag: 30 Offerta in opzione agli azionisti e ammissione a quotazione sul Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A. di azioni ordinarie Enel S.p.A. AVVISO Global Co-ordinators e Joint Bookrunners di avvenuta pubblicazione del Prospetto Informativo relativo all'offerta in opzione agli azionisti e all'ammissione a quotazione sul Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A. di azioni ordinarie Enel S.p.A. depositato presso la Consob in data 29 maggio 2009 a seguito di comunicazione dell'avvenuto rilascio del nulla osta con nota n. 9050431 del 27 maggio 2009 (il "Prospetto Informativo"). Il Prospetto Informativo relativo all'emissione di azioni ordinarie Enel S.p.A. (l'" Emittente" o la " Società" o " Enel") da offrire in opzione agli azionisti di Enel portatori di azioni ordinarie (" Offerta" o " Offerta in Opzione") è a disposizione presso la sede sociale dell'Emittente in Roma, Viale Regina Margherita n. 137 e presso la sede di Borsa Italiana S.p.A. in Milano, Piazza degli Affari n. 6, nonché in formato elettronico sul sito internet della Società www.enel.it. L'adempimento della pubblicazione del Prospetto Informativo non comporta alcun giudizio della Consob sull'opportunità dell'investimento proposto e sul merito dei dati e delle notizie allo stesso relativi. I termini utilizzati nel presente avviso con lettera maiuscola non espressamente definiti sono utilizzati con il medesimo significato ad essi rispettivamente attribuito nel Prospetto Informativo. I rinvii alle Sezioni, ai Capitoli e ai Paragrafi si riferiscono alle Sezioni, ai Capitoli e ai Paragrafi del Prospetto Informativo. FATTORI DI RISCHIO 2.11 Rischi connessi all'attuale congiuntura economica normative in vigore in Canada o Australia o negli Altri Paesi. Enel ha predisposto anche un documento di offerta internazionale ( International Offering Circular) in lingua inglese destinato a (i) '' qualified institutional buyers'' ( '' QIBs'') negli Stati Uniti d'America, come definiti dalla Rule 144A del Securities Act, mediante collocamenti privati ai sensi della Sezione 4(2) del Securities Act, ovvero (ii) a investitori istituzionali al di fuori degli Stati Uniti d'America in ottemperanza a quanto previsto ai sensi della Regulation S del L'Offerta descritta nel Prospetto Informativo presenta gli elementi di rischio tipici di un investimento in titoli azionari quotati. Al fine di effettuare un corretto apprezzamento dell'investimento, gli investitori sono invitati a valutare gli specifici fattori di rischio relativi all'Emittente, al Gruppo e al settore di attività in cui gli stessi operano, nonché quelli relativi agli strumenti finanziari offerti. I fattori di rischio elencati di seguito sono riportati nel Prospetto Informativo. all'atto della sottoscrizione delle stesse, presso l'intermediario autorizzato presso il quale è stata presentata la richiesta di sottoscrizione; nessun onere o spesa accessoria è prevista da parte dell'Emittente a carico del richiedente. Le Azioni saranno messe a disposizione sui conti degli intermediari autorizzati aderenti al sistema di gestione accentrata gestito da Monte Titoli S.p.A. nello stesso giorno, a partire dal 22 giugno 2009, in cui la Società avrà evidenza della disponibilità degli importi pagati per l'esercizio delle stesse, fatti salvi eventuali ritardi non dipendenti dalla volontà della Società e, comunque, agli aventi diritto, entro il decimo giorno di borsa aperta successivo al termine del Periodo di Offerta. Le Azioni sottoscritte entro la fine dell'offerta in borsa dei diritti ai sensi dell'art. 2441, terzo comma, del Codice Civile, verranno messe a disposizione degli aventi diritto per il tramite degli intermediari autorizzati aderenti al sistema di gestione accentrata gestito da Monte Titoli S.p.A. entro il decimo giorno di borsa aperta successivo al termine dell'offerta Securities Act. 3 FATTORI DI RISCHIO CONNESSI ALL'OFFERTA E AGLI STRUMENTI FINANZIARI OFFERTI 3.1 Rischi relativi alla liquidabilità e volatilità delle Azioni 3.2 Rischi connessi all'andamento del mercato dei diritti di opzione 3.3 Effetti diluitivi 3.4 Impegni di garanzia 3.5 Esclusione dei mercati in cui non è promossa l'Offerta 3.6 Rischi connessi a potenziali conflitti di interesse Periodo di validità dell'Offerta 1 FATTORI DI RISCHIO RELATIVI ALL'EMITTENTE E AL GRUPPO 1.1 Rischi connessi all'indebitamento 1.1.1 Indebitamento del Gruppo Enel 1.1.2 Rischi connessi al mancato rispetto dei covenant finanziari e impegni previsti nei contratti di finanziamento I diritti di opzione, che daranno diritto alla sottoscrizione delle Azioni, dovranno essere esercitati, a pena di decadenza, nel Periodo di Offerta, a partire dal 1° giugno 2009 e fino al 19 giugno 2009 incluso, presentando apposita richiesta presso gli intermediari autorizzati aderenti al sistema di gestione accentrata di Monte Titoli. I diritti di opzione, validi per sottoscrivere le Azioni, saranno negoziabili in borsa dal 1° giugno 2009 e fino al 12 giugno 2009 compresi. La seguente tabella riporta il calendario indicativo dell'Offerta: in borsa stessa. Indicazione dei responsabili del collocamento dell'Offerta e dei collocatori 1.1.3 Rischi connessi all'indebitamento relativo all'acquisizione da Acciona di una quota del 25,01% di Endesa 1.1.4 Rischi connessi al tasso di interesse 1.1.5 Rischi connessi al rating 3.7 Godimento delle Azioni Trattandosi di un'offerta in opzione ai sensi dell'art. 2441, primo comma, del Codice Civile, non esiste un responsabile del collocamento. 1.2 Controllo di Enel da parte del MEF DESCRIZIONE DELL'OPERAZIONE CALENDARIO INDICATIVO DELL'OFFERTA 1.3 Particolari previsioni statutarie Ammontare complessivo dell'Offerta 1.3.1 Limiti al possesso azionario 1.3.2 Poteri speciali del MEF 1° giugno 2009 Inizio del Periodo di Offerta e del periodo di negoziazione dei diritti di opzione Ultimo giorno di negoziazione dei diritti di opzione 12 giugno 2009 19 giugno 2009 Termine del Periodo di Offerta e termine ultimo di sottoscrizione delle Azioni Impegni a sottoscrivere gli strumenti finanziari dell'Emittente Il MEF, in qualità di azionista della Società, ha già rappresentato all'Emittente l'interesse ad aderire anche attraverso società partecipate all'Aumento di Capitale, riservandosi, in particolare, di effettuare le necessarie valutazioni definitive quando verranno resi noti i termini e le condizioni dell'operazione. In data 25 marzo 2009, l'azionista Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. ha comunicato che il proprio consiglio di amministrazione ha deliberato all'unanimità - su proposta dell'Amministratore Delegato - l'adesione all'Aumento di Capitale sia per la parte di competenza di Cassa Depositi e Prestiti sia per quella di spettanza del MEF. Questa seconda parte è subordinata alla cessione, da parte del MEF, dei diritti di opzione del Ministero. Per quanto a conoscenza dell'Emittente, nessun altro azionista, né i membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, né i principali dirigenti, hanno espresso alcuna determinazione in ordine alla sottoscrizione delle Azioni loro spettanti in opzione in relazione alle azioni da loro possedute. Comunicazione dei risultati dell'Offerta Entro 5 giorni dal termine del Periodo di Offerta Le azioni ordinarie Enel oggetto dell'Offerta rivengono dall'aumento scindibile del capitale sociale a pagamento per Euro 3.216.938.192 mediante emissione di n. 3.216.938.192 azioni ordinarie (le " Azioni") del valore nominale di Euro 1 ciascuna, godimento 1° gennaio 2009 e aventi le stesse caratteristiche di quelle in circolazione, da offrire in opzione a coloro che risulteranno essere azionisti della Società alla data di inizio del periodo di sottoscrizione, in proporzione al numero di azioni possedute (l'" Aumento di Capitale"). In particolare, le Azioni saranno offerte in opzione ad un prezzo pari a Euro 2,48 ciascuna, di cui 1,48 a titolo di sovrapprezzo, nel rapporto di 13 Azioni ogni 25 azioni ordinarie possedute. Il controvalore complessivo dell'emissione, comprensivo di sovraprezzo, sarà pertanto pari a Euro 7.978.006.716. Le Azioni avranno godimento 1° gennaio 2009. Le Azioni non parteciperanno quindi alla distribuzione del dividendo relativo all'esercizio 2008; viceversa le azioni ordinarie già quotate alla Data del Prospetto parteciperanno alla distribuzione del saldo del dividendo relativo all'esercizio 2008 in relazione al quale è prevista come data di stacco cedola il 22 giugno 2009 con pagamento il 25 giugno 2009. Le Azioni saranno fungibili con quelle attualmente negoziate in borsa a partire dal 22 giugno 2009 per liquidazione dal 25 giugno 2009 e successivi. Le Azioni avranno codice ISIN IT0004497704 sino al 24 giugno 2009. Dal 25 giugno 2009, alle Azioni sarà automaticamente attribuito lo stesso codice ISIN delle azioni Enel quotate alla Data del Prospetto (IT0003128367) e le stesse saranno pienamente fungibili con tali azioni. L'Aumento di Capitale all'esecuzione del quale l'Offerta è finalizzata è stato deliberato dal Consiglio di Amministrazione di Enel in data 6 maggio 2009 e in data 28 maggio 2009, a valere sulla delega ad esso conferita ai sensi dell'art. 2443 del Codice Civile dall'Assemblea Straordinaria dei soci di Enel tenutasi in data 29 aprile 2009. Impegni di sottoscrizione e garanzia Si rende noto che il calendario dell'Offerta è indicativo e potrebbe subire modifiche al verificarsi di eventi e circostanze indipendenti dalla volontà dell'Emittente, ivi inclusi particolari condizioni di volatilità dei mercati finanziari, che potrebbero pregiudicare il buon esito dell'Offerta. Eventuali modifiche del Periodo di Offerta saranno comunicate al pubblico con apposito avviso da pubblicarsi con le stesse modalità di diffusione del Prospetto Informativo. Resta comunque inteso che l'inizio dell'Offerta avverrà entro e non oltre un mese dalla data di rilascio del provvedimento di autorizzazione alla pubblicazione del Prospetto Informativo da parte della Consob. Entro il mese successivo alla conclusione del Periodo di Offerta, i diritti di opzione non esercitati nel Periodo di Offerta saranno offerti in Borsa dalla Società, per almeno cinque giorni di mercato aperto ai sensi dell'art. 2441, terzo comma, del Codice Civile. 1.4 Rischi connessi all'effettiva realizzazione del Piano Industriale 2009-2013, alle previsioni e stime degli utili, alle dichiarazioni di preminenza e alle informazioni sull'evoluzione del mercato di riferimento 1.5 Rischi connessi all'attuazione dei programmi di conversione di alcuni impianti di generazione del Gruppo 1.6 Rischi connessi alle acquisizioni effettuate o in corso di completamento da parte del Gruppo 1.7 Rischi connessi al tasso di cambio 1.8 Rischi connessi al contenzioso 1.9 Dati contabili inseriti nel Prospetto Informativo 2 FATTORI DI RISCHIO CONNESSI AL SETTORE IN CUI L'EMITTENTE E IL GRUPPO OPERANO 2.1 Rischi connessi alla normativa e alla regolamentazione dei settori di attività in cui opera il Gruppo 2.2 Rischi connessi al processo di liberalizzazione dei mercati in cui opera il Gruppo 2.3 Rischi connessi alla tutela dell'ambiente 2.4 Rischi connessi alla gestione della rete di distribuzione di elettricità, del gas e degli impianti idroelettrici in regime di concessione amministrativa 2.5 Rischi connessi all'interruzione dell'operatività delle infrastrutture di rete e degli impianti 2.6 Rischi connessi alle potenziali responsabilità del Gruppo derivanti dalla produzione di energia mediante impianti nucleari 2.7 Rischi connessi all'aumento dei prezzi di combustibili e dell'energia elettrica acquistata o all'interruzione delle forniture 2.8 Rischi connessi all'instabilità politica, sociale ed economica nei Paesi in cui il Gruppo opera 2.9 Rischi connessi all'estensione dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili ("ICI") 2.10 Rischi connessi alle variazioni climatiche Informazioni circa la sospensione e/o revoca dell'Offerta Destinatari e mercati dell'Offerta in Opzione In data 11 marzo 2009, Banca IMI, JP Morgan e Mediobanca (i " Joint Global Coordinators") hanno sottoscritto con la Società un contratto di pre-underwriting ai sensi del quale si sono impegnati nei confronti di Enel a sottoscrivere le Azioni rimaste eventualmente inoptate al termine dell'Offerta fino all'importo massimo complessivo di Euro 5,5 miliardi, pari quindi all'ammontare massimo dell'Offerta al netto della quota di spettanza in via diretta e indiretta del MEF. Il contratto di pre-underwriting cesserà di avere efficacia con la stipula del contratto di garanzia che sarà sottoscritto tra la Società e i membri di un consorzio di garanzia, coordinato e diretto dai Joint Global Coordinators, entro il giorno antecedente l'avvio dell'Offerta in Opzione. Il contratto di garanzia sarà retto dalla legge italiana e conterrà, tra l'altro, l'impegno dei garanti a sottoscrivere, disgiuntamente tra loro e senza vincolo di solidarietà, le Azioni rimaste eventualmente inoptate al termine dell'Offerta fino all'importo massimo complessivo di Euro 5,5 miliardi, nonché le usuali clausole che condizionano l'efficacia degli impegni di garanzia ovvero attribuiscono ai Joint Global Coordinators la facoltà di recedere dal contratto a fronte di determinati eventi quali, inter alia, circostanze straordinarie i cui effetti siano tali da pregiudicare il buon esito dell'Offerta (c.d. " material adverse change" o " force majeure"), gravi violazioni da parte della Società degli impegni dalla stessa assunti nel contratto nonché violazioni da parte della Società delle dichiarazioni e garanzie rilasciate dalla stessa nel contratto. Le istituzioni finanziarie che faranno parte del consorzio di garanzia saranno rese note al mercato mediante comunicato L'Offerta diverrà irrevocabile dalla data del deposito presso il Registro delle Imprese di Roma del corrispondente avviso, ai sensi dell'art. 2441, secondo comma, del Codice Civile. Qualora non si desse esecuzione all'Offerta nei termini previsti nel Prospetto Informativo, ne verrà data comunicazione al pubblico e a Consob entro il giorno di borsa aperta antecedente quello previsto per l'inizio del Periodo di Offerta, mediante apposito avviso pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e contestualmente trasmesso a Consob. Le Azioni oggetto dell'Offerta saranno offerte in opzione agli azionisti dell'Emittente. L'Offerta è promossa esclusivamente in Italia sulla base del Prospetto Informativo, fatto salvo quanto di seguito previsto per l'offerta ad alcuni investitori all'estero. L'Offerta è rivolta, indistintamente e a parità di condizioni, a tutti gli azionisti di Enel senza limitazione o esclusione del diritto di opzione, ma non è promossa, direttamente o indirettamente, negli Stati Uniti d'America, Canada e Australia nonché in qualsiasi altro paese nel quale l'Offerta non sia consentita in assenza di autorizzazioni da parte delle competenti autorità o di applicabili esenzioni di legge o regolamentari (" Altri Paesi"). Parimenti, non saranno accettate eventuali adesioni provenienti, direttamente o indirettamente, da Stati Uniti d'America, Canada e Australia, nonché dagli Altri Paesi. Le Azioni e i relativi diritti di opzione non sono stati e non saranno registrati ai sensi dello United States Securities Act of 1933 e sue successive modifiche (il " Securities Act"), vigente negli Stati Uniti d'America, né ai sensi delle corrispondenti Prezzo di Offerta Il Prezzo di Offerta, pari a Euro 2,48 per Azione, di cui Euro 1,48 a titolo di sovrapprezzo, è stato determinato dal Consiglio di Amministrazione in data 28 maggio 2009. stampa. Modalità e termini di pagamento e consegna delle Azioni Il pagamento integrale delle Azioni dovrà essere effettuato Roma, 30 maggio 2009 Enel S.p.A. Sede in Roma, viale Regina Margherita n. 137 - Capitale sociale Euro 6.186.419.603,00 - Registro delle Imprese di Roma e Codice Fiscale n. 00811720580 - Partita IVA n. 00934061003

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Enel frena Piazza Affari, bene StM (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Enel frena Piazza Affari, bene StM Le Borse europee fanno un piccolo passo avanti ma Piazza Affari archivia l'ultima seduta della settimana con l'S&P-Mib in calo dell'1,32% e il Mibtel dell'1,09%, chiudendo così in modo un po' inglorioso la loro stagione (entrambi gli indici scompariranno per essere sostituiti da lunedì rispettivamente da Ftse-Mib e Ftse Italia All Share). Tutta colpa della frenata di alcune importanti blue-chips. La flessione di Enel (-5,59%) è dovuta all'effetto-annuncio dell'aumento di capitale, mentre quella di Fiat (-4,15%) è legata alla battuta d'arresto nella trattativa per Opel. Ma nell'ambito dell'S&P-Mib hanno perso terreno in misura significativa anche altri titoli. A cominciare dai cementiferi, con Italcementi in calo del 4,87% e Buzzi-Unicem del 4,33%. L'elenco dei maggiori ribassi prosegue poi con Banco Popolare (-3,47%), il peggiore tra i bancari (con Ubi Banca giù del 2,2%) e soprattutto con A2A (-3,92%), dopo il colpo di scena in assemblea, dove il presidente del consiglio di sorveglianza ha escluso dal voto i Comuni di Milano e di Brescia, determinando così il rinvio dei lavori. In difficoltà anche tutti i titoli assicurativi: nel comparto a perdere di più è stata Alleanza (-2,29%), seguita da Unipol (-2,19%), Generali (-2,13%) e Fondiaria-Sai (-2,03%). Pochi, fra i 40 più capitalizzati, i titoli in controtendenza. Guida la classifica dei «virtuosi» StMicroelectronics (StM), che ha beneficiato dell'andamento positivo del comparto tecnologico in Europa, mettendo a segno un progresso del 3,89%. Bene, infine, Geox (+2,3%), Mediolanum (+2,19%), Prysmian (+1,7%) e Impregilo (+1,47%). Cambiano gli indici Da lunedì scompaiono S&P-Mib e Mibtel, sostituiti da Ftse-Mib e da Ftse Italia All Share

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Lagardère interrogato, Eads in calo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 Il caso a Parigi Lagardère interrogato, Eads in calo (g.fer.) L'inchiesta della magistratura francese scattata dopo i sospetti di insider trading che gravano su 17 tra dirigenti ed ex dirigenti di Eads ha portato ieri all'interrogatorio come testimoni di Arnaud Lagardère, azionista, e di Thomas Enders, presidente della società che controlla Airbus. La vicenda risale all'aprile del 2006, quando i due azionisti principali dimezzarono le rispettive quote poche settimane prima che venisse annunciato un nuovo ritardo nella produzione del superjumbo. Limitati gli effetti in Borsa: ieri il titolo di Eads ha ceduto l'1,38%, chiudendo a quota 11,45 euro. Arnaud Lagardère azionista di Eads

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Tiscali ricapitalizza dopo l'intesa sul debito (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 30/05/2009 - pag: 35 Il caso a Milano Tiscali ricapitalizza dopo l'intesa sul debito (g.fer.) C'è l'accordo sul debito ma c'è anche la decisione di aumentare il capitale (l'operazione, per 190 milioni di euro, sarà sottoposta all'assemblea straordinaria a fine giugno). Così il titolo Tiscali, dopo l'annuncio, ha perso terreno a Piazza Affari, chiudendo a quota 0,376 euro, il 2,84% in meno rispetto alla vigilia. I capitali incassati dalla vendita delle attività inglesi serviranno a rimborsare una quota del debito, mentre sulla parte rimanente è stata raggiunta l'intesa con le banche. Inoltre, grazie all'aumento di capitale, si arriverà, ha detto l'ad Mario Rosso, a «una struttura finanziaria sostenibile». Mario Rosso ad Tiscali

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Lontano Berlusconi, è toccato ai suoi offrire l'interpretazione governativa della relazion... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Lontano Berlusconi, è toccato ai suoi offrire l'interpretazione governativa della relazione del Governatore, prodigandosi tutti in un ammirevole esercizio di buone maniere e di ottimismo, ringraziando Draghi e magari leggendo a metà, ad esempio ignorando il primo pezzo di una frase come la seguente: «La fiducia non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile». L'illusionismo berlusconiano poteva diventare un'anticipazione della "speranza necessaria", indicata da Draghi. Soddisfatti a destra Così Cicchitto, dopo aver redarguito i gazzettieri che infangano il premier, ringraziava e sottolineava: «Siamo innanzitutto soddisfatti di apprendere dal Governatore che esistono concreti segnali incoraggianti per la crisi finanziaria in atto». Dimenticando fino a che punto quella crisi stava colpendo il paese, come i numeri e i problemi elencati da Draghi eloquentemente, drammaticamente, dimostravano. Poi ciascuno tirava acqua al proprio mulino: Calderoli a quello del federalismo, Brunetta a quello dei tornelli della pubblica amministrazione, Cazzola a quello delle pensioni, Sacconi a quello della critica al sistema bancario. Tutti, a destra, comunque sono convinti che Draghi abbia riconosciuto lo strenuo impegno del governo e tutti all'appello rifomatore del Governatore hanno risposto: «Presente». Cominciando ovviamente da Gasparri. Tutti hanno dimenticato che di riforme, con la destra al governo, non ne è passata neppure una. Rotondi ha dato la colpa al governo di centrosinistra (quello Prodi, durato due anni), trascurando i sei anni di Berlusconi con quell'intervallo e basta: neppure le liberalizzazioni. «Negare l'evidenza e far finta di nulla è l'unica arma in mano di un governo incapace e dannoso», riassumeva Tiziano Treu, senatore del Pd ed ex ministro del lavoro. «Abbiamo un Governatore che sa prendersi le responsabilità, non solo delle analisi ma anche delle proposte», sottolineava Pierluigi Bersani, responsabile economico del Pd. «Il governo - ha continuato Bersani - farebbe bene ad ascoltarle quelle proposte, a cominciare da due questioni che noi stessi abbiamo sempre ritenuto prioritarie: il reddito di chi, a qualsiasi titolo, perde il lavoro, e il sostegno efficace e diretto dello Stato in particolare alle imprese che hanno investito in innovazione e possono non avere fiato sufficiente per superare la crisi». Come ha ricordato il segretario del Pd, Dario Franceschini, che era a Napoli, dichiarando la disponibilità a collaborare in Parlamento con la maggioranza per riforme strutturali: «Da settimane presentiamo proposte in Parlamento, come l'assegno di disoccupazione e gli aiuti alle piccole e medie imprese». «Speriamo che di fronte a queste sollecitazioni, che ora non arrivano da pericolosi estremisti come noi, il governo non continui a girare la testa dall'altra parte». Pesante anche Casini, leader dell'Udc: «Per fortuna il governatore della Banca d'Italia supplisce alle disattenzioni del governo e del ministro Tremonti... In una campagna elettorale costruita sulla fantasia, sulle boutade, sulla demonizzazione degli avversari, sulla criminalizzazione dei magistrati Draghi ci dice, tirandoci per la giacca, di stare più attenti».

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La passione della mediocrità (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

QUESTIONE MORALE La passione della mediocrità Bruno Accarino Quando comparvero i primi segni della crisi finanziaria, non pochi osservarono, anche nelle nostre file, che si trattava di un fenomeno né inedito né sconvolgente: bastava sfogliare nei punti opportuni Il capitale di Marx per trovare i profili del sistema creditizio nella sua dipendenza dal modo di produzione dominante. L'osservazione mi apparve e mi appare un po' scolastica e pedagogica, quasi che la stessa scena non facesse altro che ripetersi, con attori diversi, e quasi che vi fosse bisogno di ricordare che in Marx giacciono molti tesori oggi finiti nel dimenticatoio. CONTINUA|PAGINA 10 Ma che cosa ha a che fare il sistema creditizio analizzato da Marx con le manovre di alcuni pescecani che sono in grado di spostare in pochi minuti cifre tali da alterare equilibri economici mondiali? Ogni volta che ricompaiono fenomeni da capitalismo predatorio, i quadri concettuali della razionalità di sinistra vacillano. Le motivazioni sono più che plausibili: la critica del capitalismo predatorio non stonerebbe in bocca ad un fascista di sinistra, può confusamente accompagnarsi a lamentazioni, venate di antisemitismo, contro le plutocrazie, ed un tradizionalismo cattolico da vandea potrebbe ben schierarsi, nonostante l'imbarazzante contromodello dell'Opus dei, contro operatori economici spregiudicati e privi di scrupoli. Qua e là può affacciarsi anche il ritornello dei mercanti e degli eroi, a distribuire la propensione alla rapina dalla parte dei primi e la titolarità della virtù umanistica dalla parte dei secondi. La distanza dei patrimoni teorici del movimento operaio organizzato dalle categorie del capitalismo predatorio è stata sempre un punto d'orgoglio: di fronte a quel quotidiano attentato alla razionalità che è il capitalismo, sono pensabili e perseguibili, con la lotta politica, livelli superiori di razionalità sociale, di equilibrio e di giustizia, ma il giudizio morale deve interferire il meno possibile. Il discorso fu chiuso in fondo dallo stesso Marx, che tirò fuori una metafiora teatrale: non ce l'ho con il capitalista, è solo una «maschera di carattere», ho ben altro a cui pensare che accanirmi contro questo o quel grassatore di strada, la soggettività dello sfruttatore di turno la lascio ad altri. Il cammino che porta ai nostri giorni è lastricato di allarmi. Il primo, ignorato, coincise con il famoso pronunciamento di Enrico Berlinguer sulla questione morale e con la diffusa, e malcelata, mancata condivisione dello stesso. Eppure Berlinguer, il quale sarebbe stato il primo a respingere l'idea del potere giudiziario come succedaneo o come supplente a tempo pieno della politica, aveva detto in fondo, a ripensarci, una cosa di luhmanniana, fredda razionalità: se consentiamo alla questione morale di tracimare e di occupare gli spazi della politica, smetteremo di fare politica. Non si può dire che il vaticinio fosse campato in aria. Le passioni, a cominciare dall'avidità (di soldi o di potere), vengono in genere trattate sub specie aeternitatis: oggi forse qualche neuroscienziato suggerirebbe di andare a caccia di questo o di quell'enzima, tanto per dare un tocco di inaggirabile definitività bio-antropologica. Ma le passioni possono essere storicizzate, come del resto può essere monitorata nel tempo la caduta tendenziale del saggio di ironia e di autoironia disponibile in una comunità civile: quante volte la filmografia di Totò ha spernacchiato ante litteram, direttamente o indirettamente, un personaggio come Brunetta? Ad aggravare la nostra pena c'è la consapevolezza che lo storico del futuro non potrà scrivere della nostra epoca senza sbellicarsi dalle risate. Se le passioni vengono storicizzate, si può scoprire che anche la rapacità ha un suo diagramma, fatto non di secca presenza e di altrettanto evidente assenza, ma di alti e di bassi, di pudore e di impudenza, di controllo e di smodatezza. È sotto gli occhi di tutti che un'Europa post-bellica, impegnata nello sgombero delle macerie e in un elementare processo di accumulazione capitalistica, aveva imbrigliato in una mappa segnata da schieramenti politici veri le più distruttive escrescenze passionali. Congiurò positivamente la possibilità di ereditare dalla guerra, o addirittura dalla lotta antifascista, aristocrazie politiche dotate, o presto investite, di vocazione costituente. Anche sulle politiche di welfare non gravò l'ombra dell'umiliazione e dell'obolo, perché aveva una sua chiarezza il compromesso di classe sul quale esse erano fondate. Giova ricordare che a quei tempi in Italia si sparava spesso e volentieri sui lavoratori in sciopero, in attesa della più radicale stagione delle stragi di Stato: il clima non era da happening, tuttavia erano meno aggressive, o del tutto inesistenti, quelle corporate identities che assommano schiavitù volontaria e grinta espansionistica, e nelle quali il profilo identitario, pur di rimanere tale, può accumulare potere perfino accettando il rischio dell'estremismo disfunzionale e autolesionistico. Oggi la scorciatoia delle curve femminili nella selezione della classe dirigente e nella cattura del consenso non inventa la neo-passione del mercimonio sessuale, ma sancisce e quasi formalizza l'assai più vetusta passione della selezione positiva della mediocrità o dell'innocuità, finalizzata a non disturbare il manovratore. I conservatori post-1789 arricciarono il naso di fronte a quella manica di socialmente scapestrati - zero tituli, direbbe Mourinho - che andò a costituire l'Assemblea nazionale francese: la cui bastarda composizione sociale fu tematizzata, però, solo perché si intravvedeva all'orizzonte il fabbisogno crescente di competenze e di saperi organizzativi, tecnici e gestionali che fanno un governo, o forse una governance. Anche un bambino sarebbe stato capace di maramaldeggiare sull'insipienza fiscale dei rivoluzionari. Il vero conflitto con la cultura di destra non è più sull'uso dei congiuntivi, anche se difficilmente dalle truppe di Bossi verranno scoperte scioccanti di filologia dantesca. Le curve femminili danno il senso della migrazione delle competenze lontano dall'agone politico e preoccupano non in quanto indice di immoralità, ma perché invitano alla dissociazione tra politica e conoscenza, tra classe dirigente e sobrietà, con una sorta di franchigia riservata alle idiozie. A questo punto il corpo femminile è una protesi che accelera i processi di iniziazione e di acclimatazione nelle stanze del potere, ma perde di specificità e vale quanto un'altra protesi qualsiasi: quanto ad efficacia operativa, quella del portaborsismo zelante e del sacrificium intellectus non scherza e, a occhio, annovera percentuali di praticanti assai più maschili che femminili. Una volta eravamo preoccupati, con spirito genuinamente weberiano, che la tecnica e la burocrazia potessero scipparci la passionalità della politica, oggi siamo sgomenti di fronte alla possibilità di essere travolti dal dilettantismo. O forse non sappiamo che, scavalcata la scena presidiata dai giullari, i destini del mondo si giocano in altri centri di potere, che trattano i giullari con la stessa puzza al naso che avevano i lords inglesi nei confronti dei presumibilmente malvestititi e maleodoranti citoyens. Foto: GEORGE GROSZ "PACE TRA CAPITALE E LAVORO"

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Draghi: Serve più protezione sociale (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

Draghi: «Serve più protezione sociale» Carlo Leone Del Bello Dal governo all'opposizione, passando per il mondo sindacale e imprenditoriale, ciascuno ha trovato motivo di soddisfazione, nelle Considerazioni finali presentate dal governatore Mario Draghi all'assemblea ordinaria dei partecipanti della Banca d'Italia. Per il premier Silvio Berlusconi le parole di Draghi - nonostante non le abbia lette, per sua stessa ammissione - sono «berlusconiane», nel senso di «ottimiste». Eppure, ha detto Draghi, «una volta superata la crisi, l'Italia si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato - fisico e umano - depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione». È difficile leggere qualcosa che sia più lontano dall'ottimismo. Nel conciso rapporto - 19 pagine, un record - il governatore Draghi ha analizzato molti dei gravi problemi dell'economia italiana alla luce della crisi globale. Bankitalia non si unisce al coro di chi vede «germogli verdi» nell'economia italiana; i segnali di un affievolimento della recessione infatti non verrebbero dalle statistiche sull'economia reale, ma da sondaggi di opinione (come la fiducia dei consumatori) e dai mercati finanziari. La crisi intanto colpisce durissimo: disoccupati e cassintegrati sono già l'8,5% della forza lavoro, e tale quota «potrebbe salire oltre il 10%». Ciò costituisce un rischio: con meno reddito a disposizione, le famiglie potrebbero ridurre i consumi, e questo porterebbe le imprese a tagliare ulteriormente gli investimenti. L'economia intanto è già in caduta libera: nell'ultimo trimestre 2008 e nel primo trimestre 2009, il Pil è giù del 7% rispetto allo stesso semestre dell'anno precedente. Inoltre, per Bankitalia la caduta del prodotto sarà del 5% nel 2009. Per evitare questo circolo vizioso, nonostante la politica economica volta al sostegno della domanda sia «limitata dal debito pubblico del passato», Draghi suggerisce di superare le «evidenti manchevolezze di lunga data nel nostro sistema di protezione sociale». Troppi lavoratori infatti sono sprovvisti di tutele, come i parasubordinati o i dipendenti di imprese artigiane. Per l'istituzione di palazzo Koch, i lavoratori senza alcun sostegno in caso di licenziamento sono 1,6 milioni. Draghi propone quindi un «buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro», in modo tale da attenuare la preoccupazione dei lavoratori, sostenere i consumi e accrescere la mobilità fra imprese e settori, favorendo così «la riallocazione delle competenze individuali verso gli impieghi più produttivi». Per raggiungere questi obiettivi, nessuna rivoluzione: basterebbe, secondo Draghi, ridisegnare il sistema intorno alla cig e all'indennità di disoccupazione, affiancati da una misura di sostegno al reddito per i lavoratori non coperti. Immediate le reazioni positive dei sindacati confederali: per Fulvio Fammoni (Cgil), dopo i richiami di Draghi «occorre raddoppiare le settimane di cigo, e contemporaneamente lavorare per una riforma degli ammortizzatori sociali». Per Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl, il governatore di Bankitalia «ha fatto un'analisi corretta sul lavoro chiedendo una riforma degli ammortizzatori sociali». Altro argomento affrontato da Mario Draghi è ovviamente quello delle banche. Le istituzioni finanziarie italiane sarebbero in condizioni sostanzialmente buone, per il governatore. Una sorta di «stress test» informale condotto da palazzo Koch avrebbe mostrato che il sistema bancario italiano sarebbe capace di resistere anche nell'ipotesi di condizioni economiche «ben più sfavorevoli». In ogni caso l'erogazione del credito è rallentata in modo drammatico: il tasso di crescita trimestrale del credito alle imprese è zero, mentre era del 12% solo un anno fa. Questo però per Draghi non significa che bisogna «chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito»; infatti non è nell'interesse di nessuno mettere a rischio l'integrità dei bilanci e dei risparmi. Quel che si può chiedere alle banche è invece di «affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti ed eccezionali circostanze». Sull'Italia continua a incombere il debito pubblico, e la sua sostenibilità futura rende necessario il raggiungimento di una «più alta crescita nel medio periodo». Obiettivo da conseguire tramite le tanto famose «riforme» di cui sempre si parla in Italia. Draghi ha parlato di «graduale» innalzamento dell'età pensionabile, di riforma della pubblica amministrazione, di «semplificazione» normativa, e liberalizzazione dei servizi pubblici. Servono tuttavia anche numerosi interventi sulle infrastrutture, in modo tale da ridurre il divario col resto d'Europa. Negativo che i finanziamenti sulle grandi opere non abbiano individuato delle priorità - dice il governatore: tanto che i progetti finanziati sono lievitati da 21 a oltre 200, con tempi e costi doppi rispetto a Francia e Spagna.

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L'India non recede. A Tokyo prezzi giù (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

DIARIO DELLA CRISI L'India non recede. A Tokyo prezzi giù Galapagos La sorpresa è arrivata dall'India: l'economia seguita a crescere anche se, ovviamente, a un ritmo decelerato: tra gennaio e marzo (ultimo trimestre dell'anno fiscale 2008-2009) il Pil è salito del 5,8%, mentre nell'anno fiscale (aprile 2008-marzo 2009) la crescita è stata del 6,7%, in frenata dal 9% dell'anno precedente. Il tutto oltre le previsioni degli analisti che si aspettavano un incremento del 5% circa nel trimestre e del 6-6,5% nell'intero anno. A trainare l'economia sono stati i servizi (57,3% del Pil indiano) con un ritmo di crescita dell'8,6% nel trimestre al 31 marzo e del 9,7% nell'intero anno fiscale. L'India, probabilmente, sarà una delle poche economie mondiali a chiudere il 2009 con una crescita del prodotto lordo. Meglio delle stime preliminari, peggio delle previsioni degli analisti: nel primo trimestre il Pil Usa è sceso del 5,7% (la variazione è annualizzata) contro il -6,1% del preliminare. L'insoddisfazione sta nel fatto che c'era speranza di una discesa ancora più contenuta. Con la discesa tra gennaio e maggio, sono nove mesi consecutivi che il Pil statunitense segna variazioni negative: è la prima volta che accade dal '74-'75. Anche in Giappone il Pil non cresce, ma soprattutto non crescono i prezzi: in aprile l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,1% in confronto allo stesso mese del 2008, confermando una tendenza già evidenziata a marzo. Il calo dei prezzi, il secondo consecutivo dal settembre 2007, era previsto dagli economisti. Il confronto tendenziale, invece, ha fatto segnare un +0,1% rispetto a marzo. Aumentano i senza lavoro: il tasso di disoccupazione in aprile è salito al 5%, il livello più alto degli ultimi cinque anni. Male anche i consumi delle famiglie: in aprile sono scesi dell'1,3% rispetto allo stesso mese del 2008. In controtendenza, invece, la produzione industriale, aumentata in aprile del 5,2% mensile. A conferma che la crisi finanziaria non è chiusa, ieri in Irlanda il governo ha fatto sapere che chiederà alla Commissione europea l'autorizzazione ad iniettare 4 miliardi di euro nel capitale della Anglo Irish Bank che, nazionalizzata lo scorso gennaio, ha accusato una perdita netta di 3,7 miliardi nel semestre al 31 marzo scorso. Infine l'Italia: in maggio, secondo il dato provvisorio Istat, i prezzi al consumo sono saliti dello 0,2% mensile e dello 0,9% su base annua. Crisi, frenata dei consumi e quotazioni del petrolio (ieri in risalita) alla base della decelerazione.

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Una parola chiave in difesa dell'Occidente (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

INCONTRI A Napoli sul «Destino della democrazia» Una parola chiave in difesa dell'Occidente Ugo Mattei Mariella Pandolfi Tre giorni sulla «democrazia» a partire da eterogenee prospettive disciplinari e politiche, il cui «destino» è stato passato al setaccio della potente parola chiave che è «Occidente». È quanto è accaduto nei giorni scorsi a Napoli, dove la democrazia è stata vista proprio come lo strumento attraverso il quale l'Occidente cerca di persuadere «l'altro» della superiorità e desiderabilità del modello di sviluppo capitalista. Il ricco apparato ideologico in difesa della democrazia, prodotto i larga misura dal sistema universitario dominante, quello degli Stati Uniti, opacizza un dato inquietante che l'attuale crisi economica e prima di essa quella del sistema sovietico dovrebbe viceversa mettere bene a fuoco: il modello di sviluppo fondato sullo sfruttamento, sia esso dell'uomo sulla natura che dell'uomo sull'uomo, offre ricette strutturalmente compatibili soltanto con una distribuzione delle risorse ferocemente iniqua. Dati inoppugnabili mostrano inoltre che l'estensione a sei miliardi di persone di questo modello di sviluppo porterebbe a mettere in discussione la stessa sopravvivenza della civiltà umana sul nostro pianeta. L'Occidente può quindi sostenersi soltanto nella misura in cui riesce, con un mix micidiale di ipocrisia e violenza, a ridurre in condizione di minima sussistenza almeno i tre quarti della popolazione del mondo, giocando sul consumo del restante quarto per assorbire la produzione globale. Etnocentrismo del dominio Dai lavori sul «destino della democrazia» di Castel dell'Ovo di Napoli, dove la rete Nisia («Network of Italian Scholars Abroad») tessuta da Francesco Borghesi e Marco Formisano ha raccolto un gruppo di studiosi fra loro collegati dalle origini italiane e da rapporti più o meno intensi con sedi accademiche in larga maggioranza anglo-americane, è emerso il fatto che la democrazia reale deve avere una varietà di declinazioni, cioè traduzioni locali. Come testimoniano la generosa proposta di Amartya Sen sulla «democrazia degli altri» - tema affrontato nel panel coordinato da Giuseppe di Palma intitolato «Democrazia: universalità ed esportabilità» - o la democrazia «cosmopolitica» di Daniele Archibugi, che ripropone, senza nessun accenno problematico, la visione etnocentrica della Dichiarazione Universale del 1948, emerge il fatto che . Le parole chiave del dominio devono tuttavia collocarsi in una dimensione metastorica, come è emerso nel confronto dei numerosi filosofi presenti a Napoli (Nuzzo, De Laurentiis, Bodei, Borradori). Ma il contributo dei filosofi può fare chiarezza, ma può però tradursi in una deresponsabilizzante astrazione teorica. Sono perciò necessarie continue critiche dell'etnocentismo e del settarismo disciplinare, come emerge dalla riflessione sull'ambiguo rapporto fra sicurezza e aiuti umanitari o fra sviluppo (e quindi aiuti internazionali) e sicurezza, una sorta di darwinismo sociale enfatizzato, monitorato, burocratizzato dagli organismi internazionali e dai loro intellettuali di riferimento. In modo particolarmente appropriato Roberto Esposito ha ricordato che è nella svolta biopolitica inaugurata negli anni Settanta da Michel Foucault il nodo del progetto politico contemporaneo occidentale che obbliga a verificare o meno la pertinenza del lessico democratico. La rottura dei confini fra il biologico e il politico ha infatti dilatato e deformato i rapporto fra singoli, istituzioni, comunità: l'essere vivente da «proteggere» e controllare nell'aura universalizzante dei diritti umani è spesso confinato in Cpt o nei campi per rifugiati, mentre il filo spinato protegge, gestisce e controlla i parziali e provvisori diritti del vivente. In questa prospettiva è da collocare l'intervento di Roberto Ciccarelli sulla «governance». Lo sfruttamento globale, con i suoi apparati militari ed ideologici di riferimento, nutre quindi la burocratica e tecnologica lettura della good governance. Quest'idea profondamente «apolitica» o meglio «meta-politica» nelle sue implicazioni semiotiche, vive in realtà un rapporto intimo con quei dispositivi di sicurezza e di militarizzazione che costituiscono la vera precondizione della pervasività dell'egemonia occidentale e della sua declinazione della democrazia. In questa chiave di lettura, l'attuale crisi finanziaria viene metabolizzata in una dimensione biopolitica che a ben vedere altro non è che la straordinaria capacità del capitalismo di reinventarsi per continuare a guidare l'irresponsabile danza della dominazione sul pianeta. Violenza della politica La trasformazione del cittadino in consumatore è dunque la conseguenza necessaria della costruzione del politico come tecnologia. Certo, in un consesso in cui erano presenti molti storici ed antichisti non poteva mancare, soprattutto nella densa sezione sulla narrativa della democrazia, una certa consapevolezza che i confini nebulosi di concetti quali «democrazia» sono in effetti il prodotto dell'estrema variabilità dei contesti sociopolitici in cui essa ha giocato un ruolo di dominio o emancipatorio. In conclusione dei lavori Giulia Sissa ha infatti saputo «registrare la variabilità» offrendo una magistrale rilettura di genere e di contesto della nozione di democrazia, smascherandone la componente violenta e discriminatoria che la domina fin dalle sue origini greche. Purtroppo il gran finale, affidato a Giovanni Sartori, ha bruscamente riportanto in auge il compiaciuto etnocentrismo di un pensiero purtroppo dominante anche sui nostri media. Il convegno ha ricevuto la visita ufficiale del Ministro dell'Università, invitata da Aldo Schiavone e accolta in grande amicizia anche dai diversi rettori presenti, in un coro di consenso difficilmente comprensibile dati i tempi. Certo, nei minuti disponibili per il dibattito Nadia Urbinati ha criticato, ma con fin troppa delicatezza, una politica accademica italiana chiusa e verticistica. Soltanto Archibugi ha denunciato lo stridore fra la retorica dell'internazionalizzazione ed il trattamento riservato in Italia agli intellettuali migranti. Fortunatamente nel passaggio dalla teoria al confronto col potere la democrazia (quella vera) non è sempre perdente. A Napoli essa cerca una rivincita con la presentazione, all'interno del Forum Beni Comuni, del Forum Rifiuti Campani, organizzazione di base che da un anno, insieme ad Alberto Lucarelli, lotta in aperto conflitto col potere costituito per una gestione democratica di questa drammatica emergenza.

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Pechino cancella la perla uigura sulla Via della Seta (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

PECHINO Un migliaio di anni fa, il ramo Sud e quello Nord della Via della Seta convergevano su Kashgar, la città-oasi all’estremità occidentale del deserto di Taklamakan. Mercanti andavano da Delhi a Samarcanda attraversando montagne gelide e impervie, scaricavano qui i loro cavalli e vendevano zafferano e mastice. Così facevano anche i mercanti cinesi, con i cammelli carichi di seta e porcellana. Oggi nei vicoli della città, dove gli asini trascinano carretti pieni di mercanzie e le case sono di fango e paglia, passeggiano i turisti. Ma quelle case, nelle cui finestre un tempo si potevano guardare le merci senza comprarle, dopo i saccheggi di Tamerlano e Gengis Khan stanno per conoscerne un altro. Novecento famiglie sono già state sfrattate dalla Città Vecchia, «l’esempio meglio conservato di città tradizionale islamica in Asia centrale», come ha scritto l’architetto e storico George Michell nel suo saggio «Kashgar, città-oasi sull’antica Via della Seta cinese». Nei prossimi anni, dicono le autorità cittadine, si demolirà almeno l’85 per cento di questa pittoresca conigliera e verranno spostate molte delle 13 mila famiglia uigure - un’etnia turcomanna e musulmana. Devono lasciare il posto a una nuova Città Vecchia, una combinazione di case da appartamento, piazze e viali, nello stile dell’antica architettura islamica «per preservare la cultura uigura», come ha spiegato in un’intervista telefonica il vicesindaco di Kashgar, Xu Jianrong. La demolizione è considerata una necessità urgente perché in qualunque momento la terra potrebbe tornare a tremare, facendo crollare edifici vecchi di secoli e uccidendo migliaia di persone. «L’intera area del Kashgar è a rischio terremoti - ha detto Xu -. Ora io le chiedo: quale governo non proteggerebbe i suoi cittadini dai pericoli di un disastro naturale?». I critici parlano di ben altro disastro. «Da un punto di vista culturale e storico, questo piano è stupido», spiega Wu Lili, direttore del Centro per la protezione culturale di Pechino, un gruppo non governativo che si dedica alla conservazione storica -. Dal punto di vista della popolazione locale, è una crudeltà». Nel corso del lungo boom della Cina la ricostruzione urbana ha distrutto molti centri storici, a cominciare dagli antichi vicoli e dai cortili abitati della capitale Pechino. Kashgar, però, non è una tipica città cinese. I funzionari che si occupano della sicurezza interna la considerano il terreno di coltura di un piccolo ma coriaceo movimento di separatisti uiguri che, secondo Pechino, avrebbero legami con la Jihad internazionale. Così il nuovo sviluppo di questo antico centro della cultura islamica coincide con un po’ di normalizzazione forzata. Le autorità cinesi hanno offerto spiegazioni confuse dei loro piani. Xu Jianrong chiama Kashgar «un esempio originale di una importante storia culturale ma anche un’importante città turistica». Eppure il progetto di demolizione ridurrà in macerie proprio la principale attrazione turistica, quella Città Vecchia che è un magnete per il milione di persone che ogni anno la visita. Tra l’altro, la Cina appoggia un progetto internazionale per far designare i punti più importanti della Via della Seta «Patrimonio dell’Umanità» Unesco, ma nell’elenco dei siti da proporre Kashgar non c’è. Un diplomatico straniero che non vuole essere identificato per paura di guastare i rapporti del suo Paese con la Cina ha detto che il progetto della Città Vecchia è stato appoggiato in modo insolitamente forte dal governo. Si dice che costerà 440 milioni di dollari ed è iniziato a sorpresa quest’anno, poco dopo l’annuncio del governo centrale cinese di un investimento di 584 miliardi di dollari in lavori pubblici per combattere la crisi finanziaria globale. Questo piano completerebbe lo smantellamento finora frammentario iniziato qualche decennio fa. Le mura della città, un terrapieno largo sette metri e alto dieci, sono state in larga parte demolite. Negli Anni 80 la città riempì e pavimentò il fossato che la circondava per creare un anello, poi aprì la strada principale attraverso il centro. Ciò nonostante gran parte della Città Vecchia rimane com’era e com’è sempre stata. Dalla cima delle quaranta piccole moschee i muezzin chiamano alla preghiera con la loro voce, non ci sono altoparlanti. Centinaia di artigiani martellano recipienti in rame, intagliano legno, affilano scimitarre e vendono di tutto, dai pani piatti ai rospi secchi ai cappelli per la preghiera. Decine di migliaia di uiguri vivono ancora qui, dietro le porte di pioppo intagliate a mano, in alloggi fatiscenti o in case a due piani che si allungano a volta sui vicoli e si aprono su cortili pieni di rose e vessilli. Le autorità cittadine dicono che i residenti uiguri sono stati consultati in ogni fase della pianificazione, ma la maggior parte di loro replica che viene semplicemente convocata a riunioni in cui si annuncia il calendario degli sfratti, con le somme offerte in risarcimento. La città offre agli sfrattati la possibilità di costruire le loro case nuove sul terreno delle vecchie, ma alcuni si lamentano che i soldi ricevuti non coprono l’intero costo del nuovo edificio. «La mia famiglia ha costruito questa casa 500 anni fa - dice il muscoloso Mr Hajji, 56 anni e capelli a spazzola bianchi, mentre la moglie ci serve il tè nella loro casa a due piani -. Era fatta di fango, è stata migliorata negli anni, ma le stanze sono rimaste com’erano». Costruita nello stile uiguro, la casa ha pochi mobili. Dai muri pendono gli arazzi, i tappeti coprono il pavimento e ci sono zone rialzate per dormire e ricevere gli ospiti. La stanza per l’inverno ha una stufa a carbone panciuta; il garage è stato trasformato in negozio, dove la famiglia vende dolciumi e gingilli. Ci sono nove stanze sotto e sette sopra, il frutto di trasformazioni secolari. «Questa casa ci appartiene - dice la moglie -. È grande e ci possono vivere molte, molte generazioni. Ma se andiamo in un appartamento, quello lo buttano giù ogni 50-70 anni. Come possiamo lasciare in eredità a nostro figlio un appartamento? Questo è il nostro maggior cruccio». Gli ispettori cittadini hanno considerato insicure quasi tutte le case più antiche, a partire da tutte quelle in fango e paglia. Verranno rase al suolo e, in molti casi, ricostruite in stile uiguro ma con criteri anti-sismici. Tre dei sette quartieri della Città Vecchia sono stati però giudicati inadatti all’architettura uigura e verranno ricostruiti in modo decisamente più anonimo. Altre duemila case dovranno lasciare il posto a piazze e scuole. I residenti più poveri, che vivevano nelle più piccole, sono già stati trasferiti in periferia. Quello che resterà della vecchia Kashgar non è chiaro, anche se Xu dice che gli edifici importanti sono stati inclusi nell’elenco speciale dei beni da conservare. Se non ci sono archeologi a controllare la situazione, spiega, è perché già si sa tutto. Le autorità di Kashgar hanno però buone ragioni per temere i terremoti. Lo scorso ottobre un sisma di magnitudo 6,8 ha colpito a un centinaio di miglia più in là. Uno di magnitudo 8, nel 1902, ha ucciso 667 persone. Poi ci sono gli abitanti che preferiscono vivere in un ambiente più moderno. Secondo Xu, la demolizione darà agli uiguri una vita migliore e li metterà al sicuro dai disastri. Le autorità, da Kashgar a Pechino, sono così inquiete alla prospettiva di un terremoto «che non riescono a dormire la notte». Copyright The New York Times

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Draghi: (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

BANKITALIA - Disoccupati verso quota 10% Draghi: «Serve più protezione sociale» Carlo Leone Del Bello Dal governo all'opposizione, passando per il mondo sindacale e imprenditoriale, ciascuno ha trovato motivo di soddisfazione, nelle Considerazioni finali presentate dal governatore Mario Draghi all'assemblea ordinaria dei partecipanti della Banca d'Italia. Per il premier Silvio Berlusconi le parole di Draghi - nonostante non le abbia lette, per sua stessa ammissione - sono «berlusconiane», nel senso di «ottimiste». Eppure, ha detto Draghi, «una volta superata la crisi, l'Italia si ritroverà non solo con più debito pubblico, ma anche con un capitale privato - fisico e umano - depauperato dal forte calo degli investimenti e dall'aumento della disoccupazione». È difficile leggere qualcosa che sia più lontano dall'ottimismo. Nel conciso rapporto - 19 pagine, un record - il governatore Draghi ha analizzato molti dei gravi problemi dell'economia italiana alla luce della crisi globale. Bankitalia non si unisce al coro di chi vede «germogli verdi» nell'economia italiana; i segnali di un affievolimento della recessione infatti non verrebbero dalle statistiche sull'economia reale, ma da sondaggi di opinione (come la fiducia dei consumatori) e dai mercati finanziari. La crisi intanto colpisce durissimo: disoccupati e cassintegrati sono già l'8,5% della forza lavoro, e tale quota «potrebbe salire oltre il 10%». Ciò costituisce un rischio: con meno reddito a disposizione, le famiglie potrebbero ridurre i consumi, e questo porterebbe le imprese a tagliare ulteriormente gli investimenti. L'economia intanto è già in caduta libera: nell'ultimo trimestre 2008 e nel primo trimestre 2009, il Pil è giù del 7% rispetto allo stesso semestre dell'anno precedente. Inoltre, per Bankitalia la caduta del prodotto sarà del 5% nel 2009. Per evitare questo circolo vizioso, nonostante la politica economica volta al sostegno della domanda sia «limitata dal debito pubblico del passato», Draghi suggerisce di superare le «evidenti manchevolezze di lunga data nel nostro sistema di protezione sociale». Troppi lavoratori infatti sono sprovvisti di tutele, come i parasubordinati o i dipendenti di imprese artigiane. Per l'istituzione di palazzo Koch, i lavoratori senza alcun sostegno in caso di licenziamento sono 1,6 milioni. Draghi propone quindi un «buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro», in modo tale da attenuare la preoccupazione dei lavoratori, sostenere i consumi e accrescere la mobilità fra imprese e settori, favorendo così «la riallocazione delle competenze individuali verso gli impieghi più produttivi». Per raggiungere questi obiettivi, nessuna rivoluzione: basterebbe, secondo Draghi, ridisegnare il sistema intorno alla cig e all'indennità di disoccupazione, affiancati da una misura di sostegno al reddito per i lavoratori non coperti. Immediate le reazioni positive dei sindacati confederali: per Fulvio Fammoni (Cgil), dopo i richiami di Draghi «occorre raddoppiare le settimane di cigo, e contemporaneamente lavorare per una riforma degli ammortizzatori sociali». Per Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl, il governatore di Bankitalia «ha fatto un'analisi corretta sul lavoro chiedendo una riforma degli ammortizzatori sociali». Altro argomento affrontato da Mario Draghi è ovviamente quello delle banche. Le istituzioni finanziarie italiane sarebbero in condizioni sostanzialmente buone, per il governatore. Una sorta di «stress test» informale condotto da palazzo Koch avrebbe mostrato che il sistema bancario italiano sarebbe capace di resistere anche nell'ipotesi di condizioni economiche «ben più sfavorevoli». In ogni caso l'erogazione del credito è rallentata in modo drammatico: il tasso di crescita trimestrale del credito alle imprese è zero, mentre era del 12% solo un anno fa. Questo però per Draghi non significa che bisogna «chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito»; infatti non è nell'interesse di nessuno mettere a rischio l'integrità dei bilanci e dei risparmi. Quel che si può chiedere alle banche è invece di «affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti ed eccezionali circostanze». Sull'Italia continua a incombere il debito pubblico, e la sua sostenibilità futura rende necessario il raggiungimento di una «più alta crescita nel medio periodo». Obiettivo da conseguire tramite le tanto famose «riforme» di cui sempre si parla in Italia. Draghi ha parlato di «graduale» innalzamento dell'età pensionabile, di riforma della pubblica amministrazione, di «semplificazione» normativa, e liberalizzazione dei servizi pubblici. Servono tuttavia anche numerosi interventi sulle infrastrutture, in modo tale da ridurre il divario col resto d'Europa. Negativo che i finanziamenti sulle grandi opere non abbiano individuato delle priorità - dice il governatore: tanto che i progetti finanziati sono lievitati da 21 a oltre 200, con tempi e costi doppi rispetto a Francia e Spagna.

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Il Papa a otto nuovi ambasciatori: (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 30-05-2009)

Argomenti: Crisi

CHIESA 30-05-2009 Il Papa a otto nuovi ambasciatori: «La recessione rischia di trasformarsi in una catastrofe umana nei Paesi poveri» DA ROMA GIANNI CARDINALE I eri Benedetto XVI ha ricevuto otto nuovi ambasciatori che non risiederanno a Roma perché rappresentanti del proprio Paese anche in altre capitali eu- ropee. Quelli di Mongolia, India, Benin, Nuova Zelanda, Sud Africa, Burkina Faso, Namibia e Norvegia. Oltre allo scambio di saluti con ogni singolo diplomatico c'è stato anche un discorso del Pontefice a tutte le nuove feluche accreditate. E in esso il Papa ha affrontato con parola accorate i temi della crisi economico-finanziaria mondiale, crisi che può trasformarsi, per i Paesi ad economia più fragile, in una vera e propria «catastrofe umana ». Le disparità tra Paesi sviluppati e non ha osservato il pontefice «sono aumentate a causa della crisi finanziaria ed economica attuale». «Quelli che già vivono in una povertà estrema ha spiegato sono i primi ad esserne toccati, perché sono i più vulnerabili. Ma questa crisi ha aggiunto sta facendo scivolare verso la povertà anche le persone che finora hanno vissuto in modo decente, pur senza essere agiati». «Così ha concluso la recessione innescata dalla crisi economica può diventare una minaccia per l'esistenza stessa di innumerevoli individui». Oggi dunque «è urgente assumere una rinnovata coscienza ha detto il Papa della necessità di una battaglia volta a stabilire una pace autentica in vista della costruzione di un mondo più giusto e più prospero per tutti». Al contrario, «ogni processo che contribuisca ad aumentare le divisioni tra i popoli o a marginalizzarli, rappresenta un pericoloso attentato alla pace e crea il rischio di conflitti». Nel discorso al nuovo ambasciatore di Norvegia poi il Papa ha auspicato che in Medio Oriente prevalga lo spirito degli accordi di Oslo, «portando una pace duratura ai popoli di quella tormentata regione». Rivolgendosi al nuovo ambasciatore del Sud Africa, Benedetto XVI ha ricordato che «la Chiesa prende sul serio il suo ruolo nella campagna contro la diffusione dell'Aids, enfatizzando la fedeltà all'interno del matrimonio e l'astinenza al di fuori di esso». Il nuovo ambasciatore del Burkina Faso, Beyon Luc Adolphe Tiao, che è anche ambasciatore a Parigi dove risiede, da parte sua ha difeso le parole pronun- ciate dal Papa sull'Aids durante il viaggio in Africa: «Al di là di ogni polemica, ha detto rendiamo omaggio al coraggio con cui lei interpella ogni uomo e ogni donna dinanzi a un male il cui sradicamento fa appello prima di tutto a una concezione responsabile e morale della sessualità» L'appello lanciato ieri all'udienza in Vaticano. Il rappresentante del Burkina Faso: grazie per le parole sull'Aids pronunciate in Africa

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Imprese: i costi delle banche italiane sono i più alti di tutta l'Unione europea (sezione: crisi)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Cgia. Nel 2008 pagati 4 miliardi in più dei francesi e 2,8 in più rispetto ai tedeschi Imprese: i costi delle banche italiane sono i più alti di tutta l'Unione europea VENEZIA. Le imprese italiane, per effetto della crisi mondiale e dell'aumento del costo del denaro da parte delle banche, hanno pagato quattro miliardi di euro in più rispetto alle francesi e 2,8 miliardi in più su quelle tedesche. E' quanto emerge da una rilevazione del centro studi dell'associazione Artigiani Cgia di Mestre. Secondo la Cgia, da settembre 2008 (inizio della fase più acuta della crisi finanziaria) a marzo 2009 i tassi di interesse applicati dalle banche italiane, in particolar modo per i prestiti a breve termine, hanno penalizzato le imprese italiane in maniera più pesante rispetto a quelle Europee. «Le aziende italiane - dice Giuseppe Bortolussi segretario degli artigiani - hanno subito dei contraccolpi economici che non hanno eguali tra i principali competitori economici europei». Per Bortolussi a parità di impieghi erogati dalle banche nel periodo preso in considerazione, in Italia il maggior costo complessivo sostenuto dalle aziende italiane rispetto alla media Ue dei 15 è stato di 2,1 miliardi di euro. Ma rispetto alle imprese francesi i nostri imprenditori hanno pagato 4,1 miliari in più; 2,8 miliardi il differenziale a nostro svantaggio rispetto a quelli tedeschi e 1,4 quello registrato con i colleghi spagnoli.

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C'è "Cocco... comics" un paese tra le nuvole (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

C'è "Cocco... comics" un paese tra le nuvole Humour scacciacrisi. È il tema di «Cocco.comics. La forza comunicativa del Fumetto e il potere curativo dello Humor». Oggi a Cocconato per il terzo anno consecutivo la Riviera del Monferrato si tuffa nel mondo del fumetto. Dalle 10 alle 19 piazza Giordano ospita la manifestazione, organizzata dall'associazione culturale «Pietra Cagnola». «Ogni anno - anticipa Silvio Nano, presidente dell'associazione cocconatese - cerchiamo di rinnovare l'evento, puntando l'attenzione su iniziative stravaganti, diverse dal solito con un obiettivo terapeutico. Nelle edizioni passate il pubblico ha apprezzato le nostre idee a forma di nuvoletta». Novità del 2009 il primo Campionato mondiale di Emoticons dal vivo, gara delle emozioni del viso rivolta ai bambini. Le faccine dei messaggi multimediali prendono vita attraverso i volti dei piccoli partecipanti, provenienti anche da Francia e Australia. Il programma prevede poi l'esposizione di quadri di giovani artisti da tutta Italia sulle tematiche dell'alcol («Cogito ergo sum, guido quindi non bevo»), di vignette di Davide Rizzi sulla crisi finanziaria e quelle di Emiliano Bruzzone su «Il Palio (degli asini) ridens». Inoltre sono stati coinvolti gli alunni delle scuole medie che esporranno le loro opere grafiche dedicate al mondo del vino. Ingresso libero. Info: 333/75.68.020.\

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Torna Rampini e parla del capitalismo irresponsabile (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

L'AGENDA Torna Rampini e parla del capitalismo irresponsabile Ore 10. Palazzo Geremia, conferenza di Yann Algan «Identità nazionale», introduce Andrea Bonoldi. Ore 10. Facoltà di Sociologia, «Alla Borsa con felicità: andamento lento come opportunità per il buon vivere». Ore 10.30. Castello Buonconsiglio, conferenza di Assaf Razin "E' come la grande depressione?", introduce Giorgio Guido Fodor. Ore 10.30. Facoltà Giurisprudenza, conferenza di Enzo Rullani e Carlo Trigilia «L'identità dei distretti industriali alla prova della crisi». Ore 10.30. Biblioteca via Roma, incontro con Dino Pesole e Francesco Piu «Il patto. Cittadini e Stato dal conflitto alla nuova civiltà fiscale». Ore 12. Provincia, sala Depero, «Processo ai controllori e ai politici», con Massimo Gaggi, Lugi Spaventa, Pier Carlo Padoan. Ore 12. Biblioteca via Roma, incontro con Fabrizio Galimberti «Sos economia. La crisi spiegata ai comuni mortali». Ore 12. Fondazione Caritro, via Calepina: «Identità imprenditoriale vs. Identità politica». Ore 15. Palazzo Geremia, incontro con Tore Ellingsen «Norme, sentimenti e comportamenti economici». Ore 15. Facoltà Giurisprudenza, incontro con Alberto Alesina «I confini delle nazioni», introduce Dario Di Vico. Ore 15. Biblioteca via Roma, incontro con Marco Onado «I nodi al pettine». Ore 15. Ocse, ex convento Agostiniani: «Identità e talenti: tra innovazione e cervelli in fuga». Ore 16. Provincia, sala Depero: incontro con Frans Van Winden «Perché dobbiamo fidarci degli stranieri?». Ore 16. Castello Buonconsiglio, incontro con Michael Burda «Cosa fanno le persone quando sono disoccupate?». Ore 16.30. Fondazione Kessler: incontro con Charles Morris su «Crack. Come siamo arrivati al collasso del mercato e cosa ci riserva il futuro», con Luigi Spaventa. Ore 16.30. Palazzo Bassetti, sede Btb: «Economie transfrontaliere e crisi finanziaria», con Davide Bassi, Gregorio De Felice, Lorenzo Dellai, Walter Lorenz, Mario Marangoni, Guenther Platter e Karlheinz Toechterle. Ore 16.30. Facoltà Economia: «Stati Uniti ed Europa di fronte alla crisi», collegamento video con Nicholas Bloom. Ore 17. Palazzo Geremia: incontro con Karla Hoff «Disprezzo, stigmatizzazione di gruppo e sviluppo economico». Ore 17. Teatro Sociale: incontro con Alessandro Barbero «I conflitti di identità nella storia», introduce Dino Messina. Ore 18. Facoltà Giurisprudenza: incontro con Anna Maria Lusardi «I costi dell'ignoranza finanziaria», introduce Marco Panara. Ore 18. Fond. Kessler: incontro con Alberto Alesina e Francesco Giavazzi «La crisi. Può la politica salvare il mondo?». Ore 18. Facoltà Sociologia: «Reti di economia solidale: una risposta locale alla crisi globale». Ore 19. Provincia, sala Depero: incontro con Luigi Zingales «Il futuro della regolamentazione dei mercati finanziari», introduce Gianfranco Fabi. Ore 19.30. Palazzo Calepini, «L'isola civile. Le aziende siciliane contro la mafia». Ore 21. Teatro Sociale: incontro con Federico Rampini «Capitalismo irresponsabile», introduce Fabrizio Galimberti.

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Lo sviluppo deve mirare a ridurre la disuglianza (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

FITOUSSI «Lo sviluppo deve mirare a ridurre la disuglianza» TRENTO. Jean Paul Fitoussi, presidente dell'Osservatorio Francese per la congiuntura economica, e e l'economista Eloi Laurent hanno tracciato una strada per uscire dalla crisi nel libro «La nuova ecologia politica. Economia e sviluppo umano». Fitoussi ne ha parlato ieri al Festival: «La crisi finanziaria mondiale, ma anche quella energetica ed alimentare ci riporta al rapporto essenziale che deve esistere tra la ripartizione dei "mezzi di sussistenza" e la ripartizione del "diritto a sussistere", tra ecologia, democrazia e giustizia sociale». In altre parole, il vero sviluppo ha senso se porta a una diminuzione delle diseguaglianze, a una riduzione delle distanze tra ricchi e poveri.

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Numerosi gli ospiti ma affari scarsi (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Numerosi gli ospiti ma affari scarsi La crisi si fa sentire. Spendono soltanto lo stretto indispensabile I pranzi spesso al sacco Chi arriva in pullman si porta appresso i viveri TERMENO/CALDARO. Questo week-end di Pentecoste è un «segnale» importante per l'andamento turistico. Presenze ed arrivi - sia in Bassa Atesina che in Oltradige - vengono giudicati confortanti dagli operatori del settore. Notevole l'aumento degli ospiti amanti delle escursioni (il turismo ambientale). Ma c'è un nèo, previsto: i turisti spendono lo stretto indispensabile. è un inizio di estate buono dal punto di vista turistico: sono tornati gli ospiti tedeschi e sono aumentati i nostri connazionali. Favorito dall'anticipo del caldo nei giorni scorsi, è «decollato» in maniera ottimale il «turismo ambientale» che dunque conferma il suo trend in costante crescita. La riapertura del camminamento per il «canyon» del Bletterbach - con una serie di proposte organizzate dal Geoparc - e la percorribilità del sentiero del DÜrer oltre che di tutta la zona del parco Monte Corno - hanno dato un importante impulso in tal senso. Intanto gli operatori del settore confermano un'altra tendenza tipica di questo periodo: i turisti restano molto attenti nel mettere mano al portafoglio. Lo si nota sia all'interno degli esercizi ricettivi che nei negozi dove le spese quasi mai sono superflue. Dunque si profilano conti in rosso anche per il giro di affari legato al turismo, nel rispetto di quelle che erano le aspettative vista la perdurante crisi finanziaria internazionale. Economicamente parlando è questo il problema che più preoccupa e che dovrebbe far riflettere le varie categorie «nostrane» che lavorano grazie al turismo ma con prezzi spesso esagerano. Si salvano, per il momento, solo i negozi di generi misti ed in particolare i supermercati dei vari paesi: il turista soprattutto tedesco pranza al sacco. Quindi - ad esclusione delle comitive che si fermano in zona un paio di giorni soltanto e che si portano le provviste al seguito tanto che non è certo inusuale vedere i pullman fermi ai lati delle strade con gli occupanti alle prese con il pranzo a base di panini già confezionati e bibite - si compera il pane, il salame, il formaggio e le bevande in loco. Questo fa «respirare» un po' i commercianti. Ma solo alcuni. Gli altri «piangono» in attesa di riproporre - da luglio - le iniziative di tenere aperto, un giorno alla settimana, anche fino alle 22 grazie a manifestazioni di contorno che sono state molto frequentate nelle scorse estati ma che non hanno indotto tanti - o comunque meno del previsto - allo «shopping» sotto le stelle. Insomma è un inizio di stagione turistica estiva ancora una volta con la... cinghia tirata ma con arrivi e presenze che vengono giudificati in sintonia con le aspettative. Merito anche di una serie di manifestazioni - legate in particolare alla enogastronomia che continua a risultare una carta vincente nel contesto della promozione - che stanno svolgendo un prezioso lavoro di richiamo.

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epifani: "premier assente spero che non abbia pesato la sua amicizia con putin" - paolo griseri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Economia Il leader di Cgil: effetti negativi per l´Italia Epifani: "Premier assente spero che non abbia pesato la sua amicizia con Putin" Governo latitante. Il Lingotto ha fatto bene ma se ci avesse sentiti avrebbe facilitato il contatto con l´IgMetal Viste le sovrapposizioni produttive tra Fiat e Opel, è comprensibile che vi sia chi tira un sospiro di sollievo PAOLO GRISERI Guglielmo Epifani, Fiat-Opel non si farà. Un bene o un male per i lavoratori italiani? «Certamente l´esistenza di evidenti sovrapposizioni produttive tra i due gruppi era motivo di forti preoccupazioni tra i lavoratori. è comprensibile che ci sia chi tira un sospiro di sollievo. Ma sarebbe un grave errore sottovalutare gli effetti negativi, non solo di immagine, che l´epilogo della vicenda può avere anche sulle garanzie per i posti di lavoro in Italia». Come mai è finita in questo modo? «Il governo italiano è stato, con tutta evidenza, quello più assente. E questo è un fatto molto grave soprattutto perché in questi processi di ristrutturazione, quello Chrysler prima e quello Gm poi, le scelte vengono compiute tenendo conto soprattutto di fattori di tipo politico. è la politica che ha deciso a Detroit, con i sindacati che hanno accettato pesanti sacrifici, ed è la politica che ha deciso a Berlino». Se la partita è politica, può aver inciso sul silenzio del governo italiano e sulla vittoria della cordata austro-russa, l´amicizia di Berlusconi con Putin? «Spero proprio di no. Non voglio crederlo. Ma prima o poi Berlusconi qualcosa dovrà pur dire su questa vicenda. Certo, ha inciso il peso dei rapporti tra Berlino e Mosca. Ha inciso l´assenza del governo di Roma e, in buona sostanza, ha inciso la latitanza dell´Europa. Di fronte alla crisi dell´auto ognuno ha cercato di difendere soprattutto le aziende di casa propria». Anche i sindacati europei hanno dato l´impressione di difendere ciascuno i lavoratori di casa propria. Come mai? «Un po´ è fisiologico che questo accada. Sarebbe più semplice provare a superare queste contrapposizioni se ci si confrontasse con una linea di intervento forte dell´Europa. E con un protagonismo del governo italiano in questa vicenda, anche per noi sarebbe stato più agevole il confronto con i sindacati tedeschi. Comunque è indubbio che non c´è stato un coordinamento dei sindacati europei». Quali errori, a vostro parere, ha commesso la Fiat? «Secondo me la Fiat ha fatto bene a provarci. Aveva l´opportunità di portare a termine un progetto certamente ambizioso che tutti sapevano non semplice da realizzare. Credo che se avesse scelto di mantenere aperto il confronto con i sindacati italiani, invece di pensare di incontrarci a cose fatte, questo atteggiamento sarebbe servito anche a migliorare l´immagine del Lingotto nei confronti dei sindacati tedeschi». Nella relazione di venerdì, Mario Draghi ha fotografato un paese con un Pil che cala a picco e una disoccupazione reale a due cifre. C´è chi propone nuovi tagli, a partire dalle pensioni. Voi che cosa proponete? «Sulle pensioni si tratta di proseguire gli interventi già concordati. Ma non si può pensare di risolvere sempre i problemi tagliando sulla spesa. Anche perché già oggi i dati dicono che sono i lavoratori dipendenti a pagare la crisi. Il gettito dell´Iva è sceso del 10 per cento (e non del 6 come dice Tremonti) mentre le tasse sulle buste paga sono sempre quelle. Sarebbe ora di intervenire per aumentare i consumi interni redistribuendo i redditi. Infine penso che dovremo rimettere mano alla struttura del debito. Con una discussione a livello internazionale, una volta fissate le nuove regole dei mercati finanziari, per vedere come gestire il peso del debito senza compromettere investimenti e sviluppo e senza far ripartire l´inflazione».

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draghi, radiografia di un paese malato - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 23 - Commenti DRAGHI, RADIOGRAFIA DI UN PAESE MALATO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Guido Carli, in una delle sue "Considerazioni finali" le chiamò "arciconfraternite del potere" attribuendo alla loro presenza quel sistema di lacci e lacciuoli che paralizza o comunque rallenta la diffusione del benessere all´interno della società. In questo paesaggio di corporazioni la Banca d´Italia è una delle poche voci (forse la sola) al servizio dell´interesse generale perché non è condizionata da interessi propri né di categoria. La seconda ragione deriva dal fatto che l´Italia è sempre stata, fin dalla formazione dello Stato unitario, un paese povero di capitali di rischio. Il capitale l´hanno fornito le banche, anzi per un lungo periodo le banche straniere, prima francesi, poi tedesche. Ma la dotazione del capitale di rischio è sempre stata insufficiente. Di qui una compressione costante delle retribuzioni, una altrettanto costante evasione fiscale, una bassa produttività, una stentata crescita del reddito nazionale, un elevato livello del debito pubblico che è sempre stato tra i più alti d´Europa dai tempi di Marco Minghetti a quelli di Giulio Tremonti. La Banca d´Italia, nella veste di suprema magistratura economica che le condizioni storiche le hanno assegnato, si è dunque dovuta occupare della crescita del reddito e dell´occupazione essendo essa una delle premesse per mantenere la stabilità dei prezzi e del valore della moneta. Il professor Penati converrà con me che il vecchio rito delle "Considerazioni finali" ha dunque una sua ragion d´essere in un paese in cui non esiste una classe generale portatrice degli interessi generali. Fu questo il cruccio di Ugo La Malfa ed è stato il nostro cruccio per mezzo secolo, reso più intenso che mai in questi ultimi quindici anni di populismo e di demagogia "a gogò". * * * La relazione di Mario Draghi apparentemente non ha scontentato nessuno. In realtà il governo l´ha accolta a denti stretti, i sindacati, la Confindustria e le opposizioni vi hanno invece visto la conferma delle loro posizioni. Il ministro dell´Economia si è chiuso in un superbo silenzio rivendicando al potere politico il diritto di gestire senza interferenze la politica economica. «Grazie, so sbagliare da solo»: Tremonti non l´ha detto ma l´ha certamente pensato. Ridotto all´essenza il discorso di Draghi si può riassumere nei seguenti punti: 1. Forse la crisi mondiale ha toccato il fondo e forse cesserà di sprofondare ulteriormente, ma la risalita "a riveder le stelle" sarà lenta specie in Europa e specie in Italia. 2. Gli effetti negativi della crisi finanziaria non si sono ancora scaricati sull´economia reale. Per quanto riguarda in particolare l´occupazione questi effetti cominciano appena ora a vedersi e agiranno in misura crescente nell´ultimo quadrimestre del 2009 ripercuotendosi con effetti di trascinamento per tutto il 2010. 3. Gli strumenti di sostegno sociale fin qui adottati sono decisamente insufficienti. Le risorse mobilitate dal governo vanno nella giusta direzione di estendere la protezione a tutti i lavoratori in difficoltà, ma si limitano ad un livello troppo basso, troppo diseguale tra i diversi gruppi e categorie e non inclusivo dell´ondata di precari i cui contratti scadranno alla fine dell´anno coinvolgendo un milione e ottocentomila lavoratori. 4. Complessivamente il governo ha mobilitato lo 0,3 del Pil per sostenere i redditi dei lavoratori e delle famiglie; in cifre assolute 5 miliardi di euro. 5. Nonostante la modestia di queste cifre largamente inferiori a quanto fatto nel resto d´Europa, la finanza pubblica è in dissesto. Il deficit rispetto al Pil sta viaggiando al 4,5; a fine anno avrà superato il 5. Lo stock di debito pubblico sarà del 114 per cento rispetto al Pil e tenderà addirittura al 120 nel 2011. La spesa corrente è già aumentata di tre punti arrivando a livelli mai raggiunti prima. La pressione fiscale è al 43 per cento e continua a crescere. 6. La domanda dei consumatori è in discesa. L´investimento sia pubblico sia privato è sceso a livelli bassissimi. 7. Urgono interventi di sostegno immediati e consistenti. Per impedire che la sfiducia internazionale aumenti bisogna fin d´ora decidere con quali strumenti il governo rientrerà nei parametri di stabilità a partire dal 2011. Decidere, approvare, fissare la tempistica ora per allora affinché i mercati riacquistino certezza e speranza. Fin qui Draghi. Tralascio altre cifre fornite dal governatore che i giornali di ieri hanno già ampiamente riportato. * * * La strategia di intervenire in modi e quantità appropriati per sostenere la domanda e il reddito dei lavoratori e dei pensionati impegnandosi fin d´ora nell´operazione di rientro, era già stata delineata dal ministro ombra per l´Economia del Partito democratico, Morando, fin dai tempi della segreteria Veltroni. Naturalmente non fu presa in considerazione dal governo. Tremonti disse che a Bruxelles ci avrebbero riso in faccia. Ma non ridono di fronte agli sforamenti della Germania, dell´Irlanda, della Spagna, della Gran Bretagna. Quest´ultima in particolare viaggia tranquillamente oltre la soglia del 6 per cento. Secondo le previsioni si avvicinerà alla soglia del 10 entro l´anno. Infatti le agenzie internazionali di rating hanno declassato il debito pubblico inglese, fatto che non avveniva dal tempo della guerra mondiale. Né sta meglio (anzi sta peggio) il Tesoro americano. Le due potenze anglosassoni si sono date il 2012-2013 come il biennio del rientro nell´equilibrio dei conti pubblici. Hanno anche indicato gli strumenti: taglio di spese, imposte sulle fasce abbienti, rientro dei sussidi dati a banche ed imprese per arginare la crisi. Nel frattempo però dovranno sostenere il finanziamento del Tesoro e soprattutto emettere una massa di titoli pubblici per sostituire quelli in scadenza alla fine di quest´anno e dell´anno prossimo. Si tratta di un ammontare enorme. Draghi conosce bene questo problema e meglio ancora di lui lo conosce Tremonti. Nel secondo semestre di quest´anno verranno a scadenza una massa notevole di titoli pubblici italiani. All´incirca si tratta di 200 miliardi di euro, proprio in sincronia con le scadenze ben superiori di titoli Usa, Gran Bretagna, Germania. Tremonti non ama parlare di questo problema che sta sospeso nel cielo dell´Occidente come una fitta coltre di nerissime nubi. Dice che il peggio è passato e usciremo meglio degli altri dalla crisi. In realtà il peggio deve ancora venire e nasconderlo non giova a nessuno. Altrettanto non giova il fallimento dell´operazione Fiat-Opel. Ho trattato questo tema la settimana scorsa e dunque non mi ripeterò. Auguro a Marchionne e alla Fiat di poter rimpiazzare lo scacco subìto in Germania con nuovi possibili accordi con altre imprese automobilistiche. Ma torno a ripetere che le iniziative di Marchionne non sono state messe in campo per desiderio di gloria ma per necessità di sopravvivenza. Se non andranno a buon fine la Fiat vivacchierà perché l´operazione Chrysler non basta a garantirne il futuro. Vivacchierà e peserà inevitabilmente sui contribuenti italiani. * * * Draghi – per tornare a lui – sostiene la necessità di riforme immediate e punta in particolare sulle pensioni. Prolungare l´età pensionabile e accelerare il sistema a contribuzione liberando così le risorse per rilanciare la crescita. Tremonti e il ministro del Lavoro, Sacconi, obiettano che la riforma si farà a tempo debito e che le risorse liberate saranno redistribuite all´interno del perimetro previdenziale. La preoccupazione di non turbare la pace sociale è giusta ma resta il dilemma posto dal governatore: come rilanciare la crescita? Mi permetto di dire che le proposte del Pd di tassare con modeste e transitorie maggiorazioni i redditi al di sopra dei 120mila euro potrebbe fornire le risorse necessarie, insieme a provvedimenti anti-evasione che Visco aveva adottato e Tremonti smobilitato. Post Scriptum. Non ho parlato di Silvio Berlusconi ma una cosa va ricordata. Il cardinale Bagnasco, nel discorso con il quale ieri ha chiuso la riunione della Conferenza episcopale italiana ha detto che la classe dirigente dovrebbe esser d´esempio educativo alle giovani generazioni con i suoi pensieri, i suoi comportamenti e lo stile di vita ed ha lamentato che ciò non stia avvenendo. Dargli torto mi sembra difficile. Berlusconi ha definito "berlusconiana" la relazione di Draghi; allo stesso titolo potrebbe definire "berlusconiano" l´incitamento di Bagnasco a comportamenti educativi. Ed avrebbe potuto definire "berlusconiane" anche le parole di Franceschini sempre in proposito dei valori educativi da trasmettere ai giovani. Io spero che il premier definisca "berlusconiane" anche queste mie riflessioni se avrà avuto il tempo e la voglia di leggerle. Ne sarei molto compiaciuto. Come ha detto recentemente Roberto Benigni: lei è un mito, presidente, e i miti più si allontanano e più grandeggiano. Perciò si allontani, per il bene suo e del paese.

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banca, assemblea con 1.300 soci (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 5 - Empoli Banca, assemblea con 1.300 soci CASTELFIORENTINO. Sono stati 1.295 i soci che hanno partecipato all'assemblea della Banca di Cambiano per la presentazione del bilancio 2008 su un totale di 2.970 effettivi. Alcuni dei 1.295 soci hanno partecipato per delega. Un bilancio che alla fine dell'incontro è stato approvato all'unanimità. I dati dell'istituto di credito castellano, che quest'anno festeggia i 125 anni di attività, sono stati presentati nel pomeriggio all'istituto superiore Enriques. A presentare i dati e i risultati c'erano il presidente della banca Paolo Regini e il direttore Francesco Bosio. Numeri che danno una banca in crescita. E' stato fatto il panorama dell'economia a livello generale entrando nel merito della crisi finanziaria. Da qui sono state illustrate le caratteristiche della situazione locale, del territorio Empolese Valdelsa. Sono stati poi descritti dal direttore generale Bosio nel dettaglio i dati del bilancio. Uno per tutti, la crescita della raccolta che aumenta del 17,61% sull'esercizio precedente. Soddisfazione, sia dai dirigenti dell'istituto che dai soci, è stata espressa per i numeri contenuti nel documento presentato. Alla fine del resoconto sul bilancio sono stati premiati i soci con oltre cinquanta anni di appartenza alla banca (quattro in tutto) e quelli con un'anzianità invece di quaranta anni, undici in tutto. Dopo le 18, infine, l'assemblea dei soci è stata sciolta ed è terminata con un buffet che è stato interamente realizzato dagli studenti dell'istituto superiore Enriques. (f.p.)

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Costo del denaro Le imprese italiane pagano di più (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Costo del denaro Le imprese italiane pagano di più Le imprese italiane, per effetto della crisi mondiale e dell'aumento del costo del denaro da parte delle banche, hanno pagato quattro miliardi di euro in più rispetto alle francesi e 2,8 miliardi in più su quelle tedesche. È quanto emerge da una rilevazione del centro studi dell'associazione Artigiani Cgia di Mestre. Secondo la Cgia, da settembre 2008 (inizio della fase più acuta della crisi finanziaria) a marzo 2009 i tassi di interesse applicati dalle banche italiane, in particolar modo per i prestiti a breve termine, hanno penalizzato le imprese italiane in maniera più pesante rispetto a quelle Europee. «Le aziende italiane - dice Giuseppe Bortolussi segretario degli artigiani - hanno subito dei contraccolpi economici che non hanno eguali tra i principali competitori economici europei». Per Bortolussi a parità di impieghi erogati dalle banche nel periodo preso in considerazione, in Italia il maggior costo complessivo sostenuto dalle aziende italiane rispetto alla media Ue dei 15 è stato di 2,1 mld di euro. credito

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Belstaff dribbla la stretta con il franchising (sezione: crisi)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Il presidente Malenotti: una scelta necessaria per abbattere i costi delle nuove aperture di negozi Belstaff dribbla la stretta con il franchising «Manca la liquidità per aprire nuovi negozi di proprietà. E allora ci affidiamo al franchising». Belstaff cerca di smarcarsi così dalla stretta del credito. A spiegarlo è Franco Malenotti, presidente del gruppo Clothing Company di Mogliano, titolare dello storico marchio inglese. «Procede il nostro piano di rinegoziazione del debito tramite Mediobanca - spiega Malenotti - per cercare di recuperare liquidità. La stretta si sente, ed è tramite le banche che eravamo soliti alimentare la crescita, l'apertura di nuovi negozi. In un certo senso ci eravamo abituati male, ora dobbiamo cambiare strategia». Tradotto: far sostenere le spese di apertura al franchisee. «Le banche dovrebbero sostenere le aziende che vanno bene e che hanno prospettive di crescita, non solo "tamponare" quelle che vanno male. Per crescere limitando i costi rispetto all'apertura di negozi di proprietà abbiamo deciso di rafforzare il franchising: il primo è stato a Bassano, poi a Madrid. Nei giorni scorsi abbiamo aperto a Praga, ora andremo avanti con Budapest, Salisburgo e Glasgow». Sullo sfondo (in attesa di tornare in primo piano) restano i progetti di apertura del capitale a un partner, finanziario o industriale che sia. «Con Vf eravamo a un buon punto, la trattativa sarebbe andata in porto se non ci fosse stata la crisi finanziaria iniziata con il tracollo di Lehman Brothers - dice Malenotti - ma ora restiamo in attesa, possiamo ancora andare avanti con le nostre gambe. I conti vanno bene». Clothing Company ha chiuso il 2008 con un margine oprativo lordo passato da 6 a 8,5 milioni di euro. (f.p.)

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Ma in Italia il denaro costa di più (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 31 Maggio 2009 ECONOMIA Pagina 37 Ma in Italia il denaro costa di più Le imprese italiane hanno pagato quattro miliardi di euro in più sugli interessi dei prestiti rispetto alle aziende francesi, 2,8 miliardi in più rispetto a quelle tedesche e 1,4 miliardi in più rispetto alle spagnole. Sono i dati elaborati dalla Cgia di Mestre sui costi del finanziamento alle imprese fra settembre 2008, inizio della fase più acuta della crisi finanziaria, fino a marzo 2009. La Cgia ha ipotizzato che l'esposizione bancaria delle imprese italianenel periodo preso in esame, pari a 952 miliardi di euro, sia la stessa in tutti i Paesi dell'Europa dei 15, e ha poi confrontato i costi per le imprese a seguito del tasso di interesse medio applicato in ciascun Paese. Per il segretario Giuseppe Bortolussi, «a parità di impieghi erogati, in Italia il maggior costo complessivo sostenuto dalle aziende è stato di 2,1 mld di euro». Inoltre in Italia le percentuali minime di spese di commissione e accessorie a carico delle piccole e medie imprese sul prestito richiesto, sono tra le più elevate. Se qui il costo medio è il 4,8% del prestito richiesto, in Francia e Spagna è l'1% e in Germania lo 0,5%. E riguardo i giorni necessari per la valutazione della pratica e l'attivazione del prestito alle Pmi, l'Italia è sempre fanalino di coda: 19 giorni, contro i 4 di Francia e Spagna e i 2 della Germania.  

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Crisi finanziaria: energia e denaro sono infiniti? (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Mag 0931 Crisi finanziaria: energia e denaro sono infiniti? Pubblicato da Eleonora Bianchini, Blogosfere Staff alle 07:00 in Tendenze & Scenari Di Debora Billi Quando ho visto questo grafico, scrive Debora Billi su Petrolio, sono rimasta un tantino basita. Si tratta di una ricerca svolta da uno dei sempre ottimi contributori di TOD, che esamina l'eventuale legame tra produzione, energia e crisi finanziaria. Il risultato è quello che vedete: completamente assurdo. Fatta base 100 nel 1970, infatti, la produzione petrolifera (in verde) arriva a 200 per poi cominciare a ridiscendere; la produzione mondiale di energia primaria (in beige) passa appena i 200; il Prodotto Lordo Mondiale (in blu) raggiunge i 400. Il Dow Jones invece ha un percorso tutto suo: fino a circa la metà degli anni '80 segue coerentemente i "fondamentali" mondiali (produzione ed energia), poi arrivati agli anni '90 prende il volo fino a raggiungere il valore di 1600. Ridiscesa a 1000, ci sembra di vivere in un incubo che presto dovrà finire... e invece, probabilmente, la Borsa sta solo assaggiando un po' di realtà. Continua a leggere su Petrolio.

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L'ambiente non si salva a colpi di riunioni e summit ministeriali (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

Commenti Pagina 348 L'ambiente non si salva a colpi di riunioni e summit ministeriali --> Il calendario 2009 dei vertici a livello di capi di Stato e di governo è tracciato: G8 in luglio a L'Aquila, G20 in settembre a Washington, summit delle Nazioni Unite in dicembre a Copenhagen. G8 e G20 saranno dei "G/allargati". Al summit dell'Onu sui cambiamenti climatici parteciperanno i Paesi della comunità mondiale. I temi in agenda nei "bigG" sono vari: crisi finanziaria globale, recessione dell'economia reale, incremento della disoccupazione, povertà nel Terzo mondo, soprattutto in Africa, ambiente/energia. L'analisi presente fa il punto sull'ultimo tema, aggiornando i precedenti approfondimenti pubblicati da L'Unione Sarda da due anni e mezzo circa. Due incontri a livello ministeriale sul tema risparmio-energetico/ambiente si sono svolti, il primo (energia) a Roma a inizio settimana in un G8 allargato a una ventina di Paesi, sotto la presidenza di Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico; il secondo (ambiente) a Parigi, sotto la presidenza di Jean-Louis Borloo ministro francese dell'Ambiente, con date e numero di Paesi partecipanti quasi coincidenti. L'Italia era rappresentata a Parigi da Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente. La riunione ministeriale sull'energia ha partorito, oltre alla solita manifestazione d'intenti su risparmio energetico, energie rinnovabili e rilancio di un programma contro la povertà energetica in Africa, tre dichiarazioni congiunte. La prima, dei ministri dell'Energia del G8 e del commissario europeo dell'Energia; la seconda dei ministri dell'Energia del G8, del commissario europeo dell'Energia e dei ministri dell'energia di Brasile, Cina, India, Corea del Sud, Messico, Arabia Saudita e Sudafrica. La terza, dei ministri dell'Energia del G8, del commissario europeo dell'Energia, dei ministri dell'Energia di Australia, Cina, India, Indonesia, Corea del Sud, Arabia Saudita, Algeria, Egitto, Libia, Rwanda, Sudafrica, Brasile, Messico, Turchia (questa, quasi un doppione della prima). Benché sia apprezzabile lanciare una "dichiarazione congiunta d'intenti", lo è meno quando se ne lanciano tre che trattano lo stesso argomento: ciò significa che esistono forti divergenze per affrontarlo seriamente. Nell'incontro è utile ricordare il ruolo svolto da Steven Chu, premio Nobel e ministro americano dell'Ambiente/Energia che ha confermato il programma eco-sostenibile del presidente Obama. L'incontro ministeriale sull'ambiente a Parigi si è tenuto a porte chiuse, date le divergenze esistenti, voluto dal governo francese che punta alla realizzazione del piano dell'Ue clima/energia 20.20.20. per il 2020. Il piano Ue va difeso come programma minimo al vertice Onu di dicembre a Copenhagen. La posizione dell'Ue è che essa potrà onorare i propri impegni a condizione che altri grandi Paesi inquinatori (Usa e Cina) facciano altrettanto. Questa richiesta è suffragata dai dati ufficiali sulle emissioni globali dei gas serra che passerebbero da 29 miliardi di tonnellate equivalenti CO2 nel 2006 a 40 miliardi nel 2030, se nulla si fa per limitarle. Partecipano al totale: Usa 7,1 miliardi; Cina 5,4 miliardi; Ue 5,1 miliardi. Queste quantità, ripartite per il numero rispettivo di abitanti, danno: Usa 23,7 tonnellate per abitante; Ue 10,3; Cina 4,1. Il che significa che un cittadino americano inquina quasi due volte e mezzo un cittadino europeo e sei rispetto a un cinese. Dato che gli Usa si impegnano a ridurre le emissioni gas serra solo del 6 per cento rispetto al 1990, ciò rappresenta meno di un terzo rispetto al 20 per cento del piano dell'Ue. Xie Zhenhua, vice-ministro cinese partecipante al forum di Parigi, ha dichiarato che «la Cina è determinata nella lotta contro le emissioni di gas serra, conciliando crescita economica, riconversione industriale, sradicamento della povertà, lotta al surriscaldamento globale», sostenendo che il suo Paese ridurrà nel 2009/2010 del venti per cento le spese energetiche e produrrà il dieci per cento di energie rinnovabili sul totale energetico e che essa è già la prima produttrice mondiale di energia solare con 140 milioni di metri quadrati di pannelli fotovoltaici. La lezione da trarre dalle due riunioni ministeriali a Roma e a Parigi è che molto probabilmente nulla di concreto su ambiente/energia e lotta contro il surriscaldamento globale uscirà dal G8 de L'Aquila a luglio e dal G20 di Washington a settembre. La "bagarre" sarebbe rimandata a Copenhagen a dicembre al vertice Onu, dove dovrà essere tracciata la "road map" per l'inizio dei negoziati del nuovo protocollo di Kyoto che sostituirà l'attuale alla sua scadenza nel 2012. ANTONIO MARONGIU - PARIGI (marongiuantonio@tiscali.it)

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Franceschini: basta promesse vane, non siamo tonti (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA 31-05-2009 Franceschini: basta promesse vane, non siamo tonti DA ROMA P d, la polemica con Berlusconi prova a cambiare passo. Niente battute dei leader sul caso Noemi e dintorni, ma piuttosto una critica circostanziata alla politica del governo. Il segretario democratico Dario Franceschini da Palermo dà il la: «Basta fare promesse in campagna elettorale per poi non mantenerle o smentire il giorno dopo quello che si è detto il giorno prima e senza che nessuno possa sbugiardarlo. Non si possono trattare gli italiani come un popolo di tonti». Sotto accusa finiscono la vicenda dell'aeroporto di Malpensa.la questione dell'abolizione del bollo auto e la sporcizia a Palermo: «Ho girato per le strade e ho visto una drammatica emergenza rifiuti: sono stanco delle falsità politiche. Su questa situazione è scesa una cappa di silenzio perchè siamo in una regione e in una città amministrate dalla destra, mentre l'anno scorso è stata fatta tutta una campagna elettorale sull'emergenza rifiuti a Napoli. Il governo non dice nulla su cosa sta succedendo a Palermo. Non vogliamo strumentalizzare, ma un po' di verità gli italiani se la meritano » . Massimo D'Alema ha preso di mira la politica economica, mettendo un cuneo tra la relazione del governatore della Banca d'Italia e i provvedimenti del governo: «Mi sembra ha spiegato che si tratti di due lunghezze d'onda completamente contrapposte». E ha chiarito con sarcasmo: «Il nostro presidente del Consiglio ha un insuperabile senso dell'umorismo. Peccato che con le barzellette non si affrontino i problemi, sennò saremmo veramente un Paese straordinario. Berlusconi ha ripetuto per mesi che la crisi non c'era e non ha fatto nulla. Draghi ci ha spiegato che la crisi c'è ed è grave». Stessa musica da Enrico Letta: «La crisi non si batte con il fatalismo. Non è una pandemia come quella del Messico. I paesi europei devono stare attenti e lo sono. La Francia ha 40 multinazionali e il governo sta attuando protezionismo e aiuti nei loro confronti. Noi ne abbiamo cinque e certo non riusciremo a costruire le prossime 35 in qualche mese. Dobbiamo proteggere i quattro milioni di piccole e medie imprese che abbiamo ». Chi non rinuncia ad attaccare frontalmente Berlusconi sulle questioni giudiziarie è Antonio Di Pietro. Che ribadisce: «Nella motivazione della sentenza del processo Mills vi è la prova che il Presidente del Consiglio Berlusconi era un corruttore ed un evasore fiscale e, quindi, indegno sia politicamente sia moralmente di guidare e rappresentare il governo del nostro Paese». Il leader dell'Idv definisce «ancor più indegna e falsa l'accusa di eversione che Berlusconi rivolge ai magistrati che lo hanno giudicato. È lui un eversivo incallito che ha falsificato le prove per evitare che gli italiani sapessero di che pasta fosse fatto». «Fecero tutta la campagna elettorale sull'aeroporto internazionale e Malpensa è uno scalo fantasma. E il bollo auto doveva essere abolito...»

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Palermo, caos-rifiuti nelle strade Rissa sfiorata in municipio (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

PALERMO - Caos e rissa sfiorata in consiglio comunale a Palermo sull'emergenza rifiuti. Questa mattina durante la seduta straordinaria per fronteggiare il problema della spazzatura, con la delibera dell'aumento del 35% sulla tasse per i rifiuti (tarsu), alcuni consiglieri della maggioranza e dell'opposizione sono quasi venuti alle mani. La maggioranza della giunta di Diego Cammarata aveva proposto di far svolgere la seduta a porte aperte, mentre davanti al palazzo si accalcavano circa 400 persone, tra operatori dell'Amia (azienda per i rifiuti locale), dipendenti di società locali e raccoglitori di ferro e cartone. Presenti alle discussioni in comune anche alcuni rappresentanti dei sindacati. Secondo l'amministrazione comunale l'aumento della tassa serve a sostenere le finanze dell'Amia che ha un buco di circa 150 milioni di euro, e non riesce a pagare gli straordinari dei dipendenti. L'opposizione chiede che a pagare siano gli ex amministratori dell'Amia che hanno creato la crisi finanziaria e invitano l'amministrazione a recuperare le somme non versate dagli evasori. Da 10 giorni la città è sommersa dai rifiuti per l'astensione dei lavoratori dell'Amia dal lavoro straordinario causa mancato rinnovo del contratto di servizio tra l'azienda e il comune. Ieri sera alle 22 comunque i dipendenti dell'azienda hanno annunciato una tregua, rimettendosi a lavorare in attesa della delibera del consiglio comunale di oggi. Il municipio è presidiato da polizia in assetto antisommossa, carabinieri e guardia di finanza. La Digos ha deciso di mandare uomini in borghese tra i manifestanti per evitare che la situazione degeneri. Nelle strade della città intanto, proseguono i roghi di cassonetti stracolmi di spazzatura, circa 200 sono quelli bruciati finora. (31 maggio 2009

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Rifiuti a Palermo, sfiorata rissa in aula (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Crisi

PALERMO Tranne i consiglieri comunali e le persone autorizzate, nessuno può entrare o uscire nel municipio di Palermo presidiato da polizia, carabinieri e guardia di finanza che tengono a distanza circa 400 manifestanti radunati davanti a palazzo delle Aquile in attesa dell’esito della seduta straordinaria convocata per discutere la delibera dell’amministrazione sull’aumento della tassa per i rifiuti (tarsu). Intanto nelle strade della città proseguono i roghi di cassonetti stracolmi di spazzatura, circa 200 sono quelli bruciati finora. I lavori in consiglio comunale sono stati aperti e sospesi dopo pochi minuti in seguito alla tensione tra maggioranza e opposizione sulla proposta del centrodestra di svolgere la seduta a porte aperte. È in corso una riunione tra i capigruppo e una delegazione sindacale in rappresentanza dei lavoratori dell’azienda per i rifiuti (Amia) preoccupati per il posto di lavoro. Secondo l’amministrazione comunale l’aumento della tarsu serve a sostenere le finanze dell’Amia che ha un buco di circa 150 milioni di euro, senza i rincari sarebbe a rischio l’occupazione. L’opposizione chiede che a pagare siano gli ex amministratori dell’Amia che hanno creato la crisi finanziaria e invitano l’amministrazione a recuperare le somme non versate dagli evasori. Nell’aula consiliare c’è anche una delegazione di sindacalisti, inviatati a seguire i lavori.

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Liberismo IN CADUTA LIBERA (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Liberismo IN CADUTA LIBERA Il crollo della borsa e il fallimento di importanti banche sono state le premesse per la chiusura di imprese e l'aumento della disoccupazione. Questo è dovuto al fatto che la finanza non è più un aspetto parassitario dell'attività economica, ma una sua componente centrale. È venuta cioè meno la contrapposizione tra economia reale e finanza che ha segnato l'analisi storica del capitalismo. Un'anticipazione da «Finanza bruciata», volume pubblicato da Edizioni Casagrande LE RADICI PROFONDE DELLA CRISI ECONOMI Christian Marazzi L'economia finanziaria è oggi pervasiva, si spalma cioè lungo tutto il ciclo economico, lo accompagna per così dire dall'inizio alla fine. Oggi si è nella finanza, per dirla con un'immagine, anche quando si va a fare shopping al supermercato, dal momento in cui si paga con la carta di credito. L'industria automobilistica, per fare solo un esempio, funziona interamente su meccanismi creditizi (acquisti rateali, leasing), tant'è vero che i problemi di una General Motors riguardano tanto la produzione di automobili quanto, se non soprattutto, la debolezza della Gmac, la sua filiale specializzata nel credito al consumo indispensabile per vendere i suoi prodotti ai consumatori. Siamo cioè in un periodo storico nel quale la finanza è consustanziale a tutta la produzione stessa di beni e servizi. Oltre ai profitti industriali non reinvestiti in capitale strumentale e in salari, le fonti che alimentano la finanziarizzazione odierna si sono moltiplicate: vi sono i profitti che derivano dal rimpatrio di dividendi e royalties a seguito di investimenti diretti all'estero, i flussi di interessi provenienti dal debito del Terzo Mondo, ai quali si aggiungono i flussi di interessi sui prestiti bancari internazionali ai paesi emergenti, le plusvalenze derivanti dalle materie prime, le somme accumulate da individui e da famiglie facoltose investiti sui mercati borsistici, i fondi pensione e di investimento. La moltiplicazione e estensione delle fonti e degli agenti del «capitale portatore d'interesse» è senza dubbio uno dei tratti distintivi, inediti e problematici, del nuovo capitalismo finanziario, specie se si riflette sulla possibilità di modificare questo sistema, di «de-finanziarizzarlo», ristabilendo in tal modo un rapporto «più equilibrato» tra economia reale e economia finanziaria. Accumulazione monetaria Come le precedenti, questa finanziarizzazione parte anch'essa da un blocco dell'accumulazione intesa come non reinvestimento dei profitti nei processi direttamente produttivi (capitale costante, ossia beni strumentali, e capitale variabile, ossia salari). Infatti, essa inizia con la crisi di crescita del capitalismo fordista a partire dagli anni Settanta. Vi erano, in quegli anni, tutte le premesse per una riedizione della classica finanziarizzazione basata sulla dicotomia tra economia reale (industriale) e economia monetaria, con il conseguente dirottamento di quote di profitto sui mercati finanziari per assicurare una crescita dei profitti senza accumulazione. Dall'inizio degli anni '80, «La fonte principale delle bolle finanziarie è la crescita tendenziale del profitto non accumulato che risulta essa stessa da un duplice movimento: da una parte, l'arretramento generalizzato dei salari e, dall'altra parte, la stagnazione - vedi l'arretramento - del tasso di accumulazione malgrado il ristabilimento del tasso di profitto» (Michel Husson, Les enjeux de la crise, «La Brèche»). Per tasso d'accumulazione si intende il tasso di crescita del volume del capitale netto, mentre per tasso di profitto si intende il rapporto tra profitti e capitale: la divergenza tra i due tassi a partire dal 1980, rappresenta un indicatore certo, benché non il solo, della finanziarizzazione. Ma, come detto, ai profitti industriali non reinvestiti si sono via via aggiunte altre fonti di «accumulazione» di capitale finanziario, un fatto da tener presente per capire le trasformazioni del modello di sviluppo-crisi postfordista. In particolare, la finanziarizzazione ha comportato un processo di disintermediazione bancaria per quanto riguarda il finanziamento della crescita economica (prevalenza del modello anglo-sassone su quello renano), ma ha altresì conosciuto un processo di moltiplicazione degli intermediari finanziari come risultato della deregolamentazione e liberalizzazione dell'economia. Il consumo del rentier La transizione dal modo di produzione fordista al «capitalismo manageriale azionario» che sta alla base del capitalismo finanziario odierno si spiega infatti alla luce del calo dei profitti industriali (di circa il 50 per cento) tra gli anni Sessanta e Settanta dovuto all'esaurimento delle basi tecnologiche ed economiche del fordismo, in particolare la saturazione dei mercati per beni di consumo di massa, la rigidità dei processi produttivi, del capitale costante e del salario operaio politicamente «rigido verso il basso». All'apice del suo sviluppo, ad una determinata composizione organica del capitale (cioè del rapporto tra capitale costante e capitale variabile), il capitalismo fordista non è stato più in grado di «succhiare» plusvalore dal lavoro vivo operaio. «Pertanto, fin dai secondi anni '70 la principale forza propulsiva dell'economia mondiale è stato l'incessante tentativo delle imprese capitalistiche - sollecitato dai loro proprietari e investitori - di riportare con differenti mezzi il tasso di profitto ai maggiori livelli di vent'anni prima» (Luciano Gallino, L'impresa irresponsabile, Einaudi). Sappiamo come è andata: riduzione del costo del lavoro, attacco ai sindacati, automatizzazione e robotizzazione di interi processi lavorativi, delocalizzazione in paesi a bassi salari, precarizzazione del lavoro e diversificazione dei modelli di consumo. E, appunto, finanziarizzazione, ossia aumento dei profitti non come eccedenza dei ricavi sui costi (cioè non secondo la logica manifatturiera-fordista), ma come eccedenza del valore in Borsa. Non c'è dubbio che, nella configurazione postfordista del capitalismo finanziario in cui la parte dei salari si riduce e si precarizza e gli investimenti in capitale stagnano, il problema della realizzazione dei profitti (ossia della vendita del plusvalore prodotto) rimanda al ruolo del consumo a mezzo di redditi non salariali. Sotto questo profilo distributivo, la riproduzione del capitale (con la polarizzazione della ricchezza estremamente elevata che lo caratterizza) si effettua in parte grazie all'aumento del consumo dei rentier e in parte grazie al consumo indebitato dei salariati. La finanziarizzazione ha redistribuito, per quanto in modo fortemente disuguale e precario (si pensi alle rendite pensionistiche derivanti dalla pensione integrativa secondo il primato delle contribuzioni), rendite finanziarie anche ai lavoratori salariati nella duplice forma di rendite mobiliari e immobiliari (negli Usa rispettivamente del 20 per cento e 80 per cento). C'è quindi una sorta di divenire rendita del salario, oltre che del profitto. L'indebitamento delle economie domestiche, al quale corrisponde una riduzione più o meno pronunciata dei risparmi a seconda che ci si situi negli Usa o in Europa, è ciò che ha permesso al capitalismo finanziario di riprodursi su scala allargata e globale. Si può affermare che, parallelamente alla riduzione della funzione redistributiva dello Stato sociale, in questo periodo si è assistito ad una sorta di privatizzazione del deficit spending di keynesiana memoria, ossia la creazione di una domanda aggiuntiva a mezzo di debito privato (con relativo spostamento del rischio verso le economie domestiche private). L'esplosione dell'indebitamento privato è stata facilitata, soprattutto dopo il crollo del Nasdaq del 2000-2002, da una politica monetaria molto espansiva e dalla deregulation bancaria, una politica che ha favorito la cartolarizzazione dei titoli poggianti sui debiti: Collaterized Debt Obligation e Collaterized Loans Obligations, ai quali si aggiungono i Credit Default Swaps, i titoli assicurativi derivati che vengono scambiati (di fatto barattati) tra gli operatori per proteggersi contro i rischi d'investimento. L'insieme di tutti questi derivati del credito ammonta oramai a qualcosa come 62 mila miliardi di dollari. A partire dalla crisi della new economy del 2000-02, il mercato immobiliare statunitense conosce un'accelerazione spettacolare, soprattutto se si ricorda che già nel 2001 i prezzi dell'immobiliare erano già alquanto elevati, tanto elevati che gli analisti consideravano come già data la bolla del settore nel 2002. Grazie alla cartolarizzazione dei mutui subprime, invece, è stato possibile spingere l'inflazione del settore immobiliare fino allo scoppio della bolla nel 2007. La povertà quotata in borsa L'espansione dei mutui subprime dimostra che per crescere e fare profitti la finanza ha bisogno di coinvolgere, oltre al ceto medio, anche i poveri. Per funzionare, questo capitalismo deve investire sulla nuda vita di persone che non possono fornire alcuna garanzia, che non offrono nulla se non se stessi. E' un capitalismo che fa della nuda vita una fonte diretta di profitto. Lo fa sulla base di un calcolo delle probabilità secondo cui il mancato ripagamento di un prestito è considerato «gestibile», cioè trascurabile, se considerato su scala di un'intera popolazione. La logica finanziaria che sottende il calcolo delle probabilità è infatti particolarmente cinica: i titoli emessi a partire dal pool di crediti ipotecari raggruppati dalle banche d'affari sono costruiti secondo il principio della subordinazione, cioè di una gerarchia di rischi interna ai titoli emessi. Il primo lotto, quello inferiore, avrà un rischio elevato. Quello intermedio presenterà un rischio ridotto, e quello più elevato (super senior e senior), costituito dai titoli migliori, sarà considerato particolarmente sicuro. Il lotto superiore è così protetto da quelli inferiori, nel senso che sarà la parte dei titoli cartolarizzati più a rischio la prima a saltare in caso di perdite per gli investitori. L'accesso al bene casa è costruito sulla base di modelli matematici di rischio in cui la vita delle persone non conta assolutamente niente, in cui i poveri sono «giocati» contro i meno poveri, in cui il diritto sociale all'abitazione è artificialmente subordinato al diritto privato di realizzare un profitto. Con buona pace degli economisti accademici che in tutti questi anni hanno messo le loro competenze scientifiche e la loro dignità a disposizione dell'industria finanziaria (su come la crisi finanziari odierna riveli anche la crisi della scienza economica accademica, si veda: David Colander et al., The Financial Crisis and the Systemic Failure of Academic Economics, http://economistsview.typepad.com/economistsview/2009/02/the-financial-crisis-and-the-systemic-failure-of-academic-economics.html). Il limite della proprietà sociale La soglia di questo processo inclusivo è data dalla contraddizione tra diritti di proprietà sociale di un bene (come la casa) e diritti di proprietà privata, tra espansione dei bisogni sociali e logica privata della finanza di mercato. Su questa soglia si gioca il futuro del conflitto sociale, come pure la capacità o meno del capitale di uscire dalla sua stessa crisi. Si tratta di una soglia temporale, se solo si pensa, ad esempio, all'architettura dei contratti ipotecari tipici dei mutui subprime. La formula del 2 + 28, dove nei primi due anni gli interessi ipotecari sono fissi e bassi, appunto per cooptare sempre più «proprietari», e gli altri 28 anni sono a tassi variabili, quindi soggetti all'andamento generale della congiuntura e della politica monetaria, rappresenta un esempio di contraddizione tra diritti di proprietà sociale e diritti di proprietà privata. Dopo due anni di relativo predominio del valore d'uso (diritto d'accesso all'abitazione), si passa a ventotto anni di predominio del valore di scambio, con effetti di espulsione/esclusione estremamente violenti. In tal modo, la logica finanziaria produce un (bene) comune, che poi divide e privatizza con l'espulsione degli «abitanti del comune» a mezzo di creazione artificiale di scarsità di tutti i generi, scarsità di mezzi finanziari, di liquidità, di diritti, di desiderio, di potere. Un processo che ricorda l'epoca delle recinzioni seicentesche (enclosures), in cui i contadini, che vivevano sulla e della terra come bene comune, furono espulsi a causa dei processi di privatizzazione e di divisione della terra comune, processi che diedero origine al proletariato moderno e alla sua nuda vita. Foto: ILLUSTRAZIONE DI TED MC GRATH / DA «200 BEST ILLUSTRATORS», ARCHIVE SHOWCASE

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Salza, i Bot e le botti di vino (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Roberto Fiori Salza, i Bot e le botti di vino CONTINUA A PAGINA 62I Barolo è una delle grandi cose che hanno reso noi piemontesi seri e riconosciuti in tutto il mondo». Parola di Enrico Salza, piemontesissimo presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, la super banca, con sei milioni di correntisti, quarta in Europa. Ieri, all'ombra del castello Falletti che sta diventando museo del vino, Salza è diventato testimonial della nuova annata 2005. «Lavorare la terra è faticoso - ha detto il banchiere torinese - che ha ricordato le sue origini e l'epoea della famiglia produttrice di fiammiferi - quando si fatica in modo giusto, si viene anche premiati». Tanto da consigliare di investire in botti, invece che in bot? Alla domanda maliziosa, posta dal giornalista Sergio Miravalle, che ha condotto l'incontro, Salza ha risposto senza esitazioni: «Meglio le botti e non solo dal punto di vista delle resa economica. Il mondo del vino è serio e si è sempre tenuto lontano dalla Borsa e dai mercati finanziari troppo volatili e non ha sbagliato». Il nuovo padrino scelto dall'Enoteca Regionale del Barolo ha dimostrato di gradire con convinzione il ruolo di testimonial. «Ho accettato questo riconoscimento perché credo che l'agricoltura dia un senso al lavoro e all'attenzione per il proprio territorio. E' ciò che devono fare anche le banche, dimostrando capillarmente la propria presenza e disponibilità, tanto più in momenti di crisi come questi». Già, la crisi. Inevitabile una domanda sul futuro dell'economia: «Io ho l'obbligo di non essere pessimista. Ma ho anche il dovere di non dire bugie. Credo che sia verosimile una ripartenza nel secondo semestre 2010, tuttavia l'Italia ha la fortuna di trovarsi in una condizione più virtuosa di altri, nel senso che ha un forte debito pubblico, ma le famiglie sono molto meno indebitate e resistono. La loro parte la devono fare anche le imprese, ricapitalizzando e investendo senza aspettarsi solo aiuti pubblici». Sceso dal palco condiviso con la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, e la presidente dell'enoteca del Barolo, Renata Salvano, Salza ha anche dato un giudizio sul mancato accordo tra Fiat e Opel in Germania: «Marchionne si è dimostrato serio e intelligente di tutti e forse alla fine sarà meglio così. A volte nella vita bisogna anche sapersi fermare un momento, per poi ricominciare». Il brindisi con la nuova annata del Barolo è stato preceduto da un'appassionata presentazione dell'enologo Armando Cordero e dalla consegna di onorificenze a due storici ristoratori di Langa: Giorgio Rocca, titolare di "Felicin" a Monforte d'Alba, e Gian Bovio, gestore dell'omonimo locale di La Morra. Le prime mille bottiglie, confezionate dall'Enoteca regionale con un'etichetta speciale realizzata dall'artista statunitense Beverly Pepper, serviranno per promozioni e altre degustazioni pubbliche, la prima delle quali è prevista per giovedì al Marriot Hotel di Roma con la Camera di commercio. Gli altri dieci milioni cercheranno di conquistarsi i mercati di tutto il mondo, con la «benedizione economica» di Enrico Salza.

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"Il mondo del vino resti fuori dalla Borsa" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Evento Enrico Salza testimonial del Barolo 2005 LA BANCA E L'UNESCO "Il mondo del vino resti fuori dalla Borsa" Investire sulle botti rende più dei Bot. Ottimismo e verità ROBERTO FIORI "Possiamo finanziare demolizioni e coperture delle brutture edilizie" BAROLO Il Barolo è una delle grandi cose che hanno reso noi piemontesi seri e riconosciuti in tutto il mondo». Parola di Enrico Salza, piemontesissimo presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, la super banca, con sei milioni di correntisti, quarta in Europa. Ieri, all'ombra del castello Falletti che sta diventando museo del vino, Salza è diventato testimonial della nuova annata 2005. «Lavorare la terra è faticoso - ha detto il banchiere torinese - che ha ricordato le sue origini e l'epoea della famiglia produttrice di fiammiferi - quando si fatica in modo giusto, si viene anche premiati». Tanto da consigliare di investire in botti, invece che in bot? Alla domanda maliziosa, posta dal giornalista Sergio Miravalle, che ha condotto l'incontro, Salza ha risposto senza esitazioni: «Meglio le botti e non solo dal punto di vista delle resa economica. Il mondo del vino è serio e si è sempre tenuto lontano dalla Borsa e dai mercati finanziari troppo volatili e non ha sbagliato». Il nuovo padrino scelto dall'Enoteca Regionale del Barolo ha dimostrato di gradire con convinzione il ruolo di testimonial. «Ho accettato questo riconoscimento perché credo che l'agricoltura dia un senso al lavoro e all'attenzione per il proprio territorio. E' ciò che devono fare anche le banche, dimostrando capillarmente la propria presenza e disponibilità, tanto più in momenti di crisi come questi». Già, la crisi. Inevitabile una domanda sul futuro dell'economia: «Io ho l'obbligo di non essere pessimista. Ma ho anche il dovere di non dire bugie. Credo che sia verosimile una ripartenza nel secondo semestre 2010, tuttavia l'Italia ha la fortuna di trovarsi in una condizione più virtuosa di altri, nel senso che ha un forte debito pubblico, ma le famiglie sono molto meno indebitate e resistono. La loro parte la devono fare anche le imprese, ricapitalizzando e investendo senza aspettarsi solo aiuti pubblici». Salza ha anche condiviso l'idea di finanziare come banca le demolizioni e le mascherature delle brutture edilizie per migliorare l'immagine dei territori che hanno posto la candidatura all'Unesco, Sceso dal palco condiviso con la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, e la presidente dell'enoteca del Barolo, Renata Salvano, Salza ha anche dato un giudizio sul mancato accordo tra Fiat e Opel in Germania: «Marchionne si è dimostrato serio e intelligente di tutti e forse alla fine sarà meglio così. A volte nella vita bisogna anche sapersi fermare un momento, per poi ricominciare». Il brindisi con la nuova annata del Barolo è stato preceduto da un'appassionata presentazione dell'enologo Armando Cordero e dalla consegna di onorificenze a due storici ristoratori di Langa: Giorgio Rocca, titolare di "Felicin" a Monforte d'Alba, e Gian Bovio, gestore dell'omonimo locale di La Morra. Le prime mille bottiglie, confezionate dall'Enoteca regionale con un'etichetta speciale realizzata dall'artista statunitense Beverly Pepper, serviranno per promozioni e altre degustazioni pubbliche, la prima delle quali è prevista per giovedì al Marriot Hotel di Roma con la Camera di commercio. Gli altri dieci milioni cercheranno di conquistarsi i mercati di tutto il mondo, con la «benedizione economica» di Enrico Salza.

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Salza: " I Bot? Molto meglio le botti di vino" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

L'INSEGNAMENTO Evento Il nuovo testimonial del Barolo 2005 Salza: " I Bot? Molto meglio le botti di vino" L'agricoltura dà una lezione alle banche: legarsi al territorio «Lavorare la terra è faticoso ma poi si viene premiati» Il banchiere: "Il mondo del vino è serio e non è andato in Borsa" ROBERTO FIORI I mercati finanziari sono troppo incerti In questi anni la vite ha reso di più ALBA SEGUE DA PAGINA 55

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Gli studenti processano gli economisti (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

AL FESTIVAL DELL'ECONOMIA DI TRENTO UNA GIURIA DI UNIVERSITARI METTE ALL'INDICE I COLPEVOLI DELLA CRISI FINANZIARIA Gli studenti processano gli economisti [FIRMA]STEFANO LEPRI INVIATO A TRENTO Chi sono i colpevoli della crisi finanziaria? Per gli economisti la condanna emessa è stata piuttosto blanda; per chi doveva vigilare sui mercati, e per i politici, è in arrivo un verdetto severo; oggi si giudicheranno i banchieri, e c'è da prevedere il massimo della pena. La giuria popolare di questo processo all'americana ha dovuto districarsi tra molte raffinate versioni dello scaricabarile escogitate dagli avvocati difensori; opportunamente, si tratta di 30 giovani studenti di economia scelti tra i migliori. La sorpresa dell'udienza di ieri l'ha portata un testimone che aveva previsto il fattaccio, e non era stato ascoltato. Lo ha convocato l'economista Luigi Spaventa, pubblico ministero di turno al «Tribunale della crisi», spettacolo centrale del Festival dell'Economia trentino. Il teste è William White, un canadese ora in pensione che era capo economista della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea. White, al corrente di tutti i dati più delicati, aveva lanciato l'allarme - insieme con il suo vice, l'italiano Claudio Borio - nei rapporti Bri 2006 e 2007. Ora rivendica il suo primato senza accusare nessuno: «Erano inadeguate le regole sul capitale delle banche. Erano insufficienti, specie negli Stati Uniti, le istituzioni di vigilanza, anche perché guardavano alla stabilità di ogni singola banca senza occuparsi di che cosa sarebbe accaduto in caso di difficoltà per tutto il sistema. E poi c'era la psicologia, che negli anni di vacche grasse rende difficile prevedere tempi peggiori». Perché taceva il Fondo monetario, la più importante istituzione finanziaria internazionale? Anche lì qualcuno si era accorto del pericolo, come l'allora capo ufficio studi, l'indiano Raghuram Rajan. «Degli squilibri già parlavamo nel 2003 - insiste l'avvocato difensore del Fondo monetario internazionale, Piercarlo Padoan (che nel Fmi rappresentava l'Italia) - ma potevamo solo proporre, mentre erano i governi a disporre». Specie gli Stati Uniti, che non avevano mai aperto la propria finanza alle ispezioni del Fondo monetario. «Negli Stati Uniti erano più di sessanta le autorità di controllo, e con poteri limitati - depone un altro teste, il direttore per la ricerca economica della Banca d'Italia, Salvatore Rossi - insomma come mettere molti vigili urbani a regolare lo stesso incrocio, per di più imponendogli di multare solo le utilitarie. A vigilare sulle banche di investimento era solo l'americana Sec, l'equivalente della nostra Consob: sono bravi, ma il loro mestiere è un altro». Chi c'è al vertice di tutto questo? Chi ne tirava le fila? Il pubblico ministero Spaventa - brillante e conciso dall'alto dei suoi 75 anni benissimo portati - pronuncia un nome: Alan Greenspan. «Con lui alla guida della Federal Reserve non abbiamo bisogno di fare lobbying» aveva dichiarato a suo tempo il capo dell'Isda, la lobby dei derivati finanziari. L'avvocato difensore degli enti di vigilanza, Andrea Prat della London School of Economics, si rimette alla clemenza della Corte: «Che potevano fare, poveretti? Quasi tutti gli dicevano che andava bene così. Compreso un economista famoso, che ha lavorato con Clinton, poi ha guadagnato 5 milioni di dollari con uno hedge fund, e ora consiglia Obama: Larry Summers». Entrambi i partiti Usa, repubblicani e democratici, escono male dal cinematografico processo condotto sotto la regia del giornalista Massimo Gaggi, presidente del tribunale. Gli economisti escono assolti da 3 dei 9 capi d'accusa, mitemente condannati per gli altri. Darà la colpa ai politici anche Luigi Zingales, il professore di Chicago che oggi avrà l'arduo compito di difendere i banchieri: «È stata la politica a offrirgli gli incentivi a sbagliare; ad esempio con una regolamentazione sbagliata dei mutui, che serviva a promettere la casa a tutti».

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L'Euregio: obiettivo valido (sezione: crisi)

( da "Alto Adige" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

L'Euregio: obiettivo valido Vertici politici, rettori e imprenditori a confronto TRENTO. Economie transfrontaliere ed Euregio a confronto con la crisi finanziaria: ne hanno parlato nella sede della banca di Trento e Bolzano, Lorenzo Dellai, l'imprenditore Mario Marangoni, i rettori delle università di Trento e Innsbruck Davide Bassi e Karlheinz Toechterle e Gregorio De Felice, capo dell'ufficio studi di Btb, che ha moderato. Per Mario Marangoni «Le infrastrutture vecchie e nuove (compreso il tunnel del Brennero) rafforzano legami antichi e ne creano di nuovi. Sul piano politico non c'è stato lo stesso amore, ma ciò non ha intaccato lo sviluppo delle nostre economie, perché quando si parla di economia i confini non esistono più. Anzi, è stata la politica a trarre vantaggio dalla collaborazione sul piano economico». E' toccato poi a Bassi ricordare i passi fatti: «E' in corso un processo di aggregazione dei piccoli atenei, anche a livello transfrontaliero, al fine di ottenere la massa critica necessaria da cui fare scaturire l'eccellenza. L'Euregio è importante, ma chiuderci in un localismo di mezzo milione di abitanti non è molto diverso che chiuderci in una enclave di un milione e mezzo di abitanti. L'Euregio deve svolgere la sua missione storica, essere un gate, un cancello fra Italia e mondo tedesco». Gli ha fatto eco il rettore TÖchterle: «Noi oggi se vogliamo superare la crisi dobbiamo continuare a investire nell'istruzione, anche se si tratta di un investimento che non produce vantaggi nel breve periodo». Per Dellai «Nell'Euregio potremmo sperimentare con un po' più di coraggio. Questa crisi si supererà, ma dopo ci ritroveremo con un paesaggio molto mutato. Ciò che è certo che i territori dovranno continuare a sperimentare forme di unione, ma non in maniera astratta. Qui c'è un comune sentire che è sopravvissuto a tanti cambiamenti: abbiamo l'opportunità di unire l'aspetto funzionale (essere più grandi per contare di più) con quello motivazionale (il recupero di una storia comune, in un'ottica di modernizzazione)».

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Oggi si chiude con Glaeser, Manning e il Nobel Spence (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

L'AGENDA Oggi si chiude con Glaeser, Manning e il Nobel Spence Ore 10. Facoltà Economia: conferenza di Alberto Giovannini «Crisi finanziaria», introduce Edoardo Gaffeo. Ore 10. Facoltà Sociologia: «Imprese italiane: un modello glocale per vincere la crisi?». Ore 10.30. Castello Buonconsiglio: conferenza di Fabrizio Zilibotti «Come recuperare il terreno perduto». Ore 10.30. Palazzo Geremia: conferenza di Giuseppe De Rita «Terra e comunità», introduce Enrico Franco. Ore 10.30. Biblioteca via Roma: incontro con Leonardo Becchetti, Monica Di Sisto e Alberto Zoratti su «Il voto nel portafoglio. Cambiare consumo e risparmio per cambiare l'economia». Ore 12. Provincia, sala Depero: «Processo alla finanza», con Massimo Gaggi, Marco Onado e Luigi Zingales. Ore 12. Facoltà Sociologia: «Identità fa rima con pubblicità?». Ore 12. Biblioteca via Roma: incontro «Megacomunità, come i leader di Governo, delle aziende e della società civile possono gestire le grandi sfide globali, insieme». Ore 15. Palazzo Geremia: conferenza di Edward Glaeser «Come i limiti della conoscenza umana spiegano la crescita della città, l'odio etinco e le differenze fra Stati Uniti ed Europa», introduce Nicola Porro. Ore 15. Castello Buonconsiglio: conferenza di Thierry Verdier «Integrazione culturale, formazione dell'identità e sostegno politico al Welfare State», introduce Eric Jozsef. Ore 15. Biblioteca via Roma: incontro con Laura Pennacchi su «La mortalità del welfare. Contro il neoliberismo populista». Ore 15. Facoltà Sociologia: «Da sovrano a sistema, la metamorfosi dello Stato». Ore 16. Facoltà Economia: conferenza di Nicola Persico «Obama e il pregiudizio razziale», introduce Patricia Thomas. Ore 16.30. Facoltà Economia: «Cosa ci ha insegnato la crisi giapponese». Ore 16.30. Fondazione Kessler: incontro con Antonio Calabrò «Orgoglio industriale. La scommessa italiana contro la crisi globale». Ne discutono Raffaele Bonanni e Innocenzo Cipolletta. Ore 17. Palazzo Geremia: conferenza di Alan Manning «L'identità degli immigrati in Gran Bretagna. scontro o incontro tra culture?», introduce Roberta Carlini. Ore 17. Castello Buonconsiglio: incontro con Jayati Ghosh «Le crisi alimentari in un mondo di diseguaglianze». Ore 18. Fondazione Kessler: incontro con Ronald Dore «Finanza piglia tutto. Attendendo rivincita dell'economia reale». Ore 18.30. Teatro Sociale: conferenza di Michael Spence «Il mondo dopo la crisi», introduce Tito Boeri.

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il federalismo all'italiana - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 20 - Commenti IL FEDERALISMO ALL´ITALIANA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) O invece, dopo il Piano A e il Piano B (discussi su questo giornale il 21 marzo e il 14 aprile), è in corso un Piano C? Piccolo flashback. Il dl 112 (giugno 2008) conteneva un progetto di social housing con capitali pubblici e privati: una casa per le categorie svantaggiate (famiglie a basso reddito, anziani, immigrati), con fondi immobiliari e finanziamenti pubblici per alloggi in affitto a canone concordato. Smentendo se stesso, in marzo il governo usa la stessa etichetta ("piano casa") per un progetto opposto. Zero capitali pubblici, zero social housing: il decreto si rivolge a chi la casa e i soldi li ha già (o può farseli prestare) e vuole aumentare la volumetria della propria abitazione dal 20% al 35 %, «in deroga alle disposizioni legislative, agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi», nonché in barba al Codice dei Beni Culturali, imponendo alle Soprintendenze il silenzio-assenso e l´asservimento alla conferenza dei servizi. Nella fretta, persino le norme antisismiche vengono drasticamente "semplificate". Per trovare un accordo Stato-regioni, nell´incontro del 31 marzo il governo s´impegna a emanare un decreto-guida entro 10 giorni, dopodiché le regioni avranno 3 mesi per legiferare. Ma il 6 aprile il terremoto d´Abruzzo, aprendo gli occhi anche ai ciechi sui suoi aspetti più irresponsabili, fa saltare quel piano, e ne nascono varie versioni più edulcorate, ma ancora ricche di sanatorie e depenalizzazioni. E´ così che nasce, in forma residuale, il Piano C. La sua filosofia è presto detta: anche se l´accordo del 31 marzo è saltato, e in nessun caso ha valore di legge, anche se il decreto-guida del governo non c´è, si conviene tacitamente di fare "come se". L´avv. Ghedini dichiara il 22 aprile che «il piano-casa è pronto. Dopo l´approvazione del governo, le regioni avranno tre mesi di tempo per recepirlo». Il piano-casa non è né pronto né approvato, ma le regioni, più realiste del re, si affrettano a legiferare. Prima della classe, la Toscana ha già dall´8 maggio la propria legge; in dirittura d´arrivo Veneto, Sicilia, Lombardia, Campania, Lazio, Umbria, Liguria, Friuli, Piemonte, Marche; segnali di fumo anche da altre regioni. L´accordo politico del 31 marzo viene trattato come se avesse valore di legge, con una sorta di effetto-annuncio per trascinamento che (come nei dispotismi di antico regime) si basa di fatto sulle dichiarazioni di Berlusconi. Che cosa dicono queste leggi regionali, prive di base normativa in una legge nazionale? La Toscana (L. 24) consente di ampliare la propria casa del 20% o del 35% su semplice presentazione di d.i.a. (dichiarazione di inizio attività), proprio secondo la formula Berlusconi. Il Veneto (ddl 398) incentiva escrescenze fino al 40%, inclusa la «ricomposizione planivolumetrica con forme architettoniche diverse dalle sagome degli edifici originari». La Sicilia (ddl 386), onde «dar seguito alle prime indicazioni del governo nazionale», non trova di meglio che recepire il testo del Veneto. La Lombardia autorizza escrescenze volumetriche fino al 40% in caso di "riqualificazioni". In Liguria, dichiara Burlando, «gli ampliamenti del 20%, finora ammessi solo con qualche vincolo, saranno un diritto di tutti». L´Umbria (ddl 1553) innesta il proprio "piano casa" su un "governo del territorio" che ignora i contenuti prescrittivi del piano paesaggistico previsto dal Codice. Si è dunque ribaltata la sequenza di legge, e senza aspettare il decreto del governo le regioni si danno da fare, con norme più restrittive (Toscana) o più sbracate (Veneto, Sicilia). Il governo, a rimorchio delle regioni, non farà che controfirmare misure già approvate. In questo sgangherato federalismo all´italiana, il governo nazionale abdica al ruolo dello Stato, lo riduce a un effetto-annuncio che inneschi il fuoco di fila delle regioni. Tanta concordia fra Stato e regioni si basa sul dogma che il piano-casa aiuti a uscire dalla crisi economica. Ma la crisi finanziaria mondiale è stata innescata dalle perdite (oltre quattro trilioni di dollari secondo il Fmi) subite da banche e agenzie di credito americane per l´eccesso di mutui concessi per star dietro agli eccessi dell´offerta edilizia. Questa "bolla immobiliare" ha portato al 9% la disoccupazione Usa, ha fatto calare del 13% la produzione industriale. In Italia, a quel che pare, siamo convinti che dalla crisi scatenata dalla housing bubble americana noi (e solo noi) usciremo con una bolla immobiliare nostrana, una sorta di cura omeopatica, frutto esclusivo del genio italico. Questa irresponsabile fuga in avanti ha fatto già la prima vittima: la tutela del paesaggio. Il ping-pong Stato-regioni comporta un ulteriore rinvio (fino al 2011?) dell´entrata in vigore della nuova disciplina prevista dal Codice fin dal 2008. L´art. 9 della Costituzione, così sembra di capire, viene considerato, a Palermo come a Firenze, un ferrovecchio da riporre in soffitta.

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l'appello di vandana shiva "boicottiamo le aziende che distruggono l'ambiente" - (segue dalla copertina) francesca caferri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 23 - Esteri L´intervista L´ecologista indiana in prima linea contro la globalizzazione L´appello di Vandana Shiva "Boicottiamo le aziende che distruggono l´ambiente" (SEGUE DALLA COPERTINA) FRANCESCA CAFERRI Signora Shiva, perché questa è una questione globale? «L´Amazzonia non è solo una foresta. Non è solo del Brasile. è, prima di tutto, il più grande deposito di biodiversità del mondo. Il più importante contributo alla stabilità climatica e idrogeologica che ci sia rimasto sulla terra. Per questo è una questione mondiale. E posso dire, per averlo visto con i miei occhi, che la distruzione che sta avvenendo lì e la lotta impari degli indigeni contro le imprese che vogliono legno e materie prime e a cui non importa nulla di loro, è una questione globale e come tale andrebbe trattata. Dai governi per primi». Cosa dovrebbero fare? «Dovrebbero innanzitutto dimenticare la parola profitto quando si parla di questa zona del mondo. Gli unici investimenti in Amazzonia dovrebbero essere diretti a garantirne la sopravvivenza e la protezione. Questo da solo dovrebbe essere considerato un guadagno, in termini di stabilità. Quello che mi aspetto concretamente è la formazione di un´alleanza globale fra i paesi in nome della conservazione dell´Amazzonia». Il G8 che si svolgerà fra qualche settimana in Italia ha la tutela dell´ambiente e il cambiamento climatico fra i punti principali della sua agenda. Crede che il discorso sull´Amazzonia potrebbe essere affrontato lì? «Francamente non mi aspetto molto dal G8. Mi aspetto molto di più dal G20, il vertice allargato a cui prendono parte i paesi cosiddetti emergenti e, in questo caso, il Brasile. è quella la sede per spingere verso un cambiamento. Quello che è successo dal settembre dello scorso anno ad oggi - il crollo dei mercati, lo scoppio della bolla dei mutui, la crisi finanziaria globale - avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Che il modello di sviluppo cieco, che distrugge tutto intorno a sé, che punta solo al profitto, non funziona. Non funziona più. Eppure questo è il modello di sviluppo che sta distruggendo l´Amazzonia. Per guardare al futuro dobbiamo pensare a un modello diverso, illuminato lo definirei. Dove l´idea di futuro e quella di sviluppo convivano». In questo modello che ruolo hanno i consumatori finali? Come lei sa bene il rapporto di Greenpeace li chiama in causa direttamente, mettendo sul patibolo marchi che sono fra i più conosciuti al mondo… «I consumatori possono molto. La prima cosa da fare sarebbe stabilire una moratoria internazionale su qualunque bene che sia collegato in qualche modo alla distruzione dell´Amazzonia. Questo spetta ai governi, ma poi devono scendere in campo anche i consumatori. Pensiamo a quello che è accaduto con l´influenza suina in Messico: colti dal panico, i consumatori hanno imposto ai supermercati di tutto il mondo di non vendere più carne arrivata dal Messico. Le esportazioni sono crollate nel giro di qualche giorno. O pensiamo al movimento che si è sviluppato in molti paesi d´Europa contro gli organismi geneticamente modificati: le proteste hanno imposto alle catene di distribuzione di essere OGM free, almeno in parte. Ora, lo stesso si può fare per l´Amazzonia: i consumatori possono fare pressioni sui negozi perché non vendano nessun prodotto che non sia "Amazon free". Rispettoso dell´Amazzonia, non derivato dalle sue materie prime. E poi dovrebbero chiedere di consumare solo carne locale: in questa maniera le importazioni dal Brasile crollerebbero». Tutto questo però creerebbe un danno grave all´economia del Paese: e non possiamo dimenticare che parliamo di uno stato in cui buona parte della popolazione vive ancora in povertà… «La maggior parte delle coltivazioni e degli allevamenti in Amazzonia sono illegali. Da questa economia guadagna solo chi commercia in modo illegale, non il paese». Parliamo delle popolazioni indigene: come lei sa, molti sostengono che la vicinanza con la "civiltà" sia per loro un bene. Qual è la sua opinione? «Io non sono d´accordo. Se guardiamo al futuro e a quello che ci serve per andare avanti, capiremo che l´elemento fondamentale è una relazione bilanciata con la terra. Un sistema di conoscenza e di vita che non sia basato sullo sfruttamento ma sull´armonia. In questa materia gli indigeni hanno molto da insegnarci, non sono certo dei primitivi. Primitivi mi sembrano piuttosto quelli che li vogliono cacciare».

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Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/06/2009 - pag: 2 Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza Il premier: summit il 15 a Washington, nuove regole per i mercati ROMA È ufficiale: Silvio Berlusconi andrà il 15 giugno a Washington per un vertice col presidente degli Stati Uniti. Il primo tra il capo del governo italiano e Barack Obama. Al centro del colloquio ci sarà il G8, del quale l'Italia ha quest'anno la presidenza, e «le nuove regole dell'economia e della finanza mondiale», ha spiegato lo stesso Berlusconi a Rai-telecamere. La riunione dei grandi della Terra che si terrà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio, ha aggiunto, sarà una delle «più importanti degli ultimi anni ». Obiettivo del presidente del Consiglio è condividere con Obama la proposta italiana di un Global legal standard, cioè di un «codice», come lo ha definito lo stesso Berlusconi, di regole per il mercato che eviti il ripetersi di una crisi internazionale come quella che stiamo vivendo. Crisi che, secondo il premier, almeno in Italia, «non si sta aggravando». Anzi, «c'è qualche segnale di ripresa». Occorre però, ha ribadito Berlusconi, «fiducia, coraggio e ottimismo, perché il fattore psicologico è fondamentale ». E in questo senso il presidente ha assicurato che la riforma delle pensioni «non è attualmente all'ordine del giorno» mentre ha annunciato che «il sistema delle banche ha messo a disposizione un miliardo e 400 milioni per mutui per gli operatori del turismo ». Ma torniamo al vertice con Obama. L'Italia, su iniziativa del ministro dell'Economia, ha promosso fin dallo scorso ottobre la discussione internazionale sul tema del Global legal standard, convinta che, come ha spiegato più volte lo stesso Giulio Tremonti, occorra dare «una risposta alla domanda di regole per l'economia » e voltare pagina rispetto a una esasperata deregulation. Da questo punto di vista la missione americana del presidente del Consiglio è centrale, perché proprio dagli Stati Uniti si è sviluppato quel processo di deregolamentazione dei mercati che ha poi portato, secondo l'analisi prevalente, alla peggiore crisi finanziaria internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale. Obama è certamente fra i critici della deregulation, e il vertice del 15 giugno, negli auspici del premier italiano, potrebbe essere l'occasione per allargare in maniera decisiva il consenso intorno alla proposta di un nuovo codice. A Washington Berlusconi arriverà con alle spalle anche i risultati del G8 dei ministri finanziari che si svolgerà a Lecce il 12 e 13 giugno e dove il progetto delle nuove regole potrebbe fare passi in avanti. Una commissione di giuristi ed economisti italiani, tra i quali Guido Rossi, Giulio Napolitano, Gustavo Visentini, Enrico Letta, sta lavorando da qualche mese attorno a un documento di principi in 12 punti, dalla lotta alla corruzione e all'evasione (no ai paradisi fiscali) alla corporate governance (limiti alle retribuzioni dei manager) alla trasparenza. Il tutto in stretta collaborazione con il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria. Un lavoro molto simile lo sta facendo il governo tedesco, che punta a una «Carta globale» di regole mentre la Francia si muove su posizioni distanti. Tremonti punta anche a far passare la sua proposta di detax per l'Africa (un meccanismo fiscale che destina ai Paesi in via di sviluppo una percentuale di gettito) alla quale sta lavorando col premier inglese Gordon Brown e col presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick. Il vertice tra Obama e Berlusconi potrebbe essere anche l'occasione per esaminare altri dossier caldi, tra i quali il Medioriente e l'Iran. Senza escludere la chiusura delle prigioni di Guantanamo decisa dal presidente americano, visto che l'amministrazione Usa chiede all'Italia di accogliere alcuni detenuti. Enrico Marro Non solo finanza Al G8 non si discuterà soltanto di finanza. Giulio Tremonti (sopra) lavora anche alla «detax per l'Africa», misure fiscali per destinare ai paesi in via di sviluppo una quota del gettito

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Economisti messi al processo di studenti e professori (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/06/2009 - pag: 2 Il Festival dell'Economia a Trento Economisti messi «alla sbarra» al processo di studenti e professori DAL NOSTRO INVIATO TRENTO Colpevoli. Sei volte colpevoli per: non aver previsto la crisi finanziaria; non averne compreso subito le conseguenze sull'economia; basarsi su modelli troppo astratti e matematizzati; esser risultati «negligentemente» all'oscuro delle trappole del mercato del credito; essersi astenuti da moniti nei confronti delle istituzioni finanziarie; essersi fidati dei colleghi alla guida delle istituzioni monetarie. È (abbastanza) severa la 'sentenza' della giuria popolare, 30 studenti di facoltà diverse, con la quale ieri a Trento sono stati giudicati gli economisti. Una categoria che giocava in casa ma che pure era consapevole di rischiare grosso sottoponendosi al «Processo», formula voluta dal direttore scientifico Tito Boeri e vera novità della quarta edizione del Festival dell'Economia che vede alla sbarra anche controllori e politici (oggi la sentenza) e nel quale si parla molto, come mai prima, di economia comportamentale e di psicologia. Il fatto di aver promosso il pubblico dibattimento deve aver reso più clemente la giuria che ha assolto gli economisti dall'accusa di non aver fatto autocritica. I giovani studenti sono rimasti un intero pomeriggio in camera di consiglio per confrontarsi sulle tesi avanzate dal pm, il bocconiano Roberto Perotti, e dal difensore Luigi Guiso dell'Università europea di Firenze, al Tribunale della Crisi presieduto da Massimo Gaggi, inviato del Corriere. «Qualcuno mi dirà che offro pane per i denti di Tremonti», aveva detto Perotti chiedendo una "condanna" simbolica a 7 anni («In Italia per meno di cinque non si va in galera») ma chiamandosi fuori dalle accuse «più volgari». «La critica seria è che non sono state capite le conseguenze dello choc. Ma non è vero che gli economisti stanno tutti nella torre d'avorio, molti sanno sporcarsi le mani». Per Guiso «gli economisti: non potevano prevedere i tempi della crisi, ma individuare l'emergere di fattori di rischio. E questo è stato fatto. Semmai la questione è un'altra: molti sapevano e non hanno scritto...». E se alla fine, in Tribunale, i confini tra difesa e accusa non erano poi così chiari, Jean Paul Fitoussi, presidente dell'Osservatorio Francese per la congiuntura economica, ha denunciato il pensiero dominante che «ti porta a essere emarginato se effettui previsioni non in linea con i colleghi. Diventi una cassandra e trovi difficoltà a pubblicare i tuoi articoli». E per Luigi Zingales, docente a Chicago, «gli economisti finanziari sono stati troppo zitti sugli strumenti da loro inventati». Paola Pica L'economista Jean Paul Fitoussi Verdetto Oggi al Festival dell'Economia di Trento una giuria di studenti giudicherà economisti, politici e Authority

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1.Dare credito Significa dare fiducia a chi ha necessità. Ovvero, fare banca: quello che da... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

1.Dare credito Significa dare fiducia a chi ha necessità. Ovvero, fare banca: quello che da 10 anni ha smesso di fare il sistema bancario, che guadagna fino all'80 per cento dalla vendita di prodotti speculativi, oppure di titoli tossici. 2.Voglia di concretezza In Banca Etica il 90 per cento dei ricavi derivano investimenti sull'economia reale. Per questo da ottobre scorso, il culmine della crisi, abbiamo raddoppiato il risparmio. 3.Ambiente E' un settore di investimento sempre più importante: basti pensare che in Germania negli ultimi 10 anni sono stati creati 2 milioni di posti di lavoro, solo attraverso l'energia eolica, solare e fotovoltaica. 4.Gigante di carta L'economia dei titoli di carta è 20 volte più grande dell'economia reale. Il Sole24ore ha detto che le prime 20 banche del mondo sono sostanzialmente fallite, poiché il valore dei titoli tossici che detengono è doppio rispetto al valore del risparmio. 5.Appello al G8 L'impressione è che non si voglia davvero cambiare il sistema finanziario. Per questo, assieme alla Cisl presenteremo un appello al G8 per la sua regolamentazione, basato su quattro punti: mercati finanziari, fiscalità, legalità e sostenibilità. LUDOVICA JONA inchieste@unita.it 5 risposte da Fabio Salviato Presidente Banca popolare Etica

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Quel voto troppo tiepido per l'Europa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 01/06/2009 - pag: 12 SPERANZA E SCETTICISMO SUL FUTURO STATO EUROPEO Quel voto troppo tiepido per l'Europa di CLAUDIO MAGRIS SEGUE DALLA PRIMA È facile fare generiche dichiarazioni sulla cultura o sulla libertà, ma è ben più difficile occuparsi di quegli innumerevoli, ingarbugliati, apparentemente prosaici aspetti in cui la libertà e la cultura si incarnano concretamente. È strano che, posto che la testimonianza della Miss Veneto riportata da Camon sia attendibile, il ministro Brunetta dalla faccia feroce quando annuncia licenziamenti, ma dalla lacrima facile quando viene lodato abbia fatto quelle dichiarazioni sull'irrilevanza del Parlamento Europeo quasi con soddisfazione anziché con tristezza, in quanto, se ciò che egli dice corrispondesse alla realtà, sarebbe la constatazione di un male, che dovrebbe invitare a correggerlo. Se l'Europa non esiste ancora abbastanza, questa è una disgrazia o almeno una fase di stallo che va superata. Dovremmo sentirci, armoniosamente e con altrettanta intensità, europei ed italiani nello stesso modo in cui ci sentiamo a parte qualche ringhioso botolo di provincia, incapace di guardare oltre la sua cuccia italiani e lombardi o marchigiani. Non occorre scomodare Mazzini, Croce o Curtius, che ci hanno insegnato l'unità spirituale, culturale dell'Europa. C'è una realtà materiale ancora più importante. Oggi i problemi che ci investono coinvolgono l'Europa intera, dalla crisi finanziaria alla pressione dell'immigrazione; così come l'economia di Milano non può crollare senza ripercuotersi su Bologna o su Bari, ogni singolo Stato trascina in parte con sé, nel bene e nel male, tutti gli altri e ne è trascinato. Sarebbe ridicolo che l'immigrazione fosse regolata a Taranto da leggi diverse da quelle in vigore a Genova ed è ormai ridicola una politica diversa a Parigi e a Berlino rispetto ai problemi che interessano tutti gli europei. Se la realtà materiale, per tutti, è europea, essa deve tradursi, prima o poi, in una realtà politica anche formale ben più forte e compatta di quella attuale, che riduca i singoli Stati a funzioni sostanzialmente regionali, peraltro assai importanti. L'Europa fonda la sua civiltà, rispetto ad altre pure grandi, sul primato dell'individuo rispetto alla totalità e perciò è stata la madre del liberalismo e della democrazia. A differenza di alcuni cugini d'oltre Atlantico, la valorizzazione europea dell'individuo non è l'esaltazione del cowboy che basta a se stesso e si fa giustizia da sé, bensì dell'individuo quale «animale politico», come diceva Aristotele, che si pone in relazione con la società e si sente responsabile della sorte di tutti i componenti della Polis, perché sa che il suo benessere esige, per essere veramente vissuto e goduto, il benessere o almeno la decenza di chi gli vive intorno. In tal senso, il socialismo è profondamente europeo e le civiltà o gli Stati che non hanno conosciuto il socialismo (s'intende quello democratico) non sono europei. Sono, possono e debbono essere nostri buoni vicini, ma non sono noi. L'esigenza di un futuro vero Stato europeo e la fiducia nel suo avvento non escludono lo scetticismo circa i tempi e le difficoltà della sua necessaria realizzazione. Ci saranno regressivi rigurgiti di egoismi nazionali, paure fondate e infondate che ostacoleranno le iniziative più preveggenti, meschinità, elefantiasi burocratiche, scontri fra particolarismi, difese di privilegi e anche di enti e istituzioni inutili e costose. Chi crede nell'Europa sarà contento se si farà ogni tanto un passo avanti e mezzo passo indietro. La democrazia, ha scritto Günter Grass lodandola per questo, ha il passo della lumaca. Non invidiamo dunque gli eletti, nonostante la loro cospicua remunerazione, perché a parte i cinici che si candidano magari solo per lucro e i narcisisti, peggiori di loro, per vanità il lavoro degli eletti onesti sarà duro, prosaico e noioso. Lo è del resto ogni autentico lavoro politico. Ma anche quello della madre di famiglia (oggi lo fanno un po' pure i giovani padri, ma non tanto) che si occupa dei figli e della casa è fatto di tante cose di per sé non esaltanti, lavare, asciugare, fare la spesa, stirare, eppure. Anche questa, in fondo, è politica, cura di ciò che concorre al bene della Polis; non per nulla Lenin diceva che una brava madre di famiglia poteva essere commissario del popolo. Forse anche parlamentare europea, meglio di altre più appariscenti categorie femminili. Il presente Tutti noi dovremmo sentirci, armoniosamente e con intensità, europei e italiani nello stesso modo in cui ci sentiamo italiani e, insieme, lombardi o marchigiani

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La sfida di Marchionne. Le scelte di Obama. L'assenza di Berlusconi (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

La sfida di Marchionne. Le scelte di Obama. L'assenza di Berlusconi Gianni Rossi, 01 giugno 2009, 09:50 L'analisi Il "caso Opel-FIAT" suona come un "de profundis" per gli assetti della nostra politica e il futuro del governo, mentre per le scelte industriali della casa Torinese risulterà come uno "stop and go", una sosta momentanea sul cammino del progetto di ristrutturazione del mercato dell'auto che, molto probabilmente, ripartirà con la "campagna di Francia" E alla fine della "soap opera brasiliana" (la definizione è dell'amministratore delegato della FIAT, Sergio Marchionne!), la fabbrica di auto tedesco-americana Opel (controllata dalla GM di Detroit) è stata ceduta alla cordata austriaco-canadese di componentistica Magna, sostenuta finanziariamente dalla russa Sberbank e da un prestito-ponte del governo di Berlino di 1,5 miliardi di euro. La Fiat di Sergio Marchionne viene, almeno per ora, fatta fuori dal piano di risanamento. A determinare questa scelta, in pieno periodo elettorale per i tedeschi, più che i progetti industriali e commerciali, hanno influito le pressioni del partito socialdemocratico (il cui ex-leader Schroeder, già cancelliere, ha avuto un ruolo determinante come consulente del premier russo Putin e del gruppo finanziario moscovita). Sconfitta, quindi, anche la cancelliere democristiana Angela Merkel, che era propensa ad un "salvataggio" più industriale guidato dalla Fiat. Ma la paura di una riduzione di posti di lavoro in 4 Lander, le regioni tedesche, dove era in bilico il voto per la CDU-CSU, ha spinto verso una decisione per altro sponsorizzata anche dal governo laburista inglese di Gordon Brown, visto che in Gran Bretagna operano alcune fabbriche della Vauxhall, affiliata della Opel. Al gruppo austro-canadese andrà il 20% della Opel, alla Sberbank il 35%, alla Gm rimarrà il 35%, mentre i dipendenti controlleranno il 10%. La Sberbank, che in russo significa Cassa di risparmio, sarà quindi il principale azionista di riferimento europeo, visto che la GM, in piena crisi negli USA e in Sudamerica, in prospettiva tenderà a disfarsi della sua quota, magari rigirandola ad un altro partner (di nuovo la FIAT?). Di fatto, l'intervento russo si profila come l'ennesimo intervento di un "fondo sovrano" estero, ovvero di un investimento finanziato più o meno direttamente da una società riconducibile ad un governo nazionale. La Sberbank è , di fatti, la più grande banca della Russia, la sua sede è ha Mosca e il 64% della proprietà è in mano alla Banca Centrale della federazione russa, mentre il più importante azionista privato è il multimiliardario Suleiman Kerimov (uno degli uomini più ricchi del mondo e grande azionista anche di Gazprom). Quale lezione si può trarre da questa vicenda in piena crisi economica mondiale? Intanto, l'assenza pesante e, a questo punto, anche ambigua, del governo italiano del premier-imprenditore Silvio Berlusconi. Negli Stati Uniti, per risolvere la crisi delle tre grandi dell'auto, Ford, GM e Chrysler, si è mosso il presidente Barack Obama in prima persona che, confortato dal Congresso, ha avviato un piano di finanziamento e risanamento ciclopico, tanto da intervenire direttamente sull'accordo di salvataggio della Chrysler, guidato proprio dalla FIAT. Si è scelto in quel caso un partner industriale che aveva i requisiti tecnologici e di mercato più consoni per traghettare la casa automobilistica di Detroit fuori dal fallimento e porre le basi per un nuovo sistema di produzione, che tenga conto sia dei risparmi energetici (per combattere il forte inquinamento) sia di quelli economici (l'alto costo della benzina e delle stesse auto hanno fatto crollare il mercato statunitense). E poi per la FIAT si è aperto così un mercato vastissimo sia per le piccole auto utilitarie ( a partire dalla 500) sia per lo storico marchio Alfa Romeo, che gode da sempre di un forte appeal tra i consumatori americani. L'operazione Chrysler è stata condotta in porto senza nessun sostegno discreto o formale da parte del governo italiano. Forse è stato anche un bene! Ma il caso tedesco, dove il panorama economico-industriale deve sottostare a precise regole dettate dall'Unione Europea, implicava comunque l'intervento anche dei rispettivi governi. E qui si è notata l'assordante assenza dell'esecutivo berlusconiano, che solo a parole faceva il tifo per la FIAT, ma che nella realtà non ha mosso una paglia per sostenere lo sforzo di Marchionne. Qualche autorevole osservatore estero dei mercati finanziari sospetta che dietro a questa "estrema prudenza" del governo italiano, ci sia anche l'amicizia tra Putin, Berlusconi e Schroeder, da una parte, e, dall'altra, "l'invidia" del nostro premier nei confronti del successo americano della FIAT, presieduta dal più giovane Luca Cordero di Montezemolo, da sempre concorrente sia in ambito confindustriale sia in previsione di un suo futuro impegno politico. E poi, va aggiunto anche lo "sgarbo diplomatico" mostrato da Obama nei confronti di Berlusconi, tenuto all'oscuro di tutti i passi fondamentali della trattativa FIAT-Chrysler! Sta di fatto che, né a livello dei rapporti tra i due esecutivi, tedesco e italiano, né a livello comunitario europeo, il nostro governo non ha "assistito" il tentativo della FIAT, né ha controllato che tutta l'operazione avvenisse nell'ambito delle strette regole comunitarie che vietano aiuti di stato "sotto mentite spoglie" a favore di un settore industriale che potrebbero distorcere le regole del mercato (il previsto prestito-ponte di 1,5 miliardi ei euro e una serie ammortizzatori speciali per non creare chiusure di alcune fabbriche e quindi operare migliaia di licenziamenti in Germania e in Gran Bretagna, ma lasciando invece in crisi altri siti, tra i quali quelli che si trovano in Belgio). Altra lezione che si impara da questa vicenda è che, a livello internazionale, il governo italiano non conta nulla né viene preso in considerazione proprio sul lato più decisivo in questo momento di piena crisi economica. Pesa, infatti, l'assenza di qualsiasi strategia per creare le basi di un nuovo sviluppo, in grado anche di favorire occupazione, una volta superata l'emergenza recessione. Obama ha indicato alcune strade per uscire dalla crisi e su queste sue tesi ha basato tutti gli sforzi finanziari dello stato americano. Gli europei arrancano, ma cercano di affrontare con aiuti di stato l'emergenza. L'Italia invece resta al palo! Per uscire dalla crisi economica serve in realtà "l'ottimismo della conoscenza e della volontà", non certo "l'ottimismo di regime". A dirlo è stato l'economista Innocenzo Cipolletta, presidente delle Ferrovie dello Stato e dell'Università di Trento, già autorevole Direttore generale della Confindustria. "Parlo dell'ottimismo di chi si applica a rimuovere le cause della crisi, a ricostruire le condizioni della ripresa, a rafforzare la rete sociale al fine di ridurre al minimo sofferenze e tensione - ha aggiunto - non certo di quello che ci vorrebbe obbligare a sorridere sempre, a negare l'evidenza, a credere che sia tutta colpa dell'informazione e che, meno si parla di crisi, questa forse passerà. Questo è l'ottimismo dell'ignoranza e della prevaricazione". E riguardo al ruolo dei media, Cipolletta ha chiarito che "l'informazione, anche quella urlata, anche quella che dà fastidio, è meglio che poca informazione". In queste settimane di clamore mediatico nazionale e mondiale sul caso del divorzio tra Berlusconi e la moglie Veronica Lario, con annessa la vicenda della giovane Noemi Letizia e le tante contraddittorie versioni sui tempi e i modi della sua conoscenza con il premier, si rischia dunque di nascondere al paese l'entità della crisi e l'assenza di un piano strategico per uscirne. Il rigore delle cifre allarmanti, enunciate dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nella Relazione annuale circa lo stato di crisi del nostro paese ( il Pil a -5% nel 2009 e nel 2010, la disoccupazione che supererà il 10% in questi due anni) peserà sul futuro internazionale della credibilità del governo, anche in vista del Summit del G-8 che si svolgerà nel terremotato panorama de L'Aquila. Accerchiato dai giudizi critici e sardonici della stampa e delle TV internazionali più autorevoli, che lo ritraggono come "un satrapo, in un paese in pieno declino, sullo sfondo di comportamenti alla Satyricon di Fellini", emarginato dalle scelte fondamentali in politica economica dai governi più importanti del mondo (Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Francia), Berlusconi si rifugia nella sua torre eburnea costellata dagli amici più fidati, usando le armi della propaganda a lui più congeniali (attacchi alla magistratura, al Parlamento e alla stampa, richiami ai complotti di una sinistra internazionale tentacolare, riedizione del "vittimismo" personale). Sono armi spuntate, però, che forse gli faranno stabilizzare qualche voto alle Europee, ma che isoleranno ancora di più l'Italia dal novero dei paesi più industrializzati, liberi e democratici. Il "caso Opel-FIAT" suona così come un "de profundis" per gli assetti della nostra politica e il futuro del governo, mentre per le scelte industriali di Marchionne risulterà come uno "stop and go", una sosta momentanea sul cammino del progetto di ristrutturazione del mercato dell'auto che, molto probabilmente, ripartirà con la "campagna di Francia", dove si potrebbe realizzare una convergenza con la Peugeot-Citroen, già partner della FIAT nella componentistica, e poi con l'acquisizione della rete produttiva e commerciale della GM in Brasile e in altri paesi dell'America Latina. Per Berlusconi "ha dà passà ‘a nuttata" delle elezioni europee, del Referendum, della "sciarada-Noemi" e, soprattutto, di un'estate bollente che porterà tutti i nodi al pettine della recessione economica: lunghe ferie nelle imprese per mascherare il crollo della produzione, nuovo boom della cassa integrazione e della disoccupazione, stagnazione dei consumi, abbattimento delle entrate fiscali, innalzamento della pressione fiscale e ulteriore riduzione del potere di acquisto dei già bassi salari. Si prospetta un autunno gelido, da incubo, per "l'incantatore di Arcore", ormai aggrappato al suo immenso potere mediatico per inondare di sogni di cartapesta un paese sempre più allo stremo. E gli italiani, sempre più poveri e sempre più compatiti dall'opinione pubblica mondiale, resteranno ad aspettare che qualche "cavaliere bianco" li aiuti ad uscire dal tunnel in cui sono precipitati? Nella breve storia di questa nostra giovane nazione, per due volte nel "Secolo breve" che fu il Novecento gli "alleati" anglo-franco-americani ci hanno tratti in salvo dai disastri di due guerre mondiali. Questa volta, però, non siamo in guerra con nessuno, ma siamo intrappolati in una palude zeppa di sabbie mobili, che sta facendo strage dell'etica, della convivenza civile, dei fondamentali economici e sociali e dei principi della Costituzione repubblicana. Questa volta, gli italiani sono chiamati a cavarsela con le proprie forze, altrimenti il declino si trasformerà in tragedia!

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I fondi immobiliari italiani battono i "Reits" (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

I fondi immobiliari italiani battono i "Reits" Per una volta gli strumenti d’investimento creati in Italia si sono dimostrati migliori di quelli stranieri, perfino dei mitici Reits americani. Questo, almeno, è successo nella ‘cattiva’ sorte, ovvero nell’ultimo annoanno e mezzo, quando gli immobili americani e in genere dei paesi anglosassoni hanno cominciato prima a perdere valore mentre poi si è innescata la miccia che ha fatto scoppiare la ‘bomba’ dei subprime, ovvero dei mutui elargiti a chi non aveva la capacità di ripagarli, facendo sprofondare il pianeta nella più grande crisi finanziaria ed economica mai vista dopo quella del 1929. I fondi immobiliari italiani, in questo frangente, hanno resistito meglio di tutti gli strumenti che, come i Reits (ne esistono di diverse tipologie ma ogni paese segue delle regole proprie) sono delle società immobiliari quotate. Qui gli immobili sono di proprietà della società e chi compra in Borsa azioni di queste imprese ne diventa di fatto socio. Nel caso dei fondi immobiliari, invece, il patrimonio del fondo rimane sempre separato da quello della società che gestisce gli immobili. Inoltre, il valore del fondo dipende dalla valutazione di un ‘tecnico’ esterno che lo certifica. I fondi immobiliari italiani sono del tipo ‘chiuso’, non permettono cioè di entrare e uscire quando si vuole come in un fondo d’investimento ‘aperto’ ma, essendo perlopiù quotati in Borsa, il loro prezzo può scendere al di sotto del Nav (net asset value), ovvero del valore certificato dall’esperto: e siccome chi vuole uscire anticipatamente è penalizzato nel caso dei fondi chiusi (questo strumento è fatto per l’investimento a mediolungo termine, da un minimo di 57 a un massimo di 15), può essere che lo scarto tra Nav e valore di Borsa possa essere anche del 40 per cento, come in questo periodo (mentre nel gennaio 2007 lo scarto si era ridotto fino all’1112 per cento). Nonostante questo scarto, però, l’investitore che abbia acquistato fondi immobiliari italiani è rimasto meno deluso di chi ha visto crollare in Borsa i prezzi delle azioni dei Reits: «Questi ultimi spiega Mario Breglia, presidente della società di ricerca Scenari immobiliari quando le Borse salgono crescono meno dell’indice, ma quando i mercati vanno giù scendono ancora di più, soprattutto in mesi come quelli che abbiamo passato». Non ci sono soltanto fondi immobiliari chiusi come in Italia. Ce ne sono anche di tipo ‘aperto’ come nel modello tedesco (ma in germani ci sono anche moltissimi fondi immobiliari chiusi) o in quello spagnolo (in particolare un fondo di Santander). Il rischio sempre incombente sui fondi aperti è quello di non riuscire a farsi dare indietro i soldi. Nei mesi passati si è arrivati in vari casi a un blocco dei riscatti che ha penalizzato soprattutto le famiglie. Naturalmente è difficile trarre delle conclusioni definitive al momento. Si vedrà cosa succederà nei prossimi mesi e anni. Per giudicare i rendimenti offerti da Reits e fondi immobiliari chiusi e aperti bisogna guardare al lungo termine e non soltanto a quel che accade in un breve lasso di tempo. Tuttavia è innegabile che al momento i prodotti italiani si siano dimostrati i più stabili. È interessante indagare sulle motivazioni che sembrano favorire al momento i fondi immobiliari italiani. Una cosa si può intanto dire: la regolamentazione seguita dal legislatore italiano sembra aver privilegiato la stabilità rispetto al rendimento con una serie di regole che si sono dimostrate in grado di proteggere il risparmiatore. Il primo elemento riguarda la scelta dello strumento fondi invece che quello delle società quotate che investono in immobili come nel caso dei Reits americani e delle Siq francesi. Questi ultimi sono in tutto e per tutto società immobiliari quotate, quindi risentono in maniera immediata dell'andamento dei mercati finanziari. In salita quando le cose vanno bene. Ma anche in discesa, e siccome nell'ultimo anno e mezzole Borse sono scese in maniera drammatica, è evidente che queste società hanno immediatamente perso in termini di quotazioni. È pur vero che anche i fondi immobiliari italiani sono quotati e che ciò li ha senz'altro penalizzati. Tuttavia la perdita è stata meno drammatica rispetto alle Sic francesi e ai Reits americani e di altre nazionalità. «La spiegazione è semplice spiega Michele Cibrario, ad di Bnl Fondi Immobiliari . Gli strumenti italiani hanno una valutazione basata sulla certificazione di un tecnico esterno. Certo, in questi ultimi mesi si è allargata la forbice tra Nav e quotazione di Borsa. È indubbio però che, complessivamente, la protezione per il risparmiatore sia stata superiore a quella fornita dagli altri strumenti». Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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L'Euribor cala ma le banche "ritoccano" lo spread (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

L’Euribor cala ma le banche "ritoccano" lo spread ROSA SERRANO I mutui casa a tasso variabile rialzano la testa. Nel primo quadrimestre di quest’anno, la domanda di questa tipologia di finanziamenti ha riguadagnato molte delle posizioni perse negli ultimi anni risultando pari al 44,8% del totale del mercato. Lo mette in evidenza l’Osservatorio di MutuiOnline: i tassi variabili, di gran moda per tanti anni al punto di raggiungere nel secondo semestre del 2004 un picco del 75,3% delle richieste totali ma poi crollati nel secondo semestre del 2008 sino al 17,2% sotto il peso dell’Euribor (il parametro utilizzato per indicizzare i finanziamenti), stanno vivendo la loro rivincita. L’esplosione della crisi finanziaria ha, infatti, travolto l’Euribor. Basti pensare che se a fine settembre dello scorso anno l’indice a 1 mese/365 quotava 5,12%, mentre attualmente è sotto la soglia dell’1% fissata dalla Bce per il tasso di riferimento. Tuttavia, proprio nel periodo in cui l’Euribor è letteralmente franato, i mutuatari hanno dovuto fare i conti con la stangata sui ricarichi applicati dalle banche sia sui finanziamenti a tasso fisso che variabile. Mettendo a confronto le condizioni applicate dalle principali banche proposte da MutuiOnline a fine agosto 2008 con quelle rilevate il 21 maggio di quest’anno si scopre, infatti, che gli spread dei mutui trentennali a tasso fisso hanno registrato un aumento del 47% e quelli a tasso variabile del 48% riassorbendo, quindi, una parte delle riduzioni registrate dall’Irs e dall’Euribor. In Abi si fa notare che l’aumento degli spread è strettamente collegato all’incremento del costo di acquisizione sul mercato dei finanziamenti. In pratica, se aumenta il costo del denaro all’ingrosso, inevitabilmente si hanno ripercussioni su quello al dettaglio. «In alcuni casi — spiega Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline — gli spread sono praticamente raddoppiati. Mai come oggi è, quindi, importante confrontare le offerte di molte banche, in quanto anche marchi importanti possono offrire, al momento, condizioni non convenienti rispetto al meglio che si può trovare sul mercato». Da segnalare una novità sul "fronte" degli istituti: Ugf Banca ha varato "Formula serena", una copertura assicurativa per far fronte al pagamento delle rate mensili in caso di ricovero ospedaliero, perdita dell’impiego, inabilità temporanea o permanente, decesso del mutuatario e che permetterà l’applicazione di spread contenuti su tutti i mutui della banca. Nella situazione attuale, per l’aspirante mutuatario non è facile scegliere la tipologia di mutuo. Mentre l’Euribor è precipitato a livelli impensabili, i tassi Irs sono leggermente risaliti rispetto ai minimi di qualche mese fa. «E’ bene tener presente — spiega Egidio Vacchini, a. d. di Progetica — che finché ci sarà crisi l’Euribor rimarrà contenuto, ma con la ripresa ritornerà su altri livelli. Questo non vuol dire che il tasso variabile non sia vantaggioso, bisogna però sapere che i tassi potranno risalire». Quindi, se il nostro reddito ci permette di "assorbire" i possibili aumenti delle rate se abbiamo risorse che possiamo utilizzare nei momenti più negativi, ci si può avvicinare con tranquillità al tasso variabile, altrimenti non bisogna scartare l’idea di sottoscrivere un tasso fisso che, pur essendo più oneroso, attualmente ha comunque un costo vicino ai suoi livelli minimi. Se si vuole sfruttare il momento favorevole del variabile, è consigliabile orientarsi verso offerte con la garanzia di un cap, cioè di un tetto oltre il quale il tasso non potrà comunque andare in futuro. Ad esempio, Banca Monte dei Paschi di Siena propone "Mps Protezione". Si tratta di un finanziamento a tasso variabile con un cap al 5,5% che è, di fatto, in linea con i migliori tassi fissi. Da non sottovalutare, poi, le opportunità offerte dai tassi cosiddetti misti che, di regola, permettono con scadenze predeterminate di passare da una tipologia di tasso ad un’altra. «Registriamo un incremento della domanda del nostro mutuo a tasso misto 5x5 — spiega Stefano Cavalli, responsabile segmenti retail di Ugf Banca — che offre la possibilità di scegliere ogni 5 anni tra tasso fisso (Irs 5Y) e tasso variabile, cambiando quindi la tipologia di finanziamento in base ai propri bisogni nel tempo e permette di sfruttare le evoluzioni del mercato senza dover assumere una decisione definitiva». Attualmente, oltre al classico dilemma "fissovariabile", molti aspiranti mutuatari di fronte all’attuale crisi economica sono restii a farsi carico di rate particolarmente onerose. Di particolare interesse risulta, quindi, "Gran Mutuo Cariparma" sia a tasso fisso che variabile che contiene diverse opzioni. Ad esempio, dopo due anni dall’inizio dell’ammortamento e per una sola volta nella vita del mutuo, il cliente ha la possibilità di aumentare o diminuire del 30% l’importo della rata. Per una sola volta si potrà anche passare in qualsiasi momento dal variabile al fisso. Nel pianeta "mutui" dal 1° giugno sarà disponibile un nuovo prodotto di Banca Bhw: Mutuo MiXX. «Si tratta di un finanziamento che associa alla sicurezza del tasso una rata molto bassa — spiega Reiner Nicklisch, direttore generale dell’istituto — che risulta al riparo dalle oscillazioni del mercato. Il tasso è fisso nei primi 510 anni, a scelta del cliente, dopodiché il mutuatario potrà scegliere se proseguire con un tasso fisso o passare al variabile. Qualsiasi sia la sua scelta, dal 15° anno il tasso rimarrà fisso al 3,75%». Il tasso fisso contenuto è possibile con il risparmio edilizio: il capitale restituito con la rata mensile di mutuo nella prima fase, anziché andare direttamente in ammortamento del mutuo, viene accantonato sul contratto di risparmio edilizio. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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Addio al boom, ora l'edilizia segna il passo costruzioni in calo e occupazione a rischio (sezione: crisi)

( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Addio al boom, ora l’edilizia segna il passo costruzioni in calo e occupazione a rischio LUCA PAGNI Un semplice rallentamento dopo la folle corsa degli ultimi dieci anni? O l’inizio di una crisi strutturale destinata a durare almeno per qualche stagione? Una prima risposta arriva dai numeri: per il settore delle costruzioni in Italia il 2009 è da considerarsi, come minimo, un anno di riflessione. Lo dice l’ultima indagine del centro studi dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili: «La crisi economica e finanziaria globale, esplosa in tutta la sua gravità nella seconda metà del 2008, sta determinando significative ripercussioni anche sul comparto edilizio, colonna portante del sistema produttivo nazionale». Un concetto che trova la sua concretezza nei numeri del settore: «Le stime dell’indagine mettono in luce una riduzione dei livelli produttivi del settore a livello nazionale del 6,8% in termini reali». Per quello che concerne i livelli occupazionali, si teme invece una riduzione attorno al 5,1%. Sarà anche vero che il settore, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha conosciuto un boom che non ha precedenti, se non negli anni dello sviluppo delle aree metropolitane negli anni ‘60. Di conseguenza era anche inevitabile aspettarsi una frenata della domanda. Ma è altrettanto vero che l’acuirsi della crisi economica, dopo la seconda metà del 2008, ha portato al peggioramento del quadro macroeconomico anche in Italia. Con un peggioramento di tutte le previsioni degli esperti nel settore edilizio. Non a caso la flessione coinvolge tutti gli ambiti dell’attività: per la nuova edilizia abitativa il crollo del fatturato è del 9,2%, che diventa un — 7,3% se ci si riferisce alle sole opere pubbliche, mentre è del 7% la diminuzione degli ordinativi per le costruzioni non residenziali private. In un momento di crisi economica come quello degli ultimi mesi, ci si accontenta di rimettere a nuovo l’esistente piuttosto che comprare del nuovo. Ecco spiegato perché la voce che ha subito il ridimensionamento minore è stata quella degli interventi di manutenzione delle abitazioni che è calato solo del 4%. Complessivamente, sempre secondo i calcoli dell’Ance, si stima che per il biennio 20082009, il crollo degli investimenti nel settore edilizio arrivi all’8,9%. In un quadro non proprio esaltante, continua a costituire una eccezione il caso della Lombardia. Nella più ricca delle regioni italiane, il mercato delle costruzioni ha dovuto subire una botta d’arresto. Ma la riduzione è comunque inferiore rispetto al resto del nord. In Lombardia, gli investimenti hanno subito una flessione dell’1,1%, inferiore rispetto al — 2,3% registrato a livello nazionale, al — 2,4% dell’Emilia Romagna e al — 4,5% del Veneto. Per il 2009, infine, le previsioni rivelano una flessione dei livelli produttivi in Lombardia attorno al 4,8% in termini reali. E anche in questo caso, si tratta di una dato migliore rispetto alla media nazionale (—6,8%), al Veneto (—9,6%) e all’Emilia Romagna (—8,1%). Ma in che termini la recessione ha colpito l’edilizia italiana? I fattori economici sono principalmente due: il primo legato alle pubbliche amministrazioni, l’altro alla crisi finanziaria. Come si evince dal Rapporto congiunturale sull’industria delle costruzioni elaborato a cura di Ance Lombardia: «Le difficoltà complessive del settore possono esser ricondotte, oltre che ai problemi legati al ritardo dei pagamenti effettuati dalle Pubbliche amministrazioni per il rispetto del patto di stabilità interno, anche a ostacoli di tipo finanziario che le imprese incontrano con le banche. La stretta creditizia operata dalle banche sta di fatto bloccando l’operatività ordinaria delle imprese di costruzione, rendendo indisponibili le risorse necessarie per finanziarie programmi di investimento e di sviluppo aziendale». Se questi sono i limiti sul piano dell’offerta da parte delle società edilizie, non mancano ostacoli per le famiglie o per chi vorrebbe comprare casa: «Il fenomeno del credit crunch — scrivono sempre gli analisti dell’Ance — manifestatosi sia in termini di riduzione dei prestiti erogati che in un ingiustificato aumento degli spread sta impedendo alle famiglie italiane di beneficiare del sensibile abbassamento dei parametri di indicizzazione dei mutui in caduta libera da svariati mesi». Conclusione: «Le maggiori difficoltà di accesso al credito hanno contribuito ad aggravare il clima di attesa attorno all’investimento immobiliare in una fase in cui il mattone potrebbe assolvere a un ruolo strategico di bene rifugio». Non a caso, la crisi del settore colpisce maggiormente regioni che fino a pochi mesi fa venivano considerate tra le più avanzate in termini economici. La recessione del settore edilizia si fa più sentire nelle regioni settentrionali, in particolare nel Nordest: nel solo Veneto si stima per il triennio 20072009 una riduzione degli investimenti in costruzioni del 14,6%, mentre nelle regioni del Sud Italia i livelli di fatturato del settore scendono meno rapidamente. Ma si sa che nel Meridione il mattone rimane sempre l’investimento preferito. Scopri come ricevere sul tuo cellulare Repubblica Gold condividi

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09:26 RIFIUTI: PALERMO SOFFOCA NEL PATTUME, 50 ROGHI DI CASSONETTI (sezione: crisi)

( da "Agi" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

RIFIUTI: PALERMO SOFFOCA NEL PATTUME, 50 ROGHI DI CASSONETTI Stampa Invia questo articolo (AGI) - Palermo, 1 giu. - Roghi di cassonetti hanno bruciato per tutta la notte a Palermo e impegno i vigili del fuoco in 50 interventi per domare gli incendi dei cumuli di pattume che invadono la citta'. Da venerdi' scorso sono stati 350 i roghi appiccati dai cittadini esasperati. La raccolta dei rifiuti non avviene regolarmente da lunedi' scorso a causa dell'agitazione dei lavoratori dell'azienda municipale dell'igiene ambientale, Amia, che temono per il pagamento degli stipendi ma anche per il loro futuro. L'Amia e' infatti in grave crisi finanziaria e presenta un deficit di 150 milioni di euro benche' l'anno scorso l'amministrazione comunale guidata dal sindaco del Pdl Diego Cammarata abbia raddoppiato la Tarsu. Dopo l'aumento del 100%, a pochi mesi di distanza il Comune vuole incrementare la tariffa di un ulteriore 35%. In consiglio comunale ieri il dibattito e' quasi finito in ressa, con le opposizioni decisamente contrarie al rincaro Tarsu e all'attacco dell'amministrazione e della stessa Amia, presieduta da Marcello Caruso, gia' assessore nella giunta Cammarata.

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Vertice sull'emergenza rifiuti (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

PALERMO Roghi di cassonetti hanno bruciato per tutta la notte a Palermo e impegnato i vigili del fuoco in più di 50 interventi per domare gli incendi dei cumuli di pattume che invadono la città da venerdì scorso. Due giovani sono stati arrestati dai carabinieri nel quartiere Pallavicino, mentre con una bottiglia piena di liquido infiammabile ne buttavano il contenuto su un grosso cumulo di rifiuti accatastati all’interno e nei pressi dei raccoglitori della spazzatura. In manette sono finiti Andrea Castella, 19 anni e Alfio Nuccio 24 anni, accusati di incendio aggravato. La raccolta dei rifiuti non avviene regolarmente da lunedì a causa dell’agitazione dei lavoratori dell'Amia, che temono per il pagamento degli stipendi ma anche per il loro futuro. L’azienda municipale dell’igiene ambientale è, infatti, in grave crisi finanziaria e presenta un deficit di 150 milioni di euro benchè l’anno scorso l’amministrazione comunale guidata dal sindaco del Pdl Diego Cammarata abbia raddoppiato la Tarsu. In consiglio comunale ieri il dibattito è quasi finito in ressa, con le opposizioni decisamente contrarie ad un ulteriore rincaro Tarsu del 35% e all’attacco dell’amministrazione e della stessa Amia, presieduta da Marcello Caruso, già assessore nella giunta Cammarata. «Se l’Amia o la Protezione civile fornirà ai lavoratori i dispositivi di sicurezza previsti dalle norme, il personale è pronto a svolgere le proprie mansioni, altrimenti questa situazione andrà avanti». Lo afferma Dionisio Giordano della Fit-Cisl riguardo al vertice convocato nel pomeriggio in Prefettura a Palermo sull’emergenza rifiuti, al quale parteciperà il commissario per l’emergenza rifiuti, Guido Bertolaso, con tutte le istituzioni locali interessate, per un esame congiunto della situazione determinatasi con la mancata raccolta del pattume. La Fit-Cisl sottolinea che «il 70% del parco mezzi è fermo nei manutentori che non riparano i veicoli perchè non vengono pagati dall’Amia». «Nella discarica di Bellolampo - aggiunge il sindacato - uno dei due bomag (mezzi per il movimento dei rifiuti, ndr) è guasto, l’altro funziona a singhiozzo per problemi tecnici; i lavoratori operano con le pale cingolate, mettendo a rischio la propria incolumità».

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Il Times: "Cade la maschera del clown" Libération: "Lo scandalo è alle calcagna" (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

LONDRA - Uno scandalo che non riguarda più solo gli italiani, ma anche i paesi partner dell'Italia, nell'Unione Europea, nella Nato, nel G8 che l'Italia si prepara ad ospitare. E' questo il severo giudizio di un editoriale del Times di Londra sulla vicenda che ruota da settimane attorno a Silvio Berlusconi, al suo rapporto con la 18enne Noemi Letizia, alle feste in Sardegna e al divorzio con la moglie Veronica Lario. E non è solo il Times a occuparsi ancora una volta di questa storia, che la stampa inglese sta seguendo con particolare attenzione: ci sono nuovi articoli anche sul Financial Times, sul Daily Telegraph, sull'Independent. "Cala la maschera del clown", s'intitola l'editoriale del Times, il secondo su questa vicenda dopo quello altrettanto duro del 18 maggio, pubblicato al primo posto fra i tre commenti del giorno nella pagina degli editoriali. "La qualità del governo Berlusconi non è una questione privata", afferma il sottotitolo. "L'aspetto più sgradevole del comportamento di Silvio Berlusconi non è che è un pagliaccio sciovinista, né che corre dietro a donne di 50 anni più giovani di lui, abusando della sua posizione per offrire loro posti di lavoro come modelle, assistenti o perfino, assurdamente, come candidate al parlamento europeo", comincia l'articolo. "Ciò che è più scioccante è il completo disprezzo con cui egli tratta l'opinione pubblica italiana. Il senile dongiovanni può trovare divertente agire da playboy, vantarsi delle sue conquiste, umiliare la moglie e fare commenti che molte donne troverebbero grottescamente inappropriati. Ma quando vengono poste domande legittime su relazioni scandalose e i giornali lo sfidano a spiegare legami che come minimo suscitano dubbi, la maschera del clown cala. Egli minaccia quei giornali, invoca la legge per difendere la propria 'privacy', pronuncia dichiarazioni evasive e contraddittorie, e poi melodrammaticamente promette di dimettersi se si scoprisse che mente". OAS_RICH('Middle'); Il Times riconosce che la vita privata di Berlusconi è appunto un affare privato, ma osserva che, come è si è dovuto rendere conto Bill Clinton, scandali e alti incarichi pubblici non vanno d'accordo. "Molti potrebbero dire che l'Italia non è l'America, che l'etica puritana degli Stati Uniti non ha mai dominato la vita pubblica italiana, e che pochi italiani si scandalizzano davanti ai donnaioli. Ma questo è un ragionamento insensato e condiscendente. Gli italiani comprendono quanto gli americani cosa è accettabile e cosa non lo è. E, come gli americani, giudicano spregevole il cover-up". L'editoriale del quotidiano londinese nota quindi che pochi media in Italia possono fare simili affermazioni, senza timore di un castigo. "A suo merito, la Repubblica ha continuamente sollevato domande al primo ministro sulla sua relazione con Noemi Letizia, e alla maggior parte di queste domande non ci sono state risposte soddisfacenti. Quando e dove egli ha conosciuto la famiglia della ragazza? Mr. Berlusconi chiese di avere fotografie da un'agenzia di modelle per iniziare i contatti con la signorina Letizia? Che cosa c'è di vero sulle notizie di party con decine di giovani donne nella sua villa in Sardegna? Mr. Berlusconi ha promesso di spiegare tutto in parlamento. Ma non ha certo riassicurato i suoi critici con la sua iniziativa per bloccare la pubblicazione di 700 fotografie che potrebbero mostrare cosa succedeva a quei party. Né lo aiuta il suo sventurato ministro degli Esteri, che ha provato a difenderlo sottolineando che l'età per il consenso (a rapporti sessuali, ndr.) in Italia è 14 anni, come se ciò fosse rilevante". Il Times: "Cade la maschera del clown" Libération: "Lo scandalo è alle calcagna""/> Qualcuno potrebbe dire, si conclude l'editoriale, che tutto ciò non riguarda i forestieri. Ma gli elettori italiani, alla vigilia delle elezioni europee, dovrebbero riflettere sul modo in cui è guidato il loro governo, sui candidati selezionati per Strasburgo e sul livello di sincerità del premier. E la faccenda "riguarda anche altri", afferma il Times. "L'Italia ospita quest'anno il summit del G8, dove si discuterà di maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo e al crimine internazionale. E' un importante membro della Nato. Fa parte dell'eurozona, che è confrontata dalla crisi finanziaria globale. Non sono soltanto gli elettori italiani a domandarsi cosa sta succedendo. Se lo chiedono anche i perplessi alleati dell'Italia". Il Times pubblica anche una lunga corrispondenza dall'Italia, intitolata "Berlusconi blocca la pubblicazione di foto di giovani donne in bikini a un party nella sua villa". Un articolo sul Financial Times, invece, osserva che "l'ondata di gossip" e "l'odore di scandalo" intorno a Berlusconi distolgono l'attenzione dell'opinione pubblica italiana da questioni ben più gravi, come le cattive notizie sull'andamento dell'economia italiana. Una corrispondenza sul Daily Telegraph afferma che "gli alleati di Berlusconi mettono nel mirino la moglie" per il divorzio, con la rivelazione che Veronica Lario avrebbe un partner da tempo, fatta da Daniela Santanché sul quotidiano Libero. E l'Independent riporta le pesanti critiche fatte dal premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, che hanno spinto la casa editrice Einaudi, "parte dell'impero Modandori di Berlusconi", a non pubblicare il suo ultimo libro, che descrive tra l'altro il primo ministro come "un delinquente". Francia. Il quotidiano Libération dedica la copertina alla vicenda: "Lo scandalo alle calcagna" e nelle due pagine interne: "Rivelando la tresca il quotidiano Repubblica ha fatto vacillare la popolarità del presidente del consiglio. E' una battaglia portata avanti nel nome di una certa concezione dell'interesse pubblico". Spagna. Il quotidiano El Pais torna a trattare la questione in una corrispondenza da Roma: "L'opposizione italiana chiede a Berlusconi che spieghi in parlamento se abbia portato nell'organizzazione elettorale del partito i suoi invitati delle feste private in Sardegna" e si chiede: "Berlusconi utilizza gli aerei ufficiali dello stato Italiano per portare gli artisti, ballerine e veline a Villa Certosa? Ha fatto uso improprio dei beni dello stato? È l'ultimo capitolo del Naomigate che ha trasformato l'Italia in un manicomio semplicemente portando allo scoperto l'abitudinaria mescolanza tra vita privata e pubblica di Berlusconi e la sua tendenza a conquistarsi amici e amiche dell'ambiente televisivo portandoli in quello politico". (Ha collaborato Flaminia Giambalvo) (1 giugno 2009

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Napolitano: "Serve più coesione" (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Napolitano: "Serve più coesione" Red, 01 giugno 2009, 12:42 Soprattutto "dinanzi alla crisi e alle tensioni che scuotono il mondo". Ma anche per "prendere finalmente la strada delle riforme necessarie". Lo "auspicano" gli stessi italiani. E' il monito che arriva dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano attraverso il suo discorso per le celebrazioni del 2 giugno. I "segni di unità" sono "tanto più importanti, quanto più sono aspre le contrapposizioni politiche e istituzionali, soprattutto in periodo elettorale" Negli ultimi tempi nel Paese si sono registrati importanti segnali di unità - dalle reazioni al terremoto in Abruzzo alle celebrazioni del 25 Aprile al ricordo delle vittime del terrorismo e della mafia - ma la realtà deve essere vista 'senza paraocchi'. Una realtà che indica il bisogno di 'più coesione' nel paese, soprattutto dinanzi alla crisi finanziaria ed economica e alle tensioni che attraversano il mondo. Ma 'più coesione sociale e nazionale' sono indispensabili anche per 'prendere finalmente la strada delle riforme necessarie al paese e al suo sviluppo'. Lo afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio in occasione della Festa nazionale della Repubblica del 2 giugno. Nel messaggio, messo a disposizione delle reti televisive e radiofoniche pubbliche e private e trasmesso per primo dal Tg3 delle 12, Napolitano non manca di sottolineare quei 'segni di unità' che si sono resi evidenti nelle scorse settimane, 'tanto più importanti quanto più sono aspre le contrapposizioni politiche e istituzionali, soprattutto in periodo elettorale'. Ma, invita nello stesso tempo il Capo dello Stato, 'basta guardare alla realtà senza paraocchi per vedere che c'è bisogno - come ho detto e non mi stanco di ripetere - di più coesione nel paese, dinanzi alla crisi e alle tensioni che scuotono il mondo; e dunque - aggiunge - anche in vista dell'importante, grande incontro internazionale che si terrà il mese prossimo a L'Aquila (il G8 - ndr) e che costituirà per l'Italia un impegno e un'occasione di straordinario rilievo'. Una unità necessaria, continua Napolitano, 'specie per prendere finalmente la strada delle riforme necessarie al paese e al suo sviluppo'. Per questo, sottolinea, 'c'è bisogno di più coesione sociale e nazionale: nel rispetto dei diversi ruoli istituzionali; nel libero e civile confronto tra le diverse opinioni'. Napolitano non ha dubbi e si dice 'convinto che sia questo un auspicio diffuso tra gli italiani. Di certo è il mio augurio nell'interesse della Repubblica che oggi festeggiamo perche' dal 2 giugno del 1946 con essa si identifica la nostra patria'. L'Italia, spiega Napolitano, si è 'ritrovata unita di fronte alla drammatica emergenza del terremoto. E si è, negli ultimi mesi, ritrovata unita nel celebrare il 25 aprile, giorno della Liberazione dal nazifascismo, del ritorno alla pace, alla libertà e all'indipendenza ; si è ritrovata unita nel rendere omaggio alle vittime del terrorismo, delle stragi, della violenza politica di ogni colore ; si è ritrovata unita nel ricordare con gratitudine gli eroici magistrati e appartenenti alle forze di polizia caduti nella lotta contro la mafia'. Per il Capo dello Stato 'sono stati altrettanti segni di unità del paese attorno a valori di democrazia e di solidarietà propri della nostra Costituzione'.

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Quando si fermerà la caduta del dollaro? (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

Quando si fermerà la caduta del dollaro? FOREX, clicca qui per leggere la rassegna di Fabio Caldato , 01.06.2009 14:57 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Il dollaro che ha accompagnato quest’anno di crisi finanziaria con una forza importante, tale da portare il cambio euro dollaro dai massimi a 1,60 fino a 1,24, sta pian piano perdendo considerazione. Le vendite, che l’hanno caratterizzato negli ultimi due mesi, hanno minato la rinnovata fiducia in quella che rimane, ad oggi, l’unica valuta globale. Le motivazioni sono state molteplici: i cinesi che diversificano in materie prime, i bond che crollano, i russi che comprano euro in primis, ma anche una diminuita avversione al rischio, ben riscontrabile osservando le performance di borsa recenti. Resta da capire se l’euro possa veramente esser un serio competitor: in seno al continente aumentano le divisioni e paesi come Spagna ed Italia sarebbero danneggiati da un super euro. La Germania,locomotiva di’Europa, arranca e preferisce,per opera dei suoi politici preoccupati per le elezioni di settembre, un’offerta finanziaria,in cui la presenza russa è importante, per Opel,piuttosto che un progetto industriale, offerto da Fiat. Il Giappone mostra un crollo del PIL a doppia cifra e la banca nazionale osteggia un rafforzamento della valuta,per non ostacolare la ripresa delle esportazioni. Di altri big non vi è traccia, essendo ormai secondarie le divise svizzera e britannica. L’economia e il tessuto finanziario USA si riprenderanno verosimilmente prima di quello nostrano, ma la valutazione prospettica da fare sul dollaro è la fiducia negli Stati Uniti e nel loro prodotto più importante:i bond governativi. Ad oggi,gli yield degli stessi stanno salendo,contrariamente alla volontà della FED: è inflazione incipiente? O qualcosa di più preoccupante? Un sell off del T Bond americano provocherebbe un danno enorme a livello finanziario a tutti i players mondiali. Osserviamo da vicino lo sviluppo dell’obbligazionario segue pagina >>

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Il Times: "Cade la maschera del clown" E la Faz lo paragona al padre degli dei (sezione: crisi)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Crisi

LONDRA - Uno scandalo che non riguarda più solo gli italiani, ma anche i paesi partner dell'Italia, nell'Unione Europea, nella Nato, nel G8 che l'Italia si prepara ad ospitare. E' questo il severo giudizio di un editoriale del Times di Londra sulla vicenda che ruota da settimane attorno a Silvio Berlusconi, al suo rapporto con la 18enne Noemi Letizia, alle feste in Sardegna e al divorzio dalla moglie Veronica Lario. E non è solo il Times a occuparsi ancora una volta di questa storia, che la stampa inglese sta seguendo con particolare attenzione: ci sono nuovi articoli anche sul Financial Times, sul Daily Telegraph, sull'Independent. E uscendo dal Regno Unito, si occupano delle vicende del premier Liberation e la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Times. "Cala la maschera del clown", s'intitola l'editoriale del Times, il secondo su questa vicenda dopo quello altrettanto duro del 18 maggio, pubblicato al primo posto fra i tre commenti del giorno nella pagina degli editoriali. "La qualità del governo Berlusconi non è una questione privata", afferma il sottotitolo. "L'aspetto più sgradevole del comportamento di Silvio Berlusconi non è che è un pagliaccio sciovinista, né che corre dietro a donne di 50 anni più giovani di lui, abusando della sua posizione per offrire loro posti di lavoro come modelle, assistenti o perfino, assurdamente, come candidate al Parlamento europeo", comincia l'articolo. "Ciò che è più scioccante è il completo disprezzo con cui egli tratta l'opinione pubblica italiana. Il senile dongiovanni può trovare divertente agire da playboy, vantarsi delle sue conquiste, umiliare la moglie e fare commenti che molte donne troverebbero grottescamente inappropriati. Ma quando vengono poste domande legittime su relazioni scandalose e i giornali lo sfidano a spiegare legami che come minimo suscitano dubbi, la maschera del clown cala. Egli minaccia quei giornali, invoca la legge per difendere la propria 'privacy', pronuncia dichiarazioni evasive e contraddittorie, e poi melodrammaticamente promette di dimettersi se si scoprisse che mente". OAS_RICH('Middle'); Il Times riconosce che la vita privata di Berlusconi è appunto un affare privato, ma osserva che, come è si è dovuto rendere conto Bill Clinton, scandali e alti incarichi pubblici non vanno d'accordo. "Molti potrebbero dire che l'Italia non è l'America, che l'etica puritana degli Stati Uniti non ha mai dominato la vita pubblica italiana, e che pochi italiani si scandalizzano davanti ai donnaioli. Ma questo è un ragionamento insensato e condiscendente. Gli italiani comprendono quanto gli americani cosa è accettabile e cosa non lo è. E, come gli americani, giudicano spregevole il cover-up". L'editoriale del quotidiano londinese nota quindi che pochi media in Italia possono fare simili affermazioni, senza timore di un castigo. "A suo merito, la Repubblica ha continuamente sollevato domande al primo ministro sulla sua relazione con Noemi Letizia, e alla maggior parte di queste domande non ci sono state risposte soddisfacenti. Quando e dove egli ha conosciuto la famiglia della ragazza? Mr. Berlusconi chiese di avere fotografie da un'agenzia di modelle per iniziare i contatti con la signorina Letizia? Che cosa c'è di vero sulle notizie di party con decine di giovani donne nella sua villa in Sardegna? Mr. Berlusconi ha promesso di spiegare tutto in parlamento. Ma non ha certo riassicurato i suoi critici con la sua iniziativa per bloccare la pubblicazione di 700 fotografie che potrebbero mostrare cosa succedeva a quei party. Né lo aiuta il suo sventurato ministro degli Esteri, che ha provato a difenderlo sottolineando che l'età per il consenso (a rapporti sessuali, ndr.) in Italia è 14 anni, come se ciò fosse rilevante". Il Times: "Cade la maschera del clown" E la Faz lo paragona al padre degli dei "/> Qualcuno potrebbe dire, si conclude l'editoriale, che tutto ciò non riguarda i forestieri. Ma gli elettori italiani, alla vigilia delle elezioni europee, dovrebbero riflettere sul modo in cui è guidato il loro governo, sui candidati selezionati per Strasburgo e sul livello di sincerità del premier. E la faccenda "riguarda anche altri", afferma il Times. "L'Italia ospita quest'anno il summit del G8, dove si discuterà di maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo e al crimine internazionale. E' un importante membro della Nato. Fa parte dell'eurozona, che è confrontata dalla crisi finanziaria globale. Non sono soltanto gli elettori italiani a domandarsi cosa sta succedendo. Se lo chiedono anche i perplessi alleati dell'Italia". Gli altri quotidiani britannici. Il Times pubblica anche una lunga corrispondenza dall'Italia, intitolata "Berlusconi blocca la pubblicazione di foto di giovani donne in bikini a un party nella sua villa". Un articolo sul Financial Times, invece, osserva che "l'ondata di gossip" e "l'odore di scandalo" intorno a Berlusconi distolgono l'attenzione dell'opinione pubblica italiana da questioni ben più gravi, come le cattive notizie sull'andamento dell'economia italiana. Una corrispondenza sul Daily Telegraph afferma che "gli alleati di Berlusconi mettono nel mirino la moglie" per il divorzio, con la rivelazione che Veronica Lario avrebbe un partner da tempo, fatta da Daniela Santanché sul quotidiano Libero. E l'Independent riporta le pesanti critiche fatte dal premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, che hanno spinto la casa editrice Einaudi, "parte dell'impero Modandori di Berlusconi", a non pubblicare il suo ultimo libro, che descrive tra l'altro il primo ministro come "un delinquente". Germania. La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), in un articolo firmato dallo storico corrispondente in Italia Heinz Joachim Fischer, fa paragoni mitologici: "A Silvio Berlusconi non basta presentarsi in Italia come un principe del rinascimento. Ora si prende a modello gli dei dell'antichità. Ad esempio il padre degli dei: Giove. Costui non era conosciuto solo per fulmini e saette, ma anche per le sue visite audaci presso le donne, tanto malfamate, quanto forse amate". Fischer parte dalla festa di compleanno di Noemi Letizia a fine aprile: da allora "in Italia è scoppiato il caos" e la ragazza di Casoria è diventata "famosa" come l'europarlamentare tedesco Martin Schulz, colui al quale Berlusconi diede del "kapò nazista" durante un intervento a Strasburgo nel luglio 2003, dopo le critiche sul conflitto di interessi e i guai con la giustizia del capo di governo italiano. Il paragone non è "fuorviante", sottolinea Fischer, perchè fu proprio Schulz, in una lunga intervista allo Spiegel, a criticare e a non trovare per niente divertente la strada aperta a giovani bellezze per fare carriera politica, anche nel parlamento europeo: "Berlusconi trasforma sistematicamente in gossip la politica italiana", disse allora il capogruppo del Partito socialdemocratico tedesco alle europee. Francia. Il quotidiano Libération dedica la copertina alla vicenda: "Lo scandalo alle calcagna" e nelle due pagine interne: "Rivelando la tresca il quotidiano Repubblica ha fatto vacillare la popolarità del presidente del consiglio. E' una battaglia portata avanti nel nome di una certa concezione dell'interesse pubblico". Spagna. Il quotidiano El Pais torna a trattare la questione in una corrispondenza da Roma: "L'opposizione italiana chiede a Berlusconi che spieghi in parlamento se abbia portato nell'organizzazione elettorale del partito i suoi invitati delle feste private in Sardegna" e si chiede: "Berlusconi utilizza gli aerei ufficiali dello stato Italiano per portare gli artisti, ballerine e veline a Villa Certosa? Ha fatto uso improprio dei beni dello stato? E' l'ultimo capitolo del Naomigate che ha trasformato l'Italia in un manicomio semplicemente portando allo scoperto l'abitudinaria mescolanza tra vita privata e pubblica di Berlusconi e la sua tendenza a conquistarsi amici e amiche dell'ambiente televisivo portandoli in quello politico". Sferzante il pezzo della Vanguardia: "La campagna elettorale per le Europee continua in Italia, astrusa e noiosissima, incapace di competere quanto a contestazioni, incanto mediatico, spessore del tema con la vita personale della stella più sgargiante della politica italiana degli ultimi quindici anni: Silvio Berlusconi. Nelle cerchia del potere si parla più di questa commediola che delle vicende poltico-continentali a Bruxelles. A volte diverte. La maggior parte delle volte preoccupa ed esaurisce tanta banale frivolezza". (Ha collaborato Flaminia Giambalvo) (1 giugno 2009

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