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Report "crisi"  22-24 aprile 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

"L'Europa segua subito Obama" ( da "Stampa, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: capo economista della Borsa di New York durante la crisi finanziaria del 1987 e oggi analista del «Council on Foreign Relations» di New York, dà del rapporto del Fondo monetario internazionale secondo cui «la crisi del credito è serio ed è destinata a durare nel tempo». Di che tipo di monito si tratta?

( da "Corriere.it" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate.

fmi: la crisi costerà 4mila miliardi e in italia debito al 121% del pil - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi potrebbe costare al sistema finanziario globale qualcosa come 4 mila miliardi a fine 2010. Come conseguenza della crisi, il debito pubblico di tutti i paesi rischia di lievitare: quello italiano potrebbe salire l´anno prossimo alla quota record del 121%, ai livelli dei primi anni novanta, con un incremento di 15 punti rispetto al 2008 e di 9 in relazione alle ultime previsioni

chimica, tir e ordinativi dall'estero così il made in italy avvista la ripresa - alessandra carini ( da "Repubblica, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il pesante destoccaggio cui l´industria è stata costretta anche dalla crisi finanziaria. Nella chimica, che, per tradizione, producendo un bene intermedio, è la prima a rilevare le inversioni del ciclo, c´è stata una piccola ripresa della produzione e un rialzo nei prezzi dell´etilene, ma si parla di livelli del 25-30% inferiori all´anno scorso.

Corteo per salvare la Dynastar ( da "Stampa, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: LA CRISI DEL GRUPPO ROSSIGNOL Corteo per salvare la Dynastar [FIRMA]PIERRE PINACOLI SALLANCHES La crisi finanziaria del gruppo Rossignol ha colpito anche la fabbrica di sci Dynastar di Sallanches: proprietà e dipendenti stanno trattando sul futuro.

Tesco in Gran Bretagna punta a utili in crescita di due cifre ( da "Stampa, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: anche se la sua quota di mercato negli alimentari nel Regno Unito, pari al 30%, continua a diminuire. Nel Regno Unito, può fare affidamento sulla forte crescita delle vendite di prodotti non alimentari. Anche i servizi finanziari potrebbero dare una mano. Tesco ha appena rilevato in blocco la quota di Royal Bank of Scotland nella loro joint venture.

L'acqua in piazza fa risparmiare i cittadini ( da "Giorno, Il (Lecco)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria non è da sottovalutare e poi riguarda appunto un calcolo basato solo su quindici giorni. Se verrà mantenuto il trend nell'arco di un intero anno arriverà a sfiorare i 50 mila euro. Senza dimenticare il beneficio ambientale. Il distributore fornisce infatti 1,5 litri per volta il che significa che almeno 13 mila bottiglie di plastica sono state riutilizzate più volte

Micro-imprese, zero credito ( da "Giorno, Il (Varese)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alcuni giorni fa è emersa la grande preoccupazione per la crisi finanziaria tanto che i piccoli imprenditori hanno dichiarato di essere penalizzati dalla riduzione dell'offerta di credito da parte delle banche più grandi che, a loro dire, propongono operazioni troppo speculative. «Creando l'osservatorio spiega Luca Barni, direttore generale della Bcc Busto Garolfo e Buguggiate -

Crisi, se l'ottimismo va al potere ( da "Italia Oggi" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: congelare i titoli tossici Crisi, se l'ottimismo va al potere Dagli Usa nessun conforto alle previsioni di Sacconi e Tremonti Negli ultimi giorni si sono levate molte voci ottimistiche sull'andamento della crisi finanziaria ed economica globale. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha detto che «il rischio di una apocalisse finanziaria si sta riducendo»

Le stime Fmi: la crisi costerà 4 mila miliardi ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 22/04/2009 - pag: 1 Il Fondo monetario Le stime Fmi: la crisi costerà 4 mila miliardi Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il conto della crisi finanziaria mondiale finirà per superare i 4 mila miliardi di dollari. ALLE PAG. 2 E 3 Bagnoli, Gaggi, Tamburello

L'Fmi rivede i conti della crisi: costerà quattromila miliardi ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il sistema finanziario globale, dicono, resta sotto forte tensione mentre la crisi si allarga includendo famiglie, aziende e banche sia delle economie avanzate sia di quelle emergenti». Il direttore del dipartimento dei mercato monetari e finanziari, José Viñals ieri, presentando a Washington il rapporto, ha esordito tuttavia con una nota positiva.

Attenti ai protezionisti nascosti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sembra aver resistito alle tentazioni protezioniste. Ma si è trattata di una virtù solo apparente. Il protezionismo è infatti uscito dalla retorica pubblica per essere internalizzato e nascosto nelle politiche economiche. Molti Governi per esempio si sono preoccupati di non sostenere la propria economia, temendo di beneficiare gli altri, per approfittare invece degli stimoli altrui,

Sorpresa, la crisi fa male a sinistra ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che parla di crisi del mercatismo e del capitalismo finanziario». Insomma la sinistra riformista, nel nostro caso il Partito democratico, non deve rincorrere Tremonti sul suo stesso terreno. In generale perde la sinistra che usa la crisi per dire "avete visto il mercato non funziona, noi lo dicevamo".

Più cari i pedaggi autostradali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: impatto in piena crisi finanziaria. La scadenza era già prevista nel decreto legge con cui era stato disposto il blocco, ma le società concessionarie non erano comunque tranquille, considerati i numerosi provvedimenti di riforma con cui i Governi che si sono succeduti dal 2006 a oggi hanno stravolto le regole del settore.

Il fondo di Pechino tratta l'ingresso fra i soci Daimler ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il presidente del Cic, Lou Jiwei ( nella foto) ha confermato l'intenzione di investire nell'industria europea, ricordando che la crisi finanziaria attuale ha modificato le norme rigide finora imposte all'ingresso di capitali cinesi. IMAGINECHINA

Indici piatti, Geox maglia rosa ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici piatti, Geox maglia rosa Bancari in altalena Frenano Mediobanca e Unicredit, bene Mediolanum e Ubi Banca Dopo un avvio negativo, S&P-Mib e Mibtel hanno recuperato terreno sul finale di seduta grazie all'apertura positiva di Wall Street,

Autogrill: c'è la crisi, no al dividendo ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/1 Autogrill: c'è la crisi, no al dividendo (g.fer.) Il 2009 sarà «un anno difficile ma non disastroso». Parola di Gilberto Benetton, presidente di Autogrill. Mentre l'amministratore delegato Gianmario Tondato Da Ruos aggiunge: «Ci stiamo attrezzando per sopravvivere in questo contesto »

Cementir, via all'iter per lo Star ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di cui la quota diretta di Cementir era dell'1,7% circa: «Era un'allocazione di risorse finanziarie all'interno del nostro settore». Poi la crisi finanziaria é diventata molto più grave – ha ricordato – e la partecipazione nella società che fa riferimento alla famiglia Pesenti «é stata alienata per ottimizzare la cassa».

Datalogic, cambio al vertice e ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/2 Datalogic, cambio al vertice e «buy-back» (g.fer.) Nel 2008 è stato il più pagato tra i manager delle società quotate italiane, con 8,265 milioni di euro lordi. Ora Roberto Tunioli lascia l'incarico di amministratore delegato a Mauro Sacchetti,

Fmi: credito più difficile ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha detto il capo della divisione mercati finanziari del Fondo, José Vinals, comincia a mostrare i primi segni di miglioramento nel ricreare la fiducia, ma ha bisogno di ulteriori e "coraggiosi" interventi e la normalizzazione completa potrebbe richiedere anni. Il rapporto sulla stabilità finanziaria globale pubblicato ieri dall'Fmi rivela inoltre che l'

Germania terzo debito del mondo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la violenza della crisi finanziaria e della recessione in atto stanno dando un peso sempre maggiore anche all'entità del debito pubblico e alla quantità di titoli di Stato in emissione e in scadenza. I piani anticrisi varati dagli Stati europei, il rincorrersi delle misure fiscali di stimolo all'economia, i deficit/ Pil lanciati al galoppo ben oltre la soglia di Maastricht del 3%

Scudo solo per rientri veri ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: immobili e investimenti finanziari, ridimensiona l'insostenibilità di un'aliquota alta. In aggiunta, secondo fonti bene informate, la crisi finanziaria e la recessione hanno fatto crescere anche la necessità di rimpatriare capitali per sostenere attività imprenditoriali in un momento in cui il credito delle banche scarseggia.

Nei piani anti-crisi 400 miliardi verdi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi 400 miliardi verdi Giuseppe Caravita MILANO «Ironicamente – sostiene la Banca Mondiale – la crisi finanziaria può rivelarsi un'opportunità d'oro per muovere verso una traiettoria di crescita a basso contenuto di carbonio ».Sul tavolo del G-8 (anzi G-20) che si apre oggi a Siracusa i ministri dell'ambiente troveranno due corposi documenti.

Interviste a pugni con Martini ( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dal crollo del comunismo alla crisi finanziaria. La prima puntata s'intitola «Il Muro e la Bolla» e vedrà Antonio Caprarica raccontare la sua carriera di corrispondente e inviato Rai dalla Russia a Londra; il professor Tito Boeri farà il punto sulla crisi del capitalismo e le prospettive del nostro mondo;

Enti locali in aiuto delle Pmi ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la propria attività di lavoro autonomo in ragione della crisi, non godono di ammortizzatori sociali, di altre provvidenze o di un aiuto da parte dei familiari. Treviso «è doveroso in questo momento di crisi economica, scaturita da una gravissima crisi finanziaria internazionale, che le nostre imprese non siano abbandonate, perché il nostro popolo delle partite Iva ha portato all'

Credito al consumo in calo ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A febbraio discesa del 14% - Boom della cessione del quinto Credito al consumo in calo La crisi finanziaria non risparmia il credito al consumo: anche su questa tipologia di mercato si avvertono segnali di rallentamento e in questo quadro il CentroNord non fa eccezione. Dopo il bilancio positivo del 2008, l'inizio del nuovo anno è in frenata.

La crisi ad Est pesa su Udine ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il quale tratterà il tema degli effetti della crisi finanziaria di quell'area sulle imprese regionali. Daniele Bordina, della Direzione rete estera e Sviluppo di Intesa SanPaolo Spa, analizzerà infine i rapporti del sistema creditizio locale con quegli Stati. Secondo il presidente camerale Giovanni Da Pozzo, che introdurrà il convegno, «l'importanza dell'economia dei Paesi dell'

Le società di capitale resistono ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'impatto della crisi finanziaria, che ha cominciato a far sentire i suoi effetti già in settembre, è stato tutto sommato contenuto. «Una delle possibili spiegazioni – commenta Francesco Dainelli, ricercatore presso il dipartimento di Scienze aziendali dell'ateneo fiorentino –

( da "Giorno, Il (Milano)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: andamento della crisi finanziaria globale. Il Fondo monetario ha aggiornato il costo della crisi, in preparazione al summit del Fondo e della Banca Mondiale che si svolgerà nel fine settimana. Per il sistema finanziario mondiale la svalutazione di tutti gli asset tossici potrebbe salire all'iperbolica cifra di 4mila miliardi di dollari entro il 2010,

Filse e Cdc in campo per le Pmi ( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Ovest)" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: indagine relativa agli effetti della crisi finanziaria sull'operatività aziendale), e Fabrizio Ferrari, numero uno del gruppo Piccola industria. Incassa interesse lo strumento "anticrisi" per le Pmi lanciato da Filse, finanziaria regionale, e sistema camerale ligure: due fondi di garanzia pubblici con dote di 3,2 milioni ( uno immesso da Unioncamere) in sostegno delle Pmi.

Fmi: la crisi non è finita costerà 4000 miliardi ( da "Unita, L'" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi». SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il 2010 a 737 miliardi di dollari contro i 1.604 miliardi delle banche statunitensi.

Il Fondo Monetario Internazionale fa i conti della crisi che, avverte, durerà ancora a lungo e ... ( da "Unita, L'" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi». SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il 2010 a 737 miliardi di dollari contro i 1.604 miliardi delle banche statunitensi.

MERCATI E TRUCCHI CONTABILI ( da "Stampa, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il peggio della crisi finanziaria sembra finito, le maggiori banche americane addirittura segnano profitti per il primo trimestre. Alcuni si estendono fino a prevedere una ripresa economica a partire dall'estate. In verità previsioni di questo tipo sono statisticamente così imprecise da essere poco più di un esercizio divinatorio.

Parlamentari europei in pensione più tardi ( da "Stampa, La" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dall'inizio della crisi finanziaria, ovvero da metà 2007, il fondo che garantisce la pensione extra per i membri del Parlamento a dodici stelle ha perso 70 milioni di capitalizzazione. «Dal 2010 ci saranno problemi a sostenere gli impegni», avverte una nota interna del segretariato generale.

Fmi Ecco i conti della crisi: costerà 4mila miliardi ( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 96 del 2009-04-22 pagina 1 Fmi Ecco i conti della crisi: costerà 4mila miliardi di Redazione La crisi finanziaria globale arriverà a costare nel 2010 oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede le cifre nuovamente al rialzo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G.

Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa? ( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad ( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,

Crisi mutui, suicida il direttore finanziario della Freddie Mac ( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 22 pagina 0 Crisi mutui, suicida il direttore finanziario della Freddie Mac di Redazione David Kellerman, 41 anni, trovato cadavere nella sua casa in Virginia. Era appena stato eletto numero uno della compagnia, responsabile del crollo del sistema finanziario dopo aver speculato sui mutui subprime Washington - David Kellerman,

Il manager dei mutui si impicca in cantina ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie Madoff.

"Smettiamo di comperare i prodotti dei francesi" ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Europa del libero mercato parlare di protezionismo, di boicottaggio di prodotti da parte di un esponente di Governo, rischia di provocare scontri diplomatici. «Qui, chi la fa da padrone, sono loro. I francesi. Prendono, sfruttano, usano e gettano le persone. Senza rispettare nessuna regola», rincara Crosetto, deciso a farne una vera campagna e provocare l'incidente.

l'ad salvatori: i guai li ha fatti lui ( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tira fuori gli artigli e ribatte colpo su colpo per dire che i problemi del gruppo, a parte la crisi finanziaria che ha messo in difficoltà banche e assicurazioni di tutto il mondo, non sono di oggi, ma semmai vengono dalla vecchia gestione. «C´era situazione di confusione, con lo sgorbio di un´assicurazione piccola che ne controllava una grande», accusa Salvatori.

Caccia ai bonus e morte di un uomo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Se in questa crisi finanziaria globale gestire una società è difficile, lavorare in una finanziaria commissariata dal Governo è un lavoro ingrato. Come abbiamo visto negli ultimi mesi, significa essere costantemente sotto il tiro dell'opinione pubblica; significa sottostare a imbarazzanti audizioni parlamentari;

Quattro ruote da capogiro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ma la crisi finanziaria e il crollo del mercato stanno ponendo le basi per una trasformazione duratura del mercato. Proprio la vicenda Porsche-Vw evidenzia un pun-to fondamentale: chi ha liquidità vince e chi è indebi-tato rischia. Non solo: anche negli altri casi, per mandare in porto e gestire tutte le fusioni serviranno molti soldi.

Una normativa anti-ciclica per superare lo shock ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: ANALISI Una normativa «anti-ciclica» per superare lo shock di Riccardo Sabbatini L a crisi dei mercati finanziari impatta sulla regolamentazione. Con Solvency II, la direttiva sui ratios patrimoniali delle assicurazioni varata ieri dall'Europarlamento, il calcolo dei requisiti di vigilanza diverrà "

UniCredit, Marina Natale nuovo Cfo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria internazionale sta provocando, dunque, una riorganizzazione del vertice del gruppo. Nelle prossime settimane, quando si sarà insediato il nuovo board che sarà eletto dall'assemblea, scatterà anche l'atteso riassetto della divisione corporate & investment banking guidata da Sergio Ermotti.

L'Europa vara Solvency II Più garanzie per le polizze ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: esplosione della crisi finanziaria e l'urgenza di ripristinare al più presto e dovunque stabilità e fiducia, hanno indotto ad accelerare i tempi della decisioni. E così l'intesa di compromesso raggiunta dal Consiglio dei ministri e dagli euro-deputati prima del voto, ha consentito ieri il varo definitivo della direttiva già in prima lettura,

Finanza sotto inchiesta. ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i mercati finanziari in dissesto e, adesso, la tragedia di una morte. Oggi Wall Street è in piena sindrome da accerchiamento e psicosi giudiziaria. Dal crack da 50 miliardi di dollari di «Bernie» Madoff, fino alle accuse allo «Zar» dell 'auto, passando per i mega-bonus dei banchieri della city newyorchese,

Suicida il Cfo di Freddie Mac ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi e di Freddie Mac e Fannie Mae in particolare, i due colossi nazionalizzati dal governo americano lo scorso autunno per evitare che la crisi finanziaria diventasse crisi sistemica? La risposta che giunge per ora dal mercato sembrerebbe dirci di no:l'indice Dow Jones non ha avuto reazioni particolari alla notizia del suicidio di Kellerman e i titoli bancari in genere non hanno

Quella banca al centro del crollo dei subprime ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: diversamente e soprattutto indirizzate diversamente dalla classe politica degli Stati Uniti, avrebbero risparmiato al mondo la crisi finanziaria del 2007-2008, con tutti i suoi strascichi. Qualcosa sarebbe successo ugualmente, perché la mole di debito nel sistema era comunque eccessiva, negli Stati Unitie non solo. Ma senza Freddie e Fannie sarebbe successo dopoe in modo diverso.

Guerra fiscale sugli utili off-shore ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: per combattere contro la crisi finanziaria –ben 12.800 miliardi di dollari: cifra quasi pari all'intero Prodotto interno lordo degli Usa di un anno. è comprensibile, dunque, che la Casa Bianca voglia aumentare le entrate fiscali andando ad aggredire gli utili prodotti nei paradisi fiscali.

Nel mondo ripresa lenta nel 2010 ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La prima è stata originata dalla crisi finanziaria e amplificata dal crollo della fiducia e della domanda dalla fine del 2008. Un "circolo vizioso" si è innestato fra finanza ed economia reale, ha detto Blanchard, per cui il rapporto fra le due forze verrà alterato solo dal miglioramento dello stato di salute del sistema finanziario e dall'efficacia delle misure per ristabilirla.

Fmi: Italia, stop a stimoli fiscali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: alto debito pubblico e del rischio di reazione dei mercati finanziari. Tagliando nettamente, come per il resto del mondo, le cifre presentate non più tardi del gennaio scorso, il Fondo monetario prevede ora una forte caduta del prodotto interno lordo dell'Italia, pari al 4,4% quest'anno, e più contenuta, allo 0,4, l'anno prossimo.

Betlemme aspetta il Papa Kefiah sulle spalle di Ratzinger ( da "Giorno, Il (Milano)" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è un nesso tra la «crisi economica mondiale» e la «cupidigia» che è origine «di tutti i vizi e di tutti i mali» non solo per le persone ma anche per le «società». Il Papa, attento ai problemi innescati dalla crisi finanziaria, ha fatto questa riflessione durante l'udienza generale in piazza San Pietro, davanti a circa 35mila persone.

L'OCCASIONE DELLE RIFORME ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prova che i mercati finanziari cominciano a vedere la ripresa e un'inversione della politica monetaria della Federal Reserve. Certo, le banche americane rimangono molto fragili e nell'economia reale soprattutto in Europa dove il ciclo è tradizionalmente sfasato di sei mesi rispetto a quello americano il peggio deve ancora arrivare.

Il Fmi: l'economia frena La ripresa? Dal 2010 ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: o ai primi cenni di stabilizzazione dei mercati finanziari, quando le previsioni per il futuro dell'economia restano negative come quelle diffuse ieri dal Fondo monetario. Alla «debole luce» della prospettiva di ripresa, comunque confermata a livello mondiale per la seconda metà del 2010, si contrappone infatti la maggiore forza della recessione.

Crac mutui Usa, il suicidio del supermanager ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A differenza di altri suicidi originati dalla crisi finanziaria - come quelli dei «broker» andati in rovina per speculazioni sbagliate o perché truffati da Bernie Madoff - stavolta il gesto disperato potrebbe derivare dalle responsabilità contabili del giovane manager. Appena 41enne, Kellermann era stato nominato direttore finanziario di Freddie Mac solo nel settembre scorso.

Unipol, il ritorno di Consorte Ed è duello in assemblea ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non sono dovuti alla crisi finanziaria, ma sono tutti di carattere gestionale». Rilievi respinti da Salvatori che nelle repliche non ha mai ceduto alla polemica, respingendo la richiesta di aumento di capitale, e limitandosi ad ammettere di non essersi accorto per tempo che Unipol Banca (oggi Ugf Banca) «era in condizioni disastrose».

Pirelli ora vede l'utile. E il titolo vola ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Pirelli ora vede l'utile. E il titolo vola (g.fer.) All'indomani dell'annuncio del ritorno all'utile nel primo trimestre dell'anno, il titolo Pirelli ha incassato ieri un rialzo del 10,96%, il più elevato fra i 40 titoli che compongono l'S&P-Mib.

Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003 ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Parigi Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003 (g.fer.) Lvmh, il gruppo leader mondiale nel lusso, non ha alcuna intenzione di vendere i suoi prestigiosi marchi di champagne (Moet & Chandon, Krug, Dom Perignon e Veuve Cliquot), come aveva ipotizzato la stampa britannica.

shop at pzeroweb.com ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 shop at pzeroweb.com

LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mehmet Simsek ha parlato degli effetti della crisi finanziaria, ma ha descritto un Paese giovanile, dinamico, ambizioso che ha voglia di misurare se stesso, sul piano economico e civile, con gli standard prevalenti nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim Mete, ha ricordato che la Turchia è già integrata nell'economia mondiale e che la prospettiva dell'ingresso nell'

consorte torna come piccolo socio e fa le pulci ai conti di unipol - luciano nigro ( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non soffre soltanto di problemi legati alla crisi finanziaria. Se non sono stati distribuiti dividendi, dice, non ci sono solo le perdite di Lehman Brothers e il passivo di Ugf Banca. C´è «uno squilibrio costi-ricavi» che pesa per più di un miliardo su Unipol e Aurora assicurazioni. Ecco, dunque, la raffica di interrogativi.

dario sul treno-scuola dei giovani pd "quanti errori di pietro, aiuta il cavaliere" - umberto rosso ( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria, storia dell´idea di Europa. A seguire otto vagoni per le cuccette. Più una carrozza ristorante, ma in realtà si va avanti a panini. «Tra dieci minuti distribuzione, restate ai posti assegnati». Duecento euro a testa la quota di iscrizione, il partito integra il resto: per la formazione il Pd quest´anno spenderà un milione di euro.

L'Archivolto alla deriva convoca il G8 genovese ( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in crisi finanziaria, rischia la chiusura. I gestori chiedono l'aiuto degli enti locali e dei parlamentari liguri invitati per domani a Sampierdarena: «Servono due milioni per andare avanti» È la crisi del teatro a Genova. Bisogna salvarne un altro dopo l'operazione Carlo Felice, cifre minori sia chiaro di quelle che servono per salvare il teatro dell'

Il manager dei mutui si impicca in cantina ( da "Stampaweb, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie Madoff.

Summit sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a fine giugno. ( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,

Giro di vite Ue sulle agenzie di rating ( da "Stampaweb, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e il Parlamento europeo non ha perdonato alle agenzie di rating del credito di non aver saputo prevedere la crisi finanziaria - e in particolare l''inaffidabilità dei mutui ''subprime'' americani che sono fra le sue principali cause. Morale: d?ora in poi le agenzie dovranno sottoporsi a una rigorosa regolamentazione comunitaria per poter operare nell''Ue.

La Casa Bianca e la Fed truccano i conti?. ( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

Summit sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a fine giugno ( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,

E' nel blog il futuro del giornalismo? ( da "Giornale.it, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo»

il mondo - jacques attali ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria mondiale, diventata economica, si trasformerebbe allora in un´enorme crisi sociale e politica; centinaia di milioni di persone si troverebbero minacciate dalla disoccupazione; il regime politico stesso sarebbe criticato, respinto come incapace di gestire il "golem" dei mercati che avrà contribuito a creare.

Il 2009? Difficile ma è in corso un miglioramento ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sulla crisi finanziaria. Oltre alla libertà di investimenti e di commercio, all'impatto della crisi finanziaria ed economica, la dichiarazione congiunta affronta il tema dei cambiamenti climatici,in vista del vertice internazionale di Copenhagen, a fine anno:l'industria è pronta a fare la sua parte, ma lo stesso impegno deve valere anche per gli altri settori.

L'AGENDA DI OGGI ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 10,15 Panel 1:l'impatto della crisi finanziaria ed economica 10,15 – 11,33 Panel 2: libertà di commercio e investimenti 11,33–12,50 Panel 3: cambiamenti climatici, la strada verso Copenhagen 12,50–13,00 Conclusioni: Emma Marcegaglia, presidente Confindustria

Gli Stati Uniti rinviano i superdazi sui prodotti Ue ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: chiaro che ora spetta a noi europei concertare una risposta che vada nella direzione giusta: vale a dire evitare che il neo protezionismo prevalga». è dal 1998 che tra le due sponde dell'Atlantico dura questo braccio di ferro. Tutto ha inizio con gli Usa che hanno preteso di esportare nella Ue carni estrogenate, trovando però la netta chiusura di tutti i Paesi membri dell'Unione.

Rating, parte il controllo europeo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria morde e, per una volta, l'Europa risponde senza rimandare le decisioni alle calende greche. Al contrario, sembra in preda al furore attivista, visto che conta entro i primi di maggio di strappare a Strasburgo anche un altro sì: alla nuova direttiva che dovrà fissare, un po' sul modello di Solvency 2,

Pressioni su Bofa per la fusione Merrill ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: scorso autunno quando la crisi finanziaria americana era nel suo momento più difficile. Ieri si è appreso che il Tesoro americano, nella persona del ministro Hank Paulson, e Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, hanno costretto l'amministratore delegato della Bank of America Ken Lewis a non rivelare quanto drammatica fosse la situazione di Merrill Lynch lo scorso dicembre,

Wall Street a lutto sul caso Kellermann ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria aveva messo a dura prova proprio le agenzie di mutui pubbliche, Freddie Mac e Fannie Mae, le quali con lo scoppio della bolla immobiliare si sono ritrovate in portafoglio 5 mila miliardi di dollari di mutui erogati, la metà dei quali non garantiti.

Mps, bond da un miliardo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nei mesi più bui della crisi finanziaria – era ovvia: dato che gli investitori non si fidavano più degli istituti di credito e non compravano più le loro obbligazioni, la garanzia statale permetteva alle banche di emettere obbligazioni (e dunque di rimborsare quelle in scadenza) pagando rendimenti più ragionevoli.

Parte alla Luiss l'Osservatorio sulla crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Osservatorio sulla crisi Prende il via oggi all'Università Luiss Guido Carli il primo Osservatorio sulla crisi finanziaria, promosso dalla stessa facoltà di Economia. Molte le personalità di spicco del mondo accademico, della finanza e dell'industry che fanno parte dell'Advisory Board di questa nuova struttura, unica in Italia.

La Maddalena protesta ma i cantieri vanno avanti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: luglio gli sciami sismici che scuotono la caserma delle Fiamme Gialle simuleranno quelli dei mercati finanziari, tanto per ricordare ai Grandi che la terra trema sotto ma pure sopra non scherza. Gordon Brown, Sarkozy e Carlà tra i sottufficiali d'Italia della scuola di Coppito. L'unico a non soffrirne sarà il colonnello Gheddafi, un attendato di lusso tra gli sfollati dell'Aquila.

Un modello che funziona ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: soprattutto se con una imponente partecipazione dei dipendenti, esce vincente dalla crisi finanziaria. Mi va bene il mercato. Ma intendiamoci: se per mercato intendiamo i fondi speculativi che hanno spinto le società in cui hanno investito a finanziarizzare qualunque attività, con i risultati che si sono visti, allora non ci sto.

Basta con i diktat sindacali ( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ha pesato in qualche modo la crisi finanziaria? La Bpm è una banca forte e ben organizzata, che ha risentito meno di altri della crisi. Abbiamo conti in ordine, un bilancio trasparente, una forte patrimonializzazione e una chiara visione strategica. Trovo singolare che in questo contesto di mercato, in Italia solo da noi sia in atto uno scontro per cambiare il vertice.

E al seminario sulla crisi Bersani lancia il suo manifesto ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Che ha denunciato la mancanza «della vigilanza morale delle chiese» sulla crisi finanziaria e in particolare sulle ragioni etiche che l'hanno generata. Per Silvestrini la natura della crisi non è economica ma politica, perché arriva «da quella deregulation che non era una formula economica ma politica», che era una «ideologia».

Balzo di Pirelli e Prysmian ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa Balzo di Pirelli e Prysmian di Giacomo Ferrari Indici in rialzo Unica fra le Borse europee, Piazza Affari ha chiuso con gli indici in rialzo Una seduta in altalena, senza spunti particolari, caratterizzata da una sostanziale tenuta dei prezzi e da scambi ormai stabilizzati intorno ai 3 miliardi di euro di controvalore.

Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo vola ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo vola (g.fer.) Il sì delle banche alla seconda fase dell'accordo quadro sul debito della società e la nomina del nuovo board, con la conferma di Paolo Pininfarina alla presidenza e la nomina ad amministratore delegato di Silvio Pietro Angori,

I conti trimestrali spingono Credit Suisse ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo I conti trimestrali spingono Credit Suisse (g.fer.) La crisi finanziaria internazionale non ha impedito al Credit Suisse di ottenere risultati trimestrali migliori rispetto a quelli attesi (in particolare un utile netto di 2 miliardi di franchi svizzeri,

Parigi, s'incrina l'eccezione culturale ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 43 Svolte Non regge più il protezionismo identitario inventato da Malraux e potenziato da Jack Lang Parigi, s'incrina l'eccezione culturale La Francia cede a Hollywood. Incentivi anche alle opere straniere di STEFANO MONTEFIORI A forza di difendere l'eccezione culturale francese e il cinema nazionale di fronte all'invadenza di Hollywood,

La ricetta Legacoop contro la crisi: solidarietà e un mercato democratico ( da "Unita, L'" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dichiara di aver già risentito in passato del peso della crisi finanziaria, e il 16% di aver avuto notevoli danni. un piano Ma la ricetta anticrisi delle coop non si ferma agli aiuti alle famiglie. Legacoop ha avviato un piano per fronteggiare le difficoltà economiche, che prevede di favorire la disponibilità del credito per le imprese associate, promuovere nuove imprese cooperative,

Crisi, Tremonti: siamo in Quaresima ma l'Apocalisse ormai è scongiurata ( da "Corriere.it" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: poco prima di partecipare al G7 dei ministri finanziari a Washington, ha sintetizzato l'attuale situazione economica mondiale. LA TESI - «Ciò che ho cercato di dire in questi mesi - ha aggiunto Tremonti - è che è finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse. In alcuni giorni ha segni negativi e in altri giorni cominciano segni inaspettatamente positivi.

Crisi, Fmi: ( da "Corriere.it" del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate.

Dopo quasi trent'anni cessa l'attività della "Sintesi Spa" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: Sintesi vanta un portafogli di tutto rispetto, anche se l'attuale crisi finanziaria mette i clienti in difficoltà e rallenta i pagamenti. In ogni caso, la maggioranza dei soci finanziari ha deciso di chiamarsi fuori e ha nominato liquidatore, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, il presidente Giuseppe Mortara.

"Pronti alla protesta anche a Roma e Parigi" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: «In questa battaglia chiediamo la collaborazione dei consumatori - spiega Gianni Arnaudo, Uil -. Ma sia ben chiaro, non vogliamo boicottare i supermercati, l'invito è non comprare prodotti francesi. Una risposta al protezionismo di Sarkozy».

Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria, dalla difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente per poi tornare ad un clima più intimistico e personale con le liriche che chiudono il volumetto. Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla terra di risaia, è stato dirigente politico e sindacale e infine senatore dal 1976 al 1983.

"Bordighera sta cambiando" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria che stiamo vivendo ci obbliga ad operare cambiamenti di metodo e di mentalità, ed è per questo motivo che ormai da due anni, in collaborazione con le associazioni di categoria, sollecitiamo i commercianti affinchè adeguino gli orari di apertura delle loro attività in coincidenza con i periodi di maggior flusso di turisti e clienti,

Il colosso Diageo vuole bersi lo champagne Moët Hennessy Ma Lvmh potrebbe dire di no ( da "Stampa, La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: del governo dovrebbe servire a due scopi: mantenere la stabilità dei mercati finanziari e far partire i prestiti. In entrambi i casi, aiutare le banche è più opportuno. Diversamente dalle banche, le compagnie di assicurazione non sono tanto vulnerabili alle crisi di liquidità. I premi assicurativi, di solito, affluiscono prima dei rimborsi delle polizze.


Articoli

"L'Europa segua subito Obama" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

IL RAPPORTO FMI TEMPESTA FINANZIARIA IN CINA Intervista Jena jena@lastampa.it Roger Kubarych "L'Italia? Ha problemi vecchi Potrà risolverli solo a fine crisi" «È un monito all'Ue e alla Cina: fa paura ma è molto vero» "L'Europa segua subito Obama" «Chi s'illude che sia finita farebbe bene a essere più prudente» «Il crollo globale farebbe danni giganteschi ha bisogno di crescere» MAURIZIO MOLINARI Ex capo economista Nyse Eppur CORRISPONDENTE DA NEW YORK È un monito all'Unione Europea e alla Cina». E' questa la lettura che Roger Kubarych, capo economista della Borsa di New York durante la crisi finanziaria del 1987 e oggi analista del «Council on Foreign Relations» di New York, dà del rapporto del Fondo monetario internazionale secondo cui «la crisi del credito è serio ed è destinata a durare nel tempo». Di che tipo di monito si tratta? «Il Fondo monetario agisce sulla base dei risultati del recente summit del G20 a Londra, dove gran parte del mondo, a cominciare dai Paesi europei e dai cinesi, si è rifiutato di varare gli stimoli economici suggeriti con forza dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il rapporto avverte questi Paesi che non c'è più tempo da perdere, devono varare gli stimoli economici al più presto per evitare il peggio sui mercati mondiali». Ma allora perché pochi giorni fa il presidente Obama aveva parlato di «segnali di speranza» sulla ripresa dell'economia, non è una contraddizione? «Non proprio. I segnali di speranza ci sono sui mercati ma il punto è che sono fondati sulla proposta americana, condivisa dai britannici, di varare un consistente stimolo globale all'economia. Per avverare la speranza l'Europa dovrebbe seguire Barack Obama, cosa che invece non sta facendo. La speranza non è un concetto vago che si materializza per improvvisi motivi ma uno scenario concreto che si basa su piani solidi, come nel caso dello stimolo varato dall'amministrazione americana». Leggendo il rapporto del Fmi che opinione ne ha tratto? «Fa paura, ma è molto vero». Dunque il costo per le economie dei Paesi più avanzati si aggira attorno a quattro trilioni di dollari? «Almeno. Chi si illude che la tempesta finanziaria sia finita, che il peggio sia oramai alle spalle farebbe bene ad essere molto prudente. Non è il momento di farsi facili illusioni. La crisi sarà superata solo quando, molto lentamente, si innescherà un altro ciclo positivo dell'economia, a cominciare dall'acquisto di immobili venduti sul mercato al loro prezzo reale. Non siamo ancora a questo punto. Restiamo nel bel mezzo della crisi del credito. Sono numerose le banche, non solo americane, che restano pesantemente esposte, in situazione di rischio. I segnali che vediamo sono delle avvisaglie di quanto di positivo potrebbe avvenire nel medio termine se ci dimostreremo capaci di fare le scelte giuste, senza aspettare». Dunque lei sta dicendo che il Fmi preme per favorire la strategia di Barack Obama... «Esatto». Perchè? «Per il semplice motivo che il Fmi ha fatto i suoi studi ed approfondimenti ed è arrivato alla conclusione che solo la somma di ingenti stimoli nazionali può evitare che la recessione si trasformi in depressione. Più le economie sono ricche, più grande deve essere lo stimolo affinché la crescita possa ripartire. I governo di molti Paesi europei continuano invece a ragionare in ottiche ristrette, perdono d'occhio la dimensione globale dell'attuale crisi». E la Cina? «Da un crollo globale la Cina potrebbe rimetterci più di altri in ragione del sostenuto ritmo di crescita di cui ha bisogno per rispondere all'annuale richiesta di posti di lavoro sul mercato interno. La Cina ha le risorse per varare importanti stimoli economici ma al momento esita». Ritiene che europei e cinesi potranno rivedere il rifiuto dato a Londra allo stimolo globale dopo la pubblicazione di questo rapporto? «Lo spero davvero. Non ci sono molte alternative. Il presidente Obama e il Fmi ci stanno dicendo quale è la strada per uscire da un tunnel dentro il quale potrebbe ancora avvenire di tutto». Riguardo all'Italia il documento del Fmi prevede che nel 2010 il rapporto fra debito pubblico e pil arriverà al 121 per cento con un incremento di 15 punti rispetto al 2008. Quali sono le opzioni che ha il governo italiano di fronte a tali cifre? «Non molte. L'Italia ha problemi vecchi che continua a non risolvere. Quando c'è una crisi in corso non si può fare molto per risolverli. Il momento in cui bisogna rimboccarsi le maniche arriva quando la crisi finisce. Se e quando finirà l'Italia dovrà farsi trovare a quell'appuntamento con una ricetta pronta per sanare ritardi noti». «Fischia il vento infuria la bufera scarpe rotte eppur bisogna andar...». Silvio fa le prove.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

il debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial Stability Report - «potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche». Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti». «Il processo di deleveraging - aggiunge l'Fmi - sarà lento e doloroso nonostante le misure prese». FINANZIAMENTI - Secondo l'Fmi, i finanziamenti al settore privato negli Stati Uniti e in Europa «si dovrebbero contrarre a un tasso annualizzato trimestre su trimestre pari al 4%» nel 2009. E la risalita sarà «lenta e dolorosa». Particolarmente preoccupante la situazione nei mercati emergenti dove il contagio si sta rapidamente allargando. Enormi i costi della crisi. Tra Stati Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a svalutazioni per 2.810 miliardi di dollari (di cui 340 milioni per asset detenuti nei Paesi emergenti), le assicurazioni per 301 miliardi, le altre istituzioni finanziarie non bancarie, tra cui gli hedge funds, per 1.283 miliardi. Il conto della ricapitalizzazione varia dagli 875 miliardi di dollari necessari per riportare il «leverage» sui livelli pre-crisi, fino ai 1.700 miliardi calcolati se si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima che l'attuale modello di sviluppo finanziario, colpevole della «bolla», prendesse piede. SERVONO ULTERIORI FORTI AZIONI - «La sfida principale» della crisi in atto è quella «di spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia globale» afferma ancora il Fondo Monetario Internazionale che, pur constatando «le iniziative senza precedenti prese nei paesi avanzati nello spezzare» il circolo vizioso venutosi a creare, invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze che stanno minando le prospettive di una ripresa economica». Un invito che arriva con un'avvertenza: «C'è il rischio che i Governi siano riluttanti ad allocare abbastanza risorse per risolvere il problema», visto che l'opinione pubblica sta assumendo un atteggiamento «disilluso su quello che percepisce, in alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». L'Fmi sottolinea che per «stabilizzare il sistema bancario e ridurre l'incertezza sono necessari 3 elementi: un ruolo più attivo dei supervisori nel determinare le istituzioni che possono sopravvivere e le appropriate azioni correttive necessarie a garantirne la sopravvivenza; trasparenza nei bilanci; e chiarezza da parte dei supervisori del tipo di capitale richiesto. «Le condizioni per iniezioni di capitale pubbliche dovrebbero essere stringenti», spiega il Fmi, secondo il quale la «ristrutturazione» di un'istituzione «potrebbe anche richiedere una nazionalizzazione temporanea. L'attuale incapacità di attrarre capitali privati suggerisce che la crisi è profonda e che i governi devono compiere un passo in più, anche se questo significa assumere la maggioranza o l'interezza di un'istituzione». DEBITO ITALIANO SALIRA' ALLE STELLE - A causa della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008 aggiunge L'Fmi che precisa che i costi finora sostenuti per la stabilizzazione finanziaria sono risultati pari allo 0,9% del pil. I dati sul debito - spiega il Fmi illustrando una tabella del capitolo uno del Rapporto - sono tratti dal World Economic Outlook dell'aprile 2008, mentre le stime sui costi provengono dal dipartimento degli Affari fiscali del Fmi. Il deterioramento dei conti pubblici non è comunque un fenomeno limitato: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87% con un aumento di 19 punti percentuali. In Giappone l'incremento sarà di 30 punti percentuali al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%. In Francia, l'aumento sarà di 13 punti percentuali all'80%. EST EUROPA A RISCHIO - L'Europa dell'Est, già duramente colpita dalla crisi, rischia di contagiare tutto il Vecchio Continente: le forti interconnessioni finanziarie esistenti fra le due aree aumentano il pericolo di un «un ciclo vizioso avverso» all'interno di tutta l'Europa spiega ancora l'Fmi, secondo il quale «i collegamenti» fra Est e Ovest «creano un ciclo di azioni e reazioni che potrebbero esacerbare la crisi». La maggior parte delle economie emergenti europee - spiega l'Fmi - sono infatti dipendenti dalle banche del Vecchio Continente occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi dell'Europa emergente e quelli occidentali che potrebbe esacerbare la crisi». stampa |

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fmi: la crisi costerà 4mila miliardi e in italia debito al 121% del pil - elena polidori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 8 - Economia Fmi: la crisi costerà 4mila miliardi e in Italia debito al 121% del Pil "Ora il rischio è un´ondata di ritorno dall´Europa dell´est" I conti pubblici tornerebbero ai livelli dei primi anni 90. Male anche Usa e Germania ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON - La crisi potrebbe costare al sistema finanziario globale qualcosa come 4 mila miliardi a fine 2010. Come conseguenza della crisi, il debito pubblico di tutti i paesi rischia di lievitare: quello italiano potrebbe salire l´anno prossimo alla quota record del 121%, ai livelli dei primi anni novanta, con un incremento di 15 punti rispetto al 2008 e di 9 in relazione alle ultime previsioni del governo contenute del piano di stabilità. Sono questi i numeri più importanti pubblicati dal Fmi nel suo nuovo rapporto sulla stabilità finanziaria che contiene anche due messaggi. Il primo: servono ulteriori «azioni forti» dei governi per meglio fronteggiare la situazione. Il secondo, rassicurante: «Gradualmente comincia a restaurarsi la fiducia sui mercati» grazie alle azioni «senza precedenti» avviate dai paesi. Ma la crisi globale costa cara e pesa come non mai sui bilanci pubblici, in special modo su quello italiano. Tra i Grandi, solo il Giappone sta peggio con un debito stimato per il 2010 al 227% e un incremento di 30 punti. In Germania il debito si attesterà l´anno venturo all´87% con un aumento di 19 punti percentuali. In Francia all´80% (più 13). Negli Usa, epicentro dello sconquasso generale, il balzo sarà di 27 punti, fino al 98%. Il Fondo calcola anche i costi per la stabilizzazione finanziaria che, in Italia, sono pari allo 0,9% del Pil, in Germania al 3,1, in Francia all´1,8, in Giappone all´1,7, negli Usa al 12,1, in Inghilterra al 13,4. Per l´Irlanda, paese davvero a rischio, il costo è calcolato nel 13,9%. Sulla crisi finanziaria globale, il Fmi spiega che entro il 2010 le svalutazioni potrebbero raggiungere appunto i 4.000 miliardi di dollari e che di questi i due terzi fanno capo alle banche. Per il solo mercato finanziario americano, inondato dai titoli tossici, la stima delle potenziali perdite sale ora a 2.700 miliardi, dai 2.200 di gennaio 2009 e i 1.400 di ottobre. Per l´Europa il Fondo calcola in 737 miliardi le svalutazioni delle banche e in 75 miliardi quelle degli assicuratori. «Il sistema finanziario globale - si legge nel testo - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti». Nonostante i mille piani di sostegno già varati, le banche di Eurolandia potrebbero aver bisogno di capitali fra i 375 e i 725 miliardi, quelle americane fra i 275 e i 500 miliardi mentre quelle inglesi fra i 125 e i 250 miliardi. Nell´analisi del Fmi, la crisi si è allargata a macchia d´olio ai paesi emergenti. Fra questi l´Europa dell´Est è fra le aree più colpite anche se la situazione è di recente migliorata rispetto a come si presentava all´indomani del caso Lehman Brothers. E tuttavia le forti interconnessioni finanziarie fra l´Europa dell´Est e dell´Ovest aumentano il pericolo di una «ondata di ritorno» e di «un circolo vizioso avverso» all´interno di tutto il Vecchio Continente, «creando un ciclo di azioni e reazioni che potrebbero esacerbare la crisi». Per uscire dalle turbolenze del sistema finanziario, la ricetta del Fmi suona così: assicurare liquidità alle banche, affrontare il problema degli titoli tossici e ricapitalizzare le istituzioni creditizie deboli ma fondamentalmente sane. La loro ristrutturazione potrebbe anche richiedere una «nazionalizzazione temporanea».

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chimica, tir e ordinativi dall'estero così il made in italy avvista la ripresa - alessandra carini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Economia Chimica, Tir e ordinativi dall´estero così il made in Italy avvista la ripresa Per le aziende la recessione frena. Ma l´occupazione resta al palo Il dossier D´accordo gli industriali veneti: il peggio è passato, si ripartirà in autunno Benetton, Calligaris e San Benedetto ritengono che la fase più critica sia finita ALESSANDRA CARINI MILANO - C´è chi ha rovesciato il tradizionale motto "speriamo in meglio e prepariamoci al peggio", in un promettente: "prepariamoci al meglio". Del resto l´economia, si sa, è fatta anche di aspettative. E l´attesa, o, meglio, il timore, fondato sui dati di gennaio e febbraio, era quello di una primavera gelida. E invece con marzo sono arrivati i segnali di una frenata nella caduta e qualche promettente segno di risveglio. Lo rileva la Banca d´Italia nel suo ultimo bollettino che, prudente, parla di un´attenuazione nella morsa della recessione. Lo hanno segnalato gli imprenditori che, nell´ultima indagine della fondazione Nord-est, hanno allentato il pessimismo su ordini e vendite all´estero. Lo dicono le ultime valutazioni sull´andamento dei consumi fatte dall´Istituto Piepoli che ad aprile segnala una qualche attenuazione nella caduta degli acquisti. Lo mostrano, a quanto afferma il ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola, i dati di febbraio che «danno un aumento del 3,5% degli ordinativi dall´estero». Ma anche a livello internazionale tutti i termometri che hanno misurato la crisi in questi mesi e che avevano continuato a scendere si sono fermati o hanno rimbalzato sul fondo raggiunto: dalla domanda di materie prime, valutata sui futures, al Baltic-Dry Index che segnala le variazioni dei prezzi nel trasporto via mare. E poi ci sono i primi squarci in un panorama che ha visto finora una crisi che non ha risparmiato nessuno: le economie di India e Cina mostrano anche esse un freno nella caduta delle esportazioni e ieri in Germania l´indice Zew che misura le aspettative sull´economia tedesca, è tornato positivo dopo 21 mesi di dati con il segno meno davanti. La fine dell´incubo di una primavera gelata, con indici ancora in caduta, ha aperto la speranza di una qualche ripresa entro l´anno. Anche se a dominare è per ora la prudenza. Primo perché i segnali non sono univoci: nelle zone manifatturiere del Nord, ad esempio, i consumi elettrici segnalano un marzo ancora piatto. Secondo perché si parte da livelli molto bassi ed è probabile che non poco abbiano pesato, nei rimbalzi di questo inizio di primavera, il pesante destoccaggio cui l´industria è stata costretta anche dalla crisi finanziaria. Nella chimica, che, per tradizione, producendo un bene intermedio, è la prima a rilevare le inversioni del ciclo, c´è stata una piccola ripresa della produzione e un rialzo nei prezzi dell´etilene, ma si parla di livelli del 25-30% inferiori all´anno scorso. «Se ripresa sarà, i tempi saranno lunghi e lenti», dicono alla Federchimica. Terzo, infine, è che non c´è un segnale di svolta sul fronte dell´occupazione: «Siamo in stand by dentro la crisi, marzo è fermo. Non ci sono segni ripresa neanche nelle assunzioni che sono le prime a reagire: del resto l´occupazione entra per ultima e esce per ultima dalle crisi», dice Bruno Anastasia, che per Veneto Lavoro cura un osservatorio all´avanguardia nelle statistiche sul mercato del lavoro. Ma la "stabilizzazione della discesa" come la chiama il presidente degli industriali veneti Andrea Tomat, ridà non solo speranze, ma anche possibilità di resistenza ad un mondo manifatturiero che ha fatto ricorso a tutta la sua flessibilità per affrontare questi mesi di crollo della domanda, ma che non può fare miracoli se non riprendono ordini e vendite mercati. Così perfino la fine della latitanza dei Tir sulle strade, misurata dalla modesta caduta dell´1% a marzo nel traffico pesante sull´autostrada Venezia Trieste, è stata accolta con sollievo. «Il peggio è passato. Da qui non si può che ripartire, anche se solo dall´autunno potremo attenderci un consolidamento delle aspettative» dice Alessandro Vardanega, presidente degli industriali trevigiani. Ma la voglia di ripresa ha fatto breccia tra le industrie del made in Italy che, del resto, hanno presentato finora andamenti molto diversi, con aziende e settori scampate alla crisi, come quelle dell´alimentare e alcuni comparti della meccanica e perfino alcune aziende del tessile e delle calzature. «La raccolta ordini dà dei dati indicativi positivi», dice l´amministratore delegato della Benetton, Gerolamo Caccia Dominioni. Il settore del mobile guarda con speranza un Salone che annuncia record di espositori. «Ci sono timidi segnali di ripresa del mercato italiano e situazioni meno critiche in Russia e Giappone», dicono alla Calligaris gruppo leader nell´arredamento. E alla San Benedetto, a testimoniare che una rondine può essere segno di primavera, hanno chiuso il periodo di cassa integrazione.

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Corteo per salvare la Dynastar (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

IN ALTA SAVOIA.LA CRISI DEL GRUPPO ROSSIGNOL Corteo per salvare la Dynastar [FIRMA]PIERRE PINACOLI SALLANCHES La crisi finanziaria del gruppo Rossignol ha colpito anche la fabbrica di sci Dynastar di Sallanches: proprietà e dipendenti stanno trattando sul futuro. Cento persone rischiano il licenziamento o la cassa integrazione. La prospettiva è di 122 posti di lavoro eliminati e di 32 trasferimenti. Si è svolta una grande manifestazione di protesta. Il corteo, partito dalla fabbrica, ha raggiunto il centro città, dove molti commercianti avevano abbassato le serrande dei loro negozi o messo in bella mostra nella loro vetrina uno sci Dynastar. Ognuno dei 1500 manifestanti aveva uno sci e circa 400 indossavano una maglietta con scritto «I love Dynastar». Davanti al municipio, Jean-Pierre Vidal, campione olimpionico di slalom nel 2002 ai Giochi di Salt Lake City, ha ringraziato tutti i dipendenti della fabbrica di sci, che danno il meglio delle loro capacità tecniche da sempre e il sindaco, Georges Morand, ha espresso un augurio affinché tutto il lavoro fatto in questa officina sia rispettato e che le conoscenze tecniche non vengano gettate al vento. Molti i personaggi di spicco che hanno preso parte al corteo, fra i quali il vincitore di una prova dei mondiali di Val d'Isère, Julien Lizeroux. «Dynastar - ha aggiunto Jean-Pierre Vidal -, lo ha provato ancora una volta questo inverno, è una delle prime al mondo nella produzione di sci di qualità». Nel corteo di protesta c'erano i maestri di sci dell'Esf (Scuola dello sci francese), gli amministratori pubblici dei paesi del Monte Bianco, i ragazzini di tutti gli sci club della regione. Fra i grandi dello sci anche Michel Vion, campione del mondo di combinata nel 1982, il «mito» Henri Duvillard, vincitore di 6 gare di Coppa del Mondo, fra il 1969 e il 1973. C'erano anche Aurélien Ducroz, neo campione del mondo di free-ride e l'ex ciclista Charly Mottet. La proprietà del gruppo Rossignol sostiene che il piano di ripresa è alla base delle discussioni tra rappresentanti dei dipendenti e direzione. I vertici aziendali: «Vogliamo portare il messaggio del mantenimento di questa fabbrica a Sallanches. Non è un'affermazione simbolica, visto che esiste un legame profondo con questo luogo, si tratta di una parte dell'identità del gruppo Rossignol». Molti i progetti per il momento, però, solo verbali.

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Tesco in Gran Bretagna punta a utili in crescita di due cifre (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Tesco in Gran Bretagna punta a utili in crescita di due cifre Un perdono troppo facile per il banchiere Cameron Il fascino di Tesco è ancora proiettato nel futuro. Per ora, il colosso del settore retail del Regno Unito si trova di fronte più che altro a problemi. Ma agli investitori non è stato chiesto di pagare per le allettanti prospettive di Tesco. I suoi ultimi risultati hanno mostrato che Tesco non è immune ai difficili periodi economici. I profitti lordi dichiarati sono aumentati di un misero 5,5% mentre considerando il calcolo preferito della società i profitti lordi di base sono aumentati del 10% a 3,1 miliardi di sterline. Un forte aumento del 10% nei profitti da trading sul mercato nazionale è stato compensato da deboli guadagni altrove, soprattutto nell'Europa orientale. Tuttavia, il colpo più duro per la sua reputazione è venuta dagli Stati Uniti. La catena Fresh & Easy è stata lanciata con grande pubblicità 18 mesi fa ma l'idea non ha preso piede. Ha subito una perdita operativa di 142 milioni di sterline. Anche il debito netto del gruppo è aumentato del 55% a 9,6 miliardi di sterline e le spese per interessi sono salite di sei volte. Ma le attuali sfide non dovrebbero oscurare il potenziale di Tesco. Dovrebbe riuscire a ottenere tassi di crescita degli utili a due cifre percentuali, anche se la sua quota di mercato negli alimentari nel Regno Unito, pari al 30%, continua a diminuire. Nel Regno Unito, può fare affidamento sulla forte crescita delle vendite di prodotti non alimentari. Anche i servizi finanziari potrebbero dare una mano. Tesco ha appena rilevato in blocco la quota di Royal Bank of Scotland nella loro joint venture. Le prospettive a più lungo termine all'estero sono ancora buone. L'Asia sembra un mercato particolarmente idoneo ai prodotti molto redditizi del marchio Tesco. In effetti, il peggio potrebbe essere passato per l'attività principale. Il nuovo dinamismo dei concorrenti, J. Sainsbury e Wm Morrison, rende la vita difficile ma le attuali vendite comparabili di Tesco, barometro del successo del settore, sono ancora in rialzo di un rispettabile 3,4%. \ I i banchieri dovrebbero avere una possibilità di riscatto. Ma qualche volta, il perdono arriva troppo a buon mercato. Questo sembra il pensiero delle autorità di regolamentazione del Regno Unito nel caso di Johnny Cameron. Una volta, Cameron era il presidente della divisione global banking e global markets di Royal Bank of Scotland. Le perdite di quella divisione hanno svolto un ruolo determinante nel costringere il governo del Regno Unito a soccorrere la banca. L'Autorità di regolamentazione per i mercati finanziari (Fsa - Financial Services Authority) ha appena trattenuto con decisione Cameron, che aveva lasciato Rbs quando sono entrati in gioco i contribuenti, dall'assumere un nuovo lavoro a Greenhill, la piccola banca d'investimento con sede a Londra. Il suo ruolo a Greenhill sarebbe stato di consulente - quindi nessun rischio per l'erario o per l'investitore individuale - ma la Fsa ha detto a Cameron di attendere fino al termine dell'indagine dell'Ente di regolamentazione, riguardante il crollo di Rbs. Non si trattava di un'opposizione formale ma è stata abbastanza decisa da trattenere Cameron dalle trattative. Cameron era direttamente responsabile per una consistente quota della perdita di 24 miliardi di sterline, subita da Rbs nel 2008. Un lavoro premio nei servizi finanziari sarebbe politicamente inaccettabile. Ma a parte la politica, ci sono validi motivi per impedire a Cameron di lavorare nel settore dei servizi finanziari. Dopo il suo ultimo impiego è difficile vedere come possa soddisfare gli standard di "idoneità" stabiliti dall'Ente di regolamentazione per ruoli finanziari senior. Quest'ultimo è competente per quanto riguarda le mansioni di controllo ma indica come criteri principalmente la reputazione, la competenza e l'idoneità. C'è un punto più importante. I leader finanziari che hanno contribuito alla creazione della crisi devono essere ritenuti giustamente responsabili. Difficilmente si potrà inviare un messaggio deterrente se un direttore che ha gestito così male un'istituzione finanziaria è in grado di rifarsi una carriera così in fretta altrove nel settore bancario. \ Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/ Con il contributo del(Traduzioni a cura del Gruppo Logos)

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L'acqua in piazza fa risparmiare i cittadini (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Lecco)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

BRIANZA MERATE pag. 6 L'acqua in piazza fa risparmiare i cittadini Decine di persone in fila davanti all'erogatore di DANIELE DE SALVO MERATE IN POCO più di un paio di settimane i meratesi, e non solo, hanno attinto gratuitamente circa 20 mila litri di acqua grazie al nuovo erogatore automatico installato in piazza don Minzoni, in centro città, tanti quanti ne potrebbe contenere una piscina privata. Significa che, tenendo conto del prezzo medio che si aggira sui 10 centesimi al litro per le marche più economiche, le famiglie residenti all'ombra di Castello Prinetti, hanno risparmiato indicativamente nel complesso 2 mila euro. NON SI TRATTA di una cifra esorbitante, ma in tempi di crisi finanziaria non è da sottovalutare e poi riguarda appunto un calcolo basato solo su quindici giorni. Se verrà mantenuto il trend nell'arco di un intero anno arriverà a sfiorare i 50 mila euro. Senza dimenticare il beneficio ambientale. Il distributore fornisce infatti 1,5 litri per volta il che significa che almeno 13 mila bottiglie di plastica sono state riutilizzate più volte invece che finire direttamente in spazzatura. In termini di peso, tappi compresi, vuol dire 650 chilogrammi di immondizia in meno, sempre in appena metà mese. Proprio per questo l'Amministrazione comunale retta dal sindaco Giovanni Battista Albani ha deciso di prolungare la sperimentazione gratuita dell'iniziativa, continuando a sobbarcarsi le spese di gestione della struttura, chiamata «Casa dell'acqua». «L'INTENZIONE iniziale era quella di cominciare quanto prima a imporre un prezzo calmierato, pari a 5 centesimi per ogni litro e mezzo, quindi comunque a valori nettamente inferiori rispetto a quelli di vendita, giusto per coprire i costi - spiega lo stesso prima cittadino - Visto il successo e l'apprezzamento si è tuttavia stabilito di mantenere l'acqua gratuita per tre altri tre mesi, in modo che la gente abbia modo di abituarsi a servirsi quotidianamente dell'erogatore automatico invece che acquistare le confezioni al supermercato. Ne ricaveremo tutti un beneficio economico, ma anche di rispetto della natura». Un'idea che, stando ai numeri, sembra dunque piacere alla popolazione. Davanti alla macchinetta si formano costantemente file di persone in attesa del proprio turno per effettuare rifornimento.

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Micro-imprese, zero credito (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Varese)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

VARESOTTO LUGANESE pag. 6 Micro-imprese, zero credito Le piccole aziende «denunciano» il giro di vite delle banche ECONOMIA & TERRITORIO di ELEONORA MANTICA VARESE NASCE l'osservatorio economico sulle microimprese del Nord Ovest con l'obiettivo di dare voce alle piccole aziende del territorio, in cui lavorano meno di dieci dipendenti e dove il fatturato non supera i 2 milioni di euro. L'associazione Artigiani della provincia di Varese, Confartigianato Alto Milanese, l'Università dell'Insubria e la banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate hanno unito le proprie forze per venire incontro alle necessità e ai bisogni delle piccole imprese, aziende che, in un momento particolarmente delicato e difficile per l'economia, sono fortemente penalizzate. Nel Nord Ovest Lombardo, territorio molto vasto che partendo dal Comune di Rho arriva fino a Varese, abbracciando l'area di Malpensa, sono attive più di 29mila imprese. Oltre 570 (il 68% in provincia di Varese e il 32% nell'Altomilanese) quelle che sono entrate a far parte dell'osservatorio economico che avrà il compito di raccogliere i dati riguardanti queste aziende (numeri anagrafici, di bilancio e sul credito) che verranno poi elaborati per riuscire ad affrontare i reali bisogni delle realtà imprenditoriali. «Partendo dalla raccolta, rielaborazione e interpretazione di dati economici, creditizi e congiunturali spiega Rossella Locatelli, docente di Economia degli Intermediari Finanziari dell'università dell'Insubria e direttore del CreaRes (Centro di Ricerca su Etica e Responsabilità Sociale) - l'osservatorio si propone di fornire strumenti di conoscenza del contesto utili per la gestione quotidiana. Ampio spazio verrà dato alla raccolta di indicazioni e suggerimenti da parte degli imprenditori».Insomma, nei confronti di queste aziende l'attenzione sarà, d'ora in poi, massima. Due volte all'anno, gli imprenditori dovranno anche compilare un questionario dal quale emergerà una relazione che servirà per toccare con mano le difficoltà delle microimprese e quindi intervenire con strumenti concreti. DALLA PRIMA rilevazione effettuata proprio alcuni giorni fa è emersa la grande preoccupazione per la crisi finanziaria tanto che i piccoli imprenditori hanno dichiarato di essere penalizzati dalla riduzione dell'offerta di credito da parte delle banche più grandi che, a loro dire, propongono operazioni troppo speculative. «Creando l'osservatorio spiega Luca Barni, direttore generale della Bcc Busto Garolfo e Buguggiate - abbiamo colmato un vuoto da sempre presente sul nostro territorio, che non aveva strumenti per analizzare e dare voce alle microimprese dell'area. Capire i loro bisogni è un modo concreto di operare a favore dello sviluppo economico e sociale della nostra area».

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Crisi, se l'ottimismo va al potere (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 22/04/2009 - pag: 6 autore: di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi** * sottosegretario all'Economia nel governo Prodi ** economist Il fiume di liquidità non basta e Obama lo sa. Una proposta per il G8: congelare i titoli tossici Crisi, se l'ottimismo va al potere Dagli Usa nessun conforto alle previsioni di Sacconi e Tremonti Negli ultimi giorni si sono levate molte voci ottimistiche sull'andamento della crisi finanziaria ed economica globale. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha detto che «il rischio di una apocalisse finanziaria si sta riducendo» mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha parlato delle prospettive della crisi con un «certo ottimismo». Da parte sua Romano Prodi ha affermato che «la crisi è entrata in una fase di minore turbolenza anche se è lungi dall'essere risolta». Purtroppo però molti media si sono affrettati a semplificare queste dichiarazioni sbandierando un esagerato ottimismo che in realtà non era stato apertamente espresso da alcuno.Non vorremmo comunque che si cadesse in quello che gli americani chiamano whishful thinking, cioè «scambiare i propri desideri per realtà». Recentemente l'agenzia di stampa di Wall Street, bloomberg.com, il gigante mondiale dei servizi finanziari e dell'informazione creato dal magnate e attuale sindaco di New York, Mike Bloomberg, ha pubblicato un'impressionante tabella di interventi finanziari di vario tipo effettuati dalle autorità economiche americane a sostegno di banche e di altri settori in crisi. L'agenzia riporta che nei mesi passati «il governo americano e la Federal Reserve hanno speso, prestato o garantito 12.800 miliardi di dollari, un ammontare che si avvicina al valore di tutto ciò che è stato prodotto l'anno scorso, per far fronte alla recessione più lunga dagli anni Trenta». Infatti il Pil Usa del 2008 è stato di 14.200 miliardi di dollari. Il salvataggio equivale a ben 14 volte la liquidità in circolazione in America che è pari a 899,8 miliardi di dollari. La tabella indica in dettaglio le varie voci di impegno totale e di utilizzo di queste risorse finanziarie, come i 2.000 miliardi di credito al Federal Department Insurance Corporation (Fdic), il fondo di assicurazione statale che garantisce i depositi bancari e i 1.000 miliardi per salvare i giganti delle ipoteche immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac. Questa valanga di liquidità ha evitato che il sistema fallisse, ma non ha risolto i problemi di fondo. Li ha eventualmente solo rimandati, con l'aggiunta di nuovi rischi di inflazione. In passato le banche si erano indebitate e gettate a capofitto nelle speculazioni, compresa quella in derivati. È come se al tavolo verde si scoprisse che tutti i giocatori d'azzardo sono pieni di debiti e quindi insolventi, ma, per evitare che il castello di carte crolli, il banco invece di esigere i pagamenti regala o da in prestito nuove fiches. I giocatori ritornano a puntare dando l'illusione che le cose siano tornate come prima. Ma non è così. Alcuni economisti americani non solo dubitano dell'attuale apparente stabilità, ma sottolineano anche che, mentre le autorità monetarie impegnano la nazione per quasi 13 trilioni, il Congresso americano fino a oggi ha votato decreti di emergenza e stanziato fondi solamente per 1.500 miliardi di dollari. La Fed sta quindi esponendosi ben oltre i suoi mandati costituzionali.Ed è per questo motivo che un consapevole presidente Barack Obama ha dichiarato in contro tendenza, durante la sua visita in America Latina, che «non siamo ancora fuori dal tunnel. Per l'economia si prospettano ancora tempi difficili. Il credito continua a non fluire verso i settori produttivi». La prudenza del presidente Obama deriva dalla conoscenza della situazione e anche dal fatto che il centro del terremoto finanziario è in America. Purtroppo il G20 non ha ancora affrontato di petto il problema della bolla speculativa in tutta la sua portata: maggior liquidità nel sistema, più trasparenza e controlli sui paradisi fiscali sono decisioni utili e indispensabili ma non affrontano compiutamente le cause e i meccanismi della crisi. In vista del G8 della Maddalena l'Italia dovrebbe assumere con i partner europei un'iniziativa congiunta e coraggiosa di riforma finanziaria e di congelamento dei titoli tossici da sottoporre con energia agli Stati Uniti. Occorre andare oltre le fantasiose e dannose idee di quanti vorrebbero mettere all'asta i titoli tossici con la garanzia dei governi. L'economia non è una scommessa, ma lavoro, investimento, produzione, ricerca, credito e commercio!

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Le stime Fmi: la crisi costerà 4 mila miliardi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 22/04/2009 - pag: 1 Il Fondo monetario Le stime Fmi: la crisi costerà 4 mila miliardi Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il conto della crisi finanziaria mondiale finirà per superare i 4 mila miliardi di dollari. ALLE PAG. 2 E 3 Bagnoli, Gaggi, Tamburello

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L'Fmi rivede i conti della crisi: costerà quattromila miliardi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 22/04/2009 - pag: 2 L'Fmi rivede i conti della crisi: costerà quattromila miliardi «Alle banche serviranno altri 1.700 miliardi. Ora nuove misure forti» Balzo del debito pubblico in Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania. In Italia il rapporto col Pil a quota 121% nel 2010 DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON - Il conto della crisi finanziaria supererà i 4 mila miliardi di dollari. A tanto infatti finiranno per ammontare le perdite globali per due terzi a carico delle banche internazionali, tra quelle accumulate e quelle in arrivo entro il 2010. Lo rileva il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria presentato ieri a Washington, confermando così le anticipazioni trapelate due settimane fa. Inevitabili le ripercussioni sui conti pubblici dei vari Paesi che hanno dovuto sostenere economia e banche: il debito è salito e salirà ancora ovunque. In Italia, secondo le previsioni del Fondo, toccherà a fine 2010 il 121% del Pil dal 106% del 2008, con un incremento del 15%. Il piano di stabilità del governo prevede per il 2010 un rapporto pari al 112%. Non è comunque l'aumento più significativo: in Europa, Germania e Francia faranno segnare un ritmo più sostenuto rispettivamente del 19% e del 13% anche se questi due paesi hanno destinato al sostegno anticrisi quote maggiori di Prodotto, il 3,1% e l'1,8% contro lo 0,9% dell'Italia che per le sue banche non è dovuta andare oltre i Tremonti bond. Incrementi più forti sono indicati per Regno Unito (21%), Spagna (20%) e ovviamente per Irlanda dove l'aumento per far fronte al tracollo bancario toccherà il 41%. Il debito italiano, conserva comunque il livello più alto (tra i Paesi industrializzati è superato solo da quello del Giappone). Il conto della crisi, più di 4 mila miliardi di perdite per il sistema, fatta dal Fondo monetario è dunque un conto salatissimo soprattutto se si pensa che solo un anno fa le iniziali previsioni di perdita formulate si aggiravano sui mille miliardi di dollari. L'incognita è se tale ammontare, di cui 2.700 originati negli Usa, sia destinato o meno ad aumentare. Gli economisti dell'Fmi non sono certo tra gli osservatori più ottimisti: «Il sistema finanziario globale, dicono, resta sotto forte tensione mentre la crisi si allarga includendo famiglie, aziende e banche sia delle economie avanzate sia di quelle emergenti». Il direttore del dipartimento dei mercato monetari e finanziari, José Viñals ieri, presentando a Washington il rapporto, ha esordito tuttavia con una nota positiva. Le iniziative «senza precedenti » attuate, a livello finanziario e macroeconomico, da governi e banche centrali, «stanno iniziando a riportare fiducia sui mercati», ha detto. Sono dunque più che mai necessarie «ulteriori azioni determinate ed efficaci» per «conservare e rafforzare questi primi segnali di miglioramento» e costituire la base resistente «per una crescita globale sostenuta» in futuro. «Non dovremmo lasciarci sfuggire questa opportunità », ha spiegato. E poi ha aggiunto che anche per quel che riguarda gli effetti della crisi dei Paesi dell'Est, «la discesa in campo dei governi occidentali per sostenere il settore bancario », ha portato «a un miglioramento della situazione». Gli economisti del Fmi indicano anche l'ammontare di capitali ancora necessari alle banche per raggiungere livelli di stabilità: si va dai 375 ai 725 miliardi per i gruppi dell'eurozona, dai 275 ai 500 miliardi per quelli Usa e dai 125 ai 225 miliardi per quelli britannici. Dominique Strauss-Kahn, direttore del Fondo Monetario Internazionale Stefania Tamburello

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Attenti ai protezionisti nascosti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-22 - pag: 14 autore: PACCHETTI DI STIMOLO EFFETTI SULLE ECONOMIE Dopo la decisione tedesca di aiutare il settore dell'auto si è aperto un dibattito sull'efficacia della scelta, che rischia di favorire soprattutto i Paesi concorrenti Attenti ai protezionisti nascosti di Carlo Bastasin N ei mesi scorsi il Governo tedesco ha stanziato 5 miliardi dal bilancio pubblico per la rottamazione delle automobili. Attraverso tale somma il contribuente ha finanziato un premio di 2.500 euro a ogni acquirente di una nuova vettura. Il mercato tedesco dell'auto ne ha ricavato un formidabile impulso che però, con sorpresa dei politici e dei produttori tedeschi, si è tradotto nell'acquisto soprattutto di vetture straniere. Il successo in particolare di Fiat e Dacia ha suscitato ironie sull'iniziativa: perché i tedeschi dovrebbero tassarsi per sostenere la produzione di italiani o francesi? Ben presto si è scoperto che il filo del ragionamento portava troppo lontano: le macchine italiane erano prodotte in Polonia, quelle francesi in Romania e entrambe montavano componenti tedesche. Inoltre i profitti, teoricamente, avrebbero potuto essere investiti negli Stati Uniti o in Giappone (Chrysler o Nissan) e i dividendi distribuiti tra una miriade di fondi globali nei quali la componente delle banche tedesche non è irrilevante. L'effetto delle politiche fiscali nazionali sul moltiplicatore di economie molto aperte come quelle europee non è più calcolabile come un tempo. Gli effetti della spesa pubblica si disperdono attraverso i confini. La tassazione da cui origina la spesa tuttavia rimane una prerogativa del Governo nazionale. Così tra prelievo locale ed effetti globali si apre una contraddizione politica che può essere sfruttata dal populismo. Dopo la clamorosa protesta in Gran Bretagna sui "posti di lavoro britannici per i cittadini britannici", la politica in Europa sembra aver resistito alle tentazioni protezioniste. Ma si è trattata di una virtù solo apparente. Il protezionismo è infatti uscito dalla retorica pubblica per essere internalizzato e nascosto nelle politiche economiche. Molti Governi per esempio si sono preoccupati di non sostenere la propria economia, temendo di beneficiare gli altri, per approfittare invece degli stimoli altrui, evitando di indebitarsi. Un primo effetto è stato che la dimensione complessiva dei pacchetti di stimolo in Europa è stata inferiore a quella desiderabile. Se si stima in un 1% del Pil Ue il volume delle politiche discrezionali, è possibile che, aggiungendo gli stabilizzatori automatici, nel 2009 il totale dello stimolo fiscale sia ben inferiore all'1,5%, contro un 2% suggerito dal Fondo monetario. Un secondo effetto del "protezionismo nascosto" dei Governi è nel tipo di stimolo esercitato. Per il 50% circa (stima del centro studi Bruegel) si è trattato di riduzioni fiscali limitate ai propri cittadini, in diversi casi rivolte a sostenere il consumo di servizi locali (trasporti o energia). Per il 38% si è trattato d'investimenti pubblici destinati a beneficiare settori produttivi non aperti alla concorrenza estera (soprattutto costruzioni). Il rimanente è diviso tra sostegni all'occupazione locale e aiuti a settori specifici - il caso francese ha fatto scuola - individuati direttamente dai Governi. Queste scelte sono efficienti dal punto di vista della politica nazionale, perché beneficiano con una certa precisione gli elettori e sostengono nel breve termine il consenso ai Governi, ma sono molto inefficienti da un punto di vista economico. I settori sostenuti sono quelli protetti dalla concorrenza estera e che quindi meno patiscono la crisi attuale che si manifesta nel crollo del commercio globale e quindi del fatturato delle imprese esportatrici. Inoltre molti settori protetti, per esempio quello delle infrastrutture, hanno una modesta elasticità: a un aumento della domanda reagiscono cioè con un aumento dei prezzi e non dei volumi e quindi non aiutano la crescita, ma la deprimono. Infine il moltiplicatore dei servizi locali e delle infrastrutture dei trasporti è piuttosto basso. L'atteggiamento non cooperativo dei Governi nazionali – non coordinati a livello europeo – crea un incentivo a dare all'economia un sostegno inferiore a quello che sarebbe necessario. Inoltre spinge i Governi a utilizzare male il denaro pubblico, peggiorando la sostenibilità dell'indebitamento a cui ricorrono e prolungando così negli anni gli effetti della crisi. Un calcolo semplificato dimostra che un'azione ben coordinata a livello europeo comporterebbe un effetto doppio (come si dice un "bang") per lo stesso ammontare di euro di spesa pubblica. Una classifica del "protezionismo nascosto" nelle politiche dei Governi europei vedrebbe l'Italia – benché scusata dall'alto debito – tra i Paesi meno cooperativi e la Germania – senza tener conto dei margini di cui dispone grazie all'attivo commerciale – tra quelli più cooperativi e con una scelta di strumenti meno locale e più strutturale. Il divario di cooperazione ostacola anche la possibilità di impostare una conveniente strategia di rientro del debito che i Paesi stanno accumulando vistosamente nel corso di questa crisi. Non è chiaro oggi infatti quale sarà il destino del Patto di stabilità e di crescita, l'unico strumento di coordinamento e disciplina fiscale nella Ue. Né è possibile sfruttare l'emissione congiunta di titoli di debito europeo a tassi d'interesse inferiori alla media. Forme di coordinamento di cui l'Italia beneficerebbe particolarmente. Tutti questi sono problemi di "azione collettiva" che sono ben noti agli studiosi di politica economica e che originano dalla difesa delle sovranità nazionali in materia fiscale e dal protezionismo politico: cioè dalla conservazione del rapporto esclusivo di rappresentanza del cittadino da parte della politica nazionale. Ma la specificità della crisi che stiamo vivendo offre un ulteriore spunto di riflessione sul ruolo degli Stati nel loro rapporto con il mercato. Legittimando l'intervento pubblico a danno della cultura della concorrenza, la crisi avrà conseguenze negative sull'efficienza dei servizi pubblici. La rinazionalizzazione delle politiche frenerà l'apertura alla concorrenza di quei servizi di interesse o natura pubblici che sono messi sempre più sotto pressione dall'invecchiamento della popolazione europea. Fino a pochi mesi fa era possibile immaginare un'Europa in cui la concorrenza facesse prevalere gli standard più elevati in tutti i Paesi: università britanniche, ospedali tedeschi o fondi pensione olandesi. La crisi dei mercati e della cultura della concorrenza mette a rischio questa ambiziosa visione e ci lascia nuovamente ostaggio delle burocrazie locali. Dimostrando che inefficienza e protezionismo politico si sostengono reciprocamente. Ma ovviamente per farlo devono riuscire a ingannare continuamente i cittadini, i cui reali interessi devono essere obnubilati da una costante retorica nazionalista. carlo.bastasin@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PIù COORDINAZIONE Se i Governi europei fossero in grado di svolgere azioni comuni il risultato positivo potrebbe addirittura raddoppiare RITORNO AL PASSATO Legittimando l'intervento statale a danno della cultura del libero mercato, la crisi danneggerà l'efficienza dei servizi pubblici

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Sorpresa, la crisi fa male a sinistra (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-22 - pag: 15 autore: Sorpresa, la crisi fa male a sinistra Destre populiste e liberal-conservatori hanno sviluppato forti parole d'ordine di Barbara Fiammeri ed Emilia Patta S vezia, Francia, Germania, Regno Unito. E naturalmente Italia. Che la sinistra e le sinistre siano in difficoltà in Europa è un dato di fatto. La parola chiave sembra essere redistribuzione:quando s'inceppa il meccanismo della crescita, la redistribuzione in senso più equo delle risorse non è più possibile. E le risposte della sinistra di fronte alla crisi non catturano la fiducia degli elettori, che premiano i liberalconservatori e piuttosto guardano alle destre populiste. L'analisi dell'editorialista del Financial Times John Lloyd, pubblicata ieri dal Sole 24 Ore, dipinge uno scenario cupo per la sinistra europea, che sia al governo (come in Gran Bretagna) o all'opposizione ( come in Svezia o in Italia). Splendida e isolata eccezione la Spagna di José Luis RodrÍguez Zapatero, anche se Lloyd fa notare che anche lì, con una disoccupazione al 14%, potrebbe cambiare il vento: il mese scorso i socialisti sono stati costretti a cedere la Galizia. «I socialisti di Zapatero sono stati i più pronti a mettere al centro le tematiche dei diritti civili e a cercare aggregazione su questo, che è un tema nazionale e non economico », ragiona Andrea Romano, docente di Storia contemporanea a Tor Vergata e ora firma del quotidiano «il Riformista». Che invita a riflettere sull'inedito modello australiano: il laburista Kevin Michael Rudd, che alla fine del 2007 ha vinto le elezioni attingendo a piene mani ai temi ecologici. «Rudd è personaggio di grandissimo interesse di cui in Europa si parla poco – dice Romano –.Nella sua visione i temi ecologici sono rinnovati nell'ottica di una crescita coniugata con il miglioramento dell'ambiente: non contro l'economia ma per l'economia. Un tema non a caso ripreso da Barack Obama e interessante anche dal punto di vista strettamente economico perché prevede nuovi investimenti». Diritti civili e ambientalismo come temi post-economici su cui potrebbe puntare la sinistra riformista, dunque. Ma senza mai perdere di vista il binomio crescita-redistribuzione con occhio alla giustizia sociale. Ossia i motivi per cui la sinistra è tale. Il problema è che le attuali classi dirigenti della sinistra riformista europea, al timone durante la crescita degli anni 90 con la missione fondamentale di redistribuire, sono in difficoltà ora che non c'è da redistribuire. «Ma guai a tornare ai vecchi schemi degli anni 70 e alle parole d'ordine dell'intervento statale e del controllo statale dell'economia: quell'orizzonte è cambiato per sempre – fa notare ancora Romano –. Anche perché su questo terreno si è ormai scavalcati a destra. Visto dall'Italia è ancora più evidente: basta ascoltare il Tremonti anticapitalista, vien da dire con una battuta, che parla di crisi del mercatismo e del capitalismo finanziario». Insomma la sinistra riformista, nel nostro caso il Partito democratico, non deve rincorrere Tremonti sul suo stesso terreno. In generale perde la sinistra che usa la crisi per dire "avete visto il mercato non funziona, noi lo dicevamo". In questo senso la crisi della sinistra radicale è per Romano ancora più grave, con l'eccezione della Francia «dove si deve tenere in conto il retaggio nazionale e particolare del giacobinismo». Più banalmente perde chi è pessimista, vince chi punta sull'ottimismo. «E in questo Silvio Berlusconi è un maestro». Attorno alla parola chiave della redistribuzione s'incentra anche l'analisi di Riccardo Bellofiore, docente di Economia monetaria e Storia del pensiero economico presso l'Università di Bergamo e negli scorsi anni economista di riferimento di Fausto Bertinotti. «Chiaramente la sinistra è in difficoltà. Sia quella che si rifà al social-liberismo sia quella cosiddetta radicale. Il social-liberismo ha accettato senza discuterla l'idea liberista che l'ampliamento del mercato produce ricchezza, ha insistito più dei liberisti veri e propri sulla liberalizzazione del mercato dei beni e servizi e si è concentrato nella difesa di una redistribuzione della ricchezza meno diseguale. Da parte sua, la sinistra radicale ha abbandonato l'idea d'un cambiamento profondo del capitalismo per impuntarsi sulla "radicalizzazione" degli aspetti redistributivi ». Insomma, la sinistra social-liberista ha sbagliato nell'immaginare che la produzione di ricchezza fosse stabile e che ci fosse solo il problema di come redistribuirla. Mentre la sinistra radicale ha sbagliato nell'abbandonare l'analisi e la critica di quello che un tempo si chiamava il meccanismo della produzione capitalista, ossia il modo in cui la ricchezza viene prodotta. Con l'effetto che il ritorno dello Stato come spesa pubblica diretta per fronteggiare la crisi, lungi dall'essere un tema fatto fiorire dal dibattito a sinistra, è stato imposto dai fatti e gestito in gran parte da Governi di centro-destra. Il paradosso dentro il paradosso – fa notare Bellofiore con un occhio alle vicende dell'ultimo Prodi – è che «quando ci sono state esperienze di governo di centro-sinistra le richieste redistributive non sono state portate avanti per problemi di finanza pubblica "difficile" ereditata dalle precedenti gestioni di centro-destra». Inchiodati dunque al rigore del bilancio pubblico, quando pochi mesi dopo «l'aumento del disavanzo come politica per far ripartire l'economia è praticato in tutto il mondo ». Una sinistra che vuole tornare protagonista per Bellofiore deve mettere o rimettere al centro tre aspetti:il tema dell'intervento dello Stato su banche e finanza; il tema del come si produce e dunque della programmazione; il tema del lavoro e della sua crescita in termini di qualità e quantità. Insomma, il capitalismo come libero mercato non sta in piedi da solo: ripartire dai liberal-socialisti di Ernesto Rossi – dice Bellofiore con un sorriso – basterebbe. Ma la crisi della sinistra diventa una sfida anche per la destra, passata dal liberismo sfrenato degli anni 80 di cui sono stati protagonisti Ronald Reagan e Margaret Thatcher per arrivare alle posizioni conservatrici moderate di leader come Nicolas Sarkozy o David Cameron, che hanno sostituito il culto dell'individualismo e del mercato con il principio della responsabilità finalizzata a tutelare l'interesse non del singolo ma della comunità. «Oggi in difficoltà non è solo la sinistra ma anche la destra liberista. Le ragioni sono in parte le stesse –conferma Alessandro Campi, politologo e direttore della fondazione Farefuturo guidata dal presidente della Camera Gianfranco Fini – perché entrambe non hanno saputo capire e quindi offrire risposte adeguate alla fase storica che stiamo vivendo». Quelle "paure" più volte richiamate da Lloyd sono state sottovalutate: «La sinistra ha visto franare davanti a sé il pilastro della crescita inarrestabile su cui aveva poggiato il sistema della socialdemocrazia, così come la crisi finanziaria ha evidenziato tutti i limiti di un mercato senza regole di cui la destra liberista si era fatta portavoce: la gente, i cittadini hanno visto minacciati il posto di lavoro, la pensione, le proprie case, la sicurezza della loro famiglia e l'unica risposta l'ha offerta la nuova destra conservatrice sicuritaria ». Anche Silvio Berlusconi se n'è accorto. Quei riferimenti continui alla rivoluzione thatcheriana non trovano oggi più spazio nei suoi discorsi. «Forza Italia - sottolinea ancora Campi - è nata come espressione di quella destra liberista di cui Berlusconi era l'emblema,ma la trasformazione intervenuta nell'ultimo decennio ha imposto una profonda rivisitazione. Giulio Tremonti è stato il primo a capirlo e anche Berlusconi ha modificato il suo atteggiamento». Oggi si parla molto più di equità sociale («nessuno sarà lasciato indietro», ha detto nelle scorse settimane il presidente del Consiglio italiano), di comunità, di regole. è evidente, secondo Campi, che Berlusconi ha fatto proprie argomentazioni che erano assai più presenti in Alleanza nazionale o nella Lega«modificando l'originario orizzonte politico ». Adesso però la destra ha di fronte a sé un passaggio delicato «perché deve dimostrare di saper governare la paura senza volerla cavalcare o, peggio, alimentandola ». Campi fa esplicito riferimento alle posizioni del Carroccio sugli immigrati e la sicurezza: «è chiaro che la Lega punta ad alzare il tiro per raccogliere consenso elettorale, ma questo è un problema che il Pdl deve affrontare e risolvere per evitare pericolose involuzioni populiste e demagogiche». Insomma, attenzione ai rischi del populismo, come sottolineato dallo stesso Lloyd alla fine della sua analisi: l'avanzata dell'estrema destra in Europa potrebbe concretizzarsi «di punto in bianco, come un'inondazione improvvisa». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Più cari i pedaggi autostradali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-22 - pag: 19 autore: Trasporti. Dal 1Úmaggio scatterà l'aumento delle tariffe: doveva entrare in vigore a gennaio, ma poi fu bloccato dal Governo Più cari i pedaggi autostradali Sulle principali tratte incrementi del 2,4% - Resta il nodo della Torino-Milano Laura Serafini ROMA Rincari in vista per i pedaggi autostradali. Dal prossimo primo maggio scatterà l'aumento delle tariffe che doveva entrare in vigore lo scorso gennaio, ma la cui efficacia era stata sospesa per quattro mesi dal Governo per limitarne l'impatto in piena crisi finanziaria. La scadenza era già prevista nel decreto legge con cui era stato disposto il blocco, ma le società concessionarie non erano comunque tranquille, considerati i numerosi provvedimenti di riforma con cui i Governi che si sono succeduti dal 2006 a oggi hanno stravolto le regole del settore. La conferma che gli adeguamenti arriveranno dal primo maggio è arrivata ieri dal ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli, che ieri ha preso parte all'assemblea annuale dell'Aiscat, l'associazione di categoria che ha confermato Fabrizio Palenzona presidente. Matteoli ha assicurato che ci sarà «lo sblocco delle tariffe per tutte le concessionarie che hanno i requisiti». Tra queste Autostrade per l'Italia, che controlla la gran parte della rete autostradale nazionale, e che ha preventivato un aumento del 2,4 per cento. Un adeguamento analogo è stato richiesto da Milano Serravalle, società controllata dalla provincia meneghina. Resta da chiarire, invece, l'entità dell'adeguamento che sarà riconosciuto alla Torino-Milano, società del gruppo Gavio e la cui domanda di aumento attorno al 12% circa era stata all'origine,nell'autunno scorso, del provvedimento di blocco dell'incremento dei pedaggi. Secondo alcune indiscrezioni l'Anas avrebbe concordato con la società interessata una sorta di correttivo che consentirà di ridurre e spalmare nel tempo il rincaro sui pedaggi. Le rassicurazioni di Matteoli sono arrivate ieri dopo una lunga relazione del presidente Palenzona che enfatizzava la necessità per un settore, quello delle infrastrutture, che può fare da traino per la ripresa economica di una certezza delle regole. In verità del provvedimento con cui devono essere autorizzati gli adeguamenti, ovvero un decreto interministeriale tra ministero delle Infrastrutture e quello dell'Economia, ieri ancora non v'era traccia. Ma alcune società concessionarie fanno notare che, in base alle norme vigenti, un diniego dell'aumento può essere motivato solo con errori di calcolo. Altrimenti, in caso di mancanza del decreto, gli adeguamenti scattano in base a un meccanismo di silenzio assenso. Sia Matteoli che Palenzona si sono soffermati sugli investimenti che il settore è in grado di mettere in moto: il presidente Aiscat ha annunciato 3 miliardi più un miliardo di anticipo lavori rispetto al 2010 che saranno garantiti nel 2009. Matteoli ha chiesto uno sforzo al settore per rispettare i piani di investimenti. «Voi avete cassa e competenzaha detto- per attivare oltre 11 miliardi tra il secondo semestre 2009 e il primo trimestre 2010 con un contributo al Pil dello 0,9 per cento e la garanzia di 140mila posti di lavoro». Il ministro ha annunciato che il Governo sta lavorando al completamento della riforma del settore - avviata dal 2007 con lo smantellamento progressivo delle leggi volute dall'ex ministro Antonio Di Pietro - per il ruolo dell'Anas,che oggi può essere al contempo controllore e controllato, visto che può subentrare nella gestione delle concessioni. E rilanciando l'ipotesi di estendere i pedaggi alle reti stradali nazionali oggi gestite da Anas: i caselli potrebbero fare la loro comparsa, ha annunciato il ministro, sull'autostrada Salerno- Reggio Calabria al termine dei lavori di adeguamento in corso. Palenzona ha espresso il riconoscimento all'attuale Governo per il clima di collaborazione che si è instaurato con Aiscat, al contrario di quanto accaduto con l'Esecutivo Prodi e con Antonio Di Pietro, accusati di aver fatto perdere «sei anni al Paese senza fare nulla». Infine ha proposto la creazione di un'unica associazione per concessionarie austostradali e aeroportuali, in vista anche della sua nomina alla presidenza di Assaeroporti. © RIPRODUZIONE RISERVATA VIA AI CANTIERI Le concessionarie attiveranno, nel 2009, lavori per circa quattro miliardi Palenzona confermato alla presidenza dell'Aiscat

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Il fondo di Pechino tratta l'ingresso fra i soci Daimler (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-22 - pag: 41 autore: Il fondo di Pechino tratta l'ingresso fra i soci Daimler Il fondo statale cinese Cic si appresterebbe ad entrare nel capitale di Daimler. Lo rivela il quotidiano «Frankfurter Allgemeine Zeitung», secondo il quale un ingresso cinese aprirebbe al colosso di Stoccarda l'immenso mercato automobilistico del Paese più popoloso del mondo. Il presidente del Cic, Lou Jiwei ( nella foto) ha confermato l'intenzione di investire nell'industria europea, ricordando che la crisi finanziaria attuale ha modificato le norme rigide finora imposte all'ingresso di capitali cinesi. IMAGINECHINA

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Indici piatti, Geox maglia rosa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici piatti, Geox maglia rosa Bancari in altalena Frenano Mediobanca e Unicredit, bene Mediolanum e Ubi Banca Dopo un avvio negativo, S&P-Mib e Mibtel hanno recuperato terreno sul finale di seduta grazie all'apertura positiva di Wall Street, terminando a un passo dalla parità (rispettivamente -0,24% e -0,05%). Spinte dagli ottimi conti trimestrali, Geox e Pirelli hanno conquistato le prime due posizioni nella graduatoria delle migliori performance della giornata, limitatamente ai 40 valori più capitalizzati. Entrambi i titoli sono cresciuti di oltre cinque punti percentuali (+5,43% e +5,37% i rispettivi prezzi di riferimento). Notevole anche il balzo di StMicroelectronics (+4,97%) ma in questo caso il recupero è di natura tecnica, dopo lo sbandamento della vigilia. Contrastato il comparto del credito: al risultato nettamente negativo di Mediobanca (-2,93%) e alle perdite di Unicredit (-2,18%) e Banca Popolare Milano (-2,08%) si contrappone infatti il rimbalzo di Mediolanum (+3,92%), mentre Ubi Banca è cresciuta del 2,45%. Ma sul fronte dei rialzi, significativi anche quelli di Campari (+4,17%), Fondiaria-Sai (+3,88%) e Mondadori (+3,62%). Quanto ai maggiori ribassi della giornata, sempre all'interno del paniere dell' S&P-Mib, da ricordare quelli di Cir (-3,5%) e Parmalat (-2,88%). Brusca frenata, infine, per Fiat che ha ceduto il 3,32% chiudendo a quota 7,28. L'attesa per i conti trimestrali, domani all'esame del cda, e ancor più per i possibili sbocchi della vicenda Chrysler, ha creato molta volatilità sul titolo del Lingotto, di cui sono passati di mano 88,3 milioni di pezzi. Fra i titoli minori, gran balzo di Roma Calcio (+19,45%) su nuove voci (smentite) di cessione della maggioranza.

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Autogrill: c'è la crisi, no al dividendo (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/1 Autogrill: c'è la crisi, no al dividendo (g.fer.) Il 2009 sarà «un anno difficile ma non disastroso». Parola di Gilberto Benetton, presidente di Autogrill. Mentre l'amministratore delegato Gianmario Tondato Da Ruos aggiunge: «Ci stiamo attrezzando per sopravvivere in questo contesto ». Entrambi hanno parlato ieri all'assemblea della società, che ha approvato il bilancio 2008, chiuso con un utile netto di 123,2 milioni di euro, in calo rispetto ai 158,1 milioni dell'anno precedente. I soci hanno deciso di rinunciare al dividendo, destinando a riserva l'intero profitto. Perplessità a Piazza Affari: ieri il titolo è sceso 2,09%, a quota 5,38 euro. Gilberto Benetton presidente Autogrill

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Cementir, via all'iter per lo Star (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-22 - pag: 43 autore: Gruppo Caltagirone. Nel consiglio un «indipendente» in più Cementir, via all'iter per lo Star MILANO Cementir ha liquidato la partecipazione dell'1,7% nella "concorrente" Italcementi. L'annuncio, fatto dal presidente del gruppo cementiero, Francesco Caltagirone jr, è emerso ieri nel corso dell'assemblea dei soci che ha approvato il bilancio 2008 del gruppo, archiviato in perdita di esercizio di 5,4 milioni ( coperta utilizzando gli utili portati a nuovo), e un dividendo complessivo di 12,7 milioni con una cedola (in stacco il 18 maggio) di 0,08 centesimi. Rinnovato anche il consiglio di amministrazione per il triennio 2009-2011 che resta a 15 membri con l'ingresso di un consigliere indipendente in più. Questo - ha spiegato il presidente- consentirà a Cementir di chiedere la riammissione nel segmento Star della Borsa. Riguardo ai tempi Caltagirone ha spiegato che se ne parlerà «dopo il primo consiglio di amministrazione che approverà i conti del primo trimestre e renderà operativo il consiglio ». Per quanto riguarda le prospettive per il futuro, Caltagirone ha spiegato che al termine dell'anno in corso Cementir conta di realizzare un risparmio di 30-35 milioni con un «taglio dei costi importante », legato soprattutto ad un piano di ridimensionamento delle strutture in Scandinavia che riguarda personale e impianti. E risparmi dovrebbero essere realizzati anche grazie ad un «repentino ridimensionamento dei costi dell'energia » che dovrebbe dare i suoi frutti a partire dal secondo semestre dell'anno in corso. C'é un'altra certezza per il gruppo cementiero: «non abbiamo seguito la sbornia generale dell'indebitamento a qualsiasi costo per crescere». Caltagirone si è mostrato particolarmente orgoglioso del fatto che Cementir di recente abbia privilegiato la crescita interna. Tra i progetti strategici il gruppo porta avanti il completamento dell'impianto in Cina che ha un costo complessivo di 60 milioni. Qualche beneficio potrebbe infine arrivare per Cementir degli interventi per la ricostruzione dell'Abruzzo. Anche se le prospettive sul 2009, alla luce della crisi economica, non sono al momento de-cifrabili, tuttavia il gruppo Cementir non si preclude per il futuro possibilità di crescita per linee esterne. «La nostra azienda potrà fare bene anche rispetto ad altri gruppi» perché non ha un forte indebitamento. Capitolo a parte, invece, merita l'investimento in Italcementi. Rispondendo in assemblea alla domanda di un'azionista, il presidente ha spiegato la scelta di smobilizzare la partecipazione in Italcementi di poco superiore al 2% di cui la quota diretta di Cementir era dell'1,7% circa: «Era un'allocazione di risorse finanziarie all'interno del nostro settore». Poi la crisi finanziaria é diventata molto più grave – ha ricordato – e la partecipazione nella società che fa riferimento alla famiglia Pesenti «é stata alienata per ottimizzare la cassa». Mar. Man. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN ASSEMBLEA Il presidente Caltagirone Jr annuncia l'uscita dal capitale di Italcementi: l'azienda aveva comprato una quota dell'1,7%

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Datalogic, cambio al vertice e (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/2 Datalogic, cambio al vertice e «buy-back» (g.fer.) Nel 2008 è stato il più pagato tra i manager delle società quotate italiane, con 8,265 milioni di euro lordi. Ora Roberto Tunioli lascia l'incarico di amministratore delegato a Mauro Sacchetti, pur rimanendo nel consiglio di amministrazione della società, leader nei lettori ottici di codici a barre. Lo ha deciso ieri l'assemblea della società, che ha approvato i conti (17,8 milioni di euro l'utile netto consolidato, l'1% in meno rispetto all'anno precedente) e autorizzato un'operazione di buy-back (acquisto di azioni proprie). In Borsa, intanto, la quotazione è rimasta sostanzialmente ferma (-0,06% a 3,987 euro). Roberto Tunioli ad di Datalogic

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Fmi: credito più difficile (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 3 autore: Fmi: credito più difficile Rischio stretta fino al 4% e perdite fino a 4.100 miliardi di dollari entro il 2010 Alessandro Merli WASHINGTON. Dal nostro inviato Il Fondo monetario ha confermato ieri le stime circolate nelle scorse settimane secondo cui le banche e le altre istituzioni finanziarie, come assicurazioni e fondi, possono andare incontro entro il 2010, a causa della crisi globale, a perdite per 4.100 miliardi di dollari e ha reso noto una simulazione secondo cui le pressioni per ridurre la leva finanziaria delle banche potrebbero portare a una contrazione del credito negli Usa e in Europa pari al 4%. La risposta "senza precedenti" delle autorità, ha detto il capo della divisione mercati finanziari del Fondo, José Vinals, comincia a mostrare i primi segni di miglioramento nel ricreare la fiducia, ma ha bisogno di ulteriori e "coraggiosi" interventi e la normalizzazione completa potrebbe richiedere anni. Il rapporto sulla stabilità finanziaria globale pubblicato ieri dall'Fmi rivela inoltre che l'area più a rischio fra i Paesi emergenti è l'Europa centrale e orientale, con ripercussioni sulle banche occidentali, fra le quali sono in prima linea le italiane Intesa e UniCredito. Vinals ha sostenuto tuttavia che, grazie agli interventi di sostegno dell'Unione europea e dello stesso Fmi negli ultimi mesi, la situazione di questi Paesi è migliorata e le pressioni sui loro sistemi bancari si sono allentate. Le stime sulle perdite complessive del sistema finanziario, sulle quali il Fondo ammette che l'incertezza è elevatissima, sono nettamente aumentate rispetto alla prima valutazione di poco meno di mille miliardi di dollari avanzata un anno fa e che riguardava solo gli Stati Uniti. Oggi le perdite potenziali negli Usa, secondo l'Fmi,sono salite a 2.700 miliardi (a gennaio il Fondo stimava 2.200 miliardi), cui si devono aggiungere 1.200 miliardi per le istituzioni finanziarie europee e poco meno di 150 miliardi per il Giappone. Due terzi del totale sono attribuibili alle banche e riguardano non solo i cosiddetti titoli tossici, ma anche la caduta nel valore dei prestiti a causa del deterioramento della situazione economica. Le banche hanno già svalutato mille miliardi di dollari del proprio attivo, ma, mentre le banche americane hanno già provveduto per circa la metà delle perdite attese, quelle europee sono state finora più lente nel riconoscere il peggioramento della qualità dell'attivo,avendo svalutato solo il 17% circa. L'Fmi afferma che,se le perdite fossero interamente riconosciute, il sistema si ritroverebbe insolvente. Per questo ha bisogno di nuovi capitali, oltre ai 900 miliardi di dollari già raccolti, per metà da fonti pubbliche. Per ritornare al livello pre-crisi le banche dovrebbero raccogliere entro l'anno prossimo 875 miliardi di dollari, di cui 275 per gli istituti americani e 375 per quelli dell'area euro. Il Fondo ammette che, se la prima opzione è quella di raccogliere capitali privati, è possibile però che si debba ricorrere nuovamente a fondi pubblici. Non esclude che i Governi possano esercitare l'opzione di convertire le azioni privilegiate in capitale ordinario, come è allo studio negli Usa. Anche la nazionalizzazione delle banche non è più un tabù per il Fondo, se necessaria, in un numero limitato di casi, a riportare il patrimonio di una banca a livelli sufficienti a farle riguadagnare la fiducia dei mercati e a patto che sia temporanea e con una chiara strategia di uscita. Le autorità devono continuare a muoversi su tre fronti: la fornitura di liquidità, la pulizia dei bilanci bancari dalle attività tossiche e la ricapitalizzazione degli istituti in grado di stare in piedi, con la chiusura "rapida" in modo ordinato di quelle insolventi. «Il rischio maggiore ha detto Vinals – è politico, se cioè sufficienti risorse pubbliche possano essere mobilitate nel breve termine e allocate in modo efficiente per arrestare la spirale negativa fra economia reale e settore finanziario ». Dibattito particolarmente vivace in queste settimane negli Usa, dove cresce l'opposizione nell'opinione pubblica a nuove infusioni di denaro pubblico nelle banche. Il dirigente dell'Fmi ha elogiato il piano Geithner per la cessione dei titoli tossici a fondi pubblico-privati, ma non ha voluto commentare il controverso stress test per le banche americane prima che ne siano noti i risultati ufficiali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Germania terzo debito del mondo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 3 autore: Il valore assoluto dello stock tedesco (2.130 miliardi) batte quello italiano (1.930 miliardi) Germania terzo debito del mondo Isabella Bufacchi ROMA La Germania surclassa l'Italia e lo stock del debito pubblico tedesco sale al terzo posto nella classifica mondiale, dopo Usa e Giappone, spodestando BoT, CcT e BTp che da anni vengono additati al numero tre nella graduatoria mondiale del "public debt". è questa la lettura del futuro, anno 2010, stando alle previsioni del Fondo monetario internazionale rese note ieri. Il calcolo,per quanto approssimativo e soggetto a infinite variabili, è piuttosto lineare: il Pil tedesco orbita attorno a quota 2.450 miliardi di euro mentre quello italiano (nominale) l'anno prossimo dovrebbe assestarsi sui 1.596 miliardi. Questo significa che un aumento del debito/Pil in Germania dal 67% all'87% tra il 2008 e il 2010 avrebbe un peso maggiore,in termini di dimensioni dei titoli di Stato in circolazione, rispetto al passaggio - previsto dal Fondo - dal 106% al 121% dell'Italia. Lo stock del debito pubblico tedesco, dunque, potrebbe salire a quota 2.130 miliardi mentre quello italiano lieviterebbe a 1.930 miliardi: quando invece l'anno scorso la Germania risultava ancora al di sotto dei 1.660 miliardi circa italiani. Questo sorpasso della Germania sull'Italia per il terzo posto della classifica mondiale del debito pubblico - se i pronostici Fmi dovessero essere confermati- resta naturalmente confinato alle dimensioni e non al debito/ Pil,rapporto che invece vede l'Italia proiettata verso un irraggiungibile 121%,contro l'87%di Francoforte. Il debito/Pil, come anche il deficit Pil, sono indicatori fondamentali per valutare la solidità e l'affidabilità creditizia del rischio sovrano: ma la violenza della crisi finanziaria e della recessione in atto stanno dando un peso sempre maggiore anche all'entità del debito pubblico e alla quantità di titoli di Stato in emissione e in scadenza. I piani anticrisi varati dagli Stati europei, il rincorrersi delle misure fiscali di stimolo all'economia, i deficit/ Pil lanciati al galoppo ben oltre la soglia di Maastricht del 3%, i salvataggi delle banche decotte e gli interventi di sostegno ai sistemi bancari finanziati con denaro pubblico ( bad banks, ricapitalizzazioni, garanzie statali): tutto questo contribuisce a un incremento massiccio delle emissioni lorde e nette di titoli di Stato in Eurolandia (e conseguentemente all'aumento dello stock di debito pubblico). Lo sforzo richiesto agli investitori, istituzionali e privati, sottoscrittori di titoli di Statodenominati in euro è veramente notevole quest'anno perché la "carta" pubblica che dovrà essere assorbita supera la soglia degli 800 miliardi di euro, secondo le stime sulle emissioni lorde riviste da Barclays capital, Merrill Lynch e Calyon. Ogni maxi-asta in Germania, Italia e Francia e qualsiasi emissione di bond governativi irlandesi, greci, belgi, spagnoli, portoghesi viene ora più che mai seguita con attenzione maniacale. I trader sono pronti a captare qualsiasi segnale, nel timore che il sovraffollamento dell'offerta di titoli sia tale da compromettere la capacità di uno Stato di rimborsare i titoli in scadenza o di finanziare deficit. Da quando è scoppiata la crisi nell'estate 2007, i Bund tedeschi sono risultati i bond decennali in euro più richiesti in assoluto: sono estremamente liquidi, sfoggiano tre solidi rating "AAA"di Standard & Poor, Moody e Fitch, offrono una copertura perfetta grazie al Bund future. Le aste dei Bund tuttavia non sempre brillano: i rendimenti in offerta sono aggressivi e il mercato reagisce sottoscrivendo importi contenuti. Ma anche l'ultima asta dei BuBill, i BoT tedeschi, ha deluso. Lo scorso lunedì l'agenzia del debito di Francoforte ha collocato 6,037 miliardi di titoli a sei mesi contro i 6,887 richiesti: il rapporto di copertura d'asta è risultato tra i più bassi degli ultimi tempi, un magro 1,1 volte. L'ultima asta di questi BuBill aveva ottenuto richieste per 13,7 miliardi contro i 6,2 collocati. La Germania gioca con il fuoco. Stando alle stime di Calyon, quest'anno le emissioni di BoT tedeschi saliranno a 189 miliardi contro i 72 dell'anno scorso. Il Fondo monetario ieri ha consigliato l'aumento delle emissioni di titoli di Stato a medio- lungo termine e scoraggiat le maxi-aste di BoT perché finanziare piani anti-crisi e deficit con bond a breve scadenza aumenta il rischio di rifinanziamento del debito ed esaspera l'esposizione al rialzo dei tassi d'interesse. isabella.bufacchi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA DEBITO/PIL 2008-2010 Il debito/Pil tedesco salirà dal 67% all'87% in due anni In Italia il rapporto salirà dal 106% al 121%

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Scudo solo per rientri veri (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 5 autore: Scudo solo per rientri «veri» Il Tesoro vuole evitare semplici regolarizzazioni senza recupero di fondi Isabella Bufacchi ROMA Uno scudo fiscale su scala europea ma su modello italiano per garantire la massima protezione dell'anonimato per chi lo utilizza. Un euroscudo mirato ai soli rimpatri di capitali detenuti clandestinamente all'estero: senza regolarizzazioni, le mere "emersioni giuridiche" di patrimoni destinati a rimanere nei forzieri dei paradisi fiscali. Uno scudo-3 per l'Italia, che però neanche questa volta dovrebbe riuscire a vincolare i capitali rientrati nel reinvestimento in titoli di Stato: perché questo obbligo violerebbe il principio della concorrenza tra i Paesi membri dell'Ue, che deve essere libera da discriminazioni e favoritismi. è così che sta prendendo forma l'operazione pan-europea di recupero della ricchezza (denari, immobili, titoli e investimenti finanziari) detenuta dagli europei nei paradisi fiscali, per entità che potrebbero orbitare attorno a quota 2mila miliardi di euro, secondo stime degli esperti in materia. Il progetto dell'euroscudo risulta in via ufficiale "ancora in alto mare", come hanno precisato ieri fonti bene informate. Ma gli operatori che in Italia hanno seguito da vicino le evoluzioni dello Scudo-1 e dello Scudo-2 sono convinti che vi sia stato di recente «un colpo di acceleratore »: tanto che ora l'obiettivo di Bruxelles (e di Roma) sarebbe quello di lanciare l'operazione entro fine anno,velocizzando al massimo l'iter della stesura della norma. L'impostazione dell'euroscudo fiscale prevede per ora una condivisione generale del meccanismo, tra gli Stati membri dell'Ue ma senza partecipazione obbligatoria. In sostanza, nessuno Stato verrà lasciato libero di procedere singolarmente, con iniziativa individuale su scala nazionale, mentre sarebbe prevista la possibilità dei singoli Stati membri di non partecipare. Per accelerare il varo di questa imponente operazione di recupero dei capitali espatriati clandestinamente, a Bruxelles sembra prevalga l'orientamento di adottare il modello italiano che ha funzionato bene soprattutto per quanto riguarda la salvagaurdia dell'anonimato. Lo scudo italiano infatti, hanno confermato ieri fonti bancarie, ha garantito una protezione assoluta agli evasori pentiti, i quali non sono stati segnalati al Fisco, né sono finiti in liste nere nè sono stati colpiti da accanimento dell'Erario, post-scudo. Il piano sull'euroscudo tuttavia non ha ancora superato lo scoglio dell'aliquota, della penale in percentuale del capitale rimpatriato, che dovrà soddisfare un po' tutti: c'è chi intende evitare penali troppo salate, talmente onerose da scoraggiare il rientro dei capitali; e c'è chi esclude multe troppo basse, equivalenti a un premio per chi ha infranto la legge e uno schiaffo per chi paga regolarmente le tasse. L'Italia, che prevede di utilizzare il ricavato dell'euroscudo soprattutto per la ricostruzione delle zone terremonate dell'Abruzzo, è favorevole a un'aliquota che possa massimizzare gli incassi per l'Erario, soprattutto nel caso in cui l'operazione non preveda - come sembra - la formula della regolarizzazione. Un'aliquota al 2,5%, come nel caso dello scudo italiano n.1, sarebbe già stata esclusa perché troppo bassa: il prossimo gradino è rappresentato dal 10%,una soglia che l'Italia preferirebbe non varcare. Ma intanto chi ha esportato clandestinamente il proprio patrimonio teme sempre più di venire scoperto dal Fisco, dopo i recenti casi Liechtenstein e UbsUsa: il rischio di perdere tutto quello che si è accumulato in un paradiso fiscale, di veder scattare il sequestro sulla totalità dei propri beni, immobili e investimenti finanziari, ridimensiona l'insostenibilità di un'aliquota alta. In aggiunta, secondo fonti bene informate, la crisi finanziaria e la recessione hanno fatto crescere anche la necessità di rimpatriare capitali per sostenere attività imprenditoriali in un momento in cui il credito delle banche scarseggia. isabella.bufacchi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA TRATTATIVA EUROPEA Obiettivo di Roma ma anche di Bruxelles è il lancio dell'operazione di rimpatrio delle somme entro la fine dell'anno

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Nei piani anti-crisi 400 miliardi verdi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 13 autore: Ecco le quattro priorità che Banca Mondiale e Aiea propongono ai ministri Nei piani anti-crisi 400 miliardi verdi Giuseppe Caravita MILANO «Ironicamente – sostiene la Banca Mondiale – la crisi finanziaria può rivelarsi un'opportunità d'oro per muovere verso una traiettoria di crescita a basso contenuto di carbonio ».Sul tavolo del G-8 (anzi G-20) che si apre oggi a Siracusa i ministri dell'ambiente troveranno due corposi documenti. Uno sulle tecnologie a basso contenuto carbonico, stilato dall'Aie (l'Agenzia internazionale per l'energia). E l'altro, dalla stessa Banca Mondiale, sulle misure politiche e finanziarie necessarie ad avviare la decarbonizzazione su scala globale, Paesi in via di sviluppo inclusi. Un messaggio di fondo però, accomuna i due dossier. Tra stimoli fiscali varati in decine di Paesi, quasi 400 miliardi di dollari di interventi "verdi" potrebbero essere messi in campo giàl'anno prossimo per avviare la rivoluzione energetica e la traiettoria verso la sostenibilità climatica. L'alternativa può essere molto pericolosa. L'attuale crisi, stima l'Aie,sta drasticamente riducendo tutti gli investimenti( e non solo nelle rinnovabili) con il rischio che si passi da un credit crunch a un energy crunch, una volta in moto la ripresa. Tempo di agire, quindi, e non solo per stabilizzare a non più di due gradi l'aumento delle temperature terrestri al 2050 (ovvero emissioni di CO2 dimezzate a quella data sui livelli attuali), ma anche per assicurare l'equilibrio energetico- dicel'Aie- «quando la ripresa della domanda di petrolio riaccenderà i timori sulla sicurezza degli approvvigionamenti ». Come? Realisticamente, e con quattro mosse: e l'efficienza energetica degli edifici e dei sistemi (il 36% di potenziale di riduzione delle emissioni, per l'Iea).E il G-8 di Siracusa dovrebbe al proposito far nascere l'Ipeec (International partnership for energy efficiency cooperation) e l'Sbn (Sustainable building network), organismi globali di stimolo mirato; r la spinta sulle rinnovabili ( 21% di potenziale anti-emissioni), che dovranno passare dal 18 al 50% della potenza elettrica istallata al 2050. Un ritmo di crescita accelerato innanzitutto sulle tecnologie più mature (eolico a 56 gigawatt ogni anno) e poi sull'idroelettrico, solare a concentrazione, biomasse e fotovoltaico. Con un criterio, però. Fissare un prezzo internazionale credibile del carbonio in modo da accelerare il più possibile la fuoriuscita delle tecnologie alternative (in particolare per il solare) dal limbo dei mercati artificialmente sostenuti dai sussidi pubblici. Anche perché, secondo la World Bank, il 90% dei consumi energetici (e delle emissioni) dei prossimi vent'anni verrà dai Pvs, che spesso non possono permettersi generose tariffe nazionali incentivate; t la diffusione del Ccs ( carbon capture and storage), ovvero il seppellimento della CO2 prodotta dalle centrali a combustibili fossili (carbone e gas) in strati geologici profondi o persino (in parte) come nutrimento delle alghe e in forma di biochar ( carbone vegetale) come fertilizzante agricolo. Al 2020 almeno venti grandi centrali Ccs dimostrative. E poi,prevede l'Aie,bisognerà correre al ritmo annuo di almeno 70 impianti fino al 2050 se si vorranno ridurre i gas serra di un altro 19%. Questa è una delle priorità del G-8 indicata anche dal ministro Prestigiacomo. u infine, i nuovi combustibili. In primis il nucleare. Almeno 32 nuove centrali da un gigawatt all'anno da qui al 2050.E poi conversione, il più possibile da carbone a gas naturale. Quindi, quando matureranno, biofuel di seconda generazione, non in concorrenza con il ciboi, ma da cellulosa e alghe marine. Molte tecnologie, ovviamente, non sono mature. Oggi la ricercasviluppo di parte pubblica sull'energia è ferma a 11 miliardi di dollari annui, circa la metà (in termini reali) rispetto a 25 anni fa. E, anche se il settore privato marcia a sei volte tanto, l'obbiettivo di ricerca pubblica – sull'esempio europeo – deve comunque raddoppiare al 2012, e poi ancora al 2020. E coinvolgere i Paesi in via di sviluppo. La quale, infine, propone due azioni chiave. Estendere i singoli progetti di decarbonizzazione (Cdm) finanziati dai Paesi ricchi in quelli poveri a veri e propri piani strategici, dallo sviluppo di nuovi settori (biofuel avanzati, geotermia e così via) fino a progetti urbanistici a impatto zero. Ovvio, con risorse accresciute, per esempio rafforzando il nuovo Clean Technology Fund o la Carbon Partnership della Banca Mondiale stessa. g.caravita@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA SEPPELLIRE LA CO2 Ogni centrale fossile entro il 2050 dovrà essere in grado di immagazzinare il carbonio nel sottosuolo

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Interviste a pugni con Martini (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Spettacoli TV data: 22/04/2009 - pag: 54 PER APPROFONDIRE Interviste a pugni con Martini Torna il ring di Paolo Martini. Il sottotitolo con la data simbolica del 2089 indica che il filo conduttore delle 12 puntate sarà il bilancio degli ultimi vent'anni, dal crollo del comunismo alla crisi finanziaria. La prima puntata s'intitola «Il Muro e la Bolla» e vedrà Antonio Caprarica raccontare la sua carriera di corrispondente e inviato Rai dalla Russia a Londra; il professor Tito Boeri farà il punto sulla crisi del capitalismo e le prospettive del nostro mondo; lo scrittore Eraldo Affinati, autore del viaggio letterario «Berlin», ricostruirà le ultime ore del Muro. In studio anche un angelo nero del presente, interpretato dalla modella Maylin Aguirre (foto con Martini). Dodicesimo Round - 2089 Raidue, ore 0.15

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Enti locali in aiuto delle Pmi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Nord-Est sezione: EST data: 2009-04-22 - pag: 7 autore: Strategie anti-crisi. Fondi straordinari dalle Province per occupazione e imprese Enti locali in aiuto delle Pmi Si moltiplicano le iniziative per anticipare le risorse della Cig A CURA DI Nicola Brillo A sostegno delle Pmi venete arriva la "mano pubblica". Si moltiplicano infatti le iniziative degli enti locali a favore degli imprenditori. L'ultima in ordine di tempo è quella sottoscritta a Roma, la scorsa settimana, tra Regione Veneto e ministero del Lavoro per l'utilizzo delle risorse della cassa integrazione in deroga. «Non lasceremo solo nessuno», assicura Elena Donazzan, assessore alla Formazione e al Lavoro, al termine del Consiglio regionale straordinario sulla crisi. «Siamo la prima regione italiana a firmare l'accordo e ciò grazie al costante e condiviso rapporto con le parti sociali». A ogni lavoratore veneto, che ha i titoli per l'ottenimento della cassa integrazione in deroga, estesa pure alle piccole imprese e a tutti gli artigiani, verrà erogata una somma minima di 800 euro di sostegno al reddito, proveniente da fondi nazionali e regionali. La Regione Veneto («per contenere l'impatto socioeconomico della crisi e favorire la ripresa») ha stanziato finora per rafforzare il patrimonio dei consorzi fidi, 4,7 milioni per il settore industriale, 35 milioni della programmazione comunitaria e 45 milioni per il fondo rotativo di finanziamenti a tasso agevolato; 2,3 milioni per il settore commercio; 11 milioni per l'artigianato. «I fondi statali di incentivazione alle piccole e medie imprese – spiega l'assessore regionale all'Economia, Vendemiano Sartor –metteranno in movimento finanziamenti agevolati pari a 500 milioni: si tratta di soldi veri per supportare le piccole e medie aziende, la dorsale del nostro sistema produttivo ». Anche le province venete hanno varato nelle scorse settimane aiuti destinati alle imprese, e a muoversi è anche l'Anci, associazione Comuni Veneto, assieme ai colleghi di tutto il Nord Italia, che chiedono «certezza nelle risorse e il 20% dell'Irpef». Favorendo di fatto gli investimenti pubblici, volàno dell'economia locale. Venezia Fondi straordinari per sostenere l'occupazione e le imprese del territorio. è questo il piano studiato dagli uffici di Ca' Corner, che passa attraverso il sostentamento del lavoro femminile, dei giovani, dei disoccupati over 45. E in particolare la Provincia di Venezia anticiperà alle aziende le quote di cassa integrazione. «Abbiamo deciso – commentano il presidente della Provincia di Venezia, Davide Zoggia e l'assessore al Lavoro, Alessandro Sabiucciu – di muoverci di concerto perché siamo convinti che questa crisi debba essere affrontata tutti assieme». Attraverso un accordo con l'Inps verranno anticipate le quote, altrimenti a carico delle aziende, per la cassa integrazione. Il piano prevede inoltre la formazione e riqualificazione del personale in cerca di nuovo lavoro incentivando le aziende all'assunzione grazie a una "dote" che i lavoratori – donne, giovani e over 45 – porteranno con sé. Dell'andamento del piano di aiuti se ne occupa un'apposita task force, creata dalle forze sociali e le organizzazioni datoriali. Belluno La Provincia di Belluno è promotrice di un protocollo di intesa tra enti pubblici, sindacati e associazioni di categoria. Con tre importanti risvolti: l'anticipo della cassa integrazione, un fondo di solidarietà e politiche di reimpiego. «In un periodo straordinario servono misure straordinarie », spiega il presidente della Provincia di Belluno, Sergio Reolon. I firmatari del protocollo sono inoltre: Camera di Commercio, Consorzio Bim, Confindustria, Unione artigiani, Appia, A s c o m , C i a , Confagricoltura, Cgil, Cisl e Uil. Il loro intento è quello di ridurre l'impatto della crisi sulle condizioni di vita dei la-voratori, favorire i processi di risanamento e innovazione delle imprese e creare le condizioni di rilancio dell'economia provinciale. In particolare il fondo straordinario di solidarietà è finalizzato a persone residenti nella provincia di Belluno che, avendo perso il proprio lavoro (per chiusura dell'azienda, termine del contratto a tempo determinato o di collaborazione, ecc.) o cessato la propria attività di lavoro autonomo in ragione della crisi, non godono di ammortizzatori sociali, di altre provvidenze o di un aiuto da parte dei familiari. Treviso «è doveroso in questo momento di crisi economica, scaturita da una gravissima crisi finanziaria internazionale, che le nostre imprese non siano abbandonate, perché il nostro popolo delle partite Iva ha portato all'estero il sistema Italia ed è il motore economico non solo del Nordest, ma dell'intero Paese». Il presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro presenta così il piano di aiuti alle pmi della Marca. Sul fronte del sostegno ai cittadini e alle aziende sono stati stanziati 280mila euro nell'ultimo Bilancio,che verranno distribuiti attraverso i Consorzi Fidi operanti in provincia di Treviso. Il Tavolo tecnico dedicato al Risparmio e al Credito delloscorso mese aveva evidenziato difficoltà nell'accesso al credito, soprattutto inteso quale ricerca di finanziamenti volti alla risoluzione delle difficoltà di liquidità delle aziende e ristrutturazione del debito. Altro punto critico sono i tempi per l'ottenimento del credito. Soluzioni che l'amministrazione provinciale intende risolvere attraverso due tavoli operativi: uno per le famiglie e uno per le imprese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Credito al consumo in calo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: IN PRIMO PIANO Insolvenze data: 2009-04-22 - pag: 4 autore: A febbraio discesa del 14% - Boom della cessione del quinto Credito al consumo in calo La crisi finanziaria non risparmia il credito al consumo: anche su questa tipologia di mercato si avvertono segnali di rallentamento e in questo quadro il CentroNord non fa eccezione. Dopo il bilancio positivo del 2008, l'inizio del nuovo anno è in frenata. A febbraio l'Osservatorio mensile di Assofin rileva (per i primi due mesi dell'anno) una discesa del 14% annuo del valore complessivo (8,8 miliardi di euro) delle operazioni a livello nazionale: tale percentuale non si distanzierebbe troppo- secondo gli addetti locali - dall'andamento riscontrabile nell'area. E il freno potrebbe rimanere tirato sino alla fine dell'anno. Il calo è sostanzialmente riconducibile alla diminuzione dei prestiti finalizzati all'acquisto di auto e moto, mentre aumenta il ricorso alla cessione del quinto dello stipendio. Per il 2008 il flusso di credito al consumo complessivamente finanziato nell'area ammonta a 10,1 miliardi (il 17% circa del totale erogato a livello nazionale); Emilia-Romagna e Toscana, con rispettivamente 3,8 miliardi e 4,1 miliardi di credito concesso, rappresentano il 79% di quanto ottenuto dalle famiglie del Centro-Nord. Questi livelli mostrano un leggero incremento su base annua (+1% l'intera area, con le Marche in controtendenza), in linea con la media nazionale (+1,4%). Con l'inizio 2009, arriva l'inversione di tendenza. Il calo del 14% a livello nazionale registrato da Assofin per i primi due mesi dell'anno è inlinea con le stime prudenziali degli operatori locali, che valutano, nell'area un trend di discesa tra il 13 e il 15 per cento. «Il calo del 14%, di cui è in larga parte responsabile l'andamento del settore auto, corrisponde grossomodo tra le varie regioni- nota Gregorio D'Ottaviano, direttore delle relazioni esterne di Findomestic Banca - Del resto non abbiamo mai utilizzato tassi di interesse regionali. Il fenomeno delle insolvenzeè fisiologico, dipende da motivi di carattere sociale, quali la perdita del lavoro, la malattia, la separazione tra coniugi: il caso della famiglia che fa il passo più lungo della gamba è estremamente raro. Difficile è ipotizzare che possano cadere in maniera drastica i consumi ordinari come elettrodomestici, hi-fi, televisioni- osserva D'Ottaviano - diverse invece sono le considerazioni relative al bene auto: sette automobili su dieci in Italia si vendono a rate, se crolla il settore, il calo arriva automaticamente». In questo quadro spicca in controtendenza soprattutto il ricorso alla cessione del quinto dello stipendio, che registra un incrementoboom del 45,2% annuo a febbraio 2009 (dato nazionale ma che si conferma anche per l'area del Centro-Nord) crescita che gli addetti ai lavori spiegano con l'estensione ai dipendenti degli enti privati, e successivamente ai pensionati, della possibilità di ricorrere a questa forma di prestito personale tradizionalmente riservata ai lavoratori pubblici. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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La crisi ad Est pesa su Udine (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Nord-Est sezione: EST data: 2009-04-22 - pag: 13 autore: Internazionalizzazione. Dalla Cdc focus sulla difficoltà dell'area La crisi ad Est pesa su Udine La crisi globale si è abbattuta con l'energia di uno tsunami sull'Est Europa, sconvolgendo economie la cui fragilità era stata solo in parte mascherata da crescite del Pil su percentuali più elevate rispetto all'Occidente. Un'economia drogata, si è detto, da grandi iniezioni di liquidità e da una propensione all'indebitamento di cui i cittadini stanno pagando in prima persona le conseguenze ora che il deprezzamento delle loro divise nazionali sta gonfiando le rate di mutui contratti spesso in valuta estera. In un mondo sempre più interdipendente, le difficoltà delle economie dell'Est rischiano di riverberarsi negativamente anche sul Friuli-Venezia Giulia, per cui quei Paesi sono partners commerciali importanti ma anche destinazioni finali di molte operazioni d'internazionalizzazione e partnership. Se ne discuterà domani a Udine nel corso della tavola rotonda organizzata dalla Camera di commercio friulana e dalla Fondazione Crup, intitolata "La crisi economica e finanziariadei Paesi dell'Europa Orientale: le ricadute sul sistema economico italiano", programmata dalle ore 10 nella sala della Fondazione Crup, in via Manin 15. Fra i relatori, Patrizia Tiberi, docente dell'ateneo friulano che esporrà il quadro macroeconomico internazionale, Marco Giansoldati, dell'Università di Venezia, che entrerà nel dettaglio della situazione economica dei Paesi dell'Est, e Stefano Miani, docente dell'Università di Udine e segretario dell'Ossfi, il quale tratterà il tema degli effetti della crisi finanziaria di quell'area sulle imprese regionali. Daniele Bordina, della Direzione rete estera e Sviluppo di Intesa SanPaolo Spa, analizzerà infine i rapporti del sistema creditizio locale con quegli Stati. Secondo il presidente camerale Giovanni Da Pozzo, che introdurrà il convegno, «l'importanza dell'economia dei Paesi dell'Europa Orientale per il nostro territorio è evidenziata dai numeri. Basti pensare che nel 2008 verso sei Paesi dell'area come Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Slovenia, Crozia e Ungheria abbiamo venduto prodotti per 1,8 miliardi, il 15% dell'export regionale. Rapporti importanti, estesi anche alle collaborazioni economiche realizzate attraverso processi di delocalizzazione e joint ventures. Il loro momento di difficoltà può ripercuotersi – chiarisce Da Pozzo – anche sugli interessi e il rating delle banche italiane». M. Piz. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Le società di capitale resistono (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: ECO-IMP. Toscana data: 2009-04-22 - pag: 10 autore: Bilanci. Osservatorio Unioncamere-Ateneo Firenze: nel 2008 solo +1,8% le Pmi manifatturiere in rosso Le società di capitale resistono L'avvio di nuove imprese ad alta redditività compensa le difficoltà del settore FIRENZE Andrea Gennai Un dato per certi versi sorprendente. A fronte di uno scenario congiunturale sfavorevole, le società di capitale del settore manifatturiero in perdita, nel 2008, sono aumentate solo dell'1,8 per cento. A dirlo è una simulazione realizzata dall'Osservatorio sui bilanci delle società di capitale (Unioncamere Toscana e Dipartimento di Scienze aziendali dell'università di Firenze). In Toscana operano 6.574 società di capitale nel settore manifatturiero (con bilanci superiori ai 500mila euro) e, di queste, 1.817 nel 2008 sarebbero risultate in perdita: circa il 27% del totale, con un aumento dell'1,8% rispetto all'anno precedente. L'impatto della crisi finanziaria, che ha cominciato a far sentire i suoi effetti già in settembre, è stato tutto sommato contenuto. «Una delle possibili spiegazioni – commenta Francesco Dainelli, ricercatore presso il dipartimento di Scienze aziendali dell'ateneo fiorentino – è che le società di capitale toscane hanno un elevato turnover. Cinque anni fa il 50% delle società attuali non esisteva o fatturava meno di 500mila euro. Le new entry hanno tendenzialmente un risultato migliore sul fronte della redditività, evidentemente perché intercettano bisogni nuovi del mercato e sanno fronteggiare meglio la concorrenza». Un invito alla prudenza, soprattutto per quanto accadrà nel 2009, arriva da Unioncamere. «Visti tempi e modalità con cui la crisi si è manifestata – spiega Enrico Ciabatti, segretario generale di Unioncamere Toscana – occorre evidenziare che i riflessi sui bilanci delle imprese si avvertiranno soprattutto sui conti del 2009. D'altra parte ciò che è stato registrato in questi ultimi mesi, in termini di aumento della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, di difficoltà nel ricorso al credito, di perdita di ordini e fatturato, lascia spazio a pochi dubbi». L'Osservatorio ha anche presentato il rapporto sui bilanci di tutte le società di capitale per il periodo 2003-2007: sono 21.347 le società che nel 2007 avevano un fatturato superiore ai 500mila euro. Dall'indagine emerge che, nel 2007, le società di capitale sono numericamente cresciute (+2,2%), anche se a un ritmo inferiore rispetto all'anno precedente. La crescita è stata omogenea per classi dimensionali e distribuzione geografica. Resta quindi inalterato il peso economico delle diverse province della Toscana, se si eccettua il sorpasso di Pisa su Lucca dovuto, soprattutto, al calo di imprese registrato in quest'ultima provincia. Le aziende mostrano un'elevata fluidità all'interno del sistema economico. Ogni anno, il tasso di entrata di nuove imprese è del 15% a fronte di uno di uscita del 13%, mentre le imprese attive da oltre cinque anni non raggiungono il 50 per cento. Più rigida, invece, la mobilità fra le classi dimensionali. Le aziende tendono in prevalenza a restare confinate nel segmento di appartenenza. Complessivamente, sul piano economico, il 2007 è stato un anno positivo per le società di capitale toscane (sono aumentate dell'1,7% le imprese in utile). «A questo risultato –commenta Dainelli – non è estraneo l'andamento del carico fiscale che, dopo anni di crescita sostenuta, si è ridotto in conseguenza delle modifiche introdotte alla normativa Irap in tema di cuneo fiscale ». a.gennai@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA

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(sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

VETRINA ECONOMIA pag. 20 «Export giù, ma marzo è positivo» A febbraio disavanzo di 4,4 miliardi. Scajola: dati vecchi, ordini a più 3,5% IL FONDO MONETARIO: LA RECESSIONE COSTERA' 4MILA MILIARDI MILANO FORSE come ha detto Tremonti e ripetuto ieri il ministro allo Sviluppo economico Scajola il peggio è passato. Ma certo la crisi globale continua a pesare anche sull'andamento della nostra economia. L'ultimo dato negativo diffuso dall'Istat riguarda la bilancia commerciale che archivia i primi due mesi dell'anno con un disavanzo di 4,4 miliardi di euro. L'Italia produce meno e quindi esporta e importa meno. Soprattutto verso i Paesi dell'Unione Europea nei confronti dei quali l'interscambio è sceso del 27%. Ma il ministro Scajola rassicura che si tratta di una foto vecchia di un mese («a febbraio abbiamo toccato il fondo»), mentre i dati di marzo sono in controtendenza: «Gli ordinativi dall'estero in marzo sono saliti del 3,5%» informa Scajola. Queste speranze sono però schiacciate dall'andamento della crisi finanziaria globale. Il Fondo monetario ha aggiornato il costo della crisi, in preparazione al summit del Fondo e della Banca Mondiale che si svolgerà nel fine settimana. Per il sistema finanziario mondiale la svalutazione di tutti gli asset tossici potrebbe salire all'iperbolica cifra di 4mila miliardi di dollari entro il 2010, di cui due terzi in carico alle banche. La stima comprende tutti gli asset tossici originati su tutti i mercati mondiali e detenuti da banche e altre istituzioni finanziarie. Negli Stati Uniti le potenziali svalutazioni su titoli e prestiti dal 2007 al 2010 sono salite a 2.700 miliardi; per l'Europa il conto della crisi fra prestiti e titoli è stimata in 1.193 miliardi di dollari. Per le sole banche europee il Fondo stima perdite per 737 miliardi. «Il sistema finanziario resta sotto un severo stress, mentre la crisi si allarga includendo famiglie, aziende e banche» ammonisce il Fondo monetario. Il credit crunch globale sarà dunque «profondo e duraturo» e se non si ripuliscono i bilanci bancari dagli asset tossici («senza escludere ricapitalizzazioni e anche una nazionalizzazione temporanea delle banche») la crisi del credito potrebbe continuare a premere al ribasso sull'economia reale. In questa operazione di pulizia « le banche Usa sono a metà strada, mentre l'Europa è un po' più indietro». SECONDO gli economisti di Washington la sfida principale ora è quella di «spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia globale e l'esito sarà dettato dalla volontà politica» dice un dirigente del Fmi. Intanto gli esperti del Fondo lanciano l'allarme in particolare sul deterioramento dei conti pubblici di tutti i Paesi: in Italia alla fine dell'anno prossimo il debito pubblico salirà al 121% del Pil rispetto al 106% dell'anno scorso. Ma il debito statale salirà del 19% anche in Germania, del 27% negli Stati Uniti e addirittura del 30% in Giappone.

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Filse e Cdc in campo per le Pmi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Ovest)" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Nord-Ovest sezione: ECONOMIA e IMPRESE Liguria data: 2009-04-22 - pag: 17 autore: Accesso al credito. Finanziaria ligure e sistema camerale mettono a disposizione 3,2 milioni Filse e Cdc in campo per le Pmi Effetto moltiplicatore sugli investimenti movimentabili, per ora in calo GENOVA Jada C. Ferrero Investimenti pochi, fabbisogno di circolante molto. è la fotografia delle attuali esigenze di credito delle imprese, liguri comprese. Dal monitoraggio sui vari aiuti disponibili a livello locale e sui bandi regionali in corso emergono una propensione agli investimenti rallentata ma non estinta e una carenza di liquidità sempre più spinta. L'accesso al credito, anche alla luce di Basilea 2, è uno dei nodi di sempre, oggi più delicato che mai, come hanno ricordato recentemente Giovanni Calvini, presidente di Confindustria Genova (che ieri ha presentato un'indagine relativa agli effetti della crisi finanziaria sull'operatività aziendale), e Fabrizio Ferrari, numero uno del gruppo Piccola industria. Incassa interesse lo strumento "anticrisi" per le Pmi lanciato da Filse, finanziaria regionale, e sistema camerale ligure: due fondi di garanzia pubblici con dote di 3,2 milioni ( uno immesso da Unioncamere) in sostegno delle Pmi. L'iniziativa, che si stima possa movimentare finanziamenti per 64 milioni, coinvolge sette Confidi di primo grado; i fondi (per consolidamento di esposizione bancaria pregressa o nuovo cash) coprono direttamente (entro i 150mila euro a impresa) il 60% del rischio assunto in primo grado da ogni Confidi. Hanno aderito all'accordo Carige (e altre del gruppo, come Carisa e Caricarrara), San Giorgio, Popolare di Novara, Popolare di Lodi, Cassa di Risparmio della Spezia, Unicredit, con la disponibilità di un plafond fino a un massimo di 105 milioni (tasso a partire da un punto percentuale sull'Euribor). Fra il 1Ú novembre (è retroattivo a questa data) e il 31 marzo i soli Fidimpresa e Mediocom, i due maggiori Confidi liguri, hanno attivato 17,2 milioni di finanziamenti, con circa 7 milioni di garanzie fra proprie e controgarantite, arrivando a opzionare il 18% del budget. Il sistema ligure delle imprese dà comunque segnali di vitalità: «Il fatto che prima della crisi pianificasse investimenti notevoli a prescindere dagli aiuti pubblici – rileva Edoardo Bozzo, presidente di Filse – è confermato dalle circa 1.200 domande pervenute alla recente riapertura dei termini per accedere agli ultimi fondi del Docup 2000-2006, che attestavano 240 milioni di investimenti effettuati dalle imprese dal 2007, con richieste per 60 milioni a fronte di circa 30 di dote. Può anche essere letto come una volontà, ora, di ricostituire la liquidità». Altri elementi utili per leggere i trend in corso vengono dai primi tre bandi (innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, servizi avanzati per le imprese) del Por 2007-2013, con complessivi 50 milioni in palio: oltre mille le domande incassate da inizio marzo (chiudono il 3 giugno). E ancora, indicazioni arrivano dagli incentivi per le Pmi del commercio, recentemente riformati. Non brilla il bando per riammodernamenti nel piccolo commercio, il cui flusso di domande, alla vigilia di Pasqua, arrivava a erodere, con 132 pratiche, soltanto 2,15 dei 5 milioni del budget (scade d'altronde il 31 dicembre). Non esaurita nemmeno la dote per la creazione d'impresa (37 domande per 1,2 milioni su 2 disponibili). Merita un discorso a sé «Ad Hoc Turismo», strumento per finanziare investimenti delle Pmi del comparto (per loro, bandi regionali invece al via il 30 giugno) frutto di una convenzione fra Regione e Abi (15 banche aderenti), esteso a strutture ricettive, stabilimenti balneari, bar e ristoranti. Le condizioni che ne avevano determinato il successo al lancio ( quasi 200 dossier perfezionati nel 2007), in specie lo spread basso a fronte di un Euribor lontano dall'odierno, ne determinano oggi il flop. «Ma la nostra parte l'abbiamo fatta», afferma Bozzo. Da Abi arriva disponibilità «a rivitalizzare lo strumento, valido – secondo il presidente regionale Riccio da Passano, direttore centrale rete Liguria Carige – sotto più profili. Con Confindustria condividiamo i quattro fronti per affrontare la crisi: patrimonializzazione delle imprese, potenziamento dei Confidi, logiche di trasparenza nei rating, presidio nel ritardo dei pagamenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Fmi: la crisi non è finita costerà 4000 miliardi (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Fmi: la crisi non è finita costerà 4000 miliardi LAURA MATTEUCCI Il Fondo Monetario Internazionale fa i conti della crisi che, avverte, durerà ancora a lungo e che entro il 2010 costerà fino a 4mila miliardi di dollari. Ad oggi, almeno, dato il continuo rivedere le stime delle svalutazioni. Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche». Troppo presto, quindi, per dire che si sta uscendo dalla crisi, anzi in Europa la situazione potrebbe persino peggiorare, secondo l'Fmi, per il peso dei problemi dei Paesi dell'Est: le forti interconnessioni finanziarie fra le due aree aumentano il pericolo di «un ciclo vizioso avverso» in Europa. Una risposta indiretta alle parole del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che l'altro giorno ha annunciato l'imminente uscita dal tunnel, con i primi segnali di ripresa già a luglio. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani risponde direttamente: «La crisi non è affatto finita, per il 2009 si confermerà il peggiore risultato del Pil per tutto il dopoguerra e prima della seconda metà del 2010 non ci saranno segnali di ripresa - dice - È singolare che da una settimana all'altra si possa passare da una preoccupazione a un ottimismo non fondato su elementi concreti». La crisi acuisce anche i problemi di bilancio. Per l'Italia l'Fmi stima che il debito pubblico salirà nel 2010 al 121%, con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008. I mercati finanziari, ieri, hanno peraltro oscillato parecchio, e solo sul finale l'Europa (e Milano) è riuscita a limitare le perdite e chiudere piatta, in scia a Wall Street. IL "PERICOLO" VIENE DALL'EST «Non abbiamo particolari preoccupazioni per le banche che hanno investito all'Est». Questo, almeno, è il parere del direttore dell'Abi, Giuseppe Zadra, secondo il quale le perdite «non sono mai preoccupanti sotto il profilo della stabilità della banca: sono perdite che quelle banche possono sicuramente gestire». Per il Fondo monetario, invece, l'Italia rischia tanto quanto altri paesi. La maggior parte delle economie emergenti europee - spiega - sono infatti dipendenti dalle banche dell'Europa occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi». SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il 2010 a 737 miliardi di dollari contro i 1.604 miliardi delle banche statunitensi. «La sfida principale della crisi in atto - secondo gli analisti di Washington - è quella di spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia globale». Per questo il Fondo invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze». Con un'avvertenza: «C'è il rischio che i governi siano riluttanti ad allocare abbastanza risorse», visto che l'opinione pubblica sta assumendo un «atteggiamento disilluso su quello che percepisce, in alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». Un altro rischio, poi, è il deterioramento dei conti pubblici, che non è un problema limitato all'Italia: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87% con un aumento di 19 punti percentuali, negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%. La crisi costerà oltre 4mila miliardi di dollari in termini di svalutazioni. Il Fmi: il sistema finanziario resta «sotto stress, e la crisi si allarga». «Siamo a un punto di svolta». E invita i governi ad adottare misure forti. Foto di Michael Reynolds/Ansa-Epa

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Il Fondo Monetario Internazionale fa i conti della crisi che, avverte, durerà ancora a lungo e ... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Fondo Monetario Internazionale fa i conti della crisi che, avverte, durerà ancora a lungo e che entro il 2010 costerà fino a 4mila miliardi di dollari. Ad oggi, almeno, dato il continuo rivedere le stime delle svalutazioni. Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche». Troppo presto, quindi, per dire che si sta uscendo dalla crisi, anzi in Europa la situazione potrebbe persino peggiorare, secondo l'Fmi, per il peso dei problemi dei Paesi dell'Est: le forti interconnessioni finanziarie fra le due aree aumentano il pericolo di «un ciclo vizioso avverso» in Europa. Una risposta indiretta alle parole del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che l'altro giorno ha annunciato l'imminente uscita dal tunnel, con i primi segnali di ripresa già a luglio. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani risponde direttamente: «La crisi non è affatto finita, per il 2009 si confermerà il peggiore risultato del Pil per tutto il dopoguerra e prima della seconda metà del 2010 non ci saranno segnali di ripresa - dice - È singolare che da una settimana all'altra si possa passare da una preoccupazione a un ottimismo non fondato su elementi concreti». La crisi acuisce anche i problemi di bilancio. Per l'Italia l'Fmi stima che il debito pubblico salirà nel 2010 al 121%, con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008. I mercati finanziari, ieri, hanno peraltro oscillato parecchio, e solo sul finale l'Europa (e Milano) è riuscita a limitare le perdite e chiudere piatta, in scia a Wall Street. IL "PERICOLO" VIENE DALL'EST «Non abbiamo particolari preoccupazioni per le banche che hanno investito all'Est». Questo, almeno, è il parere del direttore dell'Abi, Giuseppe Zadra, secondo il quale le perdite «non sono mai preoccupanti sotto il profilo della stabilità della banca: sono perdite che quelle banche possono sicuramente gestire». Per il Fondo monetario, invece, l'Italia rischia tanto quanto altri paesi. La maggior parte delle economie emergenti europee - spiega - sono infatti dipendenti dalle banche dell'Europa occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi». SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il 2010 a 737 miliardi di dollari contro i 1.604 miliardi delle banche statunitensi. «La sfida principale della crisi in atto - secondo gli analisti di Washington - è quella di spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia globale». Per questo il Fondo invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze». Con un'avvertenza: «C'è il rischio che i governi siano riluttanti ad allocare abbastanza risorse», visto che l'opinione pubblica sta assumendo un «atteggiamento disilluso su quello che percepisce, in alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». Un altro rischio, poi, è il deterioramento dei conti pubblici, che non è un problema limitato all'Italia: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87% con un aumento di 19 punti percentuali, negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%.

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MERCATI E TRUCCHI CONTABILI (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Alberto Bisin MERCATI E TRUCCHI CONTABILI Molti osservatori economici tirano il fiato in questi giorni: il peggio della crisi finanziaria sembra finito, le maggiori banche americane addirittura segnano profitti per il primo trimestre. Alcuni si estendono fino a prevedere una ripresa economica a partire dall'estate. In verità previsioni di questo tipo sono statisticamente così imprecise da essere poco più di un esercizio divinatorio. Possiamo però analizzare una delle ragioni principali di tale ottimismo: i risultati positivi delle banche, Citigroup e Bank of America in particolare. Purtroppo, così facendo, ci accorgiamo che i loro risultati trimestrali positivi sono in parte fittizi, dovuti a trucchi contabili. Le nuove norme istituite dall'istituto preposto alla definizione delle regole contabili delle società (il Financial Accounting Standards Board) hanno permesso alle banche di contabilizzare le attività «tossiche» ancora nei propri bilanci, non al valore di mercato, ma ad un valore che le banche stesse ritengono accurato in presenza di una crisi di liquidità. In sostanza le banche hanno una certa libertà nel sopravvalutare rispetto al mercato le proprie attività. Un altro trucco contabile permette alle banche di sottovalutare le proprie passività, come il debito obbligazionario. Il valore di mercato delle obbligazioni di una società in crisi, a rischio di fallimento, è basso - proprio perché il mercato attualizza il rischio di fallimento. Permettere alle banche di contabilizzare il proprio debito al valore di mercato, come accade in questi giorni, significa in un certo senso permettere loro di cancellare buona parte dei propri debiti dal bilancio con un tratto di penna. In altre parole, nel caso estremo di una società in fallimento non ci sono debiti, ma questo ovviamente non significa che la società sia in buona salute. Insomma, non è difficile segnare profitti se le regole contabili permettono di sopravvalutare le attività e sottovalutare le passività. Questi trucchi sono purtroppo parte di una generale tendenza alla mancanza di trasparenza del governo americano in materia finanziaria. Il Tesoro ha infatti direttamente favorito, se non richiesto, l'istituzione di queste nuove norme contabili. Esso sembra inoltre intenzionato addirittura a cambiare le condizioni del proprio intervento nei mercati finanziari, da azioni privilegiate a ordinarie, per manipolare i risultati dello stress test delle banche che esso stesso sta conducendo. La misura del capitale delle banche utilizzata nello stress test infatti include azioni ordinarie ma non azioni privilegiate. Il Tesoro finirà quindi per addossare ai contribuenti un'altra significativa frazione di rischio del sistema finanziario e finirà per sottomettere l'attività delle banche a maggiore controllo politico (le azioni ordinarie, a differenza di quelle privilegiate, hanno diritto di voto). Tutto questo solo per manipolare un indice contabile e controllare l'informazione finanziaria da rendere pubblica? Questa mancanza di trasparenza è estremamente deleteria per l'andamento dei mercati finanziari. I risparmiatori e gli investitori non hanno modo di distinguere chiaramente le buone notizie dalle cattive. Alcune banche infatti hanno certamente migliorato la propria situazione, ad esempio approfittando della liquidità iniettata dalla Fed nel sistema, ma in queste condizioni è difficile se non impossibile capire quali di esse lo abbiano fatto. La volatilità del mercato riflette anche e soprattutto questa incertezza di fondo. A questo proposito gravissima è anche la versione italiana dei trucchi contabili americani, insita nelle recenti norme che permettono alle società quotate di riacquistare fino al 20 per cento delle proprie azioni e che esentano dall'Offerta Pubblica di Acquisto l'azionariato di controllo (che passasse dal 30 al 35 per cento). L'unica funzione di queste norme è quella di mantener saldi i gruppi di controllo delle imprese quotate ad azionariato diffuso. In un mercato azionario come quello italiano, già caratterizzato dalla concentrazione del controllo e da un certo sprezzo per gli interessi degli azionisti di minoranza, queste norme vanno nella direzione opposta a quella desiderabile. Tendono infatti ad inibire quello sviluppo e quella competizione nei mercati dei capitali che sono necessari per sostenere una duratura crescita dell'economia italiana una volta che quella mondiale sia ripartita.

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Parlamentari europei in pensione più tardi (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

NON CI SONO SOLDI Parlamentari europei in pensione più tardi A 63 e non a 60 anni perché il fondo apposito dal 2007 ha perso 70 milioni [FIRMA]MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES La previdenza integrativa degli eurodeputati rischia il crac. Dall'inizio della crisi finanziaria, ovvero da metà 2007, il fondo che garantisce la pensione extra per i membri del Parlamento a dodici stelle ha perso 70 milioni di capitalizzazione. «Dal 2010 ci saranno problemi a sostenere gli impegni», avverte una nota interna del segretariato generale. Inevitabile correre ai ripari, salvando i conti, non la faccia dei gestori sulle cui scelte sarebbe utile fare luce. Così l'istituzione s'è impegnata a garantire di tasca propria i pagamenti, e ha dato un giro di vite ai benefici di cui godevano gli onorevoli. I quali d'ora in poi otterranno l'assegno Ue a 63 anni e non a 60. E non potranno chiedere il vitalizio «baby» attualmente assicurato ai cinquantenni. Lo strumento complementare «volontario» è stato introdotto a Strasburgo nel 1989, anche per riequilibrare la situazione dei diversi deputati che - in quel momento - non potevano contare su una protezione nazionale, cosa che valeva in origine per italiani e francesi. Dalla prossima legislatura il metodo cambia e i soldi li metterà tutti l'Europa. Lo strumento integrativo smetterà di raccogliere contributi, ma non di occuparsi di un migliaio di parlamentari, ex o in carica. Per loro, se ci sarà copertura, è stato un affare, visto che per ogni mille euro versati ne sono arrivati 2000 dal Parlamento. Buono e tuttavia imperfetto, visto che i nuovi deputati non verseranno un cent. Il sistema è da sempre al centro di polemiche che la tempesta finanziaria ha acuito facendo emergere strategie di investimento a dir poco coraggiose. «Speculative», si suggerisce nei palazzi europei. «Troppe sterline», dice un'altra fonte, sottolineando che il responsabile è inglese. A metà 2007 il fondo capitalizzava 218 milioni. Il 31 gennaio era a 160. Poi è calato ancora, altri 10 milioni. Il documento del segretariato paventa l'ipotesi di bancarotta. «Una bufala - ribatte Luigi Cocilovo, vicepresidente dell'assemblea (Pd) -. Se per assurdo liquidassimo tutto, saremmo in grado di pagare sino al 2023». Solo allora, e nel peggiore dei casi, ci sarebbe il crac. C'è chi la pensa altrimenti. E, comunque, l'ufficio di presidenza ha riscritto le regole. Pensione a 63 anni, niente anticipo del 25 della rendita, no al vitalizio per i cinquantenne. Più un invito a gestire il fondo «in modo più prudente e bilanciato», e una promessa di copertura totale dei soldi eventualmente persi di cui gli Stati hanno messo già i due terzi. Per assurdo, sarebbe come pagare due volte. Non succederà, assicura Cocilovo. Fra quindici anni vedremo se ha ragione lui o le Cassandre che prevedono il tracollo.

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Fmi Ecco i conti della crisi: costerà 4mila miliardi (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 96 del 2009-04-22 pagina 1 Fmi Ecco i conti della crisi: costerà 4mila miliardi di Redazione La crisi finanziaria globale arriverà a costare nel 2010 oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede le cifre nuovamente al rialzo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa? (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

Premessa: fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata: continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato). Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su "il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra, però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto, spesso senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo modo si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog? Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post). Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi, blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia, giornalismo Commenti ( 17 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po' sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo, purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri, dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza, disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia, notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee, non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 62 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 40 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.6 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 74 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 41 ) » (10 voti, il voto medio è: 3.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.71 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 41 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (12) blog (2) capitalismo (13) cina (19) comunicazione (5) crisi (19) democrazia (64) economia (34) era obama (19) europa (15) francia (26) germania (6) giornalismo (55) giustizia (2) gli usa e il mondo (68) globalizzazione (49) immigrazione (41) islam (20) israele (2) Italia (157) lega (1) manipolazione (8) medio oriente (13) notizie nascoste (49) partito democratico (5) pdl (4) politica (4) presidenziali usa (23) progressisti (3) referendum (1) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (30) spin (9) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica - pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere: "La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli), comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 23 ) » (4 votes, average: 4 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale, aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al 2002 ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede ed è dunque ben conosciuto da Papa Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi dicastero curiali di origine polacca diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i cardinali Zenon Grocholewski all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al Pontificio consiglio per i laici). Scritto in Varie Commenti ( 31 ) » (8 votes, average: 3.25 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica sociale, i tempi si allungano (a causa della crisi) Quando sarà pubblicata la terza enciclica di Benedetto XVI? Il progetto iniziale prevedeva che uscisse l'anno scorso, le prime anticipazioni - a partire dal titolo, "Caritas in veritate" - risalgono infatti ai primi mesi del 2008. Doveva essere pubblicata nel quarantesimo anniversario dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI (marzo 1968), poi il cardinale Segretario di Stato disse che sarebbe slittata probabilmente a ridosso dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine anno il testo sembrava pronto, dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del neo-arcivescovo di Monaco di Baviera, monsignor Marx. La crisi finanziaria aveva provocato un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava per certo che l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San Giuseppe - e resa nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a maggio (firmata il 1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra definitivamente tramontare e nei sacri palazzi è opinione diffusa che l'enciclica sociale possa vedere la luce a ridosso dell'estate, se tutto va bene. Quali sono le cause del ritardo? Fonti autorevoli confermano al Giornale che il problema sarebbe stato rappresentato proprio dalla parte aggiunta al testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La stesura fin qui approntata, infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del Pontefice che, ovviamente, per passaggi "tecnici" di documenti così importanti, è solito affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire, a chiedere modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta dunque essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato di Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le nomine curiali attese nelle prossime settimane (o nei prossimi mesi) c'è quella del nuovo "ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario cardinale Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà al suo posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere sostituito, sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria di Stato, invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci di una promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano al momento prive di fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad arrivare le promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin (sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo Sardi, che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il Papa per la stesura dei discorsi. Sardi dovrebbe ricevere un incarico presso l'Ordine di Malta, e al suo posto potrebbe andare monsignor Gloder. Infine, si parla con insistenza della possibilità di un prossimo cambio alla direzione della Sala Stampa vaticana. Ma al momento non è stata presa alcuna decisione al riguardo. Scritto in Varie Commenti ( 73 ) » (14 votes, average: 3.07 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile. Scritto in Varie Commenti ( 72 ) » (13 votes, average: 3.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 11Apr 09 Buona Pasqua ai naviganti, un abbraccio ai terremotati Cari amici, oggi, Sabato Santo, è la giornata del silenzio e dell'attesa. Duemila anni fa, quel giorno, gli undici apostoli e i discepoli di Gesù erano affranti, abbattuti, impauriti per la fine tremenda che era toccata al loro maestro. C'è solo una donna che vive quelle ore d'angoscia e di dolore presentendo che qualcosa sta per accadere: Maria. Questa notte la Chiesa celebra il rito più importante dell'anno, la veglia della luce. Questa notte l'unico uomo che nella storia abbia detto di sé "io sono la via, la verità e la vita", risorge e con il suo corpo glorioso, appartenente ormai alla dimensione dell'eternità, si fa vedere, si fa nuovamente incontrare, mangia e beve con i suoi amici. Che da impauriti si trasformano in instancabili annunciatori della resurrezione di Gesù. E' il cuore dell'annuncio cristiano, il fondamento della fede. Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato agli indizi di storicità di quell'evento straordinario e unico. Credere nella resurrezione è un atto di pura fede, nessuna dimostrazione scientifica o prova storica potrà mai convincere qualcuno. Ma il credente sa di non scommettere la sua vita sui fantasmi, sulle leggende o sulle proiezioni mentali di qualche mistico invasato. Sa che ci sono ragionevoli indizi per credere. E' il modo con cui vorrei augurare buona Pasqua a ciascuno di voi, avendo gli occhi e il cuore ancora pieni di dolore per la tragedia accaduta in Abruzzo. Ieri è stato davvero un Venerdì Santo di Passione. La grande domanda, il grido straziante dell'uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, al dolore innocente è scolpita nei tanti volti di coloro che sono stati colpiti dal sisma. Di fronte a questo grido, non valgono i discorsi, le frasi fatte, l'esposizione di una dottrina. Personalmente mi sento incapace di dire alcunché. Ma questa domanda ha avuto una risposta: Dio, all'uomo che soffre, non ha offerto una soluzione, ma una compagnia, quella di suo Figlio, che ha sofferto ed è morto sulla croce, Lui, il giusto innocente. Si è fatto ammazzare per noi, per i nostri peccati. La risposta di Dio è stata l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù. L'unica risposta a quella domanda senza risposta, può essere soltanto l'abbraccio, la compassione, la compagnia, la vicinanza. Buona Pasqua a tutti. Scritto in Varie Commenti ( 54 ) » (12 votes, average: 4.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Alta tensione tra Obama e la Chiesa. Le messe di Langone Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato alla tensione crescente fra la Chiesa Usa e il presidente Barak Obama. Tensione che coinvolge anche il Vaticano: da settimane infatti si è creato un impasse per la nomina del nuovo ambasciatore Usa, che dovrà sostituire Mary Ann Glendon (designata da Bush e notoriamente vicinissima alle posizioni di Benedetto XVI). La Santa Sede vorrebbe un diplomatico professionista cattolico e non un politico del partito democratico da premiare per il suo sostegno alla campagna di Obama. Non è facile infatti trovare infatti politici cattolici del partito democratico che non siano "pro choice" sull'aborto. Nelle pagine culturali, inoltre, ho ampiamente recensito il nuovo libro di Camillo Langone: una guida Michelin alle messe italiane. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (9 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 06Apr 09 I "trafficanti di uomini" All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati, lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in Nord America. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (7 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II "continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 57 ) » (11 votes, average: 4.91 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr 09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 142 ) » (10 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 26Mar 09 Una nuova "Inchiesta sulla Sindone" S'intitola "Inchiesta sulla Sindone" il nuovo libro del vaticanista (e amico) Marco Tosatti, in libreria in questi giorni, edito da Piemme. Un ottimo modo per prepararsi all'ostensione del 2010 e per fare il punto sulla misteriosa immagine dell'uomo morto crocifisso, che una controversa datazione al radiocarbonio nel 1988 ritenne d'età medioevale, pur essendoci numerosissimi altri indizi che la facevano risalire, invece, al primo secolo dell'era cristiana. Tosatti descrive la storia del lino sul quale - in modo inspiegabile, e più inspiegabile oggi che vent'anni fa - si è impressa un'immagine che rappresenta un negativo fotografico. Una delle parti del libro che mi ha colpito di più è quella dedicata all'esame al radiocarbonio, sulla cui correttezza è lecito sollevare più di un dubbio: i risultati dei tre laboratori, infatti, non avevano il margine minimo di compatibilità stabilito, e si sarebbe dovuto ripetere nuovamente il test. Senza contare che proprio questo esame ha fallito clamorosamente, datando come vecchie di 400 anni foglie di platano raccolte il giorno prima, oppure stabilendo al 1600 la fattura di una tovaglia moderna, o ancora datando all'800 dopo Cristo dipinti africani che avevano invece solo undici anni. Con contributi scientifici e nuove testimonianze, il libro mostra quanto si faccia bene a dubitare su quel dato che permise di affermare che la Sindone sarebbe in reltà un manufatto medioevale. Anche se bisogna sempre tener presente il metodo di Dio, applicabile anche a questo caso: lasciare sempre sufficiente luce per chi vuole credere, e sufficiente tenebra per chi non vuole credere. Scritto in Varie Commenti ( 125 ) » (19 votes, average: 4.63 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono Andrea Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti Categorie Varie (344) Ultime discussioni Quixote: Per chi fosse rimasto impressionato dalla perentoria e gratuita affermazione di Isideo (cristianesimo =... Artefice1: Sasso il fatto è che non è proprio Credibile. Parla di Giustizia, di Creazione, di Dio, come se Dio... sasso: stiamo assistendo alla "giudaizzazione liberista della della rai " che è veramente... Artefice1: Mauro .te l'ho già detto. L'Economia parte dall'Essere, non dal profitto che sarebbe la... Artefice1: Marina Cara..prova a ripensare magari CON questo spunto. Ribadisco che solo l'Unicità... Gli articoli più inviati Il voto "veltroniano" di Maria: lettera blasfema di don Farinella - 13 Emails Messe show, facciamo un catalogo? - 10 Emails Accordo tra S.Sede e lefebvriani, conto alla rovescia - 9 Emails Nasce a Roma la prima parrocchia personale in rito antico - 8 Emails Caso Williamson, Benedetto XVI scrive ai vescovi - 8 Emails Amato ai santi e il gesuita spagnolo Ladaria al Sant'Uffizio - 7 Emails Neocatecumenali, il Papa ha approvato gli statuti - 6 Emails Neocatecumenali, faranno la comunione in piedi - 6 Emails La battaglia finale - 5 Emails Dopo la messa tridentina, in Cattolica cambiano l'altare - 5 Emails Ultime news Istat, povertà assoluta per 2,5 milioni Fenomeno concentrato al Sud d'ItaliaAbruzzo, nuova scossa: paura nella notte e si teme il maltempoAosta, escono a fumare abbandonano tre figli in pizzeria e scompaionoLa giornata della Terra "Pensiamoci ogni giorno"Lavoro, Napolitano: "Rifare norma sui manager"Crisi, monito del Papa: è nata dalla cupidigiaVi raccontiamo com'era IndroPer il Csm la toga lumaca è solo una "grande lavoratrice"Casa, Di Pietro ne compra un'altra...Beckham: "Per stare qui ho rinunciato ai soldi" Blog Amici Dio: pace o dominio Il blog di Accattoli Il blog di Francesco Agnoli il blog di Fratel Ettore Il blog di Giacomo Galeazzi il blog di Jesùs Bastante Il blog di Magister il blog di Marcello Foa Il blog di Marco Tosatti Il blog di Matteo L. 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Grazie. Corrado: Mi scuso per la .http://blog.ilgiornale. it/tornielli/2008/07/02/roma-e -fraternita-san-pio-x-il-dialo go-va-avanti/Read "How can I tell the difference from phalaris grass that has DMT in it?" at Home & Garden The Daily P.E.E.P.: Antonio Cardinal Cañizares Llovera Abiura: Comment on Thornborn, un Dan Brown cattolico? by Rovere I più votati Violenze e minacce, dobbiamo vigilare - 107 Votes La comunione nella mano, la fine dell'inginocchiatoio - 57 Votes Milano e il motu proprio, la colpa è della stampa - 54 Votes La preoccupazione dei vescovi per il regime di Chavez - 51 Votes In difesa del cardinale Tettamanzi - 48 Votes Se lo storico replica: "Lei non sa chi sono io!" - 48 Votes Il Papa non andrà alla Sapienza - 42 Votes Ancora sugli statuti del Cammino, approvati dalla Chiesa - 40 Votes Il parroco trevigiano trasforma l'oratorio in moschea - 39 Votes Ebrei salvati da Pio XII: Bruno Ascoli, guardia palatina - 39 Votes Recent Posts Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute Enciclica sociale, i tempi si allungano (a causa della crisi) Il Papa dai terremotati Buona Pasqua ai naviganti, un abbraccio ai terremotati Alta tensione tra Obama e la Chiesa. 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Crisi mutui, suicida il direttore finanziario della Freddie Mac (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 22-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 96 del 2009-04-22 pagina 0 Crisi mutui, suicida il direttore finanziario della Freddie Mac di Redazione David Kellerman, 41 anni, trovato cadavere nella sua casa in Virginia. Era appena stato eletto numero uno della compagnia, responsabile del crollo del sistema finanziario dopo aver speculato sui mutui subprime Washington - David Kellerman, responsabile dei controlli finanziari della compagnia Freddie Mac, è stato trovato morto nella sua abitazione in Virginia. Potrebbe trattarsi di suicidio. Kellerman, che aveva 41 anni, era diventato il numero uno della compagnia, al centro dello scandalo per i mutui "facili" concessi a chi voleva comprare case. Kellerman lavorava per la Freddie Mac da 16 anni. La polizia conferma il decesso ma non la circostanza che si sia ucciso. La Freddie Mac, tra le società protagoniste della grande crisi finanziaria, è una società a controllo governativo che gestisce circa 13 milioni di mutui. L’ad David Moffett si era dimesso il mese scorso. Kellerman era stato nominato responsabile finanziario della società nel settembre scorso, dopo le dimissioni di Anthony "Buddy" Piszel, che aveva lasciato la dopo la decisione del governo di nazionalizzare la società. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Il manager dei mutui si impicca in cantina (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

La storia Sulla morte restano zone d'ombra L'UOMO DELLE CRISI LE PISTE Il manager dei mutui si impicca in cantina Era a capo di Freddie Mac: la Sec indagava su di lui FRANCESCO SEMPRINI Aveva già rimesso in sesto la contabilità dopo i crolli del 2003 Non ci sono tracce di problemi personali né di depressione NEW YORK David Kellerman, direttore finanziario del colosso paragovernativo dei mutui Freddie Mac, è morto. L'hanno trovato impiccato nel sottoscala della sua abitazione di Reston, cittadina della Virginia non lontana dalla capitale Washington D.C. L'ipotesi più accreditata è quella del suicidio, ha riferito alla polizia la moglie del manager, Donna: le forze dell'ordine non hanno riscontrato segni di scasso o indizi che avvalorino l'ipotesi di un delitto. Gli inquirenti, dopo aver indagato su possibili problemi personali di Kellerman, battono ora la pista professionale. David aveva 41 anni, da sedici lavorava in Freddie Mac. Importante è stato il suo contributo nella ricostruzione dell'impianto contabile nel 2003, dopo i gravi scandali finanziari di Wall Street. E a settembre 2008, quando l'agenzia venne salvata dal fallimento con un'iniezione diretta di capitali del governo, per Kellerman arrivò la nomina a direttore finanziario. Come per la gemella Fannie Mae, l'acquisizione del controllo da parte delle autorità federali per evitare il collasso dovuto alla crisi del mercato immobiliare e dei mutui, provocò in Freddie Mac un terremoto ai vertici. Sulla crisi della società definita in gergo tecnico «Government sponsored enterprise (Gse)» e sullo scampato crollo costato 30,8 miliardi di dollari ai contribuenti americani (oltre ai 15,2 di Fannie Mae), hanno aperto un'inchiesta la Sec (Consob Usa) e il dipartimento di Giustizia. Gli inquirenti hanno interrogato molti dipendenti del colosso paragovernativo per accertare eventuali violazioni. Di recente la stessa società ha reso noto di aver ricevuto un'ingiunzione dalla procura newyorkese per la trasmissione di bilanci e informative sulla governance aziendale. L'ingiunzione è stata poi ritirata e gli atti trasferiti alla procura della Virginia, per questioni di competenza territoriale, visto che Freddie Mac ha sede a McLean. Secondo fonti vicine alla vicenda sembra che una parte dei conti sui quali Sec e Giustizia stanno investigando fossero sottoposti al controllo di Kellerman, ma sino ad oggi non «non ci sono prove di frodi». Il ministro della Giustizia, Eric Holder, ha detto di «non avere idea» se si tratti di un gesto legato in qualche modo alle inchieste. In una nota divulgata dalla società invece, l'amministratore delegato ad interim, John Koskinen, spiega che «la famiglia Freddie Mac è profondamente rattristata per la scomparsa di un uomo di grande integrità etica e devozione professionale». «Rattristato» si è detto anche il ministro del Tesoro, Timothy Geitner. Qualsiasi sia la motivazione, l'estremo gesto di Kellerman ha colto tutti di sorpresa: nessuno aveva mai notato segni di ansia o depressione nel manager. Il fatto è avvenuto nella notte: alle 4 e 48 del mattino la polizia rispnde a una chiamata che proviene dacasa Kellerman. Al loro arrivo, gli agenti sono scesi nel seminterrato dove hanno trovato il corpo senza vita dell'uomo che oltre alla moglie lascia una figlia di cinque anni di nome Grace. È lunga lista dei manager che si sono tolti la vita a causa della crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie Madoff. Ma c'è anche gente comune: la scorsa settimana un uomo del Maryland ha ucciso moglie e tre figli e si é tolto la vita schiacciato dal peso dei debiti. Ieri in un albergo di Baltimora un avvocato immobiliare di New York ha ucciso la famiglia e si è tolto la vita: il suo nome potrebbe essere legato a un'inchiesta della procura newyorkese su una truffa gestita col famigerato schema Ponzi.

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"Smettiamo di comperare i prodotti dei francesi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

CRISI.PROTESTA CONTRO I TAGLI DEL GRUPPO SAINT GOBAIN A SAVIGLIANO E CERCASCA "Smettiamo di comperare i prodotti dei francesi" Il boicottaggio proposto dal sottosegretario Crosetto e dai sindacati [FIRMA]PIERO BERTOGLIO SAVIGLIANO «Comincio io. La mia famiglia. Gli amici. Lo diremo a tutti. Smettiamola di comperare prodotti francesi. Vedremo chi ci rimette di più. Se noi che perdiamo posti di lavoro, o loro. E qui di loro catene commerciali è pieno». Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa, a Savigliano è di casa. L'annunciata chiusura della Sekurit non gli va giù. «Ho chiesto l'intervento del Governo. Questi francesi della St. Gobain tagliano i posti in Italia, ma continuano a produrre vetri nei loro stabilimenti in Francia, che vendono poi alla Fiat e alla Ferrari per le nostre auto. Una vergogna». Tagli pesanti quelli decisi dai francesi: 350 posti cancellati con la Sekurit di Savigliano, e di conseguenza (la notizia è di ieri sera) altri 70 alla Astec che faceva i controlli qualità per la Sekurit. E sempre lo stesso gruppo francese annuncia 143 posti in meno a Cervasca alla Euroveder. Poche le possibilità di aprire tavoli e trattare. E allora ecco i blocchi dei cancelli per impedire che portino via i macchinari e l'idea del boicotaggio. I sindacati l'hanno fatta loro fissando per il 2 maggio una giornata di boicottaggio di tutti i prodotti del «made in France». Scelta destinata a scatenare polemiche anche perché in un'Europa del libero mercato parlare di protezionismo, di boicottaggio di prodotti da parte di un esponente di Governo, rischia di provocare scontri diplomatici. «Qui, chi la fa da padrone, sono loro. I francesi. Prendono, sfruttano, usano e gettano le persone. Senza rispettare nessuna regola», rincara Crosetto, deciso a farne una vera campagna e provocare l'incidente. E' che le tensioni con i francesi nella Granda ci sono da anni. Il primo caso a Moretta con la «Lactalis» della famiglia Besnier che da un giorno all'altro decide di chiudere l'ex Locatelli, lasciare 225 operai a casa e trasferire macchinari e marchi dei prodotti altrove. Poi l'Alstom Ferroviaria, anche qui francese, che ha annunciato qualche giorno fa al sindacato la prosecuzione della cassa integrazione per un massimo di 180 dipendenti lungo un periodo da 15 a 18 mesi. E il boicottaggio in qualche misura è già iniziato. Claude Pasco, amministratore e manager della Leclerc di Savigliano: «In seguito ai problemi di Sekurit e Alstom, sento crescere una forma di antifrancesismo. Voglio che si sappia che la nostra è un'impresa con sede a Savigliano, i cui azionisti, per il 98%, risiedono a Savigliano. Ci sentiamo pienamente un'azienda italiana che valorizza dei prodotti locali e siamo associati a Nordiconad, cooperativa del territorio della italiana Conad. I 110 dipendenti sono italiani».

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l'ad salvatori: i guai li ha fatti lui (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina V - Bologna La dirigenza ribatte colpo su colpo alle accuse sui problemi del gruppo bancario-assicurativo L´ad Salvatori: i guai li ha fatti lui "Non merita manco di fare commenti, noi abbiamo la nostra linea e andiamo avanti" «Questo gruppo non aveva strategia. Aveva una banca fuori dal suo perimetro e non sapeva cosa farne. Non c´era un a strategia sul credito né un´integrazione con il mondo assicurativo». Al secondo assalto di Consorte Carlo Salvatori, da tre anni Amministratore delegato del gruppo Unipol, tira fuori gli artigli e ribatte colpo su colpo per dire che i problemi del gruppo, a parte la crisi finanziaria che ha messo in difficoltà banche e assicurazioni di tutto il mondo, non sono di oggi, ma semmai vengono dalla vecchia gestione. «C´era situazione di confusione, con lo sgorbio di un´assicurazione piccola che ne controllava una grande», accusa Salvatori. E le sofferenze della banca per il 31%, dice, sono da attribuire ai primi 50 gruppi clienti, formati per lo più «da operatori di titoli immobiliari accordati prima del 2006», quindi ai tempi dell´ingegnere. Una sola ammissione di responsabilità da parte di Salvatori. «Ho trovato una banca in condizioni disastrose - dice senza mezzi termini Salvatori - ma abbiamo reagito subito, cambiando totalmente il vertice. Forse avrei dovuto farlo prima, e me ne assumo la colpa. Ma Unipol Banca ci può dare soddisfazioni già da quest´anno». Per Salvatori, infatti, il gruppo è solido, ha reagito alla crisi mettendo in sicurezza il patrimonio. E per questo non avrà bisogno di ricorrere ad aumenti di capitale come sostiene Consorte. «Se dovremo ricapitalizzare noi, dovranno farlo tutti». Tranquillizzante il messaggio agli azionisti sul futuro. «Il risultato del 2009 dipenderà dall´andamento dei titoli azionari. Noi abbiamo coperture sull´86% del portafoglio, quindi se i mercati vanno su, bene per tutti. Se vanno giù, siamo coperti». Un ottimismo che per l´Ad del gruppo è confermato dal primo trimestre. «Siamo nell´area utile in linea con le previsioni di bilancio». Le accuse di Consorte allora? «Non merita manco di fare commenti, noi abbiamo la mostra linea e andiamo avanti» replica Salvatori. Poi frena: «Vorrei evitare polemiche con i predecessori». Non meno duro il presidente Pierluigi Stefanini che dopo aver detto in assemblea che «è facile cercare solo gli aspetti negativi», insiste che «è emersa la differenza tra chi ha a cuore il gruppo e chi no». «Le critiche servono per migliorare», ripete Stefanini, «ma oggi c´è una governance più trasparente che crede nell´onestà e nella correttezza di comportamenti». L´attacco di Consorte, intanto, è già un caso politico. Claudio Merighi, del comitato per Delbono sindaco, affianca l´affondo a Unipol a quelli dei sostenitori di Cazzola alla Ducati: «Attaccano le eccellenze di Bologna - dice Merighi - e antepongono i loro interessi a quelli della città», ricordando l´appoggio di Consorte all´ex patron del Bologna. Lo stesso Consorte, però, si tiene le mani libere: «Se Cazzola non mi convince, voterò Pd». (l. n.)

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Caccia ai bonus e morte di un uomo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-23 - pag: 1 autore: POPULISMO Caccia ai bonus e morte di un uomo di Alessandro Plateroti I l suicidio di David Kellermann, il direttore finanziario di Freddie Mac, è un dramma che resta ancora senza spiegazione. Le motivazioni del gesto arriveranno, ma un fatto è certo: il suicidio del manager non è il triste epilogo di un dramma solo americano. Perché a Wall Street come a Londra, a Parigi o a Milano, la notizia ha suscitato la stessa reazione, gli stessi interrogativi: Kellermann si è ucciso per motivi personali o per la paura di essere travolto dall'inchiesta federale in corso sul crack dell'ex colosso dei mutui? O invece si è ucciso perché temeva, nel clima di caccia alle streghe e di fanatismo dilagante contro manager e banchieri, di non poter difendere la propria onorabilità e quella della sua famiglia dalle accuse e dai sospetti? Se in questa crisi finanziaria globale gestire una società è difficile, lavorare in una finanziaria commissariata dal Governo è un lavoro ingrato. Come abbiamo visto negli ultimi mesi, significa essere costantemente sotto il tiro dell'opinione pubblica; significa sottostare a imbarazzanti audizioni parlamentari; significa guadagnare poco, anzi pochissimo; significa essere interrogati dagli agenti federali ed essere il bersaglio delle cause civili. E soprattutto, come nel caso di Kellermann, significa doversi assumere responsabilità per le decisioni sbagliate prese dagli ex superiori. Dopo 16 anni di lavoro in Freddie Mac, Kellermann era stato promosso infatti nel settembre scorso, quando la Casa Bianca decise di azzerare il vecchio management del colosso dei mutui e di rimpiazzarlo con nuovi dirigenti. Ma il "khomeinismo finanziario" è senza pietà, e purtroppo senza frontiere: il manager è colpevole per natura, il diritto, le inchieste e la ricerca delle responsabilità diventano un percorso superfluo. I maxi-premi erano uno scandalo, ma oggi lo è persino il merito: aver incassato un bonus è quasi una notitia criminis. Ed è così che esplodono (e spesso si giustificano) fenomeni come il bossnapping, i sequestrilampo di mananager; ed è così che le assemblee societarie, come è avvenuto in Citigroup, si trasformano in umilianti processi di piazza. Senza un freno alla demagogia e al facile populismo, questa stagione assembleare, negli Usa come in Europa, rischia di trasformarsi in una "stagione del terrore" in cui vengono calpestati i più elementari diritti della persona.

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Quattro ruote da capogiro (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-23 - pag: 14 autore: ... INDUSTRIA DELL'AUTO Quattro ruote da capogiro I l cambiamento alla velocità della luce. Il modo di dire preferito di Sergio Marchionne sta diventando realtà per l'intero settore auto. Chi avrebbe immaginato, anche solo un anno fa, General Motors e Chrysler a un passo dal fallimento?O Fiat chiamata a salvare quest'ultima e magari anche Opel? O una classifica mondiale con Volkswagen che scavalca in un balzo Gm e Toyota? Adesso arriva anche l'ipotesi che Volkswagen,comprata da Porsche, si ricompri a sua volta l'acquirente... L'affermazione di Marchionne, secondo cui a fine 2010 rimarranno solo sei grandi gruppi mondiali, potrà ancora sembrare esagerata, ma la crisi finanziaria e il crollo del mercato stanno ponendo le basi per una trasformazione duratura del mercato. Proprio la vicenda Porsche-Vw evidenzia un pun-to fondamentale: chi ha liquidità vince e chi è indebi-tato rischia. Non solo: anche negli altri casi, per mandare in porto e gestire tutte le fusioni serviranno molti soldi. Per ora la maggior parte arriva dai Governi, che vogliono e vorranno avere sempre più voce in capitolo.

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Una normativa anti-ciclica per superare lo shock (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: ANALISI Una normativa «anti-ciclica» per superare lo shock di Riccardo Sabbatini L a crisi dei mercati finanziari impatta sulla regolamentazione. Con Solvency II, la direttiva sui ratios patrimoniali delle assicurazioni varata ieri dall'Europarlamento, il calcolo dei requisiti di vigilanza diverrà "anticiclico". Cioè nelle fasi avverse del mercato il vincolo di capitale sarà più tenue per divenire più rigido nei trend positivi. La misura, che probabilmente verrà imitata nella rivisitazione di Basilea II per le banche, è volta ad impedire che quando crollano le Borse gli intermediari siano costretti a disinvestire in azioni (a fini di vigilanza prudenziale) spingendo il mercato ad ulteriori cadute. In questo scenario, per le assicurazioni italiane (e non solo per loro) assume rilevanza anche la norma che consentirà di alleggerire - fino a dimezzarli com'è stato simulato negliesercizi preparatori della direttiva – i requisiti di capitale per le partecipazioni cosiddette strategiche. La ragione tecnica è chiara e si riferisce alla «probabile riduzione della volatilità» di quei titoli, misurata su un ampio arco di tempo. Soprattutto se associata – precisa la direttiva – «all'influenza esercitata dall'impresa partecipante su dette imprese partecipate». Ma non ne sfugge il significato politico. Il reticolo delle alleanze costruite in Italia attraverso le partecipazioni strategiche, ad esempio, di Generali e Fondiaria Sai attorno al perno di Mediobanca, avrà un incentivo ad essere mantenuto nel nuovo ambiente regolamentare e sarà anzi favorito rispettoa investimenti azionari meno strategici e pertanto considerati più volatili. A dispetto del fatto – si potrebbe obiettare – che, proprio nel corso della recente crisi dei mercati, la presenza di investimenti azionari concentrati in poche partecipazioni strategiche ha rappresentato un elemento di debolezza e non di forza per alcuni assicuratori continentali. Nel corso del suo laborioso iter di approvazione una parte della direttiva si è persa per strada. è quella, innovativa, che introduceva un sistema di supporto di gruppo per i più ramificati gruppi assicurativi. Permettendo loro di mantenere ad un livello più basso la dotazione di capitale delle loro unità locali da compensare, all'occorrenza, con sostegni finanziari provenienti della capogruppo. I "no" opposti dai piccoli paesi alla fine hanno avuto la meglio, con il risultato di una struttura di capitale probabilmente non ottimale rispetto alla dispersione dei rischi che un grande gruppo riesce a realizzare al suo interno. Anche sulla supervisione sovrannazionale si è persa un'occasione ancora una volta per il prevalere, nella direttiva, delle resistenze dei piccoli paesi attenti a non perdere le loro prerogative. A dispetto della crisi e dei suoi insegnamenti, il mancato passaggio verso una dimensione europea della sorveglianza – un indirizzo che oggi verrà ribadito dall'Europarlamento anche nel nuovo regolamento sulle agenzie di rating – continua a rimanere un limite nella regolamentazione contentale. E neppure riesce a divenire un tema di spicco nella campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA LOGICA L'obiettivo è di ridurre il vincolo di capitale nelle fasi avverse di mercato aumentandolo nei momenti di ripresa

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UniCredit, Marina Natale nuovo Cfo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: Banche. Nomina all'esame del board del 28 aprile - De Marchis a capo dell'audit UniCredit, Marina Natale nuovo Cfo MILANO UniCredit cambia il chief financial officer (cfo): al posto di Ranieri De Marchis arriva Marina Natale. Un ricambio infragruppo, deciso probabilmente anche per dare un segnale di discontinuità ( non richiesto) ad alcuni investitori istituzionali che in autunno avevano criticato la gestione dei rapporti con il mercato, quando UniCredit (dopo averne negato l'esigenza) aveva varato con un blitz una manovra di rafforzamento patrimoniale da 6,6 miliardi. La notizia della scelta del nuovo cfo, anticipata ieri dal quotidiano tedesco «Handesblatt », non è stata commentata dal quartier generale di UniCredit. Ma fonti del consiglio ammettono che il tema sarà all'ordine del giorno della riunione del board del 28 aprile, che precede l'assemblea di bilancio che si terrà il giorno successivo a Roma. De Marchis gode comunque della fiducia del board e dell'a. d. Alessandro Profumo e resta nel gruppo, dove andrà a ricoprire l'altrettanto delicato compito di responsabile dell'audit (in staff al presidente Dieter Rampl) e di controllo dei rischi. Al suo posto arriva Marina Natale, 46 anni, di cui venti passati in UniCredit. Da pochi mesi era stata nominata responsabile della divisione Private dell'intero gruppo (carica che ora dovrà lasciare), dopo avere a lungo guidato la task force che ha progettato e realizzato le principali acquisizioni in Italia e all'estero nell'ultimo decennio. La Natale è considerata uno dei manager di fiducia dell'a.d. di UniCredit Alessandro Profumo. Malgrado l'ancor giovane età, la Natale fa parte della «vecchia guardia» del Credito Italiano che Profumo reinventò –dopo la privatizzazione – anche puntando su nuovi manager. La crisi finanziaria internazionale sta provocando, dunque, una riorganizzazione del vertice del gruppo. Nelle prossime settimane, quando si sarà insediato il nuovo board che sarà eletto dall'assemblea, scatterà anche l'atteso riassetto della divisione corporate & investment banking guidata da Sergio Ermotti.L'accorciamento della filiera organizzativa porterà alla eliminazione di alcuni ruoli di top management, anche se per il momento non sono previste uscite dal gruppo. Alla guida del corporate banking in Italia andrà Piergiorgio Peluso ( ex Capitalia), finora a capo dell'investment banking italiano. Le nomine, che coinvolgeranno anche le tre banche- divisione controllate in Italia, saranno effettuate a inizio maggio dai vari cda su cui avranno voce in capitolo anche le Fondazioni azioniste di UniCredit. In vista dell'assemblea del gruppo del 29 aprile, ieri è arrivato il via libera di Bankitalia alle modifiche allo statuto che verranno sottoposte al voto dei soci. Con una lettera resa nota ieri, si legge in un documento depositato da UniCredit presso Borsa Italiana, Via Nazionale infatti «ha rilasciato l'autorizzazione alle modifiche » dello statuto «con la precisazione che ricade nell'esclusiva competenza del consiglio di amministrazione (e non può quindi formare oggetto di delega) l'eventuale costituzione di comitati interni agli organi aziendali». Unicredit ha quindi integrato la proposta di modifica dell'articolo interessato dall'osservazione, il numero 23, «al fine di recepire fin da subito l'indicazione della Banca d'Italia». Al.G. © RIPRODUZIONE RISERVATA MANAGEMENT & CREDITO Profumo punta su una donna (l'unica in un grande gruppo) per il delicato incarico di chief financial officer Il dialogo con gli investitori

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L'Europa vara Solvency II Più garanzie per le polizze (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: Assicurazioni. Il Parlamento approva la riforma sui requisiti patrimoniali L'Europa vara Solvency II Più garanzie per le polizze Entro il 2012 la direttiva deve essere recepita dagli stati membri Adriana Cerretelli STRASBURGO Con 593 voti a favore, 80 contrari e 3 astensioni l'europarlamento ha adottato ieri in prima lettura la direttiva Solvency II, che aggiorna la legislazione del settore assicurativo in Europa, vecchia ormai di trent'anni. Sulla necessità della riforma si era cominciato a riflettere due anni fa. Poi l'esplosione della crisi finanziaria e l'urgenza di ripristinare al più presto e dovunque stabilità e fiducia, hanno indotto ad accelerare i tempi della decisioni. E così l'intesa di compromesso raggiunta dal Consiglio dei ministri e dagli euro-deputati prima del voto, ha consentito ieri il varo definitivo della direttiva già in prima lettura, saltando tutti i passaggi che seguono nel normale iter legislativo. A questo punto gli Stati membri avranno tempo fino al 31 ottobre 2012 per trasporre la riforma nei rispettivi ordinamenti nazionali. Tre anni dopo la sua entrata in vigore, cioè nel 2015, la Commissione europea dovrà presentare una proposta per rafforzare il sistema di sorveglianza delle grandi società d'assicurazione,in altre parole della dozzina di gruppi multinazionali, da Allianz a Generali passando per Axa, che dominano il mercato europeo. Una delle grandi novità della riforma targata Solvency II riguarda proprio la supervisione, che alla fine non è risultata però innovativa e integrata quanto molti avrebbero auspicato. Proprio per questo nell'accordo approvato ieri è stato scolpito l'impegno ad andare oltre, sia pure con gradualità: migliorando, in una seconda fase e alla luce dell'esperienza maturata sul terreno, le decisioni appena prese. Attualmente i gruppi transeuropei sono costretti a fare i conti con tante autorità nazionali di supervisione quanti sono i paesi dell'Unione in cui sono presenti. In futuro invece tutti i supervisori cui oggi fanno capo saranno riuniti in un gruppo, che diventerà l'interlocutore unico cui rivolgersi. Un vantaggio per le compagnie assicurative che si vedranno la vita semplificata e uno anche per il mercato unico, dove le autorità di controllo " consorziate" potranno meglio scambiarsi le informazione e coordinarsi sul piano operativo. La riforma originaria era decisamente più ambiziosa: prevedeva infatti di attribuire poteri speciali all'autorità di vigilanza della casa madre dei gruppi transeuropei: in particolare quello di decidere illivello dei fondi propri delle filiali disseminate negli altri paesi dell'Unione. Impossibile però far digerire l'idea ai Governi dei piccoli paesi, messi in allarme dalla prospettiva di ritrovarsi espropriati delle proprie prerogative. Altro pilastro qualificante di Solvency II è un sistema più sofisticato di valutazione dei rischi e di fissazione dei requisiti di solvibilità a garanzia dei clienti e degli investitori. Di qui l'introduzione di criteri più severi e trasparenti per quanto riguarda i capitali. Le società di assicurazione e riassicurazione dovranno in particolare detenere fondi propri ammissibili che rispondano al requisito patrimoniale di solvibilità, da calcolare secondo la formula standard prevista dalla direttiva. E calibrato in modo da garantire che siano presi in considerazione «tutti i rischi quantificabili cui è esposta un'impresa». Il requisito patrimoniale dovrà coprire sia l'attività esistente sia quelle che si prevedono per l'anno successivo:qualora il parametro scendesse al di sotto del livello calcolato, si imporrà l'intervento della vigilanza che potrà richiedere l'aumento del capitale. La direttiva prevede anche che i fondi propri debbano essere tali da coprire il requisito di capitale minimo, che andrà calcolato «in modo chiaro e semplice» anche per evitare che «contraenti e beneficiari siano esposti a un livello di rischio inaccettabile». Sotto la spinta della crisi finanziaria in atto, oggi l'europarlamento approverà anche il nuovo regolamento Ue sulle agenzie di rating. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Finanza sotto inchiesta. (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: Finanza sotto inchiesta. Cresce la pressione della Sec e dell'Fbi sui responsabili del dissesto A Wall Street la sindrome da assedio Non bastavano la recessione economica, il crollo delle Borse, peggio che nel 1929 (parola del segretario al Tesoro Timothy Geithner), i mercati finanziari in dissesto e, adesso, la tragedia di una morte. Oggi Wall Street è in piena sindrome da accerchiamento e psicosi giudiziaria. Dal crack da 50 miliardi di dollari di «Bernie» Madoff, fino alle accuse allo «Zar» dell 'auto, passando per i mega-bonus dei banchieri della city newyorchese, ingordi di milioni nonostante gli istituti siano sull'orlo del collasso, Procura di New York, Sec e Fed (le principali autorità di controllo americane sul mondo della finanza) hanno avviato un'offensiva giudiziaria senza precedenti. Sarà che crisi e scandali finanziari vanno spesso a braccetto, ma Andrew Cuomo, il potente super-procuratore dello Stato di New York, sempre a caccia dei vizi di Wall Street, ormai sta intervenendo a tutto campo, dagli hedge fund ai private banker gestori di patrimoni, fino a manager e fondi pensione. L'ultimo affondo è di ieri: il funzionario dello Stato di New York Thomas Di Napoli ha lanciato un'offensiva contro lobbysti, broker e intermediari che sarebbero coinvolti in un caso di «mazzette» relative alla gestione del fondo pensione dello Stato. Uno dei tanti fascicoli aperti da Cuomo, forse il più politicamente scottante perché riguarda il fondo di investimenti Quadrangle creato nel 2000 da Steven Rattner, l'uomo che guida la task force voluta dal presidente Barack Obama per la ristrutturazione dell'industria automobilistica. Lo «Zar» dell'auto sarebbe sotto inchiesta per un presunto pagamento di tangenti per ottenere contratti con il fondo previdenziale di New York, un mega portafoglio investimenti che vale 122 miliardi di dollari. è già finito davanti al Tribunale Bernard Madoff, l'ex presidente del Nasdaq e responsabile della più grande truffa ai danni degli investitori. Sulla scia del crack, altri casi di "piccoli Madoff" sono venuti alla luce: come quello di Robert Allen Stanford, signore texano proprietario di banche ad Antigua e Barbuda, isole delle Antille dove l'economia si sorregge in buona parte proprio sulle attività finanziarie del tycoon. Stanford è finito al centro di uno scandalo da otto miliardi di dollari. Quattro vittime del texano, che lamentano perdite per 1,75 milioni, hanno presentato alla magistratura una richiesta di class action a nome tutti quelli rimasti scottati dagli investimenti di Stanford. L'uomo, rintracciato dall'Fbi, è stato accusato dalla Sec di aver ingannato i clienti. Su più larga scala, invece, l'inchiesta aperta sul caso Aig. Una coalizione di 19 Stati Usa ha avviato un'indagine sui bonus pagati dalla grande compagnia di assicurazione, che con la sua crisi ha minacciato di travolgere il sistema finanziario e costretto il governo a un salvataggio costato oltre 173 miliardi. L'alleanza giudiziaria, guidata dal procuratore generale del New Jersey Anne Milgram, intende far luce su "potenziali truffe" e violazioni di leggi locali. Nel mirino del super procuratore Cuomo sono poi finiti anche i manager della finanza e i loro mega stipendi. L'indignazione dell'opinione pubblica è salita allestelle dopo che si è appreso l'ammontare delle remunerazioni percepite mentre le rispettive aziende chiedevano aiuti allo Stato per sopravvivere. Undici dirigenti di Aig, già sotto la lente per l'indagine su presunte irregolarità, hanno incassato bonus per 165 milioni prima di lasciare la compagnia. E per quei bonus Cuomo ha emesso dei mandati di comparizione. Al Ceo di Bank of America, Kenneth Lewis, invece Cuomo ha chiesto di rendere noti i compensi concessi a Merrill Lynch e alla stessa Bofa,con i nomi di tutti i manager che hanno ricevuto più di un milione di bonus nel 2008. S.Fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Suicida il Cfo di Freddie Mac (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: Suicida il Cfo di Freddie Mac Si impicca Kellermann, il manager del big dei mutui travolto dalla bolla Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente La Washington che conta, i banchieri,Wall Street,lo stesso segretario al Tesoro Tim Geithner, tutti erano sotto shock ieri, dopo aver appreso la notizia del suicidio di David Kellerman, 41 anni, il direttore finanziario ad interim di Freddie Mac, una delle due grandi finanziarie di stato che garantiscono i mutui immobiliari. Lo shockè su più livelli. Un suicidio proprio ora, che le cose sembravano stabi-lizzarsi nel settore finanziario? C'è forse qualcosa che non sappiamo nella gestione della crisi e di Freddie Mac e Fannie Mae in particolare, i due colossi nazionalizzati dal governo americano lo scorso autunno per evitare che la crisi finanziaria diventasse crisi sistemica? La risposta che giunge per ora dal mercato sembrerebbe dirci di no:l'indice Dow Jones non ha avuto reazioni particolari alla notizia del suicidio di Kellerman e i titoli bancari in genere non hanno mostrato andamenti contrari alla normalità fisiologica. Poteva esserci dunque un elemento personale? Possibile che David fosse coinvolto in qualche giro strano, che avesse commesso delle irregolarità o delle truffe? In effetti sia la procura federale di New York che la Sec avevano aperto delle inchieste per far luce su presunte irregolarità contabili nei libri dell'istituzione. Da più parti si insinuava che potessero esserci stati degli episodi di corruzione non ancora venuti alla luce.L'inchiesta è stata poi trasferita al procuratore federale del distretto della Virginia che proseguiva le indagini. Ma su questo c'è stata la smentita formale della stessa Freddie Mac: «Non ci risulta vi sia alcun collegamento fra questa terribile vicenda personale e le inchieste in corso all'interno della magistratura e delle autorità di controllo che abbiamo recentemente pubblicizzato nei documenti inviati alla Sec »ha dichiarato ieri David Palombi, il portavoce dell'istituzione. Ma una ragione che giustificasse il suicidio fino a ieri non la si trovava certo nella vita privata di Kellerman, che aveva recentemente ricevuto un bonus da 800mila dollari. Tutto sembrava perfetto. Era un uomo giovane, energico, volto e sorriso da sogno americano, felicemente sposato, padre di una bimba di cinque anni, casa in mattoni rossi con un grande prato all'inglese nel quartiere Hunter Mill Estates di Reston, un sobborgo bene della contea Fairfax, in Virginia, appena fuori dalla Capitale. David aveva un master in finanza alla George Washington University e una laurea dall'Università del Michigan, una delle quattro migliori università statali del Paese. Era stato subito assunto dopo il master, 16 anni fa, da Freddie Mac dove ha fatto tutta la sua carriera partendo dal primo livello, quello di analista finanziario. Era stato promosso lo scorso autunno in quella che doveva essere la grande occasione della sua vita: ancora molto giovane, già responsabile di tutte le attività finanziarie di uno dei grandi colossi Usa. Se Freddie Mac navigava in acque molto difficili, non era certo non per colpa sua. Il problema era soprattutto di origine politica,non certo manageriale e non certo al suo livello. Di più, David era di fatto uno "statale", sotto pressione certo, c'era in ballo una delle più grandi operazioni di risanamento della storia americana, ma era a stipendio fisso, visto che la finanziaria immobiliare per cui lavorava era stata nazionalizzata. Semmai la sua sfida era densa di motivazioni. Come aveva confidato a un vicino, aveva la possibilità di dimostrare in un paio d'anni di aver rimesso a posto un gigante finanziario oberato da titoli tossici e di poter passare al settore privato dove avrebbe potuto guadagnare molto di più. «La loro casa era per noi una fonte di gioia – dichiara Fred Unger, 64 anni, un vicino –il nostro è un quartiere tranquillo, ci conosciamo tutti, il fatto che ci fosse una famiglia giovane era molto bello. Le loro decorazioni natalizie, o quelle per Halloween erano la più belle del quartiere. Siamo davvero sconvolti». In effetti nessuno, non i colleghi, non i vicini e tanto meno la moglie, immaginava che David potesse scegliere di togliersi la vita in modo così drammatico. La sua è stata una decisione meditata. La sera prima era andato a dormire normalmente, si è poi alzato in mezzo alla notte, sembra fra l'una e le due del mattino e si è recato in cantina dove ha sistemato una fune sulle travi del soffitto, è salito su uno sgabello e si è impiccato. è stata la moglie a trovarlo quando si è accorta che non era più a letto, ha chiamato la polizia alle 4.48 del mattino. La polizia ha confermato il suicidio. Ora si cercano motivazioni nascoste. Su Internet si è scatenata una ridda di congetture, la più creativa e preoccupata, quella di Valkyrie123 su un sito di breaking news:«Il direttore finanziario sapeva tutto. Sa quello che il governo rifiuta di comunicare al pubblico.Freddie e e Fannie precipitano e si porteranno con loro il resto dell'economia.La fine è vicina, lo sapeva&». Altri sospettano che sia stato ucciso& In realtà,le motivazioni al suicidio in situazioni simili dipendono in genere da fortissimi esaurimenti, David non è stato il primo. In questa crisi abbiamo visto i suicidi dell'industriale tedesco Adolf Merckle, 74 anni. Il gennaio scorso si buttò sotto un treno nella città di Ulm, poco lontano dalla sua casa. Merckle controllava un impero con un fatturato di 30 miliardi di euro, con aziende che impiegava circa 100mila dipendenti. Ci fu poi il suicidio di Rene-Thierry Magon de la Villeuchet, 65 anni, un raffinato moneymanagerfrancese che aveva investito almeno 1,4 miliardi di dollari dei suoi facoltosi clienti nel fondo truffa di Bernard Madoff. In dicembre si è tolto la vita anche Alex Widmer,l'a.d.della banca Julius Baer e uno dei più rispettati manager patrimoniali svizzeri: aveva commesso un errore facendo investimenti sbagliati. Ma aveva anche perso l'adorata moglie appena tre anni prima. © RIPRODUZIONE RISERVATA GESTO ESTREMO Il direttore finanziario del gruppo «commissariato» non era indagato, ma non ha retto alla pressione: nessun biglietto di spiegazioni Nuovo scossone per Freddie Mac. Un poliziotto davanti all'abitazione di David Kellerman EPA

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Quella banca al centro del crollo dei subprime (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: ANALISI Quella banca al centro del crollo dei subprime di Mario Margiocco F reddie Mac, e la sorella maggiore Fannie Mae, sono le due megafinanziarie del settore immobiliare che, condotte diversamente e soprattutto indirizzate diversamente dalla classe politica degli Stati Uniti, avrebbero risparmiato al mondo la crisi finanziaria del 2007-2008, con tutti i suoi strascichi. Qualcosa sarebbe successo ugualmente, perché la mole di debito nel sistema era comunque eccessiva, negli Stati Unitie non solo. Ma senza Freddie e Fannie sarebbe successo dopoe in modo diverso. Quella del suicidio è la più mi-steriosa delle decisioni umane, e null'altro da qui si può dire sulla fine di David B.Kellermann. Lavorando con Freddie però, o con Fannie, è stato inevitabile assistere in qualche modo alla degenerazione del più potente sistema finanziario del mondo, al suicidio finanziario deciso dalla grande maggioranza della sua classe politica e dirigente, che si è comportata –su Freddie e Fannie gli allarmi ci sono stati, e anche forti, interni ed esterni, ma inefficaci – come se il debito fosse roccia su cui costruire. Fannie e Freddie erano da anni un tipico ibrido americano. Fannie nasceva nel 38 su basi chiare: una società pubblica per aiutare indirettamente i meno abbienti ad acquistare casa. Non concedendo mutui, ma acquistandoli sul mercato secondario da chi li concedeva, e in parte rivendendoli cartolarizzati sul mercato, e assicurandoli. A chi comprava i titoli veniva e viene quindi garantito l'interesse pattuito. Oggi che una cospicua minoranza non paga più, pagano quindi Freddie e Fannie. Da qui le grosse perdite. Nel 68 la chiarezza degli statuti si appannava. Fannie non aveva mai superato fino ad allora il 5% del mercato. Ma Lyndon Johnson, pressato dai costi del Vietnam, la privatizzò, togliendole quindi la garanzia esplicita del bilancio federale, ma lasciandola sempre sotto gli statuti dettati dal Congresso. Due anni dopo a Fannie veniva affiancata Freddie, del tutto simile, per creare un'alternativa. Quotate in Borsa, le due finanziarie si finanziavano con obbligazioni, anche in mani internazionali, asiatiche soprattutto, per 1.500 miliardi. Già nel 97 gli asset di Fannie superavano di 80 miliardi quelli di General Electric. Spinte con forza da Washington, Freddie e Fannie arrivavano a detenere nell'estate del 2008 metà dei circa 12 mila miliardi di mutui immobiliari americani. Adesso, dal 7 settembre sotto la tutela del bilancio federale, hanno già incassato circa 500 miliardi di aiuti secondo la contabilità della crisi tenuta dall'agenzia Bloomberg, su un totale già previsto per loro dalla Federal Reserve e dal Tesoro di 2.000 miliardi di dollari (più del Pil italiano). è la voce maggiore nel gigantesco totale di 12.800 miliardi messi in campo per tamponare la crisi e rilanciare l'economia. Salvare Fannie e Freddie potrebbe quindi costare alla fine non meno di tre guerre del Vietnam, conflitto costato in dollari di oggi poco meno di 700 miliardi. Le due megafinanziarie si sono trovate a muoversi tra l'ambiguità istituzionale, la commistione e il servizio con e alla classe politica, e il lobbismo. Fino a provocare la più grossa deflagrazione della storia finanziaria mondiale con il bilancio federale che di colpo, il 7 settembre 2008, si dovette fare carico dei 5.400 miliardi di titoli cartolarizzati che Fannie e Freddie hanno emesso e garantito, per un terzo trattenuti e per due terzi venduti sui mercati. L'ambiguità derivava dal fatto che Fannie e Freddie strizzavano l'occhio e dicevano "siamo pubbliche" quando dovevano raccogliere fondi sul mercato o vendere titoli, ma avevano nella gestione tutta la libertà di una società privata. La commistione, che fu soprattutto con i democratici di cui Fannie e Freddie sono state dai primi anni 80 un feudo, sia pure con favori bipartisan, incominciò a farsi pesante con David O. Maxwell, presidente di Fannie negli anni 80, e si fece pesantissima con James A. Johnson, figlio di una dinastia democratica del Minnesota, grande amico dei due ministri del Tesoro di Clinton, Bob Rubin e Lawrence Summers, e come loro protagonista del grande abbraccio, durante l'era Clinton, fra il partito democratico e Wall Street. Johnson è stato il superlobbista per 20 anni, manager finanziario sia a Lehman che a Goldman Sachs, e quando era al vertice di Fannie un vero Medici-sul-Potomac, data la munificenza, da presidente del Kennedy center e presidente del Board of Trustees della Brookings. Le due Gse (Government sponsored enterprises), avevano un mutuo su quattro nel 91, all'inizio dell'era Johnson. Ne avevano uno ogni due nel 2008. La politica le ha sempre spinte ad abbassare i criteri di acquisto, fino ad entrare anche nel mercato dei subprime, e di altri mutui a rischio. Nel novembre del 99, contemporaneamente al passaggio della legge Gramm-Leach-Bliley che dava il via libera alla nuova finanza, passava il Community reinvestment act, che spingeve le banche a concedere sempre più mutui. Nessun rischio, Fannie e Freddie li acquistavano. Il Sole 24 Ore scriveva il 12 marzo 2008 che Freddie e Fannie sarebbero state «il punto di rottura o di tenuta, in qualche modo, della crisi finanziario-immobiliare che attanaglia gli Stati Uniti ». Di tenuta se si salvavano sul mercato, di rottura se Washington avrebbe dovuto salvarle. A settembre, con circa 200 miliardi di titoli in scadenza, si vide subito che il mercato non rispondeva. E Washington, con molti miliardi del contribuente, chiarì il lungo equivoco tra pubblico e privato. mario.margiocco@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA IL COLOSSO DEI PRESTITI Da pilastro del mercato immobiliare a strumento dei politici per creare consenso elettorale

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Guerra fiscale sugli utili off-shore (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 3 autore: Guerra fiscale sugli utili off-shore Morya Longo Solo per i dieci maggiori gruppi quotati a Wall Street potenzialmente è una "bomba" da 20 miliardi di dollari. Per questo, società del calibro di Cisco, Coca Cola, Pfizer o HP sono in tensione. L'amministrazione Obama ha infatti in cantiere una riforma fiscale dai contorni ancora incerti ma con un obiettivo molto preciso: aumentare la tassazione sugli ingenti profitti realizzati dalle multinazionali all'estero.E questo fa paura ai colossi di Wall Street: oltreconfine – e principalmente nei paradisi fiscali – le prime 40 aziende americane nel 2007 hanno infatti realizzato 122 miliardi di dollari di utili, secondo le stime di «Tax Notes ». Per questo le lobby si stanno già muovendo per dare battaglia a Obama. Ma la Casa Bianca vuole andare avanti. La partita è di quelle da miliardi di dollari. La normativa attuale prevede che i gruppi industriali che hanno società all'estero (paradisi fiscali inclusi) pagano le tasse solo quando rimpatriano i soldi negli Usa. Notoriamente i colossi cercano di tenere questi utili il più possibile fuori. O meglio: in realtà i soldi stanno nei conti correnti di banche americane, ma il loro utilizzo è limitato. Fino al rimpatrio. L'amministrazione Bush, a fine mandato, aveva addirittura reso questa normativa ancora più in linea con i desiderata di Wall Street, aumentando le finestre che le società possono sfruttare per rimpatriare i capitali dalle società offshore. Ma Obama è di diverso avviso: vuole aumentare in qualche modo (ancora nessuno ha capito con quali modalità) la tassazione su questi utili. A scontrarsi sono due diversi interessi. Da un lato ci sono quelli dello Stato americano, che quest'anno ha già impiegato – per combattere contro la crisi finanziaria –ben 12.800 miliardi di dollari: cifra quasi pari all'intero Prodotto interno lordo degli Usa di un anno. è comprensibile, dunque, che la Casa Bianca voglia aumentare le entrate fiscali andando ad aggredire gli utili prodotti nei paradisi fiscali. Dall'altro lato ci sono invece gli interessi delle aziende, già duramente provate dalla crisi finanziaria. Il Wall Street Journal ha calcolato quale potrebbe essere l'impatto di una riforma di questo tipo. Hewlett Packard e Cisco, per esempio, nel 2008 hanno ridotto il carico fiscale rispettivamente di 16,9 e 16,1 punti percentuali grazie ai paradisi fiscali. General Electric, sempre nel 2008, ha realizzato 75 miliardi di utili, 13 dei quali fuori dai confini americani: il favorevole trattamento fiscale estero ha dunque ridotto il peso delle tasse del 26,9%. Coca Cola l'ha tagliato del 14,3%. Consistenti i benefici anche per le società farmaceutiche: Pfitzer ha ridotto il tasso fiscale del 20,2%. Tutto questo cambierà? Sarà battaglia dura. m.longo@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA MAGGIORI ENTRATE Solo per i primi 10 gruppi della Borsa americana la riforma allo studio alla Casa Bianca potrebbe pesare per 20 miliardi $

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Nel mondo ripresa lenta nel 2010 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 5 autore: L'outlook globale. «La luce alla fine di un lungo tunnel» Nel mondo ripresa lenta nel 2010 WASHINGTON. Dal nostro inviato Il Fondo monetario vede «la luce alla fine di un lungo tunnel", una luce che però non arriverà, con il ritorno alla crescita, prima della fine di quest'anno, e solo se verranno messe in atto politiche economiche forti sul fronte macroeconomico e quello finanziario. Per ora, però, l'economia mondiale è nel pieno della peggiore recessione dal secondo dopoguerra, con una contrazione dell'1,3% prevista per quest'anno, mentre la ripresa, che sarà lenta, arriverà solo nel 2010, ma non tornerà su ritmi normali entro la fine dell'anno prossimo. Ancora nel gennaio scorso, l'Fmi prevedeva che la crescita globale potesse arrivare allo 0,5% quest'anno e al 3% il prossimo. Nel 2010, ritiene ora il Fondo, l'economia mondiale dovrebbe crescere dell'1,9 per cento. Due forze sono in azione, secondo il capo economista dell'Fmi, Olivier Blanchard: una che trascina l'economia globale al ribasso e che per ora è dominante, l'altra, che cerca di farla risalire, sono le azioni dei Governi. La prima è stata originata dalla crisi finanziaria e amplificata dal crollo della fiducia e della domanda dalla fine del 2008. Un "circolo vizioso" si è innestato fra finanza ed economia reale, ha detto Blanchard, per cui il rapporto fra le due forze verrà alterato solo dal miglioramento dello stato di salute del sistema finanziario e dall'efficacia delle misure per ristabilirla. L'epicentro della recessione, secondo l'Fmi,sono gli Stati Uniti, che accuseranno un calo del prodotto interno lordo del 2,8% nel 2009, per risalire solo alla crescita zero nel 2010. I "barlumi di speranza" individuati dal presidente americano Barack Obama sono per ora, ha sostenuto l'economista dell'Fmi Charles Collyns, più che altro segnali di rallentamento della recessione. Ma è l'Europa ora a subire gli effetti più pesanti e anche la sua uscita dalla crisi sarà più lenta: la contrazione del Pil nell'area dell'euro arriverà al 4,2% quest'anno e continuerà, per lo 0,4%, il prossimo. Il Fondo è critico dell'insufficiente coordinamento fra i Governi europei e dal fatto che le autorità del Vecchio continente siano state «sorprese dalla virulenza della crisi». Secondo l'Fmi, tra l'altro, la Banca centrale europea ha ancora spazio per allentare la politica monetaria. La risposta della politica economica non ha ancor fatto presa, ma senza di essa, ha sostenuto Blanchard, la situazione, che è negativa, sarebbe stata molto peggio, fino a degenerare quasi in depressione, con una contrazione del Pil mondiale del 3%. Il Fondo riconosce che gli stimoli fiscali adottati dai Paesi del G-20 si avvicinano al 2% del Pil chiesto nell'autunno scorso dallo stesso Fmi, ma afferma che nel 2010 gli sforzi dovranno essere mantenuti, se non aumentati. Alla contrazione dei Paesi avanzati, che toccherà quest'anno il 3,8%, fa parzialmente da contrappeso la tenuta della Cina, che anche quest'anno crescerà del 6,5% e del 7,5% il prossimo. Le autorità cinesi, osserva l'Fmi, hanno risposto rapidamente e in modo vigoroso alla crisi. Le economie emergenti e quelle in via di sviluppo cresceranno dell'1,6% nel 2009 e del 4% nel 2010, ma hanno subìto le ripercussioni del crollo della domanda mondiale per le loro esportazioni, della caduta dei prezzi delle materie prime e della paralisi dei flussi finanziari. A. Me. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Fmi: Italia, stop a stimoli fiscali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 23-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 5 autore: Fmi: Italia, stop a stimoli fiscali Il Pil giù del 4,4% quest'anno e dello 0,4% nel prossimo - Il debito non dà margini Alessandro Merli WASHINGTON. Dal nostro inviato Brusca contrazione dell'economia italiana, in linea con la media dell'area dell'euro,e timida ripresa alla fine del 2010. Nessuno spazio per misure di stimolo fiscale per favorire il rilancio dell'attività, a causa dell'alto debito pubblico e del rischio di reazione dei mercati finanziari. Tagliando nettamente, come per il resto del mondo, le cifre presentate non più tardi del gennaio scorso, il Fondo monetario prevede ora una forte caduta del prodotto interno lordo dell'Italia, pari al 4,4% quest'anno, e più contenuta, allo 0,4, l'anno prossimo. Nell'ultimo trimestre del 2010, la crescita tornerà positiva, seppure solo per uno 0,2 per cento. Non aiuta il crollo del Pil tedesco, addirittura del 5,6% nel 2009. A fine 2010, l'economia della Germania sarà ancora a crescita zero. A differenza di altri Paesi, l'Italia non ha però «spazio per uno stimolo - ha detto ieri l'economista dell'Fmi Jorg Decressin - a causa dell'alto debito pubblico e degli spread più alti del suo debito sui mercati. Mettere in atto una manovra di stimolo aumenterebbe rischi non necessari ». Per effetto della recessione, il deficit pubblico passerà, secondo il Fondo, dal 2,8% dell'anno scorso, al 5,4% di questo, e al 5,9% del prossimo, mentre il rapporto debito/Pil è destinato ad aumentare dal 106% del 2008 al 115% del 2009 al 121% del 2010. Per questo, nel "World Economic Outlook" diffuso ieri, il Fondo dice di aspettarsi un'azione di stimolo «piccola o inesistente » dall'Italia, così come dalla Grecia e dal Portogallo. Anche per evitare il rischio di una reazione negativa da parte dei mercati obbligazionari. Finora, il differenziale dei rendimenti dei titoli pubblici italiani rispetto ai Bund tedeschi, considerato una misura del rischio-Paese, è aumentato dal giugno del 2008 di circa 70 punti base, secondo le rilevazioni dell'istituzione di Washington, meno del Portogallo, che ha accusato un allargamento dello spread di poco meno di 100 punti base, e in linea con Austria e Spagna. Meglio quindi non andarsi a cercare "rischi non necessari". «Lo stimolo fiscale adottato dall'Italia- ha precisato il rappresentante italiano all'Fmi, Arrigo Sadun – è in linea con quello degli altri Paesi europei per l'applicazione degli stabilizzatori automatici ». Sadun ha ricordato anche che «il sistema finanziario italiano è più solido di altri». Il capo economista dell'Fmi, Olivier Blanchard, ha sostenuto che tutti i Paesi dovranno trovare un equilibrio fra le misure di sostegno all'economia nel breve termine e interventi di medio periodo, volti ad assicurare la sostenibilità dei conti pubblici, a riportare insomma sotto controllo la traiettoria del disavanzo e del debito. La mancanza di spazio nel bilancio non significa tuttavia che il Governo italiano non possa intervenire su altri fronti. «Ci sono cose che si possono fare al di fuori degli stimoli fiscali - ha detto Decressin - come migliorare la struttura del bilancio pubblico, rendere più efficiente la tassazione, riformare gli ammortizzatori sociali». Qui c'è spazio di miglioramento, in Italia come nel resto d'Europa.Si tratta,secondo l'economista dell'Fmi, di «misure che possono contribuire ad alleviare la situazione, ma che non si attivano in un giorno ». Le conseguenze della recessione si faranno sentire sulla disoccupazione, che secondo il Fondo crescerà in Italia dal 6,8%dell'anno scorso all'8,9% di quest'anno e al 10,5 del prossimo. Blanchard ha ricordato che la disoccupazione continua a salire finché la crescita non torna su ritmi normali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Betlemme aspetta il Papa Kefiah sulle spalle di Ratzinger (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 23-04-2009)

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BREVI pag. 19 Betlemme aspetta il Papa Kefiah sulle spalle di Ratzinger L' UDIENZA GENERALE DONO Una giovane palestinese mette al collo di papa Benedetto XVI una kefiah bianca e nera (Reuters) CITTÀ DEL VATICANO C'è un nesso tra la «crisi economica mondiale» e la «cupidigia» che è origine «di tutti i vizi e di tutti i mali» non solo per le persone ma anche per le «società». Il Papa, attento ai problemi innescati dalla crisi finanziaria, ha fatto questa riflessione durante l'udienza generale in piazza San Pietro, davanti a circa 35mila persone. A fine udienza una nota di colore, grazie a due ragazzi di Betlemme che hanno regalato una kefiah bianca e nera a Benedetto XVI, che l' ha indossata sulle spalle: un anticipo di Terra Santa, portato da 27 fedeli della parrocchia Campo dei pastori' di Betlemme mentre papa Ratzinger si prepara a partire, l'8 maggio, per Giordania e Israele. Il Santo Padre ha conversato per un po' con i due giovani di Betlemme e poco dopo il suo segretario mons. Georg Gaenswein ha tolto la kefiah dalle spalle del Pontefice. Sempre ieri, con una iniziativa insolita e subito contestata, il ministro israeliano del turismo Stas Misezhnikov (Israel Beitenu, destra radicale) ha formalmente chiesto al Papa di astenersi dal ricevere prossimamente in Vaticano il sindaco di una cittadina araba della Galilea perché «è un sostenitore del terrorismo». Image: 20090423/foto/5877.jpg

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L'OCCASIONE DELLE RIFORME (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 23/04/2009 - pag: 1 IDEE PER IL DOPO CRISI L'OCCASIONE DELLE RIFORME di FRANCESCO GIAVAZZI L a crescita cinese, più 6,1% nel primo trimestre dell'anno, seppure in discesa rispetto al 9% del 2008, è il segno che l'economia mondiale non è crollata. Fra le famiglie americane ritorna un po' di speranza: l'indice della fiducia dei consumatori è salito in Aprile a 61.9, il livello più elevato degli ultimi sette mesi, 12% meglio che nello scorso autunno. La caduta degli investimenti si è attenuata: cresce il numero delle imprese che dice di aver aumentato gli investimenti (sebbene continuino ad essere più numerose quelle che li stanno ancora tagliando). I tassi di interesse su titoli decennali iniziano a salire, prova che i mercati finanziari cominciano a vedere la ripresa e un'inversione della politica monetaria della Federal Reserve. Certo, le banche americane rimangono molto fragili e nell'economia reale soprattutto in Europa dove il ciclo è tradizionalmente sfasato di sei mesi rispetto a quello americano il peggio deve ancora arrivare. Ma è venuto il momento di cominciare a pensare al dopo. Nonostante il crollo degli ordini 30-40 per cento meno di un anno fa gli imprenditori italiani non sembrano aver perduto la fiducia. Come ha scritto sul Corriere Dario Di Vico: «Mentre le élite si accapigliano sul ritorno di Keynes, le aziende del Nord Est non smettono di far girare le macchine, di cercare idee nuove, prodotti diversi, tecnologie più avanzate. Sono coscienti della gravità della recessione, ma sanno anche che un giorno passerà e che quel giorno non bisogna farsi trovare con le mani in mano. Anzi che è il caso di porsi oggi quei problemi che il travolgente sviluppo a due cifre degli anni scorsi ha aperto e ha lasciato insoluti, a cominciare dal paesaggio distrutto dai capannoni ». Con straordinaria abilità Sergio Marchionne ha sfruttato la crisi per far uscire la Fiat dall'angolo. Un anno fa la domanda ricorrente era: «In Europa c'è un produttore di automobili di troppo: chi chiuderà? ». L'acquisizione della Chrysler apre all'azienda di Torino il mercato americano, che aveva lasciato all'inizio degli anni 70 e nel quale non era più riuscita a rientrare. La domanda «chi chiuderà?» non riguarda più la Fiat. E la politica? Rahm Emanuel, Chief of Staff del presidente Obama e la persona più influente nella nuova amministrazione, ripete spesso: «Non vuoi certo sprecare l'occasione di una grave crisi: le crisi sono opportunità straordinarie per fare cose che in tempi normali paiono impossibili». Marchionne insegna. Possiamo cogliere appieno l'occasione anche noi? Alzare l'età della pensione non è solo necessario: in un momento in cui le famiglie sono preoccupate per il loro futuro potrebbe essere persino popolare. Il governo potrebbe incalzare Confindustria e sindacato proponendo uno scambio virtuoso fra un sistema moderno di sussidi di disoccupazione e la revisione dello Statuto dei lavoratori. Invece, fino ad oggi, ha limitato gli interventi all'emergenza: palliativi costosi ma insufficienti (estendere via via la cassa integrazione non è il modo per dare certezze a chi ha perso il lavoro e sostenere i consumi) e che non hanno affrontato alcuno dei nostri problemi strutturali. È venuto il momento di smetterla con le inutili discussioni sulle colpe della finanza e sul futuro del capitalismo (certo non saremo noi a determinarne la svolta, se mai ci sarà) e invece pensare al domani. CONTINUA A PAGINA 38

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Il Fmi: l'economia frena La ripresa? Dal 2010 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 5 Il Fmi: l'economia frena La ripresa? Dal 2010 E all'Italia consiglia: niente nuovi stimoli fiscali La crescita mondiale giù dell'1,3%, rialzo dell'1,9% l'anno prossimo. Per Roma stime in calo al 4,4%, poi meno 0,4% DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON È difficile dare risalto ai segnali di «rallentamento del passo della crisi» che pure esistono, o ai primi cenni di stabilizzazione dei mercati finanziari, quando le previsioni per il futuro dell'economia restano negative come quelle diffuse ieri dal Fondo monetario. Alla «debole luce» della prospettiva di ripresa, comunque confermata a livello mondiale per la seconda metà del 2010, si contrappone infatti la maggiore forza della recessione. Che potrà essere battuta, dice il Fondo, solo quando si affermerà la stabilità finanziaria. L'Europa e l'Italia non fanno eccezione. Anzi. Per il nostro paese gli economisti di Washington, nel nuovo outlook presentato ieri, prevedono una caduta del Pil del 4,4% nel 2009 e dello 0,4% nel 2010. E poiché è inevitabile l'impatto sui conti pubblici, il rapporto deficit-Pil salirà a quota 5,4% nel 2009 e al 5,9% nel 2010. L'Italia comunque non può fare molto per contrastare la crisi: «Non raccomandiamo azioni di stimolo» ha detto Jorg Decressin, capo del dipartimento ricerche del Fondo, spiegando che la ragione è «l'alto debito pubblico» che non può aumentare se non si vogliono correre rischi «non necessari» di mercato nel collocare i titoli pubblici. «Lo spazio di manovra per il governo italiano è limitato, ma ci sono cose che si possono fare: migliorare la struttura del bilancio, rendere più efficiente la tassazione, riformare gli ammortizzatori sociali. Sono misure però che non si possono fare in un giorno ». L'Fmi ha previsto per l'Italia un rapporto debito Pil pari al 115,3% nel 2009 e del 121,1% nel 2010. Il sistema finanziario italiano «è meno esposto di altri», ha precisato Arrigo Sadun, responsabile Fmi per l'Italia, rilevando che «l'entità complessiva del sostegno fiscale è simile a quello degli altri paesi europei». «Dobbiamo fare di tutto per ridurre la spesa pubblica » ha sollecitato dall'Italia la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Altri due anni di recessione per l'Italia quindi, come per il resto dell'Eurozona che nel suo assieme dovrebbe registrare una crescita negativa del 4,2% quest'anno e dello 0,4% il prossimo, contro un calo dell'1,3% nel 2009 ed un rialzo dell'1,9% nel 2010 dell'economia mondiale. In Europa peggio dell'Italia faranno la Germania che quest'anno registrerà una contrazione del reddito del 5,6% e il prossimo anno dell'1%, l'Olanda, la Finlandia, il Lussemburgo, la Russia e l'Irlanda in caduta dell'8% nel 2009 e del 3% nel 2010. A scorrere i dati salta però agli occhi l'andamento della disoccupazione: l'Italia in linea peraltro con il resto dell'Europa è fra i paesi che dovranno far fronte nel 2010 ad un tasso di disoccupazione del 10,5% dall'8,9% del 2009. Situazione più grave in Spagna, tra il 17,7 del 2009 e il 19,3% del 2010. Olivier Blanchard, capo economista Fmi, ha posto l'accento sull'importanza delle azioni messe in atto dai vari paesi: «Con queste politiche potremo arrivare a vedere la luce in fondo al lungo tunnel». Stefania Tamburello Olivier Blanchard, dal primo settembre 2008 capo economista del Fondo Monetario Internazionale

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Crac mutui Usa, il suicidio del supermanager (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 6 Crac mutui Usa, il suicidio del supermanager Kellermann, 41 anni, trovato impiccato. Era incalzato da magistratura e media Il capo della finanza di Freddie Mac. Le polemiche sul bonus da 800 mila dollari. Indagini sulle irregolarità contabili DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - La moglie l'ha trovato prima dell'alba in cantina, impiccato. A differenza di qualche altro personaggio del mondo della finanza che si è suicidato perché era andato in rovina, David Kellermann non ha retto alla tensione dopo essere finito nel mirino degli investigatori e anche della stampa. La Sec (la Consob americana) e il ministero della Giustizia stanno, infatti, indagando da tempo su possibili irregolarità contabili commesse da Freddie Mac, il gigante dei mutui di cui Kellermann era direttore finanziario. E i giornalisti avevano preso ad appostarsi davanti alla sua bella casa nella contea di Fairfax, in Virginia, a poche miglia da Washington, dopo che il manager aveva «fatto notizia» per aver ricevuto un corposo «bonus » (800 mila dollari), nonostante le gigantesche perdite denunciate dalla sua società. Per difendere la sua «privacy », Kellerman si era rivolto a un'agenzia privata di sorveglianza, ma ad angosciarlo erano soprattutto le indagini giudiziarie: i vicini, che lo vedevano teso e dimagrito, raccontano ora di avergli suggerito più volte di cambiare vita e lavoro. A differenza di altri suicidi originati dalla crisi finanziaria - come quelli dei «broker» andati in rovina per speculazioni sbagliate o perché truffati da Bernie Madoff - stavolta il gesto disperato potrebbe derivare dalle responsabilità contabili del giovane manager. Appena 41enne, Kellermann era stato nominato direttore finanziario di Freddie Mac solo nel settembre scorso. Ma aveva alle spalle già 15 anni di lavoro (prima con ruoli minori, poi come capo della contabilità) nella società mista pubblicoprivata che, insieme alla «gemella » Fannie Mae, è titolare di oltre metà dei mutui concessi ai proprietari di case negli Usa. All'inizio dello scorso settembre proprio la crisi di Fannie & Freddie è stato il primo segnale dello «tsunami» che si stava abbattendo sulla finanza Usa: una settimana dopo il salvataggio delle due finanziarie pubbliche, già costato ai contribuenti americani oltre 60 miliardi di dollari, Wall Street è crollata di schianto sotto il peso del fallimento della Lehman Brothers. Da allora la situazione della finanza Usa non ha fatto che avvitarsi. Esauriti i «cuscini» di liquidità, banche e gloriose istituzioni finanziarie sono state costrette ad ammettere di aver fatto scelte azzardate o addirittura irresponsabili. E sono venute alla luce imprese criminali come quella perpetrata da Bernard Madoff. Proprio la «truffa del secolo» ha rovinato e spinto al suicidio tre finanzieri: uno in Germania, uno in Inghilterra e il francese Rene-Thierry Magon de la Villehuchet che si è tolto la vita a New York. Prima di loro c'era stato il suicidio di Barry Fox, un manager della Bear Stearns. Complessivamente, però, non si può dire che la crisi attuale, per quanto grave, abbia prodotto un'ondata di gesti disperati. Del resto anche quella dei suicidi di massa nel 1929 del «Grande crollo» è, in gran parte, una leggenda: a Wall Street non mancarono di certo i gesti disperati, ma fece più vittime la disoccupazione di massa che la rovina finanziaria: il numero dei suicidi, che nel '29 fu di 14 per 100 mila abitanti, salì fino a 17 su 100 mila nel 1933, quando un americano su quattro si trovò senza lavoro. Oggi siamo su livelli decisamente più bassi (11 suicidi per ogni 100 mila abitanti), anche se non mancano casi impressionanti come quello del padre ridotto sul lastrico che, qualche settimana fa nel Maryland, ha sterminato l'intera famiglia e si è ucciso. Il caso di Kellermann è però particolarmente inquietante perché sembra indicare che, nonostante tutti i tentativi di risanamento e «normalizzazione» attuati mese dopo mese dal Tesoro, i conti di alcune delle strutture finanziarie più importanti e delicate del Paese possono ancora nascondere realtà dirompenti. Ieri la Freddie Mac - che ha appena perso David Moffett, l'amministratore delegato che era stato nominato solo cinque mesi fa dal governo per cercare di rimettere ordine nella società - ha dichiarato di non vedere un collegamento tra la tragedia del suo direttore finanziario e le indagini della magistratura e della Sec. In serata, però, nella sua sede i manager si sono riuniti per discutere delle possibili conseguenze della vicenda. Massimo Gaggi La vittima Il direttore finanziario di Freddie Mac, David Kellermann. Nella foto a sinistra, il quartier generale del gruppo a McLean, in Virginia. Insieme a Fannie Mae, Freddie Mac garantiva prima della crisi circa il 50% di tutti i mutui immobiliari Usa La casa Un gruppo di reporter in attesa davanti alla casa di Vienna, in Virginia, dove viveva David Kellermann, il direttore finanziario del colosso americano dei crediti immobiliari Freddie Mac

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Unipol, il ritorno di Consorte Ed è duello in assemblea (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 23/04/2009 - pag: 35 Polizze L'ex numero uno: questa gestione ha fallito. Ma Stefanini: il mondo è cambiato Unipol, il ritorno di Consorte Ed è duello in assemblea Chiesto un aumento di capitale. Salvatori: è escluso L'amministratore delegato taglia i ponti con Siena: il Monte dei Paschi non è strategico MILANO L'aveva promesso, l'ha fatto. Giovanni Consorte è tornato in veste di piccolo azionista all'assemblea dell'Unipol, il gruppo che ha condotto da lìder maximo, come presidente e amministratore delegato, fino al 2006. Per l'ex regista finanziario delle cooperative rosse, che oggi si definisce «imprenditore e manager» e guida una merchant bank che si chiama Intermedia, si è trattato della prima uscita pubblica a quasi quattro anni dalla fallita scalata alla Bnl e dalla bufera politica e giudiziaria che lo costrinse alle dimissioni. La prossima puntata potrebbe essere in autunno se, come lo stesso Consorte ha confidato pochi giorni fa a Il Riformista, deciderà di offrire un suo «contributo» ai democratici dando vita a «un'associazione politico-culturale che diffonda in Italia la conoscenza delle migliori esperienze del riformismo europeo». Niente di tutto si è visto ieri a Bologna, nell'auditorium di via Stalingrado, dove l'ingegnere di Chieti ha attaccato a testa bassa la gestione dei suoi successori, l'amministratore delegato Carlo Salvatori e il presidente Pierluigi Stefanini, scatenando l'ira del Pd locale che, anzi, ha visto nella mossa di Consorte un'azione di sostegno al candidato sindaco del Pdl, Alfredo Cazzola. Consorte ha mosso prima contestazioni sulle voci di bilancio come l'aumento dei costi per l'informatica o i costi per le consulenza di Ugf spa, saliti a 18,5 milioni, e poi ha alzato il tiro sulle strategie, suggerendo una ricapitalizzazione. «Vi invito a non sbagliare analisi ha insistito i problemi di Unipol, con una perdita di 1,146 miliardi nel 2008 se si sommano Aurora e il settore bancario, non sono dovuti alla crisi finanziaria, ma sono tutti di carattere gestionale». Rilievi respinti da Salvatori che nelle repliche non ha mai ceduto alla polemica, respingendo la richiesta di aumento di capitale, e limitandosi ad ammettere di non essersi accorto per tempo che Unipol Banca (oggi Ugf Banca) «era in condizioni disastrose». In ogni caso il vertice dell'istituto è stato cambiato e «già da quest'anno la banca ci darà soddisfazioni». Il duello sostenuto con Consorte non ha fatto comunque passare in secondo piano l'annuncio del downgrade della quota di Unipol in Mps (2% circa) tra le partecipazioni non strategiche, dopo gli accordi siglati dal gruppo bancario di Siena con i francesi di Axa. «La terremo finché sarà possibile venderla», ha detto. Consorte ha definito le repliche «casuali e farraginose», comunicato che quella sarebbe stata la sua ultima assemblea e minacciato di pubblicare tutta la sua verità sulla Rete da tempo il manager ha aperto il suo sito e annunciato tuttavia l'astensione sul bilancio con la curiosa motivazione di voler «evitare le polemiche dei giornali». Parole che Salvatori non ha commentato. E se per Stefanini «ci voleva più rispetto per una istituzione con sei milioni di clienti e migliaia di dipendenti », per il candidato sindaco Alfredo Cazzola le critiche di Consorte sono «legittime». Paola Pica Giovanni Consorte

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Pirelli ora vede l'utile. E il titolo vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Pirelli ora vede l'utile. E il titolo vola (g.fer.) All'indomani dell'annuncio del ritorno all'utile nel primo trimestre dell'anno, il titolo Pirelli ha incassato ieri un rialzo del 10,96%, il più elevato fra i 40 titoli che compongono l'S&P-Mib. Ma a far esplodere gli acquisti sono stati anche i giudizi positivi degli analisti. Bnp Paribas, per esempio, ha ipotizzato nuovi miglioramenti della redditività grazie agli «effetti positivi della discesa dei prezzi delle materie prime». Da parte sua Cheuvreux ha aumentato il target-price (prezzo obiettivo) da 23 a 25 centesimi. In forte recupero anche la controllata Pirelli Re (+5,35%) e la controllante Camfin (+8,84%). Tronchetti Provera presidente Pirelli

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Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003 (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Parigi Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003 (g.fer.) Lvmh, il gruppo leader mondiale nel lusso, non ha alcuna intenzione di vendere i suoi prestigiosi marchi di champagne (Moet & Chandon, Krug, Dom Perignon e Veuve Cliquot), come aveva ipotizzato la stampa britannica. La smentita è arrivata ieri, insieme con i dati trimestrali, i peggiori dal 2003, che evidenziano una crescita del fatturato inferiore alle stime (4,02 miliardi di euro rispetto ai 4 miliardi dello scorso anno). É un fatto, tuttavia, che le vendite della divisione champagne hanno subìto un significativo calo. Anche per questo il titolo è sceso ieri del 2% a quota 53 euro, con 4,4 milioni di pezzi scambiati. Bernard Arnault pdg di Lvmh

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shop at pzeroweb.com (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 shop at pzeroweb.com

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LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 23/04/2009 - pag: 39 Risponde Sergio Romano LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE Concordo pienamente con lei sulle motivazioni che hanno spinto il presidente Obama a rilasciare al Parlamento turco le dichiarazioni a cui lei fa riferimento nella sua risposta ( Corriere, 11 aprile). Certamente la reiterata considerazione sull'opportunità che la Turchia entri a far parte dell'Europa non autorizza come lei osserva il presidente degli Stati Uniti a sostenere pubblicamente, nel suo discorso al Parlamento, tale necessità. Ma dopo tante impegnative valutazioni sul ruolo della Turchia, sulla sua rilevanza geo-strategica in Asia centrale, Caucaso e Medio Oriente, il problema non è se l'Europa debba degnarsi di fare posto alla Turchia, ma piuttosto quello di chiedersi se non occorra pregare la Turchia di raggiungere l'Ue, superando stanchezza e delusioni accumulate nel tempo, perché l'Europa ha bisogno di lei. Maria Antonia Di Casola dicasola.maria@alice.it Cara Signora, N egli scorsi giorni sono stato a Istanbul per un convegno organizzato a Palazzo Venezia (ora sede del consolato italiano) dall'Unione di amicizia Italia-Turchia. Vi erano, insieme a molti giornalisti italiani e turchi, numerosi imprenditori dei due Paesi e una buona rappresentanza della politica turca. Il principale tema dell'incontro è stato naturalmente l'adesione della Turchia all'Unione Europea. Il negoziato procede con snervante lentezza e i turchi hanno eccellenti ragioni per lamentarsi del modo in cui, ad esempio, Cipro, spalleggiato da alcuni Paesi, è riuscito a creare una serie di pretestuosi blocchi stradali. Ma ho avuto l'impressione che la Turchia non abbia rinunciato al suo obiettivo e che lo stia perseguendo con molta serietà. Il ministro Egemen Bagis, responsabile turco dei negoziati, ha parlato delle riforme costituzionali che il governo intende adottare (fra le quali una legge sulla parità dei sessi). Il ministro dell'Economia Mehmet Simsek ha parlato degli effetti della crisi finanziaria, ma ha descritto un Paese giovanile, dinamico, ambizioso che ha voglia di misurare se stesso, sul piano economico e civile, con gli standard prevalenti nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim Mete, ha ricordato che la Turchia è già integrata nell'economia mondiale e che la prospettiva dell'ingresso nell'Ue è stata una straordinaria motivazione psicologica per la sua industria e la sua finanza. So che l'atteggiamento di alcuni Paesi europei (in particolare Francia, Germania, Austria) e la lentezza dei negoziati hanno deluso una parte dell'opinione pubblica turca. Ma dal convegno di Istanbul ho ricavato l'impressione che l'Europa sia ancora al primo posto nella lista delle priorità della classe dirigente. La Turchia è una potenza regionale e può, all'occorrenza, voltare le spalle all'Unione per coltivare i propri interessi in Medio Oriente, nel mar Nero, nel mar Caspio e nell'Asia centrale, dove popolazioni e lingue sono vecchi rami dell'Impero ottomano. Ma l'Europa è il suo principale partner economico (80% dei suoi scambi commerciali) e il depositario dei modelli politici e sociali a cui intende ispirarsi. Esiste un interesse turco all'adesione ed esiste, a mio avviso, un corrispondente interesse europeo. Continuo a pensare, in particolare, che l'ingresso nell'Ue di un Paese musulmano, ma democratico e laico, gioverebbe ai nostri rapporti con i vicini islamici del Sud e del Sud-est. Ma questa prospettiva si scontra, dopo il frettoloso allargamento dell'Ue e la crisi del Trattato costituzionale, con almeno due ostacoli. In primo luogo alcuni governi europei sanno di non potere imporre l'adesione della Turchia ai loro Paesi in questo momento. Il problema, in altre parole, non è il personale atteggiamento di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, ma quello dei loro elettori. In secondo luogo l'ingresso della Turchia nell'Ue allargherebbe enormemente l'area delle nostre responsabilità internazionali. Smetteremmo di essere una unione esclusivamente europea per diventare contemporaneamente una potenza medio-orientale. Non basta quindi che la Turchia completi la sua marcia di avvicinamento anche sul piano istituzionale e civile. Occorre soprattutto che la Ue abbia gli strumenti per governare se stessa e per fare una politica estera conforme ai maggiori impegni che deriveranno dalla sua estensione. Sono questi, al di là dei singoli problemi negoziali, i veri nodi da sciogliere.

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consorte torna come piccolo socio e fa le pulci ai conti di unipol - luciano nigro (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 25 - Economia Consorte torna come piccolo socio e fa le pulci ai conti di Unipol "La mia verità sul web". Salvatori: "Era un disastro" Sei ore di battaglia in assemblea con frecciate su costi, consulenze e ispezioni LUCIANO NIGRO BOLOGNA - Un assedio, come a fort Apache. Solo che a guidare gli indiani, questa volta, è il vecchio comandante della guarnigione. Sembra un film il ritorno di Giovanni Consorte all´assemblea di Unipol Gruppo Finanziario, la società controllata dalle coop, che il manager aveva gestito da padre-padrone fino alla fallita scalata alla Bnl, cacciato nel gennaio 2006, dopo esser stato travolto dalle inchieste giudiziarie. E l´assemblea si trasforma in battaglia. Sei ore nelle quali l´ad Carlo Salvatori deve difendersi dai risparmiatori in ansia per il loro capitale. Ma sono di Consorte le frecce più insidiose. «Sono un piccolo azionista», esordisce l´ex presidente e Ad del gruppo, teso come mai. Ha portato un dossier, Consorte («una brochure») con centinaia di quesiti per dimostrare una tesi: il gruppo Unipol che ha chiuso con un utile di 107 milioni (314 in meno rispetto al 2007) non soffre soltanto di problemi legati alla crisi finanziaria. Se non sono stati distribuiti dividendi, dice, non ci sono solo le perdite di Lehman Brothers e il passivo di Ugf Banca. C´è «uno squilibrio costi-ricavi» che pesa per più di un miliardo su Unipol e Aurora assicurazioni. Ecco, dunque, la raffica di interrogativi. Ci sarà un aumento di capitale? Che esito hanno dato le ispezioni di Bankitalia sulla banca? Perché avete assunto nuovi manager? Perché crescono le consulenze e i costi dell´informatica? In molti gli danno manforte. «Consorte era un vero manager, quelli di adesso non gli allacciano neanche le scarpe» dice il signor Ivano Tavernelli. Salvatori replica con calma. La crisi non era prevedibile e poteva avere effetti devastanti, ma scoppiata la bolla siamo corsi ai ripari, il patrimonio è solido ed è stato messo in sicurezza, e il piano industriale darà buoni frutti. Il primo trimestre è già in utile, «in linea con le previsioni di bilancio». Solo sulla banca fa mea culpa, Salvatori: «Era in una situazione disastrosa» (come dire: questa è l´eredità di Consorte), «potevamo intervenire prima e me ne assumo la responsabilità». Ma ora con un nuovo management ci darà grandi soddisfazioni. E dopo le «ingenti svalutazioni di titoli» e «le coperture operate nel 2008», «se la Borsa va su ne beneficeremo, altrimenti siamo coperti». Ormai è un duello. Non è soddisfatto Consorte («risposte casuali e farraginose»). «I problemi sono tutti gestionali - insiste - questo gruppo è fermo, non ha una strategia e la struttura azionaria non reggerà nei prossimi mesi». «E´ l´ultima mia assemblea - promette annunciando che metterà tutto su Internet - ma ho voluto ripristinare la verità». Salvatori ribatte che prima c´era «confusione» e «c´era lo sgorbio di un´assicurazione che ne controllava una più grande». E sbotta: «Se dobbiamo fare noi l´aumento di capitale, devono farlo tutti». Alla fine, quando il bilancio passa con il 99% dei voti a favore, è il presidente Pierluigi Stefanini a togliersi un sassolino dalla scarpa: «La verità la diranno i fatti, oggi è emersa la differenza tra chi vuole bene al gruppo e chi non ci tiene. Ma bisognerebbe avere più rispetto per un gruppo con 18 mila dipendenti e 6 milioni di clienti».

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dario sul treno-scuola dei giovani pd "quanti errori di pietro, aiuta il cavaliere" - umberto rosso (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Interni Lezioni politiche per i 400 ragazzi sul convoglio. Partenza da Torino, tappe a Parigi, Berlino e Praga, arrivo a Venezia Dario sul treno-scuola dei giovani Pd "Quanti errori Di Pietro, aiuta il Cavaliere" "Questi sono giovani veri, mica le letteronze che Berlusconi vuole candidare" "L´elenco di comuni e province in cui l´Idv rompe l´alleanza è lunghissimo" UMBERTO ROSSO DAL NOSTRO INVIATO PARIGI - «Guarda, io manco lo voglio vedere quel che dice Di Pietro». Il treno speciale 28414, il Franceschini-express si infila in un altro tunnel fra Torino e Parigi, e una galleria pietosa fa cadere l´sms. L´inciucio «criminoso» fra Pdl e Pd denunciato dal leader dell´Idv sul referendum. «Figurarsi. Lo sa benissimo che non si fa più in tempo per l´election day. Piuttosto, è lui che sta per fare un grosso regalo alla destra. Si presenta da solo alle amministrative in decine di comuni: così fa vincere il Cavaliere. Ci ripensi». Il nemico Berlusconi ma anche l´incubo Tonino, come spiega pure Giorgio Tonini, mentre il convoglio-scuola avanza fra neve e sole verso il confine di Modane, «ormai ha un sogno solo: l´implosione, per spolparci». E così si spiegano anche certe scelte, certi nomi per guidare le liste pd, da Cofferati alla Borsellino a Berlinguer, per tagliare l´erba dell´anti-politica sotto i piedi dell´ex pm. Dodici vagoni a spasso per l´Europa. Quattrocento giovani fra la Francia, Berlino (dove ci sarà anche Veltroni), Praga e Venezia, a fare formazione politica on the road. Fassino che saluta all´ora di pranzo alla partenza dalla stazione torinese di Porta Nuova, presentando l´iniziativa. è il treno dei desideri dei giovani del partito. Il desiderio di «vivere in un paese senza il Berlusca». La voglia di girare per il vecchio mondo «senza più razzismo». O più modestamente «senza più guerre dentro il partito sulle candidature», che qui non sono piaciute granché. Carrozza numero uno, due e tre, i tutor scelti da Annamaria Parente (responsabile formazione) tengono serissime lezioni: famiglie politiche europee, crisi finanziaria, storia dell´idea di Europa. A seguire otto vagoni per le cuccette. Più una carrozza ristorante, ma in realtà si va avanti a panini. «Tra dieci minuti distribuzione, restate ai posti assegnati». Duecento euro a testa la quota di iscrizione, il partito integra il resto: per la formazione il Pd quest´anno spenderà un milione di euro. Domanda più gettonata nei corridoi del treno democratico: nasceranno storie d´amore e di politica come a Cortona, la summer school della scorso settembre, che ha regalato coppie e figli in arrivo sotto il segno del Pd? Il segretario sorride. «Questi sono ragazzi veri, la politica si fa con lo studio, come un dì alla Camilluccia o alle Frattocchie, mica le veline e le letteronze che Berlusconi pensa di candidare». Il premier più celebre non del mondo, ironizza su un sondaggio diffuso dal Cavaliere, ma dell´universo, «mi risulta che piaccia molto anche negli altri pianeti». Intanto anche lui cede alla foto-opportunity con in testa il cappello da capostazione. Alle porte di Digione, arrivano le notizie dipietriste dall´Italia, e l´umore un po´ cambia. «L´elenco dei comuni e delle province in cui Di Pietro sta rompendo l´alleanza con il centrosinistra, e si presenta da solo, è lunghissimo. Da Campobasso a Bergamo, da Cuneo all´Abruzzo. Per raccogliere un voto in più per sé, farà vincere il centrodestra. Annunci roboanti contro Berlusconi, nessuno lo batte nel suonare la grancassa, e poi ecco il risultato pratico». Segue appello. Anzi doppio appello di Franceschini. «Lascio da parte anche le parole offensive pronunciate da Tonino contro di me, e gli chiedo: rinuncia alle liste locali da solo. E rinuncia anche a presentarti capolista alle europee, oppure dimettiti da parlamentare. Non fare come Berlusconi». Battaglia fuori e battaglia dentro. All´ultimo voto per superare l´asticella del 6 giugno. Ma nemmeno sotto tortura, il segretario rivela qual è la quota-sopravvivenza del progetto Pd. «I Democratici e il Pdl sono progetti strategici che andranno avanti negli anni. Il Pdl sopravviverà a Berlusconi». Ma se arriva la batosta di Strasburgo? «Non arriverà». Alleanze con Casini? «Vedremo. Si terrà le mani libere fino all´ultimo». Tremonti che annuncia l´uscita dalla crisi? «Una farsa». Risquilla il telefonino. «Massimo, sei tu Massimo?». Altra galleria. Comunque, non è D´Alema. Cacciari. C´è da organizzare la manifestazione di chiusura del treno, domenica a Venezia.

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L'Archivolto alla deriva convoca il G8 genovese (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 97 del 2009-04-23 pagina 5 L'Archivolto alla deriva convoca il G8 genovese di Federico Casabella Il Teatro Modena, in crisi finanziaria, rischia la chiusura. I gestori chiedono l'aiuto degli enti locali e dei parlamentari liguri invitati per domani a Sampierdarena: «Servono due milioni per andare avanti» È la crisi del teatro a Genova. Bisogna salvarne un altro dopo l'operazione Carlo Felice, cifre minori sia chiaro di quelle che servono per salvare il teatro dell'Archivolto di Sampierdarena ma comunque da trovare a breve altrimenti c'è il rischio che una realtà culturale che rende vivo il tessuto sociale del ponente genovese offrendo anche la possibilità alle scuole della zona di misurarsi con laboratori teatrali di qualità. Qualità, quella che da sempre il Modena è riuscito ad esibire tanto da essere, per il genere che esprime, all'avanguardia nazionale con riconoscimenti che nel tempo sono arrivati a premiare le scelte artistiche. Qui sono nati talenti come Maurizio Crozza, Carla Signoris, Ugo Dighero. Qui gli spettacoli fanno spesso il tutto esaurito. Eppure. «Eppure siamo in una situazione tale per cui non possiamo nemmeno ipotizzare il bilancio per il 2009 -denuncia la direttrice Pina Rando-. I conti ci costringono ad un serio ragionamento e, soprattutto, ci portano a chiedere un intervento delle istituzioni e dei parlamentari liguri perché si interessino al nostro caso». Vogliono un summit dei grandi della terra ligure, lo hanno chiamato «Zena 8», perché chi ha competenza ragioni sull'opportunità di perdere una realtà del genere. Domani hanno convocato deputati e senatori di Pdl, Pd, Lega Nord e Idv per un pranzo di lavoro, «tenteremo di prenderli per la gola», scherza Rando anche se qui c'è poco da scherzare perché l'Archivolto è il teatro stabile privato di interesse pubblico che dallo Stato ha la sovvenzione minore: «Prendiamo 388mila euro l'anno -incalza la direttrice del teatro- mentre altri teatri superano il milione come contributi diretti e a fondo perduto. Se si pensa che solo nel 2008 abbiamo versato 350 mila euro per Enpas e Inps, tra il dare e l'avere ci rimane proprio poco». Contributi arrivano anche da Comune, Provincia e Regione per circa 500 mila euro l'anno, in più la compagnia San Paolo ne investe 160 mila e con altri 100 mila contribuiscono gli sponsor privati ma sembrano essere di molto inferiori rispetto a quello che serve all'Archivolto per non chiudere i battenti. All'interno della struttura lavorano 41 persone di cui 25 con contratto a tempo determinato e 16 a tempo indeterminato, «abbiamo un disavanzo annuale tra i 200 e i 300 mila euro, non serve uno sforzo immane per salvare la nostra realtà, ma qualcosa deve arrivare». L'obiettivo sarebbe quello di recuperare tra contributi pubblici e privati circa 600 mila euro: «Il nostro teatro è sempre pieno e lavora a ritmo sostenuto, più di così non possiamo fare», spiega il direttore artistico Giorgio Gallione. A pensare a quello che è stato fatto per il Carlo Felice un po' d'invidia c'è, «anche se a noi basterebbe un impegno molto più esiguo rispetto a quanto è stato fatto per il teatro dell'opera. Diciamo che se i dipendenti là hanno fatto lo sciopero della fame, messo in rapporto noi potremmo saltare la colazione». Ora la speranza è che la colazione organizzata proprio al Modena per venerdì non la saltino i parlamentari liguri. Almeno il tentativo di trovare una soluzione per scongiurare la chiusura va fatto. Altrimenti qui non riusciranno a tirare giù nemmeno il cartellone per la prossima stagione. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Il manager dei mutui si impicca in cantina (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

NEW YORK David Kellerman, direttore finanziario del colosso paragovernativo dei mutui Freddie Mac, è morto. L’hanno trovato impiccato nel sottoscala della sua abitazione di Reston, cittadina della Virginia non lontana dalla capitale Washington D.C. L’ipotesi più accreditata è quella del suicidio, ha riferito alla polizia la moglie del manager, Donna: le forze dell’ordine non hanno riscontrato segni di scasso o indizi che avvalorino l’ipotesi di un delitto. Gli inquirenti, dopo aver indagato su possibili problemi personali di Kellerman, battono ora la pista professionale. David aveva 41 anni, da sedici lavorava in Freddie Mac. Importante è stato il suo contributo nella ricostruzione dell’impianto contabile nel 2003, dopo i gravi scandali finanziari di Wall Street. E a settembre 2008, quando l’agenzia venne salvata dal fallimento con un’iniezione diretta di capitali del governo, per Kellerman arrivò la nomina a direttore finanziario. Come per la gemella Fannie Mae, l’acquisizione del controllo da parte delle autorità federali per evitare il collasso dovuto alla crisi del mercato immobiliare e dei mutui, provocò in Freddie Mac un terremoto ai vertici. Sulla crisi della società definita in gergo tecnico «Government sponsored enterprise (Gse)» e sullo scampato crollo costato 30,8 miliardi di dollari ai contribuenti americani (oltre ai 15,2 di Fannie Mae), hanno aperto un’inchiesta la Sec (Consob Usa) e il dipartimento di Giustizia. Gli inquirenti hanno interrogato molti dipendenti del colosso paragovernativo per accertare eventuali violazioni. Di recente la stessa società ha reso noto di aver ricevuto un’ingiunzione dalla procura newyorkese per la trasmissione di bilanci e informative sulla governance aziendale. L’ingiunzione è stata poi ritirata e gli atti trasferiti alla procura della Virginia, per questioni di competenza territoriale, visto che Freddie Mac ha sede a McLean. Secondo fonti vicine alla vicenda sembra che una parte dei conti sui quali Sec e Giustizia stanno investigando fossero sottoposti al controllo di Kellerman, ma sino ad oggi non «non ci sono prove di frodi». Il ministro della Giustizia, Eric Holder, ha detto di «non avere idea» se si tratti di un gesto legato in qualche modo alle inchieste. In una nota divulgata dalla società invece, l’amministratore delegato ad interim, John Koskinen, spiega che «la famiglia Freddie Mac è profondamente rattristata per la scomparsa di un uomo di grande integrità etica e devozione professionale». «Rattristato» si è detto anche il ministro del Tesoro, Timothy Geitner. Qualsiasi sia la motivazione, l’estremo gesto di Kellerman ha colto tutti di sorpresa: nessuno aveva mai notato segni di ansia o depressione nel manager. Il fatto è avvenuto nella notte: alle 4 e 48 del mattino la polizia rispnde a una chiamata che proviene dacasa Kellerman. Al loro arrivo, gli agenti sono scesi nel seminterrato dove hanno trovato il corpo senza vita dell’uomo che oltre alla moglie lascia una figlia di cinque anni di nome Grace. È lunga lista dei manager che si sono tolti la vita a causa della crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie Madoff. Ma c’è anche gente comune: la scorsa settimana un uomo del Maryland ha ucciso moglie e tre figli e si é tolto la vita schiacciato dal peso dei debiti. Ieri in un albergo di Baltimora un avvocato immobiliare di New York ha ucciso la famiglia e si è tolto la vita: il suo nome potrebbe essere legato a un’inchiesta della procura newyorkese su una truffa gestita col famigerato schema Ponzi.

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Summit sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a fine giugno. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

La data prevista per l'uscita della nuova enciclica sociale è stata stabilita per fine giugno, ma la decisione non può dirsi ancora definitiva perché Benedetto XVI ha voluto "ristrutturare" il paragrafo dedicato alla crisi finanziaria che ha messo in ginocchio le economie mondiali. Sabato scorso, a Castelgandolfo, sono arrivati per un mini-summit i cardinali Angelo Bagnasco, presidente della Cei; Camillo Ruini, suo predecessore; Angelo Scola, patriarca di Venezia; Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Sono porporati particolarmente legati a Ratzinger. Bagnasco, come presidente della Cei, è impegnato nell'azione in favore delle famiglie colpite dalla crisi (con un fondo di solidarietà), Ruini è consigliere stimato e ascoltato, Scola si è occupato di etica e impresa, Schoenborn è stato allievo del Papa. Questo è l'articolo che pubblico oggi sul Giornale. Proprio ieri, all'udienza generale, parlando della figura del santo monaco Ambrogio Autperto, Benedetto XVI ha accennato alla crisi, che, ha spiegato, è stata causata dalla "cupidigia". Scritto in Varie Commenti ( 5 ) » (No Ratings Yet) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica - pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere: "La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli), comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 37 ) » (7 votes, average: 3.71 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale, aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al 2002 ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede ed è dunque ben conosciuto da Papa Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi dicastero curiali di origine polacca diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i cardinali Zenon Grocholewski all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al Pontificio consiglio per i laici). Scritto in Varie Commenti ( 33 ) » (9 votes, average: 3.44 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica sociale, i tempi si allungano (a causa della crisi) Quando sarà pubblicata la terza enciclica di Benedetto XVI? Il progetto iniziale prevedeva che uscisse l'anno scorso, le prime anticipazioni - a partire dal titolo, "Caritas in veritate" - risalgono infatti ai primi mesi del 2008. Doveva essere pubblicata nel quarantesimo anniversario dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI (marzo 1968), poi il cardinale Segretario di Stato disse che sarebbe slittata probabilmente a ridosso dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine anno il testo sembrava pronto, dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del neo-arcivescovo di Monaco di Baviera, monsignor Marx. La crisi finanziaria aveva provocato un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava per certo che l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San Giuseppe - e resa nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a maggio (firmata il 1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra definitivamente tramontare e nei sacri palazzi è opinione diffusa che l'enciclica sociale possa vedere la luce a ridosso dell'estate, se tutto va bene. Quali sono le cause del ritardo? Fonti autorevoli confermano al Giornale che il problema sarebbe stato rappresentato proprio dalla parte aggiunta al testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La stesura fin qui approntata, infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del Pontefice che, ovviamente, per passaggi "tecnici" di documenti così importanti, è solito affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire, a chiedere modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta dunque essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato di Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le nomine curiali attese nelle prossime settimane (o nei prossimi mesi) c'è quella del nuovo "ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario cardinale Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà al suo posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere sostituito, sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria di Stato, invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci di una promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano al momento prive di fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad arrivare le promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin (sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo Sardi, che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il Papa per la stesura dei discorsi. Sardi dovrebbe ricevere un incarico presso l'Ordine di Malta, e al suo posto potrebbe andare monsignor Gloder. Infine, si parla con insistenza della possibilità di un prossimo cambio alla direzione della Sala Stampa vaticana. Ma al momento non è stata presa alcuna decisione al riguardo. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (14 votes, average: 3.07 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile. Scritto in Varie Commenti ( 72 ) » (13 votes, average: 3.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 11Apr 09 Buona Pasqua ai naviganti, un abbraccio ai terremotati Cari amici, oggi, Sabato Santo, è la giornata del silenzio e dell'attesa. Duemila anni fa, quel giorno, gli undici apostoli e i discepoli di Gesù erano affranti, abbattuti, impauriti per la fine tremenda che era toccata al loro maestro. C'è solo una donna che vive quelle ore d'angoscia e di dolore presentendo che qualcosa sta per accadere: Maria. Questa notte la Chiesa celebra il rito più importante dell'anno, la veglia della luce. Questa notte l'unico uomo che nella storia abbia detto di sé "io sono la via, la verità e la vita", risorge e con il suo corpo glorioso, appartenente ormai alla dimensione dell'eternità, si fa vedere, si fa nuovamente incontrare, mangia e beve con i suoi amici. Che da impauriti si trasformano in instancabili annunciatori della resurrezione di Gesù. E' il cuore dell'annuncio cristiano, il fondamento della fede. Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato agli indizi di storicità di quell'evento straordinario e unico. Credere nella resurrezione è un atto di pura fede, nessuna dimostrazione scientifica o prova storica potrà mai convincere qualcuno. Ma il credente sa di non scommettere la sua vita sui fantasmi, sulle leggende o sulle proiezioni mentali di qualche mistico invasato. Sa che ci sono ragionevoli indizi per credere. E' il modo con cui vorrei augurare buona Pasqua a ciascuno di voi, avendo gli occhi e il cuore ancora pieni di dolore per la tragedia accaduta in Abruzzo. Ieri è stato davvero un Venerdì Santo di Passione. La grande domanda, il grido straziante dell'uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, al dolore innocente è scolpita nei tanti volti di coloro che sono stati colpiti dal sisma. Di fronte a questo grido, non valgono i discorsi, le frasi fatte, l'esposizione di una dottrina. Personalmente mi sento incapace di dire alcunché. Ma questa domanda ha avuto una risposta: Dio, all'uomo che soffre, non ha offerto una soluzione, ma una compagnia, quella di suo Figlio, che ha sofferto ed è morto sulla croce, Lui, il giusto innocente. Si è fatto ammazzare per noi, per i nostri peccati. La risposta di Dio è stata l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù. L'unica risposta a quella domanda senza risposta, può essere soltanto l'abbraccio, la compassione, la compagnia, la vicinanza. Buona Pasqua a tutti. Scritto in Varie Commenti ( 54 ) » (12 votes, average: 4.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Alta tensione tra Obama e la Chiesa. Le messe di Langone Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato alla tensione crescente fra la Chiesa Usa e il presidente Barak Obama. Tensione che coinvolge anche il Vaticano: da settimane infatti si è creato un impasse per la nomina del nuovo ambasciatore Usa, che dovrà sostituire Mary Ann Glendon (designata da Bush e notoriamente vicinissima alle posizioni di Benedetto XVI). La Santa Sede vorrebbe un diplomatico professionista cattolico e non un politico del partito democratico da premiare per il suo sostegno alla campagna di Obama. Non è facile infatti trovare infatti politici cattolici del partito democratico che non siano "pro choice" sull'aborto. Nelle pagine culturali, inoltre, ho ampiamente recensito il nuovo libro di Camillo Langone: una guida Michelin alle messe italiane. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (9 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 06Apr 09 I "trafficanti di uomini" All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati, lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in Nord America. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (7 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II "continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 57 ) » (11 votes, average: 4.91 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr 09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 142 ) » (10 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono Andrea Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti Categorie Varie (345) Ultime discussioni Artefice1: L'Esistenza sarebbe il Mercato. (Un gioco che PER l'Individuo Volenteroso va benissimo. Mercato dove... Marina: «Avevo fame e non mi avete dato da mangiare; ero prigioniero, e non mi avete visitato». Vai papa a pregare... Gladiator: silvano,dietro l' esagerazioni, c'è molto di vero. Gladiator: Si impicca dirigente Freddie Mac Usa, David Kellerman responsabile mutui Il vice presidente e responsabile... Paolo: Mai momento fu più propizio per una enciclica sociale. 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Giro di vite Ue sulle agenzie di rating (sezione: crisi)

( da "Stampaweb, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Chi sbaglia paga, e il Parlamento europeo non ha perdonato alle agenzie di rating del credito di non aver saputo prevedere la crisi finanziaria - e in particolare l''inaffidabilità dei mutui ''subprime'' americani che sono fra le sue principali cause. Morale: d’ora in poi le agenzie dovranno sottoporsi a una rigorosa regolamentazione comunitaria per poter operare nell''Ue. Quasi nessuna protesta nell’emiciclo. La normativa è passata a larghissima maggioranza (569 voti a favore, 47 contrari e 4 astensioni), dopo aver raggiunto un accordo con il Consiglio Ue. Le agenzie del rating come Standard and Poor''s, Moody''s o Fitch, che valutano i rischi per chi investe negli istituti (o negli Stati) che emettono titoli di credito, saranno sottoposte a un regime Ue di autorizzazione e controllate da un collegio che riunirà i supervisori nazionali dei Ventisette (il comitato dei regolatori europei - Cesr); inoltre, dovranno essere più trasparenti, eliminare i conflitti d''interesse e rendere pubblici gli elementi e i criteri di valutazione adottati. Finita dunque l’epoca dell’autoregolamentazione, quando era sufficiente un codici volontario di buona condotta per poter operare in un’Unione europea che chiudeva spesso gli occhi, limitandosi a vigilare solo in settori limitati, come l''insider trading e i requisiti di capitale degli enti creditizi. Le nuove norme saranno direttamente applicabili già 20 giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell''Ue, anche se gli stati membri avranno sei mesi per adottare le necessarie misure volte ad attuarle, ad eccezione delle disposizioni per il ricorso a rating di agenzie non comunitarie che si applicheranno dopo 18 mesi. Il testo, approvato sulla base del rapporto del relatore dell''Europarlamento Jean-Paul Gauzes (Ppe), intende migliorare l''integrità, la trasparenza, la responsabilità, l''indipendenza, la buona ''governance'' e l''affidabilità delle attività di rating del credito. In questo modo, verrà garantita la buona qualità del rating e assicurato un grado elevato di protezione degli investitori, anche se, sottolineano gli eurodeputati, “gli utenti non dovrebbero affidarsi ciecamente” ai giudizi delle agenzie. Restano fuori dal regolamento i rating privati, prodotti in seguito a un singolo ordine, e forniti esclusivamente alla persona che li ha commissionati, e che quindi non sono destinati alla divulgazione al pubblico. Secondo le nuove norme, gli enti creditizi, le imprese di investimento, di assicurazione non vita e vita e di riassicurazione, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm) e gli enti pensionistici aziendali o professionali potranno utilizzare a fini regolamentari "solo rating emessi da agenzie di rating del credito stabilite nella Comunità e registrate" conformemente agli obblighi previsti dal regolamento. L'obbligo di registrazione, viene precisato nel testo, "è il principale requisito" affinché tali agenzie possano operare nell''Ue, e su tale aspetto, la sua concessione, la sospensione e la revoca, sarà chiamato a vigilare il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (Cesr), che sarà quindi incaricato di ricevere le domande di registrazione e di informare le autorità competenti in tutti gli Stati membri, che avranno il compito di esaminare le domande, disponendo "di tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l''esercizio delle loro funzioni". Le autorità nazionali competenti poi avranno accesso a qualsiasi documento, potranno richiedere informazioni a qualsiasi persona e, se necessario, convocare e interrogare qualsiasi persona per ottenerle, potranno anche eseguire ispezioni in loco con o senza preavviso e richiedere le registrazioni telefoniche e le informazioni relative al traffico. In caso di violazioni da parte di un'agenzia, le autorità nazionali potranno revocare la sua registrazione o emanare un divieto temporaneo di emissione di rating, efficace in tutta la Comunità. Le agenzie poi dovranno adottare "tutte le misure necessarie per garantire che l''emissione di un rating non sia influenzata da alcun conflitto di interesse, esistente o potenziale, o relazione d''affari" riguardante le agenzie stesse, i loro manager, i loro analisti, i loro dipendenti o qualsiasi persona direttamente o indirettamente collegata ad essa da un legame di controllo. Norme meno stringenti sono previste per le piccole agenzie che hanno meno di 50 dipendenti. In particolare, le agenzie dovranno stabilire un meccanismo di rotazione graduale appropriato riguardo agli analisti di rating e alle persone che li approvano. Inoltre, la retribuzione e la valutazione del rendimento degli analisti di rating e delle persone che li approvano non dovranno dipendere "dall''entità del fatturato che l''agenzia di rating del credito deriva dalle entità valutate o da terzi collegati". Almeno un terzo, e non meno di due, dei membri del consiglio di amministrazione o di sorveglianza delle agenzie dovranno essere indipendenti e la loro retribuzione non dovrà dipendere dai risultati economici dell''agenzia. Considerando che, in determinate circostanze, gli strumenti finanziari strutturati (come i derivati) "possono avere effetti diversi dagli strumenti di debito societario tradizionali", il regolamento Ue prevede che le agenzie di rating operino una chiara differenziazione (aggiungendo un simbolo appropriato) tra le categorie utilizzate per emettere rating di questi particolari strumenti finanziari e le categorie utilizzate negli altri casi. Inoltre, le agenzie di rating del credito con sede extra-Ue saranno tenute a costituire una controllata nella Comunità. Da ultimo le sanzioni, di competenza degli stati membri, ma che dovranno essere “effettive, proporzionate e dissuasive”. commenti (0) scrivi

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La Casa Bianca e la Fed truccano i conti?. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

Navigando su Internet ho trovato alcune notizie assai interessanti. Il suicidio del top manager Kellermann ha fatto emergere un retroscena sconcertante sul modo in cui l'Amministrazione Obama gestisce gli interventi di risanamento. Il mese scorso ha tentato ripetutamente (ed energicamente) di convincere il management di Freddie Mac di nascondere il costo reale del programma varato per arginare la confisca degli immobili dei mutuatari insolventi. E che costo: 30 miliardi di dollari a carico della società. Il management (Kellermann incluso) si è opposto strenuamente e i rappresentanti del Tesoro hanno dovuto rinunciare. Alla fine la cifra è uscita, ma è stata subito relativizzata dalle rassicurazioni del presidente Barack Obama e del ministro del Tesoro Timothy Geithner. Ieri sera il numero uno di Bank of America, Kennet Lewis, ha rivelato che lo scorso settembre il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, e l'allora ministro del Tesoro Paulson fecero forti pressioni affinchè lo stesso Lewis non rivelasse le gravi difficoltà finanziarie di Merril Lynch, scoperte nell'ambito delle trattative per la fusione tra i due istituti. E se si considera che il governo ha autorizzato le banche a cambiare le regole contabili - e dunque ad annacquare le perdite sui debiti tossici - il quadro non è affatto rassicurante. Nessuno parla più del debito complessivo americano (pari al 35o% del Pil); pochi rilevano che la Cina da tre mesi sta riducendo l'acquisto di Buoni del tesoro americani o che il gettito fiscale sarà inferiore alle attese con inevitabili ripercussioni sul defiti pubblico. L'impressione è che le autorità Usa stiano tentando di mascherare i problemi o addirittura di indurre l'opinione pubblica a ignorarli. Ma basta truccare le carte per spingere il mondo fuori dalla crisi? Io dico di no: l'ipnosi aiuta ma non risolve. Scritto in banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, cina, economia, gli usa e il mondo Non commentato » (Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 E' nel blog il futuro del giornalismo? Premessa: fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata: continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato). Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su "il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra, però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto, spesso senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo modo si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog? Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post). Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi, blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia, giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po' sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo, purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri, dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza, disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia, notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee, non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 40 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.6 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 74 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 41 ) » (10 voti, il voto medio è: 3.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.71 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. 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Summit sull'enciciclica sociale. Esce (forse) a fine giugno (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 23-04-2009)

Argomenti: Crisi

La data prevista per l'uscita della nuova enciclica sociale è stata stabilita per fine giugno, ma la decisione non può dirsi ancora definitiva perché Benedetto XVI ha voluto "ristrutturare" il paragrafo dedicato alla crisi finanziaria che ha messo in ginocchio le economie mondiali. Sabato scorso, a Castelgandolfo, sono arrivati per un mini-summit i cardinali Angelo Bagnasco, presidente della Cei; Camillo Ruini, suo predecessore; Angelo Scola, patriarca di Venezia; Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Sono porporati particolarmente legati a Ratzinger. Bagnasco, come presidente della Cei, è impegnato nell'azione in favore delle famiglie colpite dalla crisi (con un fondo di solidarietà), Ruini è consigliere stimato e ascoltato, Scola si è occupato di etica e impresa, Schoenborn è stato allievo del Papa. Questo è l'articolo che pubblico oggi sul Giornale. Proprio ieri, all'udienza generale, parlando della figura del santo monaco Ambrogio Autperto, Benedetto XVI ha accennato alla crisi, che, ha spiegato, è stata causata dalla "cupidigia". Scritto in Varie Commenti ( 10 ) » (1 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica - pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere: "La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli), comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 37 ) » (8 votes, average: 3.88 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il vescovo polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale, aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al 2002 ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede ed è dunque ben conosciuto da Papa Ratzinger. Con il suo arrivo a Roma i capi dicastero curiali di origine polacca diventeranno tre (oltre a lui, ci sono i cardinali Zenon Grocholewski all'Educazione cattolica, e Stanislaw Rylko al Pontificio consiglio per i laici). Scritto in Varie Commenti ( 33 ) » (9 votes, average: 3.44 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Enciclica sociale, i tempi si allungano (a causa della crisi) Quando sarà pubblicata la terza enciclica di Benedetto XVI? Il progetto iniziale prevedeva che uscisse l'anno scorso, le prime anticipazioni - a partire dal titolo, "Caritas in veritate" - risalgono infatti ai primi mesi del 2008. Doveva essere pubblicata nel quarantesimo anniversario dell'enciclica "Populorum progressio" di Paolo VI (marzo 1968), poi il cardinale Segretario di Stato disse che sarebbe slittata probabilmente a ridosso dell'estate. Poi si parlò di dicembre. A fine anno il testo sembrava pronto, dopo l'ingresso nel gruppo di lavoro del neo-arcivescovo di Monaco di Baviera, monsignor Marx. La crisi finanziaria aveva provocato un ulteriore ritardo, ma nelle prime settimane del 2009 si dava per certo che l'enciclica sarebbe uscita con data 19 marzo - festa di San Giuseppe - e resa nota prima di Pasqua. Si è poi detto che sarebbe slittata a maggio (firmata il 1 maggio). Ora anche l'ipotesi di quella data sembra definitivamente tramontare e nei sacri palazzi è opinione diffusa che l'enciclica sociale possa vedere la luce a ridosso dell'estate, se tutto va bene. Quali sono le cause del ritardo? Fonti autorevoli confermano al Giornale che il problema sarebbe stato rappresentato proprio dalla parte aggiunta al testo, e riferita alla crisi economica mondiale. La stesura fin qui approntata, infatti, non avrebbe incontrato il gradimento del Pontefice che, ovviamente, per passaggi "tecnici" di documenti così importanti, è solito affidarsi agli esperti, ma che non rinuncia poi a intervenire, a chiedere modifiche e aggiustamenti. "Caritas in veritate" risulta dunque essere, fino a questo momento, il testo più travagliato del pontificato di Benedetto XVI, che oggi festeggia l'ottantaduesimo compleanno e si accinge a ricordare il quarto anniversario dell'elezione. Anche oggi il Papa ha festeggiato (poco) e lavorato (molto): l'attenzione sua e dei collaboratori più stretti è tutta rivolta in questo momento al prossimo viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele, Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). Tra le nomine curiali attese nelle prossime settimane (o nei prossimi mesi) c'è quella del nuovo "ministro della Sanità", in sostituzione del dimissionario cardinale Barragàn; quella del nuovo presidente del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace, in sostituzione del cardinale Martino - che però resterà al suo posto fino alla pubblicazione dell'enciclica sociale, prima di essere sostituito, sembra, da un prelato africano. Per quanto riguarda la Segreteria di Stato, invece, non ci dovrebbero essere sorprese ai livelli altissimi (voci di una promozione del Sostituto Filoni a un ufficio cardinalizio sembrano al momento prive di fondamento), mentre è più probabile che non tardino molto ad arrivare le promozioni a nunzio dei numeri tre Caccia (assessore) e Parolin (sottosegretario ai rapporti con gli Stati). Concluso il lavoro per l'enciclica, dovrebbe lasciare la Segreteria di Stato anche l'arcivescovo Sardi, che coordina il gruppo di scrittori incaricato di collaborare con il Papa per la stesura dei discorsi. Sardi dovrebbe ricevere un incarico presso l'Ordine di Malta, e al suo posto potrebbe andare monsignor Gloder. Infine, si parla con insistenza della possibilità di un prossimo cambio alla direzione della Sala Stampa vaticana. Ma al momento non è stata presa alcuna decisione al riguardo. Scritto in Varie Commenti ( 80 ) » (15 votes, average: 3.2 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Il Papa dai terremotati Per la visita di Benedetto XVI ai terremotati d'Abruzzo si lavora con l'ipotesi della data del 1 maggio. Da quanto apprendiamo sarebbe stato lo stesso responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso, a indicarla, suggerendo al Pontefice attraverso i suoi collaboratori di non recarsi subito nelle zone colpite dal sisma. Il Papa, invece, avrebbe voluto essere presente prima possibile tra la gente che ora vive nelle tendopoli, per manifestare la sua vicinanza e la sua solidarietà. Aggiornamento del 18 aprile: il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Lombardi, ha annunciato che la visita del Papa ai terremotati dell'Abruzzo si svolgerà nella mattinata di martedì 28 aprile. Scritto in Varie Commenti ( 72 ) » (13 votes, average: 3.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 11Apr 09 Buona Pasqua ai naviganti, un abbraccio ai terremotati Cari amici, oggi, Sabato Santo, è la giornata del silenzio e dell'attesa. Duemila anni fa, quel giorno, gli undici apostoli e i discepoli di Gesù erano affranti, abbattuti, impauriti per la fine tremenda che era toccata al loro maestro. C'è solo una donna che vive quelle ore d'angoscia e di dolore presentendo che qualcosa sta per accadere: Maria. Questa notte la Chiesa celebra il rito più importante dell'anno, la veglia della luce. Questa notte l'unico uomo che nella storia abbia detto di sé "io sono la via, la verità e la vita", risorge e con il suo corpo glorioso, appartenente ormai alla dimensione dell'eternità, si fa vedere, si fa nuovamente incontrare, mangia e beve con i suoi amici. Che da impauriti si trasformano in instancabili annunciatori della resurrezione di Gesù. E' il cuore dell'annuncio cristiano, il fondamento della fede. Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato agli indizi di storicità di quell'evento straordinario e unico. Credere nella resurrezione è un atto di pura fede, nessuna dimostrazione scientifica o prova storica potrà mai convincere qualcuno. Ma il credente sa di non scommettere la sua vita sui fantasmi, sulle leggende o sulle proiezioni mentali di qualche mistico invasato. Sa che ci sono ragionevoli indizi per credere. E' il modo con cui vorrei augurare buona Pasqua a ciascuno di voi, avendo gli occhi e il cuore ancora pieni di dolore per la tragedia accaduta in Abruzzo. Ieri è stato davvero un Venerdì Santo di Passione. La grande domanda, il grido straziante dell'uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, al dolore innocente è scolpita nei tanti volti di coloro che sono stati colpiti dal sisma. Di fronte a questo grido, non valgono i discorsi, le frasi fatte, l'esposizione di una dottrina. Personalmente mi sento incapace di dire alcunché. Ma questa domanda ha avuto una risposta: Dio, all'uomo che soffre, non ha offerto una soluzione, ma una compagnia, quella di suo Figlio, che ha sofferto ed è morto sulla croce, Lui, il giusto innocente. Si è fatto ammazzare per noi, per i nostri peccati. La risposta di Dio è stata l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù. L'unica risposta a quella domanda senza risposta, può essere soltanto l'abbraccio, la compassione, la compagnia, la vicinanza. Buona Pasqua a tutti. Scritto in Varie Commenti ( 54 ) » (12 votes, average: 4.08 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Alta tensione tra Obama e la Chiesa. Le messe di Langone Sul Giornale di oggi pubblico un articolo dedicato alla tensione crescente fra la Chiesa Usa e il presidente Barak Obama. Tensione che coinvolge anche il Vaticano: da settimane infatti si è creato un impasse per la nomina del nuovo ambasciatore Usa, che dovrà sostituire Mary Ann Glendon (designata da Bush e notoriamente vicinissima alle posizioni di Benedetto XVI). La Santa Sede vorrebbe un diplomatico professionista cattolico e non un politico del partito democratico da premiare per il suo sostegno alla campagna di Obama. Non è facile infatti trovare infatti politici cattolici del partito democratico che non siano "pro choice" sull'aborto. Nelle pagine culturali, inoltre, ho ampiamente recensito il nuovo libro di Camillo Langone: una guida Michelin alle messe italiane. Scritto in Varie Commenti ( 43 ) » (9 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 06Apr 09 I "trafficanti di uomini" All'Angelus di ieri il Papa ha parlato degli immigrati vittime dei "trafficanti di uomini". Quando pensiamo a forme di moderna schiavitù, ci vengono in mente Paesi sottosviluppati, lontanissimi da noi. Non sempre è così. Mi ha profondamente colpito questa intervista video realizzata dal direttore di Fides Luca De Mata per uno dei suoi programmi documentario. L'uomo che parla è un immigrato sudamericano in Nord America. Scritto in Varie Commenti ( 78 ) » (7 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Il Papa ai giovani: il cristianesimo non sia ridotto a slogan Questa sera Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro con i giovani la messa per il quarto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Nell'omelia, dopo aver detto che il ricordo di Giovanni Paolo II "continua a essere vivo nel cuore della gente" e aver citato la fecondità del suo magistero con i giovani, Ratzinger ha parlato del momento attuale e del pericolo che la fede sia strumentalizzata: "Fate attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui" Scritto in Varie Commenti ( 57 ) » (11 votes, average: 4.91 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 01Apr 09 Crisi, inizia il G20. Il Papa scrive a Gordon Brown Benedetto XVI, di ritorno dall'Africa, ha scritto una lettera al premier inglese Gordon Brown per il G20 che inizia a Londra. Eccone qualche passaggio: "Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90% del PIL e l'80% del commercio mondiale. In questo contesto, l'Africa subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di tutti". "Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti". "Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento. L'unico fondamento vero e solido è la fiducia nell'uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l'etica nelle finanze". Scritto in Varie Commenti ( 142 ) » (10 votes, average: 5 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono Andrea Tornielli, il vaticanista del Giornale, classe 1964, laurea in storia della lingua greca. Sono sposato e ho tre figli. Vivo tra Roma e Milano Tutti gli articoli di Andrea Tornielli su ilGiornale.it contatti Categorie Varie (345) Ultime discussioni Artefice1: Peccatore .Parole Sacro Sante. (quelle da virgolettare) Sono proprio CON-Vinto che la Pensione... peccatore: Uno della folla gli disse: "Maestro, dì a mio fratello che divida con me l`eredità". Ma egli... Artefice1: Enos .quante obiezioni avrei da manifestare, seguendo gli spunti che hai significato. Mi fa... Marina: """"Il Papa ritiene infatti che «la Chiesa ha sempre bisogno di persone che sappiano compiere grandi... Enos: Caro Mauro, la Dottrina sociale della Chiesa, nella forma in cui la conosciamo oggi, è nata in risposta a... 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E' nel blog il futuro del giornalismo? (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Navigando su Internet ho trovato alcune notizie assai interessanti. Il suicidio del top manager Kellermann ha fatto emergere un retroscena sconcertante sul modo in cui l'Amministrazione Obama gestisce gli interventi di risanamento. Il mese scorso ha tentato ripetutamente (ed energicamente) di convincere il management di Freddie Mac di nascondere il costo reale del programma varato per arginare la confisca degli immobili dei mutuatari insolventi. E che costo: 30 miliardi di dollari a carico della società. Il management (Kellermann incluso) si è opposto strenuamente e i rappresentanti del Tesoro hanno dovuto rinunciare. Alla fine la cifra è uscita, ma è stata subito relativizzata dalle rassicurazioni del presidente Barack Obama e del ministro del Tesoro Timothy Geithner. Ieri sera il numero uno di Bank of America, Kennet Lewis, ha rivelato che lo scorso settembre il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, e l'allora ministro del Tesoro Paulson fecero forti pressioni affinchè lo stesso Lewis non rivelasse le gravi difficoltà finanziarie di Merril Lynch, scoperte nell'ambito delle trattative per la fusione tra i due istituti. E se si considera che il governo ha autorizzato le banche a cambiare le regole contabili - e dunque ad annacquare le perdite sui debiti tossici - il quadro non è affatto rassicurante. Nessuno parla più del debito complessivo americano (pari al 35o% del Pil); pochi rilevano che la Cina da tre mesi sta riducendo l'acquisto di Buoni del tesoro americani o che il gettito fiscale sarà inferiore alle attese con inevitabili ripercussioni sul defiti pubblico. L'impressione è che le autorità Usa stiano tentando di mascherare i problemi o addirittura di indurre l'opinione pubblica a ignorarli. Ma basta truccare le carte per spingere il mondo fuori dalla crisi? Io dico di no: l'ipnosi aiuta ma non risolve. Scritto in banche, capitalismo, crisi, manipolazione, era obama, cina, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 12 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 E' nel blog il futuro del giornalismo? Premessa: fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata: continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato). Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su "il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra, però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto, spesso senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo modo si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog? Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post). Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi, blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia, giornalismo Commenti ( 42 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po' sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo, purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri, dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza, disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia, notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee, non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G 20 ha proiettato l'illusione di una regolamentazione dei mercati finanziari, le Borse risalgono, Obama alimenta le speranze parlando di "segnali di ripresa". E' evidente il tentativo di infondere artificialmente fiducia, di cambiare la psicologia del mercato e della gente, nella speranza che la profezia di un mondo migliore e improvvisamente risanato si autoavveri. Sarà, ma il ritorno agli utili delle banche Usa mi sembra una farsa. E a lungo termine questa manovra, che non rimuove il male ma lo accentua, estremamente pericolosa. Scritto in banche, capitalismo, crisi, spin, manipolazione, globalizzazione, economia, era obama, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.57 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 09Apr 09 Per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è peccato veniale Dunque Berlusconi non cambia linea nella lotta all'immigrazione clandestina e per rimediare al no della Camera, prolungherà il decreto in scadenza il 26 aprile. Mille immigrati, quasi tutti tunisini, non verranno messi in libertà. Ed è probabile che in futuro vengano approvate norme ancora più restrittive: la Spagna di Zapatero, la permissiva Olanda, la Gran Bretagna del laburista Brown vanno in questa direzione. E ieri il presidente francese Sarkozy ha pubblicato una direttiva che Alberto Toscano riassume così: "Massimo controllo di chi arriva per lavorare e massimo sforzo per allontanare (con le buone o con le cattive) dal suolo nazionale gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno". Quest'anno dovranno essere espulsi almeno 27mila clandestini; come dire: lavoro ai francesi, via gli irregolari. Si tratta di misure draconiane, ben più severe di quelle italiane. Ma per la stampa di sinistra il governo italiano è troppo duro, disumano. Sulla Repubblica di oggi, ad esempio, Massimo Giannini, scrive: " L'allungamento a 180 giorni della permanenza dell'immigrato nei centri di smistamento è persino peggio: una misura sostanzialmente carceraria, stabilità da un'autorità amministrativa, in assenza di reato e di garanzia giurisdizionale >". In assenza di reato? Fino a prova contraria l'immigrato che tenta di entrare non avendo i documenti in regola, nè i visti necessari, viola le leggi del Paese. E questo, sebbene formalmente sia un illecito amministrativo, non può essere tollerato, soprattutto quando assume proporzioni preoccupanti che la società italiana dimostra di non tollerare più . Ma, evidentemente, per "Repubblica" l'immigrazione clandestina è un peccato veniale. (Versione aggiornata del post) Scritto in crisi, comunicazione, pdl, politica, partito democratico, società, francia, immigrazione, Italia, europa, giornalismo Commenti ( 95 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 08Apr 09 Dalla crisi (e dalle tragedie) può nascere un mondo migliore? Sul Giornale di oggi intervisto Bob Thurman, personaggio di grande caratura, sebbene poco noto in Italia. E' uno dei principali consiglieri del Dalai Lama, saggista di grande successo, la rivista "Time" lo inserì tra i dieci americani più influenti. Il suo è il punto di vista di un americano spirituale, che nella crisi finanziaria inizia a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie responsabilità questo può essere positivo», mentre prima la coscienza era assopita "perché prevaleva l'egoismo. Molti si rendevano conto degli abusi di un gruppo ristretto di persone, di lobbies molto potenti come quelle delle banche, ma finché riuscivano ad andare avanti si dicevano: cosa posso rimediare da solo? E siccome tutti pensavano così, nulla cambiava davvero. D'altronde bastava accendere la tele per distrarsi: chi parlava dei problemi reali? Nessuno, tutto era trasformato in uno spettacolo, anche l'informazione». Questa crisi è un'opportunità "perché il sistema così non poteva funzionare: stavamo correndo verso il disastro. Tutto a credito, tutto esasperato, centinaia di milioni di persone strappate alla campagne. Il governo americano e le grandi istituzioni dicevano ai Paesi piccoli: non potete proteggere i piccoli coltivatori. Così tutta la produzione finiva nelle mani dei grandi gruppi. E gli agricoltori senza più lavoro che cosa fanno? Vanno nelle città dove vivono nelle baraccopoli. È progresso questo? Ora c'è la possibilità di creare sistema più equilibrato. Era un'economia guidata dall'avidità, che ignorava i limiti delle risorse naturali e il rispetto della natura. Ora c'è la possibilità di creare un sistema più saggio, basato sui valori positivi dell'uomo». Thurman ricorda che "dopo ogni grande tragedia, la gente si scopre migliore. All'indomani dell'undici settembre i newyorkesi erano solidali, si cercavano, si aiutavano", li interpeta come segnali di una trasformazione della coscienza e della sensibilità collettive. E se osserviamo quel che sta accadendo in Abruzzo l'intuizione di Thurman trova conferme. Il mio collega Cristiano Gatti, racconta la straordinaria dignità degli abitanti delle zone colpite. Scrive in un bellissimo articolo: "Di sventure e di dolore, di lutto e di rabbia, insomma di creature afflitte e dolenti ormai ne abbiamo viste tante, passando da un cataclisma all'altro. Ma mai, lo dico da semplice testimone neutrale, ho ammirato un simile affresco di spontanea compostezza, di sano orgoglio, di rigoroso rispetto. L'Aquila e dintorni sono a pezzi, non c'è famiglia che non abbia un buon motivo per piangere, ma da questo girone infernale si alza solo silenzio, decoro, contegno. E voglia di ricominciare. Parole toccanti. Rifletto e mi chiedo: dalla crisi economica, dalle tragedie, sta nascendo davvero un mondo migliore? Scritto in capitalismo, crisi, società, globalizzazione, Italia, gli usa e il mondo Commenti ( 40 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.6 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 07Apr 09 Terremoto, l'Italia che reagisce bene (con qualche eccezione) Per una volta l'Italia ha stupito in bene reagendo alla tragedia dell'Abruzzo: anzichè dividersi in polemiche sterili, il Paese si è unito. I soccorsi sono stati rapidi, la solidarietà della gente comune commovente, la reazione dei partiti finalmente responsabile. Ho apprezzato molto l'intervento di Franceschini in Parlamento che, senza se e senza ma, ha offerto il proprio sostegno a Berlusconi che, senza se e senza ma, l'ha accettato. Bene, con qualche ulteriore riflessione: 1) Ora si tratta di continuare su questa strada, scongiurando il rischio, molto alto, che passata l'emozione, prevalgano antiche e cattive abitudini ovvero che i fondi stanziati per la ricostruzione non arrivino mai, o solo in parte, a chi ne ha davvero bisogno. 2) Questa tragedia conferma, purtroppo, la mancanza di una cultura della prevenzione nel nostro Paese. In una zona a forte sismico troppi edifici non sono stati messi a norma e questo spiega perchè a crollare non sono state solo case vecchie ma anche edifici recenti. 3) Nonostante il cordoglio, qualcuno non si è trattenuto dall'insinuare qualche polemica. Per un certo mondo, il solito (ovvero il popolo di Grillo, Travaglio, Di Pietro), il terremoto si poteva prevedere e considera Giuliani, l'esperto che sostiene di averlo annunciato, un incompreso da difendere. Peccato che la sua previsione fosse imprecisa: aveva previsto il sisma per il 29 marzo a Sulmona. Immaginiamo che le autorità gli avessero prestato ascolto: migliaia di persone sarebbero state evacuate, poi il 30 o il 31 marzo fatte rientrare a casa. L'Aquila e i paesi circostanti non sarebbero stati risparmiati dalla scossa che ha colpito il 6 aprile, con epicentro il comune di Catipignano. Ieri ho partecipato a una trasmissione radiofonica in Francia su Rtl e uno dei più famosi sismologi francesi - dunaue senza alcun legame con il governo italiano - ha confermato che è impossibile prevedere i terremoti. La polemica non dovrebbe nemmeno iniziare, ma temo che di Giuliani sentiremo parlare a lungo. Sui blog di Grillo è Di Pietro tira già una certa aria.. sì, diventerà un eroe, un perseguitato, un nuovo simbolo di un'Italia confusamente arrabbiata e facilmente manipolabile. O sbaglio? AGGIORNAMENTO: tutti i leader del mondo hanno espresso all'Italia solidarietà e cordoglio, anche il presidente Obama, con toni partecipi e una lunga telefonata a Berlusconi. Lo ringraziamo, ma poi l'ambasciata americana ha deciso lo stanziamento di 50 mila dollari per l'assistenza umanitaria. Dico: 50mila dollari. Un pensierino ino ino ino, peraltro non richiesto dall'Italia. Il governo americano poteva proprio rispiarmarselo. Scritto in comunicazione, pdl, politica, partito democratico, spin, Italia, società, manipolazione, giornalismo Commenti ( 74 ) » (5 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 05Apr 09 Obama è il nuovo Gorbaciov? Ammettiamolo: questo viaggio in Europa e Turchia sancisce un grande successo di immagine per Obama. La stampa lo ha esaltato e non capita mai che un presidente, all'estero, venga accolto da folle in delirio. O meglio: succedeva a Gorbaciov ai tempi della perestroika. Obama in Germania ha parlato a un'assemblea di cittadini adoranti e i sondaggi rivelano che, se si candidasse alle elezioni politiche di fine settembre, batterebbe agevolmente Angela Merkel. Come Gorbaciov ha sposato una donna dal carattere forte, carismatico e capace di rompere gli schemi. La sua straripante popolarità dimostra che gli Usa, quando usano i toni giusti, possono essere ancora amati nel mondo e dunque che l'antiamericanismo non era viscerale, né irreversibile, ma limitato agli eccessi dell'era Bush. Infatti le proteste di strada non erano rivolte contro di lui. L'analogia con Gorbaciov, però, rischia di essere anche politica, sebbene non altrettanto drammatica nell'esito finale. L'esperienza del profeta della glasnost si concluse con il crollo dell'Urss, quella del primo presidente afroamericano difficilmente terminerà con l'implosione degli Stati Uniti. Ma proprio questo primo viaggio ha svelato al mondo un'altra America, meno sicura di sé, improvvisamente umile, a tratti quasi implorante. Quella di un tempo era abituata a imporre i compromessi, quella di oggi dà l'impressione di subirli. Il G20 è stato salutato come un grande successo, ma Washington non ha ottenuto l'impegno di tutti i Paesi a varare una maxi-manovra di stimolo. Dal vertice della Nato si aspettava un impegno ampio e coordinato da parte degli alleati per l'invio duraturo di nuove truppe in Afghanistan, ha ottenuto lo spiegamento di 5mila uomini limitato alle elezioni presidenziali. Eppure nelle scorse settimane aveva esercitato pressioni fortissime per piegare le resistenze degli europei. Inutilmente: per la prima volta il Vecchio Continente può dire no, senza temere lacerazionie tanto meno ritorsioni. La Ue è diventata improvvisamente forte? No, è quella di sempre caotica, litigiosa, multicefala. Semmai è l'America a essere divenuta debole. Obama ha avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo: «Siamo stati noi a provocare la crisi finanziaria», da cui, però, gli Stati Uniti non possono uscire da soli. Ha bisogno degli altri, come ben sappiamo. E allora Obama è costretto ad assumere un registro inconsueto per un capo della Casa Bianca: quello del mediatore, dell'amico bonario, del leader che parla poco e ascolta molto. Nei due vertici - G20 e Nato - ha dovuto ritagliarsi un ruolo di negoziatore, di pacificatore. La sua è un'America che tende la mano e riscopre il consenso. Con un dubbio: Obama sta gestendo un periodo di difficoltà transitoria in attesa di riprendere il ruolo di superpotenza o, come Gorbaciov, verrà ricordato come il gestore di un grande Paese che declina tra gli applausi del mondo? Scritto in era obama, crisi, europa, globalizzazione, gli usa e il mondo, germania, francia Commenti ( 41 ) » (10 voti, il voto medio è: 3.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 03Apr 09 Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà? La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 44 ) » (7 voti, il voto medio è: 4.71 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (13) blog (2) capitalismo (14) cina (20) comunicazione (5) crisi (20) democrazia (64) economia (35) era obama (20) europa (15) francia (26) germania (6) giornalismo (55) giustizia (2) gli usa e il mondo (69) globalizzazione (49) immigrazione (41) islam (20) israele (2) Italia (157) lega (1) manipolazione (9) medio oriente (13) notizie nascoste (49) partito democratico (5) pdl (4) politica (4) presidenziali usa (23) progressisti (3) referendum (1) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (30) spin (9) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Alberto: Lei ha ragione da vendere, Marcello. Oggi ovviamente ho preso del reazionario perche' a pranzo ho... Ultime news Abruzzo, Cdm: 8 miliardi per ripartire G8 all'Aquila: l'ok di Obama e BrownBimbi abbandonati, trovati i due tedeschi nei boschi di AostaSparatoria a Ladispoli: uccisi due avvocati E' caccia a un clienteNapoli, una mano spunta dalla sabbia. 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il mondo - jacques attali (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 47 - Cultura Il mondo anticipazioni / Il nuovo libro dell´economista jacques attali ora uno stato di diritto planetario dopo la crisi La bufera che si è abbattuta sui mercati è l´ultimo avviso sui pericoli di una globalizzazione anarchica e sprecona Ed è un´opportunità per tutti Da quando il capitalismo ha preso il potere, queste vicende sembrano naturali Devono cessare le finanze-casinò e il mestiere del banchiere torni modesto e noioso JACQUES ATTALI Anticipiamo un brano dall´introduzione di La crisi, e poi? il nuovo libro di che esce in questi giorni (Fazi, pagg. 142, euro 16) Come siamo arrivati fino a questo punto? Sembrava che il mondo stesse procedendo per il verso giusto; pareva che la libertà politica e l´iniziativa individuale potessero sbocciare negli angoli più reconditi della Terra; la povertà iniziava a ridursi in Asia e in America Latina; la crescita economica del pianeta era la più rapida della storia e tutto lasciava presagire che sarebbe continuata per molti decenni, grazie a un forte aumento demografico, alla presenza di un abbondante risparmio e ai progressi tecnologici straordinari che permettevano inoltre di riorientarla verso uno sviluppo più duraturo. Ed ecco che, improvvisamente, siamo all´alba di una depressione planetaria, la più grave da ottant´anni a questa parte. (...) L´umanità ha sempre attraversato crisi religiose, morali, politiche ed economiche. Da quando il capitalismo ha preso il potere, la crisi sembra essere una sua condizione naturale. Tuttavia, tutti sentiamo che è in atto una grossa crisi, che una grande depressione ci minaccia, come una brutta sorpresa in un mondo pieno di promesse; e ciascuno intuisce che, in una certa maniera, qualcosa di molto profondo, nel nostro modo di vita e nel nostro modo di pensare, sta confusamente cambiando. A mio avviso, l´attuale crisi si spiega in modo semplice: se il mercato è il migliore meccanismo di ripartizione delle risorse rare, è però incapace di creare lo Stato di diritto di cui ha bisogno e la domanda necessaria al totale impiego dei mezzi di produzione. Affinché una società di mercato funzioni efficacemente, occorre allo stesso tempo che uno Stato di diritto garantisca il diritto alla proprietà, imponga il mantenimento della concorrenza, crei una domanda attraverso salari accettabili e commesse pubbliche; ciò presuppone un intervento politico, possibilmente democratico e non totalitario, nella ripartizione dei redditi e dei patrimoni. Ma non essendo riusciti a imporre questa migliore ripartizione dei redditi, abbiamo visto crescere, da vent´anni almeno, in particolare negli Stati Uniti, una domanda alimentata dall´indebitamento dei lavoratori dipendenti, garantito a sua volta dal valore dei beni comprati con questo stesso debito. (...) All´inizio di settembre del 2008 si passa dall´economia della fiducia al panico. (...) Il 3 ottobre 2008, il sistema finanziario mondiale sfiora il crollo, in mancanza di liquidità. Il 13 i governi del g8 annunciano la loro intenzione di fornire alle banche delle risorse che però non hanno. Dopo una formidabile carambola ideologica, banche e assicurazioni americane e inglesi vengono salvate da una sostanziale nazionalizzazione e dalla promessa di denaro pubblico inesistente. Il debito privato diventa un debito pubblico. Tuttavia, nulla è stato risolto: la crisi è solo all´inizio; la recessione è già alle porte; la riduzione dei debiti sta accelerando; la depressione incombe. (...) Aleggia la minaccia di due, cinque, se non addirittura dieci anni di depressione: il tempo di ridurre a zero i debiti dei principali paesi occidentali. Questa depressione porterebbe con sé un crollo dei prezzi che neanche un grande rilancio attraverso massicce spese pubbliche basterebbe a rallentare. La crisi finanziaria mondiale, diventata economica, si trasformerebbe allora in un´enorme crisi sociale e politica; centinaia di milioni di persone si troverebbero minacciate dalla disoccupazione; il regime politico stesso sarebbe criticato, respinto come incapace di gestire il "golem" dei mercati che avrà contribuito a creare. Poi arriverebbe, violenta, l´inflazione. Tutta l´ideologia delle nostre società individualiste e sleali sarebbe rimessa in discussione. E la democrazia con essa. Se si vuole evitare che la Storia prenda questa piega terribile, bisogna capire che tutto ciò ha origine nello squilibrio tra il mercato e lo Stato di diritto: tale squilibrio riduce la domanda, la trasferisce sul debito e crea rendite finanziarie poderose, legali, extra-legali, illegali o criminali. Perfettamente coscienti dei rischi che lo sviluppo anarchico dei mercati fa correre al mondo, gli "iniziati" fanno di tutto per massimizzare i loro profitti, come dei ladri che si affrettano ad arraffare più oro possibile dalla cassa di una banca, rischiando il tutto per tutto negli ultimi secondi della rapina, poco prima che arrivi la polizia. è venuto il momento di capire che i contribuenti pagano oggi i bonus dei banchieri che li hanno gettati in una simile situazione. Ma è venuto anche il momento di rendersi conto che questa crisi può rappresentare un´opportunità per il mondo intero, un ultimo avviso su tutti i pericoli di una globalizzazione anarchica e sprecona. è venuto il momento di convincerci che disponiamo dei mezzi umani, finanziari e tecnologici per far sì che questa crisi sia soltanto un incidente di percorso; che ne usciremo solo se l´informazione economica e finanziaria sarà equamente distribuita e disponibile per tutti e nello stesso momento; se i mercati finanziari, mondiali per natura, saranno regolamentati da uno Stato di diritto planetario; se cesseranno queste finanze-casinò; se il mestiere di banchiere ridiventerà modesto e noioso, ciò che non avrebbe mai dovuto smettere di essere; se sarà compiuto su scala mondiale un reale controllo dei rischi e delle esigenze di liquidità; se verrà fatta una revisione dei sistemi di retribuzione, una separazione tra attività dei mercati e attività bancarie e stabilito un obbligo per chi fa correre un rischio ad altri di accollarsi la sua parte; se si sapranno organizzare, su scala mondiale, grandi opere ecologicamente durature, come è stato fatto finora in alcuni paesi. Copyright Fazi editore. Traduzione di Emilia Bitossi

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Il 2009? Difficile ma è in corso un miglioramento (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 19 autore: Emma Marcegaglia al G-8 Business «Il 2009? Difficile ma è in corso un miglioramento» Nicoletta Picchio CAGLIARI. Dal nostro inviato Ancora in recessione, ma con qualche spiraglio di luce sullo sfondo. I dati diffusi ieri da Eurostat sugli ordinativi delle imprese per Emma Marcegaglia sono la conferma che qualcosa si sta muovendo. «Non siamo fuori dalla recessione, il 2009 resterà un anno molto negativo, ma un miglioramento,per quanto debole, esiste e sono contenta per questo »,ha commentato la presidente di Confindustria, prima di dare il via, ieri pomeriggio, ai lavori del G-8 Business. Un elemento di riflessione in più per i presidenti delle Confindustrie dei grandi Paesi industrializzati, riuniti a Santa Margherita di Pula (Cagliari) per discutere sulle ricette anti-crisi e sulle regole di una nuova governance globale. L'Italia, a febbraio, ha avuto un andamento degli ordinativi migliore rispetto agli altri Paesi europei: +2,7%, contro il -1,4 dell'Europa a 27 (il dato Ue era -3,5 a gennaio). «Non si può parlare di ripresa, ma il concetto che noi esprimiamo su qualche debole segnale di miglioramentomi sembra confermato dai numeri », ha insistito la presidente di Confindustria, che non è mai stata nella schiera dei pessimisti e ora è convinta che il peggio sia alle spalle. Gli industriali avranno modo di discutere di congiuntura e di scenari futuri proprio con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che mercoledì prossimo sarà presente a viale dell'Astronomia, alla riunione del direttivo. Un invito fatto dalla Marcegaglia in persona, nell'ultimo credit day, a fine marzo. Anche per Tremonti il peggio è passato e lo spiegherà agli industriali, indicando anche quale potrebbe essere la nuova strada per la crescita, senza incorrere in nuovi terremoti finanziari. Per le imprese, resta il credito il problema numero uno.Ma è necessario anche rimettere in moto la domanda globale. Se il mondo deve ripartire, se occorrono risposte globali alla crisi, qualsiasi forma di protezionismo è da rifiutare. Le associazioni imprenditoriali dei Paesi del G- 8 ne sono convinte. Ed è questo uno dei passaggi della dichiarazione congiunta che uscirà dai lavori, insieme alla richiesta di concludere i negoziati del Doha Round. «Nell'isolamento siamo perdenti », ha detto la Marcegaglia, aprendo i lavori. L'Italia in questa edizione è il Paese ospitante. Nel 2007, prima edizione del G-8 Business, i lavori si sono tenuti a Berlino, organizzati dalla Confindustria tedesca, Bdi. Nel 2008 è toccato alla Nippon Keindaren, la Confindustria Giapponese. Sempre l'anno scorso si è tenuta una riunione straordinaria in Francia,organizzata dalla Confindustria francese, Medef, sulla crisi finanziaria. Oltre alla libertà di investimenti e di commercio, all'impatto della crisi finanziaria ed economica, la dichiarazione congiunta affronta il tema dei cambiamenti climatici,in vista del vertice internazionale di Copenhagen, a fine anno:l'industria è pronta a fare la sua parte, ma lo stesso impegno deve valere anche per gli altri settori. L'economia verde sarà un forte fattore di crescita: ma la sfida ambientale deve coinvolgere tutti i Paesi. I lavori finiranno questamattina e verrà firmata una dichiarazione congiunta da sottopore ai Capi di Stato e di Governo nel G-8 di luglio. Sarà consegnata al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, atteso stasera, per una cena ristretta con i presidenti delle Confindustrie. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL SUMMIT Le Confindustrie degli otto «grandi» riunite in Sardegna per discutere di ricette anti-crisi e di regole per una nuova governance globale

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L'AGENDA DI OGGI (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 19 autore: L'AGENDA DI OGGI 8,30-8,55 Indirizzo di saluto: Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, Giampiero Massolo, segretario generale ministero degli Affari esterie sherpa italiano per il G8 8,55–10,15 Panel 1:l'impatto della crisi finanziaria ed economica 10,15 – 11,33 Panel 2: libertà di commercio e investimenti 11,33–12,50 Panel 3: cambiamenti climatici, la strada verso Copenhagen 12,50–13,00 Conclusioni: Emma Marcegaglia, presidente Confindustria

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Gli Stati Uniti rinviano i superdazi sui prodotti Ue (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 23 autore: Agroalimentare. Urso: 15 giorni per arrivare a un accordo Gli Stati Uniti rinviano i superdazi sui prodotti Ue Nicola Dante Basile MILANO Solo 15 giorni di tempo. Se in questo breve periodo a Bruxelles non accade nulla, Washington l'8 maggio farà scattare i superdazi dal 100 al 300 per cento su una serie di prodotti alimentari provenienti dall'Europa. Per l'Italia a essere minacciata dall'inasprimento della tassa è l'acqua minerale, bevanda che da anni conosce una brillante performance in tutti gli States. Con l'import ormai stabilmente oltre la soglia dei 500mila litri e 120 milioni di euro e che, l'applicazione dei superdazi, finirebbe per mettere in ginocchio. Scadeva infatti ieri il primo rinvio deciso un mese fa sull'applicazione dei superdazi, quale ritorsione Usa al blocco dell'import Ue di carni americane. Ma quando in molti di qua dall'Atlantico si aspettavano il peggio, ecco che dal cilindro della nuova Amministrazione Obama è uscita questa ulteriore mini-dilazione dei termini. Segno che il dialogo di questi mesi tra il commissario Ue al Commercio Catherine Asthon e il responsabile della Us Trade James Murphy ha dato i primi frutti. Un piccolo segnale, certo, che però il viceministro dell'Economia con delega al Commercio estero, Adolfo Urso, in una dichiarazione al Sole 24 Ore non esita a definire «una buona notizia che dobbiamo sfruttare per trovare un accordo. Certo, il tempo a disposizione non è molto, ma è chiaro che ora spetta a noi europei concertare una risposta che vada nella direzione giusta: vale a dire evitare che il neo protezionismo prevalga». è dal 1998 che tra le due sponde dell'Atlantico dura questo braccio di ferro. Tutto ha inizio con gli Usa che hanno preteso di esportare nella Ue carni estrogenate, trovando però la netta chiusura di tutti i Paesi membri dell'Unione.Di qui la ritorsione dell'ex Amministrazione Bush di inasprire i dazi, applicati a rotazione su taluni prodotti. Per l'Italia a finire nel mirino sono state le conserve vegetali. Poi quest'anno l'attenzione Usa si è spostata sull'acqua minerale. Nel frattempo però cambiava anche il contenuto della questione. Nel senso che gli Usa non hanno più preteso di esportare carne agli ormoni, ma hanno chiesto alla Ue di potere aumentare le quote all'export di carni selezionate provenienti da capi allevati in modo naturale. Su queste basi tra le due sponde atlantiche il dialogo si è fatto più serrato. Ma a intralciare le cose sono arrivate le posizioni rigide di alcuni Paesi grandi produttori di carne, come l'Irlanda e la Francia, che hanno interpretato l'ampliamento delle quote come una minaccia. Rigidità che Urso cerca di smorzare, invitando tutti i Paesi dell'Unione a fare uno sforzo congiunto e a fare qualche passo indietro nella difesa dei propri interessi. Linea che trova la solidarietà del mondo agricolo, con il presidente di FedagriConfcooperative, Paolo Bruni, che osserva come l'entrata in vigore dei dazi di ritorsione americani «in un contesto così difficile dell'economia mondiale rischierebbe di rendere ancora più incerta la ripresa degli scambi commerciali, con effetti a catena penalizzanti per il rilancio dei consumi». © RIPRODUZIONE RISERVATA PROTEZIONISMO Per l'Italia la minaccia colpirebbe l'acqua minerale che verrebbe sottoposta all'aumento del 100% della tassa all'importazione

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Rating, parte il controllo europeo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 41 autore: Mercati. L'obiettivo dell'Unione e quello di migliorare la trasparenza e l'indipendenza - Diventa obbligatoria la registrazione Rating, parte il controllo europeo Il Parlamento di Strasburgo ha approvato le norme che regolano le agenzie Adriana Cerretelli STRASBURGO. Dal nostro inviato L'altro ieri, a larghissima maggioranza, via libera alla direttiva Solvency 2 sul settore delle assicurazioni. Ieri, con un quorum non meno generoso (569 voti a favore, 47 contrari e 4 astensioni) l'europarlamento ha approvato la nuova normativa europea sulle agenzie di rating. Un'autentica première, che accoglie con tempestività le indicazioni lanciate ai primi di aprile dal vertice del G-20 di Londra e che, nelle speranze di molti, potrebbe fare da battistrada a un codice internazionale. La crisi finanziaria morde e, per una volta, l'Europa risponde senza rimandare le decisioni alle calende greche. Al contrario, sembra in preda al furore attivista, visto che conta entro i primi di maggio di strappare a Strasburgo anche un altro sì: alla nuova direttiva che dovrà fissare, un po' sul modello di Solvency 2, i requisiti minimi di capitale per le banche, disincentivandone al contempo l'assunzione eccessiva di rischi. Tra l'altro con la nuova disposizione che imporrà agli istituti di credito che emettano prodotti finanziari strutturati di acquisirne una quota del 5% (secondo l'accordo raggiunto ieri dai 27). Anche se parte dell'europarlamento, in sostanza il gruppo socialista, insiste per portarla al 15%. In attesa del "compromesso bancario"(che dovrebbe comunque essere vicino al 5%), a fare scintille tra Bruxelles e Strasburgo provvedono anche hedge funds e private equity. Mercoledì la Commissione Ue dovrebbe infatti presentare le sue proposte, una seconda première legislativa, ma ancora una volta si scontra con i socialisti dell'europarlamento sul piede di guerra. Che le definiscono, perlomeno nella versione attuale (non ancora definitiva) «un colabrodo privo di reale efficacia». Al momento in effetti non solo hedge e private equity sarebbero messi sullo stesso piano, cosa sgradita a molti, ma le nuove regole non si applicherebbero ai fondi speculativi ma solo alle società che li gestiscono. Che per operare in Europa avranno bisogno di un'autorizzazione ma potranno vendere tutti i loro prodotti, indipendentemente dalla sede di provenienza. Di qui il timore di aprire anche a quelli con sede nei paradisi fiscali, proprio quando il G-20 dichiara loro guerra aperta. Con buona pace degli inni diffusi alla trasparenza. Che certo non sarebbe favorita dal fatto che, per esempio sul ricorso all'indebitamento, la normativa Ue prevederebbe semplicemente la comunicazione dei dati aggregati dell'insieme dei fondi gestiti dalla società che detiene la licenza. Per sapere come andrà a finire, bisognerà attendere il testo finale che, salvo sorprese, arriverà appunto settimana prossima. Il nuovo regolamento Ue sulle agenzie di rating, che entrerà in vigore nel 2010, introduce intanto una serie di paletti dentro i quali molto presto dovranno muoversi. Tramontata per ora l'idea dell'Autorità europea unica, per poter operare nell'Unionedovranno prima di tutto registrarsi presentando domanda al CESR (Committee of Eu secuirities regulators) ma la decisione sarà presa dal Collegio delle 27 autorità nazionali di vigilanza cui spetterà anche la sorveglianza della loro attività quotidiana. Con possibilità di chiedere informazioni, fare ispezioni anche a sorpresa, richiedere registrazioni telefoniche. Le agenzie con sede in paesi terzi, Standard & Poor's. Moordy's e Fitch per intendersi, potranno fornire le loro valutazioni nell'Unione, purchè sottoscritte in tutto e per tutto dalle rispettive filiali registrate nell'Ue. Quelle minori, prive di diramazioni in Europa, potranno essere autorizzate caso per caso, a patto che nei loro paesi di origine viga una normativa rigorosa quanto quella europea. Una volta ottenuta la licenza (revocabile, in via temporanea o definitiva, in caso di mancato rispetto della nuova disciplina), le agenzie saranno tenute a osservare una serie di regole tra cui: divieto di fornire servizi di consulenza e anche di rating in mancanza di informazioni di qualità, obbligo di rendere noti modelli e metodi di valutazione, come pure di evidenziare quelle dei prodotti più complessi. In ogni Cda dovranno sedere due membri indipendenti, uno dei quali esperto di cartolarizzazioni e credito strutturato, con retribuzione indipendente dal fatturato dell'agenzia. Un sistema di rotazione dovrà impedire la nascita di conflitti di interesse tra analisti e clienti. © RIPRODUZIONE RISERVATA L'ATTIVISMO DI BRUXELLES Entro i primi giorni di maggio attesa anche l'approvazione i requisiti minimi di capitale per le banche, riducendo l'assunzione di rischi elevati BLOOMBERG Proposta approvata. Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue. «Con la nuova norma - ha detto - l'Europa è leader nel rispondere alla crisi».

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Pressioni su Bofa per la fusione Merrill (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 42 autore: Credito. La conferma di Kenneth Lewis interrogato dal procuratore di New York Cuomo «Pressioni su Bofa per la fusione Merrill» Daniela Roveda NEW YORK E' un "thriller" che potrà avere conseguenze legali, un vero e proprio tentativo di insabbiamento ai massimi vertici dello Stato avvenuto lo scorso autunno quando la crisi finanziaria americana era nel suo momento più difficile. Ieri si è appreso che il Tesoro americano, nella persona del ministro Hank Paulson, e Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, hanno costretto l'amministratore delegato della Bank of America Ken Lewis a non rivelare quanto drammatica fosse la situazione di Merrill Lynch lo scorso dicembre, quando BofA pensava addirittura di rinunciare all'acquisizione di Merrill. Paulson non è andato troppo per il sottile: ha detto a Lewis che se avesse seguito quella strada, il Tesoro avrebbe rimosso lui e tutto il consiglio di amministrazione dai vertici di BofA. Le rivelazioni sono del Wall Street Journal, sulla base di documentazione ottenuta dalla magistratura. Rivelazioni confermate ieri mattina da Andrew Cuomo, Procuratore Generale di New York, che aveva condottoalcuni degli interrogatori e inviato i verbali più importanti al Congresso. Si tratta del più grave scandalo di questa crisi. Il governo e la Banca Centrale, due istituzioni incaricate di garantire la trasparenza e il corretto funzionamento del settore finanziario, hanno violato in altre parole una delle regole fondamentali che assicurano il buon funzionamento dei mercati finanziari americani. La "richiesta" naturalmente risale a un periodo di grande allarme anzi di panico - per la stabilità dei mercati. Ma essa solleva ugualmente nuove perplessità sull'operato della Fed e del Tesoro nella gestione della crisi finanziaria. E offre nuove ragioni per alimentare il malumore degli azionisti di Bank of America, che in gennaio hanno digerito molto male l'acquisto di Merrill Lynch, senza essere mai informati sulle dimensioni reali delle sue perdite: 15,8 miliardi di dollari solo nel quarto trimestre 2008. Queste rivelazioni sono state fatte dallo stesso Ken Lewis durante una testimonianza fatta in febbraio all'Attorney General di New York Andrew Cuomo nel corso di un'inchiesta sul pagamento dei bonus milionari pagati a numerosi dirigenti della Merrill nel 2008. Come abbiamo detto, Cuomo ha già inoltrato al Parlamento e alla Securities and Exchange Commission una voluminosa documentazione con le deposizioni di Lewis e di altri testimoni. «Benchè la nostra inchiesta fosse inizialmente dedicata alla questione dei bonus, abbiamo raccolto elementi che sollevano questioni sulla trasparenza del Tarp, e sulla corporate governance alla Bank of America», ha scritto Cuomo al Parlamento. Lewis ha dichiarato di non avere ricevuto l'ordine esplicito di non divulgare informazioni sul reale stato delle finanze della Merrill Lynch, ma di essere stato soggetto a forti pressioni da parte dell'allora ministro del Tesoro Hank Paulson e del governatore della Federal Reserve Ben Bernanke. La minaccia di perdere il posto fatta dal Tesoro a Lewis è stata confermata dallo stesso ex-ministro Paulson a Cuomo nel corso della sua deposizione. Ma anche Paulson ha cercato di scaricare la responsabilità accusando il governatore Bernanke di avere suggerito l'uso delle maniere forti.Cuomo non ha avuto l'opportunità di porre le stesse domande a Bernanke: la Federal Reserve, in quanto organo indipendente dal governo, ha invocato il privilegio riservato a un'istituzione di controllo e non ha fornito documentazione né deposizioni all'Attorney General. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE ACCUSE Le richieste sarebbero arrivate dall'ex segretario al Tesoro Usa Hank Paulson e dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke

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Wall Street a lutto sul caso Kellermann (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 42 autore: Tragedie in finanza. Il direttore di Freddie Mac morto suicida temeva aggressioni a danno della sua famiglia Wall Street a lutto sul caso Kellermann Secondo il Dipartimento di Giustizia il manager non era sotto inchiesta Mara Monti NEW YORK Un servizio di sicurezza privato attorno alla sua casa per proteggere la famiglia da eventuali aggressioni dopo lo scandalo scoppiato sui bonus pagati ai manager delle società americane. A tanto era giunto David Kellermann il direttore finanziario di Freddie Mac, suicidatosi due giorni fa. A parlarne sono stati i vicini di casa che si erano incuriositi da quelle insolite presenze. Un dettaglio che non prova nulla sulle sue responsabilità perché l'ex Cfo al momento non sarebbe stato coinvolto in alcuna inchiesta tra quelle aperte dalle autorità sulla correttezza dei conti dell'agenzia pubblica di mutui. Tuttavia è sufficiente per misurare la pressione, anche psicologica, a cui sarebbe stato sottoposto il manager. Al quale il direttore del personale Paul George martedì scorso, secondo la ricostruzione degli ultimi suoi giorni di vita, avrebbe chiesto di prendersi un periodo di riposo. I suoi colleghi lo descrivono come gioviale e cordiale, ma molto stressato negli ultimi tempi. Lo stesso direttore del personale, nel corso di un meeting, si sarebbe lamentato con lo stesso Kellermann per le troppe ore passate in ufficio e per questo gli avrebbe consigliato di prendersi una pausa. Il Cfo avrebbe accettato il consiglio tanto che la sua posizione era stata temporanemante rimpiazzata da altri colleghi. Qualcuno collega la pressione a cui sarebbe stato sottoposto il manager con i colloqui avuti con gli inquirenti e la Sec che indagano sui bilanci della Feddie Mac, ma al momento è stato smentito qualsiasi coinvolgimento. «Non c'è alcun collegamento tra la terribile tragedia personale e le indagini in corso », ha detto il portavoce dell'agenzia David Palombi. Una fonte del Dipartimento di Giustizia, citata dal Wall Street Journal, ha fatto sapere che il manager non era indagato. Kellermann, 41 anni, sposato un figlio, era in Freddie Mac dal 1992 e dallo scorso settembre ricopriva la carica di Cfo. La crisi finanziaria aveva messo a dura prova proprio le agenzie di mutui pubbliche, Freddie Mac e Fannie Mae, le quali con lo scoppio della bolla immobiliare si sono ritrovate in portafoglio 5 mila miliardi di dollari di mutui erogati, la metà dei quali non garantiti. A questa crisi si è aggiunta la polemica feroce dell'opinione pubblica e in parte del Congresso contro i bonus distribuiti ai manager con i fondi degli aiuti pubblici, soldi che dovevano servire a tamponare le forti perdite di bilancio. Sulla base di questo piano, Kellermann avrebbe dovuto ottenere un bonus di 850mila dollari, di cui 170 mila pagato lo scorso dicembre. La parte restante doveva essere erogata nel corso dell'anno, a patto che il manager non lasciasse la società. Intanto, i primi risultati dell'autopsia sarebbero compatibili con l'ipotesi di suicidio. Lo hanno fatto sapere fonti ufficiali dell'ufficio legale. Le stesse fonti hanno però aggiunto che per i risultati definitivi bisognerà attendere settimane. La notizia del suicidio del Cfo ha fatto il giro del mondo e ha scosso il mondo finanziario. Nonostante le polemiche, la Fei (Financial executive international) l'associazione americana che raggruppa 14mila direttori finanziari, ha fatto sapere che la categoria non sta subendo pressioni né da parte dell'opinione, né dei politici. Tuttavia i timori che si inneschi una caccia alle streghe esasperata è reale, con i rischi di ripercussioni anche in Italia. «Il direttore amministrativo troppo spesso è l'anello debole dell'organizzazione aziendale – ha spiegato Paolo Bertoli, presidente dell'Andaf,l'associazione dei direttori finanziari – una posizione estremamente delicata perché schiacciato tra i voleri dell'amministratore delegato e le responsabilità, anche penali, a cui va incontro». © RIPRODUZIONE RISERVATA REAZIONE ALLE POLEMICHE L'associazione internazionale dei chief financial officer ha fatto sapere che la categoria non subisce intimidazioni Indagini in corso. Un poliziotto fuori dalla casa di David Kellermann AFP

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Mps, bond da un miliardo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 43 autore: Euromercato. L'emissione raccoglie 1,6 miliardi di ordini Mps, bond da un miliardo Morya Longo Pochi giorni fa UniCredit ha rotto il ghiaccio. Ieri è stato il turno del Monte dei Paschi. L'istituto sense ha emesso un prestito obbligazionario sui mercati internazionali: un bond quinquennale da un miliardo di euro, con una cedola fissa del 4,75%. Insomma: le banche italiane stanno tornando sul mercato. E lo fanno senza avvalersi della garanzia pubblica sui bond. Pagano rendimenti elevati rispetto a quelli di una volta (205 punti base sopra il tasso swap per il Montepaschi e 190 per UniCredit), ma scendono in campo con le loro gambe. Perché non sfruttano la possibilità di avvalersi della garanzia dal Tesoro? Gli addetti ai lavori danno tutti la stessa spiegazione: perché le garanzie pubbliche sulle emissioni obbligazionarie delle banche sono onerose e causerebbero una serie di problematiche legali. La questione è di fine diritto. In Italia, come all'estero, lo Stato nei mesi scorsi è venuto in soccorso alle banche offrendo la possibilità di porre la propria garanzia sui prestiti obbligazionari. La logica – nei mesi più bui della crisi finanziaria – era ovvia: dato che gli investitori non si fidavano più degli istituti di credito e non compravano più le loro obbligazioni, la garanzia statale permetteva alle banche di emettere obbligazioni (e dunque di rimborsare quelle in scadenza) pagando rendimenti più ragionevoli. Anche in Italia lo Stato ha offerto questa possibilità. Ma nessuno fino a ora l'ha sfruttata. Per tanti motivi. Il primo è di carattere economico: la garanzia costa. Il secondo è invece di carattere legale. La garanzia in Italia è strutturata in modo tale che se la banca che emette il bond dovesse fallire, lo Stato interverrebbe a onorare il pagamento del prestito obbligazionario ma poi diventerebbe un creditore privilegiato nel fallimento. E qui sta il problema: una clausola del genere discrimina gli altri obbligazionisti. Gli investitori che hanno in mano bond in cui sono previsti i cosiddetti "negative pledge" (particolari clausole del prospetto), potrebbero dunque fare "causa" alla banca nel momento in cui questa emettesse un bond garantito dallo Stato. Per lanciarlo ugualmente – spiegano gli esperti – la banca dovrebbe convocare le assemblee degli obbligazionisti di tutti i bond dotati di "negative pledge" e chiedere il loro consenso per dare un privilegio allo Stato italiano in cambio della garanzia. Morale: il Monte dei Paschi ieri, come UniCredit pochi giorni fa, ha emesso un bond senza garanzia pubblica. Ha pagato un rendimento in linea con i livelli attuali di mercato ( 205 punti base sul tasso swap a 5 anni) e ha raccolto una buona domanda. Ai lead manager Mps Capital Services, Credit Suisse, Royal Bank of Scotland e Ubs e al co-lead Banco Santander sono arrivati ordini d'acquisto per 1,6 miliardi di euro. All'appello hanno risposto 126 investitori di tuta Europa: principalmente italiani, ma anche tedeschi, francesi e inglesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA NIENTE AIUTO STATALE L'istituto senese, come UniCredit pochi giorni fa, non ha chiesto la garanzia pubblica per evitare incertezze legali

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Parte alla Luiss l'Osservatorio sulla crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 43 autore: THINK TANK Parte alla Luiss l'Osservatorio sulla crisi Prende il via oggi all'Università Luiss Guido Carli il primo Osservatorio sulla crisi finanziaria, promosso dalla stessa facoltà di Economia. Molte le personalità di spicco del mondo accademico, della finanza e dell'industry che fanno parte dell'Advisory Board di questa nuova struttura, unica in Italia. Oltre al Rettore dell'Ateneo di Confindu-stria, Massimo Egidi, ci saranno anche Giuseppe Zadra direttore generale di Abi, Stefano Micossi presidente Assonime, Marcello Messori presidente Assogestioni, Luigi Spaventa, già Direttore della Divisione Emittenti Consob e Massimo Ferrari, Senior vice president di UniCredit group. Uno dei principali scopi dell'Osservatorio, guidato da Giorgio di Giorgio, Giovanni Fiori e dallo stesso Massimo Ferrari, sarà la realizzazione di ricerche e approfondimenti che possano supportare, con position paper le Autorità di Vigilanza e il Governo, nell'azione di indirizzo (policy) e redazione di nuove regole, soprattutto in ambito finanziario. L'osservatorio si propone, inoltre, di alimentare il dibattito a livello accademico, promuovendo studi utili anchea formulare suggerimenti per la rivisitazione di programmi universitari. Ernst & Young è sponsor tecnico dell'iniziativa.

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La Maddalena protesta ma i cantieri vanno avanti (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 2 autore: La Maddalena protesta ma i cantieri vanno avanti Mariano Maugeri Siamo cittadini o sottufficiali? Il presidente generale non lo ammetterà neppure sot-to tortura, ma questo slittamento del G8 dall'ex base dei sottomarini nucleari Usa di stanza alla Maddalena alla scuola sottufficiali della Guardia di Finanza di Coppito, L'Aquila, una passionaccia per i militari e la loro obbedienza potrebbe pure svelarla. Ogni passo del generale Silvio nei giorni del dolore e dell'orgogliodella terremotata L'Aquila è stato scandito dallo schiocco dei tacchi e dal saluto marziale di questo campus militare che dal '92 sforna i sovrintendenti delle Fiamme Gialle. L'omphalos d'Italia che diventa l'ombelico del G8, con zoomate planetarie sulla balena di ghiaccio del Gran Sassoe il profilo della Maiella. Pure lì memorie del corpo degli alpini del Sud, gli unici terroni che gli alleati bossiani ammettono nelle caserme degli alpini di Bassano e Udine. Gli abruzzesi di montagna patiscono in silenzio i dolori laceranti che ai greci ispirarono i cori delle prefiche. Il generale Silvio ha capito che questo popolo coriaceo è lo spot più efficace di un'Italia che non si spezza neppure sotto l'onda d'urto di una scossa di magnitudo 6.2. E quel motto dannunziano che campeggia nella facciata della palestraastronave della scuola di Coppito che in luglio ospiterà la Merkel, Obama e Sarkozy – "Nec recisa recedit" (neppure spezzata si arrende) – è lo slogan della nuova Italia che risorge dalle macerie della crisi globale e dei cataclismi naturali, un'Italia selvaggia con i paesi color creta aggrappati alle montagne che neppure il più astuto pubblicitario al servizio del premier avrebbe avuto l'ardire di immaginare come scenografia del summit. Se ce la fa l'Abruzzo ce la fa l'Italia. E così la monumentale Msc Fantasy offerta alla causa dei Grandi dall'armatore partenopeo-ginevrino Aponte, si sposta dalla Maddalena a Pescara, la Copacabana de noantri. L'Abruzzo con il bilancio in default orfana del paternalismo di Remo Gaspari e di un paio di generazioni di postelegrafonici ruba la scena alla bellezza esagerata della Maddalena, con i rifugi dorati dei vip disseminati nelle microisolette maldiviane che le fanno corona. Il 15 aprile un sopralluogo in Sardegna del premier Silvio e del catastrofologo Guido Bertolaso dà esito ampiamente positivo. Berlusconi ammette: «I lavori su tre turni alla Maddalena sono d'esempio per la ricostruzione in Abruzzo». Forse è lì che si accende la lampadina:c'è uno slittamento semantico senza trucco e senza inganno in cui l'inversione dei fattori cambia pure il risultato. Il G8 scivola verso l'Adriatico, la costruzione continua in Sardegna e si progetta per gli abruzzesi, un popolo scolpito nella pietra sismica che per orgoglio e cocciutaggine è più isolano degli isolani. I sardi sono imbufaliti. A cominciare dal sindaco della Maddalena, Angelo Comiti: «è fantascienza, il G-8 non è una festa di compleanno. La macchina è avviata, ora non si può più fermare». Stralciata la Sassari-Olbia, dimenticata la bonifica di Porto Torres, chimica e metallurgia sbriciolate come le case di Onna dopo il terremoto. Alla Maddalena resta il premio di consolazione del summit autunnale sull'ambiente voluto da Barack Obama, ma nessuno ha voglia di ricordarlo. Gli uomini di Bertolaso tentano di rassicurare: le opere avviate saranno concluse. Ma è come dire a chi sta sul podio che deve scivolareall'ultima posizione. In luglio gli sciami sismici che scuotono la caserma delle Fiamme Gialle simuleranno quelli dei mercati finanziari, tanto per ricordare ai Grandi che la terra trema sotto ma pure sopra non scherza. Gordon Brown, Sarkozy e Carlà tra i sottufficiali d'Italia della scuola di Coppito. L'unico a non soffrirne sarà il colonnello Gheddafi, un attendato di lusso tra gli sfollati dell'Aquila. Alla Maddalena stavano ancora cercando uno scampolo di terra per la sontuosa tenda beduina del dittatore libico. Pure lui nel cuore del sisma tra i graduati d'Italia. Metafora perfetta di un pianeta sempre più piccolo e sempre più scosso. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE REAZIONI Il sindaco Angelo Comiti: sembra fantascienza, non è un compleanno ora la macchina è in moto e non si può fermare

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Un modello che funziona (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 8 autore: INTERVISTA/2 Massimo Ponzellini «Un modello che funziona» «Il modello di cooperativa della Banca Popolare di Milano, se ben gestito, è di grande valore perchè consente la massima partecipazione dei dipendenti alla vita dell'azienda.La conservazione e la protezione di questo modello, migliorabile accentuando la trasparenza e l'eticità dei comportamenti, è alla base della mia candidatura alla presidenza della Bpm». Massimo Ponzellini, 59 anni, imprenditore e poi manager, un passato alla Bers e alla Bei, politicamente bipartisan, è ora presidente della società di costruzioni Impregilo. I sindacati della Bpm, tradizionalmente maggioritari nell'assemblea dei soci, lo hanno scelto come candidato presidente a capo di una lista che lui definisce «di novità e di continuità, equilibrata e con personalità di prestigio». Grazie all'appoggio dei sindacati parte favorito, anche se bisognerà vedere se e quanto peserà la macchia del presunto conflitto d'interesse con la presidenza di Impregilo, che intende mantenere. Dottor Ponzellini, chi critica la sua candidatura sostiene che con lei Bpm diventerà la banca delle grandi opere. Cosa risponde? è una polemica senza senso. In primo luogo,il conflitto d'interesse non esiste perchè in qualità di presidente non ho alcuna delega operativa in Impregilo, nè eventualmente l'avrò in Bpm. In secondo luogo chi pensa che la Popolare Milano abbia le dimensioni per finanziare opere come il Ponte sullo Stretto è, numeri alla mano, in malafede. La Bpm fa un altro mestiere, al servizio delle imprese e delle famiglie del territorio. E continuerà a farlo anche in futuro. La cooperativa quotata confligge con gli interessi del mercato. Qualcuno parla di governance medioevale. Che ne pensa? Distinguiamo. Bpm opera sul mercato e il mercato è e sarà il nostro riferimento. Ma il modello della banca popolare, soprattutto se con una imponente partecipazione dei dipendenti, esce vincente dalla crisi finanziaria. Mi va bene il mercato. Ma intendiamoci: se per mercato intendiamo i fondi speculativi che hanno spinto le società in cui hanno investito a finanziarizzare qualunque attività, con i risultati che si sono visti, allora non ci sto. Meglio una sana cooperativa che fa il suo lavoro con serietà e cresce gradualmente nel tempo. Che mestiere farà la "sua" Bpm, se domani diventerà presidente? Farà la banca di territorio, dando supporto alle piccole e medie imprese, alle famiglie, ai commercianti delle aree in cui il gruppo è presente. Grazie ai Tremonti- bond, è possibile aumentare il credito da erogare. E lo faremo, servendo al meglio la clientela. Bpm non ha grandi dimensioni. Che idee ha in materia di acquisizioni e aggregazioni? Le ricordo che furono i sindacati che la designano a bocciare la fusione con Bper... Nel caso dell'alleanza con Bper, direi che i sindacati di Bpm hanno difeso la loro banca che altrimenti avrebbe trasferito il centro decisionale a Modena. La crescita è importante ma ad alcune condizioni. Primo: valuteremo solo acquisizioni che il nostro management sarà in grado di poter gestire. Secondo: la crescita avverrà sulla base della contiguità territoriale. Terzo: studieremo solo opportunità che non portino scompensi di bilancio. Certamente non faremo debiti per crescere. Con la sua designazione, i sindacati hanno ritrovato l'unità dopo anni di scontri interni. Crede di poterla mantenere? La stabilità è essenziale per ogni azienda, tanto più per una banca. Ma accanto alla stabilità, e proprio in virtù del nostro essere cooperativa, dobbiamo accentuare i profili di trasparenza e di eticità dei comportamenti. Il suo programma per i primi cento giorni di "governo"? Quello che ho annunciato ai dipendenti, che ho incontrato in queste giornate elettorali. Il mio programma è di reincontrali tutti. Non per chiedere di votarmi, ma discutere cosa fare insieme per sviluppare la banca. In una banca in cui i dipendenti hanno un peso centrale, che novità pensa di introdurre? Proprio perchè i dipendenti sono il perno della banca, dobbiamo investire al massimo in formazione. Avere manager giovani e capaci, serve anche per poter fare acquisizioni e gestire le realtà che si acquisiscono. E poi vorreiche aumentasse il numero delle donne nel gruppo dirigente. La pari opportunità non è una moda ma un vantaggio per le aziende. Cosa pensa del suo rivale Mazzotta? Lo conosco e ho grande rispetto per lui. Purtroppo, la campagna elettorale ha assunto toni personalistici. Mi auguro che domani in assemblea il dibattito tra i soci sia sul futuro della banca. Al.G. «Bpm non diventerà la banca delle grandi opere, ma resterà al servizio delle imprese» Massimo Ponzellini, 59 anni, presidente di Impregilo INFOPHOTO

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Basta con i diktat sindacali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 8 autore: INTERVISTA/1 Roberto Mazzotta «Basta con i diktat sindacali» «Non accetto l'idea che in una cooperativa le decisioni vengano prese da una nomenclatura. Che nel caso della Banca Popolare di Milano è rappresentata dalle sigle sindacali dei dipendenti. Sia chiaro: la mia lista per il nuovo consiglio non è nè contro i dipendenti nè contro il sindacato, ma contro il cattivo uso del sindacato. Nelle aziende dove c'è clientelismo, il sindacato muore insieme alla dignità del lavoro ». Roberto Mazzotta, 68 anni, presidente uscente della Bpm, si appresta alla battaglia assembleare che domani lo vedrà capeggiare la lista «allargata» dei non dipendenti sfidando Massimo Ponzellini, candidato dal listone sindacale dei soci-dipendenti. Dottor Mazzotta, lei è il presidente uscente. Eppure non sarà ricandidato dai suoi elettori. Perchè? Ha pesato in qualche modo la crisi finanziaria? La Bpm è una banca forte e ben organizzata, che ha risentito meno di altri della crisi. Abbiamo conti in ordine, un bilancio trasparente, una forte patrimonializzazione e una chiara visione strategica. Trovo singolare che in questo contesto di mercato, in Italia solo da noi sia in atto uno scontro per cambiare il vertice. Altrove, anche dove le cose vanno meno bene, si privilegia la stabilità. Eppure per ricandidarsi alla presidenza ha dovuto costituire una sua lista, grazie al supporto dei soci non dipendenti. Che problemi ha con i sindacati della Bpm? Oggi lei contesta le stesse sigle sindacali che per due volte, negli ultimi anni, avevano candidato proprio lei. Avrei accettato la decisione dei sindacati di non ricandidarmi se in questi anni la mia attività fosse stata scorretta, inefficace o avesse dato cattivi risultati. Ma non è così. E non lo dico io. Sono i miei stessi oppositori a riconoscerlo. Allora perchè non la vogliono più? La verità è che non mi ricandidano più perchè io voglio riformare la cooperativa. Insieme al consiglio uscente in questi anni ci siamo dedicati in via prioritaria al risanamento della banca, poi al suo rafforzamento patrimoniale. Da qualche mese abbiamo lavorato alla riforma della governance. E saremmo andati avanti. Hanno detto stop prima di perdere il loro potere. Avete da poco cambiato lo statuto. Cosa c'è che non va ancora nella governance? In una banca popolare esistono tanti stakeholders e tutti gli interessi devono trovare un punto di equilibrio. Se un interesse vuole prevaricare sugli altri, utilizzando i dipendenti come truppe elettorali, allora la governance è debole e non funziona nell'interesse di tutti i soci. Come è già emerso due anni fa nel caso del boicottaggio della fusione con la Bper, quando i sindacati hanno bocciato la nascita della quarta banca del Paese solo perchè avevano paura di perdere il loro ruolo maggioritario nell'azionariato. Insomma, lei si batte per la continuità della sua "buona gestione". Ma il socio di maggioranza non la ricandida. Data la sua storia e il suo profilo, non era meglio lasciar perdere? In sostanza: chi glielo fa fare? Sono stato nominato dall'assemblea dei soci. Siano loro a decidere se dovrò continuare a fare il presidente o il semplice consigliere. Ho una certa età, e non mi piego ai diktat di nessuno. Dopo il loro rifiuto di procedere sulla base della continuità, ho ritenuto mio dovere presentarmi davanti ai soci con una lista che consenta a tutti gli stakeholders di esercitare il diritto di decidere. Invece una parte di essi, e mi riferisco ai sindacati interni che coordinano l'Associazione Amici della Bpm, ritiene di essere padrona della banca e di poter condizionare le decisioni del cda e del management, che peraltro è composto da persone capaci e perbene. Tirando le somme, cosa si sente di dire agli azionisti che domani dovranno decidere? Ai soci, che domani in assemblea saranno fortunatamente numerosi, e in particolare a quelli più vicini alle sigle sindacali, vorrei ricordare l'avvertenza di Karl Popper: «Valutate sempre le ripercussioni sociali, non intenzionali, che seguono alle azioni intenzionali ». In sostanza: non buttate via la banca per seguire i vostri interessi immediati. I sindacati hanno scelto Ponzellini. Che giudizio dà del suo rivale? Appartengo a una vecchia scuola che non ha mai avuto paura di fare lotte, talvolta anche dure. Ma le persone si rispettano sempre, non sono mai argomento in gioco. La statistica degli ultimi scontri sulla presidenza di Bpm le gioca contro: ha sempre vinto il candidato dei sindacati. Ma grazie al nuovo statuto, lei entrerà comunque in consiglio. Resterà eventualmente a fare il capo dell'"opposizione"? Non mi sono mai presentato a un'elezione senza poi svolgere il mio mandato. Leader dell'opposizione? Diciamo che da semplice consigliere continuerò a lavorare per il bene della banca. Alessandro Graziani «Nell'istituto esistono tanti stakeholders e tutti gli interessi devono trovare un punto di equilibrio» Roberto Mazzotta, 68 anni, presidente uscente della Bpm INFOPHOTO

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E al seminario sulla crisi Bersani lancia il suo manifesto (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 9 L'ex ministro dello Sviluppo E al seminario sulla crisi Bersani lancia il suo manifesto MILANO Era un seminario sulla crisi economica quello organizzato ieri dal centro studi Nens di Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco. Ma se lo slogan scelto per l'iniziativa invitava a gettare «Uno sguardo oltre la crisi», il parterre di oratori e ospiti e il «taglio» del discorso dell'ex ministro dello Sviluppo economico facevano venire in mente soprattutto il congresso che il Pd terrà il prossimo ottobre. Bersani ha illustrato un vero e proprio manifesto politico, dopo aver ascoltato gli interventi di molti economisti. «Io guardo ha detto Bersani concludendo il suo intervento alle forze che da 150 anni pensano che se stai dalla parte di chi lavora, di chi suda e di chi produce... è meglio». In platea, tra gli altri, Massimo D'Alema. E con lui fedelissimi come Latorre, Cuperlo, De Castro e Turco. Ma anche esponenti prodiani come Ricky Levi, il rutelliano segretario del Pd romano Riccardo Milana, il presidente della Provincia di Roma Zingaretti e Francesco Garofani, tra i più vicini a Franceschini. Tra gli interventi più attesi, quello del cardinale Achille Silvestrini. Che ha denunciato la mancanza «della vigilanza morale delle chiese» sulla crisi finanziaria e in particolare sulle ragioni etiche che l'hanno generata. Per Silvestrini la natura della crisi non è economica ma politica, perché arriva «da quella deregulation che non era una formula economica ma politica», che era una «ideologia». In tal senso ora «il liberalismo radicale deve fare un passo indietro».

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Balzo di Pirelli e Prysmian (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa Balzo di Pirelli e Prysmian di Giacomo Ferrari Indici in rialzo Unica fra le Borse europee, Piazza Affari ha chiuso con gli indici in rialzo Una seduta in altalena, senza spunti particolari, caratterizzata da una sostanziale tenuta dei prezzi e da scambi ormai stabilizzati intorno ai 3 miliardi di euro di controvalore. Ma il bilancio della giornata è in ogni caso positivo per Piazza Affari (+0,33% l'S&P-Mib, +0,26% il Mibtel), che a differenza delle altre Borse europee non è stata toccata in chiusura dalla temporanea svolta negativa di Wall Street. Quanto all'andamento dei singoli titoli, il paniere dell'S&P-Mib presenta poche variazioni importanti. Fra queste, i rialzi di Pirelli (+6,1%) e Prysmian (+5,92%), che confermano le ottime performance della vigilia. Sempre sul fronte dei risultati positivi, anche Lottomatica ha fatto il bis della vigilia, guadagnando il 3,89%, mentre Unicredit ha messo a segno un nuovo progresso significativo (+2,29%). Campari, invece, è rimbalzata del 2,22% recuperando ampiamente il calo di mercoledì. In calo Ansaldo Sts (-3,22%), seguita da due petroliferi ( Saipem e Snam Rete Gas) che hanno ceduto rispettivamente il 2,73% e il 2,45% nonostante la leggera ripresa del prezzo del greggio, tornato sopra i 50 dollari al barile. Giù anche Unipol (-2,55%) all'indomani dell'assemblea che ha approvato il bilancio 2008. Sostanzialmente ferma la quotazione di Fiat (-0,8%) dopo la diffusione dei dati trimestrali, ma nel corso della seduta il titolo del Lingotto è rimasto costantemente sotto i riflettori, registrando forti oscillazioni e arrivando a guadagnare fino al 3%, con scambi particolarmente intensi (sono passati di mano più di 88 milioni di pezzi, pari all'8% del capitale).

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Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo vola (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo vola (g.fer.) Il sì delle banche alla seconda fase dell'accordo quadro sul debito della società e la nomina del nuovo board, con la conferma di Paolo Pininfarina alla presidenza e la nomina ad amministratore delegato di Silvio Pietro Angori, hanno avuto un effetto benefico sulla quotazione del titolo Pininfarina, cresciuto del 10,67%. Ieri a Torino l'assemblea dei soci ha approvato il bilancio 2008, chiuso con una perdita di 204,1 miliardi di euro. Intanto la famiglia si appresta a uscire dal capitale. «Per contribuire a garantire la continuità aziendale ha detto Paolo Pininfarina abbiamo messo sul piatto l'intera partecipazione di maggioranza». Paolo Pininfarina confermato presidente

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I conti trimestrali spingono Credit Suisse (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo I conti trimestrali spingono Credit Suisse (g.fer.) La crisi finanziaria internazionale non ha impedito al Credit Suisse di ottenere risultati trimestrali migliori rispetto a quelli attesi (in particolare un utile netto di 2 miliardi di franchi svizzeri, il doppio circa rispetto alle attese degli analisti). I dati, comunicati ieri, hanno avuto immediati riscontri positivi sulla quotazione del titolo, che alla Borsa di Zurigo ha guadagnato l'8,82%, chiudendo a quota 43,20 franchi svizzeri. Particolarmente elevati gli scambi sul titolo: sono passate di mano 17,1 milioni di azioni, quasi il doppio rispetto alla media degli ultimi tre mesi, pari a 9,4 milioni. Walter B. Kielholz presidente Cr. Suisse

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Parigi, s'incrina l'eccezione culturale (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 24/04/2009 - pag: 43 Svolte Non regge più il protezionismo identitario inventato da Malraux e potenziato da Jack Lang Parigi, s'incrina l'eccezione culturale La Francia cede a Hollywood. Incentivi anche alle opere straniere di STEFANO MONTEFIORI A forza di difendere l'eccezione culturale francese e il cinema nazionale di fronte all'invadenza di Hollywood, la Francia era riuscita a convincere gli americani a filmare altrove. La Normandia di Salvate il soldato Ryan di Spielberg? In realtà è l'Irlanda. La Parigi in Munich, sempre di Spielberg? Budapest. E la Francia occupata dai nazisti di Inglorious Bastards, il nuovo film di Quentin Tarantino con Brad Pitt e Diane Kruger? Paradossalmente, tranne poche scene, sono i dintorni di Berlino. Gli altri Paesi europei, soprattutto Bulgaria, Romania e Ungheria ma anche Germania, offrono incentivi e sgravi fiscali per attrarre le troupe. Il governo francese ha capito che il favore accordato esclusivamente alle produzioni nazionali fa perdere investimenti importanti, e nell'ultima Finanziaria dopo quattro anni di discussioni ha deciso la svolta. Il 17 dicembre scorso il Parlamento di Parigi ha approvato sgravi fiscali pari al 20 per cento delle spese per le compagnie straniere che sceglieranno di girare film o serie tv in Francia. «Bisogna fare in modo che i film ambientati in Francia siano effettivamente girati da noi, il caso del nuovo Tarantino non deve ripetersi», dice Nicolas Traube, presidente di Film France. Perché le nuove misure siano effettive manca ora il parere positivo della Commissione europea, che è atteso prima dell'apertura del Festival di Cannes, il 13 maggio prossimo. Nei prossimi giorni, quindi, dovrebbe essere smantellato un elemento non secondario aiuti solo a film francesi e in subordine europei dell'edificio ideologico costruito per cinquant'anni da politici francesi di destra e di sinistra. A partire da André Malraux, il ministro della Cultura nominato da de Gaulle nel 1959, continuando con Jack Lang, socialista alla Cultura per dieci anni nell'era Mitterrand e grande teorizzatore dell'«eccezione culturale francese»: nello stesso momento in cui coniava lo slogan «economia e cultura, stessa battaglia», si muoveva per democratizzare i consumi culturali e rompeva le barriere tra «cultura alta» e «cultura bassa», il ministro chiamato «Jack» da un padre innamorato degli Stati Uniti è diventato protagonista della lotta contro il potere dei «Rambo » di Hollywood. Un'impostazione fatta propria poi dall'altro ministro (di destra) Jacques Toubon, che durante i negoziati dell'Uruguay Round del 1993 ribadì una volta per tutte che «la cultura non è una merce», provocando il lapidario sfogo di Mario Vargas Llosa: «La minaccia che pesa su Flaubert e Debussy non arriva dai dinosauri di Jurassic Park ma dalla banda di piccoli demagoghi e sciovinisti che trattano la cultura francese come una mummia pronta a disintegrarsi al contatto con l'aria fresca». La cultura non è una merce, ma la scelta di finanziare solo film francesi ha fatto sì che Hollywood si rassegnasse a delocalizzare i set cinematografici, come è successo per le fabbriche di elettrodomestici o di scarpe da ginnastica. L'ultima grande produzione straniera girata in Francia è stata Maria Antonietta di Sofia Coppola, tre anni fa, poi più nulla. Il «New York Times » ha citato ieri il caso di Una lunga domenica di passione di Jean-Pierre Jeunet, girato nel 2004 in lingua francese da un regista francese con un cast e una storia francesi, ma prodotto per un terzo dalla americana Warner Bros: quanto bastò per impedirgli di ottenere gli aiuti di Stato. Incerta la sorte di Coco avant Chanel, il film con Audrey Tautou uscito in Francia due giorni fa, girato a Parigi ma prodotto di nuovo dalla Warner Bros. La cultura non è una merce, ma le nuove misure decise da Parigi e lo scontato sì di Bruxelles, secondo le previsioni, frutteranno entro il 2010 circa 200 milioni di euro alle imprese e ai lavoratori francesi del settore. «Speriamo di tornare ad attrarre le troupe straniere e di trattenerle più degli abituali quattro giorni», dice Sophie Boudon-Vanhille, responsabile di Paris Film, l'ufficio del municipio di Parigi che si occupa di organizzare i set cinematografici nella capitale. Girare nella strade di Parigi, ottenuto il permesso del Comune, è gratis, ma alcuni luoghi sono molto redditizi: un solo giorno di riprese alla stazione di Austerlitz costa 100 mila euro, all'Opéra 50 mila, a Versailles 15 mila (in interni) e 10 mila (in esterni), al Museo d'Orsay 8.800 euro (di giorno) e 17.600 (di notte). Ben quattro agenzie si incaricano di affittare appartamenti di privati che guadagnano fino a 5000 euro al giorno. Nel 2008 Parigi è stata usata come location per 110 film, e l'apertura agli stranieri promette di dare impulso a un business non più trascurabile. Ci sarà poi sempre qualcuno come Christophe Barratier, che ha scelto di girare il suo Paris 36 (appena uscito negli Stati Uniti per la Sony) a Praga perché «Praga è più Parigi di Parigi». E di fronte alle esigenze dell'oleografia, non ci sono finanziamenti che tengano. Jack Lang (1939), ministro della Cultura per dieci anni all'epoca della presidenza Mitterrand (Afp / Thomas Coex) Audrey Tautou nei panni di Coco Chanel sul set del film Coco avant Chanel della regista francese Anne Fontaine

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La ricetta Legacoop contro la crisi: solidarietà e un mercato democratico (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

La ricetta Legacoop contro la crisi: solidarietà e un mercato democratico BIANCA DI GIOVANNI Il 60% delle famiglie italiane fa i conti quotidianamente con la crisi. È il dato più allarmante della ricerca (swg) commissionata da Legacoop in occasione dell'assemblea dei soci in svolgimento a Roma. Forse è pensando a quel dato che Giuliano Poletti, aprendo l'assise, ha promosso il provvedimento che estende a tutti gli ammortizzatori in deroga. «Lo valutiamo positivamente - ha detto - per la Lega delle cooperative è positiva la collaborazione tra governo e regioni, un modello giusto per far fronte alla crisi che speriamo si affermi come costume normale anche per il dopo crisi». Le famiglie soffrono tanto da ridurre i loro consumi (36% ), mentre il 45% del campione preso in esame dichiara di aver già risentito in passato del peso della crisi finanziaria, e il 16% di aver avuto notevoli danni. un piano Ma la ricetta anticrisi delle coop non si ferma agli aiuti alle famiglie. Legacoop ha avviato un piano per fronteggiare le difficoltà economiche, che prevede di favorire la disponibilità del credito per le imprese associate, promuovere nuove imprese cooperative, dare vita a strumenti finanziari specializzati per lo smobilizzo dei crediti. Per uscire dal tunnel è ancor più necessario che il mercato sia «veramente democratico, concorrenziale, libero e ben regolato». Si tratta di un «obiettivo da perseguire dalle politiche pubbliche», affrontando il tema di un «equilibrio tra capitale, lavoro, conoscenza. Un paese più giusto- aggiunge Poletti- non è un lusso, noi ci crediamo». un ruolo Ecco perché le coop sono una risorsa importante per uscire dalla crisi, «in un progetto di trasformazione temperato dell'economia italiana». Nonostante lo scenario cupo, il movimento cooperativo vive uno dei suoi momenti più dinamici, «con oltre 60 mila cooperative attive, 1.056.000 occupati pari al 6,2 degli occupati italiani e oltre 110 miliardi di euro di giro d'affari con un'incidenza ben superiore al 5 per cento del pil». Il 2008 ha rappresentato un anno di rallentamento, ma il fatturato è aumentato del 4,7% e gli occupati del 2,7%. Adesso, questo insieme di imprese è chiamato a gestire una discontinuità che non può essere affrontata con vecchi schemi. «Alla politica ed alle istituzioni chiediamo, dunque, una cosa sola - declama il presidente - di guardare avanti con occhi nuovi, di salvaguardare il capitale immateriale ed umano che costituisce la ricchezza del Paese, di promuovere in modo graduale il cambiamento strutturale». Secondo Poletti guardare al futuro significa assumere una prospettiva strategica che, rafforzando i vantaggi competitivi ereditati dal passato, sia in grado di rinnovare i nostri modelli di business e di valorizzare il ruolo dei soci ed il peso del lavoro nell'esperienza cooperativa». Legacoop riunisce la sua assemblea dei soci e denuncia: il 60% delle famiglie sta soffrendo per la crisi. Serve un nuovo welfare e anche un modello di sviluppo più democratico. Il fatturato cresce del 4,7%.

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Crisi, Tremonti: siamo in Quaresima ma l'Apocalisse ormai è scongiurata (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

«siamo in quaresima. Quanto è lunga e in che termini dipende da tanti fattori» Tremonti e la crisi: «L'Apocalisse è stata scongiurata, ma non è ancora Pasqua» Il ministro dell'Economia: «E' finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse» MILANO - Per spiegarsi usa una metafora biblica. Applicata ad un tema dei nostri giorni, vale a dire la crisi economica. Ora si può dire che l'intervento congiunto dei governi ha scongiurato la paura dell'Apocalisse, «ma questo non vuol dire che è subito Pasqua». Con questa metafora il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, poco prima di partecipare al G7 dei ministri finanziari a Washington, ha sintetizzato l'attuale situazione economica mondiale. LA TESI - «Ciò che ho cercato di dire in questi mesi - ha aggiunto Tremonti - è che è finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse. In alcuni giorni ha segni negativi e in altri giorni cominciano segni inaspettatamente positivi. Finita la fase dell'Apocalisse, non è subito Pasqua, c'è di mezzo la Quaresima». «Quanto è lunga e in che termini dipende da tanti fattori che ormai agiscono sul piano globale - ha aggiunto Tremonti riferendosi alla crisi - Dai governi del mondo, dai sentimenti dei popoli e dalle loro paure e speranze». LA PROSPETTIVA - Il ministro dell'Economia ha ricordato lo stato di ansia con il quale, nello scorso ottobre, proprio a Washington in occasione dell'assemblea annuale del Fondo monetario, veniva seguito lo sviluppo della situazione nel momento più caldo della crisi finanziaria internazionale. L'atmosfera era quella di chi non sapeva «se i mercati avrebbero riaperto il lunedì successivo. Le scelte dei governi, il vertice di Parigi, il ruolo fondamentale giocato dal presidente francese Sarkozy, ma anche dal presidente Berlusconi - ha ricordato Tremonti - hanno permesso la riapertura dei mercati. I mercati hanno riaperto perchè sono scesi in campo i governi, governi che hanno continuato ad agire da soli a livello nazionale, collegialmente in Europa, e collettivamente in occasione dei due G20». I ministri finanziari del G7 e, successivamente, quelli del G20, faranno oggi il punto della situazione economica mondiale. «Devo incontrare il signor capitalismo, il signor mercato, il signor mercato finanziario e il signor governo - ha detto ancora Tremonti - e dobbiamo verificare lo stato di salute di tutti questi signori. Un quadro clinico che viene fuori dai numeri, così come accade con il termometro per misurare la febbre. Però, quello che conta più dei numeri che ci verranno dati nei palazzi, sono le persone. I numeri - ha detto il ministro - sono un modo per agire, ma non sono il fine. Sono necessari ma è soprattutto essenziale la vita delle persone, come indica il caso dell'Abruzzo e del decreto di giovedì». Riassumendo il clima alla vigilia delle riunioni di oggi, il ministro dell'Economia ha detto di vedere «confermata la nostra visione di base. È finita la fase della potenziale apocalisse, l'incubo degli incubi». Infine, una notazione di riferimento alle tante cifre e stime circolate in quest'ultimo periodo per misurare la crisi: «Chi dà i numeri - ha detto Tremonti - o lo fa per mestiere, come il Fmi, e allora è suo dovere, o lo fa per convinzione e allora è meglio suggerirgli un lungo periodo di riposo». stampa |

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Crisi, Fmi: (sezione: crisi)

( da "Corriere.it" del 24-04-2009)

Argomenti: Crisi

il debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente al rialzo il costo della crisi finanziaria: le svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial Stability Report - «potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti capo alle banche». Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti». «Il processo di deleveraging - aggiunge l'Fmi - sarà lento e doloroso nonostante le misure prese». FINANZIAMENTI - Secondo l'Fmi, i finanziamenti al settore privato negli Stati Uniti e in Europa «si dovrebbero contrarre a un tasso annualizzato trimestre su trimestre pari al 4%» nel 2009. E la risalita sarà «lenta e dolorosa». Particolarmente preoccupante la situazione nei mercati emergenti dove il contagio si sta rapidamente allargando. Enormi i costi della crisi. Tra Stati Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a svalutazioni per 2.810 miliardi di dollari (di cui 340 milioni per asset detenuti nei Paesi emergenti), le assicurazioni per 301 miliardi, le altre istituzioni finanziarie non bancarie, tra cui gli hedge funds, per 1.283 miliardi. Il conto della ricapitalizzazione varia dagli 875 miliardi di dollari necessari per riportare il «leverage» sui livelli pre-crisi, fino ai 1.700 miliardi calcolati se si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima che l'attuale modello di sviluppo finanziario, colpevole della «bolla», prendesse piede. SERVONO ULTERIORI FORTI AZIONI - «La sfida principale» della crisi in atto è quella «di spezzare la spirale al ribasso fra il sistema finanziario e l'economia globale» afferma ancora il Fondo Monetario Internazionale che, pur constatando «le iniziative senza precedenti prese nei paesi avanzati nello spezzare» il circolo vizioso venutosi a creare, invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze che stanno minando le prospettive di una ripresa economica». Un invito che arriva con un'avvertenza: «C'è il rischio che i Governi siano riluttanti ad allocare abbastanza risorse per risolvere il problema», visto che l'opinione pubblica sta assumendo un atteggiamento «disilluso su quello che percepisce, in alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». L'Fmi sottolinea che per «stabilizzare il sistema bancario e ridurre l'incertezza sono necessari 3 elementi: un ruolo più attivo dei supervisori nel determinare le istituzioni che possono sopravvivere e le appropriate azioni correttive necessarie a garantirne la sopravvivenza; trasparenza nei bilanci; e chiarezza da parte dei supervisori del tipo di capitale richiesto. «Le condizioni per iniezioni di capitale pubbliche dovrebbero essere stringenti», spiega il Fmi, secondo il quale la «ristrutturazione» di un'istituzione «potrebbe anche richiedere una nazionalizzazione temporanea. L'attuale incapacità di attrarre capitali privati suggerisce che la crisi è profonda e che i governi devono compiere un passo in più, anche se questo significa assumere la maggioranza o l'interezza di un'istituzione». DEBITO ITALIANO SALIRA' ALLE STELLE - A causa della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti percentuali dal 106% del 2008 aggiunge L'Fmi che precisa che i costi finora sostenuti per la stabilizzazione finanziaria sono risultati pari allo 0,9% del pil. I dati sul debito - spiega il Fmi illustrando una tabella del capitolo uno del Rapporto - sono tratti dal World Economic Outlook dell'aprile 2008, mentre le stime sui costi provengono dal dipartimento degli Affari fiscali del Fmi. Il deterioramento dei conti pubblici non è comunque un fenomeno limitato: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87% con un aumento di 19 punti percentuali. In Giappone l'incremento sarà di 30 punti percentuali al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%. In Francia, l'aumento sarà di 13 punti percentuali all'80%. EST EUROPA A RISCHIO - L'Europa dell'Est, già duramente colpita dalla crisi, rischia di contagiare tutto il Vecchio Continente: le forti interconnessioni finanziarie esistenti fra le due aree aumentano il pericolo di un «un ciclo vizioso avverso» all'interno di tutta l'Europa spiega ancora l'Fmi, secondo il quale «i collegamenti» fra Est e Ovest «creano un ciclo di azioni e reazioni che potrebbero esacerbare la crisi». La maggior parte delle economie emergenti europee - spiega l'Fmi - sono infatti dipendenti dalle banche del Vecchio Continente occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi dell'Europa emergente e quelli occidentali che potrebbe esacerbare la crisi». stampa |

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Dopo quasi trent'anni cessa l'attività della "Sintesi Spa" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
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Argomenti: Crisi

CARESANABLOT. AZIENDA DI STAMPA DIGITALE Dopo quasi trent'anni cessa l'attività della "Sintesi Spa" Anche se non occupava che poco più di una ventina di dipendenti, per Vercelli, prima, e per Caresanablot era un piccolo gioiello di industria. Ma adesso, purtroppo, dopo circa 30 anni di attività la Sintesi Spa va in liquidazione. Lo annuncia, a malincuore, lo stesso presidente della società, nonché ex presidente dell'Unione industriale vercellese Giuseppe Mortara. La Sintesi Spa era specializzata nella vendita, installazione e assistenza di sistemi di stampa digitali e dei relativi materiali di consumo. Per capirci, le macchine che vendeva erano in grado di realizzare le maxi coperture che, adesso nascondono la bruttura degli «ex Diciotto». La scelta di cessare l'attività è stata presa dalla maggioranza dei soci a fronte si una situazione economica generale negativa «soprattutto sul fronte della liquidità». C'è da segnalare un'anomalia di spicco: nella situazione appena descritta, Sintesi vanta un portafogli di tutto rispetto, anche se l'attuale crisi finanziaria mette i clienti in difficoltà e rallenta i pagamenti. In ogni caso, la maggioranza dei soci finanziari ha deciso di chiamarsi fuori e ha nominato liquidatore, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, il presidente Giuseppe Mortara. Ed è proprio Mortara a spiegare che cosa accadrà: «Ora si tratta - dice - di agire su tre versanti, tutti molto importanti: soddisfare i collaboratori, che, per altro, in buona parte hanno buone possibilità di ricollocazione; liquidare le passività dell'azienda e tutelare la clientela che costituisce, con la tecnologia sviluppata in questi anni, il patrimonio più prezioso di Sintesi». Un'ulteriore doccia fredda per il Vercellese, ma, annunciando la liquidazione dell'attività, Mortara stesso lascia aperto uno spiraglio di speranza. «Il mio auspicio - dice il presidente - è che se la ripresa dovesse fra non molto concretizzarsi, l'attività possa rinascere, magari con una nuova compagine sociale per continuare a svolgere sul mercato il suo importante ruolo».

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"Pronti alla protesta anche a Roma e Parigi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
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"Pronti alla protesta anche a Roma e Parigi" [FIRMA]CARLO GIORDANO CERVASCA Vicino al cancello dello stabilimento è stata issata una forca con appeso un manichino vestito con una tuta da lavoro. La rabbia è tanta. La parola d'ordine è «restare uniti». Assemblea in strada, davanti allo stabilimento, ieri, per 253 dipendenti Euroveder di Cervasca. «Su questo lavoro abbiamo programmato la nostra vita, una famiglia e ora corriamo il rischio di trovarci tutti e due in mezzo a una strada». Giuseppe Alaimo e Ornella Gribaudo, si sono conosciuti nello stabilimento, si sono sposati e hanno una bambina, Valentina, di 3 anni. «Un dramma - spiega Giuseppe -. Questa notte ho persino sognato che lavoravo in reparto. La notizia di 143 esuberi ci ha sconvolto. Se ci lasciano a casa tutti e due non so come faremo. Abbiamo anche un mutuo da pagare». Al presidio arrivano i sindaci della zona, con il presidente della Comunità montana Valle Grana, Alessandro Verardo: «Ho convocato la giunta qui, per dimostrare che le istituzioni ci sono». «Questa mattina ho incontrato un alto dirigente della Saint Gobain - dice Tullio Ponzo, sindaco di Cervasca -, mi ha spiegato che una riduzione di personale è indispensabile per salvare lo stabilimento. Ho subito informato il presidente della Provincia, Costa, per aprire un tavolo di confronto». Don Flavio Luciano, responsabile della Pastorale sociale della Diocesi di Cuneo e don Marco Riba, parroco di San Defendente di Cervasca, portano la solidarietà del vescovo di Cuneo, monsignor Giuseppe Cavallotto: «La vertenza Euroveder è precipitata negli ultimi giorni. Siamo disposti a fare la nostra parte per avviare un dialogo. La Caritas potrebbe intervenire per aiuti alle famiglie». Mario Prestana di crisi aziendali ne ha vissute diverse: «Ho lavorato alla Michelin di Cuneo; dopo l'incendio non mi hanno più rinnovato il contratto. Sono, quindi, andato all'Algat, ma anche lì è scoppiata la crisi. Pensavo che all'Euroveder, sarei stato finalmente tranquillo. Ho comprato anche casa. Il mio futuro finisce qui». Phan Van Phuc è vietnamita, in Italia da 29 anni, di cui 20 passati all'Euroveder: «Da martedì, dopo l'annuncio degli esuberi non so più cosa pensare. A casa solo io lavoro». «La Saint Gobain - spiega al microfono Loris Emanuel, Cgil -, ha intenzione di concentrarsi sull'edilizia: un conto è vendere un'azienda, un altro e chiudere gli stabilimenti. Siamo pronti ad andare a manifestare a Milano, Roma e anche a Parigi, per dire no». Questa mattina, alle 11, presidio con volantinaggio davanti ai centri commerciali Auchan e Ipercoop. «In questa battaglia chiediamo la collaborazione dei consumatori - spiega Gianni Arnaudo, Uil -. Ma sia ben chiaro, non vogliamo boicottare i supermercati, l'invito è non comprare prodotti francesi. Una risposta al protezionismo di Sarkozy».

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Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
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Poesie. Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" Attualità e intimismo nel nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle celebrazioni della giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone Rinascita del circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il senatore Irmo Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La vittoria di Obama» a cura di Renza Agnelli per le edizioni Universum. Si tratta di una raccolta di venti brani di poesia civile che si riferiscono a tematiche sociali e politiche sia nazionali che internazionali, senza trascurare l'attualità, come appunto ricorda il titolo. Si va dall'affermazione della pace contro tutte le guerre, all'attuale crisi finanziaria, dalla difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente per poi tornare ad un clima più intimistico e personale con le liriche che chiudono il volumetto. Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla terra di risaia, è stato dirigente politico e sindacale e infine senatore dal 1976 al 1983. Numerosissimi i suoi scritti sia di poesie che in forma di saggio, sempre comunque permeati dal suo immancabile impegno sociale. Nella breve presentazione l'autore commenta: «L'intento, con la prossima raccolta, è di superare le trecento pagine di poesia civile, per ricordare sogni giovanili e necessità che andrebbero soddisfatte realizzate nel presente e nel futuro». A seguire, Franco Migliaccio, docente all'Istituto Belle Arti di Brescia, illustrerà la mostra allestita per l'occasione. Verranno esposte le «copertine d'autore» dei 25 volumi de «La Storia della Società italiana».

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"Bordighera sta cambiando" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
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STRATEGIE LA REPLICA DELL'ASSESSORE AL TURISMO DOPO L'APPELLO DEI COMMERCIANTI "Bordighera sta cambiando" [FIRMA]DANIELA BORGHI BORDIGHERA Il comitato dei commercianti del centro, che ha promosso una raccolta di firme e chiesto un incontro con il sindaco, incalza: «Ancora oggi non abbiamo un'anima, nè una vocazione. Vorremmo almeno una risposta al quesito di che cosa vogliamo fare della nostra città, che sicuramente ha un indirizzo turistico che però non basta. Vogliamo un turismo per pensionati, per giovani o "mordi e fuggi"?». L'assessore al Turismo Marco Sferrazza non d'accordo: «Dire che il Comune organizza poche manifestazioni non risponde a verità: nel 2008 erano più di 250 e il prossimo calendario estivo si presenta ancora più vario e nutrito. Mi rendo conto che possono non piacere a tutti, ma il nostro obiettivo è cercare di soddisfare tutte le fasce d'età e venire incontro alle esigenze delle diverse realtà economiche cittadine». Continua: «La crisi finanziaria che stiamo vivendo ci obbliga ad operare cambiamenti di metodo e di mentalità, ed è per questo motivo che ormai da due anni, in collaborazione con le associazioni di categoria, sollecitiamo i commercianti affinchè adeguino gli orari di apertura delle loro attività in coincidenza con i periodi di maggior flusso di turisti e clienti, spesso ormai concentrati nei soli fine settimana: apertura domenicale e festiva e posticipo dell'orario di apertura e chiusura pomeridiano. Ciò è essenziale soprattutto d'estate, quando occorrerebbe adeguarsi agli orari-tipo dei bagnanti e proporre, quindi, l'apertura dei negozi dalle 18 alle 24». Ricorda inoltre che sono in fase di ultimazione «lavori strategici per il futuro turistico quali il ripascimento delle spiagge e il collegamento della passeggiata tra Bordighera e Vallecrosia. Altri, come il nuovo porto, sono quasi pronti ad iniziare». Per quanto riguarda il turismo culturale, l'assessore ricorda che a breve la Villa della Regina Margherita ospiterà il Museo Fondazione Terruzzi: «Richiamerà flussi turistici verso quella che è considerata una delle più importanti collezioni di opere d'arte a livello mondiale». Conclude: «L'Amministrazione è disponibilissima a incontrare gli operatori del tessuto turistico-commerciale, anche con cadenza mensile, sia in pubblica assemblea, oppure attraverso i rappresentanti di categoria. Auspico, però, che il terreno di confronto siano tavoli di lavoro, attorno ai quali progettare e costruire, tutti insieme, il futuro turistico e commerciale della città».

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Il colosso Diageo vuole bersi lo champagne Moët Hennessy Ma Lvmh potrebbe dire di no (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
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Il colosso Diageo vuole bersi lo champagne Moët Hennessy Ma Lvmh potrebbe dire di no Più aiuti alle banche Usa e meno alle assicurazioni Le compagnie di assicurazione Usa vogliono gli aiuti statali. Ma i loro lobbisti affermano che, diversamente dalle banche, per loro la solvibilità non è un problema. Vogliono più che altro iniezioni di capitale del governo in modo che possano destinare la liquidità a investimenti rischiosi che aiuteranno a sbloccare i mercati del credito. Ma questo sembra più un modo di ottenere un comodo sussidio per i loro azionisti che un modo efficace di promuovere i prestiti. Il Troubled Asset Relief Program (Programma di aiuti per gli asset tossici) del governo dovrebbe servire a due scopi: mantenere la stabilità dei mercati finanziari e far partire i prestiti. In entrambi i casi, aiutare le banche è più opportuno. Diversamente dalle banche, le compagnie di assicurazione non sono tanto vulnerabili alle crisi di liquidità. I premi assicurativi, di solito, affluiscono prima dei rimborsi delle polizze. Ed è difficile affermare che le assicurazioni rappresentino una minaccia sistemica. Certo, sono grandi investitori in obbligazioni corporate e detengono circa il 20% di quelle in circolazione. Ma i fallimenti delle compagnie derivano quasi sempre dall'errata amministrazione o da polizze troppo a buon mercato. Inoltre, diversamente dalle banche, i bassi livelli di capitale non determinano un'implosione drammatica delle compagnie di assicurazione. Spesso, una banca sottocapitalizzata fa molte scommesse ad alto rischio, nella speranza che una sia redditizia. Questo determina perdite per i contribuenti quando le scommesse vengono perse. In genere, gli assicuratori sottocapitalizzati hanno invece difficoltà a stipulare nuove polizze perché i clienti temono che non saranno più in grado di onorarle. In ogni caso, la maggior parte delle compagnie di assicurazione sostiene di essere ben capitalizzata. In media, gli assicuratori vita statunitensi hanno avuto bisogno di capitali per tre volte. Per questo motivo, il «far ripartire i prestiti» è l'unica opzione logica. Le compagnie di assicurazioni sono grandi compratori, dalle obbligazioni corporate agli investimenti più difficili. \ Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/ Con il contributo delDiageo sembra che abbia fatto poco ricorso alla leva finanziaria per indebitarsi. Ma ciò potrebbe aiutare il più grande produttore del mondo di alcolici a trovare i 10 o più miliardi necessari per acquistare la divisione vini e alcolici di Lvmh. Sempre che il conglomerato francese di prodotti di lusso sia intenzionato a vendere. Per Diageo, è opportuno acquisire il 66% di Moët Hennessy non ancora in suo possesso. Quello che il direttore di Diageo, Paul Walsh, chiama «desiderio di esclusività» fornisce una forte difesa dei margini di profitto contro un aumento della standardizzazione. I cognac e gli champagne Moët Hennessy hanno questo fascino del lusso. Diageo vanta un bilancio forte: il debito netto è 2,5 volte l'Ebitda. Con i mercati dei capitali che si stanno sbloccando, potrebbe ottenere i soldi per un accordo finanziato da un uguale importo di debito e di mezzi propri. Il potenziale per sinergie potrebbe indurre Diageo a fare un'offerta attraente senza tagliare gli utili. Inoltre, Diageo ha tutte le ragioni per imporre l'intesa. È vincolata da un complesso accordo azionario riguardante Moët Hennessey. Non può acquistare nessun'altra azienda di alcolici e non può rescindere l'accordo senza pagare una forte penale. Ma Diageo non può bere da sola. E sebbene sul mercato le voci siano diffuse, non c'è nessun motivo evidente per Lvmh di accettare. Sebbene la riduzione delle scorte abbia diminuito le entrate del gruppo da vini e alcolici di un buon 22% nel primo trimestre, l'attività è in genere solida, rispetto ai marchi di moda di Lvmh. E Lvmh non ha bisogno di denaro. Il debito del suo gruppo era del 28% sui mezzi propri a fine 2008. È vero, potrebbe voler acquistare qualcosa di grande nel settore della moda. Ma gli attraenti obiettivi d'acquisizione là fuori - affermano Hermès o Patek Phillipe - sembrano intoccabili per ora, bloccati in complesse strutture azionarie familiari. Diageo potrebbe essere in grado e desiderare di acquistare Mh da Lvmh. Ma a meno che Bernard Arnault, azionista di controllo di Lvmh, non cambi opinione, difficilmente questo particolare desiderio potrà essere appagato. \ (Traduzioni a cura del Gruppo Logos)

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