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Report "crisi"   22-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Scadenze RICHIESTA CASSA INTEGRAZIONE Termine per la presentazione all'Inps della richie... ( da "Giornale di Brescia" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: saranno trattati i temi di più scottante attualità, fra i quali la crisi finanziaria e le proposte di Cna per il suo superamento. Saranno inoltre illustrati gli strumenti messi in atto o programmati dal Governo e dalle Regioni per il sostegno delle piccole imprese in ambito finanziario e di promozione dello sviluppo imprenditoriale.

DIREZIONE PROVINCIALE PER FARE IL PUNTO SULLA CRISI ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 30: sarà l'occasione per trattare i temi di attualità, fra i quali la crisi finanziaria, e per aprire il dibattito sul processo di rinnovamento degli organismi dirigenti della Confederazione. Per informazioni: 0303519511. CNA- BRESCIA DIREZIONE PROVINCIALE PER FARE IL PUNTO SULLA CRISI

Banca-impresa un ponte c'è ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è La crisi finanziaria degli ultimi mesi ha cambiato e sta cambiando radicalmente l'assetto dei mercati internazionali. Il suo effetto a cascata sull'economia reale non si è fatto attendere e come uno «tsunami» l'onda lunga sta interessando tutti i settori, con possibili pesanti ripercussioni sul fronte della coesione sociale.

quando la borsa diventa casinò degli speculatori - marco toniolli * ( da "Mattino di Padova, Il" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: speculatori non hanno previsto a suo tempo le perniciose conseguenze di un eccesso di leva finanziaria negli investimenti degli istituti di credito e finanziari, negli Stati Uniti in particolare, ma una volta verificatasi la crisi finanziaria, si è colta l'occasione per innescare un ribasso delle quotazioni, ben al di là della effettiva situazione economica delle società quotate.

liguria, quei tre miliardi espatriati - aldo lampani ( da "Repubblica, La" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: allo studio è figlio della crisi finanziaria. Molti pensano che la fame di liquidità sui mercati potrebbe essere soddisfatta distruggendo i paradisi fiscali. L´iniziativa oggi allo studio prevede che un tale strumento di risurrezione dal delitto fiscale, mendabile con una imposta elevata dal 2,5% di allora al 7%, permetterebbe il rientro in Italia di circa 80 miliardi di euro con l´

"anno zero": le reazioni ( da "Tirreno, Il" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria mondiale si è innestata in una crisi esistente del tessile e del distretto pratese e ne sono stati accentuati i famosi "punti di debolezza". Il tessile non c'entra con l'abbigliamento? La crisi del tessile anche locale è indipendente dalle caratteristiche del "distretto parallelo cinese dell'abbigliamento"

la crisi, le regole e la corsa dell'orso ( da "Repubblica, La" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è lo stesso: i mercati finanziari danno l´impressione di aver già archiviato la grande crisi, ma è solo un´illusione ottica. Un´illusione che, dopo mesi e mesi di ribassi, può abbagliare anche molti, ma che non per questo diventa reale. Ci sono, naturalmente, anche quelli che, forse, sono fin troppo realisti.

G20. Nuovo piano europeo per affrontare la crisi mondiale. Prossimo l'incontro con gli USA ( da "AmericaOggi Online" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che riunisce tutti i ministri finanziari e i governatori delle banche centrali dell'Ue) e si potranno tirare le prime somme del G20. Il 5 aprile, sempre a Praga, il nuovo incontro con il nuovo presidente statunitense, Barack Obama, nel vertice Ue-Usa. Si aprono dunque due settimane fondamentali per il futuro della lotta alla crisi finanziaria.

L'ultima occasione per Tim Geithner di restare in sella ( da "Riformista, Il" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria recente degli Stati Uniti (prima dell'undici settembre e di questa). Sta prevalendo quella che Krugman chiama «la strategia degli zombie»: le banche e le altre istituzioni finanziarie non vengono lasciate fallire perché sono ancora troppo grandi e rischierebbero di scatenare valanghe simili a quella che ha travolto i mercati dopo la bancarotta di Lehman Brothers.

Che (r)esistano i paradisi fiscali è la nostra fortuna il liberista ( da "Riformista, Il" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La fortezza alpina vacilla: la grande crisi finanziaria sta dando ai governi di tutto il mondo l'occasione d'oro, per sferrare il colpo ferale ai cosiddetti "paradisi fiscali". Se le parole hanno un peso, l'idea che a un paradiso fiscale vada preferito il suo contrario, cioè presumibilmente un inferno fiscale, riesce davvero curiosa.

IN UN MOMENTO nel quale la crisi economica sembra non... ( da "Nazione, La (Grosseto)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: caratterizzato da una crisi di inusitata gravità (il Pil mondiale, secondo secondo l'Fmi, potrebbe presentare, per la prima volta dopo 60 anni, un segno negativo), una crisi che dall'ambito produttivo si è estesa anche a quello finanziario investendo, con particolare virulenza, quella minore dimensione d'impresa che ha garantito,

Le radici della crisi mondiale PIERANGELO GIOVANETTI ( da "Adige, L'" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: deregulation Le radici della crisi mondiale PIERANGELO GIOVANETTI L a crisi finanziaria che sta portando il mondo in recessione piegando intere economie nazionali, solo negli Stati Uniti ha prodotto in un anno distruzione di ricchezza pari a novemila miliardi di dollari.

La Bibbia dei mercati finanziari. Fondato nel 1882 e acquistato insieme all'agenzia Dow Jones da Mur... ( da "Unita, L'" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La Bibbia dei mercati finanziari. Fondato nel 1882 e acquistato insieme all'agenzia Dow Jones da Murdoch nel 2007. Il nuovo editore ha investito in modo massiccio sulla redazione per utilizzarne i contenuti su tutta la piattaforma News Corp. È l'unico quotidiano con edizione online in attivo.

Pagliani (Pdl): Convocare le banche in Provincia'' ( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Giuseppe Pagliani, candidato Pdl per la presidenza della Provincia, attacca i «proclami vuoti di Sonia Masini» e chiede un incontro «a sostegno delle imprese che vivono una crisi finanziaria dovuta in buona parte al poco credito che ottengono dalle banche».

GLI STATI DISARMATI ( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esse rischiano di scatenare reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari Paesi nel caos politico o in regimi non democratici. Secondo una ricerca dell'«Economist Intelligence Unit» ( Manning the barricades: who is at risk), 95 dei 165 Paesi studiati sarebbero a «rischio alto o molto alto» nei prossimi due anni.

<Proteste e protezionismo: sarà un anno pericoloso, l'Europa non deve dividersi> ( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che si sta trasformando in crisi occupazionale. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo ».

<Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro> ( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vedo che siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che a sua volta si sta trasformando in crisi occupazionale profonda. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Non solo nel mondo avanzato, anche in quello in via di sviluppo: assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento,

Un economista di Gricignano a Francoforte ( da "Corriere del Mezzogiorno" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: immobiliare al finanziario e ora la crisi investe l'economia reale. L'Italia è poco esposta sui mercati finanziari rispetto ad altri Paesi avanzati e quindi da noi la crisi è meno virulenta. Ma oggi, nel mercato globale, la velocità e il grado di contagio sono estremamente elevati ed è difficile fare previsioni future».

<Ora un futuro per la chimica> ( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. «Molte delle questioni che oggi affrontiamo ci sono sempre state», conclude Asuni, «solo che adesso non c'è più la bolla finanziaria a coprire i problemi». A suo dire l'unico modo per uscirne è, a livello locale, dare più soldi alle imprese in modo da rimettere in moto l'economia, mentre a livello nazionale bisognerebbe puntare sulle tre aziende davvero solide:

<Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro> ( da "Corriere.it" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: vedo che siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che a sua volta si sta trasformando in crisi occupazionale profonda. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Non solo nel mondo avanzato, anche in quello in via di sviluppo: assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento,

Il presidente della banca Mondiale al Corriere: sul protezionismo l'Europa non si divida ( da "Rai News 24" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Siamo passati da una crisi finanziaria ad una crisi economica che si sta trasformando in crisi occupazionale. Questa poi diventa crisi sociale e umana e puo' indurre in certi Paesi anche ad una crisi politica. Assistiamo - aggiunge Zoellick - ad eventi che portano ad un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo": di fronte a tutto cio'

La crisi in casa. Vanno giù le compravendite: -15% nel 2008 ( da "Panorama.it" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prestiti immobiliari Usa e ingigantita dai mercati finanziari mondiali, alla fine ha travolto anche il mercato immobiliare italiano che torna alle performance di nove anni fa. A lanciare l'allarme è [2] l'Osservatorio di Nomisma, che ha presentato il primo [3] Rapporto del 2009. Preoccupa gli esperti il dato delle compravendite delle abitazioni,

Franco (Lega) agli 800 truffati: Aspettate a pagare ( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sopratutto in un momento di crisi finanziaria come quello che stiamo attraversando. Mi sento in dovere di dare tutta la mia disponibilità ai concittadini di Chiampo, affinché si possa trovare una soluzione che aiuti le famiglie». Ed entrando ancor più nel merito, evidenzia: «Credo che i cittadini interessati alla vicenda non dovrebbero ripagare quanto già versato e sottratto dall'

Il regista politico e tecnico di Report contro Chiesa, società, politica e impresa ( da "Sicilia, La" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che condividere la scelta di emergenza di utilizzare fondi FAS per risolvere la crisi finanziaria del Comune di Catania non avrebbe dovuto significare nel futuro, sottrarre risorse così importanti per gli investimenti per coprire le spese correnti. Fu interpretato - ahimè - come l'ennesimo attacco alla neonata amministrazione Stancanelli.

Slovacchia, presidenziali: si va al ballottaggio ( da "Reuters Italia" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: trascurate dalle riforme di mercato del precedente governo di centrodestra. La Slovacchia, membro della Ue che ha da poco adottato l'euro, è stata colpita anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anche se meno duramente di altri paesi dell'Europa centrale e orientale.

BANCHIERI IN GINOCCHIO DAL GOVERNO - BRUCIATI 27 MILIARDI DI EURO IN APPENA TRE MESI - SCATTA LA CORSA AI TREMONTI BOND PER EVITARE IL CRAC - E' PARTITO IL SALVATAGGIO DI SISTEMA: ( da "Dagospia.com" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: preoccupazioni dei pezzi da novanta del mondo finanziario per la tenuta dei conti. Corrado Faissola I bilanci 2008 non sono andati poi così male. Ma gli effetti della crisi finanziaria internazionale potrebbero abbattersi ancora sui requisiti patrimoniali delle banche ed innescare quei meccanismi perversi che potrebbero portare a una robusta stretta dei rubinetti dei finanziamenti.

Crisi/ Milano, domani Formigoni riceve Tremonti ( da "Virgilio Notizie" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: opportunità per discutere della crisi finanziaria degli ultimi mesi, valutare le iniziative già messe in atto, scambiare idee, osservazioni e attivare percorsi congiunti la colazione di lavoro organizzata per domani dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni cui parteciperà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

CRISI/ MILANO, DOMANI FORMIGONI RICEVE TREMONTI ( da "Wall Street Italia" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi/ Milano, domani Formigoni riceve Tremonti di Apcom Colazione di lavoro con il gotha dell'economia lombarda -->Milano, 22 mar. (Apcom) - Rappresenta un'opportunità per discutere della crisi finanziaria degli ultimi mesi, valutare le iniziative già messe in atto, scambiare idee, osservazioni e attivare percorsi congiunti la colazione di lavoro organizzata per domani dal Presidente

Scandalo Aig I bonus salgono a 218 milioni ( da "Stampa, La" del 22-03-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: altra sa di dover corteggiare gli investitori privati per stabilizzare i mercati finanziari e risanare i bilanci delle banche. Le principali banche Usa stanno protestando, e Obama sa che non salva il Paese dalla recessione se fa la guerra agli investitori privati. La legge è «ingiusta», ha scritto in una lettera ai dipendenti il Ceo di Bank of America Kenneth Lewis.


Articoli

Scadenze RICHIESTA CASSA INTEGRAZIONE Termine per la presentazione all'Inps della richie... (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 22/03/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia Scadenze RICHIESTA CASSA INTEGRAZIONE Termine per la presentazione all'Inps della richiesta di autorizzazione al trattamento Cig per sospensione o riduzione dell'attività lavorativa intervenute nel mese precedente. La presentazione deve avvenire entro 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell'orario di lavoro. La richiesta va inoltrata: all'Inps con mod. Igi 15 per cig ordinaria; alla direzione provinciale del lavoro con mod. Cigs-Solid-1 per cig straordinaria e contratti di solidarietà. MARTEDÌ 31 MARZO Inps - datori di lavoro: trasmissione telematica Emens - Scade il termine per la trasmissione telematica obbligatoria dei flussi delle denunce retributive mensili denominate Emens. I soggetti tenuti all'invio sono: i datori di lavoro, già tenuti alla compilazione della parte C del modello 770, per i quali l'invio deve avvenire entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di competenza; i committenti e gli associanti, per i quali l'invio deve avvenire entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di pagamento del corrispettivo della prestazione. Deducibilità ferie LA CORTE DI CASSAZIONE, respingendo un ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ha stabilito con propria sentenza che le indennità corrisposte al dipendente per le ferie non godute devono essere interamente deducibili dall'azienda, in quanto costo di esercizio e non accantonamento. Per i giudici, infatti, ci si deve riferire all'esercizio nel quale il dipendente ha maturato il relativo reddito anche se le indennità non fossero state materialmente erogate. In tale ultimo caso (ove nel successivo esercizio il lavoratore dovesse recuperare le ferie non godute, perdendo così il diritto all'indennità sostituiva) l'importo di quest'ultima diviene per l'impresa una sopravvenienza attiva, imponibile ai sensi dell'art. 55 del D.p.r. n. 917 dell'86. Starweb LA PROCEDURA Starweb «Sportello telematico artigiani», prodotta da Infocamere, permette di assolvere in modalità on-line, con un'unica procedura, gli adempimenti previsti dalla normativa in materia di Comunicazione unica e, contemporaneamente, accedere alle procedure previste per l'albo artigiani: iscrizione al Registro imprese e all'albo artigiani, attribuzione di partita Iva, Inps e Inail. Starweb si pone quale servizio, a disposizione delle Cciaa, delle associazioni di categoria e di tutti gli intermediari in genere per definire e inviare all'Albo Imprese Artigiane e al Registro Imprese pratiche telematiche di: iscrizione, modifica, cancellazione. Cna A BRESCIA LA DIREZIONE PROVINCIALE SULLA CRISI La serie di incontri con le imprese del territorio provinciale si conclude con la convocazione della direzione provinciale. Nell'incontro, convocato per le ore 20.30 di lunedì 23 marzo, saranno trattati i temi di più scottante attualità, fra i quali la crisi finanziaria e le proposte di Cna per il suo superamento. Saranno inoltre illustrati gli strumenti messi in atto o programmati dal Governo e dalle Regioni per il sostegno delle piccole imprese in ambito finanziario e di promozione dello sviluppo imprenditoriale. L'incontro sarà anche occasione per aprire il dibattito sul processo di rinnovamento degli organismi dirigenti della Confederazione. Tutti gli imprenditori della zona Brescia e hinterland sono invitati a partecipare; per informazioni è possibile contattare Cna Brescia al numero 030.3519511. Confartigianato CONVEGNO «L'ARTIGIANATO VERSO IL FEDERALISMO» Venerdì 27 marzo Confartigianato, in collaborazione con Ubi-Banco di Brescia, promuove un nuovo appuntamento del «Sessantesimo». L'incontro dal tema «L'artigianato verso il federalismo» avrà inizio alle ore 15 nella sala Bim di Breno, in via Aldo Moro 7. La giornata si aprirà con i saluti del presidente del Mandamento di Valle Camonica, Gian Battista Pasquini, del sindaco di Breno, Edoardo Mensi, e del presidente della Comunità montana, Alessandro Bonomelli. Seguiranno gli interventi di Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre e di Roberto Castelli, sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e trasporti. Le conclusioni saranno di Giovanmaria Rizzi, presidente della Confartigianato di Brescia. Associazione INCONTRI CON I SOCI Nell'ambito di una serie di incontri con gli artigiani, iniziati lo scorso mese di dicembre e tenutisi già in una decina di comuni della provincia, è in programma una riunione per domani, lunedì 23 marzo alle ore 18, all'ufficio di Montichiari dell'Associazione Artigiani in via A. Poli 102. Nel corso dell'incontro, aperto agli artigiani, gli esperti presenti daranno informazioni e risposte in ambito creditizio con approfondimenti sulle possibilità di accesso al credito e sulle novità fiscali e in materia di sicurezza aziendale.

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DIREZIONE PROVINCIALE PER FARE IL PUNTO SULLA CRISI (sezione: crisi)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

economia pag. 35 DIREZIONE PROVINCIALE PER FARE IL PUNTO SULLA CRISI La serie di incontri con le imprese del territorio provinciale si conclude idealmente con la direzione provinciale (invitate le imprese associate della zona di Brescia e dell'hinterland), in programma domani sera alle 20.30: sarà l'occasione per trattare i temi di attualità, fra i quali la crisi finanziaria, e per aprire il dibattito sul processo di rinnovamento degli organismi dirigenti della Confederazione. Per informazioni: 0303519511. CNA- BRESCIA DIREZIONE PROVINCIALE PER FARE IL PUNTO SULLA CRISI

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Banca-impresa un ponte c'è (sezione: crisi)

( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

La stretta creditizia Banca-impresa un ponte c'è La crisi finanziaria degli ultimi mesi ha cambiato e sta cambiando radicalmente l'assetto dei mercati internazionali. Il suo effetto a cascata sull'economia reale non si è fatto attendere e come uno «tsunami» l'onda lunga sta interessando tutti i settori, con possibili pesanti ripercussioni sul fronte della coesione sociale. L'effetto più dirompente è stato quello di aver fortemente minato, direi quasi annullato, un fattore fondamentale che sta alla base di qualsiasi attività economica: la fiducia. La fiducia nel sistema finanziario ha subito un'erosione sostanziale e ci vorrà tempo per ripristinarla. Il timore di un rischio sistemico ha paralizzato il mercato interbancario riducendo il flusso di liquidità nel sistema. In questo quadro, in cui la preoccupazione principale era ed è quella di impedire che le difficoltà del sistema finanziario si ripercuotano totalmente sull'economia reale, attraverso un effetto di forte restrizione creditizia che riduce la liquidità a disposizione delle imprese, ed in particolare delle micro e piccole, si colloca nel dibattito in corso nel nostro Paese la «riscoperta» del sistema dei Confidi, che diventano «quasi per incanto» l'elemento chiave per impedire il «corto circuito» tra sistema bancario e imprese. La mission dei Confidi, prevalentemente come emanazioni delle associazioni di rappresentanza della micro e piccola impresa, è stata da sempre fondata sul concetto di solidarietà e di mutualità, in una logica di accompagnamento del rapporto tra banche e imprese. Sono le micro e piccole imprese quelle più a rischio di fronte ai processi di restrizione del credito, indotti dall'attuale crisi. Infatti ad oggi le Pmi sono colpite dal drastico congelamento degli ordini e dai fermi di produzione adottati dalle grandi aziende, delle quali sono spesso i fornitori. Se consideriamo l'elevato livello di dipendenza da un singolo cliente, le conseguenze per le Pmi non possono essere che nefaste. Un esempio tipico è il settore automobilistico. Inoltre le Pmi stanno subendo ancora più che in passato le conseguenze di pagamenti in ritardo e insolvenze che rischiano di spingere verso il fallimento molte piccole aziende altrimenti sane. Se a ciò aggiungiamo anche il concomitante effetto derivante dall'applicazione dei criteri di Basilea 2, che mirano attraverso procedure di rating a incentivare le banche ad un approccio di credito basato sul «merito creditizio», dove gli «automatismi» di tipo andamentale la fanno da padrone, esasperando un perverso effetto pro ciclico, otteniamo un quadro piuttosto preoccupante del presente e soprattutto dell'immediato futuro supporto che le banche possono fornire al sistema delle imprese. E' necessario, quindi, ridefinire criteri di valutazione e parametri, che tengano conto della situazione di emergenza. E' proprio in questo «snodo» fondamentale di interfaccia «territoriale» nel percorso di avvicinamento tra banca e impresa, in particolare se micro o piccola, che si colloca storicamente il ruolo ed il valore aggiunto dei Confidi, e che oggi può diventare ancor più determinante. I Confidi detengono un capitale sociale non monetario accumulato sulla base di una stratificazione storica delle fiducia concessa dai piccoli imprenditori di un determinato territorio. Questo approccio distingue in modo netto il loro comportamento da quello delle aziende di credito, i primi infatti operano nell'interesse dell'impresa socia secondo un principio di mutualità e solidarietà, le seconde «naturalmente» operano nel loro interesse. Da un lato Basilea 2 e la conseguente trasformazione del mercato della garanzia, dall'altro la crisi finanziaria in atto, richiedono un grande «cambio di marcia» al mondo dei Confidi, per il quale diventa determinante un più intenso processo di patrimonializzazione. Patrimonializzazione che, grazie all'effetto moltiplicatore di cui si avvalgono i Confidi, può garantire agli stessi di poter raccogliere le sfide attuali e svolgere in modo efficace il ruolo di ponte tra banca e impresa, senza snaturare il patrimonio di conoscenze territoriali e in altre parole il capitale fiduciario di cui godono. Poiché è proprio di questo capitale che oggi c'è grande bisogno ed i Confidi ne sono i «portatori sani».

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quando la borsa diventa casinò degli speculatori - marco toniolli * (sezione: crisi)

( da "Mattino di Padova, Il" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

LE IDEE/1 QUANDO LA BORSA DIVENTA CASINò DEGLI SPECULATORI MARCO TONIOLLI * La Borsa valori è lo specchio della salute delle società in essa quotate? Se raffrontiamo le quotazioni espresse all'inizio del 2008 con quella oggi ricorrenti, dovremmo concludere che la situazione economico-finanziaria delle imprese italiane è veramente disastrosa. La maggioranza delle società quotate ha, infatti, perso circa la metà del suo valore di mercato in un anno. Tale constatazione ci pone un dubbio. La quotazione che nasce dalla domanda e offerta di azioni riflette oggettivamente la salute delle imprese quotate? Una perplessità ci deriva dalla constatazione che all'apertura, e sino alle prime ore del pomeriggio, la Borsa valori di Milano (anche delle altre sedi europee) esita nell'esprimere le quotazioni, in attesa dell'apertura della Borsa di New York. Appare, infatti, che la «salute» delle nostre imprese sia fortemente condizionata dall'indice Dow Jones, che come noto esprime la media aritmetica in dollari della variazione dei corsi dei principali titoli azionari quotati per l'appunto alla Borsa di New York. Che nel contesto dell'economia globale ciò possa in parte risultare ovvio, stante il peso che l'economia americana ha nel resto del mondo, è solo parzialmente giustificato. Il ruolo prevalente nella fattispecie lo svolgono gli speculatori, che dovrebbero «formulare previsioni razionali circa i prezzi futuri di un determinato mercato» con un'azione stabilizzatrice tale da orientare i risparmiatori. La sana speculazione, infatti, dovrebbe attutire le forti oscillazioni nella dinamica delle quotazioni, facilitando l'incontro della domanda con l'offerta di azioni. Quando però gli speculatori di professione sono in grado di incidere pesantemente sulla formazione delle quotazioni, allora essi possono provocare notevoli oscillazioni nel mercato azionario, indipendentemente dalla effettiva consistenza economica delle società quotate. Qui più che di speculatori nel senso proprio, pare trattarsi di approfittatori che sfruttano l'ingenuità dei risparmiatori in occasione di eventi da loro non previsti, ma poi «cavalcati». Gli speculatori non hanno previsto a suo tempo le perniciose conseguenze di un eccesso di leva finanziaria negli investimenti degli istituti di credito e finanziari, negli Stati Uniti in particolare, ma una volta verificatasi la crisi finanziaria, si è colta l'occasione per innescare un ribasso delle quotazioni, ben al di là della effettiva situazione economica delle società quotate. La Borsa valori, oggi, pur restando un'occasione di investimento del risparmio, risulta anche essere una sorta di casa da gioco «giostrata» da speculatori che traggono facili guadagni alle spalle di ingenui risparmiatori. Infatti, se i risparmiatori non cadessero nelle insidie degli speculatori, questi non troverebbero motivo per enfatizzare oltre ogni ragionevole misura eventi sfavorevoli per influenzare le quotazioni a loro vantaggio. Va ricordato che, quando il valore delle azioni cade per un eccesso della loro offerta (inizialmente provocata), c'è sempre una domanda disposta ad assorbirla (e viceversa). Durante una fase calante, la speculazione «fa il pieno» a prezzi stracciati, mentre, quando sale decisamente, gli speculatori vendono quanto acquistato a prezzi stracciati. Ciò è possibile quando i risparmiatori si lasciano prendere dal panico e viceversa quando dall'euforia. Il risparmio va investito in parte in azioni, ma è sempre bene investirne una parte in obbligazioni (del debito pubblico, ad esempio) per superare nel caso di un bisogno di liquidità quei momenti nei quali la Borsa è al ribasso. «Giocare» in Borsa è un azzardo per gli sprovveduti. Investire in Borsa deve essere frutto di una scelta razionale se del caso confortata da una specifica competenza professionale. Togliere il «foraggio» alla malsana speculazione significa riportarla alla sua funzione fisiologica. * Dipartimento Scienze economiche Università di Padova

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liguria, quei tre miliardi espatriati - aldo lampani (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina VI - Genova Liguria, quei tre miliardi espatriati Gli artigiani: "Strangolati dalle norme di accesso ai finanziamenti" "Scudo fiscale" all´orizzonte, atteso il rientro di una somma enorme Ma intanto le aziende genovesi arrancano debiti per pagare i contributi ai dipendenti Il ritorno fiscale per la nostra regione sarebbe di quasi duecento milioni di euro "La certificazione di regolarità, nata contro il lavoro nero, penalizza invece proprio chi è onesto" ALDO LAMPANI Che cosa accadrebbe in Liguria se il governo adottasse lo «scudo fiscale» proposto da Silvio Berlusconi per favorire il rientro dei capitali dall´estero? Facendo alcune proiezioni si può ipotizzare il rientro in Liguria di circa tre miliardi di euro, con un vantaggio per il fisco di quasi 200 milioni. Vediamo perché. Lo strumento dell0 «scudo fiscale» fu già utilizzato dal governo del 2001-2002 per far rientrare nel Paese masse di risparmi o investimenti immobiliari e in oggetti d´arte effettuati con denari distratti al sistema fiscale nazionale. Quel primo scudo costò agli evasori un prezzo piuttosto modico: un´imposta pari al 2,5% sul complesso dei denari esportati illegalmente. La Liguria e Genova furono, a suo tempo, oggetto di studio: dei circa 60 miliardi di euro reimmessi nella legalità circa il 3,5% riguardava la nostra regione. Circa 2 miliardi di euro in capitali, che - se fosse esistito un sistema federalista nazionale - avrebbe portato al territorio 50 milioni di euro in recupero di imposte. Questo avrebbe consentito il pareggio di bilancio di un´azienda come Amt e l´annullamento di parte del debito di diversi comuni di media grandezza. Se il primo scudo fiscale fu generato dalle Torri Gemelle di New York, quello oggi allo studio è figlio della crisi finanziaria. Molti pensano che la fame di liquidità sui mercati potrebbe essere soddisfatta distruggendo i paradisi fiscali. L´iniziativa oggi allo studio prevede che un tale strumento di risurrezione dal delitto fiscale, mendabile con una imposta elevata dal 2,5% di allora al 7%, permetterebbe il rientro in Italia di circa 80 miliardi di euro con l´incasso per l´erario di circa 5,6 miliardi. Ogni euro reimpatriato dovrebbe soggiacere a una condizione ineluttabile: essere investito in titoli di Stato o in società di capitali. Se questa ipotesi diventasse realtà, sempre nelle medesime percentuali di rientro per la Liguria (cioè il 3,5% del totale nazionale), il ritorno fiscale si conterebbe in 196 milioni di euro, cioè una quota decisiva di abbattimento del debito della sanità pubblica e il raddoppio dei servizi alla persona nel Comune di Genova. Ma soprattutto le quote capitale, nettate dalla «multa», rappresenterebbero un volano incredibile per il territorio, specie quelle obbligate a essere reintegrate in quote di società. E che cosa rappresenterebbero queste masse investite in titoli di stato? Cosa si potrebbe fare, in Liguria, con circa due miliardi di euro in obbligazioni locali a cinque anni al tasso euribor più 0.50 di spread? L´iniziativa del governo è attesa da non pochi di coloro che, per ragioni diverse, preferirono lasciar perdere l´offerta di otto anni fa.

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"anno zero": le reazioni (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 5 - Prato "ANNO ZERO": LE REAZIONI PRATO IN TV Ma dove erano le istituzioni? Vorrei esprimere alcune sintetiche considerazioni in merito alla trasmissione "Anno Zero". E' stata un'occasione persa, concordo. Prato è apparsa distrutta, in crisi profonda, con poche proposte e permeata di illegalità, grazie ad un "distretto parallelo" cinese. E' bene che abbiano parlato, forse un po' poco, gli imprenditori, piccoli e grandi, gli operai, i disoccupati ed i cassaintegrati. Ma dove erano le istituzioni, Le associazioni di categoria? E' vero che non si potevano fare in una trasmissione televisiva come Anno Zero le solite "passerelle" di politici locali, ma la loro completa assenza deve far riflettere! Almeno un soggetto, uno, in rappresentanza di tutti, a testimonianza della gravità della situazione e della convergenza di tutti i soggetti su alcune proposte, poteva intervenire. Invece si è notato una chiassosa ed eloquente assenza! La crisi finanziaria mondiale si è innestata in una crisi esistente del tessile e del distretto pratese e ne sono stati accentuati i famosi "punti di debolezza". Il tessile non c'entra con l'abbigliamento? La crisi del tessile anche locale è indipendente dalle caratteristiche del "distretto parallelo cinese dell'abbigliamento"? Sono perplesso da tale considerazione. Forse gli abiti si fanno con il metallo? I tessuti finiti non vengono lavorati dall'industria tessile? E' mancata la congiunzione fra tessile ed abbigliamento; prima grande frattura. Nella sostanza gli attori che operano nell'abbigliamento, nella vendita, non corrispondono, in generale, a cointeressenze dirette nella loro produzione, nel tessile del distretto. Ancor meglio: tale spazio lasciato vuoto a Prato, è stato occupato dalle oltre 4 mila aziende cinesi, le quali operano, nella stragrande maggioranza in situazioni di illegalità e/ di non osservanza delle principali leggi e regole. La responsabilità è variegata e ben distribuita, secondo me. Anzitutto mi pare che sia stato applicato il principio della "solidarietà internazionalista indipendente", con l'accento sulla parola "indipendente", ovvero indipendentemente dalle leggi e regole. Claudio Lando Paoletti PRATO IN TV Non è stata un'occasione persa Volevo fare i miei complimenti per il titolo "Un'occasione persa". Vi ricordo che è una delle pochissime volte se non l'unica volta che Prato va su Rai2 in prima serata,dove e stato possibile far sapere a qualche milione di italiani della situazione in cui versa il distretto tessile pratese,il disagio di cassaintegrati,gente in mobilità,artigiani con macchinari fermi e che non riscuotono da mesi e fabbriche tutti gli anni a rimessa,senza considerare muratori, metalmeccanici, elettricisti,bar che anno ormai dimezzato le colazioni o edicole che rimandano indietro i giornali. Abbiamo fatto sapere che la situazione è critica che dal 2001 non abbiamo mai chiesto niente a nessuno ma che ora è giunto il momento di venirci un po' incontro da che a Prato si è sempre lavorato e molto. Claudio Bechi PRATO IN TV Le ragioni storiche dell'attuale crisi Dopo la trasmissione "Annozero" di Michele Santoro sulla crisi del distretto tessile pratese e numerosi interventi usciti sulla stampa nei giorni scorsi, il Partito di Rifondazione Comunista di Prato vorrebbe fornire una chiave interpretativa diversa rispetto a quella finora emersa. Un intervento fatto senza la presunzione di voler dare né risposte né possibili ipotesi di uscita dalla crisi in cui la nostra provincia si trova, ma con la voglia di creare uno spunto per una riflessione e un dibattito sia tra i cittadini sia tra le amministrazioni che, a diversi livelli, si sono avvicendate negli ultimi anni. Purtroppo la diretta di "Annozero" ha lasciato poco spazio alla discussione sulle dinamiche della crisi pratese concentrando principalmente l'attenzione sul fenomeno del lavoro nero e dell'illegalità nelle aziende cinesi presenti sul territorio. La crisi del distretto tessile è iniziata già prima del 2000 e definitivamente sancita con il crollo delle Torri Gemelle nel 2001: una crisi che ha portato l'imprenditore italiano a inserirsi in una dinamica di mercato globale con una conseguente perdita delle identità territoriali e del valore del lavoro svolto sul territorio nazionale. Una parte sostanziale della filiera tessile si è perduta a causa della delocalizzazione del lavoro in paesi emergenti dove i costi di produzione e di manodopera sono inevitabilmente inferiori per il minor rispetto dei diritti umani che porta i lavoratori a sostenere, nei loro paesi, ritmi di lavoro in condizioni disumane. Questo modello è presente anche nel nostro distretto tessile dove la mancanza di regolamentazione delle aziende cinesi induce intere famiglie a vivere nel medesimo luogo di lavoro, senza la tutela dei diritti minimi dell'uomo e dei minori. Anche nel distretto tessile la delocalizzazione è stata applicata e vista come possibile risposta a breve termine: una soluzione che invece, a lungo termine, ha portato i profitti a non essere reinvestiti di nuovo sul territorio e nel tessile ma ad essere spostati verso altri settori, impoverendo di conseguenza la qualità e l'unicità dei nostri prodotti. Con l'affacciarsi della crisi mondiale di questi ultimi anni il modello economico neo-liberista si è dimostrato fallimentare nel dare una risposta concreta come soluzione globale del problema. Il distretto pratese si è quindi trovato impreparato al sopraggiungere della nuova crisi mettendo in discussione anche la produzione delocalizzata, lasciandosi così travolgere dalle dinamiche mondiali. Alessio Laschi segretario PRC Prato PRATO IN TV Silenzio sulle colpe degli amministratori Santoro...ancora... E come al solito si sono sentite le bugie..la copertura totale delle colpe dell'amministrazione locale e degli organi locali preposti ai controlli. Cose che a Prato tutti sanno ma nessuno dice pubblicamente, neanche chi dovrebbe essere all'opposizione. Ma come, data l'importanza dell'argomento Romagnoli (sindaco) Logli (presidente provincia) e Frattani (assessore alla città multietnica) non hanno neanche avuto il coraggio di parlare? Eppure sono i soliti scesi in piazza Mercatale. Vergogna due volte. Paolo Franchi

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la crisi, le regole e la corsa dell'orso (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 20 - Economia Affari & politica LA CRISI, LE REGOLE E LA CORSA DELL´ORSO I più colti parlano (per descrivere le Borse di oggi, in rialzo da tre settimane) di "bear market rally", insomma di corsa dell´Orso, destinata a non andare molto lontano. Quelli più alla mano, che si sono formati intorno a piazza Affari, parlano più semplicemente di "rimbalzo del gatto morto". Il concetto, comunque, è lo stesso: i mercati finanziari danno l´impressione di aver già archiviato la grande crisi, ma è solo un´illusione ottica. Un´illusione che, dopo mesi e mesi di ribassi, può abbagliare anche molti, ma che non per questo diventa reale. Ci sono, naturalmente, anche quelli che, forse, sono fin troppo realisti. La loro tesi è che dietro questi bear market rally si nasconde un crollo (prima dell´estate) che potrebbe essere anche del 20 per cento, con il Dow Jones poco sopra quota 5000. Non appena usciranno i dati delle prime trimestrali la gente capirà, spiegano i super-realisti, che la strada da fare verso il sole e il bel tempo è ancora lunga. Questa non sarà, come in Re Lear, una primavera di smagliante bellezza, sarà in parte ancora una stagione di scontento. In termini un po´ più elaborati si dice che le condizioni per l´avvio di un vero rally borsistico sono due: la certezza che i pasticci finanziari delle banche sono finiti e la certezza che la parte più dura della recessione è alle spalle. Fino a quando non sono soddisfatte entrambe queste condizioni, avremo a che fare sempre e soltanto, con dei bear market rally, cioè con delle corse degli Orsi (e non dei Tori). Sul primo punto (certezza che i pasticci bancari sono finiti) non sappiamo nulla noi che stiamo qui a guardare e non sanno nulla nemmeno quelli che sono dentro le stanze di manovra. Tutti, noi e loro, speriamo che le grandi banche e l´alta finanza abbiano finito di prenderci in giro, ma di preciso non sappiamo niente. Solo lo scorrere del tempo ci dirà se gli imbrogli sono venuti tutta alla luce o se sotto i tappeti è rimasto qualcosa d´altro. Per quanto riguarda il secondo punto (la certezza che la parte dura della recessione è passata) si può rispondere con una certa serenità che questa certezza non c´è. Anzi, c´è il suo contrario. Basta aprire un qualunque studio di previsione e si vedrà che il peggio, purtroppo, deve ancora venire. I due trimestri più duri saranno il primo e il secondo del 2009. Vale a dire il periodo che va da gennaio a giugno. E non è difficile capire perché. La crisi è partita (dal punto di vista congiunturale) a settembre-ottobre dello scorso anno. I governi (chi più, chi meno) si sono mossi per intercettarla e hanno messo in campo le loro misure (in parte buone e in parte cattive), ma in ogni caso prima che i loro missili raggiungano il bersaglio ci vorrà del tempo. Ecco perché gli economisti di professione dicono che il punto di svolta si avrà nella seconda parte dell´anno: bisogna dare il tempo agli anti-corpi governativi di raggiunge i virus dell´infezione e fermarla. Naturalmente, non è scritto da nessuna parte che tutto proceda come dicono i manuali. E la crisi, allora, potrebbe richiedere anche più tempo per essere superata. Anche perché gli studiosi di queste materie fanno notare che le crisi bancarie di solito hanno tempi lunghi. Si tratta di ricostituire la fiducia della gente e di rimettere in funzione meccanismi molto delicati. Poi, ci sono dei casi che sono borderline. Per l´Italia, ad esempio, Consensus prevede una ripresa nel 2010. Solo che è una ripresa dello 0,3 per cento del Pil. Un valore così basso che basta niente per annullarlo. E almeno metà dei "saggi" intervistati in realtà vede nel 2010 l´Italia ancora in recessione. Insomma, questa crisi non è un incontro di pugilato dove l´arbitro suona la fine del match: ci vorrà del tempo. E intanto le Borse faranno su e giù, ma per il vero rally ci vorrà molta pazienza.

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G20. Nuovo piano europeo per affrontare la crisi mondiale. Prossimo l'incontro con gli USA (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

G20. Nuovo piano europeo per affrontare la crisi mondiale. Prossimo l'incontro con gli USA 22-03-2009 BRUXELLES. Chiuso l'ennesimo vertice europeo con importanti decisioni per contrastare la crisi, i leader dei principali Paesi dell'Ue, con uno spirito di rinnovata unità, puntano ora dritto al G20 di Londra, il prossimo 2 aprile. Un appuntamento fondamentale, dove per la prima volta si confronteranno con la nuova amministrazione Usa sul delicato terreno delle strategie per combattere la recessione mondiale e per riformare da cima a fondo il sistema finanziario internazionale. L'Europa a quel tavolo parlerà con una sola voce, almeno stando al testo concordato dal Consiglio Ue e adottato all'unanimità da tutti i capi di Stato e di governo dei 27. Cardine del manifesto Ue al G20 è il chiaro 'no' ad ogni forma di nazionalismo economico, che non farebbe altro che aggravare la crisi. Per questo, si legge nel testo dell'Ue, è fondamentale "mantenere aperti i mercati ed evitare qualsiasi tipo di misura protezionistica". Dunque no a "nuovi ostacoli agli investimenti e agli scambi e nessuna nuova restrizione alle esportazioni". L'invito è rivolto agli Usa e a tutte le principali economie emergenti. Ma vale anche per gli stessi Paesi dell'Ue. Il timore, infatti, è che - al di là dell'unità mostrata nei vertici ufficiali - alcune crepe possano aprirsi sul fronte interno. A partire proprio dalla tentazione che alcune capitali potrebbero avere di adottare misure dal sapore protezionistico per difendere alcune produzioni nazionali, soprattutto nel fondamentale settore del'auto. Quello che sta accadendo in Francia, per esempio, è visto a Bruxelles come un pericoloso campanello d'allarme. La decisione di riportare sul territorio nazionale la produzione di alcuni modelli della Renault fabbricati finora in Slovenia ha provocato una dura reazione da parte della Commissione Ue, che a caldo si è detta stupefatta dal comportamento di Parigi. E che adesso, nonostante le rassicurazioni del presidente Nicoas Sarkozy, vuole vederci chiaro. Anche perché il rischio è quello di creare precedenti che potrebbero innescare una serie di decisioni a catena che danneggerebbero in maniera irreparabile il mercato interno. Ma altrettanto forte resta a Bruxelles la preoccupazione che, di fronte ad un ulteriore aggravarsi della crisi, nell'Ue possa peggiorare la situazione dei Paesi dell'Est finora più colpiti dalla recessione, facendo riemergere vecchie diffidenze tra est e ovest. I leader dell'Ue hanno lanciato un segnale positivo, raddoppiando il fondo di sostegno alla bilancia dei pagamenti degli Stati più in difficoltà fuori dalla zona euro, portandolo da 25 a 50 miliardi di euro. Ma gli aiuti andranno decisi caso per caso, valutando attentamente ogni singola situazione. Ungheria e Lettonia hanno già ottenuto 10 miliardi e la Romania sta negoziando con Bruxelles. Ma di un eventuale piano di salvataggio dell'Europa centro-orientale, come vorrebbero alcune capitali all'est, non se ne parla. Così come del resto non ci sarebbe al momento alcun piano di salvataggio per i Paesi della zona euro più a rischio. Tutto sarà comunque più chiaro dopo l'appuntamento londinese del 2 aprile. Già il 3 ed il 4 aprile, a Praga, si riunirà l'Ecofin informale (che riunisce tutti i ministri finanziari e i governatori delle banche centrali dell'Ue) e si potranno tirare le prime somme del G20. Il 5 aprile, sempre a Praga, il nuovo incontro con il nuovo presidente statunitense, Barack Obama, nel vertice Ue-Usa. Si aprono dunque due settimane fondamentali per il futuro della lotta alla crisi finanziaria.

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L'ultima occasione per Tim Geithner di restare in sella (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

L'ultima occasione per Tim Geithner di restare in sella TEST. Domani il segretario al Tesoro travolto dal caso dei bonus di Aig dovrebbe presentare i dettagli del suo piano per risolvere il problema dei titoli tossici nei bilanci delle banche. Se Wall Street non sarà convinta il presidente Barack Obama dovrà cominciare a cercare un sostituto. di Stefano Feltri Il giorno del giudizio per Timothy Geithner potrebbe arrivare presto, forse già domani. Il segretario al Tesoro americano ha un'ultima occasione prima di dover presentare le dimissioni al presidente Barack Obama (che però, ha detto ieri, le respingerebbe): annunciare questa settimana un piano di intervento per risolvere il problema degli asset tossici nei bilanci delle banche che riesca a convincere Wall Street. Un mese fa aveva enunciato le linee generali della sua strategia, così confuse e poco dettagliate che la Borsa era crollata, punendo per la prima volta quello che, al momento del totonomine, era stato il suo candidato alla guida dell'economia (il giorno in cui è stato scelto da Obama il Dow Jones si è impennato del 6,5 per cento). Le prime indiscrezioni le ha pubblicate ieri il New York Times: come aveva promesso Geithner saranno coinvolti investitori privati che rischieranno piccole quote di capitale proprio e, sostenuti da prestiti garantiti dallo Stato, compreranno titoli dal valore incerto che ora non hanno mercato e per i quali è quasi impossibile fissare un giusto prezzo. «È la strategia "testa, vinco io - croce, paga il consumatore", il Tesoro sta ricreando deliberatamente la situazione delle Savings and Loans negli anni Ottanta», ha scritto subito il Nobel Paul Krugman nel suo blog, alludendo a alla più grave crisi finanziaria recente degli Stati Uniti (prima dell'undici settembre e di questa). Sta prevalendo quella che Krugman chiama «la strategia degli zombie»: le banche e le altre istituzioni finanziarie non vengono lasciate fallire perché sono ancora troppo grandi e rischierebbero di scatenare valanghe simili a quella che ha travolto i mercati dopo la bancarotta di Lehman Brothers. Ma neppure si possono nazionalizzare, perché il verbo è impronunciabile e i suoi sinonimi vengono subito smascherati, oltre al fatto che i tentativi fatti fin qui di spostare sotto il controllo governativo le banche al collasso (da Fannie Mae e Freddie Mac ad Aig) non hanno dato grandi risultati. Quindi si cerca di resistere, di mantenere in vita aziende del credito che dal punto di vista industriale sono quasi spacciate, nella speranza che prima o poi le cose tornino alla normalità. Ma non ci sono molti segnali che questo stia succedendo: dopo un effimera fiammata mercoledì, quando la Fed ha annunciato che comprerà buoni del Tesoro, Wall Street è tornata a scendere anche mentre le Borse europee si riprendevano. Intanto la questione Aig, che è stato il catalizzatore del declino di Geithner, diventa sempre più imbarazzante. Ieri il procuratore generale del Connecticut ha ricevuto dei documenti dall'azienda che dimostrano come il gruppo assicurativo abbia ricevuto oltre 180 miliardi di dollari dallo Stato (finora si era calcolato 170) e, soprattutto, che abbia già pagato 218 milioni in bonus ai suoi manager. Cioè 53 milioni in più rispetto ai 165 che si erano scoperti una settimana fa e che Geithner ha ammesso di non essere riuscito a bloccare. E ora gli stanno quasi costando la poltrona. Il tentativo di rimediare al danno di immagine dovuto ai bonus si sta però ritorcendo contro l'Amministrazione. Il Congresso ha approvato in tempi brevissimi una tassa del 90 per cento su tutti i bonus erogati da società aiutate dal Governo che dovrebbe servire a fa rientrare nelle casse dello Stato quanto è finito nelle tasche dei manager. Il risultato è che i banchieri si sono infuriati. Il Financial Times, che pochi giorni fa ha lanciato dalla prima pagina un attacco a Geithner di cui prevede le dimissioni entro giugno, ieri ha dedicato il titolo di apertura agli sfoghi dei manager: «Sembra la Russia di quindici anni fa. È come la caccia alle streghe di McCarthy», dice al FT un banchiere di Wall Street ovviamente anonimo. Obama sta provando a difendere il suo segretario al Tesoro (l'ultima volta alla trasmissione di Jay Leno, due giorni fa) mantenendo però una distanza sufficiente a non essere travolto da una sua sempre più probabile caduta. Mentre anche Chris Dodd, potente capo democratico della Commissione per le Regole e l'Amministrazione, scarica tutte le responsabilità del caso Aig su Geithner (il Tesoro avrebbe chiesto a Dodd di ritirare un emendamento che bloccava il pagamento di tutti i bonus), l'unico a difenderlo pubblicamente è il senatore repubblicano ed ex candidato alla Casa Bianca John McCain: «Bisogna dargli una chance di avere successo, tutti capiscono che ha bisogno di aiuto». È noto però che in campagna elettorale il punto più debole di McCain fosse la sua scarsa dimestichezza con le questioni economiche. 22/03/2009

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Che (r)esistano i paradisi fiscali è la nostra fortuna il liberista (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Che (r)esistano i paradisi fiscali è la nostra fortuna il liberista Se non ci fossero tutti noi pagheremmo più tasse, gli imprenditori non avrebbero incentivi a produrre ulteriore ricchezza Il direttore della Weltwoche, Roger Koppel, in un bell'articolo per il Wall Street Journal, ha scritto senza mezzi termini che la Confederazione Elvetica «ha capitolato a minacce e ricatti internazionali». La fortezza alpina vacilla: la grande crisi finanziaria sta dando ai governi di tutto il mondo l'occasione d'oro, per sferrare il colpo ferale ai cosiddetti "paradisi fiscali". Se le parole hanno un peso, l'idea che a un paradiso fiscale vada preferito il suo contrario, cioè presumibilmente un inferno fiscale, riesce davvero curiosa. Il potentissimo cartello degli "inferni", Stati ad alta fiscalità e ad alta spesa pubblica, avrà però presumibilmente ragione dello sparuto drappello di "paradisi": sono di più, più grandi e più forti. Se per ora, navigando a vista e seguendo la Svizzera, i "paradisi" hanno tenuto duro, è anche perché sotto sotto persino il Satana francese e i diavoletti compagnucci suoi sapevano bene che un po' di capitali espatriati facevano loro più bene che male. La possibilità di fare "fuggire" almeno certe quote della ricchezza da loro prodotta, incentivava i maledetti detentori di capitale a non lesinare gli sforzi. In qualche maniera, i paradisi fiscali assicuravano una sorta di "sconto fiscale" detestato (per la "sottrazione" di denari all'erario) ma tollerato: perché l'alternativa era peggiore. Cioè, una tassazione ancora più confiscatoria avrebbe effetti tanto depressivi da sgonfiare ancora di più lo spirito imprenditoriale di chi trova la forza di portare avanti le proprie attività in Paesi come l'Italia. In cui non solo le tasse da pagare sono troppe: ma persino il pagarle è un atto assurdamente complicato. Nel complesso, la concorrenza fiscale ha effetti dinamici virtuosi. Noi poveretti cittadini a basso reddito di un Paese fiscalmente esoso come l'Italia dobbiamo in realtà essere grati al Liechtenstein che spalanca le sue porte ai paperoni: perché se ciò non avvenisse, non vi sarebbero vie di fuga verso le quali chi può reindirizza i propri quattrini. Uno Stato dal quale non si può scappare è uno Stato dal quale non ci si può difendere. Il fatto che persone e imprese si spostino sulla base di ragionamenti di convenienza fiscale contribuisce a limitare la capacità predatoria dei governi. Se non ci fosse la Svizzera, noi pagheremmo ancora più tasse. Perché senza un altrove possibile e vicino nel quale è possibile trovare sollievo, da sudditi si diventa servi della gleba. Lo Stato è un bandito stanziale: il suo istinto è quello del ladro, cioè rubare, tassare il più possibile le sue vittime. Ma siccome le sue vittime non sono viandanti di passaggio, ma gente che facendosi rapinare anno dopo anno garantisce alla "casta" dei rapinatori pane e companatico, l'arte del ministro del Tesoro è dosare il furto in modo tale che il derubato non sviluppi una tale sfiducia e un tale disincanto dall'evitare, l'anno dopo, di riempire la borsa. Solo in un mondo alla rovescia, fa scandalo il "segreto bancario" che fino a ieri gli svizzeri difendevano con i denti. Noi abbiamo un garante della privacy, preoccupatissimo delle foto dei nipotini che certi arzilli vecchietti mettono su Facebook. Indignato per le librerie on line che s'azzardano a proporci nuovi libri, sulla base della storia dei nostri acquisti. Preoccupatissimo per la miriade di dati personali che si riversano on line, rendendoci tutti potenzialmente conoscibili da tutti gli altri anche nei nostri segreti. Tutte cose importanti. Ma i nostri redditi, i nostri soldi, il modo in cui li investiamo e li spendiamo, non sono ambiti altrettanto meritevoli di tutela, dagli sguardi indiscreti di un privato o di un'agenzia pubblica? Il segreto bancario è un antico principio di riservatezza. Si dice: se ne avvalgono dei criminali. Anche a causa dell'habeas corpus, qualche malfattore con ottimi avvocati non è andato in galera. Di ogni garanzia si può abusare. Koppel ritiene che la Svizzera non abbia né siglato un brillante armistizio, né messo i semi della propria rovina. Siamo in un mondo di chiaroscuri e, nota giustamente, dappertutto nel mondo lo Stato si prende strepitose libertà, senza neanche chiedere il permesso, come avrebbe fatto in altri tempi. In alcuni casi, c'è la spinta della necessità. In altri, la crisi è un pretesto. Nel caso della guerra ai paradisi fiscali, la crisi (e la contemporanea esplosizione dell'affare Madoff) non è che un pretesto. In una situazione nella quale tutti chiedono di riscrivere "regole globali", annullando la concorrenza fra diversi sistemi di norme e pertanto aggiogandoci tutti a un carro che potrebbe anche andare a tutta velocità verso un dirupo, tanto vale calcare la mano. Nel mezzo della guerra, le bombe atomiche esplodono con meno fragore. I "paradisi" potrebbero essere paradossalmente aiutati da una delle poche proposte di buon senso che circolano in questo giorni: un nuovo "scudo fiscale", che consenta agli imprenditori che hanno espatriato capitali di reimportarli per investirli in azienda. Questo per due motivi. Lo "scudo fiscale" funziona se non s'esagera coi requisiti di trasparenza: "torchiando" i paradisi, ci si mette in una situazione per cui i quattrini non tornano, non volendosi fare schedare. In seconda battuta, esso rappresenta un'implicita ammissione. L'ammissione che le imposte in passato erano esageratamente alte. Che è poi la verità. di Alberto Mingardi 22/03/2009

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IN UN MOMENTO nel quale la crisi economica sembra non... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Grosseto)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO pag. 3 IN UN MOMENTO nel quale la crisi economica sembra non... IN UN MOMENTO nel quale la crisi economica sembra non risparmiare niente e nessuno, ci sono due dati che vanno in controtendenza: «Nella nostra provincia dice Gabriele Fusini, presidente della Cna è da segnalare una doppia performance messa a segno dall'artigianato. Infatti, le imprese associate Cna hanno incrementato il numero dei dipendenti, con un saldo positivo di 143 persone a dicembre 2008 rispetto al dicembre 2007, e poi nel settore delle costruzioni, a fronte di una riduzione degli iscritti alla Cassa edile artigiana su scala regionale si è registrato su Grosseto, sempre nel 2008, un incremento, seppur contenuto, nel numero dei dipendenti amministrati». Mosche bianche su uno sfondo molto scuro, com'è quello dipinto anche dalla Cna che ha analizzato la situazione in vista dell'assemblea elettiva che si terrà a giungo, preceduta dalle assemblee comunali e di categoria che dovranno indicare i rispettivi delegati. «L'Assemblea dice Fusini si colloca in un contesto economico difficilissimo, caratterizzato da una crisi di inusitata gravità (il Pil mondiale, secondo secondo l'Fmi, potrebbe presentare, per la prima volta dopo 60 anni, un segno negativo), una crisi che dall'ambito produttivo si è estesa anche a quello finanziario investendo, con particolare virulenza, quella minore dimensione d'impresa che ha garantito, nel tempo, occupazione, benessere e coesione sociale». «Sono ormai 7 anni che gli indicatori economici dell'artigianato toscano sono caratterizzati dal segno meno spiega il presidente della Cna . E' dal 2001, infatti, che i dati dell'Osservatorio regionale segnano contrazioni del fatturato che accomunano tutti i settori e tutte le province. Gli stessi distretti produttivi, quelli che una volta erano i motori dell'economia toscana, presentano tutti forti difficoltà. Anche l'edilizia non riesce più a svolgere, complice forse l'overdose di interventi realizzati negli anni precedenti, una tale funzione». «I dati dell'ultima rilevazione continua Fusini sono poi particolarmente inquietanti: nel 2008 il fatturato è diminuito di un ulteriore 7% e le previsioni per il 2009 (certo influenzate dal generale pessimismo) segnano un 33% di media, con punte del 40% ed addirittura del 60% nei settori manifatturieri tradizionali. Del resto, risultati analoghi, li ha rilevati il nostro strumento di analisi (il Rapporto Trend) che seppur limitato alle province della Toscana meridionale, si fonda sui dati contabili delle imprese amministrate da Cna e, quindi, presenta un livello di approssimazione sicuramente più realistico». «LA CRISI FINANZIARIA, quella che riversa i suoi peggiori effetti proprio sulla piccola impresa, non è però l'unico problema dice Fusini . Certo, il cosiddetto credit crunch è un fatto reale. Secondo la nostra Confederazione, negli ultimi mesi del 2008, l'acceso al credito delle Pmi è peggiorato mediamente del 42%: per i tassi di interesse applicati per la severità con cui vengono trattate le nuove richieste di affidamenti e, soprattutto, per la politica dei rientri praticata. A ben guardare, il sistema bancario, sembra più preoccupato di se stesso che del tessuto economico da cui trae, da sempre, buona parte del proprio alimento. La crisi finanziaria, del resto, sembra essere stata favorita da un sistema produttivo debole e si è sommata ad una crisi strutturale determinata, oltre che dalla diminuzione della domanda (il calo di consumi in tutti i settori è un dato che non ha origine nell'ultimo anno) dall'ingresso nel mercato mondiale della produzione di nuovi competitor (Brasile, Russia, India e Cina) che hanno invaso anche il mercato italiano con prodotti a basso costo e forte competitività. E' all'interno di questo contesto che il sistema toscano ha registrato e ancora registra performance peggiori rispetto al resto d'Italia; la crisi finanziaria, infatti, si è abbattuto su un malato già grave, la cui perdita di competitività rispetto al resto del Paese e d'Europa era già forte. Al generale senso d'impotenza si accompagna poi l'inadeguatezza, in un contesto economico senza precedent, delle cosiddette ricette anti crisi: l'Unione Europea non adegua le proprie le proprie politiche, economiche e monetarie resta ancorata alle strategie di Lisbona, elaborate nel momento in cui prevaleva, oltre alla suggestione dell'allargamento, una politica d'incentivi fondata sulla ricerca, lo sviluppo, il risparmio energetico e la competitività ambientale. Oggi, questi capisaldi, andrebbero coniugati al rischio di scomparsa che incombe su una fetta consistente del sistema produttivo, in particolare sulle imprese più piccole, determinando problemi anche di tenuta sociale.

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Le radici della crisi mondiale PIERANGELO GIOVANETTI (sezione: crisi)

( da "Adige, L'" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

deregulation Le radici della crisi mondiale PIERANGELO GIOVANETTI L a crisi finanziaria che sta portando il mondo in recessione piegando intere economie nazionali, solo negli Stati Uniti ha prodotto in un anno distruzione di ricchezza pari a novemila miliardi di dollari. Più che nelle due guerre mondiali messe insieme. Ci vorranno anni per riprendersi, e nulla sarà più come prima. Tra le cause di questo disastro economico-finanziario e bancario - per gravità secondo solo alla crisi del 1929 e alla Grande Depressione che ne conseguì - , lo si è detto e ripetuto più volte vi sono i famigerati mutui subprime, diffusisi a macchia d'olio dagli anni 2000 in poi negli Stati Uniti e concessi a milioni di famiglie per acquistarsi la casa, senza avere copertura finanziaria sufficiente per poterselo permettere. Il crollo del valore immobiliare delle case, unita all'insolvibilità dei titolari dei mutui, ha inferto alle banche americane una pugnalata micidiale portandole sull'orlo della bancarotta (o facendole schiantare, come la prestigiosa banca d'affari Lehman Brothers) per l'eccessiva esposizione. Se il detonatore del terremoto bancario (riversatosi poi sull'intera economia planetaria) sono stati i mutui subprime, la bomba posta sotto il sistema economico mondiale deflagrata in maniera così devastante sono stati i cosiddetti «derivati», gli arditi prodotti finanziari inventati da avidi speculatori infiltrati nelle banche e fra i top manager delle grosse società finanziarie, che hanno venduto in tutto il mondo in pochissimi anni 60.000 miliardi di dollari di titoli tossici, di obbligazioni a cui non corrispondeva dietro che un gioco di scatole cinesi. Per guadagnare di più e togliersi il rischio dell'insolvibilità, infatti, le banche d'affari hanno trasformato la montagna di mutui contratti da famiglie americane senza soldi in obbligazioni. CONITNUA A PAGINA 55 22/03/2009

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La Bibbia dei mercati finanziari. Fondato nel 1882 e acquistato insieme all'agenzia Dow Jones da Mur... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

La Bibbia dei mercati finanziari. Fondato nel 1882 e acquistato insieme all'agenzia Dow Jones da Murdoch nel 2007. Il nuovo editore ha investito in modo massiccio sulla redazione per utilizzarne i contenuti su tutta la piattaforma News Corp. È l'unico quotidiano con edizione online in attivo.

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Pagliani (Pdl): Convocare le banche in Provincia'' (sezione: crisi)

( da "Resto del Carlino, Il (R. Emilia)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

REGGIO PRIMO PIANO pag. 4 Pagliani (Pdl): Convocare le banche in Provincia'' «SERVE una convocazione urgente di una commissione consiliare in Provincia con i rappresentanti degli istituti di credito». Giuseppe Pagliani, candidato Pdl per la presidenza della Provincia, attacca i «proclami vuoti di Sonia Masini» e chiede un incontro «a sostegno delle imprese che vivono una crisi finanziaria dovuta in buona parte al poco credito che ottengono dalle banche».

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GLI STATI DISARMATI (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-22 num: - pag: 1 autore: di MARIO MONTI categoria: REDAZIONALE DISUGUAGLIANZE E FISCALITà GLI STATI DISARMATI I maggiori Paesi, nel G8 e nel G20, stanno finalmente combattendo la battaglia di ieri, contro gli eccessi della finanza. Ma trascurano un'altra battaglia urgente, contro gli eccessi delle disuguaglianze. Una regolazione coordinata della finanza è essenziale. Se ci si arriva solo ora, la colpa è di Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, a lungo contrari ad azioni incisive in materia. Una responsabilità grava anche sui governi di quei Paesi, come l'Italia, che ora criticano gli eccessi della finanza e la mancanza di governance internazionale, ma che per anni si sono appiattiti, in questo come in altri campi, sulle posizioni unilateraliste e — si direbbe oggi — «mercatiste » dell'Amministrazione Bush. Ma un pericolo ancora più grave viene dalle crescenti disuguaglianze, tra Paesi e all'interno dei Paesi. Oltre a causare sofferenze umane e sociali, esse rischiano di scatenare reazioni capaci di far cadere il mondo nel protezionismo e vari Paesi nel caos politico o in regimi non democratici. Secondo una ricerca dell'«Economist Intelligence Unit» ( Manning the barricades: who is at risk), 95 dei 165 Paesi studiati sarebbero a «rischio alto o molto alto» nei prossimi due anni. Le disuguaglianze tra Paesi sono molto gravi, ma la comunità internazionale quanto meno sa che cosa va fatto per attenuarle. E, sia pure in misura insufficiente, lo fa, ad esempio nel campo del commercio internazionale e dell'assistenza. Ma per quanto riguarda le disuguaglianze all'interno dei Paesi, cresciute a dismisura, si incontrano difficoltà più profonde, culturali e politiche. Molti governi — che pure oggi criticano giustamente i danni recati dal «fondamentalismo di mercato» — si erano uniformati negli anni scorsi a tale visione. Consideravano priorità assoluta la riduzione della pressione fiscale; retaggio di ideologie del passato i sistemi fiscali ad elevata progressività, che contribuivano strutturalmente a ridurre le disuguaglianze. Per trasmettere segnali di sensibilità distributiva, preferivano se mai interventi occasionali più visibili (alla «Robin Hood», e non solo in Italia). Occorre ridare al bilancio la capacità di essere strumento chiave, anche se non unico, per ridurre le disuguaglianze. Ma ciò richiede che la comunità internazionale riconosca ciò che finora ha negato: se non vi è alcun coordinamento tra le rispettive fiscalità, gli Stati si trovano in piena concorrenza tra loro; le basi fiscali più mobili (come capitali e imprese) vanno là dove le porta il fisco più conveniente; quote crescenti del gettito fiscale gravano sul lavoro; gli Stati hanno sempre meno risorse per assistere coloro che soffrono dalla globalizzazione. è perciò necessario che la Ue, il G8 e il G20 impostino un piano di lavoro per arrivare ad un certo grado di coordinamento fiscale, tema che oggi non figura nella loro agenda. I risultati che l'Ocse sta raggiungendo contro alcuni paradisi fiscali sono apprezzabili, ma del tutto insufficienti. Servono per contrastare l'evasione illegale, ma non l'elusione legale, che sfrutta le forti differenze di aliquote tra i maggiori Paesi. I poteri pubblici hanno a lungo assistito passivi agli eccessi del mercato e della finanza. Dinanzi a quella avanzata, hanno ritirato, disarmato lo Stato. Se non recupereranno la capacità di contenere le disuguaglianze, gli Stati saranno in grave difficoltà di fronte alle pesanti conseguenze della crisi. Ma quella capacità, la potranno recuperare solo se coordineranno le loro fiscalità.

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<Proteste e protezionismo: sarà un anno pericoloso, l'Europa non deve dividersi> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Prima Pagina - data: 2009-03-22 num: - pag: 1 autore: di FEDERICO FUBINI categoria: REDAZIONALE La crisi Intervista a Zoellick (Banca Mondiale) «Proteste e protezionismo: sarà un anno pericoloso, l'Europa non deve dividersi» BRUXELLES — Stiamo vivendo «un anno pericoloso », dice al Corriere Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale. «Siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che si sta trasformando in crisi occupazionale. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo ». Di fronte a tutto ciò l'Europa deve restare unita, evitare «una nuova cortina di ferro finanziaria». ALLE PAGINE 2 E 3 Marro

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<Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro> (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2009-03-22 num: - pag: 2 categoria: REDAZIONALE «Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro» Zoellick (Banca Mondiale): no alla spirale pericolosa protesta sociale-isolazionismo «G8, l'Italia dia l'esempio sugli aiuti allo sviluppo». «Non voltate le spalle all'Est» DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES – In compostezza e puntiglio, Robert Zoellick non perde un colpo neanche ora che sembra esausto: tosse, febbre, sindrome da troppi aerei e troppi fusi orari nel pieno dell'ennesimo giro del mondo per incontri sulle emergenze della crisi o sul G20 di Londra da preparare fra pochi giorni. Esperto di Cina, poi consigliere e ministro in varie amministrazioni repubblicane, quindi banchiere a Goldman Sachs, oggi presidente della Banca mondiale: Zoellick ne ha viste troppe perché lo si possa ignorare quando dice che viviamo «un anno pericoloso », e non solo per la sua salute. è un anno nel quale, insiste, serve un contributo del-l'Italia come presidente del G8 perché i Paesi ricchi non scordino le promesse di sostegno agli altri. Le cifre sono terribili: «Per effetto della crisi cento milioni di persone torneranno in povertà. Fra 200 e 400 mila bambini rischiano di perdere la vita per la denutrizione e la mancata assistenza sanitaria», dice Zoellick in una pausa del Forum del German Marshall Fund di Bruxelles. Crede davvero che la recessione investirà l'intero pianeta? «Il Fondo monetario internazionale prevede una contrazione dello 0,7% per l'economia globale. Noi alla Banca mondiale non abbiamo ancora pubblicato una stima, ma credo sarà una riduzione fra l'uno e il due per cento. Sono analisi comparabili, con metodi diversi». In Francia, enormi scioperi e poi Renault che riporta le fabbriche in patria incassando i sussidi: l'Europa è avviata verso una spirale di proteste e protezionismo? «Non conosco i motivi della scelta di Renault. Ma in generale, vedo che siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che a sua volta si sta trasformando in crisi occupazionale profonda. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Non solo nel mondo avanzato, anche in quello in via di sviluppo: assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo. Tutto ciò può rendere i problemi economici ancora più difficili da risolvere. Dunque sì: è una preoccupazione generale, ma non solo in questo caso francese ». I governi del G20 condannano il protezionismo ma, calcolano alcuni, sono già in 17 su 20 a praticarlo. è così? «In realtà sono già 47 i Paesi che hanno approvato misure di chiusura. Non sempre violano accordi internazionali, magari fanno quel che Gordon Brown chiama protezionismo finanziario: un certo governo dà un sostegno alle banche ma le spinge a usare i soldi in patria. Con effetti negativi quando quelle banche hanno filiali o controllate per esempio in Europa centro orientale». Gli europei temono un terremoto su tutto il fianco Est dell'Unione, anche se dicono che ogni Paese fa storia a sé. Basteranno i fondi promessi nell'ultimo vertice? «Ogni Paese è diverso e Repubblica Ceca, Slovenia o Slovacchia stanno meglio di altri. Ma la storia dimostra che l'Europa resiste o cade tutta insieme. Quante risorse serviranno lo vedremo, per ora noto che c'è stato un aumento sostanziale da parte dell'Ue. Un punto chiave su cui lavoriamo, piuttosto, è il sostegno al settore bancario e riguarda anche l'Italia. In sei Paesi d'Europa centro-orientale operano dodici grosse banche: italiane, tedesche, austriache, francesi e svedesi. Hanno tutte un ruolo decisivo ». Teme una ritirata di queste banche entro i propri confini e una sorta di nuova cortina di ferro finanziaria? «Noi stessi, la Bers di Londra, la Bei e i governi, tutti stiamo offrendo sostegno e lavoriamo con gli istituti per assicurarci che non ritirino denaro da quella parte d'Europa. Se uno ribalta vent'anni di strategia di integrazione perché c'è una crisi, deve sapere che le implicazioni non saranno solo economiche. Saranno politiche. Dopo aver lottato per decenni per un'Europa libera e intera, non vorremo mica una frattura adesso? Ma ciò richiede da parte europea una visione strategica ». State parlando direttamente con le banche? «Oh, certo! E incoraggio anche i ministri dell'Economia e la Commissione europea a lavorare con noi e con gli amministratori delegati, perché sono circolate voci in certi Paesi che stanno emergendo pressioni perché vengano riportati i soldi in patria. Sarebbe dannoso. Ma mi pare che molte di queste banche vogliano restare in Europa centro- orientale. Sanno che se ritirano gli investimenti, dovranno fare svalutazioni e accettare perdite. Probabilmente invece in alcuni casi ci saranno delle ristrutturazioni dei prestiti». Lei è in contatto anche con il governo e le banche italiane? «Certo, lavoriamo con tutti questi interlocutori». Ed è soddisfatto dei messaggi che le arrivano? «Be', sono preoccupato per la situazione in Europa centro- orientale, ma abbiamo un utile dialogo». In America, lo scandalo dei bonus di Aig e gli attacchi al segretario al Tesoro Tim Geithner stanno complicando il salva Il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, durante il suo intervento di ieri al Bruxelles Forum «Priorità agli aiuti alle banche, gli stimoli all'economia funzionano come lo zucchero, poi l'effetto finisce» \\

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Un economista di Gricignano a Francoforte (sezione: crisi)

( da "Corriere del Mezzogiorno" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere del Mezzogiorno - CASERTA - sezione: CASERTA - data: 2009-03-22 num: - pag: 9 categoria: REDAZIONALE Aquilante alla Bce Un economista di Gricignano a Francoforte GRICIGNANO D'AVERSA — Da più di un anno è ricercatore a Francoforte, presso la divisione di Econometria della Banca Centrale Europea. Il prestigioso incarico lo ha ricevuto, a soli 23 anni, dopo la laurea in discipline economiche e sociali ed il «Master of Science» alla Bocconi di Milano. Tommaso Aquilante (nella foto), di Gricignano d'Aversa, è uno dei tanti «cervelli in fuga», come vengono definiti scienziati e studiosi che decidono di lasciare l'Italia, per cogliere importanti opportunità professionali. L'economista si è ritagliato un ruolo di primo piano nella Bce: si occupa di analisi quantitative e previsioni economiche per gli Stati dell'area euro. Volendo semplificare, studia la crisi finanziaria che ha investito il mondo intero e, in particolare, i suoi effetti in Europa. D'obbligo è chiedergli dei risultati delle sue indagini e dei risvolti, soprattutto in Italia, del crollo economico. «La crisi— afferma Aquilante — nasce nel mercato immobiliare, ma le cause sono da ricercare nell'interventismo dell'amministrazione americana, che ha garantito prestiti per persone che non avrebbero mai potuto usufruirne, a condizioni di mercato. Si è passati dall'immobiliare al finanziario e ora la crisi investe l'economia reale. L'Italia è poco esposta sui mercati finanziari rispetto ad altri Paesi avanzati e quindi da noi la crisi è meno virulenta. Ma oggi, nel mercato globale, la velocità e il grado di contagio sono estremamente elevati ed è difficile fare previsioni future». Tra un mese Tommaso porterà a termine il suo lavoro a Francoforte e, a settembre, comincerà un dottorato di ricerca in «Economics» a Londra. Sempre lontano dalla sua terra d'origine. «Ho lasciato l'Agro aversano— racconta il giovane ricercatore — già dopo le scuole superiori. Non volevo studiare in un territorio dove, tranne poche eccezioni, la mentalità camorrista prevale. Dalla scuola alle imprese, passando per la politica e l'università». Aquilante spiega le difficoltà ad affermarsi in Italia. «Il nostro sistema-nazione — sottolinea — non è basato sul merito. In Italia si può anche arrivare in alto, ma spesso si deve scendere a compromessi. I ragazzi dovrebbero smetterla di chiedere favori ai potenti di turno e mettersi maggiormente in gioco. Dovremmo chiederci: perché pochi ricercatori stranieri vengono a studiare in Italia? Le ragioni sono molteplici, anche se quella prevalente è che il nostro sistema universitario, che andrebbe cambiato, è deficitario e non attrae gli scienziati». Ignazio Riccio

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<Ora un futuro per la chimica> (sezione: crisi)

( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Pagina 212 Industria L'appello della Filcem-Cgil «Ora un futuro per la chimica» Industria. L'appello della Filcem-Cgil --> Un piano industriale che metta la chimica sarda al centro del sistema Italia. Questa la ricetta per far uscire dalla crisi il settore produttivo isolano presentata da Giorgio Asuni, segretario regionale della Filcem-Cgil. IL SISTEMA «L'apparato industriale sardo, purtroppo, è fatto di grandi industrie, di multinazionali ed è strategico non solo per l'Italia ma anche per l'Europa», sottolinea. Lo zinco, infatti, viene prodotto a Portovesme dove si trova anche l'unica raffineria di bauxite che ricava ossido di alluminio. In più il solo impianto italiano capace di produrre cloro in termini eco-compatibili si trova ad Assemini. Ma i vari poli industriali sardi sono strettamente legati tra loro e quindi, quando uno va in crisi, automaticamente hanno difficoltà tutti gli altri stabilimenti: «Se si ferma cioè la Equipolimer di Ottana si blocca anche Sarroch perché l'industria del nuorese, comprando la materia prima proprio dalla raffineria del Cagliaritano, è il suo primo cliente», spiega Asuni. «Per questo è indispensabile che l'isola sia inserita in quadro di sviluppo nazionale, altrimenti continuerà ad avere un sistema fragile. Apparato che in un quadro di instabilità nazionale sarà sempre più debole». INEOS Asuni ha poi qualche perplessità sull'accordo fra Eni e Sartor per l'acquisizione dell'Ineos di Porto Torres. «Ancora non abbiamo visto fatti concreti», aggiunge. «In più vogliamo analizzare il piano industriale di Sartor perché da quello dipende il futuro anche della Sardegna». Sartor poi non sarebbe «un imprenditore adatto al compito, almeno dal punto di vista finanziario». Oggi, a suo dire, Ineos fattura sui 500 milioni di euro l'anno contro i circa 24 del gruppo Sartor. «Vorrei essere smentito, ma credo che per l'operazione a Sartor serva un incredibile avvallo da parte del sistema creditizio. Vista la crisi, però, non credo che le banche siano molto disposte. Perciò rimango perplesso». ENERGIA I problemi non riguardano solo il polo chimico ma in generale tutto l'apparato industriale e ad aggravarli sono le questioni mai risolte come gli alti costi dell'energia, dei trasporti e delle infrastrutture. «In Senato è in discussione una legge che istituisce energia virtuale da mettere a disposizione delle aziende a basso costo. Legge che deve esse approvata subito altrimenti si rischia che imprese come la Glencore fermino la produzione mettendo sul lastrico altre 600 famiglie». PRIORITÀ Problema che non sarebbe mai stato affrontato da tutti i governi nazionali e regionali che si sono susseguiti e che ora non può più essere rinviato. «Occorre tenere la schiena dritta con il governo centrale e con l'Europa, attivare quadri agevolativi e di programma finalizzati al consolidamento di queste produzioni, assicurando i fattori di competitività. Gli ultimi governi, di destra e sinistra, non hanno mai avuto una politica industriale per il paese». PROSPETTIVE Soliti problemi quindi aggravati dalla crisi finanziaria. «Molte delle questioni che oggi affrontiamo ci sono sempre state», conclude Asuni, «solo che adesso non c'è più la bolla finanziaria a coprire i problemi». A suo dire l'unico modo per uscirne è, a livello locale, dare più soldi alle imprese in modo da rimettere in moto l'economia, mentre a livello nazionale bisognerebbe puntare sulle tre aziende davvero solide: Eni, Finmeccanica ed Enel. «Solo queste hanno nei propri bilanci le potenzialità necessarie a trainare tutte le altre imprese». ANNALISA BERNARDINI

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<Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro> (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

la crisi - l'intervista «Europa, il protezionismo è la nuova cortina di ferro» Zoellick (Banca Mondiale): no alla spirale pericolosa protesta sociale-isolazionismo «G8, l'Italia dia l'esempio sugli aiuti allo sviluppo». «Non voltate le spalle all'Est» DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES In compostezza e puntiglio, Robert Zoellick non perde un colpo neanche ora che sembra esausto: tosse, febbre, sindrome da troppi aerei e troppi fusi orari nel pieno dell'ennesimo giro del mondo per incontri sulle emergenze della crisi o sul G20 di Londra da preparare fra pochi giorni. Esperto di Cina, poi consigliere e ministro in varie amministrazioni repubblicane, quindi banchiere a Goldman Sachs, oggi presidente della Banca mondiale: Zoellick ne ha viste troppe perché lo si possa ignorare quando dice che viviamo «un anno pericoloso », e non solo per la sua salute. È un anno nel quale, insiste, serve un contributo del-l'Italia come presidente del G8 perché i Paesi ricchi non scordino le promesse di sostegno agli altri. Le cifre sono terribili: «Per effetto della crisi cento milioni di persone torneranno in povertà. Fra 200 e 400 mila bambini rischiano di perdere la vita per la denutrizione e la mancata assistenza sanitaria», dice Zoellick in una pausa del Forum del German Marshall Fund di Bruxelles. Crede davvero che la recessione investirà l'intero pianeta? «Il Fondo monetario internazionale prevede una contrazione dello 0,7% per l'economia globale. Noi alla Banca mondiale non abbiamo ancora pubblicato una stima, ma credo sarà una riduzione fra l'uno e il due per cento. Sono analisi comparabili, con metodi diversi». In Francia, enormi scioperi e poi Renault che riporta le fabbriche in patria incassando i sussidi: l'Europa è avviata verso una spirale di proteste e protezionismo? «Non conosco i motivi della scelta di Renault. Ma in generale, vedo che siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi economica, che a sua volta si sta trasformando in crisi occupazionale profonda. Questa poi diventa crisi sociale e umana e può indurre in certi Paesi anche una crisi politica. Non solo nel mondo avanzato, anche in quello in via di sviluppo: assistiamo a eventi che portano a un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo. Tutto ciò può rendere i problemi economici ancora più difficili da risolvere. Dunque sì: è una preoccupazione generale, ma non solo in questo caso francese ». Robert Zoellick I governi del G20 condannano il protezionismo ma, calcolano alcuni, sono già in 17 su 20 a praticarlo. È così? «In realtà sono già 47 i Paesi che hanno approvato misure di chiusura. Non sempre violano accordi internazionali, magari fanno quel che Gordon Brown chiama protezionismo finanziario: un certo governo dà un sostegno alle banche ma le spinge a usare i soldi in patria. Con effetti negativi quando quelle banche hanno filiali o controllate per esempio in Europa centro orientale». Gli europei temono un terremoto su tutto il fianco Est dell'Unione, anche se dicono che ogni Paese fa storia a sé. Basteranno i fondi promessi nell'ultimo vertice? «Ogni Paese è diverso e Repubblica Ceca, Slovenia o Slovacchia stanno meglio di altri. Ma la storia dimostra che l'Europa resiste o cade tutta insieme. Quante risorse serviranno lo vedremo, per ora noto che c'è stato un aumento sostanziale da parte dell'Ue. Un punto chiave su cui lavoriamo, piuttosto, è il sostegno al settore bancario e riguarda anche l'Italia. In sei Paesi d'Europa centro-orientale operano dodici grosse banche: italiane, tedesche, austriache, francesi e svedesi. Hanno tutte un ruolo decisivo ». Teme una ritirata di queste banche entro i propri confini e una sorta di nuova cortina di ferro finanziaria? «Noi stessi, la Bers di Londra, la Bei e i governi, tutti stiamo offrendo sostegno e lavoriamo con gli istituti per assicurarci che non ritirino denaro da quella parte d'Europa. Se uno ribalta vent'anni di strategia di integrazione perché c'è una crisi, deve sapere che le implicazioni non saranno solo economiche. Saranno politiche. Dopo aver lottato per decenni per un'Europa libera e intera, non vorremo mica una frattura adesso? Ma ciò richiede da parte europea una visione strategica ». State parlando direttamente con le banche? «Oh, certo! E incoraggio anche i ministri dell'Economia e la Commissione europea a lavorare con noi e con gli amministratori delegati, perché sono circolate voci in certi Paesi che stanno emergendo pressioni perché vengano riportati i soldi in patria. Sarebbe dannoso. Ma mi pare che molte di queste banche vogliano restare in Europa centro- orientale. Sanno che se ritirano gli investimenti, dovranno fare svalutazioni e accettare perdite. Probabilmente invece in alcuni casi ci saranno delle ristrutturazioni dei prestiti». Lei è in contatto anche con il governo e le banche italiane? «Certo, lavoriamo con tutti questi interlocutori». Ed è soddisfatto dei messaggi che le arrivano? «Be', sono preoccupato per la situazione in Europa centro- orientale, ma abbiamo un utile dialogo». In America, lo scandalo dei bonus di Aig e gli attacchi al segretario al Tesoro Tim Geithner stanno complicando il salva taggio delle grandi istituzioni finanziarie? «Il Congresso ha già stanziato 750 miliardi con il piano Paulson e altri 780 per lo stimolo di bilancio. Ormai è difficile chiedergli altri soldi per qualunque cosa, figurarsi per le banche. La furia per i bonus è il sintomo di quella generale verso Wall Street e i banchieri. Eppure so che è brutto, ma il sistema finanziario va assolutamente ripulito degli attivi tossici». Il piano di rilancio dell'economia già approvato non basta? «Senza risanamento delle banche, è come un'iniezione di zucchero nel sangue. Per un po' spinge il sistema ma se il credito resta congelato, perdi l'effetto moltiplicatore. Il sistema finanziario è il sangue di un'economia moderna e finché non riesci a farlo circolare non c'è vita». Dunque fa bene l'Italia a limitare la spesa a sostegno della domanda, perché non è così importante? «Se il debito pubblico è elevato, allargare molto la spesa può essere controproducente. La mia impressione è che l'Italia abbia un pacchetto ragionevole, modesto. Ma per tutti i Paesi, vedremo solo dopo se è abbastanza e se occorrerà continuare nel 2010». L'Italia ha stralciato 350 milioni di aiuti allo sviluppo sul bilancio 2009, proprio mentre lei chiede di riservare lo 0,7% dei piani di rilancio nazionali a questo. Cosa si aspetta dalla presidenza italiana del G8? «Insieme al resto del G20, l'Italia ha concordato di mantenere gli impegni. Capisco che sia sotto pressione, come tutti i Paesi avanzati. Ma gli italiani con cui parlo nella preparazione del G8 della Maddalena hanno mostrato molto interesse in vari progetti sull'Africa, sull'acqua e su altri fronti. E certi programmi assecondano anche gli interessi dei donatori: per esempio l'Italia lavora molto sulla sanità internazionale, con il progetto sui vaccini di cui parlo spesso con il ministro Giulio Tremonti». Federico Fubini stampa |

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Il presidente della banca Mondiale al Corriere: sul protezionismo l'Europa non si divida (sezione: crisi)

( da "Rai News 24" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Roma | 22 marzo 2009 Il presidente della banca Mondiale al Corriere: sul protezionismo l'Europa non si divida L'eurogruppo Stiamo vivendo "un anno pericoloso", dice in un'intervista al Corriere della Sera, Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale. "Siamo passati da una crisi finanziaria ad una crisi economica che si sta trasformando in crisi occupazionale. Questa poi diventa crisi sociale e umana e puo' indurre in certi Paesi anche ad una crisi politica. Assistiamo - aggiunge Zoellick - ad eventi che portano ad un ripiegamento, politiche isolazioniste, protezionismo": di fronte a tutto cio', e' l'invito del numero uno della Banca Mondiale, l'Europa deve restare unita, evitare "una nuova cortina di ferro finanziaria". Dopo le previsioni negative (-0,7% del Pil per l'ecconomia globale) formulate dal Fmi, Zoellick ricorda che la Banca Mondiale non ha ancora aggiornato le stime di crescita "ma - aggiunge - credo sara' una riduzione fra l'1 e il 2%". Il problema vero' che sta davanti all'economia mondiale si chiama pero' protezionismo: "Sono gia' 47 i Paesi - spiega Zoellick intervenuto ieri ad un Forum a Bruxelles - che hanno approvato misure di chiusura. Non sempre violano accordi internazionali, magari fanno quello che Gordon Brown chiama protezionismo finanziario". Zoellick afferma inoltre di "lavorare con tutti gli interlocutori finanziari", italiani compresi, si dice "preoccupato per la situazione nell'Europa centrale, ma abbiamo un utile dialogo". Quanto alle ricette per uscire dalla crisi, Zoellick ricorda, rispondendo ad una domanda sull'Italia, che "se il debito pubblico e' elevato, allargare molto la spesa puo' essere controproducente. La mia impressione e' che l'Italia abbia un pacchetto ragionevole, modesto. Ma per tutti i Paesi vedremo solo dopo se e' abbastanza e se occorre continuare nel 2010". Cosa si aspetta dalla presidenza italiana del G8? "Insieme al resto del G20 - risponde il banchiere - l'Italia ha concordato di mantenere gli impegni (sugli aiuti allo sviluppo, ndr). capisco che sia sotto pressione, come tutti i paesi avanzati. Ma gli italiani con cui parlo nella preparazione del G8 della Maddalena hanno mostrato un interesse in vari progetti sull'Africa, sull'acqua, su altri fronti. E certi programmi assecondano anche gli interessi dei donatori: per esempio, l'Italia lavora molto sulla sanita' internazionale, con il progetto sui vaccini, di cui parlo spesso con il ministro Giulio Tremonti".

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La crisi in casa. Vanno giù le compravendite: -15% nel 2008 (sezione: crisi)

( da "Panorama.it" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

- Economia - http://blog.panorama.it/economia - La crisi in casa. Vanno giù le compravendite: -15% nel 2008 Posted By massimo morici On 20/3/2009 @ 18:27 In Headlines | No Comments La crisi, partita dai [1] prestiti immobiliari Usa e ingigantita dai mercati finanziari mondiali, alla fine ha travolto anche il mercato immobiliare italiano che torna alle performance di nove anni fa. A lanciare l'allarme è [2] l'Osservatorio di Nomisma, che ha presentato il primo [3] Rapporto del 2009. Preoccupa gli esperti il dato delle compravendite delle abitazioni, calato durante il 2008 del 15,1% e del 17,7% nell'ultimo trimestre del 2008 rispetto all'analogo periodo del 2007. Male anche la compravendita degli uffici che ha subito una riduzione analoga (15,5%). Un po' meglio il commerciale che cala del 11,7% e gli immobili produttivi a -8,7% . In tutto, le compravendite erano state 845 mila nel 2006, mentre lo scorso anno si è scesi a 686 mila, con un ritorno ai livelli del 2000. L'ulteriore peggioramento dell'intonazione economica nell'ultima parte del 2008, spiegano gli esperti Nomisma, ha avuto dunque pesanti ripercussioni sul mercato immobiliare, soprattutto in relazione ai volumi compravenduti ed ai mutui. Nel 2008 e, in particolare nell'ultimo trimestre dell'anno, la maggior parte dei paesi più sviluppati ha visto calare assieme al fattore fiduciario anche il reddito prodotto, con la conseguenza di una brusca frenata dell'economia mondiale. E le previsioni non fanno ben sperare: gli esperti Nomisma, attendono un'ulteriore flessione del 3 - 4% per il 2009 per poi tornare leggermente a salire nel 2010, raggiungendo una una sostanziale stabilità. "L'incertezza sulle effettive condizioni dell'economia domestica sta progressivamente indebolendo il patto fiduciario che lega famiglie, banche, imprese e Stato con una conseguente brusca frenata della domanda", spiegano li esperti Nomisma. "L'esperienza storica testimonia che, nel breve e medio termine, a incidere sulle dinamiche del mercato non è tanto l'offerta di abitazioni, quanto la domanda. E a questo proposito, dall'analisi dei giudizi degli operatori economici, risulta evidente come sia la domanda a condizionare l'evoluzione delle compravendite".

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Franco (Lega) agli 800 truffati: Aspettate a pagare (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Franco (Lega) agli 800 truffati: «Aspettate a pagare» Il segretario provinciale del Carroccio si è rivolto al comitato "Raggirati del bollo": «Prima bisogna fare chiarezza» Domenica 22 Marzo 2009, Chiampo «Non ripagate i bolli auto, ma attendete che istituzioni ed autorità facciano definitivamente chiarezza». Con queste parole il segretario provinciale Lega Nord Liga Veneta Padania di Vicenza, il sen. Paolo Franco, si è rivolto l'altro giorno al presidente del comitato ""Raggirati del Bollo", Giorgio Tezza, rassicurandolo sul fatto che si prodigherà per giungere ad una rapida soluzione della truffa perpetuata ai danni di circa 800 persone di Chiampo che, per il pagamento del bollo auto, si sono rivolte alla locale agenzia "Due Esse Tutto Pratiche". Le conclusioni del senatore Paolo Franco sono chiare: «Ho preso atto che le vittime del raggiro sono un numero considerevole, circa 800, e che altrettanto importanti sono le cifre in questione non versate dall'agenzia. Centinaia di euro per ogni bollo, magari anche più bolli all'interno dello stesso nucleo famigliare, sono importi considerevoli che mettono in difficoltà le nostre famiglie sopratutto in un momento di crisi finanziaria come quello che stiamo attraversando. Mi sento in dovere di dare tutta la mia disponibilità ai concittadini di Chiampo, affinché si possa trovare una soluzione che aiuti le famiglie». Ed entrando ancor più nel merito, evidenzia: «Credo che i cittadini interessati alla vicenda non dovrebbero ripagare quanto già versato e sottratto dall'agenzia in questione finché, non verrà trovata una soluzione soddisfacente o in via giudiziale o tramite una legge regionale in modo da superare i danni subiti». La legge prevede che il ritardo del pagamento del bollo per i primi 30 giorni comporti una sanzione pari al 2 per cento del dovuto, e dal 31° fino al 365° giorno tale sanzione aumenta di un ulteriore 1 per cento, mentre dal secondo anno la sanzione ammonta al 10 per cento. «Per questi motivi e per l'impegno che il Comitato, la Regione, i rappresentanti politici locali dovranno assumere - conclude il Paolo Franco - è opportuno che i concittadini attendano a ripagare i bolli fiduciosi che possa essere trovata una soluzione che li tuteli. Sono al corrente del fatto che il Comitato è validamente sostenuto da assistenti legali, ed esiste un difensore civico regionale che dovrà essere sensibilizzato ed interpellato. Credo che se tutti insieme ci impegneremo, potremo ottenere giustizia per i cittadini e dimostrare che chi si comporta in maniera fraudolenta non deve averla vinta». Matteo Crestani

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Il regista politico e tecnico di Report contro Chiesa, società, politica e impresa (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

la trasmissione di rai tre una città che sa reagire. Interviene il presidente della Provincia Il regista politico e tecnico di Report contro Chiesa, società, politica e impresa Giuseppe Castiglione* È da giorni che mi interrogo sulla trasmissione televisiva "Report" e diversi sono i sentimenti che si affollano nella mia mente. Ho letto nel volto di molti miei interlocutori, il mattino successivo, uno stordimento addirittura superiore al mio, che celava incredulità, imbarazzo. Reazioni contrastanti, tutte tese a percepire la mia reazione. Chi, pur avendo visto la trasmissione, faceva finta di niente, nessun accenno; chi farfugliava qualche espressione cercando di capire la mia reazione; chi invece liquidava la faccenda come strumentalizzazioni montate ad arte e con grande sapienza. In tutti certo prevaleva lo sbalordimento di fronte a quel duro colpo inferto all'immagine della nostra città. In qualche maniera, incapaci di reagire, consapevoli che molte di quelle immagini ed episodi sono, purtroppo, veri e non rinnegabili, ma certi che un'abile regia abbia fatto apparire una città in mano alla mafia, al malaffare, al malgoverno, alla malversazione. Questa, permettetemi di dirlo, non è la città che conosco; una città che certo non può e non vuole nascondere quelle dure immagini che ci sono state sbattute in video. Dirò appena del sen. Firrarello, al quale mi legano rapporti di filiale amicizia e stima che, non avendo avuto storicamente alcuna responsabilità nella gestione del Comune di Catania, è stato calato, in quel servizio televisivo, in maniera evidentemente ingiusta, violenta. Non serve ricordare che dagli atti in possesso della magistratura ed assolutamente noti, il sen. Firrarello, non solo non conosceva tale Mangion mafioso, ma la sua storia ed il suo percorso politico lo portano ben lontano da ambienti criminali. Sulla nota vicenda dell'ospedale "Garibaldi", basti ricordare che, nonostante il reato sia stato abbondantemente prescritto, Firrarello ha chiesto comunque la celebrazione del processo di appello per affermare la sua totale innocenza. Per il resto, perché tanta violenza nel fare apparire la Chiesa e la festa di Sant'Agata, una celebrazione in mano alla mafia che la gestirebbe come una sorta di festival del business mafioso? Chi ha avuto il privilegio, come me, per la prima volta di vivere intensamente la festa di Sant'Agata, non può non rimanere affascinato dalla manifestazione di fede e dalla devozione di migliaia di catanesi. Perché descrivere le storiche associazioni dei circoli come consorterie massoniche? Si deve ascrivere alla lotta politica a sinistra, o a cos'altro, la regia delle tanto infondate frasi di Mangion? Costui vuole addirittura infangare o meglio "mascariare" Enzo Bianco, l'uomo che ha interpretato e rappresentato una delle stagioni più alte del riscatto e del rilancio della città di Catania. La trasmissione, infatti, accennava al contatto mafioso e addirittura al coinvolgimento della moglie di Bianco, legittima proprietaria di un terreno in un affare di speculazione, per delegittimare una stagione politica ed un'Amministrazione - quella guidata dal sindaco Bianco - che certamente dal buon governo traeva l'unico elemento per sconfiggere il centro destra, che ancor oggi è largamente maggioritario nella città. Delle Amministrazioni di Scapagnini/Lombardo, negli ultimi 10 anni, preferisco solo ricordare le mie note prese di posizione sulla gestione del personale, delle municipalizzate, dell'ostilità politica alla ricandidatura di Scapagnini sindaco, perché avvertivo in maniera chiara che ormai mancava quella spinta propulsiva importante che aveva caratterizzato il primo mandato. Ho più volte detto, fino a diventare monotono, che le risorse FAS vanno utilizzate per investimenti. Ho detto, inoltre, che condividere la scelta di emergenza di utilizzare fondi FAS per risolvere la crisi finanziaria del Comune di Catania non avrebbe dovuto significare nel futuro, sottrarre risorse così importanti per gli investimenti per coprire le spese correnti. Fu interpretato - ahimè - come l'ennesimo attacco alla neonata amministrazione Stancanelli. Il regista politico e tecnico di "Report" aveva in mente di abbattere un virtuale quadrilatero: dopo la Chiesa, la società civile, la politica, non poteva non toccare al mondo imprenditoriale. E chi meglio del simbolo dell'impresa a Catania se non il dott. Mario Ciancio? Chi meglio di lui che ha voluto destinare i propri investimenti in Sicilia piuttosto che nelle più ovattate e redditizie realtà del Nord del nostro Paese? Nuovi stabilimenti tipografici, nuove iniziative editoriali televisive, il dott. Ciancio guadagna ed investe tutto nella sua Sicilia perché ci crede, continuando a difendere il lavoro di tanti bravi giornalisti nel momento in cui anche le realtà editoriali fortemente sostenute dal contributo pubblico ai partiti (vedi l'Unità) cedono il passo ad un mondo dell'informazione che privilegia la tecnologia e sacrifica le risorse umane. Difendere una piccola isola editoriale, crederci ed investire, guadagnare ed investire, credere nell'investimento persino in agricoltura, dove tutti fuggono per via delle concentrazioni internazionali, è segno di coraggio e lungimiranza. Ho meditato molto quest'ultimo passo del mio intervento riservato all'imprenditore Ciancio, perché non abbia a leggersi come piaggeria, ma è veramente incomprensibile come il credere e soprattutto far credere ai propri figli che questa terra non vivrà nel futuro di assistenza, ma di intelligenza, fantasia imprenditoriale e, perché no, di tanti guadagni, si possa pagare così pesantemente in termini di immagine. Cui prodest? A chi giova? C'è una generazione di imprenditori, di giovani, di donne, di professionisti, di uomini di cultura, di politici, che crede in questa città? Quel degrado che esiste in alcune aree di Catania, quella mafia che pensa di poter condizionare le attività economiche della nostra città, alcune scelte sbagliate e scellerate che sono state fatte dalla classe politica, e non escludo nessuno, è possibile superarle, vincerle, ed affermare di conseguenza il buon governo? Quelle stesse componenti oggi attaccate, Chiesa, società civile, politica, imprenditoria, avranno la forza di reagire? Di credere ancora? Di mostrare la Catania quotidiana, laboriosa, solidale, entusiasta? Penso di si. Ognuno di noi riprenda la voglia, superi lo stordimento e continui ad impegnarsi per fare in modo che anche la città possa vivere una straordinaria stagione di serie A. Lottando per una promozione e impegnandosi per consolidare un ruolo da protagonista. *presidente della Provincia regionale di Catania

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Slovacchia, presidenziali: si va al ballottaggio (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

BRATISLAVA (Reuters) - Col 46,7% dei voti, Ivan Gasparovic, capo di Stato uscente della Slovacchia, è arrivato in testa al voto di ieri per l'elezione del nuovo presidente. I risultati ufficiali sono stati resi noto oggi. Iveta Radicova, principale candidata dell'opposizione, ha ottenuto il 38,05%, risultato giudicato sorprendente dagli osservatori. Siccome nessun candidato ha superato il 50%, il 4 aprile Gasparovic e Radicova andranno al ballottaggio. Quella del presidente in Slovacchia è una carica più formale che sostanziale, ma il voto è considerato un test per il sostegno al primo ministro Robert Fico, quando manca un anno al rinnovo del Parlamento. Fico sostiene infatti Gasparovic, e nella campagna elettorale ha avuto un ruolo molto attivo, comparendo nei manifesti accanto al presidente. Fico, eletto nel 2006 con la promessa di aiutare le fasce deboli, ha lavorato per aumentare il ruolo dello Stato nell'economia, e ha minacciato di nazionalizzare i pacchetti azionari di proprietà straniera nelle società di servizi se i manager occidentali avessero fatto pagare più del dovuto il gas e l'elettricità. Da un sondaggio svolto questo mese Fico risulta il politico slovacco più popolare, con un sostegno superiore al 40%. Gasparovic è vicino a Fico e ha sostenuto la sua politica per migliorare le condizioni di vita delle fasce sociali più deboli, trascurate dalle riforme di mercato del precedente governo di centrodestra. La Slovacchia, membro della Ue che ha da poco adottato l'euro, è stata colpita anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anch'essa dalla crisi finanziaria globale, anche se meno duramente di altri paesi dell'Europa centrale e orientale.

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BANCHIERI IN GINOCCHIO DAL GOVERNO - BRUCIATI 27 MILIARDI DI EURO IN APPENA TRE MESI - SCATTA LA CORSA AI TREMONTI BOND PER EVITARE IL CRAC - E' PARTITO IL SALVATAGGIO DI SISTEMA: (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> BANCHIERI IN GINOCCHIO DAL GOVERNO - BRUCIATI 27 MILIARDI DI EURO IN APPENA TRE MESI - SCATTA LA CORSA AI TREMONTI BOND PER EVITARE IL CRAC - E? PARTITO IL SALVATAGGIO DI SISTEMA: COSI? IL GOVERNO ALLUNGA LE MANI ALLO SPORTELLO... Francesco De Dominicis per Libero Una cifra da capogiro: 27 miliardi di euro. Sono quelli bruciati in Borsa - per colpa della crisi internazionale - dalle banche italiane. In appena due mesi e mezzo è andato in fumo l'equivalente di una robusta manovra finanziaria sui conti pubblici. Dall'inizio del 2009, i colossi del credito hanno perso, complessivamente, 27,6 miliardi, passando da un valore complessivo di 91,3 a 63,7 miliardi. Un tracollo impressionante che fa tremare le vene ai polsi dei banchieri. Tutti in ginocchio davanti al governo a implorare i Tremonti bond. Giulio Tremonti I numeri sono stati sbattuti in faccia agli stessi esponenti del settore bancario, pochi giorni fa. E sono riportati in un documento riservato dell'Abi (Associazione bancaria) che di fatto spiega le ragioni della corsa improvvisa agli aiuti di Stato. Dell'iniziale diffidenza, nei confronti dei sussidi pubblici, adesso non c'è traccia fra gli istituti. Lo stesso leader della Confindustria del credito, Corrado Faissola, ha teso la mano all'esecutivo. Una netta inversione di tendenza strettamente legata alle forti preoccupazioni dei pezzi da novanta del mondo finanziario per la tenuta dei conti. Corrado Faissola I bilanci 2008 non sono andati poi così male. Ma gli effetti della crisi finanziaria internazionale potrebbero abbattersi ancora sui requisiti patrimoniali delle banche ed innescare quei meccanismi perversi che potrebbero portare a una robusta stretta dei rubinetti dei finanziamenti. Di qui la richiesta di ottenere, da parte del Tesoro, la sottoscrizione delle speciali obbligazioni volte proprio a garantire l'erogazione del credito da parte degli istituti sia alle famiglie sia alle imprese. Venerdì IntesaSanpaolo ha prenotato 4 miliardi, seguendo di pochi giorni la decisione del Banco Popolare, che ha intenzione di emettere 1,45 miliardi di titoli. Ci sta pensando anche la Banca popolare dell'Emilia Romagna che in due mesi ha già perso oltre il 20% del valore in Borsa. Non ha sciolto le riserve Unicredit: a piazza Cordusio devono definire i dettagli delle emissioni, tra mercato italiano e Austriaco, dove ha sede una controllata. In pochi potranno evitare i bond del Tesoro. Non ci sono alternative a quello che si sta rivelando sempre più come un salvataggio di sistema. E le misure dello Stato sono urgenti per frenare le perdite azionarie ed evitare crac. Mussari MPS Piano Industriale 070 Per far aumentare le vertigini basta fare un salto di dodici mesi e scoprire che la capitalizzazione totale delle banche della Penisola era di ben 183 miliardi di euro. A marzo del 2008, IntesaSanpaolo, adesso balzata prima in classifica, valeva da sola quanto oggi pesano insieme tutti i 26 istituti quotati a piazza Affari, circa 63 miliardi. Oggi l'istituto presieduto da Giovanni Bazoli è a 20 miliardi contro i 12 di Unicredit (era a 62 miliardi) e i 4,6 del Monte dei Paschi di Siena (7 miliardi). Passera e Bazoli A Rocca Salimbeni, magra consolazione, farà di sicuro piacere aver scalato qualche posizione nella classifica: Mps ha superato due big del calibro di Mediobanca (da 10 a 4,2 mld) e Ubibanca (da 9 a 4,4). Ma, il confronto col passato fa davvero paura: due anni fa - marzo 2007 - il valore delle azioni delle banche italiane era di 250 miliardi: calcolatrice alla mano, significa che di tutto il listino bancario è rimasto un quarto del valore. Restano le perplessità dei banchieri sugli osservatori da costituire presso le prefetture di tutta la Penisola. Nonostante le riserve espresse a più riprese financo dalla Banca d'Italia, però, i prefetti sono destinati a giocare un ruolo chiave nella partita. Lo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha tentato di gettare acqua sul fuoco precisando che gli osservatori sono «parte di strategia che non è di controllo sul credito, ma è di controllo territoriale, sociale». Ma la mano del governo s'è già allungata allo sportello. [22-03-2009]

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Crisi/ Milano, domani Formigoni riceve Tremonti (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Milano, 22 mar. (Apcom) - Rappresenta un'opportunità per discutere della crisi finanziaria degli ultimi mesi, valutare le iniziative già messe in atto, scambiare idee, osservazioni e attivare percorsi congiunti la colazione di lavoro organizzata per domani dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni cui parteciperà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Presenti anche il gotha dell'economia lombarda, i componenti del Patto per lo Sviluppo e i protagonisti del Tavolo per la Competitività. "Regione Lombardia - ha dichiarato Formigoni - è stata particolarmente vicina alle imprese e ai lavoratori sin dall'inizio della crisi. Abbiamo varato 13 misure di contrasto alla tempesta finanziaria, agendo sia sulle garanzie al credito sia sui finanziamenti per innovazione e formazione. La Dote Lavoro è l'esempio concreto che non ci siamo fatti trovare impreparati: da questa crisi si esce più forti se sapremo mantenere alto il livello di formazione dei lavoratori che oggi sono in difficoltà e domani, con la ripresa, potranno rientrare nel mondo del lavoro con una specializzazione in piu". "Nel frattempo - ha aggiunto - non intendiamo lasciare nessuno da solo: come Regioni abbiamo firmato proprio con il Governo un accordo fondamentale sugli ammortizzatori sociali e alla Lombardia spettano 1.500 milioni per sostenere i lavoratori".

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CRISI/ MILANO, DOMANI FORMIGONI RICEVE TREMONTI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi/ Milano, domani Formigoni riceve Tremonti di Apcom Colazione di lavoro con il gotha dell'economia lombarda -->Milano, 22 mar. (Apcom) - Rappresenta un'opportunità per discutere della crisi finanziaria degli ultimi mesi, valutare le iniziative già messe in atto, scambiare idee, osservazioni e attivare percorsi congiunti la colazione di lavoro organizzata per domani dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni cui parteciperà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Presenti anche il gotha dell'economia lombarda, i componenti del Patto per lo Sviluppo e i protagonisti del Tavolo per la Competitività. "Regione Lombardia - ha dichiarato Formigoni - è stata particolarmente vicina alle imprese e ai lavoratori sin dall'inizio della crisi. Abbiamo varato 13 misure di contrasto alla tempesta finanziaria, agendo sia sulle garanzie al credito sia sui finanziamenti per innovazione e formazione. La Dote Lavoro è l'esempio concreto che non ci siamo fatti trovare impreparati: da questa crisi si esce più forti se sapremo mantenere alto il livello di formazione dei lavoratori che oggi sono in difficoltà e domani, con la ripresa, potranno rientrare nel mondo del lavoro con una specializzazione in piu". "Nel frattempo - ha aggiunto - non intendiamo lasciare nessuno da solo: come Regioni abbiamo firmato proprio con il Governo un accordo fondamentale sugli ammortizzatori sociali e alla Lombardia spettano 1.500 milioni per sostenere i lavoratori".

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Scandalo Aig I bonus salgono a 218 milioni (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-03-2009)

Argomenti: Crisi

WALL STREET SI RIBELLA Retroscena Scandalo Aig I bonus salgono a 218 milioni Il ceo di Morgan Chase: «Senza incentivi perderemo i dipendenti migliori» «Sono alla Casa Bianca per risolvere problemi Non per lasciarli in eredità ad altri» GLAUCO MAGGI NEW YORK [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Indipendenza energetica, riduzione del deficit, riforma del sistema sanitario e rafforzamento dell'istruzione pubblica. Sono gli imperativi categorici del piano di budget per il 2010 che il Congresso americano si appresta a votare. A illustrarli è il presidente Barack Obama nel corso del discorso radio-web del sabato in cui spiega come il pacchetto da 3.550 miliardi di dollari (1.137 solo per il piano anticrisi) rappresenti «il progetto economico per il nostro futuro». «A chi dice che il piano è troppo ambizioso rispondo che ci sono rischi troppo pericolosi per essere ignorati», avverte Obama spiegando di essere alla Casa Bianca per risolvere i problemi, «non per consegnarli in eredità alle prossime generazioni». In più, Obama sta preparando un provvedimento ad hoc, che verrà reso noto la prossima settimana, per limitare gli stipendi e i bonus dei supermanager delle banche e forse di altre grandi società americane (è un'anticipazione del New York Times). Benché la questione non sia fondamentale, di per sé, per la soluzione dei problemi economici generali, ha acquisito una straordinaria importanza politica per il furore che hanno suscitato nell'opinione pubblica i compensi extra ai top manager della Aig, sostenuta da miliardi di fondi pubblici. Il futuro economico del Paese pensato da Obama si basa su una crescita solida e concreta «non sulle bolle immobiliari o su speculazioni finanziarie». Il presidente avverte il Congresso: le cifre dei singoli capitoli del budget saranno riviste nel corso dell'approvazione ma «le quattro priorità saranno rispettate». Obama annuncia investimenti per lo sviluppo di tecnologie energetiche pulite, maggiori stanziamenti per l'istruzione e costi più bassi per college e università, assieme a una riforma che renderà accessibile a tutti l'assistenza medica, in particolare il Medicare e il Medicaid, ovvero la copertura per anziani e meno abbienti. A questi tre pilastri si affianca l'abbattimento del deficit attraverso il controllo della spesa e l'eliminazione degli sprechi. Obama fa un appello al Congresso: «L'America ci sta guardando e attende un segnale, dimostriamo di essere all'altezza del nostro compito». Una tempistica mirata quella del presidente: il discorso arriva il giorno dopo le fosche previsioni del Congressional Budget Office secondo cui il deficit americano esploderà nel 2009 raggiungendo la cifra record di quasi 1835 miliardi di dollari. Si tratta del 13,1% del Pil stimato, un livello mai visto dalla Seconda guerra mondiale che potrebbe portare il disavanzo entro dieci anni a quota 9,3 miliardi di dollari, «2300 milioni più delle stime dell'amministrazione», quattro volte il disavanzo dell'amministrazione Bush. Le cifre non spaventano la Casa Bianca: «le stime del Cbo non modificano né la strategia né gli obiettivi del presidente che entro la fine del primo mandato punta a dimezzare il deficit», spiega il portavoce Robert Gibbs, mentre Obama incassa l'apprezzamento dall'ex timoniere della Fed, Alan Greenspan per il suo approccio alla crisi. Ma quello del presidente è anche un modo di richiamare all'ordine dopo una settimana in cui Washington e Wall Street si sono scontrate aspramente sulla tassazione straordinaria dei maxi-bonus di Aig e delle altre banche del Tarp. Specie in vista del varo del piano salva-finanza da mille miliardo da parte del segretario al Tesoro, Timothy Geithner, i cui dettagli saranno resi noti entro lunedì. I bonus della discordia intascati dai manager di Aig, balzati ieri da 165 a 218 milioni, hanno allargato il solco tra Wall Street e il Congresso. Ad aggravare la rabbia del pubblico e la propensione demagogica dei parlamentari, il procuratore generale dello Stato del Connecticut Richard Blumenthal: ieri ha detto d'aver chiesto ad American International Group chiarimenti su documenti interni che mostrerebbero un totale di bonus più alto di quanto conosciuto finora: altri 53 milioni di dollari sarebbero stati pagati ai dirigenti alti e medio-alti della famigerata Divisione Prodotti, responsabile d'aver creato una sorta di hedge fund all'interno della compagnia assicurativa. Blumenthal ha ingiunto ad Aig di aprire i suoi libri con nomi e remunerazioni, sulla scia di quanto già fatto da Andrew Cuomo, il suo collega dello Stato di New York, sede della capogruppo di Aig. I bonus «sono stati distribuiti a pioggia come confetti», ha ironizzato Blumenthal. La compagnia aveva comunicato tempo fa di essere contrattualmente obbligata a pagare un totale di 165 milioni di premi ai dipendenti della Divisione dei prodotti finanziari, che ha la sua sede legale in Connecticut, per trattenerli, poichè erano utili alle operazioni di chiusura delle operazioni sui derivati che stanno causando le maggiori perdite alla compagnia. Ma poi ha aggiunto che altri 55 milioni erano già stati dati a 400 impiegati e dirigenti della Aig Financial Products, sempre per non farli andare via. Il totale di 220 dichiarato da Aig è superiore di 2 milioni a quanto risulta al procuratore, che vuole andare fino in fondo nel chiarire la contabilità delle paghe extra. «Era già così oltraggioso il primo numero - ha rincarato Blumenthal - che questa seconda stima, se non verrà spiegata, aumenterà ulteriormente la rabbia e il rigetto che il pubblico avverte. Questa gente doveva essere buttata fuori, non inondata di denaro». L'attacco ai bonus di Aig è più che giustificato se riferito alla Divisione in questione, che ha distrutto l'azienda costringendola a chiedere 182,5 miliardi di dollari di fondi pubblici, e in cambio ha visto 73 dipendenti premiati con oltre un milione di paga extra, con 5 di loro che ne hanno presi oltre 4. Ma la reazione della Camera sta scatenando la rivolta delle banche. In settimana è passata a larga maggioranza la legge che tassa al 90% (100% con le imposte locali) i premi extra per i dipendenti con reddito oltre i 250 mila dollari, se lavorano in aziende che hanno avuto fondi pubblici per oltre 5 miliardi. Ora la legge deve passare al Senato e ottenere la firma del presidente, ma difficilmente passerà in questa versione drasticamente anti Wall Street. Il governo è preso in mezzo: da una parte progetta regole più severe, dall'altra sa di dover corteggiare gli investitori privati per stabilizzare i mercati finanziari e risanare i bilanci delle banche. Le principali banche Usa stanno protestando, e Obama sa che non salva il Paese dalla recessione se fa la guerra agli investitori privati. La legge è «ingiusta», ha scritto in una lettera ai dipendenti il Ceo di Bank of America Kenneth Lewis. Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan Chase, ha detto di temere che la scure sui bonus spinga i migliori a cercare lavoro altrove. «Il lavoro che abbiamo fatto per stabilizzare il sistema finanziario e far ripartire l'economia sfumerebbe se perdessimo persone di talento» ha avvertito il capo di Citigroup, Vikram Pandit. Goldman Sachs, la banca che ha avuto 12,9 miliardi da Aig in pagamento dei derivati accesi per coprirsi dalla caduta dei prezzi immobiliari, ha intanto difeso la correttezza dei suoi contratti e ha aggiunto che non sarebbe stata danneggiata più di tanto da un eventuale fallimento di Aig.

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