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Report "crisi"  28-29 marzo 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Da Intesa 15 milioni per tre film ( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: minata alla radice dalla recente crisi finanziaria che ha sconvolto il pianeta e che è partita proprio dal sistema del credito, ora dev'essere pazientemente ricostruita. Non senza difficoltà, s'intende. Un'iniziativa, quella del gruppo Intesa, che esce dai soliti schemi: anziché investire nella classica campagna pubblicitaria di prodotto,

Fincantieri Ricavi a più 8% guadagni in calo ( da "Tribuna di Treviso, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

fincantieri ricavi a più 8% guadagni in calo ( da "Nuova Venezia, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

Crisi? Servono lavoro territorio e coesione ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria per Cariverona, ha significato una contrazione delle erogazioni sui territori. «Ma la crisi non ci trova impreparati», ha spiegato Caponi, «ci spinge a lavorare di più e a distribuire meglio le risorse sottolineando i valori etici e di solidarietà che animano il nostro compito».

manager, la guerra dei bonus - tito boeri ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina MANAGER, LA GUERRA DEI BONUS TITO BOERI Dal bonus al malus. I banchieri che hanno beneficiato di compensi milionari nel bel mezzo della crisi finanziaria sono in tutto il mondo nel mirino dell´opinione pubblica. SEGUE A PAGINA 37

i manager e la guerra dei bonus - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché erano uno schiaffo a chi ha perso il posto di lavoro a seguito della trasmissione all´economia reale della crisi finanziaria. C´è solo da augurarsi che anche in Italia si diffonda la prassi di annullare i bonus del top management nelle banche, seguendo l´esempio di Unicredit. Di più, bisognerebbe azzerare tutta la parte variabile dei compensi dei top manager nel 2008.

Il discorso di Silvio Berlusconi: terza parte ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nostre ultime decisioni per affrontare la crisi economica e finanziaria globale, la crisi energetica, i conflitti esplosi in Georgia e in Medio Oriente. Questi valori ci guideranno anche in futuro. La nostra bussola, come ho detto nella Dichiarazione programmatica di governo il 13 maggio davanti alle Camere, è la crescita della libertà, della prosperità e dell'affermazione dell'

finanza etica sinonimo di trasparenza ( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la speculazione e la crisi finanziaria, il finanziamento a progetti irresponsabili, gli squilibri Nord-Sud. In particolare, ha affermato che attualmente si sta verificando un sempre maggiore distacco tra finanza ed economia reale. Ha spiegato che generalmente molte operazioni bancarie riguardano le esportazioni di armi (come si può verificare su www.

Fincantieri, via libera all'aumento di capitale ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Il consiglio di amministrazione ha proposto all'assemblea degli azionisti, per poter realizzare il Piano industriale 2007-2011, un aumento di capitale fino a un importo massimo di 300 milioni di euro.

"Le salsiccie e Arisa Così vi spiego la crisi" ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: origine della crisi, chi ha sbagliato, di chi è la colpa, perchè la crisi finanziaria Usa ha portato alla crisi economica globale, quale l'effetto sulla nostra vita e cOsa succederà adesso?» Manacorda ha ripercorso la storia della crisi a partire dalla metà degli anni '90: la bolla immobiliare negli Stati Uniti con le famiglie che s'indebitano per comprare casa e le banche che «

Banco solidarietàraccolta recorddi tutti gli scolari Dopo cinquant'annia Sestri chiudela Trafileria Segesta ( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha fatto aumentare anche a "Santa" i nuovi poveri, rappresentati soprattutto da famiglie monoreddito, anziani soli, disoccupati: soltanto in queste ultime due settimane altre tre famiglie hanno fatto richiesta del pacco alimentare mensile.

carige, la cassaforte resiste alla crisi - aldo lampani ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sterilizzando gli inevitabili effetti negativi portati dalla crisi finanziaria, perché anche Carige lavora sul pianeta Terra. Dunque l´utile si è formato in misura soddisfacente dopo aver contabilizzato minori commissioni sul risparmio gestito, aver iscritto minusvalenze sul portafoglio di proprietà e svalutazioni di alcuni titoli.

Ordini in calo,ma target di utile invariato nel 2009 ( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha detto il direttore finanziario Joe Kaeser. Il prossimo mese il gruppo industriale tedesco pubblicherà i risultati del secondo trimestre da gennaio a marzo. «La crisi finanziaria ha raggiunto Siemens ma Siemens di per sé non è in crisi», ha aggiunto Kaeser. Gli analisti si aspettano che il gruppo tagli le sue previsioni per l'utile operativo per tutte e tre le sue divisioni -

Camfin svaluta Pirelli e chiude in rosso il 2008 ( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è stato fortemente influenzato dalla crisi finanziaria internazionale. Il gruppo prevede una riduzione dei flussi di cassa nel 2009 a causa del mancato dividendo da parte di Pirelli, ma ha avviato un programma di iniziative per il rafforzamento della struttura patrimoniale e finanziaria tramite riduzione e riscadenzamento del debito.

La Popolare di Sondrio resiste alla crisi ( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Popolare di Sondrio resiste alla crisi La Banca Popolare di Sondrio presenta sabato 28 marzo ai propri azionisti i conti di una crisi finanziaria epocale che ha acciaccato anche la solida scorza dell'istituto valtellinese, senza tuttavia impedire il raggiungimento di un risultato economico positivo e la consueta remunerazione del capitale.

Bene, vince il pessimista ( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: effetto paradossale di far diminuire la loro fiducia nei mercati finanziari. E il problema è che questa crisi finanziaria è nata proprio da una crisi di fiducia. E, se non si risolve questo problema, non si risolve nulla. D'altra parte quello che pensano gli investitori privati spesso va intepretato come un segnale contrario di quello che poi effettivamente sarà.

Fincantieri, utili e ordini in caloricapitalizzazione da 300 milioni ( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008» spiega il gruppo. Gli investimento sono a 111 milioni dai 116 del 2007. Nel 2008 la posizione finanziaria è stata a saldo negativo per 64 milioni di euro e il piano industriale prevedeva un congruo aumento di capitale nel 2007,

Valpiave raddoppia ( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i colossi assicurativi fanno i conti con il fiato corto indotto dalla crisi finanziaria internazionale, Valpiave ha assorbito le svalutazioni sugli investimenti, contabilizzandoli in bilancio al valore reale al 31 dicembre (il risultato tecnico è sceso da 1,2 milioni del 2007 a 736 mila euro del 2008) e continua nella crescita con il passo impostato da dieci anni a questa parte.

E ci casca anche il vescovo ( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dopo una crisi finanziaria che ha polverizzato metà del risparmio azionario mondiale, «se non ci fosse l'Ue bisognerebbe inventarla». Noi che ci siamo dentro non ci pensiamo spesso: ma gli Stati falliti, come l'Islanda, e anche il Regno Unito, che sta ripensando alla sua decisione di non entrare nell'euro, se ne stanno accorgendo eccome.

Banchieri svizzeri prigionieri in patria "Restate a casa" ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: preoccuparsi di rabberciare i bilanci perforati dalla crisi finanziaria globale di cui sono stati coprotagonisti, e nemmeno trovare un modo per stare alla larga dai disperati malintenzionati che hanno preso a contestare la categoria in modo anche rude in quanto «causa di ogni male». Il loro problema extra è che quando attraversano il confine temono di non tornare indietro con facilità.

Obiettivo centrale del summit sarà quello di ripulire il sistema bancario dalle attività tossiche e ridare così fiducia ai mercati finanziari ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Obiettivo centrale del summit sarà quello di «ripulire» il sistema bancario dalle attività tossiche e ridare così fiducia ai mercati finanziari D. Strauss-Kahn

"In Europa fabbriche a rischio chiusura" ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ad spiega che è stato deciso di non distribuire i dividendi «per ragioni di prudenza finanziaria, ma non appena tornerà la normalità nei mercati finanziari, la Fiat riprenderà a distribuirli» (quest'anno 0,31 euro alle sole risparmio). A Piazza Affari il titolo continua la risalita: ieri +3,33% a 5,27 euro in una giornata positiva per tutto il comparto auto europeo.

Qualificazioni mondiali, comincia la gran volata. Stasera, il Montenegro di Savicevic, già rego... ( da "Stampa, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il protezionismo che qualcuno millanta (Toni, per esempio) non mi sembra un atteggiamento «alto»; nello sport come nella vita la concorrenza va stimolata, non affossata. È morta e sepolta l'epoca in cui si poteva traslocare da una Nazionale all'altra, oggi la prima scelta è anche l'ultima, comodo sparare su Amauri,

Compri casa negli Usa E hai subito la green card ( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: evitare il peggioramento della crisi finanziaria. Ancor oggi, in tempi di crisi, gli Stati Uniti accolgono un milione di persone all'anno. Non si tratta di aumentare il flusso, ma modificarne le caratteristiche. I benefici sono evidenti: l'aumento della domanda servirà ad assorbire l'eccesso di offerta, stabilizzando i prezzi e ridando ossigeno all'edilizia.

Metti la tripla A E il monetario ha il vento in poppa ( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: europei hanno reagito in maniera incisiva alla crisi finanziaria, è chiaro che gli investitori in Europa continuano a essere preoccupati dallo stato dei conti delle banche e dal rischio potenziale di mantenere i contanti in depositi bancari non garantiti. E in periodi di instabilità finanziaria, come quello attuale, il fondo monetario rappresenta una valida alternativa di investimento,

Il recupero dei financial fa da traino agli industriali ( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La recente crisi finanziaria ha reso di fatto questi strumenti orfani, privi di un naturale compratore. Gli operatori del mercato obbligazionario, infatti, hanno venduto a man bassa questi strumenti, non sentendosi più a proprio agio con titoli che, attraverso un meccanismo di opzionalità sulla data di rimborso e sul pagamento delle cedole,

obama fa pace con i banchieri "insieme rifondiamo l'economia" - luca iezzi ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: un colloquio durato qualche ora in cui si è parlato di tutti i temi caldi della crisi finanziaria: riduzione del livello dei compensi dei banchieri, le regole per l´acquisto degli asset tossici da parte dello Stato e persino l´ipotesi di un ritorno alla divisione tra banche commerciali (quelle che si rivolgono ai risparmiatori) e le più rischiose banche d´affari.

i grandi del mondo al test del risparmio - alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma si prevede fino al 10% ALESSANDRO PENATI Come quasi tutte le crisi finanziarie, anche quella attuale ha come sfondo uno squilibrio dei flussi internazionali di capitale. Fino al �98, i paesi asiatici avevano finanziato la propria crescita importando capitali, che hanno alimentato credito facile e bolla immobiliare.

londra assediata dai no global anti-finanza - anais ginori ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Preghiamo per i leader del G20 affinché possano adoperarsi per trovare soluzioni contro la crisi finanziaria. Preghiamo affinché sappiano formulare un nuovo ordine economico mondiale». Si comincerà così, con un salmo molto particolare. Il vescovo Richard Chartres darà stamattina la sua benedizione nel Methodist Central Hall, vicino Westminster.

ma resta l'incognita degli stabilimenti - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Marchionne lamenta il «nuovo protezionismo che si manifesta nel vecchio continente». L´ad è molto duro: «Di fronte a questa crisi non c´è l´Europa: ci sono la Francia, l´Inghilterra, la Germania, ognuno impegnato ad aiutare non il mercato dell´auto ma direttamente le sue aziende automobilistiche».

( da "Eco di Bergamo, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: segretario generale Uil di Bergamo - è che contro la crisi manchi una strategia complessiva da parte del governo». Così la crisi finanziaria, divenuta crisi produttiva e occupazionale, «in particolare per il nostro territorio, è venuta ad assommarsi a una situazione di difficoltà che riguardava tutta la filiera del tessile - ha continuato Cicerone -.

Da Intesa 15 milioni per tre film ( da "Italia Oggi" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: minata alla radice dalla recente crisi finanziaria che ha sconvolto il pianeta e che è partita proprio dal sistema del credito, ora dev'essere pazientemente ricostruita. Non senza difficoltà, s'intende.Un'iniziativa, quella del gruppo Intesa, che esce dai soliti schemi: anziché investire nella classica campagna pubblicitaria di prodotto,

La crisi affonda nei vini del Piemonte ( da "Italia Oggi" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria sembra incidere ancora maggiormente che in passato sulle vendite anche se sembrano lontani i tempi , tra il 2003 e il 2004, quando la kermesse veronese aveva subito un netto calo di visitatori e buyer rispetto al periodo d'oro della fine degli anni 90.

PER LA CONFERMA a segretario della Cisl provinciale, Giovanni Bolognini, dovr ... ( da "Nazione, La (Lucca)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quello della crisi finanziaria e dell'economia reale. Relativamente alla realtà lucchese è stato sottolineato come permanga un'emergenza sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, causata anche dal numeroso ricorso al lavoro «in nero». «Anche per far fronte a questi problemi ha affermato Bolognini la Cisl rivendica una contrattazione di secondo livello e lo sviluppo della bilateralità»

TOLENTINO Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. Dopo 101 anni di st... ( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Dopo 101 anni di storia e un anno e mezzo di crisi finanziaria - dichiara l'amministratore dell'azienda di Tolentino, Michele Spagna - vogliamo definitivamente cambiare le sorti della Pelletterie 1907 (nome che parla proprio della fondazione) e risaltarne le potenzialità, le capacità, il valore.

TOLENTINO - Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. Dopo 101 a... ( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Dopo 101 anni di storia e un anno e mezzo di crisi finanziaria - dichiara l'amministratore dell'azienda di Tolentino, Michele Spagna - vogliamo definitivamente cambiare le sorti della Pelletterie 1907 (nome che parla proprio della fondazione) e risaltarne le potenzialità, le capacità, il valore.

ANCONA - L'inaugurazione dell'anno accademico 2008-2009 dell'Istituto Adriano Olivetti ha pe... ( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Istituto Adriano Olivetti ha per tema la crisi finanziaria internazionale con riflessi sull'economia reale. Serviva la presenza di Roberto Poli, presidente dell'Eni, ospite ieri mattina a Villa Favorita, per far luce sulla congiuntura economica sfavorevole. Anche la regione Marche vive un periodo di crisi e «ci si aspetta proprio da un istituto qualificato nel panorama internazionale,

ROMA Il traguardo più importante del G20 di Londra sarà ripulire il sistema b... ( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Kahn ha affermato che in una crisi come questa «c'è sempre il rischio del protezionismo, che però può solo peggiorare le cose. Chiudersi nelle soluzioni interne non aiuta, anche se a volta la tentazione può essere forte». E la crisi offre anche «una buona occasione per agire» contro l'annoso problema dei paradisi fiscali.

Il giorno della solidarietà è fissato per domani: in tutte le chiese dell'arcidiocesi... ( da "Messaggero, Il (Umbria)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: famiglie che si trovano in difficoltà economiche a causa della crisi finanziaria. Nella chiesa cattedrale di Spoleto sarà personalmente l'arcivescovo monsignor Riccardo Fontana a raccogliere le offerte dei fedeli. Saranno presenti delegazioni di tutte le Caritas parrocchiali. I soldi che verranno messi insieme, così come quelli già arrivati da molti Istituti bancari e altre Istituzioni,

Utile 2008 di 170 milioni ( da "Corriere del Veneto" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Notevole il peso delle svalutazioni e degli accantonamenti per effetto della crisi finanziaria. Le rettifiche nette di valore «per deterioramento di crediti» sono di 1.065,2 milioni di euro, in crescita del 20,4% su basi omogenee, comprese le svalutazioni connesse al gruppo Fingruppo- Hopa, per un importo di 54 milioni.

MILANO - Siamo confidenti di chiudere il 2009 - anno giusto per le alleanze... ( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per ragioni di prudenza finanziaria», ha precisato Marchionne assicurando che «non appena tornerà la normalità nei mercati finanziari riprenderemo a distribuirli». Nessuna indicazione sulla tempistica. Tuttavia secondo il capo azienda a livello economico e mondiale il peggio è alle spalle e «i veri segnali concreti si vedranno nella seconda metà dell'

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del commercialista Gianni Ciotti che ha parlato della crisi con particolare riferimento alle piccole medie imprese «vero tessuto economico del nostro territorio», del notaio Stefano Sabatini, del giudice Fabrizio di Marzio e del sostituto procuratore della Repubblica Luigi Orsi. «La crisi finanziaria è il naturale epilogo di un modus operandi non corretto.

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: intervenuto durante il convegno su «Crisi finanziaria internazionale: riflessi sull'economia reale» che ha dato la sua "benedizione" alla futura carriera dei ragazzi. «Il ruolo delle scuole di management è fondamentale ha detto Poli credo nell'integrazione tra cultura accademica e imprenditoriale per un approccio completo al mondo aziendale».

ROMA Ha passato in rassegna e rivendicato le cose fatte dall'esecutivo, dall'operazione A... ( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per ripetere ancora una volta che il nostro Paese può uscire dalla crisi economica e finanziaria meglio di altri. Il programma economico del nuovo partito, Berlusconi lo enuncerà forse domani: ieri inaugurando il congresso fondativo del Pdl ha guardato soprattutto indietro, ai dieci mesi di governo. Anzi, rinverdendo alcuni di quelli che sono da anni i suoi temi preferiti,

Formazione, strumento per sconfiggere la crisi ( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha parlato a lungo della crisi finanziaria internazionale e i suoi riflessi sull'economia reale. «Sono ottimista ha detto Poli anche se i tecnici e la politica hanno fatto molti errori, siamo vicini ad una soluzione». Ma i nodi da risolvere sono ancora lì sotto i nostri occhi e riguardano in primis vigilanza, trasparenza dei bilanci degli operatori finanziari,

L'Alitalia non arriva In 100 restano a terra ( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma forse una ragione può anche essere offerta dalla crisi finanziaria...». Ma a proposito di offerte, oltre a quella di un certo interesse del fondo «F2I» della Cassa Depositi e Prestiti non si può non sottolineare la presenza di «Airvalle» che è, nientepopodimenoché, di Federico Wendler ancora dentro il cda di Aerdorica.

Nasce il movimento post-no global ( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Di proteste contro la crisi nel Regno Unito non se ne sono viste molte negli ultimi mesi. In Islanda e Ungheria i governi sono caduti per la crisi finanziaria, in Francia la gente è scesa in piazza in massa e in Grecia sappiamo tutti quello che è successo. Però se si parla del Regno Unito è vero che finora non c'è stata una grande mobilitazione.

Sulle macerie del Bel Paese ( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sensibile alla crisi finanziaria, la pubblicità. Qualche scricchiolio lo rivelano le dichiarazioni dei redditi del Principale (come lo chiama Ciarrapico) e della sua azienda di famiglia... Ragionerei sul passaggio di Fiorello a Sky - e sull'improvvisa maleducazione di Mediaset con Mike Bongiorno (suo ex candidato senatore a vita) - almeno con la stessa attenzione che molti dedicano all'

Servono 50 miliardi contro la povertà ( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alla vigilia dell'incontro dei ministri del Lavoro che si svolgerà dal 29 al 31 marzo a Roma. «Finora il grosso delle risorse dei Paesi del G8 è stato destinato a salvare le banche e i mercati finanziari, mentre troppo poco è stato investito nella difesa del lavoro, nella protezione sociale e nel welfare», sottolinea la campagna.

Dagli alle banche ( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il piano di liberalizzazione del mercato globale come soluzione alla crisi, dimostrando come il vangelo neoliberista, uscito con le ossa rotte dall'esplosione della crisi finanziario, sia tutt'altro che sconfitto ideologicamente. In particolare Brown ha invitato i partecipanti al summit a raggiungere un'accordo sul contestato Doha Round dell'Organizzazione mondiale del commercio,

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tornerà quando ci sarà «la normalità nei mercati finanziari». Al futuro dell'industria mondiale dell'auto guarda invece Marchionne, che ribadisce una teoria già espressa, secondo la quale «nei prossimi 24 mesi assisteremo a un consolidamento del settore: quando si sarà completato è probabile che avremo non più di sei costruttori globali ».

Industria, vendite giù del 20% Faissola: imprese senza alibi ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari induce, almeno, a una diminuzione del pessimismo» ha detto il presidente dei banchieri italiani, che ha anche risposto alle nuove punzecchiature della Confindustria. Con i Tremonti bond, «noi non avremo più alibi per quanto concerne gli aspetti patrimoniali, ma le imprese non hanno più alibi rispetto alle iniziative che dovranno assumere per fare investimenti.

BasicNet corre, bene conti e cedola ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano BasicNet corre, bene conti e cedola (a.jac.) — Positivo il bilancio 2008 di BasicNet. Il gruppo forte dei marchi Kappa, Robe di Kappa, Superga, K-Way e Jesus Jeans ha realizzato vendite aggregate (dei licenziatari) per oltre 305 milioni di euro,

Piazza Affari frena. Scatto di Atlantia ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa Piazza Affari frena. Scatto di Atlantia di Gabriele Dossena Petroliferi giù Il calo del petrolio ha penalizzato Eni e Saipem. Giornata positiva per Camfin Dopo sette sedute consecutive in rialzo Piazza Affari ha chiuso ieri in calo,

Barclays vola dopo lo ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Londra Barclays vola dopo lo «stress test» ( giu. fer.) — Barclays vola in Borsa a Londra, dove è salito fino a guadagnare il 24%, a 173,80 pence. A far correre la banca guidata da John S.

L'emergenza riformista ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 42 autore: di JOSEPH STIGLITZ categoria: REDAZIONALE LA CRISI E I PAESI POVERI L'emergenza riformista L a crisi finanziaria innescata dal mercato dei mutui subprime in America si è ormai tramutata in una recessione globale: la previsione di crescita è di meno 1,5%, un livello mai toccato dai tempi della Grande Depressione.

La mia ricetta: people first ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rivolto ai temi della disoccupazione e dell'impoverimento da quando l'instabilità dei mercati finanziari ha indotto il drastico rallentamento delle economie reali con pesanti conseguenze su grandi moltitudini di persone. E l'attesa di condizioni ancor peggiori alimenta ulteriormente il circolo vizioso della sfiducia che è il motore della crisi.

Bruxelles, fisco e Grande Fratello ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: scatenino) reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari Paesi nel caos politico o in regimi non democratici» («Gli Stati disarmati », Corriere di domenica 22). Condivido le preoccupazioni di Monti — un amico che stimo — sulle possibili conseguenze della crisi. Ho qualche dubbio sulla terapia.

I re di Wall Street da Obama ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria che scuote il Paese. Una sovraesposizione del presidente in parte concepita per sfruttare le sue grandi doti di comunicatore, essenziali nei momenti più delicati (visto anche lo scarso carisma dei leader del suo team economico, da Geithner a Summers), in parte legata all'esigenza di Obama di acquisire tutti i possibili elementi di valutazione prima di affrontare

Con la cura fiducia primi fuori dalla crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: pari a quattro punti di Pil, «per le grandi opere», la protezione dei più deboli e l'estensione delle garanzie per chi perde il lavoro. La crisi globale richiede risposte globali, ma anche nuove regole. «Siamo stati i primi a resistere alla tentazione del protezionismo e a dare misure di sostegno all'economia reale.

Appalto a ditta italiana I sindacati svizzeri: rischio di lavoro nero ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: lombardi nel mirino Appalto a ditta italiana I sindacati svizzeri: rischio di lavoro nero «Nessun protezionismo, noi difendiamo i salari» Polemiche dopo l'affido di lavori per la ristrutturazione Migros alla Wanzl Italia di Travagliato (Brescia) VARESE — Non sarà quel maxiappalto inizialmente paventato dagli svizzeri. Ma tanto è bastato per scatenare la reazione dei ticinesi.

Dal debito rischi per l'Eurozona ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: singoli Paesi e a livello mondiale che potrebbero pesare sui mercati finanziari». SteinbrÜck si è quindi chiesto se il mondo non stia «pre-programmando la prossima crisi». Dal canto suo, Borg ha puntato il dito contro gli «enormi deficit» di Gran Bretagna e Stati Uniti. Qualche mese fa, lo stesso ministro delle Finanze tedesco aveva accusato Londra di praticare un «keynesismo crasso»

Fincantieri, utili in forte calo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia più alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per quattro fregate multi missione Fremm,

A Cagliari il G-8 delle imprese ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Proposte anti-crisi A Cagliari il G-8 delle imprese Nicoletta Picchio ROMA Crisi economica e finanziaria, libertà di investimenti, cambiamenti climatici: le associazioni imprenditoriali dei Paesi del G8 ne parleranno a fine aprile, il 23 e il 24, in Sardegna, a Fort Village, vicino Cagliari.

È partito ( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma con una dose di protezionismo nascosta dentro. La nuova proposta di legge americana dà infatti alla Casa Bianca l'autorità di far scattare forti dazi sull'import dai Paesi che non pratichino sistemi di «cap and trade». La minaccia nei confronti di Pechino è evidente e qualche giorno fa il segretario all'Energia Steven Chu,

Corporate bond, torna la liquidità ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a dispetto della crisi finanziaria, emergono come l'unica voce in attivo se confrontate alle Ipo (Initial public offering) ancora su livelli minimi e all'M&A (Merger and acquisition) in calo del 33 per cento. Un insieme di fattori, dal calo dei tassi di interesse alle esigenze delle imprese high yield di finanziare il proprio debito,

Camfin, Tronchetti vara il rilancio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è stato fortemente condizionato dalla crisi finanziaria internazionale, con impatti negativi sui risultati del gruppo Camfin sia per la contrazione dell'attività delle collegate derivante dal rallentamento dell'economia mondiale, sia per la repentina contrazione dei mercati borsistici, che ha penalizzato la valorizzazione degli asset quotati».

Carige conferma gli utili e la cedola ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e la gestione delle poste finanziarie, al netto di dividendi per 14,8 milioni, presenta un risultato negativo per 48,1 milioni a fronte di un risultato positivo di 35,3 milioni del periodo di raffronto a causa dello sfavorevole andamento dei mercati finanziari che ha determinato minusvalenze sul portafoglio di proprietà.

Fiat: Gli aiuti pubblici creano sperequazioni ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari sembra per fortuna allentarsi: giovedì la Cnh, divisione macchine agricole con sede negli Usa, è tornata sul mercato delle cartolarizzazioni con un'emissione da oltre 500 milioni di dollari (sia pure «a un prezzo elevato») che dovrebbe permettere di alleggerire la pressione sulle finanze del gruppo: «Considerato che abbiamo aperto una linea di credito da un miliardo

Dal G-20 una risposta politica ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Primo, la riforma dei mercati finanziari è importante adesso perché c'è stato un crollo della fiducia, e regole più affidabli aiutano a ripartire. Ma, secondo punto, non bisogna illudersi che nuove regole finanziarie siano capaci di per sé di scongiurare una prossima crisi.

La nuova Londra parla arabo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si erano infatti ritirati nel 2007 dopo lo scoppio della crisi finanziaria. Intanto nella City i progetti già approvati di altre due grattacieli, il cosiddetto "Cheesegrater" (grattugia) di British Land e il "Walkie Talkie" di Land Securities, sono stati archiviati a causa del calo della domanda e della mancanza di finanziamenti.

fincantieri ricavi a più 8% guadagni in calo ( da "Mattino di Padova, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

Diciamo sì a 3 aziende su 4 ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria che ha caratterizzato la seconda metà del 2008 è divenuta nel corso di questi primi mesi dell'anno a tutti gli effetti una crisi sistemica, con importanti riflessi negativi sull'economia. Le responsabilità delle banche sono quindi aumentate, e il gruppo UniCredit ha rinnovato il proprio impegno concreto per non fare mancare il necessario supporto alle famiglie,

Meno risorse, ma ci siamo ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: disposizione dovuto alla crisi finanziaria , si conferma cruciale per città e provincia «Meno risorse, ma ci siamo» Un sostegno molto forte ai casi di bisogno, a programmi medici e di salute pubblica. Finiti restauri di straordinaria importanza «La crisi sta pesando sulla fondazione ma il nostro obbiettivo è quello di continuare a garantire la nostra consistente presenza nel territorio»

Un calo simile non si registrava da 34 anni ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: energia rinnovabile La crisi finanziaria ed economica attacca anche i consumi di energia elettrica delle aziende italiane. Secondo i dati forniti da Multiutility, il calo dei consumi a gennaio 2009 si è attestato a -8,5%, per trovare un crollo percentuale comparabile, bisogna risalire al lontano agosto del 1975, ovvero 34 anni fa,

Aperto un tavolo di confronto con le banche del territorio ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: della crisi finanziaria le banche hanno ridotto il credito all'impresa mettendola in seria difficoltà. Perciò in autunno Confindustria Verona ha deciso di aprire un tavolo di confronto con le banche del territorio, per rendere più agevole alle aziende l'accesso ai finanziamenti, per consentire grazie a un dialogo in chiave locale un monitoraggio più costante del rapporto banche-

Adattabili, competitivi, solidi ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e temi forti come la crisi finanziaria e il federalismo sono oggetto di aggiornati approfondimenti. Al business occorrono supporti costanti e servizi innovativi: PerInnovare è sempre più un valido partner per le imprese, la BCC consente acquisti via internet e rende gli approvvigionamenti più diretti ed economici.

Una guida per acquistare case ( da "Arena, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attività edilizia e la promozione di misure per il sostegno del settore edilizio, fortemente penalizzato a causa della complessa crisi finanziaria, attraverso interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa nonché preservare, mantenere, ricostruite e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente per favorire anche l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabile.

Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai guai di casa vostra ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità?. ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Tensione Roma-Madrid. Spagnoli ci... ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Più di un secolo sulla rotta dei Cosulich ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi del 1929. Quindi il capitolo della crisi finanziaria mondiale e la nazionalizzazione della Cosulich come tante altre compagnie italiane. Infine il periodo che va dal dopoguerra, dopo il regime fascista, fino ai giorni nostri. In occasione della mostra dedicata ai Cosulich Comuncarte edizioni ha pubblicato un catalogo breve in vendita presso il bookshop del Galata a dieci euro

fincantieri: ricavi +8%, ma utile in calo ( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia piú alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per 4 fregate multi missione Fremm,

Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Elogi a Silviò e Gianfrancò ( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con la spaventosa crisi finanziaria in atto, non mostra le sue crepe? Martens lo esclude: «La crisi non rappresenta la sconfitta del modello capitalista. Al contrario, essa è il risultato di una deviazione del capitalismo. Noi pensiamo fermamente che il modello ideale sia un'economia sociale di mercato».

Slalom fra spread e polizze Vita ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che da quando la crisi finanziaria ha toccato il suo apice non ha fatto che rafforzarsi. A volerlo cercare, il vero fenomeno che ha preso corpo negli ultimi mesi e che rischia di estendersi a macchia d'olio di qui a poco è quello delle assicurazioni che vengono vendute al cliente in parallelo al mutuo: contratti a favore dell'istituto erogante che coprono le rate in caso di morte,

I fondi attivi snobbano la crisi ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: INTERVISTA Piero Marchettini Adelaide consulting I fondi attivi snobbano la crisi «N on credo che i fondi che investono secondo criteri etici abbiano perso più degli altri con la crisi finanziaria internazionale ». Piero Marchettini è il Managing Partner di Adelaide Consulting, società specializzata in Corporate Governance.

La Norvegia stringe sul clima ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha colpito duro anche questo fondo pensione: il ribasso per il 2008 è stato del 23,3%, ossia l'equivalente di 72,5 miliardi di euro; l'impennata del petrolio ha però portato circa 44 miliardi di euro nelle sue casse. Ciò non ha frenato gli interventi: pochi giorni fa la società cinese Dongfeng è stata messa al bando (

Via libera alle perdite congelate Le Fondazioni verificano i conti ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'eccezionalità della crisi finanziaria ha spinto il Parlamento italiano ad aprire una sorta di parentesi contabile. Società ed enti che non usano gli Ias (i principi contabili internazionali) potranno congelare le potenziali perdite di bilancio per questo e forse anche per il prossimo anno.

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Di proteste contro la crisi nel Regno Unito non se ne sono viste molte negli ultimi mesi. In Islanda e Ungheria i governi sono caduti per la crisi finanziaria, in Francia la gente è scesa in piazza in massa e in Grecia sappiamo tutti quello che è successo. Però se si parla del Regno Unito è vero che finora non c'è stata una grande mobilitazione.

( da "Arena.it, L'" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria per Cariverona, ha significato una contrazione delle erogazioni sui territori. «Ma la crisi non ci trova impreparati», ha spiegato Caponi, «ci spinge a lavorare di più e a distribuire meglio le risorse sottolineando i valori etici e di solidarietà che animano il nostro compito».

La crisi finanziaria vista da un ubriacone. ( da "Blogosfere" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mar 0928 La crisi finanziaria vista da un ubriacone. Pubblicato da Debora Billi alle 12:24 in Finanza Gira in Rete questa divertente storiella che spiega in parole povere cosa sta accadendo nel mondo della finanza. Ve la traduco. --- Heidi è la proprietaria di un bar a Berlino.

CRISI/ FINI CITA TREMONTI: TORNARE A VALORI TRADIZIONALI ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi/ Fini cita Tremonti: tornare a valori tradizionali di Apcom Ha origine nella finanza, servono nuove regole -->Roma, 28 mar. (Apcom) - La crisi finanziaria internazionale ha orgine nella finanza e per uscirne occorre ritornare ai valori tradizionali dell'economia.

Crisi/ Fini cita Tremonti: tornare a valori tradizionali ( da "Virgilio Notizie" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria internazionale ha orgine nella finanza e per uscirne occorre ritornare ai valori tradizionali dell'economia. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sposa la linea del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e nel corso del suo intervento al congresso del Pdl parlando della crisi cita "il bel libro"

PDL/ BERLUSCONI: INIZIA NUOVA ERA PER UN PAESE PIÙ DEMOCRATICO ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: più democratico di Apcom Permetterà di far uscire il Paese dalla crisi economica -->Roma, 28 mar. (Apcom) - "Il Pdl è il punto di arrivo, ma è soprattutto una nuova epoca per fare ripartire il Paese, renderlo più democratico e uscire dalla crisi finanziaria economica". È quanto ha sottolineato il premier Silvio Berlusconi, giunto alla Nuova Fiera di Roma per il congresso del Pdl.

Polo di Solofra, il sindaco chiede aiuto alla Regione ( da "Denaro, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si legge nella nota, "rappresenta con ogni probabilità una delle realtà economiche più dinamiche del Sud Italia. Condividendo però la sorte del settore manifatturiero italiano è costretto a fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale". M.D'A. del 28-03-2009 num.

Ricavi in aumentoma utile in calo ( da "Sicilia, La" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia più alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per 4 fregate multi missione Fremm,

Scout morto, i capi davanti ai giudici ( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria, anche se le indicazioni delle famiglie sono state raccolte tra l'estate e l'autunno dell'anno scorso, non sembra incidere molto e solo il 7 per cento denuncia situazioni di disagio economico. "Il nulla rispetto a quello che si sente - conclude il sindaco - ai Servizi sociali sono pervenute una ventina di richieste,

Il morbo delle filiere ( da "Gazzettino, Il" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mentre le autorità monetarie e i governi di tutto il mondo sono alla ricerca di come uscire dalla crisi finanziaria e dalla recessione che sempre più attanagliano l'economia mondiale, il mondo delle imprese è impegnato nel difficile compito di resistere e di mettere le basi per costruire il futuro. La preoccupazione delle nostre medie e piccole imprese, in particolare, è molto forte.

babelick ha detto: e pensare che volevano darci lezioni...ormai se ne sono accorti tutti,addirittura i giornalisti...cmq noi abbiamo sempre anticipato gli eventi prima delle notizi ( da "KataWeb News" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

UMBRIA/LORENZETTI: SOSTENERE CHIESA IN AZIONI DI AIUTO A FAMIGLIE ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nostra regione si stanno facendo sempre più acute le ripercussioni della crisi finanziaria e a risentirne sono le famiglie a più basso reddito, il nostro sistema produttivo - scrive la Lorenzetti - e in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu (conferenza episcopale umbra, ndr.) ha deciso di attivare un Fondo di solidarietà al quale ho fatto la personale scelta di aderire.

G8 LAVORO/ CARD. MARTINO: BENE SUMMIT SOCIALE DEL GOVERNO ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La profonda crisi finanziaria manifestatasi nell'autunno scorso e della quale è ancora difficile valutare la gravità degli sviluppi economici e sociali - afferma il presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace in un articolo pubblicato sull''Osservatore romano' - può essere occasione positiva per ripensare l'assetto globale dell'

Umbria/ Lorenzetti: Sostenere chiesa in azioni di aiuto a ( da "Virgilio Notizie" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nostra regione si stanno facendo sempre più acute le ripercussioni della crisi finanziaria e a risentirne sono le famiglie a più basso reddito, il nostro sistema produttivo - scrive la Lorenzetti - e in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu (conferenza episcopale umbra, ndr.) ha deciso di attivare un Fondo di solidarietà al quale ho fatto la personale scelta di aderire.

CRISI/ STATO TEDESCO ACQUISTA 8,7% CAPITALE HYPO REAL ESTATE(FAZ) ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Hypo Real Estate è divenuto l'emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, nonostante il piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro in totale, di cui 52 miliardi di garanzie pubbliche fornite da Soffin.

ISLANDA/ PREMIER SIGURDARDOTTIR ELETTA LEADER SOCIALDEMOCRATICI ( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sigurdardottir ha affermato che i valori socialdemocratici devono prevalere di fronte alla gravissima crisi finanziaria che attraversa il Paese. Ha poi messo la parola fine alle voci che la volevano come un leader di transizione per arrivare alle elezioni anticipate, sottolineando che intende "restare al suo posto fin tanto che i cittadini e il partito avranno bisogno di lei".

. Parla David Anthony King ( da "EUROPA ON-LINE" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Da più parti si sente dire che di fronte alla crisi finanziaria bisogna smetterla con le politiche di tutela dell?ambiente, perché la ripresa deve avere la priorità. È un discorso miope: questa invece è proprio un?opportunità, per due motivi: il cambiamento culturale e l?influenza che possiamo avere sui governi per investire.

Progressisti, la sfida cilena ( da "AprileOnline.info" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: altra parte ha più volte ricordato - come tutti a Vina - che nessuno pensa di abbandonare il mercato, o a bloccare la globalizzazione. Sul tavolo dell'incontro cileno è invece stata posta con determinazione la necessità di più regole, e in tempi rapidi, soprattutto nei mercati finanziari, per chiudere per sempre con le follie degli ultimi anni.>

diciamolochiaro ha detto: Scusa Babe, ma l'articolo lo hai scritto tu? Cavolo! A parte che alla fine ci sono un paio di cosette su cui non sarei molto d'accordo, tipo paragonare Ga ( da "KataWeb News" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

"Bruxelles deve investire di più sull'agricoltura" ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia globale e della crisi finanziaria che è in corso, secondo lui non ancora giunta all'apice, l'agricoltura riveste un ruolo strategico. Ma, ribadisce l'economista, «è molto importante avere una strategia e progetti d'investimento». Invece l'Unione Europea spende e spenderà sempre meno per l'agricoltura, passando dai 52,

Ugo La Malfa mio padre e mio conflitto ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il protezionismo e l'inflazione». Giorgio La Malfa ritiene possibile, a questo proposito, evitare il primo pericolo, proprio seguendo la traccia del padre, famoso autore di quella liberalizzazione degli scambi che aprì la strada al mercato comune europeo, «perché Keynes, prima di morire, lanciò il Fondo monetario e la Banca mondiale,

Un economista spiega le strategie anti-crisi ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi Come si combatte la crisi finanziaria? Domanda difficile di questi tempi, ma Confindustria Vercelli Valsesia offrirà un'occasione di confronto per le imprese associate. E lo farà con ospiti del mondo dell'economia e dell'impresa. Martedì, all'Unione industriale, il professor Marco Fortis, vicepresidente della fondazione Edison,

Per la ripresa Londra chiede 2000 miliardi ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a resistere al protezionismo e a riformare i nostri mercati», si legge nel testo, che chiede di sottoporre a regole «tutti i mercati, gli strumenti e le istituzioni, compresi gli hedge funds». Bocche cucite alla cancelleria di Berlino sulla bozza inglese, mentre Downing Street precisa che la cifra «è provvisoria, rappresenta solo la stima del denaro necessario secondo il Fmi»

Risanamento il rosso aumenta a 213 milioni ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: al fine di ottenere le risorse finanziarie necessarie per ridurre l'esposizione finanziaria e migliorare il risultato economico». A fine anno il valore complessivo di mercato del portafoglio immobiliare è pari a circa 4,1 miliardi di euro. In particolare, gli immobili a reddito - a fronte di un valore di bilancio di 1,3 miliardi - presentano un valore di mercato a fine anno di 1,

La Germania si compra l'8 per cento di Hypo Re ( da "Stampa, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, ritenuto «strategico» per le interconnessioni con il resto del sistema finanziario tedesco. Prorpio per evitare un rischio sistemico, Hypo Re è già stata oggetto di un piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro in totale, di cui 52 miliardi di garanzie pubbliche fornite da Soffin.

obama vuole un accordo sul clima entro l'anno - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente ( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tutto il mondo e stabilire un nuovo quadro di regole per i mercati finanziari. A Londra i due incontri bilaterali più importanti saranno quello con il presidente russo Medvedev e quello con il cinese Hu Jintao. Obama e il leader del Cremlino potrebbero annunciare l´intenzione di firmare un nuovo trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (a fine anno scade il trattato Start-

in piazza studenti, operai e no-global a londra la rabbia contro i banchieri - enrico franceschini ( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dei mercati finanziari e miliardi di euro di aiuti alle economie in crisi. Ma i dimostranti che sfilano in questa rigida giornata di primavera londinese scandiscono slogan come «tassate i ricchi, che siano loro a pagare», sintomo di un disagio diffuso, sconfinato nello sdegno verso i bonus dei banchieri e gli imbrogli delle banche sull´

Finlombarda in aiuto delle aziende Finanzieremo chi farà richiesta ( da "Provincia Pavese, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Finlombarda sfida la crisi finanziaria e si schiera con imprenditori e artigiani. La priorità è quella di aiutare il maggior numero di imprese nel minor tempo possibile. «Forniremo finanziamenti alle imprese lombarde che ne faranno richiesta; il nostro obiettivo è quello di aiutarle per il loro sviluppo».

Onorevole Ranieri, intesa vicina tra Pd e gruppo socialista a Strasburgo? Intorno all’... ( da "Unita, L'" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Peserà la crisi sul voto europeo? «A giugno le conseguenze della crisi saranno ancora più dirompenti. C'è stata sottovalutazione da parte delle classi dirigenti. La crisi finanziaria ha innescato quella economica e industriale che investe pienamente l'Europa e l'Italia.

la protesta contro la crisi i sindaci a fianco della cgil - simona poli ( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le varie realtà economiche e sociali per un focus sull´attuale situazione economica e sul ruolo dei vari soggetti per sostenere il lavoro in un quadro strategico di innovazione e sviluppo, per riflettere sulle conseguenze nel territorio fiorentino della crisi finanziaria in atto e per individuare alcune piste operative concrete».

piccole e medie imprese abbandonate dal governo e dagli istituti di credito ( da "Nuova Sardegna, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dato che la crisi finanziaria sta corrodendo l'economia reale non sarebbe stato preferibile rinviare l'applicazione dei nuovi parametri di Basilea 2? Per quanto riguarda la realtà locale, decisamente povera e peraltro caratterizzata da un tasso di disoccupazione altissimo, è accettabile soccombere davanti a tanta rigidità e persistente arroganza dei poteri forti?

turismo, ancora premiata la provincia verde - luciano onnis ( da "Nuova Sardegna, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con un crollo della componente straniera a seguito della crisi finanziaria internazionale e della maggiore competitività e concorrenza di altre destinazioni turistiche. In questo difficile contesto globale, la Sardegna è riuscita a fare meglio dell'Italia, registrando nei primi nove mesi (gennaio-settembre 2008) un incremento degli arrivi (più 1,4%) e delle presenze (più 1,

Pezzo porto di delsanto ( da "Secolo XIX, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oltre che alla crisi finanziaria globale, anche alla novità di un'operazione che, in parte (oltre il 50% dell'importo) è garantita dall'extragettito, ovvero dalle maggiori entrate per Iva che saranno assicurate dall'entrata in funzione del nuovo terminal. Entrate future, quindi, che si possono considerare acquisite (quando ci sarà la ripresa degli scambi mondiali)

Banche Usa,21 fallimenti ( da "Secolo XIX, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quando la crisi finanziaria è entrata nella sua fase più virulenta. L'istituto di credito, che ha asset per 956 milioni di dollari e depositi per 796,8 milioni, è passata sotto il controllo della Fdic (Federal Deposit Insurance Corp). Gli aiuti federali, spiegano le autorità statunitensi, sono indispensabili a causa di «pratiche poco sicure»

Dollaro e crisi il sentiero di Obama ( da "Eco di Bergamo, L'" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: deve risolvere la crisi finanziaria e ricostituire la fiducia nelle grandi banche americane. Tradotta in spese aggiuntive a carico del bilancio federale, la via intrapresa, che al momento pare senza alternative, fa crescere il deficit del bilancio Continua a pagina 6 Tancredi Bianchi 29/03/2009 nascosto-->

Cresce la paura, vigili in campo ( da "Giorno, Il (Lecco)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: IL FUTURO SI PROSPETTA tutt'altro che roseo, a causa della crisi finanziaria che non fa altro che aumentare il numero dei disperati pronti a tutto. Ne è almeno convinto il comandante della Polizia locale Donato Alfiniti, che ha già pronto un piano per cercare di arginare il fenomeno e correre ai ripari.

Manfredi punta il dito sulle colpe della destra ma sorvola sul passato ( da "Nazione, La (Viareggio)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se non cambia subito la gestione finanziaria del comune Viareggio e Torre del Lago vivranno un' inesorabile emarginazione nei tumultuosi processi di riposizionamento che la competizione e la stessa crisi finanziaria, economica e sociale stanno producendo».

AVEZZANO- Le banche hanno il dovere morale di consentire alle famiglie di andare avanti con le... ( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: contro la drammatica crisi finanziaria e economica a sostegno di cittadini e delle piccole e medie imprese, tra il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro, il sindaco di Avezzano, Antonio Floris, la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, e il presidente della Banca di credito cooperativo di Roma, Francesco Liberati.

Lettera della Governatrice ai colleghi' amministratori ( da "Nazione, La (Umbria)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ANCHE NELLA NOSTRA regione si stanno facendo sempre piu' acute dice Maria Rita Lorenzetti le ripercussioni della crisi finanziaria, e a risentirne sono le famiglie a piu' basso reddito, il nostro sistema produttivo, ed in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu ha deciso di attivare un Fondo di solidarieta' al quale ho fatto la personale scelta di aderire.

In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi... ( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Domenica 29 Marzo 2009 Chiudi In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del "dollar standard"?

l'incontro Crisi economica un summit dall'Arcivescovo ( da "Nazione, La (Firenze)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontro Crisi economica un summit dall'Arcivescovo PER riflettere sulle conseguenze nel territorio fiorentino della crisi finanziaria ed economica per individuare alcune piste operative concrete, l'arcivescovo di Firenze, Monsignor Giuseppe Betori, si rende promotore di un incontro con le varie realtà economiche e sociali per un focus sull'

Nasce Sinistra per la Costituzione Spini parla di crisi all'Sms di Rifredi ( da "Nazione, La (Firenze)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria, dalle banche al portafoglio delle famiglie». L'incontro inizierà alle 21. Insieme a Spini, prenderà parta al convegno anche l'economista Giorgio Ruffolo. Laura Lodigiani (foto sotto), candidato sindaco della Lega, ha presenziato ieri, in piazza delle Cure, alla sottoscrizione delle liste elettorali per il Comune e la Provincia.

LONDRA - Questa volta tocca al popolo di Google. Così i tabloid hanno definito quella m... ( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria mondiale sulla quale i grandi 20 della terra discuteranno proprio qui il 2 aprile. Ieri sotto il Big Ben si è avuto il primo assaggio delle proteste, ma non il più temuto. La marcia ««Put People First»», che ha attraversato il centro della capitale, ha raccolto oltre 150 sigle e circa 40.

ROMA Il pomeriggio del 14 marzo a Horsham, in Gran Bretagna, dopo due giorni di lavori, i m... ( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ribadita anche «la ferma opposizione al protezionismo». Riparte da qui, da questa dichiarazione congiunta messa a punto all'unanimità nel West Sussex, il nuovo vertice del 20 che si riunirà mercoledì a Londra. Questa volta al più alto livello politico, quello dei capi di Stato e di governo.

La cultura del mercato ( da "Corriere del Veneto" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ora anche questi espedienti nel mezzo di una travolgente crisi finanziaria universale si sono inceppati e il confronto col mercato diventa definitivamente ineludibile: o il cine o la cena, quindi inevitabilmente la cena. Ma davvero, come suggerisce Alessandro Baricco, la questione va risolta chiudendo il rubinetto e pensando soltanto alla scuola?

ESPLOSIVO SULLA CRISI ( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 29-03-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: 10 ESPLOSIVO SULLA CRISI COMMENTO POLITICI e banchieri continuano a ripeterci che il peggio della crisi finanziaria è alle nostre spalle. La gente, tuttavia, tende a non fidarsi. E con buone ragioni. La situazione finanziaria in alcuni paesi dell'Est europeo, come l'Ungheria, appare esplosiva, e rischia di travolgere anche le banche occidentali.

Il generale Usa che perse due figli guiderà la squadra antisuicidi ( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l'abuso di farmaci e alcool; la perdita della casa nella crisi finanziaria ed economica. Sono i nemici che Mark Graham intende sconfiggere. Ennio Caretto Memoria Carol, moglie del generale Graham, mostra le foto dei figli: Jeff, ucciso in Iraq; Kevin, morto suicida

( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: compresi alcuni leader politici e capi di governo, chiedono nuove regole per regolamentare i mercati finanziari. Quali sono le misure più urgenti? «Un paio di cose sono fondamentali: assicurare che le attività finanziarie siano ben supervisionate e regolate; garantire all'intero sistema finanziario capitale adeguato alla fase del ciclo;

C'è poco da essere ottimisti ( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La seconda categoria di motivazioni ottimistiche è rappresentata dal movimento dei mercati finanziari. Notoriamente, i mercati azionari tendono ad aumentare di valore in previsione delle svolte nell' economia reale. Questa settimana sono risaliti per la speranza che l'America abbia infine scovato la soluzione alla sua crisi bancaria, e che i dati economici vadano stabilizzandosi.

Hypo Re, Berlino comincia a comprare ( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Hypo Real Estate è divenuto l'emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, nonostante il piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro. Peer Steinbrueck ministro delle Finanze tedesco. Entro il 30 giugno 2009 la completa nazionalizzazione di Hypo Re

Dal G8 mano tesa ai disoccupati ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto sociale della crisi finanziaria ed economica. Nelle intenzioni del governo italiano, insomma, sarà un vero e proprio ?Social Summit? che, ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, punta a riportare l'attenzione sulle persone, contrapponendo al «circolo vizioso della sfiducia un circolo virtuoso della fiducia» e nel quale diventi prioritaria anche «

Come tradurre la crisi finanziaria in opportunità ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: con mezzi appropriati i rischi di future crisi finanziarie sistemiche; le autorità pubbliche devono avere la forza di essere in grado di gestire effettivamente e con efficienza le crisi finanziarie; la regolarizzazione deve essere estesa, a questo scopo, agli attori che manovrano strumenti rilevanti per la stabilità finanziaria e che non sono stati finora sufficientemente regolati,

La crisi globale finanziaria al centro del meeting ( da "Avvenire" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Unione europea La crisi globale finanziaria al centro del meeting DA PRAGA L a visita di Barack Obama a Praga del 5 aprile per il summit Usa- Ue, non avviene nelle condizioni più favorevoli. La Repubblica Ceca, presidente di turno dell'Ue, si trova in piena crisi di governo dopo lo sfiducia del parlamento al premier Mirek Topolánek.

conroe ha detto: Obama: forum su clima ed energia. Invitati i leader di 16 grandi potenze a Washington il 27 e 28 aprile. ( da "KataWeb News" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Venezia Gli artigiani veneti, di fronte alla crisi, hanno tagliato drasticamente gli investiment... ( da "Gazzettino, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nel secondo semestre dello scorso anno (la crisi finanziaria scoppiò a settembre con il fallimento di Lehman) i finanziamenti a breve termine garantiti da Confidi erano aumentati, rispetto allo stesso periodo del 2007, del 16,2%, a 357 milioni di euro. Nel medio e lungo periodo, invece, diminuiti del 12,9%, a 145 milioni.

In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi... ( da "Gazzettino, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Domenica 29 Marzo 2009, In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del "dollar standard"?

G8 LAVORO/ ALLARME OCSE: DISOCCUPAZIONE VICINA AL 10% ENTRO 2010 ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi". L'ente parigino ribadisce che le misure di intervento per contrastare la crisi, anche sul fronte del lavoro adottati dai vari governi, devono avere alcune caratteristiche indispensabili:

babelick ha detto: conroe per me va bene anche la germania.se l'est europa fa la fine che molti ormai pronosticano(collass totale),noi e altri non cadiamo in piedi.bisogna salvare ( da "KataWeb News" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

La rabbia populista ( da "Foglio, Il" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria non ha provocato i disastri sociali della Grande Depressione, ma la rabbia degli americani per le ingiustizie e le ineguaglianze emerse in quesi mesi è tornata a essere un fattore politico importante, capace di influenzare e, secondo molti osservatori, in grado anche di travolgere Washington.

Supremazia del dollaro addio, si punta a una divisa dell'Fmi ( da "Sicilia, La" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si punta a una divisa dell'Fmi Enrico Cisnetto In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del «dollar standard»?

Ocse: la disoccupazione nei Paesi membri può arrivare al 10 per cento ( da "Corriere.it" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi». SACCONI: PRUDENZA - «Andrei cauto con le diverse previsioni che continuano ad essere prodotte perché spesso le stesse organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle -

G8 LAVORO/ ILO: ENTRO FINE ANNO SI RISCHIA PERDITA 40 MLN POSTI ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "La crisi è iniziata nel settore finanziario, ma si è allargata all'economia reale e ora è una crisi sociale e occupazionale globale". Secondo l'Ilo le risposte a questa crisi devono quindi riguardare questi tre aspetti: finanza, economia reale e lavoro.

G8 WELFARE, OCSE VEDE DISOCCUPAZIONE A DUE CIFRE ENTRO 2010 ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il suggerimento dell'Ocse è pertanto quello di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi piu' bassi".

OCSE: LANCIATO ALLARME DISOCCUPAZIONE ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Di fronte a queste prospettive, l'organizzazione suggerisce quindi di intervenire ''velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori piu' vulnerabili e sui redditi piu' bassi''.(ANSA).

PDL: BERLUSCONI, LE MISSIONI PER TERZA RICOSTRUZIONE PAESE ( da "Virgilio Notizie" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che lo caratterizza ma anche dalle secche della drammatica crisi finanziaria ed economica internazionale. Un discorso teso in avanti, ottimista che evidentemente cerca di evitare - il giorno della ''partenza' formale del nuovo soggetto politico - qualsivoglia motivo di polemica sia con gli alleati, la Lega su tutti, che con i ''fratelli' del Popolo della Liberta',

G8 Welfare, Ocse vede disoccupazione a due cifre entro 2010 ( da "Reuters Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il suggerimento dell'Ocse è pertanto quello di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi piu' bassi".

Oltre la crisi: dieci ragioni per essere ottimisti ( da "Panorama.it" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: New York University che con largo anticipo aveva previsto la crisi finanziaria e che è noto per i suoi scenari apocalittici, qualche motivo di speranza c'è, al di là dell'ottimismo mostrato dai governi. Secondo Ben Bernanke, presidente della Federal reserve, la banca centrale Usa, la tempesta ha passato la fase acuta, la calma verrà a fine 2009 e la ripresa l'anno prossimo.

Ocse al G8: "Disoccupazione al 10% dal 2010". Sacconi: "Serve cautela sulle previsioni" ( da "Rai News 24" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori piu' vulnerabili e sui redditi piu' bassi". L'allarme dei sindacati mondiali Con la crisi economica internazionale oltre 200 milioni di lavoratori potrebbero essere spinti in condizioni di poverta' estrema.

G8 LAVORO/ SI APRE SUMMIT.SACCONI: PATTO PROTEZIONE SOCIALE-PUNTO ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: concetto che la stabilità economico e finanziaria non può che incorporare il valore della stabilità sociale. La coesione sociale è un modo per superare la crisi finanziaria". "Nell'organizzazione di questo percorso - ha aggiunto il responsabile del Welfare - abbiamo ritenuto essenziale l'incontro con le parti sociali, che precederà anche la riunione dei capi di governo a luglio.

G8 WELFARE AL VIA, OCSE VEDE DISOCCUPAZIONE A DUE CIFRE ( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ocse è nel suggerimento rivolto ai governi mondiali anche in vista del prossimo G20 finanziario di Londra. "Intervenire velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi", dice l'istituto parigino.

diciamolochiaro ha detto: Purtroppo non sono la Maglie, Conroe. Magari! Anche l'Annunziata mi andrebbe bene. ( da "KataWeb News" del 29-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


Articoli

Da Intesa 15 milioni per tre film (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi Numero 074  pag. 14 del 28/3/2009 | Indietro Da Intesa 15 milioni per tre film MARKETING Di Massimo Galli cortometraggi Operazione fiducia per Intesa Sanpaolo. L'istituto bancario guidato da Corrado Passera e presieduto da Giovanni Bazoli ha finanziato con 15 milioni di euro (comprensivi di produzione e programmazione pubblicitaria) tre cortometraggi d'autore firmati da Ermanno Olmi, Gabriele Salvatores e Paolo Sorrentino. Il leit motiv di queste opere (Il premio di Olmi, Stella di Salvatores, La partita lenta di Sorrentino) è proprio quella fiducia che, minata alla radice dalla recente crisi finanziaria che ha sconvolto il pianeta e che è partita proprio dal sistema del credito, ora dev'essere pazientemente ricostruita. Non senza difficoltà, s'intende. Un'iniziativa, quella del gruppo Intesa, che esce dai soliti schemi: anziché investire nella classica campagna pubblicitaria di prodotto, si è voluto puntare sull'arte e, attraverso di essa, far passare un messaggio di positività al grande pubblico. I tre cortometraggi, della durata di una decina di minuti ciascuno, saranno proiettati al cinema, visibili sul sito www.perfiducia.com e trasmessi sul circuito televisivo di Sky.

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Fincantieri Ricavi a più 8% guadagni in calo (sezione: crisi)

( da "Tribuna di Treviso, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Fincantieri Ricavi a più 8% guadagni in calo VENEZIA. Nel 2008 Fincantieri ha registrato ricavi in crescita dell'8% a 2,93 miliardi, mentre il risultato ante imposte e il risultato netto si sono ridotti rispettivamente a 43 milioni e 10 milioni contro gli 87 milioni e i 36 milioni del 2007. «A causa delle forti tensioni sul mercato delle materie prime, registrate nei primi nove mesi dell'anno e solo parzialmente attenuate nell'ultimo trimestre, nonché dei pesanti effetti negativi della crisi economica e dell'incremento del costo del lavoro» si legge nella nota di Fincantieri, «l'Ebitda risulta in calo rispetto al 2007 (134 milioni contro i 194)». Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

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fincantieri ricavi a più 8% guadagni in calo (sezione: crisi)

( da "Nuova Venezia, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 15 - Economia Fincantieri Ricavi a più 8% guadagni in calo VENEZIA. Nel 2008 Fincantieri ha registrato ricavi in crescita dell'8% a 2,93 miliardi, mentre il risultato ante imposte e il risultato netto si sono ridotti rispettivamente a 43 milioni e 10 milioni contro gli 87 milioni e i 36 milioni del 2007. «A causa delle forti tensioni sul mercato delle materie prime, registrate nei primi nove mesi dell'anno e solo parzialmente attenuate nell'ultimo trimestre, nonché dei pesanti effetti negativi della crisi economica e dell'incremento del costo del lavoro» si legge nella nota di Fincantieri, «l'Ebitda risulta in calo rispetto al 2007 (134 milioni contro i 194)». Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

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Crisi? Servono lavoro territorio e coesione (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 ECONOMIA Pagina 37 FINANZA E MERCATI. Dibattito alla presentazione del libro di Galli «Nella giungla degli gnomi» «Crisi? Servono lavoro territorio e coesione» Fratta Pasini: finanziando solo il debito non si cresce Bolla: le nostre imprese? Un patrimonio per l'Europa Da questa crisi si esce tornando ai valori principali dell'economia e dell'etica: prodotto, lavoro e spiritio di squadra, ma anche territorio, che non significa autarchia ma contatto diretto con il mercato. Ecco la lezione (per l'Italia e per Verona) emersa ieri sera dal dibattito tra i rappresentanti di spicco della finanza e dell'imprenditoria scaligera alla Società Letteraria, in occasione della presentazione del libro di Giancarlo Galli, «Nella giungla degli gnomi» (Garzanti). L'autore ha spiegato il suo lavoro di cronista di economia con il quale ha dipinto i profili dei maggiori protagonisti (« gnomi perché riferiti ai banchieri svizzeri») della finanza italiana «dall'era Fazio al grande crac». A dialogare con Galli c'erano Andrea Bolla, vicepresidente (attuale presidente designato) di Confindustria Verona, Carlo Fratta Pasini, presidente del consiglio di sorverglianza del Banco Popolare ed Eugenio Caponi, vicepresidente vicario di Cariverona. Ad introdurre i lavori, moderati dal caporedattore de L'Arena, il presidente della Società Letteraria, Alberto Battaggia. Verona compare nel libro solo indirettamente, quando Galli parla del bresciano-camuno Giuseppe Camadini, il «monaco-finanziere» che ha tessuto la sua tela della finanza bianca anche nella città scaligera dentro Cattolica. Del resto, come dice Galli, i banchieri non parlano e quindi non è un caso che nel suo libro non compaiano né il nome di Paolo Biasi (figura centrale del credito in Italia) e nemmeno, il più giovane, Carlo Fratta Pasini. «Siamo sicuramente più poveri oggi», sostiene Galli, «questa crisi è stata la conseguenza di un gigantesco puzzle dell'inganno dove i gatti e le volpi hanno avuto buon gioco, ma anche noi i risparmiatori ci siamo lasciati incantare dall'albero degli zecchini d'oro». E allora che fare? «Dopo l'ubriacatura della globalizzazione si torna al territorio», replica Galli, «con ricette economiche autarchiche, vedi Sarkozy ma anche Obama». Secondo Bolla, in questo clima, ci sono due punti fondamentali da tener presenti: «la consapevolezza e l'orgoglio di essere in un territorio (il Nordest) che è il più importante patrimonio imprenditoriale non solo per l'Italia ma anche per l'Europa; e poi la valorizzazione del lavoro e del prodotto dentro un contesto di mercato. Ma bisogna anche sfruttare la leva del credito in maniera oculata e ragionare in ottica di filiera, rispettando i tempi di pagamento e i fornitori, anche quelli piccoli. E i governi? Devono evitare l'iper-regolamentazione». E le banche? Devono invece, secondo Fratta Pasini, «tornare a finanziare a fronte di capitali e di patrimoni, perché finanziando solo il debito non si cresce, bisogna riprendere il concetto di società di responsabilità limitata, e poi serve un ritorno al territorio che non è nostalgico e che non implica solo un "pensare locale", infine la struttura dei costi della banca è da rivedere». La crisi finanziaria per Cariverona, ha significato una contrazione delle erogazioni sui territori. «Ma la crisi non ci trova impreparati», ha spiegato Caponi, «ci spinge a lavorare di più e a distribuire meglio le risorse sottolineando i valori etici e di solidarietà che animano il nostro compito». P.D.B.  

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manager, la guerra dei bonus - tito boeri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 1 - Prima Pagina MANAGER, LA GUERRA DEI BONUS TITO BOERI Dal bonus al malus. I banchieri che hanno beneficiato di compensi milionari nel bel mezzo della crisi finanziaria sono in tutto il mondo nel mirino dell´opinione pubblica. SEGUE A PAGINA 37

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i manager e la guerra dei bonus - (segue dalla prima pagina) (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 37 - Commenti I MANAGER E LA GUERRA DEI BONUS (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Vengono allertati dalle loro aziende: "bene guardarsi attorno per identificare individui che sembrano fuori dall´ordinario" (memorandum interno indirizzato ai dirigenti Aig). Talvolta, come nel caso del Ceo della Royal Bank of Scotland, Sir Fred Goodwin, sono anche nel mirino dei vandali: le loro proprietà vengono prese d´assalto o svaligiate. L´indignazione popolare, prima ancora che le pressioni dei governi pesantemente intervenuti a sostegno delle banche, hanno spinto molti top manager a rinunciare volontariamente ai compensi che, per contratto, erano loro destinati. Bene, perché erano uno schiaffo a chi ha perso il posto di lavoro a seguito della trasmissione all´economia reale della crisi finanziaria. C´è solo da augurarsi che anche in Italia si diffonda la prassi di annullare i bonus del top management nelle banche, seguendo l´esempio di Unicredit. Di più, bisognerebbe azzerare tutta la parte variabile dei compensi dei top manager nel 2008. Anticipando l´entrata in vigore delle nuove disposizioni di Banca d´Italia sulla governance, dovrebbero essere fin da subito le assemblee degli azionisti a determinare le modalità di remunerazione dei top manager, da applicare da qui in poi. Come sempre nel mezzo di una tempesta c´è però ora il rischio di passare da un eccesso all´altro. Le tasse al 90 per cento sui compensi variabili, per giunta retroattive, richieste dal Congresso Usa per bloccare i compensi dei manager di Aig creano precedenti devastanti nel rapporto fra fisco e contribuente. Come potremo essere sicuri che, un domani, anche i redditi della classe media, quella che alimenta il grosso delle entrate tributarie, non vengano tassati retroattivamente per coprire la montagna di debito pubblico che si sta accumulando? I tetti alla compensazione dei manager rischiano di essere provvedimento demagogici, che non affrontano la sostanza del problema. Destinati così a durare quanto la fase più acuta della crisi, per poi essere spazzati via dalla concorrenza nell´attrarre i migliori talenti manageriali. Impossibile poi applicare in modo uniforme il principio, che ispira il decreto che verrà emanato la prossima settimana in Francia: le aziende che ricevono aiuti di stato non possono erogare premi ai loro dirigenti. Molti aiuti sono occulti. Ad esempio, dovremmo azzerare il bonus dell´Amministratore Delegato di Atlantia che dichiara che "Dopo l´investimento in Alitalia il Governo ci ha favorito"? Bene invece interrogarsi sul ruolo che avevano i bonus e sul perché hanno fallito. I bonus, come tutti gli schemi incentivanti, che legano retribuzioni a performance, servono a motivare i top manager ad aumentare il valore dell´azienda, nella fattispecie la banca, da loro gestita. Un proprietario, degli azionisti, che delegano a qualcuno la gestione dell´impresa, vogliono assicurarsi che questo qualcuno dia il massimo per valorizzarla, non potendo accedere alle stesse informazioni che ha il manager nel suo operato giornaliero, a contatto con clienti, fornitori e personale. Incentivando i top manager e concedendo loro una certa libertà anche nel gestire le remunerazioni dei loro subalterni, si riesce ad incentivare un´intera organizzazione, anche di grandi dimensioni, spingendola a superare vincoli e raggiungere nuovi obiettivi. Quindi è nell´interesse degli azionisti e degli stessi stakeholders (lavoratori, fornitori, clienti), che ci siano dei bonus che mettano in relazione la remunerazione del manager coi risultati dell´azienda. E lo è anche del cittadino generico, nella misura in cui i redditi dell´azienda e dello stesso manager vengono tassati e dunque permettono di finanziare servizi pubblici. Uno dei problemi strutturali del nostro paese è proprio legato al fatto di avere troppi manager che vengono premiati solo per la loro fedeltà alla proprietà, pagati e confermati indipendentemente da come va l´azienda, in base solo alla loro capacità di eseguire le disposizioni della proprietà. Ma ci sono bonus e bonus. La struttura degli schemi incentivanti può avere effetti perversi. Anche qui a cascata, su tutti i dipendenti, soprattutto su quelli impegnati in posizioni meno visibili, ma non per questo meno importanti. Un conto è, ad esempio, premiare un trader che, grazie alla sua professionalità, intuisce che il prezzo del barile è destinato a scendere da 150 a 50 dollari nel giro di sei mesi. Un altro è, invece, premiare chi fa correre alla banca (e a noi tutti) rischi enormi, magari destinati a materializzarsi quando lui sarà già da un´altra parte. L´innovazione finanziaria permette questi giochini. Ci sono swap, scambi di crediti, che scadono 80 anni dopo la loro stipula, lasciando in eredità ai posteri perdite stratosferiche, a fronte magari di guadagni immediati, prontamente trasferiti nelle tasche di chi mette in piedi queste complicate operazioni. Ci sono clausole contrattuali (tipo clawback, che offrono la possibilità di farsi restituire somme dal dipendente in caso di eventi avversi) e accorgimenti (come l´allungamento della durata del bonus) che possono scoraggiare questi comportamenti. La chiave è, comunque, nel bonus offerto al top manager. Più che il livello conta il profilo di rischio che viene incentivato. Non c´è dubbio che gli schemi introdotti in passato, come denunciato più di un anno fa da Raghuram Rajan (ospite all´ultimo festival dell´economia di Trento) sulle colonne del Financial Times, abbiano spinto i banchieri a prendere troppi rischi. Erano stock options, tipo call, che davano il diritto di acquistare un grande quantitativo di azioni ad un prezzo relativamente alto rispetto a quello del giorno in cui venivano emesse, spingendo i manager a strategie che, al costo di esporre la banca a forti rischi, avevano probabilità significative di portare i titoli della banca al di sopra di quella soglia. Ci sono tanti modi per ridurre gli incentivi a prendere rischi. Basta abbassare lo strike (la soglia oltre la quale l´esercizio delle opzioni diventa vantaggioso) riducendo il quantitativo di azioni acquistabili a quel prezzo. Oppure si può includere nello schema put-options, costi che devono essere pagati dal manager nel caso in cui il titolo scenda al di sotto di una data soglia. Insomma, ci sono tante cose da fare per evitare gli eccessi di questi anni. Bene farle al più presto e in modo trasparente, permettendo così anche ai piccoli azionisti di esprimersi. Si può anche decidere di aumentare di molto le aliquote fiscali al di sopra di una certa soglia, concordando questo provvedimento tra paesi. Può essere un modo per evitare che guadagni spropositati (come gli 11,6 miliardi di dollari andati nel 2008 a 25 managers di hedge funds statunitensi) pongano problemi di coesione sociale. Ma per favore non buttiamo via il bonus assieme con � i Madoff, le bad banks, i toxic assets e i vari mali assoluti e relativi ormai entrati nel lessico della crisi. Sarebbe come uccidere la meritocrazia dopo averla, a parole, a lungo incensata. E´ proprio questo che vogliamo?

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Il discorso di Silvio Berlusconi: terza parte (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 74 del 2009-03-27 pagina 0 Il discorso di Silvio Berlusconi: terza parte di Redazione Al grande lavoro in patria va unito anche l'enorme impegno dedicato alla politica estera, che diventa sempre più politica "interna", per le ricadute che essa ha sui destini del nostro Paese. Grazie a noi, grazie al nostro governo, l'Italia oggi è forte, rispettata e autorevole in Europa e nel mondo. Coerenti con i nostri valori, abbiamo fatto una scelta di campo chiara e netta, che è la stessa da sempre. Abbiamo scelto di far parte del Partito del Popoli Europeo e di schierarci al fianco delle grandi democrazie occidentali e degli Stati Uniti d'America. Ve l'ho già raccontato. C'era una volta un padre che portò suo figlio al cimitero americano e tra quelle migliaia di lapidi gli fece giurare che avrebbe serbato eterna gratitudine verso quel popolo che aveva sacrificato tanti suoi giovani per la nostra libertà, la nostra dignità e il nostro benessere. Quel padre era mio padre. Quel ragazzo ero io. Sarò sempre grato agli Stati Uniti d'America per averci salvato dal nazismo e dal comunismo. Sarò sempre grato agli Stati Uniti d'America per averci consentito attraverso gli aiuti del Piano Marshall di uscire dall'indigenza e di avviarci ad un vero benessere. Sarò sempre grato agli Stati Uniti d'America per avere difeso l'Europa dalla minaccia sovietica nei lunghi decenni della guerra fredda. Ovunque il comunismo sia arrivato al potere ha prodotto terrore, oppressione e miseria. Soltanto la nostra sinistra non ha ancora imparato la lezione dei cento milioni di morti del comunismo. E ancora pretendono di essere loro a darci lezioni storia, di morale e di galateo costituzionale. La nostra politica estera è coerente con le idee nelle quali crediamo, con i valori di libertà e di democrazia che sono al cuore del nostro essere e che noi non abbiamo mai dovuto rinnegare. Questi valori sono la bussola che ci ha sempre guidato nel prendere ogni decisione, anche le nostre ultime decisioni per affrontare la crisi economica e finanziaria globale, la crisi energetica, i conflitti esplosi in Georgia e in Medio Oriente. Questi valori ci guideranno anche in futuro. La nostra bussola, come ho detto nella Dichiarazione programmatica di governo il 13 maggio davanti alle Camere, è la crescita della libertà, della prosperità e dell'affermazione dell'Italia in Europa e nel mondo, nel segno della responsabilità occidentale. Per noi l'Occidente è uno e uno solo. Questo è vero sul piano politico, sul piano economico e sul piano militare. Ed è soprattutto vero sul piano umano e su quello dei valori. Europa e Stati Uniti sono legati allo stesso destino. L'Europa ha bisogno degli Stati Uniti, gli Stati Uniti hanno bisogno dell'Europa. Non abbiamo esitazioni nel pronunciare queste dichiarazioni. Non abbiamo esitazioni ad essere quelli che siamo. Anzi, ne siamo fieri, soprattutto oggi. è proprio adesso che dobbiamo guardare con fiducia al futuro. Noi siamo nella condizione di riuscire prima e meglio di altri a superare la fase di declino che l'economia mondiale attraversa. Potremo farlo, senza stravolgere i nostri stili di vita, a patto di ritrovare la forza dei valori che ci hanno consentito, dopo un periodo ben più grave di quello attuale, dopo una lunga guerra mondiale, di conseguire livelli allora inimmaginabili di prosperità e di benessere. Noi siamo abituati a pensare che non esiste una società perfetta e che il compito del buon governante non è quello di inseguire le utopie visionarie che sono frutto dei fondamentalismi ideologici. Noi siamo impegnati a revisionare e a correggere di continuo le possibili degenerazioni di una società imperfetta. In un mondo che cambia di ora in ora, il riformismo liberale è un lavoro che non finisce mai. Il nostro riformismo liberale è la formula vincente anche nei rapporti internazionali. è stato il riformismo liberale a farci dire per primi - noi liberali attenti alla solidarietà, noi liberali che crediamo nell'economia sociale di mercato - che lo Stato di fronte alla crisi doveva intervenire per proteggere le imprese, le famiglie, i più deboli. Sono stato il primo tra i leader del mondo a dichiarare, lo scorso 10 ottobre, che non avremmo consentito che neppure una sola banca fallisse o che un solo risparmiatore perdesse i suoi risparmi. Siamo stati i primi a dire che contro la crisi globale dovevamo mettere a punto risposte globali, e che dovevamo introdurre un sistema condiviso di principi e regole comuni sulla trasparenza, sull'integrità e sulla correttezza delle attività finanziarie ed economiche di tutto il mondo. Siamo stati i primi a mettere in guardia contro la tentazione del protezionismo, i primi a studiare misure di sostegno all'economia reale capaci di stimolare i consumi e dare slancio alle imprese. Siamo stati i primi, responsabilmente, a dire che quanto più una crisi è grave, tanto più bisogna contrastarla con la fiducia, con quella che il presidente Obama ha chiamato "l'audacia della speranza". Io lo sottoscrivo con convinzione. Tornando al nostro ruolo internazionale possiamo dire senza tema di smentita che oggi l'Italia è rispettata nel mondo. Presiede il G8, ed io personalmente lo presiederò per la terza volta. A nessun leader dei più importanti Paesi del mondo gli elettori hanno assicurato un consenso così duraturo da consentirgli di presiedere tre volte un G8. Ringrazio gli italiani che mi hanno così a lungo confermato e rinnovato la loro fiducia. Io credo di avere ormai una certa esperienza internazionale e rapporti di stima e amicizia con molti leader che ci hanno consentito e ci consentono di fare del nostro Paese un protagonista di primo piano della politica internazionale. Abbiamo contribuito, grazie all'amicizia con i vertici russi, alla soluzione della crisi georgiana e della crisi energetica. La nostra azione al fianco del presidente Sarkozy ha scongiurato le stragi che si annunciavano in Georgia, e che certamente vi sarebbero state e che avrebbero provocato un divorzio difficilmente sanabile tra la Federazione russa da una lato e l'Unione Europea, la Nato e gli Stati Uniti dall'altro. Noi abbiamo sostenuto e sosteniamo la necessità di tornare allo "spirito di Pratica di Mare", che grazie a noi permise nel maggio 2002 la nascita del Consiglio Nato-Russia e la stipulazione di importanti accordi con quello storico vertice che segnò la fine della guerra fredda e di un incubo durato più di mezzo secolo: l'incubo atomico dell'annientamento reciproco. Ancora, abbiamo ultimamente evitato che l'Europa si gravasse di un rilevante peso economico rispetto agli altri giganti dell'economia mondiale, adottando al Consiglio europeo di fine 2008 un "pacchetto energia" che avrebbe duramente penalizzato le nostre economie e le nostre imprese. Al G8 e alla Conferenza sul clima a Copenaghen cercheremo di coordinare un'azione autenticamente ambientalista e quindi rispettosa dell'ambiente, ma senza il fanatismo ideologico dell'ambientalismo, con tutti i grandi Paesi del Pianeta e con le economie emergenti con cui vogliamo rafforzare il dialogo. Lo faremo a luglio alla Maddalena, dove il G8 si aprirà alla Cina, all'India, al Sud Africa, all'Egitto, al Brasile e al Messico. Insieme a questi Paesi riceveremo i Paesi dell'Unione Africana e lavoreremo per lanciare una nuova filosofia degli aiuti internazionali, affinché non siano più erogati a pioggia senza sapere dove e a chi finiscono, ma siano davvero efficaci mediante la realizzazione diretta di infrastrutture e di opere sociali con il coinvolgimento di più strumenti e di più attori, anche privati. L'ultimo successo che abbiamo ottenuto è stata la chiusura del contenzioso con la Libia, che durava da quasi un secolo e che i precedenti governi di sinistra avevano cercato di risolvere, naturalmente senza riuscirci. Noi ci siamo riusciti, con enormi vantaggi in prospettiva per le nostre aziende, e con i giusti riconoscimenti ai nostri esuli. Vi ricordate qualche evento, qualche risultato importante degli ultimi governi della sinistra in politica estera? Noi ricordiamo, purtroppo, le bandiere di Stati Uniti e di Israele bruciate e calpestate nelle piazze, addirittura l'ignobile oltraggio ai manichini dei nostri caduti a Nassiriya. Un ricordo che ancora ci indigna. Noi siamo fieri dei nostri soldati che contribuiscono alla costruzione della democrazia e della pace nei Balcani, in Afghanistan, nelle aree calde del Medio Oriente. Anche da qui vogliamo che i nostri carabinieri, i nostri bersaglieri, i nostri marinai, i nostri aviatori, tutti i nostri soldati sentano forte la nostra vicinanza, la nostra gratitudine, il nostro calore. Che sentano il calore del nostro popolo, del Popolo della Libertà! Noi siamo tra i Paesi fondatori dell'Europa e crediamo in un'Europa che non è quella arroccata in una torre d'avorio, lontana dai cittadini, un'Europa dirigista e centralista: l'Europa dei burocrati. Noi crediamo, invece, nell'Europa che vogliono i cittadini europei e che è fatta di una grande storia, di valori condivisi e di una politica comune. Di democrazia e di libertà. Di rigore e di tolleranza. Di libera iniziativa e di solidarietà. Un'Europa libera, cristiana e occidentale che pratica e che diffonde la libertà nel mondo. Un'Europa che dobbiamo rinnovare in linea col Trattato di Lisbona perché deve essere ancora più autorevole, più democratica e più unita. Per ricostruire la fiducia dei cittadini europei nell'Europa unita è necessario lavorare ad una riforma del'Europa che permetta di restituire agli Stati alcune competenze nazionali e, nello stesso tempo, affidi e rafforzi nelle mani dell'Europa le competenze in materia di politica estera e di difesa senza delle quali l'Europa non può esistere, specialmente in un momento di cambiamenti vertiginosi come quello che stiamo attraversando. Torniamo al nostro movimento. Il Popolo della Libertà è già nato anche in Parlamento, e il lavoro comune nei gruppi della Camera e del Senato è stato un banco di prova assolutamente positivo: la nostra grande compattezza ha reso possibile l'approvazione in tempi record di tanti provvedimenti varati dal governo nella situazione d'emergenza in cui ci siamo trovati ad operare. L'asse tra il Popolo della Libertà e il governo, grazie anche alla leale collaborazione con la Lega Nord è stata, è e sarà la chiave di volta per garantire all'Italia una stagione di stabilità e di vere riforme e per superare l'attuale crisi finanziaria internazionale. Il nostro governo e la nostra maggioranza sono il luogo dove si esprime il massimo del riformismo possibile, che può realizzarsi grazie a una solidità politica senza precedenti. Siamo l'unico governo possibile oggi in Italia. Questa situazione aumenta la responsabilità del nostro movimento che nasce e che inevitabilmente si pone come legato al governo che esso oggi esprime. Il destino e il futuro del Popolo della Libertà dipendono dalla capacità del governo di rispondere alla sfida che grava sul Paese e di incontrare il consenso dei cittadini, anche di quelli che hanno preferito o preferiscono votare per l'opposizione. E' il sistema Italia nel suo insieme, al di fuori di ogni divisione di parte a cui noi facciamo riferimento. Dobbiamo dire, a tutti coloro che ci sostengono con il loro voto e con la loro simpatia, di schierarsi attorno al governo che oggi è la chiave del futuro del Paese. I governi oggi hanno in tutti i Paesi responsabilità assai accresciute rispetto a quelle del passato perché ad essi è affidato il compito di far riprendere il rapporto virtuoso tra economia finanziaria ed economia reale. Le istituzioni sono chiamate a giocare un ruolo impensabile solo fino a pochi mesi fa. Ciò richiede tempi di reazione ben più rapidi dagli abituali tempi lunghi delle istituzioni. Per questo motivo abbiamo posto il problema di dare forma al nesso diretto tra corpo elettorale e governo che non era previsto dal testo della Costituzione del '48. Oggi con maggior ragione sosteniamo che l'autorità del governo e i tempi brevi a cui essa è obbligata devono trovare la risposta nelle istituzioni. Noi rispettiamo la Costituzione e in essa ci riconosciamo. Sentiamo il patriottismo della Costituzione ma non fine a sé stesso. Sentiamo il patriottismo della nazione e della tradizione, delle radici cristiane e umanistiche dell'Italia, che è il luogo in cui avvenne la sintesi tra cristianesimo, tra ellenismo e romanità. Accogliamo nella nostra memoria le differenti Italie del Medioevo e del Rinascimento così come l'Italia che è entrata nella modernità con il Risorgimento. Vogliamo superare quei toni da "guerra civile infinita" che rimangono ancora in Italia nel linguaggio politico della sinistra. Vogliamo ricordare tutta la passione e la sofferenza del nostro popolo, che visse in modo più drammatico degli altri la seconda guerra mondiale. Celebriamo la Resistenza e la Repubblica nella memoria dell'Italia una ed indivisa la cui storia viene da molto lontano. Questo è il nostro patriottismo della tradizione e della nazione. Vogliamo così, in questo spirito, aprire la prima pagina di una nuova stagione. Una stagione che ora iniziamo e che sarà decisiva per il peso dell'Italia in Europa e nel mondo. E' con questo convincimento, con questa speranza, con questa ambizione che dichiaro aperti i lavori del nostro primo congresso, del nostro congresso fondativo. Invito sul palco i responsabili e i leader dei partiti e dei movimenti che oggi consegnano a noi le loro bandiere e i loro simboli affinché si fondano in quello del Popolo della Libertà: - Denis Verdini, coordinatore di Forza Italia. - Ignazio La Russa, reggente di Alleanza Nazionale. - la Nuova Dc per le autonomie di Gianfranco Rotondi, - il Nuovo Psi di Stefano Caldoro, - il Partito Repubblicano di Francesco Nucara, - l'Azione Sociale di Alessandra Mussolini, - i Popolari Liberali di Carlo Giovanardi, - i Liberaldemocratici di Lamberto Dini, - il Movimento Politico Italiani nel mondo di Sergio De Gregorio, - il Movimento Politico per la Liguria di Sandro Biasotti, - la Destra Libertaria di Luciano Bonocore, - la Federazione dei Cristiano Popolari di Mario Baccini, - Michela Vittoria Brambilla, presidente dell'Associazione Circolo della Libertà, - Marcello Dell'Utri, presidente dell'Associazione Circolo del Buongoverno. Grazie, grazie a tutti voi che siete qui, grazie a quanti ci seguono via radio, televisione e internet. A tutti un forte abbraccio e l'augurio di poter realizzare i sogni e i desideri che portate nella mente e nel cuore. Vi voglio bene, tenetemi nel vostro cuore. Viva il partito degli italiani. Viva il Popolo della Libertà. Viva l'Italia. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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finanza etica sinonimo di trasparenza (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 6 - Gorizia «Finanza etica sinonimo di trasparenza» Cormòns: in un incontro in municipio affrontati i temi dell'economia e delle banche CORMÒNS. Dopo l'incontro con padre Alex Zanotelli a gennaio, la Botteghina equosolidale si è fatta promotrice di un altro incontro per focalizzare l'attenzione della cittadinanza su tematiche meno conosciute. Giovedì scorso è stata proposta una riunione sul tema della finanza etica nella sala civica del Comune. Una panoramica su questo argomento è stata proposta dalla dottoressa Alice Pesiri, promotrice finanziaria di Banca Etica. «La finanza - ha spiegato - è un insieme di movimenti di denaro. Le banche svolgono attività di intermediazione. Le banche tradizionalmente operano per ottenere il massimo profitto». Ha poi individuato e approfondito quattro problematiche che colpiscono il mondo della finanza tradizionale: la finanziarizzazione dell'economia, la speculazione e la crisi finanziaria, il finanziamento a progetti irresponsabili, gli squilibri Nord-Sud. In particolare, ha affermato che attualmente si sta verificando un sempre maggiore distacco tra finanza ed economia reale. Ha spiegato che generalmente molte operazioni bancarie riguardano le esportazioni di armi (come si può verificare su www.banchearmate.it). «Un modello alternativo a quello tradizionale - ha spiegato - è rappresentato dalla finanza etica». La finanza etica si propone di dare risposte etiche alle problematiche precedenti: quindi di ritornare all'economia reale, di dare attenzione alla valutazione ambientale e sociale, di seguire un'attività etica lungo tutto il procedimento finanziario. «La finanza etica - ha detto - è sensibile alle conseguenze non economiche delle azioni, segue i principi dell'efficienza e della sobrietà della responsabilità etica, della trasparenza e della partecipazione». La Banca Etica è una delle realtà che si occupa di finanza etica. In Friuli Venezia Giulia conta circa mille e cento soci. Per dare risposta all'esigenza di coniugare etica e operatività bancaria, sono stati creati strumenti e comportamenti che mirano a creare organismi indipendenti di verifica sulla coerenza delle attività bancarie e a coinvolgere quella parte della società che crede negli obiettivi della finanza etica (la rete dei soci, il terzo settore e i movimenti).

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Fincantieri, via libera all'aumento di capitale (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

SINO A 300 MILIONI Fincantieri, via libera all'aumento di capitale TRIESTE «Abbiamo tenuto»: così Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, commentato i dati del bilancio 2008 approvati dal cda. «Sono molto soddisfatto della tenuta dell'azienda e fiducioso per il futuro». Il gruppo Fincantieri nel 2008 ha conseguito ricavi pari a 2,9 milioni di euro (+8% rispetto al 2007), ma un risultato prima delle imposte e un risultato netto - rispettivamente di 43 milioni di euro e di dieci milioni di euro - in calo rispetto all' anno precedente «a causa - è stato precisato - della congiuntura internazionale sfavorevole». L'esercizio ha registrato anche un calo dell'ebitda rispetto al 2007 (134 milioni di euro contro i 194 dell'anno prima) mentre sotto il profilo dell'attività commerciale, sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi di euro (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) «in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Il consiglio di amministrazione ha proposto all'assemblea degli azionisti, per poter realizzare il Piano industriale 2007-2011, un aumento di capitale fino a un importo massimo di 300 milioni di euro. E' stata infine proposta la distribuzione di un dividendo di 10,1 milioni, pari a una remunerazione annua del 3% del capitale sociale. \

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"Le salsiccie e Arisa Così vi spiego la crisi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Evento Gli sudenti tortonesi hanno incontrato l'inviato de La Stampa Manacorda: dai titoli tossici fatti "a fette" al crollo della sincerità "Le salsiccie e Arisa Così vi spiego la crisi" MARIA TERESA MARCHESE TORTONA All'origine della crisi ci sono «salsicce finanziarie» di pessima qualità che le banche non sono riuscite a digerire. Questa per il giornalista economico Francesco Manacorda la prima chiave di lettura della crisi che sta sconvolgendo il mondo. La seconda è la cantante Arisa con la sua «Sincerità»: «Un elemento imprescindibile per una relazione stabile». Proprio ciò che è venuto meno nel sistema bancario dove nessuno si fida più di nessuno. Inviato d'economia de La Stampa, Manacorda ieri mattina ha incontrato gli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori cittadine nella sala convegni della Fondazione Cassa di RisparMio di Tortona, che collabora alla realizzazione degli incontri con i giornalisti del quotidiano. «Ad agosto 2007 negli Usa è scoppiata la bolla immobiliare. Oggi, a meno di due anni, il mondo intero è in recessione. Qual'è l'origine della crisi, chi ha sbagliato, di chi è la colpa, perchè la crisi finanziaria Usa ha portato alla crisi economica globale, quale l'effetto sulla nostra vita e cOsa succederà adesso?» Manacorda ha ripercorso la storia della crisi a partire dalla metà degli anni '90: la bolla immobiliare negli Stati Uniti con le famiglie che s'indebitano per comprare casa e le banche che «impacchettano» mutui in strumenti finanziari e li vendono, magari «a fette», per allontare da sè i rischi d'insolvenza. «Tutto funziona finché crollano i prezzi delle case che avevano avuto un'impennata del 30%. A questo punto, chi paga i mutui?» Sì perché nel frattempo sono stati inventati anche i prestiti Ninjia (senza garanzie) che fanno parte dei mutui «subprime», quelli della gente meno solvibile. La crisi degli Usa (che grazie al denaro facile erano diventati il paesi dei compratori, mentre la Cina è quello dei produttori) contagia l'Europa e il resto del mondo. Così crolla la fiducia e dalla crisi finanziaria si arriva a quella economica. «L'economia cade perchè gli Usa stanno seduti su una montagna di debiti: 53 trilioni di dollari (4,5 volte il Pil)». La colpa è di chi è stato troppo ottimista, cioè di tutti; poi del sistema di retribuzione dei manager, sempre orientati al breve periodo («Faccio soldi adesso, poi si vedrà»), della Federal Reserve, colpevole di aver «drogato» il mercato con tassi troppo bassi. Che accadrà adesso? «Nessuno lo sa». Al termine la parola passa agli studenti. Anita Arendarczyk, 5ª A Peano: «Ci sono sistemi economici maggiormente penalizzati dalla crisi?» «Chi è già in una situazione di instabilità economica ha problemi maggiori ad affrontare la crisi: dipende dalla capacità di reagire». Josy Sestoni, 4ª ragioneria: «Il piano Obama può risolvere il problema dei mercati borsistici negli Usa?» «Non saprei. Il premier Ceco, Mirek Topolanek, lo ha definito una strada verso l'inferno. Forse è meglio attendere come andranno le cose». Alberto Cardellini, 5ª sc. tecn. Marconi: «In quali termini la crisi attuale può essere confrontata con quella del '29». «Quella fu la prima crisi globale che dagli Usa si estese agli altri Paesi. Questa è andata più avanti dal punto di vista finanziario, ma per fortuna non ci sono ancora i problemi sociali che quella crisi portò: ricordiamoci che finì con una guerra mondiale». Barbara Molinelli, 5ª A sc. Peano: «Come influirà la crisi sul mondo del lavoro?» «E' possibile che diventi più difficile per i giovani trovare occupazione, ma forse un passo indietro sulla globalizzazione potrebbe anche facilitare l'accesso al mondo del lavoro. Certo il vostro sarà un lavoro diverso, oggi si dice flessibile, eufemismo per precario. Speriamo più elastico, ma anche verso l'alto». Dejan Stevanovic, 4ª ragioneria: «Quali risvolti avrà a livello globale l'interazione fra economia della Cina e degli Usa?» «I destini di queste due superpotenze sono più incrociati di quello che pensiamo. La bolla americana in fondo ha aiutato lo sviluppo della Cina». Chiara Giordano, 4ª A sc. tecn. Marconi: «Quali cambiamenti nel nostro quotidiano richiederà la crisi?» «Molti dicono che ridurrà i consumi nell'immediato». Francesco Boggio Sola, 3ª A sc. Peano: «Gli Usa resteranno al centro dell'economia?» «Forse avranno più voce in capitolo altri Paesi, ma gli Usa rimarranno il perno». Francesco Agosti, 4ª A sc. Peano: «Dopo la crisi si potrà richiedere all'economia maggiore etica?» «Ci sono già tendenze in questo senso. Ci vorrà più etica delle banche, ma anche del risparmiatore: non si può pensare che ci siano mutui facili, chi lo fa è anche lui un po' colpevole». Paolo Ronca, 4ª ragioneria, ha sollevato il problema della mancanza di adeguati strumenti di controllo sulle società quotate in borsa e Piero Bellone, 4ª A sc.tecn. Marconi, quello dei meccanismi attraverso i quali un crollo della borsa può attivare un settore sano e produttivo. «Per ora i controllori hanno stipendi molto più bassi dei manager controllati: per questo i cervelli migliori scelgono la seconda strada. Il blocco dei consumi spazza via le aziende meno solide, ma se si va oltre un certo limite non ci si riprende più». Francesco Lorenzon, 4ªA sc. Peano: «La crisi aggraverà i problemi ambientali o aiuterà a risolverli?» «L'aiuterà probabilmente: l'innovazione tecnologica è uno degli strumenti messi in campo da Obama». Valentina Boso, 4ª ragioneria: «Mezzi di trasporto a basso impatto ambientale possono contribuire a creare una situazione positiva?» «Non vedo nell'economia verde una capacità in più di riattivare il sistema, tuttavia è meglio investire in infrastrutture che aiutano l'ambiente piuttosto che in quelle tradizionali». Marco Sorgon, 3^A sc. Peano: «Se non ci fossero state le fusioni tra banche e si fosse puntato più sul made in Italy...» «E' difficile remare contro la globalizzazione. E poi il consumatore ha avuto dei benefici: le magliette a tre euro le producono in Cina. Per le banche è lo stesso: con meno colossi bancari oggi ci sarebbero meno problemi? Non so». Erdi Cimo, 4^ ragioneria: «Visti i rialzi delle borse si può pensare a investire?» «Non chieda a me che fare dei suoi risparmi. Comunque personalmente penso che la borsa sia ancora un posto da cui stare alla larga». Linda Ravazzano, 3ª sc. Peano: «In che misura si può agire per arginare la disoccupazione?» «Imprese più competitive, assumono. Ma è come fare? Questo è il problema». Francesco Arzani, 5^A sc. tecn. Marconi: «E rinunciare a una crescita a tutti i costi?» «C'è anche chi teorizza la decrescita felice, io penso che si possa trovare un nuovo equilibrio». Serena Marra, 4^A sc. tecn. Marconi: «E' logico incentivare il mercato dell'automobile e non altri settori?» «E' logico incentivare le grandi aziende che danno non solo lavoro ma sono anche volano di sviluppo, di ricerca». Vladimir Girtu, 4ª ragioneria: «Come si devono comportare i Paesi entrati di recente nell'unione Europea?» «Quelli dell'Est? Pensavano all'Europa come punto d'arrivo, invece si sentono soli. Il rischio e che tornino a rinchiudersi nei confini nazionali. E' ragionevole pensare che l'Unione Europea nei prossimi anni perda qualche pezzo». Dana Laura Zanfir, 4ª professionale Carbone: «Il debito pubblico e i vincoli dell'Unione Europea possono costituire un impedimento per uscire dalla crisi?» «Sì. Questo è il momento di immettere soldi nell'economia». Alessandro Galia, 4ª professionale Carbone: «Nel mercato del lavoro quali sono gli interventi che possono aiutare l'economia?» «Meno precariato, perché chi non ha reddito stabile consuma meno. Un'ipotesi è il salario unico d'ingresso, con una serie di tutele crescenti man mano che il lavoratore acquista anzianità».

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Banco solidarietàraccolta recorddi tutti gli scolari Dopo cinquant'annia Sestri chiudela Trafileria Segesta (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Banco solidarietàraccolta recorddi tutti gli scolari Dopo cinquant'annia Sestri chiudela Trafileria Segesta s. margherita la crisi Cassa integrazione alla Fratelli Lombardo di CarascoLunedì due ore di sciopero alla Fincantieri di Riva SANTA MARGHERITA. Oltre una tonnellata di prodotti alimentari donati dagli 818 alunni delle scuole di "Santa": è questo il grande risultato della seconda edizione della "Settimana del Donacibo", organizzata dal locale Banco di solidarietà, in collaborazione con l'Istituto comprensivo "Vittorio G. Rossi" e con la scuola materna "Elia Rainusso". Dal 16 al 20 marzo gli alunni hanno portato in tutto 1.067 chili di generi alimentari non deperibili (pacchi di pasta, latte a lunga conservazione, scatolette di tonno, di carne o di legumi, biscotti): cioè oltre 200 chili in più di generi alimentari rispetto al già alto numero (800 chili) raccolto lo scorso anno alla prima edizione della "Settimana del Donacibo". «È un risultato entusiasmante - afferma Piera Piu, responsabile del Banco di solidarietà di Santa Margherita - ottenuto grazie alla sensibile collaborazione di tutti». A partire dal prossimo mese tutto quanto donato dagli alunni sarà distribuito dal "Banco" alle famiglie assistite di Santa Margherita, che vengono segnalate dai parroci, dal Centro di ascolto Caritas, dall'associazione Dame di San Vincenzo e dai Servizi sociali del Comune. A oggi, il Banco di solidarietà di Santa Margherita assiste sul territorio oltre sessanta famiglie in difficoltà. La crisi finanziaria ha fatto aumentare anche a "Santa" i nuovi poveri, rappresentati soprattutto da famiglie monoreddito, anziani soli, disoccupati: soltanto in queste ultime due settimane altre tre famiglie hanno fatto richiesta del pacco alimentare mensile. Una crisi che colpisce ancora più duramente per chi abita qui, dove il costo della vita è più alto rispetto ad altre località dello stesso Levante. S. PED. .x/28/0903

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carige, la cassaforte resiste alla crisi - aldo lampani (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IX - Genova Carige, la cassaforte resiste alla crisi Utile 2008 a 206 milioni. Bene Costa che crea ricchezza per 1,1 miliardi ALDO LAMPANI Se Banca Carige fosse una persona che legge le proprie analisi del sangue, i suoi dati significherebbero colesterolo a posto, ematocrito perfetto, tutti gli altri valori ben sotto controllo. La banca pagherà infatti un dividendo di 0,08 euro per le ordinarie e di 0,10 euro per le risparmio, identico allo scorso anno, in forza di un utile che si è posizionato a circa 206 milioni di euro, poco al di sotto dei 210 milioni maturati a fine 2007. Alla base del risultato c´è semplicemente l´aver "fatto la banca" e averlo fatto quasi esclusivamente a livello nazionale. Dunque l´esercizio si è caratterizzato con il positivo sviluppo dell´attività di intermediazione creditizia, e soprattutto nelle componenti della raccolta diretta dai clienti, dei prodotti bancassicurativi e negli impieghi a impresa e famiglia. L´attività classica ha dunque sostenuto i conti, sterilizzando gli inevitabili effetti negativi portati dalla crisi finanziaria, perché anche Carige lavora sul pianeta Terra. Dunque l´utile si è formato in misura soddisfacente dopo aver contabilizzato minori commissioni sul risparmio gestito, aver iscritto minusvalenze sul portafoglio di proprietà e svalutazioni di alcuni titoli. Il mercato borsistico, negli ultimi due mesi, ha lavorato molto sul titolo genovese. Dopo il minimo di 1,55 euro toccato il 22 gennaio, i passaggi di mano a denaro si sono moltiplicati. Il 25 marzo l´azione ha toccato il proprio massimo di periodo a 2,41 euro, sfondando ampiamente la soglia del +40% di rivalutazione del titolo da inizio anno. Una delle banche con il più ampio incremento percentuale di capitalizzazione in Italia. Per restare nei bilanci di successo, gli azionisti di Costa Crociere hanno ieri approvato il loro. Al di là del fatturato in crescita (2,3 miliardi di euro, circa +17% rispetto al 2007) è interessante leggere come si è formata la massa dei ricavi. Il mercato europeo di comparto è cresciuto di circa il 10% portando il numero dei croceristi a circa 4,4 milioni di unità. Il 30% di questi hanno viaggiato Costa. Il risultato commerciale importante, ovviamente, ha delle ricadute su tutta l´economia portuale del Paese. L´impatto complessivo su banchine e indotto ha toccato 1,1 miliardi di euro, beneficiando soprattutto Liguria, Lombardia, Lazio e Sicilia. Chi, invece, quest´anno non distribuirà dividendi è Boero. I 5 milioni di utili resteranno in cassa, per rafforzare la struttura patrimoniale. La decisione maturata in consiglio appare saggia. Il momento per l´edilizia e il navale in generale è particolarmente difficile. E la prudenza di Andreina Boero e del consiglio che presiede, anche in questo caso ci sta. I dati economici e patrimoniali del gruppo sono rimasti sostanzialmente buoni. I ricavi consolidati sono risultati persino in aumento rispetto all´esercizio precedente. In totale i computer dell´azienda chimica hanno battuto fatture per 127 milioni, due in più rispetto al 2007, un incremento cui hanno partecipato più i settori dello yachting e del navale che l´edilizia. In realtà il risultato netto avrebbe potuto essere più alto. All´incirca identico a quello dell´anno scorso, quando l´utile aveva toccato i 7,3 milioni, che avevano creato un dividendo di 0,4 euro. Ma il gruppo ha prudenzialmente accantonato circa 2 milioni di euro al fondo ambientale e di smaltimento relativo ai costi di bonifica del sito di Molassana, destinato a usi non industriali.

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Ordini in calo,ma target di utile invariato nel 2009 (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ordini in calo,ma target di utile invariato nel 2009 il gruppo MIlano. Siemens mantiene il target di utile per l'esercizio fiscale 2009 nonostante una flessione degli ordini a partire da gennaio. «Finché non ci sono nuove cifre, le vecchie sono valide», ha detto il direttore finanziario Joe Kaeser. Il prossimo mese il gruppo industriale tedesco pubblicherà i risultati del secondo trimestre da gennaio a marzo. «La crisi finanziaria ha raggiunto Siemens ma Siemens di per sé non è in crisi», ha aggiunto Kaeser. Gli analisti si aspettano che il gruppo tagli le sue previsioni per l'utile operativo per tutte e tre le sue divisioni - energia, industria e medicale. Siemens ha preannunciato che l'utile totale delle tre divisioni, il cosiddetto utile «total sectors», sarà tra 8 e 8,5 miliardi di euro per l'esercizio a settembre 2009. Kaeser ha detto che i nuovi ordini nel secondo trimestre dovrebbero essere significativamente più bassi rispetto allo stesso periodo dell'anno prima. Tuttavia, l'utile operativo dovrebbe migliorare nel periodo grazie alla forte domanda della divisione energia. 28/03/2009

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Camfin svaluta Pirelli e chiude in rosso il 2008 (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: Visto & Previsto data: 28/03/2009 - pag: 7 autore: mediobanca a supporto per ristrutturazione patrimoniale e riscadenzamento del debito Camfin svaluta Pirelli e chiude in rosso il 2008 Camfin, principale azionista del gruppo Pirelli con una quota del 26,19%, ha chiuso il 2008 con una perdita di 167,1 milioni contro l'utile di 1,7 milioni dell'anno precedente. Il risultato, si legge nella nota del gruppo, è stato fortemente influenzato dalla crisi finanziaria internazionale. Il gruppo prevede una riduzione dei flussi di cassa nel 2009 a causa del mancato dividendo da parte di Pirelli, ma ha avviato un programma di iniziative per il rafforzamento della struttura patrimoniale e finanziaria tramite riduzione e riscadenzamento del debito. Nel comunicato si legge infatti che nel corso del trimestre Camfin ha avviato con il supporto di Mediobanca iniziative «finalizzate a rafforzare la struttura patrimoniale e finanziaria del gruppo e i contatti con le principali banche finanziatrici per il riscadenzamento del debito». In questo contesto «l'azionista di riferimento ha anche manifestato l'intendimento di continuare a sostenere la società con le forme e le iniziative più adatte allo scopo». Tra le opzioni per il rafforzamento patrimoniale è prevista la cessione della quota del 40% detenuta in Energie Investimenti (holding in jv con Gdf Suez). Nel dettaglio, i proventi netti da partecipazioni sono risultati negativi per 131,8 milioni rispetto a un dato positivo di 38,7 milioni (la partecipazione in Pirelli si è ridotta da 1,08 miliardi a 670 milioni) e la posizione finanziaria netta a fine 2008 è risultata passiva per 559,3 milioni rispetto ai 533 milioni del 30 settembre 2008 a causa del calo delle quotazioni del titolo Pirelli. Piazza Affari ha apprezzato l'annuncio di inziative per il rafforzamento patrimoniale, spingendo il titolo Camfin nella seduta di venerdì 27 marzo a chiudere in rialzo del 6,5% a 0,23 euro.

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La Popolare di Sondrio resiste alla crisi (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: Visto & Previsto data: 28/03/2009 - pag: 7 autore: L'utile consolidato scende a 43,6 milioni di euro (-70,4%). ma la raccolta sale del 23,4% La Popolare di Sondrio resiste alla crisi La Banca Popolare di Sondrio presenta sabato 28 marzo ai propri azionisti i conti di una crisi finanziaria epocale che ha acciaccato anche la solida scorza dell'istituto valtellinese, senza tuttavia impedire il raggiungimento di un risultato economico positivo e la consueta remunerazione del capitale. La scelta di puntare sull'economia reale e al sostegno dei territori serviti si è rivelata nuovamente vincente, consentendo al gruppo guidato da Piero Melazzini di sviluppare del 23,4% la raccolta diretta da clienti e in titoli, che ha complessivamente raggiunto i 18.326 milioni (+23,4%). L'equilibrio che caratterizza lo sviluppo dell'attività diretta del gruppo (Banca Popolare di Sondrio e la sua controllata bancaria elvetica) trova conferma anche negli impieghi alla clientela che, pur con i consueti criteri prudenziali di assunzione, registrano una crescita del 21,8% a 16.167 milioni, con sofferenze nette estremamente ridotte (111 milioni) e pari allo 0,69% dei crediti concessi. La più elevata incidenza del costo del lavoro di 174,6 milioni e la dilatazione a 67,5 milioni delle rettifiche nette su crediti (+40,8%) hanno altresì contribuito al peggioramento del risultato finale, appesantito dalla svalutazione operata sulla partecipata Banca Italease (38,5 milioni). L'esercizio 2008 chiude pertanto con un utile consolidato di 43,6 milioni (-70,4%), mentre la capogruppo salda la gestione con un risultato positivo di 13,7 milioni (-89,5%). L'adeguata dotazione patrimoniale dell'istituto consente di proporre la destinazione di 0,35 milioni in beneficenza e la distribuzione di un dividendo unitario di 0,03 euro (-86,4%), per una remunerazione complessiva di 9,244 milioni, capitalizzando l'importo spettante alle azioni proprie. Patrizia Morlacchi

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Bene, vince il pessimista (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: CONGIUNTURA data: 28/03/2009 - pag: 10 autore: di Stefania Peveraro mercati azionari Bene, vince il pessimista Dall'estate 2007 l'andamento del S&P500 è molto simile a quello compiuto dal Dow dopo il crollo del 1929. Ma adesso il movimento è stato più rapido. Perché oggi il timore degli investitori retail è ai massimi. Un atteggiamento che storicamente anticipa un forte rally Le principali borse mondiali la scorsa settimana hanno portato a casa ottimi guadagni, sulla scia dell'annuncio del piano Obama anti titoli tossici, di dati macroeconomici Usa migliori delle attese e dell'apertura da parte della Banca centrale europea a un'ipotsi di acquisto di corporate bond per sostenere il mercato, sulla falsariga di quanto sta già facendo la Banca d'Inghilterra. Così gli indici hanno recuperato dai minimi di metà marzo, portandosi ai livelli di metà febbraio. Ma come va interpretata questa euforia? Insomma, a che punto siamo di questa crisi? Ovviamente non c'è una risposta univoca: potremmo essere alla fine del trend negativo oppure semplicemente a metà di quello che invece sarebbe un percorso di declino molto più lungo. Ma un conto è immaginarlo e un conto è vederlo chiaro, fotografato dal grafico in pagina, proposto da Guido Giubergia, amministratore delegato di Ersel nel corso del suo intervento a un convegno organizzato per i propri clienti proprio per fare il punto sulla crisi. Il grafico propone la lettura contemporanea delle performance dell'indice Dow Jones e dell'S&P500 mese per mese nel corso della Grande depressione dal 1929 al 1932, della crisi petrolifera del 1973-74, dello scoppio della bolla tecnologica del periodo 2000-2002 e della crisi attuale a partire dal 2007. Come ha fatto notare lo stesso Giubergia, finora la crisi che stiamo vivendo ha somiglianza solo con quella del '29, vista la repentina discesa dei mercati all'inizio della crisi (-47,8% al minimo del 1929 e oltre -40% a ottobre 2008) e il successivo momento di relativo recupero. Il punto però è che al rimbalzo registrato tra il terzo e il nono mese dall'inizio della crisi della Grande Depressione (con il DJ che si era riportato sotto del solo 25% rispetto all'inizio della crisi) si sono poi succeduti due anni di graduale declino, alla fine dei quali il Dow Jones si era trovato a un livello di quasi il 90% più basso rispetto all'inizio della crisi. Che cosa succederà quindi oggi, visto che dai minimi di ottobre l'S&P500 era rimbalzato, per poi riprendere la discesa e arrivare a valere molto meno della metà rispetto all'inizio della crisi? Il timore è che l'indice Usa possa continuare a ripercorrere il trend da Grande Depressione, ma a velocità maggiore, come è già accaduto finora. Già perchè come ha ricordato nel corso del suo intervento al medesimo convegno anche Guido Tabellini, rettore dell'Università Luigi Bocconi di Milano, è stato calcolato che in media le grandi crisi finanziarie del passato hanno avuto come conseguenza una riduzione dei valori reali di borsa del 55,9% dal momento di picco pre-crisi, con la discesa che si è dipanata in un periodo medio di quasi tre anni e mezzo (come spiega il report The Aftermath of Financial Crises, di Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff del dicembre 2008), invece nel solo primo anno di crisi il mercato azionario Usa aveva già perso più del 40%. Certo, quest'ultimo fatto potrebbe anche essere letto in senso positivo, come dire che il peggio dovrebbe essere passato perché la discesa dei corsi azionari è già stata superiore a quella che in media si è registrata nelle crisi precedenti. Crisi, però, che non erano mai state così globali. Ma se è vero che i massicci interventi orchestrati dai principali governi potrebbero avere il risultato sperato di far ripartire il motore delle economie e quindi di mettere fine ai tempi bui, è anche vero che gli investitori non ne sono così convinti. Tabellini a questo proposito ha ricordato i risultati di un sondaggio condotto tra investitori privati negli Stati Uniti dagli economisti italiani Paola Sapienza e Luigi Zingales. Come evidenziato nel grafico nella pagina accanto, a fine dicembre 2008 oltre l'80% degli intervistati aveva risposto che le misure prese fino a quel momento dai governi avevano avuto l'effetto paradossale di far diminuire la loro fiducia nei mercati finanziari. E il problema è che questa crisi finanziaria è nata proprio da una crisi di fiducia. E, se non si risolve questo problema, non si risolve nulla. D'altra parte quello che pensano gli investitori privati spesso va intepretato come un segnale contrario di quello che poi effettivamente sarà. Plateali sono i dati mostrati sempre nel corso del medesimo convegno da Paolo Legrenzi, docente di psicologia cognitiva all'Università Iauv di Venezia ed elaborati sulla base delle indagini settimanali dell'American Individual Investors Association. Si tratta di un sondaggio condotto online tra gli associati cui viene chiesto se in quel momento si sentono ottimisti, pessimisti o neutrali circa l'andamento dei mercati azionari nei successivi 12 mesi. Ebbene, l'esperienza dimostra che quando la percentuale di intervistati pessimisti è chiaramente più alta di quella degli ottimisti, paradossalmente l'indice S&P500 nei 12 mesi successivi alle interviste porta a casa guadagni significativi. Insomma, quando il pessimismo è ai massimi, allora è si è arrivati ai minimi di borsa. E l'ultimo sondaggio di cui riferisce Legrenzi, condotto a metà marzo, indica che i pessimisti sono ben il 55% contro il solo 18% di ottimisti. Un'indicazione, quindi, che il mercato azionario Usa nel prossimo anno dovrebbe guadagnare parecchio, visto quanto accaduto storicamente in situazioni analoghe. Certo, però, non si può prendere questa indicazione come oro colato, ha ricordato però Legrenzi, perché la psicologia umana è molto complessa e sulle decisioni di investimento non pesa soltanto l'esperienza di mercato più immediata, ma anche quella di più lungo periodo. Conclusione? Probabilmente i mercati torneranno a salire in maniera costante solo se i governi saranno davvero in grado di convincere la gente che le proprie misure sono efficaci. Ma, avverte Tabellini, non aspettiamoci fuochi d'artificio: le misure di stimolo fiscale porteranno a un aumento significativo del debito pubblico e quindi in futuro a un mondo con più tasse, più regolamentazione, meno profitti per le imprese e più inflazione.

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Fincantieri, utili e ordini in caloricapitalizzazione da 300 milioni (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Fincantieri, utili e ordini in caloricapitalizzazione da 300 milioni navalmeccanica Fatturato record a 2,9 miliardi. L'amministratore delegato Bono: «Abbiamo tenuto». E ai sindacati dice: dobbiamo stare uniti 28/03/2009 Roma. Boccata d'ossigeno da 300 milioni per Fincantieri. L'azienda ha annunciato ieri i dati di bilancio 2008 che, a dispetto di un fatturato record, segnano utili in flessione e una posizione netta negativa per 64 milioni di euro. Situazione che ha convinto i manager a chiedere all'azionista (lo Stato) una ricapitalizzazione da 300 milioni, anche a fronte del fatto che nuovi fondi non possono arrivare da una quotazione in Borsa al momento accantonata visto lo stato di fibrillazione dei mercati. Anche il portafoglio ordini è in flessione. «Abbiamo tenuto»è il primo commento dell'amministratore delegato Giuseppe Bono dopo la riunione del cda. Per il quinto anno consecutivo, il consiglio d'amministrazione ha proposto la distribuzione di un dividendo di 10,1 milioni. I ricavi di gruppo pari a 2,9 miliardi sono cresciuti dell'8% rispetto al 2007, a un «nuovo record aziendale per effetto del considerevole portafoglio ordini acquisito negli anni precedenti», si legge nella nota. «A causa delle forti tensioni sul mercato delle materie prime registrate nei primi nove mesi dell'anno e solo parzialmente attenuate nell'ultimo trimestre nonché dei pesanti effetti negativi della crisi economico-finanziaria e dell'incremento del costo del lavoro, l'Ebitda risulta in calo rispetto al 2007 (134 milioni di euro contro i 194 milioni del 2007)» continua la nota. L'utile netto è quindi calato a 10 milioni dai 36 dell'anno prima e «il portafoglio degli ordini totale si è attestato a 10,8 miliardi di euro (in calo rispetto al valore record di 12 miliardi del 2007)». Nell'ultimo anno sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi di euro, (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007), «in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008» spiega il gruppo. Gli investimento sono a 111 milioni dai 116 del 2007. Nel 2008 la posizione finanziaria è stata a saldo negativo per 64 milioni di euro e il piano industriale prevedeva un congruo aumento di capitale nel 2007, che non è stato possibile realizzare, per fronteggiare il maggior impegno a sostegno degli investimenti. Ora il cda ha deliberato la proposta all'assemblea per un aumento fino a massimi 300 milioni da offrire in opzione agli azionisti. Fincantieri è controllata al 98,78 da Fintecna a sua volta al 100% controllata dal ministero dell'Economia. Bono si è poi detto «fiducioso per il futuro, soprattutto se tutte le componenti aziendali, management, lavoratori e sindacati, saranno uniti per ottenere quegli obiettivi di rafforzamento in un momento così difficile». L'azienda pubblica non ha ancora chiuso l'accordo per la contrattazione di secondo livello, per cui manager e sindacati si vedranno la prossima settimana. La Cgil è ferma sul no, mentre la Uil sostiene che le richieste dei lavoratori siano state accettate «al 90%», e quindi è pronta a firmare. Sa. C. 28/03/2009

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Valpiave raddoppia (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: Nordest Finanza data: 28/03/2009 - pag: 74 autore: di Federico Nicoletti Assicurazioni Valpiave raddoppia Nel primo trimestre 2009 la raccolta della società bellunese è aumentata del 10%. I clienti sono oltre 50 mila. In programma l'apertura di nuove agenzie Il 2009 sarà ancora un anno di crescita per Assicuratrice Valpiave, la piccola società di assicurazioni nel ramo danni, con sede a Belluno, ripartita dieci anni fa dalla trasformazione in spa della mutua fondata nel 1961 da un gruppo di autotrasportatori bellunesi, per far fronte alla nascita della rc auto (l'80% delle quote della spa è ora nelle mani dei trentini di Itas assicurazioni, mentre il resto è polverizzato tra diecimila soci in Veneto). «Anche quest'anno stiamo andando bene nella raccolta premi, che nel primo trimestre è aumentata del 10%», dice Renato Gislimberti, presidente e amministratore delegato di Valpiave, che continua: «L'obiettivo è mantenere la crescita su questo livello per tutto l'anno. In più tengono gli investimenti e migliora la parte tecnica». Risultati che si affiancano a quelli registrati lo scorso anno e appena approvati dal cda: la raccolta premi è stata di 16,4 milioni di euro, con un aumento del 12,5%, rispetto ai 14,6 del 2007. Nel dettaglio, l'aumento è stato del 10,3% nei rami auto e del 18,8% negli altri rami danni. Le riserve premi e sinistri lorde si sono rafforzate dell'1%, raggiungendo 34,6 milioni di euro. L'utile netto è stato di 328 mila euro, un dato che ha permesso alla società di proporre all'assemblea dei soci, convocata per il 22 aprile, un dividendo di 210 mila euro. Così, mentre i colossi assicurativi fanno i conti con il fiato corto indotto dalla crisi finanziaria internazionale, Valpiave ha assorbito le svalutazioni sugli investimenti, contabilizzandoli in bilancio al valore reale al 31 dicembre (il risultato tecnico è sceso da 1,2 milioni del 2007 a 736 mila euro del 2008) e continua nella crescita con il passo impostato da dieci anni a questa parte. La compagnia ha appena superato i 50 mila clienti e prevede nel 2009 di aggiungere alla rete altre tre agenzie, una in Veneto e due in Friuli-Venezia Giulia, legate a dieci subagenzie, secondo il percorso che sta facendo di Valpiave la società con cui Itas assicurazioni punta a rafforzare la presenza in Veneto e Friuli-Venezia Giulia nei rami danni (il 65% dei premi arriva dalla rc auto). Un trend in crescita, che in dieci anni ha fatto raddoppiare i fondamentali della società: «Nel 1999 i premi erano a quota 7,5 milioni di euro, sono saliti a 16,4 gli investimenti sono passati da 11 a 100 milioni, le agenzie da 12 a 24, con 30 punti vendita complessivi se si considerano le subagenzie, mentre i dipendenti sono scesi da 20 a 16», spiega Gislimberti. Dato, quest'ultimo, che rimanda a una gestione molto efficiente sul fronte dei costi, con un rapporto sinistri-premi al 66% e un combined ratio al 92%. Anche nelle assicurazioni, insomma, piccolo può rivelarsi ancora vincente: «Direi di sì», conclude Gislimberti, visto che «in dieci anni abbiamo garantito tassi di crescita degli utili sempre superiori al 3%, che sono arrivati in alcuni anni anche all'8%, abbiamo un pagamento sinistri di prim'ordine e un rapporto quasi familiare con i clienti».

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E ci casca anche il vescovo (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

«Sono stato frainteso»E ci casca anche il vescovo mauro barberis C'è un luogo comune per cui i problemi possono rivelarsi opportunità. Non è sempre vero: la camorra, per fare un solo esempio, è un problema e basta. Ma quante volte, in Italia, un terremoto è stato l'occasione per rilanciare regioni che altrimenti avrebbero continuato a languire? L'immmigrazione non potrebbe servire, un domani, a pagare le nostre pensioni messe a rischio dal calo demografico? Certo, per trasformare un problema in un'opportunità occorre una classe dirigente attenta e ai problemi e alle opportunità: altrimenti i guai divengono solo il pretesto per foraggiare gli amici degli amici che falliscono (ieri Catania, domani Palermo, dopodomani magari Napoli e l'Expo di Milano) e per consumare vendette trasversali. Una volta tanto, però, qui non si parlerà delle malinconie di casa nostra, bensì di un'enorme occasione perduta su scala continentale. E' fresca la crisi del governo della Repubblica Ceca, che ha la presidenza di turno dell'Ue: un governo euroscettico, la cui crisi potrebbe essere addirittura un vantaggio per l'Europa, ma che solleva interrogativi su quella ratifica del Trattato di Lisbona entro il 2009 che sembra divenuta l'ultima spiaggia dell'integrazione. Difatti gli euroscettici si staranno fregando le mani. In realtà, come ha scritto Ulrich Beck, dopo una crisi finanziaria che ha polverizzato metà del risparmio azionario mondiale, «se non ci fosse l'Ue bisognerebbe inventarla». Noi che ci siamo dentro non ci pensiamo spesso: ma gli Stati falliti, come l'Islanda, e anche il Regno Unito, che sta ripensando alla sua decisione di non entrare nell'euro, se ne stanno accorgendo eccome. L'Europa, con i suoi meccanismi di welfare, la sanità pubblica, gli ammortizzatori sociali, e la maggiore propensione al risparmio dei suoi cittadini, italiani in testa, è la direzione verso la quale l'America di Obama si sta faticosamente avviando, solo perché costretta dal cataclisma globale. La crisi, in effetti, potrebbe essere un'enorme opportunità per far uscire l'Europa dalle sabbie mobili in cui è entrata con l'iniziativa della Costituzione europea: che, benché in gran parte trasfusa nel Trattato di Lisbona, sembra solo alimentare l'illusione che il nostro destino siano gli Stati Uniti d'Europa, e non una sempre maggiore integrazione fra gli Stati. Questa illusione sembra ancora sottoscritta da qualche commentatore nostrano: come Ernesto Galli della Loggia sull'ultimo numero del Mulino, che pare condividerla solo per rinfacciare all'Europa - anzi, alla «supposta Europa», come la chiama incurante delle associazioni d'idee - un altro fallimento. L'unica veritàè che la crisi è un'occasione, per cercare soluzioni comuni e forme di integrazione, che sta andando perduta. Di fatto, la proposta di politiche comuni anti-crisi venuta dal presidente francese Sarkozy ha incontrato, una volta tanto, il favore dell'euroscettico Gordon Brown ma il no della cancelliera tedesca Angela Merkel: molti, in Europa, pensano ancora di uscire dalla crisi da soli, magari facendo concorrenza sleale a qualche partner. Così, si continua con i rapporti bilaterali, come quello fra lo stesso Sarkozy e il nostro premier: con le diplomazie impegnate sino allo sfinimento a stabilire - come mi ha raccontato una fonte degna di fede - non le modalità dell'accordo sul nucleare, ma le misure dei tacchi dei due leader, nessuno dei quali vuole apparire più basso dell'altro. 28/03/2009 GIULIANO GALLETTA 28/03/2009 Monsignor Fort ha proclamato l'inutilità del condom contro l'Aids, salvo poi rettificare 28/03/2009

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Banchieri svizzeri prigionieri in patria "Restate a casa" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Retroscena Gli istituti ordinano ai manager: non andare all'estero Banchieri svizzeri prigionieri in patria "Restate a casa" Viaggi a rischio in Europa e Usa "Ci accusano di evasione fiscale" MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Non vanno volentieri a Parigi e a Francoforte, meno che meno a New York. Hanno paura, i banchieri svizzeri, come i colleghi europei e anche qualcosa in più. Non devono solo preoccuparsi di rabberciare i bilanci perforati dalla crisi finanziaria globale di cui sono stati coprotagonisti, e nemmeno trovare un modo per stare alla larga dai disperati malintenzionati che hanno preso a contestare la categoria in modo anche rude in quanto «causa di ogni male». Il loro problema extra è che quando attraversano il confine temono di non tornare indietro con facilità. Possono essere interrogati, magari incarcerati, ora che tutti i governi stanno stringendo i controlli su evasione fiscale e frodi bancarie. La prudenza consiglia allora di restare a casa, sperano che prima o poi passi la nottata. Succede quando una piccola confederazione quasi integralmente circondata da montagne è celebre nel mondo per la cioccolata, i formaggi, gli orologi e 11 mila miliardi di dollari di capitali che si presuppongono essere sottratti alle verifiche di tutti gli erari del pianeta. Succede eccome. Il Financial Times ha rivelato, e la notizia è confermata da fonti concordanti, che alcune fra le più importanti aziende di credito elvetiche hanno ridotto al minimo, se non bloccato del tutto, le missioni all'estero dei loro alti dirigenti. «Se oggi io vado in Germania per incontrare due clienti - ha confessato un banchiere chiedendo l'anonimato - mi possono fermare alla dogana per interrogarmi». Un'esperienza di cui gli uomini in gessato preferiscono fare a meno. Lo fanno in molti, non tutti. Però questo non toglie che il problema è considerato reale e che il fantasma che fa più spavento è lo zio Sam vestito con l'uniforme grigia da agente del fisco. Lo scorso anno un pezzo grosso dell'Ubs è finito diritto dalla dogana alla gattabuia nell'ambito di un'inchiesta federale su una questione di imposte non pagate. «Oggi, se sei un banchiere svizzero e vai in America, hai paura di essere fermato e interrogato - ha ammesso un'altra fonte -. Io, prima di attraversare l'Oceano, ci penso due volte». E ancora: «Certi banchieri non si spostano nemmeno in Francia, altri non si allontanano più da Ginevra». Alcuni grandi istituti svizzeri stanno cercando di semplificare i loro rapporti con la Giustizia degli altri chiedendo la licenza bancaria nei paesi dove operano. È una mossa che garantisce la tutela del personale, visto che questo si dispone al rispetto delle regole del sistema che li ospita. Non basta. La grande lezione della crisi tratta nelle capitali dell'Ue, e oltre Atlantico, è che nessuna attività, in nessuno luogo o tempo, deve poter essere svolta senza regole o senza controlli. La minaccia di inserire Berna nella lista nera Ocse dei paradisi fiscali non cooperativi ha convinto il governo crociato a promettere un ammorbidimento del segreto bancario, pur se piena trasparenza resta comunque lontana e i margini di vischiosità non sono del tutto eliminati. Così mentre si insegue una quadra per il nuovo assetto della governance internazionale - col sogno di regole e vigilanza più stringenti messe nelle mani del vertice G20 di giovedì prossimo - le amministrazioni danno un giro di vite a quello esistente, e comportamenti che magari prima venivano tollerati adesso sono contestati con decisione. Una volta si diceva «male non fare, paura non avere». Il presidente svizzero Hans-Rudolph Merz ha affermato che la riservatezza fa parte della tradizione dell'economia nazionale, cercando in sostanza di non arretrare più di tanto, cosa che ovviamente raccoglie consensi fra gli elettori. «Questi controlli non hanno niente a che vedere col segreto bancario - protesta un banchiere -. I grandi paesi vogliono risolvere un problema trovando un nemico straniero da colpire». Buona scusa, ma non funziona. Non a Parigi, a Berlino, a Bruxelles, e nemmeno a Washington.

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Obiettivo centrale del summit sarà quello di ripulire il sistema bancario dalle attività tossiche e ridare così fiducia ai mercati finanziari (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Obiettivo centrale del summit sarà quello di «ripulire» il sistema bancario dalle attività tossiche e ridare così fiducia ai mercati finanziari D. Strauss-Kahn

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"In Europa fabbriche a rischio chiusura" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

GLI STABILIMENTI IN ITALIA Analisi Il Lingotto vuole giocare un ruolo da protagonista «SUGLI AIUTI DEI GOVERNI PARITÀ DI CONDIZIONI PER TUTTI I COSTRUTTORI». CONFERMATI I TARGET 2009 DEL GRUPPO. TITOLO IN RIALZO IN BORSA: +3,33% La crisi epocale e il manifesto di Marchionne «È un problema che riguarda insieme azienda, banche sindacato e governo» TEODORO CHIARELLI Montezemolo: grazie agli incentivi la filiera dell'auto sta vedendo i primi risultati positivi "In Europa fabbriche a rischio chiusura" TORINO Un misto di pragmatismo svizzero-americano, di realismo italiano e - perché no? - di orgoglio abruzzese. C'è tutto Marchionne nell'intervento che l'amministratore delegato della Fiat ha fatto ieri all'assemblea del gruppo. Un vero e proprio manifesto sulla situazione del mercato internazionale dell'auto e sul ruolo che Fiat può e vuole giocare. Splende un sole primaverile a Torino mentre un gruppo di operai dispiega striscioni e issa pupazzoni col faccione rotondo di Sergio Marchionne davanti all'ingresso del Lingotto. Distribuiscono un volantino agli azionisti che, alla spicciolata, varcano i portoni del centro congressi per partecipare all'assemblea. «I lavoratori vivono in un clima di incertezza, c'è il rischio concreto, come è già avvenuto in crisi meno gravi di questa, che gli stabilimenti vengano messi l'uno contro l'altro». Già, il crollo del mercato che mette in ginocchio i colossi mondiali dell'auto sta avendo ripercussioni pesanti, e non potrebbe essere altrimenti, anche sulla Fiat, nonostante gli incentivi statali facciano intravvedere una seppur flebile ripresa. Marchionne non si nasconde, anzi rilancia. «La Fiat non vive fuori da mondo», sibila dal palco. E aggiunge: «Quando, quasi cinque anni fa, avevamo detto che non avremmo chiuso nessuno stabilimento in Italia, eravamo consapevoli dei costi che questa scelta avrebbe comportato. Lo abbiamo fatto con senso di responsabilità, pur sapendo che alcuni nostri stabilimenti presentano dei gravi svantaggi strutturali. Ma oggi che la crisi ha spinto oltre al limite quelle condizioni di sostenibilità, è necessario rendersi conto che non si tratta più di un problema solo della Fiat». L'Ad del Lingotto sostiene che a livello globale diventa quanto mai necessaria una seria ristrutturazione di questa industria per portarla a un livello di sostenibilità economica. La capacità produttiva a livello mondiale è di 94 milioni di vetture l'anno, almeno 30 milioni in più di quanto il mercato sia in grado di assorbire in condizioni normali. E un terzo di questa capacità produttiva è installato in Europa. Ma non siamo in condizioni normali e si stima che la percentuale di utilizzo degli impianti nel Vecchio Continente scenderà quest'anno al 65%. «La necessità di una razionalizzazione è evidente - spiega Marchionne -. È difficile giustificare l'esistenza di una fabbrica quando il dislivello economico è alto». In America e Canada hanno chiuso 24 fabbriche negli ultimi dodici mesi. «Dovremo arrivarci anche in Europa. È un problema dell'industria dell'auto, che non può continuare a distruggere valore». Vuol dire che almeno uno degli stabilimenti italiani della Fiat è a rischio? Marchionne non lo esplicita e neppure accetta di fare il nome di Pomigliano nonostante le pressioni di piccoli azionisti e giornalisti. Insiste: «Non è un problema solo della Fiat. È un problema che riguarda, come succede in tutto il mondo, azienda, sindacato, banche e governo». Poi spiega: «Gli ecoincentivi sono stati fatti dal nostro governo in modo più intelligente che in altri Paesi europei, ma siamo gli unici in Europa a non avere avuto aiuti finanziari dall'esecutivo». Cosa significa? Che per quanto riguarda gli interventi sul capitale e sulla capacità finanziaria l'Italia ha detto di voler seguire la posizione europea. Peccato che questa non sia mai stata espressa. E che il commissario Ue abbia avuto altro da fare. In compenso sono arrivati o sono in arrivo interventi diretti alle proprie aziende da parte di Francia, Svezia, Gran Bretagna e Germania. «Aiuti a tutti o a nessuno», insiste Marchionne. «Se domani mattina il governo italiano dovesse dire che garantirà l'indebitamento Fiat per 3 miliardi, il nostro credit default swap scenderebbe alla velocità della luce». Detto questo, l'Ad del Lingotto insiste sul fatto che la sfida di Torino passa per alleanze con altre case in un'ottica di concentrazione («Resteranno 5 o 6 competitori globali») e difende la trattativa per l'ingresso nella Chrysler (lodando l'impegno della task force del governo Usa). E in questo contesto, come ha detto il presidente Luca Montezemolo, «la Fiat si sta preparando a giocare un ruolo da protagonista nel lungo periodo in ogni settore in cui è presente». L'orgoglioso Marchionne solletica a sua volta l'orgoglio degli azionisti («Posso garantirvi che la Fiat è pronta») e ribadisce che l'obiettivo è di fare tutto il possibile per salvaguardare «i nostri marchi, i nostri business e il nostro metodo di gestione». Per i più increduli la ciliegina finale: la conferma dell'obiettivo di 1 miliardo di utile operativo alla fine di questo terribile, drammatico, maledetto 2009. [FIRMA]GIANLUCA PAOLUCCI TORINO Francia, Gran Bretagna, Svezia, presto anche Germania sostengono l'industria dell'auto ma «noi continuiamo a far finta di niente affidandoci all'Europa. Ma il problema non è di Fiat ma dell'industria dell'auto, l'industria non può andare avanti così». Sergio Marchionne, davanti agli azionisti prima e ai giornalisti poi, torna a chiedere «parità di condizioni» per i costruttori europei per evitare distorsioni del mercato. Ma ribadisce, davanti agli azionisti chiamati ad approvare il bilancio del 2008, che si intravedono dei segnali positivi in fondo al tunnel della crisi e conferma l'obiettivo di un utile della gestione operativa di oltre un miliardo per fine anno. Nessuna polemica con il governo, sottolineano tanto l'ad quanto il presidente, Luca Montezemolo. Proprio Montezemolo, aprendo l'assemblea, ha voluto ricordare esplicitamente che sul mercato italiano «in virtù delle decisioni del governo, che vogliamo ringraziare, tutta la filiera dell'auto sta vedendo i primi risultati positivi». Ma una distorsione che va eliminata: «Gli ecoincentivi sono stati fatti dal nostro governo in modo più intelligente che in altri Paesi europei, ma siamo gli unici in Europa a non avere avuto aiuti finanziari dall'esecutivo», ha aggiunto Marchionne rispondendo alle domande dei giornalisti. «Per quanto riguarda gli interventi sul capitale e sulla capacità finanziaria - ha detto Marchionne - l'Italia ha detto di voler seguire la posizione europea, ma questa non è mai stata espressa. Ci saremmo aspettati un intervento del commissario europeo, ma non c'è stato». Sostegni che Marchionne aveva poco prima elencato uno per uno, di fronte agli azionisti: «Mi riferisco alle linee di credito per circa 7 miliardi per Peugeot Citroën e Renault in Francia, ai 2,6 miliardi di finanziamenti che Svezia ha concesso a Volvo e Saab, alla garanzia statale sui prestiti per investimenti a favore dei costruttori del Regno Unito e al prestito ancora in discussione per la Opel in Germania». Decisioni «molto pericolose», per Marchionne, perché rischiano di disgregare la costruzione europea mettendo in discussione i valori e i principi sui quali si fonda. Per questo, l'ad vedrebbe con favore una «task force» europea per le quattro ruote sul modello di quella messa in piedi dall'amministrazione Obama per l'auto Usa. D'altronde il settore è destinato a consolidarsi ancora: nel 2009 sono a rischio chiusura molte fabbriche e tra 24 mesi resteranno «non più di sei costruttori globali», dice l'ad. E «le condizioni per mantenere una Fiat "stand alone" non ci sono». Intanto prosegue la trattativa per Chrysler: «Noi siamo pronti», ha detto l'ad, la prima auto frutto della collaborazione potrebbe essere sul mercato «nel 2011». Montezemolo e Marchionne parlano di un gruppo «pronto a giocare un ruolo da protagonista nel lungo periodo, con tutte le carte in regola per affrontare le sfide future». E ai soci, che prendono la parola in tanti - anche per condividere con la platea aneddoti singolari, come l'azionista che ha raccontato di un'apparizione di Gianni Agnelli in sogno per rincuorarlo sulla sua salute -, l'ad spiega che è stato deciso di non distribuire i dividendi «per ragioni di prudenza finanziaria, ma non appena tornerà la normalità nei mercati finanziari, la Fiat riprenderà a distribuirli» (quest'anno 0,31 euro alle sole risparmio). A Piazza Affari il titolo continua la risalita: ieri +3,33% a 5,27 euro in una giornata positiva per tutto il comparto auto europeo.

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Qualificazioni mondiali, comincia la gran volata. Stasera, il Montenegro di Savicevic, già rego... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Qualificazioni mondiali, comincia la gran volata. Stasera, il Montenegro di Savicevic, già regolato a Lecce per 2-1; mercoledì, l'Irlanda del Trap. Si riparte da Brasile-Italia 2-0, l'amichevole di Londra che, il 10 febbraio, spezzò la serie-record di Lippi (31 partite) e sollevò non trascurabili perplessità sulla fusione tra il nucleo «tedesco» e l'erigendo blocco «sudafricano». Naturalmente, in questi giorni si è parlato più degli assenti che delle esigenze legate alla classifica e alle ombre del momento. Cassano, Amauri. In alternativa a una Calciopoli qualsiasi da sbattere sul muso dei ficcanaso, o alla ricerca di un movente così forte da giustificare comunque la sindrome d'accerchiamento, il ct si è portato avanti col lavoro. Sarà anche una «croce», Cassano, ma averne, di seccature del genere. Ci si può avvalere della facoltà di non rispondere in tribunale, figuriamoci a Coverciano. Quanto ad Amauri, con il passaporto in mano il giocatore avrebbe deciso da mesi; nello stesso tempo, il protezionismo che qualcuno millanta (Toni, per esempio) non mi sembra un atteggiamento «alto»; nello sport come nella vita la concorrenza va stimolata, non affossata. È morta e sepolta l'epoca in cui si poteva traslocare da una Nazionale all'altra, oggi la prima scelta è anche l'ultima, comodo sparare su Amauri, 29 anni il 3 giugno. Nella classifica Fifa, l'Italia occupa il quarto posto, l'Irlanda è ventiseiesima, il Montenegro 112°. Mancherà Vucinic, squalificato. Tutto si può dire di Lippi, tranne che non abbia le idee chiare. Altro discorso, se siano tutte giuste. A Lecce decise una doppietta di Aquilani. L'impegno odierno offre vaghi punti di riferimento, il più in forma è una riserva promossa titolare, Iaquinta. A Podgorica, la Bulgaria ha faticato (2-2) e l'Eire pure (0-0). Non sarà, dunque, una gita di piacere. I numeri del Lippi-bis sono di una normalità disarmante: la squadra incassa un gol a partita e ne segna 1,28. La seduzione del tridente continua ad agitare il ct. Difesa «tipo», centrocampo e attacco adeguati all'emergenza infortuni e, com'è naturale, alle fregole del selezionatore che, non a caso, si rivede in Mourinho. La supremazia del girone si è ridotta a un derby fra Lippi e Trapattoni. Occhio, per questo, ai terzi e quarti incomodi. Potrebbero orientarne l'esito.

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Compri casa negli Usa E hai subito la green card (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Compri casa negli Usa E hai subito la «green card» Dico sì alla proposta di Shilling: col bonus «residenza» agli stranieri il real estate si stabilizzerebbe. E ogni anno avremmo un milione di nuovi americani in più di Redazione - 28-03-2009 La settimana scorsa, mentre l'attenzione era concentrata sull'attesa del piano Geithner, The Wall Street Journal ha pubblicato una proposta del mio amico Gary Shilling per affrontare la crisi del mercato immobiliare che a suo avviso (ma anche a mio parere) rischia un'ulteriore caduta del 20 per cento. Il rimedio è semplice: offrire agli stranieri che acquistano casa negli Stati Uniti la green card (cioè la residenza). Mi è sembrata l'idea migliore che ho sentito finora per affrontare il nodo della bolla immobiliare e, nel contempo, evitare il peggioramento della crisi finanziaria. Ancor oggi, in tempi di crisi, gli Stati Uniti accolgono un milione di persone all'anno. Non si tratta di aumentare il flusso, ma modificarne le caratteristiche. I benefici sono evidenti: l'aumento della domanda servirà ad assorbire l'eccesso di offerta, stabilizzando i prezzi e ridando ossigeno all'edilizia. La ripresa dei valori permetterà a molte famiglie di rifinanziare i mutui a condizioni più favorevoli; un flusso di denaro, almeno 12 miliardi di dollari, finirà nelle tasche dei mediatori immobiliari, innescando un circolo virtuoso nei business locali, sostenuti dalle esigenze dei nuovi cittadini. E, cosa non da poco, attraendo un milione di proprietari di casa, noi acquisiremo un altro milione di americani della classe media. L'alternativa? Mi rifaccio ai numeri di Shilling. Negli Usa, nel decennio 1996/2005, sono state costruite 6,7 milioni di abitazioni in più della media storica. Inoltre si sono aperti cantieri per 1,5 milioni di abitazioni, precipitate a mezzo milione nel 2008, cifra che rischia di cadere ulteriormente. Nonostante la frenata, secondo Shilling, c'è ancora un'offerta in eccesso di 2,4 milioni di case. «Se non verrà eliminato questo surplus - scrive Shilling - i prezzi scenderanno di un altro 20% entro fine 2010, portando la frana complessiva al 37 per cento. Il risultato potrebbe essere devastante: 25 milioni di americani, circa la metà dei 51 milioni che hanno un mutuo, avranno ipoteche superiori al valore della casa. Ci vorranno almeno mille miliardi di dollari per riportare in equilibrio il valore degli immobili con le ipoteche, contro i 449 miliardi di sbilancio attuali per le 14 milioni di famiglie già sott'acqua». A risultati simili conducono gli studi di John Burns o del professor Robert Shiller di Yale: se non riparte il ciclo degli acquisti nell'immobiliare, crescerà la paura e la sfiducia dei proprietari di casa. E come dimostrano i dati dell'osservatorio Case-Shiller, l'unico serio indicatore del settore, la casa è di gran lunga l'investimento più importante per gli americani, sia dal punto di vista economico che emotivo: ci sono più cittadini (68%) che possiedono una casa di quanti possiedano azioni (50%). E questo spiega perché nei sondaggi la preoccupazione per il valore della casa precede sempre quella per l'andamento delle azioni. Senza un intervento in questo settore, perciò, l'uscita dalla crisi dell'economia reale rischia di essere un'illusione: stime realistiche parlano di una crescita della disoccupazione oltre il 10% entro l'anno. E così come due anni fa io e pochi altri lanciammo il monito che la crisi immobiliare avrebbe gelato la finanza, è facile profezia sostenere che, senza una ripresa dell'immobiliare, non ha senso immaginare una ripresa economica. E data la dimensione del problema, non si può confidare nei rimedi tradizionali: ci vorranno almeno due anni e mezzo per smaltire, grazie ai meccanismi di mercato, le attuali eccedenze; la leva fiscale o i contributi pubblici possono fare qualcosa, ma si sta parlando di migliaia di miliardi, un intervento dal costo politico oltre che finanziario impensabile. A questo punto val la pena di approfondire la carta «immigrati». In un anno arrivano negli Usa 1,1 milioni di nuovi cittadini; ma solo il 13% riceve un visto per le sue qualità professionali. Potremmo gradualmente introdurre nuovi criteri di ammissione: la casa (valore minimo dell'investimento, diciamo 100mila dollari) non potrà essere rivenduta prima di un paio d'anni; il diritto alla residenza potrà essere tolto in caso di reati entro i primi cinque anni; si potranno favorire i candidati con studi avanzati alle spalle. E così via. Ripeto, è un'idea da approfondire, rapidamente e con l'energia che richiede una situazione eccezionale. Su un punto vorrei essere chiaro: non si tratta di importare un milione di stranieri, bensì di dare spazio a un milione di nuovi americani. Non c'è cittadino degli Stati Uniti, del resto, che non discenda da un emigrante. È questo melting pot la vera forza dell'America, che è un'idea prima ancora che una terra. Un'occasione offerta a tutti: sia a chi apre una pasticceria, sia a chi fonda Google. Il 25% delle start-up di Silicon Valley nasce dall'iniziativa di un emigrato. Aprendo le porte del Paese a gente così potremo uscire dalla crisi. Altrimenti, a vostra scelta, ci sarà il 10% o più di disoccupazione, il prezzo delle case in calo, gli sfratti in aumento. TERAPIE ANTICRISI/2

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Metti la tripla A E il monetario ha il vento in poppa (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

FONDI & RISPARMIO Metti la tripla A E il monetario ha il vento in poppa Le masse gestite hanno raggiunto i 4,38 trilioni di dollari a livello globale. Il maggior interesse è verso prodotti ad alto rating e un Nav stabile di Redazione - 28-03-2009 PUNTO DI VISTA Negli ultimi 18 mesi la propensione al rischio degli investitori in tutta Europa è crollata bruscamente, in risposta agli eventi tumultuosi dei mercati finanziari globali. Eppure, c'è un settore che ha assistito a una crescita significativa nel contesto di una straordinaria instabilità di mercato. Negli ultimi 12 mesi, dall'avvio della crisi di liquidità, gli asset dei fondi che investono sul mercato monetario globale sono aumentati di circa il 20%, raggiungendo i 4,38 trilioni di dollari (in Europa, i fondi monetari europei con rating tripla A hanno totalizzato 427,3 miliardi di euro alla fine del 2008). Inoltre, anche la base dei sottoscrittori si è estesa in maniera significativa. Guardando al resto del 2009, riteniamo che i fondi monetari continueranno ad attirare investitori, istituzionali e non. In particolare, notiamo un forte interesse in quei prodotti che si distinguono per alcune caratteristiche chiave. Queste comprendono un rating tripla A, un valore stabile del Nav, un alto grado di liquidabilità e l'obiettivo di massimizzare gli utili correnti preservando nel contempo il capitale. Le agenzie di rating svolgono un controllo regolare sui fondi con rating tripla A per assicurare che siano in linea con le rigide linee guida relative a diversi fattori, compresi la qualità del portafoglio, la scadenza e la diversificazione. I fondi che seguono queste linee guida hanno secondo noi un'alta capacità di mantenere il valore nominale e di limitare l'esposizione alla perdita, con la più bassa sensibilità ai cambiamenti nei tassi di interesse. All'interno del segmento dei fondi monetari segnato da queste caratteristiche chiave notiamo un particolare interesse nei fondi investiti in titoli di Stato. Mentre le tradizionali strategie di investimento in «carta commerciale» dei prodotti di liquidità sono state largamente accettate sia dagli investitori istituzionali sia dal retail in Europa, c'è anche stato un flight to safety che ha spinto alcuni investitori a evitare qualsiasi forma di esposizione al credito. Di conseguenza, i fondi monetari governativi hanno visto aumentare la propria rilevanza. Questi prodotti, come si può dedurre dal nome, investono soprattutto in titoli di Stato ed emissioni sovranazionali (solo in Europa, circa 70 miliardi di dollari sono confluiti nei fondi governativi tra agosto e ottobre 2008). E oggi, con i tassi di interesse vicini allo zero negli Usa e un costo del denaro in discesa in Europa e nel Regno Unito, i rendimenti dei prodotti liquidità, e delle strategie di investimento focalizzate sui titoli di Stato in particolare, sono scesi in maniera drammatica. Ciononostante, anche con rendimenti estremamente bassi, ci sono stati pochi cambiamenti nei patrimoni dei fondi governativi. La scarsa propensione degli investitori a lasciare la sicurezza di tali prodotti, dunque, indica che in Europa rimane ancora elevato il livello di avversione al rischio. Anche se i governi europei hanno reagito in maniera incisiva alla crisi finanziaria, è chiaro che gli investitori in Europa continuano a essere preoccupati dallo stato dei conti delle banche e dal rischio potenziale di mantenere i contanti in depositi bancari non garantiti. E in periodi di instabilità finanziaria, come quello attuale, il fondo monetario rappresenta una valida alternativa di investimento, soprattutto considerando l'obiettivo di fornire un alto grado di diversificazione della controparte, oltre a una liquidità giornaliera. In Goldman Sachs, gestiamo prodotti di liquidità da più di 25 anni, e non abbiamo mai assistito a un interesse così grande nel settore da parte degli investitori. Ma se da un lato i fondi monetari continuano ad attirare asset, dall'altro non è mai stato così importante utilizzare nella gestione di questi prodotti un controllo stringente sul rischio. Nello specifico, i risk manager dovrebbero essere indipendenti dai team che gestiscono i fondi e dovrebbero essere in grado di riportare direttamente al senior management. È anche importante che i gestori dei fondi aderiscano ai più alti standard di apertura e trasparenza. Per i fondi monetari questo significa che i titoli in portafoglio dovrebbero essere puntualmente accessibili agli investitori in modo che possano avere chiarezza sui livelli di liquidità e sulle scadenze, giorno e notte. Gli investitori che si rivolgono ai prodotti di liquidità come flight to safety non dovrebbero chiedere nulla di meno.

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Il recupero dei financial fa da traino agli industriali (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ANALISI TECNICA Il recupero dei financial fa da traino agli industriali di Redazione - 28-03-2009 Finalmente si vedono segnali di vita nel mondo dei subordinati bancari, che tornano prepotentemente protagonisti del mercato del credito. Il ritorno a casa del figliol prodigo è avvenuto in grande stile, con un rialzo molto importante sugli strumenti di capitale più subordinati, come gli Upper Tier2 e i Tier1. Si tratta di prodotti ibridi, con caratteristiche che li pongono a metà strada tra debito e capitale. La recente crisi finanziaria ha reso di fatto questi strumenti orfani, privi di un naturale compratore. Gli operatori del mercato obbligazionario, infatti, hanno venduto a man bassa questi strumenti, non sentendosi più a proprio agio con titoli che, attraverso un meccanismo di opzionalità sulla data di rimborso e sul pagamento delle cedole, si prestano a condividere il peso dei risultati negativi dell'emittente. Gli operatori dei mercati azionari, invece, non sono mai entrati con convinzione su questo mercato, spesso a causa di una elevata complessità contrattuale degli strumenti e soprattutto non abituati a combattere con i problemi di illiquidità. A colmare il vuoto e a sbloccare questa impasse sono intervenute le banche stesse, che hanno iniziato a riacquistare il proprio debito subordinato approfittando dei prezzi da saldo a cui sono scivolati questi titoli. Pur con prezzi di riacquisto sostanzialmente più elevati degli ultimi livelli riportati sul secondario, infatti, gli attuali prezzi incorporano un elevato sconto rispetto la parità (valore a cui queste passività sono iscritte a bilancio). Un buon affare, dunque, per gli emittenti, che hanno disponibilità di capitale da impiegare in operazioni di questo tipo. Se questo nuovo trend riuscirà a consolidarsi può rappresentare una spinta molto importante per un segmento di mercato in crisi di identità. Vanno in questa direzione le operazioni annunciate da Royal Bank of Scotland, Lyods/Hbos e Banca Popolare di Milano. La boccata d'ossigeno sul segmento dei finanziari ha fornito ulteriore spinta anche ai corporate bond industriali, che continuano a registrare buoni flussi con un primario sempre molto attivo per gli emittenti investment grade. Scendendo nel purgatorio dell'high yield, invece, ci si imbatte nell'ottimo recupero dei bond Seat 8% 2014 (B3/BB-) e della tedesca Heidelbergcement 6,375% 2012 (B1/CCC+). Nonostante il downgrade di Fitch, anche le obbligazioni di Fiat hanno fatto segnare rialzi consistenti, con il bond 6,625% 2013 tornato intorno a quota 70. L'emissione Fiat 5,625% 2011 passa di mano invece a un prezzo di 80 e il bond con scadenza più lunga, le Fiat 2017 sono risalite a quota 56. Violento rimbalzo anche per le obbligazioni General Motors 2013, che hanno quasi raddoppiato il proprio valore durante il mese di marzo passando da un minimo di 15 all'attuale livello di 28. Movimenti meno marcati, ma comunque in recupero, anche per altre blue chip del comparto, come Rhodia, Wind e Bombardier.

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obama fa pace con i banchieri "insieme rifondiamo l'economia" - luca iezzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Economia Obama fa pace con i banchieri "Insieme rifondiamo l´economia" Il tedesco Steinbrueck: "Euro a rischio", e il dollaro risale Incontro alla Casa Bianca con i manager del credito. Lunedì il piano per l´auto LUCA IEZZI ROMA - Il presidente Barack Obama riallaccia i rapporti con Wall Street. Ieri alla Casa Bianca sono stati ricevuti gli amministratori delegati delle 16 più grandi banche Usa, un colloquio durato qualche ora in cui si è parlato di tutti i temi caldi della crisi finanziaria: riduzione del livello dei compensi dei banchieri, le regole per l´acquisto degli asset tossici da parte dello Stato e persino l´ipotesi di un ritorno alla divisione tra banche commerciali (quelle che si rivolgono ai risparmiatori) e le più rischiose banche d´affari. Con la convocazione di ieri, Obama, dopo aver a lungo criticato la mentalità "avida" dei banchieri americani e averla additata come la principale causa della recessione, per la prima volta si è rivolto direttamente ai big del credito per chiedere collaborazione nella ricostruzione dell´economia. «Il presidente ha iniziato parlando dell´importanza di gestire gli asset tossici e far sì che le banche tornino presto a prestare soldi - ha raccontato il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs - possiamo dire che tutti hanno concordato sulla necessità di aggiornare il sistema delle regole». «Il presidente ci ha detto chiaramente che vuole che il Paese si rimetta in moto - ha dichiarato l´ad di Jp Morgan, Jamie Dimon - E noi vogliamo aiutarlo». Sono arrivate delle aperture da parte di tutti i banchieri. E sul fronte degli stipendi il capo di Bank of America Ken Lewis ha dichiarato: «L´epoca d´oro degli stipendi è finita». I termini dello scambio tra banche e amministrazione sono chiari anche se da entrambe le parti si ammette «che non c´è accordo su tutto». L´obiettivo è di evitare raffica di fallimenti grazie al piano da mille miliardi di dollari di riacquisto dei titoli svalutati dalla crisi a patto di accettare una quantità maggiore di sorveglianza. Controllo garantito dal piano di riforma dei mercati finanziari del ministro dell´Economia Tim Geithner e dalla nascente autorità di controllo sull´attività delle banche. La settimana prossima Obama affronterà l´altro punto debole della corporate America: l´industria dell´auto. «Il presidente delineerà lunedì quella che secondo lui è la strada migliore per garantirne la sopravvivenza sia nel breve sia nel lungo termine» annuncia il suo portavoce. Il piano auto avrà pesanti ripercussioni anche in Europa: ieri il cancelliere tedesco Angela Merkel ha chiarito che la crisi della Opel (controllata da Gm) sarà affrontata in «stretta collaborazione» con il governo americano. Proprio da Berlino è arrivato un colpo all´euro (sceso sotto quota 1,33 dollari) perché il ministro delle finanze tedesco, Peer Steinbrueck ha detto che la moneta europea è a rischio per la violazione sistematica del patto di stabilità «che non tutti prendono sul serio». Chiaro il riferimento ai deficit di bilancio che molti Paesi dell´eurozona stanno contraendo in virtù dei piani di spesa messi in campo per contrastare la crisi. «Se il patto di stabilità non verrà preso seriamente in considerazione - ha ribadito Steinbrueck - l´euro avrà problemi prima o poi in termini di credibilità e stabilità».

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i grandi del mondo al test del risparmio - alessandro penati (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 22 - Economia IL MERCATO I grandi del mondo al test del risparmio Gli americani ora sono costretti a mettere soldi da parte: 4,2% del reddito, ma si prevede fino al 10% ALESSANDRO PENATI Come quasi tutte le crisi finanziarie, anche quella attuale ha come sfondo uno squilibrio dei flussi internazionali di capitale. Fino al �98, i paesi asiatici avevano finanziato la propria crescita importando capitali, che hanno alimentato credito facile e bolla immobiliare. Scoppiata la bolla, fuggiti i capitali, i sistemi finanziari locali sono crollati, causando una devastante crisi economica. Da allora hanno spinto la crescita attraverso le esportazioni, accumulando un surplus di risparmio, investito prevalentemente negli Stati Uniti, che ha permesso agli americani di "vivere al di sopra dei propri mezzi", alimentando credito facile e bolla immobiliare. La bolla si è sgonfiata, il sistema finanziario degli Usa è crollato ed è arrivata la crisi. Stesso film, ruoli invertiti. I paesi asiatici, complessivamente, hanno accumulato nel decennio un avanzo delle partite correnti (l´eccesso del risparmio di un paese rispetto ai propri investimenti) di 5.000 miliardi: una cifra colossale, affluita prevalentemente negli Usa, che nel periodo hanno importato capitali esteri per 6.500 miliardi. Il modello di sviluppo asiatico è stato emulato in Europa dalla Germania: 1.200 miliardi di capitali complessivamente esportati in dieci anni, in parte verso l´Europa dell´Est, ma soprattutto verso i paesi "periferici" di Eurolandia (Portogallo, Italia, Spagna, Grecia, e Irlanda). Tutti assieme, questi paesi hanno importato 1.500 miliardi. In Spagna e Irlanda, i capitali esteri hanno finanziato il settore privato e la bolla immobiliare; in Italia e Portogallo, il disavanzo pubblico; in Grecia, entrambi. Sono questi i paesi di Eurolandia che gli investitori percepiscono a più alto rischio. Nessuno ha ostacolato lo sviluppo di questo imponente squilibrio nei flussi di capitale: agli americani faceva comodo spendere tutto il reddito e non risparmiare; all´Asia conveniva che la cicala americana trainasse la loro crescita (anzi l´ha agevolata, sostenendo il dollaro con acquisti massicci di Treasury Bonds); alla Germania conveniva spingere la propria industria con le esportazioni, alla Spagna drogare la crescita con la bolla immobiliare, e all´Italia finanziare più agevolmente il debito pubblico (oltre la metà del nostro debito, ben 747 miliardi, è in mani straniere). Così, a fronte di una crescita potenziale di circa il 3%, il mondo è cresciuto negli anni passati al 5%. E oggi, Cina e Giappone sono i principali creditori del Governo americano; la Germania, dei paesi di Eurolandia. Ora che la bolla si è sgonfiata, il consumatore americano è costretto a risparmiare: 4,2% del reddito, ma si prevede fino al 10%. Per evitare che il crollo della domanda privata causi una depressione, la spesa pubblica si sostituisce a quella privata. Anche nei paesi europei in deficit, lo Stato aumenta i propri debiti per evitare un´ondata di dissesti tra i privati. Il Tesoro americano ha chiesto a gran voce che i paesi in surplus facilitino l´aggiustamento globale, aumentando lo stimolo fiscale per spingere la loro domanda interna. L´Europa "periferica" tace, causa i vincoli di Maastricht. Ma Cina e Germania hanno risposto picche; identico il messaggio della Bce: un ulteriore aumento dei disavanzi pubblici creerebbe inevitabilmente la tentazione di usare l´inflazione per risolvere il problema dell´enorme stock titoli di Stato emessi; e questo danneggerebbe i grandi creditori Cina e Germania. Vero. Ma richiedendo che l´onere dell´aggiustamento gravi prevalentemente sui paesi in deficit, si rischia il crollo del dollaro e, in Europa, la crisi finanziaria di qualche paese. I creditori ci perderebbero comunque. Senza contare che, venendo meno il traino delle esportazioni, i paesi in surplus rischiano di importare la deflazione. Riequilibrare i flussi faciliterebbe l´uscita dalla crisi. Ma dubito che il prossimo G20 produrrà un accordo.

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londra assediata dai no global anti-finanza - anais ginori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 23 - Economia Londra assediata dai no global anti-finanza Partono le proteste in vista del G20: oggi 100 mila in marcia Sindacalisti, anarchici, ambientalisti e disoccupati si sono organizzati con Facebook e Twitter. "è il popolo di Google" ANAIS GINORI «Preghiamo per i leader del G20 affinché possano adoperarsi per trovare soluzioni contro la crisi finanziaria. Preghiamo affinché sappiano formulare un nuovo ordine economico mondiale». Si comincerà così, con un salmo molto particolare. Il vescovo Richard Chartres darà stamattina la sua benedizione nel Methodist Central Hall, vicino Westminster. Soltanto dopo, la protesta avrà ufficialmente inizio. Da oggi fino a giovedì Londra sarà assediata. E non soltanto da pie invocazioni. "Put People First" è l´imperativo della manifestazione che nel pomeriggio attraverserà la capitale. Mettere l´interesse delle persone prima di quello di banche e grandi corporazioni è diventato il collante simbolico dell´eterogenea coalizione che sfilerà nel pomeriggio da Embakment a Hyde Park. La Grande Crisi è riuscita a saldare insieme la rabbia di gruppi politici e sociali agli antipodi, come sindacalisti, anarchici, Ong, socialisti vecchia maniera e militanti cristiani, ambientalisti e disoccupati. Coordinati via Twitter e Facebook, si muovono su mappe interattive. "E´ il popolo di Google" ha titolato ieri un tabloid. Un raduno molto ben organizzato e massiccio. Centomila persone previste. Secondo alcuni, si potrebbe anche superare la partecipazione dei cortei contro la guerra in Iraq del 2003. «E´ un movimento per la giustizia economica» spiega uno dei promotori, Nick Dearden di Jubilee Debt Campaign. La concordia sui fini, ma soprattutto sui mezzi della protesta, reggerà poche ore. La tensione salirà già mercoledì, appena dopo l´arrivo di Obama e degli altri capi di Stato, per quello che è stato definito il "Financial Fools Day", ovvero l´attacco alla City. Nel gergo degli anarchici si chiama il "cuore della Bestia". Tutto lo Square Mile sarà nel mirino di contestazioni, probabilmente violente. Sul web circolano piantine dettagliate di "obiettivi capitalistici". Banche, studi legali, agenzie di lavoro interinale. La polizia ha invitato tutti a non vestirsi in giacca e cravatta: c´è il rischio di passare per un banker. A Bishopsgate gli ambientalisti vogliono organizzare un campeggio giocoso con turbine eoliche e giochi di bambini, davanti all´European Climate Exchange, la Borsa che emette crediti di emissioni. Il "G20 Meltdown", un raduno di gruppi anarchici, promette invece un "carnevale" alla Banca d´Inghilterra con quattro Cavalieri dell´Apocalisse: "Guerra", "Caos climatico", "Crimine finanziario", "Senzacasa". Tra i blocchi anarchici c´è anche la sigla Wombles, guidata dall´italo-britannico Alessio Lunghi. Il trentenne, già schedato dalla polizia inglese durante precedenti cortei, era sulle prime pagine dei tabloid nei giorni scorsi. Fonti della polizia dicono che potrebbe essere uno dei protagonisti dei Black Bloc che assalteranno il "cuore finanziario" della città, già mal messo di suo.

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ma resta l'incognita degli stabilimenti - paolo griseri (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 24 - Economia L´ad: "Troppi impianti in Europa, con la crisi fabbriche a rischio" Ma resta l´incognita degli stabilimenti Il Lingotto vuole un accordo tra governo, sindacati e istituzioni europee PAOLO GRISERI TORINO - Se la crisi continua con le caratteristiche di oggi, la Fiat da sola non potrà garantire la sopravvivenza di tutti gli impianti produttivi: «Per risolvere il problema sarà necessario far intervenire governo, sindacati e le istituzioni europee». Questo è il messaggio che Sergio Marchionne lancia agli azionisti del gruppo e anche al centinaio di dipendenti di tutti gli stabilimenti italiani convenuti con striscioni e megafoni di fronte al Lingotto per chiedere certezze sul loro futuro. «Quando, cinque anni fa, avevo garantito che nessuno stabilimento italiano sarebbe stato chiuso - spiega Marchionne - lo avevo fatto in un quadro generale che era molto più favorevole. Oggi la porta da cui dobbiamo passare è molto più stretta». Dunque oggi la Fiat non è più in grado di mantenere quell´impegno? L´ad usa ancora qualche cautela: «Difficilmente la soluzione del problema della sovracapacità produttiva potrà venire senza un accordo a livello continentale». Marchionne non fa i nomi degli stabilimenti che sono più a rischio. E lascia cadere le provocazioni dei giornalisti. A chi gli chiede se Pomigliano è nell´elenco risponde che «si tratta di una fabbrica con una lunga e travagliata storia, fatta anche di inefficienze. Ma è uno stabilimento su cui abbiamo investito molto lo scorso anno. Il fatto è che oggi soffre più di altri perché i modelli che produce non beneficiano degli incentivi e in questo momento subiscono più di altri gli effetti della crisi». Come scongiurare dunque la chiusura? Marchionne lamenta il «nuovo protezionismo che si manifesta nel vecchio continente». L´ad è molto duro: «Di fronte a questa crisi non c´è l´Europa: ci sono la Francia, l´Inghilterra, la Germania, ognuno impegnato ad aiutare non il mercato dell´auto ma direttamente le sue aziende automobilistiche». Un invito a Scajola a fare altrettanto? «Correttamente - risponde l´ad del Lingotto - il governo italiano ha adottato un sistema di incentivi che non privilegia la Fiat rispetto alla concorrenza straniera. Ma questo altrove non è avvenuto. Io penso che se si devono dare incentivi, questi devono essere uguali per tutti in tutta Europa». Dunque dovrebbe essere Bruxelles a battere un colpo. Ma anche quell´intervento non sarebbe davvero risolutivo: «La vera soluzione - sostiene Marchionne - è quella della concentrazione tra produttori. Sopravviverà chi produrrà 5,5-6 milioni di auto all´anno». Anche considerando fatto l´acquisto di Chrysler, alla Fiat mancherebbero comunque 2-3 milioni di auto. Con chi altri allearsi? L´ad non si sbilancia. è possibile che sia il futuro partner a chiedere di tagliare stabilimenti italiani? Marchionne propone una metafora: «Se non so ancora con chi andrò a ballare, come faccio a decidere come mi vestirò?».

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(sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

«Cassa in deroga alla Bergamasca servono 10 milioni» --> Per Cicerone la crisi dopo l'industria investe i servizi Il segretario nazionale Uil Angeletti: se ne esce solo uniti Sabato 28 Marzo 2009 ECONOMIA, pagina 37 e-mail print Da Luigi Angeletti, segretario nazionale Uil, un forte richiamo alla coesione foto Bedolis Per descrivere la crisi attuale è stata usata la metafora del «viaggio nel deserto», durante il quale si procede aiutandosi e utilizzando al meglio il cibo e l'acqua (risorse economiche) che si portano nello zaino, con l'obiettivo di giungere alla fine salvi e con i mezzi funzionanti (le imprese). Con responsabilità, anche nelle relazioni sindacali, e coinvolgimento di tutti i soggetti industriali e sociali. Affrontato da prospettive diverse, è questo il messaggio emerso ieri dai lavori del convegno organizzato dalla Uil di Bergamo, «Dall'Antagonismo al Protagonismo… alla Responsabilità». «L'impressione che abbiamo - ha detto Marco Cicerone, segretario generale Uil di Bergamo - è che contro la crisi manchi una strategia complessiva da parte del governo». Così la crisi finanziaria, divenuta crisi produttiva e occupazionale, «in particolare per il nostro territorio, è venuta ad assommarsi a una situazione di difficoltà che riguardava tutta la filiera del tessile - ha continuato Cicerone -. Si è estesa rapidamente a tutti gli altri settori produttivi e, nelle ultime settimane, ha cominciato a pesare anche nella logistica e nel settore dei servizi». Con il ricorso del territorio alla cassa integrazione in deroga per le aziende sotto i 15 dipendenti, «che nel primo trimestre del 2009 ha già stanziato circa 2,5 milioni di euro, con oltre 600 domande depositate e da esaminare, che se proiettati su base annua significa un fabbisogno di circa 10 milioni di euro solo per la provincia di Bergamo», secondo Cicerone. Per affrontare tutto questo, la Uil vede necessario un modello sindacale partecipativo, dove la conflittualità è contemplata là dove sia necessaria, ma dove prende forma un concetto di responsabilità, nel senso di «farsi carico dei problemi» e «contribuire alla ricerca di una soluzione più idonea». Riconosciuta poi la posizione della Cgil, che non ha firmato gli ultimi accordi, «o si va avanti o si sta fermi - ha detto Giuseppe Moretti, segretario generale della Feneal-Uil -. Escludendo lo stare fermi, bisogna andare avanti perché le decisioni diventino operative, senza rompere tutto o sfasciare la bilateralità». Posizione condivisa anche da Tonino Regazzi, segretario generale Uilm-Uil, che ha sottolineato l'obiettivo «di mantenere il lavoratore legato al lavoro». Certamente servono «modelli chiari e condivisi - ha precisato Walter Galbusera, segretario generale Uil Lombardia - e interventi di welfare locale che devono avere un segno di coerenza tra i livelli comunali, provinciali e di governo». Prima fra tutte deve riprendere la lotta all'evasione fiscale e, secondo Luigi Angeletti, segretario generale nazionale Uil, «ridurre i costi della politica». Per il segretario nazionale Uil la crisi sta penalizzando la produzione, l'occupazione e il lavoro, che sono le basi da cui deriva la ricchezza del Paese; e il rischio più grosso è che gli imprenditori chiudano, non trovando conveniente investire in un momento come questo: «Per questo bisogna costruire una coesione sociale - ha detto Angeletti -, far sì che il nostro sistema economico resti efficiente e flessibile per dare risposte adeguate alla ripresa». E per Bergamo, che come altri territori esporta all'estero, la ripresa potrebbe cominciare in un momento successivo, «perché il governo comincia col sostenere l'economia e i consumi interni», ha concluso Angeletti. Per rispondere all'urgenza del momento, comunque, bisogna pensare agli ammortizzatori sociali, «la cui riforma c'è già e fa perno sulla responsabilità e il protagonismo delle parti sociali - secondo Michele Tiraboschi, giuslavorista bergamasco - attraverso il passaggio dagli enti bilaterali, che possono mettere una parte della somma necessaria e il cui compito è di costruire sistemi di tutela sul territorio». Le ricette per una soluzione locale, invece, partono da «un lavoro fatto insieme per governare, mantenendo i nervi saldi - ha affermato Alberto Barcella, presidente Confindustria Bergamo -, con l'impegno da parte delle banche locali di continuare a garantire il credito alle imprese, pur accettando una necessaria selezione; meccanismi di trasformazione industriale; mantenere la manifattura come punto di forza anche per il futuro. E abbandonare posizioni ideologiche per il bene delle parti che rappresentiamo, invitando alla collaborazione: anche se la Cgil non ha firmato gli accordi precedenti, non è detto che in futuro lo possa fare». Coesione sociale e accordo sono temi ribaditi anche da Sergio Bonetti, presidente di Impresa & Territorio, che ha puntato sul fatto di salvare «l'impresa, che vuol dire salvaguardare la capacità di produrre - ha detto -, la famiglia e costruire un welfare che permetta il miglioramento della vita di tutti. Uniti per capire dove distribuire i fondi, in una realtà come Bergamo dove la solidarietà e la sussidiarietà fanno parte della nostra tradizione». Alessandra Bevilacqua 28/03/2009 nascosto-->

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Da Intesa 15 milioni per tre film (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Marketing data: 28/03/2009 - pag: 14 autore: di Massimo Galli cortometraggi Da Intesa 15 milioni per tre film Operazione fiducia per Intesa Sanpaolo. L'istituto bancario guidato da Corrado Passera e presieduto da Giovanni Bazoli ha finanziato con 15 milioni di euro (comprensivi di produzione e programmazione pubblicitaria) tre cortometraggi d'autore firmati da Ermanno Olmi, Gabriele Salvatores e Paolo Sorrentino. Il leit motiv di queste opere (Il premio di Olmi, Stella di Salvatores, La partita lenta di Sorrentino) è proprio quella fiducia che, minata alla radice dalla recente crisi finanziaria che ha sconvolto il pianeta e che è partita proprio dal sistema del credito, ora dev'essere pazientemente ricostruita. Non senza difficoltà, s'intende.Un'iniziativa, quella del gruppo Intesa, che esce dai soliti schemi: anziché investire nella classica campagna pubblicitaria di prodotto, si è voluto puntare sull'arte e, attraverso di essa, far passare un messaggio di positività al grande pubblico. I tre cortometraggi, della durata di una decina di minuti ciascuno, saranno proiettati al cinema, visibili sul sito www.perfiducia.com e trasmessi sul circuito televisivo di Sky.

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La crisi affonda nei vini del Piemonte (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Attualità data: 28/03/2009 - pag: 21 autore: Luciano Scarzello La crisi affonda nei vini del Piemonte Alla vigilia del Vinitaly, cartina di tornasole per verificare l'interesse dei vini, i produttori del Piemonte tirano le somme dell'ultimo anno e il motto sembra essere «avanti piano ma con moderato ottimismo». La crisi finanziaria sembra incidere ancora maggiormente che in passato sulle vendite anche se sembrano lontani i tempi , tra il 2003 e il 2004, quando la kermesse veronese aveva subito un netto calo di visitatori e buyer rispetto al periodo d'oro della fine degli anni 90. Al di là delle statistiche ufficiali che danno comunque in buona posizione i vini con un buon rapporto-qualità prezzo è questa stessa formula che, a volte, zoppica. Da Ghemme, Eugenio Arlunno per diversi anni presidente del Consorzio di tutela dei nebbiolo dell'Alto Piemonte che copre la fascia che va dal Canavese fino al novarese, con una punta di pessimismo annuncia che la situazione è difficile. «Colpa anche», spiega, «dei molti provvedimenti contro l'alcol e basta curiosare nei luoghi dove, nell'ora di pranzo, molti consumano il pasto che il vino è quasi scomparso e negativa è stata la campagna stessa condotta contro il vino quasi fosse il responsabile degli incidenti stradali e delle stragi del sabato sera». Ma è solo uno degli elementi della crisi dovuta, innanzitutto, al portafogli. Claudio Rosso, presidente del Consorzio di tutela dei vini albesi dal quale si percepisce anche la situazione del vicino astigiano e Monferrato, spiega che «Questo indubbiamente è il momento dei vini a basso prezzo, dai 2 ai 3 euro la bottiglia o i vini da tavola mentre in difficoltà sono il dolcetto (peraltro prodotto in tutto il basso Piemonte) che ha bisogno di un robusto rilancio mentre continuano ad andare bene invece quelli a fascia alta delle grandi e note aziende. Anche all'estero, in certi paesi non ricchi, per la stragrande maggioranza delle altre aziende non si può andare con prezzi medio-alti salvo tornare a casa con le pive nel sacco o correre rischi nei pagamenti». Con l'autorizzazione a confezionare le doc nei bag-in-box, Rosso annuncia, altresì, che in estate si potrà cominciare a vendere ad esempio il «Langhe» senza denominazione di vitigno o quelli che recano in etichetta la dicitura «Piemonte» come Barbera o Grignolino. Un'analisi su cui concorda lo stesso Arlunno sottolineando, e con lui Angelo Dezzani, presidente della «Produttori Moscato d'Asti Associati», circa 2.300 aziende, che «con difficoltà a vendere sono i viticoltori di fascia media, cooperative comprese anche se non c'è da temere che, almeno in Italia, sfondino i vini extraeuropei».

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PER LA CONFERMA a segretario della Cisl provinciale, Giovanni Bolognini, dovr ... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Lucca)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA LUCCA pag. 7 PER LA CONFERMA a segretario della Cisl provinciale, Giovanni Bolognini, dovr ... PER LA CONFERMA a segretario della Cisl provinciale, Giovanni Bolognini, dovrà attendere sino al 7 aprile prossimo. Il sindacalista, già al timone in questo mandato, ha fatto da padrone di casa in occasione del congresso che ha chiuso i battenti ieri. La due giorni che ha visto ha riunito, iscritti, segretari, delegati e dirigenti all'Hotel Guinigi è iniziata con i saluti delle autorità presenti, tra cui il presidente della Provincia Stefano Baccelli e con la relazione dello stesso Bolognini. Il suo intervento ha strappato gli applausi dei presenti sia per i contenuti sia per l'emotività che ha saputo trasmettere ai presenti e che ha dato vita al seguente dibattito sui valori, sulla linea da seguire e soprattutto sugli interventi che il sindacato deve svolgere nella provincia di Lucca in favore dei lavoratori e dei pensionati, e in particolare per i circa 36mila iscritti. Sono intervenuti anche il segretario generale regionale Cisl Maurizio Petriccioli e Giorgio Santini come rappresentante della segreteria regionale. I PRINCIPALI temi affrontati dagli interventi hanno avuto come sfondo quello della crisi finanziaria e dell'economia reale. Relativamente alla realtà lucchese è stato sottolineato come permanga un'emergenza sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, causata anche dal numeroso ricorso al lavoro «in nero». «Anche per far fronte a questi problemi ha affermato Bolognini la Cisl rivendica una contrattazione di secondo livello e lo sviluppo della bilateralità». Inoltre, è stata messa in evidenza l'importanza di incalzare le amministrazioni locali per quanto riguarda i prezzi e le tariffe e lo stato sociale territoriale di temi che riguardano la casa, la sanità e la tutela degli anziani e delle famiglie meno abbienti, con l'introduzione di fondi per la non autosufficienza. Dal punto di vista organizzativo, la Cisl si è proposta l'obiettivo per i prossimi quattro anni di un rafforzamento della presenza con presidi distaccati da quello centrale di Sant'Anna nelle altre zone della Piana, della Media Valle e Garfagnana. Nell'ambito dell'assemblea, è stato eletto il consiglio generale composto da 36 membri, rappresentanti le varie categorie e le zone del territorio. All'interno figurano ben 13 donne. Sarà questo organismo (oltre ai 19 segretari delle categorie) a eleggere il nuovo segretario. Per Bolognini (candidato unico) la riconferma è pressoché scontata.

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TOLENTINO Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. Dopo 101 anni di st... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi TOLENTINO Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. «Dopo 101 anni di storia e un anno e mezzo di crisi finanziaria - dichiara l'amministratore dell'azienda di Tolentino, Michele Spagna - vogliamo definitivamente cambiare le sorti della Pelletterie 1907 (nome che parla proprio della fondazione) e risaltarne le potenzialità, le capacità, il valore. Noi siamo convinti di avere prospettive enormi e crediamo molto nella rivalutazione di un marchio che appare devitalizzato». A pag. 39

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TOLENTINO - Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. Dopo 101 a... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi di VALENTINA POLCI TOLENTINO - Il 2009 sarà l'anno della svolta della Nazareno Gabrielli. «Dopo 101 anni di storia e un anno e mezzo di crisi finanziaria - dichiara l'amministratore dell'azienda di Tolentino, Michele Spagna - vogliamo definitivamente cambiare le sorti della Pelletterie 1907 (nome che parla proprio della fondazione) e risaltarne le potenzialità, le capacità, il valore. Noi siamo convinti di avere prospettive enormi e crediamo molto nella rivalutazione di un marchio che appare devitalizzato». Quella di Spagna è una dichiarazione d'intenti, di progetti e di risultati portati a casa, nonostante le difficoltà. Ed è una dichiarazione che arriva nel giorno in cui la Provincia di Macerata e il Comune di Tolentino hanno presentato un dvd e una mostra fotografica sulla storia centenaria della Nazareno Gabrielli. «Perché oggi, in un periodo di crisi dovuta alla finanza speculativa, l'esempio della Gabrielli, come pure quello della Cecchetti di Civitanova, ci riporta al valore unico del lavoro dell'uomo», sono state le parole del presidente della Provincia Giulio Silenzi. Evento a cui Spagna non ha partecipato: «Ho ricevuto l'invito un po' in ritardo, purtroppo avevo altri impegni». La descrizione dell'azienda di oggi, fatta dall'ufficio dell'amministrazione, parte da numeri e date. «Primo: quest'anno abbiamo un fatturato, di origine unicamente industriale, che è lo stesso dell'anno scorso, e lì - sottolinea Spagna - comparivano anche voci commerciali. Secondo: stiamo assumendo gente, abbiamo già assunto quattro persone, e confermiamo che entro aprile ci rimetteremo in linea con gli stipendi». Un annuncio che finalmente dà respiro a dipendenti che per mesi hanno subito ritardi nella retribuzione. «Ora dobbiamo salvare 100 posti di lavoro e crearne ancora altri, vista la quantità di lavoro. Per farlo ci serve l'aiuto delle banche». Nello specifico, il progetto di ristrutturazione del debito pensato dalla Pelletterie 1907 («per cui diamo garanzie per diversi milioni di euro») richiede il sostegno di un pool di istituti di credito. «Per ora abbiamo un sì di massima da due banche - continua l'amministratore - Stiamo aspettando il terzo sì, che ci aspettiamo da una banca fortemente radicata sul territorio». Il riferimento è alla Banca delle Marche, che dovrebbe affiancarsi alla Banca popolare di Ancona e alla Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana. «Dobbiamo portare questi istituti a credere nel nostro progetto industriale perché non vogliamo mollare la presa, perché si potrà continuare a correre. Noi mettiamo sul tavolo tutto, ma le banche ci devono seguire». Paolo Badile, uno dei soci, è disposto a impegnare tutti gli immobili di sua proprietà per l'azienda di Tolentino: «La devo salvare». Nel futuro della Nazareno Gabrielli anche una scuola di mastri pellettieri «per formare nuova linfa».

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ANCONA - L'inaugurazione dell'anno accademico 2008-2009 dell'Istituto Adriano Olivetti ha pe... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Marche)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi di ADRIANA MALANDRINO ANCONA - L'inaugurazione dell'anno accademico 2008-2009 dell'Istituto Adriano Olivetti ha per tema la crisi finanziaria internazionale con riflessi sull'economia reale. Serviva la presenza di Roberto Poli, presidente dell'Eni, ospite ieri mattina a Villa Favorita, per far luce sulla congiuntura economica sfavorevole. Anche la regione Marche vive un periodo di crisi e «ci si aspetta proprio da un istituto qualificato nel panorama internazionale, come l'Istao, di formare i nuovi manager del domani», dice aprendo l'incontro Adolfo Guzzini, presidente dell'Istituto, «siamo stati incaricati dall'Ice - continua - di creare un corso istituzionale sull'internazionalizzazione dell'economia e abbiamo raccolto richieste concrete di dar vita ad una sinergia con le aziende del pesarese e dell'ascolano al fine di collaborare insieme perché l'economia della nostra regione cresca anche ora. E con i 250 mila euro del fondo Carifano stiamo pensando ad una task force di studio composta dai nostri allievi che effettueranno un check up gratuito a 40 aziende del territorio». Insomma l'Istao non sembra star a guardare "l'ubriacatura finanziaria", come l'ha definita Roberto Poli che, dopo aver ricordato Giorgio Fuà, fondatore dell'Istao ed Enrico Mattei, due marchigiani esempio di imprenditorialità, inquadra il problema «nella mancanza di sorveglianza e di regolamentazione da parte dei governi e nella mancanza di percezione della crisi da parte del mondo accademico», che secondo Poli riveste un ruolo fondamentale. «Vi era una pluralità di interessi e nessuno si lamentava perché tutti ne traevano un utile, fino al settembre 2008». Una serie di manifesti errori, primo il fallimento della Lehman Brothers, e la fiducia cala, si blocca il sistema interbancario e si innesca «un fenomeno isterico in cui tutti vendono le azioni buttandosi sui titoli di Stato - delinea Poli - il credito alle imprese di rarefà e si ha l'aumento del costo del capitale da parte delle imprese». Fino ai dati preoccupanti degli ultimi mesi su calo di produzione e disoccupazione, in un avviamento di una spirale recessiva alla quale cercano di far muro gli ambienti accademici, come l'Istao. E, secondo Poli, ciò che dovranno fare i nuovi manager che usciranno dall'Istituto marchigiano è «lavorare per la trasparenza dei bilanci degli operatori finanziari, contribuire ad istituire un organismo di controllo, eliminare il conflitto di interessi delle società di rating e imparare che far impresa significa assumersi il rischio, senza trasferirlo o assicurarlo». Il presidente ha inoltre ribadito quanto l'Istituto abbia un ruolo chiave per cambiare le sorti delle aziende locali e non, in una combinazione di impresa e cultura che si dimostra vincente. Presente anche il vice presidente dell'Istao, Valeriano Balloni.

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ROMA Il traguardo più importante del G20 di Londra sarà ripulire il sistema b... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi ROMA Il traguardo più importante del G20 di Londra sarà «ripulire» il sistema bancario dalle attività tossiche, restituendo fiducia al mercato finanziario. Lo ha detto il direttore generale del Fmi Dominique Strauss-Kahn parlando a Parigi, in vista del G20, in diretta tivù anche con Londra e Washington. Per Strauss-Kahn è molto importante che i leader dei G20 dimostrino «unità» nell'impegno per fronteggiare la crisi; assistere «a forti contrasti» non aiuterebbe gli sforzi per «restituire fiducia» ai mercati finanziari. È invece «assolutamente necessario» trovare il sistema per «ripulire» i bilanci delle banche dagli asset tossici che hanno congelato il mercato. «Ogni dollaro speso in questa direzione sarà ben speso - ha detto - Investire risorse massicce nei pacchetti di stimolo senza operare pure sugli asset tossici può rivelarsi ricetta sbagliata». «Una crescita dell'economia è possibile nel 2010 se le giuste politiche saranno adottate», ha detto Strauss-Kahn. Il direttore generale del Fmi ha ammonito che la crisi, «partita dal centro del sistema», ha raggiunto ora i Paesi più poveri con conseguenze drammatiche che possono trasformarsi in «questioni di vita o di morte» per i loro abitanti. Strauss-Kahn ha affermato che in una crisi come questa «c'è sempre il rischio del protezionismo, che però può solo peggiorare le cose. Chiudersi nelle soluzioni interne non aiuta, anche se a volta la tentazione può essere forte». E la crisi offre anche «una buona occasione per agire» contro l'annoso problema dei paradisi fiscali. Intanto l'amministrazione Obama si prepara ad alzare il velo sul piano di salvataggio e di ristrutturazione di Detroit. Sarà lo stesso presidente Usa a fornire i dettagli dell'intervento lunedì 30 marzo, poco prima di partire per il G20. In vista dell'attesa scadenza GM e Chrysler, che chiedono complessivamente altri 22 miliardi di dollari di aiuti, continuano a trattare per ottenere ulteriori concessioni dai sindacati e mostrare di essere in grado di rispettare gli impegni presi.

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Il giorno della solidarietà è fissato per domani: in tutte le chiese dell'arcidiocesi... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Umbria)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi Il giorno della solidarietà è fissato per domani: in tutte le chiese dell'arcidiocesi in cui verrà celebrata la messa ci sarà la grande colletta per la costituzione del "Fondo di solidarietà delle Chiese umbre". Gli otto vescovi chiedono ai cristiani che vivono nella terra dei santi Benedetto e Francesco di riprendere l'antica tradizione della "decima". Beneficiari degli aiuti saranno quelle famiglie che si trovano in difficoltà economiche a causa della crisi finanziaria. Nella chiesa cattedrale di Spoleto sarà personalmente l'arcivescovo monsignor Riccardo Fontana a raccogliere le offerte dei fedeli. Saranno presenti delegazioni di tutte le Caritas parrocchiali. I soldi che verranno messi insieme, così come quelli già arrivati da molti Istituti bancari e altre Istituzioni, andranno ad aiutare le famiglie con figli o in attesa di prole, monoreddito, con capofamiglia che abbia perduto il lavoro e non sia sufficientemente coperto da ammortizzatori sociali o non abbia sinora avuto un lavoro stabile. I vescovi sono convinti che la gente dell'Umbria risponderà fattivamente all'appello della Chiesa, come già accadde per l'emergenza terremoto del 1997. «Sta arrivando una nuova e diversa emergenza -dice l'arcivescovo Fontana- Non crollano le case ma i posti di lavoro. Se non attiviamo la solidarietà rischiamo di compromettere il futuro, soprattutto delle nuove generazioni. La violenza dei numeri, in questa inevitabile trasformazione del sistema, rischia di assomigliare davvero ad un terremoto». Dall'Alto Tevere al comprensorio narnese, dalla nostra Minerva alla ben più grande Merloni il concetto di fabbrica, il luogo sicuro di lavoro, la prospettiva di futuro sono oggetto di radicali e profonde mutazioni. «La terra dei Santi Benedetto e Francesco, nei momenti che contano, riesce ad aggregarsi nel compiere gesti all'altezza della sue radici cristiane -continua monsignor Fontana- Siamo sicuri che ogni umbro vorrà fare la sua parte, nei modi e nelle misure che crederà opportune. Siamo certi che nessuno si tirerà indietro, fosse anche facendo uno di quei piccoli gesti, di quelli che solo Dio vede». Come contribuire Al Fondo di solidarietà è possibile contribuire anche dopo la colletta di domani consegnando un'offerta alla parrocchia di appartenenza; facendo un bonifico bancario sul conto corrente intestato a "Conferenza Episcopale Umbra -Fondo di Solidarietà delle Chiese umbre" presso Carispo, filiale di Perugia, via Martiri dei Lager, 74, codice Iban It F 06315 03000 000000081040; inviando un assegno intestato a "Fondo di Solidarietà delle Chiese umbre". Ogni utile informazione la si può trovare all'indirizzo: www.chiesainumbria.it/colletta.

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Utile 2008 di 170 milioni (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto - PADOVA - sezione: ECOVUOTA - data: 2009-03-28 num: - pag: 13 categoria: REDAZIONALE «Antonveneta in recupero» Utile 2008 di 170 milioni Il dg Menzi: tremila clienti in più, presto il piano industriale DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Lo scorso anno Giuseppe Mussari disse: «Su Antonveneta ci giochiamo la faccia. Se falliamo, ce ne andiamo a casa». Adesso il presidente sorride a chi gli ricorda quei toni così enfatici e risponde: «Mi pare che ce la stiamo guadagnando…». I guai delle banche e della finanza fanno sembrare le critiche al Monte dei Paschi di Siena per il prezzo pagato sull'istituto padovano (nove miliardi di euro) questioni protostoriche. Ma il rilancio della controllata - ora diventata presidio esclusivo del gruppo nel Nord Est - resta sempre di stretta attualità. Antonveneta ha portato un utile relativamente piccolo nel 2008, ma sempre utile è: 170 milioni circa, considerando il «vecchio perimetro» dei mille sportelli sparsi su tutto il territorio nazionale. Il 2009 porta l'onda travolgente della recessione mondiale e della crisi industriale nel Triveneto, però le stime su questo esercizio sono di un risultato positivo, inferiore ma non troppo distante dai 100 milioni. Giuseppe Menzi, il direttore generale della banca padovana, ripete lo slogan di questi mesi: «Per noi la riconquista di quote di mercato è molto più importante dell'apporto al bilancio della capogruppo. Per questo investiremo molto sul territorio. Segnali positivi ce ne sono: nella rete dei 400 sportelli sparsi nel Triveneto, il saldo clienti è ad oggi positivo per tremila unità rispetto all'anno scorso». Per il dg del gruppo, Antonio Vigni, è importante che si sia arrestata «l'emorragia di clienti». E per dare un segno della vitalità di Antonveneta sotto gestione Mps, fornisce i numeri sul risparmio gestito aggiornati al 5 marzo: su base annua c'è un +262% nella rete oggi incorporata nella capogruppo (600 sportelli) e un +98% (ma in questo caso senza l'apporto della joint venture con Axa) del network nordestino (400 sportelli). A dominare poi la presentazione dei conti del gruppo toscano sono i Tremonti bond e le dismissioni. Nel primo caso, viene ufficializzata la richiesta di autorizzazione al Tesoro per un ammontare di 1,9 miliardi. Bond che saranno rimborsati «anche a step successivi» ma comunque entro giugno del 2013, assicura il presidente Mussari (ricandidato ieri dalla Fondazione di Siena alla guida del gruppo), e senza fare ricorso a operazioni straordinarie sul capitale. Per quanto riguarda le cessioni, il cda ha dato mandato al direttore Vigni di esplorare la possibilità di farne altre, in modo da rafforzare ulteriormente il capitale. «Se ce ne saranno - puntualizza Menzi - non riguarderanno sicuramente le attività di Antonveneta». Ci sono altri pezzi già in vendita: le 150 filiali di Banca Toscana e gli immobili. Per le prime, Vigni continua a riferire che «c'è interesse» mentre Mussari fa sapere che l'Antitrust «può concedere altre proroghe». C'è un termine a settembre, allungabile secondo durata della crisi che ha fatto crollare il valore di mercato degli asset in vendita. Il 2008 di Mps si è chiuso con un utile netto di 953 milioni e un risultato operativo netto di poco superiore, 960,9 milioni. Il confronto con il 2007, anno record, è piuttosto pesante: rispettivamente, -30,6% e -42,5%. Ma il mercato non ha bocciato i conti: il titolo ha chiuso in crescita dello 0,37% a 1,09 euro, in controtendenza rispetto al listino. I vertici sottolineano il buon andamento della raccolta diretta (+2,5% al 31 dicembre scorso) e degli impieghi a famiglie e imprese (+6,9%). Il dividendo che sarà proposto all'assemblea del 29-30 aprile prossimo è di 0,013 euro, in caduta rispetto ai 21 centesimi dello scorso anno. Notevole il peso delle svalutazioni e degli accantonamenti per effetto della crisi finanziaria. Le rettifiche nette di valore «per deterioramento di crediti» sono di 1.065,2 milioni di euro, in crescita del 20,4% su basi omogenee, comprese le svalutazioni connesse al gruppo Fingruppo- Hopa, per un importo di 54 milioni. Le sofferenze aumentano anche dentro la nuova Antonveneta, Menzi non dà cifre ma rileva che è un «fenomeno di sistema» dovuto alla traballante situazione economica. «Ma continuiamo a prestare soldi a chi è in grado di restituirceli. E siamo tranquilli sulla qualità complessiva dei nostri crediti». Ora, via al nuovo piano industriale di Padova: «Ci stiamo lavorando, arriverà dopo l'assemblea della capogruppo a fine aprile». Claudio Trabona Al vertice Sopra, Giuseppe Mussari, presidente del gruppo Montepaschi; a sinistra, Giuseppe Menzi, dg di Antonveneta

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MILANO - Siamo confidenti di chiudere il 2009 - anno giusto per le alleanze... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi di GIULIA LEONI MILANO - «Siamo confidenti» di chiudere il 2009 - «anno giusto per le alleanze» il responso spetta a Chrysler «noi siamo pronti» - con un risultato della gestione ordinaria «superiore ad 1 miliardo». E «possiamo garantire che la Fiat è pronta ad affrontare nuove sfide». Agli azionisti riuniti ieri in assemblea Sergio Marchionne, a.d. del Lingotto, ha lanciato un chiaro messaggio di fiducia. Trovando sponda nelle parole del presidente, Luca di Montezemolo: «La Fiat è un'azienda che si sta preparando a giocare un ruolo da protagonista nel lungo periodo in ogni settore in cui è presente. Siamo fermamente convinti di avere tutte le carte in regola per farlo». Nonostante la crisi globale abbia falcidiato il settore dell'auto i risultati 2008 - approvati dall'assemblea, che ha anche confermato i vertici e rinnovato l'ok all'acquisto di azioni proprie per 18 mesi - «sono di tutto rilievo», ha detto Montezemolo, e «dimostrano che Fiat è sana e competitiva». Torino ha chiuso l'anno «con il miglior risultato della gestione ordinaria (3,4 miliardi, ndr) mai raggiunto in più di un secolo di vita». Il Lingotto, che ha segnato un utile in calo del 16,2% a 1,7 miliardi, non ha distribuito i dividendi. Anche se «era nelle condizioni di farlo» solo «per ragioni di prudenza finanziaria», ha precisato Marchionne assicurando che «non appena tornerà la normalità nei mercati finanziari riprenderemo a distribuirli». Nessuna indicazione sulla tempistica. Tuttavia secondo il capo azienda a livello economico e mondiale il peggio è alle spalle e «i veri segnali concreti si vedranno nella seconda metà dell'anno a partire dagli Stati Uniti». Mentre in Europa, «verso la fine del 2009». In Italia «in virtù delle decisioni del governo (gli incentivi, ndr), che vogliamo ringraziare - ha detto Montezemolo - tutta la filiera dell'auto già da marzo sta vedendo i primi effetti positivi». Che hanno permesso di ridurre, anche solo parzialmente, il ricorso alla cassa integrazione. «Per ora, malgrado la crisi - ha aggiunto Marchionne - non abbiamo messo in discussione l'assetto produttivo delle fabbriche». E per Pomigliano «continuiamo a lavorare per cercare una soluzione». Marchionne, che ha ricordato «siamo gli unici in Europa a non avere avuto aiuti finanziari dall'esecutivo», tiene a ricordare come stanno davvero le cose: «entro la fine del 2009 la sovracapacità produttiva in Europa sarà un terzo in più di quella strutturale», per questo anche da questa parte dell'oceano «ci vorrebbe una task force come quella che si è fatta negli Stati Uniti per risolvere il problema». O si correrà il rischio che nel vecchio continente «entro quest'anno chiuda più di uno stabilimento, il problema non è solo italiano». Intanto il Lingotto ha modificato la strategia delle alleanze: non più mirate ma internazionali nell'ottica di un consolidamento del settore. E Fiat ora scommette sull'accordo con Chrysler, alla quale ha offerto le piattaforme A, B e C: «abbiamo fatto tutto il possibile, la decisione sarà loro», ha detto Marchionne aggiungendo che «se andrà in porto, per il 2011 vedremo la prima macchina». L'accordo «potrà portare grandi benefici al gruppo, non comporterà per Fiat alcun investimento di cassa nè impegni a finanziare Chrysler in futuro». E neanche l'assunzione del debito attuale o futuro della società americana. Marchionne, rispondendo alle domande degli azionisti, ha ribadito che non ci sarà aumento di capitale: «abbiamo aperto una linea di credito da un miliardo e c'è da parte della Bei l'assistenza ai finanziamenti». Quindi, ha tagliato corto, «spero che entro l'anno avremo stabilito fondi di finanziamento adeguate». Infine, all'indomani dell'avvio del processo Ifil-Exor sull'equity swap che nel 2005 permise all'Ifil di mantenere il controllo del 30% della Fiat, Marchionne, sottolineando di non voler entrare nel merito del caso giudiziario ha osservato che «l'intervento dell'Ifil allora è stata una cosa essenziale e senza quello oggi non saremmo qui a parlare del futuro della Fiat».

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(sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

ANCONA pag. 6 «Debiti ed economia di carta, occorre fare sistema» CRISI D'IMPRESA CHI PAGA? CONVEGNO ALLA FIGC CON L'INTERVENTO DEL COMMISSARIO ALITALIA FANTOZZI SOCIETÀ indebitate, mercati dopati, economia di carta. Temi quanto mai attuali, sviscerati ancora una volta nel corso del convegno «Crisi d'impresa, chi paga?» che si è tenuto ieri presso la sede Figc alla presenza di imprenditori e professionisti avvocati, commercialisti e notai. Sala strapiena (si sono contate oltre 500 persone) durante la mattinata quando è intervenuto il commissario straordinario di Alitalia Augusto Fantozzi che ha auspicato "soluzioni sociali" per i dipendenti dell'azienda «per assicurare continuità e futuro ai lavoratori che vantano ottime professionalità». Tra gli altri interventi, quello del Procuratore Generale Giovanni Lo Cascio, del commercialista Gianni Ciotti che ha parlato della crisi con particolare riferimento alle piccole medie imprese «vero tessuto economico del nostro territorio», del notaio Stefano Sabatini, del giudice Fabrizio di Marzio e del sostituto procuratore della Repubblica Luigi Orsi. «La crisi finanziaria è il naturale epilogo di un modus operandi non corretto. Occorre interrogarsi sui reali motivi del fenomeno» ha detto l'avvocato Michele Andreano, coordinatore del convegno. «Da questo incontro è emersa l'esigenza di fare sistema tra i vari ordini professionali qui presenti ha proseguito nella speranza che questa fase di recessione porti a tutti un maggiore buonsenso». Image: 20090328/foto/75.jpg

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(sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)

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ANCONA pag. 7 «Io, siciliana, qui per cambiare vita» Istao, le storie dei 25 allievi del master «Strategia e Management d'impresa» di ILARIA TRADITI ANCONA GIOVANI, carini e... disoccupati. Ancora per poco però, visto che per i frequentanti dei corsi Istao il placement è del 95% entro sei mesi. Proprio quello a cui puntano i circa 25 allievi del master in «Strategia e Manegement d'impresa» giunto alla 42ma edizione, organizzato dall'Istituto Adriano Olivetti, una delle scuole manegeriali più antiche d'Italia. Fu fondato nel 67 da Giorgio Fuà, già consigliere economico di Enrico Mattei all'Eni negli anni 50. E proprio ieri, in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno accademico, i 25 imprenditori di domani hanno avuto la possibilità di un confronto diretto con il presidente dell'Eni Roberto Poli, intervenuto durante il convegno su «Crisi finanziaria internazionale: riflessi sull'economia reale» che ha dato la sua "benedizione" alla futura carriera dei ragazzi. «Il ruolo delle scuole di management è fondamentale ha detto Poli credo nell'integrazione tra cultura accademica e imprenditoriale per un approccio completo al mondo aziendale». «Ho un ricordo speciale di Giorgio Fuà ha proseguito anche se non ho avuto l'onore di conoscerlo di persona». MENTRE i giovani specializzandi hanno avuto ieri la possibilità di conoscere e intervistare personalità di spicco del mondo economico e finanziario nazionale, come il presidente Istao Adolfo Guzzini. «Sono approdata ad Ancona dalla Sicilia ha raccontato la catanese Rosaria Vassa, laureata in Economia un bel cambiamento di vita, ma ne è valsa la pena». Rosaria è venuta a conoscenza del master mentre preparava la tesi in Sicilia, al momento sta portando a termine un project work e tra poco inizierà il periodo di stage. «Ho il colloquio la prossima settimana con la Coca-Cola, il mio sogno è lavorare nel settore marketing» ha rivelato. MENTRE il ventiquattrenne Gabriele Ubaldi, anconetano doc e neolaureato ha scelto il master «per avere una specializzazione spendibile sul mercato e perchè un master Istao fa sempre curriculum»: tra poco inizierà il tirocinio alla Frittelli maritime group. «Cerchiamo giovani ad alto potenziale che al termine del master saranno in grado di gestire programmi di sviluppo e innovazione» ha sottolineato il vicepresidente Istao Valeriano Balloni. I PARTECIPANTI hanno iniziato il master a novembre e le lezioni termineranno il 22 maggio: durante l'estate si svolgeranno gli stage nelle aziende per preparare i candidati ad un definitivo inserimento nel mondo del lavoro. Le attività sono pianificate dai tutor dell'Istao che assicurano il monitoraggio dei singoli progetti. A coronare l'intensa giornata di ieri una bella foto di gruppo tra gli allievi, pronti a spiccare il volo e mettere alla prova le loro abilità.

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ROMA Ha passato in rassegna e rivendicato le cose fatte dall'esecutivo, dall'operazione A... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 28-03-2009)

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Sabato 28 Marzo 2009 Chiudi ROMA Ha passato in rassegna e rivendicato le cose fatte dall'esecutivo, dall'operazione Alitalia agli interventi sulle banche, per ripetere ancora una volta che il nostro Paese può uscire dalla crisi economica e finanziaria meglio di altri. Il programma economico del nuovo partito, Berlusconi lo enuncerà forse domani: ieri inaugurando il congresso fondativo del Pdl ha guardato soprattutto indietro, ai dieci mesi di governo. Anzi, rinverdendo alcuni di quelli che sono da anni i suoi temi preferiti, è partito da ancora più lontano. Parlando ad esempio del debito pubblico, ereditato dai «famigerati governi consociativi del compromesso storico». Debito che costringe l'Italia a dirottare in interessi 80 miliardi l'anno che potrebbero essere spesi in infrastrutture. Oppure del nucleare che il nostro Paese ha abbandonato per colpa dell'«estremismo ambientalista» nonostante «sia stato con Enrico fermi il precursore del settore». Tra le eredità ricevute, e questa invece è un argomento degli ultimi mesi, il premier cita anche l'evasione fiscale che sottrae al bilancio statale 100 miliardi l'anno. Si passa poi alle azioni portate a termine dall'esecutivo, a partire dal mantenimento dell'italianità della compagnia di bandiera, indispensabile a suo avviso in un Paese a vocazione turistica. Parlando della crisi finanziaria globale, e del modo in cui l'esecutivo l'ha affrontata, il presidente del Consiglio ha rivendicato sia il record di velocità («Siamo stati i primi al mondo, il 10 ottobre 2008, a proteggere i risparmi degli italiani depositati nelle banche») sia quello di quantità («Siamo quelli che in Europa hanno stanziato più fondi, per un totale di 55,8 miliardi»). Nell'appello alla fiducia, come unica via per uscire dalle difficoltà attuali, Berlusconi si è associato invece a Barack Obama, di cui ha voluto citare il libro intitolato "L'audacia della speranza". «Sottoscrivo con convinzione» ha spiegato, chiedendo ai delegati in platea di farsi «infaticabili annunciatori» dell'azione di governo. Non solo, ha spiegato, «per dare testimonianza alla verità dei fatti contro il catastrofismo diffuso dalla sinistra e dalle loro gazzette» ma anche e soprattutto «perché abbiamo il dovere di dare speranza a tutti i nostri concittadini e di impedire che il bombardamento quotidiano di cattive notizie fiacchi la loro volontà di agire, di rischiare, di investire». Fiducia e ottimismo dunque, perché «siamo nella condizione di riuscire prima e meglio di altri a superare la fase di declino, senza stravolgere i nostri stili di vita». L. Ci.

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Formazione, strumento per sconfiggere la crisi (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACHE MARCHE pag. 14 Formazione, strumento per sconfiggere la crisi «Servono professionalità nuove e competitive» PROSPETTIVE L'intervento di Francesco Merloni durante la cerimonia d'apertura dell'anno accademico dell'Istao; accanto Roberto Poli, presidente Eni di ILARIA TRADITI ANCONA LA FORMAZIONE come elemento chiave per contrastare la crisi e immettere sul mercato nuove professionalità competitive e specializzate. Questo l'obiettivo dell'Istituto Istao di Ancona che ha inauguato ieri l'anno accademico con una presenza illustre: quella di Roberto Poli, presidente dell'Eni, che dopo essersi complimentato con i corsisti del master in "Strategia e management d'impresa" ha parlato a lungo della crisi finanziaria internazionale e i suoi riflessi sull'economia reale. «Sono ottimista ha detto Poli anche se i tecnici e la politica hanno fatto molti errori, siamo vicini ad una soluzione». Ma i nodi da risolvere sono ancora lì sotto i nostri occhi e riguardano in primis vigilanza, trasparenza dei bilanci degli operatori finanziari, eliminazione del conflitto di interessi delle società di rating. «E' assurdo che guadagnino da società speculative, i loro principali clienti» ha detto. A far gli onori di casa il presidente Adolfo Guzzini che ha elencato le prossime iniziative dell'Istituto Adriano Olivetti: i corsi di internazionalizzazione in collaborazione con l'Ice, i campus estivi e il viaggio negli Stati Uniti presso il Mit (Massachussets Institute of Technology) che ospiterà a settembre i giovani imprenditori marchigiani. E ancora, il fondo di 200.000 euro messo a disposizione dalla Carifano per una task force che rediga (attraverso un check gratuito di 40 imprese) uno studio sullo stato dell'arte dell'organizzazione d'impresa, in prospettiva di una riqualificazione. MA COSA SIGNIFICA, secondo gli esperti di finanza, fare impresa oggi? «Gli imprenditori devono assumersi i rischi, altrimenti vengono minate le stesse basi del sistema capitalista ha proseguito Poli . Un capitalismo senza rischi non è sostenibile per questo è importante ripartire dalla cultura imprenditoriale che integri la formazione accademica con quella sul campo'». Guzzini ha quindi elogiato la «marchigianità» come elemento base degli imprenditori del territorio che «hanno costruito qualcosa di importante», e a riguardo ha ricordato le figure di Giorgio Fuà ed Enrico Mattei. Numerose le considerazioni sottoposte ai relatori dalla sala gremita: sul modello statunitense «più flessibile ma meno garantista», sul debito pubblico alle stelle «ma gli italiani sono risparmiatori», sulla crisi per le famiglie «che non si è depauperata più di tanto». «Quello che un po' preoccupa ha rimarcato infine Poli riguardo alla caduta del Pil è che la verità ce la stanno dicendo a pezzettini».

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L'Alitalia non arriva In 100 restano a terra (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACHE MARCHE pag. 15 L'Alitalia non arriva In 100 restano a terra Salta il volo per Roma, Giannotti interroga SI TORNA A VOLARE, allacciate le cinture. Anzi si sta fermi in attesa di volare perché quanto è accaduto sabato al «Raffaello» di Falconara è al centro di una interrogazione presentata dal consigliere regionale del Pdl Roberto Giannotti. Il volo delle Alitalia 7,05 per Roma ha fatto «cù-cù» a cento passeggeri «lasciati per ore senza nessuna informazione. Un fatto gravissimo scrive Giannotti , l'ennesimo avvenuto all'aeroporto di Falconara. Non sono bastate le tante interrogazioni in Regione e in Parlamento. Le denunce sono rimaste lettera morta , come i tanti problemi irrisolti dell'area portuale». Giannotti vuol sapere dal presidente Gian Mario Spacca «i motivi e le responsabilità dell'abnorme ritardo e delle mancate comunicazioni; se l'Enac ha disposto un'indagine finalizzata all'individuazione dei motivi e dei responsabili; se sono stati presentati da parte dei passeggeri... richieste di rimborsi per i danni subiti e il relativo ammontare; quali iniziative la Regione ha adottato o intende adottare, quale socio di riferimento di Aerdorica con notevole esborso di quattrini, per addivinere ad una efficiente gestione dell'aeroporto e le cui continue e ripetute disfunzioni sono fattore negativo e non una opportunità di sviluppo del turismo e dell'economia marchigiana». E' possibile, anzi pressoché certo che Giannotti faccia riferimento al volo Alitalia. E' DI QUESTI giorni poi l'apertura delle buste per le manifestazioni di interesse per le quote di Aerdorica. E su questa vicenda c'è stata una polemica tra il rappresentante del Pdl Bugaro il quale ha ironizzato sulle presunte società interessate alle quote del «Sanzio». «Quanto alle diverse delegazioni provenienti da vari paesi per acquisire informazioni sull'aeroporto ha replicato Spacca e che hanno deciso di non manifestare il loro interesse all'aumento di capitale sociale, Bugaro potrà trovare una spiegazione rivolgendosi loro direttamente, ma forse una ragione può anche essere offerta dalla crisi finanziaria...». Ma a proposito di offerte, oltre a quella di un certo interesse del fondo «F2I» della Cassa Depositi e Prestiti non si può non sottolineare la presenza di «Airvalle» che è, nientepopodimenoché, di Federico Wendler ancora dentro il cda di Aerdorica. Simpatica questa, no? m.g.

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Nasce il movimento post-no global (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)

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JOHN JORDAN Da Reclaim the street al G20 «Nasce il movimento post-no global» «Èvenuto il momento di passare dall'anti-capitalismo al post-capitali- P.G. LONDRA «È venuto il momento di passare dall'anti-capitalismo al post-capitalismo. Oramai che il sistema sia malvagio, non c'è più bisogno di dirlo. Lo dice pure la stampa conservatrice. Quello di cui abbiamo bisogno è fare vedere che ci sono alternative e metterci a realizzarle». John Jordan è uno degli «inventori» di Reclaim The Streets, il celebre movimento per la riappropriazione dello spazio cittadino che fa parte della mitologia del decennio no global. Negli ultimi anni è stato una delle menti creative del Climate Camp, il campeggio di protesta contro il cambiamento climatico, l'espansione degli aeroporti e la costruzione di nuove centrali a carbone. Per Jordan «il G20 sarà un momento decisivo. Cominceremo a vedere che cosa viene dopo il movimento anti-globalizzazione». Qual è la differenza tra gli anti-G20 e il movimento no global? È difficile parlare del movimento nella sua interezza, a causa della grande diversità delle sue componenti. Tuttavia, da un punto di vista inglese si può affermare che per noi uno spartiacque furono le proteste contro il G8 a Gleneagles nel 2005. In quell'occasione il governo riuscì a cooptare il movimento globale, usando come tramite la coalizione di Ong Make Poverty History, e le star Bono e Bob Geldof. Da quell'esperienza imparammo che non ci si può appiattire sugli eventi, come i contro-summit, ma che le proteste devono creare degli spazi. Questo è quello che abbiamo fatto con il Climate Camp negli ultimi anni, in cui il campeggio di protesta non serve solo per ospitare gli attivisti ma anche come scuola su energie alternative e forme di vita sostenibili. Eppure mentre il capitalismo traballa, quello che sembra mancare sono proprio alternative credibili. Le alternative ci sono, c'è solo bisogno di applicarle. Se durante l'inizio del movimento no global la gente si concentrò sulla denuncia delle falle del sistema, dopo l'11 settembre passò a mostrare che le alternative sono qui. Durante gli ultimi anni la gente che ha attraversato il movimento ha imparato una quantità impressionante di tecniche, indispensabili per creare una società diversa: come usare energie alternative, come creare un'economia sostenibile, come prendere decisioni in modo democratico. Ora è venuto il momento di applicare queste tecniche che abbiamo imparato per riempire il vuoto creato dal crollo del capitalismo. Dobbiamo fare tutto questo ma pure continuare a protestare, unendo il no della protesta al sì dell'alternativa. Di proteste contro la crisi nel Regno Unito non se ne sono viste molte negli ultimi mesi. In Islanda e Ungheria i governi sono caduti per la crisi finanziaria, in Francia la gente è scesa in piazza in massa e in Grecia sappiamo tutti quello che è successo. Però se si parla del Regno Unito è vero che finora non c'è stata una grande mobilitazione. I giornali dicono ogni giorno che la gente è arrabbiata e vuole distruggere tutto, ma dall'altro lato c'è la percezione che attivisti e gruppi politici stiano aspettando che il capitalismo si affossi da solo prima di farsi avanti per proporre alternative. Bisogna aspettare per capire cosa succederà. Il nuovo movimento avrà probabilmente un carattere più popolare rispetto al movimento no global, così come si è visto negli altri paesi europei in cui ci sono già state grandi proteste.

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Sulle macerie del Bel Paese (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sulle macerie del Bel Paese Renato Nicolini Si è a lungo sottostimata la forza del populismo di Berlusconi, ma proprio adesso non la sopravvaluterei. L'impero di Berlusconi (e il suo stesso appeal politico...) si basa su una merce molto sensibile alla crisi finanziaria, la pubblicità. Qualche scricchiolio lo rivelano le dichiarazioni dei redditi del Principale (come lo chiama Ciarrapico) e della sua azienda di famiglia... Ragionerei sul passaggio di Fiorello a Sky - e sull'improvvisa maleducazione di Mediaset con Mike Bongiorno (suo ex candidato senatore a vita) - almeno con la stessa attenzione che molti dedicano all'Isola dei famosi e al Grande fratello... La terra bruciata a sinistra (fuori e dentro il Pd) sembra però aver prodotto una conseguenza molto pericolosa: l'incapacità a comprendere il senso politico degli avvenimenti. E' avvenuto con il mistero del grande spazio dedicato da Repubblica alla proposta di Baricco di chiudere i teatri per rafforzare la tv (derubricata da Giovanna Melandri, neo responsabile del Pd per la cultura, in un'«intelligente provocazione»). Intelligente da quale punto di vista? Quello degli editori che cominciano (Fandango e Repubblica/Espresso compresi) a avvertire le conseguenze della crisi della pubblicità, e vorrebbero sostituire le entrate perse, senza il coraggio di dirlo esplicitamente, con iniezioni di denaro pubblico? (cominciando - come i manzoniani polli di Renzo - a beccare il più debole tra i compagni...). Qualcosa di simile era già avvenuto con le sparate estive di Tremonti, Gelmini e Brunetta «contro il '68», poi trasformate in tagli mortali ai bilanci di università e la scuola pubblica, come per punirle delle riforme mai fatte dopo il '68... E' avvenuto con il mite Bondi che non protesta per i tagli al bilancio del suo ministero, non pensa certo a bandire concorsi per rinforzare l'organico tecnico scientifico di quelle che un tempo erano l'orgoglio d'Italia, le Sopraintendenze, nomina il presidente del Casinò di Campione direttore generale per la valorizzazione dei beni culturali, accetta lo sfregio alla dignità professionale di tutti gli archeologi d'Italia del doppio movimento che vuole portare - per meriti (?) acquisiti nell'immondizia - Bertolaso a commissario dell'area archeologica centrale di Roma (quella di Petroselli e Cederna) e realizzare nell'agro romano uno squallido parco a tema della Roma antica (che certo ha duemila anni di svantaggio nei confronti della modernità di Disneyland...). Sta avvenendo con una Rai sempre più integrata al controllo del governo (dallo staff della Presidenza del consiglio alla Direzione generale...) e all'idea di tv generalista privata alla Mediaset. Qui non si parla solo di teatri, di scuola, di beni culturali. Si parla del valore che deve avere il pubblico (inteso come valori condivisi, libertà di espressione, di dissenso e di conflitto...). Cioè di quello che è il sale di ogni concezione pubblica della vita associata: l'autonomia della cultura, il rifiuto di subordinare l'interesse pubblico alla bassa cucina dell'(effimera...) convenienza politica. Il piano casa di Berlusconi è fatto della stessa sostanza dell'attacco alla cultura e alla formazione scolastica pubblica. La soffitta in cui si vuole riporre il concetto di pubblico accoglierà anche lo spazio pubblico. In questa logica, diventa inutile non solo il lavoro degli urbanisti, ma l'idea di città su cui l'urbanistica si fonda. Scompare il progetto dello spazio pubblico, il diritto di edificare nasce dalla proprietà della casa e si riduce alla casa, che si può ampliare dal 20 al 35 %, in modo di soddisfare nella propria abitazione le necessità che prima erano affidate allo spazio pubblico. Chi già ha avrà di più, e chi non ha nulla non avrà nulla. L'essere si trasforma in avere. «L'italiano produce da sé la propria casa, come la lumaca dal proprio mantello», scriveva - profeticamente nel 1900 la rivista La casa. Eduardo De Filippo invece scriveva, nel clima della Resistenza, in Napoli milionaria, che «... la casa era nu poco tutta la città». Berlusconi avrà forse pensato a Napoleone, al Barone Haussmann e alla trasformazione di Parigi. Qualcuno si sarà dimenticato di informarlo che si trattava di Napoleone III, che Victor Hugo aveva ribattezzato «il piccolo»... Quello che è in gioco non va visto con gli occhiali degli architetti e delle loro insoddisfazioni e polemiche... E' piuttosto una tappa nello smantellamento di quell'egemonia culturale della sinistra di cui parlano Bondi e Cicchitto... Il suo valore simbolico è confermato dal fatto che dal punto di vista tecnico ancora non esiste, cambia forma ogni giorno, riflettendo la tensione proteiforme di Berlusconi a intercettare gli umori del pubblico... Anche se, pur in questa forma labile, uno dei suoi elementi - la liberalizzazione delle destinazioni d'uso - è immediatamente pericoloso... Di quanti teatri (e ex cinema) si sta già progettando la trasformazione in luoghi del commercio... E quanti altri luoghi urbani e superstiti botteghe artigiane sono destinati a seguire la sorte di Campo de' Fiori... E che possibilità avremo di tutelare il moderno? Cos'altro siamo destinati a perdere dopo il Velodromo e le Torri di Cesare Ligini? Perché seguire Berlusconi «sulla sua cattiva strada», quando la sinistra (anche nella sua attuale forma rabberciata) potrebbe rivendicare un diritto di primogenitura sulla rottamazione (ho svolto ricerche in merito per la regione Calabria fin dal 2000...) o su quei terrain vague - che non sono né città né campagna, ma appartengono alla forma concreta della metropoli, ben lontana dalle utopie (penso alla rivista Gomorra di Massimo Ilardi, che purtroppo ha concluso le sue uscite...)? Nella discussione in corso tra regioni e governo può pesare anche l'autonomia del pensiero tecnico e scientifico... A condizione di gridare prima forte che il Re è nudo e che compiti seri come ricreare le condizioni di una vita civile negli orrori dell'abusivismo e dell'infiltrazione mafiosa e camorristica negli appalti (Roberto Saviano) non possono essere affidatI al fai da te degli italiani, e a una smisurata estensione dei diritti edificatori. Di rivendicare, contro il pressapochismo, i diritti dell'autonomia e del progetto. Chi ben comincia, non chi comincia con la testa nel sacco, è a metà dell'opera (da tre settimane stiamo cantando il coro dell'Aida, Partiam partiamo...) Una volta concessi in via prioritaria i diritti edificatori a tutti i proprietari in quanto tali, senza nessuna condizione, che possibilità di contrattazione avrebbero le istituzioni, dalle regioni ai comuni? La posta in gioco non sono le due stanze in più nelle villette, ma la sostanza dell'identità italiana, di quello che per la qualità del suo paesaggio, delle sue città e della sua vita era chiamato il Bel Paese. C'è una filiera economica che parte dall'edilizia, ma può anche essere distrutta - penso al turismo - dalla cattiva edilizia. Un'arma potente e eccezionale come un premio del 35%, che potrebbe essere usata per liberare le coste dagli abusi (in Calabria ne abbiamo censiti quasi 5000...) trasferendo in altri luoghi la cubatura, o per riqualificare le periferie, non può essere sprecata sparando a salve, per distrarre gli italiani dai nodi straordinariamente complicati di questa crisi...

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Servono 50 miliardi contro la povertà (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

SBILANCIAMOCI «Servono 50 miliardi contro la povertà» Subito altri 50 miliardi di euro per fronteggiare la disoccupazione e la povertà. Questa la richiesta avanzata ai Paesi del G8 dalla campagna Sbilanciamoci!, alla vigilia dell'incontro dei ministri del Lavoro che si svolgerà dal 29 al 31 marzo a Roma. «Finora il grosso delle risorse dei Paesi del G8 è stato destinato a salvare le banche e i mercati finanziari, mentre troppo poco è stato investito nella difesa del lavoro, nella protezione sociale e nel welfare», sottolinea la campagna.

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Dagli alle banche (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Dagli alle banche Finte copie del Financial Times che annunciano la «fine del capitalismo», volantini contro i banchieri e gente comune che scrive ai giornali dicendo di essere pronta a unirsi agli anarchici. Londra si prepara all'esplosione del movimento che non vuole pagare la crisi Paolo Gerbaudo LONDRA LONDRA Finti strilloni distribuiscono copie gratuite del Financial Times davanti alla stazione di Liverpool Street. Banchieri e operatori finanziari che si avviano di fretta verso i grattacieli della City li prendono volentieri, ignari dello sberleffo. Sulla colonna di destra un'affermazione scioccante per il giornale di riferimento del mondo finanziario anglosassone: «È ufficiale: Il capitalismo non è veramente democratico». Nelle ore che rimangono all'inizio delle proteste contro l'arrivo del summit del G20, Londra è attraversata da azioni mediatiche e preparativi febbrili. I locali e le strade dell'East End, tradizionale rifugio del dissenso nella capitale, sono ricoperti da poster che incitano a saccheggiare le banche, mentre i passanti leggono con un sorriso volantini che alla domanda «come riscaldarsi durante la crisi?» rispondono «brucia un banchiere!». Mentre i diversi gruppi che già oggi scenderanno in piazza stanno terminando cartelli e striscioni, attivisti disseminano finte banconote da 20 sterline con il volto di Elisabetta II sostituito dall'immagine di un buffone di corte. Il summit del G20 costituisce di fatto il primo summit di risonanza globale dopo l'esplosione della crisi finanziaria. Un incontro attraverso il quale i leader delle maggiori economie del pianeta cercheranno di mettersi d'accordo su come «riparare l'economia globale». Il primo ministro britannico Gordon Brown spera che sia l'occasione per definire le basi di un sistema di regolamentazione dell'economia globale che ripensi il ruolo di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale. Negli ultimi giorni il primo ministro ha proposto di riprendere il piano di liberalizzazione del mercato globale come soluzione alla crisi, dimostrando come il vangelo neoliberista, uscito con le ossa rotte dall'esplosione della crisi finanziario, sia tutt'altro che sconfitto ideologicamente. In particolare Brown ha invitato i partecipanti al summit a raggiungere un'accordo sul contestato Doha Round dell'Organizzazione mondiale del commercio, ignorando i dubbi espressi dalla nuova amministrazione americana al riguardo. «Se il Doha Round venisse concluso 7,5 milioni di posti di lavoro intorno al mondo verrebbero distrutti», denuncia la Ong inglese War on Want. La speranza di Brown di usare le luci della ribalta del G20 per ridare ossigeno all'economia globale e alla propria carriera politica, infangata dalla responsabilità nella crisi economica, potrebbe però infrangersi contro la rabbia causata dalla crisi finanziaria, con un'ampia fascia della classe media infuriata per ipoteche e licenziamenti e pronta a scendere in piazza. Una rabbia evidenziata da commenti lasciati sui forum on line di giornali conservatori come il Telegraph e il Daily Mail, dove tra i lettori c'è pure chi azzarda un «sono stupito da me stesso: sono così infuriato che questa volta potrei pure unirmi agli anarchici». Le proteste cominciano oggi con la grande marcia Put People First, organizzata da sindacati e organizzazioni non-governative. La manifestazione attraverserà la capitale dalle rive del Tamigi a Embankment, fino ad Hyde Park. Gli organizzatori chiedono al G20 di eliminare i paradisi fiscali, riformare Fondo monetario e Banca mondiale e rendere tutte le istituzioni e i prodotti finanziari trasparenti. Inoltre affermano la necessità di una svolta verde, con una lotta seria al cambiamento climatico e «grandi investimenti in un Green New Deal», sullo stile di quello proposto da Obama. Infine chiedono di «rafforzare i servizi pubblici» che sono stati tagliati all'osso negli ultimi 30 anni di credo neo-liberista e di abbandonare la strategia di aggiustamento strutturale per i paesi che in futuro avranno bisogno di prestiti per fare fronte alla crisi. Ma ad impensierire la polizia, che si appresta alla più grande operazione di ordine pubblico dagli scontri del primo maggio 2001, sono le manifestazioni che si terranno la settimana prossima. Il primo aprile la City sarà attraversata da quattro marce che convergeranno sulla banca d'Inghilterra per una festa-protesta contro i «buffoni della finanza». Il gruppo organizzatore dell'evento - G20 Meltdown - invita tutte le persone colpite da «disoccupazione, ipoteche, caos finanziario» a scendere in piazza. Per Marina Pepper, una delle portavoci della protesta, «la nostra manifestazione mette assieme questioni globali con problemi vissuti nella vita di tutti i giorni. Nel paese c'è molta rabbia e improvvisamente tutti odiano i banchieri. È venuto il momento di dare voce a questa rabbia legittima come è stato fatto in Francia e in Grecia». Nella stessa giornata gli ecologisti del Climate Camp cercheranno di bloccare il Climate Exchange Market, la borsa in cui vengono trattati i diritti all'emissione di gas serra. Per Mel Evans, portavoce del gruppo, «il mercato delle emissioni è una cosa assurda. La crisi finanziaria è la dimostrazione che il mercato non è la soluzione a tutti i problemi come qualcuno ha tentato di farci credere. Sicuramente non è la soluzione a quelli ambientali». Gli attivisti del Climate Camp invitano i partecipanti a portare tende e sacchi a pelo per bloccare la strada di fronte alla sede del mercato finanziario. Un'altra componente importante della protesta sarà la coalizione Stop the War. Decine di migliaia di persone infuriate per l'attacco a Gaza e per la mancanza di soluzioni politiche al conflitto in Afghanistan prenderanno l'assedio l'ambasciata americana il primo d'aprile. Il due, giorno in cui si terrà il G20, Stop the War marcerà invece sull'Excel Centre, nei Docklands, luogo d'incontro dei grandi. Nella stessa giornata gruppi anarchici promettono azioni per superare la barriera difensiva delle forze dell'ordine. Controllare i manifestanti durante le giornate del G20 si rivelerà un compito arduo per la polizia, che deve affrontare proteste mobili e imprevedibili, in punti diversi della città. Oltre 7.000 agenti sono stati mobilitati per difendere le delegazioni e proteggere obiettivi sensibili, come banche, edifici finanziari, ponti e tunnel sotto la Manica che i manifestanti minacciano di bloccare. La stampa paventa che la protesta sarà violenta e accusa gli organizzatori delle manifestazioni di incitare i manifestanti alla violenza contro banchieri e lavoratori nel settore finanziario. Scotland Yard ha mandato un avviso a tutti gli uffici della City consigliando agli impiegati di vestirsi con abiti sportivi durante la settimana di protesta per evitare di essere bersagliati dai manifestanti. Per i nuovi attivisti eredi del movimento no-global le proteste contro il summit del G20 rappresentano l'inizio della cosiddetta «offensiva di primavera», una fitta serie di proteste che promettono di rimettere in moto le reti sfilacciate della galassia no-global. Subito dopo la fine del G20, dal 3 al 5 aprile il 60esimo anniversario della Nato sarà contrastato da tre giorni di protesta tra Baden-Baden in Germania e Strasburgo in Francia. E il primo maggio quest'anno potrebbe rivelarsi una giornata particolarmente calda, per il montare del dissenso in diversi paesi europei di fronte all'aggravarsi della crisi.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-28 num: - pag: 34 categoria: REDAZIONALE Il Lingotto L'amministratore delegato: per ora non è in discussione l'asset produttivo delle fabbriche. Obiettivi confermati «Fiat sarà protagonista, basta pessimismo» Montezemolo: abbiamo saputo sfruttare gli incentivi. Marchionne: un miliardo dalla gestione 2009 «Nel 2011 la prima auto con Chrysler. I nostri ecoincentivi meglio di altri, ma siamo gli unici senza aiuti finanziari» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TORINO — Nonostante un primo trimestre «molto difficile » (perché l'impatto degli incentivi si è manifestato soltanto da marzo), la Fiat conferma gli obiettivi per il 2009. E, unica azienda automobilistica al mondo, li quantifica con una cifra precisa. A fine anno, afferma l'amministratore delegato Sergio Marchionne, «il target è superiore a un miliardo di euro di utile operativo». Non solo: per ora non è in discussione «l'assetto produttivo delle fabbriche», anche se in Italia il quadro è variegato. E' «inconcepibile», per esempio, chiudere Mirafiori, così vicino al centro direzionale del gruppo, mentre a Pomigliano occorrerà rivedere tutta la griglia dei prodotti perché quelli attuali non rispondono alle esigenze del mercato. In ogni caso, il problema della sovraccapacità produttiva non è solo di Fiat ma di tutti i produttori (Marchionne parla di un 30% di eccedenza nel mondo). Una situazione, però, che potrebbe cambiare perché, dopo aver toccato il punto più basso, si intravvedono «i primi indizi di un processo di risanamento in tutte le principali economie». Negli Usa a partire dalla seconda metà dell'anno «e, a seguire, nelle economie asiatiche per arrivare in Europa verso la fine del 2009». Il numero uno operativo del Lingotto ripete questi concetti davanti agli azionisti nel corso della solita interminabile assemblea, oltre sei ore, che ha rinnovato tra l'altro il mandato all'intero consiglio e rinnovato l'autorizzazione al buy back. Da parte sua il presidente Luca Montezemolo, aprendo il successivo incontro con la stampa, riassume la giornata in pochi punti essenziali: il bilancio 2008 chiude con un risultato «storico»: 3,4 miliardi di euro di utile nonostante la zavorra del quarto trimestre; le vendite di auto stanno riprendendo grazie agli incentivi (per i quali ha ringraziato il governo); il 2009 sarà difficile, ma, la Fiat mette da parte il «troppo pessimismo ». E il dividendo, che quest'anno sarà distribuito solo alle azioni di risparmio, tornerà quando ci sarà «la normalità nei mercati finanziari». Al futuro dell'industria mondiale dell'auto guarda invece Marchionne, che ribadisce una teoria già espressa, secondo la quale «nei prossimi 24 mesi assisteremo a un consolidamento del settore: quando si sarà completato è probabile che avremo non più di sei costruttori globali ». Dice Montezemolo: «La Fiat è un'azienda che si sta preparando a giocare un ruolo da protagonista nel lungo periodo, in ogni settore in cui è presente». Una tappa potrebbe essere l'accordo con Chrysler, che attende per martedì prossimo il via libera del governo Usa. Se ci sarà, la prima vettura in comune arriverà nel 2011. «Ogni costruttore — osserva l'amministratore delegato della holding torinese dovrà avere un approccio alla Wal-Mart, cioè alla produzione di massa, poiché ogni nuova piattaforma ha senso soltanto se riguarda almeno un milione di vetture». Nel frattempo, Fiat non abbandona le alleanze «mirate», ma guarda avanti. A un azionista che propone lo scorporo dell'auto, Marchionne risponde che per ora non ce n'è bisogno («lo faremo — dice — soltanto se servirà al processo di consolidamento »). E a chi chiede se il rifinanziamento da 1 miliardo di euro ottenuto in febbraio sarà sufficiente, replica che il Lingotto non ha «il peso dei prestiti captive che hanno i concorrenti » e che, in ogni caso, sta migliorando in generale «l'accessibilità ai mercati finanziari». Ciò che invece è tassativamente escluso è il ricorso all'aumento di capitale. Piazza Affari apprezza: anche ieri il titolo è cresciuto del 3,33%, a quota 5,27 euro. Giacomo Ferrari

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Industria, vendite giù del 20% Faissola: imprese senza alibi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-28 num: - pag: 35 categoria: REDAZIONALE Produzione Nell'Ue calo del 34%. A gennaio il fatturato auto scende del 47,4% Industria, vendite giù del 20% Faissola: imprese senza alibi Il presidente Abi: ora investimenti non solo ristrutturazioni La Cgil: «Un milione di posti a rischio. E dal '93 al 2008 i dipendenti hanno perso 6.738 euro come potere d'acquisto» ROMA — Crollano il fatturato e gli ordinativi dell'industria italiana, mentre la Cgil lancia un nuovo allarme, ipotizzando la perdita di un milione di posti di lavoro. A gennaio, secondo i dati dell'Istat, il fatturato industriale ha registrato un calo del 19,9% rispetto al gennaio del 2008, mentre gli ordinativi, che prospettano un futuro non certo roseo, sono diminuiti addirittura del 35,8%. In entrambi i casi la flessione è stata del 2,1% solo rispetto al mese di dicembre. E sia per il fatturato che per gli ordini i dati dell'Istat rappresentano il peggior risultato dal 1991. Il quadro è reso ancor più fosco dalle previsioni dell'Ires, il centro studi della Cgil, che tra l'altro denuncia una crescita reale pari a zero dei salari netti negli ultimi 18 anni, secondo il quale il tasso di disoccupazione in Italia è destinato a crescere quest'anno di «due se non tre punti percentuali». Il governo, tuttavia, resta ottimista. «I dati Istat di gennaio sono ormai vecchi — dice il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola — e tante volte ho l'impressione che il susseguirsi di dati vecchi possa scoraggiare la ripresa e rendere più complessa la crisi. In realtà i monitoraggi ci segnalano che ci sono spiragli. Lontani, ma ci sono» ha detto il ministro, che ha citato l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. L'industria dell'auto, tra parentesi, è quella che in questo momento sta soffrendo di più la crisi, con un fatturato tendenziale in calo del 47,5% a gennaio e gli ordini che denunciano una flessione del 35,8%. Un certo ottimismo è stato espresso anche dal presidente dell'Associazione bancaria, Corrado Faissola. «L'andamento dei mercati finanziari induce, almeno, a una diminuzione del pessimismo» ha detto il presidente dei banchieri italiani, che ha anche risposto alle nuove punzecchiature della Confindustria. Con i Tremonti bond, «noi non avremo più alibi per quanto concerne gli aspetti patrimoniali, ma le imprese non hanno più alibi rispetto alle iniziative che dovranno assumere per fare investimenti. Ci sono miliardi di crediti agevolati che giacciono nella Cassa depositi e prestiti e non vengono utilizzati». Decisamente preoccupati i sindacati. Per la Uil i dati Istat sono semplicemente «drammatici», mentre per Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, «confermano che ci sarebbe bisogno di interventi più forti per sostenere la ripresa produttiva». Da sin. il presidente Fiat Luca di Montezemolo, l'ad Sergio Marchionne e il vicepresidente John Elkann Mario Sensini

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BasicNet corre, bene conti e cedola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano BasicNet corre, bene conti e cedola (a.jac.) — Positivo il bilancio 2008 di BasicNet. Il gruppo forte dei marchi Kappa, Robe di Kappa, Superga, K-Way e Jesus Jeans ha realizzato vendite aggregate (dei licenziatari) per oltre 305 milioni di euro, +11%. Di 141 milioni il fatturato diretto con un aumento del 25% sull'anno scorso mentre l'utile netto ha registrato un +29% a 15,5 milioni. Nonostante la crisi la società fondata dall'imprenditore torinese Marco Boglione (che distribuirà un dividendo pari a 0,1 euro) ha in cantiere entro fine anno l'apertura di 30-35 nuovi negozi. Performance che sono piaciute a Piazza Affari visto che il titolo ha chiuso ieri con un +10,29%.

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Piazza Affari frena. Scatto di Atlantia (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa Piazza Affari frena. Scatto di Atlantia di Gabriele Dossena Petroliferi giù Il calo del petrolio ha penalizzato Eni e Saipem. Giornata positiva per Camfin Dopo sette sedute consecutive in rialzo Piazza Affari ha chiuso ieri in calo, al pari delle altre piazze europee, sulla scia della debolezza di Wall Street. Così, alla fine delle contrattazioni l'indice Mibtel si è attestato a 13.116 punti (-0,76%) e anche lo S&P Mib, al suo ultimo giorno di operatività prima di passare il testimone al Ftse Mib, è sceso dello 0,85%. Per quel che può consolare, hanno fatto peggio Parigi (-1,78%) e Francoforte (-1,31%). Tra le blue chip, i titoli petroliferi sono stati quelli con i maggiori cali, conseguenza anche del ridimensionamento dei prezzi del greggio tornato ieri sotto i 52 dollari al barile: Saipem, con un pesante -4,18% a 13,98 euro, si è rivelato il peggiore, mentre più contenuta (1,7% a 14,97 euro) è stata la perdita Eni. Decisamente in senso opposto Atlantia, che con un balzo del 4,09% si è rivelato il titolo migliore. Bene anche Fiat che nel giorno dell'assemblea degli azionisti, ha guadagnato il 3,33% portandosi a 5,27 euro. Il titolo del Lingotto ha anche registrato forti volumi di scambi, pari al 5,2% del capitale. Tra i bancari, hanno perso terreno Unicredit (-2,81% a 1,31 euro), Mediolanum (-2,22% a 2,64 euro), Ubi Banca (-1,56% a 8,53 euro). Giù Mondadori (2,38% a 2,36 euro), penalizzata dai conti 2008 e dalla decisione di non distribuire dividendi. Giornata positiva per Pirelli, che ha chiuso con +1,6%. E sul listino completo Camfin ha guadagnato addirittura il 6,5%, dopo la diffusione dei conti e l'annuncio della dismissione del 40% di Energie Investimenti.

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Barclays vola dopo lo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-28 num: - pag: 41 categoria: REDAZIONALE Il caso a Londra Barclays vola dopo lo «stress test» ( giu. fer.) — Barclays vola in Borsa a Londra, dove è salito fino a guadagnare il 24%, a 173,80 pence. A far correre la banca guidata da John S. Varley, è stata la conferma da parte della Fsa, l'autorità di vigilanza finanziaria britannica, che l'istituto ha superato lo «stress test» e non dovrà perciò ricorrere a un ulteriore aumento di capitale per far fronte alla difficile situazione economica e finanziaria. Ora, entro martedì, Barclays dovrà decidere se accettare l'aiuto del governo attraverso lo schema di assicurazione dei titoli tossici messo a punto dal Tesoro o tenersi lontana dalle interferenze dello Stato.

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L'emergenza riformista (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-28 num: - pag: 42 autore: di JOSEPH STIGLITZ categoria: REDAZIONALE LA CRISI E I PAESI POVERI L'emergenza riformista L a crisi finanziaria innescata dal mercato dei mutui subprime in America si è ormai tramutata in una recessione globale: la previsione di crescita è di meno 1,5%, un livello mai toccato dai tempi della Grande Depressione. Persino i Paesi virtuosi vedono un forte calo nei tassi di crescita e anche per loro si profila una profonda recessione. Ma a soffrire di più saranno i Paesi in via di sviluppo. La commissione di esperti delle Nazioni Unite per la riforma del sistema monetario e finanziario internazionale, da me presieduta, ha appena pubblicato un rapporto preliminare, che lancia l'allarme per il grave impatto della crisi nei Paesi poveri ed emergenti in ogni parte del globo. Circa 30 milioni di persone in più perderanno il lavoro nel 2009, rispetto al 2007. Il balzo potrebbe toccare i 50 milioni. Tutti gli interventi per ridurre la povertà subiranno rallentamenti o si fermeranno. L'analisi avverte che «Quasi venti milioni di persone, la maggior parte delle quali nelle economie emergenti, potrebbero cadere in povertà se non si interviene rapidamente per contrastare l'impatto della crisi ». Siamo davanti a una crisi globale, ma le risposte vengono fornite dai governi nazionali, che ovviamente danno la precedenza agli interessi dei propri cittadini. Particolarmente invise sono le misure protezionistiche, come la condizione di «comprare americano» posta dagli Stati Uniti nel suo pacchetto di stimoli. La Banca mondiale riferisce che sul gruppo di 20 Paesi, ben 17 hanno messo in atto misure protezionistiche, pur essendosi impegnati in senso opposto nell'incontro di Washington a novembre. Se si limiterà ad alleviare l'impatto nazionale, anziché globale, lo stimolo all'economia mondiale risulterà indebolito, e la ripresa globale rallentata. Malgrado il consenso affinché tutti i Paesi mettano in campo forti interventi per stimolare l'economia, molte nazioni in via di sviluppo non hanno le risorse per farlo. E' dunque necessario un approccio concordato per stanziare fondi aggiuntivi, che vadano a sostenere sia la spesa che la liquidità per i Paesi e le imprese nel mondo emergente, penalizzati dalla stretta creditizia oggi in corso. I Paesi industrializzati dovrebbero contribuire alla spesa per una quota dell'1% ed è auspicabile l'emissione immediata di diritti speciali di prelievo (Sdr) dalle riserve del Fondo monetario internazionale, per aiutare in particolare i Paesi in difficoltà e l'espansione dei programmi regionali, come l'iniziativa Chang Mai in Asia. E' inoltre importante prestare questo tipo di assistenza rinunciando ai soliti vincoli. Difatti, condizioni come quelle che costringono i Paesi emergenti a ridurre la spesa pubblica e aumentare i tassi di interesse sono controproducenti: l'assistenza a questi Paesi si propone infatti di aiutarli a espandere le loro economie, spingendo verso la ripresa globale. Da molto tempo si lamentano le incongruenze degli attuali dispositivi istituzionali per l'assegnazione dei fondi (per esempio tramite il Fmi) ma le riforme proposte finora si sono rivelate insufficienti. I Paesi ricchi sono spesso riluttanti a stanziare denaro per istituzioni nelle quali hanno scarsa voce in capitolo, e che mettono in atto politiche non condivise. Senza contare che molti Paesi in via di sviluppo sono anche riluttanti a chiedere prestiti, per evitare il disonore di ricorrere a queste agenzie. La commissione propone la creazione di un nuovo strumento di credito, che consentirà tanto ai nuovi donatori di stanziamenti, quanto a coloro che richiedono il prestito, di esprimersi con maggior chiarezza. Da questa crisi potremo trarre insegnamenti utilissimi. Il primo è che occorre migliorare la normativa: le riforme non possono essere solo cosmetiche, ma devono allargarsi oltre il settore finanziario. Il mancato rispetto delle leggi sulla concorrenza ha consentito alle banche di diventare troppo grandi per fallire. Una governance d'impresa inadeguata ha prodotto schemi di incentivi che hanno portato a un'assunzione di rischi eccessivi e a comportamenti miopi, a scapito degli azionisti. La commissione raccomanda la creazione di un Consiglio globale per il coordinamento economico, non solo per strutturare la politica economica, ma per valutare la situazione economica, individuare le carenze nei dispositivi istituzionali globali, e per proporre soluzioni. Per esempio, si avverte la necessità di un Ente di controllo finanziario globale, senza il quale si corre il rischio di arbitraggio regolativo, che elude i controlli e innesca una spirale discendente. Si sente la necessità di un'Autorità globale per la concorrenza, visto che i mercati oggi sono su scala globale. Occorre trovare un modo migliore per far fronte ai Paesi «falliti», e ne vedremo forse parecchi nel corso di questa crisi. Senza contare poi l'esigenza di occuparsi dei molti rischi che minacciano i Paesi emergenti, specie nella gestione del debito e del conto capitale. L'altra importante raccomandazione riguarda la creazione di un nuovo sistema di riserve globali. Il sistema esistente, con il dollaro americano come valuta di riserva, si sta sfilacciando. Il dollaro è stato soggetto a volatilità e aumentano le preoccupazioni su futuri rischi inflazionistici. Allo stesso tempo, mettere da parte una certa cifra ogni anno per proteggere i Paesi dal rischio di instabilità globale crea una tendenza negativa nella domanda aggregata, indebolendo l'economia globale. Per di più, il sistema è viziato da una strana anomalia, per cui i Paesi poveri prestano trilioni di dollari agli Stati Uniti, a interessi quasi pari a zero, mentre in questi stessi Paesi tali fondi potrebbero essere utilizzati per sanare tante emergenze. La Commissione sostiene che la nuova Riserva monetaria globale sarà «flessibile, non inflazionistica e di facile attuazione». Dopo la crisi in Asia orientale, si era molto parlato di riforme, di una nuova architettura finanziaria globale. Ma erano solo parole vuote: con la ripresa economica è svanito l'interesse per il rinnovamento. Quella attuale è una crisi ben più grave e destinata a durare più a lungo. Speriamo, stavolta, di aver imparato la lezione. \\ Dopo la crisi in Asia orientale, si era molto parlato di riforme, di una nuova architettura finanziaria globale. Ma erano solo parole vuote: con la ripresa economica è svanito ogni interesse per un vero rinnovamento traduzione di Rita Baldassarre

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La mia ricetta: people first (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-28 num: - pag: 42 autore: di MAURIZIO SACCONI categoria: REDAZIONALE IL MANIFESTO DEL G8 SOCIALE La mia ricetta: people first aro direttore People first: le persone prima C di tutto! Sarà questo il tema del Summit sociale convocato tra il 29 e il 31 marzo a Roma dalla Presidenza italiana del G8 con lo scopo di sollecitare una risposta condivisa alla dimensione umana della crisi globale. Il Vertice sarà preceduto da un incontro con le Organizzazioni internazionali dei lavoratori e degli imprenditori e, dopo una prima fase con gli otto Paesi, si allargherà a Cina, India, Brasile, Egitto, Sudafrica e Messico per garantire alle decisioni da assumere una base più rappresentativa del mutato quadro geo-politico. Si tratta del primo evento sovranazionale — al quale parteciperanno Commissione europea, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Ocse e Fondo Monetario — rivolto ai temi della disoccupazione e dell'impoverimento da quando l'instabilità dei mercati finanziari ha indotto il drastico rallentamento delle economie reali con pesanti conseguenze su grandi moltitudini di persone. E l'attesa di condizioni ancor peggiori alimenta ulteriormente il circolo vizioso della sfiducia che è il motore della crisi. L'Oil prevede 40 milioni in più di disoccupati per la fine dell'anno e la Banca mondiale un rischio di povertà per 53 milioni di persone. Secondo l'Ocse nel gennaio 2009 si sono registrati 7,2 milioni di disoccupati in più rispetto al gennaio 2008 nei Paesi sviluppati che aderiscono all'Organizzazione. Anche nei Paesi emergenti il rallentamento di un pur positivo tasso di crescita può produrre significativi livelli di malessere sociale in coloro che dopo essersi inurbati perdono il lavoro. La presidenza italiana intende quindi proporre un Patto sociale globale fondato sulla chiara assunzione della sostenibilità sociale tra i parametri della stabilità economica nella dimensione nazionale come in quella mondiale. La ricostruzione del circuito della fiducia non può infatti non comprendere, oltre agli interventi rivolti alla tutela del risparmio e alla stabilità degli intermediari finanziari, la garanzia di sistemi di protezione del reddito — di quello immediato come di quello differito con la pensione — e dei bisogni primari quali la salute. E' ormai riconosciuto del resto il rapporto diretto tra sicurezze sociali e propensione delle persone al consumo e al risparmio. Gli impegni della nuova amministrazione americana per l'ampliamento della protezione sanitaria e del governo cinese per un più robusto sistema previdenziale muovono da questa consapevolezza. Ne consegue che la stessa riforma del Fondo monetario quale istituzione primaria a sostegno della stabilità dell'economia globale deve includere la capacità di apprezzare la sostenibilità dei modelli di welfare, l'andamento demografico e il grado di coesione sociale di ciascun Paese in quanto elementi indispensabili per valutare la sua propensione alla crescita. E' una richiesta che si rivolge direttamente al G20 di Londra che si colloca in immediata successione con il Vertice di Roma. Nel merito il Patto sociale ha l'obiettivo primario di sostenere le persone colpite dalla crisi non solo attraverso forme straordinarie di integrazione del reddito ma anche garantendo la sopravvivenza dei rapporti di lavoro ed efficaci investimenti formativi in ambiti produttivi nel tempo di non lavoro. Potremmo dire: provvedere alle persone, ripartire dalle persone! Nel dopo-crisi avrà infatti un peso determinante la dotazione di capitale umano che ciascun Paese sarà riuscito a conservare o, ancor meglio, a incrementare. Così come nel dopo-crisi le possibilità di crescita non potranno prescindere dai bisogni fondamentali della persona. Per questo il vertice non potrà non sottolineare come l'adeguatezza e la riqualificazione delle forme di protezione sociale sia destinata — ove si produce — a incrementare, anche nel settore privato, quegli white jobs che corrispondono soprattutto alla domanda di salute e di educazione. Il messaggio che sarà consegnato quindi al vertice dei capi di Stato de La Maddalena sarà rivolto da un lato all'adozione ovunque di quelle misure mirate, tempestive e temporanee che devono rassicurare nell'immediato le comunità nazionali e, dall'altro, ad un vero e proprio progetto politico e culturale per il dopo crisi che ricostruisca il volto umano del capitalismo a seguito dei guasti prodotti dalla finanza sregolata. Si tratta di riconoscere, nel solco di quella economia sociale di mercato che appartiene alle migliori pratiche della cultura politica europea, la centralità della persona. People first, appunto! ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali

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Bruxelles, fisco e Grande Fratello (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-28 num: - pag: 42 categoria: REDAZIONALE Il dubbio di Piero Ostellino Bruxelles, fisco e Grande Fratello M ario Monti auspica che «la Ue, il G8 e il G20 (arrivino) ad un certo grado di coordinamento fiscale», a evitare che le «crescenti disuguaglianze, tra Paesi e all'interno dei Paesi, (scatenino) reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari Paesi nel caos politico o in regimi non democratici» («Gli Stati disarmati », Corriere di domenica 22). Condivido le preoccupazioni di Monti — un amico che stimo — sulle possibili conseguenze della crisi. Ho qualche dubbio sulla terapia. Primo: combattere il protezionismo con una misura ultra- dirigistica, come il coordinamento delle politiche fiscali, mi pare una contraddizione non solo logica, ma anche rispetto a quanto lui stesso ha fatto, meritoriamente, come Commissario europeo per favorire la libertà di movimento di uomini e capitali. Scrive Monti: «...se non vi è alcun coordinamento tra le rispettive fiscalità, gli Stati si trovano in piena concorrenza fra loro; le basi fiscali più mobili (come capitali e imprese) vanno là dove le porta il fisco più conveniente». Ma questo Grande Fratello Fiscale — una sorta di «dispotismo democratico» — mi sembra una «versione allargata» del protezionismo di Stato ancor più negatrice della libertà di concorrenza. Una risposta tecnocratica a un problema politico. Secondo: che «i sistemi fiscali ad elevata progressività (contribuiscano) strutturalmente a ridurre le disuguaglianze » è un vecchio mito socialista privo di fondamento empirico. E', se mai, nei Paesi liberali che l'«ascensore sociale» — che porta anche il figlio del contadino a scalare i vertici della società — funziona meglio. Il problema non è di ridurre le disuguaglianze, ma di combattere la povertà in modo mirato e di consentire a ciascuno di migliorare le proprie condizioni di vita come meglio crede. Attribuire allo Stato — che non è un «Ente morale» — una funzione etica significa solo dare più potere a chi governa. Terzo: che il coordinamento fiscale — eliminando il pluralismo, le diversità, la competizione — faciliti la fuoriuscita dalla crisi non regge per tre ragioni: 1) perché l'adeguamento si tradurrebbe in una maggiore fiscalità generale; 2) perché scoraggerebbe le forze politiche dal ridurre la spesa pubblica, che è il vero problema da risolvere; 3) perché non si libererebbero risorse, ma se ne brucerebbero altre. Quarto: gli Stati e l'Ue hanno un solo compito; che non è quello di rendere gli uomini uguali — i coltivatori di pomodori del Nord Europa hanno meno sole di quelli del Sud; che facciamo? coordiniamo anche la luce del sole? facciamo pagare più tasse a quelli meridionali ? — ma di fissare migliori regole al mercato. Non necessariamente più restrittive; sarebbe sufficiente prevedere che gli imbroglioni finiscano in galera. Le libertà, nelle società aperte e nello Stato di diritto, hanno una «natura giuridica» che neppure il più radicale liberista oserebbe negare. La concorrenza è una delle libertà dello Stato moderno, come quella di coscienza e di parola. Il resto lo aveva già detto Marx nel Manifesto e nel Capitale. E abbiamo visto come è andata a finire. \\ Il protezionismo tributario non si combatte con l'esasperato dirigismo postellino@corriere.it

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I re di Wall Street da Obama (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-28 num: - pag: 36 categoria: REDAZIONALE Udienza Il presidente vede i banchieri ma non appare in pubblico con loro I re di Wall Street da Obama «Sui bonus abbiamo sbagliato» Lewis (Bofa): restituiremo gli aiuti. Giù il Dow Jones La Borsa cede l'1,87% Bank of America: ridaremo i fondi al Tesoro per riprenderci la nostra autonomia DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — La convocazione alla Casa Bianca dei capi delle grandi banche Usa — da Citigroup a Goldman Sachs, da JP Morgan Chase a Bank of America — è stata, ieri, l'ultima tappa di una settimana di continui interventi di Obama sulla crisi finanziaria che scuote il Paese. Una sovraesposizione del presidente in parte concepita per sfruttare le sue grandi doti di comunicatore, essenziali nei momenti più delicati (visto anche lo scarso carisma dei leader del suo team economico, da Geithner a Summers), in parte legata all'esigenza di Obama di acquisire tutti i possibili elementi di valutazione prima di affrontare — la prossima settimana a Londra — il vertice del G20. Alla fine del lungo pranzo di lavoro, il presidente è stato bene attento a non farsi vedere in cordiale compagnia di personaggi che in questo momento sono tutt'altro che popolari, viste le enormi iniezioni di denaro pubblico praticate dal Tesoro per salvare il sistema creditizio americano. Uscendo, sono stati gli stessi banchieri a raccontare i contenuti dell'incontro. Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan Chase, ad esempio, ha detto che Obama ha chiesto loro se fossero ben consapevoli della rabbia che c'è nel Paese per le retribuzioni eccessive incassate dai top manager. Lo stesso Dimon, capo di una banca che non è tra le più criticate per i megabonus concessi ai dirigenti, ha aggiunto che i banchieri sono ben consapevoli di aver commesso molti errori in passato in questo campo. E il capo di Bank of America, Ken Lewis, ha aggiunto che, almeno dallo scorso settembre, i capi degli istituti hanno compreso che l'«età d'oro» dei megacompensi è finita. Lewis — che a gennaio ha acquisito Merrill Lynch dopo che questa aveva distribuito «in extremis» 3,6 miliardi di bonus ai suoi manager — ha comunque ribadito che il suo istituto intende restituire al più presto i 45 miliardi di dollari ricevuti dal Tesoro, in modo da liberarsi dai vincoli imposti dal Congresso alle banche sovvenzionate coi soldi dei contribuenti. L'incontro di Obama era stato concepito anche come il coronamento di un periodo di sensibile ripresa del mercato borsistico, in forte recupero rispetto ai minimi del 9 marzo. Ieri, invece, lo Stock Exchange è tornato a perdere terreno (-1,87%) proprio a causa delle banche che, dopo una ripresa in gennaio e febbraio, a marzo hanno dovuto fronteggiare nuove difficoltà. è stato lo stesso Dimon a spiegarlo ai giornalisti incontrati fuori dalla Casa Bianca. Un'ammissione che ha innescato l'arretramento del listino. Nonostante ciò, comunque, la seconda parte di marzo rimane, per Wall Street, un periodo di netta ripresa dopo il lungo e gelido inverno dei crolli a ripetizione. I banchieri alla Casa Bianca. Da sinistra, Lloyd Blankfein (Goldman Sachs), Ken Chenault (AmEx), Ken Lewis (Bank of America), Edward Yingling (Bankers association) Massimo Gaggi

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Con la cura fiducia primi fuori dalla crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-28 - pag: 3 autore: L'economia. Il lavoro fatto, le prossime mosse «Con la cura fiducia primi fuori dalla crisi» ROMA Fiducia per uscire dalla crisi. «Siamo stati i primi – osserva Silvio Berlusconi in un passaggio del suo discorso al congresso fondativo del Pdl – a dire che occorre fiducia». è l'«audacia della speranza» di cui ha parlato Barack Obama e in cui il premier si riconosce in pieno. La convinzione del presidente del Consiglio è che l'Italia sia in grado di riuscire «prima e meglio di altri » a superare la grave crisi globale in atto. Potremo farlo – ha aggiunto – senza stravolgere «i nostri stili di vita, a patto di ritrovare la forza dei valori che ci hanno consentito dopo un periodo ben più grave di quello attuale, dopo una lunga guerra mondiale, di conseguire livelli allora inimmaginabili di prosperità e di benessere». L'elenco dei macigni che pesano sull'economia del Paese è noto ma non per questo meno inquietante: abbiamo il «terzo debito pubblico del mondo, senza essere la terza economia al mondo», un sommerso pari al 20% del Pil che si traduce in un'evasione di oltre 100 miliardi l'anno, una pubblica amministrazione «pletorica e inefficiente» che costa 4.500 a ogni cittadino italiano, contro il 1.300 di Francia e Germania. Berlusconi rivendica al suo Governo il merito di aver individuato tra i primi la gravità della crisi economica. Per questo, nel giugno dello scorso anno, si è deciso di «mettere in sicurezza» i conti pubblici con la manovra triennale anticipata. In tal modo – osserva – è stato evitato il rituale «assalto alla diligenza». Poi la decisione, assunta il 10 ottobre, di «proteggere il risparmio degli italiani» e di assicurare che «nessuna banca da noi sarebbe fallita ». Nel totale – ha aggiunto il premier – il Governo ha messo in campo risorse per 55,8 miliardi, pari a quattro punti di Pil, «per le grandi opere», la protezione dei più deboli e l'estensione delle garanzie per chi perde il lavoro. La crisi globale richiede risposte globali, ma anche nuove regole. «Siamo stati i primi a resistere alla tentazione del protezionismo e a dare misure di sostegno all'economia reale. Abbiamo stanziato più fondi degli altri per sostenere le famiglie, le imprese, l'economia reale ». L'unico governo possibile in Italia oggi – come lo definisce il Cavaliere – rivendica a sé il merito di aver avviato in pochi mesi «una grande azione di riforma». In campagna elettorale non aveva promesso miracoli. Ora registra che «lo Stato è tornato a fare lo Stato ». La gestione della crisi da parte del Governo è stata finora, a suo avviso, quella giusta: «Sono stato il primo tra i leader del mondo a dire che non avremmo consentito che nemmeno una sola banca fallisse e che un solo risparmiatore perdesse i suoi risparmi». Berlusconi rivendica a sé anche il merito di essere stato tra i primi a sostenere la necessità di introdurre «un sistema condiviso di principi e regole comuni sulla trasparenza, sull'integrità, la correttezza delle attività finanziarie ed economiche di tutto il mondo». E anche a mettere in guardia dalle tentazioni protezionistiche. D. Pes. FINANZIARIA Il premier: la manovra triennale ha consentito la «messa in sicurezza» dei conti e ha evitato l'assalto alla «diligenza»

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Appalto a ditta italiana I sindacati svizzeri: rischio di lavoro nero (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Lombardia - data: 2009-03-28 num: - pag: 12 categoria: REDAZIONALE Un caso Total anche a Locarno, artigiani lombardi nel mirino Appalto a ditta italiana I sindacati svizzeri: rischio di lavoro nero «Nessun protezionismo, noi difendiamo i salari» Polemiche dopo l'affido di lavori per la ristrutturazione Migros alla Wanzl Italia di Travagliato (Brescia) VARESE — Non sarà quel maxiappalto inizialmente paventato dagli svizzeri. Ma tanto è bastato per scatenare la reazione dei ticinesi. Motivo del contendere: i lavori affidati ad alcune ditte italiane per la ristrutturazione della Migros di Locarno. L'azienda che ha distribuito i subappalti degli arredi interni, la «Wanzl Italia» di Travagliato (Brescia), minimizza la quota «tricolore» nel cantiere: «Non è vero che abbiamo utilizzato solo artigiani italiani, abbiamo invece assegnato la maggior parte dei lavori a ditte svizzere su indicazione della stessa Migros — sottolinea l'amministratore delegato Giuseppe Migliorati — siamo un'impresa internazionale, abbiamo partecipato a una gara d'appalto regolare, abbiamo garantito certi standard, dunque non capiamo le polemiche». Quello che è certo, però, è che tra Svizzera e Italia, c'è da tempo un bel match, andata e ritorno, su chi «ruba» il lavoro all'altro. Segnato da due episodi lampanti: a Varese, l'estate scorsa, un'impresa elvetica si aggiudicò l'appalto per la sicurezza durante i Mondiali di ciclismo. Risultato: proteste, e il lavoro andò a una ditta varesina. Alla Migros di Locarno accade oggi l'inverso. Gli svizzeri tuonano contro alcuni subappalti assegnati ad artigiani lombardi ed esplode la polemica. Strumentale e politica, o reale e giustificata dalla crisi che comprime il mercato e spaventa tutti? Il sindacato ticinese Unia, che aveva tuonato contro i lavori assegnati a ditte italiane, non demorde: «Noi temiamo che dietro queste scelte possano nascondersi questioni di prezzi e di risparmio a danno dei lavoratori — dice il segretario Saverio Lurati —. Il nostro non è protezionismo, ma difesa del salario. Non è una battaglia contro gli stranieri, siamo invece impiegati nella tutela dei diritti di tanti italiani che lavorano nelle imprese svizzere. Pensate che i dipendenti italiani sono quasi il 50 per cento nelle ditte artigianali del Canton Ticino». Al di là della difesa d'ufficio dell'azienda bresciana, lo sconcerto è forte anche tra i sindacati e le imprese artigiane italiane: «La difesa dei salari non c'entra nulla — dice Gianmarco Gilardoni, responsabile nazionale dei frontalieri della Cisl —. C'è una direttiva europea che impedisce il dumping. La verità è che questo caso è come quello della Total in Inghilterra. Ma anche in Italia abbiamo fatto degli errori — continua —. Pensiamo ad esempio all'appalto per la sicurezza ai Mondiali di ciclismo. Ci sono stati molti malumori in Ticino». L'accusa di guadagnare con i salari bassi è respinta anche dagli arginai italiani. «In Svizzera ci sono controlli strettissimi — sbotta Giovanni Moretti della Cna di Como, responsabile di un progetto di collaborazione tra imprese transfrontaliere —. Le imprese italiane sono controllatissime, non appena varcano la frontiera". La soluzione? «Sta nella collaborazione reciproca — dice, salomonico, Gilardoni della Cisl — e nella rigida applicazione dei controlli per evitare, da entrambe la parti, il dumping o il protezionismo». Affari e polemiche Uno dei nuovi supermercati della catena Migros Roberto Rotondo

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Dal debito rischi per l'Eurozona (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2009-03-28 - pag: 6 autore: Conti pubblici. SteinbrÜck avverte: stiamo preparando il terreno per la prossima crisi sui mercati «Dal debito rischi per l'Eurozona» Scivolone della moneta unica dopo l'allarme del Governo tedesco Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Il crescente debito pubblico, sui due lati dell'Atlantico, preoccupa il Governo tedesco: teme per la solidità della zona euro e per la stabilità dell'economia mondiale. L'allarme, lanciato dal ministro delle Finanze Peer SteinbrÜck, ha scosso il mercato valutario e indebolito la moneta unica nei confronti del dollaro. «La Germania, in quanto membro dell'Unione Europea, ha un enorme interesse nella credibilità del Patto di stabilità e crescita, che come sapete non è preso seriamente da alcuni Paesi », ha avvertito SteinbrÜck, riferendosi ai limiti relativi al deficit e al debito. «Se il Patto non è considerato seriamente, l'euro un giorno avrà problemi di credibilità e di stabilità». Parlando al Bundestag, il ministro ha definito la questione di «importanza decisiva». Successivamente, incontrando la sua controparte svedese Anders Borg, SteinbrÜck ha fatto un ragionamento più ampio. Prima di tutto ha espresso dubbi sulla capacità dei piani di aiuti economici di risolvere la grave recessione di questi mesi. «Sto osservando con crescente allarme - ha poi aggiunto- che stiamo raggiungendo livelli di indebitamento in singoli Paesi e a livello mondiale che potrebbero pesare sui mercati finanziari». SteinbrÜck si è quindi chiesto se il mondo non stia «pre-programmando la prossima crisi». Dal canto suo, Borg ha puntato il dito contro gli «enormi deficit» di Gran Bretagna e Stati Uniti. Qualche mese fa, lo stesso ministro delle Finanze tedesco aveva accusato Londra di praticare un «keynesismo crasso». Il Governo federale è terribilmente preoccupato: teme che un aumento eccessivo della spesa pubblica provochi la nascita di nuovi squilibri finanziari e, a medio-lungo termine, una possibile fiammata dell'inflazione a livello globale. La preoccupazione è seria, ed è per molti versi condivisa dalle autorità monetarie europee. Giunge dopo che aste di titoli pubblici nel Regno Unito e negli Stati Uniti sono state oggetto di un interesse deludente da parte degli investitori. Secondo le stime di gennaio della Commissione Europea, il disavanzo inglese balzerà dal 4,6% nel 2008 al 9,6% del Pil nel 2010. Chi ha ragione? Gli Stati Uniti, che hanno deciso di spendere denaro pubblico pur di evitare una spirale deflazionistica e sostenere l'economia? O la Germania, che fedele alla cultura della stabilità teme che un eccesso di indebitamento statale possa mettere a repentaglio la solvibilità degli Stati? L'interrogativo è quasi culturale e storico più che semplicemente economico. Sul piano europeo, a Bruxelles come a Francoforte, il timore è certamente quello di mettere a rischio la credibilità della propria moneta. Non è un caso se ieri le dichiarazioni di SteinbrÜck, sui pericoli per la solidità della zona euro, abbiano indebolito la moneta unica: contro il dollaro, l'euro ha perso due centesimi, scendendo da 1,3560 a 1,3304. L'indebitamento netto complessivo dei ventisette Paesi dell'Unione dovrebbe più che raddoppiare quest'anno rispetto al 2008, per raggiungere il 4,4% del Pil. Si tratterebbe del deficit più elevato in 13 anni. Secondo lo stesso Borg, nel 2010 più di venti Paesi della Ue avranno un disavanzo superiore al limite del 3% del Pil. Almeno nel breve termine, gli ultimi dati economici sembrano dare ragione alla visione americana e inglese. Ieri l'Ufficio federale di statistica ha annunciato che in Germania l'inflazione è crollata in marzo ai minimi degli ultimi dieci anni: allo 0,4% dall'1% di febbraio, sulla scia di un calo dei prezzi delle materie prime petrolifere. Le preoccupazioni di SteinbrÜck si riflettono per certi versi anche in una politica monetaria della Banca centrale europea che in questi mesi ha mostrato cautela nel ridurre il costo del denaro, a differenza della Federal Reserve o della Banca d'Inghilterra. Tuttavia, proprio i dati di inflazione indurranno la Bce a ridurre nuovamente il costo del denaro, oggi all'1,5%, nella riunione di giovedì prossimo. beda.romano@ilsole24ore.com I BERSAGLI Nel mirino del ministro delle Finanze i maxi-deficit di Gran Bretagna e Usa: Berlino teme una fiammata dei prezzi nel lungo termine

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Fincantieri, utili in forte calo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-28 - pag: 20 autore: Shipping. Nel 2008 il fatturato è cresciuto dell'8% Fincantieri, utili in forte calo MILANO Fatturato in crescita, margini in netto calo. Fincantieri nel 2008 ha conseguito ricavi pari a 2,9 miliardi di euro (+8% rispetto al 2007), ma un risultato prima delle imposte dimezzato a 43 milioni di euro e un risultato netto di 10 milioni di euro contro i 36 milioni del 2007. Colpa della «congiuntura internazionale sfavorevole », come precisa l'azienda in una nota ufficiale. Il bilancio 2008 è stato approvato ieri dal cda di Fincantieri che ha proposto all'assemblea degli azionisti, per poter realizzare il piano industriale 2007-2011, un aumento di capitale fino a un importo massimo di 300 milioni di euro. Nel 2008 il gruppo ha registrato anche un calo dell'ebitda rispetto al 2007 (134 milioni di euro contro i 194 dell'anno prima) mentre sotto il profilo dell'attività commerciale sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi di euro (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) «in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia più alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per quattro fregate multi missione Fremm, due sommergibili classe U212, una nave rifornitrice per la Marina Militare Indiana e il refitting di due unità veloci lanciamissili da parte della Marina del Kenya. Buono anche il portafoglio ordini per le navi speciali e per i sistemi e componenti meccanici. Gli investimenti nel 2008 sono stati pari a 111 milioni di euro, in leggera diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007, mentre «per realizzare il piano industriale 2007-2011» il consiglio di amministrazione ha deliberato di proporre all'assemblea «un aumento del capitale sociale per un importo massimo di 300 milioni da offrire in opzione agli azionisti». Per il quinto anno consecutivo, infine, il consiglio di amministrazione ha deliberato di proporre all'assemblea la distribuzione di un dividendo di 10,1 milioni di euro, pari a una remunerazione annua del 3 per cento del capitale sociale. D.Le. L'EFFETTO DELLA CRISI Dimezzato il risultato prima delle imposte a 43 milioni Deliberato un aumento di capitale sociale per 300 milioni di euro

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A Cagliari il G-8 delle imprese (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-03-28 - pag: 20 autore: Il summit. Proposte anti-crisi A Cagliari il G-8 delle imprese Nicoletta Picchio ROMA Crisi economica e finanziaria, libertà di investimenti, cambiamenti climatici: le associazioni imprenditoriali dei Paesi del G8 ne parleranno a fine aprile, il 23 e il 24, in Sardegna, a Fort Village, vicino Cagliari. Stavolta la presidenza di turno spetta all'Italia e quindi sarà la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ad ospitare i colleghi internazionali. Il G8 Business è arrivato alla terza edizione: nel 2007 gli incontri si sono svolti a Berlino organizzati dalla Bdi, la Confindustria tedesca; nel 2008 da quella giapponese, Nippon Keidanren, a Tokio. L'emergenza economica è stata il motivo per convocare riunione straordinaria, a dicembre del 2008, organizzata a Parigi dalla Confindustria francese, Medef, interamente dedicata alla crisi finanziaria. La riunione che si terrà in Italia cade in un momento particolare: a metà strada tra la riunione del G20 del 2 aprile e il G8 che si terrà a luglio a La Maddalena. E proprio in vista del vertice politico di luglio a conclusione dei lavori le associazioni imprenditoriali firmeranno una dichiarazione congiunta da presentare ai Capi di Stato e di Governo, perché ne tengano conto nel dibattito e nelle decisioni che saranno prese. Il summit italiano cercherà di individuare nuove proposte per superare la difficile congiuntura globale e per riflettere sull'agenda economica internazionale. Il messaggio forte che sarà lanciato è un no al protezionismo. Anche nelle edizioni passate era stata la maggiore preoccupazione espressa dalle imprese: il rischio che gli interventi contro la crisi potessero provocare una distorsione del mercato e una chiusura dei mercati. Nel comunicato finale del G8 Business di dicembre è stato espresso esplicitamente l'auspicio a concludere i negoziati commerciali avviati a Doha, nel 2001, definendoli una «tappa fondamentale per il superamento della crisi». Le stesse considerazioni le ha sollevate la Marcegaglia nei giorni scorsi, a Londra, al G20 delle imprese, dove si è parlato degli interventi contro la crisi, nuove regole per i mercati finanziari, sviluppo del mercato mondiale. Il no al protezionismo era stato anche lo slogan del G8 Business del 2007, insieme alla sollecitazione al mondo imprenditoriale a parlare con una sola voce quando si tratta di affrontare temi che richiedano soluzioni globali. Già allora, primo dello scoppio della crisi, era stato sollevato il problema di rendere più efficienti i mercati finanziari. A maggior ragione oggi, come ha sottolineato più volte la presidente della Confindustria, è necessario avere un'unità d'azione da parte dell'Europa e interventi coordinati per affrontare la situazione economica. Ai due giorni di lavori a Fort Village parteciperanno i presidenti delle Confindustrie di Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Gretagna, Francia, Italia, Canada e Russia oltre ad esponenti del Governo italiano ed economisti internazionali e i lavori saranno coordinati dalla Marcegaglia. I Paesi del G8 rappresentano il 63% del Pil mondiale, il 60% degli investimenti diretti e il 50% del commercio mondiale. Un'attenzione particolare sarà dedicata al clima, in vista della conferenza di Copenaghen che si terrà a dicembre, dove si dovranno stabilire le regole del dopo Kyoto in particolare sulle emissioni di Co2 e l'ingresso nel sistema degli Usa e dei Paesi principali inquinatori come Cina e India. L'AGENDA Al centro dei lavori il tema del protezionismo e le soluzioni globali L'incontro si terrà il 23 e 24 aprile

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È partito (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-28 num: - pag: 39 categoria: REDAZIONALE Sotto la lente Clima e CO2, scelta anti-Cina alla Casa Bianca è partito l'ingranaggio che dovrebbe portare a un accordo globale per il dopo-Kyoto, previsto in dicembre a Copenhagen. Domenica a Bonn si incontreranno i rappresentanti di quasi 200 governi. Lunedì a Washington i parlamentari dei principali Paesi del G20 parleranno degli stessi problemi, congressisti americani e membri dell'Assemblea di Pechino inclusi. Con la svolta «verde » di Barack Obama i rapporti dovrebbero essere più distesi, eppure lo sono di meno. L'amministrazione intende infatti introdurre un sistema di «cap and trade», tetti e scambi sui permessi d'emissione, ma con una dose di protezionismo nascosta dentro. La nuova proposta di legge americana dà infatti alla Casa Bianca l'autorità di far scattare forti dazi sull'import dai Paesi che non pratichino sistemi di «cap and trade». La minaccia nei confronti di Pechino è evidente e qualche giorno fa il segretario all'Energia Steven Chu, premio Nobel per la Fisica e cinese d'origine, non ne ha fatto mistero. Sarà un caso, ma Pechino ha appena bloccato una grossa acquisizione di Coca Cola in Cina. E dire che si parlava di raffreddare la Terra, non di surriscaldare nuove guerre commerciali. (F. Fub.)

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Corporate bond, torna la liquidità (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-28 - pag: 35 autore: Capitali. Mentre la Borsa cade e altri mercati stentano a risollevarsi, esplode l'emissione di debito aziendale negli Usa e in Europa Corporate bond, torna la liquidità Nei primi tre mesi collocate obbligazioni per 331,7 miliardi di dollari: primato storico Mara Monti MILANO è una corsa record quella dei corporate bond che nel primo trimestre sbriciolano di molte lunghezze i massimi storici toccati in precedenza. Nel panorama desolante del capital market, le obbligazioni societarie, a dispetto della crisi finanziaria, emergono come l'unica voce in attivo se confrontate alle Ipo (Initial public offering) ancora su livelli minimi e all'M&A (Merger and acquisition) in calo del 33 per cento. Un insieme di fattori, dal calo dei tassi di interesse alle esigenze delle imprese high yield di finanziare il proprio debito, ha sostenuto un comparto nel quale ora anche la Banca centrale europea trova spazio: è dei giorni scorsi l'ipotesi che la Bce acquisti debito privato sui mercati per immettere liquidità nel sistema. Una mossa che potrebbe essere imitata anche da altre banche centrali. Ma soprattutto è stata l'emissione monster di Roche a fare balzare i bond nella classifica storica. Duramente colpito nei mesi scorsi dalla crisi di liquidità, il settore del capital market, secondo i dati di Thomson Reuters, ha trovato ossigeno proprio nei corporate bond che hanno totalizzato emissioni per un controvalore di 331,7 miliardi di dollari, un livello mai toccato. Basti pensare che nel primo trimestre del 2008 le emissioni erano state 125,6 miliardi e nel quarto trimestre 125,6 miliardi. Sale anche il numero delle emissioni a 253, con un incremento pari al 34,5 per cento. A spingere sull'acceleratore sono gli Stati Uniti a cui va ascritto il 40% delle nuove obbligazioni in circolazione, seguito dalla Germania ( 16%), Svizzera (12%), Francia (10%), Inghilterra ( 8%), Spagna (3%). A livello settoriale è l'energia a collezionare il 32% dei collocamenti, farmaceutico il 17%, consumi 10%, telecomunicazioni 9 per cento. L'emissione monster di Roche holding (due tranche da 16,4 miliardi di dollari e 14,1 miliardi di dollari) ha dato slancio al comparto, seguita da Pfizer, ConocoPhillips e At& T. Un dato, quello delle emissioni obbligazionarie, in controtendenza rispetto al resto delle attività di capital market, complessivamente arretrate del 59% a 66,3 miliardi di dollari, il livello più basso dal terzo trimestre 2002. Giù le Ipo che non vanno oltre il miliardo e 300 milioni nel trimestre, con una sola Initial public offering effettuata alla Borsa di New York, quattro a Hong Kong e nessuna a Londra. Dimezzati anche i prestiti sindacati a 310,9 miliardi di dollari dai 670 miliardi del primo trimestre 2008, toccando così il livello più basso degli ultimi dieci anni. Non va meglio per l'attività di fusioni e acquisizioni con un trend ancora in calo sia in termini di controvalore (-33%) a 444 miliardi di dollari che di deal (-28%) a 7.141. Pesano i dati dell'Europa dove l'M&A è crollato del 52%, mentre segnali di ripresa emergono negli Usa dove si registra un incremento dell'8 per cento. Le società inglesi sono i target ritenuti più interessanti a differenza dell'Est Europa, dove le societàdell'area sono quasi totalmente uscite dai portafogli degli operatori. I settori farmaceutico e finanziario hanno totalizzato il maggior numero di operazioni, in particolare il primo ha messo a segno un incremento record del 505% per un controvalore di 120,2 miliardi di dollari. Con l'attivismo delle banche salgono del 3% le attività di M&A nel settore finanziario, mentre in quello dei consumi il calo è del 93%, nell'immobiliare del 73% e nelle vendite al dettaglio del 74 per cento. L'Italia è in linea con l'Europa, con acquisizioni di società crollate dell'86% per un controvalore di 3,5 miliardi di dollari e 118 operazioni, il livello più contenuto dal 1998. I settori più attivi quello finanziario, seguito dall'industriale, high tech, media, telecommunication, real estate e consumi. LA FLESSIONE DELL'M&A Non si ferma il calo di fusioni e acquisizioni: da gennaio il controvalore delle operazioni mondiali ha subito un crollo del 33%

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Camfin, Tronchetti vara il rilancio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-28 - pag: 35 autore: Riassetti. Dopo il «rosso» del 2008, l'advisor Mediobanca studia un aumento di capitale da 50 milioni Camfin, Tronchetti vara il rilancio Marigia Mangano Parte il piano di rafforzamento patrimoniale del gruppo Camfin. Archiviato un 2008 in perdita per 167,1 milioni (contro l'utile di 1,7 milioni di un anno prima) e in vista di un esercizio in cui si prevede una riduzione dei flussi di cassa per il mancato dividendo da parte di Pirelli, il gruppo che fa capo a Marco Tronchetti Provera ha avviato una serie di iniziative per riequilibrare la situazione finanziaria e patrimoniale della holding. Il lavoro è focalizzato su due fronti:cessioni,alcune delle quali già avviate, e riscadenziamento del debito, pari alla fine del 2008 a 559 milioni,in miglioramento rispetto ai 690 milioni di un anno prima. Ma il piano, su cui sta lavorando Mediobanca, potrebbe contemplare secondo indiscrezioni anche una ricapitalizzazione di 50 milioni di euro. In Borsa il titolo Camfin ha archiviato la seduta in forte rialzo del 6,5% a 0,23 euro. La riduzione del debito Sul fronte delle cessioni, la holding di controllo del gruppo Pirelli ha già avviato l'iter per la dismissione del 40% detenuto in Energie Investimenti, la joint venture con i francesi di Gaz de France-Suez nel settore della vendita del gas naturale in Italia. Su questa quota, Camfin ha in mano una put che nelle stime degli analisti vale circa 120-130 milioni e che sarà esercitabile a partire dal 22 aprile. Ma i colloqui sarebbero già in corso ed è presumile che la vendita sia perfezionata entro giugno. Conti alla mano, ceduta la quota ai francesi di Gdf Suez, i debiti dovrebbero scendere intorno ai 430-440 milioni. Ma secondo indiscrezioni raccolte dal Sole-24 Ore, il piano a cui sta lavorando Mediobanca punta al raggiungimento di un target di medio periodo pari a 250-260 milioni di euro di debiti, livello giudicato sostenibile per la holding. In che modo? è utile scorrere il portafoglio di Camfin: oltre alla quota del 26,6% di Pirelli e alla proprietà di alcuni terreni, la società ha in anche il 49% di Pirelli Ambiente (fotovoltaico), e il 49% di Pirelli Ecotecnoloy (filtri), entrambe joint venture con la stessa Pirelli che detiene il restante 51 per cento. Queste due joint venture compaiono, secondo le stesse fonti, nella lista delle cessioni e le put in manoa Camfin, secondo le stime del mercato, avrebbero un valore intorno ai 100 milioni. Si arriva così a un livello di circa 330-340 milioni, che potrebbero diminuire intorno ai 310 milioni considerando la cessione di alcuni asset immobiliari direttamente in capo a Camfin. A questo punto, per centrare il target di 250-260 milioni, Mediobanca starebbe studiando diverse ipotesi, tra cui una ricapitalizzazione nell'ordine di 50 milioni di euro. Aumento di capitale che, a questo punto, dovrebbe richiedere un impegno da parte dell'azionista di riferimento, Gruppo Partecipazioni Industriali (controllato dalla Marco Tronchetti Provera Sapa), per poco più della metà. Le valutazioni sarebbero in pieno svolgimento. Contestualmente, la banca d'affari milanese starebbe lavorando all'allungamento delle scadenze del debito. Da bilancio, a giugno scadono 90 milioni di euro, mentre a fine anno altri 80 milioni. Pesa la svalutazione di Pirelli L'annuncio delle manovre sul debito è arrivata nel giorno in cui il consiglio di amministrazione di Camfin ha approvato i dati di bilancio. L'esercizio si chiude con un risultato netto consolidato negativo per 167,1 milioni, mentre il risultato netto della capogruppo è negativo per 203,5 milioni (-27,6 milioni nel 2007): sul dato pesa la svalutazione per 165,2 milioni della partecipazione in Pirelli a 0,55 euro per azione da 0,67 euro. In Borsa il titolo della Bicocca ha chiuso a 0,18 euro (+1,6%). L'esercizio 2008, spiega la società, «è stato fortemente condizionato dalla crisi finanziaria internazionale, con impatti negativi sui risultati del gruppo Camfin sia per la contrazione dell'attività delle collegate derivante dal rallentamento dell'economia mondiale, sia per la repentina contrazione dei mercati borsistici, che ha penalizzato la valorizzazione degli asset quotati». I proventi netti da partecipazioni al 31 dicembre 2008 sono negativi per 131,8 milioni, rispetto a un dato positivo per 38,7 milioni nel 2007. Ha pesato il rosso della collegata Pirelli (-412,5 milioni). Camfin prevede di poter beneficiare delle misure avviate da Pirelli nel 2009 – spiega la nota – e grazie al programma di riscadenziamento del debito prevede «di conseguire nei tempi previsti una situazione di stabile equilibrio economico- finanziario». In questo contesto, «l'azionista di riferimento ha anche manifestato l'intendimento di continuare a sostenere la società con le forme e le iniziative più adatte allo scopo». LE REAZIONI Le azioni annunciate hanno raccolto il favore della Borsa: il titolo è salito del 6,5% Avviata la dismissione della quota in Energia Investimenti

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Carige conferma gli utili e la cedola (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-28 - pag: 36 autore: La crisi pesa sui risultati che però restano positivi: in progresso margini e redditività Carige conferma gli utili e la cedola GENOVA Banca Carige archivia il 2008 con un utile netto consolidato di 205,5 milioni, un risultato in linea (+0,3%) con quello conseguito nell'esercizio 2007 (204,8 milioni). Incrementa i margini di redditività la capogruppo, che ha chiuso il 2008 con un utile netto pari 223,5 milioni, in crescita del 6,4% rispetto al risultato dell'esercizio precedente. Il consiglio di amministrazione dell'istituto ligure proporrà all'assemblea degli azionisti, convocata per il 29 aprile, la distribuzione di un dividendo,invariato rispetto all'esercizio precedente, pari a 0,080 euro per le azioni ordinarie e di 0,100 euro per le azioni di risparmio. Alla prossima assemblea scade il consiglio di amministrazione: i soci potranno presentare le liste per il rinnovo entro e non oltre il 14 aprile. Il consiglio di amministrazione uscente ha confermato, fino alla fine del 2009, Alfredo Sanguinetto nella carica di direttore generale. A livello consolidato, il progetto di bilancio approvato ieri registra un margine di interesse pari a 810,7 milioni (+23%), le commissioni nette crescono a 253,2 milioni (+1,2%)e la gestione delle poste finanziarie, al netto di dividendi per 14,8 milioni, presenta un risultato negativo per 48,1 milioni a fronte di un risultato positivo di 35,3 milioni del periodo di raffronto a causa dello sfavorevole andamento dei mercati finanziari che ha determinato minusvalenze sul portafoglio di proprietà. Il margine di intermediazione, di conseguenza, è pari a 1.030,6 milioni, in aumento del 6,4%; le rettifiche di valore nette per il deterioramento dei crediti e altre poste finanziarie, 102,8 milioni (+24,7%), comprendonosvalutazioni di titoli del portafoglio non di trading per 28 milioni. Il risultato netto della gestione finanziaria e assicurativa si attesta a 910,7 milioni, in crescita del 4%; i costi operativi risultano pari a 607,5 milioni, in aumento del 17,9% rispetto all'esercizio precedente; l'utile dell'operatività corrente al lordo delle imposte si attesta così a 308,7 milioni, con un decremento del 16,5%. La raccolta complessiva da clientela ha raggiunto quota 43.124,3 milioni, in crescita del 14,6%: la raccolta diretta è risultata pari a 22.164,1 milioni (+27,5%); la raccolta indiretta ha toccato i 20.960,3 milioni (+3,6%). I crediti verso la clientela, al lordo delle presunte perdite, sono pari a 21.120 milioni, in aumento del 20,8%. D.Ra.

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Fiat: Gli aiuti pubblici creano sperequazioni (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-28 - pag: 37 autore: Auto. Sì dei soci ai conti - «Ipotesi di accordo con Chrysler in linea col Tesoro Usa» Fiat: «Gli aiuti pubblici creano sperequazioni» Marchionne: l'Europa affronti la sovracapacità produttiva Andrea Malan TORINO. Dal nostro inviato «La capacità produttiva di auto al mondo è di quasi 100 milioni l'anno; ma il mercato ne può assorbire 64 milioni».In questi due numeri citati dall'amministratore delegato Sergio Marchionne c'è tutta la crisi del settore industriale più importante d'Europa.Dopo aver spiegato ieri ai soci i conti 2008 di Fiat, Marchionne ha rilanciato la sua visione di un momento di svolta per il settore auto.L'eccesso di capacità, aggravato dalla crisi, è il punto di partenza. In Europa «la necessità di una razionalizzazione è evidente», e «non si è mai visto » un consolidamento simile a quello che caratterizzò l'industria dell'acciaio negli anni 90. Tutto questo mentre «in Usa e Canada sono state chiuse 24 fabbriche in 12 mesi». Ma il paradosso evocato da Marchionne è che a livello europeo «invece di facilitare questo processo lo stiamo ostacolando ».Come mai?Oltre all'«eccesso di regolazione » e a una normativa sul CO2 che «penalizza un costruttore virtuoso come Fiat», il punto chiave è la mancanza di coordinazione che finora ha caratterizzato gli aiuti al settore all'interno della Ue; un procedere in ordine sparso che ha generato, secondo il presidente Luca di Montezemolo, «sperequazioni inaccettabili». Marchionne gli ha fatto eco elencando tutti gli Stati che finora hanno aiutato i rispettivi costruttori - dalla Francia alla Svezia alla Gran Bretagna - e ha sintetizzato con una metafora colorita: «Quando qualcuno abbassa la fiamma ai miei concorrenti e io rimango l'unico nel pentolone, non sono contento». Il rischio per Fiat è che l'attuale struttura produttiva non sia sostenibile. «Quando, quasi cinque anni fa, abbiamo detto che non avremmo chiuso stabilimenti in Italia, eravamo consci dei costi che questa scelta avrebbe comportato» ha ricordato Marchionne. Oggi però «la crisi ha spinto oltre il limite quelle condizioni di sostenibilità; non si tratta più di un problema solo della Fiat, è un problema che, come succede in ogni altra parte del mondo, riguarda tutti gli stakeholders ». Un discorso che non ha certamente tranquillizzato i rappresentanti dei lavoratori presenti ieri di fronte al Lingotto per chiedere garanzie sul futuro degli stabilimenti italiani del gruppo. Marchionne non è arrivato a dire che Fiat sarà costretta a chiudere stabilimenti in Italia, e si è anzi sbilanciato a favore di Mirafiori: «Chiuderlo sarebbe inconcepibile». Il messaggio generale è però chiaro, sia per la politica che per i sindacati. Marchionne ha detto che Fiat «è pronta ad aprire un tavolo di confronto con Governo e parti sociali», e ha avvertito: «Il territorio che perde le sue attività produttive vede diminuire la sua competitività strutturale». Ieri Montezemolo, Marchionne e il vicepresidente John Elkann, hanno affrontato i soci Fiat riuniti in assemblea (con la consueta nutrita pattuglia di disturbatori) per l'approvazione del bilancio 2008 e la nomina del consiglio d'amministrazione (i cui membri sono stati tutti confermati). Quanto al 2009, c'è ancora nebbia fitta, tanto che i vertici non si sono sbilanciati neppure sui risultati del primo trimestre: «Difficile dire se sarà positivo o negativo ». Tra i segnali di ottimismo ci sono la ripresa delle immatricolazioni in Italia dopo il varo degli incentivi alla rottamazione, la tenuta del Brasile e del settore delle macchine agricole; più difficile il momento di Iveco e delle macchine da cantiere, che«dovranno aspettare la ripresa dell'economia ». Anche la tensione sui mercati finanziari sembra per fortuna allentarsi: giovedì la Cnh, divisione macchine agricole con sede negli Usa, è tornata sul mercato delle cartolarizzazioni con un'emissione da oltre 500 milioni di dollari (sia pure «a un prezzo elevato») che dovrebbe permettere di alleggerire la pressione sulle finanze del gruppo: «Considerato che abbiamo aperto una linea di credito da un miliardo e che c'è da Bei l'assistenza ai finanziamenti, le fonti di finanziamento si stanno allineando nella maniera giusta» ha aggiunto il manager, confermando l'obiettivo di ridurre il debito di 1 miliardo di euro a fine anno rispetto al livello di fine 2008; l'altro target ribadito è quello di un risultato operativo consolidato positivo per di 1 miliardo di euro. Ieri la Borsa ha premiato il quadro dipinto dal management Fiat con un altro rialzo (+3,3%) che ha portato le azioni ordinarie a 5,27 euro. In attesa dell'atteso consolidamento del settore, Fiat nel breve periodo guarda Oltreoceano alla possibile intesa con Chrysler, sulla quale prosegue un «intenso dialogo »con le autorità Usa;se l'intesa verrà approvata - ha detto Marchionne - è probabile che lo sarà «in termini che rifletteranno i desideri del Tesoro Usa». Per vederne i frutti «ci vorranno anni »; ma in caso di via libera rapido – ha assicurato il manager – la prima vettura Chrysler su piattaforma Fiat potrebbe arrivare prima della fine del 2011.

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Dal G-20 una risposta politica (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM data: 2009-03-28 - pag: 10 autore: «Dal G-20 una risposta politica» di Mario Margiocco U n incontro a porte chiuse tenuto ieri alla Fondazione Mattei, e organizzato insieme al centro Paolo Baffi della Bocconi, ha portato ieri a Milano una trentina di economisti, consulenti di Governi e istituzioni internazionali, l'ex ministro e banchiere centrale Tommaso Padoa- Schioppa, il direttore del Max Planck Institute di Bonn, Martin Hellwig, Charles Goodhart della London School of Economics, e numerosi altri economisti. Tema ufficiale Back from the brink: rethinking financial regulation, (Allontanandoci dall'abisso: ripensare le regole della finanza). Esperienze americane ed europee, rischi, aspettative, sono stati dibattuti con conclusioni utili a capire una stagione ancora confusa e che, si spera, il prossimo G-20 di Londra aiuterà a chiarire. Attivi nella discussione economisti dei tre atenei milanesi, Bocconi, Cattolica e Statale, e di altre università. Regola dei lavori, nessuna attribuzione diretta da parte del cronista, per garantire a tutti la massima libertà. Tutti d'accordo sulfatto che occorrano nuove regole, non tutti d'accordo che la mancanza, scarsità o non applicazione delle regole sia la causa prima di quanto accaduto sui mercati a partire dall'agosto del 2007. Il crollo sistemico, dovuto alla fine negli Stati Uniti soprattutto, ma non solo, del modello di crescita basato sul debito, interno ed estero, sarebbe stato inevitabile anche se regole migliori e più aggiornate fossero state applicate meglio, secondo alcuni. Le regole avrebbero segnalato meglio l'allarme, secondo altri. Le conclusioni della giornata, tratte da Arrigo Sadun del Fondo monetario, sono articolate su cinque punti e chiariscono anche al non specialista le conclusioni più importanti. Primo, la riforma dei mercati finanziari è importante adesso perché c'è stato un crollo della fiducia, e regole più affidabli aiutano a ripartire. Ma, secondo punto, non bisogna illudersi che nuove regole finanziarie siano capaci di per sé di scongiurare una prossima crisi. Le regole di Basilea I e Basilea II sui requisiti patrimoniali delle banche, terzo punto, non sono sufficienti e occorre un approccio sistemico al problema. Servono "allarmi automatici" da inserire per avvertire automaticamente, ad esempio, quando il debito diventa eccessivo in una banca, quando un particolare mercato eccede in un senso o nell'altro. Infine, quinto punto, valutazioni sulla crisi.Ha fatto centro ieri l'analisi del caso giapponese, dove la bolla immobiliare scoppiò 20 anni fa, fatta da Naoyuki Yoshino della Keio University di Tokyo. Mercato azionario, immobiliare e tasso di crescita non si sono ancora ripresi del tutto adesso. Insieme all'esperienza della Grande Depressione, il caso giapponese indica che la ripresa questa volta potrà essere lenta. Non una V o una U, ma una L, sia pure col lato orizzontale che tende verso l'alto. E allora, le promesse di Barack Obama di una forte ripresa già l'anno prossimo? Alcune domande a due accademici americani presenti rivelano giudizi divergenti. Per Anil Kashyap dell'Università di Chicago Washington è schizofrenica. «Non c'è ancora una linea,e c'è una grossa divergenza fra Congresso ed Esecutivo. La grossa battaglia è adesso su quanto devono pagare gli obbligazionisti delle banche. E Washington deve dire quanto deve contribuire al risanamento chi ha le obbligazioni bancarie, e quanto il contribuente. è un passaggio politico ineludibile ». Franklin Partnoy, docente di diritto a San Diego, esperto di regole finanziarie e società di rating, è famoso per aver denunciato invano nel 1997 con un libro (si intitola F.i.a.s.c.o.)l'insostenibilità dei nuovi prodotti finanziari. «Io ho fiducia negli istinti politici di Obama. Anche se non so se, sul fronte delle regole, arriveremo presto a un nuovo mondo o non ci limiteremo a un lavoro di tagliae cuci, con dignitose pezze». Anche gli europei sono convinti che il nodo ormai sia politico, e spetti ai politici definire anche in Europa chi paga. «Gli azionisti di molte banche sono ormai cancellati, vogliamo sapere quale sarà il contributo degli obbligazionisti. Non può pagare tutto il contribuente». L'idea di un Fondo di garanzia europeo che affianchi la Bce ha raccolto consensi. Qualcuno non esclude una crisi di un major european player, che verrebbe risolta rinegoziando Maastricht, concedendo aiuti, imponendo regole. I candidati a questo ruolo sarebbero Spagna e Italia. E Obama? «Essendo un animale politico, fra alcuni mesi cambierà squadra economica. Quella attuale non lo porterà molto lontano ». mario.margiocco@ilsole24ore.com PER UNA RITROVATA FIDUCIA Sono da cambiare le regole di Basilea 2 sui requisiti patrimoniali delle banche Auspicato dagli esperti un Fondo europeo di garanzia

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La nuova Londra parla arabo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: SYSTEM data: 2009-03-28 - pag: 16 autore: Lungo il Tamigi. La ripresa inizia dalla sponda meridionale - Restano bloccati invece i cantieri nella City La nuova Londra parla arabo Parte la «scheggia di vetro» di Piano, finanziata dalle banche del Qatar Nicol Degli Innocenti Londra sfida la crisi con due progetti avveniristici. A un passo dalla City, sulla riva sud del Tamigi, sono iniziati da pochi giorni i lavori di costruzione dello Shard of Glass, la "scheggia di vetro" progettata da Renzo Piano che sarà l'edificio più alto d'Europa - 310 metri - e costerà 2 miliardi di sterline. A pochi metri verranno costruite invece tre torri residenziali da 350 milioni di sterline progettate da Herzog & de Meuron, gli architetti del celebre stadio "Nido" delle Olimpiadi di Pechino e responsabili della trasformazione della Tate Modern da centrale in disuso a tempio dell'arte contemporanea. Le tre torri "sorelle" – di 100, 200 e 250 metri di altezza –avranno 380 appartamenti, muri esterni interamente in vetro e saranno completate in sette anni. La torre più alta, di 66 piani, avrà un superattico con una vista spettacolare sulla città e, nei giorni limpidi, fino alle coste francesi. Si dice che un potenziale acquirente si sia già fatto avanti e si prevede che l'attico sarà venduto per oltre 100 milioni di sterline, diventando l'appartamento più costoso della capitale. Un record finora raggiunto solamente da un attico con vista su Hyde Park acquistato per lo stesso prezzo nel 2007 da uno sceicco membro della famiglia reale del Qatar. Alcuni critici hanno definito " visionario" il progetto delle tre torri, considerate come un nuovo punto di riferimento per la capitale, come il Gherkin di Norman Foster o il Lloyd's Building di Richard Rogers. Altri invece hanno criticato l'idea di un eccessivo affollamento di grattacieli in quella zona. English Heritage, l'organizzazione che vigila sulla tutela degli edifici storici, ha obiettato che le tre torri rischiano di impedire la vista della Torre di Londra, ex prigione e palazzo reale tutelato dall'Unesco, e prevedono inoltre la demolizionedi diversi magazzini dell'Ottocento a Bermondsey. Il progetto però procede. Spetta ora al sindaco di Londra, Boris Johnson, dare il via libera finale alla costruzione. è questo il vero punto interrogativo, dato che le tre torri saranno a poche centinaia di metri dal'ufficio di Johnson e bloccheranno la vista verso sud da City Hall, il municipio. Dietro il progetto c'è la società britannica Sellar Property Group, che sostiene anche la costruzione della scheggia di Renzo Piano. Lo Shard of Glass, ottanta piani di vetro che conterranno uffici, un hotel Shangri-la e appartamenti per 8mila persone, farà ombra a London Bridge e svetterà nel cielo della capitale britannica, tre volte più alto della cattedrale di San Paolo. Al di là del valore simbolico dell'edificio, la sua costruzione – iniziata dopo diversi rinvii - rappresenta una ciambella di salvataggio per il settore edilizio in crisi, generando decine di commesse. L'opera sarà completata in tre anni e darà lavoro a circa mille persone. «è un progetto di grande importanza, - rileva Derek Tordoff, direttore generale della British Constructional Steelworks Association. - Servirà più acciaio per lo Shard of Glass quest'anno che in tutte le opere progettate per le Olimpiadi del 2012». A consentire l'avvio dei lavori è stato il sostegno finanziario garantito da quattro banche del Qatar (QInvest, Qatar National Bank, Qatari Islamic Bank e Barwa) oltre alla britannica Sellar. I sostenitori originali del progetto, un gruppo di istituti europei tra i quali Credit Suisse e Hypo Real Estate, si erano infatti ritirati nel 2007 dopo lo scoppio della crisi finanziaria. Intanto nella City i progetti già approvati di altre due grattacieli, il cosiddetto "Cheesegrater" (grattugia) di British Land e il "Walkie Talkie" di Land Securities, sono stati archiviati a causa del calo della domanda e della mancanza di finanziamenti. Solamente nella zona "nuova" a sud del Tamigi, quindi, vicino a London Bridge la partita è ancora aperta, nella convinzione che superata la tempesta ci sarà la ripresa e che Londra tornerà ad essere la "regina" del mercato immobiliare europeo. APPARTAMENTI DI LUSSO Nella torre più alta di 66 piani firmata da Herzog & de Meuron il superattico presentata un'offerta per oltre 100 milioni di sterline

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fincantieri ricavi a più 8% guadagni in calo (sezione: crisi)

( da "Mattino di Padova, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 13 - Economia Fincantieri Ricavi a più 8% guadagni in calo VENEZIA. Nel 2008 Fincantieri ha registrato ricavi in crescita dell'8% a 2,93 miliardi, mentre il risultato ante imposte e il risultato netto si sono ridotti rispettivamente a 43 milioni e 10 milioni contro gli 87 milioni e i 36 milioni del 2007. «A causa delle forti tensioni sul mercato delle materie prime, registrate nei primi nove mesi dell'anno e solo parzialmente attenuate nell'ultimo trimestre, nonché dei pesanti effetti negativi della crisi economica e dell'incremento del costo del lavoro» si legge nella nota di Fincantieri, «l'Ebitda risulta in calo rispetto al 2007 (134 milioni contro i 194)». Sotto il profilo dell'attività commerciale, «sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) in un contesto segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire da settembre 2008». Gli investimenti pari a 111 milioni sono in diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007.

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Diciamo sì a 3 aziende su 4 (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 82 UNICREDIT. Dalla sede centrale di Verona, che comprende le più importanti direzioni del Triveneto occidentale, arriva un messaggio di fiducia alle imprese «Diciamo sì a 3 aziende su 4» Considerate le difficoltà del momento, il 40 per cento delle richieste di credito accettate riguarda ditte con i conti in rosso La crisi finanziaria che ha caratterizzato la seconda metà del 2008 è divenuta nel corso di questi primi mesi dell'anno a tutti gli effetti una crisi sistemica, con importanti riflessi negativi sull'economia. Le responsabilità delle banche sono quindi aumentate, e il gruppo UniCredit ha rinnovato il proprio impegno concreto per non fare mancare il necessario supporto alle famiglie, agli operatori economici e alle imprese. Un impegno che non è mai mancato - sostengono in via Garibaldi - come testimoniano i 2,3 miliardi di nuovi crediti erogati nei primi tre mesi del 2009. Dato ancora più significativo se si considera che la banca ha risposto positivamente alle richieste di nuova liquidità di tre aziende su quattro ( a Verona il tasso di accettazione è ancora più alto della media nazionale), e che il 40 per cento delle imprese finanziate presenta conti in rosso. D'altronde, come ha più volte commentato l'amministratore delegato Alessandro Profumo, «sostenere le imprese è nell'interesse delle banche, che debbono continuare a essere vicine alle imprese» pure essendo selettive, perchè «solo facendo un buon credito si aiuta davvero l'economia». INSIEME PER USCIRE DALLA CRISI. Proprio con questa finalità, UniCredit ha lanciato nel novembre 2008 il progetto 'Impresa Italia', ora entrato nella fase di piena operatività. Si tratta di un'iniziativa che, attraverso la collaborazione tra le banche del gruppo, le associazioni di rappresentanza dei settori produttivi e i confidi, mette a disposizione delle imprese un plafond complessivo di finanziamenti per 7 miliardi di euro per garantire alle aziende liquidità e capacità di investimento, contando sul rapporto con gli operatori delle realtà economiche locali. L'obiettivo di 'Impresa Italia', che conta già su oltre 140 convenzioni con associazioni e confidi locali, è quindi non far mancare la disponibilità di credito. Tenendo anche conto, attraverso l'estensione dei termini di anticipo fattura da 90 a 180 giorni, decisione presa proprio alla luce dei cambiamenti nel contesto economico, della necessità di maggiore flessibilità da parte della banca nella concessione di finanziamenti. 'Impresa Italia' è stato recentemente al centro di due giornate di incontri a Roma, dove UniCredit ha messo attorno a un tavolo gli esponenti nazionali e locali di tutti i diversi attori del sistema imprenditoriale italiano, banchieri, imprenditori, rappresentanti di associazioni di categoria e confidi, nella convinzione che la crisi si possa superare grazie a un lavoro comune fondato su un rapporto, stretto e assiduo, tra banca e territorio. L'alleanza tra il maggior numero possibile di soggetti, del resto, è fondamentale in un momento in cui la congiuntura economica sfavorevole influisce sulla propensione delle imprese a fare nuovi investimenti. Dal confronto faccia a faccia tra i rappresentanti locali delle banche, gli imprenditori e gli esponenti delle associazioni sono emersi i principali bisogni del tessuto imprenditoriale sui temi del credito e le richieste per rendere più concrete le possibilità di rilancio per uscire dalla crisi. L'agricoltura per esempio, chiede al sistema del credito sopratutto prodotti e servizi specifici, oltre a una maggiore capacità di valutazione delle competenze presenti nella singola impresa agricola. Il commercio ritiene che, a fronte della contrazione dei consumi, per affrontare la crisi sia indispensabile una maggiore flessibilità nell'applicazione delle regole creditizie. Richiesta condivisa dagli artigiani, colpiti in maniera particolarmente significativa dalla congiuntura negativa, che ritengono indispensabile una valutazione del merito creditizio basata anche sugli elementi informativi che possono essere forniti dai consorzi di garanzia. La piccola e media industria ha evidenziato il nodo della liquidità, che scarseggia anche a causa dell'allungamento dei termini di pagamento, non solo da parte della pubblica amministrazione. E ha espresso la proposta di istituire a livello locale veicoli di venture capital cui partecipino più soggetti, anche istituzionali. A fronte di tali bisogni, oltre al plafond di finanziamenti UniCredit ha naturalmente messo in campo un ventaglio di prodotti a sostegno delle esigenze delle piccole e medie imprese che, in questo momento di crisi, si propone di essere ancora più completo perché punta a rispondere concretamente ai bisogni del territorio. Con UniCredit Banca sul lato retail e UniCredit Corporate Banking per le imprese con fatturato superiore ai 3 milioni, il gruppo UniCredit è presente con una rete capillare all'interno del tessuto produttivo italiano ed europeo, di cui vuole essere il punto di riferimento per le questioni del credito e dell'aiuto allo sviluppo. Rispetto ai livelli standard praticati dall'istituto, con 'Impresa Italia' le aziende potranno contare su tassi migliorativi e sulla personalizzazione delle caratteristiche e della durata dei finanziamenti, condizioni che potranno diventare ancora più favorevoli in presenza di garanzia confidi. OSSIGENO PER FAMIGLIE E IMPRESE CON IL CONGELAMENTO DELLE RATE PER 1 ANNO. La consapevolezza della gravità delle conseguenze della crisi sui bilanci di molti privati e famiglie e di tante piccole e medie imprese ha indotto UniCredit a mettere in campo specifiche iniziative per assicurare a chi viene colpito in maniera particolare la necessaria tranquillità per trovare una soluzione, nel caso dei privati, o riprendere l'attività produttiva nel caso delle imprese. Già da dicembre, UniCredit Banca ha per prima ha deciso di sospendere il pagamento della rata del mutuo, gratuitamente, per un periodo fino a un massimo di 12 mesi ai clienti con redditi fino a 25 mila euro che non riescono a pagare la rata a causa di eventi pregiudizievoli quali la perdita del posto di lavoro per dipendenti a tempo indeterminato e per tutte le categorie di lavoratori atipici, la messa in Cassa Integrazione Ordinaria e Straordinaria, la separazione o divorzio nel caso di famiglie con figli a carico, il decesso di uno degli intestatari. E, ancora per prima, UniCredit Corporate Banking ha deciso proprio in questi giorni un'iniziativa analoga a favore delle Pmi in temporanea difficoltà a causa della crisi. La banca corporate di UniCredit ha infatti strutturato, a favore delle imprese clienti con fatturati annui a livello di gruppo inferiori a 50 milioni di euro che siano state costrette a ricorrere alla Cassa integrazione guadagni ordinaria, un meccanismo di congelamento, per un massimo di 12 mesi, delle rate relative a finanziamenti a termine o a mutui. Il sistema prevede che tali rate, per un ammontare massimo di 500 mila euro in linea capitale, vengano posticipate in coda al piano d'ammortamento, senza alcun onere per l'impresa se non le spese notarili nel caso si tratti di un mutuo ipotecario.  

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Meno risorse, ma ci siamo (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 83 FONDAZIONE CARIVERONA. L'impegno sul territorio, nonostante il calo dei mezzi a disposizione dovuto alla crisi finanziaria , si conferma cruciale per città e provincia «Meno risorse, ma ci siamo» Un sostegno molto forte ai casi di bisogno, a programmi medici e di salute pubblica. Finiti restauri di straordinaria importanza «La crisi sta pesando sulla fondazione ma il nostro obbiettivo è quello di continuare a garantire la nostra consistente presenza nel territorio». Pur nella forte prudenza, c'è comunque fiducia per quanto riguarda il futuro. Ci rassicura Fondazione Cariverona che non nasconde le conseguenze della crisi dei mercati finanziari internazionali e la volatilità dei corsi dei titoli azionari. Nel suo Documento Programmatico Previsionale 2009 - che costituisce una sorta di Magna Carta per la Fondazione - è previsto un avanzo di 80 milioni di euro e stanziamenti per l'attività istituzionale pari a 59,7 milioni di euro e 4,3 milioni per il volontariato. Rispetto al 2008, il calo è piuttosto significativo: l'anno scorso si stanziavano 93,5 milioni di euro (rispetto ai 50 milioni del 2009) per le nuove risorse che vanno sul territorio e 85 milioni (contro i 9,7 milioni di quest'anno) per gli interventi diretti che, molto spesso, sono però progetti pluriennali. Sono terminati alcuni di questi, come il restauro del Palazzo della Ragione e della Torre dei Lamberti e la Cattedrale a Verona, mentre stanno proseguendo i progetti avviati negli anni precedenti, come la ristrutturazione dell'Ospedale Borgo Trento di Verona (103 milioni di euro), il compendio ex Magazzini Generali (50 milioni di euro) e la ristrutturazione della Biblioteca Civica (14,7 milioni di euro). Si darà il via ai nuovi interventi - ci assicurano alla Fondazione - senza «intaccare» l'importante e vitale Fondo di stabilizzazione delle erogazioni, che registra una consistenza di 222 milioni di euro e che è nato con la finalità di assicurare nel tempo l'attività in favore della comunità locale. E' proprio questa la destinataria principale degli stanziamenti della fondazione previsti per quest'anno. «Quando diminuiscono le risorse, bisogna fare delle scelte», ci ricorda la Fondazione. Il Consiglio generale della Fondazione presieduto da Paolo Biasi, approvando il Documento provvisionale 2009, presentato dal Direttore generale Fausto Sinagra, ha fissato le linee direttrici dell'attività istituzionale dell'Ente, scegliendo di privilegiare le persone, soprattutto quelle che si trovano in situazione di bisogno. Quarantaquattro milioni di euro, infatti, andranno in questa direzione. La Fondazione sosterrà, con 11 milioni 100mila euro, programmi di salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa per migliorare la rete di accoglienza, assistenza e recupero di persone in stato vegetativo e saranno anche valutati interventi parziali di adeguamento e messa norma di strutture ospedaliere e progetti per lo sviluppo delle sempre più importanti reti informatiche con particolare riguardo al primo accesso del paziente al pronto soccorso. Verrà, infine, dato sostegno per l'acquisizione di attrezzature diagnostiche e terapeutiche. Per il settore del «Volontariato, filantropia e beneficenza», con 9 milioni 400mila euro, la Fondazione rinnoverà il Programma Povertà per sopperire le necessità primarie di coloro che vivono tale condizione e darà priorità a progetti di iniziativa nel campo dell'housing sociale e del recupero nella fase post acuta di soggetti con gravi cerebrolesioni, del sostegno al mondo degli handicap e a quello delle carceri e del servizio di trasporto a favore di categorie sociali deboli. La terza voce, per fondi previsti, è quella dedicata all'assistenza degli anziani. La Fondazione darà seguito al Progetto Sperimentale Alzheimer e valuterà iniziative volte alla messa a norma, adeguamento qualitativo degli standard previsti per i centri di accoglienza residenziali e a programmi finalizzati a creare, anche in forma di progetti pilota, centri di servizio a favore di utenti esterni alle strutture di assistenza residenziali. Le voci «Istruzione e formazione» e «Arte, attività e beni culturali» seguono, entrambe, con 7 milioni 100 euro di fondi ciascuna. A completare i progetti, la ricerca scientifica e tecnologica, la protezione e qualità ambientale e il fondo per urgenti inziative umanitarie. Il periodo per la presentazione delle domande si conclude il 31 marzo.  

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Un calo simile non si registrava da 34 anni (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 87 MULTIUTILITY. Al nord contrazione del 9,7% «Un calo simile non si registrava da 34 anni» Sempre più ditte scelgono l'energia rinnovabile La crisi finanziaria ed economica attacca anche i consumi di energia elettrica delle aziende italiane. Secondo i dati forniti da Multiutility, il calo dei consumi a gennaio 2009 si è attestato a -8,5%, per trovare un crollo percentuale comparabile, bisogna risalire al lontano agosto del 1975, ovvero 34 anni fa, quando i consumi mensili di energia elettrica fecero registrare una caduta del 7,6%. A livello territoriale il calo dei consumi di energia e di energia è stato ampio e diffuso in tutte le Regioni d'Italia, con un -9.7% al nord ed un -6,2% al sud passando per il -8,6% di calo dei consumi registrato nelle Regioni centrali dell'Italia. Il dato, peggiore da 34 anni, è susseguente al crollo della produzione industriale che ha portato ad una drastica riduzione dei consumi da parte dei grandi e dei grandissimi utilizzatori. Il calo dei consumi dell'energia elettrica diffusi dalla società Terna e registrati soprattutto nel Sud Italia con un meno 8 per cento rispetto all'anno precedente conferma che la crisi economica colpisce soprattutto le aree più deboli del Paese. «Oggi», dichiara Germano Zanini, amministratore delegato del gruppo Multiutility «siamo di fronte a un problema di sostenibilità del sistema energetico che ha i più rilevanti impatti sul clima e sull'ambiente mai riscontrati. L'Europa, in un processo cominciato con la strategia di Lisbona e culminato nel Pacchetto 20-20-20, ha scelto di mettere questo tema al centro della propria agenda politica, confidando nelle potenzialità del proprio sistema produttivo, ricerca industria e capitale umano, di vincere questa sfida e di garantire la sopravvivenza del nostro sistema economico grazie a conoscenza e innovazione». Le aziende che hanno capito che c'è un nuovo modo di fare impresa eticamente e socialmente responsabile sono in costante aumento; la testimonianza viene dal Veneto: Multiutility spa fornitore di energia con un forte posizionamento «verde» e, tra gli altri, fondatore con Aper di Re.e.f., vede il suo parco clienti in fornitura con energia proveniente da fonte rinnovabile in costante aumento. Dal 2006 i punti delle aziende/enti che utilizzano «100% energia pulita Multiutility» sono oltre 4mila sul territorio nazionale per un totale di 400 milioni di chilovattora forniti, pari al consumo annuo di circa 150mila famiglie che hanno permesso di non immettere in atmosfera 275mila tonnellate di anidride carbonica . «Le aziende più innovative hanno iniziato a concepire la tematica ambientale come strategia di innovazione e competitività, che richiede comportamenti virtuosi e che premia quelle che li adottano», dice Vincenzo Scotti direttore commerciale . E.C.  

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Aperto un tavolo di confronto con le banche del territorio (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 61 Aperto un tavolo di confronto con le banche del territorio Con l'aggravarsi della crisi finanziaria le banche hanno ridotto il credito all'impresa mettendola in seria difficoltà. Perciò in autunno Confindustria Verona ha deciso di aprire un tavolo di confronto con le banche del territorio, per rendere più agevole alle aziende l'accesso ai finanziamenti, per consentire grazie a un dialogo in chiave locale un monitoraggio più costante del rapporto banche-imprese e per individuare i problemi più sentiti e le soluzioni più adatte. Sulle organizzazioni di rappresentanza delle imprese ricade infatti l'onere di sostenere le aziende associate, soprattutto le Pmi, le più colpite dalla carenza di liquidità. Verona, che è la seconda piazza finanziaria italiana per importanza dopo Milano, vuole affrontare l'emergenza senza alzare barricate tra due sistemi così centrali per l'economia come l'industria e le banche. A un primo tavolo tecnico, al quale il presidente di Confindustria Verona Gian Luca Rana ha chiamato i vertici dei principali istituti del territorio, sono seguiti incontri dedicati all'esame della situazione locale, durante i quali tutti gli operatori hanno portato un contributo di idee e azioni per uscire dal tunnel della recessione e far ripartire il manifatturiero, evitando ulteriori danni all'economia reale. «Abbiamo avviato un'alleanza concreta tra banche e imprese, attori di un unico sistema economico e produttivo, che devono operare di concerto per contenere i danni della crisi finanziaria e favorire la ripresa. Questo dialogo - ha spiegato Rana - rientra nell'azione a sostegno delle aziende, soprattutto piccole e medie, avviata da Confindustria Verona anche per fornire un supporto alle imprese che tenga conto delle specificità della nostra economia». La strategia principale è un filo diretto tra Piazza Cittadella e le imprese associate per tenere sotto controllo la situazione sul piano produttivo e congiunturale, ma anche sotto il profilo finanziario. Convinta che gli imprenditori non possano essere lasciati soli nel contrastare l'emergenza, l'Associazione ha messo i propri esperti a disposizione delle aziende per affrontare i delicati aspetti finanziari delle loro attività, raccogliendo anche attraverso il sito internet informazioni sulle situazioni di difficoltà e offrendo ascolto e assistenza. Inoltre Confindustria Verona ha elaborato dati aggiornati sulle crisi delle aziende e sulla gestione del rapporto con le banche: la sintesi di questa indagine sta offrendo consigli su come favorire la ripresa, all'interno di una congiuntura locale che, seppure non ancora pesantemente negativa, soffrirà anche nel 2009 di un sensibile rallentamento. Un altro effetto del dialogo è la designazione da parte delle banche di precisi interlocutori per gli imprenditori, con il fine di assicurare un canale preferenziale alle aziende associate.  

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Adattabili, competitivi, solidi (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 61 CONFINDUSTRIA VERONA. L'associazione ha puntato a fornire sistemi innovativi ma anche a fare gioco di squadra con gli enti territoriali. E i risultati sono arrivati Adattabili, competitivi, solidi Il segreto? Rana: «Credere nelle nostre capacità. In Italia abbiamo rappresentato sempre una forza trainante» Nel corso dell'ultimo anno Confindustria Verona ha raggiunto traguardi importanti e ha consolidato la sua rappresentatività toccando la quota di 1543 aziende associate: ma oltre al numero in forte crescita va notato che le imprese provengono sempre più da tutto il mondo economico, dal manifatturiero ai servizi. Una forza che deriva dal territorio ma anche dalla capacità di cambiare pelle per adattarsi alle mutate esigenze del mercato, messo a dura prova dalla congiuntura negativa. La situazione comunque non frena le capacità di reazione e di crescita di Piazza Cittadella. «La crisi che ci ha colpito segna una forte discontinuità rispetto a un passato di sviluppo, ma dobbiamo vedere il bicchiere mezzo pieno e credere nelle nostre capacità, sconfiggendo la miopia del medio periodo - ribadisce infatti il presidente di Confindustria Verona Gian Luca Rana -. Occorre anzi continuare a investire per farsi trovare preparati quando le opportunità torneranno a spingere la produzione e l'economia del territorio. Il Paese ha la capacità di farcela, e Verona ha sempre dimostrato una forza trainante». L'anno appena trascorso è stato segnato anche da nuove relazioni con le istituzioni: apertura e dialogo nei fatti, non solo a parole. Confindustria Verona ha lavorato con la Provincia, con il Comune capoluogo e con i sindaci del territorio, con le organizzazioni di categoria e con il sindacato portando a casa risultati concreti, come dimostra la convergenza sulla figura di Alessandro Bianchi alla presidenza della Camera di Commercio, sempre più generatore di opportunità per Verona. Il «core business» di Confindustria Verona resta comunque la cura degli associati. In un anno si sono registrati 12.500 contatti per prestazione di servizi, consulenze e supporto. Inoltre più di 4.500 persone hanno preso parte a incontri, convegni e seminari, e temi forti come la crisi finanziaria e il federalismo sono oggetto di aggiornati approfondimenti. Al business occorrono supporti costanti e servizi innovativi: PerInnovare è sempre più un valido partner per le imprese, la BCC consente acquisti via internet e rende gli approvvigionamenti più diretti ed economici. Sono stati varati nuovi servizi come "Cevi 231" che aiuta le imprese a dotarsi di un modello organizzativo per la tutela legale, o i supporti per l'ambiente, la sicurezza, l'energia, la privacy e la ricerca del personale. Un impegno che porta Verona a primeggiare nel Veneto anche con i suoi Distretti produttivi, per progetti presentati e finanziamenti ottenuti. Ma è la crisi finanziaria a tenere alta la tensione in questi mesi: perciò Confindustria Verona fa fronte alle difficoltà delle aziende movendosi su due strade: da un lato rafforzando lo strumento di Neafidi, in grado di fare da tramite tra le imprese e il mondo del credito; e dall'altro aprendo un dialogo concreto con le banche del territorio, predisponendo per gli associati attività di ascolto e supporto, garantendo canali diretti con gli istituti bancari, progettando nuovi strumenti di credito. Gli imprenditori comunque credono nella forza del territorio, e ne hanno evidenziato le eccellenze e le opportunità, pur senza tacerne le criticità e gli ostacoli. Il benessere, la capacità di fare squadra e la condivisione dei valori d'impresa sono gli elementi capaci di incidere sulla crescita delle imprese e del sistema: e su questi punti di forza si concentra l'azione di Confindustria Verona, che ha evidenziato grazie a iniziative come "Porte aperte all'innovazione" il valore aggiunto competitivo del territorio. Al punto che lo stesso Censis, nell'ultimo rapporto, ci considera come uno dei "fari" del Nord, sottolineando l'energia e il ruolo trainante di Verona nella macroregione triveneta e verso la direttrice che ci collega a Milano e Torino. Verona ha quindi l'occasione di contribuire a rafforzare l'asse del Nord proponendo un nuovo modello di sviluppo. Il piccolo non è più in grado di affrontare le sfide del futuro, che sono già in atto con l'internazionalizzazione e l'apertura ai mercati globali. Oggi servono imprese adattabili, competitive, con solidi principi e valori, capaci di una gestione prudente e trasparente, di visione strategica e di innovazione. Ma per coordinare e guidare queste aziende occorre anche un'organizzazione che sappia avvicinarsi ai propri associati con nuovi servizi, aprire loro la casa comune e costruire relazioni sul territorio e oltre: di qui i numerosi protocolli sottoscritti con Finest, con Isa e con le Agenzie delle Dogane e delle Entrate.  

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Una guida per acquistare case (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 28 Marzo 2009 INSERTI Pagina 63 ATER. Il presidente Niko Cordioli spiega come si potranno attuare una serie di interventi di edilizia residenziale pubblica attesi da tempo Una guida per acquistare case «Garantire il soddisfacimento dell'esigenza abitativa primaria costituisce l'essenza del ruolo dell'Edilizia Residenziale Pubblica», dice il presidente Ater, Niko Cordioli, «per questo prestiamo grande attenzione alle manovre economico-finanziarie che Governo e Regione stanno ponendo in essere per fronteggiare adeguatamente la sempre maggior richiesta di aiuti da parte delle fasce più deboli». Questi strumenti forniscono una valida opportunità in termini di contributi e finanziamenti, grazie ai quali le Ater potranno, nei prossimi mesi attuare una serie di interventi attesi da tempo e che andranno a totale vantaggio degli utenti. Tra questi la possibilità di un avanzamento dei cantieri destinati all'edilizia sociale, il miglioramento dei servizi soprattutto per quanto concerne il settore della manutenzione edilizia e al patrimonio nel suo complesso o la riduzione dell'incidenza degli alloggi sfitti. «In questo momento di particolare necessità per le famiglie», prosegue Cordioli, «anche la Regione Veneto si sta adoperando per trovare nuove possibilità di sostegno per l'edilizia abitativa, muovendosi su due fronti». Il primo ha portato all'approvazione di un disegno di legge da parte della giunta che consentirà un adeguato rilancio dell'attività edilizia e la promozione di misure per il sostegno del settore edilizio, fortemente penalizzato a causa della complessa crisi finanziaria, attraverso interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa nonché preservare, mantenere, ricostruite e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente per favorire anche l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabile. «Il secondo- precisa il presidente- riguarda più da vicino le Ater venete, che possono contare su nuove linee guida per l'acquisto di alloggi reperibili nel mercato immobiliare. Questo significa che le aziende, a fronte di una crescente richiesta di alloggi di edilizia residenziale pubblica, potranno acquistare le unità abitative disponibili, dando così una risposta decisa, efficace ed immediata ai differenti bisogni espressi dalla popolazione, tenendo soprattutto conto di particolari categorie sociali, quali gli anziani, le giovani coppie e gli studenti». S.B.  

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Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai guai di casa vostra (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 75 del 2009-03-28 pagina 16 Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai guai di casa vostra di Maria Giovanna Maglie Da «El País» l'ennesimo attacco. E l'ambasciatore Terracciano scrive una lettera di protesta al quotidiano di Maria Giovanna Maglie Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così! © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità?. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Non commentato » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 81 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.2 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 71 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 179 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 87 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia, democrazia, giornalismo Commenti ( 63 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica" s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel". Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma, un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. 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Marcello Foa: Qualche ulteriore riflessione da parte mia. Non credo, caro Dante, che non si possa discutere. A me... Ultime news "E ora parte la rivoluzione liberale mentre la sinistra torna solo indietro"Ora anche le fabbriche bocciano Epifani: più soldi, meno ideologiaMarchionne: "Fiat già in pista per la ripresa"L’Italia stringe la cinghia Napoli allarga le auto bluNé fiori, né urla: è il congresso della sobrietàAggressione a Chinatown: una vittima e un feritoF1, finisce un’epoca: in pole la Brawn, Ferrari & C lontaniMaradona replica durissima a Pelé: "Ha perso la verginità con un uomo"Giornalisti, dopo 4 anni il contrattoLippi: Cassano? i galletti del pollaio non servono Blog amici Ethica, blog filosofico di qualità ICT Watch, il blog di Piero Macrì sulle nuove tecnologie il blog di Alessandro Gilioli il blog di Andrea Tornielli Il blog di Faré su Internet & comunicazione il blog di Marista Urru il blog megliotardichemai Il circolo Rosselli, socialismo liberale Il pranista, blog su PR e comunicazione Metropolis, il blog Alberto Taliani Orientalia 4 all Placida signora, il blog di Mitì Vigliero spindoctor, il blog di Marco Cacciotto Wolly, il blog di Paolo Valenti Da non perdere La misteriosa e improvvisa ricchezza di Erdogan La Turchia e l'islamizzazione strisciante Quelle donne turche imprigionate dal velo Vince Erdogan e la Turchia diventa più islamica siti che mi piacciono Cricri créations poétiques, gioielli con l'anima Il sito di R. 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Tensione Roma-Madrid. Spagnoli ci... (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 75 del 2009-03-28 pagina 16 Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai di Maria Giovanna Maglie Da El PaÍs l’ennesimo attacco. E l’ambasciatore Terracciano scrive una lettera di protesta al quotidiano. Il nostro Paese descritto come il dominio di un dittatore stile Pinochet Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così! © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Più di un secolo sulla rotta dei Cosulich (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 75 del 2009-03-28 pagina 4 Più di un secolo sulla rotta dei Cosulich di Fabrizio Graffione La famiglia imprenditoriale genovese è ricordata con una mostra al Galata Da quando il comandante Antonio costruì sull'isoletta di Cherso, vicino alla sua casa di Lussino, il bark, brigantino a palo, Fides di 500 tonnellate per trasportare pescatori e commercianti da una parte all'altra dell'Adriatico e del Mediterraneo, sono passati 150 anni. Eppure i Cosulich sono sempre lì. A trafficare per il mare. Anzi, dopo l'aumento della flotta e l'apertura della sede nel 1889 a Trieste, il porto numero uno dell'impero Austroungarico, sono arrivati fino a Genova. Facendo del capoluogo ligure il loro quartier generale. E, all'ombra della Lanterna, sono diventati tra i principali leader mondiali dello shipping. Con intelligenza e discrezione. I Costa andavano in Sud America. I Cosulich facevano viaggiare in Nord America. Oggi le cifre parlano chiaro. Circa 500 dipendenti del gruppo. Nessun licenziamento nell'ultimo anno di crisi economica. Oltre a quelli di Genova, altre sei branches in Italia e undici nel resto del mondo, da Hong Kong a Singapore, New York, Macaè. A comandare oggi sono in cinque. Sempre tutti Cosulich. Il presidente è il fratello più anziano. Insomma, una famiglia come erano quelle di una volta. Imprenditori come oggi non è facile trovarne. Seri, corretti e professionali. Con ottimismo. Visto che anche ieri, durante la presentazione della mostra che il museo Galata dedica loro, hanno detto che la crisi finirà entro il 2010. L'esposizione, che ha già avuto un'anteprima a Trieste nei giorni scorsi, s'inaugura oggi al pubblico genovese al secondo piano della struttura museale della Darsena con apertura dalle 10 alle 19,30 dal martedì alla domenica. «Sulla rotta dei Cosulich. Navi e cantieri tra l'Adriatico, Trieste e Genova» è stata divisa in quattro grandi sezioni ognuna delle quali riporta fotografie, locandine e manifesti dell'epoca, preziosi modellini in legno e altro interessante materiale. Si comincia dagli inizi fino alla prima Guerra Mondiale e il grande periodo dell'immigrazione verso gli Stati Uniti. Poi si continua con il periodo che va dal 1915 fino alla crisi del 1929. Quindi il capitolo della crisi finanziaria mondiale e la nazionalizzazione della Cosulich come tante altre compagnie italiane. Infine il periodo che va dal dopoguerra, dopo il regime fascista, fino ai giorni nostri. In occasione della mostra dedicata ai Cosulich Comuncarte edizioni ha pubblicato un catalogo breve in vendita presso il bookshop del Galata a dieci euro intitolato Cosulich, Dinastia Adriatica a cura di Giulio Mellinato. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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fincantieri: ricavi +8%, ma utile in calo (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il cda approva il bilancio 2008 del colosso navale di Monfalcone: proposto un aumento di capitale di 300 milioni di euro Fincantieri: ricavi +8%, ma utile in calo Ricavi per 2,9 miliardi di euro con un risultato di 43 milioni al lordo delle imposte MONFALCONE. Fincantieri nel 2008 ha conseguito ricavi pari a 2,9 miliardi di euro (+8% rispetto al 2007), ma un risultato prima delle imposte e un risultato netto - rispettivamente di 43 milioni di euro e di dieci milioni di euro - in calo rispetto all'anno precedente «a causa - è stato precisato - della congiuntura internazionale sfavorevole». Il Bilancio 2008 è stato approvato ieri dal Cda di Fincantieri che ha proposto all'assemblea degli azionisti, per poter realizzare il Piano industriale 2007-2011, un aumento di capitale fino a un importo massimo di 300 milioni di euro. Nel 2008 Fincantieri ha registrato anche un calo dell'Ebitda rispetto al 2007 (134 milioni di euro contro i 194 dell'anno prima) mentre sotto il profilo dell'attività commerciale, sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi di euro (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) «in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia piú alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per 4 fregate multi missione Fremm, 2 sommergibili classe U212, una nave rifornitrice per la Marina Militare Indiana ed il refitting di 2 unità veloci lanciamissili da parte della Marina del Kenya. Buono anche il portafoglio ordini per le navi speciali e per i sistemi e componenti meccanici. Gli investimenti nel 2008 sono stati pari a 111 milioni di euro, in leggera diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007, mentre «per realizzare il Piano industriale 2007-2011 il Cda ha deliberato di proporre all'Assemblea di attribuire al Cda stesso la facoltà di aumentare a pagamento e in via scindibile il capitale sociale per un importo massimo di 300 milioni da offrire in opzione agli azionisti». Per il quinto anno consecutivo infine il Cda ha deliberato di proporre all'Assemblea la distribuzione di un dividendo di 10,1 milioni di euro, pari a una remunerazione annua del 3% del capitale sociale. «Abbiamo tenuto»: cosí Giuseppe Bono, Amministratore delegato di Fincantieri, ha commentato i dati del bilancio 2008 approvati ieri dal Cda di Fincantieri. «Sono molto soddisfatto della tenuta dell'azienda - ha detto Bono - e fiducioso per il futuro, soprattutto se tutte le componenti aziendali, management, lavoratori e sindacati, saranno uniti per ottenere quegli obiettivi di rafforzamento in un momento così difficile». Bono poi ha aggiunto: «L'impegno deve essere ancora piú rilevante in quanto il Consiglio di amministrazione ha deciso di chiedere agli azionisti un aumento del capitale sociale».

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Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia 1 Commento » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 81 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.2 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 71 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 179 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 87 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia, democrazia, giornalismo Commenti ( 63 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica" s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel". Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma, un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (8) blog (1) capitalismo (8) cina (19) comunicazione (1) crisi (9) democrazia (60) economia (30) era obama (14) europa (10) francia (22) germania (3) giornalismo (50) giustizia (2) gli usa e il mondo (61) globalizzazione (43) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (151) manipolazione (5) medio oriente (13) notizie nascoste (46) partito democratico (2) pdl (1) politica (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (22) spin (5) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Marina: Dedicata a Franco Birra,birra io non bevo più birra io non bevo più birra io non bevo più birra perchè... Ultime news "E ora parte la rivoluzione liberale La sinistra invece torna solo indietro"Ora anche le fabbriche bocciano Epifani: più soldi, meno ideologiaMarchionne: "Fiat già in pista per la ripresa"L’Italia stringe la cinghia Napoli allarga le auto bluNé fiori, né urla: è il congresso della sobrietàLa caccia ai manager: "Banchieri? 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Elogi a Silviò e Gianfrancò (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

n. 75 del 2009-03-28 pagina 6 Elogi a Silviò e Gianfrancò «I nostri valori sono gli stessi» di Redazione Il presidente del Ppe: «La destra democratica che si muove verso il centro e accoglie gli ideali del popolarismo è un grande risultato» Roma Una bella giornata anche per Martens perché, dice: «Il Pdl si riconosce nei valori condivisi della grande famiglia politica del Ppe. Valori forti: la dignità della persona, la libertà, l'eguaglianza, la giustizia, la solidarietà e la democrazia». Per Forza Italia il posticino nella casa del Ppe è naturale, un po' meno per gli ex esponenti di An. E Martens riconosce il cammino di Fini e i suoi: «An sta realizzando un percorso di avvicinamento ai nostri valori e la nascita del Pdl rappresenta una tappa fondamentale di questo cammino». Non nasconde la soddisfazione e il grande merito di Berlusconi: «Questo è un grande risultato: una destra democratica che si muove verso il centro e accoglie i valori del popolarismo». L'elogio a Silvio è netto: «Il saper integrare al centro forze che altrimenti avrebbero potuto seguire percorsi diversi verso posizioni euroscettiche o nazionalistiche è un merito che gli sarà riconosciuto dalla storia». Nel suo intervento in sala non sono mancati riferimenti a uno dei padri della nostra Repubblica, quell'Alcide De Gasperi pietra dell'europeismo. Martens ammette che lo statista democristiano è stato un faro: «È stato uno dei più grandi uomini politici e statisti europei e il Pdl si pone nel solco della sua concezione di partito». Berlusconi: un imprenditore prestato alla politica, ora diventato statista? Martens scomoda nuovamente De Gasperi: «Proprio lui esigeva che a rappresentare il partito non vi fossero soltanto i dirigenti politici ma uomini selezionati sulla base delle loro esperienze, della loro capacità personale e posizione sociale». Insomma, il leader del Ppe consacra la fusione tra An e Fi e non sminuisce l'importanza dell'evento che definisce una vera e propria svolta: «Svolta e arricchimento importante per la politica europea perché può garantire che la forza politica del Ppe resti la più forte e la più coesa in grado di determinare le grandi scelte che saremo chiamati ad assumere». E poi una chicca, una garanzia per il nostro Paese: «Credo che gli eletti del Popolo della libertà in seno al Ppe potranno giocare un ruolo importante in seno al Parlamento europeo, ricoprendo incarichi di primaria importanza». E poi un elogio a Gianfranco Fini: «Come nel caso della Convenzione sul futuro dell'Europa a cui Gianfranco ha molto contribuito, dando un impulso fondamentale per creare un'Europa più forte, più trasparente e più efficace». Pdl forza liberale, di centro, ancorata ai valori del libero mercato. Ma il capitalismo, con la spaventosa crisi finanziaria in atto, non mostra le sue crepe? Martens lo esclude: «La crisi non rappresenta la sconfitta del modello capitalista. Al contrario, essa è il risultato di una deviazione del capitalismo. Noi pensiamo fermamente che il modello ideale sia un'economia sociale di mercato». Non solo. Per affermare l'importanza dell'anima sociale del capitalismo, il presidente del Ppe tira in ballo persino don Sturzo: «Proprio il vostro Sturzo riteneva che il compito di ogni partito popolare fosse quello di contemperare le esigenze del mercato con quelle della solidarietà». Le lezioni europee si avvicinano: qualche speranza in più? «Auguro - dice Martens - un grande successo per il Pdl e spero che i deputati eletti siano numerosi per scrivere insieme nuove pagine di storia comune». Un ringraziamento particolare a qualcuno? «Ad Antonio Tajani, vicepresidente del partito, che ha dato e sta dando un fondamentale contributo alla nostra attività». Una speranza e una certezza, prima di riprendere l'aereo e lasciare la sala del battesimo del Pdl: «Il nostro progetto comune continua e il Pdl ne assicurerà la continuità. È vero, il nome della casa cambia, la famiglia si allarga ma le fondamenta restano quelle. E noi condividiamo valori comuni. Ed è questa la nostra forza». FCr © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Slalom fra spread e polizze Vita (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-03-28 - pag: 6 autore: Mutui / 2. Prova sul campo per chi deve scegliere Slalom fra spread e polizze Vita Margini elevati e l'insidia assicurazione per chi deve effettuare la scelta S tretta del credito, mutui sempre più difficili da ottenere, spread alle stelle: Plus24 ha effettuato questa settimana un'indagine sul campo per scoprire le difficoltà di chi si appresta a stipulare un nuovo finanziamento per l'abitazione. Una ricognizione presso una decina di filiali milanesi e anche qualche call center e chat di banche online che ha fornito molte conferme, ma anche qualche (amara) sorpresa. Cominciamo con le certezze: ormai è quasi impossibile trovare chi è disposto a finanziare l'intero importo da pagare per l'acquisto. La gran parte delle banche si ferma all'80% e appare ben disposta a intervenire solo sotto questa soglia, specie se la rata mensile non supera il terzo del reddito disponibile. C'è poi una sorta di leggenda sorta in questi ultimi mesi da sfatare e cioè l'affermazione secondo cui non è più possibile contrarre mutui a tasso fisso: in ogni filiale nella quale ci siamo recati la prima domanda è stata inevitabilmente «quale tasso preferisce, fisso o variabile?». Le banche, insomma, concedono ancora i mutui a tasso fisso, anche se rispetto a qualche mese fa applicano spread più elevati che finiscono per annullare in parte i benefici di un abbassamento generale dei tassi Irs (su un prestito ventennale, in ogni caso, ci siamo sentiti offrire tassi che spaziavano dal 5 al 5,7%). Quello del rincaro dei margini praticati dalle banche sui tassi di base è in realtà un po' il tema (peraltro già denunciato da tempo su Plus24) di questo 2009, indipendentemente dalla tipologia del mutuo. A marzo, come si può vedere nella tabella qui sotto, la situazione è ulteriormente peggiorata. Sulla base delle offerte reperibili sul broker Mutuionline (che, va detto, offre di solito condizioni promozionali rispetto a quelle delle filiali) si nota un generale inasprimento delle condizioni, tanto per il fisso (in media l'1,41% rispetto all'1,37% di gennaio e allo 0,98% dello scorso agosto) quanto per il variabile (1,36% da 1,34% e 0,97%). Fin qui, dunque, poche novità e molte conferme di una tendenza che da quando la crisi finanziaria ha toccato il suo apice non ha fatto che rafforzarsi. A volerlo cercare, il vero fenomeno che ha preso corpo negli ultimi mesi e che rischia di estendersi a macchia d'olio di qui a poco è quello delle assicurazioni che vengono vendute al cliente in parallelo al mutuo: contratti a favore dell'istituto erogante che coprono le rate in caso di morte, di invalidità o perdita del lavoro di uno degli intestatari. E qui forse è doveroso un chiarimento: sotto accusa non è la (presunta o effettiva) utilità di queste polizze, ma il fatto che la concessione del mutuo stesso venga subordinata alla sottoscrizione di uno strumento simile. L'unica assicurazione obbligatoria per legge è infatti quella sull'immobile (incendio e scoppio), le altre dovrebbero essere a discrezione del mutuatario, che addirittura può scegliere operatori diversi dalla banca con cui contrae il finanziamento. La ricognizione effettuata dimostra invece che per diverse banche ( Cariparma, come si può leggere a fianco, ma anche Barclays, per fare un altro esempio) l'accensione della polizza è inevitabile. E non si sa bene se arrabbiarsi o piuttosto rallegrarsi, perché almeno in questo caso la situazione è palese fin da subito. Le polizze supplementari vengono infatti nominate di rado allo sportello (anche noi abbiamo a volte dovuto introdurre l'argomento di proposito) e spesso appaiono all'ultimo momento, quando per il mutuatario è ormai troppo tardi per contestare o rifiutare l'intero pacchetto. Il problema delle polizze Vita è che il costo non è indifferente: diverse migliaia di euro a seconda del grado di copertura, da versare in soluzione unica (con un esborso che non sempre è facile recuperare in caso di successiva surroga) oppure un tanto al mese insieme alla rata normale (ma in questo caso si pagano pure gli interessi). A conti fatti un bel fardello che finisce per pesare ben più dello «sconto » che si ottiene sullo spread per aver acceso l'assicurazione.

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I fondi attivi snobbano la crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-03-28 - pag: 8 autore: INTERVISTA Piero Marchettini Adelaide consulting I fondi attivi snobbano la crisi «N on credo che i fondi che investono secondo criteri etici abbiano perso più degli altri con la crisi finanziaria internazionale ». Piero Marchettini è il Managing Partner di Adelaide Consulting, società specializzata in Corporate Governance. Nell'attivismo dei fondi, secondo Marchettini, etica e business possono beneficiare l'uno dell'altro. «I fondi norvegesi, quelli svedesi o anche quello irlandese hanno un'ottica di lungo periodo e sono dedicati alle prossime generazioni». In Irlanda però si discute di prelevare denaro dal fondo che deve finanziare la maggiore longevità delle classi anagrafiche più giovani per aiutare lo Stato che deve garantire le banche. Staremo a vedere. Ciò che li salva è il fatto che non sono fondi a prestazione definita, come quelli Usa o Uk, con migliaia di pensionati o iscritti vicino al pensionamento e che quindi sono vincolati ai rendimenti da produrre nel prossimo futuro. Il loro orizzonte di osservazione e di investimento è molto più ampio. In cosa differiscono tra loro? I norvegesi si sono mossi in origine forse spinti da un complesso di colpa: esauriscono oggi le loro risorse naturali, il petrolio, danneggiando l'ambiente. E per contrappasso si impegnano sul futuro, investendo in aziende che sviluppano energie alternative o comunque focalizzate su uno sviluppo compatibile per l'ambiente. Prediligono i criteri di “inclusione” nei portafogli, mentre la Svezia quelli di “esclusione”, vista la spiccata sensibilità per i temi legati ai diritti umani, che la porta a penalizzare le società che fanno affari con i regimi dittatoriali come il Sudan o la Birmania. è più efficace penalizzare con una messa al bando pubblica e disinvestendo i titoli oppure investire nelle società e far sentire la propria voce nelle assemblee o nei Consigli di Amministrazione ? Dipende. La seconda opzione è percorribile se una società può cambiare nel medio termine la sua strategia industriale e commerciale (ad esempio progettando veicoli non inquinanti). Chi invece produce mine anti- uomo non lascia molto spazio al dialogo. In Italia è pensabile un approccio di questo tipo? Ci sono due ordini di problemi: da noi c'è una scarsa attenzione per la tutela dell'ambiente e del territorio: non verrebbe accettata una perdita finanziaria di breve per proteggere l'ambiente nel lungo periodo. I portafogli dei fondi pensione sono piccoli e il peso nelle aziende investite risibile. ma sarebbe opportuno che uniti insieme chiedano rappresentanza nelle aziende quotate, per far crescere la consapevolezza del ruolo dei fondi pensione tra gli stakeholders. Piero Marchettini, Adelaide Consulting

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La Norvegia stringe sul clima (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-03-28 - pag: 8 autore: Previdenza sostenibile / 1. Le scelte del Norway's Government Pension Fund Global La Norvegia stringe sul clima Entro il 2020 le società in cui investire dovranno avere un piano per l'ambiente A qualcuno parrà singolare, quasi paradossale, che chi vive di petrolio si impegni contro il riscaldamento climatico. Altri plaudiranno alla scelta del fondo pensione norvegese di penalizzare chi vìola i limiti di emissione di Co2, escludendone i titoli dal proprio portafoglio di investimenti. Lo Statens Pensjonsfond – Utland, meglio conosciuto nella traduzione inglese di Government Pension Fund Norway, da anni è impegnato in questo tipo di scelte «etiche », che mettono al bando le società quotate in base ai comportamenti di queste ultime: per quanto riguarda i rapporti con i dipendenti, sanzionando con la vendita dei titoli chi sfrutta il lavoro minorile; o per ciò che concerne comportamenti nocivi per la collettività (tabacco, armamen-ti), oppure per quanto riguarda la tutela dell'ambiente. La Norvegia e il suo fondo pensione vivono di petrolio: una fonte di reddito che fa della Norvegia uno dei Paesi più ricchi al mondo e del fondo pensione il secondo a livello mondiale, dopo quello pubblico giapponese e il secondo fondo «sovrano» dopo l'Abu Dhabi Investment Authority. Un colosso da circa 260 miliardi di euro, cinque volte tanto l'inteso sistema dei fondi pensione italiano, che quando si muove è in grado di determinare le fortune o le sfortune delle società in cui investe. Il Parlamento di Oslo è chiamato ora a integrare il Codice Etico del fondo pensione, in vigore da cinque anni, con alcuni criteri che escludono le società che vìolano i livelli consentiti di emissione di Co2, dai 7mila titoli di cui è composto il portafoglio. Il protocollo invita le società in cui il fondo investe – e che quindi finanzia – a metter in campo entro il 2020 un modello di business sostenibile a livello ambientale, che sostituisca il carbon fossile come fonte di energia con altre più efficienti. «Pollution is a bad business », dicono quelli di Bellona, l'associazione ambientalista tra le più attive nel pressing «etico» sul Governo e sul fondo pensione pubblico. è una mossa sostenibile anche finanziariamente? Nel quartier generale del fondo rispondono orgogliosamente ricordando di essere investitori di lungo termine e responsabili sia per quanto riguarda il reddito futuro degli aderenti che per le condizioni dell'ambiente in cui costoro vivranno in futuro. Secondo stime al 2100, a lunghissimo termine cioè, il 20% del Pil verrebbe impiegato in misure d'emergenza per i danni ambientali. Per questo appare del tutto razionale che la Norvegia versi oggi l'1% del prodotto interno lordo in progetti di tutela ambientale, un miliardo nella salvaguardia dell'Amazzonia. La crisi finanziaria ha colpito duro anche questo fondo pensione: il ribasso per il 2008 è stato del 23,3%, ossia l'equivalente di 72,5 miliardi di euro; l'impennata del petrolio ha però portato circa 44 miliardi di euro nelle sue casse. Ciò non ha frenato gli interventi: pochi giorni fa la società cinese Dongfeng è stata messa al bando (lo 0,22% della capitalizzazione della società) e esclusa dal portafoglio a causa della vendita di camion militari al regime dittatoriale della Birmania. Il Comitato etico del fondo ha consigliato al fondo l'esclusione della tedesca Siemens (ne detiene l'1,34%), per le timide contromisure adottate dopo gli episodi di corruzione di cui sono stati protagonisti i manager. Il fondo ha respinto l'invito: il Governo di Oslo vuole utilizzare questa quota per influire su Siemens perchè rafforzi il suo piano anti-corruzione. pagina a cura di Marco lo Conte http://marcoloconte.blog. ilsole24ore.com/

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Via libera alle perdite congelate Le Fondazioni verificano i conti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-03-28 - pag: 9 autore: Bilanci in deroga. Come si muovono gli enti che rappresentano il 52% dei patrimoni (25 miliardi) Via libera alle perdite «congelate» Le Fondazioni verificano i conti No di Cariverona, Compagnia S.Paolo, Mps e Crt Mentre Cariplo è ancora indecisa T urbolenze dei mercati, crollo dei prezzi di azioni e obbligazioni. Conseguenza? Maxisvalutazioni dei titoli in portafoglio e perdite da brivido. Invece no. L'eccezionalità della crisi finanziaria ha spinto il Parlamento italiano ad aprire una sorta di parentesi contabile. Società ed enti che non usano gli Ias (i principi contabili internazionali) potranno congelare le potenziali perdite di bilancio per questo e forse anche per il prossimo anno. Tra di loro vi sono le Fondazioni bancarie. E non si dica che la questione riguarda solo ragionieri e commercialisti. Perché, a proposito di enti come Cariplo o Compagnia Sanpaolo di Torino, ci potrebbero essere rilevanti impatti sulle erogazioni al territorio (vedi anche intervista in basso). «Plus24» ha monitorato le decisioni delle principali Fondazioni in merito all'utilizzo o meno della deroga ai criteri di valutazioni: i sei enti analizzati rappresentano il 52% del patrimonio netto (25 miliardi a fine 2007) dell'associazione Acri, presieduta da Giuseppe Guzzetti. è emerso che Crt, Cariverona, Compagnia San Paolo e Mps non utilizzeranno la deroga mentre Cariplo è ancora indecisa in merito. Nessuna risposta dall'emiliana Carisbo. Quanto ti erogo Senza scendere troppo nel linguaggio «contabilese», c'è da fare però una precisazione: le deroghe in questione riguardano soltanto l'attivo circolante ovvero i titoli detenuti per fini non strategici come sono invece quelli inseriti nelle «immobilizzazioni finanziarie». Ecco perché, ad esempio, Cariverona non userà la deroga. Fatta la dovuta precisazione, c'è però da capire come tali regole asciugheranno o meno il fiume di erogazioni che le Fondazioni convogliano sui loro territori. Innanzitutto c'è da rilevare che gli enti sanno di questa possibilità dall'11 marzo: il ministero dell'Economia gli ha dato il via libera nel decreto che indica le percentuali di avanzo di esercizio (è l'equivalente degli utili per le società, ndr) da far confluire nelle riserve obbligatorie. Ecco dunque scoperto l'arcano: chi congela le svalutazioni, vedrà un impatto minore sui profitti e quindi, in teoria, avrà più spazio per fare erogazioni (al netto delle riserve pari almeno al 20%). Occhio però, spiegano gli esperti dell'Organismo italiano di contabilità (Oic, vedi anche il «Sole24Ore » del 26 marzo): vista l'origine di tali utili e la temporaneità degli stessi (uno o al massimo due anni), è necessaria molta prudenza nella destinazione. Forse è meglio mettere un po' di fieno in cascina, consigliano dall'Oic, invece di distribuire a pioggia l'intero tesoretto ricavato post congelamento delle perdite. Lehman e le perdite durevoli Non tutto però può essere congelato. Vengono infatti escluse le perdite durevoli: come non considerare tali quelle legate per esempio al crack dell'istituto americano Lehman Brothers? Le Fondazioni che hanno in pancia obbligazioni della banca d'affari non potranno dunque cristallizzare le svalutazioni di questi titoli. Non solo. Sono escluse dalla deroga le perdite relative a strumenti derivati. Infine la trasparenza Ultimo punto da sottolineare è la comunicazione al pubblico di tali decisioni. L'Oic sottolinea che non c'è un obbligo di informativa per chi congela le perdite. Eppure suggerisce un'opportuna informativa da inserire in particolare nella nota integrativa con l'indicazione del titolo (obbligazione o partecipazione azionaria), valore di mercato e valore di bilancio. Il tutto corredato dalle motivazioni per cui è stato deciso di considerare la perdita temporanea. Chi lo farà? Attenzione ai bilanci. Vitaliano D'Angerio Maria Adelaide Marchesoni Giuseppe Guzzetti è il presidente dell'Acri, l'associazione che riunisce tutte le fondazioni bancarie italiane INFOPHOTO

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(sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

JOHN JORDAN «Nasce il movimento post-no global» Da Reclaim the street al G20 «È venuto il momento di passare dall'anti-capitalismo al post-capitali- P. G. LONDRA «È venuto il momento di passare dall'anti-capitalismo al post-capitalismo. Oramai che il sistema sia malvagio, non c'è più bisogno di dirlo. Lo dice pure la stampa conservatrice. Quello di cui abbiamo bisogno è fare vedere che ci sono alternative e metterci a realizzarle». John Jordan è uno degli «inventori» di Reclaim The Streets, il celebre movimento per la riappropriazione dello spazio cittadino che fa parte della mitologia del decennio no global. Negli ultimi anni è stato una delle menti creative del Climate Camp, il campeggio di protesta contro il cambiamento climatico, l'espansione degli aeroporti e la costruzione di nuove centrali a carbone. Per Jordan «il G20 sarà un momento decisivo. Cominceremo a vedere che cosa viene dopo il movimento anti-globalizzazione». Qual è la differenza tra gli anti-G20 e il movimento no global? È difficile parlare del movimento nella sua interezza, a causa della grande diversità delle sue componenti. Tuttavia, da un punto di vista inglese si può affermare che per noi uno spartiacque furono le proteste contro il G8 a Gleneagles nel 2005. In quell'occasione il governo riuscì a cooptare il movimento globale, usando come tramite la coalizione di Ong Make Poverty History, e le star Bono e Bob Geldof. Da quell'esperienza imparammo che non ci si può appiattire sugli eventi, come i contro-summit, ma che le proteste devono creare degli spazi. Questo è quello che abbiamo fatto con il Climate Camp negli ultimi anni, in cui il campeggio di protesta non serve solo per ospitare gli attivisti ma anche come scuola su energie alternative e forme di vita sostenibili. Eppure mentre il capitalismo traballa, quello che sembra mancare sono proprio alternative credibili. Le alternative ci sono, c'è solo bisogno di applicarle. Se durante l'inizio del movimento no global la gente si concentrò sulla denuncia delle falle del sistema, dopo l'11 settembre passò a mostrare che le alternative sono qui. Durante gli ultimi anni la gente che ha attraversato il movimento ha imparato una quantità impressionante di tecniche, indispensabili per creare una società diversa: come usare energie alternative, come creare un'economia sostenibile, come prendere decisioni in modo democratico. Ora è venuto il momento di applicare queste tecniche che abbiamo imparato per riempire il vuoto creato dal crollo del capitalismo. Dobbiamo fare tutto questo ma pure continuare a protestare, unendo il no della protesta al sì dell'alternativa. Di proteste contro la crisi nel Regno Unito non se ne sono viste molte negli ultimi mesi. In Islanda e Ungheria i governi sono caduti per la crisi finanziaria, in Francia la gente è scesa in piazza in massa e in Grecia sappiamo tutti quello che è successo. Però se si parla del Regno Unito è vero che finora non c'è stata una grande mobilitazione. I giornali dicono ogni giorno che la gente è arrabbiata e vuole distruggere tutto, ma dall'altro lato c'è la percezione che attivisti e gruppi politici stiano aspettando che il capitalismo si affossi da solo prima di farsi avanti per proporre alternative. Bisogna aspettare per capire cosa succederà. Il nuovo movimento avrà probabilmente un carattere più popolare rispetto al movimento no global, così come si è visto negli altri paesi europei in cui ci sono già state grandi proteste.

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(sezione: crisi)

( da "Arena.it, L'" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

«Crisi? Servono lavoro territorio e coesione» FINANZA E MERCATI. Dibattito alla presentazione del libro di Galli «Nella giungla degli gnomi» Fratta Pasini: finanziando solo il debito non si cresce Bolla: le nostre imprese? Un patrimonio per l'Europa 28/03/2009 rss e-mail print Bolla, Fratta Pasini e Battaggia Da questa crisi si esce tornando ai valori principali dell'economia e dell'etica: prodotto, lavoro e spiritio di squadra, ma anche territorio, che non significa autarchia ma contatto diretto con il mercato. Ecco la lezione (per l'Italia e per Verona) emersa ieri sera dal dibattito tra i rappresentanti di spicco della finanza e dell'imprenditoria scaligera alla Società Letteraria, in occasione della presentazione del libro di Giancarlo Galli, «Nella giungla degli gnomi» (Garzanti). L'autore ha spiegato il suo lavoro di cronista di economia con il quale ha dipinto i profili dei maggiori protagonisti (« gnomi perché riferiti ai banchieri svizzeri») della finanza italiana «dall'era Fazio al grande crac». A dialogare con Galli c'erano Andrea Bolla, vicepresidente (attuale presidente designato) di Confindustria Verona, Carlo Fratta Pasini, presidente del consiglio di sorverglianza del Banco Popolare ed Eugenio Caponi, vicepresidente vicario di Cariverona. Ad introdurre i lavori, moderati dal caporedattore de L'Arena, il presidente della Società Letteraria, Alberto Battaggia. Verona compare nel libro solo indirettamente, quando Galli parla del bresciano-camuno Giuseppe Camadini, il «monaco-finanziere» che ha tessuto la sua tela della finanza bianca anche nella città scaligera dentro Cattolica. Del resto, come dice Galli, i banchieri non parlano e quindi non è un caso che nel suo libro non compaiano né il nome di Paolo Biasi (figura centrale del credito in Italia) e nemmeno, il più giovane, Carlo Fratta Pasini. «Siamo sicuramente più poveri oggi», sostiene Galli, «questa crisi è stata la conseguenza di un gigantesco puzzle dell'inganno dove i gatti e le volpi hanno avuto buon gioco, ma anche noi i risparmiatori ci siamo lasciati incantare dall'albero degli zecchini d'oro». E allora che fare? «Dopo l'ubriacatura della globalizzazione si torna al territorio», replica Galli, «con ricette economiche autarchiche, vedi Sarkozy ma anche Obama». Secondo Bolla, in questo clima, ci sono due punti fondamentali da tener presenti: «la consapevolezza e l'orgoglio di essere in un territorio (il Nordest) che è il più importante patrimonio imprenditoriale non solo per l'Italia ma anche per l'Europa; e poi la valorizzazione del lavoro e del prodotto dentro un contesto di mercato. Ma bisogna anche sfruttare la leva del credito in maniera oculata e ragionare in ottica di filiera, rispettando i tempi di pagamento e i fornitori, anche quelli piccoli. E i governi? Devono evitare l'iper-regolamentazione». E le banche? Devono invece, secondo Fratta Pasini, «tornare a finanziare a fronte di capitali e di patrimoni, perché finanziando solo il debito non si cresce, bisogna riprendere il concetto di società di responsabilità limitata, e poi serve un ritorno al territorio che non è nostalgico e che non implica solo un "pensare locale", infine la struttura dei costi della banca è da rivedere». La crisi finanziaria per Cariverona, ha significato una contrazione delle erogazioni sui territori. «Ma la crisi non ci trova impreparati», ha spiegato Caponi, «ci spinge a lavorare di più e a distribuire meglio le risorse sottolineando i valori etici e di solidarietà che animano il nostro compito». P.D.B.

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La crisi finanziaria vista da un ubriacone. (sezione: crisi)

( da "Blogosfere" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mar 0928 La crisi finanziaria vista da un ubriacone. Pubblicato da Debora Billi alle 12:24 in Finanza Gira in Rete questa divertente storiella che spiega in parole povere cosa sta accadendo nel mondo della finanza. Ve la traduco. --- Heidi è la proprietaria di un bar a Berlino. Per incrementare le vendite, decide di offrire ai clienti -per la maggior parte ubriaconi perdigiorno- la possibilità di bere pagando in seguito. Tiene i conti su un taccuino, concedendo in pratica agli avventori un mutuo subprime. Quando la voce si sparge, i clienti affollano il bar di Heidi. Le vendite esplodono. Approfittando della libertà dei clienti di pagare con comodo, Heidi aumenta il prezzo per vino e birra, le bevande più richieste. I suoi profitti crescono. Un giovane e dinamico consulente della banca locale si accorge che i debiti degli avventori sono una garanzia per il futuro, e così aumenta il credito di Heidi presso la banca. Non ha ragioni per preoccuparsi, dato che vede i debiti degli alcolisti come garanzia collaterale. Nella direzione generale della banca, esperti di finanza trasformano gli asset del cliente in Bevibonds, Alcoolbonds e Vomitbonds. I bonds sono poi piazzati sul mercato globale. Nessuno capisce cosa significhino i nomi, o come i bonds siano garantiti. In ogni caso, il prezzo continua a a salire e si vendono alla grande. Un bel giorno, malgrado il prezzo sia ancora in salita, un manager del rischio alla banca (che viene poi licenziato perché pessimista) decide che è ora di richiedere il pagamento dei debiti contratti dai beoni al bar di Heidi. Ma loro non possono. Heidi non riesce a ripagare il suo debito bancario e fa bancarotta. I Bevibonds e gli Alcoolbonds crollano del 95%. I Vomitbonds hanno una migliore performance, e si stabilizzano dopo una perdita dell'80%. I fornitori di Heidi, che le avevano garantito pagamenti posticipati, e avevano investito nei bonds, si trovano davanti ad un disastro. Il fornitore di vino fallisce, e quello della birra viene acquistato da un concorrente. La banca, invece, viene salvata dal governo dopo frenetiche consultazioni dei leader dei vari partiti, e i fondi necessari per l'operazione di salvataggio reperiti grazie ad una nuova tassa pagata dagli astemi.

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CRISI/ FINI CITA TREMONTI: TORNARE A VALORI TRADIZIONALI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Fini cita Tremonti: tornare a valori tradizionali di Apcom Ha origine nella finanza, servono nuove regole -->Roma, 28 mar. (Apcom) - La crisi finanziaria internazionale ha orgine nella finanza e per uscirne occorre ritornare ai valori tradizionali dell'economia. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sposa la linea del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e nel corso del suo intervento al congresso del Pdl parlando della crisi cita "il bel libro" del titolare di via Venti Settembre 'La paura e la speranza'. "La crisi - dice Fini - ha origine nella finanza, e la risposta sono i valori tradizionali perchè c'è una profonda crisi dei valori di riferimento". Il presidente della Camera è d'accordo con Tremonti anche sulla necessità di riscrivere nuove regole comuni. "Per uscire dalla crisi - afferma infatti Fini - servono nuove regole".

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Crisi/ Fini cita Tremonti: tornare a valori tradizionali (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 28 mar. (Apcom) - La crisi finanziaria internazionale ha orgine nella finanza e per uscirne occorre ritornare ai valori tradizionali dell'economia. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sposa la linea del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e nel corso del suo intervento al congresso del Pdl parlando della crisi cita "il bel libro" del titolare di via Venti Settembre 'La paura e la speranza'. "La crisi - dice Fini - ha origine nella finanza, e la risposta sono i valori tradizionali perchè c'è una profonda crisi dei valori di riferimento". Il presidente della Camera è d'accordo con Tremonti anche sulla necessità di riscrivere nuove regole comuni. "Per uscire dalla crisi - afferma infatti Fini - servono nuove regole".

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PDL/ BERLUSCONI: INIZIA NUOVA ERA PER UN PAESE PIÙ DEMOCRATICO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pdl/ Berlusconi: inizia nuova era per un Paese più democratico di Apcom Permetterà di far uscire il Paese dalla crisi economica -->Roma, 28 mar. (Apcom) - "Il Pdl è il punto di arrivo, ma è soprattutto una nuova epoca per fare ripartire il Paese, renderlo più democratico e uscire dalla crisi finanziaria economica". È quanto ha sottolineato il premier Silvio Berlusconi, giunto alla Nuova Fiera di Roma per il congresso del Pdl.

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Polo di Solofra, il sindaco chiede aiuto alla Regione (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Avellino industria conciaria Polo di Solofra, il sindaco chiede aiuto alla Regione Il sindaco di Solofra, Antonio Guarino, e l'assessore alle attività produttive Antonio De Vita scrivono alla Regione. L'obiettivo sollecitare un incontro per ragionale sugli strumenti da mettere in campo a sostegno del polo conciario e della sua economia. "Il polo conciario solforano", si legge nella nota, "rappresenta con ogni probabilità una delle realtà economiche più dinamiche del Sud Italia. Condividendo però la sorte del settore manifatturiero italiano è costretto a fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale". M.D'A. del 28-03-2009 num.

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Ricavi in aumentoma utile in calo (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

fincantieri Ricavi in aumento ma utile in calo Trieste. Fincantieri nel 2008 ha conseguito ricavi pari a 2,9 milioni di euro (+8% rispetto al 2007), ma un risultato prima delle imposte e un risultato netto - rispettivamente di 43 milioni di euro e di dieci milioni di euro - in calo rispetto all'anno precedente «a causa - è stato precisato - della congiuntura internazionale sfavorevole». Il Bilancio 2008 è stato approvato ieri dal Cda di Fincantieri che ha proposto all'assemblea degli azionisti, per poter realizzare il Piano industriale 2007-2011, un aumento di capitale fino a un importo massimo di 300 milioni di euro. Nel 2008 Fincantieri ha registrato anche un calo dell'Ebitda rispetto al 2007 (134 milioni di euro contro i 194 dell'anno prima) mentre sotto il profilo dell'attività commerciale, sono stati finalizzati ordini per 2,5 miliardi di euro (contro il valore record di 4,2 miliardi del 2007) «in un contesto di mercato segnato dalla crisi finanziaria che ha bloccato i nuovi ordini a partire dal mese di settembre 2008». Nel settore crocieristico sono stati acquisiti ordini per due unità di dimensioni medio-piccole destinate alla fascia più alta del mercato, mentre nel militare si registrano ordini per 4 fregate multi missione Fremm, 2 sommergibili classe U212, una nave rifornitrice per la Marina Militare Indiana ed il refitting di 2 unità veloci lanciamissili da parte della Marina del Kenya. Buono anche il portafoglio ordini per le navi speciali e per i sistemi e componenti meccanici. Gli investimenti nel 2008 sono stati pari a 111 milioni di euro, in leggera diminuzione rispetto ai 116 milioni del 2007, mentre «per realizzare il Piano industriale 2007-2011 il Cda ha deliberato di proporre all'assemblea di attribuire al Cda stesso la facoltà di aumentare a pagamento ed in via scindibile il capitale sociale per un importo massimo di 300 milioni da offrire in opzione agli azionisti». Per il quinto anno consecutivo infine il Cda ha deliberato di proporre all'Assemblea la distribuzione di un dividendo di 10,1 milioni di euro, pari ad una remunerazione annua del 3% del capitale sociale.

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Scout morto, i capi davanti ai giudici (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Treviso)" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Scout morto, i capi davanti ai giudici Chiusa l'inchiesta per l'incidente accaduto ad Ospitale dove perse la vita un giovane Sabato 28 Marzo 2009, Villorba Stanno per arrivare altre 28 telecamere. E alla fine dell'anno Villorba sarà uno dei territori più video sorvegliato della Marca. La conferma è arrivata ieri, nel corso della presentazione dei risultati di un sondaggio, voluto dal Comune, per misurare le necessità dei residenti. Così, con i 30 già installati, gli occhi elettronici saranno presto 58, per una spesa che si aggira sui 230 mila euro. Un modo per cercare di rispondere a oltre un quarto delle famiglie villorbesi che, come emerge dal questionario, chiedono più attenzione in materia di sicurezza. "Per un cittadino su quattro è questa la priorità - sottolinea il sindaco Scattolon - abbiamo già attivato 30 telecamere, un primo stralcio di un intervento che in un anno porterà il territorio a essere sorvegliato in tutto da 58 occhi elettronici". Ma sfogliando i risultati del sondaggio, condotto su un totale di 7.500 famiglie, si tratteggia un piccolo cahier de doléances. Per i residenti il disagio più grande resta quello del traffico. Un problema avvertito in tutte le località, da Catena e Fontane sino a Villorba e Lancenigo. Per oltre il 40 per cento dei cittadini è questo il vero nodo da risolvere, seguito a ruota dai rischi legati all'alta velocità dei mezzi in transito e alla carenza di parcheggi. "Il traffico di passaggio sulla Pontebbana e sulla Postumia indubbiamente pesa, su questo fronte stiamo cercando di rispondere alle esigenze dei cittadini con la presenza dei vigili urbani, autovelox fissi, telelaser e photored - elenca il primo cittadino - non va scordato che in sette anni abbiamo realizzato 28 chilometri di piste ciclabili, che ora i residenti non vedono solo come sicurezza per i pedoni, ma anche come occasione per passeggiate e tempo libero". Alla fine, però, un cittadino su due promuove il livello di vivibilità del territorio. Sempre stando ai risultati del sondaggio, i cittadini guardano con timore alle strade e chiedono soprattutto piste ciclabili e sicurezza. Ma all'interno delle mura domestiche non si vive male. Ben il 93 per cento dei residenti, infatti, abita in una casa di proprietà. E l'attuale crisi finanziaria, anche se le indicazioni delle famiglie sono state raccolte tra l'estate e l'autunno dell'anno scorso, non sembra incidere molto e solo il 7 per cento denuncia situazioni di disagio economico. "Il nulla rispetto a quello che si sente - conclude il sindaco - ai Servizi sociali sono pervenute una ventina di richieste, alcune da parte dei lavoratori dell'Ape che vivono un momento difficile, mentre il resto arriva da persone extracomunitarie". Mauro Favaro

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Il morbo delle filiere (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il morbo delle filiere Sabato 28 Marzo 2009, Mentre le autorità monetarie e i governi di tutto il mondo sono alla ricerca di come uscire dalla crisi finanziaria e dalla recessione che sempre più attanagliano l'economia mondiale, il mondo delle imprese è impegnato nel difficile compito di resistere e di mettere le basi per costruire il futuro. La preoccupazione delle nostre medie e piccole imprese, in particolare, è molto forte. Si cerca di capire dagli esperti, dai consulenti le prospettive non tanto di un suo definitivo superamento, che è giudicato da tutti a tempi non certo brevi, ma per lo meno di quando si manifesteranno i primi segnali di rimbalzo. Qualcosa, in certi settori, è forse all'orizzonte poiché si intravede che le grandi scorte accumulate cominciano a smaltirsi e la produzione dovrebbe quindi, a breve, dare segni di ripresa. Gli imprenditori cercano anche di carpire i modi e gli strumenti per superare questa situazione. Qualche mese fa, quando è scoppiata la crisi finanziaria, il messaggio di breve periodo era quasi scontato: attenzione alla cassa. Quindi rinviare gli investimenti, serrato controllo del circolante, evitare spese superflue, sobrietà gestionale, innanzitutto. Poi in epoca di budget si era detto di adottare un modello previsivo contingente in grado di adattarsi alle mutevoli situazioni del contesto. Ora la questione di come concretamente operare non è semplice né facile perché le situazioni aziendali non sono generalizzabili. Chi ha perso il mercato si trova certo in una situazione ben diversa da chi mantiene ancora gli ordini o li ha visti ridursi solo del 5% ma per il settore in cui opera e per il posizionamento raggiunto, può ragionevolmente immaginare una continuità del suo business nel futuro. In ogni caso, tutte le aziende cercano una maggiore flessibilità (riduzione dei costi fissi e quindi abbassamento del punto di pareggio), nonché una più incisiva semplificazione, selezionando innanzitutto i fornitori. E qui si innesta purtroppo il morbo che colpisce le filiere. Si sa che la filiera è costituita da quell'insieme di imprese che concorrono alla produzione del prodotto finale. Orbene, le scelte indicate tendono a colpire quelli che nelle filiere hanno posizioni deboli, in genere microimprese, terzisti, che non hanno un prodotto distintivo e che soffrono ora della mancanza di liquidità perché strangolati dai clienti che ritardano i pagamenti. Con questa crisi è facile prevedere che si assisterà ad un ridisegno delle filiere a livello internazionale con alcune imprese che scompariranno e con altre che si aggregheranno, per non parlare poi della nascita di nuove o di forte sviluppo di altre come quella delle energie pulite, ad esempio. Indispensabile però che mirati aiuti pubblici e accesso al credito siano applicati tempestivamente affinché l'auspicabile e necessaria trasformazione del nostro assetto industriale non si traduca in una caduta che vada al di là di ciò che è accettabile per continuare a giocare un ruolo importante nella competizione. Attenzione poi ai risvolti sociali di tutto questo perché se è un bene che il sistema industriale si modernizzi è altrettanto importante mantenere la coesione sociale aiutando quelli che perdono oggi il posto di lavoro ad inserirsi comunque nel mondo produttivo.

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babelick ha detto: e pensare che volevano darci lezioni...ormai se ne sono accorti tutti,addirittura i giornalisti...cmq noi abbiamo sempre anticipato gli eventi prima delle notizi (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 1 commento Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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UMBRIA/LORENZETTI: SOSTENERE CHIESA IN AZIONI DI AIUTO A FAMIGLIE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Umbria/Lorenzetti: Sostenere chiesa in azioni di aiuto a famiglie di Apcom Lettera-appello a sindaci, province e consiglio regionale -->Roma, 28 mar. (Apcom) - Lettera del presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, a sindaci, presidenti delle Province e del consiglio regionale per invitarli ad aderire alle iniziative della chiesa umbra a favore dei nuclei familiari in difficoltà. "Anche nella nostra regione si stanno facendo sempre più acute le ripercussioni della crisi finanziaria e a risentirne sono le famiglie a più basso reddito, il nostro sistema produttivo - scrive la Lorenzetti - e in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu (conferenza episcopale umbra, ndr.) ha deciso di attivare un Fondo di solidarietà al quale ho fatto la personale scelta di aderire. Vorrei dunque rivolgere anche a voi l'invito ad assumere iniziative personali e volontarie di adesione". "La Regione - ricorda il presidente Lorenzetti - ha già provveduto, con la manovra di bilancio, a predisporre un pacchetto integrato di interventi, attraverso la costituzione di un fondo di garanzia di 5 milioni di euro presso Gepafin per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, con provvedimenti a sostegno della patrimonializzazione dei consorzi fidi che impegnano oltre 3,5 milioni di euro, oltre che una serie di misure a favore dei lavoratori coinvolti da crisi aziendali, posti in cassa integrazione o mobilità, con uno stanziamento di 2,5 milioni di euro". Lavoratori e famiglie "potranno beneficiare di una serie di provvedimenti diretti di sostegno, per aiutarli a far fronte alle improvvise difficoltà, come la sospensione del pagamento di bollette e mutui, l'abbattimento delle rette per gli asili nido e il contenimento delle tariffe per il trasporto pubblico. Per tutte le altre famiglie che dovessero trovarsi in difficoltà - dice il presidente Lorenzetti - abbiamo stanziato altre rilevantissime risorse per aiutarle, almeno in parte, ad affrontare i disagi della crisi. Sono state quindi incrementate le risorse per l'assistenza di persone non autosufficienti e del fondo regionale per il sostegno ai servizi socio-assistenziali per compensare, in parte, il pesantissimo taglio effettuato dal Governo Berlusconi con la Finanziaria 2009. Inoltre, la Regione si sta coordinando con le amministrazioni comunali al fine di integrare tutte le possibili iniziative". "Non si può e non si deve dimenticare che questo stato di difficoltà, per famiglie e imprese, è frutto anche di scelte di questo Governo che ha operato la strategia dei tagli in settori delicatissimi e fondamentali come le politiche sociali. In ogni caso - conclude la presidente - ed è questo il significato più importante di questa grande iniziativa di solidarietà, l'Umbria civile e solidale non si ritrae e fa la sua parte".

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G8 LAVORO/ CARD. MARTINO: BENE SUMMIT SOCIALE DEL GOVERNO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 lavoro/ Card. Martino: Bene summit sociale del Governo di Apcom "Centralità della persona a cuore dell'insegnamento della Chiesa" -->Città del Vaticano, 28 mar. (Apcom) - E' "apprezzabile", per il cardinale Renato Raffaele Martino, l'iniziativa del Governo italiano di inserire, "per la prima volta", fra le tappe di avvicinamento al G8 che si terrà nel mese di luglio del 2009, uno speciale summit sociale che si apre questa domani. "La profonda crisi finanziaria manifestatasi nell'autunno scorso e della quale è ancora difficile valutare la gravità degli sviluppi economici e sociali - afferma il presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace in un articolo pubblicato sull''Osservatore romano' - può essere occasione positiva per ripensare l'assetto globale dell'economia e della finanza". In modo particolare, "merita attenta considerazione il tema scelto per questo summit sociale: 'La dimensione umana della crisi: provvedere alla persona, ripartire dalla persona'". "Ciò comporta - afferma il porporato - provvedere alla persona salvaguardando la sua dignità con l'adattamento dei sistemi di welfare; ripartire dalla persona creando le condizioni per la nascita di nuove opportunità di lavoro. Temi, questi, che stanno a cuore alla Chiesa e che sono al centro del suo insegnamento sociale".

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Umbria/ Lorenzetti: Sostenere chiesa in azioni di aiuto a (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 28 mar. (Apcom) - Lettera del presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, a sindaci, presidenti delle Province e del consiglio regionale per invitarli ad aderire alle iniziative della chiesa umbra a favore dei nuclei familiari in difficoltà. "Anche nella nostra regione si stanno facendo sempre più acute le ripercussioni della crisi finanziaria e a risentirne sono le famiglie a più basso reddito, il nostro sistema produttivo - scrive la Lorenzetti - e in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu (conferenza episcopale umbra, ndr.) ha deciso di attivare un Fondo di solidarietà al quale ho fatto la personale scelta di aderire. Vorrei dunque rivolgere anche a voi l'invito ad assumere iniziative personali e volontarie di adesione". "La Regione - ricorda il presidente Lorenzetti - ha già provveduto, con la manovra di bilancio, a predisporre un pacchetto integrato di interventi, attraverso la costituzione di un fondo di garanzia di 5 milioni di euro presso Gepafin per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, con provvedimenti a sostegno della patrimonializzazione dei consorzi fidi che impegnano oltre 3,5 milioni di euro, oltre che una serie di misure a favore dei lavoratori coinvolti da crisi aziendali, posti in cassa integrazione o mobilità, con uno stanziamento di 2,5 milioni di euro". Lavoratori e famiglie "potranno beneficiare di una serie di provvedimenti diretti di sostegno, per aiutarli a far fronte alle improvvise difficoltà, come la sospensione del pagamento di bollette e mutui, l'abbattimento delle rette per gli asili nido e il contenimento delle tariffe per il trasporto pubblico. Per tutte le altre famiglie che dovessero trovarsi in difficoltà - dice il presidente Lorenzetti - abbiamo stanziato altre rilevantissime risorse per aiutarle, almeno in parte, ad affrontare i disagi della crisi. Sono state quindi incrementate le risorse per l'assistenza di persone non autosufficienti e del fondo regionale per il sostegno ai servizi socio-assistenziali per compensare, in parte, il pesantissimo taglio effettuato dal Governo Berlusconi con la Finanziaria 2009. Inoltre, la Regione si sta coordinando con le amministrazioni comunali al fine di integrare tutte le possibili iniziative". "Non si può e non si deve dimenticare che questo stato di difficoltà, per famiglie e imprese, è frutto anche di scelte di questo Governo che ha operato la strategia dei tagli in settori delicatissimi e fondamentali come le politiche sociali. In ogni caso - conclude la presidente - ed è questo il significato più importante di questa grande iniziativa di solidarietà, l'Umbria civile e solidale non si ritrae e fa la sua parte".

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CRISI/ STATO TEDESCO ACQUISTA 8,7% CAPITALE HYPO REAL ESTATE(FAZ) (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Stato tedesco acquista 8,7% capitale Hypo Real Estate(Faz) di Apcom Il gigante tedesco dei mutui bancari emblema della crisi -->Berlino, 28 mar. (Apcom) - Lo stato tedesco ha acquistato l'8,7% del capitale di Hypo Real Estate (HRE), il gigante tedesco dei mutui bancari in gravissime difficoltà finanziarie. Lo rivela nella sua edizione di domani il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeinen Zeitung, secondo il quale la decisione sarebbe stata assunta oggi nel corso di una riunione del consiglio di amministrazione della banca a Francoforte. Il giornale indica che il Fondo federale di aiuti al settore bancario (Soffin) sottoscriverà un aumento di capitale di 60 milioni di euro, pari a 20 milioni di azioni. Questo sarà il primo passo verso una nazionalizzazione della Hypo, prevista da una legge varata una settimana fa dal Bundestag, che autorizza la nazionalizzazione della banca entro il 30 giugno 2009. Il Bundesrat, la camera alta, voterà il testo il 3 aprile. Hypo Real Estate è divenuto l'emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, nonostante il piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro in totale, di cui 52 miliardi di garanzie pubbliche fornite da Soffin.

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ISLANDA/ PREMIER SIGURDARDOTTIR ELETTA LEADER SOCIALDEMOCRATICI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 28-03-2009)

Argomenti: Crisi

Islanda/ Premier Sigurdardottir eletta leader socialdemocratici di Apcom Fra un mese le elezioni legislative anticipate del 25 aprile -->Reykjavik, 28 mar. (Apcom) - Johanna Sigurdardottir, capo del governo islandese, è stata eletta oggi alla guida del partito socialdemocratico, formazione in testa nei sondaggi che precedono le elezioni legislative anticipate del 25 aprile. Sigurdardottir ha avuto le preferenze del 98 per cento degli iscritti riuniti a congresso ed era l'unica candidata alla successione di Ingibjorg Solrun Gisladottir. Nel suo primo discorso da leader, Sigurdardottir ha affermato che i valori socialdemocratici devono prevalere di fronte alla gravissima crisi finanziaria che attraversa il Paese. Ha poi messo la parola fine alle voci che la volevano come un leader di transizione per arrivare alle elezioni anticipate, sottolineando che intende "restare al suo posto fin tanto che i cittadini e il partito avranno bisogno di lei". Prima donna alla guida di un governo in Islanda, questa donna femminista, di 66 anni, dichiaratamente omosessuale, era stata nominata ad inizio febbraio alla guida di un governo transitorio di coalizione tra socialdemocratici e verdi, che ha preso il posto di una coalizione di centrodestra, responsabile del tracollo finanziario dell'Islanda . (fonte afp)

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. Parla David Anthony King (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

INTERVISTA   L?EX CONSULENTE DI TONY BLAIR È TRA GLI ESPERTI INTERNAZIONALI CHE STANNO PREPARANDO LA CONFERENZA ONU SUL CLIMA DI DICEMBRE «Verso Copenhagen, per un?altra Kyoto». Parla David Anthony King LAZZARO PIETRAGNOLI londra David Anthony King, è uno degli scienziati britannici più impegnati nella lotta per contrastare i cambiamenti climatici, tanto sul versante accademico, quanto, soprattutto su quello politico: è stato il consigliere scientifico di Tony Blair ed ora, come direttore della Smith School of Enterprise and the Environment di Oxford, fa parte del gruppo di esperti internazionali incaricato di preparare la conferenza dell?Onu sul clima, che si svolgerà a Copenhagen nel dicembre prossimo. Che cosa si aspetta da questa conferenza? Sarà un appuntamento fondamentale: è il momento in cui si può provare davvero a definire gli strumenti per affrontare un problema che è globale. Serve un?azione collettiva che coinvolga le popolazioni, le imprese, i governi. Da più parti si sente dire che di fronte alla crisi finanziaria bisogna smetterla con le politiche di tutela dell?ambiente, perché la ripresa deve avere la priorità. È un discorso miope: questa invece è proprio un?opportunità, per due motivi: il cambiamento culturale e l?influenza che possiamo avere sui governi per investire. È l?occasione giusta per rilanciare le nostre ambizioni ambientali, con politiche concrete su scala internazionale. Dalla crisi economica si esce solo con proposte eco-compatibili, non con la solita contrapposizione tra difesa dell?ambiente e sviluppo economico. Crede davvero che questa nuova mentalità ambientale sia dominante? Vedo segnali incoraggianti. Innanzitutto nel mondo degli affari: cinque anni fa l?attenzione all?ambiente era considerata come ?comportamento socialmente responsabile? dalla maggior parte delle imprese. Oggi invece l?introduzione di misure compatibili dal punto di vista ambientale è generalmente vista come uno strumento per aumentare i propri margini di profitto. A differenza della politica, il mondo del business ha una mentalità pratica e ragiona su lunga scadenza: sa che l?inevitabile aumento del prezzo del petrolio dev?essere affrontato subito, e non con palliativi come l?aumento della fornitura di greggio, ma con risposte davvero alternative che possono, con una battuta, ?de-carbonizzare l?economia?. La politica, invece, sembra essere in ritardo C?è una divaricazione tra gli impegni che si assumono e le politiche che si portano avanti. All?ultima riunione del G8 in Giappone si è concordata una riduzione delle emissioni di CO2 del 50 per cento entro il 2050, ma le decisioni dei singoli stati ora devono essere conseguenti. Non si possono adottare misure di breve respiro che vanno in senso opposto, come la decisione del governo inglese di concedere due nuove autorizzazioni per estrazioni petrolifere. Nei piani del governo, questo porterebbe a una lieve riduzione del prezzo del petrolio, ma il conseguente aumento dell?inquinamento è un prezzo che non merita di essere pagato. Anche perché così non si affrontano le situazioni a lunga scadenza e non si promuove davvero la ricerca e l?utilizzo di energie alternative. Con il pretesto di sostenere e rilanciare l?economia, si condanna l?intera società: l?austerità può invece essere l?occasione giusta per aumentare l?efficienza nell?uso di energia, anziché concentrarci sul consumismo. L?impegno ambientale deve essere rafforzato dalla crisi: è proprio nei periodi di difficoltà che è più facile accettare grandi cambiamenti. Che cosa si può fare concretamente? Spendere soldi pubblici per stimolare l?economia verde. In questo periodo tutti i paesi stanno investendo enormi quantità di soldi per uscire dalla crisi finanziaria: è caduto il tabù dell?intervento pubblico in economia. Usiamo al meglio questa opportunità. Non sosteniamo imprese che non siano ecologicamente sostenibili, e che tra una decina d?anni sono destinate a fallire ugualmente. Promuoviamo invece quelle all?avanguardia nella ricerca e nella produzione sostenibile. Un esempio su tutti: il settore automobilistico. Nessun aiuto indiscriminato alle imprese, ma soldi mirati solo a chi introduce la produzione e la commercializzazione su larga scala di automobili elettriche, progetti nuovi. Paradossalmente, su questa strada, l?Europa e gli Stati Uniti sono in ritardo rispetto a paesi come la Cina e la Corea del Sud, dove il pacchetto economico per fare fronte all?emergenza contiene davvero innovativi ?stimoli ambientali?: misure di protezione ambientale, incentivi alla riforestazione, supporto alla ricerca biologica e tecnologica. Serve che la politica si faccia promotrice di questo nuovo ciclo, adottando l?impostazione che molte imprese hanno ormai fatto propria: che non c?è alternativa ad un?economia de-carbonizzata e che quindi bisogna cominciare a promuovere il cambiamento anche dall?alto. Perché questa conferenza dovrebbe riuscire, a differenza di Kyoto, senza troppe defezioni e distinzioni? Si tratta di un auspicio, non di una certezza. C?è stato un profondo mutamento di atteggiamento: non solo nell?amministrazione americana, ma anche complessivamente nell?intero pianeta, dal Brasile alla Cina. Ormai il legame tra i cambiamenti climatici e la produzione di gas inquinanti da parte di attività umane è stabilito scientificamente senza alcun dubbio ed è accettato politicamente in modo deciso da parte dei principali attori internazionali.

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Progressisti, la sfida cilena (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Progressisti, la sfida cilena ***, 28 marzo 2009, 21:33 Il punto internazionale Si sono riuniti in Cile per mettere a punto una strategia unitaria contro la crisi. Da Brown, Lula e la Bachelet, è stata sottolineata la necessità di tornare ai valori dell'etica, ai principi del progressismo. Senza dimenticare la priorità ambiente. Francheschini e Brown hanno parlato anche del delicato processo di inserimento dei progressisti italiani in Europa La risposta alla crisi sono "politiche popolari, non populistiche". E' stata la presidente cilena Michelle Bachelet a sintetizzare con una battuta il vertice progressista chiuso oggi a Vina del Mar, al quale ha partecipato una delegazione del Pd guidata dal segretario. La missione in Cile ha dato l'opportunità a Dario Franceschini di una prima "bilaterale" con uno dei 'big' tra i leader presenti, il premier britannico Gordon Brown, l'architetto del prossimo vertice G20 di Londra, il quale si è detto pronto a dare una mano nella strada del consolidamento del Pd. La sfida "cilena" per i leader del centrosinistra è stata proprio quella di azzeccare una via progressista per uscire da quella che viene considerata la crisi economica più grave degli ultimi decenni. Per trovare, in altre parole, un modo per salvare il capitalismo. Proprio questo è stato una dei temi dell'incontro di Francheschini con Brown: ma i due leader hanno parlato anche del delicato processo di inserimento dei progressisti italiani in Europa. La costruzione di uno spazio "in cui stiano insieme socialisti e riformisti non socialisti, a cominciare dal parlamento europeo" è un tema che richiede tempo, ha puntualizzato il segretario del Pd. Un processo che è in atto non solo in Italia ma in altri paesi europei. "Proprio la crisi è un fattore di spinta per uscire dai tradizionali confini ideologici, e d'altra parte ora la politica ha più spazio rispetto all'economia", ha precisato Lapo Pistelli. I tempi sono stretti ma, più concretamente, "si lavora per un gruppo unico" a Strasburgo, tenendo conto della scadenza delle europee. A conferma della tendenza verso un'aggregazione, non di una sommatoria, fra centro e sinistra, c'è il fatto che il termine "noi socialisti" (o di altre ideologie) non si è di fatto sentito mai, salvo qualche battuta del presidente brasiliano Lula, il quale d'altra parte ha più volte ricordato - come tutti a Vina - che nessuno pensa di abbandonare il mercato, o a bloccare la globalizzazione. Sul tavolo dell'incontro cileno è invece stata posta con determinazione la necessità di più regole, e in tempi rapidi, soprattutto nei mercati finanziari, per chiudere per sempre con le follie degli ultimi anni. Da più parti, e non solo da Brown, Lula e la Bachelet, è stata sottolineata la necessità di tornare ai valori dell'etica, ai principi cioè del progressismo. Senza dimenticare la priorità ambiente.

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diciamolochiaro ha detto: Scusa Babe, ma l'articolo lo hai scritto tu? Cavolo! A parte che alla fine ci sono un paio di cosette su cui non sarei molto d'accordo, tipo paragonare Ga (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 2 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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"Bruxelles deve investire di più sull'agricoltura" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

IL PRESSING DI CONFAGRI SU GOVERNO E UE "Bruxelles deve investire di più sull'agricoltura" [FIRMA]VANNI CORNERO INVIATO A TAORMINA «L'agricoltura è il futuro, bisogna investire in questo settore. Si può dire, senza esagerare, che l'agricoltura sia l'elemento più importante del 21° secolo», parole di Jacques Attali, uno dei maggiori economisti europei, pronunciate al forum di Confagricoltura chiuso ieri a Taormina. Nell'analisi che Attali fa dell'economia globale e della crisi finanziaria che è in corso, secondo lui non ancora giunta all'apice, l'agricoltura riveste un ruolo strategico. Ma, ribadisce l'economista, «è molto importante avere una strategia e progetti d'investimento». Invece l'Unione Europea spende e spenderà sempre meno per l'agricoltura, passando dai 52,4 miliardi del 2007 (pari al 44,7% del bilancio UE) ai 50 miliardi del 2013 (pari a 39,3%). «Serve più coraggio da parte degli Stati europei per riportare alla giusta attenzione di Bruxelles la questione agricola - dice il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni - evitando però i rischi che un'eccessiva enfasi al tema dello sviluppo rurale può nascondere». E aggiunge: «Le innovazioni infrastrutturali sono utili, ma queste risorse aggiuntive servono alle imprese agricole per rispondere all'esigenza di aumento della competitività, che significa conquistare nuove quote di mercato e mantenere quelle attualmente controllate. Le infrastrutture possono essere finanziate con altre risorse comunitarie già disponibili allo sviluppo». Altrettanto fondamentale è un nuovo dialogo tra finanza e agricoltura. L'accesso al credito è uno strumento indispensabile perché il settore vale il 15,7% del Pil ed ha bisogno di finanziamenti per rimanere competitivo, per non perdere posti di lavoro e anzi crearne dei nuovi. Oggi nel panorama agricolo nazionale il 27% delle imprese, su un totale di 1,8 milioni, rappresenta il 66% della produzione e il 71% del valore aggiunto. Ma sono anche aziende che occupano il 90% del lavoro dipendente nel settore in Italia. A loro, secondo Confagricoltura, il mondo del credito deve offrire soluzioni finanziarie ad hoc. «La risposta degli operatori del credito deve però essere rapida ed efficace - avverte il presidente Vecchioni - perché c'è un numero crescente di imprese agricole che incontrano difficoltà nel finanziarsi e che si trovano di fronte ad un maggiore irrigidimento da parte delle banche nelle modalità di rilascio dei finanziamenti, che si traduce in certi casi in una preclusione all'accesso ai prestiti e in altri in un innalzamento dei loro costi». Un appello raccolto dall'amministratore delegato di Intesa San Paolo, Corrado Passera, anch'egli presente al forum di Taormina: «Abbiamo deciso, seguendo il suggerimento del presidente Vecchioni, di dedicarci ancora con maggiore impegno all'agricoltura perché da sempre crediamo nel suo ruolo importante». Ma, guardando all'Europa, secondo Passera, «non c'è la sensazione di un piano dedicato allo sviluppo dell'agricoltura e dell'agri-business, la stessa politica comunitaria sembra più una politica sociale per aree rurali disagiate e spendere circa il 40% del bilancio UE in questo senso sarebbe sprecare i soldi. Positivo invece sarebbe utilizzarli per uno sviluppo del settore che lo renda più forte, meno esposto e più qualificato». E prosegue: «Intesa San Paolo ha 500 miliardi di credito in Italia di cui i 2/3 per la maggioranza rivolti alle piccole e medie imprese, ma 130 miliardi di affidamenti sono inutilizzati. In agricoltura ci sono tante realtà che vanno bene e noi vogliamo dedicarci a quelle imprese che ancora credono in se stesse e che investono per crescere».

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Ugo La Malfa mio padre e mio conflitto (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Colloquio 30 anni fa moriva il segretario del Pri KEYNESIANO RIPENSAMENTO Ugo La Malfa mio padre e mio conflitto Il figlio Giorgio: "Seguo le sue tracce e aspetto di poter tornare a sinistra" LUIGI LA SPINA «Era un seguace dell'economista inglese e oggi avrebbe condannato l'eccessivo liberismo» «Troppe concessioni alla Chiesa federalismo costoso: non entrerò nel partito di Berlusconi» Repubblicano nel cuore ROMA Uno studioso del capitalismo e delle sue crisi, un europeista convinto, un politico di minoranza ascoltato maieuta dei partiti di maggioranza, un laico tutt'altro che scettico, anzi intransigente moralista. A trent'anni dalla morte di Ugo La Malfa, la nostalgia per una personalità così interessante della scena pubblica è ancora forte. Così come la curiosità di immaginare quale sarebbero le sue opinioni se potesse osservare uomini e fatti dei nostri giorni. Si tratta, certo, di un gioco intellettuale, un azzardato e discutibile «via vai» tra il passato e il presente che suo figlio Giorgio accetta, sia pure con un po' di trepidazione, come erede di un nome illustre nella storia del nostro paese e come politico impegnato, spesso con difficoltà personali e di partito, a tradurre la lezione del padre nelle contingenze di una difficile attualità. Keynesiano rigoroso, Ugo La Malfa, avrebbe sostenuto certamente la politica di intervento statale per affrontare la crisi economica mondiale. «Sì - conferma il figlio Giorgio, economista di scuola anglosassone - io conservo la copia di mio padre della prima edizione della Teoria generale di Keynes, tutta da lui annotata e con le recensioni al volume dei giornali stranieri. Il pendolo della storia si era spostato su un eccessivo liberismo e, ora, è necessaria una inversione di tendenza che mio padre avrebbe approvato, mettendo in guardia, però, da due rischi: il protezionismo e l'inflazione». Giorgio La Malfa ritiene possibile, a questo proposito, evitare il primo pericolo, proprio seguendo la traccia del padre, famoso autore di quella liberalizzazione degli scambi che aprì la strada al mercato comune europeo, «perché Keynes, prima di morire, lanciò il Fondo monetario e la Banca mondiale, cioè il fondamento del commercio libero». Più scettico è invece sulla possibilità di evitare l'altro «nemico» storico del padre, l'inflazione: «E' l'unico modo - confessa con realismo - per uscire dalla crisi». Dove l'immaginario dialogo tra padre e figlio incomincia, invece, a complicarsi, è sul tema dell'Europa. «Oggi ci potrebbe essere un dissenso tra lui e me - ammette Giorgio - perché lui spingeva molto sulla moneta unica europea e io, invece, sono assai preoccupato per l'euro. La moneta presuppone uno Stato alle spalle, è l'espressione della sua sovranità. L'euro è una moneta per i tempi facili, ma non per quelli di crisi come gli attuali. Un esempio: oggi la Banca centrale inglese e quella americana stampano moneta e l'Europa non può farlo. Questa è una diminutio del potere politico. L'euro è un matrimonio senza amore. Può darsi che il matrimonio generi l'amore, ma è più facile che il matrimonio, davanti a una difficoltà grave, si sfasci». Se passiamo dal mondo e dall'Europa ai problemi del nostro paese, il confronto padre-figlio sembra persino più acceso. La domanda, provocatoria ma inevitabile, è crudele: Ugo La Malfa, uomo simbolo del primo centrosinistra italiano, sarebbe contento di vedere, oggi, suo figlio alleato del centrodestra? «Poteva essere più scontento nel 2001, quando presi questa decisione. Oggi, vedo che il giudizio su Berlusconi è, in generale, molto cambiato. Quello che lui non avrebbe fatto e io non farò mai è quello di entrare nel partito di Berlusconi e, in Europa, nel Ppe. Non voglio avere la libertà di coscienza sul testamento biologico come concessione rispetto ai valori della Chiesa, voglio essere indipendente dai valori della Chiesa. Siamo in un'alleanza, in attesa che si possa riportare il partito repubblicano in un alveo di sinistra». In effetti, l'atteggiamento del Pdl nei confronti della Chiesa mette in difficoltà Giorgio La Malfa, su questo tema di idee fermamente laiche come il padre: «La Chiesa oggi è più militante perché è più debole. Io, su questo punto, suggerirei però comprensione, perché la Chiesa è anche un deposito di valori morali. Non, certo, un deposito di valori biologici o scientifici, ma di valori morali, sì. Mio padre era un laico, ma un moralista. Il problema è che, rispetto ai suoi tempi, non c'è più la dc. Allora, c'era un convertitore, per così dire, che prendeva le posizioni della Chiesa, ne faceva una scrematura e, poi, le portava al confronto con gli altri partiti che, proprio perché il monopolio del voto cattolico era della dc, erano liberi di dire quello che pensavano». C'è un ultimo argomento che distingue non solo padre e figlio, ma che sembra allargare la distanza tra Giorgio La Malfa e la maggioranza parlamentare che sostiene il governo: il federalismo. Ugo La Malfa, nell'eredità risorgimentale, rappresentava l'ala contraria al centralismo, quella che guardava a Cattaneo, più che a Cavour. Era il politico che, all'epoca del primo centrosinistra, spinse per l'attuazione del dettato costituzionale sulle Regioni. Oggi, il figlio è allarmato per le conseguenze del federalismo: «La legge, in sostanza, dice che le Regioni più ricche avranno più soldi. Allora i casi sono due: o quelle più povere ne avranno di meno, o lo Stato dovrà spendere di più per finanziarle. E questo è in contraddizione con quello che ha promesso Berlusconi, cioè meno tasse».

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Un economista spiega le strategie anti-crisi (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

CONFINDUSTRIA. MARTEDÌ Un economista spiega le strategie anti-crisi Come si combatte la crisi finanziaria? Domanda difficile di questi tempi, ma Confindustria Vercelli Valsesia offrirà un'occasione di confronto per le imprese associate. E lo farà con ospiti del mondo dell'economia e dell'impresa. Martedì, all'Unione industriale, il professor Marco Fortis, vicepresidente della fondazione Edison, parlerà della crisi economica mondiale. L'incontro che è fissato per le 17, nella sede di via Piero Lucca , ha questo obiettivo: dare un aiuto ulteriore alle imprese per risolvere i diversi problemi. Claudio Gherzi, direttore di Confindustria, spiega: «D'accordo col presidente Carlo Alberto Prosino, proponiamo alle aziende un momento di riflessione e, grazie alla presenza di un economista d'eccezione e di testimonial di livello, si potrà discutere dei cambiamenti indispensabili per poter ritornare più competitivi sul mercato di un tempo». Si parlerà delle difficoltà legate all'accesso al credito, problema cruciale per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese, ma anche dei ritardati pagamenti da parte di molte pubbliche amministrazioni. Oltre al professor Fortis, interverranno Sergio Loro Piana, amministratore delegato di Loro Piana di Quarona, e Savino Rizzio, amministratore delegato della Vir spa -Valvoindustria di Valduggia.

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Per la ripresa Londra chiede 2000 miliardi (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Per la ripresa Londra chiede 2000 miliardi La proposta sarà fatta al G20. Berlino frena I no global scendono in piazza nelle capitali [FIRMA]ALESSANDRO ALVIANI BERLINO Mentre Washington, Parigi e Berlino faticano a trovare un compromesso su come rilanciare l'economia, Londra accelera e spedisce ai paesi che parteciperanno la prossima settimana al G20 la sua ricetta anti-crisi. Una ricetta ambiziosa: le economie industrializzate e quelle emergenti dovrebbero impegnarsi a destinare duemila miliardi di dollari agli stimoli per l'economia. La cifra, scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, è contenuta nella bozza del documento finale del G20. Ed è scritta tra parentesi: alla fine potrebbe essere ritoccata, anche verso l'alto. Quella cifra, comunque, dovrebbe far aumentare la crescita di due punti e creare 19 milioni di nuovi posti di lavoro. «Siamo decisi a ristabilire la crescita, a resistere al protezionismo e a riformare i nostri mercati», si legge nel testo, che chiede di sottoporre a regole «tutti i mercati, gli strumenti e le istituzioni, compresi gli hedge funds». Bocche cucite alla cancelleria di Berlino sulla bozza inglese, mentre Downing Street precisa che la cifra «è provvisoria, rappresenta solo la stima del denaro necessario secondo il Fmi». Quello che è certo è che l'idea di ulteriori interventi di rilancio coi soldi pubblici non piace al governo tedesco. Tanto forte la richiesta di nuovi stimoli fiscali fatta agli europei dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, tanto intransigente il no della Germania, ribadito ieri da Angela Merkel. «La crisi non si è verificata perché abbiamo speso troppo poco, ma perché abbiamo speso troppo per creare una crescita economica che non era sostenibile», ha detto la cancelliera al Financial Times. Il problema «non è solo che le banche hanno preso troppi rischi; i governi hanno consentito loro di farlo, non fissando le necessarie regole finanziarie e, ad esempio negli Usa, aumentando troppo l'offerta di moneta», ha aggiunto. «Se vogliamo imparare da questo, la risposta è di non ripetere gli errori del passato». Tradotto: Berlino guarda con sospetto a ogni eccesso di liquidità sui mercati e, soprattutto, con un debito pubblico che ha già toccato 1.547 miliardi, non vuole rinunciare al rigore nei conti per imbastire un nuovo pacchetto di sostegno, che sarebbe il terzo dopo quelli approvati alla fine del 2008 e all'inizio di quest'anno. Frau Merkel preferirebbe piuttosto aspettare per verificare l'efficacia delle misure già decise, che - ha ricordato - ammontano al 4,7% del Pil in due anni. Quanto fatto finora dalla Germania è «superiore alla media», ha rivendicato nei giorni scorsi al Bundestag. «Noi il nostro contributo l'abbiamo dato». La cancelliera è stata ancora più chiara ieri a Dortmund: i piani di rilancio sono importanti, ma «non possono far sì che non si verifichi di nuovo» una crisi come quella attuale. C'è bisogno piuttosto di regolare in modo più deciso i mercati finanziari, è la sua proposta. Merkel ha provato a smussare le divergenze tra le due sponde dell'Atlantico: «Ci incontriamo per prendere decisioni comuni, non per competere». Di fatto, però, ha già smorzato le aspettative. «Stiamo discutendo della creazione di una nuova architettura del mercato finanziario e non potremo finirla a Londra. Ovviamente non risolveremo la crisi economica e neanche la questione del commercio. Dovremo incontrarci di nuovo». Parole che non devono aver entusiasmato i 15.000 dimostranti scesi ieri in piazza a Londra (altri 20 mila a Berlino, altrettanti a Parigi) contro il G20 al motto di «Noi non paghiamo per la vostra crisi». Il summit di Londra rischia di rivelarsi qualcosa di diverso dall'appuntamento "storico" promesso dal presidente francese Nicolas Sarkozy.

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Risanamento il rosso aumenta a 213 milioni (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

ASSEMBLEA IL 30 APRILE Risanamento il rosso aumenta a 213 milioni MILANO La crisi dei mercati finanziari pesa sul settore immobiliare e Risanamento chiude il 2008 con una perdita di 213,7 milioni di euro, in peggioramento rispetto al rosso di un anno fa (-91,6 milioni nel 2007). Il gruppo controllato da Luigi Zunino prevede pertanto che nel 2009 l'attività «sarà fortemente influenzata dall'esito delle vendite del patrimonio immobiliare e dalla valorizzazione dei progetti di sviluppo, al fine di ottenere le risorse finanziarie necessarie per ridurre l'esposizione finanziaria e migliorare il risultato economico». A fine anno il valore complessivo di mercato del portafoglio immobiliare è pari a circa 4,1 miliardi di euro. In particolare, gli immobili a reddito - a fronte di un valore di bilancio di 1,3 miliardi - presentano un valore di mercato a fine anno di 1,7 miliardi di euro. Il portafoglio destinato allo sviluppo - a fronte di un valore di bilancio di 900 milioni - presenta un valore di mercato di 1,6 miliardi. Infine il portafoglio di trading - a fronte di un valore di bilancio di 700 milioni - presenta un valore di mercato di 800 milioni. Per il 30 aprile è stata convocata l'assemblea per rinnovare il cda e approvare il bilancio. \

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La Germania si compra l'8 per cento di Hypo Re (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

MINI NAZIONALIZZAZIONE La Germania si compra l'8 per cento di Hypo Re BERLINO Lo Stato tedesco ha acquistato l'8,7% del capitale di Hypo Real Estate, il gigante tedesco dei mutui bancari in gravissime difficoltà finanziarie. Lo scrive oggi il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeinen Zeitung, secondo il quale la decisione sarebbe stata assunta ieri nel corso di una riunione del consiglio di amministrazione della banca a Francoforte. Il giornale indica che il Fondo federale di aiuti al settore bancario (Soffin) sottoscriverà un aumento di capitale di 60 milioni di euro. Secondo le indiscrezioni, questo dovrebbe essere il primo passo verso una nazionalizzazione della Hypo Re, resa possibile da una legge varata una settimana fa, non sensa polemiche, dal Bundestag. Promossa dall'esecutivo di Angela Merkel, la legge autorizza la nazionalizzazione della banca entro il 30 giugno 2009. Il Bundesrat, la camera alta, voterà il testo il 3 aprile. Hypo Real Estate è divenuto l'emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, ritenuto «strategico» per le interconnessioni con il resto del sistema finanziario tedesco. Prorpio per evitare un rischio sistemico, Hypo Re è già stata oggetto di un piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro in totale, di cui 52 miliardi di garanzie pubbliche fornite da Soffin. \

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obama vuole un accordo sul clima entro l'anno - (segue dalla prima pagina) dal nostro corrispondente (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Esteri Obama vuole un accordo sul clima entro l´anno In otto giorni il G20, il vertice Nato e l´incontro con l´Islam "Vertice in aprile, poi summit in Italia". Via al tour europeo: incontri con i giovani e con l´Islam L´agenda Da Londra a Istanbul l´Obama-tour "L´America parlerà ai giovani" Il presidente Usa vedrà molti leader mondiali. Ma per il momento nessun italiano (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE mario calabresi La mossa di Obama nasce dalla volontà di segnare una svolta nei rapporti con l´Europa e di cambiare l´immagine degli Stati Uniti nel mondo. Con lo stesso obiettivo durante il suo viaggio in Europa, a partire da martedì, Barack Obama non terrà discorsi nei parlamenti o nelle aule dei meeting internazionali, scegliendo invece di parlare ai giovani: la Casa Bianca ieri ha annunciato di aver organizzato per il presidente due lunghi incontri a Strasburgo e a Istanbul per dialogare con gli studenti. Quest´ultimo sarà una tavola rotonda trasmessa su internet con l´idea di mettersi in contatto con ragazzi europei, mediorientali e asiatici. Otto giorni «per cambiare l´immagine dell´America nel mondo e dare nuova energia alle storiche alleanze», con quattro temi in testa all´agenda: la crescita economica, l´Afghanistan, la necessità di ridurre gli arsenali nucleari nel mondo e, appunto, il cambiamento climatico. Con l´idea che la vera novità sia rivolgersi alle giovani generazioni europee per costruire un nuovo rapporto con gli Stati Uniti. Tre vertici internazionali, 17 faccia a faccia con leader di tutto il mondo, un grande discorso a Praga sulla necessità di fermare la proliferazione nucleare e i due incontri con gli studenti: per il suo primo viaggio fuori dal continente americano Obama ha scelto l´Europa, ma la lunga tappa a Londra (3 giorni) servirà a costruire un rapporto personale con i leader russi, cinesi, indiani e sauditi, e il finale in Turchia a «lanciare un ponte verso l´Islam e l´Asia». Il presidente avrà incontri personali anche con il premier inglese Gordon Brown, il presidente francese Sarkozy, la cancelliera tedesca Angela Mekel e il primo ministro spagnolo Zapatero, oltre al presidente della Commissione europea Barroso, ma per il momento nessun faccia a faccia con gli italiani. Presentando la visita ai giornalisti, il vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Denis McDonough, ha parlato dell´importanza per Obama di «rilanciare le speciali alleanze con britannici, tedeschi e francesi e di riconoscere il ruolo fondamentale della Turchia per la Nato e per il dialogo tra Israele e la Siria». Martedì sera il presidente americano arriverà a Londra, dove si tiene il vertice G20 che deve discutere le ricette per far uscire l´economia mondiale dalla recessione. Obama arriva con due obiettivi: condividere la necessità di pacchetti di aiuti e di stimoli per rilanciare la crescita in tutto il mondo e stabilire un nuovo quadro di regole per i mercati finanziari. A Londra i due incontri bilaterali più importanti saranno quello con il presidente russo Medvedev e quello con il cinese Hu Jintao. Obama e il leader del Cremlino potrebbero annunciare l´intenzione di firmare un nuovo trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (a fine anno scade il trattato Start-1 firmato nel 1991). «Con la Russia - ha detto McDonough - il clima è molto migliorato nelle ultime settimane e abbiamo l´opportunità di fare concreti passi avanti». Con il presidente cinese invece, ha spiegato la Casa Bianca, oltre che di relazioni economiche e comemrciali si discuterà «la preoccupazione per il possibile lancio di un nuovo missile da parte della Corea del Nord nella prima settimana di aprile». Nella capitale inglese ci saranno anche faccia a faccia con il presidente indiano e il re saudita e rompendo il protocollo, che prevede questo genere di incontri solo in occasione di visite di Stato, la Regina Elisabetta II ha invitato Barack Obama e la moglie Michelle a Buckingham Palace. La seconda tappa del viaggio (3 e 4 aprile) sarà sul confine tra Francia e Germania, a Strasburgo e Kehl per il vertice che deve celebrare il 60esimo anniversario della Nato. Il presidente chiederà agli alleati più truppe ma anche più civili e più aiuti economici per l´Afghanistan e il Pakistan, in linea con il nuovo piano che ha presentato venerdì a Washington. A Strasburgo terrà il primo dei discorsi ai giovani, incentrato sulle relazioni tra Europa e America, a cui seguirà un dibattito con le domande del pubblico. Nell´agenda americana per il vertice con la Ue di domenica 5 aprile ci sono le energie rinnovabili, il cambiamento climatico e la necessità di frenare i progetti atomici iraniani aprendo un dialogo con Teheran. Ma la tappa considerata da Obama più importante è quella in Turchia, come hanno sottolineato ieri i suoi collaboratori: «E´ un alleato di vitale importanza per il processo di pace in Medio Oriente e il vero ponte verso l´Asia». Il presidente visiterà Istanbul, vorrebbe andare con la moglie alla Moschea Blu e alla Basilica di Santa Sofia, e chiuderà il suo viaggio con il dialogo con i giovani che si terrà simbolicamente in un palazzo sul Bosforo, per lanciare il suo messaggio all´Asia e all´Islam.

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in piazza studenti, operai e no-global a londra la rabbia contro i banchieri - enrico franceschini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 6 - Economia In piazza studenti, operai e no-global a Londra la rabbia contro i banchieri Senza incidenti la prima marcia anti-G20. Biden: dateci una possibilità La protesta Preoccupazione per le manifestazioni in programma mercoledì e giovedì prossimi ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente LONDRA - Se la rabbia avesse un colore, sarebbe un arcobaleno. Bandiere verdi e bandiere rosse, striscioni neri, scritte blu su cartelloni bianchi, tante magliette arancione e poi intorno a tutto la cornice gialla delle casacche indossate dalla polizia sopra l´uniforme: è il colpo d´occhio di «Put people first», date la precedenza alla gente, sottinteso sui profitti, parola d´ordine della marcia di protesta per le vie di Londra che apre la settimana del G20. Il summit tra venti capi di stato e di governo, giovedì prossimo nella capitale britannica, dovrebbe ridisegnare le regole del capitalismo, messo in ginocchio dalla peggiore recessione mondiale in quasi un secolo. Sotto la regia del premier Gordon Brown, con il presidente Obama al suo viaggio d´esordio in Europa, i leader della Terra discuteranno una maggiore «regulation» dei mercati finanziari e miliardi di euro di aiuti alle economie in crisi. Ma i dimostranti che sfilano in questa rigida giornata di primavera londinese scandiscono slogan come «tassate i ricchi, che siano loro a pagare», sintomo di un disagio diffuso, sconfinato nello sdegno verso i bonus dei banchieri e gli imbrogli delle banche sull´orlo del fallimento, salvate dal sacrificio dei contribuenti dopo avere innescato il terremoto finanziario che fa tremare il mondo. Sono 35-40 mila a Londra, altre decine di migliaia a Berlino, Francoforte, Parigi, Roma, i manifestanti che marciano in un sabato di protesta in mezza Europa: meno del previsto, forse per il tempo inclemente, ma senza incidenti, nonostante i timori della vigilia. Londra è l´epicentro. Una coalizione di 150 gruppi differenti, che comprende operai e studenti, sindacati e ambientalisti, associazioni di carità e anarchici, no global e gruppi religiosi, sfila dalle rive del Tamigi fino al Big Ben, sfiora Downing street, sfocia a Trafalgar Square, per fermarsi poi ad Hyde Park sotto un grande palco su cui si alternano oratori e musicisti. I black bloc, che secondo la polizia si preparavano ad azioni violente, non si vedono. Le esortazioni a «impiccare un banchiere ad ogni lampione», lanciate dalla strana coppia che firma la regia della giornata, Christ Knight, professore di antropologia della University of East London (sospeso dall´incarico per i suoi appelli estremisti), e Marina Pepper, ex- playmate riciclatasi in consigliere comunale, non si realizzano. Almeno per ora: l´assalto al nuovo «palazzo d´inverno», ovvero le banche della City e i centri del potere politico-finanziario, promette a testa bassa qualche partecipante al corteo, ci sarà nelle dimostrazioni previste per mercoledì e giovedì, in concomitanza con il G20. La rabbia di questa coalizione-arcobaleno, tuttavia, è già palpabile. A partire dai due promotori: Knight&Pepper, un «cavaliere pepato», come evocano i loro nomi. «La protesta di stamane è la miccia di una rivoluzione di velluto che contagerà tutto il pianeta», prevede l´antropologo; «questo è un carnevale per rovesciare il capitalismo, ne abbiamo abbastanza, riprendiamoci il potere», gli fa eco l´ex-starlett in topless. Ma se i leader della marcia sono un po´ stravaganti, le decine di migliaia che sfilano alle loro spalle sono maledettamente seri. «Siamo qui per determinare tutti insieme il futuro del mondo», dice Rob Owen, leader della National Union of Students, il movimento degli studenti del Regno Unito. «Non c´è contraddizione tra gli ecologisti che vogliono ridurre le emissioni di carbonio e gli operai che vogliono tenere aperte le fabbriche d´automobili», dice Anna Sell, portavoce del partito socialista britannico, «salviamo i posti di lavoro e produciamo auto elettriche che non inquinano». Passa un sacerdote anglicano con una sciarpa rossa: «La gente vuole solidarietà, basta con l´era dell´avidità». Passa un ecologista con la bandiera verde: «Se ci voleva questa crisi per svegliare il mondo, sia benvenuta». Passa un anarchico con la bandiera nera: «La diversità della nostra coalizione è un punto di forza, non di debolezza». Ed ecco Brendan Barber, segretario generale del Tuc, il sindacato britannico: «E´ giusto essere arrabbiati, perché non c´è niente di inevitabile in questa recessione. L´hanno causata quei leader che per decenni ci hanno spiegato che il mercato andava lasciato libero di fare ciò che voleva. E´ ora di fare giustizia». Lavoro, giustizia e clima: erano gli slogan della pacifica marcia di ieri. Scotland Yard rimane convinta che le manifestazioni dei prossimi giorni non saranno altrettanto miti. La polizia teme un attacco alla Banca d´Inghilterra e ammonisce i black bloc: «Se farete ricorso alla violenza, saremo pronti». Finirà come al G7 di Genova? «Dateci una chance», chiede il vicepresidente americano Joe Biden dal Cile, dove ha partecipato a un convegno delle forze di centro-sinistra con Gordon Brown e altri leader (tra cui Dario Franceschini per il Pd). «Ascoltate cosa abbiamo da dire, vedete se riusciremo a uscire da questo G20 con proposte concrete».

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Finlombarda in aiuto delle aziende Finanzieremo chi farà richiesta (sezione: crisi)

( da "Provincia Pavese, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Finlombarda in aiuto delle aziende «Finanzieremo chi farà richiesta» PAVIA. Finlombarda sfida la crisi finanziaria e si schiera con imprenditori e artigiani. La priorità è quella di aiutare il maggior numero di imprese nel minor tempo possibile. «Forniremo finanziamenti alle imprese lombarde che ne faranno richiesta; il nostro obiettivo è quello di aiutarle per il loro sviluppo». Sono alcune parole di Giampaolo Chirichelli, presidente di Finlombarda, finanziaria della regione Lombardia. Il riferimento è al progetto"Made in Lombardy", un piano da 400 milioni di euro investiti in 13 misure a favore dell'economia lombarda. «Si tratta di un'importante novità nel panorama economico e finanziario» spiega Chirichelli. L'obiettivo è quello di fornire fondi per aiutare l'impresa nei suoi diversi settori. «Le imprese devono affrontare questa crisi e mantenere la loro competitività», chiarisce Chirichelli."Made in Lombardy" rappresenta la tanto attesa soluzione anti crisi che il mondo dell'impresa stava aspettando da tempo. E' la prima volta in Italia che una società per azioni compartecipa a un progetto di tale dimensione con una banca. "Made in Lombardy" verrà presentata al convegno"Crisi finanziaria, la sfida della Regione Lombardia a supporto delle imprese" del 3 aprile alle 9 nell'aula Magna della Questura di Pavia. Ed è soprattutto nel pavese che il progetto di Finlombarda spera di fare colpo. «Ho constatato» conferma infatti Chirichelli «che in occasione di iniziative simili le domande arrivate da Pavia sono veramente poche». Per questo motivo, al convegno, il presidente Chirichelli ha fortemente voluto una tavola rotonda in cui poter parlare direttamente coi rappresentanti delle varie categorie. E' quindi importante che le nostre piccole imprese sappiano cogliere al volo questa opportunità per affrontareal meglio la crisi. «Sono convinto» conclude Chirichelli «che molti coglieranno il senso di questa occasione che creiamo per le imprese e spero che la mia provincia sappia trarne il massimo vantaggio»

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Onorevole Ranieri, intesa vicina tra Pd e gruppo socialista a Strasburgo? Intorno all’... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

NINNI ANDRIOLO Onorevole Ranieri, intesa vicina tra Pd e gruppo socialista a Strasburgo? «Intorno all'idea di un'Europa forte e politicamente unita, è possibile tendere alla convergenza delle forze che si richiamano al riformismo europeista di matrice cristiana, al socialismo delle libertà e dei diritti, al liberalismo democratico, all'ambientalismo non fondamentalista. In questo quadro, e per fronteggiare la destra e i conservatori, gli eletti Pd, nel riconoscimento della loro specificità politico-culturale, potranno collocarsi, magari con un meccanismo di apparentamento, nel gruppo dei socialisti e democratici». Peserà la crisi sul voto europeo? «A giugno le conseguenze della crisi saranno ancora più dirompenti. C'è stata sottovalutazione da parte delle classi dirigenti. La crisi finanziaria ha innescato quella economica e industriale che investe pienamente l'Europa e l'Italia. Dura a morire è stata l'idea che sarebbero stati i mercati a trovare un aggiustamento non traumatico degli squilibri e che quindi la governance globale non richiedeva sostanziali correzioni. Oggi appare chiaro quanto queste posizioni fossero miopi». L'Europa può fare di più, quindi? «Certo. Preoccupa che le misure anticrisi siano autonomamente prese dagli stati nazionali mentre occorrerebbe un più forte coordinamento comunitario. Colpisce che l'esigenza di una autorità europea di vigilanza, almeno per i paesi dell'eurozona, non faccia un passo avanti. L'assenza di una vera concertazione apre spazi al protezionismo. La verità è che la Commissione guidata da Barroso, una personalità della destra, non è apparsa all'altezza del compito. Le forze democratiche, socialiste ed europeiste devono battersi con più decisione perché l'Europa si rafforzi e diventi soggetto politico unitario». Pd in rimonta stando ai sondaggi... «Il Pd è la forza italiana più coerentemente europeista. Le nostre proposte mirano a dare maggiore coesione politica e capacità di decisione all'Ue. Vogliamo un'Europa che protegga i cittadini dalle incertezze della globalizzazione e dia risposte ai problemi in cui si dibattono». Lei coordina il programma Pd per le europee, quali le priorità? «L'Ue deve dotarsi di una politica di investimenti, anche ricorrendo all'emissione di titoli, e, insieme, deve intervenire sulla domanda aggregata aumentando i redditi delle famiglie meno abbienti. Avrebbe un senso l'istituzione di un sussidio, a livello europeo, per chi perde il lavoro, insieme a misure di riduzione del carico fiscale per il lavoro a minor reddito. Sarebbe incomprensibile che, mentre si stanziano ingenti risorse per le banche, si lesinasse per sostenere gli strati più deboli». Prevarranno i temi nazionali? «Mi auguro di no. Sarebbe importante se i partiti europei indicassero, per sottoporlo al voto, insieme al programma, un candidato alla presidenza della Commissione. È decisivo che si misurino visioni diversi, ma la destra vuole sfuggire al confronto, trasformando le elezioni in una variante delle politiche. Per questo candiderebbe chi, tra gli altri il premier, una volta eletto non metterebbe piede a Strasburgo. Una presa in giro per gli elettori». Intervista a Umberto Ranieri

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la protesta contro la crisi i sindaci a fianco della cgil - simona poli (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina VII - Firenze La protesta contro la crisi i sindaci a fianco della Cgil La Cisl attacca Martini e Domenici SIMONA POLI L´attacco della Cisl toscana e fiorentina contro il sindaco Leonardo Domenici e il presidente della Regione Claudio Martini per aver dato la loro adesione alla manifestazione della Cgil fissata a Roma il 4 aprile ha prodotto un risultato immediato. Quaranta sindaci sui 44 della provincia fiorentina hanno assicurato il loro sostegno all´iniziativa della Cgil. E insieme a loro hanno firmato il documento di adesione anche il vicepresidente della Provincia Andrea Barducci e il presidente del consiglio provinciale Massimo Mattei. La lista delle adesioni è aperta dai sindaci della piana: Gianni Gianassi di Sesto, Adriano Chini di Campi, Giuseppe Carovani di Calenzano. E poi Empoli, Scandicci, Castel Fiorentino, Greve, Pontassieve, Rufina, Borgo San Lorenzo, Figline e tantissimi altri. «Gli amministratori condividono il fatto che bisogna da subito rendere effettivamente disponibili le risorse per gli ammortizzatori sociali, allentare i vincoli del Patto di stabilità che impediscono ai Comuni di spendere tutto quanto è possibile per una vasta azione di piccole e diffuse opere pubbliche che sarebbero in grado di dare sollievo in termini di occupazione e di rilancio dell´economia», spiega Mauro Fuso segretario generale della Cgil di Firenze. «Al collega della Cisl Riccardo Cerza vorrei dire con pacatezza e in amicizia che forse farebbe bene a interrogarsi sul perché delle tante adesioni e di riflettere sulle ragioni che le sostanziano». Sulla polemica torna anche Domenici intervendo alla convention sul Welfare organizzata al Palaffari dal Pd toscano, che ieri è stata chiusa dal responsabile nazionale del lavoro Cesare Damiano. «Ho ricevuto la piattaforma che sta alla base della manifestazione del 4 aprile: la Cgil ha riportato larga parte di proposte e di richieste che riguardano il patto di stabilità e la situazione dei Comuni italiani», spiega il sindaco. «Era difficile, proprio dal punto di vista del merito, non aderire a quell´appello, dal momento che si tratta di questioni che noi tutti, ampiamente, condividiamo. Quando qualcuno ci aiuta a portare avanti queste richieste, per esempio quella specifica sulla revisione del patto di stabilità per consentire agli enti locali di utilizzare le risorse per gli investimenti è chiaro che noi vogliamo trovare dei punti di convergenza e di incontro. Questo sta alla base dell´adesione mia e di molti altri sindaci». Il pieno sostegno alla manifestazione della Cgil arriva anche dal segretario regionale del Pd Andrea Manciulli: «La crisi sta entrando in una fase durissima per cui c´è bisogno di un´iniziativa politica e sociale che chiami il governo alle proprie responsabilità e per questo aderisco all´iniziativa e ne condivido le ragioni». Anche la Curia fiorentina affronta il tema della crisi in un incontro che si svolgerà il 2 aprile in Arcivescovado, dove Giuseppe Betori incontrerà - annuncia la Diocesi - «le varie realtà economiche e sociali per un focus sull´attuale situazione economica e sul ruolo dei vari soggetti per sostenere il lavoro in un quadro strategico di innovazione e sviluppo, per riflettere sulle conseguenze nel territorio fiorentino della crisi finanziaria in atto e per individuare alcune piste operative concrete».

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piccole e medie imprese abbandonate dal governo e dagli istituti di credito (sezione: crisi)

( da "Nuova Sardegna, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 32 - Sassari Piccole e medie imprese abbandonate dal governo e dagli istituti di credito Il governo nazionale ha posto in essere degli interventi di politica economica, tutti diretti al sostegno del sistema economico-finanziario. Particolare attenzione è stata rivolta agli Istituti di credito per i quali il governo si è impegnato, in caso estremo, a intervenire direttamente mediante la sottoscrizione di azioni senza diritto di voto. Il secondo intervento è stato rivolto alle grandi imprese con lo strumento della cassa integrazione per salvaguardare i posti di lavoro, evitare un crollo repentino dei consumi e nel contempo stimolare gli investimenti. Fatta questa premessa, va osservato che non risultano a tutt'oggi interventi «concreti» rivolti alle piccole e medie imprese, anche se i rappresentanti dei diversi schieramenti politici recitano la solita cantilena «le piccole e medie imprese rappresentano la struttura portante della nostra economica». Qualcuno direbbe «ma che belle parole!». Gli imprenditori del settore artigianale e commerciale si sentono traditi dalle rispettive organizzazioni di categoria e manifestano forti preoccupazioni per il futuro delle proprie aziende. Quanto alle banche, particolarmente quelle locali, si pensava che vi fosse un minimo di sensibilità, di fronte alle evidenti carenze di liquidità delle piccole e medie imprese. Per contro, hanno diffuso nel sistema bancario un allarmismo esasperato e per talune imprese, del tutto ingiustificato. Si parla di «banche del territorio» di cooperative di garanzia, di consorzi fidi e di tante altre cose belle! Dal lato pratico, come si suol dire, le banche hanno «chiuso i rubinetti» anche per piccole imprese che operano con lo stesso Istituto di credito da oltre 25 anni. Talvolta concedono sconfinamenti, anche momentanei e di modeste entità, perché l'impresa intrattiene rapporti con altre banche concorrenti. Se ci si rivolge alle banche concorrenti, le porte vengono chiuse per lo stesso motivo. Il consolidamento dei debiti viene vietato: nessuna banca è disposta a convertire debiti a breve in debiti a medio e lungo termine, soprattutto se i debiti comprendono scoperti di banche concorrenti. Dato che la crisi finanziaria sta corrodendo l'economia reale non sarebbe stato preferibile rinviare l'applicazione dei nuovi parametri di Basilea 2? Per quanto riguarda la realtà locale, decisamente povera e peraltro caratterizzata da un tasso di disoccupazione altissimo, è accettabile soccombere davanti a tanta rigidità e persistente arroganza dei poteri forti? Giuseppe Dettori

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turismo, ancora premiata la provincia verde - luciano onnis (sezione: crisi)

( da "Nuova Sardegna, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ambiente, archeologia, enogastronomia il mix vincente di un territorio a vocazione agricola Turismo, ancora premiata la «provincia verde» Incremento degli arrivi di oltre il 9 per cento, un potenziale in continua crescita Le presenze aumentano del tre per cento Più turisti ma soggiorni più brevi LUCIANO ONNIS SANLURI. Alla faccia di chi sosteneva che le tasse sul lusso (yacht-panfili-aerei privati) avrebbero messo in ginocchio il turismo in Sardegna a favore di altre regioni italiane ed europee. I dati ufficiali che cominciano ad arrivare sul 2008 dicono chiara una cosa: calo in Italia, crescita sostanziale nell'isola. Ed è andato particolarmente bene nel Medio Campidano, dove il trend continua a crescere nonostante l'andamento negativo nazionale. I dati elaborati dall'Ufficio Turismo provinciale parlano chiaro: nel corso del 2008 arrivi e presenze hanno premiato il Medio Campidano che con il suo mix di mare (Arbus), ambiente (Giara e Linas), cultura e archeologia (Barumini, Villanovaforru e l'intera Marmilla), parco geominerario (Montevecchio e Ingurtosu), termalismo (Sardara), enogastronomia e agroalimentare (ovunque), tradizione e artigianato, offre un programma completo. E di tutto rispetto. In Italia, le proiezioni provvisorie indicano un calo di arrivi (il numero di clienti ospitati negli esercizi ricettivi) e di presenze (il numero delle notti trascorse dai turisti), con un crollo della componente straniera a seguito della crisi finanziaria internazionale e della maggiore competitività e concorrenza di altre destinazioni turistiche. In questo difficile contesto globale, la Sardegna è riuscita a fare meglio dell'Italia, registrando nei primi nove mesi (gennaio-settembre 2008) un incremento degli arrivi (più 1,4%) e delle presenze (più 1,1%), dopo il boom dell'anno precedente. Andamento che trova conferma nella nuova provincia del Medio Campidano, dotata di un'offerta ricettiva di circa 150 strutture (compresi gli agriturismo), per un totale di poco superiore ai 2.700 posti letto, di cui circa il 60% nelle strutture alberghiere. Il turismo nel Medio Campidano, sebbene rappresenti oggi un comparto di dimensioni inferiori rispetto ai primari, possiede un potenziale di crescita importante e superiore rispetto ad altre attività economiche, pur trattandosi di un territorio tradizionalmente a vocazione agricola. I numeri, che ovviamente non includono il movimento turistico legato alle seconde case (quasi sempre affittate in nero e pertanto escluse dai dati ufficiali) e agli agriturismo, sono confortanti. Anche grazie alla sinergia creata fra gli operatori privati e il nuovo Ente provinciale, frutto dell'accordo del Sistema turistico locale, è cresciuta l'identità del territorio, intesa come destinazione turistica. Un dato importante, perché la scelta motivata del luogo di destinazione costituisce il primo momento nel processo di consumo nel turismo. I dati aggiornati dell'Ufficio Turismo registrano un incremento degli arrivi (il numero dei clienti ospitati nelle strutture ricettive) del 9,48% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Le presenze, ossia il numero delle notti trascorse negli stessi esercizi, registrano invece un incremento percentuale del 3,60%. Il diverso tasso di crescita delle due grandezze (arrivi e presenze) è indicativo del fatto che aumentano i turisti ma il soggiorno si fa più breve. In altri termini si fanno più viaggi, ma diminuiscono le notti: più vacanze, ma più brevi. «Del resto - osserva l'assessore provinciale al Turismo Fabrizio Collu - il turista tradizionale non esiste più. Ora nello scenario globale c'è un soggetto che si muove in modo discontinuo, che pratica più turismi nel corso dell'anno e che, spesso tramite internet, si organizza e personalizza la vacanza. Inoltre la permanenza media, ossia la durata del soggiorno, è penalizzata dalla crisi economica. Non si rinuncia quindi alla vacanza, la si accorcia». Complessivamente sono arrivati 47.574 turisti. Rispetto all'anno precedente il numero dei visitatori è cresciuto di oltre 4.000 unità, mentre i pernottamenti sono cresciuti di oltre 5.600 giornate-letto. Le indicazioni che emergono dall'analisi della distribuzione mensile sono positive. Si vedono timidi segnali di destagionalizzazione, con un primo semestre in crescita rispetto al 2007. Dall'analisi delle statistiche ufficiali si evince che quattro turisti su cinque pernottano nelle strutture alberghiere. Per quanto riguarda invece i mercati di riferimento, la componente italiana rappresenta i quattro quinti del totale degli arrivi e delle presenze, pernotta in media 3.6 giorni, privilegiando le strutture alberghiere rispetto a quelle complementari. Il principale mercato italiano è costituito dal bacino sardo, (con oltre un quarto delle presenze totali), seguito dalla Lombardia e dal Lazio. La componente estera rappresenta un quinto circa della domanda, sia in termini di arrivi che di presenze, con un ritmo di crescita superiore al 7% rispetto all'anno precedente. Il tradizionale cliente tedesco rappresenta quasi un terzo della componente straniera. Seguono i turisti svizzeri, inglesi e francesi. A differenza degli italiani, gli stranieri gradiscono maggiormente il soggiorno in strutture extralberghiere, quali campeggi, Cav, affittacamere e bed & breakfast. Il Sistema turistico locale, di cui fanno parte operatori, associazioni, aziende ed enti, è impegnato ad offrire al visitatore una vacanza "scoperta" per entrare in contatto diretto con la gente e la cultura locale. «La vera scommessa - sostiene Fulvio Tocco, presidente della Provincia - è quella di integrare il turismo con le attività economiche del nostro territorio, a partire dalle chicche offerte dall'agroalimentare e dall'artigianato artistico. Quando il turista che scopre il nostro mare, il nostro ambiente rurale, i nostri beni culturali, le nostre terme rientrerà a casa con il "Paniere dei prodotti tipici della Provincia Verde" avremo raggiunto il nostro obiettivo».

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Pezzo porto di delsanto (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pezzo porto di delsanto SEMBRA alla stretta finale la ricerca di un "finanziatore" per l'avvio dei lavori della piattaforma contenitori di Vado Ligure. L'Autorità portuale è da mesi alla ricerca di un istituto di credito con cui contrarre il mutuo da 300 milioni di euro necessario a realizzare il grande sporgente che accoglierà, oltre al terminal Maersk, anche gli impianti di imbarco/sbarco delle rinfuse solide (carbone per Tirreno Power, cereali per i silos di TRI) ed i prodotti petroliferi per Esso e Petrolig. L'attenzione dell'Authority, dopo aver sondato il terreno con le banche di mezza Europa ed aver attirato l'interesse di alcune di queste (il momento non è certo dei migliori), si sarebbe ora focalizzata sulla possibilità di accendere il ragguardevole mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti. CDP è una finanziaria pubblica controllata al 70% dal ministero dell'Economia e al 30% da diverse fondazioni, soprattutto bancarie. E' stata trasformata a fine 2003 nell'attuale forma di Spa per renderla più autonoma, flessibile e "interventista". Tra l'altro è stata socia, per poi uscirne recentemente, nella Tunnel di Genova Spa, società che si propone di costruire una galleria sottomarina tra San Benigno e Calata Gadda quale alternativa alla Sopraelevata. Suo braccio operativo era stato, fino al 2005, la società Infrastrutture, costituita per realizzare le grandi opere ferroviarie (Terzo Valico), "bacchettata" dalla Corte dei Conti per investimenti poco remunerativi e infine incorporata nella holding Cassa Depositi e Prestiti. In campo infrastrutturali CDP oggi agisce direttamente, come una "banca", occupandosi del finanziamento di opere, impianti, reti materiali. Per far fronte a questa attività, raccoglie risorse (ad esempio il risparmio postale) ed emette titoli, in particolare obbligazioni. Cassa Depositi e Prestiti ha chiuso l'esercizio 2008 con un utile netto pari a 1,4 miliardi di euro (+1,2% rispetto all'esercizio precedente). Un istituto di credito a tutti gli effetti, quindi, che può far uscire dall'impasse un'opera strategica per lo sviluppo della portualità nazionale. La difficoltà a trovare una banca disponibile a mutuare i 300 milioni è dovuta, oltre che alla crisi finanziaria globale, anche alla novità di un'operazione che, in parte (oltre il 50% dell'importo) è garantita dall'extragettito, ovvero dalle maggiori entrate per Iva che saranno assicurate dall'entrata in funzione del nuovo terminal. Entrate future, quindi, che si possono considerare acquisite (quando ci sarà la ripresa degli scambi mondiali) ma che tuttavia per definizione non sono "sicure" e quindi vengono guardate con sospetto da un sistema bancario che oggi richiede garanzie reali e immediate. L'extragettito Iva, inoltre, scatta solo se i traffici contenitori di Vado Ligure saranno aggiuntivi rispetto a quelli attuali sdoganati in Italia. Nel senso che non dovrà trattarsi di quantitativi di merci dirottati nel porto savonese da altri scali nazionali. Se ci sarà intesa su questi aspetti, è più che probabile il via libera all'operazione finanziaria che, va ricordato, ha già in dote 50 milioni di investimento diretto da parte di Maersk (più altri 100 per gli impianti di movimentazione) e circa 130 milioni che saranno versati in rate annuali dallo Stato, per 15 anni. La piattaforma occuperà 21 ettari di specchio d'acqua, tra i pontili della Esso Italiana e del Terminal Rinfuse Italia. Lo sporgente si allungherà sino a 700 metri dalla costa e avrà una larghezza, alla testata, di circa 300 metri, con fondali operativi sino a 20 metri. Il piano industriale presentato da Maersk prevede che la piattaforma, a regime (2020), potrà movimentare 750 mila teus/anno, ma già nel 2012 potrebbe ospitarne 450 mila. Secondo l'Authority, il terminal, nella fase iniziale, darà lavoro a 458 persone, di cui 150 nell'indotto, che a regime diventeranno 665, di cui 250 nell'indotto. Sergio Del Santo 29/03/2009

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Banche Usa,21 fallimenti (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Banche Usa,21 fallimenti 2009 tragico Ieri ha gettato la spugna la Omni National Bank. Dall'inizio del 2008 quarantasei istituti hanno dichiarato bancarotta 29/03/2009 new york. La contabilità dei fallimenti nel sistema bancario americano è in continuo aggiornamento. Ieri è stata la volta di Omni National Bank, la ventunesima dall'inizio dell'anno e la quarantaseiesima dall'inizio del 2008, quando la crisi finanziaria è entrata nella sua fase più virulenta. L'istituto di credito, che ha asset per 956 milioni di dollari e depositi per 796,8 milioni, è passata sotto il controllo della Fdic (Federal Deposit Insurance Corp). Gli aiuti federali, spiegano le autorità statunitensi, sono indispensabili a causa di «pratiche poco sicure» che hanno portato la banca ad accumulare «perdite sostanziali». Sul sito internet TheStreet.com è stata pubblicata il 23 febbraio una mappa interattiva aggiornata che illustrava le 38 banche fallite negli Stati Uniti dall'inizio del 2008. Di queste, 25 hanno chiuso lo scorso anno, e le restanti 13 hanno dovuto arrendersi alla crisi dall'inizio del 2009 ad oggi. Da allora, ed è passato solo un altro mese, altre 9 banche sono fallite, portando il totale a 46. La composizione del gruppo di banche finite in difficoltà, fra grandi e piccoli nomi della finanza Usa, è piuttosto omogenea. 29/03/2009

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Dollaro e crisi il sentiero di Obama (sezione: crisi)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Dollaro e crisi il sentiero di Obama --> Domenica 29 Marzo 2009 PRIMA, pagina 1 e-mail print Il presidente degli Usa deve risolvere i problemi secondo un ordine di priorità, che in sostanza ha egli stesso fissato. Innanzi tutto, deve risolvere la crisi finanziaria e ricostituire la fiducia nelle grandi banche americane. Tradotta in spese aggiuntive a carico del bilancio federale, la via intrapresa, che al momento pare senza alternative, fa crescere il deficit del bilancio Continua a pagina 6 Tancredi Bianchi 29/03/2009 nascosto-->

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Cresce la paura, vigili in campo (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Lecco)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

LECCO: PRIMO PIANO pag. 2 Cresce la paura, vigili in campo Nuove dotazioni ai ghisa meratesi per migliorare il controllo del territorio di DANIELE DE SALVO MERATE MERATE non è più un'isola felice e la gente ha paura. Rapine in banca, razzìe in villa, appartamenti svaligiati, vandalismi, borseggi, saccheggi sulle auto in sosta non sono proprio all'ordine del giorno ma quasi. Solo nel 2008, ad esempio, sono stati denunciati in città complessivamente 757 reati. Sigifica due al giorno, la maggior parte dei quali (360), è rappresentata proprio da furti di vario genere e rapine. Il nuovo anno inoltre non è certo cominciato nel migliore dei modi. In settimana sono state visitate due abitazioni a Sartirana, e di recente un malvivente con pistola in pugno ha fatto irruzione alla Banca Popolare di Lodi di via Alcide De Gasperi seminando il panico. I gestori di parecchi bar del centro hanno dovuto fare i conti con vari assalti. Lo stesso vale per i centri limitrofi. La Brianza insomma è la zona più esposta perché offre molteplici vie di fuga e ripari ed è economicamente appetibile ai malintenzionati. IL FUTURO SI PROSPETTA tutt'altro che roseo, a causa della crisi finanziaria che non fa altro che aumentare il numero dei disperati pronti a tutto. Ne è almeno convinto il comandante della Polizia locale Donato Alfiniti, che ha già pronto un piano per cercare di arginare il fenomeno e correre ai ripari. Un piano denominato «Rio», acronimo che emblematicamente sta per Reparto indagini operative e prevede l'utilizzo anche da parte dei vigili urbani di strumenti all'avanguardia per prevenire i crimini ed eventualmente identificare i colpevoli. Con una spesa relativamente modesta, pari a 25 mila euro, le guardie municipali - prime in provincia - verranno dotate di due metal-detector portatili in grado di individuare armi da sparo e bianche durante le perquisizioni e i normali controlli. CON IL SISTEMA «SCOUT» da installare sui mezzi di servizio si potrà leggere, mediante uno scanner ottico, le targhe delle auto e riconosce quelle dei veicoli rubati o sospetti identico a quello di Polizia e Carabinieri. Nonché una telecamera mobile da posizionare all'occorrenza dove serve. «I dati relativi alla criminalità in realtà sono in calo - spiega lo stesso Alfiniti - ma la popolazione ha una forte percezione di insicurezza e non possiamo sottovalutare tale elemento. Anche noi dobbiamo fare la nostra parte, senza naturalmente sostituirci alle altre forze dell'ordine, ma certamente in sinergia con loro. Il nostro compito non può limitarsi solo al controllo della circolazione stradale o alle incombenze amministrative. Dobbiamo svolgere un ruolo attivo nel tenere lontani i malviventi e se necessario catturarli». Anche perché secondo le previsioni del capo dei vigili sarà sempre peggio. «I criminali professionisti incutono meno timore, perchè è nel loro interesse limitare i danni - sostiene -. A spaventare è il dilettante, che non sa come comportarsi e potrebbe anche sparare o ferire qualcuno se messo sotto pressione. E purtroppo temo che, spinti dalla necessità, diverse persone si improvviseranno criminali».

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Manfredi punta il dito sulle colpe della destra ma sorvola sul passato (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Viareggio)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 2 «La città in declino» Manfredi punta il dito sulle colpe della destra ma sorvola sul passato ANCHE se è acclarato che parte dei guai del comune sono dovuti all'eredità lasciata dal centrosinistra, è pur vero che spesso il centrodestra ha mostrato indecisioni tali da dargli una corresponsabilità su tante faccende. E su questo punto si incunea con abilità l'ex assessore Fabrizio Manfredi per predire nuovi disastri. MA NFREDI calcola il tempo passato e il bilancio approvato: «In città serpeggia un giudizio negativo. Il centro-destra che senza meriti si trova ad amministrare il nostro comune è profondamente impreparato ed è portato quindi ad improvvisare nella gestione quotidiana, senza una visione di prospettiva. L'esito di questo dato di fatto, in attesa che gli apprendisti stregoni si facciano un'idea del compito che dovrebbero assolvere, è quello che ai cittadini vengono e verranno erogati minori servizi in particolare di natura sociale, formativa e culturale ed è quello, al di là delle opere in corso, alcune delle quali neanche fatte partire, che sono eredità esclusiva dell'amministrazione precedente, di un blocco e di una paralisi nel processo di ammodernamento della città. Non ci sono alibi contabili che tengano quando non si è in grado di soddisfare i più elementari bisogni sociali dei propri cittadini o quando, al di là di annunci e proclami, non si è capaci di assicurare un'adeguata manutenzione alle strade, ai marciapiedi, ai lampioni, alla segnaletica stradale, alle aiuole o garantire un serio controllo alla sosta delle auto, alla stessa presenza del dilagante (di nuovo) commercio abusivo. Non sono nelle condizioni di delineare un quadro degli investimenti futuri con disegno credibile che non poggi esclusivamente sulla roulette dei fondi regionali del Piusso di qualche project-financing per i parcheggi sotterranei. Se non cambia subito la gestione finanziaria del comune Viareggio e Torre del Lago vivranno un' inesorabile emarginazione nei tumultuosi processi di riposizionamento che la competizione e la stessa crisi finanziaria, economica e sociale stanno producendo».

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AVEZZANO- Le banche hanno il dovere morale di consentire alle famiglie di andare avanti con le... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il (Abruzzo)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009 Chiudi AVEZZANO- «Le banche hanno il dovere morale di consentire alle famiglie di andare avanti con le proprie gambe consentendo l'accesso al credito. Basta con l'economia fine a se stessa». Queste le dure parole del vescovo Pietro Santoro nell'assemblea dei soci della Bcc di Roma ieri al teatro dei Marsi. L'allarme è stato raccolto e alla fine è stato stipulato un "patto" contro la drammatica crisi finanziaria e economica a sostegno di cittadini e delle piccole e medie imprese, tra il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro, il sindaco di Avezzano, Antonio Floris, la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, e il presidente della Banca di credito cooperativo di Roma, Francesco Liberati. In particolare, le istituzioni hanno chiesto ai vertici della Bcc di Roma di dare fiducia a famiglie e piccole e medie imprese, tra le altre cose, facilitando l'accesso al credito. L.Ric.

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Lettera della Governatrice ai colleghi' amministratori (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Umbria)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACHE pag. 14 Lettera della Governatrice ai colleghi' amministratori «Contribuite, è un dovere» L'APPELLO MARIA RITA LORENZETTI PERUGIA L'AVEVA PROMESSO, lo mantiene: la Governatrice è al fianco della Chiesa che porta avanti la sua crociata anticrisi, e ora esorta i colleghi' (amministratori, politici) a contribuire alla causa. La presidente della Regione ha scritto ai componenti del consiglio regionale, delle due Province ed ai sindaci dell'Umbria per sollecitare appunto la loro adesione, e quella di tutti gli eletti nelle rispettive assemblee, alla colletta promossa per oggi dai vescovi umbri. «ANCHE NELLA NOSTRA regione si stanno facendo sempre piu' acute dice Maria Rita Lorenzetti le ripercussioni della crisi finanziaria, e a risentirne sono le famiglie a piu' basso reddito, il nostro sistema produttivo, ed in modo particolare le piccole e medie imprese. La Ceu ha deciso di attivare un Fondo di solidarieta' al quale ho fatto la personale scelta di aderire. Vorrei dunque rivolgere anche a voi, e per il vostro tramite estenderlo a tutti i componenti delle vostre assemblee elettive, l'invito ad assumere iniziative personali e volontarie di adesione». Ricorda che la Regione, da parte sua, qualche cosa l'ha fatta, e non da poco (ad esempio ha costituito un fondo di garanzia di cinque milioni di euro presso Gepafin per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese): soldi per assistere in casa i non autosufficienti, fondi per compensare «il pesantissimo taglio effettuato dal Governo Berlusconi con la finanziaria 2009». Ma c'è un aspetto personale: «Ho scelto di aderire all'invito della Ceu dice Lorenzetti convinta che abbiamo tutti la responsabilita' e il dovere di combattere la poverta' e fare qualcosa per rendere meno faticosa la vita delle persone e delle famiglie in difficolta', oltre a quello che gia' facciamo in quanto pubblici amministratori». Ecco la voglia di estendere l'invito a tutti i colleghi' politici: «L'Umbria civile e solidale non si ritrae e fa la sua parte».

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In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009 Chiudi In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del "dollar standard"? Mica tanto. Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una decisione storica, hanno fissato per l'inizio del 2010 l'entrata in vigore di una valuta unica, la moneta del Golfo appunto. Dall'altra, recentemente, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto di dar vita ad un "euro" con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura a un'ipotetica entrata nell'euro. Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione dell'euro (ad ovest) e dal cinese yuan (ad est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino, di abbandonare il "dollar standard" per passare ad una grande divisa mondiale da far nascere sotto l'egida dell'Fmi. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, "inventata" sessant'anni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, di esprimere l'unica leadership planetaria, mentre il mondo ha necessità di una governance multilaterale che rispecchi il peso specifico di altre potenze come India, Brasile, Cina. Secondo, a livello pratico, perché il biglietto verde, per salvare se stesso, rischia di uccidere gli altri pazienti. Come ha sottolineato Jacques Attali al meeting di Confagricoltura di Taormina, gli Usa stanno curando "l'eccesso di debito con il debito". Stanno cioè rientrando da un paradigma basato su un'esagerata leva finanziaria (fino a 1 a 25) appesantendo ancor di più la spesa pubblica. E questo nuovo deficit spending avrà conseguenze pesantissime soprattutto sul resto del mondo. Basti pensare che negli ultimi sei mesi la Fed ha raddoppiato la base monetaria, e si appresta a quadruplicarla nel prossimo semestre per ricomprare sul mercato titoli dello stesso Tesoro americano e asset tossici in mano alle banche. Con la conseguenza di un'inflazione micidiale in cui finiremo tutti una volta che la crisi sarà finita. I cinesi per primi: i quali detengono riserve valutarie per duemila miliardi di dollari, che potrebbero venir fortemente deprezzate. Duemila ragioni più che valide, dunque, per sostenere molto seriamente la loro proposta di una nuova valuta internazionale. E per accelerare i tempi di una nuova Bretton Woods. Che, rispetto alla prima, c'è da giurarci, sarà un po' più spostata verso il Pacifico. (www.enricocisnetto.it).

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l'incontro Crisi economica un summit dall'Arcivescovo (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA FIRENZE pag. 11 l'incontro Crisi economica un summit dall'Arcivescovo PER riflettere sulle conseguenze nel territorio fiorentino della crisi finanziaria ed economica per individuare alcune piste operative concrete, l'arcivescovo di Firenze, Monsignor Giuseppe Betori, si rende promotore di un incontro con le varie realtà economiche e sociali per un focus sull'attuale situazione economica e sul ruolo dei vari soggetti per sostenere il lavoro. L'incontro, al quale sono invitate le categorie economiche, i sindacati e le istituzioni locali, si terrà il 2 aprile alle 16 in arcivescovado.

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Nasce Sinistra per la Costituzione Spini parla di crisi all'Sms di Rifredi (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Firenze)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO FIRENZE pag. 9 Nasce Sinistra per la Costituzione Spini parla di crisi all'Sms di Rifredi TACCUINO «SINISTRA per la Costituzione' non è un nuovo partito, ma un'associazione politica che, in opposizione al Pd e al Pdl, cercherà di contribuire a una ricomposizione unitaria della sinistra fiorentina». E' quanto affermato dalla consigliera comunale de «La Sinistra» Anna Soldani (nella foto sopra) che, in occasione della presentazione dell'associazione, ha annunciato che lascerà il gruppo consiliare senza uscire dalla maggioranza. «Non si tratta di una rottura» ha chiarito Anna Soldani. «Vogliamo solo riaprire il tavolo della concertazione, rilanciando una politica unitaria che si basi sul rispetto della Costituzione. Spini o Frias? Il candidato non è importante, per noi conta il progetto». Lo stesso Spini (foto a fianco), candidato della lista «Insieme per Firenze», sarà domani al circolo SMS di Rifredi per partecipare al convegno «Crisi finanziaria, dalle banche al portafoglio delle famiglie». L'incontro inizierà alle 21. Insieme a Spini, prenderà parta al convegno anche l'economista Giorgio Ruffolo. Laura Lodigiani (foto sotto), candidato sindaco della Lega, ha presenziato ieri, in piazza delle Cure, alla sottoscrizione delle liste elettorali per il Comune e la Provincia. Sono state raccolte anche le firme contro la costruzione della moschea, proposta portata avanti da Marco Cordone, candidato alla presidenza della Provincia di Firenze. Sempre ieri militanti di Rifondazione si sono presentati alle Piagge e a Sorgane «per intervenire in maniera concreta contro la crisi economica». Sono stati venduti a prezzi politici 120 chili di pane, 180 di pasta e 100 di olio extravergine biologico. Domani, alle 21, al teatro di Rifredi, Lapo Pistelli prenderà parte a una serata organizzata da Input (dal titolo «Chi vuol essere democratico?) con due esponenti di spicco del Pd, i vicecapogruppo alla Camera, Marina Sereni, e Gianclaudio Bressa. Image: 20090329/foto/108.jpg

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LONDRA - Questa volta tocca al popolo di Google. Così i tabloid hanno definito quella m... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009 Chiudi di DEBORAH AMERI LONDRA - Questa volta tocca al popolo di Google. Così i tabloid hanno definito quella macedonia di sigle e gruppi che da ieri assedia la Londra del G20. Sono sindacalisti, ambientalisti, no global, disoccupati, organizzazioni religiose, charity e militanti di estrema sinistra. E ad avere avuto il merito (o la colpa) di riunirli sotto un'unica bandiera è stato il credit crunch, la crisi finanziaria mondiale sulla quale i grandi 20 della terra discuteranno proprio qui il 2 aprile. Ieri sotto il Big Ben si è avuto il primo assaggio delle proteste, ma non il più temuto. La marcia ««Put People First»», che ha attraversato il centro della capitale, ha raccolto oltre 150 sigle e circa 40.000 persone che hanno sfilato con scritte e striscioni. Una manifestazione pacifica, come ci si attendeva. Che è stata copiata anche in altre città europee, come Berlino, Francoforte e Bruxelles, dove i manifestanti hanno indossato maschere raffiguranti i venti leader mondiali del summit. Scotland Yard però teme disordini e violenze per il corteo di mercoledì, primo aprile e vigilia del meeting. L'allarme è così alto che il Royal London Hospital, lo stesso usato per le emergenze dopo gli attentati terroristici del 7 luglio 2005, è già stato allertato e funzionerà come centro di primo soccorso. Per quel giorno i no global hanno organizzato il ««Financial Fools day»», con l'obiettivo di paralizzare la City, il cuore finanziario della città. Per sfuggire alle grinfie di Scotland Yard, le organizzazioni più radicali, come G20 Meltdown e London Class War, comunicheranno solo attraverso la community di Facebook e il sito di micro blogging Twitter, grazie al quale potranno tenersi in contatto in tempo reale e cambiare i loro piani all'ultimo secondo senza essere intercettati. Il G20 Meltdown ha aperto la caccia al banchiere e persino coniato lo slogan del meeting: ««Burne a banker!»», facendo circolare macabre locandine con colletti bianchi impiccati ai lampioni del Miglio Quadrato. Mercoledì dunque, meglio non vestirsi in giacca e cravatta, né uscire dall'ufficio se non strettamente necessario, hanno comunicato i datori di lavoro ai loro impiegati. E con i no global che hanno intenzione di occupare la Bank of England e la Royal Bank of Scotland, nella city saranno dispiegati 2.500 agenti di polizia Ma oltre ai banchieri ci saranno da proteggere anche i leader mondiali che inizieranno ad arrivare a Londra da dopodomani. Fonti di intelligence hanno messo in guardia sul rischio di attentati agli alberghi in stile Mumbai. La sicurezza, quindi, è stata rafforzata ovunque, non solo intorno al centro congressi ExCeL, nelle Docklands, dove si terrà il meeting. In totale il governo di Gordon Brown spenderà per la sicurezza del summit 10 milioni di sterline. E almeno altri 20 per l'organizzazione e l'ospitalità delle delegazioni straniere.

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ROMA Il pomeriggio del 14 marzo a Horsham, in Gran Bretagna, dopo due giorni di lavori, i m... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA Il pomeriggio del 14 marzo a Horsham, in Gran Bretagna, dopo due giorni di lavori, i ministri economici del G20 avevano emesso un comunicato che li impegna ad adottare «ulteriori azioni per riprendere la crescita globale e sostenere i prestiti, rafforzando nel contempo la riforma del sistema finanziario». Ribadita anche «la ferma opposizione al protezionismo». Riparte da qui, da questa dichiarazione congiunta messa a punto all'unanimità nel West Sussex, il nuovo vertice del 20 che si riunirà mercoledì a Londra. Questa volta al più alto livello politico, quello dei capi di Stato e di governo. «Servono regole contro gli eccessi del mercato», ha detto ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel, intervenendo ad una riunione del suo partito. «Il mondo si trova ad un crocevia, non possiamo permetterci queste crisi ogni dieci anni». E' necessario trarre lezioni da questo disastro, ha anche aggiunto, e fra queste «la semplice constatazione che non si può spendere più di quanto si ha o si può guadagnare». Sul fatto che occorrano nuove regole per la finanza globale sono ormai d'accordo tutti. Anche americani e inglesi che in passato si sono opposti, alla forte richiesta di regolamentazione per gli edge fund che veniva dall'Europa, temendo di danneggiare la loro industria finanziaria. Ma la Merkel dice anche altro. Che questa crisi ha sancito il fallimento del modello di crescita basato sul debito interno ed esterne, quello che per decenni ha assicurato prosperità agli Usa, ma che è stato concausa di questa crisi che attanaglia il mondo. Così, in vista degli incontri di Londra la Cancelliera mette in guardia da decisioni che comporterebbero un eccessivo ricorso a stimoli monetari anticiclici. Più volte è stata accusata dai suoi colleghi europei di mettere in campo troppe poche munizioni per contrastare la recessione, e di essere troppo concentrata sui bisogni della Germania. Ma lei tiene il punto. «La crisi attuale non si è verificata perché abbiamo immesso troppo poco denaro, ma perchè abbiamo creato una crescita economica con troppo denaro e questo a generato una crescita non sostenibile. Non dobbiamo ripetere gli errori del passato». Luis Zapatero e Gordon Brown si aspettano di arrivare al G20 ad un accordo sui paradisi fiscali e sui controlli nei mercati finanziari. Il premier spagnolo e quello britannico si sono incontrati in Cile per un vertice con Lula. Entrambi hanno sottolineato la necessità di dare più risorse finanziarie al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, visti anche i massicci interventi che queste due istituzioni finanziarie stanno facendo per sostenere i paesi sull'orlo del crak finanziario. Brown ha anche introdotto il tema della «responsablità e dell'equità», sostenendo che si tratta di valori che devono essere alla base anche dell'economia, e non solo dell'organizzazione della società. Nuove regole e controlli della finanza, decisioni forti contro i paradisi fiscali, interventi per neutralizzare la mina dei titoli tossici nei bilanci delle banche, programmi per sostenere l'economia e l'occupazione. L'agenda di mercoledì è foltissima. Ma il G20 è un percorso. «Stiamo parlando di costruire una nuova architettura dei mercati finanziari e non concluderemo a Londra. Dovremo incontrarci di nuovo» ha detto con realismo la Merkel.

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La cultura del mercato (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Veneto - PADOVA - sezione: CULTURA - data: 2009-03-29 num: - pag: 13 categoria: REDAZIONALE La cultura del mercato La questione non può esserre risolta come propone Baricco, chiudendo i rubinetti dei finanziamenti di CESARE DE MICHELIS Pubblichiamo l'intervento di Cesare De Michelis che appare su «Nordest Europa Cultura », in edicola in questi giorni in abbinata al periodico «Nordest Europa» (8 euro le due riviste) L a questione della «politica culturale» ha toccato il fondo, scartati i distinguo, le linee, i valori, ora siamo di fronte all'estrema domanda: chi deve pagare? oppure, con maggior concretezza, quanti soldi le destina lo Stato? A questo livello puramente monetario non c'è discussione che tenga, non c'è ideologia che resista, c'è solo il bisogno, la fame, l'astinenza e le sue inevitabili crisi. C'è chi si affida alla comparazione europea: in Italia alla cultura si destina una percentuale delle risorse pubbliche più bassa che in Francia, ma i confronti di questo tipo non tengono mai conto di tutte le variabili che li inficiano - il debito pubblico, la spesa degli Enti Locali o di altri organismi pubblici ecc. I soldi, dunque, sono pochi, pochissimi, e soprattutto sono «di meno», qualsiasi sia il termine di paragone prescelto e quindi non resta che lamentarsi e protestare, non resta che chiedere, suscitando compassione e pietà. Non solo non si discute più, ma neppure ci si avventura a disegnare nuovi scenari, risultato di riforme possibili e impossibili; quel che conta sono i soldi, soltanto i soldi, tutt'al più le «risorse», che oltre che economiche possono essere «umane», gli stipendi cioè. Il ministro Bondi, che governa dopo i tagli del trenta per cento decisi dalla finanziaria e non si è battuto abbastanza per riconquistare il denaro perduto, diventa il bersaglio di tutti i benpensanti, che le riforme non solo non le hanno fatte, ma neppure pensate, i quali visto che non si può più spendere si dimettono fieri per tornare all'Università, dove di soldi ce ne sono sempre pochi, ma sprechi persino di più. Se fosse tutto qui si potrebbe davvero disinteressarsi della «politica culturale», ma dietro a questo fiume di parole e di lacrime, di polemiche e di dimissioni, c'è, straordinariamente refrattario a qualsiasi forma di buon governo, il patrimonio più grande e ricco di cui disponga il Paese, e così tocca ricominciare da capo, senza arrendersi. Abbiamo vissuto una lunga fase storica, che ha coinciso con larga parte della seconda metà del Novecento, quella per intendersi «democratica e antifascista», considerando il mercato uno strumento non solo imperfetto, ma persino malevolo di governo degli scambi, esso era insopportabile al comunismo, ma inviso anche a socialisti, socialdemocratici e democristiani, i quali tutti agirono per sottrarre allo stesso la più parte dei beni e dei servizi destinati alla gente, dalla scuola alla sanità, dai trasporti all'energia, dalle telecomunicazioni allo spettacolo, dai musei alla televisione. Ne venne fuori un sistema paradossale che mescolava senza pudore statalismo e benessere, producendo, com'era inevitabile, il maggior debito pubblico d'Europa e forse del mondo. Quando l'anomalia italiana, caduto il muro di Berlino, venne definitivamente meno e l'Unione Europea pretese di omologare la penisola al resto del continente, il mercato riconquistò progressivamente credito e forza, persino accresciuti dalla globalizzazione che non aveva altra regola. Allora gattopardescamente si cercò di far finta di cambiare lasciando le cose esattamente com'erano, a parole si chiedeva più mercato, nei fatti continuavano a correre contributi, sovvenzioni, finanziamenti, solo gli enti si trasformarono - nel senso proprio del «trasformismo » - in fondazioni «senza patrimonio», che attinsero risorse non solo allo Stato, ma anche alle Regioni, agli Enti Locali, alle Camere di Commercio, alle Fondazioni bancarie. Ora anche questi espedienti nel mezzo di una travolgente crisi finanziaria universale si sono inceppati e il confronto col mercato diventa definitivamente ineludibile: o il cine o la cena, quindi inevitabilmente la cena. Ma davvero, come suggerisce Alessandro Baricco, la questione va risolta chiudendo il rubinetto e pensando soltanto alla scuola? davvero, cioè, siamo al punto del «si salvi chi può»? non c'è spazio per una transizione meno tragica e devastante a un nuovo sistema? davvero possiamo mandare in malora un patrimonio di arte, cultura e civiltà che non ha uguali al mondo? è evidente che no, e tocca, dunque, impegnarsi per cambiare le cose, salvando i beni che sono giunti attraverso i secoli fino a noi. Far meglio oggi è possibile, forse non è neppure difficile e, quindi, ministro Bondi la smetta di lamentarsi anche lei e avvii quel profondo processo riformatore di cui c'è bisogno da tempo, che rimetta al centro il mercato e distingua nettamente tutela e fruizione, invenzione e consumo, così come accade in molte parti del mondo. Appello al ministro Bondi: non serve lamentarsi, bisogna avviare un processo riformatore dell'intero sistema

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ESPLOSIVO SULLA CRISI (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (Bologna)" del 29-03-2009)
Pubblicato anche in: (Nazione, La (Firenze)) (Giorno, Il (Milano))

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 10 ESPLOSIVO SULLA CRISI COMMENTO POLITICI e banchieri continuano a ripeterci che il peggio della crisi finanziaria è alle nostre spalle. La gente, tuttavia, tende a non fidarsi. E con buone ragioni. La situazione finanziaria in alcuni paesi dell'Est europeo, come l'Ungheria, appare esplosiva, e rischia di travolgere anche le banche occidentali. La prossima riunione del G20, che sta per aprirsi a Londra, appare cruciale per dimostrare che le rassicurazioni non sono vuota propaganda. Gordon Brown sta preparando l'incontro in modo meticoloso. Si è recato prima a New York e poi in Brasile, dove con parole accorate ha dichiarato che la crisi ha già spinto 100 milioni di persone sotto la soglia della povertà. Il compito che lo aspetta non sarà tuttavia agevole. In primo luogo, ci sarà uno scontro tra coloro, come gli Stati Uniti e la stessa Gran Bretagna, che puntano soprattutto allo stimolo del credito e coloro, tra cui la Germania, che invece sottolineano la necessità di nuove regole. L'ex Primo ministro cecoslovacco, Mirek Topolanek, poco prima di lasciare l'incarico ha dichiarato al Parlamento europeo che il piano di Barack Obama è la strada migliore per l'Inferno. Un vero siluro contro la strategia americana. In secondo luogo, anche sulle regole non c'è accordo. Si tratta di una materia molto delicata. Da una parte, vi è ampio consenso sul bisogno di regole più chiare, soprattutto a beneficio dei piccoli risparmiatori, che vogliono avere una ragionevole certezza sui tipi di rischi che corrono. D'altro canto, c'è il rischio che un'eccessiva regolamentazione scoraggi la competizione e l'innovazione finanziaria. Gordon Brown ha commissionato al Financial Services Authority un rapporto, il Turner review, che dovrebbe servire come base di partenza per la discussione del G20. Nel rapporto si parla di un'eccessiva fiducia nelle capacità dei mercati finanziari di autoregolarsi e dell'incapacità delle agenzie internazionali di rating di offrire valutazioni accurate. Parole sagge, che tuttavia non hanno impedito a molti analisti di definire il rapporto Turner "acqua fresca". Tuttavia, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, un fallimento del G20 è impensabile. pierluigi.barrotta@libero.it

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Il generale Usa che perse due figli guiderà la squadra antisuicidi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Esteri - data: 2009-03-29 num: - pag: 10 categoria: REDAZIONALE Emergenza I militari che si tolgono la vita Il generale Usa che perse due figli guiderà la squadra antisuicidi WASHINGTON — Dall'anno scorso il Pentagono combatte una terza guerra oltre a quelle in Iraq e Afghanistan: la guerra contro l'aumento dei suicidi nelle forze armate. Nel 2008 si sono tolti la vita 140 soldati, un tragico record: la prima volta che i suicidi dei militari hanno superato, in percentuale, quelli dei civili. Nel 2009 la situazione si è aggravata: a metà di questo mese, si erano già uccisi 48 giovani. «Una epidemia inaccettabile » ha dichiarato il vicecapo di Stato maggiore dell'esercito Peter Chiarelli in una deposizione al Congresso «a cui dobbiamo rimediare». Al comando di questa «guerra ai suicidi» è il generale Mark Graham di Fort Carson in Colorado: in lui il Pentagono vede il leader più capace di curare la piaga. Per una drammatica ragione: per il generale Graham, un eroe della guerra del Golfo Persico del '91, quella ai suicidi nelle forze armate è anche una sfida personale. Nel giugno del 2003 uno dei suoi figli, Kevin, capo di uno squadrone aereo destinato a partire per l'Iraq, si impiccò nel proprio appartamento. E otto mesi più tardi l'altro figlio, Jeff, morì sul fronte iracheno, a Falluja, a causa dello scoppio di una bomba di Al Qaeda. Al generale Graham e alla moglie Carol sono stati necessari quattro anni per superare il trauma: solo nel 2007, su richiesta di famiglie di militari che si erano tolti la vita come Kevin, hanno lanciato una campagna contro i suicidi. «Kevin — ha raccontato il generale — era un ragazzo eccezionale, come Jeff. Ma mentre Jeff era ricordato come un eroe, Kevin era circondato da un pietoso silenzio. Non accettavamo che si fosse ucciso e non capivamo perché lo avesse fatto. Così la prevenzione dei suicidi nelle forze armate è diventata la nostra missione». Missione a cui il Pentagono ha dato incondizionato appoggio. Ieri, il Wall Street Journal ha dedicato una pagina a Mark Graham e alla sua guerra. Ha riferito che grazie a lui tutti i militari americani, prima di partire per il fronte, seguono corsi sulle malattie mentali, e vengono addestrati a combatterle. La base di Fort Carson è divenuto un modello. Ha creato «squadre mobili» di psichiatri e psicologi che affiancano le truppe durante la preparazione, sul terreno in Iraq e in Afghanistan e al loro rientro. E onora i suicidi in speciali cerimonie, come i caduti in combattimento, vittime di un oscuro nemico. Nella guerra ai suicidi Graham ha raccolto anche delusioni. A Fort Carson, come in altre basi, nell'ultimo anno si sono tolti la vita nove soldati. Uno, il sergente Larry Applegate, pluridecorato, ha cercato la morte «da fuoco amico» dopo un litigio con la moglie, sparando a una pattuglia giunta a casa sua per provare a distoglierlo dai propositi suicidi di cui aveva parlato al telefono con un commilitone. Altri soldati hanno commesso omicidi, cedendo ai propri demoni a danno di innocenti. Ma il generale non si arrende. Sta mobilitando le famiglie, le chiese, le scuole . E aiuta anche le associazioni dei reduci «perché sono il gruppo più a rischio » precisa Anne League, il suo capo psichiatra. E' probabile che il generale, che nel 2005 diresse l'evacuazione da New Orleans devastata dall' uragano Katrina, venga chiamato al Pentagono. Il ministro della Difesa Bob Gates ha avviato uno studio sulle cause dei suicidi e ne sono state individuate alcune: il ripetuto invio al fronte dei soldati, sino a 3-4 volte in pochi anni; l'aumento dei divorzi a causa della lontananza; l'abuso di farmaci e alcool; la perdita della casa nella crisi finanziaria ed economica. Sono i nemici che Mark Graham intende sconfiggere. Ennio Caretto Memoria Carol, moglie del generale Graham, mostra le foto dei figli: Jeff, ucciso in Iraq; Kevin, morto suicida

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-29 num: - pag: 23 categoria: REDAZIONALE Il leader mondiale dei bond L'amministratore delegato: serve ancora moral suasion per convincere le banche Usa ad aprire i conti «Noi privati faremo decollare il piano Geithner» Mohamed El-Erian, numero uno di Pimco: asset tossici, gli investitori sono pronti MILANO — All'inizio della settimana il segretario del Tesoro americano, Tim Geithner, ha presentato un maxipiano per creare una partnership mista pubblico-privati per liberare le banche dalla zavorra dei titoli tossici. Il governo userà tra i 75 e i 100 miliardi forniti dal programma di soccorso pubblico Tarp, fondi che insieme ai capitali privati genereranno 500 miliardi di potere d'acquisto per rilevare, attraverso un'asta, gli asset che appesantiscono i bilanci bancari. Con la possibilità di arrivare fino a mille miliardi. Pimco, il maggior investitore di bond del mondo, con oltre 800 miliardi di dollari di patrimonio gestito, base in California, ma controllato dalla tedesca Allianz, ha subito aderito al programma. E Mohamed El-Erian, che di Pimco è amministratore delegato, direttore generale e co-chief investor officer, ora spiega perché ha detto sì. Quale sarà l'investimento di Pimco in asset tossici, secondo lo schema messo a punto dal segretario del Tesoro Tim Geithner? «La portata e la dimensione del nostro intervento dipenderanno dai dettagli del programma, che dovremo analizzare nel contesto degli sviluppi generali del mercato e tenendo conto del valore di altri asset ». Come valuterete gli asset tossici? «Li valutiamo sulla base del loro valore sottostante e del cash flow, scontando il premio di liquidità. Quest'ultimo assume un'importanza maggiore nel mondo di oggi, dove grandi società sono ancora soggette a un disordinato processo di riduzione della leva finanziaria». Prevede una larga partecipazione da parte degli investitori privati alle aste per comprare i titoli tossici, oltre a Pimco e Black Rock? «A seconda delle condizioni, potremmo vedere una solida risposta, specialmente da parte degli investitori domestici». Crede che tutte le banche siano disposte a render noto, per metterlo all'asta, il proprio portfolio di titoli tossici? «Quello è un fattore chiave, se non il punto centrale. Il fondo di investimento pubblico-privato accresce la domanda potenziale degli asset nei bilanci delle banche, creati dall'eccessiva leva finanziaria. Per far diventare effettiva questa domanda, bisogna però che si incontri con l'offerta delle banche. E ciò potrebbe richiedere un'ulteriore azione di moral suasion da parte del governo, soprattutto sulle banche più deboli». Crede che il piano di Geithner potrà «ripulire» le banche e scongelare così il mercato del credito? «E' un mezzo potenziale, che aiuta a rimuovere le ombre degli titoli tossici, ombre che stanno minando il processo di intermediazione finanziaria. La loro eliminazione, attraverso questo veicolo o qualcosa di alternativo, come una "bad bank", è necessaria ma non sufficiente per scongelare i mercati del credito». Sarà sufficiente il pacchetto di stimolo del presidente Obama per riportare la fiducia e far ripartire l'economia? «Come il piano Geithner, è una parte della soluzione. Gli Usa hanno bisogno di implementare contemporaneamente ampie misure per stabilizzare tre settori che stanno cercando di ridurre la leva finanziaria in modo sempre più disordinato: il settore immobiliare, la finanza e i consumi. E ciò va fatto in modo correlato, se non coordinato, con azioni politiche in altri Paesi importanti per il sistema». Quando si normalizzerà e tornerà a crescere l'America? «Nel 2010 e, sfortunatamente per l'occupazione nazionale e globale, lo farà nel contesto di un tasso di crescita inferiore a quello potenziale». Una volta archiviata la crisi, ci aspettano periodi di alta inflazione, grandi debiti pubblici e dollaro debole? «Questi rischi saranno con noi per un paio di anni, si intensificheranno nella seconda parte dell'anno e si estenderanno al 2010 e al 2011». Molti, compresi alcuni leader politici e capi di governo, chiedono nuove regole per regolamentare i mercati finanziari. Quali sono le misure più urgenti? «Un paio di cose sono fondamentali: assicurare che le attività finanziarie siano ben supervisionate e regolate; garantire all'intero sistema finanziario capitale adeguato alla fase del ciclo; e rafforzare gli standard per i prestiti. Per alcune delle banche più deboli, ciò implicherà un livello più elevato di proprietà e controllo da parte del governo». Che cosa si attende dalla riunione del G20 a Londra? «Mi auguro un coordinamento globale più significativo, ma temo che i progressi possano essere troppo lenti vista la severità della crisi globale e il suo impatto dannoso sull'occupazione e la riduzione della povertà». Giuliana Ferraino Chi è Mohamed El-Erian, 50 anni, guida Pimco, la più grande società di gestione di bond del mondo. «Cresciuto» al Fmi, è passato nel '97 al settore privato. Ha gestito per 2 anni il patrimonio dell'Università di Harvard

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C'è poco da essere ottimisti (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-29 num: - pag: 26 autore: di BILL EMMOTT categoria: REDAZIONALE CRISI / IL PEGGIO E' GIA' PASSATO? C'è poco da essere ottimisti A questo punto della recessione globale, è il caso di essere più pessimisti o più ottimisti? è una domanda a dir poco sorprendente, se pensiamo che da poco più di sei mesi siamo precipitati nel baratro economico, seguito al crollo di Lehman Brothers a New York lo scorso settembre. Certo, il pessimismo sembra la reazione più indicata: l'Ocse, l'organizzazione basata a Parigi che raccoglie 30 Paesi tra i più ricchi del mondo, in Europa e in America, annuncerà ai suoi membri, il 31 marzo, una previsione assai più negativa per il 2009, una contrazione del Pil pari al 4,2%. Eppure, malgrado tutto, di colpo si avverte nell'aria una ventata di ottimismo. Questa settimana, i mercati azionari in tutto il mondo hanno rialzato la testa; ed è in risalita anche il prezzo del petrolio e delle materie prime. Nel frattempo, i politici sulle due sponde dell'Atlantico, sotto la guida del presidente Barack Obama, sembrano rasserenati, e spiegano che già intravedono i primi segnali di stabilizzazione per le loro economie. Da parte mia, consiglio un briciolo di prudenza e di lasciar passare ancora del tempo prima di emettere giudizi. Ci sono stati motivi di ottimismo nelle ultime settimane, è vero. In sostanza, però, le migliori avvisaglie si suddividono in tre categorie, nessuna delle quali definitiva né affidabile. La prima categoria riguarda i dati che suggeriscono un rallentamento in atto nel declino economico: in diversi Paesi, il mese scorso, i consumi sono risultati superiori al previsto; le vendite immobiliari in America sono in ripresa, anche se i prezzi scendono ancora. Se questi brandelli di dati dovessero trasformarsi in tendenza, sarebbe una buona notizia. Il paragone migliore è quello di un uomo in caduta libera: è importante sapere, a un dato momento, quanto dista il suolo. Ma anche se è più vicino di quanto si sospetti, lo schianto sarà inevitabile. E una volta a terra, potrebbe anche non essere così facile rimettersi in piedi. Un altro modo di esprimere il medesimo concetto è constatare come, da ottobre fino a gennaio-febbraio, il calo della domanda nei Paesi europei, in Giappone e negli Stati Uniti, sia stato spaventosamente rapido. Se quel calo oggi rallenta, sarà un buon segnale rispetto a uno scivolone costante o addirittura accelerato. Un calo più lento, tuttavia, è sempre un calo: potrebbe darsi che in questa recessione deflazionistica, che ha visto il crollo della fiducia dei consumatori e delle imprese, saremo colpiti da un lungo e lento declino della domanda, man mano che la disoccupazione aumenta e i redditi si riducono. O che il declino si fermi, ma la ripresa tardi anche anni interi prima di riprendere forza. La seconda categoria di motivazioni ottimistiche è rappresentata dal movimento dei mercati finanziari. Notoriamente, i mercati azionari tendono ad aumentare di valore in previsione delle svolte nell' economia reale. Questa settimana sono risaliti per la speranza che l'America abbia infine scovato la soluzione alla sua crisi bancaria, e che i dati economici vadano stabilizzandosi. I prezzi del petrolio e delle materie prime hanno fatto un balzo in avanti forse in vista dei primi effetti, sulla domanda cinese per le materie prime, dell'ingente pacchetto di stimoli economici varato dalla Cina a novembre. Il problema è che anche i mercati possono sbagliarsi. I loro giudizi errati negli ultimi 4-5 anni hanno provocato questo caos economico su scala globale. Pertanto è meglio non fare troppo affidamento su questa fiammata di ottimismo dei mercati. La terza categoria di notizie incoraggianti è poco nota al pubblico e consiste in tutte le sventure che non si sono verificate negli ultimi mesi. Banche e compagnie di assicurazioni non sono fallite, né sono crollate le industrie. Dopo due mesi di scossoni, come quelli di settembre e ottobre dello scorso anno, le notizie finanziarie si sono tranquillizzate. Questo è da attribuire in parte ai piani di salvataggio siglati dai governi, specie per le banche, ma suggerisce anche che le imprese sono più resistenti e flessibili di quanto si pensasse. La situazione, peraltro, potrebbe mutare dalla sera alla mattina. La psicologia di questa recessione è difficile da giudicare, soprattutto per i politici e i ministri del governo. è una recessione che subisce la spinta dello stato d'animo, del timore di famiglie e aziende per i rischi di disoccupazione e bancarotta, che li ha convinti a tagliare le spese, e questo a sua volta ha fatto crollare la domanda. La paura e il suo opposto, la fiducia, sono emozioni fragili. I politici devono sforzarsi di rassicurare, per arginare le ansie della gente. Ma se fanno sfoggio, troppo presto, di eccessivo ottimismo, e questo ottimismo non è suffragato dai fatti, ecco che rischiano di mandare in fumo la loro credibilità. Cautela, pazienza e un linguaggio solo moderatamente positivo: a questo punto, non esiste ricetta migliore. Traduzione di Rita Baldassarre

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Hypo Re, Berlino comincia a comprare (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-29 num: - pag: 25 categoria: REDAZIONALE La nazionalizzazione Hypo Re, Berlino comincia a comprare MILANO — Lo stato tedesco ha acquistato l'8,7% del capitale di Hypo Real Estate (HRE), il gigante tedesco dei mutui bancari in gravissime difficoltà finanziarie. Lo rivela nella sua edizione domenicale il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeinen Zeitung, secondo il quale la decisione sarebbe stata assunta ieri dal consiglio di amministrazione della banca a Francoforte. Il giornale indica che il Fondo federale di aiuti al settore bancario (Soffin) sottoscriverà un aumento di capitale di 60 milioni di euro, pari a 20 milioni di azioni. Questo sarà il primo passo verso una nazionalizzazione della Hypo, prevista da una legge varata una settimana fa dal Bundestag, che autorizza la nazionalizzazione della banca entro il 30 giugno 2009. Il Bundesrat, la camera alta, voterà il testo il 3 aprile. Hypo Real Estate è divenuto l'emblema della crisi finanziaria in Germania: un istituto in gravissime difficoltà, nonostante il piano di sostegno di oltre 100 miliardi di euro. Peer Steinbrueck ministro delle Finanze tedesco. Entro il 30 giugno 2009 la completa nazionalizzazione di Hypo Re

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Dal G8 mano tesa ai disoccupati (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Pagina 215 Il vertice. Al via oggi a Roma il tavolo fra i ministri degli otto Paesi più industrializzati al mondo Dal G8 mano tesa ai disoccupati Il vertice.. Al via oggi a Roma il tavolo fra i ministri degli otto Paesi più industrializzati al mondo I big del pianeta affrontano l'emergenza lavoro --> I big del pianeta affrontano l'emergenza lavoro Parte oggi a Roma il vertice fra i ministri del G8. Sul tappeto l'emergenza lavoro e le misure per arginare la crisi dell'economia. Misure contro la disoccupazione, sostegno ai redditi, attenzione al rientro nel mercato del lavoro di chi è rimasto vittima della crisi. Sono le linee di intervento su cui si discuterà a Roma, a partire da oggi, nell'ambito della riunione dei ministri del Lavoro del G8 che chiuderà il terzo mese della presidenza italiana. IL G8 Sarà il primo evento internazionale dedicato alle conseguenze sociali della crisi economica, l'occasione per definire possibili interventi dei singoli Stati, ma anche le azioni condivise e coordinate a livello internazionale. Così come chiesto dai sindacati europei che ieri, a fronte dei previsti 8 milioni di disoccupati nel Vecchio continente, chiedono un «piano straordinario» per l'affrontare l'impatto sociale della crisi finanziaria ed economica. Nelle intenzioni del governo italiano, insomma, sarà un vero e proprio “Social Summit” che, ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, punta a riportare l'attenzione sulle persone, contrapponendo al «circolo vizioso della sfiducia un circolo virtuoso della fiducia» e nel quale diventi prioritaria anche «la spesa per le persone» inglobando, nel concetto di stabilità economica e finanziaria, anche il concetto di stabilità sociale. Per questo l'idea portante, che darà il titolo al vertice, sarà “people first”, le persone innanzitutto. I PARTECIPANTI L'Italia, che presiede il G8, proporrà ai partecipanti di discutere di un Patto globale di protezione sociale, che dovrà correre in parallelo al Legal Standard per la regolamentazione delle attività finanziarie proposto dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. In linea con l'orientamento generale della presidenza italiana, parteciperanno all'incontro anche i ministri del Lavoro di Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa ed Egitto, assieme a numerose organizzazioni internazionali. Oltre a Unione Europea, presente con il Commissario per l'occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità, Vladmir Spidla, ci sarà l'Ocse, l'Organizzazione per la Cooperazione allo Sviluppo Economico e il Fondo Monetario Internazionale. È prevista anche la partecipazione delle Nazioni Unite, con l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). L'inizio dei lavori è previsto per domenica, alla Farnesina, con una conferenza stampa del ministro Sacconi, insieme ai segretari generali delle due organizzazioni dell'Ocse, la Trade Union Advisory Committee (Tuac) e la Business and Industry Advisory Committee (Biac). Ci saranno poi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e il vicepresidente per le relazioni industriali di Confindustria. Domani mattina ci sarà una sessione G8 con i rappresentanti delle organizzazioni internazionali che ospiterà l'intervento del ministro degli Esteri, Franco Frattini.

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Come tradurre la crisi finanziaria in opportunità (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Commenti Pagina 349 Come tradurre la crisi finanziaria in opportunità --> Il Consiglio europeo di primavera ha approvato le proposte Ecofin per affrontare la crisi al vertice G20 del 2 aprile a Londra. È utile ricordare in sintesi i punti focali che l'Unione europea (Ue) proporrà e difenderà al vertice: «Occorre minimizzare con mezzi appropriati i rischi di future crisi finanziarie sistemiche; le autorità pubbliche devono avere la forza di essere in grado di gestire effettivamente e con efficienza le crisi finanziarie; la regolarizzazione deve essere estesa, a questo scopo, agli attori che manovrano strumenti rilevanti per la stabilità finanziaria e che non sono stati finora sufficientemente regolati, in modo particolare gli "hedge funds"; le agenzie di rating debbono essere assoggettate a registrazione e supervisione; tutto ciò dovrà essere supportato da una forte iniziativa dell'Ue nel rivedere gli standard contabili internazionali con l'obiettivo di creare un unico standard globale di alta qualità, così come le "istituzioni che definiscono gli standard" ( governance of standard setting-bodies ) che includeranno gli azionisti» (L'Unione Sarda del 15 marzo). Altra decisione presa e da difendere dall'Ue è la lotta ai paradisi fiscali. La Commissione europea, incaricata della messa in opera delle misure prese dal Consiglio, discusse e fatte proprie dal Parlamento europeo, ha mandato di difendere di concerto con i capi di Stato e di governo europei la posizione dell'Ue al G20, presieduto dal premier Gordon Brown. L'Ue vi illustrerà inoltre le misure anticrisi adottate per rilanciare la crescita e la domanda e come fronteggiare la crescente disoccupazione, confrontandole con le misure prese da altri Paesi come Usa, Giappone, Cina, India, Brasile. Il G20 è composto da: Commissione europea, Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna; altri Paesi industrializzati, Stati Uniti, Canada, Giappone, Russia; Paesi emergenti, Cina, India, Brasile, Argentina, Messico, Sud Africa, Arabia Saudita, Australia, Corea del Sud, Indonesia, Turchia. È molto probabile che si aggiungano al gruppo altri due Stati Ue, Olanda e Spagna. Il G20 rappresenta due terzi della popolazione mondiale e del commercio internazionale e l'ottantacinque per cento della crescita media annua globale (Pil). I punti principali del G20 in agenda che dovranno tradursi in impegni dei capi di Stato e di governo sono: «Prendere le azioni necessarie per stabilizzare i mercati finanziari e permettere alle famiglie e alle imprese di affrontare la recessione e uscirne; riformare e rinforzare il sistema finanziario ed economico globale e ri-instaurare fiducia e speranza; rimettere in marcia l'economia globale mediante una crescita sostenibile, un alto livello occupazionale e una forte riduzione della povertà». Il vertice, affrontando la grave crisi, dovrebbe trasformarla in opportunità per creare una genuina nuova era di partenariato socio-economico mondiale, vale a dire in un contratto globale ("global deal"), nel quale ogni Paese al mondo abbia un ruolo da svolgere, traendone beneficio. Non sarà compito facile per i capi di Stato e di governo, riuniti a Londra, rendere operativo questo "contratto globale" che tanta attesa suscita nel mondo, come fu il "New Deal" in stile keynesiano di Franklin Delano Roosevelt che fece uscire l'America dalla Grande Depressione. È noto, infatti, che non esiste una visione concordata a livello tecnico e politico per porre rimedio allo tsunami speculativo finanziario globale (titoli tossici) con le loro pesanti ricadute sull'economia reale e sull'aumento della disoccupazione. A parte gli slogan di buona volontà, forti divergenze esistono nel mondo industrializzato e tra questo con i Paesi emergenti e in via di sviluppo. I media mondiali riportano avvenimenti recenti significativi che avvelenano la "coesione sociale": esasperazione del ceto medio americano di fronte a frodi miliardarie di molti manager d'imprese fallite; manager francese preso in ostaggio dal personale della stessa impresa che chiude i battenti; incendio di pneumatici da parte delle maestranze della Continental tedesca in crisi, nei pressi di Parigi; direttore della Royal Bank of Scotland la cui casa è stata vandalizzata. Questi sono, secondo i media, segnali di una deriva che se continuasse rischierebbe di rompere la "coesione sociale". Per evitare che ciò avvenga, incombe ai potenti politici della Terra riuniti a Londra trovare le soluzioni appropriate per uscire quanto prima dalla crisi globale. Noi ci limitiamo ad esprimere il nostro modesto ma sentito auspicio che questo G20 abbia successo. ANTONIO MARONGIU (marongiuantonio@tiscali.it)

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La crisi globale finanziaria al centro del meeting (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

MONDO 29-03-2009 l'Unione europea La crisi globale finanziaria al centro del meeting DA PRAGA L a visita di Barack Obama a Praga del 5 aprile per il summit Usa- Ue, non avviene nelle condizioni più favorevoli. La Repubblica Ceca, presidente di turno dell'Ue, si trova in piena crisi di governo dopo lo sfiducia del parlamento al premier Mirek Topolánek. I leader dei maggiori partiti cechi hanno convenuto che in ottobre si dovranno tenere elezioni anticipate. Intanto i ministri degli esteri dei Ventisette, riuniti per un incontro informale a Hluboka, nalla Boemia meridionale, hanno espresso molta preoccupazione per le conseguenze della crisi di governo a Praga sul processo di ratifica del Trattato di Lisbona e quindi sul possibile blocco dell'allargamento dell'Ue, fermando l'ingresso di Croazia ed altri candidati. In questo senso si è espresso in particolare il capo della diplomazia francese Bernard Kouchner. Il prossimo vertice euroamericano di Praga si concentrerà sul coordinamento della politica di ripresa economica e di lotta alla crisi globale fra gli Usa e l'Ue. In una dichiarazione preparatoria del governo di Praga, ancora diretto ad interim da Topolánek, si legge: «Il summit di Praga prenderà in esame i temi dell'architettura finanziaria globale e le conseguenze della crisi finanziaria, come pure i temi della sicurezza e della cooperazione militare transatlantica ». L'atmosfera è resa più pesante dal fatto che i paesi dell'Europa centro-orientale, compresa la Repubblica Ceca, risentono in modo particolarmente negativo della crisi. In vista dell'arrivo di Obama, Topolánek non è stato tenero con la politica economica Usa, definendola «una via per l'inferno ».( G.B.) I ministri dei Ventisette preparano in Boemia i colloqui con la delegazione Usa: fra i temi sicurezza e cooperazione militare

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conroe ha detto: Obama: forum su clima ed energia. Invitati i leader di 16 grandi potenze a Washington il 27 e 28 aprile. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 5 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Venezia Gli artigiani veneti, di fronte alla crisi, hanno tagliato drasticamente gli investiment... (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009, Venezia Gli artigiani veneti, di fronte alla crisi, hanno tagliato drasticamente gli investimenti, ma aumentato la richiesta di finanziamenti a breve, di liquidità. Tutto questo mentre invece le banche, soprattutto le grandi, stringono loro i cordoni della borsa. È questo il quadro che emerge da uno studio condotto dalla Confartigianato veneta su dati dei Confidi, i consorzi che forniscono le garanzie alle aziende associate. Il presidente regionale Claudio Miotto vuole vedere il «bicchiere mezzo pieno», ma i dati non sono confortanti. Nel secondo semestre dello scorso anno (la crisi finanziaria scoppiò a settembre con il fallimento di Lehman) i finanziamenti a breve termine garantiti da Confidi erano aumentati, rispetto allo stesso periodo del 2007, del 16,2%, a 357 milioni di euro. Nel medio e lungo periodo, invece, diminuiti del 12,9%, a 145 milioni. «Segno evidente - spiega Miotto - che le aziende sono a caccia di liquidità, mentre riducono gli investimenti». Secondo la Confartigianato, la richiesta di finanziamenti destinati ai veri e propri investimenti (macchinari, strutture, etc.) è diminuita a fine 2008 del 50%. In tutto il 2008 sono stati garantiti mutui alle imprese artigiane per circa un miliardo di euro. Ancora più significativi i dati dei primi due mesi. Nel 2009 i Confidi veneti hanno garantito finanziamenti a 3900 aziende artigiane. Il 15% in più dell'anno prima, e tale aumento è dovuto interamente alla crescita dei prestiti a breve termine. Cioè, ancora una volta, alla cassa. Contemporaneamente, si registra una crescita del 20% delle sofferenze, cioè delle imprese che non sono riuscite a far fronte alle rate dei mutui. Va sottolineato, però, che i numeri in questo caso sono minimi. Se nello stesso periodo dello scorso anno i Confidi erano dovuti intervenire in 60 casi, quest'anno è avvenuto per 70 aziende. «In fondo, vista la situazione non è poi così male - ammette Miotto -. Ciò dimostra come gli artigiani siano affidabili. Ma non è sempre possibile per tutti. E la stretta creditizia c'è, ed è molto visibile per le aziende con rating modesti, ma anche le imprese sane non trovano sufficiente sostegno nel sistema. Basta l'inadempimento anche di poche rate perché la banca chieda il rientro immediato degli sconfinamenti, pena la chiusura del conto». Ma gli istituti di credito non sono tutti uguali, avverte il presidente di Confartigianato Veneto. «Emergono differenze da banca a banca - spiega Miotto -. Si può affermare che mediamente il sostegno delle banche locali all'economia del territorio è maggiore di quello delle grandi banche. Un maggiore ruolo delle banche del territorio appare obiettivo da perseguire e costruire». La cola è del cosiddetto "andamentale". Poco contano per le banche i fondamentali dell'impresa (utile, indebitamento, portafoglio ordini, etc.), mentre decisivo si rivela il mancato pagamento di una rata, una ricevuta bancaria di un cliente insoluta o lo sfondamento anche momentaneo del fido. L'istituto di credito li interpreta come segnali di crisi, e chiude i rubinetti quando fino a pochi mesi fa ignorava la cosa. Ugo Pollesel

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In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi... (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 29 Marzo 2009, In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del "dollar standard"? Mica tanto. Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una decisione storica, hanno fissato per l'inizio del 2010 l'entrata in vigore di una valuta unica, la moneta del Golfo appunto. Dall'altra, recentemente, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un "euro" con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura - complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30% sui servizi finanziari - a un'ipotetica entrata nell'euro. Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione dell'euro (ad ovest) e dal cinese yuan (ad est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino, di abbandonare il "dollar standard" per passare ad una grande divisa mondiale da far nascere sotto l'egida del Fondo Monetario. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, "inventata" sessant'anni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, di esprimere l'unica leadership planetaria, mentre il mondo ha necessità di una governance multilaterale che rispecchi il peso specifico di altre potenze come India, Brasile, Cina, attualmente sottorappresentate in rapporto al loro contributo alla formazione del pil mondiale. Secondo, a livello pratico, perché il biglietto verde, per salvare se stesso, rischia di uccidere gli altri pazienti. Come ha sottolineato Jacques Attali al meeting di Confagricoltura di Taormina, gli Stati Uniti stanno curando "l'eccesso di debito con il debito". Stanno cioè rientrando da un paradigma basato su un'esagerata leva finanziaria (fino a 1 a 25) appesantendo ancor di più la spesa pubblica. E questo nuovo deficit spending avrà conseguenze pesantissime soprattutto sul resto del mondo. Basti pensare che negli ultimi sei mesi la Federal Reserve ha raddoppiato la base monetaria, e si appresta a quadruplicarla nel prossimo semestre per ricomprare sul mercato titoli dello stesso Tesoro americano e asset tossici in mano alle banche. Con la conseguenza di un'inflazione micidiale in cui finiremo tutti, dipendenti come siamo dal dollaro, una volta che la crisi sarà finita. I cinesi per primi: i quali detengono riserve valutarie per duemila miliardi di dollari, che potrebbero venir fortemente deprezzate. Duemila ragioni più che valide, dunque, per sostenere molto seriamente la loro proposta di una nuova valuta internazionale. E per accelerare i tempi di una nuova Bretton Woods. Che, rispetto alla prima, c'è da giurarci, sarà un po' più spostata verso il Pacifico. (www.enricocisnetto.it).

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G8 LAVORO/ ALLARME OCSE: DISOCCUPAZIONE VICINA AL 10% ENTRO 2010 (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 Lavoro/ Allarme Ocse: Disoccupazione vicina al 10% entro 2010 di Apcom Saranno "tassi a due cifre" in tutto G8 salvo Giappone -->Roma, 29 mar. (Apcom) - Grava una "grande incertezza" sulle prospettive del mercato del lavoro di tutta l'area dell'Ocse, e l'organizzazione parigina avverte di un cospicuo incremento sul tasso di disoccupazione che investirà tutte le maggiori economie avanzate a causa della crisi: "Per la fine del 2010, i tassi di disoccupazione potrebbero avvicinare valori a due cifre in tutti i Paesi del G8 con la sola eccezione del Giappone, e allo stesso modo nell'area dell'Ocse come un insieme". Lo si legge in un paper preparato dal segretariato dell'organizzazione parigina per il meeting del G8 dei ministri del Lavoro che si apre oggi a Roma. Secondo l'Ocse nel gennaio del 2009 il tasso di disoccupazione medio dell'area dei 30 Paesi che ne fanno parte ha raggiunto il 6,9%, "quasi un punto percentuale più alto rispetto a un anno prima: questo implica che in un anno quasi 7,2 milioni di lavoratori si sono aggiunti ai disoccupati dell'area", recita il paper. In questo contesto l'organizzazione parigina mette in rilievo la necessità di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi". L'ente parigino ribadisce che le misure di intervento per contrastare la crisi, anche sul fronte del lavoro adottati dai vari governi, devono avere alcune caratteristiche indispensabili: devono essere mirate e temporanee, e allo stesso tempo tempestive e di proporzioni adeguate alla necessità della situazione, avverte il rapporto.

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babelick ha detto: conroe per me va bene anche la germania.se l'est europa fa la fine che molti ormai pronosticano(collass totale),noi e altri non cadiamo in piedi.bisogna salvare (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 6 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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La rabbia populista (sezione: crisi)

( da "Foglio, Il" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

29 marzo 2009 La rabbia populista La rivolta della classe media americana si sta riversando sui bonus e sui ricchi. Obama teme che possa travolgere il suo progetto politico Uno dei personaggi di “Furore”, il capolavoro di John Steinbeck ambientato negli anni della Grande Depressione, si chiama Muley Graves. Nella versione cinematografica del romanzo, realizzata nel 1940 da John Ford, a un certo punto Graves non riesce a capire con chi prendersela per essere stato costretto ad abbandonare la terra che coltivava in seguito al pignoramento della fattoria. Gli dicono che non è colpa dello sceriffo, che non c’entrano né l’agente immobiliare né la banca di Tulsa: “E quindi – chiede Graves – noi a chi dobbiamo sparare?”. Lattuale crisi finanziaria non ha provocato i disastri sociali della Grande Depressione, ma la rabbia degli americani per le ingiustizie e le ineguaglianze emerse in quesi mesi è tornata a essere un fattore politico importante, capace di influenzare e, secondo molti osservatori, in grado anche di travolgere Washington. In tempi di piena, l’indomabile ottimismo degli americani valuta le enormi ricchezze dei pochi fortunati come una prospettiva alla portata di tutti, come un’opportunità che con i giusti sacrifici prima o poi capiterà anche a chi si trova in difficoltà. Quando c’è la crisi, e si diffonde il timore di una catastrofe economica anche personale, diventa più difficile digerire la perdita del lavoro e della casa a fronte del pagamento con i propri soldi dei mega bonus miliardari alle stesse persone che hanno creato o cavalcato il disastro finanziario. E’ successo negli anni Trenta, sta succedendo adesso, con le medesime declinazioni politiche. Allora è riemerso il populismo, nato in realtà nel secolo precedente. Oggi questo sentimento antipolitico torna a farsi sentire e a bussare alla porta di Washington, come dimostrano il voto alla Camera per tassare al 90 per cento i bonus dei manager dell’Aig, e le inchieste giudiziarie un filino demagogiche di Andrew Cuomo, il procuratore di New York in cerca di radiosa carriera politica e che, peraltro, in passato è stato l’esecutore delle politiche pro casa dei clintoniani. A differenza del personaggio di “Furore”, l’americano medio ha individuato i responsabili delle proprie difficoltà, ovvero i banchieri di Wall Street e i truffatori come Bernie Madoff, ma è ancora incerto se tramutare questa rabbia ben radicata nella tradizione americana anche sulla politica, sui governanti, sulla Casa Bianca. Da qui la grande preoccupazione di Barack Obama, in queste settimane particolarmente attento a restare in equilibrio tra le pressanti richieste populiste e le dovute rassicurazioni all’establishment finanziario. I sondaggisti della Casa Bianca confermano che gli americani accusano le istituzioni finanziarie e non sono così convinte che sia giusto aiutarle con i soldi pubblici. “In corso c’è una ribellione – ha detto lo stratega obamiano David Axelrod – ma a Wall Street tutti sanno che i giorni di Gordon Gekko (il protagonista del film di Oliver Stone “Wall Street”, ndr) sono finiti”. Obama ha provato a spiegare che “non si governa con la rabbia” e ha anche fatto sapere a Wall Street di aver limato il discorso di fine febbraio che gli avevano preparato i suoi speech writer. “Gli americani sono giustamente arrabbiati”, c’era scritto nella versione originale, frase poi scomparsa nel testo finale. Col passare dei giorni e l’intensificarsi della rivolta popolare, Obama ha cambiato toni e registro. Si è posto su una linea decisamente più populista, accusando il predecessore, la bella vita dei banchieri e i loro bonus, fino a dire che “la gente ha il diritto di essere arrabbiata. Sono arrabbiato anch’io”. “I contadini stanno assaltando la Bastiglia – ha scritto Gary Kamiya su Salon – I bonus dell’Aig sono il momento ‘se il popolo ha fame, dategli le brioche’ e l’Antico regime sta tremando all’interno delle sue ville recintate”. Frank Rich, editorialista del New York Times, ha scritto che “la gran parte degli americani continua a non capire perché le banche ricevono miliardi mentre non si fa nulla per salvare chi ha perso la casa, il lavoro e i risparmi pensionistici”. I deputati di Washington, la cui permanenza nelle stanze del potere è sottoposta a una conferma elettorale ogni due anni, sono tempestati da elettori che virtualmente imbracciano i forconi della protesta come in una versione arrabbiata del celebre dipinto “American Gothic” di Grant Wood (del 1930, appunto). Le avvisaglie di questa rivolta populista contro la politica si erano già avute in campagna elettorale. I leader democratici, da Obama a Hillary Clinton, hanno abbandonato la retorica pro Wall Street e aumentato il volume sul protezionismo commerciale. L’ondata contro Sarah Palin, la candidata vicepresidente di John McCain, è diventata irresistibile appena è scoppiato lo scandalo sulle decine di migliaia di dollari spesi dal Partito repubblicano per vestirla. McCain non s’è più ripreso dal momento in cui non ha saputo rispondere sul numero di case di proprietà. “L’idraulico Joe” è diventato leader politico, assieme al “muratore Tito”, ma la rabbia populista ha travolto anche Tom Daschle, l’ex senatore che Obama aveva scelto per riformare la sanità americana, costretto a lasciare per non aver denunciato al fisco un autista, una macchina di lusso e vari benefit forniti da grandi lobby. La classe media è pesantemente colpita dalla crisi, molto più dell’equivalente ceto europeo che perlomeno può contare su un “welfare state” più protettivo ed esteso. Negli ultimi mesi, l’americano medio non solo ha perso il posto di lavoro (seicentomila ogni trenta giorni), non ha dovuto subire soltanto il crollo del valore, se non il pignoramento, della propria abitazione, ma ha visto anche raddoppiare il costo dell’assicurazione sanitaria, dimezzare i risparmi pensionistici vincolati all’andamento della borsa e svanire i fondi riservati all’istruzione dei figli. Un altro effetto concreto della crisi, ha scritto l’Economist, è la diminuzione della mobilità interna, uno dei pilastri del sogno americano. Tom Joad, l’eroe di Steinbeck e più recentemente di Bruce Springsteen, quando ha perso il possesso della sua fattoria in Oklahoma, ha provato a ricominciare una vita in Californa. Come Tom Joad hanno fatto intere generazioni di americani. Ora è più complicato perché gli Stati Uniti sono diventati una nazione, più simile a quelle europee, di proprietari di case che in molti casi oggi valgono meno degli interessi dovuti alle banche. In queste condizioni spesso è impossibile vendere l’abitazione e quindi spostarsi in un’altra città o in un altro stato (la percentuale di chi ha cambiato casa tra il 2007 e il 2008 è dell’11,9 per cento, il dato più basso da quando nel 1940 si è cominciato a registrarlo). C’è anche l’assicurazione sanitaria a minacciare la mobilità, spiega l’Economist: le aziende godono di benefici fiscali nel fornire l’assicurazione sanitaria ai dipendenti, ma i singoli individui no. Con il costo delle polizze sempre più alto, e l’assistenza quasi sempre fornita dal datore di lavoro, gli americani sono più restii a lasciare un lavoro che garantisce a tutta la famiglia la copertura sanitaria. Malgrado i salari bloccati, per anni il ceto medio americano ha ignorato la situazione perché il valore delle case, grazie alle politiche clintoniane e bushiane a favore delle abitazioni e quelle di Alan Greenspan sul credito facile, cresceva a ritmi vertiginosi. L’economia andava bene e ogni possibile accenno di rabbia sociale, come ha scritto il saggista liberal Thomas Frank in “What’s the matter with Kansas”, è stato reindirizzato da strateghi politici come Karl Rove al fine di rinfocolare la “guerra culturale” sui temi etico-religiosi. Frank sostiene che l’America rurale sia stata convinta a votare su Dio, sulle armi e sui gay anziché ribellarsi, come avrebbe dovuto, alle politiche pro business e antipopolari del Partito repubblicano. La crisi finanziaria di fine 2008 e l’espressa volontà obamiana di dichiare conclusa la guerra culturale americana hano facilitato l’esplosione della rabbia populista. Il movimento populista americano è nato alla fine dell’Ottocento nelle piccole città e nelle miniere in contrapposizione ai grandi proprietari, ai banchieri e alle corporation. A un certo si è pure fatto partito, ma in realtà il populismo è vivo nella tradizione statunitense fin dagli albori della Repubblica, almeno dalla “wiskhey rebellion” del 1791 scoppiata contro la decisione dell’Amministrazione di George Washington di tassare il whiskey per pagare il debito nazionale. Le rivolte populiste sono una costante della storia americana, nascono da fatti specifici, spesso legati alla sicurezza nazionale o all’ingiustizia sociale, e finiscono quasi sempre per essere assorbite dai meccanismi democratici. Negli anni Trenta, quando gli uomini di Franklin Delano Roosevelt dicevano che il paese era molto più radicale dei suoi governanti, la rabbia populista cresciuta assieme alla crisi economica ha sfidato i plutocratic di sinistra e di destra con due grandi personaggi che hanno interpretato le lagnanze economiche dei “piccoli uomini”. Il governatore della Louisiana Huey Long, interpretato al cinema da Sean Penn, voleva redistribuire la ricchezza (una frase usata in campagna elettorale anche da Obama), confiscare i grandi patrimoni e fare di ogni cittadino un Re. Long avrebbe dovuto sfidare Roosevelt, a capo di un movimento populista, ma è stato ucciso prima delle elezioni del 1936. L’altro grande intercettatore della rabbia popolare dell’epoca, ma di destra, è stato Charles Coughlin, un prete cattolico i cui strali radiofonici contro i banchieri internazionali, gli atei e la lobby ebraica vicina a Roosevelt sono alla base del moderno sentimento antielitario che da Joseph McCarthy nei decenni successivi, fino a Sarah Palin alle scorse elezioni, è ancora ben radicato nella destra conservatrice americana. Il paradosso è che a cavalcare la nuova rivolta popolare 2009 contro i padroni del vapore sia proprio Barack Obama, ovvero il campione dell’elitarismo illuminato, il leader dell’America delle classi istruite in eterna lotta con quella parte politica accusata di sfruttare la paranoia populista per denigrare i premi Nobel ed esaltare l’acume finanziario di idraulici, muratori e gente comune. Una posizione resa ancora più improbabile dai consolidati rapporti del team economico della Casa Bianca con Wall Street. Obama gode sempre di grande popolarità e consenso, intorno al sessanta per cento, ma decisamente in ribasso a mano a mano che cresce il discontento popolare per le misure governative anticrisi. Il presidente è spaventato da questo nuovo e diffuso sentimento demagogico, reso ancora più pericoloso da una incoerenza ideologica. Ma non può fare a meno di domarlo, per non esserne travolto. Così prova a mediare tra Wall Street, la strada della finanza, e Main Street, la strada commerciale dell’America extraurbana. La paura di Obama è che la rabbia populista possa travolgere il suo programma politico e la sua presidenza, anche se in teoria gli lascia aperta la possibilità di riformare radicalmente in senso più equo il capitalismo americano. Al momento, secondo l’economista Luigi Zingales, il risultato è ambiguo: il via libera di Obama “all’esproprio proletario” dei bonus risponde a un’esigenza populista, mentre il piano di salvataggio delle banche rappresenta un grande favore a Wall Street. (nella foto: Proteste di fronte a una sede di Aig, il colosso assicurativo finito sotto accusa per aver distribuito bonus milionari usando i fondi del salvataggio pubblico - foto Reuters) di Christian Rocca

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Supremazia del dollaro addio, si punta a una divisa dell'Fmi (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Supremazia del dollaro addio, si punta a una divisa dell'Fmi Enrico Cisnetto In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l'avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del «dollar standard»? Mica tanto. Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una decisione storica, hanno fissato per l'inizio del 2010 l'entrata in vigore di una valuta unica: la moneta del Golfo, appunto. Dall'altra, Cina, Giappone e Corea del Sud ribadiscono il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita a un «euro» con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura – complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30% sui servizi finanziari – a un'ipotetica entrata nell'euro. Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione dell'euro (ad Ovest) e dal cinese yuan (ad Est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino, di abbandonare il «dollar standard» per passare a una grande divisa mondiale da far nascere sotto l'egida del Fondo Monetario. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, «inventata» 60 anni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, di esprimere l'unica leadership planetaria, mentre il mondo ha necessità di una governance multilaterale che rispecchi il peso specifico di altre potenze come India, Brasile, Cina, attualmente sottorappresentate in rapporto al loro contributo alla formazione del pil mondiale. Secondo, a livello pratico, perché il biglietto verde, per salvare se stesso, rischia di uccidere gli altri pazienti. Come ha sottolineato Jacques Attali al meeting di Confagricoltura di Taormina, gli Stati Uniti stanno curando «l'eccesso di debito con il debito». Stanno cioè rientrando da un paradigma basato su un'esagerata leva finanziaria (fino a 1 a 25) appesantendo ancor di più la spesa pubblica. E questo nuovo deficit spending avrà conseguenze pesantissime soprattutto sul resto del mondo. Basti pensare che negli ultimi sei mesi la Federal Reserve ha raddoppiato la base monetaria, e si appresta a quadruplicarla nel prossimo semestre per ricomprare sul mercato titoli dello stesso Tesoro americano e asset tossici in mano alle banche. Con la conseguenza di un'inflazione micidiale in cui finiremo tutti, dipendenti come siamo dal dollaro, una volta che la crisi sarà finita. I cinesi per primi: i quali detengono riserve valutarie per duemila miliardi di dollari, che potrebbero venir fortemente deprezzate. Duemila ragioni più che valide, dunque, per sostenere la loro proposta di una nuova valuta internazionale. E per accelerare i tempi di una nuova Bretton Woods. Che, rispetto alla prima, c'è da giurarci, sarà un po' più spostata verso il Pacifico. (www.enricocisnetto.it)

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Ocse: la disoccupazione nei Paesi membri può arrivare al 10 per cento (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

rapporto presentato al G8 del Lavoro a roma. sacconi: «prudenza nelle stime» Ocse: disoccupazione può arrivare a 10% A gennaio ha raggiunto il 6,9%, un punto in più rispetto a un anno prima. «Sono necessari interventi immediati» ROMA - Entro la fine del 2010 il tasso di disoccupazione nei Paesi del G8 e in quelli dell'Ocse, escluso il Giappone, potrebbe avvicinarsi a valori a due cifre, ovvero oltre il 10%. È l'allarme lanciato dall'Ocse in un rapporto presentato al G8 dei ministri del lavoro che si è aperto a Roma. Secondo gli ultimi dati, nel gennaio del 2009 il tasso di disoccupazione medio dell'area dei Paesi industrializzati membri dell'organizzazione ha raggiunto il 6,9%, «quasi un punto percentuale più rispetto a un anno prima: questo implica che in un anno quasi 7,2 milioni di lavoratori si sono aggiunti ai disoccupati dell'area». INTERVENIRE SUBITO - Se le previsioni di un tasso di disoccupazione a due cifre entro il 2010 si materializzassero, continua il rapporto, il numero di persone senza lavoro raggiungerà nell'area Ocse un numero «addirittura maggiore rispetto al decennio '70-'80, caratterizzato dai due choc petroliferi. E l'esperienza suggerisce che ci vorrà molto tempo per invertire questo andamento». Di fronte a queste prospettive, l'organizzazione suggerisce di intervenire «velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi». SACCONI: PRUDENZA - «Andrei cauto con le diverse previsioni che continuano ad essere prodotte perché spesso le stesse organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle - ha detto il ministro del Welfare Maurizio Sacconi alla conferenza stampa di presentazione del G8 rispondendo a una domanda sulle stime dell'Ocse -. Non aiuta il continuo prodursi di previsioni in sequenza l'una con l'altra». Sacconi sottolinea che viviamo in un momento in cui i comportamenti delle persone e dunque dei consumatori sono diretta conseguenza delle attese che vengono create. Oltretutto, conclude, «non so se l'Italia sia più lenta nel creare posti di lavoro ma di sicuro è più lenta nel perderli». stampa |

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G8 LAVORO/ ILO: ENTRO FINE ANNO SI RISCHIA PERDITA 40 MLN POSTI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 Lavoro/ Ilo: Entro fine anno si rischia perdita 40 mln posti di Apcom La crisi è diventa occupazionale e sociale a livello globale -->Roma, 29 mar. (Apcom) - La crisi economica mondiale rischia di cancellare 40 milioni di posti di lavoro in tutto il pianeta entro la fine di quest'anno. E' la previsione che l'Agenzia internazionale per il Lavoro (Ilo), ente dell'Onu, rilancia nel documento preparato per il G8 del Lavoro iniziato oggi a Roma. E questo menre già "nel 2008 - si legge - il numero di disoccupati mondiale è aumentato di 11 milioni, dopo quattro anni consecutivi di calo". L'ente dell'Onu avverte che l'economia reale è stata "significativamente colpita dalla crisi finanziaria, e le prospettive sono le peggiori dai tempi della Grande Depressione", quella lunga fase di difficoltà che seguì il Crack del 1929. Si assiste a un "continuo deterioramento nei mercati del lavoro e nelle consdizioni sociali". "La crisi è iniziata nel settore finanziario, ma si è allargata all'economia reale e ora è una crisi sociale e occupazionale globale". Secondo l'Ilo le risposte a questa crisi devono quindi riguardare questi tre aspetti: finanza, economia reale e lavoro. "La sfida, adesso, è approntare misure per mitigare l'impatto della recessione sull'occupazione e sul sociale, assieme a politiche per una ripresa - conclude l'Ilo che proceda sulla strada di uno sviluppo sostenibile, della giustizia sociale e a di una globalizzazione equa".

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G8 WELFARE, OCSE VEDE DISOCCUPAZIONE A DUE CIFRE ENTRO 2010 (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 Welfare, Ocse vede disoccupazione a due cifre entro 2010 -->ROMA (Reuters) - L'Ocse stima che nei Paesi del G8, escluso il Giappone, il tasso di disoccupazione raggiungerà le due cifre entro il prossimo anno. La stima è contenuta in un paper diffuso in occassione dell'apertura dei lavori del G8 del Welfare che si svolgerà a Roma fino a martedì 31 marzo. "Entro il 2010 il tasso di disoccupazione raggiungerà le due cifre in tutti i Paesi del G8, escluso il Giappone, così come in tutta l'area dell'Ocse", si legge nel documento che anticipa alcune indicazioni che saranno pubblicate dall'istituto parigino il prossimo 31 marzo. Se tale scenario dovesse realizzarsi, prosegue inoltre l'Ocse, il numero di disoccupati nell'area raggiungerà in tre anni fino al 2010 un ammontare superiore a quello del decennio '70-'80 che pure sopportò due choc petroliferi. Il suggerimento dell'Ocse è pertanto quello di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi piu' bassi".

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OCSE: LANCIATO ALLARME DISOCCUPAZIONE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Ocse: lanciato allarme disoccupazione di ANSA Aperto il G8 Lavoro a Roma: rischio 10% senza lavoro entro 2010 -->(ANSA) - ROMA, 29 MAR - Entro la fine del 2010 il tasso di disoccupazione nei peasi del G8 e in quelli dell'Ocse potrebbe avvicinarsi a valori a due cifre. E' l'allarme lanciato dall'Ocse in un rapporto presentato al G8 dei ministri del Lavoro aperto a Roma. A gennaio il tasso di disoccupazione medio dell'area dei Paesi membri dell'Ocse ha raggiunto il 6,9%, quasi un punto percentuale in piu' di un anno prima: in un anno i disoccupati sono aumentati di quasi 7,2 milioni. Se le previsioni di un tasso di disoccupazione a due cifre entro il 2010 si materializzassero, continua il rapporto, il numero di persone senza lavoro raggiungera' nell'area Ocse un numero ''addirittura maggiore rispetto al decennio '70-'80, caratterizzato dai due schock petroliferi. E l'esperienza suggerisce che ci vorra' molto tempo per invertire questo andamento''. Di fronte a queste prospettive, l'organizzazione suggerisce quindi di intervenire ''velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori piu' vulnerabili e sui redditi piu' bassi''.(ANSA).

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PDL: BERLUSCONI, LE MISSIONI PER TERZA RICOSTRUZIONE PAESE (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

(ASCA) - Roma, 29 mar - Il Partito della Liberta', che oggi ha chiuso il suo primo congresso e che ha visto la scontata presidenza di Silvio Berlusconi, e' nato con un obiettivo ben preciso, quello di ''costruire un nuovo miracolo italiano'' contribuendo a quella che sara' ''la terza ricostruzione dell'Italia'', dopo quelle realizzatasi negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale e negli anni '60 con il boom economico. Berlusconi prende la parola sul palco della nuova Fiera di Roma un istante dopo essere stato acclamato, all'unanimita', presidente della nuova formazione politica, che ha le sue architravi principali nell'ex Forza Italia e nell'ex Alleanza Nazionale. Un intervento piu' breve di mezz'ora rispetto al discorso di venerdi', con il quale aveva aperto il congresso. Un intervento puntato al futuro, alle ''missioni'' - termine piu' volte ripetuto - che il premier si autoaffida e affida al Partito della Liberta' per cambiare il Paese, facendolo uscire ''dall'incertezza politica'' che lo caratterizza ma anche dalle secche della drammatica crisi finanziaria ed economica internazionale. Un discorso teso in avanti, ottimista che evidentemente cerca di evitare - il giorno della ''partenza' formale del nuovo soggetto politico - qualsivoglia motivo di polemica sia con gli alleati, la Lega su tutti, che con i ''fratelli' del Popolo della Liberta', a partire da Gianfranco Fini. Ecco quindi che sono mancati, sia pure attesi, riferimenti diretti al referendum elettorale e alla legge sul testamento biologico. Berlusconi sostiene che ''fin dall'inizio della nostra discesa in campo'' con Forza Italia l'obiettivo di ''un grande movimento come il nostro era quello di cambiare l'Italia''. Oggi si deve proseguire e ''dobbiamo pensare al futuro, alle prossime generazioni'', sottolinea il premier evidenziando come questa missione ''riguardi tutti, Pdl e suoi alleati''. In teoria, aggiunge, e' un compito questo che dovrebbe riguardare anche l'opposizione, a patto pero' che ''faccia un passo avanti per il confronto e non due passi indietro come adesso''. La ''missione per l'ammodernamento dell'architettura istituzionale'' rappresenta forse la prima missione da compiere, rileva Berlusconi, e su questo ''lavoriamo. La vogliamo soprattutto per i nostri giovani''. Certo, dice ancora, bella cosa sarebbe riuscire a fare le riforme con il contributo dell'opposizione, magari attraverso un processo costituente, come ieri auspicato da Gianfranco Fini. Ma, sostiene Berlusconi di fatto mettendo uno stop, certo non diretto, al presidente della Camera - ''prima l'opposizione dice si' e poi dice no. Contraddittoria. Insomma - aggiunge - c'e' molto da dubitare sulla serieta' della nostra controparte''. Il Paese, continua il presidente del Pdl, ha pero' ''bisogno di governabilita'' e questa la si raggiunge anche attraverso un corretto federalismo, cioe' ''una vera riforma di sistema e di distribuzione di risorse al territorio, con solidarieta' verso le aree disagiate del Paese''. Ma perche' funzioni devono esserci i giusti ''contrappesi'', ricorda Berlusconi che coglie l'occasione per rilanciare la sua idea di premierato forte, con ''i poteri del governo chiari sulle sue materie di competenza''. Quindi governabilita' che si raggiunge anche attraverso un forte ''ruolo del premier, che deve avere piu' poteri'', a cominciare dalla possibilita' di nominare e revocare i ministri. Ma la nostra Costituzione, continua, ''da' poteri quasi inesistenti, finti, al presidente del Consiglio''. La Costituzione. Berlusconi ribadisce che, ed e' questa un'altra missione, ''e' arrivato il tempo di modernizzare la carta costituzionale, nella sua seconda parte, arricchendola ma non distruggendola''. Altra missione riguarda l'ammodernamento del Parlamento. Berlusconi si guarda bene dal tornare sulle polemiche nate da sue affermazioni nei giorni scorsi sullo scarso peso dei parlamentari le sue parole tendono forse a tranquillizzare e a sopire le polemiche. ''La riforma dei regolamenti parlamentari - sottolinea - non e' piu' rinviabile, sono norme immutate sin dalla Prima Repubblica. La riforma - assicura un conciliante Berlusconi - restituira' al Parlamento il suo giusto ruolo legislativo, la sua dignita' a discutere i provvedimenti non nei tempi imposti dal governo ma dalle circostanze''. Tutto questo, considerando anche la necessita' di semplificare l'attivita' parlamentare attraverso la fine del bicameralismo perfetto, creando il Senato delle regioni e riducendo il numero dei parlamentari, ''e' auspicabile accada con il consenso dell'opposizione. Se ci sara' - assicura - saro' il primo a rallegrarmene. Ma nel frattempo - continua Berlusconi, rilanciando una delle missioni del Pdl - e' evidente che la nostra maggioranza e il nostro partito non possano sottrarsi dal sciogliere questo nodo, ovviamente nelle forme previste''. E' infatti in arrivo, annuncia, una ''iniziativa parlamentare del Pdl'' su questi temi, per la quale ''chiederemo consenso alla maggioranza e ci misureremo con l'opposizione''. Insomma il Pdl ''guidera' la terza ricostruzione'' del nostro Paese, al termine della quale, non ha dubbi Berlusconi, l'Italia ''ne uscira' piu' forte di prima ponendo fine alla fase di incertezza''. Il premier non manca di citare gli immancabili sondaggi, che oggi ''danno la nuova formazione politica al 44%'' e tesa ''al raggiungimento del 51%''. Un partito, quello nato oggi che, non ha dubbi Berlusconi, ''durera' nel tempo e sopravvivera' di certo ai suoi fondatori''. Un partito - e qui volendo si puo' leggere in filigrana un accenno alla legge sul testamento biologico - che e', fra l'altro, ''per la sacralita' della vita, per la difesa della famiglia naturale''. Il Pdl, continua Berlusconi, ''deve essere una fucina di idee e di programmi. Sono profondamente convinto che ha assolutamente bisogno di un confronto delle idee, del dibattito politico, della pluralita' culturale, dell'apporto delle diverse esperienze e sensibilita''. Risposta diretta invece, infine, a Dario Franceschini, che in queste ore ha ribadito l'inopportunita' di Berlusconi di proporsi come capolista in tutte le circoscrizioni per le prossime elezioni europee. ''Non ho esitazioni - dice con forza - ad impegnarmi direttamente, come penso un leader vero abbia il dovere di fare''. Il presidente del Pdl non ha dubbi, la candidatura ''e' una bandiera dietro la quale un vero leader chiama a raccolta il suo popolo. Sarebbe bello - conclude Berlusconi - che l'opposizione, se avesse un leader, facesse altrettanto''.

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G8 Welfare, Ocse vede disoccupazione a due cifre entro 2010 (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

ROMA (Reuters) - L'Ocse stima che nei Paesi del G8, escluso il Giappone, il tasso di disoccupazione raggiungerà le due cifre entro il prossimo anno. La stima è contenuta in un paper diffuso in occassione dell'apertura dei lavori del G8 del Welfare che si svolgerà a Roma fino a martedì 31 marzo. "Entro il 2010 il tasso di disoccupazione raggiungerà le due cifre in tutti i Paesi del G8, escluso il Giappone, così come in tutta l'area dell'Ocse", si legge nel documento che anticipa alcune indicazioni che saranno pubblicate dall'istituto parigino il prossimo 31 marzo. Se tale scenario dovesse realizzarsi, prosegue inoltre l'Ocse, il numero di disoccupati nell'area raggiungerà in tre anni fino al 2010 un ammontare superiore a quello del decennio '70-'80 che pure sopportò due choc petroliferi. Il suggerimento dell'Ocse è pertanto quello di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi piu' bassi".

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Oltre la crisi: dieci ragioni per essere ottimisti (sezione: crisi)

( da "Panorama.it" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

- Economia - http://blog.panorama.it/economia - Oltre la crisi: dieci ragioni per essere ottimisti Posted By Renzo Rosati On 29/3/2009 @ 19:37 In Headlines | No Comments C'è luce in fondo al tunnel? Se a dirlo è [1] Nouriel Roubini, l'economista della [2] New York University che con largo anticipo aveva previsto la crisi finanziaria e che è noto per i suoi scenari apocalittici, qualche motivo di speranza c'è, al di là dell'ottimismo mostrato dai governi. Secondo Ben Bernanke, presidente della Federal reserve, la banca centrale Usa, la tempesta ha passato la fase acuta, la calma verrà a fine 2009 e la ripresa l'anno prossimo. Il suo collega della Bce Jean-Claude Trichet è appena più prudente: la crisi, sbarcata in Europa più tardi, se ne andrà un po' dopo. Naturalmente non mancano i pessimisti: il loro guru è il premio Nobel Paul Krugman, critico con la Casa Bianca di Barack Obama. La sua sponda italiana è [3] Alessandro Penati, docente alla Cattolica di Milano ed editorialista di Repubblica: a suo avviso "il peggio deve ancora arrivare". Eppure se alziamo lo sguardo dalle diatribe tra economisti e guardiamo ai mercati e all'economia reale, dieci fondati motivi per essere (cautamente) ottimisti ci sono. Il piano di Geithner piace ai mercati Il [4] piano da 500 miliardi di dollari di Tim Geithner, segretario americano al Tesoro, è stato accolto dai rialzi in tutte le borse del mondo. Poi ci sono stati i ribassi, ma non come nei mesi scorsi. Soprattutto, è la prima volta che un progetto della nuova amministrazione Usa incontra il favore dei mercati. In che cosa si differenzia dai precedenti, che hanno già impegnato risorse per 787 miliardi? Nella strategia di fondo: anziché nazionalizzare banche, assicurazioni e agenzie di mutui, e concedere aiuti a pioggia ai settori in crisi (come l'auto), il piano Geithner si propone di ripulire dai titoli tossici i portafogli di aziende e famiglie. Coinvolgendo nell'opera i privati, generosamente protetti dai prestiti delle agenzie governative e dalla garanzia di ultima istanza della Fed. La Federal reserve compra a piene mani "La recessione negli Usa finirà nel 2009, la ripresa inizierà dal 2010, e nessun'altra grande banca americana fallirà". È il verbo di [5] Ben Bernanke, ripetuta nell'ultima settimana ben tre volte, a Phoenix, New York e Washington. Contemporaneamente la Federal reserve ha iniziato a comprare titoli pubblici a scadenze medie e lunghe. Con un doppio obiettivo: ridurre l'imponente debito americano e tenere sotto controllo i rendimenti, per mitigare il ritorno dell'inflazione, cioè il rischio maggiore della ripresa. Insomma, la Fed ha mostrato di non voler solo spegnere gli incendi, ma di puntare ad una "exit strategy". Lo può fare perché non ha i vincoli di noi europei nello stampare e ritirare dollari, o addirittura attingere alle riserve come sta facendo in questi giorni. Né, come la Bce, deve mettere d'accordo 16 governi. A Bernanke basta agire in tandem con Obama, e pare che ci stia riuscendo. Segnali positivi dall'industria Ma ancora prima Wall Street e le borse mondiali hanno esibito una serie di rialzi concentrati su banche e assicurazioni: titoli paria fino a poche settimane fa. Che cosa fa sperare che non si tratti solo di speculazione? In primo luogo lo stabilizzarsi su un andamento piatto della produzione industriale mondiale, dopo i tonfi di tutto il 2008. Il segno meno aveva raggiunto il 31 per cento in Giappone, il 20,5 per cento in Spagna, il 19,5 per cento in Germania, il 15,5 per cento in Italia, il 14 per centoin Francia, l'11 per cento in Gran Bretagna e Usa. Gli indici generali sono ancora al ribasso, ma la produzione manifatturiera è ripresa tra dicembre e febbraio in Giappone e Stati Uniti. E ha arrestato il crollo in Europa: gli indicatori dei direttori acquisti ([6] Purchasing Managers Index) pubblicati il 24 marzo sono meglio del previsto. Il Pmi manifatturiero è risalito leggermente a quota 34 da 33,5 di febbraio. Il Pmi dei servizi è passato a 40,1 da 39,2, contro previsioni di ulteriore peggioramento a 39,1. Crescono le vendite di case I dati più spiazzanti provenienti dagli Usa sono quelli del mercato immobiliare. Prima la costruzione di nuove case, aumentate a febbraio del 22,2 per cento, cioè 583 mila abitazioni, ben 150 mila più di quelle previste. Appena a gennaio la costruzione di case nuove si era ridotta del 10,2 per cento, toccando il minimo storico. Poi la vendita di immobili usati: più 5,1 rispetto a marzo, contro previsioni di meno 0,9 . Un mini-boom dovuto certo al calo dei prezzi del 15 per cento ed al fatto che la metà delle compravendite riguarda beni pignorati: ma è pur sempre dalla casa che tutto era partito. Una crisi dura 18 mesi e siamo arrivati a 15 Siamo al 15mo mese di crisi, iniziata negli Usa a gennaio 2008 con il crac dei mutui subprime. Secondo le statistiche la durata media delle crisi, sempre più acute e brevi, è di 18 mesi. Se questa teoria verrà confermata, la fine del tunnel sarà a cavallo dell'estate. Ma c'è chi non è d'accordo, ed è proprio Roubini, stavolta nei suoi più congeniali panni di pessimista: "Questa non è una recessione a V, ma ad U, la ripresa non sarà veloce e verrà preceduta da alcuni mesi di economia piatta". Comunque, già qualcosa. L'Europa ha reagito con decisione Dall'Europa, così come è arrivata dopo, la crisi se ne andrà in ritardo rispetto agli Usa. Tuttavia anche Trichet si sbilancia: "C'è una previsione generale di tutte le istituzioni pubbliche e private che il 2010 sarà l'anno della ripresa". Fa ben sperare anche il decisionismo mostrato dai governi: l'Europa ha mobilitato risorse pari a quelle degli Usa. E, a differenza che in politica, stavolta ha reagito compatta. Le materie prime stanno ripartendo Il prezzo delle commodities - l'assieme di materie prime e servizi essenziali - sta ripartendo. In particolare di quelle "buone", che individuano non beni rifugio (l'oro su tutti), ma i propellenti primari dell'economia: petrolio, cereali, metalli, carbone, noli marittimi. Il termometro-leader di queste voci si chiama [7] Baltic dry index: nel 2008 tra giugno e dicembre era precipitato da 11.600 a 660 punti, perdendo il 94 per cento. Ora è ad un passo da quota 2.300, un rimbalzo del 250 per cento. Meglio del previsto in Italia i bilanci aziendali In Italia i consuntivi 2008 delle grandi aziende sono risultati migliori del previsto: Unicredit, Intesa SanPaolo, Mediaset, Mediolanum e Banco Popolare hanno in qualche modo sorpreso gli analisti, anche se ognuno ha poi seguito strategie diverse: l'Unicredit (2,6 miliardi di utile) non ha rinunciato al dividendo, sotto forma di azioni. Intesa (4 miliardi) ha deciso di mettere fieno in cascina, rinviando a tempi migliori. Forse, non ha escluso l'amministratore delegato Corrado Passera, già nel 2009. Gli incentivi all'auto rianimano le vendite Il mercato dell'auto europea si sta riprendendo. Gli incentivi, varati in Germania a gennaio e in Italia a febbraio, hanno già fatto volare del 40 per cento gli acquisti dei tedeschi, mentre da noi hanno ridotto le perdite: la Fiat ha ha registrato 70 mila ordini, il doppio rispetto a gennaio ed il 30 per cento in più ripetto a febbraio 2008. Per marzo sia l'Unrae (l'associazione delle case estere in Italia), sia il centro studi Promotor vedono rosa: l'indice di affluenza negli show room è passato dal 4 per cento di gennaio ad oltre il 60 di marzo. Le vendite potrebbero raggiungere le 214 mila auto di un anno fa, con benefici soprattutto per Fiat e Ford. Il che rafforzerebbe Sergio Marchionne, amministratore delegato del Lingotto, nel piano di acquisto della Chrysler e di sbarco nel mercato Usa. Migliora l'export verso l'Europa I consumi negli Usa e Gran Bretagna sono in ripresa. La Cina segnala un aumento dell'8 per cento della produzione industriale. L'Italia, in attesa di rivedere file di clienti nei negozi e soprattutto più posti di lavoro, deve per ora accontentarsi di segni positivi davanti all'import e all'export verso i paesi europei: rispettivamente più 2,1 per cento e più 1,3 rispetto a gennaio. Non è moltissimo, ma qualcosa si muove. Forse la fine del tunnel non è davvero così lontana.

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Ocse al G8: "Disoccupazione al 10% dal 2010". Sacconi: "Serve cautela sulle previsioni" (sezione: crisi)

( da "Rai News 24" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma | 29 marzo 2009 Ocse al G8: "Disoccupazione al 10% dal 2010". Sacconi: "Serve cautela sulle previsioni" Il ministro Sacconi Al summit di Roma sono presenti i ministri del Lavoro del G8 (oltre all'Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti) e quelli dei paesi emergenti che fanno parte del G14 (Brasile, India, Messico, Sud Africa, Cina ed Egitto). Alla tre giorni partecipano inoltre il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria, il direttore generale dell'Ilo Juan Somavia, il primo vice direttore del Fmi John Lipsky e il commissario europeo per gli affari sociali Vladimir Spidla. Ocse, tasso di disoccupazione al 10% entro fine 2010 Entro la fine del 2010 il tasso di disoccupazione nei peasi del G8 e in quelli dell'Ocse potrebbe avvicinarsi a valori a due cifre. E' l'allarme lanciato dall'Ocse in un rapporto presentato al G8 dei ministri del Lavoro che si e' aperto oggi a Roma. Secondo gli ultimi dati, nel gennaio del 2009 il tasso di disoccupazione medio dell'area dei Paesi industrializzati membri dell'organizzazione ha raggiunto il 6,9%, "quasi un punto percentuale piu' rispetto a un anno prima: questo implica che in un anno quasi 7,2 milioni di lavoratori si sono aggiunti ai disoccupati dell'area". Se le previsioni di un tasso di disoccupazione a due cifre entro il 2010 si materializzassero, continua il rapporto, il numero di persone senza lavoro raggiungera' nell'area Ocse un numero "addirittura maggiore rispetto al decennio '70-'80, caratterizzato dai due schock petroliferi. E l'esperienza suggerisce che ci vorra' molto tempo per invertire questo andamento". Di fronte a queste prospettive, l'organizzazione suggerisce quindi di intervenire "velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori piu' vulnerabili e sui redditi piu' bassi". L'allarme dei sindacati mondiali Con la crisi economica internazionale oltre 200 milioni di lavoratori potrebbero essere spinti in condizioni di poverta' estrema. Rischiano - dicono i sindacati internazionali Ituc-Cis e Tuac ai ministri del Lavoro a Roma per il Social Summit - soprattutto i lavoratori di Paesi senza ammortizzatori sociali. Le persone che guadagnano meno di due dollari al giorno potrebbero diventare 1,4 miliardi. L'intervento del ministro Sacconi La sostenibilita' sociale è una delle componenti "principali" della stabilita' economica. E' quanto ha sottolineato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi nella conferenza stampa che ha aperto G8 dedicato al lavoro oggi a Roma. "La crisi che stiamo attraversando e' soprattutto una crisi di fiducia nel futuro - ha spiegato il ministro - e occorre ricostruire il circolo della fiducia, partendo dalla protezione sociale, dalle persone. Fino ad ora i governi si sono occupati di banche, mercati e intermediari finanziari - ha spiegato - perche' occorreva dare stabilita' al mondo della finanza e del credito, ma per evitare il peggio e' condizione prioritaria avere come riferimento le persone, le politiche sociali di tutela". "Siamo qui per affrontare insieme la dimensione umana della crisi - ha sottolineato ancora il ministro -, contro la quale servono misure tempestive e mirate, anche temporanee per proteggere il reddito di quanti ne sono colpiti. Misure - ha concluso - che salvaguardino la base produttiva e l'occupazione consentendo cosi' di affrontare anche la formazione dei lavoratori". Sacconi, serve cautela su tutte previsioni. La replica di Bombassei Botta e risposta tra il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e il vicedirettore di Confindustria, Alberto Bombassei. 'Andrei cauto con le diverse previsioni che continuano ad essere prodotte perche' spesso le stesse organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle', ha detto il ministro del Lavoro in occasione la presentazione dei lavori del G8 Lavoro. Bombassei: 'Il ministro fa il suo lavoro, ma il nostro ufficio studi non puo' che fare le cose con realismo'. 'La crisi e' reale e ci obbliga ad indicare interventi precisi, fermi, chiari e soprattutto rapidi', ha detto ancora Bombassei, ribadendo 'l'assoluta necessita' di mettere l'impresa al centro'. Una priorita' che se ignorata puo' 'mettere a rischio non solo la tenuta dei sistemi produttivi, ma anche quella dell'intero tessuto sociale, per le conseguenze sull'occupazione, la perdita di patrimoni industriali importanti e la dispersione di talenti'. Il vicepresidente di Confindustria ha inoltre invocato un 'cambiamento culturale' nei confronti delle politiche di welfare, 'per evitare di cadere nella trappola dei sussidi passivi, di mera assistenza'.

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G8 LAVORO/ SI APRE SUMMIT.SACCONI: PATTO PROTEZIONE SOCIALE-PUNTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 Lavoro/ Si apre summit.Sacconi: Patto protezione sociale-punto di Apcom "Misure tempestive, anche temporanee, per tutela posti lavoro" -->Roma, 29 mar. (Apcom) - Un patto globale per la protezione sociale: è la proposta che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, avanzerà ai suoi colleghi del G8 al summit che si è aperto alla Farnesina e che si chiuderà martedì. "Abbiamo voluto fortemente questo summit sociale - ha detto Sacconi nella conferenza stampa di apertura - come importante atto preparatorio per il vertice dei capi di governo alla Maddalena. E potrà essere utile, ce lo auguriamo, anche per il G20 di Londra". Il summit cade nel bel mezzo del tifone economico che sta attraversando i mercati finanziari di mezzo mondo e che anche in Italia sta ingrossando le fila dei disoccupati. Il G8 Lavoro dedicherà una particolare attenzione agli aspetti sociali, mercato del lavoro e sistemi di welfare in primo luogo, della crisi economica in atto. L'obiettivo sarà quello di discutere e approfondire i possibili interventi svolti a livello dei singoli Stati e quelli che potrebbero essere coordinati a livello internazionale per far fronte al problema della disoccupazione. In particolare, per il sostegno del reddito delle famiglie colpite e della capacità di rientro nel mercato del lavoro dei soggetti vittime della crisi. Alla riunione sono stati invitati anche i ministri del Lavoro delle economie mondiali emergenti (Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa ed Egitto) e le organizzazioni internazionali maggiormente interessate (Ilo, Ocse e Fmi). "Proporremo un patto globale per la protezione sociale - ha dichiarato Sacconi - la riforma della governance del Fondo monetario (in cui aumenterebbe il peso di paesi come India e Cina, ndr) deve includere il concetto che la stabilità economico e finanziaria non può che incorporare il valore della stabilità sociale. La coesione sociale è un modo per superare la crisi finanziaria". "Nell'organizzazione di questo percorso - ha aggiunto il responsabile del Welfare - abbiamo ritenuto essenziale l'incontro con le parti sociali, che precederà anche la riunione dei capi di governo a luglio. Il messaggio che lanciamo è chiaro: sollecitare ovunque, nella dimensione nazionale come in quella internazionale, la migliore collaborazione tra governi, istituzioni e organizzazioni rappresentative del lavoro e delle imprese". Secondo Sacconi "superare la crisi significa garantire e dare fiducia alla nostra società. Discuteremo dei modi con cui organizzare misure tempestive, anche temporanee, per proteggere i posti di lavoro e il reddito".

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G8 WELFARE AL VIA, OCSE VEDE DISOCCUPAZIONE A DUE CIFRE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

G8 Welfare al via, Ocse vede disoccupazione a due cifre -->di Francesca Piscioneri ROMA (Reuters) - Al via oggi a Roma la tre giorni del G8 del Welfare che punta a un patto globale a protezione di chi perde il lavoro, all'ombra delle stime Ocse che indicano per i Paesi del G8, escluso il Giappone, un tasso di disoccupazione a due cifre entro il prossimo anno. "Entro il 2010 il tasso di disoccupazione raggiungerà le due cifre in tutti i Paesi del G8, escluso il Giappone, così come in tutta l'area dell'Ocse", si legge nel documento preparato dall'istituto parigino che anticipa alcune stime che saranno pubblicate il prossimo 31 marzo. Se tale scenario dovesse realizzarsi, prosegue l'Ocse, il numero di disoccupati nell'area raggiungerà in tre anni fino al 2010 un ammontare superiore a quello del decennio '70-'80 che pure sopportò due choc petroliferi. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, padrone di casa dato che l'Italia quest'anno presiede il G8, invita gli istututi di ricerca alla cautela, dopo che nei giorni scorsi aveva mostrato scarso apprezzamento per le stime della Confindustria che indicavano un aumento dei disoccupati di 507 mila unità in Italia fino al 2010. "Andrei cauto con le diverse previsioni che continuano ad essere prodotte perché spesso le stesse organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle", ha detto il ministro in una conferenza stampa di apertura del G8 insieme con i leader delle organizzazioni internazionali del sindacato e delle imprese. Quanto all'Italia Sacconi ha detto: "Non so se l'Italia sia più lenta nel creare posti di lavoro ma di sicuro è più lenta nel perderli". Il tasso di disoccupazione in Italia è stato pari al 6,7% nel 2008. SINDACATI: GOVERNI AGISCANO, RISCHIO CONFLITTO SOCIALE Al pessimismo dell'Ocse -- che anticipa anche che la ripresa economica dell'area arriverà solo nella prima metà del 2010 e sarà "modesta" -- si accompagna quello dell'Ilo (International labour organization) che in un documento preparato per il summit ribadisce le stime di un possibile incremento del numero dei disoccupati a livello internazionale di 50 milioni nel 2009, dopo gli 11 milioni in più registrati nel 2008. "Oltre 200 milioni di lavoratori potrebbero essere spinti in condizioni di povertà estrema pricipalmente nei paesi in via di sviluppo ed emergenti. il numero dei lavoratori poveri potrebbe raggiungere la cifra di 1,4 miliardi", si legge nel testo. Dove Sacconi è d'accordo con l'Ocse è nel suggerimento rivolto ai governi mondiali anche in vista del prossimo G20 finanziario di Londra. "Intervenire velocemente e in maniera efficace per evitare che la crisi finanziaria si trasformi pienamente in una crisi sociale con effetti molto negativi sui lavoratori più vulnerabili e sui redditi più bassi", dice l'istituto parigino. Un Fmi che vigili anche sulla coesione sociale, dice il ministro italiano. "People first" è infatti lo slogan del summit al quale dal secondo giorno parteciperanno anche le economie emergenti di Brasile, Messico, Cina, India ed Egitto. Il leader dell'organizzazione mondiale delle imprese presso l'Ocse, Tadahiro Asami, ammoniosce dai rischi di protezionismo mentre John Evans, leader dei sindacati globali sempre presso l'Ocse, chiede un posto al G20 per avere risposte sull'occupazione. "I lavoratori stanno pagando il prezzo della crisi e snza una risposta chiara dei governi la rabbia può montare", ha detto.

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diciamolochiaro ha detto: Purtroppo non sono la Maglie, Conroe. Magari! Anche l'Annunziata mi andrebbe bene. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 29-03-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 7 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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