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Report "crisi"    25-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

In Bhutan non ci sono semafori e la democrazia è imposta dal re ( da "Stampa, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In Bhutan non ci sono semafori e la democrazia è imposta dal re C'è la ricetta per superare la crisi finanziaria internazionale. Dove? In Bhutan. Lì non c'è più il Pil a segnalarci che siamo meno ricchi. C'è invece il FIL: Felicità Interna Lorda, misura la crescita spirituale perché, come sostengono gli economisti del luogo, solo da quella può nascere anche il benessere materiale.

Cemar: sostanziale tenuta per le crociere 2009 ( da "Agenzia di Viaggi, L'" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Uno dei primi effetti della forte crisi finanziaria è infatti la riduzione della domanda delle spese per turismo, fenomeno già pesantemente avvertito nei comparti aereo, hotel e villaggi turistici. In queste ultime settimane si sta però verificando una forte ripresa delle prenotazioni nel comparto crocieristico, grazie anche all?

A spese di città e territorio ( da "EUROPA ON-LINE" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Lo tsunami della crisi finanziaria ha azzerato le possibilità di impiego che già gli scandali dei primi anni del secolo avevano ridotto al lumicino. Più di prima si santifica il mattone come bene rifugio. Non a vantaggio di un mercato delle abitazioni che dopo l?

Marchionne: "Il peggio è passato" ( da "Stampa, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In Europa, invece, mi preoccupa il protezionismo a livello nazionale, in particolare per le industrie e le politiche generali, che rallenta il processo di ripresa nel vecchio continente». Ma quando ci sarà il giro di boa? Quando si potrà dire con sicurezza che la risalita è incominciata?

Gli scommettitori oggi giocano sulla finanza ( da "Finanza e Mercati" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a proposito di questo secondo punto, è emerso che in un momento di profonda crisi finanziaria come quello attuale, nel quale l'atteggiamento dominante nei confronti del mondo dell'economia risulta particolarmente critico, il 19,7% degli utenti online chiede la possibilità di poter scommettere proprio sulle tematiche finanziarie.

Ok al piano Geithner. Purché arrivino le regole ( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il cui superamento alla fine degli anni 90 è stato una delle cause della crisi finanziaria. Per di più, viene previsto un importante ruolo per le società di rating, senza una loro, necessaria, profonda riforma. E tutto ciò accade mentre ci si prepara al vertice del G20 di Londra, che dovrebbe assumere importanti impegni sul tema delle nuove regole.

Bpm, 500 mln di Tremonti bond dopo la sforbiciata sull'utile (-77%) ( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria ha inciso pesantemente sui profitti del gruppo, scesi del 77% a 75,3 milioni. Hanno pesato alcune rettifiche su attività finanziarie per 28,4 milioni (principalmente Italease e Aedes), la svalutazione sulla partecipazione in Anima sgr (-36 milioni, registrata nel primo semestre 2008) e l'impairment sull'

Aumento di capitale da 35 mln per Banca Network Investimenti ( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sturmann non sembra temere eccessivamente gli effetti della crisi finanziaria: «Siamo la quinta realtà italiana a livello di crescita e abbiamo appena lanciato una nuova sicav. Consideriamo quindi l'instabilità di questi mesi come un importante banco di prova da cui la nostra professionalità uscirà ulteriormente rafforzata»

C/c e mutui con lo sconto ( da "Italia Oggi" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché alla redditività in calo da tempo si è aggiunta la crisi finanziaria mondiale. «I grandi utenti italiani sostengono già costi più bassi rispetto a quelli medi europei. Lo stesso avviene per i mutui, la cui redditività per le banche è calata dal 2,8% del 2003 a meno dell'1% di oggi», afferma Roberto Nicastro, capo della divisione Retail di Unicredit.

Porti, la recessione travolge l'Asia ( da "Italia Oggi" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Si tratta di una flessione dovuta esclusivamente alla crisi finanziaria», hanno commentato i vertici del porto. Tralasciando, tuttavia, un particolare: l'apertura dello scalo di Taipei, progettata negli anni scorsi per fare fronte all'impressionante boom di traffici marittimi, oggi rischia di creare problemi di sovracapacità al sistema portuale del paese.

banche e imprese un rapporto in crisi ( da "Nuova Sardegna, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interventi saranno la crisi finanziaria e Basilea 2, Imprese, credito e garanzie, il ruolo del Confidi nella crisi e per le microimprese, le nuove banche a sostegno dell'economia nell'isola. Il convegno pomeridiano segue un incontro in mattinata riservato alla imprese inserite nel progetto servizi finanziari innovativi anche con riguardo a Basilea 2 e condotto da Salvatore Carotti,

Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese ( da "Arena, L'" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è riflesso a livello regionale con un ritardo di 4-5 mesi dall'inizio della crisi finanziaria, che convenzionalmente può essere datata nel mese di giugno 2008, e a 1-2 mesi dall'inizio della fase acuta, che tutti identificano a metà settembre 2008, in concomitanza del fallimento di Lehman Brothers.

Così si può sconfiggere la recessione ( da "Nuova Ferrara, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: INTERVENTO Così si può sconfiggere la recessione Il governo Berlusconi ha deciso di intervenire contro la grave crisi finanziaria e le sue pesanti conseguenze continuando ad erogare ingenti risorse pubbliche a banche e grandi lavori. Sembra incomprensibile che per uscire dalla crisi si diano ancor più soldi pubblici proprio a quelli che la crisi l'ha fatta.

CRISI: ACCORDO TRA GRUPPO MONTEPASCHI E CREDITAGRI COLDIRETTI ( da "marketpress.info" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale scenario di forte crisi finanziaria, si ripropone come direttrice di sviluppo per l?economia ?reale? attraendo molti giovani imprenditori che trovano ottime motivazioni per iniziare l?attività nel settore. Da qui la necessità di assistere le imprese, vecchie e nuove, con servizi all?

GORDON BROWN AL PARLAMENTO EUROPEO: UNA RISPOSTA GLOBALE A UNA CRISI GLOBALE SOTTOLINEATO IL RUOLO DA LEADER CHE DEVE PRENDERE L'UE ( da "marketpress.info" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante la crisi finanziaria globale, «non possiamo dimenticare i successi degli ultimi quindici anni». A suo parere, infatti, vi è la necessità di costruire un sistema finanziario basato sui «successi del passato e il riconoscimento dei fallimenti, assicurandoci che si possa tracciare un ambizioso programma per il futuro».

PARLAMENTO EUROPEO: UN QUADRO EUROPEO PER PROMUOVERE IL MICROCREDITO OCCORRE UN QUADRO UE PER GLI ISTITUTI MICROFINANZIARI NON BANCARI ( da "marketpress.info" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria e le sue possibili ripercussioni sull?economia nel suo insieme «mostrano gli inconvenienti dei prodotti finanziari complessi» e la necessità di esaminare vie «per migliorare l?efficienza e porre in essere ogni possibile canale di finanziamento quando le imprese hanno un accesso ridotto al capitale causato dalla crisi di liquidità»

crolla l'utile fonsai, tod's conferma cedola bpm prende 500 milioni di tremonti bond ( da "Repubblica, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Finanziari in difficoltà, con utili in picchiata per Bpm e FonSai, mentre "tiene" il lusso. Nonostante la crisi dei consumi, infatti, Tod´s ha approvato un bilancio con un fatturato consolidato, a cambi correnti, in crescita del 7,7% (a 707,6 milioni) un risultato operativo sostanzialmente stabile e un utile netto in crescita del 7,

Il peggio della crisi mondiale è passato ( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in Europa mi preoccupa il protezionismo a livello nazionale, in particolare per le industrie e le politiche generali, che rallenta il processo di ripresa» nel Vecchio continente. Riferendosi all'accordo con la Chrysler - il 31 marzo il governo americano dovrà dire se intende salvarla insieme alla Gm o se i due costruttori americani finiranno in bancarotta -

Guidi: Dalle banche italiane derivati peggio di Madoff ( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il manager di Intesa Sanpaolo ha indicato quelle banche Usa che sono state all'origine dell'attuale crisi finanziaria. In tema al convegno, Miccichè ha affermato che «il merchant banking è un'area di business fondamentale» per Intesa Sanpaolo, che fa investimenti di private equity direttamente, mettendoli a libro. «Abbiamo circa 2,7 miliardi investiti in private equity».

Obama: solo insieme rilanceremo l'economia ( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: resistendo al protezionismo che approfondirebbe la crisi». Secondo, «dobbiamo ripristinare il credito da cui dipendono gli imprenditori e i consumatori». Gli Usa stanno «lavorando per stabilizzare il sistema finanziario» e così devono fare tutti i G20, in un quadro comune di «trasparenza, responsabilità».

Terra PIATTA ( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: stato del principe come cornice politica che avvolge di incrostazioni feudali e protezionismo le economie capitalistiche che si sviluppano al suo interno. Si disegna così un conflitto latente fra cosmpolitismo del capitale e nazionalismo della politica, fra interessi dei gruppi sociali più significativi, dalla classe operaia fino ai capitalisti e agli imprenditori nel loro complesso,

Marco Cordone : ( da "Nazione, La (Empoli)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che secondo Cordone porterebbe benefici economici ai commercianti soprattutto in questi chiari di luna contrassegnati dalla grave crisi finanziaria: «Bisogna sapere una volta per tutte se sindaco e giunta sono d'accordo con questa ipotesi oppure no. Ho proposto un orario più ampio rispetto a quello attuale». Image: 20090325/foto/2546.jpg

Risparmi, la via dell'autodifesa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cambiamento epocale che la crisi subprime, unita a una serie di crack finanziari, sta inducendo nelle attitudini di milioni di risparmiatori. I quali sono stati prima di tutto vittime d'intermediari in conflitto d'interesse, incuria dei policymakers, e di un sistema finanziario che per lustri ha fondato i suoi Roe a doppia cifra sulle differenze cognitive tra domandae offerta di servizi d'

Per banche e assicurazioni più premi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma niente allarmismi, «il mercato italiano è colpito dalla crisi, ma meno che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove le attività finanziarie sono state più aggressive spiega Tamagni - Da noi anche il mondo delle assicurazioni ad esempio risente meno del disastro dei mercati finanziari.

NEW YORK - Usciremo dalla crisi, e con il tempo e la pazienza ci riprenderemo dalla re... ( da "Messaggero, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: avrebbe avuto conseguenze catastrofiche per i mercati finanziari. Tesoro e Fed hanno chiesto ieri che il Congresso dia loro nuovi margini di intervento presso le istituzioni finanziarie non bancarie fino ad autorizzare la loro liquidazione, se necessaria. Nel caso della AIG tale facoltà avrebbe permesso al Tesoro americano ad esempio di annullare i contratti che hanno obbligato l'

Deutsche Bank torna ottimista ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in generale di mercati finanziari un po' più stabili. Per ora, le grandi banche hanno resistito al crollo finanziario del 2008. In un rapporto alla fine dell'anno scorso, la Banca centrale europea aveva messo l'accento proprio su questo aspetto, sottolineando che la contrazione dell'attività economica sarebbe stata pericolosa per banche già indebolite dalla tempesta finanziaria (

Lehman pesa su Mediolanum ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: MERCATI data: 2009-03-25 - pag: 41 autore: Il risultato netto cala a 23,6 milioni Lehman «pesa» su Mediolanum Monica D'Ascenzo MILANO «Il pessimo andamento dei mercati finanziari durante tutto l'anno e in particolare nell'ultimo trimestre, che ha influito sui ricavi da commissioni del settore del risparmio gestito» ha avuto un impatto sui conti di Mediolanum relativi allo scorso

Caucciù, rialzi targati Pechino ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: legata alla crisi finanziaria e alla frenata dei consumi – era stata ingigantita anche dalla cancellazione di contratti d'acquisto da parte di diversi compratori cinesi poco propensi a pagare le cifre concordate in precedenza e divenute eccessivamente elevate rispetto a quelle correnti.

La mina dei fondi pensione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha messo a nudo questo modello di fondo pensione, garantito nella sua efficienza e gestito nella sua strategia dall'azienda stessa, che gioca tutte le sue carte sull'esposizione all'equity. Sopravviveranno alla crisi e ai suoi strascichi?

LA crisi finanziaria esplosa nell'agosto del 2007 ha ormai contagiato l'economia reale. Ovun... ( da "Messaggero, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mercoledì 25 Marzo 2009 Chiudi di LAMBERTO DINI LA crisi finanziaria esplosa nell'agosto del 2007 ha ormai contagiato l'economia reale. Ovunque nel mondo la produzione industriale registra drastiche diminuzioni, e con essa il prodotto complessivo. Per la prima volta da molti lustri nel 2009 il volume complessivo del commercio internazionale si ridurrà.

Arezzo crea una rete tra i poli dell'oreficeria ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 1% nell'ultimo trimestre dell'anno, proprio nel bel mezzo della crisi finanziaria che ha rischiato di travolgere le economia mondiali. Anche su scala nazionale gli Emirati Arabi hanno dato un contributo determinante, con un incremento del 23,8 per cento, facendo segnare addirittura un +50,6% nell'ultimo trimestre.

Il private equity raddoppia ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Romagna al top PAGINA A CURA DI Marco Marcatili Nonostante la crisi finanziaria abbia colpito tutti i comparti dell'economia reale,il 2008 ha dato buoni risultati nel CentroNord sotto il profilo degli investimenti in capitale di rischio e gli operatori sono molto fiduciosi nelle opportunità che il 2009 presenta in termini di operazioni di sviluppo e di ristrutturazione delle imprese.

MENO CENTRI MENO SPRECHI ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: intervento finanziario e la centralizzazione dei relativi provvedimenti. Dovrebbe essere una cosa scontata, e di buon senso, l'opportunità di rivedere i programmi, di fronte alla radicale novità portata dalla crisi finanziaria internazionale. Adeguare i programmi, approvati prima dell'esplodere della crisi, significa renderli più efficaci.

Indici stabili, balzo di Bulgari ( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici stabili, balzo di Bulgari Richard Ginori Nel secondo giorno dopo la riammissione Richard Ginori cresce del 44,74% Piazza Affari si conferma positiva (S&P-Mib +0,16%, Mibtel +0,24%) nonostante l'incertezza delle altre Borse europee e di Wall Street.

Giù l'utile, ma Mediolanum sale ( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano/1 Giù l'utile, ma Mediolanum sale (giu.fer.) — Nonostante un calo dei profitti del 38%, la Borsa premia Mediolanum con un rialzo del 10%. Il gruppo guidato da Ennio Doris nel 2008 ha registrato un utile pro forma di 131 milioni,

Soru in visita da Intesa, Tiscali corre ( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano/2 Soru in visita da Intesa, Tiscali corre (g.fer.) — è bastata la notizia di una visita alla sede di Intesa Sanpaolo da parte dell'amministratore delegato di Tiscali Mario Rosso e del principale azionista Renato Soru per riaccendere le voci di una svolta nelle trattative sul debito

Tod's, cresce l'utile Fonsai, nuovo piano e mantiene la cedola ( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria penalizza il gruppo Fonsai, che archivia l'esercizio 2008 con un risultato consolidato di 90,8 milioni in calo dai 620,1 milioni del 2007 e un utile netto di gruppo di 87,4 milioni da 507 milioni, a fronte di una raccolta premi pari a 11,5 miliardi (-3,2%).

via al pavan bis, subito un patto ( da "Messaggero Veneto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è il rischio reale che le conseguenze negative che la crisi finanziaria mondiale provoca sull'economia reale e sul mondo della produzione e dei consumi, abbia proprio qui a Pordenone le conseguenze più pesanti». A essere maggiormente colpiti «i settori che rappresentano i pilastri della nostra struttura economica: legno, metalmeccanica e costruzioni».

Hsbc: nuovi tagli in arrivo a causa della crisi; per analisti sta cercando strategia costi ( da "Finanza.com" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nuovi tagli in arrivo a causa della crisi; per analisti sta cercando strategia costi (25 Marzo 2009 - 10:34) MILANO (Finanza.com) - La banca inglese, Hsbc, potrebbe tagliare 1.000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa della prolungata crisi finanziaria. "Sono decisioni difficili che vanno prese per tener conto della situazione", ha spiegato il direttore gestionale,

Licenziamenti in vista per HSBC? ( da "KataWebFinanza" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa del perdurare della crisi finanziaria. Si tratta di rumors che stanno circolando nelle sale operative e che indicano anche la possibilit di chiusura di alcuni siti amministrativi. Sulla piazza di Londra le azioni HSBC stanno salendo di quasi un punto percentuale.

Licenziamenti in vista per HSBC? ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa del perdurare della crisi finanziaria. Si tratta di rumors che stanno circolando nelle sale operative e che indicano anche la possibilità di chiusura di alcuni siti amministrativi. Sulla piazza di Londra le azioni HSBC stanno salendo di quasi un punto percentuale.

Ortis conferma calo prezzi e auspica investimenti ( da "Energy Saving" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: importanza di investimenti nel settore per superare la crisi finanziaria. "Non c'è dubbio che nel corso dell'anno saranno operate delle riduzioni, immagino si possa annunciare ai nostri cittadini ulteriori riduzioni ma l'entità sarà calcolata nei prossimi giorni, a fine mese". Ha proseguito affermando che "la spesa dei consumatori italiani sarà inferiore a quella del 2008".

G20/ BRAZZAVILLE: PROFONDAMENTE INGIUSTA ESCLUSIONE DELL'AFRICA ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria mondiale sta toccando oggi l'economia reale e naturalmente tutti i settori in crisi registrano un crollo del prezzo delle materie prime. Ma, in Africa, la maggior parte delle economie poggia sulla vendita delle materie prime e dunque sono i nostri paesi a risentirne di più - sottolinea Sassou-Nguesso - non vedo come i paesi africani possano,

CRISI: COLANINNO (PD), E' EPOCALE. CI VUOLE UN CONFRONTO ( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: responsabile finanza e mercati del Pd, chiede alla maggioranza davanti a questa crisi finanziaria ed economica ''epocale''. In un'intervista a Il Corriere della Sera Colaninno sostiene che ''di fronte ad una crisi come questa la maggioranza numerica in Parlamento che ha il Pdl in questo momento rischia di non essere piu' sufficiente''.

UNICREDIT: PROFUMO, MOLTI VANTAGGI PER BANCHE TRANSNAZIONALI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non crede che con l'attuale crisi finanziaria l'idea di banche transnazionali sia destinata a tramontare. E, in un'intervista al Financial Times, elenca i vantaggi collegati a uno schema che il suo istituto è stato tra i primi in Europa ad applicare. "Penso che esistano molti vantaggi dall'avere un 'giocatore' in più Paesi.

UNICREDIT/ PROFUMO, MOLTI VANTAGGI PER BANCHE TRANSNAZIONALI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non crede che con l'attuale crisi finanziaria l'idea di banche transnazionali sia destinata a tramontare. E, in un'intervista al Financial Times, elenca i vantaggi collegati a uno schema che il suo istituto è stato tra i primi in Europa ad applicare. "Penso che esistano molti vantaggi dall'avere un 'giocatore' in più Paesi.

G20/ Brazzaville: "profondamente ingiusta" esclusione ( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria mondiale sta toccando oggi l'economia reale e naturalmente tutti i settori in crisi registrano un crollo del prezzo delle materie prime. Ma, in Africa, la maggior parte delle economie poggia sulla vendita delle materie prime e dunque sono i nostri paesi a risentirne di più - sottolinea Sassou-Nguesso - non vedo come i paesi africani possano,

Guidi: ( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il manager di Intesa Sanpaolo ha indicato quelle banche Usa che sono state all'origine dell'attuale crisi finanziaria. In tema al convegno, Miccichè ha affermato che «il merchant banking è un'area di business fondamentale» per Intesa Sanpaolo, che fa investimenti di private equity direttamente, mettendoli a libro. «Abbiamo circa 2,7 miliardi investiti in private equity».

Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese ( da "Arena.it, L'" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: si è riflesso a livello regionale con un ritardo di 4-5 mesi dall'inizio della crisi finanziaria, che convenzionalmente può essere datata nel mese di giugno 2008, e a 1-2 mesi dall'inizio della fase acuta, che tutti identificano a metà settembre 2008, in concomitanza del fallimento di Lehman Brothers.

Qualche dubbio sul Piano Obama Troppo facile. Chi pagherà? ( da "Avvenire" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: autarchia e il protezionismo) agli individui (nascondendo i risparmi nel materasso), cada nella spirale dell'egoismo. In questo, Obama ha sicuramente segnato un punto. Ma se lo Stato entra nel «sistema», una volta realizzato il salvataggio, non si trasformerà, come la Storia ammonisce, in un cieco burocrate frenatore di ogni spinta propulsiva?

L'Ue ammonisce 5 Paesi, non l'Italia ( da "Avvenire" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Si tratta in realtà di ingiunzioni in buona parte indicative perché la possibilità di rispettarle è subordinata alla durata della crisi finanziaria ed economica in corso. Toccherà del resto ai ministri finanziari dei Ventisette, il 3 e 4 aprile a Praga, valutare i percorsi di rientro che i Paesi ammoniti dovranno seguire per riportare i deficit nei limiti del Patto di stabilità.

Btp prudenti in attesa di asta T-bond, limano spread con Bund ( da "BlueTG online" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: italiani stanno gradualmente riducendo lo spread contro Bund schizzato ai massimi degli ultimi anni nelle ultime settimane con l'acuirsi della crisi finanziaria sui mercati e il lancio di nuovi piani di soccorso pubblico all'economia dei vari paesi. Sul benchmark a 10 anni nel corso della mattinata lo spread è calato sino a 120 basis point, cosa che non succedeva dai primi di febbraio.

Serbia/ Governo 'si restringe': tagli per ottenere prestito... ( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: insufficiente per far fronte alla crisi finanziaria. L'istituzione di Washington ha posto la riduzione della spesa pubblica come condizione chiave che Belgrado è tenuta a rispettare per ottenere il nuovo credito. Oltre allo snellimento del numero dei ministeri, l'esecutivo serbo ha messo a punto un 'pacchetto risparmio' che dispone il congelamento delle assunzioni nel settore pubblico,

SERBIA/ GOVERNO 'SI RESTRINGE': TAGLI PER OTTENERE PRESTITO FMI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: insufficiente per far fronte alla crisi finanziaria. L'istituzione di Washington ha posto la riduzione della spesa pubblica come condizione chiave che Belgrado è tenuta a rispettare per ottenere il nuovo credito. Oltre allo snellimento del numero dei ministeri, l'esecutivo serbo ha messo a punto un 'pacchetto risparmio' che dispone il congelamento delle assunzioni nel settore pubblico,

CRISI/ BANCHE NIGERIANE SOLIDE , MA ANALISTI SI DICONO SCETTICI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: le autorità nigeriane rassicurano sulla tenuta del settore bancario del Paese di fronte alla crisi finanziaria mondiale, dando prova di un ottimismo non condiviso da analisti e operatori. "Le banche nigeriane sono abbastanza solide per affrontare gli shock e le sfide della crisi", ha detto la scorsa settimana il governatore della Banca centrale nigeriana, Chukwuma Soludo.

Sony Ericsson risponde alle malelingue: nessun divorzio in vista ( da "Cellulari.it" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sarebbe alcuna chiusura in vista di Sony Ericsson e le previsioni cupe per il primo trimestre di quest'anno non sarebbero altro che il frutto della crisi finanziaria globale. La joint venture, quindi appare ottimista per il futuro, e starebbe puntando già sui prodotti touchscreen per la ripresa e, ovviamente, sulle serie più importanti della sua offerta, come la Walkman e la CyberShot.

AGRICOLTURA/L'MPA CONVOCA A CALTANISSETTA OPERATORI SICILIANI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria, infatti, sta determinando anche per le aziende agricole un arresto nell'erogazione del credito che rischia di ripercuotersi gravemente sulle attività imprenditoriali. Per affrontare tali questioni, ma anche per discutere delle problematiche strutturali del comparto e cercare di dare risposte concrete al mondo agricolo,

Agricoltura/ L'Mpa convoca a Caltanissetta operatori ( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria, infatti, sta determinando anche per le aziende agricole un arresto nell'erogazione del credito che rischia di ripercuotersi gravemente sulle attività imprenditoriali. Per affrontare tali questioni, ma anche per discutere delle problematiche strutturali del comparto e cercare di dare risposte concrete al mondo agricolo,

BANCO POPOLARE/ SAVIOTTI: E' SANO E SODDISFERÀ STAKEHOLDERS-PUNTO ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2008 è dovuto alla crisi finanziaria globale e alle conseguenti iniziative prese. "Iniziative - ha detto - necessarie per un rilancio che è già cominciato e che trova il suo fondamento nella solidità del Banco, in un portafoglio crediti bianco quasi come la neve, in un management coeso e in una squadra orientata a far crescere il Banco per riportarlo ai livelli di alcuni anni fa.

CINETERAPIA/ I FILM CHE CURANO LE CRISI... DI NERVI ( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: CINETERAPIA/ I film che curano le crisi... di nervi -->Può un film lenire gli stati negativi acuiti dalla crisi finanziaria? Se volete rallegrare i vostri animi senza intaccare il conto in banca, potete provare con la cineterapia, la...

Brown: ( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la più grande riforma del sistema finanziario internazionale, la prima regolamentazione sulle remunerazioni bancarie, la prima azione globale contro i paradisi fiscali. Ed è la prima volta - ha aggiunto - che in una crisi mondiale si potrà aiutare tutti insieme i Paesi più poveri, raddoppiando gli sforzi per sostenerli».

Diamo un mestiere agli amici Peuhl ( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Purtroppo la crisi finanziaria generale di questi mesi e la mancanza di strategie politiche mirate ai PVS conducono ad una carenza di fondi necessari al pieno conseguimento del progetto. In realtà i fondi necessari ammontano a circa 150 mila euro, cifra per l'Occidente quasi irrisoria se riferita ad una comunità di oltre 30 mila unità,>

I due voltidi Obama ( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: commerciale trasformerebbero un episodio grave ma temporaneo di crisi economica in una tragedia profonda e duratura. E non possiamo certo augurarci che anche questa volta una guerra mondiale ci tragga fuori dai guai. Quanto ai provvedimenti volti a curare la crisi finanziaria, sollevando banche ed istituzioni finanziarie dalla zavorra dei titoli "tossici" (crediti difficilmente esigibili)

Crisi, Frattini: Serve un'Europa più forte e più coesa ( da "Velino.it, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: EST - Crisi, Frattini: Serve un'Europa più forte e più coesa Roma, 25 mar (Velino) - L?approccio dell?Unione europea alla crisi finanziaria globale mostra punti di forza da valorizzare ma anche limiti evidenti da superare. è il pensiero del ministro degli Esteri Franco Frattini, intervenuto a un dibattito sul futuro dell?

Mutui, accordo ABI-Tesoro prevede sospensione rata per chi perde lavoro ( da "KataWebFinanza" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: riflessi della crisi finanziaria. In perticolare, le banche si impegnano a "prevedere - nei casi in cui il sottoscrittore del mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale, o un componente del nucleo familiare convivente abbia usufruito di interventi di sostegno al reddito per la sospensione dal lavoro, ovvero abbia subito la perdita della propria occupazione da lavoro dipendente,

Federalismo, Talarico (Udc): "Va contro l'idea di unità del Paese" ( da "Giornale di Calabria, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dove gli esiti nefasti della crisi finanziaria ed economica internazionale e nazionale si abbattono con più forte ?valore aggiunto? (in senso negativo). Dinanzi, dunque, alla necessità di rafforzare la coesione e lo spirito nazionale dentro cui trovano posto senza dubbio le istanze della Calabria - conclude Francesco Talarico - si è scelta,

Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. ( da "Giornale.it, Il" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Elezioni europee, ritorna la proposta delle due velocità ( da "EUROPA ON-LINE" del 25-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: euro alla prova della crisi finanziaria ? alla necessità di proseguire sul cammino della costruzione politica del continente: dal Mercato comune europeo all?Unione europea e da questa, in un futuro che dovrà essere non remoto, agli Stati uniti d?Europa. Era l?obbiettivo iniziale (e mai dimenticato) dei federalisti italiani fin dal manifesto di Ventotene.


Articoli

In Bhutan non ci sono semafori e la democrazia è imposta dal re (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

In Bhutan non ci sono semafori e la democrazia è imposta dal re C'è la ricetta per superare la crisi finanziaria internazionale. Dove? In Bhutan. Lì non c'è più il Pil a segnalarci che siamo meno ricchi. C'è invece il FIL: Felicità Interna Lorda, misura la crescita spirituale perché, come sostengono gli economisti del luogo, solo da quella può nascere anche il benessere materiale. Ecco cosa mi dice Jigmi Thinley, Primo Ministro del Bhutan, uno che non si troverebbe a disagio nella Camera dei Lords a Londra: «Lo sviluppo deve avere un obiettivo, non può essere fine a se stesso, l'uomo va rimesso al centro della nostra attenzione». E assicura «L'autunno scorso ero all'Assemblea dell'Onu e tutti parlavano della crisi economica, io nel mio discorso ho illustrato il nostro FIL, ho detto che tutti questi problemi finanziari, ecologici, alimentari dipendono da noi, ce li siamo creati noi con la nostra continua ricerca della crescita, con il consumo senza etica, il desiderio di possedere cose di cui non abbiamo bisogno. Molti leaders mondiali si sono detti d'accordo con me». Troppo avanti per noi il Bhutan? Troppo indietro perché fermo ad un arcaico buddismo isolato dall'odierna civiltà di massa? Difficile dirlo, però forse ci aiuta dare un'occhiata a questo paese. In tutto il Bhutan non c'e un semaforo, hanno provato a installarne uno all'incrocio principale della capitale Thimphu, ma la cittadinanza si è ribellata: troppo brutto e anche inutile e dopo qualche settimana l'hanno tolto. Non troverete un tabaccaio, è vietato vendere sigarette anche se è permesso fumare, il riso c'è ed è abbondante ma non è bianco, è rosso come le utopie egualitarie dell'umanità. Non c'è un binario, un treno e nemmeno un McDonald, E' il paese che ha la più stravagante ed esotica produzione di francobolli: al profumo di rosa, a 3 dimensioni, in basso rilievo, di metallo, di seta, di plastica. Il primo quotidiano è apparso quattro mesi fa, in un paese che, ultimo al mondo, ha legalizzato la televisione e Internet meno di 10 anni fa, e poi ne ha subito bandito programmi violenti, come quelli di lotta libera professionale: influenze nocive sulla gioventù. Ma neanche il Bhutan ha trovato riparo alle telenovelas made in Bollywood: «una volta la sera si mangiava insieme e si parlava, ora tutti guardano la televisione e noi la sera preferiamo uscire», spiega una giovane studentessa incontrata all' Om Bar di Thimphu mentre addenta un hamburger di Yak. Una ragazza che forse rappresenta quel 49 per cento della popolazione che ha meno di 21 anni e quel 60 per cento che sa leggere e scrivere, contro il 20 per cento del 1992. Forse anche lei come molti altri giovani di qui andrà a studiare all'estero, in India e in Australia, attratta da borse di studio che premiano la dedizione che in Bhutan insegnano dalla nascita. I visitatori stranieri, che fino a 30 anni fa non erano ammessi, devono pagare 200 euro al giorno: il paese più caro al mondo. Il Ministro delle Finanze Lyonpo Wangdi Norbu spiega: «Vogliamo scoraggiare i campeggiatori, e tutti quei turisti che inquinerebbero il nostro ambiente». Li scoraggia anche l' aeroporto, riconosciuto come il più pericoloso del mondo, nessuna compagnia straniera si sogna di atterrarci. Solo la Daikur, la compagnia aerea nazionale ha 2 Airbus che decollano da Calcutta e osano sfidare il labirinto di valli sfiorando i monti e atterrando in acrobazia fra «s» e raddrizzamenti in quell'unica striscia di terreno piatto che è l'aeroporto di Paro. Un paese, come direbbe Gaber, di democrazia obbligatoria. Con il re, Jigme Singye Wangchuck, che si spoglia del suo potere assoluto per consegnarlo al popolo e il popolo che si ribella e lo implora di mantenerselo, forse anche spaventato perché nei paesi vicini come Bangladesh e Nepal, democrazia vuol dire turbolenza e corruzione. E allora il monarca, dittatorialmente, impone le elezioni. Ma non basta, poiché i bhutanesi sembrano impreparati alla democrazia, il re, un anno prima del voto vero, organizza in tutto il paese delle elezioni-prova, finte, con tanto di finta manifestazione di protesta, chiamando gli elettori a votare per dei partiti finti, il Blu, il Verde, il Rosso e il Giallo. Alle elezioni vere, svoltesi l'anno scorso, hanno partecipato solo due partiti con programmi sostanzialmente identici, ma ha stravinto, con 45 seggi contro 2, quello che nelle sue liste aveva 5 candidati già stati ministri nel governo del re. Dichiarazione dei vincitori: «Abbiamo formato un partito non perché abbiamo idee particolari o programmi per lo sviluppo del Bhutan, ma solo perché il re ce lo ha ordinato». Ancora dopo il voto, centinaia di cittadini hanno manifestato per le strade in saliscendi di Thimphu chiedendo al re di annullare l'esperimento elettorale e ritornare alla monarchia assoluta. Invece il potere è andato ai laureati, solo loro potevano candidarsi, anche se sono il 5 per cento della popolazione. «So che ci accusano di elitarismo e discriminazione» mi dice il Presidente della commissione che ha organizzato le elezioni, Daho Kunzang Wangdi, «ma noi vogliamo dare importanza all'educazione e poi abbiamo visto cosa succede nei parlamenti di alcuni paesi a noi vicini!». D'altra parte, dice il primo ministro Thinkey «Ora la democrazia formalmente è perfetta, prima però che gli elettori capiscano che gli eletti rappresentano la loro volontà, c'è molto da lavorare». Forse sarebbe più facile per i bhutanesi esprimere volontà e idee diverse se non fossero uniformati già dal costume tradizionale imposto dal re negli uffici, nei templi, nelle scuole e in tutte le cerimonie ufficiali. Per gli uomini e il «gho», che ricorda per il taglio fino alle ginocchia e per la stoffa i kilt scozzesi, per le donne la «kira», che arriva fino ai piedi. Gli strati più alti della società portano anche uno scialle il cui colore denota il loro rango. Non è facile per i 700 mila bhutanesi correre verso la democrazia stretti come sono fra i due paesi più popolati del mondo, India e Cina, cioè in un posto del globo dove per mantenere una sovranità nazionale e un'identità hai un solo modo: l'isolamento. Altro che aperture democratiche o peggio alla globalizzazione. Rinchiusi fra le paure di finire come il Tibet occupato dalla Cina nel 1950 o come il piccolo regno himalayano del Sikkim che l'India si è annessa nel 1975. A questo s'aggiunga che il Bhutan è paese povero che aldilà degli aiuti internazionali per sussistere dipende dall'India che gli compra la sua risorsa principale, l'energia elettrica (43 per cento dell'export) ottenuta dalle acque che scendono dall'Himalaya, La religione buddista, profonda nel Bhutan, non dà importanza alle forme terrene di organizzazione politica, al confronto preferisce l'accettazione dell'altro, alle aule parlamentari preferisce i Dzong, bianche fortezze dove si svolge la principale vita religiosa, con le gare di tiro con l'arco, le danze propiziatorie o di vittoria celebrate al loro interno che sono la prima attrattiva turistica del paese. Non c'è niente da fare, Jigme Singye Wangchuck, il re che in 34 anni di regno ha abbattuto il feudalesimo distribuendo terre ai contadini più poveri e lanciando un sistema gratuito di sanità ed educazione, con la sua democrazia dall'alto ha fallito. E non si sa neanche come se la caverà il nuovo re, Jgme Khesar Namayel Wangchuck incoronato nel novembre 2008, 28 anni, fisico da attore di Hollywood, il più giovane sovrano del mondo educato nella patria liberale di Oxford. Perché la democrazia, la Felicità Interna Lorda, i grandi principi di ordine, di non violenza buddista hanno uno scheletro nell'armadio, la «questione meridionale»: 100 mila cittadini nepalesi fuggiti nel 90 dopo che il re aveva soppresso una manifestazione per i loro diritti di minoranza e da allora languono in campi profughi dell'Onu oltre il confine col Nepal. Vogliono rientrare, ma il Ministro degli esteri bhutanese dice che ci sono infiltrati terroristi maoisti. Così l'area vive di tensioni e disperazioni. E qui il Fil casca peggio del Pil. jas.gawronski@europarl.europa.eu

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Cemar: sostanziale tenuta per le crociere 2009 (sezione: crisi)

( da "Agenzia di Viaggi, L'" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

NAVIGARE Cemar: sostanziale tenuta per le crociere 2009 Primo, seppur lieve, stop alla crescita del segmento crociere: nel corso della Seatrade Mediterranean Conference, conclusa nei giorni scorsi a Miami, Sergio Senesi, presidente di Cemar Agency Network di Genova, ha presentato il consueto quadro analitico sulla previsione del movimento crocieristico previsto per il 2009 nei porti italiani. Dopo una stagione 2008 che ha visto il record assoluto di movimenti passeggeri nei porti italiani, 8.534.015 unità e un importante +11,6% rispetto al 2007, il 2009 farà registrare una leggera flessione sulla movimentazione dei crocieristi (meno 2% circa), con una previsione di 8.380.000 passeggeri e 4.175 scali nave nei porti italiani per l’anno in corso. Uno dei primi effetti della forte crisi finanziaria è infatti la riduzione della domanda delle spese per turismo, fenomeno già pesantemente avvertito nei comparti aereo, hotel e villaggi turistici. In queste ultime settimane si sta però verificando una forte ripresa delle prenotazioni nel comparto crocieristico, grazie anche all’ulteriore ribasso del costo della crociera: un trend che fa ben sperare in un recupero delle posizioni, soprattutto nei porti italiani, dove nell’estate 2009 faranno scalo le due nuove superammiraglie di MSC Crociere – MSC Fantasia e MSC Splendida (137.936 tonnellate di stazza) – la nuova ammiraglia Costa Pacifica (114.500 tonnellate di stazza) e, a partire da settembre, anche Costa Luminosa (92.600 tonnellate di stazza) per Costa Crociere. L’Italia si conferma al vertice per quanto riguarda il movimento passeggeri per singolo porto, pur con alcune variazioni di itinerari operati da diverse compagnie di navigazione. Sarà ancora Civitavecchia il principale porto crocieristico italiano nel 2009, seguita a breve distanza da Venezia. Al terzo posto il porto di Napoli. Diverso invece è il trend in altre aree geografiche, come il Nord Europa, dove l’offerta è decisamente superiore alla domanda. Un altro aspetto che crea qualche preoccupazione è la riduzione della presenza di piccole navi nei porti italiani rispetto agli anni precedenti. «Sicuramente non è un fenomeno riconducibile alla situazione di crisi attuale – sostiene Senesi – ma negli ultimi anni si è verificato un decremento di scali di compagnie quali Star Clippers, Windstar, Seabourn, Sea Dream». «Si tratta di compagnie che dispongono di navi in grado di ospitare dai 100 ai 300 passeggeri: a seguito dell’offerta di destinazioni in altre aree a costi decisamente inferiori – conclude Senesi – queste realtà hanno pian piano abbandonato il loro interesse per il nostro Paese». http://www.crociereonline.net - http://www.traghettiweb.it NUMERO: Giornale online DATA: 25-03-2009 CATEGORIA: NAVIGARE

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A spese di città e territorio (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

A spese di città e territorio DOMENICO CECCHINI L’impatto dell’annunciato decreto sull’edilizia – in particolare ove prevede la possibilità di ampliare del 20% abitazioni e stabilimenti in deroga a qualsiasi norma o legge – sarà probabilmente rilevante. Il Cresme ha stimato che oggi 11,8 milioni di alloggi, ben il 40 % di quelli esistenti in Italia, stanno in edifici mono o bi-familiari. In questi casi, diversamente che nei grandi edifici condominiali, l’ampliamento ottenibile con semplice dichiarazione di inizio di attività (Dia), può essere di facile realizzazione. C’è da attendersi che una parte significativa di famiglie decida per l’ampliamento. Sempre il Cresme ha stimato nei giorni scorsi che se anche solo uno su dieci dei proprietari rispondesse, l’investimento complessivo che potrebbe arrivare all’industria delle costruzioni, soprattutto alle piccole imprese, sarebbe dell’ordine di 50/60 milioni di euro. Circa metà di queste “villette” sono nel Lazio e nelle regioni meridionali: territori nei quali l’abusivismo da mezzo secolo l’ha fatta da padrone. Dopo tre condoni edilizi (parola e leggi che in Europa conosciamo solo noi, varati nel 1985 da Craxi- Nicolazzi, nel 1994 da Berlusconi-Radice, nel 2003 ancora da Berlusconi) anche gli ex abusivi possono ripartire, alla grande. Nel 1920 l’economia, distrutta insieme a tutto il resto dalla guerra mondiale, esigeva un rilancio. A Roma il comune pensò che l’edilizia avrebbe potuto dare un buon contributo, soprattutto se nei terreni dove il piano regolatore di Nathan e Sanjust (1909) aveva previsto “villini”, si fossero invece costruite “palazzine”. Edifici ben più grandi dei villini, più rendita per i proprietari, più lavoro, ripresa economica. Si cambiò il regolamento edilizio autorizzando la costruzione di palazzine al posto dei villini «purché i lavori inizino entro 6 mesi e finiscano entro i successivi 18». Iniziò così la quasi secolare storia delle palazzine romane e dei “palazzinari”. Il regolamento fu prorogato; nel 1931 il piano regolatore fascista lo eternò peggiorandolo e prevedendo il raddoppio della città esistente basato sui tipi edilizi della “palazzina” e dell’“intensivo”. Si sa poi come è andata la storia: nonostante qualche esempio d’autore, le parti peggiori della città consolidata in cui vive 1 milione e mezzo di romani, sono fatte di intensivi e di palazzine, senza verde e con strade labirintiche. Anche i condoni furono invocati per motivi economici: si doveva fare cassa per uno stato con debito pubblico alle stelle ed una evasione fiscale considerata ineluttabile. Ogni volta che in nome di una emergenza economica si sono imposte regole per le città e il territorio si sono fatti disastri. Gli esempi sono infiniti. Quello odierno è ancor più insostenibile; gli argomenti più subdoli; gli effetti più gravi. L’appello al piccolo risparmio è allettante. Una famiglia che disponga di 40/50.000 euro messi da parte, cosa ne fa? Lo tsunami della crisi finanziaria ha azzerato le possibilità di impiego che già gli scandali dei primi anni del secolo avevano ridotto al lumicino. Più di prima si santifica il mattone come bene rifugio. Non a vantaggio di un mercato delle abitazioni che dopo l’abbuffata non risalirà in tempi brevi, bensì per le famiglie che, se possono permetterselo, metteranno quei soldi nell’ampliamento. E per le piccole imprese, i produttori di materiali e componenti che forse avranno una boccata d’ossigeno. Dietro di loro un esercito di speculatori e abusivi, tutti con alto senso estetico assicura il capo del governo, è pronto ad agire. Così ancora una volta territorio e città faranno le spese di un sistema che non sa più difendere né impiegare il risparmio. L’insostenibilità del decreto per l’edilizia è tutta qui. La crisi squaderna le drammatiche contraddizioni e i limiti del sistema economico e del mercato. E che si fa? Da noi si ricorre, ancora una volta, l’ennesima, all’edilizia e quindi al territorio e alla città. Quasi fossero beni correnti e non risorse scarse e irriproducibili. Negli Stati Uniti, dopo le follie contro l’ambiente dell’era Bush, la nuova amministrazione di Obama mette al centro di tutto la sostenibilità, l’energia rinnovabile, il contrasto al cambiamento climatico. In Cina l’esposizione mondiale di Shangai 2010 è dedicata alla città: Better City, Better Life il titolo. Da noi si chiudono balconi e terrazze, si “cuba” sempre di più, e in autocertificazione. L’unico aspetto positivo di questo pluri annunciato decreto potrebbe essere l’incentivo alla demolizione e ricostruzione. Per queste iniziative l’aumento salirebbe al 35% dei volumi esistenti purché siano introdotte tecniche di bio edilizia e risparmio energetico. Diversi studi ed anche alcune esperienze dimostrano che con un incentivo di queste dimensioni si possono ottenere risultati di qualità ambientale e sociale (quote di edilizia di proprietà privata in affitto convenzionato). Ma affinché la sostituzione edilizia produca quartieri e città davvero migliori, occorrerebbe la collaborazione attiva delle amministrazioni preposte al governo del territorio e delle città. Non il loro esautoramento. Su questo terreno comuni e regioni potrebbero dimostrare di saper far meglio di un governo che sa ragionare solo in termini di condoni edilizi, posticipati o anticipati.

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Marchionne: "Il peggio è passato" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

«IN ITALIA ED EUROPA GLI ECOINCENTIVI HANNO RILANCIATO LA DOMANDA. CONFERMO IL TARGET 2009 SUL RISULTATO OPERATIVO DEL GRUPPO» Marchionne: "Il peggio è passato" «Per trovare l'intesa con Chrysler ho fatto tutto il possibile: ora decida Washington» [FIRMA]VANNI CORNERO TORINO «Il peggio è passato». L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, scioglie la prognosi sullo stato di salute dell'economia mondiale. «Certo - puntualizza - le conseguenze restano pesanti, ma è partito il processo di risanamento. Diciamo che è stata individuata la ferita, ora bisogna ripulire». Marchionne ha affrontato l'argomento a Ginevra, al termine dell'assemblea degli azionisti della società svizzera Sgs, di cui è presidente. Una lancia spezzata in favore di un ragionato ottimismo: «Sono uno dei pochissimi che cerca di leggere nella sfera di cristallo - ha detto, con un po' di humour, Marchionne - e secondo me una gran parte dei problemi che hanno impattato sull'economia a livello globale si è già verificata. Il peggio della crisi è passato». Naturalmente molto hanno contato le importanti iniziative avviate per contrastare la recessione ed intervenire sulle banche «malate» da parte delle istituzioni internazionali e dei governi. Prima fra tutte l'azione di contrasto che ha portato al maxi-piano di aiuti deciso dal governo americano: «Nei giorni scorsi ho avuto l'opportunità di parlare con il dipartimento del Tesoro Usa - ha spiegato l'Ad Fiat - e ho visto l'elevato impegno che a Washington perseguono nel trovare soluzioni realizzabili. In Europa, invece, mi preoccupa il protezionismo a livello nazionale, in particolare per le industrie e le politiche generali, che rallenta il processo di ripresa nel vecchio continente». Ma quando ci sarà il giro di boa? Quando si potrà dire con sicurezza che la risalita è incominciata? «Io credo - valuta Marchionne - che nella seconda metà di quest'anno si comincerà a vedere qualche segnale di inversione di tendenza negli Usa, poi in Asia e infine in Europa, che è più lenta e dove qualcosa di positivo si concretizzerà non prima di fine 2009». In questo outlook ci sono anche indicazioni sulla Fiat: «Per il 2009 - dice Marchionne - abbiamo annunciato un risultato di oltre un miliardo di operativo e da quello che vedo adesso posso confermarlo. Però, come ho già detto, il primo trimestre sarà strutturalmente debole, a gennaio i mercati sono scesi di più del 20%. Sono bravo, buono, lavoro, non spendo, ma in certi momenti è difficile». Quello a cui l'Ad Fiat si riferisce come base della conferma sul risultato 2009 è una prima stima delle vendite del gruppo a marzo: «Spero che le cifre di previsione siano in linea con quelle di fine mese - si augura il top manager del Lingotto - Fiat è migliorata anche in Europa, nei paesi che hanno creato una struttura di ecoincentivi». Insomma, mette in chiaro Marchionne: «Un miglioramento sostanziale per quota e volumi rispetto a questo febbraio, ma anche rispetto al marzo 2008. Come abbiamo sempre detto questi incentivi avrebbero spronato la domanda e ora cominciamo a vedere i risultati». Intanto dalla sponda americana dell'Atlantico si attende una decisione per l'alleanza con Chrysler: «Il mercato è una scacchiera che si muove alla velocità della luce, è inutile essere ottimisti fino a quando non c'è un annuncio», avverte l'Ad Fiat e aggiunge: «Tutto quello che dovevamo fare riguardo alla proposta per Chrysler l'abbiamo fatto. Sono andato negli Usa due volte e ho parlato a lungo con i due commissari nominati per valutare le soluzioni nel settore auto: abbiamo spiegato in maniera piuttosto chiara quali sono i vantaggi per Chrysler. Adesso dipende da loro, io ho l'animo in pace». Tra i dossier aperti resta anche quello cinese. Alleanze? Marchionne non dice se, dopo il congelamento dei colloqui con Chery, il nuovo partner di Fiat nel grande paese asiatico sarà Guangzhou Automobile: «Abbiamo deciso in maniera intelligente di allungare un pò i tempi - si limita a spiegare - fino a quando la domanda non si stabilizza, non si può dir nulla sui progetti di Fiat in Cina. Parliamo con tutti, veramente con tutti».

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Gli scommettitori oggi giocano sulla finanza (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Gli scommettitori oggi giocano sulla finanza da Finanza&Mercati del 25-03-2009 La situazione dei mercati finanziari affama gli scommettitori. Parola di Betfair Italia. La filiale italiana del bookmaker inglese che nel 2000 ha lanciato il primo modello di betting exchange (342 milioni il giro d'affari realizzato con oltre 2 miliardi di scommesse da parte di 2 milioni di utenti) ha recentemente effettuato una ricerca sul profilo e sui gusti dei propri utenti. E, a proposito di questo secondo punto, è emerso che in un momento di profonda crisi finanziaria come quello attuale, nel quale l'atteggiamento dominante nei confronti del mondo dell'economia risulta particolarmente critico, il 19,7% degli utenti online chiede la possibilità di poter scommettere proprio sulle tematiche finanziarie. Nella classifica delle preferenze, la finanza è in pratica al terzo posto dopo Eventi Tv (26,7%) e Cinema (20,5%). Ed è seguita dalla politica nazionale e internazionale (16,7%), dal gossip e dall'attualità (16,1%). Un dato che sembra delineare quale sarà la tendenza futura del gioco online. Anche sulla spinta della crisi, l'Italia sembra destinata a seguire la via già percorsa dall'Inghilterra, dove si scommette sugli argomenti più disparati e il fenomeno degli scommettitori sulla Borsa è ormai diffuso e consolidato. Del resto, sulla scia dello slogan «prova il brivido dei mercati finanziari», sul suo sito internazionale Betfair propone di puntare sull'andamento dei listini e delle materie prime, e negli ultimi mesi sembra essere riuscita a convogliare gli investitori retail fuggiti dalle Borse. Su Tradefair, la piattaforma del bookmaker dedicata alle scommesse finanziarie, infatti, la tendenza degli ultimi sei mesi è stata quella di una particolare crescita del numero di scommettitori sul Forex, che negli ultimi 6 mesi sono aumentati del 25 per cento. Più in generale, dallo scorso ottobre il numero complessivo degli utenti attivi del sito è raddoppiato.

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Ok al piano Geithner. Purché arrivino le regole (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Commenti & Analisi data: 25/03/2009 - pag: 8 autore: di Angelo De Mattia Ok al piano Geithner. Purché arrivino le regole Ieri la seconda risposta di Wall Street (dopo la fiammata di lunedì) alle iniziative del governo americano non è stata esaltante. Ripensamenti del mercato, pausa, incertezze? È ancora presto per dirlo. Cash for trash: è veramente configurabile così il piano Geithner-Obama, secondo il giudizio destruens del premio Nobel Paul Krugman? In verità, si tratta di una valutazione ingenerosa, chiaramente esagerata o, comunque, tale da poter essere espressa solo ex post, cioè quando effettivamente le due specie tossiche (legacy loans e legacy securities) dovessero risultare trash. Per ora, il piano poggia sostanzialmente su di una scommessa: che nascerà, cioè, un mercato di questi asset e che il loro valore sarà superiore o in ogni caso non enormemente inferiore a quello di acquisto da parte dei fondi di investimento che saranno all'uopo costituiti con un apporto della mano pubblica del 50% e la cui operatività beneficerà di prestiti pubblici e di garanzie dello Stato, con oneri del solo 6% circa sopportati dai privati. Certamente un primo obiettivo il piano lo consegue: creare le condizioni per fare emergere tutti i titoli tossici presenti nei bilanci delle banche. Un secondo obiettivo, pure raggiunto, è di fornire un'immagine non più incerta, indugiante, dell'amministrazione che, nonostante le critiche espresse peraltro in ristrettissimi circoli accademici, appare ora determinata in una battaglia campale contro gli asset cattivi. Inoltre, poiché si opera a valere su fondi già stanziati a livello parlamentare, il piano può essere avviato senza che debba venire sottoposto ad alcun altro vaglio, che avrebbe comportato non pochi rischi, salva l'eventualità di iniziative di contrasto sempre esperibili dall'opposizione repubblicana. Ma la filosofia di fondo del piano è identica a quella dei programmi Paulson dell'amministrazione Bush, fondati cioè sull'acquisto, da parte dello Stato, dei titoli tossici, anziché sul rilievo della proprietà delle banche che li posseggono facendo diventare la mano pubblica titolare anche della good bank, della «parte buona» dell'intermediario? Non possono nascondersi diversi elementi di somiglianza, ma il piano Geithner, che prevede interventi in una prima fase per 100 miliardi di dollari aumentabili fino a 500 miliardi e, poi, ancora più avanti, fino a 1.000 miliardi, si fonda su di un impianto relativo all'acquisizione dei titoli e su di un ruolo, ancorché agevolato, dei privati, del tutto assenti, invece, nell'ipotesi elaborata dal segretario al Tesoro della cessata amministrazione. Probabilmente, la scelta della nazionalizzazione, oggi, avrebbe dovuto essere particolarmente estesa (per la diffusione dei titoli tossici); avrebbe comportato un radicale capovolgimento nel rapporto tra Stato, economia e sistema creditizio e finanziario; avrebbe, ugualmente, posto il problema dell'appropriatezza delle valutazioni, per di più riguardanti l'intero istituto di credito, anziché soltanto una parte degli asset. Non è detto, tuttavia, che sia fugato il rischio che si debba ricorrere a questa extrema ratio, qualora le prime verifiche sull'attuazione del piano del segretario al Tesoro risultassero insoddisfacenti. Sarebbe, allora, necessario ricorrere a una soluzione di appello che non potrebbe non essere, appunto, definitiva, dopo le diverse versioni dei possibili interventi succedutisi nei mesi scorsi. Un piano-scommessa, dunque, quello di Geithner che, a prescindere dalle specificazioni tecniche tutte ancora da chiarire, nella migliore delle ipotesi può soddisfare l'insieme delle diverse parti interessate; nella peggiore, accolla l'onere dell'operazione al bilancio pubblico, dunque al contribuente (che avrebbe, ovviamente, subìto oneri pure nell'ipotesi della nazionalizzazione, anche se, in contropartita, avrebbe potuto indirettamente beneficiare degli introiti da parte dello Stato derivanti dall'operatività della good bank). Una carenza del piano in questione è, tuttavia, rappresentata dal fatto che agli stanziamenti pubblici e ai meccanismi di sistemazione dei titoli tossici non si accompagna alcunché in materia di riforma della normativa e dell'architettura di vigilanza e delle sue funzioni, nonché delle regole che presiedono alla specifica operatività delle banche e degli altri intermediari. Non viene, in particolare, affrontata la questione di un ritorno o no a una disciplina che si avvicini al Glass Steagall Act, il cui superamento alla fine degli anni 90 è stato una delle cause della crisi finanziaria. Per di più, viene previsto un importante ruolo per le società di rating, senza una loro, necessaria, profonda riforma. E tutto ciò accade mentre ci si prepara al vertice del G20 di Londra, che dovrebbe assumere importanti impegni sul tema delle nuove regole. Al summit sarebbe opportuno che il Paese che si è dichiarato pronto ad assumere la guida per la promozione della governance della globalizzazione si presenti avendo già adottato in casa propria alcuni elementi di riforma. È trasponibile la filosofia del piano Obama in Europa? L'ispirazione di fondo potrebbe essere mutuata soprattutto nei Paesi tempestati dal problema dei titoli tossici e della loro non ancora intervenuta emersione. Sarebbe bene promuovere una riflessione al riguardo, anche per i necessari raccordi tra Europa e Usa. Quanto all'Italia, più volte è stato autorevolmente sostenuto che il sistema bancario e finanziario è solo marginalmente toccato dai problemi del passato e che prioritaria è l'esigenza di affrontare in migliori condizioni l'avvenire, in particolare prevedendo forme di garanzia della stessa mano pubblica sulla gestione di crediti futuri (in questa linea un passo è stato compiuto con il rifinanziamento del fondo di garanzia per le medie e piccole imprese). Oggi si tiene la seconda giornata del credito e della liquidità. Dalle decisioni degli Stati Uniti (per l'esame dei cui effetti non si può che rimanere in attesa di più affidabili orientamenti del mercato) si ricava comunque l'esigenza di organicità e non prorogabilità degli interventi anticrisi sul terreno finanziario; esigenza, in gradi minori, avvertibile anche in Italia. Occorre, ora, passare a dare piena attuazione ai provvedimenti adottati, in particolare per i Tremonti-bond, completando i previsti adempimenti amministrativi: innanzitutto la stipula del protocollo con le banche sulle relative condizioni. È tempo di dare segnali netti.

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Bpm, 500 mln di Tremonti bond dopo la sforbiciata sull'utile (-77%) (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Mercati Globali data: 25/03/2009 - pag: 10 autore: Francesco Ninfole Bpm, 500 mln di Tremonti bond dopo la sforbiciata sull'utile (-77%) Bpm ha chiuso il 2008 con un netto calo dell'utile (-77%) e ha varato la ristrutturazione del capitale, che prevede la sottoscrizione di Tremonti bond per 500 milioni. Ma Bpm guarda oltre la durata dei titoli del Tesoro: nel secondo trimestre saranno emesse obbligazioni fino a 700 milioni da convertire in azioni alla scadenza dei Tremonti-bond (che avranno una cedola dell'8,5% e saranno rimborsati alla pari entro 4 anni). Assieme alle obbligazioni, saranno offerti gratuitamente ai soci fino a un massimo di 500 milioni in warrant. Il programma di Bpm, elaborato con il financial advisor Goldman Sachs, consente di ottenere una garanzia di capitale alla scadenza degli strumenti del Tesoro, quando le banche dovranno trovare sul mercato le risorse per rimborsarli. Nell'ambito dell'operazione annunciata ieri, è previsto inoltre l'acquisto di strumenti innovativi emessi da Bpm per 460 milioni: il gruppo potrà rilevare i titoli ai prezzi di saldo attuali e bilanciare meglio la componente ibrida con quella «Core» del capitale. I tempi? Il 25 aprile l'assemblea straordinaria dovrà dare la delega al cda per obbligazioni, warrant e relativi aumenti di capitale. Entro settembre partirà il periodo di sottoscrizione dei bond e l'offerta pubblica di acquisto degli strumenti innovativi di capitale: alla fine dell'operazione Bpm stima di raggiungere un incremento del Core Tier 1 del 2%. Quanto al 2008, la crisi finanziaria ha inciso pesantemente sui profitti del gruppo, scesi del 77% a 75,3 milioni. Hanno pesato alcune rettifiche su attività finanziarie per 28,4 milioni (principalmente Italease e Aedes), la svalutazione sulla partecipazione in Anima sgr (-36 milioni, registrata nel primo semestre 2008) e l'impairment sull'avviamento di Cassa di Risparmio di Alessandria (-9 milioni). Bpm non si è avvalsa della facoltà di riclassificare strumenti finanziari, come previsto dalle modifiche degli Ias. Il risultato della gestione operativa è sceso del 27% a 532 milioni. Gli impieghi alla clientela sono cresciuti di oltre il 10%. In peggioramento invece la qualità del credito: le attività deteriorate sono arrivate al 2,3% del portafoglio crediti (rispetto all'1,7% di fine 2007). La banca ha inoltre fornito un aggiornamento sul primo trimestre dell'anno in corso: «E' previsto un andamento ancora favorevole dei volumi sul commercial e sul corporate banking, in particolare per la raccolta diretta, senza variazioni significative in termini di spread rispetto al quarto trimestre 2008. Il contributo del comparto finanza risulta decisamente positivo. Per quanto riguarda la qualità del credito, il flusso di nuove sofferenze è in linea rispetto al quarto trimestre 2008». Nell'ultimo anno Bpm ha aumentato la presenza sul territorio con 60 sportelli in più (in tutto sono 816). Il cda proporrà all'assemblea un dividendo di 0,10 euro per azione (da 0,40 euro dell'anno precedente). Il titolo è salito anche ieri, prima della comunicazione dei conti: +1,74% a 3,8 euro.

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Aumento di capitale da 35 mln per Banca Network Investimenti (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Mercati Globali data: 25/03/2009 - pag: 10 autore: Bernardo Soave Aumento di capitale da 35 mln per Banca Network Investimenti Banca Network Investimenti (la società di risparmio gestito partecipata da Aviva, Banco Popolare, De Agostini e Sopaf) si rafforza patrimonialmente per realizzare gli obiettivi di crescita. Il consiglio di amministrazione ha deliberato un aumento del capitale di 35 milioni, di cui 15 già versati, per potenziare le attività previste nel nuovo piano industriale. «L'operazione», ha dichiarato il presidente Angelo Testori, «è la conferma della fiducia che gli azionisti ripongono nelle strategie messe in atto per consentire alla banca di continuare a crescere con l'obiettivo di raggiungere l'eccellenza sia in termini di servizi offerti sia nella qualità dei prodotti proposti, nell'interesse degli oltre 40 mila clienti gestiti dalla rete dei nostri promotori finanziari. L'aumento di capitale», ha aggiunto Testori, «va a sostenere l'attuazione di un importante piano industriale, che ha avuto quale advisor industriale ATKearney, presentato a tutta la rete distributiva in road show effettuati sul territorio». L'obiettivo di raggiungere il break even alla fine del 2010», ha aggiunto Marco Sturmann, amministratore delegato di Banca Network, «così come fissato dal piano triennale, sta già trovando le prime positive verifiche nell'andamento della raccolta netta, che posiziona Banca Network Investimenti ai primi posti già nei primi mesi dell'anno in corso, nonostante il difficile momento che caratterizza l'andamento finanziario internazionale. La nostra ambizione è avere una rete di professionisti esperti del risparmio gestito, per questo abbiamo inserito quale pilastro centrale del piano industriale il reclutamento, perché è sul versante della qualità del servizio offerto e sui risultati che intendiamo assicurare ai nostri clienti il valore della nostra scommessa imprenditoriale di banca indipendente». Sturmann non sembra temere eccessivamente gli effetti della crisi finanziaria: «Siamo la quinta realtà italiana a livello di crescita e abbiamo appena lanciato una nuova sicav. Consideriamo quindi l'instabilità di questi mesi come un importante banco di prova da cui la nostra professionalità uscirà ulteriormente rafforzata»

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C/c e mutui con lo sconto (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Mercati e Finanza data: 25/03/2009 - pag: 39 autore: di Carlo Arcari I risultati di un'indagine mondiale di Capgemini, Unicredit ed Efma C/c e mutui con lo sconto Grazie alla concorrenza e all'uso di Internet In Italia i costi dei conti correnti e dei muti continuano a calare e caleranno ancora nel 2009. A spingerli in basso sono soprattutto due elementi: l'aumento della concorrenza e dell'utilizzo di internet da parte dei clienti. Una tendenza confermata a livello mondiale dal World retail banking report 2009 realizzato da Capgemini, Unicredit ed Efma, la principale associazione tra banche e assicurazioni e istituzioni finanziarie in Europa.Nel 2008 il prezzo medio dei servizi bancari per gli utenti attivi a livello globale è diminuito del 2% raggiungendo i 70,3 euro in media. Nell'Eurozona (60,9 euro in media) il calo del -6% dei prezzi è stato provocato dalla crisi irlandese (-33%) e da quella spagnola (-7,2%). Nell'Europa no-euro sono invece aumentati dell'1,6%. A fine anno si prevede che nell'Eurozona i prezzi medi raggiungeranno quota 57 euro.«Gli utenti dei servizi di internet banking oggi pagano meno di quelli che continuano a operare nelle filiali e anche i mutui costano meno grazie al processo di gestione virtuale delle pratiche di finanziamento», osserva Roberto Manini vice president Financial services di Capgemini. «Nel 2008 il ricorso ai canali virtuali in Italia è esploso e continuerà ad aumentare. Chi usa l'on-line spende oggi il 13% in meno, mentre chi va in filiale spende il 10% in più. Se si tiene conto che il 73% dei ricavi delle nostre banche retail si deve alla gestione dei conti correnti ci si può fare un'idea di quanto incida la riduzione dei prezzi».Anche per i mutui il report presentato ieri nella sede milanese di Unicredit indica che le banche sono a una svolta, perché alla redditività in calo da tempo si è aggiunta la crisi finanziaria mondiale. «I grandi utenti italiani sostengono già costi più bassi rispetto a quelli medi europei. Lo stesso avviene per i mutui, la cui redditività per le banche è calata dal 2,8% del 2003 a meno dell'1% di oggi», afferma Roberto Nicastro, capo della divisione Retail di Unicredit. «Dobbiamo cambiare strategia perché la concorrenza e la crisi hanno trasformato i mutui in un generatore di perdite per le banche retail».Per reggere nei prossimi cinque anni, secondo Capgemini, le banche si dovranno concentrare su: gestione del rischio, produttività di vendita dei mutui, ottimizzazione delle strategie di prezzo con una definizione dei prezzi basati sul cliente.

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Porti, la recessione travolge l'Asia (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 25-03-2009)

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ItaliaOggi sezione: Economia e Porti data: 25/03/2009 - pag: 9 autore: di Oscar Medusa Shipping in crisi/Crollano a febbraio i traffici merci a Taiwan (-11%) e Singapore (-19,8%) Porti, la recessione travolge l'Asia Timori a Barcellona e Marsiglia. In Francia monta la protesta La crisi dello shipping non risparmia nessuno, arrivando a travolgere anche i «mostri sacri» della portualità. È di ieri la notizia che il porto di Kaoshiung (Taiwan), considerato uno dei termometri dello stato di salute del trasporto marittimo, a febbraio ha movimentato appena 551 mila teu (unità di misura equivalente a un container da 20 piedi), l'11% in meno rispetto allo stesso mese del 2008. «Si tratta di una flessione dovuta esclusivamente alla crisi finanziaria», hanno commentato i vertici del porto. Tralasciando, tuttavia, un particolare: l'apertura dello scalo di Taipei, progettata negli anni scorsi per fare fronte all'impressionante boom di traffici marittimi, oggi rischia di creare problemi di sovracapacità al sistema portuale del paese. Il porto di Taipei è stato inaugurato il 18 febbraio. Nella sua prima fase di operatività avrà una capacità di movimentazione annua di circa 1,2 milioni di teu. Ma, al termine di tutte le opere, nel 2013, potrà movimentare 4 milioni di container.Un concorrente in più, per Kaoshiung, che già nel 2008 è scivolato dall'ottava alla dodicesima posizione nella graduatoria mondiale dei porti.Allarmante anche la situazione a Singapore: a febbraio il traffico merci è diminuito del 19,8% rispetto allo scorso anno. Secondo le prime stime pubblicate sabato scorso sul sito web dell'Autorità portuale e marittima di Singapore, il traffico container ha raggiunto a fatica quota 1,85 milioni di teu, in netto calo rispetto ai 2,31 milioni di teu del 2008. Il calo nel bimestre è arrivato al 6,28%. A febbraio, fatto ancor più significativo, il traffico container si è ridotto per il settimo mese consecutivo. Sulla scia della recessione globale, gli spedizionieri internazionali hanno registrato un forte calo di ordini e hanno apportato drastici tagli alle linee. Singapore, secondo porto al mondo, è stato uno dei primi a risentirne. «Per il momento non ci sono segnali di ripresa», commentano dal centro studi del porto di Singapore. «La crisi dovrebbe durare almeno fino a luglio. È probabile, ma non certo, che nell'ultima parte dell'anno i traffici possano riprendere consistenza. Ma nessuna conferma è arrivata, in questo senso, da parte delle compagnie di navigazione». Se l'Asia piange, ed è la prima volta da dieci anni a questa parte che succede, l'Europa non se la passa meglio. Disastrose, infatti, sono state le performance di Barcellona e Marsiglia: -21%. I due principali scali del Mediterraneo occidentale hanno fatto registrare lo stesso calo percentuale di traffico nei primi due mesi del 2009. Ma mentre lo scalo catalano e in generale i porti spagnoli riescono, almeno per ora, a gestire le tensioni sociali che in genere si accompagnano ai momenti di crisi (a Barcellona è scattata la cassa integrazione per oltre mille lavoratori), in Francia i malumori sono in forte crescita. Il porto di Marsiglia la scorsa settimana si è fermato per lo sciopero generale contro le politiche economiche del governo di Parigi. Ma nei giorni precedenti era già esplosa la violenta contestazione degli operai dei cantieri navali Union navale Marseille (Unm). Questi hanno bloccato gli accessi al porto di Fos, infuriati per la messa in liquidazione della loro società. La protesta dell'Unm è poi degenerata nella devastazione degli uffici del Grand port maritime, ossia la nuova Port authority nata con la riforma Sarkozy. L'ente portuale ha fatto sapere che denuncerà gli autori del gesto. Ma, al di là del singolo episodio, nei porti francesi la riforma non è ancora stata digerita e agitazioni per la sua applicazione sul territorio si sono avute anche nel porto di Nantes/Saint-Nazaire. «Liberalizzare in questo momento storico significa perdere migliaia di posti di lavoro», denunciano i sindacati. Per il governo, al contrario, affidare maggiori poteri ai privati è l'unica via percorribile per aumentare la competitività dei porti francesi.

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banche e imprese un rapporto in crisi (sezione: crisi)

( da "Nuova Sardegna, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 6 - Nuoro Banche e imprese un rapporto in crisi NUORO. Si terrà domani alle 15.30 nella alla Camera di commercio di Nuoro il convegno sul rapporto tra banche ed impresa organizzato da Confindustria Sardegna Centrale in collaborazione con la Cciaa di Nuoro e Confartigianato. «Il convegno - spiega il presidente provinciale di Confindustria Salvatore Nieddu (foto) - giunge in un momento di particolare difficoltà nel rapporto tra imprese e credito e, proprio per questo motivo, sarà un importante tavolo di confronto per ricercare sinergie e accordi che sostengano e rilancino l'economia. E' importante aprire un confronto diretto tra banche ed imprese per trovare punti in comune che garantiscano sia un'accurata gestione finanziaria da parte delle imprese sia aprendo al massimo la possibilità di accesso al credito, soprattutto perché, come abbiamo detto nei giorni scorsi le nostre imprese sono maggiormente penalizzate e non è certamente perché i nostri imprenditori sono diventati all'improvviso incapaci di gestire la finanza aziendale ma perché abbiamo sommato una crisi globale a problemi strutturali nostri. Le imprese vanno difese e sostenute. Per questo giovedi' metteremo sul tavolo le nostre iniziative e cercheremo accordi e soluzioni condivise con mondo del credito». Condotto e coordinato da Nieddu il convegno prevede i saluti di apertura del Presidente della Cciaa, Romolo Pisano, gli interventi di Giuseppe Genovese, direttore Banca d'Italia a Nuoro, Franco Antonio Farina, presidente Banco di Sardegna, Giovanni Cavalieri, presidente Confidi Sardegna, Luigi Talongu Direttore generale Banca di Credito Sardo, Pietro Contena presidente Artigianfidi Nuoro. Argomenti degli interventi saranno la crisi finanziaria e Basilea 2, Imprese, credito e garanzie, il ruolo del Confidi nella crisi e per le microimprese, le nuove banche a sostegno dell'economia nell'isola. Il convegno pomeridiano segue un incontro in mattinata riservato alla imprese inserite nel progetto servizi finanziari innovativi anche con riguardo a Basilea 2 e condotto da Salvatore Carotti, vicepresidente Confindustria Sardegna Centrale e Guido Espis, esperto di direzione ed organizzazione aziendale.

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Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 ECONOMIA Pagina 37 CRISI. Indagine Unioncamere tra luglio e dicembre del 2008 con un questionario fatto in gennaio a oltre mille imprese manifatturiere, soprattutto piccole e medie Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese L'inasprimento delle condizioni applicate dal sistema bancario, soprattutto alle pmi, dopo agosto con un massimo a novembre Tra luglio e dicembre 2008 oltre un terzo (34,1%) degli imprenditori veneti operanti nel settore manifatturiero hanno registrato un inasprimento delle condizioni di credito loro riservate dalle banche. Lo rivela un'indagine condotta da Unioncamere del Veneto che ha diffuso alcuni dati sulle condizioni di indebitamento dell'industria veneta per il periodo luglio-dicembre 2008. La rilevazione è stata condotta nel mese di gennaio 2009 inserendo alcune domande nel questionario dell'indagine VenetoCongiuntura somministrato ad un campione di 1.046 imprese manifatturiere con almeno 10 addetti. La stretta creditizia registrata nel Nordest si è fatta sentire con maggiore forza rispetto a quella segnalata in altre aree del Paese. In Veneto l'inasprimento delle condizioni di credito ha colpito maggiormente le imprese di media dimensione (50-249 addetti). Nel periodo considerato ben il 37,3% delle medie imprese venete hanno infatti lamentato un peggioramento dell'offerta di credito, a fronte del 33,8% registrato tra le imprese di dimensioni più piccole (10-49 addetti) e del 25,2% tra quelle di maggiori dimensioni (250 addetti e più). L'inasprimento delle condizioni di credito riservate alle pmi venete è diventato progressivamente più significativo a partire dal mese di agosto per raggiungere il punto massimo a novembre (piccole imprese 28,4%, medie imprese 34,9%). Tra le imprese del Veneto che hanno evidenziato un inasprimento delle condizioni di credito, tre su quattro hanno menzionato fra i motivi la richiesta di maggiori garanzie sui prestiti già concessi (74,2%). Gli altri fattori che hanno inciso significativamente sono stati la richiesta di rientro, anche parziale, sui prestiti già concessi (66,8%), il rifiuto di nuovi finanziamenti da parte degli istituti di credito e la richiesta di maggiori garanzie su nuovi finanziamenti (62% entrambe). Per il Presidente di Unioncamere del Veneto, Federico Tessari, «tra luglio e dicembre 2008 oltre un terzo degli imprenditori veneti operanti nel settore manifatturiero (34,1%) hanno registrato un inasprimento delle condizioni di credito loro riservate dalle banche, che ha colpito maggiormente le imprese di media dimensione (50-249 addetti). Tra le imprese del Veneto che hanno evidenziato un inasprimento delle condizioni di credito, tre su quattro hanno menzionato fra i motivi la richiesta di maggiori garanzie sui prestiti già concessi (74,2%)» dice Tessari nella nota. «Gli altri fattori che hanno inciso significativamente sono stati la richiesta di rientro, anche parziale, sui prestiti già concessi (66,8%), il rifiuto di nuovi finanziamenti da parte degli istituti di credito e la richiesta di maggiori garanzie su nuovi finanziamenti (62% entrambe)». Il nostro sistema economico, prosgue Tessari, «sottoposto ad un duro processo di selezione e riposizionamento, ha bisogno di avere il credito in tempi brevissimi. Bisogna assolutamente evitare che si interrompano i flussi di credito al sistema delle piccole e medie imprese altrimenti l'economia si fermerà. Per questo motivo le Camere di Commercio del Veneto hanno stanziato fino ad oggi circa 7,5 milioni di euro a supporto dell'azione dei Consorzi Fidi». I risultati dell'indagine verranno diffusi integralmente nel corso della presentazione dell'anteprima alla Relazione sulla situazione economica del Veneto nel 2008 e previsioni 2009, in programma il 31 marzo. Dai risultati si può dedurre che l'inasprimento della condizione di accesso al credito, ascrivibile al deterioramento del quadro economico internazionale, si è riflesso a livello regionale con un ritardo di 4-5 mesi dall'inizio della crisi finanziaria, che convenzionalmente può essere datata nel mese di giugno 2008, e a 1-2 mesi dall'inizio della fase acuta, che tutti identificano a metà settembre 2008, in concomitanza del fallimento di Lehman Brothers.  

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Così si può sconfiggere la recessione (sezione: crisi)

( da "Nuova Ferrara, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

L'INTERVENTO Così si può sconfiggere la recessione Il governo Berlusconi ha deciso di intervenire contro la grave crisi finanziaria e le sue pesanti conseguenze continuando ad erogare ingenti risorse pubbliche a banche e grandi lavori. Sembra incomprensibile che per uscire dalla crisi si diano ancor più soldi pubblici proprio a quelli che la crisi l'ha fatta. Noi di Pbc abbiamo invece chiesto la nazionalizzazione di Bankitalia, dando attuazione alla legge 262 del 28 dicembre 2005 che ne aveva deciso la nazionalizzazione entro il 2008; ma Pdl, Pd, Di Pietro, Lega e Udc, fanno orecchie da mercante. Per la tenuta, l'innovazione e la crescita del nostro apparato produttivo, servono enormi risorse, sprecarle in opere inutili (o protempore, come il ponte sullo stretto destinato a crollare al primo, già previsto, movimento tellurico), dannose per l'ambiente e la salute, e distruttrici di attività economiche è una scelta grave e irresponsabile. Il loro alibi culturale supportato dagli economisti di regime (gli stessi che osannavano la creatività finanziaria che ora ci ha travolto) è che anche l'America del New Deal uscì dalla crisi del 1929 con le grandi opere pubbliche; ma quella fase storica era dominata dall'isolazionismo americano, mentre oggi siamo in piena, e selvaggia, globalizzazione. La nostra proposta è che tali risorse, previste per banche, grandi lavori e auto, vadano utilizzate per garantire liquidità a nuove imprese ed a piccole e medie imprese già operanti, in modo da bypassare la stretta creditizia, difendere l'occupazione e liberare risorse verso ricerca e innovazione. Di risorse pubbliche per l'industria i vari governi ne hanno bruciate una quantità incredibile, quindi vanno urgentemente introdotti criteri e modalità innovative. Ad esempio: oggi in caso di fallimento, di delocalizzazione produttiva o di reati che portino alla chiusura dell'azienda, delle risorse pubbliche investite non rimane traccia o beneficio; con la nostra proposta il Comune continuerebbe a disporre di immobili da girare a nuove attività produttive o all'ampliamento di attività in essere. Proponiamo la costituzione di un fondo nazionale, ma che il momento di valutazione e di erogazione sia comunale, in modo che l'intera comunità sia partecipe della scelta e garante degli impegni che l'azienda va ad assumersi. Il tipo di finanziamento ottimale, è quello dell'acquisto pubblico di parte degli immobili produttivi, rigirati in affitto alla stessa azienda. In tal modo quella quota parte di immobile entra nel demanio comunale portando a pareggio l'investimento e dando maggiore elasticità al bilancio comunale. Le caratteristiche delle aziende richiedenti, o gli impegni che le nuove aziende devono assumere e sottoscrivere, sono quelle del rispetto dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente, della sicurezza e della regolarità della propria posizione tributaria. Se la domanda delle aziende dovesse essere ben oltre lo stanziamento messo a disposizione dallo Stato, la priorità andrebbe data agli effetti positivi dell'attività aziendale; assieme alle ricadute occupazionali andrebbero valutate riduzione di kilometraggio su gomma nei trasporti di merci e persone, impatto ambientale, uso di fonti energetiche rinnovabili. Sviluppando questa politica economica l'Italia reggerebbe la crisi e ne uscirebbe più forte di altri sistemi-paese. Fernando Rossi Per il Bene comune

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CRISI: ACCORDO TRA GRUPPO MONTEPASCHI E CREDITAGRI COLDIRETTI (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 CRISI: ACCORDO TRA GRUPPO MONTEPASCHI E CREDITAGRI COLDIRETTI E’ stato siglato a Siena, il 24 marzo, l’accordo quadro tra il Gruppo Montepaschi e Creditagri Coldiretti che sancisce l’avvio di una partnership finalizzata al miglioramento nell’accesso al credito per le imprese, la messa a punto di prodotti e servizi della Banca specifici per il comparto e l’allineamento dei processi necessari alla valutazione creditizia delle richieste di finanziamento delle imprese agricole. L’accordo quadro costituisce la base progettuale per la sottoscrizione delle convenzioni operative che i Confidi e le società di servizio di Creditagri andranno a sottoscrivere con le Banche del Gruppo, a partire da Banca Antonveneta che nei prossimi giorni andrà a stipulare i primi accordi. Il Presidente di Creditagri Coldiretti Giorgio Piazza ha sottolineato l’importanza del settore agricolo che, soprattutto nell’attuale scenario di forte crisi finanziaria, si ripropone come direttrice di sviluppo per l’economia “reale” attraendo molti giovani imprenditori che trovano ottime motivazioni per iniziare l’attività nel settore. Da qui la necessità di assistere le imprese, vecchie e nuove, con servizi all’avanguardia e che consentano un accesso al credito funzionale alle loro aspettative. Il Responsabile Nazionale Credito e Confidi di Coldiretti Roberto Grassa ha ricordato le linee strategiche che condurranno il sistema dei Confidi dell’associazione verso un’integrazione sempre più forte, sino alla nascita di un unico organismo nazionale con delegazioni regionali, iscritto all’albo degli intermediari vigilati e che consentirà alle imprese associate di beneficiare di garanzie “elegible” ai fini di Basilea 2. Ha inoltre ribadito l’importanza dell’accordo che costituisce la base essenziale sulla quale costruire una serie di cantieri legati all’evoluzione del sistema di valutazione creditizia delle imprese agricole, alla creazione di una piattaforma di comunicazione tra Banche e Confidi e per il lancio di iniziative specifiche per il comparto. Dal canto loro Enzo Nicoli e Paolo Delprato, rispettivamente Responsabile dell’Area Corporate e dell’Area Retail della Capogruppo Banca Monte dei Paschi di Siena hanno confermato l’attenzione che la Banca ha sempre rivolto al comparto agrario, rinnovato con la sottoscrizione dell’accordo quadro e testimoniato dalla presenza, nel gruppo, di presidi specialistici a supporto delle imprese agricole anche nella fase di costruzione di progetti innovativi, per il rispetto dell’ambiente e per l’utilizzo di energia alternativa. Per dare immediata operatività all’accordo, verranno attivati i tavoli tecnici che si occuperanno dello sviluppo delle varie progettualità concordate e saranno programmate specifiche iniziative territoriali. . <<BACK

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GORDON BROWN AL PARLAMENTO EUROPEO: UNA RISPOSTA GLOBALE A UNA CRISI GLOBALE SOTTOLINEATO IL RUOLO DA LEADER CHE DEVE PRENDERE L'UE (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 GORDON BROWN AL PARLAMENTO EUROPEO: UNA RISPOSTA GLOBALE A UNA CRISI GLOBALE SOTTOLINEATO IL RUOLO DA LEADER CHE DEVE PRENDERE L´UE Strasburgo, 25 marzo 2009 - Presentando i temi che saranno discussi al G20 di Londra, il Primo Ministro britannico, Gordon Brown, ha sottolineato il ruolo da leader che deve prendere l´Ue per rispondere alla crisi globale con una soluzione globale, inclusa la lotta ai paradisi fiscali, senza tralasciare la lotta ai cambiamenti climatici e il sostegno ai paesi più poveri del pianeta. I leader dei maggiori gruppi hanno accolto con favore il suo intervento, mentre gli altri non hanno lesinato critiche. Nell´aprire il dibattito, il Presidente Pöttering ha sottolineato come il prossimo G20 di Londra offra l´opportunità ai leader mondiali di collaborare a un obiettivo comune che consenta l´immediato ripristino della stabilità economica e una ripresa a lungo termine. Il vertice, ha proseguito, dovrà accordarsi sulle politiche macroeconomiche e sulle strutture regolamentari che possono farci uscire dall´attuale crisi e instaurare un migliore e più sostenibile quadro per il futuro. Dichiarazione del Primo ministro britannico - Il Primo ministro britannico, Gordon Brown, ha ricordato che «oggi possiamo godere di un´Europa di pace e unità che sarà correttamente annoverata tra i migliori traguardi umani raggiunti e che rappresenta un faro di speranza per il mondo intero». Nessuno, ha aggiunto, può mettere in dubbio che «oggi, dopo tanti anni di cooperazione e pace, siamo più forti e al sicuro insieme di quanto lo fossimo mai stati separatamente». Ha anche affermato che ora «non ci sono una vecchia e una nuova Europa, bensì una sola Europa, che è la nostra casa». Si è quindi detto orgoglioso di come la Gran Bretagna sia un paese «non sulla scia dell´Europa ma decisamente nella sua corrente principale» e si è rallegrato della ratifica del trattato di Lisbona da parte del parlamento britannico. In Europa, ha proseguito, siamo al posto giusto per condurre il mondo contro le sfide della globalizzazione, in quanto abbiamo raggiunto «il più importante e grande mercato unico mondiale», «la più ampia struttura di protezione ambientale», «il più grande programma di aiuti nel mondo» e «la più ampia struttura di protezione sociale mondiale». Sottolineando poi che «tutta la nostra esperienza a livello di Unione europea ci ha insegnato che la libertà, il progresso economico e la giustizia sociale o avanzano insieme oppure non avanzano per nulla», ha rilevato che «il benessere ha poco valore se va solo a vantaggio dei più abbienti». Ha quindi espresso il desiderio di discutere su come l´applicazione di questi valori potrebbe aiutare l´Europa e il mondo nelle «quattro grandi sfide della globalizzazione»: instabilità finanziaria, degradazione ambientale, estremismo e le minacce per la sicurezza nonché l´aumento della povertà nel mondo. «Il nostro sistema economico globale non si è solamente sviluppato ma è stato distorto in maniera contraria ai valori che proclamiamo e sosteniamo in altri ambiti delle nostre vite», ha aggiunto, osservando come la globalizzazione non abbia solo varcato i confini nazionali, ma anche «le nostre frontiere morali». Occorre pertanto portare nel mercato i valori quali l´onestà, la responsabilità, la correttezza e il valore del duro lavoro - «virtù che non vengono dal mercato, bensì dal cuore». Ha poi auspicato che l´Europa si assuma un ruolo centrale nella sostituzioni del «Washington Consensus» con «un nuovo consensus per la nostra epoca». Respingendo il protezionismo in quanto rappresenta «la politica del disfattismo, del ritiro e del timore e, in definitiva, non protegge affatto», ha rilevato la necessità di introdurre cambiamenti nei sistemi bancari mondiali, cooperare nella creazione di standard globali per la regolamentazione finanziaria e immettere risorse nell´economia per sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro. Ma ha anche chiesto «la fine dei paradisi fiscali», sostenendo che le nuove regole andranno applicate «a tutte le banche, dovunque e sempre, senza opt-out per il sistema bancario ombra e senza rifugi da nessuna parte del mondo per gli evasori fiscali». Ha poi rilevato che ogni stimolo fiscale e monetario all´economia «può raddoppiare l´efficacia in ogni paese se adottato da tutti». A suo parere, al contempo occorre prendere urgenti e ampie misure per «costruire una ripresa a basso carbonio e rendere sostenibili le nostre economie attraverso investimenti nell´efficienza energetica, l´espansione delle fonti rinnovabili e dell´energia nucleare, la cattura del carbonio, lo sviluppo di reti intelligenti e la commercializzazione di veicoli elettrici e con basse emissioni di carbonio». Assicurando che i paesi dell´Europa centrale ed orientale non saranno abbandonati nel momento del bisogno, ha auspicato una riforma del Fondo Monetario Internazionale in cui siano maggiormente rappresentati i paesi emergenti e che sia dotato del doppio delle risorse attuali per poter aiutare i paesi che affrontano difficoltà. Inoltre, l´Fmi non dovrà solo reagire alle crisi, bensì prevenirle. La necessità di mantenere l´aiuto ai paesi più poveri è stato uno degli altri temi affrontati dal Primo ministro, il quale ha sottolineato come milioni di bambini stiano morendo a causa della crisi mondiale. Ha quindi ripetuto il suo ben noto appello al mondo affinché «la povertà appartenga al passato». Infine, ha sottolineato l´importanza della cooperazione Ue-usa su tutti i fronti (inclusi clima, sviluppo, Medio oriente, lotta al terrorismo, riduzione degli arsenali nucleari, ecc. ), affermando che i risultati di tale cooperazione sarebbero «più lavoro, più affari, più commercio, in quanto insieme possiamo affrontare le più grandi sfide del nostro tempo». Dichiarazione della Commissione José Manuel Barroso ha anzitutto rilevato che il G20 di Londra rappresenterà una pietra miliare della risposta globale alla crisi globale, dicendosi sicuro che sarà coronato dal successo. Ha quindi ricordato che l´iniziativa per una risposta internazionale coordinata è stata presa dall´Ue e che, pertanto, sull´Unione grava «una particolare responsabilità» nel processo del G20. Il Presidente ha anche sottolineato che, a Londra, l´Unione si presenterà unita e «con un messaggio comune». Si attenderà risultati concreti quanto allo «stimolo dell´economia mondiale e alla regolazione di tutti gli attori finanziari, dalle banche agli hedge funds, fino a nuove norme sulle agenzie di rating». Ha infatti sottolineato che è necessario sia stimolare l´economia sia migliorare la normativa, «respingendo tutte le forme di nazionalismo e protezionismo economico» e fornendo il sostegno ai paesi in via di sviluppo. Più in particolare, a suo parere occorre sostenere la domanda. In proposito, ha rilevato che se l´Ue ha già fornito uno sforzo fiscale vicino al 4% del Pil, occorre ora attuare vigorosamente il piano di ripresa economica, al fine di riattivare i crediti, garantire l´occupazione, migliorare la formazione professionale, nonché continuare a investire nella produttività e la competitività. Riguardo ai mercati finanziari, il Presidente ha affermato che «nessun prodotto finanziario, nessuna istituzione e nessun mercato dovrà essere esentato dalla regolamentazione». Abbiamo bisogno di regole «affinché i mercati funzionino meglio finanziando posti di lavoro e investimenti». Solo così, ha precisato, «si potrà ripristinare la fiducia» e, in tale ottica, «l´etica dei sistemi finanziari è una precondizione». Al riguardo, ha citato le prossime iniziative della Commissione riguardo agli hedge funds e alle private equity, nonché a un sistema di supervisione europeo. Ha poi sottolineato la necessità di definire regole globali e, in tale quadro, di collaborare con gli Usa. L´occupazione, ha proseguito Barroso, «è la priorità numero uno» e, in proposito, ha ricordato che a maggio si terrà un Vertice dedicato a questo tema volto a far emergere idee, fondi e azioni in questo senso. Interventi in nome dei gruppi politici Per Joseph Daul (Ppe/de, Fr), la prima lezione da trarre dalla crisi è che «le economie sono ora talmente interconnesse che delle soluzioni nazionali sono diventate impensabili». Le difficoltà venute dagli Usa, a causa dell´assenza di regole, «si sono propagate a macchia d´olio», ha aggiunto. L´europa deve quindi parlare con una sola voce per difendere i suoi interessi comuni e anche «essere abbastanza forte per trascinare le economie regionali verso una nuova crescita». Accennando a quanto fatto dall´Ue, con l´impulso di Sarkozy, per «rimettere ordine nel sistema finanziario che ha perso la bussola», ha rilevato che «solidarietà e responsabilità sono due principi importanti dell´Europa» e che, pertanto, occorre essere pronti ad aiutare gli Stati membri che affrontano maggiori difficoltà. Anticipando gli appelli della sinistra a favore di una maggiore Europa sociale e una maggiore protezione, il leader popolare ha sottolineato che «questi slogan semplicisti - che consistono nello spendere soldi che non si hanno - sono gli stessi che hanno portato al fallimento delle politiche degli anni ´80 in molti paesi europei». Ha poi posto in luce che «è questa economia di mercato che ha aumentato del 40% il reddito medio dei cittadini negli ultimi 40 anni», mentre dall´altra parte del muro di Berlino «i popoli hanno conosciuto la sorte che conosciamo». Sostenere le banche «è stato necessario», ha proseguito, «ma non è sufficiente». La nostra preoccupazione, ha spiegato, «deve essere la solidarietà verso coloro che perdono il posto di lavoro e che hanno difficoltà alla fine del mese». Ed è solo con la crescita, dando agli imprenditori l´ambiente economico e fiscale adatto, «che si potranno ritrovare la fiducia e i posti di lavoro». In tale contesto, ha rilevato che il programma europeo di 400 miliardi «ci aiuterà a sormontare la crisi, permetterà di generare nuovi investimenti, rafforzerà la domanda e, di conseguenza, sosterrà la crescita e creerà occupazione». Inoltre, il mercato unico rappresenta un´importante leva, «mentre il protezionismo non potrà che aggravare la situazione». Per questo, ha detto rivolgendosi al Primo ministro britannico, «bisogna evitare di avallare slogan quali "posti di lavoro britannici per lavoratori britannici"». E, in proposito, ha affermato di aver fiducia nella Commissione «affinché sia garantito alle imprese di poter operare in un mercato libero e leale». Ha poi concluso sostenendo che la priorità deve essere di «istituire una nuova architettura finanziaria globale, con maggiore stabilità, supervisione e, soprattutto, trasparenza» Martin Schulz (Pse, De) ha sottoscritto appieno il discorso del Primo Ministro, sottolineando come sia stato «coraggioso» e abbia fornito «una descrizione brillante delle necessità dei nostri tempi». Ha poi aggiunto che «il minimo che ci si possa aspettare da un presidente di un gruppo politico del Parlamento europeo è che conosca la differenza tra protezionismo e protezione sociale», osservando come il Presidente Sarkozy «sappia forse qualcosa sul protezionismo, ma non sappia niente della protezione sociale». A suo parere, il fatto che il Primo Ministro Brown abbia deciso di presentare all´Aula l´agenda del G20 dimostra che il Parlamento europeo è ora un vero forum di politica internazionale e multinazionale. Il leader socialdemocratico ha poi aggiunto che «non è stata l´ingordigia a essere decisiva, bensì il modo in cui il sistema ha consentito all´ingordigia di espandersi» e, ora, «il radicalismo liberale ha fallito. Occorrono quindi regole mondiali sui mercati finanziaria e sui paradisi fiscali. Nel sottolineare poi l´importanza di garantire la solidarietà tra gli Stati e tra le persone, ha affermato che i nuovi Stati membri devono poter contare sugli altri. Ha anche auspicato che le rinnovate relazioni con gli Usa aprano la porta alla solidarietà, ammonendo che «chiunque tenti di contrapporre la politica ambientale a quella economica farà un grave errore», visto il potenziale di creazione di posti di lavoro delle misure volte a mitigare il cambiamento climatico. Infine, rivolgendosi a Gordon Brown, ha affermato: «tanto più la destra lotterà contro questi principi, tanto più saprà che sta sulla buona strada». Graham Watson (Alde/adle, Uk) ha affermato che «per il G20 avete delineato una grande agenda che spazia dalla lotta alla povertà nel mondo, al disarmo nucleare, alla pace in Medio Oriente e vi auguro di avere successo». «Le opportunità di lavorare con l´Amministrazione Obama non dovrebbero essere invalidate da una guerra verbale transatlantica. So che condividiamo quella visione, ma l´America mantiene il suo attaccamento a una regolamentazione minima e la realtà di questa recessione mostra che quelli che hanno ostinatamente ignorato la "bad practice" sono quelli che ora soffrono di più. Inoltre, ha rilevato la necessità di «un´economia nuova e sostenibile che sia custodita in un contratto sociale globale. «L´era dei soldi facili è finita», ha concluso. Brian Crowley (Uen, Ie) ha affermato che, nonostante la crisi finanziaria globale, «non possiamo dimenticare i successi degli ultimi quindici anni». A suo parere, infatti, vi è la necessità di costruire un sistema finanziario basato sui «successi del passato e il riconoscimento dei fallimenti, assicurandoci che si possa tracciare un ambizioso programma per il futuro». Il nuovo sistema finanziario dovrebbe innanzitutto garantire «cose migliori per gli individui, non per i mercati». Monica Frassoni (Verdi/ale, It), in inglese, si è rallegrata della presenza del Primo Ministro, «tenuto conto della poca considerazione che egli ha attribuito per lungo tempo all´Ue e al Parlamento europeo». Si quindi detta fiduciosa che, in seguito, «annuncerà la fine di un paio di opt-out se non addirittura l´entrata del Regno Unito nell´euro». Tuttavia, ha ricordato che il suo governo «era dalla parte sbagliata riguardo a molti dei temi citati - riforme democratiche, questioni sociali, direttiva sull´orario di lavoro e tasse». Continuando in italiano, la leader dei Verdi ha sottolineato che Gordon Brown - con un buon numero di colleghi e con il Presidente Barroso - «è responsabile del fatto che l´Unione europea non dispone degli strumenti di regolamentazione finanziaria e delle politiche fiscali e di bilancio che oggi sarebbero così preziose per permetterci di affrontare la crisi. » È bene ricordarselo, ha insistito, «perché quando si vuole essere credibili nel proporre soluzioni è buona creanza ammettere che prima si era sbagliato». In proposito, ha messo in dubbio la credibilità della «crociata» contro i paradisi fiscali, sostenendo che occorre «smettere di pensare che non è possibile limitare la libera circolazione dei capitali, che non si possono ridirigere in modo virtuoso i milioni di euro sprecati in speculazioni». Ha poi aggiunto che «dobbiamo fermare, non regolare l´azione dei fondi speculativi, e riportare le banche a fare quello per cui sono state inventate in Toscana molti secoli fa: finanziare l´economia reale». A suo parere, non basta quindi rafforzare la sorveglianza dei mercati, ma occorre «ridurre il rendimento di coloro che speculano e ricordarsi che la mafia, oggi, ha a disposizione 120 miliardi di euro nei forzieri dei paradisi fiscali». Inoltre, è necessario «puntare decisamente sulla doppia dichiarazione e sulla doppia trasparenza: chi deposita denaro in un altro paese lo deve dichiarare, mentre le banche che ricevono depositi li devono dichiarare». Rimproverando poi al Primo ministro di aver «speso delle parole forti e commoventi» ma di aver formulato «poche proposte concrete», ha sottolineato che nel Regno Unito solo il 7% degli investimenti vanno a investimenti verdi, mentre la Corea del Sud e la Cina e perfino gli Stati Uniti stanno correndo ad una velocità che le nostre belle parole non potranno coprire». Ha poi rilevato che il Consiglio europeo non si è trovato d´accordo su un fondo per il clima per i paesi in via di sviluppo, nonostante sia evidente che «senza un impegno finanziario importante, Copenaghen è destinato all´insuccesso e con Copenaghen anche le nostre ambizioni di governare i cambiamenti climatici». Ha quindi concluso affermando: «Nice speech, mister Brown, but what are you ready to do, really?». Condannando «una volta per tutte» il modello al di là del muro di Berlino, Francis Wurtz (Gue/ngl, Fr) ha sottolineato che, in tale contesto, «la tentazione era troppo forte di allentare le briglie a un capitalismo senza limiti», come ha fatto l´Ue. I padri di questo nuovo modello e i loro successori, ha aggiunto, «sono stati superati da una creatura diventata indomabile». Ma per uscire da una crisi «così esistenziale» occorre prima rimettersi in causa. In proposito, ha citato la soddisfazione di Barroso dopo il Consiglio europeo e l´affermazione di Silvio Berlusconi secondo cui l´Ue "è un corpo sano attaccato da un virus". Le rare autocritiche, ha invece rilevato, sono venute dal mondo economico. Ha però riconosciuto che il Primo Ministro britannico ha fatto un accenno di mea culpa sul proprio atteggiamento durante la crisi asiatica di dieci anni orsono. A suo parere, «il dogma applicato nel corso degli ultimi vent´anni ha fallito in maniera spettacolare». Per tale motivo «coloro che hanno pomposamente annunciato il G20 come un nuovo Bretton Woods dove si rifonderebbe il capitalismo, o anche lo si moralizzerebbe, hanno ingannato i nostri concittadini». Ha quindi concluso avallando lo slogan scelto da un sindacato per una manifestazione a Londra: "mettere prima la gente". Nigel Farage (Ind/dem, Uk) ha accusato Brown di non aver tenuto fede alla promessa di indire un referendum sul trattato di Lisbona, affermando che così ha «svalutato la democrazia». Ha poi sottolineato che «una chiara maggioranza degli inglesi chiede che si istaurino buone relazioni e il libero commercio con l´Unione europea, ma non desidera far parte di questa unione politica». Ha infine invitato gli europei a decidere del proprio destino, piuttosto che ciò sia fatto «da parlamenti come questo o come Westminster». Replica del Primo ministro britannico - A conclusione del dibattito, il Primo ministro britannico ha sottolineato tre punti. Innanzitutto, «è importante che il mondo faccia fronte comune contro questa crisi» e l´Europa ha già mostrato la via con alcune misure pratiche. In secondo luogo, la cooperazione globale deve riguardare non soltanto gli istituti bancari ma anche la politica fiscale e il commercio: «abbiamo bisogno che il commercio globale sia libero e imparziale». Infine, «per giungere a soluzioni globali su problemi globali ci vogliono solide istituzioni globali». Da ultimo, rilevando che il mondo è cambiato da quanto le attuali strutture mondiali furono istituite negli anni ´40, ha sottolineato che la lezione da trarre da questa crisi è che «in un´economia globale, i problemi sono globali e richiedono soluzioni globali e ciò richiede di modellare istituzioni globali». E l´Europa deve prenda la guida nella revisione del sistema. . <<BACK

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PARLAMENTO EUROPEO: UN QUADRO EUROPEO PER PROMUOVERE IL MICROCREDITO OCCORRE UN QUADRO UE PER GLI ISTITUTI MICROFINANZIARI NON BANCARI (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 PARLAMENTO EUROPEO: UN QUADRO EUROPEO PER PROMUOVERE IL MICROCREDITO OCCORRE UN QUADRO UE PER GLI ISTITUTI MICROFINANZIARI NON BANCARI Strasburgo, 25 marzo 2009 - Il Parlamento europeo chiede alla Commissione di presentare proposte legislative volte ad agevolare l´erogazione di microcrediti alle imprese in crisi di liquidità e alle persone svantaggiate (immigrati, minoranze, precari e donne) per promuovere il lavoro autonomo. Al contempo occorre un quadro Ue per gli istituti microfinanziari non bancari, far sì che le norme antiriciclaggio non ostacolino i microcrediti a chi è senza documenti e adeguare le regole sulla concorrenza. Nell´ue vi è una domanda potenziale significativa per il microcredito «che non è ancora stata soddisfatta». E´ quanto afferma la relazione di Zsolt Becsey (Ppe/de, Hu) che, approvata con 574 voti favorevoli, 23 contrari e 12 astensioni, chiede alla Commissione di presentare una o più proposte legislative in materia sulla base di raccomandazioni particolareggiate. Anche perché l’attuale crisi finanziaria e le sue possibili ripercussioni sull’economia nel suo insieme «mostrano gli inconvenienti dei prodotti finanziari complessi» e la necessità di esaminare vie «per migliorare l’efficienza e porre in essere ogni possibile canale di finanziamento quando le imprese hanno un accesso ridotto al capitale causato dalla crisi di liquidità». La Commissione definisce attualmente come microcredito un prestito di importo pari o inferiore a 25. 000 euro, mentre la raccomandazione 2003/361/Ce stabilisce che una microimpresa è un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2. 000. 000 di euro. Per i deputati, queste definizioni «non sembrano pertinenti per tutti i mercati nazionali e non consentono di stabilire una chiara distinzione tra microcrediti e microprestiti alle microimprese, microcredito per i mutuatari non bancabili e microcredito per le microimprese bancabili». Finanziamento Ue, soprattutto ai più svantaggiati - Il Parlamento suggerisce il finanziamento o cofinanziamento di una serie di progetti, purché lo scopo specifico sia di promuovere la disponibilità di microcredito per tutte le persone e le imprese che non abbiano accesso diretto al credito, quali gruppi bersaglio svantaggiati (comunità rom, immigrati, persone che vivono in aree rurali svantaggiate, persone che si trovano in situazioni di lavoro precario e donne). Questi progetti, più in particolare, dovrebbero riguardare il rilascio di garanzie per gli erogatori di microcredito da parte di fondi nazionali o dell’Ue, la prestazione di servizi aggiuntivi per i beneficiari di microcredito che includa una formazione mirata obbligatoria finanziata mediante i Fondi strutturali e lo scambio delle migliori pratiche di gestione. I progetti potrebbero anche consistere nella creazione di un sito web in cui i potenziali beneficiari di microcredito possano presentare i propri progetti a coloro che sono disposti a prestare denaro per sostenerli e di un database comunitario che includa le informazioni creditizie sia positive che negative riguardanti i beneficiari di microcredito. Al fine di evitare sovrapposizioni, i deputati precisano che la Commissione dovrebbe designare un´unica entità di coordinamento che riunisca tutte le attività finanziarie Ue connesse al microcredito e finanziare o cofinanziare solo i progetti associati al mantenimento dei diritti di sicurezza sociale quali l´assegno di disoccupazione e l´aiuto al reddito. Un quadro comunitario armonizzato per gli istituti microfinanziari non bancari - Il Parlamento suggerisce alla Commissione di proporre atti legislativi che forniscano un quadro a livello europeo per gli istituti microfinanziari (Mfi) bancari e non bancari. Per quanto riguarda questi ultimi, il quadro dovrebbe includere una chiara definizione di erogatori di microcredito, «che stabilisca che questi non accettano depositi e non si possono pertanto considerare istituzioni finanziarie ai sensi della direttiva sui requisiti di capitale», la capacità di condurre esclusivamente attività di erogazione di credito e di concedere nuovamente crediti, nonché regole armonizzate e basate su criteri di rischio per quanto concerne l´autorizzazione, la registrazione, la comunicazione di informazioni e la vigilanza prudenziale. Le norme antiriciclaggio non ostacolino i microcrediti a chi è senza carta d´identità - Per i deputati, in sede di revisione della direttiva relativa alla prevenzione dell´uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2005/60/Ce), la Commissione dovrebbe assicurare che le disposizioni ivi contenute «non siano d´ostacolo nell´accesso al microcredito a quelle persone che non dispongano di un indirizzo permanente o di documenti d´identità personali». Occorrerebbe quindi prevedere «una deroga speciale alle disposizioni riguardanti gli obblighi di diligenza nei confronti della clientela». Regole di concorrenza più adeguate - Il Parlamento chiede alla Commissione di prevedere, in sede di revisione delle norme sugli aiuti "de minimis", la differenziazione dei limiti degli aiuti "de minimis" fra uno Stato membro e l´altro allorché si tratta di supporto finanziario per gli erogatori di microcredito, l´abolizione della discriminazione nella concessione di aiuti "de minimis" alle imprese del settore agricolo, se l´aiuto viene concesso nel quadro del microcredito, nonché la riduzione degli oneri amministrativi se l´aiuto viene concesso nel quadro del microcredito. Dovrebbe inoltre sancire in diritto che il ruolo svolto dagli erogatori di microcredito non bancari, e se del caso il sostegno pubblico che tali istituzioni ricevono, «sono in linea con le regole comunitarie di concorrenza» e applicare norme che consentano un trattamento preferenziale ai beni e servizi forniti dai beneficiari di microcredito nelle procedure pubbliche di appalto. Sensibilizzazione in materia di microcredito - Il Parlamento chiede alla Commissione di prevedere l´introduzione del concetto di microcredito nelle statistiche e nella legislazione attinenti alle istituzioni finanziarie, elaborare una strategia di comunicazione allo scopo di promuovere il lavoro autonomo come alternativa al salariato, «in particolare come modo di sfuggire alla disoccupazione per le categorie svantaggiate di destinatari» e vagliare, alla luce della recente crisi dei subprime, i vantaggi e gli svantaggi delle forme dirette di microcredito rispetto agli strumenti di credito cartolarizzato. Infine, gli Stati membri dovrebbero poter applicare un meccanismo capace di «escludere tassi d’interesse eccezionalmente elevati». . <<BACK

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crolla l'utile fonsai, tod's conferma cedola bpm prende 500 milioni di tremonti bond (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 20 - Economia Il fatturato dell´azienda di Della Valle è cresciuto del 7,7% nel 2008 Crolla l´utile FonSai, Tod´s conferma cedola Bpm prende 500 milioni di Tremonti bond MILANO - Finanziari in difficoltà, con utili in picchiata per Bpm e FonSai, mentre "tiene" il lusso. Nonostante la crisi dei consumi, infatti, Tod´s ha approvato un bilancio con un fatturato consolidato, a cambi correnti, in crescita del 7,7% (a 707,6 milioni) un risultato operativo sostanzialmente stabile e un utile netto in crescita del 7,4%, a quota 84,6 milioni. Ma nonostante il patron del gruppo, Diego Della Valle, abbia aggiunto che i primi segnali del 2009 «sono da considerare positivi» in Borsa il titolo non ha vissuto una giornata positiva: in chiusura, Tod´s ha lasciato sul terreno il 3,36% nonostante la conferma della cedola invariata (1,25 euro). Stesso destino in Borsa - anzi peggio: meno 5,53% - per Fonsai. La compagnia di assicurazioni ha approvato un bilancio che vede il risultato netto consolidato passare da 620 a 90,8 milioni di euro e un utile civilistico sceso da 323 a 69,6 milioni di euro. Sull´assicurazione ha pesato il crack Lehman: il rimborso dei clienti che avevano sottoscritto index con sottostante Lehman ha avuto un impatto negativo sul conto economico consolidato, al lordo delle tasse, per 150 milioni di euro. In peggioramento anche il combined ratio, passato da 94,8% all´attuale 98,6%, mentre il margine di solvibilità si mantiene ad un livello di grande tranquillità, pari a 1,3 volte sopra i requisiti minimi. Nonostante il momento difficile e le rettifiche che si sono rese necessarie per la crisi finanziaria (compresa la svalutazione della quota Rcs, per 109 milioni) la compagnia ha deciso di distribuire una corposa cedola (ancorché del 40% più bassa dello scorso anno), tanto che il monte dividendi complessivo - pari a 116,8 milioni di euro - è superiore all´utile realizzato (per la distribuzione si attingerà in parte alla riserva utili degli anni precedenti). Utili a precipizio anche per Bpm. La Popolare, che ha diffuso i risultati a mercati chiusi, ha visto l´utile netto scendere del 76,8% a quota 75,3 milioni, ha registrato un calo della gestione operativa del 27% e una netta diminuzione della raccolta indiretta (meno 13,3%) mentre è salita del 7,8% quella diretta e gli impieghi alla clientela (più 10,5%); il core Tier 1 si è attestato al 6,46%. La banca (che distribuirà una cedola di 10 centesimi) ha annunciato che farà ricorso ai Tremonti bond per 500 milioni, e lancerà un prestito obbligazionario con warrant (con conversione obbligatoria entro il 2013) per 700 milioni (per rimborsare i primi). Bpm inoltre provvederà a ritirare dal mercato (con un´opa) 460 milioni nominali di "ibridi". (vi.p.)

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Il peggio della crisi mondiale è passato (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

MARCHIONNE (FIAT) «Il peggio della crisi mondiale è passato» L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, interpellato dall'agenzia Radiocor al termine dell'assemblea degli azionisti della svizzera Sgs, di cui è presidente, comincia a vedere la luce. «È partito il processo di risanamento. Il peggio della crisi è passato a livello economico e globale, poi ci sono le conseguenze. Passata la tempesta, bisogna ripulire. Prima cercavamo di individuare la ferita. Ora l'abbiamo trovata», ha detto parlando della crisi globale. «Secondo me nella seconda metà del 2009 si comincerà a vedere qualcosa negli Usa. Poi in Asia e infine in Europa, che è più lenta», «non prima di fine 2009». E ancora: «Sono uno dei pochissimi che cerca di leggere nella sfera di cristallo e ritengo che si è già verificata una gran parte dei problemi che hanno impattato sull'economia a livello globale», ha proseguito Marchionne, sottolineando in particolare il maxi-piano di aiuti deciso dal governo americano: «Ho avuto l'opportunità di parlare con il dipartimento del Tesoro Usa - ha indicato Marchionne - e ho visto l'elevato impegno che perseguono nel trovare soluzioni realizzabili», mentre «in Europa mi preoccupa il protezionismo a livello nazionale, in particolare per le industrie e le politiche generali, che rallenta il processo di ripresa» nel Vecchio continente. Riferendosi all'accordo con la Chrysler - il 31 marzo il governo americano dovrà dire se intende salvarla insieme alla Gm o se i due costruttori americani finiranno in bancarotta - Marchionne ha detto: «È inutile essere ottimisti fino a quando non c'è un annuncio. Il mercato è una scacchiera che si muove alla velocità della luce. Credo che abbiamo fatto il massimo possibile. Non potevamo fare di più. Ho l'animo in pace. Tutto quello che dovevamo fare riguardo alla proposta per Chrysler l'abbiamo fatto. Sono andato giù negli Usa due volte e ho parlato parecchio tempo con i due commissari nominati. Abbiamo spiegato in maniera piuttosto chiara quali sono i vantaggi per Chrysler. Adesso dipende da loro». Infine, l'ad conferma i target 2009 per il gruppo Fiat.

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Guidi: Dalle banche italiane derivati peggio di Madoff (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

LA POLEMICA Il presidente di Anie-Confindustria attacca il sistema del credito. Finora avaro con le piccole imprese Guidi: «Dalle banche italiane derivati peggio di Madoff» Bruno Perini Alcune banche italiane hanno venduto derivati molto peggiori dei fondi collocati da Bernard Madoff. O meglio: «I derivati venduti da alcuni istituti italiani sono roba che a Madoff faceva ridere. Per comprare certi prodotti ci voleva la tessera di un casinò di Las Vegas». L'accusa è pesantissima. E non è stata pronunciata in privato, in uno sfogo personale magari a bassa voce. No, quelle parole sono di un imprenditore di livello e la cosa che sconcerta è che siano cadute nel vuoto più totale. Già, perché a formulare quell'atto d'accusa contro il comportamento di alcuni istituti bancari italiani è stato Guidalberto Guidi, presidente di Ducati Energia e numero uno dell'Anie, l'associazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (parte di Confindustria). Intervenendo al convegno annuale dell'Aifi, l'associazione italiana del private equity e del venture capital, Guidi ha messo sul banco degli imputati il sistema bancario e in particolare ha puntato il dito contro gli istituti italiani. Quelle frasi non sono state pronunciate ieri ma l'altro ieri. La cosa che ha colpito maggiormente è che nessun organo di stampa abbia ripreso l'atto d'accusa del noto imprenditore. E dire che Guidi ha detto quelle cose in pubblico e subito dopo l'agenzia Reuters ha messo le sue parole in rete. Eppure dopo quell'accusa è calato il silenzio. D'altronde il j'accuse dell'imprenditore cade in un momento delicato e di grande tensione tra gli istituti di credito e le imprese italiane. Dopo aver gettato sul mercato prodotti ad alto contenuto tossico, le banche hanno tirato i remi in barca a proposito del credito, colpendo in particolare il tessuto delle piccole e medie imprese che in questo momento ha più bisogno del finanziamento bancario. E' forse questo il messaggio che voleva dare il presidente di Anie al mondo bancario e allo stesso mondo imprenditoriale. Alle parole di Guidi sono seguire quelle di un altro banchiere, Gaetano Miccichè, responsabile della divisione corporate e investment banking di Intesa Sanpaolo. Miccichè ha tentato un'autodifesa. Intervenendo dopo l'industriale, Miccichè ha sottolineato che negli anni scorsi «c'erano due mondi di banche completamente diversi», ovvero gli istituti che «si sono organizzati mettendo al centro il rapporto con il cliente, e fra queste quasi tutte le banche italiane», e le banche che «hanno messo al centro il prodotto».In questa seconda categoria, il manager di Intesa Sanpaolo ha indicato quelle banche Usa che sono state all'origine dell'attuale crisi finanziaria. In tema al convegno, Miccichè ha affermato che «il merchant banking è un'area di business fondamentale» per Intesa Sanpaolo, che fa investimenti di private equity direttamente, mettendoli a libro. «Abbiamo circa 2,7 miliardi investiti in private equity». Miccichè ha evidenziato l'impatto della crisi del credito sui buyout, prevedendo «tempi di exit più lunghi». La partita che si è aperta tra imprenditori e banche comunque non è ancora chiusa, malgrado le rassicurazoni del governo in materia di credito alle piccole imprese. Si tratta di capire in che misura alle parole seguiranno i fatti.

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Obama: solo insieme rilanceremo l'economia (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

GRUPPO DEI 20 Obama: solo insieme rilanceremo l'economia «Viviamo tempi di sfide economiche globali che non possono essere affrontate con mezze misure». Così esordisce il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, in un commento pubblicato ieri da alcuni grandi quotidiani internazionali e rivolto ai colleghi del «Gruppo dei 20», che riunisce i paesi più industrializzati e quelli «emergenti». Alla vigilia del summit di Londra, il 2 aprile, Obama afferma che il G20 «ha la responsabilità di prendere misure coraggiore, complessive e coordinate» per rilanciare le economie e per impedire che una simile crisi si ripeta. Il successo dell'economia americana è legato all'economia globale, ricorda il presidente Usa. «Il mio messaggio è chiaro: gli Stati uniti sono pronti a prendere l'iniziativa, e chiamiamo i nostri partners a unirsi a noi con senso di urgenza e di uno scopo comune». Obama, si impegna ad agire per «risollevare l'economia americana e per riformare il nostro sistema di regolamentazione». E questo deve diventare obiettivo comune dei G20. Primo, «azioni pronte per stimolare la crescita», come hano fatto gli Usa e molti altri paesi del gruppo, e «prendere un impegno collettivo a incoraggiare commercio e investimenti aperti, resistendo al protezionismo che approfondirebbe la crisi». Secondo, «dobbiamo ripristinare il credito da cui dipendono gli imprenditori e i consumatori». Gli Usa stanno «lavorando per stabilizzare il sistema finanziario» e così devono fare tutti i G20, in un quadro comune di «trasparenza, responsabilità». Terzo, «abbiamo l'obbligo economico, di sicurezza e morale di dare una mano ai paesi e popoli più a rischio», cioè aiutare a stabilizzare i mercati emergenti e investire in sicurezza alimentare. Il presidente degli Stati uniti insiste infine sulla necessità di dare un quadro di regolamentazione maggiore al sistema finanziario - e questa è senz'altro una novità rispetto al linguaggio politico-economico americano. «Dobbiamo mettere fine alla speculazione senza scrupoli e alla spesa al di là delle nostre possibilità, ai «cattivi crediti», alle banche sovraccariche e alla mancanza di controllo», dice Obama: «Tutte le nostre istituzioni finanziarie, a Wall street e in giro per il mondo, hanno bisogno di un forte controllo». Il G20, auspica Obama, sia «un forum per un nuovo tipo di cooperazione economica»

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Terra PIATTA (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Terra PIATTA Nuova edizione per i saggi dell'economista austriaco Joseph A. Schumpeter sugli imperialismi e le classi sociali. Scritti per sostenere che lo sviluppo capitalistico avrebbe portato alla scomparsa delle politiche di potenza, sono testi che aiutano a una lettura critica di alcune tesi mainstream attuali che guardano ai conflitti tra gli stati nazionali come residuo antico di politiche nazionalistiche LE VIRTÙ DEL MERCATO CHE PORTANO LA CIVILTÀ TRA I POPOLI GUERRIERI Massimliano Guareschi Ad Auguste Compte, in pieno Ottocento, la guerra appariva come un residuo del passato, destinato a scomparire con l'affermarsi della società degli scienziati e degli industriali. All'epoca dei sacerdoti e dei guerrieri, il ricorso all'atto bellico avrebbe avuto una chiara convenienza economica, in quanto rappresentava il metodo più redditizio per procurarsi beni e schiavi. Diversamente, per il profeta del positivismo, lo sviluppo della società industriale rendeva la guerra un inutile sperpero, in quanto il saldo fra i danni subiti e i vantaggi ottenuti era inevitabilmente negativo, anche in caso di vittoria. Il moto della storia, quindi, se la sarebbe inevitabilmente lasciata alle spalle, una volta ultimando un percorso che avrebbe condotto al governo degli scienziati e degli industriali e al tramonto di vecchie mentalità e superstizioni. Oltre le frontiere Un analogo ottimismo si sarebbe manifestato in seguito anche tra chi non faceva riferimento a visioni così grandiose o a una filosofia della storia dalla traiettoria lineare. Per esempio, Normann Angell, che nel 1910 pubblicava La grande illusione, un libro destinato a un clamoroso successo mondiale, e a un'altrettanto clamorosa smentita da parte dei fatti, nel quale si argomentava l'incompatibilità della guerra con un'economia improntata al libero mercato. In regime liberoscambista, il tracciato delle frontiere, il fatto che un territorio appartenga o meno a una determinata unità statale sarebbe infatti risultato insignificante, visto che in entrambi i casi ci si potrà approvvigionare dei suoi prodotti ed esportandovi in propri. Molti dei temi a cui si è accennato emergono da Sociologia degli imperialismi, di Joseph Schumpeter, un testo pubblicato dall'economista austriaco nel 1918-1919 e riproposto recentemente da ombre corte in un volume dal titolo Sociologia degli imperialismi e teoria delle classi sociali (ombre corte, pp. 154, euro 18) a cura di Adelino Zanini. Il saggio di Schumpeter è senza dubbio, al pari di Imperialismo fase suprema del capitalismo di Lenin e Imperialismo di Hobson, uno dei classici del dibattito sull'imperialismo. Allo stesso tempo, però, esso può essere assunto come riferimento per porre la questione del rapporto fra guerra ed economia, fra razionalità della decisione politica e logica dello sviluppo capitalistico. Lenin, impegnato a forzare la lettera, e la sostanza, di Marx per rendere conto del fatto che lo scontro interstatale sembrava assumere la centralità che avrebbe dovuto spettare al conflitto di classe, sviluppa l'ipotesi dell'immanenza della guerra ai rapporti di produzione capitalistici a un certo grado del loro sviluppo. Imperialismo come fase suprema del capitalismo, quindi, a partire dall'idea che i meccanismi inerenti la realizzazione (accesso ai mercati) e la capitalizzazione (acquisizione di materie prime) avrebbero condotto i vari capitali nazionali a un'inevitabile resa dei conti sul piano militare. Schumpeter, da parte sua, si muove in una prospettiva affatto diversa, secondo la quale l'imperialismo non può essere spiegato in termini economici. Ai suoi occhi, così come a quelli di Normann Angell, i meccanismi dell'economia di mercato e del libero scambio si opporrebbero alla guerra. Unica eccezione, in proposito, sarebbe rappresentata dall'«exportmonopolismo», ossia dalle pratiche aggressive, in termini di dumping ed esportazioni sottocosto, sviluppate da soggetti industriali dotati di posizioni monopolistiche in un dato paese. Schumpeter riprende qui le analisi di Rudolf Hilferding sul capitale monopolistico, ma con un significativi punto di dissenso. A suo parere, infatti, la tendenza al monopolio non è iscritta nella dinamica capitalistica ma deriva dall'intromissione di un fattore esogeno, ossia dalla politica, dalle scelte protezionistiche degli stati. Se si esclude la possibilità di spiegare integralmente le tendenze aggressive degli stati sulla base di interessi concreti, si devono chiamare in causa meccanismi di diversa natura. Schumpeter è così spinto ad offrire una strana definizione di imperialismo, presentandolo in termini di «disposizione priva di oggetto» all'espansione da parte di un'unità politica. Priva di oggetto in quanto non riducibile integralmente a una logica economica ma correlata «all'espansione per l'espansione, la lotta per la lotta, la vittoria per la vittoria». A quel punto, l'economista cede così il passo all'etnologo o allo storico per intraprendere un itinerario lungo i sentieri della storia universale, dagli egizi agli arabi, volto a identificare le specificità dei diversi imperialismi che si sono succeduti nel corso dei millenni. Lo stile di vita di popoli non stanziali, per cui la razzia rappresenta una risorsa indispensabile, appare così il fondamento di un'etologia guerriera che pur diluendosi a contatto con le lusinghe della conquista non cessa di riemergere. La sua ultima manifestazione ci riporta alle vicende della modernità. Lo stile perduto della guerra Schumpeter si sofferma sullo stato del principe come cornice politica che avvolge di incrostazioni feudali e protezionismo le economie capitalistiche che si sviluppano al suo interno. Si disegna così un conflitto latente fra cosmpolitismo del capitale e nazionalismo della politica, fra interessi dei gruppi sociali più significativi, dalla classe operaia fino ai capitalisti e agli imprenditori nel loro complesso, per il gioco win to win del libero mercato, e mentalità aristocratiche e guerriere, residuo di epoche precedenti, che inerzialmente orientano le decisioni politiche in un'ottica precapitalistica. In tal senso, la storia appare in ritardo su se stessa, con le forme del passato che finiscono per gravare e sovradeterminare il presente. Schumpeter non mette in discussione che determinati schemi di rappresentazione e azione possano essere il riflesso di una struttura materiale, ma contesta che la loro diffusione declini in coincidenza con il venir meno delle condizioni che le avevano generate. Per Schumpeter l'attitudine bellicosa degli stati sarebbe un retaggio dello stato autocratico e delle mentalità feudali, necessariamente destinato, si potrebbe aggiungere, traendo una conclusione implicita nel testo, a scomparire in forza della piena affermazione dei meccanismi dell'economia di mercato. Al di là della differenza di impianto concettuale, forti appaiono le assonanze, come sottolineato da Raymond Aron, con il discorso sulla guerra sviluppato da Compte. Le vicende del resto del Novecento non sembrano però avvalorare la disgnosi schumpeteriana. Quello che poteva valere per il Reich gugliemino, in termine di autorità degli Junker o di egemonia del prussianesimo, ben difficilmente poteva essere applicato alla mobilitazione totale della Germania hitleriana. Anche l'opzione teorica della neutralità politica dell'economia, che incontrò già le critiche di Carl Schmitt, appare oggi difficilmente sottoscrivibile. Ciò nonostante il testo di Schumpeter, con tutti i suoi limiti, continua a presentare un notevole interesse in quanto insiste, criticamente e provocatoriamente, su una relazione, quella fra guerra e interessi economici, facile da affermare, a livello di senso comune, ma ben più difficile da articolare in termini analitici.

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Marco Cordone : (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Empoli)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

VALDARNO / VALDELSA pag. 5 Marco Cordone :«Riapriamo il centro» GAMBASSI TERME INTERROGAZIONE IN CONSIGLIO COMUNALE GAMBASSI TERME IL TRAFFICO tra i punti all'ordine del giorno del consiglio comunale convocato per stasera alle 20,30 a Gambassi Terme. Sono difatti in discussione due interrogazioni del capogruppo del centrodestra Marco Cordone( foto): la prima riguarda la proposta per una «più ampia riapertura del centro al traffico veicolare», vale a dire via Garibaldi e piazza Roma. La seconda invece mira ad ottenere spiegazioni sullo svolgimento in forma coordinata di servizi di polizia municipale fra Gambassi-Montaione, Certaldo e Montespertoli «di cui attacca Cordone siamo venuti a conoscenza solo da notizie di stampa». Il leit-motiv sarà però l'ipotesi legata alla riapertura del centro, che secondo Cordone porterebbe benefici economici ai commercianti soprattutto in questi chiari di luna contrassegnati dalla grave crisi finanziaria: «Bisogna sapere una volta per tutte se sindaco e giunta sono d'accordo con questa ipotesi oppure no. Ho proposto un orario più ampio rispetto a quello attuale». Image: 20090325/foto/2546.jpg

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Risparmi, la via dell'autodifesa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-03-25 - pag: 14 autore: Risparmi, la via dell'autodifesa di Marco Liera N on resti ingannato il lettore dal titolo del libro. Generazione no risk non è un inno all'investimento senza rischi come unica via d'uscita ai crolli dei mercati e ai vari default che hanno eroso i risparmi dei cittadini. Le 200 pagine scritte da Orazio Carabini vogliono fissare il cambiamento epocale che la crisi subprime, unita a una serie di crack finanziari, sta inducendo nelle attitudini di milioni di risparmiatori. I quali sono stati prima di tutto vittime d'intermediari in conflitto d'interesse, incuria dei policymakers, e di un sistema finanziario che per lustri ha fondato i suoi Roe a doppia cifra sulle differenze cognitive tra domandae offerta di servizi d'investimento. Lo tsunami dei mercati è assieme capitolo finale e evento-chiave che porterà i risparmiatori a farsi molto più diffidenti nei confronti di qualsiasi proposta d'impiego dei risparmi proveniente dall'industria finanziaria. No-risk significa dire di no soprattutto ai rischi inutili, alle operazioni incomprensibili e costose, alle illusioni di rendimenti elevati. Alla banca che si finge amica, al promotore che mostra proiezioni di risultati eccezionali, al gestore che si vanta delle performance degli ultimi mesi, ai banker arricchiti che propongono derivati che anziché proteggere dai rischi li amplificano. C'è un segnale nuovo importante che dà la dimensione del cambiamento in atto. Con la grande crisi è diventato molto più frequente sentire risparmiatori preoccupati della solidità della propria banca. In tutto il dopoguerra, questo "metavalore" non era stato mai messo in dubbio. Carabini parte da questo punto di svolta per sviluppare la discussione sulle varie formule e sugli strumenti finanziari che negli ultimi anni hanno procurato danni e perdite inattese nelle tasche degli italiani. Argentina, Cirio, Parmalat. Per arrivare alle polizze Vita con sottostanti bond Lehman Brothers, alle azioni, ai deludenti fondi comuni d'investimento, alle obbligazioni strutturate. Ma Generazione no risk sarebbe un testo incompleto ancorché tutto da leggere - se fosse solamente finalizzato a denunciare le patologie del sistema finanziario. I risparmiatori sono più che mai disorientati sulle direzioni da prendere, e hanno bisogno di risposte precise. è per questo che il contenuto prevede anche «elementi di autodifesa». Che sono sostanzialmente due: un aumento della consapevolezza dei risparmiatori, da attuare anche con campagne d'alfabetizzazione finanziaria. E poi l'attesa sul ruolo dei consulenti finanziari indipendenti, più volte ricordati nelle pagine del libro, come possibile alternativa all'intermediazione tradizionale in conflitto d'interessi. Il tutto, come scrive Carabini, con grande realismo: i risparmiatori «mugugnano, protestano sui giornali e alla televisione, ricorrono anche ai tribunali... ma poi, appena passata la buriana, sono di nuovo lì, in gregge, pronti a cavalcare il prossimo ciclo positivo dei mercati. Fino alla stangata successiva». Pubblichiamo un ampio stralcio delle conclusioni di Generazione no risk. Elementi di autodifesa per i risparmiatori. Il libro di Orazio Carabini analizza gli effetti della crisi finanziaria sul risparmio delle famiglie e fornisce delle indicazioni agli investitori su come affrontare le scelte che li attendono. di Orazio Carabini N on è solo una questione di buon senso. E non basta nemmeno disciplinare meglio i rapporti tra le famiglie e gli intermediari. Quello della gestione del risparmio è un problema politico a tutti gli effetti. Di cui, peraltro, nessun politico si occupa. Perché in gioco non c'è solo l'equilibrio del bilancio delle famiglie, ma il funzionamento del capitalismo. I risparmiatori italiani hanno sperimentato sulla loro pelle che cosa significa investire in titoli rischiosi. Hanno guadagnato nei periodi di boom e hanno perso durante le crisi, imparando che gli "strappi" sono frequenti e che per ottenere buoni rendimenti bisogna essere tempestivi, cioè comprare e vendere al momento giusto. Hanno conosciuto le insidie del mercato, che non è un club di bridge per ricchi galantuomini dove prevalgono la correttezza, la trasparenza e la dedizione al cliente, ma un'arena in cui le banche e gli altri intermediari devono recuperare quello che hanno perso quando si è ridotto il circuito del credito. Ecco allora che gli intermediari si presentano sotto un'altra veste: confezionano prodotti complessi ( spesso poco trasparenti), li vendono a caro prezzo, danno consigli alle famiglie su come impiegare il risparmio. Sanno anche che gli italiani vengono da un lungo periodo d'inflazione a due cifre e sono abituati a rendimenti nominali, cioè al lordo dell'inflazione, elevati. Così chiedono titoli che promettono rendimenti più alti senza tener conto del maggior rischio che comportano. Il risparmiatore tuttavia è in soggezione. Scegliere gli fa paura perché è difficile e perché gli errori hanno conseguenze importanti sul bilancio della sua famiglia. Si appoggia alla banca, e tende a fidarsi. Ma le banche sono imprese come tutte le altre. Sono società per azioni, non enti di beneficenza. E pensano ad aumentare i propri profitti senza guardare in faccia nessuno. Il cliente è una comparsa che si rimpiazza. L'importante, per la banca, è vendere il prodotto che rende di più, non quello più adatto al risparmiatore e alla sua famiglia. Non c'è necessariamente un movente doloso in tutto questo: le vere e proprie truffe sono poche. è il sistema che funziona così: si prospetta al risparmiatore la possibilità di guadagnare di più ma il rischio è tutto suo. Se le cose vanno male, è lui che ci rimette. E quando arriva un ciclone come quello del 2008 le conseguenze sono pesanti. Ora s'impone una riflessione. Anche chi credeva nel modello anglosassone deve fare autocritica: il mercato non porta sempre benessere. Anzi, è "imploso" a causa dell'avidità dei suoi stessi attori, dell'inefficacia delle regole, della debolezza delle autorità di vigilanza. L'Italia ha pagato un prezzo elevato anche se l'origine della crisi finanziaria era altrove. Ma adesso è urgente ripristinare il circuito che porta il denaro delle famiglie alle imprese. Il problema è come. La gran parte dei risparmiatori dispone di somme modeste ed è indifesa di fronte alle banche, perché non ha una sufficiente educazione finanziaria e non ha accesso alle informazioni che servono per muoversi sui mercati. Ha senso che queste persone investano in strumenti rischiosi mettendo a repentaglio il loro intero capitale? Che si affidino alle banche salvo poi lamentarsi del risultato? Che, com'è accaduto talvolta, debba intervenire lo Stato, cioè i contribuenti, per limitare i danni? è evidente che non è sensato e non è giusto. Il risparmio delle famiglie va incoraggiato, e bisogna fare di tutto perché non diminuisca la propensione degli italiani ad accantonare una parte del reddito. Tuttavia è necessario ridurre al minimo la possibilità che si sentano traditi o presi in giro. Ed è indispensabile che possano risparmiare mantenendo almeno intatto il capitale, recupero dell'inflazione compreso, in qualsiasi circostanza. Solo così le prossime saranno generazioni no risk. Per ottenere questo risultato servono quattro passaggi: e Una campagna informativa mirata a spiegare che tutti gli strumenti finanziari comportano un rischio per l'investitore. r Una volta chiarito che tutto è rischioso, per incentivare il risparmio bisogna decidere quali forme sono garantite e in che modo. Dev'essere il Governo ad annunciare solennemente che per ogni persona fisica sono assicurati soltanto i depositi bancari fino a 100mila o a 200mila euro. t Va eliminata la differenza di tassazione che esiste tra i depositi bancari e gli altri titoli: oggi si paga il 27% sugli interessi sul conto corrente contro il 12,5% prelevato su tutte le altre rendite finanziarie. Se il conto corrente diventa l'unica forma garantita di risparmio, non ha senso penalizzarlo sotto il profilo fiscale. Le aliquote vanno unificate al 12,5% oppure a un livello più alto, se si vuole mantenere invariato il gettito. u Bisogna incentivare anche forme d'investimento di natura previdenziale, a lunga scadenza, soprattutto per i più giovani. Si possono incoraggiare piani d'accumulazione in fondi pensione o in fondi comuni d'investimento, anche a contenuto azionario, di una parte del reddito, purché l'orizzonte sia lontano nel tempo e i versamenti siano periodici, non in un'unica soluzione, per evitare che il momento dell'investimento sia determinante nel calcolo del rendimento. Così tutto sarebbe più chiaro: chi vuole stare tranquillo, può avere la certezza che in nessun caso perderà il capitale; chi vuole rischiare, sarà libero di farlo e avrà tutte le garanzie di trasparenza che già oggi sono previste e che, nei limiti del possibile, danno all'investitore la possibilità d'informarsi e di valutare i rischi cui va incontro. Non sarà, quindi, come puntare al casinò. Tuttavia non ci sarebbe spazio per recriminazioni in caso di perdite che non siano dovute al dolo o alla truffa vera e propria. Il nuovo capitalismo non sarà più quello puro dei mercati finanziari e delle privatizzazioni, della democrazia economica e dell'azionariato diffuso (public company). Sarà un capitalismo imperniato, in una prima fase, sullo Stato proprietario di banche che filtreranno il denaro nel suo percorso dai risparmiatori alle imprese. Successivamente, su una regolamentazione e su una vigilanza pubblica dell'attività finanziaria particolarmente attenta. Sarà un capitalismo migliore di quello attuale? Non è detto. Ma non resta che tentare con questa formula. Perché quella precedente ha deciso di suicidarsi.

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Per banche e assicurazioni più premi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: JOB 24 data: 2009-03-25 - pag: 27 autore: Crescita ridotta (+0,2%) ma il settore ha tenuto senza registrare il calo dei servizi Per banche e assicurazioni più premi Nonostante la crisi, sono le banche e le assicurazioni a elargire gli stipendi più alti ai propri dirigenti e funzionari. Secondo i dati elaborati da Od&M Consulting, nel 2008 la busta paga dei manager è di 108.581 euro, mentre quella dei quadri è di 52.935. Retribuzioni che sono rimaste stabili rispetto al 2007 (registrano infatti un trend di crescita pari allo 0,2%), ma risultano elevate se confrontate con quelle del settore delle società dei servizi, i cui valori sono al di sotto della media nazionale in tutte le categorie, dai dirigenti con 95.714 ai quadri: 47.875 euro all'anno. Cifre che secondo Giordano Tamagni, partner di Key 2 People (società di executive search), fanno parte della tradizione delmercato del lavoro italiano e ne confermano l'andamento storico: «Il mondo del credito e delle assicurazioni ha sempre pagato meglio i propri dipendenti, anche perché a livello sindacale questi settori hanno avuto un potere contrattuale più forte rispetto a industria e servizi». Se poi la retribuzione dipende dalla domanda e dall'offerta,bisogna considerare che in questo settore è richiesto un alto livello di expertise, che non tutti i manager hanno, e che diventa un valore aggiunto. «Chi ha tali capacità, non facilmente riscontrabili sul mercato, chiede all'azienda che lo vorrebbe arruolare un riconoscimento economico elevato spiega Andrea Pettinelli, business development manager di Seltis - . Richiesta retributiva accordata dagli stessi azionisti dell'azienda che premiano così la capacità del manager di generare ricavi e utili». é il mercato, quindi, che detta il trend. Inoltre «quello bancario e assicurativo sono settori che hanno sempre richiesto specifici profili provenienti dal medesimo comparto. E così le possibilità di scelta si restringono - racconta Pettinelli - Ciò determina una concezione a piramide che fa lievitare i compensi. Ecco perché il trasferimento di un dirigente all'interno del settore creditizio comporta un aumento della sua retribuzione del 20 per cento». Una posizione privilegiata che è agevolata anche da una minore competitività, tutta italiana, del settore: «Nel mondo finanziario, più che nell'industria e nei servizi, è sempre stato più facile per il management conseguire i risultati necessari per ottenere bonus e incentivi. Una minore concorrenza, giustificata dal fatto che in Italia il mondo del credito è quasi un oligopolio, che ha fatto lievitare questa differenza retributiva », commenta Tamagni. Benefit che dipendono comunque dalle dimensioni dell'azienda: «Dirigenti che lavorano in una banca di credito cooperativa o regionale, non guadagneranno mai come i manager delle banche multinazionali, sebbene operino nello stesso settore», dice Pia Sgualdino, responsabile della divisione banking della Michael Page. Nonostante le differenze tra le aziende, il settore finanziario resta comunque tra i più remunerativi anche perché «a livello internazionale, soprattutto nell'investment banking, le retribuzioni dei trader e dei dirigenti delle società hanno beneficiato del meccanismo fondato sulle speculazioni finanziarie », commenta Tamagni. Ma ora queste retribuzioni subiranno un arresto: «Il mondo del credito sta soffrendo di più ma in Italia rimarrà stabile per tutto il 2009. Anche chi non è in crisi per ora non si muove», racconta Sgualdino. Secondo le previsioni delle società di ricerca e selezione, nel 2009 se la retribuzione fissa non subirà incrementi, i bonus legati agli obiettivi prefissati nel 2008 non saranno raggiunti e quindi sarà la componente variabile a subire un decremento. Ma niente allarmismi, «il mercato italiano è colpito dalla crisi, ma meno che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove le attività finanziarie sono state più aggressive spiega Tamagni - Da noi anche il mondo delle assicurazioni ad esempio risente meno del disastro dei mercati finanziari. Non abbiamo avuto un caso Aig, le stesse assicurazioni hanno fatto meno avventure con i derivati, sono state più prudenti e conservative. E oggi questo atteggiamento premia e i primi a goderne sono proprio i dirigenti», conclude. IL RECLUTAMENTO Le società di selezione: il comparto è sostenuto dalla buone relazioni sindacali e dall'assenza di concorrenza sui talenti

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NEW YORK - Usciremo dalla crisi, e con il tempo e la pazienza ci riprenderemo dalla re... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 Chiudi di FLAVIO POMPETTI NEW YORK - «Usciremo dalla crisi, e con il tempo e la pazienza ci riprenderemo dalla recessione». Obama è tornato a parlare agli americani ieri sera nella prima fascia di ascolto televisiva a rete unificate, e ha detto che vede «segni di progresso» che indicano una via d'uscita. Ha chiesto collaborazione agli americani e al Congresso ha chiesto nuovi poteri di controllo sugli istituti finanziari non prettamente bancari. Ha ripetuto, in sostanza, quanto il Tesoriere Geithner e il presidente della Banca Centrale Bernanke avevano già detto in Commissione Finanze della Camera, in risposta alla rabbia dei politici per il recente scandalo sula salvataggio da 170 miliardi di dollari della società di assicurazioni AEG. I due amministratori hanno difeso l'operato del governo: «Se avessimo potuto - ha detto Bernanke - avrei preferito commissionare la AIG e guidarla ad una liquidazione pilotata. Ci è stato impossibile perché non ne avevamo la facoltà». A chi chiedeva perché i soldi pubblici sono stati usati per pagare i debiti della AIG con grandi banche estere come la Deutsche Bank, la Societé General e la UBS, Geithner ha ricordato che l'insolvenza del gigante assicurativo avrebbe avuto conseguenze catastrofiche per i mercati finanziari. Tesoro e Fed hanno chiesto ieri che il Congresso dia loro nuovi margini di intervento presso le istituzioni finanziarie non bancarie fino ad autorizzare la loro liquidazione, se necessaria. Nel caso della AIG tale facoltà avrebbe permesso al Tesoro americano ad esempio di annullare i contratti che hanno obbligato l'azienda ad elargire 165 milioni di premi ai propri manager, e risparmiare ai contribuenti l'onta di vedere premiare alcuni degli artefici del tracollo della società. La rabbia per i buoni premio è stata comunque mitigata ieri dalla notizia di un accordo negoziato dal ministro della Giustizia dello stato di New York Andrew Cuomo, il quale ha già ottenuto la restituzione volontaria di 50 milioni di dollari da parte di alcuni dei manager della AIG. La stessa posizione di Geithner è sembrata più solida nella seduta parlamentare di ieri, dopo gli attacchi personali degli ultimi giorni e dopo il rinnovo della fiducia di Obama nei suoi confronti. Giovedì il tesoriere tornerà al Campidoglio per perorare la causa della espansione dei poteri, mentre il team economico della Casa Bianca sta formulando la proposta di regolamentazione internazionale che Obama vuole portare al G20 di Londra. Anche i leader europei sono pronti ad applicare uno stretto giro di vite sui controlli: Gordon Brown ieri ha promesso "L'inizio della fine per i paradisi fiscali" e per le banche ombra, mentre il presidente della Commissione Ue Barroso ha promesso la fine del "Far West" per private equity ed hedge funds.

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Deutsche Bank torna ottimista (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-25 - pag: 40 autore: Credito. Anche Credit Suisse registra un inizio d'anno in ripresa, rafforzando le speranze che il peggio sia alle spalle Deutsche Bank torna ottimista Il Ceo Ackermann rinuncia al bonus - Il 55% della banca in mani tedesche Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente Deutsche Bank e Credit Suisse hanno annunciato ieri che i primi mesi dell'anno si sono chiusi in ripresa, dopo un 2008 drammatico, segnato da un tracollo dei mercati e dal fallimento di Lehman Brothers. Sul futuro dei conti bancari, in Europa e negli Stati Uniti, pesa tuttavia l'andamento di un'economia che rimane fragilissima. Nel rapporto annuale pubblicato ieri, il presidente di Deutsche Bank Josef Ackermann ha spiegato che l'anno ha registrato una «buona partenza». Il banchiere ha ribadito che l'istituto tedesco non ha bisogno di un aumento di capitale. «Se l'economia globale, i mercati finanziari e il contesto normativo si svilupperanno come previsto, la banca tornerà in utile nel 2009». Un aspetto interessante emerso ieri è il ritorno della maggioranza del capitale della banca in mani tedesche. L'anno scorso,e in particolare negli ultimi tre mesi del 2008 quando il prezzo del titolo della banca era caduto ai minimi sul casoLehman, oltre 220.000 investitori tedeschi hanno acquistato azioni dell'istituto, raddoppiando così la quota in mano al retail al 29% del capitale: a fine anno, il 55% di Deutsche Bank è così tornato in mano ad azionisti tedeschi (a fine 2007, erano al 45%). Deutsche Bank ha registrato nel 2008 la prima perdita annuale dell'ultimo mezzo secolo, pari a 3,9 miliardi di euro, complice il crollo dei mercati. Da allora, la banca che ieri in Borsa ha chiuso in rialzo del 4,5% a 32,08 euro- sta riducendo i costi, svalutando il prezzo di molte attività finanziarie, chiudendo alcune divisioni. Ackermann, che per anni è stato uno dei dirigenti d'impresa più pagati d'Europa, ha deciso di ridurre il suo stipendio del 90%: nel 2008, ha guadagnato 1,39 milioni di euro, rispetto ai 14 milioni del 2007. Anche gli altri membri del consiglio di gestione della banca tedesca hanno guadagnato meno: tra i 625 e gli 893mila euro, rispetto ai 5,7 milioni di euro ciascuno nel 2007. La questione delle retribuzioni dei managers è politicamente sensibile: nelle scorse settimane il Governo federale ha presentato un progetto di legge per limitare gli stipendi dei managers. Lo stesso ha deciso di fare il presidente di Credit Suisse, Brady W. Dougan, che l'anno scorso ha incassato 2,86 milioni di franchi, rispetto ai 22,3 milioni di due anni fa. D'altro canto, l'istituto di credito svizzero ha seguito più o meno la stessa traiettoria di Deutsche Bank. Nel quarto trimestre ha messo a segno una perdita netta di 6,02 miliardi di franchi svizzeri. Nel contempo, tuttavia, ieri la banca di Zurigo, il cui titolo ieri ha chiuso in ribasso del 3,65% a 35,38 franchi, ha annunciato che i primi due mesi dell'anno si sono chiusi in crescita. L'ottimismo delle due banche europee giunge dopo che negli scorsi giorni dagli Stati Uniti anche Citigroup, JP Morgan e Bank of America hanno lanciato segnali di speranza sull'andamento dei risultati nel 2009. Tutte hanno approfittato di una ripresa del settore obbligazionarioe in generale di mercati finanziari un po' più stabili. Per ora, le grandi banche hanno resistito al crollo finanziario del 2008. In un rapporto alla fine dell'anno scorso, la Banca centrale europea aveva messo l'accento proprio su questo aspetto, sottolineando che la contrazione dell'attività economica sarebbe stata pericolosa per banche già indebolite dalla tempesta finanziaria (si veda Il Sole 24 Ore del 16 dicembre 2008). Forse è anche per questa ragione che Deutsche Bank non esclude tagli al personale. LO SCENARIO Nel rapporto annuale si prevede che la banca possa tornare in utile quest'anno Il numero uno ribadisce: nessun aumento di capitale

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Lehman pesa su Mediolanum (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-03-25 - pag: 41 autore: Il risultato netto cala a 23,6 milioni Lehman «pesa» su Mediolanum Monica D'Ascenzo MILANO «Il pessimo andamento dei mercati finanziari durante tutto l'anno e in particolare nell'ultimo trimestre, che ha influito sui ricavi da commissioni del settore del risparmio gestito» ha avuto un impatto sui conti di Mediolanum relativi allo scorso esercizio. L'anno si è chiuso, infatti, con un utile netto di 23,6 milioni dai 212 milioni del 2007. L'utile netto pro forma, cioè escluso l'effeto dell'operazione Lehman Brothers, ha visto in calo del 38% a 131 milioni. Le masse amministrate sono risultate in calo del 15% a 29,5 miliardi, mentre la raccolta netta è stata positiva per 2,49 miliardi. «Se continuiamo a crescere, non si può che essere ottimisti e prevedere una crescita degli utili, ma è un po' presto per dirlo» ha commentato Ennio Doris, l'amministratore delegato del gruppo, aggiungendo: «Adesso la ripresa borsistica ci premierà. Se non saranno gli utili 2009 saranno quelli del 2010 ad esplodere». Alla base delle attese positive di Doris sono la raccolta netta positiva messaa segno dal gruppo nel 2008, la continua crescita dei correntisti della banca e la forte esposizione del patrimonio gestito dal gruppo sull'azionario, pronto a beneficiare della ripresa dei listini. I risultati 2008 pro forma, spiega una nota, non tengono conto dell'effetto dell'operazione Lehman Brothers «alla luce della particolare natura dell'intervento dei soci di maggioranza, che ha portato il patrimonio netto al medesimo valore che sarebbe risultato qualora l'operazione Lehman Brothers non avesse avuto luogo». Viene inoltre ricordato che «a sostegno dei clienti titolari di polizze index- linked con sottostanti obbligazioni Lehman Brothers, i soci di maggioranza gruppo Doris e Fininvest hanno rinunciato all'acconto dividendi », pari a 0,085 euro ad azione, e hanno «contestualmente effettuato un versamento a titolo di finanziamento» per un totale conferito dai due soci di 120 milioni. Il cda, che ha approvato i dati di bilancio, ha deliberato di proporre all'assemblea dei soci, convocata per il 23 aprile (24 in seconda convocazione), la distribuzione di un dividendo di 0,15 euro contro gli 0,20 euro del 2007. Dopo l'anticipo di 0,085 euro dello scorso novembre, sarà pagato un saldo di cedola di 0,065 euro per azione a partire dal 21 maggio. Dallo spaccato per aree geografiche si evidenzia una flessione del 31% a 144 milioni dell'utile netto con masse amministrate scese del 13% a 27,853 miliardi. Nel dettaglio Banca Mediolanum ha avuto una raccolta netta in crescita del 55% a 2,61 miliardi e in controtendenza rispetto al mercato unaraccolta netta del risparmio gestito positiva per 991 milioni, in crescita del 39%. Banca Esperia, di pertinenza del gruppo per il 48,5%, ha registrato un utile netto di 4 milioni (2 milioni di pertinenza del Gruppo Mediolanum) in calo dell'86% «principalmente a causa della riduzione delle masse e dell'assenza di commissioni di performance », spiega la nota. Le masse amministrate hanno evidenziato una flessione del 14% a 8,065 miliardi (3,912 miliardi quota Mediolanum). Le attività sui mercati esteri hanno rappresentato per il gruppo una perdita di 13 milioni a fronte di masse amministrate per 1,706 miliardi, il 37% in meno rispetto ai risultati 2007. Il gruppo ha inoltre comunicato che con riferimento all'embedded value, relativo a tutte le attività del mercato domestico (esclusa Banca Esperia) e al mercato spagnolo esclusa l'attività bancaria, i dati a dine 2008 hanno fatto registrare un valore in flessione del 20% a 2,544 miliardi. In particolare il valore della nuova produzione è stato positivo per 191 milioni. Il titolo ieri ha chiuso le contrattazioni in rialzo del 10% a 2,64 euro per azione. PRO FORMA Al netto delle operazioni non ricorrenti i guadagni si attestano a 131 milioni In distribuzione 0,15 euro per azione

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Caucciù, rialzi targati Pechino (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2009-03-25 - pag: 46 autore: Coloniali. Le quotazioni si staccano dai minimi grazie alla ripresa del settore auto in Cina Caucciù, rialzi targati Pechino La richiesta mondiale però è prevista ancora in discesa Roberto Capezzuoli Da diverse settimane i mercati della gomma naturale presentano una situazione di stallo. Dal lato dell'offerta, si attende la conclusione dell'inverno nel Sud Est asiatico, l'area geografica da cui proviene più del 70% di tutto il caucciù. La domanda invece è legata a doppio filo al settore auto, che assorbe un'analoga percentuale del totale mondiale. Le quotazioni però danno qualche segnale incoraggiante, dopo il tracollo registrato nell'ultima parte dell'anno scorso. Allora i prezzi della Rss3 al Sicom di Singapore passarono in sei mesi dal record assoluto di 331,50 cents Usa per kg (picco del 16 giugno) al minimo quinquennale di 101 cents del 12 dicembre. La caduta – legata alla crisi finanziaria e alla frenata dei consumi – era stata ingigantita anche dalla cancellazione di contratti d'acquisto da parte di diversi compratori cinesi poco propensi a pagare le cifre concordate in precedenza e divenute eccessivamente elevate rispetto a quelle correnti. Ieri a Singapore il future per consegna vicina ha chiuso a 147 cents, recuperando il 45% in poco più di tre mesi, sorretto dai piani di contenimento dell'offerta e dai miglioramenti nella richiesta cinese. Pechino è il primo importatore mondiale e in febbraio i suoi acquisti di gomma all'estero sono scesi del 40%, ma il piano di stimolo dell'economia ha già migliorato la produzione di automobili. L'Associazione cinese delle industrie della gomma ritiene che quest'anno i consumi di caucciù possano arrivare a 2,65 milioni di tonnellate, in aumento del 4,7% sul 2008, mentre lo State Reserve Bureau pare intenzionato ad acquistare fino a 80mila tonnellate di gomma naturale dai produttori locali per costituire riserve strategiche e sostenere contemporaneamente il settore. Dagli altri consumatori però non giungono segni di rilancio. Hidde Smit, segretario generale dell'International Rubber Study Group, ha appena corretto al ribasso la stima sui consumi di gomma nel 2009, indicando un calo generale che, nel migliore dei casi, sarà del 6,4%. Una flessione sensibile toccherà alla gomma sintetica, mentre il caucciù dovrebbe fermarsi a 9,3 nilioni di tonnellate, il 2,7% in meno rispetto al 2008. Thailandia, Indonesia e Ma-laysia, i tre big, intendono ridurre l'offerta di 700mila tonnellate e un taglio analogo, del 9-10%, dovrebbe essere applicato all'offerta vietnamita. Però Mike Coleman, della Aisling Analytics, ci crede poco: con prezzi a 140-150 cents di fronte a costi di 50-60 cents, tagliare davvero è difficile, a meno che le quotazioni non scendano sotto i 100 cents. I TAGLI DEI PRODUTTORI L'intenzione di Thailandia, Indonesia, Malaysia e Vietnam quest'anno è quella di ridimensionare l'export del 10%

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La mina dei fondi pensione (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-03-25 - pag: 8 autore: La mina dei fondi pensione Deficit a 400 miliardi di dollari per le società quotate in Europa e Usa Marco lo Conte Fabio Pavesi Chi considera il piano Geithner il punto di svolta della crisi finanziaria che da un anno e mezzo ha travolto il mondo della finanza e l'economia globale, potrebbe ricredersi. Perché, negli Stati Uniti ma anche al di qua dell'Atlantico, c'è una mina ancora da disattivare: è il deficit dei fondi pensione, ossia delle strutture previdenziali messe a disposizione dalle aziende Usa ed europee ai propri dipendenti. Un rosso ancora celato nei bilanci aziendali e che ha per ora un sapore virtuale. Che rischia però di trasformarsi in perdite reali con i maxi-esodi annunciati da molte aziende. Il fardello inesploso A quanto ammonta il fardello inesploso dei fondi? Le stime parlano di circa 320 miliardi di dollari di deficit solo per le compagnie dell'S&P500; cui vanno aggiunti i 69 miliardi stimati da Ubs per le società europee a fine 2008, cresciuti con tutta probabilità nel primo bimestre del 2009 fino a 80 miliardi circa. In tutto 400 miliardi di dollari, che equivale alla differenza tra gli asset investiti dal fondo pensione e il denaro che il fondo stesso utilizza per pagare le prestazioni pensionistiche dei dipendenti, secondo il modello a prestazione definita tipicamente anglosassone. Che con le Borse in salita ha retto, ma ora è in prossimità di diventare un boomerang. Il deficit è esploso con lo tsunami dei listini, vanificando in un colpo solo i buoni risultati raggiunti tra il 2002 e il 2007, tanto che negli Usa l'attivo aveva superato dell'8%, a inizio 2008, il totale delle passività. Le sfumature del «rosso» Il «rosso» previdenziale ha tonalità differenti per le diverse società: c'è quello acceso di Exxon, che sitrova con un deficit pari al 15,4%, ma che con un'esposizione al mercato azionario per il 75% del portafoglio non fa certo dormire sonni tranquilli. C'è il rosso fuoco Bae System, con circa 2 miliardi di rosso e passività pari alla propria capitalizzazione di Borsa. E poi il rosso incandescente delle società automobilistiche statunitensi: quello di Ford, in deficit di circa 12 miliardi, ossia circa cinque volte la capitalizzazione di mercato della società di Detroit; e quello clamoroso e che rischia di provocare la bancarotta di General Motors, che vola ormai a 25,5 miliardi e mezzo di passivo, 12 volte circa il suo valore di Borsa. E poi c'è il rosso lampeggiante di General Electric, da sempre simbolo e vanto dell'affidabilità a stelle e strisce e ora fresca di downgrading ad AA-: in un anno è passato da un saldo tra attivo e passivo di 59,7 miliardi di dollari ad un deficit di circa 6,8 miliardi. Cifre che possono ampliarsi in una spirale negativa, in caso di proseguimento della crisi. Tocca alle aziende ripianare questi deficit, secondo quanto prescrivono le autorità di vigilanza. Le quali – così come in altri contesti – mostrano una certa benevolenza nei confronti di queste strutture, dilazionando, come nel caso britannico, il periodo concesso per il ripianamento del deficit fino a 5 anni. Le contromisure C'è chi invece è intervenuto: Ing Group, che ha già ottenuto la garanzia dello Stato sui propri asset tossici, ha recentemente stanziato 814 milioni di euro per rifinanziare il suo fondo pensione; per il gruppo olandese non è il primo intervento, visto che negli ultimi due anni ha iniettato quasi due miliardi nel fondo. La crisi finanziaria ha messo a nudo questo modello di fondo pensione, garantito nella sua efficienza e gestito nella sua strategia dall'azienda stessa, che gioca tutte le sue carte sull'esposizione all'equity. Sopravviveranno alla crisi e ai suoi strascichi? Non ne è convinta la Nafp, l'associazione che rappresenta 1.200 fondi pensione inglesi che con i loro acquisti posseggono il 15% dell'intero mercato azionario britannico: il 52% dei fondi a prestazione definita, sostiene in un recente studio, potrebbero chiudere. Tra le vie d'uscita indicate, la trasformazione in fondi a contribuzione definita, come quelli italiani, che offrono meno garanzie a priori e scaricano sugli aderenti i rischi connessi ai mercati. Ma che nel 2008 hanno contenuto le perdite medie all'8,4%. Sarà anche un modello giovane e di un Paese antico i cui uomini di finanza «non parlano inglese »; ma per ora la grande crisi lo sfiora appena. CONTROMISURE La perdita «virtuale» rischia di diventare reale con i tagli ai posti di lavoro Ing Group corre ai ripari con 814 milioni di euro

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LA crisi finanziaria esplosa nell'agosto del 2007 ha ormai contagiato l'economia reale. Ovun... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 25 Marzo 2009 Chiudi di LAMBERTO DINI LA crisi finanziaria esplosa nell'agosto del 2007 ha ormai contagiato l'economia reale. Ovunque nel mondo la produzione industriale registra drastiche diminuzioni, e con essa il prodotto complessivo. Per la prima volta da molti lustri nel 2009 il volume complessivo del commercio internazionale si ridurrà. La crisi comincia a fare sentire i suoi effetti sull'occupazione, non solo negli Stati Uniti. All'interno dei singoli stati si moltiplicano le iniziative tese ad arginare la crisi. Le politiche monetarie hanno ovunque assunto un orientamento fortemente espansivo. Non solo portando i tassi d'interesse a livelli inusitatamente bassi. Ma anche avviando da molte parti "interventi non convenzionali"; in pratica, stampando moneta per finanziare debito pubblico e privato. Le politiche di bilancio in vario grado hanno anch'esse assunto un atteggiamento espansivo. Si affastellano gli interventi di sostegno al sistema bancario e finanziario. Spesso con ampio ricorso alle finanze pubbliche. Purtroppo, nonostante tutto questo affannarsi, per ora la ripresa generalmente attesa nel prossimo anno rappresenta più un wishful thinking che una previsione basata su fatti osservabili. Accanto alle iniziative nazionali si moltiplicano le occasioni nelle quali la comunità internazionale in tutte le configurazioni possibili e con diverso grado di ufficialità si incontra per tentare di arginare la crisi e sperare di avviare la ripresa. A vario titolo si parla della necessità di una "nuova Bretton Woods" che, a distanza di 65 anni dalla conferenza tenuta nella cittadina del New Hampshire, getti le basi per un nuovo ordine nelle transazioni finanziarie e valutarie internazionali. Se ne parla, ma forse senza la sufficiente chiarezza degli obiettivi da perseguire. Quale che sia la ricostruzione che si voglia fare della crisi in corso, non vi è dubbio sul fatto che essa sia stata almeno favorita dalla presenza di gravi squilibri macro-economici globali, sui quali da tempo si era soffermata l'attenzione degli osservatori più attenti. Squilibri rispetto ai quali il vigente ordine finanziario globale nulla può. È noto infatti che quel che rimane del sistema nato a Bretton Woods è in grado di costringere verso il riequilibrio i paesi piccoli che registrano una bilancia dei pagamenti in disavanzo. Ma nulla può nei confronti dei paesi in avanzo; e nulla può nei confronti dei paesi in disavanzo quando essi siano abbastanza grandi, e soprattutto quanto emettano una moneta di riserva internazionale. Ciò ha fatto sì che potesse crescere a dismisura l'avanzo di bilancia dei pagamenti della Cina, e si accumulasse quindi un potenziale di instabilità finanziaria che ancora grava sugli equilibri globali. E che al tempo stesso gli Stati Uniti potessero sistematicamente consumare più di quanto producevano, con ciò accumulando un gigantesco debito estero, anch'esso ovviamente fonte di rischi per la stabilità globale. Questo è il nodo gordiano da sciogliere: è in grado la comunità internazionale di darsi regole e strumenti capaci di vincolare all'equilibrio non solo le economie piccole e in disavanzo, ma anche quelle grandi e anche quelle in avanzo? Allo stato delle cose purtroppo non sembra. E la comunità internazionale sembra accettare soluzioni insufficienti alla bisogna. Si pensi ad esempio alle conclusioni del "rapporto Larosière" che si limita ad affermare, riguardo al Fondo Monetario Internazionale, cioè riguardo al soggetto che dovrebbe essere chiamato ad applicare le nuove regole, che esso dovrebbe essere dotato di un sistema di early warning. Come se un sistema di allarme anti-incendio possa essere considerato sufficiente a spegnere il fuoco, mentre nessuno si preoccupa di accertare che ci siano anche le bocchette alle quali i pompieri possano attingere l'acqua. In assenza di queste nuove regole, e credibili, si rischia di perpetrare gli squilibri macro-economici di fondo. Se non appare credibile la prospettiva che il disavanzo pubblico americano, ampliato a dismisura nella crisi, venga riassorbito in tempi ragionevoli, prima o poi i tassi d'interesse a lunga cresceranno; ne soffriranno gli investimenti, e con essi la prospettiva di uscire dalla crisi. Se non apparirà chiara a tutti, e credibile, una prospettiva di riequilibrio della bilancia dei pagamenti cinesi, e si diffonderà l'ipotesi secondo cui il nuovo grande player internazionale continuerà a manovrare al ribasso il proprio tasso di cambio per favorire le esportazioni, prima o poi le pressioni protezionistiche avranno il sopravvento nel resto del mondo. E non c'è peggior nemico della ripresa del diffondersi di politiche protezionistiche. È noto che nella Bretton Woods originaria ci si accontentò di realizzazioni inferiori a quelle ben più ambiziose proposte da Lord Keynes. Egli se ne ebbe a male, ma in fondo quegli accordi hanno retto il mondo fino al 1971; e anche dopo di allora, in un mondo cambiato, hanno in qualche modo assicurato un ordinato svolgimento delle vicende finanziarie globali. Oggi si rischia invece di accontentarsi di ancor di meno. E questo di meno potrebbe essere insufficiente.

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Arezzo crea una rete tra i poli dell'oreficeria (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: ECO-IMP Toscana data: 2009-03-25 - pag: 7 autore: Manifattura. Iniziativa Cdc al termine della fiera cittadina Arezzo crea una rete tra i poli dell'oreficeria Gianluca Baccani AREZZO Una rete dei distretti orafi per rilanciare il Made in Italy. Parte da Arezzo l'avventuradi “Gioiello Italiano”, il nuovo marchio che nasce da una iniziativa di Assicor, l'associazione delle Camere di Commercio delleprovince orafe per garantire una promozione unitaria. L'iniziativa è stata lanciata in chiusura della trentesima edizione di OroArezzo, la mostra orafa del distretto aretino. Ora le tre 3 province (Arezzo, Vicenza e Alessandria) di riferimento del settore dovranno definire i dettagli. «I dati che abbiamo a disposizione- commenta Giovanni Tricca, neo presidente della Camera di commercio, nonché del Centro promozioni e servizi, società organizzatrice della rassegna- confermano l'assoluta necessità di rifiutare logiche di frazionamento e di particolarismo. L'incontro va in questa direzione. è chiaro a tutti che se non si riesce a fare sistema, a fronte di una crisi complessa, difficilmente potremo sperare in un futuro meno problematico ». Intanto, la fiera aretina ha chiuso i battenti ieri con un bi-lancio in linea con le attese, dopo gli andamenti decisamente negativi degli appuntamenti che avevano preceduto OroArezzo. A tenere a galla la produzione orafa aretina sono sempre di più i paesi arabi. Se, infatti, i numeri della crisi per la provincia orafa leader a livello nazionale non assumono toni drammatici è proprio grazie alle performance che le aziende “Made in Arezzo” sono riuscite a conseguire nei paesi medio- orientali nel 2008. Già da tempo, i paesi arabi sono il primo cliente del distretto toscano e nel 2008 hanno aumentato i loro acquisti del 31%, con un picco del più 43,1% nell'ultimo trimestre dell'anno, proprio nel bel mezzo della crisi finanziaria che ha rischiato di travolgere le economia mondiali. Anche su scala nazionale gli Emirati Arabi hanno dato un contributo determinante, con un incremento del 23,8 per cento, facendo segnare addirittura un +50,6% nell'ultimo trimestre. Un dato incoraggiante, non fosse che a questo corrisponde l'ormai inarrestabile discesa degli acquisti da parte degli Stati Uniti, con un meno 36,9% nel 2008, che diventa –43,5% nell'ultimo trimestre dell'anno 2008. Nel complesso, il valore delle vendite all'estero dei gioielli italiani è calato nel 2008 dell'8,3 per cento. Migliore l'andamento nel distretto aretino, che nel 2008 ha fatto segnare una sostanziale tenuta del valore delle esportazioni di gioielleria e oreficeria, fermo a quota 1 miliardo e 425 milioni di euro (+0,2%), mentre gli altri due principali distretti produttivi (Alessandria e Vicenza) hanno denunciato, rispettivamente, diminuzioni del 16,2 e del 13,6 per cento. «La delicatezza del momento - spiega Giovanni Tricca, - ci ha spinti a intensificare gli sforzi per presentare agli operatori orafi italiani e internazionali un'edizione di OroArezzo di livello qualitativamente elevato. Alla fine, siamo riusciti a contenere l'inevitabile flessione, determinata dal momento delicatissimo per il comparto orafo mondiale». Nei quattro giorni di mostra, migliaia di operatori nazionali e stranieri hanno visitato la rassegna, e sui risultati, in termini di ordinativi, si intravede qualche luce. Sul campo. Giovanni Tricca, presidente della Cdc di Arezzo

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Il private equity raddoppia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: IN PRIMO PIANO Aifi data: 2009-03-25 - pag: 2 autore: Il private equity raddoppia Operazioni per 1,43 miliardi nel 2008 - Emilia-Romagna al top PAGINA A CURA DI Marco Marcatili Nonostante la crisi finanziaria abbia colpito tutti i comparti dell'economia reale,il 2008 ha dato buoni risultati nel CentroNord sotto il profilo degli investimenti in capitale di rischio e gli operatori sono molto fiduciosi nelle opportunità che il 2009 presenta in termini di operazioni di sviluppo e di ristrutturazione delle imprese. Secondo gli ultimi dati Aifi e PricewaterhouseCoopers, infatti, nello scorso anno le imprese della macroarea hanno attirato dai fondi di private equity il doppio dei capitali rispetto al 2007: 1.431 milioni di euro, oltre un quarto del dato nazionale, con una crescita su base annua del 95%, un ritmo doppio rispetto a quello del Paese (+ 44,8%), dove si risente del basso impatto del private equity nelle regioni meridionali. A determinare la corsa del Centro-Nord – dove attraverso investitori istituzionali, fondi pensione e fondazioni bancarie sono state realizzate nel 2008 103 operazioni di ingresso nell'azionariato delle imprese, contro 65 operazioni nel 2007 – è l'EmiliaRomagna. è lungo la via Emilia, infatti che si concentra il 90% del capitale di rischio investito l'anno scorso nell'area e il 45% delle operazioni. Dinamiche spinte, sul lato della domanda, dalla crisi di liquidità e dal razionamento del credito che hanno costretto anche gli imprenditori più diffidenti verso strumenti di finanza innovativa e ad aprire l'azienda a soci esterni e, sul lato dell'offerta, dall'andamento favorevole della raccolta di capitali attuata dai fondi negli anni precedenti oggi in grado di soddisfare una maggiore richiesta di interventi, soprattutto di expansion capital e buy out. Emilia-Romagna è la seconda regione in Italia per numero di operazioni effettuate, dopo la Lombardia, e la terza per ammontare investito, anche dopo il Lazio. Nel 2008 i fondi di private equity hanno incanalato nelle imprese emiliano-romagnole quasi 1.300 milioni di euro con una crescita del 138,7% rispetto al 2007. Più contenuta (+21% a 46) la crescita del numero delle operazioni chiuse nel corso dell'anno e questo ha probabilmente implicato un aumento del taglio medio delle operazioni e un'esclusione dal mercato dei capitali della maggior parte delle piccole imprese che costituiscono il tessuto produttivo della regione. Tuttavia, spiega Antonio Finocchi Ghersi, responsabile Fondo Centro impresa Sanpaolo Imi Fondi Chiusi Sgr, «in EmiliaRomagna circa il 35% delle operazioni è concentrata nelle aziende che fatturano tra i 50 e 250 milioni di euro e solo il 15% delle operazioni si rivolge alle grandi aziende sopra i 250 milioni». Marche Non ha ancora fatto presa nelle Marche lo strumento del private equity. Dopo il calo del 62,5% nel 2007, anche l'anno scorso l'ammontare investito dagli operatori di private equity nelle imprese marchigiane, pari a 5 milioni di euro, è sceso del 74,3%: «Nonostante lo scenario attuale – spiega Pier Franco Giorgi, ad di Focus Gestioni Sgr – il private equity potrebbe rappresentare nelle Marche un volàno importante per la crescita delle aziende locali ». Sulla mancanza dei fondi regionali a capitale misto pubblicoprivato, avviati invece nelle altre regioni del Centro-Nord, Giorgi sostiene che «potrebbe essere utile creare forme di collaborazione soprattutto con il mondo universitario». Toscana La cattiva notizia è che nel 2008 si è dimezzato il capitale investito nelle imprese toscane dai 159,3 milioni di euro del 2007 ai 72 del 2008, quella buona, invece, è che sono aumentate a 23 (+64,3%) il numero delle imprese beneficiarie che hanno richiesto e ottenuto l'intervento degli operatori di private equity. Per il futuro ci sono aspettative positive. «Le opportunità di investimento – secondo Gabriele Cappellini, dg di Mps Venture Sgr – stanno crescendo in questi primi mesi dell'anno aiutati dall'esigenza di liquidità delle imprese, ma soprattutto favoriti dalla sempre minore ritrosia degli imprenditori verso questi strumenti che non apportano solo soldi. Attualmente – continua Cappellini – stiamo valutando un'azienda toscana che mira a penetrare su nuovi mercati e non presenta problemi di liquidità, ma non ha la struttura organizzativa per farlo e vede nel fondo di private equity un ottimo partner per fare il salto di qualità». Umbria Un 2008 molto positivo per l'Umbria, sia per numero di operazioni (da 9 a 29) che per ammontare investito (da 13,4 a 60,9 milioni di euro). Un exploit del 355,7% in valore e del 222% per numero di interventi che era nelle attese poiché il 2008 è stato l'ultimo annoa disposizione del fondo regionale gestito da Gepafin per effettuare gli investimenti. «Fino a giugno 2009 – fa sapere Marco Gaudino, responsabile operazioni capitale di rischio di Gepafin – potranno esserci ancora nuove operazioni, ma poi potremmo effettuare solo disinvestimenti senza reimpiegare il capitale ed entro lafine dell'anno è prevista l'assegnazione di un nuovo bando per la gestione di un fondo a capitale pubblico e privato operativo a partire dal 1Úgennaio 2010». ARRETRA LA TOSCANA Dimezzati gli importi messi in pista nel Granducato pari al 5% dei valori registrati nell'area

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MENO CENTRI MENO SPRECHI (sezione: crisi)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Mezzogiorno - BARI - sezione: 1PAGINA - data: 2009-03-25 num: - pag: 1 categoria: REDAZIONALE POLITICHE PER IL SUD MENO CENTRI MENO SPRECHI di GIANNI DONNO N on pochi osservatori, anche vicini alla sinistra politica, concordano in queste settimane, circa l'orientamento assunto dal governo nazionale verso la riformulazione di piani d'intervento finanziario e la centralizzazione dei relativi provvedimenti. Dovrebbe essere una cosa scontata, e di buon senso, l'opportunità di rivedere i programmi, di fronte alla radicale novità portata dalla crisi finanziaria internazionale. Adeguare i programmi, approvati prima dell'esplodere della crisi, significa renderli più efficaci. Ma le esigenze della politica politicante annebbiano la mente di molti e il buon senso passa, ancora una volta, in cavalleria. E tuttavia già il fatto che parte dell'opposizione ritenga inevitabili, e quasi obbligati, alcuni passi — di fronte alla crisi mondiale — fa ben sperare circa una sempre più diffusa laicizzazione del pensiero e del comportamento politico. La crisi almeno a questo dovrebbe servire: sollecitare una revisione di consolidati luoghi comuni, verso un'analisi de-ideologizzata delle questioni. Così che se il ministro Fitto sostiene la necessità di rivedere i programmi approvati nel 2007, per renderli adeguati alle nuovissime situazioni — cosa, ripeto, di buon senso — una parte del mondo politico ritorna a leggere in ciò chi sa quali mene segrete e orientamenti strumentali a fini inconfessabili. Nulla di nuovo: il «complottismo» è un male della politica italiana, che ha antiche radici in una visione manichea: bene e male; classi dirigenti e classi subalterne, sfruttatori e sfuttati, doppio Stato, e via ricordando le antiche giaculatorie. Così sta accadendo anche per gli orientamenti alla centralizzazione delle iniziative politiche. Avvinghiati al passato di fallite ideologie, molti denunciano la deriva del governo verso forme autoritarie, antidemocratiche, addirittura dittatoriali, nel momento in cui esso presenta la necessità — di fronte alla crisi internazionale — che molte decisioni vengano adottate dal «centro», per raggiungere diversi fini. Primo fra questi il contenimento degli sprechi. Lo sanno anche i bambini che quando si aumentano di numero i centri di spesa, questa sicuramente cresce. Così è avvenuto dopo la istituzione delle Regioni. E questo può andar bene — in nome del sacro principio del decentramento — finché le vacche sono grasse. Ma oggi è necessaria la «politica della lesina», che solo nella centralizzazione delle decisioni può trovare il giusto strumento. Un esempio, in merito alla contestata notizia della re-istituzione di un Ministero per il Turismo: sono state capaci le cinque regioni meridionali, conquistate dal centro sinistra nel 2005, di impostare politiche turistiche coordinate, che risultassero efficaci? Solo la Puglia ha avuto un incremento turistico. Le altre regioni son ferme o arretrano. E quindi: non far nulla per rilanciare questa primaria potenzialità del Sud? Valuti il lettore.

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Indici stabili, balzo di Bulgari (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici stabili, balzo di Bulgari Richard Ginori Nel secondo giorno dopo la riammissione Richard Ginori cresce del 44,74% Piazza Affari si conferma positiva (S&P-Mib +0,16%, Mibtel +0,24%) nonostante l'incertezza delle altre Borse europee e di Wall Street. Da qualche giorno, inoltre, crescono anche gli scambi, che ieri hanno toccato un controvalore di 2,2 miliardi di euro. Nel paniere del-l'S& P-Mib spicca innanzi tutto il Banco Popolare, protagonista di un rally che ha portato il prezzo di riferimento a guadagnare il 13,63%. Il balzo si aggiunge al rialzo della vigilia e si spiega in parte con fattori tecnici (il titolo aveva perso molto nelle scorse settimane) e in parte con l'attesa dei conti di fine anno, che saranno comunicati oggi. Ma nel comparto bancario c'è un altro rialzo a due cifre percentuali: quello di Mediolanum, pari al 10%. Minime, invece, le variazioni, in entrambe le direzioni, per gli altri titoli del credito. Superiore al 10% (per la precisione +10,9%) anche il balzo di Bulgari. Stabile la Fiat (-0,58%) mentre si avvicina la data dell'assemblea dei soci. Numerosi i titoli non appartenenti all'S&P-Mib che hanno messo a segno performance consistenti. Nuovo balzo, per esempio, di Richard Ginori (+44,74%) nel secondo giorno di quotazione, mentre Aedes è salita del 18,14% e Interpump, sotto i riflettori nella giornata dedicata al segmento Star, ha guadagnato il 10,02%. Poltrona Frau è cresciuta a sua volta del 9,52%. Pochi, infine, i ribassi a livello dei titoli principali. Fra questi Fondiaria-Sai (-5,53%) seguita da Buzzi-Unicem (-3,02%) e Campari (-2,99%).

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Giù l'utile, ma Mediolanum sale (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano/1 Giù l'utile, ma Mediolanum sale (giu.fer.) — Nonostante un calo dei profitti del 38%, la Borsa premia Mediolanum con un rialzo del 10%. Il gruppo guidato da Ennio Doris nel 2008 ha registrato un utile pro forma di 131 milioni, in calo rispetto ai 212 milioni del 2007. Considerando però gli effetti dell'operazione Lehman Brothers, che ha previsto rimborsi da parte dei soci del gruppo ai sottoscrittori di polizze index linked con sottostante obbligazioni della banca d'affari fallita, l'utile scende a 23,6 milioni. La società distribuirà un dividendo di 0,15 euro per azione, dei quali 0,065 a saldo di quanto anticipato in precedenza.

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Soru in visita da Intesa, Tiscali corre (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia Mercati Finanziari - data: 2009-03-25 num: - pag: 33 categoria: REDAZIONALE Il caso a Milano/2 Soru in visita da Intesa, Tiscali corre (g.fer.) — è bastata la notizia di una visita alla sede di Intesa Sanpaolo da parte dell'amministratore delegato di Tiscali Mario Rosso e del principale azionista Renato Soru per riaccendere le voci di una svolta nelle trattative sul debito della società telefonica. I due manager hanno avuto ieri un colloquio con i vertici dell'istituto bancario, probabilmente con Gaetano Miccichè, responsabile del Corporate Banking. E il titolo in Borsa (fa parte dell'indice Midex) ha preso il volo. A fine seduta il prezzo di riferimento di Tiscali ha segnato infatti un miglioramento del 19,44%, a 0,4055 euro.

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Tod's, cresce l'utile Fonsai, nuovo piano e mantiene la cedola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2009-03-25 num: - pag: 30 categoria: REDAZIONALE I conti a Piazza Affari Tod's, cresce l'utile Fonsai, nuovo piano e mantiene la cedola MILANO — Nonostante il mercato difficile, utile netto in crescita del 7,9% a 83,4 milioni e dividendo di 1,25 euro per azione, come nell'anno precedente per il gruppo Tod's nel 2008, chiuso con un fatturato salito del 7,7% a 707,6 milioni. In particolare, la capogruppo ha registrato ricavi di vendita per 558 milioni (+10,2%) rispetto ai 506,3 milioni del 2007. La crisi finanziaria penalizza il gruppo Fonsai, che archivia l'esercizio 2008 con un risultato consolidato di 90,8 milioni in calo dai 620,1 milioni del 2007 e un utile netto di gruppo di 87,4 milioni da 507 milioni, a fronte di una raccolta premi pari a 11,5 miliardi (-3,2%). Sarà proposta la distribuzione di un dividendo unitario di 0,70 euro alle azioni ordinarie e di 0,752 euro per le risparmio. Prudenza da parte del gruppo assicurativo, che ha maggio presenterà il nuovo piano triennale 2009-2011, anche sulle prospettive 2009, ma con l'attesa di «congrui margini reddituali» nei ramo danni. Finisce in rosso il 2008 per Monrif Group, holding che tra l'altro controlla la Poligrafici. Il gruppo ha chiuso l'esercizio con una perdita di 15,4 milioni, dopo ammortamenti per 17,7 milioni e oneri finanziari netti per 9,4 milioni, ricavi netti consolidati per 285,2 milioni (290,1 milioni nel 2007) e un margine operativo lordo consolidato di 11,6 milioni (12 milioni nel 2007, comprensivi di un provento straordinario di 3,5 milioni). Quanto al Poligrafici Editoriale, il conto economico consolidato ha registrato una perdita netta di 12,2 milioni, dopo ammortamenti per 11,9 milioni, accantonamenti rischi per 4 milioni, un saldo negativo tra oneri e proventi finanziari per 4,9 milioni e imposte per 0,9 milioni. Negativo anche il 2008 di Caltagirone Editore, che conclude l'anno con una perdita di 10,9 milioni (61,2 milioni di utili nel 2007). Perdita che si registra dopo ammortamenti, accantonamenti e svalutazioni per 29,7 milioni. La crisi economica, commenta il gruppo che fa capo alla famiglia di Francesco Gaetano Caltagirone, «sta causando incertezza, contrazione dei consumi e riduzione degli investimenti pubblicitari da parte delle imprese. Andamento che si è accentuato nella seconda metà dell'anno». L'agenzia Moody's, infine, ha confermato il rating (Aa3 con prospettiva stabile) su Generali dopo i risultati 2008. Generali Invariato il rating Moody's: Aa3 con prospettiva stabile Giu. Fer.

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via al pavan bis, subito un patto (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Camera di commercio. Ieri il rinnovo dei vertici: Marchiori "sale" alla carica vicaria. «Fondi per infrastrutture ed export» Il presidente: ci aspettano mesi difficili Nel Pordenonese gli effetti più pesanti Appello a deputati, Regione ed enti locali affinché il territorio faccia sistema Via al Pavan bis, subito un patto «Serve un tavolo permanente anti-crisi con la partecipazione della politica» di STEFANO POLZOT Un segnale di unità in un momento di grave crisi. Giovanni Pavan commenta in questo modo la sua riconferma alla guida della Camera di commercio, un voto, all'unanimità, annunciato, così come corrisponde alle previsioni la scelta del responsabile dell'Ascom, Alberto Marchiori, quale vice presidente. L'obiettivo è fare sistema. Il consiglio camerale ha effettuato le nomine ieri mattina, sancendo l'accordo raggiunto tra le categorie economiche che, nel segno della continuità, riconferma per altri quattro anni Giovanni Pavan, mentre l'Ascom, che aveva chiesto maggiore visibilità, ottiene la vice presidenza per Alberto Marchiori. «L'obiettivo è fare sistema - afferma Pavan, indicato dall'Unione degli industriali e già presidente del Collegio costruttori - un modus operandi aperto nel confronto con tutti gli interlocutori istituzionali». Il riconfermato presidente dell'ente camerale immagina «un tavolo permanente in cui ci si confronta, si costruiscono i progetti, si individuano le priorità nonché gli strumenti per affrontarle e si portano a compimento le scelte». Tra coloro che dovrebbero sedere attorno al tavolo le rappresentanze parlamentari, l'amministrazione regionale e gli enti locali dell'intero territorio pordenonese. «Si propone - continua - che la Camera di commercio rappresenti il raccordo istituzionale tra il mondo dell'economia pordenonese, articolato nelle sue varie espressioni e rappresentanze, e quello della politica». Un dialogo che la difficile congiuntura economica impone. «Siamo di fronte - sottolinea Pavan - a una situazione economica di una gravità non prevedibile e non raffrontabile con quelle che abbiamo vissuto negli anni scorsi. C'è il rischio reale che le conseguenze negative che la crisi finanziaria mondiale provoca sull'economia reale e sul mondo della produzione e dei consumi, abbia proprio qui a Pordenone le conseguenze più pesanti». A essere maggiormente colpiti «i settori che rappresentano i pilastri della nostra struttura economica: legno, metalmeccanica e costruzioni». Secondo Pavan «la durata di questa fase congiunturale non sarà purtroppo breve e probabilmente il punto più acuto deve ancora arrivare. Appare pertanto necessario - sostiene - che la Camera di commercio, in sinergia con gli altri enti, metta in atto delle iniziative in grado di arginare la crisi creando contestualmente i presupposti per un consolidamento e uno sviluppo futuro di quelle attività e imprese che hanno la forza e la voglia di scommettere per il proprio rilancio». Le parole d'ordine sono sostegno all'internazionalizzazione, marketing territoriale e snellimento della burocrazia, ma anche la sollecitazione a Stato e Regione «affinché vengano realizzate o portate a completamento tutte le opere infrastrutturali di collegamento che continuano a penalizzare la provincia rispetto ad altre aree». L'appello è anche a «progettare e realizzare opere pubbliche, anche di piccola dimensione, che da un lato riqualifichino il territorio e dall'altro mettano in moto un volano di attività e di lavoro per le imprese in un momento particolarmente difficile». Essenziali, poi, la patrimonializzazione delle aziende, la facilitazione dell'accesso al credito e l'attività di lobbyng anche a livello europeo.

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Hsbc: nuovi tagli in arrivo a causa della crisi; per analisti sta cercando strategia costi (sezione: crisi)

( da "Finanza.com" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Hsbc: nuovi tagli in arrivo a causa della crisi; per analisti sta cercando strategia costi (25 Marzo 2009 - 10:34) MILANO (Finanza.com) - La banca inglese, Hsbc, potrebbe tagliare 1.000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa della prolungata crisi finanziaria. "Sono decisioni difficili che vanno prese per tener conto della situazione", ha spiegato il direttore gestionale, Paul Thurston. Hsbc, solo in Gran Bretagna, ha 58 mila addetti e 330 mila in tutto il mondo. “HSBC, come tutte le banche, deve pensare a come attrezzarsi per affrontare quest'anno e sta cercando di definire una strategia che le permetta di risparmiare", ha commentato Leigh Goodwin, analista della casa d'investimento Fox-Pitt Kelton Ltd. che ha mantenuto la raccomandazione underperform sul titolo. "La banca è sempre stata molto attenta ai costi", ha aggiunto. (Micaela Osella - Riproduzione riservata)

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Licenziamenti in vista per HSBC? (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Licenziamenti in vista per HSBC? (Teleborsa) - Roma, 25 mar - L'istituto britannico HSBC potrebbe tagliare 1.000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa del perdurare della crisi finanziaria. Si tratta di rumors che stanno circolando nelle sale operative e che indicano anche la possibilit di chiusura di alcuni siti amministrativi. Sulla piazza di Londra le azioni HSBC stanno salendo di quasi un punto percentuale. 25/03/2009 - 10:52

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Licenziamenti in vista per HSBC? (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Licenziamenti in vista per HSBC? (Teleborsa) - Roma, 25 mar - L'istituto britannico HSBC potrebbe tagliare 1.000 posti di lavoro nel Regno Unito a causa del perdurare della crisi finanziaria. Si tratta di rumors che stanno circolando nelle sale operative e che indicano anche la possibilità di chiusura di alcuni siti amministrativi. Sulla piazza di Londra le azioni HSBC stanno salendo di quasi un punto percentuale. 25/03/2009 - 10:52

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Ortis conferma calo prezzi e auspica investimenti (sezione: crisi)

( da "Energy Saving" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

« Indice generale --> Ortis conferma calo prezzi e auspica investimenti Data di pubblicazione: 25/03/2009 A margine di un convegno organizzato a Milano dalla Commissione europea sulle infrastrutture energetiche, Alessandro Ortis ha confermato ulteriori cali della spesa energetica e limportanza di investimenti nel settore per superare la crisi finanziaria. "Non c'è dubbio che nel corso dell'anno saranno operate delle riduzioni, immagino si possa annunciare ai nostri cittadini ulteriori riduzioni ma l'entità sarà calcolata nei prossimi giorni, a fine mese". Ha proseguito affermando che "la spesa dei consumatori italiani sarà inferiore a quella del 2008". Il presidente dell'Authority ha anche ricordato come nel primo trimestre dell'anno le tariffe per la luce siano calate del 5,1% e quelle del gas dell'1% e detto che per il secondo trimestre si aspetta una diminuzione più consistente per il gas. Secondo quanto ha detto Ortis durante il suo intervento al convegno milanese, gli investimenti nel settore energetico possono diventare "leve importanti per l'attenuazione e il superamento della crisi "Gli investimenti energetici dovrebbero considerarsi non solo strumento irrinunciabile e anticiclico per il superamento della crisi, ma anche, nell'attuale contesto internazionale di instabilità, approdo sicuro e valida opportunità per iniziative industriali e finanziarie che soddisfino operatori e consumatori finali". Secondo il presidente dell'Autorità, "scommettere sugli investimenti nell'energia può consentire di aprire nuovi cantieri e garantire occupazione per opere più che necessarie, migliorando ancora la qualità dei servizi essenziali, con bollette sempre più convenienti". Autore/Fonte: Rita Imwinkelried ( - apcom)

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G20/ BRAZZAVILLE: PROFONDAMENTE INGIUSTA ESCLUSIONE DELL'AFRICA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

G20/ Brazzaville: "profondamente ingiusta" esclusione dell'Africa di Apcom Presidente Sassou-Nguesso: servono "soluzioni globali" alla crisi -->Roma, 25 mar. (Apcom) - L'esclusione dell'Africa dal vertice del G20 di Londra è "profondamente ingiusta". A sostenerlo è il Presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou-Nguesso, in un'intervista concessa al quotidiano Le Figaro alla vigilia della visita a Brazzaville del Presidente francese Nicolas Sarkozy. "La crisi finanziaria mondiale sta toccando oggi l'economia reale e naturalmente tutti i settori in crisi registrano un crollo del prezzo delle materie prime. Ma, in Africa, la maggior parte delle economie poggia sulla vendita delle materie prime e dunque sono i nostri paesi a risentirne di più - sottolinea Sassou-Nguesso - non vedo come i paesi africani possano, da soli, far fronte a questa situazione. E' imperativo che si arrivi a soluzioni globali. In Africa si dice spesso che 'quando gli elefanti si battono, sono le piccole erbe sotto le loro zampe a morire'. E' quanto sta accadendo oggi alle economie africane". Per questo, continua, "è profondamente ingiusto che l'Africa non sia associata al vertice di Londra". Alla domanda su quali siano le grandi sfide che il Congo e tutto il continente africano sono chiamati ad affrontare nei prossimi anni, il Presidente risponde: "Il Congo deve attuare il progetto di integrazione economica regionale; non possiamo vivere isolati senza cooperare con i nostri vicini. Occorre proseguire sulla via dello sviluppo infrastrutturale, ma dobbiamo anche sviluppare l'agricoltura e l'industria agroalimentare, risolvere i problemi dell'istruzione e della sanità e riconoscere particolare importanza alla formazione professionale. Abbiamo bisogno di uomini e donne qualificati. Soprattutto per arginare la disoccupazione giovanile".

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CRISI: COLANINNO (PD), E' EPOCALE. CI VUOLE UN CONFRONTO (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

(ASCA) - Roma, 25 mar - Un confronto vero con l'opposizione. E' quanto Matteo Colaninno, responsabile finanza e mercati del Pd, chiede alla maggioranza davanti a questa crisi finanziaria ed economica ''epocale''. In un'intervista a Il Corriere della Sera Colaninno sostiene che ''di fronte ad una crisi come questa la maggioranza numerica in Parlamento che ha il Pdl in questo momento rischia di non essere piu' sufficiente''. ''Non e' pensabile - aggiunge - basarsi sull'autosufficienza dei numeri. Non sto proponendo un inciucio o di nuovo il tormentone del dialogo ma ci vorrebbe un confronto vero con l'opposizione e le forze del Paese, perche' fino ad oggi e' mancato totalmente''.

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UNICREDIT: PROFUMO, MOLTI VANTAGGI PER BANCHE TRANSNAZIONALI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

UNICREDIT: PROFUMO, MOLTI VANTAGGI PER BANCHE TRANSNAZIONALI di WSI L'amministratore delegato del gruppo elenca i benefici collegati a uno schema che il suo istituto è stato tra i primi in Europa ad applicare. -->Roma, 25 mar. (Apcom) - Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, non crede che con l'attuale crisi finanziaria l'idea di banche transnazionali sia destinata a tramontare. E, in un'intervista al Financial Times, elenca i vantaggi collegati a uno schema che il suo istituto è stato tra i primi in Europa ad applicare. "Penso che esistano molti vantaggi dall'avere un 'giocatore' in più Paesi. Sopravvivere non e' sufficiente: ci sono sempre grandi opportunita' di guadagno. Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER E credo che ci siano tre vantaggi principali: il primo sono le economie di scala, il secondo è che possiamo diversificare i rischi per i nostri azionisti e il terzo grande vantaggio è quello che possiamo attrarre talenti migliori". Profumo esprime poi un giudizio positivo al maggior ruolo dei governi, in questa fase di crisi economica, nel settore bancario. "Penso che sia abbastanza positivo perchè sta restituendo fiducia alle famiglie e ai clienti. Chiaramente nel lungo periodo dobbiamo tornare a contesti privati". Unicredit probabilmente sarà la prima banca a chiedere fondi pubblici di sostegno in due Paesi: Italia e Austria, dalla quale le sue attività in Paesi come Polonia e Ucraina sono gestite. Il banchiere ridimensiona la portata di tali decisioni sostenendo che il fatto di chiedere aiuto ai governi attiene con l'avere "parità di condizioni" competitive con altre banche europee che hanno fatto lo stesso.

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UNICREDIT/ PROFUMO, MOLTI VANTAGGI PER BANCHE TRANSNAZIONALI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Unicredit/ Profumo, molti vantaggi per banche transnazionali di Apcom Intervista al Ft: giudizio positivo su aiuti governi -->Roma, 25 mar. (Apcom) - Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, non crede che con l'attuale crisi finanziaria l'idea di banche transnazionali sia destinata a tramontare. E, in un'intervista al Financial Times, elenca i vantaggi collegati a uno schema che il suo istituto è stato tra i primi in Europa ad applicare. "Penso che esistano molti vantaggi dall'avere un 'giocatore' in più Paesi. E credo che ci siano tre vantaggi principali: il primo sono le economie di scala, il secondo è che possiamo diversificare i rischi per i nostri azionisti e il terzo grande vantaggio è quello che possiamo attrarre talenti migliori". Profumo esprime poi un giudizio positivo al maggior ruolo dei governi, in questa fase di crisi economica, nel settore bancario. "Penso che sia abbastanza positivo perchè sta restituendo fiducia alle famiglie e ai clienti. Chiaramente nel lungo periodo dobbiamo tornare a contesti privati". Unicredit probabilmente sarà la prima banca a chiedere fondi pubblici di sostegno in due Paesi: Italia e Austria, dalla quale le sue attività in Paesi come Polonia e Ucraina sono gestite. Il banchiere ridimensiona la portata di tali decisioni sostenendo che il fatto di chiedere aiuto ai governi attiene con l'avere "parità di condizioni" competitive con altre banche europee che hanno fatto lo stesso.

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G20/ Brazzaville: "profondamente ingiusta" esclusione (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 25 mar. (Apcom) - L'esclusione dell'Africa dal vertice del G20 di Londra è "profondamente ingiusta". A sostenerlo è il Presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou-Nguesso, in un'intervista concessa al quotidiano Le Figaro alla vigilia della visita a Brazzaville del Presidente francese Nicolas Sarkozy. "La crisi finanziaria mondiale sta toccando oggi l'economia reale e naturalmente tutti i settori in crisi registrano un crollo del prezzo delle materie prime. Ma, in Africa, la maggior parte delle economie poggia sulla vendita delle materie prime e dunque sono i nostri paesi a risentirne di più - sottolinea Sassou-Nguesso - non vedo come i paesi africani possano, da soli, far fronte a questa situazione. E' imperativo che si arrivi a soluzioni globali. In Africa si dice spesso che 'quando gli elefanti si battono, sono le piccole erbe sotto le loro zampe a morire'. E' quanto sta accadendo oggi alle economie africane". Per questo, continua, "è profondamente ingiusto che l'Africa non sia associata al vertice di Londra". Alla domanda su quali siano le grandi sfide che il Congo e tutto il continente africano sono chiamati ad affrontare nei prossimi anni, il Presidente risponde: "Il Congo deve attuare il progetto di integrazione economica regionale; non possiamo vivere isolati senza cooperare con i nostri vicini. Occorre proseguire sulla via dello sviluppo infrastrutturale, ma dobbiamo anche sviluppare l'agricoltura e l'industria agroalimentare, risolvere i problemi dell'istruzione e della sanità e riconoscere particolare importanza alla formazione professionale. Abbiamo bisogno di uomini e donne qualificati. Soprattutto per arginare la disoccupazione giovanile".

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Guidi: (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

LA POLEMICA Guidi: «Dalle banche italiane derivati peggio di Madoff» Il presidente di Anie-Confindustria attacca il sistema del credito. Finora avaro con le piccole imprese Bruno Perini Alcune banche italiane hanno venduto derivati molto peggiori dei fondi collocati da Bernard Madoff. O meglio: «I derivati venduti da alcuni istituti italiani sono roba che a Madoff faceva ridere. Per comprare certi prodotti ci voleva la tessera di un casinò di Las Vegas». L'accusa è pesantissima. E non è stata pronunciata in privato, in uno sfogo personale magari a bassa voce. No, quelle parole sono di un imprenditore di livello e la cosa che sconcerta è che siano cadute nel vuoto più totale. Già, perché a formulare quell'atto d'accusa contro il comportamento di alcuni istituti bancari italiani è stato Guidalberto Guidi, presidente di Ducati Energia e numero uno dell'Anie, l'associazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (parte di Confindustria). Intervenendo al convegno annuale dell'Aifi, l'associazione italiana del private equity e del venture capital, Guidi ha messo sul banco degli imputati il sistema bancario e in particolare ha puntato il dito contro gli istituti italiani. Quelle frasi non sono state pronunciate ieri ma l'altro ieri. La cosa che ha colpito maggiormente è che nessun organo di stampa abbia ripreso l'atto d'accusa del noto imprenditore. E dire che Guidi ha detto quelle cose in pubblico e subito dopo l'agenzia Reuters ha messo le sue parole in rete. Eppure dopo quell'accusa è calato il silenzio. D'altronde il j'accuse dell'imprenditore cade in un momento delicato e di grande tensione tra gli istituti di credito e le imprese italiane. Dopo aver gettato sul mercato prodotti ad alto contenuto tossico, le banche hanno tirato i remi in barca a proposito del credito, colpendo in particolare il tessuto delle piccole e medie imprese che in questo momento ha più bisogno del finanziamento bancario. E' forse questo il messaggio che voleva dare il presidente di Anie al mondo bancario e allo stesso mondo imprenditoriale. Alle parole di Guidi sono seguire quelle di un altro banchiere, Gaetano Miccichè, responsabile della divisione corporate e investment banking di Intesa Sanpaolo. Miccichè ha tentato un'autodifesa. Intervenendo dopo l'industriale, Miccichè ha sottolineato che negli anni scorsi «c'erano due mondi di banche completamente diversi», ovvero gli istituti che «si sono organizzati mettendo al centro il rapporto con il cliente, e fra queste quasi tutte le banche italiane», e le banche che «hanno messo al centro il prodotto».In questa seconda categoria, il manager di Intesa Sanpaolo ha indicato quelle banche Usa che sono state all'origine dell'attuale crisi finanziaria. In tema al convegno, Miccichè ha affermato che «il merchant banking è un'area di business fondamentale» per Intesa Sanpaolo, che fa investimenti di private equity direttamente, mettendoli a libro. «Abbiamo circa 2,7 miliardi investiti in private equity». Miccichè ha evidenziato l'impatto della crisi del credito sui buyout, prevedendo «tempi di exit più lunghi». La partita che si è aperta tra imprenditori e banche comunque non è ancora chiusa, malgrado le rassicurazoni del governo in materia di credito alle piccole imprese. Si tratta di capire in che misura alle parole seguiranno i fatti.

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Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese (sezione: crisi)

( da "Arena.it, L'" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese CRISI. Indagine Unioncamere tra luglio e dicembre del 2008 con un questionario fatto in gennaio a oltre mille imprese manifatturiere, soprattutto piccole e medie L'inasprimento delle condizioni applicate dal sistema bancario, soprattutto alle pmi, dopo agosto con un massimo a novembre 25/03/2009 rss e-mail print Veneto, stretta al credito per il 34% delle imprese Tra luglio e dicembre 2008 oltre un terzo (34,1%) degli imprenditori veneti operanti nel settore manifatturiero hanno registrato un inasprimento delle condizioni di credito loro riservate dalle banche. Lo rivela un'indagine condotta da Unioncamere del Veneto che ha diffuso alcuni dati sulle condizioni di indebitamento dell'industria veneta per il periodo luglio-dicembre 2008. La rilevazione è stata condotta nel mese di gennaio 2009 inserendo alcune domande nel questionario dell'indagine VenetoCongiuntura somministrato ad un campione di 1.046 imprese manifatturiere con almeno 10 addetti. La stretta creditizia registrata nel Nordest si è fatta sentire con maggiore forza rispetto a quella segnalata in altre aree del Paese. In Veneto l'inasprimento delle condizioni di credito ha colpito maggiormente le imprese di media dimensione (50-249 addetti). Nel periodo considerato ben il 37,3% delle medie imprese venete hanno infatti lamentato un peggioramento dell'offerta di credito, a fronte del 33,8% registrato tra le imprese di dimensioni più piccole (10-49 addetti) e del 25,2% tra quelle di maggiori dimensioni (250 addetti e più). L'inasprimento delle condizioni di credito riservate alle pmi venete è diventato progressivamente più significativo a partire dal mese di agosto per raggiungere il punto massimo a novembre (piccole imprese 28,4%, medie imprese 34,9%). Tra le imprese del Veneto che hanno evidenziato un inasprimento delle condizioni di credito, tre su quattro hanno menzionato fra i motivi la richiesta di maggiori garanzie sui prestiti già concessi (74,2%). Gli altri fattori che hanno inciso significativamente sono stati la richiesta di rientro, anche parziale, sui prestiti già concessi (66,8%), il rifiuto di nuovi finanziamenti da parte degli istituti di credito e la richiesta di maggiori garanzie su nuovi finanziamenti (62% entrambe). Per il Presidente di Unioncamere del Veneto, Federico Tessari, «tra luglio e dicembre 2008 oltre un terzo degli imprenditori veneti operanti nel settore manifatturiero (34,1%) hanno registrato un inasprimento delle condizioni di credito loro riservate dalle banche, che ha colpito maggiormente le imprese di media dimensione (50-249 addetti). Tra le imprese del Veneto che hanno evidenziato un inasprimento delle condizioni di credito, tre su quattro hanno menzionato fra i motivi la richiesta di maggiori garanzie sui prestiti già concessi (74,2%)» dice Tessari nella nota. «Gli altri fattori che hanno inciso significativamente sono stati la richiesta di rientro, anche parziale, sui prestiti già concessi (66,8%), il rifiuto di nuovi finanziamenti da parte degli istituti di credito e la richiesta di maggiori garanzie su nuovi finanziamenti (62% entrambe)». Il nostro sistema economico, prosgue Tessari, «sottoposto ad un duro processo di selezione e riposizionamento, ha bisogno di avere il credito in tempi brevissimi. Bisogna assolutamente evitare che si interrompano i flussi di credito al sistema delle piccole e medie imprese altrimenti l'economia si fermerà. Per questo motivo le Camere di Commercio del Veneto hanno stanziato fino ad oggi circa 7,5 milioni di euro a supporto dell'azione dei Consorzi Fidi». I risultati dell'indagine verranno diffusi integralmente nel corso della presentazione dell'anteprima alla Relazione sulla situazione economica del Veneto nel 2008 e previsioni 2009, in programma il 31 marzo. Dai risultati si può dedurre che l'inasprimento della condizione di accesso al credito, ascrivibile al deterioramento del quadro economico internazionale, si è riflesso a livello regionale con un ritardo di 4-5 mesi dall'inizio della crisi finanziaria, che convenzionalmente può essere datata nel mese di giugno 2008, e a 1-2 mesi dall'inizio della fase acuta, che tutti identificano a metà settembre 2008, in concomitanza del fallimento di Lehman Brothers.

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Qualche dubbio sul Piano Obama Troppo facile. Chi pagherà? (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

POLITICA 25-03-2009 BENE AGIRE SUI TITOLI TOSSICI, MA C'È IL RISCHIO INFLAZIONE Qualche dubbio sul Piano Obama Troppo facile. Chi pagherà? GIANCARLO GALLI P er l'economia e la finanza mondiale che da molti mesi e con una accelerazione nelle ultime settimane apparivano allo sbando, prossime a un collasso globale simile o forse addirittura peggiore di quello degli Anni Trenta, il Piano Obama è stato accolto con vastissimo consenso. A giudicare dallo spettacolare rimbalzo delle Borse (+20%, in media, in quattro sedute), non una «zattera di salvataggio», ma qualcosa di molto simile a una miracolosa medicina perfusa in un corpo malato. È arduo spiegare quel che sta accadendo; ancora di più valutare, in prospettiva, la bontà della ricetta. Infatti, per l'ennesima volta nella storia del moderno capitalismo, economia ed economisti hanno mostrato i loro limiti. Incapaci di prevedere l'arrivo del ciclo negativo. Al contrario, s'erano cullati nell'illusione dello sviluppo ininterrotto, della crescita illimitata. Sino a determinare, con orgogliosa e diabolica sicumera, il formarsi di una Babele cartacea. Dove i soldi, attraverso sofisticati giochi di prestigio, parevano moltiplicarsi all'infinito. In che cosa consiste, sfrondato dagli orpelli tecnicistici, il Piano Obama? In sintesi estrema: lo Stato americano, stanziando per ora 500 miliardi di dollari (mille in prospettiva), presterà fondi agli investitori privati perché possano acquistare (mettendo in proprio solo il 7% della cifra) dalle banche in difficoltà (cioè da quegli organismi in cui è maturata la crisi) i cosiddetti «titoli tossici»: quei crediti, di ogni natura, divenuti carta straccia o quasi. Così, in teoria, liberati dalla zavorra, dalle scorie da loro stessi prodotte con ogni sorta di follie speculative, gli Istituti dovrebbero ritrovare la strada maestra e virtuosa: raccogliere il risparmio e con questo finanziarie imprese, consumi, famiglie. Scenario che, almeno in prima battuta, si è portati a condividere. Salvo su un punto: se la medicina era a portata di mano, perché non prima? Di fronte a questa elementare domanda, spuntano altri interrogativi. Certo, il fatto che il presidente Usa sia intervenuto in presa diretta, giocandosi la faccia, rassicura e conforta. Genera fiducia. E la fiducia è essenziale per rimettersi in moto, evitando che ciascuno, dagli Stati (con l'autarchia e il protezionismo) agli individui (nascondendo i risparmi nel materasso), cada nella spirale dell'egoismo. In questo, Obama ha sicuramente segnato un punto. Ma se lo Stato entra nel «sistema», una volta realizzato il salvataggio, non si trasformerà, come la Storia ammonisce, in un cieco burocrate frenatore di ogni spinta propulsiva? Quel che si è verificato in passato con le economie socialiste o regolate, non va dimenticato. Andando oltre, con domande solo in apparenza semplicistiche. Da dove vengono le montagne di miliardi stanziati per i salvataggi e chi, in ultima istanza, ne beneficerà? Qui si entra in terreno minato. Lo Stato, i soldi per fronteggiare la crisi, li può reperire aumentando il debito, ma per rientrare poi ha solo due modi: aumentare massicciamente il prelievo fiscale (il che si tende a escludere), oppure fare girare i torchi. Ovvero stampare banconote. In Gran Bretagna sta già avvenendo; ed ha subito provocato un forte deprezzamento della sterlina. Ma gettando enorme masse di «liquido» nel braciere, si finisce con alimentare la fiamma dell'inflazione. Un rogo tristemente noto nella Storia: brucia i debiti ma anche i risparmi. E questo timore, sia pure in prospettiva, comincia ad aleggiare fra gli osservatori. Dato atto a Obama di avere compiuto un gesto di rottura, constatato il gradimento dell'Alta Finanza, delle Borse, permangono dunque gli interrogativi: uno sopra tutti: chi pagherà la fattura della crisi? Vediamo che le banche vanno azzerando la remunerazione dei risparmi, e i salari sono bloccati e le aziende licenziano. Mentre gli Stati sono orientati verso politiche di spesa facile. Alla fine resteremo noi, come contribuenti; o tosati da un'inflazione virulenta. Certo, a pensare male si fa peccato, però...

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L'Ue ammonisce 5 Paesi, non l'Italia (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 25-03-2009 L'Ue ammonisce 5 Paesi, non l'Italia Deficit eccessivo per Francia, Gran Bretagna, Spagna, Grecia e Irlanda. Almunia: «Crisi gravissima, prospettive più pessimistiche I media italiani mi hanno travisato» DA STRASBURGO FRANCO SERRA L a crisi «è gravissima» e «le prospettive di crescita sono più pessimistiche di due mesi fa». Il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha rilanciato l'allarme sulla crescita nel giorno in cui la Commissione europea ha nche ammonito Francia, Gran Bretagna, Spagna, Grecia, Irlanda per «deficit eccessivo» nel 2008, cioè superiore al 3% del Prodotto interno lordo. Almunia ha così sollecitato i cinque governi a ridurre il passivo al più presto, ma senza chiedere l'impossibile. Tra gli ammoniti l'Italia non figura, dal momento che il suo deficit 2008 è stato del 2,6% del Pil. E ieri, quando al commissario alle Finanze è stato chiesto di valutare la posizione italiana, egli ha detto che nei giorni scorsi «i media italiani hanno fatto in modo che non mi riconoscessi sugli articoli pubblicati». Lunedì il suo portavoce aveva smentito definendoli «tendenziosi» articoli secondo cui per Almunia l'Italia sarebbe tra i Paesi a rischio. Facendo un passo avanti ufficiale nella procedura per deficit eccessivo, a Parigi e Madrid la Commissione chiede di riportare il disavanzo al di sotto del 3% del Pil entro il 2012, l'Irlanda dovrebbe riuscirsi entro il 2013 e la Gran Bretagna nel 2014 mentre ad Atene viene dato tempo fino al 2010 dal momento che il debito pubblico greco è particolarmente alto, su 96% del Pil. Si tratta in realtà di ingiunzioni in buona parte indicative perché la possibilità di rispettarle è subordinata alla durata della crisi finanziaria ed economica in corso. Toccherà del resto ai ministri finanziari dei Ventisette, il 3 e 4 aprile a Praga, valutare i percorsi di rientro che i Paesi ammoniti dovranno seguire per riportare i deficit nei limiti del Patto di stabilità. Limiti vengono ora interpretati con grande flessibilità per tener conto delle misure prese per fronteggiare la più grave crisi economica e finanziaria nella storia dell'Ue. Secondo le ultime previsioni di Bruxelles per il 2009, il deficit francese rispetto al Pil salirà al 5,4%, quello spagnolo al 6,2%, quello greco al 3,7% e quello irlandese all'11%. Per l'Italia, il Programma di stabilità presentato in febbraio dal governo prevede un deficit 2009 del 3,7% in calo nel 2010 verso il 3,3% e nel 2011 al 2,9%. Il Programma italiano, poi approvato a Bruxelles, constata che «l'aggravarsi della crisi economica nel biennio 2008-2009 e la maggiore criticità delle condizioni di finanza pubblica portano al rinvio dell'obbiettivo di medio termine, pur restando confermato l'obbiettivo di pareggio di bilancio». Fuori dell'area dell'euro, la posizione della Gran Bretagna viene giudicata con severità dalla Commissione che rimprovera al governo di Londra di non aver preso misure di qualche efficacia per riportare il deficit al 3% entro il 2010. Nonostante ciò Bruxelles dà ora al governo di Gordon Brown altri quattro anni per mettersi in regola. Crisi permettendo, naturalmente.

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Btp prudenti in attesa di asta T-bond, limano spread con Bund (sezione: crisi)

( da "BlueTG online" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Btp prudenti in attesa di asta T-bond, limano spread con Bund 25-03-2009 12:10 - Il mondo dei bond trattiene il respiro in attesa di vedere quale sarà l'effetto combinato, in giornata, dell'offerta record (nel pomeriggio) per 34 miliardi di dollari di T-bond a 5 anni e contemporaneamente del possibile avvio degli acquisti di titoli da parte della Federal Reserve. In questo quadro i Btp italiani stanno gradualmente riducendo lo spread contro Bund schizzato ai massimi degli ultimi anni nelle ultime settimane con l'acuirsi della crisi finanziaria sui mercati e il lancio di nuovi piani di soccorso pubblico all'economia dei vari paesi. Sul benchmark a 10 anni nel corso della mattinata lo spread è calato sino a 120 basis point, cosa che non succedeva dai primi di febbraio. Da notare che stamane il Bund sconta anche un collocamento di titoli a 5 anni che ha visto un riacquisto da parte della Bundesbank in crescita dai 600 milioni dell'asta precedente a 1,3 miliardi (sui 7 complessivamente offerti). (l.s.)

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Serbia/ Governo 'si restringe': tagli per ottenere prestito... (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Belgrado, 25 mar. (Apcom-Nuova Europa) - Su indicazione del Fondo monetario internazionale (Fmi), il governo serbo si mette a risparmio e punta a 'fare cassa', vagliando una serie di misure volte contemporaneamente alla riduzione della spesa pubblica e all'incremento degli introiti fiscali. I partiti della coalizione di maggioranza sono pronti a rinunciare ad alcuni dei loro rappresentanti nella squadra dell'Esecutivo, al fine di ridurre il numero dei dicasteri dagli attuali 25 a 20, o anche a 15. L'accordo definitivo sarà raggiunto solo al ritorno da New York del presidente della Repubblica, Boris Tadic. Secondo quanto riporta il quotidiano, Vecernje Novosti, sul tavolo sono pronte due opzioni. La prima prevede che il Partito democratico (Ds), alla guida della coalizione di governo, rinuncerà a tre ministri, mentre i due partner di minoranza, la coalizione riformista G17 plus e il Partito socialista serbo (Sps), cederanno un dicastero cadauno. Diversamente, in caso si decida di tagliare non cinque, ma dieci dicasteri, i Ds rinunceranno a sei poltrone, mentre G17plus e Sps a due a testa. Quest'ultima opzione è la più caldeggiata dagli esperti del Fmi, che in queste settimane stanno negoziando con l'esecutivo di Belgrado un nuovo prestito superiore ai 2 miliardi di euro: quello in stand by da 402,5 milioni di euro accordato in gennaio, si è infatti rivelato insufficiente per far fronte alla crisi finanziaria. L'istituzione di Washington ha posto la riduzione della spesa pubblica come condizione chiave che Belgrado è tenuta a rispettare per ottenere il nuovo credito. Oltre allo snellimento del numero dei ministeri, l'esecutivo serbo ha messo a punto un 'pacchetto risparmio' che dispone il congelamento delle assunzioni nel settore pubblico, ma anche di salari e pensioni; l'abolizione dei bonus nelle aziende statali e delle spese di rappresentanza; la riduzione di diarie per viaggi e di altri rimborsi spese. Sul piano degli introiti fiscali è al vaglio l'incremento dell'Iva, ipotesi che non sembra però riscontrare una forte volontà politica. I governanti serbi sarebbero invece maggiormente indirizzati ad aumentare dal 12 al 20% la trattenuta fiscale sui salari, elevando però la fascia di quelli non imponibili dagli attuali 5.000 dinari mensili (circa 60 euro) a 12.000 dinari (ca. 125 euro). Tramontata, invece, la proposta del premier Mirko Cvetkovic di una 'tassa di solidarietà', una sorta di 'Robin hood tax', per convogliare in favore delle fasce più deboli di reddito, i maggiori prelievi fiscali a quelle più ricche.: non sarebbe sufficiente a coprire il deficit del budget governativo. Più possibile che sarà approvata una 'tassa sul lusso' applicata a seconde case, ville, automobili di alta cilindrata, ecc. Il premier Cvetkovic ha indicato la scorsa settimana che per coprire il disavanzo di budget, le casse dello stato necessitano di 1,5 miliardi di euro, pari al 3% del Pil nazionale e non all'1,7%, come precedentemente calcolato.

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SERBIA/ GOVERNO 'SI RESTRINGE': TAGLI PER OTTENERE PRESTITO FMI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Serbia/ Governo 'si restringe': tagli per ottenere prestito Fmi di Apcom Pronta riduzione dei ministeri e misure riduzione spesa pubblica -->Belgrado, 25 mar. (Apcom-Nuova Europa) - Su indicazione del Fondo monetario internazionale (Fmi), il governo serbo si mette a risparmio e punta a 'fare cassa', vagliando una serie di misure volte contemporaneamente alla riduzione della spesa pubblica e all'incremento degli introiti fiscali. I partiti della coalizione di maggioranza sono pronti a rinunciare ad alcuni dei loro rappresentanti nella squadra dell'Esecutivo, al fine di ridurre il numero dei dicasteri dagli attuali 25 a 20, o anche a 15. L'accordo definitivo sarà raggiunto solo al ritorno da New York del presidente della Repubblica, Boris Tadic. Secondo quanto riporta il quotidiano, Vecernje Novosti, sul tavolo sono pronte due opzioni. La prima prevede che il Partito democratico (Ds), alla guida della coalizione di governo, rinuncerà a tre ministri, mentre i due partner di minoranza, la coalizione riformista G17 plus e il Partito socialista serbo (Sps), cederanno un dicastero cadauno. Diversamente, in caso si decida di tagliare non cinque, ma dieci dicasteri, i Ds rinunceranno a sei poltrone, mentre G17plus e Sps a due a testa. Quest'ultima opzione è la più caldeggiata dagli esperti del Fmi, che in queste settimane stanno negoziando con l'esecutivo di Belgrado un nuovo prestito superiore ai 2 miliardi di euro: quello in stand by da 402,5 milioni di euro accordato in gennaio, si è infatti rivelato insufficiente per far fronte alla crisi finanziaria. L'istituzione di Washington ha posto la riduzione della spesa pubblica come condizione chiave che Belgrado è tenuta a rispettare per ottenere il nuovo credito. Oltre allo snellimento del numero dei ministeri, l'esecutivo serbo ha messo a punto un 'pacchetto risparmio' che dispone il congelamento delle assunzioni nel settore pubblico, ma anche di salari e pensioni; l'abolizione dei bonus nelle aziende statali e delle spese di rappresentanza; la riduzione di diarie per viaggi e di altri rimborsi spese. Sul piano degli introiti fiscali è al vaglio l'incremento dell'Iva, ipotesi che non sembra però riscontrare una forte volontà politica. I governanti serbi sarebbero invece maggiormente indirizzati ad aumentare dal 12 al 20% la trattenuta fiscale sui salari, elevando però la fascia di quelli non imponibili dagli attuali 5.000 dinari mensili (circa 60 euro) a 12.000 dinari (ca. 125 euro). Tramontata, invece, la proposta del premier Mirko Cvetkovic di una 'tassa di solidarietà', una sorta di 'Robin hood tax', per convogliare in favore delle fasce più deboli di reddito, i maggiori prelievi fiscali a quelle più ricche.: non sarebbe sufficiente a coprire il deficit del budget governativo. Più possibile che sarà approvata una 'tassa sul lusso' applicata a seconde case, ville, automobili di alta cilindrata, ecc. Il premier Cvetkovic ha indicato la scorsa settimana che per coprire il disavanzo di budget, le casse dello stato necessitano di 1,5 miliardi di euro, pari al 3% del Pil nazionale e non all'1,7%, come precedentemente calcolato.

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CRISI/ BANCHE NIGERIANE SOLIDE , MA ANALISTI SI DICONO SCETTICI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Banche nigeriane "solide", ma analisti si dicono scettici di Apcom Banca centrale pronta ad aiutare gli istituti in difficoltà -->Lagos, 25 mar. (Apcom) - Da mesi, le autorità nigeriane rassicurano sulla tenuta del settore bancario del Paese di fronte alla crisi finanziaria mondiale, dando prova di un ottimismo non condiviso da analisti e operatori. "Le banche nigeriane sono abbastanza solide per affrontare gli shock e le sfide della crisi", ha detto la scorsa settimana il governatore della Banca centrale nigeriana, Chukwuma Soludo. A suo giudizio, gli istituti finanziari hanno tratto beneficio dal programma di consolidamento avviato nel 2004, che ha fatto scendere il numero delle banche da 90 a 24. "Grazie a Dio, abbiamo completato il consolidamento prima della crisi mondiale. La crisi ha toccato tutti i paesi. Non possiamo dire che le nostre banche siano immuni", ha aggiunto, ma sono "abbastanza forti" per affrontarla. Soludo ha quindi annunciato la disponibilità della Banca centrale a offrire aiuti, sotto forma di liquidità, agli istituti che ne avessero bisogno. Tuttavia, analisti e operatori del settore rimangono scettici e temono che possa scoppiare la bolla. Ricordano che a gennaio i prestiti e gli anticipi accordati dalle banche a intermediari e investitori sono aumentati fino a 784 miliardi di naira (4,04 miliardi di euro). "La realtà sul campo li induce a pensare che non tutto vada bene per le nostre banche, nonostante le rassicurazioni del governatore della banca centrale", dice Sunday Adeola, responsabile di un fondo di una banca di Lagos. A suo giudizio, le banche crolleranno sotto i prestiti non sani sottoscritti da "investitori per acquistare azioni e obbligazioni e che non riusciranno a rimborsare a causa del crollo del mercato". Inoltre, la Borsa di Lagos ha perso il 63% nell'arco di un anno, osserva un responsabile borsistico. La scorsa settimana valeva 4.900 miliardi di naira contro i 12.600 miliardi di 12 mesi fa. L'indice All Shares ha perso il 69% durante lo stesso periodo. Secondo l'analista finanziario Dimeji Odumosu, le banche faticano a recuperare anche i prestiti accordati al settore petrolifero, oggi alle prese con il crollo del prezzo del greggio. Tunde Shofowora, della First City Monument Bank, sottolinea come il ritiro dei capitali da parte degli investitori stranieri sia costato milioni di dollari alle banche nigeriane. In questa situazione di crisi, le banche riducono l'occupazione, tagliano gli stipendi e fissano per i dipendenti obiettivi da raggiungere, soprattutto per quanto riguarda i depositi, secondo John Otudor, consulente finanziario. E alcune non esitano a far circolare informazioni false sullo stato di salute dei loro concorrenti. A giudizio di John Otudor, le banche devono anche far fronte a un taglio degli aiuti pubblici al settore, deciso negli ultimi mesi. "La maggior parte delle banche sopravvive grazie ai fondi del governo che non sono più disponibili, a causa del crollo delle entrate petrolifere, pilastro dell'economia", sottolinea. La Nigeria, membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) e ottavo produttore di greggio al mondo, ricava tra l'80 e l'85% dei suoi profitti dal petrolio. Diversi operatori hanno evidenziato come, nonostante difficoltà e mancanza di liquidità, le banche nigeriane siano riuscite finora a onorare i pagamenti chiesti dai loro clienti, Tuttavia, negli ultimi mesi i clienti hanno anche denunciato il ricorso alla naira da parte degli istituti finanziari, quando hanno effettuato prelievi da conti in valuta straniera. (fonte Afp)

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Sony Ericsson risponde alle malelingue: nessun divorzio in vista (sezione: crisi)

( da "Cellulari.it" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Sony Ericsson risponde alle malelingue: nessun divorzio in vista Silvio Spina mercoledì 25 marzo 2009 Qualche giorno fa' abbiamo dedicato un articolo alle voci riguardo ad un possibile divorzio tra Sony e Ericsson, decretando la fine della joint venture nippo svedese dopo ben 8 anni di lavoro. Un notizia, questa, già nell'aria dallo scorso anno e alimentata dal periodo non certo d'oro per i due gruppi e per la joint venture stessa. Le recenti dimissioni del presidente della sede USA di Sony Ericsson, Usa, Najimi Jarwala, potrebbero essere per molti un'ulteriore conferma della fine di questa realtà commerciale anche se c'è da dire che tutte e due le aziende hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali in cui vengono smentite categoricamente le voci finora circolate. Non vi sarebbe alcuna chiusura in vista di Sony Ericsson e le previsioni cupe per il primo trimestre di quest'anno non sarebbero altro che il frutto della crisi finanziaria globale. La joint venture, quindi appare ottimista per il futuro, e starebbe puntando già sui prodotti touchscreen per la ripresa e, ovviamente, sulle serie più importanti della sua offerta, come la Walkman e la CyberShot.

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AGRICOLTURA/L'MPA CONVOCA A CALTANISSETTA OPERATORI SICILIANI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Agricoltura/L'Mpa convoca a Caltanissetta operatori siciliani di Apcom Sabato incontro con addetti al settore, presente Lombardo -->Palermo, 25 mar. (Apcom) - Il settore agricolo siciliano vive un periodo di particolare difficoltà accentuato dalla grave congiuntura economica. La crisi finanziaria, infatti, sta determinando anche per le aziende agricole un arresto nell'erogazione del credito che rischia di ripercuotersi gravemente sulle attività imprenditoriali. Per affrontare tali questioni, ma anche per discutere delle problematiche strutturali del comparto e cercare di dare risposte concrete al mondo agricolo, il Dipartimento Agricoltura del Movimento per le Autonomie, coordinato da Filippo Misuraca, ha chiamato a raccolta il 28 marzo alle 9,30 presso il Cefpas a Caltanissetta, gli operatori del settore agricolo siciliano. Diversi e di cruciale importanza, per il rilancio dell'agricoltura siciliana, saranno i temi affrontati tra i quali: opportunità per le imprese e gli enti locali offerte dal Piano di Sviluppo Rurale, tempi e procedure per la partecipazione ai bandi, credito agrario a favore delle imprese, accelerazione delle procedure per la erogazione delle indennità per calamità naturali, rilancio dei Consorzi di Bonifica, potenziamento delle infrastrutture irrigue, ricerca e trasferimento delle innovazioni alle imprese, agevolazione all'aggregazione dei produttori, promozione dei prodotti agricoli siciliani. A concludere il lavori sarà il Presidente della Regione e Presidente dell'Mpa Raffaele Lombardo, il quale farà il punto sulle azioni intraprese dal Governo Regionale a favore del comparto agricolo siciliano ed illustrerà quelle che intende intraprendere per rilanciare questo importante settore dell'economia isolana.

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Agricoltura/ L'Mpa convoca a Caltanissetta operatori (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Palermo, 25 mar. (Apcom) - Il settore agricolo siciliano vive un periodo di particolare difficoltà accentuato dalla grave congiuntura economica. La crisi finanziaria, infatti, sta determinando anche per le aziende agricole un arresto nell'erogazione del credito che rischia di ripercuotersi gravemente sulle attività imprenditoriali. Per affrontare tali questioni, ma anche per discutere delle problematiche strutturali del comparto e cercare di dare risposte concrete al mondo agricolo, il Dipartimento Agricoltura del Movimento per le Autonomie, coordinato da Filippo Misuraca, ha chiamato a raccolta il 28 marzo alle 9,30 presso il Cefpas a Caltanissetta, gli operatori del settore agricolo siciliano. Diversi e di cruciale importanza, per il rilancio dell'agricoltura siciliana, saranno i temi affrontati tra i quali: opportunità per le imprese e gli enti locali offerte dal Piano di Sviluppo Rurale, tempi e procedure per la partecipazione ai bandi, credito agrario a favore delle imprese, accelerazione delle procedure per la erogazione delle indennità per calamità naturali, rilancio dei Consorzi di Bonifica, potenziamento delle infrastrutture irrigue, ricerca e trasferimento delle innovazioni alle imprese, agevolazione all'aggregazione dei produttori, promozione dei prodotti agricoli siciliani. A concludere il lavori sarà il Presidente della Regione e Presidente dell'Mpa Raffaele Lombardo, il quale farà il punto sulle azioni intraprese dal Governo Regionale a favore del comparto agricolo siciliano ed illustrerà quelle che intende intraprendere per rilanciare questo importante settore dell'economia isolana.

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BANCO POPOLARE/ SAVIOTTI: E' SANO E SODDISFERÀ STAKEHOLDERS-PUNTO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Banco Popolare/ Saviotti: E' sano e soddisferà stakeholders-punto di Apcom Chiuso 2008 in rosso dopo profonda pulizia conti, mercato plaude -->Milano, 25 mar. (Apcom) - Il Banco Popolare ha chiuso il 2008 in 'rosso' per 333,4 milioni di euro dopo rettifiche di valore e accantonamenti per rischi ed oneri futuri pari ad oltre 2,4 miliardi e non distribuirà dividendi relativi all'esercizio scorso. Ciononostante, il mercato ha apprezzato la profonda pulizia effettuata e le prospettive, premiando il titolo con un rialzo che nel primo pomeriggio è intorno al 5,5%. "Il Banco è sano, il Banco è vivo e vegeto e darà soddisfazione non solo ai suoi dipendenti e ai sui azionisti ma a tutti gli stakeholder", ha chiosato l'amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti, che oggi ha illustrato i conti 2008 agli analisti in conference call. Saviotti ha sottolineato che il 'rosso' del 2008 è dovuto alla crisi finanziaria globale e alle conseguenti iniziative prese. "Iniziative - ha detto - necessarie per un rilancio che è già cominciato e che trova il suo fondamento nella solidità del Banco, in un portafoglio crediti bianco quasi come la neve, in un management coeso e in una squadra orientata a far crescere il Banco per riportarlo ai livelli di alcuni anni fa. Il 2008 è stato un anno veramente particolare, che ci consente di ripartire e di gestire il 2009 come un anno di transizione e consolidamento, per poter approfittare, appena si uscirà dalla crisi, della nuova situazione. Le prospettive di questo istituto non possono che essere positive". Saviotti ha rimarcato che attualmente "il gruppo non ha significativi rischi finanziari e gode di un ottimo profilo di liquidità". Nel portafoglio "non ci sono subprime, nè cdo, nè monoline, nè obbligazioni di Paesi emergenti". Il Banco è inoltre in grado di far fronte a tutte le scadenze relative alle emissioni obbligazionarie del programma Emtn (Euro medium term notes) sia proprie che per quanto riguarda Italease, conservando un saldo positivo di liquidità fino al 2011. Il profilo di liquidità del gruppo "è in grado di coprire sia le necessità di funding in un'ottica di pianificazione triennale, sia l'impatto derivante dalla ristrutturazione della partecipazione in banca Italease". L'andamento dei primi mesi dell'anno, poi, consente di poter guardare con relativa fiducia all'intero esercizio in corso. Saviotti ha detto di attendersi nel primo trimestre un margine d'interesse a un livello "che si avvicina molto" a quello dello stesso periodo 2008 e si è mostrato ottimista sulla possibilità di tornare a distribuire il dividendo. "Mi sento di dire che distribuiremo la cedola. Anche se sarà un anno di transizione e consolidamento io sono convinto che il 2009 sarà un anno in cui pagheremo tranquillamente la nostra cedola", ha affermato l'ad. La solidità patrimoniale del gruppo "resta uno degli obiettivi prioritari anche per il 2009", durante il quale proseguirà il focus sul controllo dei costi operativi e la massima attenzione sul rischio di credito. "Agiremo in modo aggressivo per contenere i costi operativi e sul rischio di credito agiremo in modo maniacale", ha promesso Saviotti. Il Banco Popolare intende poi rimborsare entro quattro anni i Tremonti bond, di cui ha fatto richiesta per 1,45 miliardi di euro. "Non credo si possa prendere in considerazione il rimborso prima del 2011 ma certamente non abbiamo alcuna intenzione di pagare un premio", ha affermato l'ad, che ha tenuto ad evidenziare la non relazione con l'operazione Italease. "Lo ripeto: non abbiamo chiesto i Tremonti bond per poter fare l'operazione Italease. Avevamo i numeri per poterla fare indipendentemente dai bond. E' indubbio che siamo interessati a un rafforzamento del capitale, perché il nostro mestiere è fare il credito. Abbiamo fatto il budget, abbiamo predisposto la crescita e poi abbiamo chiesto il bond, per essere più tranquilli e fare meglio il nostro mestiere. Il 'Tremonti bond' è una riserva per i futuro, è un'opportunità che stiamo sfruttando e che vedo stanno sfruttando un po' tutti. Non è un aiuto di Stato ma opportunità intelligente e noi la utilizziamo in questo senso", ha detto. Considerando i benefici dall'emissione dei Tremonti bond e tenendo conto degli impatti della riorganizzazione del gruppo Banca Italease, il Tier 1 atteso dal Banco Popolare è pari all'8%, mentre il Core Tier 1 dovrebbe attestarsi a circa il 6,5%. "Riteniamo che questo livello sia adeguato. E' chiaro comunque che abbiamo mezzi per poter incrementare questi numeri", ha affermato Saviotti, che tra le altre cose ha indicato in caso di necessità "anche l'opportunità di cessioni di asset non strategici". Eventuali cessioni che potranno coqmuneu riguardare "solo" asset non strate gici e non certo quelli strategici come il Credito Bergamasco.

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CINETERAPIA/ I FILM CHE CURANO LE CRISI... DI NERVI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

CINETERAPIA/ I film che curano le crisi... di nervi -->Può un film lenire gli stati negativi acuiti dalla crisi finanziaria? Se volete rallegrare i vostri animi senza intaccare il conto in banca, potete provare con la cineterapia, la...

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Brown: (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Brown: «Nessun Paese resterà senza difese contro l'uragano >crisi» Ugo Caltagirone Strasburgo. «Faremo tutto il necessario per favorire la crescita e l'occupazione» e per non lasciare nessun Paese da solo di fronte all'«uragano» che si sta abbattendo in ogni angolo del mondo: il presidente di turno del G20, il premier britannico Gordon Brown, alla vigilia dell'appuntamento di Londra del prossimo 2 aprile, si mostra determinato davanti al Parlamento europeo. E si dice d'accordo col presidente statunitense, Barack Obama, «sulla necessità di un'azione sostenuta e robusta». Intervenendo davanti agli eurodeputati, Brown respinge le critiche di chi parla di un G20 partito con grandissime ambizioni e che rischia di produrre solo un accordo al ribasso a causa delle divisioni tra le due parti dell'Atlantico. Invece, si mostra più che fiducioso sul fatto che una nuova era si può davvero aprire nei rapporti tra Ue e Usa, e non solo sul fronte della collaborazione per ripristinare la stabilità finanziaria. «Mai da decenni si era vista un'amministrazione statunitense così entusiasta e desiderosa di cooperare con l'Europa». Il G20 è dunque un'occasione irripetibile per gettare le basi di «un nuovo ordine mondiale». Può essere «la svolta» - ha sottolineato il premier britannico - per evitare che in futuro si ripetano crisi del genere. E l'Europa - ha aggiunto - si presenterà a questo appuntamento unita. Brown invita tutti a non nascondersi dietro un dito e parla di un «uragano internazionale» al quale nessun Paese può sfuggire, che «sta colpendo direttamente ogni impresa, ogni lavoratore, ogni proprietario di casa, ogni famiglia» . Per questo serve lo sforzo convinto di tutti per coordinare le proprie strategie anticrisi, senza difendersi dietro politiche di tipo protezionista. «Noi possiamo insieme realizzare il più grande stimolo fiscale mai visto - ha detto il premier britannico - il più grande taglio nei tassi di interesse, la più grande riforma del sistema finanziario internazionale, la prima regolamentazione sulle remunerazioni bancarie, la prima azione globale contro i paradisi fiscali. Ed è la prima volta - ha aggiunto - che in una crisi mondiale si potrà aiutare tutti insieme i Paesi più poveri, raddoppiando gli sforzi per sostenerli». Un auspicio, questo, col pensiero rivolto anche alle tante manifestazioni anti-G20 attese a Londra per il giorno del vertice. Punto di partenza per Brown è risolvere la crisi finanziaria che sta provocando una stretta creditizia e strangolando imprese e famiglie bisognose di prestiti. «Ognuno deve assumersi le sue responsabilità », ha detto, a partire dalle banche che devono ripulire i propri bilanci dagli asset tossici rivelando la loro reale esposizione. Il G20 dovrà quindi essere l'occasione per gettare le basi per «un accordo su regole standard» sul fronte contabile, su quello della vigilanza e su quello della remunerazione dei dirigenti. Poi, per Brown, dovrà arrivare chiaro il segnale che «siamo all'inizio della fine» per i paradisi fiscali: regole comuni dovranno essere applicate «a ogni banca e ovunque, senza più banche ombra e senza più posti in cui potrà nascondersi chi evade il fisco». E per venire in soccorso dei Paesi più in difficoltà va rafforzato il ruolo dell'Fmi, «raddoppiando le sue risorse» e portandole «almeno a 500 miliardi» di dollari.

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Diamo un mestiere agli amici Peuhl (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Diamo un mestiere agli amici Peuhl L'esperienza acquisita dal CoRFiLaC nell'ultimo decennio ci ha convinti che lo sviluppo di un Paese è reale e duraturo solo se avviene in un contesto di crescita globale e non a discapito di qualcuno. In poche parole, solo se si riuscirà a ridurre la forbice tra Paesi ricchi e quelli a rischio di sopravvivenza ci potrà essere un futuro migliore per tutti. Spesso ci si nasconde dietro il dito con la classica frase dialettale "ne abbiamo tanti problemi e dobbiamo pensare ai Paesi in via di sviluppo". Questa è miopia pura, considerato poi le energie economiche, sociali ed intellettuali che quotidianamente vanno spese per i problemi dell'immigrazione clandestina. Questa vuole essere l'occasione per stimolare un ripensamento di questo conservatorismo, che di fatto non ha pagato, ed aprirsi verso la condivisione di progetti di sviluppo per questi Paesi con l'obiettivo di "donare loro un mestiere" e non donare semplicemente denaro. Il CoRFiLaC ha speso quasi due anni per conoscere la vera realtà produttiva beninense, attraverso incontri con le comunità rurali, con le Istituzioni, con le Università, con le ONG locali, per capire e tarare il progetto ai bisogni reali dell'etnia Peuhl. Etnia che sia pur molto tradizionalista sente che deve crescere ed essere in grado di evolversi senza però rinunciare alla propria identità. Il CoRFiLaC, nell'ambito del programma iPWO, ha avviato dal 2006 un progetto per la valorizzazione delle risorse rurali e dei prodotti storici caseari dell'etnia Peuhl. La strategia di base è quella di coinvolgere la comunità ad acquisire gli strumenti base per lo sviluppo che loro stessi devono applicare. Da qui lo slogan "Doniamogli un mestiere". Si è scelto di partire dalla qualificazione e valorizzazione del loro formaggio simbolo, il "Wagashii", prodotto esclusivamente dalle donne Peuhl. Tutte le Istituzioni, il Ministero dell'Allevamento e relativi uffici periferici, il Prefetto della Regione Atacora - Donga, le Università di Abomey Calavì e di Parakou, ONG "Potal man" ed il Comune di Pehunco, hanno condiviso il modello progettuale proposto dal CoRFiLaC. Il Sindaco di Pehunco ha donato al CoRFiLaC 5 ettari di terreno per l'insediamento di un piccolo centro sperimentale, ma soprattutto tutti i partners hanno condiviso l'idea che qualsiasi finanziamento possa arrivare dall'Italia, attraverso il CoRFiLaC, va direttamente alle comunità beneficiarie e/o ai fornitori di beni e servizi. Purtroppo la crisi finanziaria generale di questi mesi e la mancanza di strategie politiche mirate ai PVS conducono ad una carenza di fondi necessari al pieno conseguimento del progetto. In realtà i fondi necessari ammontano a circa 150 mila euro, cifra per l'Occidente quasi irrisoria se riferita ad una comunità di oltre 30 mila unità, ma di straordinaria significatività per questi Paesi, dove si vive con meno di un dollaro al giorno. Si spera che intervenendo nel loro mondo rurale, che rappresenta quasi l'80% della popolazione, e cercando di migliorare la loro qualità di vita, si possa contribuire ad ottenere un vero sviluppo locale che riduca il bisogno di evadere verso mete che poi spesso risultano fallimentari. Per quanto sopra, il CoRFiLaC ha, pertanto, pensato di avviare una campagna per la raccolta fondi, tra gli Enti pubblici siciliani, le imprese, il mondo della scuola, i singoli cittadini che vogliono contribuire allo sviluppo di questa comunità beninense. A tale proposito il CoRFiLaC organizza dall'8 al 10 aprile l'evento "SviluppAfrica - Progetto pro Etnia Peuhl - Doniamogli un Mestiere", presso la propria sede. Gli eventuali fondi raccolti saranno utilizzati per le specifiche esigenze progettuali, quali gli scavi per la costruzione di un pozzo per l'acqua potabile, l'acquisto di attrezzature agricole per la lavorazione del terreno, la semina, la raccolta e la conservazione dei foraggi ed ancora attrezzature per la qualificazione e valorizzazione del formaggio "Wagashii". Sul sito www.ipwo.it sono elencati e contrassegnati da un codice di riferimento, in ordine prioritario, le principali attrezzature, le strutture ed i mezzi d'intervento necessari allo sviluppo del progetto stesso. Ogni Ente pubblico e/o privato, ogni singolo donatore, è libero ovviamente di scegliere a quale attività destinare il proprio contributo indicando il codice di riferimento. Nel caso in cui non si riuscisse a raccogliere il necessario per ogni singola attività proposta, il CoRFiLaC si riserva di cumulare i contributi verso le attività con maggiore priorità. Gli eventuali contributi, di qualsiasi entità, possono essere versati sul conto corrente BapR - Ufficio Tesoreria Enti di Ragusa - IBAN IT17 E050 3617 002C C002 1043 801, e/o contattando il CoRFiLaC allo 0932.660464. Sul sito CoRFiLaC saranno pubblicati tutti i contribuenti all'iniziativa, i quali potranno seguire on line la destinazione dei fondi stessi. Prof. Giuseppe Licitra (Presidente Corfilac)

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I due voltidi Obama (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

I due volti di Obama In precedenti articoli ho segnalato i legami di Barack Obama con i grandi sindacati americani, in particolare con l'Uaw (United Auto Workers, sindacato dei lavoratori dell'auto) dal quale ha ricevuto cospicui finanziamenti per la campagna elettorale, restituendo il favore con i plurimiliardarii "aiuti" alla General Motors ed alla Chrysler che ne hanno ritardato il fallimento. Recentemente abbiamo sostenuto che la propensione di Obama al protezionismo, proprio come nel caso di Herbert Hoover, avrebbe potuto innescare una guerra commerciale. Un articolo apparso il 18 marzo sul Wall Street Journal conferma la validità della preoccupazione e mostra come i legami di Obama con i sindacati siano una delle fonti di ispirazione del protezionismo obamiano. Incurante dei vincoli derivanti dall'appartenenza degli Stati Uniti e del Messico all'area nordamericana di libero scambio (NAFTA), Obama ha recentemente introdotto il divieto all'ingresso negli Usa per i camion provenienti dall'estero. La decisione è stata presentata come una misura di sicurezza stradale, ma fonti ufficiali hanno accertato che i camion messicani violano le norme stradali molto meno di quelli americani. L'ispirazione di questa misura, che viola un trattato internazionale promosso e sottoscritto dagli Stati Uniti, Obama l'ha avuta dai Teamsters, il sindacato dei camionisti americani che fin dagli inizi delle primarie presidenziali democratiche nel 2008 ha appoggiato la candidatura del giovane presidente, chiedendogli in cambio la chiusura protezionistica ai camion messicani. Per ritorsione il Messico ha introdotto o accresciuto le tariffe su 90 prodotti americani, che riguardano un giro d'affari di 2,4 miliardi di dollari ed interessano 40 stati americani. Prima della ritorsione messicana, il portavoce dei Teamsters in un'intervista al Los Angeles Times aveva sostenuto "abbiamo già perso la guerra commerciale col Messico e non c'è molto che il Messico possa farci che è peggio di quanto ci hanno già fatto." Affermazioni queste che, mentre costituiscono una chiara rivendicazione di paternità del provvedimento obamiano di chiusura, non contribuiscono certo a rasserenare gli animi e rendere più agevole la rinunzia alla guerra commerciale. E' quindi poco credibile che la proclamata decisione dell'amministrazione statunitense di rivedere il provvedimento di chiusura possa avere conseguenze positive, ponendo fine alla guerra commerciale fatta esplodere con un importante paese vicino. Il commento dell'autorevole quotidiano americano è, purtroppo, condivisibile: "il presidente Obama può anche pensare che 90 prodotti siano piccola cosa, ma è da queste piccole battaglie tariffarie che talora si sviluppano autentiche guerre commerciali. Specie in momenti di crisi economica le passioni populistiche e nazionalistiche sono pericolose e difficili da tenere sotto controllo. Tenete a mente questo episodio come un altro esempio del come il sig. Obama si è rifiutato di tenere testa ad un potente gruppo d'interesse Democratico, con conseguenze dannose." Una rondine non fa primavera e non è affatto detto che la scaramuccia col Messico sia destinata ad estendersi ad altri paesi, ma una cosa è certa: se ciò accadesse, la storia si ripeterebbe. Come negli anni Trenta, le misure protezionistiche e la conseguente guerra commerciale trasformerebbero un episodio grave ma temporaneo di crisi economica in una tragedia profonda e duratura. E non possiamo certo augurarci che anche questa volta una guerra mondiale ci tragga fuori dai guai. Quanto ai provvedimenti volti a curare la crisi finanziaria, sollevando banche ed istituzioni finanziarie dalla zavorra dei titoli "tossici" (crediti difficilmente esigibili), il piano del ministro del Tesoro Timothy Geithner sembra muovere nella direzione giusta. E' tuttavia presto per dire se sia destinato ad avere successo, specie alla luce del fatto che il suo obiettivo è di coprire un buco di dimensioni comprese fra i 500 ed i 1.000 miliardi di dollari, mentre le dimensioni complessive del problema si aggirano sui 5.000. In altri termini, quando l'amministrazione Obama si muove nella direzione giusta lo fa in misura esigua, mentre non bada a spese quando si tratta di decisioni controproducenti.

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Crisi, Frattini: Serve un'Europa più forte e più coesa (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Crisi, Frattini: Serve un'Europa più forte e più coesa Roma, 25 mar (Velino) - L’approccio dell’Unione europea alla crisi finanziaria globale mostra punti di forza da valorizzare ma anche limiti evidenti da superare. è il pensiero del ministro degli Esteri Franco Frattini, intervenuto a un dibattito sul futuro dell’Europa tenuto in Campidoglio. Secondo il titolare della Farnesina, l’Ue ha adottato provvedimenti di rilievo sia per ripristinare il corretto funzionamento dei mercati finanziari sia per rilanciare l’economia reale, in particolare per mezzo di un piano da 400 miliardi di euro (pari al 3,3 per cento del Pil comunitario). L’euro, inoltre, ha dimostrato di compiere una funzione stabilizzatrice definita “preziosa” dal ministro. Non vanno tuttavia sottovalutati i limiti dell’Europa, non attrezzata adeguatamente per adottare politiche economiche anticicliche, che rimangono affidate ai singoli Stati. Il bilancio comunitario, per esempio, è assai limitato (uno per cento del Pil dell’Ue) e soprattutto rigido nel suo utilizzo. Questa situazione presenta – ha osservato Frattini – forti rischi di rinascita del protezionismo, dovuti al fatto che anche il piano di rilancio è basato su provvedimenti di stimolo fiscale da parte degli Stati membri. In pratica, una situazione che potrebbe stimolare un approccio “nazionalistico”, con il tentativo da parte di qualche paese di agire a sostegno dell’economia nazionale chiudendo agli altri Stati membri. “L’Europa deve però resistere a questa tentazione”, ha tuonato Frattini, convinto che “le regole del mercato interno vadano rispettate anche in una congiuntura così difficile”. Occorre dunque evitare malsane competizioni interne e darsi invece l’obiettivo di combattere in modo coeso e coordinato il neo-protezionismo globale. Frattini ha però sottolineato come l’Europa non debba far dimenticare che si basa su un “patrimonio condiviso di principi e valori costituzionali”. Un approccio puramente economico alla crisi sarebbe dunque assai limitato. Per uscire dalla crisi, ha detto Frattini, “non ho alcun dubbio che serva più Europa, sia nella risposta concreta e specifica che vogliamo dare a questa crisi, sia nella dotazione delle istituzioni, delle politiche e dei processi decisionali dell’Unione”. Ribadendo il no italiano all’istituzione di un fondo comune per sostenere i paesi membri in difficoltà, Frattini ha suggerito di approfondire il dibattito su tre proposte: una riforma del bilancio comunitario che includa anche la struttura delle spese, le modalità del loro utilizzo e il regime di finanziamento; l’emissione di eurobonds, volti a reperire le risorse necessarie per uscire dalla recessione e per finanziare la crescita; l’affidamento della vigilanza finanziaria alla Bce, dato che le attività di banche e istituzioni finanziarie ormai travalicano i singoli Stati. Quest’ultima proposta, ha tuttavia spiegato Frattini, è ancora lungi dal raggiungere un ampio consenso all’interno dell’Ue. Il titolare degli Esteri ha poi ribadito la convinzione italiana che sia necessario rafforzare le istituzioni comunitarie, Trattato di Lisbona in primis. L’Europa, ha osservato il ministro, ha bisogno di una presidenza stabile, “che offrirebbe garanzie migliori in termini di capacità dell’Unione di conseguire i propri obiettivi e di esercitare la sua leadership politica sulla scena internazionale. Secondo il responsabile della diplomazia italiana, chiudere la questione istituzionale consentirebbe di concentrare gli sforzi dell’Unione sulle più urgenti questioni politiche ed economiche del mondo moderno. Tra le nuove sfide da affrontare Frattini indica soprattutto la sicurezza energetica e l’Afghanistan. Sul primo versante bisogna in primo luogo saldare le politiche energetiche nazionali così da rendere più efficiente il mercato interno. Poi, occorre diversificare forniture e rotte dell’energia, che deve diventare parte integrante delle relazioni esterne dell’Ue. In particolare sviluppando l’interdipendenza con la Russia e con i paesi di transito dell’Europa orientale. L’Italia, intanto, ha ricordato Frattini, sta rimodellando il mix energetico nazionale con l’introduzione del nucleare e con il rilancio delle rinnovabili. Questi temi saranno al centro del G8 di cui quest’anno il nostro Paese esercita la presidenza. Per quanto riguarda l’Afghanistan per il ministro è necessario che l’Europa offra un contributo importante nei settori in cui è ha più esperienza: il civile, l’institution building e la rule of law. Fondamentale è poi il coinvolgimento nel processo di stabilizzazione di altri paesi della regione, come l’India, il Pakistan e l’Iran. L’ultimo pensiero il titolare della Farnesina lo ha dedicato ai Balcani, a cui occorre garantire una “prospettiva europea chiara e tangibile”. In primo luogo rendendo più dinamico il processo di concessione dello status di candidato; in secondo procedendo rapidamente alla liberalizzazione dei visti. “La stabilizzazione dei Balcani non può essere ancora considerata un fatto acquisito – ha concluso Frattini - e la loro integrazione richiede ancora energie, risorse e attenzione politica. L’Europa non può aspirare ad avere successo lontano dai suoi confini, in Afghanistan, senza prima mettere ordine nel suo cortile di casa”. (gda) 25 mar 2009 17:27

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Mutui, accordo ABI-Tesoro prevede sospensione rata per chi perde lavoro (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Mutui, accordo ABI-Tesoro prevede sospensione rata per chi perde lavoro (Teleborsa) - Roma, 25 mar - L'accordo quadro siglato oggi da ABI e Tesoro per i Tremonti Bond, prevede fra le altre cose l'impegno delle banche a favorire le famiglie, che rischiano di subire eccessivamente le incertezze della congiuntura economica e i riflessi della crisi finanziaria. In perticolare, le banche si impegnano a "prevedere - nei casi in cui il sottoscrittore del mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale, o un componente del nucleo familiare convivente abbia usufruito di interventi di sostegno al reddito per la sospensione dal lavoro, ovvero abbia subito la perdita della propria occupazione da lavoro dipendente, ovvero abbia i requisiti per l'assegnazione della somma una tantum di cui all'articolo 19, comma 2, decreto legge n. 185108 - la sospensione, per almeno 12 mesi, del pagamento delle rate senza oneri finanziari per il cliente e con conseguente traslazione del periodo di rimborso. La sospensione termina anticipatamente nel caso in cui il lavoratore venga reintegrate o trovi una nuova occupazione". Per i lavoratori coinvolti in processi di ristrutturazione, riorganizzazione o chiusura delle aziende per i quali e previsto l'utilizzo della Cassa Integrazione Straordinaria o in deroga, le banche si impegnano a favorire accordi che permettano alla clientela di accedere all'anticipo delle quote di cassa integrazione straordinaria o in deroga attraverso i loro sportelli almeno fino al 31 dicembre 2011. 25/03/2009 - 18:28

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Federalismo, Talarico (Udc): "Va contro l'idea di unità del Paese" (sezione: crisi)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Federalismo, Talarico (Udc): “Va contro l’idea di unità del Paese” REGGIO CALABRIA. “Se un tributo politico doveva essere pagato alla Lega Nord, quello del Federalismo fiscale approvato ieri in prima lettura alla Camera dei Deputati, rappresenta una scelta che va contro ogni idea di unità del Paese e pone in serie difficoltà l’organizzazione della vita stessa di molti cittadini privati di risorse e servizi ingenti”. È quanto afferma in una nota il segretario regionale dell’Udc, Francesco Talarico, consigliere regionale dello stesso partito. “ Per la Calabria - prosegue Talarico - passare dai costi storici ai costi standard non sarà semplice; non ci sono dati finanziari ufficiali; le normative a sostegno della riforma ancora da verificare nella loro concreta applicazione; la poca chiarezza sui criteri di ripartizione dei fondi di perequazione, sono tra gli aspetti che non possono non destare allarme non solo nel mondo politico, ma anche in quello imprenditoriale e sociale. Il coraggio e la coerenza politica dimostrati dall’Udc in Parlamento con il voto contrario alla così detta “proposta di Calderoli”, non sono certo frutto di una posizione di mera opposizione al disegno di legge sul Federalismo fiscale: noi siamo federalisti, ma siamo contro questo federalismo che non affronta le questioni di cui soffre la Calabria in particolare, dove gli esiti nefasti della crisi finanziaria ed economica internazionale e nazionale si abbattono con più forte “valore aggiunto” (in senso negativo). Dinanzi, dunque, alla necessità di rafforzare la coesione e lo spirito nazionale dentro cui trovano posto senza dubbio le istanze della Calabria - conclude Francesco Talarico - si è scelta, in alternativa, la via della politica politicante, cioè un percorso che balcanizza ed accentua le ricadute negative sulle aree più critiche del Paese da cui è francamente impossibile trarne il pur minimo disegno di speranza e di solidarietà per la nostra terra”. (25-03-09)

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Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 7 ) » (3 voti, il voto medio è: 3.67 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 59 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 169 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 87 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 12Mar 09 Piani di rilancio, l'Europa dice no a Obama (e fa bene) Giornale di oggi scrivo un articolo incentrato sulle crescenti incomprensioni tra l'Unione europea e la nuova America di Obama, in vista del prossimo G20. Il punto centrale riguarda il piano di stimolo dell'economia, la Casa Bianca da giorni preme affinchè anche l'Europa ne adotti uno in grande stile (quello Usa è pari al 5,7% del Pil), ma i Ventisette sono restii. "Hanno già stanziato spese straordinarie pari all'1,5% del Pil, che porteranno quelli dell'area euro a sfondare il deficit del 3% previsto dal Trattato di Maastricht, ma non intendono andare oltre nel timore che disavanzi eccessivi possano incrinare la tenuta o perlomeno la credibilità della moneta unica". Infatti quello americano quest'anno sfiorerà il 10% e che chi lo vede addirittura al 15%. Inoltre, Berlino e Parigi prestano sempre più ascolto agli economisti secondo cui manovre come quelle americane servono a poco; infatti a breve porteranno nelle tasche dei contribuenti importi irrisori pari a poche decine di dollari a testa, mentre gli investimenti sulle infrastrutture incideranno sulla crescita solo verso la fine del 2010. Insomma, si dovrebbe rinunciare a equilibri finanziari costruiti in oltre 15 anni per adottare misure espansioniste di dubbia efficacia". Io dico che l'Europa fa bene a resistere alle pressioni americane nonostante siano sempre più insistenti, con l'appoggio di grandi testate come Financial Times ed herald Tribune, che abboccano allo spin della Casa Bianca. La mia impressione è che gli Usa sperino di trascinare anche gli altri Paesi nella spirale dei deficit (e a lungo termine inflazionistica) perchè se tutti vanno male è più facile che il dollaro resti la moneta di riferimento; ma se l'Europa non segue la corrente e mantiene conti più o meno in ordine il biglietto verde rischia il capitombolo e Washington di perdere la leadership finanziaria sull'economia globale. Questa è la vera posta in gioco. Sbaglio? Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, globalizzazione, europa, economia, società, gli usa e il mondo Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 10Mar 09 Libertà di stampa? Sì, ma non per i blog Attenti, amici bloggisti, la Cassazione ha deciso che "per i blog e i forum on-line non valgono le regole che tutelano la libertà di stampa". La ragione? Eccola: siccome "si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum", spesso in forma anonima,."Blog, forum eccetera non possono essere considerati come una testata giornalistica, ma sono equiparabili ai messaggi che potevanoe possono essere lasciati in una bacheca". Dunque i blog hanno l'obbligo di rispettare il "buon custome" e il giudice può ordinare il sequestro di alcune pagine web. La controversia era nata in seguito alla decisione del Tribunale di Catania di sequestrare un forum di discussione sulla religione cattolica nel quale erano contenuti messaggi che la magistratura di Catania aveva ritenuto offensivi verso il comune sentimento religioso. Alcuni bloggisti "avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il 'sacro seme del Cattolicesimo'". Il tema è delicatissimo. Certe ingiurie sono indifendibili, ma temo che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos'è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode? Scritto in giustizia, blog, manipolazione, società, Italia, democrazia, giornalismo Commenti ( 63 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Mar 09 "Repubblica" s'indigna: gli hotel di lusso tagliano le "amenties" Il mondo va a rotoli e "Repubblica", giustamente, si preoccupa anche dei contraccolpi sugli hotel di lusso. Mercoledì ha dedicato all'argomento un'intera pagina. Ecco l'incipit: "Cominciamo da qui, dal fastoso Shangri La di Singapore e dal racconto di Alessandra Pavolini, general manager in viaggio per il 40 per cento del suo tempo-lavoro. Racconta che l'ultima volta è stato uno shock: "Niente più corbeille di fiori nella hall, neppure un valletto che ti prende i bagagli, in camera una lista di raccomandazioni da colonia estiva: spegni le luci, non usare tutti gli asciugamani, tieni la temperatura più alta. In bagno il deserto, con il barattolino dello shampoo che tiene solo una dose, spariti il cotton fioc e i dischetti struccanti. Sul comodino matite lunghe come un mozzicone e il bloc notes col logo ridotto a tre foglietti di carta bianca". E ancora, con tono inorridito, Cinzia Sasso racconta che "il grande bacino del risparmio è quello delle amenities. Basta accappatoi; stop alle pantofole; addio alle creme idratanti; contenitori più piccoli per shampoo, balsamo e bagnoschiuma, generi da sostituire, nel caso di presenze che si prolunghino, "solo dopo che siano stati utilizzati del tutto"; via i sottobicchieri nel bagno; i sigilli del water; kit per il cucito e kit per pulire le scarpe ridotti al minimo; via perfino il cioccolatino della buona notte. Ma, scrive ancora la Sasso, "per fortuna nell'era di internet, a parte i maniaci delle collezioni, non si accorgerà nessuno che sono già state tagliati i fogli per spedire i fax e la carta da lettere, così come le scatoline dei fiammiferi con il logo degli hotel". Come non capire i lettori chic di Repubblica: è un vero scandalo, un trauma, un'indecenza. Voi che dite: riusciranno a riprendersi? Sono sinceramente preoccupato. Scritto in crisi, globalizzazione, notizie nascoste, Italia, giornalismo Commenti ( 34 ) » (6 voti, il voto medio è: 3.83 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Mar 09 Obama chiede aiuto agli hedge funds (e li premia) Un altro breve post sulla crisi economica. Obama ha trovato la soluzione per far ripartire il credito: chiede aiuto agli hedge funds e ai fondi di private equity offrendo loro condizioni di estremo favore: potranno accumulare profitti illimitatamente, ma con ampie garanzie statali in caso di perdita. L'accordo è legato ai cosiddetti "Talf", come spiego in questo articolo e prevede l'esborso da parte dello Stato di altri mille miliardi di dollari. Capito il progressista Obama? Chiede aiuto e protegge gli speculatori con i soldi dei contribuenti.. Intanto il totale degli interventi varati dal governo Usa raggiunge l'astronomica cifra di 3,5 trilioni di dollari ovvero 3500 miliardi di dollari, da finanziare con l'emissione di Buoni del Tesoro. Il debito Usa è ancora sostenibile? Attenti al dollaro, rischia una brutta fine. Scritto in banche, capitalismo, crisi, progressisti, era obama, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 50 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.63 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (8) blog (1) capitalismo (8) cina (19) comunicazione (1) crisi (9) democrazia (59) economia (30) era obama (14) europa (10) francia (22) germania (3) giornalismo (50) giustizia (2) gli usa e il mondo (61) globalizzazione (43) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (150) manipolazione (5) medio oriente (13) notizie nascoste (46) partito democratico (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (22) spin (5) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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In verità non sono stato a fissare il limite 1,7. 2 per me è ok! Spero... Ultime news Casa, nessun decreto venerdì in cdm Governo-Regioni: "Piano per martedì"Rai, nominato il Cda Garimberti presidenteBanche, Marcegaglia: "Non hanno più alibi, ora diano il credito"Francia, rapiti dagli operai i dirigenti che licenziano E i sindacalisti approvanoFini: "Mussolini grande statista? Cambiato idea"Lourdes, "Sono il diavolo" e uccide l'anziana madre colpendola col crocifissoIbrahimovic via? 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Elezioni europee, ritorna la proposta delle due velocità (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 25-03-2009)

Argomenti: Crisi

Elezioni europee, ritorna la proposta delle due velocità FEDERICO ORLANDO RISPONDE Cara Europa, nell’avvicinarsi delle elezioni europee, sento molto parlare di candidature e di contrapposizione di due linee: quella funzionale alla costruzione di un’Europa più organica, avanzata da Franceschini con l’impegno di chi sarà in lista e sarà eletto di restare a Strasburgo a tempo pieno; e quella funzionale alla politica interna italiana, cioè il progetto di Berlusconi di presentarsi in tutti i 5 collegi del paese non per andare a Strasburgo (sarebbe incompatibile) ma per raccogliere tantissime preferenze e con esse giocarsi la partita del presidenzialismo: cioè un’altra spinta a riformare la Costituzione per l’elezione diretta del capo dello stato. Mi pare che, fra queste antitesi, resti ancora in ombra il progetto dei partiti italiani per la costruzione di un’Europa che abbia una soggettività politica, finora evanescente. Sbaglio? ALBERTO FRATTINA, TRIESTE Caro Frattina, Europa ha accennato più volte – anche rivendicando i meriti della commissione Prodi e sottolineando i risultati dell’euro alla prova della crisi finanziaria – alla necessità di proseguire sul cammino della costruzione politica del continente: dal Mercato comune europeo all’Unione europea e da questa, in un futuro che dovrà essere non remoto, agli Stati uniti d’Europa. Era l’obbiettivo iniziale (e mai dimenticato) dei federalisti italiani fin dal manifesto di Ventotene. Penso che, via via che la campagna elettorale si farà più concreta, i partiti si pronunceranno sul modello d’Europa che vogliono perseguire. Intanto, nelle librerie della sua città, lei potrà trovare un libro appena uscito dalle Edizioni Dedalo, L’Europa verso il suicidio? del suo concittadino Giulio Ercolessi: già giovane politico liberalradicale e, da anni, dedito soltanto agli studi e ai saggi per varie riviste, tra cui Critica liberale di cui co-dirige il supplemento Gli Stati Uniti d’Europa (la testata ottocentesca che fu di Cattaneo, Stuart Mill, Hugo). La tesi del saggio, che ho condiviso nella mia prefazione, è che il «governo federale dell’Europa» resta l’obbiettivo irrinunciabile, ma non può essere conseguito fino a quando l’Europa resterà un’Unione di soggetti (27) che rappresentano realtà economico-istituzionali molto lontane l’una dall’altra; e che tuttavia hanno gli stessi poteri, a cominciare dal diritto di veto e dal diritto di rotazione al vertice dell’Unione stessa. Come spiega Ercolessi, solo un governo federale potrà dare all’Europa quella “soggettività politica” di cui lei parla e che non può assolutamente essere espressa dall’“Europa intergovernativa” col suo deficit di democrazia e di soggezione ai paesi che la compongono. Molti dei quali restano legati al culto dello Stato-nazione, che nel mondo globalizzato perde ogni giorno di senso. La proposta del saggio di Ercolessi è che un paese, sia pure malgovernato qual è l’Italia, promuova una «cultura dei due tempi»: uno più rapido per i paesi che meglio potrebbero affrontare l’impatto con una realtà federale, e sono i paesi dell’Europa carolingia, più o meno quelli che avviarono dopo la guerra il processo di unificazione; un tempo più lungo per i paesi che non hanno né la forza economica né la cultura europeista né la volontà politica per andar oltre l’attuale «confederazione di alieni». Si potrebbe cominciare, in concreto, a creare l’Europa federale sulle politiche energetiche, sulla difesa, sull’ambiente, sull’immigrazione. Può darsi che in questa visione di integrazione federale per chi ci può stare, si trovi un po’ o molto illuminismo costruttivista. Ma, a prescindere che costruttiviste erano a fine Ottocento le visioni del giovane Einaudi e a metà Novecento quelle di Spinelli, che ci hanno sospinto, l’alternativa all’illuminismo è certamente una sola, specie in tempi di crisi: la marcia indietro verso gli Stati-nazione e le autarchie.

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