CENACOLO
DEI COGITANTI |
"L'Europa segua
subito Obama" ( da "Stampa,
La" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: capo economista della Borsa di New
York durante la crisi finanziaria del 1987 e oggi analista del «Council on
Foreign Relations» di New York, dà del rapporto del Fondo monetario
internazionale secondo cui «la crisi del credito è serio ed è destinata a durare
nel tempo». Di che tipo di monito si tratta?
Argomenti:
Crisi
Abstract: il debito italiano salirà nel 2010
al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di dollari»
Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio bancario
WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000
miliardi di dollari alle sole economie avanzate.
fmi: la crisi costerà
4mila miliardi e in italia debito al 121% del pil - elena polidori
( da "Repubblica, La"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi potrebbe costare al sistema
finanziario globale qualcosa come 4 mila miliardi a fine 2010. Come conseguenza
della crisi, il debito pubblico di tutti i paesi rischia di lievitare: quello
italiano potrebbe salire l´anno prossimo alla quota record del 121%, ai livelli
dei primi anni novanta, con un incremento di 15 punti rispetto al 2008 e di
chimica, tir e ordinativi
dall'estero così il made in italy avvista la ripresa - alessandra carini
( da "Repubblica, La"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il pesante destoccaggio cui
l´industria è stata costretta anche dalla crisi finanziaria. Nella chimica,
che, per tradizione, producendo un bene intermedio, è la prima a rilevare le
inversioni del ciclo, c´è stata una piccola ripresa della produzione e un rialzo
nei prezzi dell´etilene, ma si parla di livelli del 25-30% inferiori all´anno
scorso.
Corteo per salvare la
Dynastar ( da "Stampa,
La" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: LA CRISI DEL GRUPPO ROSSIGNOL Corteo
per salvare la Dynastar [FIRMA]PIERRE PINACOLI SALLANCHES La crisi finanziaria
del gruppo Rossignol ha colpito anche la fabbrica di sci Dynastar di
Sallanches: proprietà e dipendenti stanno trattando sul futuro.
Tesco in Gran Bretagna
punta a utili in crescita di due cifre
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: anche se la sua quota di mercato
negli alimentari nel Regno Unito, pari al 30%, continua a diminuire. Nel Regno
Unito, può fare affidamento sulla forte crescita delle vendite di prodotti non
alimentari. Anche i servizi finanziari potrebbero dare una mano. Tesco ha
appena rilevato in blocco la quota di Royal Bank of Scotland nella loro joint
venture.
L'acqua in piazza fa
risparmiare i cittadini ( da "Giorno,
Il (Lecco)" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria non è da
sottovalutare e poi riguarda appunto un calcolo basato solo su quindici giorni.
Se verrà mantenuto il trend nell'arco di un intero anno arriverà a sfiorare i
50 mila euro. Senza dimenticare il beneficio ambientale. Il distributore fornisce
infatti
Micro-imprese, zero
credito ( da "Giorno,
Il (Varese)" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alcuni giorni fa è emersa la grande
preoccupazione per la crisi finanziaria tanto che i piccoli imprenditori hanno
dichiarato di essere penalizzati dalla riduzione dell'offerta di credito da
parte delle banche più grandi che, a loro dire, propongono operazioni troppo
speculative. «Creando l'osservatorio spiega Luca Barni, direttore generale
della Bcc Busto Garolfo e Buguggiate -
Crisi, se l'ottimismo va
al potere ( da "Italia
Oggi" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: congelare i titoli tossici Crisi,
se l'ottimismo va al potere Dagli Usa nessun conforto alle previsioni di
Sacconi e Tremonti Negli ultimi giorni si sono levate molte voci ottimistiche
sull'andamento della crisi finanziaria ed economica globale. Il ministro
dell'Economia Giulio Tremonti ha detto che «il rischio di una apocalisse
finanziaria si sta riducendo»
Le stime Fmi: la crisi
costerà 4 mila miliardi ( da "Corriere
della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima
Pagina data: 22/04/2009 - pag: 1 Il Fondo monetario Le stime Fmi: la crisi
costerà 4 mila miliardi Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il
conto della crisi finanziaria mondiale finirà per superare i 4 mila miliardi di
dollari. ALLE PAG. 2 E 3 Bagnoli, Gaggi, Tamburello
L'Fmi rivede i conti della
crisi: costerà quattromila miliardi
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il sistema finanziario globale,
dicono, resta sotto forte tensione mentre la crisi si allarga includendo
famiglie, aziende e banche sia delle economie avanzate sia di quelle
emergenti». Il direttore del dipartimento dei mercato monetari e finanziari,
José Viñals ieri, presentando a Washington il rapporto, ha esordito tuttavia
con una nota positiva.
Attenti ai protezionisti
nascosti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sembra aver resistito alle
tentazioni protezioniste. Ma si è trattata di una virtù solo apparente. Il
protezionismo è infatti uscito dalla retorica pubblica per essere
internalizzato e nascosto nelle politiche economiche. Molti Governi per esempio
si sono preoccupati di non sostenere la propria economia, temendo di
beneficiare gli altri, per approfittare invece degli stimoli altrui,
Sorpresa, la crisi fa male
a sinistra ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che parla di crisi del mercatismo e
del capitalismo finanziario». Insomma la sinistra riformista, nel nostro caso
il Partito democratico, non deve rincorrere Tremonti sul suo stesso terreno. In
generale perde la sinistra che usa la crisi per dire "avete visto il mercato
non funziona, noi lo dicevamo".
Più cari i pedaggi
autostradali ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: impatto in piena crisi finanziaria.
La scadenza era già prevista nel decreto legge con cui era stato disposto il
blocco, ma le società concessionarie non erano comunque tranquille, considerati
i numerosi provvedimenti di riforma con cui i Governi che si sono succeduti dal
Il fondo di Pechino tratta
l'ingresso fra i soci Daimler ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il presidente del Cic, Lou Jiwei (
nella foto) ha confermato l'intenzione di investire nell'industria europea,
ricordando che la crisi finanziaria attuale ha modificato le norme rigide
finora imposte all'ingresso di capitali cinesi. IMAGINECHINA
Indici piatti, Geox maglia
rosa ( da "Corriere
della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
22/04/2009 - pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici piatti,
Geox maglia rosa Bancari in altalena Frenano Mediobanca e Unicredit, bene
Mediolanum e Ubi Banca Dopo un avvio negativo, S&P-Mib e Mibtel hanno
recuperato terreno sul finale di seduta grazie all'apertura positiva di Wall
Street,
Autogrill: c'è la crisi,
no al dividendo ( da "Corriere
della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/1 Autogrill: c'è la crisi, no al
dividendo (g.fer.) Il 2009 sarà «un anno difficile ma non disastroso». Parola
di Gilberto Benetton, presidente di Autogrill. Mentre l'amministratore delegato
Gianmario Tondato Da Ruos aggiunge: «Ci stiamo attrezzando per sopravvivere in
questo contesto »
Cementir, via all'iter per
lo Star ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di cui la quota diretta di Cementir
era dell'1,7% circa: «Era un'allocazione di risorse finanziarie all'interno del
nostro settore». Poi la crisi finanziaria é diventata molto più grave – ha
ricordato – e la partecipazione nella società che fa riferimento alla famiglia
Pesenti «é stata alienata per ottimizzare la cassa».
Datalogic, cambio al
vertice e
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il caso a Milano/2
Datalogic, cambio al vertice e «buy-back» (g.fer.) Nel 2008 è stato il più
pagato tra i manager delle società quotate italiane, con 8,265 milioni di euro
lordi. Ora Roberto Tunioli lascia l'incarico di amministratore delegato a Mauro
Sacchetti,
Fmi: credito più difficile
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha detto il capo della divisione mercati
finanziari del Fondo, José Vinals, comincia a mostrare i primi segni di
miglioramento nel ricreare la fiducia, ma ha bisogno di ulteriori e
"coraggiosi" interventi e la normalizzazione completa potrebbe
richiedere anni. Il rapporto sulla stabilità finanziaria globale pubblicato
ieri dall'Fmi rivela inoltre che l'
Germania terzo debito del
mondo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la violenza della crisi finanziaria
e della recessione in atto stanno dando un peso sempre maggiore anche
all'entità del debito pubblico e alla quantità di titoli di Stato in emissione
e in scadenza. I piani anticrisi varati dagli Stati europei, il rincorrersi
delle misure fiscali di stimolo all'economia, i deficit/ Pil lanciati al
galoppo ben oltre la soglia di Maastricht del 3%
Scudo solo per rientri
veri ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: immobili e investimenti finanziari,
ridimensiona l'insostenibilità di un'aliquota alta. In aggiunta, secondo fonti
bene informate, la crisi finanziaria e la recessione hanno fatto crescere anche
la necessità di rimpatriare capitali per sostenere attività imprenditoriali in
un momento in cui il credito delle banche scarseggia.
Nei piani anti-crisi 400
miliardi verdi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi 400 miliardi verdi Giuseppe
Caravita MILANO «Ironicamente – sostiene la Banca Mondiale – la crisi
finanziaria può rivelarsi un'opportunità d'oro per muovere verso una
traiettoria di crescita a basso contenuto di carbonio ».Sul tavolo del G-8
(anzi G-20) che si apre oggi a Siracusa i ministri dell'ambiente troveranno due
corposi documenti.
Interviste a pugni con
Martini ( da "Corriere
della Sera" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dal crollo del comunismo alla crisi
finanziaria. La prima puntata s'intitola «Il Muro e la Bolla» e vedrà Antonio
Caprarica raccontare la sua carriera di corrispondente e inviato Rai dalla
Russia a Londra; il professor Tito Boeri farà il punto sulla crisi del
capitalismo e le prospettive del nostro mondo;
Enti locali in aiuto delle
Pmi ( da "Sole
24 Ore, Il (Nord Est)" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la propria attività di lavoro
autonomo in ragione della crisi, non godono di ammortizzatori sociali, di altre
provvidenze o di un aiuto da parte dei familiari. Treviso «è doveroso in questo
momento di crisi economica, scaturita da una gravissima crisi finanziaria
internazionale, che le nostre imprese non siano abbandonate, perché il nostro
popolo delle partite Iva ha portato all'
Credito al consumo in calo
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A febbraio discesa del 14% - Boom
della cessione del quinto Credito al consumo in calo La crisi finanziaria non
risparmia il credito al consumo: anche su questa tipologia di mercato si
avvertono segnali di rallentamento e in questo quadro il CentroNord non fa
eccezione. Dopo il bilancio positivo del
La crisi ad Est pesa su
Udine ( da "Sole
24 Ore, Il (Nord Est)" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il quale tratterà il tema degli
effetti della crisi finanziaria di quell'area sulle imprese regionali. Daniele
Bordina, della Direzione rete estera e Sviluppo di Intesa SanPaolo Spa,
analizzerà infine i rapporti del sistema creditizio locale con quegli Stati.
Secondo il presidente camerale Giovanni Da Pozzo, che introdurrà il convegno,
«l'importanza dell'economia dei Paesi dell'
Le società di capitale
resistono ( da "Sole
24 Ore, Il (Centro Nord)" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: L'impatto della crisi finanziaria,
che ha cominciato a far sentire i suoi effetti già in settembre, è stato tutto
sommato contenuto. «Una delle possibili spiegazioni – commenta Francesco
Dainelli, ricercatore presso il dipartimento di Scienze aziendali dell'ateneo
fiorentino –
Argomenti:
Crisi
Abstract: andamento della crisi finanziaria
globale. Il Fondo monetario ha aggiornato il costo della crisi, in preparazione
al summit del Fondo e della Banca Mondiale che si svolgerà nel fine settimana.
Per il sistema finanziario mondiale la svalutazione di tutti gli asset tossici
potrebbe salire all'iperbolica cifra di 4mila miliardi di dollari entro il
2010,
Filse e Cdc in campo per
le Pmi ( da "Sole
24 Ore, Il (Nord Ovest)" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: indagine relativa agli effetti
della crisi finanziaria sull'operatività aziendale), e Fabrizio Ferrari, numero
uno del gruppo Piccola industria. Incassa interesse lo strumento
"anticrisi" per le Pmi lanciato da Filse, finanziaria regionale, e sistema
camerale ligure: due fondi di garanzia pubblici con dote di 3,2 milioni ( uno
immesso da Unioncamere) in sostegno delle Pmi.
Fmi: la crisi non è finita
costerà 4000 miliardi ( da "Unita,
L'" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E questi collegamenti creano un
ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi».
SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni
su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra
il 2007 e il
Il Fondo Monetario
Internazionale fa i conti della crisi che, avverte, durerà ancora a lungo e ...
( da "Unita, L'" del
22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: E questi collegamenti creano un
ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi che potrebbe esacerbare la crisi».
SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni
su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria ammonteranno nel periodo tra
il 2007 e il
MERCATI E TRUCCHI
CONTABILI ( da "Stampa,
La" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il peggio della crisi finanziaria
sembra finito, le maggiori banche americane addirittura segnano profitti per il
primo trimestre. Alcuni si estendono fino a prevedere una ripresa economica a
partire dall'estate. In verità previsioni di questo tipo sono statisticamente
così imprecise da essere poco più di un esercizio divinatorio.
Parlamentari europei in
pensione più tardi ( da "Stampa,
La" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Dall'inizio della crisi
finanziaria, ovvero da metà 2007, il fondo che garantisce la pensione extra per
i membri del Parlamento a dodici stelle ha perso 70 milioni di
capitalizzazione. «Dal 2010 ci saranno problemi a sostenere gli impegni»,
avverte una nota interna del segretariato generale.
Fmi Ecco i conti della
crisi: costerà 4mila miliardi ( da "Giornale.it,
Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 96 del 2009-04-22 pagina 1 Fmi Ecco
i conti della crisi: costerà 4mila miliardi di Redazione La crisi finanziaria
globale arriverà a costare nel 2010 oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole
economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede le cifre
nuovamente al rialzo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G.
Una farsa il ritorno agli
utili delle banche Usa? ( da "Giornale.it,
Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che nella crisi finanziaria inizia
a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo
Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia
risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e
costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie
responsabilità questo può essere positivo»
Il Vaticano contro le
dichiarazioni di Ahmadinejad ( da "Giornale.it,
Il" del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
Crisi mutui, suicida il
direttore finanziario della Freddie Mac
( da "Giornale.it, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 22 pagina 0 Crisi mutui, suicida il
direttore finanziario della Freddie Mac di Redazione David Kellerman, 41 anni,
trovato cadavere nella sua casa in Virginia. Era appena stato eletto numero uno
della compagnia, responsabile del crollo del sistema finanziario dopo aver
speculato sui mutui subprime Washington - David Kellerman,
Il manager dei mutui si
impicca in cantina ( da "Stampa,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria: dal re del
cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è
buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa,
il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del
suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei
suoi clienti affidati a Bernie Madoff.
"Smettiamo di
comperare i prodotti dei francesi"
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Europa del libero mercato parlare
di protezionismo, di boicottaggio di prodotti da parte di un esponente di
Governo, rischia di provocare scontri diplomatici. «Qui, chi la fa da padrone,
sono loro. I francesi. Prendono, sfruttano, usano e gettano le persone. Senza
rispettare nessuna regola», rincara Crosetto, deciso a farne una vera campagna
e provocare l'incidente.
l'ad salvatori: i guai li
ha fatti lui ( da "Repubblica,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tira fuori gli artigli e ribatte
colpo su colpo per dire che i problemi del gruppo, a parte la crisi finanziaria
che ha messo in difficoltà banche e assicurazioni di tutto il mondo, non sono
di oggi, ma semmai vengono dalla vecchia gestione. «C´era situazione di
confusione, con lo sgorbio di un´assicurazione piccola che ne controllava una
grande», accusa Salvatori.
Caccia ai bonus e morte di
un uomo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Se in questa crisi finanziaria
globale gestire una società è difficile, lavorare in una finanziaria
commissariata dal Governo è un lavoro ingrato. Come abbiamo visto negli ultimi
mesi, significa essere costantemente sotto il tiro dell'opinione pubblica;
significa sottostare a imbarazzanti audizioni parlamentari;
Quattro ruote da capogiro
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ma la crisi finanziaria e il crollo
del mercato stanno ponendo le basi per una trasformazione duratura del mercato.
Proprio la vicenda Porsche-Vw evidenzia un pun-to fondamentale: chi ha
liquidità vince e chi è indebi-tato rischia. Non solo: anche negli altri casi,
per mandare in porto e gestire tutte le fusioni serviranno molti soldi.
Una normativa anti-ciclica
per superare lo shock ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23
- pag: 43 autore: ANALISI Una normativa «anti-ciclica» per superare lo shock di
Riccardo Sabbatini L a crisi dei mercati finanziari impatta sulla
regolamentazione. Con Solvency II, la direttiva sui ratios patrimoniali delle
assicurazioni varata ieri dall'Europarlamento, il calcolo dei requisiti di
vigilanza diverrà "
UniCredit, Marina Natale
nuovo Cfo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria internazionale
sta provocando, dunque, una riorganizzazione del vertice del gruppo. Nelle
prossime settimane, quando si sarà insediato il nuovo board che sarà eletto
dall'assemblea, scatterà anche l'atteso riassetto della divisione corporate
& investment banking guidata da Sergio Ermotti.
L'Europa vara Solvency II
Più garanzie per le polizze ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: esplosione della crisi finanziaria
e l'urgenza di ripristinare al più presto e dovunque stabilità e fiducia, hanno
indotto ad accelerare i tempi della decisioni. E così l'intesa di compromesso
raggiunta dal Consiglio dei ministri e dagli euro-deputati prima del voto, ha
consentito ieri il varo definitivo della direttiva già in prima lettura,
Finanza sotto inchiesta.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: i mercati finanziari in dissesto e,
adesso, la tragedia di una morte. Oggi Wall Street è in piena sindrome da
accerchiamento e psicosi giudiziaria. Dal crack da 50 miliardi di dollari di
«Bernie» Madoff, fino alle accuse allo «Zar» dell 'auto, passando per i
mega-bonus dei banchieri della city newyorchese,
Suicida il Cfo di Freddie
Mac ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi e di Freddie Mac e Fannie Mae
in particolare, i due colossi nazionalizzati dal governo americano lo scorso
autunno per evitare che la crisi finanziaria diventasse crisi sistemica? La
risposta che giunge per ora dal mercato sembrerebbe dirci di no:l'indice Dow
Jones non ha avuto reazioni particolari alla notizia del suicidio di Kellerman
e i titoli bancari in genere non hanno
Quella banca al centro del
crollo dei subprime ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: diversamente e soprattutto
indirizzate diversamente dalla classe politica degli Stati Uniti, avrebbero
risparmiato al mondo la crisi finanziaria del 2007-2008, con tutti i suoi
strascichi. Qualcosa sarebbe successo ugualmente, perché la mole di debito nel sistema
era comunque eccessiva, negli Stati Unitie non solo. Ma senza Freddie e Fannie
sarebbe successo dopoe in modo diverso.
Guerra fiscale sugli utili
off-shore ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: per combattere contro la crisi
finanziaria –ben 12.800 miliardi di dollari: cifra quasi pari all'intero
Prodotto interno lordo degli Usa di un anno. è comprensibile, dunque, che la
Casa Bianca voglia aumentare le entrate fiscali andando ad aggredire gli utili
prodotti nei paradisi fiscali.
Nel mondo ripresa lenta
nel 2010 ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La prima è stata originata dalla
crisi finanziaria e amplificata dal crollo della fiducia e della domanda dalla
fine del 2008. Un "circolo vizioso" si è innestato fra finanza ed
economia reale, ha detto Blanchard, per cui il rapporto fra le due forze verrà
alterato solo dal miglioramento dello stato di salute del sistema finanziario e
dall'efficacia delle misure per ristabilirla.
Fmi: Italia, stop a
stimoli fiscali ( da "Sole
24 Ore, Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: alto debito pubblico e del rischio
di reazione dei mercati finanziari. Tagliando nettamente, come per il resto del
mondo, le cifre presentate non più tardi del gennaio scorso, il Fondo monetario
prevede ora una forte caduta del prodotto interno lordo dell'Italia, pari al
4,4% quest'anno, e più contenuta, allo 0,4, l'anno prossimo.
Betlemme aspetta il Papa
Kefiah sulle spalle di Ratzinger ( da "Giorno,
Il (Milano)" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è un nesso tra la «crisi economica
mondiale» e la «cupidigia» che è origine «di tutti i vizi e di tutti i mali»
non solo per le persone ma anche per le «società». Il Papa, attento ai problemi
innescati dalla crisi finanziaria, ha fatto questa riflessione durante
l'udienza generale in piazza San Pietro, davanti a circa 35mila persone.
L'OCCASIONE DELLE RIFORME
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: prova che i mercati finanziari
cominciano a vedere la ripresa e un'inversione della politica monetaria della
Federal Reserve. Certo, le banche americane rimangono molto fragili e
nell'economia reale soprattutto in Europa dove il ciclo è tradizionalmente sfasato
di sei mesi rispetto a quello americano il peggio deve ancora arrivare.
Il Fmi: l'economia frena
La ripresa? Dal 2010 ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: o ai primi cenni di stabilizzazione
dei mercati finanziari, quando le previsioni per il futuro dell'economia
restano negative come quelle diffuse ieri dal Fondo monetario. Alla «debole
luce» della prospettiva di ripresa, comunque confermata a livello mondiale per
la seconda metà del 2010, si contrappone infatti la maggiore forza della
recessione.
Crac mutui Usa, il
suicidio del supermanager ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A differenza di altri suicidi
originati dalla crisi finanziaria - come quelli dei «broker» andati in rovina
per speculazioni sbagliate o perché truffati da Bernie Madoff - stavolta il
gesto disperato potrebbe derivare dalle responsabilità contabili del giovane
manager. Appena 41enne, Kellermann era stato nominato direttore finanziario di
Freddie Mac solo nel settembre scorso.
Unipol, il ritorno di
Consorte Ed è duello in assemblea
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: non sono dovuti alla crisi
finanziaria, ma sono tutti di carattere gestionale». Rilievi respinti da
Salvatori che nelle repliche non ha mai ceduto alla polemica, respingendo la
richiesta di aumento di capitale, e limitandosi ad ammettere di non essersi
accorto per tempo che Unipol Banca (oggi Ugf Banca) «era in condizioni
disastrose».
Pirelli ora vede l'utile.
E il titolo vola ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Milano Pirelli
ora vede l'utile. E il titolo vola (g.fer.) All'indomani dell'annuncio del
ritorno all'utile nel primo trimestre dell'anno, il titolo Pirelli ha incassato
ieri un rialzo del 10,96%, il più elevato fra i 40 titoli che compongono
l'S&P-Mib.
Lvmh, il trimestre
peggiore dal 2003 ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
23/04/2009 - pag: 37 Il caso a Parigi Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003
(g.fer.) Lvmh, il gruppo leader mondiale nel lusso, non ha alcuna intenzione di
vendere i suoi prestigiosi marchi di champagne (Moet & Chandon, Krug, Dom
Perignon e Veuve Cliquot), come aveva ipotizzato la stampa britannica.
shop at pzeroweb.com
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 shop at pzeroweb.com
LA TURCHIA IN EUROPA
QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mehmet Simsek ha parlato
degli effetti della crisi finanziaria, ma ha descritto un Paese giovanile,
dinamico, ambizioso che ha voglia di misurare se stesso, sul piano economico e
civile, con gli standard prevalenti nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim
Mete, ha ricordato che la Turchia è già integrata nell'economia mondiale e che
la prospettiva dell'ingresso nell'
consorte torna come
piccolo socio e fa le pulci ai conti di unipol - luciano nigro
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: non soffre soltanto di problemi
legati alla crisi finanziaria. Se non sono stati distribuiti dividendi, dice,
non ci sono solo le perdite di Lehman Brothers e il passivo di Ugf Banca. C´è
«uno squilibrio costi-ricavi» che pesa per più di un miliardo su Unipol e
Aurora assicurazioni. Ecco, dunque, la raffica di interrogativi.
dario sul treno-scuola dei
giovani pd "quanti errori di pietro, aiuta il cavaliere" - umberto
rosso ( da "Repubblica,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria, storia dell´idea
di Europa. A seguire otto vagoni per le cuccette. Più una carrozza ristorante,
ma in realtà si va avanti a panini. «Tra dieci minuti distribuzione, restate ai
posti assegnati». Duecento euro a testa la quota di iscrizione, il partito
integra il resto: per la formazione il Pd quest´anno spenderà un milione di
euro.
L'Archivolto alla deriva
convoca il G8 genovese ( da "Giornale.it,
Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in crisi finanziaria, rischia la
chiusura. I gestori chiedono l'aiuto degli enti locali e dei parlamentari
liguri invitati per domani a Sampierdarena: «Servono due milioni per andare
avanti» È la crisi del teatro a Genova. Bisogna salvarne un altro dopo l'operazione
Carlo Felice, cifre minori sia chiaro di quelle che servono per salvare il
teatro dell'
Il manager dei mutui si
impicca in cantina ( da "Stampaweb,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria: dal re del
cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario tedesco Adolf Merkle, che si è
buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di 750 milioni di dollari in borsa,
il money manager francese Thierry de la Villehuchet, saltato dalla finestra del
suo ufficio su Madison Avenue a New York dopo aver visto bruciati i soldi dei
suoi clienti affidati a Bernie Madoff.
Summit sull'enciciclica
sociale. Esce (forse) a fine giugno.
( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
Giro di vite Ue sulle
agenzie di rating ( da "Stampaweb,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: e il Parlamento europeo non ha
perdonato alle agenzie di rating del credito di non aver saputo prevedere la
crisi finanziaria - e in particolare l''inaffidabilità dei mutui ''subprime''
americani che sono fra le sue principali cause. Morale: d?ora in poi le agenzie
dovranno sottoporsi a una rigorosa regolamentazione comunitaria per poter
operare nell''Ue.
La Casa Bianca e la Fed
truccano i conti?. ( da "Giornale.it,
Il" del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che nella crisi finanziaria inizia
a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo
Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia
risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e
costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie
responsabilità questo può essere positivo»
Summit sull'enciciclica
sociale. Esce (forse) a fine giugno
( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le crisi finanziarie scattano nel
momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento
etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi
finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono
creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca,
E' nel blog il futuro del
giornalismo? ( da "Giornale.it,
Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che nella crisi finanziaria inizia
a vedere una grande opportunità: quella di creare un mondo migliore. Secondo
Thurman "è un bene che la coscienza collettiva degli americani si sia
risvegliata. Urlano un poco? Se la gente smette di dare ascolto a certe élite e
costringe chi ha provocato questo disastro a prendersi le proprie
responsabilità questo può essere positivo»
il mondo - jacques attali
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria mondiale,
diventata economica, si trasformerebbe allora in un´enorme crisi sociale e
politica; centinaia di milioni di persone si troverebbero minacciate dalla
disoccupazione; il regime politico stesso sarebbe criticato, respinto come
incapace di gestire il "golem" dei mercati che avrà contribuito a
creare.
Il 2009? Difficile ma è in
corso un miglioramento ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sulla crisi finanziaria. Oltre alla
libertà di investimenti e di commercio, all'impatto della crisi finanziaria ed
economica, la dichiarazione congiunta affronta il tema dei cambiamenti
climatici,in vista del vertice internazionale di Copenhagen, a fine anno:l'industria
è pronta a fare la sua parte, ma lo stesso impegno deve valere anche per gli
altri settori.
L'AGENDA DI OGGI
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 10,15 Panel 1:l'impatto della crisi
finanziaria ed economica 10,15 – 11,33 Panel 2: libertà di commercio e
investimenti 11,33–12,50 Panel 3: cambiamenti climatici, la strada verso
Copenhagen 12,50–13,00 Conclusioni: Emma Marcegaglia, presidente Confindustria
Gli Stati Uniti rinviano i
superdazi sui prodotti Ue ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: chiaro che ora spetta a noi europei
concertare una risposta che vada nella direzione giusta: vale a dire evitare
che il neo protezionismo prevalga». è dal 1998 che tra le due sponde
dell'Atlantico dura questo braccio di ferro. Tutto ha inizio con gli Usa che
hanno preteso di esportare nella Ue carni estrogenate, trovando però la netta
chiusura di tutti i Paesi membri dell'Unione.
Rating, parte il controllo
europeo ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria morde e, per
una volta, l'Europa risponde senza rimandare le decisioni alle calende greche.
Al contrario, sembra in preda al furore attivista, visto che conta entro i
primi di maggio di strappare a Strasburgo anche un altro sì: alla nuova
direttiva che dovrà fissare, un po' sul modello di Solvency 2,
Pressioni su Bofa per la
fusione Merrill ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: scorso autunno quando la crisi
finanziaria americana era nel suo momento più difficile. Ieri si è appreso che
il Tesoro americano, nella persona del ministro Hank Paulson, e Ben Bernanke,
presidente della Federal Reserve, hanno costretto l'amministratore delegato
della Bank of America Ken Lewis a non rivelare quanto drammatica fosse la
situazione di Merrill Lynch lo scorso dicembre,
Wall Street a lutto sul
caso Kellermann ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria aveva messo a
dura prova proprio le agenzie di mutui pubbliche, Freddie Mac e Fannie Mae, le
quali con lo scoppio della bolla immobiliare si sono ritrovate in portafoglio 5
mila miliardi di dollari di mutui erogati, la metà dei quali non garantiti.
Mps, bond da un miliardo
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nei mesi più bui della crisi
finanziaria – era ovvia: dato che gli investitori non si fidavano più degli
istituti di credito e non compravano più le loro obbligazioni, la garanzia
statale permetteva alle banche di emettere obbligazioni (e dunque di rimborsare
quelle in scadenza) pagando rendimenti più ragionevoli.
Parte alla Luiss
l'Osservatorio sulla crisi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Osservatorio sulla crisi Prende il
via oggi all'Università Luiss Guido Carli il primo Osservatorio sulla crisi
finanziaria, promosso dalla stessa facoltà di Economia. Molte le personalità di
spicco del mondo accademico, della finanza e dell'industry che fanno parte
dell'Advisory Board di questa nuova struttura, unica in Italia.
La Maddalena protesta ma i
cantieri vanno avanti ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: luglio gli sciami sismici che
scuotono la caserma delle Fiamme Gialle simuleranno quelli dei mercati
finanziari, tanto per ricordare ai Grandi che la terra trema sotto ma pure
sopra non scherza. Gordon Brown, Sarkozy e Carlà tra i sottufficiali d'Italia della
scuola di Coppito. L'unico a non soffrirne sarà il colonnello Gheddafi, un
attendato di lusso tra gli sfollati dell'Aquila.
Un modello che funziona
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: soprattutto se con una imponente
partecipazione dei dipendenti, esce vincente dalla crisi finanziaria. Mi va
bene il mercato. Ma intendiamoci: se per mercato intendiamo i fondi speculativi
che hanno spinto le società in cui hanno investito a finanziarizzare qualunque
attività, con i risultati che si sono visti, allora non ci sto.
Basta con i diktat
sindacali ( da "Sole
24 Ore, Il" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ha pesato in qualche modo la crisi
finanziaria? La Bpm è una banca forte e ben organizzata, che ha risentito meno
di altri della crisi. Abbiamo conti in ordine, un bilancio trasparente, una
forte patrimonializzazione e una chiara visione strategica. Trovo singolare che
in questo contesto di mercato, in Italia solo da noi sia in atto uno scontro
per cambiare il vertice.
E al seminario sulla crisi
Bersani lancia il suo manifesto ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Che ha denunciato la mancanza
«della vigilanza morale delle chiese» sulla crisi finanziaria e in particolare
sulle ragioni etiche che l'hanno generata. Per Silvestrini la natura della
crisi non è economica ma politica, perché arriva «da quella deregulation che
non era una formula economica ma politica», che era una «ideologia».
Balzo di Pirelli e
Prysmian ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Mercati Finanziari data: 24/04/2009
- pag: 33 La Giornata in Borsa Balzo di Pirelli e Prysmian di Giacomo Ferrari
Indici in rialzo Unica fra le Borse europee, Piazza Affari ha chiuso con gli
indici in rialzo Una seduta in altalena, senza spunti particolari,
caratterizzata da una sostanziale tenuta dei prezzi e da scambi ormai
stabilizzati intorno ai 3 miliardi di euro di controvalore.
Pininfarina, nuovo
vertice. E il titolo vola ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Milano Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo
vola (g.fer.) Il sì delle banche alla seconda fase dell'accordo quadro sul
debito della società e la nomina del nuovo board, con la conferma di Paolo
Pininfarina alla presidenza e la nomina ad amministratore delegato di Silvio
Pietro Angori,
I conti trimestrali
spingono Credit Suisse ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
24/04/2009 - pag: 33 Il caso a Zurigo I conti trimestrali spingono Credit
Suisse (g.fer.) La crisi finanziaria internazionale non ha impedito al Credit
Suisse di ottenere risultati trimestrali migliori rispetto a quelli attesi (in
particolare un utile netto di 2 miliardi di franchi svizzeri,
Parigi, s'incrina
l'eccezione culturale ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 43 Svolte Non regge più il
protezionismo identitario inventato da Malraux e potenziato da Jack Lang
Parigi, s'incrina l'eccezione culturale La Francia cede a Hollywood. Incentivi
anche alle opere straniere di STEFANO MONTEFIORI A forza di difendere
l'eccezione culturale francese e il cinema nazionale di fronte all'invadenza di
Hollywood,
La ricetta Legacoop contro
la crisi: solidarietà e un mercato democratico
( da "Unita, L'" del
24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dichiara di aver già risentito in
passato del peso della crisi finanziaria, e il 16% di aver avuto notevoli
danni. un piano Ma la ricetta anticrisi delle coop non si ferma agli aiuti alle
famiglie. Legacoop ha avviato un piano per fronteggiare le difficoltà
economiche, che prevede di favorire la disponibilità del credito per le imprese
associate, promuovere nuove imprese cooperative,
Crisi, Tremonti: siamo in
Quaresima ma l'Apocalisse ormai è scongiurata
( da "Corriere.it" del
24-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: poco prima di partecipare al G7 dei
ministri finanziari a Washington, ha sintetizzato l'attuale situazione
economica mondiale. LA TESI - «Ciò che ho cercato di dire in questi mesi - ha
aggiunto Tremonti - è che è finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e
prende forme diverse. In alcuni giorni ha segni negativi e in altri giorni
cominciano segni inaspettatamente positivi.
Crisi, Fmi:
Argomenti:
Crisi
Abstract: il debito italiano salirà nel 2010
al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000 miliardi di
dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del patrimonio
bancario WASHINGTON (USA) - La crisi finanziaria globale arriverà a costare
oltre 4.000 miliardi di dollari alle sole economie avanzate.
Dopo quasi trent'anni
cessa l'attività della "Sintesi Spa"
( da "Stampa, La" del
24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sintesi vanta un portafogli di
tutto rispetto, anche se l'attuale crisi finanziaria mette i clienti in
difficoltà e rallenta i pagamenti. In ogni caso, la maggioranza dei soci
finanziari ha deciso di chiamarsi fuori e ha nominato liquidatore, con poteri di
ordinaria e straordinaria amministrazione, il presidente Giuseppe Mortara.
"Pronti alla protesta
anche a Roma e Parigi" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: «In questa battaglia chiediamo la
collaborazione dei consumatori - spiega Gianni Arnaudo, Uil -. Ma sia ben
chiaro, non vogliamo boicottare i supermercati, l'invito è non comprare
prodotti francesi. Una risposta al protezionismo di Sarkozy».
Sassone celebra in rima
"La vittoria di Obama" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria, dalla
difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente per poi tornare ad
un clima più intimistico e personale con le liriche che chiudono il volumetto.
Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla terra di risaia, è stato
dirigente politico e sindacale e infine senatore dal 1976 al 1983.
"Bordighera sta
cambiando" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria che stiamo vivendo
ci obbliga ad operare cambiamenti di metodo e di mentalità, ed è per questo
motivo che ormai da due anni, in collaborazione con le associazioni di
categoria, sollecitiamo i commercianti affinchè adeguino gli orari di apertura
delle loro attività in coincidenza con i periodi di maggior flusso di turisti e
clienti,
Il colosso Diageo vuole
bersi lo champagne Moët Hennessy Ma Lvmh potrebbe dire di no
( da "Stampa, La" del
24-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: del governo dovrebbe servire a due
scopi: mantenere la stabilità dei mercati finanziari e far partire i prestiti.
In entrambi i casi, aiutare le banche è più opportuno. Diversamente dalle
banche, le compagnie di assicurazione non sono tanto vulnerabili alle crisi di
liquidità. I premi assicurativi, di solito, affluiscono prima dei rimborsi
delle polizze.
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
IL RAPPORTO FMI
TEMPESTA FINANZIARIA IN CINA Intervista Jena jena@lastampa.it Roger Kubarych
"L'Italia? Ha problemi vecchi Potrà risolverli solo a fine crisi" «È un monito all'Ue e alla Cina: fa paura ma è
molto vero» "L'Europa segua subito Obama" «Chi s'illude che sia
finita farebbe bene a essere più prudente» «Il crollo globale farebbe danni
giganteschi ha bisogno di crescere» MAURIZIO MOLINARI Ex capo economista Nyse
Eppur CORRISPONDENTE DA NEW YORK È un monito all'Unione Europea e alla Cina».
E' questa la lettura che Roger Kubarych, capo economista
della Borsa di New York durante la crisi finanziaria
del 1987 e oggi analista del «Council on Foreign Relations» di New York, dà del
rapporto del Fondo monetario internazionale secondo cui «la crisi del credito è serio ed è destinata a durare nel tempo». Di che
tipo di monito si tratta? «Il Fondo monetario agisce sulla base dei
risultati del recente summit del G20 a Londra, dove gran parte del mondo, a
cominciare dai Paesi europei e dai cinesi, si è rifiutato di varare gli stimoli
economici suggeriti con forza dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il
rapporto avverte questi Paesi che non c'è più tempo da perdere, devono varare
gli stimoli economici al più presto per evitare il peggio sui mercati mondiali».
Ma allora perché pochi giorni fa il presidente Obama aveva parlato di «segnali
di speranza» sulla ripresa dell'economia, non è una contraddizione? «Non
proprio. I segnali di speranza ci sono sui mercati ma il punto è che sono
fondati sulla proposta americana, condivisa dai britannici, di varare un
consistente stimolo globale all'economia. Per avverare la speranza l'Europa
dovrebbe seguire Barack Obama, cosa che invece non sta facendo. La speranza non
è un concetto vago che si materializza per improvvisi motivi ma uno scenario
concreto che si basa su piani solidi, come nel caso dello stimolo varato
dall'amministrazione americana». Leggendo il rapporto del Fmi che opinione ne
ha tratto? «Fa paura, ma è molto vero». Dunque il costo per le economie dei Paesi
più avanzati si aggira attorno a quattro trilioni di dollari? «Almeno. Chi si
illude che la tempesta finanziaria sia finita, che il
peggio sia oramai alle spalle farebbe bene ad essere molto prudente. Non è il
momento di farsi facili illusioni. La crisi sarà
superata solo quando, molto lentamente, si innescherà un altro ciclo positivo
dell'economia, a cominciare dall'acquisto di immobili venduti sul mercato al
loro prezzo reale. Non siamo ancora a questo punto. Restiamo nel bel mezzo
della crisi del credito. Sono numerose le banche, non
solo americane, che restano pesantemente esposte, in situazione di rischio. I
segnali che vediamo sono delle avvisaglie di quanto di positivo potrebbe
avvenire nel medio termine se ci dimostreremo capaci di fare le scelte giuste,
senza aspettare». Dunque lei sta dicendo che il Fmi preme per favorire la
strategia di Barack Obama... «Esatto». Perchè? «Per il semplice motivo che il
Fmi ha fatto i suoi studi ed approfondimenti ed è arrivato alla conclusione che
solo la somma di ingenti stimoli nazionali può evitare che la recessione si
trasformi in depressione. Più le economie sono ricche, più grande deve essere
lo stimolo affinché la crescita possa ripartire. I governo di molti Paesi
europei continuano invece a ragionare in ottiche ristrette, perdono d'occhio la
dimensione globale dell'attuale crisi». E la Cina? «Da
un crollo globale la Cina potrebbe rimetterci più di altri in ragione del
sostenuto ritmo di crescita di cui ha bisogno per rispondere all'annuale
richiesta di posti di lavoro sul mercato interno. La Cina ha le risorse per
varare importanti stimoli economici ma al momento esita». Ritiene che europei e
cinesi potranno rivedere il rifiuto dato a Londra allo stimolo globale dopo la
pubblicazione di questo rapporto? «Lo spero davvero. Non ci sono molte
alternative. Il presidente Obama e il Fmi ci stanno dicendo quale è la strada
per uscire da un tunnel dentro il quale potrebbe ancora avvenire di tutto».
Riguardo all'Italia il documento del Fmi prevede che nel 2010 il rapporto fra
debito pubblico e pil arriverà al 121 per cento con un incremento di 15 punti
rispetto al 2008. Quali sono le opzioni che ha il governo italiano di fronte a
tali cifre? «Non molte. L'Italia ha problemi vecchi che continua a non
risolvere. Quando c'è una crisi in corso non si può
fare molto per risolverli. Il momento in cui bisogna rimboccarsi le maniche
arriva quando la crisi finisce. Se e quando finirà
l'Italia dovrà farsi trovare a quell'appuntamento con una ricetta pronta per
sanare ritardi noti». «Fischia il vento infuria la bufera scarpe rotte eppur
bisogna andar...». Silvio fa le prove.
( da "Corriere.it"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
il
debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000
miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del
patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi
finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di
dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente
al rialzo il costo della crisi finanziaria: le
svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial Stability Report -
«potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti
capo alle banche». Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset
originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la
stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200
miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario
globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle
economie avanzate che in quelle emergenti». «Il processo di deleveraging -
aggiunge l'Fmi - sarà lento e doloroso nonostante le misure prese».
FINANZIAMENTI - Secondo l'Fmi, i finanziamenti al settore privato negli Stati
Uniti e in Europa «si dovrebbero contrarre a un tasso annualizzato trimestre su
trimestre pari al 4%» nel 2009. E la risalita sarà «lenta e dolorosa».
Particolarmente preoccupante la situazione nei mercati emergenti dove il
contagio si sta rapidamente allargando. Enormi i costi della crisi.
Tra Stati Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a
svalutazioni per 2.810 miliardi di dollari (di cui 340 milioni per asset
detenuti nei Paesi emergenti), le assicurazioni per 301 miliardi, le altre
istituzioni finanziarie non bancarie, tra cui gli hedge funds, per 1.283
miliardi. Il conto della ricapitalizzazione varia dagli 875 miliardi di dollari
necessari per riportare il «leverage» sui livelli pre-crisi,
fino ai 1.700 miliardi calcolati se si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima
che l'attuale modello di sviluppo finanziario, colpevole della «bolla»,
prendesse piede. SERVONO ULTERIORI FORTI AZIONI - «La sfida principale» della crisi in atto è quella «di spezzare la spirale al ribasso
fra il sistema finanziario e l'economia globale» afferma ancora il Fondo
Monetario Internazionale che, pur constatando «le iniziative senza precedenti
prese nei paesi avanzati nello spezzare» il circolo vizioso venutosi a creare,
invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze
che stanno minando le prospettive di una ripresa economica». Un invito che
arriva con un'avvertenza: «C'è il rischio che i Governi siano riluttanti ad
allocare abbastanza risorse per risolvere il problema», visto che l'opinione
pubblica sta assumendo un atteggiamento «disilluso su quello che percepisce, in
alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». L'Fmi sottolinea che per
«stabilizzare il sistema bancario e ridurre l'incertezza sono necessari 3
elementi: un ruolo più attivo dei supervisori nel determinare le istituzioni
che possono sopravvivere e le appropriate azioni correttive necessarie a
garantirne la sopravvivenza; trasparenza nei bilanci; e chiarezza da parte dei
supervisori del tipo di capitale richiesto. «Le condizioni per iniezioni di
capitale pubbliche dovrebbero essere stringenti», spiega il Fmi, secondo il
quale la «ristrutturazione» di un'istituzione «potrebbe anche richiedere una
nazionalizzazione temporanea. L'attuale incapacità di attrarre capitali privati
suggerisce che la crisi è profonda e che i governi
devono compiere un passo in più, anche se questo significa assumere la
maggioranza o l'interezza di un'istituzione». DEBITO ITALIANO SALIRA' ALLE
STELLE - A causa della crisi finanziaria, il debito
pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti
percentuali dal 106% del 2008 aggiunge L'Fmi che precisa che i costi finora
sostenuti per la stabilizzazione finanziaria sono
risultati pari allo 0,9% del pil. I dati sul debito - spiega il Fmi illustrando
una tabella del capitolo uno del Rapporto - sono tratti dal World Economic
Outlook dell'aprile 2008, mentre le stime sui costi provengono dal dipartimento
degli Affari fiscali del Fmi. Il deterioramento dei conti pubblici non è
comunque un fenomeno limitato: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87%
con un aumento di 19 punti percentuali. In Giappone l'incremento sarà di 30
punti percentuali al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%.
In Francia, l'aumento sarà di 13 punti percentuali all'80%. EST EUROPA A
RISCHIO - L'Europa dell'Est, già duramente colpita dalla crisi,
rischia di contagiare tutto il Vecchio Continente: le forti interconnessioni
finanziarie esistenti fra le due aree aumentano il pericolo di un «un ciclo
vizioso avverso» all'interno di tutta l'Europa spiega ancora l'Fmi, secondo il
quale «i collegamenti» fra Est e Ovest «creano un ciclo di azioni e reazioni
che potrebbero esacerbare la crisi». La maggior parte
delle economie emergenti europee - spiega l'Fmi - sono infatti dipendenti dalle
banche del Vecchio Continente occidentale che, di fatto, possiedono molti degli
istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel
rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia,
Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi
dell'Europa emergente e quelli occidentali che potrebbe esacerbare la crisi». stampa |
( da "Repubblica, La"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 8 - Economia
Fmi: la crisi costerà 4mila miliardi e in Italia
debito al 121% del Pil "Ora il rischio è un´ondata di ritorno dall´Europa
dell´est" I conti pubblici tornerebbero ai livelli dei primi anni 90. Male
anche Usa e Germania ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON - La crisi potrebbe costare al sistema finanziario globale qualcosa come 4
mila miliardi a fine 2010. Come conseguenza della crisi, il debito
pubblico di tutti i paesi rischia di lievitare: quello italiano potrebbe salire
l´anno prossimo alla quota record del 121%, ai livelli dei primi anni novanta,
con un incremento di 15 punti rispetto al 2008 e di
( da "Repubblica, La"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Economia
Chimica, Tir e ordinativi dall´estero così il made in Italy avvista la ripresa
Per le aziende la recessione frena. Ma l´occupazione resta al palo Il dossier
D´accordo gli industriali veneti: il peggio è passato, si ripartirà in autunno Benetton,
Calligaris e San Benedetto ritengono che la fase più critica sia finita
ALESSANDRA CARINI MILANO - C´è chi ha rovesciato il tradizionale motto
"speriamo in meglio e prepariamoci al peggio", in un promettente:
"prepariamoci al meglio". Del resto l´economia, si sa, è fatta anche
di aspettative. E l´attesa, o, meglio, il timore, fondato sui dati di gennaio e
febbraio, era quello di una primavera gelida. E invece con marzo sono arrivati
i segnali di una frenata nella caduta e qualche promettente segno di risveglio.
Lo rileva la Banca d´Italia nel suo ultimo bollettino che, prudente, parla di
un´attenuazione nella morsa della recessione. Lo hanno segnalato gli
imprenditori che, nell´ultima indagine della fondazione Nord-est, hanno
allentato il pessimismo su ordini e vendite all´estero. Lo dicono le ultime
valutazioni sull´andamento dei consumi fatte dall´Istituto Piepoli che ad
aprile segnala una qualche attenuazione nella caduta degli acquisti. Lo
mostrano, a quanto afferma il ministro delle Attività Produttive, Claudio
Scajola, i dati di febbraio che «danno un aumento del 3,5% degli ordinativi
dall´estero». Ma anche a livello internazionale tutti i termometri che hanno
misurato la crisi in questi mesi e che avevano
continuato a scendere si sono fermati o hanno rimbalzato sul fondo raggiunto:
dalla domanda di materie prime, valutata sui futures, al Baltic-Dry Index che
segnala le variazioni dei prezzi nel trasporto via mare. E poi ci sono i primi
squarci in un panorama che ha visto finora una crisi
che non ha risparmiato nessuno: le economie di India e Cina mostrano anche esse
un freno nella caduta delle esportazioni e ieri in Germania l´indice Zew che
misura le aspettative sull´economia tedesca, è tornato positivo dopo 21 mesi di
dati con il segno meno davanti. La fine dell´incubo di una primavera gelata,
con indici ancora in caduta, ha aperto la speranza di una qualche ripresa entro
l´anno. Anche se a dominare è per ora la prudenza. Primo perché i segnali non
sono univoci: nelle zone manifatturiere del Nord, ad esempio, i consumi
elettrici segnalano un marzo ancora piatto. Secondo perché si parte da livelli
molto bassi ed è probabile che non poco abbiano pesato, nei rimbalzi di questo
inizio di primavera, il pesante destoccaggio cui
l´industria è stata costretta anche dalla crisi finanziaria.
Nella chimica, che, per tradizione, producendo un bene intermedio, è la prima a
rilevare le inversioni del ciclo, c´è stata una piccola ripresa della
produzione e un rialzo nei prezzi dell´etilene, ma si parla di livelli del
25-30% inferiori all´anno scorso. «Se ripresa sarà, i tempi saranno
lunghi e lenti», dicono alla Federchimica. Terzo, infine, è che non c´è un
segnale di svolta sul fronte dell´occupazione: «Siamo in stand by dentro la crisi, marzo è fermo. Non ci sono segni ripresa neanche
nelle assunzioni che sono le prime a reagire: del resto l´occupazione entra per
ultima e esce per ultima dalle crisi», dice Bruno
Anastasia, che per Veneto Lavoro cura un osservatorio all´avanguardia nelle
statistiche sul mercato del lavoro. Ma la "stabilizzazione della
discesa" come la chiama il presidente degli industriali veneti Andrea
Tomat, ridà non solo speranze, ma anche possibilità di resistenza ad un mondo
manifatturiero che ha fatto ricorso a tutta la sua flessibilità per affrontare
questi mesi di crollo della domanda, ma che non può fare miracoli se non
riprendono ordini e vendite mercati. Così perfino la fine della latitanza dei
Tir sulle strade, misurata dalla modesta caduta dell´1% a marzo nel traffico
pesante sull´autostrada Venezia Trieste, è stata accolta con sollievo. «Il
peggio è passato. Da qui non si può che ripartire, anche se solo dall´autunno
potremo attenderci un consolidamento delle aspettative» dice Alessandro
Vardanega, presidente degli industriali trevigiani. Ma la voglia di ripresa ha
fatto breccia tra le industrie del made in Italy che, del resto, hanno
presentato finora andamenti molto diversi, con aziende e settori scampate alla crisi, come quelle dell´alimentare e alcuni comparti della
meccanica e perfino alcune aziende del tessile e delle calzature. «La raccolta
ordini dà dei dati indicativi positivi», dice l´amministratore delegato della
Benetton, Gerolamo Caccia Dominioni. Il settore del mobile guarda con speranza
un Salone che annuncia record di espositori. «Ci sono timidi segnali di ripresa
del mercato italiano e situazioni meno critiche in Russia e Giappone», dicono
alla Calligaris gruppo leader nell´arredamento. E alla San Benedetto, a
testimoniare che una rondine può essere segno di primavera, hanno chiuso il
periodo di cassa integrazione.
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
IN ALTA SAVOIA.LA CRISI DEL GRUPPO ROSSIGNOL Corteo per salvare la Dynastar
[FIRMA]PIERRE PINACOLI SALLANCHES La crisi finanziaria
del gruppo Rossignol ha colpito anche la fabbrica di sci Dynastar di
Sallanches: proprietà e dipendenti stanno trattando sul futuro. Cento persone
rischiano il licenziamento o la cassa integrazione. La prospettiva è di 122
posti di lavoro eliminati e di 32 trasferimenti. Si è svolta una grande
manifestazione di protesta. Il corteo, partito dalla fabbrica, ha raggiunto il
centro città, dove molti commercianti avevano abbassato le serrande dei loro
negozi o messo in bella mostra nella loro vetrina uno sci Dynastar. Ognuno dei
1500 manifestanti aveva uno sci e circa 400 indossavano una maglietta con
scritto «I love Dynastar». Davanti al municipio, Jean-Pierre Vidal, campione
olimpionico di slalom nel 2002 ai Giochi di Salt Lake City, ha ringraziato
tutti i dipendenti della fabbrica di sci, che danno il meglio delle loro
capacità tecniche da sempre e il sindaco, Georges Morand, ha espresso un augurio
affinché tutto il lavoro fatto in questa officina sia rispettato e che le
conoscenze tecniche non vengano gettate al vento. Molti i personaggi di spicco
che hanno preso parte al corteo, fra i quali il vincitore di una prova dei
mondiali di Val d'Isère, Julien Lizeroux. «Dynastar - ha aggiunto Jean-Pierre
Vidal -, lo ha provato ancora una volta questo inverno, è una delle prime al
mondo nella produzione di sci di qualità». Nel corteo di protesta c'erano i
maestri di sci dell'Esf (Scuola dello sci francese), gli amministratori
pubblici dei paesi del Monte Bianco, i ragazzini di tutti gli sci club della
regione. Fra i grandi dello sci anche Michel Vion, campione del mondo di
combinata nel 1982, il «mito» Henri Duvillard, vincitore di 6 gare di Coppa del
Mondo, fra il 1969 e il
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Tesco in Gran
Bretagna punta a utili in crescita di due cifre Un perdono troppo facile per il
banchiere Cameron Il fascino di Tesco è ancora proiettato nel futuro. Per ora,
il colosso del settore retail del Regno Unito si trova di fronte più che altro
a problemi. Ma agli investitori non è stato chiesto di pagare per le allettanti
prospettive di Tesco. I suoi ultimi risultati hanno mostrato che Tesco non è
immune ai difficili periodi economici. I profitti lordi dichiarati sono
aumentati di un misero 5,5% mentre considerando il calcolo preferito della
società i profitti lordi di base sono aumentati del 10% a 3,1 miliardi di
sterline. Un forte aumento del 10% nei profitti da trading sul mercato
nazionale è stato compensato da deboli guadagni altrove, soprattutto
nell'Europa orientale. Tuttavia, il colpo più duro per la sua reputazione è
venuta dagli Stati Uniti. La catena Fresh & Easy è stata lanciata con
grande pubblicità 18 mesi fa ma l'idea non ha preso piede. Ha subito una
perdita operativa di 142 milioni di sterline. Anche il debito netto del gruppo
è aumentato del 55% a 9,6 miliardi di sterline e le spese per interessi sono
salite di sei volte. Ma le attuali sfide non dovrebbero oscurare il potenziale
di Tesco. Dovrebbe riuscire a ottenere tassi di crescita degli utili a due
cifre percentuali, anche se la sua quota di mercato negli
alimentari nel Regno Unito, pari al 30%, continua a diminuire. Nel Regno Unito,
può fare affidamento sulla forte crescita delle vendite di prodotti non
alimentari. Anche i servizi finanziari potrebbero dare una mano.
Tesco ha appena rilevato in blocco la quota di Royal Bank of Scotland nella
loro joint venture. Le prospettive a più lungo termine all'estero sono
ancora buone. L'Asia sembra un mercato particolarmente idoneo ai prodotti molto
redditizi del marchio Tesco. In effetti, il peggio potrebbe essere passato per
l'attività principale. Il nuovo dinamismo dei concorrenti, J. Sainsbury e Wm
Morrison, rende la vita difficile ma le attuali vendite comparabili di Tesco,
barometro del successo del settore, sono ancora in rialzo di un rispettabile
3,4%. \ I i banchieri dovrebbero avere una possibilità di riscatto. Ma qualche
volta, il perdono arriva troppo a buon mercato. Questo sembra il pensiero delle
autorità di regolamentazione del Regno Unito nel caso di Johnny Cameron. Una
volta, Cameron era il presidente della divisione global banking e global
markets di Royal Bank of Scotland. Le perdite di quella divisione hanno svolto
un ruolo determinante nel costringere il governo del Regno Unito a soccorrere
la banca. L'Autorità di regolamentazione per i mercati
finanziari (Fsa - Financial Services Authority) ha appena trattenuto con
decisione Cameron, che aveva lasciato Rbs quando sono entrati in gioco i
contribuenti, dall'assumere un nuovo lavoro a Greenhill, la piccola banca
d'investimento con sede a Londra. Il suo ruolo a Greenhill sarebbe stato di
consulente - quindi nessun rischio per l'erario o per l'investitore individuale
- ma la Fsa ha detto a Cameron di attendere fino al termine dell'indagine
dell'Ente di regolamentazione, riguardante il crollo di Rbs. Non si trattava di
un'opposizione formale ma è stata abbastanza decisa da trattenere Cameron dalle
trattative. Cameron era direttamente responsabile per una consistente quota della
perdita di 24 miliardi di sterline, subita da Rbs nel 2008. Un lavoro premio
nei servizi finanziari sarebbe politicamente
inaccettabile. Ma a parte la politica, ci sono validi motivi per impedire a
Cameron di lavorare nel settore dei servizi finanziari.
Dopo il suo ultimo impiego è difficile vedere come possa soddisfare gli
standard di "idoneità" stabiliti dall'Ente di regolamentazione per
ruoli finanziari senior. Quest'ultimo è competente per
quanto riguarda le mansioni di controllo ma indica come criteri principalmente
la reputazione, la competenza e l'idoneità. C'è un punto più importante. I
leader finanziari che hanno contribuito alla creazione
della crisi devono essere ritenuti giustamente responsabili. Difficilmente si
potrà inviare un messaggio deterrente se un direttore che ha gestito così male
un'istituzione finanziaria è in grado di rifarsi una
carriera così in fretta altrove nel settore bancario. \ Per approfondimenti:
http://www.breakingviews.com/ Con il contributo del(Traduzioni a cura del Gruppo
Logos)
( da "Giorno, Il (Lecco)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
BRIANZA MERATE pag.
( da "Giorno, Il (Varese)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
VARESOTTO LUGANESE
pag. 6 Micro-imprese, zero credito Le piccole aziende «denunciano» il giro di
vite delle banche ECONOMIA & TERRITORIO di ELEONORA MANTICA VARESE NASCE
l'osservatorio economico sulle microimprese del Nord Ovest con l'obiettivo di
dare voce alle piccole aziende del territorio, in cui lavorano meno di dieci
dipendenti e dove il fatturato non supera i 2 milioni di euro. L'associazione
Artigiani della provincia di Varese, Confartigianato Alto Milanese,
l'Università dell'Insubria e la banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e
Buguggiate hanno unito le proprie forze per venire incontro alle necessità e ai
bisogni delle piccole imprese, aziende che, in un momento particolarmente
delicato e difficile per l'economia, sono fortemente penalizzate. Nel Nord
Ovest Lombardo, territorio molto vasto che partendo dal Comune di Rho arriva
fino a Varese, abbracciando l'area di Malpensa, sono attive più di 29mila
imprese. Oltre 570 (il 68% in provincia di Varese e il 32% nell'Altomilanese)
quelle che sono entrate a far parte dell'osservatorio economico che avrà il
compito di raccogliere i dati riguardanti queste aziende (numeri anagrafici, di
bilancio e sul credito) che verranno poi elaborati per riuscire ad affrontare i
reali bisogni delle realtà imprenditoriali. «Partendo dalla raccolta,
rielaborazione e interpretazione di dati economici, creditizi e congiunturali
spiega Rossella Locatelli, docente di Economia degli Intermediari Finanziari
dell'università dell'Insubria e direttore del CreaRes (Centro di Ricerca su
Etica e Responsabilità Sociale) - l'osservatorio si propone di fornire
strumenti di conoscenza del contesto utili per la gestione quotidiana. Ampio
spazio verrà dato alla raccolta di indicazioni e suggerimenti da parte degli
imprenditori».Insomma, nei confronti di queste aziende l'attenzione sarà, d'ora
in poi, massima. Due volte all'anno, gli imprenditori dovranno anche compilare
un questionario dal quale emergerà una relazione che servirà per toccare con
mano le difficoltà delle microimprese e quindi intervenire con strumenti
concreti. DALLA PRIMA rilevazione effettuata proprio alcuni
giorni fa è emersa la grande preoccupazione per la crisi finanziaria
tanto che i piccoli imprenditori hanno dichiarato di essere penalizzati dalla
riduzione dell'offerta di credito da parte delle banche più grandi che, a loro
dire, propongono operazioni troppo speculative. «Creando l'osservatorio spiega
Luca Barni, direttore generale della Bcc Busto Garolfo e Buguggiate -
abbiamo colmato un vuoto da sempre presente sul nostro territorio, che non
aveva strumenti per analizzare e dare voce alle microimprese dell'area. Capire
i loro bisogni è un modo concreto di operare a favore dello sviluppo economico
e sociale della nostra area».
( da "Italia Oggi"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Primo Piano data: 22/04/2009 - pag: 6 autore: di Mario Lettieri* e Paolo
Raimondi** * sottosegretario all'Economia nel governo Prodi ** economist Il
fiume di liquidità non basta e Obama lo sa. Una proposta per il G8: congelare i titoli tossici Crisi, se l'ottimismo va al potere
Dagli Usa nessun conforto alle previsioni di Sacconi e Tremonti Negli ultimi
giorni si sono levate molte voci ottimistiche sull'andamento della crisi finanziaria ed economica globale. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti
ha detto che «il rischio di una apocalisse finanziaria si sta
riducendo» mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha parlato
delle prospettive della crisi con un «certo
ottimismo». Da parte sua Romano Prodi ha affermato che «la crisi
è entrata in una fase di minore turbolenza anche se è lungi dall'essere
risolta». Purtroppo però molti media si sono affrettati a semplificare queste
dichiarazioni sbandierando un esagerato ottimismo che in realtà non era stato
apertamente espresso da alcuno.Non vorremmo comunque che si cadesse in quello
che gli americani chiamano whishful thinking, cioè «scambiare i propri desideri
per realtà». Recentemente l'agenzia di stampa di Wall Street, bloomberg.com, il
gigante mondiale dei servizi finanziari e dell'informazione creato dal magnate
e attuale sindaco di New York, Mike Bloomberg, ha pubblicato un'impressionante
tabella di interventi finanziari di vario tipo effettuati dalle autorità
economiche americane a sostegno di banche e di altri settori in crisi. L'agenzia riporta che nei mesi passati «il governo
americano e la Federal Reserve hanno speso, prestato o garantito 12.800
miliardi di dollari, un ammontare che si avvicina al valore di tutto ciò che è
stato prodotto l'anno scorso, per far fronte alla recessione più lunga dagli
anni Trenta». Infatti il Pil Usa del 2008 è stato di 14.200 miliardi di
dollari. Il salvataggio equivale a ben 14 volte la liquidità in circolazione in
America che è pari a 899,8 miliardi di dollari. La tabella indica in dettaglio
le varie voci di impegno totale e di utilizzo di queste risorse finanziarie,
come i 2.000 miliardi di credito al Federal Department Insurance Corporation
(Fdic), il fondo di assicurazione statale che garantisce i depositi bancari e i
1.000 miliardi per salvare i giganti delle ipoteche immobiliari Fannie Mae e
Freddie Mac. Questa valanga di liquidità ha evitato che il sistema fallisse, ma
non ha risolto i problemi di fondo. Li ha eventualmente solo rimandati, con
l'aggiunta di nuovi rischi di inflazione. In passato le banche si erano
indebitate e gettate a capofitto nelle speculazioni, compresa quella in
derivati. È come se al tavolo verde si scoprisse che tutti i giocatori
d'azzardo sono pieni di debiti e quindi insolventi, ma, per evitare che il castello
di carte crolli, il banco invece di esigere i pagamenti regala o da in prestito
nuove fiches. I giocatori ritornano a puntare dando l'illusione che le cose
siano tornate come prima. Ma non è così. Alcuni economisti americani non solo
dubitano dell'attuale apparente stabilità, ma sottolineano anche che, mentre le
autorità monetarie impegnano la nazione per quasi 13 trilioni, il Congresso
americano fino a oggi ha votato decreti di emergenza e stanziato fondi
solamente per 1.500 miliardi di dollari. La Fed sta quindi esponendosi ben
oltre i suoi mandati costituzionali.Ed è per questo motivo che un consapevole
presidente Barack Obama ha dichiarato in contro tendenza, durante la sua visita
in America Latina, che «non siamo ancora fuori dal tunnel. Per l'economia si
prospettano ancora tempi difficili. Il credito continua a non fluire verso i
settori produttivi». La prudenza del presidente Obama deriva dalla conoscenza
della situazione e anche dal fatto che il centro del terremoto finanziario è in
America. Purtroppo il G20 non ha ancora affrontato di petto il problema della
bolla speculativa in tutta la sua portata: maggior liquidità nel sistema, più
trasparenza e controlli sui paradisi fiscali sono decisioni utili e
indispensabili ma non affrontano compiutamente le cause e i meccanismi della crisi. In vista del G8 della Maddalena l'Italia dovrebbe
assumere con i partner europei un'iniziativa congiunta e coraggiosa di riforma finanziaria e di congelamento dei titoli tossici da
sottoporre con energia agli Stati Uniti. Occorre andare oltre le fantasiose e
dannose idee di quanti vorrebbero mettere all'asta i titoli tossici con la
garanzia dei governi. L'economia non è una scommessa, ma lavoro, investimento,
produzione, ricerca, credito e commercio!
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 22/04/2009 - pag: 1 Il Fondo monetario
Le stime Fmi: la crisi costerà 4 mila miliardi Secondo le
stime del Fondo monetario internazionale, il conto della crisi
finanziaria mondiale finirà per superare i 4 mila miliardi di
dollari. ALLE PAG. 2 E 3 Bagnoli, Gaggi, Tamburello
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 22/04/2009 - pag:
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-22 - pag: 14 autore: PACCHETTI DI
STIMOLO EFFETTI SULLE ECONOMIE Dopo la decisione tedesca di aiutare il settore
dell'auto si è aperto un dibattito sull'efficacia della scelta, che rischia di
favorire soprattutto i Paesi concorrenti Attenti ai protezionisti nascosti di
Carlo Bastasin N ei mesi scorsi il Governo tedesco ha stanziato 5 miliardi dal
bilancio pubblico per la rottamazione delle automobili. Attraverso tale somma
il contribuente ha finanziato un premio di 2.500 euro a ogni acquirente di una
nuova vettura. Il mercato tedesco dell'auto ne ha ricavato un formidabile
impulso che però, con sorpresa dei politici e dei produttori tedeschi, si è
tradotto nell'acquisto soprattutto di vetture straniere. Il successo in
particolare di Fiat e Dacia ha suscitato ironie sull'iniziativa: perché i
tedeschi dovrebbero tassarsi per sostenere la produzione di italiani o
francesi? Ben presto si è scoperto che il filo del ragionamento portava troppo
lontano: le macchine italiane erano prodotte in Polonia, quelle francesi in
Romania e entrambe montavano componenti tedesche. Inoltre i profitti,
teoricamente, avrebbero potuto essere investiti negli Stati Uniti o in Giappone
(Chrysler o Nissan) e i dividendi distribuiti tra una miriade di fondi globali
nei quali la componente delle banche tedesche non è irrilevante. L'effetto
delle politiche fiscali nazionali sul moltiplicatore di economie molto aperte
come quelle europee non è più calcolabile come un tempo. Gli effetti della
spesa pubblica si disperdono attraverso i confini. La tassazione da cui origina
la spesa tuttavia rimane una prerogativa del Governo nazionale. Così tra
prelievo locale ed effetti globali si apre una contraddizione politica che può
essere sfruttata dal populismo. Dopo la clamorosa protesta in Gran Bretagna sui
"posti di lavoro britannici per i cittadini britannici", la politica
in Europa sembra aver resistito alle tentazioni
protezioniste. Ma si è trattata di una virtù solo apparente. Il protezionismo è infatti uscito dalla retorica pubblica per essere
internalizzato e nascosto nelle politiche economiche. Molti Governi per esempio
si sono preoccupati di non sostenere la propria economia, temendo di
beneficiare gli altri, per approfittare invece degli stimoli altrui,
evitando di indebitarsi. Un primo effetto è stato che la dimensione complessiva
dei pacchetti di stimolo in Europa è stata inferiore a quella desiderabile. Se
si stima in un 1% del Pil Ue il volume delle politiche discrezionali, è
possibile che, aggiungendo gli stabilizzatori automatici, nel 2009 il totale
dello stimolo fiscale sia ben inferiore all'1,5%, contro un 2% suggerito dal
Fondo monetario. Un secondo effetto del "protezionismo
nascosto" dei Governi è nel tipo di stimolo esercitato. Per il 50% circa
(stima del centro studi Bruegel) si è trattato di riduzioni fiscali limitate ai
propri cittadini, in diversi casi rivolte a sostenere il consumo di servizi
locali (trasporti o energia). Per il 38% si è trattato d'investimenti pubblici
destinati a beneficiare settori produttivi non aperti alla concorrenza estera
(soprattutto costruzioni). Il rimanente è diviso tra sostegni all'occupazione
locale e aiuti a settori specifici - il caso francese ha fatto scuola -
individuati direttamente dai Governi. Queste scelte sono efficienti dal punto
di vista della politica nazionale, perché beneficiano con una certa precisione
gli elettori e sostengono nel breve termine il consenso ai Governi, ma sono
molto inefficienti da un punto di vista economico. I settori sostenuti sono
quelli protetti dalla concorrenza estera e che quindi meno patiscono la crisi
attuale che si manifesta nel crollo del commercio globale e quindi del
fatturato delle imprese esportatrici. Inoltre molti settori protetti, per
esempio quello delle infrastrutture, hanno una modesta elasticità: a un aumento
della domanda reagiscono cioè con un aumento dei prezzi e non dei volumi e
quindi non aiutano la crescita, ma la deprimono. Infine il moltiplicatore dei
servizi locali e delle infrastrutture dei trasporti è piuttosto basso.
L'atteggiamento non cooperativo dei Governi nazionali – non coordinati a
livello europeo – crea un incentivo a dare all'economia un sostegno inferiore a
quello che sarebbe necessario. Inoltre spinge i Governi a utilizzare male il
denaro pubblico, peggiorando la sostenibilità dell'indebitamento a cui
ricorrono e prolungando così negli anni gli effetti della crisi. Un calcolo
semplificato dimostra che un'azione ben coordinata a livello europeo
comporterebbe un effetto doppio (come si dice un "bang") per lo
stesso ammontare di euro di spesa pubblica. Una classifica del "protezionismo nascosto" nelle politiche dei Governi
europei vedrebbe l'Italia – benché scusata dall'alto debito – tra i Paesi meno
cooperativi e la Germania – senza tener conto dei margini di cui dispone grazie
all'attivo commerciale – tra quelli più cooperativi e con una scelta di
strumenti meno locale e più strutturale. Il divario di cooperazione ostacola
anche la possibilità di impostare una conveniente strategia di rientro del
debito che i Paesi stanno accumulando vistosamente nel corso di questa crisi.
Non è chiaro oggi infatti quale sarà il destino del Patto di stabilità e di
crescita, l'unico strumento di coordinamento e disciplina fiscale nella Ue. Né
è possibile sfruttare l'emissione congiunta di titoli di debito europeo a tassi
d'interesse inferiori alla media. Forme di coordinamento di cui l'Italia
beneficerebbe particolarmente. Tutti questi sono problemi di "azione
collettiva" che sono ben noti agli studiosi di politica economica e che
originano dalla difesa delle sovranità nazionali in materia fiscale e dal protezionismo politico: cioè dalla conservazione del
rapporto esclusivo di rappresentanza del cittadino da parte della politica
nazionale. Ma la specificità della crisi che stiamo vivendo offre un ulteriore
spunto di riflessione sul ruolo degli Stati nel loro rapporto con il mercato.
Legittimando l'intervento pubblico a danno della cultura della concorrenza, la
crisi avrà conseguenze negative sull'efficienza dei servizi pubblici. La
rinazionalizzazione delle politiche frenerà l'apertura alla concorrenza di quei
servizi di interesse o natura pubblici che sono messi sempre più sotto
pressione dall'invecchiamento della popolazione europea. Fino a pochi mesi fa
era possibile immaginare un'Europa in cui la concorrenza facesse prevalere gli
standard più elevati in tutti i Paesi: università britanniche, ospedali
tedeschi o fondi pensione olandesi. La crisi dei mercati e della cultura della
concorrenza mette a rischio questa ambiziosa visione e ci lascia nuovamente
ostaggio delle burocrazie locali. Dimostrando che inefficienza e protezionismo politico si sostengono reciprocamente. Ma
ovviamente per farlo devono riuscire a ingannare continuamente i cittadini, i
cui reali interessi devono essere obnubilati da una costante retorica
nazionalista. carlo.bastasin@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PIù
COORDINAZIONE Se i Governi europei fossero in grado di svolgere azioni comuni
il risultato positivo potrebbe addirittura raddoppiare RITORNO AL PASSATO
Legittimando l'intervento statale a danno della cultura del libero mercato, la
crisi danneggerà l'efficienza dei servizi pubblici
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-22 - pag: 15 autore: Sorpresa, la crisi fa male a sinistra Destre populiste e
liberal-conservatori hanno sviluppato forti parole d'ordine di Barbara Fiammeri
ed Emilia Patta S vezia, Francia, Germania, Regno Unito. E naturalmente Italia.
Che la sinistra e le sinistre siano in difficoltà in Europa è un dato di fatto.
La parola chiave sembra essere redistribuzione:quando s'inceppa il meccanismo
della crescita, la redistribuzione in senso più equo delle risorse non è più
possibile. E le risposte della sinistra di fronte alla crisi
non catturano la fiducia degli elettori, che premiano i liberalconservatori e
piuttosto guardano alle destre populiste. L'analisi dell'editorialista del
Financial Times John Lloyd, pubblicata ieri dal Sole 24 Ore, dipinge uno
scenario cupo per la sinistra europea, che sia al governo (come in Gran
Bretagna) o all'opposizione ( come in Svezia o in Italia). Splendida e isolata
eccezione la Spagna di José Luis RodrÍguez Zapatero, anche se Lloyd fa notare
che anche lì, con una disoccupazione al 14%, potrebbe cambiare il vento: il
mese scorso i socialisti sono stati costretti a cedere la Galizia. «I
socialisti di Zapatero sono stati i più pronti a mettere al centro le tematiche
dei diritti civili e a cercare aggregazione su questo, che è un tema nazionale
e non economico », ragiona Andrea Romano, docente di Storia contemporanea a Tor
Vergata e ora firma del quotidiano «il Riformista». Che invita a riflettere
sull'inedito modello australiano: il laburista Kevin Michael Rudd, che alla
fine del
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-22 - pag: 19 autore: Trasporti. Dal
1Úmaggio scatterà l'aumento delle tariffe: doveva entrare in vigore a gennaio,
ma poi fu bloccato dal Governo Più cari i pedaggi autostradali Sulle principali
tratte incrementi del 2,4% - Resta il nodo della Torino-Milano Laura Serafini
ROMA Rincari in vista per i pedaggi autostradali. Dal prossimo primo maggio
scatterà l'aumento delle tariffe che doveva entrare in vigore lo scorso
gennaio, ma la cui efficacia era stata sospesa per quattro mesi dal Governo per
limitarne l'impatto in piena crisi finanziaria.
La scadenza era già prevista nel decreto legge con cui era stato disposto il
blocco, ma le società concessionarie non erano comunque tranquille, considerati
i numerosi provvedimenti di riforma con cui i Governi che si sono succeduti dal
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-22 - pag: 41 autore: Il fondo di
Pechino tratta l'ingresso fra i soci Daimler Il fondo statale cinese Cic si
appresterebbe ad entrare nel capitale di Daimler. Lo rivela il quotidiano
«Frankfurter Allgemeine Zeitung», secondo il quale un ingresso cinese aprirebbe
al colosso di Stoccarda l'immenso mercato automobilistico del Paese più
popoloso del mondo. Il presidente del Cic, Lou Jiwei (
nella foto) ha confermato l'intenzione di investire nell'industria europea,
ricordando che la crisi
finanziaria attuale ha modificato le norme
rigide finora imposte all'ingresso di capitali cinesi. IMAGINECHINA
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 -
pag: 35 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici piatti, Geox maglia rosa
Bancari in altalena Frenano Mediobanca e Unicredit, bene Mediolanum e Ubi Banca
Dopo un avvio negativo, S&P-Mib e Mibtel hanno recuperato terreno sul
finale di seduta grazie all'apertura positiva di Wall Street, terminando
a un passo dalla parità (rispettivamente -0,24% e -0,05%). Spinte dagli ottimi
conti trimestrali, Geox e Pirelli hanno conquistato le prime due posizioni
nella graduatoria delle migliori performance della giornata, limitatamente ai
40 valori più capitalizzati. Entrambi i titoli sono cresciuti di oltre cinque
punti percentuali (+5,43% e +5,37% i rispettivi prezzi di riferimento).
Notevole anche il balzo di StMicroelectronics (+4,97%) ma in questo caso il
recupero è di natura tecnica, dopo lo sbandamento della vigilia. Contrastato il
comparto del credito: al risultato nettamente negativo di Mediobanca (-2,93%) e
alle perdite di Unicredit (-2,18%) e Banca Popolare Milano (-2,08%) si
contrappone infatti il rimbalzo di Mediolanum (+3,92%), mentre Ubi Banca è
cresciuta del 2,45%. Ma sul fronte dei rialzi, significativi anche quelli di
Campari (+4,17%), Fondiaria-Sai (+3,88%) e Mondadori (+3,62%). Quanto ai
maggiori ribassi della giornata, sempre all'interno del paniere dell'
S&P-Mib, da ricordare quelli di Cir (-3,5%) e Parmalat (-2,88%). Brusca
frenata, infine, per Fiat che ha ceduto il 3,32% chiudendo a quota 7,28.
L'attesa per i conti trimestrali, domani all'esame del cda, e ancor più per i
possibili sbocchi della vicenda Chrysler, ha creato molta volatilità sul titolo
del Lingotto, di cui sono passati di mano 88,3 milioni di pezzi. Fra i titoli
minori, gran balzo di Roma Calcio (+19,45%) su nuove voci (smentite) di cessione
della maggioranza.
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 -
pag: 35 Il caso a Milano/1 Autogrill: c'è la crisi, no al dividendo (g.fer.) Il
2009 sarà «un anno difficile ma non disastroso». Parola di Gilberto Benetton,
presidente di Autogrill. Mentre l'amministratore delegato Gianmario Tondato Da
Ruos aggiunge: «Ci stiamo attrezzando per sopravvivere in questo contesto ».
Entrambi hanno parlato ieri all'assemblea della società, che ha approvato il
bilancio 2008, chiuso con un utile netto di 123,2 milioni di euro, in calo
rispetto ai 158,1 milioni dell'anno precedente. I soci hanno deciso di
rinunciare al dividendo, destinando a riserva l'intero profitto. Perplessità a
Piazza Affari: ieri il titolo è sceso 2,09%, a quota 5,38 euro. Gilberto
Benetton presidente Autogrill
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-22 - pag: 43 autore: Gruppo
Caltagirone. Nel consiglio un «indipendente» in più Cementir, via all'iter per
lo Star MILANO Cementir ha liquidato la partecipazione dell'1,7% nella
"concorrente" Italcementi. L'annuncio, fatto dal presidente del
gruppo cementiero, Francesco Caltagirone jr, è emerso ieri nel corso
dell'assemblea dei soci che ha approvato il bilancio 2008 del gruppo,
archiviato in perdita di esercizio di 5,4 milioni ( coperta utilizzando gli
utili portati a nuovo), e un dividendo complessivo di 12,7 milioni con una
cedola (in stacco il 18 maggio) di 0,08 centesimi. Rinnovato anche il consiglio
di amministrazione per il triennio 2009-2011 che resta a 15 membri con
l'ingresso di un consigliere indipendente in più. Questo - ha spiegato il
presidente- consentirà a Cementir di chiedere la riammissione nel segmento Star
della Borsa. Riguardo ai tempi Caltagirone ha spiegato che se ne parlerà «dopo
il primo consiglio di amministrazione che approverà i conti del primo trimestre
e renderà operativo il consiglio ». Per quanto riguarda le prospettive per il
futuro, Caltagirone ha spiegato che al termine dell'anno in corso Cementir
conta di realizzare un risparmio di 30-35 milioni con un «taglio dei costi importante
», legato soprattutto ad un piano di ridimensionamento delle strutture in
Scandinavia che riguarda personale e impianti. E risparmi dovrebbero essere
realizzati anche grazie ad un «repentino ridimensionamento dei costi
dell'energia » che dovrebbe dare i suoi frutti a partire dal secondo semestre
dell'anno in corso. C'é un'altra certezza per il gruppo cementiero: «non
abbiamo seguito la sbornia generale dell'indebitamento a qualsiasi costo per
crescere». Caltagirone si è mostrato particolarmente orgoglioso del fatto che
Cementir di recente abbia privilegiato la crescita interna. Tra i progetti
strategici il gruppo porta avanti il completamento dell'impianto in Cina che ha
un costo complessivo di 60 milioni. Qualche beneficio potrebbe infine arrivare
per Cementir degli interventi per la ricostruzione dell'Abruzzo. Anche se le
prospettive sul 2009, alla luce della crisi economica,
non sono al momento de-cifrabili, tuttavia il gruppo Cementir non si preclude
per il futuro possibilità di crescita per linee esterne. «La nostra azienda
potrà fare bene anche rispetto ad altri gruppi» perché non ha un forte
indebitamento. Capitolo a parte, invece, merita l'investimento in Italcementi.
Rispondendo in assemblea alla domanda di un'azionista, il presidente ha spiegato
la scelta di smobilizzare la partecipazione in Italcementi di poco superiore al
2% di cui la quota diretta di Cementir era dell'1,7% circa: «Era un'allocazione
di risorse finanziarie all'interno del nostro settore». Poi la crisi finanziaria é diventata molto più grave – ha ricordato
– e la partecipazione nella società che fa riferimento alla famiglia Pesenti «é
stata alienata per ottimizzare la cassa». Mar. Man. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN
ASSEMBLEA Il presidente Caltagirone Jr annuncia l'uscita dal capitale di
Italcementi: l'azienda aveva comprato una quota dell'1,7%
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/04/2009 - pag: 35 Il
caso a Milano/2 Datalogic, cambio al vertice e «buy-back» (g.fer.) Nel 2008 è
stato il più pagato tra i manager delle società quotate italiane, con 8,265
milioni di euro lordi. Ora Roberto Tunioli lascia l'incarico di amministratore
delegato a Mauro Sacchetti, pur rimanendo nel consiglio di amministrazione della
società, leader nei lettori ottici di codici a barre. Lo ha deciso ieri
l'assemblea della società, che ha approvato i conti (17,8 milioni di euro
l'utile netto consolidato, l'1% in meno rispetto all'anno precedente) e
autorizzato un'operazione di buy-back (acquisto di azioni proprie). In Borsa,
intanto, la quotazione è rimasta sostanzialmente ferma (-0,06% a 3,987 euro).
Roberto Tunioli ad di Datalogic
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 3 autore: Fmi: credito più
difficile Rischio stretta fino al 4% e perdite fino a 4.100 miliardi di dollari
entro il 2010 Alessandro Merli WASHINGTON. Dal nostro inviato Il Fondo
monetario ha confermato ieri le stime circolate nelle scorse settimane secondo
cui le banche e le altre istituzioni finanziarie, come
assicurazioni e fondi, possono andare incontro entro il
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 3 autore: Il valore assoluto dello
stock tedesco (2.130 miliardi) batte quello italiano (1.930 miliardi) Germania
terzo debito del mondo Isabella Bufacchi ROMA La Germania surclassa l'Italia e
lo stock del debito pubblico tedesco sale al terzo posto nella classifica
mondiale, dopo Usa e Giappone, spodestando BoT, CcT e BTp che da anni vengono
additati al numero tre nella graduatoria mondiale del "public debt".
è questa la lettura del futuro, anno 2010, stando alle previsioni del Fondo
monetario internazionale rese note ieri. Il calcolo,per quanto approssimativo e
soggetto a infinite variabili, è piuttosto lineare: il Pil tedesco orbita attorno
a quota 2.450 miliardi di euro mentre quello italiano (nominale) l'anno
prossimo dovrebbe assestarsi sui 1.596 miliardi. Questo significa che un
aumento del debito/Pil in Germania dal 67% all'87% tra il 2008 e il 2010
avrebbe un peso maggiore,in termini di dimensioni dei titoli di Stato in
circolazione, rispetto al passaggio - previsto dal Fondo - dal 106% al 121%
dell'Italia. Lo stock del debito pubblico tedesco, dunque, potrebbe salire a
quota 2.130 miliardi mentre quello italiano lieviterebbe a 1.930 miliardi:
quando invece l'anno scorso la Germania risultava ancora al di sotto dei 1.660
miliardi circa italiani. Questo sorpasso della Germania sull'Italia per il
terzo posto della classifica mondiale del debito pubblico - se i pronostici Fmi
dovessero essere confermati- resta naturalmente confinato alle dimensioni e non
al debito/ Pil,rapporto che invece vede l'Italia proiettata verso un
irraggiungibile 121%,contro l'87%di Francoforte. Il debito/Pil, come anche il
deficit Pil, sono indicatori fondamentali per valutare la solidità e
l'affidabilità creditizia del rischio sovrano: ma la
violenza della crisi
finanziaria e della recessione in atto stanno
dando un peso sempre maggiore anche all'entità del debito pubblico e alla
quantità di titoli di Stato in emissione e in scadenza. I piani anticrisi varati dagli Stati europei, il rincorrersi delle misure fiscali
di stimolo all'economia, i deficit/ Pil lanciati al galoppo ben oltre la soglia
di Maastricht del 3%, i salvataggi delle banche decotte e gli interventi
di sostegno ai sistemi bancari finanziati con denaro pubblico ( bad banks,
ricapitalizzazioni, garanzie statali): tutto questo contribuisce a un
incremento massiccio delle emissioni lorde e nette di titoli di Stato in
Eurolandia (e conseguentemente all'aumento dello stock di debito pubblico). Lo
sforzo richiesto agli investitori, istituzionali e privati, sottoscrittori di
titoli di Statodenominati in euro è veramente notevole quest'anno perché la
"carta" pubblica che dovrà essere assorbita supera la soglia degli 800
miliardi di euro, secondo le stime sulle emissioni lorde riviste da Barclays
capital, Merrill Lynch e Calyon. Ogni maxi-asta in Germania, Italia e Francia e
qualsiasi emissione di bond governativi irlandesi, greci, belgi, spagnoli,
portoghesi viene ora più che mai seguita con attenzione maniacale. I trader
sono pronti a captare qualsiasi segnale, nel timore che il sovraffollamento
dell'offerta di titoli sia tale da compromettere la capacità di uno Stato di
rimborsare i titoli in scadenza o di finanziare deficit. Da quando è scoppiata
la crisi nell'estate 2007, i Bund tedeschi sono
risultati i bond decennali in euro più richiesti in assoluto: sono estremamente
liquidi, sfoggiano tre solidi rating "AAA"di Standard & Poor,
Moody e Fitch, offrono una copertura perfetta grazie al Bund future. Le aste
dei Bund tuttavia non sempre brillano: i rendimenti in offerta sono aggressivi
e il mercato reagisce sottoscrivendo importi contenuti. Ma anche l'ultima asta
dei BuBill, i BoT tedeschi, ha deluso. Lo scorso lunedì l'agenzia del debito di
Francoforte ha collocato 6,037 miliardi di titoli a sei mesi contro i 6,887
richiesti: il rapporto di copertura d'asta è risultato tra i più bassi degli
ultimi tempi, un magro 1,1 volte. L'ultima asta di questi BuBill aveva ottenuto
richieste per 13,7 miliardi contro i 6,2 collocati. La Germania gioca con il
fuoco. Stando alle stime di Calyon, quest'anno le emissioni di BoT tedeschi
saliranno a 189 miliardi contro i 72 dell'anno scorso. Il Fondo monetario ieri
ha consigliato l'aumento delle emissioni di titoli di Stato a medio- lungo
termine e scoraggiat le maxi-aste di BoT perché finanziare piani anti-crisi e deficit con bond a breve scadenza aumenta il rischio
di rifinanziamento del debito ed esaspera l'esposizione al rialzo dei tassi
d'interesse. isabella.bufacchi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA
DEBITO/PIL 2008-2010 Il debito/Pil tedesco salirà dal 67% all'87% in due anni
In Italia il rapporto salirà dal 106% al 121%
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 5 autore: Scudo solo per rientri
«veri» Il Tesoro vuole evitare semplici regolarizzazioni senza recupero di
fondi Isabella Bufacchi ROMA Uno scudo fiscale su scala europea ma su modello
italiano per garantire la massima protezione dell'anonimato per chi lo
utilizza. Un euroscudo mirato ai soli rimpatri di capitali detenuti
clandestinamente all'estero: senza regolarizzazioni, le mere "emersioni
giuridiche" di patrimoni destinati a rimanere nei forzieri dei paradisi
fiscali. Uno scudo-3 per l'Italia, che però neanche questa volta dovrebbe
riuscire a vincolare i capitali rientrati nel reinvestimento in titoli di
Stato: perché questo obbligo violerebbe il principio della concorrenza tra i
Paesi membri dell'Ue, che deve essere libera da discriminazioni e favoritismi.
è così che sta prendendo forma l'operazione pan-europea di recupero della
ricchezza (denari, immobili, titoli e investimenti finanziari) detenuta dagli
europei nei paradisi fiscali, per entità che potrebbero orbitare attorno a
quota 2mila miliardi di euro, secondo stime degli esperti in materia. Il
progetto dell'euroscudo risulta in via ufficiale "ancora in alto
mare", come hanno precisato ieri fonti bene informate. Ma gli operatori
che in Italia hanno seguito da vicino le evoluzioni dello Scudo-1 e dello
Scudo-2 sono convinti che vi sia stato di recente «un colpo di acceleratore »:
tanto che ora l'obiettivo di Bruxelles (e di Roma) sarebbe quello di lanciare
l'operazione entro fine anno,velocizzando al massimo l'iter della stesura della
norma. L'impostazione dell'euroscudo fiscale prevede per ora una condivisione
generale del meccanismo, tra gli Stati membri dell'Ue ma senza partecipazione
obbligatoria. In sostanza, nessuno Stato verrà lasciato libero di procedere
singolarmente, con iniziativa individuale su scala nazionale, mentre sarebbe
prevista la possibilità dei singoli Stati membri di non partecipare. Per
accelerare il varo di questa imponente operazione di recupero dei capitali
espatriati clandestinamente, a Bruxelles sembra prevalga l'orientamento di
adottare il modello italiano che ha funzionato bene soprattutto per quanto
riguarda la salvagaurdia dell'anonimato. Lo scudo italiano infatti, hanno
confermato ieri fonti bancarie, ha garantito una protezione assoluta agli
evasori pentiti, i quali non sono stati segnalati al Fisco, né sono finiti in
liste nere nè sono stati colpiti da accanimento dell'Erario, post-scudo. Il
piano sull'euroscudo tuttavia non ha ancora superato lo scoglio dell'aliquota,
della penale in percentuale del capitale rimpatriato, che dovrà soddisfare un
po' tutti: c'è chi intende evitare penali troppo salate, talmente onerose da
scoraggiare il rientro dei capitali; e c'è chi esclude multe troppo basse,
equivalenti a un premio per chi ha infranto la legge e uno schiaffo per chi
paga regolarmente le tasse. L'Italia, che prevede di utilizzare il ricavato
dell'euroscudo soprattutto per la ricostruzione delle zone terremonate
dell'Abruzzo, è favorevole a un'aliquota che possa massimizzare gli incassi per
l'Erario, soprattutto nel caso in cui l'operazione non preveda - come sembra -
la formula della regolarizzazione. Un'aliquota al 2,5%, come nel caso dello
scudo italiano n.1, sarebbe già stata esclusa perché troppo bassa: il prossimo
gradino è rappresentato dal 10%,una soglia che l'Italia preferirebbe non
varcare. Ma intanto chi ha esportato clandestinamente il proprio patrimonio
teme sempre più di venire scoperto dal Fisco, dopo i recenti casi Liechtenstein
e UbsUsa: il rischio di perdere tutto quello che si è accumulato in un paradiso
fiscale, di veder scattare il sequestro sulla totalità dei propri beni, immobili e investimenti finanziari, ridimensiona
l'insostenibilità di un'aliquota alta. In aggiunta, secondo fonti bene informate,
la crisi finanziaria e la recessione hanno fatto crescere anche la necessità di
rimpatriare capitali per sostenere attività imprenditoriali in un momento in
cui il credito delle banche scarseggia.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA TRATTATIVA EUROPEA
Obiettivo di Roma ma anche di Bruxelles è il lancio dell'operazione di
rimpatrio delle somme entro la fine dell'anno
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-22 - pag: 13 autore: Ecco le quattro
priorità che Banca Mondiale e Aiea propongono ai ministri Nei piani anti-crisi 400 miliardi verdi Giuseppe Caravita MILANO
«Ironicamente – sostiene la Banca Mondiale – la crisi
finanziaria può rivelarsi un'opportunità d'oro per muovere verso una
traiettoria di crescita a basso contenuto di carbonio ».Sul tavolo del G-8
(anzi G-20) che si apre oggi a Siracusa i ministri dell'ambiente troveranno due
corposi documenti. Uno sulle tecnologie a basso contenuto carbonico, stilato
dall'Aie (l'Agenzia internazionale per l'energia). E l'altro, dalla stessa
Banca Mondiale, sulle misure politiche e finanziarie necessarie ad avviare la
decarbonizzazione su scala globale, Paesi in via di sviluppo inclusi. Un
messaggio di fondo però, accomuna i due dossier. Tra stimoli fiscali varati in
decine di Paesi, quasi 400 miliardi di dollari di interventi "verdi"
potrebbero essere messi in campo giàl'anno prossimo per avviare la rivoluzione
energetica e la traiettoria verso la sostenibilità climatica. L'alternativa può
essere molto pericolosa. L'attuale crisi, stima
l'Aie,sta drasticamente riducendo tutti gli investimenti( e non solo nelle
rinnovabili) con il rischio che si passi da un credit crunch a un energy crunch,
una volta in moto la ripresa. Tempo di agire, quindi, e non solo per
stabilizzare a non più di due gradi l'aumento delle temperature terrestri al
2050 (ovvero emissioni di CO2 dimezzate a quella data sui livelli attuali), ma
anche per assicurare l'equilibrio energetico- dicel'Aie- «quando la ripresa
della domanda di petrolio riaccenderà i timori sulla sicurezza degli
approvvigionamenti ». Come? Realisticamente, e con quattro mosse: e
l'efficienza energetica degli edifici e dei sistemi (il 36% di potenziale di
riduzione delle emissioni, per l'Iea).E il G-8 di Siracusa dovrebbe al
proposito far nascere l'Ipeec (International partnership for energy efficiency
cooperation) e l'Sbn (Sustainable building network), organismi globali di
stimolo mirato; r la spinta sulle rinnovabili ( 21% di potenziale
anti-emissioni), che dovranno passare dal 18 al 50% della potenza elettrica
istallata al 2050. Un ritmo di crescita accelerato innanzitutto sulle
tecnologie più mature (eolico a 56 gigawatt ogni anno) e poi sull'idroelettrico,
solare a concentrazione, biomasse e fotovoltaico. Con un criterio, però.
Fissare un prezzo internazionale credibile del carbonio in modo da accelerare
il più possibile la fuoriuscita delle tecnologie alternative (in particolare
per il solare) dal limbo dei mercati artificialmente sostenuti dai sussidi
pubblici. Anche perché, secondo la World Bank, il 90% dei consumi energetici (e
delle emissioni) dei prossimi vent'anni verrà dai Pvs, che spesso non possono
permettersi generose tariffe nazionali incentivate; t la diffusione del Ccs (
carbon capture and storage), ovvero il seppellimento della CO2 prodotta dalle
centrali a combustibili fossili (carbone e gas) in strati geologici profondi o
persino (in parte) come nutrimento delle alghe e in forma di biochar ( carbone
vegetale) come fertilizzante agricolo. Al 2020 almeno venti grandi centrali Ccs
dimostrative. E poi,prevede l'Aie,bisognerà correre al ritmo annuo di almeno 70
impianti fino al 2050 se si vorranno ridurre i gas serra di un altro 19%. Questa
è una delle priorità del G-8 indicata anche dal ministro Prestigiacomo. u
infine, i nuovi combustibili. In primis il nucleare. Almeno 32 nuove centrali
da un gigawatt all'anno da qui al 2050.E poi conversione, il più possibile da
carbone a gas naturale. Quindi, quando matureranno, biofuel di seconda
generazione, non in concorrenza con il ciboi, ma da cellulosa e alghe marine.
Molte tecnologie, ovviamente, non sono mature. Oggi la ricercasviluppo di parte
pubblica sull'energia è ferma a 11 miliardi di dollari annui, circa la metà (in
termini reali) rispetto a 25 anni fa. E, anche se il settore privato marcia a
sei volte tanto, l'obbiettivo di ricerca pubblica – sull'esempio europeo – deve
comunque raddoppiare al 2012, e poi ancora al 2020. E coinvolgere i Paesi in
via di sviluppo. La quale, infine, propone due azioni chiave. Estendere i
singoli progetti di decarbonizzazione (Cdm) finanziati dai Paesi ricchi in
quelli poveri a veri e propri piani strategici, dallo sviluppo di nuovi settori
(biofuel avanzati, geotermia e così via) fino a progetti urbanistici a impatto
zero. Ovvio, con risorse accresciute, per esempio rafforzando il nuovo Clean
Technology Fund o la Carbon Partnership della Banca Mondiale stessa.
g.caravita@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA SEPPELLIRE LA CO2 Ogni
centrale fossile entro il 2050 dovrà essere in grado di immagazzinare il
carbonio nel sottosuolo
( da "Corriere della Sera"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Spettacoli TV data: 22/04/2009 - pag: 54 PER APPROFONDIRE Interviste a
pugni con Martini Torna il ring di Paolo Martini. Il sottotitolo con la data
simbolica del 2089 indica che il filo conduttore delle 12 puntate sarà il
bilancio degli ultimi vent'anni, dal crollo del comunismo
alla crisi
finanziaria. La prima puntata s'intitola «Il
Muro e la Bolla» e vedrà Antonio Caprarica raccontare la sua carriera di
corrispondente e inviato Rai dalla Russia a Londra; il professor Tito Boeri
farà il punto sulla crisi del capitalismo e le prospettive del nostro mondo; lo
scrittore Eraldo Affinati, autore del viaggio letterario «Berlin», ricostruirà
le ultime ore del Muro. In studio anche un angelo nero del presente,
interpretato dalla modella Maylin Aguirre (foto con Martini). Dodicesimo Round
- 2089 Raidue, ore 0.15
( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Nord-Est sezione:
EST data: 2009-04-22 - pag: 7 autore: Strategie anti-crisi.
Fondi straordinari dalle Province per occupazione e imprese Enti locali in
aiuto delle Pmi Si moltiplicano le iniziative per anticipare le risorse della
Cig A CURA DI Nicola Brillo A sostegno delle Pmi venete arriva la "mano
pubblica". Si moltiplicano infatti le iniziative degli enti locali a
favore degli imprenditori. L'ultima in ordine di tempo è quella sottoscritta a
Roma, la scorsa settimana, tra Regione Veneto e ministero del Lavoro per
l'utilizzo delle risorse della cassa integrazione in deroga. «Non lasceremo
solo nessuno», assicura Elena Donazzan, assessore alla Formazione e al Lavoro,
al termine del Consiglio regionale straordinario sulla crisi.
«Siamo la prima regione italiana a firmare l'accordo e ciò grazie al costante e
condiviso rapporto con le parti sociali». A ogni lavoratore veneto, che ha i
titoli per l'ottenimento della cassa integrazione in deroga, estesa pure alle
piccole imprese e a tutti gli artigiani, verrà erogata una somma minima di 800
euro di sostegno al reddito, proveniente da fondi nazionali e regionali. La
Regione Veneto («per contenere l'impatto socioeconomico della crisi e favorire la ripresa») ha stanziato finora per
rafforzare il patrimonio dei consorzi fidi, 4,7 milioni per il settore
industriale, 35 milioni della programmazione comunitaria e 45 milioni per il
fondo rotativo di finanziamenti a tasso agevolato; 2,3 milioni per il settore commercio;
11 milioni per l'artigianato. «I fondi statali di incentivazione alle piccole e
medie imprese – spiega l'assessore regionale all'Economia, Vendemiano Sartor
–metteranno in movimento finanziamenti agevolati pari a 500 milioni: si tratta
di soldi veri per supportare le piccole e medie aziende, la dorsale del nostro
sistema produttivo ». Anche le province venete hanno varato nelle scorse
settimane aiuti destinati alle imprese, e a muoversi è anche l'Anci,
associazione Comuni Veneto, assieme ai colleghi di tutto il Nord Italia, che
chiedono «certezza nelle risorse e il 20% dell'Irpef». Favorendo di fatto gli
investimenti pubblici, volàno dell'economia locale. Venezia Fondi straordinari
per sostenere l'occupazione e le imprese del territorio. è questo il piano
studiato dagli uffici di Ca' Corner, che passa attraverso il sostentamento del
lavoro femminile, dei giovani, dei disoccupati over 45. E in particolare la
Provincia di Venezia anticiperà alle aziende le quote di cassa integrazione.
«Abbiamo deciso – commentano il presidente della Provincia di Venezia, Davide
Zoggia e l'assessore al Lavoro, Alessandro Sabiucciu – di muoverci di concerto
perché siamo convinti che questa crisi debba essere
affrontata tutti assieme». Attraverso un accordo con l'Inps verranno anticipate
le quote, altrimenti a carico delle aziende, per la cassa integrazione. Il
piano prevede inoltre la formazione e riqualificazione del personale in cerca
di nuovo lavoro incentivando le aziende all'assunzione grazie a una "dote"
che i lavoratori – donne, giovani e over 45 – porteranno con sé. Dell'andamento
del piano di aiuti se ne occupa un'apposita task force, creata dalle forze
sociali e le organizzazioni datoriali. Belluno La Provincia di Belluno è
promotrice di un protocollo di intesa tra enti pubblici, sindacati e
associazioni di categoria. Con tre importanti risvolti: l'anticipo della cassa
integrazione, un fondo di solidarietà e politiche di reimpiego. «In un periodo
straordinario servono misure straordinarie », spiega il presidente della
Provincia di Belluno, Sergio Reolon. I firmatari del protocollo sono inoltre:
Camera di Commercio, Consorzio Bim, Confindustria, Unione artigiani, Appia, A s
c o m , C i a , Confagricoltura, Cgil, Cisl e Uil. Il loro intento è quello di
ridurre l'impatto della crisi sulle condizioni di vita
dei la-voratori, favorire i processi di risanamento e innovazione delle imprese
e creare le condizioni di rilancio dell'economia provinciale. In particolare il
fondo straordinario di solidarietà è finalizzato a persone residenti nella
provincia di Belluno che, avendo perso il proprio lavoro (per chiusura
dell'azienda, termine del contratto a tempo determinato o di collaborazione,
ecc.) o cessato la propria attività di lavoro autonomo in
ragione della crisi, non godono di ammortizzatori sociali, di altre provvidenze o di
un aiuto da parte dei familiari. Treviso «è doveroso in questo momento di crisi economica, scaturita da una gravissima crisi finanziaria internazionale,
che le nostre imprese non siano abbandonate, perché il nostro popolo delle
partite Iva ha portato all'estero il sistema Italia ed è il motore
economico non solo del Nordest, ma dell'intero Paese». Il presidente della
Provincia di Treviso Leonardo Muraro presenta così il piano di aiuti alle pmi
della Marca. Sul fronte del sostegno ai cittadini e alle aziende sono stati
stanziati 280mila euro nell'ultimo Bilancio,che verranno distribuiti attraverso
i Consorzi Fidi operanti in provincia di Treviso. Il Tavolo tecnico dedicato al
Risparmio e al Credito delloscorso mese aveva evidenziato difficoltà
nell'accesso al credito, soprattutto inteso quale ricerca di finanziamenti
volti alla risoluzione delle difficoltà di liquidità delle aziende e ristrutturazione
del debito. Altro punto critico sono i tempi per l'ottenimento del credito.
Soluzioni che l'amministrazione provinciale intende risolvere attraverso due
tavoli operativi: uno per le famiglie e uno per le imprese. © RIPRODUZIONE
RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Centro-Nord sezione:
IN PRIMO PIANO Insolvenze data: 2009-04-22 - pag: 4 autore: A febbraio discesa del 14% - Boom della cessione del quinto
Credito al consumo in calo La crisi finanziaria non risparmia il
credito al consumo: anche su questa tipologia di mercato si avvertono segnali
di rallentamento e in questo quadro il CentroNord non fa eccezione. Dopo il
bilancio positivo del
( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Est)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Nord-Est sezione:
EST data: 2009-04-22 - pag: 13 autore: Internazionalizzazione. Dalla Cdc focus
sulla difficoltà dell'area La crisi ad Est pesa su
Udine La crisi globale si è abbattuta con l'energia di
uno tsunami sull'Est Europa, sconvolgendo economie la cui fragilità era stata
solo in parte mascherata da crescite del Pil su percentuali più elevate
rispetto all'Occidente. Un'economia drogata, si è detto, da grandi iniezioni di
liquidità e da una propensione all'indebitamento di cui i cittadini stanno pagando
in prima persona le conseguenze ora che il deprezzamento delle loro divise
nazionali sta gonfiando le rate di mutui contratti spesso in valuta estera. In
un mondo sempre più interdipendente, le difficoltà delle economie dell'Est
rischiano di riverberarsi negativamente anche sul Friuli-Venezia Giulia, per
cui quei Paesi sono partners commerciali importanti ma anche destinazioni
finali di molte operazioni d'internazionalizzazione e partnership. Se ne
discuterà domani a Udine nel corso della tavola rotonda organizzata dalla
Camera di commercio friulana e dalla Fondazione Crup, intitolata "La crisi economica e finanziariadei
Paesi dell'Europa Orientale: le ricadute sul sistema economico italiano",
programmata dalle ore 10 nella sala della Fondazione Crup, in via Manin 15. Fra
i relatori, Patrizia Tiberi, docente dell'ateneo friulano che esporrà il quadro
macroeconomico internazionale, Marco Giansoldati, dell'Università di Venezia,
che entrerà nel dettaglio della situazione economica dei Paesi dell'Est, e Stefano
Miani, docente dell'Università di Udine e segretario dell'Ossfi, il quale tratterà il tema degli effetti della crisi finanziaria di quell'area sulle imprese regionali. Daniele Bordina, della
Direzione rete estera e Sviluppo di Intesa SanPaolo Spa, analizzerà infine i
rapporti del sistema creditizio locale con quegli Stati. Secondo il presidente
camerale Giovanni Da Pozzo, che introdurrà il convegno, «l'importanza
dell'economia dei Paesi dell'Europa Orientale per il nostro territorio è
evidenziata dai numeri. Basti pensare che nel 2008 verso sei Paesi dell'area
come Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Slovenia, Crozia e Ungheria abbiamo
venduto prodotti per 1,8 miliardi, il 15% dell'export regionale. Rapporti
importanti, estesi anche alle collaborazioni economiche realizzate attraverso
processi di delocalizzazione e joint ventures. Il loro momento di difficoltà
può ripercuotersi – chiarisce Da Pozzo – anche sugli interessi e il rating
delle banche italiane». M. Piz. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Centro-Nord sezione:
ECO-IMP. Toscana data: 2009-04-22 - pag: 10 autore: Bilanci. Osservatorio
Unioncamere-Ateneo Firenze: nel 2008 solo +1,8% le Pmi manifatturiere in rosso
Le società di capitale resistono L'avvio di nuove imprese ad alta redditività
compensa le difficoltà del settore FIRENZE Andrea Gennai Un dato per certi
versi sorprendente. A fronte di uno scenario congiunturale sfavorevole, le
società di capitale del settore manifatturiero in perdita, nel 2008, sono
aumentate solo dell'1,8 per cento. A dirlo è una simulazione realizzata
dall'Osservatorio sui bilanci delle società di capitale (Unioncamere Toscana e
Dipartimento di Scienze aziendali dell'università di Firenze). In Toscana
operano 6.574 società di capitale nel settore manifatturiero (con bilanci
superiori ai 500mila euro) e, di queste, 1.817 nel 2008 sarebbero risultate in
perdita: circa il 27% del totale, con un aumento dell'1,8% rispetto all'anno
precedente. L'impatto della crisi finanziaria, che ha
cominciato a far sentire i suoi effetti già in settembre, è stato tutto sommato
contenuto. «Una delle possibili spiegazioni – commenta Francesco Dainelli,
ricercatore presso il dipartimento di Scienze aziendali dell'ateneo fiorentino
– è che le società di capitale toscane hanno un elevato turnover. Cinque anni
fa il 50% delle società attuali non esisteva o fatturava meno di 500mila euro.
Le new entry hanno tendenzialmente un risultato migliore sul fronte della
redditività, evidentemente perché intercettano bisogni nuovi del mercato e
sanno fronteggiare meglio la concorrenza». Un invito alla prudenza, soprattutto
per quanto accadrà nel 2009, arriva da Unioncamere. «Visti tempi e modalità con
cui la crisi si è manifestata – spiega Enrico
Ciabatti, segretario generale di Unioncamere Toscana – occorre evidenziare che
i riflessi sui bilanci delle imprese si avvertiranno soprattutto sui conti del
2009. D'altra parte ciò che è stato registrato in questi ultimi mesi, in
termini di aumento della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, di
difficoltà nel ricorso al credito, di perdita di ordini e fatturato, lascia
spazio a pochi dubbi». L'Osservatorio ha anche presentato il rapporto sui
bilanci di tutte le società di capitale per il periodo 2003-2007: sono 21.347
le società che nel 2007 avevano un fatturato superiore ai 500mila euro.
Dall'indagine emerge che, nel 2007, le società di capitale sono numericamente
cresciute (+2,2%), anche se a un ritmo inferiore rispetto all'anno precedente.
La crescita è stata omogenea per classi dimensionali e distribuzione
geografica. Resta quindi inalterato il peso economico delle diverse province
della Toscana, se si eccettua il sorpasso di Pisa su Lucca dovuto, soprattutto,
al calo di imprese registrato in quest'ultima provincia. Le aziende mostrano
un'elevata fluidità all'interno del sistema economico. Ogni anno, il tasso di
entrata di nuove imprese è del 15% a fronte di uno di uscita del 13%, mentre le
imprese attive da oltre cinque anni non raggiungono il 50 per cento. Più
rigida, invece, la mobilità fra le classi dimensionali. Le aziende tendono in
prevalenza a restare confinate nel segmento di appartenenza. Complessivamente,
sul piano economico, il 2007 è stato un anno positivo per le società di
capitale toscane (sono aumentate dell'1,7% le imprese in utile). «A questo
risultato –commenta Dainelli – non è estraneo l'andamento del carico fiscale
che, dopo anni di crescita sostenuta, si è ridotto in conseguenza delle
modifiche introdotte alla normativa Irap in tema di cuneo fiscale ».
a.gennai@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Giorno, Il (Milano)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
VETRINA ECONOMIA
pag. 20 «Export giù, ma marzo è positivo» A febbraio disavanzo di 4,4 miliardi.
Scajola: dati vecchi, ordini a più 3,5% IL FONDO MONETARIO: LA RECESSIONE
COSTERA' 4MILA MILIARDI MILANO FORSE come ha detto Tremonti e ripetuto ieri il
ministro allo Sviluppo economico Scajola il peggio è passato. Ma certo la crisi globale continua a pesare anche sull'andamento della
nostra economia. L'ultimo dato negativo diffuso dall'Istat riguarda la bilancia
commerciale che archivia i primi due mesi dell'anno con un disavanzo di 4,4
miliardi di euro. L'Italia produce meno e quindi esporta e importa meno.
Soprattutto verso i Paesi dell'Unione Europea nei confronti dei quali
l'interscambio è sceso del 27%. Ma il ministro Scajola rassicura che si tratta
di una foto vecchia di un mese («a febbraio abbiamo toccato il fondo»), mentre
i dati di marzo sono in controtendenza: «Gli ordinativi dall'estero in marzo
sono saliti del 3,5%» informa Scajola. Queste speranze sono però schiacciate
dall'andamento della crisi finanziaria
globale. Il Fondo monetario ha aggiornato il costo della crisi, in preparazione al summit del Fondo e della Banca Mondiale che
si svolgerà nel fine settimana. Per il sistema finanziario mondiale la
svalutazione di tutti gli asset tossici potrebbe salire all'iperbolica cifra di
4mila miliardi di dollari entro il 2010, di cui due terzi in carico alle
banche. La stima comprende tutti gli asset tossici originati su tutti i mercati
mondiali e detenuti da banche e altre istituzioni finanziarie. Negli Stati
Uniti le potenziali svalutazioni su titoli e prestiti dal 2007 al 2010 sono
salite a 2.700 miliardi; per l'Europa il conto della crisi
fra prestiti e titoli è stimata in 1.193 miliardi di dollari. Per le sole
banche europee il Fondo stima perdite per 737 miliardi. «Il sistema finanziario
resta sotto un severo stress, mentre la crisi si
allarga includendo famiglie, aziende e banche» ammonisce il Fondo monetario. Il
credit crunch globale sarà dunque «profondo e duraturo» e se non si ripuliscono
i bilanci bancari dagli asset tossici («senza escludere ricapitalizzazioni e
anche una nazionalizzazione temporanea delle banche») la crisi
del credito potrebbe continuare a premere al ribasso sull'economia reale. In
questa operazione di pulizia « le banche Usa sono a metà strada, mentre
l'Europa è un po' più indietro». SECONDO gli economisti di Washington la sfida
principale ora è quella di «spezzare la spirale al ribasso fra il sistema
finanziario e l'economia globale e l'esito sarà dettato dalla volontà politica»
dice un dirigente del Fmi. Intanto gli esperti del Fondo lanciano l'allarme in
particolare sul deterioramento dei conti pubblici di tutti i Paesi: in Italia
alla fine dell'anno prossimo il debito pubblico salirà al 121% del Pil rispetto
al 106% dell'anno scorso. Ma il debito statale salirà del 19% anche in
Germania, del 27% negli Stati Uniti e addirittura del 30% in Giappone.
( da "Sole 24 Ore, Il (Nord Ovest)"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Nord-Ovest sezione:
ECONOMIA e IMPRESE Liguria data: 2009-04-22 - pag: 17 autore: Accesso al
credito. Finanziaria ligure e sistema camerale mettono a disposizione 3,2
milioni Filse e Cdc in campo per le Pmi Effetto moltiplicatore sugli
investimenti movimentabili, per ora in calo GENOVA Jada C. Ferrero Investimenti
pochi, fabbisogno di circolante molto. è la fotografia delle attuali esigenze
di credito delle imprese, liguri comprese. Dal monitoraggio sui vari aiuti
disponibili a livello locale e sui bandi regionali in corso emergono una
propensione agli investimenti rallentata ma non estinta e una carenza di
liquidità sempre più spinta. L'accesso al credito, anche alla luce di Basilea
2, è uno dei nodi di sempre, oggi più delicato che mai, come hanno ricordato
recentemente Giovanni Calvini, presidente di Confindustria Genova (che ieri ha
presentato un'indagine relativa agli effetti della crisi finanziaria sull'operatività aziendale), e Fabrizio Ferrari, numero uno del
gruppo Piccola industria. Incassa interesse lo strumento "anticrisi" per le Pmi lanciato da Filse, finanziaria
regionale, e sistema camerale ligure: due fondi di garanzia pubblici con dote
di 3,2 milioni ( uno immesso da Unioncamere) in sostegno delle Pmi. L'iniziativa,
che si stima possa movimentare finanziamenti per 64 milioni, coinvolge sette
Confidi di primo grado; i fondi (per consolidamento di esposizione bancaria
pregressa o nuovo cash) coprono direttamente (entro i 150mila euro a impresa)
il 60% del rischio assunto in primo grado da ogni Confidi. Hanno aderito
all'accordo Carige (e altre del gruppo, come Carisa e Caricarrara), San
Giorgio, Popolare di Novara, Popolare di Lodi, Cassa di Risparmio della Spezia,
Unicredit, con la disponibilità di un plafond fino a un massimo di 105 milioni
(tasso a partire da un punto percentuale sull'Euribor). Fra il 1Ú novembre (è
retroattivo a questa data) e il 31 marzo i soli Fidimpresa e Mediocom, i due
maggiori Confidi liguri, hanno attivato 17,2 milioni di finanziamenti, con
circa 7 milioni di garanzie fra proprie e controgarantite, arrivando a
opzionare il 18% del budget. Il sistema ligure delle imprese dà comunque
segnali di vitalità: «Il fatto che prima della crisi
pianificasse investimenti notevoli a prescindere dagli aiuti pubblici – rileva
Edoardo Bozzo, presidente di Filse – è confermato dalle circa 1.200 domande
pervenute alla recente riapertura dei termini per accedere agli ultimi fondi
del Docup 2000-2006, che attestavano 240 milioni di investimenti effettuati
dalle imprese dal 2007, con richieste per 60 milioni a fronte di circa 30 di
dote. Può anche essere letto come una volontà, ora, di ricostituire la
liquidità». Altri elementi utili per leggere i trend in corso vengono dai primi
tre bandi (innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, servizi
avanzati per le imprese) del Por 2007-2013, con complessivi 50 milioni in
palio: oltre mille le domande incassate da inizio marzo (chiudono il 3 giugno).
E ancora, indicazioni arrivano dagli incentivi per le Pmi del commercio,
recentemente riformati. Non brilla il bando per riammodernamenti nel piccolo
commercio, il cui flusso di domande, alla vigilia di Pasqua, arrivava a
erodere, con 132 pratiche, soltanto 2,15 dei 5 milioni del budget (scade
d'altronde il 31 dicembre). Non esaurita nemmeno la dote per la creazione
d'impresa (37 domande per 1,2 milioni su 2 disponibili). Merita un discorso a
sé «Ad Hoc Turismo», strumento per finanziare investimenti delle Pmi del
comparto (per loro, bandi regionali invece al via il 30 giugno) frutto di una
convenzione fra Regione e Abi (15 banche aderenti), esteso a strutture
ricettive, stabilimenti balneari, bar e ristoranti. Le condizioni che ne
avevano determinato il successo al lancio ( quasi 200 dossier perfezionati nel
2007), in specie lo spread basso a fronte di un Euribor lontano dall'odierno,
ne determinano oggi il flop. «Ma la nostra parte l'abbiamo fatta», afferma
Bozzo. Da Abi arriva disponibilità «a rivitalizzare lo strumento, valido –
secondo il presidente regionale Riccio da Passano, direttore centrale rete
Liguria Carige – sotto più profili. Con Confindustria condividiamo i quattro
fronti per affrontare la crisi: patrimonializzazione
delle imprese, potenziamento dei Confidi, logiche di trasparenza nei rating,
presidio nel ritardo dei pagamenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Unita, L'" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Fmi: la crisi non è finita costerà 4000 miliardi LAURA MATTEUCCI Il
Fondo Monetario Internazionale fa i conti della crisi che,
avverte, durerà ancora a lungo e che entro il 2010 costerà fino a 4mila
miliardi di dollari. Ad oggi, almeno, dato il continuo rivedere le stime delle
svalutazioni. Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati
in tutti i mercati e non solo in quello americano, per
il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi,
dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo
stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie,
aziende e banche». Troppo presto, quindi, per dire che si sta uscendo dalla crisi, anzi in Europa la situazione potrebbe persino
peggiorare, secondo l'Fmi, per il peso dei problemi dei Paesi dell'Est: le
forti interconnessioni finanziarie fra le due aree
aumentano il pericolo di «un ciclo vizioso avverso» in Europa. Una risposta
indiretta alle parole del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che
l'altro giorno ha annunciato l'imminente uscita dal tunnel, con i primi segnali
di ripresa già a luglio. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani risponde
direttamente: «La crisi non è affatto finita, per il
2009 si confermerà il peggiore risultato del Pil per tutto il dopoguerra e
prima della seconda metà del 2010 non ci saranno segnali di ripresa - dice - È
singolare che da una settimana all'altra si possa passare da una preoccupazione
a un ottimismo non fondato su elementi concreti». La crisi
acuisce anche i problemi di bilancio. Per l'Italia l'Fmi stima che il debito
pubblico salirà nel 2010 al 121%, con un incremento di 15 punti percentuali dal
106% del 2008. I mercati finanziari, ieri, hanno
peraltro oscillato parecchio, e solo sul finale l'Europa (e Milano) è riuscita
a limitare le perdite e chiudere piatta, in scia a Wall Street. IL
"PERICOLO" VIENE DALL'EST «Non abbiamo particolari preoccupazioni per
le banche che hanno investito all'Est». Questo, almeno, è il parere del
direttore dell'Abi, Giuseppe Zadra, secondo il quale le perdite «non sono mai
preoccupanti sotto il profilo della stabilità della banca: sono perdite che
quelle banche possono sicuramente gestire». Per il Fondo monetario, invece,
l'Italia rischia tanto quanto altri paesi. La maggior parte delle economie
emergenti europee - spiega - sono infatti dipendenti dalle banche dell'Europa
occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito
dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono
concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i
Paesi che potrebbe esacerbare la crisi».
SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni
su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria
ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il
( da "Unita, L'" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Fondo Monetario
Internazionale fa i conti della crisi che, avverte,
durerà ancora a lungo e che entro il 2010 costerà fino a 4mila miliardi di
dollari. Ad oggi, almeno, dato il continuo rivedere le stime delle
svalutazioni. Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset originati
in tutti i mercati e non solo in quello americano, per
il quale la stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi,
dai 2.200 miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo
stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie,
aziende e banche». Troppo presto, quindi, per dire che si sta uscendo dalla crisi, anzi in Europa la situazione potrebbe persino
peggiorare, secondo l'Fmi, per il peso dei problemi dei Paesi dell'Est: le
forti interconnessioni finanziarie fra le due aree
aumentano il pericolo di «un ciclo vizioso avverso» in Europa. Una risposta
indiretta alle parole del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che
l'altro giorno ha annunciato l'imminente uscita dal tunnel, con i primi segnali
di ripresa già a luglio. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani risponde
direttamente: «La crisi non è affatto finita, per il
2009 si confermerà il peggiore risultato del Pil per tutto il dopoguerra e
prima della seconda metà del 2010 non ci saranno segnali di ripresa - dice - È
singolare che da una settimana all'altra si possa passare da una preoccupazione
a un ottimismo non fondato su elementi concreti». La crisi
acuisce anche i problemi di bilancio. Per l'Italia l'Fmi stima che il debito
pubblico salirà nel 2010 al 121%, con un incremento di 15 punti percentuali dal
106% del 2008. I mercati finanziari, ieri, hanno
peraltro oscillato parecchio, e solo sul finale l'Europa (e Milano) è riuscita
a limitare le perdite e chiudere piatta, in scia a Wall Street. IL
"PERICOLO" VIENE DALL'EST «Non abbiamo particolari preoccupazioni per
le banche che hanno investito all'Est». Questo, almeno, è il parere del
direttore dell'Abi, Giuseppe Zadra, secondo il quale le perdite «non sono mai
preoccupanti sotto il profilo della stabilità della banca: sono perdite che
quelle banche possono sicuramente gestire». Per il Fondo monetario, invece,
l'Italia rischia tanto quanto altri paesi. La maggior parte delle economie
emergenti europee - spiega - sono infatti dipendenti dalle banche dell'Europa
occidentale che, di fatto, possiedono molti degli istituti di credito
dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel rapporto - sono
concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia, Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i
Paesi che potrebbe esacerbare la crisi».
SVALUTAZIONI Per le banche europee (eurozona e Gran Bretagna) le svalutazioni
su prestiti e titoli dovute alla crisi finanziaria
ammonteranno nel periodo tra il 2007 e il
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Alberto Bisin
MERCATI E TRUCCHI CONTABILI Molti osservatori economici tirano il fiato in
questi giorni: il peggio della crisi finanziaria
sembra finito, le maggiori banche americane addirittura segnano profitti per il
primo trimestre. Alcuni si estendono fino a prevedere una ripresa economica a
partire dall'estate. In verità previsioni di questo tipo sono statisticamente
così imprecise da essere poco più di un esercizio divinatorio. Possiamo
però analizzare una delle ragioni principali di tale ottimismo: i risultati
positivi delle banche, Citigroup e Bank of America in particolare. Purtroppo,
così facendo, ci accorgiamo che i loro risultati trimestrali positivi sono in
parte fittizi, dovuti a trucchi contabili. Le nuove norme istituite dall'istituto
preposto alla definizione delle regole contabili delle società (il Financial
Accounting Standards Board) hanno permesso alle banche di contabilizzare le
attività «tossiche» ancora nei propri bilanci, non al valore di mercato, ma ad
un valore che le banche stesse ritengono accurato in presenza di una crisi di liquidità. In sostanza le banche hanno una certa
libertà nel sopravvalutare rispetto al mercato le proprie attività. Un altro
trucco contabile permette alle banche di sottovalutare le proprie passività,
come il debito obbligazionario. Il valore di mercato delle obbligazioni di una
società in crisi, a rischio di fallimento, è basso -
proprio perché il mercato attualizza il rischio di fallimento. Permettere alle
banche di contabilizzare il proprio debito al valore di mercato, come accade in
questi giorni, significa in un certo senso permettere loro di cancellare buona
parte dei propri debiti dal bilancio con un tratto di penna. In altre parole,
nel caso estremo di una società in fallimento non ci sono debiti, ma questo
ovviamente non significa che la società sia in buona salute. Insomma, non è
difficile segnare profitti se le regole contabili permettono di sopravvalutare
le attività e sottovalutare le passività. Questi trucchi sono purtroppo parte di
una generale tendenza alla mancanza di trasparenza del governo americano in
materia finanziaria. Il Tesoro ha infatti direttamente
favorito, se non richiesto, l'istituzione di queste nuove norme contabili. Esso
sembra inoltre intenzionato addirittura a cambiare le condizioni del proprio
intervento nei mercati finanziari, da azioni
privilegiate a ordinarie, per manipolare i risultati dello stress test delle
banche che esso stesso sta conducendo. La misura del capitale delle banche
utilizzata nello stress test infatti include azioni ordinarie ma non azioni
privilegiate. Il Tesoro finirà quindi per addossare ai contribuenti un'altra
significativa frazione di rischio del sistema finanziario
e finirà per sottomettere l'attività delle banche a maggiore controllo politico
(le azioni ordinarie, a differenza di quelle privilegiate, hanno diritto di
voto). Tutto questo solo per manipolare un indice contabile e controllare
l'informazione finanziaria da rendere pubblica? Questa
mancanza di trasparenza è estremamente deleteria per l'andamento dei mercati finanziari. I risparmiatori e gli investitori non
hanno modo di distinguere chiaramente le buone notizie dalle cattive. Alcune
banche infatti hanno certamente migliorato la propria situazione, ad esempio
approfittando della liquidità iniettata dalla Fed nel sistema, ma in queste
condizioni è difficile se non impossibile capire quali di esse lo abbiano
fatto. La volatilità del mercato riflette anche e soprattutto questa incertezza
di fondo. A questo proposito gravissima è anche la versione italiana dei
trucchi contabili americani, insita nelle recenti norme che permettono alle
società quotate di riacquistare fino al 20 per cento delle proprie azioni e che
esentano dall'Offerta Pubblica di Acquisto l'azionariato di controllo (che
passasse dal 30 al 35 per cento). L'unica funzione di queste norme è quella di
mantener saldi i gruppi di controllo delle imprese quotate ad azionariato
diffuso. In un mercato azionario come quello italiano, già caratterizzato dalla
concentrazione del controllo e da un certo sprezzo per gli interessi degli
azionisti di minoranza, queste norme vanno nella direzione opposta a quella
desiderabile. Tendono infatti ad inibire quello sviluppo e quella competizione
nei mercati dei capitali che sono necessari per
sostenere una duratura crescita dell'economia italiana una volta che quella
mondiale sia ripartita.
( da "Stampa, La" del
22-04-2009)
Argomenti: Crisi
NON CI SONO SOLDI
Parlamentari europei in pensione più tardi A 63 e non a 60 anni perché il fondo
apposito dal
( da "Giornale.it, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 96 del 2009-04-22 pagina 1 Fmi Ecco i conti della crisi: costerà 4mila miliardi di Redazione La crisi finanziaria globale arriverà a costare nel 2010 oltre 4.000 miliardi di
dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede
le cifre nuovamente al rialzo. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G.
Negri 4 - 20123 Milano
( da "Giornale.it, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
Premessa: fino a
metà del 2008 questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al mio
ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata:
continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più
qualificante per il mio profilo professionale e non solo perché è sempre più
letto, con un media di commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato).
Mi capita sempre più spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni
radiofoniche o televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su
"il cuore del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli
sull'edizione cartacea. L'altro giorno un brillante collega della Televisione
della Svizzera italiana, Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del
giornalismo e sulle insidie della comunicazione, con molte domande ispirate
proprio dal blog (chi volesse seguirla può scaricare qui la trasmissione
Controluce). E stamane un amico e valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un
interessante articolo di Alberto Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli
oltre 20 milioni di blogger presi in esame in America (tutti quelli che lo
fanno per passione, per informare, per gioco o per qualsiasi altro motivo) ce
ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano sopra. E per 452mila di costoro quei
soldi sono la prima fonte di stipendio. E con 100mila visitatori unici si
riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno. Mica pochi. Con qualche ombra,
però. Diversi blogger vengono pagati per "bloggare" un prodotto,
spesso senza dichiarare il committente e questo è preoccupante perchè in questo
modo si accentua il fenomeno della pubblicità parassitaria o camuffata, che già
tormenta i media tradizionali. Ma secondo il Wall Street Journal è sempre più
consistente il numero dei reporter che fanno buon giornalismo sul blog anzichè
sui media tradizionali, come peraltro emerso recentemente a Perugia durante il
riuscitissimo Festival internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il
Guardian inizia a guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta
attraverso i blog. Da qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog?
Vedo un mondo in cui ci saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog
specializzati ad altro valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e
proprie testate giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post).
Sbaglio? Inoltre mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente
cromosomi, fino a quando i giornalisti italiani potranno pretendere di
mantenere in vita un Ordine professionale? Scritto in crisi,
blog, comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia,
giornalismo Commenti ( 17 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a
imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po'
sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari
giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo,
purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha
deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli
Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in
Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era
ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata
costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non
avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le
tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri,
dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il
capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di euro.
E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di
responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager
non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza,
disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni
maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile
parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste
logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che
punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai
irrinunciabile, perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in
banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia,
notizie nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09
Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna
dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee,
non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal
terremoto e in piena crisi economica sprecare 400
milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto
l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole
l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà
perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al
21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il
referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto
propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste
alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla
coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire
il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4%
alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a
un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due
quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non
entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo
ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che
la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni
e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non
bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da
questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce
e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio
elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti
elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha
fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia
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articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa?
Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman
Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti
commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E'
davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa
erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono
finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io
propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha
consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a
contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome
quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite
gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi
debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per
stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a
valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè
questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili
inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in
questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari,
sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19
principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un
post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà
ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal
test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana.
Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di
interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui
tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa
restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li
stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al
consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G
( da "Giornale.it, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Sala Stampa della
Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi
che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica -
pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto
a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere:
"La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per
assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato.
Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si
tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme,
secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di
una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi
colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene,
ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i
quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di
Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che
è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è
un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei
Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le
critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In
particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato
di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla
vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori
sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una
cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad
esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di
documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna
affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del presidente
iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei lavori. Ma
non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio Romano,
pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto andare a
Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole di
Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli),
comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza
programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e
circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una
lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 23 ) » (4 votes,
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il vescovo
polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha
replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo
belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles,
che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul
preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita
al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che
la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione
della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei
confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa
in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia
contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale,
aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la
nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne
arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al
( da "Giornale.it, Il"
del 22-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 96 del 2009-04-22 pagina 0 Crisi mutui, suicida il direttore finanziario della
Freddie Mac di Redazione David Kellerman, 41 anni, trovato cadavere nella sua
casa in Virginia. Era appena stato eletto numero uno della compagnia,
responsabile del crollo del sistema finanziario dopo aver speculato sui mutui
subprime Washington - David Kellerman, responsabile dei controlli
finanziari della compagnia Freddie Mac, è stato trovato morto nella sua
abitazione in Virginia. Potrebbe trattarsi di suicidio. Kellerman, che aveva 41
anni, era diventato il numero uno della compagnia, al centro dello scandalo per
i mutui "facili" concessi a chi voleva comprare case. Kellerman
lavorava per la Freddie Mac da 16 anni. La polizia conferma il decesso ma non
la circostanza che si sia ucciso. La Freddie Mac, tra le società protagoniste
della grande crisi finanziaria, è una società a
controllo governativo che gestisce circa 13 milioni di mutui. Lad
David Moffett si era dimesso il mese scorso. Kellerman era stato nominato
responsabile finanziario della società nel settembre scorso, dopo le dimissioni
di Anthony "Buddy" Piszel, che aveva lasciato la dopo la decisione del governo di
nazionalizzare la società. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 -
20123 Milano
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti: Crisi
La storia Sulla
morte restano zone d'ombra L'UOMO DELLE CRISI LE PISTE Il manager dei mutui si
impicca in cantina Era a capo di Freddie Mac: la Sec indagava su di lui
FRANCESCO SEMPRINI Aveva già rimesso in sesto la contabilità dopo i crolli del
2003 Non ci sono tracce di problemi personali né di depressione NEW YORK David
Kellerman, direttore finanziario del colosso paragovernativo dei mutui Freddie
Mac, è morto. L'hanno trovato impiccato nel sottoscala della sua abitazione di
Reston, cittadina della Virginia non lontana dalla capitale Washington D.C.
L'ipotesi più accreditata è quella del suicidio, ha riferito alla polizia la
moglie del manager, Donna: le forze dell'ordine non hanno riscontrato segni di
scasso o indizi che avvalorino l'ipotesi di un delitto. Gli inquirenti, dopo
aver indagato su possibili problemi personali di Kellerman, battono ora la
pista professionale. David aveva 41 anni, da sedici lavorava in Freddie Mac.
Importante è stato il suo contributo nella ricostruzione dell'impianto contabile
nel 2003, dopo i gravi scandali finanziari di Wall Street. E a settembre 2008,
quando l'agenzia venne salvata dal fallimento con un'iniezione diretta di
capitali del governo, per Kellerman arrivò la nomina a direttore finanziario.
Come per la gemella Fannie Mae, l'acquisizione del controllo da parte delle
autorità federali per evitare il collasso dovuto alla crisi
del mercato immobiliare e dei mutui, provocò in Freddie Mac un terremoto ai
vertici. Sulla crisi della società definita in gergo
tecnico «Government sponsored enterprise (Gse)» e sullo scampato crollo costato
30,8 miliardi di dollari ai contribuenti americani (oltre ai 15,2 di Fannie
Mae), hanno aperto un'inchiesta la Sec (Consob Usa) e il dipartimento di
Giustizia. Gli inquirenti hanno interrogato molti dipendenti del colosso
paragovernativo per accertare eventuali violazioni. Di recente la stessa
società ha reso noto di aver ricevuto un'ingiunzione dalla procura newyorkese
per la trasmissione di bilanci e informative sulla governance aziendale. L'ingiunzione
è stata poi ritirata e gli atti trasferiti alla procura della Virginia, per
questioni di competenza territoriale, visto che Freddie Mac ha sede a McLean.
Secondo fonti vicine alla vicenda sembra che una parte dei conti sui quali Sec
e Giustizia stanno investigando fossero sottoposti al controllo di Kellerman,
ma sino ad oggi non «non ci sono prove di frodi». Il ministro della Giustizia,
Eric Holder, ha detto di «non avere idea» se si tratti di un gesto legato in
qualche modo alle inchieste. In una nota divulgata dalla società invece,
l'amministratore delegato ad interim, John Koskinen, spiega che «la famiglia
Freddie Mac è profondamente rattristata per la scomparsa di un uomo di grande
integrità etica e devozione professionale». «Rattristato» si è detto anche il
ministro del Tesoro, Timothy Geitner. Qualsiasi sia la motivazione, l'estremo
gesto di Kellerman ha colto tutti di sorpresa: nessuno aveva mai notato segni
di ansia o depressione nel manager. Il fatto è avvenuto nella notte: alle 4 e
48 del mattino la polizia rispnde a una chiamata che proviene dacasa Kellerman.
Al loro arrivo, gli agenti sono scesi nel seminterrato dove hanno trovato il
corpo senza vita dell'uomo che oltre alla moglie lascia una figlia di cinque
anni di nome Grace. È lunga lista dei manager che si sono tolti la vita a causa
della crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario
tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di
750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la
Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New
York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie
Madoff. Ma c'è anche gente comune: la scorsa settimana un uomo del
Maryland ha ucciso moglie e tre figli e si é tolto la vita schiacciato dal peso
dei debiti. Ieri in un albergo di Baltimora un avvocato immobiliare di New York
ha ucciso la famiglia e si è tolto la vita: il suo nome potrebbe essere legato
a un'inchiesta della procura newyorkese su una truffa gestita col famigerato
schema Ponzi.
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti: Crisi
CRISI.PROTESTA
CONTRO I TAGLI DEL GRUPPO SAINT GOBAIN A SAVIGLIANO E CERCASCA "Smettiamo
di comperare i prodotti dei francesi" Il boicottaggio proposto dal
sottosegretario Crosetto e dai sindacati [FIRMA]PIERO BERTOGLIO SAVIGLIANO
«Comincio io. La mia famiglia. Gli amici. Lo diremo a tutti. Smettiamola di
comperare prodotti francesi. Vedremo chi ci rimette di più. Se noi che perdiamo
posti di lavoro, o loro. E qui di loro catene commerciali è pieno». Guido
Crosetto, sottosegretario alla Difesa, a Savigliano è di casa. L'annunciata
chiusura della Sekurit non gli va giù. «Ho chiesto l'intervento del Governo.
Questi francesi della St. Gobain tagliano i posti in Italia, ma continuano a
produrre vetri nei loro stabilimenti in Francia, che vendono poi alla Fiat e
alla Ferrari per le nostre auto. Una vergogna». Tagli pesanti quelli decisi dai
francesi: 350 posti cancellati con la Sekurit di Savigliano, e di conseguenza
(la notizia è di ieri sera) altri 70 alla Astec che faceva i controlli qualità
per la Sekurit. E sempre lo stesso gruppo francese annuncia 143 posti in meno a
Cervasca alla Euroveder. Poche le possibilità di aprire tavoli e trattare. E
allora ecco i blocchi dei cancelli per impedire che portino via i macchinari e
l'idea del boicotaggio. I sindacati l'hanno fatta loro fissando per il 2 maggio
una giornata di boicottaggio di tutti i prodotti del «made in France». Scelta
destinata a scatenare polemiche anche perché in un'Europa
del libero mercato parlare di protezionismo, di boicottaggio di
prodotti da parte di un esponente di Governo, rischia di provocare scontri
diplomatici. «Qui, chi la fa da padrone, sono loro. I francesi. Prendono,
sfruttano, usano e gettano le persone. Senza rispettare nessuna regola»,
rincara Crosetto, deciso a farne una vera campagna e provocare l'incidente.
E' che le tensioni con i francesi nella Granda ci sono da anni. Il primo caso a
Moretta con la «Lactalis» della famiglia Besnier che da un giorno all'altro
decide di chiudere l'ex Locatelli, lasciare 225 operai a casa e trasferire
macchinari e marchi dei prodotti altrove. Poi l'Alstom Ferroviaria, anche qui
francese, che ha annunciato qualche giorno fa al sindacato la prosecuzione
della cassa integrazione per un massimo di 180 dipendenti lungo un periodo da
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina V - Bologna
La dirigenza ribatte colpo su colpo alle accuse sui problemi del gruppo
bancario-assicurativo L´ad Salvatori: i guai li ha fatti lui "Non merita
manco di fare commenti, noi abbiamo la nostra linea e andiamo avanti"
«Questo gruppo non aveva strategia. Aveva una banca fuori dal suo perimetro e
non sapeva cosa farne. Non c´era un a strategia sul credito né un´integrazione
con il mondo assicurativo». Al secondo assalto di Consorte Carlo Salvatori, da
tre anni Amministratore delegato del gruppo Unipol, tira
fuori gli artigli e ribatte colpo su colpo per dire che i problemi del gruppo,
a parte la crisi
finanziaria che ha messo in difficoltà banche
e assicurazioni di tutto il mondo, non sono di oggi, ma semmai vengono dalla
vecchia gestione. «C´era situazione di confusione, con lo sgorbio di
un´assicurazione piccola che ne controllava una grande», accusa Salvatori.
E le sofferenze della banca per il 31%, dice, sono da attribuire ai primi 50
gruppi clienti, formati per lo più «da operatori di titoli immobiliari
accordati prima del 2006», quindi ai tempi dell´ingegnere. Una sola ammissione
di responsabilità da parte di Salvatori. «Ho trovato una banca in condizioni
disastrose - dice senza mezzi termini Salvatori - ma abbiamo reagito subito,
cambiando totalmente il vertice. Forse avrei dovuto farlo prima, e me ne assumo
la colpa. Ma Unipol Banca ci può dare soddisfazioni già da quest´anno». Per
Salvatori, infatti, il gruppo è solido, ha reagito alla crisi
mettendo in sicurezza il patrimonio. E per questo non avrà bisogno di ricorrere
ad aumenti di capitale come sostiene Consorte. «Se dovremo ricapitalizzare noi,
dovranno farlo tutti». Tranquillizzante il messaggio agli azionisti sul futuro.
«Il risultato del 2009 dipenderà dall´andamento dei titoli azionari. Noi
abbiamo coperture sull´86% del portafoglio, quindi se i mercati vanno su, bene
per tutti. Se vanno giù, siamo coperti». Un ottimismo che per l´Ad del gruppo è
confermato dal primo trimestre. «Siamo nell´area utile in linea con le
previsioni di bilancio». Le accuse di Consorte allora? «Non merita manco di
fare commenti, noi abbiamo la mostra linea e andiamo avanti» replica Salvatori.
Poi frena: «Vorrei evitare polemiche con i predecessori». Non meno duro il
presidente Pierluigi Stefanini che dopo aver detto in assemblea che «è facile
cercare solo gli aspetti negativi», insiste che «è emersa la differenza tra chi
ha a cuore il gruppo e chi no». «Le critiche servono per migliorare», ripete
Stefanini, «ma oggi c´è una governance più trasparente che crede nell´onestà e
nella correttezza di comportamenti». L´attacco di Consorte, intanto, è già un
caso politico. Claudio Merighi, del comitato per Delbono sindaco, affianca
l´affondo a Unipol a quelli dei sostenitori di Cazzola alla Ducati: «Attaccano
le eccellenze di Bologna - dice Merighi - e antepongono i loro interessi a
quelli della città», ricordando l´appoggio di Consorte all´ex patron del
Bologna. Lo stesso Consorte, però, si tiene le mani libere: «Se Cazzola non mi
convince, voterò Pd». (l. n.)
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-04-23 - pag: 1 autore: POPULISMO Caccia ai bonus e
morte di un uomo di Alessandro Plateroti I l suicidio di David Kellermann, il
direttore finanziario di Freddie Mac, è un dramma che resta ancora senza
spiegazione. Le motivazioni del gesto arriveranno, ma un fatto è certo: il
suicidio del manager non è il triste epilogo di un dramma solo americano.
Perché a Wall Street come a Londra, a Parigi o a Milano, la notizia ha
suscitato la stessa reazione, gli stessi interrogativi: Kellermann si è ucciso
per motivi personali o per la paura di essere travolto dall'inchiesta federale
in corso sul crack dell'ex colosso dei mutui? O invece si è ucciso perché
temeva, nel clima di caccia alle streghe e di fanatismo dilagante contro manager
e banchieri, di non poter difendere la propria onorabilità e quella della sua
famiglia dalle accuse e dai sospetti? Se in questa crisi finanziaria globale gestire una società è difficile, lavorare in una finanziaria commissariata dal Governo è un lavoro ingrato. Come abbiamo
visto negli ultimi mesi, significa essere costantemente sotto il tiro
dell'opinione pubblica; significa sottostare a imbarazzanti audizioni
parlamentari; significa guadagnare poco, anzi pochissimo; significa
essere interrogati dagli agenti federali ed essere il bersaglio delle cause
civili. E soprattutto, come nel caso di Kellermann, significa doversi assumere
responsabilità per le decisioni sbagliate prese dagli ex superiori. Dopo 16
anni di lavoro in Freddie Mac, Kellermann era stato promosso infatti nel
settembre scorso, quando la Casa Bianca decise di azzerare il vecchio
management del colosso dei mutui e di rimpiazzarlo con nuovi dirigenti. Ma il
"khomeinismo finanziario" è senza pietà, e purtroppo senza frontiere:
il manager è colpevole per natura, il diritto, le inchieste e la ricerca delle
responsabilità diventano un percorso superfluo. I maxi-premi erano uno
scandalo, ma oggi lo è persino il merito: aver incassato un bonus è quasi una
notitia criminis. Ed è così che esplodono (e spesso si giustificano) fenomeni
come il bossnapping, i sequestrilampo di mananager; ed è così che le assemblee
societarie, come è avvenuto in Citigroup, si trasformano in umilianti processi
di piazza. Senza un freno alla demagogia e al facile populismo, questa stagione
assembleare, negli Usa come in Europa, rischia di trasformarsi in una
"stagione del terrore" in cui vengono calpestati i più elementari
diritti della persona.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-23 - pag: 14 autore: ... INDUSTRIA
DELL'AUTO Quattro ruote da capogiro I l cambiamento alla velocità della luce.
Il modo di dire preferito di Sergio Marchionne sta diventando realtà per
l'intero settore auto. Chi avrebbe immaginato, anche solo un anno fa, General
Motors e Chrysler a un passo dal fallimento?O Fiat chiamata a salvare
quest'ultima e magari anche Opel? O una classifica mondiale con Volkswagen che
scavalca in un balzo Gm e Toyota? Adesso arriva anche l'ipotesi che
Volkswagen,comprata da Porsche, si ricompri a sua volta l'acquirente...
L'affermazione di Marchionne, secondo cui a fine 2010 rimarranno solo sei
grandi gruppi mondiali, potrà ancora sembrare esagerata, ma
la crisi finanziaria e il crollo del mercato stanno ponendo le basi per una
trasformazione duratura del mercato. Proprio la vicenda Porsche-Vw evidenzia un
pun-to fondamentale: chi ha liquidità vince e chi è indebi-tato rischia. Non
solo: anche negli altri casi, per mandare in porto e gestire tutte le fusioni
serviranno molti soldi. Per ora la maggior parte arriva dai Governi, che
vogliono e vorranno avere sempre più voce in capitolo.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43
autore: ANALISI Una normativa «anti-ciclica» per superare lo shock di Riccardo
Sabbatini L a crisi dei mercati
finanziari impatta sulla regolamentazione.
Con Solvency II, la direttiva sui ratios patrimoniali delle assicurazioni
varata ieri dall'Europarlamento, il calcolo dei requisiti di vigilanza diverrà
"anticiclico". Cioè nelle fasi avverse del mercato il vincolo
di capitale sarà più tenue per divenire più rigido nei trend positivi. La
misura, che probabilmente verrà imitata nella rivisitazione di Basilea II per
le banche, è volta ad impedire che quando crollano le Borse gli intermediari
siano costretti a disinvestire in azioni (a fini di vigilanza prudenziale)
spingendo il mercato ad ulteriori cadute. In questo scenario, per le
assicurazioni italiane (e non solo per loro) assume rilevanza anche la norma
che consentirà di alleggerire - fino a dimezzarli com'è stato simulato
negliesercizi preparatori della direttiva – i requisiti di capitale per le
partecipazioni cosiddette strategiche. La ragione tecnica è chiara e si
riferisce alla «probabile riduzione della volatilità» di quei titoli, misurata
su un ampio arco di tempo. Soprattutto se associata – precisa la direttiva –
«all'influenza esercitata dall'impresa partecipante su dette imprese
partecipate». Ma non ne sfugge il significato politico. Il reticolo delle
alleanze costruite in Italia attraverso le partecipazioni strategiche, ad
esempio, di Generali e Fondiaria Sai attorno al perno di Mediobanca, avrà un incentivo
ad essere mantenuto nel nuovo ambiente regolamentare e sarà anzi favorito
rispettoa investimenti azionari meno strategici e pertanto considerati più
volatili. A dispetto del fatto – si potrebbe obiettare – che, proprio nel corso
della recente crisi dei mercati, la presenza di
investimenti azionari concentrati in poche partecipazioni strategiche ha
rappresentato un elemento di debolezza e non di forza per alcuni assicuratori
continentali. Nel corso del suo laborioso iter di approvazione una parte della
direttiva si è persa per strada. è quella, innovativa, che introduceva un
sistema di supporto di gruppo per i più ramificati gruppi assicurativi.
Permettendo loro di mantenere ad un livello più basso la dotazione di capitale
delle loro unità locali da compensare, all'occorrenza, con sostegni finanziari provenienti della capogruppo. I "no"
opposti dai piccoli paesi alla fine hanno avuto la meglio, con il risultato di
una struttura di capitale probabilmente non ottimale rispetto alla dispersione
dei rischi che un grande gruppo riesce a realizzare al suo interno. Anche sulla
supervisione sovrannazionale si è persa un'occasione ancora una volta per il
prevalere, nella direttiva, delle resistenze dei piccoli paesi attenti a non
perdere le loro prerogative. A dispetto della crisi e dei suoi insegnamenti, il
mancato passaggio verso una dimensione europea della sorveglianza – un
indirizzo che oggi verrà ribadito dall'Europarlamento anche nel nuovo
regolamento sulle agenzie di rating – continua a rimanere un limite nella
regolamentazione contentale. E neppure riesce a divenire un tema di spicco
nella campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA LA LOGICA L'obiettivo è di ridurre il vincolo di
capitale nelle fasi avverse di mercato aumentandolo nei momenti di ripresa
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: Banche. Nomina
all'esame del board del 28 aprile - De Marchis a capo dell'audit UniCredit,
Marina Natale nuovo Cfo MILANO UniCredit cambia il chief financial officer
(cfo): al posto di Ranieri De Marchis arriva Marina Natale. Un ricambio
infragruppo, deciso probabilmente anche per dare un segnale di discontinuità (
non richiesto) ad alcuni investitori istituzionali che in autunno avevano
criticato la gestione dei rapporti con il mercato, quando UniCredit (dopo
averne negato l'esigenza) aveva varato con un blitz una manovra di
rafforzamento patrimoniale da 6,6 miliardi. La notizia della scelta del nuovo
cfo, anticipata ieri dal quotidiano tedesco «Handesblatt », non è stata commentata
dal quartier generale di UniCredit. Ma fonti del consiglio ammettono che il
tema sarà all'ordine del giorno della riunione del board del 28 aprile, che
precede l'assemblea di bilancio che si terrà il giorno successivo a Roma. De
Marchis gode comunque della fiducia del board e dell'a. d. Alessandro Profumo e
resta nel gruppo, dove andrà a ricoprire l'altrettanto delicato compito di
responsabile dell'audit (in staff al presidente Dieter Rampl) e di controllo
dei rischi. Al suo posto arriva Marina Natale, 46 anni, di cui venti passati in
UniCredit. Da pochi mesi era stata nominata responsabile della divisione
Private dell'intero gruppo (carica che ora dovrà lasciare), dopo avere a lungo
guidato la task force che ha progettato e realizzato le principali acquisizioni
in Italia e all'estero nell'ultimo decennio. La Natale è considerata uno dei
manager di fiducia dell'a.d. di UniCredit Alessandro Profumo. Malgrado l'ancor
giovane età, la Natale fa parte della «vecchia guardia» del Credito Italiano
che Profumo reinventò –dopo la privatizzazione – anche puntando su nuovi
manager. La crisi finanziaria
internazionale sta provocando, dunque, una riorganizzazione del vertice del
gruppo. Nelle prossime settimane, quando si sarà insediato il nuovo board che
sarà eletto dall'assemblea, scatterà anche l'atteso riassetto della divisione
corporate & investment banking guidata da Sergio Ermotti.L'accorciamento
della filiera organizzativa porterà alla eliminazione di alcuni ruoli di top
management, anche se per il momento non sono previste uscite dal gruppo. Alla
guida del corporate banking in Italia andrà Piergiorgio Peluso ( ex Capitalia),
finora a capo dell'investment banking italiano. Le nomine, che coinvolgeranno
anche le tre banche- divisione controllate in Italia, saranno effettuate a
inizio maggio dai vari cda su cui avranno voce in capitolo anche le Fondazioni
azioniste di UniCredit. In vista dell'assemblea del gruppo del 29 aprile, ieri
è arrivato il via libera di Bankitalia alle modifiche allo statuto che verranno
sottoposte al voto dei soci. Con una lettera resa nota ieri, si legge in un
documento depositato da UniCredit presso Borsa Italiana, Via Nazionale infatti
«ha rilasciato l'autorizzazione alle modifiche » dello statuto «con la
precisazione che ricade nell'esclusiva competenza del consiglio di
amministrazione (e non può quindi formare oggetto di delega) l'eventuale
costituzione di comitati interni agli organi aziendali». Unicredit ha quindi
integrato la proposta di modifica dell'articolo interessato dall'osservazione,
il numero 23, «al fine di recepire fin da subito l'indicazione della Banca
d'Italia». Al.G. © RIPRODUZIONE RISERVATA MANAGEMENT & CREDITO Profumo
punta su una donna (l'unica in un grande gruppo) per il delicato incarico di
chief financial officer Il dialogo con gli investitori
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-23 - pag: 43 autore: Assicurazioni. Il
Parlamento approva la riforma sui requisiti patrimoniali L'Europa vara Solvency
II Più garanzie per le polizze Entro il 2012 la direttiva deve essere recepita
dagli stati membri Adriana Cerretelli STRASBURGO Con 593 voti a favore, 80
contrari e 3 astensioni l'europarlamento ha adottato ieri in prima lettura la
direttiva Solvency II, che aggiorna la legislazione del settore assicurativo in
Europa, vecchia ormai di trent'anni. Sulla necessità della riforma si era
cominciato a riflettere due anni fa. Poi l'esplosione della
crisi finanziaria e l'urgenza di ripristinare al più presto e dovunque stabilità e
fiducia, hanno indotto ad accelerare i tempi della decisioni. E così l'intesa
di compromesso raggiunta dal Consiglio dei ministri e dagli euro-deputati prima
del voto, ha consentito ieri il varo definitivo della direttiva già in prima
lettura, saltando tutti i passaggi che seguono nel normale iter
legislativo. A questo punto gli Stati membri avranno tempo fino al 31 ottobre
2012 per trasporre la riforma nei rispettivi ordinamenti nazionali. Tre anni
dopo la sua entrata in vigore, cioè nel 2015, la Commissione europea dovrà
presentare una proposta per rafforzare il sistema di sorveglianza delle grandi
società d'assicurazione,in altre parole della dozzina di gruppi multinazionali,
da Allianz a Generali passando per Axa, che dominano il mercato europeo. Una
delle grandi novità della riforma targata Solvency II riguarda proprio la
supervisione, che alla fine non è risultata però innovativa e integrata quanto
molti avrebbero auspicato. Proprio per questo nell'accordo approvato ieri è
stato scolpito l'impegno ad andare oltre, sia pure con gradualità: migliorando,
in una seconda fase e alla luce dell'esperienza maturata sul terreno, le
decisioni appena prese. Attualmente i gruppi transeuropei sono costretti a fare
i conti con tante autorità nazionali di supervisione quanti sono i paesi
dell'Unione in cui sono presenti. In futuro invece tutti i supervisori cui oggi
fanno capo saranno riuniti in un gruppo, che diventerà l'interlocutore unico
cui rivolgersi. Un vantaggio per le compagnie assicurative che si vedranno la
vita semplificata e uno anche per il mercato unico, dove le autorità di
controllo " consorziate" potranno meglio scambiarsi le informazione e
coordinarsi sul piano operativo. La riforma originaria era decisamente più
ambiziosa: prevedeva infatti di attribuire poteri speciali all'autorità di
vigilanza della casa madre dei gruppi transeuropei: in particolare quello di
decidere illivello dei fondi propri delle filiali disseminate negli altri paesi
dell'Unione. Impossibile però far digerire l'idea ai Governi dei piccoli paesi,
messi in allarme dalla prospettiva di ritrovarsi espropriati delle proprie prerogative.
Altro pilastro qualificante di Solvency II è un sistema più sofisticato di
valutazione dei rischi e di fissazione dei requisiti di solvibilità a garanzia
dei clienti e degli investitori. Di qui l'introduzione di criteri più severi e
trasparenti per quanto riguarda i capitali. Le società di assicurazione e
riassicurazione dovranno in particolare detenere fondi propri ammissibili che
rispondano al requisito patrimoniale di solvibilità, da calcolare secondo la
formula standard prevista dalla direttiva. E calibrato in modo da garantire che
siano presi in considerazione «tutti i rischi quantificabili cui è esposta
un'impresa». Il requisito patrimoniale dovrà coprire sia l'attività esistente
sia quelle che si prevedono per l'anno successivo:qualora il parametro
scendesse al di sotto del livello calcolato, si imporrà l'intervento della
vigilanza che potrà richiedere l'aumento del capitale. La direttiva prevede
anche che i fondi propri debbano essere tali da coprire il requisito di
capitale minimo, che andrà calcolato «in modo chiaro e semplice» anche per
evitare che «contraenti e beneficiari siano esposti a un livello di rischio
inaccettabile». Sotto la spinta della crisi finanziaria
in atto, oggi l'europarlamento approverà anche il nuovo regolamento Ue sulle
agenzie di rating. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: Finanza sotto inchiesta.
Cresce la pressione della Sec e dell'Fbi sui responsabili del dissesto A Wall
Street la sindrome da assedio Non bastavano la recessione economica, il crollo
delle Borse, peggio che nel 1929 (parola del segretario al Tesoro Timothy
Geithner), i mercati finanziari
in dissesto e, adesso, la tragedia di una morte. Oggi Wall Street è in piena
sindrome da accerchiamento e psicosi giudiziaria. Dal crack da 50 miliardi di
dollari di «Bernie» Madoff, fino alle accuse allo «Zar» dell 'auto, passando
per i mega-bonus dei banchieri della city newyorchese, ingordi di
milioni nonostante gli istituti siano sull'orlo del collasso, Procura di New
York, Sec e Fed (le principali autorità di controllo americane sul mondo della
finanza) hanno avviato un'offensiva giudiziaria senza precedenti. Sarà che
crisi e scandali finanziari vanno spesso a braccetto,
ma Andrew Cuomo, il potente super-procuratore dello Stato di New York, sempre a
caccia dei vizi di Wall Street, ormai sta intervenendo a tutto campo, dagli
hedge fund ai private banker gestori di patrimoni, fino a manager e fondi
pensione. L'ultimo affondo è di ieri: il funzionario dello Stato di New York
Thomas Di Napoli ha lanciato un'offensiva contro lobbysti, broker e
intermediari che sarebbero coinvolti in un caso di «mazzette» relative alla
gestione del fondo pensione dello Stato. Uno dei tanti fascicoli aperti da
Cuomo, forse il più politicamente scottante perché riguarda il fondo di
investimenti Quadrangle creato nel 2000 da Steven Rattner, l'uomo che guida la
task force voluta dal presidente Barack Obama per la ristrutturazione
dell'industria automobilistica. Lo «Zar» dell'auto sarebbe sotto inchiesta per
un presunto pagamento di tangenti per ottenere contratti con il fondo
previdenziale di New York, un mega portafoglio investimenti che vale 122
miliardi di dollari. è già finito davanti al Tribunale Bernard Madoff, l'ex
presidente del Nasdaq e responsabile della più grande truffa ai danni degli
investitori. Sulla scia del crack, altri casi di "piccoli Madoff"
sono venuti alla luce: come quello di Robert Allen Stanford, signore texano
proprietario di banche ad Antigua e Barbuda, isole delle Antille dove
l'economia si sorregge in buona parte proprio sulle attività finanziarie
del tycoon. Stanford è finito al centro di uno scandalo da otto miliardi di
dollari. Quattro vittime del texano, che lamentano perdite per 1,75 milioni,
hanno presentato alla magistratura una richiesta di class action a nome tutti
quelli rimasti scottati dagli investimenti di Stanford. L'uomo, rintracciato
dall'Fbi, è stato accusato dalla Sec di aver ingannato i clienti. Su più larga
scala, invece, l'inchiesta aperta sul caso Aig. Una coalizione di 19 Stati Usa
ha avviato un'indagine sui bonus pagati dalla grande compagnia di
assicurazione, che con la sua crisi ha minacciato di travolgere il sistema finanziario e costretto il governo a un salvataggio costato
oltre 173 miliardi. L'alleanza giudiziaria, guidata dal procuratore generale
del New Jersey Anne Milgram, intende far luce su "potenziali truffe"
e violazioni di leggi locali. Nel mirino del super procuratore Cuomo sono poi
finiti anche i manager della finanza e i loro mega stipendi. L'indignazione
dell'opinione pubblica è salita allestelle dopo che si è appreso l'ammontare
delle remunerazioni percepite mentre le rispettive aziende chiedevano aiuti
allo Stato per sopravvivere. Undici dirigenti di Aig, già sotto la lente per l'indagine
su presunte irregolarità, hanno incassato bonus per 165 milioni prima di
lasciare la compagnia. E per quei bonus Cuomo ha emesso dei mandati di
comparizione. Al Ceo di Bank of America, Kenneth Lewis, invece Cuomo ha chiesto
di rendere noti i compensi concessi a Merrill Lynch e alla stessa Bofa,con i
nomi di tutti i manager che hanno ricevuto più di un milione di bonus nel 2008.
S.Fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: Suicida il Cfo di
Freddie Mac Si impicca Kellermann, il manager del big dei mutui travolto dalla
bolla Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente La Washington che
conta, i banchieri,Wall Street,lo stesso segretario al Tesoro Tim Geithner,
tutti erano sotto shock ieri, dopo aver appreso la notizia del suicidio di
David Kellerman, 41 anni, il direttore finanziario ad interim di Freddie Mac,
una delle due grandi finanziarie di stato che garantiscono i mutui immobiliari.
Lo shockè su più livelli. Un suicidio proprio ora, che le cose sembravano
stabi-lizzarsi nel settore finanziario? C'è forse qualcosa che non sappiamo
nella gestione della crisi e di Freddie Mac e Fannie Mae in particolare, i due colossi
nazionalizzati dal governo americano lo scorso autunno per evitare che la crisi finanziaria diventasse crisi sistemica? La risposta che
giunge per ora dal mercato sembrerebbe dirci di no:l'indice Dow Jones non ha
avuto reazioni particolari alla notizia del suicidio di Kellerman e i titoli
bancari in genere non hanno mostrato andamenti contrari alla normalità
fisiologica. Poteva esserci dunque un elemento personale? Possibile che David
fosse coinvolto in qualche giro strano, che avesse commesso delle irregolarità
o delle truffe? In effetti sia la procura federale di New York che la Sec
avevano aperto delle inchieste per far luce su presunte irregolarità contabili
nei libri dell'istituzione. Da più parti si insinuava che potessero esserci
stati degli episodi di corruzione non ancora venuti alla luce.L'inchiesta è
stata poi trasferita al procuratore federale del distretto della Virginia che
proseguiva le indagini. Ma su questo c'è stata la smentita formale della stessa
Freddie Mac: «Non ci risulta vi sia alcun collegamento fra questa terribile
vicenda personale e le inchieste in corso all'interno della magistratura e
delle autorità di controllo che abbiamo recentemente pubblicizzato nei
documenti inviati alla Sec »ha dichiarato ieri David Palombi, il portavoce
dell'istituzione. Ma una ragione che giustificasse il suicidio fino a ieri non
la si trovava certo nella vita privata di Kellerman, che aveva recentemente
ricevuto un bonus da 800mila dollari. Tutto sembrava perfetto. Era un uomo
giovane, energico, volto e sorriso da sogno americano, felicemente sposato,
padre di una bimba di cinque anni, casa in mattoni rossi con un grande prato
all'inglese nel quartiere Hunter Mill Estates di Reston, un sobborgo bene della
contea Fairfax, in Virginia, appena fuori dalla Capitale. David aveva un master
in finanza alla George Washington University e una laurea dall'Università del
Michigan, una delle quattro migliori università statali del Paese. Era stato
subito assunto dopo il master, 16 anni fa, da Freddie Mac dove ha fatto tutta
la sua carriera partendo dal primo livello, quello di analista finanziario. Era
stato promosso lo scorso autunno in quella che doveva essere la grande
occasione della sua vita: ancora molto giovane, già responsabile di tutte le
attività finanziarie di uno dei grandi colossi Usa. Se Freddie Mac navigava in
acque molto difficili, non era certo non per colpa sua. Il problema era
soprattutto di origine politica,non certo manageriale e non certo al suo
livello. Di più, David era di fatto uno "statale", sotto pressione
certo, c'era in ballo una delle più grandi operazioni di risanamento della
storia americana, ma era a stipendio fisso, visto che la finanziaria
immobiliare per cui lavorava era stata nazionalizzata. Semmai la sua sfida era
densa di motivazioni. Come aveva confidato a un vicino, aveva la possibilità di
dimostrare in un paio d'anni di aver rimesso a posto un gigante finanziario
oberato da titoli tossici e di poter passare al settore privato dove avrebbe
potuto guadagnare molto di più. «La loro casa era per noi una fonte di gioia –
dichiara Fred Unger, 64 anni, un vicino –il nostro è un quartiere tranquillo,
ci conosciamo tutti, il fatto che ci fosse una famiglia giovane era molto
bello. Le loro decorazioni natalizie, o quelle per Halloween erano la più belle
del quartiere. Siamo davvero sconvolti». In effetti nessuno, non i colleghi,
non i vicini e tanto meno la moglie, immaginava che David potesse scegliere di
togliersi la vita in modo così drammatico. La sua è stata una decisione
meditata. La sera prima era andato a dormire normalmente, si è poi alzato in
mezzo alla notte, sembra fra l'una e le due del mattino e si è recato in
cantina dove ha sistemato una fune sulle travi del soffitto, è salito su uno
sgabello e si è impiccato. è stata la moglie a trovarlo quando si è accorta che
non era più a letto, ha chiamato la polizia alle 4.48 del mattino. La polizia
ha confermato il suicidio. Ora si cercano motivazioni nascoste. Su Internet si
è scatenata una ridda di congetture, la più creativa e preoccupata, quella di
Valkyrie123 su un sito di breaking news:«Il direttore finanziario sapeva tutto.
Sa quello che il governo rifiuta di comunicare al pubblico.Freddie e e Fannie
precipitano e si porteranno con loro il resto dell'economia.La fine è vicina,
lo sapeva&». Altri sospettano che sia stato ucciso& In realtà,le
motivazioni al suicidio in situazioni simili dipendono in genere da fortissimi
esaurimenti, David non è stato il primo. In questa crisi
abbiamo visto i suicidi dell'industriale tedesco Adolf Merckle, 74 anni. Il
gennaio scorso si buttò sotto un treno nella città di Ulm, poco lontano dalla
sua casa. Merckle controllava un impero con un fatturato di 30 miliardi di
euro, con aziende che impiegava circa 100mila dipendenti. Ci fu poi il suicidio
di Rene-Thierry Magon de la Villeuchet, 65 anni, un raffinato
moneymanagerfrancese che aveva investito almeno 1,4 miliardi di dollari dei
suoi facoltosi clienti nel fondo truffa di Bernard Madoff. In dicembre si è
tolto la vita anche Alex Widmer,l'a.d.della banca Julius Baer e uno dei più
rispettati manager patrimoniali svizzeri: aveva commesso un errore facendo
investimenti sbagliati. Ma aveva anche perso l'adorata moglie appena tre anni
prima. © RIPRODUZIONE RISERVATA GESTO ESTREMO Il direttore finanziario del
gruppo «commissariato» non era indagato, ma non ha retto alla pressione: nessun
biglietto di spiegazioni Nuovo scossone per Freddie Mac. Un poliziotto davanti
all'abitazione di David Kellerman EPA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 2 autore: ANALISI Quella banca al
centro del crollo dei subprime di Mario Margiocco F reddie Mac, e la sorella
maggiore Fannie Mae, sono le due megafinanziarie del settore immobiliare che,
condotte diversamente e soprattutto indirizzate
diversamente dalla classe politica degli Stati Uniti, avrebbero risparmiato al
mondo la crisi
finanziaria del 2007-2008, con tutti i suoi
strascichi. Qualcosa sarebbe successo ugualmente, perché la mole di debito nel
sistema era comunque eccessiva, negli Stati Unitie non solo. Ma senza Freddie e
Fannie sarebbe successo dopoe in modo diverso. Quella del suicidio è la
più mi-steriosa delle decisioni umane, e null'altro da qui si può dire sulla
fine di David B.Kellermann. Lavorando con Freddie però, o con Fannie, è stato
inevitabile assistere in qualche modo alla degenerazione del più potente
sistema finanziario del mondo, al suicidio finanziario deciso dalla grande
maggioranza della sua classe politica e dirigente, che si è comportata –su
Freddie e Fannie gli allarmi ci sono stati, e anche forti, interni ed esterni,
ma inefficaci – come se il debito fosse roccia su cui costruire. Fannie e
Freddie erano da anni un tipico ibrido americano. Fannie nasceva nel 38 su basi
chiare: una società pubblica per aiutare indirettamente i meno abbienti ad
acquistare casa. Non concedendo mutui, ma acquistandoli sul mercato secondario
da chi li concedeva, e in parte rivendendoli cartolarizzati sul mercato, e
assicurandoli. A chi comprava i titoli veniva e viene quindi garantito
l'interesse pattuito. Oggi che una cospicua minoranza non paga più, pagano
quindi Freddie e Fannie. Da qui le grosse perdite. Nel 68 la chiarezza degli
statuti si appannava. Fannie non aveva mai superato fino ad allora il 5% del
mercato. Ma Lyndon Johnson, pressato dai costi del Vietnam, la privatizzò,
togliendole quindi la garanzia esplicita del bilancio federale, ma lasciandola
sempre sotto gli statuti dettati dal Congresso. Due anni dopo a Fannie veniva
affiancata Freddie, del tutto simile, per creare un'alternativa. Quotate in
Borsa, le due finanziarie si finanziavano con obbligazioni, anche in mani
internazionali, asiatiche soprattutto, per 1.500 miliardi. Già nel 97 gli asset
di Fannie superavano di 80 miliardi quelli di General Electric. Spinte con
forza da Washington, Freddie e Fannie arrivavano a detenere nell'estate del
2008 metà dei circa 12 mila miliardi di mutui immobiliari americani. Adesso,
dal 7 settembre sotto la tutela del bilancio federale, hanno già incassato
circa 500 miliardi di aiuti secondo la contabilità della crisi
tenuta dall'agenzia Bloomberg, su un totale già previsto per loro dalla Federal
Reserve e dal Tesoro di 2.000 miliardi di dollari (più del Pil italiano). è la
voce maggiore nel gigantesco totale di 12.800 miliardi messi in campo per
tamponare la crisi e rilanciare l'economia. Salvare
Fannie e Freddie potrebbe quindi costare alla fine non meno di tre guerre del
Vietnam, conflitto costato in dollari di oggi poco meno di 700 miliardi. Le due
megafinanziarie si sono trovate a muoversi tra l'ambiguità istituzionale, la
commistione e il servizio con e alla classe politica, e il lobbismo. Fino a
provocare la più grossa deflagrazione della storia finanziaria
mondiale con il bilancio federale che di colpo, il 7 settembre 2008, si dovette
fare carico dei 5.400 miliardi di titoli cartolarizzati che Fannie e Freddie
hanno emesso e garantito, per un terzo trattenuti e per due terzi venduti sui
mercati. L'ambiguità derivava dal fatto che Fannie e Freddie strizzavano
l'occhio e dicevano "siamo pubbliche" quando dovevano raccogliere
fondi sul mercato o vendere titoli, ma avevano nella gestione tutta la libertà
di una società privata. La commistione, che fu soprattutto con i democratici di
cui Fannie e Freddie sono state dai primi anni 80 un feudo, sia pure con favori
bipartisan, incominciò a farsi pesante con David O. Maxwell, presidente di
Fannie negli anni 80, e si fece pesantissima con James A. Johnson, figlio di
una dinastia democratica del Minnesota, grande amico dei due ministri del
Tesoro di Clinton, Bob Rubin e Lawrence Summers, e come loro protagonista del
grande abbraccio, durante l'era Clinton, fra il partito democratico e Wall
Street. Johnson è stato il superlobbista per 20 anni, manager finanziario sia a
Lehman che a Goldman Sachs, e quando era al vertice di Fannie un vero
Medici-sul-Potomac, data la munificenza, da presidente del Kennedy center e
presidente del Board of Trustees della Brookings. Le due Gse (Government
sponsored enterprises), avevano un mutuo su quattro nel 91, all'inizio dell'era
Johnson. Ne avevano uno ogni due nel 2008. La politica le ha sempre spinte ad
abbassare i criteri di acquisto, fino ad entrare anche nel mercato dei
subprime, e di altri mutui a rischio. Nel novembre del 99, contemporaneamente
al passaggio della legge Gramm-Leach-Bliley che dava il via libera alla nuova
finanza, passava il Community reinvestment act, che spingeve le banche a
concedere sempre più mutui. Nessun rischio, Fannie e Freddie li acquistavano. Il
Sole 24 Ore scriveva il 12 marzo 2008 che Freddie e Fannie sarebbero state «il
punto di rottura o di tenuta, in qualche modo, della crisi
finanziario-immobiliare che attanaglia gli Stati Uniti ». Di tenuta se si
salvavano sul mercato, di rottura se Washington avrebbe dovuto salvarle. A
settembre, con circa 200 miliardi di titoli in scadenza, si vide subito che il
mercato non rispondeva. E Washington, con molti miliardi del contribuente,
chiarì il lungo equivoco tra pubblico e privato. mario.margiocco@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA IL COLOSSO DEI PRESTITI Da pilastro del mercato
immobiliare a strumento dei politici per creare consenso elettorale
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 3 autore: Guerra fiscale sugli
utili off-shore Morya Longo Solo per i dieci maggiori gruppi quotati a Wall
Street potenzialmente è una "bomba" da 20 miliardi di dollari. Per
questo, società del calibro di Cisco, Coca Cola, Pfizer o HP sono in tensione.
L'amministrazione Obama ha infatti in cantiere una riforma fiscale dai contorni
ancora incerti ma con un obiettivo molto preciso: aumentare la tassazione sugli
ingenti profitti realizzati dalle multinazionali all'estero.E questo fa paura
ai colossi di Wall Street: oltreconfine – e principalmente nei paradisi fiscali
– le prime 40 aziende americane nel 2007 hanno infatti realizzato 122 miliardi
di dollari di utili, secondo le stime di «Tax Notes ». Per questo le lobby si
stanno già muovendo per dare battaglia a Obama. Ma la Casa Bianca vuole andare
avanti. La partita è di quelle da miliardi di dollari. La normativa attuale
prevede che i gruppi industriali che hanno società all'estero (paradisi fiscali
inclusi) pagano le tasse solo quando rimpatriano i soldi negli Usa.
Notoriamente i colossi cercano di tenere questi utili il più possibile fuori. O
meglio: in realtà i soldi stanno nei conti correnti di banche americane, ma il
loro utilizzo è limitato. Fino al rimpatrio. L'amministrazione Bush, a fine
mandato, aveva addirittura reso questa normativa ancora più in linea con i
desiderata di Wall Street, aumentando le finestre che le società possono
sfruttare per rimpatriare i capitali dalle società offshore. Ma Obama è di
diverso avviso: vuole aumentare in qualche modo (ancora nessuno ha capito con
quali modalità) la tassazione su questi utili. A scontrarsi sono due diversi
interessi. Da un lato ci sono quelli dello Stato americano, che quest'anno ha
già impiegato – per combattere contro la crisi finanziaria
–ben 12.800 miliardi di dollari: cifra quasi pari all'intero Prodotto interno
lordo degli Usa di un anno. è comprensibile, dunque, che la Casa Bianca voglia
aumentare le entrate fiscali andando ad aggredire gli utili prodotti nei
paradisi fiscali. Dall'altro lato ci sono invece gli interessi delle aziende,
già duramente provate dalla crisi finanziaria. Il Wall
Street Journal ha calcolato quale potrebbe essere l'impatto di una riforma di
questo tipo. Hewlett Packard e Cisco, per esempio, nel 2008 hanno ridotto il
carico fiscale rispettivamente di 16,9 e 16,1 punti percentuali grazie ai
paradisi fiscali. General Electric, sempre nel
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 5 autore: L'outlook globale. «La
luce alla fine di un lungo tunnel» Nel mondo ripresa lenta nel 2010 WASHINGTON.
Dal nostro inviato Il Fondo monetario vede «la luce alla fine di un lungo
tunnel", una luce che però non arriverà, con il ritorno alla crescita,
prima della fine di quest'anno, e solo se verranno messe in atto politiche
economiche forti sul fronte macroeconomico e quello finanziario. Per ora, però,
l'economia mondiale è nel pieno della peggiore recessione dal secondo
dopoguerra, con una contrazione dell'1,3% prevista per quest'anno, mentre la
ripresa, che sarà lenta, arriverà solo nel 2010, ma non tornerà su ritmi
normali entro la fine dell'anno prossimo. Ancora nel gennaio scorso, l'Fmi
prevedeva che la crescita globale potesse arrivare allo 0,5% quest'anno e al 3%
il prossimo. Nel 2010, ritiene ora il Fondo, l'economia mondiale dovrebbe
crescere dell'1,9 per cento. Due forze sono in azione, secondo il capo
economista dell'Fmi, Olivier Blanchard: una che trascina l'economia globale al
ribasso e che per ora è dominante, l'altra, che cerca di farla risalire, sono
le azioni dei Governi. La prima è stata originata dalla crisi finanziaria e amplificata dal crollo della fiducia e della domanda dalla
fine del 2008. Un "circolo vizioso" si è innestato fra finanza ed
economia reale, ha detto Blanchard, per cui il rapporto fra le due forze verrà
alterato solo dal miglioramento dello stato di salute del sistema finanziario e
dall'efficacia delle misure per ristabilirla. L'epicentro della
recessione, secondo l'Fmi,sono gli Stati Uniti, che accuseranno un calo del
prodotto interno lordo del 2,8% nel 2009, per risalire solo alla crescita zero
nel 2010. I "barlumi di speranza" individuati dal presidente
americano Barack Obama sono per ora, ha sostenuto l'economista dell'Fmi Charles
Collyns, più che altro segnali di rallentamento della recessione. Ma è l'Europa
ora a subire gli effetti più pesanti e anche la sua uscita dalla crisi sarà più lenta: la contrazione del Pil nell'area
dell'euro arriverà al 4,2% quest'anno e continuerà, per lo 0,4%, il prossimo.
Il Fondo è critico dell'insufficiente coordinamento fra i Governi europei e dal
fatto che le autorità del Vecchio continente siano state «sorprese dalla
virulenza della crisi». Secondo l'Fmi, tra l'altro, la
Banca centrale europea ha ancora spazio per allentare la politica monetaria. La
risposta della politica economica non ha ancor fatto presa, ma senza di essa,
ha sostenuto Blanchard, la situazione, che è negativa, sarebbe stata molto
peggio, fino a degenerare quasi in depressione, con una contrazione del Pil
mondiale del 3%. Il Fondo riconosce che gli stimoli fiscali adottati dai Paesi
del G-20 si avvicinano al 2% del Pil chiesto nell'autunno scorso dallo stesso
Fmi, ma afferma che nel 2010 gli sforzi dovranno essere mantenuti, se non
aumentati. Alla contrazione dei Paesi avanzati, che toccherà quest'anno il
3,8%, fa parzialmente da contrappeso la tenuta della Cina, che anche quest'anno
crescerà del 6,5% e del 7,5% il prossimo. Le autorità cinesi, osserva l'Fmi,
hanno risposto rapidamente e in modo vigoroso alla crisi.
Le economie emergenti e quelle in via di sviluppo cresceranno dell'1,6% nel
2009 e del 4% nel 2010, ma hanno subìto le ripercussioni del crollo della
domanda mondiale per le loro esportazioni, della caduta dei prezzi delle
materie prime e della paralisi dei flussi finanziari. A. Me. © RIPRODUZIONE
RISERVATA
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-23 - pag: 5 autore: Fmi: Italia, stop a
stimoli fiscali Il Pil giù del 4,4% quest'anno e dello 0,4% nel prossimo - Il
debito non dà margini Alessandro Merli WASHINGTON. Dal nostro inviato Brusca
contrazione dell'economia italiana, in linea con la media dell'area dell'euro,e
timida ripresa alla fine del 2010. Nessuno spazio per misure di stimolo fiscale
per favorire il rilancio dell'attività, a causa dell'alto
debito pubblico e del rischio di reazione dei mercati finanziari.
Tagliando nettamente, come per il resto del mondo, le cifre presentate non più
tardi del gennaio scorso, il Fondo monetario prevede ora una forte caduta del
prodotto interno lordo dell'Italia, pari al 4,4% quest'anno, e più contenuta,
allo 0,4, l'anno prossimo. Nell'ultimo trimestre del 2010, la crescita
tornerà positiva, seppure solo per uno 0,2 per cento. Non aiuta il crollo del
Pil tedesco, addirittura del 5,6% nel
( da "Giorno, Il (Milano)"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
BREVI pag. 19
Betlemme aspetta il Papa Kefiah sulle spalle di Ratzinger L' UDIENZA GENERALE
DONO Una giovane palestinese mette al collo di papa Benedetto XVI una kefiah
bianca e nera (Reuters) CITTÀ DEL VATICANO C'è un nesso tra
la «crisi economica mondiale» e la «cupidigia» che è origine «di tutti i
vizi e di tutti i mali» non solo per le persone ma anche per le «società». Il
Papa, attento ai problemi innescati dalla crisi finanziaria,
ha fatto questa riflessione durante l'udienza generale in piazza San Pietro,
davanti a circa 35mila persone. A fine udienza una nota di colore,
grazie a due ragazzi di Betlemme che hanno regalato una kefiah bianca e nera a
Benedetto XVI, che l' ha indossata sulle spalle: un anticipo di Terra Santa,
portato da 27 fedeli della parrocchia Campo dei pastori' di Betlemme mentre
papa Ratzinger si prepara a partire, l'8 maggio, per Giordania e Israele. Il
Santo Padre ha conversato per un po' con i due giovani di Betlemme e poco dopo
il suo segretario mons. Georg Gaenswein ha tolto la kefiah dalle spalle del
Pontefice. Sempre ieri, con una iniziativa insolita e subito contestata, il
ministro israeliano del turismo Stas Misezhnikov (Israel Beitenu, destra
radicale) ha formalmente chiesto al Papa di astenersi dal ricevere
prossimamente in Vaticano il sindaco di una cittadina araba della Galilea perché
«è un sostenitore del terrorismo». Image: 20090423/foto/5877.jpg
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 23/04/2009 - pag: 1 IDEE PER IL DOPO CRISI
L'OCCASIONE DELLE RIFORME di FRANCESCO GIAVAZZI L a crescita cinese, più 6,1%
nel primo trimestre dell'anno, seppure in discesa rispetto al 9% del 2008, è il
segno che l'economia mondiale non è crollata. Fra le famiglie americane ritorna
un po' di speranza: l'indice della fiducia dei consumatori è salito in Aprile a
61.9, il livello più elevato degli ultimi sette mesi, 12% meglio che nello
scorso autunno. La caduta degli investimenti si è attenuata: cresce il numero
delle imprese che dice di aver aumentato gli investimenti (sebbene continuino
ad essere più numerose quelle che li stanno ancora tagliando). I tassi di
interesse su titoli decennali iniziano a salire, prova che
i mercati finanziari cominciano a vedere la ripresa e un'inversione della politica
monetaria della Federal Reserve. Certo, le banche americane rimangono molto
fragili e nell'economia reale soprattutto in Europa dove il ciclo è
tradizionalmente sfasato di sei mesi rispetto a quello americano il peggio deve
ancora arrivare. Ma è venuto il momento di cominciare a pensare al dopo.
Nonostante il crollo degli ordini 30-40 per cento meno di un anno fa gli
imprenditori italiani non sembrano aver perduto la fiducia. Come ha scritto sul
Corriere Dario Di Vico: «Mentre le élite si accapigliano sul ritorno di Keynes,
le aziende del Nord Est non smettono di far girare le macchine, di cercare idee
nuove, prodotti diversi, tecnologie più avanzate. Sono coscienti della gravità
della recessione, ma sanno anche che un giorno passerà e che quel giorno non
bisogna farsi trovare con le mani in mano. Anzi che è il caso di porsi oggi
quei problemi che il travolgente sviluppo a due cifre degli anni scorsi ha
aperto e ha lasciato insoluti, a cominciare dal paesaggio distrutto dai
capannoni ». Con straordinaria abilità Sergio Marchionne ha sfruttato la crisi
per far uscire la Fiat dall'angolo. Un anno fa la domanda ricorrente era: «In
Europa c'è un produttore di automobili di troppo: chi chiuderà? ».
L'acquisizione della Chrysler apre all'azienda di Torino il mercato americano,
che aveva lasciato all'inizio degli anni 70 e nel quale non era più riuscita a
rientrare. La domanda «chi chiuderà?» non riguarda più la Fiat. E la politica?
Rahm Emanuel, Chief of Staff del presidente Obama e la persona più influente
nella nuova amministrazione, ripete spesso: «Non vuoi certo sprecare
l'occasione di una grave crisi: le crisi sono opportunità straordinarie per
fare cose che in tempi normali paiono impossibili». Marchionne insegna.
Possiamo cogliere appieno l'occasione anche noi? Alzare l'età della pensione
non è solo necessario: in un momento in cui le famiglie sono preoccupate per il
loro futuro potrebbe essere persino popolare. Il governo potrebbe incalzare
Confindustria e sindacato proponendo uno scambio virtuoso fra un sistema
moderno di sussidi di disoccupazione e la revisione dello Statuto dei
lavoratori. Invece, fino ad oggi, ha limitato gli interventi all'emergenza:
palliativi costosi ma insufficienti (estendere via via la cassa integrazione
non è il modo per dare certezze a chi ha perso il lavoro e sostenere i consumi)
e che non hanno affrontato alcuno dei nostri problemi strutturali. È venuto il
momento di smetterla con le inutili discussioni sulle colpe della finanza e sul
futuro del capitalismo (certo non saremo noi a determinarne la svolta, se mai
ci sarà) e invece pensare al domani. CONTINUA A PAGINA 38
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 5 Il Fmi: l'economia frena La
ripresa? Dal 2010 E all'Italia consiglia: niente nuovi stimoli fiscali La
crescita mondiale giù dell'1,3%, rialzo dell'1,9% l'anno prossimo. Per Roma
stime in calo al 4,4%, poi meno 0,4% DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON È difficile
dare risalto ai segnali di «rallentamento del passo della crisi» che pure
esistono, o ai primi cenni di stabilizzazione dei mercati finanziari, quando le previsioni per il futuro dell'economia restano
negative come quelle diffuse ieri dal Fondo monetario. Alla «debole luce» della
prospettiva di ripresa, comunque confermata a livello mondiale per la seconda
metà del 2010, si contrappone infatti la maggiore forza della recessione.
Che potrà essere battuta, dice il Fondo, solo quando si affermerà la stabilità finanziaria. L'Europa e l'Italia non fanno eccezione. Anzi.
Per il nostro paese gli economisti di Washington, nel nuovo outlook presentato
ieri, prevedono una caduta del Pil del 4,4% nel 2009 e dello 0,4% nel 2010. E
poiché è inevitabile l'impatto sui conti pubblici, il rapporto deficit-Pil
salirà a quota 5,4% nel 2009 e al 5,9% nel
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 6 Crac mutui Usa, il suicidio del
supermanager Kellermann, 41 anni, trovato impiccato. Era incalzato da
magistratura e media Il capo della finanza di Freddie Mac. Le polemiche sul
bonus da 800 mila dollari. Indagini sulle irregolarità contabili DAL NOSTRO
INVIATO NEW YORK - La moglie l'ha trovato prima dell'alba in cantina,
impiccato. A differenza di qualche altro personaggio del mondo della finanza
che si è suicidato perché era andato in rovina, David Kellermann non ha retto
alla tensione dopo essere finito nel mirino degli investigatori e anche della
stampa. La Sec (la Consob americana) e il ministero della Giustizia stanno,
infatti, indagando da tempo su possibili irregolarità contabili commesse da
Freddie Mac, il gigante dei mutui di cui Kellermann era direttore finanziario.
E i giornalisti avevano preso ad appostarsi davanti alla sua bella casa nella
contea di Fairfax, in Virginia, a poche miglia da Washington, dopo che il
manager aveva «fatto notizia» per aver ricevuto un corposo «bonus » (800 mila
dollari), nonostante le gigantesche perdite denunciate dalla sua società. Per
difendere la sua «privacy », Kellerman si era rivolto a un'agenzia privata di
sorveglianza, ma ad angosciarlo erano soprattutto le indagini giudiziarie: i
vicini, che lo vedevano teso e dimagrito, raccontano ora di avergli suggerito
più volte di cambiare vita e lavoro. A differenza di altri
suicidi originati dalla crisi
finanziaria - come quelli dei «broker» andati
in rovina per speculazioni sbagliate o perché truffati da Bernie Madoff -
stavolta il gesto disperato potrebbe derivare dalle responsabilità contabili
del giovane manager. Appena 41enne, Kellermann era stato nominato direttore
finanziario di Freddie Mac solo nel settembre scorso. Ma aveva alle
spalle già 15 anni di lavoro (prima con ruoli minori, poi come capo della
contabilità) nella società mista pubblicoprivata che, insieme alla «gemella »
Fannie Mae, è titolare di oltre metà dei mutui concessi ai proprietari di case
negli Usa. All'inizio dello scorso settembre proprio la crisi
di Fannie & Freddie è stato il primo segnale dello «tsunami» che si stava
abbattendo sulla finanza Usa: una settimana dopo il salvataggio delle due
finanziarie pubbliche, già costato ai contribuenti americani oltre 60 miliardi
di dollari, Wall Street è crollata di schianto sotto il peso del fallimento
della Lehman Brothers. Da allora la situazione della finanza Usa non ha fatto
che avvitarsi. Esauriti i «cuscini» di liquidità, banche e gloriose istituzioni
finanziarie sono state costrette ad ammettere di aver fatto scelte azzardate o
addirittura irresponsabili. E sono venute alla luce imprese criminali come
quella perpetrata da Bernard Madoff. Proprio la «truffa del secolo» ha rovinato
e spinto al suicidio tre finanzieri: uno in Germania, uno in Inghilterra e il
francese Rene-Thierry Magon de la Villehuchet che si è tolto la vita a New
York. Prima di loro c'era stato il suicidio di Barry Fox, un manager della Bear
Stearns. Complessivamente, però, non si può dire che la crisi
attuale, per quanto grave, abbia prodotto un'ondata di gesti disperati. Del
resto anche quella dei suicidi di massa nel 1929 del «Grande crollo» è, in gran
parte, una leggenda: a Wall Street non mancarono di certo i gesti disperati, ma
fece più vittime la disoccupazione di massa che la rovina finanziaria:
il numero dei suicidi, che nel '29 fu di 14 per 100 mila abitanti, salì fino a
17 su 100 mila nel 1933, quando un americano su quattro si trovò senza lavoro.
Oggi siamo su livelli decisamente più bassi (11 suicidi per ogni 100 mila
abitanti), anche se non mancano casi impressionanti come quello del padre
ridotto sul lastrico che, qualche settimana fa nel Maryland, ha sterminato l'intera
famiglia e si è ucciso. Il caso di Kellermann è però particolarmente
inquietante perché sembra indicare che, nonostante tutti i tentativi di
risanamento e «normalizzazione» attuati mese dopo mese dal Tesoro, i conti di
alcune delle strutture finanziarie più importanti e delicate del Paese possono
ancora nascondere realtà dirompenti. Ieri la Freddie Mac - che ha appena perso
David Moffett, l'amministratore delegato che era stato nominato solo cinque
mesi fa dal governo per cercare di rimettere ordine nella società - ha
dichiarato di non vedere un collegamento tra la tragedia del suo direttore
finanziario e le indagini della magistratura e della Sec. In serata, però,
nella sua sede i manager si sono riuniti per discutere delle possibili
conseguenze della vicenda. Massimo Gaggi La vittima Il direttore finanziario di
Freddie Mac, David Kellermann. Nella foto a sinistra, il quartier generale del
gruppo a McLean, in Virginia. Insieme a Fannie Mae, Freddie Mac garantiva prima
della crisi circa il 50% di tutti i mutui immobiliari
Usa La casa Un gruppo di reporter in attesa davanti alla casa di Vienna, in
Virginia, dove viveva David Kellermann, il direttore finanziario del colosso
americano dei crediti immobiliari Freddie Mac
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 23/04/2009 - pag: 35 Polizze L'ex numero uno: questa
gestione ha fallito. Ma Stefanini: il mondo è cambiato Unipol, il ritorno di
Consorte Ed è duello in assemblea Chiesto un aumento di capitale. Salvatori: è
escluso L'amministratore delegato taglia i ponti con Siena: il Monte dei Paschi
non è strategico MILANO L'aveva promesso, l'ha fatto. Giovanni Consorte è
tornato in veste di piccolo azionista all'assemblea dell'Unipol, il gruppo che
ha condotto da lìder maximo, come presidente e amministratore delegato, fino al
2006. Per l'ex regista finanziario delle cooperative rosse, che oggi si
definisce «imprenditore e manager» e guida una merchant bank che si chiama
Intermedia, si è trattato della prima uscita pubblica a quasi quattro anni
dalla fallita scalata alla Bnl e dalla bufera politica e giudiziaria che lo
costrinse alle dimissioni. La prossima puntata potrebbe essere in autunno se,
come lo stesso Consorte ha confidato pochi giorni fa a Il Riformista, deciderà
di offrire un suo «contributo» ai democratici dando vita a «un'associazione
politico-culturale che diffonda in Italia la conoscenza delle migliori
esperienze del riformismo europeo». Niente di tutto si è visto ieri a Bologna,
nell'auditorium di via Stalingrado, dove l'ingegnere di Chieti ha attaccato a
testa bassa la gestione dei suoi successori, l'amministratore delegato Carlo
Salvatori e il presidente Pierluigi Stefanini, scatenando l'ira del Pd locale
che, anzi, ha visto nella mossa di Consorte un'azione di sostegno al candidato
sindaco del Pdl, Alfredo Cazzola. Consorte ha mosso prima contestazioni sulle
voci di bilancio come l'aumento dei costi per l'informatica o i costi per le
consulenza di Ugf spa, saliti a 18,5 milioni, e poi ha alzato il tiro sulle
strategie, suggerendo una ricapitalizzazione. «Vi invito a non sbagliare
analisi ha insistito i problemi di Unipol, con una perdita di 1,146 miliardi
nel 2008 se si sommano Aurora e il settore bancario, non
sono dovuti alla crisi
finanziaria, ma sono tutti di carattere
gestionale». Rilievi respinti da Salvatori che nelle repliche non ha mai ceduto
alla polemica, respingendo la richiesta di aumento di capitale, e limitandosi
ad ammettere di non essersi accorto per tempo che Unipol Banca (oggi Ugf Banca)
«era in condizioni disastrose». In ogni caso il vertice dell'istituto è
stato cambiato e «già da quest'anno la banca ci darà soddisfazioni». Il duello
sostenuto con Consorte non ha fatto comunque passare in secondo piano
l'annuncio del downgrade della quota di Unipol in Mps (2% circa) tra le
partecipazioni non strategiche, dopo gli accordi siglati dal gruppo bancario di
Siena con i francesi di Axa. «La terremo finché sarà possibile venderla», ha
detto. Consorte ha definito le repliche «casuali e farraginose», comunicato che
quella sarebbe stata la sua ultima assemblea e minacciato di pubblicare tutta
la sua verità sulla Rete da tempo il manager ha aperto il suo sito e annunciato
tuttavia l'astensione sul bilancio con la curiosa motivazione di voler «evitare
le polemiche dei giornali». Parole che Salvatori non ha commentato. E se per
Stefanini «ci voleva più rispetto per una istituzione con sei milioni di
clienti e migliaia di dipendenti », per il candidato sindaco Alfredo Cazzola le
critiche di Consorte sono «legittime». Paola Pica Giovanni Consorte
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 Il
caso a Milano Pirelli ora vede l'utile. E il titolo vola (g.fer.) All'indomani
dell'annuncio del ritorno all'utile nel primo trimestre dell'anno, il titolo
Pirelli ha incassato ieri un rialzo del 10,96%, il più elevato fra i 40 titoli
che compongono l'S&P-Mib. Ma a far esplodere gli acquisti sono stati anche i
giudizi positivi degli analisti. Bnp Paribas, per esempio, ha ipotizzato nuovi
miglioramenti della redditività grazie agli «effetti positivi della discesa dei
prezzi delle materie prime». Da parte sua Cheuvreux ha aumentato il
target-price (prezzo obiettivo) da
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 -
pag: 37 Il caso a Parigi Lvmh, il trimestre peggiore dal 2003 (g.fer.) Lvmh, il
gruppo leader mondiale nel lusso, non ha alcuna intenzione di vendere i suoi
prestigiosi marchi di champagne (Moet & Chandon, Krug, Dom Perignon e Veuve
Cliquot), come aveva ipotizzato la stampa britannica. La smentita è
arrivata ieri, insieme con i dati trimestrali, i peggiori dal 2003, che
evidenziano una crescita del fatturato inferiore alle stime (4,02 miliardi di
euro rispetto ai 4 miliardi dello scorso anno). É un fatto, tuttavia, che le
vendite della divisione champagne hanno subìto un significativo calo. Anche per
questo il titolo è sceso ieri del 2% a quota 53 euro, con 4,4 milioni di pezzi
scambiati. Bernard Arnault pdg di Lvmh
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 23/04/2009 - pag: 37 shop
at pzeroweb.com
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Lettere al Corriere data: 23/04/2009 - pag: 39 Risponde Sergio Romano
LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE Concordo pienamente con lei
sulle motivazioni che hanno spinto il presidente Obama a rilasciare al Parlamento
turco le dichiarazioni a cui lei fa riferimento nella sua risposta ( Corriere,
11 aprile). Certamente la reiterata considerazione sull'opportunità che la
Turchia entri a far parte dell'Europa non autorizza come lei osserva il
presidente degli Stati Uniti a sostenere pubblicamente, nel suo discorso al
Parlamento, tale necessità. Ma dopo tante impegnative valutazioni sul ruolo
della Turchia, sulla sua rilevanza geo-strategica in Asia centrale, Caucaso e
Medio Oriente, il problema non è se l'Europa debba degnarsi di fare posto alla
Turchia, ma piuttosto quello di chiedersi se non occorra pregare la Turchia di
raggiungere l'Ue, superando stanchezza e delusioni accumulate nel tempo, perché
l'Europa ha bisogno di lei. Maria Antonia Di Casola dicasola.maria@alice.it
Cara Signora, N egli scorsi giorni sono stato a Istanbul per un convegno
organizzato a Palazzo Venezia (ora sede del consolato italiano) dall'Unione di
amicizia Italia-Turchia. Vi erano, insieme a molti giornalisti italiani e
turchi, numerosi imprenditori dei due Paesi e una buona rappresentanza della
politica turca. Il principale tema dell'incontro è stato naturalmente
l'adesione della Turchia all'Unione Europea. Il negoziato procede con snervante
lentezza e i turchi hanno eccellenti ragioni per lamentarsi del modo in cui, ad
esempio, Cipro, spalleggiato da alcuni Paesi, è riuscito a creare una serie di
pretestuosi blocchi stradali. Ma ho avuto l'impressione che la Turchia non
abbia rinunciato al suo obiettivo e che lo stia perseguendo con molta serietà.
Il ministro Egemen Bagis, responsabile turco dei negoziati, ha parlato delle
riforme costituzionali che il governo intende adottare (fra le quali una legge
sulla parità dei sessi). Il ministro dell'Economia Mehmet
Simsek ha parlato degli effetti della crisi finanziaria,
ma ha descritto un Paese giovanile, dinamico, ambizioso che ha voglia di
misurare se stesso, sul piano economico e civile, con gli standard prevalenti
nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim Mete, ha ricordato che la Turchia è
già integrata nell'economia mondiale e che la prospettiva dell'ingresso nell'Ue
è stata una straordinaria motivazione psicologica per la sua industria e la sua
finanza. So che l'atteggiamento di alcuni Paesi europei (in particolare
Francia, Germania, Austria) e la lentezza dei negoziati hanno deluso una parte
dell'opinione pubblica turca. Ma dal convegno di Istanbul ho ricavato
l'impressione che l'Europa sia ancora al primo posto nella lista delle priorità
della classe dirigente. La Turchia è una potenza regionale e può,
all'occorrenza, voltare le spalle all'Unione per coltivare i propri interessi
in Medio Oriente, nel mar Nero, nel mar Caspio e nell'Asia centrale, dove
popolazioni e lingue sono vecchi rami dell'Impero ottomano. Ma l'Europa è il
suo principale partner economico (80% dei suoi scambi commerciali) e il
depositario dei modelli politici e sociali a cui intende ispirarsi. Esiste un
interesse turco all'adesione ed esiste, a mio avviso, un corrispondente
interesse europeo. Continuo a pensare, in particolare, che l'ingresso nell'Ue
di un Paese musulmano, ma democratico e laico, gioverebbe ai nostri rapporti
con i vicini islamici del Sud e del Sud-est. Ma questa prospettiva si scontra,
dopo il frettoloso allargamento dell'Ue e la crisi del
Trattato costituzionale, con almeno due ostacoli. In primo luogo alcuni governi
europei sanno di non potere imporre l'adesione della Turchia ai loro Paesi in
questo momento. Il problema, in altre parole, non è il personale atteggiamento
di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, ma quello dei loro elettori. In secondo
luogo l'ingresso della Turchia nell'Ue allargherebbe enormemente l'area delle
nostre responsabilità internazionali. Smetteremmo di essere una unione
esclusivamente europea per diventare contemporaneamente una potenza medio-orientale.
Non basta quindi che la Turchia completi la sua marcia di avvicinamento anche
sul piano istituzionale e civile. Occorre soprattutto che la Ue abbia gli
strumenti per governare se stessa e per fare una politica estera conforme ai
maggiori impegni che deriveranno dalla sua estensione. Sono questi, al di là
dei singoli problemi negoziali, i veri nodi da sciogliere.
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 25 - Economia
Consorte torna come piccolo socio e fa le pulci ai conti di Unipol "La mia
verità sul web". Salvatori: "Era un disastro" Sei ore di
battaglia in assemblea con frecciate su costi, consulenze e ispezioni LUCIANO
NIGRO BOLOGNA - Un assedio, come a fort Apache. Solo che a guidare gli indiani,
questa volta, è il vecchio comandante della guarnigione. Sembra un film il
ritorno di Giovanni Consorte all´assemblea di Unipol Gruppo Finanziario, la
società controllata dalle coop, che il manager aveva gestito da padre-padrone
fino alla fallita scalata alla Bnl, cacciato nel gennaio 2006, dopo esser stato
travolto dalle inchieste giudiziarie. E l´assemblea si trasforma in battaglia.
Sei ore nelle quali l´ad Carlo Salvatori deve difendersi dai risparmiatori in
ansia per il loro capitale. Ma sono di Consorte le frecce più insidiose. «Sono
un piccolo azionista», esordisce l´ex presidente e Ad del gruppo, teso come
mai. Ha portato un dossier, Consorte («una brochure») con centinaia di quesiti
per dimostrare una tesi: il gruppo Unipol che ha chiuso con un utile di 107
milioni (
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Interni
Lezioni politiche per i 400 ragazzi sul convoglio. Partenza da Torino, tappe a
Parigi, Berlino e Praga, arrivo a Venezia Dario sul treno-scuola dei giovani Pd
"Quanti errori Di Pietro, aiuta il Cavaliere" "Questi sono
giovani veri, mica le letteronze che Berlusconi vuole candidare"
"L´elenco di comuni e province in cui l´Idv rompe l´alleanza è
lunghissimo" UMBERTO ROSSO DAL NOSTRO INVIATO PARIGI - «Guarda, io manco
lo voglio vedere quel che dice Di Pietro». Il treno speciale 28414, il
Franceschini-express si infila in un altro tunnel fra Torino e Parigi, e una
galleria pietosa fa cadere l´sms. L´inciucio «criminoso» fra Pdl e Pd
denunciato dal leader dell´Idv sul referendum. «Figurarsi. Lo sa benissimo che
non si fa più in tempo per l´election day. Piuttosto, è lui che sta per fare un
grosso regalo alla destra. Si presenta da solo alle amministrative in decine di
comuni: così fa vincere il Cavaliere. Ci ripensi». Il nemico Berlusconi ma
anche l´incubo Tonino, come spiega pure Giorgio Tonini, mentre il
convoglio-scuola avanza fra neve e sole verso il confine di Modane, «ormai ha
un sogno solo: l´implosione, per spolparci». E così si spiegano anche certe
scelte, certi nomi per guidare le liste pd, da Cofferati alla Borsellino a
Berlinguer, per tagliare l´erba dell´anti-politica sotto i piedi dell´ex pm.
Dodici vagoni a spasso per l´Europa. Quattrocento giovani fra la Francia,
Berlino (dove ci sarà anche Veltroni), Praga e Venezia, a fare formazione
politica on the road. Fassino che saluta all´ora di pranzo alla partenza dalla
stazione torinese di Porta Nuova, presentando l´iniziativa. è il treno dei
desideri dei giovani del partito. Il desiderio di «vivere in un paese senza il
Berlusca». La voglia di girare per il vecchio mondo «senza più razzismo». O più
modestamente «senza più guerre dentro il partito sulle candidature», che qui
non sono piaciute granché. Carrozza numero uno, due e tre, i tutor scelti da
Annamaria Parente (responsabile formazione) tengono serissime lezioni: famiglie
politiche europee, crisi
finanziaria, storia dell´idea di Europa. A
seguire otto vagoni per le cuccette. Più una carrozza ristorante, ma in realtà
si va avanti a panini. «Tra dieci minuti distribuzione, restate ai posti
assegnati». Duecento euro a testa la quota di iscrizione, il partito integra il
resto: per la formazione il Pd quest´anno spenderà un milione di euro.
Domanda più gettonata nei corridoi del treno democratico: nasceranno storie
d´amore e di politica come a Cortona, la summer school della scorso settembre,
che ha regalato coppie e figli in arrivo sotto il segno del Pd? Il segretario
sorride. «Questi sono ragazzi veri, la politica si fa con lo studio, come un dì
alla Camilluccia o alle Frattocchie, mica le veline e le letteronze che
Berlusconi pensa di candidare». Il premier più celebre non del mondo, ironizza
su un sondaggio diffuso dal Cavaliere, ma dell´universo, «mi risulta che
piaccia molto anche negli altri pianeti». Intanto anche lui cede alla
foto-opportunity con in testa il cappello da capostazione. Alle porte di
Digione, arrivano le notizie dipietriste dall´Italia, e l´umore un po´ cambia.
«L´elenco dei comuni e delle province in cui Di Pietro sta rompendo l´alleanza
con il centrosinistra, e si presenta da solo, è lunghissimo. Da Campobasso a
Bergamo, da Cuneo all´Abruzzo. Per raccogliere un voto in più per sé, farà
vincere il centrodestra. Annunci roboanti contro Berlusconi, nessuno lo batte
nel suonare la grancassa, e poi ecco il risultato pratico». Segue appello. Anzi
doppio appello di Franceschini. «Lascio da parte anche le parole offensive
pronunciate da Tonino contro di me, e gli chiedo: rinuncia alle liste locali da
solo. E rinuncia anche a presentarti capolista alle europee, oppure dimettiti
da parlamentare. Non fare come Berlusconi». Battaglia fuori e battaglia dentro.
All´ultimo voto per superare l´asticella del 6 giugno. Ma nemmeno sotto
tortura, il segretario rivela qual è la quota-sopravvivenza del progetto Pd. «I
Democratici e il Pdl sono progetti strategici che andranno avanti negli anni.
Il Pdl sopravviverà a Berlusconi». Ma se arriva la batosta di Strasburgo? «Non
arriverà». Alleanze con Casini? «Vedremo. Si terrà le mani libere fino
all´ultimo». Tremonti che annuncia l´uscita dalla crisi?
«Una farsa». Risquilla il telefonino. «Massimo, sei tu Massimo?». Altra
galleria. Comunque, non è D´Alema. Cacciari. C´è da organizzare la
manifestazione di chiusura del treno, domenica a Venezia.
( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 97 del 2009-04-23
pagina
( da "Stampaweb, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
NEW YORK David
Kellerman, direttore finanziario del colosso paragovernativo dei mutui Freddie
Mac, è morto. Lhanno trovato impiccato nel sottoscala
della sua abitazione di Reston, cittadina della Virginia non lontana dalla capitale Washington D.C.
Lipotesi più accreditata è quella del suicidio, ha riferito alla
polizia la moglie del manager, Donna: le forze dellordine non hanno
riscontrato segni di scasso o indizi che avvalorino lipotesi di un
delitto. Gli inquirenti, dopo aver indagato su possibili problemi personali di
Kellerman, battono ora la pista professionale. David aveva 41 anni, da sedici
lavorava in Freddie Mac. Importante è stato il suo contributo nella ricostruzione
dellimpianto
contabile nel 2003, dopo i gravi scandali finanziari di Wall Street. E a
settembre 2008, quando lagenzia venne salvata dal fallimento con
uniniezione diretta di capitali del governo, per Kellerman arrivò la
nomina a direttore finanziario. Come per la gemella Fannie Mae, lacquisizione
del controllo da parte delle autorità federali per evitare il collasso dovuto
alla crisi del mercato immobiliare e dei mutui, provocò in
Freddie Mac un terremoto ai vertici. Sulla crisi della
società definita in gergo tecnico «Government sponsored enterprise (Gse)» e
sullo scampato crollo costato 30,8 miliardi di dollari ai contribuenti
americani (oltre ai 15,2 di Fannie Mae), hanno aperto uninchiesta
la Sec (Consob Usa) e il dipartimento di Giustizia. Gli inquirenti hanno interrogato molti
dipendenti del colosso paragovernativo per accertare eventuali violazioni. Di
recente la stessa società ha reso noto di aver ricevuto uningiunzione
dalla procura newyorkese per la trasmissione di bilanci e informative sulla governance
aziendale. Lingiunzione è stata poi ritirata e gli atti trasferiti alla
procura della Virginia, per questioni di competenza territoriale, visto che
Freddie Mac ha sede a McLean. Secondo fonti vicine alla vicenda sembra che una parte dei conti sui quali
Sec e Giustizia stanno investigando fossero sottoposti al controllo di
Kellerman, ma sino ad oggi non «non ci sono prove di frodi». Il ministro della
Giustizia, Eric Holder, ha detto di «non avere idea» se si tratti di un gesto
legato in qualche modo alle inchieste. In una nota divulgata dalla società
invece, lamministratore delegato ad interim, John Koskinen, spiega che
«la famiglia Freddie Mac è profondamente rattristata per la scomparsa di un
uomo di grande integrità etica e devozione professionale». «Rattristato» si è detto anche il
ministro del Tesoro, Timothy Geitner. Qualsiasi sia la motivazione, lestremo
gesto di Kellerman ha colto tutti di sorpresa: nessuno aveva mai notato segni
di ansia o depressione nel manager. Il fatto è avvenuto nella notte: alle 4 e 48 del mattino
la polizia rispnde a una chiamata che proviene dacasa Kellerman. Al loro
arrivo, gli agenti sono scesi nel seminterrato dove hanno trovato il corpo
senza vita delluomo che oltre alla moglie lascia una figlia di cinque anni di nome
Grace. È lunga lista dei manager che si sono tolti la vita a causa della crisi finanziaria: dal re del cemento di Chicago, Stephen Good, al miliardario
tedesco Adolf Merkle, che si è buttato sotto un treno dopo una maxiperdita di
750 milioni di dollari in borsa, il money manager francese Thierry de la
Villehuchet, saltato dalla finestra del suo ufficio su Madison Avenue a New
York dopo aver visto bruciati i soldi dei suoi clienti affidati a Bernie
Madoff. Ma cè anche gente comune: la scorsa settimana un uomo del Maryland ha
ucciso moglie e tre figli e si é tolto la vita schiacciato dal peso dei debiti.
Ieri in un albergo di Baltimora un avvocato immobiliare di New York ha ucciso
la famiglia e si è tolto la vita: il suo nome potrebbe essere legato a uninchiesta
della procura newyorkese su una truffa gestita col famigerato schema Ponzi.
( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
La data prevista per
l'uscita della nuova enciclica sociale è stata stabilita per fine giugno, ma la
decisione non può dirsi ancora definitiva perché Benedetto XVI ha voluto
"ristrutturare" il paragrafo dedicato alla crisi
finanziaria che ha messo in ginocchio le economie mondiali. Sabato
scorso, a Castelgandolfo, sono arrivati per un mini-summit i cardinali Angelo
Bagnasco, presidente della Cei; Camillo Ruini, suo predecessore; Angelo Scola,
patriarca di Venezia; Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Sono
porporati particolarmente legati a Ratzinger. Bagnasco, come presidente della
Cei, è impegnato nell'azione in favore delle famiglie colpite dalla crisi (con un fondo di solidarietà), Ruini è consigliere
stimato e ascoltato, Scola si è occupato di etica e impresa, Schoenborn è stato
allievo del Papa. Questo è l'articolo che pubblico oggi sul Giornale. Proprio
ieri, all'udienza generale, parlando della figura del santo monaco Ambrogio Autperto,
Benedetto XVI ha accennato alla crisi, che, ha
spiegato, è stata causata dalla "cupidigia". Scritto in Varie
Commenti ( 5 ) » (No Ratings Yet) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli ©
2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr
09 Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad La Sala Stampa della
Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre Federico Lombardi
che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto XVI, critica -
pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che ieri ha ripetuto
a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la legittimità ad esistere:
"La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo forum dell'ONU per
assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato.
Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile. Si
tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme,
secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di
una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi
colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene,
ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi Paesi occidentali, tra i
quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno disertato la conferenza di
Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del documento preparatorio, che
è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono stati espunti, e c'è
un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma restando la libertà dei
Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato davvero ingenerose le
critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di essere presente. In
particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha tentato
di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con il Papa proprio alla
vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania, Israele e Territori
sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa confusione: una
cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il diritto ad
esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la bozza di
documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna
affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del
presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei
lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio
Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto
andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole
di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli),
comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza
programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e
circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una
lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 37 ) » (7 votes,
average: 3.71 out of 5) Loading ... Il Blog di Andrea Tornielli © 2009 Feed RSS
Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 18Apr 09 Il vescovo
polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha
replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo
belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di Bruxelles,
che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice sul
preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state rispedita
al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha dichiarato che
la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte nell'umanizzazione
della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e disponibilità nei
confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche l'impegno della Chiesa
in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa la battaglia
contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul Giornale,
aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di oggi - la
nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del sessantenne
arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al
( da "Stampaweb, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Chi sbaglia paga, e
il Parlamento europeo non ha perdonato alle agenzie di rating del credito di
non aver saputo prevedere la crisi finanziaria - e in
particolare l''inaffidabilità dei mutui ''subprime'' americani che sono fra le
sue principali cause. Morale: dora in poi le agenzie dovranno
sottoporsi a una rigorosa regolamentazione comunitaria per poter operare
nell''Ue. Quasi nessuna protesta nellemiciclo. La normativa è passata a
larghissima maggioranza (569 voti a favore, 47 contrari e 4 astensioni), dopo
aver raggiunto un accordo con il Consiglio Ue. Le agenzie del rating come
Standard and Poor''s, Moody''s o Fitch, che valutano i rischi per chi investe negli istituti (o
negli Stati) che emettono titoli di credito, saranno sottoposte a un regime Ue
di autorizzazione e controllate da un collegio che riunirà i supervisori
nazionali dei Ventisette (il comitato dei regolatori europei - Cesr); inoltre,
dovranno essere più trasparenti, eliminare i conflitti d''interesse e rendere
pubblici gli elementi e i criteri di valutazione adottati. Finita dunque lepoca
dellautoregolamentazione, quando era sufficiente un codici volontario di
buona condotta per
poter operare in unUnione europea che chiudeva spesso gli
occhi, limitandosi a vigilare solo in settori limitati, come l''insider trading
e i requisiti di capitale degli enti creditizi. Le nuove norme saranno
direttamente applicabili già 20 giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell''Ue,
anche se gli stati membri avranno sei mesi per adottare le necessarie misure
volte ad attuarle, ad eccezione delle disposizioni per il ricorso a rating di
agenzie non comunitarie che si applicheranno dopo 18 mesi. Il testo, approvato
sulla base del rapporto del relatore dell''Europarlamento Jean-Paul Gauzes
(Ppe), intende migliorare l''integrità, la trasparenza, la responsabilità,
l''indipendenza, la buona ''governance'' e l''affidabilità delle attività di
rating del credito. In questo modo, verrà garantita la buona qualità del rating
e assicurato un grado elevato di protezione degli investitori, anche se,
sottolineano gli eurodeputati, “gli utenti non dovrebbero affidarsi ciecamente”
ai giudizi delle agenzie. Restano fuori dal regolamento i rating privati,
prodotti in seguito a un singolo ordine, e forniti esclusivamente alla persona
che li ha commissionati, e che quindi non sono destinati alla divulgazione al
pubblico. Secondo le nuove norme, gli enti creditizi, le imprese di
investimento, di assicurazione non vita e vita e di riassicurazione, gli
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm) e gli enti
pensionistici aziendali o professionali potranno utilizzare a fini
regolamentari "solo rating emessi da agenzie di rating del credito
stabilite nella Comunità e registrate" conformemente agli obblighi
previsti dal regolamento. L'obbligo di registrazione, viene precisato nel
testo, "è il principale requisito" affinché tali agenzie possano
operare nell''Ue, e su tale aspetto, la sua concessione, la sospensione e la
revoca, sarà chiamato a vigilare il Comitato delle autorità europee di
regolamentazione dei valori mobiliari (Cesr), che sarà quindi incaricato di
ricevere le domande di registrazione e di informare le autorità competenti in
tutti gli Stati membri, che avranno il compito di esaminare le domande,
disponendo "di tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per
l''esercizio delle loro funzioni". Le autorità nazionali competenti poi
avranno accesso a qualsiasi documento, potranno richiedere informazioni a
qualsiasi persona e, se necessario, convocare e interrogare qualsiasi persona
per ottenerle, potranno anche eseguire ispezioni in loco con o senza preavviso
e richiedere le registrazioni telefoniche e le informazioni relative al
traffico. In caso di violazioni da parte di un'agenzia, le autorità nazionali
potranno revocare la sua registrazione o emanare un divieto temporaneo di
emissione di rating, efficace in tutta la Comunità. Le agenzie poi dovranno
adottare "tutte le misure necessarie per garantire che l''emissione di un
rating non sia influenzata da alcun conflitto di interesse, esistente o
potenziale, o relazione d''affari" riguardante le agenzie stesse, i loro
manager, i loro analisti, i loro dipendenti o qualsiasi persona direttamente o
indirettamente collegata ad essa da un legame di controllo. Norme meno
stringenti sono previste per le piccole agenzie che hanno meno di 50
dipendenti. In particolare, le agenzie dovranno stabilire un meccanismo di
rotazione graduale appropriato riguardo agli analisti di rating e alle persone
che li approvano. Inoltre, la retribuzione e la valutazione del rendimento
degli analisti di rating e delle persone che li approvano non dovranno dipendere
"dall''entità del fatturato che l''agenzia di rating del credito deriva
dalle entità valutate o da terzi collegati". Almeno un terzo, e non meno
di due, dei membri del consiglio di amministrazione o di sorveglianza delle
agenzie dovranno essere indipendenti e la loro retribuzione non dovrà dipendere
dai risultati economici dell''agenzia. Considerando che, in determinate
circostanze, gli strumenti finanziari strutturati (come i derivati)
"possono avere effetti diversi dagli strumenti di debito societario
tradizionali", il regolamento Ue prevede che le agenzie di rating operino
una chiara differenziazione (aggiungendo un simbolo appropriato) tra le
categorie utilizzate per emettere rating di questi particolari strumenti
finanziari e le categorie utilizzate negli altri casi. Inoltre, le agenzie di
rating del credito con sede extra-Ue saranno tenute a costituire una
controllata nella Comunità. Da ultimo le sanzioni, di competenza degli stati
membri, ma che dovranno essere “effettive, proporzionate e dissuasive”.
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( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
Navigando su
Internet ho trovato alcune notizie assai interessanti. Il suicidio del top
manager Kellermann ha fatto emergere un retroscena sconcertante sul modo in cui
l'Amministrazione Obama gestisce gli interventi di risanamento. Il mese scorso
ha tentato ripetutamente (ed energicamente) di convincere il management di
Freddie Mac di nascondere il costo reale del programma varato per arginare la
confisca degli immobili dei mutuatari insolventi. E che costo: 30 miliardi di
dollari a carico della società. Il management (Kellermann incluso) si è opposto
strenuamente e i rappresentanti del Tesoro hanno dovuto rinunciare. Alla fine
la cifra è uscita, ma è stata subito relativizzata dalle rassicurazioni del
presidente Barack Obama e del ministro del Tesoro Timothy Geithner. Ieri sera
il numero uno di Bank of America, Kennet Lewis, ha rivelato che lo scorso
settembre il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, e l'allora
ministro del Tesoro Paulson fecero forti pressioni affinchè lo stesso Lewis non
rivelasse le gravi difficoltà finanziarie di Merril Lynch, scoperte nell'ambito
delle trattative per la fusione tra i due istituti. E se si considera che il
governo ha autorizzato le banche a cambiare le regole contabili - e dunque ad
annacquare le perdite sui debiti tossici - il quadro non è affatto rassicurante.
Nessuno parla più del debito complessivo americano (pari al 35o% del Pil);
pochi rilevano che la Cina da tre mesi sta riducendo l'acquisto di Buoni del
tesoro americani o che il gettito fiscale sarà inferiore alle attese con
inevitabili ripercussioni sul defiti pubblico. L'impressione è che le autorità
Usa stiano tentando di mascherare i problemi o addirittura di indurre
l'opinione pubblica a ignorarli. Ma basta truccare le carte per spingere il
mondo fuori dalla crisi? Io dico di no: l'ipnosi aiuta
ma non risolve. Scritto in banche, capitalismo, crisi,
manipolazione, era obama, cina, economia, gli usa e il mondo Non commentato »
(Nessun voto) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Apr 09 E' nel blog il futuro
del giornalismo? Premessa: fino a metà del 2008 questo blog era una piacevole e
utilissima integrazione al mio ruolo di inviato del Giornale. Negli ultimi mesi
la situazione è cambiata: continuo ad essere un inviato del Giornale, ma il
blog diventa sempre più qualificante per il mio profilo professionale e non
solo perché è sempre più letto, con un media di commenti molto alta (e di
questo vi sono molto grato). Mi capita sempre più spesso di essere invitato a
partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive da colleghi che hanno
letto commenti interessanti su "il cuore del mondo", mentre prima
accadeva solo per gli articoli sull'edizione cartacea. L'altro giorno un
brillante collega della Televisione della Svizzera italiana, Michele Fazioli,
mi ha intervistato sul futuro del giornalismo e sulle insidie della
comunicazione, con molte domande ispirate proprio dal blog (chi volesse
seguirla può scaricare qui la trasmissione Controluce). E stamane un amico e
valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un interessante articolo di Alberto
Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli oltre 20 milioni di blogger presi
in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per
gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano
sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. E
con 100mila visitatori unici si riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno.
Mica pochi. Con qualche ombra, però. Diversi blogger vengono pagati per
"bloggare" un prodotto, spesso senza dichiarare il committente e
questo è preoccupante perchè in questo modo si accentua il fenomeno della
pubblicità parassitaria o camuffata, che già tormenta i media tradizionali. Ma
secondo il Wall Street Journal è sempre più consistente il numero dei reporter
che fanno buon giornalismo sul blog anzichè sui media tradizionali, come
peraltro emerso recentemente a Perugia durante il riuscitissimo Festival
internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il Guardian inizia a
guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta attraverso i blog. Da
qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog? Vedo un mondo in cui ci
saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog specializzati ad altro
valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e proprie testate
giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post). Sbaglio? Inoltre
mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente cromosomi, fino a
quando i giornalisti italiani potranno pretendere di mantenere in vita un
Ordine professionale? Scritto in crisi, blog,
comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia,
giornalismo Commenti ( 41 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a
imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po'
sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari
giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo,
purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha
deciso di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli
Real Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in
Borsa a 26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era
ancora più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata
costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non
avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le
tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri,
dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il capitalismo
funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di euro. E questo
proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di responsabilità,
mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager non ha imparato la
lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza, disprezzo del buon
senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni maggiori nelle banche,
ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile parlare di risanamento e
di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste logiche. Torniamo ai
fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che punisce chi sbaglia.
E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai irrinunciabile, perchè
senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in banche, capitalismo, crisi, società, economia, Italia, notizie nascoste,
democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto medio è: 5 su un
massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed
RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09 Referendum, la Lega ha
fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna dire ero) favorevole
all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee, non fosse che per una
questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal terremoto e in piena crisi economica sprecare 400 milioni di euro. Fini è
indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto l'abbinamento e ha dovuto
cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di
governo. Ma perchè la Lega non vuole l'accorpamento? Ufficialmente perché lo
ritiene anticostituzionale; in realtà perchè teme che il referendum venga
approvato e dunque rinviandolo al 14 o al 21 giugno punta al mancato
raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il referendum? I tre quesiti sono
formulati in modo incomprensibile; di fatto propongono di: 1) abrogare le norme
che permettono il collegamento tra le liste alla Camera. Il premio di
maggioranza non verrebbe più attribuito alla coalizione vincente, ma alla
singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire il premio di maggioranza
anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4% alla Camera, 8% al Senato.
3) abrogare le candidature multiple che consentono a un candidato di correre in
più seggi elettorali. Se passassero i primi due quesiti la Lega rischierebbe di
diventare ininfluente alla Camera e di non entrare nemmeno al Senato. Ecco
perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo ostruzionismo è fondato su ragioni
comprensibili. Ho l'impressione, però, che la maggior parte degli italiani non
gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni e che sia favorevole al referendum.
Rinviarlo a metà giugno potrebbe non bastare per indurre il 50,1% degli
elettori a disertare le urne. Inoltre da questa vicenda l'immagine della Lega
esce offuscata: mentre l'Italia si unisce e riscopre uno spirito nazionale, il
Carroccio fa prevalere il cabotaggio elettorale, che motiva la base del
partito, ma rischia di irritare molti elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue
ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha fatto bene i conti? Scritto in politica,
lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società,
partito democratico, Italia Commenti ( 44 ) » (8 voti, il voto medio è: 2.5 su
un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il
ritorno agli utili delle banche Usa? Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili
per 3 miliardi di dollari, Goldman Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche
settimana le Borse festeggiano. Molti commentatori ritengono che il peggio, per
le banche Usa, sia passato. E' davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile
che banche che fino a due mesi fa erano soffocate dai debiti tossici
improvvisamente risplendano? Dove sono finiti i debiti? Strano, molto strano. O
è un miracolo o c'è un trucco. Io propendo per la seconda ipotesi, per questa
ragione: 1) Il governo americano ha consentito di allentare le regole
mark-to-market, che obbligavano le banche a contabilizzare ogni giorni il
valore di mercato dei loro debiti e siccome quelli tossici valevano zero gli
istituti erano costretti a riportare perdite gigantesche. Ora invece le banche
possono valutare con molta elasticità questi debiti. Secondo le nuove regole
sono loro stesse a stabilire i criteri per stabilire il valore di questi
titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a valore di mercato vale 1, ma
può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè questo è il valore atteso fra
uno o due anni. E le banche possono vantare utili inattesi. Capito? E' un nuovo
esempio di finanza creativa. 2) Le banche in questi giorni sono sottoposte a
uno stress-test e, i risultati preliminari, sapientemente passati al New York
Times rivelano che lo stato di salute dei 19 principali istituti americani è
migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un post dimostra che sono
inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà ha già superato, in
negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal test sono molto
migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana. Insomma, è una
truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di interesse, ma
l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui tassi che gli
istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa restano
altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li stanno
addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al consumatore
tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G
( da "Giornale.it, Il"
del 23-04-2009)
Argomenti: Crisi
La data prevista per
l'uscita della nuova enciclica sociale è stata stabilita per fine giugno, ma la
decisione non può dirsi ancora definitiva perché Benedetto XVI ha voluto
"ristrutturare" il paragrafo dedicato alla crisi
finanziaria che ha messo in ginocchio le economie mondiali. Sabato
scorso, a Castelgandolfo, sono arrivati per un mini-summit i cardinali Angelo
Bagnasco, presidente della Cei; Camillo Ruini, suo predecessore; Angelo Scola,
patriarca di Venezia; Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Sono
porporati particolarmente legati a Ratzinger. Bagnasco, come presidente della
Cei, è impegnato nell'azione in favore delle famiglie colpite dalla crisi (con un fondo di solidarietà), Ruini è consigliere
stimato e ascoltato, Scola si è occupato di etica e impresa, Schoenborn è stato
allievo del Papa. Questo è l'articolo che pubblico oggi sul Giornale. Proprio
ieri, all'udienza generale, parlando della figura del santo monaco Ambrogio
Autperto, Benedetto XVI ha accennato alla crisi, che,
ha spiegato, è stata causata dalla "cupidigia". Scritto in Varie
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amico 21Apr 09 Il Vaticano contro le dichiarazioni di Ahmadinejad La Sala
Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamane una dichiarazione di padre
Federico Lombardi che, riproponendo le parole pronunciate domenica da Benedetto
XVI, critica - pur senza nominarlo direttamente - il presidente iraniano, che
ieri ha ripetuto a Ginevra le sue affermazioni che negano a Israele la
legittimità ad esistere: "La Santa Sede deplora l'utilizzazione di questo
forum dell'ONU per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro
qualsiasi Stato. Ciò non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità
inaccettabile. Si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per
dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre
adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza
che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti,
popolazioni indigene, ecc. in ogni parte del mondo". Com'è noto diversi
Paesi occidentali, tra i quali Gli Stati Uniti, la Germania e l'Italia, hanno
disertato la conferenza di Ginevra sul razzismo per i contenuti antisemiti del
documento preparatorio, che è stato però corretto: i contenuti antisemiti sono
stati espunti, e c'è un'esplicita menzione di memoria dell'Olocausto. Ferma
restando la libertà dei Paesi che hanno deciso di non partecipare, ho trovato
davvero ingenerose le critiche rivolte al Vaticano per aver deciso comunque di
essere presente. In particolare quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di
Segni, che ha tentato di creare l'ennesimo motivo del contendere mediatico con
il Papa proprio alla vigilia dell'importante viaggio in Terrasanta (Giordania,
Israele e Territori sottoposti all'Autorità Palestinese). E' stata fatta troppa
confusione: una cosa sono le esternazioni di Ahmadinejad, che nega a Israele il
diritto ad esistere, un'altra è la conferenza di Ginevra contro il razzimo e la
bozza di documento che, ripetiamo, non contiene nella versione corretta alcuna
affermazione antisemita. Certo, le inaccettabili "sparate" del
presidente iraniano rischiano di compromettere irrimediabilmente l'esito dei
lavori. Ma non è detta l'ultima parola. Aggiungo queste parole di Sergio
Romano, pubblicate sul "Corriere" di oggi: "Avremmo dovuto
andare a Ginevra per affermare le nostre verità, rintuzzare le faziose parole
di Ahmadinejad, separare i faziosi dai ragionevoli (esistono anche quelli),
comprendere le ragioni degli altri, lasciare agli atti della Conferenza
programmi e concetti a cui avremmo potuto fare riferimento in altri momenti e
circostanze. La Santa Sede lo ha fatto e ci ha dato, in questo caso, una
lezione di laico buon senso". Scritto in Varie Commenti ( 37 ) » (8 votes,
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polacco Zimowski nuovo ministro della salute La Segreteria di Stato ha
replicato ieri con una nota alla protesta ufficiale presentata dal governo
belga in seguito a una mozione votata dalla Camera dei rappresentanti di
Bruxelles, che aveva definito "inaccettabili" le frasi del Pontefice
sul preservativo e la lotta all'Aids. Le critiche del Belgio sono state
rispedita al mittente. La Segreteria di Stato ricorda che il Pontefice «ha
dichiarato che la soluzione è da ricercare in due direzioni: da una parte
nell'umanizzazione della sessualità e, dall'altra, in una autentica amicizia e
disponibilità nei confronti delle persone sofferenti, sottolineando anche
l'impegno della Chiesa in ambedue gli ambiti. Senza tale dimensione morale ed educativa
la battaglia contro l'Aids non sarà vinta». Nell'articolo che pubblico oggi sul
Giornale, aggiungo che è attesa nelle prossime ore - forse già a mezzogiorno di
oggi - la nomina del nuovo ministro della sanità del Vaticano: si tratta del
sessantenne arcicescovo di Radom (Polonia), Zygmunt Zimowski, che dal 1983 al
( da "Giornale.it, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
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Internet ho trovato alcune notizie assai interessanti. Il suicidio del top
manager Kellermann ha fatto emergere un retroscena sconcertante sul modo in cui
l'Amministrazione Obama gestisce gli interventi di risanamento. Il mese scorso
ha tentato ripetutamente (ed energicamente) di convincere il management di
Freddie Mac di nascondere il costo reale del programma varato per arginare la
confisca degli immobili dei mutuatari insolventi. E che costo: 30 miliardi di
dollari a carico della società. Il management (Kellermann incluso) si è opposto
strenuamente e i rappresentanti del Tesoro hanno dovuto rinunciare. Alla fine
la cifra è uscita, ma è stata subito relativizzata dalle rassicurazioni del
presidente Barack Obama e del ministro del Tesoro Timothy Geithner. Ieri sera
il numero uno di Bank of America, Kennet Lewis, ha rivelato che lo scorso
settembre il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, e l'allora
ministro del Tesoro Paulson fecero forti pressioni affinchè lo stesso Lewis non
rivelasse le gravi difficoltà finanziarie di Merril Lynch, scoperte nell'ambito
delle trattative per la fusione tra i due istituti. E se si considera che il
governo ha autorizzato le banche a cambiare le regole contabili - e dunque ad
annacquare le perdite sui debiti tossici - il quadro non è affatto
rassicurante. Nessuno parla più del debito complessivo americano (pari al 35o%
del Pil); pochi rilevano che la Cina da tre mesi sta riducendo l'acquisto di
Buoni del tesoro americani o che il gettito fiscale sarà inferiore alle attese
con inevitabili ripercussioni sul defiti pubblico. L'impressione è che le
autorità Usa stiano tentando di mascherare i problemi o addirittura di indurre
l'opinione pubblica a ignorarli. Ma basta truccare le carte per spingere il
mondo fuori dalla crisi? Io dico di no: l'ipnosi aiuta
ma non risolve. Scritto in banche, capitalismo, crisi,
manipolazione, era obama, cina, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 12 ) »
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21Apr 09 E' nel blog il futuro del giornalismo? Premessa: fino a metà del 2008
questo blog era una piacevole e utilissima integrazione al mio ruolo di inviato
del Giornale. Negli ultimi mesi la situazione è cambiata: continuo ad essere un
inviato del Giornale, ma il blog diventa sempre più qualificante per il mio
profilo professionale e non solo perché è sempre più letto, con un media di
commenti molto alta (e di questo vi sono molto grato). Mi capita sempre più
spesso di essere invitato a partecipare a trasmissioni radiofoniche o
televisive da colleghi che hanno letto commenti interessanti su "il cuore
del mondo", mentre prima accadeva solo per gli articoli sull'edizione cartacea.
L'altro giorno un brillante collega della Televisione della Svizzera italiana,
Michele Fazioli, mi ha intervistato sul futuro del giornalismo e sulle insidie
della comunicazione, con molte domande ispirate proprio dal blog (chi volesse
seguirla può scaricare qui la trasmissione Controluce). E stamane un amico e
valente blogger, Wolly, mi ha segnalato un interessante articolo di Alberto
Flores d'Arcais, da cui risulta che tra gli oltre 20 milioni di blogger presi
in esame in America (tutti quelli che lo fanno per passione, per informare, per
gioco o per qualsiasi altro motivo) ce ne sono 1,7 milioni che ci guadagnano
sopra. E per 452mila di costoro quei soldi sono la prima fonte di stipendio. E
con 100mila visitatori unici si riesce a guadagnare 75mila dollari all'anno.
Mica pochi. Con qualche ombra, però. Diversi blogger vengono pagati per
"bloggare" un prodotto, spesso senza dichiarare il committente e
questo è preoccupante perchè in questo modo si accentua il fenomeno della
pubblicità parassitaria o camuffata, che già tormenta i media tradizionali. Ma
secondo il Wall Street Journal è sempre più consistente il numero dei reporter
che fanno buon giornalismo sul blog anzichè sui media tradizionali, come
peraltro emerso recentemente a Perugia durante il riuscitissimo Festival
internazionale di giornalismo. E in Gran Bretagna il Guardian inizia a
guadagnare bene grazie alla pubblicità mirata raccolta attraverso i blog. Da
qui la domanda: il futuro del giornalismo è nel blog? Vedo un mondo in cui ci
saranno alcuni siti generalisti e tanti piccoli blog specializzati ad altro
valore aggiunto, alcuni dei quali diventeranno vere e proprie testate
giornalistiche (negli Usa è già successo con Huffington Post). Sbaglio? Inoltre
mi chiedo: in una professione che sta cambiando rapidamente cromosomi, fino a
quando i giornalisti italiani potranno pretendere di mantenere in vita un
Ordine professionale? Scritto in crisi, blog,
comunicazione, società, notizie nascoste, gli usa e il mondo, Italia,
giornalismo Commenti ( 42 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 19Apr 09 La casta dei top manager continua a
imperare (anche in Italia) Il mio amico e collega Nicola Porro latita un po'
sul suo blog, ma sul Giornale è assai presente e ieri è stato uno dei rari
giornalisti italiani a dare con la giusta evidenza una notizia che ritengo,
purtroppo, molto significativa. Trattasi di questo: Tronchetti Provera ha deciso
di "dimissionare" Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli Real
Estate. E a ben vedere. Come scrive Porro: "Il titolo piazzato in Borsa a
26 euro viaggia oggi intorno ai 4,7", e fino a pochi giorni fa era ancora
più giù. "Nel 2008 Pirelli Re ha perso quasi 200 milioni ed è stata
costretta a lanciare un aumento di capitale da 400 milioni. Se Pirelli Re non
avesse avuto l'ombrello finanziario ed economico di Pirelli, sarebbe come le
tante società immobiliari che stanno saltando come pop corn". Puri Negri,
dopo molti anni lusinghieri, ha fallito ed è invitato ad andarsene. Il
capitalismo funziona così. Ma se ne va con una buonuscita da 14 milioni di
euro. E questo proprio non va. Perchè il capitalismo esige l'assunzione di
responsabilità, mentre questa vicenda dimostra che la casta dei supermanager
non ha imparato la lezione e continua a comportarsi con avidità, arroganza,
disprezzo del buon senso e degli altri. Una casta che ha provocato i danni
maggiori nelle banche, ma che influisce anche in altri settori.Ed è inutile
parlare di risanamento e di capitalismo etico fino a quando prevarranno queste
logiche. Torniamo ai fondamentali, a un sistema che premia chi fa bene, ma che
punisce chi sbaglia. E' una questione di giustizia e di buon senso, ormai irrinunciabile,
perchè senza fiducia sociale il sistema non regge. Scritto in banche,
capitalismo, crisi, società, economia, Italia, notizie
nascoste, democrazia, giornalismo Commenti ( 51 ) » (9 voti, il voto medio è: 5
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 16Apr 09
Referendum, la Lega ha fatto bene i conti? Premessa: io sono (ma ormai bisogna
dire ero) favorevole all'accorpamento tra il referendum e le elezioni europee,
non fosse che per una questione di buon senso. Non ha senso a pochi giorni dal
terremoto e in piena crisi economica sprecare 400
milioni di euro. Fini è indignato e ha ragione. Berlusconi avrebbe voluto
l'abbinamento e ha dovuto cedere solo perchè la Lega ha minacciato la crisi di governo. Ma perchè la Lega non vuole
l'accorpamento? Ufficialmente perché lo ritiene anticostituzionale; in realtà
perchè teme che il referendum venga approvato e dunque rinviandolo al 14 o al
21 giugno punta al mancato raggiungimento del quorum. E che cosa chiede il
referendum? I tre quesiti sono formulati in modo incomprensibile; di fatto
propongono di: 1) abrogare le norme che permettono il collegamento tra le liste
alla Camera. Il premio di maggioranza non verrebbe più attribuito alla
coalizione vincente, ma alla singola lista che ottiene più voti. 2) attribuire
il premio di maggioranza anche al Senato con nuove soglie di sbarramento: 4%
alla Camera, 8% al Senato. 3) abrogare le candidature multiple che consentono a
un candidato di correre in più seggi elettorali. Se passassero i primi due
quesiti la Lega rischierebbe di diventare ininfluente alla Camera e di non
entrare nemmeno al Senato. Ecco perchè ha alzato la posta in gioco. Il suo
ostruzionismo è fondato su ragioni comprensibili. Ho l'impressione, però, che
la maggior parte degli italiani non gradisca affatto lo sperpero di 400 milioni
e che sia favorevole al referendum. Rinviarlo a metà giugno potrebbe non
bastare per indurre il 50,1% degli elettori a disertare le urne. Inoltre da
questa vicenda l'immagine della Lega esce offuscata: mentre l'Italia si unisce
e riscopre uno spirito nazionale, il Carroccio fa prevalere il cabotaggio
elettorale, che motiva la base del partito, ma rischia di irritare molti
elettori moderati. Sì, la Lega ha le sue ragioni, tuttavia mi chiedo: Bossi ha
fatto bene i conti? Scritto in politica, lega, referendum, pdl, crisi, democrazia, società, partito democratico, Italia
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articolo a un amico 14Apr 09 Una farsa il ritorno agli utili delle banche Usa?
Dunque, Wells Fargo ha annunciato utili per 3 miliardi di dollari, Goldman
Sachs ieri per 1,5 miliardi e da qualche settimana le Borse festeggiano. Molti
commentatori ritengono che il peggio, per le banche Usa, sia passato. E'
davvero così? Ho molti dubbi. Com'è possibile che banche che fino a due mesi fa
erano soffocate dai debiti tossici improvvisamente risplendano? Dove sono
finiti i debiti? Strano, molto strano. O è un miracolo o c'è un trucco. Io
propendo per la seconda ipotesi, per questa ragione: 1) Il governo americano ha
consentito di allentare le regole mark-to-market, che obbligavano le banche a
contabilizzare ogni giorni il valore di mercato dei loro debiti e siccome
quelli tossici valevano zero gli istituti erano costretti a riportare perdite
gigantesche. Ora invece le banche possono valutare con molta elasticità questi
debiti. Secondo le nuove regole sono loro stesse a stabilire i criteri per
stabilire il valore di questi titoli. L'istituto X ha un debito tossico che a
valore di mercato vale 1, ma può decidere autonomamente che valga 5 o 6 perchè
questo è il valore atteso fra uno o due anni. E le banche possono vantare utili
inattesi. Capito? E' un nuovo esempio di finanza creativa. 2) Le banche in
questi giorni sono sottoposte a uno stress-test e, i risultati preliminari,
sapientemente passati al New York Times rivelano che lo stato di salute dei 19
principali istituti americani è migliore del previsto. Ma Nouriel Roubini in un
post dimostra che sono inattendibili perchè fondati su premesse che la realtà
ha già superato, in negativo. Ovvero i "casi estremi" considerati dal
test sono molto migliori dei dati emersi nel frattempo sull'economia americana.
Insomma, è una truffa. 3) La Federal reserve ha portato quasi a zero i tassi di
interesse, ma l'Amministrazione Obama si è ben guardata dall'imporre limiti sui
tassi che gli istituti finanziari posso chiedere al consumatore, che, negli Usa
restano altissimi, a cominciare da quelli sulle carte di credito. Le banche li
stanno addirittura alzando. Si finanziano a tasso zero, ma impongono al
consumatore tassi superiori al 10%. Corrette e riconoscenti, come sempre. Il G
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 47 - Cultura
Il mondo anticipazioni / Il nuovo libro dell´economista jacques attali ora uno
stato di diritto planetario dopo la crisi La bufera
che si è abbattuta sui mercati è l´ultimo avviso sui
pericoli di una globalizzazione anarchica e sprecona Ed è un´opportunità per
tutti Da quando il capitalismo ha preso il potere, queste vicende sembrano
naturali Devono cessare le finanze-casinò e il mestiere del banchiere torni
modesto e noioso JACQUES ATTALI Anticipiamo un brano dall´introduzione di La crisi, e poi? il nuovo libro di che esce in questi giorni
(Fazi, pagg. 142, euro 16) Come siamo arrivati fino a questo punto? Sembrava
che il mondo stesse procedendo per il verso giusto; pareva che la libertà
politica e l´iniziativa individuale potessero sbocciare negli angoli più
reconditi della Terra; la povertà iniziava a ridursi in Asia e in America
Latina; la crescita economica del pianeta era la più rapida della storia e
tutto lasciava presagire che sarebbe continuata per molti decenni, grazie a un
forte aumento demografico, alla presenza di un abbondante risparmio e ai
progressi tecnologici straordinari che permettevano inoltre di riorientarla
verso uno sviluppo più duraturo. Ed ecco che, improvvisamente, siamo all´alba
di una depressione planetaria, la più grave da ottant´anni a questa parte.
(...) L´umanità ha sempre attraversato crisi
religiose, morali, politiche ed economiche. Da quando il capitalismo ha preso
il potere, la crisi sembra essere una sua condizione
naturale. Tuttavia, tutti sentiamo che è in atto una grossa crisi,
che una grande depressione ci minaccia, come una brutta sorpresa in un mondo
pieno di promesse; e ciascuno intuisce che, in una certa maniera, qualcosa di
molto profondo, nel nostro modo di vita e nel nostro modo di pensare, sta
confusamente cambiando. A mio avviso, l´attuale crisi
si spiega in modo semplice: se il mercato è il migliore meccanismo di
ripartizione delle risorse rare, è però incapace di creare lo Stato di diritto
di cui ha bisogno e la domanda necessaria al totale impiego dei mezzi di
produzione. Affinché una società di mercato funzioni efficacemente, occorre
allo stesso tempo che uno Stato di diritto garantisca il diritto alla
proprietà, imponga il mantenimento della concorrenza, crei una domanda
attraverso salari accettabili e commesse pubbliche; ciò presuppone un
intervento politico, possibilmente democratico e non totalitario, nella
ripartizione dei redditi e dei patrimoni. Ma non essendo riusciti a imporre
questa migliore ripartizione dei redditi, abbiamo visto crescere, da vent´anni
almeno, in particolare negli Stati Uniti, una domanda alimentata
dall´indebitamento dei lavoratori dipendenti, garantito a sua volta dal valore
dei beni comprati con questo stesso debito. (...) All´inizio di settembre del
2008 si passa dall´economia della fiducia al panico. (...) Il 3 ottobre 2008,
il sistema finanziario mondiale sfiora il crollo, in
mancanza di liquidità. Il 13 i governi del g8 annunciano la loro intenzione di
fornire alle banche delle risorse che però non hanno. Dopo una formidabile
carambola ideologica, banche e assicurazioni americane e inglesi vengono
salvate da una sostanziale nazionalizzazione e dalla promessa di denaro
pubblico inesistente. Il debito privato diventa un debito pubblico. Tuttavia,
nulla è stato risolto: la crisi è solo all´inizio; la
recessione è già alle porte; la riduzione dei debiti sta accelerando; la
depressione incombe. (...) Aleggia la minaccia di due, cinque, se non
addirittura dieci anni di depressione: il tempo di ridurre a zero i debiti dei
principali paesi occidentali. Questa depressione porterebbe con sé un crollo dei
prezzi che neanche un grande rilancio attraverso massicce spese pubbliche
basterebbe a rallentare. La crisi finanziaria
mondiale, diventata economica, si trasformerebbe allora in un´enorme crisi sociale e politica; centinaia di milioni di persone si
troverebbero minacciate dalla disoccupazione; il regime politico stesso sarebbe
criticato, respinto come incapace di gestire il "golem" dei mercati che avrà contribuito a creare. Poi arriverebbe, violenta,
l´inflazione. Tutta l´ideologia delle nostre società individualiste e sleali
sarebbe rimessa in discussione. E la democrazia con essa. Se si vuole evitare
che la Storia prenda questa piega terribile, bisogna capire che tutto ciò ha
origine nello squilibrio tra il mercato e lo Stato di diritto: tale squilibrio
riduce la domanda, la trasferisce sul debito e crea rendite finanziarie
poderose, legali, extra-legali, illegali o criminali. Perfettamente coscienti
dei rischi che lo sviluppo anarchico dei mercati fa
correre al mondo, gli "iniziati" fanno di tutto per massimizzare i
loro profitti, come dei ladri che si affrettano ad arraffare più oro possibile
dalla cassa di una banca, rischiando il tutto per tutto negli ultimi secondi
della rapina, poco prima che arrivi la polizia. è venuto il momento di capire
che i contribuenti pagano oggi i bonus dei banchieri che li hanno gettati in
una simile situazione. Ma è venuto anche il momento di rendersi conto che
questa crisi può rappresentare un´opportunità per il mondo
intero, un ultimo avviso su tutti i pericoli di una globalizzazione anarchica e
sprecona. è venuto il momento di convincerci che disponiamo dei mezzi umani, finanziari e tecnologici per far sì che questa crisi sia soltanto un incidente di percorso; che ne usciremo
solo se l´informazione economica e finanziaria sarà
equamente distribuita e disponibile per tutti e nello stesso momento; se i mercati finanziari, mondiali per natura, saranno
regolamentati da uno Stato di diritto planetario; se cesseranno queste
finanze-casinò; se il mestiere di banchiere ridiventerà modesto e noioso, ciò
che non avrebbe mai dovuto smettere di essere; se sarà compiuto su scala
mondiale un reale controllo dei rischi e delle esigenze di liquidità; se verrà
fatta una revisione dei sistemi di retribuzione, una separazione tra attività
dei mercati e attività bancarie e stabilito un obbligo
per chi fa correre un rischio ad altri di accollarsi la sua parte; se si
sapranno organizzare, su scala mondiale, grandi opere ecologicamente durature,
come è stato fatto finora in alcuni paesi. Copyright Fazi editore. Traduzione
di Emilia Bitossi
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 19 autore: Emma Marcegaglia
al G-8 Business «Il 2009? Difficile ma è in corso un miglioramento» Nicoletta
Picchio CAGLIARI. Dal nostro inviato Ancora in recessione, ma con qualche
spiraglio di luce sullo sfondo. I dati diffusi ieri da Eurostat sugli
ordinativi delle imprese per Emma Marcegaglia sono la conferma che qualcosa si
sta muovendo. «Non siamo fuori dalla recessione, il 2009 resterà un anno molto
negativo, ma un miglioramento,per quanto debole, esiste e sono contenta per
questo »,ha commentato la presidente di Confindustria, prima di dare il via,
ieri pomeriggio, ai lavori del G-8 Business. Un elemento di riflessione in più
per i presidenti delle Confindustrie dei grandi Paesi industrializzati, riuniti
a Santa Margherita di Pula (Cagliari) per discutere sulle ricette anti-crisi e sulle regole di una nuova governance globale.
L'Italia, a febbraio, ha avuto un andamento degli ordinativi migliore rispetto
agli altri Paesi europei: +2,7%, contro il -1,4 dell'Europa a 27 (il dato Ue
era
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 19 autore: L'AGENDA DI OGGI
8,30-8,55 Indirizzo di saluto: Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria,
Giampiero Massolo, segretario generale ministero degli Affari esterie sherpa
italiano per il G8 8,55–10,15 Panel 1:l'impatto della crisi
finanziaria ed economica 10,15 – 11,33 Panel 2: libertà di commercio e
investimenti 11,33–12,50 Panel 3: cambiamenti climatici, la strada verso
Copenhagen 12,50–13,00 Conclusioni: Emma Marcegaglia, presidente Confindustria
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore sezione:
ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-04-24 - pag: 23 autore: Agroalimentare. Urso: 15
giorni per arrivare a un accordo Gli Stati Uniti rinviano i superdazi sui
prodotti Ue Nicola Dante Basile MILANO Solo 15 giorni di tempo. Se in questo
breve periodo a Bruxelles non accade nulla, Washington l'8 maggio farà scattare
i superdazi dal 100 al 300 per cento su una serie di prodotti alimentari
provenienti dall'Europa. Per l'Italia a essere minacciata dall'inasprimento
della tassa è l'acqua minerale, bevanda che da anni conosce una brillante
performance in tutti gli States. Con l'import ormai stabilmente oltre la soglia
dei 500mila litri e 120 milioni di euro e che, l'applicazione dei superdazi,
finirebbe per mettere in ginocchio. Scadeva infatti ieri il primo rinvio deciso
un mese fa sull'applicazione dei superdazi, quale ritorsione Usa al blocco
dell'import Ue di carni americane. Ma quando in molti di qua dall'Atlantico si
aspettavano il peggio, ecco che dal cilindro della nuova Amministrazione Obama
è uscita questa ulteriore mini-dilazione dei termini. Segno che il dialogo di
questi mesi tra il commissario Ue al Commercio Catherine Asthon e il
responsabile della Us Trade James Murphy ha dato i primi frutti. Un piccolo
segnale, certo, che però il viceministro dell'Economia con delega al Commercio
estero, Adolfo Urso, in una dichiarazione al Sole 24 Ore non esita a definire
«una buona notizia che dobbiamo sfruttare per trovare un accordo. Certo, il
tempo a disposizione non è molto, ma è chiaro che ora
spetta a noi europei concertare una risposta che vada nella direzione giusta:
vale a dire evitare che il neo protezionismo prevalga». è dal 1998
che tra le due sponde dell'Atlantico dura questo braccio di ferro. Tutto ha
inizio con gli Usa che hanno preteso di esportare nella Ue carni estrogenate,
trovando però la netta chiusura di tutti i Paesi membri dell'Unione.Di
qui la ritorsione dell'ex Amministrazione Bush di inasprire i dazi, applicati a
rotazione su taluni prodotti. Per l'Italia a finire nel mirino sono state le conserve
vegetali. Poi quest'anno l'attenzione Usa si è spostata sull'acqua minerale.
Nel frattempo però cambiava anche il contenuto della questione. Nel senso che
gli Usa non hanno più preteso di esportare carne agli ormoni, ma hanno chiesto
alla Ue di potere aumentare le quote all'export di carni selezionate
provenienti da capi allevati in modo naturale. Su queste basi tra le due sponde
atlantiche il dialogo si è fatto più serrato. Ma a intralciare le cose sono
arrivate le posizioni rigide di alcuni Paesi grandi produttori di carne, come
l'Irlanda e la Francia, che hanno interpretato l'ampliamento delle quote come
una minaccia. Rigidità che Urso cerca di smorzare, invitando tutti i Paesi
dell'Unione a fare uno sforzo congiunto e a fare qualche passo indietro nella
difesa dei propri interessi. Linea che trova la solidarietà del mondo agricolo,
con il presidente di FedagriConfcooperative, Paolo Bruni, che osserva come
l'entrata in vigore dei dazi di ritorsione americani «in un contesto così
difficile dell'economia mondiale rischierebbe di rendere ancora più incerta la
ripresa degli scambi commerciali, con effetti a catena penalizzanti per il
rilancio dei consumi». © RIPRODUZIONE RISERVATA PROTEZIONISMO Per l'Italia la
minaccia colpirebbe l'acqua minerale che verrebbe sottoposta all'aumento del
100% della tassa all'importazione
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 41 autore: Mercati.
L'obiettivo dell'Unione e quello di migliorare la trasparenza e l'indipendenza
- Diventa obbligatoria la registrazione Rating, parte il controllo europeo Il
Parlamento di Strasburgo ha approvato le norme che regolano le agenzie Adriana
Cerretelli STRASBURGO. Dal nostro inviato L'altro ieri, a larghissima
maggioranza, via libera alla direttiva Solvency 2 sul settore delle
assicurazioni. Ieri, con un quorum non meno generoso (569 voti a favore, 47
contrari e 4 astensioni) l'europarlamento ha approvato la nuova normativa
europea sulle agenzie di rating. Un'autentica première, che accoglie con
tempestività le indicazioni lanciate ai primi di aprile dal vertice del G-20 di
Londra e che, nelle speranze di molti, potrebbe fare da battistrada a un codice
internazionale. La crisi finanziaria
morde e, per una volta, l'Europa risponde senza rimandare le decisioni alle
calende greche. Al contrario, sembra in preda al furore attivista, visto che
conta entro i primi di maggio di strappare a Strasburgo anche un altro sì: alla
nuova direttiva che dovrà fissare, un po' sul modello di Solvency 2, i
requisiti minimi di capitale per le banche, disincentivandone al contempo
l'assunzione eccessiva di rischi. Tra l'altro con la nuova disposizione che
imporrà agli istituti di credito che emettano prodotti finanziari strutturati
di acquisirne una quota del 5% (secondo l'accordo raggiunto ieri dai 27). Anche
se parte dell'europarlamento, in sostanza il gruppo socialista, insiste per
portarla al 15%. In attesa del "compromesso bancario"(che dovrebbe
comunque essere vicino al 5%), a fare scintille tra Bruxelles e Strasburgo
provvedono anche hedge funds e private equity. Mercoledì la Commissione Ue
dovrebbe infatti presentare le sue proposte, una seconda première legislativa,
ma ancora una volta si scontra con i socialisti dell'europarlamento sul piede
di guerra. Che le definiscono, perlomeno nella versione attuale (non ancora
definitiva) «un colabrodo privo di reale efficacia». Al momento in effetti non
solo hedge e private equity sarebbero messi sullo stesso piano, cosa sgradita a
molti, ma le nuove regole non si applicherebbero ai fondi speculativi ma solo
alle società che li gestiscono. Che per operare in Europa avranno bisogno di
un'autorizzazione ma potranno vendere tutti i loro prodotti, indipendentemente
dalla sede di provenienza. Di qui il timore di aprire anche a quelli con sede
nei paradisi fiscali, proprio quando il G-20 dichiara loro guerra aperta. Con
buona pace degli inni diffusi alla trasparenza. Che certo non sarebbe favorita
dal fatto che, per esempio sul ricorso all'indebitamento, la normativa Ue
prevederebbe semplicemente la comunicazione dei dati aggregati dell'insieme dei
fondi gestiti dalla società che detiene la licenza. Per sapere come andrà a
finire, bisognerà attendere il testo finale che, salvo sorprese, arriverà
appunto settimana prossima. Il nuovo regolamento Ue sulle agenzie di rating,
che entrerà in vigore nel 2010, introduce intanto una serie di paletti dentro i
quali molto presto dovranno muoversi. Tramontata per ora l'idea dell'Autorità
europea unica, per poter operare nell'Unionedovranno prima di tutto registrarsi
presentando domanda al CESR (Committee of Eu secuirities regulators) ma la
decisione sarà presa dal Collegio delle 27 autorità nazionali di vigilanza cui
spetterà anche la sorveglianza della loro attività quotidiana. Con possibilità
di chiedere informazioni, fare ispezioni anche a sorpresa, richiedere
registrazioni telefoniche. Le agenzie con sede in paesi terzi, Standard &
Poor's. Moordy's e Fitch per intendersi, potranno fornire le loro valutazioni
nell'Unione, purchè sottoscritte in tutto e per tutto dalle rispettive filiali
registrate nell'Ue. Quelle minori, prive di diramazioni in Europa, potranno
essere autorizzate caso per caso, a patto che nei loro paesi di origine viga
una normativa rigorosa quanto quella europea. Una volta ottenuta la licenza
(revocabile, in via temporanea o definitiva, in caso di mancato rispetto della
nuova disciplina), le agenzie saranno tenute a osservare una serie di regole
tra cui: divieto di fornire servizi di consulenza e anche di rating in mancanza
di informazioni di qualità, obbligo di rendere noti modelli e metodi di
valutazione, come pure di evidenziare quelle dei prodotti più complessi. In
ogni Cda dovranno sedere due membri indipendenti, uno dei quali esperto di
cartolarizzazioni e credito strutturato, con retribuzione indipendente dal
fatturato dell'agenzia. Un sistema di rotazione dovrà impedire la nascita di
conflitti di interesse tra analisti e clienti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
L'ATTIVISMO DI BRUXELLES Entro i primi giorni di maggio attesa anche
l'approvazione i requisiti minimi di capitale per le banche, riducendo
l'assunzione di rischi elevati BLOOMBERG Proposta approvata. Josè Manuel
Barroso, presidente della Commissione Ue. «Con la nuova norma - ha detto -
l'Europa è leader nel rispondere alla crisi».
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 42 autore: Credito. La
conferma di Kenneth Lewis interrogato dal procuratore di New York Cuomo
«Pressioni su Bofa per la fusione Merrill» Daniela Roveda NEW YORK E' un
"thriller" che potrà avere conseguenze legali, un vero e proprio
tentativo di insabbiamento ai massimi vertici dello Stato avvenuto lo scorso autunno quando la crisi finanziaria
americana era nel suo momento più difficile. Ieri si è appreso che il Tesoro
americano, nella persona del ministro Hank Paulson, e Ben Bernanke, presidente
della Federal Reserve, hanno costretto l'amministratore delegato della Bank of
America Ken Lewis a non rivelare quanto drammatica fosse la situazione di
Merrill Lynch lo scorso dicembre, quando BofA pensava addirittura di
rinunciare all'acquisizione di Merrill. Paulson non è andato troppo per il
sottile: ha detto a Lewis che se avesse seguito quella strada, il Tesoro
avrebbe rimosso lui e tutto il consiglio di amministrazione dai vertici di
BofA. Le rivelazioni sono del Wall Street Journal, sulla base di documentazione
ottenuta dalla magistratura. Rivelazioni confermate ieri mattina da Andrew
Cuomo, Procuratore Generale di New York, che aveva condottoalcuni degli
interrogatori e inviato i verbali più importanti al Congresso. Si tratta del
più grave scandalo di questa crisi. Il governo e la
Banca Centrale, due istituzioni incaricate di garantire la trasparenza e il
corretto funzionamento del settore finanziario, hanno
violato in altre parole una delle regole fondamentali che assicurano il buon
funzionamento dei mercati finanziari americani. La
"richiesta" naturalmente risale a un periodo di grande allarme anzi
di panico - per la stabilità dei mercati. Ma essa
solleva ugualmente nuove perplessità sull'operato della Fed e del Tesoro nella
gestione della crisi finanziaria. E offre nuove
ragioni per alimentare il malumore degli azionisti di Bank of America, che in
gennaio hanno digerito molto male l'acquisto di Merrill Lynch, senza essere mai
informati sulle dimensioni reali delle sue perdite: 15,8 miliardi di dollari
solo nel quarto trimestre 2008. Queste rivelazioni sono state fatte dallo
stesso Ken Lewis durante una testimonianza fatta in febbraio all'Attorney
General di New York Andrew Cuomo nel corso di un'inchiesta sul pagamento dei
bonus milionari pagati a numerosi dirigenti della Merrill nel 2008. Come
abbiamo detto, Cuomo ha già inoltrato al Parlamento e alla Securities and
Exchange Commission una voluminosa documentazione con le deposizioni di Lewis e
di altri testimoni. «Benchè la nostra inchiesta fosse inizialmente dedicata
alla questione dei bonus, abbiamo raccolto elementi che sollevano questioni
sulla trasparenza del Tarp, e sulla corporate governance alla Bank of America»,
ha scritto Cuomo al Parlamento. Lewis ha dichiarato di non avere ricevuto
l'ordine esplicito di non divulgare informazioni sul reale stato delle finanze
della Merrill Lynch, ma di essere stato soggetto a forti pressioni da parte
dell'allora ministro del Tesoro Hank Paulson e del governatore della Federal
Reserve Ben Bernanke. La minaccia di perdere il posto fatta dal Tesoro a Lewis
è stata confermata dallo stesso ex-ministro Paulson a Cuomo nel corso della sua
deposizione. Ma anche Paulson ha cercato di scaricare la responsabilità accusando
il governatore Bernanke di avere suggerito l'uso delle maniere forti.Cuomo non
ha avuto l'opportunità di porre le stesse domande a Bernanke: la Federal
Reserve, in quanto organo indipendente dal governo, ha invocato il privilegio
riservato a un'istituzione di controllo e non ha fornito documentazione né
deposizioni all'Attorney General. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE ACCUSE Le
richieste sarebbero arrivate dall'ex segretario al Tesoro Usa Hank Paulson e
dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 42 autore: Tragedie in
finanza. Il direttore di Freddie Mac morto suicida temeva aggressioni a danno
della sua famiglia Wall Street a lutto sul caso Kellermann Secondo il
Dipartimento di Giustizia il manager non era sotto inchiesta Mara Monti NEW
YORK Un servizio di sicurezza privato attorno alla sua casa per proteggere la
famiglia da eventuali aggressioni dopo lo scandalo scoppiato sui bonus pagati
ai manager delle società americane. A tanto era giunto David Kellermann il
direttore finanziario di Freddie Mac, suicidatosi due giorni fa. A parlarne
sono stati i vicini di casa che si erano incuriositi da quelle insolite
presenze. Un dettaglio che non prova nulla sulle sue responsabilità perché l'ex
Cfo al momento non sarebbe stato coinvolto in alcuna inchiesta tra quelle
aperte dalle autorità sulla correttezza dei conti dell'agenzia pubblica di
mutui. Tuttavia è sufficiente per misurare la pressione, anche psicologica, a
cui sarebbe stato sottoposto il manager. Al quale il direttore del personale
Paul George martedì scorso, secondo la ricostruzione degli ultimi suoi giorni
di vita, avrebbe chiesto di prendersi un periodo di riposo. I suoi colleghi lo
descrivono come gioviale e cordiale, ma molto stressato negli ultimi tempi. Lo
stesso direttore del personale, nel corso di un meeting, si sarebbe lamentato
con lo stesso Kellermann per le troppe ore passate in ufficio e per questo gli
avrebbe consigliato di prendersi una pausa. Il Cfo avrebbe accettato il
consiglio tanto che la sua posizione era stata temporanemante rimpiazzata da
altri colleghi. Qualcuno collega la pressione a cui sarebbe stato sottoposto il
manager con i colloqui avuti con gli inquirenti e la Sec che indagano sui
bilanci della Feddie Mac, ma al momento è stato smentito qualsiasi
coinvolgimento. «Non c'è alcun collegamento tra la terribile tragedia personale
e le indagini in corso », ha detto il portavoce dell'agenzia David Palombi. Una
fonte del Dipartimento di Giustizia, citata dal Wall Street Journal, ha fatto
sapere che il manager non era indagato. Kellermann, 41 anni, sposato un figlio,
era in Freddie Mac dal 1992 e dallo scorso settembre ricopriva la carica di
Cfo. La crisi finanziaria aveva messo a dura
prova proprio le agenzie di mutui pubbliche, Freddie Mac e Fannie Mae, le quali
con lo scoppio della bolla immobiliare si sono ritrovate in portafoglio 5 mila
miliardi di dollari di mutui erogati, la metà dei quali non garantiti. A
questa crisi si è aggiunta la polemica feroce dell'opinione
pubblica e in parte del Congresso contro i bonus distribuiti ai manager con i
fondi degli aiuti pubblici, soldi che dovevano servire a tamponare le forti
perdite di bilancio. Sulla base di questo piano, Kellermann avrebbe dovuto
ottenere un bonus di 850mila dollari, di cui 170 mila pagato lo scorso
dicembre. La parte restante doveva essere erogata nel corso dell'anno, a patto
che il manager non lasciasse la società. Intanto, i primi risultati
dell'autopsia sarebbero compatibili con l'ipotesi di suicidio. Lo hanno fatto
sapere fonti ufficiali dell'ufficio legale. Le stesse fonti hanno però aggiunto
che per i risultati definitivi bisognerà attendere settimane. La notizia del
suicidio del Cfo ha fatto il giro del mondo e ha scosso il mondo finanziario.
Nonostante le polemiche, la Fei (Financial executive international)
l'associazione americana che raggruppa 14mila direttori finanziari, ha fatto
sapere che la categoria non sta subendo pressioni né da parte dell'opinione, né
dei politici. Tuttavia i timori che si inneschi una caccia alle streghe
esasperata è reale, con i rischi di ripercussioni anche in Italia. «Il
direttore amministrativo troppo spesso è l'anello debole dell'organizzazione
aziendale – ha spiegato Paolo Bertoli, presidente dell'Andaf,l'associazione dei
direttori finanziari – una posizione estremamente delicata perché schiacciato
tra i voleri dell'amministratore delegato e le responsabilità, anche penali, a
cui va incontro». © RIPRODUZIONE RISERVATA REAZIONE ALLE POLEMICHE
L'associazione internazionale dei chief financial officer ha fatto sapere che
la categoria non subisce intimidazioni Indagini in corso. Un poliziotto fuori
dalla casa di David Kellermann AFP
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 43 autore: Euromercato.
L'emissione raccoglie 1,6 miliardi di ordini Mps, bond da un miliardo Morya
Longo Pochi giorni fa UniCredit ha rotto il ghiaccio. Ieri è stato il turno del
Monte dei Paschi. L'istituto sense ha emesso un prestito obbligazionario sui
mercati internazionali: un bond quinquennale da un miliardo di euro, con una
cedola fissa del 4,75%. Insomma: le banche italiane stanno tornando sul
mercato. E lo fanno senza avvalersi della garanzia pubblica sui bond. Pagano
rendimenti elevati rispetto a quelli di una volta (205 punti base sopra il
tasso swap per il Montepaschi e 190 per UniCredit), ma scendono in campo con le
loro gambe. Perché non sfruttano la possibilità di avvalersi della garanzia dal
Tesoro? Gli addetti ai lavori danno tutti la stessa spiegazione: perché le
garanzie pubbliche sulle emissioni obbligazionarie delle banche sono onerose e
causerebbero una serie di problematiche legali. La questione è di fine diritto.
In Italia, come all'estero, lo Stato nei mesi scorsi è venuto in soccorso alle
banche offrendo la possibilità di porre la propria garanzia sui prestiti
obbligazionari. La logica – nei mesi più bui della crisi
finanziaria – era ovvia: dato che gli investitori non si fidavano più
degli istituti di credito e non compravano più le loro obbligazioni, la
garanzia statale permetteva alle banche di emettere obbligazioni (e dunque di
rimborsare quelle in scadenza) pagando rendimenti più ragionevoli. Anche in
Italia lo Stato ha offerto questa possibilità. Ma nessuno fino a ora l'ha
sfruttata. Per tanti motivi. Il primo è di carattere economico: la garanzia
costa. Il secondo è invece di carattere legale. La garanzia in Italia è
strutturata in modo tale che se la banca che emette il bond dovesse fallire, lo
Stato interverrebbe a onorare il pagamento del prestito obbligazionario ma poi
diventerebbe un creditore privilegiato nel fallimento. E qui sta il problema:
una clausola del genere discrimina gli altri obbligazionisti. Gli investitori
che hanno in mano bond in cui sono previsti i cosiddetti "negative
pledge" (particolari clausole del prospetto), potrebbero dunque fare
"causa" alla banca nel momento in cui questa emettesse un bond
garantito dallo Stato. Per lanciarlo ugualmente – spiegano gli esperti – la
banca dovrebbe convocare le assemblee degli obbligazionisti di tutti i bond
dotati di "negative pledge" e chiedere il loro consenso per dare un
privilegio allo Stato italiano in cambio della garanzia. Morale: il Monte dei
Paschi ieri, come UniCredit pochi giorni fa, ha emesso un bond senza garanzia
pubblica. Ha pagato un rendimento in linea con i livelli attuali di mercato (
205 punti base sul tasso swap a 5 anni) e ha raccolto una buona domanda. Ai
lead manager Mps Capital Services, Credit Suisse, Royal Bank of Scotland e Ubs
e al co-lead Banco Santander sono arrivati ordini d'acquisto per 1,6 miliardi
di euro. All'appello hanno risposto 126 investitori di tuta Europa:
principalmente italiani, ma anche tedeschi, francesi e inglesi. © RIPRODUZIONE
RISERVATA NIENTE AIUTO STATALE L'istituto senese, come UniCredit pochi giorni
fa, non ha chiesto la garanzia pubblica per evitare incertezze legali
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-24 - pag: 43 autore: THINK TANK Parte
alla Luiss l'Osservatorio sulla crisi Prende il
via oggi all'Università Luiss Guido Carli il primo Osservatorio sulla crisi finanziaria, promosso dalla stessa facoltà di Economia. Molte le personalità
di spicco del mondo accademico, della finanza e dell'industry che fanno parte
dell'Advisory Board di questa nuova struttura, unica in Italia. Oltre al
Rettore dell'Ateneo di Confindu-stria, Massimo Egidi, ci saranno anche Giuseppe
Zadra direttore generale di Abi, Stefano Micossi presidente Assonime, Marcello
Messori presidente Assogestioni, Luigi Spaventa, già Direttore della Divisione
Emittenti Consob e Massimo Ferrari, Senior vice president di UniCredit group.
Uno dei principali scopi dell'Osservatorio, guidato da Giorgio di Giorgio,
Giovanni Fiori e dallo stesso Massimo Ferrari, sarà la realizzazione di
ricerche e approfondimenti che possano supportare, con position paper le
Autorità di Vigilanza e il Governo, nell'azione di indirizzo (policy) e
redazione di nuove regole, soprattutto in ambito finanziario. L'osservatorio si
propone, inoltre, di alimentare il dibattito a livello accademico, promuovendo
studi utili anchea formulare suggerimenti per la rivisitazione di programmi
universitari. Ernst & Young è sponsor tecnico dell'iniziativa.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 2 autore: La Maddalena protesta ma
i cantieri vanno avanti Mariano Maugeri Siamo cittadini o sottufficiali? Il
presidente generale non lo ammetterà neppure sot-to tortura, ma questo
slittamento del G8 dall'ex base dei sottomarini nucleari Usa di stanza alla
Maddalena alla scuola sottufficiali della Guardia di Finanza di Coppito,
L'Aquila, una passionaccia per i militari e la loro obbedienza potrebbe pure
svelarla. Ogni passo del generale Silvio nei giorni del dolore e
dell'orgogliodella terremotata L'Aquila è stato scandito dallo schiocco dei
tacchi e dal saluto marziale di questo campus militare che dal '92 sforna i
sovrintendenti delle Fiamme Gialle. L'omphalos d'Italia che diventa l'ombelico
del G8, con zoomate planetarie sulla balena di ghiaccio del Gran Sassoe il
profilo della Maiella. Pure lì memorie del corpo degli alpini del Sud, gli
unici terroni che gli alleati bossiani ammettono nelle caserme degli alpini di
Bassano e Udine. Gli abruzzesi di montagna patiscono in silenzio i dolori
laceranti che ai greci ispirarono i cori delle prefiche. Il generale Silvio ha
capito che questo popolo coriaceo è lo spot più efficace di un'Italia che non
si spezza neppure sotto l'onda d'urto di una scossa di magnitudo 6.2. E quel
motto dannunziano che campeggia nella facciata della palestraastronave della
scuola di Coppito che in luglio ospiterà la Merkel, Obama e Sarkozy – "Nec
recisa recedit" (neppure spezzata si arrende) – è lo slogan della nuova
Italia che risorge dalle macerie della crisi globale e dei cataclismi naturali,
un'Italia selvaggia con i paesi color creta aggrappati alle montagne che
neppure il più astuto pubblicitario al servizio del premier avrebbe avuto
l'ardire di immaginare come scenografia del summit. Se ce la fa l'Abruzzo ce la
fa l'Italia. E così la monumentale Msc Fantasy offerta alla causa dei Grandi
dall'armatore partenopeo-ginevrino Aponte, si sposta dalla Maddalena a Pescara,
la Copacabana de noantri. L'Abruzzo con il bilancio in default orfana del
paternalismo di Remo Gaspari e di un paio di generazioni di postelegrafonici
ruba la scena alla bellezza esagerata della Maddalena, con i rifugi dorati dei
vip disseminati nelle microisolette maldiviane che le fanno corona. Il 15
aprile un sopralluogo in Sardegna del premier Silvio e del catastrofologo Guido
Bertolaso dà esito ampiamente positivo. Berlusconi ammette: «I lavori su tre
turni alla Maddalena sono d'esempio per la ricostruzione in Abruzzo». Forse è
lì che si accende la lampadina:c'è uno slittamento semantico senza trucco e
senza inganno in cui l'inversione dei fattori cambia pure il risultato. Il G8
scivola verso l'Adriatico, la costruzione continua in Sardegna e si progetta
per gli abruzzesi, un popolo scolpito nella pietra sismica che per orgoglio e
cocciutaggine è più isolano degli isolani. I sardi sono imbufaliti. A
cominciare dal sindaco della Maddalena, Angelo Comiti: «è fantascienza, il G-8
non è una festa di compleanno. La macchina è avviata, ora non si può più
fermare». Stralciata la Sassari-Olbia, dimenticata la bonifica di Porto Torres,
chimica e metallurgia sbriciolate come le case di Onna dopo il terremoto. Alla
Maddalena resta il premio di consolazione del summit autunnale sull'ambiente
voluto da Barack Obama, ma nessuno ha voglia di ricordarlo. Gli uomini di
Bertolaso tentano di rassicurare: le opere avviate saranno concluse. Ma è come
dire a chi sta sul podio che deve scivolareall'ultima posizione. In luglio gli sciami sismici che scuotono la caserma delle Fiamme
Gialle simuleranno quelli dei mercati finanziari, tanto per
ricordare ai Grandi che la terra trema sotto ma pure sopra non scherza. Gordon
Brown, Sarkozy e Carlà tra i sottufficiali d'Italia della scuola di Coppito.
L'unico a non soffrirne sarà il colonnello Gheddafi, un attendato di lusso tra
gli sfollati dell'Aquila. Alla Maddalena stavano ancora cercando uno
scampolo di terra per la sontuosa tenda beduina del dittatore libico. Pure lui
nel cuore del sisma tra i graduati d'Italia. Metafora perfetta di un pianeta
sempre più piccolo e sempre più scosso. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE REAZIONI Il
sindaco Angelo Comiti: sembra fantascienza, non è un compleanno ora la macchina
è in moto e non si può fermare
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 8 autore: INTERVISTA/2 Massimo
Ponzellini «Un modello che funziona» «Il modello di cooperativa della Banca
Popolare di Milano, se ben gestito, è di grande valore perchè consente la
massima partecipazione dei dipendenti alla vita dell'azienda.La conservazione e
la protezione di questo modello, migliorabile accentuando la trasparenza e
l'eticità dei comportamenti, è alla base della mia candidatura alla presidenza
della Bpm». Massimo Ponzellini, 59 anni, imprenditore e poi manager, un passato
alla Bers e alla Bei, politicamente bipartisan, è ora presidente della società
di costruzioni Impregilo. I sindacati della Bpm, tradizionalmente maggioritari
nell'assemblea dei soci, lo hanno scelto come candidato presidente a capo di
una lista che lui definisce «di novità e di continuità, equilibrata e con
personalità di prestigio». Grazie all'appoggio dei sindacati parte favorito,
anche se bisognerà vedere se e quanto peserà la macchia del presunto conflitto
d'interesse con la presidenza di Impregilo, che intende mantenere. Dottor
Ponzellini, chi critica la sua candidatura sostiene che con lei Bpm diventerà
la banca delle grandi opere. Cosa risponde? è una polemica senza senso. In
primo luogo,il conflitto d'interesse non esiste perchè in qualità di presidente
non ho alcuna delega operativa in Impregilo, nè eventualmente l'avrò in Bpm. In
secondo luogo chi pensa che la Popolare Milano abbia le dimensioni per
finanziare opere come il Ponte sullo Stretto è, numeri alla mano, in malafede.
La Bpm fa un altro mestiere, al servizio delle imprese e delle famiglie del
territorio. E continuerà a farlo anche in futuro. La cooperativa quotata
confligge con gli interessi del mercato. Qualcuno parla di governance
medioevale. Che ne pensa? Distinguiamo. Bpm opera sul mercato e il mercato è e
sarà il nostro riferimento. Ma il modello della banca popolare, soprattutto se con una imponente partecipazione dei dipendenti,
esce vincente dalla crisi
finanziaria. Mi va bene il mercato. Ma intendiamoci:
se per mercato intendiamo i fondi speculativi che hanno spinto le società in
cui hanno investito a finanziarizzare qualunque attività, con i risultati che
si sono visti, allora non ci sto. Meglio una sana cooperativa che fa il
suo lavoro con serietà e cresce gradualmente nel tempo. Che mestiere farà la
"sua" Bpm, se domani diventerà presidente? Farà la banca di
territorio, dando supporto alle piccole e medie imprese, alle famiglie, ai
commercianti delle aree in cui il gruppo è presente. Grazie ai Tremonti- bond,
è possibile aumentare il credito da erogare. E lo faremo, servendo al meglio la
clientela. Bpm non ha grandi dimensioni. Che idee ha in materia di acquisizioni
e aggregazioni? Le ricordo che furono i sindacati che la designano a bocciare
la fusione con Bper... Nel caso dell'alleanza con Bper, direi che i sindacati
di Bpm hanno difeso la loro banca che altrimenti avrebbe trasferito il centro
decisionale a Modena. La crescita è importante ma ad alcune condizioni. Primo:
valuteremo solo acquisizioni che il nostro management sarà in grado di poter
gestire. Secondo: la crescita avverrà sulla base della contiguità territoriale.
Terzo: studieremo solo opportunità che non portino scompensi di bilancio.
Certamente non faremo debiti per crescere. Con la sua designazione, i sindacati
hanno ritrovato l'unità dopo anni di scontri interni. Crede di poterla
mantenere? La stabilità è essenziale per ogni azienda, tanto più per una banca.
Ma accanto alla stabilità, e proprio in virtù del nostro essere cooperativa,
dobbiamo accentuare i profili di trasparenza e di eticità dei comportamenti. Il
suo programma per i primi cento giorni di "governo"? Quello che ho
annunciato ai dipendenti, che ho incontrato in queste giornate elettorali. Il
mio programma è di reincontrali tutti. Non per chiedere di votarmi, ma
discutere cosa fare insieme per sviluppare la banca. In una banca in cui i
dipendenti hanno un peso centrale, che novità pensa di introdurre? Proprio
perchè i dipendenti sono il perno della banca, dobbiamo investire al massimo in
formazione. Avere manager giovani e capaci, serve anche per poter fare
acquisizioni e gestire le realtà che si acquisiscono. E poi vorreiche
aumentasse il numero delle donne nel gruppo dirigente. La pari opportunità non
è una moda ma un vantaggio per le aziende. Cosa pensa del suo rivale Mazzotta?
Lo conosco e ho grande rispetto per lui. Purtroppo, la campagna elettorale ha
assunto toni personalistici. Mi auguro che domani in assemblea il dibattito tra
i soci sia sul futuro della banca. Al.G. «Bpm non diventerà la banca delle
grandi opere, ma resterà al servizio delle imprese» Massimo Ponzellini, 59
anni, presidente di Impregilo INFOPHOTO
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMO PIANO data: 2009-04-24 - pag: 8 autore: INTERVISTA/1 Roberto
Mazzotta «Basta con i diktat sindacali» «Non accetto l'idea che in una
cooperativa le decisioni vengano prese da una nomenclatura. Che nel caso della
Banca Popolare di Milano è rappresentata dalle sigle sindacali dei dipendenti.
Sia chiaro: la mia lista per il nuovo consiglio non è nè contro i dipendenti nè
contro il sindacato, ma contro il cattivo uso del sindacato. Nelle aziende dove
c'è clientelismo, il sindacato muore insieme alla dignità del lavoro ». Roberto
Mazzotta, 68 anni, presidente uscente della Bpm, si appresta alla battaglia
assembleare che domani lo vedrà capeggiare la lista «allargata» dei non
dipendenti sfidando Massimo Ponzellini, candidato dal listone sindacale dei
soci-dipendenti. Dottor Mazzotta, lei è il presidente uscente. Eppure non sarà
ricandidato dai suoi elettori. Perchè? Ha pesato in qualche
modo la crisi
finanziaria? La Bpm è una banca forte e ben
organizzata, che ha risentito meno di altri della crisi. Abbiamo
conti in ordine, un bilancio trasparente, una forte patrimonializzazione e una
chiara visione strategica. Trovo singolare che in questo contesto di mercato, in
Italia solo da noi sia in atto uno scontro per cambiare il vertice.
Altrove, anche dove le cose vanno meno bene, si privilegia la stabilità. Eppure
per ricandidarsi alla presidenza ha dovuto costituire una sua lista, grazie al
supporto dei soci non dipendenti. Che problemi ha con i sindacati della Bpm?
Oggi lei contesta le stesse sigle sindacali che per due volte, negli ultimi
anni, avevano candidato proprio lei. Avrei accettato la decisione dei sindacati
di non ricandidarmi se in questi anni la mia attività fosse stata scorretta,
inefficace o avesse dato cattivi risultati. Ma non è così. E non lo dico io.
Sono i miei stessi oppositori a riconoscerlo. Allora perchè non la vogliono
più? La verità è che non mi ricandidano più perchè io voglio riformare la cooperativa.
Insieme al consiglio uscente in questi anni ci siamo dedicati in via
prioritaria al risanamento della banca, poi al suo rafforzamento patrimoniale.
Da qualche mese abbiamo lavorato alla riforma della governance. E saremmo
andati avanti. Hanno detto stop prima di perdere il loro potere. Avete da poco
cambiato lo statuto. Cosa c'è che non va ancora nella governance? In una banca
popolare esistono tanti stakeholders e tutti gli interessi devono trovare un
punto di equilibrio. Se un interesse vuole prevaricare sugli altri, utilizzando
i dipendenti come truppe elettorali, allora la governance è debole e non
funziona nell'interesse di tutti i soci. Come è già emerso due anni fa nel caso
del boicottaggio della fusione con la Bper, quando i sindacati hanno bocciato
la nascita della quarta banca del Paese solo perchè avevano paura di perdere il
loro ruolo maggioritario nell'azionariato. Insomma, lei si batte per la
continuità della sua "buona gestione". Ma il socio di maggioranza non
la ricandida. Data la sua storia e il suo profilo, non era meglio lasciar
perdere? In sostanza: chi glielo fa fare? Sono stato nominato dall'assemblea
dei soci. Siano loro a decidere se dovrò continuare a fare il presidente o il
semplice consigliere. Ho una certa età, e non mi piego ai diktat di nessuno.
Dopo il loro rifiuto di procedere sulla base della continuità, ho ritenuto mio
dovere presentarmi davanti ai soci con una lista che consenta a tutti gli
stakeholders di esercitare il diritto di decidere. Invece una parte di essi, e
mi riferisco ai sindacati interni che coordinano l'Associazione Amici della
Bpm, ritiene di essere padrona della banca e di poter condizionare le decisioni
del cda e del management, che peraltro è composto da persone capaci e perbene.
Tirando le somme, cosa si sente di dire agli azionisti che domani dovranno
decidere? Ai soci, che domani in assemblea saranno fortunatamente numerosi, e
in particolare a quelli più vicini alle sigle sindacali, vorrei ricordare
l'avvertenza di Karl Popper: «Valutate sempre le ripercussioni sociali, non
intenzionali, che seguono alle azioni intenzionali ». In sostanza: non buttate
via la banca per seguire i vostri interessi immediati. I sindacati hanno scelto
Ponzellini. Che giudizio dà del suo rivale? Appartengo a una vecchia scuola che
non ha mai avuto paura di fare lotte, talvolta anche dure. Ma le persone si
rispettano sempre, non sono mai argomento in gioco. La statistica degli ultimi
scontri sulla presidenza di Bpm le gioca contro: ha sempre vinto il candidato
dei sindacati. Ma grazie al nuovo statuto, lei entrerà comunque in consiglio.
Resterà eventualmente a fare il capo dell'"opposizione"? Non mi sono
mai presentato a un'elezione senza poi svolgere il mio mandato. Leader
dell'opposizione? Diciamo che da semplice consigliere continuerò a lavorare per
il bene della banca. Alessandro Graziani «Nell'istituto esistono tanti
stakeholders e tutti gli interessi devono trovare un punto di equilibrio»
Roberto Mazzotta, 68 anni, presidente uscente della Bpm INFOPHOTO
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag:
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 -
pag: 33 La Giornata in Borsa Balzo di Pirelli e Prysmian di Giacomo Ferrari
Indici in rialzo Unica fra le Borse europee, Piazza Affari ha chiuso con gli
indici in rialzo Una seduta in altalena, senza spunti particolari,
caratterizzata da una sostanziale tenuta dei prezzi e da scambi ormai
stabilizzati intorno ai 3 miliardi di euro di controvalore. Ma il
bilancio della giornata è in ogni caso positivo per Piazza Affari (+0,33%
l'S&P-Mib, +0,26% il Mibtel), che a differenza delle altre Borse europee
non è stata toccata in chiusura dalla temporanea svolta negativa di Wall
Street. Quanto all'andamento dei singoli titoli, il paniere dell'S&P-Mib
presenta poche variazioni importanti. Fra queste, i rialzi di Pirelli (+6,1%) e
Prysmian (+5,92%), che confermano le ottime performance della vigilia. Sempre
sul fronte dei risultati positivi, anche Lottomatica ha fatto il bis della
vigilia, guadagnando il 3,89%, mentre Unicredit ha messo a segno un nuovo
progresso significativo (+2,29%). Campari, invece, è rimbalzata del 2,22%
recuperando ampiamente il calo di mercoledì. In calo Ansaldo Sts (-3,22%),
seguita da due petroliferi ( Saipem e Snam Rete Gas) che hanno ceduto
rispettivamente il 2,73% e il 2,45% nonostante la leggera ripresa del prezzo
del greggio, tornato sopra i 50 dollari al barile. Giù anche Unipol (-2,55%)
all'indomani dell'assemblea che ha approvato il bilancio 2008. Sostanzialmente
ferma la quotazione di Fiat (-0,8%) dopo la diffusione dei dati trimestrali, ma
nel corso della seduta il titolo del Lingotto è rimasto costantemente sotto i
riflettori, registrando forti oscillazioni e arrivando a guadagnare fino al 3%,
con scambi particolarmente intensi (sono passati di mano più di 88 milioni di
pezzi, pari all'8% del capitale).
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 -
pag: 33 Il caso a Milano Pininfarina, nuovo vertice. E il titolo vola (g.fer.)
Il sì delle banche alla seconda fase dell'accordo quadro sul debito della
società e la nomina del nuovo board, con la conferma di Paolo Pininfarina alla
presidenza e la nomina ad amministratore delegato di Silvio Pietro Angori,
hanno avuto un effetto benefico sulla quotazione del titolo Pininfarina,
cresciuto del 10,67%. Ieri a Torino l'assemblea dei soci ha approvato il
bilancio 2008, chiuso con una perdita di 204,1 miliardi di euro. Intanto la
famiglia si appresta a uscire dal capitale. «Per contribuire a garantire la
continuità aziendale ha detto Paolo Pininfarina abbiamo messo sul piatto
l'intera partecipazione di maggioranza». Paolo Pininfarina confermato
presidente
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 24/04/2009 -
pag: 33 Il caso a Zurigo I conti trimestrali spingono Credit Suisse (g.fer.) La
crisi finanziaria internazionale non ha impedito al Credit Suisse di ottenere
risultati trimestrali migliori rispetto a quelli attesi (in particolare un
utile netto di 2 miliardi di franchi svizzeri, il doppio circa rispetto
alle attese degli analisti). I dati, comunicati ieri, hanno avuto immediati
riscontri positivi sulla quotazione del titolo, che alla Borsa di Zurigo ha
guadagnato l'8,82%, chiudendo a quota 43,20 franchi svizzeri. Particolarmente
elevati gli scambi sul titolo: sono passate di mano 17,1 milioni di azioni,
quasi il doppio rispetto alla media degli ultimi tre mesi, pari a 9,4 milioni.
Walter B. Kielholz presidente Cr. Suisse
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Terza Pagina data: 24/04/2009 - pag: 43 Svolte Non
regge più il protezionismo identitario inventato da Malraux e potenziato da Jack Lang
Parigi, s'incrina l'eccezione culturale La Francia cede a Hollywood. Incentivi
anche alle opere straniere di STEFANO MONTEFIORI A forza di difendere
l'eccezione culturale francese e il cinema nazionale di fronte all'invadenza di
Hollywood, la Francia era riuscita a convincere gli americani a filmare
altrove. La Normandia di Salvate il soldato Ryan di Spielberg? In realtà è
l'Irlanda. La Parigi in Munich, sempre di Spielberg? Budapest. E la Francia occupata
dai nazisti di Inglorious Bastards, il nuovo film di Quentin Tarantino con Brad
Pitt e Diane Kruger? Paradossalmente, tranne poche scene, sono i dintorni di
Berlino. Gli altri Paesi europei, soprattutto Bulgaria, Romania e Ungheria ma
anche Germania, offrono incentivi e sgravi fiscali per attrarre le troupe. Il
governo francese ha capito che il favore accordato esclusivamente alle
produzioni nazionali fa perdere investimenti importanti, e nell'ultima
Finanziaria dopo quattro anni di discussioni ha deciso la svolta. Il 17
dicembre scorso il Parlamento di Parigi ha approvato sgravi fiscali pari al 20
per cento delle spese per le compagnie straniere che sceglieranno di girare
film o serie tv in Francia. «Bisogna fare in modo che i film ambientati in Francia
siano effettivamente girati da noi, il caso del nuovo Tarantino non deve
ripetersi», dice Nicolas Traube, presidente di Film France. Perché le nuove
misure siano effettive manca ora il parere positivo della Commissione europea,
che è atteso prima dell'apertura del Festival di Cannes, il 13 maggio prossimo.
Nei prossimi giorni, quindi, dovrebbe essere smantellato un elemento non
secondario aiuti solo a film francesi e in subordine europei dell'edificio
ideologico costruito per cinquant'anni da politici francesi di destra e di
sinistra. A partire da André Malraux, il ministro della Cultura nominato da de
Gaulle nel 1959, continuando con Jack Lang, socialista alla Cultura per dieci
anni nell'era Mitterrand e grande teorizzatore dell'«eccezione culturale francese»:
nello stesso momento in cui coniava lo slogan «economia e cultura, stessa
battaglia», si muoveva per democratizzare i consumi culturali e rompeva le
barriere tra «cultura alta» e «cultura bassa», il ministro chiamato «Jack» da
un padre innamorato degli Stati Uniti è diventato protagonista della lotta
contro il potere dei «Rambo » di Hollywood. Un'impostazione fatta propria poi
dall'altro ministro (di destra) Jacques Toubon, che durante i negoziati
dell'Uruguay Round del 1993 ribadì una volta per tutte che «la cultura non è
una merce», provocando il lapidario sfogo di Mario Vargas Llosa: «La minaccia
che pesa su Flaubert e Debussy non arriva dai dinosauri di Jurassic Park ma
dalla banda di piccoli demagoghi e sciovinisti che trattano la cultura francese
come una mummia pronta a disintegrarsi al contatto con l'aria fresca». La
cultura non è una merce, ma la scelta di finanziare solo film francesi ha fatto
sì che Hollywood si rassegnasse a delocalizzare i set cinematografici, come è
successo per le fabbriche di elettrodomestici o di scarpe da ginnastica.
L'ultima grande produzione straniera girata in Francia è stata Maria Antonietta
di Sofia Coppola, tre anni fa, poi più nulla. Il «New York Times » ha citato
ieri il caso di Una lunga domenica di passione di Jean-Pierre Jeunet, girato
nel
( da "Unita, L'" del
24-04-2009)
Argomenti: Crisi
La ricetta Legacoop
contro la crisi: solidarietà e un mercato democratico
BIANCA DI GIOVANNI Il 60% delle famiglie italiane fa i conti quotidianamente
con la crisi. È il dato più allarmante della ricerca
(swg) commissionata da Legacoop in occasione dell'assemblea dei soci in
svolgimento a Roma. Forse è pensando a quel dato che Giuliano Poletti, aprendo
l'assise, ha promosso il provvedimento che estende a tutti gli ammortizzatori
in deroga. «Lo valutiamo positivamente - ha detto - per la Lega delle
cooperative è positiva la collaborazione tra governo e regioni, un modello
giusto per far fronte alla crisi che speriamo si
affermi come costume normale anche per il dopo crisi».
Le famiglie soffrono tanto da ridurre i loro consumi (36% ), mentre il 45% del
campione preso in esame dichiara di aver già risentito in
passato del peso della crisi
finanziaria, e il 16% di aver avuto notevoli
danni. un piano Ma la ricetta anticrisi delle coop
non si ferma agli aiuti alle famiglie. Legacoop ha avviato un piano per
fronteggiare le difficoltà economiche, che prevede di favorire la disponibilità
del credito per le imprese associate, promuovere nuove imprese cooperative,
dare vita a strumenti finanziari specializzati per lo smobilizzo dei crediti.
Per uscire dal tunnel è ancor più necessario che il mercato sia «veramente
democratico, concorrenziale, libero e ben regolato». Si tratta di un «obiettivo
da perseguire dalle politiche pubbliche», affrontando il tema di un «equilibrio
tra capitale, lavoro, conoscenza. Un paese più giusto- aggiunge Poletti- non è
un lusso, noi ci crediamo». un ruolo Ecco perché le coop sono una risorsa
importante per uscire dalla crisi, «in un progetto di
trasformazione temperato dell'economia italiana». Nonostante lo scenario cupo,
il movimento cooperativo vive uno dei suoi momenti più dinamici, «con oltre 60
mila cooperative attive, 1.056.000 occupati pari al 6,2 degli occupati italiani
e oltre 110 miliardi di euro di giro d'affari con un'incidenza ben superiore al
5 per cento del pil». Il
( da "Corriere.it"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
«siamo in quaresima.
Quanto è lunga e in che termini dipende da tanti fattori» Tremonti e la crisi: «L'Apocalisse è stata scongiurata, ma non è ancora
Pasqua» Il ministro dell'Economia: «E' finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse» MILANO - Per
spiegarsi usa una metafora biblica. Applicata ad un tema dei nostri giorni,
vale a dire la crisi economica. Ora si può dire che
l'intervento congiunto dei governi ha scongiurato la paura dell'Apocalisse, «ma
questo non vuol dire che è subito Pasqua». Con questa metafora il ministro
dell'Economia Giulio Tremonti, poco prima di partecipare al
G7 dei ministri finanziari a Washington, ha sintetizzato l'attuale situazione
economica mondiale. LA TESI - «Ciò che ho cercato di dire in questi mesi - ha
aggiunto Tremonti - è che è finito l'incubo degli incubi. La crisi c'è ancora e prende forme diverse. In alcuni giorni ha segni
negativi e in altri giorni cominciano segni inaspettatamente positivi.
Finita la fase dell'Apocalisse, non è subito Pasqua, c'è di mezzo la
Quaresima». «Quanto è lunga e in che termini dipende da tanti fattori che ormai
agiscono sul piano globale - ha aggiunto Tremonti riferendosi alla crisi - Dai governi del mondo, dai sentimenti dei popoli e
dalle loro paure e speranze». LA PROSPETTIVA - Il ministro dell'Economia ha
ricordato lo stato di ansia con il quale, nello scorso ottobre, proprio a
Washington in occasione dell'assemblea annuale del Fondo monetario, veniva
seguito lo sviluppo della situazione nel momento più caldo della crisi finanziaria internazionale. L'atmosfera era quella di
chi non sapeva «se i mercati avrebbero riaperto il lunedì successivo. Le scelte
dei governi, il vertice di Parigi, il ruolo fondamentale giocato dal presidente
francese Sarkozy, ma anche dal presidente Berlusconi - ha ricordato Tremonti -
hanno permesso la riapertura dei mercati. I mercati hanno riaperto perchè sono
scesi in campo i governi, governi che hanno continuato ad agire da soli a
livello nazionale, collegialmente in Europa, e collettivamente in occasione dei
due G20». I ministri finanziari del G7 e, successivamente, quelli del G20,
faranno oggi il punto della situazione economica mondiale. «Devo incontrare il
signor capitalismo, il signor mercato, il signor mercato finanziario e il
signor governo - ha detto ancora Tremonti - e dobbiamo verificare lo stato di
salute di tutti questi signori. Un quadro clinico che viene fuori dai numeri,
così come accade con il termometro per misurare la febbre. Però, quello che conta
più dei numeri che ci verranno dati nei palazzi, sono le persone. I numeri - ha
detto il ministro - sono un modo per agire, ma non sono il fine. Sono necessari
ma è soprattutto essenziale la vita delle persone, come indica il caso
dell'Abruzzo e del decreto di giovedì». Riassumendo il clima alla vigilia delle
riunioni di oggi, il ministro dell'Economia ha detto di vedere «confermata la
nostra visione di base. È finita la fase della potenziale apocalisse, l'incubo
degli incubi». Infine, una notazione di riferimento alle tante cifre e stime
circolate in quest'ultimo periodo per misurare la crisi:
«Chi dà i numeri - ha detto Tremonti - o lo fa per mestiere, come il Fmi, e
allora è suo dovere, o lo fa per convinzione e allora è meglio suggerirgli un
lungo periodo di riposo». stampa |
( da "Corriere.it"
del 24-04-2009)
Argomenti: Crisi
il
debito italiano salirà nel 2010 al 121% del pil: 15% in più del 2008 «La crisi costerà 4000
miliardi di dollari» Fmi: due terzi della somma deriveranno da svalutazioni del
patrimonio bancario WASHINGTON (USA) - La crisi
finanziaria globale arriverà a costare oltre 4.000 miliardi di
dollari alle sole economie avanzate. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede nuovamente
al rialzo il costo della crisi finanziaria: le
svalutazioni, entro il 2010 - afferma nel Global Financial Stability Report -
«potrebbero raggiungere i 4.000 miliardi di dollari, di cui due terzi facenti
capo alle banche». Del totale fanno parte, per la prima volta, gli asset
originati in tutti i mercati e non solo in quello americano, per il quale la
stima delle potenziali perdite è stata portata a 2.700 miliardi, dai 2.200
miliardi di gennaio 2009 e i 1.400 miliardi di ottobre. «Il sistema finanziario
globale - aggiunge l'Fmi - resta sotto un severo stress a fronte di una crisi che riguarda famiglie, aziende e banche sia nelle
economie avanzate che in quelle emergenti». «Il processo di deleveraging -
aggiunge l'Fmi - sarà lento e doloroso nonostante le misure prese».
FINANZIAMENTI - Secondo l'Fmi, i finanziamenti al settore privato negli Stati
Uniti e in Europa «si dovrebbero contrarre a un tasso annualizzato trimestre su
trimestre pari al 4%» nel 2009. E la risalita sarà «lenta e dolorosa».
Particolarmente preoccupante la situazione nei mercati emergenti dove il
contagio si sta rapidamente allargando. Enormi i costi della crisi.
Tra Stati Uniti, Europa e Giappone le banche potrebbero vedersi costrette a
svalutazioni per 2.810 miliardi di dollari (di cui 340 milioni per asset
detenuti nei Paesi emergenti), le assicurazioni per 301 miliardi, le altre
istituzioni finanziarie non bancarie, tra cui gli hedge funds, per 1.283
miliardi. Il conto della ricapitalizzazione varia dagli 875 miliardi di dollari
necessari per riportare il «leverage» sui livelli pre-crisi,
fino ai 1.700 miliardi calcolati se si vuole risalire fino a 15 anni fa, prima
che l'attuale modello di sviluppo finanziario, colpevole della «bolla»,
prendesse piede. SERVONO ULTERIORI FORTI AZIONI - «La sfida principale» della crisi in atto è quella «di spezzare la spirale al ribasso
fra il sistema finanziario e l'economia globale» afferma ancora il Fondo
Monetario Internazionale che, pur constatando «le iniziative senza precedenti
prese nei paesi avanzati nello spezzare» il circolo vizioso venutosi a creare,
invita a «ulteriori azioni forti per riportare fiducia e allentare le incertezze
che stanno minando le prospettive di una ripresa economica». Un invito che
arriva con un'avvertenza: «C'è il rischio che i Governi siano riluttanti ad
allocare abbastanza risorse per risolvere il problema», visto che l'opinione
pubblica sta assumendo un atteggiamento «disilluso su quello che percepisce, in
alcuni casi, come abuso dei fondi dei contribuenti». L'Fmi sottolinea che per
«stabilizzare il sistema bancario e ridurre l'incertezza sono necessari 3
elementi: un ruolo più attivo dei supervisori nel determinare le istituzioni
che possono sopravvivere e le appropriate azioni correttive necessarie a
garantirne la sopravvivenza; trasparenza nei bilanci; e chiarezza da parte dei
supervisori del tipo di capitale richiesto. «Le condizioni per iniezioni di
capitale pubbliche dovrebbero essere stringenti», spiega il Fmi, secondo il
quale la «ristrutturazione» di un'istituzione «potrebbe anche richiedere una
nazionalizzazione temporanea. L'attuale incapacità di attrarre capitali privati
suggerisce che la crisi è profonda e che i governi
devono compiere un passo in più, anche se questo significa assumere la
maggioranza o l'interezza di un'istituzione». DEBITO ITALIANO SALIRA' ALLE
STELLE - A causa della crisi finanziaria, il debito
pubblico italiano salirà nel 2010 al 121% con un incremento di 15 punti
percentuali dal 106% del 2008 aggiunge L'Fmi che precisa che i costi finora
sostenuti per la stabilizzazione finanziaria sono
risultati pari allo 0,9% del pil. I dati sul debito - spiega il Fmi illustrando
una tabella del capitolo uno del Rapporto - sono tratti dal World Economic
Outlook dell'aprile 2008, mentre le stime sui costi provengono dal dipartimento
degli Affari fiscali del Fmi. Il deterioramento dei conti pubblici non è
comunque un fenomeno limitato: in Germania il debito 2010 si attesterà all'87%
con un aumento di 19 punti percentuali. In Giappone l'incremento sarà di 30
punti percentuali al 227%, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98%.
In Francia, l'aumento sarà di 13 punti percentuali all'80%. EST EUROPA A
RISCHIO - L'Europa dell'Est, già duramente colpita dalla crisi,
rischia di contagiare tutto il Vecchio Continente: le forti interconnessioni
finanziarie esistenti fra le due aree aumentano il pericolo di un «un ciclo
vizioso avverso» all'interno di tutta l'Europa spiega ancora l'Fmi, secondo il
quale «i collegamenti» fra Est e Ovest «creano un ciclo di azioni e reazioni
che potrebbero esacerbare la crisi». La maggior parte
delle economie emergenti europee - spiega l'Fmi - sono infatti dipendenti dalle
banche del Vecchio Continente occidentale che, di fatto, possiedono molti degli
istituti di credito dell'Europa dell'Est. «Le banche madri - si legge nel
rapporto - sono concentrate in pochi paesi (Austria, Belgio, Germania, Italia,
Svezia). E questi collegamenti creano un ciclo di azioni e reazioni tra i Paesi
dell'Europa emergente e quelli occidentali che potrebbe esacerbare la crisi». stampa |
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
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La)
Argomenti: Crisi
CARESANABLOT.
AZIENDA DI STAMPA DIGITALE Dopo quasi trent'anni cessa l'attività della
"Sintesi Spa" Anche se non occupava che poco più di una ventina di
dipendenti, per Vercelli, prima, e per Caresanablot era un piccolo gioiello di
industria. Ma adesso, purtroppo, dopo circa 30 anni di attività la Sintesi Spa
va in liquidazione. Lo annuncia, a malincuore, lo stesso presidente della
società, nonché ex presidente dell'Unione industriale vercellese Giuseppe
Mortara. La Sintesi Spa era specializzata nella vendita, installazione e
assistenza di sistemi di stampa digitali e dei relativi materiali di consumo.
Per capirci, le macchine che vendeva erano in grado di realizzare le maxi
coperture che, adesso nascondono la bruttura degli «ex Diciotto». La scelta di
cessare l'attività è stata presa dalla maggioranza dei soci a fronte si una
situazione economica generale negativa «soprattutto sul fronte della
liquidità». C'è da segnalare un'anomalia di spicco: nella situazione appena
descritta, Sintesi vanta un portafogli di tutto rispetto,
anche se l'attuale crisi
finanziaria mette i clienti in difficoltà e
rallenta i pagamenti. In ogni caso, la maggioranza dei soci finanziari ha
deciso di chiamarsi fuori e ha nominato liquidatore, con poteri di ordinaria e
straordinaria amministrazione, il presidente Giuseppe Mortara. Ed è
proprio Mortara a spiegare che cosa accadrà: «Ora si tratta - dice - di agire
su tre versanti, tutti molto importanti: soddisfare i collaboratori, che, per
altro, in buona parte hanno buone possibilità di ricollocazione; liquidare le
passività dell'azienda e tutelare la clientela che costituisce, con la
tecnologia sviluppata in questi anni, il patrimonio più prezioso di Sintesi».
Un'ulteriore doccia fredda per il Vercellese, ma, annunciando la liquidazione
dell'attività, Mortara stesso lascia aperto uno spiraglio di speranza. «Il mio
auspicio - dice il presidente - è che se la ripresa dovesse fra non molto
concretizzarsi, l'attività possa rinascere, magari con una nuova compagine
sociale per continuare a svolgere sul mercato il suo importante ruolo».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
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Argomenti: Crisi
"Pronti alla
protesta anche a Roma e Parigi" [FIRMA]CARLO GIORDANO CERVASCA Vicino al
cancello dello stabilimento è stata issata una forca con appeso un manichino
vestito con una tuta da lavoro. La rabbia è tanta. La parola d'ordine è
«restare uniti». Assemblea in strada, davanti allo stabilimento, ieri, per 253
dipendenti Euroveder di Cervasca. «Su questo lavoro abbiamo programmato la
nostra vita, una famiglia e ora corriamo il rischio di trovarci tutti e due in
mezzo a una strada». Giuseppe Alaimo e Ornella Gribaudo, si sono conosciuti
nello stabilimento, si sono sposati e hanno una bambina, Valentina, di 3 anni.
«Un dramma - spiega Giuseppe -. Questa notte ho persino sognato che lavoravo in
reparto. La notizia di 143 esuberi ci ha sconvolto. Se ci lasciano a casa tutti
e due non so come faremo. Abbiamo anche un mutuo da pagare». Al presidio
arrivano i sindaci della zona, con il presidente della Comunità montana Valle
Grana, Alessandro Verardo: «Ho convocato la giunta qui, per dimostrare che le istituzioni
ci sono». «Questa mattina ho incontrato un alto dirigente della Saint Gobain -
dice Tullio Ponzo, sindaco di Cervasca -, mi ha spiegato che una riduzione di
personale è indispensabile per salvare lo stabilimento. Ho subito informato il
presidente della Provincia, Costa, per aprire un tavolo di confronto». Don
Flavio Luciano, responsabile della Pastorale sociale della Diocesi di Cuneo e
don Marco Riba, parroco di San Defendente di Cervasca, portano la solidarietà
del vescovo di Cuneo, monsignor Giuseppe Cavallotto: «La vertenza Euroveder è
precipitata negli ultimi giorni. Siamo disposti a fare la nostra parte per
avviare un dialogo. La Caritas potrebbe intervenire per aiuti alle famiglie».
Mario Prestana di crisi aziendali ne ha vissute diverse: «Ho lavorato alla
Michelin di Cuneo; dopo l'incendio non mi hanno più rinnovato il contratto.
Sono, quindi, andato all'Algat, ma anche lì è scoppiata la crisi. Pensavo che
all'Euroveder, sarei stato finalmente tranquillo. Ho comprato anche casa. Il
mio futuro finisce qui». Phan Van Phuc è vietnamita, in Italia da 29 anni, di
cui 20 passati all'Euroveder: «Da martedì, dopo l'annuncio degli esuberi non so
più cosa pensare. A casa solo io lavoro». «La Saint Gobain - spiega al
microfono Loris Emanuel, Cgil -, ha intenzione di concentrarsi sull'edilizia:
un conto è vendere un'azienda, un altro e chiudere gli stabilimenti. Siamo
pronti ad andare a manifestare a Milano, Roma e anche a Parigi, per dire no».
Questa mattina, alle 11, presidio con volantinaggio davanti ai centri
commerciali Auchan e Ipercoop. «In questa battaglia
chiediamo la collaborazione dei consumatori - spiega Gianni Arnaudo, Uil -. Ma
sia ben chiaro, non vogliamo boicottare i supermercati, l'invito è non comprare
prodotti francesi. Una risposta al protezionismo di
Sarkozy».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
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Argomenti: Crisi
Poesie. Sassone
celebra in rima "La vittoria di Obama" Attualità e intimismo nel
nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle celebrazioni della
giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone Rinascita del
circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il senatore Irmo
Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La vittoria di
Obama» a cura di Renza Agnelli per le edizioni Universum. Si tratta di una
raccolta di venti brani di poesia civile che si riferiscono a tematiche sociali
e politiche sia nazionali che internazionali, senza trascurare l'attualità,
come appunto ricorda il titolo. Si va dall'affermazione della pace contro tutte
le guerre, all'attuale crisi finanziaria,
dalla difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente per poi
tornare ad un clima più intimistico e personale con le liriche che chiudono il
volumetto. Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla terra di
risaia, è stato dirigente politico e sindacale e infine senatore dal 1976 al
1983. Numerosissimi i suoi scritti sia di poesie che in forma di saggio,
sempre comunque permeati dal suo immancabile impegno sociale. Nella breve
presentazione l'autore commenta: «L'intento, con la prossima raccolta, è di
superare le trecento pagine di poesia civile, per ricordare sogni giovanili e
necessità che andrebbero soddisfatte realizzate nel presente e nel futuro». A
seguire, Franco Migliaccio, docente all'Istituto Belle Arti di Brescia,
illustrerà la mostra allestita per l'occasione. Verranno esposte le «copertine
d'autore» dei 25 volumi de «La Storia della Società italiana».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
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Argomenti: Crisi
STRATEGIE LA REPLICA
DELL'ASSESSORE AL TURISMO DOPO L'APPELLO DEI COMMERCIANTI "Bordighera sta
cambiando" [FIRMA]DANIELA BORGHI BORDIGHERA Il comitato dei commercianti
del centro, che ha promosso una raccolta di firme e chiesto un incontro con il
sindaco, incalza: «Ancora oggi non abbiamo un'anima, nè una vocazione. Vorremmo
almeno una risposta al quesito di che cosa vogliamo fare della nostra città,
che sicuramente ha un indirizzo turistico che però non basta. Vogliamo un
turismo per pensionati, per giovani o "mordi e fuggi"?». L'assessore
al Turismo Marco Sferrazza non d'accordo: «Dire che il Comune organizza poche
manifestazioni non risponde a verità: nel 2008 erano più di 250 e il prossimo calendario
estivo si presenta ancora più vario e nutrito. Mi rendo conto che possono non
piacere a tutti, ma il nostro obiettivo è cercare di soddisfare tutte le fasce
d'età e venire incontro alle esigenze delle diverse realtà economiche
cittadine». Continua: «La crisi finanziaria
che stiamo vivendo ci obbliga ad operare cambiamenti di metodo e di mentalità,
ed è per questo motivo che ormai da due anni, in collaborazione con le
associazioni di categoria, sollecitiamo i commercianti affinchè adeguino gli
orari di apertura delle loro attività in coincidenza con i periodi di maggior
flusso di turisti e clienti, spesso ormai concentrati nei soli fine
settimana: apertura domenicale e festiva e posticipo dell'orario di apertura e
chiusura pomeridiano. Ciò è essenziale soprattutto d'estate, quando
occorrerebbe adeguarsi agli orari-tipo dei bagnanti e proporre, quindi,
l'apertura dei negozi dalle 18 alle 24». Ricorda inoltre che sono in fase di
ultimazione «lavori strategici per il futuro turistico quali il ripascimento
delle spiagge e il collegamento della passeggiata tra Bordighera e Vallecrosia.
Altri, come il nuovo porto, sono quasi pronti ad iniziare». Per quanto riguarda
il turismo culturale, l'assessore ricorda che a breve la Villa della Regina
Margherita ospiterà il Museo Fondazione Terruzzi: «Richiamerà flussi turistici
verso quella che è considerata una delle più importanti collezioni di opere
d'arte a livello mondiale». Conclude: «L'Amministrazione è disponibilissima a
incontrare gli operatori del tessuto turistico-commerciale, anche con cadenza
mensile, sia in pubblica assemblea, oppure attraverso i rappresentanti di
categoria. Auspico, però, che il terreno di confronto siano tavoli di lavoro,
attorno ai quali progettare e costruire, tutti insieme, il futuro turistico e commerciale
della città».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
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Argomenti: Crisi
Il colosso Diageo
vuole bersi lo champagne Moët Hennessy Ma Lvmh potrebbe dire di no Più aiuti
alle banche Usa e meno alle assicurazioni Le compagnie di assicurazione Usa
vogliono gli aiuti statali. Ma i loro lobbisti affermano che, diversamente
dalle banche, per loro la solvibilità non è un problema. Vogliono più che altro
iniezioni di capitale del governo in modo che possano destinare la liquidità a
investimenti rischiosi che aiuteranno a sbloccare i mercati
del credito. Ma questo sembra più un modo di ottenere un comodo sussidio per i
loro azionisti che un modo efficace di promuovere i prestiti. Il Troubled Asset
Relief Program (Programma di aiuti per gli asset tossici) del
governo dovrebbe servire a due scopi: mantenere la stabilità dei mercati finanziari e far partire i prestiti. In entrambi i casi, aiutare le banche
è più opportuno. Diversamente dalle banche, le compagnie di assicurazione non
sono tanto vulnerabili alle crisi di liquidità. I premi assicurativi, di
solito, affluiscono prima dei rimborsi delle polizze. Ed è difficile
affermare che le assicurazioni rappresentino una minaccia sistemica. Certo,
sono grandi investitori in obbligazioni corporate e detengono circa il 20% di
quelle in circolazione. Ma i fallimenti delle compagnie derivano quasi sempre
dall'errata amministrazione o da polizze troppo a buon mercato. Inoltre,
diversamente dalle banche, i bassi livelli di capitale non determinano
un'implosione drammatica delle compagnie di assicurazione. Spesso, una banca
sottocapitalizzata fa molte scommesse ad alto rischio, nella speranza che una
sia redditizia. Questo determina perdite per i contribuenti quando le scommesse
vengono perse. In genere, gli assicuratori sottocapitalizzati hanno invece difficoltà
a stipulare nuove polizze perché i clienti temono che non saranno più in grado
di onorarle. In ogni caso, la maggior parte delle compagnie di assicurazione
sostiene di essere ben capitalizzata. In media, gli assicuratori vita
statunitensi hanno avuto bisogno di capitali per tre volte. Per questo motivo,
il «far ripartire i prestiti» è l'unica opzione logica. Le compagnie di
assicurazioni sono grandi compratori, dalle obbligazioni corporate agli
investimenti più difficili. \ Per approfondimenti: http://www.breakingviews.com/
Con il contributo delDiageo sembra che abbia fatto poco ricorso alla leva finanziaria per indebitarsi. Ma ciò potrebbe aiutare il più
grande produttore del mondo di alcolici a trovare i 10 o più miliardi necessari
per acquistare la divisione vini e alcolici di Lvmh. Sempre che il conglomerato
francese di prodotti di lusso sia intenzionato a vendere. Per Diageo, è
opportuno acquisire il 66% di Moët Hennessy non ancora in suo possesso. Quello
che il direttore di Diageo, Paul Walsh, chiama «desiderio di esclusività»
fornisce una forte difesa dei margini di profitto contro un aumento della
standardizzazione. I cognac e gli champagne Moët Hennessy hanno questo fascino
del lusso. Diageo vanta un bilancio forte: il debito netto è 2,5 volte l'Ebitda.
Con i mercati dei capitali che si stanno sbloccando,
potrebbe ottenere i soldi per un accordo finanziato da un uguale importo di
debito e di mezzi propri. Il potenziale per sinergie potrebbe indurre Diageo a
fare un'offerta attraente senza tagliare gli utili. Inoltre, Diageo ha tutte le
ragioni per imporre l'intesa. È vincolata da un complesso accordo azionario
riguardante Moët Hennessey. Non può acquistare nessun'altra azienda di alcolici
e non può rescindere l'accordo senza pagare una forte penale. Ma Diageo non può
bere da sola. E sebbene sul mercato le voci siano diffuse, non c'è nessun
motivo evidente per Lvmh di accettare. Sebbene la riduzione delle scorte abbia
diminuito le entrate del gruppo da vini e alcolici di un buon 22% nel primo
trimestre, l'attività è in genere solida, rispetto ai marchi di moda di Lvmh. E
Lvmh non ha bisogno di denaro. Il debito del suo gruppo era del 28% sui mezzi
propri a fine 2008. È vero, potrebbe voler acquistare qualcosa di grande nel
settore della moda. Ma gli attraenti obiettivi d'acquisizione là fuori -
affermano Hermès o Patek Phillipe - sembrano intoccabili per ora, bloccati in
complesse strutture azionarie familiari. Diageo potrebbe essere in grado e
desiderare di acquistare Mh da Lvmh. Ma a meno che Bernard Arnault, azionista
di controllo di Lvmh, non cambi opinione, difficilmente questo particolare
desiderio potrà essere appagato. \ (Traduzioni a cura del Gruppo Logos)